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di SerenaTheGentle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. Vacanza? ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. Edmund ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. Ma come ti permetti? ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. Presentazioni ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. Mister-sorriso-compiaciuto all'attacco ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. Altrimenti? ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. La festa ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. Incidente ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9. Un semplice bacio ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10. Clotaire e Lucille ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11. Ricordi ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12. La zuppa ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13. Buon Natale ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14. Che fine ha fatto Edmund? ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15. Confessioni (parte prima) ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16. Confessioni (parte seconda) ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17. Honor ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18. Cosa sarebbe successo se...? ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19. Lucille ha detto che devi farti un bagno ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20. Troppi FORSE ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21. E adesso? ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22. Paura ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23. La fuga ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24. Libri, colla e vernice ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25. Sogni ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26. Brutta faccia di merlo ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27. Lontano dalla cucina ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28. Il patto ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29. Travis ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30. Amare lui... ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31. Mastro Lindo ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32. Periodo nero ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33. Il Plan ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34. Risveglio ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35. Ti amo ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36. Ritorno alla realtà ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37. Volevo provare ad amarla ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38. Ritrovarsi ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39. Scelte ***
Capitolo 41: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Pov Amanda

Sono le otto. Sono in ritardo. Perderò l’aereo.
Questa è una delle classiche situazioni in cui speri vivamente di non ritrovarti mai: svegliarti tardi, vestirti velocemente e sempre velocemente uscire di casa per recarti, senza diminuire il tuo passo di marcia spedita, all’aeroporto dove con una certa fretta passi i controlli e “voli” al gate.
Benvenuti nel mondo di Amanda Silvestri, la ragazza a cui la legge di Murphy fa un baffo!
Faccio appena in tempo a salire che l’hostess mi riprovera per non essermi ancora seduta, così mi siedo e guardo fuori dal finestrino. Quando uno guarda fuori dal finestrino è perché in qualche modo vuole dire “Arrivederci” alla propria città e godersi il viaggio, in una santa e tranquilla atmosfera di beatitudine. Ovviamente la cosa per me non era fattibile, poiché avendo oramai il titolo di “Disastro ambulante” non c’era nessun dubbio che pure seduta potevo combinare casini: chiesi una bottiglietta d’acqua e mentre guardavo fuori dal finestrino non facendo caso alla pressione che  stavo facendo sul tappo della bottiglia, mi rovesciai l’acqua addosso.
Una cosa era certa: le mie vacanze non erano iniziate nel migliore dei modi...


Angolo Autrice
Salve a tutti, questa è una nuova storia che sto scrivendo e mi è venuta in mente all'improvviso guardando un film.
Spero vi piaccia, proseguirò presto.
Un abbraccio,
Serena.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. Vacanza? ***


Capitolo 1

Una settimana prima…

Amanda era arrivata in ritardo al lavoro come al solito e oramai Doris, la proprietaria, non la minacciava più di licenziamento, perché sapeva la sua bravura con  i clienti e le persone, perciò la sopportava.

-Ehi signorina! Ancora in ritardo!- urlò Doris dalla cassa che si trovava vicino alla porta del bar.

-Scusa Doris!- Amanda si scusò velocemente con la sua datrice di lavoro e volò a cambiarsi e subito incontrò Margerita e Alice, le sue due colleghe, nonché migliori amiche.

-Buongiorno principessa!- disse Alice mentre si metteva la maglietta con sopra scritto  “Doris’s bar” .

-Buongiorno ragazze!- rispose Amanda incominciando a togliersi la sciarpa e il cappotto. Era quasi Natale e faceva un freddo cane, soprattutto lì a Siena, dove l’umidità era alle stelle in quel periodo.

-Come mai sei così stanca?- chiese Margherita curiosa. Quelle due ragazze si impicciavano spesso della vita privata di Amanda e si divertivano pure tanto.

-Perché forse, mia cara Margherita, sono le sette e mezzo del mattino?-

-A che ora sei andata a dormire ieri sera?- Alice le era praticamente saltata addosso per guardarla dritto negli occhi.

-Sai Ali, così sei leggermente preoccupante...-

-Rispondi!- se Alice avesse avuto una lampada in mano e gliel’avesse puntata in faccia sarebbe stata perfetta nei panni di detective improvvisata.

-Alle nove e mezza! Contenta? E poi io dico! Saranno affaracci miei?-

-No, perché hai confermato i miei sospetti!- Alice mandò uno sguardo di intesa a Margherita e entrambe le puntarono un dito contro.
Queste sono matte” pensò Amanda.

-Tu ti sei intrattenuta con qualcuno!- urlarono le due psicopatiche saltellando per la stanza felici di aver scoperto quello che per loro era un segreto.

Ragazze! Ragazze! Siete fuori! Anzi siete fuori e fuori strada! Ma che vi prende?-

-Tu non sei quella che va a letto alle nove, manco fosse una suora?!?!- chiese Margherita raddrizzandosi gli occhiali viola.

-Si, ma...- Amanda cercò di difendersi.

-Niente “ma”! Abbiamo capito! Hai una relazione con qualcuno, ma vuoi comunque mantenere il tuo stato di “suora” per non rinunciare alle vecchie abitudini... su coraggio! Confessa!- Alice aveva un sorriso sornione in faccia e Amanda non poté che scoppiare a ridere di quelle affermazioni.

-Oh Signore! Posso morire felice dopo aver sentito tutto questo!- le lacrime uscivano copiose e le facce delle due scellerate esprimevano tutta la confusione più totale.

-Ma vi pare! No dico, siete serie?- Amanda era incredula, come potevano pensare certe cose? Vabbè che era vero riguardo al suo status di ragazza molto single che non ne voleva sapere di ragazzi, ma non le pareva di esagerare fino a quel punto.

-Amanda! Certo che siamo serie, non ti si può chiamare alle 9:01 che tu hai già spento il cellulare e poi forse era ora che tu avessi qualcuno al tuo fianco che ti facesse ardere la notte anziché vegetare davanti alla tv!- sbottò Margherita e al solo pensiero Amanda divenne tutta rossa.

-In primis ero  al telefono con mia zia e in secundis non vuol dire che se non ho nessuno con cui dividere il letto non sia felice! Anzi! Sto meglio da sola con Max!- ribadì Amanda continuando a cambiarsi senza distogliere lo sguardo dalle amiche.

-Ehi! Max è un gatto! Non puoi diventare una vecchia che vegeta davanti alla tv e si riempie di schifezze!- la ammonì Margherita e Alice chiese subito che cosa volesse sua zia.

-Ha chiamato dalla Val d’Aosta solo per invitarmi ad andare da lei per le vacanze di Natale.- Amanda si guardò allo specchio e vide la faccia delusa di Alice. –Cosa c’è?-

-Sai, avrei fatto salti di gioia se ti avessero invitata a Milano come minimo, o Torino, le città di vita! Ma in Val d’Aosta? Che fai? Cogli i fiori e fai compagnia ad Heidi??!-

-Nessuno mi si fila, per cui vado, sbrigatevi, altrimenti Doris vi lincia!- disse Margherita dirigendosi verso la cucina, lei e Alice erano quelle che preparavano le insalate e i vari panini, mentre Amanda si occupava della sala.

-Ciao Marghe! Per quanto riguarda te!- disse Amanda rivolgendosi ad Alice – Non voglio più sapere cosa pensi della mia vita eccetera eccetera!-

-E invece ti dico una cosa! Dovresti andare da tua zia, magari anche tra i monti potrai trovare qualcuno, anche solo per una cosa di una sera sai...-

-Non ti sto ascoltando!-

-Pensaci!-

Fu così che nonostante le proteste e le eventuali minacce di non-amicizia Amanda si era arresa e aveva dato ragione ad Alice, era ora di lasciarsi indietro il passato.
Era ora di lasciarsi indietro l’unico vero amore della sua vita e trovarne un altro.



Angolo Autrice
Ecco qua il primo capitolo. Spero che la storia vi interessi e mi raccomando fatemi sapere!
Un bacio,
Serena.


Ringraziamenti:
  • Per le recensite a :  LuxShilas
  • Per le seguite a :  Eli12              LuxShilas


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. Edmund ***


Capitolo 2
 
Pov Edmund
 
Rebecca dormiva ancora, così decisi di lasciarle un biglietto che spiegava i motivi della mia partenza improvvisa e che non ci saremmo rivisti fino a dopo Natale. Rebecca era una ragazza molto bella, ma non l’amavo e lei sapeva che stavo insieme a lei solo per non avere il letto vuoto la notte, per non sentirmi solo. Non ero certo tipo da relazioni fisse, ma non ero il solito stronzo che ti usa per una notte e via, mi piaceva corteggiare le donne, ma dovevano sapere fin da subito che era solo un gioco.
Mi diressi all’aeroporto, ero già in ritardo, ma fortunatamente Marco aveva pensato a tutto. Marco era il mio migliore amico, il mio sostenitore, il mio rompi-palle personale e il miglior banchiere in circolazione. Ci conosciamo dalle medie di dieci anni fa e continuo a prenderlo in giro per la sua precisione da orologio svizzero, tanto che...

-Brutto cretino!- mi urlò quando ci ritrovammo dopo che passai i controlli.

-Sarai tu!- dissi io di rimando ridendo. Mi divertiva troppo fargli perdere le staffe.

-Scemo! A momenti perdevamo l’aereo!- mi riprese lui e neanche eravamo saliti ancora.

-Idiota! Non ci siamo saliti ancora sull’aereo.- Marco era proprio il tipo che vuole apparire sempre calmo, ma ad un minimo "problema" perde il controllo.

-Lo so, ma è meglio arrivare prima e rilassarsi!-

Saliti, chiesi alla hostess un calmante per il mio amico, suscitando il malcontento di Marco.

-Non lo voglio!- disse lui, manco avesse cinque anni.

-Idiota lo devi prendere!-

-Non lo voglio, preferirei un martini!-

-Peccato che non si possa perché da ubriaco fai pena!-

-Guarda che lo reggo benissimo l’alcool!-

-Come no! E venerdì sera da Giorgio ho perso io il controllo dopo due bicchieri!-
Marco sbuffò un po’ e poi prese il calmante, ma prima che facesse effetto chiesi un ultima cosa, che sicuramente lo avrebbe fatto arrabbiare.

-Senti amico...-

-Dimmi tutto.-

-Sei calmo?-

-Sono abbastanza calmo per ascoltare le tue stupide domande...- mi disse lui con uno strano sorriso ebete in faccia girandosi verso di me.

-Senti... ci sono ragazze dove stiamo andando?-
Marco divenne rosso e se fosse stato un cartone animato di sicuro a quest’ora ci sarebbe stato il fumo ad uscirgli dal naso e dalle orecchie.

-Farò finta di non aver sentito.- disse bevendo l’acqua e guardando dritto di fronte a sé. Troppo comico.

-Tanto lo so che ci saranno!- risi io e il mio amico borbottò qualcosa, ma lo lasciai in pace per concentrarmi su una ragazza. Era stata ripresa dall’hostess dato che era ancora in piedi e saremmo partiti tra pochi minuti. Era carina, niente di speciale, ma aveva un viso familiare. Molto familiare. Ma forse mi sbagliavo.
 
Io e Marco ci trovavamo a Firenze per un lavoro per mio padre, uomo odioso tra l’altro, e ovviamente mi mancava Milano, la mia città. Adoravo Milano ed era per me un dolore tutte le volte sapere che mi ci sarei dovuto allontanare, tuttavia neanche Firenze era male, come Roma d’altronde.
Siamo arrivati nella casa di montagna di Marco dopo tre ore di viaggio e subito approfittai del suo stordimento per farmi una doccia e prepararmi, di sicuro quella sera avremmo incontrato nonna Rosaria, la nonna di Marco che ogni anno quando andavamo lì ci veniva a trovare. La tranquillità non fa per me, adoro la vita frenetica di Milano e uscire completamente sbronzo da un pub la sera, mi fa sentire libero e giovane, ma qui...
Qui non c’è nulla e il divertimento sta fuori dal paese, ma dopotutto noi siamo venuti per la solita gara di sci e presto, sono sicuro, ci avrebbero raggiunto delle belle ragazze. Marco era fidanzato, ma questo non vuol dire che io dovessi stare buono buono anche sotto Natale. Capitemi!
 


Angolo Autrice
Scusate il ritardo, ma ho avuto molto da fare. Cercherò di aggiornare il più presto possibile e scusate il capitolo molto corto e la trama molto mediocre.
Un bacio,
Serena.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. Ma come ti permetti? ***


Capitolo 3
 
Pov Amanda

 
Mia zia mi aveva accolto a braccia aperte alla stazione e dopo aver scaricato i bagagli a casa, decise di portarmi da Momò, un suo caro amico, o così diceva lei.
Zia Matilde era la sorella di mia madre e viveva ad Aosta da circa dieci anni: aveva sempre amato le montagne e la libertà che nella sua famiglia non aveva mai trovato, così era fuggita ed aveva girato il mondo; dopo una lunga carriera di pittrice affermata è tornata in Italia e ho passato molto tempo con lei, anche se mio nonno non ha mai approvato.

-Allora, mio angelo! Che lavoro fai? Spero tu abbia cambiato e sia passata a qualcosa di più serio! Dopo l'università non hai avuto molta fortuna!- mi disse mia zia, mentre camminavamo per la città. Avevo finito l’università quell’estate e mi ero laureata in antropologia sociale a Roma, ma non trovando un lavoro decente mi sono dovuta accontentare di un posto come cameriera.

-Faccio la cameriera zia, ti ricordi? Da Doris.- mi sforzai di fare un sorriso.

-Stella! Non c’è bisogno di fare quella faccia, non è così male dopotutto! C'è di peggio!- mi disse lei allegra, ma sapevo che in cuor suo si preoccupava per me, temeva che non potessi realizzare i miei sogni. –E dimmi un po’: ce l’hai un ragazzo?-

-Zia!- ero stupefatta! Perché tutti volevano sapere della mia vita sentimentale? Non ero mica una telenovela!

-Oh suvvia, ero curiosa!- mia zia si tirò indietro i capelli biondi e ricci e poi si accese una sigaretta. –Un uomo è la parte più divertente della vita mia cara.-

-Ho capito, ma in questo momento non ci tengo a trovare qualcuno!-

-Non dirmi che pensi ancora a lui!- era proprio strano che nel giro di una settimana i discorsi finivano sempre su di lui. Lui, il mio primo amore, un amore di una ragazza di diciassette anni infranto dal più grande degli stronzi!

-No zia, ma se lo nomini è ovvio che i miei pensieri vanno a lui!- ora, noi lo chiameremo “lui” perché per me il suo nome è impronunciabile!

-Okay, ho capito, ma dobbiamo fare in modo che ti esca dalla testa! Per fortuna c’è tua zia qui! Ci divertiremo molto prima di Natale!-
Mancavano solo cinque giorni a Natale e io non volevo che arrivassero così in fretta, mi piaceva stare con la zia, anche se era un po’ matta.

-E tu zia? Hai trovato qualcuno con cui “divertirti”, tanto per citarti?- mi trattenni per non ridere, a Matilde non piaceva quando le persone usavano le sue stesse parole contro di lei.

-No, e farai bene a restarne fuori cuore mio! Altrimenti potrei rimediarti un bel ragazzo per domani sera!-
Le minacce di zia Matilde funzionavano sempre e non so perché ma avevo paura che me l’avrebbe trovato comunque.
 
Arrivammo da Momò, o meglio la pasticceria di Momò. Era un luogo accogliente: il pavimento era in legno e la porta aveva una campanella per avvertire l’arrivo di un potenziale cliente, i tavolini erano rotondi e alcuni riprendevano lo stile tirolese con sedie annesse, la parete era dipinta di un verde menta chiaro e un bordo d’oro ricopriva le finestre. Era un luogo semplicemente incantevole, mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo quando mio nonno mi portava al circolo di biliardo e nonostante il puzzo di fumo, c’erano tanti tavolini simili a quelli della pasticceria di Momò, in più ricoperti da velluto verde.

Mi scontrai con qualcuno e senza rendermene conto agguantai la sua giacca blu per non cadere.
-Ehi! Mi rovini la giacca!- sbraitò il tizio che avevo urtato. Delicato.

-Mi scusi, non l’avevo vista.- dissi poco convinta vedendo chi avevo davanti. Un ragazzo biondo, bellissimo come i suoi meravigliosi occhi verdi e... Amanda! Riprenditi!

-Non ci posso credere! Mi hai anche sporcato le scarpe!- mi sembrava di conoscere quella voce, ma perché mi doveva smontare tanta bellezza con un carattere di merda?! Che cavolo!

-Ho già detto che mi dispiace!  E poi che vuole che sia?- dissi io riacquistando un po’ di sicurezza e drizzandomi in tutta la mia altezza, non che fossi molto alta, ma era solo per infondere coraggio a me stessa.

-Queste sono scarpe da 600 dollari, le ho comprate in America!- il tizio incredibilmente bello e affascinante nonché figlio di papà stava per avere una crisi isterica di fronte alla mia ignoranza in tale campo stilistico.

-Buon per lei, sono felice.- dissi sorridendo e facendo per andarmene. Odiavo più di ogni altra cosa le persone che si credono chissà chi solo perché hanno un cospicuo capitale in banca.

-Ehi!- mi richiamò lui prendendomi il polso per farmi girare verso di sé –Mi stai prendendo per il culo?-

-Mmmh... fammi pensare: io direi proprio di si!- conclusi soddisfatta vedendo il suo viso andare in fiamme dalla rabbia, evidentemente non aveva mai avuto qualcuno che lo contestasse.

-Come ti permetti!?! Tu non sai chi sono io!-

-E vivo uguale. Ora scusami, ma mia zia mi sta aspettando!- mi divincolai dalla sua presa e lasciai il tipo lì all’ingresso come un pesce lesso. Ah... quanto è liberatorio averla vinta su chi crede di essere superiore a te!

Andai nel retro bottega dove mia zia mi stava aspettando, ma non avrei mai pensato che mi avrebbe aspettata incollata a un uomo; Matilde era ancora giovane e pensai che fosse naturale che dopo zio Guido si fosse rifatta una vita.
Cercai di attirare la loro attenzione tossendo un po’. Ovviamente i due diventarono rossi come due peperoni non appena mi videro, così incominciai a parlare.

-Sai zia, se vuoi posso andarmene e ci vediamo dopo a casa, magari preparo qualcosa. Tu fai con comodo okay?- chiesi a Matilde e al suo “amico”.

-Tesoro no! Non pensarci nemmeno! Io ecco... volevo presentarti...- mia zia sembrava in difficoltà a ricordarsi il nome dell’uomo che aveva baciato, forse l’emozione.

-Maurizio- disse lui porgendomi la mano infarinata, quando se ne accorse prese uno straccio e si pulì alla bell’e meglio.

-Ecco si! Maurizio, nonché Momò in arte.- spiegò mia zia.

-Quindi sono i suoi i meravigliosi dolcetti che mia zia mi portava! Devo farle i miei più vivi complimenti!- dissi io stringendo la mano a Maurizio.

-Sono molto imbarazzato, comunque grazie per i complimenti e tra parentesi devo dire che lei è proprio come sua zia me l’aveva descritta.-  disse lui gentilmente.

-Okay, non doveva essere così che dovevate incontrarvi, ma oramai...- disse mia zia ancora rossa -...comunque tesoro, oltre che per farti conoscere Amanda, sono venuta per chiederti un favore.-

-Dimmi tutto!- Maurizio era entusiasta. Doveva avere circa quarantacinque anni, qualche capello bianco e qualche ruga qua e la, ma a parte questo era un bell’uomo: zia Matilde aveva buon gusto. Certo, detto da me non è il massimo perché non me ne intendo, ma sono una donna anche io!

-Volevo chiederti se per Natale ti andava di pranzare con noi, magari puoi portare anche Adelaide.-

-Sei molto gentile amore, glielo chiederò, poi ti faccio sapere.- Maurizio baciò mia zia e poi andammo via.

-Allora cara zietta! Non me l’avevi detto questo eh?- dissi io con un sorriso sornione e soddisfatto in faccia –E dimmi è una cosa seria o vi divertite e basta?-

-Dai Amanda! È una cosa seria!- era diventata rossa ancora!

-Da quanto dura la storia tra te e il tuo amico pasticcere?-

-Circa sei mesi... ma non lo devi dire a tua madre! È peggio di me! Mi farebbe mille domande!-

-Ora puoi capire cosa succede a me! Solo che io devo temere i rimproveri del fatto che non abbia nessuno!-

-Ma via! Vedrai che arriverà presto!-

Uscimmo dalla pasticceria e con stupore lo vidi sul appoggiato sul muro del palazzo davanti alla pasticceria.
Ancora lo sbruffone di prima! Ma perché la vita ce l’aveva con me?
Che ho fatto di male?
 
 
Angolo Autrice
Allora! Cosa ne pensate? Inizialmente non era così che l'avevo immaginato, ma poi scrivendolo è venuto da solo!
Spero abbiate capito chi è il "tizio incredibilmente bello nonché figlio di papà"?
Cosa succederà ora?
Continuate a seguirmi se volete una risposta, spero tanto che vi sia piaciuto!
Un abbraccio,
Serena.

 
Ringraziamenti
  • Per le recensite: a LuxShilas
  • Per le seguite: a Eli12, a LuxShilas, a Marty_0202, a _NisrineKook
  • Per le ricordate: a GothicLolita96, a logo2003
 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. Presentazioni ***


Capitolo 4
 
Pov Edmund
 
Come cavolo si permetteva quella????
Ero esterrefatto! Sul serio mi aveva velatamente mandato a quel paese? No dico! A me!
Io l’avrei distrutta! Avevo ancora la rabbia da sbollire, così decisi di aspettarla fuori dalla pasticceria, prima o poi sarebbe uscita. Ero ancora sotto shock! Nessuna ragazza mi aveva mai risposto in quel modo!

Appena la vidi, vidi anche Matilde. Era molto famosa per i suoi quadri, le sue mostre e le sue attività di volontariato per il comune, la conoscevo abbastanza bene, era un’amica molto intima dei miei genitori, ma erano anni adesso che non ci vedevamo io e lei, mentre sua nipote a quanto pare era una tizia alquanto particolare, ed era molto eccitante!

Andai loro incontro e vidi la sua espressione cambiare da felice a scocciata.
-Matilde!- chiamai la donna sperando vivamente che si ricordasse di me.

-Edmund! Ragazzo mio! Quanto tempo! Come stai? E i tuoi genitori?-

-Io bene grazie, papà come sempre e mia madre che lo asseconda!- risi e lei con me.

-Mi fa piacere! Oh... Posso presentarti mia nipote Amanda?!-  Amanda? Nome molto azzeccato!

-Ci siamo già incontrati prima- mi precedette lei incrociando le mani al petto.

-Si, ho avuto il piacere di conoscerla mentre stavo uscendo-  mi avvicinai a Matilde per far sentire solo lei – Mi ha tirato la giacca e mi ha pestato i piedi.- la donna rise ed io con lei, cercando di decifrare lo sguardo di sua nipote, era a metà tra lo stupefatto e l’incredulo.

-Non mi meraviglierei se mi dicessi che poi ti ha risposto in modo leggermente piccato.-

-Infatti è così!- disse Amanda –dato che Mister-come-ti-permetti è stato poco gentile.- 
Mister-come-ti-permetti? Questa ragazza mi stupisce sempre di più!

-Oh Amy! Lui è il figlio di due miei cari amici.- Matilde era come sempre gentilissima e avrei passato volentieri una serata con lei come ai vecchi tempi, così approfittai della situazione e chiesi:

-Sai Matilde, io e Marco siamo arrivati oggi e stasera come sempre c’è il rituale solito di tutti gli anni.-

-Oh si, me lo ricordo!- la donna si perse qualche secondo guardando indietro nel passato e io mi concentrai su sua nipote. Non era così male dopotutto: occhi nocciola, labbra piccole e capelli castani corti e mossi. Non aveva un filo di trucco e più o meno doveva avere la mia età.

-Che ne diresti di venire stasera? Rosalina non è in città e l’abbiamo saputo solo adesso, altrimenti avrei mandato un biglietto ufficiale.-

-Va bene, però deve venire anche Amanda, okay?-

-No no zia, mi pare ovvio che sia una serata speciale tra voi che vi conoscete, non voglio creare alcun tipo di disturbo con la mia presenza. È meglio se vai solo tu!- si intromise la ragazza imbarazzata.
Eh no mia cara! Stasera ti voglio con me!

-No, alcun disturbo, credimi.- dissi sorridendo ed era evidente che lei si sentisse in obbligo ad accettare, se non per me almeno per sua zia tanto che alla fine mollò l’osso.

-Bene, allora ci vediamo a casa vostra alle otto come al solito Ed?- chiese Matilde usando il nomignolo che solo le persone che mi conoscevano bene usavano.

-Ma certo. Signore, buon proseguimento.- dissi gentilmente dileguandomi sotto lo sguardo omicida di Amanda.
Finalmente avevo trovato un giocattolino meno docile! L'avrei domata per bene!
 
Tornai a casa e avvertii Marco dell’arrivo di Matilde e sua nipote, ma neanche mi fece spiegare che subito mi interruppe.
-ED! Edmund! Dopodomani c’è la gara okay? Devi essere concentrato! Non puoi scorrazzare dietro a galline e gallinelle solo perché a ti va! Che poi  tra l’altro perché non te ne trovi una sola e fai il serio?! Io proprio non ti capisco e...- Marco non la smise più, così presi il libro di ricette di Juanita, la mia vecchia tata, e cercai di decifrare la sua scrittura per preparare la solita cena dei cinque giorni prima di Natale e prima della famosa gara.
Appartenevamo, io e Marco, alla Brigata della Vita e della Morte. Ne eravamo membri da quattro anni, come ne facevano parte i nostri genitori, e ogni anno ogni 60 giorni la brigata si riuniva per compiere qualche impresa eroica e coraggiosa, come buttarsi da un palazzo oppure fare bunjee jumping, o parapendio o lanciarsi da un treno che sfrecci a 130 km/h sulla neve morbida appena caduta.
Per molti può sembrare tremendamente stupido e incosciente, e lo è, ma così ci misuriamo e ci spingiamo fino al punto limite di coraggio. Rischiamo la vita, ma non abbiamo nulla da perdere.
 
Comunque presto sarebbe arrivata Amanda e io dovevo ancora pensare alla cena dato il mio migliore amico era una frana in cucina, e non posso farmi trovare a mani vuote! Non che io fossi chissà chi ai fornelli, anzi ero pure peggio di Marco, ma almeno a differenza sua cercavo di seguire la ricetta!
 
 
Pov Amanda
                                                 
Era già sera e Matilde aveva deciso che dovevo vestirmi in maniera decente, ma avevo notato lo sguardo dello sbruffone che avevo riconosciuto e non volevo dargli la soddosfazione di vedermi tutta in tiro per lui o amici vari. Mi sembrava di ricordarlo e infatti era proprio lui: Edmund Grandi, il figlio del famoso avvocato, che a Siena aveva fatto scalpore poiché sembrava avesse tradito la moglie con sua sorella, ma come sempre si era detto che non era vero eccetera eccetera. Ovviamente se il padre andava in giro e nascevano strane voci su di lui, anche sul figlio erano sorte leggende e supposizioni: c’era chi diceva che era andato a letto con mezza scuola, chi diceva che se lo invitavi a casa si scolava tutte le birre, poi c’era chi descriveva la sua bellezza e chi invece descriveva altro, ma comunque non l’avevo riconosciuto perché era molto cambiato, ero più bello, più stronzo e più gentile allo stesso tempo. Quel suo sorriso soddisfatto non era cambiato e se le vecchie abitudini sono dure a morire dubito che in certe cose sia cambiato. Era incredibile! Chissà se si ricordava di me! Dopotutto stavamo in classe insieme, anche se per solo un anno.
Eh no Amanda, non sperarci, ti pare che con tutte le ragazze che aveva si ricorda di una che stava in classe con lui che non ci ha provato? No. Punto.
Detto ciò non mi sarei vestita carina, non mi sarei truccata, non mi sarei messa dei tacchi fastidiosi e scomodi solo per lui! Mai!
 
-Angelo sei pronta?- chiese mia zia bussando alla porta, per poi entrare.

-Si zia, sono pronta!- le dissi sorridendole. Mi ero messa dei semplici pantaloni neri e un semplice maglione blu. Ai piedi le mie fedeli All Stars nere, come ho detto niente trucco né collane né braccialetti e gingilli vari.

-Sei matta? Me lo aveva detto Alice che avevi queste tendenze a vestirti da vecchia, ma non pensavo così tragicamente.-  Alice? La ucciderò non appena torno.

-Zia, non esagerare!-

-Non sto esagerando, vieni! Mettiti queste ballerine e questa camicetta!-

-Uffa!-

-Niente sbuffi, sei in casa mia e decido io!-

-Ti ricordo che ho ventiquattro anni!-

-E sembri una cinquantenne!-

Presi la camicetta bianca con il colletto nero della zia e me la misi, poi presi la giacca nera, elegante ma semplice allo stesso tempo ed infine infilai le ballerine. Devo dire che era molto meglio del maglione di prima, ma non potevo dargli la soddisfazione di farmi vedere così “carina” diciamo.
Oh Signore! Margherita e Alice hanno ragione! Mi faccio troppi problemi! Che vada a quel paese quell’antipatico!

Detto ciò usciamo e arriviamo con la macchina ad un paesino a cinque chilometri circa di distanza, poi Matilde mi guida verso una casa molto carina simile a quella dei sette nani, però più ricca e arredata. Ci apre lo sbruffone e sorridente ci invita ad entrare e ci toglie i cappotti per riporli dentro un guardaroba.              
Mi guarda attento e non posso non arrossire, nessuno mi ha più guardata dopo di “lui” e l’ho voluto io, non riesco più a fidarmi.
Marco ed io fummo presentati e finalmente potemmo mangiare e così tra una chiacchiera e l’altra posso dire che Marco è un ragazzo molto simpatico e molto galante, tutto il contrario di Mister-come-ti-permetti, che tra l’altro non smise di farmi la radiografia tutta la sera, cosa che mi rendeva a dir poco nervosa. Aiutai i miei nuovi “amici” come li aveva definiti mia zia a sparecchiare e finalmente potevo andarmene, essere libera come l’aria, la porta si stava avvicinando, c’ero quasi, pochi passi...

-Amanda!- la sua voce ripugnante! Mi sarei messa a piangere!

-Si?- lo guardai con lo sguardo più dolce che potevo fare.

-Dove stavi andando?-

-Cercavo di notare quanto è bella la maniglia di questa porta: italiana o francese?- chiesi con nonchalance.

-Non saprei, ma se ci tieni tanto potrei chiedere a Marco di chiedere ai suoi genitori di chiedere ai nonni se si ricordano la provenienza della maniglia d’ingresso se proprio ci tieni.- ridacchiò prima di tornare serio.

-Si, mi faresti un enorme favore, non so se dormirò stanotte! Devo assolutamente saperlo!- gli sorrisi facendo per andare di là in salotto.

-Tu pensi che io ti creda?-

-Lo spero vivamente, non bisogna dubitare delle signore. Tu dubiti forse?-

-Tu non dubiteresti?-

-Chi risponde ad una domanda con un’altra domanda ha qualcosa da nascondere.-

-Non ho nulla da nascondere!-

-Bene, ma non ha risposto alla mia domanda!-

-No, non dubito delle tizie che mi dicono di essere così attratte dalla maniglia di una porta da volerne sapere la provenienza!-

-E fai male!- non ce la facevo più, andai in salotto e richiamai mia zia. –Zia sia è fatto tardi, io credo sia ora di andare.-

-Si, mia cara, sono esausta.- Ti adoro zia! Ti amo! Non ti lascio più! –Stavo solo chiedendo a Marco e spero che anche Edmund si disponibile per portarti un po’ in giro per la città in questi giorni, io sono vecchia e non conosco i posti che frequentano i giovani.- cosa avevo detto di mia zia? Beh... mi rimangio tutto! Ora la odio!

-Non credo ce ne sarà bisogno...- cercai di dissuaderla, ma fu tutto inutile e quel cavolo di sorrisetto soddisfatto che si formava sulla bocca del deficiente era insopportabile.
Dopo dieci minuti eravamo in macchina per tornare verso casa e decisi che ero troppo stanca per litigare con mia zia, dopotutto lo faceva per il mio bene.
 

Angolo Autrice
Ecco qui! Spero tanto vi piaccia!
Volevo informarvi che mi sto inventando tutto e non so se esista veramente un paesino a 5 km di distanza da Aosta, non ho controllato veramente, ma per il resto ho fatto delle ricerche su Internet.
Continuate a seguirmi,
Serena :*



 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. Mister-sorriso-compiaciuto all'attacco ***


Capitolo 5
 
Pov Amanda
 
Il campanello non smetteva di suonare, chi cavolo era alle nove e mezza di mattina?
Mia zia andò ad aprire, mentre arrivavo in cucina con solo il pigiama indosso per prendermi un po’ di caffè, senza il quale non vivrei!
Quando uno sente suonare presto la mattina si aspetta di trovare il postino, l’apocalisse oppure nel peggiore dei casi zia Lucilla che si sbaglia sempre con i giorni e le feste tanto che l’anno scorso per esempio si è persa tutto il mese di aprile scambiandolo con maggio; ma mai e sottolineo il MAI uno, ossia la sottoscritta, si sarebbe immaginata di trovarsi Mister-sorriso-compiaciuto nella sua bella giacca blu, avvolto da una sciarpa del medesimo colore e guanti di pelle in salotto. Sentii mia zia parlottare con quel deficiente patentato e subito cercai di svignarmela, ma per arrivare in camera sarei dovuta passare dal salotto.                    

Porca miseria!
No Amanda sforzati, puoi fare di meglio!
Porca vacca!
Okay, non ce la fai.

“Fa che non mi vedano! Fa che non mi vedano! Fa che non mi vedano!” ripetei dentro di me come un mantra e proprio come dice la legge di Murphy “Quando non desideri intrometterti nella conversazione ti coinvolgono”.

-Amanda tesoro!- mi richiamò mia zia sorridendo.

-Buongiorno zia cara...- dissi io avvicinandomi con la mia tazza di caffè in mano sorridendo falsamente.

-Buongiorno Amanda!- disse l’imbecille seduto sul divano vicino a mia zia, mentre io mi ero seduta sulla poltrona di fianco per mantenere certe distanze.

-Amy, tesoro, Edmund ed io stavamo dicendo che dato che oggi avrei un po’ di cose da fare, tu potresti divertirti con i suoi amici, non temere, ci saranno anche altre ragazze.- disse mia zia con tutta la tranquillità del mondo.

-No zia, non mi sento molto bene oggi...- provai a dire io, ma quel cretino mi interruppe. Da quando mi aveva visto aveva cercato di trattenersi dal ridere e non posso certo biasimarlo: chi a ventiquattro anni aveva un pigiama con un enorme orsacchiotto sorridente al centro?

-Motivo in più per uscire, credo. Vedrai che ti divertirai e il malessere passerà subito!- mi disse lampante, neanche fosse un venditore ambulante!

-Vieni tesoro, andiamo a prepararci!- mi disse mia zia trascinandomi in camera mia.

-Ma veramente...-provai a replicare, ma lei mi zittì subito.

-Allora! Uno dei motivi per cui ti ho voluta qui è per rimediare a questo tuo stato di trasandatezza, ti voglio vedere viva e insieme a quelli della tua età! Perciò oggi uscirai con quei ragazzi!-

-Zia! Io non ci voglio andare! Mi piace la mia vita!-

-Sei sicura? Guarda che ieri sera ho visto come eri contenta di esserti vestita da diva!-

-Non esageriamo, ero contenta!-

-Ecco! È questo di qui sto parlando! Non hai abbastanza fiducia in te stessa!-

-Non è vero!-

-E invece si! Quindi tocca a me fare il lavoro che tua madre non ha mai fatto!-

-Non dire così!-

-È la verità piccola mia!-

-Ma non lo ha fatto con cattiveria!-

-Non lo ha fatto e basta! Ho rimproverato molte volte mia sorella!-
Ci guardammo negli occhi per un istante e poi mi passò un jeans, un maglioncino beige con disegnato un enorme fiocco sul davanti e potei mettere le mie All Stars nere grazie a qualche Santo in paradiso.
 
Dopo un ennesimo “Guidate piano” da parte di mia zia, Edmund mi aprì la portiera della macchina in modo molto galante, ma io non ci casco. Salii in macchina e dopo pochi minuti eravamo su una strada innevata e ripida, non ci siamo parlati da quando siamo usciti di casa, forse era anche lui in imbarazzo quanto me.

-Dove stiamo andando?- chiesi tanto per rompere quel silenzio insopportabile.

-In un posto particolare che in teoria non dovresti conoscere?- rispose lui senza togliere lo sguardo dalla strada.

Era serio e maledettamente bello!
Ehi Amanda!

Però era strano riuscire a fare apprezzamenti di qualcuno dopo sette anni che non riesci a guardare un ragazzo solo perché pensi a quello che ti ha fatto più felice e che allo stesso tempo ti ha fatto più male..

-Sembra interessante, ma se non dovrei conoscerlo perché mi ci porti?-

-Perché mi va.- disse lui menefreghista. Grrrrrr... quanto lo odiavo quando faceva così e dire che dovevo esserci abituata dopotutto! Era simile al ragazzo che mi ha rubato il cuore.

-E posso sapere che posto è?-

-No, ti ci posso solo portare, ma non dovrai scoprire di che posto si tratta. Così è stato deciso!- concluse la frase con un sorrisino sghembo.

-Meraviglioso!-

Ancora silenzio per circa dieci minuti e poi riprese lui a parlare.
-Carino il pigiama che avevi prima!- disse cercando di trattenere le risate.

-Puoi anche ridere idiota! Non mi offendo mica!- dissi incrociando le braccia al petto.
Dopo una fragorosa risata da parte sua mi unii anche io alla risata per poi dire seriamente che in realtà a me quel pigiama non piaceva, ma lo mettevo solo per Matilde. Me lo aveva regalato qualche anno prima per Natale. Ed era la verità.

-Non posso crederci! Tu metti dei pigiami così solo per far felici che te l’ha comprato?-

-SI, che c’è di male?-

-C’è di male che chi te lo ha preso non si renderà mai conto di aver preso una cosa che non piace!-

-Si lo so, ma se tua zia ti dice che lo ha preso dal suo ultimo viaggio a Parigi nella boutique più costosa della città solamente per te allora ci pensi su prima di dirle “Zia, sinceramente è la cosa più orrenda che tu potessi prendermi”.-

-Sai non ti facevo così socievole!-

-Infatti non lo sono!-

-Non si direbbe!-

-Lo sono solo con le persone che mi fanno arrabbiare!- pessima mossa Amy!

-Quindi io ti farei arrabbiare?!- disse lui sorridendomi maliziosamente. Okay, ora potevo morire.

“SI, ogni parte di te mi fa arrabbiare, ogni parola che dici mi rende nervosa e preferirei che tu stessi zitto!” avrei tanto voluto dirlo, ma poi ci ripensai, non valeva la pena scaldarsi tanto per un idiota.
-Si, ma non così tanto!-

-Si e io ci credo!- disse guardandomi e continuando a sorridere in quel modo! Accidenti a lui!

-Guarda la strada!- dissi io. Se solo quello scemo osava farmi morire in una scarpata lo avrei rincorso per tutto l’inferno!

-Tu sei uno spettacolo più interessante... e più divertente!-

-Divertente?-

-Si, sei troppo buffa!- mi disse ridendo.
Mi avevano detto di tutto! Ma mai che fossi “buffa”. Non ho parole...

-Okay, mettiti la benda.- disse lui dopo essersi calmato.

-Quale benda?- chiesi. Ma perché queste cose succedevano solo a me?

-Questa!- disse mettendomi una benda nera nelle mani.

-È uno scherzo vero?- chiesi guardandolo supplicante.

-Assolutamente no.- mi rispose serio e allo stesso tempo divertito.

Mi misi la benda e poco dopo ci fermammo. Delle mani mi trascinarono fuori dalla macchina e la voce rassicurante di Edmund mi entrò nel cervello, mentre sentivo delle altre voci che si sovrapponevano una all’altra. Un’altra cosa che sentii subito fu l’aria fredda a pungente: faceva sicuramente meno venti gradi!!! Come aveva osato quello sbruffone portarmi quassù al freddo!!!???
-Okay Amy, adesso toglierò la benda.- mi disse dopo avermi fatta accomodare su una sedia.
-Okay...- dissi io titubante e incerta.

Levata la benda mi ritrovai in una tenda simile a quelle dei safari, di fianco a me c’era un letto a una piazza e un baule chiuso. Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo a quindici anni fa, quando con i miei genitori andammo in Africa nelle ex-colonie francesi.

-Dove mi hai portata?- chiesi io. Vicino a me su un comodino c’era una lampada a olio che illuminava tutta la tenda, ma fuori era ancora giorno.

-Benvenuta alla sede natalizia della Brigata della Vita e della Morte.- mi disse lui sedendosi sul letto.

-L’associazione segreta?- chiesi. Non so perché ma rimase molto sorpreso.

-La conosci?- chiese quasi preoccupato.

-Mia cugina me ne aveva parlato qualche anno fa, aveva fatto delle ricerche, ma poi mi disse che non era arrivata a nulla.- dissi tutto d’un fiato preoccupata.

-Non dovrai rivelare niente a nessuno.-

-Ma se è così segreta perché mi ci hai portato?-

-Te l’ho già detto: mi andava.- disse lui alzandosi dal letto e mettendosi una mano tra i capelli, forse nervoso –Comunque non devi dire nulla a nessuno. Posso contare su di te?-

-S-si...- dissi io poco convinta.

-Bene! Ora dovrai aspettare.- mi disse facendo per uscire dalla tenda.

-Aspettare cosa?- chiesi sempre più preoccupata.

-Honor, mia sorella. Ti spiegherà tutto.- detto ciò uscì e io dalla rabbia mi alzai e feci per andargli incontro.
“Potresti farlo tu” volevo dirgli, ma mi fermai e non uscii.

Che cavolo! Prima viene, mi sveglia, mi trascina in macchina, mi dice che sono buffa, mi benda e poi mi lascia sola in una tenda del fine ottocento!
Controllai l’ora sul telefono e notai che erano solo le undici e già non vedevo l’ora di andarmene. Mi sdraiai sul letto che era morbido e chi mi conosce sa che ho un debole per i materassi morbidi, così non potendo resistere alla tentazione mi addormentai.
 
Fui svegliata da una mano gelata che cercava di svegliarmi (e ci era riuscita) e che chiamava il mio nome.

-Amanda?- mi chiamò lei.

-Si?- la mia voce era impastata dal sonno e la prima cosa che chiesi era l’ora.

-Sono le tre del pomeriggio, sono venuta a portarti da mangiare e a conoscerti.-

-Devo dedurre che tu sia Honor.- dissi alzandomi e mettendomi a sedere sul letto mentre guardavo quella ragazza, copia esatta del fratello tra l’altro, che mi guardava curiosa con i suoi vispi occhi azzurri.

-Si, sono io.- mi disse porgendomi la mano e io la strinsi presentandomi.

-Mio fratello aveva detto che eri carina, ma per me tu sei molto bella!- mi disse lei e quasi non mi strozzai con il pane.

-Tuo fratello non ha detto che io sono carina, forse hai sentito male...- dissi e lei mi interruppe subito.

-No no! L’ho sentito e ti assicuro che se lui dice carina intende che è affascinato. Solo poche ragazze gli fanno questo effetto!- mi disse lei mentre i suoi capelli lisci le ricadevano lunghi sulle spalle.
Non dissi niente e mi limitai ad annuire. Ero stupefatta! Un complimento del genere me lo sarei sognato qualche anno fa! Poi mi venne spontaneo chiedere una cosa.

-E quante ragazze dicono che tuo fratello è un totale stronzo?- chiesi mentre lei sorrideva a questa mia domanda.

-Solo tu, non glielo ha mai detto nessuna. O meglio nessuna che non sia andata a letto con lui.- mi rispose ridendo.

-Dovevo immaginarlo.- dissi sorridendole e bevendo un po’ d’acqua.

-Allora, Eddie mi ha incaricato di dirti per cui sei qui: nel caso non lo avessi capito ti sta usando.-

-Ci ero arrivata, non sono così stupida ancora, ma quello che non capisco è perché non me lo ha detto chiaro e tondo fin dall’inizio!-

-Temeva che non saresti venuta! Comunque sei qui perché stasera ogni cavaliere deve avere una dama e ovviamente lui arrivato per ultimo non ne ha trovata nemmeno una e quindi ha ripiegato sull’unica ragazza di cui era certo di potersi fidare abbastanza e che fosse abbastanza bella.- Honor alzò le mani e poi mi disse –Così ha detto Casanova!-

-Non credo sia così tanto Casanova, altrimenti avrebbe potuto trovare una gallina qualsiasi che poteva stare con lui solo per una notte e lasciarmi dormire in santa pace stamattina, no?- chiesi alla povera Honor che mi guardava con solidarietà.

-Come ti capisco, ad ogni modo domani c’è una gara di sci e poi potrai tornare a casa, anche se dubito che lui ti lascerà in pace. La festa di stasera a proposito è in maschera e lì nel baule hai il costume!-

-Ma siete matti! Fanno meno venti gradi fuori!-

-Se ti dicessi che lo facciamo per tradizione?-

-Sareste matti comunque!- dissi io ridendo e la bionda rise con me. Era simpatica, doveva avere qualche anno meno di me, ma almeno aveva un po’ di sale in zucca! O comunque in più rispetto al fratello.

-Io vado, verrò tra circa un’ora per aiutarti a prepararti, okay?- chiese lei gentile.

-Si, non preoccuparti.- le dissi guardandola che usciva.
Ma che avevo fatto di male per capitare in una tana di matti?
 


Angolo Autrice
Cosa succederà adesso?
Volevo avvertirvi che tutto questo è opera della mia fervida immaginazione tranne che "La Brigata della Vita e della Morte", chi ha visto "Una mamma per amica" saprà che è la società segreta di cui fa parte Logan e per questo capitolo mi sono ispirata un pò all'episodio in cui Rory viene invitata ad una riunione. Ovviamente nella mia mente era già programmato in questo modo il capitolo, ma mi mancava solo il nome della scietà segreta e così ho colto l'occasione e ho preso questo!
Non me ne vogliate e scrivetemi se il capitolo vi è piaciuto!
Un bacione,
Serena.
 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6. Altrimenti? ***


Capitolo 6
 
Pov Edmund
 
Che cavolo mi era venuto in mente? Se Marco lo veniva a sapere mi ammazzava!
Ma lei è così particolare, sono sicuro che non dirà nulla, ma non è questo che mi preoccupa: mi preoccupa il fatto che possa non sentirsi a suo agio, mi preoccupa che le succeda qualcosa per colpa mia. Oh insomma Edmund! Perché ti fai tutti questi cavolo di problemi? È solo una ragazza! Sai quante ne trovi meglio? Quindi goditi la serata e fregatene!
 
-Ehi amico!- mi chiamò Marco –Ce ne hai messo di tempo ad arrivare! Ti aspettavo per le dieci, non per le undici!-

-Scusa, ho portato una mia amica.- dissi senza riflettere.

-Bene, poi me la presenti.- per un attimo mi preoccupai, ma poi dentro di me tirai un sospiro di sollievo pensando che la festa era in maschera.

-Ma è una della brigata vero Ed?- chiese lui inquisitorio.

-Si si, certo! Non preoccuparti! Sei teso come una corda di violino! Rilassati!- dissi io dandogli una sonora pacca sulla spalla.
Quando Marco incominciava ad andare in paranoia chi lo fermava più, per fortuna che non doveva partecipare alla gara di domani, altrimenti si sarebbe dovuto bombardare di antistress, non che non lo facesse già adesso, ma ancora di più.
Proprio quando stavo per rilassarmi anch’io, mia sorella entrò nella mia tenda, e specifico MIA, quindi uno pensa che gentilmente la persona che deve entrare potrebbe anche chiedere il permesso prima di farlo.

-Honor!- richiamai mia sorella leggermente alterato.

-Che vuoi?- chiese lei già sulla difensiva mettendosi i pugni sui fianchi.

-Si chiede il permesso prima di entrare!-

-Perché? Sei mio fratello no?-

-Metti caso fossi stato nudo?-

-E allora?-

-Honor?!?!- ero esterrefatto! Io mi vergognavo molto a mostrare certe parti del mio corpo a mia sorella, ma lei pareva non avesse questo tipo di problema, almeno non con me.

-Che vuoi? Sei o non sei mio fratello? Non mi fa mica impressione vederti come mamma ti ha fatto!- sbottò lei mettendosi seduta sul letto.

-Dato che questa conversazione non sta prendendo una piega molto bella, potresti dirmi che ci fai qui?- chiesi scocciato, forse voleva lamentarsi per la scelta dei costumi di quell’anno.
Forse me la sarei cavato con poco...

-Perché hai fatto venire quella povera ragazza???- mi chiese rossa in volto.
No, non me la sarei cavata con poco, o meglio non me la sarei cavata e basta.

-Senti Honor, non mi va di affrontare questo discorso con te!-
 
-Ti elenco tre motivi per cui non avresti dovuto:
Numero uno: lei è una brava ragazza, mi sta molto simpatica e TU non hai il diritto di trattarla come una qualunque delle tue sgualdrine!
Numero due: non fa parte della brigata e se papà lo scopre ti ammazza!
Numero tre: come hai osato mandarmi da lei conciata così? – Honor finì la sua predica e aspettò le mie risposte con le braccia incrociate sul petto.

-Adesso tocca a me:
​Numero uno: le ragazze che frequento non sono sgualdrine.
Numero due: non la tratterò come tratto loro perché non me lo permetterà.
Numero tre:  non me ne frega nulla di papà!
Numero quattro: non mi rompere più le palle e vattene dalla mia tenda!-

-Quali sono le tue intenzioni con lei?- chiese mia sorella guardandomi seria. Ma che le fregava della mia vita? Perché doveva essere così impicciona?

-Non lo so!- urlai. Ed era la verità, non so perché avessi fatto quel colpo di testa e l’avessi portata lì, non so perché mi piaceva stuzzicarla, c’era qualcosa in lei che mi attraeva: forse perché arrossiva quando le facevo un complimento oppure perché arrossiva ad un minimo contatto con la mia pelle. Di solito le ragazze che frequento non facevano così, certe volte si saltava direttametne la parte formale e ci addentravamo subito in una camera da letto, altre volte c'era un corteggiamento che durava poco perchè cedevano velocemente: era la solita pappardella, la solita monotonia, la solita storia. Mentre con Amanda era diverso.

-Basta che tu non la faccia soffrire brutto scimmione!- mi intimò Honor puntandomi un dito contro.

-Altrimenti?- chiesi beffardo con un sorriso stampato in faccia.

-Altrimenti ti distruggo!- detto ciò mia sorella fece per andarsene e prima di farlo le chiesi un’ultima cosa.

-Perché ci tieni a lei? Cosa ti ha fatto in una sola ora? È per caso una strega? Ti ha ipnotizzato?-

-Al contrario, è una ragazza adorabile. È così innocente ed estranea all’alta società, è umile e gentile, qualità che mamma e papà non sanno nemmeno dove stanno di casa. Mi fa sentire bene.- mia sorella fece un ultimo sorriso prima di andarsene e l’ultima cosa che vidi furono i suoi capelli biondi e lunghi che svolazzavano fuori dalla mia tenda.
 

Pov Amanda
 
Accidenti ai tacchi! No! Questi cavolo di trampoli non me li sarei messi nemmeno davanti ad una supplica di quelle clamorose, con diecimila persone in ginocchio a pregarmi! NO!
Era deciso: avrei messo le mie All Stars, tanto sotto quell’ammasso di lana e seta non si sarebbe visto nulla e poi il vestito mi stava pure piccolo!

-Aspetta, ti auto!- disse premurosa Honor incominciando ad intrecciare il filo di raso.

-Di chi è questo vestito?- chiesi, di sicuro non era mio!

-Ce l’abbiamo tutte un vestito del genere e di vari colori, solo che io non sapendo che ragazza si sarebbe portato dietro Eddie, ho optato per un vestito della mia taglia, dato che di solito sceglie ragazze molto magre.- mi spiegò attentamente Honor.

-Allora io sono una grassona!- gemetti disperata. Ma poi un pensiero rabbioso arrivò quando l'immagine di quel depravato si formò nella mia mente. Voleva forse mandarmi dei segnali e dirmi che ero grassa e che avrei dovuto mettermi a dieta? Ma perché non me lo diceva in faccia!?!?!

-Ma no! Ti sei vista? Sei perfetta! Non troppo magra da farsi male quando ti si abbraccia e non troppo grassa da non poterti abbracciare completamente. Sei nella norma!- era entusiasta della mia taglia 42 a quanto pare.

-E tu cosa sei, una 38?- chiesi trattenendo il respiro.

-Si, ma per fortuna il vestito è abbastanza morbido e abbastanza regolabile.-

-Morirò soffocata solo per fare un favore ad un cretino che neanche me l’ha chiesto!- esclamai.
Sentii la risata di Honor e poi uno strattone forte, il vestito era chiuso. Faceva molto freddo così non dissi ad Honor che mi ero lasciata i jeans sotto la gonna e lei prese dal baule un lungo scialle azzurro come il vestito e una maschera bianca con ricami dorati, bellissima. Devo dire che non sono una grande amante delle maschere, anzi le detesto: ti si appiccicano i capelli, poi dopo sei tutta rossa e per non parlare dell’elastico che prude! Ma per questa avrei fatto un'eccezione.

-Ora tocca a te, ti aiuto io!- dissi alla mia nuova “amica” se la possiamo chiamare così o meglio la mia alleata contro Mister-sono-più-figo-di-te!

-Non credo sia il caso, mi stanno malissimo questi vestiti, mi gonfiano tutta e poi io odio il viola!- mi disse, come se quel colore fosse un insulto alla sua persona.

-Proprio perché hai i capelli e la carnagione così chiari, è il colore che ti sta meglio.- la guardai tirando fuori il vestito, identico al mio, ma viola con una maschera bianca simile alla mia, ma senza i ricami.

-Tu dici?- mi guardò sedendosi sulla piccola poltroncina e guardando il suo vestito.

-A mio modesto parere ed esperienza dico che puoi fidarti quanto basta per non sembrare ridicola!- le dissi sorridendole.

-Sei proprio forte!- mi disse lei guardandomi e sorridendomi –Okay dai! Aiutami!-
Dopo esserci scervellate per capire per quale pettinatura fosse meglio optare, abbiamo deciso di comune accordo di andare con i capelli sciolti, non che io potessi raccoglierli in qualche modo dato che sono corti, ma Honor mi ha raccontato che per occasioni del genere i suoi genitori le facevano sempre fare acconciature complicate, ritrovandosi con un grande e fastidioso mal di testa.

-Adoro i tuoi capelli.- le dissi poi mentre glieli pettinavo e mentre lei mi faceva la lista di tutte le cose di cui non avrei dovuto parlare una volta finita la "pagliacciata", come mi disse lei.

-Anche a me piacciono i tuoi, sono morbidi!- si girò verso di me come una bambina felice di vedere una bambola.

-Comunque i tuoi sono particolari, mentre i miei sono solo dei semplice capelli castani e mossi. Cosa ci trovi di bello?-

-Sono particolari perché tu li rendi particolari, tutto il tuo essere è particolare ed è per questo che ti preferisco a tutte le sciacquette che mio fratello mia ha sempre presentato da dieci anni a questa parte.-

-Cioè fammi capire: tuo fratello ti presentava una ragazza diversa ogni anno per dieci anni?- ero sconvolta! Doveva avere circa ventiquattro anni, quindi sicuramente non parlavano di quanto fossero belli i fiori a quattoridici e teoricamente doveva aver fatto qualcosa con quelle ragazze, ma Amanda forse è meglio non esplorare questo campo per adesso.

-Si, e non ogni anno, bensì ogni mese. Almeno all’inizio, poi da circa due anni ha incominciato a stabilire delle relazioni più o meno fisse.-

-Che vuol dire “più o meno”?-

-Vuol dire che la relazione è fissa, ma è vuota in se perchè si basa solo su del sano sess...- Honor fu interrotta dall’entrata di Edmund che forse potrebbe aver origliato.

-Non sapevo che la mia vita sentimentale fosse così tanto interessante!- disse lui mettendosi le mani nelle tasche degli smoking. Okay, aveva origliato.

-E poi sarei io quella che deve chiedere il permesso?- chiese Honor sarcastica, mentre io ricevetti un’occhiataccia.
 
Potrei ripetermi, ma che ho fatto di male nella vita? Perché chiunque tu sia ce l’hai tanto con me?
 
 
 
Angolo Autrice
Allora? Che ve ne pare? Vi piace Honor?
Ho scritto in anticipo perché non so se potrò scrivere questo weekend e non volevo certo privarvi di un altro capitolo.
Cosa farà Edmund vedendo sua sorella e la sua nuova "nemica/amica" fraternizzare?
Riuscirà Honor a tenersi stretta Amanda e far si che il suo Eddie non le faccia male?
Amanda riuscirà a capire perché Edmund non le chiede le cose e sempra invece imporgliele?
Il tutto al prossimo capitolo...
Un bacio,
Serena.
 
PS Questi sono i siti da cui ho preso ispirazione per i vestiti di Amanda e Honor, fatemi sapere se vi piacciono.
 
Vestito Amanda

http://www.google.it/imgres?imgurl=http://static.pourfemme.it/pfmatrimonio/fotogallery/625X0/29859/abito-da-sposa-azzurro-chic.jpg&imgrefurl=http://matrimonio.pourfemme.it/foto/abiti-da-sposa-blu_3029_10.html&h=544&w=544&tbnid=GBgKsIw5be3yfM:&zoom=1&docid=QKaEI_hmg_--HM&hl=it&ei=r9dAVZipIcr5UvCJgeAG&tbm=isch&ved=0CC8QMygQMBA

Maschera Amanda
http://www.google.it/imgres?imgurl=http://www.venicemask.eu/img/p/711-82-thickbox.jpg&imgrefurl=http://www.venicemask.eu/maschere-veneziane-colombina/711-maschera-veneziana-colombina-diadema-bianco-musica.html&h=850&w=850&tbnid=VZW_gnjCc5HgRM:&zoom=1&docid=1QWwoWGFLsIr4M&hl=it&ei=qt5AVdrkD8XsUpKGgvgD&tbm=isch&ved=0CDwQMygIMAg

Vestito Honor
http://www.google.it/imgres?imgurl=http://images.hotdresshop.com/images/dress/A-Purple-Ball-Gown-Wedding-Guests-Dress-SD1114.jpg&imgrefurl=http://www.hotdresshop.com/wedding_dresses_with_color.html?language%3Dit&h=1200&w=900&tbnid=YR5UsdzmHg72RM:&zoom=1&docid=SYzyPgcDL72SDM&ei=wepAVbjvMYzTUbX4gOgD&tbm=isch&ved=0CAoQMygCMAI4ZA

Maschera Honor
http://www.google.it/imgres?imgurl=http://cdn.deguisetoi.fr/images/rep_art/gra/211/8/211862/pk-6-loup-blanc-avec-rose-et-plumes_211862_1.jpg&imgrefurl=http://www.vegaoo.it/maschera-bianca-con-piume-adulto.html?type%3Dproduct&h=500&w=507&tbnid=sUS8BTMQrl6RDM:&zoom=1&docid=frrdzsM8CoRrzM&ei=futAVdKbHsWwUcujgpgD&tbm=isch&ved=0CHMQMyg3MDc
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. La festa ***


Capitolo 7

Pov Amanda

Okay, il fatidico momento era arrivato! Ovvia Amanda! È solo una festa: bevi un po’, balli un po’ e parli un po’. Non è niente di così terribile.
E poi hai Honor. Almeno puoi essere presentata e fare amicizia.
Eravamo in macchina: io, Honor, Mister-faccia-da-schiaffi e il fidanzato di Honor, Josh. Era un bel ragazzo, dai capelli rossi e pieno di lentiggini, tra l’altro molto gentile.
Ero seduta sul sedile dietro e dietro ad Edmund e lo scemo non smetteva di guardarmi ogni tanto dallo specchietto retrovisore. Era irritante e snervante. Fortuna vuole che Honor è così dolce da avermi capito subito e così mi mise una mano sopra la mia guardandomi e sussurrandomi un “Abbi pazienza”.

-Allora, Amanda, giusto?- mi chiese il rosso girandosi dal posto vicino al guidatore.

-Si, Amanda.- confermai io sorridendogli.

-È la prima volta che partecipi alle feste della Brigata?- chiese lui sorridendomi.

-Beh...- non dovevo far intendere che non facessi parte della Brigata per cui mi buttai -...diciamo che è tutto nuovo per me perché mio padre me lo ha rivelato solo qualche mese fa.-

-Bene, ecco perché ti hanno affidata ai fratelli Grandi, sono dei veterani!-

-Ah, buono a sapersi.-

-Infatti mi sembrava un volto nuovo il tuo!- disse ridendo e anche io e Honor ridemmo piuttosto nervose però. Lo scemo invece sorrideva e come se niente fosse guardava la strada.

-Infatti- disse poi lui rivolgendomi un sorriso. Accidenti a lui! Non poteva fare così! Quel sorriso era... semplicemente perfetto.
Arrivammo in cima ad una grande montagna verso le undici, dovevamo essere quasi al confine perché i cartelli incominciavano ad essere scritti solo in francese. Avevo studiato francese per molti anni e avevo anche vissuto a Marsiglia per tre mesi qualche anno fa, parlavo il francese molto bene e modestia a parte sono molto fiera di me per questo.
Non sapevo dove fossimo e neanche Honor, così non chiesi più nulla e seguii i tre ragazzi che mi avevano portata lì: entrammo in una grotta e la vidi subito illuminata con lampade ad olio e molti ragazzi vestiti con frac e cilindro, mentre le ragazze erano vestite come me, ma con colori diversi ognuna. Qualcuno mi tolse il giacchetto rivestito di pelliccia dei primi del novecento e mi ritrovai ad avere freddo, così tirai fuori lo scialle che avevo messo dentro la borsetta che mi ero portata dietro.

Fui presentata a molte persone come Amanda la novellina e grazie a Dio, Honor era sempre vicino a me.
Dopotutto mi stavo divertendo, nessuno sapeva in realtà chi fossi e avevo indosso la maschera, quindi era tutto ancora più divertente!

-Scusa Amy, devo andare un secondo da Josh, sempre che riesca a trovarlo.- mi disse Honor nel suo bel vestito viola, impplorandomi di avere pietà.

-Non preoccuparti, credo che possa resistere per qualche minuto senza di te.- le dissi rassicurandola e sorridendole. Era normale che volesse stare con il suo ragazzo piuttosto che con me, la capivo. Un tempo anche io avevo provato quell’emozione.

-La signorina vuole concedermi questo ballo?- mi chiese Edmund da dietro. Ero rimasta sola per due minuti che lui era apparso  tutto ad un tratto.
C’erano circa un centinaio di persone dentro quella grotta, come si poteva ballare???

-Se accettassi dove vorresti ballare?- chiedo voltandomi e guardando quei meravigliosi occhi verdi.

Amanda!
Che c’è coscienza? Ho solo fatto un apprezzamento sui suoi occhi, niente di che.

-Qui?!- chiese lui come se fosse ovvio.

-Qui? Ma non c’è la musica!-

-La stanno preparando.- lui mi sorrise e si inchinò, dovetti fare lo stesso anche io vedendo che si era formata una lunga fila di coppie che si preparavano a ballare. Partì una musica dolce e lenta, forse potrei sbagliarmi, ma credo che sia “Je t’aime” di Lara Fabian, una delle mie preferite. Ovviamente non c’erano le parole, ma io mi ritrovai a cantarle sottovoce.

-Che fai?- mi chiese Edmund curioso mentre mi faceva volteggiare, non avevo mai ballato in quel modo. Era bellissimo.

-“Je t’aime”, la canzone. La so a memoria, è una canzone bellissima.- dissi io sorridente.

-Per un attimo ho creduto dicessi a me!- disse lui divertito.

-Scemo!- risi insieme a lui.

-Sei molto bella stasera.- mi disse diventando improvvisamente serio.

-Grazie, ma tieni le mani a posto per favore.- lo ammonii facendo risalire la sua mano che era un po’ troppo vicina al mio sedere.

-Uffa! Se me lo permettessi ti farei divertire come non ti sei mai divertita in vita tua!- mi disse lui scompigliandosi i capelli biondi.

-Con questo che vorresti dire?- lo guardai interrogativamente.

-Voglio dire che se ti rilassassi un po’ e mi lasciassi fare non ne saresti delusa!-
Lo guardai di traverso, ma come gli uscivano fuori certe idee.

-Non dirmi che non l’hai ancora fatto!-

-Non sono affari tuoi.- abbassai lo sguardo. Non mi sono mai imbarazzata così tanto in vita mia.

-Eddai!-

-Non mi va di parlare di certe cose con te! Sbruffone!- dissi io guardandolo negli occhi, però distolsi subito lo sguardo. I suoi occhi erano come ipnotici.

-Stupida- disse lui.

-Cretino- ribattei.

-Stronza- voleva la guerra?

-Stronzo-

-Vaffanculo!-

-No, vaffanculo tu!- urlai e lo lasciai da solo a ballare!

Ma cosa si credeva? Che sarei caduta ai suoi piedi in un batter d’occhio? Che mi sarei concessa facilmente a lui? Non ero mica una delle sue “amiche”!
 

Pov Edmund

Era schizzata via!
Ma cosa avevo detto? Dopotutto lo sapeva che ero così! Non mi doveva provocare, tirava fuori la mia parte peggiore!

-Dov’è Amy?- mi chiese mia sorella con del punch in mano.

-Non lo so.- risposi io con nonchalance.

-Come non lo sai, l’ho vista andare via.- il sorriso di mia sorella divenne a mano a mano una smorfia di rabbia.

-Edmund!!!- urlò quasi il mio nome da quanto era furiosa.

-Che vuoi? L’ho solo invitata a ballare, abbiamo parlato un po’ e poi ci siamo arrabbiati e lei è schizzata via! Sarà andata fuori!- dissi poi cercando di levarmi mia sorella di dosso.

Sarei andato a bere un po’ e magari avrei scaricato i nervi.
Era incredibile come quella ragazza mi mandasse fuori di testa, non mi era mai successo con nessuna, perché proprio con lei?
La odiavo e la ammiravo allo stesso tempo. Si possono provare due sentimenti così opposti tra loro nello stesso momento?
Ringraziamo il Signore che esista l’alcool per prendersi una bella sbronza!
-Ehi amico non bere troppo che dopo devi guidare!- mi ammonì Marco –Devi guidare e domani gareggiare, perciò limitati a due drink!-

Merda.



 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8. Incidente ***


Capitolo 8

Pov Amanda

Honor era arrivata come un angelo e mi aveva subito rassicurato dicendomi che il fratello non aveva la minima idea di cosa volesse dire avere un ragazza che non gli si conceda in tre balletti e che se io avessi resistito mi avrebbe fatto una statua onoraria.
La festa finì verso le due del mattino e dopo essermi addormentata su un divanetto (che vergogna che sono) Edmund da galantuomo decise che mi avrebbe riportato a casa.

Eravamo in macchina e Mister-faccia-da-schiaffi non mi toglieva gli occhi di dosso un solo minuto! Accidenti a lui, avrei tanto voluto mollargli una sonora pizza, ma stava guidando ed era meglio non finire in fondo alla scarpata per così poco.

-La pianti?!- esclamai dopo l’ennesima occhiata. Non ce la facevo più, un pò va bene, ma così no! Disgraziatamente Honor non era con noi.

-Di fare che?- chiese lui innocente.

-Di guardarmi!- mi girai di scattò e piantai i miei occhi dentro i suoi, poi mi accorsi che mi stava guardando e sbraitai un “Guarda la strada!”

-Ti fai troppi film, non stavo guardando te!- disse lui riprendendo a guardare la strada.

-Ah si?-

-SI, stavo ammirando il vestito! E poi potresti trovare una scusa più plausibile!-

-Una scusa?-

-Si, stai chiaramente cercando di farti ammirare da me!-

Oh Signore benedetto!

-Sei un subdolo!-

-Ah si e perché mai?-

-Perché a me non me ne frega niente di farmi notare da te! Non mi importa che gli altri mi notino e soprattutto TU!- bugia! In realtà mi lusingava molto il fatto che mi trovasse in qualche modo attraente. Ma devo mantenere anche una mia dignità dopotutto.

-Posso chiedere perché?-

-No!- non volevo e non dovevo rivelare tutti i miei pensieri e le motivazioni a quel pervertito!

-Va bene, non ti scaldare!-

-Sei tu che mi fai arrabbiare!-

-Oh certo, ora è colpa mia se sei scontrosa, testarda e insopportabile!-

-Come ti permetti! Tu non mi conosci!-

-Mi dispiace soprattutto per chi dovrà starti accanto!-

-Cosa vuoi dire?-

-Che sei così insopportabile e tesa che nessuno vorrebbe stare con te! Devi rilassarti e vivere!-

-Ma tu che cazzo ne sai!?!?!- okay, avevo sbroccato.

Ehi! Non usare quel tono con me!- si girò verso di me minacciandomi con l’indice, ma da stupido qual era non notò un cervo sulla strada e stava andando troppo veloce.

-Edmund!- urlai.

-Non urlare con me ragazz...- continuò lui continuando ad accelerare.

-Edmund il cervo!!!- urlai ancora e solo allora si voltò per guardare il cervo e non riuscì a frenare, così girò verso sinistra, finendo giù per la scarpata.
Sbattei la testa contro il cruscotto, non troppo forte perché avevo messo la cintura di sicurezza, ma dopo due secondi non vidi più niente e poi il vuoto totale.

Mi risvegliai dopo qualche ora, l’orologio del mio telefono segnava le undici e dieci, quindi avevo ”dormito” circa due ore e mezza contando che eravamo partiti alle otto e mezza e alle nove circa eravamo finiti nella scarpata. Incredibile che potessi fare certi calcoli dopo un'incidente! 
Guardai avanti a me e vidi un grosso albero, forse una quercia che aveva parato la traiettoria della macchina: il cofano e i fari del Suv erano distrutti e il vetro aveva una piccola crepa sul lato destro; mi accorsi di aver perso sangue e di essermi fatta un piccolo taglio sul braccio sinistro con cui avevo cercato di ripararmi dalla botta contro il cruscotto, non avevo nulla di rotto fortunatamente.

Uno dei miei primi pensieri andò ad Edmund, che non era lì. Dove cavolo era andato? Era buio e ad illuminare quel pezzo di foresta c’era solo la luna piena e una leggera neve che scendeva lenta.

-Ed?- chiamai in un sussurro, ancora spaventata.
Non rispose.

-Edmund!- riprovai più calma e più sicurezza.
Ancora niente.
Riprovai.
Di solito non c’è due senza tre.

-Edmund Vittorio Grandi! Esci fuori!- era più un ordine che una richiesta. Sentivo le lacrime minacciare di venire fuori. Mi trattenni, non dovevo andare nel panico, non dovevo.
Faceva freddissimo! Decisi di uscire fuori, magari si era solo allontanato per “andare in bagno”.
Presi il cappotto dei primi del novecento, lungo e color panna, ricoperto all’interno di pelliccia. Aprii la portiera e scesi dalla macchina: la neve era fredda e grazie al Cielo avevo messo le mie All Stars invernali anziché quei trampoli che facevano passare per tacchi. 1-0 per le comode scarpe da ginnastica.
Iniziai a camminare, se fossi rimasta in macchina sarei morta di freddo, avevo la ferita ancora aperta e dovevo trovare al più presto un modo per medicarla.
Stavo camminando da circa dieci minuti quando sentii dei rumori strani: forse era solo la mia immaginazione; forse era solo un rumore così a cavolo; forse era un animale.
La mia mente andò subito all’unico animale che avrebbe potuto rappresentare una minaccia per me in quel luogo ostile, il lupo.
Per quanto fossero belli i lupi, non credo che in questo momento sia in grado di trovarlo un animale adorabile.
Ancora un rumore.
Era sempre più vicino.
E io sempre più schiacciata contro l’abete che avevo trovato.
Ancora.
Era sempre più vicino.

Vidi delle scarpe e non so perché, ma mi misi a ridere. Delle lacrime scesero lungo le mie guance e la mia risata era isterica.

-Amanda sei tu?- chiese Edmund. Ora la sua voce era il suono più bello che potevo sentire.

-Edmund!- mi slanciai verso di lui e lo abbracciai. Non mi sarei mai aspettata tutto questo trasporto da parte mia. Anche lui mi abbracciò, mi abbracciò e mi diede un bacio tra i capelli bagnati dalla neve.

-Che cazzo ti è venuto in mente di scendere dalla macchina?!- mi chiese poi con voce roca senza sciogliere l’abbraccio.

-Avevo freddo e volevo trovare un modo per medicarmi la ferita.- dissi con voce tremante. L’adrenalina di prima si stava propagando in tutto il mio corpo, per lo scampato pericolo.

-L’avevo vista e così sono uscito per vedere quanto eravamo lontani dalla strada. Non mi ricordo cosa ho fatto dopo aver visto il cervo e non ricordo come siamo arrivati qui, però ho trovato a meno di un chilometro da qui del fumo, forse è una casa.- mi disse velocemente. Aveva freddo anche lui, perché stava tremando.

-Allora andiamo?- chiesi guardandolo negli occhi. Erano così belli... Amanda!!!

-SI, prima che muoia di freddo! Ce la fai a camminare?- mi chiese prendendomi la mano.

-Si.- dissi solo con determinazione e poi ci incamminammo verso una direzione.

-Dobbiamo essere silenziosi, tieni.- mi porse degli occhiali di quelli che si usavano per andare a sciare, un cappello e dei guanti.

-Dove li hai presi?- dissi io guardandolo stupita e continuando a camminare.

-Dalla macchina, domani mattina teoricamente avrei avuto la gara e questi fanno parte dell’attrezzatura per sciare.- disse senza smettere di guardare avanti.

-Ci sono i lupi, lo sai?- chiesi io retoricamente intrecciando la mia mano alla sua.

-Si, ma ho qualcosa che forse potrebbe tenerli a bada.- disse mostrandomi la borsa che portava. L’avevo notata solo ora. –Ricordati però che sono comunque velatamente incazzato con te!-

-E perché?- chiesi. Si poteva essere incazzati in una situazione del genere?

-Per due motivi: primo perché sei scesa dalla macchina senza aspettarmi e senza dirmelo; secondo perché se non avessi incominciato la mia bellissima macchina sarebbe ancora viva!- disse sussurrando per non fare rumore. Era adorabile... Amanda! Ti ha appena detto che è colpa tua di tutta quella situazione! Non è adorabile!
Accidenti a te coscienza! Allora dobbiamo ribattere ad una simile accusa!

-In primis non potevo sapere dove fossi e non vedendoti non ho pensato, ero e sono sotto shock; in secundis se tu avessi fatto il tuo dovere di guidatore e avessi seguito le indicazioni dei cartelli stradali non saremmo qui, ma alla tua fantomatica festa.- dissi io a denti stretti.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito sorridendo sovrappensiero.
Si sarebbe arrabbiato ulteriormente, oppure riconosceva che avevo ragione. Dopotutto chi tace acconsente. Ma mi pareva impossibile per Mister-ho sempre-ragione.
E quel sorriso?
 

Pov Edmund

Mi svegliai e vidi subito il cofano della mia macchina distrutto.
Accidenti! Che cazzo però!
Mi girai verso Amanda che aveva i capelli sparsi sul volto e una ferita sul braccio sinistro, forse aveva provato a ripararsi da qualcosa.
Che stupido! Se avessi guardato la strada tutto questo non sarebbe accaduto!
È che lei era bellissima con quel vestito.
Oh merda Edmund! Ma che ti prende? Ragazze più belle di lei e meglio vestite non ti hanno fatto questo effetto!
Però era anche colpa sua, aveva iniziato lei! Avevo visto come era diventata tutta rossa sotto il mio sguardo, ma lei doveva comunque indossare la sua maschera non-mi-guardare-altrimenti-ti-picchio.
Lo sapevo tanto che le faceva piacere, si vedeva dal suo rossore e dal suo modo impacciato di parlarmi.
Solo che pure io sono stato stronzo a dirle quelle cose!
Provai a chiamarla dopo aver controllato di non avere niente di rotto. Sembrava di no. Provai a girarmi verso di lei e nello spostare la gamba destra provai un dolore lancinante alla caviglia.
A quanto pare mi ero slogato una caviglia.
Cazzo!
-Amanda...- sussurrai il suo nome e dopo due volte decisi di scendere. Dovevo rendermi conto dove eravamo, come uscire di lì e cercare aiuto.
Scesi e aprii la bauliera, c’era tutta l’attrezzatura che mi sarebbe servita il giorno dopo per la gara, ma oramai addio gara. Incominciò a nevicare lentamente. Merda! La caviglia faceva male, ma non avevo altra scelta. Presi gli scarponi per gli scii e cercando di non urlare infilai i piedi lì dentro, poi mi incamminai verso un  luogo alto per vedere meglio dove eravamo.
Ci eravamo allontanati molto dalla strada, ma un potei vedere un po’ di fumo a circa mezzo chilometro verso est. Eravamo vicini alla Francia, forse avremmo incontrato qualcuno che parlava francese, ma se non ricordo male Matilde mi aveva detto che Amy parlava molto bene il francese, forse ce la saremmo cavata.
Dovevamo stare attenti ai lupi, potevano arrivare in qualsiasi momento.
Tornai alla macchina e lei non c’era. Un senso di vuoto si impossessò di me. Ebbi paura, rabbia e preoccupazione tutto insieme. Andai a cercarla, non doveva essere troppo lontana, forse aveva camminato per poco, sapevo che aveva freddo, ne avevo anche io, ma le giacche e le coperte termiche erano nella macchina di Marco.

Seguii i passi e dopo la sentii ridere.
-Amanda sei tu?- domandai scioccamente. La sentii pronunciare il mio nome e poi mi ritrovai il suo corpo a contatto con il mio. Era una sensazione strana, di solito quando le donne mi vedevano mi saltavano addosso, ma non in questo modo, era più la necessità di farlo piuttosto che un dolce abbraccio tra amici. Le diedi un bacio tra i capelli per rassicurarla.

Era per rassicurare lei o rassicurare te Edmund?
Stupida coscienza!

-Che cazzo ti è venuto in mente di scendere dalla macchina?!- chiesi poi con voce roca senza sciogliere l’abbraccio.

-Avevo freddo e volevo trovare un modo per medicarmi la ferita.- mi disse con voce tremante.

-L’avevo vista e così sono uscito per vedere quanto eravamo lontani dalla strada. Non mi ricordo cosa ho fatto dopo aver visto il cervo e non ricordo come siamo arrivati qui, però ho trovato a meno di un chilometro da qui del fumo, forse è una casa.- dissi velocemente, lei tremava dal freddo e io con lei.

-Allora andiamo?- chiese guardandomi negli occhi. Chiedevano aiuto.

-SI, prima che muoia di freddo! Ce la fai a camminare?- chiesi poi prendendole la mano.

-Si.- disse determinata e poi ci incamminammo verso est.

-Dobbiamo essere silenziosi, tieni.- le porsi quello che avevo recuperato dalla macchina: degli occhiali, un cappello e dei guanti.

-Dove li hai presi?- mi chiese evidentemente stupita continuando a camminare e lasciando per un attino la presa dalla mia mano.

-Dalla macchina, domani mattina teoricamente avrei avuto la gara e questi fanno parte dell’attrezzatura per sciare.- dissi senza smettere di guardare avanti.

-Ci sono i lupi, lo sai?- chiese lei cercando nuovamente la mia mano. Perché mi sentivo bene nonostante la situazione di merda?

-Si, ma ho qualcosa che forse potrebbe tenerli a bada.- dissi mostrandole la borsa che portavo con me. Dentro c’era del gas lacrimogeno, non so se avrebbe funzionato con i lupi, ma nel caso dovevamo prepararci a correre. –Ricordati però che sono comunque velatamente incazzato con te!- aggiunsi poi.

-E perché?- chiese ancora stupita.

-Per due motivi: primo perché sei scesa dalla macchina senza aspettarmi e senza dirmelo; secondo perché se non avessi incominciato la mia bellissima macchina sarebbe ancora viva!- dissi sussurrando per non fare rumore. Mi guardava esterrefatta.

Era ancora più bella!
Edmund cavolo! La pianti?!

-In primis non potevo sapere dove fossi e non vedendoti non ho pensato, ero e sono sotto shock; in secundis se tu avessi fatto il tuo dovere di guidatore e avessi seguito le indicazioni dei cartelli stradali non saremmo qui, ma alla tua fantomatica festa.- rispose a denti stretti.
Aprii la bocca per ribattere, ma poi mi accorsi che dopotutto non aveva tutti i torti e sfortunatamente non potevo dare libero sfogo alla mia rabbia, ma appena potrò mi vendicherò!
Sorrisi ripensando a quello che mi aveva detto.


Angolo Autrice
Salve a tutti!
Che ne pensate? Scrivetemi se potete, muoio dalla voglia di sapere se vi piace, se non vi piace, se fa schifo se è appassionante eccetera eccetera...
Alla prossima settimana!
Un bacio e un abbraccio,
Serena.


Ringraziamenti:
  • Per le recensite: a LuxShilas      _        a logo2003
  • Per le preferite: a Luna_Everlark       _      a Viperix_007
  • Per le ricordate: a GothicLolita96       _     a logo2003       _       a salice_piangente   
  • Per le seguite: a Eli12      _      a LuxShilas      _      a Marty_0202       _        a romy2007       _        a Sarina_91       _        a sitita       _       a Viperix_007       _       a _NisrineKook       _       a _Windofchange 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9. Un semplice bacio ***


Capitolo 9

Pov Amanda

Camminavamo da circa un’ora perché Edmund aveva una caviglia slogata e quindi ci rallentava, ma nonostante questo mi sentivo stranamente felice: stavano rinascendo in me quelle sensazioni che avevo provato solo con “lui”. Non so se Edmund si ricorda di “lui”, ma dopotutto non voglio affrontare ancora questo discorso con questo ragazzo, non voglio aprirmi ancora.
Forse saremmo ritornati a casa presto e poi non lo avrei più rivisto, forse avrei potuto vederlo ancora dopo quella notte. Il fatto è che nella mia vita ci sono sempre stati molti “FORSE” e magari questa era l’occasione giusta per lasciarsi dietro il passato.
Ma la domanda che mi tormentava più di tutte era: possibile che non si ricordasse? Possibile che non gli avesse mai parlato di me? Possibile che fossi solo il suo sporco segreto?
Edmund gemette e si mise seduto su una roccia vicino ad un albero, io avevo le mie scarpe bagnate e i piedi gelati, ma lui doveva stare molto peggio nonostante avesse gli scarponi.
-Ed? Come ti senti?- gli chiesi in preda alla preoccupazione.
-Fa male...- mi rispose lui, mentre i suoi occhi gridavano dolore e si chiudevano per cercare di contenerlo.
-Manca poco, pochi metri e siamo arrivati, la vedi quella luce?- cercai di farlo rimanere lì con me, eravamo quasi arrivati ad una casa, quella che lui aveva visto un’ora prima.
-Non ce la faccio...- mi spiegò guardandomi. Oh mio Dio, avevo così tanto voglia di baciarlo. Solo per fargli capire che ero lì con lui.
Amanda! Ma cosa cavolo ti viene in mente?
Coscienza! Taci! Sono sconvolta!
-Devi fare una cosa...- Edmund incominciò a parlare -...devi andare a quella casa e chiedere aiuto, okay?-
-No, voglio rimanere con te!- dissi io, delle lacrime stavano scendendo sulle mie guance. Ora sono sicura che quelle lacrime erano lacrime di stress, di frustrazione e di paura.
Non volevo lasciarlo lì, da solo.
-No, devi andare a cercare aiuto. Non posso muovermi!- mi stava guardando seriamente e soprattutto mi stava implorando di ascoltarlo.
-Okay, va bene.- sussurrai e dalla mia bocca usci una nuvola di aria calda. Mi sporsi verso di lui e posai un bacio leggero sulla sua fronte, scottava da paura e solo allora mi resi conto che stava molto male.
Dalle sue labbra sorse un sorriso e anche io mi unii al suo sorriso prima di girarmi verso la casa e incominciare a camminare a passo spedito.
Ora c’era solo lui nei miei pensieri, solo Edmund. Non riuscivo a pensare ad altro tranne che al bacio che gli avevo dato, anche se non era un bacio degno di questo appellativo, ma per me era stato incredibilmente importante.
Amanda non illuderti! Prima o poi scoprirai che c’è altro per lui, non gli basterà la vera Amanda, vuole luci e tanti altri effetti scenici che tu non puoi dargli.
Non è giusto! Gli assomiglia così tanto! E io sto rischiando di farmi male ancora un’altra volta!
Uno dei motivi per cui dovresti ascoltare la Coscienza tua!

Mi distrasse dal mio confronto con la mia coscienza un rumore che mai avrei voluto sentire: un ululato!
Il panico si impadronì di me e non so cosa mi spinse ad andare avanti anziché tornare indietro per Edmund!
Bussai alla porta della casa, mentre un urlo mi fece sobbalzare dal terrore.
 

Pov Edmund

Mi aveva dato un bacio.
Lo so, era solo sulla fronte, ma è stato magico. Ho sentito dei brividi lungo la schiena e poi ho sorriso come un idiota, ma anche lei aveva sorriso! Lei era preoccupata per me...
Nessuna donna che avessi mai incontrato era mai stata preoccupata per me, se non per loro stesse forse. Ma anche io ero preoccupato per lei e la cosa era sempre più nuova per me: non mi ero mai esposto così tanto per una donna ed era una sensazione piacevole quando si trattava di Amanda.
Ora stavo pensando a lei e a come si era girata sorridendomi e come stava comminando, due volte era inciampata, ma non si era lamentata, aveva continuato.

Il terrore e il panico mi avevano attraversato la mente solo quando sentii un ululato.
Merda! 
Però quello era il momento meno opportuno per farsi prendere dal panico. Raccolsi la borsa e presi la bomboletta dei lacrimogeni, mi sarei fatto del male da solo, ma confidavo nella velocità di Amanda.
Sentii un ringhio alla mia destra e subito mi girai: un grosso lupo grigio mi guardava intensamente e potevo vedere la mia paura riflessa nei suoi occhi tanto erano neri e lucidi.
Sospirai aprendo la bomboletta senza fare rumore, quando sarebbero stati in tanti allora l’avrei sganciata, ma non prima.
Arrivarono tutti, erano circa una decina e mi stavano fissando: aspettavano il segnale giusto.
Solo una volta nella mia vita mi ero trovato davanti ad un lupo e di certo l’unica cosa che gli aveva impedito di sbranarmi era il fatto che mi trovavo in una macchina e avevo con me mio nonno e un fucile da caccia, ma a parte questo non ne aveva mai visto uno da così vicino, neanche allo zoo. Non mi era mai piaciuto quel luogo
Lanciai la bomboletta e subito due lupi mi stavano mordendo la gamba. Urlai dal dolore e subito dopo sentii l’odore del lacrimogeno e gli occhi pizzicarmi. Mi stavano ancora mordendo quando persi i sensi e una voce lontana gridava il mio nome.
La mia mente volò subito ad una ragazza dai capelli castani e ricci, che mi guardava sempre imbarazzata e che mi sarebbe tanto piaciuto baciare.


Angolo Autrice
Sono. Completamente. Mortificata.
Non merito il vostro perdono per questo lungo periodo di assenza, ma se come me andate a scuola, potreste capire il motivo della mia assenza: compiti in classe, interrogazioni e soprattutto professori sadici che non ti capiscono e sono crudeli fino alla fine. Oggi ho avuto un attimo di relax e pensare che entravo su EFP solo per leggere qualcosina appena tornata da casa e prima di fare i compiti!
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e ne approfitto per dirvi che pubblicherò un capitolo ogni due-tre giorni se ne sarò capace, ma non abbandonerò la storia.
Un bacio a tutti,
Serena.
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10. Clotaire e Lucille ***


Capitolo 10

Pov Edmund

Mi svegliai disteso in un letto enorme, era giorno fuori e avevo fame.
Provai a tirarmi su, ma la testa incominciò a girarmi vorticosamente. Due braccia mi sostennero e una voce mi disse qualcosa. La stanza girava e non riuscivo a mettere a fuoco chi avevo davanti.
-Ed?- mi chiamò Amanda, questa volta riconobbi la voce e la posizione: si trovava alla mia destra, verso la finestra.
-Come ti senti?- mi chiese ancora lei unendo le nostre mani, la stavo cercando.
-Mi gira la testa...- le dissi sussurrando.
-Io credo che sia normale...- mi rassicurò lei. Poi un’altra donna nella stanza parlò  e solo allora la notai. Doveva avere circa sessant’anni o poco di più, era magra e i suoi capelli erano raccolti in un ordinato chignon. Le rughe le solcavano il viso, ma non per questo aveva un aspetto orribile, anzi era messa meglio di mia nonna che si trucca sempre per coprire le imperfezioni del suo viso.
Parlava francese e notai con mio grande stupore come Amanda le rispondesse con calma e decisione. Anche io avevo fatto un po’ di francese, ma le mie conoscenze erano riposte in un lontano cassetto della mia memoria che non ho intenzione di riaprire! Non mi è mai piaciuta come lingua, mi sono applicato maggiormente nell’inglese, infatti lo parlo benissimo e mio padre ha insistito molto perché facessi l’università ad Oxoford, in Inghilterra.
-Dove siamo?- chiesi ad Amanda guardandola. Aveva il viso sciupato e stanco, tuttavia rimaneva sempre bellissima. Avevo notato che non indossava più il vestito della festa, ma aveva dei jeans e un maglione di lana.
-Siamo al sicuro, in quella casa che avevi visto...- mi rispose stringendomi maggiormente la mano, quasi come se temesse di perdermi.
-Cosa è successo?- non ricordavo nulla della notte precedente.
-Dopo aver bussato ininterrottamente alla porta, sono venuta a prenderti con il signor Clotaire dopo avergli spiegato brevemente cosa era successo. I lupi ti avevano strappato i vestiti e tu eri lì per terra, fermo. Ho sentito un forte pizzicore agli occhi e poi Clotaire ha sparato. Siamo riusciti a mandarli via e a portarti a casa. Hai dormito per tre giorni, in preda alla febbre alta...- Amanda si interruppe e potei vedere una lacrima scenderle e rigarle il viso.
-Amy?-
-Sarei dovuta tornare indietro! Mi dispiace!- Amanda si era buttata su di me, mi stava abbracciando. Non sapevo cosa fare. –Clotaire dice che forse non potrai più sciare, a meno che non si intervenga entro un certo lasso di tempo...-
-Ma di cosa stai parlando?- ero confuso.
-Hai una brutta slogatura, fortunatamente Clotaire è un medico, ma quassù non può fare più di tanto.-
-Non me ne frega niente se non posso più gareggiare! Basta che possa camminare, correre e fare altre cose!-
-Non puoi capire la pena che ho provato nel vederti in questo stato questi tre giorni...- i nostri visi erano estremamente vicini, Amanda non si era allontanata di un centimetro.
La porta si aprì proprio sul più bello e un signore piuttosto anziano, ma in forma per la sua età si avvicinò ad Amy. Parlava anche lui in francese, non so cosa disse ad Amanda, ma si rivolse a me parlando un italiano zoppicante.
-Sei stato veramont fortunato ragazzo mio. Ora devi reposer!- quello che posso ipotizzare sia Clotaire se ne andò e chiesi ad Amanda cosa avesse detto.
-Ha detto che il tempo si sta facendo brutto e non sa se può accompagnarci a valle... Comunque adesso il tuo unico scopo è riposare! Va bene?-
-Si, ma dove vai?- aveva aperto la porta e si girò solo per rivolgermi un ultimo sguardo.
-A prepararti la cena.- mi sorrise prima di andarsene.
Non so perché, ma quella stanza iniziava a sembrarmi meno luminosa senza di lei.
 
Pov Amanda

Quelli erano stati giorni orribili. Non so perché, ma non riuscivo a non preoccuparmi per Edmund.
Era steso sul letto, con fasciature sulla testa e intorno al piede. Il ricordo della notte precedente era ancora vivido.

-Vi prego! Ho bisogno di aiuto!- continuavo a battere sulla porta di quella casa che rappresentava  la nostra unica salvezza.
Un uomo sulla sessantina mi aprì leggermente sconvolto, evidentemente non capitava spesso una pazza che bussava a casa sua!
-Quoi?
(Che c'è?)- gridò l’uomo. Parlava francese.
- Mon ami est blessé ! Aidez-moi, je vous en prie !
(Il mio amico è ferito! Aiutatemi vi prego!)  - gridai all’uomo.
-Loups ?
(Lupi?)- mi chiese.
-Oui !
(Si!) – ero chiaramente spaventata e il signore stava mantenendo la calma anche per me. Prese un fucile e uscì con la sua vestaglia da notte.
Quando arrivammo da Edmund, i lupi gli stavano mordendo la gamba e a quella vista così orribile non riuscii più a fare nulla. I lacrimogeni facevano male e per poco non persi i sensi.
Portammo Edmund svenuto alla casa. Perdeva molto sangue.
Una signora incominciò a scaldare l’acqua e prese degli asciugamani puliti. Ero ferma all’ingresso con metà del mio vestito sporco di sangue e lui era steso su un letto in un’altra stanza.
-Que faites-vous ici? Aidez-moi !
(Che fate lì ? Aiutatemi !)- mi intimò la donna porgendomi degli asciugamani. Mi disse di dirigermi verso la stanza dove stava suo marito.
Edmund si era ripreso e continuava ad urlare, mentre l’uomo che avevo chiamato gli stava raddrizzando la caviglia. L’uomo gli urlava di stare fermo e zitto, ma forse Edmund non capiva.
-Fermo, Edmund, devi stare fermo!- andai vicino a lui e incominciai ad accarezzargli i capelli, come si fa con dei bambini spaventati.-
-Amanda- la sua voce supplicava la mia presenza e non potei che sentirmi felice.
-Si, sono io!- lo baciai sulla fronte e delle lacrime incominciarono a scendere lente sul mio viso, mentre i coniugi che ci avevano aiutati mi guardavano come si guarda un cerbiatto spaventato. I in effetti lo ero. Ero spaventata da morire!


Passai molto del mio tempo con Edmund in quella stanza e qualche volta sono uscita per aiutare Lucille con la cena. Clotaire e Lucille erano davvero gentili, sposati da circa quarant’anni e in gran forma nonostante la loro età; Lucille mi ha dato un maglione di lana per tenermi al caldo e per ora può darmi solo questo, tuttavia ho apprezzato molto il gesto.
Non ho dormito molto e spero che Edmund non si ricordi cosa gli ho sussurrato molte volte.

-Ti prego Ed, non mi lasciare. Non mollare.- ero davvero disperata se ad Edmund Grandi rivolgevo quelle parole, ma sentivo in cuor mio che erano le parole giuste da rivolgergli e speravo tanto che in un modo o nell’altro mi avrebbe sentita.

Angolo Autrice
Ecco a voi un altro capitolo, sfortunatamente è solo di passaggio.
Tra qualche giorno ne vedrete delle belle!
Ho messo la traduzione delle frasi in francese per chi non lo parlasse o non lo avesse studiato.
Spero che vi piaccia e fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio,
Serena.
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11. Ricordi ***


Capitolo 11

Pov Edmund

È strano quanto la tua vita possa cambiare in un batter di ciglia.
Mi era successo quando ho dato il mio primo bacio a Camilla Bernadei e ho scoperto che in realtà mio padre aveva previsto un mio possibile matrimonio con lei, quando ho preso il mio primo dieci a  scuola e tornai a casa talmente felice che ruppi il vaso cinese costato centinaia di euro a mio padre e lui mi chiuse tutta l’estate in un collegio in Inghilterra e anche quando sono caduto in un roseto bucandomi tutta la schiena.

Ci sono però eventi che ti segnano e sconvolgono la tua vita.
Mi è successo quando ho scoperto la tresca di mio padre con la mia insegnante di latino, quando mi ha chiesto di coprirlo con la mamma e quando sono andato via da Siena. Mi piaceva alla follia quella città, ma dopo lo scandalo di mio padre sono dovuto andare via.
Ero diventato tutt’ad un tratto uno sciupafemmine e uno stronzo che spezza i cuori alle ragazze, cosa più che vera, ma di certo non le obbligavo ad entrare nel mio letto come invece dicevano.

Sono solo ora in questa stanza, in una casa al confine con la Francia e pieno di fasciature e mi ricordo ancora quella sera che mi segnò profondamente.
Stavo leggendo l’Amleto di William Shakespeare in inglese quando ho sentito dei rumori strani provenire dallo studio di mio padre. L’insegnante di latino era ancora lì con lui. Era strano, non c’era mai a casa il martedì, veniva solo il mercoledì e il venerdì. Poi mio padre si sporse verso di lei, le diede un bacio sulle labbra. Mia madre non c’era.
Avevo diciassette anni quando i miei hanno rischiato il divorzio.
Mio padre temeva uno scandalo ovviamente e non voleva che mia madre chiedesse il divorzio, così stabilirono un accordo: avrebbero potuto frequentare chi volevano nei limiti della decenza e discrezione, in pubblico avrebbero fatto la coppia felice e in privato avrebbero vissuto in stanze separate.
La situazione ai miei occhi era sempre sembrata più che ridicola, stupida e in poche parole la solita cazzata degli adulti.

In realtà è colpa mia se siamo andati via da Siena, io ho spifferato ai colleghi di mio padre la sua tresca (in maniera puramente anonima), io ho rivelato a mia madre del suo tradimento e sempre io ho urlato a quell’uomo che credevo fosse mio padre che non lo avrei più voluto vedere! Che razza di uomo era uno che tradiva sua moglie e gli proponeva un accordo del genere?
Ma dall’altra parte anche io sono un codardo e un vigliacco, quando mio padre si propose di pagarmi l’università di certo non ho rifiutato i suoi soldi. Ma cosa avrei potuto fare? Chiedere ai miei nonni forse, ma poi loro me li avrebbero dati solo se contattavo mio padre. Di lavorare non se ne parlava, non sapevo e non so fare nulla, anche solo prendere in considerazione quell’opzione era una cosa assurda!
Fatto sta che non ho mai avuto dei genitori, non ho mai avuto degli esempi da seguire, mai.
E questo mi ha portato ad educarmi da solo, ma in alcune cose ho sbagliato.

Fortunatamente Honor non ha mai dovuto subire tutto questo, ha vissuto quasi sempre in Svizzera con Madame Janette e Monsieur Jaques, due amici di papà che l’hanno ospitata ed educata da quando aveva dieci anni, mentre io sempre con mio padre, convinto che poi avrei seguito le sue orme di avvocato.
Ma da qualche mese avevo deciso di non voler lavorare nel suo studio, anche se oramai mi ero laureato in legge. Non volevo lavorare! Ero ancora giovane dopotutto!
Aspettavo la famosa cena di Natale per dirglielo, ma il destino aveva voluto diversamente.
Forse non era il momento giusto o forse era una stupida sensazione che stavo sentendo dentro di me.
È strano, la vita mi stava di nuovo mettendo davanti ad una prova, ma forse questa volta non sarei stato solo. Avevo Amanda.

 
Pov Amanda

Stavo preparando una zuppa calda insieme a Lucille e la cosa era stranamente rilassante. Non so perché, ma cucinare mi rilassava, mi faceva sentire a casa.
Mi ricordo quando nei weekend i miei genitori mi facevano cucinare e i miei fratelli facevano finta che tutto quello che preparavo era disgustoso. In realtà non me la cavavo così male, ma Giovanni e Arianna si divertivano sempre a prendermi in giro. Giovanni è di tre anni più grande di me e Arianna quattro anni più piccola, infatti sta frequentando l’Accademia delle Belle Arti. Vuole diventare una famosa artista e girare il mondo, mentre Giovanni si è sposato l’anno scorso e ha già una bellissima bambina e quando posso faccio volentieri da babysitter alla piccola Elena.
È strano dirlo, ma mi manca la mia famiglia ed è meno di una settimana che non li vedo.
Tutte le domeniche ci riuniamo alla villa dei miei nonni e pranziamo insieme. Due domeniche fa li avevo avvertiti che sarai andata dalla zia in Val d’Aosta, ma ora se avessi potuto sentirli gli avrei detto che li amavo tutti e che non vedevo l’ora di rincontrare.
Tuttavia, ora, la mia priorità è far guarire Edmund. Domani è Natale e almeno con lui voglio essere felice.
Non so perché, ma con lui sto bene (per ora, potrei pentirmi di aver detto ciò) e non mi sorprenderebbe se per un nonnulla incominciassimo a litigare.
Si stava riprendendo e ieri si era messo in piedi per quindici minuti. Certo, aveva bisogno del sostegno di Clotaire e del mio, ma quanto a battute e sarcasmo si era ripreso alla grande.

-Amanda tu sei sicura che questo tizio…- aveva incominciato lui, ma lo fermai.
-Si chiama Clotaire!-
-Vabbé, lui! Perché devi puntualizzare tutto?-
-Oh insomma!-
-Sorvoliamo un secondo questo discorso! Dicevo: sei sicura che questo Clotaire- aveva detto Clotaire imitando la mia voce, cosa che mi fece ridere perché l’aveva fatto malissimo –possa reggermi?-
-È questo che ti preoccupa?-
-Si, e molto, perché se non mi regge cado faccia a terra!- non potei trattenere una risata a questa sua affermazione, non so perché ma la saua preoccupazione era troppo divertente!
-Oh ma andiamo! Non lo hai visto? È forte e nonostante l’aspetto possa ingannare, ieri l’ho visto mentre tirava su un bel pezzo di legno... Era veramente grosso! E poi scusa anche fosse, temi di rovinare il tuo viso?- dissi cercando di convincerlo, ma era solo una bugia, detta a fin di bene però!
-Non sei per niente convincente! E tanto perché tu lo sappia tengo molto al mio viso!- disse lui scoppiando a ridere. Allora decisi di fargli il solletico.
Lo soffriva eccome! Mi implorò di finirla per poi farmelo anche lui. Patetico, ma dopotutto avrei dovuto aspettarmelo.
Alla fina Clotaire è entrato dicendo che stavamo ridendo come ragazzini rumorosi e fastidiosi,  e mi aiutò a portare Edmund in salotto.


Clotaire e Lucille si erano sposati circa quant’anni prima e avevano sempre vissuto ad Nantes, ma poi a causa della morte della loro unica figlia si erano trasferiti in Val d’Aosta e Clotaire aveva incominciato a produrre formaggi e a scendere in paese solo per vendere i suoi prodotti. La loro era una bella vita dopotutto, ma io sapevo che c’era dell’altro che Lucille non voleva raccontarmi.
Ovviamente anche io le avevo raccontato come ci eravamo conosciuti Edmund ed io e di come siamo finiti lì, non potei non arrossire nel raccontarle di quanto ero in pensiero per lui la notte in cui arrivammo alla loro porta e lei da brava donna si era subito informata sui nostri status sociali.
Purtroppo avevo potuto informarla solo per quanto riguardava la sottoscritta e non per quanto riguardava il mio adorabile compagno di viaggi.


Angolo Autrice
Salve a tutti, spero che questo capitolo vi piaccia!
Alla prossima, un bacio
Serena


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Capitolo 13
*** Capitolo 12. La zuppa ***


Capitolo 12


Pov Amanda

Rientrai in stanza ed Edmund era seduto contro la testata del letto. Erano quasi le nove e io ero molto stanca.
Mi avvicinai e gli porsi la zuppa leggermente calda.

E se non gli piace?
Al diavolo! Si accontenta!
Grazie Coscienza.
Di niente.

-Grazie- mi disse prendendo il piatto tra le sue mani.
-Prego, spero che ti piaccia.-
-L’hai fatta tu?- mi chiese sorpreso.
-Certo- gli sorrisi, mi piaceva vederlo sorpreso.
-Sei sicura?-
-Certo scemo! So cucinare! Sei abbastanza sorpreso a quanto vedo!- mi misi a ridere e lui mi guardò imbronciato.
-Non me lo aspettavo tutto qui!- trattenne a stento un sorriso. Uomini!
-L’ho notato...- sussurrai quasi, continuando a guardarlo mentre con il cucchiaio si porta la zuppa alla bocca.
Non so perché ma mi ritrovai a osservare le sue labbra. Chissà quante ragazze le hanno assaporate.
-So di essere irrimediabilmente sexy e attraente, ma non c’è bisogno che ostenti in questo modo il tuo interessamento!- mi disse Edmund con una nota divertita nella voce.
Che stronzo!
-Ti odio!- dissi tirandogli un cuscino sulle gambe –Considerati fortunato che non avevo un pezzo di marmo in mano!-
-Come sei violenta! Sai, l’ho sempre sospettato...- mi guardò seducente, ma con me non attacca!

Oh insomma Amanda! Raccontala a qualcun altro!
Grazie Coscienza, sei davvero d’aiuto!

-Come sei antipatico! Sai, l’ho sempre saputo!- ribattei cercando di sfoderare il sorriso più falso che io fossi capace di fare.
Scoppiò a ridere e non riuscii a non unirmi a lui.
Da povero idiota però si versò un po’ di zuppa sulla maglia pulita di Clotaire, così presi il tovagliolo vicino al suo comodino e incominciai a pulirlo, come si fa con i bambini.
-Levala- dissi, ma presto mi resi conto che avrebbe potuto fraintendere.
-Wow! Non sapevo di essere così desiderabile!- insomma, ma questo ragazzo non sa fare altro che autocelebrarsi?
-Io credo che se potessi, sposeresti te stesso!- dissi aiutandolo a togliersi la maglia. Quello che non mi sarei aspettata però era di trovare degli addominali scolpiti e un fisico da paura.
Sono sicura di essere diventata rossa in un nono secondo.
-Nah, mi piacciono troppo le donne!- mi confidò e io decisi di allontanarmi da lui, cercando un’altra maglia tra quelle che Lucille aveva messo a nostra disposizione.
-Ti sei scottato?- gli chiesi poi mettendomi seduta vicino a lui e aiutandolo a mettersi la maglietta, aveva anche dei graffi sulla spalla sinistra e quindi sentiva dolore ad alzarla.
-Credo di no- sussurrò e solo ora mi resi conto di quanto i nostri visi fossero vicini.
C’è qualcosa in lui che mi attira, che mi affascina e non solo il suo aspetto fisico, io credo che sia qualcos’altro.
-Bene- riuscii a dire, mentre cerco il piatto per riportarlo indietro in cucina, ma la mano di Edmund finì presto nella mia e quando lui si avvicinò al mio orecchio potei sentire il suo profumo di menta, nonostante fossero oramai giorni che non si faceva una doccia.
-Grazie Amanda.- mi sussurrò per poi lasciare la mia presa e io  come una povera stupida gli sorrisi solamente prima di dileguarmi e tornare in cucina leggermente accaldata!
Signore mio! Cosa mi sta facendo questo ragazzo?
Erano anni che non mi sentivo così e proprio ora dovevo sentirmi come una ragazzina alle prese con una cotta!

Dopo di lui non c’era mai stato nessuno, me lo ero ripromessa. Ero convinta che tutto quello che era accaduto era stato solo un interminabile e orribile sogno, e invece era stata la triste realtà.
Matteo mi aveva solo usata per una scommessa ed era arrivato quasi a vincerla se non fosse stato per il fatto che dopotutto non ero così ingenua. Lui non mi aveva mai amata come diceva, mentre io gli avevo dato anima e corpo! Beh, più che altro anima.
Ma se queste nuove sensazioni di benessere che sto provando con Edmund, e che ho provato colo con Matteo, stanno rinascendo, forse vuol dire che lo sto lasciando andare.
Forse sono pronta per nuove esperienze!
Di certo non con Edmund però! Lui è troppo donnaiolo, festaiolo e soprattutto identico a Matteo!

Ma non è che magari ne sei attratta proprio per questo?
Accidenti a te Coscienza!
 

Pov Edmund

Amanda rientrò in stanza con un lungo pantalone a quadri che le stava cinque volte, se non di più, e mi chiese come stessi.
-Bene grazie, e grazie anche per la zuppa. Era veramente buona.- le dissi, la zuppa era davvero buona! Stranamente non faccio mai complimenti per il cibo.
A casa Consuelo, la cuoca che avevamo a Siena, preparava delle cose squisite, ma mio padre non voleva che le dessi troppo soddisfazioni per non “montarle la testa” diceva lui. Così non ho mai fatto altri apprezzamenti sul cibo, ma questa sera è diverso.
-Prego e grazie, prego per la zuppa e grazie per quella specie di complimento.- mi disse lei sfoggiando uno dei suoi sorrisi.
-Come fai a sapere che era un complimento?- chiesi. Stronzo fino al midollo!
-Oh ma insomma! Sei proprio tremendo!- sbuffò lei, prima di prendere il cuscino vicino al mio e delle coperte prima di andare a coprire il divano con le lenzuola, formando una specie di letto.
-Che stai facendo?- le chiesi incredulo! Non voleva mica dormire sul divano?!
-Preparo il mio letto, non si vede?- mi chiese retoricamente sorridendo.
-Ma starai scomoda sul divano!- la cosa mi aveva sconvolto, come quando mi disse che aveva cucinato per me. Nessuna ragazza lo aveva fatto, nonostante avessi avuto alcune relazioni da più giorni.
-Secondo te come ho fatto in questi giorni che sei stato male?-
Non credevo che una persona potesse fare dei sacrifici del genere per un’altra persona.
-Oh andiamo! Come mai sei sempre così sorpreso? La tua vita deve essere di una monotonia assurda!- rise mentre continuava a preparare il suo letto.
-No, è che... fa strano!-
-“Fa strano”? ma dove vivi?- Amanda rise ancora e ancora, tanto che coinvolse anche me. Era incredibile come quella ragazza potesse trascinarmi in un sorriso solo guardandola.
-Diciamo che è inusuale da dove vengo io che qualcuno si prenda cura di te!- dissi senza pensare.
-L’ho notato.-
-Quando?-
-Quando te ne sei andato via da Siena.- mi guarda come se fosse ovvio. Come faceva a sapere di Siena?
Penso di esserle sembrato piuttosto confuso, perché si sedette sul divano e incominciò a parlare e a raccontare.
-Siamo stati in classe insieme per un annetto circa, poi però dopo lo scandalo di tuo padre sei andato via, ma mi ricordo ancora quando ti è venuto a prendere e degli urli fuori dalla scuola. E’ stato lì che poi ho capito tutto.- un sorriso amaro sorge su quelle labbra piccole, ma invitanti.
-Capito cosa?- chiesi, la curiosità è sempre stata uno dei miei punti deboli.
-Che dopotutto non deve essere facile essere ricco e che io dopotutto potevo anche essere felice di avere dei genitori come i miei.- mi sorrise leggermente, non so perché, ma non ero del tutto convinto che fosse tutta la verità.
-Se sono come tua zia Matilde, allora non posso biasimarti!- dissi ridendo e lei si unì a me.
Poi però mi soffermai su una cosa che aveva detto: "siamo stati in classe insieme per un annetto circa".
-Noi siamo stati in classe insieme?- chiesi ancora più confuso e curioso.
-Si, avevo il sospetto che non te lo ricordassi!- mi rispose guardandomi in modo strano.
-Infatti quando ti ho rivista credevo di averti già vista da un'altra parte, ma non ne ero sicuro e sai di facce ne vedo tante.-
-Immaginavo, comunque non me ne è importato più di tanto, anzi!- mi disse sorridendomi, ma come prima ero convinto che mi stesse dicendo una bugia.

Dopo un’imbarazzante momento di silenzio, mi augurò la buonanotte e i miei tentativi di farla dormire sul letto insieme a me non la convinsero, cosa che mi diede un po’ fastidio: nessuna poteva resistermi!
-Non ti crederai mica che venga a letto con te così facilmente?- mi chiese retoricamente dopo aver spento la luce e subito colsi il suo doppio senso.
-Magari sei tu che non verrai a letto con me così facilmente!- le risposi in maniera impertinente.
-Sei così orgoglioso!- disse ridendo
-Quanto te!- non smetteva di ridere e dopo qualche minuto mi augurò la buonanotte.
-Buonanotte Edmund.-
-Buonanotte Amanda.-



Angolo Autrice
Salve People!
Dopo quasi due settimane senza computer (causa: meraviglioso mare), sono riuscita ad aggiornare!
Un bacio,
Serena.

 
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Capitolo 14
*** Capitolo 13. Buon Natale ***


Capitolo 13

Pov Edmund

-Ed! Ed! Edmund!- una voce femminile mi stava chiamando, ma io me ne infischiai. Avevo sonno maledizione!
-Edmund alzati!- sentii freddo all’improvviso e così aprii gli occhi pronto per urlare a chiunque mi aveva scoperto ed esposto al freddo glaciale. Poi però mi accorsi che Amanda mi stava sorridendo raggiante e che teneva in mano un libro. –Finalmente! Hai il sonno più profondo di quello di Giovanni!- rise, ma i miei pensieri andarono subito a questo Giovanni. 
Chi era?
Cosa faceva?
Aveva a che fare con Amy?

Certo scemo, altrimenti non lo nominerebbe!
Grazie Coscienza, sei davvero di aiuto!

-Chi diavolo è Giovanni?- esclamai.
-Mio fratello!- mi disse sorridendo e arrossendo un po’. Non so perché, ma mi piace quando arrossisce.
-Perché cavolo mi svegli a quest’ora del mattino?- lei ignorò la mia domanda e si avvicinò a me salendo sul letto dalla parte libera e si mise in ginocchio davanti a me.
-Buon Natale!- mi dice abbracciandomi –Lo so che non è proprio un “buon “ Natale e so anche che preferiresti essere altrove o comunque con un’altra persona, però è una bella giornata fuori, anche se fa molto freddo e Lucille chiede se hai le forze per andare di là a mangiare.- si staccò da me e mi guardò speranzosa.
Pensai bene a tutto quello che aveva detto e così le risposi.
-Primo: mi ero dimenticato che era Natale e voglio augurarti anche io un buon Natale, anche se probabilmente preferiresti essere altrove o comunque con un’altra persona.
Secondo: credo di poter fare qualche metro per recarmi in sala da pranzo.
Terzo: sono invece molto contento di stare con te anziché con quei depravati della mia famiglia.-
Lei sorrise e in quel momento avrei tanto voluto baciarla. Non appena poi mi baciò sulla guancia incominciai a fare pensieri poco casti su di lei.
Arrossì e le sorrisi, così scese dal letto e mi aiutò ad alzarmi. Nel farlo mi resi conto che era mezzogiorno passato guardando l’orologio sopra la porta della nostra camera.
Fa proprio strano dire “nostra” quando non stiamo insieme o quando comunque non abbiamo avuto alcun tipo di rapporto.
Nonostante avessi fatto qualche pensierino su Amanda non credevo che lei avrebbe potuto mai pensare a me come al suo ipotetico ragazzo, d'altronde non ha mostrato un minimo interesse nei miei confronti!

Forse perché è semplicemente diversa da tutte le galline che ti sei portato a letto.
Ehi Coscienza! Stai zitta!
Uffa, ma io dico!

Arrivammo in sala da pranzo e notai che era molto piccola e unita alla cucina, unita a sua volta al salotto: una stanza unica. C’era una porta chiusa vicino all’ingresso, forse la camera dei due coniugi e poi un armadio a muro dietro al divano e una libreria ai lati del caminetto davanti al divano.
Una musica natalizia suonava al grammofono e la vecchia signora mise in tavola qualcosa dal profumo delizioso: tacchino. Strano, non ho mai mangiato tacchino a Natale.
-Avevano solo questo oggi e il tempo è stato poco clemente in questi giorni, così dobbiamo accontentarci di questo tacchino.- mi spiegò Amanda seduta davanti a me, Clotaire era alla mia sinistra e presumevo che Lucille si sarebbe seduta alla mia destra, a capotavola come il marito.
-Dobbiamo ringraziare il Signore- mi sussurrò Amanda e imitai i suoi gesti mettendo le mie mani in quelle dei due vecchietti che ci avevano accolti. Clotaire disse qualcosa in francese che ovviamente non capii, ma Amy era sempre pronta a tradurre tutto per me.
-Grazie Signore per questo cibo che ci hai dato e per i nostri nuovi amici- mi sorrise per poi ringraziare Clotaire e incominciare a mangiare. Era tutto spettacolare e cercai di ringraziare Lucille dicendo “Merci”.
-Est-ce que vous parlez français? (Parli francese?)- mi chiese la donna, ma non capii niente e Amy venne in moi aiuto dicendole evidentemente che non capivo molto bene il francese.
-Non ti ricordi niente?- mi chiese stupita.
-No, sono sempre stato piuttosto scarso.-
-E come facevi a prendere quei voti alti?- era molto sorpresa, era proprio ingenua.
-Ma sei nata ieri? Copiavo no? E poi Ginevra Ricci mi ha davvero aiutato molto, in tutti i sensi!- allusi e lei spalancò la bocca arrossendo.
Era davvero bella quando le sue guance si coloravano di rosso.
-Eri un prostituto!- a questa risi, ma mi resi conto che non aveva tutti i torti.
-Ci divertivamo entrambi!- le dissi, ma lei si accigliò e incominciò a tagliare la carne più velocemente.
Clotaire le chiese qualcosa e lei lo guardò amorevolmente rispondendo alla domanda.
Provai un enorme gelosia quasi, avrei voluto che guardasse me come guardava lui!

Brutto segno?
Direi di si! 

Pov Amanda

Aiutai Lucille a sparecchiare, mentre Edmund si sedeva sul divano e Clotaire aggiungeva altra legna al fuoco del camino.
-Est-ce que tu aimes Edmund? (Ami Edmund ?)- mi chiese sfacciatamente Lucille sorridendo.
-No!- esclamai quasi, spaventata.
-Il regarde mon mari comme s’il voudrais te faire quitter loin de lui ! (Guarda mio marito come se volesse portarti via da lui)- Lucille rise e io mi affrettai a smentire quei suoi pensieri dicendole che nemmeno ci conoscevamo quasi.
La dolce signora mi guardò di traverso poco convinta e anche io per un secondo persi la convinzione che avevo acquisito in quel momento.
-On va mettre de la musique et on va danser! Ça va ? (Mettiamo della musica e balliamo ! Va bene?)- mi chiese Clotaire e io annuii dicendo ad Edmund cosa stavamo per fare. Clotaire iniziò a ballare un tempo veloce con la moglie, poi però lei si sedette e il disco, di Lara Fabian che tra parentesi adoro, incominciò una delle mie canzoni preferite: “Je t’aime”.
Clotaire mi invitò a ballare e insieme a sua moglie mi ritrovai a sussurrare le parole della canzone, un dolce valzer che mi prendeva tutte le volte che lo ascoltavo.
Mi trovavo bene tra le braccia di quell’uomo forte, ma niente è stato in confronto alle forti braccia di Edmund, gli chiesi di ballare anche prima, ma lui non aveva voluto, immagino perché si sarebbe vergognato o forse non voleva ballare con me?
-Scusate?- disse picchiettando sulla spalla di Clotaire. –Potrei avere l’onore di questo ballo?- disse leggermente imbarazzato.
-Tutta tua, mon ami!- gli disse Clotaire posando la mia mano nella sua delicatamente.
-Grazie al cielo!- sussurrò Edmund mentre mi faceva volteggiare, incominciai a ridere perché la sua gamba non era ancora del tutto guarita, quindi in alcuni movimenti era un po’ impacciato.
-Che ridi? Io ho sudato le sette camicie!- esclamò.
-Per cosa?- mi avvicinò a se e la sua stretta sulla mia vita si fece più possessiva.
-Quell’uomo non mi piace!-
-È solo un adorabile vecchietto!- risposi aggiustandomi la coda di cavallo velocemente.
-Mi da fastidio quando ti sta così vicino!- continuammo a ballare/parlare.
-Geloso?- dissi maliziosamente e sapevo che non lo avrebbe sopportato!
-Assolutamente! Anzi sai che ti dico? Puoi fare tutto quello che vuoi con lui!- continuò a ballare senza guardarmi negli occhi e allora incominciai a ridere. Dopo un po’ si unì anche lui a me e mi chiese scusa sussurrandomi all’orecchio che era stato uno stupido.
La musica cessò e noi restammo a guardarci negli occhi come due stupidi: i suoi erano verdi e meravigliosamente belli, sembrava di essere immersi in un prato morbido e fresco.
Solo il battere delle mani di Lucille ci riportò alla realtà.
-Bravo! Bravo!- ci dissero lei e Clotaire, ma io stavo da tutt’altra parte, ero accaldata e avevo tanta voglia di dare la colpa al fuoco del camino!



Angolo Autrice
Allora? Secondo voi quanto ci metteranno prima di cedere ai sentimenti?
A quanto pare Lucille ha già capito tutto e Amy incomincia a notare la leggera gelosia di Edmund...
Nel prossimo capitolo vedremo cosa è successo nella civiltà durante l'assenza dei nostri due protagonisti.
Un bacio,
Serena.


 
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Capitolo 15
*** Capitolo 14. Che fine ha fatto Edmund? ***


Capitolo 14

Mattino dopo l’incidente

Pov Honor

Non vedevo l’ora di tifare per mio fratello alla gara di sci! È sempre stato più bravo di me in questo sport e io non ne sono mai stata troppo invidiosa, anche se la competizione ce l’ho nel sangue, come lui d’altronde.
Il telefono squillò rumorosamente non appena uscii dal bagno della mia camera d’albergo e Josh si coprì le orecchie con il mio cuscino, chissà cosa avrebbe fatto Edmund nel trovarlo lì!
Mio fratello aveva avuto delle incertezze su Josh fin dall'inizio e non si erano piaciuti molto o per lo meno a Eddie non era piaciuto il mio ragazzo poichè io rimanevo comunque la sorellina più piccola e indifesa!

-Pronto?- risposi e subito la voce preoccupata di Marco mi distrusse i timpani.
-Edmund non è tornato! Dov’è? Tra due ore c’è la gara? Che fine ha fatto?- Marco era sicuramente in iperventilazione e super agitato, ma potevo sentire la sua fidanzata dall’altra parte che cercava invano di calmarlo.
-Marco cosa succede?- chiesi stordita. Dove poteva essere Edmund se non a casa?
-Ti prego, dimmi che tuo fratello è con te Honor!-
-No.- risposi semplicemente e dall’altra parte della cornetta sentii una specie di gemito di frustrazione. Marco sarebbe morto da un momento all’altro.
-Hai il numero di Matilde?- mi chiese poi.
-Matilde?-
-Si, l’amica pittrice dei tuoi genitori...-
-Ahh la zia di Amanda!-
-Come fai a conoscerla?-
-Era alla festa no?- merda!
-COSA?- ora chi lo sentiva più!
-No, niente, comunque dovrei averlo...- cercai velocemente nella borsetta il numero di telefono di Matilde, avevo ancora un suo bigliettino da visita nel portafogli e sperai vivamente che non avesse cambiato casa.
-Come faceva quella ragazza a essere alla fes... ORA HO CAPITO!- urlò Marco nel frattempo dall’altra parte. Quel ragazzo mi avrebbe davvero fatto a pezzi i timpani.
-Lo vuoi ancora il numero o no?-
-La prossima volta vi faccio a pezzi! Anzi appena vedo tuo fratello ordino un attacco aereo su di lui!-
-Ho capito, la chiamo io… Ciao Marco!- attaccai mentre stava per sparare altre cavolate e vari modi per poter uccidere Edmund, ma secondo me era stato divertente invitare Amanda e poi sapevo che al mio adorabile fratellino piaceva da impazzire.
Chiamai Matilde e pregai affinché mi rispondesse. Oltre a Marco anche nostro padre si sarebbe arrabbiato se non avesse partecipato alla gara e quindi Edmund doveva andarci!
-Pronto?- rispose Matilde.
-Ciao Maty, sono Honor!- la chiamavo sempre “Maty” quando ero piccola.
-Ciao Honor! Che piacere sentirti!- mi riconobbe subito e dopo aver parlato del più e del meno andai subito al nocciolo della questione.
-Mi dispiace Honor, ma in realtà non riesco a trovare nemmeno Amanda. È da ieri mattina che non so dove sia e ieri sera non ha risposto alle mie chiamate.-
Okay, ora si che siamo fottuti!
Dopo esserci accordate per richiamarci non appena sapevamo qualcosa decisi di provare a chiamare Edmund, ma il numero risultava  irraggiungibile.
Dopo aver svegliato Josh decisi di chiamare mio padre. L’unica cosa possibile e plausibile da fare.
Edmund ne aveva fatti di colpi di testa, ma aveva sempre avvertito la mattina dopo in un modo o nell’altro. Mi ricordo ancora quella volta che scomparse durante una cena di famiglia in cui era erano stati invitati dei nostri lontani cugini che abitavano in America e lui aveva preso tranquillamente il jet privato di papà per andare a Boston da un suo amico che doveva fargli vedere l’ultimo videogame uscito o qualcosa del genere. È stato un mese in un collegio svedese al suo rientro per punizione.
Papà non rispondeva e dalla segretaria riuscii a capire che era in riunione.
-La macchina ha un dispositivo di localizzazione?- mi chiese il mio ragazzo dopo essersi svegliato per bene mentre stava facendo colazione con pane e marmellata.
-Si, perché?- lo guardai, era così adorabile quando mangiava.
-Perché potresti chiamare Silvano e farti dire dove si trova.- mi spiegò con la fetta di pane in mano e un po’ di marmellata che gli era rimasta sulle labbra. Io lo amo troppo!
-Amore mio sei un genio!- dissi andando verso di lui e baciandolo come se non ci fosse un domani.
-Beh se questo è il mio premio per essere stato così perspicace chiederò ad Edmund di sparire più spesso!- mi soffiò lui sulle labbra.
Ci saremmo baciati ancora e probabilmente avremmo fatto anche altro se uno psicopatico in pigiama e pantofole non fosse entrato in camera nostra.
-Dove cavolo è tuo fratello?- mi urlò ancora Marco e così senza rispondergli andai verso la finestra e chiamai Silvano. Nell’attesa sentii Josh dire “Buongiorno anche a te Marco”  e l’uomo in pigiama mandò a quel paese il mio ragazzo.
-Silvano potresti localizzare la macchina di mio fratello?- chiesi al nostro addetto alla sicurezza. Mio padre aveva paura di tutto e tutti manco fosse Obama in persona e per questo si era costruito il suo impero potendosi permettere tutto quello che voleva, persino un addetto alla sicurezza e ben tre guardie del corpo.
Silvano ci mise due minuti prima di scoprirlo e dopo mi inviò le coordinate esatte del luogo, ma la cosa che mi fece entrare nel panico è stato quello che mi disse dopo.
-Miss Honor, la macchina è fuori dalla strada principale e le coordinate che le ho mandato mostrano una scarpata.-



Angolo Autrice
Lo so, è un pò corto, ma vi prometto che il prossimo sarà molto più soddisfacente.
Intanto, che ne pensate di Marco? Di Honor? E non trovate adorabile il suo ragazzo Josh?
Un abbraccio,
Serena.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15. Confessioni (parte prima) ***


Capitolo 15

Pov Amanda

Erano le dieci di sera e Clotaire e Lucille avevano deciso di andare a dormire e non mi sfuggì l’occhiolino che mi fece la donna prima di girarsi e andare in camera sua.
Cosa voleva dire quell’occhiolino?
-Cosa facciamo?- mi chiese Edmund dopo un po’.
-Che ne dici se andiamo in camera nostra?- dissi io e solo allora mi ressi conto delle parole che avevo utilizzato. Nostra. Era così strano utilizzare quell’aggettivo nonostante non avessimo fatto niente che ci unisse in modo particolare.
-Okay- disse lui lanciando un’ultima occhiata al camino per poi appoggiarsi a me e andare in camera. Potevo sentire il suo odore di buono e dolce allo stesso tempo.

Amanda! Ma da quando ti metti ad annusare i ragazzi? Non sei un cane!
Cavolo Coscienza! Come mai devi avere così maledettamente ragione tutte le volte?!

Arrivammo in camera ed Edmund si mise seduto appoggiando la testa alla testata del letto e con un cenno della mano mi fece segno di mettermi seduta vicino a lui. Non so perché, ma il contatto fisico con lui non mi dava fastidio come era successo per le prime volte o come era successo con altri ragazzi prima di lui.
-Facciamo il gioco delle cento domande?- mi chiese poi spezzando il silenzio che si era creato. La sua mano giocava con la mia ed eravamo spalla contro spalla.
-Non credi che cento siano un po’ troppe? Ci vorrebbero giorni per finirle...- dissi io sorridendo un po’ e potei percepire le sue labbra curvarsi in un sorriso simile al mio.
-Hai ragione, allora riduciamole a dieci. Credo che così si possa fare.- mi propose poi guardandomi e fui attratta dai suoi occhi.
-Okay.- accettai io e poi chiesi –Possiamo chiedere qualsiasi cosa?-
-Qualsiasi cosa, sciocca, seria e intima.- mi guardò mentre diceva queste cose –Paura?-
-Assolutamente no!- risposi io rivelando il mio orgoglio.
-Chi comincia per primo?- chiese Edmund dopo una breve risata. Mi misi seduta a gambe incrociate di fianco a lui e potei vedere il suo bellissimo viso illuminato dalla luce dell’abat-jour che si trovava alla sua destra, mentre io ero alla sua sinistra.
-Comincia tu.- dissi sfidandolo e lui dopo aver pensato per qualche minuto sparò la prima domanda.
-Quanti fratelli hai?- questa domanda non me l’aspettavo a dire la verità. Come minimo mi sarei aspettata qualcosa del tipo “Quanti ragazzi hai avuto?” o “Trovi che io sia sexy?”.
-Ne ho due: Giovanni e Arianna. Giovanni è sposato e ha una bellissima bambina di nome Elena, mentre Arianna studia arte e non la vedo da qualche mese.-
-Quindi stavi aspettando Natale per rivederli?-
-No, in realtà Arianna non sarebbe tornata per Natale e allora ho colto l’occasione per andare a trovare zia Matilde e poi sarei dovuta tornare per Capodanno. Secondo te dovrei considerare questa come la domanda numero due?- non so perché ma quando qualcuno mi fa una domanda del genere ho bisogno di spiegare per bene le cose.
-Spero per me di no.- disse lui sorridendomi e non potei non dirgli che non l’avrei contata. Accidenti a quel suo sorriso!
-Ora tocca a me.- dissi e poi dopo aver pensato un pochino a quali domande avrei potuto fargli chiesi la cosa più banale del mondo.
-Perché era così importante che partecipassi alla gara?-
-Perché all’interno della Brigata ci sono tre fazioni: la fazione italiana, la fazione americana e la fazione russa. Quindi questa gara di sci era stata organizzata per dichiarare la fazione campionessa di quest’anno, ma senza di una non si può continuare la competizione e l’evento viene rimandato. Tuttavia non riesco a non immaginarmi la potenziale faccia di Marco non appena avrà scoperto che non c’ero.-
-Secondo te cosa succede fuori di qui? Voglio dire: pensi che ci stiano cercando?-
-Non lo so, ma so che in un modo o nell’altro usciremo di qui e tutto ritornerà al proprio posto.- aspettò un secondo prima di chiedermi se doveva considerare quella domanda come la numero due e allora gli risposi come lui prima.
-Spero proprio di no.- e sfoderai il mio miglior sorriso per poi strappargli un “Okay”.
-Hai mai creduto a quelle cose che dicevano su di me?- mi chiese poi e io lo guardai interrogativamente per poi dargli un risposta.
-Non al cento per cento.-
-In che senso?-
-Beh... tu eri Edmund Grandi, il figlio del grande avvocato ed era normale che ti interessassi al mondo femminile con il fisico che ti ritrovavi, ma io avevo la sensazione che non era quella la verità che volevano far credere. È troppo semplice spifferare delle cose ai quattro venti, ma allo stesso tempo tu non dicevi niente che potesse smentire quelle frasi e quelle parole.- sono sicura di essere diventata rossa mentre dicevo ciò e sperai vivamente che Edmund non se ne accorgesse. Era tremendamente difficile guardarlo negli occhi.
-In realtà non mi importava molto di quello che dicevano di me, dopotutto a nessuno importava di me. Forse solo al mio amico Matteo.- a sentire quel nome mi irrigidii e lui se ne accorse, ma non disse niente, almeno per il momento. –Sai, lui era proprio un bravo ragazzo, ma con l’andare del tempo ci siamo persi di vista. Lo conoscevi?-
-No.- risposi troppo precipitosamente e sospettai che non avesse creduto a quel mio “no”.
-Okay, tocca a te.- mi disse prendendomi una mano nella sua.
-Qual è la verità legata al tradimento di tuo padre?-
Sospirò prima di rispondere e mi affrettai a dirgli che non era obbligato a rispondere, così lui mi strinse maggiormente la mano mentre rispondeva.
-Non preoccuparti, almeno una persona deve sapere la verità. Allora, mio padre tradì mia madre con la mia insegnante di latino e non con sua sorella, decisero di non separarsi perché sarebbe stato troppo scandaloso e svantaggioso per entrambi, così si proclamarono una coppia libera di frequentare chi volevano ma con discrezione.-
-Oh mio Dio!-
-Già.-
-È una cosa...- non trovavo parole per descrivere ciò che mi aveva raccontato.
-Disgustosa? Spregevole? Inaudita? Ne potrei trovare duecento di aggettivi, ma sai la cosa peggiore qual è? Che l’ho scoperto io e sempre io ho fatto sapere di lui a tutti. Le voci che sono nate su di me erano conseguenze non volute, come il nostro sparire da Siena. Mi piaceva molto.-
-Edmund, mi dispiace.- anche io gli strinsi la mano come per infondergli un po’ di coraggio e solidarietà credo.
-Non fa niente, la cosa che mi fa felice nel raccontare questa storia è il fatto che fortunatamente Honor era fuori e non ha assistito.- mi sorrise e poi mi chiese se abitavo ancora a Siena e io annuii.
-In cosa ti sei laureata?- questa era facile.
-Antropologia sociale!- dissi fiera.
-In parole povere?- cosa? Era serio?
-In parole povere ho studiato i comportamenti delle persone all’interno della società!-
-Interessante, io sono un avvocato.-
-Sul serio?- ero stupita, credevo che stesse ancora frequentando.
-Si, sul serio! Mi sembri stupita.-
-Non credevo che uno come te potesse perseguire in un obbiettivo!-
-“Uno come te”?-
-Si, sai, nel senso che a scuola non ti impegnavi tanto e quindi ho pensato che...- che figura di merda!
-Mio padre ha insistito.- mi disse lui con un sorriso amaro stampato in faccia.
-Hai una ragazza?- come cavolo mi era uscita quella domanda??? Cercai di non arrossire troppo.
-Cerchi per caso di sapere se sono emozionalmente libero?-
-No, era per sapere. Sai, fare un po’ di conversazione...- il mio sguardo vagò per la stanza per poi riposarsi su di lui e piantarsi nei suoi meravigliosi occhi verdi. L'ho già detto che la colorazione del rosso che ho raggiunto è simile a quella delle fragole?
-No, non ce l’ho.- dentro di me tirai un sospiro di sollievo.

Perché tiri un sospiro di sollievo Amanda?
Non lo so Coscienza! Cosa cavolo mi prende???

-E tu? Hai un ragazzo?- mi guardava in qualche modo... speranzoso? Nah, che vado a pensare!
-No.- dissi sostenendo il suo sguardo e poi chiedere –Tu lavori?-
-Scherzi? Certo che no!- me lo disse come se lavorare fosse una cosa brutta o addirittura schifosa.
-Cosa ci trovi di male?- dissi guardandolo truce.
-Sono troppo giovane per lavorare. Non trovi?-
-Beh, no. Cosa fai tutto il giorno?
-Mi diverto. Ogni giorno c’è una nuova avventura con gli amici e partite di golf.-
-Partite di golf?- ma che cazz...?
-Si- lo disse con tanta naturalezza che mi venne da ridere.
-Che ridi?- mi chiese e non potei fare a meno che compatirlo in qualche modo.
-Quello che fai tu non è divertirsi. Quello è sprecare il tempo!-
-E tu che ne sai?-
-Hai un sogno? Un desiderio da realizzare?-
-No, non ho prospettiva per il futuro! È presto ancora!-
-No, i giorni incominceranno a confondersi tra di loro e non capirai cosa sia successo e ti ritroverai a trent’anni che avrai sprecato buona parte della tua vita a non fare niente e ti renderai conto di averla buttata!- Edmund interruppe il contatto con le nostre mani e si chiuse in sé.
-Non sai nulla di me per dirmi queste cose!- disse dopo circa dieci minuti di silenzio.
-Lo so, scusami.- dissi io dopo un pò. Forse avevo esagerato, ma pensavo veramente quelle cose.
-Tu hai un sogno?-
-Si-
-Quale?- si girò un poco verso di me, ancora a braccia conserte.
-Vorrei viaggiare, vorrei fare un lungo viaggio in giro per i paesi che mi hanno sempre affascinato fin da piccola.-
-E lavori?-
-Si, proprio per poter realizzare il mio sogno. Non importa quanto tempo ci metterò, ma spero di poterlo realizzare un giorno o l’altro.-
-Che lavoro fai?-
-Ti ricordi il bar di Doris davanti alla scuola media?-
-Si-
-Beh faccio la cameriera lì, non guadagno tanto, ma almeno posso permettermi l’indipendenza.- risi un po’ e poi lo sguardo di Edmund si addolcì un po’. –Tu hai mai viaggiato?-
-Si, sono stato in molti posti.- cercai di farlo continuare e alla fine si arrese. Non riusciva ad essere arrabbiato con me.

Non godere troppo!
Ahh sta’ zitta tu!


Angolo Autrice
Ecco a voi un altro capitolo!
Le domande che ho evidenziato sono le domande che loro contano e per ora abbiamo raggiunto la numero 5 per entrambi.
Che ne pensate di questo giochino? Io credo che permetterà ad entrambi di aprirsi di più e di capirsi meglio.
Un bacio e al prossimo capitolo,
Serena.

 
Ringraziamenti:
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Capitolo 17
*** Capitolo 16. Confessioni (parte seconda) ***


Capitolo 16

Pov Edmund

-Sono stato in molti posti, a dodici anni sono stato per la prima volta a New York, poi con Honor ho visto la Francia e la Grecia e infine l’Irlanda e l’Inghilterra per studio.- dissi e osservai la bocca di Amanda aprirsi in un enorme “O”. Risi e lei arrossì, mi piaceva troppo quando arrossiva e così ripresi il contatto tra le nostre mani che avevo precedentemente interrotto.
-Scusa è che... Insomma... Hai viaggiato davvero molto e scommetto che è stato molto bello.- mi disse infine abbassando lo sguardo. Sentivo sempre un tuffo al cuore quando mi guardava negli occhi e volevo che lo facesse ancora e ancora e ancora.
-Tu dove sei stata?- chiesi infine e una ciocca dei suoi capelli le finì sugli occhi e istintivamente gliela rimisi apposto. Cavolo! Quanto avrei voluto baciarla in questo momento!

Lo so tesoro, ma devi andarci piano!
E tu cosa vuoi?
Io sono la tua Coscienza che ti dice cosa fare.
Era retorica come domanda!
Fa niente.

-Io...-si fermò un attimo per guardarmi le labbra e poi arrossire. Sapeva che lo avevo notato e credo che se avesse potuto si sarebbe scavata una tomba seduta stante tanta era la vergogna.
–Io sono stata in Africa, nelle colonie francesi e in Francia. Con i miei genitori e i miei fratelli l’abbiamo vista tutta!- mi disse poi con un sorrisone stampato in viso. Adoravo il suo sorriso.

Edmund la pianti?
No!

-Tu non ricordi se per caso Matteo avesse una ragazza?- okay, questa domanda è strana e Amanda doveva aver notato la mia espressione confusa perché mi spiegò cosa intendesse.
–So di averti detto che non lo conoscevo, ma in realtà lo conosco molto bene e questa domanda mi torturava da tanto tempo: voglio sapere se lui ha mai parlato di una ragazza in particolare che gli piacesse o se ne aveva una.-
Presi tempo prima di parlare, avevo come l’impressione che lei fosse stata una delle sue fiamme e la cosa mi faceva stare male.

Ma perché?
Ahh ma allora sei duro di comprendonio!
Taci!

-Prima che andassi via non ci ha mai parlato di qualcuna che potesse anche solo lontanamente essere la sua ragazza. A dire la verità si faceva una ogni sera o comunque quasi tutte le sere e non ci ha mai detto che gli interessasse qualcuna in particolare.- notai i suoi occhi spegnersi e mi affrettai a chiederle cosa fosse successo.
-Non ti ha mai parlato di una scommessa?-
-Oh si! L’avevano fatto lui e Marco: dovevano rimorchiare una ragazza vergine e timida, sai le solite secchione, ma erano ubriachi quando l’hanno fatta e soprattutto avevano scommesso una cassa di birra.- a me era sembrata una cosa assolutamente ridicola e stupida infatti non vi presi parte anche se mi diedero del fifone. Non mi sembrava giusto nei confronti della povera sfortunata che si sarebbe trovata nelle grinfie di quei due.
-Ma tu sei sicuro che non avesse mai provato dei sentimenti per nessuna?- me lo chiese in un sussurro e la sua voce era leggermente incrinata e questa volta non voleva mascherarla.
-L’ho visto strano solo gli ultimi tempi e io allora avevo i miei problemi. Ma perché queste domande?-
-Non credo che sia pronta per raccontarlo. Non preoccuparti.-
-Ma io lo voglio sapere!- ero proprio un egoista, ma il solo pensiero che quel cretino avesse potuto farle del male mi rendeva pazzo.
-Okay, allora... Matteo è stato il mio primo e vero amore, o almeno per me era stato amore. Mi ha corteggiata, mi ha fatta sentire amata e io cadevo ai suoi piedi ogni volta che mi sussurrava cose dolci e quando mi diceva che mi amava. Io credo che almeno un po’ di bene me ne abbia voluto. Tuttavia una sera io ero a casa usa e i suoi non c’erano, aveva bevuto un po’ e mi aveva portata nella sua camera. Credevo di essere pronta per cedermi a lui con tutta me stessa.- delle lacrime incominciarono a solcarle il viso e io gliele catturai subito cercando di stabilire un contatto visivo tra di noi. Mi sentivo morire a vederla così.
-Cosa è successo?-
-Continuava a chiamarmi Giulia, mentre le sue mani mi toccavano e allora ebbi paura.- si calmò un po’ prima di continuare – Gli diedi uno schiaffo e cercai di uscire dalla stanza, ma lui mi afferrò per un polso e mi ributtò sul letto. Ero così shockata che non ricordo quasi nulla. Comunque dopo avergli tirato la lampada addosso me ne andai e i miei genitori lo denunciarono. Tu eri già andato via da un po’.-
-Stava per violentarti.- sussurrai per autoconvincere me stesso. La cosa mi fece ribollire il sangue e strinsi le mani a pugno. Come avrei voluto uccidere Matteo in quel momento.
-In tribunale raccontò della scommessa e io mi sono sentita morire dentro, quello è stato l’anno più bello e più brutto della mia vita. Io mi consideravo la sua ragazza, ma sapevo che in un certo senso si vergognava di me, ma la cosa che mi fa più male è che sono stata così ingenua da non accorgermi di nulla!- adesso anche la sua rabbia si poteva percepire attraverso il minimo contatto.
-Io... l’ho dimenticato. L’ho amato tanto e l’ho odiato tanto.-
-Mi dispiace, io non volevo che il tuo dolore tornasse!- che coglione!
-No Edmund! Più ne parlo più supero la cosa e credimi quando ti dico che Matteo è stato un capitolo della mia vita meraviglioso e credimi ancor di più quando ti dico che se me lo trovassi davanti non si accorgerebbe dell’innocente Amanda del liceo bensì dell’Amanda aggressiva che gli tirerebbe un sacco di calci!- detto ciò tirò un sospiro e mi guardò sorridendo e asciugando le ultime lacrime sfuggite ai suoi occhi.
-Mi vergogno per lui.- dissi poi ed era vero. Come aveva potuto fare una cosa del genere alla mia Amanda.

Stop! Stop! Stop! Frena un secondo! La TUA Amanda?
Si!

-Scusa la domanda, ma ho bisogno di saperlo: hai avuto altri ragazzi dopo Matteo?-
-No.- mi disse arrossendo.
-Quindi sei ancora vergine?- ero sbalordito! E quanti anni aveva? Ventiquattro no?
-SI! E anche se mia sorella è cresciuta prima da questo punto di vista a me non interessa, rimarrò vergine a vita se è necessario!- mi disse drizzando la schiena in tutta la sua altezza.
-Cosa aspetti?-
-Davvero questa è la cosa che più ti ha colpito del mio racconto? Ma voi ragazzi siete proprio tutti uguali!-
-Questo non è vero e poi non è la cosa che mi ha più colpito, o meglio è una delle cose che mi ha colpito!- insomma! Ventiquattro anni vergine! È un record!
-Comunque aspetto l’uomo giusto! Qualcuno che mi ami! Dopo Matteo non mi sono fidata di nessuno per molto tempo, dopo di lui non c’è mai stato nessun altro e nonostante le mie amiche cercassero di farmi frequentare qualcuno la cosa finiva dopo una sola serata.-
-Con me è diverso?- che??? Ma che cavolo dici???
-Cosa?- anche lei sembrava spiazzata.
-Voglio dire che non ti da fastidio stare con me no?-
-Beh... no.-
-Quindi con me è diverso.-
-Suppongo di si.-
-Cosa mi fa essere diverso ai tuoi occhi?-

Okay, ora lo sappiamo: il tuo cervello è andato a farsi friggere, forse tra qualche mese riusciamo a togliere la frittura e farti rinsavire!
Oh che cazzo! Ma ti stai zitta tu? Stai sempre a rompere!

-Io non lo so!- sbottò lei arrossendo come un pomodoro fino alla punta dei capelli e interruppe il contatto creatosi dalle nostre mani. No!
-Ti è piaciuto prima ballare con me?- mi chiese poi riavvicinando la sua mano alla mia e colsi l’occasione per riunire le nostre dita.
-Molto, peccato per la gamba.- risi e lei con me, poi dopo esserci guardati negli occhi le chiesi una cosa che fece arrossire me questa volta, ma sperai e pregai in silenzio che lei non se ne fosse accorta.
-La sera della festa se non fossi stato così scortese con te saresti rimasta a ballare con me?-
-Molto volentieri, e anche prima.- mi disse sorridendomi.
-Eri molto bella quella sera, il vestito ti stava molto bene.-
-Grazie, anche tu non eri così male.-
-Bene.- dissi guardandola negli occhi.

Io mi chiedo quanto tempo resisterai prima di baciarla!
Grrrrrr...

-Tu credi che io sia timida?-
-No, assolutamente.-
-Come fai a dirlo?-
-Da come parli con me e da come parli con Lucille e Clotaire, anche se mi da molto fastidio come ti guarda.-
-Sul serio?-
-SI, mi urta!-
Amanda rise di gusto buttando la testa all’indietro e poi sporgendosi verso di me continuando a ridere e io mi unii a lei.
-Cos’hai da ridere?-
-Sei così divertente e buffo!-
-Okay, questo non me lo aveva mai detto nessuna!-
-Mi fa piacere! Evidentemente erano troppo impegnate a fare altro!- disse continuando a ridacchiare. Ora ditemi voi se con una frase del genere una si può ritenere timida.
-C’è poco da prendere in giro!-
Dopo qualche minuto sparai lamia prossima domanda e lo feci per vendicarmi di quello che aveva detto.
-Quanto tempo ci metterai prima di renderti conto che non puoi resistere alla tentazione di baciarmi?-
-Magari sei tu che non puoi resistermi...- mi disse sensualmente e con una punta di malizia negli occhi e sono quasi sicuro che non fosse voluto, ma era bellissima in quel momento e io mi incantai a guardarla. Forse aveva ragione.
-Secondo te troverò mai qualcuno che mi ami?- continuò lei.
-Secondo me Matteo non sa cosa si è perso.-

Ma cosa cavolo ti sta accadendo? Questo non è l’Edmund che conosco! Il vecchio Edmund non si sarebbe certo emozionato per un bacio sulla fronte, non avrebbe certo perso la testa solo perché un vecchio signore parlava con una ragazza e di certo non avrebbe mai diviso il letto con una ragazza senza farci qualcosa!
Sai che ti dico Coscienza? Forse mi piace il nuovo Edmund! E poi c’è Amanda.

-Secondo te troverò io qualcuna che mi apprezzi non solo per i miei addominali?-
-Io credo che la troverai e che di sicuro i tuoi addominali non possono fare altro che aiutarti!- disse ridendo e poi stendendosi vicino a me.
-Ultima domanda: Credi nel destino?- mi guardò radiosa e potrò ripertemi, ma è semplicemente bellissima. Senza trucco e senza maschere.
-Assolutamente si.-
Il silenzio calò nella stanza dopo la mia risposta e  quello che successe dopo mi aveva del tutto destabilizzato.
Amanda si sporse verso di me per darmi un bacio sulla guancia all'angolo della bocca quasi e io come uno stupido arrossii insieme a lei, ma la cosa mi aveva reso più felice di qualsiasi altro contatto fisico con lei! Era stato quasi un bacio!
-Buonanotte Edmund.- mi disse prima di alzarsi, ma io la fermai per un polso e le chiesi di rimanere a dormire insieme a me.
-Si, sai... solo dormire.-

Che pezzo di idiota!
Concordo con te stavolta.

-Okay.- mi disse lei in un sussurro regalandomi un sorriso.
-Buonanotte Amanda.-
Lei si addormentò in pochi minuti o così mi sembrò e fu in quel momento che feci una cosa che non avrei dovuto fare, ma di cui non mi pentirò mai!



Angolo Autrice
Lo so, sono crudele... Molto creudele dato che non potrò scrivere per bene due settimane o addirittura tutto Agosto come avevo precedentemente scritto, tuttavia in qesto lungo lasso di tempo potrete immaginare cosa ha fatto Edmund e cosa potrebbe succedere in seguito!
Un bacio e buon proseguimento di vacanze a tutti!
Serena :*

PS Cosa ne pensate della Coscienza?

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Capitolo 18
*** Capitolo 17. Honor ***


Capitolo 17

Pov Honor

Era successo tutto all’improvviso e io non ero assolutamente preparata.
Mio fratello e Amanda erano finiti in una scarpata e la Forestale non poteva addentrarsi in quella zona dato che una tempesta di neve aveva bloccato tutti i passaggi.
Ero sconvolta! Neanche il profumo di Josh riusciva a calmarmi! E di solito funzionava sempre!
Dopo un’intera notte passata a cercare di calmarmi e cercare di chiamare mio padre ero distrutta!
-Honor?!- mi chiamò mio padre da fuori e io aprii la porta della mia stanza. Josh era andato a prendermi un po’ d’acqua e qualcosa da mettere sotto i denti.
-Papà?! Finalmente sei arrivato!-
-Honor non ho tempo da perdere, dimmi che cosa ha fatto tuo fratello questa volta!- mi urlò lui arrabbiato.
-È caduto in una scarpata, non possono trovarlo!- gli urlai anche io, con mio padre era inutile girare intorno al discorso. Mi ricordo ancora quando circa tre anni fa decisi di fuggire con Josh e di viaggiare, mio padre lo scoprì e io cercai di inventarmi una balla, ma con lui non si poteva fare e se a volte era la verità dovevi cercare una risposta che lo soddisfacesse.
-Honor! Non ho tempo per i tuoi scherzetti, quindi dimmi cosa è successo perdio!-
-Te l’ho detto! Tuo figlio è scomparso!-
-Mi stai facendo arrabbiare ragazzina!-
-Cosa vuoi che ti dica? Vuoi che ti dica che Edmund non ha partecipato alla gara? Che ti ha fregato un po’ di soldi? Che non è andato a scuola? Che è a casa di Marco anziché in ufficio con te? Che non ti sopporta più? Che non vuole averti nella sua vita? Che gliel’hai rovinata?- tutte quelle parole avevano un 50% di verità, ma non volevo sputarle fuori in quel modo, dopotutto non avevo alcun diritto di dirgliele, spettava solo al mio Eddie.
-Honor, voglio sapere che fine ha fatto la macchina! Silvano mi ha detto che è andata!- sembrava che quelle parole non lo avessero toccato minimamente!
Era così bravo a fingere!  O a non provare alcuna emozione.
-Infatti! Edmund è caduto in una scarpata con la tua cazzo di macchina e potrebbe anche essere morto!-
-Morto lo sarà di sicuro quando lo trovo! Ha portato una sconosciuta alla festa! Quel ragazzo fa sempre come gli pare!-
-Questo è il tuo solo pensiero fisso vero? Salvaguardare l’immagine!-
-Lo avresti anche tu se avessi un’azienda da mandare avanti!- mio padre mi guardò con disprezzo e poi se ne andò lasciandomi da sola. Scoppiai in un pianto senza fine e iniziai a pregare per mio fratello. È da ipocriti mettersi a pregare quando ti sei dimenticato di Dio dal giorno dopo la tua cresima, ma evidentemente in quel momento non mi importava più di tanto, dovevo assolutamente trovare un modo per credere che lui ed Amanda fossero ancora vivi. Lui era il mio eroe e non poteva morire!
Nella mia vita lui era sempre stato il mio punto fisso prima che entrasse anche Josh e non doveva assolutamente non esserci più!

“-Ehy sorellina! Cos’hai?- mi chiese Edmund sedendosi vicino a me.
-Sto pensando.- affermai decisa, mentre una lacrima solitaria scendeva lentamente.
-Sicura?- mi guardò con i suoi occhioni verdi e un sorrisetto di chi la sapeva lunga sul viso.
-Perché voi ragazzi siete così stronzi? E non dire che è nella vostra natura perché è una cazzata!-
-Perché ci piace esserlo a volte! Com’è questa domanda?- si scompigliò i capelli prima di guardarmi con un espressione preoccupata.
-Federico mi ha lasciata dicendo che per lui non ero abbastanza e che avrebbe trovato di meglio!- sbottai e le lacrime uscirono copiose. Federico era stato il mio primo amore di quindicenne e all’epoca ci tenevo moltissimo. Mi aveva detto che ero ancora una bambina e che non voleva più aver a che fare con me! Questo solo ed unicamente perchè non avevo accettato di fare sesso con lui...
-Troverai di meglio di Federico! E poi è lui che non merita te e non viceversa!-
-Non mi aiuti!-
-Okay! Allora andiamo da McDonalds!-
-Sul serio?- lui odiava quel fast food. L’avrebbe fatto solo per me!
-Si, e ti conviene accettare il fatto che voglio intossicarmi con quella roba solo perché stai male, perciò alza il tuo bel culetto e muoviti!- nei suoi occhi avevo scorto un moto di rabbia, tenerezza e apprensione nei miei confronti, ma poi era ritornato l’Edmund di sempre: idiota! Il mio fratellone!
-Okay, arrivo!- dissi asciugandomi le lacrime con la manica della mia felpa rossa e poi andammo da McDonalds e il mio povero fratellino fece delle facce così strane che mi risollevò il morale in quattro e quattr’otto.
-Sai! Hai ragione! C’è di meglio di Federico! Però ci sto ancora male...- dichiarai alla fine.
-E ci voleva un panino con chissà quale intruglio chimico per fartelo capire?- risi fino allo sfinimento, Edmund era sempre stato abituato con una cucina di certo livello e lui adorava la vitella tonnata, gnocchetti burro e salvia oppure un bel merluzzo al guazzetto, mentre io mi accontentavo di tutto!”


Un sorriso spuntò sulle mie labbra a ripensare alle piccolezze che riempivano le mie giornate.

“Edmund era entrato furioso nella stanza, mentre Josh aveva indosso solo i pantaloni e la cravatta che ancora non gli avevo tolto, mentre io avevo solo l’intimo. Eravamo in ginocchio sul letto della mia camera.
-Lo sapevo! Piccole pesti!- urlò mio fratello e Josh divenne paonazzo. Non sapevo cosa dire e mio fratello continuò al posto mio.
-Tu!- disse indicandomi –Non me lo sarei aspettato da te sorellina!- rise istericamente prima di girarsi verso la porta e poi abbattersi come una furia su Josh.
-Ehy, Edmund! Non volevo farle del male!- cercò di giustificarsi il mio ragazzo.
-No, infatti volevi portartela a letto!- disse mio fratello staccandosi da Josh che intanto si era messo vicino a me.
-Oh insomma! Si può sapere che ti prende? Questa è la mia stanza e lui è Josh, il mio ragazzo! Te lo ricordi vero?- lo tirai in disparte e gli ricordai che Josh era diverso dagli altri quattro ragazzi che avevo avuto in quei due anni e con Josh volevo che avvenisse la mia prima volta. Io ero pronta, mentre mio fratello no!
-Non voglio rivederti in lacrime dopo che quel cretino ti avrà usata!-
-Non mi userà, lui mi ama e io lo amo!-
-Lo vedremo!- sbroccò lui e uscì dalla mia stanza. Successivamente la richiusi a chiave onde evitare altre intrusioni e tornai da Josh.
-Io ti amo!- mi disse lui intuendo quello che Eddie ed io c'eravamo detti –Lo sai vero?- mi guardava con i suoi occhi color del mare e allora capii che questa volta Edmund aveva torto.”


Lui non era come gli altri, lui era mio e io ero sua e quella notte ci appartenemmo come non mai. Fu la cosa più bella della mia vita e ora a distanza di quasi quattro anni lui era la mia vita e io la sua. Chissà magari un giorno ci saremmo sposati e avremmo avuto tanti piccoli marmocchi con i capelli rossi e gli occhi azzurri!
Josh rientrò in camera e io gli corsi incontro e il suo profumo fu in grado di calmarmi quella volta, come faceva quello di Eddie, anzi meglio.
Gli raccontai di mio padre e lui mi prese a mò di sposa per poi adagiarmi lentamente sul letto che condividevamo, poi lentamente mi baciò e sempre lentamente mi appoggiò al suo petto e io mi sentii in paradiso.
-Lui è vivo.- sussurrai.
-Lo so che è vivo, altrimenti lo avremmo visto in giro per la stanza sotto forma di fantasma incazzato che mi diceva di mollare la sua adorata sorellina!- mi sussurrò a sua volta Josh e io risi. Avrebbe potuto farlo!
Mi sentii un attimo più leggera e serena prima di ripiombare nei miei pensieri.



Angolo Autrice
Ta-daaaaa! Sono tornata!
Spero che le vostre vacanze siano andate bene e... BUON RIENTRO a chi domani dovesse andare a scuola!
Un bacio,
Serena.


 
Ringraziamenti:
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Capitolo 19
*** Capitolo 18. Cosa sarebbe successo se...? ***


Capitolo 18

Pov Edmund

“-Ehy amico! Chi è la tizia occhialuta che ti fissa?- chiese Marco a Matteo mentre entrambi stavano fumando.
-È quella della scommessa!- rispose il mio amico buttando fuori un po’ di fumo.
-Avevo detto racchia, non passabile!- ribatté Marco e istintivamente girai il mio sguardo verso quella ragazza con gli occhiali. Stava leggendo e ogni tanto lanciava un’occhiata a Matteo.
-Ma l’hai vinta questa scommessa?- chiesi io alla fine, distrattamente.
-Macché! Quella è peggio di una suora! Pensate che ha detto di essersi innamorata di me e io ho retto il gioco! Scommetto che sotto quelle gonne da nonna Papera si nasconde un corpo da sballo!- rispose Matteo come se nulla fosse enon nascondendo che quella ragazza in qualche modo lo eccitava.
-E non si accorge delle occhiate che rivolgi alle altre?-
-No, è troppo presa da me!- ridacchiò ancora lui. Risi anche io prima di accorgermi che lei adesso stava guardando me e da lontano potevo notare che non era affatto brutta, certo, non era come quelle che Matteo mi presentava di tanto in tano, ma era carina.”


Mi svegliai di soprassalto e mi accorsi che la testa di Amanda era appoggiata sul mio petto e potevo sentire il suono del suo respiro. Forse durante la notte ci siamo avvicinati, ma io non potevo abbracciarla a causa del braccio che ancora mi faceva male. In quel momento mi sentii felice in un modo un po’ particolare, non so come spiegarlo, mi sentivo completo, non avrei voluto essere da nessun’altra parte e la cosa strana era che non mi era mai successo.
La sera prima mi aveva aperto il cuore e io lo avevo aperto a lei e non mi diede fastidio raccontarle del mio passato, anzi mi era venuto naturale. Tuttavia mi erano venuti in mente dei pezzi di conversazioni che avevo avuto con Matteo e mi resi conto di non aver tenuto i contatti con lui, anzi erano anni che non lo vedevo e la cosa non mi dispiaceva affatto, era sempre stato l’amico di Marco, non il mio. Alla fine poi doveva averla vinta Marco quella scommessa del cavolo!
Amanda si mosse su di me e un suo braccio andò ad avvolgere il mio torace e il suo viso si avvicinava sempre di più al mio, mentre i suoi capelli erano sparsi sul cuscino.
Era molto cambiata nel corso degli anni ed era diventata più bella, adesso l’aggettivo “carina” non le fa giustizia!

Ora incomincerai ad affezionartici, poi non potrai farne a meno e successivamente non sopporterai l’idea di non poterla avere!
Ma io dico no? Pure la mattina devi rompere le palle? Ma vatti a fare un passeggiata!
Se avessi delle gambe e una consistenza materiale allora farei volentieri una passeggiata! Lontana dai tuoi pensieri malati!
Oh Signore!
No, “Oh Signore” lo dico io! Vorrei vederti al mio posto mentre vedo delle robe assurde!
Ci rinuncio!

-Ed…- sussurrò Amanda e fui sorpreso nel notare che stesse ancora dormendo, forse mi stava sognando!
Anche io l’avevo sognata! Di certo non avevo fatto pensieri casti e puri su di lei, ma era impossibile con la bellezza che aveva e non parlo solo di quella fisica, ma anche di quella interiore. Lei è gioia pura per ogni cosa, vede sempre il bicchiere mezzo pieno e la stanza si riempie di luce con la sua sola presenza!

Ma ti stai sentendo? Parli come un adolescente alle prime armi! Rincoglionito per giunta!
Guarda che io con le ragazze ho sempre fatto solo ed unicamente sesso! Adesso invece per la prima volta voglio stare vicino ad una donna senza combinare nulla! Ma solo per conoscerla! Per poterla sentire, per poterla vivere veramente!
Sei sicuro di stare bene? Magari vado alla farmacia più vicina e chiedo un antidoto al rimbambimento...
Taci! Non sei contenta?
Certo! Ho solo paura che alla fine ti tirerai indietro! Tu cominci una cosa e non la finisci!
Non voglio finire come mamma e papà! Non voglio che il mio amore per una persona finisca!
Allora coltivalo!
Improvvisamente sei passata dalla mia parte?
Io sarò sempre dalla tua parte, non è che posso fare altrimenti!
Spiritosa!

-Edmund?- Amanda mi chiamò e accantonai per un momento il discorso appena fatto con la mia Coscienza e la guardai ancora.
-Si?- i suoi occhi mi scrutavano curiosi e io ripensai alla sciocchezza che avevo fatto la sera prima! Che scemo! Scemo! Scemo! Scemo!
-Che ore sono?-
-Non lo so.- mi persi a guardare le sue labbra. Chissà come sarebbe baciarle.

Se ti fossi avvicinato un po’ di più ieri sera a quest’ora non staresti qui a farti questa domanda da demente!
Non mi sentivo pronto! Non volevo rubarle un bacio solo pe soddisfare i miei desideri!
L’ho notato. Ma con altre ragazze non ti sei fatto scrupoli!

-Ho sonno.- affermò lei con un leggero sorriso.
-Allora dormi.- chiuse gli occhi e io mi persi nei miei pensieri ancora una volta.
Si avete capito bene, non l’ho baciata la sera prima! Non ero pronto e volevo che anche lei sentisse il mio bacio! Volevo che lei ricambiasse! Volevo che lei sentisse le mie stesse emozioni!

Senti ragazzino, l’erba voglio non cresce manco nel giardino del re, quindi calmati!
Ma che palle!

-Non ci riesco!- disse la ragazza accanto a me e mentre si alzava si rese conto che eravamo nello stesso letto. –Oh mio Dio! Ho dormito con te!-
-Si, ma non abbiamo fatto nulla!- le ricordai.
-Hai allungato le mani?- mi chiese indicandomi con l’indice. Troppo buffa.
-Assolutamente no, preferisco farlo quando sei sveglia, così puoi urlarmi contro tutti gli insulti che ti pare!- le risposi facendo risalire una mia mano sulla sua coscia.
-Edmund!- esclamò Amanda togliendo la mia mano dalla sua gamba e alzandosi.
-Oh andiamo! Scherzavo! Non lo farei! A meno che non sia tu a chiedermelo!- protestai sollevandomi a sedere e alzando le mani in segno di resa.
-Lo so, ma non ero preparata!- rise e fui coinvolto dalla sua risata, come sempre.
La osservai mentre si toglieva la felpa e la appoggiava sul divano, indossava una maglia a maniche lunghe di Clotaire e le stava anche grande. Mi persi a fare pensieri molto sconci, ma poi lei mi risvegliò dalle mie fantasie.
-Ti proibisco di guardarmi!- si girò e fece per andare fuori dalla stanza, sicuramente andava a farmi la colazione.
-Vedi come siete voi donne? Credete di stare al centro dell’attenzione! Sempre!- le dissi io cercando di non ridere.
-Scommetto che ti stavi facendo uno di quei film a luci rosse che vi fate voi maschi!- replicò lei facendomi la linguaccia e io non cercai minimamente di reprimere una risata.
-Sei proprio una bambina! Non farei mai dei film a luci rossi su di te!-
-Come osi?!- Amanda mi tirò un cuscino addosso e la mia risata cessò, facendo aumentare la sua.
A quel punto incominciai a tirarle tutti i cuscini che avevo sul letto e lei si avvicinava sempre di più per tirarli a sua volta. Alla fine me la ritrovai cavalcioni su di me e all’improvviso mi fermai e smisi di ridere, mentre lei continuava e cercava di farmi il solletico. Io non lo soffro il solletico e le fermai le mani.
Appena si rese conto della posizione arrossì di colpo e io sorrisi, non cercai di approfittarmi della situazione, il mio era un sorriso di tenerezza e anche Amy se ne rese conto, tanto che non cercò di divincolarsi dalla mia presa e la cosa mi fece piacere.
Ci guardavamo negli occhi senza lussuria, ma con interesse, stima reciproca, rispetto e io credo anche con una punta di… non lo so!
Vidi il suo viso avvicinarsi sempre di più e allora anche io mi avvicinai a mia volta.

Chissà cosa sarebbe successo se avessi avuto un po’ più di coraggio.
Chissà cosa sarebbe successo se Amanda non si fosse fermata.
Chissà cosa sarebbe successo se ci fossimo lasciati andare alla magia del momento.

-I-io credo che sia il momento di andare...- sussurrò appena la mia Amy.
-O-okay- sussurrai a mia volta.
Un giorno ci saremmo baciati e chissà, magari sarebbe potuto anche accadere altro, ma sono sicuro che quel giorno non era oggi.
-Mi prepari la colazione?- dissi non appena la sua mano si trovò a due centimetri dalla maniglia.
-Come sempre.- mi rispose sorridendo prima di uscire dalla stanza.
Se avessi superato la mia più grande paura, forse sarei riuscito a fare quello che in fondo avevo sempre desiderato fare.


Angolo Autrice
Vi prego non uccidetemi! Lo so che molte di voi non vedano l'ora che quei due si bacino, ma ancora non si conoscono, ancora non sono consapevoli di quello che provano e ancora non sono pronti per un passo importante!
Beh... spero vi piaccia.
Un bacione,
Serena.

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19. Lucille ha detto che devi farti un bagno ***


 
Capitolo 19

Pov Amanda

Richiusi la porta dietro di me e sospirai sommessamente. Cosa mi stava succedendo? Io non ero così! Non mi sarei mai azzardata qualche anno fa a dire certe cose o a comportarmi in un certo modo. Però a lui non sembrava dispiacere...

Ti credo che non gli dispiace! Dopotutto è pur sempre un ragazzo!
Lo so, ma io mi sento sempre più attirata verso di lui, lui mi accende.

Cercai di calmarmi e andai a preparare la colazione. Lucille era in salotto a ricamare un tavagliolo, mentre Clotaire si stava mettendo un giaccone pesante.
-Bonjour Clotaire... Tu vas-où? (Buongiorno Clotaire... dove vai ?)- chiesi all’uomo mentre si stava mettendo anche una sciarpa pesante.
-Je vais chasser, ma petite. (Vado a cacciare, piccola mia.)- mi rispose l’uomo con un sorriso e dopo aver salutato la moglie prese anche un grosso e lungo fucile. –Je reviendra tout de suite! (Tornerò presto!)-
Clotaire chiuse la porta e Lucille mi propose di fare un bagno, la ringraziai e le dissi che forse era meglio se lo faceva Edmund, così la donna andò verso il bagno portando un grosso calderone pieno d’acqua calda con sé, devo dire che per quanto potesse sembrare piccola e minuta, Lucille aveva la forza di un toro!
Entrai senza bussare nella nostra camera e stetti attenta a non versare il caffè come avevo fatto la mattina prima: di solito gli portavo un caffè, pane e burro o una mela, purtroppo non avevamo altro, ma nelle  condizioni in cui ci trovavamo era anche tanto.
Edmund era in piedi vicino al comò e si era levato la maglietta. Rimasi senza fiato...

Per forza! Tu guarda che gran pezzo di...
Stai zitta!!! Altrimenti sclero!
SI, ma non puoi negare che è un gran bel ragazzo...
Lo so già da me! Non c’è bisogno che me lo ricordi!

Cercando di controllarmi mi avvicinai al comò e poggiai il vassoio mentre Edmund mi osservava attentamente, credo di essere arrossita, anzi no, ne sono certa!
-Perché sei rossa?- e ovviamente lui doveva fare lo stronzo!
-Sai, di là fa caldo.- cercai di sorridere, ma si vedeva che il mio era un sorriso forzato.
-Anche qui fa caldo non trovi?- mi chiese girandosi verso di me per mettermi ancora di più in imbarazzo!
-Dici? Sinceramente non sento la differenza, anzi... Ora che mi ci fai pensare si sta meglio di là.- mi girai verso il divanetto e mi rimisi la felpa, poi mi rigirai e Edmund stava bevendo il caffè.            È davvero un bel ragazzo e parlandoci non è neanche così antipatico come mi ricordavo, anzi...

Ehi frena!!! Vuoi dire che ti piace?
Potrebbe darsi!
Ma Amy! Fuori da qui non ti degnerà di uno sguardo!
Potrebbe darsi anche questo! Ma se così fosse perché prima si è avvicinato mentre per un puro momento di follia mi sono avvicinata anche io a lui? Santa Peppina! Stavo per baciarlo!
Perché non lo fa da tanti giorni!
Suvvia non è mica un animale!

-Smettila di fissarmi! Poi sarei io quello che si fa i film erotici?- mi disse Edmund svegliandomi dai pensieri.
-Io non stavo fissando te! Stavo notando il bellissimo comò!- dissi mettendo le mani sui fianchi e cercando di essere il più disinvolta possibile. –A proposito, Lucille ha detto che devi farti un bagno!-
-E come faccio scusa?- mi chiese indicando il suo braccio e la sua gamba scettico.
-Beh... ecco... t-ti aiuto i-io!- dissi infine balbettando e girandomi dall’altra parte dirigendomi verso il comodino dove avevo lasciato il mio elastico e mi legai i capelli. Girandomi verso il ragazzo biondo piuttosto sconcertato lo informai che avevo già fatto il bagno ad un ragazzo infermo.
-Cosa?- mi guardò sgranando gli occhi.
-Cosa “cosa”?-
-Primo io non sono infermo e secondo a chi avresti fatto il bagno?-
-Mio cugino si era rotto una gamba qualche anno fa e siccome in casa non c’era nessuno lo aiutai a spogliarsi e gli passai lo shampoo, però se l’è messo da solo! Lo ho aiutato perché doveva uscire con la sua ragazza ed era una cosa molto importante!- dissi sorridendo soddisfatta. Cercai di sembrare disinvolta e invece Dio solo sa quanto mi ero vergognata quella volta, ma lui era come un fratello e quindi non ne feci troppo un problema. Ma con Edmund sarebbe stato tutto un altro paio di maniche!
-Scusa e quanti anni aveva tuo cugino???- era davvero sconvolto. Forse lui non si sarebbe fatto aiutare da sua cugina, ma Simone non si faceva tutti quei problemi.
-Sedici, credo...- feci finta di pensarci un po’ e mi venne da ridere alla faccia di Edmund! Oddio! Era troppo carino! Forse la mia Coscienza potrebbe aver ragione, sto incominciando ad avvertire qualcosa per lui e non aiutava il fatto che domani è capodanno e ancora non ci hanno trovati! Forse rimarremo qui chissà quanto! Clotaire ci aveva detto che la tempesta che si era abbattuta era stata molto violenta e che forse avrebbe potuto bloccare le strade. –Ho anche fatto volontariato e ho lavorato in una casa di riposo se ti interessa.- quello lo avevo fatto quando mia nonna era stata ricoverata e io avevo cercato un modo per starle vicino fino a quando non se ne era andata completamente.
-Questo dovrebbe consolarmi?-
-No, comunque non eri tu quello che è strafelice quando una donna lo guarda?- chiesi provocante, certa che non si sarebbe tirato indietro e invece non fu così, né come la risposta che mi diede.
-No! Non con te! Tu sei diversa!- sembrava quasi arrabbiato. I suoi meravigliosi occhi verdi si scurirono di colpo e d’istinto mi avvicinai a lui prendendogli le mani. Gli alzai di poco il mento perché potesse guardarmi negli occhi, lui era più alto di me e non ci volle tanto perché i suoi occhi incontrassero i miei.
-Cosa significa Edmund?- gli domandai.
-Non voglio che ti comporti come una di quelle che mi portavo a letto!- era arrabbiato e le sue mani finirono sulla mia vita e dietro la mia schiena: ero intrappolata dal suo corpo. –Tu... t-tu sei tu. Non devi cambiare! Promettimelo!-
-Te lo prometto!- sussurrai. Non so che cosa lo avesse fatto alterare, a me era venuto naturale. Lui faceva uscire la parte femminile di me e la cosa non mi dispiaceva, c’era riuscito solo Matteo e se glielo avessi permesso magari ad altri ragazzi, ma con Edmund non era stato pianificato.
-Vieni, devi lavarti. Altrimenti la notte mi sveglierò e sarò costretta ad aprire la finestra per sopportare il tuo odore nauseabondo!- scherzai e lui mi strinse di più a sé.
-Ah si?- era tornato l’Edmund scherzoso di sempre e lo stuzzicai ancora mentre ci guardavamo negli occhi.
-Si, poi dovrei prendere della lavanda e cospargerla dappertutto se non voglio morire giovane!- risi sommessamente immaginandomi la scena e il ragazzo rise con me prima di stringermi ancora a sé.
-Prima però dovrai sopportarmi ancora un po’!- sussurrò al mio orecchio e dei brividi percorsero la mia schiena. Erano dei brividi di piacere e di felicità. Sapevo di starmi solo illudendo e che quando saremmo tornati a casa tutto questo sarebbe scomparso, ma sono sicura di voler vivere questo momento di follia.
Lo aiutai a camminare e ci ritrovammo in bagno nel giro di dieci minuti e mi accorsi che Lucille aveva messo delle candele a illuminare l'ambiente dato che la casa non aveva elettricità e usavano le lampade ad olio, ma per il bagno quelle andavano benissimo. Lucille ci guardava con uno strano sorriso stampato in faccia e io cercai di deviare i suoi pensieri dicendole che lo aiutavo soltanto e quello che mi disse fu così sconvolgente che credo che anche Edmund avesse capito.
-Che ha detto?- mi guardò sempre più sconvolto. Povero caro, era evidente che non era abituato a certe cose.
-Ha detto che lei e suo marito facevano di continuo il bagno insieme ed è contenta che anche noi lo facciamo!- cercai di non guardarlo, ma mi resi conto che era impossibile e alzai il mio sguardo su di lui e i nostri occhi entrarono in collisione.

I suoi erano bellissimi, come lui.
L’hai già detto mille volte!
Lo so, ma è inevitabile!

-Non è una brutta idea però!- disse Edmund e allora mi ricredetti.

Hai ragione Coscienza! È un idiota patentato! Anzi no! Non è patentato altrimenti non saremmo qui adesso!
Eh lo so... in un modo o nell’altro alla fine ho sempre ragione!

Lo guardai truce e lui ritirò quello che aveva detto e gli chiesi perché si era rimesso la maglietta.
-Perché così sarai tu a togliermela...- mi rispose soddisfatto. Sospirai, era un sospiro frustrato, e mi avvicinai a lui alzandogli la maglietta e sfiorando i suoi addominali. Mi venne la brillante idea di farlo impazzire e così incominciai a far risalire l’indumento lentamente sfiorando volutamente la sua pelle morbida. Tuttavia era un arma a doppio taglio: se faceva impazzire lui, faceva impazzire me maggiormente perché non avevo mai provato emozioni così forti! Nemmeno con “lui”! Mi sentivo vulnerabile, ma oramai avevo cominciato e dovevo finire.

È così strano da ammettere, ma adesso avrei solo voluto baciarlo!
Ma io, che sono la Coscienza tua, te lo impedisco!
Accidenti a te!

Edmund, dato che non era sciocco, capì il mio gioco e quindi si divertiva ancora di più e nonostante gli avessi promesso che non sarei stata come una di quelle ragazze, in quel momento mi stavo comportando come loro e per un nanosecondo mi vergognai di me stessa.
Feci attenzione a non fargli male al braccio e appoggiai la maglietta sul lavandino. Successivamente passai ai pantaloni e qui non feci nulla, meglio evitare...

Brava! Vedi che se mi ascolti tutto fila liscio?

Mi girai e lo sentii ridere.
-Che hai da ridere cretino?- gli chiesi con una nota divertita. Quella situazione era così irreale!
-Sei così strana!- rispose ridendo.
-Oh grazie, questo è uno dei pochi complimenti che tu mi abbia mai fatto!- risposi divertita. Se lui pensava di avermi detto qualcosa per la quale mi sarei girata a dirgliene quattro allora si sbagliava proprio.
-Ora sono entrato, puoi girarti!- mi disse e fidandomi mi voltai e vidi un Edmund completamente immerso nella grandissima tinozza di legno come un bambino. Gli avevo tolto le fasciature e ora potevo vedere i segni sul braccio che si stavano rimarginando.
-Okay, qui hai il sapone. Torno tra dieci minuti circa e ti porto qualcosa di pulito, va bene?-
-Si.- mi guardò in modo strano e io mi riscoprii a fissargli le labbra. Di nuovo. –Amy!- mi chiamò non appena mi girai.
-Si?-
-Grazie.- mi sorrise e io mi sciolsi! Giuro che dovetti fare affidamento su tutta la forza di volontà che mi ritrovavo per non baciarlo!
-Di nulla.- sorrisi debolmente e uscii in fretta. Avevo caldo e di sicuro la causa era un ragazzo biondo con gli occhi verdi che adesso si stava facendo un bagno.

Mi sto davvero facendo prendere da Edmund?
Forse...
Forse è solo un infatuazione?
Nah, non credo...
Forse è qualcos’altro! Forse sto male?
No, di questo sono sicura.
Mi sto davvero innamorando?
...


Angolo Autrice
Scusate il ritardo, ma ieri non ce l'ho fatta!
Allora? Che ne pensate? Manca poco ormai per il momento che tutte voi aspettate!
Un abbraccio,
Serena.

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Capitolo 21
*** Capitolo 20. Troppi FORSE ***


Capitolo 20

Pov Amanda

Andai a prendere dei vestiti puliti nella stanza di Clotaire come mi aveva detto Lucille e dopo aver fatto il mio dovere rientrai nel bagno dimenticandomi di bussare.

Ovviamente. Di piuttosto che l’hai fatto apposta!
Oh ma insomma! Non sono così pervertita!
Si, si...

Comunque, entrai con il pensiero di voler dare ad Edmund i suoi vestiti e invece me lo ritrovai davanti come mamma lo aveva fatto e ovviamente da povera idiota feci cadere gli asciugamani per terra e anche i calzoni. Mi girai velocemente per non vedere altro e lo sentii balbettare qualcosa.
-Guarda che hai fatto!- esclamò lui riferendosi alle cose che avevo fatto cadere.
-Tu sei un gran bel pezzo di cretino! Si può sapere che cavolo stavi facendo fuori dalla vasca?- esclamai in modo isterico.
-Stavo cercando un asciugamano!- rispose lui altrettanto istericamente. Credo che le nostre urla si fossero sentite anche da fuori e che probabilmente i pensieri contorti di Lucille stavano andando a parare da tutt’altra parte se capite cosa intendo... che vergogna!
-Ti ho detto chiaramente che te lo andavo a prendere idiota!- risposi io cercando di non girarmi per non guardarlo!

Che gran forza di volontà tesoro...

-Se mi avessi ascoltato anziché pensare a tutt’altro non saremmo in questa situazione screanzato!-
-Potresti per favore cercare di non chiamarmi con appellativi poco carini? Sei irritante!- lo stavo irritando. Chissà come mai!! Teoricamente sarei dovuta essere io quella irritata!
-Io ti chiamo come mi pare e piace deficiente e non osare dirmi che cosa devo fare!- dissi io facendo l’errore più idiota della mia vita: ovviamente nella mia testa non potevo andare contro ad una persona senza guardarla negli occhi e il mio corpo agendo d’istinto mi fece voltare verso di Edmund e ne rimase sconvolto anche lui, ma era troppo tardi prima che me ne potessi accorgere!

Dillo che l’hai fatto apposta! Puoi anche evitare tutte quelle bugie!
Non sono bugie!
Sarà...
Senti non ti ci mettere pure te, che sei più irritante di questo essere senza cervello davanti a me!

Diventai rossa notando la posizione in cui mi trovavo e dovetti fare appello a tutta la mia poca lucidità per non guardare in basso, dove di solito il tuo sguardo cade quando ti senti in imbarazzo o quando sei nervoso, ma questa volta dovetti anche umiliarmi ulteriormente cercando di guardare in alto. Ma naturalmente non c’era molto più in alto di Edmund dato che sfortunatamente per me, lui era molto alto rispetto alla sottoscritta!
-Edmund, ti prego, mettiti qualcosa...- sussurrai al limite della vergogna.
-Ma è tutto bagnato!- mi fece notare con un sorrisetto snervante e provocante sul viso! Santa Peppina! L’avrei preso a schiaffi! Non appena saremmo tornati indietro lo avrei mandato da un bravo psicologo per curare la sua lampante bipolarità e il suo essere così lunatico! Prima è dolce e gentile e tutt’ad un tratto diventa stronzo e rompipalle!
In questo momento è stronzo e approfittatore!
Come osa? Grrrrrrr! Mi fa salire il nazismo!
-Non me ne frega un beneamato cavolo! Mettiti subito qualcosa addosso per l’amor del cielo!- il mio gridolino di impazienza deve averlo convinto e sbuffando si legò un asciugamano alla vita  e io potei ricominciare ad espirare e inspirare normalmente senza rischiare di morire affogata.

Certo che pure te! Potevi approfittarne! Magari solo una sbirciatina!
Taci! Non farò mai una cosa del genere! Ma ti pare? Che ti sei bevuta? Mi sembri Alice!
Okay... come vuoi... però rimango sempre convinta del fatto che avresti potuto approfittarne...
Ti immagino già con un sorrisetto soddisfatto in faccia vero?
Ebbene si!
Quanto pazienza mi ci vuole!

Senza dire niente ad Edmund uscii dalla stanza velocemente e attraversando il salotto mi accorsi che Clotaire era tornato e insieme a sua moglie mi chiesero se andasse tutto bene con una faccia leggermente sconvolta.
-Oui, tout va bien! (Si, va tutto bene!)- risposi io mentendo per un verso e dicendo la verità dall’altro. Dopotutto non era successo niente di che, ma il solo pensiero di Edmund senza nulla addosso mi infiammò e sentii caldo all’improvviso, mentre fuori facevano meno dieci gradi!
Ritornai in quel maledetto bagno con le stesse cose di prima, ma asciutte; questa volta bussai e finché il mio caro compagno di viaggi non mi diede il suo permesso non entrai.
Come si dice: sbagliando, si impara!
-Come mai sei schizzata via in quel modo?- mi chiese lui incuriosito e io rimisi a posto le saponette che aveva usato nonostante Lucille mi avesse detto di non fare nulla. Dopo mi sarei sentita in colpa, non vuol dire che solo perché eravamo ospiti non dovevamo fare niente.
-Che razza di domanda è?- esclamai. Era un caso perso...
-Io non ci ho visto nulla di male! Sei solo entrata ed hai avuto l’onore di vedermi!- rise un po’ e poi si fece serio non appena gli chiesi come mai allora fosse irritato anche lui.
1 a 0 per me! Beccati questa!
-Perché mi hai ricordato Honor! Anche lei ha la cattiva abitudine di non bussare!- rispose lui facendo una smorfia e si sedette sulla sedia porgendomi la gamba. La ferita si era rimarginata, ma in alcuni parti i punti che Clotaire aveva dato non avevano retto bene e allora mi toccava rifasciarglieli con cura due o tre volte al giorno, dato che il signor sono-un-grande-atleta non arriva manco al ginocchio! Avrei voluto spaccargli la testa, ma mi trattenni, a volte sono troppo manesca.
Dopo la gamba gli fasciai il braccio e la spalla e con mia grande gioia potei accarezzargli, senza sembrare una pervertita, la pelle morbida.

Lo sembri uguale non temere.
Ma perché sei sempre qui?!

-Comunque non ci hai perso nulla! Anzi scommetto che ti sarai rifatta gli occhi!- mi disse lui con quel suo sorriso in modalità seduttore.
-Assolutamente no! È come se tu fossi entrato mentre io stavo uscendo dalla vasca! Non ti saresti imbarazzato?-

Ma che razza di domande gli fai?
Lo so…

-Ovvio che no! Sai non capita spesso di vedere una bella ragazza in tutte le sue grazie da queste parti!- esclamò lui meravigliato e sfacciato! -E poi non ho dubbi che tu saresti una bella visione!- mi sussurrò poi accarezzandomi lentamente la guancia facendomi diventare pazza!

Io mi chiedo che ho fatto di male al mondo?
Perché proprio io mi dovevo ritrovare con Edmund Grandi nella stessa casa per più di ventiquattro ore?
Perché lui doveva essere incredibilmente bello?
Perché doveva essere incredibilmente antipatico allo stesso tempo?
Perché non mi riesce odiarlo più del dovuto?
Perché nonostante tutto quello che dica e faccia io mi sento così irrimediabilmente attratta da lui?
Okay ora basta! Smettila con queste domande! Io non capisco proprio di cosa ti lamenti!
Lui sta cercando di farmi cedere! Ma io non cederò!
L’importante è crederci!
Mmmmmhhh perché devi essere così antipatica???

Involontariamente la mia mano prese la traiettoria del suo viso e per puro caso colpì il suo bellissimo zigomo (Da notare il sarcasmo)!
-Che ho detto?-
-Non cederò!- risposi con un sorriso trionfante sul volto facendo un ultimo nodo alla sua fasciatura facendolo contemporaneamente sussultare. –Oh scusa, l'ho stretto troppo forte?- gli chiesi preoccupata. Per quanto male gli volessi non avrei mai voluto vederlo soffrire.
-Un po’, non è che puoi allentare la fascia?- mi chiese lui abbandonando la sua maschera di ragazzo sicuro e pieno di sé e indossando quella del vero Edmund, un ragazzo come tanti, quello che a me  piaceva davvero.
-Okay- sussurrai prima di avvicinarmi ancora e allentare il nodo della fasciatura che avevo fatto vicino alla sua clavicola. Questo mi faceva trovare il viso molto vicino al suo e da una parte non mi dispiaceva. -Va meglio così?-
-SI, ma sarebbe molto meglio se ti avvicinassi un po’...- mi rispose con una strana luce negli occhi color smeraldo. Non mi ero accorta che le nostre bocche erano irrimediabilmente vicine.
Una sola mossa, sia mia che sua, avrebbe potuto scatenare il paradiso ne ero certa.
Forse però non era il momento giusto.
Forse avremmo dovuto aspettare.
Forse lui lo faceva per un bisogno fisico.
Forse non provava veramente qualcosa per me.
Forse era tutta un illusione che mi ero creata.
Forse sto solo pensando troppo.
Forse non dovrei permettergli di fare così.
Ma che cavolo! Coscienza dove cazzo sei quando servi?!
Forse questa volta devo solo seguire il mio cuore.
Forse devo solo lasciarmi andare.
Forse devo smetterla di avere paura e buttarmi, anche se alla fine sono sicura che ne uscirò delusa!
Mi avvicinai lentamente al viso di Edmund e potei notare che anche lui era in ansia, quel bacio lo desiderava anche lui. Nei giorni precedenti quel fantasma aveva viaggiato tra noi in attesa del momento perfetto e in attesa di qualcosa che non mi so spiegare.
So solo che adesso mi sento frastornata. Mi sento confusa, ma felice.
Non è vero che quando ti senti felice e stai per baciare qualcuno che ti piace davvero tanto ti senti le farfalle nello stomaco, io sento una mandria di rinoceronti attraversarmi lo stomaco e le gambe farsi di gelatina.
Le mie mani andarono sulle sue guance e lo attrassi a me, mentre le mie labbra entravano in collisione con le sue.
Il nostro bacio fu lento e ci demmo il tempo di assaporare l'uno le labbra dell'altro. Senza fretta.
Le mani di Edmund mi tenevano stretta a sé e percorrevano le mie gambe. Era ancora seduto sulla sedia e lentamente mi attirò maggiormente a sé, mentre le mie mani esploravano i suoi capelli color del grano. Le sue labbra morbide e delicate esploravano le mie, cercandole con disperazione quasi.
Mi sentivo come un ubriaca ad una festa: felice, confusa, eccitata e completamente abbandonata al vino e in quel momento il mio vino era lui.

Oh Edmund, che cosa mi stai facendo?



Angolo Autrice
Ecco a voi il capitolo che da tanto tempo aspettavate con molta ansia! Devo dire che è stato un vero e proprio parto!
C'ho messo un pomeriggio intero e non potete immaginare qualnte volte abbia cancellato e riscritto! Soprattutto l'ultima parte...
Spero con tutto il cuore che vi piaccia e che vi renda felici come rende felice me!
Un grosso bacio a tutte e a sabato prossimo!
Serena. 


 
Ringraziamenti:
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Capitolo 22
*** Capitolo 21. E adesso? ***


Capitolo 21

Pov Edmund

Era davvero successo?
Stavo forse sognando?
Mi sono seriamente lasciato andare?
L’ultima volta che ho baciato una ragazza così intensamente è stato quando ho portato Arianna Giglioli al cinema in terza media. Lo so, magari ero troppo piccolo, ma mi ricordo la mia intensa e perversa ossessione per quella ragazzina, ero follemente innamorato di lei e la cosa durò per due anni fino a quando Arianna non mi piantò per il capitano della squadra di basket e io non diventai uno sciupafemmine.
Da quel giorno avevo promesso a me stesso che mai mi sarei lasciato trasportare dai sentimenti, ma alla fine mi avevano trovato comunque e Amanda era proprio lì davanti a me.
Mi faceva tenerezza e allo stesso tempo mi eccitava il fatto che lei si sentisse a disagio in quella stanza mentre io non avevo nulla addosso; c’era qualcosa nei suoi occhi che non riuscirò a scordare, imbarazzo, paura, rabbia e incertezza, ma anche dolcezza, apprensione e attrazione.
Era bellissima mentre cercava di non abbassare lo sguardo e mentre cercava di mascherare la sua vergogna e per un secondo mi sentii un vigliacco ad approfittarmi così di lei, ma la parte meschina di me ebbe la meglio. Avevo cercato per così tanto tempo di reprimere i miei sentimenti che alla fine mi veniva naturale essere stronzo.
Alla fine però lei si era fidata.
Io non voglio approfittarmi di lei, non voglio che lei si allontani da me, non voglio che lei creda che sia tutto per finta.
Con Amy è tutto così naturale, così semplice e così irritabilmente perfetto. Ho sempre odiato la perfezione, perché io non sono perfetto e perché i miei genitori non lo erano, ma lei è perfetta ai miei occhi.
Le nostre labbra danzavano lentamente. Senza fretta. Ci stavamo esplorando, ci stavamo conoscendo meglio, ci stavamo dando un’opportunità. A volte le parole non servono e io cercai di trasmettere questo mio stato d’animo con quel bacio che Amanda approfondiva sempre di più.
Ero disperato, frustrato, mi facevano male i punti del braccio mentre le accarezzavo la schiena, ma nonostante tutto ne valeva la pena. Come quella notte che i lupi ci hanno trovati, quella sera lei mi aveva chiesto di non lasciarla, di rimanere lì e quelle parole mi avevano riscaldato il cuore e alleviato il dolore.
Ci fermammo per riprendere fiato, ma durò un secondo perché questa volta fui io ad attirarla a me, mentre le sue mani scendevano sul mio petto e mi accarezzavano dolcemente. Questa volta fu più intenso, questa volta fu diverso, inebriante e terribilmente folle. Lasciai una scia di piccoli baci sul suo collo e sotto la mandibola, Amanda mi scompigliò i capelli sorridendo debolmente, quel sorriso che mi faceva perdere la testa, quel sorriso che da notti occupava i miei sogni, quel sorriso che mi faceva venir voglia di baciarla fino a toglierle il respiro.
Era tutto così confuso, tutto così strano e stranamente normale.

L’incantesimo fu rotto un rumore che veniva dal salotto e Amanda si staccò come scottata da me, mentre la porta del bagno si apriva lentamente. Lucille chiedeva con gli occhi il permesso di entrare e un sorriso furbo spuntò sul suo viso, non riuscivo a non reprimere un sorriso imbarazzato e la mia Amy aveva raggiunto le quattordici tonalità di rosso!
-Tous va bien? (Va tutto bene?)- chiese la donna e di quel poco che mi ricordavo del francese potei capire che stava chiedendo se stesse andando tutto bene. Se avessi potuto le avrei detto che stava andando tutto bene, ma riflettendoci non sapevo che cosa sarebbe successo.
-Oui, pas des problemes! (SI, nessun problema!)- rispose in fretta Amanda e notai l’anziana donna sogghignare e nonostante non avessi mai avuto una grande simpatia per i francesi, lei era un eccezione.
Lucille disse qualcos’altro che non compresi e Amanda annuì con la testa e vedendomi confuso mi spiegò in fretta quello che aveva detto la gentile signora.
-Mi ha chiesto se gentilmente potevo andare ad aiutarla con il coniglio.- mi spiegò e sempre rossa come un peperone uscì velocemente dalla stanza.

Doveva essere confusa...
Ma va? Che genio!
Oh ciao! Mi pareva strano che non avessi ancora detto la tua!
Si può sapere perché l’hai baciata?
Io non lo so! Lei mi intriga!
Questo che cosa vorrebbe dire?
Vuol dire che mi interessa!
Ah si? E ti interesserà pure quando tornerai alla realtà oppure ti stai solo divertendo e stai giocando con il fuoco?

Cercando di dimenticare quello che la mia saggia coscienza mi stava dicendo uscii dal bagno e cercai di dirigermi in camera, ma Clotaire mi porse un vecchio bastone.
-Bastone da passeggio. Ti aiuterà.- disse l’uomo mettendomi in mano questo bastone e sorridendomi. Ogni giorno che passava mi stava sempre meno simpatico, ma apprezzai il gesto e buttando lì un “Merci” cambiai direzione e andai verso il divano.
Da questa posizione potevo osservare con attenzione Amanda e Lucille che stavano ridendo e armeggiando con il coltello l’una e con una serie di spezie l’altra. Ogni tanto Amy arrossiva di botto e diceva “no, no” di seguito per cercare di convincere la donna di qualcosa e molto probabilmente il centro dei loro discorsi ero io.
Clotaire mi porse un bicchiere pieno di un liquido dall’odore amaro e capii subito che si trattava di scotch: incredibile che ne possedesse di così buono!
-Tu innamorato della fille, n’est pas?- mi chiese l’uomo seduto sulla poltrona alla mia destra, mentre sorseggiava lo scotch dal suo bicchiere. Io credevo di strozzarmi con il mio invece!
-Non sono affari tuoi!- sbottai di colpo e lo sguardo serio che il dottore aveva su di me mi convinse che dovevo essere più gentile, dopotutto quell’uomo mi aveva salvato la vita.
Anzi, ci aveva salvato la vita.
-Voglio dire, non credo che ti riguardi.- dissi gentilmente e con un sorriso per metà falso e per metà soddisfatto della mia risposta.  
-Lei ti vuole bene.- dichiarò l’uomo continuando a guardare in direzione delle due donne e della cucina. –È intelligente, non perderebbe du temps avec toi se non pensasse che ne valesse la pena, mon ami. Donc, elle ti piace ou non?-
La spontaneità di quell’uomo mi colpì e mi prese alla sprovvista, tanto che non seppi come rispondere.
-Oui, elle te plait! (Si, lei ti piace!)- disse poi contento Clotaire e io confuso più di prima mi ritrovai a confessare a quel tizio cose che non avrei mai pensato di provare.
-Certo che mi piace! Mi piace molto! Lei è intelligente, bella, divertente e incredibilmente spettacolare! Tuttavia non so con precisione che cosa succederà adesso...-
-Visto? Ci voleva tanto per rispondere a una semplice domanda?- Clotaire rise un po’ prima di bere un altro sorso dal suo bicchiere e chiedere qualcosa a sua moglie. –Chiarisci!- mi ordinò poi mentre si alzava e andava verso la cucina.
Che cavolo vorrebbe dire?
Vidi Amanda cercare di convincere l’uomo a rimanere lì con Lucille, ma lui insisté e lei si ritrovò a camminare per il salotto, nella mia direzione.

Oh merda! E adesso? Che faccio? Lei sta venendo qui!
Com’è che ha detto quel tipo strano che ti ha offerto uno scotch? Ah si: chiarisci!

-Clotaire ha detto che dovevo venire qui e che dobbiamo parlare.- esordì Amanda sedendosi sulla poltrona prima occupata dal vecchio dottore.
Già. E adesso?
 
Pov Amanda

Già. E adesso?
Che cavolo gli dicevo? Ehi scusa, ma sai mi è venuto in mente di baciarti e l’ho fatto?
No, perché tu sei una persona dolce e carina  e non si approfitta della gente per cose del genere!
Molte grazie!
Ma prego!

Edmund era chiaramente nervoso e cercava in tutti i modi di evitare il mio sguardo e questo mi fece dedurre che il bacio non gli fosse piaciuto, o comunque non gli era piaciuto tanto quanto era piaciuto a me...
Decisi che dovevo parlare per prima.
-Senti, i-io non so cosa t-ti ha detto Clotaire, ma devo chiederti che cosa stai pensando!- balbettando il mio sguardo era rivolto verso il basso e il tappeto non mi è mai sembrato tanto interessante come adesso!
Edmund prese fiato prima di parlare e stranamente da come mi sarei aspettata lui mi prese le mani e finalmente parlò.
-Ecco, io... io sto pensando che quello è stato un bel bacio, e m-mi piacerebbe ba-baciarti ancora.- balbettò e diventò rosso in modo adorabile, facendomi però diventare rossa anche a me!           -Sempre che tu voglia, è ovvio!- nei suoi occhi c’era speranza e anche qualcos’altro, ma non so che cosa, avevo paura che più andavamo avanti più io rischiavo di affezionarmi a lui e la cosa che più mi dava fastidio è che probabilmente per lui è stato solo un bel bacio, solo un esperienza in più, magari non era stato nemmeno un granché, ma per me è stato qualcosa di più, qualcosa che si ricorda, qualcosa che va oltre al trasporto fisico, qualcosa per cui potrebbe valere la pena perdere la mia dignità.
-Io vorrei, ma so che quando torneremo a casa tutto ritornerà come prima e...- so che se dico quest’ultima frase potrei pentirmene, ma alla fine più di tanto non posso nascondere, lui tira fuori la parte più forte di me.
-E?- mi incitò Edmund stringendo impazientemente le mie mani.
-E...- fui interrotta da Lucille e Clotaire che arrivarono in salotto blaterando qualcosa riguardo al mal tempo, tanto che mi dimenticai cosa volessi dire ad Edmund.
Il ragazzo dai capelli color del grano staccò le mie mani dalle sue e mi concentrai su quello che stavano dicendo i due coniugi.
-Che cosa stanno dicendo?- mi chiese Edmund e io cercai di tradurgli in contemporanea mentre ascoltavo.
-Clotaire dice che vorrebbe provare a ritornare a valle e vivere come le persone normali, anziché reclusi quassù, mentre Lucille dice che è impossibile e che lei non vuole farlo. Stanno parlando della loro gioventù e della loro bambina.- mi bloccai non appena incominciarono a parlare di noi, Clotaire mi paragonava a sua figlia e vedeva in Edmund la sua gioventù perduta e chiedeva alla moglie di ascoltarlo: non potevano sopravvivere ancora per molto e pensava che io e lui avremmo dovuto avere l’occasione di vivere quello che loro non hanno mai vissuto fino in fondo, la vita.               -“Perché non vuoi andare via?” chiede Clotaire e Lucille gli risponde che non vuole perderci.- mi giro verso di Edmund e anche lui capisce al volo, non vuole rinunciare alla piccola famiglia che abbiamo messo su in una settimana e in un certo senso, anche io.


Angolo Autrice
Allora? Come state? Tutto bene?
Spero che il capitolo vi piaccia!
Alla prossima settimana!
Serena.

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22. Paura ***


Capitolo 22

Pov Amanda

Quella sera nessuno dei due riprese il discorso del bacio e da parte mia non c’era alcuna intenzione di intraprenderlo, dopotutto non avevo ancora chiaro in testa quello che sarebbe successo e continuavo a ripetermi che meno mi affezionavo a lui e meno avrei sofferto quando un giorno qualcuno ci avrebbe trovati.
Mi aveva però colpito il fatto che Lucille si era immedesimata nel ruolo di madre che le era stato tolto troppo presto e mi dispiacque desiderare di andarmene, d’ora in avanti un mio pensiero andrà sempre a loro. Sarà inevitabile.
Indossavo un vestito bianco con le maniche lunghe che la figlia di Lucille e Clotaire aveva ricevuto in regalo come corredo di nozze e mai indossato. Era comodo, profumato e teneva caldo, mi copriva tutte le gambe ed era pesante, decorato da perline sul corpetto e fiori di pizzo sulla gonna, con un nastrino che si stringeva a piacimento poco sotto il seno.
Edmund entrò nella nostra stanza, dove io mi ero rifugiata dopo cena e ne avevo approfittato per lasciare che Clotaire me lo tenesse lontano il più possibile, sono così grata a quei due! Capiscono le cose al volo e io non so neanche come facciano! Ma la verità più fastidiosa è che so che non riuscirei a trattenermi se Edmund volesse provare a baciarmi di nuovo e so che magari sono un po’ presuntuosa, ma da quel che ho potuto vedere non gli sono indifferente, o almeno è così che lui me l’ha data a vedere. Ho paura tuttavia di non riuscire a essere come lui vorrebbe che fosse una ragazza, non sono magra, né molto bella e sensuale come tutte quelle che è abituato a frequentare quindi non capisco proprio che ci possa trovare in me.
Accidenti a tutta la mia insicurezza!
-Ciao.- disse Edmund andando a sedersi dalla sua parte di letto, mentre io, sdraiata nella mia parte di letto guardavo il soffitto, annegando nei miei pensieri.
-Ciao.- dissi a mia volta distogliendo lo sguardo dal soffitto per vedere che anche lui si sdraiava vicino a me, nella mia stessa posizione, cercando di reprimere delle smorfie. Gli faceva male il braccio. Feci per alzarmi e aiutarlo, ma mi fermò con sguardo severo e una luce fredda negli occhi. Così mi ributtai sul letto. Sapevo che Edmund non era arrabbiato con me, ma con se stesso e la cosa mi faceva stare male, nonostante tutto.
-Ti fa male il braccio?- gli chiesi cercando il suo sguardo mentre giravo la testa verso di lui.
-Sto bene.- mi rispose senza guardarmi e io non capivo perché si comportasse così.
Quella mattina stavo per rivelargli che incominciavo a sentire qualcosa di più forte dell’attrazione nei suoi confronti e che non potevo iniziare qualcosa che non avrebbe avuto un lieto fine e ora mi ritrovo a ringraziare Dio di non aver detto quelle parole!
-Perché fai così?-
-Così come?- questa volta si girò e nei suoi occhi lessi frustrazione.
-Perché sei diventato freddo tutto all’improvviso?- la mia voce assunse un tono più fermo e mi alzai poggiandomi sul gomito.
-Che cosa?- era incredulo e fece lo sforzo di tirarsi a sedere, guardandomi dall’alto al basso, cosa che mi fece abbassare la testa. –Sei tu che sei diventata fredda!-
-Non è vero!-
-Si che è vero!- mi tirai a sedere anche io e ora eravamo faccia a faccia, pochi centimetri a separarci.
-No, non è vero!- mi impuntai e i miei capelli mi andarono davanti agli occhi.
-Ah no? Perché allora mi hai evitato tutto il giorno?!- mi chiese lui rabbioso.
-Io non ti ho evitato! Clotaire voleva parlare con te e allora...- fui interrotta dal cretino, che manco mi faceva finire il discorso!
-No, tu glielo hai chiesto! Non vuol dire che perché non so il francese non sono sufficientemente intelligente per arrivare a certe cose!- ero spiazzata – Non puoi capire come mi sono sentito! Mi sono sentito un appestato! Mi sono sentito rifiutato!- era completamente fuori di sé.
-Io non ti ho evitato! Non mi andava di parlarti e non sapevo che dirti! Oh ma che cavolo! Io non sapevo che cosa dire e-e...- mi fermai notando la sua espressione stupita.
Era così bello! Accidenti a lui!
-Perché non me lo hai detto?- era arrabbiato, ma dolce allo stesso tempo.
-Non è che ti debba dire ogni singola cosa che penso!- mi alzai e feci il giro del letto in preda al nervoso e cercai un maglione da mettermi addosso. Dovevo tenermi occupata per non rischiare di dare in escandescenza! Era troppo tempo che non uscivo e stare da sola con i miei pensieri è la cosa peggiore del mondo, specialmente se non trovi una via d’uscita. Sentii Edmund alzarsi e le mie gambe farsi molli, mentre lui si avvicinava a me con passo deciso, zoppicando.
-Io non ti capisco!-
-Anche io faccio fatica, fidati!- sbottai girandomi e perdendomi nei suoi meravigliosi occhi.
-Dimmi che cosa è successo!-
-Non è successo niente!-
-Non ti credo!-
-Beh allora è un tuo problema!- mi pentii immediatamente di quello che avevo detto e abbassai lo sguardo colpevole.
-Va bene allora non sarà un problema neanche questo!- disse Edmund rabbioso e sentii le sue mani circondarmi la vita e risalire rapidamente il mio corpo.
-Cos…?- la mia domanda fu interrotta sul nascere, intercettata dalle labbra di Ed che si erano tuffate sulle mie. Mi ritrovai a non ragionare e inconsciamente mi concessi a lui come quella mattina. Era circa mezzanotte e mezza e io stavo baciando il ragazzo che mi ero promessa di non baciare più, che coerenza ragazzi!
Il bacio terminò e potevamo percepire la magia e la sensazione di felicità che si era accesa in quel momento, i nostri nasi quasi si toccavano, anche se la sua bocca arrivava al mio naso con più facilità e le mie mani circondavano il suo viso accarezzandolo dolcemente. Non so che cosa provo per Edmund, ma sono molto sicura che sia un sentimento abbastanza forte e molto vicino all’amore. Ho provato le stesse emozioni anche per Matteo e ho paura di riviverle, ho paura di lasciarmi andare, ho paura che lui mi possa lasciare andare.
-Ho avuto paura!- sussurro appena.
-Di cosa?- mi guarda preoccupato, con lo sguardo di chi condivide la tua paura.
-Non lo so di preciso.- sorrisi sinceramente e mi accorsi che eravamo abbracciati.
Mi sentii bella, apprezzata e amata.


Angolo Autrice
Lo so, questo capitolo è un pò noioso, più riflessivo e neanche molto divertente, ma occorreva.
La prossima settimana cambieranno un pò di cosette e spero che non vi dispiaccia!
Un bacione e godetevi il weekend!
Serena.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23. La fuga ***


Capitolo 23

Pov Edmund

Amanda era una continua sorpresa. Ieri sera si è addormentata subito, mentre io sono rimasto sveglio buona parte della notte e ora posso perdermi ad osservarla senza sembrare un emerito cretino. Ha delle labbra rosee e piene leggermente socchiuse e i capelli morbidi sparsi sul cuscino vicino al mio. Questa notte non ci siamo avvicinati più di tanto e l’ho trovato molto strano rispetto a tutte le altre notti, mi è sembrato di non avere una parte importante di me. Mi è sembrato di rimanere solo.
Ma cosa mi sta succedendo?
Amanda si è mossa appena distraendomi dai miei pensieri e riportando la mia attenzione sulle sue labbra.
Ho pensato molto a come sarebbe se non fossimo rinchiusi in questa casa. All’inizio lei era il mio giocattolino personale, ma poi con l’andare del tempo qualcosa è cambiato: lei è molto altro e non solo una cosa da trattare a mio piacimento. So benissimo di non poterle dare quello che desidera, non sono il tipo da relazione seria e soprattutto dopo averla conosciuta in questo modo non riuscirei a prenderla in giro solo per soddisfare un mio bisogno.

Ma è veramente questo quello che vuoi oppure è solo paura?
È veramente la cosa giusta da fare per te? Allontanarti?
È veramente così che ti stai comportando? Con quale coraggio trovi la forza di fare il codardo? Tu che hai condannato questo atteggiamento per anni!
È veramente così che vuoi essere?
È veramente questo, quello a cui vuoi rinunciare?

Ma a cosa rinuncio in fondo?
Alla possibilità di liberarti del tuo passato.

-Edmund!- Amanda urlò il mio nome tirandosi a sedere e agitandosi sul posto, così di getto mi alzai anche io cercando di reprimere il dolore.
-Sono qui!- le sussurrai appena dietro l’orecchio cercando di calmarla, mentre le sue mani andavano a circondare il mio collo.
-Scusa.- mi sussurra appena mentre posa un leggero bacio sulla mia guancia coperta da un filo di barba.
Rimanemmo abbracciati per alcuni minuti e poi decisi di sciogliere l’abbraccio per piantare i miei occhi nei suoi e chiedere silenziosamente spiegazioni.
-Ho risognato quella notte.- nei suoi occhi lessi qualcosa di forte, un sentimento a me nascosto.
-Quale notte?-
-Quella in cui è successo tutto questo, ho rivisto la mia disperazione, la mia angoscia, la mia paura di perderti, la mia corsa verso questa casa e il mio respiro corto dall’ansia. Ho rivisto le tue ferite e le tue urla durante la notte.- buttò fuori tutto insieme e istintivamente mi ritrovai a baciarla per cercare di trasmetterle tutto quello che vorrei dirle: vorrei dirle grazie, vorrei dirle che nessuno era mai stato così dolce nei miei confronti, vorrei dirle che deve stare tranquilla e che è così bella, vorrei dirle che quando sto con lei mi sento felice e non ho bisogno d’altro, ma non ci riesco.        
Spero solo che lo capisca attraverso il mio bacio.
Lasciai altri baci sulle guance e sul resto del viso per farle capire che io ero lì con lei e che sarei stato sempre lì con lei.
-Scusa.- mi disse e ancora accarezzandomi i capelli e io vorrei solo continuare a baciarla e a farla felice come una bambina, perché so che non si merita me.
-Shh...- le feci segno di non parlare e posai l’indice sulle sue labbra, ritrovandomi ad accarezzarle. Le mie dita sembravano avere vita propria o il mio cervello aveva staccato la spina perché teoricamente non avrei dovuto.
Amanda mi baciò le dita che passano sulla sua bocca e io rimasi colpito da quel gesto così intimo che si era creato tra noi, era qualcosa che non mi sarei mai aspettato facesse.
Ora ho capito cosa ho letto nei suoi occhi: amore.
 

Pov Amanda

Devo essere decisamente impazzita!
Ma anche terribilmente innamorata! L’ho capito. Ora l’ho capito e avrei preferito non capirlo.

Io lo amo. Ma non dovrei.
Wow che coerenza!

È tutto sbagliato! Io dovrei odiarlo, dovrei essere arrabbiata con lui per i sentimenti che mi fa provare, dovrei sentire solo un disprezzo per questo ragazzo e invece riesco solo ad amarlo sempre di più e a preoccuparmi per lui.
Le sue labbra si uniscono alle mie e danzano insieme con passione e gioia, da parte mia è amore e felicità, ma da parte sua? Cosa dovrei pensare? Mi sta solo usando? Mi sta solo prendendo in giro?
Anche se conoscessi la risposta oramai il danno è fatto e devo solo cercare di dimenticarlo.

-Ci uccideranno! Dobbiamo andare via!- Clotaire era arrabbiato nero.
-E a loro no pensi?- Lucille anche aveva alzato la voce, tuttavia si era incrinata sulla fine.
-Loro non erano previsti...-

I pensieri della notte precedente ritornarono prepotentemente alla memoria.

-Edmund...- cercai di richiamarlo tra un bacio e l’altro. Dovevo dirgli una cosa importante e nonostante avrei preferito non farlo, dovevo.

La porta si era aperta e una lettera veniva posata sul mio comodino, poi dei passi e un singhiozzo senza fine di Lucille.
-Capiranno.-


-Si?- mi chiese scendendo a baciarmi il collo. I suoi baci erano disperati, si aggrappavano ai miei, non mi volevano lasciare andare. Perché?

"Cari amici, perdonateci." così iniziava la lettera, mentre la paura si faceva spazio nel mio stomaco. Erano le sei del mattino ed Edmund dormiva accanto a me, mentre i miei occhi correvano su quella pagina.

-Clotaire e Lucille non ci sono.- dissi cercando di rimanere calma.
-Cosa?- Edmund smise di dedicarmi quelle bellissime attenzioni e portò i suoi occhi preoccupati nei miei.
-Lo dicevano ieri sera...-
-Cosa?- la sua voce era impaziente e quello che volevo fare era solo baciarlo fino a togliergli il fiato!

Amy? Sei tu?
Lo so che è strano, ma è colpa sua!
Certo...

-Lucille diceva che non avrebbe sopportato il dolore di vederci andare via, così se ne voleva andare prima lei, mi ha spiegato come andare avanti per una settimana circa.-
-Ma... perché?-
-Perché ci hanno mentito...-
-Su cosa? Che cosa hanno fatto?- nei miei occhi c’era paura e nei suoi c’era la consapevolezza della mia paura mentre tiravo fuori la lettera.


Angolo Autrice
Et voilà! Che cavolo sarà successo? Cosa hanno tenuto nascosto i due francesi?
Per quanto riguarda i nostri protagonisti, la strada verso la felicità è in salita e molto ripida anche: piena di insicurezze, di dubbi, di arrabbiature e di un amore nascosto.
Spero che il capitolo vi piaccia e lo so che sto diventando troppo riflessiva e sdolcinata, ma don't worry be happy, la comicità tornerà presto!
Un bacio,
Serena.
 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24. Libri, colla e vernice ***


Capitolo 24

Pov Amanda

-“Cari amici perdonateci.
Vorremmo dirvi dove siamo diretti, vorremmo dirvi come tutto questo sia successo, vorremmo spiegarvi meglio a voce, ma non possiamo. Possiamo dirvi che tutto quello che sapete di noi è la verità, ma c’è dell’altro: mia moglie ed io siamo dei ricercati. Non possiamo dirvi il perché altrimenti sareste in pericolo come noi, ma possiamo dirvi come sopravvivere qui su da soli.
Vi abbiamo lasciato di che mangiare per tre giorni circa, poi dovrete andare a cacciare e vi ho lasciato un arco e due frecce, basteranno se vi allenate abbastanza. Se riuscirete a prendere qualcosa, Amanda tu sai come utilizzare al meglio tutto quanto. Potete allenarvi al bersaglio attaccato alla parete opposta alla cucina, l’ho messo lì apposta per voi. Edmund dovrà provare a camminare un po’ di più e cerca di farlo camminare il più possibile, in caso doveste ritrovarvi a correre sarete pronti.
Nel caso in cui le persone che ci stanno inseguendo arrivassero alla casa, nascondetevi nella botola della nostra camera vicino al letto e non fate rumore. Nell’eventualità in cui vi trovino non opponete resistenza, questa è gente senza scrupoli, vi chiederanno dove siamo, come abbiamo fatto a scappare e soprattutto dove nascondiamo la “Gemma”. Voi non lo sapete e non lo saprete mai, quindi siete salvi.
Non potete tornare a casa, una valanga ha bloccato il passo e solo noi sappiamo una strada alternativa, quindi dovrete imparare a sopravvivere. Ci sono anche del fucili nel mio armadio e delle cartucce nel mio comodino.
Vogliamo che sappiate che vi abbiamo voluto bene, come a dei figli e appena potremmo torneremo a prendervi.
Fino ad allora, vivete e amatevi.
Clotaire e Lucille.
”- tradussi la lettera ad Edmund e l’unica cosa che riuscivo a sentire era il battito dei nostri cuori che accelerava sempre di più. –Cosa ne pensi?- chiesi poi e vidi la mascella del ragazzo accanto a me contrarsi visibilmente, segno che stava per dare in escandescenza.
-Sai cosa mi fa incazzare di più?- mi chiese Edmund retoricamente continuando a guardare avanti, mentre i suoi bei lineamenti si indurivano ancora di più.
-Cosa?- chiesi sussurrando mentre appoggiavo la lettera sul letto.
-Mi fa incazzare il fatto che mi ero abituato all’idea di quel vecchio del cazzo che mi fa la predica e gli sguardi di Lucille che lancia le occhiatine divertite a noi due! Mi ero abituato ad avere una “famiglia”. Mi fa incazzare anche il fatto che non posso camminare bene e andare io là fuori e mi fa incazzare il fatto che non posso proteggerti come meriti...- era partito per la tangente e mi stupii del fatto che lui avesse detto veramente quelle cose.
-Ehi! Guardami!- dissi cercando di fermare il suo monologo senza senso! Appoggiai una mia mano sulla sua guancia e istintivamente si girò verso di me rilassandosi un pochino. –Andrà tutto bene, mi eserciterò e andrà tutto bene.- Edmund mi abbracciò con forza, come se avesse paura di perdermi, e io gli lasciai dei piccoli baci sulla guancia.
-Non voglio che tu vada!- mi sussurrò sempre mentre eravamo abbracciati e capii che era irremovibile e allora decisi di dargli corda.
-Okay, va bene. Ci penseremo poi . Adesso andiamo a mangiare.- mi sciolsi dall’abbraccio e scesi dal letto per andare ad aiutarlo. Si appoggiò a me con sicurezza, ma senza pesarmi per non farmi troppo male e ci dirigemmo verso la cucina.
-Cosa preferisci oggi?- gli chiesi mentre si metteva seduto al tavolino vicino alla madia.
-Posso anche scegliere?- mi chiese sorridendo beffardo.
-Certo, ho gli ingredienti per farti una zuppa di lenticchie e poi un’altra zuppa di lenticchie e credo che forse potrò trovare delle lenticchie per farti una zuppa.- dissi sorridendo ironicamente e mi misi a ridere alla sua espressione incredula e scocciata.
-Credo di volere la zuppa, mi hai fatto venire l’acquolina in bocca!- mi rispose sorridendo e prendendomi in giro. Gli avvicinai due fette biscottate con della marmellata sopra e mi guardò interrogativamente.
-Ci hanno scritto che abbiamo razioni di cibo per tre giorni e hanno scritto come utilizzarle: la mattina due fette biscottate.- spiegai e sperai che non mi facesse altre domande, ma Edmund è Edmund.
-E tu non mangi scusa?- mi chiese incredulo ancora con la sua fetta in mano.
-No, tu devi recuperare le forze e ne hai bisogno più di me.- gli sorrisi con la vana speranza che mi ascoltasse.
-Stai scherzando? Ora tu vieni qui e mangi la tua parte!-
-No.- mi impuntai e vidi nei suoi bellissimi occhi la testardaggine che tanto mi piaceva.
-Okay, allora non mangio nemmeno io!- si adagiò completamente alla sedia e mollò la fetta biscottata che prima era imprigionata nelle sue mani.
-Cosa? No! Devi mangiare!-
-Mangi tu, mangio io.- alzò le spalle e mi spiegò questa cosa come se fosse la più elementare del mondo. Sbuffai e mi sedetti di fronte a lui prendendo la mia parte e diedi un bel morso, avevo fame, ma non volevo darlo a vedere. Vidi Edmund sorridere soddisfatto e abbassarsi sul piatto per prendere la sua parte, mentre un ciuffo biondo gli ricadeva sulla fronte.
-Vedi? Con la diplomazia si risolve tutto.- mi disse cercando di reprimere le risate e allora mi uscì uno “scemo” che non commentò per sua fortuna.
Finimmo velocemente e poi ci mettemmo subito a bollire le lenticchie nel calderone che era già sopra il fuoco. Tagliai alcune carote per bollirle e Edmund mi abbracciò da dietro. Era una cosa così intima che mi sentii invadere da uno strano calore. Accidenti a lui! Non poteva fare così! Sarei morta prima del tempo!
-Che cosa stai facendo?- chiesi scandendo ogni singola parola, mentre continuavo a pelare e tagliare le carote.
-Ti sto abbracciando e annusando.- mi rispose ridacchiando.
-Sai, non sapevo che discendessi dalla famiglia dei canidi.- commentai ironica.
-Hai un odore così buono.- era ufficiale: stava diventando pazzo, o forse la mia bellezza accecante lo aveva stordito.

Si, certo... domani!
Ehi, non sono così male...

-Sei inquietante!- sbottai ridendo e girandomi un po’ verso di lui per guardarlo negli occhi. Pessima mossa.
Erano così belli, lui li rendeva così belli, io riuscivo a leggerci amore, ma era ovvio che mi stessi sbagliando. Dopotutto ero innamorata di lui e le illusioni che si creano gli innamorati sono spesso distruttive e poco producenti, quindi dovevo smetterla di provare quel sentimento per lui. Oddio! Fa davvero strano ammetterlo!
Distolsi lo sguardo tornando alle mie carote e mi concentrai parecchio sulle dimensioni che cercai di rendere uguali per ogni parte di carota, tutto ciò era molto importante.

Certo, come no!
Stai zitta brutta vipera!

Edmund lasciò la mia presa e andò in salotto, seguii il suo tragitto fino al grammofono e mise su un disco, un vecchio 45 giri, non sapevo di chi fosse e che canzone era, ma era melodica e lenta, dolce  e completamente inebriante. Il mio sguardo ritornò sulle carote non appena quello di Edmund ritornò sul mio. Lo sentii avvicinarsi e poggiare le sue mani sulle mie, chiedendomi silenziosamente di lasciar perdere le carote e fece unire le nostre mani. Poi iniziò a ballare e mi sorrise come se stesse cercando di farmi divertire. Scoppiai a ridere e lui mi venne dietro e allora portai le mie mani intorno a suo collo accarezzandolo dolcemente, mentre la mia schiena era accarezzata dalle sue. Mi fece volteggiare e poi mi fece fare il casquè finale, mentre le sue labbra scendevano ad esplorare le mie e mi riportava su.
Ero sua. Oramai avevo attraversato il punto di non ritorno e lui probabilmente lo sapeva e io sapevo che gli stavo permettendo di giocare con me. Gli stavo permettendo di farmi male.
 
Pov Edmund

Come mai mi stava permettendo di abbassare le sue difese?
Cosa cavolo stava succedendo?
Amanda mi guardò in un modo strano e poi si rialzò continuando a sminuzzare le carote, per poi passare alle lenticchie. Osservai ogni suo movimento e ogni piccolo cambiamento del suo sguardo, ogni piccolo particolare. La musica continuava a suonare  e lei sembrava una ragazza normale che prepara da mangiare e che si diverte a farlo. Ma nei suoi occhi c’era qualcosa che mi riscaldava il cuore quando ogni tanto mi rivolgeva uno sguardo dolce. Avrei tanto voluto avere una macchina fotografica per immortalare il momento e conservarlo per sempre, ma non potevo e quindi mi sarei dovuto accontentare della mia memoria.
Mangiammo in silenzio e poi la parte giocosa di Amy venne fuori, infatti mi disse poco democraticamente che avrei dovuto fare io i piatti.
-Cosa?- ero esterrefatto, non avevo mai fatto i piatti in vita mia!
-Hai capito bene caro mio! Io ho cucinato e tu lavi! Mi pare ovvio! Mica sono la tua serva!-
-Non ho mai lavato i piatti in vita mia!-
-Bene, è una buona occasione per imparare, non ci vuole tanto sai?- mi guardava come si guarda un alieno e mi arresi alla sua richiesta, dopotutto lei aveva fatto tutto quello che aveva fatto per me e mi aveva anche sopportato per tutto quel tempo, dovevo ripagare in qualche modo, anche se mi venivano in mente altri modi per poterla ripagare!
Mi portò vicino al lavandino e mi mostrò la bacinella con dell’acqua a dir poco gelida, l’aveva presa dalla tanta neve che c’era fuori e poi sciolta.
-E tu credi che mi sciuperò le mani a lavare questi due piatti? Stai scherzando vero?-
-Ehm... E’ vero, scusa tesoro, non ci avevo pensato.- era chiaro come il sole che mi stava prendendo in giro, mentre faceva la faccia affranta e io le lanciai uno sguardo truce che la fece sogghignare. – Però sai com’è... devi contribuire mi dispiace!- detto ciò andò in salotto e riesaminò la lettera, mentre mi aveva lasciato con dello schifoso sapone che si appiccicava e una spugnetta!
Magari avesse un paio di guanti!
-Ehi ci sono dei guanti?- chiesi urlando un po’ per farmi sentire e un “no” secco fu la risposta. Che palle!
Cercai in tutti i modi di non bagnarmi e lavai quei piatti del cavolo! La prossima volta avrei cucinato se così stavano le cose!
Andai in salotto e Amanda aveva messo un altro disco nel grammofono, l’unica cosa che aveva una presa corrente in questa casa molto strana. Aveva le gambe raccolte al petto e indossava ancora quella specie di pigiama, mentre i suoi occhi erano occupati a cercare qualcosa in quella lettera. Sinceramente ero ancora incazzato e cercai così di non pensarci.
-Lo sai che Clotaire e Lucille hanno dei meravigliosi libri in edizioni rare?- mi chiese Amy dopo qualche minuto.
-Ah si? Fantastico!- in realtà non me ne fregava un fico secco dei libri, non mi era mai piaciuto molto leggerli.
-Ci sono dei grandi classici: Anna Karenina, Cime tempestose, I tre moschettieri, Orgoglio e Pregiudizio... tutti in francese! Uh guarda c’è anche Dostoevskij! Ci sono molti autori russi.- Amanda sembrava una bambina in mezzo ad un tesoro per lei inestimabile e capii che da questo punto di vista io e lei stonavamo parecchio. Io non sapevo nemmeno chi era Dostoevskij! Ma era bello vederla così felice, nonostante la situazione.
-Ah si? Fantastico!- ripetei per irritarla un po’, nascondendo una risata.
-Potresti essere un po’ più allegro? Da quel che posso percepire sprizzi gioia da tutti i pori!- sbuffò rivolgendo ancora uno sguardo alla libreria.
-Scusa, ma i libri hanno un effetto soporifero su di me!-
-Non ti piace leggere?-
-L’unica volta in cui sono stato così vicino ad un libro è stato quando Honor mi aveva messo dell’attak sulla mano e io, che tra parentesi mi ero addormentato sulla poltrona, appena sveglio appoggiai la mano alla libreria di mio padre e un secondo dopo ritirai la mano con una copia del “Barone rampante” di Calvino.- la risata di Amy era coinvolgente, tuttavia cercai di mantenere una faccia seria e di fare l’offeso. –Quindi siamo andati al pronto soccorso per toglierlo, o meglio, la nostra cameriera mi ha portato al pronto soccorso, mio padre mi aveva solo ripreso per avergli rovinato quella stupida edizione.- quanto lo avevo odiato! Avevo solo dodici anni cavolo! Amy smise di ridere e si bloccò percependo la tensione e si riavvicinò al divano mettendosi seduta a gambe incrociate.
-Immagino che quell’edizione fosse costata molto...- voleva essere una domanda, ma credo che alla fine si era trasformata in una constatazione, e io annuii.
-Se ti può consolare una volta ho fatto di peggio...- disse cercando di allontanarmi dai miei pensieri e ci riuscì. -... mio zio è uno zoologo e era appena tornato da una spedizione nel Polo Nord con questo macchinone che usava per avvistare gli orsi ed era tutto sporco, così i miei fratelli ed io decidemmo di lavargli la macchina e lui ci aveva dato il suo permesso. Allora, la stavamo lavando e io mi stavo occupando del dentro e involontariamente, lo giuro, tolsi il freno a mano, così che la jeep andò verso indietro ed entrò in garage.- incominciai a ridere cercando di non sbottargli in faccia, perché era stata un disastro ed era così dolce mentre lo raccontava. –Non ridere ora, la parte divertente deve ancora venire: allora dicevo, la macchina entrò in garage, ma sbatté sul fondo dove mio padre aveva messo su una mensola della vernice lilla e gialla, così la vernice cadde e si sparse su tutto il fondo della macchina, dandole così un colore strano per mimetizzarsi! Non ridere così! Ero piccola! Avevo solo dieci anni e non lo avevo fatto apposta!- Amy divenne tutta rossa in viso e non feci in tempo a reagire quando mi arrivò una cuscinata dritta in faccia.
Come aveva osato?!?!?
-Adesso ti faccio vedere io!- esclamai in preda all’euforia di vincere, ma dovetti fare i conti con la mia gamba che malandata non riusciva ad essere veloce quel tanto che sarebbe bastato per acciuffare la ragazza dalla lingua lunga e vincere!
-Non riuscirai a prendermi mio caro!- disse orgogliosamente poggiando le mani sui fianchi, mentre mi lanciava un altro cucino. La sua risata mi rendeva felice, ma mi faceva venire voglia di andarle addosso e vedere cosa avrebbe fatto se fosti stato io a comandare il gioco.
-Lo vedremo! Intanto incomincia a correre che quando mi sarò rimesso per bene ti faccio vedere io!- detto ciò le rilanciai il cuscino e lei si avvicinò ancora di più per affogarmi, ma io più veloce la presi per la vita e la buttai poco gentilmente sul pavimento. La canzone del disco stava finendo e noi ridemmo come se fuori non ci fosse una bufera di neve, come se Clotaire e Lucille non fossero scappati lasciandoci soli, come se in realtà dovessimo essere lì.


Angolo Autrice
Sorry!
Allora so che avrei dovuto aggiornare da due settimane, ma ho avuto dei problemi con la scuola e compiti in classe/ interrogazioni per due schifose settimane, quindi abbiate pietà!
Nonostante ciò spero che il capitolo sia di vostro gradimento!
Un bacio e buon weekend!
Serena.


 

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Capitolo 26
*** Capitolo 25. Sogni ***


Capitolo 25

Pov Amanda

-Amanda- mi sussurrò una voce, la sua voce.
Aprii gli occhi e li immersi nei suoi mentre le sue labbra esploravano il mio viso. Con non so quale forza e coraggio gli tolsi la maglia che indossava provocandogli dei brividi sulla schiena, e che le mie mani andavano a coprire.
Sentii le sue labbra sulle mie e sensualmente si muovevano in armonia e in sintonia, facendo uscire dei gemiti dalla mia bocca. Era tutto così bello, così perfetto, così meraviglioso.
-Amanda svegliati!- mi urlò qualcuno e io cercai di concentrarmi sulle labbra di Edmund, che nel frattempo mi aveva sfilato il vestito lasciandomi scoperta di fronte a lui.
-Amanda!- sbattei contro qualcosa che mi fece aprire gli occhi e capii di essere caduta dal divano. Quello stronzo!
-Ehi!- mugugnai concentrandomi sul probabile bernoccolo che avrei avuto!
-"Ehi!"? È mezz’ora che cerco di svegliarti! Hai proprio il sonno pesante eh?- mi chiese lui alzandosi dal divano e porgendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi. Ci eravamo addormentati come dei baccalà, ma mi ricordo che era stato lui il primo a crollare, lasciandomi il privilegio di osservarlo senza sembrare una maniaca.
-Stai zitto!- gli ordinai poco gentilmente afferrando la sua mano per tirarmi su, ma il deficiente ne approfittò e mi attirò a sé facendo aderire i nostri corpi. Approfittatore!
-Eh no cara, ora mi dici che cosa stavi sognando!-
-Cosa?- aprii gli occhi e feci la faccia più sconvolta che uno alle nove del mattino poteva fare!
-O meglio, chi stavi sognando. Avanti! Dimmelo, mi stavi sognando!- accidenti a lui e a quel sorriso compiaciuto!
-Ma che stai dicendo? Forse l’aria del mattino ti da la testa? Ti prego la prossima volta svegliati più tardi!- cercai di divincolarmi, ma le sue mani si arpionarono ai miei fianchi e capii che non mi voleva lasciar andare.
-Te l’hanno mai detto che sei molto espressiva? Lo so che mi hai sognato!- come si divertiva, e come gongolava felice! Gli avrei spaccato la faccia! No, forse la faccia no, è così bello.
-Se lo sai che bisogno c’era di chiedermelo?-
-Non si sa mai, avresti potuto sognare qualcun altro!- ah si? Ora ti faccio vedere io!
-E che ne sai che non ho sognato un’altra?- misi i pugni sui fianchi e sentii la presa allentarsi un pochino e la sua bocca spalancarsi.
-Cosa?-
-Hai capito bene tesoro!- gli schioccai un bacio veloce sulla guancia e mi fiondai in cucina.
Evvai avevo vinto! Continuai a ridacchiare sommessamente ripensando alla sua faccia. Avessi avuto una macchina fotografica!
-Aspetta un po’! Tu stavi mugolando mentre pensavi ad una ragazza???- poveretto era chiaramente confuso.
-Mugolavo?- ora ero io però la sconvolta.
-Si, stavi sicuramente facendo un sogno erotico!- ammiccò con lo sguardo per un secondo e poi si ricordò della sua domanda. –Allora? Stavi sognando una ragazza?-
-Perché? Ti interessa?-
-No, assolutamente.- incrociò le braccia al torace e mi fissò per qualche minuto, ma poi ritornò all’attacco.  –Okay, mi interessa molto va bene?-
Risi di gusto prima di rispondergli e decisi che per quella mattina poteva bastare.
-No.- controllai la sua faccia: dal teso e nervoso passò al rilassato e confuso.
-L’hai fatto apposta! Brutta antipatica!- non feci in tempo a girarmi che mi ritrovai sulle sue spalle a mò di sacco di patate e invano cercai di scendere. Gli diedi dei “pugni” sulla schiena, che per lui erano come solletico e mi dimenai. Arrivammo al divano e incominciai a ridere quando insinuò una mano sotto il mio vestito facendomi il solletico.
-No! Ti prego! Edmund! Basta, basta!- lo supplicai e lui da povero cretino continuava a ridere. Lui rideva e io stavo per morire, ma dettagli. Appena si rese conto di avere la SUA mano sotto il MIO vestito si fermò e delicatamente incominciò ad accarezzarmi la pancia, per poi salire un po’ più su. Non potevo permettergli di scoprire che non avevo il reggiseno ed era meglio non tentare la sorte, così mi dileguai e mi rifugiai in cucina, sperando vivamente che non si presentasse.
Ero rossa dall’imbarazzo e dalla vergogna.
-Sai? Sono contento che tu non abbia sognato una ragazzo.- mi disse poi. No, quella non era decisamente la mia giornata fortunata. –E sono convinto che stavi sognando me.-
-Per te non c’è il minimo dubbio vero? Non può essere che abbia sognato un ragazzo che mi piace?- sbottai girandomi verso di lui. Era appoggiato allo stipite della porta posando tutto il peso su una spalla.
-È un modo contorto per dirmi che ti piaccio?- mi chiese e io strabuzzai gli occhi non credendo alle mie orecchie!
-No, è un modo per dirti che non ti ho sognato e che probabilmente potrei aver sognato un altro ragazzo che mi piace, no? – ovvio, come no.
-No.- mi rispose come se fosse ovvio.
-Come "no"?- ero indispettita, avevo un mestolo in mano e non avevo paura di usarlo. Più patetica di così...
-No, altrimenti non mi lasceresti fare questo.- mi rispose lui, avvicinandosi a me ed ebbi un brutto presentimento.
-"Questo" cosa?- chiesi ed ebbi subito la risposta alla mia domanda quando si chinò a baciarmi.
Teoricamente avrei dovuto usare quel mestolo che avevo in mano per cacciarlo, ma lui è così, così, così... arghhhhh! Non lo so nemmeno io com’è, ma il fatto è che mi piace e provo un forte sentimento per lui, quindi non sarei capace di allontanarlo, anche se so che prima o poi dovrò farlo.
Edmund si staccò dalle mie labbra per riprendere fiato, era stato un po’ troppo passionale come bacio, e senza perdere tempo ci si rifiondò senza neanche chiedermi il permesso, ma dopotutto non lo aveva mai fatto, lo avevo abituato male!
-Vedi? Avevo ragione io!- se ne uscì così rovinando completamente il momento romantico che si era creato e allora la parte combattiva di me prese il sopravvento assestandogli una bella mestolata in testa.
Edmund urlò dal dolore e io fui soddisfatta.
-Perché?- mi chiese con una voce dolorante e per un secondo mi impietosii, ma solo un secondo.
-Perché mi hai baciata a tradimento!-
-Perché, le altre volte te l’ho chiesto?- che insolente!!! –E poi non mi sembra che ti sia dispiaciuto!-
-Stronzo!- mi girai e venendo meno ai miei principi decisi che lo avrei fatto soffrire un pochino.
Lo baciai e lo feci sedere sulla sedia, mettendomi cavalcioni su di lui. Gemette un po’ mentre infilavo le mie mani nella sua maglietta. Ora, la cosa complicata di questa operazione era mantenere la calma e non farsi prendere dall’euforia. Non avevo mai fatto questo genere di cose se non con Matteo e ora ero molto fuori allenamento. Edmund ne approfittò per accarezzarmi le gambe e io sospirai sorpresa, notai lo sguardo di sfida nei suoi occhi ed ebbi la certezza che aveva capito, tuttavia non mi fermai. Incominciai a lasciargli una scia di baci lungo il collo e sulle spalle, sentivo la sua pelle tendersi e ne fui felice, lui mi lasciò fare e quando però cercò di approfondire quello che avevo iniziato, mi staccai da quella pelle perfetta e feci scorrere una mia mano lungo il suo torace per poi fermarmi all’elastico dei pantaloni. Alzando lo sguardo incontrai il suo e mi sentii strana.
All’improvviso smisi il giochino che avevo iniziato e cercai di ricompormi.
Facile a dirsi, ma a farsi un po’ meno.


Angolo Autrice
Salve gente! Ho deciso di farmi perdonare per non aver aggiornato con questo capitolo e non preoccupatevi, domani aggiornerò! non sono più impeganta come le settimane passate! Spero che il capitolo vi piaccia e buona giornata!
Serena.

 
Ringraziamenti:
  • Per le recensite a :  LuxShilas               logo2003             Rose6              fiftys92           romy2007          carryonvecia         Rafye           one hundred and nine      Fancy_dream 99
​​
  • Per le preferite a :  Luna_Everlark                          fiftys92                           Rose6                              sary99                   Lifeisover                JBJSIMOA                   carryonvecia                 cyren            mercurytime           Rafye                                                                                               Vivians                        BluePunkChic             ChiarettaL12              Momimomo81              Wallflower19                   
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Capitolo 27
*** Capitolo 26. Brutta faccia di merlo ***


Capitolo 26

Pov Edmund

Cosa cavolo stava facendo?
Certo, non mi sarebbe dispiaciuto se avesse voluto fare qualcosa insieme a me, ma sentivo che non era giusto. Quando si fermò notai vergogna nei suoi occhi, mentre io cercavo di capire. Era ovvio che aveva voluto farmi impazzire, ma non credevo che sarebbe stata così audace. Si levò da me e io me ne andai in camera. Dovevo cercare di non pensare a lei.
Cazzo! In questa casa non c’era nemmeno una fottutissima doccia! Mi ci vorrebbe una cascata d’acqua gelata!
Decisi di stendermi sul letto, ma appena chiusi gli occhi il mio primo pensiero andò a lei: alla sua pelle sotto le mie mani, al modo in cui le procuravo dei brividi, al modo in cui la mia pelle si tendeva sotto le sue labbra, al modo in cui mi faceva impazzire con il suo lato innocente, ma contemporaneamente sensuale, al modo in cui le mie mani esploravano senza timore il suo corpo e al modo in cui i suoi sospiri si univano ai miei.  È possibile che una ragazza così bella non abbia mai avuto un ragazzo???
No, non ce la faccio!
Mi alzai velocemente e altrettanto velocemente mi fiondai fuori da quella casa, incurante delle sue urla, ma il contatto con il freddo mi fece bene, non pensai a lei per un po’ e nel frattempo avevo fatto il giro dell’abitazione due volte. Rientrai che stavo gelando e Amanda mi saltò letteralmente addosso, togliendomi la maglia e mettendomi addosso una coperta di lana pesante, poi mi fece sedere e mi cambiò i calzini borbottando qualcosa ogni tanto e alla fine senza pensarci troppo mi saltò addosso.
Fantastico. Il mio tentativo di stare calmo e non cedere alla tentazione di farla mia all’istante era andato a farsi benedire.
Stranamente ci eravamo ritrovati nella stessa posizione di stamattina, ma questa volta era diverso, non stavamo giocando.
-Perché cavolo te ne sei andato in quel modo? Non lo sai che fuori fanno meno dieci gradi?!- mi chiese spalancando gli occhi e puntandoli nei miei.
-No, non me n’ero accorto, grazie del chiarimento!- commentai sarcastico cercando di non ridere. Ma un sorriso sulle sue labbra fece sorridere anche me.
-Avanti! Che ti è preso? Volevi morire assiderato?-
-Sai, Amanda, quando una ragazza fa certe cose ad un ragazzo e poi lo manda in bianco, in una casa senza via d’uscita senza altre fonti si sfogo, quel povero tizio dovrà cercare in qualche modo di togliersi dalla testa dei pensieri che non riuscirà mai a soddisfare! La cosa diventa complicata quando pensa di esserci riuscito e invece la ragazza gli salta addosso come qualche ora prima e il suo amichetto delle parti basse si risveglia di colpo! Capito?- cercai di spiegarle con chiarezza quello che era successo e la sua espressione stupita mi mandò in estasi!
-Oh mio Dio! Mi dispiace! Scusa...io non volevo...non pensavo che...- Amy era in evidente difficoltà e decisi di metterla ancora di più in imbarazzo incominciando a ridacchiare e lei si accigliò proprio come volevo che facesse. Fece per alzarsi, ma la fermai in tempo, non volevo che si staccasse da me.
-Lasciami andare antipatico, cretino, deficiente, stupido, idiota, brutta faccia di merlo!- quelle erano decisamente le cose più carine che mi aveva mai detto da quando ci conoscevamo.
-“Brutta faccia di merlo”?-
-Tu sei così insopportabile! Io ti sto chiedendo scusa per quello che ho fatto e tu mi prendi pure in giro?- era davvero sconcertata.
-Scusa, ma non so se ritenermi offeso perché mi hai paragonato ad un merlo, oppure essere dispiaciuto per il merlo perché gli hai dato del brutto, ma dato che io sono bello come il sole non credo ci sarà qualche problema!-
-Ah si, presuntuoso mancava nella lista!-
-Ma a te piace il presuntuoso!- quella mattina mi sentivo audace.
-Niente affatto!- distolse lo sguardo diventando rossa ed ebbi la prova che stavo cercando.
-E so anche che ero io nel sogno!-
-L’ho già detto che sei esasperante?-
-No, ma a te non dispiacerà certo ripeterlo vero?-
-Ti odio e sei esasperante!-
-Bene, allora non avrai niente in contrario se mi permetterò di fare questo...- lasciai la frase in sospeso per poi fiondarmi sulle sue labbra e ritrovare quel calore al petto che in quei giorni mi aveva reso felice e appagato. Scesi lentamente a baciarle il collo e ogni centimetro del viso, per poi accarezzarle le cosce, mentre ogni parte del suo corpo era attaversata, come il mio, dai brividi del freddo e del desiderio, conoscevo a memoria quei brividi ed ero felice di sapere che su Amanda avevo un certo effetto.
Mi alzai per andare in camera da letto e lei agganciò le sue gambe alla mia schiena facendo scontrare maggiormente i nostri bacini, provocando la fuoriuscita di un gemito frustrato dalla mia bocca. Arrivai alla nostra camera e adagiai lentamente Amy sul letto e un’ondata di piacere mi invase quando passò le sue mani fra i miei capelli scompigliandomeli come solo lei sapeva fare. Le mie mani vagarono istintivamente sul suo corpo andando ad alzare la sua vestaglia e riscendendo lentamente mentre mi stendevo sopra di lei stando attento a non farle del male.
Stavo raggiungendo l’apice del piacere solo baciandola e fu questo che mi fece fermare.
Non potevo farle questo. Io ero solo uno stronzo. E non la meritavo.
Notai il rossore che invadeva il suo viso e probabilmente si era resa anche lei di cosa stavamo per fare, forse mi avrebbe fermato o forse saremmo andati oltre, fatto sta che anche lei si era lasciata andare. Lei si era lasciata andare con me, la persona sbagliata.
-Sei così bella...- le sussurrai mentre con la mano destra prima e poi la sinistra facevo riscendere la sua vestaglia e mi poggiavo sulle braccia per ammirarla ancora un po’.
Amanda sussurrò appena un “grazie” e non so perché diedi voce ai miei pensieri.
-Non mi devi ringraziare, tu sei davvero bella e anche un cieco lo vedrebbe! Dio, mi riterrei davvero sfortunato se al tuo posto mi fossi ritrovato con una di quelle ragazze sicure di loro stesse, egoiste e poco gentili con cui ero solito uscire, ma con te è diverso perché tu sei così speciale che non mi approfitterei mai di te. E so che non è il massimo che io ti dica queste cose, ma mi sono uscite, scusa.- chiusi gli occhi per un secondo e li riaprii appena sentii un lieve ridacchiare da parte sua: aveva i capelli sparsi per il materasso e le sue mani allungate verso i miei capelli che cercavano di mandare quei ciuffi ribelli indietro. Era un vero spettacolo.
Sorrisi sollevato del fatto che quello che avevo detto non l’aveva fatta sentire a disagio, anche se la posizione in cui eravamo era molto più imbarazzante del mio discorso: lei sdraiata sul letto e io sopra con le gambe incastrate fra le sue.
-È per questo che ti sei fermato? Perché sono diversa?- mi chiese sorridendo mentre con le braccia cingeva il mio collo e mi abbracciava la schiena scoperta. Che diavoletta tentatrice!
-Si.- sussurrai desiderando solo di baciarla e non pensare ad altro, ma a volte la realtà è più dura di quello che sembra e non è come in uno di quei libri che Honor si legge dove il protagonista e la protagonista si abbandonano alla passione del momento per poi vedere il loro amore sfumare con il tempo.

Aspetta un attimo! “Amore”?


Angolo Autrice
Per qualche strano mistero della vita ( forse la connessione internet, ma shhh) non mi aveva pubblicato il capitolo, comunque spero che sia di vostro gradimento e chiedo venia per il ritardo non voluto! 
Un bacio, 
Serena.

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27. Lontano dalla cucina ***


Capitolo 27

Pov Amanda

-Sei troppo tesa!- mi sussurrò all’orecchio destro Edmund, mandando ogni mio proposito di rimanere concentrata a farsi benedire. Cercò di farmi stare più sciolta passando una mano intorno alla vita e l’altra poggiandola sulla spalla. Ma io dico! E' cretino o mi vuole far morire?
-Non hai una cattiva postura, il problema è che sei troppo tesa!- è tutta colpa tua idiota!
Edmund aveva fatto undici anni di scherma, mentre Josh era molto bravo nel tiro con l’arco, essendo un inglese doc i suoi genitori lo avevano allenato per le grandi gare, ma uno sforzo eccessivo gli bruciò i legamenti al braccio e addio ad arco e frecce; tuttavia nel breve periodo in cui erano riusciti ad andare d’accordo, Josh aveva insegnato ad Edmund qualcosa per una gara della Brigata.         Non so se ritenerci fortunati o sfortunati, dato che nessuno dei due era in grado di cacciare, ma dall’altra parte era già qualcosa che sapessimo centrare il bersaglio.
Lasciai la freccia che andò vicina al centro, con mia grande sorpresa e mi girai verso il mio maestro molto soddisfatta. Beccati questa!
-Okay, mi hai stupito! Contenta?-
-Moltissimo!- come una bambina andai a recuperare la freccia saltellando e mi resi conto con orrore di quello che avevo fatto: avrei voluto sotterrarmi! Me derelitta!
-Mi devo preoccupare?- mi chiese il mio caro amico con fare guardingo e io rassegnata al cambio di colore che la mia pelle involontariamente faceva davanti a lui, sussurrai un “no” alquanto imbarazzato.
Riprovai ancora e ancora, dopo aver visto Edmund farlo mi era sembrato abbastanza facile, ma tutte le volte era stata una tortura e chi mi conosce, sa che non amo le cose troppo difficili o pesanti.
Lo so, molto pigra sono!
Dopo un estenuante mattinata Edmund decise che potevamo mangiare e ovviamente mi divorai tutto quello che avevo avuto l’accortezza di preparare prima, sennò neanche mangiavamo visto che Mister-sono-più-allenato-di-te neanche sapeva cuocere due uova!

-Sul serio? Neanche due cavolo di uova?- ero incredula e stavo per perdere un polmone.
-Non sfottere! Scommetto che tu non sai cosa sia la "custodia cautelare" o un’ "arringa"!-
-E invece no, lo so: l’ "arringa" è la discussione tra due avvocati, mentre la "custodia cautelare" sarà qualcosa che riguarderà una cosa che va cautelata.- risposi convinta di quello che stavo dicendo, anche se non del tutto, avevo decisamente sparato a caso! Sopratutto il verbo "cautelare".
Dopo che Edmund si riprese dalle cazzate che avevo detto mi parlò con una calma disarmante, forse per non scoppiare a ridere di nuovo.
-Si può sapere dove le hai prese queste idiozie che sono uscite dalla tua bella bocca?- voleva farmi morire prima del tempo forse? "Bella bocca"?
-Mia nonna si guardava Forum e Torto o Ragione tutti i sacrosanti giorni che andavo a farle visita.-
-Quindi dalla tv?-
-Ovvio! Ti pare che mi metto a cercare che cos’è la "custodia cautelare"? Tv docet!-
Era ufficiale. Edmund aveva perso letteralmente un polmone, si vive anche con uno solo vero?

Oppure potresti aiutarlo ogni tanto con la respirazione bocca a bocca, sai non è tanto male!
Ma stai zitta te, va’!

-Diciamo che sull’ "arringa" c’hai visto giusto, ma la "custodia cautelare" è la carcerazione preventiva del soggetto al fine di salvaguardare un eventuale fuga all’estero o la reiterazione del reato. Capito?- mi guardò cercando di capire se in effetti avevo compreso quello che stava cercando di dirmi.
-Beh, c’è da dire che come avvocato non devi essere male...- supposi lasciando la frase leggermente in sospeso e il mio adorato tesoro lo capì subito.

Scusa, “adorato tesoro”?
Si, lo so, sono messa male...

-Ma...?- mi incitò a parlare.
-Ma rimane il fatto che non sai cuocere due uova! Oh mio Dio!- e ricominciai a ridere, mentre lui mi guardava in un modo strano, senza malizia o cattiveria, non vedevo nemmeno l’ombra di una vendetta nei suoi occhi, ma solo... tenerezza?
-E non sai che ho anche rischiato di bruciare la cucina di casa, mentre la governante urlava che ero il figlio del demonio!- okay, da questa uscita infelice avevo capito che “Edmund” e “cucina” non possono stare insieme nella stessa frase.
-Ah no, quando torneremo a casa, non ti farò avvicinare neanche di un millimetro alla cucina!-

Silenzio.

Che. Idiota. Incosciente.
Concordo.
Porca vacca! Che cavolo mi era venuto in mente di uscirmene così??????????

-Voglio dire, dirò ad Honor di non farti avvicinare di un millimetro alla sua cucina.- cercai di rimediare, ma oramai la cavolata l’avevo detta e sperai che lui non introducesse l’argomento, almeno per quella volta.
-Si, credo... che lo sappia già comunque.- accennò un sorriso tirato e seppi di aver interrotto la magia del momento.

Che deficiente!
So come ci si sente...
No non lo sai! In pratica gli ho detto che quando torneremo a casa IO e LUI, quindi INSIEME, non lo farò avvicinare alla NOSTRA cucina! Ed  è parecchio imbarazzante visto che non stiamo insieme,  non viviamo insieme e tanto meno abbiamo mai condiviso qualcosa!

Dopo mangiato ci allenammo ancora un po’ e poi con due bastoni mi insegnò qualche mossa di difesa.
Non avevamo più parlato in modo intimo, eravamo piuttosto freddi e distaccati, non c’era più quel filo che ci legava e io mi sentii vuota. Inoltre non avevo più pensato alla lettera di Clotaire e Lucille e tante domande mi ritornarono alla mente, tante cose non chieste e tante cose non rivelate.
Cos’era la “Gemma”?
Perché ci avevano lasciato lì?
Chi li stavano cercando?
Chi li voleva morti?
Chi voleva morti noi?
Da chi ci stavano proteggendo?
Il solo pensiero di dovermi separare da Edmund mi mandava in crisi. Oramai lui era diventato il mio punto fermo e la mia ancora di salvezza in così poco tempo, ma non sapevo cosa significavo io per lui. Forse un po’ di bene me ne voleva, ma non come io ne volevo a lui. Questo era certo. Questo era invitabile ed io ero rimasta fregata ancora una volta.


Angolo Autrice
Salve gente! Come va?
Questa volta non ho niente di significativo da dire se non ringraziare tutti voi e augurarvi una bbuona serata, quindi me ne starò zitta!
Un bacione e al prossimo capitolo,
Serena.

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Capitolo 29
*** Capitolo 28. Il patto ***


Capitolo 28

Pov Edmund

Era passata una settimana e non riuscivo a togliermi dalla testa quelle parole.
Quando torneremo a casa…”  io e lei. Insieme.

L’idea non mi dispiaceva affatto, ma...
Ma...?
Come?

Stavo camminando da mezzora ormai e sperai tanto di tornare prima che lei si svegliasse. Ero uscito senza avvertirla e senza dirle nulla, ma non ne avevo avuto modo dato che in quella maledetta casa non c’era nemmeno una cavolo di penna!  Il vecchio Clotaire doveva aver portato via l’unica che mai aveva posseduto.
Il tempo era strano. Non c’era un  minimo rumore e la foresta appariva calma, era un punto a mio svantaggio dato che non sono un cacciatore e non conoscevo il livello uditivo animale, perciò dubito che avrei trovato qualcosa da cacciare. Cercai di fare il minimo rumore possibile, ma il risultato fu disastroso.
Dopo un’ora non trovai ancora niente e decisi di ritornare al rifugio.
Chissà se Amanda aveva già iniziato a fare il pranzo! Eravamo scesi ad un compromesso, lei cucinava e io lavavo i piatti, ma alla fine li aveva smepre lavati lei perché come sostituto della lavastoviglie faccio schifo. Fino a due giorni fa.

-Ma tu guarda! Neanche lavare due piatti?!- esclamò la mia dolce metà (si fa per dire) che al momento non era per niente dolce.
-Te l’avevo detto!- provai a difendermi, ma lei era più agguerrita che mai.
-Non significa niente, non puoi fare così! Quando uno ti assegna un compito tu lo fai e basta! E lo fai al meglio!- quando si arrabbiava era incredibilmente eccitante e il fatto che non lo sapesse la rendeva ancora più sexy.
-Scusa, ma non ci sono abituato! E non alzare la voce con me!-
-E invece io la alzo la voce con te! Sei solo un bambino!- Amanda si mise i pugni delle mani sui fianchi e inclinò un po’ la testa, come dire “Ma tu guarda questo!”. È una delle persone più espressive che io conosca e questo è un bene, perché così so come devo agire.
Non sono mai stato bravo con le persone e con le ragazze in particolare, le ho solo usate alla fin fine.
-Io non sono un bambino.- la mia voce si abbassò. Non sopportavo quando qualcuno mi diceva così.
-E invece lo sei! Sei cresciuto è ovvio, e anche molto bene, ma non di cervello! Quello è rimasto alla bella età di cinque anni!- la sua voce si incrinò e sulle sue labbra vidi un leggero sorrisino.
-Mi stai prendendo in giro?- chiesi avvicinandomi a lei, che andò a sbattere al ripiano di legno mentre cercava di sfuggirmi. La intrappolai mettendo le mie braccia ai lati dei suoi fianchi e appoggiandomi al piano di legno.
-Chi? Io? Stai scherzando? Sono tremendamente seria...- Amanda cercò di assumere un’espressione seria, ma fallì miseramente. –Senti, facciamo un patto!- d’un tratto il suo viso si illuminò e pensai comunque che fosse bellissima senza avere un atteggiamento provocante. Mentre nelle mie precedenti conquiste di una notte le ragazze avevano solo quello di interessante, l’arte della seduzione. Ma Amanda non era una conquista di una notte.
-Che patto?- non mi spostai di un millimetro perché adoravo intrappolarla in quel modo. Mi dava in qualche modo sicurezza.
-Se davvero laverai i piatti, tutti i giorni, io ti bacerò ogni volta che avrai finito.- quasi sussurrò la sua proposta, potei vedere l’imbarazzo sul suo viso e la domanda “Davvero credi che ti bacerà?”, e siccome non è nella mia indole farmi perdere il divertimento e lei me le offriva su un piatto d’argento decisi di giocare un po’.
-Ma... io ti bacio lo stesso... perché dovrei avere il tuo permesso?- sorrisi falsamente e i suoi occhi si spalancarono sconvolti.
-Tu...- le parole le morirono in bocca, ma continuò a sostenere il mio sguardo. -...io non te lo permetterò!-
Colsi l’occasione al volo e la baciai. Come sempre intensamente e lentamente. Ma questa volte Amanda mi morse il labbro, forte.
-Ahio!- mi staccai da lei e la vidi sorridere.
-Dicevi?- era contenta di avermela fatta la ragazzina, ma io non avrei ceduto!
-Posso modificare un po’ la tua proposta?- chiesi appoggiandomi di nuovo al ripiano di legno e imprigionandola ancora.
-Okay...- i suoi occhi castani mi scrutavano le labbra probabilmente più rosse delle sue a causa del suo morso, ma io cercavo i suoi occhi. Per una volta.
-Facciamo che ogni volta che voglio posso baciarti e tu non opporrai resistenza, e laverò i piatti, okay?-
-Affare fatto!- mi porse la mano e io la strinsi, prima di baciarla appassionatamente.”


Al ricordo di quell’episodio di qualche giorno fa sorrisi e non mi accorsi che nel frattempo ero quasi arrivato. Il fuoco era ancora acceso, ma la porta leggermente aperta. Mi allarmai.
-Non mi uccidere, ma serviva che facessi un tentativo tesoro!- dissi entrando sperando di calmarla nel caso fossi lì ad aggredirmi.
-Amanda!?- la chiamai, ma non rispose. Guardai in cucina e poi in camera dove le coperte erano sfatte.
Si era alzata, ma non era in casa. Non bussai nemmeno alla porta del bagno dalla preoccupazione.
Mi precipitai fuori di corsa, caviglia permettendo, e mi bloccai nel vedere una macchia di sangue sulla neve fresca e bianca.


Angolo Autrice
Scusatemi, il mio ritardo è imperdonabile, ma quest'ultimo periodo ho perso completamente l'ispirazione e non sapevo come continuare la storia.
Ora però credo di poter andare avanti, iniziando da questo capitolo, anche se corto.
Spero mi capirete e perdonatemi ancora.
Un abbraccio e buon weekend!
Serena.

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Capitolo 30
*** Capitolo 29. Travis ***


Capitolo 29

Pov Amanda

Mi svegliai all’improvviso, come se il mio corpo avesse capito che ero rimasta sola. Edmund non c’era, ma il suo profumo era rimasto impresso nelle lenzuola del letto. Accarezzai il suo cuscino sorridendo al pensiero del suo viso angelico che dormiva, mentre le mie dita andavano ad accarezzare il suo petto per constatare che fosse ancora lì con me.
Ripensai al fatto che di lì a poco mi avrebbe baciata, ricordandomi del nostro patto, e non mi sorpresi nel sapere che non vedevo l’ora, e sono sicura che da una parte lo sapeva anche lui.

Oh cielo! Chi l’avrebbe mai detto che un giorno avresti fatto pensieri del genere su Edmund Grandi!
I casi della vita...

La cosa che però mi spaventa è che gli sono molto legata nonostante siano passate solo due settimane circa, e non riesco a ricordarmi bene cosa facevo prima di cadere in quella scarpata.
Mi ricordo solo i giorni con Lucille e Clotaire, i borbottii di Edmund e la sua aria assonnata quando lo svegliavo per la colazione.
Mi ricordo che gli piace circondarmi la vita da dietro mentre tagliavo le carote e che piace anche a me, mi piace ascoltare la musica insieme a lui e ammirare quegli attimi silenziosi e imbarazzanti che ogni tanto calano su di noi.
Mi alzai lentamente e andai in cucina, notai che Edmund aveva tirato fuori la marmellata e un po’ di focaccia, per poi lasciare tutto sul tavolino. Questo ragazzo non si regola! Povera la sua futura moglie!

Ti piacerebbe eh?
No! No! Ma che stai dicendo? Neanche morta!
Si, si, come no...
Sono seria!

Mangiai e mi chiesi dove fosse andato lo zuccone, non avrei di certo tralasciato il fatto che aveva lasciato il cibo sul tavolo, anzi, gliene avrei dette di tutti i colori!
Andai a bussare in bagno, già pronta per la mia accusa con prove annesse!
-Brutto zoticone che non sei altro! Esci subito e vieni a mettere a posto!- dissi impuntandomi come la maggior parte delle mattine. Per quanto mi piacesse Edmund devo riconoscere che per stare insieme a lui ci voleva una grande pazienza!
Non rispose così riprovai e dopo una decina di volte entrai senza avvertirlo, oramai di figure di merda ne avevo fatte tante, una più una meno. Ma lui non c’era.
Controllai nella stanza di Clotaire e Lucille, per poi riguardare nella nostra.
Mi allarmai. Doveva cavolo poteva essere andato? Controllai in salotto e poi di nuovo nella camera dei nostri amici, mancava un fucile.

Quel deficiente patentato era andato a caccia senza di me??? Io lo strozzo quando torna!
No, ti piace troppo!
Assolutamente no! Doveva almeno avvertirmi! Se si facesse del male? Se i lupi tornano? Farà così tanto rumore che lo troveranno!

Senza pensare uscii di casa e tanta era l’adrenalina e la voglia di trovarlo che nonostante l’agitazione ritornai indietro per mettermi una delle pellicce di Clotaire e prendere il suo arco e delle frecce. Andai nella serra dietro la casa e presi  un coltellino per segnare il sentiero e nel frattempo mi venne anche un idea per provare a cacciare qualcosa.
Se fossi stata abbastanza fortunata avrei potuto provare a prendere un ermellino o una donnola, magari fosse passato invece un bel coniglio! 
Cercai di fare il minimo rumore possibile e camminai per almeno un quarto d’ora, ma ad un tratto qualcosa attirò la mia attenzione. Un abbaiare mi distolse dai miei pensieri e la paura si impossessò del mio corpo. Rimasi immobile cercando di non fare niente. Il silenzio e la poca esperienza erano miei nemici, mentre i lupi si accanivano sulla loro grossa preda. Riuscii ad intravedere un lupo con il pelo più grigio degli altri, forse era il più vecchio, mentre altri cinque si riunivano attorno ad un corpo.
Delle lacrime solcavano il mio viso senza che io potessi fermarle, così non appena sentii dei guaiti dietro di me pensai a tutto ciò che era stato della mia vita o almeno ci provai. Si dice che quando si vede la morte in faccia si ha la visione completa dei momenti più belli della propria vita, ma anche dei rimpianti e di quelli più brutti. Per me non fu così, c’erano mille domande nella mia testa che volevano una risposta, prima fra tutte: chi era quell’uomo a terra che i lupi stavano divorando? Dove era Edmund? Come mi era venuto in mente si uscire? Perché dovevo essere così impulsiva?
Nel girarmi mi accorsi che il guaito non proveniva da un lupo vivo, ma da un lupo ucciso da qualcuno. Era un guaito di dolore.
L’uomo si alzò e sparando in aria fece scappare gli altri membri del branco. Mi accorsi di essermi accovacciata ai piedi dell’albero nel mentre che quel tizio aveva sparato.
Oh mamma! Ero nella merda!
-Non dovrebbe girare da sola per questi boschi, mademoiselle.- mi ammonì l’uomo con un accento molto francese sulla pronuncia italiana. Tirò via dal corpo del lupo senza vita un coltello lungo almeno venti centimetri.
-Le racconterò una storia.- mi sorrise e provai un brivido lungo la schiena, ma non un brivido di piacere, un brivido di puro orrore. L’uomo doveva avere sui trent’anni circa, biondo e con una lunga cicatrice che partiva da poco sotto l’occhio, attraversava tutta la parte destra del suo viso bianco come il latte per poi finire alla base del collo. Si avvicinò al corpo dell’altro uomo e tirò da una tasca un fazzoletto bianco. Pulì il coltello con il fazzoletto e poi si pulì le mani. Rimise il coltello nella custodia attaccata alla cintura che portava e poi conservò il fazzoletto.
-Mi chiamo Travis, sono un amico di Clotaire e Lucille.- l’uomo sorrise e io tremai sempre dalla mia posizione vicino all’albero. Ero sicura che sul mio viso avesse già letto paura e terrore, quindi non mi sforzai nemmeno di nasconderlo. –Li sto cercando per un conto in sospeso diciamo...- mi guardò sorridendo ancora e io mi alzai cercando la freccia dietro di me. -...hanno ucciso la mia fidanzata!-
La punta della freccia era ben salda nelle mie mani e per un millesimo di secondo mi spaventai all’idea di quello che avrei potuto farne, ma la mia coscienza mi raccomandò del fatto che se nel caso avesse provato a farmi del male e non volevo morire senza prima aver ricevuto una proposta di matrimonio, dovevo usare quella maledetta freccia.
-Lei era bellissima, meravigliosa, ma loro l’hanno messa contro di me e lei si è uccisa, così ho giurato sulla sua tomba che sarei tornato per vendicarmi.- chiarì l’uomo che sicuramente doveva essere uno psicopatico! Ed io che credevo che certe cose accadessero solo in tv!
Eppure sapevo che c’era dell’altro!
L’uomo si avvicinò e i miei muscoli si tesero ancora di più, non sapevo se spostarmi o rimanere dov’ero. Così lo bloccai con la mia domanda.
-Chi sei?- patetico, ma sapevo che c’era qualcosa che non mi diceva.
-Te l’ho già detto, Travis.- no, non è vero.
-E cosa vuoi?-
-Voglio i due vecchi, e so che li hai visti.- i suoi occhi color del ghiaccio si stavano avvicinando sempre di più e io non volevo usare quella freccia, sapevo che non sarei mai stata così veloce da infliggergli alcun dolore.
-E come lo sai?-
-Non sono cose ti riguardano...- mi scrutò facendo una breve pausa -...ma forse ti riguarda sapere che sei molto bella.- mi sorrise ancora e per un secondo mi sembrò sincero.
–Ci andrò piano.-

Solo un secondo, prima che lui provasse ad uccidermi.


Angolo Autrice
Mi sento molto sadica in questo momento, ma per farmi perdonare ho aggiornato in anticipo!
Cosa succederà alla nostra Amy? E Edmund dove sarà finito? Che cosa caspita vuole Travis? Ma soprattutto chi è e perchè Amanda è convinta che ci sia molto di più sotto la sua storia?
Il tutto al prossimo capitolo!
Buona serata!
Serena :*

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Capitolo 31
*** Capitolo 30. Amare lui... ***


Capitolo 30

Pov Edmund

-Si può sapere per quale cazzo di motivo sei uscita?- le urlai contro nonostante fossimo di spalle.
-Potrei chiederti la stessa cosa brutto deficiente!- mi rispose lei gentilissima, ma questa volta non avrei mollato!
-Ero uscito altrimenti non mi avresti fatto uscire! L'ho fatto per te!-ero davvero incazzato stavolta.
-Ma cosa vuoi? Una medaglia? Sono morta di paura non trovandoti e già stavo pensando a dove saresti potuto andare, a come ritrovarti, al perché te ne fossi andato!- la sua voce si incrinò alla fine della frase e nonostante non potessi guardarla negli occhi perché eravamo legati schiena contro schiena, le strinsi una mano. La sua mano sinistra così piccola in confronto alla mia.
-Ho avuto paura di perderti...- mi sussurrò inclinando la testa verso sinistra e io d’istinto la girai verso destra per esserle ancora più vicino.
-Anche io... scusami.-
-No, scusami tu.- ebbi un disperato bisogno di guardarla, di abbracciarla, di baciarla, di farla mia, di farle capire cosa stavo provando in quel momento, la volevo far sentire al sicuro.
-Siete quasi adorabili.- una voce davanti a me mi fece scattare, ma mi accorsi di non potermi muovere.
–Non ti scaldare biondino, dovrai conservare un bel po’ di energie...- l’uomo girò per la stanza di Clotaire e Lucille fino ad arrivare davanti ad Amanda e io non potevo vederlo.
-...dopotutto ho tutte le intenzioni di distruggervi!- potei percepire un brivido scorrere tra le scapole di Amy, schiacciate contro le mie. Le strinsi la mano ancora di più e lei ricambiò.
-Come siamo silenziosi...- l’uomo si alzò e prima di andarsene mi guardò dritto negli occhi e lessi sete di vendetta.

“Seguii le tracce di sangue sulla neve e mi ritrovai a circa cento metri di distanza dalla casa, con il corpo di un uomo morto mezzo sbranato dai lupi e una freccia vicino un albero poco distante dall’uomo. Pensai subito ad Amanda, la freccia era sporca di sangue, forse aveva provato a difendersi oppure qualcuno o qualcosa aveva provato a farle del male.
Un urlo mi risvegliò dai miei pensieri e iniziai a correre, per quanto potevo, verso la casa. Era in pericolo e io non potevo permettere che le succedesse qualcosa!
-NO, lasciami!- Amanda cercava di liberarsi dalla stretta di qualcuno e io cercai di fare il meno rumore possibile. Arrivai ad una finestra e mi si gelò il sangue nelle vene a vederla accasciata a terra con il corpo di un uomo abbastanza giovane che la sovrastava.
-Ora starai buona  e mi lascerai fare!- l’uomo iniziò ad accarezzarle la guancia destra e Amy rimase completamente bloccata dal terrore.
–Sei davvero molto bella, Amandine...- Eh no! Questo proprio no!
Lei è solo mia!
Entrai di scatto dalla porta e mi buttai addosso all’uomo, che sorpreso non fece in tempo a tirare fuori la pistola, però fu abbastanza veloce da estrarre un coltello che poco non mi ammazzava.
Amanda urlò e mi tirò a sé, mentre il tizio sogghignava.
-Hai fegato ragazzino, purtroppo non ti basterà avec moi.- oh no, un altro francese del cazzo!
-Cosa te lo fa dire, stronzo?!- sbottai e capii, dalle unghie di Amy che mi stringevano la mano, che con quello non si poteva scherzare.
-Io modererei i termini...- l’uomo mi guardò con i suoi occhi che trasmettevano gelo.
-Altrimenti?- accidenti alla mia boccaccia!
-La mort?- il coltello stretto in pugno che armeggiava tranquillamente andò a bloccarsi sul pavimento a due centimetri dal mio piede destro. Okay, ora avevo capito...
-Vattene e lasciaci in pace!- urlò Amanda in preda al panico e questa volta fui io a cercare di fermarla.
-Tu non mi dici cosa fare!- l’uomo si accanì contro di lei e io urlai un “NO” disperato prima di non vedere più niente.”


Al mio risveglio mi ritrovai una coscia fasciata. Amanda mi aveva spiegato che dallo spavento e dal dolore ero svenuto e lei aveva provato a medicarmi alla bell’e meglio.
La sua voce mi urlava paura, disperazione e senso di colpa, senza parlarmi però.
 
Pov Amanda

Come era successo?
Il tempo si era fermato o ero io che lo percepivo diversamente?
Da quando la realtà aveva incominciato a scivolare?
Perché era successo?

Tutte queste domande non facevano che vorticarmi nervosamente in testa mentre Edmund dietro di me sospirava lentamente, forse per non farmi sentire che era terrorizzato, forse per me.
Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei affezionata in questo modo a lui?
Io no di certo!
Mi viene quasi da ridere. Un sorriso arriva timido sul mio viso e per un momento penso al fatto che nonostante questa sorpresa leggermente sconveniente chiamata Travis, quel periodo con Edmund mi aveva insegnato che amare era una cosa bellissima.
Amare lui era bellissimo.
Preoccuparmi se aveva freddo, fremere per un giudizio e un complimento su quello che avevo cucinato, osservarlo mentre dormiva beatamente sulle mie ginocchia, essere circondata dalle sue braccia, dirgli tutte le mattine “Buongiorno” e tutte ne sere “Buonanotte”, chiamarlo con nomignoli che avevo inventato, sentirlo ridere alle mie battute e ridere insieme a lui, ascoltarlo mentre mi parlava di sua sorella o della sua passione per gli sci, raccontargli delle mie sventure e accogliere i suoi baci che a mano a mano si erano fatti sempre più dolci e attenti.
Mi aveva detto che ero un piccolo spettacolo in quell’angolo sperduto di mondo.
Diceva, con gli sguardi incerti, che non era in grado di amare come tutti gli altri ragazzi, ma io lo sapevo che sotto quel mantello da macho man c’era un cuore più dolce del miele. Me lo dimostrava con tutti i gesti attenti nei miei confronti... Era persino andato a cacciare, senza saperlo fare, per non farmi uscire.

Mi aveva colpito e fatto sognare, prima che Travis distruggesse i miei castelli in aria.

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 31. Mastro Lindo ***



Capitolo 31

Pov Amanda

Era già mezz’ora che Travis mi aveva chiamato, dovevo preparagli qualcosa da mangiare. Per un momento ho pensato di utilizzare il coltello che avevo in mano per fargli qualcosa, ma non ne sarei stata in grado. L’unica cosa in cui dovevo sperare era che non avrebbe provato ad approfittarsi di me, anche se avevo i miei dubbi.
Il giorno prima non ero stata capace di fare o dire niente, se non ci fosse stato Edmund...
Comunque era già passato un giorno, un giorno in cui Edmund ed io avevamo solo dormito e sussurrato parole sconnesse fra loro che però ci tenevano con i piedi per terra. Durante la notte ho dovuto lottare con quel tizio per cambiargli la fasciatura, fortunatamente non aveva perso tanto sangue, solo che era bene cambiare la benda ogni tanto.

“-Come fai a tenere tanto a lui?- mi chiese quell’uomo guardandomi con curiosità.
-Non sono affari tuoi!- sputai velenosa guardandolo con odio. Perché avrei dovuto rispondere?
-Lo ami non è vero?- non lo ascoltai e mi concentrai su Edmund, disteso sul letto dopo la fatica che avevo fatto per tirarcelo.
-Chi tace acconsente...- sussurrò il francese accendendosi una sigaretta, e Dio solo sa quanto avesse ragione.”


-Hai finito?- mi chiese ritornando in cucina. Annuii senza fiatare, dato che il fiato lo stavo trattenendo.
-Bien...- Travis si avvicinò e guardò quello che gli avevo preparato, poi sorrise soddisfatto, avvicinandosi sempre di più a me. Mi circondò da dietro con le sue mani che scorrevano lungo i miei fianchi. Pensai subito ad Edmund e ai brividi di piacere che mi provocava, così diversi dai brividi di paura che sentivo adesso.
-Sei stata brava...- mi sussurrò contro l’orecchio destro ed io chiusi gli occhi. Certamente avrò tremato perché Travis mi prese per il braccio con violenza e mi riportò in camera sbattendomi sul letto. Avvertii un rumore metallico che indicava la catena che si era portato appresso! Era un maledettissimo psicopatico! Ma da dove era uscito? Dal manicomio?

Porca vacca!
Io credo che in questa situazione puoi usare parole più pesanti tesoro!
Ah che bello sentirti! Dove eri quando ero in preda alla paura più totale?
La coscienza non ha voce in capitolo quando c’è paura!
Mi pareva strano!

Travis si avvicinò per legarmi al letto e io non feci resistenza. Se ne andò senza dire niente e io mi scaricai di dosso la tensione che mi aveva posseduta fino a quel momento.
Edmund stava ancora dormendo disteso sul materasso, così cercai di sistemargli la coperta, mentre con una mano gli sistemavo i capelli.
Ad un tratto lui aprì gli occhi e mi sorprese a fissarlo come un baccalà.

Che figura di merda!
Esattamente!

-Che fai? Mi fissi?- ovviamente nonostante avesse una brutta ferita, nonostante avesse perso sangue e fosse ridotto malino, doveva sempre sfottermi!
-NO, stavo solamente notando la quantità di rughe presenti sulla tua faccia! Allora è vero che la vita mondana invecchia parecchio!- sorrisi sfacciatamente, come piaceva a lui!
-Beh le tue sono molto più accentuate! Forse perché sei più vecchia!- mi prese in giro, mentre con una mano mi sfiorava la vita.
Brutto cafone!
-Solo perché sono più grande di pochi mesi non vuol dire che sia più vecchia!- risposi a tono , cercando di non farmi sentire da Travis.
-Effettivamente e anagraficamente rimarrai sempre più vecchia!- il suo tono era debole, ma allo stesso tempo sarcastico.
-Questo significa che morirò per prima?-

Ma che conversazione felice!

-No, vuol dire che moriremo insieme.- mi sussurrò chiudendo per un secondo gli occhi.

Mi si fermò il cuore!
Si fa per dire, altrimenti non saresti qui!
Ma io dico! Un po’ di privacy?

-Tu sei il mio opposto perfetto!- Edmund provò ad alzarsi ma io glielo impedii, era ancora troppo debole.
-Cosa vuoi fare?- gli chiesi cercando di spingerlo sul letto, e lui mi attirò a sé, debolmente.
-Voglio baciarti.-
-L’erba voglio...-
-...non cresce nemmeno nel giardino del re, lo so.- mi guardò sorridendomi e strappandomi una risata leggera. –Ma io non sono un re.-
-Ah no? E cosa sei?- lo sfidai avvicinandomi sempre di più.
-Sono IL re!- mi guardò tutto convinto, mentre scoppiavo in una risata appena accennata per paura di quello scimmione francese.
Quando finimmo di ridere, la passione tra di noi si riaccese e per una volta mi buttai per prima, baciandolo.
Avrei voluto farlo sempre e per sempre.
 

Pov Edmund

Baciarla era sempre fantastico, ma sapevo che in quel momento era la cosa che mi aiutava a rimanere sulla Terra. La consapevolezza della sua presenza mi  aiutava a non lasciarmi andare.
Ero stanco e debole. Ma il mio pensiero prima di addormentarmi andava sempre a lei.
Lei, che ormai faceva parte della mia vita.
Era entrata in punta di piedi e ora sarebbe stato difficile lasciarla andare.

Come avrei fatto?
Vedi? Io ti avevo avvertito!
Oh no! Ancora tu!
A volte mi sembri scemo! Ci sarò sempre!
Grazie al cielo non nei momenti importanti!
Ma tua guarda!

Quel Travis la stava facendo lavorare e io non potevo fare niente. Tutto quello era accaduto solo perché non avevo guardato la strada!

Certo pure quel cervo poteva evitare...
Stranamente sei dalla mia parte?!
Come ho già detto non posso fare altrimenti...

-Stai dormendo?- la sua voce mi arrivò leggermente soffocata.
-No.- le risposi sperando di non risultare aggressivo.
-Non riesco a dormire.- mi disse avvicinandosi sempre di più al mio corpo.
-Neanche io... Possiamo fare un gioco?- proposi sperando di allontanarci da pensieri tristi.
-Okay, che gioco?-
-Il serpentone?-
-Tu saresti in grado di giocarci?-
-Esattamente.-
-Senza trovarci doppi sensi o cose sconce?-
-Io? Ma se sono Mister Italiano Pulito!- Amanda rise di gusto e non capii il perché.
-Oddio scusa, ma mi hai ricordato Mastro Lindo!-
Ma che…? La stanchezza faceva brutti scherzi.
-Mastro Lindo???- ero sempre più scettico.
-Si, hai detto “pulito” e la mia mente è andata a Mastro Lindo! È così difficile da capire?- si alzò appena per potermi guardare negli occhi incredula.
-Io ti ricordo Mastro Lindo??? Forse come corporatura ci possiamo pure stare, ma sono molto meglio di lui!-
-Beh non esagerare! Come fisico diciamo che non sei male, ma Mastro Lindo rimarrà l’amore segreto di ogni buona massaia!-
-Sai non ho mai capito quella pubblicità! Hai un po’ di grasso intorno ai fornelli e magicamente un tizio super palestrato arriva a casa tua per aiutarti a pulire! Non si è mai visto! E poi da dove vengono quei muscoli?- Amanda rise di gioia, ma si trattenne ovviamente per non svegliare Travis. Mi rese felice vederla ridere dopotutto quello che era successo.
-In primis Mastro Lindo è un istituzione! In secundis quei muscoli se li è fatti aiutando quelle signore a togliere il grasso! Probabilmente lo facevano apposta per farlo venire e ammirare il suo magico sgrassatore!- eravamo partiti per la tangente e devo dire che nonostante tutto non fu così male parlare di Mastro Lindo.
Avevo capito che anche parlare delle cose più banali era piacevole con Amanda.
-Ancora con questo “secundis”?! Ma lo sai che non esiste?-
-Certo che lo so, non sono così ignorante come qualcuno di mia conoscenza!- assottigliò lo sguardo mentre maliziosamente mi pizzicò un fianco.
-Vuoi la guerra?- le chiesi mentre con una mano avevo preso a esplorare il suo corpo, così vicino al mio.
-SI, ma non stasera!- la mia dolce compagna di viaggio decise di terminare quel mio piccolo intento di lasciarci andare, e per questa volta glielo lasciai fare.


Angolo Autrice
Salve a tutti!
Scusate per il ritardo, spero che questo capitolo vi piaccia!
Ho notato che gli ultimi capitoli erano troppo pesanti e riflessivi, così ho deciso di alleggerire un pochino l'atmosfera, cercando comunque di rimanere in tema!
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacione,
Serena.
 
Ringraziamenti:
  • Per le recensite a :  LuxShilas               logo2003             Rose6              fiftys92           romy2007          carryonvecia         Rafye           one hundred and nine            Emis_Killa          Fancy_Fondente
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Capitolo 33
*** Capitolo 32. Periodo nero ***


Capitolo 32

Pov Amanda

Era mattina e io ero in condizioni disastrose.

Ovviamente solo le protagoniste dei film appena si svegliano sono perfette e con il viso rilassato, senza i segni del cuscino e talmente energiche da fare invidia ad un grillo ubriaco di caffè.
Per me questo discorso non si poteva e non si può fare, dato che nelle giornate normali ho i capelli sparati in più direzioni e tutti i segni del cuscino sulla guancia, il più delle volte quella destra, la reattività di uno zombie e l’aria incazzata. Figurarsi stamattina in particolare! E la cosa che mi urtava di più era il fatto che Edmund non mi aveva mai visto (almeno speravo) in queste condizioni e proprio quando meno te lo aspetti il nemico comune di ogni donna arriva nel momento meno opportuno!
Mi aveva svegliato, e tranquillamente ero andata in bagno, sperando che non fosse stato lui! Grazie al cielo Travis non mi aveva lasciato con le catene tutta la notte e tra poco sarei dovuta andare a preparargli la colazione.
Avevo sperato visto che la speranza era l’ultima a morire, ma non c’era stato niente da fare...

Ciao a tutti, sono il ciclo e sono venuto a romperti le scatoline!
Buongiorno Coscienza, ma quanto sei simpatica!
Tutto pur di migliorare la tua giornata.
Ora mi spiego perché mi sentissi così confusa e avessi tanti sbalzi d’umore soprattutto!
Scusami? E gli ormoni a palla dove li metti?
Quando???
Quando ti sei quasi lasciata andare con il signor Edmund di là!
Ma non è vero, è stato un caso...
Si si...

Fatto sta che il dolore alla pancia non aveva minimamente intenzione di andarsene e io non sapevo che fare. Voglio dire: ero da qualche parte sperduta nel nulla, in mezzo alle montagne; avevo il ciclo; uno psicopatico francese stava nell’altra stanza tranquillo a pensare a come ucciderci; Edmund dormiva come un sasso e la sensazione di tristezza che provavo non mi abbandonava.
La situazione era critica.

Ci vorrebbe Santa Nutella, lei si che saprebbe come consolarti.
Mi vien da piangere solo a pensarci!

Non so per cosa mi lasciai andare e le lacrime uscirono copiose dai miei occhi, incontrollate, sfuggivano alla mia volontà di contenermi. Non potevo piangere! Dannazione!

Non preoccuparti! È tutto stress!
Grazie al cavolo!

Forse infastidito dai miei singhiozzi, Edmund si svegliò e io cercai di camuffare la mia vergognosa figura da bambina di due anni.
-Ehi! Cos’hai?- mi chiese lui assonnato e io girandomi gli sussurrai “niente”.

Wow quanta convinzione!

-Oh no!- il suo tono era disperato.
-Che c’è?- ero confusa, che gli prendeva adesso?

Parla lei…
Stai zitta!

-Ti prego, non dirmi che hai il ciclo!-
-Assolutamente no!- ero indignata! Che ne sapeva lui!
-Okay... no perché sai, di solito non sopporto Honor, figuriamoci qualcuna che non sa trattenere i suoi scatti di ira o disperazione. Anche perché non capisco che ci sia di così sconvolgente... E poi cos'è quella macchia?- okay, ora basta.
-Non sai cosa ci sia di così sconvolgente? Te lo spiego io! Hai un mal di pancia atroce, un mal di vita ancora più atroce e dura per più di un giorno! E per 24 dannatissime ore! E sai la cosa bella? Che qui non c’è assolutamente niente che me lo faccia passare o diminuire! Quindi tesoro mio, mi sopporterai!-

E dopo questa ragazzi, mi ritiro...

Edmund mi guardò strano e poi si avvicinò a me lentamente. La cosa positiva è che avevo smesso di piangere e dentro di me sentivo solo rabbia e voglia di spaccare tutto.
-Okay, ci sono abituato. Non preoccuparti, basta solo che mi avverti quando stai per esplodere, okay?- mi circondò la vita con le sue braccia, facendo scontrare i nostri bacini.
-Come faccio?- lo guardai strana. Dicono che le donne sono lunatiche e bipolari, ma io ho sempre detto che anche gli uomini lo sono. Edmund in particolare.
-Ci vuole una parola o un gesto che me lo facciano capire, così me ne vado subito oppure evito di toccarti! Ad Honor da fastidio quando Josh la tocca troppo nel suo periodo nero del mese.-
-Beh non ha tutti i torti! Se ti girano ti girano!- appoggiai Honor, ma dall’altra parte mi sentii un po’ dispiaciuta per quel povero Cristo del suo fidanzato...
-Si però pure voi...- Edmund si stava mettendo nei pasticci da solo! Gli rivolsi un’occhiataccia e capì al volo!
-Ecco quando farai quest’occhiataccia capirò che dovrò stare zitto! Va bene?-
-Va bene… però devo confessarti che non hai tutti i torti... dopotutto siamo parecchio strane.- sorrisi un pochino ed Edmund face una smorfia soddisfatta.
-Stamattina mi sento molto saggio.-  Mister-m’ è-preso-un-attacco-di-saggezza-stamattina mi sorrise convinto prima di posare le sue labbra sulle mie. –Buongiorno.-
-Non è tanto buono, però è giorno, ed è già qualcosa.- sussurrai in preda ai miei pensieri da settimana nera.
Ero sempre ottimista, sempre, tranne quella maledetta settimana del mese.
 

Pov Edmund

Amanda si era svegliata con la luna storta quella mattina e non sapevo come gestire la situazione. Provai a comportarmi come faccio spesso con Honor, tranne che per il bacio. Quello è venuto spontaneo solo con lei. Dopotutto non ho mai avuto a che fare con una ragazza con il ciclo se non con mia sorella.
È stata un’esperienza strana e travolgente, oltre ad avermi mandato a quel paese in modo strano, Amanda mi ha sputato addosso tutte le sofferenze che devono patire le ragazze e ringrazio il Signore per avermi fatto maschio!
Siamo rimasti abbracciati fino a quando Travis non l’ha chiamata nell’altra stanza e con imbarazzo si è coperta dalla vita in giù mettendosi un maglione di Clotaire leggermente largo.
Non so per quanto questa storia andrà avanti, ma spero tanto che quel vecchio rompipalle torni presto, altrimenti alla prima quando lo vedo, lo ammazzo.
Mi rimisi sul letto. Per tutto quel tempo non mi ero accorto della gamba che stava sanguinando e alla bell’e meglio cercai di medicarmi con quello che aveva usato anche Amanda la sera prima.
Stavo imprecando contro la mia mancanza di tatto e sensibilità quando un rumore forte e un urlo mi fecero scattare e avanzare verso la porta. Non mi ero nemmeno accorto di quello che stavo facendo.
Aperta la porta l’ultima cosa che vidi fu il corpo di Amy inerme a terra e sanguinante, prima di lanciarmi contro quello stronzo di un francese.



Angolo Autrice
Hey Everybody!
Come procede la vita? Spero bene, se non benissimo! 
Questo è un capitolo di passaggio che fa un pò schifo, lo so, ma mi serviva per raccontare un'altra sfaccettatura di questa avventura che Amanda ed Edmund stanno vivendo!
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio a tutti e buona domenica,
Serena.

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Capitolo 34
*** Capitolo 33. Il Plan ***


Capitolo 33

Pov Amanda

Il plan. Il plan in Francia è uno schema mentale che si usa per scrivere qualsiasi tipo di testo o anche per studiare. Ogni cosa che i francesi fanno, prima si fanno il plan. Ora vi starete chiedendo perché ho tirato fuori il plan e che cavolo c’entra con tutto quello che stava accadendo, bene, vi accontento.
Edmund ed io avevamo un plan.
Dovevamo fare una cosa rapida e indolore come aveva detto Edmund, ossia io dovevo fingere di svenire, tenendo il coltello a portata di mano, lui si sarebbe precipitato addosso ad un Travis confuso e avrebbe cercato di immobilizzarlo (come tutti i maschi era un presuntuoso e uno sbruffone, quindi non credevo minimamente che ce l’avrebbe fatta) mentre io avrei dovuto ferirlo. Ero molto tesa ed agitata. Non confidavo molto nel suo piano, ma sapevo che non avrebbe resistito molto se quel porco avesse continuato a fargli del male e se non poteva sopportarlo Edmund, non potevo sopportarlo nemmeno io.

Andai lentamente verso la cucina e incominciai a fare quello che avevo fatto da quando Travis era arrivato, cucinare. Peccato che l’uomo sentendosi spinto da non so quale forza decise di affiancarsi a me e di iniziare a toccarmi, o meglio palparmi!

Questo non faceva parte del piano!
Ovvio che no! questo si chiama imprevisto!
E ora che faccio?
...
Perché cavolo non mi rispondi? Eh? Paura ti ha immobilizzata?

-Non agitarti ma cherie...- mi sussurrò in un orecchio il francese, impossessandosi violentemente dei miei fianchi. –Lasciati andare...- il modo in cui pronunciò quelle due parole in modo così lascivo mi fece leggermente schifo.
-Non posso...- dissi d’istinto e per un momento ringraziai il ciclo, forse non mi avrebbe toccata.
-Pourquoi?- le sue dita affondarono maggiormente nei miei fianchi, facendomi male. Eh no! Non va bene per niente.
-Perché sono felicemente indisposta.- sussurrai appena, sorridendo appena, girandomi appena, per vedere appena la sua faccia contrarsi in una smorfia orribile. Ero convinta di averla scampata e magari chissà aver smontato ogni tentativo di intrapendenza da parte sua... ma così non fu.

-Questo non significa che non potrai soddisfarmi in altri modi.- detto ciò incominciò a tirarmi su la maglietta e il gelò si impossessò della mia pelle, mentre il terrore si faceva strada nella mia mente. Ero paralizzata, ma solo quando Travis raggiunse il mio reggiseno reagii e gli assestai una bella gomitata per poi infilare il coltello sulla sua gamba. Non fui abbastanza veloce però perché lui mi riprese per i capelli e lanciando un urlo caddi a terra. Sbattei la testa e solo un urlo soffocato mi fece riprendere. Edmund e Travis lottavano per averla vinta e non si erano accorti che io nel frattempo mi ero ripresa. Una fitta dolorosa alla testa mi fece però ricadere e mi accorsi che stavo perdendo sangue.

Oh porca di quella miseriaccia nera!
Migliori, non c’è che dire!
Vaffanculo! Dove eri?
Paura ha vinto...

Vidi l’arco vicino alla porta e feci la prima cosa che mi saltò in testa: dovevo solo prendere freccia ed arco, puntare e lasciare andare la freccia. Facile a dirsi, meno facile a farsi.
Mi alzai appoggiandomi al muro, mi posizionai meglio che potei e non appena vidi che Edmund a terra mi chiedeva di non farlo, io scoccai. Vidi Travis grugnire e toccarsi la spalla dove la freccia aveva fatto centro e poi il buio più totale.

Che bello svenire... speriamo di non aver sbattuto la testa un’altra volta.
Altrimenti diventi più rincoglionita di come sei già?
Simpatica.
 
Pov Edmund
Il piano non era andato secondo quello che avevamo pensato, ma alla fine Travis era davanti a me, dolorante e legato come un salame. Amanda era stata molto brava, ma non l’avrei mai perdonata!

Si era stancata inutilmente! Ce l’avrei fatta anche da solo!
Ne sei sicuro?
Che vuoi dire?
Voglio dire che stavi steso a terra, con una gamba fasciata e la stanchezza addosso. Ti stavi battendo con uno molto più preparato e soprattutto molto più forte, stava per ammazzarti e tu pensi ancora che avresti potuto batterlo da solo?
Ehm... si?
Ma sei matto? Lei ti ha salvato la vita e te la prendi anche?
Direi che è normale! Di solito è l’uomo che salva la donna!
Quanto sei maschilista!
Non è vero!
Ora ti registro!
Non puoi farlo...
Sei incredibile!
Lo so, lo dico sempre io! Comunque tornando al punto di prima, mi ha davvero fatto preoccupare, contando che sono ben due ore che dorme!
Beh vorrei ben vedere, avrà un trauma cranico o qualcosa del genere.

-Sei preoccupato?- Travis osò parlare e il suo accento francesizzato mi fece alterare maggiormente.
-Non sono cazzi tuoi!- sbottai avvicinandomi.
-La vuoi sapere la cosa buffa di tutto questo macello?-
-Non me ne frega niente di te! Tanto meno della situazione.-
-La tua ragazza è davvero bella, sai... era tutta la notte che ci facevo dei pensieri, ma non me la sono sentita, era come tradire Melanie. Poi però stamattina era lì, così ingenua.- mi guardò in modo sfacciato e io gli tirai un pungo. Nessuno poteva fare dei pensieri su di Amanda! Cazzo! Se pensavo che LUI l’aveva toccata diventavo pazzo! E chissà cosa le aveva fatto prima del mio arrivo!
-Me la ricorda tanto...- Travis sputò un po’ di sangue prima di continuare ed io lo lasciai fare, non so il perché. –Melanie era così bella, ma soprattutto innamorata. Lo stesso amore che quella ragazza mette per te. Era questo che la rendeva bella. Purtroppo era innamorata della persona sbagliata. Doveva innamorarsi di me, non di suo cugino.- Travis mi guardò e all’improvviso vidi la fine di quella storia.
-Tu l’hai uccisa, vero?- chiesi incrociando le braccia, appoggiandomi al divano. Avevo capito che Melanie era la figlia di Clotaire e Lucille.
-Oui. Pour amour...- non lo lasciai finire.
-Non si uccide per amore, bastardo.-
-Amare non è sempre facile, bisogna fare dei sacrifici...-
-Ma non uccidere!-
-Lei non era sua! Loro me l'hanno messa contro!- l’uomo urlò agitandosi sulla sedia, e per un momento temetti che le lenzuola che avevo usato non sarebbero bastate.
-Beh, fatti due domande sul perché!- detto ciò andai nella nostra camera senza soffermarmi troppo su quello che aveva deto. Non avevo alcuna voglia di stare ad ascoltarlo ancora. Amanda riposava beata, ed io non avrei mai potuto immaginare di uccidere qualcuno solo perché non mi apparteneva, o perché non ricambiava i miei sentimenti.
Dopotutto la vita va avanti e noi possiamo solo seguirla, non fermarci. Possiamo solo augurare il meglio a quella persona.
Mi aveva colpito il fatto che Amy mostrasse così tanto per me quel sentimento che invece io cercavo di reprimere.
-Ehi Amy, l’ho legato come un salame!- sussurrai alla ragazza, mentre mi mettevo seduto per terra, di fronte al suo viso. –È un bastardo figlio di puttana!- esplosi. –Lo so che a te non piacciono le parolacce, ma questa volta ci stava.- mi presi un momento per osservarla meglio e per passare una mia mano fra i suoi capelli leggermente bagnati dove avevo passato l’acqua per pulirla dal sangue.
-Ti prometto che non ti farò niente, se vorrai stare insieme a me, proverò a darti quello che nessuno ti ha mai dato finora. Se invece dopo questa avventura non vorrai più vedermi non farò come Travis, aspetterò che quello che sento tutte le volte che ti vedo sparisca.- stavo buttando fuori quello che provavo e che avevo accumulato in quelle settimane. –Tuttavia sei troppo importante per lasciarti scivolare via da me. Rimani con me. Solo con te posso farcela, quindi non mi mollare all’ultimo.- sperai tanto che non mi avesse sentito. Volevo che quella richiesta rimanesse un segreto tra me e quel Dio in cui lei credeva tanto e in cui io avevo smesso di credere. Volevo che quella preghiera silenziosa rimanesse tra di noi.

Mi venne in mente allora di quando lei mi disse che l’erba voglio non cresceva nel giardino del re.
“-Tu sei il mio opposto perfetto!- provai ad alzarmi ma lei me lo impedì, era più apprensiva di una madre con il proprio bambino.
-Cosa vuoi fare?- mi chiese dolcemente, ma prima di risponderle la attirai a me.
-Voglio baciarti.-
-L’erba voglio...-
-...non cresce nemmeno nel giardino del re, lo so.- la guardai sorridendole e strappandole una risata leggera. –Ma io non sono un re.-
-Ah no? E cosa sei?-  mi sfidò avvicinandosi sempre di più, con quell’aria innocente.
-Sono IL re!- risposi e lei inaspettatamente mi baciò. È inutile dire che mi fece molto piacere.”


Mi venne in mente anche la nostra conversazione sui viaggi e al suo stupore nel sapere di tutti quei posti che avevo visto.
“-Sono stato in molti posti, a dodici anni sono stato per la prima volta a New York, poi con Honor ho visto la Francia e la Grecia e infine l’Irlanda e l’Inghilterra per studio.- dissi e osservai la bocca di Amanda aprirsi in un enorme “O”. Risi e lei arrossì, mi piaceva troppo quando arrossiva e così ripresi il contatto tra le nostre mani che avevo precedentemente interrotto.
-Scusa è che... Insomma... Hai viaggiato davvero molto e scommetto che è stato molto bello.- mi disse infine abbassando lo sguardo. Sentivo sempre un tuffo al cuore quando mi guardava negli occhi e volevo che lo facesse ancora e ancora e ancora.
-Tu dove sei stata?- chiesi infine e una ciocca dei suoi capelli le finì sugli occhi e istintivamente gliela rimisi apposto. Cavolo! Quanto avrei voluto baciarla in questo momento!
-Io...-si fermò un attimo per guardarmi le labbra e poi arrossire. Sapeva che lo avevo notato e credo che se avesse potuto si sarebbe scavata una tomba seduta stante tanta era la vergogna.
–Io sono stata in Africa, nelle colonie francesi e in Francia. Con i miei genitori e i miei fratelli l’abbiamo vista tutta!- mi disse poi con un sorrisone stampato in viso. Adoravo il suo sorriso.”


E lo adoro tutt’oggi.

Mi venne in mente anche il suo lato da bambina, quello che adoravo di più.
“-Se ti può consolare una volta ho fatto di peggio...- disse cercando di allontanarmi dai miei pensieri e ci riuscì. -... mio zio è uno zoologo e era appena tornato da una spedizione nel Polo Nord con questo macchinone che usava per avvistare gli orsi ed era tutto sporco, così i miei fratelli ed io decidemmo di lavargli la macchina e lui ci aveva dato il suo permesso. Allora, la stavamo lavando e io mi stavo occupando del dentro e involontariamente, lo giuro, tolsi il freno a mano, così che la jeep andò verso indietro ed entrò in garage.- incominciai a ridere cercando di non sbottargli in faccia, perché era stata un disastro ed era così dolce mentre lo raccontava. –Non ridere ora, la parte divertente deve ancora venire: allora dicevo, la macchina entrò in garage, ma sbatté sul fondo dove mio padre aveva messo su una mensola della vernice lilla e gialla, così la vernice cadde e si sparse su tutto il fondo della macchina, dandole così un colore strano per mimetizzarsi! Non ridere così! Ero piccola! Avevo solo dieci anni e non lo avevo fatto apposta!- Amy divenne tutta rossa in viso e non feci in tempo a reagire quando mi arrivò una cuscinata dritta in faccia.
Come aveva osato?!?!?
-Adesso ti faccio vedere io!- esclamai in preda all’euforia di vincere, ma dovetti fare i conti con la mia gamba che malandata non riusciva ad essere veloce quel tanto che sarebbe bastato per acciuffare la ragazza dalla lingua lunga e vincere!
-Non riuscirai a prendermi mio caro!- disse orgogliosamente poggiando le mani sui fianchi, mentre mi lanciava un altro cucino. La sua risata mi rendeva felice, ma mi faceva venire voglia di andarle addosso e vedere cosa avrebbe fatto se fosti stato io a comandare il gioco.
-Lo vedremo! Intanto incomincia a correre che quando mi sarò rimesso per bene ti faccio vedere io!- detto ciò le rilanciai il cuscino e lei si avvicinò ancora di più per affogarmi, ma io più veloce la presi per la vita e la buttai poco gentilmente sul pavimento. La canzone del disco stava finendo e noi ridemmo come se fuori non ci fosse una bufera di neve, come se Clotaire e Lucille non fossero scappati lasciandoci soli, come se in realtà dovessimo essere lì.”



Angolo Autrice
Buonasera! Ecco a voi il capitolo 33! Spero sia di vostro gradimento! Siamo quasi alla fine!
Un bacione,
Serena!

 

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Capitolo 35
*** Capitolo 34. Risveglio ***


Capitolo 34

Pov Amanda

Stavo correndo il più velocemente possibile. Il fiato iniziava a mancare e i miei polmoni erano in fiamme. Non riuscivo a connettere nessun pensiero, stavo solo correndo verso qualcosa che mi desse tranquillità. Più correvo, più la meta mi sembrava lontana e la luce più fioca. Dove cavolo era la fine?

Non riuscivo più a respirare. Stavo affogando nella mia stessa lotta per la libertà. Stavo morendo per cosa di preciso? Stavo lasciando il mondo? Se si, come?
Non riuscivo a trovare una soluzione a quell’enigma e nel mentre che ci pensavo non smettevo la mia corsa verso l’ignoto.
Non mi ricordavo niente, né il perché della mia corsa, né il perché della mia fuga.
Mi sembrava tutto così irreale, come il luogo in cui mi trovavo, apparentemente calmo e bianco. Bianco come la neve.

Neve.
Montagna.
Foresta.
Lupi.
Edmund.

Edmund?

Dove si trovava adesso? Perché non stava correndo insieme a me? Perché non riesco a ricordarmi il suo viso?
Mi ricordo solo i suoi occhi verdi e brillanti, la cosa che mi avevano colpito maggiormente durante il nostro primo incontro, o meglio scontro.
Conosco bene i suoi occhi. Mi hanno rapito fin dal primo giorno. Si illuminavano quando erano felici e si spegnevano un poco quando qualcosa li turbavano. Si accendevano ogni volta che voleva qualcosa, e si convincevano che prima o poi l’avrebbero avuta. È così che mi ha guardata per tutto questo tempo e io non me ne sono mai accorta.
Mi sentivo però felice ogni volta che il suo sguardo si posava su di me. I suoi occhi mi analizzavano e mi osservavano con cura. Guardando i suoi occhi non perdevo il respiro come molte eroine dei libri romantici della zia, al contrario, io potevo riprendere a respirare.

Pensando ai suoi occhi, l’ossigeno arrivò meglio ai miei polmoni e feci meno fatica a correre, mentre tutto quello per cui avevo lottato fino ad allora ritorna ad avere un senso. Mi fermai e il bianco intorno a me non mi sembrò più così freddo, ma al contrario mi dava sicurezza e tranquillità. Ripresi fiato e mi girai, pronta a tornare indietro. Qualcosa però mi trattenne. Non riuscivo a muovermi per tornare indietro, potevo solo andare avanti. Una strana forza mi teneva sospesa a metà tra la decisione di continuare il mio cammino andando avanti oppure rimanere ferma in quel posto. Le lacrime iniziarono a scendere copiose sul mio viso e le mie mani incominciarono a torturarsi le une con le altre, per poi sentire la mia voce esplodere in un urlo liberatorio che spazzò via la neve intorno a me e mi fefe vedere la luce.

Dietro quella luce sapevo che c’era Edmund.
 

Pov Edmund

Amanda “dormiva” da circa un giorno.

Ero sicuro che stesse sognando e forse il suo era più un incubo. Ogni tanto urlava, ma quegli occhi non si aprivano. Si dimenava cercando un’uscita dai suoi pensieri.
Stavo male a vederla in quelle condizioni e i sensi di colpa non mi abbandonavano.
Avevo fatto di tutto per svegliarla e farle mangiare qualcosa. Ovviamente ero riuscito solo a farla bere e a cambiarla. Grazie a Dio avevo avuto una sorella e quindi sapevo come destreggiarmi in linea di massima.

Speravo che Clotaire e Lucille ritornassero presto. L’avrei ucciso quello stronzo!
Ero rimasto vicino a lei tutta la notte e le avevo stretto una mano nella mia, per farle sentire che ero vicino a lei. Mi sentivo imprigionato e senza vie d’uscita. Ero costantemente in ansia e volevo solo che lei si svegliasse per poterle dire quello che avevo capito in quelle settimane. Dovevo assolutamente dirle che ci tenevo a lei. Ci tenevo davvero tanto, ma soprattutto provavo una forte emozione tutte le volte che potevo anche semplicemente parlarle liberamente.

Il francese mi stava chiamando da mezz’ora lamentandosi del fatto che non aveva mangiato e che stava morendo di fare, ma a me non poteva fregare di meno. Il lato negativo dell’essere stato tanto tempo con Amanda, tuttavia, mi ha fatto capire l’altruismo e a malincuore mi alzai all’ennesima richiesta di cibo.
Travis mi guardava riconoscente, ma io provavo solo disprezzo nei suoi confronti. Non riuscivo a vedere nient’altro in lui. Gli avvicinai un cracker alla bocca e non appena l’aprì gli misi il cracker in bocca. Avevo deciso che non gliene avrei dato un altro perché stavano finendo e li volevo riservare ad Amanda. Mi ringraziò con sguardo per niente colpevole e non mi dispiacque non provare alcuna pena per lui, non a caso non lo avevo slegato ed era rimasto sempre imprigionato, senza pietà.

L’odio per l’uomo mi stava corrodendo giorno per giorno e sapevo di non poter sopportare la sua presenza per molto ancora: rivedevo sempre la stessa scena guardando lui, Amanda che viene picchiata e toccata da quell’essere senza cuore rimarrà impressa nella mia mente a forza.

Cercavo con tutto me stesso di evadere questi pensieri e quando lo facevo a stento ricordavo la mia vita di prima e quando la ricordavo, mi rendevo conto che le parole di Amy non potevano essere più vere. “Non è vivere” mi aveva detto e devo riconoscere che aveva ragione. Non stavo facendo niente se non sprecare la vita che mi era stata data. Avevo sempre avuto tutto in modo facile e semplice, ma l’unica cosa che volevo davvero stava scivolando via dalle mie mani senza che me ne accorgessi.
Forse non era troppo tardi per rimediare ai miei errori e convincere Amanda che dopotutto non erp quel perditempo che lei credeva. Volevo convincerla del fatto che su di me poteva contare e che le avrei dato tutto me stesso senza esitare a cambiare le mie parti negative. Volevo provare a fare quello che lei riteneva importante, seguire un sogno. E nel mio sogno c’era lei. Bella, fiera di me e incredibilmente innamorata di me.

Guardandola nel mio letto incominciai a pensare a come avrei passato il Natale insieme a lei, per non parlare del capodanno: l’avrei baciata nella nostra camera con le luci basse, lontani da tutto e tutti, per ricordare quella notte di qualche settimana fa. L’avrei fatta mia dolcemente e senza fretta. Quello era il bello di Amanda. Sapevi che potevi andare con calma, proprio perché lei sarebbe stata lì con te, non sarebbe dovuta scappare via. Sarebbe rimasta fino alla fine. E lei mi aveva permesso di conoscerla proprio perché secondo me ricambia i miei sentimenti, so che insieme potremmo essere qualcosa di fantastico. Io potrei essere migliore se lei mi insegnasse ad esserlo.

Ero in camera nostra, le tenevo la mano e stavo pensando a quando avrei potuto regalarle un vestito, saremmo usciti insieme e probabilmente l’avrei baciata in macchina, di nascosto dal padre. Non l’avevo mai fatto, ma mi persi ad immaginare l’eventualità di dover scalare un balcone solo per lei. L’avevo trovata una cosa così stupida e ridicola, in quel momento però appurai che la follia non ha mai fine, e che forse per una volta potevo essere folle anche io. Mi immaginai di quando avrei detto ad Amy che non le avrei mai dedicato una canzone, ero troppo stonato per farlo e non mi sarei fatto umiliare in quel modo!

-Edmund...- il mio nome appena accennato tra le sue labbra mi fece scattare e mi avvicinai ancora di più a lei.

-Sono qui.- sperai tanto che mi sentisse. Non ero un medico, ma pensai che forse quel dormiveglia e quel suo essere imprigionata da se stessa fosse stato causato da un insieme di stress e dal colpo alla testa. Il fatto che fossi presente anche nei suoi pensieri mi faceva sperare che in qualche modo le avrei dato la forza necessaria per uscire dai suoi incubi.
Stringeva forte le mie mani e senza rendermene conto delle lacrime incominciarono a solcare il mio viso. Ero inutile in quel momento e l’unica cosa che potevo fare era aspettare.

-No!- Amanda incominciò a piangere nel sonno e allora iniziai a scuoterla.

-Amanda! Svegliati!- cercai di essere delicato e inaspettatamente lei aprì gli occhi urlando più forte che poteva.

-Shh... sei al sicuro adesso! Non piangere!- la avvolsi tra le mie braccia e la cullai. Sentivo le sue mani stringermi i fianchi e il suo corpo rilassarsi piano piano sul mio. Mi scostai un poco per poterla guardare negli occhi, quegli occhi che brillavano sempre, ora erano spenti e grigi. Le appoggiai la testa sul cuscino e mi allontanai un momento per andare a prendere da mangiare.

-Elle, si è svegliata?- mi chiese Travis e senza guardarlo risposi affermativamente. Mi vide portare del cibo in camera e sorrise debolmente, all’inizio ci passai sopra, ma poi mi sarei fatto spiegare che cavolo di persona era? Era davvero così divertente per lui?

-Sono qui...- le sussurrai e lei mi sorrise debolmente. Ancora non si era ripresa e la aiutai a mangiare. Amanda non rifiutava il cibo, ma non mangiò molto, il suo corpo si doveva ancora riprendere. La aiutai ad arrivare al bagno e poi aspettai fuori chiedendo con lo sguardo delle spiegazioni a Travis.

-Lei ti lascerà.- mi disse solamente.

-Non è vero.- risposi d’istinto.

-Lo sai che è vero, siete troppo diversi e a te non basterà, vorrai sempre di più!- l’uomo faceva fatica a parlare, ma se tirava fuori certe cazzate doveva stare bene.

-Non succederà, e se anche fosse non farò mai come te!-

-Vedremo...- il francese si interruppe sentendo Amanda uscire e io la presi in braccio, perché  era troppo debole.

-No, ce la faccio...- mi disse lei sussurrando appena, avvolgendo le braccia intorno al mio collo.

-Non dire scemenze!- mi trattenni dall'usare “cazzate” perché a lei non piacciono le parolacce. Come fa Travis a dire che mi stancherò di lei?
Arrivati in camera la appoggiai lentamente dalla mia parte del letto, quella sinistra e le rimboccai le coperte.

-Edmund?- mi richiamò lei. Mi faceva tenerezza vederla così e volevo solo proteggerla.

-Si?-

-Dormi con me...- scostò le coperte e mi fece spazio, così mi misi contro la sua schiena, avvolgendola intorno a me. Le misi un braccio intorno alla vita e lei intrecciò le nostre dita. Respiravo tra i suoi capelli e lei sorrideva serena.

-Ti amo.- le sussurrai prima di addormentarmi.



Angolo Autrice
Scusate l'enorme ritardo, ma questo capitolo è stato abbastanza difficile da scrivere e pensate che non sono ancora del tutto convinta di come è venuto fuori!
Scusate eventuali errori di grammatica!
Al prossimo capitolo!
Un bacione e buona serata!
Serena.

 
 

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Capitolo 36
*** Capitolo 35. Ti amo ***


Capitolo 35

Pov Edmund

Li avevamo aspettati per giorni da quando se ne erano andati e dal momento in cui li avevo rivisti entrare da quella porta, una rabbia omicida si impossessò del mio corpo. Non appena vidi il vecchio lo colpii con un pugno sulla guancia, facendo trasalire Lucille dalla paura.

-Dove siete stati?- urlai. Travis mi guardava sorridendo debolmente.

-Vacci piano, mon ami.- sussurrò Clotaire e io gli diedi una spinta, così forte da farlo sbattere contro il muro. Lucille mi aveva messo le mani, coperte da due paia di guanti, sul petto. Mi guardava supplicante e fiduciosa del fatto che non avrei continuato. Clotaire si stava pulendo il sangue che usciva dal naso con un fazzoletto. I due guardarono il loro rifugio come se non lo avessero mai visto, in effetti era cambiato qualcosa da quando se ne erano andati, ma la cosa che colpì di più i due fu la quantità di lenzuola accatastate da una parte nella stanza e piene di sangue. Loro si aspettavano che Travis sarebbe venuto a cercarli, ma avevano lasciato noi a prendere il loro posto.

Loro sapevano.

La rabbia non mi abbandonava, così decisi di mollarli lì e di andare da Amy.

-Cosa è successo? Cos’erano quei rumori?- mi chiese vedendomi. Era sempre debole e sempre più bella nonostante tutto.

-Sono tornati...- sussurrai appena sperando che non mi sentisse.

-Clotaire? Lucille?- mi chiese alzandosi appena, così le misi un altro cuscino sotto la testa e lei mi accarezzò una guancia.

-Si, loro.- la guardai con ardore e lei mi sorrise, prima di dirmi “Grazie”. Lo faceva ogni volta che ero gentile con lei. Non potei resistere e la baciai. Amy rispose al mio bacio con meno fervore, ma allo stesso tempo mi accarezzò la leggera barba che mi era cresciuta in quei giorni. Le baciai i palmi delle mani e poi le diedi un ultimo bacio sulla guancia. Lei si mosse un po’ e spostandomi notai la smorfia che aveva messo su.

-Che c’è?- le chiesi sorridendole.

-La tua barba pizzica!- mi rispose con semplicità, come se non fosse ovvio. Le sorrisi prima di tuffarmi su di lei e senza farle male iniziare a baciarle il collo, pizzicandoglielo con la mia leggera ricrescita. Amanda iniziò a ridere convulsamente tenendosi la pancia.

Il nostro momento di pace e tranquillità fu però interrotto da Lucille che, bussando, spezzò l’intimità che avevamo creato.
Amanda guardò Lucille con diffidenza e prima che aprisse bocca, Amy la bloccò dicendole qualcosa in francese. Vedevo dai suoi occhi che le costava molto dire quello che stava dicendo e non sapevo se avrebbe condiviso con me i suoi pensieri. Ci fu un veloce scambio di battute e la signora francese si ritirò con le lacrime agli occhi.
Guardai Amanda interrogativamente, ma lei guardava ancora la porta da dove era uscita Lucille.

-Non ho voluto sentire cosa avesse da dirci, non riesco a fidarmi di loro. Sapevano che Travis sarebbe venuto per loro, ma hanno fatto trovare noi.- Amy mi guardò e io le accarezzai il dorso della mano. Mi sorrise e, con gli occhi, mi chiese di avvicinarmi un po’ di più .
Oramai eravamo arrivati al famoso punto di non ritorno. Io sapevo quello che passava nella sua testa o almeno credevo e lei sicuramente sapeva quello che passava nella mia.
Sono sicuro che come tutte le donne si starà facendo pippe mentali assurde.

-A cosa stai pensando?- mi chiese.

-Che sicuramente, come tutte le donne, anche tu ti farai le pippe mentali!- le sorrisi beffardo e il suo viso si accese di rosso.


Sembrava il semaforo quando scatta il rosso.

Che finezza che hai nel fare paragoni.

Grazie.


-Brutto deficiente!- mi diede uno schiaffo sulla spalla, ma non provai il dolore che speravo. Questo significava che era davvero molto indebolita per non rifilarmi una schiaffo degno di nota.

-Però penso anche che il tuo cervello parte per la tangente ogni volta che le nostre labbra si incontrano, come il mio...- mi avvicinai un po’ di più, la sentivo sospirare pesantemente e nel momento in cui stavo per baciarla un'altra volta, un colpo ci fece trasalire.

Quello era un colpo di pistola.

-Resta qui.- sussurrai ad Amy cercando di calmarla e prendendo il fucile nascosto sotto il letto della nostra camera.

-Edmund...- mi richiamò lei e guardandola negli occhi lessi tutta la sua paura al solo pensiero di perdermi.

Mi baciò. Fu un bacio veloce, ma carico di tutta la forza di cui avevo bisogno.
Prima di uscire da quella camera mi voltai a guardarla un ultima volta e poi la aprii impugnando bene il fucile.

Travis era steso per terra, ancora legato alla sedia. Sembrava morto, ma avanzando ne ebbi la conferma. Un foro di proiettile era ben visibile sulla sua fronte.  Tutto il mio odio per lui si dissipò.
Mi sentii vuoto e incredibilmente in colpa. Per quanti errori avesse commesso non meritava la morte. Meritava di pagarla, ma non in quel modo. Era stata un vera e propria esecuzione.

Lucille impugnava la pistola con fragilità e le lacrime uscivano copiose dai suoi occhi. Clotaire guardava la moglie con paura mista a liberazione. Uccidere Travis per loro era stato liberatorio, ma per me era stato un vero e proprio massacro. Non appena mi vide, Lucille puntò la pistola contro di me e io alzai le braccia.

-Tu ha visto...- disse Clotaire.

-Non dirò una parola.- proposi io. L’idea di morire non mi allettava molto. Avrei preferito posticipare il mio incontro con la signora Morte almeno di cinquant’anni.

-Non puoi, tu sei un avocat!- Clotaire fece segno alla moglie di passargli la pistola e approfittai di quel millesimo di secondo per puntare il fucile contro di lei.

-Fermo e nessuno si farà male.-

-Il grilletto è molto sensibile, dovresti fare attenzione, mon ami.- Clotaire si avvicinò ed io cercai di mantenere la calma e la lucidità. Mi volevano fare fuori solo perché avevo assistito ad un omicidio. A volte il mondo è proprio strano.

-Non fare un altro passo!- la pressione si faceva via via più pesante e la cosa che mi creava tensione era la via d’uscita che non vedevo.

Clotaire puntò l’arma su di me ed io sparai sopra la sua testa. Avevo una buona mira, infatti presi il cappello di Lucille, poco dietro di lui. La donna di abbassò dalla paura e rimase lì tremante.

Non mi ero reso conto che anche Clotaire avesse sparato, ma sbagliando la mira, il colpo aveva oltrepassato la porta della mia camera, che avevo lasciato aperta. Sentii qualcosa cadere e prima di rendermi conto di quello che stavo facendo sparai ancora una volta, ma mirai al ginocchio dell’uomo. Il medico francese urlò dal dolore ed io presi la sua pistola, gettandola nel fuoco dopo aver tolto i proiettili rimasti.

Entrai in camera e vidi Amanda stesa per terra con il sangue che usciva dal fianco destro.

Merda.

Provai a chiamarla. Non mi rispondeva. Agii d’istinto e bloccai la fuoriuscita del sangue con pezzi di lenzuolo. Le misi una di quelle pellicce dentro l’armadio e poi uscii. Amanda era ancora incosciente, così le misi un po’ di neve fresca sui polsi e sulle tempie. Si riprese dopo mezz’ora di marcia e potei riposarmi un po’ prima di aiutarla a continuare.

-Amanda resisti ti prego! Un ultimo sforzo!- la pregai con delle lacrime agli occhi che cercavano di non uscire. Purtroppo però cadde. Del sangue uscì copiosamente e si riversò sulla neve.

-Cazzo!- esclamai a denti stretti. La sollevai e constatai che era dimagrita un po’ in quelle settimane, ma decisi di prenderla in giro, anche per farla rimanere cosciente.

-Porca miseria! Sei davvero pesante!- sussurrai sperando che abboccasse.

-Non sono pesante, sono le tue braccia che non sono abituate a portare certi pesi!- ridacchiai un po’.

-Vedo che hai conservato la tua lingua lunga! Non dovrei nemmeno portarti allora!- la rimproverai cercando di risollevarle un po’ il morale.

-Ma tu sei tanto gentile e non vuoi certo lasciare una signora a morire di stenti...- la sua voce perse per un secondo quella vitalità che ero riuscito a tirarle fuori, anche se per un istante.

-Ovvio che no, sono pur sempre un gentiluomo inglese!-

-Tu non sei né gentiluomo né inglese!- mi guardò stranita.

-Touché!- le risposi sorridendo, poi mi fermai un attimo per riprendere fiato. La appoggiai ad un albero e le controllai la ferita, aveva perso molto sangue. Le diedi un po’ di acqua ed ebbe un mancamento momentaneo.

-Non mi mollare eh?!- la scossi cercando di tirare la parte combattiva dentro di lei. Doveva lottare ancora per un po’. Anche se non ne ero certo al 100%.
Incominciai a sentire dei rumori familiari e incitai Amanda ad andare più veloce. Le luci della volante della polizia non mi erano mai mancate quanto oggi e stranamente pensai ad un miraggio.

Amanda mollò la presa e cadde. Stava perdendo i sensi e io incominciai ad urlare “Aiuto”. Le voci di alcuni uomini si stavano avvicinando sempre di più, ma mi stavo preoccupando sempre di più.

-Amanda! Che cazzo stai facendo?- lei mi passò una mano sulla guancia.

-Ti amo.- mi sussurrò appena e poi alzò lo sguardo verso il cielo. Per un momento i suoi occhi mi apparirono spenti e la sua mano abbandonò la mia presa. 

-Amanda!- la scossi urlando il suo nome.

Dentro di me tutto stava andando a pezzi e volevo solo urlare al mondo di andarsene a fanculo.
Mi abbassai su di lei e lei mie lacrime scesero liberamente bagnando il suo viso privo di ogni colore.
Vidi portare il suo corpo privo di vita lontano da me e crollai definitivamente.



Pov Amanda

Ero rimasta nel limbo per qualche ora.

Prima di rendermi conto che fuori faceva freddo e che io ero fuori, mi ricordai perfettamente il tocco dolce ed apprensivo di Edmund su di me. Lui non era come Matteo o come Travis, lui era semplicemente Edmund.

Prima di addormentarmi ho creduto di aver sentito un “Ti amo” uscire dalle sue labbra, ma ovviamente è stato tutto frutto della mia mente contorta. Pretendere che lui provi qualcosa per me come provo io qualcosa per lui era impossibile e molto ingenuo, però sentivo ancora l’aria che era uscita dalla sua bocca nel pronunciare quelle due paroline sulla mia pelle. Forse era solo un sogno tremendamente realistico, come quelli che avevo avuto nelle ultime ventiquattro ore.

Edmund mi stava tenendo saldamente mentre attraversavamo la foresta. Non riuscivo a ricordare come mai fossimo lì e perché lui sembrava aver visto un fantasma. La neve fresca ci faceva sprofondare spesso ed Edmund doveva sforzarsi molto per tirarmi su visto che da parte mia c’era poca partecipazione. Stranamente non ero ancora padrona del mio corpo e mi sentivo debole.

-Amanda resisti ti prego! Un ultimo sforzo!- Edmund mi pregò con delle lacrime agli occhi che cercavano di non uscire,  ed io non potei non chiedermi perché. Ad un certo punto caddi e nel rialzarmi vidi una macchia di colore rosso spargersi sulla neve e un imprecazione sussurrata da Edmund. Mi sentii sollevare. Avrei tanto voluto essere abbastanza forte per dirgli qualcosa e per sentirmi incredibilmente rossa ed euforica, ma non ebbi nemmeno il tempo di pensare che mi abbandonai sulle sue braccia.

-Porca miseria! Sei davvero pesante!- Edmund sussurrò quelle parole con il solo intento di tenermi sveglia e io decisi di accettare la sua provocazione.

-Non sono pesante, sono le tue braccia che non sono abituate a portare certi pesi!- sapevamo tutti e due che non era vero, ma me la passò. Riuscii a sorridere per un po’.

-Vedo che hai conservato la tua lingua lunga! Non dovrei nemmeno portarti allora!- mi rimproverò scioccamente.

-Ma tu sei tanto gentile e non vuoi certo lasciare una signora a morire di stenti...- mi sentivo sempre più debole e nonostante pochi attimi prima avessi tirato fuori la me combattiva, in quel momento realizzai che avevo dato fondo a molte delle mie energie per non far preoccupare Edmund.

-Ovvio che no, sono pur sempre un gentiluomo inglese!-

-Tu non sei né gentiluomo né inglese!- mi chiedevo come facesse a parlare e portarmi allo stesso tempo. Ma poi, dove eravamo diretti?

-Touché!- mi fece vincere e si fermò un attimo per riprendere fiato. Mi appoggiò ad un albero e mi controllò quella che presumo fosse una ferita, poi mi diede un po’ di acqua e io capii che stavo per crollare definitivamente. Dovevo però resistere almeno un altro po’. Dovevo farlo per poter sopravvivere e vivere. Chissà, magari proprio con Edmund.

-Non mi mollare eh?!- mi scosse Edmund prima di riprendere a camminare. Mi ero ripresa un po’ e avevo voglia di camminare per sconfiggere il freddo dentro di me.  Ad ogni passo sentivo una fitta alla pancia e spesso mi bloccavo, ma Edmund era sempre lì con me. Mi incitava sempre e non mi lasciava mai. Mi fidavo di lui ciecamente, talmente tanto da non guardare nemmeno dove mettevo i piedi. Sentivo le sue mani avvolgermi completamente e in quel momento di sogno misto alla realtà mi persi ad immaginare noi due in un futuro lontano.


Non sperarci troppo.

Ah ma tu guarda! Ci sei anche tu?

Non scappo mica!

Vedo che nonostante io sia da buttar via, tu funzioni benissimo.

Anche i tuoi pensieri se è per questo.

Non sono mai stata così felice di sentirti!

Questa me la segno...

Tecnicamente non potresti…

Io posso tutto!

Ma se sei una fifona!

Basta, me ne vado, non posso farmi umiliare così!


Se riuscivo a conversare con la mia coscienza in quelle condizioni dovevo stare abbastanza bene oppure davvero male...
L’immagine di me ed Edmund felici e sorridenti al centro commerciale mi fece sentire strana. Forse ci speravo troppo.

Come io ti ho già detto... Ma la vera domanda è: perché al centro commerciale?
Beh, perché è originale...
Ma non potevi sparare un cliché qualsiasi? Tipo al chiaro di luna, sul mare, al lago...
No, il centro commerciale mi piace. Si possono osservare tante persone e capire che tipo di persona sei tu. Mi fa sentire bene vedere tutte quelle persone felici o infelici che parlano, discutono, ridono o semplicemente esistono. Mi fa sentire parte di qualcosa di grande e immensamente complicato. L’importante è saper vivere e non solo esistere. Per questo, nonostante tutto, io credo in un futuro con Ed.

-Manca poco!- erano minuti che continuava a ripeterlo. Ma questa volta mancava poco davvero. Dei rumori confusi mi riportarono velocemente alla realtà. Quella realtà che avevo abbandonato per molto tempo e non sapevo quanto. E se fosse stato tutto un sogno? Avevo paura di scoprire quello che era successo e non riuscire a superarlo. Non volevo che fosse tutto un sogno. Non volevo che il tempo passato insieme fosse stato solamente frutto della mia immaginazione. Mi convinsi che non poteva essere così.
Avevo quasi perso conoscenza. Mi ero lasciata andare. Ora eravamo salvi. Vedevo a stento le luci blu e rosse di un’autovettura, forse un ambulanza. Sentivo le urla di qualcuno che squarciarono il mio petto. Sentivo la presa di Edmund farsi più profonda, fino a quando non sentii più niente e mi abbandonai all’oscurità. Le mie palpebre si abbassarono lentamente e prima di lasciare quel mondo che tanto mi era piaciuto sussurrai un ultima cosa ad Edmund. Mi costò molta fatica e molto dolore.

-Amanda! Che cazzo stai facendo?- era chiaramente allarmato e io passai una mia mano sulla sua guancia. Pizzicava a causa della barba. Devo dire che era molto più bello senza, ma anche così non si poteva dire che non avrebbe fatto battere il mio cuore.

-Ti amo.- lo sussurrai appena e poi potei alzare lo sguardo verso il cielo. Quel cielo che mi stava accogliendo e dal quale avrei potuto vigilare sul mio amore. Avevo da sempre creduto negli angeli e forse se non siamo morti in quel dirupo non lo dobbiamo solo ad una botta di fortuna.

Io però non riuscivo a capire il perché, nonostante mi sentissi pronta per lasciare quello che avevo di più caro e desiderassi solo smettere di soffrire, qualcosa mi teneva ancora sulla Terra.
Quel qualcosa era l’amore. L’amore per Edmund.

Angolo Autrice
Buonasera a tutti!
Allora? Come ve la passate? So che questa storia è iniziata con una nota allegra e gioiosa, spensierata e che questa piega non era minimamente programmata, ma mi sono lasciata trasportare dalle emozioni e dalla penna che scorre da sè quando scrivo. Spero che continuerete a seguire la mia storia e che alla fine ne rimarrete sorpresi.
Vi auguro un buon proseguimento di serata!
Un bacio, 
Serena.

 
 
 

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Capitolo 37
*** Capitolo 36. Ritorno alla realtà ***


Capitolo 36        

Pov Honor

Erano secondi, minuti, ore che aspettavo quel momento. Ci avevano chiamato dicendoci che lui era ancora vivo.
Lui era vivo.
Lui non mi aveva abbandonata.
Lui era ancora lì con me.

Li avevano trovati verso le cinque di pomeriggio, il giorno dopo l’incidente. Fortunatamente il mal tempo non si era prolungato così a lungo e la forestale ha avuto modo di agire in tempo grazie al dispositivo di localizzazione del suv. Ci hanno raccontato che Edmund, per proteggere Amanda, aveva un braccio teso verso il suo torace, nonostante ciò lei sanguinava molto di più rispetto a lui. I loro vestiti erano pieni di sangue e con il freddo che c’era hanno rischiato di morire assiderati.

Josh ed io ci precipitammo all’ospedale. Man mano che ci avvicinavamo sentivo il mio cuore battere forte e non capire più niente. Mi sembrava che il tempo si fosse fermato e che adesso l’unica cosa che riuscivo a vedere era lui. Più ci avvicinavamo, più sentivo qualcosa che mi tratteneva e non mi lasciava pensare, parlare, urlare. Josh mi stava aiutando a camminare, non ci stavo più capendo niente.

-Honor!- mi riprese lui. Mi stava guardando dritto negli occhi. –Devi essere forte! Lui sta bene!- misi la mia mano nella sua e mi lasciai accompagnare dentro.

Non so cosa avrei fatto senza di Josh. Chiese tutte le informazioni possibili ed immaginabili, e alla fine trovammo mio fratello. Prima di entrare guardai Josh negli occhi e lui mi diede un bacio veloce sulla fronte. Era quello di cui avevo bisogno: tranquillità.

Nella stanza trovammo mio padre vicino al letto che occupava Edmund e mia madre seduta dalla parte opposta con le lacrime agli occhi e un fazzoletto nella mano. Andai ad abbracciarla e rivolsi un'occhiata dispiaciuta a mio padre. Gli avevo detto molte cose cattive il giorno prima, ma si sa, la rabbia fa fare cose che non vorresti fare.
Faceva quello a cui non importava niente del figlio, ma alla fine teneva a lui più di ogni altra cosa, come tutti i padri.

-Cosa hanno detto i medici?- chiese Josh cercando il mio sguardo e successivamente quello di mio padre.

-Hanno detto che sta bene, solo una storta alla caviglia e una costola incrinata. La cintura di sicurezza ha premuto troppo sulla gabbia toracica che una costola si è incrinata. Per il resto sta bene.- mio padre non testimoniò alcuna emozione e non vidi uscire lacrime dai suoi occhi. Forse aveva pianto prima, ma non voleva mostrarsi debole di fronte a noi.

Un dottore sulla quarantina entrò riportando dentro una cartella rossa.

-Non preoccupatevi, potete andare. Non appena si sveglia vi chiameremo.- ci disse sistemandosi gli occhiali e uscendo dalla stanza, precedendoci.

-Io vado. Fammi sapere quando si sveglia.- mi disse mio padre, volgendo un ultimo sguardo a suo figlio. Uscì dalla stanza e mia madre insieme a lui. Non l’avevo mai vista piangere né sorridere. Non avevamo mai avuto un buon rapporto, o meglio, non avevamo mai avuto alcun tipo di rapporto. Era mia madre solo sulle carte, per il resto era quasi una sconosciuta.
Mi avvicinai a mio fratello e presi una sua mano. La accarezzai e poi posai un lieve bacio sul palmo.

Josh appoggiò le sue mani sulle mie spalle e iniziò a farmi un leggero massaggio. Unii le nostre mani e continuai a guardare Edmund.
-Io penso che ci manderebbe a quel paese solo per il fatto che ci “coccoliamo” a vicenda, anche in una situazione del genere.- mi sussurrò il mio ragazzo abbassandosi alla mia altezza e mimando quel “coccoliamo” .

-Lo credo anche io.- sorrisi un po’ e la tensione iniziò a sparire.
 
-Oppure manderebbe a quel paese solo me per colpa di alcuni miei atteggiamenti nei tuoi confronti di
fronte alla sua regale persona.- Josh sorrise e io invece ridacchiai un poco.
 
La mano di Edmund si mosse leggermente, ma io ero troppo impegnata a pensare positivo per potermene accorgere.
 
Uscimmo sotto espressa richiesta del dottore e chiedemmo dove avremmo potuto trovare Amanda.

-Siete dei parenti?- ci chiese l’infermiera che trovammo fuori dalla stanza di mio fratello.

-No, però siamo amici molto cari di Amanda.- risposi immediatamente. Non credevo che Amanda avrebbe mai potuto considerarmi un’amica, ma io avrei tanto voluto condividere quelle cose che due amiche condividono e sapevo che con lei mi sentivo tanto bene. Con lei ci sarei riuscita meglio che con chiunque ragazza che conoscevo.

-Stanza numero 46.- il numero preferito di Edmund! Si trovava a due porte dopo la sua.
Entrando, non mi colpì vedere Amanda con molti più tubi attaccati rispetto ad Edmund. Le dovevano aver fatto una trasfusione molto grande visto che aveva perso molto sangue. Non era messa molto meglio rispetto ad Edmund. Anche lei aveva un labbro spaccato e una ferita visibile sul braccio. Matilde era seduta vicino a lei e le teneva una mano.

-Come sta?- le chiesi andando ad abbracciarla. La donna, come mia madre, iniziò a piangere ed io cercai di non farlo. Josh mi sorrise preoccupato e Matilde mi strinse di più a se. Aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno e probabilmente non aveva avuto modo di farlo.

-La mia bambina...- mi sussurrò tra una lacrima e l’altra Matilde. –… sta bene.- la pittrice mi guardò ed io capii che non era vero al cento per cento.

-Matilde! Non mi mentire, ti prego.-

-Ha perso molto sangue piccola mia...- le lacrime scendono orami copiose. La abbraccio velocemente e le sussurrai che andrà tutto bene.

Deve andare tutto bene.


Pov Edmund

Mia sorella era stata in quella stanza. Mi ricordavo ancora il suo profumo. Glielo avevo regalato per il suo compleanno, poco prima della festa in montagna.

Aspetta un secondo... Honor?
Che cavolo ci fa mia sorella qui?
La domanda giusta da porsi è : che cavolo ci facciamo qui?
Ma più che altro, dov’è “qui”?
A me lo chiedi? A me sembra una stanza.
Che genia che sei...
Modestamente...

Ero in una stanza, legato a mille tubi e con un collare al collo.

Oh mio Dio!Sono paralizzato!
Scemo... Se muovi braccia e gambe è ovvio che non sei paralizzato...
Giusta osservazione!
Idiota!

-Signor Grandi. Vedo che si è svegliato.- mi disse un uomo sulla quarantina con un camice bianco. 

-Dove mi trovo?- chiesi perso, continuando a guardarmi intorno.

-In ospedale. Ha avuto un incidente. Ricorda qualcosa?- era un medico dunque.

-Dov’è Amanda?- avevo immagini confuse di noi due. Immagini che mi piacevano, immagini che mi riscaldavano il petto.

-Amanda?- il dottore pareva confuso. Ecco perché non bisogna fidarsi, dovrebbero sembrare sicuri e invece sono sempre confusi!

-La ragazza che stava con me.- specificai leggermente alterato, anche se non sembrava visto che ero molto debole.

-Sta bene. È a due stanza dalla sua.- mi sorrise e si sistemò gli occhiali, ma io non gli credetti lo stesso.

-Certo che ce ne avete messo di tempo a trovarci! Due settimane sono passate! È impossibile che fossimo così lontani!- per il dottore ero di certo pazzo, visto come mi guardava.

-Signor Grandi, lei è stato ritrovato ieri pomeriggio. L’incidente è avvenuto due giorni fa.- il mio cuore iniziò a battere più del dovuto e me ne accorsi subito perché il “bip” incessante di quella maledetta macchina stava diventando via via più veloce.

-Come è possibile?- sussurrai appena, infatti quell’idiota pensò bene di darmi un calmante.

-Non si deve agitare...- lo interruppi subito. Non mi dovevo agitare? Ero convinto di aver passato due settimane in montagna, con quei due vecchi del cazzo e un pazzo furioso uscito dal manicomio! Mi veniva detto che mi avevano ritrovato da un giorno e dovrei stare calmo? Ovvio.

-Se questo è uno scherzo, giuro che vi prendo a calci in culo a tutti!-

-Purtroppo non si tratta di uno scherzo Signor Grandi.-

-E la smetta di chiamarmi così! Mi fai sentire vecchi porca miseria!-

-Probabilmente la sua mente ha elaborato delle allucinazioni dovute a cause esterne e magari...-

-No! Io ho vissuto due settimane su quella cazzo di casetta! Ho sopportato il freddo e due vecchi da manicomio solo per Amanda e con Amanda. Ora tu mi vieni a dire che è stato tutto un sogno, ma io ti dico che è stato un sogno incredibilmente reale.- il calmante stava facendo effetto perché mi sentivo più stordito di prima! Vaffanculo ai medici! Comodo abbattere uno che non capisce come cavolo sono passati due giorni quando pensa che ne siano passati quattordici!

-Credo che non sia il momento giusto per parlare di questo. Meglio se la lascio riposare. Avvertirò la sua famiglia della sua ripresa.- il dottore se ne andò e  mi lasciò solo con i miei pensieri.

Ero convinto che qualcuno ci avesse salvato nella neve, dopo la corsa che avevamo fatto per la salvezza.

E Amanda? Mi ricordo del sangue e delle sue ultime parole.

"Ti amo” aveva detto...

Non potevo essermi immaginato tutto!


Angolo Autrice
Salve a tutti! Come vedete in questo capitolo le cose vengono sconvolte un pochino e non era nemmeno come io mi immaginavo la fine della storia. Ovviamente questo non è l'ultimo capitolo, ma ci stiamo avvicinando piano piano alla fine della storia. 
Fatemi sapere le impressioni e se volete potete anche mandarmi a quel paese!
Vi auguro una buona serata e al prossimo week-end!

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Capitolo 38
*** Capitolo 37. Volevo provare ad amarla ***


Capitolo 37

Pov Amanda

Un rumore continuo mi stava dando il “buongiorno”.

Qualcosa non la smetteva di fare “bip” e così mi decisi ad aprire gli occhi. La prima cosa che vidi fu un parete bianca, di un bianco accecante e destabilizzante. Richiusi gli occhi per un istante e l’immagine dell’espressione disperata sul viso di Edmund mi confuse ancora di più. Cercai di muovere il più lentamente possibile ogni parte del mio corpo e poi suonai il campanello che qualcuno aveva attaccato al mio indice. Avevo capito di trovarmi in un ospedale e che qualcuno aveva chiamato i soccorsi, ma non ricordavo così bene come e perché mi trovavo in ospedale.

Un uomo con un camice bianco e gli occhiali entrò nella mia stanza. Non avrei saputo dare un età al dottore, ma potevo immaginare che fosse relativamente giovane.

-Salve signorina Silvestri.- mi salutò l’uomo, mentre armeggiava con la flebo e gli strani marchingegni che si trovavano in quella stanza. Non riuscivo a parlare, i ricordi di quello che era successo incominciavano ad affollarsi nella mia testa, come se ognuno fosse più importante degli altri e cercasse di attirare la mia attenzione.

-Come si sente?- mi chiese ancora il dottore, misurandomi la pressione.

Riuscii solo a sorridergli e niente di più. Non riuscivo ad emettere suoni di alcun genere. Nel mentre che il dottore mi parlava, continuavo a pensare ad Edmund e mi chiedevo dove potesse essere.

-Si ricorda qualcosa o qualcuno prima dell’incidente?- il dottore mi guardò pensieroso e si tolse gli occhiali.

-Edmund...- sussurrai appena. Era l’unico di cui mi importasse. Dentro di me sapevo che era successo qualcosa di brutto, non riuscivo a ricordarmi l’ultima parte della nostra avventura.

-Sta bene, è uscito da una settimana almeno. Vi hanno trovato dopo due giorni quasi e nonostante qualche frattura, lui sta bene. Lei, invece, ha riportato delle lesioni più gravi, ma non meno curabili.- il medico mi sorrise confortante, ma io non avevo assimilato del tutto le sue parole.

“Vi hanno trovato dopo due giorni”, ma allora perché mi ricordavo di noi due in una casa a ridere e scherzare?! Che fosse stato uno scherzo della mia mente?

“Qualche frattura” il mio cervello pensò subito alla caviglia, mentre il mio corpo gridava in ogni sua cellula di alzarmi da quel letto e andare da Edmund per assisterlo.

Una parte di me voleva assolutamente andare da lui, ma mi chiedevo allo stesso tempo perché. Dopotutto non eravamo nemmeno amici e lui ci aveva portato fuori strada con la sua sterzata!

Ma allora perché continuavo a vedere le immagini di noi due in quella casa e quei due signori? Perché sentivo di provare qualcosa per lui?

-Quanto tempo sono rimasta qui?- chiesi, avendo paura della risposta.

-Sono passate due settimane.- il mio stato di confusione aumentò ancora di più e il dottore continuò a spiegarmi –Ha perso molto sangue e abbiamo dovuto farle una trasfusione d’urgenza, questo però ha destabilizzato molto il suo corpo, che non ha dato cenno di volersi svegliare, nonostante le attività celebrali fossero normali.-

-Cosa è successo?- iniziai ad agitarmi ed il “bip” della macchina incominciò a darmi più fastidio del solito.

-La tempesta non ha permesso alle autorità di trovarvi subito, ma poi, dopo due giorni, siete stati liberati dalla neve.- l’uomo mi guardava come se fosse difficile spiegarmi quelle cose.

-Io mi ricordo di una casa, c’era anche Edmund con me, e anche dei signori. Un uomo e una donna. Mi ricordo che non erano molto giovani. Ho dei ricordi confusi di noi due che balliamo e parliamo.-

-Le posso assicurare che non è stato altro che un sogno. Probabilmente la sua mente ha elaborato un pensiero così realistico solo per motivi legati all’impatto.-

-Eppure io sento che quello che ho vissuto è stato assolutamente reale!- ero incredula! Non era possibile che mi fossi immaginata tutto!

-Anche Edmund me l’ha detto, ed ha continuato a dirmelo. Tuttavia lui, a differenza sua, si ricorda tutto in maniera indelebile.- il sorriso sul viso del dottore si fece incredulo ed imbarazzato.

-Lei crede che abbiamo sognato per ripararci da quello che era successo, ma allora come può possibile che abbiamo sognato le stesse cose?-

-A questo non so dare una spiegazione signorina. Ora è meglio se la lascio riposare.- il dottore stava per congedarsi, ma io volevo sapere dove fosse Edmund!

-Dottore!- lo richiamai – Dov’è Edmund?-

-È uscito dopo tre giorni, è venuto a trovarla tutti i giorni, ma sono già un paio di volte che non viene.- il mio cuore perse un battito, ma ovviamente me lo immaginai solo io. La cosa brutta degli ospedali è che tutti possono sapere se una cosa ti ha toccata nel profondo oppure ti è totalmente indifferente! Basta attaccarti a quelle macchine per capirlo!


Perché non si era fatto più vivo?

Forse perché sei rimasta in coma per due intere settimane?

Ah ciao! Che bello risentirti!

Avverto una punta di sarcasmo nel tuo saluto!

Eh già...

Ti trovo sempre più simpatica!

Ehi, era sarcasmo quello?

Ovvio che si!


Nella mia testa si stavano affollando emozioni contrastanti e sentivo che di lì a poco sarei crollata.

Non era possibile quello che il dottore mi aveva detto, eppure una parte di me voleva crederci con tutto il cuore. Mi chiedevo come avrei potuto sistemare quel casino.

Mi ricordo tutto benissimo fino a quando non siamo caduti nel burrone. Da lì in poi ho come dei ricordi sfocati. Come se noi fossimo i fantasmi dei nostri pensieri. Come se in realtà non avessimo mai vissuto quella situazione. Come se in realtà tutto quello non fosse mai successo, ma i nostri cuori avevano trovato il modo di unirsi, nonostante le avversità.

E adesso?
 

Pov Edmund

E adesso?

Honor mi aveva detto che si era svegliata. Matilde glielo aveva comunicato proprio ieri e lei aveva creduto che fosse giusto che io lo sapessi.

Ma il punto era che io avevo paura.

Avevo paura di rivederla.

Avevo paura che le cose sarebbero cambiate tra noi e che forse quello che avevo sognato, lo avevo sognato solo io...

Avevo paura che lei non si ricordasse dei momenti trascorsi insieme e che avesse dimenticato quello che mi aveva detto.

Avevo paura di non riuscire a dirle quello che davvero provavo.

Io volevo provare ad amarla con tutto me stesso, ma allo stesso tempo avevo paura di quello che poteva significare ammettere a me stesso di essermi innamorato. Sentivo di appartenerle dopo tutto quello che ci era successo. Tuttavia, le cose che avevamo vissuto non erano realmente esistite, e di questo devo farmene una ragione.

Per due giorni la mia mente ha proiettato una realtà che non era la mia. Una realtà durata due lunghissime settimane. Dopo sole due "settimane" con Amanda stavo rivalutando tutte le idee che mi ero fatto della vita e non sapevo in che modo sarei andato avanti con i progetti che avevo fatto...

Mia sorella mi raggiunse all’entrata dell’ospedale. Ero molto teso e decisi di sedermi nel mentre che lei mi raggiungeva.

-Ehi fratellone! Che hai?- mi chiese preoccupata. Era diventata ancora più apprensiva dopo l’incidente.

-Niente, ho solo... paura.- dirlo ad alta voce non facava che aumentare le mie insicurezze e questo mi dava enormemente fastidio. Dopotutto ero sempre stato molto sicuro di me e deciso, ma dopo quelle due "settimane" qualcosa era cambiato. Non molto, ma quanto bastava per farmi riflettere sulle cose prima di farle.

-È normale. Tutti hanno paura di qualcosa. Fa parte di noi.- mia sorella mi guardava intensamente e mi accorsi in un lampo che era cresciuta. Era diventata molto più brava di me a gestire le emozioni e questo l’aveva resa anche molto più sicura, anche se lei, come tutti, aveva avuto i suoi momenti di debolezza.

Mi ricordo di quando la vidi per la prima volta in ospedale. Era in lacrime davanti alla porta. Non appena il dottore le diede il permesso di entrare si fiondò nella mia stanza velocemente e mi abbracciò delicatamente. Aveva un grande bisogno di farlo e nonostante sapessi che Josh le aveva raccomandato di non piangere, lei non era riuscita a trattenersi.


-Mi hai fatta preoccupare!- erano state le sue parole ed io capii che aveva sofferto molto quei due giorni.

-Scusami...- le sussurrai appena mentre le asciugavo con una mano le lacrime che scendevano copiose.

-Ti voglio tanto bene.-

-Anche io te ne voglio.- tra di noi scese il silenzio.



Non c’era stato bisogno di altre parole  per  esprimere tutto quello che avremmo voluto esprimere. A volte basta poco.

Venne anche mio padre a trovarmi. Mi riscoprii a provare un senso di vuoto a vederlo. Avevo perso molta fiducia in lui, ma questo non voleva certo dire che non si potesse recuperare. Nei suoi occhi lessi ovviamente dispiacere, ma non riuscivo a superare quella barriera che si era creata tra di noi. Ci guardavamo, ma non ci vedevamo veramente.

La reazione di Marco mi colpì più di tutte. Entrò nella mia stanza in fretta e furia, i miei parenti erano tutti intorno a me, e lui si fece strada tra di loro. All’inizio mi pareva molto allarmato, successivamente si rilassò nel constatare che le mie mani erano apposto.


-Grazie a Dio.- sospirò.

-Grazie amico della comprensione...- dissi io cercando di capire cosa gli passasse per la testa.

-La gara è stata rimandata e cambiata: golf. Abbiamo bisogno delle tue braccia per vincere.- prima ancora che il mio amico potesse finire la frase, mia sorella gli assestò uno schiaffo, facendomi ridere.

-Ehi! È una cosa seria!- Marco mi sembrò indignato, ma poi, guardandomi, mi disse che era stato in pena per davvero, e non solo per la gara.



Con lui non ci si poteva certo annoiare! Dopotutto mi era mancato.

La visita che mi mise più ansia è stata quella di Matilde. Honor le aveva raccontato tutta la storia e io non sapevo se le mi avrebbe dato la colpa del coma di sua nipote.


-Ciao.- mi salutò timidamente, entrando nella stanza. Non c’era nessuno. Era tardi rispetto all’orario di visite.

-Ciao.- la salutai con un cenno della mano.

–Sono rimasta per Amanda. Non si sa mai, un bisogno o una cosa...- la donna si mise seduta sulla sedia vicino al mio letto.

-Certo.- abbassai lo sguardo. Mi sentii responsabile per quello che era successo, ma allo stesso tempo non mi ero pentito di aver continuato a guardarla. Era bellissima quella sera.

-Io non credo che sia colpa tua Edmund.- Matilde mi guardò. I suoi occhi erano pieni di lacrime e provai l’irrefrenabile istinto di consolarla, ma non potevo.

-Sono contento che tu lo dica. Non mi perdono io stesso per quello che è successo e credo che in parte sia solo colpa mia.- cercai di non far trasparire la paura che stavo provando in quel momento. –Lei come sta?- il soggetto della nostra conversazione era implicito, tuttavia non riuscivo proprio a pronunciare il suo nome in quel momento.

-Mia nipote è forte. Ce la farà. Per adesso dobbiamo solo aspettare.- quelle parole pesavano più di un macigno. Erano quelle di cui avevo più paura.



Dopo quella volta Matilde venne tutte le sere fino a quando non me ne andai.

Nel frattempo che i ricordi si facevano strada nella mia mente, Honor mi accompagnò fino alla stanza di Amanda. Evitai di vederla dalla finestrella della porta, ma sapevo che presto o tardi avrei dovuto combattere contro le mie paure ed uscirne vincitore. Diedi un ultima occhiata a quella maledetta porta prima di entrare, poi con il sostegno di mia sorella, entrai.



Angolo Autrice
Hey People! 
RIngrazio chiunque abbia avuto la pazienza di aspettarmi e di aver continuato a tenere questa storia in "biblioteca"!
La fine è vicina, ma prometto che sarà davvero emozionante! O almeno cercherò di trasmettervi tutto l'amore che questi due ragazzi provano l'uno nei confronti dell'altra!
Un bacio,
Serena.

 

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Capitolo 39
*** Capitolo 38. Ritrovarsi ***


Pov Edmund

Entrai nella stanza, mentre Honor rimase fuori ad aspettarmi.

Amanda era seduta sul letto, appoggiata allo schienale. Stava guardando il soffitto della sua stanza. Era pensierosa ed io ebbi paura di disturbarla dai suoi pensieri.

Lei si girò. Sgranò gli occhi.

Non riuscii a capire se si aspettasse una mia visita oppure se desiderasse vedermi. Non riuscii a capire se quell’espressione che aveva dipinta in volto fosse un’espressione di felicità oppure qualcos’altro.

Mi ricordavo tutto delle espressioni di Amanda, e la possibilità che lei invece potesse non ricordarsi niente di me, mi straziava. Posai i fiori che le avevo preso sul tavolino e, facendomi coraggio, mi avvicinai al suo letto.

-Edmund- pronunciò il mio nome sussurrandolo. Ora ne ero certo, era felice di vedermi. Come lo ero io.

-Amy...- le presi una mano e le baciai il dorso. Ero molto nervoso.

–Come stai?- le chiesi allontanandomi un po’. Mi sembrò di vederla triste a causa del distacco delle nostre mani.

-Bene.- mi rispose semplicemente. I suoi occhi mi dicevano che nella sua testa c’era una grande confusione, ma nella mia, la confusione, era triplicata.

L’imbarazzo tra di noi era palpabile.

-Ho dei ricordi.- disse poi facendomi agitare ancora di più su quella scomoda sedia.

-Anche io...- la guardai e scoprii di desiderarla con tutto me stesso. Era bellissima anche con i capelli scompigliati, le labbra di un rosa pallido e con mille tubicini attaccati sul braccio.

-Ricordi tutto in maniera vivida?-

-Si-

-Io no- il mio cuore si fermò per un nanosecondo. La mia peggiore paura si era avverata.

-Cosa vuoi dire?-

-Io mi ricordo tutto prima dell’incidente e so per certo che mai e poi mai avrei sopportato la tua presenza. Eri così pieno di te...- quelle parole mi fecero male. Molto male. Sapevo che non ero la persona più bella del mondo, ma detto da lei non faceva che aumentare il risentimento verso me stesso.

-Tuttavia...- Amanda si fermò ed io ripresi a guardarla, rapito. –Tuttavia, da quando sono qui, non faccio che pensare a te. Io sento di provare un grande sentimento per te, ma non capisco quale sia. I miei ricordi sono sfocati e alcuni sono chiari nella mia mente. Non riesco più a distinguere la realtà dal sogno.- una lacrima solitaria bagnò la sua guancia e mi venne spontaneo andarle vicino per asciugarla. Eravamo così vicini, ma allo stesso tempo incredibilmente lontani. Volevo baciarla per farle ricordare tutto quello che avevamo passato.

-Se vorrai, ti aiuterò a ricordare.- le sussurrai appena.

-Okay.- nei suoi occhi lessi ringraziamento e un desiderio sopito che voleva uscire fuori da troppo tempo.

Decisi di chiarire quella situazione e di buttare fuori le domande che mi tormentavano. Forse lei avrebbe avuto la giusta risposta, anche se involontaria.

-Secondo te perché abbiamo fatto lo stesso sogno?- le chiesi allontanandomi leggermente e prendendo le sue mani.

-Non lo so.- rispose di getto, ma poi parve ripensarci su e mi diede un’altra risposta.

-Forse abbiamo trovato un modo per sopravvivere alla morte.- lei mi accarezzò il dorso della mano, ma ad un tratto si fermò.

-Lo facevamo sempre, prima di dormire.- mi disse sorridendo. Le sorrisi anche io, provando una forte emozione, gioia per l’esattezza.

-Forse è presto per dirlo, ma c’è una probabilità molto alta che io mi sia innamorata di te.- Amy mi sorrise e capii che le costava molto ammetterlo. Dopotutto, la sua timidezza era una delle cose che mi piaceva di lei.

-Io sono sicuro di essermi innamorato di te. Non ho fatto in tempo a dirtelo prima che ci recuperassero.-  il cuore mi stava scoppiando. E’ un’emozione che non può essere spiegata, va solo vissuta.

Cavolo, mi sembrava di correre di notte, come un pazzo a duecento all’ora e con i fari spenti!

-Dimmelo adesso.- me lo sussurrò appena, chiedendomelo con gli occhi e con quel sorriso che mai aveva abbandonato il suo viso da quando la conoscevo.

-Ti amo.- mi chinai per lasciarle un semplice bacio sulla guancia.

Per quanto volessi farla mia e farle capire quanto io l’amassi, non volevo affrettare i tempi. Teoricamente ci conoscevamo e ci eravamo visti solo tre giorni, ma nello spirito due settimane sempre insieme erano tante.

-E questo lo chiami bacio?- mi sorrise lei maliziosa. Ero parecchio sbalordito.

-Ma allora mi vuoi morto?!- va bene che non mi ero ripreso del tutto, ma provocarmi in questo modo era crudele e lei lo sapeva. Lo faceva apposta. Lo faceva per ricordare forse, ma mi faceva rabbrividire dal piacere solo guardarla e sentirla parlare.  

Lei si avvicinò di poco a me e fece combaciare le nostre labbra. Fu un bacio lento e allo stesso tempo passionale. Un bacio di due persone che si erano ritrovate.

Era strano, perché nonostante l’avessi baciata altre volte, sentivo che questa volta era reale


Angolo Autrice
Salve guys!
Questo è ufficialmente il penultimo capitolo di "Je t'aime"!
Spero di avere abbastanza connessione per poter poi pubblicare la prossima settimana e regalarvi il finale e l'epilogo!
Dopo la fine di questo viaggio, ho deciso di rivisitare la storia e cambiare giusto qualche cosa, così che potrà essere perfetta!
Grazie a chiunque sia andato avanti con la lettura!
Un bacio,
Serena.

 

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Capitolo 40
*** Capitolo 39. Scelte ***


Capitolo 39

Pov Amanda

È incredibile come una sequenza di azioni e di scelte soprattutto possano cambiare così tanto la tua vita.

Nel mio caso, Edmund è stato una scelta.

Non avrei mai potuto rinunciare alle emozioni che mi aveva dato stando insieme a lui. Ero davvero innamorata e non avrei mai pensato che una situazione del genere sarebbe mai capitata a me.

Ma la vita è imprevedibile e non sai quali sfide ti proporrà, affinché tu le superi, con consapevolezza di ciò che hai lasciato indietro.

Edmund mi aspettava fuori dall’ospedale.

Avevo perso la concezione dei giorni, ma sapevo che quando c’era lui ogni cosa ritornava al suo posto. Erano sensazioni che avevo già provato e che ormai sembravano assopite nel profondo della mia anima per sempre, ma evidentemente non era quello il loro destino. Ero certa del fatto che non sarebbe mai stato rose e fiori, ma ero altrettanto certa che le cose si potessero aggiustare, sempre se avremmo avuto la volontà e la voglia di lottare per una cosa.

Ed io avevo voglia di lottare per lui, con tutta me stessa.

Edmund era lì, dietro le porte dell’ospedale, bellissimo, sorridente e, stranamente, innamorato. Era davvero strano pensare che lui alla fine si fosse innamorato di me. Lui, così irraggiungibile e soprattutto niente di ciò che mi ero immaginata!

Mi fermai a pochi passi da lui e gli sorrisi. Mi sorrise di rimando e si avvicinò, annullando la distanza tra noi. Mi accarezzò i capelli e unì le nostre fronti chiudendo gli occhi per un istante.

-Cosa ti ha fatto svegliare?- mi chiese sussurrando. Ci eravamo fatti tante domande durante quei giorni, ma sapevo che le domande non sarebbero finite nella nostra vita, dopotutto avevamo così tanto da scoprire l’uno dell’altra ed io non vedevo l’ora.

-La voglia di scoprire cosa diamine ci facevi nei miei ricordi! E soprattutto perché fossi sempre mezzo nudo!- gli risposi sorridendo e guardandolo negli occhi.

Lui rise. Era così bella la sua risata e mi faceva sempre quello strano effetto. Sentivo una mandria di bufali dentro lo stomaco, altro che farfalle.

-Ah si? Non potevi semplicemente avermi sognato?- lui mi guardò e mi sfiorò la punta del naso con il suo. Sempre il solito megalomane!

Durante quei giorni mi aveva aiutato a ricordare, anche se molte cose, avevo scoperto, le ricordavo benissimo, mentre altre erano davvero sfocate. In più, certe scene le ricordavo con molto imbarazzo! Stentavo a credere di aver davvero preso l’iniziativa più di una volta!


Lui invece no, ovviamente gli aveva fatto solo che piacere!

Che ti aspettavi?

Oh Coscienza! Da quanto non ci si sente?

Da quando ti sei svegliata! Nemmeno un saluto mi hai fatto!


-No, non faccio sogni a luci rosse su tizi che conosco a mala pena!-

-Vorrei ricordarti di quel meraviglioso mattino in cui hai sognato il meraviglioso sottoscritto in atteggiamenti int...- lo zittii posando il palmo della mia mano sulla sua bocca e cercando di essere leggermente accigliata, ma con lui, avevo capito che era impossibile!

-Sono contento che quella curiosità ti abbia fatto svegliare.-

Mi baciò dapprima il palmo della mano, poi il dorso. Arrivò alla mia guancia e lasciò una piccola scia di baci lungo la mascella.

Non poteva farmi questo!

Ci stava mettendo troppo accidenti a lui!


Senza preavviso mi girai cercando le sue labbra e lo baciai.

Vedi? Come lo chiami questo? Spirito di iniziativa? Non te ne vergognare cara!

Oh, ma sta’ zitta!

Che riconoscimento! No Maria, io esco...


Fu un bacio semplice, a stampo, ma significava molto di più.

Era l’emblema di una promessa, di un qualcosa di importante.

Ci eravamo trovati in modo insolito, ma eravamo riusciti ad uscirne insieme.

Mi staccai dalle sue labbra e gli presi una mano, unendola alla mia. Ci dirigemmo verso il parcheggio, dove zia Matilde ci stava aspettando, ma Edmund si fermò di colpo. Lo guardai in modo strano e lui si girò verso di me.

-Ho dimenticato di dirti una cosa. So che te l’ho già detta, ma volevo che il concetto fosse chiaro...- sembrava agitato, ma allo stesso tempo impazziente di dirmi quello che si teneva dnetro da tempo.

-Dimmi tutto Ed...- non mi lasciò neanche finire il suo nome che dalle suo labbra uscirono due parole in francese. Quelle parole. Le parole della prima canzone ballata insieme.

“Je t’aime”.

Quelle parole furono la certezza del suo sentimento e, di conseguenza, del mio.

Dopotutto, accettare quella vacanza era stata una buona scelta.



Angolo Autrice
Hey guys! Come va la vita?
Ecci all'ultimo capitolo di questa storia! Ce l'ho fatta finalmente!!!
Spero che vi piaccia!
Rivedrete presto Amanda, Edmund e l'ingombrante Coscienza con l'epilogo ed eventuali Missing Moments!
In più voglio ringraziare tutti coloro che hanno continuato a leggere la storia e mi hanno sostenuta! Grazie di cuore a tutti!!!
Un bacio, 
Serena.


 

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Capitolo 41
*** Epilogo ***


 
EPILOGO

Pov Edmund

Porca miseria!

Cominciamo bene.

Sono in ritardo.

Mah, se tu sei in ritardo, lei lo sarà di più!

Non posso arrivare tardi.

Ne sono consapevole!

Stai zitta per favore!

Quanta ingratitudine gente...


-Allora? Sei pronto?- Marco entrò nella stanza senza nemmeno bussare ed io stavo cercando di aggiustami quel maledetto papillon!

-Dimmi socio, da quel che puoi vedere, posso essere minimamente pronto?- ero chiaramente agitato.

-Okay calmati! Dammi qua!- Marco si avvicinò velocemente e si mise ad armeggiare con quell’oggetto inutile!

Ma che poi, a cosa serve darsi un’aria rispettabile? Dopotutto non era un evento così eccezionale! O almeno per me non lo era. Sarebbe stato eccezionale dal momento in cui l’avrei vista. Tutto il resto non contava.

Marco ci stava mettendo troppo.

-Hai finito?- gli chiesi sempre più agitato. –Ci stai mettendo tre secoli!-

-Sinceramente non ricordo bene come si fa... il mio l’ha fatto il mio autista.- Marco sembrava confuso, ma allo stesso tempo stava cercando di non dimostrare questo suo stato d’animo per non farmi agitare ulteriormente.

-Porca miseria!- mi guardai allo specchio. Il completo nero che mia madre mi aveva regalato mi stava alla perfezione. L’unica cosa che mancava era quello stupido papillon!

-Ehy gente! Come procede? Sei pronto Eddie?- ci mancava solo Honor!

-Io sarei pronto se solo qualcuno sapesse come fare il nodo a questo maledetto papillon!- mi girai verso mia sorella disperato.

-Ah beh... non è un problema! Amanda è in ritardo, quindi possiamo aggiustare questa cosa rapidamente!- sentire che Amy era in ritardo mi calmò un po’. La settimana prima le avevo fatto una promessa e l’avrei mantenuta. Non sarei mai e poi mai arrivato in ritardo come era successo in passato.

-Ciao Ed, allora? Sei pronto?- ma allora vogliono morire!

-Non ancora amore, manca il nodo al papillon.- Honor spiegò la situazione a Josh e da bravo amico provò a farlo lui. Peccato che se la cavasse peggio di Marco. Ovviamente lui doveva essere più ferrato con le cravatte!

-Ma perché non hai scelto la cravatta? È più pratica.- mi disse come se fosse ovvio.

Ovvio.

Peccato che mia madre avesse scelto quel completo e con quel completo ci voleva il papillon.

-Scusa se non ho pensato alla praticità della cravatta, Josh.- lo guardai di traverso mentre lui toglieva le mani dal mio colletto esasperato.

Honor mi si avvicinò mi accarezzò una guancia cercando di tranquillizzarmi, ma ero troppo nervoso.

Stavo per fare una cosa importante e nonostante la mia agitazione sapevo che dopo sarei stato meglio.

-Tesoro! Sei pronto per andare? Amy sta per arrivare!- mia madre apparì frizzante alla porta della mia camera.

-Ehm... veramente...- Marco cercò di usare le parole giuste, ma Honor lo precedette e Josh finì.

-Ecco mamma abbiamo un problemino...- mia sorella sapeva che mia madre non avrebbe gradito problemi nel corso della cerimonia. Dopotutto si era presa la briga di organizzare tutto perfettamente e sarebbe stato sgradevole vedere che alla fine non tutto era così perfetto.

-Non riusciamo a fare il papillon.- concluse Josh, non consapevole della gravità della situazione.


Incosciente!

Ben detto.


-COSA?- mia madre mi guardò esterrefatta e capii che non l’avrei passata liscia. –Quando abbiamo provato il completo ti avevo chiesto se fossi capace di fare il fiocco!-

-Che? Sei sicura? Ti ho chiaramente risposto di no!- era assurdo! Oltre al danno, pure la beffa!

-No tesoro, hai chiaramente detto “Si si, non è un problema!”- mia madre era furiosa, ma la colpa non era mia se mi aveva colto alla sprovvista!

-Senti, vado senza, non è un dramma!- mi tolsi l’inutile stoffa dal colletto e la appoggiai sul letto, rassegnato.

-Eh no caro! Troveremo qualcuno capace di fare questo benedetto nodo!- mia madre prese il papillon e se lo mise in borsa. Insieme ci avviammo alla macchina e Marco si mise al volante, mia madre sul sedile davanti, mentre mia sorella, Josh ed io dietro.

Guardavo fuori dal finestrino mentre la macchina usciva dal vialetto e si immetteva nella strada.

Era passato un anno. Un lungo anno. Un anno emozionante. Un anno che si stava per riassumere in un giorno. Anzi no, non riassumere, completare.

Mi ricordo di quando Amanda mi ha presentato per la prima volta ai suoi genitori.


“-Non lasciarti intimidire da mio padre okay?- mi rassicurò lei accarezzandomi il palmo della mano con il pollice, mentre le nostre mani erano unite.

-Ma è normale no? Di solito quando il ragazzo conosce il padre della propria ragazza è sempre nervoso no?- le chiesi leggermente agitato.

-Si, credo che sia normale. Nei libri di solito succede così, ma anche quando mio fratello ha conosciuto i genitori di sua moglie era davvero nervoso.- lei mi guardò negli occhi. Eravamo ancora in macchina. Si avvicinò al mio viso e mi baciò leggermente sulle labbra.

Lei sapeva sempre come calmarmi. Tenni gli occhi chiusi anche quando ci separammo. Volevo godermi quella sensazione di felicità.

La sentii ridere e riaprii gli occhi. Il suo sguardo era posato sulle mie labbra, poi sentii la sua mano levarmi qualcosa proprio dalle labbra.

-Era rimasto un po’ di rossetto.- mi disse timidamente. Le sorrisi, sfoderando il mio migliore sorriso.

-Non preoccuparti, stasera non rimarrà nemmeno a te... Ho intenzione di baciarti molto nel tragitto fino a casa tua.- la guardai maliziosamente e lei arrossì ancora di più. A distanza di mesi dall’incidente non aveva ancora perso quella caratteristica, che mi aveva colpito fin dall’inizio.

-Sei sempre il solito!- mi sorrise sempre più imbarazzata. Poi però si fece pensierosa. –Sai, ho sempre sognato di dire al mio ragazzo che gli era rimasto un po’ di rossetto sulle labbra, proprio dove lo avevo baciato.- mi guardò ed io capii che nonostante fossimo entrambi molto inesperti nel campo delle relazioni, insieme stavamo costruendo qualcosa.

-Che ne dici di entrare?- mi chiese dopo avermi dato un altro bacio. Annuii e scesi dall’auto.

I genitori di Amanda furono molto gentili, così come suo fratello e sua sorella. Erano davvero una bella famiglia.

-Allora
Edmond, di cosa ti occupi?- avevo deciso di proseguire le orme di mio padre, sperando di non pentirmene.

-Ma tesoro! Si chiama “
Edmondo” non “Edmond”.- la signora Silvestri corresse il marito, italianizzando il mio nome, ma sempre errato era.

-Ehm... mamma, in realtà è
Edmund.- la corresse Amy al mio fianco ed io stavo per scoppiare a ridere. Suo fratello Giovanni stava già ridacchiando sotto i baffi, cercando di non farsi scoprire.

Lui ed io avevamo legato molto ed era stato lui ad aiutarmi in certi problemi che avevo avuto con Amy.

-Che nome strano che hai figliolo.- decretò infine il signor Silvestri e Arianna, la sorella, scoppiò a ridere.

-In realtà è un nome inglese.- precisai io cercando di non essere maleducato.

-E perché mai se i tuoi sono italiani?- suo padre sembrava davvero non capire la logica che si celava dietro il mio nome, ma mia madre si.

-Sono nato di otto mesi signore, ma mia madre si trovava a Londra in quel periodo con mio padre. Perciò quando le si sono rotte le acque l’hanno trasportata urgentemente all’ospedale. Alle due di notte non c’era nessuno di turno, se non un vecchio infermiere che l’aiutò a partorire. L’infermiere si chiamava Edmund Jefferson.- spiegai e in quel momento capii quanto quel nome fosse importante per lei.

-E il tuo secondo nome?- mi chiese Arianna curiosa.

-Vittorio? È di mio nonno. Ha sempre desiderato un nipote maschio e voleva che prendessi il suo nome, perciò l’hanno accontentato.- mi presi del tempo e bevvi un sorso di vino, mentre il padre di Amanda propose un accordo.

-Facciamo così: siccome non riesco a pronunciare il tuo nome per intero...- sia Amanda che Arianna ridacchiarono un po’ ed io mi unii a loro. –Ehi! Dopotutto non sono mica nato in Inghilterra!- scherzò il signor Silvestri, per poi procedere.

-Dicevo, siccome non ce la farò mai, che ne dici se ti chiamo Eddie?- mi sorrideva speranzoso e nei suoi occhi vispi vidi una richiesta amichevole, così accettai volentieri.

-E “Eddie” sia! Brindisi!- alzammo i calici ed io guardai la mia Amy. Era radiosa, come, ero sicuro, il resto della mia vita insieme a lei.”



Arrivammo in chiesa in tempo, ma di Amanda nessuna traccia.

Sei baciato dalla fortuna!

E meno male!


Mio padre mi stava aspettando all’ingresso.

All’inizio era stata dura riuscire a comunicare con lui. Di nuovo.

Mi guardò accigliato e capii che era per via del papillon.


Porca miseria!

Signori e Signore benvenuti alla replica numero 3 di questa frase!

Accidenti! Ma mi lasci in pace???

...

Grazie.


-Dov’è il tuo papillon?- mi chiese subito.

-Non so fare il nodo.-

-Ci penso io.- lo prese dalle mani di mia madre e per la prima volta dopo tanto, fece qualcosa che un padre di solito fa per un figlio.

-Come ti senti?- mi chiese poi. Stava ancora armeggiando con quel coso.

-Bene.- allungai le dita delle mani e mi stirai la giacca per la centomilionesima volta.

-Non sembra. Sei nervoso.- grazie papà, davvero.

-No signore, sto apposto.- lo guardai negli occhi e lui guardò me.

-Ho fatto.- mi diede una pacca sulla spalla e si avviò in chiesa.

Da quel gesto capii che piano piano stavamo recuperando un rapporto.

Mia madre mi raggiunse felice e mi strizzò le guance, come quando ero piccolo.

Mi accompagnò in chiesa e vidi Giovanni già in postazione per fare il testimone di sua sorella. Mi salutò calorosamente e poi mi informò che Amanda era davvero agitata.

Perfetto. Agitazione is the way.

Passarono cinque minuti e poi l’organo suonò la marcia nuziale. Entrarono le damigelle per prime.

-Ehi rilassati!- mi sussurrò Marco alla mia sinistra. Eravamo tutti girati verso l’entrata. Aspettavamo tutti lei.

-Si vede che sono agitato?- gli chiesi senza distogliere gli occhi dalla porta.

-Non tanto, ma ricordati che devi rilassarti.- okay. Con “non tanto” voleva dire “assolutamente”.

Non sapevo cosa pensare  e come comportarmi. Mi stavo facendo mille fisse per nulla, ma come potevo non farmele!


Mi stavo per sposare porca miseria!

Ehi moderiamo i termini che sei in chiesa! Rincitrullito!

Si, hai ragione...

Come sempre!


Ogni mia paura venne spazzata via nel momento in cui lei entrò. Bellissima, raggiante e sorridente come sempre.

Era un angelo. Era il mio angelo.

Peccato che la caduta del papillon mi fece abbassare gli occhi per terra.
 


Pov Amanda

Sorrisi alla vista del papillon che cadeva. Lo sapevo che non sarebbe mai riuscito a farsi il nodo.

Non era la prima volta che lo vedevo vestito bene. Per la “piccola” festicciola che la madre aveva preparato in suo onore, in quanto nuovo associato allo studio Grandi, mi era successo di assistere al suo cambio d’abito molto elegante. Per quell’occasione doveva indossare il papillon, ma non sapeva fare il nodo. Anche per quell’occasione mi ero messa a ridere e decisi di divertirmi maggiormente non dicendogli che io sapevo come farlo. Un po’ cattiva, ma era troppo divertente vederlo perso e confuso. L’espressione concentrata che aveva quando faceva una qualsiasi cosa era troppo dolce, ed io volevo godermela finchè potevo.

Quando mi aveva detto che lo avrebbe indossato per il matrimonio, mi ero messa a ridere. Lui mi aveva guardato strano ed io ridevo sempre più forte.

“-Tu? Il papillon?- gli chiesi continuando a ridere.

-Ehi! Io sono un gentiluomo, ma non vuol dire che non ti possa punire per quello che hai detto! Sono un genio nel mettere le cose!- mi disse avvicinandosi –Ma do il massimo quando le devo togliere...- mi ammiccò malizioso ed io indietreggiai, incontrando solo il muro. Lo guardai a mia volta, cercando di trattenere un sorriso.

Eravamo a casa sua, quindi sapeva meglio di me come muoversi, ero in trappola.

-Ti ricordo il fiasco alla festa di tua madre...- sussurrai sulle sue labbra, mentre lui si avvicinava sempre di più.

-Quello era prima, ora mi sono esercitato...- non aveva voglia di proseguire quella conversazione, ma nemmeno io ne avevo voglia.

Edmund mi baciò con passione ed io allacciai le mie gambe al suo bacino, cosa che mi fece alzare in altezza e scontrare la schiena contro il muro. L’urgenza di sentirci pelle contro pelle si faceva ogni giorno più forte.

Edmund mi tolse la maglia e rimasi in reggiseno, poi si abbassò a baciarmi il collo e tenendomi unita a lui mi portò sul divano. Era sopra di me, bellissimo come sempre. Mi sorrideva fiducioso ed io non potevo che sentirmi la persona più felice del mondo.

Quella sera, il discorso del papillon è stato decisamente messo da parte per intraprendere un discorso molto più piacevole.”



Al ricordo di quella sera sentii le guance andare a fuoco ed ogni parte del mio corpo lo desiderava.

Ma contieniti! Sei in chiesa!

Lo so, hai ragione...


Erano passati dodici bellissimi mesi.

Mesi in cui avevo ripreso a lavorare ed Edmund veniva a prendermi ogni tanto per mangiare qualcosa insieme.

Mesi in cui avevamo conosciuto le reciproche famiglie e partecipato ad eventi importanti.

Mesi in cui ci eravamo amati. Molto. Devo dire che Edmund non mi aveva messo alcuna fretta. Era stato così gentile con me, ma in alcune situazioni capitava di non poterci contenere e che ogni tanto la mia maglia salisse oltre il limite della decenza. Ogni tanto ero io a fare cose improponibili alle sue maglie, e ai suoi capelli, soprattutto; ma altre volte ero io a tornare a casa con tutti gli abiti sgualciti.

Da parte mia, la curiosità era tanta. Non avevo mai avuto un ragazzo che mi dedicasse certe attenzioni, quindi si poteva dire che Edmund era il primo in quel senso.

Con Matteo non sarebbe stata la stessa cosa, per quanto lo avessi amato.

Matteo. Un errore adolescenziale.

Avevo capito con il tempo e colto quei segnali che lui, involontariamente, aveva lasciato. Ero stata cieca, per questo avevo riposto tutti i miei sogni sull’amore in un angolino nascosto della mia anima.

Non ringrazierò mai abbastanza Ed per aver risvegliato quella parte di me.

Arrivai all’altare. Edmund mi sorrideva felice, la sua agitazione era palpabile, come la mia.

-Finalmente sei arrivata.- mi sussurrò nel mentre che tirava su il velo.

-Perché?- gli sorrisi sinceramente.

-Perché stanotte ti ho cercato con la mano, ma il lato sinistro del letto era vuoto...- lo guardai e arrossii. Ero sempre la solita! Dopo un anno ancora riuscivo ad imbarazzarmi per questo tipo di cose.

-Adoro quando arrossisci...- mi sussurrò ancora, nel mentre una sua mano era scesa sul mio viso e mi accarezzava la guancia destra.

-Non hai messo il papillon?- gli chiesi divertita. Lui sghignazzò prima di prendermi le mani tra le sue. Aveva ancora il papillon in mano. Al contatto con la stoffa nera, decisi di sorprenderlo.

Presi il fiocco tanto odiato e mi avvicinai al suo colletto. Il prete mi guardò interrogativamente ed io non esitai ancora. Edmund alzò il collo per facilitarmi e darmi spazio. Un grande sorriso si aprì sul suo viso.

-Sei una piccola dispettosa.- mi disse poi cercando di guardarmi. Trattenni un sorriso.

-Eri troppo divertente... e lo sei ancora.- risi un po’ prima di ricompormi e posare le mie mani sul suo petto.

Lui mi restituì il bouquet e mi sorrise ancora.

Non poteva fare così! Quel sorriso era così bello e perfetto...

Tra di noi non erano mai state rose e fiori, ma avevamo superato tutti i problemi. Insieme.


“Stavamo insieme da due mesi. Era strano poter dire una cosa del genere, ma avevo cominciato a farci l’abitudine, e mi piaceva molto.

Edmund era a casa mia quando il telefono vibrò. Sapevo che non avrei dovuto intromettermi, ma la curiosità è femmina!

Presi il suo telefono tra le mani e lo sbloccai. Notai subito una mia foto come sfondo. Stavo ridendo. Una coperta di lana avvolgeva le mie gambe, rannicchiate contro il mio corpo. Ero sul divano di casa sua insieme a Josh e alla sorella. Però nella foto ero ritratta solo io, con in mano una tazza di cioccolata calda. Era davvero una bella foto. Edmund aveva capito che riuscivo meglio nelle foto quando sapevo di non essere ripresa, perciò ne approfittava sempre.

Spostai il mio sguardo sulla casella dei messaggi. Una certa Rebecca gli aveva mandato un messaggio alquanto equivocabile.
“Ho bisogno di te...”. Quell’unica frase mi scombussolò del tutto. C’erano altri messaggi che Eddie e questa Rebecca si erano scambiati. Molti messaggi. Lui rimaneva molto sulle sue, ma ogni tanto si spingeva oltre ed io non riuscivo a credere a ciò che vedevo.

-Ehi!- Edmund mi raggiunse sorridente. –Vieni? Ho preparato la cena!- era entusiasta. Era una delle prime volte che si preparava la cena da solo. E per due.

-Cosa sono questi messaggi?- gli chiesi senza girare troppo intorno al problema.

-Quali messaggi?- gli porsi il telefono e nel mentre che leggeva Edmund assunse un’espressione sempre più seria. Alla fine bloccò il telefono e si mise seduto vicino a me.

-Non arrabbiarti.- chiuse gli occhi mentre lo diceva.

-Non sono arrabbiata. Voglio solo capire.- era vero. Non ero di certo una che si arrabbiava per così poco. Credevo davvero in lui, per questo sapevo che niente, o almeno lo speravo, lo avrebbe portato via da me.

-Rebecca era una delle mie tante... amanti.- sapeva che stava giocando con il fuoco e che nonostante io lo amassi, sarei rimasta delusa da una frase sbagliata.

-Mi ha provocato molto in questi due mesi, così tanto che per farmi lasciare in pace le ho scritto tutto quello che farei a te. Ho cancellato molti messaggi perciò questi ultimi potrebbero essere fraintesi...- era davvero agitato. Ebbi un tuffo al cuore, ma mi sforzai per essere seria e ferma nelle mie convinzioni.

-Ero certo di averla convinta a lasciarmi in pace, ma a quanto pare non è così...- guardò il telefono sconfortato ed io gli accarezzai una guancia. Poi mi avvicinai e incominciai a passare le mie mani tra i suoi capelli, avvicinandolo a me sempre di più.

-Grazie.- dissi solo.

-Cosa?- era davvero confuso.
Amore mio...

-Ti sto ringraziando per non avermi mentito e per aver scelto me. So che Rebecca è molto più bella, forse viene anche da una buona famiglia e ha studiato nelle scuole migliori...- non finii il mio discorso perché Edmund eliminò la distanza tra noi con un bacio, mentre le sue braccia circondavano il mio corpo, abbracciandolo. Sorrisi sulle sue labbra e mi sentii sempre più felice.

-Se continui a fare così, non credo che resisterò molto prima di incominciare sul serio a farti quelle cose...- mi sussurrò poi mentre lo stavo ancora baciando. Mi resi conto poi di un odore strano.

-Edmund...- non riuscivo a parlare.


Il mio ragazzo era letteralmente spalmato sul mio corpo ed io cercavo di far prevalere la parte razionale all’istinto!


Idiota...

Sta andando a fuoco qualcosa! Ci tengo alla mia cucina!

Ma mangiati quel bel bocconcino di Ed, altro che la cucina!

-Ed...- stavo cercando seriamente di interrompere quel bacio così bello?

Da povera idiota quale sei, si.


-Stai ferma, non riesco a baciarti come si deve...- disse poi lui, così lo allontanai leggermente per rivelargli le mie paure.

-Hai spento il forno vero?- lo guardai preoccupata, per poi vedere sul suo viso un espressione perplessa e successivamente il terrore.

-Oh merda!-  si alzò velocemente e tornò in cucina.

Risi senza sosta quella sera, tra un bacio e l’altro, mentre mangiavo le patate leggermente carbonizzate che Edmund aveva preparato.”



La cerimonia era iniziata ed io ero così emozionata.

Quella mattina mi ero svegliata con il pensiero di rivelare il mio grande segreto al mio unico amore, altro motivo di agitazione... Dovevo solo aspettare.

-Se è vostra intenzione di unirvi in Matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete davanti a Dio e alla sua Chiesa il vostro consenso.- il prete pronunciò queste parole e noi ci girammo l’uno davanti all’altra.

Io unii la mia mano destra con la sua. Iniziò lui.

-Io, Edmund, accolgo te, Amanda, come mia sposa. Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.- sentirglielo dire era strano. Ci stavamo davvero sposando.

-Amanda?- Don Pietro mi riprese ed io pronunciai le mie promesse, leggermente imbarazzata per quell’inconveniente, ma lui mi conosceva da sempre, quindi sorrise leggermente.

-Mi scusi padre.- Edmund mi strinse maggiormente la mano ed io gli sorrisi un po’ agitata. -Io, Amanda, accolgo te, Edmund, come mio sposo.- era davvero bello poterlo dire, ma allo stesso tempo così strano. -Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.- promisi tutto ciò ad Edmund guardandolo negli occhi, come lui aveva fatto con me. I suoi occhi ridevano.

-Il Signore onnipotente e misericordioso confermi il consenso che avete manifestato davanti alla Chiesa e vi ricolmi della sua benedizione. L’uomo non osi separare ciò che Dio ha unito.- Don Pietro pronunciò queste parole a grande voce.

-Amen.- risposi.

Don Pietro prese gli anelli e li benedisse. Poi consegnò l’anello ad Edmund.

Eccoci qui. Stavamo davvero per farlo.

-Amanda, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà.- Edmund inserì l’anello al mio anulare.

C’eravamo solo lui ed io in quel momento.

-Edmund, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà.- inserii l’anello al suo anulare ed indugiai un poco sulle sue mani, così morbide e grandi. Accoglievano le mie, piccole, alla perfezione.

Don Pietro andò avanti con la cerimonia e alla fine ci sorrise raggiante.

-Per il potere conferitomi dalla Chiesa Cattolica, vi dichiaro marito e moglie.- Don Pietro ci sorrise amorevolmente e tutti i nostri parenti applaudirono.

-Edmund, puoi baciare la sposa.- di solito questa formula non c’è nel rito cattolico, ma per noi, Don Pietro ha fatto un eccezione. Cosa che ha spiazzato entrambi. Non ce lo aspettavamo proprio da lui, così tradizionalista.

Gli sorridemmo felici e mio marito –non posso ancora crederci- si avvicinò sempre di più, fino a far premere le sue labbra sulle mie. Era un semplice bacio a stampo, ma per noi significava più di tante altre cose.

Con i nostri testimoni firmammo l’atto del matrimonio, per poi avviarci verso l’uscita.

-Sai, mi farà strano pensare a te come mia moglie adesso.- mi disse Edmund nel frattempo che arrivavamo all’entrata. Già vedevo zia Matilde con Momò,  mia sorella Arianna con tre sacchetti di riso. La piccola Elena in braccio a mio fratello, mentre sua moglie teneva il sacchettino di riso. Il padre di Edmund che sorrideva felice e sua madre che piangeva dalla gioia, vicino a mia madre.

-Ci dovrai fare l’abitudine allora.- gli risposi girandomi verso di lui.

-Sei bellissima...- mi sussurrò avvicinandosi per lasciarmi un bacio tra i capelli.

-Anche tu non sei male...- ammisi cercando di non sorridere troppo.

-Stavo pensando anche che sarà strano vivere con un’altra persona in casa, già ci siamo ambientati un po’, ma da adesso sarà tutto diverso.- mi guardò sorridendo sbilenco. Adoravo quel sorriso.

-Io dico che dovrai abituarti anche a questo, ma non solo...- abbassai lo sguardo cercando di non far vedere quanto fossi felice. Edmund si fermò.

-Che vuoi dire?- era confuso.

-Vuol dire che non saremo solo noi due...- portai la mia mano libera sulla mia pancia e poi alzai lo sguardo. Delle lacrime scesero sul mio viso. Erano lacrime di gioia.

-Vuoi dire che...- Edmund non aveva parole. Era sconvolto.

-Si. Due mesi amore mio...- sussurrai. I suoi occhi si riempirono di lacrime, che però non volevano scendere giù.

Mi avvicinai a lui e lo abbracciai. Poi non sentii più la terra  sotto i miei piedi e mi trovai a volteggiare piano.

Risi. Anzi, stavamo ridendo entrambi.

Edmund mi poggiò a terra e senza nemmeno darmi il tempo di riprendermi, mi baciò.

Mi baciò focosamente. Io ricambiai alla stessa maniera.

-Ti amo- dissi senza fiato staccandomi da lui.

Edmund si abbassò all’altezza del mio ventre e vi posò un leggero bacio. Poi si alzò e mi circondò la vita con le sue braccia.

-Io ti amo di più. Anzi, vi amo.- ero di sicuro la donna più felice sulla faccia della terra e lui mi stava rendendo ogni giorno più felice.

Se la felicità potesse essere racchiusa in una foto, per me sarebbe proprio quella.

Mio marito che posa un bacio sul mio ventre, accarezzando la casa di nostro figlio e donandomi la certezza di un futuro.

Ci prendemmo per mano e dopo esserci scambiati un altro bacio, uscimmo fuori, colpiti da quella pioggia di riso.

Le colombe volarono in alto. Il cielo era splendido quella mattina e noi eravamo così innamorati.

A volte basta poco per essere felici.


FIN*




Angolo Autrice
Eccoci arrivati, cari lettori, alla fine di questa avventura.
Mi sono commossa scrivendo questo capitolo, non pensavo che sarei riuscita a finire questa storia. Più volte avevo diceso di cancellarla, ma poi una parte di me mi convinceva ad andare avanti e a sponarmi a scrivere.
Probabilmente non sarò un gran ché come "scrittrice", ma mi ha reso immensamente felice ricevere ogni tanto un commento o un consiglio da voi lettori.
E' stata davvero una bella esperienza e sono sicura che continuerò a scrivere. 
Voglio RINGRAZIARE tutti coloro che hano avuto la pazienza di arrivare fino a qui. Tutti coloro che mi hano consigliato e spronato ad andare avanti, coloro che hanno sopportato i miei aggiornamenti fantasma e coloro che hanno amato o che comunque hanno ricordato con piacere la storia un pò strana di Edmund e Amanda.
Ho solo una parola per voi oggi: GRAZIE.
Un bacio, 
Serena :)



* Fine

 

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