This is home

di ninety nine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** This is home ***
Capitolo 2: *** I know ***
Capitolo 3: *** Family ***
Capitolo 4: *** Odysseus ***
Capitolo 5: *** past and future ***
Capitolo 6: *** district two ***
Capitolo 7: *** scars and memories ***
Capitolo 8: *** Confessions ***
Capitolo 9: *** Love ***
Capitolo 10: *** district four ***
Capitolo 11: *** fuoco, sale e felicità ***
Capitolo 12: *** Just like those two guys ***
Capitolo 13: *** Some trains are driven by Fate ***
Capitolo 14: *** A brave new world ***
Capitolo 15: *** Eight and Twelve ***
Capitolo 16: *** Zachariah ***



Capitolo 1
*** This is home ***


Esco dalla casa che divido con Peeta, dove lui sta aiutando i bambini ad addobbare per il Natale. Ma io non posso farlo, non ancora e non l'ho mai fatto. Vorrebbe dire definitivamente addio al passato, e non sono ancora pronta. Vorrei andarmene, ma mi trattengo, almeno finché non arriva mia figlia che mi chiede cosa siano gli Hunger Games. A quel punto non resisto più,esco e me ne vado, diretta ai boschi.

Arrivo nel prato, dove riposano le vittime del bombardamento che ha distrutto il distretto. Ora è stato ricostruito e collegato al resto di Panem con ottimi mezzi di trasporto. Adesso che Capitol City non esiste più, siamo tutti uguali. O quasi, perché qualcuno tenta già di affermarsi come il nuovo Snow. Ma per ora siamo riusciti a bloccare qualunque tentativo.

La recinzione non esiste più,ma io continuo ad entrare nei boschi dallo stesso punto. Il mio arco è ancora lì, ma noto che manca quello di Gale. Preferisco pensare che ce l'abbia lui, che sia tornato a prenderlo, piuttosto che qualcuno me l'abbia rubato. Ora infatti i boschi sono piuttosto frequentati, per lo meno quelli vicini al distretto. Nel resto mi spingo solo io, o Rory. È abile quasi quanto il fratello a piazzare trappole. Peeta invece non mi accompagna. Probabilmente capisce che preferisco essere sola, oppure gli ricordano troppo il periodo degli Hunger Games. I miei incubi non mi abbandonano, ma se ne sono aggiunti di nuovi: la morte di Prim, per esempio. Non l'ho ancora accettata e probabilmente non la accetterò mia.

I miei piedi mi stanno conducendo al lago, dove mai nessuno arriva. Vorrei nuotare, ma l'acqua è troppo fredda persino per me. Allora provo a cacciare, ma le mie solite prede sono ben nascoste nei boschi e non hanno intenzione di venire a darmi il bentornato. Entro nella piccola casetta scoperchiata che piaceva a mio padre e noto che qualcuno ci è entrato di recente. Qualcuno che sa come muoversi, nei boschi: non noto tracce, ma alcune prede sono state pulite qui dentro. Esco, ormai sull'attenti. Vedo un'ombra che si muovo tra gli alberi. Alzo l'arco e miro. Sto per scoccare la freccia quando l'ombra si muove ed esce allo scoperto. Un giovane alto, muscoloso, l'arco in mano, gli occhi grigi e i capelli scuri.

Gale.

Allarga le braccia e io accetto il suo abbraccio. L'ho stretto soltanto un'altra volta prima di questa, ai saluti dei miei primi Hunger Games. Quel giorno era un abbraccio disperato,ma lui credeva in me. In questo abbraccio invece sento tutto il suo bisogno di starmi accanto,ma anche la sua delusione,la sua rabbia. Non ha ancora accettato la mia scelta fino in fondo.

-Ciao, Catnip.-

Sono solo due semplici parole, ma bastano a scatenare dentro di me un'onda di sentimenti ed emozioni. Soprattutto nostalgia. Mi mancava Gale, mi mancavano le sue tirate contro Capitol City, la sua gelosia per Peeta. Sì, anche questa.

-Ciao, Gale-

Sorride per un attimo, ma poi il suo viso si rabbuia. Siamo sempre stati di poche parole io e lui, ci capiamo a sguardi. Ma quando mi guarda con due occhi colmi di dolore, non capisco, finché non parla.

-Mi dispiace, per Prim-

Quelle parole e l'espressione del suo viso, dei suoi occhi, sono come un pugno nello stomaco. È veramente dispiaciuto. Lo so, lo capisco. Si sente colpevole. Fisso i miei occhi nei suoi, quegli occhi che hanno guardato i miei Hunger Games, che ho visto irati contro Capitol City, concentrati nel piazzare una trappola, dolci verso i suoi fratelli, annebbiati dal dolore e dalla morfamina dopo la sua fustigazione. Ma mai, nemmeno in quell'occasione, erano così disperati,a arrabbiato con se stesso, addolorati. Mai.

-No,Gale, non è stata colpa tua.

E lo penso davvero. L'ho capito soltanto adesso, ma è sbagliato attribuire tutta la colpa a lui. Mi guarda, per capire se sono sincera. Sostengo il suo sguardo. Lui si rilassa, capisce che non sto mentendo solo per farlo sentire meglio

-Grazie-dice.

Solo questo,ma basta a chiudere l'argomento Prim. Per sempre spero. Fa troppo male ricordare.

Ora che c'è equilibrio tra di noi,non vorrei romperlo. Ma devo sapere.

-Perché sei tornato?-

Sorride, quel sorriso sarcastico e sbieco che ho sempre amato, ma è un sorriso triste. Noto una cicatrice che non aveva, prima, tra il labbro e il lato del naso. Vorrei sapere come se l'è fatta, ma lui risponde alla mia domanda.

-Dovevo vederti, dovevo sapere che eri felice,felice della tua scelta e che-esita per un attimo- che non ti fossi pentita-

Sento il mio viso che arrossisce.

-Gale- dico in un sussurro, perché non ho mai svelato a nessuno quello che gli sto per dire- certe volte sì, mi chiedo cosa sarebbe successo se la mia scelta fosse stata diversa.-

Ed è vero. A volte ci penso, alla mia vita con Gale, a come sarebbe stata.

So che ormai ho compiuto la mia scelta, ma ora, con Gale davanti a me,sorgono tutti i dubbi che mi sono sempre tenuta dentro e che ho sempre voluto evitare. Penso a Peeta, ai miei figli.

Continuo a parlare – E penso che forse con te sarei stata meglio, perché capisci ciò che provo senza bisogno di parole, perché sai tutto ciò che ho passato. Ma ormai ho due figli, per loro non posso cambiare idea. Un lampo di sorpresa passa nei suoi occhi grigi.

-Due figli?- chiede

-Sì Gale-

Non vedo rabbia o dolore sul suo viso, soltanto stupore. E sollievo. Vuole davvero che io sia felice.

Poi mi chiede: -Posso vederli?-

Ora penso che siano i miei gli occhi in cui si legge sorpresa.

-Vieni-

In un oretta arriviamo nei pressi del distretto. Mentre camminiamo mi racconta di lui. Ha continuato a combattere ne distretto due poi, quando tutto si è placato, per un po' è rimasto lì e dopo un po' se n'è andato nei boschi ed è vissuto solo. Successivamente ha deciso che doveva vedermi ed è venuto. Tutto qui.

Gale, desiderato da tutte le ragazze, non si è fatto una famiglia,non ha avuto la sua vita, perché sperava di avere una possibilità con me. Quando arriviamo a quello che era il nostro punto di ritrovo, sento gli occhi riempirsi di lacrime. Ma non voglio piangere. Mi volto e lo bacio. Lui sembra sorpreso, poi ricambia il bacio. Restiamo abbracciati per un bel po'. Quando ci dividiamo, basta un' occhiata per fargli capire di tenere il segreto con Peeta.

Camminando per il distretto, qualcuno gli lancia occhiate confuse. Ma la più confusa di tutte è quella di Peeta quando ci viene ad aprire.

-Gale- dico e lui capisce. Ci fa entrare e chiama i bambini. Arrivano e mi sommergono di domande. Rispondo a monosillabi e la loro attenzione passa presto al ragazzo che ho a fianco. Lui gli chiede i nomi. La bimba risponde -Prim-

Gale sorride impercettibilmente, poi si rivolge al maschio. Ma è piccolo, non parla. Glielo dico io: -Si chiama Gale-

Mi guarda, stupito

-Dovevo farlo.-

-Lo so-



Ciao a tutti! Questa è la mia prima storia, nata per portare avanti la mia Everthorne-mania, e vorrei sapere cosa ne pensate... recensite, dai bravi bambini, che io l'avevo scritta a mano e l'ho dovuta copiare tutta per inaugurare il mio profilo EFP! <3
Grazie 1000.. spero che la mia fanfiction vi piaccia dai, non lanciatemi pomodori, lasciateli al fruttivendolo quelli!! :) Katniss_Jackson


 

 

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Capitolo 2
*** I know ***


Lo so...lo so...lo so

Sono solo due parole, ma mi martellano in testa per alcuni minuti in cui rimango perfettamente zitta.
Cosa intendeva Gale con ''Lo so''? Ha capito che ho chiamato mio figlio così perchè avevo paura di non vederlo mai più? Che ero sicuramente certa di non vederlo mai più? Che avevo già accettato la sua lontananza? Il suo ritorno mi ha scossa, anche se sono felicissima. Ma più di tutto mi hanno scossa quelle due parole. ''Lo so, lo so''. La mia mente è un turbine di pensieri. Sto cadendo. Qualcuno mia afferra. Gale? ''Lo so'' Vorrei che il mio cervello smettesse di ripetere quelle due parole, ma non lo fa. ''Lo so'' Possono due parole sconvolgere così? ''Lo so'' No che non lo sai, tu non sai niente, io non so niente, Peeta non sa niente, I bambini non sanno niente Prim non sa niente ma Prim non c'è più, nessuno sa niente nessuno nessuno ''Lo so'' Smettila, smettila subito... sto urlando o è solo la mia immaginazione?? ''Lo so'' Cosa sai? Cosa? Niente sai, niente! Basta, basta... ora sì, sto urlando davvero, o forse no?. ''Lo so''  Gale, o chiunque sia la persona che mi sta tenendo mi adagia su una poltrona. ''Lo so'' ''Lo so lo so losolosolosols''. Svengo.


Quando mi sveglio, sono adagiata su un letto. Metto a fuoco ciò che ho davanti e vedo il volto di Peeta, preoccupato. Ma io non voglio la sua preoccupazione, voglio Gale, voglio delle risposte. Mi volto e lui è li. Mi guarda, gli occhi grigi fissi sul mio viso. Ma non sono preoccupati e questo mi aiuta. Non voglio compassione. Mi sorride, quel sorriso sghembo che tanto amavo.

-Catnip -

-Gale-

Lo fisso, lo fisso. Poi fisso Peeta. Si alza e i suoi occhi brillano di dolore. L'ho ferito, gli ho fatto capire che voglio che se ne vada, che voglio stare sola con Gale. So che è sbagliato, ma io sono egoista, lo sono sempre stata. Penso solo a me,mai agli altri. So che non dovrei, so che Peeta non lo fa. Ma ora voglio risposte. E gli occhi che me le possono dare non sono gli occhi azzurri, gli occhi da ricchi, ma sono gli altri, grigi come i miei.
Gale parla.

-Cosa è successo? Perchè sei svenuta? Mi hai spaventato...un momento eri lì che sorridevi teneramente ai tuoi figli e il momento dopo stavi cadendo con la testa tra le mani!-

Taccio. Non reagisco.

-Katniss- mi chiama ancora.

Continuo a non reagire. Non so nemmeno io perchè.
Capisco di essere stata passiva un po' troppo quando inizia ad urlare

-Katniss! Ti prego! Rispondimi! So cosa provi, lo so... ho anche io degli incubi! Mio padre, le guerra, i miei fratelli le persone che amo! So cosa significa aver paura , temere di aver perso qualcuno per sempre o averlo perso davvero! Ogni notte, tutte le notti ti ho sognata, tu e tanti altri popolate i miei sogni, ma soprattutto tu. Soffrivi nei miei sogni Katniss! Soffrivi e io non lo sopportavo, ma non potevo far niente! Capisco che significhi essere impotente davanti alla morte, alla sofferenza, ai ricordi! Io ti capisco! Sono tornato per quello... per sapere che stavi bene! E ora, sono qui da meno di un giorno e già mi svieni tra le braccia? E' colpa mia, Catnip? Rispondimi! Rispondimi!Ti prego...-

Il suo sfogo mi colpisce. Mi ricorda il modo in cui imploravo mia madre, dopo la morte di papà. Ricordo quanto odiavo il suo silenzio, la sua totale assenza di reattività. Non voglio essere come era lei allora. Decido di parlare,cerco le parole adatte, ma poi capisco che con lui è sempre stato meglio essere diretti.

-Cosa intendevi, con quel ''lo so''?-

Per un attimo sorride, come sollevato.

-Tutto qui? Sei svenuta per due mie parole?-

Ma poi vede il mio viso, legge nei miei occhi lo sconcerto e il caos che quelle due parole hanno causato dentro di me. Rimane per un po' a guardarmi, scosso lui stesso.

-Katniss- non trova le parole, esita - Quel ''lo so''... io sono rimasto in contatto con Sae, dal Due. Lei.. lei mi aveva detto che sentivi la mia mancanza, che se fossi tornato mia avresti accolto a braccia aperte, ma non me la sentivo, in un certo senso...Dio Katniss, mi sento un verme a dirti queste cose, ma in un certo senso volevo fartela pagare per ciò che mi avevi fatto passare, per aver scelto Peeta e allo stesso tempo volevo lasciarti la tua libertà. Pensavo che starti lontana sarebbe servito a entrambe le cose. Ma Sae insisteva e io mi ero quasi deciso a tornare, quando ho ricevuto una sua chiamata. Mi ha detto che eri incinta. Non ci ho più visto. Mi sono sentito tradito e le ho sbattuto il telefono in faccia. Ho deciso di chiudere il capitolo ''passato''. Non l'ho mai più richiamata.
Pochi mesi dopo, sono iniziati i miei incubi con te protagonista. Ho resistito, per un paio d'anni. Poi non ce l'ho più fatta. Sono tornato.
Quel ''Lo so''...intendevo dire che sospettavo che in qualche modo tu avessi dovuto mantenere un qualche legame con me. Certo, non sospettavo che fosse questo.
Katniss, scusa. Per ciò che ti ho raccontato. Davvero io mi sento un verme, vorrei sprofondare...-

Lo guardo. I suoi occhi sono pieni di vergogna. Gale. Vorrei urlargli contro, ucciderlo, abbracciarlo, baciarlo, tirargli uno schiaffo.

-I vermi mi sono sempre stati molto simpatici.-

 

 

 

 

Beh ragazzi..ecco qui il secondo capitolo. Visto che qualcuno mi ha chiesto di andare avanti, io l'ho fatto! <3 Spero che il capitolo vi piaccia, ho provato a incentrarlo un po' su Gale, sui suoi incubi, sulle sue paure. Accetto opinioni e recensioni, ovviamente! :) Ciao a tutti k_j

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Capitolo 3
*** Family ***


Ride Gale, sollevato. E il suo riso è contagioso, rido anche io. Come vorrei che fosse sempre stato così, che la guerra assurda in cui siamo stati coinvolti non fosse mai esistita.. Ah, no, se non ci fosse stata io sarei morta, Snow sarebbe ancora al potere, lui o qualche suodegno compare, e Gale si starebbe preoccupando di Posy alla mietitura.
Già, Posy, che ora ha 16 anni e scommetto che le piacerebbe rivedere suo fratello, che non torna a casa da più di dieci anni. Dieci anni in cui io sono cambiata, ma i miei sentimenti no. Sono ancora indecisa tra Peeta e Gale. Ma le priorità ora sono altre.


–Gale, scommetto che la tua famiglia vorrebbe vederti-  dico.

Nei suoi occhi passa un lampo di impazienza. Poi impreca.

- Come ho fatto a dimenticarli?- E poi, subito dopo – Come stanno?-

- Ora lo vedrai, Gale. Forza.-

Lui si leva la maglietta per cambiarsela e vedo tutta la bellezza del suo corpo, i muscoli tonici e forti. Il suo corpo non è cambiato. Ripercorro con lo sguardo le cicatrici che ha sulla schiena, ricordo quel giorno, sento la frusta fischiare e i suoi gemiti di dolore. Ma poi qualcosa d'altro attira la mia attenzione. Intorno al collo, dove di solito c’è lo scollo della maglietta a nasconderla, noto una cicatrice che non c’era dieci anni fa, probabilmente fatta da un’arma da taglio. E la stessa cosa siripete all’altezza dell’ombelico con una bruciatura e appena sopra la cintura dei pantaloni, ancora con un taglio. Si volta e vedo che quella sul collo scende fino alla clavicola e segue la linea dell’osso per poi chiudersi. E lo stesso fanno le altre. Ferite che non dovevano essere state abbastanza profonde da ucciderlo, ma che devono avergli fatto male. Tre cerchi.. significano qualcosa, oppure è stato solamente un modo per torturarlo? Se è così che gliele ha fatte e quando? Vorrei saperne di più, ma lui si riveste e io non oso chiedere.

–Andiamo- mi dice.

Mentre scendiamo le scale chiamo Peeta e gli spiego dove andiamo. Lui non fa commenti, ma lancia un’occhiataccia a Gale. Cos’è, geloso? O forse è solo preoccupato, ma credo che sia la prima opzione quella più plausibile. Mi sento montare la rabbia. Perché mai dovrebbe essere geloso? Io ho scelto lui, ho due figli con lui. Certe volte non lo capisco. Esco dalla porta prima di farmi uscire dalla bocca qualcosa di velenoso.
Io e Gale attraversiamo il distretto fianco a fianco, come una volta, quando lui ancora mi chiamava Catnip. Realizzo che io non gli ho mai dato un soprannome, ma Gale è un nome troppo corto da abbreviare. Ci rimugino per un po’, almeno finchè lui non parla.

–Se do fastidio a Peeta, posso andarmene- dice così, diretto.

Lo dice senza dargli molta importanza, ma vedo quanto gli costano queste parole. E io so che non potrei sopportare di perderlo di nuovo. Il solo pensiero mi manda in panico. Se Peeta è colui che mi regala un mare di emozioni, Gale è colui che non mi fa annegare. Un ricordo si fa strada nella mia mente ‘’Sceglierà chi ritiene indispensabile per la sua sopravvivenza’’. Ho scelto Peeta, ma ho bisogno di entrambi. Allo stesso modo.

–No.- quasi lo urlo -Non andartene di nuovo, non lo potrei sopportare.-

-Okay, tranquilla,resto qui.-

Mi abbraccia, ma era solo una mia impressione o nella sua voce c’era una nota di incertezza? Ho paura, davvero paura, che Gale possa lasciarmi soltanto perchè vede Peeta geloso.
Arriviamo alla casa dove vivono Hazelle con Posy : Vick e  Rory vivono con le loro famiglie. Bussiamo. Ci apre Posy, che guarda suo fratello, sgrana gli occhi, abbozza un sorriso che subito scompare lasciando spazio alla rabbia. Poi dice una sola cosa, con urgenza, disperata.

–Mamma. Aiuto.-





 Allora ragazzi, eccomi qui! Sono tornata ,anche se un po’ in ritardo, ma tra scuola danza e tiro con l’arco avevo poco tempo e nessuna idea! Spero che questo capitolo vi piaccia , anche se a me non convince molto e mi è venuto pure corto...prometto che si allungherranno! Come al solito , aspetto recensioni, insulti, complimenti, consigli.. qualunque cosa! A presto ,katniss_jackson <3

EDIT 05/2/2015 : Sto dando una rapida riguardata alla parte grafica della storia, l'ho fatto anche con il capitolo 2. Spero non vi dispiaccia!

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Capitolo 4
*** Odysseus ***


-Cosa c'è, Posy?- chiedo, allarmata.

Gale è ancora troppo concentrato a fissare sua sorella, assimilando ogni tratto del suo viso, ogni particolare di quella sedicenne che aveva lasciato ancora bambina e che non aveva visto crescere.

-Mamma...questa notte delirava- Non sta parlando con me, ma con Gale -Lei.. diceva che ti vedeva, che eri al Dodici ma che non venivi, si chiedeva il perchè ma io...io non ci credevo dicevo ''Noo, Gale sarebbe venuto, Gale...Gale ci vuole bene'' -

La sua voce si spezza e io vedo che neglio occhi di Gale passa un lampo di colpa.

-E ora?- Chiede, preoccupato, mordendosi un labbro fino a farlo sanguinare leggermente.

- E' svenuta poco prima che tu bussassi.- risponde, per poi abbassare gli occhi. -Ho paura - aggiunge, sottovoce e so quanto le costi pronunciare queste due parole, visto che ha anche lei l'orgoglio caratteristico degli Hawthorne. Tace una attimo,poi aggiunge: -Quanto è che sei qui, Gale? -

-Oggi , beh, oggi è il terzo giorno..- Momrmora il ragazzo, continuando a giocherellare con il labbro. Capisco che è preoccupato, è dispiaciuto, si sente in colpa,si chiede come abbia potuto dimenticarsi della sua famiglia.

Stupendo, ecco un'altra cosa a pesare sulla sua coscienza.

-Posy, forse posso fare qualcosa - Dico, prima che uno dei due possa dire altro

La ragazza annuisce e mi porta in camera, con Gale che ci segue.

Nel vedere Hazelle stesa nel letto, mi viene in mente una vecchia storia che mi raccontava mio padre.

Parlava di un eroe, Odisseo, che dopo dieci anni di guerra e altrettanti di avventure per mare e di incontri mostruosi (che a me non facevano alcun effetto, avevo imparato a conoscere i veri mostri della vita, ma che terrorizzavano Prim) tornava a casa in incognito.

Veniva riconosciuto inizialmente solo dal suo cane, Argo, che moriva per l'emozione. Mi commuovevo sempre in questo punto, un po' perchè desideravo uncane da portare a caccia, un po' perchè mi colpiva la sua fedeltà. Io non avevo nessun amico, allora.

Era l'unica storia che mi faceva piangere, prima della morte di papà. E di Rue. E di Prim. E di tutti gli altri.

Sento gli occhi annebbiarsi. Non devo pensare a loro. Non posso. Devo essere lucida e pensare ad Hazelle.

Ma quando la guardo, capisco che non c'è nulla che io possa fare. Forse, forse mia madre avrebbe potuto fare qualcosa,ma mia madre è ancora in quello che era il 13, ora..e io non posso fare nulla per aiutare la madre del mio migliore amico. E' frustrante, ma so che anche se mi fossi sforzata di ascoltare le lezioni di mamma, non avrei potuto fare nulla lo stesso. Io ero quella che caccia, non quella che curava. Quella che feriva e uccideva, non quella che curava. Come papà, del resto. Il mio cervello oggi ha voglia diandare alla deriva nel mare dei ricordi,a quanto pare, ma mi sforzo di fermarlo.

Guardo Gale e capisco che lui ha capito, con quel suo sesto senso da minatore che comprende quando non c'è più nulla da fare.

-Posy- dice, con la voce carica di tristezza.

Nel sentire il suono della sua voce, Hazelle si sveglia e fissa suo figlio.

-Gale- sussurra -Sapevo che saresti venuto.

Gi occhi di Gale si fanno lucidi, si sforza di non crollare

-Ti voglio bene, mamma- sussurra, con la voce spezzata.- Ti voglio bene -

-Anche io. Sono fiera di te, Gale. Sei proprio come tuo padre.- risponde Hazelle.

Poi chiude gli occhi. Alcuni secondi dopo, il suo petto smette di sollevarsi.

Gale soffoca un singhiozzo, una lacrima ribelle gli scivola sulla guancia. Non l'ho mai visto piangere, ora che ci penso. L'ho sempre visto nascondere i suoi sentimenti dietro alla rabbia o alla sopravvivenza... e sì, per questo l'ho sempre ammirato. Ma ora che piange, mi spaventa. E' come se una colonna portante della mia vita si sia disgregata...lui non l'ha mai saputo, ma io l'ho preso a modello per tutti gli anni in cui ho caccaito con lui, ho sempre cercato di nascondermi dietro un muro. Poi, tutto è stato vano surante gli Hunger Games, dove dovevo mostrare i miei sentimenti..anche quelli che non avevo.

Le lacrime scorrono abbondanti sulle guance di Posy. Gale la abbraccia, ma la sedicenne lo respinge.

-Vattene Gale, vattene! Se tu..se tu fossi arrivato prima forse..forse..- le si spezza la voce e non riesce a continuare. Gale riprova ad abbracciarla e lei lo lascia fare.

Li lascio così, seduti sul pavimento, abbracciati, fratello e sorella, Posy con la faccia nascosta nella camicia de Gale e lui con il viso affondato nei suoi capelli.

 

Vago per il distretto,senza una meta ,e i miei piedi mi portano all'imbocco delle miniere.

Mi chiedo il perchè proprio qui, poi capisco. Papà. Vedere Hazelle morire mi ha fatto capire che è tempo di dire addio ai miei fantasmi. E il primo, il più vicino, è lui.

-Ciao,papà- sussurro, piano.

 

 

 

EEEE...eccomi, non sono morta! Non riuscivo a scrivere, il capitolo non mi convinceva mai..e la mia storia sta prendendo una piega tragica..ma vedrete che mi rifarò nei prossimi capitoli! Ho inserito qui un accenno alla mitologia greca, da sempre mio grande amore...spero che ci stia bene!
Posy e Hazelle sono due donne che io ho sempre considerato forti e interessanti, è stata una sfida per me inserirle in questo capitolo.

Comunque, se qualcuno volesse farmi sapere che pensa.. grazie in anticipo!! ^.^

Baci e a presto, katniss_jackson

EDIT 05/2/15 : Ho apportato alcune piccole modifiche al testo e alle NdA, mi sembrava giusto segnalarvelo!

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Capitolo 5
*** past and future ***


-Ciao, papà...- sussurro, gli occhi appannati di lacrime. Perché non ci ho pensato prima, perché non sono mai venuta? Beh, lo so il perché. Era troppo doloroso. Troppo triste e non solo perché mio padre era morto lì sotto, ma anche per il pensiero che Gale e che tutti gli altri minatori potevano fare la stessa fine. Gale, che ho lasciato solo con la madre morta… ma non importa. Lui e Posy avevano bisogno di stare soli e io di salutare i miei fantasmi.

All’improvviso, il mio cervello ha un flashback. Torno indietro, torno al giorno in cui mio padre non è più uscito da quelle miniere sopra cui sono seduta. Dopo che l’allarme era suonato a scuola, dopo che mi ero recata qui con Prim, dopo che avevo capito che le possibilità che papà tornasse erano estremamente rare, i ricordi sono sfuocati. Ricordo qualcuno che mi ha offerto una tisana calda che non ho mai bevuto e poi basta. Nulla fino al giorno dopo. Ma ora, i miei ricordi iniziano a riemergere.

‘’Sono seduta contro un muro, i miei occhi sono pieni di lacrime che non voglio far scendere. Penso che potrei scavare a mani nude per tentare di tirare fuori mio padre da lì sotto. Ma non mi alzo. Non ne ho la forza, o forse non ne ho il coraggio. Poi lo noto. Un ragazzo poco più grande di me, ma che sembra più adulto, aggrappato alle corde che hanno teso per tenere i curiosi lontano dall’entrata della miniera. Urla un nome, cerca di scavalcarla, quella corda, ma viene bloccato da due guardie che lo guardano con compassione. Questo lo fa arrabbiare ancora di più. Non piange, ma combatte. I suoi occhi, grigi come i miei, sono asciutti e determinati. Vuole fare qualcosa. Sto per alzarmi e aiutarlo, vederlo mi ha dato la forza che cercavo,  ma un mi sento addosso un altro sguardo. Gli occhi questa volta sono azzurri, i capelli biondi. Mi guarda con … non so, tenerezza? Distolgo gli occhi, lui non può capire come mi sento ora. Mi volto a cercare il ragazzo del Giacimento, ma vedo che è tornato dalla sua famiglia. Una donna incinta e due bambini, il più grandicello piange, l’altro guarda la madre smarrito. – Dov’è papà?- chiede. Non aspetto di sentire la risposta della madre. Torno contro il muro e mi ci accascio contro, forse il sonno porterà via il dolore , la voragine che mi sento al posto del cuore.’’

Torno al presente e mi sento gli occhi pieni di lacrime..quei due bambini.. erano già loro che mi avevano catturata , mi avevano già in pugno entrambi. E si vedevano già le loro personalità, già allora. Il combattente e il dolce. Il ribelle e il buono. Il leone e il fiore. ''

Alzo gli occhi verso il cielo e noto che è tardi, saranno le cinque del pomeriggio. Ma io ci sto bene qui, veramente bene. Ora che ricordo, sto meglio. Ora che ho salutato mio padre, che ho accettato la sua morte.
Vado verso il muro dove avevo dormito quella notte, mi appoggio e chiudo gli occhi.

Mi sveglio quando sento una mano poggiata sulla mia spalla. A pro gli occhi e vedo il viso di Gale e quello di Peeta davanti a me.

-Che ci fai qui, Katniss?- mi chiede Peeta. Gale invece ha già capito. Gale capisce sempre tutto prima.

- Salutava suo padre, vero Catnip?- sentire il mio soprannome mi fa sorridere. Annuisco. Poi parlo

-Un tour in quelli che erano i distretti,ci state?-

-Katniss..ma che dici? Quei… posti…ti fanno stare male!- questo è Peeta che parla. Ovvio.

-Quei posti fanno stare male te, Peeta… non me. Non più. Ora ho capito che devo fare per farmi passare gli incubi. Devo accettare ciò che ho fatto. Chi è morto. Devo farlo, Peeta-

-No..fallo se vuoi ma..senza di me. Io lì non torno. Hai dimenticato il tour della vittoria Katniss? Hai dimenticato come è stato? Hai dimenticato la fine dei ribelli? Le piazze, le strade portano ancora il segno degli Hunger Games, dei morti, della follia che ha preso Panem quando si sono rib..-

-Follia? La chiami follia? Chiamo follia la ribellione Peeta? Tu saresti morto ora senza i ribelli, io e te non esisteremmo più e nemmeno i bambini che sarebbero stati estratti negli anni passati! Stai qui se vuoi, io in quei distretti ci vado, anche solo per ricordare i folli, come li chiami tu. Tu non c’eri nell’8 quando hanno distrutto quell’ospedale. Quelli sono eroi. Come sono eroi i bambini nell’Undici, che  a dieci anni hanno preso in mano sassi e bastoni e hanno combattuto contro pacificatori armati di tutto punto. Tu non c’eri, tu non hai visto la ribellione vera Peeta, o non parleresti così! Come hai osato tenerti dentro queste cose per tutti questi anni? Come hai fatto? Follia..-

-Katniss..-

-No Peeta,non voglio le tue spiegazioni! A volte penso che Capitol sia ancora dentro di te!-

-Catnip, basta. Ci andremo, io e te, se Peeta non vuole … io capisco come per te possa essere importante, davvero.. – poi si rivolge a Peeta –Sicuro di non volerlo fare? Penso che potrebbe aiutare anche ..-

-No. Io non ci vengo. Ci sono troppi fantasmi là. Katniss..resta, fallo per i bambini. E’ una follia.-

-Bene allora.- quando parlo la mia voce è glaciale. –Gale, partiamo domani-

 
 
RAGAZZI!! Eccomi tornata! Scusate ma ero in vacanza in Grecia senza connessione, ecco perché ci ho messo così tanto ad aggiornare T.T
Comunque, che dite di questo nuovo capitoletto? L’immagine del ricordo di katniss si è fatto strada nella mia mente e da lì è nato il tutto..trovo che sia un capitolo piuttosto decisivo..a voi capire il perché (se si capisce ^^) .. Grazie 1000 a tutti quelli che hanno recensito i capitoli precedenti (3 recensioni in tutto..dai fatemi sapere che ne pensate, per me è importante!!) o che hanno anche solo usato un po’ del loro tempo per leggere questa storia..
Al prossimo capitolo, <3   katniss_jackson

EDIT 5/2/15: stessa cosa che nei capitolo 2,3 e 5: revisione grafica e piccoli cambiamenti nel testo!

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Capitolo 6
*** district two ***


L'indomani partiamo presto, io e Gale, prima che Peeta e i bambini si sveglino. Prendiamo il treno. La nostra prima tappa è il distretto 2, o meglio, ciò che prima era il distretto 2. Il motivo? Il treno era diretto lì, e io volevo andarmene.

Nessuno dei due parla molto durante l'ora e mezzo che ci porta a destinazione. I treni sono diventati superveloci, ancor più di prima. Dopo poco io mi assopisco ed è la mano di Gale che mi scuote.

 

-Siamo arrivati, Katniss-

 

-Gale..- lo guardo confusa, ancora assonnata. -Ah, sì. Giusto. Il distretto 2.- Recupero la mia sicurezza.

 

Pensandoci, è strano come tutti gli abitanti continuino a chiamare questi luoghi ''Distretti''. E' come se i 75 anni che sono corsi tra la prima e la seconda rivolta siano indelebilinei nostri cuori. E, in effetti, é così. Snow ha lasciato dentro ognuno di noi un segno, una macchia mascherata dal profumo di rosa.

 

Quando scendiamo, il distretto mi appare simile ad allora. E anche io sono simile a quella di allora. Un po' più matura, ma la mia natura in fondo non è cambiata. Testarda. Egoista. Ribelle. Ecco, questa sono io in tre parole. Dopotutto, non ho appena fatto esattamente ciò che volevo, senza mezzi termini...ho fatto ciò che mi faceva comodo, senza pensare a Peeta e ai bambini. E a Gale..magari anche a lui farà male. Sono,ancora una volta, andata contro tutti.

 

Quando sono nel distretto, non so che cosa fare. Io e Gale ci limitiamo a giracchiare un po' qua e un po' la, fingendo di non sentire le occhiate lanciate nella nostra direzione e subito distolte. Siamo ancora delle celebrità, facciamo ancora paura.

 

Ad un certo punto, mente mi avvicino alla piazza del distretto, un bambino attira la mia attenzione. Biondino, occhi azzurri, sgardo fiero e forte. Una parola si forma nella mia mente.

 

-Cato- sussurro.

 

Gale mi guarda e annuisce. Anche lui ha notato la somiglianza con il ragazzo che mi ha tanuto testa nei 74 Hunger Games.

 

Il bambino si volta, mi vede e inizia a fissarmi. Avrà dieci, undici anni. Dopo un attimo scatta e mi viene incontro. Non capisco. Finche non mi colpisce con un pugno. Saltando, è riscito ad arrivare alla mia mascella. Quel bambino è forte, sento il dolore propagarsi. Urla qualcosa.

 

-E' colpa tua! Cato non sarebbe morto se non c'eri tu! Mio zio sarebbe ancora vivo! -

 

Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Forse è per il dolore. No, non è per quello. Quel ragazzino mi sta facendo vedere con il suo punto di vista. Sono la ragazza che ha ucciso suo zio, prima che lui nascesse. Non sa com'era la vita prima. Forse sogna di vivere in quell'epoca per far vedere il suo valore neglio Hunger Games. Non tutti mi vedono come un'eroina.

Credo che stia per sferrarmi un altro pugno, quando un uomo si avvicina e lo blocca.

 

-Jace! Che fai?-

 

Anche il lui noto una spiccata somiglianza con Cato, o meglio mi sembra di vedere Cato di una trentina d'anni più grande.

 

-Ha ucciso lo zio. Mi vendico.-

 

-Jace, ascoltami. Lei non ha ucciso tuo zio. Lei ci ha salvati.-

 

Arrossisco quando mi guarda

 

-Se non ci fosse stata lei, l'anno prossimo avresti potuto fare la fine tu di zio Cato, Jace. Aresti potuto essere estratto e sbattuto nell'arena. Saresti potuto morire. E io e mamma? E Juliette? -

 

Al nome di Juliette il ragazzetto arrossisce.

 

-Non è vero. Io avrei vinto, e avrei ucciso per prima la ragazza del 12.- E' convinto, il ragazzo

-E poi che centra Juliette?-

 

-C'entra eccome. Magari sareste stati anche voi innamorati sventurati...- Gale si adombra. Jace urla- Noi non siamo fidanzati!

L'uomo continua , imperterrito -...E uno di voi, o entrambi, sarebbe morto. Ma ora,Jace,va da mamma e non osare pensare mai più che Katniss sia da uccidere. Io voglio parlare con i signori.-

 

Il ragazzino corre via.

 

L'uomo ci guarda e ci abbraccia. Prima me, sussurrandomi le sue scuse nell'orecchio, poi Gale. Lo ritiene il soldato migliore che abbia mai visto. E lo è. Nota anche la cicatrice sul collo , e si adombra. Ma é solo un attimo. Un attimo che basta a riaccendere in me la curiosità riguardo a quei segni e agli anni passati lontano dal 12. Lontano da me. Ma decido di non fare domande. Di essere paziente. Posso farcela. Dopotutto, per tirare con l'arco bisogna essere pazienti..

Poi l'uomo si presenta come Walter, fratello maggiore di Cato.

 

-Volete vedere come è cambiato il distretto? -

 

Accettiamo.

 

 

 

Ehi ragazzi! Sono tornata! Finalmente, ecco a voi il nuovo capitoletto...i nostri personaggi arrivano al due (Perchè proprio al due direte voi? Beh, perchè mi è venuta inmente questa scena e l'ho sviluppata, ecco perche!) e incontrano nientemeno che uno scatenato e arrabbiato nipotino di Cato insieme al padre...e poi si riaccende il giallo cicatrici..le ricordate?

D'ora in poi i capitoli saranno simili, un incontro per distretto, o quasi. Piccoli scorci per vedere la mentalità di Panem post-ribellione.

 

Fatemi sapere che ne pensate, vi prego..so che è stata un'idea folle sviluppare così la storia! :)

 

Ciauuu a tutti e a presto kaniss_ jackson che sta annegando nei compiti (capitemi!)

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Capitolo 7
*** scars and memories ***


L'uomo ci porta in giro per il distretto, fermandosi spesso a salutare o a presentarci a quei pochi nel distretto che non ci riconoscono o non ci tengono gli occhi fissi addosso.

Non mi piace essere al centro dell'attenzione, non mi è mai , proprio mai, piaciuto, e mi chiedo come la gente possa non averlo ancora capito. Poi ricordo ciò che mi ha detto Haymitch una volta, nel 13...che io riesco a fare bene le cose solamente quando sono spontanea. Quindi, tutti i miei tentativi di nascondermi probabilmente mi hanno fatto risaltare ancora di più. Più io mi nascondo, mi faccio piccola piccola, più la gente mi noterà. Ma non posso proprio farne a meno, non riesco a restare impassibile davanti a persone che fanno di tutto per vedermi meglio. Pensavo che dopo la visita all'ospedale nell'8, durante la ribellione, mi fossi rassegnata, invece no. Io non sono nata per essere una celebrità, ma per essere una clandestina che caccia nei boschi, in solitudine. O con Gale a fianco. Che ora capisce il mio disagio e domanda a Walter

-Possiamo fermarci da qualche parte...in un posto discreto? Devo raccontare una storia a Catnip.- Gale si passa una mano sul collo, come se fosse a disagio.

-Certo! -annuisce l'uomo, quasi sollevato.

Ho come l'impressione che questa storia riguardi le cicatrici di Gale.

 

Il padre di Jace ci fa camminare ancora un po', per strade che non ho mai fatto, fino a che non arriviamo ad una casa non troppo appariscente, ma carina e decorosa.

L'uomo ci fa entrare. Quando ci viene incontro Jace, serio, capisco che ci ha portati a casa sua.

Il bambino mi guarda, mette il broncio, poi si volta e va nella sua stanza.

Arriva anche la madre del bambino, che ci saluta con deferenza, sembra emozionatissima. Ci ringrazia più volte, ci abbraccia.

Poi, osserva il mio migliore amico e sussurra -Scusa-

Non capisco. Lei deve cogliere il lampo interrogativo che deve aver attraversato il mio sguardo e fa un cenno al marito.

-Venite- dice.

Ci conduce in una stanza che immagino sia la loro camera, chiude la porta a chiave e ci fa accomodare su due sedie. Lui si siede sul letto, sembra improvvisamente più vecchio, meno forte di ciò che mi era sembrato fino a quel momento.

Guardo Gale, come per cercare una spiegazione che non arriva. Nemmeno lui capisce perché quell'uomo è così sconvolto.

-Gale..tu dovevi raccontarmi una storia- dico, per smorzare la tensione che si è creata.

Lui mi guarda, fa un lungo sopirò e inizia a raccontare.

-Dopo la ribellione...io...per un po' ho combattuto i gruppi che ancora appoggiavano Snow e...e che odiavano te, Katniss...

Per un po' è andato tutto bene ma poi, poi ho incontrato un gruppo particolarmente tenace. Qui, nel due. Quando pensavo di averli in pugno, ho capito che in realtà erano loro ad avere in pugno me.

Perché buona parte del distretto li appoggiava. Sono riusciti a catturarmi, io, io non so ancora come abbiano fatto. Mi hanno tramortito in qualche modo, credo. So solo che mi sono svegliato nel loro covo, bloccato lì come un animale in gabbia.-

Gale si ferma, stringe i pugni. Gli stringo la mano in modo che abbia qualcosa, almeno qualcosa, a cui aggrapparsi. Perché capisco che ciò che mi racconterà dopo sarà qualcosa che gli farà molto male ricordare.

-Non so quanto sono rimasto lì, solo, cercando di convincermi che sarei resistito nonostante mi sembrava che la testa si dovesse staccare dal corpo dal male che mi faceva, ogni minuto peggio

Poi, quando è arrivato uno di loro, ho cercato di fuggire, di combattere. Non sono mai stato uno che si arrende facilmente, ma ero debole, mi avevano tenuto lì dentro senza cibo per almeno tre giorni, credo. L'acqua, qualcuno me l'aveva portate, qualche volta-

Noto che Walter sembra sempre più teso, via via che la storia avanza.

-E per di più..loro erano organizzati. Mi hanno portato in una grande sala, poi mi hanno..mi hanno legato ad un palo delle fustigazioni, come quello nel dodici. Lì..quando l'ho visto, ho avuto paura Katniss. Io ho avuto paura. Non volevo rivivere ciò che avevo provato quella volta..sarei morto, non avevo più te per cui resistere. Non avevo più nessuno vicino. Mi hanno strappato la camicia, esattamente come quel giorno. Ma quando ho sentito il freddo della lama appena sotto il collo, sulla vertebra, ho capito che non ci sarebbe stata la frusta. Hanno iniziato a tagliarmi la pelle, sussurrandomi nelle orecchie ''Prima solo una ragazza..nei boschi...armata di arco e coltello''. Coltello che stavano usando per ferirmi. Il loro obiettivo era farti odiare da me. Depistarmi, ma con modi meno sofisticati che a Capitol.-

Sento gli occhi appannarsi. Gale..ha passato tutto questo...

-Catnip..stai bene?-

-Continua..va tutto bene..- non è vero, ma voglio sapere come va a finire la sua storia.

-Dopo un po', sono svenuto...quando ho ripreso i sensi, qualcuno mi aveva fasciato il taglio, che faceva male ma non sanguinava più. Avevano in serbo ancora qualcosa per me.

Qualcuno mi ha portato da mangiare, tre volte. Poi, sono tornati a prendermi.

Questa volta, hanno usato un ferro ardente .-

Si ferma un attimo e si leva la maglietta che indossa, mostrando anche la seconda cicatrice, a livello dell'ombelico.

-La cantilena che avevo nelle orecchie era ''Poi..la ragazza di fuoco..''. Fuoco che mi stava torturando. Sentivo ondate di dolore percorrermi la schiena. Peggio che la frusta. Questo faceva male, male davvero. Faceva male anche dentro.

Quando finirono, io non ero già più cosciente.

Alla terza volta, hanno usato una freccia per tagliarmi. Una freccia del tuo arco, di quelle ultra affilate che aveva progettato Beetee. Faceva meno male e livello fisico, ma bruciava dentro. Mi mancavi Katniss, e sentirti nominare come ''il simbolo delle ribellione..la ghiandaia'' mi faceva male. Ho capito che non avrei sopportato la quarta volta.-

Si ferma ancora, riprende fiato.

Mi sento sbiancare. Sento la testa pesante. Abbraccio Gale, poi svengo.

Lui mi guarda, una lacrima gli solca una guancia. Mi adagia sul letto, aiutato da Walter, e mi sussurra -Scusa-

 

 

 

 







Ragazzi buongiorno!

Non ammazzatemi per la brutalità di questo capitolo, stavo morendo a scriverlo pensando a ciò che stavo facendo passare a Gale!

Vi è piaciuta la storia delle cicatrici? Vi giuro, inventarla è stata un'impresa... e il capitolo è risultato lunghissimo...tant'è che saprete come va avanti la storia di Gale soltanto la prossima volta..

Vorrei tantissimo sapere che ne pensate, davvero! Vi preeeggoooo occhioni da cucciolo di balena*

Grazie a tutti coloro che seguono questa storia e che la recensiscono, in particolare a foxface00 che non manca mai..ma anche a tutti gli altri! Non so come farei senza di voi! Appresto katniss_jackson! <3

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Capitolo 8
*** Confessions ***


Quando mi sveglio, l'altro lato del letto è freddo...come quando tutto era iniziato.

Come quella mattina in cui il mio mondo era stato sconvolto, ribaltato, dove avevano iniziato a modellarmi, a farmi una pedina nelle loro mani. Forse ci sono riusciti, o forse no.

Ma tutto era iniziato in quel modo. Che questo significhi che questo giorno sarà l'inizio dell'ennesima mia nuova vita?

Solo che il giorno della mietitura dei 74 Hunger Games non mi trovavo in una casa del Distretto Due e non avevo gli occhi di Gale che mi fissavano preoccupati da una sedia in fondo al letto.

Gale. La sua storia mi ritorna in mente tutta in un colpo.

Dio. Ciò che ha passato...mi viene la pelle d'oca al solo pensiero di ciò che gli hanno fatto..di ciò che gli hanno fatto per colpa mia.

-Catnip..scusami..scusami per averti raccontato queste cose! Io..dovevo dirtelo, capisci..dovevo..-

Si interrompe, con gli occhi che non sanno più dove guardare.

Non ho mai visto Gale così teso, così imbarazzato.

-Gale..-mi sollevo e mi metto seduta, poi gli prendo la mano tra le mie. -Continua.-

Devo sapere come va a finire, devo sapere perché Walter era così teso mentre Gale raccontava.

-Katniss io ..non lo so. Non voglio che tu stia male..- conclude mordendosi il labbro. Non ci ho mai fatto caso, ma ha sempre avuto questa specie di tic quando era teso, o concentrato.

-Gale.- gli pianto due occhi il più convinti possibile in viso.

-Vai avanti.-

Mi Guarda, sorride con quel suo sorriso sbieco e poi annuisce.

-Okay...allora...-

Prende fiato per un attimo e ricomincia il suo racconto.

-Dopo che mi risvegliai da quella terza tortura, capii che non avrei potuto sopportarne una quarta. Avrei ceduto, avrei iniziato ad odiarti. Avevo visto come era cambiato Peeta e non riuscivo ad accettare di diventare così. Cercavo un modo per fuggire, ma sapevo che non c'era nessun modo per farlo senza un aiuto esterno in cui non potevo sperare.

Mi ero rassegnato, Katniss, mi ero rassegnato al mio destino.

Quella sera non arrivò nessuno a darmi cibo a acqua. Avevano in serbo qualcosa per il giorno dopo.

Mi addormentai con un macigno che mi schiacciava il cuore.

A metà notte, sentii qualcuno che entrava nella mia cella. Mi mise una mano sulla bocca e mi fece segno di tacere. Poi, mi condusse fuori.

Non so perché non reagii, forse avevo capito che qualunque cosa quell'uomo volesse farmi, me l'avrebbe fatta comunque.

Mi condusse lontano dal distretto, verso i boschi. Pensavo semplicemente che avessero deciso di farmi fuori definitivamente e il mio cervello aveva istintivamente iniziato a pensare ad un modo per fuggire o per sopravvivere.

L'aria fredda della notte mi aveva schiarito le idee, mi aveva fatto capire che non avrei dovuto mollare. Sarei sopravvissuto, per te. Per tornare da te e per dirti quanto sei stata importante nella mia vita. L'unica ragazza capace di toccarmi il cuore e di rimanerci. L'unica capace di spazientirmi, di farmi sorridere, di capimi fino in fondo. Tu sei stata l'unica persona veramente importante per me, esclusa la mia famiglia. E volevo, dovevo dirtelo. -

Ogni parola che Gale diceva, quella sua improvvisa confessione, mi stavano toccando nel profondo. Nessuno mi aveva mai detto quelle cose con tanta sincerità. Peeta me le diceva, ma non capivo mai cosa pensava veramente. Gale invece lo capivo, sentivo che era sincero. Continuai ad ascoltare la sua storia.

-Quindi, aveva già un piano di fuga, quando l'uomo mi lasciò sulla soglia del bosco. Mi tolse la mano dalla bocca e fece il saluto delle tre dita. Il tuo saluto, Katniss. Il simbolo della ribellione. Poi, mi fece segno di fuggire.

Quell'uomo..quell'uomo..-

-Quell'uomo ero io.-

Io e Gale ci voltammo nello stesso istante, sincronizzati come quando cacciavamo nei boschi, sempre pronti a coprirci le spalle a vicenda.

Sulla soglia c'era Walter, che ci guardava.

-Ti devo le mie scuse, Gale, per non averti fatto fuggire prima. Perdonami.-

-No Walter, no. Hai fatto tantissimo. Se non fosse stato per te, sarei morto, o peggio.-

-Cosa c'è peggio della morte?-

Quella domanda mi fa irrigidire ogni muscolo del corpo.

-Cosa c'è di peggio della morte? Peggio della morte c'è essere estratta due volte per gli Hunger Games, uccidere e vedere uccidere gente, bambini, sotto i tuoi stessi occhi o farlo tu stesso. C'è essere usata come una pedina per una causa in cui non credi fino in fondo. C'è non essere presa sul serio da nessuno, essere presa come una pazza da tutti ad eccezione di pochissime persone. C'è perdere tutti coloro che ami, qualcuno per sempre, qualcuno per poi ritrovarlo, uguale o cambiato. C'è essere costretta a sposarti sempre per la stessa causa con un ragazzo che non sai se ami. C'è rivedere il tuo migliore amico, che hai rifiutato tempo prima e scoprire che provi ancora qualcosa per lui nonostante sei sposata con due bambini! E' abbastanza? Lo è?-

I miei occhi sono pieni di lacrime. Rabbia, frustrazione, tutto ciò che mi ero tenuta dentro per anni si rovescia come un fiume in piena dopo il racconto di Gale. Pedine. Siamo sempre stati solo pedine, nient'altro che pedine.

-Katniss...-

-Gale..prima che perda il coraggio. Ti amo. Ti amo ancora, ti ho sempre amato, ma ho sempre avuto troppa paura di accorgermene. Ti amo.-

Forse sì. Forse questo giorno inizierà una nuova vita. Quella buona, spero.

 

 

 

Buongiorno principesse!

Scusate il ritardo *occhi da cucciolo di balena*..ma il mio computer ha deciso di inventarle tutte proprio quando io vi prometto di aggiornare presto!

Boh..non so nemmeno io che pensare di questo capitolo, se non che è venuto qualcosa di strano... una specie di confessione di entrambi i nostri personaggi e..una svolta?

Chi lo sa! Lo scoprirete nel prossimo capitolo!

Ta-da-da-daaaa...

Okay..aspetto recensioni, voglio sapere cosa ne pensate!

Katniss_Jackson <3

 

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Capitolo 9
*** Love ***


Gale sbatte gli occhi, come se no avesse assimilato fino in fondo le mie parole.

-Katniss- sussurra. -Katniss io...- si blocca come se non sapesse cosa dirmi.

-Oh, al diavolo le parole!- sbotta.

Poi, si china a baciarmi così, improvvisamente, come quella volta fuori dalla recinzione, appena prima che Romulus Thread arrivasse al distretto e iniziasse a distruggere lentamente il nostro rapporto più di quanto non avessero già fatto Snow e i giochi.

Sento le sue labbra premersi sulle mie, le sue mani indugiare prima sulla mia schiena per poi risalire lungo i fianchi fino alle mie guance.

Il mio corpo è scosso da brividi di emozione e piacere.

Nessun bacio mi aveva mai fatto provare questi sentimenti, nemmeno quello con Peeta, sulla spiaggia.

Quello era un bacio scenico, pensato per le telecamere, con un tramonto mozzafiato alle spalle, piacevole, ma non così intenso, non così profondo.

Ora ci trovavamo in una semplice stanza buia, così simile a quelle in cui sono vissuta fino ai miei sedici anni, semplice , ma che rende questo bacio ancora più vero, più intimo.

E' il bacio di due persone che hanno sofferto a stare lontane e che finalmente si sono ritrovate, il bacio di due persone chi si capiscono, il bacio di due persone che hanno finalmente capito di amarsi.

In lontananza, come in un sogno, sento la porta chiudersi alle spalle di qualcuno, probabilmente Walter, che esce dalla stanza, ma quasi non me ne accorgo. Voglio solo Gale, riesco a pensare solo a lui, al suo corpo, al suo viso, alle sue labbra.

Stringo il ragazzo che pensavo di conoscere fino a pochi minuti fa, il ragazzo che pensavo occupasse una piccola parte nel mio cuore e che invece è molto più importante di così.

Potrei rimanere lì all'infinito, vorrei che questo istante si cristallizzasse e non finisse mai.

Invece, Gale si stacca da me.

-Katniss...non so che mi è preso. Io..scusa. Non avrei dovuto. Tu sei sposata hai..hai due figli. Scusa.-

Lo osservo per un istante. Osservo i suoi occhi, grigi e tormentati, pieni nello stesso tempo di affetto e autocontrollo. E amore.

-Gale- dico, la voce ferma.

-Gale, ascoltami. Sono stata cieca. Per tutti questi anni, non ho visto quanto era grande il mio affetto per te. Non ho mai capito quanto ti amassi. Ti volevo al mio fianco, è vero, ma pensavo di volerti come amico, o come compagno d'armi. Invece no. Ti voglio come mio compagno di vita. Per sempre. Peeta capirebbe e anche i bambini, lo sai. I sentimenti di Peeta sono nati in un'arena. E' più legato lui a Capitol City di chiunque altro. L'hai sentito alle miniere..ancora reputa la ribellione una pazzia. Questo vuol dire che me, te, Walter, ci considera tutti impazziti. Non lo posso sopportare, Gale, non posso più vivere con lui senza capire quando è sincero e quando mente. Non ce la faccio.-

Gale mi si avvicina e mi abbraccia. Ricambio il suo abbraccio e rimaniamo lì, due corpi che si completano come pezzi un puzzle che qualche bambino aveva perso e poi ritrovato dopo anni.

Poi, piano, il mio compagno di caccia mi solleva il mento e le sue labbra si posano per la seconda volta sulle mie. Chiudo gli occhi e lascio che i sentimenti mi travolgano. Questa volta il bacio è più breve e sento la sua mancanza non appena si stacca da me.

-Katniss. Dio, non so come iniziare Catnip.-

Mi fa piacere che abbia ritirato fuori quel soprannome che era stato sempre e solo nostro.

-Anche io ti ho sempre amato, ma ho nascosto i miei sentimenti sotto l'odio per Capitol City. Ti vedevo. Eri felice con Peeta e sembravi non accorgerti nemmeno di me. Ti ho lasciata fare perché avevo bisogno che stessi bene o almeno, meglio di quanto non fossi stata dopo quella maledetta mietitura. Lasciarti con il ragazzo del pane è stato il mio modo per dimostrarti amore. Ma, se tu lo vuoi, possiamo ricominciare. Ne sarei estremamente felice, Katniss. Sono lusingato da questa questa seconda possibilità che mi dai. Vorrei accettarla in questo stesso istante. Solo, ti chiedo di pensarci, perché l'unica cosa che voglio è che tu stia bene.-

Mentre parla, vedo i suoi occhi brillare di gioia e di emozione, vedo quegli occhi sinceri che mi confessano una parte di quel periodo confuso che ho sempre ipotizzato ma di cui non ho mai avuto conferma Gale mi amava davvero. Ero io che non mi ero accorta di nulla o che non volevo accorgermene per non dover dare una risposta.

-Non sono mai stata meglio che in questo momento. Ma, visto che voglio che anche tu sia felice, mi darò tempo fino alla fine di questo piccolo tour nei distretti. Ma ora che il cielo si è schiarito finalmente dalle nuvole, non voglio far tornare la pioggia. Tu sei il mio sereno, Gale. Hai presente quel momento in cui ti sdrai al sole e senti il calore avvolgerti. Io mi sento così quando ti ho accanto. Non so come ho fatto a non rendermene conto prima.-

-Nel cielo a volte brillano due soli, Catnip. Sta a noi scegliere quale vogliamo che splenda più forte.-

-Gale?- sussurro.

-Cosa, Catnip?-

-Il prossimo distretto. Va bene se andiamo al 4? Mi piacerebbe vedere il figlio di Finnick.-

Gale sorride.

-Ma certo, tutto quello che vuoi.-

Quella sera, ci addormentiamo così, vicini, in un letto che non è il nostro. Ma una casa non dev'essere per forza materiale, né due persone legate da vincoli indissolubili per stare bene. L'importante, e lo capisco ora, è avere riempito quell'angolo di cuore che è destinato alle persone importanti. Con Gale, oggi, quell'angolino si è riempito del tutto.

 

 

 

 

 

 

BUONGIORNO PRINCIPESSE!

Voglio un coro di -Everthorne! Everthorne!-

Ebbene sì, la prima particina Everthorne è arrivata, finalmente! Io shippo Katniss e Gale insieme dagli arbori dei tempi e ho vuluto una parte di questo genere dal secondo capitolo del libro, ma Suzanne non mi ha mai accontentata. Quindi, ho scritto questa fanfiction per arrivare fino qui ed ora che ci sono arrivata non so nemmno io cosa pensare.. è scritta bene o fa schifio? Ditemelo dai, che non sono abituata a scrivere ''sdolcinata''!

Ho detto tutto.. parlate un po' voi, ora!

A presto <3 Katniss_jackson

 

 

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Capitolo 10
*** district four ***


Quando arriviamo nel Distretto Quattro, è come se nulla fosse cambiato.

Il mare brilla cristallino all'orizzonte e il cielo è terso, incredibilmente azzurro.

Esattamente come il giorno del mio tour della vittoria, esattamente come il giorno in cui i pacificatori hanno invaso il distretto uccidendo chiunque fosse sospettato di avere rapporti con me, o come il giorno in cui hanno portato via Annie.

Ora la vedo Annie Cresta, che aspetta me e Gale fuori dalla stazione con un sorriso sulle labbra e un adolescente al fianco.

-Katniss! Gale! Che piacere vedervi! Siete decisamente cresciuti dall'ultima volta..già 13 anni sono passati..non mi sembra vero. E ditemi, come va tra voi? Sentivo che c'era un po' di tensione tra voi, con la storia di Peeta e tutto il resto!-

Eccola qui la vecchia Annie, con i suoi capelli rosso fuoco, la sua schiettezza e quel pizzico di follia che la spinge a fare domande con il candore di un bambino.

E' Gale che risponde a questa domanda, che mi ha lasciato piuttosto spiazzata.

-Le cose si sono sistemate nel migliore dei modi. Ora abbiamo chiarito i nostri sentimenti ed è ..bellissimo.-

Le nostri mani si cercano in automatico. Io vorrei ancora le sue labbra sulle mie, ma Annie riprende la parola.

-Bellissimo..la trovo davvero una parola stupenda. Capace di intendere tanto in coì poco spazio... Comunque, questo è Cinna. E' tale quale a suo padre, non trovate?

Cinna. Prim. Gale. Sembra che tutti abbiamo scelto per i nostri figli nomi di persone che hanno contato qualcosa per noi e per la rivolta.

I nostri figli sono diventati il ricordo indelebile di ciò che abbiamo passato. Di ciò che loro non dovranno mai provare.

Osservo attentamente il ragazzo che ho davanti.

E' davvero tale e quale a Finnick all'epoca dei suoi Hunger Games, affascinante quanto lui.

Ma gli occhi sono quelli di Annie e in quegli occhi leggo il sentimento che tanto spesso vedevo negli orfani del Giacimento: quella luce triste, sempre è presente da qualche parte ne viso di chi ha perso un genitore.

-Ha i tuoi occhi, Annie. Ma per il resto, hai ragione. E' come avere davanti Finnick. - faccio una piccola pausa e poi lascio che sia il mio cuore a farmi parlare.

-Mi dispiace tanto per ciò che gli è successo, Cinna, non sai quanto avrei desiderato salvare tuo padre. E' colpa mia se non lo hai mai conosciuto, se sei cresciuto senza avero accanto. So cosa si prova a non avere un genitore e avrei dovuto fare di tutto perchè tornasse al 13 vivo. Non ci sono riuscita. Scusa.-

Il ragazzo mi si avvicina e mi appoggia una mano sulla spalla, impacciato.

L'atteggiamento decisamente non è come quello di Finnick, sempre sicuro di sè. Questo adolescente sembra timido e insicuro, anche se scommetto che dentro di sè ha la stessa forza di suo padre.

-Io non l'ho mai conosciuto, Katniss. Non mi manca, perchè non mi ricordo di lui. Non preoccuparti per la sua morte. Non è stata colpa tua, io lo so che avresti voluto salvarlo. -

E' qualcosa che ha sostenuto sempre anche Posy, questo, di non sentire la mancanza del padre perchè non lo aveva mai conosciuto, perchè non aveva momenti felici da ricordare e da rimpiangere.

Io non l'ho mai capito come punto di vista, mi viene difficile pensare di non sentire la mancanza di mio padre, ma evidentemente non posso capire. Io il mio l'ho conosciuto, eccome. Mi maca da morire ancora adesso, ogni singolo giorno della mia vita. Forse è meglio non ricordarselo affatto che sentire un vuoto dentro causato da questa mancanza.

Ma un'altra cosa che la piccola di casa Hawthorne ha sempre sostenuto è che avrebbe dato qualunque cosa per fare almeno una chiaccierata, per parlare pochi minuti con il papà.

-Ma su, non parlaimo di queste cose tristi, Katniss! Scommetto che hai voglia di vedere il mare!-

Annie cerca di alleggerire il momento di tensione che si era creato tra di noi, mi prende per mano e mi conduce verso la spiaggia.

-Cinna, accompagna Gale a cambiarsi, magari vuole farsi un bagno anche lui! Ci rivediamo qui, io ho bisogno di parlare con Katniss.-

Gale mi guarda, in cerca di una conferma. Sa che stare sola con Annie mi ha sempre messa in difficoltà. Non ho mai saputo come trattarla senza urtare la sua sensibilità e la sua mente fragile, non sono mai stata brava con le persone in difficoltà. Io ero quella che scappava nei boschi e uccideva, non quella che aiutava. Quella era mia sorella. Che non c'è più...Prim, papà, Cinna, Finnick...tutti i morti che mi sono lasciata alle spalle tornano a trovarmi , oggi.

Ma ho iniziato questo tour nei distretti proprio per questo, per dire addio alle persone care che non ci sono più.

Ora, qui, con gli occhi grigi di Gale che mi osservano, in copagnia di un ragazzo e di una donna che non ho mai avuto modo di conoscere fino in fondo, saluto mia sorella e l'uomo del distretto Quattro che mi ha aiutata più volte a non mollare.

-Vai, Gale,tranquillo. - Sto per aggiungere un ''Ci rivediamo tra poco'', ma decido che non è il caso. Ho usato questa espressione due volte e nessuna delle due è andata esattamente bene.

-Come vuoi, Catnip.-

Mi si avvicina e mi lasci un bacio leggero sulle labbra, poi segue Cinna.

Io osservo Annie che si siede a gambe incrociate sulla sabbia e mi fa un cenno di invito.

Mi siedo accanto a lei e affondo le mani nella sabbia bianca.

-Mi manca, Katniss. Non riesco a non pensare a lui quando vedo il mare che tanto amava o la sabbia su cui tante volte ci siamo sdraiati a guardare le stelle o il sole che batte sugli scogli dove amava pescare. Eravamo solo due ragazzi sopravvissuti agli Hunger Games, distrutti dentro, qaundo ci siamo innamorati. Prima tra noi non c'era stato niente di più che una semlice amicizia.

I Giochi ci hanno uniti e poi ci hanno separati.

Sono anni che mi porto dentro la consapevolezza che è stata colpa mia se ha accettato di farsi vendere da Capitol City. Voleva proteggermi. Snow aveva già ucciso la sua famiglia e non poteva toccare Mags o si sarebbe trovato davanti a una rivolta di tutto il distretto. Chi non ammirava quella donna... io invece non ero che l'ennesimo vincitore uscito pazzo dall'arena. Ero sacrificabile , ma non per Finnick. Lui mi ha fatto capire che potevo essere quacuno. Quando se n'è andato per sempre, ho sentito un freddo che mi paralizzava. Poi ti ho vista vincere, ti ho vista brillare della luce della rivoluzione e mi hai scaldata. Sai perchè, Katniss? Perchè quando tu hai scoccato la freccia verso la gola della Coin, ho capito che Finnick non era morto invano. Ti aveva mostrato ancora una volta chi era il vero nemico.

Perchè Snow sarebbe morto comunque per mano di altri se il suo stesso corpo non si fosse rivoltato conto di lui, ma la Coin eri l'unica che poteva avere il coraggio di ucciderla.

Quella donna era piena di manie di protagonismo, sarebbe diventata lei stessa come quel nemico che voleva a tutti i costi estirpare.

Con quella freccia, Katniss, tu hai compiuto ciò che Finnick voleva. Hai fatto sì che io e Cinna potessimo vivere in un modo libero. Grazie.-

Mi sta veramente ringraziando? Ho lasciato che suo marito morisse, eppure mi sta ringraziando. Quando smette di parlare, ho le guance inondate di lacrime.







BUONGIORNO PRINCIPESSE!!
Dunque...ho deciso di spedire i personaggi al quattro perchè Finnick è Finnick.. a chi non manca la sua famiglia? Io sono sempre stata curiosa di scrivere qualcosina su di loro e questa mi sebrava l'occasione giusta per farlo! Ho avuto un po' di difficoltà con Annie, ma spero di essere riuscita a rendere benino il suo personaggio...
Il nome di Cinna..anche lui mi mancava un pochino e ho deciso di inserirlo qui!
Beh..ora devo ringraziare di cuore tutti quelli che mi leggono, mi aggiungono tra le preferite/ricordate/seguite, mi recensiscono..grazie a tutti, ragazzi!!
Per il resto nulla...mi piacerebbe (ma strano!!) sapere cosa ne pensate!! RECENSIONIrecensionirecensioni!!

A presto <3 katniss_jackson

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Capitolo 11
*** fuoco, sale e felicità ***


 Mi nascondo il viso con le mani e cerco di darmi un contegno. Dovrei essere felice, o perlomeno sollevata, per ciò che Annie mi ha detto, ma mi fa sentire solo più scombussolata. Io ho ucciso la Coin soltanto perchè la odiavo dal profondo del cuore, non ho certo pensata ad un suo ruolo post-ribellione. Ma pensandoci, ciò che dice la moglie di Finnick ha senso.

Alma Coin non avrebbe avuto certo difficoltà ad affermarsi come la nuova presidente Snow. Forse, una cosa giusta nella mia vita l'ho fatta, ma ci voleva una ragazza mentalmente instabile per farmelo capire.

-Grazie a te, Annie. Grazie per il tuo perdono.-

-Io non ti ho mai accusata, Ghiandaia Imitatrice. Ora vieni, vorrai fare il bagno, no?-

Si alza con un movimento leggero e sollevando alcuni granelli di sabbia che turbinano intorno ai suoi pedi e mi fa segno di seguirla.

Mi alzo anche io, decisamente con meno grazia, e la seguo ancora rimuginando sule sue parole. Mi conduce fino a una casetta poco distante dalla riva e spalanca la porta.

Quando varco la soglia, mi accoglie un forte odore di sale, caratteristico del distretto Quattro.

In effetti, se all'esterno prevale la lucentezza del sole e di riflessi dell'acqua di mare, gli interni trattengono con forza l'odore di salsedine, quasi volessero rivendicare la loro appartenenza al Distretto. L'ho notato anche nelle mie precedenti visite: persino il palazzo di giustizia aveva questo odore, seppur mascherato sotto le fragranze sgradevoli arrivate direttamente da Capitol City.

Mio malgrado, mi ritrovo a pensare che questo luogo mi piace, pieno di giochi di luce e attrezzi da pesca.

Annie apre la porta che conduce alla sua camera da letto e mi fa entrare, poi inizia a cercare qualcosa in un cassetto. Cerco di stare in disparte e di non invadere i suoi spazi privati, ma non posso fare a meno di notare la foto di Finnick incorniciata posta sul comodino.

Non ricorda le foto commemorative dei minatori del distretto Dodici: qui Finnick sorride euforico, con il mare sullo sfondo, i capelli ramati bagnati e spettinati e gli occhi brillanti. Doveva avere diciassette o diciotto anni... un ragazzo pieno di vita che cercava di tirare avanti nonostante gli Hunger Games e i trattamenti di Capitol City lo avessero distrutto. Mi piace questa foto e credo di capire come mai Annie voglia ricordarlo così.

Prima che io mi perda di nuovo a pensare alla morte, cosa che la mia mente sembra fare in automatico da dopo la rivolta e sempre più intensamente, la voce di Annie mi riporta alla realtà.

-Tieni, Katniss, dovrebbe andarti.-

Si volta e mi mostra un costume da bagno.

Devo avere una faccia piuttosto stupita, perchè la donna scoppia a ridere.

-Forza, che il tuo principe azzurro ti aspetta!- mi incita.

Principe azzurro? Solo dopo capisco che si riferisce a Gale. Non credo che gli farebbe piacere essere chiamato principe azzurro. Decisamente, l'immagine del principe di cui raccontano le fiabe, biondo e con il matello che cavalca su un cavallo bianco e quella del ragazzo che mi sono accorta di amare, con i suoi capelli scuri e disordinati, la fronte corrugata e le cicatrici non combaciano più di tanto. Ma io nelle storie ho sempre trovato antipatici i principi..troppo perfetti, inutili. Non vedevo come uno di loro avesse potuto sopravvivere, al Dodici. La mia attenzione andava invece sui personaggi secondari o difettosi. Dopotutto l'uomo è questo: una macchina sì perfetta, ma piena di difetti, di luci, di ombre.

Se c'è una cosa che nella mia vita ho imparato è che nessuno è buono, nessuno è cattivo. Siamo come una medaglia, come quella piastrina che mi hanno consegnato dopo la morte di mio padre. Con due facce: una, quella perfetta, lucida, con il sigillo di Panem stampato sopra e l'altra con l'effigie di papà, un minatore come un altro morto in un incidente come un'altro, consumata dalla tante volte in cui ho sfiorato quel viso per cercare di alleviare il vuoto che sentivo dentro.

Inutile dire che io mi sono sempre sentita legata più alla metà dell'immagine.

Nonostante questo, sorrido ad Annie e prendo il costume da bagno.

-Il bagno è da quella parte, se vuoi cambiarti.

Mi avvio verso la porta che mi indica e la chiudo. Mentre mi infilo il costume, mi rendo conto che è la prima volta che ne utilizzo uno. Al dodici, quando nuotavo nel lago, lo facevo nuda se ero sola, oppure in biancheria, se c'era Gale. La mia vita è cambiata davvero molto, questa ne è l'ennesima prova.

Ma io non poi così tanto penso, sentendo il peso rassicurante e famigliare della treccia che ho sempre continuato a farmi.

Quando sono pronta, esco dal bagno, ma non trovo Annie.

Torno in soggiorno, ma non la trovo nemmeno qui.

-Annie? -

Provo a chiamarla, ma non ricevo nessuna risposta. Decido di salire le scale che ho notato entrando.

I muri sono rivestiti di corde annodate alla marinara. Magari, una di queste l'ho tenuta tra le mani anche io, al Tredici, quando aveva paura di perdere le due persone a cui tenevo di più al mondo.

Quando arrivo in cima alle scale, il sole mi ferisce gli occhi. Non so cosa mi aspettassi, ma di certo non una terrazza sul mare.

In piedi, appoggiato alla ringhiera che delimita la terrazza, c'è Gale, che sorride con quel sorriso che tanto mi piace, ma che è sempre stato raro vedere sul suo volto.

Spalanca le braccia e io mi rifugio nel suo abbraccio. Sento il suo respiro, il battito del sue cuore, la sua meno che mi accarezza i capelli.

-Mi sei mancato, Hawthorne.-

Lo sento ridere. In effetti, siamo stati lontani solo mezz'ora, ma mi è mancato veramente.

-Anche tu Catnip. Ti voglio accanto in ogni istante della mia vita.-

Lo stringo più forte e poi faccio scorrere le dita lungo le cicatrici che ha sulla schiena, vecchie e nuove.

-Ti ha fatto male, Gale? Essere torturato per colpa mia?-

Un ombra passa sul suo viso.

-Catnip...Non pensiamoci più. Il passato è passato e preferisco non pensarci. Se c'è qualcosa che voglio ricordare di quei momenti, non è ciò. Per favore.-

Sento una nota di tensione nella sua voce e decido di non insistere. Sollevo il viso e lo bacio. Lo sento sorpreso, non si è ancora abituato alla nostra nuova situazione, ma poi sento le sue labbra schiudersi e perdersi nel bacio.

Sa di sale e di sogni, Gale, quei sogni che per tanto tempo ci sono stati negati e che questo viaggio sta facendo rinascere.

-Ti amo, Catnip, non voglio pensare ad altro che a questo. Ti amo e voglio dirlo, voglio urlarlo, ora che posso. Io ti amo.-

Appoggio la mia fronte al suo petto.

-Anche io ti amo, Gale. Non lasciarmi mai. Tu ci sei sempre stato, nei momenti belli e nei momenti bui. Tu , con le tue idee rivoluzionarie, con le tue frecciate contro Capitol, con la tua forza e il tuo sorriso. Sei stato l'unico capace di farmi ridere e di farmi sentire protetta. Non so cosa i giochi e Peeta abbiano cambiato, ma qualunque cosa fosse stata, ora è tornata come prima. Io e te siamo uguali, ci completiamo a vicenda. Siamo due fuochi che bruciamo insieme. Il pane si brucia vicino ad un fuoco, mentre due fuochi si alimentano a vicenda, crescono e illuminano sempre più. Ti amo.-

Quando finisco di parlare mi porto una mano alla bocca, stupita di ciò che ho appena detto.

-Forse questo non è il luogo più adatto per fare discorsi sul fuoco, Catnip!-

Ha in viso il suo sorriso sghembo, ma si vede che è in imbarazzo. Evidentemente, non si aspettava una dichiarazione da me. Non sono mai stata una tipa che parlava molto, nè tantomeno brava con le parole, ma certe cosa vanno dette prima o poi e io sono felice di averlo fatto. Comunque, decido di giocare al suo gioco e mantengo il live filo ironico che ho trovato nella sua risposta.

-Questo dimostra il tuo tatto nel ricevere dichiarazioni, Hawthorne!-

-Beh, mai quanto il tuo ''Lo so'' di risposta alla mia, di dichiarazione!-

Okay, ha vinto lui, come sempre. Mi piace anche per questo Gale, per la sua testardaggine, per il suo modo di ricordarsi ogni cosa senza farla pesare.

-Hai vinto, Gale. Quella è stata la peggior risposta di sempre.-

-Beh, hai rimediato. Non ho detto che non voglio pensare al passato?-

-Lo hai appena fatt...-

Inizio la frase, ma il giovane non mi lascia finire e mi bacia, interrompendomi.

Poi mi prende di peso e mi porta giù per le scale e uscendo dalla casa.

Lo lascio fare, voglio vedere cosa ha in mente questa volta.

Mi rendo conto solo quando è praticamente sulla riva che quello che ha in mente comprende probabilmente un tuffo in mare.

Inizio a divincolarmi, ma il ragazzo non mi molla e ottengo solo di fargli perdere l'equilibrio e di far sì che cadiamo entrambi in acqua, tra gli spruzzi.

Quando riemergo, mi sdraio a pancia in su, come facevo al nostro lago, e penso che forse è questa la felicità. Non importa il luogo, non importa il tempo. L'importante è essere con le persone a cui si vuole bene.

-Gale- sussurro.

-Catnip- lo sento rispondermi.

-Resterai con me?-

Attende qualche secondo prima di rispondere.

-Sempre-

 

 

 

 

 

Buongiorno principesse <3
Finalmente, sono arrivata con il nuovo capitolo! Siamo ancora nel distretto quattro, ma ho voluto lasciare un po' di spazio ai nostri piccioncini Katniss e Gale. Dei, quanto li amooooo <3 Spero che li amiate anche voi e spero di non essere andata OOC nello scambio di battutine..l'amore fa miracoli anche in un carattere bruttino particolare come quello di Katniss!
Poi..ah sì, se penso al Quattro io penso al mare e al sale e ho cercato di inserire entrambi gli aspetti nella storia..spero di esserci riuscita!
Come sempre, sarei felicissima di sapere cosa pensate di questo undicesimo capitolo!
A presto katniss_jackson

 

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Capitolo 12
*** Just like those two guys ***


-Sempre...se non fosse per i bambini. Per il bambino-

Come vetro che va in frantumi, sento la perfezione del momento di poco prima andare in pezzi.
Nuoto velocemente fino a riva e mi siedo sul bagnasciuga, stringendo la sabbia con le mani. 

-Cosa..cosa stai dicendo, Gale?-

Il ragazzo mi guarda negli occhi e accenna con il mento alla mia pancia.
No. No. Come può saperlo? Io non gli ho detto nulla apposta, per non compromettere il sentimento che si era finalmente creato tra noi.
Il ragazzo sorride, ma i suoi occhi mantengono la sfumatura triste che hanno preso poco prima. Mi rendo conto in un attimo che dovrei smetterla di considerarlo ancora come il ragazzo che veniva a caccia con me nei boschi del dodici. Gale è un uomo ora. Io sono una donna ora. Pensavo che a trent'anni qualcosa sulla mia vita, passata e futura, l'avrei capito. Ma ora so che non è così. So che a trent'anni un attimo può cambiarti la vita come a dodici, come a diciassette. Ora mi chiedo se una persona capisca la sua vita solo in punto di morte. Probabilmente, nemmeno allora. *

Penso al momento in cui ho capito che il mio terzo bimbo era dentro di me. All'emozione che mi ha preso il cuore. E' successo nel Dodici, poco prima che Gale tornasse. Lo sa soltanto mia madre, nemmeno a Peeta l'ho detto. Come può averlo capito il giovane dagli occhi grigi che ho a fianco?
Come se mi leggesse nel pensiero, lui parla di nuovo.

-Catnip..sí, me ne sono accorto. L'ho capito non appena ti ho vista in costume. Congratulazioni, neomamma, per la terza volta! Non eri tu quella...quella che non voleva bambini?-

Cerca di scherzare, ma la sua voce é tesa.

-Gale, ti prego. Ascoltami. Io ti amo...possiamo... Ci sarà un modo...-

Cerco di prendere tempo, di sdrammatizzare, ma so che nulla farà cambiare idea a Gale. E' testardo come pochi, quando vuole.

-Catnip. Ascolta tu me,okay? Anche io ti amo, ma sono stato egoista. Egoista e cieco a chiederti di rinunciare a Peeta e alla tua famiglia.. Scusami. Dimentica i miei sentimenti per te, torna a casa, posso andarmene nel Due e scomparire dalla tua vita. Ma ti prego, torna dalla tua famiglia. So come é crescere senza un genitore e non voglio che Prim, Gale Jr. e il bimbo che nascerà vivano con quel peso. Hai una bellissima famiglia, un marito che ti ama incondizionatamente. Torna da loro, Katniss. Te lo chiedo in qualità di tuo piú vecchio amico. Fallo.-

-No...-

Mi alzo di scatto e corro via, non so nemmeno io diretta dove.
Le lacrime mi pungono gli occhi, ma non voglio farle scendere.
Era tutto perfetto, finalmente tutto perfetto.

Nel profondo della mia coscienza so che Gale ha ragione, ma zittisco la voce che lo sussurra. Gale è mio. Io sono sua. Tutto il resto non conta.
Scivolo a terra e sento indistintamente il legno della palma contro la quale mi sono accasciata graffiarmi la pelle.
Poggio le mani sulle ginocchia e chiudo gli occhi, cercando di non pensare a nulla. Mi sento tradita anche dal mio migliore amico. Tradita come quando se n'è andato nel Due, dopo il mio confinamento al Dodici, dopo la morte della Coin, dopo la fine della ribellione in cui lui aveva creduto così fortemente. Nel momento in cui avevo più bisogno di lui.
Se non se ne fosse andato, chissà chi avrei scelto. Chissà dove sarei ora. Magari in una casetta nei boschi, in quella casetta a fianco del lago che tanto ci piaceva.
La immagino con il tetto, rimessa a nuovo, con il fuoco acceso e il vecchio attizzatoio storto di casa Hawthorne appoggiato sulla catasta di legna. Immagino la nostra Prim nuotare nel lago, giocare con i fili metallici di Gale sotto il suo sguardo attento, poggiare la mano sulla mia pancia chiedendomi come avrei chiamato il bimbo, mi immagino che le rispondo che il nome del suo fratellino sarebbe stato Peeta, come quel ragazzo dagli occhi azzurri che mi aveva mostrato che il mondo poteva essere gentile.
Peeta. Peeta, che mi aspetta a casa per Natale. Peeta, che ho scelto proprio per la sua gentilezza.
Il suo viso mi balena nella mente. Penso ai suoi occhi color del cielo sereno e ai suoi capelli color del grano del Distretto 11. Penso alla sua mano tesa ad aiutare Prim quando cade, al suo dito che scivola sulla lacrima ribelle che scorre sulla sua guancia. Penso a lei, a mia figlia, al nome che porta. Penso al suo sorriso quando danza nel Prato, ai fiori che fermano le sue trecce e alla sua risata cristallina quando il fratellino cerca di imitarla. Penso al piccolo Gale Jr. , alle ombre che ogni tanto passano nei suoi occhi grigio tempesta anche se è così piccolo, ai suoi sbalzi d'umore che lo portano a piangere e a battere le manine nell'arco di pochi minuti, al suo continuo giocherellare con il mio ciondolo portafoto.
Penso al bimbo che ho in pancia, di cui ancora non so nulla, ma a cui già voglio bene.
La mia famiglia. Come ho potuto abbandonarli così? Anche io so come è vivere senza un genitore, so cosa vuol dire sentirsi abbandonati. Per quanto voglia negarlo a me stessa, per quanto voglia rimanere con Gale e convincermi ad amarlo, ho fatto la mia scelta.
Devo tornare da loro.
Riapro gli occhi e osservo il panorama che ho davanti, pervasa da uno strano senso di calma. Forse, ho finalmente fatto pace con tutti i miei sentimenti. Osservo l'orizzonte e decido che questo deve essere il momento in cui decido quale strada prendere. Prima o poi tutti si trovano davanti un bivio e devono decidere quale binario prendere. L'orizzonte è il mio futuro. Posso scegliere Gale, dimenticare Peeta e i bambini, fingere che il piccolo che nascerà sia figlio nostro. Può darsi che Gale lo faccia, per vedermi felice. Può darsi che venga con me, anche se soltanto dopo aver cercato di dissuadermi. Dopotutto, ci amiamo, anche se il nostro amore è qualcosa di molto particolare. Ma avrei davvero di buttarmi tutto alle spalle e di vivere gli anni che mi restano sapendo di aver lasciato al Dodici una famiglia infelice e di avere al mio fianco un uomo altrettanto infelice?
Ripenso a ciò che il mio compagno di caccia mi ha detto prima e so che ha ragione,come sempre.
Lui è stato egoista, ma la più egoista di tutti sono stata io. Immagino il bivio, i miei occhi che scrutano le strade e il mio passo verso il ritorno. Verso la seconda strada, verso il Distretto Dodici. Verso Peeta. Voglio soltanto una cosa, da brava egoista quale sono. Gale al mio fianco, come ai vecchi tempi.
Sorrido e poggio la testa contro il tronco della palma, continuando ad osservare i giochi di luce del sole sul mare.
Non so quanto rimango così, immobile, prima di sentire il passo leggero e famigliare del giovane che si avvicina e si siede accanto a me.
Volto il viso verso di lui e mi perdo per l'ultima volta a osservare i particolari del suo viso, dalla carnagione olivastra agli occhi chiari ed espressivi, dalla bruciatura che gli rimane sulla fronte a ricordo del bombardamento del Dodici al al velo di barba che gli copre la mascella, fino alle labbra piene e al ciuffo ribelle che continua a cadergli sul viso da quando è un ragazzino.

-Gale?-

Faccio un respiro profondo quando lui non mi risponde.

-Posso chiederti anche io una cosa, in qualità di tua più vecchia amica?-

Lo vedo annuire mentre cerca di trattenere il mezzo sorriso triste che gli è nato sul viso. Ha capito che ho accettato ciò che ha detto e che ho preso la decisione più giusta per tutti. Tranne che per lui, forse.

-Restami accanto. Soltanto come amico, ma non te ne andare di nuovo.-

Aspetto un istante prima di continuare e aggiungere due parole che mi è sempre stato difficile pronunciare.

-Per favore.-

Il sorriso si espande e perde la note triste con cui era nato.
Mi tende la mano.

-Okay, Catnip. Come prima. Come i due ragazzi che si sono incontrati nei boschi e sono diventati inseparabili.-

C'è ancora una nota di tensione e tristezza nella sua voce, ma possiamo ricominciare. Insieme, fianco a fianco, come ai vecchi tempi.
Afferro la sua mano.

-Proprio come quei due ragazzi.-










 

 

Buongiorno a tutti! Finalmente, arriva il nuovo capitolo! Diciamo che ho cercato di seguire il consiglio dei recensori e ho fatto nascere in Katniss, tramite Gale, un po' di sensi di colpa. Spero che la cosa risulti efficace e non troppo affrettata!

Ovviamente, avrei piacere se mi faceste sapere cosa ne pensate!

All'interno del capitolo mi sono ritrovata a inserire citazioni della storia originale, mentre nel punto segnato con l'* qualcuno potrebbe ritrovare una delle riflessioni di Rosie nel libro ''Scrivimi ancora''. Ebbene, viene proprio da lì, ma non ricordavo le parole esatte e quindi l'ho adattata.

Ho inserito anche i pensieri di Katniss in merito alle sue due famiglie..quella immaginaria con Gale e quella reale con Peeta. Sono abbastanza soddisfatta di questi punti, spero siano anche di vostro gradimento!

 

Spero che il risultato sia qualcosa di decente...a presto k_j <3

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Capitolo 13
*** Some trains are driven by Fate ***


Quei due ragazzi ora camminano fianco a fianco verso il treno che li riporterà verso il distretto dodici, ma le loro mani non si toccano.
Abbiamo salutato Annie e Cinna all'ingresso della stazione, ma nessuno dei due famigliari di Finnick ha voluto entrare. Credo che, soprattutto ad Annie, i treni portino troppi brutti ricordi. Prima di ripartire l'ho abbracciata. Sono stata la prima a stupirmi del mio stesso comportamento, sono sempre stata piuttosto restia nei confronti del contatto fisico e come se non bastasse non ho mai capito Annie fino in fondo.
Questo viaggio mi ha davvero aiutato a dimenticare il passato. Anzi, no. Dimenticare non è il termine giusto. Ricorderà per sempre ciò che è accaduto a me e alle persone che mi sono state al fianco, ma con questo viaggio l'ho accettato. Certo, non del tutto.
Osservo con una punta di rimpianto la mano di Gale, segnata da cicatrici e calli.

Hai scelto, Katniss. Mi dico. Per la seconda volta, hai scelto Peeta.

Sentendo i miei occhi che la osservano, Gale chiude la mano a pugno e abbassa la testa. Per ignorare l'impulso di prendergli le dita e intrecciarle una ad una con le mie, mi sfioro la pancia. Probabilmente il giovane mi sta osservando con la coda dell'occhio, perchè lo vedo mordersi il labbro inferiore.
Distolgo velocemente gli occhi, che vanno a posarsi sull'orario dei treni affisso a una delle pareti. In effetti, ci sarebbe ancora un distretto che vorrei vedere, almeno di sfuggita, prima di tornare da Peeta e dai bambini. L'otto. Il distretto di Bonnie e Twill, di quelle due donne che mi hanno fatto capire, per la prima volta, quanto la gente contasse su di me.

-Aspetta, Gale.-

-Che c'è?- mi domanda, osservando a sua volta gli orari del treno con fare piuttosto perplesso. -Pensavo volessi tornare a casa.-

Mi fa piacere che stia ricominciando a considerare il Dodici casa sua e non il Due o qualche altro distretto.

-Ricordi le due donne di cui ti ho parlato una volta, quelle che ho incontrato nei boschi, dirette al Tredici? Mi piacerebbe andare al loro distretto. Ho saputo che hanno ricoperto un muro di piastrelle con i nomi dei primi ribelli e tra questi ci sono anche loro. Dopotutto, sono state loro a nominare per prime il Tredici, no?-

Il ragazzo annuisce.

-Già.- sorride, come se stesse ricordando i vecchi tempi. - Già, è stato anche grazie a loro se la ribellione si è svolta. La scelta è tua Katniss. Sei tu quella che ha fretta di tornare, io ho vagato per talmente tanto tempo ormai, che un giorno in più non mi cambia.-

Mentre pronuncia queste parole, il peso di tutti gli anni che il mio migliore amico ha passato lontano da casa mi piomba sulle spalle come fosse un macigno. Undici anni. Undici anni ha passato lontano dal Dodici per tornarci pochi giorni e ripartire.
Perchè lo ha fatto?

Lo sai Katniss, il perchè. Lo ha fatto per te. Perchè ti ama. E per lo stesso motivo ha avuto il coraggio di lasciarti scegliere Peeta. Non una, ma due volte. E tu ora vuoi tenerlo lontano ancora da casa sua?

Sto quasi per dirgli che non importa, di correre a prendere il treno che ci riporterà nel distretto più remoto di Panem, quando vedo quelle stesso treno passarci a fianco, in corsa.

-Accidenti- impreco fra i denti.

Gale non mi sente, o finge di non farlo.

So che l'ipotesi più probabile è la seconda.

-Beh, Catnip. Evidentemente, il destino ha scelto per te. A che binario è il treno per l'Otto?- ridacchia, come farebbe un ragazzino che ha appena compiuto una monelleria.

-L'età ti ha reso più simpatico, Hawthorne. Ma sai che odio sentir parlare di destino, quindi chiudi quella boccaccia. Binario tre.-

Un sorriso mi increspa le labbra, anche se è vero che odio sentir parlare di destino. Fino ai sedici anni, ho creduto che il destino non esistesse. Che eravamo noi a crearci il nostro. Ma, con gli Hunger Games, gli eventi si sono dimostrati una catena intramontabile di coincidenze. E io ho sviluppato la teoria che il Destino esiste, con la D maiuscola. E' una specie di dio che non fa altro che divertirsi alle nostre spalle, sbellicandosi dalle risate ogni volta che proviamo ad andargli contro. Cosa che io ho sempre fatto e sempre farò. Non sono nata per essere controllata, qualche volta credo di averlo dimostrato, ormai.
Scommetto che ora, quel simpaticissimo dio ha le lacrime agli occhi e anche mal di pancia a forza di ridere di me.

-Maledetti treni.- bofonchio a mezza voce.

Ripenso al primo treno che ho preso, che mi avrebbe dovuto portare nel cuore pulsante di Panem e poi verso morte quasi certa. Peccato che qualcosa non ha funzionato. Evidentemente Destino non era ancora stanco di ridere.
Penso al ragionamento che Peeta mi fece, sul fatto che non voleva essere soltanto l'ennesima pedina del gioco di Capitol City. Aveva ragione, ma nella vita troviamo sempre qualcuno che vuole utilizzarci come pedine, a volte senza nemmeno rendercene conto. Sempre.
La voce di Gale mi strappa dalle mie riflessioni.

-Binario tre. Siamo arrivati.-

Sollevo gli occhi e vedo il treno che dobbiamo prendere che sta per arrivare. La cosa che mi preoccupa è che, immersa com'ero nelle mie riflessioni, non mi ero nemmeno resa conto di aver iniziato a camminare. Probabilmente ho così paura di perdere di nuovo il mio migliore amico che, inconsciamente, lo tengo sempre d'occhio.
Volto il viso per non sentire lo spostamento d'aria calda provocata dall'arrivo del treno e il mio sguardo cade su una bambina che mi guarda con gli occhi sgranati, tirando la manica della madre.
La donna si volta, mi vede e si china verso la bambina, mostrandole un gesto che non distinguo subito. Lo distinguo invece fin troppo bene quando lo fa la piccola. Solleva il braccio sinistro fino a portarsi le tre dita centrali della mano alla bocca. Poi, guardando la madre, stende il braccio.
Sono troppo sconvolta per reagire in un modo che non sia fissare a mia volta la bambina.
Ha due grandi occhi scuri e i capelli legati in due trecce a lisca di pesce. E' incredibile come il mio cervello cerchi di fissarsi su qualunque cosa non sia la mano di quella bimba.
Lei invece se la sta osservando, curiosa di capire cosa sia quel gesto. Picchio in una gamba a Gale, che si sta passando una mano tra i capelli spettinati dall'aria del treno. O meglio, sempre spettinati, con quel ciuffo che non ha mai smesso di cadergli sugli occhi e che gli da un'aria da eterno dicianovenne.
Si volta, appena in tempo per vedere la bambina che, stanca della mia mancanza di reazioni, ha trasformato il gesto di commiato che si usava al Dodici in un più semplice ciao ciao con la mano.
Il giovane la osserva un attimo e ricambia il saluto, sorridendo, per poi lanciarmi un'occhiata preoccupata. Gli faccio un segno con la mano.

Dopo.

Il ragazzo annuisce, fa un ultimo cenno alla bambina e a sua madre e mi conduce fino sul treno. Ci sediamo nel primo scomparto libero che troviamo e sistemiamo i nostri pochi bagagli.
Osservo quelle due borse mezze vuote e le confronto con alcuni degli enormi borsoni che vedo intorno a me. Io e Gale siamo sempre stati abituati a vivere con poco, a differenza di gran parte di questi uomini. Nel Quattro non si potevano definire ricchi, ma benestanti rispetto a noi, quello sì.
Mi perdo un attimo con lo sguardo fuori dal finestrino, cercando con lo sguardo la bambina con le trecce, fino a che non sento Gale che picchietta con un dito sulla mia spalla.
Mi volto e anticipo la domanda che si legge nei suoi occhi.

-Ha fatto il segno delle tre dita.- dico, il più rapidamente possibile.

Il segno delle tre dita. E' così che lo chiamavamo, a casa, quando ancora era usato solo nei funerali. Poi è diventato il segno della ghiandaia, ma io ho sempre preferito il suo vecchio nome.

-Mi ha vista e ha chiamato la madre, che quando ha capito chi ero le ha fatto vedere come salutarmi. Poi ha visto te e ha deciso di salutarti normalmente. Probabilmente, hai un viso più rassicurante del mio.-

Cerco di scherzare, ma in realtà sono sconvolta. Come posso, a distanza di undici anni, avere ancora così tanto potere agli occhi della gente?

-Io non credo di essere poi così rassicurante,sai?- Gale sorride dandomi corda, ma torna serio in un istante.

- Semplicemente, non sono la Ghiandaia Imitatrice, Katniss. La gente ti conosce ancora come essa e sempre lo farà. Sei importante per loro. Sei il ricordo indelebile di ciò che è stato e che mai dovrà ripetersi. Sei l'incarnazione stessa del coraggio. Devi andarne fiera, Catnip.- dice, avvicinandosi a me e abbracciandomi, anche se lo sento teso contro di me.

La mia fronte preme contro la sua spalla. Chiudo gli occhi e sento tutta la forza del mio migliore amico fluire in me. Tutta la sua rabbia, il suo rancore, il suo coraggio, la sua combattività passano rapide attraverso il mio corpo. Vorrei si fermassero qualche istante in più, ma scivolano via, come se sentissero che non mi appartengono. Sto facendo da tramite, sto aiutando Gale ad alleggerirsi, a lasciar andare un po' di quelle emozioni che gli si sono affollate dentro. Queste emozioni, positive e negative, ora si bilanciano in lui, come se in qualche modo un cerchio si fosse chiuso, oggi. Chiudo gli occhi e rimango contro di lui fino a che non sento la porta dello scompartimento aprirsi.
Volto il viso e ciò che vedo sbilancia le mie, di emozioni.
Una bambina con gli occhi scuri e due trecce nere che mi guarda e sorride, accennando una piroetta e battendo le mani.

 

 

 

 

 

Buongiorno principesse!

*picchia la fronte sullo schermo del PC*

Okay, scusate, mi ricompongo, ma sono reduce dalla stesura di un tema di cinque facciate e dal controllo ortografico di questa capitolo, che è la parte che più odio della scrittura e il mio cervellino tira le onde.
Anyway, il capitolo. Credo sia il più lungo che ho scritto fin ora per questa long, ma sono partita con zero idee e sono arrivata alla 1642esima parola dicendo ''Oh, ho già finito!''. Strano ma vero.

Diciamo che mi dispiaceva scavalcare l'Otto, così ho deciso di spedirci comunque. Katniss e Gale.

Sono loro le mie pedine...*risata malefica*.

Spero che il capitolo vi soddisfi, come al solito le recensioni sono ben accette...grazie infinite a chi ha letto, recensito, leggerà, recensirà...insomma, avete capito.

A presto k_j

 

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Capitolo 14
*** A brave new world ***


Le mie spalle si irrigidiscono alla vista di quella bambina e noto che Gale mi si è avvicinato, come se sentisse la mia tensione.
Mi mordo un labbro fino a farlo sanguinare e poggio la fronte contro il vetro del finestrino, cercando di capire come comportarmi. Questa non è la mia piccola Prim, a cui cerco di tener nascosta ogni cosa. Questa è una bambina a cui la madre ha raccontato di me. La madre vuole che lei sappia. Dal mio punto di vista, questa cosa è impensabile. Come si può volere che una bambina a sei o sette anni venga a contatto con concetti come la guerra o gli Hunger Games? Durante la mia crescita, si cercava di dimenticare, di anno in anno. Di dimenticare per provare a vivere senza il terrore pressante che ti attanaglia quando pensi che tu, tuo figlio, tuo fratello potranno morire in un'Arena. Ora invece si vuole ricordare. Probabilmente, si vuole ricordare per far sì che non accada più, ma per me fa ancora troppo male.
Gale mi poggia una mano sulla spalla e sta per parlare, ma in quel momento sento altri passi veloci che si avvicinano al nostro scompartimento.

-Scusate il disturbo, signori, ma è la prima volta che mia figlia prende il treno e...-

Probabilmente non ha ancora capito chi siamo, dato che sia io che il ragazzo siamo di spalle. Io non ho intenzione di voltarmi, ma probabilmente il giovane non la pensa come me, visto che si volta e fa un debole sorriso alla donna. Mentre fa questo, mi stringe la spalla un po' più forte. Immagino che sia un invito a voltarmi. Sospiro piano contando fino a tre. Fino a cinque. Fino a dieci.

-Catnip...- mi sussurra piano Gale.

Il tono della sua voce mi colpisce. Non è arrabbiato perché non mi volto. Ovvio, il mio migliore amico non si è mai arrabbiato con nessuno che non fosse Capitol City o Snow.
Me lo sta chiedendo. Mi sta chiedendo di voltarmi e di guardare in faccia il presente e, insieme a questo presente, il passato.
Non sei forse partita per questo, Katniss? Sussurra una voce nella mia testa.
Sì, è vero.
Incrocio i piedi e faccio una mezza giravolta, trovandomi a fissare negli occhi una donna attonita e una bambina entusiasta.

-Lei...-

La donna mi si avvicina come se fossi un'apparizione.

-Lei è davvero la Ghiandaia Imitatrice?-

Non so bene cosa rispondere. Sì, sono io. Sì, sono io, ma non voglio ricordarmelo. Sì, sono io e questo è il famoso ribelle Gale Hawthorne, nonché mio migliore amico.
Alla fine, opto per la risposta più semplice e più diretta.

-Mi chiamo Katniss. È un piacere.- rispondo, tendendo la mano alla donna.

Gale mi guarda e sorrise, stupito.
La donna stringe la mia mano e sorride a sua volta.

-Io...non credevo avrei mai avuto la possibilità di incontrarla. È ancora una leggenda, nel distretto Sei, sa? Alice dice sempre che vorrebbe essere forte come lei.-

Quindi per tutti sono ancora la ragazza forte e combattiva, non quella che avrebbe fatto di tutto per non partecipare alla guerra in cui si era trovata invischiata.
Dio, come sbagliano. Insegnano queste cose ai figli senza sapere chi sono veramente. Se c'è una cosa che posso augurare ad Alice, che immagino sia la bimba che tanto mi ha turbata, è di non diventare mai come me.
Con la coda dell'occhio, noto che il treno è partito e che ci stiamo muovendo, andando verso il Distretto Sei e poi verso l'Otto.
Facendo attenzione a non cadere, mi avvicino alla piccola e mi accovaccio, arrivando all'altezza dei suoi occhi castani.

-Oh, no, Alice. Vorrei essere io come te.-

Torno indietro nel tempo e sento questa frase che esce dalle mie labbra rivolte a mia sorella. Per la prima volta, pensare a lei non mi fa più così male. Sorrido e la bambina ricambia il mio sorriso, pensandolo rivolto a lei.
Allunga una manina e mi sfiora il naso in un gesto affettuoso e ingenuo. Non mi vede pericolosa o pazza, ma solo come lei vorrebbe diventare.

-Lo sai che hai degli occhi bellissimi?- mi chiede, sorridendo orgogliosa di aver notato questa cosa.

È raro che qualcuno che non sia Peeta mi dica che qualcosa di me è bello. Sento le mie guance arrossire e cerco un modo per distogliere tutta quest'attenzione da me.

-Lo sai che tu mi ricordi tanto una persona, Alice?-

-Davvero?-

Annuisco, seria.

-Una bambina che ormai è cresciuta e che lui conosce bene.- dico, accennando a Gale, dietro di me.

La piccola sposta lo sguardo sul giovane e gli pianta addosso due occhioni indagatori e affascinati.
Quest'ultimo particolare mi fa sorridere: Gale ha spesso questo effetto, ma non aveva mai visto una bambina fissarlo così, ad eccezione di sua sorella Posy. Infatti, era proprio lei che Alice mi ricordava.
La piccola torna a guardare me.

-Ti ricordo la bambina di cui era innamorato?-

Sorrido.

-Oh, no, non conosco la bambina che gli piaceva, ma conosco molto bene l'adolescente e posso assicurarti che era davvero irritante!- le rispondo sollevando un angolo della bocca in un mezzo sorriso malinconico, nel pensare alla gelosia nei confronti delle altre ragazze che provavo quando le vedevo appostarsi con Gale dietro la scuola o nei pressi delle miniere.

All'improvviso capisco come si deve essere sentito lui, quando mi vedeva baciarmi con un altro ragazzo in diretta nazionale.
Mi volto verso il mio compagno di caccia per vedere come ha preso questa mezza battuta, soprattutto in virtù degli ultimi avvenimenti. Se vedrò i suoi occhi scurirsi, la colpa sarà solo mia. So che prova ancora qualcosa per me, qualcosa di molto forte e per un momento ho pensato anche di ricambiarlo.
E' ancora così, Katniss. Mi sussurra una voce nella testa, ma la scaccio con l'immagine del viso di Peeta e dei miei figli.
Non insinuare cose che possono rimettermi in dubbio, per favore. Imploro al mio cervello.
Sai che è così. Sembra rispondermi.
So che ha ragione, so che è così, che sono ancora in dubbio e che sempre lo sarò, ma devo smetterla di pensare a come sarebbe stata la mia vita se i capelli che avessi accarezzato la sera sarebbero stati scuri e non biondi, se gli occhi che mi avessero osservata nella mia condizione più fragile fossero stati grigi e non azzurri.
Ma Gale mi ha avuta sua in un altro modo, molto più profondo, in qualche modo molto più intimo. Se Peeta mi vede fragile fuori, una persona che ha ricostruito piano piano dopo due Arene e una ribellione, Gale vede ogni mia crepa interna, ogni mio lato positivo e negativo, ogni sfaccettatura del mio carattere complesso che mai se ne andrà.
Per questo credo che non se la sia presa per questa battuta, ma ho paura di scoprire il contrario.
Quando mi volto, invece, vedo che sorride. Sembra perso nei pensieri quasi quanto lo ero io e la curiosità mi stuzzica: a quali dei tanti momenti che abbiamo passato insieme starà pensando?
Magari alla prima volta in cui ci siamo incontrati e parlati, una dodicenne scheletrica e un quattordicenne dal ciuffo disordinato, entrambi determinati a mantenere in vita la propria famiglia ma con gli occhi ancora vuoti per la perdita che li aveva da poco attraversati.
O magari, sta pensando davvero alla bambina di cui era innamorato quando aveva sei anni. Dubito che ce ne fosse una e dubito ancora di più che fossi io.
Dopotutto, ha sempre ammesso che prima di capire che era innamorato di me, prima che mi dedicasse il suo cuore solo per riceverlo in cambio in mille pezzi c'erano state altre ragazze.

-E allora chi ti ricordo?-

La vocetta insistente di Alice mi riporta alla realtà.
Guardo Gale e mimo con le labbra ''Posy''. Non voglio rispondere alla bambina, non più. Sono lei e Peeta quelli bravi con i bambini, io li tollero a malapena, ad eccezione dei miei figli e, tempo fa, di Prim. Fortunatamente con l'ingresso nell'età adulta un pochino sono migliorata e sono riuscita almeno a diventare una buona madre.
Una buona madre non se ne sarebbe mai andata così, Katniss. Si fa sentire di nuovo la vocetta nella mia testa
Stringo una mano reprimendo l'impulso di sferrare un pugno al mio stesso cervello e ai sensi di colpa che mi serrano lo stomaco, pensando che potrei già essere sulla strada di casa, mentre sono ancora qui, su un treno verso l'Otto. Decido di dare la colpa al Destino, anche se so che la colpa non può mai essere attribuita tutta a lui.
Gale sorride quando capisce che mi riferisco a sua sorella e si inginocchia accanto a me, arrivando all'altezza degli occhi della piccola.

-Le ricordi la mia sorellina, sai? Sei proprio uguale a lei, con questa frangetta e gli occhi curiosi!-

Alice lo guarda con occhi adoranti.

-Davvero hai una sorellina? Ha la mia età?-

Gli occhi del giovane si velano di malinconia. Effettivamente, lui non ha visto Posy crescere, non l'ha vista quando aveva sette anni, se non tramite regolari telefonate che so che faceva, ma che non bastavano a sapere davvero come stavano cambiando i suoi fratelli.
Non li ha visti crescere e li ha privati dell'unica figura maschile di riferimento che gli era rimasta, dopo la morte del padre. Soprattutto per Posy è stato difficile accettare che la voce di suo fratello giungesse solo attraverso l'apparecchio telefonico appeso alla parete e che non le avrebbe più raccontato le fiabe che tanto le piacevano. So tutte queste cose perché me ne parlava Hazelle, ogni tanto, velando i suoi racconti con una richiesta indiretta, quella di chiedere a Gale di tornare al Dodici, visto che sapeva che non era ancora a casa soltanto perché si sentiva in colpa verso di me e non voleva farmi soffrire. Ma io non ho voluto, nemmeno in virtù dell'unità di una famiglia che aveva già ricevuto troppi colpi, una famiglia così simile a quella che mi stavo creando io ma che aveva sofferto molto di più, nemmeno per questo ho messo da parte l'orgoglio e la paura.
E' colpa mia se Gale non può raccontare ad Alice del carattere sveglio e allegro di Posy quando aveva la sua età e non serba nel cuore il ricordo del suo sorriso quando ha iniziato la scuola o ha imparato a farsi un'unica treccia invece di due. Solo colpa mia, anche per questo. Sto iniziando a capire quanto le mie azioni abbiano influito sulle vite di chi mi stava accanto, di chi credevo di amare e invece facevo soffrire.

-No, Alice. Ha avuto la tua età, ma qualche anno fa. Ora ha sedici anni e io...- la sua voce si rompe, ma so cosa vorrebbe dire. Che non la riconosce, che vorrebbe, ma che fa fatica a vedere in lei la bimba che amava il rosa acceso nel grigiore del Tredici.

La madre di Alice ci si avvicina non appena capisce che la conversazione si sta facendo difficile e che sua figlia sta toccando dei tasti sensibili per entrambi e io la ringrazio con il pensiero.

-Andiamo, Al, che la prossima fermata è la nostra. Saluta Katniss e ringraziala, mi raccomando.-

Sono contenta che mi abbia chiamato con il mio nome e non con l'appellativo di Ghiandaia, come del resto le avevo chiesto e sono anche contenta che nessuno ci abbia posto domande sulla ribellione o sulla mia vita durante o dopo di essa, perché avrei fatto davvero fatica ad esprimermi in merito.
La bambina mi guarda e nei suoi occhi leggo che vorrebbe rimanere con noi ancora un po' , ma non fa i capricci come spesso fanno i bambini abituati ad essere assecondati in tutto e per tutto.
Annuisce seria, poi mi si avvicina più di quanto è già e mi abbraccia di slancio, poggiando la testa sulla mia spalla. Sono troppo sorpresa per muovermi e rimango ad ascoltare le sue braccia magre che mi avvolgono la schiena, senza arrivare a toccarsi l'una con l'altra.
Quando si stacca mi guarda, seria.

-Grazie, Katniss.- mi dice, afferrando la piccola borsa che la madre le porge e avviandosi verso l'uscita dello scompartimento, voltandosi a guardare prima di sparire dietro la porta.

- Per me, sei proprio tanto coraggiosa!- osserva, facendomi ciao con la mano.

Oh no. Quelli coraggiosi siete voi, che avete la forza di continuare a vivere senza sapere e senza essere tormentati dal passato, perché lo lasciate andare. Penso, sedendomi su una poltroncina.

-Quelli coraggiosi siete voi.- sussurro sottovoce.

Gale mi sente e mi guarda sedendosi accanto a me.

-E' grazie a te che sono coraggiosi, Catnip. Tu hai fatto sì che nascesse un nuovo mondo coraggioso *.- mi sussurra a sua volta.

Poi, vedendo che gli occhi mi si chiudono per la stanchezza, mi accarezza i capelli.

-Dormi, che ti sveglierò io quando arriveremo, c'è ancora tempo.-

Annuisco stancamente e mi poggio alla sua spalla, come se con quella bambina se ne fosse andata anche tutta la mia forza. Poi, lascio che il torpore mi avvolga e il sonno mi porti via.

 

 

Buongiorno! Sono arrivata con il nuovo capitolo, che stranamente è risultato molto più lungo del normale (2000 parole circa). Insomma, se penso a quando ho pubblicato il primo capitolo, corto e striminzito, mai avrei immaginato di arrivare qui a ringraziarmi di avermi seguito per quattordici capitoli. Quattordici e la storia non è ancora finita...ne avete di pazienza! Grazie, ragazzi!
Ma passiamo al capitolo. Alice doveva essere una figura di sfondo per parlare della ribellione, ma in realtà mi ci sono affezionata e ho deciso di renderla un po' protagonista, riprendendo così anche la famiglia di Gale e il ''grande amore'' di Katniss per i bambini. Mi rendo conto che questo capitolo sia piuttosto lento e poco utile allo sviluppo della storia, ma mi è venuto così, spero vi piaccia ugualmente!
Lasciatemi una recensione, fate felice una povera ragazza che cerca di pubblicare il prima possibile (in anticipo di cinque giorni sul mese anche questa volta, aww *_*)

Grazie mille e a presto k_j

 

* semi-citazione da ''This is War'' dei Thirty Seconds To Mars

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Capitolo 15
*** Eight and Twelve ***


Smetto quasi subito di sentire il respiro regolare di Gale sotto la spalla contro cui sono appoggiata, che si solleva impercettibilmente a intervalli regolari, e sprofondo in un sonno stranamente senza incubi. Quando il giovane mi scuote dolcemente per farmi svegliare, mi rimane addosso una sensazione di intorpidimento, tipico del sonno giornaliero e dell'aver sognato qualcosa di cui però non si riesce a tirare le file. Ricordo vagamente una ghiandaia impressa in una galletta e un sorriso amico nei boschi del Dodici, ma fatico a dare un senso alle poche immagini che mi sono rimaste fino a che, del tutto sveglia, capisco che siamo arrivati al Distretto Otto.
Ma certo.
Di chi può essere quel sorriso se non di Bonnie, o forse di lei e Twill unite, insieme con la galletta che per prima mi ha fatto intuire che, forse, ciò che Gale diceva non era del tutto frutto di ragionamenti isolati derivati dalla fatica e dalla condizione miserabile della miniera. Che c'era qualcuno che credeva veramente al mio atto di sfida verso Capitolo City, per quanto fosse stato da me compiuto in modo del tutto irrazionale.
Gale fa un cenno verso la porta del treno e solleva con facilità i nostri due zaini mezzi vuoti, sistemandosi il suo sulla schiena.
Mi avvio lungo il corridoi e scendo per prima dal treno.
Una ventata dell'aria caldo afosa del distretto mi avvolge appena poggio un piede a terra.
Forse è dovuta alle fabbriche che si vedono all'orizzonte e che rilasciano vapore, anche se il fumo che ne fuoriesce é decisamente migliorato rispetto a quello che vidi ai tempi del mio primo tour della Vittoria e insieme ad esso anche le condizioni dei lavoratori, che ormai sono liberi a tutti gli effetti.
Ciò che non mi stupisce é invece la mancanza di una stazione coperta, cosa che c'è in ogni distretto, persino in quello che è stato il più remoto di Panem: capisco come nell'Otto la pioggia sia talmente rara da non rendere necessario un arrivo coperto, che non è mai stato ricostruito dopo che la vecchia stazione é stata distrutta dai ribelli.
Ora rimane in piedi un muro soltanto, che vedo, leggermente più avanti rispetto a noi, solitario e solenne, che era esattamente ciò per cui ho voluto venire fino a qui.
Sembra quasi orgoglioso quel vecchio pezzo di muro, testimone della storia, solido e resistente.
Vederlo mi fa sorridere e un paragone mi nasce spontaneo nella mente: assomiglia in modo incredibile ad una vecchia quercia dei boschi di casa, vicina al punto d'incontro mio e del ragazzo che mi sta a fianco in silenzio, molto probabilmente catturato dall'atmosfera che il luogo sembra trasmettere. La vecchia quercia era scampata, almeno secondo i racconti di mio padre, a un incendio, anni e anni prima di Snow, ed era rimasta li, sola ma circondata da un'aura di potenza e da piantine appena nate.
Da bambina, amavo arrampicarmi tra i suoi rami sotto l'occhio vigile di papà, nei momenti di svago che i giorni ricchi di prede ci lasciavano. Momenti che porto nel cuore come se fossero oro.
Ma la quercia non mi ha solo fatto divertire, mi ha anche salvato la vita, una volta. L'ha salvata sia a me che al mio compagno di caccia, a dire la verità: era un pomeriggio particolarmente caldo e noi eravamo appena stati al lago. La giornata ci aveva fruttato un bel bottino, sia in fatto di pesci che erbe. Stavamo tornando verso casa, meno guardinghi del solito, quando sentimmo in lontananza delle voci che si avvicinavano e il rumore di piedi cadenzato e militare nonostante il terreno accidentato. Inizialmente non capimmo, poi Gale notò che un passo simile poteva essere soltanto di un Pacificatore, probabilmente appartenente a una squadra che si stava allenando per essere trasferita in qualche distretto più vicino alla capitale. L'unica soluzione che ci venne in mente fu di arrampicarci sull'albero più vicino e più imponente, che era proprio quella vecchia quercia. Ci spingemmo in alto come non avevamo mai osato prima. Fu una mossa avventata, ma non avevamo mai avuto modo di pensare a un ipotetico incontro con dei Pacificatori; nessuno si spingeva mai nei boschi, nessuno tranne noi. Fortunatamente, la quercia resse il nostro peso e ci nascose alla vista dei capitolini, che passarono sotto di noi del tutto ignari. La paura che provai quel giorno non la provai mai più, almeno al Dodici. Nell'Arena è stata un'altra storia.
C'è da dire però che il mio compagno cacciatore era, se possibile, ancora più legato alla pianta di me. Si somigliavano: entrambi erano reduci, forti, coraggiosi e con una voglia quasi sfrontata di sopravvivere nonostante il passato avverso.
É strano paragonare una persona a un albero, eppure mi é sempre sembrato così. Dopotutto il mio nome non é forse quello di una pianta?
Mi torna a mente una vecchia proprietà matematica che mi hanno insegnato a scuola in un tempo che mi sembra incredibilmente lontano, e arrivo alla conclusione che Gale, in quanto simile alla quercia, dovrebbe assomigliare al muro come questo somiglia alla pianta stessa.
Pensandoci, ha senso.
Questo é il muro dei ribelli e Gale é il ribelle per eccellenza, il primo probabilmente del nostro distretto, anche se questo suo esserlo ha lasciato profonde cicatrici sulla sua pelle e sulla sua anima. Ma anche io ne ho, ne ha Peeta. Peccato che io e il ragazzo del pane due potessimo contare l'uno sull'altra per sanare le nostre ferite.
Gale no, perché l'ho lasciato solo a fare i conti con il suo dolore.
Prima che i sensi di colpa mi vengano a trovare nuovamente, poggio una mano sul braccio del giovane e gli sfilo la mia borsa dalle mani, sistemandomela al meglio sulle spalle e indicandogli il muro.
Chissà cosa sembriamo, da fuori. Due turisti, magari, come quelli che vengono al dodici a vedere il Distretto della Ghiandaia.
Sono sollevata nel constatare che qui non c'è nessuno in giro e che forse possiamo limitare i contatti con le persone. Il mio lato solitario non si è per nulla assottigliato, anche se nell'ultimo periodo sono diventata un po' più tollerante, ma ho sempre avuto bisogno di tanto, troppo tempo per fidarmi di una persona. E' stato così anche per Gale e la sua famiglia: un rapporto di convenienza prima, di amicizia poi, costruito mattone dopo mattone e destinato a durare, anche se era bastato un lampo di fuoco e una paperella che non c'era più a sgretolare tutto, come si era sgretolata la stazione dell'Otto sotto i colpi di fucile. Ma, come in essa, anche nella nostra amicizia qualcosa è rimasto. Come da qual muro era partito lo sviluppo di un nuovo mondo, la nostalgia celata da troppo rancore per il giovane dagli occhi grigi ci stava portando a riconciliarci. Non mi era mai resa conto di quanto mi fosse mancato avere qualcuno disposto ad essere sempre al suo fianco, anche quando tutti i miei lati negativi venivano alla luce ed esigevano di essere ascoltati.
Man mano che mi avvicino al muro, inizio a distinguere i nomi incisi sulle mattonelle.
File e file di nomi.
Ribelli e giovani. Donne e ragazzini.
Gente che ha avuto il coraggio di prendere in mano la propria vita e di iniziare a combattere per qualcosa in cui credeva.
Come Gale, come Finnick. Non come me.
Faccio scorrere lo sguardo su tutti quei nomi, cercando quello delle due ragazze che ho incontrato nei boschi e di cui ho raccontato la storia al distretto Tredici.
Eccoli lì, tra i primi. Bonnie e Twill.
Accanto al nome di Twill c'è una vecchia fotografia sbiadita. Gli occhi scuri della donna mi guardano fisso e sembrano ringraziarmi per aver portato avanti ciò per cui lei e la più giovane sono morte, di averle creduto e di aver raccontato dell'eventuale esistenza del Tredici a chi aveva bisogno solo di una piccola spinta per esporre le sue idee.
Quella persona ora mi sta al fianco e sta scorrendo indice e medio sulle mattonelle che compongono il muro, ripassando con il dito i nomi che più lo colpiscono.
Noto che si sofferma a lungo su uno in particolare.
Mi avvicino a lui e leggo "Ian".
Gale si volta verso di me con gli occhi illuciditi e velati da quel filo di rabbia che ancora arde ben nascosta nel profondo del suo cuore.

-Si chiamava come mio padre. - sussurra. -Poteva essere lui. Magari aveva le sue stesse idee, la pensava come lui. Magari aveva un figlio o magari ne aveva quattro. Magari ha trasmesso al maggiore di loro proprio queste idee in cui lui aveva creduto e per le quali si era tante volte messe nei guai e magari questo figlio ci ha creduto davvero.
Magari aveva una moglie che lo amava e che lo aspettava con un sorriso aperto sulla soglia di casa portando in grembo un'altra vita.
Ma c'è una differenza tra lui e mio padre, Catnip, e sai qual'è?
E' che lui é morto per qualcosa in cui credeva e non spaccandosi la schiena in miniera per portare a casa un pezzo di pane raffermo a questi figli e a questa moglie che morivano di fame, rischiando la vita e lasciandovela, in quel maledetto buco! Eccola qui, la differenza...-
Alla fine della frase, mi accorgo che sta urlando e che la voce quasi gli trema. Intuisco che pensare a suo padre e a quel periodo della sua vita gli fa ancora male, sia per il dolore che ha provato sia per la nostalgia.
Lo so perché mi succede la stessa cosa. Soffrivamo, faticavamo a tirare avanti, ma almeno sapevamo qual'era il nostro posto nella società. Ora non sappiamo più nemmeno quello, io e lui. Non facciamo parte di questo nuovo mondo, le nostre idee, il nostro modo di ragionare appartengono al passato ormai.-

Gale respira profondamente e stacca le dita dal muro, quasi a voler bloccare il flusso di ricordi che quel tocco gli ha provocato.
Rimane a guardarmi qualche istante e poi distoglie gli occhi, fissandoli sulla polvere che ha sollevato muovendo i piedi.

-Per fortuna che il mondo é cambiato, Katniss- mi dice, quasi fosse una confessione.
Non so cosa rispondergli: improvvisamente ho visto il peso di tutti gli anni passati a far il padre meglio che poteva nonostante fosse solo un adolescente gravargli sulle spalle e invecchiare i suoi tratti da trentenne ancora giovanili. Ho visto il peso dell'aver vissuto lontano dal Dodici per undici anni, il peso dei ricordi e del rimorso su di lui, ma ho visto anche una disperata voglia di normalità e la consapevolezza di voler continuare a combattere per averla.
Gli poggio una mano sulla spalla e resto li, facendogli soltanto sentire che ci sono, anche se sarebbero innumerevoli le cose che potrei dirgli.
Ad esempio, che il mondo é cambiato anche grazie a lui.
Ma tutto mi sembra inutile davanti a questo momento di debolezza ben celata del giovane, a cui non sono abituata.
É sempre stato l'esempio stesso della forza e della combattività, ma la vista di questo muro e del nome di tre lettere sembra aver riaperto una vecchia ferita ancora aperta e che non si chiuderà mai.
Egoisticamente vorrei restare all'Otto ancora un po', ma decido che per una volta posso mettere da parte il mio orgoglio e il mio pensare solo a me stessa e far qualcosa per chi ha sempre voluto solo e soltanto il mio bene. Tornare subito al Dodici, sia per Gale che per chi al Dodici mi aspetta.


-Gale.- inizio, attirando la sua attenzione.
Quando sento i suoi occhi sfiorarmi continuo la frase.


-Torniamo, forza. Prendiamo il primo e torniamo a casa. Non abbiamo più nulla da fare, qui.-

 

 

 

Buongiorno, principesse!

Innanzitutto, sappiate che questo capitolo non mi convince proprio per niente. O meglio, alcuni particolari che ho inserito mi piacciono, ma il come l'ho fatto non mi convince. Spero sia comunque risultato qualcosa di buono per voi :)

Passando alla storia in sé, non ho grandi note da fare, se non che Ian è il nome che ho dato al padre di Gale nelle mie storie Grigio contro grigio e Uccel di bosco e che ci tenevo ad inserire la memoria di quest'uomo in uno dei miei capitoli. Ho scelto questo perché ho trovato comodo sfruttare l'espediente muro di nomi, che vuole rifarsi vagamente al Giardino dei Giusti o a tutti i sacrari sparsi in Italia a commemorare le vittime di tragedie di ogni tipo. Dovete sapere che quando trovo luoghi simili mi emoziono sempre in una maniera incredibile, soprattutto se le persone commemorate sono vittime, vittime di qualsiasi cosa, ed è questo che ho provato a trasmettere quando parlavo di ''atmosfera'', e provo ad immaginare cosa poteva esserci dietro quei nomi, cosa che un po' fa Gale.

Sappiate che questo capitolo, già più lungo del solito (1946 parole, in meno di tre settimane, miracolo!), stava risultando ancora più lungo e ho dovuto interromperlo, ecco perché il finale non è 'a effetto' come al solito.

Spero vi piaccia comunque, al solito mi farebbe un piacere enorme ricevere un'opinione!

Grazie mille a chi continua a seguirmi, a chi è nuovo, a chi recensisce e anche a chi legge in silenzio!

A presto k_j

 

PS: Parlando di padre di Gale...AUGURI PAPA'!

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Capitolo 16
*** Zachariah ***


Il giovane mi guarda, ma il suo sguardo mi risulta incomprensibile, dalle tante emozioni che vi vedo specchiate all'interno. Riconosco sollievo, paura, fretta, senso di colpa e un pizzico di amarezza.
Abbozza un sorriso prima di rispondere, anche mi rendo conto di quanto gli costi.

-Le vecchie abitudini non cambiano. Eh, Catnip?- dice, cercando di far sembrare il suo tono scherzoso, che però rimane velato da quell'amarezza che leggo nei suoi occhi.

-Cosa intendi, Gale?- domando in un sussurro.

Continua a sorridere e si volta verso il muro, poggiando di nuovo due dita sulla piastrina con lo stesso nome del padre, quasi a voler indicare quanto il passato fosse centrale per capire quella sua affermazione.

-Lo sai, cosa intendo.-

Sì, lo so, eccome se lo so, ma avrei voluto sentirlo uscire dalle sue labbra.
Ripenso a quando, nella cucina della mia casa al Villaggio dei Vincitori, l'ho baciato per la prima volta.
L'ho fatto mentre stava soffrendo, perché speravo che potesse in qualche modo aiutarlo. E che potesse aiutare anche me.
L'ho baciato per lo stesso motivo anche una seconda volta, dopo i miei 75° giochi, quando ho visto i suoi occhi perdersi nel dolore per la perdita di una casa, nel ricordo della frusta che fischiava e si abbatteva sulla sua schiena, nel rimpianto per aver salvato soltanto quelle poche, per lui, novecento persone. Novecento quindici su diecimila*. Gli sembra di non aver fattp abbastanza, ma non si rendeva conto della portata e dell'eroismo del gesto che aveva fatto.
Il ricordo dei suo Sapevo che l'avresti fatto, perché sto soffrendo mi risuona nella mante.
Anche questa volta, ho deciso di fare qualcosa per lui perché l'ho visto soffrire. Ha ragione, ma mi aggrappo all'ultima cosa che mi aveva detto, quel pomeriggio di tanti anni prima.

-Mi avevi detto che sarebbe passato.-

Vedo che questa frase lo coglie di sorpresa.

-Le persone non cambiano, Catnip. Certi rapporti non possono cambiare, per quanto ci sforziamo di dimostrare il contrario.-

Ora nei suoi occhi vedo riflesso anche il bisogno disperato che io capisca.
Capisca che mi vuole dire che lui non è cambiato, che sotto la corazza di cicatrici e durezza che la guerra gli ha costruito intorno è ancora il quattordicenne che ho incontrato nei boschi.
Capisca che quel rapporto a cui allude non è soltanto il suo amore per me, argomento che ormai abbiamo chiarito, o almeno spero, ma è quell'amicizia che ci siamo costruiti mattone dopo mattone, lottando contro un nemico immaginario e lontano, troppo grande per noi, Capitol City, ma lottando anche contro un nemico molto più concreto come la fame.
Non so bene come fargli capire che ho compreso senza risultare invadente o incrinare il vetro che abbiamo costruito intorno all'argomento amore, così gli poggio semplicemente una mano sulla spalla e tento di sorridere.

-Andiamo, ragazzo dei boschi.-

Calco sulle ultime tre parole, sapendo che capirà tutto ciò che ho pensato. Ragazzo dei boschi, ecco come avrei potuto soprannominarlo per tutto quel periodo, soltanto che non ci ho mai pensato.
Lui per era Gale, oppure Hawthorne, quando eravamo particolarmente in vena di scherzare.

-Altrimenti il treno per casa parte senza di noi.-

Il grigio dei suoi occhi si illumina. Solleva un sopracciglio con fare sornione e si morde il labbro inferiore.
Posiziona i piedi lievemente sfasati in direzione della stazione, lancia un'ultima occhiata al muro e inizia a correre.

-Chi arriva ultimo paga da bere!- urla.

Resto un paio di secondi a guardarlo e mi chiedo da dove provenga quell'improvviso sprizzo di allegria.
Sembra un ragazzino, uno scolaretto, a correre così. Potrebbe essere davvero quel quattordicenne che tanto mi è mancato.
Scatto anche io e gli corro dietro, anche se so che sarà difficile che riesca a recuperarlo.
Mi sono mantenuta in attività in questi undici anni, ovviamente, ma se lui ha continuato a lavorare in ambito militare come mi ha raccontato sarà sicuramente molto più in forma di me, almeno nella corsa.
Quando è a pochi metri dal gruppo di binari, rallenta e mi aspetta per far sì che arriviamo fianco a fianco al cartellone su cui sono appesi gli orari.
Gale tira un paio di profondi respiri, che ho dubbio gli servano per mascherarmi il fatto che ha il fiatone.

-La gioventù é lontana, eh Gale?- domando, anche se anche io sto ansimando leggermente.
Gale ride.

-Siamo trentenni, non cinquantenni, Catnip!- ribatte, avvicinandosi all'uomo che vende i biglietti.

-Due per il Dodici, grazie.- afferma, cercando nelle tasche dei pantaloni due monete con cui pagare.

É strano vederlo tirare fuori dalle tasche le monete con noncuranza, lui che fino a una decina di anni fa aveva le tasche sempre vuote, se non di lacci di cuoio riutilizzati migliaia di volte per le trappole che gli davano qualcosina per averli, quei soldi che ora usa cosi con apparente tranquillità, anche se so che, come me, non smetterà mai di fare i conti su come arrivare a fine mese, prima di rendersi conto ogni volta che non ce n'è più bisogno.
Io ho i soldi della panetteria di Peeta e vendo ancora qualcosina che deriva dai miei vagabondaggi nei boschi, ma Gale, che lavoro ha fatto per tutti questi anni nel Due?
Il soldato, d'accordo, ma fare il soldato può voler dire molte cose...
Rompo il silenzio creatosi nell'attesa del treno.

-Gale...questo gioco della corsa lo facevi con i tuoi colleghi del Due?-

I suoi occhi si rabbuiano un attimo
So che non vorrebbe parlare del suo passato, ma io voglio sapere. Deve pur aver fatto qualcosa oltre a farsi torturare per colpa mia.
Ho bisogno di sapere che ha anche avuto momenti di svago, in qualche modo.

- Immagino che continuare a dirti che non ne voglio parlare sia inutile, non é vero?-

Mi mordo un labbro con fare colpevole, anche se non posso nascondere che sono curiosa.
Sospira e si passa la mano tra i capelli scuri.

-Eravamo un bel gruppo. Unito. Gli allenamenti insieme ci avevano fatti diventare amici, eppure io non riuscivo a divertirmi come loro. Ridevo, scherzavo, facevo giochi come questo,ma dentro di me pensavo sempre al Dodici. Ci avevo lasciato un pezzo del mio cuore, ma aveva paura di tornare a prenderlo.
Poi è arrivato un novellino.
Era poco più che un bambino, poteva avere un paio di anni più di Rory, al massimo, ma aveva una capacità incredibile di maneggiare i fucili.
Sembravano troppo grandi nelle sua mani e non ho potuto fare a meno di chiedermi se gli archi che maneggiavamo noi a quell'età facessero lo stesso effetto.-

Mio padre mi aveva costruito su misura un arco, quando ero bambina, ma in effetti quando quello mi è diventato troppo piccolo ho subito iniziato ad utilizzare il suo. Non ho mai avuto problemi, ma magari ad un occhio esterno sembrava davvero troppo grande per me.

-Veniva dal Quattro, ma era stato scelto per essere addestrato come Pacificatore quando era ancora un bambino. Quasi non ricordava i visi dei suoi genitori, perché gli era stato portato via troppo presto.
Si chiamava Zachariah e leggevo nei suoi occhi il mio stesso dolore, il mio stesso smarrimento. Avrei voluto che non ci fosse, perché lo vedevo come un fratello minore, oltre che come un amico e ho sempre voluto che quei sentimenti non ci fossero negli occhi delle tre pesti ** che ho avuto modo di crescere.-

Sorride un attimo pensando ai piccoli di casa Hawthorne, che ormai tanto piccoli non sono più.

-Eravamo nella stessa squadra a combattere, nel Due, prima di ciò che ti ho già raccontato.***-

Qui la sua voce trema per qualche istante, ma poi ritorna subito ferma.

-Quando sono fuggito nei boschi come un animale che intravede la libertà, mi sono sentito come se, lasciandolo indietro, abbandonassi di nuovo la mia famiglia, perché lui è stata l'unica parvenza di famiglia che avessi avuto, in quei mesi.
Sono tornato e riconosco che è stato stupido da parte mia, ma io e le imprudenza andiamo d'accordo, ormai dovrei averlo capito.-

Già. Ma la sua non è imprudenza, ma piuttosto un'impulsività a fin di bene.
Ciò che fa, le cose che lo hanno portato a soffrire o a farsi del male, le ha fatto in nome di qualcuno a cui voleva bene.
Sento il vento freddo che annuncia l'arrivo del treno e sollevo la mia borsa, che aveva appoggiata ai miei piedi.
Il mio compagno ha ancora il suo zaino poggiato su una spalla e interrompe per un attimo il suo racconto.
Credo che parlare del suo passato gli stia facendo bene, perché mi sembra di vedere un po' meno tormento in quei suoi occhi grigi.
Saliamo rapidamente sul treno fermo di fronte a noi.
Il controllore timbra i nostri biglietti e ci guarda, riconoscendoci sicuramente ma senza avere il coraggio di fare domande, anche se percepisco che lo vorrebbe.
Colgo al volo la sua incertezza e ne approfitto, allontanandomi rapidamente e dirigendomi verso un posto a sedere che vada bene per continuare il racconto.
Ne individuo due, uno di fianco all'altro, che però non hanno i posti simmetrici, essendo in fondo alla carrozza.
Gale mi ringrazia con lo sguardo prima di sedersi.
Indugia qualche secondo giocando con il finto velluto del sedile, poi respira e ricomincia a raccontare.

- Sono tornato nel Distretto Due e ho convinto il capo squadra a trasferirci in un altro Distretto. Gli ho raccontato quello che mi avevano fatto, gli ho mostrato i segni indelebili e ancora non del tutto rimarginati che avevo sul corpo.
Ho detto che avevo paura che una cosa simile potesse succedere anche a un altro membro della squadra, anche se sapevo che probabilmente il loro unico obiettivo ero io.
Mi ha creduto e ci siamo trasferiti.
Distretto Sette, quello del legname e di Johanna Mason.-

L'accenno all'altra vincitrice mi incuriosisce, ma il giovane non ha intenzione di approfondire, perché continua a raccontarmi un'altra storia.

-E' stato tutto inutile.-

Serra un attimo gli occhi, poi li riapre rapidamente.

-Eravamo nel Sette da pochi giorni e ci hanno mandati a sgombrare una cantina ancora piena di vecchi armamentari militari.
Ci avevano promesso che non ci sarebbe stato nulla di pericoloso, che avevano già portato via tutti gli esplosivi con le dovute cautele.
Ed era vero, se non fosse che ne era rimasto uno, seminascosto tra altre armi.
E' saltato in aria dopo poco tempo e Zachariah e un altro ragazzo insieme a lui. Saltati per aria soltanto perché io avevo voluto portarli lì, per cercare di salvarli.
L'unica persona che avessi ricominciato a vedere come un amico o un fratello è saltata in aria, proprio come papà.-

La voce gli si spezza e Gale chiude gli occhi.
E' mai possibile che le cose peggiori accadano alle persone più buone, a quelle con ideali migliori?
E' mai possibile?

 

 

 

Buongiorno!
Spacco il mese quasi alla giornata (non è vero, sono 3 giorni in anticipo!), ma sono arrivata con il nuovo capitolo!
Lo so che dovevano tornare al Dodici in questo capitolo, ma il passato di Gale mi chiamava e non sono riuscita a resistergli!
Non ho molto da dire per questa capitolo...Zachariah è un personaggio completamente inventato da me, così come il passato di Gale, di cui non si sa nulla (grazie, cara Collins -_-). Me lo immagino proprio come un ragazzino, in cui Gale un po' si rispecchia!
I fatti di cui parlo dopo la frase ''Le vecchie abitudini non cambiano'' (è un po' troppo stron** per Gale? Mi è venuta spontanea...) sono, rispettivamente, la post-fustigazione di Gale in CF e il ritorno al Dodici di Katniss e Gale in MJ (lo stesso di The Hanging Tree, per capirci!)


Ma passiamo agli asterischi che hanno iniziato ad intasare anche questa storia:

* citazione dal FILM Mockingjay Pt.1

** sono i fratelli Hawthorne, che ho avuto modo di chiamare pesti in HAPPY NEW ORANGE YEAR e DUE MISSIONI IN CASA HAWTHORNE

*** L'avvenimento qui accennato è la questione delle cicatrici, di cui ho parlato nei capitoli 7 e 8 di questa long.

Okay, dovrei aver concluso e devo anche scappare a far latino, quindi buona serata!
Fate i buoni (pandori ^^) e lasciatemi una recensione!

A presto k_j

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