Reality

di Pleurite98
(/viewuser.php?uid=640405)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Un lieve raggio di luce attenuato da due leggere tende di pizzo bianco entrò dalla porta a vetri che dava sul balcone per posarsi su un tavolino rettangolare di mogano.
Un fresco alito di vento fece aprire leggermente l'anta destra, il sole primaverile rischiarava il modesto salotto dal gusto antico.
Il tavolino si interponeva fra un divano bianco, scolorito dal tempo, e una televisore al plasma vagamente fuori contesto.
Di fianco vi era una piantina di ficus dalle brillanti foglie verdi, poggiato alla parete dalla parte opposta della stanza vi era un grande armadio con le antine di vetro, dentro vi erano riposte piccole statuine di cristallo raffiguranti animali.
 

L'uomo si sedette pacatamente sul sofà, impugnò il telecomando e accese lo schermo nero.
1.
L'ennesimo telegiornale. Un violento terremoto ha colpito il Giappone, migliaia le vittime.
Madre e figlio investiti da un pirata della strada.
2.
Un film in bianco e nero. Una donna dalla bizzarra acconciatura siede a tavola rigirandosi la collana di perle lucenti. La domestica taglia silenziosamente l'arrosto.
3.
Un film splatter, che noia. Certe cose andavano davvero trasmesse in fascia protetta?
Una ragazza dal seno prorompente corre senza maglietta per il bosco riparandosi il viso dai rami taglienti. In un attimo il killer l'ha già raggiunta e le ha conficcato un grosso coltello nel petto, prendendola da dietro. Lei è lì a rantolare per terra sputando sangue ed implorando pietà.
Assurdo, era certo che una ferita come quella fosse mortale.
4.
Cartoni animati. Davvero erano trasmessi dal canale che seguiva quello che mandava in onda film horror (tra l'altro di pessimo gusto)?
5.
Il volto allegro di un uomo dai capelli neri comparve allegro sullo schermo. Eccolo. Chris Mclean.
Velocemente quest'ultimo si portò indietro, ora appariva interamente nell'inquadratura, le sue mani indicavano una sala moderna e spaziosa, un divano rosso dalle linee tonde, un piccolo bancone da bar su tre scalini di piastrella. Moquette bianca. Orribile.
“Ed eccoci tornati signore e signori! Siete pronti per la nuova ed entusiasmante stagione del reality più seguito della tv? Ci troviamo negli studios di Los Angeles e questa è la splendida casa dove dodici nuovi concorrenti si sfideranno tra loro per ottenere l'ambito milioncino! Una sola regola: non potranno mai uscire!”

Alla gente piaceva davvero quella robaccia? Si divertiva a seguire le ipocrite storie di persone che fingevano di amare, piangere, avere sentimenti solo per la popolarità, la fama e la ricchezza?
Non erano altro che personaggi precostruiti, tutti quanti.
Se il pubblico voleva qualcosa vedere qualcosa di vero allora non avrebbe dovuto fare altro che aspettare. Il vero spettacolo stava arrivando.
In un attimo premette il pulsante rosso spegnendo il televisore, estrasse una sigaretta dal pacchetto che aveva di fianco e l'accese.
Era tutto pronto, non gli mancava che sperare che gli altri prendessero la decisione giusta.
Aprì il block notes e tirò una spunta di fianco ad una parola incomprensibile, prima di riporlo sul tavolino di fianco ad un pezzo di stoffa nero.

 

Angolo dell'autore
Volevo aspettare prima di pubblicare ma non ce l'ho fatta, dunque eccomi qui con l'ennesima serie ad oc ad invadere questo fandom, spero partecipiate! Ci sono solo dodici posti, sei ragazze e sei ragazze, sarei felice se non creaste solo personaggi cattivi, altrimenti non c'è molto divertimento.
Di seguito le informazioni che vorrei avere:

-Nome:
-Cognome:
-Aspetto fisico e vestiario:
-Carattere:
-Paure:
-Abilità e passioni:
-Storia:
-Personaggio preferito delle scorse stagioni:
-Altro:

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Courtney entrò in casa sbattendosi la porta alle spalle, si tolse le scarpe col tacco gemendo mentre si massaggiava l'alluce destro e lasciò la ventiquattrore di fianco ad un mobiletto bianco.
Si diresse sbuffando verso la cucina, un piano di marmo separava la zona cottura, la credenza ed il frigorifero da un piccolo tavolo ovale con quattro sedie, aprì le antine di betulla lavorata e ne tirò fuori un pacchetto di patatine.
Una volta in salotto poggiò meccanicamente le chiavi su una mensola e con la mano libera impugnò il telecomando accendendo la televisione.
Mentre la pubblicità di una nuova serie tv andava sfumando, la ragazza fece passare di fretta la posta poggiata di fianco al telefono. Le solite bollette.
Si sistemò una ciocca fuori posto prima che uno scricchiolio alle sue spalle la fece sobbalzare, si voltò di scatto solo per constatare che non c'era nessuno.
Sospirò, da quando era diventata così paranoica?
All'improvviso percepì una mano fredda afferrarle la testa, non fece nemmeno in tempo a muovere un dito che la sua fronte andò a schiantarsi con forza contro lo specchio.
Courtney barcollò per qualche istante, le palpebre le si facevano pesanti, le faceva male la testa.
Cosa stava succedendo? Chi c'era lì? Doveva reagire, non doveva cadere, no.
Prima che sbattesse pesantemente a terra il suo sguardo barcollò sul televisore.

-Ti sbagli, il miglior vecchio concorrente è senza dubbio Trent.- obbiettò divertito Killian aggrappandosi al sedile dell'autobus e guardando Jenna che storceva le labbra in una smorfia.
-Te lo ripeto, Geoff. Geoff.- ribatté lei.
-E c'è bisogno di urlare?- le chiese Kyte, seduto di fianco a lei, lanciandole una veloce occhiataccia e facendola sbuffare.
Marylin alzò gli occhi al cielo limitandosi ad alzare stizzita il volume del suo iPod.
Il pulmino era relativamente piccolo, al volante Chef stringeva il manubrio maledicendo mentalmente quei casinisti che si portava appresso.
Dietro vi erano quattro file a destra e quattro a sinistra di posti accoppiati, solo due avevano deciso di rimanere da soli, Sophia, che scarabocchiava qualcosa su un block notes, e Seth, che sfogliava delicatamente le pagine di “Cercando Alaska” gettando qualche volta gli occhi castano chiari sulla strada che scorreva veloce.
In ultima fila a sinistra Angel fissava incantata davanti a sé, fino a quando Pam non le tirò una gomitata amichevole. -Carini i ragazzi, vero?- ridacchiò emozionata.
La prima balbettò un attimo per poi voltarsi e sorriderle calorosamente. -Sì, molto!-
Davanti a loro Robert e Dante chiacchieravano serenamente del più e del meno, ancora più avanti Lukas sorrise timidamente a Marylin. -Che ascolti?-
-Mh?-
mugugnò l'altra sfilandosi una cuffietta.
-Che musica ti piace?- ripeté nuovamente.
-Sono sicura che non la conosci.- tagliò corto lei senza dargli il tempo di risponderle.
-Lascia perdere, amico.- si intromise Light guardandolo con una smorfia.
Proprio dietro Chef Almond aveva lo sguardo perso nel vuoto, un'espressione sorridente stampata in volto e la bocca leggermente aperta, Helen le schioccò le dita davanti.
-Hey, ci sei?- le domandò.
-Oh, sì, stavo... pensando!- rispose tornando coi piedi per terra. -E' tutto così magnifico! Non riesco ancora a crederci, siamo qui!-
-Ragazzi ci siamo quasi.-
la voce burbera del cuoco ruppe per un attimo l'atmosfera rilassata per poi creare ancora più scompiglio.
Lo sguardo di Dante si illuminò subito. -Oddio, guardate gli studios!-
Marylin si levò subito le cuffie per godersi quel raro spettacolo, quanto avrebbe desiderato essersi trovata lì prima, in altre circostanze.
Pam afferrò emozionata la mano di Angel, tremando di felicità.
-Chissà che cosa staranno girando lì dentro!- bisbigliò Almond a Helen indicando incantata lo stage numero 6, dal quale alcuni membri della troupe uscivano con in mano dei fari e delle maschere di alieni in lattice.
-Sia mai che incontriamo qualche bell'attore!- disse Killian fervente, beccandosi un'occhiata ironica da parte di Light, vicino a lui. -Non essere geloso.- lo prese in giro.
-Non ci provare.- lo interruppe il secondo.
Seth aprì lo zaino con calma e vi ripose dentro il romanzo, esitò per un momento e andò a sedersi vicino a Sophia. -Cosa stai disegnando?-
La ragazza alzò le spalle chiudendo il taccuino. -Vestiti.-
-Vestiti?-
si incuriosì l'altro.
-Mi piace.- concluse lei abbozzando un sorriso.
Jenna si alzò in piedi esultando -Eccoci gente! Inizia la festa!-
Kyte sbuffò irritato. Non si capacitava di come il mondo fosse pieno di elementi come quella. Insopportabile.
-Non vedo l'ora di scoprire dove staremo!- disse Robert.

L'uomo si sfilò prima un guanto e poi l'altro, aprì il rubinetto e si sfregò lentamente le mani insaponate sotto l'acqua fresca, non sopportava la sensazione del cuoio sulla pelle, lo faceva sudare eccessivamente.
Si guardò allo specchio per qualche istante, poi decise di sfilarsi il passamontagna, si moriva lì sotto.
Raccolse l'acqua a bacinella e se la gettò in faccia lasciandosi scappare un verso di sollievo.
Prima di tornare in salotto frugò dentro l'armadietto dei medicinali mettendone alcuni dentro il suo zaino, poi superò il corpo svenuto dell'ispanica con un passo, si chinò verso di lei e posò le sue labbra su quelle di lei, sfiorandole.
Le mise una mano sotto il busto e l'altra sotto le ginocchia, la sollevò e l'adagiò sul divano.
Si precipitò in cucina alla ricerca di qualcosa in tutti i cassetti. Finalmente le aveva trovate.
Sfilò deciso le forbici e tornò da lei, prese dal materiale che si era portato dello scotch isolante, ne tagliò un pezzo e glielo appiccicò sulla bocca, dopo averla spostata leggermente glielo avvolse più volte intorno ai polsi portati dietro la schiena.
Si sarebbero goduti un po' di tv, insieme.
Finalmente stava cominciando. Un autobus bianco e azzurro si era fermato in mezzo ad una strada deserta, l'unica presenza era quella di Chris, con quel suo dannato sorriso dipinto sulla faccia.

 

-Benvenuti cari telespettatori e benvenuti a Total Drama: The House! Anche per questa stagione abbiamo deciso di rinnovare il cast, vedrete, non ci sarà niente di cui pentirsi, i miei personali assistenti si sono impegnati per trovare solo persone interessanti! Ma bando alle ciance, eccoli qui!- dopo aver pronunciato quelle parole la porta del veicolo si aprì scricchiolando, la prima a scendere fu una ragazza magra, non particolarmente alta ma con tutte le curve al loro posto. Gli occhi cioccolato risaltavano come pietre incastonati nella pelle ambrate, mentre il viso era incorniciato da una delicata treccia di capelli neri. Le tonalità scure erano subito messe in evidenza da un top fucsia. -Ecco a voi Almond, la sognatrice!-
Almond rivolse un caloroso saluto al pubblico, agitando lievemente la mano. -Ciao a tutti, sono davvero felice di essere qui!-
La seguirono una ragazza dai capelli biondi con le ciocche nere, gli occhi marrone scuro, dall'abbigliamento dark ed un'altra dai capelli color nocciola lunghi fino alle spalle, gli occhi verde lucente, come il prato bagnato dalla rugiada mattutina, con indosso una maglietta bianca sulla quale vi era scritto “really don't care”. -Dopo di lei, Helen e Sophia!-
Nessuna delle due sorrise, si limitarono solo a mettersi a fianco della prima uscita.
-Sono seguite da Seth...- a quelle parole un ragazzo magro ed alto dai capelli castano scuro e gli occhi color ciliegio coperti da un paio di occhiali verde menta scese giù dai gradini del mezzo prestando attenzione a non inciampare. -anche se molti di voi lo conosceranno già!- Seth si accostò alle altre cercando di evitare il più possibile gli sguardi interrogatori.

-Ora è il turno di Killian e Light!- un ragazzo muscoloso, i capelli biondi alzati in una frangia alta, gli occhi grigi e una t-shirt nera sbottonata balzò giù dai gradinetti con un salto, dietro di lui un altro ragazzo, di uno o due anni più giovane con la pelle candida come la neve, gli occhi indaco, i capelli neri che sfumavano sul biondo verso le punte, portati in un ciuffo da un lato e rasati dall'altro scese con le braccia conserte che spiegazzavano la camicia a quadri nera e blu.
-Hai davvero comprato una camicia nera e blu? Terribile.- increspò le labbra Sophia.
Light la squadrò da capo a piedi, per guardarla infine dritta negli occhi e affermare beffardo: -”Really don't care”-
-La situazione comincia a farsi bollente! E per evitare che si spenga accogliamo a braccia aperte Jenna!- sorrise a trentadue denti il conduttore.
Una ragazza dai capelli neri, lunghi e accuratamente piastrati, la carnagione abbronzata ed un top rosa shock fece gli scalini agitando le mani in aria. -Hey Chris! E' qui il party!?- ricevendo come risposta un cenno divertito si avvicinò a Almond entusiasta. -Guarda! Abbiamo quasi lo stesso top! Grande!-
-Accogliamo anche Lukas e Marylin!-
un ragazzo dalla pelle bianca quasi quanto la luna, alto, dal fisico esile, i capelli corvini, gli occhi ambrati e con indosso una camicia viola si portò di fianco a Chris, per poi offrire la mano ad una ragazza con dei neri capelli boccolosi, una ciocca dell'identico colore della camicia di lui, una camicia bianca ed una giacca a borchie, la quale lo guardò perplessa e scese da sola.
-Seguiti da Robert, Dante ed Angeline!-
-Chiamatemi pure Angel.- lo apostrofò una ragazza bassina, dall'aspetto grazioso, con dei lunghi capelli biondi, un volto bambinesco dove brillavano due grandi occhi azzurri, un lungo maglioncino giallo evidenziatore e una gonnellina fucsia.
-Gran bella gonna! Dove l'hai comprata?- le domandò Jenna interessata, prima di essere subito distratta dalla presenza dei due ragazzi, il primo aveva i capelli biondo lucenti e gli occhi grigi come nuvole uggiose, il fisico muscoloso e indosso una felpa blu scuro, il secondo era altrettanto ben allenato, i capelli scompigliati neri e corti e vestiva una t-shirt grigia.
-G-gran bei piercing!- balbettò la ragazza indicando due piercing rossi alle orecchie di lui.
-Grazie.- le sorrise Dante.
-Ed ultimi ma non meno importanti Kyte e Pam!-
Un ragazzo alto, con i capelli neri e gli occhi scuri e lucenti come l'ossidiana, il fisico palestrato e una camicia bianca sbottonata in alto mise i piedi a terra seguito da una ragazza con i capelli castani raccolti in una cipolla che le cadevano in una cresta a lato, gli occhi color ebano e con indosso una felpa di jeans smanicata con un cappuccio borchiato.
-Piacere!- esclamò sorridente.
-Ora che ci siamo tutti, seguitemi, vi mostro dove alloggerete per le prossime settimane!- disse il conduttore facendo cenno ai ragazzi di seguirlo mentre entrava in un piccolo edificio completamente spoglio all'interno.
-Staremo qui?- chiese Light alzando il sopracciglio destro.
-Certo che no- rispose Chris chiamando un ascensore -la casa è sottoterra.-
-Sottoterra?-
balbettò Helen preoccupata.
-Proprio così, avanti entrate.-
-Scordatelo, aspetto che scendiate voi e poi vengo io.-
si oppose duramente.
-Non credo proprio, dentro o addio milione!-
La ragazza sbuffò scocciata e si strinse insieme agli altri nella piccola cabina.
-Hey, piano!- ammiccò maliziosamente Killian a Kyte, che lo guardò sprezzante.
Le porte di ferro si aprirono scorrevolmente, producendo un rumore metallico.
Chris fu il primo a scendere, li radunò in un piccolo ingresso che dava su un salotto e cominciò a parlare.
-Benvenuti nella casa! Il caldo e confortevole luogo in cui affronterete tutte le sfide! Come potete vedere c'è un bellissimo salotto con tanto di bar, da quella porta si accede alla sala da pranzo e alla cucina, quel corridoio porta ai bagni, alle camere, alla sala svago e alla libreria, mentre quell'altro alla piscina, alla palestra, al solarium e all'importantissimo confessionale!-
I ragazzi si guardarono intorno alcuni pieni di emozione altri allibiti dall'arredamento finto-moderno che scadeva un po' nel kitsch.
Verso l'ingresso, nel salotto vi era un divano rosso scarlatto che curvava in un angolo, c'erano anche alcuni tavolini ed un bancone da bar alzato da alcuni scalini con davanti due alti sgabelli.
-E quella porta?- domandò Almond indicando una porticina bianca in fondo al salotto, esattamente davanti a loro.
-Oh, lì c'è il giardino al chiuso, una specie di serra, avrete tutto il tempo per visitare la casa più tardi.- le rispose frettolosamente.
-Un giardino? Fantastico!- si felicitò Lukas.
-Sono contento vi piaccia, ora devo lasciarvi, ci vediamo dopodomattina qui alle nove!- concluse Chris rientrando nella cabina.
-Ma Chef?- chiese Dante accigliato.
-Nessuno Chef, dovrete cavarvela da soli in cucina m...- le porte dell'ascensore si richiusero prima che l'uomo potesse finire la frase.

-Non ci ha spiegato praticamente niente.- si lamentò Pam delusa.
-No, infatti, non sappiamo nemmeno come funziona la cerimonia di eliminazione e le cose di questo tipo...- aggiunse Robert.
-Che ve ne importa!? Pensiamo a divertirci, siamo in tv!- esclamò Jenna cominciando a sfilarsi il top sotto lo sguardo allibito degli altri.
-C-Che stai facendo?- chiese Seth diventando rosso in volto.
-C'è una piscina, no?- rispose lei ridendo -Ho già su il costume, non si sa mai.-
Marylin alzò gli occhi al cielo cercando lo sguardo di qualcuno che la pensasse come lei, ci mancava solo un'ochetta nel gruppo. Quanto avrebbe dato per levarle quel sorrisino ebete dalla faccia. Non incrociò il volto di nessuno, fatta eccezione per Angel che la stava fissando torva, ma una volta accortasi degli occhi puntati su di lei le fece un bel sorriso.
Certo che il mondo è pieno di gente strana.
-Scherziamo?! Non c'è nemmeno una finestra!- sbraitò Helen.
-Sarà che siamo sottoterra?- ironizzò Sophia -In ogni modo questa moquette è orribile, quelli che hanno arredato questo posto o sono ciechi o sono degli incapaci.-
-Chris ha un certo debole per il brutto.-
sospirò Dante.
-Qualcuno viene con me a vedere la serra?- domandò Lukas avviandosi verso il salotto.
-Vengo volentieri.- disse Angel affiancandoglisi.
-Sì, anche io.- sorrise Almond, facendo voltare la bionda che la guardò allegra.

Il giardino chiuso non era di grandissime dimensioni, dentro vi erano alberi che si alzavano fino a sfiorare il soffitto, piccole aiuole e una svariata quantità di fiori diversi, margherite, tulipani, viole.
Alle pareti vi erano lastre di vetro con dietro degli schermi televisivi in alta definizione che mostravano boschi tropicali con tanto di cascata e rumore riprodotto.
L'erba era soffice, Lukas si domandò come fosse possibile che il verde fosse così rigoglioso anche al chiuso, la tecnologia può fare miracoli.
-Non sembra nemmeno di essere sotto terrà.- disse lievemente.
-No, è magnifico!- concordò Angel.
Almond sfiorò delicatamente la corteccia dura di un albero vicino a lei, poi si sfilò le scarpe per sentire i fili d'erba infilarlesi fra le dita. Rise di felicità e si sdraiò nel prato, portando le braccia incrociate dietro la testa.
Lukas si affacciò alla porta -Helen, se soffri di claustrofobia vieni qui, è fantastico!-
Helen smise di parlare con Dante per guardare storto il ragazzo. -In un giardino? Ti pare?-


La piscina era grandissima, le pareti erano decorate con piccole piastrelle di azzurro diverso, la luce soffusa faceva brillare l'acqua facendola somigliare a quella del mare.
Jenna si tuffò dal trampolino della prima delle quattro corsie schizzando Seth, che era rimasto sul bordo con le gambe a penzoloni nell'acqua, dopo aver indossato un costume verde mela.
-Hey, attenta!- si lamentò asciugandosi le lenti degli occhiali.
-Andiamo, entra in acqua!- lo spronò lei.
-Ma ho su gli occhiali...- si giustificò il ragazzo.
-Puoi sempre toglierli!-
Lui la guardò per qualche istante, dubbioso, si sfilò la montatura e dopo averla chiusa la pose sul bordo, che aveva da perdere? Tanto valeva sciogliersi un po'.
Si alzò piano, ma prima ancora che si decise a tuffarsi scivolò sul bordo cadendo rovinosamente in acqua dipingendo sul volto di Jenna un'espressione preoccupata.
-S-Seth?- balbettò non vedendolo riemergere.
Il ragazzo tirò fuori la testa sputacchiando e strofinandosi gli occhi.
-Quanto cavolo è profonda!?-

Jenna rise di gusto dopo aver preso un sospiro di sollievo e fecero qualche bracciata per arrivare ad aggrapparsi al bordo.
La porta degli spogliatoi si aprì scricchiolando, Pam si slegò in fretta la cipolla e raggiunse i ragazzi con un costume due pezzi amarena.
-Com'è?- chiese.
-Si sta bene, entra!- la invitò Jenna.
La mora squadrò i trampolini dubbiosa, poi si avviò verso le scalette e scese lentamente immergendo prima un piede e poi l'altro.
-Non amo le piscine pubbliche, ci sono sempre bambini che ci pisciano dentro.- affermò.
-Questa credo siamo i primi in assoluto ad usarla.- la rassicurò la riccia.
-Ci pensate?- intervenne Seth -Questo posto è stato costruito apposta per noi!-

-Andiamo a vedere la palestra?-
propose Light a Killian, Dante, Kyte ed Helen che erano rimasti nella sala principale.
-Io no, vado a sistemare la valigia.- disse freddo Kyte allontanandosi.
Non appena Killian lo vide svoltare l'angolo sospirò a gran voce. -Simpatico!-
-Allora?-
ribadì Light -Si va o no?-
-Andiamo, andiamo.-
lo accontentò Helen.
Montati irritanti, era rimasta sola con tre montati irritanti, una volta arrivati in fondo al corridoio li salutò dicendo che preferiva farsi un bel bagno rilassante.
La palestra era ampia e spaziosa, il pavimento era di un materiale sintetico rosso, da un lato vi erano alcuni tappetini blu e dall'altro cyclette e altri attrezzi per allenarsi.
-Dunque...- spezzò il silenzio Killian richiamando l'attenzione degli altri due -non ci fai vedere i muscoli?- chiese a Light sotto lo sguardo allibito di Dante.
-La pianti?- gli rispose secco e scocciato l'interpellato.
-Tentar non nuoce.- si consolò il ragazzo mentre lo fissava andarsene via sbuffando.
-Non sei un po'...- disse l'altro.
-Gay?- lo interruppe il biondo.
-Stavo per dire inopportuno...-
-Sono inopportuno?-
domandò ironico Killian prendendo il braccio di Dante.
-Direi proprio di sì.- concluse il corvino divincolandosi e lasciandolo solo nella stanza.

-Non potete immaginare quanto odio questo posto.- disse Sophia palesemente disgustata.
La cucina era completamente bianca, pavimento di piastrelle bianche, muri bianchi, mobili di betulla dipinta di bianco, frigorifero bianco, un bancone bianco, ogni singolo oggetto era bianco.
-Potrei sentirmi male a stare qui dentro anche un minuto di più.- disse appoggiandosi alla credenza, bianca.
-Beh, almeno la dispensa non è malaccio!- intervenne Robert affacciandosi da una stanzetta.
-C'è da mangiare?- chiese Marylin con gli occhi illuminati -No, ma che dico, sono a dieta...-
-Tu a dieta?-
domandò Robert sorpreso.
-Problemi?- borbottò scocciata lei.
-Voi ragazze siete strane, anche Sabrina insiste dicendo di essere grassa...- rispose lui.
-Sabrina?- si accigliò Marylin.
-Come credi che possiamo sapere chi sia questa Sabrina?- si aggiunse Sophia.
-Oh, scusate, è la mia ragazza.- disse portando avanti le mani.
Certo che quelle ragazze erano parecchio suscettibili.

Dliing. L'uomo prese il cellulare senza distogliere lo sguardo dalla tv, tutto andava come programmato, perfetto.
Se lo immaginava, il pubblico, lì a fissare lo schermo guardando quei quattordici patetici ragazzi parlare fra di loro.
Solo un giorno, un giorno ancora e tutto sarebbe cominciato, un brivido di piacere gli corse su per la schiena.
 

Angolo dell'autore
Vi dirò, scrivere una storia a OC è molto più complicato di quel che credessi, ma non per questo mi piace di meno.
Io invito tutti quanti, anche quelli che non hanno un personaggio all'interno della vicenda a seguire la ff, così come il pubblico a casa segue il reality.
Avrete davvero un ruolo importante, ordunque fatevi sentire ogni tanto, una storia ad OC non è qualcosa per pochi eletti.
Per quanto riguarda gli autori dei personaggi vi pregherei di darmi qualche dritta là dove vediate io abbia preso una direzione sbagliata, ditemi con quale oc vorreste vedere interagire il vostro e se avete in mente delle coppie.
Per ora la situazione è assolutamente normale e si manterrà così per minimo un capitolo (a parte quei bei intermezzi che ci saranno sempre).
Cerco di mettere un'orribile cartina della casa abbozzata a mano per farvi ambientare meglio!!

Image and video hosting by TinyPic">

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 

Il furgoncino nero sobbalzò dopo aver preso una buca. L'uomo al volante imprecò.
-Guarda dove vai.- lo rimproverò la donna che gli sedeva di fianco.
Alzò gli occhi al cielo, perché gli era venuta l'assurda idea di coinvolgerla?
Non era facile andarci d'accordo, lo aveva capito dal principio, doveva stare calmo, l'importante era ricordare il piano, non si sarebbe lasciato distrarre o infastidire, non le avrebbe risposto.
Un'altra buca.
-Guarda dove vai cazzo.-
Inspira, espira, piano.
Courtney sbatté la testa contro qualcosa di duro.
Aprì gli occhi lentamente, era avvolta dal buio.
Le faceva male la testa, cercò di portare le mani alla fronte, ma non riusciva a spostarle da dietro la schiena.
Era sdraiata su qualcosa di freddo, dove si trovava?
Le sembrava di muoversi, doveva essere su un qualche mezzo, un treno? Una macchina?
Un pezzo si scotch appiccicoso le tappava la bocca, cercò di inumidirlo piano con la lingua per poterselo staccare.
Cos'era successo?
L'ultima cosa che si ricordava era di essere tornata a casa, si era levata le scarpe, si era guardata allo specchio, e dopo?
Che era successo dopo?
Una fitta lancinante le attraversò il cranio. Gemette.
-Come minimo si sarà svegliata.- affermò la donna.
Doveva trovarci una sorta di divertimento nel criticare così tanto, ne era quasi sicuro. Doveva smettere di prestarle attenzione, accese la radio.
-Buongiorno a tutti gli spettatori a casa e a quelli che ci seguono in macchina, grazie al nostro nuovo canale trasmittente! Io sono Blainely O'Halloran e questo è il doposhow ufficiale della nuova stagione di A tutto reality!- l'uomo rabbrividì nel riconoscere quella voce.
-Ed io sono Josh Reackers, ieri abbiamo assistito all'ingresso dei concorrenti nella casa, sembrano essere tutti, o quasi, molto simpatici, che ne pensi Blainely?- sul volto della donna prese forma un sorriso ironico, ancora non immaginavano quello che li aspettava.
-Sono perfettamente d'accordo con te, anche se non si può certo dire che alcuni membri, come Kyte siano dei gran simpaticoni.-
-Io aspetterei ancora un po' prima di poterci esprimere con sicurezza, d'altronde lo show è appena iniziato.-
-Certo! E a proposito di questo proprio ieri sera i concorrenti si sono divisi nelle sei camere, quattro da due e due da tre.-
-Light ha dovuto lottare per non finire con Killian.-
ridacchiò Josh.
-E non mi sembrava comunque felice di dover andare con Seth e Dante, ci vuole spirito di adattamento!- commentò Blaineley.
-Al contrario Angel ha insistito molto per finire con Marylin, amicizia a prima vista?- domandò lui.
-Così pare, anche Almond e Sophia non sembrano avere problemi, non si può dire lo stesso di Helen in camera con Pam e Jenna.- gli rispose la conduttrice.
-Fosse per lei scommetto avrebbe preferito dormire nello sgabuzzino.-
-Chissà che non andrà a finire così, dunque nell'ultima camera mi pare ci siano Kyte e Lukas, giusto?-
chiese lei questa volta.
-Esatto, ma ora bando alla ciance, andiamo a vedere cosa succede nella casa!-

Kyte si svegliò nel suo letto, non c'era luce, in quel dannato appartamento una volta spente tutte le lampade ci si ritrovava immersi nell'oscurità più totale. Contando il fatto che si era coricato verso mezzanotte dovevano essere minimo le sei.
Cercò a tentoni l'interruttore della abat jour sul suo comodino e l'accese, Lukas stava ancora dormendo, si girò mugugnando -Che ore sono?-
-Le tre meno un quarto, di mattina credo.-
si sorprese Kyte guardando la sveglia elettronica lampeggiare.
Mentre l'altro ragazzo tornava a dormire lui decise di alzarsi per sgranchirsi le gambe, la loro stanza era la più lontana dal salotto, ma in fondo riuscì a intravedere un po' di luce, per fortuna l'intensità delle lampade era solo stata abbassata nelle stanze comunitarie.
Percorse il corridoio sfiorando il muro bianco con la mano destra riflettendo, piano piano arrivò a convincersi che non c'era altra ragione per la quale si era svegliato tanto presto, si mordicchiò il labbro scocciato.
All'improvviso si accorse che la porta dell'ultima stanza delle ragazze era leggermente aperta, voltò lo sguardo incuriosito, ma non fece nemmeno in tempo a rendersene conto che questa si era già richiusa.
Con suo grande stupore la misteriosa ragazza non era l'unica ad essere sveglia, dietro il bancone del bar, voltata di spalle, riconobbe i capelli biondi con ciocche nere di Helen.
-Anche tu già sveglia?- le chiese.
La ragazza si voltò lentamente.
-La notte non è fatta per dormire.- gli rispose sorridendo.
C'era qualcosa di diverso nel suo sguardo, qualcosa di oscuro, e i suoi occhi, i suoi occhi...
-Helen, ti senti bene? I tuoi occhi...- le domandò il ragazzo.
-Helen...- sussurrò piano il nome, quasi come se stesse parlando da sola, poi tornò a guardare il ragazzo -Mai stata meglio.- affermò prima di voltargli nuovamente le spalle per frugare in un cassetto.
Kyte la guardò accigliato per qualche secondo, infine se ne andò sorridendo verso l'ingresso del giardino artificiale.
Non c'era stanza più affascinante di quella, dato il suo amore per la tecnologia non poteva negarlo, chiunque avesse progettato quel posto di sicuro non aveva niente a che fare con la costruzione del resto della casa.
Un alito di vento gli scompigliò i capelli, lì, al chiuso, sorrise amaramente.
Di notte quella stanza era completamente diversa, gli schermi mostravano un paesaggio buio, il soffitto era ricoperto di stelle splendenti e da una grande luna piena.
Qualche metro più in là Almond accarezzava il prato con la mano aperta, sdraiata sul soffice manto bagnato.
-Certo che stanotte nessuno riesce a chiudere occhio.- le disse continuando a guardare davanti a sé, facendola sobbalzare.
-Oh, sei qui, sai com'è... Siamo tutti così emozionati.- gli rispose avvicinandosi a lui.
Emozionati, magari...
-Già.- bisbigliò.
Un singhiozzo sommesso richiamò la sua attenzione. -Almond?-
Certo che era proprio una strana notte, quella.
La ragazza non rispose, lacrime abbondanti cominciarono a scenderle dagli occhi color cioccolato mentre l'espressione allegra di pochi secondi prima andava sempre più svanendo.
-Almond?- ripeté girandosi completamente verso di lei. -Va tutto bene?-
Non ricevendo ancora alcuna risposta la prese per un braccio, che cosa le era preso tutto d'un tratto?
-Io, io non ce la faccio... Scusa...- disse con la voce rotta dal pianto mentre il suo corpo tremava, prima di precipitarsi fuori dalla stanza.

Marylin si stiracchiò sotto le coperte, cominciava a non sopportare più quella luce artificiale ed erano solo poche ore che si trovava lì. Un dolce profumo le pervase le narici convincendola ad alzarsi, qualcuno doveva aver cucinato.
Poggiò la schiena contro lo schienale del letto, le nove e dieci.
Angeline non era a letto, chissà perché aveva tanto insistito per stare in camera con lei, era quasi certa che il giorno prima la stesse guardando in cagnesco, forse aveva ragione Robert, a volte le ragazze devono sembrare proprio strane. Rise fra sé e sé, in ogni modo si era sentita abbastanza offesa, prima o poi avrebbe trovato il modo di fargli rimangiare quelle parole.
Si infilò velocemente la maglietta bianca e la giacca con le borchie per evitare di dover uscire in pigiama, la sua stanza era la più vicina al salotto, le bastò fare pochi passi per trovarsi in cucina.
Non immaginava di trovarci dentro tutti, eccetto Seth.
-B-buongiorno.- balbettò con la voce ancora impastata dal sonno.

-Buongiorno a te!- le sorrise Pam -Angie ha fatto i biscotti!- continuò -Posso chiamarti Angie vero?- le chiese.
-Certo!- le rispose sorridente prima di raggiungere sorridente la ragazza sulla porta con in mano un vassoio pieno di biscotti -Quello con la M è apposta per te!-
-Grazie mille, ma forse dovrei evitare.- disse ancora sorpresa dalla situazione.
-Dai! Non farti pregare!- insistette l'altra, convincendola ad addentare il dolcetto per poi allargare le labbra orgogliosa.
-Buono.- mugugnò Marylin pulendosi la bocca.
La sala da pranzo era spaziosa, al centro una lunga tavolata di vetro era predisposta ad accogliere tutti i concorrenti, il pavimento era di un liscio materiale nero che entrava in contrasto con le pareti bianchissime alle quali vi erano appesi dei quadri di ispirazione cubista.
Tutti avevano preso posto al tavolo, ma una sedia era rimasta vuota.
-Ma Seth?- domandò Jenna -Sta ancora dormendo?-
Dante e Light si guardarono fra loro, non si ricordavano di averlo visto uscire quando erano andati a far colazione, che fosse rimasto in camera?
-Vado a vedere.- la rassicurò Dante alzandosi dalla sedia.
-Che cavaliere!- gongolò Killian ricevendo per tutta risposta un'occhiataccia.

Dante tamburellò con le dita sul divano rosso mentre passava dal salotto per andare in camera.
Non era particolarmente felice della camera in cui era finito, Light non aveva spiccicato parola, a meno che non c'era qualcosa che non gli andava giù e sentisse il bisogno di dirlo.
“Questo è il mio angolo di stanza, non provate a metterci piede.”
Sembrava un concorrente temibile, ma se avesse continuato a comportarsi così di sicuro non sarebbe arrivato molto avanti. Tanto meglio per lui.
Seth non era da meno, si era subito rintanato sotto le coperte una volta messo piede nella stanza, senza nemmeno disfare le valigie.
Certo, sempre meglio che finire con Killian o con Kyte, ma essere in camera con Lukas non gli sarebbe minimamente dispiaciuto. Che stupido. Nemmeno lo conosceva, tutta colpa di quel nome, di quel dannatissimo nome.
-Hey Seth, che fai?- chiese al moro dopo aver aperto la porta della stanza e averlo visto intento a scribacchiare a gambe incrociate sul letto qualcosa su un quadernino rilegato.
L'occhialuto alzò lo sguardo accigliato senza posare la matita.
-Scrivo.- gli rispose.
Dante aveva due possibilità, uno: sedersi di fianco a lui e chiedergli cosa, due: invitarlo a raggiungere gli altri.
Quale lo avrebbe avvicinato di più al ragazzo?
-Che scrivi?- gli domandò facendo qualche passo verso il letto.
-Oh niente...- rispose trafelato facendo scomparire di fretta il taccuino nel cassetto.
Aveva scelto l'opzione sbagliata, ma almeno ora aveva un mistero da svelare, un mistero che poteva benissimo tornargli utile.
-Dai, andiamo che gli altri ci aspettano.- disse guardando il quattrocchi alzarsi.

-Seth! Stavamo giusto parlando di te!- esclamò Pam nel notare il ragazzo prendere posto.
-D-di me?- balbettò, portandosi una mano al petto e rovesciando il bicchiere di succo che aveva davanti addosso a Sophia, che sbiancò in volto nel vedere la sua maglietta bianca macchiata.
-Oddio scusa...- cercò di rimediare prendendo un tovagliolo e tamponando la t-shirt della ragazza.
-N-non preoccuparti.- gli sorrise lei sforzandosi di non perdere la calma -Ho altre magliette, molto più belle.- concluse con una risatina.
-Sì, proprio di te.- continuò Pam -Ho letto “Polvere di stelle”.-
-Polvere di stelle?-
chiese Dante portandosi alla bocca una forchettata di uovo strapazzato.
-Certo! E' un libro che ha scritto lui, non lo sapevi?- gli rispose la mora -Comunque non vedo l'ora di leggere il continuo, hai in mente di far proseguire la storia, vero?-
-Ehm, sì...-
le rispose dubbioso.
Ecco che stava scrivendo, pensò Dante abbassando gli occhi e facendo girare il coltello sulla punta.
-Anche io l'ho letto.- si intromise Helen -Certo non è il mio genere...-
-Non sapevo scrivessi!-
lo guardò incantata Jenna, facendolo diventare paonazzo.

Il cellulare vibrò nuovamente.
L'uomo non riusciva a staccare lo sguardo dalla televisione, erano così... così perfetti.
Il pubblico li avrebbe amati e per lui sarebbe stato così facile dimostrare la loro ipocrisia, quella dei quattordici dietro lo schermo, quindici includendo anche Chris, e quella dei milioni che vi stavano davanti.
Inserì il codice di sblocco per leggere il messaggio. “Presa”
Sorrise. Poche ore ancora, forse avrebbe dovuto cominciare a prepararsi.

Angel sorrise a Lukas porgendogli una terrina di plastica arancione.

Non aveva mai visto un ragazzo più bello di lui, più gentile e delicato, le sembrava quasi un fiore, un tulipano. Le aveva conquistato il cuore sin dal primo momento che l'aveva visto.
-Poggiala pure lì.- gli disse indicando il bancone da cucina.
Il ragazzo affondò il dito nel liquido e lo assaggiò.
-Questa salsa è deliziosa!- si congratulò.
-E' la mia specialità.- si felicitò lei.
Le aveva appena fatto un complimento, non poteva crederci, non le sembrava reale.
-Fortuna che ci sei tu, altrimenti saremmo nei pasticci in cucina.-
-Scommetto che te la caveresti benissimo anche da solo.-
-Dimmi, come mai questa passione?-
le chiese il ragazzo.
-Non so, credo sia merito di mia madre.- rispose -Lei... Lei mi ha spronato molto, senza dubbio, e tu, che fai?-
Sorrise fra sé e sé, che domanda stupida gli aveva appena fatto.
-Beh, per esempio mi piacciono molto le piante, le poesie...-
-Le poesie? Devi essere bravissimo!-

La guardò dritta nei suoi profondi occhi azzurri, che si stesse innamorando di lui?
-Scusatemi, ma Jenna mi stava dando alla testa.- li interruppe Marylin entrando nella stanza -Fra l'altro ho bisogno di un bicchiere d'acqua, mi brucia tantissimo la gola.- continuò.
Bugiarda. Voleva solo rimanere con Lukas per un po', la bionda lo aveva capito benissimo.
-Non stai bene? Forse faresti meglio a riposarti un po'...- le suggerì Angel.
-Sto benissimo, grazie.- le rispose scocciata.
Quanto era smielata quella ragazzina, le dava proprio fastidio.

Helen aprì il cassetto dietro al bancone del bar assicurandosi di non essere vista da nessuno, non poteva permettersi di farsi beccare così agitata, ma non poteva nemmeno permettersi che lei prendesse il sopravvento di nuovo.
-Ancora non hai trovato quello che stavi cercando? Dubito sia in quel cassetto.- disse Kyte alle sue spalle facendole gelare il sangue nelle vene, si voltò lentamente, pietrificata.
-Ancora?- gli domandò stupita dalle parole che aveva usato.
-Stanotte, sai, non penso che a guardarci dentro di nuovo quello che vuoi possa comparirvici dentro.- le rispose aggrottando le sopracciglia.
Si stava convincendo sempre di più di essere finito in un covo di idioti, erano così storditi che avrebbe potuto dir loro di tutto ed essere creduto senza troppe spiegazioni.
-Beh, Helen, buona fortuna.- le disse congedandosi.
Ancora... Stanotte... Voleva forse dire che quella notte aveva frugato dentro lo stesso cassetto? Era in una pessima situazione.
-Ragazzi, è pronto!- la calda voce di Lukas richiamò la sua attenzione.

-Prendi qua.- gli disse brusca la donna porgendogli un panino incartato dentro un foglio di alluminio.
-Sto guidando.- le rispose scocciato, possibile che volesse intromettersi anche nelle sue abitudini alimentari? Assurdo.
-Dovrai pur mangiare.- insistette lei.
-Siamo quasi arrivati.- tagliò corto l'uomo -Mangerò là.-
Il paesaggio intorno a loro cominciava a farsi sempre più spoglio, dovevano essersi allontanati dalla città ormai da almeno una decina di chilometri, come minimo.
Cominciava ora la strada sterrata, ecco, altri quindici minuti e sarebbero arrivati a destinazione.
La donna sbuffò aggrappandosi al sedile, non sopportava viaggiare in macchina, su una strada come quella poi...
Ce l'aveva quasi fatta, il pezzo di scotch stava finalmente venendo via, ancora un ultimo sforzo ed ecco... poteva respirare a pieni polmoni, il passo successivo sarebbe stato liberarsi i polsi.
Non ci volle molto, li fece passare sotto i piedi e fece forza con i talloni, un dolore fortissimo le prese il pollice, probabilmente se lo era rotto, ma non era quello l'importante, come non era importante sapere chi l'avesse rinchiusa lì dentro. Quello che contava era uscire di lì, e farlo in fretta.
A causa della mano dolorante non riuscì a liberarsi le caviglie, avrebbe lasciato perdere, a quello avrebbe pensato dopo.
Si aiutò con le braccia ad arrivare fino in fondo a quel piccolo spazio, cominciò a tastare la fredda parete metallica, era una maniglia quella che stava toccando? Luce.
-Ho sentito un rumore, hai chiuso il furgone, vero?- domandò la donna.
-Sì.- ora si metteva anche a criticare cose assurde, certo che aveva chiuso quel cazzo di furgone, con chi credeva di parlare? Qualcosa fece cadere il suo sguardo sullo specchietto dal lato del guidatore.
-Cazzo!- imprecò inchiodando e balzando con foga giù dal sedile.
La donna non mosse un'unghia. -Imbecille.- mormorò.
Courtney rotolò per una trentina di metri, la terra le era entrata negli occhi, le bruciavano.
La polvere si stava mescolando al sangue che le usciva da un grosso taglio che si era procurata al labbro nella caduta.
Con la forza che le rimaneva si rimise in piedi, lo scotch ai suoi piedi si era strappato da solo.
Si guardò avanti, un furgoncino nero si era fermato cento metri più in là, i portoni posteriori erano spalancati, un uomo con indosso un passamontagna nero scese freneticamente dal posto del guidatore.
Non doveva distrarsi, si girò di scatto, aveva un vantaggio e non lo avrebbe perso, era o non era stata una delle migliori velociste della sua classe?
Avrebbe seguito la strada, possibile che non ci fosse nessun'altra macchina?

-Che costume mozzafiato!- esclamò Killian guardando Light uscire dallo spogliatoio maschile della piscina.
Light alzò gli occhi al cielo, ancora una parola e non sarebbe più stato responsabile delle sue azioni.
-Non vedo l'ora che sia bagnato...- aggiunse il biondo.
Jenny ridacchiò sotto i baffi scambiandosi una veloce occhiata con Pam, mentre Light accelerava il passo per arrivare a pochi centimetri dal ragazzo.

-Heey, piano!- disse ironicamente, senza riuscire a trattenere un filo d'ansia nella voce.
-Senti coso, ti conviene piantarla, non sono in vena dei tuoi giochetti oggi.- sentenziò spingendolo nella piscina ancora vestito.
Killian riemerse dopo pochi istanti, prendendo fiato, la camicia nera gli si appiccicò fastidiosamente alla pelle. -Fanculo.- sbraitò una volta che si era spostato i capelli da davanti agli occhi, risalì le scalette in fretta e prese un asciugamano dalla prima sdraio che si trovò accanto per asciugarsi la faccia.
-Stronzo.- gridò nuovamente prima di uscire dalla porta di ingresso.
Dante e Robert non avevano fatto altro che fissare la scena allibiti, ma una volta che Killian se n'era andato si guardarono esterrefatti mentre Light faceva spallucce ai rimproveri di Jenna. -Eddai! Stava solo scherzando!-
-Sì, infatti!-
concordò Pam.
-Faccio io, non preoccupatevi- disse Dante dirigendosi a passo svelto verso il corridoio, dopo qualche secondo aveva già raggiunto il fuggitivo e lo aveva fermato afferrandolo per un braccio.
Killian si voltò di scatto.
-Che vuoi!?- gli domandò.
-Oh, beh...- l'imbarazzo nelle parole di Dante lo fece calmare per un attimo -Hai visto che succede ad essere così... così... inopportuni?-
-Fanculo pure tu.- sibilò il biondo scrollandosi la mano dell'altro di dosso.

Light sbuffò all'ennesimo rimprovero di Jenna.
-Mi avvisi quando hai finito di fare versi?- le domandò sorridente interrompendola e beccandosi di tutta risposta una cinquina.
-Siamo qui per divertirci, okay? Non per litigare.- concluse offesa.
-Concordo di nuovo, che bei tatuaggi Jenna!- intervenne Pam per spezzare la tensione proprio mentre Dante rientrava nella stanza.
-Mi spiace, è più testardo di quanto pensassi.- disse sconsolato.
Robert guardò tutti i presenti, erano simpatici, certo, eppure cominciava a sentire la nostalgia di casa, della sua fidanzata, di suo fratello, di tutte quelle piccole quotidianità di cui era fatta la sua giornata. Quello in cui si era tuffato era uno strappo alla regola forse più grande di lui, quanto sarebbe riuscito a godersi quell'avventura?
-Se volete posso provare a parlarci io.- si propose -Magari anche stasera dopo cena, siamo in camera insieme...-
-Saresti tanto carino!-
esclamò Jenna.
-Non c'è problema, figurati.- le rispose lui.
-Light... che hai fatto?- chiese Pam perplessa, indicando una grossa cicatrice sotto il pettorale destro.
-Io? Ah, niente, sono caduto da piccolo.- farfugliò sbrigativo.
-Dev'essere stata proprio una brutta caduta, poverino.- commentò la ragazza.

Sophia finse l'ennesimo sorriso ascoltando Marylin parlare.
Così prevedibile, era una ragazza così scontata, la solita scontrosa dal carattere acido che non sopporta le ochette da quattro soldi. Non aveva capito proprio come funzionava lì dentro.
-Hai ragione, ma scommetto che non lo fa con cattiveria.- si pronunciò cercando di non sbilanciarsi troppo.
Helen annuì. -Già, anche secondo me.-
-E' che è sempre così allegra, in cerca di divertimento, glielo darei io, il divertimento!-

si lamentò Marylin per poi schiarirsi la voce con un colpo di tosse, quella fastidiosa sensazione di prurito le stava dando davvero sui nervi.
Sophia posò lo sguardo su Helen mentre le ascoltava blaterare, non la convinceva fino in fondo.
Sembrava essere la tipica dura che in fondo in fondo al cuore d'oro, eppure era certa di averla vista uscire dalla sua camera di notte, con una strana espressione.
Aveva fatto appena in tempo a nascondersi in bagno per evitare di essere vista mentre la guardava andare in salotto, poi aveva sentito degli strani rumori. Cosa stava combinando? Andava tenuta d'occhio.
-Io ho dormito proprio bene, voi?- sorrise guardando le compagne.
-C-certo, si sta benissimo.- balbettò la bionda.
-Io devo aver preso freddo, questo posto è insopportabile.- si lagnò con voce rauca Marylin.

Jenna salutò le tre compagne sedute sul divano rosso ed entrò nel bagno fischiettando.
Si sarebbe fatta una bella doccia, proprio quello che ci voleva dopo una giornata come quella.
Certo che Light era proprio carino, le era dispiaciuto colpirlo, ma chissà che questo non l'avesse un po' avvicinato a lei.
Un rantolo sommesso attirò la sua attenzione verso una delle cabine.
-C'è nessuno?- chiese.
Sentì il chiaro rumore di qualcuno che si alzava in piedi.
-Sì, sono io, ho quasi finito.- riconobbe la voce di Almond.
Cos'era stato quello che aveva sentito?
-Va tutto bene?- domandò.
-Certo, non preoccuparti.- le rispose la ragazza senza uscire dalla toilette.
Jenna rimase per qualche secondo immobile a fissare la porta chiusa. Le scarpe della ragazza erano tutte sporche, il giorno dopo avrebbe assolutamente scoperto cosa c'era che non andava.

Pam prese la chiave del lucchetto della sua valigia da sotto il cuscino.
Tutti nascondiamo dei segreti, chi più piccoli, chi più grandi.
Lentamente estrasse da una delle tasche interne un coltello da difesa, lo guardò per qualche istante e sospirando lo rimise a posto.
Esattamente nella stanza a fianco Angel stava facendo lo stesso. Gli occhi illuminati a fissare il contenuto del suo piccolo trolley rosa la facevano sembrare quasi un fantasma.
Avevano mangiato così tanto a pranzo che nessuno aveva più appetito.
Durante la serata Killian non si era presentato, ogni tanto Dante gettava sguardi fugaci al corridoio per controllare se lo vedeva arrivare. Peccato, gli erano tanto piaciuti i drink che aveva preparato la sera prima.
Il giorno dopo ci sarebbe stata la prima sfida probabilmente, Chris aveva detto che voleva parlare con tutti loro alle nove in punto.
Seth si congedò per ritirarsi nella sua stanza a scrivere un po' nonostante le suppliche di Jenna di rimanere un altro po' con loro a divertirsi, la ragazza aveva acceso lo stereo e si era messa a ballare sul tavolino fino a quando Marylin non l'aveva fatta accidentalmente cadere sul divano.
Lukas si guardava intorno sorridendo dolcemente, gustando ogni singolo istante che passava quasi con malinconia.
Sophia decise di chiacchierare un po' con Pam, le disse che sarebbe stata un'ottima modella, già, proprio così, ma figuriamoci.
Helen guardò l'orologio nervosa. Il giorno seguente era così vicino, la notte era così vicina.
Robert si tormentava le mani inquieto. Sarebbe andato tutto bene.

L'uomo si godette gli ultimi istanti di televisione, era giunto il momento. Infilò la pistola nello zaino insieme a una quantità abbondante di cartucce. La mattina lo aspettava, si coricò impaziente.
Doveva stare tranquillo, sarebbe andato tutto bene.

 

Angolo dell'autore
Eccomi qui, sinceramente questo capitolo non mi fa impazzire ma ehm cercherò di rimediare.
Per qualunque cosa vorreste vedere il vostro oc fare comunicatemelo che oggi me le appunto tutte per benino.
Per le coppie scrivetemi sempre in privato, intanto cominciate a pensare a qualcuno che non vorreste più vedere nella casa.
Spero di essere riuscito a dare importanza più o meno a tutti. Se sono tanti 14 oc accidenti!
Ci sentiamo al prossimo capitolo, nel quale come avrete intuito tutto cambierà!
Au revoir ^^

P.S. io ho il vizio di non rileggere mai, soprattutto oggi che devo scappare, ditemi se trovate degli errori (meglio dire orrori) che al più presto li correggo!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 

Courtney sentì cederle le caviglie, stava correndo da troppo tempo, aveva bisogno di una pausa.
Si era addentrata nel bosco circa tre ore prima, non riusciva a fare bene il calcolo, l'unica cosa di cui era certa era che la luna aveva preso il posto del sole in cielo.
I piedi nudi, scorticati dai rami al suolo, le facevano male, si pentì di essersi tolta le scarpe una volta tornata a casa quel giorno.
Di sicuro la stavano cercando, qualcuno si era accorto della sua scomparsa, sì.
Un'amica, la vicina, chiunque, avrebbero chiamato la polizia, avrebbero messo sottosopra tutta Toronto pur di trovarla, ne era certa, non doveva smettere di crederci.
Un tronco a terra la fece inciampare bruscamente e cadere a terra, le foglie inumidite dalla pioggia recente le si appiccicarono fastidiosamente alla faccia.
Poggiò la schiena contro un abete di fianco a lei, decise di concedersi qualche minuto per riprendere fiato, ormai era passato troppo tempo, l'uomo aveva certamente perso le sue tracce.
Chiuse gli occhi, doveva ritrovare la calma.
Si rialzò piano, strappò le maniche della sua camicetta e avvolse i lembi ai piedi.
Riprese a camminare più pacatamente, il tempo passava lento, oppure stava correndo e lei non se ne accorgeva, era un sogno, un terribile incubo.
All'improvviso qualcosa di inusuale attirò la sua attenzione, la luna non era l'unica cosa ad illuminare il bosco in quel punto, c'era qualcosa lì vicino.
Si fece strada con le mani fra i cespugli ed ecco davanti a lei una rete in metallo, dall'altra parte si stendeva un immenso deposito di container.
Era salva. Sicuramente dentro c'era qualcuno che le avrebbe fatto chiamare la polizia. Era finita.
Si immaginava già ospite al talk show delle cinque sul terzo canale a parlare della terribile esperienza che aveva vissuto, un sorriso ironico le apparse in volto.
Ci volle poco a scavalcare la recinzione, se non aveva imparato ad essere atletica durante le ore di ginnastica allora le erano bastate quattro stagioni di A tutto reality.
Si avviò verso la direzione che sperava l'avrebbe portata all'uscita, passò in mezzo a quei parallelepipedi di metallo colorati di giallo, di rosso, di verde.
Tump.
Un colpo improvviso la fece sobbalzare, qualcosa aveva colpito la parete del container al quale era passata di fianco, doveva esserci qualcuno.
Tump.
Di nuovo, ancora più forte di prima, finalmente era riuscita a trovare un altro essere umano, una persona che l'avrebbe aiutata. -C'è nessuno?- domandò a gran voce.
I colpi cessarono così come erano cominciati, la ragazza fece il giro del blocco per arrivare davanti all'apertura. Era chiuso. Allora com'era possibile che qualcuno stesse picchiando dall'interno? -C'è nessuno?- ripeté.
Non le costava nulla dare una sbirciatina lì dentro, magari qualche operaio era rimasto bloccato e adesso stava sperando di essere sentito.
Non aveva idea di come si aprisse quell'affare, ma dopo qualche istante di titubanza decise di alzare una specie di maniglia posta abbastanza in alto, poi, con grande fatica, aprì l'anta di destra.
Tutto credette di poter trovare fuorché quello che effettivamente le si presentò davanti agli occhi. Una sensazione di calore le avvolse il cranio. -C-Courtney?-


Come la precedente, anche quella che anticipava il grande inizio era una notte fervente.
I quattordici concorrenti si rigiravano inquieti, agitati ed emozionati nei loro letti, pensando a quale assurda ed imprevedibile sfida Chris avrebbe loro assegnato la mattina successiva.
Angel sentì il rumore di una porta aprirsi, che fosse Kyte come era già successo? In ogni caso era meglio controllare.
Si alzò piano, gettando un'occhiata a Marylin per assicurarsi che dormisse, tutto tranquillo.
Socchiuse lentamente l'ingresso alla loro stanza giusto lo spazio sufficiente per poter vedere la situazione con un occhio solo.
Quella volta, invece, con sua grande sorpresa non era Kyte a gironzolare per la casa, bensì Lukas. Riconobbe i suoi neri come la pece.
Fece per uscire, ma qualcosa la trattenne, che stesse andando ad incontrarsi in segreto con un'altra ragazza? Doveva assolutamente controllare che i suoi sospetti fossero fondati, se si fosse rivelata avrebbe mandato tutto all'aria.
Attese qualche secondo e si diresse verso il giardino al chiuso in punta di piedi, lo conosceva fin troppo bene, sapeva con certezza che sarebbe andato lì.

Chissà se suo padre e sua sorella lo stessero seguendo in tv, si domandò Lukas fra sé e sé prima di scrollare le spalle rendendosi conto di quanto fosse stupido pensarlo.
Gli sarebbe piaciuto, moltissimo, a volte si convinceva che messa la situazione com'era avrebbero potuto benissimo essere morti, invece era molto peggio.
Inspirò a pieni polmoni l'aria fresca di quello strano giardino e si sedette ad accarezzare l'erba, senza sapere che a qualche metro da lui Angel si era appartata dietro un piccolo cespuglio.
Una voce squillante lo fece sobbalzare.
-Lukas! Cosa fai qui?- gli chiese Almond allegra prendendolo per le spalle.
-Santo cielo! Almond! Stavi per farmi prendere un colpo! Tu, piuttosto? Sei sempre chiusa qui dentro!- esclamò ancora un po' agitato il ragazzo.
-Guardo le stelle, di notte è magico.- rispose -Che hai lì dietro?- continuò indicando un quadernino con una decorazione floreale che Lukas stava nascondendo dietro la schiena.
-Questo? Oh, niente.- sorrise arrossendo in volto.
-Su dai, non mi piacciono i segreti.- insistette la ragazza.
-E va bene, è il quaderno dove tengo tutte le mie poesie.- si arrese il corvino.
-Scrivi poesie? Wow! Saresti capace di crearne una ora?- si interessò Almond.
-Così su due piedi?- balbettò l'altro.
-Certo.-
-Ehm, posso provarci... Come mai sei così allegra stanotte?-
-Non lo so.-
gli rispose felice.
-Allora, vediamo, giusto una cosina, non aspettarti troppo...-
-Muoviti!-
lo esortò lei giocando con la treccia nera.
Lukas sospirò, in che cavolo di situazione si era cacciato, si sedette per terra accarezzando l'erba fresca mentre la ragazza faceva lo stesso.
-Piccola goccia
che accarezza la roccia,
momento immobile
di goliardica rugiada.-
sussurrò flebilmente quasi stesse parlando fra sé e sé.
Per un attimo sembrò dimenticarsi dell'amica che gli stava di fianco, amica, si stupì di considerarla sua amica.
Poi, non ricevendo alcuna risposta, si voltò a guardarla.
-Tutto bene?- le domandò
Almond sfiorò col palmo della mano i fili verdi sui quali era seduta, lo sguardo era perso nel vuoto.
Un attimo prima andava tutto così bene, e poi... e poi... esattamente come la sera prima.
Doveva sembrare proprio una stupida, prima Kyte e poi Lukas, cosa avrebbero pensato di lei?
Era dannatamente patetica.

Angel fece fatica a rimanere appartata in silenzio mentre la rabbia la scuoteva dentro.
Non bastava Marylin a mettere i bastoni fra le ruote, oh no, ora doveva aggiungersi pure
Almond. Chissà cosa ci trovava di tanto affascinante Lukas in lei.
Lo vedeva il suo sguardo, mai una volta che l'avesse guardata nello stesso modo, non era affatto giusto.
Si sarebbe occupata anche di lei.

-Svegliati Helen.-
Helen aprì gli occhi protetta dal calore del piumone rosa, che colore orribile.
Si guardò intorno alla ricerca di chi l'avesse chiamata, sia Pam che Jenna dormivano beatamente.
Un brivido le percorse la schiena, che fosse stata... lei?
Doveva fare qualcosa, in fretta, doveva impedire che tornasse nuovamente.
-Sono già qui, Helen.- il modo in cui la voce pronunciò il suo nome le fece gelare il sangue.
Uno spasmo le prese la schiena, facendola contorcere sul letto.
Non poteva urlare, le ragazze si sarebbero svegliate, avrebbe combattuto quella volta, sì, ne era in grado. Era un guerriera.

Il forte rumore della sveglia delle otto fece balzare Pam sul letto, mentre Jenna si stringeva il cuscino alle orecchie.
-Che cavolo! Ma come si ferma?!- esclamò la prima a gran voce per essere sentita dall'altra che aveva già richiuso gli occhi e con una smorfia cercava di riaddormentarsi.
-Jenna?!- continuò a sbraitare la castana -Dov'è Helen?-
Lo squillare snervante si fece sempre più lieve fino a terminare, vagamente irritata dalla brusco risveglio Pam si alzò in piedi e levò il cuscino dalle mani della ragazza dai capelli neri che sbuffò scocciata.
-Che c'é? Vorrei dormire!- mugugnò ancora assorta nel mondo dei sogni.
-Ti ricordo che fra un'ora ci sarà la prima sfida!-
A quelle parole gli occhi di Jenna si spalancarono terrorizzate, in un attimo aveva i piedi per terra e stava lanciando alla rinfusa varie cose fuori dalla sua valigia.
-Dove sono i miei trucchi?!- si disperò la corvina continuando a spargere indumenti sul pavimento.
-Ehm... Li avrai lasciati in bagno...- tentò di rassicurarla la compagna di stanza.
-Non è possibile! Non li lascerei mai lì!- rettificò Jenna con un gridolino acuto.
-N-non preoccuparti, posso prestarti i miei se vuoi...- sì offrì Pam non sapendo che pesci pigliare.
L'altra si alzò quasi in lacrime e accettò controvoglia l'offerta, lamentandosi del fatto che non era la stessa cosa.

Sophia uscì dalla sua stanza fischiettando e spazzolandosi i capelli ondulati, al contrario del giorno precedente indossava una canottiera fucsia con sopra scritto in nero “Stay strong”, colpa dell'incidente avuto la mattina prima con quell'imbranato di Seth, da quel momento in poi gli sarebbe stata alla larga, per lo meno quando quest'ultimo aveva dei bicchieri pieni nelle vicinanze.
Mentre si dirigeva allegra verso la cucina anche Marylin aprì la porta della sua camera e ne uscì.
Non aveva chiuso occhio tutta la notte, la gola le stava letteralmente andando a fuoco, come se non bastasse ora le bruciavano pure gli occhi.
Era tutta colpa di quel dannatissimo posto, niente sembrava andare per il verso giusto da quando era lì.
-Come siamo belle stamattina.- commentò Sophia passandole accanto.
-Mi prendi in girò?- sputò velenosa l'altra.
-No, davvero, sei... radiosa!- disse la castana fermandosi qualche secondo a cercare le parole.
-Certo.- rispose ironica Marylin con una smorfia allontanandosi a passo svelto dalla ragazza, proprio mentre Dante le raggiungeva.
Marylin non sembrava una bella cera, un avversario indebolito è decisamente un vantaggio, sei poi si tratta di qualcuno di potenzialmente forte come lei allora ancora meglio.
Sophia, al contrario aveva un'aria corrucciata e lo aspettò per andare a mangiare insieme.
-Tutto a posto?- domandò lui.
-Qualcuno si è svegliato con il piede storto stamattina...- disse Sophia indicando con la coda dell'occhio Marylin che entrava in soggiorno.
La ragazza non lo convinceva fino in fondo, era sicuro che nascondesse qualcosa.
Quella con i capelli neri era un osso duro, si era notato fin da subito, anche se il suo comportamento rischiava di compromettere le sue strategie.
-Tu invece?- si interessò Sophia.
-Stanco, ma contento.- si limitò a rispondere Dante studiando lo sguardo di quest'ultima.
Si stava interessando davvero oppure era semplice strategia?

-Uuh!- esclamò Robert storcendo la faccia mentre Marylin entrava in soggiorno. -Ma che hai fatto?-
-Sei andata a sbattere con la faccia contro una porta?-
domandò Light beffardo senza scomodarsi dal sofà.
Entrambi si beccarono un'occhiata trucida da parte della ragazza.
-Seriamente, dovresti vedere un dottore.- cercò di rimediare il biondo gesticolando rosso in volto.
-E secondo te dove lo posso trovare un dottore qui?- rispose acidamente mentre Light rideva sotto i baffi.
-Mi domando se voi ragazzi avete un solo neurone o se proprio vi mancano.- continuò seccata mentre entrava nella sala da pranzo.
-Suscettibile.- disse Light assicurandosi che le Marylin potesse sentirlo e ricevendo per tutta risposta un bel dito medio.
Robert esitò qualche istante, sperava che la boccolosa, così si divertiva a chiamarla, non ce l'avesse più di tanto con lui, non era stata davvero sua intenzione volerla offendere, però era chiaro che qualcosa non andava. La gola le si era gonfiata e due grosse occhiaie le solcavano il volto.
Al contrario Light si divertiva a stuzzicarla, faceva tanto la dura ma sotto sotto era delicata anche lei, un po' si ricordava se stesso.

Helen fissava la sua immagine riflessa nel grande specchio a muro del bagno. Ce l'aveva fatta, aveva preso il controllo e da quel momento in poi nulla avrebbe cambiato la situazione.
Improvvisamente Kyte le sbucò alle spalle facendola sussultare.
-Che ci fai qui?!- chiese lievemente scossa, era talmente presa dai suoi pensieri che era bastato poco a farla spaventare.
-E' un bagno, mi lavo le mani.- rispose il ragazzo aprendo il rubinetto dell'acqua calda e versandosi del sapone liquido sulle mani.
-Oh, hai ragione.- sorrise la bionda mentre mentalmente si dava della stupida.
Il moro si asciugò lentamente con una salvietta bianca appoggiata lì vicino, poi volse il suo sguardo alla ragazza.
-Sai, Helen, ti ho vista stanotte.-
Il cuore di Helen smise d'un tratto di battere, cosa significava che l'aveva vista? Quella notte era certa di essersi riaddormentata nel suo letto, o forse non era andata così?
-C-Come scusa?- balbettò con voce strozzata.
-Ti ho vista mentre andavi in giro con una trousse rosa shocking, dubito fosse tua.-
I trucchi di Jenna, aveva avuto per un attimo il dubbio che fosse stata lei quella mattina, ma aveva cercato di scacciarlo dalla sua mente autoconvincendosi che non era così.
Kyte allargò le labbra in un sorrise spietato mentre vedeva il terrore dipingersi sul volto della dark.
Era così scontata, così fragile, si atteggiava tanto da dura ma lui sapeva benissimo che era probabilmente la più debole lì dentro, persino più debole di Angel.
Gli pareva che tutti in quella casa da quattro soldi fossero facilmente prevedibili ed annientabili.
Avrebbe potuto mandare a casa qualcuno semplicemente schioccando le dita.
E così sarebbe stato.
-Puoi contare su di me, sarà il nostro segreto.- pronunciò grave.
Helen riprese colore in volto, sperava che nessuno venisse a scoprire quella parte di lei che tanto provava a scacciare.
Ma poteva fidarsi di Kyte?

Seth si aggiustò la montatura verde addentando un biscotto mentre Pam gli versava un altro bicchiere di succo all'arancia.

-E stai attento questa volta!- si raccomandò ridendo.
-Mh! Certo, grazie!- la ringraziò il ragazzo mandando giù un boccone.
-Sai, mi è piaciuto moltissimo “Polvere di stelle”.- sentenziò la ragazza facendo arrossire l'amico -Soprattutto la fine, me la ricordo ancora! Non hai idea di quanto sono commossa!- continuò per farlo sentire più a suo agio.
-Ti ringrazio, ci ho lavorato molto!- rispose Seth sorridendo imbarazzato.
Non ci aveva lavorato molto, ci aveva lavorato moltissimo, ne andava così orgoglioso, eppure provava anche un certo pudore quando la gente lo commentava così apertamente.
E non a tutti era piaciuto, aveva ricevuto anche il suo bel numero di critiche, sapeva che se ne sarebbe dovuto fregare eppure era più forte di lui.
-Hai in mente qualche altro progetto?- gli domandò la castana.
-Ho qualcosa che mi ronza per al testa, ma ancora niente di preciso, spero che questas esperienza mi sblocchi qualche idea!-
-Sappi che vorrò una copia autografata del tuo prossimo romanzo!-
-Certo!-
la rassicurò il ragazzo intingendo un biscotto nel bicchiere.

-Ragazzi, avete visto Killian?- chiese Dante entrando nella stanza.
-In realtà credo ce l'abbia ancora per ieri...- rispose Pam sconfortata mentre Light faceva spallucce.
-Com'è delicato, chi l'avrebbe mai detto.- sogghignò il moro.
-Però si perde la colazione! Qualcuno vada a chiamarlo!- esclamò Angel arrivando con in mano una torta fumante al cioccolato per poi rivolgersi ad Almond che fissava inespressiva il piatto davanti a lei con la testa appoggiata al braccio destro. -Hey Almond, sapendo che non vai pazza per le torte ti ho preparato un paio di biscotti ai corn flakes..-
La ragazza alzò svogliatamente lo sguardo -Non ho fame, ti ringrazio.- sentenziò sotto lo sguardo preoccupato di Jenna.
-Ma dovrai pur mangiare qualcosa!- insistette la bionda.
-Non mi vanno.- tagliò corto Almond lasciando l'altra di stucco.
-Non c'è problema, li mangio io.- si offrì Light, non particolarmente rattristato dalla decisione dell'inappetente.
Un brivido percorse la schiena di Angel -Sono felice di sapere che c'è qualcuno che apprezza.- disse riferendosi chiaramente ad Almond e ricevendo un'occhiata interrogativa da parte di Luke.
Il palestrato si avvicinò per prendere il piattino, ma mentre se lo passavano questo scivolò dalle mani della ragazza rompendosi in mille pezzi.
-Santo cielo! Vado a prendere una scopa, scusatemi tutti.- esclamò preoccupata chinandosi prima a raccogliere i cocci per poi precipitarsi a recuperare qualcosa di più comodo per ripulire quel disastro.

Killian se ne stava con la schiena poggiata alla spalliera del letto intento a lanciare per aria una pallina di gomma.
Era finito con un branco di veri stronzi, si salvavano solo una ragazza o due.
Da quando non ci si poteva divertire nemmeno un po'? Eppure la prima sera quando si era messo a preparare cocktail al bancone stava simpatico a tutti. Ipocriti.
Sentiva che di quelli non si poteva fidare per niente, altro che amici, sembravano avvoltoi affamati in cerca di qualche carogna da sfamare.
In un impeto di rabbia riafferrò al volo la pallina che volteggiava per aria e la scagliò contro la porta proprio nel momento che si apriva e colpì uno sconosciuto visitatore sulla gamba.
-Hey!- si lamentò Sophia squadrando il ragazzo dalla testa ai piedi.
-Oh, scusa, non ho fatto apposta!- cercò di rimediare il ragazzo portandosi a gambe incrociate, la castana si avvicinò a lui e mise una mano sulla trapunta azzurra.
-Posso?- domandò indicando il letto.
-Sicuro.- le rispose il biondo facendole un po' di spazio.
Sophia rimase qualche secondo in silenzio accarezzando la superficie morbida, poi guardò Killian fisso negli occhi.
-E' tutto a posto?- gli chiese.
Il ragazzo sospirò abbassando lo sguardo. Era stata così carina ad andare a tenergli compagnia, era anche possibile che fosse stata l'unica ad accorgersi della sua assenza.
-Sì, non preoccuparti...- disse quasi più per sé che per l'altra.
-Sei sicuro? Mi sembri giù.- continuò la castana.
In fondo quel ragazzo non era così male come l'aveva giudicato a prima vista, forse sarebbero anche potuti andare d'accordo. Forse.
-Ma sì! Andiamo dai, fra poco arriverà Chris!- esclamò tirandosi in piedi mentre la ragazza lo seguiva sorridente.

Tutti i ragazzi si erano radunati in salotto, nessuno si curò troppo dell'arrivo di Killian, nonostante fosse stato poco presente per tutta la mattina.
Jenna era seduta a fianco di Light con una gamba sul divanetto rosso dai gusti discutibili.
Giocava ad avvolgersi intorno all'anulare della mano destra i lunghi e lisci capelli neri mentre il ragazzo la guardava sorridente.
-Sai, mi spiace di averti colpito ieri.- si scusò lei.
-Figurati, hai fatto bene. Sono stato un vero stronzo.- la rassicurò il moro mettendole una mano sulla gamba.
Seth li guardò storcendo la bocca.
-Ti piace, vero?- gli chiese Robert.
-Sì...- ammise l'altro abbassando la testa sconsolato mentre l'amico gli tirava una pacca affettuosa sulla spalla.


Courtney aprì gli occhi lentamente.
L'avevano colpita di nuovo e doveva aver perso i sensi.
Sembrava essere diventata una fastidiosa routine oramai.
La vista era annebbiata, ma le pareva di scorgere la sagoma di un volto sopra di lei, come se qualcuno si fosse chinato per assicurarsi che avesse ripreso i sensi.
Man a mano i lineamenti si fecero sempre più chiari. I capelli scuri, il mento rotto da una piccola fossetta, le labbra sottili, gli occhi a mandorla... Heather?
Allora aveva visto bene quella notte, non l'aveva sognata.
-H-Heather?- balbettò.
-Direi che dopo questa ottima conferma di lucidità puoi anche alzarti.- le rispose l'asiatica mentre l'ispanica le porgeva la mano -Da sola.- aggiunse acidamente.
Courtney si mise in piedi a fatica, la testa le girava ancora, che sensazione orribile, non la sopportava più, che avesse un trauma cranico?
-Cosa succede? Dove siamo?- domandò spaesata.
-Che succede magari lo sapessi, dove siamo: in un container direi.-
La luce fredda di una potente torcia appoggiata al pavimento fece per spegnersi prima che Heather la mettesse a posto con un calcio stizzito.
Un rumore metallico attirò l'attenzione di entrambe, la grande porta d'acciaio si aprì con un fastidioso cigolio.
Davanti a loro due uomini in passamontagna gli fecero cenno di uscire.
-Andiamo.- disse uno -Lo spettacolo sta per cominciare.-

Un campanellino acuto fece saltare sul posto i quattordici concorrenti ferventi d'eccitazione, le porte brillanti dell'ascensore scorsero ai lati rivelando pian piano il tipico sorriso di Chris.
L'uomo fece qualche passo in avanti, una volta sicuro di essere a favore di telecamera alzò le braccia al cielo.
-Benvenuti carissimi e affezionati telespettatori! Da quanto stavate aspettando questo momento? Ecco che i ragazzi che già amate scopriranno a cosa devono andare incontro per poter vincere l'amato milione!- l'ormai brizzolato parlò a gran voce, voltandosi poi verso i soggetti della sua frase.
-Allora, siete pronti?- domandò ai ragazzi trasportato dall'emozione di essere di nuovo a capo dello show dopo quattro anni di pausa.
Un sì quasi unitario si diffuse in tutti gli ambienti della casa.

Un furgone nero speronò il cancello di ferro lavorato all'ingresso degli studios.

-La sfida di oggi si dividerà in due parti, la prima punterà a formare le squadre, la seconda a vedere chi dovrà subire la prima eliminazione! Ma prima di cominciare, qualcuno ha delle domande?- si interessò il conduttore.
Lukas si schiarì la voce -Sì, scusa, che c'è dietro la porta chiusa in fondo al corridoio?-
-Perfetto, nessuna domanda! Proseguiamo con le spiegazioni!-


Quattro veicoli identici a quello che aveva aperto il varco si fermarono frenando rumorosamente davanti allo stage sette. I portelloni si aprirono di scatto e sei uomini scesero da ogni mezzo impugnando un'arma.

-Cos'è stato?- chiese Dante dopo aver sentito uno scoppio.
-Non dirmi che fa parte della sfida...- commentò scocciata Marylin alzando gli occhi al cielo.
-Siamo in un set cinematografico, non preoccupatevi per questi rumori, stavo dicendo...-
Almond non prestò la minima attenzione al blaterare di Chris, intuì solo che la prima sfida si sarebbe svolta nella sala svago.
La sua attenzione fu chiamata dal pulsante dell'ascensore, si era illuminato di giallo all'improvviso.

Tutto parve accadere lentamente, come se il tempo si fosse fermato d'un tratto e avesse ripreso a scorrere alla moviola.
Il campanellino si fece sentire nuovamente, le porte si aprirono una seconda volta, sei individui completamente vestiti di nero e con il volto coperto da un passamontagna scesero dalla cabina, il primo ad uscire sparò con un fucile a pompa contro il soffitto facendo cadere dell'intonaco, una donna dalla voce stridula impose urlando di mantenere la calma mentre gli altri puntavano pistole, fucili e piccole mitragliatrici contro i ragazzi.
Helen si portò la testa alle gambe, Jenna gridò con tutto il fiato che aveva in corpo mentre Light la prendeva e l'avvicinava a sé.
Killian si gettò istintivamente a terra afferrando Sophia per una spalla, facendola cadere a sua volta.
-Ma cosa...- balbettò Chris infuriato voltandosi verso i nuovi arrivati ai quali aveva dato le spalle fino a quel momento.
Clack.
L'uomo con il fucile ricaricò i colpi in canna e premette il grilletto.
Un proiettile scintillante fendette l'aria fino ad incontrare la pelle rosea del naso di Chris, spappolandoglielo.
Resti di materia celebrale schizzarono in parte sulla parete retrostante, in parte su Almond, la più vicina a lui.

La castana strizzò istintivamente gli occhi e la bocca quando senti il liquido caldo bagnarle il volto, aspettò solo un istante prima di riaprirli, subito si guardò con orrore le mani imbrattate di sangue mentre un urlo le si strozzava in gola.
Non appena Lukas ebbe rielaborato quell'orribile scena scattò verso le camere facendo cenno a tutti quelli che aveva di fianco di seguirlo.
Non ebbe nemmeno il tempo di fare due metri che un'altra pallottola, questa volta sparata dalla pistola dell'uomo più a destra fra tutti, gli si conficcò nel polpaccio sinistro facendolo ruzzolare a terra.
-State fermi!- intimò gridando l'uomo col fucile.
Angel si precipitò immediatamente dal ragazzo che urlava straziato dal dolore con gli occhi gonfi di lacrime.
-Ha detto fermi!- sbraitò la donna esplodendo un altro colpo che colpì il muro sfiorando la bionda chioma di Angel.
I suoi sogni stavano andando in fumo, tutto quello che desiderava si stava sgretolando davanti a lei dopo esserle parso così vicino.
-Che cosa volete!?- strillò con la voce rotta dal pianto.
-Che cosa vogliamo noi?- domandò l'uomo che sembrava essere a capo di tutti gli altri -Che cosa vuole il pubblico!-
L'insensata risposta lasciò Robert a bocca aperta, ma gli ricordò che erano in diretta televisiva, Sabrina stava sicuramente seguendo il tutto da casa.
Doveva subito spegnere lo schermo.
Non voleva morire, ma prima di tutto non voleva che la sua fidanzata assistesse alla sua morte.
Kyte si era scurito in volto.
Era sicuro al cento per cento che l'uomo col fucile fosse la testa e tutti gli altri le braccia, si trovava in una situazione di merda, a vederla positivamente non tutti ci avrebbero lasciato le penne, ma probabilmente sarebbe stato un bagno di sangue.
Dovevano, o meglio doveva, riuscire ad annientare quell'individuo, la coda staccata dalla lucertola si agita freneticamente, ma inevitabilmente si ferma.
-Signore e signori, vecchi e bambini!- esclamò l'uomo assumendo la stessa posizione che aveva Chris fino a pochi minuti prima -Avete passato anni appiccicati agli schermi delle vostre televisioni a guardare ragazzi che combattevano per accaparrarsi un premio, avete impugnato decine di volte i vostri telefoni per salvare il vostro preferito in un talent show. E' questo quello che noi oggi vi proponiamo, uno spettacolo completamente diverso, ma allo stesso tempo terribilmente simile.
Non vi siete mai accorti che ogni eliminato da un talent o reality show finiva poi per precipitare nel burrone dell'insuccesso? Avete spezzato i sogni di migliaia di giovani senza nemmeno rendervene conto, li avete uccisi come se niente. Ma questa volta sarà diverso, sarete coscienti di quello che state facendo, delle vostre scelte. Non siamo qui per fare una strage, siamo qui per aprirvi gli occhi. Tutto quello che vi chiediamo è di prendere fra le mani anche stasera il vostro telefonino e di decidere chi fra questi quattordici merita di andare incontro ad un'eliminazione fisica. Niente di più di quello che siete abituati a fare. Mentre per i produttori abbiamo un solo avvertimento: interrompete le trasmissioni e nessuno di loro rivedrà mai più la luce del giorno.-

La luce del giorno. Non avrebbe più rivisto la luce del giorno. Forse era quella la cosa peggiore pensò Almond, sarebbe morta in un dannato scantinato, non avrebbe mai più potuto camminare a piedi scalzi in un parco sotto il caldo sole dell'estate.
Lukas premette con forza sulla ferita lanciando l'ennesimo grido.
La vista del sangue che sgorgava lo inorridiva più di tutto il resto, era più forte della situazione, più forte del dolore.
Stava per avere un attacco di panico, sentì il suo respiro farsi sempre più affannoso, la vista gli si appannava, la testa sembrava esplodergli.
Urlò nuovamente nonostante Angel cercasse di tranquillizzarlo, il caldo e denso liquido rosso gli si stava riversando sulle mani, imbrattava i pantaloni, la moquette, era ovunque.
Una forte scossa involontaria gli afferrò la schiena.
-Chiamate un medico, cazzo!- gridò Dante guardando il ragazzo contorcersi in preda dalle convulsioni.
Un uomo con in mano un uzi si scambiò uno sguardo con l'uomo col fucile e si diresse verso il corvino, estrasse dallo zaino che portava sulle spalle un laccio emostatico e glielo strinse appena sopra il ginocchio sotto lo sguardo attonito di Angel.
Jenna aveva piano rialzato la testa e singhiozzava sommessamente stringendo con forza la mano a Light. Perché stava succedendo una cosa del genere? Perché a lei?
Voleva solo divertirsi, niente di più.
Farsi nuovi amici, provare una nuova esperienza e chissà, magari anche incontrare un ragazzo, ed ora si trovava immersa in quell'incubo senza via d'uscita.
Light sentiva il cuore della ragazza battere all'impazzata, fece un respiro profondo, era un maestro nella concentrazione, strinse più forte la presa e le lanciò un'occhiata sfuggente.
Non poteva permettere che morisse, non avrebbe permesso che qualcun altro in quella stanza, eccetto gli uomini vestiti di nero, sarebbe morto.
E Jenna... Jenna gli ricordava tanto il suo fratellino.
Helen sussultò. E se lei avesse preso il sopravvento proprio ora? In un momento del genere?
Non sapeva di cosa fosse capace, avrebbe potuto benissimo condannarle entrambe a morte, una fitta le lacerò lo stomaco. Eccola, stava arrivando, non sapeva per quanto tempo sarebbe ancora riuscita a mantenere il controllo.
Pam pensò subito al coltello da caccia che nascondeva in valigia, se solo fosse riuscita a prenderlo poteva vedere di ribaltare la situazione, le sue sorelle sarebbero state orgogliose di lei. Poteva prendere uno di quegli individui per la gola ed obbligare gli altri a farli uscire con l'ascensore, tutto sommato questo gli avrebbe anche fornito un vantaggio.
Doveva provarci appena ne avesse avuto l'occasione.
Marylin maledì la sua condizione fisica, era una dannata beffa che oltre a stare male durante quella che doveva essere l'esperienza volta a cambiare la vita, dei pazzi fanatici si fossero messi in testa di fare tutto quello che stavano facendo.
-Che altro state aspettando, amici, avete tempo fino alle otto di questa sera per votare, non mancate!- concluse macabramente la donna.
Dante non riusciva a capacitarsene, cosa pretendevano da loro? Che se ne stessero immobili ad aspettare? Credevano davvero che la gente avrebbe preso parte al loro gioco malato? Si sbagliavano, eccome se si sbagliavano, e quella sera ne avrebbero avuto la prova.
-E noi?- domandò.
Killian lo guardò in cagnesco. Doveva starsene un po' zitto, rischiava di farli finire tutti nei pasticci, non poteva sopportare quel tipo, la sua presenza proprio non gli andava giù.
Così falso e presupponente, così dannatamente sicuro di sé stesso.
-Voi siete liberi di fare quello che volete fino a quando non vi richiameremo tutti qui.-
Sophia rabbrividì. Davvero aveva avuto il coraggio di pronunciare la parola “liberi”? Con quale faccia tosta l'individuo con il fucile poteva aver pronunciato una parola del genere?
Si raggomitolò su se stessa per alzarsi in piedi. Avevano detto che erano liberi? Perfetto.
-Benissimo, grazie.- sentenziò dirigendosi tranquillamente verso l'ascensore e superando con un passo un po' più lungo degli altri il corpo morto di Chris.
L'uomo con la pistola la fermò ad un passo dai gradini dell'ingresso.
-Dove credi di andare?- ringhiò.
-L'avete detto voi, siamo liberi.- affermò la castana sicura di sé.
L'individuo la fissò in cagnesco per qualche secondo, poi le tirò un forte ceffone in pieno volto facendola cadere a terra.
-Stai attenta a quello che dici, signorina.-
Sophia si portò una mano alla guancia, non si sentiva più la faccia, piccole lacrime cominciarono a rigarle gli zigomi. Non erano uomini, erano animali.
Seth fu sicuro di aver sentito un brutto crack nel momento che Sophia era stata colpita, avrebbe voluto aiutarla, ma temeva per la sua salute.
Neanche la mente più deviata avrebbe potuto immaginare quello scenario.
I suoi occhi incrociarono quelli di Jenna, entrambi erano terrorizzati e preoccupati.
Era tutto così normale ed ora era tutto così assurdo.

Courtney fece per dire qualcosa prima che Heather la fulminasse con lo sguardo.
Erano entrambe legate a delle sedie con davanti un televisore al plasma acceso sul quinto canale.
-Volete una birra?- domandò l'uomo passando accanto alla castana -Ah, dimenticavo che avete le mani occupate.-
L'asiatica arricciò le labbra per resistere alla tentazione di sputargli addosso.
-Vi state annoiando? Vedrete che quando arriveranno i vostri amici ci divertiremo molto di più.- continuò


-Che c'è? Non vi piace questo show?-
 

 

 


 

Angolo dell'autore (malato)
Ebbene sì, io oggi al posto di studiare fisica e storia dell'arte ho partorito questa cosa.
Ho scritto tantissimo, davvero, mai come prima d'ora, quindi sono un misto di cose.
Stanco, incredulo, dubbioso e blablabla.
Vi avevo promesso il sangue ed eccolo qua, tanto tanto sangue.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che la piega che gli eventi hanno preso vi piaccia ancora di più.
Spero di aver reso bene tutti gli oc, in caso contrario non mancate dal farmelo sapere.
Come ha detto il caro uomo con la pistola le votazioni sono aperte!
Avete tempo fino alle 20.00 di domani sera, poi vedremo che cosa ama il pubblico.
Io invito tutti quelli che leggono questa storia a votare, all'infuori dei proprietari degli oc, dev'essere proprio il pubblico da casa a partecipare.
Potete anche non recensire, mi basta un messaggio privato con un nome. Io vi aspetto eh!
Al prossimo (anche lui malato) capitolo, vi dico solo che oink.
Besos!
P.S. ditemi se il font è troppo piccolo please

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

Blainely guardò il suo riflesso nello specchio del camerino. Tutto quello che stava succedendo era così incredibilmente assurdo, si era ritrovata catapultata all'improvviso in una situazione più grande di lei e non era nemmeno rinchiusa nella casa.
Non poteva nemmeno immaginare cosa stessero passando quei poveri ragazzi.
Una giovane ragazza dai capelli ricci le passò delicatamente la spazzola fra i capelli biondi mentre un'altra dai profondi occhi neri le spolverava con gesti affrettati del fard appena sotto gli zigomi per far risaltare i suoi lineamenti.
Dalla porta bianca sulla quale vi era appesa una stella con scritto dentro il suo nome si affacciò un ragazzo castano con in mano una cartelletta blu e un auricolare inserito nell'orecchio.
-Siamo in scena fra 3 minuti.- la informò con un filo di voce.
Blainely sospirò facendo segno alle due truccatrici di smettere, si alzò lentamente dalla poltrona rosa e uscì in corridoio.
Una viavai di gente correva avanti e indietro, probabilmente Josh era già in scena.
L'assistente di poco prima le si affiancò indaffarato, intento nel compilare qualche documento.
-100 secondi, Blainely.- l'avvisò nuovamente, rassegnato

Se c'era una cosa che nessuno dei due riusciva a capire era perché la produzione avesse deciso di continuare nella trasmissione del doposhow, quegli uomini avevano solamente intimato di non interrompere le riprese all'interno della casa, ma quella buffonata poteva anche smettere di andare in onda.
Si era ridotta a condurre terribili talk shows, aveva rovinato la sua carriera e ora era incastrata in qualcosa di assurdo.
Gli eventi sembravano trascorrere così lentamente che la donna pensò per un attimo di trovarsi dentro ad un sogno, un terribile incubo.
Prese posto sulla poltrona nera vicino al collega intento ad allacciarsi il papillon rosso.
Un addetto con indosso una tuta grigia aggiustava gli ultimi fari in modo da farla essere perfettamente in luce, dietro la scala, un po' più a destra, Jessica Finnley picchiettava nervosamente con le unghie colorate di rosa shocking il bracciale di legno della sua sedia da regista.
Jessica Finnley, lo squalo della televisione, una di quelle donne che semina gelo lungo il suo passaggio, colei che dove mette piede rende il terreno sterile.
Ogni programma televisivo di successo degli ultimi anni era stato accuratamente concepito dalla sua fredda mente calcolatrice.
-Dieci.- pronunciarono le rosee labbra dell'assistente.
Josh si ricompose sulla sua sedia.
-Nove.- continuò.
Blaineley fece un lungo respiro, strizzò gli occhi fregandosene del mascara e rimase immersa nel buio.
-Otto.-
Era forte, era una dannata stella, il successo, non poteva permettere al panico e alla paura di prendere il sopravvento, quel mostro di Jessica avrebbe colto al volo l'occasione per cacciarla.
-Sette.-
Cosa gliene fregava a lei se c'erano delle vite in gioco? Aveva già lasciato cadere molte pedine negli ingranaggi della vita cinematografica e li aveva guardati venire schiacciati. Quella donna era un mostro.
-Sei.-
Riaprì piano le palpebre.
-Grazie Etienne- sussurrò al castano allargando le labbra in un sorriso forzato mentre lui alzava la mano destra col palmo completamente aperto.
Tolse un dito, poi un altro e un altro ancora.
Era giunto il momento. Solo il pollice era in piedi, infine più nulla.
La donna trinse forte il pugno sinistro sotto il tavolo azzurro mentre stendeva l'altra sul tavolo azzurro.
La produzione aveva prestabilito di mantenere un'espressione costernata e sotto consiglio dei servizi segreti avrebbero consigliato ai telespettatori di non votare assolutamente per l'eliminazione di uno dei concorrenti.
Come prestabilito dalla scaletta fu Josh a parlare per primo.
Blainely ammirava la sua capacità di rimanere tranquillo, oppure quella faccenda non lo toccava minimamente.
Sentì le unghie conficcarlesi nella carne.
-Vi ricordiamo anche che la diretta dalla casa continuerà, così come ordinato dai sequestratori. Vi invitiamo a spegnerla, a sintonizzarvi su un altro dei nostri programmi, ma se avete dei bambini allora state attenti che per nessun motivo in assoluto prendano il telecomando e decidano di andare sul quinto canale.-

Sabrina si mordicchiò il labbro inferiore, mentre sua madre passava dietro il divano decorato con motivi floreali.
-Dovresti spegnerla.- disse pacatamente alla figlia accarezzandole i capelli.
La mano della ragazza irrigidì la presa sul telecomando, grosse lacrime cominciarono a sgorgarle dagli occhi mentre lo sguardo rimaneva fisso sullo schermo al plasma.
La donna si affrettò a raggiungerla su sofà e le strinse la testa al petto.
-Andrà tutto bene, andrà tutto bene vedrai.-
Sua madre mentiva, avrebbe fatto di tutto per tranquillizzarla e lei lo sapeva.
Niente sarebbe andato bene, no.
Lo conosceva Robert, non sarebbe durato tanto in una situazione del genere, ma era suo compito aiutarlo.
Non avrebbe permesso che il ragazzo della sua vita morisse davanti ai suoi occhi.
Doveva votare.

Emily si avvicinò a pochi centimetri dal televisore, il suo respiro appannava lo schermo.
Passò lentamente la manica del maglioncino bordeaux che indossava sul vetro.
Eccola, Almond era lì.
Si dice che i gemelli condividano qualcosa di speciale, quasi come fossero legati indissolubilmente da qualcosa di magico.
In quel momento Emily era sicura di provare le stesse emozioni della sorella.
Non poteva perderla, era la sua ancora.
Doveva fare qualcosa, ma l'unica cosa che il pubblico aveva in mano erano le votazioni.
Non si sentiva di mandare uno di quei ragazzi alla gogna, ma era l'unico modo.

Killian guardò la donna col passamontagna intenta ad accarezzare la canna della sua pistola.
Non si capacitava del perché quegli uomini non sequestrassero le armi da taglio presenti nella casa, la cucina era piena è di coltelli affilati, avrebbero rischiato che qualcuno cercasse di ribellarsi e ucciderli, ed era proprio quello che stava pensando di fare, ne sarebbe stato benissimo capace.
Quelle volte che aveva sentito le conversazioni di troppo dei suoi genitori, o tali gli piaceva pensare che fossero, aveva imparato bene come si deve agire in certe situazioni.
Gli occhi gli caddero sul rompighiaccio adagiato sul bancone del bar, proprio davanti a lui.
Quegli stupidi se ne erano andati in cucina, fatta eccezione per la donna seduta con le gambe accavallate sul divano e l'uomo con la pistola a fare da guardia all'ascensore.
Prima però doveva parlare con gli altri, dovevano trovare un piano adeguato, l'unione fa la forza e se c'era una cosa che Killian aveva capito era che stare da soli era più dannoso che utile.
Gli altri ormai si erano sparsi chissà dove nella casa e riunirsi tutti avrebbe sicuramente destato sospetti.
-Hey tu.-
La sua attenzione fu improvvisamente richiamata da una stridula voce femminile lì vicino.
-Sì, proprio tu, biondino.- ripeté la donna armata.
Come lo aveva chiamato? Biondino? Se c'era una da fare fuori su due piedi era lei, quella viscida, insopportabile stronza di una donnaccia che era.
Era più acida e spietata di tutti gli altri, persino dello stupido ragazzino con la pistola.
Lui sembrava solo essere emozionato come si trovasse dentro uno stupido videogioco.
-Fammi un cocktail.- sentenziò finalmente presuntuosamente.
Il biondo spalancò gli occhi grigi -Come scusa?- domandò perplesso.
-Non sei tu quello che fa i cocktail? Sì sei tu, ti ho visto l'altra sera.- continuò imperterrita.
Avesse avuto del cianuro sottomano e glielo avrebbe dato lui il suo cocktail!
-Muoviti, ho sete.- lo esortò.
-Ma fattelo da sola!- sbottò scocciato.
La donna girò con calma il busto verso di lui, lo squadrò dalla testa ai piedi poi gli puntò addosso la pistola.
Il grilletto si schiacciò in un attimo.
Lo scoppio fece drizzare in piedi tutti i presenti nell'appartamento.
CRASH.
Uno dei bicchieri poco più a destra della testa del ragazzo esplode in mille pezzi.
-La prossima volta avrò una mira migliore.- sorrise beffarda la donna per poi soffiare sulla canna dell'arma.
Killian rimase impietrito, e se il proiettile lo avesse colpito? Sarebbe morto quasi senza nemmeno accorgersene, ora era vivo ora non lo era più.
-U-Un caipiroska?- balbettò senza nemmeno accorgersi.
-Vedo che ci siamo capiti.- disse l'altra contorcendo le labbra in una smorfia orgogliosa mentre il ragazzo prendeva lo shaker da sotto il bancone.

Angel era ancora intenta a passare i vestiti a Marylin, lievemente scocciata di dover andarsene dalla sua camera.
Il sangue di Lukas stava imbrattando la federa rosa, un vero schifo.
Certo che la biondina poteva chiedere a Kyte di cambiare camera e non a lei, infondo che gentleman era?
Sarebbe stato un terribile nuovo compagno di stanza.
Non le andava proprio a genio, sembrava così dannatamente pieno di sé e ogni volta che i loro occhi si incrociavano le pareva la guardasse dall'alto in basso, come le facesse ribrezzo.
Chiuse irritata il suo trolley e camminò a passo svelto per il corridoio, sperando di non incontrare uno di quei pazzi per quei pochi metri, entrò nell'ultima stanza maschile in fondo al corridoio e riaprì la sua valigia.
Possibile che in un momento del genere Kyte non fosse in camera?
Aprì la trousse dei medicinali e ne estrasse una boccettina di propoli.
Era strano come la gola le bruciasse nonostante non avesse il raffreddore o altri sintomi.
-Guarda che la tua propoli è scaduta.- l'avvisò il corvino facendo il suo ingresso nella stanza.
-Impossibile, l'ho comprata per evenienza prima di partire.- contestò dopo aver realizzato che era stato Kyte a parlare.
-E quei granuli sul fondo?- le domandò sorridendo mentre si adagiava sul letto appoggiando la schiena sul letto e incrociando le gambe una sull'altra.
-Quali granuli?- chiese retoricamente la ragazza con un filo di voce mentre sollevava la boccetta per osservarla meglio.
-In genere fa così quando va a male.- le spiegò brevemente.
-E io ti ho detto che l'ho comprata appena prima di partire, o sei sordo?- sputò velenosa Marylin.
-Fai come ti pare.- le rispose noncurante -Tu hai un iPod vero?-
Adesso voleva pure il suo iPod? Ma che si portasse il suo da casa!
-Sì.- confermò la ragazza -E non provare a toccarlo.- aggiunse.

Kyte fece una smorfia annoiata e si alzò in piedi, ne aveva abbastanza di sentire i capricci di una stupida ragazzina viziata.
Non voleva il suo aiuto? Tanto peggio per lei, era già stato fin troppo magnanimo ad offrirglielo.
Aveva avuto un'idea brillante e per colpa sua rischiava di non andare in porto, ma riusciva a capire che lo faceva anche per lei?
Si era trovato davanti a una scelta: o faceva il buon viso a cattivo gioco o provava a salvare la situazione.
Si sentiva un po' come Will Graham. Era come trovarsi dentro un thriller degno di Thomas Harris, e lui, naturalmente, era il protagonista.
E se lei voleva rimanere della merda, bene. Avrebbe aspettato che il pubblico la condannasse a morte, sempre che qualcuno era davvero disposto a farlo, e poi si sarebbe preso il suo iPod.
Un crampo improvviso gli afferrò il polpaccio sinistro.
Non riusciva ad andare avanti così, doveva fare qualcosa, non pensava fosse così difficile, che il suo corpo ne risentisse così tanto.
La sala svago era quasi completamente spoglia, probabilmente Chris aveva in mente di allestire di volta in volta qualcosa di diverso, in un angolo a destra vi era un tavolo rotondo con disposte intorno numerose sedie.
Su una cassettiera lì vicino vi erano appoggiati svariati giochi in scatola e un mazzo di carte.
Doveva distrarsi, impegnare la mente, fare qualsiasi cosa ma non pensare a... quello.
Aprì il primo cassetto e la sua attenzione si posò su un piccolo cofanetto di legno, lo prese in mano delicatamente facendo correre i polpastrelli lungo le scanalature curiose che andavano a formare una rosa.
Sollevò piano la parte superiore, dentro vi era un altro mazzo di carte, sbuffò.
Per un attimo aveva creduto ci potesse essere all'interno chissà cosa.
Tornò in piedi e adagiò le carte nere di fianco alle altre.

Sophia si guardò il volto nello specchio del bagno, un grande livido bluastro cominciava a farsi spazio sul suo volto, ancora faticava a credere di quanto potessero essere brutali quegli individui.
Aveva sfregiato il suo viso, il suo bellissimo viso. L'avrebbe pagata presto o tardi, si sarebbe assicurata di farlo soffrire come meritava, ma ora era il caso di pensare a sopravvivere piuttosto, d'altronde la vendetta è un piatto che va servito freddo.
Si sciacquò la faccia con dell'acqua gelata e tirò un lungo sospiro, sorrise a se stessa, doveva riprendersi e ce la stava facendo perfettamente.
Allungò passi svelti fuori dai servizi sperando di non essere notata troppo da quella viscida donnaccia seduta sul divano e si diresse verso la sua camera, l'ultima in fondo al corridoio.
Una volta giunta a metà del tragitto si soffermò sulla porta socchiusa della stanza di intermezzo dei ragazzi.
-E ti hanno lasciato tutto solo?- domandò a Dante dall'uscio aprendo un po' di più il varco.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi scendendo su due piedi dal letto.
-Così pare.- rispose cercando di dissimulare lo spavento.
-Simpatici, in una situazione così poi...- disse Sophia mettendo un piede nella stanza -Posso?- chiese mentre Dante le faceva cenno di sì.
-Tu invece? Ti hanno lasciata sola o lasci solo qualcun altro?- si informò il ragazzo.
-Probabilmente lascio sola Almond, ma dubito sia in camera.- rispose accennando un sorriso e poggiando la schiena al muro.
Dante era il classico fighetto della scuola, o almeno così Sophia lo aveva immaginato, circondato da amici a ridere camminando per i corridoi della scuola.
Eppure non sembrava poi così superficiale, le pareva avere un'emotività abbastanza spiccata, anche se il suo rapporto con Killian la lasciava un po' perplessa, anche se in fondo era meglio così. Il pubblico adora troppo le coppiette.
-Come va la faccia?- chiese ancora Dante.
-Bene, cioè male, ma grazie.- sorrise Sophia spostandosi una ciocca di capelli castani.
-Se può farti stare meglio, sei stata una figa.- rise Dante cercando di rassicurarla.
Quella ragazza proprio non riusciva a capirla.
C'era qualcosa di strano nel suo sguardo, qualcosa di freddo e misterioso, eppure era così indipendente, sorridente amichevole ed aperta.
Era così... così libera.
-Grazie.- rispose imbarazzata abbassando lo sguardo.
Dove finiva il gioco? Dove iniziava lei? Era una cosa che spesso anche Sophia faticava a capire.
Lo sparo di pochi minuti prima aveva fatto sobbalzare il ragazzo, si era sentito meglio quando aveva udito anche il bicchiere infrangersi e nessun urlo del caso.
Per un attimo aveva temuto che Killian si fosse beccato una pallottola in testa per il suo essere così dannatamente stupido e cocciuto.
Sembrava un incosciente, con tutte quelle domande, quelle occhiate di sfida.
Era un stupido, ma uno stupido bellissimo.
-Sai...- riprese la ragazza alzando gli occhi verde smeraldo -Prima che tutta questa merda cominciasse ero venuta a dire a Killian di venire di là, che se l'era presa per niente.-
Killian? Sophia aveva capito che stava pensando proprio a lui in quel momento? Era davvero una tipa sveglia.
Fece per dire qualcosa ma la castana non gli lasciò il tempo.
-Lui mi ha detto che sei proprio uno stronzo.-
Un colpo al cuore colpì Dante senza dargli la possibilità di reagire mentalmente, va bene, lo ammetteva, era stato un vero e proprio stronzo però per un attimo aveva pensato che...
Era stato lui lo stupido.
-Ma ora la situazione è cambiata, magari hai ancora una chance, no?- concluse Sophia posandogli una mano sulla spalla.
-N-Non mi piace Killian.- rispose Dante con un soffio prima di voltarle le spalle.

Lukas delirava. La sua carnagione già di per sé chiarissima era diventata così pallida da sembrare neve.
Gli occhi ambrati si contorcevano su loro stessi mentre apriva e chiudeva le palpebre in continuazione.
-Non ci troverà mai!- ridacchiò una voce femminile.
Si guardò le mani, erano tanto piccole! Una fitta dolorosa gli lacerò la gamba.
-Shh! Altrimenti ci sente!- la ragazzina mora rannicchiata nell'erba di fianco a lui gli mise una mano sulla bocca.
-Non ci trova, non ci troverà mai!- rise il ragazzo aprendo leggermente le labbra screpolate.
-Chi Lukas? Chi non ci troverà?- chiese Angel stringendogli la mano.
Non ce la faceva a vederlo, quegli uomini la dovevano pagare, le stavano portando via l'amore della sua vita, ci si sarebbe potuta perdere nei suoi occhi!
Ora invece non riusciva nemmeno a guardarli tanto lui si dibatteva.
-Abigail! Mi fai male!- urlò cercando di liberarsi dalla presa della bionda.
Abigail? L'aveva davvero chiamata con quel nome? Non poteva crederci.
Aveva bisogno di medicinali, di un antidolorifico, di un tranquillante, di qualsiasi cosa.
Lo conosceva così bene, il sangue gli faceva una tale impressione, doveva essere così spaventato e sofferente.
Lasciò un attimo la stretta e prese dalla borsa delle pastiglie contro il mal di testa che aveva avuto l'accortezza di portare.
Ne rovesciò sul palmo della mano una manciata e le infilò a forza nella bocca del biondo, aiutandolo a ingurgitarle con un po' d'acqua.
Si dibatté per qualche minuto prima di addormentarsi.
Angeline tirò un sospiro di sollievo, era stato estenuante, doveva chiedere dei medicinali più forti e mirati a quegli schifosi animali, ma dubitava gliene avrebbero mai dati.
Aspettò circa un'ora e finalmente il Lukas riaprì le palpebre.
Le sorrise debolmente.
-Che ore sono?- domandò flebilmente.
-Le tre del pomeriggio credo.- rispose Angel carezzandogli la fronte -Hai la febbre, vuoi qualcosa da bere?-
-No, grazie.-

-Sei nella mia stanza, non devi preoccuparti di nulla, appena hai bisogno di qualcosa io ci sono. Ho chiesto a Marylin se poteva andare con Kyte, si è lamentata e non si è neppure informata su come stessi.- affermò la bionda con una smorfia.
Quella scemotta doveva smetterla di girargli intorno, e se non lo avesse capito da solo glielo avrebbe fatto capire lei, e con metodi molto più duri.
Nel frattempo Lukas doveva sapere quanto poco le interessasse di lui.
-E' un po' burbera, è fatta così.- sorrise piano mentre cercava di alzare la schiena per poggiarla contro il cuscino.
-Sta giù, sta giù- gli ordinò la ragazza -E' un po' stronza, ecco cos'è.-
Il biondo non capiva perché Angel avesse tanto in antipatia Marylin, stava pure male, certo, non male quanto lui però non aveva un bella cera.
Doveva cercare di non guardarsi la gamba, sarebbe stato peggio, si sentiva ancora le mani imbrattate di sangue.
Perché proprio a lui? Era stato uno sconsiderato, non doveva correre via.
Se solo avesse potuto avere la certezza che suo padre e sua sorella fossero vivi, sani e vegeti avrebbe potuto chiudere gli occhi più serenamente.
Ma cosa andava a pensare?
Non sarebbe morto, non quel giorno.
Sarebbe tornato a casa felice, con un gesso alla gamba, e allora i suoi più stretti parenti sarebbero tornati apposta e gli sarebbero rimasti accanto.
Tutto sarebbe andato per il verso giusto, voleva solo una vita normalissima, solo essere felice.

Pam fece scorrere la cerniera della sua valigia assicurandosi di non fare troppo rumore.
Non era stupida, sapeva che bisognava agire in fretta e dare il meno nell'occhio possibile.
Sarebbe corsa in salotto e avrebbe detto alla donna che Helen non si sentiva bene, che c'era bisogno di aiuto, ed una volta arrivata in camera le avrebbe piantato il coltello in quella testa di cazzo che si ritrovava.
Le sue sorelline sarebbero state tanto orgogliose di lei, non aveva potuto salvarle, ma ora sarebbe andata diversamente. Era pronta.
Un rumore secco la fece voltare di scatto.
A rifletterci bene non era poi così una grande bugia che Helen non stava bene.
La bionda aveva appena colpito il muro con un pugno.
-Tutto a posto Helen?- le domandò la castana.
La ragazza mugugnò qualcosa di incomprensibile.
Poteva sentirla dentro di lei mentre le strappava le viscere, mentre si faceva strada prepotentemente nel suo corpo per prenderne il possesso.
Doveva cercare aiuto, doveva chiedere a Pam di legarla, di colpirla, di fare in modo che quel mostro prendesse il sopravvento.
-Helen?- chiese nuovamente Pam alzandosi preoccupata.
La bionda sollevò lo sguardo fissandola negli occhi terrorizzata, non pensò, agì e basta, le gambe schizzarono da sole fuori dalla porta mentre la castana socchiudeva le labbra esterrefatta.
Che cosa le era preso all'improvviso?
Ogni tanto aveva l'impressione che l'amica fosse quasi un'altra persona.
Scosse la testa per scacciare quegli stupidi pensieri e si punzecchiò la punta indice con la lama affilata del coltello.
Chissà dove se n'era andata la ragazza, ora non poteva più usare lei come scusa, ma c'era così tanta gente nelle camere che non era un problema relativamente grande.

Helen si precipitò nel bagno sbattendosi la porta alle spalle con forza mentre la donna seduta sul divano inarcò le sopracciglia visibilmente irritata.
Scelse la cabina più a destra e vi si chiuse dentro assicurandosi di bloccare l'accesso dall'esterno.
-Ti ostini a combattere?- sussurrò una fredda voce nelle sue orecchie.
La bionda allargò le braccia premendo con forza contro le pareti di legno.
-Sono dentro di te, non puoi mica mandarmi via così.- ridacchiò la presenza.
Doveva fare qualcosa, se magari avesse perso i sensi allora lei avrebbe potuto lasciarla stare almeno per il momento nel migliore dei casi.
Inspirò tutta l'aria che poteva trattenere in corpo, poi sferrò una forte testata alla parete davanti a lei.
-Che cosa credi di fare?- le domandò beffarda -Sei proprio una stupida.-
Helen gridò più che poté per non sentirla blaterare quelle cose nella sua mente.
Si abbassò in ginocchio, strinse la presa sul bordo della tazza e dopo un attimo di esitazione vi affondò dentro il viso.
-Che fai mangiamerda? Ti anneghi?-
Aveva bisogno di ossigeno, fece per riemergere ma la volontà fece irrigidire le braccia ancora di più.
La vista le si faceva annebbiata, i rumori ovattati, si lasciò scivolare svenuta lentamente all'indietro mentre gli occhi le si chiudevano dolcemente, ora la lotta si faceva lì dentro.

Seth si sorprese di non essere mai entrato nella libreria della casa.
Enormi scaffali si alzavano imponenti fino al soffitto, al centro della stanza vi era un tavolo di mogano laccato con sopra diversi calamai e dei fogli bianchi.
Era incredibile come lì dentro ogni camera sembrasse un mondo a parte.
Jenna se ne era andata in direzione della piscina con Light, non riusciva a sopportarlo.
Per l'ennesima volta si rendeva conto come le ragazze preferivano il tipo muscoloso a lui.
Si sentiva così strano, così triste e alienato che capì che era il momento perfetto per scrivere.
Intinse la stilografica nel calamaio e guardò la sua mano comporre parole sul foglio bianco come fosse una melodia.
Ogni parola perfetta in accordo con le altre.
Una frase che scorreva semplice come il verso di una canzone.
Tutte con la loro cadenza e il loro accento, note scandite dal tempo di virgole e punti.
In quello Seth era davvero bravo, a cosa gli serviva farsi degli amici quando c'era lui per se stesso?
Nessuno sarebbe mai riuscito a dargli quella sensazione di calore di cui aveva bisogno, nemmeno Jenna, ne era sicuro, nemmeno lei.

Jenna muoveva i piedi con delicatezza appena sotto il filo dell'acqua, abbandonò la testa sulla spalla di Light mentre lui la stringeva a sé.
I suoi occhi erano gonfi di lacrime, piccole gocce salate continuavano rugarle il viso.
Il trucco si era completamente sbavato.
Si stava rivelando per quello che era mentre il pianto le lavava il fard, il mascara giù per la faccia.
Come se avesse potuto nascondere la sua fragilità dietro il correttore e sotto le unghia finte.
Non era una ragazza forte, no, non lo era mai stata.
Era una di quelle che vuole godersi la vita, essere circondata dai suoi amici, baciata con tenerezza dal suo ragazzo.
Il moro le baciò la nuca mentre le accarezzava la spalla, la fece raddrizzare.
-Ti insegno un trucco.- le disse guardandola fissa negli occhi.
-Un trucco?- gli chiese lei tirando su col naso.
-Sì, è facile, non temere. E anche quando ti troverai in situazioni peggiori di questa potrai ricordarti di farlo.- continuò il ragazzo.
-Peggiori di questa?- gli domandò ricominciando a sorridere.
-Certo.- rispose Light ricambiando il sorriso.
-Spara.- lo esortò lei estraendo le gambe dalla piscina e stringendosele al petto.
-Quando sei agitata chiudi gli occhi.- cominciò a spiegare -Su chiudili!- la spronò mentre lei eseguiva -Poi inspira contando fino a tre.-
Stava davvero ascoltando i consigli di Light sul rilassamento? Si sentiva vagamente stupida e buffa all'idea.
-Fermati per un secondo e espira contando fino a sei, nella tua mente.- concluse il ragazzo pacatamente.
Jenna aprì piano le palpebre, fissò il candido spostamento dell'acqua, avanti e indietro, avanti e indietro.
La luce si rifletteva sulle superficie creando degli strani giochi visivi.
-M-Mi sento molto meglio!- balbettò spostando lo sguardo negli occhi del ragazzo.
-Lo so.- disse lui portandola nuovamente a sé.
Non sapeva spiegare come si sentiva, per un attimo aveva creduto di amarla, e forse era così, oppure gli ricordava semplicemente il suo fratellino.
Che sciocco che era, grande e grosso, “un vero ragazzo” come si era sentito dire e ora non sapeva nemmeno mettersi d'accordo con il suo cuore.

Robert fissava il soffitto bianco della sua camera sdraiato supino sulla federe azzurra del suo letto.
Le nike azzurre erano state accuratamente riposte a fianco del suo comodino.
Non stava pensando a niente, o meglio, stava pensando a tutto.
A Sabrina che probabilmente lo stava guardando da casa in lacrime, a suo fratello Matthew che faceva forza alla sua famiglia, era fatto così, sempre a rassicurare gli altri.
Poi pensava all'America, al trasferimento da Londra, alla sua piccola e accogliente casa nella periferia della città.
Alla nuova vita che aveva cominciato e a come fosse felice della piega che avesse preso, felice fino a quel punto.
E così in poche ore qualcuno di loro sarebbe stato “eliminato” o come cavolo dicevano loro.
Sperava non toccasse a nessuno dei suoi amici, anzi, sperava non dovesse toccare proprio a nessuna delle persone che aveva conosciuto.
Sembravano tutti così gentili e disponibili, tutti così speranzosi e pieni di sogni, pieni di vita come era giusto fosse alla loro età.

Almond prese la rincorsa e si lanciò contro uno degli alberi del giardino artificiale cercando di aggrapparvisi, ma cadendo solo rovinosamente a terra.
Voleva andarsene da quel posto, voleva salire su quei dannatissimi rami e sentirsi isolata fra le foglie verdi bagnate di rugiada.
Si guardò le mani scorticate sanguinarle mentre bestemmiava col pensiero.
Voleva balzare sulla schiena di uno di quegli schifosi attentatori e strappargli la carne dal collo a morsi.
Un brivido le corse lungo la spina dorsale mentre si rendeva conto di quanto fosse deviato quello che aveva appena pensato.
Sentiva la rabbia ribollirle dentro, la sentiva pomparle con frenesia il sangue nelle vene.
Scagliò con tutta la sua forza un pugno contro la corteccia dura dell'albero ottenendo come unico risultato l'ennesimo taglio sulla mano.
Si guardò il sangue sgorgarle fuori dalle nocche e all'improvviso si sentì così frustrata, pateticamente sola.
Un urlo acuto si fece spazio fra i pre-registrati cinguettii di pettirosso.
Killian aprì la porta di metallo e fece scivolare le scarpe sul manto verde.
Era stanco di gente che urlava, ma Helen non aveva voluto aprirgli la porta del bagno.
-Hey Almond- si annunciò alle sue spalle -V-Va tutto bene?- balbettò indeciso su come fosse meglio porsi con la ragazza.
Di tutta risposta la mora si girò lanciandogli uno sguardo pieno d'odio.
Si alzò in piedi prendendosi tutto il tempo necessario per poi saltare addosso a Killian e colpirlo con forza sul petto più e più volte.
Il biondo rimase impietrito, non gli stava facendo male, certo, ma non sapeva cosa fare.
Le prese la testa e la strinse forte a sé mentre la ragazza continuava a divincolarsi e a sferrare pugni senza alcuna cognizione.
-Va tutto bene Almond.- sussurrò cercando di tenerla ferma.
-Va tutto bene.- ripeté mentre la mora scoppiava in un pianto disperato lasciando cadere le braccia lungo il suo corpo e mollando tutto il suo peso sul ragazzo.
-Va tutto bene.- ribadì con una lacrima che scendeva anche lungo le sue gote.
-Ti immagini...- sospirò la ragazza prendendosi una lunga pausa.
-Cosa?- le chiese Killian.
-Di correre nel bosco in una notte di luna piena?- disse sorridendo con gli occhi bassi.
-Come?- rise il ragazzo.
-Di saltare i tronchi caduti per il sentiero, di chinarsi ad annusare i fiori appena sbocciati, di bere l'acqua da un torrente e di giocare a nascondino con gli scoiattoli?- gridò Almond soffocando le risa.
Si strinse l'elastico della lunga treccia nera e afferrò Killian per il polso cominciando a correre e a saltare ridendo per la stanza.
Il biondo si lasciò guidare, non si era mai sentito così bene, era come se fosse immerso in un sogno ed allo stesso tempo in un terribile incubo.

Courtney sfregò nuovamente i polsi fra loro cercando di liberarsi dal nastro isolante che li teneva legati dietro la sedia.
-Guarda che così ti farai male.- l'avvisò l'uomo mentre le passava alle spalle con in mano un sacchetto di patatine unte.
-Ne vuoi?- domandò avvicinandosi a Heather.
-Leva quelle schifose mani dalla mia faccia.- sentenziò velenosa l'asiatica.
-Su, non farmi insistere!- disse seccato intanto che cercava di infilarle una manciata di fries in bocca.
La ragazza gliele risputò in faccia sprezzante.
Troietta, ma con chi credeva di avere a che fare?
Si ripulì con calma i rimasugli gialli e appiccicosi dal volto per poi assestare un pugno nel ventre di Heather, per farla cadere di schiena accompagnata dalla sua sedia.
-Heather!- urlò Courtney guardando la ragazza a terra -Che cosa vuoi da noi, maledetto? Che cosa vuoi!?- continuò puntando l'uomo.
Nel momento esatto in cui l'individuo stava per rispondere la serratura della porta scattò di colpo.
-Ecco i vostri amici!- gongolò entusiasta mentre un altro uomo trascinava di peso i corpi svenuti di due persone che le ragazze conoscevano bene.
-D-Duncan?- balbettò Courtney di stucco.
-E Gwen aka la gotica sfigata?- domandò Heather sputacchiando saliva mista a sangue.

La donna liberò la coda di capelli castani da sotto il passamontagna facendola sventolare all'aria.
Aprì la borsetta e ne estrasse una limetta ed un pacchetto di cicche.
Doveva pur passare il tempo in qualche modo, o no?
Si passò la lima sulle unghie della mano sinistra noncurante mentre gonfiava una grande bolla rosa.
Una ragazza dai capelli biondi con delle ciocche nere attirò la sua attenzione.
Se ne stava camminando tranquilla verso il bancone del bar dove fino ad un attimo prima c'era quel bel fusto che preparava cocktail da Dio.
-Signorina, dove credi di andare?- domandò con la solita stridula voce irritante.
Nessuna risposta.
-Hey bella, guarda che sto parlando con te.- ripeté scocciata alzandosi in piedi.
Silenzio.
La ragazza frugò bruscamente sul bancone e afferrò un rompighiaccio.
-Che credi di fare con quello?- domandò la donna sussultando.
La bionda alzò lo sguardo e la fissò intensamente con due maligni occhi scarlatti per poi dirigersi con passo deciso in avanti.
-Hey! Hey!- gridò la castana mettendo le mani in avanti -Tigrotto!- urlò più forte vedendosi la ragazza arrivarle addosso minacciosa e non avendo i riflessi di afferrare la pistola riposta nella borsa adagiata per terra.
L'uomo col fucile uscì accompagnato da altri due dalla sala da pranzo proprio mentre la bionda cambiava direzione e puntava verso il corridoio.
I due si scambiarono un'occhiata interrogativa.
-Che vuole fare?- domandò isterica la donna.
-Non ne ho idea.- rispose l'uomo -Abbattetela solo in caso necessario.- ordinò agli altri.
Nella confusione delle grida Killian e Almond uscirono dal giardino artificiale ancora mano nella mano, evidentemente stupiti.
Robert era ancora intento a fissare il soffitto quando la ragazza irruppe violentemente nella sua stanza sbattendo rumorosamente la porta.
Istintivamente il biondo balzò in piedi, cercando qualsiasi cosa avesse attorno e prendendo alla fine l'abat jour nella mano destra.
-H-Helen?- bisbigliò spaventato.
C'era qualcosa di strano in lei, i suoi occhi erano iniettati di sangue, rossi come uno smeraldo.
-Non- disse la ragazza con voce ferma mentre si avvicinava sempre di più -mi- continuò portandosi a pochi passi di distanza -chiamo- era ad un palmo di mano dal ragazzo, tremante come una foglia -HELEN!- gridò alzando l'arma in aria per poi farla precipitare contro la spalla del ragazzo che scivolò di fretta per terra facendo conficcare la lama nella parete retrostante.
Angel si affacciò dalla porta sconvolta per vedere cosa stesse succedendo, nel momento in cui Robert si accorse della sua presenza sferrò un calcio sulle gambe di Helen facendola cadere a terra.
-Chiuditi in camera Angel, ora!- gridò approfittando del momento.
Angel si richiuse immediatamente la porta alle spalle terrorizzata in volto mentre maneggiava con la maniglia.
-Non si chiude!- sbraitò -Maledizione non si chiude!-
Helen corse contro la ragazza cercando di aprire la porta.
Angeline si fece scappare un grido acuto, si lasciò scivolare con la schiena lungo la superficie di legno sperando di esercitare una forza tale da impedire alla ragazza di entrare.
-E' Helen! E' impazzita!- singhiozzò guardando Lukas disperata.
Il ragazzo fece per alzarsi dal letto, ma il dolore alla gamba lo obbligò a tornare dov'era con un urlo di dolore.
Robert si lanciò alla porta della sua camera e la chiuse facendosi scivolare contro la cassettiera.
-Dobbiamo intervenire?- domandò l'uomo con la pistola a quello che doveva essere il suo capo.
-No, sembra divertente.- lo placò l'altro sorridendo sotto lo sguardo inorridito di Killian e Almond.
Il biondo fissò la mora dritta negli occhi -Vai a chiamare Light e Jenna, presto!-
La ragazza gli rispose con un cenno del capo prima di schizzare via.
Lukas doveva farsi forza, o altrimenti sarebbero morti entrambi.
Angel piagnucolò sotto lo sforzo dell'ennesima spinta, la ragazza aveva cominciato a colpire il legno con la lama appuntita del rompighiaccio, non sarebbe resistita ancora per molto.
Il biondo strinse i denti cercando di non urlare di nuovo, si fece forza con le braccia e strisciò giù dal letto adagiandosi con la schiena a fianco di Angel.
-Andrà tutto a posto, vedrai.- la rassicurò col sudore che gli colava dalla fronte.
I colpì fecero irrigidire Seth di colpo, uscì in corridoio nello stesso momento di Kyte che lo afferrò per il braccio.
-Nasconditi Seth! Presto!- lo esortò con tono imperativo.
-M-Ma...- cercò di obiettare il ragazzo mentre il corvino lo rispingeva nella biblioteca.
-Sarai più al sicuro qui, te lo garantisco.- continuò imperterrito il ragazzo.
Seth dovette arrendersi all'insistenza di Kyte ed andò ad accucciarsi sotto il tavolo.
Non sopportava chi come quel tipo si sentiva in dovere di dare ordini a destra e a manca.
Almond si appoggiò al muro riprendendo il fiato mentre Light e Jenna la guardavano straniti.
-Almond?- chiese Jenna.
Era forse possibile che non avessero sentito il baccano nell'altra stanza, dovevano proprio essere due rincoglioniti.
-Muovete il culo, Helen è impazzita!- sbraitò.
Light lanciò alla ragazza seduta di fianco a lui un'occhiata interrogativa mentre questa a sua volta lo guardava perplessa con un sorriso allibito stampato in faccia.
-Vi alzate o no?- ripeté Almond prima di sbuffare e andarsene con passo pesante.
-Ma l'hai sentita?- chiese la mora al ragazzo prima di scoppiare a ridere.
-Quella ragazza è proprio strana.- sentenziò Light aiutando la ragazza ad alzarsi.
Ancora gente che gridava? Marylin ne aveva le palle piene, che bisogno c'era di alzare tanto la voce lei proprio non riusciva a capirlo, non era in una casa, era in un maledetto di pollaio, si girò nel letto e alzò il volume della musica infilandosi meglio le cuffiette nelle orecchie.
Kyte si piantò davanti alla porta chiusa, proprio alla fine del corridoio presidiato da Helen.
-Helen!- gridò per richiamare la sua attenzione.
La ragazza si voltò in cagnesco.
-Non mi chiamo Helen!- sbraitò lasciando perdere la porta di Angel e Lukas.
-E come allora?- chiese il ragazzo.
-Puoi chiamarmi Dark Lady, o signora oscura, come vuoi tu.- pronunciò leccandosi le labbra e facendo qualche altro passo verso il ragazzo.
Kyte strinse il pugno, doveva mantenere la calma, una mossa affrettata e sarebbe stata la fine.
Non appena la Dark Lady ebbe superato la seconda porta Sophia la spalancò saltando fuori e rompendole un vaso sulla testa.
-E vai a cagare, stronza!- disse soddisfatta mentre la bionda si risollevava a fatica da terra.
Dante tirò la castana per la manica.
-Ma che fai?!- sussurrò arrabbiato e perplesso allo stesso tempo.
-Mi guadagno la fiducia altrui.- rispose la ragazza facendogli l'occhiolino, senza accorgersi che la signora oscura si era alzata in piedi.
In un attimo la bionda le fu addosso, Sophia fece appena in tempo a scansarsi ma l'altra le cadde addosso facendo precipitare tutte e due a terra.
Dante era come pietrificato, Killian e Almond guardavano la scena inorriditi mentre venivano raggiunti da Light e Jenna quasi ignari di quello che stesse succedendo.
Helen, o il suo corpo, alzò nuovamente la lama in aria.
Lei era la Signora Oscura, lei era la Dark Lady, lei era la forza, solo uno di loro poteva uscirne vivo? Bene, allora lei avrebbe accelerato le cose.
La castana chiuse entrambi gli occhi, poi...
SZACK.
Kyte credette di riconoscere il rumore della lama che strappa i vestiti che si infila nella carne.
Sophia riaprì prima un occhio, poi l'altro, stava bene?
Il corpo pesante di Helen le cadde addosso.
La ragazza guardò perplessa Pam sfilare un grosso coltello da caccia dal corpo della bionda.
-Non c'è di che.- le sorrise la castana spostandosi il ciuffetto.
Quella ragazza aveva rovinato tutti i suoi piani, quegli uomini non le avrebbero mai lasciato un coltello del genere.
Sophia tentò di divincolarsi dal corpo morto mentre l'altra la teneva sollevata, un conato di sangue uscì dal corpo esanime riversandosi sul volto e sui vestiti della ragazza.
-Perfetto, mi devo cambiare di nuovo.- sbuffò cercando di sfogare lo stress.
Marylin uscì dalla sua stanza con l'iPod stretto fra le mani.
-Ma è possibile che dovete fare tutto ques...- non fece in tempo a finire la frase che si rese conto di trovarsi in una situazione del tutto inaspettata -Credo di essermi persa qualcosa.-
-Giusto qualcosina.-
le rispose Seth mettendosi a posto gli occhiali e accostandosi a Kyte.
Pam strofinò il suo prezioso coltello sulla sua maglietta.
-Carina...- la interruppe l'uomo col fucile -mi sa che quello lo devi dare a noi.-
La castana abbassò lo sguardo tirando un lungo sospiro, porse la mano a Sophia per permetterle di rialzarsi e poi andò a consegnare l'arma agli uomini.
-Mi dispiace, sorellina.- disse con un filo di voce.
-E a proposito, ho appena deciso che solo altri tre di voi potranno morire senza che saremo noi a metterci il becco, ci vediamo fra mezz'ora per l'eliminazione.- concluse il capo.
La parola eliminazione fece gelare il sangue nelle vene dei tredici ragazzi presenti, era stato tutto così frenetico ed improvviso che se ne erano dimenticati, ed ora un altro di loro stava per essere ucciso, era forse possibile?

-Nonna, ma quella ragazza è morta?- domandò un piccolo bambino seduto per terra tirando il grembiule di una vecchia signora in carne.
-Sì caro, è una cosa terribile.- rispose la donna scompigliandogli i capelli biondi -Ma l'importante e che non sia morto Luke! Sarebbe un vero peccato, un ragazzo carino come lui spento nel fiore dell'età! Tutti, ma non lui.- continuò grave prendendo il cellulare.
-Tutti, ma non lui.- ripeté digitando il numero 07 sull'apparecchio.

-Signore e signori che ci guardate da casa, abbiamo una bellissima notizia per voi! Tutti coloro che avevano votato per Helen avranno la possibilità di rivotare in quanto la sorte aveva destinato per lei una strada diversa.- proclamò l'uomo con il fucile alzando le braccia al cielo mentre l'uomo con l'uzi trascinava i corpi coperti di Chris ed Helen davanti alle porte dell'ascensore.
-E fra pochissimi minuti scopriremo chi fra questi promettenti giovani dovrà abbandonare la casa!- aggiunse la donna indicando con un gesto della mano i ragazzi, un po' seduti sul divano e un po' a gambe incrociate per terra.
Seth rabbrividì a quelle parole, come potevano parlare così tranquillamente, come se nulla fosse, come se davvero si trattasse di un gioco mentre uno di loro stava per essere giustiziato, lo trovavano divertente.
Sophia non aveva ancora avuto il tempo di lavarsi e si grattava via il sangue rappreso dai capelli.
-Ma noi siamo dei romantici e vogliamo tenere quella stessa suspense che solo il qui quasi presente Chris McLean era in grado di dare, diremo uno per volta il nome del concorrente che può ritenersi salvo! Fra pochi istanti ci arriverà la busta con il nome dell'eliminato!- riprese l'uomo col fucile.
A Killian veniva quasi da ridere, erano ancora convinti che qualcuno avrebbe votato? Quando gli sarebbe arrivata una busta con dentro un foglio bianco sarebbe stata una scena esilarante, da non perdersi per nulla al mondo.
Le porte dell'ascensore si aprirono con la solita campanella tintinnante, un ragazzo castano e dai profondi occhi blu fece per porgere una busta chiusa al ragazzo con la pistola.
-Non avere timore ragazzino! Entra!- lo esortò il capo mentre quest'ultimo eseguiva l'ordine senza proferire parola.
-Dà qua la busta!- lo esortò, con mano tremante il castano fece ciò che gli era stato ordinato -Grazie...E-tienne, è stato un piacere!- concluse leggendo il nome sul cartellino.
Robert inspirò profondamente nel vedere la busta aprirsi, quanto avrebbe dato per sapere senza giri di parole il nome che vi era scritto sopra.
Jenna strinse la mano di Light. Inspira: uno, due, tre, pausa, espira: uno, due, tre, quattro, cinque e sei.
Almond era un misto di emozioni, degna del miglior cocktail di Killian, era spaventata, ma era felice, era triste e allo stesso tempo arrabbiata.
Non riusciva nemmeno lei a capirlo, e questo le faceva paura.
-Puoi andare, ma comincia a far sparire quei due corpi là.- disse la donna a Etienne indicandogli i due cadaveri ricoperti da un lenzuolo.
Senza farselo ripetere due volte il ragazzo entrò nell'ascensore facendo strisciare sul pavimento prima Chris e poi Helen.
-Dunque eccoci qua!- disse il capo sfregandosi le mani orgoglioso
Lukas dovette trattenere un conato di vomito nel vedere Sophia imbrattata di rosso dal seno in su.
Voleva delle medicine, gli girava la testa, gli veniva in continuazione da rigettare nonostante non avesse toccato cibo e la vista gli si faceva sempre più sfuocata.
Fece cadere la testa sul divano mentre Angel gli carezzava la gamba.
Non doveva venire eliminata lei, ma nemmeno Lukas, se proprio qualcun altro doveva morire quella notte toccava a Marylin, o tutt'al più ad Almond.
-E le prime due persone che stasera possono sentirsi al sicuro sono...
Seth e Jenna! Complimenti, ci rivedremo ancora per un po'!-

Gli occhi dei presenti si puntarono sui due ragazzi nominati, che evidentemente rilassati sorridevano quasi istericamente.
Jenna scoppiò in lacrime.
Non le aveva mai sopportate le lagnone pensò Marylin roteando gli occhi in alto, era davvero una seccatura che non fosse lei la prescelta ad andarsene.
-Sono salvi anche... Dante e Lukas!- continuò il capo ormai completamente calato nelle vesti di conduttore.
Dante cercò lo sguardo di Killian prima di ricordarsi le parole di Sophia, probabilmente al biondo non fregava nulla che fosse salvo, anzi, magari lo stava maledicendo per non essere al suo posto.
Pam dondolava la testa a tempo di “River flows in you” per spezzare la tensione, se c'era una cosa che davvero poteva farla sentire meglio era quella canzone.
-Ed i prossimi fortunelli sono... Angeline e Killian!-
Angel sorrise felice mentre stringeva forte a sé un Lukas sempre più distante.
Kyte fece due calcoli mentali, era impossibile che proprio quella sera venisse eliminato lui, in fin dei conti era un ragazzo di bella presenza e poteva in una qualche maniera definirsi affascinante, era davvero giunta la sua ora? Beh, forse se lo meritava.
-Pam, Almond, tirate un sospiro di sollievo perché nemmeno una di voi due tornerà a casa, all'eterna dimora per così dire, questa sera!-
Almond si voltò e abbracciò sollevata Killian, intanto Pam squadrò velocemente i cinque rimasti.
Uno fra Marylin, Kyte, Robert, Sophia e Light avrebbe visto i suoi sogni infrangersi in un colpo di pistola.
-Kyte, sei salvo.-
Sophia cominciò a mordersi le unghie nervosa, seguita a sua volta da Marylin.
Jenna lanciò uno sguardo preoccupato a Light che si limitò ad abbozzare un sorriso fissando la moquette bianca sporca del sangue di Chris.
-Sophia, se vuoi evitare di prenderti le malattie di Helen levati quelle unghie dalla bocca, sei salva!-
La castana avrebbe voluto urlare, ma si limitò ad esultare sottovoce.
Robert realizzò in quel momento che il suo nome non era ancora stato annunciato.
Quella tensione maledetta lo stava spezzando in due.
-Marylin, hai il possesso del tuo iPod per un altro po'- disse l'uomo col fucile guardando beffardo Kyte sbuffare seduto al suo posto.
-Light, Robert, il pubblico ha votato e ha deciso, il primo vero eliminato di questa stagione di a tutto reality è...-
Jenna stringeva la mano di Light.
Seth carezzava la spalla di Robert.
La gente a casa, seduta sui suoi divani, incollata allo schermo dei loro televisori, dei loro computer, sentì il vuoto afferrargli lo stomaco.
Killian si era ormai convinto che lo avevano fatto per davvero, avevano votato, ma perché?
-ROBERT! Light, sei salvo, o almeno per questa volta!- concluse il capo/conduttore.
La donna dalla coda castana batté le mani eccitata.
Il cuore di Robert mise di sbattere per un secondo, non poteva capacitarsene, stavano per ucciderlo? Stava per morire in diretta tv? E la gente lo guardava ?
Voleva partecipare ad un cazzo di reality show, voleva conoscere nuovi amici, voleva divertirsi, non voleva morire, no. Era un incubo, avrebbe aperto gli occhi e si sarebbe svegliato nel suo letto come ogni mattina, ora li avrebbe aperti, sì, ne era certo.
-NOOO!- gridò con la voce rotta dal terrore rannicchiandosi su se stesso.
Ad un cenno della donna l'uomo con la pistola e l'uomo con la semi-automatica lo sollevarono da terra di peso mentre scalciava e cercava di scappare alla presa in ogni modo possibile.
-NOOOO! NON VOGLIO!- urlò nuovamente intanto che grosse lacrime cadevano sul pavimento.
Ognuno dei dodici ragazzi salvi era impietrito, si sarebbero voluti alzare, fuggire, liberare il ragazzo da quella presa.
Almond cominciò a singhiozzare sulla camicia nera di Killian.
-Fatelo smettere, vi prego, vi prego fatelo smettere.- sussurrò con un filo di voce mentre la bocca le si contorceva in una smorfia.
-SABRINA! SABRINA SPEGNI LA TV!- continuò a gridare mentre veniva trascinato di peso nel confessionale.
L'uomo con l'uzi lo fece sedere a forza sullo sgabello mentre l'uomo con la semi automatica lo teneva fermo.
Suo fratello Matthew, Londra, l'aereo, la Statua della Libertà... Sabrina.
-Ti amo...- sussultò rassegnato -...Sabrina.-
BANG.
Un colpo secco alla tempia e il corpo di Robert giaceva per terra morto.

In quel preciso istante Sabrina morì dentro, non si rese nemmeno conto del piatto che sua madre aveva fatto cadere per terra.
-B-Bambina mia.- balbettò con un filo impercettibile di voce.
Sabrina si alzò, fece un passo, poi un altro, aprì la porta a vetri del balcone e sentì l'aria fresca accarezzarle il viso.
Non avrebbe mai abbandonato Robert, la loro relazione era per sempre. Per sempre.
Fece scivolare una gamba sul parapetto.
-Sabrina?- chiamò la madre col cuore a mille proprio mentre la ragazza si lasciava scivolare nel vuoto.

-E ora è il caso che andiate a dormire, domani vi aspetta una sfida davvero dura.- li invitò l'uomo col fucile.
Nessuno si mosse dal suo posto.

Una donna di colore relativamente giovane dai corti capelli scuri fece ordine sulla sua scrivania impilando qualche scartoffia di vario genere.
Un uomo dai grandi baffi grigi sulla cinquantina si avvicinò alla sua postazione.
-Ti vogliono i servizi segreti, agente Sanners.-



 

Angolo dell'autore (che giustamente aggiorna alle 4 di mattina)
Non ho fatto abuso di caffè, ho solo abusato di me stesso e delle mie capacità.
As usual il grosso l'ho scritto oggi (che comprende pure ieri), vale a dire che in un mese ho scritto la parte di Blaineley e oggi ho scritto le successive diciotto pagine.
Sono abbastanza lento a scrivere, quindi fatevi due conti, ci ho messo tipo dieci ore ahah, credo di essere diventato isterico.
In ogni modo devo fare degli annunci importanti:

1) come avete potuto notare in questo capitolo abbiamo detto addio a due personaggi, non sarà l'ultima volta, io vi avviso, non vorrei mai che vi preoccupaste solo durante la cerimonia di eliminazione, sia mai!
2) coloro che leggono ma non hanno oc in gara, io vi pregherei in aramaico se solo lo sapessi, votate quando c'è da votare, fatelo per me pls.
3)se trovate sul web un personaggino in stile TD che assomiglia al vostro OC fatemelo sapere che vorrei fare una bella tabella.
4) Io amo tutti gli OC che mi avete mandato, forse per questo i capitoli sono così dannatamente lunghi, voglio dare spazio a tutti, e comunque ancora dovete finire di conoscerli, in ogni modo gradirei lo leggeste tutto e non a sprazzi, altrimenti vi perdete succulenti dettagli!
5)fatemi sapere se volete fare algo al vostro OC che cercherò di far avverare i vostri desideri, piano piano s'intende.

IHIH sta suonando l'allarme di una macchina, non sono schizzato nonono.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
 

Scarlett finì di sistemare alcune provette e si slacciò il camice bianco, lo ripiegò con cura e lo adagiò sul ripiano di metallo.
Assistente di laboratorio. Poteva dirsi abbastanza soddisfatta di quello che era diventata la sua vita dopo quello stupido reality.
La luce al neon del corridoio tentennò un po', la ragazza si guardò attorno alla ricerca di qualcun altro, ma non riuscì ad individuare nessuno.
Doveva essere l'ultima anche quella sera, stava diventando ormai un'abitudine chiudere i vari locali e lasciare la chiave nel vaso del platano davanti all'ingresso.
La rossa si alzò gli occhiali con l'indice ed il medio della mano destra mentre camminava a passo svelto verso la sua utilitaria verde bottiglia.
Si sentiva stranamente osservata, come un coniglio che salta per il prato conscio della presenza del lupo, ma senza la capacità di poterlo individuare.
Scrollò le spalle ed aprì la portiera della vettura prendendo posto sui sedili di finto cuoio beige rovinati dal tempo.
Accese la radio gracchiante trafficando con la rotellina della frequenza fino quando non ne trovò una non disturbata, si sarebbe decisa ad andare ad una concessionaria per trovare qualcosa di meglio, prima o poi.
-Ci è appena stato comunicato il decesso di un altro ragazzo all'interno della casa, si tratta del diciassettenne Robert Stewart, la terza vittima dopo Chris Mclean ed Helen Black. La produzione continua a sconsigliare al pubblico a casa di sintonizzarsi sul quinto canale e di votare partecipando al massacro, ma la situazione è sempre più critica, mai era stato realizzato uno share così alto, in almeno un'abitazione su tre la televisione è accesa proprio sul programma.
Intanto continuano le ricerche delle ex-star del reality Courtney Barlow ed Heather Wilson, può tutto questo essere collegato? Il prossimo appuntamento è fra un'ora esatta, qui, su radionews24.-
concluse la speaker radiofonica mentre Scarlett aggrottava le sopracciglia.
Che situazione assurda, poteva dirsi fortunata che Chris avesse deciso di rinnovare il cast per quella stagione.
Incredibile che fosse morto, anche se non le dispiaceva più di tanto non riusciva a realizzare quanto fossero veri i fatti che si stavano susseguendo.
Uscì dal parcheggio dell'edificio, prosegui per un centinaio di metri e poi svoltò per una stradina avvolta dagli alberi, da quando aveva scoperto quella scorciatoia impiegava mezz'ora di meno per tornare a casa.
Ancora quella sensazione, ancora quel peso a gravarle lo stomaco, sentiva la presenza di qualcuno, poteva percepirla.
Non vedeva l'ora di arrivare a casa per lavarsi tutto di dosso con una bella doccia ghiacciata.
La sua attenzione si spostò su un'auto poco più avanti, ferma sul ciglio della strada, preceduta dal triangolo di emergenza che si illuminò sotto la luce dei fari.
Una donna di media statura si gettò in mezzo alla carreggiata agitando le mani per aria.
Scarlett si irrigidì di colpo premendo con forza il piede sul freno e sterzando per cercare di evitarla.
Quando realizzò di averla schivata di pochi centimetri il sollievo si unì ad un improvviso senso di rabbia, aprì la porta della vettura e ne uscì gridando.
-Che cosa le salta in mente?! Avrei potuto ucciderla!-
La donna deglutì mentre riprendeva la calma.
-Deve aiutarmi, è la batteria, è morta! Sono ferma qui da due ore e non è ancora passato nessuno.-
-Chiamare il carro attrezzi?- sbuffò la rossa rientrando in macchina per avvicinarla all'altra -Almeno ha i cavi?-
-Certo.-
si affrettò la sconosciuta aprendo lo sportello del passeggero ed estraendo quello che Scarlett aveva richiesto.
TUMP.
-Che è stato?- chiese voltando lo sguardo verso gli alberi intanto che la donna alzava il cofano.
-Uhm?- domandò l'altra sbucando con la testa del veicolo con i cavi ancora in mano.
-Ho... Ho sentito un rumore.- balbettò la rossa.
Si sentiva ancora quei maledetti occhi addosso, che qualcuno la stesse veramente seguendo?
-Impossibile, ci siamo solo noi.- disse la donna tirandosi su le maniche della felpa blu.
TUMP.
-Ancora! Lo ha sentito adesso?- esclamò Scarlett saltando sul posto.
Si era fatto più forte, sembrava essere incredibilmente vicino, come qualcosa che picchiasse contro una superficie più dura.
Qualcuno era lì con loro, si avvicinò alla donna cercandone la sicurezza.
-Sentito cosa?- domandò a sua volta la castana guardando stranita la ragazza.
-Quel rumore!- sbraitò istericamente.
Come poteva essere così sorda? Era stato così forte e violento quella seconda volta!
TUMP.
Un brivido le percosse la spina dorsale arrivandole fino alla testa.
Era dietro la macchina.
Incrociò lo sguardo della donna e le fece segno di stare zitta.
Allungò un passo con circospezione, facendo in modo di essere il più silenziosa possibile, un altro passo, un altro ancora, mancava poco meno di mezzo metro alla fine della vettura.
Nessuno.
-Non c'è nessuno...- sussurrò guardando la donna.
-Sarà stato il vento.- disse l'altra stringendosi le spalle e avvicinandosi a lei.
TUMP.
Scarlett spalancò gli occhi verde smeraldo dietro le lenti dei suoi occhiali.
Veniva... Veniva... Dal bagagliaio?
Poggiò le dita sul metallo freddo facendo scattare la serratura.
Più sollevava lo sportello più una smorfia di terrore si faceva spazio sul suo volto.
-Noah?- bisbigliò mentre il ragazzo si dimenava dalle corde che gli avvolgevano i polsi e le caviglia bofonchiando qualcosa reso incomprensibile da un pezzo di nastro che gli tappava la bocca.
La rossa percepì la presenza della donna alle sue spalle e le sferrò una gomitata in pieno ventre, si girò di scatto e cominciò a correre.
La sconosciuta si asciugò della saliva che le era uscita dalla bocca lanciandolesi dietro.
Scarlett non doveva smettere di correre, odiava dover fare sforzi fisici, ma non poteva permettersi di mollare.
Noah... Courtney ed Heather, era tutto collegato e lei era la prossima.
Era vicinissima al laboratorio, le sarebbe bastato arrivare fin lì ed era in salvo, maledetto il momento in cui aveva poggiato il cellulare sul sedile.
Doveva trovare un telefono.
-Aiuto!- gridò col fiato che aveva in gola senza smettere di correre un momento, si guardò alle spalle, aveva distanziato la sua inseguitrice di cento metri e... che stava facendo? Tornava indietro?
Notò con la coda dell'occhio che Noah era riuscito a sgusciare fuori dal bagagliaio cadendo per la strada.
La castana lo sollevò di peso e lo ricacciò dentro, assicurandosi di chiudere a chiave.
Grandioso, aveva guadagnato altro distacco.
-Aiutatemi, aiuto!- urlò di nuovo, nella speranza che qualcuno passasse di lì, ma conscia che per le campagne alla periferia di Toronto non ci fosse mai un'anima viva.
A duecento metri da lei si faceva sempre più chiara la luce dei lampioni accesi nel parcheggio davanti al laboratorio.
Ce l'aveva quasi fatta, bastava un altro piccolo sforzo.
Si sarebbe chiusa dentro, avrebbe chiamato la polizia e poi si sarebbe nascosta in qualche armadietto.
Fra l'altro si ricordava perfettamente il modello dell'auto della donna, così anche non avendo la targa avrebbe potuto stringere il campo di ricerca.
Avrebbe anche potuto rilasciare un perfetto identikit, magari sarebbe passata come un'eroina.
“Colei che è scappata ad un tentato rapimento ed ha consegnato nelle mani della giustizia un'affiliata al gruppo terroristico.”
La porta era a dieci metri, si gettò con tutto il corpo verso il platano all'ingresso ed estrasse la chiave dal terriccio umido.
Si guardò le spalle, era vicina, stava arrivando.
Cercò di infilare la chiave nella serratura riuscendo solo a graffiare tutt'intorno.
Lanciò un grido acuto cercando di recuperare la calma, ma la mano le tremava bruscamente e non c'era verso di aprire quella dannatissima porta.
-Aiuto! Maledizione!- imprecò colpendo il vetro.
Si girò nuovamente, eccola.
La sconosciuta dalla felpa azzurra era ad un passo da lei.

-E ora è il caso che andiate a dormire, domani vi aspetta una sfida davvero dura.- li invitò l'uomo col fucile.
Nessuno si mosse dal suo posto.
-E'-E' morto?- balbettò Jenna con gli occhi sbarrati.
-Certo che è morto, che domande.- le rispose la donna abbozzando un sorriso perverso.
Non aveva mai particolarmente notato Robert, non aveva avuto l'occasione di farci quattro chiacchiere, ma se lo ricordava bene, sembrava così un bravo ragazzo, una persona buona.
Le venne in mente mentre si aggiustava i capelli biondi poco prima di entrare nell'ascensore solo qualche giorno prima, mentre rideva felice, mentre chiacchierava in disparte con Seth... Seth, come doveva sentirsi in quel momento?
Il ragazzo non si muoveva, era rimasto immobile al suo posto, come pietrificato, non aveva avuto il tempo materiale per metabolizzare quello che era appena successo.
Non aveva avuto tempo di realizzare nulla di quello che stava succedendo e non lo avrebbe mai avuto.
-Ti piace, vero?-
Ricordava perfettamente la voce del biondo, i suoi occhi grigi come una pietra chiara bagnata dalla rugiada, la sua allegria incondizionata, le sue preoccupazioni.
Ora più nulla.
Era morto? Com'era possibile che fosse morto?
Era con lui fino a un momento prima.
Lo avevano ucciso? Come avevano potuto ucciderlo? Perché?
-Ho detto a letto.- ribadì freddo l'uomo -Non avete la minima idea di quello che vi aspetta domani.-
No, aveva ragione, non avevano la minima idea di quello che avrebbero dovuto affrontare e questo Killian lo sapeva bene.
Ogni singolo minuto in quella casa era imprevedibile, tutto quello che credeva di sapere era che non si sarebbero mai messi a sparare all'impazzata su di loro.
Volevano un vincitore.
Doveva avere il tempo di pensare a come uscirne, a come fare uscire gli altri.
Era sicuro che i suoi genitori stessero già facendo qualcosa, ma era abbastanza agire dall'esterno?
L'FBI non poteva trascurare una cosa del genere, probabilmente la notizia si stava diffondendo in tutto il mondo e allora che avrebbe fatto la gente?
Li avrebbe guardati morire?
Si avviò lentamente verso la sua camera da letto, seguito uno alla volta dai compagni, stremati e arresi.
Ora che era morto Robert avrebbe dovuto passare la notte da solo e la cosa gli faceva dannatamente paura.

Almond si infilò sotto le coperte, non pensava più a nulla, non aveva più nessuno stato d'animo ad infestarle la testa, solo il vuoto.
Per un momento si sorprese, era come se un buco nero le si fosse formato nello stomaco e la stesse trascinando nel buio, scoppiò in una grossa risata.
Era felice, ma era felice per davvero?
Sicuramente era spaventata, non dalla situazione, ma da se stessa.
Quindi non era più felice?
Stava impazzendo, sì, forse era quella la verità.
-Almond- sussurrò Sophia con la testa poggiata sul guanciale -Non so cosa succederà domani, ma se vogliamo uscirne vive dobbiamo restare unite, siamo o non siamo compagne di stanza?-
La ragazza si domandò cosa ci trovasse Almond di tanto divertente in una situazione del genere per ridere così tanto.
Ma in fondo non le importava, che ridesse pure, quello che contava era che la aiutasse nel caso del bisogno.
La mente della ragazza era fredda, analitica, non si era lasciata impressionare più di tanto dalla situazione.
Si era conservata sana, doveva avere la forza per reagire, ma essere lucidi in una situazione del genere può essere considerato sano?
-Compagne di stanza.- le rispose Almond allungando un braccio fuori dal letto e afferrando la mano di Sophia che fece lo stesso.

Jenna diede la buonanotte prima a Seth e poi a Light, che si fermò qualche secondo sull'uscio della sua stanza.
Stava piangendo?
Quel bel ragazzo dai capelli neri a ciuffi biondi aveva davvero una lacrima a rigargli la guancia?
Light si asciugò il volto con la manica della camicia e diede un colpetto sulla spalla di Jenna.
-Dovevo esserci io.- disse solamente mentre la ragazza gli sforzava un sorriso per cercare di tranquillizzarlo.
Era un mostro, lo aveva fatto di nuovo, era stato capace di salvarsi per quanto inconsapevole mentre qualcuno ci aveva rimesso la vita.
Quella mostruosità doveva finire.
Li avrebbe assecondati giusto il tempo per capire cosa fare e poi l'avrebbero pagata tutti, tutti quanti.
-Ma non è andata così, pensa a quello che puoi ancora fare, non a quello che è già stato fatto.- gli disse abbracciandolo dolcemente per poi lasciarlo andare e dirigersi verso la sua camera.
Dante si sfilò la canottiera bianca pronto per andare a dormire, abbozzò un sorriso ai compagni di stanza e si lasciò cadere sul materasso.
Un pensiero lo fulminò di colpo.
Killian era rimasto solo?
Lui era il compagno di stanza di Robert e ora che non c'era più avrebbe dormito in una camera vuota, impregnata della presenza ormai svanita dell'altro.
Se uno fra loro tre fosse andato da lui non ci sarebbe stato problema, sarebbero stati due per stanza.
Ma non aveva il coraggio di andarci lui e sapeva che nemmeno Light avrebbe mai accettato.
Spostò velocemente lo sguardo su Seth, dormiva.
Doveva decidersi, avrebbe fatto il patetico codardo o avrebbe raggiunto il biondo?
Scosse la testa per smettere di pensare, doveva agire e basta.
Se lo diceva sempre: “Meglio vivere di azzardi che di rimpianti”.
Era ora che finalmente mettesse in pratica il suo motto.
-Dove stai andando?- gli domandò Light da sotto le coperte.
-A far compagnia ad un amico.- rispose l'altro uscendo dalla stanza.
Il moro entrò nella camera dell'altro facendo scricchiolare la porta, Killian aprì gli occhi senza muoversi, sorrise.
Nessuno dei due osò aprire bocca.

Marylin tastò il suo iPod fino a quando il volume della musica non si alzò al massimo, non voleva pensare a niente.
Si portò le mani alle orecchie spingendo le cuffiette il più dentro possibile.
Hide my head I wanna drown my sorrow, no tomorrow, no tomorrow.
Era un terribile incubo, il suo più grande sogno che si sgretolava.
La tappezzeria più bella che si staccava lasciando il posto a un muro freddo e scrostato.
And I find it kind of funny, I find it kind of sad,
Non dovrebbe essere una bella esperienza partecipare ad un reality show?
Perché a lei? Perché tutto a lei?
The dreams in which I'm dying are the best I've ever had.

Kyte girò la testa dall'altra parte.
Maledetto il momento in cui quella ragazza era arrivata nella sua camera, teneva la musica ad un volume così alto che avrebbe potuto distinguere ogni singola parola della canzone che stava ascoltando.
Già era impossibile dormire per lui, in quelle condizioni poi.
Stava diventando isterico, le mani gli sudavano abbondantemente e la mascella gli tremava.
Aveva bisogno di una dose, ne aveva bisogno subito.
Si morse il labbro fino a quasi sanguinare quando decise di alzarsi.
Uscì in corridoio non curante di quello che pensava la mora e si avviò verso il bagno.
-E' questa la nostra richiesta.-
Kyte credette di riconoscere la voce dell'uomo col fucile parlare nel salotto.
Si nascose dietro l'angolo e sporse leggermente la testa per vedere meglio cosa stesse succedendo.
L'uomo se ne camminava avanti e indietro con un telefono all'orecchio, la donna si limava le unghie a gambe accavallate sul divano e l'uomo con la pistola era ancora a fare la guardia all'ascensore.
-Non mi interessa se è difficile, o li farete arrivare entro domattina o un altro ragazzo morirà.-
Sembrava abbastanza seccato, ma cosa voleva ottenere da chi stava all'altro capo della cornetta?
Qualcosa per la mattina dopo? Che cosa poteva essere?
Un picchiettio sulla sua spalla richiamò la sua attenzione e lo fece voltare di scatto.
L'uomo con l'uzi era immobile davanti a lui, in un millesimo di secondo alzò l'arma in aria e gliela fece ricadere con sul cranio, facendolo accasciare a terra privo di sensi.
L'aggressore superò il corpo con passo leggero e si fermò davanti agli altri.
-Credo sia il caso di addormentarli subito.-

Angel accarezzò la fronte di Lukas mentre lui cercava di non pensare al dolore.
-Sta facendo infezione Angeline, lo so, sta facendo infezione.- disse con una voce flebile e rotta dall'emozione.
-Non ti preoccupare, ci sono io. E puoi chiamarmi Angel.- lo rassicurò la bionda. asciugandogli il sudore freddo che gli bagnava il viso.
-Sta facendo infezione, morirò, io non voglio morire Angel.- continuò scuotendo la testa e chiudendo gli occhi.
La ragazza gli afferrò il polso.
-Ascoltami Lukas, tu non morirai, ti rimetterai, vedrai, domani riusciremo ad avere un dottore, si risolverà anche questo.- cercò di dire sforzandosi di non piangere.
-Dammi altre pastiglie, ti prego.- la implorò il moro.
Angel si alzò dal letto su cui era seduta e prese la scatola di medicinali che aveva portato con sé.
Se fossero andati avanti così sarebbero finiti in fretta, inspirò a pieni polmoni per farsi coraggio e prese due pasticche.
-Ecco.- disse infilandogliele in bocca e aiutandolo a deglutire con un bicchiere d'acqua -Starai bene Lukas, starai bene e potremo rimanere insieme per sempre.-
-C-Cosa?-
balbettò il ragazzo rispostando lo sguardo verso la bionda che aveva ripreso ad accarezzarlo.
-Niente, Lukas, niente.-

Pam aveva ucciso una ragazza a sangue freddo.
Poteva vedere ancora i suoi occhi, sentire ancora la sua voce.
L'aveva fatto davvero? Non era tanto meno mostruosa di suo padre allora.
Cosa avrebbero pensato le sue sorelle?
La stavano guardando ora, lo sapeva, ne aveva la certezza, e non da dietro lo schermo di un televisore.
Sentì qualcuno prenderle la mano sotto le coperte, doveva essere Jenna, ma cosa cavolo voleva da lei in un momento come quello?
Aprì gli occhi, ma ad aspettarla non c'erano i capelli neri e lisci della compagna di stanza, se non quelli di qualcuno che conosceva molto bene.
-Ruby?!- bisbigliò sorpresa.
-Mh?- mugugnò Jenna dal suo letto senza ricevere alcuna risposta.
La ragazza sdraiata nello stesso di Pam si raccolse i mossi capelli rossi e fece segno all'altra di rimanere in silenzio.
-T-Tu non puoi essere qui!- sussurrò nuovamente.
La visitatrice portò la mano dell'amica al suo cuore, poteva sentirlo battere, ma lei sapeva dell'impossibilità della cosa, stava diventando pazza?
La rossa tolse la mano dalle sue labbra e indicò la porta, Pam si rannicchiò su se stessa guardando in quella direzione.
Un fumo grigiastro stava entrando da ogni fessura.

-Fatto?- domandò la donna ancora intenta a limarsi le unghie.
-Saranno tutti nel mondo dei sogni ormai.- sogghignò l'uomo con la pistola.

Blainely O'Halloran strabuzzò gli occhi.
-Vogliono venti maiali? E cosa se ne fanno di venti maiali?-
Jessica Finnley non si degnò di alzare lo sguardo dal suo palmare e continuò ad inviare messaggi.
-Non ne ho idea, ma se non glieli diamo qualcun altro morirà.- bofonchiò scocciata.
-Ma l'FBI non sta facendo niente?- continuò imperterrita la conduttrice.
-Certo che sta facendo qualcosa, Blainely, non so se ti sei resa conto della situazione in cui ci troviamo, per ora è bene assecondare quegli uomini per vedere cosa vogliono.- sbottò la donna.
-Due ragazzi sono morti! Chris McLean è stato ucciso!- rispose allibita alla contestazione di Jessica.
-Quanti sentimentalismi, credi che a me non importi? Certo che mi importa!- pronunciò la donna cominciando a perdere la pazienza.
Josh passò di fianco alle due quando la direttrice non lo richiamò a loro.
-Josh.- scandì fredda.
-Sì Jessica?- le chiese spiazzato il conduttore.
-Porta via le tue cose, sei licenziato.- affermò con altrettanto gelo.
L'uomo impallidì in volto, mentre quello di Blainely si contorceva in una smorfia.
-L-Licenziato?- balbettò la bionda.
-Sì, devo ripeterlo? Svuota il tuo camerino.- intimò con sguardo truce Jessica ancora intenta a cercare di procurarsi i maiali.
-M-Ma...- cercò di ribellarsi l'uomo.
-Niente ma, Josh, lasciatelo dire, tu rovini il doposhow, ci vogliono facce nuove, volti freschi.- gli spiegò impassibile mentre l'altro si lasciava prendere dalle lacrime -E santo cielo, non perdere quel poco onore che ti è rimasto!- concluse facendo per girare sui tacchi prima che Blaineley l'afferrasse per il polso.
-Sentiamo, chi prenderà il suo posto allora?- domandò scioccata e inacidita.
-Quel giovanotto che ha lavorato come assistente, quello che è entrato nella casa, sarà Etienne la nuova star dello show.- sentenziò in fine Jessica.
-Etienne?! Uno stupido assistente non si prenderà il mio posto!- gridò questa volta Josh in preda dalla rabbia puntando un dito contro la donna -Ti chiameranno i miei avvocati, sei finita Finnley!- concluse facendo cenno ad una ragazza castana di prendere le cose dal suo camerino e uscendo dallo studio sbattendo la porta.
-Su Blainely, non ti pago per oziare, vai a prepararti.- ordinò lo squalo prima di andarsene definitivamente.
La conduttrice rimase impietrita per qualche secondo, girò lentamente la testa e fissò il ragazzo castano lavorare per il set con la cartelletta alla mano. Era il suo nuovo partner?

Josh afferrò il giubbotto all'ingresso e lo indossò velocemente, poggiando solo per qualche secondo la ventiquattrore per terra.
Jessica Finnley, quella stronza lo aveva appena licenziato, e dato del vecchio per di più!
Ma gliel'avrebbe pagata, oh sì, non lo conosceva bene, non sapeva cosa era capace di fare.
L'avrebbe ridotta al lastrico, tolto ogni singolo centesimo, sottratto il posto di lavoro, si era messa contro il ricco sbagliato e avrebbe fatto il conto delle conseguenze.
Un goccia fine di pioggia gli bagnò il viso.
Ci mancava solo che cominciasse a piovere, non aveva portato con sé l'ombrello quella mattina.
Era rimasto quasi un giorno intero in quel posto e quello era il ringraziamento.
“Sei licenziato”. Come no, i suoi avvocati avrebbero trovato un cavillo legale qualsiasi.
Il buio avvolgeva Toronto, schiarita solo dalle luci dei lampioni, non c'era quasi nessuna macchina in giro e l'uomo aveva preferito tornare a casa a piedi piuttosto che in macchina, doveva scaricare la tensione.
Il semaforo all'incrocio pedonale era illuminato di verde, sì affrettò per evitare che diventasse rosso.
Fu un attimo, non appena Josh mise piede sulle strisce pedonali una piccola macchina laccata di rosso lo travolse.
Un'altra goccia di pioggia scivolò lungo il suo viso fino a cadere per terra mischiandosi insieme al suo sangue sull'asfalto.

Sophia venne svegliata da uno strano verso.
Cosa stava succedendo?
Uscì ancora stordita dal sonno da sotto le coperte e si infilò le ciabatte per ciondolare fino all'armadio.
Si vestì ritrovando giusto quella lucidità per abbinare accuratamente i vari capi d'abbigliamento.
-Almond?- chiamò sotto voce -Almond?- ripeté a voce più alta.
La mora si rigirò innervosita nel letto.
-Ti sembra il caso di svegliarmi?- le domandò scocciata.
-Oh scusa...- disse la castana spiazzata dal tono di voce dell'altra.
-Tanto ormai.- concluse sprezzante -Che è 'sto casino?- domandò sentendo i grugniti provenire dal corridoio.
-E' quello che mi sto domandando anche io.- le rispose Sophia -Muoviamoci.- continuò uscendo dalla stanza nel momento esatto in cui l'uomo con l'uzi comicnciò a percorrere il corridoio con un megafono stretto fra le mani.
-IN PIEDI! Sveglia ragazzini, tutti in salotto. Hop hop, scattanti!- urlò a gran voce dentro l'apparecchio.
Seth si affacciò all'uscio sfregandosi gli occhi.
-Ma che succede?- balbettò con la bocca impastata.
-Vi aspetta una bellissima sfida!- gli rispose l'uomo facendogli l'occhiolino.
-Una sfida?- mugugnò Killian infilandosi una camicia nera .
-Stiamo scherzando? Lukas ha bisogno di un medico, subito!- sbraitò Angel spalancando la porta.
-Senti, carina, lo decidiamo noi chi ha bisogno di cosa qui.- le contestò seccato l'individuo -In ogni modo vi do cinque minuti, chi farà tardi avrà una piccola punizione.-

I dodici ragazzi si raggrupparono nel salotto com'era stato loro ordinato, disposti uno vicino all'altro, come per sentire la sicurezza dei compagni per poter trarne conforto.
Un assordante verso di animale rimbombava in tutta la struttura.

L'uomo con l'uzi passò il megafono a quello con il fucile.
-Eccoci alla vostra prima sfida, ragazzi! Non siete emozionati? Lasciate che ve la illustri, ma prego, seguitemi, si svolgerà in piscina, che abbiamo accuratamente provveduto a dragare.- cominciò facendosi strada verso la sala designata -Per prima cosa vi divideremo in squadre, vi abbiamo sorteggiato e questo è il risultato: la squadra uno è composta da Kyte, Killian, Jenna e Marylin, la due da Sophia, Light, Lukas ed Almond, mentre la terza dai rimanenti, ovvero Dante, Seth, Pam ed Angel.-
I concorrenti si guardarono fra loro con gli occhi bassi e stringendo le labbra, preoccupati per quello che doveva ancora venire.
-Non è possibile, io devo essere in squadra con Lukas!- obiettò Angeline.
-Le squadre sono state fatte e non si torna indietro.- le rispose l'uomo aprendo la porta a vetri della piscina e facendo entrare i ragazzi.
Non appena videro cosa si nascondeva all'interno un sussulto gli percorse la schiena.
Killian strinse con forza la mano di Dante, davanti a lui.
Nella vasca non vi era più una traccia d'acqua, ma venti maiali grugnivano rumorosamente camminando sulle piastrelle azzurre.
Alcuni rimanevano fermi, altri si muovevano all'impazzata, cercando di uscire da quel posto.
-Come potete vedere ci sono venti maiali, uno di loro è un maiale molto speciale, ma di questo ne parleremo dopo, perché non tutti voi parteciperete alla sfida, infatti un componente per squadra, da voi scelto naturalmente, verrà ammanettato a queste catene ed issato fino al soffitto, ogni venti minuti verrà fatto ricadere a terra per poi tornare su. Divertente, no? E sapete dove si trova la chiave che apre tutte e tre le manette? Qui viene il bello! E' nello stomaco di uno di quei bellissimi porcelli! Vedete là in fondo?- disse l'uomo indicando la fine della lunga sala, ove vi era un tavolo con sopra vari tipi di coltelli -Lì ci sono le armi che potrete usare per trovare la famosa chiave, non vi giri per quella bella testolina di usarle contro di noi, perché non ci penseremo due volte a farvela esplodere. Come si dice? Chi tardi arriva male alloggia, dunque appena do il via vi conviene correre molto veloce! Naturalmente chi per primo troverà l'oggettino bramato e liberato il proprio compagno farà vincere la propria squadra. I quattro vincitori non solo avranno l'immunità per l'eliminazione che avverrà domani, ma avranno anche diritto a medicinali ed eventuali cure mediche, dunque in bocca al lupo. Prima di partire voglio sapere però i nomi dei tre prescelti che non prenderanno parte al gioco, avete cinque minuti di tempo per comunicarmi le vostre scelte.- concluse orgoglioso mentre i concorrenti si dividevano nei gruppetti antecedentemente stabiliti.

Team 1
Jenna si mangiucchiò un'unghia nervosa, non era finita in squadra né con Light né con Seth, si sentiva persa, abbandonata a se stessa.
Poi pensò a cosa avrebbe fatto il ragazzo con gli occhiali senza di lei, non sembrava così forte da affrontare una sfida del genere, ed in fondo non lo era nemmeno lei.
Uccidere dei maiali, degli animali? Perché una cosa così orribile? Che avevano fatto loro di male?
Kyte squadrò i suoi compagni da capo a piedi, era leggermente scocciato di essere finito con la sua nuova compagna di stanza, ma era quasi certa che sarebbe potuta rivelarsi abbastanza utile, certo, non era all'altezza, però c'era qualcosa in lei di battaglievole, in un'occasione del genere era senza dubbio necessario.
Killian si passò una mano fra i capelli biondi, rialzandosi la frangia.
Dante non era nella sua stessa squadra, si stupì a pensare proprio a lui, ma d'altronde era stato così carino a fargli compagnia quella notte, era stato inaspettato, una bella sorpresa.
Uno di loro doveva andare alla gogna, non era pronto a dire chi, non voleva assolutamente pronunciare un nome, loro... loro erano suoi amici.
Marylin guardò innanzitutto il tavolo delle armi, fra tutte spiccava in mezzo una grande motosega, non era sicura di essere così veloce da prendere quella, ma la voleva ad ogni costo, doveva uccidere dei maiali? Lo avrebbe fatto.
Ci avrebbe messo tutta se stessa, ma ci sarebbe riuscita, vincere significava più tempo, altri giorni di vita.
-Lo faccio io.- disse Jenna con un filo di voce facendo un passo avanti.
I suoi compagni la guardarono avanzare verso l'uomo col fucile.
La mora si voltò per un istante.
-Non riuscirei mai a fare del male ad una creatura, vi rallenterei e basta, ma voi vincete, mi raccomando.- bisbigliò cercando di abbozzare un sorriso mentre la donna le ammanettava i polsi alle catene penzolanti dal soffitto.

Team 2
Sophia non si sarebbe mai fatta sfuggire quell'occasione, era ora di prendere le redini del gioco, se volevano vincere dovevano fare esattamente quello che diceva lei.
-E' ovvio che Light deve partecipare, io non mi faccio problemi a fare a pezzi uno stupido maialino, nemmeno Almond immagino. Lukas, qui tu sei l'unico problema, con un proiettile nella gamba non faresti altro che metterci in difficoltà, come se non partecipassi, ed io voglio evitare di perdere un altro concorrente mandandolo alle catene. Questo è quello che penso.- sentenziò la castana.
Il gelo si diffuse nelle membra degli altri componenti della squadra.
Light non avrebbe mai permesso che una cosa del genere accadesse, Lukas stava già abbastanza male per soffrire ancora, non potevano permettersi di aggravare la sua situazione, sarebbe potuto morire.
Certo, la caduta in sé non lo avrebbe ucciso, ma nelle condizioni in cui già si trovava non potevano rischiare.
-Che stai dicendo Sophia? Piuttosto ci vado io.- disse cercando di trattenere il nervosismo che gli fremeva sotto la pelle.
-Tu non vai proprio da nessuna parte.- ribadì la ragazza -Tu che dici Almond?-
La ragazza interpellata non sapeva cosa rispondere, nemmeno a lei sembrava giusto mandare al patibolo quel povero ragazzo, ma in fondo il discorso di Sophia aveva un suo filo logico.
-Compagne di stanza.-
-Ha ragione Sophia, Light.- disse quasi senza accorgersene.
Il ragazzo fece una smorfia di disgusto.
-Bene, allora la metteremo ai voti, chi dice che...-
-Fermo.-
lo interruppe Lukas afferrandogli il braccio. -Ha davvero ragione lei. Se poi vinciamo avrò delle cure mediche, no? E' così che deve andare.-
-Ma... Ma Lukas...-
cercò di obbiettare Light senza risultato, mentre il moro prendeva posto a due metri da Jenna.

Team 3
Gli occhi di Angel brillarono di rabbia.
-Che cazzo state facendo?- gridò guardando Lukas venire ammanettato.
Almond abbassò lo sguardo, mentre Sophia ricambiò i suoi urli con un sorriso smagliante.
-Siete morti, tutti e tre! Avete capito? Siete morti!- urlò nuovamente mentre Pam e Dante la tenevano per calmarla sotto gli occhi terrorizzati di Seth.
Jenna era legata, la fissò intensamente, non voleva le accadesse nulla di male, non voleva accadesse nulla di male a nessuno, ma perché proprio a lei?

La ragazza si accorse dello sguardo e allargò le labbra in un sorriso rassicurante.
Pam lasciò il braccio della bionda, sorpresa da una chioma di capelli rossi che correva saltellando in mezzo ai maiali, scosse la testa. No. Ruby non era lì, era morta e non sarebbe mai più tornata.
-Allora?- disse cercando di tranquillizzarsi -Chi ci va?-
Angel scosse la testa fermamente mentre Seth non riusciva a guardarla negli occhi.
-Vi prego, non mandate me, vi prego.- bisbigliò.
Le rotelle nel cervello di Dante lavoravano freneticamente.
Aveva un solo obbiettivo in quel momento, la sopravvivenza immediata.
Ma era conscio del fatto che non poteva pensare solo a quello, doveva guardare anche al futuro, doveva essere sicuro che il pubblico votasse per salvare lui.
-Per me non c'è problema, amico, mi offro io.- disse tirando una pacca sulla spalla di Seth.
Angeline fece una smorfia irritata.
-Bene.- concluse freddamente.
Seth fece fatica a riconoscerla, dov'era finita la ragazzina che cucinava biscotti per tutti la mattina? Possibile che quella situazione li stesse cambiando? O forse si stavano solo rivelando per quello che erano in realtà?

-E ora che abbiamo i nostri tre ragazzi fortunati possiamo cominciare! Siete pronti? VIA!- gridò l'uomo col fucile.
I nove ragazzi in gara cominciarono a correre a tutta velocità verso il tavolo con le armi, ve ne erano esattamente tante quante loro.
Light arrivò per primo e afferrò un coltello da caccia per poi gettarsi subito dentro la piscina.
Il ragazzo venne seguito da Kyte, che prese il machete, e da Killian, che strinse la prima cosa capitatagli fra le mani, ovvero un lungo tridente affilato.
Dopo i tre ragazzi arrivarono Sophia e Marylin, entrambe dirette sulla motosega.
La castana l'agguantò per l'impugnatura mentre l'altra per la parte dentata.
-Leva subito quelle mani.- le intimò Sophia con voce tagliente.
-Levale tu.- ribatté decisa l'altra ragazza.
La prima guardò sorridendo la manopola da girare assicurandosi che l'altra la notasse.
Marylin fece appena in tempo a togliere le mani dalla lama che Sophia aveva avviato la motosega, terrorizzata la mora si gettò istintivamente a terra mentre la castana le faceva l'occhiolino e si avviava verso la vasca come una modella su una passerella.
Marylin non fece in tempo a rialzarsi che Pam afferrò il secondo coltello da caccia ed Angel una sega dentata.
Seth, ultimo insieme ad Almond, le pose una mano aiutandola a rialzarsi.
-G-Grazie.- balbettò la ragazza sorpresa dell'azione del castano.
-Figurati, se non rimaniamo amici fra di noi siamo finiti.- le sorrise il ragazzo.
I tre guardarono sul tavolo, erano rimasti due coltelli da cucina ed un trapano elettrico.
-Che schifo.- disse Almond fissando le tre diverse armi, per poi scoppiare in una risata.
-C'è l'imbarazzo della scelta direi.- affermò beffarda Marylin prendendo un coltello, seguita da Seth e dalla mora che si ritrovò con un trapano fra le mani.

L'uomo con l'uzi poggiò la sua arma a terra e cominciò a issare Dante, Jenna e Lukas fino al soffitto.
Un grande timer posto sulla parete cominciò l'inesorabile conto, avevano venti minuti per trovare la chiave senza far cadere i ragazzi nemmeno una volta, solo venti minuti, non avrebbero mai potuto farcela.
Jenna fece penzolare le gambe, dovevano essere almeno cinque metri quelli.
Chiuse gli occhi.
Non doveva pensarci, avrebbero trovato il modo per farli scendere il più in fretta possibile, allora sarebbe stato come se nemmeno ci fosse salita.
Lukas si stava arrendendo, abbassò la testa guardando a terra.

Avrebbe voluto scendere, avrebbe voluto almeno scrivere l'ultima poesia dedicata a sua sorella.
Avrebbe voluto rivedere i suoi parenti solo per una volta, per l'ultima volta, ma quello non gli era concesso.
Dante strinse forte i denti, non soffriva particolarmente di vertigini, ma sapere di dover cadere da quell'altezza non poteva fare altro che accelerargli il battito cardiaco.
Guardò la collanina appesa al suo collo.
“L”. Luke.
Ora avrebbe saputo anche lui cosa significava provare vero dolore fisico.
19 minuti e 12 secondi.

Almond carezzò il muso rosa e peloso di uno di quegli animali camminanti per il fondo della piscina, aveva una macchia nerastra sul fianco destro.
La bestia stava grugnendo quasi disperata fino ad un momento prima, ma nel momento esatto in cui la mano della ragazza l'aveva toccata aveva smesso guardandola con i suoi grandi occhioni.
Sembrava che le stesse chiedendo di tirarla fuori da quel posto, ma lei non poteva, non poteva fare assolutamente niente.
Kyte non fece un movimento molto ampio, caricò solamente la forza del braccio alzandolo sopra la testa e fece ricadere il grosso machete sul volto dell'animale, davanti agli occhi spaesati di Almond.
Uno schizzo di sangue bagnò entrambi, mentre un feroce lamento richiamò tutte le altre creature, era iniziato il massacro.
La mora non riuscì a fare un passo, era come pietrificata.
Non appena sentirono l'odore del sangue fresco gli altri diciannove maiali cominciarono a correre, per il perimetro della vasca, accalcandosi fra loro, mentre altri saltavano alla ricerca di una via di fuga.
-Lo volevi tu?- domandò Kyte ad Almond -Beh ormai è un po' tardi.-
Non appena Sophia vide che qualcuno aveva avuto il coraggio di dare il via al gioco girò la manopolina nera attivando la grossa motosega, adocchiò il maiale più piccolo che aveva a tiro e vi si scagliò contro aprendogli il ventre.
Marylin la guardò disgustata, quella ragazza era un vero e proprio mostro, si girò il coltello fra le mani e usò la punta affilata per pulirsi un unghia.
Gliel'avrebbe pagata la stronza, ancora non sapeva come, ma non gliel'avrebbe fatta passare liscia.
Seth non avrebbe mai potuto uccidere una di quelle creature, si avvicinò ad Almond ed insieme si lasciarono cadere con la schiena contro il bordo della vasca, mentre i maiali si accalcavano dalla parte opposta.
-E' da pazzi.- sussurrò.
-I-Io non posso.- balbettò la mora.
-Non credo che qualcuno possa davvero, ma Jenna, lei sarà delusa di me...- continuò il quattrocchi.
-Jenna?- si interessò Almond.
-Sì, io vorrei essere il suo eroe.- affermò con la testa bassa.
-E lo sarai.- rispose la ragazza levandosi in piedi e porgendogli una mano.
17 minuti e 34 secondi

Angeline si tuffò letteralmente sulla schiena di uno dei maiali più periferici, salendoci sopra a carponi, lo afferrò per le orecchie tirandogli la testa all'indietro e gli tagliò la gola di netto.
Una volta che il porco si era accasciato a terra, scacciò quelli intorno brandendo l'arma e iniziò a segare la pelle rosastra del ventre, tirandone fuori gli intestini.
Killian rabbrividì, davvero quella ragazza era capace di fare una cosa così?
Era capace lei e non era capace lui? Doveva essere davvero patetico, subiva impotente tutto quello che stava succedendo, ma se voleva salvare i suoi amici doveva fare qualcosa di più, brandì il tridente per aria e lo lanciò contro la testa di uno degli animali, facendolo accasciare a terra.
Anche Kyte e Sophia erano intenti a scavare nelle viscere degli animali uccisi in precedenza mentre Light e Pam si aggiravano attorno alle bestie indecisi sul da farsi.
Così come aveva fatto Seth, pure Light lanciò un'occhiata fugace a Jenna penzolare dal soffitto.
No, l'avrebbe salvata in tempo, non come il suo fratellino, questa volta ce l'avrebbe fatta.
Lanciò un grido per sfogarsi e si accanì contro la schiena di uno dei poveri animali.
La castana con la sua stessa arma cercava con lo sguardo Ruby fra i maiali, ma questa volta la chioma di capelli rossi non era visibile da nessuna parte.
Inspirò cercando la calma che stava perdendo e seguì Light conficcando la lama nel fianco di un porco e facendola scorrere lungo tutto il fianco mentre zampilli di sangue le schizzavano sul volto.
Continuò ad infierire sul corpo fino a quando qualcosa non la obbligò a fermarsi, ogni pugnalata che tirava diventava sempre più chiaro ai suoi occhi che non stava infilzando un povero maiale, ma una bambina dai capelli neri che lei conosceva bene.
Si paralizzò con gli occhi spalancati e piano le girò la testa.
Era sua sorella.
Poteva vederla benissimo, lei stava uccidendo sua sorella, proprio come suo padre, lui era dentro di lei, Pam era una parte di lui.
Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e quando lo ebbe finito urlò di nuovo.
Seth ed Almond le corsero incontro e cercarono di calmarla.
Farfugliava di avere ucciso una ragazza, ma tutto quello che loro vedevano era solo il corpo di un maiale sventrato, il ragazzo riuscì a portarla in fondo alla vasca e la fece sdraiare, per poi tornare dalla mora.
9 minuti e 52 secondi

Sophia affondò nuovamente le mani nella poltiglia rossa sulla quale era inginocchiata prima di sbuffare rumorosamente, quella dannatissima chiave non era lì.
Sentì un rumore di passi fermarsi alle sue spalle, nel momento esatto in cui lei si scostò per vedere chi fosse la sega dentata di Angel andò a infilzarsi nel corpo morto del maiale.
-Angel!? Ma che cazzo fai?!- sbottò la ragazza dai capelli coloro nocciola balzando in piedi con la sua motosega.
-Ti ammazzo- grugnì estraendo a fatica l'arma dalla carne della bestia -stronza!-
Prima che potesse accorgersene la bionda le era saltata addosso facendole cadere la motosega a debita distanza e si era inginocchiata sulla ragazza.
Sophia deglutì nel sentire i dentelli sulla gola, guardò Angel fissa negli occhi e le rise in faccia.
-Che cazzo ridi?- le domandò la bionda con una smorfia.
-Niente, è la seconda volta che in dodici ore qualcuno mi sale addosso e cerca di uccidermi, fortuna che c'è Pam.- sogghignò per distrarre la ragazza e tirarle una gomitata in faccia.
La castana si divincolò velocemente da sotto il corpicino dell'altra e le assestò un colpo in pieno petto, facendola ruzzolare qualche metro più indietro.
-E voi non fate niente, mi raccomando! Lasciate che mi uccida.- sbraitò pulendosi del sangue dal viso, per poi tornare su Angeline -Provaci ancora e ti giuro che ti ammazzo.-
La bionda si asciugò le mani insanguinate sul maglione giallo evidenziatore guardandola in cagnesco.
Avrebbe ucciso Sophia Sparks, fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto, ma l'avrebbe uccisa.
Doveva solo trovare il modo adatto.
6 minuti e 38 secondi

-Ti prego Light, ti prego.- singhiozzò Jenna mentre le manette cominciavano a lasciarle il segno.
-Situazione di merda, eh?- disse Dante volgendo la testa verso la ragazza.
-Moriremo, lo so.- sussurrò la mora.
-Può darsi, ma sicuramente non oggi.- sentenziò il ragazzo.
-Nessuno di noi morirà.- tossicchiò Lukas richiamando l'attenzione dei due, che si girarono sorpresi -Io penso, anzi, sono sicuro, che riusciremo ad andarcene tutti insieme di qui.- concluse abbozzando un sorriso affaticato.

Light affondò il coltello da caccia in mezzo agli occhi di una altro maiale facendo schizzare materia cerebrale tutt'intorno, le bestie erano come impazzite, si muovevano sconnesse, alcune correndo, altre lentamente, saltavano, scivolavano sul sangue dei loro vecchi compagni di tortura e grugnivano con strazio.
Doveva trovare la chiave, mancava sempre meno e poi sarebbero caduti, non poteva permetterlo, no, era fuori discussione.
Killian appoggiò malamente il piede al suolo e cadde stortandosi la caviglia, un grosso maiale si fermò sopra di lui, coprendolo con il suo ventre.
Era una femmina, il ragazzo poteva vedere distintamente le piccole mammelle, avrebbe ucciso una futura madre?
Strinse il tridente con la mano destra e chiuse gli occhi smettendo di pensare.
Lo infilzò appena sotto la gola e lo fece scorrere fino alle zampe posteriori.
La pelle si aprì come una cerniera, scaricandogli addosso tutte le interiora.
Frugò velocemente fra quello che credeva essere l'intestino e poi si arrese all'idea che la chiave non doveva essere lì.
4 minuti e 6 secondi

Marylin venne disturbata mentre era intenta a pulirsi le unghie da un grosso maiale che le si scontrò addosso, obbligandola a spostarsi.
La creatura le si avvicinò minacciosa, fino a spingerla in un angolo.
-Hey!- urlò la mora -Un aiutino magari?!-
Il porco emise un lungo soffio prima di grugnire ed avvicinarlesi ancora.
Aprì la bocca pronto ad agguantarla, mentre la ragazza brandiva il coltello da cucina cercando di fermarlo, ma nonostante gli stesse infliggendo numerosi e profondi tagli al muso questo non sembrava esitare ad accostarsi ancora di più.
Una fitta lancinante le avvolse il polso nel momento in cui la bestia glielo afferrò con i denti, strattonandolo.
TRRR.
Almond avviò il suo trapano facendolo entrare dentro l'orecchio del maiale e guardando la lama uscire dalla parte opposta.
La morsa si fece sempre più leggera, finché la ragazza non era completamente libera.
Marylin ne aveva abbastanza, si aggrappò ai bordi con un salto e si sedette sul ciglio con le gambe a penzoloni.
Kyte la guardò in cagnesco, evidentemente non era all'altezza di un lavoro del genere, nessuno lo era.
1 minuto e tredici secondi.

Dante guardò velocemente il timer alle sue spalle.
-Cazzo.- imprecò.
-O mio Dio, ci siamo.- sussurrò Jenna con lo sguardo torvo.
-Muovetevi maledizione, muovetevi!- gridò il moro con più forza che poté mentre Lukas abbandonava lo sguardo ai suoi piedi.

Seth guardò prima i ragazzi, poi l'inesorabile conto alla rovescia, non ce l'avrebbero mai fatta in solo un minuto.
Angeline urlò di rabbia, si caricò e si lanciò prima contro un maiale, poi contro un altro a pochi passi di distanza.
Non vi era più una singola piastrella azzurra sul fondo della vasca che non si fosse tinta del sangue di quelle bestie.
La ragazza estrasse a mani nude lo stomaco dai due poveri animali e vi fece scorrere le dita stringendolo come fosse una cannuccia.
Niente, c'erano ancora nove fottuti maiali, la chiave era in uno di quelli.
45 secondi.

Almond ne aveva ucciso uno.
Se n'era resa conto, aveva tolto la vita ad una di quelle creature.
Era stato così terribile e lei si sentiva... si sentiva... felice?
Premette di nuovo il grilletto dell'arma più inutile che potesse trovare e se ne saltellò ridacchiante fra gli animali.
Un solo colpo deciso nel bulbo oculare di uno, nella tempia dell'altro e nella gola di un ultimo e altre tre carcassa si erano accasciate a terra.
Seth la guardò sbalordito.
-Beh, vuoi essere l'eroe di Jenna o no?- lo incitò -Comincia a cercare.-
Non se lo fece ripetere due volte.
21 secondi.

In quei pochi secondi sia Kyte che Sophia avevano decapitato un animale con le loro armi, ma mentre per la ragazza era stato tutto sommato facile il ragazzo aveva dovuto sudare non poco.
Light si fermò all'improvviso dal rincorrere uno dei quattro maiali rimasti.
Il timer aveva bloccato ogni sua reazione, tutti rimasero immobili.
5 secondi

Angeline lasciò la presa della sega dentata facendola cadere rumorosamente per terra.
4 secondi

Almond tolse il dito dal “grilletto”.
3 secondi.

Seth rimosse il coltello da cucina dal ventre del primo animale ucciso dalla mora.
2 secondi.

Jenna guardò prima Lukas, poi Dante. Si aggrappò con le mani alla catena cercando di salire un pochino più in alto.
1 secondo.

Il tempo sembrò fermarsi all'improvviso per ricominciare a scorrere più lentamente.
Un rumore metallico.
Le catene che scorrevano.
I tre corpi che piombavano verso il basso.
Le grida disperate.
I grugniti.
Anche Killian lasciò andare il tridente.
-AAAAAAH!- gridò Dante afferrandosi la caviglia -Cazzo!-
Il biondo balzò fuori dalla piscina e balzò ai suoi piedi, dalla caviglia del ragazzo sporgeva un osso scheggiato mentre fiotti di sangue sgorgavano fuori dalla ferita.
Jenna aprì gli occhi lentamente, aveva preso una forte botta al fondoschiena e le gambe le facevano un male cane, eppure riusciva a muoverle fluidamente.
-Jenna!- urlarono al contempo Seth e Light, che si scambiarono uno sguardo sorpreso.
-Sto bene, continuate a cercare!- urlò la ragazza riprendendo la calma.
Lukas aveva perso i sensi ed Angeline si era precipitata da lui ì, lo aveva preso in braccio e gli accarezzava dolcemente i capelli neri come la notte.
Il timer scattò di nuovo.
20 minuti.

-Abbiamo venti minuti, tutti al lavoro, subito!- ordinò Kyte -Anche tu Marylin.- aggiunse severamente lanciando un'occhiataccia alla ragazza.
Seth riprese il lavoro da dove lo aveva iniziato.
Tagliò l'apparato digerente lì dove cominciava la gola e aprì il tubicino tagliando su un fianco.
Un liquido giallastro sgorgò fuori dall'incisione ed il ragazzo dovette trattenere un conato di vomito.
Sophia, Light, Kyte e Almond freddarono gli ultimi quattro maiali rimasti, ponendo finalmente termine agli strazianti versi.
Ogni ragazzo, fatta eccezione per Pam che ancora scuoteva la testa con il volto paonazzo in un angolo, stava scavando nel corpo di una di quelle bestie indifese.
Sophia si alzò arresa dalla sua carcassa quando un gemito soffocato attirò la sua attenzione.
Seth fece per girarsi, poi tornò a concentrarsi sul suo maiale.
Strinse con forza la mano sinistra in un pugno mentre con l'altra fingeva di tagliare ancora il tubicino.
Si era reso conto della presenza di Sophia alle sue spalle e quella ragazza non lo convinceva per niente.
Aveva trovato la chiave.
Sbuffò.
-E anche qui niente.- borbottò alzandosi in piedi.
Sophia lo guardò negli occhi, fece una smorfia e puntò un nuovo maiale, il pugno chiuso del ragazzo richiamò all'improvviso la sua attenzione.
-Io vado un attimo in bagno.- continuò il moro.
-Fa' pure.- gli rispose la ragazza sorridendo.
Non appena il ragazzo le ebbe voltato le spalle lei era piombata su di lui e lo aveva spinto a terra, sotto lo sguardo perplesso degli altri.
Gli afferrò il polso destro e lo batté contro il pavimento fino a quando Seth non aprì le dita rivelando la piccola chiave dorata.
-Lo sapevo.- affermò orgogliosa la riccia.
Il moro non le avrebbe mai ceduto la chiave, alzò la mano per aria e la lanciò il più lontano possibile.
La chiave scivolò sul sangue fino a fermarsi in mezzo alla piscina.
Tutti guardarono prima la chiave, poi Sophia.
Sophia guardò prima la chiave, poi tutti gli altri.
-Light!- gridò -Prendila!-
Killian saltò dentro la piscina gettandosi con la mano aperta, anche Light e Kyte non esitarono a correre verso la vittoria, così come Sophia lasciò bruscamente Seth e si lanciò scivolando sul sangue fresco.
Killian strinse il pugno, Light strinse il pugno, Kyte strinse il pugno.
Uno scampanellio richiamò tutti e tre, che alzarono lo sguardo verso l'alto.
-Ta-dan!- sorrise entusiasta Almond facendo dondolare la chiave sopra le loro teste.
Kyte le afferrò la caviglia, prendendosi un calcio in pieno volto.
-Tua, Sophia!- urlò la ragazza alla castana appena rialzatasi in piedi lanciandole l'oggettino.
-Presa!- esultò l'altra precipitandosi verso le scalette della piscina e correndo a slegare Lukas.
-Non c'è di che.- disse facendo un occhiolino ad un'Angeline sempre più seccata, per poi liberare anche Jenna e Dante, che questa volta non erano ancora stati alzati fino al soffitto.
-E così abbiamo una squadra vincitrice!- esclamò orgoglioso l'uomo con il fucile -Il team due è immune dall'eliminazione! Voialtri, andate a farvi una doccia, puzzate. Pubblico a casa, ricordatevi di votare numerosi e mi raccomando, non sprecate voti a favore di Light, Lukas, Almond e Sophia, non avranno bisogno del vostro aiuto!-

-In piedi.-
ordinò l'uomo slegando Courtney, Gwen, Heather e Duncan -Andiamo dai vostri amici.-



 

Angolo dell'autore
Sono sicurissimo di esservi mancato. (Seh, come no)
Sono felicissimo di aver aggiornato prima della mezzanotte, perché poi la mia carrozza ritorna una zucca.
Questo capitolo è stato più d'azione che di introspezione, spero vi sia piaciuto lo stesso.
Ricordatevi di votare numerosi chi volete fuori (tranne i quattro vincitori ovviamente).
Commentate in ancora di più e ditemi se siete pronti a vedere dei personaggi di Ridoncoulus Race spuntare nel prossimo capitolo.
Spero, e dico spero, lo abbiate visto.
Ma quante sorpresone ci sono stateee?
PS. felice di aver contribuito alla scommessa malata di due amici malati.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
 

-In piedi.- ordinò l'uomo slegando Courtney, Gwen, Heather e Duncan -Andiamo dai vostri amici.-
-Che cazzo volete?- sbottò il punk a denti stretti.
-A tempo debito ogni domanda avrà una risposta.- gli rispose l'uomo lanciando un'occhiata divertita all'altro, che aveva da poco portato i due ragazzi.
-Kay mi ha detto che sono tutti pronti.- sentenziò il secondo.
-Pronti per cosa?- si impicciò Gwen spaesata.
-Tutto a suo tempo.- ribadì l'uomo appoggiandole la mano sulla spalla e spingendola fuori dall'appartamento seguito dagli altri.
Il sole di mezzogiorno metteva in risalto le pannocchie del campo di granturco che avvolgeva la casa di campagna.
Un piccolo furgoncino a fantasia militare era a pochi metri da loro con gli sportelli posteriori aperti.
-Tutti dentro!- esclamò allegro il primo.
-Se volete dei soldi non c'è alcun problema, posso darvene quanti volete, un milione? Volete un...- blaterò Courtney in preda dall'ansia zittita dall'uomo, che le mise un dito sulle labbra.
-Shh, principessa, non vogliamo i vostri soldi.- concluse premendole la canna di una grande pistola al ventre e facendo salire tutti sul furgone.

Payton impilò l'ultimo scatolone davanti all'ingresso.
Ancora non riusciva a capacitarsi del fatto che Josh fosse morto.
Le tornò in mente quando le aveva fatto cenno di prendere le sue cose, ora lo aveva fatto, ma a chi sarebbero andate?
Gli occhi della ragazza si illuminarono per un istante.
Era una tragedia, sì, ma non tutti i mali vengono per nuocere, anzi, quello era stato proprio una manna dal cielo.
Fece scivolare la mano dentro l'ultima scatola di cartone e vi estrasse l'orologio da polso dell'ex-conduttore.
Chissà quanto doveva valere, probabilmente più di tutti i vestiti che aveva addosso.
Per un po' non si sarebbe dovuta abbassare a fare certi lavoretti pur di ottenere un posto.
Indossò la refurtiva e se ne rientrò fischiettante nell'edificio.
-Bell'orologio.- le sorrise Etienne.
-Grazie.- rispose noncurante facendo scoppiare la cicca che masticava in bocca.

Marylin si passò per l'ennesima volta la mano bagnata fra i capelli.
Lo scrosciare dell'acqua riusciva a tranquillizzarla, anche se un tumulto di sensazioni aveva preso possesso del suo corpo.
Volente o nolente quella mattina si era imbrattata di sangue, sangue che non accennava a volersi scollare dai suoi capelli e a lavarsi dalle sue mani.
Era l'ultima ad essere entrata in bagno per farsi la doccia, preferiva starsene da sola, come al solito, mentre tutte le cabine di fianco erano vuote.
Quanto avrebbe voluto poter aprire gli occhi e svegliarsi sotto le coperte di casa sua.
Alzarsi piano, sgranchirsi le braccia ed indossare le pantofole rigorosamente nere.
Insistette ancora un po' sulla ciocca viola, forse si sarebbe dovuta arrendere all'idea che sarebbe rimasta rossa per un po'.
Sempre che a lei fosse dato di rimanere in vita.
Da quando aveva smesso di prendere la propoli contro il mal di gola la sua salute non aveva fatto altro che migliorare, che Kyte avesse ragione? Che fosse scaduta?


Ricorda, solo tre vittime, solamente altre tre vite potranno spezzarsi senza che siano loro a decidere.
La valvola dell'acqua fredda dovrebbe essere appena dietro l'ultimo lavandino, la vedi? Eccola, chiudila con discrezione.
Alza il cappuccio della felpa, nessuno deve capire chi sei.
Se il pubblico dovesse vederti sarebbe la tua fine, andrai negli spogliatoi della piscina per cambiarti, appena qualcuno uscirà tu uscirai con lui.


Un rumore improvviso ridestò Marylin dal suo assopimento, un'altra doccia era stata accesa, l'acqua picchiettava rumorosamente sul pavimento, nessuno ci stava entrando?
Un nuovo scricchiolio, una nuova manopola che si apriva, altra acqua che scendeva, quante persone c'erano nel bagno?
-C'è qualcuno?- domandò scostando il viso dal getto d'acqua.

Qualcuno c'è, ma non lo saprà mai.
Prendi il bastone che hai recuperato nel giardino artificiale, infilalo fra la maniglia della cabina della sgualdrina e in quella a fianco, non dovrebbe cedere, non uscirà di qui.


La mora si irrigidì, l'acqua si stava facendo sempre più bollente, il vapore cominciava ad occupare la cabina, una terza doccia a scrosciare.
Afferrò il rubinetto dell'acqua calda ustionandosi la mano.
Il metallo era diventato rovente, gridò per il dolore.
Si scansò con il corpo attaccandosi all'ingresso di legno senza togliere la presa con la mano.
L'acqua ustionante cominciò a cuocerle lentamente il braccio, urlò ancora più forte facendo pressione sulla porta, perché non si apriva?
Non potevano eliminarla, mancava ancora un giorno e mezzo al momento prestabilito, non sarebbe stato giusto.
Il pubblico non poteva odiarla, si era comportata male, da egoista, forse quello era vero, ma non meritava di uscire. Di uscire per sempre, poi non era così che andava, avrebbero dovuto avvisarla, come avevano fatto con Robert, sì.
Digrignò i denti, interrompendo a fatica il flusso d'acqua.
Gridò nuovamente, perché nessuno la sentiva?
La porta chiusa del bagno bastava a non far passare il suono?
Non poteva capacitarsene.
Qualcuno la voleva morta, ma se non erano i terroristi, allora... allora era qualcuno nella casa.
Uno dei suoi compagni, una fra quelle undici persone stava cercando di ammazzarla.
Non ce l'avrebbe fatta, no.
L'aria era sempre più pesante, il vapore delle altre docce la rendeva irrespirabile.
Se solo fosse stata abituata alla sauna, sorrise ironica.
Le troiette si facevano la sauna, le sgualdrine andavano nei centri di bellezza, ma lei no, non era come loro.
La vista le si faceva appannata, la testa le girava, un senso di nausea le opprimeva il ventre.
Marylin Tigolf perse i sensi.
Cadde pesantemente in avanti dopo aver tirato l'ultima spallata all'ingresso.
Sbatté la fronte contro il rubinetto e si accasciò a terra.
Un rivolo di sangue si mischiò all'acqua rimasta sulle piastrelle bianche.
La mora non avrebbe mai più riaperto gli occhi.

Nyanna rabbrividì.
-Alex...- chiamò con un filo di voce.
Un ragazzo dalle spalle larghe tornò a prendere posto di fianco a lei sul divano.
-H-Hai visto?- bisbigliò mentre il ragazzo annuiva -Marylin... Si chiamava Marylin giu...-
Alexander la zittì -L'importante è che non ci fosse Dante, nella doccia, no?- .
La ragazza odiava ammetterlo, ma aveva maledettamente ragione.
Era orribile, tuttavia l'idea che uno dei suoi migliori amici potesse morire davanti ai suoi occhi la faceva sentire malissimo, oltre che impotente rispetto alla soluzione.
-Non è giusto. Prima Luke, poi questo. Non è giusto.- singhiozzò portandosi una mano a coprire gli occhi.
-La vita ci mette di fronte a delle sfide, sta a noi trovare la forza di affrontarle.- cercò di rassicurarla il castano.

Seth era seduto dietro un tavolo, davanti a lui c'erano decine di persone.
Si guardò attorno, era circondato da scaffali pieni di libri, si sentiva a casa, finalmente.
L'incubo era finito una volta per tutte.
Strinse fra le mani la copertina rigida di un romanzo e sorrise alla folla.
Un gigantesco poster era appeso alla vetrina dietro tutti loro.
Sopra vi era il suo volto e a fianco una scritta incorniciata.
“Reality, di Seth Alleyn”
Era lui, quel ragazzo era lui, l'unico sopravvissuto all'attacco terroristico.
L'idolo di molti, l'astro nascente destinato a brillare nel cielo per sempre.
-Potrebbe farmi anche una dedica?- gli sorrise una ragazzina dai capelli ramati.
-Oh, certo.- le rispose il castano riprendendosi dai vecchi ricordi. -Dimmi, come ti chiami?- le domandò abbassando gli occhi sulla prima pagina.
-Jenna.- affermò ferma la voce -Jenna Hogan.-
Seth rialzò lo sguardo.
La ragazza allegra era scomparsa. Davanti a lui un'altra figura femminile lo fissava con disprezzo.
Qualcuno che conosceva bene, qualcuno amava.
-Sputa il rospo Seth, perché io non merito di stare qui con te?-

-Hey, amico.-
disse Killian poggiandogli una mano sulla spalla -Tutto a posto?-
Seth strabuzzò gli occhi.
Si era addormentato sul tavolo della cucina.
Ormai la realtà e il sogno stavano fondendosi in una sola dimensione.
-S-Sì.- balbettò dopo aver ripreso coscienza del posto in cui si trovava -Come sta Dante?- continuò scrollando la testa.
-Male, e le cure mediche andranno tutte a Lukas.- rispose il biondo rassegnato, versando un bicchiere d'acqua -Tu invece? Con Jenna?-
-Con Jenna niente, sembra più essere presa da Light che da me.- sospirò l'altro.
-Ci devi parlare, non puoi negare che sembrasse interessata a te.- lo spronò il biondo.
-Io, ecco, io non ci riesco.- borbottò Seth -Poi questa situazione... E' una merda.-
-Questa situazione finirà.-
insistette Killian.
-E probabilmente saremo tutti morti.- scandì impassibile il castano colto da un brivido.
-Ascoltami, nessun altro morirà. I miei genitori lavorano per l'FBI, so come funzionano queste cose, ci tireranno fuori di qui il prima possibile.- si agitò il biondo, mentre i suoi occhi grigi brillavano di agitazione.
Credeva davvero alle parole che stava dicendo?
-Allora perché dovrebbe voler vedermi ancora una volta fuori?- domandò Seth.
-Perché non dovrebbe?- chiese a sua volta l'altro.

Pam si prese la testa fra le mani.
Jenna non era in camera, non c'era nessuno in camera con lei. O forse non era così?
Alzò lo sguardo.
Tutto stava ruotando, un conato di vomito le salì lungo la gola.
C'era una ragazza di fianco alla porta, era sua sorella, sì, aveva i capelli castani leggermente mossi.
Le stava sorridendo.
Vicino al letto Ruby la guardava seccata.
Non stava succedendo, no. Niente di tutto quello era reale.
Doveva rialzarsi e bagnarsi il volto, doveva riprendersi.
Scattò in piedi, non si sentiva più il corpo collegato alla mente, camminava passivamente, non era nemmeno certa di saper più respirare.
Era come se il suo cervello fosse finito su un altro piano della realtà.
Appoggiò la mano sulla porta del bagno e non si accorse nemmeno di quanto fosse calda e umida.
Solo una volta entrata si rese conto che c'era qualcosa che non andava.
Una vampata di vapore bollente la colpì in faccia.
Voleva chiamare aiuto, ma dalla sua bocca non usciva nemmeno un gemito.
Ruby le passò davanti saltellando allegra.

Almond si impietrì in fondo al corridoio, il sorriso che aveva stampato in faccia le sparì di colpo, dalla porta del bagno stava uscendo tantissimo vapore, che stava succedendo?
Una terribile sensazione le avvinghiò le viscere.
Si affrettò ad entrare nella stanza.
Pam era immobile con lo sguardo fisso nel vuoto.
Provò a chiamare la ragazza qualche volta, senza risultato, poi il suo sguardo venne catturato da un lungo bastone, che messo per traverso bloccava l'uscita a due cabine della doccia.
Si asciugò la fronte e lo sfilò con angoscia.
Notò solo in un secondo momento che dell'acqua stava strabordando fuori, eppure non era trasparente, aveva una sfumatura rossastra.

Lukas stava riposando nel suo letto quando un urlo acuto lo svegliò.
Voleva andare a vedere cosa stesse succedendo, ma la gamba glielo impediva.
Perché qualcuno doveva gridare in quel modo?
Il pensiero che un altro dei suoi compagni potesse essere morto lo fece rabbuiare più di quanto non fosse già.
Era come se avesse un vortice nello stomaco, come se quel vortice stesse portando tutto a fondo.
-Che sta succedendo?- disse alzando il più possibile la voce, nella speranza di essere sentito.
-Che sta succedendo?- ripeté nuovamente, ancor più forte di prima.
Angel piombò nella stanza e lo abbracciò con forza, premendo la testa sul suo ventre.
-A-Angel?- domandò spaventato.
-E' morta, è morta, Lukas.- singhiozzò a fatica la bionda.
-C-Chi?- balbettò pensando a tutte le ragazze che c'erano nella casa.
-Marylin.- disse la ragazza scossa dal singhiozzo.
-M-Ma l'eliminazione dovrebbe essere domani...- affermò il moro cercando di trovare una soluzione a qualcosa che ormai era già accaduto.
-Non è stata eliminata. Lei... Lei è stata uccisa.-
Marylin era stata uccisa?! Com'era possibile?! Chi mai avrebbe potuto fare una cosa del genere?

Sophia accarezzò con la mano lo stipite della porta del bagno guardandovi dentro.
Light aveva chiuso la valvola generale dell'acqua e Killian stava portando fuori il corpo trattenendo a stento le lacrime.
Il ragazzo lanciò un'occhiata interrogativa a Sophia, che fosse lei la responsabile? Era stata gentile con lui, quello era vero, eppure quella stessa mattina aveva mandato al patibolo Lukas.
La ragazza si limitò a sorridergli, si voltò incrociando lo sguardo di Kyte.
Anche lui la stava fissando, faceva tanto il superiore, ma non aveva capito proprio niente.
Il ragazzo allargo le labbra in uno strano sorriso.
Che cosa significava?

Gli occhi neri di Kyte brillarono sotto la luce artificiale del salotto.
Quindi, escludendo se stesso, c'erano dieci sospettati di omicidio in quella casa.
Pam aveva già dimostrato di avere il fegato di uccidere una persona, ma in fin dei conti non lo aveva fatto con cattiveria, no, quello di Marylin era un assassinio efferato. Malvagio.
Anche Almond era da escludere, in fondo era stata lei a trovare il cadavere e sembrava essere davvero scossa.
Dante e Lukas erano bloccati a letto.
Rimanevano solo Jenna, Killian, Light, Angel, Seth e Sophia.
Uno di loro non era chi diceva di essere.

E così quel giorno trascorse completamente in silenzio.
L'uomo con la balestra, che fino a quel momento era rimasto in disparte, aveva cominciato a medicare la gamba di Lukas, il quale sembrava migliore a vista d'occhio.
L'uomo con la beretta si era fatto aiutare dalla donna a preparare la cena, cosa che Dante non riusciva a capire.
I ragazzi si guardavano con circospezione, con sospetto.
Altri due omicidi potevano benissimo avvenire senza che quegli uomini si preoccupassero di fare qualcosa, anzi, alla fine sarebbero stati proprio loro ad ucciderli.
Eppure quel pensiero ancora non si era insinuato nelle loro menti.
Ora temevano più uno qualsiasi di loro che quegli uomini in passamontagna.

I quattro ragazzi nel camion vennero bendati e fatti scendere di tutta fretta.
Duncan stava cercando stupidamente di capire che strada avessero percorso.
Una svolta a destra, due di seguito a sinistra, poi dovevano aver imboccato un'autostrada o una strada provinciale.
Dovevano essere passati circa quindici minuti e avevano fatto una larga curva a destra, probabilmente dovevano aver preso l'uscita.
Qualche altra curva e infine erano arrivati, eppure non sapeva dire se si fossero avvicinati al centro urbano oppure allontanati ancora di più.
Gli uomini li spinsero giù malamente e li fecero passare per uno stretto corridoio prima di togliere loro le bende.
Heather fece una smorfia, mentre gli altri tre aprirono leggermente la bocca per la sorpresa.
Davanti a loro vi erano altre sette persone, sette individui che conoscevano perfettamente.
Scarlett incrociò le braccia.
-Ecco i vostri amici.- disse l'uomo con entusiasmo.
Noah e Mike erano seduti su due sedie in angolo.
La stanza era quasi completamente spoglia e illuminata solo da una lampadina.
I muri avevano perso la vernice col tempo e le piastrelle sul pavimento erano scheggiate e rovinate.
Alejandro, Trent e Scott sussultarono nel vedere le tre ragazze che avevano fatto ingresso nel locale.
Non sapevano se essere felici per se stessi o arrabbiati per il fatto che anche loro si trovassero lì, con loro, nella stessa spregevole situazione.
Geoff si domandò se fra loro ci fosse anche Bridgette, ma si dovette rassegnare all'evidenza che non si sarebbero potuti fare coraggio a vicenda.
La porta era in ferro massiccio, arrugginito dal tempo.
Ogni volta che gli uomini uscivano la chiudevano accortamente dall'esterno, senza lasciare alcuna via di fuga.
Mike guardò prima Noah, poi Scarlett.
Inspirò profondamente e scese lentamente dalla sedia, d'improvviso ne afferrò le gambe e la scagliò più forte che poté contro il primo dei due uomini.
Prese la rincorsa e si lanciò verso la porta, il secondo uomo non esitò un istante.
Sfilò la pistola dai pantaloni e premette il grilletto contro il ragazzo.
Un solo colpo, dritto in testa.
Il suo corpo si sollevò in aria per il contraccolpo e ricadde a terra dopo qualche millesimo di secondo.
Courtney sentì un groppo raschiarle la gola, quegli uomini li volevano uccidere tutti?

La mattina seguente la tensione nella casa si era fatta più lieve.
Almond era stata insolitamente scontrosa durante la colazione, ma subito dopo era tornata la ragazza allegra di quasi sempre, ormai gli altri non facevano più caso ai suoi sbalzi d'umore.
Jenna e Light l'avevano incontrata per caso nella sala svago e si erano messi a curiosare in giro.
La mano della seconda ragazza si posò su uno strano mazzo di carte, non le sembrava il caso di giocare, però quelle erano così particolari.
-Cos'hai trovato?- domandò civettuola Almond avvicinandolesi -Uh! Carte!- esclamò allegra prendendone una.
-Che roba è?- s'interessò il ragazzo.
-Ma sono tarocchi!- gongolò la prima prendendo tutto il mazzo dalle mani di Jenna -Dai, ve li leggo!- esclamò piena d'iniziativa.
-Sei capace?- le domandò la ragazza con un sorriso perplesso stampato in volto.
-Certo che no, ma non deve essere difficile.- rispose mescolando il mazzo e sedendosi al tavolo.
-Sentiamo, piccola maghetta.- sorrise Light lanciando un'occhiata divertita a Jenna.
Certo che quella ragazza era così strana, eppure non poteva che riempirlo di gioia.
Era così contenta nonostante quello che stava succedendo, forse era sbagliato, ma a lui stava bene così.
Jenna strinse la mano del ragazzo e si sedette a sua volta.
-Dai, comincio io.- affermò entusiasta.
Si stava divertendo.
Non riusciva a crederci, ma finalmente aveva ripreso a divertirsi.
Era tutto merito di quella strana ragazza dai capelli neri avvolti in una treccia.
Eppure nel suo sguardo c'era qualcosa di malinconico, qualcosa di rotto.
Sapeva, anzi, era certa che non tutto andasse come doveva andare nella sua vita.
-Come funziona?- domandò sorridendo mentre Almond stendeva le carte a ventaglio sul tavolo.
-Prendine una.- le rispose eccitata.
-Una soltanto?- chiese ancora Jenna.
-Sì, sì solo una.- confermò l'altra senza staccare gli occhi dalla superficie di legno.
La mora fece scivolare la mano sul dorso scuro delle carte, appoggiò le dita su una per poi spostarle decise su un'altra.
La prese con titubanza e la portò a sé.
-Girala!- la spronò Almond mentre l'altra la fissava dubbiosa, ma con sempre un sorriso emozionato.
La carta girata era rivolta all'incontrario verso la mora, rappresentava un grande sole splendente antropomorfizzato, in alto vi era scritto: “Il sole”
-Che significa?- domandò quasi sollevata.
-Significa che rivedrai il sole ovviamente!- esclamò Almond -Vai tu, Light!-
Light la guardò accigliato, non sembrava essere poi così brutta la cosa, d'altronde cosa c'era di male nel far passare il tempo?
Prese una carta e la girò a fianco di quella di Jenna.
Riuscì a leggere la scritta al contrario “Due di denari”.
Due piatti d'oro occupavano il centro del rettangolo plastificato.
-E questo sarebbe?- chiese sorridendo.
Almond aggrottò la fronte guardando prima la figura, poi il ragazzo.
-Non ne ho idea.- sbottò delusa -Non sarai ricco magari.- affermò cercando una possibile interpretazione.
-Oh beh, peccato.- commentò il ragazzo con una risata.
-Tu, Almond?- domandò la mora -Non prendi una carta?-
-Uff.-
sbuffò l'interessata -Non ho più voglia di fare questo gioco, prendiamo qualcos'altro?-

L'uomo poggiò la balestra a terra e tolse la fasciatura dalla gamba di Lukas.
-Come ti senti?- gli domandò.
-Va già meglio.- disse il moro lievemente.
-Bene.- sorrise l'uomo sfilando una boccetta di alcool etilico dallo zaino e imbevendone un po' di cotone idrofilo.
Il peggio era passato il giorno prima, quando aveva dovuto estrarre il proiettile dalla gamba dal ragazzo, ma giudicando la situazione da un punto di vista medico tutto sembrava starsi rimettendo per il verso giusto.
Lukas aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse senza fiatare.
L'uomo continuò a strofinare la ferita con il cotone.
-Sì?- gli domandò.
Il moro esitò nuovamente, ma finalmente si decise a parlare.
-Perché lo fate?- chiese -Ci ammazzate e poi ci curate, perché lo state facendo?-
L'uomo interruppe la sua azione e lo guardò negli occhi ambrati.
-Non puoi capire.- rispose delicatamente prima di richiudere lo zaino, alzarsi e lasciare la stanza.
Lukas lo fissò andarsene.
Aveva visto qualcosa dentro di lui, dietro quegli occhi azzurri che erano l'unica cosa che il passamontagna non copriva, fatta eccezione per le labbra.
Lui non era come gli altri, lui era diverso.

Angeline sfregò le unghie sul divano rosso, l'uomo era uscito dalla stanza.
Resisté alla tentazione di alzarsi e di andare da Lukas.
Doveva lasciargli i suoi spazi, non doveva asfissiarlo, altrimenti si sarebbe potuto stufare, eppure voleva così tanto correre da lui e dirgli che lo amava, che lo aveva sempre amato.
Nella sua mente si stavano già sposando, avevano dei marmocchi che correvano in giro per casa, nella sua mente era tutto perfetto.
Kyte le si sedette a fianco.
La gamba gli si agitava da sola facendo ballare tutto il divano.
-Sei stato tu?- gli domandò impassibile.
-Stavo per farti la stessa domanda.- sorrise sorpreso il ragazzo.
-E' un no?- continuò la bionda.
-Sì.- rispose tranquillamente -Sei stata tu?-
-No.-
confermò -Eppure tu volevi il suo iPod.- continuò fermamente.
-E' vero.- affermò il ragazzo senza togliersi il sorriso enigmatico dal volto.
Angel smise di parlare, la presenza del moro le infastidiva, nonostante fosse un individuo interessante.
-Sta' fermo con quella gamba.- disse innervosita.
Kyte si forzò immediatamente per smettere di farla tremare.
-Cosa vuoi farci col suo iPod?- chiese ancora.
-Se te lo dicessi poi lo saprebbero tutti, siamo ripresi nel caso non te ne fossi accorta.- rispose impassibile.

Killian si sedette sul letto di Dante, ormai trasferitosi nella sua stanza, e gli carezzò la gamba illesa.
-Sono patetico, eh?- gli domandò il ragazzo.
-Assolutamente no.- lo rassicurò sorridendo -E poi sai...- continuò facendo scorrere la mano più in alto.
-Cosa?- chiese il moro quasi ridendo.
-I feriti sono così sexy.- ammiccò fermandosi al cavallo dei pantaloni.
-Sei davvero... davvero...- fece per dire Dante.
-Inopportuno?- domandò il biondo.
-Stavo per dire gay.- rise il moro avvicinandosi alle sue labbra.

Seth passò di fianco alla libreria picchiettando con le dita su ogni copertina, per poi fermarsi a “L'insostenibile leggerezza dell'essere”.
Una voce familiare lo chiamò alle spalle.
-Sai Seth,- scandì Sophia arricciandosi i capelli con l'indice destro -io l'ho letto il tuo libro.-
Il ragazzo sussultò. Che voleva da lui? Non si fidava, non si fidava per niente.
-Oh, ehm, ti è piaciuto?- le domandò senza saper cosa dire.
-Moltissimo, hai un vero talento.- gli sorrise la ragazza sfilando fino al tavolo della biblioteca.
Sophia aveva un corpicino niente male, sapeva perfettamente quando un ragazzo la guardava con occhi interessati e quelli scuri di Seth non erano così.
Schioccò la lingua scocciata, avrebbe dovuto pensare a qualcos'altro.
-Grazie.- arrossì il castano indeciso se crederlo o no.
-Prima ho visto Jenna.- continuò la ragazza.
-Davvero?- le domandò lui.
-E' una casa piccola.- sorrise per poi riprendere -Si stava baciando con Light, è un peccato che non si sia accorta di te, ma sai che ti dico? Non ti merita.- mentì spudoratamente la castana tirandogli un buffetto sul naso
-Ah.- sospirò il ragazzo abbassando lo sguardo.
-Ma non preoccuparti, sono certa che insieme riusciremo a togliere di mezzo il terzo incomodo.- concluse facendogli l'occhiolino -Ci stai?-
-Ci sto.-
titubò il castano.

Kyte si assicurò di aver chiuso bene la porta della sua stanza, poi aprì il cassetto del comodino di fianco a quello che era stato per poco il letto di Marylin.
Non fu difficile trovare il suo prezioso iPod, d'altronde la ragazza voleva averlo sempre a portata di mano.
Sorrise soddisfatto.
Non piaceva al pubblico e mai gli sarebbe piaciuto, lo sapeva per certo.
Non era come Sophia, non era così stupido da pensare di poter vincere tutte le sfide come probabilmente faceva lei.
Se ne sarebbe fatto poco della strategia in una situazione come quella, doveva trovare una via d'uscita e ora era sicuro di averla.
Benedì il giorno in cui aveva deciso di mettersi a studiare informatica.
Un solo ascensore per accedere ai locali andava contro tutte le norme di sicurezza che conosceva, doveva esserci un'uscita in caso di incendio.
E cosa poteva esserci dietro la misteriosa porta chiusa se non quello?
-Che stai facendo?- domandò civettuola Almond infilando la testa nella camera.
-Almond!- esclamò Kyte saltando sul posto -Che ca... cosa fai qui?-
-Ascolti la musica?-
continuò ignorandolo.
-No.- rispose scocciato -Almond, levati.-
La ragazza fece finta di non sentire, si sfilò le scarpe e salì in piedi sul suo letto.
-Che musica ti piace?- gli chiese cominciando a saltellare.
-Non sto ascoltando la musica, ma che stai facendo?!- sbraitò irritato.
-Eddai, non ti sai proprio divertire.- rise la ragazza.
-Non mi voglio divertire ora. Tu, fuori, subito.- scandì sempre più nervoso.
La mora scese dal letto sbuffando pronta a correre da qualcun altro, ma pensandoci bene il ragazzo stava facendo proprio lo stronzo.
Pensandoci bene lei era proprio arrabbiata.
Sì, era incazzata.
-Kyte Densmith.- disse scura in volto con una mano sulla porta -Anche tu morirai.-

Una magrolina agente di polizia di colore prese un taccuino dalla scrivania e una giacca sbiadita dalla sedia.
-Sei pronta?- le domandò una collega, una donna paffutella con una lunga coda raccolta sulle spalle.
-Non sono mai pronta.- sospirò l'altra -Quindi ora che si fa?-
-Dobbiamo analizzare tutti i video, per cercare anche solo in parte di individuare uno degli attentatori.-
le rispose.
-E il ragazzo che ha assassinato Maryilin?-
-Anche.-

La prima non riusciva a darsi pace, riguardare ore di filmati avrebbe solo fatto perdere loro tempo.
Tempo prezioso, mancavano solo pochi minuti prima che un altro di loro venisse “eliminato”.
Dovevano farsi venire un'idea brillante il più in fretta possibile, una di loro avrebbe potuto fingersi un'assistente e portare la busta, per poi coglierli di sorpreso con una pistola.
Eppure stava trascurando che altri di loro monitoravano la zona in superficie, appena fuori dallo studio.
Non sarebbero mai riuscite a portare un'arma, possibile che non ci fosse nulla da fare se non aspettare la fine di quell'abominevole show?

-Ragazzi!- pronunciò con fervore l'uomo col fucile attraverso un alto parlante -Venite tutti qui, subito!-
Un nuovo assistente se ne stava in piedi con la fatidica busta in mano.
Gli undici concorrenti rimasti presero posto sul divano col volto terrorizzato.
Erano stati così presi dai loro pensieri, dall'omicidio di Marylin che si erano scordati a quale terribile tortura stessero andando in contro.
La gamba di Kyte aveva ripreso a tremare mentre Angeline si mordicchiava il labbro.
-E il buon vecchio Etienne non si fa già più vedere?- chiese l'uomo senza ricevere risposta -Che succede? Il gatto ti ha mangiato la lingua, ragazzino?- insistette ancora prima di strappargli scocciato la busta di mano.
-Vediamo un po'.- borbottò prendendo il foglio tra le mani -Inaspettato!-
-Ci muoviamo?!-
chiese scocciata Sophia beccandosi un'occhiata perplessa da tutti i presenti, terroristi compresi.
-Come vuole, sua maestà.- ridacchiò l'uomo col fucile -Come ben sappiamo, Sophia, Almond, Light e Lukas sono salvi.-
Lukas sorrise imbarazzato.
Si sentiva in colpa.
Meritava davvero di essere salvo mentre una fra sette persone a cui teneva stava per morire?
-Dante, Killian, la nuova coppia, avete il pubblico dalla vostra parte, tirate un sospiro di sollievo.-
Killian eseguì l'ordine stringendo la mano del ragazzo di fianco a sé, il quale per potersi alzare si era fatto avvolgere saldamente un lenzuolo alla caviglia.
-Seth, Angeline, anche voi due avete diritto alla vita per un altro po'-
I due interpellati si lanciarono uno sguardo sollevato.
Jenna guardò il ragazzo seduto sul divano, sorridendogli.
-Kyte, Jenna, Pam, uno fra voi tre è destinato ad abbandonarci, siete curiosi di sapere chi è?-
La mora strinse il pugno destro fino a conficcarsi le unghie sotto la pelle.
Pam si dondolava su se stessa impassibile, col ciuffo castano che le cadeva sulla fronte per poi tornare indietro.
Kyte non era certo avvantaggiato dalla sua astinenza, doveva salvarsi almeno per quella volta, poi tutto sarebbe andato secondo i suoi piani.
-Kyte, anche tu sei salvo. Pam, Jenna, rimanete solo voi due.-
Il moro cercò di tranquillizzarsi, doveva mantenere la lucidità.
Seth guardò terrorizzato Jenna.
La ragazza stava tremando, doveva essere qualcosa di bello essere lì, non qualcosa di orribile.
Avrebbe dovuto avere la speranza di tornare in gara per la stagione successiva, non di non morire.
-Jenna, sei salva per questa volta. Pam, qualcosa di speciale ci aspetta.- sorrise l'uomo facendole l'occhiolino.
La ragazza non reagì.
La sua faccia era la stessa, impassibile, persa nel vuoto.
Jenna scoppiò a piangere e si gettò sulle gambe di Seth, stringendolo forte a sé.
Pam alzò lo sguardo.
Ruby era di fianco all'uomo, la stava guardando, lentamente alzò il braccio verso di lei per indicarla.
L'uomo con la beretta e l'uomo con l'uzi la presero da sotto le braccia alzandola di peso.
Non mosse un muscolo, i piedi le strisciavano per terra.
La castana non era più lì, se non con il corpo.
I due uomini la fecero sedere violentemente sul seggiolino dell'inutilizzato confessionale.
Ruby la fissava dietro la telecamera, allargò le labbra in un grande sorriso e scoppiò a ridere.
Perché la rossa stava ridendo?
Pam cambiò espressione all'improvviso, solo per un istante prima che la pallottola le attraversò il cervello.

Sarah spense il televisore del suo camerino.
-Payton!- urlò a gran voce fino a quando la formosa ragazza di colore non entrò nella stanza -Lo share?-
-50.2%-
affermò l'altra con circostanza mentre la direttrice sorrideva.
-Sai Payton, nonostante Josh sia morto penso sia un peccato perdere una risorsa come te, sei assunta a tempo pieno come assistente di Etienne.- decretò.
Payton arricciò le labbra, quanti servizietti doveva aver fatto quel ragazzo per aver raggiunto la vetta in così poco tempo?

 

Angolo dell'autore
Salve a tutti cari lettori e buonasera, questo non è un bellissimo periodo, spero che comunque il capitolo sia degno di essere chiamato tale.
Fra l'altro ho appena corretto tela con tale, quindi proprio sono fuso.
Come avrete notato il cap è un po' più breve degli altri, mi auguro vada bene, cioè, ditemi voi, se gli altri sono troppo lunghi o questo troppo corto mi regolo, magari dividendo ancora di più.
Allora allora, l'angolo autore di oggi vuole essere un po' pretenzioso, cerco di rimediare alla bruttezza del capitolo ahah.
Prima di tutto, avete notato la citazione di Killian e Dante ai primi episodi vero? Sono dettagli a cui tengo haha.
In secondo luogo, tiriamo un po' le somme con un bel riassunto.

Quattordici ragazzi vengono selezionati per partecipare ad una nuova stagione del reality più seguito in Canada.
Tutto sembra andare per il meglio, fino a quando sei uomini non fanno irruzione nell'edificio e li prendono in ostaggio.
Tutto quello che vogliono è che il pubblico decida chi eliminare, per poi ucciderlo.
Nei primi giorni Helen viene sopraffatta da se stessa e uccisa da Pam dopo aver avuto un attacco omicida.
La medesima sera Robert viene decretato primo eliminato e quindi ucciso.
Di seguito i ragazzi sono costretti a partecipare ad una terribile sfida in lotta per l'immunità, durante la quale cominciano a crearsi i primi attriti.
Lo stesso giorno, appena concluso il “macello” Marylin viene uccisa da una figura incappucciata nel bagno e Pam eliminata fisicamente dalla gara.
Questo per quanto riguarda dentro la casa.

Fuori, Blaineley è messa in difficoltà dalla direttrice Sarah, colei che tira le fila di tutto quel mondo.
La donna spietata licenzia senza motivo Josh per affidare il suo posto all'assistente novello Etienne.
L'uomo naturalmente reagisce malamente minacciandola, ma più tardi viene ucciso da un pirata della strada.
La sua assistente poco raccomandabile, Payton, viene nominata a sua volta nuova assistente di Etienne.

Undici vecchi concorrenti del reality vengono rapiti e scortati da due uomini dentro uno scantinato, ogni tentativo di fuga sembra essere vano.
Questi mostrano un incredibile sangue freddo nel momento in cui sparano a Mike mentre cercava di fuggire.

Qui di seguito una lista di personaggi, vivi e morti.

-Concorrenti:
Almond

Angeline
Dante
Helen
Jenna
Killian
Kyte
Lukas
Light
Marylin
Pam
Robert
Seth
Sophia


-Ex concorrenti:
Gwen
Courtney
Scarlett
Heather
Trent
Alejandro
Scott
Duncan
Mike
Noah
Geoff

-Terroristi:
Uomo col fucile
Uomo con la pistola
Uomo con l'uzi
Uomo con la beretta
Uomo con la balestra
Donna con la pistola

Uomo fuori
Uomo fuori
Donna fuori (Kay)

-Altri:
Agente MacArthur (da Ridonculous race)
Agente Sanners (come sopra)
Sarah
Blaineley
Josh
Etienne
Payton

Nyanna
Alexander
Sorella di Almond
Sabrina


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
 

Payton fece scoppiare rumorosamente un chewing-gum rosa mentre scorreva disinteressata la home di facebook dal suo cellulare.
Etienne inarcò un sopracciglio guardandola riflessa nello specchio, un ragazzo sulla ventina gli passò le mani fra i capelli portandoli leggermente indietro.
-Perfetto!- sorrise il parrucchiere stringendosi i fianchi.
-Grazie mille, Samuel.- ricambiò il ragazzo alzandosi dalla poltrona girevole e incamminandosi verso l'uscita seguito dalla nuova assistente.
-Etienne.- lo chiamò lei senza togliere lo sguardo dallo smartphone -Oggi stacco prima, vado a farmi i colpi di sole.-
-Mi spieghi come hai ottenuto questo posto di lavoro?-
si interessò perplesso e scocciato al contempo.
-E tu?- gli rinfacciò la ragazza -Ah, già. Josh è stato licenziato a cazzo, cosa ci hai fatto con Jessica?-
Etienne smise di camminare.
-Modera il linguaggio.- sbottò afferrandola per un braccio e facendo arrestare anche lei -Fino a prova contrario io sono il tuo capo, vedi di abbassare la cresta, ragazzina impertinente.-
-Mi stropicci la maglietta.-
bofonchiò inacidita Payton scrollandosi dalla stretta ed andandosene sculettando dalla visuale del ragazzo.
Etienne avrebbe parlato con Jessica, quell'oca arrogante se ne sarebbe dovuta andare il prima possibile, la sua presenza non faceva che dargli sui nervi.

La ragazza estrasse da una pochette di finta pelle di serpente una pinzetta e si chinò sui lavandini dei bagni.
Il sopracciglio destro era leggermente asimmetrico rispetto all'altro, rovinava decisamente il suo look sempre perfetto ed aggressivo.
Era una bomba.
Richiuse la zip e si infilò in una toilette abbassandosi la minigonna.
Il rumore della porta di ingresso l'avvisò che qualcuno era entrato nella stanza.
Fece per schiarirsi la voce in modo da segnalare la sua presenza quando una voce familiare la convinse a rimanere in silenzio.
-Ti ho detto che ora non ne possiamo parlare.-
Payton accostò l'orecchio alla porta di legno, si tirò su la gonna e si alzò in piedi sulla tazza per evitare che quella persona potesse vederle le scarpe.
-No, sta andando tutto come previsto, stasera andrà in diretta mondiale, non c'era mai stato tanto share nella storia della televisione.-
Ancora faticava a capire cosa fosse quel dannato share, ma una cosa le era certa, sentiva odore di soldi nell'aria, un'immensa quantità di banconote che con una piccola dose di furbizia sarebbe stata sua.


-Diciamo che non sono queste le condizioni in cui speravo di rivederti.- disse Alejandro con un sorriso amaro.
-Perché speravi di rivedermi?- gli domandò Heather accigliata.
-Certo, le cose non sono andate come dove andare.- affermò portandosi più vicino a lei.
Erano entrambi seduti in un angolino della cantinetta scrostata ed invasa dalla muffa, ogni persona in quella stanza sembrava immersa nei propri pensieri.
-Non sono andate e basta.- sentenziò l'asiatica.
-Dammi una seconda chance.- si fece coraggio il castano.
-Non mi sembra il momento adatto.- pronunciò impassibile la ragazza alzandosi in piedi e sedendosi più in là.
Sentiva di provare ancora qualcosa per lui, eppure era tormentata dal pensiero che fosse tutta quella situazione ad influenzare la sua lucidità.
Dopo il reality sembrava tutto così perfetto, poi lei lo aveva sorpreso con una sgualdrina.
Nel loro letto, se l'era portata nel loro letto mentre lei doveva essere al lavoro.
Più ci pensava e più si convinceva che non avrebbe dovuto cedere in ogni modo, non le importava quante volte il latino potesse ripetere che l'amava, che era stato un errore, che quella ragazza non contava niente.
Doveva mostrarsi dura, fiera, sicura di se stessa.
La pesante porta di metallo si aprì con uno scricchiolio, uno dei due uomini fece il suo ingresso nel locale ristretto.
-Preparatevi, ora entrate in gioco voi.-



Killian sfiorò la trapunta del letto di Dante col palmo della mano cercando di ricambiare il più possibile i sorrisi deboli che gli rivolgeva il ragazzo.
La caviglia era messa male ed il biondo era certo che se non avesse fatto qualcosa alla svelta il compagno ci avrebbe rimesso la vita.
Ma come avrebbe potuto risolvere una soluzione del genere?
Si morse il labbro in un momento di debolezza.
-Non fa nulla.- bisbigliò il moro con la testa appoggiata sul guanciale -Tanto prima o poi moriamo tutti.-
L'altro rabbrividì, la morte gli sembrava qualcosa di profondamente lontano, nonostante fosse così vicina.
Erano gli altri a morire.
Sua nonna, o meglio, la madre della sua ultima madre affidataria, il suo cane, la sua vecchia insegnante, Robert, Pam, Helen, Marylin.
Non lui.
Cosa significava morire?
Per un istante si immaginò nel confessionale con una pistola puntata alla tempia.
Un ultimo respiro, poi uno scoppio.
E dopo? Cosa sarebbe successo dopo?
Dopo che il suo corpo si fosse accasciato a terra cosa ne sarebbe stato di lui?
Non puoi smettere di pensare da un momento all'altro.
E' impossibile che tutto ciò che è reale ora ad un tratto venga a meno per sempre.
Il nulla è inconcepibile.
Tirò un grande sospiro.
-Tu non morirai, ci sono io.-
Dante lo guardò malinconico.
La caviglia gli faceva un male cane eppure mai come in quel momento si era sentito arreso agli eventi, nemmeno quando Nyanna gli aveva poggiato una mano sulla spalla dicendo che lui era morto.
Gli sembrava di essere lucido per la prima volta nella sua vita, di poter vedere tutto con occhi, analiticamente.
Sarebbe morto e insieme a lui probabilmente anche Killian, tutti avrebbero trovato la fine in quella casa.
Ma ci sono mali molto più grandi che la morte.
-Se vuoi aiutarlo- mugugnò una voce sconosciuta alle loro spalle -devi riassestare l'osso, fidati.-
L'uomo con la balestra aveva appoggiato l'arma sull'uscio aperto e li osservava masticando un sandwich.
-Cosa?- balbettò Killian sorpreso dalla sua presenza.
-Rimettigli l'osso nella gamba.- pronunciò nuovamente.
-L'osso nella gamba!?- il biondo non sembrava intenzionato a capire.
Aveva a malapena il coraggio di guardarla, quella ferita, e il bastardo gli diceva ciò che doveva fare come se nulla fosse.
-Non preoccuparti.- bisbigliò Dante guardandolo teneramente -Nemmeno io riuscirei a farlo.-
Killian lo guardò sbigottito. Si stava arrendendo? Si stava lasciando morire sotto i suoi occhi?
La cosa che più lo fermava non era la vista del sangue, era l'idea di provocare ancora più dolore a una persona a cui teneva.
-Come vuoi tu, amico.- disse l'uomo leccandosi la maionese dalle dita e scomparendo dietro la porta.
-E non chiamarmi amico!- gridò il ragazzo verso la sua direzione sbattendo la mano sulla trapunta.
-Non fare così.- lo implorò Dante cercando la sua mano ad occhi chiusi.
-Così come?- gli domandò il biondo, con una nota infastidita nella voce.
-Non urlare, non andare nel pallone, non tu.- spiegò il moro.
Killian sussultò. Aveva ragione, aveva smesso di pensare con lucidità, troppo spesso aveva permesso che i suoi sentimenti gli offuscassero la mente.
Prese delicatamente il piede e la gambe del ragazzo sdraiato sul letto, socchiuse gli occhi, tirò con forza.
L'uomo con la balestra accennò un sorriso, era rimasto dietro l'uscio nascosto ad ascoltarli.

La forbice per le unghie che Kyte aveva preso di nascosto dalla trousse rosa shocking di Jenna si rivelò più utile del previsto.
Nonostante il buon vecchio Jobs si fosse assicurato di rendere pressoché inapribili i suoi apparecchi elettronici, per un esperto come il ragazzo non ci volle molto tempo prima di riuscire a smontarlo.
Certo, il lavoro in sé lo avrebbe compiuto grazie alle sue doti informatiche, ma qualche collegamento andava cambiato.
Si era sdraiato a pancia in giù sul letto e fingeva di leggere, di modo che attraverso le telecamere nessun possibile complice di quegli uomini potesse vederlo.
Più feccia che uomini, pensava lui.
Feccia loro e tutti gli altri in quella casa.
Pensandoci, sarebbe stato divertente veder morire gli altri concorrenti uno dopo l'altro, giusto per vedere in quale ordine, per assistere alle dinamiche che si sarebbero create, ma rischiava troppo.
Erano rimasti in dieci.
Come i “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie, probabilmente il suo romanzo preferito.
Forse quello che mancava nella sua vita era proprio una Vera Claythorne.
Per mantenere la concentrazione canticchiava con le labbra serrate una qualche melodia classica.
La musica classica sembrava elevarlo, lo faceva sentire ancora di più a un livello superiore rispetto agli altri, e per quanto fosse abituato a frequentare discoteche e locali notturni non poteva che riconoscere che niente e nessuno lo avrebbe fatto sentire come solo Mozart e Tchaikovsky sapevano fare.
Sophia passeggiava avanti e indietro per il corridoio pensando a come sfruttare al meglio il rapporto con i compagni di sventura, finché il mugugnare sommesso di Kyte non attirò la sua attenzione. Sgattaiolò nella stanza cercando di non farsi sentire, nutriva una certa passione nel sorprendere la gente, nel far sentire tutti osservati, scrutati, studiati.
-La morte del cigno? Seriamente?- commentò beffarda.
Il moro trasalì, spalancando i suoi occhi neri come la pece, nascose in fretta e furia l'iPod sotto il cuscino e si girò di scatto.
-Problemi?- cercò di dire il più lucidamente possibile, guardandola fissa negli occhi.
-Oh, beh, come dire... Ti facevo più virile, più macho!- sorrise ironica storcendo il naso, in modo da irritarlo il più possibile.
-Che cosa vuoi, Sophia?- tentò di tagliare corto lui, l'ultima cosa che voleva in quel momento era perdere tempo con una ragazzina di poco conto.
La castana ricambiò lo sguardo, studiando l'altro.
Per una delle prime volte nella sua vita Kyte si sentiva a disagio. Si sentiva sopraffatto.
-La vera domanda è: che cosa vuoi tu, Kyte.- scandì lentamente lasciandolo interdetto -Non sono una stupida. Tu credi che nessuno qui ti possa capire, pensi di essere al di sopra di tutto e di tutti. Pensi che in un modo o nell'altro te la caverai. Bene, ti sbagli. Ti conviene cominciare a pensare che non l'avrai vinta tanto facilmente. Hai bisogno di me ed io forse di te.- concluse.
Il moro sorrise.
Provava un certo gusto in quella situazione, Sophia l'aveva stuzzicato e, nonostante continuava e avrebbe probabilmente continuato a considerarla una formica, voleva saperne di più.
-Sentiamo.- rispose oramai più calmo nello spirito.
-Voglio Light. Fuori.- sentenziò infine la ragazza.

Sophia si mise il lucidalabbra guardandosi allo specchio, fece schioccare le labbra rosa chiaro e sorrise alla sua immagine riflessa.
Solo ventiquattr'ore prima Angeline aveva cercato di sgozzarla con una sega dentellata.
Ora era chiaro a tutti che la biondina non era l'innocente ragazza che gli altri credevano, quella che cucinava biscotti la mattina e parlava sempre in modo melenso.
Angel era una fottuta svitata e avrebbe pagato le conseguenze del suo gesto.
Chissà, magari avrebbe potuto uccidere lei Marylin.
In ogni modo avrebbe rigirato la sua ossessione per Lukas a proprio favore, anche se non sapeva in cosa sarebbe consistita la sfida successiva.
La biondina sarebbe stata eliminata per sempre, di certo il pubblico non l'amava.
Dante era ridotto malaccio, con ogni probabilità sarebbe morto ancora prima che il pubblico a casa si fosse annoiato di lui.
Il triangolo Light, Jenna, Seth li avrebbe rovinati tutti.
In fondo era a buon punto. Avrebbe potuto farcela, sì. Avrebbe potuto vincere.
Alla faccia di tutti quelli che l'avevano compatita o addirittura disprezzata.
 

Seth venne colpito da un'improvvisa curiosità , forse più legata al suo orgoglio.
Fece scorrere il dito sui libri della libreria.
P, P... Il paradiso degli orchi. Parti in fretta e non tornare. Pigmeo. I pilastri della terra. Polvere di stelle.
Estrasse il libro e ne accarezzò la copertina.
“Di Seth Alleyn”. Suo.
Una storia d'amore. Una storia di due ragazzi alla ricerca di emozioni nuove, come lui.
E quella in cui si trovava era un'emozione nuova, forte, in cui in passato sperava, pregava di trovarsi.
Ora ne era immerso. Nuotava ma non riusciva a stare a galla.
Un turbinio di pensieri si succedeva senza sosta nella sua mente.
Robert era un suo amico. Jenna. Sophia, poteva fidarsi di lei? Marylin, uno di loro l'aveva uccisa. Light.
Aprì il libro.
La prima pagina era scarabocchiata a pennarello.
Il cuore cominciò a battergli più forte.
Anche la seconda.
Sulla quarta e la quinta qualcuno aveva scritto “Seth” in maiuscolo.
Sfogliò il libro con un nodo alla gola, il respiro gli si faceva ogni secondo più affannoso.
“Alleyn”. Chi poteva essere stato?
“Morirai”. Altre pagine erano strappate.
“Qui dentro”. Fine.
“Seth Alleyn morirai qui dentro.” Qualcuno in quella casa lo voleva morto? Che domanda, probabilmente almeno il 50% degli altri. Ma almeno uno era pronto ad ucciderlo?
Erano permessi altri due omicidi. Chiunque fosse avrebbe potuto tranquillamente agire indisturbato.
-Buh!- gridò qualcuno alle sue spalle facendogli cadere il romanzo dalle mani.
Almond lo fissava ridacchiando mentre giocava con la treccia nera.
-Ti sei spaventato?- gli domandò divertita.
-Oh, no, cioè sì, scusami.- rispose agitato.
-Scusarti di che?- ridacchiò la mora.
-Ho fatto cadere il libro.- disse chinandosi -Il mio libro, sì.- lo raccolse e lo rimise nello scaffale.
-Sei proprio un imbranato!- continuò Almond -Ti ricordi quando hai rovesciato il succo addosso a Sophia?-
Seth ci ripensò per davvero.
Sembrava così assurdo, invece era successo per davvero, avevano passato dei bei giorni prima di quell'inferno, eppure ora gli sembrava che l'incubo andasse avanti da settimane.
-Già, che stupido.- sussurrò.
-Non sei stupido, sei intelligente.- sorrise la ragazza.
Il castano le faceva tenerezza, era un'anima sensibile.
Lui la guardava fisso dentro agli occhi, magari era stata proprio lei a rovinare la sua opera. No, stava diventando troppo paranoico.
-Grazie, Almond.- disse la mora imitando la voce di Seth -Figurati, lo penso davvero.- concluse tornando se stessa.
Il ragazzo accennò un sorriso.
-Scusami, sono un po' con la testa per aria.- si giustificò serenamente.
Gli sembrava assurdo che proprio quella strana ragazza gli avesse fatto tornare il buon umore.
-Ci si vede allora.- esclamò Almond voltandosi di spalle e uscendo dalla stanza -Questa casa è piccola.-

Almond tornò nella sua stanza. Sophia non c'era, probabilmente si stava truccando.
Un po' la invidiava. Alta, snella, perfetta. Fisico da modella.
Lei no, non era così.
Era brutta, grassa, sformata, tozza, orribile, era un mostro, era rivoltante e nauseabonda.
Era tutto ciò che non voleva essere.
Lanciò un grido acuto e scaraventò per terra l'abat-jour.


Jenna prese un'altra manciata di corn flakes dalla scatola, l'uomo con la beretta si stava preparando il caffè.
Il bianco luminoso della cucina cominciava ad essere fastidioso.
Tutto l'intorno cominciava ad essere insopportabile per Jenna.
Neanche una finestra, non una sola apertura verso la superficie.
Non trovava più nemmeno la consolazione nell'andare nel giardino al chiuso, era finto, dannatamente finto.
Si sentiva soffocare, come se l'ossigeno non fosse più sufficiente, come se l'avesse respirato tutto.
Crunch. Crunch.
Altri cereali.
 

E' importante ricordarsi che, così come i poveri concorrenti di cui seguiamo in modo più affiatato le vicende, anche gli attentatori sono esseri umani, dunque diversi fra loro.
Come abbiamo potuto notare, per esempio, l'uomo con il fucile è autoritario, lucido nella sua follia, mentre la donna è più nervosa, più impulsiva.
L'uomo con la beretta, invece, è sempre stato solito soddisfare i propri piaceri in tempo zero.
Quando aveva fame mangiava, quando aveva sete beveva.
Si era così reso conto, in quei pochi giorni, che era un po' che non toccava una donna.
La tensione lo rendeva irritabile, doveva sfogarsi.
E quella Jenna non era affatto una brutta ragazza, anzi, giravano nella sua testa così tanti pensieri su di lei che sarebbe stato un vero peccato non realizzarli.


Crunch. Crunch.
I corn flakes si sbriciolavano sotto i denti della mora.
L'uomo, seduto dalla parte opposta del tavolo, la stava ormai fissando da circa un minuto.
Jenna se ne accorse. Si chiese perché era rimasta sola in cucina con uno di quegli svitati.
Era rimasta sola e basta.
Le sue compagne di stanza erano morte. Magari era proprio lei la prossima.
Crunch. Crunch.
L'attentatore non le levava gli occhi di dosso.
Si sarebbe alzata con nonchalance e si sarebbe chiusa in camera, sì.
Avevano un'altra dannata prova quel giorno. Mancava poco.
L'uomo con la beretta si alzò prima di lei, lasciandola pietrificata.
Nessun masticare di cereali, nessun tirarli fuori dalla scatola.
La ragazza era completamente immobile.
L'uomo le si fermò davanti, in piedi.
-Ciao, troietta.- esordì.
Jenna deglutì tenendo la testa bassa per evitare il suo sguardo.
-Che ne dici di venire con me un attimo in dispensa, eh? Lo so che ti va.- continuò, avvicinando il cavallo dei pantaloni all'interessata.
La mora girò il capo verso la direzione opposta, chiudendo gli occhi per qualche istante.
-Non sono niente male, vedrai.- disse accarezzandole i capelli con una mano sudaticcia e appiccicosa.
-Guardami mentre ti parlo, stronzetta.- sibilò infastidito.
Un potente colpo fece saltare sul posto i presenti.
L'uomo col fucile aveva sbattuto con forza una mano contro la porta.
Jenna lo guardò con gli occhi lucidi.
L'uomo con la beretta lo scrutò con gli occhi pieni di odio.
-Vaffanculo.- sbottò prima di andarsene.
L'uomo con il fucile guardò Jenna trattenere un singhiozzo.
-Grazie.- sussurrò la ragazza.

Lukas zoppicò fino alla sala da pranzo aiutandosi con un bastone.
Angeline lo aveva rimproverato di rimanere a letto, ma lui si era stancato, voleva fare qualcosa, voleva guardarsi intorno per cercare di trovare una soluzione.
O più semplicemente cercava qualcuno e non voleva ammetterlo a se stesso.
Il pensiero di quanto fosse stupido gli fece scrollare la testa.
In realtà Angel era andata qualche minuto in bagno, ma una volta che vi era entrata Sophia aveva preferito rimanere nascosta in una delle cabine ad osservarla.
Se solo avesse saputo che Lukas se ne stava andando a zonzo senza la sua supervisione avrebbe sicuramente dato di matto e non sarebbe rimasta a fissare la castana truccarsi alla perfezione.
Il moro sentì un pianto sommesso provenire dalla cucina, spinse piano la porta socchiusa e vi ci trovò dentro Jenna rannicchiata su una sedia, con le mani che le coprivano il volto.
-Jenna.- sussurrò -E' tutto a posto, andrà tutto bene.-
La ragazza sollevò lo sguardo mostrando due occhi rossi e gonfi.
-Non è vero. Moriremo qua dentro.- singhiozzò.
Lukas si chinò e la strinse forte a sé.
Voleva dirle che non era così, ma non poteva.
Una lacrima solcò il suo viso, cercò di trattenersi il più possibile, non avrebbe di certo incoraggiato l'amica così.
Jenna lo sentì tirare su con il naso e scoppiò a ridere, Lukas alzò lo sguardo perplesso.
-Tutto bene?- le chiese.
-Sì!- rispose la ragazza continuando a ridere -E' che siamo proprio patetici.-
Il ragazzo sorrise a sua volta.
Già, chissà cosa pensavano suo padre e sua sorella in quel momento.
Loro sì che erano coraggiosi, ma lui no. Lui non era come loro.
Lui era fragile, ma non in senso negativo.
Lukas era leggero, una piuma che aleggia nell'aria.
Lukas aveva un animo antico, diverso.
-Allora? Riesci di nuovo a camminare?- si interessò la mora asciugandosi il volto.
-Sì, l'uomo con la balestra mi ha medicato. Tu non ti sei ferita con la caduta?- il ragazzo si rese conto di aver risposto con “l'uomo con la balestra”.
Come se fosse una cosa, come se non avesse un'identità. Gli sarebbe piaciuto sapere il suo nome.
-No, per fortuna mi ero arrampicata un po' sulla catena e ho solo dato una culata pazzesca.-
Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata.

Light era disteso supino sul letto.
La camicia a quadri neri e blu era gettata in un angolo della stanza, vicino all'armadio.
Indossava solo i pantaloni, mentre sfoggiava i suoi addominali scolpiti.
Con la mano destra si sfiorò la cicatrice sull'addome.
-Erik!-
Il suo volto gli sarebbe rimasto impresso per sempre nella memoria.
Il volto di un bambino biondo, felice, con gli occhi azzurri e sempre sorridente.
Un volto giocoso e pieno di voglia di vivere.
Un volto sporco di sangue e con gli occhi lividi.
Light trasalì.
-Tutto a posto?- gli domandò Seth, entrato silenziosamente proprio in quel momento.
-Sì, amico. Tutto a posto.- sorrise il ragazzo alzandosi in piedi e infilandosi frettolosamente la camicia.
Seth scivolò con lo sguardo sugli addominali dell'amico, anche se non era sicuro di poterlo chiamare in quel modo.
Era invidioso, sì.
Avrebbe desiderato avere lui un fisico del genere, attirare le ragazze come fosse stato una calamita.
Invece no, era solo un maledetto imbranato.
Light sorrise. “Tutto a posto”. Come poteva essere tutto a posto?
-E tu?- si interessò a sua volta.
Seth rispose con un mugugno.
Forse quella risposta era più appropriata, anche se il moro-biondo riteneva avesse altre ragioni per rispondere in quel modo.
-Jenna?- continuò.
Il castano si paralizzò davanti all'armadio dandogli le spalle.
Non voleva sembrare debole, ma cosa doveva rispondergli?
-Se vuoi ci parlo.- si offrì Light.
Il cuore di Seth batteva fortissimo, come se da un momento all'altro potesse schizzargli fuori dal petto.
-Non ce n'è bisogno.- sorrise voltandosi.
Light non rispose, lo avrebbe fatto comunque.
L'ultima cosa che voleva era far star male qualcuno in quella situazione già di per sé orribile, anche se questo significava rinunciare sé.

Angeline era un concentrato di rabbia, eppure non aveva ancora sfoggiato il massimo delle sue potenzialità.
La bionda dal faccino tenero e infantile era una bomba ad orologeria pronta a scoppiare ed il conto alla rovescia si avvicinava sempre di più allo zero.
Chiusa nella toilette a sbirciare dalla porta socchiusa, immaginava come avrebbe potuto uccidere Sophia.
Sarebbe saltata fuori e le avrebbe picchiato la testa contro lo specchio.
Le avrebbe preso la limetta per le unghie dalla trousse e glie l'avrebbe ficcata in gola.
Le avrebbe schiacciato i bulbi oculari dentro il cranio usando i pollici.
Sophia chiuse la cerniera dell'astuccio color tiffany, fece per uscire dal bagno, si fermò sulla porta e senza neanche voltarsi salutò Angel con la mano.
Un formicolio percorse le viscere della ragazza.
Doveva trattenersi se non voleva trovarsi contro l'intera nazione, ed in quel caso significava morire.
Almond, Sophia, Jenna, nessuna delle ragazze in quella casa le andava a genio. Se la fortuna era dalla sua parte allora sarebbero state le prossime a morire.
Sgattaiolò fuori dal bagno assicurandosi che non ci fosse la riccia nelle vicinanze.
Nel salotto l'uomo con fucile discuteva con l'uomo con la pistola mentre la donna sorseggiava un Martini Dry.
La porta del giardino artificiale si era appena richiusa alle spalle di qualcuno.
Che non fosse Lukas, doveva essere impazzito per alzarsi dal letto. Magari delirava.
Magari stava andando ad incontrare Almond.
Camminò noncurante, seguendo i suoi sospetti.
Il frinire preregistrato dei grilli la infastidiva.
Lukas se ne stava seduto sotto il solito albero.
Allora era proprio così, si era allontanato per incontrare qualcuno.
-Che fai?- domandò la bionda impassibile.
Il moro rimase sorpreso, anche se avrebbe dovuto immaginarlo che la ragazza lo avrebbe cercato ovunque.
-Scrivo.- rispose alzando il block-notes.
Il volto di Angel si contrasse in una smorfia, non poteva inventare una scusa più banale.
-Non ti saresti dovuto alzare dal letto. Non stai bene. Non ci pensi? Potresti aggravare la tua situazione.- lo rimproverò la ragazza avvicinandosi a passo sostenuto.
-Ma sto meglio.- obiettò il ragazzo.
-Non abbastanza.- rettificò la bionda.
Lukas era sempre stato un ragazzo tranquillo, riservato, composto, eppure Angeline cominciava ad indisporlo con le sue continue attenzioni indesiderate.
Ma non aveva il coraggio di dirglielo.
-Va bene.- sospirò alzandosi -Annie Wilkes.- bisbigliò.
-Hai detto qualcosa?- lo fulminò la ragazza.
Lukas scosse la testa.


Sanders e MacArthur sarebbero dovute rimanere in centrale ad analizzare i filmati per cercare di scoprire chi aveva ucciso Marylin, come se poi fosse così importante.
Probabilmente sarebbe morta comunque.
In ogni modo avrebbero potuto fare dozzine di cose diverse piuttosto che trovarsi lì, sotto la pioggia, appostate in attesa che i terroristi si facessero vivi.
Il cielo, da qualche giorno, era sempre grigio, uggioso.
Le indicazioni che arrivavano dai piani alti continuavano a cambiare, erano parziali e confuse.
Prima dovevano fare un lavoro, poi un altro.
Adesso sorvegliavano lo stage dove qualche metro più in basso si consumava la strage.
L'FBI pensava a come raggiungere i ragazzi evitando spargimenti di sangue, non potevano permettersi di perderne qualcuno.
Poi rimaneva il mistero degli undici ex-concorrenti scomparsi.
Ovviamente le cose erano collegate, ma come?
Se avessero salvato i ragazzi, i vecchi concorrenti avrebbero con ogni probabilità perso la vita, insomma, era una situazione complessa anche per i più esperti.
L'unico accesso era quel dannato ascensore, ma doveva esserci un'uscita di emergenza in caso di terremoto o incendio.
Che non fosse segnata sulle mappe? Era improbabile. Era quasi come se fosse stato calcolato tutto molto tempo prima.
L'agente Sanders scosse la testa. Era una semplice poliziotta, non una detective.
MacArthur sognava la promozione, lavorava duro, spesso teneva testa ai superiori per dimostrare il suo valore.
Era una donna piena di energia e sapeva come sfruttarla.

Courtney, Heather, Gwen, Duncan, Scarlett, Noah, Alejandro, Trent, Geoff e Scott erano stati fatti salire in fretta e furia su un camion.
Quella volta gli uomini non avevano nemmeno avuto l'accortezza di bendarli, gli avevano solamente legato i polsi dietro la schiena.
Sul dorso blu risaltava una scritta gialla “King” con a fianco una corona.
Gwen pensò che probabilmente gli uomini si erano inventati qualcosa per passare inosservati e portarli chissà dove.
Noah era fiducioso, credeva che la polizia avesse sicuramente istituito dei posti di blocco ad ogni accesso della città.
Non poteva sapere che le forze dell'ordine erano tutte incentrate sugli altri dieci ragazzi e che solo una piccola task-Force si interessava di loro.
Alla guida vi era l'uomo che aveva sparato in testa a Mike.
Su un piccolo suv nero li seguivano la donna dalla felpa azzurra e l'uomo che aveva colpito Courtney.
Erano ben organizzati, troppo bene.
Quel pensiero continuava a turbinare dentro la testa di Scarlett.
Quasi come se fosse stato il loro lavoro, come se avessero dedicato mesi, anni ad organizzare il tutto.
Ma non era possibile.
Non potevano sapere com'era la casa.
L'avrebbero dovuto scoprire solo con la prima diretta.
Nella mezz'ora seguente Geoff pensò a Bridgette, ai suoi lunghi capelli biondi, ai suoi occhi azzurri come il più chiaro dei cieli.
Pensò che gli mancava svegliarsi al suo fianco tutte le mattine, alzarsi prima per farle il caffè, darle un bacio prima di andare al lavoro, tornare a casa prima di lei e farle trovare una buona cena pronta sul tavolo.
Gli mancavano le candele aromatizzate, i petali di rosa sulle lenzuola bianche, il profumo della sua pelle, le sue mani chiuse dentro le sue.
E Bridgette pensava lo stesso, seduta sul divano bianco con le gambe accavallate e un fazzoletto nella mano destra.
Il telefono lo aveva lasciato da un po', ma ancora aveva la speranza che la polizia la chiamasse per dirle che il biondo stava bene, che doveva lasciare una testimonianza e che poi sarebbe tornato a casa.
L'avrebbe abbracciata sulla porta, avrebbero pianto abbracciati sulla soglia, in silenzio, insieme.

Il capo della polizia, di comune accordo con quello del Federal Bureau, non credeva qualcuno sarebbe entrato nuovamente negli studios, il problema era dentro, non fuori.
Così solo una voltante si era ritrovata a sorvegliare l'ingresso, una volante che non poté fare nulla contro un camion blu che sfondava con facilità la sbarra degli studios.
Così per la seconda volta un gruppo di persone entrava per non uscirne mai più.
-Ci siamo.- sospirò Courtney.
-Sta per succedere qualcosa.- sentenziò Scarlett.
Heather strinse con forza la mano di Alejandro.
Il latino la guardò.
Il loro mondo, la loro vita intera era in quel contatto visivo.
C'era Heather e c'era Alejandro, poi tutto il resto.
Quel momento era solo per loro, era magico, sacro.
Forse l'asiatica aveva deciso di perdonarlo.
Forse sarebbero usciti insieme da quella situazione di merda e avrebbero provato a ricominciare.
Avrebbero avuto una figlia e l'avrebbero chiamata Caroline.
Le piaceva quel nome.
Le avrebbero comprato bambole o macchinine, tutto quello che avrebbe desiderato. L'avrebbero amata per sempre.

La donna con la felpa azzurra abbassò il finestrino colpendo con precisione chirurgica i primi tre agenti.
Bang. Bang. Bang.
Il tempo si era fermato.
Gli uccellini aveva smesso di cantare, la pioggia di picchiettare a terra.
Tutto era immerso in un'atmosfera sovrannaturale.
I due agenti davanti all'ascensore, distratti dal rumore, non si accorsero del pulsante di chiamata che si illuminava di giallo e delle porte che sia aprivano alle loro spalle.
Bang. Bang.
L'uomo con la beretta sorrise all'uomo con l'uzi.
Il camion si fermò di traverso, tutti i concorrenti all'interno si sdraiarono nel sentire gli spari.
Sanders e MacArthur si erano accucciate dietro la loro vettura.
Bang. Bang. Bang.
Altri tre agenti a terra.
Sanders doveva permettersi dei medicinali costosi per sua nonna. Non stava bene da qualche mese ormai. Era difficile tirare avanti, ma lo faceva per lei. Respirò intensamente.
MacArthur era sempre stata più coraggiosa, prendeva la mira e sparava, ma c'era troppa confusione, la donna con la felpa azzurra stava facendo scendere dieci ragazzi dal camion.
Non poteva colpirli.
Oltre alle due erano rimasti altri due agenti, nascosti dietro una parete, dalla loro posizione non avevano a tiro nessuno dei bersagli.
Uno si sporse leggermente.
Bang.
L'uomo con l'uzi era proprio lì ad aspettarlo.
L'altro scattò fuori pronto a colpirlo.
Bang.
L'uomo che aveva sparato a Mike lo colpì sfiorando la testa di Noah.
Quello era il momento.
MacArthur si alzò in piedi.
Bang.
L'uomo che aveva appena fatto fuoco cadde a terra.
L'uomo con l'uzi sentì il sangue gelarglisi nelle vene, guardò il compagno morto a terra, poi si girò.
MacArthur sparò, lui pure.
Bang. Bang.
Sanders sentì un tonfo. Chiuse gli occhi. Un solo colpo aveva colpito il bersaglio.
Li riaprì. Il corpo di MacArthur giaceva di fianco a lei.
Era ancora viva. Tossiva sangue e la guardava con gli occhi sbarrati.
Sembrava dirle che non voleva morire, non così, non in quel momento.
Aveva paura, una paura fottuta.
Sentiva il sangue caldo sgorgarle fuori da una ferita al petto.
Non riusciva a muoversi, non sentiva più il suo corpo, sentiva solo i suoi pensieri.
La donna con la felpa azzurra vide la direzione dalla quale venivano gli spari, lasciò che l'uomo con l'uzi e quello con la beretta spingessero i concorrenti nell'ascensore e fece il giro dell'auto della polizia.
Sanders era rannicchiata, aveva ancora fra le mani il polso della collega.
Voleva tornare a casa quella sera, dire a sua nonna che sarebbe andato tutto bene.
Non doveva essere lì. Doveva studiare i filmati, sì.
Bang.

L'uomo con il fucile non ebbe bisogno di convocare i dieci concorrenti rimasti in salotto, erano già stati attirati dai colpi di pistola in superficie.
Alcuni speravano li stessero venendo a salvare, altri credevano fosse arrivata la loro fine, ma non accadde nulla di tutto ciò.
Una volta che le porte si aprirono scesero dieci concorrenti delle vecchie edizioni della serie.
Li guardavano arresi, si lanciarono sguardi angosciati e spaventati.
La donna con la felpa azzurra e un uomo non ancora identificato, quello che noi sappiamo aver colpito Courtney, spinsero silenziosamente i nuovi arrivati verso il corridoi”sportive”.
-Amici! Come potete vedere abbiamo degli ospiti, siate gentili!- esordì l'uomo con il fucile -Ed è proprio così che comincia questa nuova sfida, con l'ausilio dei dieci volti conosciuti che avete visto entrare ora. Ora vi farò scegliere un arco e una faretra sulla quale ci sarà scritto il nome della persona a cui sarete abbinati, fra qualche minuto andremo in palestra, lì i miei colleghi avranno legato gli altri a dei bersagli e li avranno circondati di palloncini, la sfida consiste nel raggiungere prima degli altri i 100 punti, un palloncino scoppiato vale dieci, un arto colpito vale 20, ma il cuore e il cervello valgono il passaggio garantito alla seconda parte della sfida, a cui solo i primi quattro a vincere potranno accedere.-
Sophia fece una smorfia soddisfatta, poteva anche andare peggio. Almeno questa volta non si sarebbe sporcata con dello schifoso sangue di maiale.
Jenna tirò un sospiro di sollievo, era certa che nessuno avrebbe ucciso uno degli altri, lei era brava a tirare con l'arco, avrebbe raggiunto in punti in fretta.
Seth pensò inevitabilmente a Robert, si ricordò di quando il ragazzo gli aveva raccontato di essere un campione al tiro con l'arco, se fosse stato con loro avrebbe potuti salvarli tutti, scoccare frecce rapidamente in mezzo agli occhi di quei bastardi.
Oppure poteva provarci lui.
L'uomo con l'uzi e l'uomo con la beretta portavano rispettivamente gli archi e le faretre.
-E non fatevi venire idee strane, dal primo istante in cui avrete in mano l'arma, noi terremo l'indice saldo sui nostri grilletti.- aggiunse.
Seth distolse lo sguardo.
-Prima le signore, Almond, Angeline, Jenna e Sophia, prego. Scegliete.-
Almond titubò un istante, era la prima poi prese la faretra centrale. Scarlett.
Ad Angeline capitò Alejandro, non male.
Sophia estrasse Geoff, Jenna le scambiò un sorriso e prese Gwen.
Avrebbe preferito avere lei il biondo, il suo mito.
Un po' si rivedeva in lui, non voleva gli accadesse nulla di male.
Alle ragazze seguirono Dante, che a malapena si reggeva in piedi aiutato da Killian, che estrasse Courtney, Killian a cui toccò Noah, Kyte che scelse Trent, Light, Lukas e Seth che ebbero Duncan, Heather e Scott.
-Direi che siamo pronti per cominciare.- sorrise l'uomo puntandogli addosso la canna del fucile.

 

Angolo dell'autore
Va bene, lo ammetto, avevo promesso che avrei pubblicato il capitolo per intero, ma stava venendo davvero troppo troppo lungo (a pagina 15 ancora doveva cominciare la prima sfida)...
Quindi ecco a voi quella che è la prima parte, tutto quello che succede prima della fatidica sfida, spero sia servito per farvi rientrare al meglio nel clima della casa.
Visto che ho pubblicato solo questo, mi sento di garantirvi che la seconda parte arriverà settimana prossima e che probabilmente sarà un pelo più corta.
E così anche i questo cap il conto dei morti sale e sale e sale.
Lo so, non è morto nessuno degli oc, ma ci sono troppo affezionato, la loro morte deve essere il più drammatico possibile e prima, naturalmente, vi farò votare.
Cosa succederà nella seconda parte?! Beh, posso assicurarvi che il sangue non ha ancora smesso di scorrere, affatto.
Che dire? Sono emozionato per aver ripreso questa storia, anche se devo ammettere che è davvero un grande impegno.
Dedico il capitolo a un amico che ha lasciato EFP a causa di alcune persone che si aggirano nel fandom, ma si sa, la feccia c'è un po' ovunque.
Con amore,
Pleurite98

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
 

Blaineley si riteneva fortunata, avrebbe potuto essere anche lei in quella maledetta casa, legata e imbavagliata ad aspettare che qualcuno le piantasse una freccia nel cuore.
Invece era lì, seduta a parlare di ciò che succedeva e non succedeva nella casa davanti alle telecamere.
Quella sera, per la prima volta, in diretta mondiale.
Delle persone che guardavano la televisione, ben l'82% stava seguendo il programma, che è una cifra abbastanza considerevole.
Magari qualche produttore l'avrebbe notata e scritturata per una trasmissione importante, o magari avrebbe vinto il premio Pulitzer, chissà quale strada il fato le avesse predestinato.
Sicuramente quella della vita.
Etienne le sorrise, stavano per tornare in onda.
 

I dieci percorsero lentamente il corridoio, spinti dall'uomo col fucile che si divertiva a dar loro dei piccoli colpetti sulla schiena con la canna dell'arma.
La porta della palestra era lì, davanti a loro, dietro il vetro smerigliato si potevano intravedere dei corpi umani.
Light fu il primo ad avere il coraggio di aprirla.
Dieci corpi legati, dieci bocche tappate dal nastro isolante, venti occhi spalancati con lo sguardo pieno di terrore.
-In posizione!- li esortò la donna con la felpa azzurra.
Heather e Alejandro non erano vicini fra loro, dunque nemmeno Angeline e Lukas lo sarebbero stati.
La ragazza lo guardò nervosa, avevano appena litigato, doveva essere una cosa normale, in fondo tutte le coppie litigano, anzi quella momento era stato speciale: la loro prima litigata! Non aveva motivo di preoccuparsi, no.
Doveva mantenere la calma.

Dante stava sudando, gli veniva da vomitare, non vedeva bene.
Killian si girò verso l'uomo con il fucile -Non potete farlo gareggiare così, non è corretto!- sibilò.
Le luci giravano, i palloncini giravano, aveva sentito Killian che diceva qualcosa, Almond stava piangendo, o stava ridendo.
-C'è qualcosa di corretto qui?- rispose tranquillamente l'uomo.
La gamba gli pulsava, stava andando a fuoco, doveva concentrarsi, doveva rimanere lucido, respirare regolarmente, eppure la vista gli si faceva sempre più sfuocata.
Dante cadde a terra.
-Dante!- gridò il biondo precipitandosi ai suoi piedi.
-Che la sfida abbia inizio!- proclamò la medesima donna di prima.
Killian strabuzzò gli occhi -Come scusa?!-
-Hai capito bene, se vuoi perdere occupati pure di quel ragazzo.-
ribatté l'uomo.
Il ragazzo pensò per qualche secondo, poi prese in braccio a fatica il corpo del moro.
-Affanculo!- mugugnò a denti stretti uscendo dalla stanza e prendendo Dante da sotto le braccia.
Courtney e Noah si scambiarono uno sguardo di sollievo e rilassarono i muscoli tesi.
Lukas tese l'arco a terra, doveva calibrare i tiri, non aveva mai provato a scoccare delle frecce e non voleva ferire qualcuno accidentalmente.
Non voleva nemmeno partecipare a quella stupida sfida, ma temeva che quegli uomini non avrebbero permesso ad ulteriori persone di tirarsi indietro.
La prima freccia si conficcò nel pavimento, poco più in là di dove aveva mirato, poteva farcela.
Alejandro avrebbe voluto essere vicino ad Heather in quel momento, per sentire la sua presenza e fare in modo che la ragazza percepisse la sua.
Il moro che doveva spararle stava mirando al suolo, per ora non era in pericolo.
Girò la testa e guardò quella che avrebbe dovuto essere la sua carnefice.
Una ragazzina bionda, assolutamente innocua che quasi ricordava una bambina.
Angeline allargò le labbra in un grande sorriso rassicurante.
Alejandro ed Heather, una coppia stupenda, come lei e Lukas.
Almond non aveva abbastanza forza nelle braccia, ogni freccia che partiva dal suo arco andava a piantarsi poco prima di Scarlett.
Desiderava con tutta se stessa l'aiuto di Sophia, che invece sembrava andare alla grande, aveva già scoppiato tre palloncini.
La faceva sentire protetta quella ragazza, accettata, parte di qualcosa.
Sophia mirava e scoccava, senza mai fermarsi.
Naturalmente conosceva il ragazzo davanti a lei, Geoff il festaiolo.
Non lo aveva mai particolarmente amato, anzi era quel tipo di persona che a scuola la rendeva nervosa.
Se c'era qualcuno che stava andando meglio di Sophia erano Light, Jenna e Kyte.
La castana sentiva la tensione formicolarle lungo le braccia. Non poteva perdere, in alcun modo.
Kyte inspirava dal naso ed espirava dalla bocca.
Sentiva il diaframma abbassarsi, l'aria entrargli nei polmoni, il cuore battere.
Aveva già scoppiato sei palloncini, gliene mancavano solo quattro.
Era rimasto stupito che nessuna di quelle bestie che aveva a fianco avesse ucciso uno dei ragazzi.
Clac, sette palloncini esplosi, tre rimanenti.
Un piccolo tremore si insidiò nel suo corpo, partiva dallo stomaco e si diffondeva per tutto il corpo, le gambe, le braccia, le mani.
No, non poteva avere una crisi in quel momento.
Non ne aveva bisogno, non ne aveva più bisogno, aveva detto basta e basta sarebbe stato.
Chiuse un occhio, inspirò.
Clac.
Trent aveva serrato le palpebre, il suo tiratore aveva quasi finito, doveva esplodere pochi palloncini ancora, poi basta, la tortura sarebbe finita.
La freccia tagliò l'aria, veloce.
Kyte guardò impotente la punta infilarsi nella gola del ragazzo.
Gwen cominciò a muoversi e a digrignare i denti.
Le lacrime le facevano bruciare gli occhi, le impedivano di vedere perfettamente la scena.
Tutti i tiratori aveva abbassato l'arco.
Alcuni guardavano Kyte, altri Trent.
Trent guardò in basso, vide l'asticella di legno conficcata nel suo collo.
Non riusciva a respirare, qualcosa gli occupava la trachea.
Una sostanza vischiosa, muco?
Tossì per farlo uscire.
Uno schizzo di sangue gli sporcò il viso e la maglietta verde.
Un altro colpo di tosse, il sangue arrivò fino al pavimento.
No, era tutto sbagliato, non voleva morire, non in quel modo, voleva alzare le braccia e levarsi quella cosa di dosso, ma non poteva, erano legate.
Ora l'avrebbero aiutato, sì.
Kyte rimase immobile a fissarlo.
Aveva avuto un pastore tedesco una volta, da bambino.
Lo amava con tutto se stesso, poi un cane rabbioso lo aveva morso e non era più lui.
Stava male, stava morendo.
I suoi genitori gli dicevano che sopprimendolo avrebbe smesso di soffrire per sempre.
Basta dolore.
Tese l'arco.
Clac.
La freccia questa volta colpì il ragazzo in fronte, facendolo smettere di sputare sangue.
Gwen si irrigidì di colpo, per poi lasciarsi andare, arresa.
Il gelo era sceso nella palestra.
-E abbiamo la prima persona che passerà alla seconda parte della sfida, complimenti Kyte!- esclamò l'uomo con il fucile.
Kyte abbassò lo sguardo, si avviò verso la porta, posò arco e frecce ed uscì dalla stanza.
Lukas guardava Trent imbrattato del sangue che gli colava dalle ferite.
Gli occhi gli si erano come paralizzati.
Il sangue scendeva, lento, denso, scuro.
Vomitò per terra.
Sophia fu la prima che riprese a gareggiare, richiamando tutti all'attenzione, davanti a lei Geoff respirava affannosamente.
Uno dei suoi migliori amici era appena morto, così, come se niente fosse, nel tempo di un battito di mani.
Seth non era decisamente pratico di quella disciplina, riusciva a malapena a posizionare correttamente le frecce che, una volta lanciate, facevano a malapena due metri.
Non sarebbe riuscito a vincere e doveva mettersi il cuore in pace, d'altronde riponeva nel pubblico a casa tutta la sua fiducia.
I suoi fans non avrebbero permesso la sua eliminazione e costituivano una quota alta, sufficiente, forse.
Jenna inspirò profondamente e scrollò le spalle.
Non doveva cedere, doveva rimanere forte, fredda, continuare la sfida imperterrita senza che le emozioni la distraessero in alcun modo.
Dopo le due ragazze si aggiunsero anche Light ed Angel.
Certo, la bionda era preoccupata per Lukas, ancora intento a vomitare in un angolo della stanza, ma non poteva sprecare un'occasione d'oro come quella.
Sophia aveva scoppiato sei palloncini, Jenna e Light sette, Angeline appena due.
L'ultima era di sicuro quella più angosciata, il continuo rumore dei conati del moro la distraeva dall'obbiettivo e richiamavano la sua attenzione, ma al contempo sapeva che doveva vincere.
Un dubbio atroce che la divideva in due, da una parte l'amore, dall'altra la sopravvivenza e la competizione.
Senza contare che era quella più indietro dei cinque ancora intenti a gareggiare.
Sollevò l'arco senza esitare.
Fu in quel momento che Heather, impegnata a lanciare sguardi ad Alejandro, vide una strana luce nei suoi occhi.
Una luce fredda, oscura, come la sua.
Se si fosse trovata nella posizione della ragazza avrebbe riflettuto prima di uccidere la persona che si sarebbe trovata davanti?
La risposta le faceva paura, la terrorizzava.
Clac.
Angeline aveva scoccato la sua freccia, lenta quasi come quella che aveva colpito Trent.
Alejandro l'aveva sentita fendere l'aria, quello che non aveva sentito era lo scoppio di un palloncino, piuttosto un rumore sordo, pesante.
Per solo un istante.
La freccia gli era penetrata dritta nel cuore.
Almond spalancò la bocca e guardò la ragazza.
-Ecco la seconda concorrente che potrà passare alla prossima fase! Sono rimasti solo due posti ragazzi, datevi da fare!- si congratulò l'uomo col fucile.
Angel fece un piccolo inchino, mandò un bacio ad Heather e corse da Lukas.
-Eccomi, sono qui Lukas, sono qui.- disse accarezzandogli la schiena.
Il ragazzo si voltò per guardarla, notando il corpo senza vita di Alejandro e Heather che singhiozzava sommessamente.
-Che... Che cosa hai fatto, Angeline?- balbettò fissandola dritta negli occhi.
-Ma come che cosa ho fatto? Sono venuta ad aiutarti, no? Sciocchino!- rispose passandogli una mano fra i capelli.
Un conato di vomito più forte dei precedenti lo scosse obbligandolo ad abbassare la testa.
In un solo millesimo di secondo tutti i sogni più belli di Heather erano andati in frantumi.
Non diventare ricca, popolare, famosa, no, solo avere qualcuno da amare, qualcuno che la faceva sentire protetta, apprezzata in un mondo che la odiava.
Niente vita di coppia in una qualche villa di periferia, niente baci sotto la pioggia, serate in cui avrebbero lasciato i figli da sua madre, niente di niente.
Nonostante tutto il suo impegno, Sophia era arrivata a quota sette palloncini esplosi, mentre sia a Light che a Jenna ne mancavano solo due.
Per quanto si concentrasse sembrava che le frecce deviassero apposta dalla direzione che mirava, era già la seconda volta che una freccia sfiorava un palloncino di qualche millimetro.
La soluzione poteva essere una e una sola.
Clac.
Geoff chiuse gli occhi scatto.
Ne aprì prima uno, poi l'altro, la punta si era conficcata poco sopra la sua testa.
Tirò un sospiro di sollievo.
-Attenta...- si lasciò scappare preoccupata Jenna guardando la castana.
-Oh, non preoccuparti.- rispose impassibile Sophia continuando a mirare.
-Scusami.- sospirò Jenna accennando un sorriso.
L'altra si voltò un istante, le sorrise e prese di nuovo la mira.
Clac.
Geoff chiuse ancora gli occhi, ma questa volta non li avrebbe più riaperti.
La freccia gli era penetrata nello zigomo sinistro, inchiodandogli la testa contro la superficie retrostante.
Jenna si bloccò istantaneamente.
Clac.
Light fece esplodere il nono palloncino.
Clac.
Light aveva colpito anche l'ultimo.
Sophia non mollò l'arco, ancora teso a mezz'aria, se ne stette in piedi a fissare il corpo morto davanti a lei.
-Sophia...- ansimò Jenna in lacrime guardando prima il biondo poi lei -Sophia come hai potuto?-
La castana non la guardò nemmeno -Io... Io non l'ho fatto apposta...- bofonchiò singhiozzando. Due grandi lacrime le rigavano il volto.
Era stata brava, era perfetta, ma soprattutto era credibile.
-Così abbiamo i nostri quattro concorrenti! Pronti a sfidarvi nella seconda parte?- domandò l'uomo con il fucile.

Payton finì di scrivere frettolosamente su un foglio di carta, lo inserì un una busta e leccò la striscia adesiva.
Riuscire ad entrare nell'ufficio di Jessica fu molto più facile del previsto, anzi, si stupì del fatto che, in una situazione del genere, ci fosse così poca sorveglianza.
Certo, i riflettori non erano puntati su quel posto, ma il mondo a cui era legato Chris McLean, Blaineley compresa, si poteva definire “a rischio”.
Forse anche lei stessa si trovava in pericolo, se non fosse stata abbastanza furba, ma lei lo era, eccome se lo era.
Tutti che dicevano “Payton è una gallina senza cervello.” o ancora “Quello che combinerà nella vita sarà fare la commessa.” e invece era assistente televisiva, aveva un posto in prima fila nel massacro che stava avvenendo fuori da quelle mura e presto avrebbe avuto tanti di quei soldi che avrebbe faticato a contarli.
Doveva scegliere dove lasciarle la “letterina”, così si divertiva a chiamarla nella sua testa.
Sulla scrivania qualcuno avrebbe potuto trovarla prima ed impicciarsi nei suoi affari, l'avrebbe riposta in un cassetto o nella sua valigetta.
Una piccola ventiquattr'ore bordeaux era poggiata contro la parete vicino all'attaccapanni, l'aprì in tutta fretta e vi infilò la busta.
Non sarebbe passato molto tempo prima che la trovasse.
Pulì quello che aveva toccato con la maglietta, non doveva lasciare impronte, li vedeva lei i film, sapeva come andavano quelle cose.
Sgattaiolò fuori dall'ufficio richiudendosi la porta alle spalle, non fece nemmeno in tempo a fare un passo che una voce la fermò.
-Payton?- la chiamò Etienne dal fondo del corridoio.
Cazzo, possibile che si trovasse sempre nei posti meno opportuni quel ragazzo?
La mora si voltò e gli sorrise.
-Etienne!- esclamò -Pensa, stavo giusto venendo a cercarti!-
-Nell'ufficio di Jessica?-
le domandò allibito il ragazzo.
Payton deglutì.
-Beh, la stavo cercando per... per tenerla informata... sullo share, sì.- rispose ridacchiando-
-Sta parlando con Blaineley.- la informò dubbioso il ragazzo, squadrandola dall'alto in basso.
-Bene, grazie!- gli rispose la ragazza prima di dileguarsi.
Payton non lo aveva convinto fin dal primo istante in cui si erano conosciuti, che cosa stava nascondendo?

I sette vecchi concorrenti sopravvissuti entrarono nell'ascensore accompagnati dall'uomo che li aveva scortati fin laggiù, la donna con la felpa azzurra e l'uomo con la pistola.
-Non fate quelle facce, non è un addio! Vi rivedrete in tempo per l'ultima prova!-
li rassicurò l'uomo con il fucile.
I dieci ragazzi in gara avevano preso ordinatamente posto sul divano e le poltroncine di pelle bianca.
Almond, al fianco di Sophia, le stringeva la mano guardandola con ammirazione.
In fondo era contenta potesse partecipare alla seconda sfida per guadagnare l'immunità.
Gli altri non la conoscevano bene quanto la conosceva lei, da fuori poteva sembrare antipatica, ma lei l'aveva vista dentro, o almeno così credeva, e sapeva quanto fosse diversa dalle apparenze.
Dante era stravolto, avrebbe voluto essere stato in grado di partecipare alla prima parte, era sicuro che sarebbe stato nei quattro vincitori.
Invece le cose erano andate diversamente, fanculo la strategia, fanculo quando aveva anche solo pensato che sacrificarsi gli avrebbe dato il favore del pubblico.
Il suo corpo non obbediva al suo cervello, una cosa che aveva sempre dato per scontata.
Sì, era abituato a pensare e ripensare, a spremersi il cervello e fare ragionamenti arguti, viveva nella sua mente, soprattutto dopo quello che gli era capitato qualche tempo prima che iniziasse la gara.
Non lo aveva mai nemmeno sfiorato il pensiero di un corpo che si lasciava andare, che doveva essere curato.
Era trappola della sua carne, quell'ammasso di ossa era la sua prigione, doveva evadere e doveva farlo al più presto.
Seth si grattava il braccio sinistro, nervosamente.
Uno stupido imbranato, ecco cos'era, non sapeva combinare niente di buono a parte scrivere dei dannati romanzi.
Cosa se ne faceva in quel momento della scrittura? Non era di certo con le parole che avrebbe esploso i palloncini, vinto la gara.
-Complimenti a Kyte, Angeline, Sophia e Light, ma soprattutto ai primi tre, che hanno avuto il coraggio, o la sfortuna, di fare quello che andava fatto!- si congratulò l'uomo con il fucile.
Light alzò gli occhi al cielo, aveva evitato di uccidere un innocente, ma naturalmente non aveva ricevuto nemmeno un grazie.
Ci era quasi abituato, la riteneva una sorta di punizione divina per non essere riuscito a salvare chi davvero avrebbe dovuto.
-Ed è con entusiasmo che vi annuncio la seconda parte della sfida, di cui anche i miei amati colleghi sono all'oscuro per una precisa ragione, sarà una sorpresa per tutti!- proseguì.
La donna e l'uomo con l'uzi si lanciarono uno sguardo interrogativo, simile a quello che si scambiarono Lukas e Jenna.
Che fossero tutti vittime là dentro?
-E' molto semplice, non fate quelle facce preoccupate!- li rassicurò l'uomo -Il primo di voi che riuscirà ad uccidere uno di noi vincerà l'immunità e non verrà eliminato domani sera, non è emozionante?- concluse.
Sophia alzò un sopracciglio e lo guardò perplessa.
-Serio?- domandò accigliata.
-Ebbene sì, non contenere la tua felicità! Dimenticavo, niente armi da fuoco, anche tu Tommy, metti via la balestra. Dimenticavo, se uno di voi concorrenti dovesse morire allora la sfida sarà interrotta e nessuno godrà dell'immunità.- aggiunse.
L'uomo con la balestra sbuffò scocciato -Non chiamarmi così.-
Se c'era qualcuno meno entusiasta dell'uomo col fucile era la donna, contorceva le labbra e muoveva la gamba nervosa.
-Non dire cagate.- sbottò -Come minimo dovevi avvertirci.-
L'uomo col fucile smise di sorridere.
-Non hai il potere di scegliere.- le rispose pacatamente.
-Nemmeno tu.- sputò velenosa la donna.
Le labbra dell'uomo si sollevarono in un ghigno.
-Metti giù quella pistola. La sfida ha inizio ora.- proclamò.
Light si morse il labbro inferiore.
Per quanto avrebbe voluto veder crepare uno di quegli uomini sapeva che non spettava a lui il compito di punirli, che non era umano né corretto farli fuori.
Si sarebbe abbassato al loro livello, allo stato bradipo.
Homo homini lupus.
La guerra di tutti contro tutti, a quello si erano ridotti.
-Me ne tiro fuori.- annunciò il biondo-moro alzandosi in piedi.
-Stai dicendo che rinunci all'immunità?- gli domandò l'uomo con il fucile.
-Proprio così.- rispose il ragazzo.
-Sei proprio una delusione, Light. Spero che voialtri diate al pubblico qualche soddisfazione.- disse indicando Sophia, Angeline e Kyte.
Light rimase attonito, sembrava se la stesse prendendo proprio con lui quel giorno l'uomo col fucile.
Si voltò e andò verso le stanze, seguito dagli altri sei concorrenti che non partecipavano alla sfida.
Angeline era rimasta seduta sul divano con un sorriso mezzo abbozzato.
Sophia era ancora incredula, la gara le stava fornendo molteplici opportunità che non avrebbe esitato a sfruttare.
Kyte aveva già inquadrato l'uomo con il fucile, gli ritornò in mente l'immagine della lucertola, senza corpo la coda avrebbe continuato a muoversi, ma inevitabilmente si sarebbe fermata.
Passò qualche istante di assoluto silenzio, tutti si guardavano fissi negli occhi, poi Angel scattò in piedi e saltando una piccola poltrona si precipitò in sala da pranzo.
Niente armi da fuoco? Bene avrebbe preso il coltello più grande che avesse trovato.
Sophia si ricordò delle armi che avevano usato per la sfida dei maiali, ma probabilmente gli uomini le avevano fatte sparire chissà dove, troppo pericoloso lasciarle in giro.
Mentre Kyte rimase seduto a fissare l'uomo col fucile Sophia si alzò con passo leggero e camminò con assoluta lentezza fino al minibar, si infilò dietro il bancone ed estrasse un affilato rompighiaccio.
-Allora? Vogliamo cominciare?- sussurrò facendo l'occhiolino alla donna.
L'interessata scattò verso il corridoio della piscina, seguita a ruota dall'uomo con l'uzi e l'uomo con la beretta, mentre l'uomo con la balestra s'incamminò velocemente verso il corridoio delle stanze.
Quella situazione era davvero buffa, si erano ritrovati ad essere prede dopo essere stati cacciatori.

Jenna era rimasta sola nella sua stanza, si era nascosta sotto le coperte.
Non voleva sentire o vedere niente.
Percepiva il suo corpo sprofondare nel materasso e nel cuscino come fossero sabbie mobili.
L'avrebbero inghiottita per sempre. Buio, silenzio.
L'aveva vista sorridere. Sophia l'aveva guardata e aveva sorriso.
Per quanto potesse aver pianto, o fingere di farlo, quella era la verità.
Lo aveva fatto apposta, aveva preso la mira e aveva scoccato la freccia.
Che si ammazzasse là fuori, lei e tutti gli altri.
Seth bussò due volte senza ottenere alcuna risposta, al che decise di entrare lo stesso.
La ragazza continuò a non proferire parola.
-Jenna?- la chiamò il castano.
Silenzio.
-Jenna...- ripeté avvicinandosi al letto.
-Vai via.- bisbigliò impercettibilmente la mora.
Seth fece scorrere le coperte scoprendole la testa.
Jenna teneva gli occhi chiusi, premendo le ciglia con forza.
Il ragazzo le accarezzò la fronte con la mano e si sedette sul ciglio del letto.
-Non voglio aprirli mai più.- pronunciò la ragazza.
Nemmeno Seth avrebbe voluto aprirli, avrebbe preferito chiuderli nella speranza che una volta riaperti il panorama intorno a lui fosse diverso, non più quelle quattro mura senza nemmeno una finestra, voleva trovarsi in una biblioteca, nel suo studio, ovunque, ma non lì.
-Ieri ho appoggiato la testa sul cuscino sperando di non svegliarmi mai. Sperando di rimanere nei miei sogni per l'eternità. Ma mi sono svegliato, mi sono svegliato oggi, mi sono svegliato ieri, mi sveglierò domani, forse.
Forse la soluzione è morire e basta, forse la soluzione è farsi odiare così tanto che alla fine il pubblico a casa ti vota perché sei uno stronzo. Ma c'è una ragione se continuiamo a lottare, no?-

Jenna aprì gli occhi e fece per interromperlo, ma Seth non la lasciò parlare, non poteva, doveva dire tutto in quel momento, come quando scriveva.
-Io non sono stronzo, non sono capace. Vorrei. Vorrei essere diverso, vorrei essere sexy e affascinante come Light. Perché la mia unica consolazione la mattina è che almeno tu sei qui. Tu sei viva.- le ultime parole gli uscirono a malapena dalle labbra, soffiate, allo stesso tempo così leggere e così pesanti.
La castana non sapeva cosa dire. Rimase zitta e basta.
Poteva rispondere che a lei non importava, non le interessava che lui non avesse la tartaruga o qualche cicatrice misteriosa, ma le parole le si strozzavano in gola.
Lei, Jenna, senza parole. Era buffo, sovrannaturale.

Angel tornò in salotto impugnando un grosso coltello da cucina, Kyte era ancora seduto sul divano, l'uomo col fucile, dopo aver appoggiato il fucile contro la parete, si era seduto esattamente di fronte a lui, su di una poltrona.
La bionda accennò qualche passo nella loro direzione, alzando l'arma.
-No.- la fermò il ragazzo -Scegli qualcun altro.-
Angeline sbuffò scocciata -Datti una regolata.- ribatté andando verso il corridoio delle stanze.
-Hai qualcosa da chiedere?- domandò l'uomo al ragazzo.
-Solo una domanda.- rispose Kyte -Cosa farà il tuo gruppo dopo che sarai morto?-
L'uomo con il fucile sorrise. -Non credo andremo incontro a quest'evenienza.-
Il moro si alzò in piedi, seguito dall'avversario.
Stringeva nel pugno la forbice per le unghie che stava usando quella mattina per riprogrammare l'iPod di Marylin, sicuramente l'altro non se lo sarebbe aspettato, d'altronde non aveva l'aria di essere un grande genio.
Kyte si avvicinò caricando un pugno deciso.
Lo sferrò verso il collo, sicuro che la punta delle forbici avrebbe reciso la carotide.
L'uomo afferrò il braccio a mezz'aria impedendogli di mettere a sesto il colpo, gli strinse con forza il poso facendogli cadere le forbicine e lo colpì con forza al ventre, obbligandolo ad accasciarsi a terra.
Il ragazzo rise, forse lo aveva sottovalutato, ma era un suo vizio e lo sapeva bene.
Sputò per terra e si rialzò come se nulla fosse.
-Ancora?- chiese l'uomo inclinando il capo.
Questa volta fu Kyte ad aspettare che l'altro sferrasse il colpo, l'uomo aveva puntato il cranio e prontamente il ragazzo si abbassò, facendolo brancolare nel vuoto.
Approfittò di quel breve momento per prenderlo per il ventre e spingerlo contro il divano.
Entrambi ci ruzzolarono sopra, ribaltandolo.
Kyte si ritrovò sopra il nemico e gli tirò un pugno in faccia, l'altro, senza aspettare un secondo di più, portò le gambe al petto e gli sferrò un calcio in pancia facendolo volare qualche metro più indietro.
L'uomo con il fucile recuperò frettolosamente le forbici dal pavimento e bloccò il moro a terra stringendolo per il collo.
Il cuore del ragazzo pulsava all'impazzata, sentiva la testa gonfiarglisi, poi l'uomo gli avvicinò l'apice delle forbicine all'occhio sinistro.
Vedeva la punta dritta davanti a sé, a un millimetro di distanza, se solo avesse azzardato una mossa avrebbe perso l'occhio.
-Allora, ragazzino, credi che senza un occhio starai più simpatico al pubblico a casa?- ansimò l'uomo, ancora sorpreso per il colpo che aveva incassato.

Sophia fece scoppiare un big-bubble rosa mentre sfiorava con il rompighiaccio le pareti del corridoio.
Non aveva mia giocato a nascondino da bambina, ma doveva essere una cosa del genere.
-Yuhuu?- ridacchiò -C'è nessuno?- domandò giulivamente prima di entrare in piscina.
Il forte odore di sangue le fece arricciare il naso, si portò la mano libera davanti al volto e raggrinzì il viso in una smorfia.
Nel caso ci fosse stato qualcuno si sarebbe nascosto di sicuro negli spogliatoi.
-Avanti, voglio solo parlare. Ho una proposta interessante.- disse alzando la voce.
L'uomo con la beretta sbucò dalla porta dei camerini.
Sophia sorrise soddisfatta, proprio lui stava cercando.
Le era giunta voce, quella mattina, che era un porco allo stesso livello di quelli che aveva sgozzato in quella stanza poche ore prima.
Ma con lui avrebbe fatto un gioco diverso.
L'uomo strisciava per terra delle lunghe catene, con molta probabilità quelle che avevano usato per appendere i ragazzi durante la sfida precedente.
-Spara.- disse l'uomo mantenendo una certa distanza.
-Avvicinati.- lo istigò la ragazza mordendosi il labbro.
Sophia sapeva sfruttare perfettamente le debolezze altrui, era conscia del proprio aspetto fisico e l'uomo che si trovava davanti era assai prevedibile.
-Getta l'arma per terra.- la intimò lui.
Appunto, prevedibile. Sophia buttò l'arma dentro la piscina.
-Tocca a te.- sorrise la ragazza.
L'uomo lasciò andare le catene e fece qualche passo verso la castana, aspettando che fosse lei a raggiungerlo.
Sophia gli si avvicinò con la testa al passamontagna, proprio dove dovevano esserci le orecchie e gli bisbigliò qualcosa di incomprensibile, senza smettere di sorridere.
L'uomo spalancò entrambi gli occhi e annuì con la testa.

Angeline teneva il coltello sollevato di fianco al suo volto mentre percorreva il corridoio delle stanze, i suoi compagni si erano tutti rintanati nei loro letti in attesa che la “battaglia” finisse, che la tempesta si placasse.
Sapere Lukas al sicuro nella loro stanza la rendeva comunque molto più tranquilla, era meglio che non fosse lui a rischiare la vita per ottenere l'immunità.
D'altronde lui era così candido, non sarebbe mai riuscito a fare del male ad una mosca.
Non come lei.
L'uomo con la balestra spuntò dal fondo del corridoio, dove questo si divideva per andare verso lo sgabuzzino o la libreria e la sala svago.
La bionda prese la rincorsa pronta a colpire l'altro, che si spostò appena in tempo facendole conficcare la lama di fianco alla porta chiusa.
Non aveva trovato nulla per difendersi in nessuna di quelle stanze.
Angeline cercò a fatica di estrarre l'arma dalla parete, mentre l'uomo andava a passo svelto verso il salotto.
Lukas aprì la porta di scatto.
-Entra, muoviti.- intimò con un sussurro all'uomo con la balestra che, perplesso, obbedì.
Quando la ragazza si voltò non c'era nessuno.
Doveva essere andato in cucina a prendere un coltello per difendersi, bene, un duello ad armi pari non le dispiaceva affatto.

Lukas si ritrovò a bloccare la porta con la schiena, nella speranza che Angeline non li avesse visti, non avrebbe potuto capire
L'uomo era qualche metro più in là, fra i due letti.
-Perché lo stai facendo?- domandò allibito -Perché mi stai aiutando?- ribadì.
-Tu non faresti lo stesso?- chiese il moro in un soffio.
L'altro rimase interdetto -No. Io ti sto uccidendo.- rispose senza pensarci troppo.
Ma non lo avrebbe fatto veramente? Si trovava da un lato strano della vicenda, dalla parte del carnefice. E se invece fosse stato la vittima, così come era sempre stato?
-Mi hai curato la gamba.- continuò Lukas.
-Per farti morire in modo diverso, perché ci servivi vivo in quel momento, probabilmente morirai lo stesso.- rispose l'uomo cercando di scacciare l'immagine dalla sua mente.
-Allora lo faccio e basta, senza motivo. Perché sono umano.- brontolò Lukas senza muoversi di un millimetro.
-Non ti aiuterò ad uscire di qui.- sorrise beffardo l'uomo, aveva capito, stava cercando di ottenere la sua simpatia per scappare.
-Non mi importa, non te l'ho chiesto.- lo contestò il moro, quasi offeso.
-Non credo.- insistette l'altro.
-Sì invece, posso anche creparci in questo buco.- sbottò il ragazzo.
In fondo era vero.
Tutti erano eroi nella sua famiglia, o almeno sua sorella, che sperava fosse ancora in vita, tutti tranne lui.
-Non dirlo.- l'idea aveva turbato l'uomo con la balestra che in effetti la balestra non ce l'aveva più. Era lì, indifeso, come colui che si trovava davanti.
Basta morti, basta cadaveri.
-Tu non sei cattivo. Non sei come loro.- continuò Lukas.
-Non sono cattivo forse, ma sono come loro.- sorrise amaramente l'uomo.
-No. Sei diverso. Non avevi capito.- disse il moro, quasi cercando di convincere se stesso che le cose stessero così.
-Cosa non avevo capito?- domandò l'altro.

-Che noi siamo vivi, come voi.- rispose il ragazzo
-Lo so bene.- e invece no, non lo aveva saputo fino a qualche istante prima.
-Perché mi hai medicato la ferita?- lo provocò il moro.
-Te l'ho detto, perché servi vivo per ora.- ribadì l'uomo.
-Non è così.- pronunciò flebilmente Lukas.
-Sì invece.- rispose infastidito.
-Le tue mani...- continuò il ragazzo.
-Cosa?- lo interruppe bruscamente l'uomo con la balestra.
-Erano gentili.- rispose avvinandoglisi ad una trentina di centimetri.
L'uomo si ammutolì.
Non era cattivo? Non era come gli altri?
E allora cos'era? Cosa ci faceva lì?
Stava rischiando la vita per una ragione che solo in quel momento capì quanto fosse stupida e non poteva tornare indietro, nemmeno volendo.
Lukas prese esitando il lembo del suo passamontagna, l'altro non fece niente, rimase immobile mentre il ragazzo glielo sfilava facendo prendere aria a quella pelle soffocata da troppo tempo e ad un ammasso di capelli ricci schiacciati dal tessuto nero.

L'uomo col fucile si era limitato a sbattere la testa di Kyte contro il pavimento fino a farlo svenire e legarlo con degli stracci sul divano, infine se n'era andato da qualche parte.
Il ragazzo veva ripreso i sensi da poco quando vide passare Angeline con un coltello.
-Hey, Angel, dammi una mano.- la chiamò.
La ragazza, che non sembrava essersi minimamente accorta della sua presenza, si voltò sorpresa.
-Oh, Kyte.- sorrise avvicinandosi -Hai per caso visto passare di qua uno di quegli uomini?-
Kyte scosse la testa -No.-
La ragazza girò i tacchi e fece per andarsene.
-Aspetta Angeline!- gridò il moro -Slegami!-
Chiedere aiuto a quella ragazza lo scocciava e non poco, certo, avrebbe potuto pensarci da solo, ma ci avrebbe sicuramente messo più tempo.
La ragazza lo guardò nuovamente.
-Scusami.- ridacchiò imbarazzata ritornando sui suoi passi.
Mosse un piede, prima lentamente, con le labbra curvate all'insù, poi la sua espressione mutò radicalmente, rabbia, odio, stava correndo verso di lui.
Kyte sentì chiaramente il rumore della lama fendere l'aria.
La ragazza fece penetrare la lama più a fondo che riuscì.

Aveva trafitto con precisione chirurgica la porzione di divano a pochi millimetri dalle labbra del ragazzo, che espirò rumorosamente, sollevato.
-Ricordati di darti una regolata.- ammiccò la bionda lasciandolo legato ed andando a perlustrare il giardino al coperto.

Killian cercò di immaginare cosa stessero facendo in quel momento i suoi genitori.
Era sicuro si stessero dando da fare per venire a salvarlo.
“Salvarli” si corresse mentalmente. Rabbrividì, si vergognava di aver avuto anche per solo un secondo un pensiero così egoista.
I suoi genitori facevano entrambi parte del Federal Bureau of Investigation, era una garanzia.
Erano all'opera per entrare in quella dannata prigione.
Ecco. “Prigione”.
Killian pensava che quell'appartamento fosse una prigione, Dante pensava invece che la prigione fosse il suo corpo.
Non solo lì, ma anche all'estero tutti pensavano essere prigionieri di qualcosa, e forse lo erano.
-Devo dirti una cosa.- sussurrò Dante aggrappandosi al braccio del biondo.
-Dimmi, sono qui.- sorrise forzatamente l'altro.
Il moro ci aveva pensato a lungo, sì, aveva avuto molto a cui pensare mentre aspettava speranzoso che la gamba si rimettesse a posto.
-C'era un ragazzo, si chiamava Luke.- cominciò.
Doveva parlare di Lukas, pensò Killian, probabilmente stava delirando.
-Non sto parlando di Lukas, non guardarmi come se fossi matto.- sorrise il ragazzo strappando una risata all'altro.
-Scusami.- disse il biondo avvicinando le labbra a quelle di Dante -Avanti, parlami di Luke.- bisbigliò strappandogli un bacio.
-Era il mio ragazzo. I miei volevano che andassi a parlare con uno psicologo, sono convinti che l'America sia appena stata colonizzata dai sovrani cattolici, lo so.- si fermò un istante, risero entrambi -Naturalmente gli risposi che potevano andare a farsi fottere, anzi, che potevano andare a fottere loro due e che magari avrebbero risolto i loro problemi.-
Il biondo intuì che il ragazzo stava cercando di sdrammatizzare e gli strinse forte la mano, Dante tirò un sospiro profondo.
-Così andammo a vivere insieme, io e Luke. Per un anno e mezzo. Fu magnifico, il periodo più bello della mia vita.- una lacrima scivolò timida dai suoi occhi -Poi io compii 18 anni, lui cominciò a frequentare una ragazza, Nyanna, sempre di più. Lo odiavo, pensavo mi avrebbe amato per sempre.- gli occhi gli si facevano sempre più lucidi -Litigammo, una sera. Pioveva forte, c'era il temporale. Lui uscì sbattendo la porta. Nonna diceva sempre di non andare a letto arrabbiato, che prima dovevo risolvere tutti i problemi. Era tardi e non arrivava, non arrivava, lo chiamai una volta, due volte, tre, quattro. Non rispose.- ormai parlava scosso dai singhiozzi, Killian lo stava tenendo abbracciato, ospitando la sua testa sopra il petto e poggiandogli il mento sui capelli corvini -La mattina dopo non era a letto. Ero furioso, nero. Non poteva comportarsi come uno stronzo. Misi dei cornflakes nella tazza bianca ma non riuscii a mangiarli. Poi bussarono alla porta, era un uomo in divisa, mi diceva che Luke era stato investito, che avevano cercato di rianimarlo ma che non c'era stato niente da fare, io ormai non lo sentivo più. Incontrai Nyanna qualche tempo dopo, era una wedding planner.-
Killian gli asciugò gli occhi con il lembo della maglietta, per poi passare ai suoi.

Nyanna strinse forse Alexander.

Almond uscì dal bagno, si rigirò la treccia fra le mani e passò pimpante per il salotto.
-Almond...- cercò di chiamarla Kyte, ormai arreso in partenza, possibile che non passasse nemmeno una persona normale?
La ragazza proseguì fino alla palestra, spinse le porte di vetro e vi entrò con un salto.
-Sophi? Sei qui?- domandò gongolando.
Sophia stringeva nella mano destra il rompighiaccio e nella sinistra un piccolo manubrio per fare sollevamento pesi, dalla parte opposta della stanza la donna aveva recuperato un lungo bastone dal vertice appuntito che brandiva per aria.
La castana l'aveva scovata qualche minuto prima mentre ravanava in una cassa in cerca di qualcosa con cui difendersi e avevano avuto una breve colluttazione.
Sophia aveva preso qualche pugno nello stomaco, ma per tutta risposta aveva ferito l'avversaria al volto e alla spalla strappandole la maglia e il passamontagna.
-Ti serve una mano?- si informò la mora.
-No, Almond, aspettami fuori.- rispose l'interpellata cercando di non perdere la concentrazione.
“No Almond.” “Non adesso Almond.” “Togliti dai piedi Almond.” “Perché non sei come tua sorella, Almond?”
-Non ci penso neanche.- ribatté stando impalata dov'era.
Sophia la fulminò con lo sguardo, ma la ragazza non sembrava intenzionata a muoversi.
-Fatti sotto piccolo amore, hai paura di spezzarti le unghie?- la provocò la donna.
La castana tornò con lo sguardo sul suo obbiettivo.
-E tu hai paura di spezzarti la spina dorsale, stronza?- la rimbeccò Sophia, scagliandole il peso addosso e sfiorandola di qualche centimetro.
Almond si guardò le mani, com'era stata sbadata, non aveva nemmeno preso qualcosa per attaccare la donna.

Sophia notò la titubanza nella ragazza, le disse qualcosa sottovoce e si preparò ad avventarsi contro l'altra.
La mora, invece, fece qualche passo verso un cestino di palloni, ne estrasse uno e lo lanciò contro la donna, che riuscì ad evitarlo.
-Ma che...- balbettò perplessa mentre Sophia le si avvicinava minacciosa e Almond le tirava palloni più velocemente che poteva.
In un istante la castana le stava addosso, la donna la spinse indietro con forza, si chinò a terra e parò con un pallone un colpo che Sophia si era preparata ad infliggerle con il rompighiaccio.
La ragazza sembrava essere assai scocciata, le prese il pallone dalle mani e lo usò per colpirla in faccia più volte, facendole uscire sangue dal naso.
-Ed ecco il make up “donna che muore”.- disse a denti stretti.
-Uccidila Sophia!- gridava Almond qualche metro più indietro -Uccidila!- strillò quasi istericamente.
La donna reagì tirandole una testata, le tirò una bastonata sulle gambe costringendola a piegarsi e le assestò una ginocchiata nel ventre, facendola mugolare di dolore.
La spinse per le spalle, Sophia si ritrovò distesa per terra a boccheggiare.

-Non ti ammazzo per pietà.- sputò acida la donna, scagliando il bastone appuntito in direzione di Almond.
La punta le sfiorò la nuca andando a sbattere contro il muro retrostante.
La mora, dopo qualche esitazione, andò a soccorrere l'amica, mentre la donna usciva dalla stanza.

Seth era appena rientrato in camera, ma poco dopo fu Light ad uscirne.
Gli piaceva Jenna? Sì, era una bella ragazza, era simpatica, era una brava persona, ma piaceva anche al compagno di stanza e questo lui lo sapeva benissimo.
Forse era lui quello di troppo, oppure era il castano, non gli importava più di tanto, l'unica cosa che contava era evitare che quell'orribile situazione già di per sé peggiorasse in qualsiasi modo.
Allora, se serviva, avrebbe fatto un passo indietro, lui stava bene anche così.
La porta della camera di Jenna era leggermente aperta, la spinse con il palmo della mano e rimase sul ciglio della stanza, appoggiato contro lo stipite.
-Dobbiamo parlare.- disse.
La mora era seduta sul letto, lo guardava ammutolita, ancora scossa per la morta di Geoff e le parole di Seth.
Light avrebbe voluto prenderle le mani, ma forse era meglio se rimaneva lì.
-Il nostro rapporto...- cominciò senza ben sapere cos'avrebbe detto di preciso -E' un bel rapporto insomma, ma penso che dovrebbe rimanere come ora.-
Jenna sembrava non capire, o magari non voleva capire.
-Cosa vuoi dire?- gli domandò.
-Amici, restiamo amici.- tagliò corto il ragazzo.
La mora abbassò il capo, strinse la coperta fra le mani e cercò di mettere a tacere il suo cervello.
Era stanca di mostrarsi debole. Ci era rimasta male, ovvio, l'aveva colta di sorpresa, aveva distrutto ogni sua aspettativa.
Rialzò la testa, fece per dirgli che non le importava, ma furono altre le parole che le uscirono di bocca -Attento!- gridò.
Light fece appena in tempo a scansarsi.
L'uomo con la beretta aveva piantato una grossa mannaia dove prima c'era il suo collo.
-Che problema hai?- sbraitò il ragazzo indietreggiando di qualche passo e facendo da scudo a Jenna, schizzata subito in piedi.
L'uomo non rispondeva, mugugnava.
Istantaneamente la ragazza pensò che fosse lì per lei, per portare a termine quello che aveva interrotto quella mattina, spuntò con la testa da dietro la spalla di Light e gli sputò sul passamontagna.
L'uomo non si ripulì nemmeno, alzò l'arma in aria.
Light spinse Jenna sul letto e colpì con un calcio molto alto il polso dell'aggressore, deciso a non mollare la mannaia.
-Senti amico, non ho intenzione di ucciderti.- disse scocciato colpendolo nuovamente, questa volta in pieno stomaco.
Jenna aveva paura, si portò in ginocchio.
-Fallo Light.- sussurrò prima -Fallo.- ripeté più forte.
Il ragazzo si voltò a guardarla, era perplesso, non sapeva cosa dire, cosa fare.
Con un altro calcio lo spinse fuori dalla stanza.

Il caso voleva che Angeline, dopo essere andata a perlustrare il giardino al chiuso, fosse tornata nel corridoio delle stanze pensando che uno degli assassini potesse essersi rifugiato in una delle stanze, magari vuote in quel momento.
Così, inaspettatamente, si era vista l'uomo con la beretta volare fuori dalla stanza di Jenna.
Light se ne stava impalato a guardarlo, probabilmente gli aveva strappato una mannaia di mano, visto che la stringeva fermamente.
Camminò velocemente, si chinò di fianco all'uomo e gli conficcò la lama del coltello da cucina fra le costole.
L'uomo guardò l'arma a bocca aperta, sorpreso, sconcertato, un dolore caldo gli si era sprigionato nel petto.
Light fissò Angeline con orrore, dietro di lui Jenna lo aveva preso per mano.
Angeline estrasse il coltello, l'uomo sputò un po' di sangue, allora stava morendo davvero? Era così che finiva? Poggiò una mano a terra, stava cercando di rialzarsi ma non ci riusciva, si spostò di qualche centimetro strisciando con la schiena contro il muro e lasciando una traccia di sangue.
L'uomo con il fucile assisteva allo spettacolo dal fondo del corridoio.
La bionda non aveva finito, gli piantò l'arma appena sotto la spalla e tirò verso il basso con tutta la sua forza.
Questa volta l'uomo sentì tutto il dolore. Fece per urlare ma gli uscì solamente un altro schizzo di sangue.
Si lasciò cadere a terra, cercava di strisciare con le braccia.
-A..Aiut...- balbettò protendendo la mano destra verso l'uomo con il fucile.
Angeline si alzò in piedi, gli mise un piede sui glutei e gli infilò nuovamente il coltello nella spina dorsale.
Un altro urlo.
I ragazzi erano usciti dalle stanze, Sophia ed Almond erano accorse dalla palestra, Kyte era ancora legato sul divano.
Anche gli uomini si erano radunati lì.
La donna era arrabbiata, come aveva potuto l'uomo col fucile costringerli a partecipare a una sfida del genere.
Un altro colpo, un altro, ancora.
La ragazza non si fermò fino a quando il corpo sotto di lei non venne percorso dall'ultimo spasmo di vita.
Era ricoperta di sangue, le si era appiccicato fra i capelli, le aveva imbrattato il vestito che indossava così come le pareti circostanti.
-Abbiamo una vincitrice.- annunciò grave l'uomo con il fucile -Pubblico, le votazioni sono aperte. Angeline, naturalmente, possiede l'immunità.-

Per i tre che accompagnavano i vecchi concorrenti non era stato problematico uscire dalla casa.
Un'arma da fuoco puntata alla testa delle vittime, molta pazienza ed erano riusciti a raggiungere lo Stage 13, non troppo distante.
La polizia non era riuscita ad intervenire, nemmeno con i cecchini appostati sui tetti.
Così i tre attentatori e i sette ragazzi entrarono in un ascensore identico a quello del set del reality, come d'accordo.
 

Angolo dell'autore
Ed ecco arrivato il capitolo 9, spero vi sia piaciuto.
Allora, leggete tutto quello che ho da dirvi perché è molto importante.
1. Avevo scritto un pezzo incentrato su Almond, ma non si inseriva bene nel capitolo, non mi sono dimenticato di lei, avrà molto da dire nel prossimo.
2. Ebbene sì, è giunto il momento di votare. Mi piacerebbe provare un metodo differente, date un voto da 1 a 5 per ogni personaggio in gara, dove 1 è odio e 5 è amore profondo. Segnalatemi anche chi volete eliminare per evenienza.
3. Angel è immune.
4. Nel capitolo 2 ho cambiato la mappa e ne ho inserita una più comprensibile.
5. Ringrazio vivamente Princess of Marshmallow per l'immagine che trovate qui sotto.
6. Qualcuno ha colto “Annie Wilkes” dello scorso capitolo, quindi lancio una sfida. A quale filosofo si fa riferimento nel capitolo?
7. E niente, da questo capitolo le persone cominceranno a morire. Tanto.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
 

Moquette rossa, divano e poltrone in pelle bianca, un bancone da bar sulla destra.
Scott fu il primo ad accorgersi di essere in un locale esattamente identico a quello che avevano appena lasciato.
Gli altri erano completamente assorti nei loro pensieri, nel loro lutto, ma lui no.
Lui sapeva che se voleva sopravvivere non avrebbe dovuto abbassare la guardia neanche per un solo istante.
Doveva essere reattivo, sveglio, scaltro, proprio com'era stato durante la quarta stagione del reality.
“La vendetta dell'isola”, sorrise al ricordo.
L'edizione più finta del programma, così costruita da risultare quasi fastidiosa.
La folle idea di Chris di fingere che l'isola fosse una discarica di rifiuti tossici, l'assumere un team che curasse la parte degli effetti speciali per simulare animali mutanti e addirittura un team di make up artists per conciare Dakota in quel modo lo avevano abbastanza irritato.
Senza dubbio prima di fare il provino era già dell'idea che quelle trasmissioni erano in qualche modo pilotate, mai vere al cento per cento, e così ne ebbe la conferma.
-Sorpresa!- esclamò entusiasta l'uomo con la pistola agitando le mani.
Courtney alzò lo sguardo vedendo ciò che il rosso aveva visto poco prima.
Non era possibile. I suoi neuroni lavoravano il più velocemente possibile, cercando di elaborare tutti i dati che provenivano dall'esterno.
Due set identici. Perché? Qual era lo scopo? Perché usare uno al posto dell'altro?
Eppure, per quanto si sforzasse, le risposte non si materializzarono chiare davanti ai suoi occhi com'era abituata.
Quella volta non riusciva a dare un senso a quello che la circondava. Non era abituata, aveva sempre tutto sotto controllo, la sua vita, le sue scelte, i rapporti con gli altri.
Era stata prelevata e posta in un contesto estraniante.
Era alienata, le sembrava di vivere ogni cosa che le succedeva da spettatrice.
Seduta su una poltroncina di tessuto rosso masticava i popcorn guardano un'ispanica aggredita nel suo appartamento, una ragazza che fuggiva in un deposito di containers per poi essere catturata nuovamente.
Sarebbe stato anche un bel film se non fosse stata lei la protagonista.
E se fosse morta? Titoli di coda? Schermo nero e si riaccendono le luci in sala?
No. Sarebbe morta e basta.
Non sarebbe tornata a casa spaventata da un film dell'orrore, ma conscia e rassicurata dal fatto che fosse tutta finzione. Perché quella, purtroppo, era la realtà.
Ci volle poco prima che i ragazzi riconoscessero tutti gli altri ambienti della casa.
La palestra, la piscina, la sala da pranzo, la cucina, le camere, il giardino, la sala svago e la libreria erano in tutto e per tutto identiche a quelle dove nello stesso istante si muovevano altre dieci vittime.
Ovvio. La piscina era vuota, ma almeno non era piena di maiali squartati e sangue.
Noah guardò la porta in fondo al corridoio. La porta chiusa. Avrebbe forse scoperto cosa c'era dietro lì e nell'altro set?
Poggiò la mano sulla maniglia con assoluta calma, l'abbassò e l'aprì.
Sussultò. Davanti a lui si ergeva un muro di mattoni rossi, provò a spingerli per vedere se si spostavano. Niente, avevano murato la parete.
Così cominciarono anche nel suo cervello le solite domande di routine.
Perché? Cosa c'è dietro?
-L'uscita.- la donna con la felpa azzurra sembra a avergli letto nel pensiero.
Se ne stava dietro di lui e lo fissava con un mezzo sorriso.
Avrebbe voluto sollevarla da terra a tirarle cazzotti fino a farla svenire.
Lui, Noah, con una tale rabbia in corpo che non riusciva più a riconoscersi.

Quella sera li lasciarono in pace, il verdetto sarebbe stato il giorno dopo, d'altronde si era già fatto tardi, bisognava dare al pubblico il tempo di votare.
Jenna tirò un sospiro di sollievo.
Aveva altre 24 ore di vita, 1440 minuti, 86400 secondi.
Da piccola le capitava di passeggiare mano nella mano con i suoi nonni.
Andavano al bar, le compravano una brioche per la colazione e poi la portavano al parco.
Lei, inevitabilmente, si metteva a contare per gioco, ad alta voce, per far vedere che era capace.
Una volta arrivò fino a 547 prima di stancarsi, che sono circa nove minuti.
86400 era decisamente molto di più di 547.
Aveva moltissimo tempo.
L'uomo che aveva cercato di violentarla era morto.
Poteva coricarsi tranquilla, godersi ogni singolo istante di vita.
Aveva un giorno e lo avrebbe vissuto come fosse stato l'ultimo.

Sophia era preoccupata, stringeva fra le mani i bordi del lavandino bianco e si guardava intensamente nello specchio.
Aveva perso, non aveva lei l'immunità, e ancora peggio era nelle mani di quella psicolabile di Angeline.
Aveva ucciso Geoff per nulla, con grande probabilità si era tirata addosso l'odio di Jenna e del mondo intero.
Chissenefrega di Jenna, ma il pubblico...se il pubblico la odiava era un problema, l'avrebbero votata in massa.
Si vedeva seduta sul divano bianco.
-Sophia, hai un appuntamento speciale.- diceva l'uomo col fucile simulando una pistola con le dita e puntandosela alla testa.
No. Non sarebbe mai morta così.
Se la gente aveva tifato per Heather avrebbe tifato anche per lei, gli antagonisti avevano un loro fascino.
Era un'antagonista e ne era perfettamente conscia.
Poteva decidere se fingere di essere qualcun altro e sperare che gli altri la stimassero o essere semplicemente quella che era e augurarsi che qualcuno riuscisse ad apprezzarla.
Lei aveva scelto la seconda opzione.
Ma cos'era?
Era un'assassina. Aveva ucciso una persona, questo non poteva cancellarlo dalla sua mente.
Strinse il lavandino più forte, digrignò i denti.
Stava cedendo sotto la pressione?
Non poteva permetterlo, no. Lei era Sophia Sparks, nessun sostantivo avrebbe mai potuto sostituirla.

Così la serata passò in silenzio.
Kyte ascoltava la musica di Marylin aspettando che gli passassero i tremori al braccio, Killian accarezzava la fronte di Dante baciandolo delicatamente ogni quando si lamentava per il dolore, Jenna fissava il soffitto sdraiata sul letto fantasticando su come avrebbe sfruttato il giorno seguente, Lukas pensava all'uomo con la balestra mentre Angel lo guardava con la testa poggiata sul cuscino, Light cercava di prendere sonno, Seth scribacchiava su un diario, Sophia si dondolava sotto l'acqua corrente della doccia e Almond, qualche cabina a fianco, se ne stava seduta per terra a gambe incrociate, scrutando le piastrelle del pavimento.

Light sentì un odore acre, pungente, un odore che mai avrebbe confuso al mondo.
Urina di gatto. Casa sua. Era a casa sua.
I gatti randagi del quartiere si infilavano fra i pannelli marci e sgattaiolavano dentro, usando il salotto come dormitorio e la cucina come latrina.
Da quando i suoi genitori se n'erano andati lasciandolo solo con il fratello era così che viveva.
Sporco, stanco, affamato.
Erik piangeva, dormivano insieme nel letto matrimoniale, la notte si svegliava e lo sentiva singhiozzare, piano, timidamente.
Lui era quello forte.
Sentiva dei rumori provenire dal piano inferiore, c'erano delle persone che gridavano, un piatto di porcellana doveva essersi appena rotto, o forse era un bicchiere.
Posò la mano sul corrimano, scese i gradini di corsa, una scheggia di legno gli si era infilata sotto il tallone, ma non sembrava accorgersene.
Due ragazzi tenevano fermo suo fratello a terra mentre scalciava con tutta la forza che aveva in corpo.
Un terzo rideva.
Light rimase impietrito sul ciglio della porta.
I due ragazzi fecero alzare il fratello, ma non sembrava lui, aveva i capelli più lunghi, diversi, era... Jenna?
Lo guardava terrorizzata, perdeva sangue dal naso e dalla bocca, le mancavano dei denti.
Quello che rideva aveva afferrato tra le mani un coccio del piatto.
Le andò contro, conficcandoglielo tra le costole.
Voleva urlare, ma non poteva, per quanto ci provasse gli usciva solo un flebile
sussurro.
Light si risvegliò sudato nel suo letto, era mattina.

Killian stava spalmando della marmellata di albicocche su una fetta biscottata, nonostante sembrasse aver riacquistato un po' di colore, Dante non se la sentiva ancora di alzarsi dal letto.
Magari il peggio stava passando per davvero.
Tutti, tranne il ragazzo, erano seduti al tavolo della sala da pranzo.
Sembrava quasi di essere tornati ai primi giorni, quando ancora nessuno avrebbe mai potuto immaginare quello che sarebbe successo, quando Angeline preparava biscotti per tutti e Seth rovesciava distrattamente bicchieri di succo.
Invece si guardavano di sfuggita negli occhi, per brevi istanti, prima di passare a studiare qualcun altro.
L'assassino di Marylin non era ancora venuto allo scoperto.
Killian pensò che potesse essere stata Pam, non era granché lucida il giorno della sua eliminazione, che l'aver ucciso Helen l'avesse fatta uscire di testa?
Non si trovavano in quel posto da molto, eppure gli sembravano passati mesi, anni, come se la sua condizione fosse sempre stata quella.
-Amico, stai facendo traballare tutto il tavolo, è snervante.- disse Light rivolto a Kyte, seduto dalla parte opposta.
Il moro si tirò indietro con la sedia. Lo stavano fissando tutti, non dovevano pensare a inzuppare i loro maledetti biscotti nel latte?
Cosa ci trovavano di tanto strano da guardare?
-Allora?- sbuffò alzando le mani -Ne avete ancora per molto?-
Sophia riprese a mescolare lo zucchero nella tazzina di caffè, il nettare degli dei, da quanto non si regalava un momento del genere?
Era così intenta a cogliere l'attimo che nemmeno si accorse di Jenna che la stava fissando, ma non da qualche secondo, da minuti, da quando aveva messo piede nella stanza.
Almond l'aveva vista, sì, ma aveva preferito restare zitta.
Angeline canticchiava a bocca chiusa mentre versava un altro po' di tè nella tazza di Lukas.
-Grazie.- le sorrise il ragazzo.
La bionda ricambiò e si sporse verso il centro del tavolo per prendere la caraffa di spremuta d'arancia, istintivamente Sophia strinse il coltello da burro sulla sua sinistra finché non la vide ritornare al suo posto.
Killian mise tre fette biscottate su un piatto e fece per uscire dalla stanza.
-Per Dante?- gli domandò Angel.
-Già.- rispose il ragazzo sul ciglio della porta.
-Siete così carini.- si complimentò con voce estremamente melensa la ragazza.
Seth guardò Jenna.
Killian fu percorso da un brivido lungo la schiena intanto che attraversava il salotto.
Jenna prese coraggio in una manciata di secondi, o agiva o non agiva, e lei si era stancata di subire e basta.
-Tu.- pronunciò velenosa puntando l'indice finemente smaltato contro Sophia.
Tutti i presenti guardarono prima l'una e poi l'altra.
Sophia si staccò la tazzina di caffè dalle labbra -Sì?- domandò noncurante, fissandola dritta negli occhi.
-Non credere di passarla liscia!- sibilò la mora.
La castana poggiò la tazza sul piattino e prese il tovagliolo dalle gambe -Che ho fatto?- le chiese con una nota fintamente allibita.
Jenna ebbe uno scatto d'ira, scaraventò la sedia a terra e si alzò in piedi.
Si stava prendendo gioco di lei?
-Che cosa hai fatto?!- gridò con tutto il fiato che aveva in corpo -Mi stai chiedendo che cosa hai fatto?!-
L'interpellata sorrise impercettibilmente, mantenere la calma con qualcuno che la sta perdendo sarebbe sempre stata la cosa migliore da fare.
Stava facendo venire allo scoperto un aspetto di Jenna che nessuno pensava potesse esistere e, chissà, magari non sarebbe più stata così tanto benvoluta nella casa.
-Davvero, non capisco, calmati Jenna.- disse lentamente, strabuzzando gli occhi e asciugandosi la bocca con il tovagliolo.
-E non dire di calmarmi!- sbraitò la ragazza.
Light le si era avvicinato -Jenna...- la chiamò cercando di prenderle la mano.
La mora lo spinse indietro. -Non toccarmi.- ringhiò.
Il ragazzo rimase interdetto, la guardò con la bocca semi aperta, Angeline continuava a canticchiare, Almond prese senza farsi vedere il coltello per il pane e lo nascose sotto la tavola.
Nel caso fosse scoppiata una carneficina non era intenzionata ad andarci di mezzo, Sophia poteva essere orgogliosa.
La castana si alzò in piedi, lentamente, facendo scivolare la mano nuovamente verso il coltello da burro. -Jenna... Se ti riferisci a Geoff...- cominciò.
-Non pronunciare il suo nome.- urlò di nuovo, questa volta con più rabbia.
Jenna sapeva cosa stavano pensando gli altri, credevano non ragionasse, Seth la guardava come un'aliena, invece lei non era mai stata così lucida.
Percorse con slancio la lunghezza del tavolo arrivando a pochi metri dalla ragazza.
Sophia la guardò accigliata. -E' proprio vero che la prima impressione è quella giusta.- esordì con assoluta calma -Sei solo una provincialotta.-
Il volto della mora si contrasse in una smorfia d'odio, un grido di rabbia squarciò l'aria.
Jenna le si avvicinò ancora di più, andandole addosso, poi alzò le mani e le afferrò il collo.
Almond fece per alzarsi, ma venne fermata da Seth al suo fianco, Lukas strinse la mano di Angel, la persona più vicina a lui.
Sophia cercò di ferirla con il coltello da burro senza nemmeno riuscire a graffiarla.
Jenna gridò per la seconda volta, allora la castana le andò contro facendo cadere entrambe rovinosamente sul tavolo, afferrò la teiera e colpì l'avversaria alla nuca, costringendola a lasciare la presa.
Light si scambiò uno sguardo d'intesa a Kyte, che rispose alzando gli occhi dal cielo.
I ragazzi corsero verso le due e riuscirono faticosamente a dividerle.
Sophia si pulì i vestiti dalle briciole dei biscotti mentre Jenna continuava a dimenarsi fra le braccia di Light.
-Credo che questo programma non si chiami “Picchia Sophia”.- disse la ragazza scocciata.
-Te le cerchi.- ridacchiò Angeline.
 

Jenna uscì sconvolta dalla sala da pranzo, Light le stava parlando, le chiedeva che cosa le era preso, non riusciva a rispondere, non era più in grado di accostare le parole per formare frasi che avessero un senso, nemmeno nella sua testa.
-Io...- bofonchiava cercando di raggiungere la sua stanza -Geoff...- sussurrava ogni tanto.
Light la afferrò prima che inciampasse contro una poltrona e la aiutò ad arrivare vicino al suo letto.
La ragazza si tirò uno schiaffo da sola.
Doveva riprendersi, che cosa le stava succedendo?
Forse era vero che aveva perso il controllo.
-Hey.- disse severamente il moro afferrandole il polso -Va tutto bene adesso.-
Jenna si perse nei suoi occhi blu oceano.
La bocca semi-aperta, il cuore che le batteva a mille, il fiatone che non accennava a passarle.
Avvicinò le labbra a quelle del ragazzo, alzandosi leggermente in punta di piedi.
Lui le lasciò il polso, permettendole di avvolgergli le braccia dietro il collo.
Continuò a baciarla fino a perdere fiato.
Ogni tanto uno dei due si staccava e prendeva un respiro profondo, come un naufrago che boccheggiava in mezzo al mare.
Light approfittò delle mani sui fianchi per sfilarle la maglietta, mentre lei faceva lo stesso.
Jenna indietreggiò fino a sdraiarsi sul letto, accompagnando il ragazzo sopra di lei e accarezzandogli i capelli mentre le baciava il collo.

Light. Light. Light.
Light è un eroe, Light è perfetto e non ha bisogno di nulla.
E' altruista, è forte, è bello, ha un passato oscuro e tormentato.
Doveva scriverci un libro su Light, sì.
“Le avventure del perfetto Light.”.
Seth sbriciolò la fetta biscottata che aveva tra le mani.
Ora aveva pure sedato una rissa.
Naturalmente Jenna lo avrebbe ringraziato a vita, senza mai scoprire che lui, Seth Alleyn lo scribacchino sfigato, aveva impedito ad Almond di avventarlesi addosso con un coltello per tagliare il pane.
Quello sì che le sarebbe entrato nella carne, altro che coltello da burro.
Quando Seth aveva quello sguardo, Almond non poteva sopportarlo.
Doveva svegliarsi un po', non sarebbe riuscito a combinare nulla se avesse continuato a comportarsi così.
Lo guardò storcendo le labbra, lui la fissò con fare interrogativo
-E vai no?!- esclamò scocciata la ragazza.
-Come?- balbettò Seth.
-Vai da Jenna!- lo rimbeccò la ragazza come una maestra che corregge il proprio alunno.

Seth la fissò ancora per qualche secondo, facendola sbuffare, poi decise di seguire il suo consiglio, si alzò in piedi ed uscì dalla sala da pranzo.
Era la prima volta che Almond lo trattava in quel modo, era anche la prima volta che Jenna perdeva le staffe.
Forse c'era la luna sfavorevole, ma sarebbe stato meglio che quell'osservazione se la tenesse per sé.
Non bussò alla porta della stanza della ragazza prima di entrare, perché avrebbe dovuto? Era sotto shock, probabilmente non gli avrebbe nemmeno risposto.
Il castano si pietrificò sulla soglia, sentì ogni muscolo del suo corpo diventare di cemento.
Light stava scendendo con la bocca lungo il corpo della ragazza, baciandole il ventre mentre lei inarcava la schiena.
Jenna gli staccò immediatamente la testa.
-Seth...- sussurrò sgranando gli occhi e sgusciando via dalla stretta di Light.
Seth non riusciva a muoversi, tanto meno a parlare, le labbra gli tremavano spasmodicamente, farfugliava qualcosa.
La ragazza gli si avvicinò.
Era arrabbiato, come avevano potuto fargli quello? Non era corretto. No.
Improvvisamente si rese conto che Jenna era in reggiseno.
Un reggiseno rosa carne, di pizzo.
Lei sorrise, con una mano gli alzò il volto imbambolato, senza lasciarlo gli diede un bacio dolce, a stampo.
Lo accompagnò dentro la stanza e chiuse la porta.

Angeline gli aveva letteralmente proibito di entrare in camera.
“Ti sto preparando una sorpresa!”
Preferiva non pensarci, più ci rifletteva più ne era spaventato.
Non aveva ancora rivisto l'uomo con la balestra e questo lo turbava.
Era così... normale, forse anche bello, com'era possibile che si fosse unito a quel gruppo? Perché? Cos'era andato storto nella sua vita per portarlo fino a lì?
Lui avrebbe voluto perdonarlo, se magari fosse riuscito a convincerlo di aiutarli con un qualche patteggiamento non avrebbe scontato una pena poi così tanto lunga.
Sì, sarebbe andata così, non appena lo avesse visto ci avrebbe parlato.
Andò a lavarsi le mani.
L'acqua fredda gli faceva il solletico.
Un rumore sommesso proveniente da una delle cabine attirò la sua attenzione.

-C'è nessuno?- chiese. Nessuna risposta.
Chiuse il rubinetto, doveva averlo immaginato.
Poi lo udì ancora, un gemito, un rantolio.
Si avvicinò con cautela, poteva esserci chiunque.
Forse l'uomo con l'uzi sulla tazza. Sorrise al pensiero di lui che apriva la porta di scatto e si trovava davanti qualcuno che faceva i suoi bisogni.
-Hey...- disse nuovamente, come avvertimento prima di entrare nella cabina da cui riteneva aver sentito provenire il suono.
-Levati, Lukas.- sputò inviperita una voce femminile.
-Almond?- balbettò il ragazzo non riuscendo a credere di aver effettivamente riconosciuto il suo timbro.
Il moro appoggiò una mano sulla porta per controllare se la ragazza non l'avesse bloccata, di colpo Almond ci si mise contro con la schiena.
-Te ne vai?- squittì acida la mora.
Lukas si fermò un momento, sarebbe stato giusto lasciarla lì? Se stava male lui avrebbe voluto che qualcuno gli stesse vicino.
-No.- cercò di dire il più risolutamente possibile.
Udì la ragazza sbuffare da dietro la superficie di legno.
Si accovacciò facendo passare le dita sotto la fessura.
-Dammi la mano, Almond.- le sussurrò.
La mora esitò prima di prendergliela.
Stettero così, fermi, poi Almond si alzò in piedi e aprì la porta.
Lukas, alzatosi a sua volta, la guardò.
La tazza era sporca di vomito, un liquido giallastro e vischioso ne macchiava.
Almond cominciò a singhiozzare, si portò le mani al volto, voleva andarsene, voleva correre via, ma Lukas... era lì.
Lui non sapeva cosa dire, non ci sono parole giuste, non verbi, non frasi.
Il suo sguardo sembrava solo chiedere perché, anche se forse un perché non c'era.
Almond se ne accorse.
-C'è qualcosa dentro di me.- disse senza smettere di piangere, prese un respiro profondo -Lo sento grattare sotto la mia pelle. Scava perché vuole uscire.
E' nelle mie braccia, nelle mie gambe, nelle mie viscere, nella mia testa.
Mi gonfia, mi allarga, mi deforma.
E' un fluido che scorre denso, che pensa, che agisce.
A volte penso che mi faccia fare cose che non voglio e allora cerco di buttarlo fuori, ma non ci riesco, non esce mai tutto.
Vomito perché mi fa stare meglio. Perché la cosa si spezza. Perché c'è silenzio e ci sono solo io. Io davanti a un gabinetto.
Mi sembra di essere sola nell'universo.
Tutto si aggiusta per un attimo.
Se sto bene non è sbagliato, no?-

Forse doveva stare zitta, forse è sempre meglio tacere e tenersi tutto dentro, per farlo uscire in un modo o nell'altro, ma da soli, in silenzio, in privato.
Forse gli altri non dovrebbero sapere cosa ci passa per la testa, il nero, il vuoto, forse non gli interessa.
Forse capirebbero, forse no.
Ma Lukas capiva e la strinse in un abbraccio.

Dante era seduto sul letto con la schiena poggiata contro il cuscino, aveva mangiato si e no una fetta biscottata lasciandone altre due nel piatto di ceramica.
Era stato carino Killian, il suo sogno era sempre stato avere un uomo che gli portasse la colazione a letto. Certo, in circostanze diverse.
Ma dalla vita bisogna prendere quello che ha da offrirci e Dante aveva sempre saputo sfruttare le occasioni.
“Non preoccuparti, lo faccio io.” aveva detto a Seth prima di farsi appendere con le catene.
Non un gesto di gentilezza naturalmente, un gesto di convenienza.
La vittima sacrificale acclamata dal pubblico.
E nella sua testa, nel tempo che stava scontando a letto per la sua imprudenza e del quale si pentiva, aveva studiato tutti i “villains” della casa.
C'era stata Helen, lei era impazzita e la pazzia in quelle circostanze ha le gambe corte.
C'era Sophia, la ragazza che pensava di arrivare fino alla fine vincendo le sfide e tramando intrighi.
C'era Angel che non si curava di niente e nessuno a parte che di Lukas, volendo avrebbe potuto fare una strage.
C'era Kyte, ancora tutto da scoprire.
Ed infine c'era lui, che pensava solo al pubblico, che aveva fatto la scelta sbagliata.
La porta si aprì, sorrise. Killian.
-Ciaoo!- lo salutò melensa Angeline entrando nella stanza.
Il ragazzo smise di sorridere per un istante.
-Angeline... Cosa ci fai qui?- le domandò perplesso.
-Sono venuta a vedere come sta il malato, no? Chiamami pure Angel.- gli rispose tranquillamente.
Killian gli aveva raccontato cos'aveva fatto la ragazza.
Alejandro, l'uomo con la beretta.
-Grazie.- balbettò Dante.
-Posso prendere una piuma dai vostri cuscini?- gli domandò lei senza smettere un secondo di sorridere.
-Certo.- rispose il ragazzo confuso porgendole il suo.
La porta si aprì una seconda volta.
-Angel?- la chiamò allibito Killian -Esci subito!-
La bionda fece una piroetta e si alzò in piedi.
-Come sei scortese.- si lamentò avviandosi verso l'uscio e superandolo -Mi domando chi verrà eliminato prima!- sorrise prima sparire nel corridoio.
Il ragazzo appena entrato guardò Dante con la bocca aperta.
-E' pazza! Te l'ho detto!- esclamò.
Entrambi scoppiarono a ridere.
-Oh, Killian! Proprio te cercavo!- lo salutò Sophia fermandosi per il corridoio -Ciao Dante.- aggiunse sventolando una mano dentro la stanza.
-Sophia!- ricambiò Killian con finto entusiasmo.
Non è che la castana si fosse preparata tutto, che avesse deciso in anticipo cosa dire, ovvio, ci aveva pensato, ma nemmeno troppo.
Sapeva di andare sul sicuro quando esercitava la sua arte.
Il biondo non l'amava troppo, era convinto, così come Jenna, che avesse ucciso Geoff intenzionalmente, fosse rimasto in cucina durante la lite di sicuro non l'avrebbe aiutata.
-Non sai quante volte sono passata di qui, il giorno, la notte, ieri notte sono entrata senza che voi ve ne accorgeste.- cominciò.
Killian la guardò allibito, con una smorfia di disgusto, fece per interromperla.
Sophia gli mise un indice sulla bocca.
-Fammi finire. Dicevo, entro qui e penso “cosa posso fare?” e allora perché non saggiare la gamba di Dante? Ciao di nuovo caro.- continuò entrando un po' di più nella stanza e salutando di nuovo il ragazzo.
-E lui non si svegliava, non si svegliava, eppure il dolore doveva essere tale! Così ci ho riflettuto, da un po' lo sospettavo. Ma vorrai vedere che quel furbacchione sta facendo finta?- sorrise.
-Come puoi fingere una frattura?!- bofonchiò Killian per trattenere la rabbia.
-Il dolore è tale rispetto all'importanza che gli diamo, no Dante?- domandò al moro rivolgendogli ancora lo sguardo.
Killian non sapeva cosa fare.
Dante non sapeva cosa rispondere.
Non era vero, no. Però... Però in un certo qual modo...
Forse lui...
E il dubbio penetrava come un spillo nella carne di Killian, smise di guardare la castana e spostò l'attenzione verso il moro.
Dante era confuso, perché dire quelle cose?
-Non è vero.- balbettò ancora stupito -Killian, non è vero.-
Perché balbettava? Chi dice la verità reagisce così?
-Ma in una coppia non ci si dice tutto?- domandò Sophia facendo esplodere un chewing-gum.
-Non siamo una coppia.- sbottò Killian.
“Non siamo... una coppia?” Quello aveva detto alla ragazza? Aveva realmente scelto di credere alla prima stronza di passaggio piuttosto che a lui?
Sophia li salutò con la mano.
-Ho detto che non è vero.- ribadì più fermamente.
Il biondo lo fissava stranito, come se fosse un estraneo.
-Mi conosci, Killian.- cercò di convincerlo.
Ma poi perché doveva convincerlo? Non era lui che stava dicendo una bugia.
-Sophia, ma che cazzo dici?- gridò sperando che la castana potesse ancora sentirlo.
-Rispondimi, Killian.- lo chiamò -Rispondimi cazzo!-
Perché non gli parlava? Perché si limitava a tenere quello sguardo stampato in faccia? Ora confuso, ora spaventato.
Il biondo lo sapeva.
Sophia non era di certo la voce della verità, ma aveva bisogno di pensare.
-Ho bisogno di pensare.- sentenziò uscendo dalla stanza.
-Killian!- gridò più volte Dante cercando di fermarlo.

Killian vacillò per tutto il corridoio.
Che cosa doveva fare?
In fondo Dante non lo conosceva poi così bene.
Si era aperto con lui, eppure poteva essere tutta una bugia costruita per essere amato, da lui, da tutti.
Sentiva che qualsiasi cosa avesse fatto sarebbe rimasto fregato comunque.
Perché le persone mentono, mentono in continuazione.
Ma lui lo amava con tutto il suo cuore, lo amava come non aveva amato nessun altro.
Si appoggiò al bancone del bar e prese una bottiglia di Vodka dallo scaffale retrostante.

Sophia entrò in camera sua.
Angeline era china sul suo cuscino, appena si accorse della sua presenza si ritirò ridendo.
-Tu hai dei problemi.- sentenziò la castana.

Nella casa clone nessuno aveva avuto voglia di cucinare, Noah si limitò a distribuire dei panini per il pranzo.
Al contrario, in quella originaria Seth si era preoccupato di saziare lo stomaco dei compagni con una pasta cotta qualche minuto di troppo.
Gwen prese la sua michetta e se ne andò in camera, la corrispondente di quella dove dormivano Almond e Sophia.
Spinse una cassettiera contro la porta per assicurarsi che nessuno potesse aprirla e si accasciò in un angolo.
Era stanca, tutta quella violenza l'aveva spossata, le era entrata dentro e le aveva scosso l'anima.
Aveva perso un ex-ragazzo e un caro amico, ma la lista era appena cominciata.
Avrebbe perso tutto.
Una strana corrente d'aria la fece rabbrividire, si alzò e si sedette sul letto prendendo la coperta.
Là, nell'angolo a sinistra, una piccola grata copriva il canale di circolazione dell'aria.
Una forza a lei nuova le avvinghiò lo stomaco, dove pur portare da qualche parte.
Doveva pur prendere l'aria dall'esterno.
Spostò la scrivania esattamente lì sotto e disarcionò a fatica la griglia, doveva essere solo incastrata, non avvitata.
Perfetto, il tunnel era abbastanza largo affinché ci potesse entrare.
Duncan aveva sentito il rumore, temeva che Gwen potesse fare qualcosa di stupido, magari ferirsi da sola, a morte.
Bussò due volte alla sua porta.
-Gwen?- cercò di entrare, ma era bloccata -Gwen aprimi!- gridò più forte tirando qualche spallata.
Lei non poteva sentirlo, percepiva solamente l'aria leggera soffiarle lungo le orecchie.
Era buio, lo spazio era stretto, angusto. Un po' di luce, la raggiunse in fretta, era la grata della stanza affianco.
Il punk attirò l'attenzione dei due uomini presenti, quello con la pistola gli fece cenno di togliersi, l'altro sfondò la porta con un calcio.
Gwen non c'era.
Solo la scrivania, nell'angolo, e la grata poggiata sopra.
In quel momento Duncan capì quanto era stato stupido.
La gotica strisciava sugli avambracci.
I gomiti cominciavano a farle male, non si poteva alzare, nemmeno mettere seduta, appena accennava a muoversi più di quanto le era consentito la schiena le sbatteva contro il metallo.
La conosceva bene quella sensazione, la paura di soffocare, l'angoscia dei movimenti limitati.
Era stata sepolta viva e mai se lo sarebbe dimenticato. Trent l'aveva dimenticata tre metri sotto terra. Trent.
Una lacrima le rigò la guancia.
Il condotto si inclinò leggermente verso l'alto, sarebbe riuscita ad uscire, lei lo sapeva, lo avrebbe fatto per tutti e due.
-State fermi!- gridò l'uomo con la pistola.
Courtney capì subito quello che stava succedendo.
Gwen ce l'aveva fatta, stava scappando.
-Scordatelo, io sono claustrofobica.- sibilò la donna con la felpa azzurra.
-Io non ci passo, maledizione!- replicò il terzo.
Noah accennò un sorriso. Poteva anche avvisarli prima, però.
Tump.
Scarlett credette di sentire nuovamente il rumore di Noah che scalciava all'interno del bagagliaio della donna.
Si guardò intorno, doveva essere stata la sua immaginazione.
Tump.
Invece no, lo aveva sentito ancora.
Tump.
Questa volta lo sentirono tutti.
“Fermati, Gwen.” pensava Duncan.
Tump.
L'uomo con la pistola alzò la testa verso l'alto accompagnando l'arma con il braccio.
Fece fuoco contro il soffitto, dell'intonaco bianco cadde addosso a Heather, immobile a fissare il muro.
Davanti a lei solo l'immagine di Angeline che rideva.
Il rumore cessò.
Gwen si ammutolì.
Un fascio bianco di luce entrava da un piccolo foro trenta centimetri davanti a lei.
Avanzò con un braccio.
Tump.
L'uomo era rimasto in ascolto, sparò di nuovo, un colpo, un altro, un terzo, un quarto un quinto.
Una fessura si aprì davanti agli occhi spalancati di Gwen, due fessure.
Un calore sconosciuto le si propagò nello stomaco. Gemette.
Le faceva male, le toglieva il respiro.
Un altro proiettile le colpì la gamba, l'ultimo le si piantò nella spalla.
La gotica fece scivolare il braccio ferito in avanti.
Il dolore la costrinse a gridare.
Duncan ebbe un sussulto. Colpa sua, era solo colpa sua.
Noah abbassò lo sguardo.
Courtney si morse il labbro inferiore fino a farlo sanguinare.
Una piccola pioggerellina di sangue cominciò a cadere dal soffitto.
Goccia. Goccia. Ce n'è ancora. Goccia. Sempre di più. Non si ferma.
Una piccola pozza si formò ai piedi dell'asiatica, gli schizzi le sporcavano le scarpe.

Kyte non riusciva a contare i giorni passati da quando Chris li aveva fatti entrare nell'ascensore che li aveva condotti in quel posto.
Una fitta allo stomaco lo obbligò ad alzarsi ed un getto di vomito si rovesciò dentro il cestino della spazzatura.
Non si divertiva in discoteca. Se ne stava seduto al bancone a guardare la gente ballare.
Nemmeno gli dispiaceva, era un modo come un altro di passare il tempo.
Ma il tempo passa lento quando vuoi che trascorra più in fretta.
Le persone ululano, i corpi si toccano, la luce prima è troppo forte e poi non ce n'è affatto.
Ed è quando cominci a sperimentare la noia, la noia vera, l'apatia completa dell'anima che cominci a fare qualsiasi cosa pur di uscirne.
Qualsiasi cosa.
Ecstasy. Sesso. Alcool.
Droga, una brutta cosa.
E' un po' come le patatine, quando ne prendi una poi non riesci più a smettere.
Solo che la metanfetamina non la vendono al centro commerciale.
Kyte pensava che quella fosse l'occasione perfetta per ripulirsi, aveva fatto cose di cui si pentiva, cose che lo avevano macchiato per sempre.
Ma quanto ci voleva?
Quanto tempo doveva passare prima che almeno quei sintomi cessassero?
I tremori gli impedivano di lavorare, i dolori lo tenevano sveglio la notte.
La provi una volta e ti piace, allora decidi di continuare, tanto mica ne diventi dipendente, figurati.
Poi non ti annoi, quindi...
Guarda dove sei ora.
Forse era meglio annoiarsi.
-Ciao Kyte.- sorrise Angeline entrando nella stanza.
-Che cosa vuoi?- le domandò il ragazzo coprendo il cestino con il corpo.
-Una piuma del tuo cuscino.- rispose lei pronta.
-Eh?- il moro la guardò perplesso -E' un modo deviato per dirmi che vuoi uccidermi?-
Angel si mise a ridere fragorosamente.
-No, no, voglio solo una piuma del tuo cuscino.- lo rassicurò.
-E prenditela.- le disse sbrigativo.
-Merci beaucoup.- lo ringraziò la bionda cominciando a togliere la federa.
La ragazza fece un piccolo taglietto con le forbici sulla stoffa e poi si voltò.
-Quando ci dirai il tuo segreto?- gli domandò.
Kyte fremette.
-Sì, sono in astinenza da metanfetamina, contenta?- sbottò.
-Non quello, mon ami.- sorrise la bionda uscendo dalla camera.

Se c'era un problema in quella casa, oltre a tutto il contesto naturalmente, allora era l'accumularsi di cadaveri, l'odore penetrante dei corpi che si disfano, della carne che marcisce.
Così l'uomo con l'uzi aveva avuto la magnifica idea di gettare le vittime nella piscina.
Insieme ai maiali.
Lukas aveva girato tutta la casa, ma mai si era immaginato di trovarlo lì.
La balestra appoggiata qualche metro più in là, lui seduto con le gambe a penzoloni nella vasca imbrattata di sangue.
Il tanfo costrinse il moro a tapparsi il naso.
Ricacciò un conato di vomito da dove era venuto e cercò di evitare la vista del sangue.
-Che stai facendo?- gli domandò con la voce strozzata.
-Mi prendo le mie responsabilità.- rispose l'uomo con lo sguardo fisso, il passamontagna era tornato a coprirgli la folta chioma di capelli ricci.
Lukas non riuscì a dire nulla. Di nuovo.
-Domani sarà una giornata di merda.- continuò l'altro senza guardarlo -Prego che tu venga eliminato stasera.-
Il ragazzo rimase di stucco -Come?- balbettò fra il perplesso e l'arrabbiato.
-Credimi, sarebbe meglio così.-
E invece no. Lukas non gli voleva credere.
Non voleva credere che gli avesse appena augurato la morte, come poteva?
Forse non era diverso, era come gli altri attentatori, era lui che cercava di convincersi, che vedeva un bagliore di speranza in ogni cosa.
Se ne andò cercando di non piangere.

Una donna sulla cinquantina poggiò un fascicolo sulla scrivania di un uomo dai capelli brizzolati.
-Lo abbiamo trovato, il ragazzo con la balestra.- sorrise.
L'uomo aprì la cartelletta gialla.
Era lui. Aveva fermato il fotogramma dove si toglieva il passamontagna e lo aveva fissato per ore.
-Ha solo 22 anni.- disse lei.
-Avvertite la famiglia, indagate fra i suoi amici, voglio sapere chi frequentava, dove andava, che dentifricio usava. Tutto.- ordinò l'altro.

La madre lo aveva riconosciuto subito, non aveva bisogno di nessuna conferma.
Era rimasta sul divano a piangere.
Suo figlio, il suo tesoro, il suo mostriciattolo, la sua gioia più grande.
Il marito si chiedeva perché guardasse quella roba.
Lui la tv l'avrebbe tenuta spenta.
La sentì singhiozzare dalla cucina.
Arrivò, la guardò, guardò la televisione.
Ma è buono.
Non è lui, non può essere lui.
Sono sua madre, lo so.
So com'è mio figlio.
E' studioso.
Ci tiene.
Ci aiuta in casa.
Io lo conosco.
Vorrei parlarci.
Vi sbagliate, vedrete.
Non è colpa sua.

Anche la vicina l'aveva riconosciuto, quella della casa accanto, la villetta gialla con il prato sempre perfetto.
L'aveva detto a quella che abitava all'inizio della strada.
Il padre non l'avrebbe sopportato.
Non era passato neanche un giorno che dondolava dal lampadario della cucina.

Sophia era seduta sul divanetto del salotto, aspettava pazientemente che cominciasse la cerimonia di eliminazione. Sorrideva.
“O me o Jenna”. L'uomo con la beretta era stato così ingenuo, davvero si aspettava che mantenesse una promessa del genere?
“Ma devi uccidere Light.” Invece era morto lui, lo stupido.
Così Angeline aveva vinto l'immunità e lei si trovava a temere di venire uccisa.
Bang bang. Un colpo alla testa.
E ancora doveva decidere come comportarsi con Almond, prima o poi non le sarebbe più stata utile, erano in dieci, ma presto sarebbero stati nove, otto, sette.
Si rese conto all'improvviso che c'erano stati solo due eliminati.
Era così assurdo, le sembrava di lottare da settimane.
-Sembri contenta.- le sorrise Seth sedendosi di fianco a lei.
-Lo sono.- rispose la castana.
-Anche io.-
Un attimo di silenzio.
Ebbene sì, anche Seth Alleyn era contento e non riusciva a togliersi quell'espressione dalla faccia.
-Forse ci voleva questo per essere felici.- aggiunse lui guardandosi intorno.
Sophia scoppiò a ridere.
-Seth ha deciso di farsi odiare dal pubblico.- disse ridendo.
Il castano fece spallucce.
Killian arrivò barcollando.
-Sophia.- pronunciò con la bocca impastata -Sei proprio una... una stronza.-
Perché lo era, sì. In vino veritas, si dice.
Seth rimase a guardarlo. Era ubriaco? Puzzava di alcool.
La riccia inarcò il sopracciglio destro.
-Sì, hai ragione.- gli disse -Mi viene naturale, scusa.- sorrise.
Il biondo stava per rispondere qualcosa, ma la testa girava, era così pesante.
I suoni gli rimbombavano dentro. Il pavimento si inclinava.
Doveva vomitare, ma per quanto volentieri si sarebbe scaricato addosso a Sophia, decise che la scelta migliore era andare in bagno.

Quando Killian entrò nei bagni Light si stava lavando la faccia e Almond, che da lì non era mai uscita, era seduta sulla tazza chiusa del gabinetto a guardare davanti a sé.
-Uuh, qualcuno ci ha dato dentro con la Vodka qui.- ridacchiò il ragazzo asciugandosi il volto.
-Non mi parlare, Light.- il biondo non aveva voglia di sentire la sua voce, se c'era qualcuno con cui non riusciva ad andare d'accordo era proprio lui, anche se...
Il moro gli sbarrò la strada e lo fermò spingendolo leggermente indietro con la mano destra.
-Hey hey, l'educazione.- lo prese in giro.
Killian non si divertiva.
Lo stomaco gli faceva male e voleva solo arrivare il più in fretta possibile alla tazza.
-Eddai.- lo richiamò Almond alle sue spalle -Fallo passare.-
Light sbuffò. Provocare il biondo poteva diventare il suo passatempo preferito.
Killian sorrise beffardo e gli si avvicinò di qualche centimetro.
L'altro pensava volesse passare, invece il ragazzo lo baciò in bocca.
Sapeva di alcool.
Il moro si staccò subito.
-Ma che cazzo...- imprecò togliendosi di mezzo -...di problemi hai?-
Il biondo rise -Grazie mille.- poi entrò nella prima cabina davanti a lui.
Almond gli teneva la testa.
-Sei uno sciocco.- diceva.
Light si lavò i denti, preferiva di gran lunga Jenna, anche se quella era stata una giornata davvero strana.

Lukas spalancò scocciato la porta della sua stanza.
-Ta daan!- gongolò Angeline reggendo una piccola scatola fra le mani.
Il moro ebbe un sussulto.
Si era completamente dimenticato della “sorpresa”.
La confezione di cartone non era troppo grande, ma abbastanza per contenere un cuore umano.
Fu quello che pensò subito Lukas.
Il cuore di qualcuno nella casa per simboleggiare il loro “amore”.
-Dai, aprilo!- lo incitò la bionda sorridendo dopo averglielo lasciato fra le mani.
Non era molto pesante.
Lei era sicura che gli sarebbe piaciuto.
Lo aveva fatto con così tanto amore.
Le coppie devono scambiarsi regali, è un dato di fatto.
Le mani di Lukas tremavano.
Aprì un'aletta, poi l'altra.
Un piccolo acchiappa-sogni finemente cucito era poggiato sul fondo di cartone.
Era azzurro con delle piume appese.
Non poteva crederci.
-Grazie.- balbettò guardandola negli occhi azzurri e freddi come il ghiaccio.
-Scaccerà via i tuoi incubi quando dormi.- affermò Angel contenta abbracciandolo.
Lui ricambiò.
-In fondo sei un'ottima amica.-
Amica?
Le aveva detto “sei un'ottima amica”?
La ragazza deglutì.
La considerava ancora un'amica, dopo tutto quello che aveva fatto per lui.
Ma andava bene, doveva restare calma, sarebbe riuscita a conquistarlo una volta per tutte.

-Ragazzi!- disse contento l'uomo attraverso un megafono -Oplà, tutti qua! E' l'ora che qualcuno di voi ci dica ciao ciao!-
Seth e Sophia erano già lì.
Lui fece per prenderle la mano, lei la scansò.
Jenna si mise di fianco ai due, lei si lasciò stringere.
Light si fermò in piedi dietro i due.
Passò poco tempo prima che arrivassero anche gli altri.
Lukas, inevitabilmente, cercò con lo sguardo l'uomo con la balestra, ma non era lì.
Almond aveva lasciato Killian su una poltrona ed era andata a prendere Dante.
Il solito assistente aveva consegnato la busta ed era risalito in ascensore.
L'uomo col fucile li guardò tutti, sogghignò ed aprì l'incartamento.
-Wow.- sussurrò, quasi stupito.
Stupito come il pubblico, perché alla fine anche lui ne faceva parte.
-La gara è entrata nel vivo.- commentò.
Angeline non era tranquilla, e se fosse stato quello di Lukas il nome scritto sul foglio di carta?
-Angeline, tu godi dell'immunità.- cominciò l'uomo.
Cercò di sorridere.
Sophia si mordicchiava la lingua.
-Almond, Kyte, anche voi siete salvi.-
La ragazza, che aveva trattenuto il fiato fino a quel momento, riprese a respirare.
Anche Kyte era sollevato, per un attimo aveva temuto di essere proprio lui l'eliminato.
Dante cercava di attirare l'attenzione di Killian, ma il biondo era troppo ubriaco per accorgersi dei gesti dell'altro.
-Jenna e Seth, potrete dormire sonni tranquilli anche questa notte.-
Il ragazzo le stava letteralmente stritolando la mano, tuttavia la mora non sembrava accorgersene, presa dalla tensione com'era.
Seth esultò dentro di sé lasciando la presa e carezzandole la gamba.
Lei girò la testa per guardare Light, le sorrideva.
-Aspetta a sorridere, Don Giovanni.- lo richiamò l'uomo con il fucile.
Cinque di loro erano in pace per quel giorno, altri cinque stavano vivendo l'inferno.
-Lukas, tu puoi invece.- proclamò l'uomo.
Il moro sorrise.
Angeline anche di più, a lei degli altri non importava, a lui sì.
L'uomo con la balestra seguiva la scena da dietro l'angolo della cucina.
Lukas lo vide, distolse lo sguardo, cupo.
-Suvvia Light, stavo scherzando, sei salvo.-
Light strinse la spalla di Jenna, lei si voltò un'altra volta, entusiasta, il ragazzo si chinò e si scambiarono un bacio.
Seth rimase immobile.
-Killian, Dante, Sophia. Incredibile vero? Sarà uno di voi tre a salutarci questa sera.- e mentre lo diceva si passò il pollice sul collo.
Killian riprese lucidità non appena sentì il suo nome.
Non lo aveva chiamato per dire che era salvo.
No, lo aveva chiamato per dire che poteva morire.
Guardò Dante, il terrore dipinto sul suo volto, passò a Sophia, spaventata a morte, ma che cercava di nasconderlo.
-Killian, non sei tu.-
Non fece in tempo ad essere felice che era già preoccupato per Dante.
Erano Dante e Sophia.
Dante o Sophia.
Angeline era contenta.
Almond si grattava il braccio.
Killian avrebbe voluto dire a Dante che gli dispiaceva per come si era comportato quel giorno. Era stato uno stupido, come aveva potuto non credergli.
La lingua di Sophia sanguinava.
Aveva giocato le sue carte, era stata un'avversaria valida.
In una partita a scacchi non puoi perdere subito la regina.
-E l'eliminato di questa sera è...-
L'uomo col fucile si stava divertendo ad angosciarli, a vederli divorati dalla paura.
Forse Dante aveva sbagliato tattica, o magari l'aveva sbagliata Sophia.
Chissà che nessuno dei due l'avesse azzeccata, prima uno e poi l'altro ne avrebbero pagato le conseguenze.
-Vogliamo darci una mossa?- Angel imitò l'intervento di Sophia di qualche sera prima, quando era lei a godere dell'immunità.
La riccia si sentiva precipitare nel vuoto, giù, sempre più giù.
Dante piangeva.
L'uomo no. Lui era felice.
-Dante. Sei tu.-
Silenzio.
Il ragazzo non riusciva più a respirare, si affannava seduto sulla poltrona.
Sophia riatterrò, si mise a ridere, due grosse lacrime le rigavano gli zigomi e le sbavavano il trucco.
Come aveva potuto pensare di essere lei.
Killian gridava, Jenna singhiozzava.
L'uomo con la balestra arrivò dal suo nascondiglio e sollevò Dante per un braccio, l'uomo con l'uzi per l'altro.
Scalciava.
Mordeva.
Sputava.
Graffiava.
Si aggrappava alla vita con tutti i mezzi che aveva.
Nemmeno il tempo per pensare.
Puro istinto.
La donna lo colpì alla testa con il retro della sua pistola.
Non abbastanza forte da farlo svenire, non abbastanza piano per privarlo della coscienza.
Killian continuava ad urlare.
Diceva che non era possibile, che c'era un errore, che bisognava ricontare i voti.
Ma era arrabbiato con se stesso, perché era stato uno stupido.
-Voglio venire anche io.- gridò infine.
L'uomo gli fece cenno con l'arma di seguire gli altri. Lui teneva a bada i concorrenti con il suo fucile.
Dante era seduto sulla sedia del confessionale, ogni tanto aveva qualche spasmo, si muoveva, l'uomo con l'uzi lo teneva fermo.
La donna gli puntava la pistola alla testa.
Killian si accucciò e gli prese la mano, l'uomo con la balestra lo teneva sotto tiro.
Mano calda, viva, che stringe, che si muove, che trema.
Bang.
Mano fredda, immobile, rigida, serrata.

-Fine, taglia.- disse Cory Christiansen, il co-produttore.
Il cameraman fermò il motore della cinepresa.
Blaineley si prese la testa fra le mani.
Cominciava ad essere stanca di quel dannato programma, di tutto.
Voleva solo che finisse il più in fretta possibile.
-Siete pronti per l'Extra Drama?- domandò Jessica.
Etienne rispose con un cenno, Samuel gli stava sistemando i capelli.
Payton masticava la cicca.
-Payton, un bicchiere d'acqua per favore.- le chiese.
-Sono occupata.- rispose lei.
Il viso di Jessica si illumimò.
-Ora che siete qui tutti! Per caso avete visto entrare qualcuno nel mio ufficio di recente?- domandò.
-No, no non mi pare.- disse Blaineley.
Etienne guardò Payton.
Lei esplose la cicca, Samuel scosse la testa.
Etienne fece schioccare la lingua.
-Nemmeno tu, Payton?- insistette la produttrice.
-Non so dove sia il tuo ufficio.- mentì spudoratamente.

Blaineley era seduta su una poltrona rossa, sullo sfondo, palesemente finto, si vedeva una panoramica di qualche metropoli.
-E all'Extra Drama abbiamo un'ospite speciale questa sera!- accennò il sorriso meno forzato che poteva.
Ci mancava solo il talk show di commento a quello che avveniva nella casa.
Voleva sprofondare.
-Vero signora Hillgreen?- aggiunse.
Una donna sui 45 fece cenno di sì con la testa.
-Qualcuno di voi a casa ha indovinato su twitter! E' la madre dell'uomo con la balestra.- si congratulò Etienne.
La donna era a disagio.
L'avevano invitata e lei c'era andata.
Probabilmente l'avrebbero messa alla gogna.
-E' mio figlio, il mio tesoro, io lo conosco, è buono.-



 

Angolo autore
E' successo, c'è stata un'altra eliminazione.
Dante ci ha lasciati.
Mentre scrivevo il capitolo mi sono commosso più volte, spero di avervi trasmesso le stesse sensazioni.
https://www.youtube.com/watch?v=pUlX8ltm_JU
Ascoltavo questa canzone a ripetizione, almeno 200 volte l'avrò sentita.
L'ascolto ancora e penso a Killian e Dante.
Non voglio dire quanti capitoli mancano alla fine, vi annuncio solo che non è lontana.
Ci sono state 17 vittime dall'inizio della storia, ma il sangue ha appena iniziato a scorrere.
Comunque penso che mi vestirò di nero.
Non so quando arriverà il prossimo capitolo.
Entro l'anno la storia sarà finita, sto sul vago.
Scusatemi, ma dopo questi tour de force non riesco mai a rileggere.
Segnalatemi gli errori, col tempo li correggerò.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


https://www.youtube.com/watch?v=GalerMW63y8

Me misera, che ho visto quel che ho visto e che vedo quel che seguito vedere.”
 

Capitolo 11
 

Plic.
Il sangue di Gwen non aveva smesso di gocciolare dal soffitto.
Un dolciastro odore di morte si stava lentamente diffondendo fra le pareti della casa.
Nessuno aveva più osato parlare.
Plic.
Scott rifletteva su ciò che sarebbe successo.
Fuggire sembrava alquanto improbabile, magari una volta che li avessero fatti uscire nuovamente.
Plic.
Courtney si rigirava sotto le coperte.
Noah si era alzato in piena notte per picchiettare contro la parete murata.
Plic.
Scarlett aveva sentito la porta della stanza accanto aprirsi ed era andata a controllare, guardò l'indiano senza osare avvicinarsi. Che ci fosse un'uscita dietro quei mattoni?
Heather si era seduta nella doccia, sentiva l'acqua bollente scorrerle lungo la pelle.
Plic.
Duncan non riusciva a dormire.
Gwen era morta e la colpa era solo ed esclusivamente sua.
Sarebbe potuta scappare, almeno lei vivere felice, o almeno provarci.
Invece il suo corpo magrolino occupava un tunnel d'areazione.
Magari sarebbero morti tutti soffocati.
Chissà, sarebbe stata una beffa.
Plic.
Un rumore costante che gli ricordava quello che aveva fatto.
Ce le aveva nella testa tutte quelle goccioline, le sentiva scrosciare.
Stavano diventando un fiume, un lago, un mare tempestoso.
Plic.
Per quanto spingesse la testa nel cuscino il gocciolare non si affievoliva.
Plic.
Quando si alzò di scatto Duncan non aveva intenzione di fare quello che avrebbe fatto.
Voleva solamente mettere uno straccio sulla pozza, oppure una coperta, un guanciale, qualcosa che potesse attutire il rumore insomma.
Ma una volta arrivato in salotto vide l'uomo con la pistola. Quello che aveva sparato alla gotica.
Sdraiato sul divano a pancia in su con una mano che penzolava vicino alla moquette.
Stava dormendo.
Allora il plic non lo sentiva più.
Sgattaiolò fino alla porta della sala da pranzo ed entrò in cucina.
Non sapeva dove fossero gli altri uomini, però non gli importava.
Di sicuro non erano lì.
Aprì il primo cassetto, tovaglie, tovaglioli e tovagliette.
Il secondo, forchette, cucchiai, cucchiaini e coltelli.
Stupidi coltelli che a malapena tagliano una bistecca.
Il terzo, schiacciapatate, mezzaluna, mannaia, coltello per il pane.
Si disse che la mannaia sarebbe stata molto più poetica.
Richiuse il cassetto e nascose l'arma dietro la schiena.
In salotto l'addormentato respirava pesantemente.
Un passo, un altro ancora.
Duncan era a pochi metri da lui, ormai la mannaia era sollevata per aria, pronta a scagliarsi sul corpo della vittima.
Non vedeva la pistola, probabilmente doveva averla appoggiata da qualche parte.
Bene.
Non doveva pensarci troppo, un colpo secco poco sotto la nuca e sarebbe finita.
L'uomo farfugliò qualcosa e si mosse leggermente.
Il punk era pietrificato, ma l'altro non sembrava essersi svegliato.
Szack.
Guardò la lama conficcata nel collo dell'uomo che aveva davanti.
Quello strabuzzò gli occhi e si tastò la ferita.
Non riusciva a capire cosa stesse succedendo, vedeva Duncan sfuocato davanti a sé e sentiva la testa pulsargli.
Le mani gli si imbrattarono di sangue.
Morì nel momento esatto in cui si sfilò la mannaia dalla gola.
Duncan sentì come se un enorme macigno si fosse spostato dal suo corpo.
La donna con la felpa azzurra uscì dal bagno asciugandosi le mani sui pantaloni.
Subito incontrò lo sguardo del ragazzo.
Mentre lei schizzava verso una pistola che sporgeva da sotto il divano, probabilmente quella dell'uomo, il punk corse più veloce che poté verso l'ascensore.
Dling.
Era già lì, effettivamente nessuno era più salito.
Le porte si aprirono ed in un millisecondo lui vi era dentro.
Duncan premette 0.
La donna alzò la canna della pistola per fare fuoco.
Un ultimo contatto visivo fra i due.
Rabbia, dolore, disperazione.
Le porte si richiusero.

L'agente Troy MacGilliams aveva subito visto il pulsante dell'ascensore illuminarsi di giallo ed aveva chiamato due colleghi.
Tutti avevano le armi puntate.
Dling.
Era arrivato.
Dita sui grilletti, un respiro profondo.
Le porte si aprirono.
Pezzi di materia cerebrale colavano dallo specchio della cabina, macchiato da un enorme schizzo di sangue.
A terra, Duncan giaceva con un grande foro nell'occhio destro.

L'ultima cosa che Dante aveva visto prima di morire era il volto di Killian.
Lo sguardo terrorizzato, tremendamente impotente.
L'ultima cosa che gli aveva trasmesso era stata la sicurezza.
Killian si augurò che potesse ritrovare Luke, che esistesse davvero un dannato posto come il paradiso e che Dante lo stesse guardando in quel momento.
Un sorriso amore si dipinse sul volto del biondo.
Forse anche i fantasmi li guardavano, come gli spettatori a casa.
Li osservavano e dicevano “Io tifo per lui!” “Io per quell'altro.”
Magari sapevano già come sarebbe andata a finire e se lo dicevano lo stesso, come quando rivedi un film, ma pensi che qualcosa possa cambiare, un finale tragico può trasformarsi in uno a lieto fine.
E un po' rimani deluso quando ti rendi conto che non è così.
Come si fa a vivere con il pensiero che noi siamo sopravvissuti e qualcun altro no?
Perché Dante e non lui?
Votato dal pubblico.
Killian sollevò la bottiglia di Bourbon che si stava scolando seduto sul letto e la scagliò verso la telecamera, beccando solo la parete.
Almond aprì la porta proprio in quel momento e si accartocciò su se stessa spaventata dal rumore.
Una volta analizzata la situazione si sedette a gambe incrociate di fianco al ragazzo.
-Hai fatto bene a buttarla.- disse guardando la coperta.
-E' colpa loro.- sussurrò il biondo, lei lo guardò -Del pubblico. Votano. Ci uccidono uno alla volta.-
Almond non disse niente.
-E' questo quello che vogliono questi uomini e il mondo li asseconda.- continuò mentre la voce gli si strozzava in gola.
-Davvero non capisco chi sia più mostruoso.- il tono era sempre più basso, la gola gli raschiava, le parole uscivano come soffi.
Non riuscì ad evitare di scoppiare a piangere.
Almond fece per abbracciarlo, ma lui sollevò la testa.
La faccia rossa, gli occhi gonfi e le gote segnate dalle lacrime.
-E' colpa vostra!- gridò singhiozzando, mentre con il dito puntava la telecamera -E' solo colpa vostra.-

Una signora sulla sessantina pensò che non era affatto colpa sua, non era mica stata lei ad entrare nella casa con delle pistole.
E pensare che all'inizio Killian era il suo preferito.

Almond lo zittì.
-Non fare lo stupido.- gli sibilò nell'orecchio afferrandogli il capo.
-Stai soffrendo, lo so.- aggiunse -Ma non puoi permettere al dolore di prendere il sopravvento, no? Devi reagire.-
Il biondo la guardava.
-Tutti stiamo male. Nessuno escluso.- sentenziò la ragazza -Pensa che devi vivere per Dante. Solo questo.-
Killian voleva urlarle in faccia che non avevano appena ucciso il suo ragazzo, che lei non aveva vissuto neanche la metà del dolore che provava lui, ma si fermò.
Ricacciò le parole in gola.
Aveva ragione.
Dante non c'era più, ma lui c'era ancora.
Che cosa avrebbe voluto il moro?
Killian decise che sarebbe vissuto abbastanza a lungo per vedere quegli stronzi morire.
-Grazie.- sorrise ad Almond.
In un certo senso si sentiva debitore, come se avesse bisogno di ricambiare il gesto della ragazza.
-Sai Almond...- cominciò -Tu sei molto amica di Sophia, lo so.-
La mora sorrise.
-Ma ho visto come si comporta, tu sei buona, non dovresti lasciarti sfruttare.-
Almond cambiò subito espressione, corrucciò la fronte e strinse le labbra, in men che non si dica era balzata giù dal letto e si era diretta verso la porta.
-Che ti autorizza a sparare giudizi?- gridò -Non sono una stupida, nessuno mi sta sfruttando, ma anche se fosse non ci starei così male.-
Killian la guardò uscire.
La ragazza corse in bagno e si sciacquò la faccia. Si guardò allo specchio, sorrideva mostrando tutti i denti.
Almond era contenta.

“Cara Jenna...”
Seth non sapeva nemmeno a chi indirizzarla quella lettera.
Lui, Jenna e Light avevano unito i letti della stanza e avevano dormito tutti insieme.
Jenna stava in mezzo, appoggiata su un fianco, Light l'abbracciava tenendole una mano sul ventre.
Seth era solo, li sentiva respirare all'unisono e cercava di prendere sonno, senza riuscirci.
Non era tanto la sfida del giorno dopo a preoccuparlo, quanto un sentimento sconosciuto che gli si annidava nel petto.
Decise di alzarsi.
La biblioteca era illuminata di una luce calda e densa, familiare.
In un cassetto trovò della carta da lettere e svariate buste.
Forse avrebbe dovuto indirizzarla a se stesso.
Accartocciò il foglio.
“A Seth, a me. Questo sarà l'ultimo capitolo del tuo libro...”
No, sarebbe stata per Light, quasi come se avesse dovuto esorcizzare quello che provava.
Strappò anche il secondo pezzo di carta.
“Caro Light”
Quando finì di scrivere rilesse tutto dall'inizio, fece per ridurre anche il terzo tentativo a brandelli, ma si fermò.
Basta indecisioni.
Gli lasciò la busta sotto il cuscino, facendo attenzione a non svegliarlo e sperando sarebbe stato lui il primo ad alzarsi la mattina seguente.
Seth... odiava Light?
Odiare è un vocabolo così forte.
Il castano era confuso, un ronzio gli vibrava nella testa.
Era geloso di Jenna.
Nonostante la ragazza li amasse entrambi, sapeva che il sentimento che provava per lui era solo una briciola rispetto a quello che provava per Light.
A volte aveva l'impressione di fare pena a tutti e due.
Seth lo scribacchino sfigato che non sa come parlare ad una ragazza, che a malapena riesca a fare qualcosa senza combinare un disastro.

Angeline ripensava alle parole di Lukas.
“Un'amica.” così l'aveva chiamata, dopo tutto quello che aveva fatto per lui questa era la gratitudine.
Le doveva la vita.
Pensava che le bastasse essere “un'amica”? Beh, si sbagliava.
Quale fra le tre stupide puttanelle nella casa aveva avuto il coraggio di farlo invaghire?
L'avrebbe tolta di mezzo, con discrezione.
Sentì il moro alzarsi dal suo letto.
Chiuse gli occhi.
Il ragazzo controllò se stesse dormendo, sì, poteva uscire senza che si preoccupasse.
A volte gli stava davvero troppo col fiato sul collo.
Angel aprì prima un occhi, poi l'altro, era andato verso il salotto, fece scivolare i piedi fuori dal letto con assoluta calma e si infilò le ciabatte di pelo.
Camminò in punta di piedi.
Lukas voleva vedere la luna, o almeno averne l'illusione.
-Niente giardino stanotte.- lo fermò la donna.
-Come?- chiese il ragazzo.
-Vi stiamo preparando una sorpresa.- sorrise l'interpellata.
La bionda li guardava da dietro l'angolo.
Non poteva entrare, meglio così, non si sarebbe incontrato con chi doveva.
Almond uscì dal bagno.
-Ciao Angeline!- la salutò calorosamente.
Che si dovesse vedere con lei? Probabile, già una volta li aveva visti insieme.
La ragazza attirò l'attenzione di Lukas, che si voltò.
-Angeline?- la guardò perplesso -Sei sveglia?-
-Sì!-
rise imbarazzata la bionda mentre Almond andava nella sua stanza -Avevo sete e sono venuta a prendere un bicchiere d'acqua! Buonanotte Almond!-
-Beh, io torno a letto.-
le comunicò il ragazzo, lei annuì.
-Che coppia.- commentò la donna.
-Non siamo una coppia.- puntualizzò sorridendo Lukas, già svanito in corridoio.
-Già.- ridacchio nervosa Angel -Non siamo una coppia.-
La donna pensò che la bionda era proprio sprovveduta.
Angeline ruppe un bicchiere nel lavandino.
Lukas prese il quaderno delle poesie.
Non riusciva più a comporne.
Quando ci provava gli tornavano alla mente i folti capelli ricci del ragazzo con la balestra.
Poi la sorella, chissà dov'era.
Chissà se fuori la guerra continuava, se il mondo procedeva come prima.

Il sonno di Jenna venne interrotto dal fastidioso rumore di una sveglia che riecheggiava per tutte le stanze.
Al suo fianco era rimasto solo Seth, Light doveva essersi già alzato.
La ragazza gli diede un bacio sulla fronte, si vestirono in fretta ed uscirono in corridoio.
Tutti gli altri erano già in salotto.
Jenna notò che l'uomo con la balestra teneva la testa bassa .
La sfida stava cominciando, non avrebbero fatto colazione nemmeno quel giorno.
Light si avvicinò a lei e le tirò una lieve gomitata sul fianco.
-Hey.- sussurrò la mora contenta di vederlo -Svegliato presto?-
-Non troppo.-
sorrise il ragazzo.
La ragazza ricambiò, lui le porse un pacchetto di biscotti.
-Prendi, mangia.- la invitò.
Lei gli diede un bacio a stampo e prese la confezione.
L'uomo con il fucile allargò le labbra.
-Ora che ci siamo tutti, possiamo cominciare!- annunciò -Seguitemi!-
Si avviò verso il corridoio che passava accanto alla sala da pranzo.
Sophia pensava che la sfida si sarebbe svolta nella sala svago, magari nella biblioteca, aveva escluso la palestra, c'erano appena stati.
La piscina era impraticabile.
Il solarium?
L'acre odore di decomposizione si stava diffondendo sempre di più.
Con la sorpresa di tutti l'uomo non aprì la porta di sinistra, ma quella di destra.
Quella della piscina.
Un tanfo atroce penetrò nei polmoni dei concorrenti.
Almond riuscì a trattenere un conato di vomito, Seth no e si schizzò sulle scarpe.
Non appena Lukas si rese conto di cosa accoglieva la stanza cadde per terra.
Persino Kyte rabbrividì.
La piscina era stata riempita nuovamente e naturalmente nessuno si era preoccupato di rimuovere i maiali, o i cadaveri.
Il moro vide chiaramente galleggiare quello che sembrava uno stomaco.
L'acqua non era trasparente, si era tinta di un rosso scuro e al contempo slavato.
Vedere il fondo era comunque impossibile.
Non gli ci volle molto prima di capire che ci sarebbe dovuto entrare.
La mano gli tremava fastidiosamente.
Lukas aveva gli occhi spalancati, girati così tanto all'indietro che era impossibile vedere la cornea.
Sbatteva le gambe, le mani, contorceva la testa, il busto.
Si irrigidiva completamente per qualche istante e poi ricadeva a terra.
Emetteva solo qualche mugugno.
Voleva smettere.
Nella testa diceva al corpo di fermarsi.
Fermati fermati fermati fermati fermati fermati fermati.
Il corpo si muoveva comunque.
Angeline non sapeva cosa fare, gli si era inginocchiata di fianco e cercava di tenerlo fermo.
Jenna non riusciva a muoversi, si copriva il volto con una mano e cercava di non esplodere.
Light si chinò accanto a Lukas e lo afferrò per le spalle.
-Lukas.- pronunciò -Lukas, ascolta la mia voce.-
Angel singhiozzava.
L'uomo con la balestra aveva ancora la testa bassa.
L'uomo col fucile sorrideva.
La donna alzava gli occhi al cielo.
Quello con l'uzi era rimasto a sorvegliare il salotto.
Ci volle qualche minuto prima che Lukas si calmasse.
Era finito nella gara sbagliata per poter aver paura del sangue, una paura morbosa.
-Benvenuti.- li accolse l'uomo con il fucile-Come potete vedere abbiamo riavuto indietro la nostra bella piscina.-
Kyte alzò un sopracciglio.
-Quella di oggi sarà una sfida nostalgica, ispirata a quelle vecchie ed emozionanti che Chris era solito inventarsi, pace all'anima sua.- proseguì.
-La prima ci riporta ad All- Stars! Sul fondo della piscina vi sono sei chiavi per sei di voi, chi rimane fuori sarà sicuramente a rischio. Le chiavi aprono le casse che vedete dalla parte opposta della sala ed ognuna avrà una differente ricompensa per la seconda parte della sfida, tutto chiaro?- concluse.
Sophia si schiarì la voce -E dovremmo farlo vestiti?- domandò.
Quasi più per sfida che per reale interesse, non riusciva a decidere quale fra le due opzioni potesse farle più senso.
Se sentirsi i la maglietta appiccicata alla pelle o se avere quest'ultima in diretto contatto col sangue e le membra dei maiali.
-Vestiti sarà più divertente.- sorrise l'uomo -Lì ci sono degli occhialini.- aggiunse indicando una scatola sul bordo della piscina.
Quella mattina Almond si era svegliata decisa a vincere, a non soccombere per l'ennesima volta e a dimostrare a tutti che anche lei c'era.
Che viveva e che era disposta a lottare per rimanere tale.
Così mentre gli altri si guardavano sconcertati e Angeline accarezzava Lukas nell'angolo della stanza lei si infilò gli occhialini e con nonchalance si tuffò nel sangue.
Sophia socchiuse leggermente le labbra, si sfilò le scarpe e seguì la compagna di stanza.
Doveva mettere in chiaro che si sarebbero aiutate.
Se Almond avesse trovato una chiave l'avrebbe data prima a lei, così le avrebbe dato una mano a cercarne un'altra.
La raggiunse qualche metro più in là e glielo comunicò.
L'acqua era tiepida, ma densa.
Sentiva l'intenso odore ferroso del sangue.
Doveva muoversi, non potevano resistere a lungo.

-Non ce la faccio.- sospirò Jenna.
-Non sei costretta.- chiarì Light.
Seth scosse la testa -No, hai bisogno dell'immunità.-
Il moro riconobbe che aveva ragione.
Darsi tutti e tre alla pazza gioia forse non era stata un'idea grandiosa.
Probabilmente era stata etichettata come troia, se non peggio, e non era giusto.
Perché solo lei, in quanto donna, avrebbe dovuto essere definita così?
Di certo non aveva fatto tutto da sola.
-Facciamo così.- disse -La cerco io per te.-
La ragazza scosse la testa.
-Non pensarci nemmeno. Lo faccio.- ribatté sentendosi quasi in colpa.
Light la prese per mano, entrò prima lui dalle scalette, poi l'aiutò a fare lo stesso.
Seth entrò da solo.
L'altro gli fece l'occhiolino -Sta tranquillo.- gli disse.
Jenna pensò che dovesse riguardare la sfida.

Angel fece sdraiare Lukas sulle panchine dello spogliatoio e si tuffò dal trampolino, poco dopo anche Killian si decise a entrare.
Kyte fissava la superficie dell'acqua aspettando che i tremori smettessero.
Doveva farlo per sua sorella, per Amy, per farla stare meglio.
Sapeva che in quel momento stava guardando la televisione, il suo fratellone.
L'eroina l'aveva rovinato.
-Amy.- bisbigliò guardando la telecamera e facendo un cenno di saluto con la mano.
Amy, violentata in casa mentre lui era strafatto.
Deglutì.
Nonostante tutti i problemi il suo progetto era quasi finito.
Presto l'avrebbe rivista, l'avrebbe abbracciata, accarezzato la folta chioma bionda e detto che le voleva bene.
Qualcosa sul fondo della vasca attirò la sua attenzione.
Una mano pallida sporgeva dall'acqua e si aggrappava sul bordo.
Sgranò la vista e guardò meglio.
Era ancora lì.
Ne emerse un'altra.
Entrambe facevano leva sulla riva.
Una figura di ragazza uscì gocciolante dall'acqua.
Magra, i capelli chiari impregnati dal rosso del liquame, di spalle.
Stava lì, ferma. Tutti gli altri si muovevano.
Lui non sentiva nulla.
Un brivido gli salì lungo la schiena.
-Kyte.- lo chiamò con un soffio.
Era così lontana e il suono gli era sembrato così vicino.
Aveva una gonnellina di pizzo.
Un rivolo rosso, ancora più scuro, le scese lungo le gambe.
-Kyte.- disse più forte.
-Amy.- tentò di dire lui, ma la voce gli usciva spezzata.
Era entrato con il passamontagna dalla porta a vetri della cucina.
Lei era sul divano a guardare un talent di modelle, si era addormentata.
La polizia disse che si trattava di un ladro.
Effettivamente era sparito qualche soldo e il servizio d'argento.
Kyte scosse la testa.
Amy era ancora lì, non si voltava.
Sentiva la mano tremargli sempre di più, la bocca era secca, non riusciva a deglutire, gli occhi gli facevano male, li sentiva impastati, le ciglia si chiudevano a malapena, raschiavano contro la pupilla.
-Guarda Kyte.- sussurrò con voce profonda.
Si stava voltando, lentamente.
Aveva messo un piede di traverso, stava torcendo il corpo.
Il volto era quasi visibile.
-Guarda Kyte...- ripeté fissandolo dritto negli occhi, le labbra livide, il petto insanguinato e le gote scavate -...che cosa mi hai fatto.-
Stringeva le gambe, ma da sotto la gonna il sangue continuava a scendere.
-Guardami Kyte!- gridò -Guarda quello che hai fatto!-
Il ragazzo chiuse gli occhi.
-Non è reale. Non è reale. Non è reale.- farfugliava nella sua testa.
-Cosa non è reale?- urlò ancora, la sentì nell'orecchio.
Aprì gli occhi.
Non era più davanti a lui.
Percepiva il suo fiato caldo sfiorargli il collo.
Era proprio dietro di lui.
Lo guardava con gli occhi lividi, spalancati.
-Va bene!- cedette il ragazzo in preda dai singhiozzi -Sono stato io Amy!- -Contenta!?- sbraitò -Sono stato io.- sputacchiò scosso dal pianto.
Amy, violentata in casa da lui mentre era strafatto.
L'argenteria l'aveva nascosta in una scatola nell'armadio.
La rivendette per un'altra dose.
Amy non era più lì.
Era a casa, stringeva gli antidepressivi fra le dita, aveva capito, doveva solo scegliere se prenderli tutti o meno.
Kyte si accorse che gli altri lo stavano fissando.
Ebbe una risatina.
La mano non gli tremava più, come avrebbe scoperto in seguito aveva smesso per sempre.
Entrò in acqua.

Killian cercava di andare il meno a fondo possibile, anche se gli era davvero difficile riuscire a vedere cosa ci fosse sul fondo.
Ogni tanto brandelli di carne gli finivano in faccia, gli si appiccicavano sulle guance.
Tratteneva il respiro per quanto poteva, cercava di respirare maggiormente con la bocca, anche se questo comportava bere un po' di quel liquido.
Killian poteva dire di sapere che sapore avesse il sangue, il sangue degli altri, non il suo.
Andò un po' più giù, la piscina doveva essere alta sui due metri e mezzo, forse tre.
Vide il corpo di Helen, le tasche dei pantaloni gonfie, dovevano averle riempite di sassi per farla rimanere sul fondo.
E poi lui.
Poco a fianco c'era Dante.
Gli occhi chiusi, la bocca semi aperta, il lobo destro sfondato dalla fuoriuscita del proiettile.
Tornò in superficie, una lacrima gli si fermò fastidiosamente negli occhialini.
E di nuovo giù.
Si avvicinò a pochi centimetri dal suo volto e lo accarezzò.
Notò che la mano sinistra era stretta in un pugno.
La prese fra le sue e l'aprì lentamente, una piccola chiave dorata scivolò fuori.
Avrebbe ucciso quei bastardi con le sue mani, doveva solo trovare il momento adatto.
Quando uscì dalla vasca gli altri lo seguirono con gli occhi.
Nella cassa trovò un mucchietto di terra.
Che ricompensa, wow.

Nella lettera per Light, Seth aveva scritto che voleva morire.

Che in un modo o nell'altro si sarebbe ucciso, non poteva sopportare l'idea di non avere Jenna.
Di vederla morire prima di lui.
Di vederla piangere per il moro.
Se la situazione non fosse stata quella si sarebbe rattristito e basta, avrebbe accettato che per l'ennesima volta una ragazza aveva preferito qualcun altro.
Invece ogni cosa era deformata dagli eventi che accadevano.
Ogni singola emozione si allargava, si espandeva, diventava invadente.
L'amore, la tristezza, la rabbia, la passione.
La paura.
La paura di morire.
Seth teneva la testa sotto la superficie dell'acqua.
In tutto quel rosso gli occhialini gli permettevano di intravedere qualcosa sul fondo, niente di che.
Le carcasse dei maiali.

Il corpo di Robert.
“Ti piace, vero?”
Robert pazzamente innamorato di Sabrina e della vita.
Il ragazzo che lo avrebbe aiutato a conquistare la sua dama come un fedele scudiero.
Un amico.
L'aria gli stava finendo.
Soffio fuori quel briciolo che gli era rimasto.
I polmoni si dilatavano senza risultato.
Non appena avesse aperto la bocca per respirare nuovamente avrebbe ingurgitato un misto di acqua e sangue.
L'idea gli fece venire un conato di vomito.
Riemerse appena in tempo e fece un lungo respiro.
-Tutto bene?- gli domandò Almond qualche metro più in là.
Si limitò ad annuire.
Light lo guardò preoccupato.
Prima che la sfida iniziasse gli aveva posato la mano sulla spalla, ma il gesto non lo aveva rassicurato o tranquillizzato, anzi gli aveva dato ancora più fastidio.
Seth girò la testa e si immerse.

Light e Jenna perlustravano zone differenti, avevano diviso la piscina in quadranti, se Lukas non partecipava allora sarebbero state due le persone nella piscina ad essere escluse dalla seconda parte della sfida.
Contava sul fatto di passare.
Lei, Light e Seth.
Magari poi avrebbero pareggiato e si sarebbero salvati tutti.
Tutti loro.
Jenna stava imparando ad essere egoista.
Si ritrovò obbligata a smuovere i corpi dei maiali, ogni volta l'acqua si faceva più scura.
La carneficina era stata abbastanza recente e fortunatamente i vermi non avevano ancora fatto il loro lavoro.
Se c'erano vermi poi, là sotto.

Almond si era abbastanza stancata, le braccia le facevano male, così come le gambe.
Si era abbandonata a peso morto sull'acqua.
Galleggiava.
Teneva i piedi piatti e ogni tanto si dava qualche spinta.
Sophia continuava a riaffiorare scocciata.
Non trovava nulla.
L'asiatica ripensò alle parole di Killian.
Fece roteare il corpo e cercò di squadrare il fondale.
Niente da fare.
Qualche spinta ed era lì.
Vide un maiale con la pancia aperta.
Non ci pensò due volte prima di infilarci dentro la mano.
Scoppiò a piangere.
Teneva la bocca serrata e singhiozzava.
Si muoveva a tentoni, percepiva solo il viscido.
Qualcosa di duro si scontrò con i suoi polpastrelli.
Sfilò una chiave dall'intestino dell'animale.
Quando Sophia sbucò nuovamente dall'acqua notò con sorpresa che Almond era fuori, davanti alle casse.
Aveva infilato una chiave nella serratura.
Un altro po' di terra.
-Almond.- chiamò perplessa.
L'altra si girò.
La guardò nervosa.
-Ti serve una mano?- sorrise imbarazzata.
-No.- rispose secca la riccia prima di reimmergersi.
Non guardava più nulla.
Si era distratta a pensare.
Almond cominciava a prendersi delle libertà.
Poteva diventare fastidiosa.
Quando si riprese scoprì che Angeline aveva scovato la terza chiave e trovato nella cassetta della cenere.
Polvere alla polvere, cenere alla cenere.
Terra.
Ripensò al funerale di suo nonno, a quanto aveva pianto.

Seth ci riprovò.
Annegarsi era quasi impossibile.
“Una disgrazia incalza alle calcagna di un'altra, tanto presto si succedono. Laerte, tua sorella si è annegata.”
Sorrise.
Passava decisamente troppo tempo nei libri, spesso si dimenticava di essere reale.
Vide qualcosa.
Un luccichio sfolgorante.
C'era qualcosa incastrato e nascosto fra i resti di due maiali.
Troppo grande per essere una chiave, luccicava come il metallo.
Gli sembrò di riconoscere dei dentelli.
Doveva essere un'arma usata per la prima sfida.
Invece no, capì.
Così come capì che non voleva morire, non voleva essere lui.
-Light!- chiamò il ragazzo -C'è qualcosa qui.-
Jenna nemmeno li vide.
Light fece qualche bracciata fino al castano e guardò sul fondo.
Non riusciva bene a distinguere le forme.
Si scambiarono uno sguardo d'intesa.
Seth era agitato.
Fece per fermarlo, ma la sua mente stava scrivendo troppi finali diversi.
Light vide quello che sembrava un dischetto di ferro.
Non capiva.
Ci poggiò sopra la mano.
Clac.

Anche Kyte e Sophia riuscirono a conquistare una tanto agognata chiave.
Kyte rinvenne un chiodo e Sophia una lampadina.
Nessuno dei due ci capiva nulla.
-Vado a vedere come sta Lukas.- comunicò Angeline.
Sophia e Almond non si guardavano, la seconda si mordicchiava il labbro.
Nessuno chiese al ragazzo cosa avesse fatto
La bionda percorse tutto il bordo della piscina.
Vide delle bolle scoppiettare fuori dall'acqua.
Entrò negli spogliatoi.
-Lukas...- sussurrò vedendolo con lo sguardo vuoto seduto su una delle panche.
Non rispose, lei si avvicinò un po'.
Il ragazzo la guardò.
C'era qualcuno dietro di lei.
L'avrebbe riconosciuto fra mille.
L'uomo con la balestra coprì la bocca di Angel con un panno bianco.
-Mi faccio una doccia.- disse Sophia.
-Vestita?- le domandò Killian.
-Sì.- confermò allontanandosi.
Jenna si aggrappò al bordo stringendo nella mano l'ultima chiave.
-Ce l'ho! L'ho trovata.- esultò.
Sophia entrò in corridoio facendo finta di non sentire.
Col cavolo che avrebbe affrontato subito la seconda parte della sfida.
L'ultima vincitrice infilò la chiave nella toppa.
Un'unghia finta?
Seth si avvicinò e si congratulò.
Non osò abbracciarla.
Lei sorrideva, poi se ne accorse.
-Dov'è Light?- chiese preoccupata.
Non c'era nessuno a parte gli uomini.
La piscina si era svuotata.
Gli altri si guardarono intorno.
-Ero convinto fosse ancora dentro...- balbettò Killian.
Silenzio di tomba.
-Light!- urlò la ragazza.
Seth chiuse gli occhi.
-Light!-
Verso il lato sinistro il sangue si stava facendo più scuro, molto più scuro.
Aveva un colore diverso, acceso, vivo.
Jenna cominciò a correre.
-Light!-
Si tuffò in acqua, gli occhialini li aveva già tolti.
Gli occhi le bruciavano, faceva fatica a tenerli aperti.
Lukas era uscito dallo spogliatoio.
Guardava la scena sul ciglio della porta, cercava di resistere alla visione del sangue.
Jenna incontrò gli occhi spalancati di Light.
Aveva la bocca aperta in un urlo.
Era il braccio a tenerlo verso il fondo.
Una tagliola aveva affondato i suoi denti nel polso del ragazzo.
Jenna fece fatica ad aprirla.
Killian sprofondò al suo fianco e trascinò fuori il corpo.
La ragazza gridava, gli altri le stavano intorno.
Premeva con forza le mani sul petto di Light.
Dell'acqua gli schizzò fuori dalla bocca.
Seth li vedeva, i suoi occhi.
Erano immobili, fissi.
Non c'era più niente da fare.
Jenna si sollevò in piedi.
Guardò l'uomo con il fucile.
-Mi sono dimenticato di avvisarvi che c'erano delle sorpresine.-
Urlò con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Gli corse incontro, non appena si avvicinò l'uomo la colpì in testa con il manico del fucile.
I ragazzi uscirono in silenzio.
Seth non osò rimanere, una volta in salotto si accorse che la stavano trascinando nel giardino al coperto.


Angeline si risvegliò nel buio.
Alzò le braccia, ma subito vennero fermate da una superficie indeterminata, al tatto sembrava legno.
Era sdraiata.
Tastò tutt'intorno a sé.
Non c'era via d'uscita, dovevano averla chiusa da qualche parte, magari nel baule della sala svago.
Con la mano destra incontrò una piccola scatoletta di cartone, il dorso era liscio mentre i lati erano più ruvidi.
Ci mise poco a capire come aprirla, bastava spingere la parte interna per far scorrere fuori il contenuto.
Erano dei fiammiferi.
Ne prese uno e lo strofinò contro la striscia fino ad accenderlo.
Li contò velocemente, erano nove, più quello che aveva in mano dieci.
Capì cosa significava il legnetto bruciato che aveva trovato come ricompensa.
La fiamma si spense.
Ne prese un altro, ne rimasero otto.
In fondo intravide un contenitore di metallo, lo spinse a sé con i piedi, era un mangiacassette.
Premette il tasto “play”. Scosse il fiammifero per non bruciarsi.
Poteva ascoltare anche al buio.
-Carissimi concorrenti, sono lieto di annunciarvi la seconda parte della sfida di oggi.- Angel riconobbe la voce dell'uomo con il fucile -Sarà entusiasmante, vedrete! I tre di voi che hanno trovato un unghia, un bastoncino bruciato ed una lampadina, quindi anche tu all'ascolto, sono stati sepolti nel giardino al coperto, in qualche punto imprecisato.-
La bionda spalancò gli occhi, ma attorno a lei c'era solo il nero.
-Il primo degli altri tre vincitori che dissotterrerà qualcuno vincerà l'immunità, che spetterà anche a chiunque riesca ad uscirne da solo!
Come vi dicevo ci siamo ispirati alle vecchie stagioni del programma! Vi ricordate quando Gwen dovette affrontare la sua paura? Peccato che i miei colleghi mi abbiano riferito che sia morta ieri sera.-


Qualche metro più in su l'uomo stava tenendo lo stesso discorso.
A Kyte, che aveva trovato un chiodo, spettò un metal detector come ricompensa, a Killian ed Almond, nella cui scatola c'era invece un mucchietto di terra, spettarono rispettivamente una vanga ed una pala.
Almond si sentiva in colpa.
Aveva tradito Sophia, la sua compagna di stanza.
Seth invece no, cercava di convincersi di non aver riconosciuto la tagliola e che quindi la morte di Light fosse stata un incidente.
Era al contempo contento di non dover partecipare, ma preoccupato per Jenna.
Non temeva l'eliminazione, d'altronde nessuno spettatore poteva saperlo.
Nessuno poteva averlo visto scrutare la trappola per orsi adagiata sul fondo della piscina.
Il sangue aveva coperto la visuale.
Lukas era ancora parecchio scosso per la prima parte della sfida e si accucciò subito sotto il solito albero.
Tutta la terra del giardino al coperto era stata smossa, in modo da rendere impossibile capire dove si trovassero le buche.
Fosse stato per Kyte Angeline e Sophia sarebbero potute marcire là sotto.
Nel caso fossero riusciti a fuggire non voleva portarsele dietro, erano troppo pericolose.
Però voleva l'immunità e doveva azzardare, magari avrebbe salvato Angel, o magari Jenna, non c'era modo di saperlo.
Si augurò che le bare fossero state chiuse con dei chiodi, il metal detector avrebbe sicuramente suonato.
-Le vostre amiche hanno cinque ore di ossigeno, un tempo più che abbondante direi. E non preoccupatevi, sono rinchiuse nel compensato. Certo, la terra pesa, ma con un po' di costanza dovrebbe spezzarsi!- aggiunse l'uomo.
Bip. Bip. Bip.
Kyte sorrise.
Peccato che non avesse nulla con cui scavare.
Si tirò su le maniche, avrebbe dovuto fare a mani nude.
Seth andò a sedersi di fianco a Lukas.
Killian camminava avanti e indietro sulla terra.
Dove c'era la fossa sarebbe dovuto sprofondare di più.
Credette di aver individuato il punto giusto e cominciò a scavare.
Guardò il more fare la stessa cosa con le mani.
Certo, un metal detector era utile, ma a confronto di una pala o una vanga non poteva competere.
Almond era spiazzata, poggiava la testa al suolo cercando di percepire qualche suono.
Nulla.
Pregò che Sophia facesse un po' di rumore.
La terra si infilava fastidiosamente sotto le unghie di Kyte.
Detestava quella sensazione, doversi abbassare ad un tale livello.
Avrebbe capovolto Seth e l'avrebbe usato come paletta.
L'uomo con il fucile ridacchiò.
-Tieni, sei patetico.- sorrise lanciandogli qualcosa.
Una paletta da spiaggia gialla atterrò a venti centimetri dal ragazzo.
-Grazie.- rispose ironico.
Cominciò ad usarla imbronciato.
L'uomo col la balestra era sul ciglio della porta.
Lukas lo stava guardando.
Il ragazzo appoggiò l'arma e gli fece cenno di raggiungerlo.
Seth lo guardò alzarsi.

Jenna impiegò più tempo per trovare il mangiacassette, ma appena ascoltò la registrazione il sangue le si gelò nelle vene.
Voleva muoversi e non ci riusciva.
Era stretta.
Sentiva l'odore penetrante della terra.
Aveva freddo.
Il fiato le si faceva sempre più veloce.
Pensò che girandosi su un fianco sarebbe riuscita a calmarsi, eppure non fu così, era solo più scomoda.
Avrebbe voluto addormentarsi.
Si sarebbe svegliata quando l'avrebbero ritrovata, oppure sarebbe morta nel sonno.
Sempre meglio che essere coscienti di aver finito l'ossigeno.
Come Light.
Una lacrima le rigò il viso.
Non era giusto, non meritava di morire così.
Era buono, era il suo eroe.
Qualcosa le grattò il gomito su cui si appoggiava.
Una limetta per le unghie.
Che beffa.
Cosa se ne sarebbe dovuta fare?

 

Lukas guardava l'uomo con la balestra.
Erano entrambi seduti sul divano del salotto, nessuno dei due riusciva a parlare.
Gli occhi del moro erano rossi, gonfi.
-Hai capito perché l'ho detto?- gli chiese l'uomo.
-Sì.- bisbigliò Lukas guardando in basso.
Dal giardino si sentiva Killian scavare con foga.
Il ragazzo si voltò per vedere.
Seth lo stava osservando nascosto, appena si accorse di essere stato scoperto si volatilizzò.
-Non voglio che ti accada niente di brutto.- confessò.
Lukas trattenne una smorfia.
Gli stava già accadendo qualcosa di brutto.
-Hai ragione.- ammise l'altro che sembrò leggergli nella mente -E' tutto brutto.-
Il moro si alzò in piedi seguito dall'altro, lo prese per la mano.
-Aiutami allora.- lo supplicò -Aiutaci.-
L'uomo con la balestra si morse il labbro.
Che cosa stava facendo?
Che cosa doveva fare?
Sperò di morire in quell'istante.
Voleva avere un telecomando e riavvolgere il nastro, tornare a quando era bambino, ma non poteva.
-Domani.- disse serio -Prima dell'eliminazione.-

Kyte trovò una moneta.
Una maledettissima moneta.
Altro che bara ed immunità.
Per lo meno aveva scavato solo pochi centimetri.
Riprese il metal detector e si rimise al lavoro.
Killian ci stava dando dentro, era andato in basso di almeno un metro e si era tolto la maglietta.
Almond era vicino all'albero di Seth, quando finalmente sentì un tonfo sottoterra.
Aveva trovato qualcuno.

Angeline non smetteva di sbattere i palmi contro il legno, una scheggia fastidiosa le si infilò fra l'indice e il pollice.
Urlava più forte che poteva.
Dalle giunture entrava qualche granello di terra ed un po' di polvere.
Andando avanti così avrebbe sprecato tutta l'aria a sua disposizione nella metà del tempo, ma non le importava particolarmente.
Magari era quello che si meritava.
Una donna segnata da due grandi borse sotto gli occhi e col volto incorniciato da sporchi capelli ricci la spinse per terra. Sua madre.
Angel gridò nuovamente.
-Sarai la mia bimba perfetta.- biascicò appoggiata allo stipite della porta.
Aveva bevuto, ancora.

Le immagini le scorrevano davanti agli occhi senza che potesse fare nulla per impedirlo.
Uno schiaffo. Un altro. Il piatto contro il muro. L'odore acre del latte scaduto.
Le stava rovesciando la bottiglia di Whisky dentro al lavandino.
La donna piangeva.
La strattonò per la spalla. Le disse che era una puttana, che non era sua figlia.
Non era la bambina che aveva cresciuto.
Angeline le ruppe la bottiglia in testa.

Adesso piangeva.
Tre metri sotto terra, come sua madre.
Quanta fatica che aveva fatto per trascinarla in cantina.
Non sapeva se fosse morta o meno, non le importava più di tanto.
La mise nel baule dei travestimenti, quello con cui giocava durante l'infanzia.
Ci entrava dentro e usciva vestita di principessa. O da strega.
Angel si sentiva entrambe le cose, poi non si sentiva più nulla.
Tirò fuori le parrucche e gli stracci e ce la infilò dentro.
Per fortuna non pesava troppo, nemmeno lei era troppo alta.
Una settimana prima l'idraulico aveva scavato per trovare le tubature, si erano otturate.
Nessuno aveva mai messo a posto.
Spinse il baule, ci mise all'incirca mezz'ora.
Lo ricoprì di terra, prese il cemento e riposizionò le piastrelle.
Senti qualcosa battere, ma fece finta di nulla.
Vuota.
Era vuota.
Sua madre, viva, si era consumata le dita contro il cemento ormai solido.
Non aveva più un lavoro. Non aveva più amici. Non sarebbe mancata a nessuno.
Poi Angel incontrò lui.

Lukas rientrò nel giardino al coperto, nessuno sembrava essersi accorto della sua assenza tranne che...
-Si può sapere che problema hai?- Seth alzò la voce richiamando l'attenzione di tutti.
-Ragazzi...- balbettò Almond.
-Non ora, Almond.- la interruppe brusco il castano -Perché diavolo parli con quegli uomini?-
Lukas rimase interdetto, anche l'uomo col fucile e la donna erano sorpresi, ma per altri motivi.
-Di che stai parlando?- fu tutto ciò che riuscì a dire.
-Di che sto parlando?! Di te che chiacchieri come se nulla fosse col tipo con la balestra, si può sapere da che parte stai?- Seth faceva fatica a ragionare.
Aveva bisogno di dormire, solo un'ora di sonno tranquillo, un'ora gli bastava.
Gesticolava freneticamente e nemmeno se ne accorgeva.
Si era buttato in una piscina di sangue:
Aveva ucciso un suo amico.
Aveva perso la verginità in un rapporto a tre.
Ogni momento gli sfrecciava davanti agli occhi.
-E' vero, Lukas?- chiese Killian.
Il moro abbassò la testa.
Il biondo fece per dire qualcosa.
-Ragazzi.- riprese Almond -Qua sotto c'è Angeline.-
Kyte finalmente pensava in modo lucido.
-Ho sentito la sua voce, molto ovattata, ma credo sia lei!- esclamò contenta.
-Io direi di lasciarla lì sotto.- disse Kyte.
-Come?- l'asiatica non era sicura di aver sentito bene.
-L'abbiamo vista tutti, non ha le rotelle a posto.- spiegò -E' pazza, è pericolosa, lasciamola soffocare nella bara.-
Lukas non riuscì a dire nulla, era ancora distratto da Seth che lo guardava in cagnesco.
Almond scosse la testa e cominciò a scavare.
Kyte alzò gli occhi al cielo.
Killian pensò che forse non era poi una così brutta idea.

Sophia aveva trovato una torcia elettrica ed era abbastanza soddisfatta.
Aveva perso la sfida precedente e le era costato il rischio di eliminazione, come se le avessero sparato e la pallottola le fosse passata a due centimetri dalla testa.
Era proprio quella la sensazione che aveva provato, non era intenzionata a riviverla un'altra volta.
Light era morto.
Colui che aveva puntato dall'inizio della gara, poteva toglierlo dalla lista.
Alla fine c'aveva pensato da solo ad ammazzarsi.
Notò nell'angolo una piccola webcam.
Sorrise al pubblico.
Sembrava al contempo una star e una diva ferita, quasi volesse dire “Sono io, Sophia, la migliore.” e aggiungere “Mi avete quasi uccisa e non ne avrete ancora l'occasione.”
Pensò rapidamente a chi altro volesse far fuori.
Angeline.
Decisamente Angeline.
Almond l'aveva tradita, vero, ma riteneva di poterla considerare ancora sua alleata.
Le avrebbe detto che la perdonava e che anzi, era soddisfatta di come aveva agito, che era orgogliosa come una madre o come una maestra il cui alunno prediletto svolge un compito perfetto.
Sophia aveva risparmiato abbastanza fiato e decise di smettere di pensare.
La stancava.
Il suo cervello lavorava troppo velocemente e non le lasciava un attimo di riposo.
Voleva smettere.
Voleva svegliarsi la mattina, a casa della nonna, e trovare il caffè latte pronto sul tavolo.
Ma se davvero lo voleva allora doveva conquistarselo.
La vita è qualcosa per cui lottiamo ogni giorno, lei non si sarebbe mai arresa, come un maratoneta che spossato dalla gara riesce comunque a fare uno sprint verso il traguardo.
Si sfilò a fatica la maglietta e se l'avvolse intorno alla mano.
Tump.
Un pugno.
Tump.
Un altro, poi un altro ed un altro ancora.
Le nocche le facevano male, si stavano sbucciando lo stesso.

Gli infissi si stavano allentando e il compensato si era crepato.
Tump.
Della terra umida le cadde in faccia, poteva sentirne il sapore.
Le unghie dell'indice e dell'anulare le si spezzarono.
Tump.

 

Kyte non riusciva più a vedere Killian, aveva scavato così in profondità da essere scomparso dentro la fossa stessa.
Se là sotto c'era una bara mancava poco prima che la trovasse, sperava solo avesse fatto un clamoroso buco nell'acqua.
Jenna graffiava il compensato con la limetta, cercava di usarla come fosse un coltello, ma senza successo.
Il suo cervello cominciava ad accettare il fatto che Light fosse morto, capì che era inevitabile.
Che solo uno di loro sarebbe uscito vivo da quella casa, se era fortunato.
Con ogni probabilità sarebbero morti tutti, uno dopo l'altro.
La cosa che le fece più dolore era non avergli potuto dire addio.
Il metal detector suonò di nuovo.
Kyte si fermò a scavare con la paletta.
Almond aveva raggiunto un livello di cinquanta centimetri, sperava di essere almeno a metà dell'opera.
Nuotare le aveva stancato le braccia e scavare non era una passeggiata.
Stava a piedi nudi, come amava fare.
Il fresco del suolo le ricordò di essere sulla Terra, che c'era un mondo là fuori.
Tump.
Fece la pala di Killian.
Si chinò immediatamente poggiandola contro le pareti scavate.
Spostò un po' di terra con le mani.
Legno.
-Hey!- gridò sollevata una voce dall'interno.
-Jenna!- esclamò contento il ragazzo
-Tirami fuori!- singhiozzò l'altra.
-Subito, arrivo.- rise Killian.
Pulì tutta la tavola superiore e colpì gli angoli inchiodati con la pala, scardinandoli.
Non ci volle molto.
Jenna era sdraiata con una limetta fra le mani.
Piangeva e rideva.
L'aiutò ad alzarsi e si abbracciarono.
-E così Killian vince l'immunità!- si congratulò l'uomo col fucile -Cosa ne sarà di Sophia e Angel?-
Almond lasciò cadere la vanga.
Ormai l'immunità era andata, avrebbe voluto trovare Sophia, per chiederle scusa, ma forse era il momento di giocare per sé.
-Ve l'ho detto.- ribadì Kyte -Lasciamole sotto.-
Jenna non ci mise molto a capire di cosa parlavano, si arrampicò fuori dalla buca e abbracciò Seth.
-Per me va bene.- disse il ragazzo baciandole la guancia.
Killian si morse un labbro, si avvicinò ai due..
-Anche per me.- ammise sospirando.
Sarebbero morte comunque pensò, meglio velocizzare il processo.
E Sophia avrebbe sofferto, per Dante.
Lukas spalancò la bocca.
-Come?!- balbettò -State scherzando?-
Kyte fece segno di no.
Almond scoppiò in lacrime.
-Siete dei mostri.- sputò -Io non mi macchierò le mani di sangue.-
Prese la pala di Almond e continuò a scavare.
-Come vuoi.- lo sfidò Kyte uscendo seguito dagli altri.
Lukas era rimasto solo, piangeva e le sue lacrime si mescolavano alla terra.
Passo un'ora quando arrivò finalmente alla cassa di Angeline.
Quando l'aprì lei sorrise estenuata.
Ne uscirono insieme.
L'aveva salvata, se non era amore quello.
Angeline pensò che quello fosse il giorno migliore della sua vita.
Lukas temeva la bionda, ma non avrebbe lasciato morire nessuno, così come lei non aveva lasciato morire lui.
E' questo che fanno gli amici, si aiutano.
E' questo che dovrebbe fare ogni essere umano.
-C'è ancora Sophia.- disse esausto.
-E' tardi ormai.- rispose lei celando un sorriso.
Era così stanco, non sapeva nemmeno quanto tempo fosse passato.
Uscirono dal giardino.
Tutti si erano già lavati e si erano seduti in salotto, li guardarono.
Almond piangeva ancora.
-Sophia?- domandò Killian.
-E' morta.- mentì Angel, del resto era una mezza verità.
Sarebbe morta se l'avessero lasciata tre metri sotto terra.
I due ragazzi si avvicinarono agli altri.
-Non credo proprio.-

Sophia si aggrappò allo stipite ricoperta di terra.
La polvere la scuriva spaventosamente, solo gli occhi era chiaramente visibili.
Kyte le guardò le mani impregnate di sangue, terriccio e sassolini.
Si era scavata una via di fuga da sola, a mani nude.
Ed ora era lì a fissarli.
-Sono colpito.- affermò l'uomo con il fucile -Ma quel che è detto è detto, Sophia godi anche tu dell'immunità.-
Sophia si scrollò i vestiti.
Rise per liberarsi di tutto.
L'indicò con l'indice sporco e senza unghia.
-State attenti...- faceva fatica a parlare, il fiatone la costrinse a fermarsi -...mentre dormite.-
E più che una minaccia suonava come una promessa.

Payton sorrise.
Era giorno di paga, quello.
L'interessante nella casa era terminato, a breve sarebbe andato in onda il commento degli eventi, sul sesto canale visto che le trasmissioni sul quinto non potevano essere interrotte.
In ogni modo, una volta finito anche il talk show Jessica avrebbe lasciato una busta contenente il denaro che le aveva chiesto nella sala relax, nascosta dietro il dispensatore dell'acqua.
Clac.
Qualcosa cigolava fastidiosamente.
Si limò l'anulare della mano sinistra.
Le unghie vere erano così fastidiose, d'ora in poi le avrebbe avute sempre finte.
Per festeggiare sarebbe andata a farsi fare la manicure.
C'era un negozietto di cinesi sottopagate estremamente costoso che aveva attirato la sua attenzione qualche settimana prima.
Poi se ne sarebbe andata a mangiare sushi con Danielle, le aveva detto che aveva qualcosa di importante da raccontarle, un nuovo uomo con ogni probabilità.
E lei doveva dirle che ora era ricca sfondata e che le avrebbe offerto la cena.
Non in uno di quei ristoranti con la formula “all you can eat” dove avrebbero potuto spendere relativamente poco, sarebbero andate in uno di quelli “à la carte”. Come suonava bene il francese nella sua testa. Era così chic.
Cory stava discutendo con Etienne, alcuni manovali stavano finendo di allestire il set.
Quella sera avrebbero avuto Brody come ospite, un amico di Geoff.
Etienne fece qualche gesto con la mano e si allontanò dal co-produttore.
Jessica gli fece un fischio e gli indicò l'orologio.
-Non metterci troppo.- disse.
Samuel dava un'ultima ritoccatina ai capelli di Blainely.
La bionda non sembrava troppo a suo agio, la pressione la stava logorando.
-Payton.-
La ragazza alzò lo sguardo, era stata Jessica a chiamarla.
-Non è che potresti fare qualche passo indietro? Per il tecnico luci.-
Sorrise, certo che poteva farlo, per cinquecentomila dollari avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Si sarebbe licenziata la mattina dopo.
O forse era meglio non dare nell'occhio?
Jessica si sarebbe sicuramente insospettita.
Avrebbe aspettato che finisse tutta la storia dell'attentato e se ne sarebbe andata alle Hawaii, non sembrava male.
Smise di arretrare.
-Qui?- domandò.
-Ancora trenta centimetri.-
La donna stava controllando la posizione dei fari.
A Payton non sembrava di vedere il tecnico.
-Perfetto.- sorrise Jessica.
Fu allora che se ne accorse.
Paul, colui che gestiva l'illuminazione, era intento a riavvolgere un cavo sul fondo della stanza.
Era girato di spalle.
Clac.
Fece il faro sopra la sua testa prima di staccarsi.
Una goccia di sangue schizzò fino al volto di un'atterrita Blaineley.

 

Angolo dell'autore
Capitolo 11 finito, ebbene sì.

Avevo chiesto pareri a qualcuno e molti si sono avvicinati a quello che è successo, chi da un lato, chi dall'altro.
Light era un combattente, un buono.
Era semplice, lo adoravo.
Spero che l'autrice continui a seguire la storia, ormai siamo agli sgoccioli.
Io non so se ho il coraggio di scrivere il prossimo capitolo.
A settembre mi sa che mi toccherà fare i compiti e poi andrò in stage a Parigi.
Non so davvero quando potrò aggiornare, la quinta un po' mi spaventa e dovrò scrivere la tesina.
Vi prometto che i prossimi capitoli arriveranno prima della fine dell'anno, prendete questo come summer finale.
Vi chiedo di fare un nome per l'eliminazione e la solita tabella di gradimento, per chi si sia perso questa modalità consiste nel dare un voto da 1 a 5 ad ogni personaggio.

Le storyline si stanno chiudendo.
Ero indeciso se raccontare o meno il passato di Kyte ed Angel, troppo forte a parer mio.
Ma ho sentito che dovevo, perché questi personaggi sono più completi così e perché lo dovevo alle autrici.
Ogni tanto mi chiedo perché scrivo reality, mi spossa, mi stanca, non mi sembra sia costruttivo per me.
Ho scritto il pezzo di Kyte di notte e poi ho avuto gli incubi.
Non so se avrò altre storie dopo questa, non credo.
Questo capitolo era lunghissimo, I know.
Ho capito che lo scrivo per voi, anche se forse sono fan anche io.
Per questo penso che la gente che dice “Non si scrive per le recensioni xdxd” menta, perché su efp si scrive per gli altri e fa piacere sapere ciò che gli altri pensano.
Il mio sogno nel cassetto è trasformare il concept di Reality in qualcosa di più grande e spero di riuscirci, ma già sono entusiasta di voi lettori e in fondo in fondo penso che facciamo un piccolo fandom a parte.
Vi adoro e già mi mancate.
L'avventura sta finendo.
A presto.

PS. Come al solito segnalatemi gli errori che nella foga di pubblicare non rileggo.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo ripubblicato dopo i problemi con i server, chiedo gentilmente a chi ha lasciato una recensione di riscriverla e informo tutti i lettori della presenza di un sondaggio alla fine, leggete l'angolo autore!


La donna era preoccupata, guardava la scena appoggiata allo sgabello del bar.
L'uomo col fucile aveva appoggiato l'arma sopra la spalla, alcuni ragazzi piangevano ancora.
-Ma nonostante qualcuno oggi ci abbia già lasciato- cominciò l'uomo accennando un sadico sorriso -l'eliminato di questa sera è...-
 

Capitolo 12

20 ore prima

Sophia si passò una mano fra i capelli, agitandoli dolcemente e sciacquando la terra che vi era rimasta.
La parte più dolorosa erano state le dita, ormai quasi inesistenti.
Non erano rimaste che un grumo di sangue rappreso mischiato al terriccio.
Le aveva tenute sotto il getto d'acqua gelida stringendo i denti, mentre una lacrima le rigava la guancia.
Il colorito marrone era sparito, lasciando il posto al rosso acceso.
Non riusciva a guardarle.
Rivoleva le sue perfette unghie limate e smaltate, quelle che tutti invidiavano chiedendole se fossero finte.
Sophia era sotto la doccia, nuda come un uccellino appena nato e spaventata quasi quanto questo.
Avevano appena cercato di ucciderla.
Se non avesse sfondato il compensato sarebbe sicuramente morta, soffocata tre metri sotto terra.
Non aveva più nessuno, aveva perso perfino Almond, avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse in suo possesso per riottenere la fiducia di qualcuno, una persona su cui poter contare, a cui potersi aggrappare.
Scoppiò in una grossa risata.
Lei, Sophia, che aveva bisogno degli altri.
Eppure alla fine ne sarebbe rimasto uno soltanto, non due. Uno.
Si stava comportando in modo ridicolo, lei aveva l'immunità e gli altri avevano solo da temere.
Una volta asciugata, strappò la salvietta in piccoli lembi e si fasciò le mani.
Prima di andare nella sua stanza passò dal salotto.
L'uomo col fucile era ancora alzato, passeggiava avanti e indietro giocherellando con l'arma. Le sorrise.
Magari aveva scommesso su di lei.
Aprì leggermente la porta della stanza di Kyte, anche lui era ancora sveglio.
Non osò entrare, ma si fermò ad osservarlo dalla fessura che si era appena creata.
Era sdraiato a pancia in giù sul letto, si teneva sollevato con gli avambracci.
Una luce fioca gli illuminava i capelli.
Sophia si ricordò dell'iPod di Marylin, cosa stava nascondendo il ragazzo?
Quando si mise a letto Almond stava già dormendo.

Almond si svegliò alle sei e pensò che fuori ci dovesse essere l'alba.
Si rigirò qualche volta nel letto e alla fine decise di alzarsi
L'uomo col fucile era seduto sul divano, guardava dritto.
Notò di non averlo mai visto dormire.
Di certo anche loro dovevano essere stanchi.
Decise di far finta di nulla e si infilò in cucina.
C'era solo del succo in frigorifero, se ne versò un bicchiere ed entrò nella dispensa.
I corn flakes erano sul ripiano più in alto, prese una sedia dalla sala da pranzo e vi ci salì sopra.
Scelse quelli al cioccolato.
Erano ancora troppo in alto per lei, si mise in punta di piedi e cercò di afferrare il pacco con le dita.
Cadde per terra senza aprirsi.
Sì chinò per raccoglierlo quando un piccolo contenitore di vetro sul ripiano più basso attirò la sua attenzione.
Era simile a tutti gli altri, ma sull'etichetta la scritta non era stampata.
“Spezie”
-Cucù.-
La voce di Killian la fece sobbalzare.
-Killian? Mi hai fatto prendere un colpo.- lo rimproverò.
Il biondo non si aspettava una risposta tanto fredda.
A volte faceva fatica a capirla quella ragazza.
Così aperta e allo stesso tempo così chiusa.
-Scusami.- disse -Anche tu sveglia?-
Pensò che dovesse suonare come una domanda abbastanza stupida, fino a prova contraria era sveglia.
-Mhmh.- confermò la mora pulendosi dalla polvere e raccogliendo la confezione di corn flakes.

Doveva essere ancora arrabbiata con lui per la storia di Sophia.
-Mi spiace per quello che ti ho detto ieri.- si scusò.
Almond riportò la sedia dove l'aveva presa e ci si sedette sopra.
-Non preoccuparti.- rispose.
Invece doveva preoccuparsi ed era il tono a dirglielo.
-Certo che mi preoccupo...- iniziò.
-Stavamo per uccidere delle persone.- lo interruppe la ragazza.
Killian rimase zitto.
-Stavo per lasciare a morire l'unica amica che mi sono fatta qui dentro.- continuò lei -Dobbiamo capire dove finiamo noi e dove iniziano le bestie.- concluse.
Il ragazzo la guardò.
Lei bevve a fatica un sorso di succo, le stava venendo la nausea.
-Hai me.- disse lui -Anche io sono tuo amico.-
Ed in un attimo realizzò che aveva ragione.
Tutto il male che stava succedendo non era responsabilità di quegli uomini o del pubblico, era colpa loro.
Si abbracciarono in silenzio.

Jenna aveva abbracciato Seth per tutta la notte, lui era rimasto sveglio, ogni volta che gli occhi gli si chiudevano vedeva davanti a sé il volto di Light.
Aveva tradito un amico. Non solo, lo aveva ucciso.
Immaginava il suo volto contorcersi e gonfiarsi sotto l'acqua.
Eppure il corpo della ragazza gli dava sicurezza, lo faceva sentire protetto, a casa.
Se fosse stato possibile l'avrebbe amata per sempre, invece si faceva sempre più largo nella sua mente l'idea che prima o poi anche lei sarebbe morta.
Lui no, lui sarebbe uscito trionfante dalla casa, vincitore, con una storia da raccontare.
Ma nonostante avesse sempre la sicurezza di sopravvivere, ad ogni eliminazione il cuore gli tremava finché non veniva fatto il suo nome, poi riprendeva a respirare tranquillo.
Seth si addormentò poco prima che Jenna si risvegliasse, anche se il suo sonno era destinato a durare ben poco.
La ragazza giocò un po' con i suoi capelli prima di trovare la forza di alzarsi.
La mattina precedente si era risvegliata accanto a Light e ora lui non c'era più.
Non voleva nemmeno sapere che fine avesse fatto il suo corpo, il solo pensiero la faceva rabbrividire.
Si ricordava i suoi capelli così bizzarri, mori con un ciuffo biondo.
Poteva sentire ancora l'odore del suo corpo, il suo profumo.
Ora, fra le mani, non aveva che futili ricordi, pronti a volare via come polvere.
Seth invece era lì.
Era tangibile.
Aveva un profumo diverso, un sapore diverso, e lei lo amava.
Quando si era trovata a scegliere fra Light e Seth li aveva scelti entrambi, nonostante fosse conscia di amare più il primo, di provare solo verso di lui un affetto profondo, viscerale.
Alla fine il destino aveva deciso per lei e le aveva portato via Light spezzandole il cuore.
Mentre passava le dita fra i capelli di Seth non sorrideva, no. Nemmeno il più minimo accenno di felicità sembrava palesarsi sul suo volto.
Non riusciva a trovare la trousse rosa shocking, quella che Helen le aveva fatto sparire durante i primi giorni.
Helen, la prima a morire, la più fortunata.
Spostò il disordine sul tavolino nella speranza di trovarla sotto qualche maglietta sporca.
Non voleva presentarsi con gli occhi ancora gonfi per il pianto.
Quando tolse un paio di jeans di Light un foglio di carta svolazzò per terra.
Lo raccolse.
“Caro Light”
Cominciava così.
La grafia era quella di Seth, perché mai avrebbe dovuto scrivere una lettera all'amico?
Il castano si rigirò mugugnando nel letto.
Jenna si infilò in tutta fretta il foglietto in tasca.

Non ci volle molto tempo prima che tutti i concorrenti si alzassero dai loro letti e facessero colazione controvoglia.
Angeline si mise a preparare una torta per passare il tempo.
“Per conquistare il cuore di un uomo devi passare prima per il suo stomaco.” le diceva sua nonna quand'era piccola.
Lukas fece segno all'uomo con la balestra di seguirlo, prestando attenzione che solo lui potesse vederlo.
Sgattaiolò nel corridoio delle stanze e girò a sinistra.
L'uomo si allontanò dal salotto con qualche minuto di ritardo, giusto per non dare nell'occhio.
Il moro era in piedi di fianco al tavolino della biblioteca.
-Allora?- gli chiese non appena entrò.
L'uomo con la balestra corrucciò le labbra -Allora cosa?-
Lukas si era appoggiato con le mani al tavolo.
-Che cosa hai intenzione di fare questa sera durante l'eliminazione?- domandò.
L'altro poggiò l'arma contro lo stipite della porta e controllò che non ci fosse nessuno fuori dalla stanza.
Gli si avvicinò con la bocca all'orecchio -Abbassa la voce, non si può mai sapere chi ci sta guardando.- sussurrò.
Lukas lo guardò dritto negli occhi, smarrendocisi per qualche istante, poi fece cenno con la testa di aver capito.
-Quindi?- chiese nuovamente con un tono di voce più basso.
Non aveva mai pensato al fatto che quegli uomini potessero avere dei complici all'esterno, persone che seguivano il tutto seduti comodamente sul divano di casa.
-Li prendo alla sprovvista.- cominciò il riccio -Proprio mentre stanno per annunciare l'eliminato li faccio fuori con la balestra.-
Lukas strabuzzò gli occhi, non sembrava un grandissimo piano.
-Ti farai uccidere.- sibilò preoccupato.
L'altro sorrise.
Il moro non aveva ancora avuto il tempo di conoscerlo bene ed un po' lo offendeva il fatto che lo ritenesse uno sprovveduto.
-So quello che faccio.- affermò -Prima colpisco And... quello col fucile, gli altri non sapranno cosa fare, rimarranno sbigottiti. Sai, lui è come se fosse il capo.
Non avranno il tempo di reagire che quello con l'uzi sarà già morto, per quanto riguarda Ka... la donna, sarà un gioco da ragazzi. Andrà tutto bene, fidati.-

Lukas sorrise, aveva gli occhi lucidi.
Tutto sarebbe cambiato, sarebbe finita per sempre.
Non avrebbe mai più rivisto quelle pareti, quella moquette terribile.
Era entusiasta e allo stesso tempo preoccupato, come quando si deve partire per un grande viaggio e la sera prima non si riesce a dormire.
Il moro non sapeva cosa avesse in serbo per lui il futuro.
“Andrà tutto bene, fidati.” gli aveva detto suo padre prima di partire.
Già, brutta bestia la fiducia.
L'aveva visto tornare sei mesi dopo dentro una bara di legno ricoperta da una bandiera.
Si arruolò anche sua sorella.
“Lo faccio per lui.” diceva.
Ma suo padre era morto, non poteva vederla, mentre lui era vivo e sapeva che le sarebbe mancata, che avrebbe vissuto con la costante angoscia che potesse essere colpita a morte.
Non voleva dover ricevere le condoglianze dell'esercito, tanto meno una targa al valore militare.
Voleva solo sua sorella.

Kyte aveva dormito solo due ore, si era alzato verso le otto e aveva fatto una veloce colazione, un bicchiere di succo e cinque biscotti integrali.
Durante l'astinenza era saggio reidratare il proprio corpo e fornirgli gli zuccheri di cui aveva bisogno.
Ormai era quasi un giorno che non aveva né tremolii né allucinazioni.
Non voleva felicitarsi prima del dovuto, ma cominciava finalmente a pensare di star ristabilendo il controllo sulla propria mente.
Mentre sgranocchiava i biscotti, Angeline fece qualche allusione al fatto che se ne stava sempre chiuso in camera e non usciva mai e che prima o poi avrebbe dovuto rivelare a tutti quello che stava facendo.
Lui sorrise e le rispose che di certo non erano fatti suoi.
Se c'era una persona di cui non si fidava minimamente allora era quella ragazza.
Poco dopo gli uomini li richiamarono in salotto per comunicare loro che tre persone erano morte al di fuori delle eliminazioni e che quindi nessuno avrebbe potuto uccidere gli altri, pena la morte.
Kyte non era molto interessato.
Si sarebbe volentieri sbarazzato di una o due persone, ma non con le sue mani.
Non era quella la tattica che aveva deciso di utilizzare.
Si lavò le mani e tornò nella sua stanza.
Sollevò il cuscino e vi sfilò da sotto l'iPod di Marylin.
Il retro era parzialmente smontato e alcuni cavi colorati si intrecciavano fra di loro, un cavetto bianco lo collegava alla corrente elettrica e una serie di codici appariva sullo schermo nero.
Digitò qualche numero e poco dopo comparve l'immagine della piantina dell'edificio.
L'allarme antincendio era collocato esattamente dove aveva pensato.
Un semplice click ed entrò nell'interfaccia.
Come aveva presupposto, in caso di incendio tutte le porte sarebbero state sbloccate, ovviamente un'evacuazione tramite ascensore non sarebbe stata fattibile, le scale di emergenza dovevano trovarsi dietro la porta chiusa.
La porta chiusa...
Eppure la cartina non segnalava niente al di là di questa, come se ci fosse stato un muro.
Come se il mondo finisse lì.
Kyte scosse la testa.
Di certo non avrebbe rischiato la vita provocando un incendio vero, gli sarebbe bastato compromettere il software e far scattare l'allarme da solo.
Scrisse un'interminabile sequenza numerica e la schermata cambiò nuovamente.
Certo, ci voleva tempo prima che l'operazione funzionasse, ma il ragazzo non si aspettava così tanto.
Un conto alla rovescia lampeggiava sullo sfondo nero.

480 minuti

Era passato solo un giorno e già quasi tutti si erano dimenticati della morte di Payton.
L'unica che ci ripensava era Blaineley.
“E' stato un incidente.” si era sentita dire “Cose che capitano.”
Paul, il tecnico luci, aveva passato la serata a piangere dicendo che non era stata colpa sua, che il faro era ben fissato.
Jessica gli aveva concesso una vacanza, probabilmente l'avrebbe licenziato una volta tornato, ma quel piccolo regalo glielo doveva.
Samuel si era vestito di nero e stava acconciando Etienne come se fosse dovuto andare a un funerale.
-Sam.- lo richiamò il castano -Non siamo in lutto grazie, evitiamo i capelli pieni di gel e leccati sulla fronte per favore.-
Il truccatore sospirò.
-Va bene, seguimi, devo lavarteli.- gli disse indicando col pollice i camerini.
Blaineley si infilò fra i due proprio prima che si avviassero.
-Etiennee!- sorrise nervosa -Dobbiamo parlare! Tu, sparisci.- fece cenno a Samuel di togliersi dai piedi.
Etienne alzò gli occhi al cielo -Ti raggiungo dopo.- disse al moro, che rispose facendo spallucce.
-Dimmi Blaineley.- la esortò scocciato.
-Sai, stavo ripensando a Payton e...- cominciò.
-Anche a me spiace molto per quella povera ragazza, ma sono cose che succedono, non ci pensare.- la interruppe.
-Sicuro? Prima investono Josh per strada e quello può essere un incidente, poi un faro spacca la testa a Payton, o sono coincidenze oppure che ne so, questa produzione è maledetta!- cercò di spiegare la bionda.
Etienne accennò un sorriso.

-Maledetta...- ridacchiò fra sé e sé mentre Blaineley scuoteva la testa -Sono il fantasma della tv via cavo! Uuuuh!- bisbigliò il castano imitando uno spettro.
La bionda sbuffò.
-Seriamente, c'è qualcosa che non va qui.- disse fulminandolo con lo sguardo.
-E' tutto nella tua testa.- sorrise Etienne prima di andare verso i camerini.
Blaineley inspirò profondamente, non la pagavano abbastanza per sopportare tutto quello.
Avrebbe parlato con Jessica dei problemi che stava avendo, in fondo non poteva farle alcun male, non era poi così cattiva come aveva sempre detto.
Sì, la conduttrice televisiva stava cercando di convincersi che sarebbe andato tutto bene.
Si fermò all'improvviso.
A qualche metro da lei, Jessica stava parlando con due uomini in abito nero, non sembrava essere molto serena.
-Come vi ho già ripetuto, è stato Cory ad occuparsi della realizzazione del set, con la supervisione di Chris McLean.- delucidò la donna.
Uno dei due uomini le porse un foglio.
-In quanto produttrice non penso possa essere all'oscuro di quanto sia avvenuto.- insinuò l'altro.
-Lo sono eccome.- si difese lei accennando un sorriso innervosito.
-Come vede questo è il progetto della casa.- disse l'altro mentre Jessica gli prendeva il foglio dalle mani.
-Vedo.- annuì seccata -Dunque?-
-In questa versione ci sono delle scale antincendio dietro la porta, eppure noi non abbiamo trovato nessuna uscita, come se non fossero mai state realizzate.-
le spiegò.
-Cory avrà sicuramente una spiegazione, io no. Cercate lui, dev'essere a casa.- cercò di concludere, fece per andarsene ma uno dei due uomini l'afferrò per un braccio.
-Un'altra domanda. Perché i ragazzi si trovano nello stage 14, mentre dovrebbero trovarsi nel 15, ovvero quello dove sono stati portati i concorrenti di anni fa? Cosa c'è nello stage 15?- insisté.
-Cory Christiansen.- ripeté Jessica sottolineando ogni singola lettera.

360 minuti

Per pranzo Lukas preparò dei panini, nessuno aveva particolarmente fame, ma decisero ugualmente che si sarebbero sforzati di mangiare.
Né prima né dopo l'eliminazione gli sarebbe tornato l'appetito e probabilmente avrebbero saltato la cena.
Angeline aveva messo la sua torta al centro della tavola, solamente Jenna e Killian ne presero un pezzo.
Lukas dovette insistere un po' per farle capire che non gli andava una fetta, che aveva un nodo allo stomaco, ma lei era fatta così.
In ogni modo la bionda si mise in testa che avrebbe cucinato per quella sera, che finalmente avrebbero cenato come Dio comanda.
I “Non preoccuparti.” di Killian non intaccarono per nulla la sua testardaggine, così Angel, non appena sparecchiato, si mise all'opera con uova e farina per fare le tagliatelle.
-Toc toc.- bisbigliò Kyte fingendo di bussare sulla porta.
La bionda roteò la testa e lo guardò con aria di sufficienza.
Curioso, non faceva che evitarla e ora si trovavano nella stessa stanza insieme, da soli.
-Chi non muore si rivede.- lo salutò continuando a impastare.
Il moro sorrise e le si avvicinò di qualche passo.
-Sai che non si possono più commettere omicidi vero?- gli domandò sempre lei, facendo scivolare la mano verso un coltello da cucina.
-Perfettamente.- la rassicurò il ragazzo -Volevo solo fare due chiacchiere.-
Angeline trattenne una risata, spostò il coltello e affondò entrambi i palmi nell'impasto.
-Fettuccine Alfredo o polpette?- gli chiese.
-Vada per la prima.- Kyte si era appoggiato alla tavola con il braccio destro e continuava ad osservarla.
Fra poco sarebbero usciti da quell'inferno, forse, ma Angel era come una bomba ad orologeria, come un fiume in piena pronto a strabordare.
Una volta che l'allarme antincendio fosse suonato avrebbe potuto compiere qualsiasi gesto.
Doveva capirla, fare qualcosa.
-Ottima scelta.- sorrise la ragazza -Sai, mia madre ci teneva che cucinassi.-
Kyte voleva qualcosa da lei e, nonostante l'approccio, di sicuro non era un bacio.
Angeline si divertiva a sentirsi studiata, le piaceva comportarsi in modo scostante e sfuggente quando ciò accadeva solo per confondere gli altri.
-E con Lukas?- le chiese il moro.
Lei strinse la pasta.
-Cosa?- chiese innervosita senza alzare lo sguardo dal tavolo e riprendendo a lavorare.
-Come procede con Lukas? Ti sei dichiarata?- domandò curioso.
-Non ne ho bisogno.- rispose scuotendo la testa, scura in volto.
Sophia entrò nella stanza con passo svelto.
Non aveva ancora avuto modo di chiarirsi con Almond, ma questa le aveva rivelato di aver trovato uno strano contenitore nell'ultimo ripiano della dispensa.
Forse l'asiatica non sentiva il bisogno di parlare di quello che era successo, probabilmente preferiva ignorare l'accaduto e comportarsi come se non fosse successo nulla, come se la giornata precedente fosse stata cancellata dal calendario.
In ogni modo aveva stuzzicato la curiosità della compagna di stanza che aveva preferito rinviare a più tardi i convenevoli e verificare subito di cosa stesse parlando l'altra.
Non appena vide Kyte, Sophia ordinò alle sue gambe di fermarsi.
-E così sua maestà è uscito dalla sua reggia!- sorrise solo con le labbra, i suoi occhi sembravano voler colpire il ragazzo con violenza.
-I tre concorrenti più forti tutti insieme!- si stupì il ragazzo.
-Scusa, vorrei ricordarti che non hai mai vinto nessuna sfida.- puntualizzò la riccia.
Kyte fece per replicare, ma la voce infantile di Angeline lo interruppe.
-Prendi quello che devi ed esci, Sophia.-
La ragazza voltò lo sguardo.
Non le piaceva affatto quello che stava succedendo in quella cucina.
-Angel, io ci penserei due volte a stringere un'alleanza con Kyte, oltre che ad abbinare il fucsia con il giallo evidenziatore, ovviamente.- la sua bocca non smetteva di sorridere, le mani, invece, tradivano un leggero nervosismo.
E se fosse stato proprio così?
Se avessero avuto l'intenzione di allearsi temporaneamente per rendersi più forti?
Era vero, Kyte non aveva mai vinto, tuttavia aveva sempre dato il meglio di sé in ogni prova, da quella dei maiali a quella di “nuoto”.
-Non sono affari tuoi.- replicò Angel senza battere ciglio.
-Secondo te chi ha fatto pressioni per farci rimanere sepolte vive ieri sera?- le domandò Sophia avviandosi verso la dispensa.
-Dov'eravate quando Marylin è morta?- chiese Kyte attirando la loro attenzione -Oh, ora che mi ricordo, l'uomo aveva detto “tre vittime oltre ad Helen”, non “tre vittime inclusa Helen.- aggiunse facendo un occhiolino alla castana.
Angel afferrò nuovamente il coltello da cucina, Sophia sobbalzò qualche metro più indietro.
-Non provate ad avvicinarvi.- li minacciò brandendo la lama verso di loro.
Kyte rise ed alzò le mani in aria.
-Non ti surriscaldare, angioletto.- la prese in giro.
-Nessuno di noi ti torcerà un capello, ci penserà il pubblico.- ammiccò la riccia entrando nella dispensa.
Il ragazzo strinse le spalle e alzò la mano destra verso la bionda.
-Bang.- sussurrò imitando una pistola con le dita, poi uscì dalla stanza.
Angeline avrebbe volentieri ficcato il coltello nella gola di Sophia, ma non poteva permettersi di essere vista, si sarebbe tirata addosso tutti i suoi fans, avrebbe dovuto escogitare qualcos'altro.
-“Spezie”- Sophia si chiuse la porta alle spalle leggendo un'etichetta, fra le mani stringeva il barattolo di vetro che quella mattina Almond aveva visto.
-E quello dove l'hai preso?- le domandò la bionda.
La riccia la guardò come se fosse stupida -Dalla dispensa?-
Il cuore di Angel batteva all'impazzata, sudava freddo, nella mano destra stringeva ancora il coltello da cucina.
-Dammelo.- ordinò a Sophia.
L'interpellata fece una smorfia perplessa e non rispose nulla.
-Dammelo ho detto.- ribadì puntandole contro l'arma -Non è una richiesta.-
La castana pensò a quello che avrebbe potuto fare, ma in quella situazione la cosa migliore sembrava obbedire e non rischiare di lasciarci la pelle.
In fondo aveva già ottenuto quello che voleva.
-Ti serve per la pasta?- sorrise ingenuamente.
-Già.- rispose secca la ragazza prendendole il vasetto di vetro.

270 minuti

Seth stava sfogliando la copia rovinata di “Polvere di stelle” seduto alla scrivania della biblioteca.
“Seth Alleyn morirai qui dentro.”
Probabilmente l'aveva scritto Helen durante uno dei suoi attacchi.
Un'altra pagina era stata pasticciata con degli orologi, “Svegliati” c'era scarabocchiato in un angolo.
Magari fosse stato tutto solo un brutto sogno e avesse potuto svegliarsi per davvero.
Ogni tanto chiudeva gli occhi, li stringeva con forza finché non gli facevano male, aspettava, esitava, pensava che una volta riaperti potesse ritrovarsi nel letto di casa sua o addormentato sul banco, li riapriva di scatto ed era sempre lì.
Sotto terra.
Sorrise.
Era come se quel posto fosse una gigantesca bara.
Non serviva essere in una scatola di compensato per essere sepolti vivi, loro lo erano di già.
-L'ho pasticciato io il tuo libro.- disse una voce familiare.
Seth si girò di scatto verso la porta.
Almond stava giocando con la sua treccia.
-Come?- chiese perplesso.
La ragazza si avvicinò allegra.
-Ho detto- iniziò con assoluta leggerezza -che ho scritto io quelle cose sul tuo libro.-
Il castano non sapeva cosa rispondere.
Non riusciva a trovare il senso di quello che stava accadendo, aveva da sempre ritenuto Almond un'amica, qualcuno di cui potersi fidare.
-Non fare quella faccia.- lo rassicurò la ragazza -L'ho fatto per te.-
-L'hai fatto per me?-
balbettò Seth.
L'asiatica sorrise.
-Certo sciocchino.- rispose.
A volte pensava che nessuno al mondo avrebbe mai potuto capirla, allora si sentiva sola, senza nessuno.
L'ago nel pagliaio.
-E sentiamo, perché?- il ragazzo stava cominciando ad innervosirsi, ma era rimasto allo stesso tempo incredulo
-Perché non facevi che piagnucolare.- spiegò la mora.
Seth cominciò a gesticolare con le mani senza riuscire ad emettere alcun suono, per sbaglio fece cadere il libro per terra.
Almond rise.
-Sei buffo.- commentò.
-Buffo?!- strillò Seth.
-Sì, fai ridere. Comunque volevo farti capire che dovevi darti una mossa con Jenna, tutto qui.- concluse la ragazza.
-E non bastava dirmelo?-sospirò il castano.
Almond fece spallucce.
-Non importa.- si arrese il ragazzo accennando un sorriso.
L'asiatica lo salutò con la mano e uscì dalla stanza saltellando.
E poi era lui ad essere buffo, certo.
Non aveva avuto nessun bisogno di aiuto con Jenna, però ripensandoci bene lui sarebbe davvero potuto morire quella sera.
Proprio così.

255 minuti

Il ragazzo rimase a rimuginare per qualche minuto nella biblioteca prima di decidere definitivamente di alzarsi.
Avrebbe finalmente detto a Jenna quanto l'amava, senza esitazione o timore.
Si sarebbe rivelato per quello che era.
Seth era così preso dalla situazione che si era quasi dimenticato di ciò che aveva fatto soltanto il giorno prima, di come aveva tradito Light.
Inspirò profondamente per darsi la carica e percorse decisamente il corridoio delle stanze, la ragazza doveva trovarsi nella loro, non faceva che riguardare gli oggetti di Light.
Aveva aperto il suo trolley e passato la mattina abbracciata a una sua maglietta.
Se Jenna avesse saputo leggere i tarocchi allora avrebbe probabilmente scoperto che il due di denari pescato da Light simboleggiava un documento, come una lettera, nefasto.
Avrebbe probabilmente considerato quella scritta da Seth come un avvertimento piuttosto che una debolezza.
O magari avrebbe pensato che Light avesse rischiato l'eliminazione.
I tarocchi, così come la vita, sono incerti.
Se Jenna avesse saputo leggere i tarocchi si sarebbe probabilmente preoccupata della sua carta, ma quel momento in cui Almond si era finta chiromante non era rimasto impresso nella sua memoria.
Quando Seth entrò in camera, la ragazza se ne stava seduta a gambe incrociate sopra il suo letto, guardava intensamente un piccola foto che teneva fra le mani.
La valigia del compagno morto era aperta e rovesciata sul lenzuolo.
Non appena vide il castano, Jenna si ricompose, tirò su col naso e rimise nel portafoglio di Light la fototessera ingiallita di lui insieme al fratello.
-Jenna, io ti amo.- disse Seth tutto d'un fiato.
La mora aveva ancora gli occhi gonfi per il pianto.
-Lo so.- rispose cercando di trattenere i singhiozzi. -Ho letto la lettera.-
Al ragazzo si gelò il sangue nelle vene.
La guardò attentamente, non sembrava turbata da quello.
Forse non aveva capito.
-Perché non me l'hai mai detto? Che eri geloso.- chiese la ragazza.
Seth deglutì e cercò di sorridere.
-Non volevo te ne preoccupassi.- disse soltanto.
Jenna usò il lembo della maglietta per asciugarsi una lacrima.
-Beh, ora non ne hai più bisogno.- affermò riprendendo a piangere.
Seth le si sedette accanto e le baciò la nuca.
Però lei non aveva risposto che lo amava e lui se n'era accorto.
Aveva ucciso Light, ma non poteva cancellarne il ricordo.
Quello sarebbe rimasto per sempre.
Cosa doveva fare per sentirsi dire “Ti amo.”?
Se solo Jenna avesse saputo quello che aveva fatto per lei.

225 minuti

Almond e Sophia erano sdraiate sui rispettivi letti, perse a fissare il soffitto.
L'asiatica si chiedeva cosa potesse mai passare per la testa dell'altra, non aveva accennato nulla riguardo al giorno precedente, magari stava meditando di darle il ben servito e restituirle il favore.
La riccia si domandava invece cosa stesse pensando la compagna di stanza, si comportava in modo strano, continuava ad ignorare imperterrita ciò che era successo come se avesse potuto cancellare i fatti.
Come d'altronde aveva già capito, Sophia aveva bisogno di amici, non solo alleati da sfruttare finché ne avesse avuto il bisogno.
E Almond cos'era per lei?
Gli amici se li sarebbe potuta fare un volta fuori di lì, forse.
La castana fece scivolare la mano giù dal letto e la tese verso quello di Almond, la ragazza fece lo stesso e gliela strinse.
-Non importa.- disse la prima intrecciando le dita con quelle dell'amica.
L'asiatica pensò che Sophia le avesse sicuramente letto nel pensiero.
-Mi dispiace.- sussurrò.
Quando quella mattina si era guardata allo specchio aveva visto un volto flaccido, un ventre gonfio, delle gambe sformate.
Probabilmente aveva visto l'immagine che aveva di sé e vomitare non le servì a nulla.
-Non dovevo dar retta a Killian.- aggiunse.
Sophia cambiò espressione.
-Cosa vuoi dire?- le chiese.
L'asiatica sospirò.
-Killian mi ha detto di non fidarmi di te.- rispose.
E così ad Almond non era balenato in mente di comportarsi in quel modo da un momento all'altro, era stato il biondino a metterle in testa quelle cose.
Killian. Pensava di potersi vendicare per quello che era successo a Dante?
Se aveva creduto a lei invece che al suo fidanzatino era solo un suo problema, doveva avercela con se stesso piuttosto.
-Killian.- bisbigliò Sophia
“Hai me, anche io sono tuo amico.” Almond non sapeva più di chi si dovesse fidare.
Per risolvere con un'amica ne aveva involontariamente tradito un altro, ma nel momento in cui aveva riferito a Sophia cosa le avesse detto Killian le era suonato così strano, come se lui avesse voluto allontanarle per un interesse personale.
-Che cosa facciamo?- domandò l'asiatica.
-Ci penso io.- rispose l'altra lasciandole la mano e sedendosi sul bordo del letto -Più tardi gli farò un bel discorsetto.- aggiunse facendo l'occhiolino all'altra.
-E adesso?- anche Almond si sedette.
Sophia sorrise.
-Non so, facciamo qualcosa da amiche, ti trucco.- affermò.
Almond rise, la riccia prese l'astuccio dei trucchi dalla sua valigia.
-E quel contenitore in cucina?- la questione le tornò subito in mente.
-Un piccolo segreto di Angel.- rispose la castana.

183 minuti

-Mancano meno di tre ore.- sussurrò Lukas.
L'uomo con la balestra fece rotolare dei dadi sul tavolo della sala svago.
Tre, uno, tre, sei, sei.
Riprese l'uno.
-Sicuro di quello che stai per fare?- continuò.
Rilanciò il dado.
Due.
-Stai calmo, andrà tutto bene.- disse l'uomo riprendendo il due.
Tre.
-E se invece non fosse così?- Lukas appoggiò le braccia al tavolo cercando di attirare la sua attenzione.
-Full.- disse l'altro.
-Eh?- esclamò il moro perplesso.
-Tre tre e due sei, full.- gli spiegò il riccio.
Lukas scosse la testa e coprì i dadi con la mano.
-Guardami, sono agitato.- disse fissandolo intensamente.
Sarebbe bastato un imprevisto qualsiasi e tutto il piano sarebbe saltato.

Fuori dalla porta, appoggiato al muro, Seth si domandava di cosa stessero parlando.

L'uomo mise la sua mano sopra quella del ragazzo.
-Non esserlo.- lo rassicurò.
Una lacrima scese lungo le guance di Lukas.
-E' la prima cosa che cambio.- disse, l'uomo lo guardò senza capire -Ho sempre vissuto nelle situazioni senza mai oppormi. Quando mio padre si è arruolato, quando mia sorella si è arruolata. Quando alle scuole medie mi prendevano in giro, pensavo “finirà” “è solo un periodo” “tutto passa”.-
Il riccio non la smetteva di guardarlo.
-Non sono mai stato capace di prendere una scelta, lasciavo che fossero le cose a capitarmi.- continuò avvicinandosi col volto.
L'uomo con la balestra fece cadere i dadi dal tavolino e si sporse sopra di esso.
Le loro labbra si incontrarono a metà strada.
Lukas pensò che fosse dovuta servire proprio quella situazione per farlo cambiare, per farlo crescere.
L'uomo, o meglio il ragazzo, o ancora meglio Thomas, sapeva di more.
Lukas sapeva di rose.

Lukas si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò un secondo tirando un lungo sospiro, sorrise.
-Che cavolo stai facendo?- soffiò Seth.
Il moro trasalì e voltò lo sguardo, lo scrittore era proprio lì, di fianco a lui, lo guardava con fare intimidatorio, come se fosse stato pronto a mettergli le mani addosso.
-Salvo la vita a tutti noi.- rispose il ragazzo cercando di sorridergli.
Perché la sua vita era appena cominciata e mai poi mai sarebbe finita lì.

142 minuti

Sophia trovò Killian intento a mescolare alcolici al bancone del bar.
-Se ti chiedo un Cosmopolitan me lo prepari?- gli domandò accennando il suo solito sorriso.
-Che cosa vuoi, Sophia?- chiese scocciato il biondo mentre prendeva la Vodka dallo scaffale.
-Un Cosmopolitan.- le labbra della castana si inarcarono ancora di più all'insù.
-Non c'è il lime.- disse freddo il ragazzo.
-Me lo farò andar bene lo stesso.-
Killian prese il tiple sec e il succo di cranberry da un piccolo frigorifero sotto il bancone.
Dopo appena un minuto Sophia stava sorseggiando il suo drink.
Il cavatappi era appoggiato di fianco ad una vaschetta vuota, probabilmente una volta dovevano esserci dentro delle noccioline.
La ragazza l'aveva puntato subito.
-Bello avere l'immunità vero?- affermò, Killian non capiva dove volesse arrivare -Ti fa sentire protetto, al sicuro, guardi la cerimonia di eliminazione e pensi che non ti interessa affatto.-
Fece roteare il liquido rossastro nel bicchiere, ne bevve un poco e tornò a guardare il biondo.
-Ma non sarai mai al sicuro dentro questa casa, prendi Marylin, Helen, Light, o anche me ed Angeline, ci avreste lasciate a crepare come bestie.- continuò tranquillamente.
Killian aveva la bocca corrucciata in una smorfia e la fissava in cagnesco.
-Non avresti dovuto mettermi Almond contro.- concluse bruscamente.
-Non...- Killian non fece in tempo a finire la frase che Sophia gli aveva gettato ciò che rimaneva del suo cocktail in faccia.
Il ragazzo chiuse gli occhi, li strizzò ed aprì la bocca.
Si asciugò frettolosamente con uno straccio lì a fianco e quando sollevò le palpebre Sophia gli stava puntando il cavatappi alla gola.
Deglutì, sentendo la punta contro il suo pomo d'Adamo.
-Credi che abbia paura a sgozzarti qui davanti a tutti?- sussurrò.
La donna era seduta sul divano e seguiva al scena interessata, così come l'uomo con l'uzi.
Kyte ridacchiava appoggiato alla porta del giardino al coperto.
-Non oseresti.- bisbigliò il ragazzo senza muovere un muscolo -Non avrai l'immunità per sempre.-
Sophia si inumidì le labbra con la lingua.
-Questo lo credi tu.- disse spingendo leggermente il cavatappi nella pelle di Killian e graffiandolo, una goccia di sangue colò fino alla maglietta bianca.
La ragazza abbassò l'arma senza smettere di guardarlo.
-Attento a metterti contro la persona sbagliata.-
Killian si passò una mano sul graffio sporcandosi leggermente di sangue.
Si leccò le dita e le mostrò il dito medio.
Sophia rise e si allontanò verso il corridoio delle stanze.
Kyte applaudì beffardo.

116 minuti

Lukas aveva bisogno di bere un po' d'acqua, tutta quella tensione gli stava asciugando la gola.
Non aveva ancora rivisto Thomas dopo quel breve, ma intenso bacio.
Si rese improvvisamente conto che il loro stare troppo insieme poteva risultare davvero sospetto, se Seth cominciava a nutrire dei dubbi chissà gli altri, chissà l'uomo con il fucile.
In ogni modo non avrebbe avuto tempo di fare nulla, mancavano meno di due ore all'eliminazione, alla loro fuga.
A una freccia nel suo dannatissimo occhio verde.
-Lukas!- gongolò Angel vedendolo entrare in cucina -Sei venuto a darmi una mano con la cena?-
Lo stomaco del moro era così sottosopra che il solo parlare di cibo gli fece venire una terribile nausea.
-Non penso di sentirmi molto bene.- si sforzò di sorridere, mentre apriva il frigorifero.
Solo un attimo dopo si rese conto di aver usato la scusa sbagliata.
-Non ti senti bene?- gli chiese la ragazza palesemente agitata -Cos'hai? Ti fa male lo stomaco? La testa?- insistette.
Il ragazzo prese una bottiglia di acqua naturale e se ne versò un bicchiere.
-Nulla di che, non preoccuparti.- sorrise nuovamente.
La bionda gli accarezzò la guancia, lui non fece in tempo a ritrarsi.
-Non dirmi bugie, lo so cosa significa quando fai quella faccia.- lo rimproverò preoccupata.
E Lukas era davvero cambiato quel giorno, aveva improvvisamente deciso che non avrebbe più vissuto come prima, che si sarebbe preoccupato più di se stesso che degli altri.
Prese la mano della ragazza e l'abbassò.
-Angeline.- disse guardandola intensamente, lei socchiuse le palpebre pensando che volesse baciarla -Non sei mia madre, smettila di preoccuparti.-
La bionda riaprì immediatamente gli occhi.
Che cosa aveva appena sentito?
Davvero Lukas aveva avuto il coraggio di dirle una cosa del genere?
E cosa significava poi “Non sei mia madre.”?
-Come scusa?- chiese leggermente alterata staccandosi da lui.
-Non voglio ferirti, ti voglio un bene dell'anima, ma a volte mi togli il respiro. Non siamo mica una coppia, ti comporti come se fossi la mia fidanzata.- disse sentendo di liberarsi da un peso immane.
Le labbra di Angeline si contorsero in una smorfia, non riuscì a trattenere un risolino nervoso.
-Non siamo una coppia.- ripeté -Non siamo una coppia.- rise.
Suonava così strano con la sua voce.
-Non siamo una coppia?- gridò isterica, quasi sul punto di piangere.
-Ange...- fece per dire il ragazzo.
Killian non osava muoversi dal tavolo della stanza accanto.
-Dopo tutto quello che ho fatto per te!- esclamò.
Il suo volto stava cambiando colore, non era più di quel roseo candido che lo caratterizzava, si era arrossato, gonfiato.
Anche gli occhi azzurri, di solito così incantevoli e fanciulleschi, sembravano essersi trasformati a causa della rabbia che le cresceva in corpo.
-Non fa...- Lukas stava cercando di calmarla.
Voleva allontanarsi ma non riusciva, le si muoveva nervosa avanti e indietro.
Urtò la tavola rovesciando delle tagliatelle.
-Ti ho curato la gamba!- strillò piangendo.
Perché le aveva detto quelle cose?
Tutti i segnali che le aveva inviato allora?
Non poteva comportarsi con lei in un modo, farle credere delle cose e poi tradirla così.
Lukas avrebbe voluto dirle che non era a tutti gli effetti stata lei a medicargli la gamba dopo che gli avevano sparato.
La bionda si mise le mani nei capelli.
Il ragazzo fece un passo verso al porta, ma lei tornò a guardarlo.
-Ho ucciso quella cagna di Marylin!- urlò.
Lei aveva fatto... cosa?
Il moro deglutì.
Perché non arrivava nessuno? Che fine avevano fatto tutti gli altri?
-Perché?- balbettò.
-Perché cercava di rubarti da me!- biascicò piangendo -Le ho messo delle erbe orticanti nella propoli e nei biscotti per renderla più brutta e sciatta, per farla stare zitta, ma lei continuava e continuava!-
Il naso di Lukas stava diventando tutto rosso, come quando era inverno e nevicava e lui era piccino e giocava col nonno nel bosco.
Quanto avrebbe voluto che lui fosse lì ora.
L'aveva sempre fatto sentire protetto.
Gli occhi gli si inumidirono.
-Angeline, Marylin non aveva fatto nulla!- singhiozzò scoppiando in lacrime, voleva scappare via, ma la porta sembrava così lontana e lei non smetteva di muoversi.
Avanti, indietro, avanti, indietro.
-Era una troia!- gridò la ragazza senza smettere di piangere.
Lukas non voleva più sentire, perché faceva così? Possibile che non avesse mai capito?
-Ma Angel, io sono gay.- disse con un lamento.
Era stretto contro l'angolo, la sala da pranzo era dalla parte opposta, contro la sua schiena sentiva il freddo metallo del frigorifero.
Angeline smise di piangere.
Lo guardò stranita.
-Cosa?- chiese fissandolo imbambolata.
-Hai capito.- sussurrò il moro.
La ragazza scosse la testa, riprese a ridere.
-No.- diceva -No, è una bugia. No.-
Lukas fece cenno di no, che si sbagliava.
-Non hai mai baciato un ragazzo.- disse sicura di sé.
Il moro tirò su col naso.
-Come fai a dirlo?- le chiese.
-Quando la produzione ci ha comunicato gli altri partecipanti, qualche mese fa, vi ho cercati tutti.-
Lukas emise un mugolio, come un cane impaurito dal temporale.
-Mi hai raccolto un fazzoletto al bar. Ti ho seguito da allora.- spiegò lei, come se fosse assolutamente normale.
-Che cosa hai fatto?- balbettò il ragazzo.
-Ti ho seguito, non ti ho mai visto con un ragazzo.- disse.

-Tu sei pazza, Angel.- disse Lukas disperato -Sei pazza, pazza, pazza, pazza.-
Angeline non voleva ascoltare.
Non era vero, non poteva essere vero.
Le diceva che era pazza, no, non lui.
Tutti, ma non lui.
-Guardami Angel!- gridò il moro mettendo le mani in avanti -Guardami! Io sono gay!- calcò ogni parola cercando di lottare contro i singulti.
No, no, non era vero.
Continuava a ripeterlo, la stanza sembrava girare vorticosamente.
Si appoggiò con la schiena alla tavola, facendo peso sulle braccia.
Ma la sua mano destra non incontrò il legno del mogano.
Continuava a scuotere la testa.
-Sei pazza. Voglio andare via.- singhiozzò il ragazzo.
-Basta!- gridò Angeline.
Stava impugnando il grosso coltello da cucina che aveva puntato contro Kyte e Sophia.
Lukas non fece nemmeno in tempo ad accorgersene, in un millesimo di secondo la ragazza gli si era avventata addosso.
La lama entrò con facilità nella sua carne, appena sotto le costole.
Emise un gemito soffocato.
-Basta!-
Un'altra coltellata, qualche centimetro più in là.
Un calore improvviso si sprigionò nel ventre del ragazzo.
Lukas guardò in basso.
Vide la lama sfilarsi dal suo stomaco e del sangue guizzare fuori.
Tossì.
Qualche goccia rossastra schizzò sul volto di Angeline.
La bionda fece cadere il coltello per terra.
Si allontanò di qualche passo.
I suoi occhi piangevano ancora.
La fronte era aggrottata per il terrore della visione di ciò che aveva appena fatto.
Nemmeno lei si era resa conto di ciò che stava succedendo.
Voleva solo che la smettesse.
Lei lo amava.
Lukas poggiò la schiena al frigorifero bianco e si accasciò seduto sulle piastrelle, una lunga striscia rossa percorreva la superficie splendente.
-Luk...- bisbigliò.
Del liquido grigiastro bagnò le labbra del ragazzo.
Una lunga freccia argentea le aveva perforato il cranio sbucando dall'occhio sinistro.
-...as.- terminò ormai priva di vita.
Il corpo della bionda cadde per terra.
Lukas sputacchiò materia cerebrale mista a sangue.
Sulla porta Thomas impugnava ancora la balestra.
Lukas lo vedeva che stava piangendo, era lì pietrificato che non sapeva cosa fare.
Dovevano scappare quella sera.
Sì, la loro fuga insieme, la loro nuova vita.
Il riccio si avvicinò e si su di lui.
-Non... Non piangere.- balbettò Lukas sollevando a fatica un braccio e sfiorando la stoffa nera del passamontagna.
Il ragazzo se lo sfilò, i riccioli castani ripresero il loro meritato spazio.
Ora le dita di Lukas toccavano la sua pelle morbida.
-Sei così bello.- sorrise mentre gli occhi si chiudevano lentamente.
Si stavano facendo così pesanti.
Sembrava tutto così lento e dolce.
Stava morendo?
Eppure non c'era nessuna luce, se l'era sempre immaginata diversa, la morte, più poetica.
Thomas gli baciò la fronte.
Carezzava il suo viso con le mani.
Gli diede un bacio a stampo.
-Aggrappati a me, Lukas.- sussurrò.
Lukas chiuse gli occhi.
Thomas continuava ad accarezzarlo.
Ancora, ancora.
Gli tirò uno schiaffetto delicato sulla guancia destra.
-No, Lukas, Lukas svegliati.-
Killian e Seth lo guardavano dalla sala da pranzo.
Jenna stava stringendo Almond vicino allo scaffale coi piatti.
 

90 minuti

Thomas impiegò qualche secondo prima di alzarsi.
Prese fra le braccia il corpo di Lukas e scavalcò quello di Angeline.
Killian e Seth lo fecero passare senza dire nulla.
Almond capì subito, si asciugò le lacrime e andò nella stanza di Lukas.
L'uomo con il fucile non mosse un muscolo quando vide il riccio passare per il salotto stringendo a sé il cadavere del moro, si limitò a seguirlo nel giardino al coperto.
Thomas adagiò Lukas nella scatola di compensato da cui era uscita Jenna.
Almond li raggiunse poco dopo.
Teneva fra le mani il piccolo taccuino di pelle nera di Lukas, lo lasciò sulla maglietta impregnata di sangue.
-Lo sapevo.- affermò l'uomo col fucile puntando la canna dell'arma contro la nuca di Thomas.
Bang.

70 minuti

Mancava circa un'ora prima dell'inizio della cerimonia.
Sophia sedeva a gambe incrociate sul divano.
Non era triste, non aveva pianto.
Eppure una certa amarezza le avvinghiava lo stomaco.
Teneva per mano Almond, seduta di fianco a lei.
Aveva sempre pensato che lei ed Angeline si sarebbero affrontate faccia a faccia in uno scontro decisivo.
Credeva che Lukas sarebbe potuto essere il vincitore.
Non pensava che proprio lui potesse morire.
Anche Killian stava in silenzio.

45 minuti

Jenna aveva appoggiato la testa alla spalla di Seth.
-L'ha ucciso.- disse in un soffio, quasi come se avesse dovuto realizzarlo.
-Ha ucciso lui e Marylin solo perché era gelosa.- continuò.
Il castano rimase immobile.
La ragazza non si rese conto di quello che aveva appena detto, continuò a fissare il suolo con lo sguardo vuoto.

26 minuti

Kyte pensò che lasciare Angeline in cucina non era appropriato, portò anche lei nel giardino al coperto.
Mentre gettava qualche manciata sui corpi dei tre deceduti il ragazzo ebbe un sussulto.
Erano rimasti in sei, due avevano l'immunità.

8 minuti

-Mi fa piacere vedere che siete già tutti qui.- sorrise l'uomo col fucile.
L'assistente gli aveva consegnato la busta ed era già tornato in ascensore.
L'uomo con l'uzi passeggiava nervosamente nei pressi della porta della sala da pranzo. Che cazzo aveva fatto Thomas?
-Killian, Sophia, come già sappiamo voi siete immuni.- annunciò aprendo la cerimonia di eliminazione.
-Questo significa che Seth, Jenna, Almond e Kyte, voi siete a rischio.-
Seth e Jenna si stritolavano le mani a vicenda, Almond a Sophia.
Kyte era in piedi, da solo.
Picchiettava impazientemente con l'indice sulla spalliera del divano.
Non aveva controllato quanti minuti mancassero.
-La prima persona che dormirà sonni tranquilli stanotte è... Almond!-
L'asiatica sospirò abbracciando la compagna di stanza.
-La nuova coppietta, il ragazzo misterioso, chissà chi ci lascerà oggi.-
Jenna si ricordò quando dopo la prima sfida era andata a rischio con Pam, c'era già andata così vicina, non voleva essere lei, non voleva fosse Seth, doveva essere Kyte.
-Kyte, sei salvo.- sorrise l'uomo con il fucile.
Seth e Jenna trasalirono.
-Al pubblico piace dividere le coppiette a quanto pare.-
Il castano non riusciva a crederci, non assimilava la situazione, come avrebbe potuto d'altronde.
O lui o la ragazza che amava, quella per cui aveva ucciso.
Chiunque sarebbe morto avrebbe reso il suo gesto vano.
-Lo so, abbiamo avuto un morto in più.-
Jenna non riusciva a respirare.
La donna era preoccupata, guardava la scena appoggiata allo sgabello del bar.
L'uomo col fucile aveva appoggiato l'arma sopra la spalla, alcuni ragazzi piangevano ancora.
-Ma nonostante qualcuno oggi ci abbia già lasciato- cominciò l'uomo accennando un sadico sorriso -l'eliminato di questa sera è...-

0 minuti

Una luce rossa illuminò la stanza sostituendosi alle solite lampade calde.
Il suono assordante di una sirena rimbombò fra i muri della casa.
Le telecamere cessarono di riprendere all'istante.
-Che cazzo succede?- strillò la donna.
-Non muovetevi!- intimò l'uomo col fucile ai ragazzi -Karen, Jason! Andate a fermare questo allarme!-
L'uomo con l'uzi si precipitò in cucina seguito dalla donna.
L'uomo col fucile puntò la canna dell'arma verso i ragazzi, intimandoli di stare fermi, poi corse seccato verso la piscina e la palestra.
Dei piccoli erogatori d'acqua cominciarono ad innaffiare i presenti.
Clac.
Fece la porta chiusa.


 

Angolo dell'autore, semplici lettori, alla fine c'è una sorpresa per voi.
Lo so, vi ho mentito, vi ho fatto credere che oggi sarebbe stato eliminato qualcuno e invece non è successo.
Parlo del fatto che vi ho chiesto di votare, ma dei voti non me ne sono fatto nulla.
Ho deciso io che Lukas ed Angeline sarebbero morti in questo capitolo, lo sapevo da tempo.
Come avrete probabilmente intuito il prossimo capitolo sarà al 99% l'ultimo.
Niente più votazioni, è iniziato il bagno di sangue finale.
Ammetto che nemmeno io so con precisione come andrà a finire, ma non potrò scrivere per un po' di tempo e quindi avrò tempo per chiarirmi le idee.
Sono rimasti solo sei.
Oggi è morto il mio personaggio preferito: Lukas.
Era così angelico, quello in cui mi rivedevo di più.
Avevo ideato varie storyline, ma sapevo che questa era la sola, le ho esposte ad un amico e me l'ha confermato.
Mi piange il cuore.
Anche per Angeline, certo, ma la sua fine era più scontata.
Thomas li avrebbe fatti fuggire tutti,, avrebbe ammazzato gli altri.
Lukas aveva davvero cominciato a vivere.
Ma le cose si spezzano, non tutte le storie personali hanno una fine.
C'è chi arriva alla fine del suo percorso, chi solo a metà, chi viene fermato appena ha cominciato.
La morte non aspetta che finiamo ciò che abbiamo in sospeso, arriva e basta.
Dedico il capitolo a Lukas, come si poteva intuire.

C'è chi è troppo pigro per recensire, allora ho creato un sondaggio.
Vi chiedo di votare qual è stato il vostro personaggio dell'episodio e aggiungo qualche altra domanda.
Se rispondete mi fate contento, e poi a chi non piacciono i sondaggi?


https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSduL9AfZ62uWSMB9NPFDYZh0g7GOWpSoBVc7DK9KrcBBvH8zA/viewform#responses

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3102424