Il cimento di Vivere

di pamina71
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Autunno in Fa Maggiore - Allegro ***
Capitolo 2: *** Autunno in Fa Maggiore - Adagio molto - Ubriachi dormienti ***
Capitolo 3: *** Autunno in Fa Maggiore - Allegro - La caccia ***
Capitolo 4: *** Inverno in Fa Minore – Allegro non molto ***
Capitolo 5: *** Inverno in Fa Minore - Largo. ***
Capitolo 6: *** Inverno in Fa Minore – Allegro non molto – Terzo movimento ***
Capitolo 7: *** Primavera in Mi Maggiore – Allegro - Giunta è la primavera ***
Capitolo 8: *** Primavera in Mi Maggiore - Largo ***
Capitolo 9: *** Primavera in Mi Maggiore – Allegro – Terzo movimento ***
Capitolo 10: *** Estate in Sol Minore - Allegro non molto - Allegro ***
Capitolo 11: *** Estate in Sol Minore – Adagio ***
Capitolo 12: *** Estate in Sol Minore - Presto - Tempo Impetuoso d'Estate ***



Capitolo 1
*** Autunno in Fa Maggiore - Allegro ***


Autunno in Fa Maggiore - Allegro1

Solista: Loulou de La Rolancy

Al clavicembalo Clément Victor de Girodelle

 

Celebra il Vilanel con balli e Canti
Del felice raccolto il bel piacere


- Certo che voi francesi siete poi strani...

- E la Corte è una roba da matti...

- Anche la zia è un po' strana, però almeno è simpatica. - riprese James2, che tutti chiamavano Jim, facendo spallucce...

- Invece il nonno fa un po' paura, e se si è inventato una cosa del genere è anche un po' matto. - continuò Jules, puntandosi un dito alla fronte coperta da riccioli rossi.

- Ma la volete piantare, voi due? Cosa ne volete sapere? - li rimbeccò la cuginetta, una ragazzina di otto anni, coi capelli biondissimi e crespi, ed il viso atteggiato ad una smorfia di rimprovero.

- E, poi, se proprio vogliamo essere precisi, siete mezzi francesi anche voi, cari impiastri di cugini! E in quanto a stranezze, visto che a quanto pare questa parola vi piace così tanto, non siete secondi a nessuno!

Tirò fuori un palmo di lingua, in una smorfia che fece scoppiare a ridere i due ragazzini lentigginosi.

- Non ti arrabbiare! Promettiamo solennemente di non parlare più male della zia e del nonno, ve bene? Comunque, Loulou, ci avevano avvertiti che sei davvero terribile!

Loulou assentì fiera della definizione e si risedette per terra accanto a loro. Ma Jules non era del tutto soddisfatto.

- Ammetterai però che non è una cosa così comune...

- Su questo hai ragione, ma è sempre stato così. Nessuno osa contraddire il nonno, e se ha deciso che la zia doveva diventare un soldato, così è stato. Però l'altro giorno ho sentito mia madre che diceva una cosa alla vostra, anche se non ho capito bene il senso... ha detto – e abbassò la voce, avvicinandosi ai cugini con modi da cospiratrice – che per la zia è stata una fortuna, in un certo modo, perché così è molto più libera di fare quello che vuole, e perché è riuscita a scampare ad un matrimonio combinato, almeno fino ad ora.

- Anche nostra madre la pensa così, ma secondo lei questa volta la zia è messa male. A quanto pare c'è un tipo che la vorrebbe sposare.

- Lascia perdere! Un disastro! Lo vedrai uno di questi giorni, da quando il nonno gli ha detto che può frequentare la casa non ce lo leviamo più di torno quell'impiastro! - Il tono di Loulou cominciava a salire.

- La zia mi ha addirittura raccontato che a volte esce dal cancello Est per non trovarselo davanti alla Caserma che la aspetta.

- Ma é così brutto?

- Ma no, è solo che non c'entra niente, ecco. Non sai che farci con uno così. - E questo lapidario giudizio sembrò più che sufficiente ai due gemelli.

 

Una settimana dopo, Oscar si stava godendo il crepuscolo ottobrino nella sala delle vetrate. Aveva terminato gli arretrati lavorando come una disperata dall'alba, ma era riuscita a rientrare ad un'ora ragionevole, portandosi dietro anche André3. E ora, tre giorni di licenze per entrambi, per poter rivedere Constance rientrata dall'America con Sir Henry ed i loro tre figli. Non era riuscita a liberarsi prima, la sorella era rientrata già da dieci giorni, ma non aveva potuto dedicare loro che poche visite fugaci. Ma ora avrebbe recuperato.

Era seduta sul tappeto davanti al camino, in mezzo ai due gemelli e di fianco a loro sedeva Andrè con le gambe mollemente incrociate, formando una specie di nido nel cui centro si era acciambellata Loulou.

Erano tutti chini su alcuni fogli di carta da musica, intenti a elaborare l'ennesima versione del compito che il maestro di musica Clément Mathieu aveva lasciato ai ragazzini, simile a quello che anni addietro lasciava alle lo mamme, ad Oscar e ad Andrè. Quindi i due vecchi allievi si erano prestati volentieri, ricordandosi di quando quei compiti erano affare loro.

 

Loulou alzò un attimo la testa...come si stava bene!

Stava facendo un lavoro divertente, per una volta, insieme alla sua zia preferita (preferita proprio perché, come dicevano i gemelli, era strana, e forse le sarebbe anche piaciuto somigliarle un po'), ed in braccio ad André4, che le piaceva davvero tanto. Il nonno era fuori in missione per qualche giorno, ma la nonna aveva avuto due settimane di congedo dalla Regina, quindi poteva stare con loro tutti il giorno. Era così dolce la nonna! Solo che non la vedeva mai!

La Contessa sedeva con Hortence, la madre di Loulou, e la zia Constance vicino alla finestra, ricamando e parlando fitto fitto per aggiornare la "zia inglese" degli avvenimenti degli ultimi anni.

A Loulou piaceva la zia Constance, molto gentile, e molto meno legata all'etichetta ed alle buone maniere rispetto alle altre sorelle. Forse perché aveva sposato quel buffo inglese, pieno di lentiggini e coi capelli più rossi che riuscisse ad immaginare. O forse perché aveva vissuto tanti anni in Inghilterra, e qualcuno in America.

I mariti invece erano usciti a cavallo, mentre il cugino grande, Paul, era nella sua stanza. A quanto pareva, era riuscito ad innamorarsi in soli dieci giorni ed ora probabilmente stava sospirando e sognando la sua contessina.

Per una volta Palazzo Jarjayes poteva sembrare una vera casa, con dentro una famiglia vera e tranquilla. L'indomani sarebbe arrivata anche la zia Josephine, senza marito, per fortuna, e la felicità di Loulou sarebbe stata completa.

 

Udirono delle voci provenire dall'ingresso, ma nessuno si mosse dai propri impegni; evidentemente erano rientrati il paffuto Maxence de La Rolancy e l'alto e dinoccolato Henry Middleton, decisamente male assortiti quanto a fisicità, ma due spiriti affini riguardo a molte cose. Nessuno pensò fosse il caso di alzarsi per andare incontro a due membri della famiglia.

Ma non erano soli. Era entrato con loro un taciturno Clément de Girodelle, il quale aveva incontrato i due cavalieri presso il cancello del palazzo ed era entrato con loro, dopo aver chiesto se Oscar fosse in casa. Aveva come l'impressione che gli sfuggisse. L'aveva attesa invano al cancello della Caserma. Era passato a palazzo senza mai trovarla. Sapeva che non aveva intenzione di sposarlo, ma sperava di farle cambiare idea con la propria costanza ed un serio corteggiamento. Ed oggi non sarebbe riuscita a sfuggirgli.

Fu così che entrando nella sala delle vetrate Girodelle la vide, seduta per terra tra due ragazzini, le dita della mano destra sporche di inchiostro, ed un sorriso divertito che in realtà non le aveva mai visto sul viso, in tanti anni a Corte. Solo dopo un attimo notò che al suo fianco sedeva quell'onnipresente servo che tanto riusciva ad innervosirlo. Che ora addirittura teneva una bambina, evidentemente aristocratica, ed evidentemente parente di Oscar, sulle ginocchia. Girodelle si irrigidì e non riuscì ad articolare parola.

Fu Loulou a vederlo, e lo accolse con un'espressione seccata. Oscar si voltò per capire l'origine dell'atteggiamento della nipotina e Girodelle notò il suo bel sorriso spontaneo spegnersi e poi ricomparire quello consueto, tirato, di circostanza. Oscar si alzò in piedi, e gli andò incontro, salutandolo compitamente, ma senza entusiasmo, e presentandolo alla sorella Constance. Lo lasciò con le donne di famiglia e tornò dai ragazzini. Loulou fece un faccino delusissimo sentendosi dire che avrebbero continuato domani.

- Dispiace anche a me interromperci, sai? Le disse Oscar. - Ma tutto sommato è quasi ora di cena, riprenderemo domani e ne faremo uno difficilissimo. Domani nessuno verrà a interromperci, promesso.

Girodelle si sentì amareggiato. Questo sono per lei? Una fastidiosa interruzione di un pomeriggio con i nipoti? Uno che le toglie il sorriso? E si sentì montare il sangue alla testa.

Mentre André, quel servo, può tranquillamente starle seduto vicino, lavorare ai compiti dei nipotini, farla ridere. E si permette di rivolgermi uno sguardo così freddo, così seccato della mia presenza qui! Come se fosse a casa sua, come se fosse qui di diritto, al contrario di me! Un'altra stranezza di quella strana famiglia. Ma questa, non si sentiva disposto a tollerarla!

Oscar gli si fece vicino. - Scusatemi un momento, Conte. Non attendevamo nessuno, vado a rendermi adeguatamente presentabile per cena.

E si voltò verso la porta, maledicendo la presenza del Conte, che l'avrebbe obbligata a rimettere le fasce, la giacca, a inalberare un sorriso di circostanza e a raccontare fatuità. Ma non riesce a capire di tenersi alla larga? Cosa devo fare, oltre a dirglielo? Loulou guardò la zia che si avviava con l'espressione di uno che ha mal di denti, e poi Andrè che riordinava gli spartiti con uno sguardo omicida. Tutti tesi e cupi, nulla a che vedere con la rilassatezza precedente.

Decise di prendere in mano la situazione.

- André! - Chiamò a voce altissima – tu non hai fatto la ronda di notte?

- Beh, sì, ma che c'entra?

- Manca un'oretta, prima di cena, vai a riposarti un poco. E tu, zia, controlla che vada nella sua stanza.

Oscar la guardò perplessa, ma recuperò rapidamente il suo spirito: - Sì, balia! E tu, fila a nanna - disse rivolta ad un esterrefatto Andrè spingendolo per un gomito e riacquistando il sorriso.

Gli adulti si misero a ridere, persino Girodelle si sentì tranquillizzato. Nessuna donna, direbbe ad un amante di filare a nanna. Forse davvero, come mi aveva detto una volta, sono come fratelli. Anche la familiarità con cui lo trattano gli altri...Sebbene..non è forse un servitore? Da quando si mandano a riposare i servitori?5

 

Fu una cena ben strana, almeno dal punto di vista del conte Girodelle.

Si trovò in mezzo ad una cena di famiglia priva di formalità. Senza il Generale, tutti si sentivano più liberi. Con grande sgomento del Conte, i posti a tavola non erano stabiliti secondo l'etichetta usuale (ed in quel caso sarebbe stato felicemente installato accanto ad Oscar), ma secondo usi ed abitudini familiari. Invece si ritrovò accanto alle sue (per carità! Deliziose!) sorelle ed alla Contessa sua madre, mentre Oscar era vicina ai due cognati, con Sir Henry istallato a capotavola, Oscar e Maximilien da La Rolancy ai suoi due lati, ed André (di nuovo! Non lo sopporto!) accanto ad Oscar.

La figlia minore del Generale, tirò un immaginario sospiro di sollievo, pensando che non sarebbe riuscita a sopportare le chiacchiere del Conte tutta la sera. Mentre Constance era invece ben lieta di essere aggiornata sulle ultime annate di pettegolezzi alla Reggia.

Invece Oscar ascoltava con somma attenzione i discorsi di Sir Henry. Le interessava moltissimo il suo punto di vista sulla situazione della Francia, la interessavano in confronti con l'Inghilterra e la affascinavano i racconti sullo stile di vita americano, ascoltava senza interrompere e con rare e precise domande. L'inglese raccontava con fervore, nel suo francese preciso, seppur con un lieve accento, e quando inciampava su un termine erano spesso Oscar od André ad andargli in soccorso. E talvolta continuava per un po' nella sua lingua madre, con Andrè ed Oscar che gli rispondevano nello stesso idioma. Cosa che innervosiva notevolmente il Conte, il quale non conoscendo la lingua si sentiva escluso e timoroso che si parlasse alle sue spalle. Questa conversazione "politica", la piega che stava prendendo, e l'intromissione di Andrè lo stavano di nuovo innervosendo.

Ma cosa vogliono farne di lei, una sediziosa? Una ribelle?

Già mi pare le abbia fatto male comandare quella banda di straccioni, di cui ora parla come se li conoscesse da sempre!

Già ho visto in biblioteca una pila di libri proibiti poggiata con noncuranza su un tavolino...scommetto che ce li ha lasciati quel servo, in bella vista, per provare a corromperla, o addirittura per spregio a me!

Poi ho visto come mi guarda quando nessuno se ne accorge, come se io fossi un intruso...ebbene, l'intruso è lui! IO sono Conte, IO ho il permesso del Generale per frequentare questa casa, IO ho chiesto la sua mano. E poi, continuo a non capire cosa ci faccia ad un tavolo di aristocratici...

Se è un servitore, dovrebbe servire, se è un soldato, perché passa le licenze qui? Mi fa uscire di senno! E' una situazione ipocrita, al limite dell'indecenza!

A Corte non vi avevo fatto caso, ma ora risalta davvero troppo! Ma nessuno pare curarsene!

Dovrò parlarne con Oscar, o con lui, anzi con entrambi, separatamente! Non tollererò oltre simili situazioni da parte della mia fidanzata!

 

E' bravo con le parole, così come io sono bravo nella conversazione da salotto. Usa le frasi come sassi aguzzi, ma è furbo, si mantiene sempre un passo indietro dall'impudenza. Ferisce senza venir meno all'educazione. Rimane composto e moderato, ma mi rivolge degli sguardi da cui capisco benissimo il suo disprezzo...eppure non lo si può accusare di nulla, di cosa potrei incolparlo? Di uno sguardo? No di certo. Di sedere qui? No di certo, è stato invitato. E' una figura dubbia e pericolosa.

In ogni caso, la sua decennale esperienza di cortigiano gli permise di continuare la serata discorrendo di eleganti fatuità e leggere cattiverie senza che nessuno potesse notare il suo disappunto. Rimase compito, impeccabile e, purtroppo per lui, insapore per tutta la serata. Oscar, ascoltandolo, condivideva inconsapevolmente il pensiero della nipotina: Non sai che farci con uno così.

 

Come Dio volle, la cena ed il dopocena ebbero termine, il Conte salutò e si diresse verso la sua dimora. Molte paia d'occhi lo osservarono partire, ognuno con un diverso sentimento inespresso. Ma per tutti somigliava stranamente al sollievo.

 



1Allegro è riferito al tempo di metronomo (84–168 bpm), non all'atmosfera del brano, anche se questo primo capitolo è più lieve di quelli che seguiranno.

Il Cimento dell'Armonia e dell'Inventione è una raccolta di dodici concerti di Antonio Vivaldi, di cui sono famosi soprattutto i primi quattro con il nome Le quattro stagioni. Pubblicati nel 1725, erano conosciuti ed apprezzati in Francia (Rousseau stesso fece una trascrizione per flauto delle Primavera), e costituivano parte del paesaggio sonoro dell'epoca, diverso dal nostro in un modo quasi inconcepibile per le nostre orecchie sovrastimolate.

Li ho utilizzati per una "song-fic" in cui ad ogni movimento di ogni stagione (ognuno dei quattro concerti ha 3 movimenti, quindi i capitoli saranno 12) associo una scena (spesso un missing moment) dall'autunno 1788 all'estate 1789.

Ogni capitolo sarà introdotta dall'indicazione del tempo di riferimento (in alcuni casi Vivaldi o la tradizione hanno anche lasciato un titolo), dal mio "violino solista," che rappresenta lo sguardo narrante del singolo racconto, e da alcuni dei versi che accompagano lo spartito.

L'idea mi è venuta leggendo la scena del manga in cui André raccomanda ad Oscar di suonare qualcosa di "plus enjoué" rispetto a Mozart, e mi è subito venuta in mente il tema della Tempesta dall'Estate. Altri personaggi si tirano dietro sonorità per me scontate (che Girodelle, così elegante, affettato, e uomo del suo tempo sia un clavicembalo lezioso è assolutamente evidente).

2Mia personale visione della genealogia:

Josephine (1754, sposata con Louis Antoine Savinien de Liancourt – due figlie maritate ed un figlio quasi ventenne);

Hortense (1752), sposata con Maxence Reymond De La Rolancy – madre di Loulou)

Louise Hélène (1751, sposata al marchese di Norpois due figli maschi ed una figlia già maritata)

Constance (1750, sposata a Lord Henry Middleton ed ha due figli gemelli, Jules e James, tredicenni ,ed un figlio diciottenne, Paul)

Geneviève (1748, vedova, 3 figli maschi e due figlie femmine).

Josephine ed Hortense sono i due nomi di sorelle citati dalla Ikeda nel manga e nelle stoire gotiche. Per molti nomi invece rendo omaggio a libri e film amati.

3La base dei miei racconti è principalmente il Manga della Ikeda (traduzione francese, ma ho solo quella) comprese le Storie gotiche e il Gaiden di André. Quindi parto dal presupposto che dopo la scena della camicia non vi sia un allontanamento tra André ed Oscar (niente fuga, in Normandia, niente periodi di freddezza, anzi nel manga più di una volta assistiamo ad Oscar che si appoggia ad André o ad un gesto consolatorio di lui che le poggia una mano sulla spalla, e, il giorno prima di prendere servizio nel suo nuovo ruolo, Oscar dice ad André di essere consapevole che può essere così libera proprio grazie alla sua presenza).

4In La Contessa dall'abito nero, parte 1, Loulou gli dice che lo trova carino, e che non starebbe a guardare la posizione sociale del proprio fidanzato (!).

5Vorrei che i vari movimenti della fic seguissero anche un percorso di presa di coscienza di Oscar sulla società del tempo.

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Capitolo 2
*** Autunno in Fa Maggiore - Adagio molto - Ubriachi dormienti ***


Autunno in Fa Maggiore - Adagio molto1 - Ubriachi dormienti

Solista: Oscar François de Jarjayes

 

L' aria che temperata dà piacere,
E la Staggion ch' invita tanti e tanti
D' un dolcissimo sonno al bel godere.

La caserma dormiva come una grossa bestia in riposo, che avesse esaurito completamente le forze e dovesse recuperarle in tempo per la caccia della mattina seguente.

Dalla piccola stanza attigua al suo ufficio Oscar non sentiva più alcun rumore, anche se probabilmente nelle camerate il russare sonoro di alcuni dei soldati rendeva la notte tutt'altro che silenziosa...

Mentre si sfilava gli abiti e toglieva finalmente le fasce con un sospiro di sollievo, Oscar pensò che quella sera si era divertita e rilassata come non le capitava da tempo...con un gruppetto dei suoi soldati della Compagnia B, cosa che avrebbe fatto infuriare suo padre, scandalizzato la madre e la governante e inorridito il povero Girodelle.

 

Era cominciato tutto appena dopo la cena della truppa, quando un timido e più che mai balbuziente Gérard Lasalle era venuto a chiederle, torcendosi le mani e guardandosi la punta degli stivali, se avesse voluto, magari, forse, ecco, onorarlo della sua presenza quella sera, visto che sì, insomma, sarebbero usciti a bere qualcosa perché era diventato padre da pochi giorni, se non avesse trovato troppo indelicato l'invito.

Sebbene fosse stanca, non aveva avuto il coraggio di rifiutare una simile, gentile ed esitante richiesta. E Gérard le era decisamente simpatico, con la sua timidezza proverbiale, una gentilezza innata. Senza contare che dormiva in una camerata con alcuni dei soldati che istintivamente preferiva, senza contare che era quella di André2. Per il giorno dopo avrebbe poi trovato il modo di fargli avere un regalo per il bambino, senza offenderlo ma avendo ben presente quale fosse il soldo.3 dei suoi uomini ed il costo del pane.

 

Si era così trovata con una decina dei propri soldati all'uscita del cancello est della caserma, diretta verso un'osteria poco distante.

- Comandante- le aveva detto gentilmente François Armand - al cancello principale però c'è quell'ufficiale che è già venuto un paio di volte. Credo che aspetti voi.

ed Oscar gli aveva risposto sorridente:

- Abbiamo fatto bene ad uscire a questo cancello, allora-, lasciandolo sinceramente stupito. Non era mai successo che il Comandante trascurasse il lavoro o lasciasse attendere un ufficiale.

Vedendolo perplesso, Oscar aveva aggiunto :

- Non ti preoccupare, non stava portando alcun ordine o dispaccio.

- Ma allora chi é?

- Uno che vorrebbe diventare mio marito e mi sta complicando parecchio l'esistenza. Quindi, che aspetti pure. E che si scandalizzi, se gli va.

François Armand non aveva saputo cosa rispondere ad una simile affermazione, si era limitato a guardarla di sottecchi, mentre i due o tre commilitoni più vicini avevano sgranato gli occhi perplessi, proprio non si sarebbero aspettati una simile affermazione dal loro compassato Comandante.

 

La serata in osteria era stata leggera e divertente. Si era trovata ad un lungo tavolo nel quale Gérard era orgogliosamente installato a capotavola, mentre Oscar sedeva con André alla sua destra François a sinistra ed Alain di fronte. Aveva ascoltato molto e parlato poco. I soldati raccontavano della loro vita privata, che conosceva ben poco e dalla quale era incuriosita.

Ascoltò François, che era il più giovane della camerata, raccontare dei suoi innumeri fratellini (perdendone il conto, non sapeva più se quello a cui aveva comprato le scarpe fosse lo stesso che era stato sorpreso a rubare dal fruttivendolo, o quello che era caduto dalla Barrière du Trone, o se fossero tre diversi; ma in totale dovevano essere tra sei ed otto, o almeno così credeva di aver capito).

Aveva ascoltato Alain parlare delle proprie conquiste (che peraltro non le sembravano così plausibili), infarcendo il discorso di numerosi doppi sensi.

Aveva ascoltato descrizioni di figli, fidanzate, madri, case in affitto e padroni di casa insensibili, e si era trovata a proprio agio come non le succedeva da tempo.

Aveva bevuto un poco, ma non aveva sentito il bisogno di stordirsi, le era bastato sentirsi un po' più leggera e pronta ad apparire meno rigida ed ingessata. Aveva sorriso molto, ed addirittura si era sorpresa a ridere...anche i soldati se ne erano stupiti, alcuni di loro non l'avevano mai sentita, quella risata.

 

Era persino arrossita. Era successo per una gaffe con il povero Gérard, che stava parlando della sua felicità per l'arrivo del piccolo Pierre e Oscar gli aveva detto, tranquillamente:

- Non sapevo che fossi sposato.

- Non lo sono, infatti.

- Oh...

E un fiotto di sangue affluito alle gote le aveva tinte di un colore rosato, mentre atteggiava la bocca in una posa rotonda come quella della lettera che stava pronunciando, lasciando di sale i soldati che le sedevano di fronte: al Comandante capitava addirittura di arrossire! E chissà se era successo per la consapevolezza di una gaffe o per aver saputo di una convivenza more uxorio? Possibile che fosse così pudica?

- Scusami, non volevo essere indiscreta

- Nu-nulla di cui scusarsi...

 

André, seduto vicino a lei, aveva atteso che la conversazione riprendesse per sussurrarle all'orecchio: - Dopo ti spiego una cosa, approfittandone per portare il gomito sinistro oltre lo schienale della panca. Era poi rimasto in quella posizione, mentre con la mano, posata tra il muro e lo schienale della panca, non visto, si arrotolava e srotolava dall'indice uno dei suoi lunghi riccioli biondi.

Oscar se ne era accorta, ma lo aveva lasciato fare, non le dispiaceva affatto quella gentile forma di affettuosità, non senza un pensiero malizioso a quanto un simile gesto da parte di un plebeo avrebbe scandalizzato i suoi cosiddetti pretendenti.

Non le dispiaceva quella vicinanza, serena e sorridente, senza affettazione e senza tutta quella malizia da cui si sentiva circondata negli ultimi tempi.

 

Sulla via del ritorno, Andrè l'aveva tenuta leggermente indietro dal gruppo, trattenendola per un braccio.

- Quasi nessuno di loro è sposato. Non se lo possono permettere4. Le tariffe delle chiese sono troppo alte.

Non aveva saputo cosa ribattere, non le era mai passato per la mente che potesse accadere una cosa simile. Magari quelle fidanzate e compagne avrebbero davvero voluto sposarsi, e di nuovo una questione economica impediva loro di coronare un sogno. Una nuova ingiustizia di cui veniva a conoscenza.

Poi le chiacchiere dei ragazzi l'avevano distratta e le avevano fatto tornare il sorriso.

 

E ora, sola nel proprio letto, pensò che finalmente quella notte avrebbe dormito, e che la compagnia degli aristocratici non era quasi mai stata in grado di darle quanto una sola serata con quei giovanissimi soldati poveri, plebei e lievemente ubriachi.

 

 

I tempi lenti dei quattro concerti sono più introspettivi, e più brevi. I racconti seguono questa struttura. E' importante avere in mente i concerti, altrimenti lo stile dei racconti appare incongruente.

2    La base dei miei racconti è principalmente il Manga della Ikeda (traduzione francese, ma ho solo quella) comprese le Storie gotiche e il Gaiden di André. Quindi parto dal presupposto che dopo la scena della camicia non vi sia un allontanamento tra André ed Oscar (niente fuga, in Normandia, niente periodi di freddezza, anzi nel manga più di una volta assistiamo ad Oscar che si appoggia ad André o ad un gesto consolatorio di lui che le poggia una mano sulla spalla) e che l'arruolamento nella Guardia Nazionale avvenga tramite il Generale, e non attraverso Alain. Ho fatto qualche concessione all'anime solo nella descrizione dell'amicizia tra Alain ed André.

3   I fanti , dal 1797, ricevevano 6 sous al giorno (1 sou = 12 deniers, quindi 72 deniers), ma una libbra di pane (489 g) costava nel 1785 20 deniers, e nell'inverno 1788/89 salì ancora a causa del maltempo.

4   Secondo alcune fonti, le famiglie regolarmente costituite su base matrimoniale erano relativamente scarse; tra i poveri e le classi piu' basse della popolazione dominava il concubinaggio. Il matrimonio, che la chiesa imponeva come sacramento, era di fatto impedito dal clero che pretendeva tariffe esose per la sua celebrazione; tariffe tali da escludere del tutto i meno abbienti. La situazione cambiò solo dopo il 1791, e da allora il numero dei matrimoni andò crescendo anche nel periodo del Terrore.

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Capitolo 3
*** Autunno in Fa Maggiore - Allegro - La caccia ***


 

 

Autunno in Fa Maggiore - Allegro - La caccia

Solista: Alain de Soisson

 

Fugge la belva, e Seguono la traccia;
Già Sbigottita, e lassa al gran rumore
De' Schioppi e cani, ferita minaccia
Languida di fuggir, mà oppressa muore.

 

Ha davvero ragione André, accidenti, la Corte di Versailles, nonostante l'opulenza, è sul serio un luogo in cui sporcarsi, come una piazza fangosa da attraversare: se non ti infanghi da solo, qualcuno provvederà a schizzarti.

Ne ho avuto avuto la conferma in questi due giorni di servizio diretto, ed in più di un'occasione.

Il Comandante non ha mica fatto un buon affare, con quell'ordine di servizio arrivato proprio adesso che vogliono darla in moglie, riempiendo tutti di curiosa morbosità riguardo alla sua persona .

Ma sembra passare ignara, con le voci e le maldicenze che si limitano a sfiorarle i ciuffi di capelli che le coprono le orecchie, come una brezza autunnale1, senza arrivare a toccarla dall'interno. Ma sarà davvero così? E André sembra fare da frangivento alle folate più insidiose, raccogliendole su di sé, con una apparente calma che mi sconvolge...se qualcuno avesse osato dire delle simili cose sulla mia donna gli sarei saltato al collo immediatamente. Ma loro resistono impassibili.

Per forza è così rigida e altera. Se ha dovuto sopravvivere qui dentro...e osservandola qui ho scoperto che con noi è addirittura morbida; fredda sì, ma nulla di paragonabile al gelo che mostra nei corridoi e nelle gallerie di Versailles. Ho l'impressione che con dei popolani come noi abbia potuto sciogliersi con mai si è concessa a Corte.

 

Andrè mi aveva raccontato qualcosa degli anni precedenti, le illazioni su loro due, i sorrisini, i commenti, le scommesse addirittura. I sussurri, le insinuazioni. E nello stesso tempo, la fama di algida alterigia sancita da quel soprannome di Vergine di ghiaccio.

Mi aveva parlato della concupiscenza degli uomini, e del vagheggiamento di alcune dame, nei confronti di quella strana bellezza. Ma André ha una sua teoria; dice che con molte persone il fascino del Comandante ha a che fare con la sua particolarità: Che la cercano solo perché è diversa dal resto del mondo, e che a volte si sente un po' un fenomeno da baraccone.

Andrè mi ha fatto l'esempio della pianista cieca che ha fatto impazzire Parigi un paio di anni fa2: Era brava davvero? O brava perché cieca? Se ci avesse visto, l'avrebbero trovata brava lo stesso? Se ci avesse visto, avrebbero pagato il biglietto per lei? Con Oscar si comportano nello stesso modo, mi aveva detto.

E poi mi aveva parlato di quelle memorie uscite dopo lo scandalo della collana, le insinuazioni sul Comandante e sulla Regina, su una presunta storia di amore saffico che per alcune settimane avevano raddoppiato le dicerie, le occhiate.

Poi tutto si era sopito, soprattutto con il cambio di incarico. Sopito, ma non svanito.

Così tutto era rimasto tranquillo, fino a che quel Contino con l'aria innocua che una sera di fine settembre era venuto a cercarla in Caserma aveva dato il via ad un meccanismo ormai impossibile da frenare. Come dare la carica ad un pendolo. Devi aspettare che la carica si esaurisca. Non puoi fermarlo prima.

Aveva chiesto la sua mano al Generale. L'ha detto lei stessa a François quella sera in cui è venuta con noi in osteria. E gli ha persino confidato che il Conte le stava complicando non poco la vita.

E quando si è rifiutata (e mi sarei stupito del contrario, con uno così), sono arrivati gli altri pretendenti.

 

Si è aperta la caccia.

Oggi ho visto cos'è la caccia. Credevo di sapere tutto, ho scoperto di essere un dilettante. Ho sentito commenti che non avrei neanche potuto immaginare. Ho udito cattiverie e sguardi che non credevo possibili. E se le parole erano quelle, non riesco a immaginare i pensieri che vi erano dietro.

Ho udito un nobile, vestito come un pavone e talmente grasso da far pensare che con un suo pasto mangerebbe tutta la famiglia di François, enunciare al suo compagno di passeggiata che le gambe del Comandante erano troppo magre (dopo averle guardate con un'insistenza che ha messo in imbarazzo persino me), per “poterci trovare in mezzo qualcosa di interessante”, con una risata degna dei peggiori clienti di Madame Lestrange.

Ne ho udito uno chiedersi insieme ad una dama ingioiellata seminascosta da un ventaglio se motivo per il quale il Comandante aveva deciso di lasciare il vecchio incarico per la Guardia Metropolitana fosse il fatto che aveva bisogno di carne fresca dopo essersi “divertita” con l'intera Guardia Reale.

Ho udito un tipo con l'aria arrogante spiegare di averla chiesta in moglie perché gli avrebbero fatto comodo certe terre che il padre darebbe in dote, aggiungendo che però la molla principale era stata la curiosità di vedere come si sarebbe comportata nell'intimità “una tigre come quella”.

 

I pretendenti sono molti, se penso al fatto che non è più una ragazzina.

Ma tra i nobili le donne con il matrimonio diventano merce di scambio. Ed è diventata merce molto interessante. Non solo a quanto pare è vergognosamente ricca, ma è anche bella, seppure a modo suo. E in queste cose la divisa non la protegge affatto. I cosiddetti gentiluomini le guardano quei pochi pollici di pelle scoperta come le massaie guardano la verdura da comprare al mercato.

Esaminano le mani, immaginando di farsi toccare.

Scrutano le labbra, immaginando di farsi baciare, o di udire comandi lascivi.

Si soffermano sulle caviglie che gli stivali lucidi evidenziano.

Insistono sulle cosce e sulle pieghe dei pantaloni sull'inguine mentre cammina.

Chi la sposerà farà decisamente un buon affare. E secondo me anche il paparino Generale ne ricaverà qualcosa.

Come lo chiama il cappellano? Mercimonio. L'hanno messa in vendita. Se la prenderà il più fortunato. Come il capretto alla lotteria della fiera. Hanno trasformato in lotteria il corpo del Comandante3.

 

Due incontri mi hanno lasciato delle impressioni ancora peggiori.

Il primo è avvenuto ieri, nel freddo della mattina di inizio novembre. Eravamo appena arrivati ai corpi di fabbrica delle Caserme di Corte. Il servizio sarebbe iniziato non prima di mezz'ora, per cui ci stavamo guardando intorno, cercando di familiarizzare con i luoghi.

André che conosce il posto stava facendo da guida a me, François, Gérard e Loïc, la nuova recluta bretone.

E' arrivato da un porticato laterale il solito Contino dai capelli arricciati (ma come fa ad essere un vero militare se è sempre così impeccabile? Bah!) che vorrebbe sposare il Comandante. E' venuto dritto verso di noi. Insomma, verso André. Adesso lo so. Si odiano.

Avrebbe potuto andare da chiunque di noi, per chiedere dove avrebbe potuto trovare il Comandante. Eravamo decine di uomini in divisa, in quel cortile. E molti sarebbero stati più facili da raggiungere. Ma voleva André. Voleva fargli pesare la differenza di rango, voleva fargli pesare che avrebbe potuto raggiungerla e stare con lei al riparo da sguardi indiscreti.

Si è avvicinato e noi gli abbiamo rivolto il saluto militare.

- Buongiorno, soldati.

- Buongiorno, Maggiore.

- Soldato Grandier, sai dove posso trovare il tuo Comandante, Generale di Brigata Jarjayes?

Detto caricando eccessivamente la voce sui gradi. Due frasi e già mi stava irritando.

- Si trova dentro con il Colonnello D'Agôut. Secondo ufficio a destra.

Ma come fa André ad essere così posato? Io lo avrei mandato nel posto sbagliato. Anzi, so io dove lo avrei mandato...

Ha girato sui tacchi per dirigersi verso l'ufficio, senza né ringraziare, né salutare.

Poi si è fermato, ha voltato leggermente il capo e, guardandoci di sguincio, ha aggiunto quasi casualmente:

- Questa per voi potrebbe essere l'ultima missione a Corte con questo Comandante. Potrebbe non rimanere molto nella vostra...ehm...diciamo Caserma, quando accetterà di diventare mia moglie.

E se n'è andato, il verme. Loïc non sa nulla, ma noi tre abbiamo guardato André, temendo di doverlo trattenere affinché non lo strangolasse. Invece era stoicamente fermo, solo le mani strette a pugno fino ad avere le nocche bianche, e i tendini del collo tirati lasciavano intuire quello che sentiva.

Temevo che sarebbe rimasto a lungo a fissare la porta che il Maggiore si era appena richiuso alle spalle, immaginando chissà quali profferte alla donna che ama da quell'insopportabile presuntuoso. Chissà cosa penserebbe che noi sappiamo del rifiuto che ha ricevuto, quel dongiovanni così sicuro di sé.

Ma il Contino è rimasto nell'ufficio del Comandante forse mezzo minuto.

La porta si é aperta con energia, il Generale di Brigata Jarjayes è uscito con il solito passo svelto e deciso allacciandosi il mantello (fuga per non rimanere col nemico in luogo chiuso?), insieme al Colonnello D'Agôut a cui dava indicazioni, e il Maggiore dietro, quasi correndo, cercando di ottenere un minimo d'udienza.

- Stiamo per compiere un servizio delicato, Maggiore, Vi pregherei di lasciarmi compiere i miei doveri con tranquillità. Potete andare. Vi auguro buona giornata.

Liquidato pubblicamente dalla “fidanzata”. Che goduria!

Eppure ancora sento l'amaro in bocca per il modo in cui si è rivolto a noi figli del popolo.

 

Il secondo incontro è stato se possibile ancora più disgustoso.

Oggi dopo il pasto di mezzodì, il Comandante ha recuperato una rosa bianca ed è uscita, facendosi accompagnare da André. Ero sorpreso, chissà quali cure devono avere qui i giardinieri per far fiorire le rose in autunno. E vederla con un fiore in mano mi è sembrato strano. Ero curioso. Così li ho seguiti. Mi sono stupito ancora di più vedendola posare la rosa a terra, ai piedi di un'alta scalinata. Aveva l'aria triste, le labbra con una piega amara, gli occhi quasi lucidi.

Quando si è girata per lasciare quell'angolo un po' appartato di giardino, André le ha posato una mano sul braccio, e l'ho vista rispondere al gesto posando l'altra mano su quella di lui. Poi ha alzato gli occhi e gli ha rivolto uno sguardo triste.

E' andata verso il corpo principale del Castello, mentre il mio amico tornava verso di me.

Non ho avuto bisogno di chiedere informazioni, due robuste nobildonne di mezza età stavano appunto commentando il gesto.

- Avete visto? La figlia del Generale Jarjayes ha deposto una rosa nel punto in cui é morta la piccola Charlotte.

- Dove si è suicidata la Contessina Charlotte, se vogliamo dirla tutta.

- Forse ora che il padre vuole maritarla, si sente accomunata alla piccola...

- Ma se avrà tre volte l'età che aveva la Contessina quando è morta! E' praticamente vecchia!

- Forse è più difficile accettare un matrimonio combinato a trent'anni che a quindici, sapete?

- Può anche darsi che abbiate ragione, cara...

Avevo sentito abbastanza. Mi sono diretto verso André, che stava rientrando, per proporgli di tornare al calduccio nella sala che avevano destinato a noi della Guardia Metropolitana. Invece ho visto venire verso di noi un nobiluomo molto elegante, incipriato e truccato con cura, con un'aria leggermente lasciva anche se stava venendo incontro a due soldati e non ad una dolce damigella.

Il gentiluomo stava procedendo verso il mio amico. Non era il primo. L'avevo visto essere riconosciuto e salutato gentilmente da alcuni nobili, tra cui quello che mesi prima avevamo fermato nottetempo nei giardini della Reggia, e che il comandante aveva lasciato andare. Così avevo saputo il suo nome: se raccontassi in giro che quello che dorme nella branda sotto di me scambia battute con il Conte di Fersen penserebbero che ho preso la peggior sbronza della mia vita.

Ma Fersen, nonostante tutto quel che si dice di lui, non ha l'aria viscida di questo nobile. Sarà un altro pretendente?

André ha accennato un inchino, ma non sorrideva.

- Buongiorno, André. Cambiato mestiere?

- Buongiorno a Voi, Duca. Sì, mi sono arruolato.

- Per seguire lei? Guarda che non fai mica un buon affare. La chiamano Vergine di Ghiaccio mica per nulla...

E rise della propria battuta.

- D' altra parte, deve essere una caratteristica di famiglia...anche la sorella è parecchio freddina tra le lenzuola. Mica per niente le sto quasi sempre lontano, ti pare?

Vedo e sento il respiro trattenuto.

- A meno che tu non sappia cose che io non so...che tu abbia accesso a stanze che a me sono state negate...

- Perdonatemi Duca, ma non riesco a capire a cosa vi riferiate.

Ma come fa a non spaccargli il muso?

- Lo sai benissimo, invece, non fare l'ingenuo. O vorrai farmi credere che una donna che passa tutto il suo tempo tra decine di soldati non se la spassi un po'? O che dopo aver passato anni con te al suo fianco non ti abbia chiesto qualche altro tipo di...servizio?

Per la seconda volta in due giorni vedo le mani del mio amico stringersi fino ad avere le nocche bianche, il collo rigido, uno sguardo socchiuso e feroce. Ma l'altro continua imperterrito.

- A me puoi dirlo...puoi fidarti...in fondo vorrei solo sapere com'è la sorellina minore; troverei molto sensuale provare due frutti della stessa famiglia; sarebbe un degno coronamento per un “collezionista” quale io sono. E se fosse come me la immagino quando la guardo cavalcare potrebbe essere un valido risarcimento per la freddezza di mia moglie.

- Eppure a Palazzo Jarjayes gira voce che abbiate già tentato di corteggiare Oscar, non so con quali esiti...

Ha risposto André con voce controllata. Il duca lo ha guardato furente ed è andato via senza degnarci di un saluto.

Stavolta sono curioso.

- E quello chi é?

- Louis Antoine Savinien de Liancourt.

- Liancourt? Il Luogotenente Generale del Re?

- No, il fratello minore. Nonché marito di Josephine de Jarjayes. Nonché emerito porco. André che parla in questo modo?

- E così dici che gira voce che che sia stato respinto? Cioè, ci ha provato con la sorella della moglie? Non mi stupisce affatto che lo abbia rifiutato.

- Siamo precisi. Non lo ha rifiutato. Gli ha piantato un pugnale nella coscia. Solo che invece di scoraggiarlo, la cosa lo ha stuzzicato. Tale e quale al suo amico, l'altro Savinien, quello rinchiuso alla Bastille.

- Sai, non sempre i cacciatori si rendono conto che la loro preda potrebbe essere stanca di fuggire e potrebbe invece rivoltarsi aggredendoli.

 

E mentre torno a cavallo insieme agli altri verso la Caserma di Chaussée D'Antin, non posso fare altro che stupirmi di quanto fango ci sia sotto le dorature di Versailles. Più di quanto immaginassi.

Chissà quanto ci vorrà prima che le dorature si scrostino e lascino il posto al viscidume sottostante, trascinandosi dietro gli abitanti della Corte.

 

 

Angolo dell'autrice: grazie molte a chi a letto o recensito. Siete stati molto generosi e mi avete spinta a continuare.

Qui Vivaldi cambia sonorità, e anche il racconto si muove diversamente.

L'autunno va morendo, sta per arrivare un gelido inverno.


1"La calunnia è un venticello", canta qualche anno più tardi il Don Basilio rossiniano.

2Maria Theresia Von Paradis, adolescente cieca in cura presso Mesmer.

3L'idea mi è venuta da De André, La buona Novella : "Del corpo di una vergine si fa lotteria"

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Capitolo 4
*** Inverno in Fa Minore – Allegro non molto ***


Inverno in Fa Minore – Allegro non molto

Solista: Oscar François de Jarjayes


Agghiacciato tremar tra nevi algenti
Al Severo Spirar d'orrido Vento,
Correr battendo i piedi ogni momento


Non ce la faccio quasi più. Fa freddo, sempre più freddo ogni minuto che passa. Questo gelido vento alza i mantelli e si insinua nelle ossa. Chissà come stanno i soldati, come sta André. La loro divisa è più leggera. E questa sottile pioggia gelata, che forse diventerà neve, passa nel colletto, si appiccica ai capelli, inchioda i polsi sotto i guanti, gela le mani. Temo che sarà un inverno spaventoso1.

Non ho voglia di pattugliare un'altra volta questo quartiere.
Odio il Faubourg Saint'Antoine. Hanno incendiato manifatture, assalito borghesi, assaltato aristocratici. Ci è anche scappato il morto. E un paio di settimane fa hanno assalito la carrozza in cui mi trovavo con André.
E' successo a due incroci da qui.

Sono un soldato, non dovrei avere paura. Ma quando ripercorro questa via sono inquieta. Inquieta di giorno, figuriamoci ora, dopo il tramonto. Siamo solo in quattro, ben visibili con le nostre divise che la popolazione sta smettendo di temere e cominciando ad odiare. Per fortuna stiamo rientrando verso la caserma. Per fortuna siamo a cavallo, dovesse accadere qualcosa saremmo rapidi a fuggire, non come l'altra volta.

L'altra volta.
La volta in cui stavano per impiccare André.
La volta in cui per fortuna non è avvenuto.
La volta in cui mi sono accorta che temevo più perdere lui che perdere la mia stessa vita.
La volta in cui ho realizzato di amarlo.
La volta in cui sono cambiata.

A parte il dolore fisico, forse è stata un fortuna. Sono cambiata.
Ho capito che non devo attendere che la vita mi passi accanto.
Ho capito che non è solo un modo di dire: la vita è davvero fuggevole.
Ho capito che non la voglio sprecare.
Ho capito che cosa voglio, da questa vita.

Voglio passarla con lui.
Non gli ho ancora parlato, questa consapevolezza è così fresca e neonata che non ho parole neanche per me, figurarsi per lui. Ma mi sorprendo a fare dei gesti che non fanno parte delle mia abitudini. A cercare il suo tocco. A cercare il conforto, il suo calore, il suo odore.
So che ne è spiazzato, So che crede sia solo un modo per sentirmi meno in colpa.

Devo parlare con lui al più presto, prima di ripiombare nel nostro usuale modo di fare, scarno di parole e ricco di fraintendimenti.

Domani torneremo a casa. Gli parlerò domani.

E mentre era assorta in questi pensieri, mentre il vento spostava e tirava con forza il mantello, sentì arrivare un sasso del selciato e colpirla alla gamba. Ne arrivarono altri.
Non , non di nuovo, pensò, mentre urlava agli altri di fuggire. Ma Oscar attese, fino a che il cavallo di André non affiancò il proprio. Non voleva mettersi in salvo senza vedere dove andasse. Non di nuovo.
Anche Alain e François sapevano cosa fosse loro accaduto nel quartiere. Avevano ascoltato i racconti e visto le ferite di André. Spronarono i cavalli il più possibile, ma qualcuno già tirava i loro mantelli. Qualcun altro si aggrappò al mantello di Oscar. Era più leggera, e più debole, stavano quasi per disarcionarla, ma ebbe la prontezza di recuperare il pugnale che teneva nella sella e tagliarne la chiusura, che per fortuna non era metallica, ma in tessuto.
Qualcuno strattonò le staffe, qualcuno cercò di afferrare le redini.
Volarono altri ciottoli presi dal selciato, qualche pezzo di legno.
Spronarono i cavalli, ma non era facile, su quel terreno umido e ghiacciato. Inoltre anche gli animali erano intimoriti da quella gente rumoreggiante. Non erano molti, forse una ventina in tutto. Ma altri ne sarebbero arrivati, richiamati dal rumore. Occorreva fare in fretta.
Gli aggressori, li incalzavano, li stringevano.
Oscar vide balenare la luce di alcune lame, forse asce, forse spade.
Non potevano aspettare. Oscar rivide con la mente la forca preparata per André, lo immaginò appeso, vide se stessa e i soldati fatti a pezzi.
Non poteva permetterlo.
Più tardi si odiò, per questo, ma l'istinto le disse di fare impennare César e di portarlo a colpire quelli che le stavano davanti impedendo loro il passaggio.
Lo zoccolo del purosangue si abbatté su due uomini, facendoli cadere. Il subbuglio che si venne a creare permise ai quattro cavalieri di scavalcare i due a terra e di partire velocemente lungo il viale, verso la Caserma di Chaussée d'Antin.

Sono gelata. Cavalcare senza mantello è stato tremendo.
Ma non è solo questo.
Ora sono davanti al fuoco del mio ufficio ma non mi scaldo. Il tè non mi scalda. La coperta che mi avvolge non mi scalda.
Ho freddo dentro, il freddo della paura. Un gelo che mi blocca il respiro, che mi contrai gli addominali, che porta un tremito incontrollato alle mani. Il timore di perderlo.
Ancora di più, il timore di perderlo senza avergli parlato.
Dio, che egoista che sono! Egoista , come tutti i nobili! Abbiamo di nuovo rischiato la vita, e penso a questo!
Devo vederlo!

Si alzò e buttò distrattamente la coperta sulla poltrona che aveva occupato. Raddrizzò le spalle ad andò verso il corpo di fabbrica dove si trovava la mensa, certa che per scaldarsi e per rassicurarsi i tre compagni di quella disavventura sarebbero andati a consumare il rancio.
Da alcune settimane anche Oscar consumava pasti uguali a quelli della truppa, ma non aveva mai cenato con gli altri.
Furono stupiti di vederla arrivare. Cercò di mantenere un'aria serena, di non mostrare la propria paura, anche se il pallore delle guance forse diceva il contrario.
I tre suoi compagni di ronda, che erano stati assaliti dal resto della guarnigione per avere notizie, compresero. Le sorrisero, e la invitarono al loro tavolo.
Dapprima intimoriti, i soldati recuperarono in breve la loro naturalezza, e la prima cena del Comandante alla mensa fu piacevole.
Prima di ritirarsi per la notte, annunciò ad Alain, François ed André che avrebbe preso due giorni di licenza, a partire dall'indomani, per smaltire lo "sforzo" dell'accaduto. E che quindi, di diritto, sarebbe spettata anche a loro.

La sera successiva, dopo una giornata pigramente trascorsa a casa, Oscar sedeva tranquillamente nel salottino a piano terra, sulla sua solita poltrona, con in mano una copia di Manon Lescaut che però sfogliava svogliatamente.
André le sedeva di fronte, con un libro che invece sembrava assorbirlo parecchio.
La casa era tranquilla, perché la Contessa era a Corte, mentre le sorelle ed i nipoti sarebbero rimasti alcuni giorni a Nevers, da Louise Hélène. Nel camino scoppiettava un bel fuoco, la neve caduta nel pomeriggio rendeva ancora più ovattati i rari suoni provenienti dal palazzo.
Sul tavolino di fronte a loro due calici di un vino rosso dal colore particolarmente caldo.

Non avrebbe trovato una situazione migliore per parlargli, quindi richiuse il libro poggiandolo accanto ai calici.
Non poteva restare seduta, non era una conversazione d'affari.
Si alzò, ma aveva l'impressione di torreggiare su di lui, dando la sgradevole impressione della diade servo-padrone.
Andò allora a sedersi sul bracciolo della poltrona di lui.

André alzò lo sguardo dal libro e lo chiuse, incredulo davanti a tanta disinvoltura, ed attese.
Qualcosa stava cambiando. Da quando era stata chiesta in sposa, la vedeva cambiata.
- Hai visto, cosa è successo ieri, e l'altra volta? Sono un'incapace2, non ho neanche saputo salvarvi, salvarti. Non ho neanche potuto. Non sono buona a nulla. E mi concedo anche la debolezza di appoggiarmi agli altri. Eppure...
Poggiò una mano su quella di lui che reggeva il libro
- Eppure, tu riesci ad amarmi. Mi ami nonostante i miei difetti...
Un'esitazione, o una domanda? Una confessione?
- André, io ti amo.
Un sussurro ad occhi bassi.

André allentò la presa sul libro, che cadde, e aprì le mani in un abbraccio, un invito. Oscar ci si lasciò cadere. Lasciò che la stringesse e la cullasse.
- Vuoi che ti ripeta le parole a cui ho dedicato la mia vita? Vuoi che te le dica?
Le allontanò il viso per poterla fissare nelle iridi, stavolta, mentre lo diceva: - Ti amo.
E lei rimase ad attendere che quelle labbra forti e morbide raggiungessero le sue, ad attendere il bacio che conosceva3. Un bacio gentile e quasi commosso, che li lasciò felicemente turbati.
Si lasciò scivolare dal bracciolo alle sue ginocchia, gli passò una mano dietro la nuca e l'altra sulle scapole, per fargli poggiare la fronte nell'incavo tra il collo e la clavicola, per sentirlo suo, senza sapere di ripetere il gesto di possesso di milioni di madri.
Rimasero in silenzio, stretti in quell'abbraccio così familiare, a respirare il rispettivo odore, ad ascoltare le nuove emozioni, ad assaporare la nuova consapevolezza di quanto stava avvenendo. Poi Andrè alzò il volto, e senza parlare, la baciò nuovamente. Di nuovo un bacio leggero. Poi si baciarono ancora, ed ancora.
L'orologio a in bronzo dorato sulla mensola del camino suonò l'ora, mentre sui baciavano. Quando suonò il quarto ancora non avevano smesso. Persino i due angeli musicisti che reggevano il quadrante sembrava che li guardassero stupiti, mentre rimanevano allacciati, incuranti del mondo e dimentichi del tempo che scivolava via.

Si staccarono solo per guardarsi negli occhi.
In quel momento, Oscar iniziò ad essere consapevole dell'accaduto, realizzò di essere stata lei a dichiararsi per prima, di essere andata a sedersi così vicino a lui, e poi addirittura di esserglisi seduta in braccio. La colse un turbamento completamente nuovo, un imbarazzo del tutto femminile, l'impressione di essersi comportata in maniera sfrontata. Avvampò ed abbassò lo sguardo.
Andrè rimaneva fermo ad osservare quelle gote chi si colorivano, quegli occhi che mutavano espressione e poi si volgevano altrove. Per un attimo ebbe timore che si fosse pentita.
Le sollevò il volto con la mano destra, obbligandola a lasciarsi scrutare. Sembrava ...intimidita?
- Forse adesso penserai che sono stata troppo...sfacciata...
Un sussurro.
André quasi non credeva alle proprie orecchie. Non una volta in vita sua Oscar si era posta il dubbio di essere sconveniente. Nemmeno durante lo sciagurato ballo per trovarle un pretendente, ed ora riusciva ad imbarazzarsi con lui e per lui. Decisamente qualcosa in lei stava mutando.
- Non lo penso. Non lo penserò mai. Anzi, mi piace questo tuo nuovo modo di fare.
Arrossì ancora di più, nel sentirselo dire.
Per quella sera, non sarebbe riuscita a reggere né altre parole, né altre emozioni. Posò le sue labbra su quelle di Andrè, in modo leggerissimo – Buona notte, amore mio. Poi si alzò per andare nella propria stanza.
- Buona notte. Cerca di svegliarti ancora sfacciata come stasera.

Salì le scale leggera nei gesti e nell'animo, sorridendo. Sono riuscita a dirglielo! L'ho addirittura baciato! E per fortuna i suoi sentimenti non sono mutati!
Chiuse la porta dei propri appartamenti e vi poggiò la schiena, sorridendo. Quanto sono felice!
Si svestì lanciando gli abiti a caso sul pavimento. Sono contenta di essere nata!
Si buttò sul letto, rannicchiandosi tra le lenzuola gelate. Sono fidanzata!
Sospirò e chiuse gli occhi. Ti amo.

André lasciò il salottino per andare verso la sua stanza sentendosi come se non avesse peso. Mi ha detto che mi ama! Ci siamo persino baciati!
Chiuse la porta sospirando. Quanto sono felice!
Si svestì lanciando gli abiti a caso sul pavimento. Sono contento di essere nato!
Si buttò sul letto, rannicchiandosi tra le lenzuola gelate. Chissà ora cosa vorrà fare? Ma non importa. Mi ama, e tanto mi basta.
Sospirò e chiuse gli occhi. Ti amo.

Il mattino dopo (Già l'ultimo di questa brevissima licenza! Peccato!) fecero colazione insieme nelle stanze di Oscar. Mangiarono quasi in silenzio, recuperando gesti ed abitudini antiche, ma con una nuova serenità. Si guardavano, sorridevano, illuminati dal sole che si rifletteva sul giardino innevato.
Oscar capì che però André non l'avrebbe baciata nuovamente se lei non si fosse accostata per prima. Anni di timore gli impedivano forse di fidarsi completamente. Così gli prese la mano e si sporse per sfiorargli le labbra. Ma stavolta André non si accontentò di baci languidi e dolci. Ne prese uno soltanto, ma che fu cùpido, assetato, un incontro assoluto e una presa di possesso definitiva.
Si scostò lasciandola esausta e con la sensazione di avere ancora molto da apprendere sui suoi baci.

Le sorrise.
- La casa è piena di gente, non possiamo rimanere così. Qualcuno verrà a vedere cosa stiamo combinando...
- Allora, suoniamo4. Sono secoli che non riusciamo a trovare il tempo!
- Si, ma, appunto, sono secoli. Partiamo con qualcosa di semplice.
Accordarono i due violini, poi, come da sempre, iniziarono con una scala all'unisono5. La scala era un rito di inizio. Avvisava il palazzo di non dover entrare. Lavava dalla mente, dagli occhi e dalle dita la pesantezza della vita di fuori. Apriva alla musica, chiudeva al mondo.
Dapprima suonarono piccole cose tradizionali inglesi, un regalo portato da Constance, per riprendere l'agilità delle dita intorpidite dalle redini, dalla spada.
Poi passarono al duetto in Fa maggiore di Boccherini che si adattava bene al loro spirito del giorno. Erano abbastanza arrugginiti entrambi, quindi impiegarono parecchio tempo a riportare le dita all'agilità necessaria. Ma quando furono di nuovo sciolte, la loro vecchia e insieme nuovissima comunione di spirito emerse e rese quel momento un attimo di incanto, un bacio aereo e impalpabile fatto di legno, corde e archetti.

Al termine si abbracciarono e ascoltarono semplicemente il suono del loro respiro.
Poi un nuovo bacio, di labbra e carne, questa volta. Si riscossero, sentendo il rumore di una carrozza, seguito dal vociare dei nipotini e dalle chiacchiere delle sorelle di Oscar. Oh, no! Già qui?
Si separarono malvolentieri, e scesero ad accogliere i nuovi arrivati.

Josephine li guardò sopraggiungere...non aveva mai visto una simile espressione appagata sul volto della sorella. Mai.















1L'inverno 1788/1789 fu estremamente rigido in quasi tutta Europa; fino ad oggi per molte capitali il Dicembre 1788
fu il più freddo da quando vengono misurate le temperature. Gelò la Senna impedendo l'arrivo della legna per riscaldamento via fiume, la Manica per quasi 10 km dalla riva, a Parigi il 31 Dicembre la temperatura scese a -21,8° .

2Nota cronologica. Saint'Antoine dovrebbe avvenire poco prima del 19 novembre 1788. La scena da cui traggo ispirazione ora nel manga si situa a fine giugno, quando i soldati vengono portati alla prigione dell'Abbaye. Voglio regalare ai protagonisti qualche mese di felicità in più. Nel manga Oscar si dichiara ad André, poi fino al 12 luglio sembra abbiano una specie di fidanzamento, con baci ed abbracci, e anche nel Gaiden Andrè le dice che ha occhi solo per lei. Non amo molto invece questa parte dell'anime, che pone la dichiarazione e la prima notte nello stesso momento.

3Riferimento al manga.

4In un mondo senza riproduzione digitale della musica, l'educazione musicale anche tra i borghesi era molto più diffusa di quanto si immagini. Non vedo quindi perchè nell'educazione generale impartita anche ad André avrebbero dovuto trascurare la musica. La stessa Ikeda nei Berukids gli fa suonare il flauto. Nel manga Oscar suona il violino (molto più realisticamente, rispetto all'anacronismo dello Steinway laccato bianco dell'anime!!!), quindi qui ho deciso di dare un altro violino anche a lui.

5Uso abbastanza comune anche per avviare i piccoli gruppi anche tra studenti. Qui omaggio a "Una musica costante" di Vikram Seth.

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Capitolo 5
*** Inverno in Fa Minore - Largo. ***


Inverno in Fa Minore - Largo.

Solista: M.me Marguerite De La Borde Contessa Jarjayes

Passar al foco i dì quieti e contenti
Mentre la pioggia fuor bagna ben cento

La Contessa guardava stancamente fuori dalla vetrata, ascoltando il pacato rumore della pioggia invernale che batteva sul terreno gelato, come il leggero pizzicato di un violino. Dal piano nobile del palazzo non si udivano altri suoni, la servitù stava lavorando nelle cucine ed Oscar non sarebbe rientrata che dopo il tramonto. Aveva finalmente qualche ora di pace.

La Contessa sospirò impercettibilmente; era sfinita dal suo ruolo di Prima Dama di Compagnia di Sua Maestà. Sebbene dopo la nascita dei figli Maria Antonietta non passasse più le notti inseguendo un'illusoria felicità di balli, opere e feste, la vita di Corte era ugualmente logorante. La Contessa trovava particolarmente faticoso il continuo esercizio di autocontrollo che le era richiesto, il fatto di non poter mai mostrare apertamente i propri pensieri, le preoccupazioni, la disapprovazione.

Detestava il fatto di dover trascorrere ore a risolvere questioni infinitesime di abbigliamento o di etichetta, che a Corte sembravano raggiungere dimensioni spropositate, ascoltare le continue lagnanze delle Nobildonne per un passo non ceduto od un saluto che si era lasciato troppo attendere, mentre a casa propria le cose accadevano senza di lei.

 

Erano quasi due decenni che fungeva quasi da madre alla figlia dell'Imperatrice Maria Teresa, a discapito delle proprie figlie, soprattutto a discapito dell'ultima, che già prima faticava a comprendere e che ora sembrava le stesse definitivamente sfuggendo di mano.

Non era stata presente quando Hortense aveva perduto i figli uno ad uno, solo attraverso la loro fitta corrispondenza aveva potuto provare ad alleviarne il dolore, fino alla nascita benedetta della piccola Loulou, che ora stava crescendo viziata ed indisponente, protetta da una madre terrorizzata dall'idea di perderla.

Non era stata presente quando Josephine si disperava per il marito violento, libertino e depravato con il quale aveva vissuto un matrimonio di disperazione che ormai si era trasformato in una formale convivenza a distanza in due differenti proprietà.

Per non parlare di Constance, sposata a quel buffo inglese, che era tornata in Francia dopo quasi vent'anni, ma che comunque forse conosceva più delle due fredde e compassate figlie che quotidianamente incontrava nei corridoi della Reggia e con cui scambiava solo poche parole di convenienza, quasi fossero estranee.

 

Erano quasi due decenni che Marguerite, la stessa Marguerite che testardamente si era opposta all'educazione in convento, e le aveva cresciute ed istruite a palazzo1, si trovava nell'assurda situazione di non poterle vedere quanto desiderava, a causa dei propri impegni con la Regina.

 

Erano quasi due decenni che era costretta a rimanere lontano da palazzo per lunghi periodi, senza poter rientrare neanche quando Oscar era ferita o malata...come molti anni prima, quando aveva perso così tanto sangue da far temere per la sua vita, e come molte altre volte, come soltanto alcune settimane prima.

 

Poche settimane prima, quando Oscar e André erano tornati a casa insanguinati e feriti dopo essere stati aggrediti nel Faubourg Saint Antoine, e lei non l'aveva saputo che due giorni dopo, dal Conte di Fersen che l'aveva per caso incrociata entrando negli appartamenti di Sua Maestà e le aveva chiesto notizie della figlia...notizie che non aveva saputo dare, perché nessuno l'aveva informata dell'accaduto. Ed anche i dettagli le erano arrivati alle orecchie solo attraverso una domestica che frequentava un attendente, a casa nessuno le avevano voluto risparmiare i dettagli. Quasi impiccati! Li avevano quasi impiccati! Avevano seriamente rischiato la vita...un'altra volta!

 

Da anni il suo incubo ricorrente era vederseli riportare a casa cadaveri, e questa volta ci erano andati spaventosamente vicino. Ma chissà poi perché continuava a pensare al plurale...non sembrava riuscire ad immaginare Oscar senza la sua ombra, il suo amico, la sua ...metà?

Perché no, poi, in fondo...francamente non riusciva a vedere nulla di male in quella situazione, a differenza del marito. Il quale parlava a proposito e sproposito di regole e consuetudini, di rango e di convenienze; ma che, tuttavia, si era fatto beffe di ogni regola, di ogni consuetudine, di ogni situazione naturale convincendo, pagando e terrorizzando un povero cappellano spaurito sino a che questo non aveva accettato di battezzare una bimba con un nome maschile, e che si era fatto beffe di ogni criterio di rango e di convenienza quando si era trattato di soddisfare il proprio orgoglio infilando la bimba, ormai divenuta ragazzina, in una divisa da ufficiale.

E naturalmente, tutto il palazzo gli aveva dato corda, nessuno che avesse osato contrariare il Generale, per paura di punizioni e licenziamenti, tutto il palazzo si rivolgeva a lei chiamandola Conte, o Monsieur...tutto il palazzo tranne l'unica in grado di tenere testa al Generale, la vecchia governante (il vero capo della casa, con buona pace del Generale), che si ostinava a chiamarla Mademoiselle, o bambina mia. Oh, se avesse avuto più alleati, nella sua lotta silenziosa contro le idee del Generale!

 

Se avesse avuto più alleati forse non avrebbe avuto una figlia con il corpo cosparso di cicatrici come quello di un pirata. Se avesse avuto più alleati forse avrebbe avuto una figlia che le avrebbe parlato più spesso e più serenamente. Da quel che le pareva di ricordare l'unica vera conversazione l'avevano avuta pochi giorni dopo l'aggressione al Faubourg Saint Antoine. Ma Oscar non era andata a confidarle la sua preoccupazione per i pericoli che correva, come la Contessa si aspettava. Era andata da lei per farle capire che temeva maggiormente un matrimonio non voluto2. Forse sperando nella sua intercessione presso il Generale. La gabbia. Sua figlia temeva di vivere in gabbia.

 

Si chiese se non fosse Oscar ad avere ragione. Tutto sommato, godeva di una libertà invidiabile, per una donna, ed aveva diritti quasi inimmaginabili, pur pagandoli con una vita intensa di lavoro e sacrifici. Era severa, ligia al dovere e rigida. Ma non le pareva infelice.

Anzi, stranamente, dal giorno dell'aggressione le appariva persino più serena, addirittura più sorridente. Nel tempo libero sedeva tranquilla a leggere, oppure suonava, cercava André per stare in sua compagnia, le era quasi parso di vedere che lo abbracciasse. Una sera l'aveva vista nel salottino a piano terra seduta sul bracciolo della poltrona a guardare un libro da sopra la spalla di lui. Forse qualcosa tra loro si stava evolvendo? Forse sua figlia si stava innamorando?

 

Ebbene, non sarebbe certo stata lei ad impedirlo. Anzi. Aveva detto ad Oscar che a volte i genitori si comportano da idioti; questa volta non l'avrebbe fatto. Per una volta, avrebbe smesso di tacere ed accondiscendere. Se del caso, si sarebbe opposta al marito. Questa volta si sarebbe opposta davvero. E con tutte le sue forze.

 

 

1Cfr. Il gaiden I pirati turchi e la monaca, parte 1

2Scena presente nel manga, vol.2 dell'edizione francese.

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Capitolo 6
*** Inverno in Fa Minore – Allegro non molto – Terzo movimento ***


Stiamo uscendo dall'inverno, presto la primavera porterà tepore e novità. Grazie a chi ha letto, ho visto che ci sono moltissime visite e ve ne sono immensamente grata. Grazie inoltre ha chi ha avuto la voglia di recensire.

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Inverno in Fa Minore – Allegro non molto – Terzo movimento

Solista: André Grandier


Sentir uscir dalle ferrate porte
Scirocco, Borea, e tutti i venti in guerra
Quest'è'l verno, ma tal, che gioia apporte.

Riemerse dal sonno lentamente, assaporando la sensazione di un materasso molto più morbido della branda in camerata. Una soffice trapunta lo manteneva in un piacevole tepore.
Solo una lama di luce filtrava tra le tende cremisi accostate a chiudere completamente il baldacchino del letto. Doveva essere molto tardi, vista la luminosità di quel raggio di sole invernale.
Inspirò profondamente per respirare il profumo di acqua di rose dei capelli biondi che si spargevano sul cuscino solleticandogli una guancia già un po' ruvida di barba.
Allungò una mano per cercare i fianchi della proprietaria di quei riccioli e stringerla un po' di più a sé. Decise di rimanere in quel piacevole dormiveglia il più a lungo possibile. Tanto, nessuno lo avrebbe cercato.

La sera precedente, Oscar di era premurata di esagerare il suo stato di affaticamento con la nonna, raccomandandosi espressamente di non svegliarlo neanche se fosse rimasto a poltrire fin dopo il mezzogiorno. D'altra parte, era domenica. Sul momento André, non aveva capito la ragione di un simile suggerimento, per quanto gradito. In effetti, il sonno arretrato da smaltire era davvero considerevole.
Non aveva immaginato nulla neanche quando, a tavola con il padre, Oscar gli aveva garbatamente chiesto di passare da lei, più tardi durante la serata1. Una richiesta come molte altre volte. Certo, da quando, circa tre settimane prima, gli aveva dichiarato il proprio amore, il tempo che trascorrevano insieme aveva assunto un altro sapore. Il sapore di lei, e delle sue labbra. E, sebbene André si struggesse dal desiderio inespresso, non aveva ancora osato forzarla in quella direzione.
Si era quindi immaginato di trascorrere con lei una tenera serata di chiacchiere, baci e languori. Bussando alla sua porta si era invece trovato di fronte una versione inusitata della sua amata, che lo aveva accolto scalza, indossando una veste da camera di foggia decisamente femminile, sopra ad una camicia da notte ancora più femminile, e impalpabile. E che, seppur arrossendo e guardando in basso, gli aveva sussurrato: - Questa sera...vorrei passare la notte con te. Come tua moglie2.

Così ora André si trovava nella meravigliosa situazione di attendere che lei si svegliasse, ripensando alla notte precedente. Ridestandosi, tornava anche a fare capolino una certa curiosità mista a una leggera inquietudine. Gli stessi dubbi che nelle settimane precedenti avevano talvolta oscurato il sole della sua felicità nascente come nuvole maligne e dispettose.
E ora? Cosa siamo ora? Se già prima i nostri rapporti erano qualcosa di indefinibile, per non dire di inqualificabile, agli occhi del mondo, ora cosa diverremo?
Manterremo una relazione da amanti? Non mi piace per nulla, ma temo sia l'unica soluzione. Non posso chiedere di fuggire con me, se non sarà lei a proporlo. E se anche fosse, a che tipo di vita la costringerei? Ripudiata dalla famiglia, senza più il lavoro cui tiene, senza più il rispetto...
Il matrimonio? Certo che mi piacerebbe. Quando ieri sera mi ha detto “come tua moglie” mi si è fermato il cuore. Ma come? Un matrimonio clandestino? Dio, che tristezza3! Certo, piuttosto che nulla...
Ma possibile che le differenza di nascita possa creare tutto questo? Possibile che io non possa amarla alla luce del sole? Mentre chiunque abbia un titolo può venire liberamente dal Generale e chiederla in sposa, solo perché possiede un feudo.

Fu distratto dai suoi tristi pensieri da una mano che gli si poggiava sulla guancia, per avvicinarlo in un bacio.
- Buongiorno, amore.
- Buongiorno a te.
- Credo che sia il risveglio migliore della mia vita.
- Anche per me. Non hai idea di cosa voglia dire svegliarsi e vedere il tuo viso anziché il brutto muso di Gérard!
Oscar si mise a ridere e lo baciò di nuovo.
- Ah, ma non credere che questo risveglio sia una cosa indolore. Dovrai pagare il fio della tua impudenza e presunzione, sai? Mi hai sedotta e disonorata ed ora dovrai redimerti con un matrimonio riparatore! Disse guardandolo con un' aria fintamente ingenua.
André rimase senza parole. Stava parlando di matrimonio? Con lui?
- Ma dici sul serio?
- Mai stata così seria. Rispose Oscar guardandolo negli occhi.
- Tu non meriti una squallida relazione tra padrone di casa e dipendente. Non riusciva a dire la parola servo.
- E francamente non fa neanche per me. Se fosse necessario, fuggirei con te, per dire al mondo che per me vali più di qualunque cosa. E se sarà inevitabile, lo farò. Ma più ancora, voglio fare sapere al mondo che tu per me vali addirittura un matrimonio. E non un matrimonio clandestino. Uno vero e legale. Voglio dimostrare che per un nobile non è disonorevole sposare un membro del terzo stato. Voglio che sappiano, che tra tutti i nobili vuoti che mi hanno chiesto in sposa, ho scelto te. Perché sei meglio di loro.
André si sentì gonfiare il petto d'orgoglio a quelle parole. Si sentì ripagato degli anni di attesa. Si sentì non solo amato, che già era moltissimo, ma amato proprio per quello che era. Seppe con certezza che non si sarebbe mai vergognata di lui, né delle sue origini.
- Ma come faremo? Perderesti il titolo4, e tutto il resto.
- Non mi interessa né il titolo né il feudo, l'unico motivo per cui voglio che riconoscano il nostro matrimonio è quello di essere un esempio per quelli che verranno dopo di noi. Non mi importa di essere ripudiata da mio padre, se non per il dispiacere di non vedere più mia madre e tua nonna se non di nascosto. A parte questo, ho un'idea, lascia fare a me. Un giro da un notaio sveglio, dopo le feste di fine anno, e avrò le idee più chiare.
Andrè la baciò pieno di gioia, di amore e di riconoscenza.
- Nel frattempo, non ho nessuna intenzione di nascondermi. Tu sei il mio fidanzato. Per tutti.
La rovesciò all'indietro sul cuscino, deciso a godere dei suoi “diritti di fidanzamento” ancora una volta.

Il giorno successivo, un lunedì, si ritrovarono ancora una volta nei cortili delle Caserme accanto alla Reggia. Il primo giorno del nuovo anno, si stava avvicinando. Re Luigi avrebbe ufficialmente indetto gli Stati Generali, il servizio di guardia sarebbe stato strettissimo, molti reggimenti erano stati richiamati.
Oscar era stata chiarissima con i suoi soldati. Avrebbero dovuto essere più che attenti, in quei quattro giorni, avrebbero dovuto essere perfetti. Anche nei momenti liberi. Non avrebbero dovuto né bere, né infilarsi in qualche rissa, né lasciarsi andare. Anche il poco tempo libero sarebbe stato regolamentato: allenamenti o quiete chiacchiere. Null'altro.
Il contatto con André le mancava. Avrebbe voluto buttarsi tra le sue braccia, ma non era il momento. Avrebbe dovuto attendere. Quanto era difficile! Ma ora aveva la consapevolezza di ritrovarlo alla successiva licenza. E aveva l'orgoglio di poterlo definire suo.
Invece, André non osava. Non si sentiva abbastanza saldo nella propria posizione sociale per poterlo dichiarare. Oscar lo percepiva e ne provava dolorosa consapevolezza. Anche questa volta sarebbe toccato a lei fare il primo gesto. E anche questo era fonte di nuovo dolore.
Immaginava quanto ad André avrebbe fatto piacere rendere pubblico il loro amore, ma il suo stato sociale lo ricacciava ancora una volta in una condizione di inferiorità. Ancora una volta avrebbe dovuto far forza della propria condizione nobiliare per smuovere le cose.
Sperava con tutto il suo cuore che quell'Assemblea degli Stati Generali avrebbe cambiato le cose. Egoisticamente, sognava che nel nuovo corso delle cose, anche amori come il loro avrebbero trovato il proprio posto nel mondo. Anche se sapeva benissimo che i suoi problemi erano ben poca cosa, rispetto a quelli di suoi soldati. Solo Alain era felice, per l'imminente matrimonio della sorella minore. Gli altri, erano coinvolti in piccole e grandi tragedie familiari. François aveva appena perso il padre, ora sarebbe stato da solo a mantenere la madre ed i fratellini. Il figlio di Lazare era stato molto male, si era temuto per la sua sopravvivenza. Loȉc era emigrato dalla Bretagna perché le tempeste estive avevano completamente inondato i campi e distrutto i raccolti. Tutti sottraevano cibo ai loro pasti per consegnarlo a casa. Come la maggioranza dei francesi, anche i suoi soldati confidavano molto nel nuovo corso che sarebbe seguito agli Stati Generali per migliorare le loro esistenze.

Nonostante ciò, o forse proprio per questo, tra tutte le persone presenti alla reggia in quei giorni, i più fidati per una confidenza sul suo fidanzamento erano proprio i suoi Soldati della Guardia Metropolitana.
Scese nel cortile. André si trovava in un angolo con Alain. La vicinanza del suo massiccio amico, con la corporatura da orco, lo faceva sembrare ancora più elegante e snello. Si diresse decisa verso di loro.
Fu Alain a parlare: - Mi spiegate cosa è successo in questi due giorni? Il mio amico, qui, è tornato da casa con una faccia da merluzzo che non gli ho mai visto.
- Ne deduco che il fidanzamento gli fa male. Dovrò prendere dei provvedimenti. - Rispose Oscar sorridendo, mentre il “merluzzo” arrossì vistosamente ed il suo amico sbigottito impiegò qualche secondo a riprendere l'uso della parola. E anche dopo averla ritrovata, faticò a recuperare il suo solito sarcasmo: - Dove?...quando?
- Non lo sappiamo, è ancora tutto da decidere, si tratta di una promessa decisamente recente...ma credo le notizie non ti mancheranno.
- Che posso dire? Congratulazioni! Però sono curioso di sapere come la pensa la Vostra famiglia , Comandante.
- Mio padre resterà fuori un paio di mesi con il suo reggimento, gliene parlerò al ritorno, e questo mi darà modo di mettere a punto i dettagli.
- E chi l'avrebbe detto che questo qui avrebbe messo a segno un colpo del genere! Avere la faccia da bravo ragazzo alla fin jfine paga, allora! Disse assestando sulla spalla di André un pugno che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere affettuoso.
Oscar rise di quelle maldestre esternazioni di gioia ed affetto. Ancora una volta, pensò a quanto si trovava a proprio agio con quei soldati. Non faceva fatica a capire come André si fosse affezionato così tanto ad alcuni di loro, ed in particolare a quell'energumeno dal cuore generoso che stava ridendo con loro e di loro.

Fu durante quello scambio di battute che arrivò il Maggiore Girodelle. Non ebbe modo di sentire quanto si dicevano, ma non poté non notare l'atteggiamento confidenziale che la donna che lo aveva respinto e tenuto a distanza aveva invece con due soldati di origine plebea.
Il suo orgoglio ferito e non del tutto cicatrizzato riprese a sanguinare.
Ancora quel servo. E il suo enorme amico, che già aveva notato in occasione del servizio che la Guardia Metropolitana aveva effettuato in autunno. Non riusciva a capire come Oscar potesse passare così tanto tempo con loro, persino divertendosi, a quanto pareva.
Colse soltanto l'ultima frase prima di arrivare loro vicino. Udì soltanto la voce di Alain che diceva al commilitone: - Allora mi aspetto di farti da testimone!
Girodelle si rasserenò di colpo. Allora era questo il motivo di tanta allegria! Le nozze dell'antico attendente! Bene, questa volta se lo sarebbe tolto dai piedi. Forse avrebbe potuto tornare ad insistere per ottenere la mano di quella donna che tanto sognava. Senza quella presenza ingombrante le cose sarebbero state diverse. Il suo orgoglio risanò di colpo. Raddrizzò le spalle e si diresse verso il terzetto con il più fiducioso dei propri sorrisi. Senza rendersi conto che mai fiducia fu peggio riposta.

André fu il primo a notare l'arrivo del Conte. Involontariamente, si irrigidì e si fece guardingo. Gli altri lo notarono e si volsero verso il nuovo arrivato.
- Buona giornata, Comandante! Soldati. Un lieve cenno del capo ed un sorriso inspiegabile.
Non capisco il suo atteggiamento. Eppure Oscar mi ha detto di averlo liquidato.
- Sono venuto a portare il programma delle manifestazioni di questi giorni.
Oscar tese la mano, prese i fogli e cominciò ad esaminarli seduta stante.
- Vogliamo andare ad esaminarli in ufficio? Staremo più comodi. Così il vostro amico potrà rimanere a festeggiare il fidanzamento con il testimone. A proposito, André ti faccio i miei auguri.
Il silenzio attonito che accolse questa frase, seguito dalla risata fragorosa del soldato alto gli fece morire il sorriso sulle labbra. Gli occhi azzurri che lo osservavano basiti gli insinuarono in testa un sospetto. L'espressione glaciale dell'uomo di fronte a lui lo trasformò in certezza. Eppure...

André non aveva frequentato la Reggia per anni senza trarne alcun insegnamento. Recuperò una qualche aria di serenità e lo ringraziò affabilmente, mentre lo malediceva in cuor suo. Trovò il modo di esprimere una frase di circostanza senza mai menzionare la futura sposa. Oscar non voleva mantenere segreta la cosa, ma metterne a parte tra i primi giusto Girodelle non gli pareva affatto una buona mossa.

Il Maggiore, cambiò inopinatamente argomento, rivolgendosi ad Oscar.
- Mi si dice che la Guardia Metropolitana abbia fatto dei miglioramenti incredibili, da quando è ai vostri ordini. Abbiamo un po' di tempo, prima di iniziare i servizi di oggi. Mi allenerei volentieri.
La donna accolse con favore l'occasione di cambiare argomento.
- Certo, sono mesi che non ho modo di misurarmi con Voi. Ben volentieri.
- Ma no, Comandante. Sono curioso di vedere i progressi fatti. Mi eserciterei volentieri con uno dei vostri soldati. Vieni tu, André, che già conosco il tuo stile. Disse Girodelle.
Vieni tu, che hai osato alzare lo sguardo su di lei. Pensò invece.
Vieni tu, che mi hai ferito nell'orgoglio, pensò Alain.
Vieni tu, che voglio farti soffrire, pensò Oscar.
Vieni tu, che ci vedi male, pensò André.

Non fu un allenamento. Fu un duello.
André era in svantaggio per i problemi all'occhio. E Girodelle lo sapeva benissimo. Ma era in svantaggio perché non poteva rischiare di ferire il proprio avversario. Sarebbe stato facile per un aristocratico farlo poi condannare. Poteva solo difendersi, e sperare di uscirne vivo.
Il Conte assaltava con ferocia, puntando sempre verso il lato sinistro dell'avversario. Sapeva dove colpire per metterlo in difficoltà. André era abile, ma doveva limitarsi a parare e ad attaccare senza andare verso punti vitali.
I commilitoni, pur non comprendendo appieno le ragioni di quell'”allenamento” lo incitavano, e questo rendeva ancor più furente il Maggiore.
Ma nessuno di loro, tranne Oscar ed Alain, che aveva perso i gradi per un pugno ben assestato ad un superiore, capivano le ragioni del suo modo di combattere.
- Vai, André! Sei più bravo di così!
Ma rimaneva sulla difensiva, senza mai attaccare con convinzione. Morire infilzato o morire condannato per aver ferito un aristocratico. Bella scelta.
- Fagli vedere cosa sanno fare le Guardie Metropolitane!
Quest'ultimo incoraggiamento gli fece capire come agire. Girodelle maneggiava la spada in modo abile ed accorto, ma il suo stile era decisamente accademico.
Invece André negli ultimi mesi aveva anche potuto accostarsi ad un nuovo modo, molto più empirico, di combattere. Anziché schivare con una delle prevedibili mosse apprese negli anni, ruotò su se stesso, facendo perno prima sul piede destro e poi sul sinistro, compiendo un mezzo giro che spiazzò del tutto l'avversario. Prima di rimettere a terra il secondo piede, ebbe modo di fare un leggero sgambetto al suo avversario, che, già sbilanciato, cadde a terra permettendogli di puntare la punta della lama sul colletto decorato dell'uniforme da ufficiale.
- Allenamento terminato, Maggiore. Disse tendendogli la mano.
Girodelle si rialzò senza aiuto, si scosse la polvere dalla giubba e si limitò a commentare che si era fatto tardi. Se ne andò senza salutare.

André rimase dubbioso a guardarlo partire. L'aveva ferito nell'orgoglio. E se si fosse dimostrato più pericoloso che non ferirlo nella carne?




1Nel manga.

2Traduzione dall'edizione francese del manga. Invece l'abbigliamento è una mia libertà. La Ikeda immagina che Oscar inviti André nella propria camera con le stesse intenzioni e lo attenda vestita normalmente. Non mi sembra così OOC che la stessa donna che si era messa un abito per Fersen, peschi qualcosa di grazioso dal baule del corredo che le avranno sicuramente preparato in vista dell'eventuale matrimonio.

3Dopo il Concilio di Trento, i matrimoni erano regolamentati: serviva no tre "bandi" enunciati durante tre messe successive, un sacerdote e quattro testimoni. Ma i matrimoni clandestini erano diffusi, a causa del rifiuto del consenso dei genitori, e molte coppie si accontentavano di un notaio o di un curato compiacente.

4 La nobiltà francese si trasmetteva in linea maschile e l'origine della madre non aveva importanza. Se una donna era di buona famiglia, tanto meglio, se no diveniva automaticamente nobile anch'essa, restandolo anche in caso di vedovanza. Al contrario, una nobile di nascita sposata ad un popolano perdeva il titolo e non poteva trasmetterlo ai figli (la moglie prendeva in ogni caso la condizione sociale del marito).

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Capitolo 7
*** Primavera in Mi Maggiore – Allegro - Giunta è la primavera ***


Qui le cose si fanno serie...sono andata a cercare il diritto di famiglia dell'Ancien Règime sui siti di lingua francese, e l'ho un po' utilizzato come faceva comodo a me.

Ho messo nelle note ciò che sta formalmente dietro le azioni di Oscar, se no avrebbe appesantito troppo il capitolo. Mi raccomando, leggetele!

Spero vi piaccia, ma ad ogni buon conto preparo l'ombrello per i pomodori...

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Primavera in Mi Maggiore – Allegro - Giunta è la Primavera

Solista: André Grandier

Al violoncello: François Augustin Reynier da Jarjayes


Con dolce mormorio Scorrono intanto:
Vengon' coprendo l'aer di nero amanto
E Lampi, e tuoni ad annuntiarla eletti

Metà maggio, e siamo di nuovo qui a pattugliare le strade. I giorni si susseguono identici, scanditi dai turni di guardia agli Stati Generali, alternati ai giri di ronda, dai tafferugli per le strade, dalle risse da sedare. Ma sono tutti uguali. Una interminabile fila di giornate fredde e tristemente identiche.
Solo le notti in cui riesco a rimanere con lei portano gioia in questi giorni cupi, di gente che assalta i negozi per il pane, di miserabili che muoiono di stenti, di bambini affamati che ci tirano la giubba per chiedere cibo. Per fortuna, almeno questo inverno spaventoso è finito.

Oggi siamo dalle parti del mercato delle Halles. Oscar dovrebbe essere da queste parti. E' scappata via dalla caserma con una certa euforia in corpo, stamane, dicendo che il notaio le aveva fatto avere buone notizie. Devono esserlo davvero, poiché da quando sono iniziati gli Stati Generali non ha mai lasciato il suo posto.
Non mi è ben chiaro che cosa stia meditando in quella testolina. Il notaio non serve per il contratto di matrimonio, che tra noi non ci sarà. Le serve per verificare qualcosa in vecchi documenti e codicilli dimenticati di certe leggi.
Ha cercato un notaio che non fosse quello di famiglia, per poca fiducia nella sua segretezza e nella sua intelligenza.
Tra i centotredici che operano in Parigi ne ha scelto uno in base ad un criterio che non mi ha spiegato.
Gli ha affidato vecchie carte, sembra che abbia passato giorni a cercare non so cosa. Oscar sta mantenendo la cosa abbastanza riservata, persino con me.
Vuole essere sicura che io sia all'oscuro delle sue intenzioni. Vuole che, se le cose andassero male, io possa testimoniare sinceramente di non sapere nulla. Vuole che l'organizzazione del matrimonio, fino al momento in cui ne avrà parlato col Generale, sia riconducibile solo a lei. Vuole preservarmi dall'accusa di "rapt de séduction", che potrebbe costarmi la condanna a morte.
Mi dispiace essere così passivo, in questo, ma davvero non posso fare altrimenti.

E all'improvviso la vedo uscire a piedi da un portone, tenendo César per le redini mentre un valletto chiude il pesante battente. E' vestita in modo poco appariscente, non ha la divisa, né ha l'aspetto aristocratico se non nei gesti. Oggi la mia vista è particolarmente limpida, per cui posso vedere che sorride.
Anche Oscar mi scorge, e viene verso di noi. Io e gli altri ci fermiamo, le rivolgiamo un saluto a voce.
Con gli occhi le rivolgo la domanda che non posso osare.
- Risolto. Insomma, quasi. Ho la soluzione in mano. Almeno credo. Ora si tratta di parlare con lui. Lo farò domani.
Se potessi, mi metterei a gridare e saltare di gioia, qui in mezzo al selciato.
Ma non posso, per motivi di decoro. E poi con me c'è Alain;per quanto siano passati un paio di mesi, non si è ancora ripreso dal dolore per il suicidio della sorella. Non me la sento di sbattergli in faccia la mia gioia.

Sono sollevato che la cosa, in un modo o nell'altro, si chiuda domani.
Avevamo convenuto tra noi che il nostro rapporto non sarebbe evoluto in una relazione di amanti. Ma, per quanto non abbiamo tenuto nascosto il nostro desiderio di sposarci, sono davvero in pochi ad esserne a conoscenza. Quindi non è molto diversa, come situazione, alla fin fine. E, a causa del protrarsi delle missioni del Generale, non abbiamo ancora potuto uscire del tutto allo scoperto.
Lo sanno i più fidati dei miei compagni, quelli che per differenti motivi hanno deciso di essere davvero fedeli al loro Comandante.
Abbiamo informato Rosalie e Bérnard, che ci hanno trovato il notaio adatto alla bisogna.
Lo sanno anche tre delle sorelle di Oscar. Non certo Geneviève e Louise Hélène, che ligie come sono ai dettami dell'etichetta e dell'appropriatezza di rango, non capirebbero mai. Ma le altre sono informate, e, non ho potuto fare a meno di stupirmene almeno un poco, ci sostengono.
Se avrei potuto immaginarlo da parte di Constance (che ha vissuto in America, che ha un matrimonio felice, che è sempre così solare), non avrei certo messo la mano sul fuoco per Hortence, sempre così presa dietro alla sua unica figlioletta, così pacata, così poco propensa a prendere posizione. Invece Josephine è talmente legata ad Oscar che non ho mai avuto dubbi.
Il suo stesso pessimo matrimonio col Duca le ha sempre fatto considerare con orrore l'usanza delle nozze combinate.
Mi ricorderò sempre con gioia il giorno di gennaio in cui, rientrando a Palazzo per una licenza un pomeriggio in cui Oscar mi aveva detto che sarebbe rincasata prima di me, sono stato accolto dalle tre dame con abbracci, gridolini isterici e un abbraccio che mi ha quasi fatto annegare in una nuvola di broccati e organze. Ogni volta che un aristocratico mi accoglie con affezione, come loro, o con amicizia, riesce comunque a sorprendermi. Nel loro caso, anche a rendermi felice.
Il loro affetto mi fa sinceramente piacere. E, dal punto di vista della convenienza, il loro appoggio se ci fosse un'eventuale opposizione del Generale, potrebbe fare comodo.

Uno spintone di Alain mi richiama alla realtà. Oscar ci saluta e sparisce rapidamente tra la folla.
Il mio amico non riesce a trattenere una battuta mentre mi rivolge una domanda in realtà seria:
- Cos'è questa storia del cappellano militare? Non ti andava di esser l'unico a farsi accalappiare?
- A parte che mi sono impegnato parecchio, per farmi accalappiare, come dici tu, ma non è un'idea mia. Ha fatto tutto Oscar.
- Le è presa la smania per i matrimoni?
- Non credo. Ti ricordi la prima volta che è venuta a bere con noi? Ha scoperto che molti dei ragazzi non sono sposati perché non possono pagare il prete. SI è messa nei panni delle compagne, ha ha deciso che non dovevano esserne felici, sebbene tutto sommato agli uomini importi poco. Così le è venuto in mente che il cappellano militare ha tutte le carte in regola per celebrare le nozze, se le spose si accontentano della cappella della Caserma.
- Ma tu guarda cosa ti capita, ad avere un Comandante femmina! Ma parla con ammirazione.
- E se il cappellano si rifiuta?
- Gli farà un ordine di servizio.
- E cosa penseranno gli alti comandi di una simile iniziativa? Fare un favore ai soldati?
- Non credo che la vedranno così. Oscar si è fatta la fama di moralista rigida e insopportabile. Penseranno che sia solo una delle sue trovate.
- Invece tu sai che non è né così rigida, né così moralista, vero? Sghignazza Alain, dandomi una gomitata nel fianco.
- Ma piantala un po'.

Rientrati in caserma, la mia sicurezza inizia a scemare. Al tramonto torneremo a Palazzo. Un tremito al cuore mi impedisce di concentrarmi in alcunché.
Non riesco a stare fermo.
Non ho la concentrazione per leggere.
Non ho voglia di allenarmi.
Non ho la pazienza per badare ai cavalli.
Mia nonna direbbe che sembro un'anima in pena.

Basta, vado da lei. Abbiamo deciso di tenere il nostro amore lontano dal lavoro, ma oggi non posso. Oggi la cosa principale è la conversazione che attende prima lei, poi forse me. Le devo parlare.

Busso, entro, chiudo la porta, giro la chiave. Mi guarda. Ha uno sguardo felice, ma in fondo alle iridi tremola una fiammella di paura.
Si avvicina e mi stringe, in cerca di coraggio. Oggi è la stessa persona che mi ha detto di non riuscire a fare nulla da sola. Oggi prende la forza da me. Ed io la prendo da lei. Da soli non siamo nulla, insieme siamo una fortezza. Insieme siamo molto di più della nostra somma. Rasentiamo l'infinito.
- E' ora di andare.

Siamo arrivati a Palazzo all'ora del tramonto, mentre un cielo rosso fa da sfondo ai marmi della facciata.
Vado ad occuparmi dei cavalli, mentre Oscar entra subito in casa alla ricerca del padre. Anni di allenamento all'autocontrollo ci fanno apparire sereni e normali, mentre la preoccupazione ci sta torturando.
Questa volta ha deciso di modificare i rapporti di forza. Non andrà nello studio del Generale, per parlargli. Finirebbe col rimanere davanti alla scrivania di quercia come un sottoposto, magari in piedi come uno scolaro chiamato alla cattedra. Lo inviterà a bere un bicchiere di Armagnac nella propria anticamera, con una finta rilassatezza che spero funzioni.
Io rimarrò nel salottino attiguo. Col Generale non si può mai sapere. E' una persona abbastanza sensata ma ha gli stessi scatti d'ira che talvolta travolgono anche Oscar. E talvolta esagera. Come esagerò quando Oscar gli disse di non volere indossare la divisa, e la spinse giù per lo scalone con un ceffone di una violenza inaudita.
Spero di non dover intervenire.

Oscar lo sta aspettando da una decina di minuti.
E' seduta con le gambe accavallate, due bicchieri sul tavolino accanto a lei, un libro in mano. Ma dubito stia leggendo. Non ha ancora voltato la pagina.
Un bussare deciso, un invito ad entrare, ed eccolo che avanza, si accomoda rigido ed eretto, si scambiano qualche frase di circostanza, come estranei.

- Mi si dice che ora i tuoi soldati della Guardia ti rispettino.
- Abbiamo raggiunto un soddisfacente equilibrio, in effetti. Ho anche ottenuto dei buoni risultati nella preparazione. Sono orgogliosa del mia brigata.
Una pausa. Oscar guarda lo scintillio del cristallo molato del bicchiere che regge con la destra.
- Padre, Vi ho invitato perché vorrei parlarvi.
- Lo immaginavo. Ti ascolto.
- Nonostante quello che vi ho detto alcuni mesi fa, ho cambiato idea. Adesso ho intenzione di sposarmi. Ed ho già fatto la mia scelta.
- Questo preambolo mi fa pensare che potrei non condividerla.
- Potrebbe anche essere. Ma ho fiducia della vostra correttezza, padre.
- La mia correttezza è rivolta innanzitutto verso la Corona.
- Dubito che la Corona potrebbe essere in alcun modo danneggiata dal mio matrimonio con André.
Il Generale respira profondamente, per cercare di rispondere senza farsi trascinare dall'ira che sente nascere in petto.
- Invece sì. Sei un ufficiale di sua Maestà. Perderesti il titolo e quindi l'incarico in un momento difficile per il Regno.
- Suppongo siate davvero sicuro di quello che dite.
- Non fare l'ingenua. Sai meglio di me che la nobiltà si trasmette in linea maschile! Se tu lo sposassi perderesti il titolo. E lo sai meglio di me!
Oscar comincia ad innervosirsi e ad alzare la voce.
- Premesso che ho voluto parlarvi solo per rispetto, in quanto avendo compiuto trent'anni potrei limitarvi a sottoporvi la “sommation respectueuseL1” e sposarmi tra un mese senza fare altro2.
- COME OSI!
- Oso perché la legge me lo consente. Semplicemente!
- INGRATA! AVRESTI IL CORAGGIO DI FARE UNA COSA SIMILE!
Il Generale stringe i braccioli della sedia di velluto su cui si trova quasi a stritolarli.
- Se volete ascoltarmi, avrei una proposta che Vi converrebbe ascoltare seriamente.
- Una proposta a me!
- La conservazione del titolo importa a Voi, non certo a me. Dunque, Vi stavo dicendo che vorrei il vostro consenso per rispetto. E per non dovermi sposare a costo di non vedere più mia madre, mentre André dovrebbe rinunciare alla sua adorata nonna. Inoltre io voglio che si sappia che lo sposo per averlo scelto. Voglio che la Corte sappia della mia scelta e voglio che la differenza di rango venga se non annullata almeno trascurata.
Si sta infervorando, anche il padre ascolta affascinato dal suo slancio.
- Ho molta fiducia negli Stati Generali. Spero che le cose cambino, per tutti quelli nella nostra condizione.
- Ma non sono ancora cambiate.
- Questo è vero. Ma io posso sposarlo, grazie ad un piccolo dettaglio, un minimo errore che Voi avete commesso anni fa, e che ora mi offre un appiglio legale...
Il Generale è disorientato. Ascolta curioso questo avversario che lui stesso ha creato in anni di allenamento ed ora sta per sconfiggerlo.
- Sono stata dal notaio..
- Non mi ha detto nulla!
- Ho accuratamente evitato Monsieur Rachin, non mi fidavo di lui. Inoltre mi è sempre parso poco brillante. Ne ho trovato uno decisamente più arguto.
Il Generale comincia ad avere uno sguardo più curioso che rabbioso.
- E...?
- E il mio notaio si è semplicemente accorto di un'altra delle tante anomalie che costellano la mia vita. Il mio atto di nascita. Nella vostra pretesa di avere un erede, non solo mi avete dato un nome maschile. Sarebbe stato un fare le cose a metà. Mi avete registrata come maschio3. Posso sposare chi mi pare, senza perdere il titolo.4 La vostra solita fortuna. Poi basterà correggere "l'errore" sui vecchi registri. Secondo il notaio sarà più che sufficiente.
Silenzio. Suo padre la guarda e non sa che rispondere. Stavolta la figlia ha pensato a tutto e lo ha messo con le spalle al muro.
- Inoltre Vi ho sentito quando avete detto ad André, una sera “se solo tu fossi nobile”. Io so che non siete contrario alla persona che ha dimostrato di essere, ma solo alla sua nascita. Si potrebbe soprassedere...
Continua imperterrita, ma con voce più dolce.
- Non intestarditevi per una questione di principio.
Si alza dalla sedia e gli posa la mano sulla mano. Il Generale sembra improvvisamente vecchio, e gentile.
Si china verso di lui, per fissarlo negli occhi.
- Nessuno di noi due lo fa per il Vostro denaro, abbiamo già trovato una casa, e possiamo mantenerci, cosa che faremo.
Poi compie un gesto che non le ho mai visto fare. E che di sicuro il Conte non si aspetta. Si sporge leggermente e lo bacia in fronte, prima di andarsene.

Reynier de Jarjayes rimane solo nel salottino, pensieroso. Si porta una mano sugli occhi.
Non vedo bene, ma mi pare di scorgere una lacrima.


1Secondo quanto ho trovato in alcuni siti di lingua francese a proposito del diritto di famiglia, le figlie fino a 21 anni e i figli fino a 25 dovevano avere il consenso dei genitori per sposarsi. Non solo: anche dopo quell’età, i figli fino all’età di 30 anni e le figlie fino a 25 anni erano tenuti a chiedere il permesso ai genitori come atto di rispetto: in caso di rifiuto avrebbero dovuto ripetere la richiesta altre due volte, a distanza di un mese; se l’opposizione persisteva, avrebbero potuto sposarsi un mese dopo il terzo rifiuto. Però compiuti i trent’anni, sarebbe bastata una sola richiesta: in caso di mancato consenso, dopo un mese il matrimonio avrebbe potuto venir celebrato.

2Mi ha sempre stupito nel manga la reazione al loro rapporto virulenta sì., ma tutto sommato poco violenta, mi sarei aspettata minacce di condanne a morte, mentre, non se ne parla. Sommato al fatto che fosse abbastanza usuale che donne del popolo sposassero aristocratici, ho deciso di cercare le fonti sul dirirtto di famiglia, dove ho fatto alcune scoperte interessanti

3Il Generale non è tipo da fare le cose a metà. Se deve bluffare, lo fa come si deve.

4La nobiltà francese si trasmetteva in linea maschile e l'origine della madre non aveva importanza. Un aristocratico che sposasse una popolana, avrebbe reso nobile la donna, senza perdere il titolo. Secondo alcuni autori, esistevano anche dei "fief anoblissant", cioè feudi in grado di rendere nobile anche un eventuale marito Roturier, ossia plebeo, (Selon quelques auteurs, la Femme qui avait un fief anoblissant et de grande dignité, et qui épousait un inférieur, ne perdait pas la noblesse que la possession d'un tel fief pouvait lui donner; car le mari était anobli par l'investiture et la possession qu'il en avait) ma non ho voluto esagerare. E poi ad O&A non sarebbe importato.

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Capitolo 8
*** Primavera in Mi Maggiore - Largo ***


Primavera in Mi Maggiore - Largo

Solista: Francois Armand

 

Dorme 'l Caprar col fido can' à lato.

Sono stanco, mortalmente stanco.

Non sono mai stato così stanco, in tutta la mia vita.

Non so da quanto tempo non dormo.

Non so da quanti giorni sono qui. Ho perso il conto, forse due, o forse tre.

E ad ogni ora del giorno e della notte uno di quei dannati cani1 abbaia e ulula. Mi sembra di impazzire. Se non riesco a dormire, divento matto. Ma appena mi si chiudono gli occhi, l'abbaiare mi sveglia. Oppure sono le catene ai polsi, il loro peso, il dolore dei tagli, che non mi lasciano addormentare. Oppure il russare di uno degli altri. Sono così rumorosi che a volte li odio. Eppure in camerata non mi dava così fastidio. Forse perché in camerata crollavo sfinito dalle ronde, e non dovevo invidiare il loro sonno.

Ora invece non dormo da giorni, e le notti sono lunghe veglie come quelle dei monaci2, che mi riscuotono all'alba quando si alzano per celebrare il mattutino.

E io li invidio, i compagni che riescono a dormire.

Non pensano alla morte, loro?

Io sì, che ci penso. E tanto.

Tra un paio di giorni ci appenderanno alla forca.3 Appesi come bambole alla fiera, e moriremo così.

Ma io non ho nemmeno vent'anni, ho ancora tante cose da fare.

Avrei voluto dire ad Amélie quanto mi piace, e portarla a fare una passeggiata lungo la Senna.

Ora vorrei solo baciarla.

Avrei voluto vedere i fratellini crescere.

Ora vorrei solo abbracciarli.

Avrei voluto aiutare la mamma.

Ora vorrei solo stringere anche lei per l'ultima volta.

 

Invece morirò così.

Senza salutare nessuno.

E non so nemmeno scrivere, non posso neanche mandare un biglietto di addio.

Certo, potrei chiedere ad Alain, lui un poco sa scrivere. Ma mi vergogno. Mi prenderebbe in giro. In caserma lo sopportavo, ma qui no. Non riuscirei a sopportarlo.

Pazienza.

Morirò così.

 

1Nello spartito di Vivaldi la viola rappresenta il latrato dei cani.

2La prigione dell'Abbaye era adiacente all'abbazia di Saint-Germain-des-Prés.

3La decapitazione, sotto l'Ancien Règime, era riservata ai nobili.

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Capitolo 9
*** Primavera in Mi Maggiore – Allegro – Terzo movimento ***


Primavera in Mi Maggiore – Allegro – Terzo movimento

Solista: Josephine Marie Elodie de Jarjayes, Duchessa de Liancourt.

 

(...) al suon festante

Danzan Ninfe e Pastor nel tetto amato
Di primavera all'apparir brillante.
Il sole é già alto, è sicuramente molto tardi. Eppure sono stanchissima. Non avrei mai creduto possibile che ricominciare a frequentare più assiduamente mia sorella Oscar sarebbe stato così sfiancante.
In questi due mesi abbiamo fatto di tutto. O meglio, Oscar ha fatto di tutto, e nel frattempo ha anche lavorato. Io mi sono limitata a seguirla e mi sento davvero esausta. Se ripenso all'ultimo periodo, mi gira la testa.

L'ho seguita dal notaio, ed abbiamo cercato vecchi documenti coperti da anni di polvere.
Mi sono occupata di seguire la confezione di tende e recupero di mobili per una sposa che nel frattempo sorvegliava gli Stati Generali e l'Assemblea Costituente.
Ho controllato la confezione dell'abito per una sposa che non aveva mai indossato una veste1.
Ho partecipato al matrimonio più chiacchierato degli ultimi dieci anni.
Sono stata trascinata ad una festa dove mi hanno presentato Maximilien de Robespierre
Ieri infine ho comprato della fettuccia per corsetti, perché Oscar non osava farlo di persona.

La stessa sorella che dieci giorni fa, a soli quattro giorni dalle nozze, ha gridato in faccia al Generale Bouillé che avrebbe potuto arrangiarsi da solo per sparare sulla folla, visto che era in procinto di sposare un uomo del popolo ieri era in pieno imbarazzo all'idea di recarsi da M.me Francou per comprare qualche auna2 di nastro...
Questi due episodi rendono tutta la incredibile contraddizione creata dalla sua educazione.
Quando il 23 giugno Il Generale si é recato alla Caserma delle Guardie Metropolitane dove presta servizio Oscar, arrivandovi in tarda mattinata, probabilmente già si aspettava il rifiuto di mia sorella ad obbedire ad un simile ordine. Ciò che sicuramente non si attendeva era il contemporaneo rifiuto di dodici soldati. Così l'affare si è ingrandito. Ha dovuto condurre i soldati alla prigione dell'Abbaye. Ha tenuto Oscar rinchiusa in ufficio mentre tornava a Corte ad avvisare il Luogotenente Generale del Re, mio Padre e le loro Maestà.
Notizie simili corrono in fretta; nel primo pomeriggio ero a Corte con mia madre, quando è arrivato nostro padre, furente e stravolto per l'annuncio appena ricevuto, seguito dal solito Girodelle che da quando il Generale è tornato dal fronte, lo segue come un cagnolino, e da mio cognato, il Luogotenente de Liancourt.
Ha comunicato a mia madre che sarebbe tornato a Palazzo per lavare l'onta di persona.
Ho chiesto a Liancourt perché avessero dato un simile ordine alla Guardia Metropolitana, ben sapendo l'estrazione sociale dei soldati. Sarebbe stato meno problematico affidare l'incarico alla Guardia Reale, o ai mercenari del Royal Allemand. Mio cognato ha spiegato che l'idea era stata suggerita e caldeggiata dal maggiore Girodelle3, il quale aveva l'aria soddisfatta e sorridente. Credeva di avere raggiunto il proprio scopo. Avendo saputo in qualche modo delle nozze, aveva ordito quella stupida messinscena confidando nel carattere bellicoso di mia sorella, sperando che sbottasse come in effetti è avvenuto.
Nelle sue intenzioni, nostro padre si sarebbe dovuto infuriare alla scoperta delle imminenti nozze di mia sorella. Non aveva minimamente pensato al fatto che il generale avrebbe trovato invece gravissimo il rifiuto opposto a Bouillé.
Anche io posso essere preda di furie leggendarie, non solo Oscar e mio padre.
L'ho aggredito, dando a mia volta materiale per i pettegolezzi dei prossimi tre, anzi trentatré, giorni.
- Siete un idiota senza rimedio! La vostra ottusità è pari solo alla vostra vanità! Avete condotto mia sorella a rischiare la vita per una stupida gelosia da adolescente! Cosa credete farà ora nostro padre?
Poi sono corsa a Palazzo.
Quando sono arrivata, ho trovato la nonna in lacrime sull'ultimo gradino dello scalone, davanti al quale si apre la porta dello studio di mio padre.
Dall'interno arrivavano le sue urla furibonde.
- RIBELLE4! E' inutile attendere la sanzione del Re! Non tollererò ribelli nella nostra famiglia! Vi correggerò io stesso! Oddio! E' passato al Voi delle peggiori occasioni!
- Non lo tollererò! Soprattutto dopo essermi piegato alle Vostre richieste ed aver dato il mio consenso a questo matrimonio! Oddio! Non è il Voi! E' un plurale!
Gli faceva da contraltare la voce alterata ma pacata di André, che gli chiedeva di uccidere prima lui, poiché non avrebbe sopportato di veder morire la sua futura moglie.
Mio padre ha ceduto, ha ammesso che non avrebbe potuto farlo5, anche se le ultime parole, pronunciate a voce bassa, mi sono sfuggite. Di lì a poco è arrivato il Messo Reale con il messaggio recante il perdono di Sua Maestà.
E dalla porta in quercia ho visto uscire non il severo genitore che conosco, ma un vecchio, sul volto un'espressione di sollievo.
Più tardi ho visto Oscar ed André uscire in carrozza, col buio, per tornare solo a notte fonda.
Dopodiché non se ne è più parlato. Nella nostra famiglia, si è sempre agito così. E' tipico di nostro padre negare l'esistenza delle situazioni sgradite o inopportune, cambiarne la natura modificandone il nome, In fondo, è quello che ha tentato di fare chiamando Oscar una bambina.

Ho scoperto il seguito della vicenda solo ieri in serata, in modo fortuito. Sono passata a Montmartre6 per salutare gli sposini e portar loro il famigerato nastro blu. Li ho incontrati sull'uscio, pronti per recarsi al salotto della Baronessa Marie Christine7, la favorita del Duca D'Orleans. Mi hanno invitata ad aggiungermi a loro, così gentili ed affettuosi da non darmi l'impressione di essere di troppo. Ero sinceramente stupita dal fatto che vi andassero. Di sicuro non era un ambiente che frequentassero abitualmente. E nessuno dei due ha mai avuto smanie mondane.

Le loro motivazioni mi si sono chiarite quando, subito dopo i dovuti convenevoli alla padrona di casa, si sono recati direttamente a parlare con quel giornalista che ha sposato Rosalie, e che era al loro matrimonio. Però sembravano attendere qualcuno, che è arrivato di lì a poco. Quel qualcuno si è rivelato essere niente di meno che Maximilien de Robespierre! Ah, se lo sapesse nostro padre!
Ho sentito Oscar ed André ringraziare entrambi per aver contribuito a fare uscire i dodici soldati di prigione.
Mi ha veramente fatto specie sentire Robespierre rivolgere loro le congratulazioni di rito per il matrimonio, complimentandosi anche per il segnale che le loro nozze hanno dato a livello sociale. Non mi era mai capitato di considerare la cosa da questo punto di vista; se mio padre e gli altri aristocratici vedono i matrimoni come un modo per stringere alleanze, anche questi cosiddetti progressisti li considerano un mezzo per propagare le proprie idee. Mi pare che si somiglino più di quanto vorrebbero farci credere, soprattutto nell'uso disinvolto delle donne nei loro maneggi...
Ho poi assistito, involontariamente, ad un dialogo tra mia sorella e suo marito che mi ha scaldato il cuore.
Si stavano già preparando in anticamera per rientrare a casa, mentre io mi attardavo con gli ultimi saluti; quando sono arrivata presso l'uscio ho rubato un frammento di conversazione estremamente intima e delicata.
Oscar stava dicendo ad André che la padrona di casa era davvero molto bella.
- Non ha smesso un momento di guardarti.8
- Non dire stupidaggini. Guardava te. Anche con il solito abbigliamento maschile, fai ombra a molte delle dame presenti.
- Non è vero, André. Stava guardando te.
Le si è avvicinato dalle spalle e le ha detto, anzi, le ha sussurrato con un bisbiglio quasi inaudibile:
- Si direbbe quasi che ti faccia piacere. Alla fine poco importa chi mi abbia guardato. La sola che io guardo9 sei, tu, Oscar.
Se ogni volta che le parla in privato, assume questo tono di voce, non ho nessuna difficoltà ad immaginare come perché mi abbia povero nastro non era più recuperabile...



Angolo dell'autrice: per ovvi motivi legati alla struttura musicale dei quattro Concerti, ho dovuto tralasciare la parte delle nozze. Se volete sapere "come fu che Oscar dovette ricomprare il nastro per il suo abito da sposa", siete invitati al Piccolo Concerto per flautino in Do Maggiore, RV 443, di prossima esecuzione.

1 O meglio, uno sì, ma Josephine non ne è al corrente.

2 Citazione divertentissima dal sito del Politecnico di Torino: "Nel Settecento, la confusione sulle unità di misura era indescrivibile. Praticamente, ogni città usava misure diverse (...). A Torino, ad esempio, l'unità di misura era il braccio, corrispondente a un terzo dell'impronta del corpo di Cristo sulla Sindone, a Londra era la yarda il cui valore era pari alla distanza tra la punta del naso e il pollice della mano di Enrico I (...). Soltanto a Parigi, esistevano circa ottocento diverse unità di misura che sovente, sotto lo stesso nome, nascondevano valori molto diversi creando, nel loro folclore, una confusione enorme. Ad esempio, le stoffe si compravano ad aune, un'antica misura corrispondente a circa un metro e 20 centimetri, ma già solo a Parigi c'erano tre diverse aune, per misurare i diversi tipi di stoffa e, per complicare ulteriormente le cose, c'erano aune più lunghe per comprare all'ingrosso, più corte per la vendita al dettaglio. Gli speziali usavano la libbra come unità di peso, ma la libbra dei fornai era più leggera di quella dei commercianti di ferramenta. Il sale si vendeva al moggio, la calce al poinçon, il gesso a sacchi, i minerali alla raziera, l'avena a profenda."

3 Non mi ero dimenticata del duello al capitolo 6...

4 Nel manga

5 Nel manga il Generale non attende l'arrivo del messaggero reale, abbassa la spada spontaneamente.

6 All'epoca la collina di Montmartre non era stata ancora inglobata nel comune di Parigi. Era un borgo a sé, sotto il governo dell'Abbazia ora distrutta, ove i terreni erano principalmente coltivati a vigneti.

7 Nel Gaiden di André, vi si recano solo Oscar ed André, e si parla di un ricevimento. Nel fumetto si parla dei fatti dell'Abbazia, quindi la collocazione cronologica è tra giugno e luglio 1789.

8 Dialogo ripreso dal Gaiden, dove la Ikeda immagina che Marie Christine provenisse dallo stesso villaggio in cui André viveva da piccolo, e che lo abbia riconosciuto.

9 Lo so, ci sono moltissime ripetizioni dello stesso verbo. Ma in un reale scambio di opinioni di due innamorati su un simile tema, nessuno prenderebbe in mano il dizionario dei sinonimi.

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Capitolo 10
*** Estate in Sol Minore - Allegro non molto - Allegro ***


Arriva l'estate della Rivoluzione, calda e tempestosa in tutti i sensi.

Questi sono gli ultimi tre movimenti del racconto. L'Estate è rapida, ha movimento brevi, a cui ho adeguato la lunghezza dei capitoli.

 

Estate in Sol Minore - Allegro non molto - Allegro

Solista: Oscar François de Jarjayes

 

E piange il Pastorel, perché sospesa
Teme fiera borasca, e ‘l suo destino;

Allegro non molto

Stamattina mi sono di nuovo svegliata a casa nostra, nel nostro letto in questa stanza assolata di una casetta tra le vigne1. Adoro la nostra piccola casa bianca, sul fianco pettinato e pacifico della collina, con un minuscolo giardino circondato non da alte mura e da un cancello in ferro, ma da una siepe con una porticina in legno dipinto di rosso che mi arriva appena alla cintura.
Quando abbiamo dovuto decidere dove vivere, abbiamo sostanzialmente dovuto scegliere tra il centro città vicino alla Caserma con la comodità di tornare a casa a piedi (ma con il rischio serio di trovarci in mezzo ai tumulti e con la seccatura di non staccarci mai dall'ambiente in cui lavoriamo) e la scomodità di rientrare a cavallo, abitando però quasi in campagna.
Poi abbiamo visto questa casetta da folletti, anzi mia madre la definisce una casa di bambola, sebbene io non sia del tutto sicura che tratti di un complimento. Ce ne siamo innamorati, anche per la veduta sull'Abbazia che abbiamo dalla camera da letto.
E così ci svegliamo qui ogni volta che i turni ce lo consentono.

Per ora siamo molto gelosi della nostra intimità, solo poche persone sono venute in visita. E' bastato che Josephine capitasse qui un paio di volte per precipitarmi nell'imbarazzo più terribile2.
Mi sto a mala pena abituando al mio ruolo di sposa, ci mancherebbe solo una visita di Alain o di un gruppo di soldati per rovinare tutto.

Devo proteggere questa nostra vita appena iniziata. Non fosse altro che per tenerla lontana da ciò che vediamo quotidianamente in città.
Sono seriamente preoccupata, si vocifera che il Re voglia dimissionare Necker per installare al suo posto Breteuil. Sarebbe una follia3. Il popolo lo odia, ed i tumulti sarebbero inevitabili.
Già in questi giorni ci sono stati scontri e tafferugli un po' ovunque. Mi sembra di aspettare una tempesta senza poterla evitare e senza avere un luogo ove ripararmi.


Allegro

E' successo ciò che temevo. Il Re ha collocato Breteuil alla direzione delle finanze. Ovviamente il popoli non ha gradito, per nulla.

E già oggi abbiamo dovuto sedare i primi disordini. alle barriere del dazio. Hanno tentato di incendiarle, ed a mala pena siamo riusciti a fermarli. Ma, se devo essere sincera, penso che prima o poi riusciranno a bruciarle. Sono un punto troppo simbolico della città, e quelle tasse hanno contribuito non poco al rincari del pane, alla fame dei parigini, alla morte dei loro figli.

 

Oggi non siamo riusciti ad impedire che appiccassero un incendio al Convento dei Lazaristes4. Convinti che nascondesse enormi quantità di farina e grano, verso il tramonto lo hanno assaltato e ne hanno sfondato le porte. Trovandolo vuoto, hanno dato fuoco al piano terra. Le fiamme si sono rapidamente alimentate con gli arredi sacri in legno, le tele appese nel refettorio e nella chiesa, e soprattutto con le centinaia di tomi conservati nella biblioteca.

Alte fiamme rossastre sono divampate, uscendo dalle finestre come mani diaboliche pronte a distruggere quel sapere accumulato in secoli di studio paziente e silenzioso per vendicare la fame e le umiliazioni imposte ai parigini negli ultimi anni.

Il crepuscolo color indaco era illuminato dall'arancione di quelle fiamme altissime. Il fumo andava a coprire la luna in volute grigie che avevano un loro malsano fascino.

La folla restava a guardare lo scempio delle architetture operato dal calore e dalle vampate. Alcuni più scalmanati cantavano ballate oscene all'indirizzo dei monaci.

 

Io voglio che le cose cambino, che questa vita di stenti condotta dal popolo diventi un'esistenza vivibile, che concetti come la differenza di rango spariscano, e per questo sono anche disposta a combattere. Ma giornate come queste mi instillano un dubbio sui modi ed i tempi del cambiamento. A volte mi sembra di volere un cambiamento graduale, pacifico ed indolore, constatando con mano che invece sarà dolorosissimo.

La folla sembra scegliere la piazza, il sangue e azioni violente ed improvvise, per fare vincere le proprie ragioni. Ho veramente paura che questo rinnovamento passerà attraverso il sangue e la carne, che piangeremo morti e feriti, che sarà uno spaventoso fratricidio.

Ho paura per la Francia, per la Regina che nonostante tutto amo ancora, per la mia famiglia, per me e per mio marito. Che ne sarà di noi?

 

Questa puzza di libri e rilegature bruciate ci accompagnerà nei prossimi mesi? Si sostituirà al profumo del pane e delle rose? Sarà fatto di polvere da sparo e fumo l'aroma del futuro?

Sarà il crepitare e scricchiare delle fiamme il suono della nuova Francia?







1All'epoca la collina di Montmartre non era stata ancora inglobata nel comune di Parigi. Era un borgo a sé, sotto il governo dell'Abbazia ora distrutta, ove i terreni erano principalmente coltivati a vigneti.

2Cfr, Capitolo 9.

3Il barone di Breteuil fu incaricato, nel 1785, dell'arresto del cardinale di Rohan implicato nell'affare dalla collana. Consigliere del re, optò per una linea di repressione dura ed energica contro i tumulti, che il sovrano non ebbe mai il coraggio di adottare. Dopo la presa della Bastiglia, uscì dalla Francia, con presunti e non ben precisati incarichi, da parte di Luigi XVI, presso le corti d'Europa.

4Su questo fatto, ho poche fonti, Stavolta infioretto un poco, mi serve una scena ad alto impatto visivo ( o almeno ci provo).

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Capitolo 11
*** Estate in Sol Minore – Adagio ***


Estate in Sol Minore – Adagio

Solista: André Grandier


Toglie alle membra lasse il suo riposo


Siamo davvero stanchi, tutti quanti.
Un'altra notte passata di ronda...siamo tutti affaticati, anzi, esausti. E lei più di tutti.
Dormiamo poco, di giorno sorvegliamo la sala del Jeu de Paume, di notte le ronde si susseguono ad un ritmo feroce. So invece che la guardia Reale ha dei turni meno massacranti. So anche che ne ha parlato al Generale Bouillet, ma senza ottenere risultati.
La notte sta per terminare, anzi ormai già sta albeggiando.

Tra poco saremo in caserma e potremo tutti riposare. Stiamo rientrando, passando nella zona dell'Università, dinnanzi alla chiesa di Saint-Étienne-du-Mont, pochi minuti ed avremo attraversato la Senna, saremo arrivati agli acquartieramenti. Così potrò almeno abbracciarla.
Invece Oscar si ferma sul sagrato. Perché? Non vedo pericoli. E' già l'alba, le ore peggiori sono passate. In giro solo qualche garzone che va al lavoro. E allora?
Scende e lega il cavallo. Gli altri si guardano perplessi.
Si sente una musica provenire dall'interno. Monsieur Lascaux1 sta suonando.
Ma vorrà davvero entrare? Gli altri non capiranno, si infurieranno.
Gentilmente, Oscar dice loro che, se desiderano, possono ritornare in Caserma senza di lei, mentre spiega che preferisce prendersi dieci minuti per ascoltare.
Quasi tutti se ne vanno. Alcuni rimangono, più per curiosità che per altro. Se dopo una simile notte il Comandante vuole fermarsi, vorrà dire che ne vale la pena, sembrano dire i loro sguardi.
Io resto. Ho riconosciuto alcuni passi della Toccata e Fuga. Se si sta esercitando, magari la eseguirà per intero2. Ne varrebbe la pena, l'organo di questa chiesa ha un suono meraviglioso, Lascaux è bravissimo ed il pezzo è un capolavoro.

Entriamo nella chiesa. Cerchiamo di non fare rumore con gli stivali. Ci sediamo in un angolo. Questa chiesa non mi piace. E' troppa. Preferisco il gotico pulito di molte altre, non queste spirali, curve, decori e volute. Ma questa ha una voce, che la rende speciale.
Silenzio. Non si ode un suono.
Oscar alza il viso alla volta della chiesa. Ma non guarda le decorazioni dell'ogiva. Non degna di uno sguardo i merletti di marmo che ha di fronte. Sta attendendo. Ed ecco che Monsieur Lascaux comincia.
Le prime note scendono dall'alto delle canne dell'organo. Acute e leggere. Poi arrivano le note gravi, che risuonano ricadendo dalle volte e premono sullo stomaco. Le note scendono su di noi come una cascata d'acqua. Oscar chiude gli occhi. Guardo i ragazzi. Sono stupiti da quello che ascoltano. Una musica solo per loro in una chiesa vuota. Con le note velocissime e i passaggi in cui sembra che la melodia si stia fermando. Con i raddoppi e con quegli accordi a dieci dita che ti esplodono nella testa e nella pancia. Poi chiudo gli occhi anch'io.
Dicono che questo pezzo è diabolico. Dicono anche che è il suono della Trinità. Non credo che mi importi. Mi piace, lo lascio entrare in me.
Una piccola pausa, poi inizia il gioco della fuga. Siamo in alto, negli acuti, sul tetto della chiesa. Giochiamo tra le ogive e passeggiamo davanti ai rosoni. Forse voliamo. A lungo. Poi scendiamo lungo le colonne e i contrafforti. Andiamo verso un mondo più terreno. Più solido. Siamo al livello del suolo. Al livello del pavimento. E scendiamo ancora. Siamo nelle cripte, nelle basi delle colonne, nelle radici di questo edificio pomposo. Siamo il sostegno delle colonne e delle volte. Il sostegno del mondo.
Poi la musica scappa e tenta di riportarci su Verso la luce, o verso Dio, questo non saprei dirlo. Ma ci alza di nuovo. Eppure ricadiamo a terra su un tappeto di bassi. Eppure ricadiamo. A terra. Siamo terra e qui restiamo.
Monsieur Lascaux termina la sua esecuzione, ma non apro gli occhi, non subito. Non sento gli altri parlare. Saranno usciti? Guardo. No, non sono usciti. Sono ancora lì, un pochino stupiti. Forse ammirati. Forse felici.

In questi giorni di dolore, di fatica, di dubbi, abbiamo avuto in dono dieci minuti di bellezza. Nella Francia di questo luglio, è un grande dono.




1Guillaume Lascaux, organista di Saint-Étienne-du-Mont dal 1769.

2Toccata e fuga in Re minore bwv 565 di J. S. Bach

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Capitolo 12
*** Estate in Sol Minore - Presto - Tempo Impetuoso d'Estate ***


Con il terzo movimento si conclude il Cimento. Fatemi sapere cosa ne pensate, e grazie a tutti quelli che lo hanno inserito tra i seguiti/preferiti/ricordati. Grazie moltissimo a chi mi ha inserita negli autori preferiti.

Spero che vi sia piaciuto. A presto.

 

 

 

Estate in Sol Minore - Presto - Tempo Impetuoso d'Estate

Solista: E. O.1

 

 

Ah che pur troppo i suoi timor sono veri
Tuona e fulmina il cielo grandinoso
Tronca il capo alle spiche e a’ grani alteri.

Il 13 luglio arrivò e portò tempesta. Tempesta di urla, di fiamme e bastonate, tempesta di fuoco sulle folla, che presero il posto dei lampi e della grandine.
E a prendere il posto dell'acqua il sangue colato sul terreno. Sangue caduto in pozze che parevano di pioggia, sangue sceso da ferite inferte su inermi passanti che si godevano il lunedì estivo, caduti come viene piegato il grano da un temporale estivo. Sangue raggrumato con la terra in tristi fanghiglie.
La calura portò in alto l'odore del sangue, quell'aroma talmente vitale da ricordare il metallo, divenuto talmente forte da essere nauseabondo. L'afa attirò le mosche, pronte a pascersi di quello scempio.
E lo scempio attirò soldati, altri soldati. Mercenari attestati attorno alle mura, pronti a sparare senza rimorso alcuno.

La folla si muoveva a grappoli per le vie, come gruppi di biscrome troppo veloci su un pentagramma troppo affollato. La paura per alcuni, l'eccitazione della sfida per altri le spingeva e le incalzava. Come la punta di un archetto fende l'aria leggera della sala da concerto così le zappe e bastoni fendevano quella pesante delle vie strette e l'aria bollente delle piazze.
Come l'archetto strofina le corde con veemenza così la violenza dei corpi premuti gli uni sugli altri, buttati addosso dalla calca, pigiati e spinti dall'ira creava contatti di paura e morte.
Le mura daziarie circondavano Parigi come una gigantesca cassa di risonanza, che diffondeva verso tutta la Francia terrore e gioia, senso di libertà e spavento. Paurosa ed affascinante al contempo, come una tempesta, un uragano, la rivoluzione stava iniziando il proprio corso. La folla ormai era una forza della natura. Pericolosa ed irrefrenabile. Anche la compagnia B si trovava in mezzo a quella torma tumultuante.

Al crepuscolo, quando le campane2 di molte chiese iniziarono a cantare il lutto i superstiti si contarono. Ne mancavano molti.
Anche André non era più con loro. Era stato colpito al torace, forse al polmone, mentre era a cavallo3 da un soldato del Royal Allemand. Avevano provato a portarlo in salvo, ad allungarlo sul selciato, ma non era servito a nulla. Li aveva lasciati in fretta, sereno e felice di aver ottenuto ciò che desiderava dalla vita. Un amore, quello a cui aveva dedicato la sua esistenza. Un matrimonio, persino, a cui prima di poche settimane avanti non aveva neanche osato sperare. Forse per questo, tra lo stupore dei commilitoni, non si disperò, ma lasciò questo mondo così come lo aveva sempre occupato, quietamente e dolcemente. Unico momento di consolazione e pace in quella bufera di anime e di corpi.

Chi invece si abbandonò al tormento fu Oscar, fuggita via dalla vista del suo corpo esanime, dalla consapevolezza che non l'avrebbe più rivisto, che non avrebbe più sentito la sua voce.
Corsa incontro ai mercenari chiedendo loro di spararle addosso, si era lanciata in un disperato vagabondare per le vie della città, implorando la morte, chiedendo al cielo che le strappasse il cuore o le desse almeno il sollievo di una misericordiosa follia che le liberasse la mente dai pensieri. La notte era trascorsa in questo modo, nel ricordo di un sorriso o di un sospiro, nel rimpianto di aver tardato così tanto ad accorgersi di un amore tanto grande, nel richiamare una sensazione, nella memoria del suo corpo che la teneva e si spingeva nel proprio, nelle accuse a quello che, morendo, l'aveva abbandonata e lasciata sola.

L'alba si levò nuovamente limpida e calda, un affronto al dolore di tutti coloro che rimanevano a piangere i caduti, una presa in giro per l'infinità di precedenti giornate piovose che stavano affossando i raccolti.
Oscar si riscosse dal dolore, dalla fatica delle lacrime e della notte insonne. Si chiedeva come avrebbe fatto. Il senso del dovere (il mio stramaledetto senso del dovere, ma è una cosa che faccio anche perché André lo vorrebbe) le impose di raggiungere i suoi soldati e partecipare alla nuova giornata di insurrezione e battaglia.
Ma arrivata di fronte a quelle divise, uguali a quella che portava lui, venne di nuovo sopraffatta dallo scoramento. Mi hanno tolto metà del mio cuore, mi hanno strappato la mia metà migliore. E Dio vuole che io sopravviva? Che io viva malgrado questo? Io sono morta...sono morta con te. Sono morta anche io4.
E stato una ragione per vivere. Ora sarà la mia ragione per morire qui.

Di nuovo la folla divenne un animale assordante e pericoloso. Le urla, i colpi di arma da fuoco, il clangore di armi improvvisate, il fragore delle cannonate da e verso la Bastiglia, i lamenti dei feriti, i pianti dei superstiti, le grida straziate di chi aveva perso qualcuno. Questo era il suono che colpiva le orecchie quel giorno destinato a divenire storia.
Anche Oscar era stata colpita, senza che il suo ferimento intaccasse la dolorosa sinfonia di suoni. Aveva chiesto ai soldati di continuare il cannoneggiamento. Un flebile lamento si era aggiunto alle centinaia di altri identici lamenti di feriti. Il pianto dell'amica Rosalie si era aggiunto alle decine di pianti.
Solo un sussurro, la sua voce, che diceva:- Vado a raggiungere André. Mi aspetta laggiù. Non piangere Rosalie, io sono in pace. Ho amato, odiato, pianto, ho vissuto come volevo.
Nel fragore passò del tutto inascoltata l'assenza del battito di un cuore, il fruscio di un corpo abbandonato a terra, un soffio di vento a muovere un ricciolo. Una pausa al termine di una lunga partitura. Il sospiro di un archetto al termine della propria corsa.

La gente si alzò dalle poltroncine in velluto rosso. Gli stucchi e le dorature della sala risuonarono di un forte e duraturo applauso. Qualcuno aveva uno sguardo commosso, alcuni sorridevano, molti avevano ancora l'occhio un po' perso...
Quando gli uomini in marsina sul palco si inchinarono a ringraziare il battimani che stava iniziando a scemare riprese con maggiore vigore. Colui che occupava la posizione centrale, alto, magro e con dei particolari occhi verdi mise entrambi le mani sullo sterno, poi le allargò come a significare che tutta la sala era inclusa nel ringraziamento. I colpi aumentarono ancora in velocità e volume. Espresse un ultimo gesto di riconoscenza con un muto inchino, recuperò i fogli e si avviò verso il retro del piccolo palco.
Tra gli astanti, gli uomini si sistemarono le giacche, le donne recuperarono le stole leggere. Tutti si avviarono verso l'uscita, attraverso le pesanti porte in quercia.
Una bionda sulla trentina, con un grazioso abito lilla fissato appena sotto il seno da un nastro piatto in puro stile impero, sorrise al suo accompagnatore, un giovane uomo con occhi e capelli castani, che indossava una giacca nera e degli eleganti pantaloni grigi.
- E' stato commovente, non trovi? - Le chiese facendole strada per attraversare l'ampia sala.
- Sì, mi sono davvero emozionata.
- Sono stati precisi e convincenti, molto espressivi, una buona gestione delle frasi e dei tempi.
- Parli sempre da giornalista, anche in queste occasioni.
- E' il mio lavoro, lo sai. Però mi chiedo come riesca a trovare sempre l'ispirazione per essere così efficace in ogni occasione. Anche in questa; di solito le commemorazioni sono noiose e poco sentite.
- Se riesci ad intervistarlo, dovresti chiederglielo.

Nel frattempo, nel retro del palco, l'uomo con gli occhi verdi si sfilò la marsina, e si rivolse agli altri:
- Stasera abbiamo suonato proprio bene. Era da un pezzo che le Quattro Stagioni non ci venivano così.
Poi ordinò con cura i fogli che aveva utilizzato, li mise in una vecchia tracolla di pelle la cui tasca anteriore era occupata da una consunta copia di Berisaiu No Bara.







Stavolta avevo bisogno del narratore onnisciente.

Le "dolens", quelle gravi per suonare a morto.

Nel manga avviene così, non sotto il ponte come nell'anime. Anche le scene che seguono sono in accordo al manga.

Nel manga sembra quasi di capire che Oscar muoia due volte. Prima come donna, quando muore André, poi come soldato, quando abbandona la vita definitivamente. Nell'anime, la sua morte sembra invece molto più vicina al suicidio.

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