Animals

di MargaretMadison
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (0) ***
Capitolo 2: *** (1) ***
Capitolo 3: *** (2) ***
Capitolo 4: *** (3) ***
Capitolo 5: *** (4) ***
Capitolo 6: *** (5) ***
Capitolo 7: *** (6) ***



Capitolo 1
*** (0) ***


Prologo

 
 
 

 

Sidney, Studio del Dottor Hood.
9 Novembre 2015




 

Lo studio del Dottor Hood è piuttosto semplice e accogliente. I muri sono dipinti di un rosso mattone che sembra scaldarti non appena entri in quella piccola stanzetta fornita di due ampie librerie piene di libri di psicologia, una scrivania ordinata e una poltrona in pelle nera. È posizionato al quarto piano di una palazzina molto elegante e dalle finestre riesce a intravedere il mare in lontananza.
Behati Dallas di psicologi ne ha avuti a bizzeffe ma l'unico che sembra spronarla a parlare e centrare sempre il punto è proprio lui, il Dottor Calum Thomas Hood.
É un uomo molto giovane, laureato da poco e a ottimi voti all’Università di psicologia di Sidney. Ha i tratti del viso orientali, gli occhi leggermente a mandorla la riscaldano e la fanno sentire come se fosse a casa, anche se lei di casa non ne ha mai avuta una. Parla lentamente, a volte gesticola o allenta il nodo della sua cravatta blu che gli sta maledettamente bene, ma lei resta in silenzio ad ascoltare quello che dice. Indossa un elegante completo nero e una camicia bianca, perfettamente in contrasto con la sua carnagione scura.
Prima di iniziare la seduta racconta qualcosa di sé - giusto per non farla sentire a disagio nel raccontare cose così personali a un perfetto sconosciuto - e spiega un po' della sua vita, le dice dove si è laureato, dove vive, scambia due parole sulla sua famiglia e perché ha scelto di intraprendere la facoltà di psicologia.
«Ho sempre sognato di aiutare le persone in difficoltà, proprio come te, Behati. Per questo siamo qui» sorride e questo la tranquillizza nonostante la sua vita si sia trasformata in un incubo da due anni a questa parte.
«Raccontami qualcosa di te» dice aprendo un quaderno scarabocchiando qualcosa che Behati non riesce a leggere bene.
«Mi chiamo Behati Dallas» inizia titubante, il Dottor Calum annuisce incitandola a proseguire  e accenna un lieve sorriso «Ho vent'anni e sono nata ad Adelaide, nella periferia Nord, non un gran bel posto dove vivere» fa una smorfia, il ricordo è così vivido che riesce ancora a sentire l'odore dell'alcool e di hashish riecheggiare nella sua mente e reprime un conato di vomito «Ho vissuto con i miei zii e mio fratello maggiore, Joe finché non mi sono dovuta trasferire» si sposta una ciocca di capelli biondi dagli occhi  verdi e cerca di trovare le parole adatte per andare avanti.
«Non ne ho mai parlato con nessuno»
ammette.
«Ho saputo che sei un'artista, Behati, hai vinto tre concorsi letterali e che hai anche partecipato alle recite scolastiche»
Behati guarda l'uomo stranita «Non capisco il collegamento»
Il dottor Hood si alza dalla sua postazione inginocchiandosi accanto alla ragazza che lo guarda incuriosita, con nessuno degli altri medici si era mai spinta oltre con il racconto della sua vita ma qualcosa le diceva di fidarsi di lui. Probabilmente è il sorriso dolce sulle labbra carnose del moro, o gli occhi scuri che sembrano rassicurarla, fatto sta che Behati ha già scelto che avrebbe collaborato qualunque fosse stata la sua idea.
«Chi ti dice che devi raccontarmi la tua storia in maniera, diciamo, diretta?» chiede perdendosi negli occhi chiari di lei «Puoi sempre scriverla e farmela leggere passo dopo passo, che ne dici?»
Behati abbassa lo sguardo sul suo vestito a fiori e gioca con il braccialetto d'argento che ha al polso «Non scrivo da così tanto tempo che... » lascia la frase in sospeso, gli occhi che si riempiono di lacrime e le labbra tremano «Non penso di ricordarmi come si faccia»
Il Dottor Hood le sorride, si alza in piedi e le tende la mano «Non avere paura, Behati. Ci sono io con te e nessun altro leggerà quello che scrivi. Non mi interessa nemmeno se é scritto bene, voglio solo che mi racconti cosa ti è successo»
Behati sposta lo sguardo titubante dal volto alla mano dell'uomo.
«D'accordo» sbotta alzandosi dalla poltrona e prendendo per mano il Dottore.
Si siede alla scrivania e prende una penna nera per poi rivolgere lo sguardo un'ultima volta al Dottore.
«Questo quaderno è tuo, puoi scriverci tutto ciò che ti passa per la testa» spiega girando la pagina dove aveva scritto poco prima.
Behati sospira, prende un nastrino per capelli che usa come braccialetto dal suo polso e raccoglie i capelli biondi e lisci in un coda alta e disordinata.
«Iniziamo» dice poggiando le mani sul quaderno. Rimane ferma un attimo con gli occhi chiusi e tutti gli avvenimenti di quei due lunghi e terribili anni le passano veloci nella mente.





 
 
 
 
 

"Penso che il mio racconto possa sembrare la trama di un film di Alfred Hitchcock. Peccato che le sue creazioni siano finzioni inventate per intrattenere un pubblico appassionato degli horror, mentre la mia è tratta da una storia vera, la storia della mia vita"









































 
MY LITTLE TALK
Heylà, so che ho appena iniziato una nuova Fan Fiction ma nell'ultimo periodo ho lavorato a queste due e a un paio di One Shots che pubblicherò prossimamente quindi eccomi qui ancora una volta ad intasare il sito.
Questa storia sarà moooolto diversa perché non ho mai parlato di temi forti (stalikng, droghe, violenze...) e sarà una bella sfida per me lanciarmi in quest'avventura :)
Allora, il prologo è cortino, I know, ma i prossimi capitoli saranno molto lunghi.
In pratica, la storia inizia nel 2013, adesso la vicenda è conclusa e Behati (la nostra bella protagonista che prende nome e volto dalla bellissima modella alias moglie di Adam Levine Behati Prinsloo, cercatevi una sua foto su internet così mangia anche a voi l'autostima) inizia a vedere uno psicologo, alias il nostro hoddie (?), e racconta la sua storia. In che modo? Scrivendo.
L'idea mi è venuta in mente leggendo "Il grande Gatsby" libro che vi consiglio di leggere.
E... bho, ho detto già molto vi lascio il link della mia altra fan Fiction in corso, fateci un saltino:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3105743&i=1

Dimenticavo, la storia prende il titolo dalla canzone dei Maroon5 che mi hanno ispirato un cifro nello scrivere questa storia.
bacissimi
Megghy

E Buon Primo Maggio a tutti!
p.S. é IL MIO PRIMO BANNER SIATE BUONI!

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Capitolo 2
*** (1) ***


Capitolo 1


 
 
 

 

Adelaide, Saint Louis College.
3 Novembre 2013






La lezione di scienze passa lentamente, fin troppo lentamente a dire il vero e Behati appena può butta un'occhiata fuori dalla finestra o chiede l'ora al vicino di banco che cerca freneticamente di prendere appunti.
É l'ultima ora e Behati deve andare alla prove dello spettacolo e poi andare a lavorare al Joey's, la gelateria che l'ha assunta da tre mese per qualche ora alla settimana con una paga davvero ridicola.
«B.» la chiama Sharon, qualche banco dietro di lei. Aspetta che il prof si volti nuovamente verso la lavagna prima di girarsi ad ascoltare la ragazza.
«Che c'è?» bisbiglia.
«Hai deciso che audizione vorresti fare per lo spettacolo?»
Behati mangiucchia il tappo della sua penna nera cercando di sembrare vagamente presa dalla conversazione «Uhm, penso che farò Giulietta, in alternativa mi accontenterò di un qualsiasi altro»
Detto ciò si rigira fingendo di prendere appunti in modo da non ascoltare le inutili parole della castana che cerca di persuaderla a scegliere il ruolo della Balia o qualcosa di poco rilevante, fare la comparsa come sempre, quindi.
Probabilmente non verrà presa manco per fare una comparsa e allora fingerà di congratularsi con Sharon dicendole che sarà la Giulietta più bella di tutte. In quattro anni di scuola non è mai riuscita ad ottenere un ruolo importante, quelli erano solo ed esclusivamente delle persone popolari. Non conta quanto tu sia portato per la recitazione, se non sei parte del giro giusto non vieni notato manco per sbaglio.
Non che Sharon sia popolare solo che suo padre, un ricco imprenditore, dona sempre copiose somme di denaro alla scuola e questo permette alla castana di avere sempre voti alti anche quando è impreparata e i ruoli principali nelle recite scolastiche sebbene tutto il Saint Louis College fosse a conoscenza delle sue scarse doti artistiche.
Però Sharon è l'unica che le rivolge la parola e la può quasi considerare un'amica.
Qualche minuto prima del suono della campana Behati ha già messo via il materiale in cartella ed è praticamente pronta ad uscire perché lei ogni giorno è l'ultima ad arrivare in classe e la prima a sgattaiolare fuori per respirare quell'aria di libertà nei corridoi del liceo.





 
 
 
 
 

Durante la pausa pranzo Sharon continua a raccontarle di quanto sia agitata e di quanto le tremano le gambe tutte le volte che sale sul palco o di quanto si senta a casa una volta che prende confidenza col copione e riesce ad «Entrare nell’anima del personaggio»
Behati alza gli occhi verdi al cielo quando l'amica non la guarda, stufa di tutte quelle paranoie che la castana si fa.
É carina Sharon, non il tipo di ragazza che ti colpisce e che guarderesti per ore ma tutto sommato non è male. Ha il viso squadrato, gli occhi castani e gli zigomi alti. Indossa sempre vestiti eleganti e non l'ha mai vista portare un paio di scarpe da ginnastica se non nelle ore di educazione fisica. Sono coì diverse che a volte Behati si chiede come Sharon possa definirla la sua amica del cuore nonostante conosca tutti nel College.
«Tranquilla, Sharon. Andrà benissimo» sorride nel tentativo di rassicurarla.
Sharon annuisce e poi si alza di scatto, non ha nemmeno toccato il piatto di pasta che ha nel piatto «Mi accompagneresti a provare di nuovo le battute?» domanda col suo tono di voce acuto porgendole la mano.
La bionda prende la mela dal vassoio e si alza buttando il pranzo nel cassonetto dell’umido. Sua zia essendo italiana le cucina la vera pasta, non quella cosa collosa che spacciano per tale a scuola.
«Andiamo, dai»
Sharon saltella sul posto e l’abbraccia lasciandole un bacio sulla guancia e sì, è l’unica forma di affetto che Behati è solita ricevere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Behati cerca di non sembrare cattiva quando corregge Sharon ma – in fin dei conti – chiunque sa che i protagonisti sono Romeo e Giulietta e non Ramon e Juliet.
Che poi da dove avrà pescato quei nomi?
«Prova a dirlo con un’intonazione diversa. Siamo in cortile, Giulietta è triste perché il suo amore è impossibile e confessa il suo amore per Romeo alla Luna. “Oh Romeo, Romeo perché sei tu Romeo!? Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo nome, o se non vuoi, giura che mi ami e non sarò più una Capuleti. Solo il tuo nome è mio nemico: tu sei tu”» alza gli occhi verso il cielo, la voce si fa più bassa e cerca il più possibile di risultare credibile. Non deve nemmeno leggere il copione, quelle battute sono già impresse nella sua mente.
Sharon la guarda ammirata, è completamente stregata dall’amica e spalanca gli occhi passandosi una mano tra i capelli castani «Oh, B. sei così brava. Ti meriti il ruolo di Giulietta, io non sono alla tua altezza»
Behati sorride sfoderando la sua dentatura perfetta e arrossisce, non abituata ai complimenti «Con un po’ di allenamento ce la farai anche tu»
«Lo pensi davvero?» chiede Sharon speranzosa, gli occhi che brillano dall’emozione.
L’amica tossisce, cercando di non far sembrare falso quello sta per dire «Sì, insomma, io faccio il tifo per te, lo sai»
E sì, si sente uno schifo di persona a illudere così Sharon, ma d’altro canto non può rischiare di perdere l’unica amica che ha, anche se la maggior parte delle volte pensa che non sia una grave perdita. E un po’ le fa tenerezza, perché nonostante abbia diciotto anni è ancora ingenua e pura e se sapesse in che condizioni vivesse Behati, probabilmente ne rimarrebbe allibita.
«Ti voglio bene, B.» sussurra Sharon stringendola ancora a sé stessa.
«Anche io, Sharon»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Non c’è più meritocrazia in questo Paese» sbotta Joe appoggiato al bancone del Joey’s mentre osserva la sorella servire una coppetta di gelato a un bambino «Insomma, il teatro è la tu vita, dovrebbero spettare a te i ruoli più importanti. E non capisco nemmeno perché tu continui a stare dietro a quella fessa»
Behati si pulisce la mani sul grembiule di lavoro e si sistema la coda bionda «Si dà il caso che “quella fessa” sia la mia unica amica e anche se trovo ingiusto che lei abbia tutto e io niente, me la devo fare andare bene»
Joe si porta una mano sul cuore con fare teatrale «Io sono tuo amico e hai anche zia Maura, non sei da sola»
Behati sbuffa «Ma non è la stessa cosa. Per mia disgrazia tu sei mio fratello e poi zia Maura non posso considerarla mia amica, con lei non posso parlare di ragazzi o altre cose di cui parlano le ragazze, mi sentirei in imbarazzo, ecco»
La bionda appoggia i gomiti sul bancone e avvicina la testa a quella del fratello. Hanno gli stessi occhi verdi e le stesse labbra sottili ma Joe ha ereditato la chioma scura del padre e ha il naso aquilino, se non fossero imparentati Behati ci avrebbe di sicuro provato.
«Che ruolo ti hanno dato questa volta? Farai di nuovo l’albero?» scherza Joe pizzicandole una guancia.
«Stronzo» borbotta «Quello è stato due anni fa»
Joe ridacchia mentre il campanello che segna l’entrata di un nuovo cliente invita Behati ad alzarsi e tornare alla sua posizione «Ciao, cosa desideri?» chiede sorridendo osservando distrattamente il ragazzo difronte a lei.
«Ehm… un cono cioccolato e menta» balbetta passandosi una mano tra i capelli biondicci.
La bionda annuisce preparando l’ordinazione. Sente che lo sguardo del ragazzo non si stacca dal suo corpo e questo un po’ l’imbarazza ma, da brava attrice, finge che la cosa non la turbi anche se dentro di sé vorrebbe alzare lo sguardo e urlagli “Hai finito di farmi la radiografia?”.
«Eccoti, sono due dollari e quaranta» dice porgendo il cono al ragazzo che le cede una banconota da cento dollari.
«Ehm, non ho il resto esatto da darti, non hai della moneta?» chiede imbarazzata.
Il ragazzo scuote la testa «Oh tranquilla, non importa» le sorride mostrandole le sue fossette.
Behati lo guarda sbalordita «Non puoi pagare un cono cento dollari, dai» scuote la testa divertita «Se vuoi puoi prendere la vaschetta da cinque gusti che costa quindici dollari così magari riesco a darti il resto che ti spetta» propone
Il ragazzo sembra troppo preso nell’osservare le sue labbra muoversi per ascoltare quello che sta dicendo e continua ad annuire a ogni parola della ragazza «Si, va benissimo»
«Veramente ti ho chiesto che gusti vuoi» precisa lei mentre lancia un’occhiata stranita al fratello. Ma che problemi ha questo?
Il biondino scuote la testa come se si fosse risvegliato dai suoi pensieri «è indifferente, scegli tu»
Prima di girarsi a prendere la vaschetta, Behati lancia un’occhiata stranita a Joe che ridacchia.
«Eccoti, ti ho messo cioccolato, menta, panna, stracciatella e mango. Spero che ti vadano bene» porge il sacchetto al ragazzo che non smette di sorriderle.
Guarda la cassa sconsolata «Posso darti sessanta dollari oggi, se torni domani posso darti il resto dei soldi»
Il ragazzo le sorride nuovamente «Va benissimo così»
Behati prende due banconote da venti e un da dieci e allunga le banconote al ragazzo che nell’afferrare il soldi, sfiora i polsi sottili e le dita lunghe e affusolate della giovane, che s’irrigidisce.
Si muove lentamente, come se fosse una scena al rallentatore e appena Behati è sicura di non avere più i soldi in mano si allontana «Lascerò un messaggio alla mia collega dicendole che ti deve dei soldi, buona giornata» borbotta imbarazzata, nascondendo le mani dietro il corpo.
Il ghigno sul volto di Joe sparisce, quel ragazzo non lo convince e soprattutto non gli piace come stia osservando la sorella.
«Oh e… quando posso trovare te, invece?» balbetta
Behati apre e chiude più volte la bocca nel cercare una scusa credibile da rifilargli quando il campanello la salva annunciando l’entrata di un gruppo di mamme con i loro bambini.
Lancia un ultimo sguardo al ragazzo «Ehm, come vedi sono occupata ora, non ti preoccupare per i tuoi soldi, li riavrai»
Il ragazzo annuisce con lo sguardo basso e esce dalla gelateria.
Behati sospira, quel ragazzo non convince nemmeno lei.































MY LITTLE TALK.
Eccomi ancora qui, col primo capitolo di Animals *urla da stadio*
Allora, in questo capitolo troviamo Sharon e Joe che saranno personaggi importantissimi ma vi consiglio di non affezionarvi perché dan dan daaaaaan guai in vista per i nostri amici.
E poi un ragazzo "biondiccio" che entra in gelateria e non convince Joe... Uhm, chi potrà mai essere?
Adesso vi lascerò con questi dubbi che vi assaliranno anche la notte e vi invito a passare di qui:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3105743&i=1

bacissimi
Megghy

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Capitolo 3
*** (2) ***


Capitolo 2
 
 
 
 

Adelaide,
10 Novembre 2013

 
 
 
L’aveva incontrata una volta, circa due settimane fa, al centro commerciale di Adelaide assieme a una ragazza castana che non stava zitta un attimo e Behati si sforzava di ascoltarla, appena si girava sbuffava o alzava gli occhi al cielo e non poté fare a meno di trovarla assolutamente splendida. Indossava un leggero vestito nero che le scopriva le gambe lunghe e magre e tutti i ragazzi presenti si erano girati almeno una volta per osservarla. Poi l’aveva seguita scoprendo che lavorava in una gelateria nei pressi di Saint James Park, il posto dove andava a giocare con sua sorella alle elementari. I primi giorni era passato tre o quattro volte davanti alla gelateria lanciando un’occhiata dentro la vetrina per vedere se la ragazza stesse lavorando, poi iniziò ad andare al parco anche dieci – addirittura venti – volte senza mai avere il coraggio di entrare e presentarsi, questo fino a una settimana fa.
È passata una settimana dal suo primo incontro ravvicinato con Behati ed è tornato al Joey’s ogni giorno alla stessa ora per cercare di rivederla, per potersi riavvicinare a lei, la ragazza dagli occhi verdi e dal viso angelico. Non sa bene gli orari della bionda e spesso gli capita di stare seduto sulla panchina difronte alla gelateria anche delle ore mentre osserva coppie i anziani passeggiare mano nella mano, i bambini rincorrersi finché le loro madri non li richiamano o delle ragazze che hanno marinato la scuola per prendere un po’ di sole.
È la sua ossessione, vede il suo viso ovunque, cerca i suoi occhi verdi in ogni ragazza e la sera sogna il suo sorriso. Sa solo il nome perché l’aveva letto sulla targhetta sopra al grembiule e – Dio! - pure con quell’insulso indumento risultava splendida.
Osserva il pullman pieno di persone e si concentra sulle ragazze. Alcune sono indubbiamente piacevoli da vedere ma come amare la Luna una volta che si è visto il Sole?
Sembrano tutte così insulse paragonate alla bellezza di Behati.
Il biondo sposta lo sguardo sul ragazzo seduto affianco a lui che osserva la home di Facebook sul cellulare e gli viene un’illuminazione.
Appena sente il pullman rallentare e aprire le porte, si alza di scatto spintonando chi gli intralcia il passaggio e si lancia fuori dal pullman non prestando attenzione a niente e nessuno.
Deve tornare a casa, accendere il computer e cercare Behati su Facebook. Non essendo un nome molto comune non ci avrebbe messo molto a trovarla o almeno così sperava.
Decide di non prendere l’autobus – ci avrebbe messe più tempo – e corre verso casa sua.
Corre il più velocemente possibile, ogni attimo in lontananza da Behati – o anche solo da una sua foto – lo fa stare male, lo fa sentire vuoto e inutile.
Quella ragazza rappresenta per lui uno spiraglio di luce che illumina le sue tristi giornate dove non fa altro che fumare, suonare ogni tanto e fare dei lavoretti saltuari che non durano più di un mese.
Abita in un quartiere a luci rosse, principalmente frequentato da immigrati neri e ispanici a cui piace fare a botte col primo che capita, a volte facendosi scappare anche un morto.
Non è la vita che ha sognato di fare e si è ripromesso che per Behati avrebbe provato a essere un uomo migliore per poterle dare un futuro migliore, ciò che si merita.
Quando raggiunge il suo squallido monolocale al quinto piano di una palazzina fatiscente, la prima cosa che fa è accendere il portatile e si attacca alla connessione del palazzo affianco al suo. Si va a sedere sul letto e prende gli occhiali dal comodino.
Apre il suo vecchio account di Facebook che ormai non usa più – perché nessuno lo contatta – e digita il nome di Behati nel motore di ricerca.
La trova tra i primi quindici contatti: Behati Dallas.
Nella foto del profilo indossa dei pantaloncini di jeans che le scoprono le gambe lunghe e la camicetta bianca lascia intravedere il reggiseno rosa. I capelli sono raccolti in una cosa alta che le scoprono il collo, proprio come l’aveva vista al Joey’s e subito si immagina come sarebbe stato bello poter assaggiare la sua pelle.
Deve trovare un modo per avvicinarsi a lei senza scoprirsi tanto, ma come?
Il suo sguardo fu catturato dal nome del liceo che Behati frequenta, il Saint Louis College.
Sorride, facendo spuntare le fossette ai lati della bocca.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Uhm, Sharon» dice Behati masticando a fatica la sua pizza «Tu conosci per caso una certa Samantha Wolf?»
Sharon ci pensa su finché non sembra illuminarsi «Mi ha chiesto l’amicizia qualche ora fa, mi ha domandato se frequentassi il Saint Louis College e da lì abbiamo chiacchierato un po’, mi ha spiegato che dovrebbe trasferirsi nella nostra scuola tra qualche settimana, perché me lo chiedi?»
«Ho ricevuto la sua richiesta di amicizia su Facebook proprio ora, la devo accettare?»
Sharon ridacchia «Suvvia, B. è una ragazza e pure simpatica, non sarà di certo un serial killer che ti stuprerà»
La bionda sorride poco convinta prima di accettare la richiesta di amicizia e ripone il cellulare nella borsa.
La foto nel profilo ritrae una ragazza dal viso tenero e i capelli castani. Indossa un paio di occhiali da sole che le coprono gli occhi e hanno circa cinquanta amici in comune.
«È meglio che vada, devo ripassare per il compito di storia, ci vediamo all’uscita, ok?» parla Sharon sistemandosi la gonna che le si è alzata prima di salutare l’amica con un gesto della mano.
«A dopo» borbotta mandando giù il boccone che probabilmente non digerirà fino al giorno seguente.
Improvvisamente il suo cellulare squilla di nuovo e Behati ripesca il cellulare che aveva malamente ricacciato in borsa. È una notifica di Facebook da quella certa Samantha.
 
“Ciao, sono Samantha Wolf e tra poco mi trasferirò nella tua scuola. Mi piacerebbe conoscerti ed esserti amica così quando arriverò non sarò sola. Mi racconteresti qualcosa sulla tua scuola?”
 
Behati è sempre stata una ragazza molto diffidente che preferisce la solitudine piuttosto che stare con degli sconosciuti eppure quella Samantha ha toccato un punto delicato. La parola amica continua a tormentarla e a rimbombarle nella testa anche durante l’ora di letteratura inglese, la sua materia preferita in assoluto e nemmeno il sonetto di Shakespeare che stanno analizzando in classe riesca a distrarla così, quando è certa di non essere vista dal professore, tira fuori il cellulare dalla borsa e risponde al messaggio.
 
“Ciao Samantha, mi piacerebbe molto poterti conoscere e rispondere a tutte le domande che mi farai, cosa vuoi sapere di preciso sulla scuola?”
 
Passano la giornata a scambiarsi messaggini e emoji come se si conoscessero da tutta la vita. Si trova bene con Samantha, è una ragazza semplice e molto disponibile che la fa ridere spesso ma che talvolta diventa troppo invadente facendo domande troppo personali e a volte un po’ scomode che Behati svia senza sembrare troppo scortese.
Si salutano quando la sveglia sul comodino di Behati segna le due passate e i suoi occhi sono troppo stanchi per rimanere aperti,
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Sidney, Studio del Dottor Hood.
9 Novembre 2015

 
 
 
 
«Non hai mai pensato che Samantha Wolf fosse il tuo stalker?» chiede cauto Calum una volta finito di leggere il racconto di Behati «Comunque scrivi davvero molto bene» si congratula poi facendola arrossire.
«Sinceramente no. Pensavo di aver trovato una nuova amica oltre a Sharon e le mie giornate erano meno noiose da quando chattavo con lei, cioè lui e mi rendeva felice. Mi sono tolta da tutti i social network ora, ho troppa paura che possa succedermi di nuovo»
Calum annuisce, studia i lineamenti del viso di Behati non potendo negare la bellezza e l’eleganza che riuscisse a emanare e capisce come quel ragazzo si sia innamorato così follemente di quella creatura, questo però non giustifica il suo comportamento.
«E che mi dici della tua vita famigliare? Non ne hai parlato, solo qualche accenno a tua zia ma scommetto che ci sia dell’altro»
Behati bassa lo sguardo, il Dottor Hood ha centrato ancora una volta.
«Ho vissuto da zia Maura e da zio John da quando ho tre anni, i miei genitori erano alcolizzati e sono finiti più volte in riabilitazione. Il tribunale dei minori affidò me e Joe agli zii materni. Zia Maura era sempre gentile con noi e ci cucinava piatti tipici dell’Italia e ci aiutava coi compiti quando poteva mentre lo zio John… beh, non era il classico uomo di compagnia, si isolava speso e non parlava quasi mai se non per chiedere della birra o a Joe di abbassare la radio perché non sentiva le partite alla tele. Non erano i genitori migliori del mondo ma mi andava bene così. Il mio punto di riferimento è sempre stato Joe»
Behati abbassa lo sguardo sul suo polso e inizia a giocare col bracciale d’argento che teneva sempre «Era suo?»
La bionda annuisce «Me lo diede prima di andarsene. Non lo tolgo mai, è come se fosse sempre con me»
Calum circonda le spalle magre di Behati con un braccio «Te la senti di andare avanti?» domanda cauto.
La ragazza annuisce, scacciando le lacrime che le sono sfuggite dalla trappola delle ciglia.




























MY LITTLE TALK.
Ok, forse è corto ma alla fine... le dimensioni non contano, vero?
va bene, dopo questa battuta (che potrebbe risultare anche porca) torno seria.
Duuuuuuunque: in questo capitolo troviamo il nostro stalker che cerca di avvicinarsi a B. e racconta il loro incontro e come si è innamorato di lei. Vorrei che vi soffermaste tutte sulla battuta di Sharon perché nei prossimi capitoli ne vedrà delle belle col nostro furtante che si svelerà tra poco (non ricordo se nel prossimo capitolo o tra altri due, lol).
E poi Behati racconta la storia della sua vita che diciamocelo, è una sfigata, lol.
Detto ciò vorrei sapere le vostre idee sullo stalker (nel senso se è uno dei ragazzi e specificare quale o un altro personaggio) perchè sono curiosa, lol e una recensioncina-ina-ina.
Ora torno a studiare che sono indietro, ups.
bacissimi
Megghy

p.s. passate qui se avete voglia:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3105743&i=1

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Capitolo 4
*** (3) ***


 
Capitolo 3
 
 
 
 

Adelaide,
15 Novembre 2013

 
 
 
 
Quella domenica mattina il sole picchia più duro del solito, è domenica e al Joey’s è letteralmente preso d’assalto da bambini, genitori e anziani.
Behati lavora come una matta e sembra una trottola da quanto si muove velocemente sotto lo sguardo divertito di Joe che non ne vuole sapere di mettersi un grembiule ed aiutarla con la clientela. Verso le undici la gelateria si svuota e la bionda riesce a tirare un sospiro di sollievo lanciando un’occhiataccia Joe che gioca a Ruzzle sul cellulare.
«Prova a vedere se ti esce la parola “fancazzista”» sbotta lei inacidita.
La partita termina e il viso di Joe si contrae in una smorfia nel vedere che ha perso.
«Ci godo» esclama la sorella sorridendo «Questo si chiama karma»
Non fa in tempo a cantare vittoria che Behati vede il ragazzo strambo della volta scorsa ripresentarsi davanti alla porta del Joeys’.
«Oh, no» borbotta Behati sperando di non farsi sentire ed inizia a strofinare il bancone cercando di apparire impegnata.
«Hey, Behati» saluta lui allegro alzando una mano.
La ragazza, inizialmente stranita, lancia uno sguardo sul suo grembiule “Dannatissime targhette col nome!” pensa dentro di sé.
«Cosa desideri?» chiede cercando di mantenere la calma, quel ragazzo ha un nonsoché di strano che non la convince proprio ma è pur sempre un cliente e deve trattarlo bene se non vuole perdere il lavoro.
«Te» ridacchia facendo spuntare le fossette sulle guance ricoperte da un sottile strato di barba.
Behati scuote la testa incurvando le labbra «Spiacente, non sono sul menù, ritenta»
Il ragazzo non è rimasto molto male – anzi, una risposta del genere se la aspettava - e pare che non voglia far scomparire il suo sorriso impertinente dalla faccia «Un cono menta, stracciatella e mango»
Behati sussulta e afferra un cono gelato. Tiene lo sguardo basso per non aver modo di incrociare quello del biondo.
Joe, seduto come al solito su uno sgabello affianco alla cassa, osserva come il biondo stia osservando la sorella e si sforza di non alzarsi in piedi e spaccargli lo sgabello in faccia dal momento che osserva Behati con la bava alla bocca, proprio come i cani fissano una bistecca. Non gli sono mai andati bene i ragazzi che giravano attorno alla sorella e quello lì non lo convince affatto.
«Hey B.» la richiama Joe «Ti ricordi il mio amico Chris Jenks? Quello che veniva al liceo con me? Beh, mi ha detto di chiederti se magari ti andava di uscire con lui una di queste sere»
Inevitabilmente Joe passa lo sguardo sul ragazzo che è rimasto impassibile e sorride alla ragazza gentilmente.
Behati stende meglio il gelato sul cono utilizzando la paletta facendone accidentalmente cadere un po’ sull’indice.
«Oh, non credevo di interessargli» borbotta portandosi l’indice alla bocca per leccare via il gelato che le era caduto «Digli che gli farò sapere, ok?»
Joe annuisce riportando lo sguardo sul ragazzo che ha le mani strette in due pugni «Posso avere il mio gelato?» sbotta leggermente irritato, la mascella contratta e le pupille dilatate.
«Sì, certo, scusa» balbetta Behati registra lo scontrino «Sono tre dollari» esclama e con un sorriso cerca di calmare il biondo che se prima la inquietava leggermente, ora la spaventava davvero.
Il ragazzo molla giù sul bancone una banconota da cinque dollari e strappa il gelato dalle mani di Behati senza nemmeno ringraziarla o prendere il resto.
«Che ragazzo strano» dice Behati quando il ragazzo esce di fretta dalla gelateria facendo sbattere violentemente la porta.
«Forse dovresti chiedere al tuo capo di farti fare turni differenti, non mi piace questo tipo, voglio che tu lo eviti» sbotta Joe alzandosi in piedi.
La bionda alza gli occhi al cielo «Non essere sciocco, Joe. Prima o poi si stancherà di venire al Joey’s e troverà qualcun altro da importunare. In fin dei conti non ha fatto nulla di male» e con quella frase Behati non sa bene se sta convincendo Joe o sé stessa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Esce dalla gelateria e appena solta l’angolo lascia cadere a terra il gelato, non lo assaggia nemmeno. È allergico al mango e ha scelto quei gusti solo perché, tramite il profilo fake di Samantha è riuscito a scoprire molte cose sul conto della bionda, compreso i gusti di gelato che preferisce.
Ha capito praticamente da subito che Behati si sentisse sola e che necessitasse di amiche e un po’ si sentiva in colpa ad usare questa sua mancanza in suo favore ma aveva bisogno di lei ed era più che certo che anche lei avesse bisogno di lui, presto non le sarebbero più serviti Joe o i suoi zii, lui sarebbe stata la sua famiglia.
È furioso, è certo che Joe ha capito che lui è completamente preso dalla sorella e gli lancia delle frecciatine, si domanda anche come abbia fatto a non reagire alla provocazione.
Quel Chris Jenks deve sparire, non sa che faccia abbia ma già non gli piace perché Behati è sua, deve essere lui l’unico in grado di porte sfiorare quella pelle delicata e assaggiare le sue labbra sottili ma invitanti. Gli altri devono capire che è sua e levarsi al più presto possibile se non vogliono fare una brutta fine, se non vogliono finire ammazzati.
Aspetta l’autobus numero 56 in modo che lo riporti dritto a casa a Jackson Street e nell’attesa tira un calcio a un cassonetto, facendolo cadere a terra.
«Vaffanculo, Chris Jenks» sbotta infastidito e guarda in cagnesco chiunque lo guardi male.
«Volete una foto?» urla contro un’anziana signora di colore che, spaventata, raccoglie le sue borse della spesa e si allontana a passo svelto volandosi di volta in volta per assicurarsi di non essere seguita dal ragazzo.
E lui non può far altro che sospirare e passarsi una mano tra i capelli, sconsolato.
«Mi farai impazzire, Behati Dallas» sussurra piano nello stesso momento in cui l’autobus 56 si ferma davanti al biondo.
Appena le porte si aprono si intrufola dentro alzandosi il cappuccio blu sulla testa. Prende posto affianco al finestrino facendo scontrare la fronte contro il vetro e chiude gli occhi, perché il viaggio è lungo e vuole rivedere nella sua mente gli occhi di Behati.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il viaggio in autobus dura circa quaranta minuti. Il ragazzo non si è mosso da quando si è seduto, troppo occupato a ripensare agli avvenimenti della giornata.
Appena entra a casa si leva le scarpe e la felpa, rimanendo così nei suoi jeans neri e nella sua maglia dei Sex-Pistols che gli sta un po’ larga. Subito dopo si lancia sul letto – ancora sfatto – e prende il computer dalla sedia che usa come comodino perché quello che aveva prima l’ha distrutto in un momento di rabbia perché Behati era online e non gli rispondeva da almeno venti minuti.
Non deve nemmeno fare il login, non ha mai chiuso la pagina sul profilo di Behati.
Osserva nuovamente tutte le foto – da quelle più recenti a quelle di tre anni fa, quando il seno non era ancora sviluppato come ora e aveva qualche brufoletto in fronte, rimanendo pur sempre stupenda – senza lasciarsi sfuggire un solo dettaglio.
Scaccia via quei pensieri inutili riportando i suoi pensieri sul corpo della giovane. Chiude gli occhi, ripensando alla prima volta che l’ha vista stretta in quel vestito, a tutte le volte che l’ha spiata dalla vetrina del Joey’s, alla foto che ha postato su Facebook – quella dove è in costume e ottanta persone hanno messo “mi piace” e lui ha chiesto l’amicizia a tutti loro, giusto per tenerli d’occhio – al gesto compiuto oggi in gelateria.
Lascia scivolare la sua mano verso il cavallo dei jeans che stanno diventando un po’ troppo stretti e slaccia il bottone. Infila la mano dentro i boxer e accarezza il principio di erezione che si stava formando.
L’ha vista leccarsi le dita sotto i suoi occhi, le è sembrata così innocente in quel momento che quasi si dispiace al pensiero di portela sporcare con i suoi pensieri. Quelle immagini sono impresse nella sua testa come se fossero delle cicatrici, permanenti.
Immagina di averla difronte a lui, sul suo letto che l’accarezza proprio come sta facendo lui in questo momento. Pensa alle sue mani piccole e affusolate stringerlo e accarezzargli la pelle calda mentre con le labbra gli bacia il collo, le clavicole e il busto fino ad arrivare , dove tante altre ragazze sono arrivate prima ma nessuna di loro è mai riuscito a farlo stare davvero bene.
Si domanda come dev’essere stare sopra di lei con le guance rosse per l’affanno e i capelli scompigliati sul suo cuscino a supplicarlo di andare più a fondo perché è lui a infonderle piacere.
Non sarebbe stato rude – a meno che non fosse stata lei stessa a chiederlo – l’avrebbe baciata ovunque, lasciando i segni del suo passaggio sul collo niveo come a voler ricordare a tutti i ragazzi che è sua, compreso a quel Chris Jenks. Ma di lui si sarebbe occupato più tardi.
La sua mano va più velocemente, con l’altra si scosta una ciocca sudata dagli occhi e sente che sta per arrivare al culmine del piacere.
«Oh B-Behati» geme liberandosi sulla sua mano.
Riapre gli occhi, ripuntando lo sguardo sullo schermo del computer dove la bionda sorride in foto.
«Non temere, amore» sussurra «Molto presto staremo assieme»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Adelaide, Saint Louis College.
18 Novembre 2013  

 
 
 
«Congratulazione, Sharon!» dice Behati nel vedere la sua amica andarle incontro «Come ci si sente ad essere Giulietta?»
Sharon sorride, ma non è il solito sorriso radioso di sempre, è più tirato e gli occhi sembrano aver perso il luccichio.
«Ho rinunciato a quel ruolo» parla piano, gli occhi non si spingono oltre le spalle di Behati, non riesce proprio a guardarla negli occhi forse perché soffiandole i ruoli alle recite la fa sentire superiore all’amica e sa che l’amica l’ha capito, o per lo meno lo intuisce.
Sharon, oltre ai soli e alla voce leggermente gracchiante, non ha niente. I suoi genitori la amano, sì ma non ha mai avuto quel qualcosa che ha sempre sognato e che Behati ha, e nemmeno lei sa spiegare esattamente cosa sia.
«Preferisco fare il ruolo della balia e lasciare a te Giulietta, so quanto sia importante e… Sappiamo entrambe che tu sei la migliore tra le due quindi, congratulazioni Behati. Sei la nuova Giulietta»
Behati sbatte le palpebre più volte, spalanca la bocca che copre con le mani tremanti.
Perché sì, lei e Sharon sono amiche, ma non avrebbe mai pensato che lei si avrebbe ceduto il suo posto per farle un piacere.
Di slancio si butta tra le braccia della castana e l’abbraccia forte, ringraziandola innumerevoli volte.
Sono belli gli abbracci di Sharon, perché sa esattamente dove mettere le braccia e nasconde il viso nel collo della bionda mentre Behati è sempre un po’ più rigida ma piano piano sta imparando a sciogliersi e sì, è felice.
«Andiamo a lezione che è tardi» dice Sharon prendendo l’amica per mano e assieme si dirigono verso l’aula di matematica.
Behati non ha smesso un attimo di sorridere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il resto della giornata pasa piuttosto velocemente, nei corridoi alcuni ragazzi si congratulano con Behati per aver ottenuto il ruolo di Giulietta e lei sorride felice perché, dopo anni, ha la sua occasione per riscattarsi, per dimostrare agli altri – ma soprattutto a sé stessa – quanto vale.
Raggiunge il suo armadietto e lo apre buttandoci dentro i libri che con le servono, quando chiude l’anta si accorge di un bigliettino attaccato con lo scotch.
 
“Congratulazioni, sarai la Giulietta più bella di tutte le altre, amore. Chi ti toccherà la pagherà, sei SOLO mia”
 
È anonimo un biglietto anonimo e le singole lettere sono dei ritagli di giornale. Rabbrividisce nel sentire quelle parole e cerca di convincersi che sia uno stupido scherzo.
Alle sue spalle sente un rumore di tacchi e il profumo di Sharon Chanel n°5 e un po’ si tranquillizza anche se non è ancora riuscita a staccare gli occhi da quel pezzo di carta che continua a rileggere nella speranza di trovare qualche indizio nascosto.
«Un ammiratore segreto» dice Sharon con la voce un po’ più acuta del solito e uno sguardo intenerito «qualcuno ha fatto colpo»
Scuote la testa scacciando via i brutti pensieri e le preoccupazioni «Sarà uno scherzo» borbotta mettendo il bigliettino nella sua borsa «Niente di importante»
Sharon apre la bocca per ribattere quando il cellulare di Behati inizia a squillare, ammutolendo la castana.
«Dimmi, Joe» saluta il fratello chiudendo l’armadietto.
«Chris è all’ospedale, ti aspetto fuori da scuola tra un quarto d’ora»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Adelaide, Smith Hospital
18 Novembre 2013

 
 
 
 
Behati siede affianco a Joe che continua a passarsi nervosamente la mano tra i capelli e si alza ogni volta che passa un medico per poi tornare alla sua situazione.
«Che cosa sai dell’accaduto?» chiede cauta lei accarezzandogli un braccio come a volerlo calmare.
«Mi ha detto che stava tornando dal suo studio fotografico ieri sera per ritirare delle foto. Appena è uscito un ragazzo l’ha aggredito, gli ha rubato i soldi e la macchina fotografica» si massaggia le tempie con le dita, poi volta lo sguardo verso la sorella «A te è successo qualcosa di strano oggi?»
Scuote la testa, anche se nella sua mente ripensa al biglietto che ha ricevuto prima della chiamata.
«Interpreterò Giulietta nella recita della scuola, Sharon mi ha ceduto il suo ruolo. È stata gentile»
Joe si apre in un bellissimo sorriso e la stringe a sé «Allora non è così vuota come pensavo la tua amichetta» ridacchia scompigliandole i capelli.
Il tempo passa lento, anche troppo. Verso le otto di sera, quando i loro stomaci iniziano a brontolare, il medico li fa entrare nella stanza di Jenks.
È un uomo sulla cinquantina, i capelli brizzolati e gli occhi stanchi. Si sistema gli occhiali dalla montatura fine sul naso prima di parlare e sfogliare i fogli delle analisi «Sta bene, adesso ma è molto provato. Ha un lieve trauma cranico, deve aver battuto la testa e poi l’aggressore si è avventato su di lui colpendolo ripetute volte. Ha una costola inclinata, il setto nasale rotto e dobbiamo fare delle lastre al braccio destro. Diciamo che il vostro amico ha avuto tempi decisamente migliori»
«Cioè l’hanno picchiato quando lui era incosciente e non poteva reagire?» Behati è sconvolta, davvero c’è gente in grado di comportarsi in questo modo?
Il viso di Joe si trasforma in una smorfia schifata «Animali» sbotta tirando un pugno al muro.
«Avete un quarto d’ora» dice il dottore indicando la camera con un cenno della testa.
La camera di Jenks è piccola e bianca, dispone solo di un letto dove è sdraiato – e ha davvero una brutta cera – un comodino e delle sedie ai lati della stanza affianco alla finestra con vista su un strada poco trafficata.
«Chris» urla Behati correndo verso il ragazzo che le accenna un sorriso «Oh Chris, ma che ti hanno fatto?»
Chris Jenks è stato sempre la cotta segreta di Behati soprattutto quando aveva sui tredici – quindici anni, quando lui – appena diciottenne – andava a prendere suo fratello Joe con la sua nuova macchina. I capelli castani, i bicipiti muscolosi e lo stile da cattivo ragazzo, avevano fatto sì che la bionda lo notasse subito tra i tanti amici del fratello.
Tiene gli occhi castani semi chiusi, e a fatica cerca di tirarsi su e sedersi ma un gemito lo blocca, facendolo stendere nuovamente.
«Mi ha aggredito un ragazzo all’uscita del negozio» spiega «Aveva una felpa blu, il viso coperto dal cappuccio. Sono riuscito solo a vedergli le fossette e i capelli, erano biondicci. I miei genitori stanno sporgendo la denuncia in questo momento» Joe parla piano, gli fa male tutto il corpo ma le dolci carezza di Behati lo fanno stare meglio.
Joe appoggia una mano sulla spalla della sorella, seriamente preoccupato.
«Ti ha detto qualcosa?» chiede Joe, anche lui visibilmente scosso dall’accaduto.
«Mi ha detto qualcosa tipo “levati dai piedi, figlio di puttana” e io… Non capisco. Non gli ho fatto niente, all’inizio pensavo di essergli andato addosso e non essermene accorto, tempo di girarmi a guardarlo e si scaglia contro di me. Sarà stato uno dei soliti rapinatori, immagino»
Behati annuisce e si avvicina per lasciargli un bacio sullo zigomo «Appena ti dimettono andiamo a farci una pizza con le patatine, d’accoro?»
Jenks sorride e chiede ai ragazzi di poterlo lasciare solo così da riposare un po’.
«Rimettiti, amico» Joe lo saluta con una stretta di mano e un occhiolino mentre Behati gli lascia un altro bacio sulla guancia, augurandogli di rimettersi presto.
Appena usciti dalla stanza, Joe prende per mano la sorella e la ferma davanti alla porta appena che ha appena chiuso.
«Il ragazzo della gelateria aveva una felpa blu col cappuccio» sussurra Joe puntando i suoi occhi verdi in quelli altrettanto chiari della sorella.
Behati trema, ci ha pensato anche lei appena ha sentito Chris parlare ed è spaventata anche se cerca in tutti i modi di essere forte.
«Oh avanti, Joe. Non abbiamo prove per incolparlo. Sai quanti ragazzi con le fossette e le felpe blu ci sono ad Adelaide?» alza la voce di un’ottava facendo girare alcune infermiere che camminano nella corsia.
«Ma non ti sembra strano che io, davanti al tuo spasimante, dico che Jenks ti invita ad uscire e il giorno dopo lo troviamo steso su un letto di ospedale?»
Behati si passa una mano tra i capelli biondi, gli occhi le si riempiono di lacrime e vorrebbe urlare «E va bene, sì. Ho paura. Anche io ho pensato che possa essere stato lui a far del male a Jenks ma non possiamo incolparlo, Joe. Se andassimo dalla polizia ci riderebbero in faccia. Tu e le tue stupide supposizioni del cavolo non mi farete dormire la notte e ora andiamo a casa che sono stanca e ho dei compiti da fare»
Joe non ribatte, soprassa la sorella e si avvia a grandi passi verso l’uscita dell’ospedale.
Durante il tragitto in macchina nessuno fiata, è la radio di Joe che riempie il silenzio con una vecchia canzone dei Train che andava molto qualche anno fa.
Behati tira fuori dalla borsa il cellulare e trova una nuova notifica su Facebook: Samantha Wolf.






















MY LITTLE TALK:
Hola pipol :) tutto bene?
Donc, questo capitolo è lunghissimo, quindi spero che vi fermiate anche nel mio angolino.
Ci tengo a sottolineare che in realtà Chris non ha intenzioni serie con Behati, come può sembrare, Joe ha tirato in mezzo una scusa per "tastare" il nostro stalker che è davvero un pazzo. Povero Chris çç
E bho, non ho molto da dire oggi, passo subito alla pubblicità:
La nuova mini long su Luke (che avròà tre capitoli):
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3126821
No sounds without silence:http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3110492&i=1
Mi dileguo, bacissimi
Megghy

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Capitolo 5
*** (4) ***


Capitolo 4
 
 
 
 

Sidney, Studio del Dottor Hood.
16 Novembre 2015

 
 
 
 
È passata una settimana dal loro primo incontro e Calum – che ha insistito parecchio a farsi chiamare per nome e non “Dottor Hood”, le ha affidato un compito da portare a termine. Indossa il classico competo blu scuro, una camicia bianca e una cravatta rossa. E beh, è sempre bellissimo.
Appena vede Behati entrare nel suo piccolo studio si alza dalla postazione per salutarla con una stretta di mano.
La bionda indossa degli skinny jeans grigi a vita alta e una camicetta sbraccia blu con una fantasia a fiori e sì, è bellissima anche con un outfit così semplice.
«Buongiorno, Behati. Com’è andata la settimana?» chiede gentile facendo accomodare la ragazza alla scrivania mentre lui prende posto sulla poltrona nera, difronte alla ragazza.
«Molto bene, ho trovato un lavoro come commessa in un negozio di vestiti poco fuori città, riesco a pagare l’affitto così» sorride contenta. Dopo tutto quello che era passato non pensava di riuscire a mettere piede fuori casa, invece piano piano e aiutata dai suoi nuovi amici è riuscita a farsi forza e superare le sue paure.
«Hai fatto quello che ti ho chiesto?»
Behati annuisce e tira fuori dalla tasca dei jeans dei fogli piegati in quattro parti «Ho riassunto brevemente la prima parte, sviluppando meglio la parte ehm… più delicata»
«Inizia pure a leggere, allora»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Adelaide,
20 Novembre 2013

 
 
 
 
Erano passati due giorni dall’aggressione di Chris e no, Behati non si era ancora ripresa.
Il suo rapporto con Joe è cambiato da quella sera, hanno litigato altre volte sull’argomento “stalker” e tutte le volte Behati scoppiava in lacrime affermando di non essere una vittima e che quel povero ragazzo era innocente.
Passa le giornate andando a scuola, facendo le prove della recita con Sharon e chattando su Facebook con Samantha. Al Joey’s ci va solo il sabato mattina e due pomeriggi dopo scuola, appena ha tempo e quando gli altri colleghi non possono.
Molto spesso le capita di sentirsi osservata e sul suo armadietto compaiono quotidianamente dei messaggi anonimi, a volte battuti al computer altre scritte con ritagli di giornale.
È un mercoledì pomeriggio, il cielo è plumbeo e si sta alzando un vento forte che fa oscillare pericolosamente gli alberi. Il Joey’s è vuoto e Behati si domanda se non è il caso di chiudere prima perché non è chiaramente il tempo per un buon gelato.
Chiude velocemente il negozio, coprendosi il più possibile con la sua felpa verde che ha rubato a Joe e si maledice per aver indossato delle scarpe di tela quel giorno.
Il parco è silenzioso, non c’è anima viva e coperta dal cappuccio cerca di ripararsi dalla pioggia e arrivare alla svelta verso la fermata del suo autobus per tornare a casa e mettere fine a quello schifo di giornata.
«Behati!» si sente chiamare da quella voce che conosce fin troppo bene e immediatamente la sua schiena si riempie di brividi. Possibile che fosse sempre nei dintorni?
Si chiede se sia il caso di iniziare a correre e mettersi in salvo quando improvvisamente sente quei passi sempre più vicini a sé.
«Behati!» La chiama ancora. Allora capisce di non avere scampo e sospira rassegnata.
«Mi hai fatto correre» dice affiancandola e coprendola col suo ombrello.
Behati sorride imbarazzata «Scusa, ma sono di corsa, ho paura di perdere l'autobus e devo tornare a casa»
Il ragazzo annuisce puntando gli occhi difronte a sé «Come stai?»
«Direi bene, tu? Che ci fai in giro con questa pioggia?» si sforza di mantenere la calma e non dare al biondo l'impressione che lei si sentisse a disagio al suo fianco.
Il ragazzo sorride mostrando la macchina fotografica che tiene appesa al collo «Pensavo di fare qualche foto al parco quando ha iniziato a diluviare» spiega sorridendo. Ma che ha da sorridere sempre, poi?
Behati sposta lo sguardo osservandolo bene in faccia per la prima volta. È bello, questo non lo si può negare ma non è una bellezza come quella di Joe, è una bellezza sporca. Come se dietro a quelle fossette e i capelli ricci si nascondesse qualcosa. I suoi occhi la rapiscono, non riesce a definire bene il colore, un misto tra il verde e il marrone chiaro e se non fosse così spaventata da lui magari si sarebbe anche sentita lusingata da quelle attenzioni.
La voce del ragazzo la riporta alla realtà e si dà della stupida perché quei pensieri non sono altro che il risultato delle paranoie che Joe si fa su quel tizio.
 «Senti, volevo scusarmi per come ti ho trattato la volta scorsa in gelateria. Ti ho risposto male e beh, tu non c'entri nulla. Per farmi perdonare posso offrirti qualcosa di caldo?»
La bionda passa le mani sui suoi jeans strappati e si morde l'interno della guancia, cosa che fa tutte le volte che è nervosa «Mi piacerebbe, ma sono veramente di fretta» mente sperando di mettere fine a quella conversazione.
«E domani?»
«Ho un impegno» e ringrazia il cielo per avere le prove a teatro a tenerla occupata.
«Dopodomani? Oppure questo weekend, che ne dici?»
Scuote la testa «Un mio amico è appena uscito dall'ospedale e gli avevo promesso che saremmo stati un po' assieme»
Lo sguardo del ragazzo si fa più serio e stringe il manico dell'ombrello talmente forte da fargli diventare le nocche bianche «Oh, mi dispiace molto. Cosa gli è successo?»
«Un incidente» taglia corto Behati notando che il suo autobus si sta arrestando davanti alla fermata.
«Devo scappare adesso» dice ricoprendosi la testa col cappuccio «Grazie per l'ombrello e per la chiacchierata» lo saluta con un gesto sbrigativo della mano e inizia a correre sotto la pioggia battente.
Sente la voce del ragazzo urlarle qualcosa che non percepisce bene e sale in fretta sull'autobus.
Ovviamente si dimenticherà di dire a Joe del suo incontro col ragazzo misterioso.










"Maledetto Chris Jenks" pensa ritornando a casa "Lo sapevo che dovevo ucciderti"
Entra in casa sbattendo violentemente la porta, immaginando che fosse Jenks e riporta lo sguardo sulla macchina fotografica.
«Almeno picchiare quello stronzo è servito a qualcosa» dice andando a sedersi sul letto ripensando al set di fotografia e ai soldi che è riuscito a rubare al ragazzo. Non ha un lavoro e vive dei soldi che riesce a rubare da delle piccole rapine come, ad esempio, scippare delle vecchiette.
Riprende il computer e attacca la macchina al portatile con la chiavetta USB in modo da scaricare tutte le foto che è riuscito a scattare a Behati durante il giorno.
Foto di quando è a scuola, dove cammina per strada, foto dove si toglie la felpa e le si alza la maglietta mostrando il ventre piatto e lì si domanda perché – diavolo – abbia indossato una maglietta così corta. È certo che i ragazzi per strada o al college l’hanno guardata e cerca di mantenere il controllo per non rompere altri mobili.
Salva tutte le foto e pensa che dovrebbe stamparle e appenderle per la sua piccola – e sudicia – casa, così da poter renderla un tantino più ospitale e poi perché l’idea di svegliarsi e trovarsi il sorriso di Behati a dargli il “buongiorno” lo rende entusiasta.
Affianco a lui ci sono pezzi e ritagli di giornale, dopo avrebbe scritto un’altra lettera a Behati, ne ha scritte parecchie e non vede l’ora di fargliele leggere tutte.
Si era innamorato altre volte ma mai in quel modo, mai così follemente. E soprattutto mai per una ragazza così giovane, anche se, in fin dei conti, quattro anni non sono niente.
Osserva attentamente un primo piano che le ha scattato in gelateria e sospira innamorato.
«Behati Dallas» dice solennemente «Sarai preso mia»
Parola di Ashton Irwin.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Adelaide, Casa Dallas.
20 Novembre 2013
 

 
 
 
Behati è stesa sul letto di camera sua a leggere un libro per la scuola. Tra la recita e il lavoro in gelateria ha davvero poco tempo per concentrarsi sullo studio e non può permettersi di perde un altro anno perché deve aiutare i suoi zii. La zia Maura lavora come sarta a casa mentre lo zio John faceva il meccanico in una vecchia officina. Joe invece ha trovato un posto di lavoro da Topman e giura di non spacciare più perché “vendere erba mi ricorda troppo il liceo” e – davvero – non vuole altri problemi con la polizia.
Arriva all’ultimo capitolo di “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Austen con gli occhi che le si chiudono dalla stanchezza quando improvvisamente sente il suo cellulare vibrare sul comodino.
Sullo screen legge “numero sconosciuto” e aspetta qualche altro trillo prima di rispondere.
«Pronto?»
«…»
«Pronto?»
Ancora nessuna risposta, Behati inizia a tremare e alza la voce di un’ottava.
«Posso sapere chi accidenti sei?»
La persona all’altro capo del telefono attacca.
Behati sospira e scaglia il telefono sul letto.
Che diavolo le sta capitando?
Il cellulare riprende a suonare e subito accetta la chiamata, le mani tremano e deglutisce a fatica.
«Chi sei?» la voce le trema appena mentre pronuncia quella parole e cerca di mantenere la calma.
«Oh, Behati. Sapessi quanto è bella la tua voce al telefono. Resterei ad ascoltarti per ore»
Gli occhi le si gonfiano di lacrime e si lascia cadere sul letto priva di forza mentre nella sua testa continua a rimbombarle una semplice domanda. Perché?
Perché proprio lei? Perché non si sentiva più sicura per strada, al Joey’s a scuola e ora addirittura a casa sua?
Si lecca le labbra, la gola si secca improvvisamente «Dimmi il tuo nome»
E lo sente ridacchiare dall’altro capo del telefono «Chiamami “amore” e sarà il mio nuovo battesimo» cita una battuta di Shakespeare tratta da “Romeo e Giulietta”.
Behati chiude la chiamata e si affretta a spegnere il cellulare. Avvicina le gambe al suo petto e si stringe, come se desiderasse scomparire.
Quella voce, così profonda è sicura di averla già sentita, sa benissimo dove.
È tentata di parlarne con Joe ma è certa che il fratello avrebbe preso male la faccenda e poi non aveva nemmeno le prove per incolpare il ragazzo della gelateria, può benissimo essere uno studente della sua scuola.
Non scende nemmeno a cena quella sera, rimane semplicemente chiusa in camera a fare ricerche sulle vittime di stalking e beh, ha paura anche se non riesce ad ammettere che – effettivamente – potrebbe essersene vittima.
 
 
 
 
21 Novembre 2013, Ashton è stato davanti alla sua scuola per le prime tre ore, le ha lasciato un messaggio sull’armadietto dove ha scritto “Sei mia” e l’ha chiamata cinque volte da vari telefoni pubblici trovati nelle stazioni o in giro per Sidney.
 
23 Novembre 2013, Ashton è passato al Joey’s quindici volte senza farsi notare, ha scattato dodici foto e verso sera l’ha chiamata sette volte.
“Nessuno dovrà toccarti” e mentre il viso di Behati si riempiva di lacrime silenziosa, Ashton era nascosto da qualche parte ad osservarla.
 
27 Novembre 2013, Ashton è riuscito a vedere Behati la mattina, seduta al primo piano del College affianco alla finestra. Ha scattato ottantasette foto, alcune anche identiche ma tutte bellissime. Ha anche assistito alle prove di teatro per un po’, nascosto dall’oscurità dell’auditorium e prima di andarsene le ha lasciato un mazzo di rose e un bigliettino “Sei bellissima, Giulietta”.
Non è ancora pronto a mandarle un sms.
 
30 Novembre 2013, Ashton è andato a stampare le foto di Behati, sono circa settecento dodici, non ha cancellato nemmeno quelle sfocate. Gli piacciono anche quelle. Le ha appese tutte alle pareti e ama casa sua ora, ama la sensazione di avere quei bellissimi occhi verdi puntati addosso mentre dorme, si sveglia o si tocca pensando a lei.
Semplicemente ama lei, e niente lo potrà fermare.

3 Dicembre 2013, Ashton non ha smesso un giorno di cercarla. È entrato al Joey’s a prendere una vaschetta di gelato e l’ha vista. Era distrutta, con gli occhi gonfi e spenti e le occhiaie profonde.
Ed è bella lo stesso.
E l’ama ancora di più.
È passato un mese dalla prima volta che era entrato al Joey’s, un mese e mezzo da quando la vide per la prima volta al centro commerciale e il suo amore è ancora forte tanto quando il desiderio di possederla.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Sidney, Studio del Dottor Hood
16 Novembre 2015

 
 
 
 
«Come ti sentivi in quei momenti?» chiede Calum dopo aver letto il testo e aver passato un fazzoletto a Behati che ha iniziato a piangere.
«Mi sentivo in gabbia, ovunque andassi avevo paura di essere seguita. Avevo iniziato a spegnere il cellulare ogni volta che tornavo a casa così da non poterlo ascoltare e chiesi alle bidelle della mia scuola di poter dare un occhio al mio armadietto perché i suoi messaggi erano sempre più frequenti» spiega torturandosi le mani dal nervoso.
«E come ha fatto a scoprire tutte queste informazioni su di te? Intendo, il numero di telefono, l’indirizzo di casa e il resto delle cose»
Behati sospira «Facebook, lì avevo messo il mio numero di cellulare e anche il nome delle scuola. Si spacciava per uno studente ed entrava nel mio liceo, penso che il mio armadietto l’abbia scoperto seguendomi o chiedendo in giro, non ne ho idea. Ah, e ovviamente usando il profilo di Samantha Wolf, penso che il suo profilo fake fosse la sua fonte principale di informazioni, parlavamo davvero un sacco e le avevo anche accennato di Ashton. Poi quando il tempo passava e vedevo che Samantha non si presentava mai a scuola mi sono insospettita e ho bloccato il contatto. Non potevo parlarne con Joe perché sarebbe corso in caserma e a Sharon… beh, Sharon non penso che mi avrebbe capita davvero. Forse per questo ero così attaccata a Samantha, era l’unica persona con cui potevo sfogarmi»
Calum annuisce, ogni tanto prende appunti sul suo quaderno e le pone alcune domande.
«Perché non volevi sporgere denuncia?»
«Avevo paura che potesse scoprirlo e farmi del male, male fisico. E non riuscivo a realizzare di essere una vittima di stalking»
«La tua famiglia non si era accorta di nulla?»
«Sì, ero molto più irascibile e mi chiudevo spesso in me stessa. Avevo perso anche quattro kili» spiega, lo sguardo puntato sul pavimento e la voce bassa, atona.
«Potresti mai perdonare Ashton per quello che ti ha fatto?»
«Se non si fosse spinto troppo in là, forse ci avrei provato»
«Cosa intendi per “spingersi troppo in là”?»
«Non avrei mai voluto che qualcuno morisse per colpa mia»








































MI LITTLE TALK:

SAPPIAMO CHI è LO STALKEEEEEEEEEEEEEEEER FMXNBGFNDCM
Allora? Era chi vi immaginavate?  Che io sappia l'unica ad aver indovinato é stata Andysmile con la quale ho parlato un po' su whatsy ed è troppo simpatica.
Che ne dite di questo capitolo? Diciamo che sono stata brava perché vi ho svelato delle cose moooolto importanti: Ashton é lo stalker e qualcuno nella storia morirà. Il fattp è che devo ancora decidere bene chi e quanti ucciderne., non voglio fare una carneficina ma... ho in mentre alcune papabili vitti. adesso devo correre a studiare storia che ho l'ultima verifica dell'anno e poi... sarò in quarta bvnfv clero.
Vi lascio il mio link della mia long:http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3105743&i=1 e della mia mini long: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3126821&i=1
Sccccusate ma oggi sono davvero di fretta, visto che io sono stata brava che vi ho spoilerato tante cose fate le brave che aspetto taaaante recensioni per questo capitolo.
Vi dico che aggiornerò da mercoledì prossimo perché.... VADO A BARCELLONA CON MIA CUGINAAAAAAA e non sto più nella pelle.
bacissimi
Megghy

 

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Capitolo 6
*** (5) ***


Capitolo 5
 
 
 
 

Sidney, Casa Irwin
12 Dicembre 2013

 
 
 
5 Dicembre 2013, Ashton le ha scritto il primo di una lunga lista di sms, tutti anonimi.
 
7 Dicembre 201, quaranta chiamate, quindici sms, intravista al Joey’s
 
6 Dicembre 2013, lasciato un biglietto sull’armadietto, l’ha spiata mentre tornava a casa e l’ha vista dimagrita. “Mangia, Behati. Non voglio che tu stia male” e verso l’ora di cena l’ha chiamata, dicendo che è bellissima.
 
11 Dicembre, Ashton l’ha chiamata settantatré volte, venticinque messaggi e ha preso un gelato al Joey’s. Non l’ha nemmeno guardato in faccia e sospetta che Behati abbia capito che è lui il suo ammiratore.
 
 
 
 
È tarda sera, per strada non c’è nessuno se non qualche ubriaco che vomita fuori dai pub e alcune prostitute che battono il marciapiede.
Ashton è stanco e anche distrutto, ha visto che Behati non è felice, non sorride più e i suoi bellissimi occhi verdi sono spenti. E si chiedeva da tutto il giorno quale fosse il motivo della sua infelicità.
Perché non riesce a essere felice come lui?
Ma è anche un po’ arrabbiato con lei perché l’ha bloccato su Facebook e non può più parlare con lei fino a notte fonda come ha fatto per quel mese. Gli aveva anche accennato di uno strano ragazzo che aveva conosciuto in gelateria che un po’ la turbava e si era sentito morire. Lui voleva solo farla stare bene, l’avrebbe venerata come una dea e non l’avrebbe sfiorata con un dito se non per fare l’amore con lei, per farle provare il piacere più immenso che avrebbe mai provato avvinghiata sotto di lui. E il pensiero di possedere quel corpo così perfetto non lo faceva dormire la notte. Si risvegliava nel cuore della notte sudato e non un bell’ingombro tra le gambe allora mentre si toccava riguardava tutte le foto che le aveva fatto immaginando che un giorno sarebbe stata lei a sfiorarlo.
Arrivato sotto casa sente un gruppo di ragazze chiamarlo. Una volta girato nota Bec e Lauren, due prostitute che battono in quella strada da un sacco di tempo e una ragazza bionda che non ha mai visto in giro.
«Come te la passi, Irwin?» sbotta Bec, i capelli rosso fuoco sulla spalla sinistra e una sigaretta in mano. Indossa un mini abito nero che le fascia il corpo poco longilineo e delle scarpe alte rosa shocking. Ha il trucco leggermente sbavato e i denti gialli, gli occhi azzurri hanno perso la lucidità e un accenno di rughe le ripore il volto non più giovane come un tempo.
«Non c’è male, tu Bec?» risponde mettendosi le mani nelle tasche della felpa nera.
«Ash, quando possiamo tornare a farti visita?» chiede Lauren lasciva mentre si avvicina ancheggiando verso la sagoma del ragazzo che indietreggia.
Lauren ha trentasette anni, due bambini avuti da dei clienti che l’hanno messa incinta ed è certo che nei suoi stivali alti fino al ginocchio nasconde qualche siringa o pasticca. Ha i capelli biondi unti e gli occhi marroni, le pupille più dilatate del normale e puzza terribilmente di hashish e alcool.
È andato con lei qualche volta, quando aveva bisogno di sesso e lei gli faceva troppo pena perché aveva bisogno di soldi per i figli e per qualche dose di eroina, diventata eccessivamente costosa in quel quartiere.
«Magari un altro giorno, Lauren» scosta pacatamente le mani ossute della bionda dal suo viso e cerca di osservare meglio il viso della nuova ragazza. È riuscito solo a vedere che ha i capelli biondi e un bel paio di gambe lasciate scoperte da un vestito color avorio che non le copre completamente i glutei.
Bec, sembra leggergli nella mente e «Oh Ash, lei è Leah, è una new entry, vorresti essere così gentile da darle il benvenuto?» chiede lanciandogli un’occhiata maliziosa
La diretta interessata alza gli occhi da terra e Ashton rimane senza fiato nel notare la somiglianza con Behati. Stesi capelli, stesso taglio degli occhi e stesse labbra. Solo che Behati ha gli occhi più chiari di Leah e riesce a stimolarlo molto più di quanto faccia quella biondina con quel vestito striminzito addosso.
Sorride malizioso facendo spuntare le sue fossette «Con piacere»
Dieci minuti dopo si ritrovano dentro casa di Ashton. Leah è aggrappata al ragazzo e dà le spalle al muro mentre lui la sorregge per i glutei.
Leah passa a baciargli il collo e lascia qualche succhiotto mentre con una mano raggiunge la lampo dei jeans. Si intrufola dentro iniziando a palparlo e Ashton emette un verso gutturale nel sentire le mani esperte della bionda avvolgere il suo membro.
Non ha voglia di spogliarsi o di fare le cose con calma, tant’è che getta Leah sul suo letto e sovrasta la giovane con la sua impotente figura.
Leah passa le mani tra i ricci di Ashton che le ha alzato il vestito e abbassato le collant e l’intimo iniziando ad accarezzare la sua femminilità.
«Oh, Ash…» mugugna Leah tirandogli i ricci mentre muove il suo bacino assecondando i movimenti del ragazzo, forse un po’ troppo indelicato.
«Sta zitta!» le ordina, perché ha una voce troppo squillante e nella sua mente cerca di immaginare la voce di Behati che lo chiama mentre geme.
Leah obbedisce e si morde il labbro per non sospirare ancora e lo accarezza da sopra la camicia rossa. Lo vorrebbe toccare, spogliarlo e assaggiare la sua pelle giovane perché non le capita spesso di avere clienti della sua età e vorrebbe godersi meglio quel momento, ma appena sente il culmine farsi più vicino, Ashton toglie le dita da lei e si abbassa i jeans diventati troppo stretti e pure inutili.
Leah lo prende in mani, accarezza la lunghezza e una volta inginocchiata ai piedi del letto, lo prende in bocca iniziando a succhiare e a stuzzicare la punta con la sua lingua.
«Oh, B-Behati…» sussurra mentre porta la testa all’indietro e chiude gli occhi in preda al piacere.
Ashton è rude, spinge il suo membro in profondità senza preoccuparsi di farle male e quando sente che sta per venire non l’avvisa nemmeno.
«Ingoia, puttana» urla tirandole i capelli biondi.
Leah esegue, leccando via lo sperma sulla cappella e sulle sue labbra osservando Ashton negli occhi.
Il ragazzo sorride soddisfatto e si alza in piedi rivestendosi velocemente.
In fin dei conti non è stato poi così male.
Prende il portafoglio dalla tasca dei jeans e cerca una banconota da venti dollari che cede a Leah senza nemmeno guardarla negli occhi.
L’ha usata come un oggetto, l’ha trattata proprio come non tratterebbe mai Behati. Perché la sua bionda non è una puttana qualunque. A lei avrebbe riservato tutto l’amore possibile e si sarebbe preoccupato di provocarle piacere invece di riceverlo, anche se vederla venire sotto di lui sarebbe stato il piacere più immenso.
«È la ragazza nelle foto, Behati?» chiede Leah guardando intorno sé i muri tappezzati dalle foto di una giovane che le assomiglia.
«Questo non è affare tuo. Tu vieni qui per scopare, non per fare domande» risponde Ashton spazientito perché non capisce come mai sia ancora a casa sua.
Leah annuisce «Grazie per la serata, Ashton. Ci si vede» dice alzando una mano in cenno di saluto e si avvia verso la porta.
Fa per toccare la maniglia quando Ashton la ferma per un polso «Ovviamente non direi a nessuno delle foto, intesi?»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Casa Dallas
20 Dicembre 2013

 
 
 
 
Behati ama il natale. Ama l’idea di vedere le palline colorate sulle palme e il pensiero che il 25 Dicembre, una volta scartati i regali, lei e Joe vanno sulla spiaggia e si fanno un bagno in mare.
Le cose tra lei e Joe non vanno molto bene. Non gli ha ancora detto delle chiamate e degli sms che riceve quotidianamente o tanto meno dei bigliettini che si trova sul suo armadietto a scuola. Gli ha raccolti tutti e settantaquattro e li ha nascosti in una cassettina che tiene nell’armadio. Ormai è più che certa che il suo stalker ammiratore sia il ragazzo della gelateria ma continua a pensare che no, le prove che ha non siano sufficienti perché i suoi biglietti sono anonimi e non è riuscita a rintracciare le sue chiamate. Una parte di lei continua a pensare che sia solo un brutto sogno, che presto sua zia busserà alla su porta per dirle di prepararsi ma le sue idee continuano a essere smentite dal continuo squillare del cellulare.
Stanno camminando per le vie del centro, per passare un pomeriggio assieme a Chris che si è rimesso in fretta dopo l’aggressione. Le braccia dei due fratelli si sfiorano ma loro sono sembrano essere lontani, la bionda rabbrividisce a quel contatto e si sposta un po’ più in là.
Behati si gira per osservare il profilo del fratello che guarda dritto di fronte a sé, la mascella contratta e gli occhi verdi diventati più scuri.
Sente il cellulare suonare e vede Joe voltare di scatto gli occhi verso di lei.
«Beh?» chiede «Non rispondi?»
Behati abbassa lo sguardo calciando via un sassolino dalla strada «Non mi va, sarà Sharon»
Joe si blocca immediatamente in mezzo alla strada e ferma Behati per un braccio «Dammi il telefono»
La sorella non risponde, si guarda attorno e nota che alcuni passanti li stanno osservando.
«Behati, dammi quel dannato telefono» scandisce bene ogni singola parola.
Behati sente il suo cuore accelerare perché Joe non la chiama quasi mai per intero e la presa sul suo braccio si sta facendo più stretta. I suoi occhi si riempiono di lacrime e la paura l’assale anche se sa benissimo che suo fratello non le farebbe mai del male.
Il cellulare smette di suonare e Behati tira un sospiro di sollievo «Ha messo giù, Joe. Andiamo avanti a camminare, ci stanno fissando tutti»
Affianco a loro una piccola folla si è riunita ad osservare la scena e Joe molla la presa allontanandosi a grandi passi dalla sorella senza degnarla di uno sguardo.
Il ritrovo con Jenks è davanti a Starbucks per le sei del pomeriggio, quando il sole non è poi così tanto caldo e i negozi, aperti fino a tardi per la stagione natalizia, sono meno affollati.
Behati mette il cellulare in modalità silenziosa e lo nasconde nella tasca posteriore dei jeans per poi salutare l’amico con un abbraccio.
«Non sapevo di esserti mancato così tanto» borbotta Chris avvolgendo le sue braccia muscolose attorno alla vita stretta di Behati.
Sente il suo cellulare vibrare e ha paura di leggere il messaggio, probabilmente sarebbe stato un qualcosa tipo “Perché quello lì ti sta toccando? Tu sei solo mia” e rabbrividisce a quel pensiero.
«Pronti per un po’ di shopping?» propone Chris sorridendo prima alla bionda e poi all’amico che risponde con un grugnito.
Chris lancia un’occhiata alla bionda come per dire “Ma che gli prende?” e Behati gli fa cenno che gli avrebbe spiegato più avanti. 
Il castano allora si apre in un sorriso e avvolge le spalle di Behati sotto il suo braccio. La ragazza sa che facendo così non farà altro che far impazzire il suo stalker ma sotto l’abbraccio di Chris si sente protetta e lei in quel momento non ha bisogno d’altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Adelaide, Una pizzeria del centro.
20 Dicembre 2013, ore 8 p.m.

 
 
“La Trattoria” è uno dei ristoranti italiani che Behati preferisce in tutta Sidney e non solo perché sono sempre molto gentili lì o per la qualità della pizza. Le piace il fatto che, una volta messo piede nel locale, le sembra quasi di essere in Italia.
I muri sono addobbati da foto e quadri nella principali città italiane e si ascolta sempre musica locale, a volte anche dal vivo.
Prendono posto vicino alla grande vetrata affacciata sul mare e Behati si stringe a Chris, seduto in parte a lei, mentre Joe continua a osservare il proprio cellulare, mandano sms a raffica.
«Come procede la recita, B?» chiede Jenks con un sorriso
Behati sfoglia il menu indecisa «Molto bene, prima di Natale ci sarà lo spettacolo. Ti posso procurare i biglietti se vuoi»
Il castano annuisce promettendo che non sarebbe mancato.
«Behati» la richiama Joe, seduto difronte a lei, «Zia Maura mi ha scritto che ti ha cercata sul cellulare ma non hai risposto. È meglio se la chiami»
Behati annuisce e prende il cellulare dalla borsa appoggiata per terra al suo fianco. Appena osserva la schermata impallidisce: ottantacinque chiamate perse, centododici messaggi non letti.
«V-vado un attimo in bagno» balbetta sotto lo sguardo curioso di Jenks e quello spaventato di Joe che sembra aver intuito tutto.
Behati si muove in fretta facendo slalom tra tavoli e camerieri per poi chiudersi a chiave nel bagno delle donne. Appoggia la schiena sulla porta e si lascia scivolare mentre le sue lacrime iniziano a bagnarle il viso.
“Che cazzo ci fa stretto a te?”, “Behati, tu sei mia”, “Non mi piace che sorridi a lui”, “Se non toglie la mano dal tuo fianco lo uccido”, “Ti amo, ma sto per esaurire la pazienza”, “sei sexy quando ti lecchi le labbra”, “La trattoria è un buon ristorante, ti consiglio di prendere la pizza”.
Non fa in tempo a leggere gli ultimi messaggi che il cellulare riprende a squillare e risponde.
«Ho capito chi sei» afferma, la voce trema appena e chiude la mano destra in un pugno «Sei il ragazzo della gelateria, non è così?»
Lo sente ridere e per la rabbia tira un pungo al muro, pentendosene subito dopo. Ci mancava anche una mano rotta, adesso. Reprime un gemito e si porta la mano al petto cercando di concentrarsi sulla conversazione e non sul sangue che sta uscendo dalle sue nocche.
«Brava piccola, e ora che vorresti fare? Chiamare Joe e denunciarmi? Che prove hai per incolparmi? Non sai niente di me, tesoro. Sei in trappola»
Behati singhiozza «Sta zitto. Tu hai fatto del male a Chris, che ti ha fatto? È me che vuoi, non… non fargli del male, ti prego»
«Ti ha toccato, ecco che ha fatto. Caverei gli occhi a tutti i ragazzi che ti guardano se potessi. Esci dal bagno, Behati. Voglio vederti. Asciugati le lacrime che non servono a niente, sarai così felice con me»
«Lasciami stare, sporco maniaco che non sei altro. I-io non sono tua e la devi smettere di perseguitarmi, sei un malato di mente che si diverte a farmi stare male e non ti permetterò di rovinarmi la vita ancora. Non sarò mai tua, mai, mai, mai, mai. Fatti una vita e lascia stare la mia. Non ti amo, come potrei mai amare uno come te, eh? Sei…. Sei un animale» le parole le sfuggono veloci dalla bocca, come se fosse senza freni.
Per la prima volta dopo mesi riesce a esternare i suoi sentimenti e quando rimane senza fiato per lo sforzo, chiude la chiamata e scaglia il cellulare contro lo specchio sopra al lavandino, rompendolo.
«Behati, apri quella porta» urla Joe girando più volte la maniglia «Apri o la butterò giù con la forza»
Behati si alza di scatto, le gambe le tremano e pensa che non la reggeranno per molto.
Si può morire per la sofferenza? Per la paura o lo sconforto?
Si sente come un burattino a cui hanno tagliato i fili, come potrà mai andar avanti se non ha alcuna aspettativa?
Con mani tremanti fa scattare la serratura e appena vede la figura di Joe davanti a sé, li lancia tra le braccia forti del fratello, come non faceva da tempo.
È un abbraccio che sa di scuse, che sa di “sono stata una stupida a non darti retta”, “non abbandonarmi mai” e si lascia cullare mentre bagna la T-shirt bianca di Joe con le sue lacrime.
«L-Lui è qui, sa sempre dove sono» dice tra i singhiozzi.
Joe le fa segno di stare in silenzio, e le accarezza la schiena con le mani, cercando di calmarla.
«Non ti farà mai del male sapendo che io sono qui, non ti toccherà con un dito finché sarò al tuo fianco. Te lo prometto»















































MY LITTLE TALK
SCUSAAAATEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE
Ciao ragazze, inizio col scusarmi del mio ritardo, ho avuto davvero un sacco di cose da fare e inoltre non vedo un gran seguito della storia (che mi ha un po' stufato) quindi diciamo che la mia voglia di scriverla cala a vista d'occhio ahahah.
Tornando alla storia: Leah sarà IMPORTANTISSIMA, diciamo che, a modo suo, salverà B. da Ashton.
Rivediamo il nostro piccolo Chris e Beha e Joe che fanno "pace".
Il prossimo capitolo sarà la svolta definitiva della storia, purtroppo non sarà tutto rose e fiori quindi preparatevi al peggio.
Vi lascio con questa frase di suspance per lasciarvi col fiato sospeso. Come sempre vi lascio il mio link della mia seconda Long:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3105743&i=1
E mi raccomando: recensite.
Non per orgoglio o altro, ma sono decisa a cancellare la storia e se vedo che nn piace anche a voi smetto del tutto per dedicarmi ai miei altri 43569654 progetti
Bacissimi
Megghy


 

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Capitolo 7
*** (6) ***


Capitolo 6
 
 
 
 

Adelaide, Una pizzeria del centro.
20 Dicembre 2013, ore 8.30 p.m.

 
 
 
 
Rimangono stretti assieme per attimi che sembrano interminabili, Joe la stinge cercando di infonderle il proprio coraggio e quando Behati scioglie il contatto, raccoglie da terra il cellulare, osservando i graffi sulla schermata.
«Quando torniamo a casa ti medicherò la mano, mettila sotto il getto dell’acqua fredda anche se non penso cambi qualcosa» suggerisce Joe.
Behati annuisce e fa ciò che il fratello le ha detto. Con la mano sana, tocca quella rotta sfiorano appena le nocche e contrae il viso in una smorfia.
Ci mancava anche il dolore fisico, si dice.
«Va avanti da tanto?» chiede Joe accarezzandola i capelli.
Behati fa cenno di sì con la testa.
«Ti ha mai fatto del male?» continua il fratello, ha un tono di voce calmo e la bionda non si spiega come faccia a mantenere il controllo.
«In maniera indiretta. Non mi ha mai toccato ma… ho paura, Joe. Ho davvero tanta paura. Hai visto quello che ha fatto a Chris, potrebbe farlo anche a te e io non me lo perdonerei, tu… tu sei la mia famiglia, Joe» singhiozza.
Joe avvolge un braccio attorno alle sue spalle e fa scontrare la sua chioma bionda contro il proprio petto «Starò bene, B. l’importante è che non tocchi te»
Behati apre la bocca per parlare ma il cellulare riprende a vibrare sul lavello e Joe lo afferra prontamente.
«N-No, Joe. Non farlo» Behati urla quasi cercando di sfilare l’oggetto dalla mani del fratello, ma lui è più veloce e soprattutto più forte di lei.
«Dove ti trovi?» parla Joe con voce ferma.
«Devi stare lontano da mia sorella, lo capisci?» fa una pausa «Lei non ti amerà mai, amico. Sei solo un depravato che si fa seghe su mia sorella. Lei appartiene a me
Behati si avvicina all’apparecchio, nella speranza di sentire cosa risponde il riccio dalla parte opposta del telefono.
«Sono nel vicolo dietro il ristorante, vieni a farmi visita»
Behati sbianca nel sentire quelle parole e gesticolando, cerca di convincere Joe a non andare.
«Sarò lì da te» risponde attaccando la chiamata, poi afferra la sorella per le spalle «Resta qui con Chris, lui sa tutto. Non mi succederà niente»
Behati piange silenziosamente mentre abbraccia suo fratello e teme che sia per l’ultima volta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Adelaide, Vicolo dietro al ristorante
Ore 8.43 p.m.

 
 
 
Le cose vanno male, molto male.
L’ossessione per Behati cresce ogni giorno sempre di più, le chiamate sono sempre più numerose e ogni sera – se non è a scassinare bancomat – si vede con Leah per sfogarsi e a volte non la paga nemmeno o la dà la metà dei soldi.
La usa e una volta finito la getta via, a volte la bionda dove anche cambiarsi sul pianerottolo perché «Sei stata fin troppo tempo in questa casa» dice Ashton prima di chiuderle la porta in faccia. Non gli piace il modo in cui Leah osserva la foto di Behati e nemmeno il suo commento «Tu sei malato, amico» che le era costato il labbro spaccato e un gran dolore in mezzo alle gambe da quanto era stato duro nel penetrarla.
E deve ammettere di essere anche un po’ arrabbiato con Behati dal momento che continua a vedersi con quel Chris Jenks.
Che ha quello lì che Ashton non ha? Crede davvero che Chris la sappia amare più di lui?
E mentre aspetta che suo fratello Joe lo raggiunga nel vicolo buio e isolato, si fuma una sigaretta, chiedendosi se Behati fumasse. L’idea di vederla fumare, avvolta tra le lenzuola dopo aver fatto l’amore con lui lo fa sorridere e si tocca il cavallo dei pantaloni. Dopo aver concluso lì sarebbe corso da Leah. Non ci avrebbe messo molto con Joe, visto che sa esattamente cosa fare.
Appena sente dei passi pesanti farsi sempre più vicini, getta la sigaretta e si volta osservando attentamente la figura di Joe Dallas scrutarlo con uno sguardo minaccioso.
«Ci avrei scommesso che eri tu lo stalker di mia sorella» dice il biondo avvicinandosi ancora di più.
Ashton sghignazza «Preferisco il termine “ammiratore” piuttosto che “stalker”, è una parola che non piace nemmeno a Behati, ma tu lo dovresti sapere»
E Joe si ricorda immediatamente di tutte le litigate con la sorella che affermava di non essere affatto una vittima di stalking, che quel ragazzo era solo un pazzo ammiratore che presto si sarebbe arreso.
Il biondo spintona Ashton facendolo indietreggiare. Ash è più basso e gracile di Joe, ma questo non sembra affatto intimidirlo, anzi.
«Devi sparire dalla sua vita, ok? Non sarà mai tua»
E Ashton scoppia in una risata liberatoria perché davvero non si immagina la sua vita senza Behati «Oh, Joe. Credimi che la farò mia molto presto, e tu non potrai fermarmi. Spero proprio che Behati sia vergine, voglio che mantenga la sua purezza per me» dice mettendo una mano nella sua giacca verde militare sentendo il metallo freddo della sua pistola e si accerta di aver attaccato il silenziatore alla canna in modo che, se avesse sparato, nessuno avrebbe sentito il rumore dello sparo. (*)
Nel sentire quelle parole, Joe scatta andando contro al ragazzo che lo afferra per il colletto della giacca e lo appende al muro, non facendogli toccare terra coi piedi.
«Tu non riuscirai a toccarla, chiaro? Fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia e giuro su Dio che proteggerò Behati dagli animali come te» dice puntando i suoi occhi verdi in quelli altrettanto chiari di Ashton che sorride dissoluto, passando la lingua sulle sue labbra screpolate.
Approfittando della distrazione di Joe, estrae dalla tasca della giacca la sua rivoltella e la punta contro il fianco del ragazzo «Credo che questo non sia possibile, Joe» sussurra.
Il biondo passa lo sguardo dalla pistola agli occhi di Ashton che continua a sorridergli «Addio, Joe. Da ora in poi sarò io a prendermi cura di Behati».
Uno, due spari. La presa di Joe si fa sempre più debole e gli occhi si spengono mentre il corpo senza vita del giovane cade a terra, liberando così Ashton. Poi, per essere più sicuro, spara un ultimo colpo per assicurarsi che il ragazzo sia morto.
Alza gli occhi da terra e in quel momento la vede.
Davanti all’uscio della porta che dal ristorante conduce a quel vicolo buio con un odore pungente e disgustoso. Behati ha gli occhi lucidi mentre osserva il corpo senza vita del fratello cadere a terra e Ashton la guarda tremare racchiusa in quel leggero vestito a fiori nero che le calza alla perfezione.
Fa un passo verso di lei, la vuole toccare, vuole stringerla con forza e portarla via con sé, ma le sirene della polizia lo riportano alla realtà e dopo averle lasciato un’ultima occhiata si volta e scappa lontano da quel luogo incriminato.
Per strada si comporta normalmente, come se le sue mani non fossero state sporcate dal sangue di un altro uomo. Cammina a testa alta, le mani in tasca e prima di prendere l’autobus si ferma a comprare un pacchetto di Marlboro ma dentro di sé ribolle dalla rabbia. Behati l’ha visto, l’ha visto uccidere suo fratello e questo rende le cose molto più complicate perché è una testimone e ora ha delle prove concrete per denunciarlo.
Arriva sotto casa sua venti minuti dopo, trova Leah sotto il solito lampione e vestita da uno dei suoi indumenti che le coprono poco sotto i glutei. È bella, non lo può negare, ma le manca l’eleganza e la purezza che Behati possiede, per questo una volta arrivati a casa sua non le chiede nemmeno come sta il suo labbro ma la spoglia e la poggia malamente sul letto.
«O-Oh… A-Ash» geme mentre il riccio la penetra con due dita senza avvisarla o prepararla.
Leah lo accarezza, gli tocca i ricci, il viso e le spalle non esageratamente larghe, cosa che fa infastidire Ashton perché non vuole essere toccato così, o per lo meno non da lei. La bionda gli sfila la giacca lanciandola via malamente e poi anche la maglia e i jeans neri.
«Ash, sto… p-per venire e…» Leah trema sotto il corpo caldo e muscoloso di Ashton che la riempi di morsi sul petto e la pancia scendendo fino .
Ashton accarezza la sua apertura con la lingua, gioca con la sua intimità provocandole gemiti e sospiri mentre le mani magre e affusolate di Leah gli graffiano la schiena. Una volta raggiunto l’apice, dopo che Leah ha urlato più volte il nome del ragazzo, volta lo sguardo sul pavimento, aspettando che il respiro torni regolare.
«A-ash, q-quella è una… una pis-pistola?» chiede leggermente spaventata puntando con l’indice l’oggetto metallico per terra affianco alla giacca.
Ashton le sorride, accarezzandole il viso con una mano «è solo per essere più sicuro quando esco la sera, non è un bel quartiere questo e tu lo sai meglio di me» Leah annuisce, cercando di non apparire troppo impaurita «Ora è meglio che tu vada, torna domani alla stessa ora. Ti darò i soldi e anche qualcos’altro» dice malizioso.
Leah si apre in un sorriso tirato e si riveste in fretta per poi uscire. Non avrebbe più messo piede in quella casa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Chris, ti prego… sono troppo nervosa e spaventata. Se gli è successo qualcosa? Dio, Chirs, h-ho un brutto presentimento, sai quel sesto senso da fratelli che se uno soffre, anche l’altro sta male? Ecco è una cosa così e io, oh Chris, Joe è la mia famiglia e-»
Chris poggia una mano sulla bocca di Behati che è tornata seduta al tavolo. Il locale è semi vuoto e prima di andare Joe ha raccontato ciò che stava succedendo al proprietario che sembrò molto comprensivo e fece l’impossibile per far calmare Behati offrendole un tea caldo.
«B, è appena uscito, aspettiamo ancora un attimo e lo raggiungiamo, ok?»
Behati sente qualcosa all’altezza del petto, una morsa che la stringe forte e le impedisce di respirare «Hanno chiamato la polizia, vero?»
L’amico annuisce «Arriveranno a momenti per questo è meglio aspettare il loro intervento»
Sono seduti vicini, il braccio di Chris la circonda e una cameriera le ha preparato una pezza con del ghiaccio da appoggiare sulla mano ferita suggerendole di andare in ospedale appena possibile.
Ma Behati è testarda tanto quando il fratello e non riesce a stare seduta tranquilla mentre lui è da solo in un vicolo a fronteggiare un pazzo.
«Vado un attimo in bagno» sussurra alzandosi in piedi.
Chris l’afferra per un polso «Posso fidarmi?»
La bionda fa cenno di sì con la testa e si avvia verso il bagno senza farsi vedere da nessuno e sgattaiola nella porta affianco, quella che dà sul vicolo.
Succede tutto velocemente, nello stesso istante in cui apre la porta vede il ragazzo del Joey’s sparare contro Joe che cade a terra in ginocchio, e poi un altro colpo, questa volta dritto al cuore.
Dentro di sé sta urlando, ma la voce non riesce ad uscirle.
Com’è possibile ciò?, si chiede, come può un uomo uccidere una persona?
Il riccio alza gli occhi, Behati trema. Vive la scena al rallentatore, come se fosse in un’altra dimensione e il rumore delle sirene sono dei rumori attutiti alle sue orecchie.
Sono ancora viva?, si chiede.
 
La polizia è appena arrivata sul posto, il medico legale dice che il giorno dopo avrebbe fatto l’autopsia per definire l’ora del decesso.
È un uomo anziano molto basso, coi capelli brizzolati e un paio di baffi come quelli di suo zio. Ha gli occhi azzurri inespressivi e quando parla si mangia le parole, Behati ascolta distrattamente ciò che dice perché l’immagine del cadavere di Joe non sembra uscirle dalla testa.
«Gli ha sparato due colpi al fianco e uno dritto al cuore, quando troveremo la pallottola la scientifica potrà definire l’arma da fuoco, siamo più che sicuri che abbia usato un silenziatore altrimenti si sarebbe sentito lo sparo»
«U-un silenziatore? E che cos’è?»
«In pratica un silenziatore è un tubo di metallo, generalmente acciaio o alluminio, applicato alla canna. Serve per sopprimere il suono dello sparo» dice una seconda voce, più forte e decisa di quella del dottore.
Behati si volta osservando l’uomo di fronte a lei. È molto alto, con un accenno di capelli bianchi e qualche ruga sul viso, soprattutto intorno agli occhi. Ha gli occhi marroni, molto profondi che le danno un senso di comando e protezione, un po’ come succedeva quando osservava quelli più chiari di Joe. Indossa una giacca leggera beige che gli copre il corpo fino al ginocchio lasciando scoperti i jeans neri.
«Lei è?» chiede il medico porgendo la mano all’uomo che prontamente la stringe.
«Detective Cowell, sarò io a seguire le indagini. Lei è il dottor Brown, immagino» poi passa lo sguardo verso la ragazza che subito evita il contatto «Condoglianze signorina Dallas, la famiglia è già stata avvisata, la pregherei ora di seguirmi in caserma»
Behati annuisce osservando Chris che parla con alcuni poliziotti e «Solo un secondo» dice al detective per avviarsi verso il ragazzo ma l’uomo l’arresta per un braccio.
«È meglio se ti portiamo in caserma, dobbiamo trattare di alcune cose. Parlerai dopo col tuo amico»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Sidney, Caserma di Polizia
Ore 22.13

 
 
 
 
Behati è seduta nello studio del detective Cowell, davanti a sé ha una tazza di caffè amaro che ha mandato giù a fatica e si stringe in una coperta che le sta causando un prurito sulla pelle.
È uno studio piccolo, abbastanza ordinato e molto semplice. Ci sono due armadi, una scrivania piena di fogli che l’uomo continua a sfogliare e un attaccapanni marrone nell’angolo affianco alla finestra.
C’è un forte odore di chiuso ma Behati fa finta di niente, l’inospitalità del luogo è l’ultimo dei suoi problemi al momento.
L’uomo le fa alcune domande sulla sua routine, per poi chiederle come ha conosciuto il suo stalker – e qui Behati insiste dicendo di non essere una vittima di stalking anche se oramai non ci crede più nemmeno lei – e se è riuscita a vederlo bene in faccia quando ha sparato al fratello.
«Molte persona, vittime di stalking, si rifiutano di ammettere di essere in pericolo e questo spesso porta a eventi tragici come quello di stanotte. Il fatto che tu sia anche una testimone del assassinio ti rende ancora più vulnerabile. Sei sicura che lui ti abbia vista?»
Behati annuisce «Si stava avvicinando a me, ma poi siete arrivati voi della polizia ed è scappato»
L’uomo annuisce a sua volta, fa alcune telefonate dove accenna a un certo PPT* e dopo essersi scusato esce dallo studio per parlare con alcuni colleghi.
Behati rimane a curiosare in giro con lo sguardo, non ha il coraggio di muovere un muscolo e quando il detective ritorna, trova la ragazza nella stessa posizione di prima.
«Bene, Behati. Ho parlato con alcuni colleghi e pensiamo che sia meglio che tu entri nel PPT» spiega.
«C-cosa significa?» balbetta Behati osservando l’uomo in modo interlocutorio.
«Significa che sei entrata nel Programma di Protezione Testimoni. Verrai trasferita al più presto a Sidney, in una nuova famiglia e con una nuova identità. Questo finché non troveremo il tuo stalker»
Behati stringe la coperta tra le dita e reprime al voglia di urlare che non è una vittima di stalking che tutto quello è solo un incubo ma lo sguardo severo dell'uomo le fa abbassare gli occhi e sospirare.
«D'accordo» dice atona, lo sguardo perso di chi in una sera ha perso tutto.
L’uomo sospira, spiega che quella sera stessa dovrà fare un paio di interrogatori e sottoporsi all’identikit dell’assassino per agevolare le indagini, poi inizia a spiegarle meglio del PPT.
«Il giorno della tua partenza, che possiamo fissare entro il primo di gennaio, ti verrà data una nuova identità e una nuova famiglia che ti abbiamo già trovato. Sono dei miei cugini di Sidney, non è la prima volta che accolgono dei testimoni, sono ben preparati. Da quanto mi hai detto sei un’attrice, sarà facile per te quindi entrare nel personaggio» accenna un sorriso «la tua nuova identità sarà Rebecca Clifford, sarai un cugina di secondo grado che passerà l’anno col cugino e gli zii per vari motivi famigliari. Andrai a scuola con il loro figlio, ti farai sempre accompagnare da un membro della famiglia e, soprattutto, resta invisibile. Non sappiamo esattamente quanto resterai lì, avviseremo i tuoi zii stasera stesso e passerai la notte qui. Non sono ammesse visite o chiamate, è troppo rischioso»
Il detective Cowell si alza senza degnarla di un ulteriore sguardo e si avvia a grandi passi verso la porta portandosi con sé la giacca «Ciò che è qui ad Adelaide, rimane ad Adelaide. Ora seguimi, ci aspetta una lunga serata»













































MY LITTLE TALK.
MI HANNO PROMOSSAAAAAA *spara coriandoli* non che avessi dubbi ma... insomma, vedere i cartelloni è tutta un'altra cosa.
Scusate lo schifo di presentazione ma sono troppo felice.
Tornando alla storia. VI PREGO NON MI ODIATE! JOE è SOLO UNA DELLE MIE VITTIME, PURTOPPO.
Ne approfitto per ricordarvi che NON CONOSCO I 5SOS E (PER MIA DISGRAZIA) NON MI APPARTENGONO, QUELLO CHE TROVATE SCRITTO IN QUESTA FAN FICTION è FRUTTO DELLA MIA MENTE CONTORTA.
Ash a dire il vero lo immagino uno zuccherino dolce dolce.
Tornando a noi, qui Behati viene trasferita e a Sidney troverà dolci sorprese bgfmntjnhf non vedo l'ora!
Passiamo agli avvisi, adesso. Domenica parto in Spagna e starò via due settimane. Purtroppo non sarò in grado di pubblicare fino al 28 e spero vivamente di riuscire a pubblicare! (Il capitolo è già pronto ma non sarà lungo come questo)
Vi lascio come sempre i miei link così se vi mancheroò (so già di non mancarvi affatto, ma vvb) sapete dovre trovarmi:
NSWS: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3105743&i=1
Fix it: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3126821&i=1
Adesso devo scappare (sono sempre di corsa, uff!)
bacissimi e buone vacanze!
Megghy



 

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