«Rotta di ossa e cuore.»

di Edward
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. ***
Capitolo 2: *** 02 ***



Capitolo 1
*** 01. ***


Titolo: «Rotta di ossa e cuore

Titolo: «Rotta di ossa e cuore.»

Serie: D.Gray-man

Personaggi: Lavi, Allen Walker, Lenalee Lee

Pairing: Tutti (Impliciti)

Rating: Arancione (diventerà rosso)

Genere: Horror, Drammatico

Avvisi: Alternative Universe, Non per stomaci delicati

Note: Questo è… il mio regalo di Natale per Allen Lena e Lavi, anche se non so quanto loro ne siano felici xD

Ho già scritto il capitolo 2, e probabilmente il tutto si concluderà con il 3. A partire da quello, dovrei alzare il rating a rosso, se seguo l’idea originale che avevo in mente. Beh, detto questo… buona lettura. Questo è un po’ un prologo, direi <3

E mi raccomando, commentate T_T *punzecchia*

 

 

 

 

 

«Rotta di ossa e cuore.»

 

 

 

C’era un tavolo.

Una lampadina crepitante sopra le loro teste, e un odore quasi pressante di umidità e marcio.

«Fallo.»

Lavi guardò alla propria destra, senza muoversi. «No.»

Lo sibilò, a mezza bocca.

«Fallo.»

Sentiva il sangue pulsargli nelle vene talmente veloce da fargli quasi male. Il sudore, in risalto alla luce del neon, gli pizzicava fastidiosamente la fronte.

«Non posso.»

L’uomo sospirò, passandosi una mano tra i capelli sporchi. Fece schioccare la lingua, in segno di disapprovo. «Guarda che non te lo sto mica chiedendo, Lavi-kun.»

Lavi distolse lo sguardo velocemente, chiudendo gli occhi, mentre sentiva un brivido scendergli lungo la schiena. L’uomo sembrò ridere, a quella reazione. Fu quando sentì il sibilo svogliato della lama davanti a se che il ragazzo si costrinse a guardare.

C’era un tavolo.

C’era lui, seduto all’estremità di un lato, e c’era Allen, seduto all’estremità dell’altro.

«Facciamo così.» L’uomo fece spallucce, continuando a muovere, lentamente, quasi con armonia, la scure sporca di terra e ruggine. «Se non prendi in mano quella dannata cosa...» una pausa, volontaria, per darsi il tempo di raggiungere il fondo della stanza. «Io la ammazzo.» concluse.

C’era un tavolo. C’erano Lavi, Allen e un uomo a guardarli.

E poi c’era Lenalee.

 

 

 

Tre ore prima:

 

La serata dedicata all’Horror era di martedì, dopo il Karaoke del lunedì e prima dello studio del mercoledì.

La settimana prima avevano visitato il cimitero, quello appena fuori città, con i lampioni rotti e i cancelli arrugginiti. Avevano preso le torce, due pale e un sacco di stoffa.

Avevano preso i vestiti vecchi, quelli in fondo all’armadio, e le felpe con i cappucci.

Lenalee aveva protestato, scuotendo la testa facendo ondeggiare i codini scuri. Poi Lavi le aveva dato della fifona e lei gli aveva tirato un calcio vagamente offeso alle ginocchia, prendendo sacco e pala con stizza.

«L’ultima volta sei tu quello che si è messo ad urlare come un matto, Lavi-kun!» gli aveva sibilato.

Allen aveva annuito senza farsi vedere, ghignando. Poi Lavi l’aveva guardato storto e si era incamminato anche lui, borbottando qualcosa sull’essere affamato e il perdersi in giro.

Quel martedì avevano deciso di andare ai vecchi magazzini.

Ci abitava un fantasma, dicevano.

Ci abitava un demone, con occhi rossi come le fiamme dell’inferno, avevano sentito dire.

«Bah. Un demone, certo.»

«Oooh, quindi non ci vuoi andare?»

Allen aveva aiutato Lenalee a scavalcare il muretto verde di muschio e nero di notte, osservando Lavi arrampicarsi un po’ a fatica poco lontano.

«Non ho detto questo.» aveva fatto spallucce, alzando poi le braccia verso il cielo con uno sbadiglio sonoro. «Dico solo che qui mi hanno detto che ci abitava un barbone, niente di più. Un… pittore, o scultore, qualcosa del genere.»

Lavi aveva riso.

«Avrebbe fatto meglio a cercarsi un lavoro serio, piuttosto.»

«Shh, Lavi, fa piano!»

Stavano urlando, tutti e due.

Un po’ forte, un po’ senza rendersene conto. L’eco delle loro voci sembrò spegnersi troppo in fretta, vicino l’ingresso.

Parole e risate assorbite da pareti sporche e vetri rotti.

Lavi aveva ridacchiato, colpevole. Lenalee si era incamminata, pensierosa, e Allen era rimasto indietro a guardare.

Faceva freddo, quella sera.

Ed era un freddo sottile, pungente.

«Allen-kun! Sbrigati!»

«Sì mammoletta, sbrigati!» gli aveva fatto il verso l’altro ragazzo.

Allen aveva agitato mezzo furioso la propria torcia e li aveva raggiunti, correndo.

Era un freddo un po’ strano, quello del martedì.

 

 

«… wow. Cioè, davvero. Wow.»

Lavi era sempre stato un po’ stupido. Quel tipo di ragazzo poco serio che tende a pensare solo al presente.

«Che cos- Ah!»

A quel punto, l’altro era arrossito, colto alla sprovvista.

«Che cosa?»

La ragazza li aveva raggiunti, con la propria luce, e si era messa a guardare le tele appese al muro. Poi aveva alzato gli occhi al cielo, un po’ scocciata e un po’ imbarazzata.

«Sono solo disegni, Lavi-kun.»

«E che disegni!» aveva ribadito lui con un ghigno un po’ infantile.

Allen era invece un tipo più calmo, talvolta impacciato e dalle reazioni un po’ esagerate. «Q-quindi» aveva cerato di svincolare «qui c’era davvero un… pittore, ecco.»

Ci fu un piccolo spostamento d’aria, impercettibile.

Lavi ghignò.

«E chi ti dice che non ci sia più…?»

Glielo aveva soffiato proprio sull’orecchio, sopra il collo, in un sussurro un po’ roco.

«Ah! Piantala!»

Lenalee aveva sorriso appena, dietro di loro. Si era girata, sempre tenendoli d’occhio mentre finivano con l’azzuffarsi, e aveva continuato a guardarsi in giro.

«…oh.»

Un tavolo, poco più in là. Un po’ sporco, con tanta polvere e pochi oggetti. Un pennello e una cornice, un foglio lasciato a metà e una busta di carta.

Un altro fruscio, alla sua sinistra, dal fondo del corridoio.

«...ehi, ragazzi, venite a vedere!»

«Mh?»

«C-cosa?» La voce di Lavi sembrava vagamente affannata, che si trasformò in un attimo in risata. «Lasciami andare mammoletta!»

Allen lo aveva lasciato andare, passandosi le mani tra i capelli arruffati con aria scocciata, e aveva raggiunto la ragazza.

Una cornice, una foto, una lettera e un dipinto.

Lasciato a metà, quasi aspettasse ancora di essere completato.

Lenalee aveva preso in mano la foto, insicura.

Lavi aveva preso la busta, noncurante.

Allen era rimasto fermo, distratto da qualcosa.

«…secondo te erano…innamorati?» Pausa. E una mancata risposta. «Allen-kun?»

«Mh...?»

«Oddio, non ci credo! Ragazzi, guardate qui!»

La risata del rosso sembrò spezzare a metà l’aria pesante della stanza. Sbandierò un po’ bruscamente il pezzo di carta, scuotendo la testa quasi incredulo.

«Questo era completamente folle!» rise «Ci credo che sia stato mollato dalla ragazza! Sentite un po’ qua!» si schiarì la voce, cominciando a recitare con tono teatrale. «“Ti amo. Con tutto il mio cuore, non posso fare altro. Visceralmente, non posso far altro che…”»

Il ragazzo corrucciò lo sguardo, mentre pian piano abbassava in tono della voce, mentre pian piano il sorriso infantile andava incrinandosi.

«“…far altro che tremare, ogni volta che ti penso.”»

Un attimo di pausa.

Allen inclinò la testa di lato, cercando di leggere a sua volta.

«…beh?»

C’era un bisbiglio, nella stanza. Sottile, tagliente. Un muoversi di labbra appena udibile, un recitare automatico e perplesso. Confuso.

Arrivò all’ultima frase.

«…Lavi…?»

Poi, silenzio.

E un fruscio che divenne rumore di passi.

Lenalee urlò.

 

«Rotta di ossa e cuore.»

 

 

 

 

 

 

 

Fine capitolo

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Capitolo 2
*** 02 ***


Note: Ecco il capitolo 2

Note: Ecco il capitolo 2. Pensavo di metterlo a Gennaio, ma siete state tutte così adorabili nel recensire che non ho potuto far a meno di postare il capitolo appena ho riavuto il pc sottomano.

Però questo vuol dire che il 3 arriverà un po’ più tardi °-° Più che altro perchè non l’ho ancora scritto xD Causa ispirazioni Yaoiose improvvise –uccidetemi, vi prego xD- e rapimenti poco graditi da parte di genitori stressanti T_T

Ah, una piccola precisazione. L’uomo non è nessuno in particolare di DGM. Non è Tyki, per dire xD Non è il Conte e neanche Cross °-° Al massimo potrebbe sempre essere un riferimento a Eshi, che, poveretto, ultimamente sto stressando un po’ troppo.

Beh, buon capitolo <3

E grazie mille per le recensioni, mi fate davvero felice.

 

 

 

 

 

«Rotta di ossa e cuore.»

Capitolo 02

 

 

 

 

Inspirò a fondo, chiudendo l’occhio sinistro per calmarsi.

«Rilassati, ragazzo.»

L’aria gli uscì così bruscamente al suono della voce, che quasi si strozzò. Alzò istintivamente il viso verso l’alto, verso il soffitto bagnato e umido, provando nuovamente ad inghiottire aria con precisione.

Si sentiva il suo respiro, nella stanza. Il suo e quello dell’uomo, un po’ raschiante, quasi ringhiante. Si sentiva il cigolare irregolare della lampada, lo sfrigolare dei fusibili troppo vecchi e troppo consumati per poter reggere ancora a lungo.

Si sentiva il rumore secco e preciso dell’adesivo che si staccava dal rotolo e finiva sulla pelle.

«Dannazione.»

Lavi scosse appena la testa, puntellando i piedi contro il pavimento, quasi senza rendersene conto. Il nastro che gli legava le caviglie gli impedì in parte in movimento, in parte glielo impedì la mano ossuta e scura dell’uomo stretta attorno al suo braccio.

«Non ridi più adesso, mh?»

Il ragazzo si morse un labbro e continuò a guardare verso l’alto, senza rispondere.

Gli bruciava l’occhio, tra la polvere della stanza e l’adrenalina che gli pompava a forza nelle vene. Non riusciva a vedere Allen. Sentiva Lenalee respirare, dietro di lui, a fatica. La sentiva muoversi, ogni tanto, ma non riusciva a capire dove fosse Allen.

Deglutì, e la saliva raschiò dolorosamente contro la gola secca.

L’uomo si alzò in piedi, davanti a lui. Per un attimo sembrò smettere di respirare.

«Bene.»

E poi allungò una mano oltre la sua spalla, oltre il suo collo, andando a stringere con forza il legno della sedia. Lavi strinse l’occhio, mentre per un istante il mondo sembrò capovolgersi. Il legno della sedia graffiò contro il pavimento, puntellandosi poi con prepotenza nella direzione opposta a quella precedente.

«Scegli.»

Lavi guardò davanti a sé.

«Chi devi due preferisci veder morire per primo?»

La luce saltò.

«… cosa?»

Ritornò, in un gracchiare di vetro rotto.

C’erano Allen e Lenalee. C’erano le sedie su cui erano seduti, e lo scotch con cui erano legati. C’era il braccio teso dell’uomo, oltre il suo viso. Indicava, a mano aperta.

Sporca di tempera e terra.

Il ragazzo per poco non rise. E sarebbe stata una risata isterica, incredula. Non rispose, limitandosi a scuotere a scatti la testa, con un sorriso forzato sul viso.

«L’amichetto del cuore o la ragazza della settimana? Andiamo ragazzo, scegli.» ci fu una pausa, nella quale l’uomo si raddrizzò sulla schiena, poggiando entrambe le mani sulle sue spalle. «O dovrò farlo io.»

La corrente saltò di nuovo.

Ricomparve, e sparì.

Gracchiò sopra le loro teste e infine illuminò la stanza.

Lavi fece un respiro profondo.

Lasciò che l’aria gli riempisse i polmoni, facendogli alzare il petto, e poi la fece uscire lentamente, senza un suono.

Inspirò di nuovo, espirò.

Cercò di non guardare Lenalee, davanti a lui, con il volto graffiato e qualche singhiozzo che di tanto in tanto la faceva tremare. Fissò invece Allen, sulla sinistra della sua visuale.

Aveva la testa china verso terra, verso il pavimento nero e bianco, piattaforma a scacchi con tanto di pedine.

Fu un piccolo flash, un piccolo rendersi conto di idee.

«Allen!»

Un filo d’aria gli sibilò all’orecchio.

«Allen! Non…» lo vedeva anche da lì, anche con i capelli bianchi a coprirgli il volto. «… respira.»

La presa sulle sue spalle si fece più forte, per poi abbandonarlo del tutto.

«Bene.» l’uomo battè due volte le mani, a mo’ di incoraggiamento. «Hai fatto la tua scelta.»

«Cosa? No!» Lavi si sporse in avanti così forte che per poco non fece cadere la sedia. «Non capisci, lui non… non sta bene, non…!»

«Oh.» l’altro fece spallucce, soffiando aria tra i denti. «Non credevo di averlo colpito così forte.»

«Lenalee!» l’occhio del ragazzo cominciò a pizzicare, più forte, con insistenza. «Lenalee… »

Lei si voltò a sua volta verso Allen, le mani legate ai braccioli della sedia strette così forte al legno da far diventare le nocche bianche. Poi guardò Lavi, implorante. «Io… non lo so.» scosse la testa, nascondendo il viso dietro i capelli scuri. Singhiozzò, ancora.

Lavi non riuscì a trattenere l’aria nei polmoni. Quelli si svuotarono, velocemente, e lui quasi soffocò.

Non respirava.

Né lui, né Allen.

Poi l’uomo fece schioccare la lingua, strusciando appena i piedi contro il pavimento, e indietreggiò. Lo lasciò lì, a fissare per terra, legato alla sedia.

Si sentì un rumore metallico, un rovistare di pezzi dietro la schiena del ragazzo, in fondo alla stanza. Un’imprecazione, uno sbuffo nervoso e poi più nulla.

Lenalee alzò la testa, al rumore dei passi. Alzò la testa e sgranò gli occhi.

Cominciò ad urlare.

Lavi non si mosse. Non la sentì, se non in lontananza, a grattare conto le parenti della sua testa, che in quel momento sentiva semplicemente vuota.

«Lavi!» un urlo, ancora, acuto. «Lavi!»

Il pezzo di metallo gli soffiò vicino il viso, mischiandosi in un istante al rumore secco delle scarpe contro il marmo. E lui alzò lo sguardo –lentamente, senza fretta- e quando vide la mano dell’uomo –il manico di legno e la scure attaccata- li richiuse.

«Basta…»

Lenalee smise di urlare. Smisero anche i passi dell’uomo, per un breve istante.

Quello fece una mezza risata, in piedi davanti al ragazzo dai capelli bianchi. Scosse la testa. «… peccato.»

E poi prese a trascinare anche la sua sedia.

La prese per lo schienale, oltre la testa china del ragazzo, cominciando a tirare, e ruotarla, gracchiando e sbuffando.

Raggiunse Lavi.

Sobbalzò ad un dislivello del pavimento e lo superò. Ringhiando per lo sforzo.

L’altro lo lasciò fare –non potendo fare altrimenti, ma più che altro per disinteresse- ascoltando in lontananza, a due metri da sé, i mormorii di Lenalee.

Qualcosa stonò.

Tornò normale.

Si mischiò al suono assordante della sedia e stonò più chiaramente.

«Lenalee…»

Lavi aprì gli occhi.

Ed era la sua voce.

Impastata, debole e soffusa al confronto di tutto il resto, ma era la sua.

Il rumore finì e Lavi continuò a tenere gli occhi aperti, fissi, puntanti sul pavimento. Aria. Gli mancava l’aria. Si costrinse ad alzare la testa –di nuovo la risata isterica gli premette contro la gola, contro le corde vocali tremanti- e inspirò a pieno petto.

«Cazzo.» poggiò la nuca allo schienale e abbozzò un sorriso. Da qualche parte, dentro di sé, qualcosa cominciò ad odiare Allen. Irrazionalmente, sentiva il bisogno di picchiarlo. «Veramente… uno scherzo di cattivo gusto.»

Poi, passi.

Uno, due, tre.

L’uomo gli si fermò affianco, entrando per un breve attimo nella sua visuale. Lui lo fissò –e il sorriso scomparve, lasciando posto alla consapevolezza che in fondo non era cambiato niente- e attese.

Il mondo ruotò ancora una volta e Lavi si ritrovò a guardare Allen.

Respirava. Di sicuro, respirava. Ma lo faceva così flebilmente e così di rado che Lavi finì con il chiedersi se l’aria gli arrivava veramente ai polmoni.

Strinse gli occhi, mordendosi un labbro.

Cominciò a pensare, velocemente.

Poi l’uomo gli posò qualcosa davanti e credette di morire.

«Un colpo per uno.» gracchiò la voce. «Tu e…» ci pensò, arricciando le labbra. «…Allen. E vediamo chi crepa prima, ti va?»

Lavi continuò a guardare il tavolo. Fisso, senza ben capire. Scosse la testa. «No.»

La scure gli passò paurosamente vicino al viso –spalla collo mento spalla braccio e infine polso- e brillò opaca alla luce del neon.

Il pezzo di scotch che gli bloccava il braccio destro saltò e finì per terra senza un rumore. «Prendila in mano.»

Dall’altra parte del tavolo, Allen si mosse. Si mosse e borbottò qualcosa, scuotendo appena la testa. Chiamò Lenalee, ancora. Alzò il viso e per un attimo rimase immobile.

«…Lavi.»

Lo chiamò, in un soffio. Cauto.

L’uomo non sembrò neanche sentirlo. Continuava a fissare Lavi, con un ghigno storto sulla bocca.

Quello riprese a pensare. Analizzando, scartando opzioni e pregando che qualche dio, da qualche parte, facesse smettere tutto quello.

Prese in mano la pistola, lentamente.

 

 

 

 

 

 

Fine Capitolo

 

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