A Certified Mind Blower

di missimissisipi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sorority girl and fraternity boy ***
Capitolo 2: *** Oh my, we're going down ***
Capitolo 3: *** Aroun' the worl' ***
Capitolo 4: *** Knocking on heaven's door ***



Capitolo 1
*** Sorority girl and fraternity boy ***


A Certified Mind Blower

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1Sorority girl and fraternity boy

potrei suggerire che l'ho già vista prima 
da qualche altra parte 
giusto per fare la prima mossa 
monologhi ubriachi, confusi perchè 
non è che mi sto innamorando 
voglio solo che tu mi faccia male 
e sembri una che è capace di farlo

No. 1 Party Anthem, Arctic Monkeys

La vita al college di Damon Salvatore si può brevemente riassumere mediante pochi numeri. Quindici, le sbronze nell’ultimo semestre. Undici, i giorni mancanti alla fine del noioso, noiosissimo terzo anno. Tre, gli esami non dati. Sette, i compagni di stanza cambiati in due anni. Dodici, le lezioni saltate. Due, gli amici che si è fatto in quest’arco di tempo. Innumerevoli, le ragazze che si è fatto nel medesimo arco di tempo. Inscrivibile, la voglia di voler andar via e buttare tutto all’aria.

Ma.

Uno, l’anno che gli resta da frequentare.

Il suo Senior Year alla Brown… chi l’avrebbe mai detto? Non suo padre, pensa sarcasticamente Damon, mentre rotea gli occhi al cielo e apre la porta della sua stanza. Mancano undici fottuti giorni, e sino all’ultimo (nonostante sia costretto a vederlo anche a casa, lui gli fa visita… assurdo) deve sopportare le ramanzine di una matricola: Stefan Salvatore.

“Cosa ti fa pensare di avere il controllo totale sugli Omega Chi, sentiamo?” Damon vorrebbe non ridere, in effetti, ma gli bastano pochi attimi per scoppiare in una sonora risata. Suo fratello è… così ingenuo. (matto è la prima parola che gli è venuta in mente, dovrebbe ammettere, ma, senza offesa, la coppia Stefan-matto non rende nemmeno l’idea… L’immagine di suo fratello, del perfetto fratello minore, non esprime pazzia. Peggio -- Damon non è così cattivo, forse non lo è e basta, il punto sta nel fatto che non lo vuole ammettere. E fa quello che sa far meglio al mondo: mentire. Quindi sì, matto, ingenuo… quel che si voglia)

“Il fatto che loro mi vogliano come presidente della confraternita, forse?” ghigna Damon stravaccatosi sul letto, i colori rosso, bianco e marrone

che catturano l’attenzione di chiunque entri nella stanza.

“Loro co—cosa?”

Stefan è così sorpreso che Damon potrebbe persino offendersi. Ma non lo fa, stringe le labbra ed annuisce distrattamente. “L’anno prossimo. Mio Senior Year, i loro semestri indimenticabili. E’ un’offerta promettente”

Stefan incrocia le braccia. “Dovrai prenderti la responsabilità di certe cose… sai?”

Alza gli occhi al cielo. “Andiamo, non è successo nulla” Ed ecco perché Stefan non è in nessun Club del campus. Ecco perché non verrebbe mai accettato negli OC, nemmeno avendo superato tutte le prove di iniziazione.

Nulla? Aver tinto di verde le palestre della Brown è nulla? Tu che hai dato l’ordine e non fai nemmeno parte degli Omega Chi…?”

“Ecco perché mi vogliono e mi vogliono presidente” Damon scatta con un sorriso bonario sulle labbra “Non capita tutti i giorni di incontrare una persona con così… influenza? Carisma? A te la scelta, Stef”

Questi arranca un sospiro stanco. Calato il silenzio nel dormitorio, Damon non riesce a non osservare il sangue del suo sangue: Stefan, invece, sembra che stia scegliendo le parole da pronunciare con cura maniacale. Deglutisce.

“Mancano undici giorni – undici, dannazione, anche meno di due settimane. Ti prego, Damon, abbi cura di te”

 

 

Undici giorni e qualche mese dopo, Elena Gilbert ha due trolley stretti nelle mani affusolate e un sorriso raggiante stampato sulle labbra piene, che fa venire i brividi a chiunque posi lo sguardo su di lei. Si potrebbe dire che è persino contagioso. Elena ama la Brown, davvero, l’ha amata l’anno precedente come freshman e l’anno ancor precedente quando alcuni professori del corpo docenti le hanno fatto fare il tour completo dopo la lettera in cui dicevano che l’accettavano con piacere nel loro college e speravano “che la nostra lieta dimora divenga tale anche per lei, miss Gilbert”.

Ma se c’è una cosa che le manca, quella è la sua amica Caroline, un anno più grande di lei, che frequenta il Whitmore non avendo avuto altra scelta. Il Whitmore, lo stesso a un’ora di distanza da Mystic Falls, lo stesso che avrebbe accettato senza batter ciglio Elena se solo vi avesse fatto domanda… Caroline non era stata semplicemente accettata dalle sue prime cinque scelte. Brown, UCLA, NYU, Yale e persino la NYADA per cui si era esibita in una perfetta, a detta sua, performance di “Don’t rain on my parade”… avrebbe fatto un baffo a Rachel Berry se solo avesse avuto un quarto del talento della suddetta.

Caroline le aveva scritto una lettera – sì, forse erano le sole a farlo in tutta l’America, ma a detta di entrambe rafforzava il loro legame – in cui diceva che non le dava fastidio, no di certo, era la sua migliore amica e il college dei suoi sogni. Ma aveva dei bei ricordi al Whitmore e persino un affascinante professore di Biologia. Quindi era tutto come prima. Splendido.

Elena aveva degli amici, alla Brown. L’unico problema è che non li aveva visti per tutta l’estate. Bonnie Bennett, ad esempio, dagli occhi grandi e scuri e i capelli mossi che le ricadono dolcemente sulle spalle. Le sorride, adesso, perché è di fronte a lei, ed entrambe si trovano all’ombra della porta marrone ed enorme chiusa di fronte a loro.

La loro stanza del dormitorio!

“Non ci credo, per fortuna siamo assieme… non avrei sopportato quelle del primo anno, sai? Ne ho viste alcune quest’estate, durante i corsi di approfondimento che ho fatto… orrende. Delle sgualdrine diciannovenni convinte di poter cambiare le gerarchie della Brown. Sì, certo, come no!” borbotta divertita mentre Elena inserisce le chiavi nella toppa ed apre la porta.

Subito si abituano alla luce soffusa data dalle imposte semichiuse della loro vecchia stanza… ci sono i due cassettoni enormi beige, le bacheche vuote con pochi puntini dati dalle foto che avevano appeso l’anno precedente… il parquet, la stanza che altro non è se non il bagno comune…

“Elena…”

…e tre letti. Tre. Tre?!

“Bonnie, che tu sappia avremo una coinquilina, quest’anno?” domanda Elena con una sfumatura di preoccupazione nella sua voce.

“Sì” ribatte una voce convinta più di quanto lo sia quella di Elena. E anche quella di Bonnie. “Tanto piacere, Katherine Pierce”

 

 

Katherine Pierce non era nei piani di Elena e Bonnie, tanto per cominciare. Perché già l’idea di avere un estraneo quasi amico per coinquilino non è il massimo della tranquillità (eppure Gilbert e Bennett si sopportano. E adorano, per certi versi) sperata, ma averne un altro, l’anno seguente, non le rassicura. E principalmente perché suddetta ragazza è una “delle sgualdrine diciannovenni convinte di poter cambiare le gerarchie della Brown” intraviste agli stand estivi per il giardino della Brown quell’estate da Bonnie. E, oh, santo cielo, quanto è piena di sé! Per non parlare dell’ordine maniacale, degli orari del bagno e quello delle sere – se (e solo se) Katherine ha intenzione di portare un ragazzo nella loro stanza.

Le prime settimane di studi non sono affatto come sperate e la ragazza ne è la causa: Elena cerca di evitare la propria stanza, la freshman insopportabile e bellissima che attira numerosi curiosi nelle vicinanze del loro corridoio e, soprattutto, lo sguardo di questa, Katherine, se intercettata nel campus.

Eppure ha una distrazione: le Omega Psi Delta, di cui sarà co-presidentessa quest’anno. Si stampa un adorabile sorriso sulle labbra quando va a lezione, Storia, per l’appunto.

“Salve a tutti” – quello non è il loro professore, realizza Elena sbattendo le lunghe ciglia – “Sono Alaric Saltzman, senza cappa finale e troppo giovane tanto da essere scambiato per un Senior.” Questo scatena qualche risata fra i compagni di corso, Elena inclusa. Dove diavolo è il signor Tanner?

“Il vostro professore, signorina…?” osserva Elena e la incalza a parlare. Lei deglutisce e risponde in fretta e atona, come un automa.

“Gilbert”

“…Signorina Gilbert, mancherà per il tempo necessario a riprendersi. Brutti scherzi di confraternite, mi dicono. Meglio non far nomi, questa storia potrebbe risultare persino più interessante di quella vecchia e logora da studiare durante l’anno”

Altre risate si scatenano dopo il borbottio di dissenso di Saltzman, mentre Elena apre il libro senza fiatare. Tanner l’adorava – nonostante l’essere burbero e cinico. Aveva una certa predisposizione per lei, per il suo essere buona e attenta, rapida nell’alzar la mano e rispondere correttamente, senza mai tentare di sfidarlo.

“Allora” – riprende il professore dopo qualche attimo di lieve confusione – “Chi sa dirmi qualcosa sulle popolazione Azteche?”

E la mano di Elena è già scattata in aria, facendo sorridere Alaric e lasciandogli dimenticare una faccenda più complicata e fin troppo divertente, un Omega Chi con l’aria di essere chi ben presto sarà sulle bocche di tutti, daccapo dopo una certa palestra verde.

 

 

“Che razza di pazzo farebbe ubriacare e collassare un professore facendolo immischiare in una festa di confraternita dove gira dell’alcool anche fra minorenni?!”

Non ne ho idea?” – ribatte sarcastica Caroline, al Whitmore e stesa sul suo letto, con un libro di Microbiologia fra le mani – “Ma se lo scoprissi sei obbligata a farmi sapere tutto su di lui – il mio sesto senso dice che è qualcuno di profondamente affascinante e scopabi-“

“Caroline! Santo cielo, devo ricordarti che sei quasi fidanzata, pazza per il tuo professore e non hai cinque sensi? Il tuo tatto manca terribilmente, sarcasticamente parlando”

“Ed è per questo che mi reputo offesa. Attacco fra tre… due…”

“Caroline!”

“Uno… ciao ciao, Lena, vado a divertirmi e ad usufruire del mio tatto meraviglioso!”

Allunga le gambe sul letto e chiude gli occhi, sospirando rumorosamente. Caroline è … Caroline. Senza ulteriori parole che possano descriverla. Anche perché, riflettendo, Elena lo nota: non ce ne sarebbero altre.

All’improvviso, così come è entrata nella sua vita, la porta del loro bagno di apre, di scatto, facendo sobbalzare Elena per lo spavento e mostrando una Katherine avvolta in un asciugamano bianco gocciolante. Per qualche attimo si era dimenticata della sua presenza.

“Ehi, Lene, non sapevo fossi qui!” il tono di sorpresa usato quasi convince Elena. Katherine sorride amabile, frazionando i lunghi capelli con un altro asciugamano e continuando ad osservare la sua coinquilina. Poi la sua espressione cambia: è come se fosse sul punto di parlare, ma qualcosa la bloccasse.

“So che il nostro rapporto non è dei migliori, perché sono sbucata all’improvviso nella vostra vita e stanza… ma voglio davvero conoscervi, essere vostra amica” sorride calorosamente e si siede al bordo del letto di Elena. Sono tre i dettagli che le rendono esteriormente simili: la pelle olivastra, la cascata di capelli cioccolato e i grandi occhi del medesimo colore. Eppure, nonostante i tratti somatici quasi identici, le due sono basicamente diverse. Appaiono, persino a prima vista, differenti.

Elena la scruta senza proferir parola, il che sembra incitare Katherine a continuare.

“Che ne dici di bere qualcosa alla caffetteria del Campus e studiare assieme? O semplicemente bere e parlare… ho le mie amiche” e detto questo indica con il capo qualcosa che Elena non aveva notato prima: la borsa ai piedi del letto della sua coinquilina. E’ aperta, intenta a mostrare due fiaschette argentate di alcool…

“Whisky” si affretta a specificare, mentre un sorriso increspa le sue labbra rosee e carnose.

“Facciamo adesso?”

 

La caffetteria alla fine del grande giardino interno, quella sempre affollata dopo le lezioni e la sera, adesso è pressoché vuota, il che sembra rallegrare Katherine. E’ un locale molto grande, ben illuminato e grazioso nella sua semplicità. Ci sono diversi tipi di tavoli, da quelli più semplici (rotondi con sedie di legno scuro) ad altri più complessi e quasi sempre occupati (rettangolari con divani e poltrone in ecopelle bordeaux). Ed è pieno di luci, cosa che piace ad Elena: il buio la spaventa, poi questo va a braccetto con l’equilibrio della Gilbert che sempre più spesso pare vacillare fino a scomparire. (L’alcool aiuta molto in questo. Elena non ne è dipendente, ma crede fermamente che aiuti gli studenti più laboriosi che, pur facendo parte di una sorellanza piuttosto nota, non hanno dei contatti nei bar e caffè del campus. Ergo, meno di ventun’anni, nessun documento falso che regga e bottiglie di alcool distanti da lei – il viso a cuore e l’espressione innocente e da bambina contribuiscono a rendere il tutto più frustrante).

Katherine si fa avanti, al bancone, e ordina due cappuccini, “Uno con una spruzzata di cannella e l’altro con cacao amaro al settantacinque percento”. Il ragazzo pare pendere dalle sue labbra: non ha tutti i torti la sua coinquilina dicendo che potrebbero diventare amiche, perché questo è esattamente il genere di cose che Elena vorrebbe accadesse più spesso – cappuccino con il  suo amato cacao senza che l’impiegato le imprechi contro e la mandi a quel paese.

“Allora” esclama tutta contenta quando si siedono ad un tavolino di quelli complessi e ricercati troppo spesso dai Senior che, oggi, stranamente, non affollano la caffetteria. “Qual è il tuo corso di studi?”

Elena non si aspettava questo genere di domanda: più che altro qualcosa del tipo “il tuo colore preferito? La tua taglia? ci scambiamo i vestiti?”.

“Archeologia” risponde con tranquillità, “Tu, invece?”

“Studio per diventare giornalista” – fa Katherine improvvisamente raggiante, gli occhi luminosi e le labbra incurvate all’insù in quello che è un sorriso orgoglioso delle proprie scelte e convinzioni – “E’ sempre stata la mia passione, sin da piccola, con mio padre editore del Daily News e mia madre scrittrice. Credo che sia di famiglia… no?” e termina il tutto con una risatina spontanea, prima di continuare: “Sai che ti facevo… più da giurisprudenza? Economia? Seria ed impeccabile... in un certo senso ti invidio, io ho difficoltà a concentrarmi con gli studi, con gli svaghi del college… è stato difficile, per te, il primo anno?”

Ed Elena continua a parlare del suo primo anno, delle aspettative e delle poche volte in cui si è lasciata andare, dei voti bassi e colloqui privati con alcuni professori. Poi sorride, svelta, citando la sua sorellanza e “Ci si aiuta tanto, si fissano dei giorni dedicati allo studio e, se hai bisogno di una mano, i senior – o chi per loro- son lì ad aiutarti”.

Poi succede: Katherine poggia il volto sui palmi delle mani, Elena ha un’idea e i cappuccini si freddano.

“C’è una riunione, questa sera… Le Omega Psi Delta, sai… parliamo delle nuove reclute e fissiamo la serata dell’iniziazione”

“Sembra bello”

Elena inclina il capo, “Ti sto invitando, Katherine”

Lei scuote la testa e poi sorride: “Ed io avevo accettato nel momento in cui me l’hai proposto”

Poi tira fuori una fiaschetta dalla borsa e ne beve una sorsata. “La mia prima confraternita. Che figo, eh? Vado… in bagno”

Tutto ciò che affolla la mente di Elena, adesso, sono preoccupazioni e domande a cui non trova risposta: Katherine, sul serio? Ne vale la pena? È davvero una brava ragazza? È un po’ fuori, sì, d’accordo, ma…

Ma poi lo vede.

Il ragazzo del volantino. Quello dell’anno scorso. Durante la giornata dell’incontro con i genitori, stava distribuendo, fra i tantissimi stand e le milioni di matricole, fogli riguardanti argomenti che Elena nemmeno ricordava. C’era solo lui ed i suoi sbuffi, le facce annoiate e le peggiori espressioni quando si voltava per osservare il fondoschiena di qualche bella ragazza. Non rappresentava nessuna confraternita, eppure era accerchiato da un sacco di persone e altrettante cercavano di attirare la sua attenzione: molte erano le voci che giravano su di lui, dal fatto che spacciasse droga a quelle che apparivano più vere, ossia che aveva organizzato la green sport, la grande messa in scena che aveva visto una delle palestre più frequentate del campus tinta di verde… di male in peggio, insomma; eppure ad Elena non importa, adesso, mentre lo guarda: ha un bell’aspetto che la costringe a tener lo sguardo fermo su di lui, un portamento rispettoso e un sorriso luminoso. Elena, secondo Bonnie (e Caroline, tanto perché lei c’è sempre), ha la più gigantesca e pazzesca cotta per uno dei peggior volti della scuola. Una cattiva persona. Un ragazzo bello e che lo sa, eccome, e che sfrutta il suo charme per avere un caffè corretto. Che generazione corrotta dall’alcool.

Elena si costringe a voltare il capo nella direzione opposta: eppure due fattori, adesso, la distraggono e producono un certo annebbiamento nella sua testa. Numero uno, Saltzman che si avvicina pericolosamente a lui, il ragazzo-sbagliato-e-cattivo, e due, qualche attimo dopo, voci alte che sfociano in un disastro, ovvero…

“Cazzo, cazzo!”

“Modera il tono, Salvatore!”

Bollente. E’ quello che percepisce Elena: il rossore sulle sue guance e la borsa di pelle gocciolante di caffè macchiato e corretto… i suoi appunti… l’agenda… oh, diamine

“Hai sporcato la mia borsa!” esclama a gran voce Elena, diventando ancora più rossa quando incontra il suo sguardo freddo e apparentemente di ghiaccio.

“Beh, grazie per l’intuizione, Watson”

“Oh, no! Non fare sarcasmo su un casino che hai combinato tu, Sherlock!”

Alaric scoppia a ridere quando nota che, pur imbarazzata e rossa, Elena gli ha tenuto testa: la migliore del suo corso, quella seria e studiosa che sembra apprezzare maggiormente il professore mandato in ospedale… Che scena, pensa allora lui, eh?

“Si da il caso che sappia cosa ho combinato, grazie, principessa del caz-”

“Damon!”

Ma entrambi ignorano Alaric che sbraita vicino loro.

“Sì, certo, potresti anche chieder scusa, no? O aiutarmi, cavernicolo che non sei altro!”

“Principessa” – esclama sarcastico Damon facendo un inchino – “Non è giornata. Scusa. Non volevo buttare il mio prezioso caffè sulla tua preziosissima borsa, ma mi sonoincazzato perché ho un’orrenda punizione da sbrigare, proprio questa sera, e sono presidente degli Omega Chi e devo presiedere ad una riunione del cazzo e…”

E poi succede che Elena svuota le due tazze di cappuccino – la sua e quella di Katherine che non torna e chissà – su Damon. Questi smette di parlare. Elena torna a respirare e si rende conto di quello che ha fatto.

“Signorina Gilbert, perché non da una mano a Salvatore con la punizione? Altrimenti sarò costretto a parlarne con il direttore”

Oh, santo. Cielo. La voce di Alaric è dura, tagliente e con una sfumatura ironica mentre dice questo. Non sa, Elena, il perché del proprio gesto, perché Salvatore ha una punizione e perché si sia ficcata in questo guaio.


Salve a tutti! Questa minlong è nata come OS... mi frulla in testa da fin troppo tempo e ne impiegherà altrettanto per essere completa! Spero vi piaccia, credo saranno massimo quattro capitoli ... credo di questa misura, idk.

vi lascio con alcune note che spiegano qualche punto di questo capitolo!

·         Il college, in America, dura quattro anni, a differenza del Regno Unito, in cui la durata è di tre, un anno in meno, perciò

·         Katherine non può essere identica ad Elena, per cui vi lascio il prestavolto con cui è identificata qui, ma voi immaginatela un po’ come volete! 

·         rosso, bianco e marrone” i colori della Brown

·         Mixer party: un party dove una confraternita ed una sorellanza si uniscono per bere e far conoscenza.  

·         Negli USA la legge vieta l’acquisto di alcool ai minori di 21 anni

non sono brava con queste cose, nè tanto meno con i college... ma ci ho provato, amo troppo quest'ambientazione! 
(non abbandonate presto la lettura)  (pls)

questa canzone è stata ciò che ha ispirato tutto,  ne sono follemente innamorata e la consiglio a tutti i lettori! :)
pareri e consigli sono bene accetti, due altre cose poi vi lascio!

vi invito a passare da qui,  To bet is to get,  e buon primo settembre a tutti (sono pazza perchè volevo assolutamente postare qualcosa oggi, sì, lo so, mandatemi al San Mungo per questo se volete... già che ci siete, è un anno di Give me love)

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Capitolo 2
*** Oh my, we're going down ***


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2Oh my, we’re going down

“Mi spieghi perché dovrei aiutarlo, cosa ho fatto?” Elena incrocia le braccia, testarda, cieca, e si poggia ad un banco della prima fila. Accanto a lei, Damon sbuffa e spera silenziosamente che si muovano: prima finiscono meglio è. Poi c’è Alaric, di fronte a loro, dietro la cattedra, lo sguardo furente rivolto a entrambi.

“Signorina Gilbert, ci sono vari fattori di cui deve tener conto: lui” – e indica Damon con una mano –“è un senior molto dispiaciuto da ciò che ha fatto alla prima festa degli Omega Chi di quest’anno, non è così? Davvero dispiaciuto” rimarca il professore volutamente, di fronte a un Salvatore che rotea gli occhi al cielo e che è sul punto di scoppiare e mandar tutti a quel paese.

“Come può probabilmente immaginare, è stato lui a far collassare il professor Tanner, attirandolo con trucchetti ben studiati alla festa… certo, se non fosse stato per questo ventunenne-”

Quasi ventiduenne” lo corregge Damon atono.

“-io non sarei qui, adesso… fatto sta che è un atteggiamento irresponsabile: si tratta di aver ingannato un docente universitario e questi, anche se in ospedale, non appena tornato, avrà ben altri problemi. Dovrà dare una sua versione dei fatti, spiegare se fosse a conoscenza o meno della presenza di minorenni che hanno ingerito alcool… faccende piuttosto serie, Elena”

Lei annuisce di fronte allo sguardo serio di Alaric: eppure, con le braccia incrociate sotto il petto, non può far altro che pensare che lei, al contrario del belloccio al suo fianco, non ha nulla a che vedere con questo macello.

“Sì, professore, ma-”

Alaric la blocca con un gesto della mano: “Poi c’è lei, signorina Gilbert. Ragazza modello e studentessa esemplare, co-presidentessa delle Omega Psi Delta in così giovane età, una delle medie più alte di tutto il campus, fedina penale pulitissima-”

(Elena è sicura che lui, alla sua destra, abbia borbottato qualcosa come “la mia fedina penale è più bianca della sua” – Elena quasi ride di fronte al comportamento quasiinfantile di un quasi ventiduenne)

“-accettata alla Brown con quello che mi sembra sia netto anticipo, ovvero un mese prima della data stabilita dalla nostra scuola, diplomatasi con i voti più alti della scuola...”

“Sì, tutto chiaro, lei è perfetta ed io detestabile e pericoloso: posso pulire la scuola, adesso?”

E’ irrefrenabile la necessità di Elena di scoppiare a ridere di fronte al professore. Ed infatti è quello che succede, sotto gli occhi sgomenti e divertiti di entrambi, ma, come Elena nota, Saltzman pare trattenersi. E’ sicura che questo lo diverta almeno un po’, in fondo non è così vecchio e pare vedere di buon occhio il giovane Salvatore.

Tuttavia, c’è una punta di indignazione nella risata di Elena.

“Io non sono perfetta” – esclama alzando le spalle e rivolgendogli uno sguardo cauto – “Mettitelo in testa”

“…Ed in grado di tener testa ad uno degli zucconi della mia materia”

Cosa?!”

Ride lo stronzo, adesso: questo è quello che pensa Damon che si è ridestato dal suo stato di fin troppo pacata tranquillità mista al voler finire tutto subito. Con o senza l’aiuto della ragazza al suo fianco.

“Non vorrà di certo che io parli con il direttore, Miss Gilbert, non è così? Una brava ragazza come lei che si ritrova a causare una lite e sporcare un edificio del campus volutamente… soprattutto con lui di mezzo” e così dicendo alza il mento per indicare Damon.

“Ragazzi miei” proferisce allora, dopo qualche minuto di silenzio in cui gli sguardi in cagnesco di Damon si sono affievoliti ed Elena ha ricambiato le occhiate con semplice e pura curiosità, che ha riempito i suoi grandi occhi da cerbiatta… è la prima volta che Damon li nota.

“Fate sì che per i prossimi quattro fine settimana possiate pulire le zone 4 e 5 del campus alla perfezione: lei, signor Salvatore-”

E qui viene di nuovo bloccato dal senior. “Chiamami Damon, Alaric. Fa troppo vecchio e troppo mio padre, e mi disgusta l’idea di essere paragonato a lui”

Damon

Elena, sgomenta, alza le braccia e fa per rifilargli una gomitata, ma il piano fallisce miseramente.

“Ho dei bei riflessi, principessa”

“Non chiamarmi così!”

Damon è costretto a lasciare la presa sui suoi gomiti alzati sopra il capo, tutto sotto lo sguardo attento di Alaric.

“Posso continuare?” – domanda sarcastico. Gli studenti sospirano – “Damon, tu sconterai la tua punizione per aver invitato Tanner alla festa, mentre tu, Elena, avrai la silenziosa possibilità di farti perdonare da Damon – e viceversa – per la lite, in modo tale da concludere le faccende in privato, senza coinvolgere altri enti… chiamiamoli così… e le vostre fedine penali rimangono pulite… la tua è più bianca, Damon, sì, l’hai già detto”

La classe in cui si trovano è quella che Saltzman usa dal momento in cui Tanner è andato via: pare essere identica, ma non lo è affatto se si osserva cautamente la cattedra del docente, per esempio; più disordinata, più fogli sparsi e stropicciati, un plico di test da correggere vicino alla spillatrice e quell’oggetto che assomiglia ad un thermos di caffè – meglio non indagare oltre.

Ci sono delle veneziane bordeaux semichiuse sulle tre ampie finestre che danno sulla strada per il campo da football, i banchi puliti e troppi fogli attaccati sul muro: da gruppi di scrittura pomeridiana dopo pranzo a audizioni per il musical del Campus… sino alla festa di addio dell’anno scorso, un falò facile da dimenticare: una scusa, più che altro, per bere, bere e bere. Elena era disgustata dalla massa di sbronzi adolescenti che la circondava ed era scappata nel suo dormitorio al più presto – chissà cosa faceva Damon allora, perché lui le interessava particolarmente. Adesso non è più nemmeno sicura della sua cotta.

“Tutto chiaro?”

 

Elena è incappata in un dramma più grande di lei e forse lo sa – ma chi non è a conoscenza di tutto questo è Bonnie, per esempio, troppo impegnata a studiare e cercare di entrare in quel Glee Club Acapella, o Caroline, che non chiama perché ha un esame alla fine del mese importantissimo se vuole ottenere quello stage estivo. Oppure Katherine, che vede cancellata la serata delle Omega Psi Delta e ha la bocca aperta a formare una ‘o’. Solo questo: nessun’altra reazione, gliel’ha detto la presidentessa, passando per avvisare le sorelle e lamentarsi circa Elena.

(“Studiare persino il sabato sera… quella ragazza è un accidenti” – E’ bionda, nota Katherine, capelli lunghi e boccolosi, sguardo fiero e chiaro, che intravede tutto oltre la prima facciata di ogni persona)

“Rebekah Mikaelson, presidentessa e senior.” Poi si era presentata, increspando le labbra appena e porgendole la mano. “Ti faremo sapere la prossima riunione… se Elena ha visto qualcosa in te, la vedremo anche noi: è solo questione di tempo”

E poi era andata via dopo aver gettato uno sguardo confuso alla stanza del dormitorio: troppo ampia, forse, persino per tre ragazze di cui una matricola. Sorriso. Cenno con la mano. Via dalla visuale.

Poi era stato il turno di Katherine per guardarsi attorno: Bonnie era via, intenta a evitarla e studiare. Non le aveva ancora parlato del suo piano firmato perché-non-siamo-amiche. Elena era scomparsa dalla caffetteria quando lei era uscita dal bagno: Aaron, il ragazzo del bancone, le aveva riferito ciò che aveva detto lui Saltzman. Lezioni straordinarie. Crediti extra. Sì, certo, di sabato sera.

Appena sorridente, aveva preso il cellulare, composto il solito numero, e atteso la voce dall’altro capo.

Risponde la segreteria telefoni-”

Aveva subito premuto il tasto rosso. Nei suoi giorni migliori, poteva ascoltare il suo ‘pronto?’ e sorridere spensierata.

Ma quello, realizzava stesa sul letto con la sua amica stretta nella mano sinistra, non era affatto un giorno fortunato.

 

 

E’ sera. Damon sbuffa ogni tre minuti esatti, un gesto che ricalca l’esasperazione, lenta, a cui quella punizione lo sta portando, e lo porterà per le prossime quattro settimane. Impugna con più decisione la scopa, ed i movimenti con cui spazza per la classe di Saltzman, ad esempio, si fanno scoordinati e violenti. Ed Elena vorrebbe starsene zitta – farlo pulire in quel modo barbaro, anche se potrebbe benissimo definirsi un eufemismo, dato che è molto, molto peggio di una azione barbara. Okay, non stanno parlando, non l’hanno fatto da quando Alaric ha varcato quella soglia, ma devono rendere le classi e gli altri spazi più decenti della situazione attuale, non è incluso nel pacchetto peggiorare tutto quanto.

“Così facendo perdi solo tempo” – dice con tono calmo, cercando di suonare simpatica alle orecchie del castano, ma lui la degna solo di un’occhiata rapida e antipatica – “Non è così che si pulisce”

Sbuffa. E sono trascorsi altri tre minuti.

Elena decide di lasciar perdere, almeno a voce: sa che non l’ascolterà ma non proverà a scusarsi per i cappuccini, se è quello che lui vuole. Ed in più, desiderano entrambi finire presto perché hanno altro da sbrigare. Così, l’unica soluzione plausibile che le balza in testa è quella di lasciarlo fare. Solo quello. Perché poi, tanto per dirne una, ripasserà con la scopa sugli stessi punti in cui Damon ha miserabilmente fallito. E, tanto per dirne un’altra, passerà lo strofinaccio pieno di detersivo sui banchi dove Damon, di nuovo, fallirà.

E’ quello che succede nelle successive due ore, fino a che, finita anche la zona 5, Damon fa per tornare in una classe. L’ex di Tanner. Quella di Alaric.

“Abbiamo già…” sta per ricordare, quando lui la ignora bellamente e si rinchiude dentro.

Elena è allibita da quel comportamento, ma poco dopo si ridesta: cosa ha intenzione di fare? Buttare all’aria quello spazio? Farla pagare a Saltzman? Oh, no, non si azzardasse!, riflette dura, non voglio che duri un secondo di più questa punizione.

Quindi lo segue, rapida – spalanca la porta e la fa sbattere, gli occhi quasi stretti a fessure e le labbra rigide. “Cosa diam…” ma le parole, ancora, le muoiono in gola. Quello spettacolo è inimmaginabile, oltre lo sperato ed il supposto. Damon Salvatore è seduto sulla poltrona alla cattedra, sembra voler impersonare Alaric. Poi allunga le gambe sul tavolo (la superficie da lei pulita) e incrocia le braccia dietro il capo.

Sembra notare un’altra presenza nella stanza – sarebbe da arroganti non farlo. Più arrogante di quanto non lo sia già, si intende.

Damon osserva Elena nel modo in cui nessuna ragazza al mondo vorrebbe essere guardata: gli occhi chiari scuri e pesanti per il disprezzo che sembra provare nei suoi confronti, l’odio che, come una scintilla, come la luce fioca della stanza, dona allo sguardo maggior potere. Ed è un attimo – una flebile frazione di secondo. Lui distoglie i suoi pozzi dalla figura stanca e sporca della ragazza, che è sullo stipite della porta, gli occhi liquidi e le labbra socchiuse.

Apre il terzo cassetto, agile, dimostrando di averlo fatto altre volte, toglie quello che Elena riconosce essere un doppiofondo e ne estrae una bottiglia di Bourbon.

“Non puoi-”

La voce di Damon si infrange come uno specchio rotto in mille pezzi: “Mi dispiace, ma devi essere almeno al livello di amicizia quattro per sbloccare la mia tragica storia” – beve un lungo sorso e torna a guardarla – “Devo urlare ciò che è sottinteso?”

Elena corre via, disgustata.

 

 

Ti ha davvero detto questo?” – urla Caroline dall’altro capo del telefono – “Lo stronzo ha detto così?”

Annuisce, Elena, un gesto lento che è cullato dalla propria voce, “Sì, Care, ma-”

Ma nulla!” – sbuffa e cala un pacato silenzio fra loro. Elena vorrebbe non essersi confidata con la sua migliore amica perché questo la fa infuriare. E Care infuriata va tenuta alla larga. Care infuriata è una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. – “Senti, devi farti rispettare…”

“Mi sembra un’ottima idea. Me la caverò-”

“…il prossimo fine settimana posso venirti a trovare. Certo, non è sicuro che possiamo vederci anche per il ringraziamento, con questa visita anticipata, ma… potremmo farcela. Metto qualche soldo da parte – dio solo sa quanto volevo le scarpe per la festa di Tyler – ma almeno siamo due contro uno stronzo che vale per tre. Sblocco io la sua tragica storia, eccome se lo faccio!”

“Oppure” – propone Elena con un tono di voce sorpreso, come se l’idea fosse spuntata all’improvviso mentre non lo è: infatti, è ciò che ha pensato l’esatto secondo dopo che lei ha pronunciato quel ‘Ti ha davvero detto questo?’ – “Puoi rimanere dove sei e sfodero le mie armi migliori. Sono una Gilbert. Ho gli artigli”

Elena…”

“Sai quanto sarebbe bello vederci per il ringraziamento, Care” ammette Elena abbassando lo sguardo e attorcigliando una ciocca di capelli ad un dito.

Lo so” – ribatte quella sospirando – “E’ da agosto che programmiamo tutto nei dettagli

Con un sorriso, Elena non pronuncia poche parole che scatenerebbero un putiferio: tu, hai, programmato, tutto, nei, dettagli, Care.

Annuisce ancora, pur sapendo che nessuno può vederla: né Caroline, né le sue coinquiline, andate via da un pezzo. Lei è stanca per cui non ha deviato per la casa di qualche sciocca confraternita che organizza  feste scadenti ogni settimana, né per il pub un po’ distante dalla caffetteria in cui si festeggia sempre senza una reale motivazione. E nemmeno per il campo di football, ancora illuminato per la partita forse finita da poco. Leggerà o saprà domattina tutti i risvolti di questa serata per lei limitata dalle zone 4 e 5 del campus e occhi chiari e bastardi.

E pensare che fino a poco tempo fa lui era il ragazzo bello dei volantini, nell’anno in cui Elena era una matricola. Pare una vita fa.

“Sono esausta, Care, ho avuto una lunga giornata: rimaniamo così, mhm?”

Sì, d’accordo” – Care ha il tono da mamma chioccia preoccupato, ora – “Vai e lotta, principessa guerriera

E poi sorride, la saluta e chiude la chiamata. Poggia il cellulare sul comodino e fa l’esatto opposto di Damon seduto alla cattedra. Si stringe a sé, le gambe strette al petto, la schiena ritta contro la testiera del letto, il mento poggiato sulle ginocchia: è ferita, sì, quello sì, eppure c’è una parte di lei prettamente masochista che le urla di non arrendersi nei confronti di quel ragazzo apparentemente problematico. Ha pur sempre ventun’anni, è ancora troppo giovane per aver visto e vissuto tanti mali. Il che, tradotto nella mente di Elena, significa solo una cosa: che può essere curato.

 

 

 

E’ lunedì e questo significa solo tre cose nel vocabolario di Elena.

Numero uno, che mancano solo cinque giorni prima che riveda Damon. Per fortuna, e sottolinea queste due parole, il campus è un luogo enorme animato da milioni di persone. Sul serio, scoiattoli compresi. Quante sono le possibilità che lo veda anche fuori dalle zone quattro e cinque di sabato, mhm? Una su diecimila? Forse anche meno.

Numero due, può pranzare in pace con Bonnie tutti i giorni d’ora in poi, perché sembra che ora le cose con il Glee Club Acapella stiano per diventare serie. Hanno le prove molto più spesso, e nel pomeriggio inoltrato, cosa che ad Elena pare fin troppo dura. Eppure non ha il coraggio di criticare ciò di fronte al volto angelico della sua amica. Comunque sia, non deve più sopportare Mason Lockwood e le sue storie sul club di anatomia a pranzo. Il che, davvero, credetele, è l’esatto contrario di quello che crede sia lui, ossia esaltante. Sorprendentemente imbarazzante e noioso. Anche peggio.

Numero tre ma non per questo meno importante: può dedicarsi alla sua confraternita, alla sua sorellanza magnifica e tutto ciò che questo implica. Le loro vere feste, i mixer party, i giorni di tranquillo studio e, soprattutto, le iniziazioni per i nuovi membri femminili. (Non è così spaventoso come può suonare, perché non è niente che includa gocce del proprio sangue ed evocazioni di spiriti in latino, ma sono divertenti e provocatorie, nei limiti concessi s’intende).

Rebekah Mikaelson si siede di fronte a lei, in tutta la sua bellezza: le sorride come sempre, rapida ed effimera, ignora Bonnie seduta accanto ad Elena e poi inizia a parlare.

“Da oggi iniziamo con gli studi in biblioteca – ce l’hai presente, no? La stanza che hai occupato sabato scorso e che ti accoglierà per i prossimi fine settimana – e come presidentessa ti nomino incaricata di mettere a posto i libri che prenderemo. L’anno scorso l’ho fatto io… adesso è il tuo turno, co-presidentessa!” – si alza e, sempre con un sorriso malandrino sulle labbra, fa per andarsene, ma si blocca, ad un certo punto, quando non è nemmeno così lontana – “Ah, Elena, dimenticavo: prendilo come qualcosa per farti perdonare per questa mancanza improvvisa, d’accordo?”

E quando la sua aurea da Veela non aleggia più nell’atmosfera della mensa, Elena può tornare a respirare e borbottare (e imprecare contro la sua presidentessa, che è ostinata, testarda, buona ma stronza e vabe’).

“Wow” Katherine si è appena accomodata al loro tavolo, osservando il punto in cui prima c’era Rebekah e non avendo altro da dire.

“Beh, ti presento Rebekah Mikaelson, Omega Psi Delta da prima di me e te” borbotta Elena.

Katherine si riprende, sbatte le ciglia e sorride: è il suo marchio di fabbrica. “Sa come imporsi, tutto sommato. E la sua confraternita è una delle migliori del campus. Credo perché ci sia lei dietro, no?”

“Quello sì” annuisce Elena mangiando il suo pollo speziato con maionese “E’ un buon leader, hm… a proposito! Ci sarai per le lezioni assieme questo pomeriggio, no? Ti presentiamo alle altre e vediamo cosa ne pensano!”

“Ovviamente” esclama in risposta “Grazie, Elena”

Bonnie alza gli occhi al cielo e termina il suo pudding con crema al cioccolato in silenzio.

 

 

Maledetta. Di. Una. Mikaelson.

Hanno appena terminato la sessione di studio collettiva, in cui tutti, e proprio tutti, hanno preso il maggior numero di libri possibile dagli scaffali e li hanno ovviamente abbandonati sui tavoli da otto uniti come hanno fatto anche l’anno precedente.

Ed Elena sta mettendo tutto a posto – Miss Flemming ogni tanto le lancia uno sguardo pieno d’astio, per controllare che infili il volume nello scaffale esatto, persino posto esatto, in ordine alfabetico, di autore… pazzia. Elena, fra l’altro, non è nemmeno felice per Katherine. Non che siano chissà quali amiche strette, certo che no… ma tutti l’hanno vista di buon occhio, l’hanno ammirata da quando si è presentata ed hanno esultato quando “Penso di voler far parte di questa confraternita… come scegliete i nuovi membri?” ha detto.

Sbuffa, un gesto che le ricorda Damon e la fa arrabbiare ancora di più, se possibile.

Gliene mancano una decina… Un libro di Dickens, uno delle sorelle Bronte…

“Salvatore, ogni volta mi stupisci” – dice una voce sarcastica – “Nel pacchetto punizioni è incluso il divertimento?”

“Non scherzare, Enzo” – risponde un ragazzo. Elena quasi sobbalza e si ammutolisce: è Damon. Cosa ci fa qui? – “Fare questo stupido programma radiofonico è anche peggio che pulire questo stupido college”

L’altra voce ride, melliflua, incurante del tono basso da mantenere in questi posti e, soprattutto, di quello che pare essere suo amico. “Sta’ zitto”

“Oh, non penso proprio – e comunque datti una mossa, aiutami a trovare un codice per dire che organizziamo il giro del mondo in sette giorni

Segue un breve silenzio che Elena giudica imbarazzato. Si sposta un po’, senza far rumore, giusto per osservarli da uno spazio vuoto dato da un libro non ancora al proprio posto. Li vede. Damon ed il ragazzo di spalle. Sbatte le ciglia.

“Non crederai mica che appenderemo dei volantini o lo diremo a gran voce, no?! Il rettore Cowell potrebbe persino espellerci se lo sapesse…”

“Lo sanno, te lo assicuro”

“Beh, questo non lo metto in dubbio – sarebbero stupidi a pensare che nessuno beva alcool, hanno avuto la conferma con voi Omega Chi, no?”

“Sì, ma… Enzo-”

L’altro lo blocca inclinando il capo. “Non avrai paura che ci scoprano, Damon…?”

“No!” risponde troppo rapidamente Damon “Solo… Non mi va di far incazzare qualcun altro. La punizione mi sta già costando troppo”

Enzo si volta appena, verso un tavolo vicino sul quale poggia un plico di fogli. “Eppure pensavo che la ragazza fosse una bella distrazione…”

Le guance di Elena s’imporporano all’istante: eppure una domanda è lecito porre, perché, insomma…

“Come diavolo fai a saperlo?”

“Ho le mie fonti” risponde strafottente, sorridendo al suo amico e togliendosi la giacca.

Ma prima che Damon possa ribattere in qualche modo, Miss Flemming li rimprovera bruscamente per il loro comportamento, e gli intima, con sguardo duro, di far silenzio.

“Allora… questo codice?”



Bonsoir! Sono riuscita ad aggiornare piuttosto presto per i miei standard, ma fortunatamente è un capitolo che si è lasciato scrivere senza troppi problemi. E' piuttosto lungo (3K e  qualche centinaia) e non prometto un rapido seguito, nonostante le prime righe siano già scritte! E' un importante capitolo, a tratti di passaggio, PIENO ZEPPO di piccolezze e sottigliezze che si svilupperanno in seguito. Davvero, se qualcuno le riesce a notare e a capire cosa ci sia dietro... chapeau, seriously.  Spero vi piaccia e mi auguro che abbiate un minuto per lasciarmi un parere:)
eccovi una nota che sarà importante per il prossimo aggiornamento!

·Il giro del mondo in sette giorni: è un gioco tipico del college, in cui ci si iscrive se si vuole che la propria stanza divenga uno "stato" , ed in pratica ognuna di queste si addobba in vari modi per far sì che ci sia l'atmosfera di quella nazione. (con bandiere, cibo, etc) E' un gioco che dovrebbe durare sette giorni, ci sono quindi numerosissime stanze che dovrebbero simbolizzare i vari stati del mondo, c'è della musica ed è una scusa per bere e ubriacarsi. Almeno io lo conosco così, se qualcuno sa un'altra versione non esiti a dirmela perchè so di non essere la persona più informata sui college:)

vi ripropongo la canzone che mi ha ispirata e che amo follemente: questa 

vi invito, poi, a passare da qui,  To bet is to get,  storia scritta a quattro mani con l'autrice  valins

((la gif sottostante è il magnifico prestavolto di katherine))

a presto, si spera! grazie per tutto e godetevi il capitolo! ♥♥

missi

http://gameofkings.wdfiles.com/local--files/synniva/SynLook.gif

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Capitolo 3
*** Aroun' the worl' ***


vi prego di leggere le note autore, perchè ci sono delle novità!
previously on certified: Damon ed Elena vengono puniti da Alaric per il macello nella caffetteria e il disastro con gli Omega Chi, perciò devono pulire dei reparti alla Brown  per quattro fine settimana, uno dei quali è ormai volato, uno dei quali Elena vorrebbe dimenticare perchè si da il caso che Damon si sia comportato un po' male, ingiustamente e duramente, con lei. tuttavia lei è una Gilbert e non demorde, e va avanti con la sua vita da sorella, copresidentessa delle Omega Psi Delta e amica di Bonnie e... Katherine. Yep. Proprio lei.
In più, Enzo cerca un codice per poter annunciare agli alunni della Brown che sta per aver inizio il giro del mondo in sette giorni!

A Certified Mind Blower

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3. Aroun’ the worl’

 

“Alumni della Brown che ci seguono dalle stanze più polverose – sembra proprio che Damon Salvatore non sia arrivato sino lì a pulire, eh? Ouch, sto zitto, d’accordo!  Dicevo – dalle stanze più polverose, dalle mense più belle del mondo, dai dormitori internazionali… studenti europei, asiatici, oceanici! Benvenuti al programma radiofonico della Brown, nonché l’unico del Campus! Qui ci sono solo io, il vostro Enzo-”

“-e Damon”

“-sì, anche Damon Salvatore, presidente degli Omega Chi, una delle più note confraternite del college!”

Parte un applauso pre registrato, Damon scocca un’occhiata di odio a Enzo che ride e basta, assottigliando gli occhi e smettendo di premere il pulsante.

Si riprende poco dopo, ma il presidente degli OC ne è certo: ridendo, ha convinto un terzo della popolazione femminile ad andare a letto con lui. Cazzone.

“Prima di partire con un’ottima selezione di musica, curata dal sottoscritto-”

“-dai, dai, dai sottoscritti”

“-ricordiamo a tutti alcune buone regole da rispettare”

Adesso ride Damon, è il turno di Enzo di scoccargli un’occhiata che non si definirebbe esattamente gentile ma subito torna a parlare con il suo accento britannico.

“Voi minorenni non potete assolutamente far uso di alcolici, d’accordo? Tanto meno di droghe! Non bevete o fumate erba se volete vivere felici!”

Damon si sta trattenendo dallo scoppiare a ridere di fronte al microfono: sarebbe inappropriato, non è così? Eppure è inappropriato far dire questo ad Enzo (che ha abbandonato il foglietto barra promemoria nel cestino dietro di loro), soprattutto perché stanno per proporre un gioco alcolico a tutto il campus e perché, davvero, Lorenzo ha fumato così tanta roba che non si può nemmeno finire di dare una reale motivazione.

“Il Glee Club della Brown vi invita tutti a partecipare alle selezioni del loro club super fico, fissate per dopodomani alle tre del pomeriggio…

“E parliamo, prima di alcune buone, buonissime canzoni da me-”

“Noi”

“-scelte, della partita di football dello scorso weekend! Abbiamo schifosamente vinto – si può dire o il rettore Cowell farà cessare il mio programma? – e tutto grazie al nostro quarterback! Il nostro magnifico, meraviglioso, splendido…”

“Adesso siamo tutti dubbiosi sulla tua sessualità, amico. Non c’è niente di male nell’essere gay, lo sai?”

Enzo sta al gioco, ridendo appena: “…sessualmente soddisfacente, Mikaelson! Kol Mikaelson! La cui sorella è… ripeto, posso dirlo?... schifosamente fantastica. Rebekah, se stai ascoltando questo programma, sappi che il mio invito è ancora valido”

“Vita privata a parte” -  inizia Damon scostando Enzo dal suo microfono – “è stata davvero una bella partita…”

“Ma tu nemmeno c’eri!”

“Bellissima partita”

“Argon, Ossigeno, Uranio, Azoto”

“Le tattiche di gioco hanno ammaliato tifosi e non”

“The”

“Ma anche la squadra avversaria non è stata da meno”

“Tungsteno, Ossigeno, Laurenzio reverse”

“Sì, quindi eccovi No Church in the wild di Kanye West, Jay Z e Frank Ocean!”

 

 

 

Argon, Ossigeno, Uranio, Azoto.

The.

Tungsteno, Ossigeno, Laurenzio reverse.

 

Elena vorrebbe averci pensato prima – adesso non si troverebbe nel bel mezzo della sua camera addobbata con i colori giallo e rosso, Bailando in sottofondo e Katherine schiacciata fra altri corpi che si stanno apparentemente divertendo. Sì, lo ha fatto davvero: ha seriamente firmato un foglio scrivendo, oltre che il suo nome con una calligrafia fin troppo adulta per lei, il numero della loro camera. Per partecipare al Giro del mondo in sette giorni. Dannata. Ragazza.

 

Argon, Ossigeno, Uranio, Azoto.

The.

Tungsteno, Ossigeno, Laurenzio reverse.

 

Erano scritti dappertutto, soprattutto subito dopo il programma radiofonico che aveva divertito un po’ tutti: chiunque, dopo di che, aveva iniziato a passarsi note e sussurrare poche parole per paura di essere ascoltati da un qualsiasi professore, o, peggio ancora, dal rettore Cowell.

“Io l’ammazzo” borbotta Bonnie alla sua destra, entrambe ai lati di quella che prima era la loro stanza. Adesso è uno stato – rettifica, un porcile pieno di oggetti pseudo spagnoli. Per i prossimi sette giorni il campus sarà pieno di stanze del genere, e che schifo.

“In America l’omicidio è illegale”

“Sì, beh, lo farò sembrare un incidente. E, comunque, siamo in Spagna, non hai visto?” – agita le braccia e alza di almeno un ottava il tono di voce, cercando di farsi ascoltare da Elena al suo fianco – “E non dirmi che è illegale anche lì, lo so già”

“Non avrebbe dovuto” – annuisce Elena, scrollando le spalle e spostando la massa di capelli color cioccolato sulla schiena – “Le parleremo”

“Con un coltello alla gola”

“Bonnie”

“Non può mentirci!”

“Tecnicamente ha solo evitato di avvisarci”

“Odio quella ragazza” – strofina le mani una contro l’altra e poi si guarda attorno, assumendo un’espressione distratta e persino un tantino preoccupata – “Ci sono troppe persone”

Elena annuisce e incrocia le braccia sotto il seno: “Spero che se ne vadano al più presto… dici che se non cambio la carta igienica e non faccio un salto da Tesco per comprare il ketchup piccante si scocceranno e andranno via?”

Bonnie scoppia a ridere di gusto, un qualcosa che parte dallo stomaco e la rende felice – nonché contagiosa – per i successivi due minuti e mezzo: Elena la segue a ruota e può solo prendere un respiro profondo quando replica dicendo che sì, forse succederà proprio quello, ma ora non può pensarci perché deve studiare con Liv del corso di Biologia avanzata… un’amica in meno anche oggi. Ieri era stato un progetto, due giorni fa il dormire, sabato tutt’altro… Sbatte le ciglia e ritorna alla realtà, in particolar modo su Katherine che si struscia su due ragazzi del terzo anno. Devono parlarle. Peccato che ci siano altri problemi prima di una Pierce particolarmente festiva.

“Ehi, voi, fuori dal mio letto, ora

 

 

Di Rebekah Mikaelson si può dire tutto: che sia meravigliosa, splendida, capace, ammaliatrice, un modello da seguire, che abbia un fisico perfetto e che i ragazzi non le manchino… ma non che abbia una famiglia esemplare.

La stanza del dormitorio maschile in cui si trova è pregna, innanzitutto, di un odore mascolino—di sicuro rintraccia colonia, bagnoschiuma al muschio e l’immancabile sudore dovuto agli allenamenti del fratello, Quarterback della Brown per una ragione ben precisa—non il suo cognome, benché giri voce che lui incarni una figura così importante al college solo grazie a quello, ma il tuo talento. Alla fine, pensa Rebekah, sono Mikaelson. Sono eccezionali in qualcosa per forza.

“Idiota?” lo chiama e lo scuote senza pietà, per poi arrabbiarsi perché non da segni di vita—non può davvero condividere dei geni con tipi del genere, giusto? Perché lei è stronza ma quasi perfetta, però il resto della sua famiglia può solo definirsi disfunzionale ma accademicamente infallibile—“Dai, Kol, devi muoverti”

Il ragazzo apre gli occhi, sfoderando la migliore espressione da “non rompere il cazzo, sorella” che abbia, il che fa solo infuriare la sua gemella e le sue palpebre, apparentemente non abituate all’intensità della luce solare.

Grugnisce, cerca il lenzuolo che lo copriva tastando le mani invano, dal momento che lei ha già provveduto a toglierlo del tutto dal letto.

“Ma cosa—“

“Non mi interessa se tu abbia un post sbronza o se sei così stronzo anche nel primo pomeriggio senza una reale spiegazione—sono venuta qui per una sola ragione, e non mi sembra nemmeno il caso di spiegartela”

Detto questo, lei ha esattamente la reazione che si aspetta: sgrana gli occhi, si tasta il petto nudo come alla ricerca di qualcosa con cui coprirsi o prepararsi, e mormora parole sconnesse, imprecazioni più che altro nemmeno tanto gentili che fanno però intendere a Rebekah una sola cosa: è sveglio. Ha capito la gravità della situazione.

Prende un respiro profondo e si mette senza troppi giri di parole a riordinare la  camera del gemello—beh, provare a dare un ordine a quello che ha di fronte e attorno è un po’ un eufemismo, ma tenta di dare un aspetto più o meno presentabile alla camera abitata da così poco (quanto è trascorso dal loro arrivo? Un mese, poco più? e fa già tutto schifo, lì dentro).

Alla fine, però, mentre entrambi stanno cercando di raggiungere un obiettivo, lo stesso obiettivo, i gemelli si rendono conto che non sono così tanto diversi. Nonostante tutto e tutti, sono una famiglia, c’è qualcosa che li lega per quanto si ostinino a non vederla.

 

 

Nella sua stanza c’è l’inferno—rettifica, c’è solo l’Olanda, ecco perché il fumo e le persone quasi del tutto svestite, nonché le finestre chiuse così da respirare soltanto erba, ammesso che sia possibile. Non sta respirando normalmente, chiaramente, e potrebbe avere un’emicrania ed è nella sua stanza da solo tre minuti perché sapeva che sarebbe successo e non ha potuto far nulla per evitarlo. Giustamente, è questo quello che accade con un certo Lorenzo e un certo altro Damon nel suo mini appartamento, nella loro grande camera, grande abbastanza per contenere almeno una ventina di persone che respirano davvero l’una sul collo dell’altra. E non è eccitante, dannazione. E’. Solo. Schifosamente. Schifoso.

Ha vent’anni, d’accordo—è uno studente grandioso, non eccelle, certo, ma in quello che fa ci mette passione. Ed ha anche qualcuno, una… ragazza. Okay, non sanno esattamente quello che c’è fra loro ma non ha nulla che gli manchi, qui a scuola. D’altra parte lo stesso non si potrebbe dire a casa… ma dettagli. Ha tutto, tutto, conduce una vita grandiosa e fa anche del sano sesso con una più grande di lui di pochi mesi.

(Non è infantile riflettere su questo, si dice mentalmente Stefan, accetta di buon grado quello che la vita gli offre e va bene così)

E’ sicuro che un tipo gli stia passando una canna quando la rifiuta gentilmente e si dilegua un attimo dopo, sbattendo la porta nella vana speranza che qualcuno – Cowell, ad esempio – faccia un giro da quelle parti, capisca e punisca.

La caffetteria è il suo posto preferito da quando l’ha scoperto e ha notato che la biblioteca viene usata da confraternite (cosa a lui esterna) e da persone con tutte le intenzioni meno quella di studiare—tipo suo fratello che cerca un codice astuto assieme ad uno di quelli che più lo odiano alla Brown (c’è lui e poi Damon, fino ad ora ritiene infatti che la classifica si limiti a due posizioni).

Si passa una mano fra i capelli quando constata che ci sono solo altre due persone oltre lui, lì, e questo lo rende estremamente felice—decide di appropriarsi del tavolo che più gli piace, quello situato all’angolo del locale, in un punto appartato e che concilia lo studio, soprattutto per uno che vuole essere avvocato come lui…  eppure, quando gli sembra che sia passata una buona mezz’ora, il flusso di parole che scorre nella testa man mano che legge il manuale, è interrotto da una presenza femminile.

Alza lo sguardo, sbatte le ciglia, sorride perché è lì—“Ehi”

“Ehi”

“Vuoi sederti?”

Lei annuisce, curvando gli angoli delle labbra all’insù e incrociando le gambe sulla poltroncina della caffetteria, subito calata nella lettura di quella che è una persona più vicina a lei di quanto lei stessa voglia ammettere.

 

 

“Dobbiamo parlare”

Damon sbuffa sonoramente, spegnendo la sigaretta sul muretto dell’esteso giardino interno, abbastanza desolato ma non del tutto, dal momento che c’è chi lo raggiunge a passo svelto persino quando è nascosto e sono solo le quattro del pomeriggio.

“Lo so”

“Hai—hai saputo?” Alaric tenta di mantenere un’espressione fredda e distaccata, ma il suo tono di voce lo tradisce e, nel frattempo, a Damon accade quello che accade sempre in presenza del suo professore. Allora stringe i denti e da un’ultima occhiata alla sua sigaretta, gettata per terra, cercando di affievolire e annegare quel tepore di sicurezza che solo Ric può dargli in un momento qualsiasi. E che cazzo.

Annuisce, incrociando le braccia per poi fermarsi ad osservarlo, un po’ titubante.

“Stefan sa qualcosa?”

Damon continua con il suo linguaggio non verbale, negando con il capo e incrociando persino le gambe, assumendo una posizione che urla terribilmente non-voglio-avere-questa-conversazione… ma d’altra parte Ric deve conoscerlo bene, perché non degna nemmeno di uno sguardo il suo corpo, essendo la sua vista fissa nei suoi occhi chiari, eppure non va a fondo nella questione, dando i propri spazi al quasi ventiduenne con un’ottima fedina penale.

“Sai cosa significa questo?” è quello che pronuncia, però, qualche minuto dopo, quando si è seduto accanto a lui e fissano entrambi il cielo ancora troppo chiaro per ospitare il sole tramontante e sfumature più calde e prettamente serali.

L’inverno è quasi alle porte ma la sua tacita presenza si fa percepire comunque: non avrebbero entrambi la pelle d’oca, ad esempio, o non ci sarebbe questo venticello inopportuno a spettinare i loro capelli.

“Credo di sì”

Alaric focalizza la sua attenzione su Damon, accennando un sorriso sghembo e annuendo, allora, per poi ritornare a guardare ciò che entrambi hanno davanti, in un silenzio confortante.


Bonsoir! Ebbene sì, non mi sono dimenticata di questa storia ahhaha al massimo è il contrario, dubito che ci sia qualcuno dall'altro lato a leggerla... uhm, comunque spero che vi ricordiate di certified e di me, soprattutto ahaha come ho già detto a qualcuno, è passato un lunghissimo e bruttissimo periodo, facilmente definibile come "no"... e chiedo scusa per non aver dedicato alla scrittura il tempo dovuto, soprattutto perchè ultimamente credo di aver ritrovato il piacere di scrivere e questo è diventato non solo un hobby, ma anche un calmante!
capitolo breve e di passaggio, in cui sono presentati/approfonditi altri importantissimi personaggi: Kol, Rebekah, Enzo, Liv, Stefan, Alaric... ci sarà del sano e bellissimo rapporto Kolbekah e questo mi rende felicissima hahaha qui sono gemelli, hanno la stessa età e dunque frequentano il penultimo anno... poooi: il rapporto fra Damon e Alaric è nato in passato, Katherine ha sì dei segreti, così come Stefan... si accettano scommesse su chi sia la sua pseudo ragazza ahah piccola curiosità, avete capito il codice?:))

vi avevo poi parlato di alcune novità ad inizio capitolo, ossia che (n.1) riflettendo sulla trama, mi sono resa conto di cosa avevo capito mesi addietro, vale a dire che Certified non può essere una minilong! e quindi è ufficialmente trasformata in long:)
proprio per questo (novità n.2) il rating potrà cambiare e scurirsi, non so ancora di quanto ma accadrà... forse presto #smutallert
che ve ne pare del banner? pur essendo arrugginita questo mi piace un sacco! a voi?:)
non credo di aver altro da dire!! fatemi sapere cosa ne pensiate, anche poche parole sarebbero gradevoli e di aiuto, nonché incoraggiamento! a volte il silenzio parla più di mille parole e questo mi terrorizza hahah
vi lascio con il primo capitolo di una mia nuova long > It was always you
spero a presto, un bacio!

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Capitolo 4
*** Knocking on heaven's door ***


http://www.polyvore.com/knockin_on_heavens_door/set?id=158110482

piccola nota di ambientazione: il capitolo ha luogo durante il quarto giorno del giro del mondo

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4. Knocking on heaven’s door

 

A quel punto io ho pensato: perché mettere da parte soldi per delle stupide scarpe per una stupida festa di Tyler? Tyler dà decine di feste al mese! E si da il caso che fra un po’ sia il mio compleanno—10 ottobre, hai presente? Quindi mi comprerà qualcosa—ed io potrò venire davvero per il ringraziamento!”

“Strabiliante, credi di potercela fare con lo studio?”

“Stai parlando con me, Elena: a nove anni associavo ad ogni giorno un’acconciatura diversa… ponytail, trecce, lisci, ghirlanda, boccoli… pensi davvero che non possa organizzarmi?”

“Evidentemente no” – Elena sbuffa mentre osserva attentamente i vestiti nel suo cassettone, cercando di trovare quelli da portare in lavanderia al più presto – “Senti, devo lasciarti perché fra venti minuti devo vedermi con il nostro RA… possiamo sentirci più tardi, in giornata? Ho bisogno di un po’ di Carolena

All’udire quelle parole, Caroline scatta in avanti facendo cadere il suo quaderno degli appunti per terra, tutti i fogli che accarezzano la superficie in marmo chiaro.

“Che c’è, Bonnie non è abbastanza di compagnia?”chiede stizzita, più per provocare che per semplice curiosità. “Non è la migliore amica che credevi di avere?”

Elena ignora la sua ultima domanda, alzando le spalle pur essendo cosciente che Care non possa vederla: “E’ distante, come se mi stesse nascondendo qualcosa…”

“Forse mi hai fraintesa: non ho esattamente voglia di aiutarti a riappacificarti con lei…” – schiocca la lingua sul palato, mettendo tutti gli appunti nel suo raccoglitore – “Non hai le altre sorelle, comunque? Non sei effettivamente sola”

“Hai ragione” conviene Elena, dopo aver messo il cellulare in vivavoce e cambiandosi vestiti. Non ha voglia di litigare con lei per una questione così banale e irrisoria: d’accordo, Bonnie e Caroline, benché siano due delle sue migliori amiche, non hanno un rapporto suggellato, sono semplicemente… conoscenti. Si sono viste due volte, una via Skype durante il primo semestre del freshman year, mentre l’altra durante lo spring break dell’anno sempre precedente e non si sono amate a prima vista; vi è un divario enorme fra loro, non soltanto perché di età differente, ma anche poiché rivali, in contesa per un qualcosa di illogico agli occhi di Elena. Nemmeno fosse una preda e loro due gli animali feroci pronti a contendersela.

“Ovviamente”

“Ti richiamo io, un bacio!”

Caroline Forbes getta tutto nella borsa, quaderni, fogli e cellulare compreso, la poggia delicatamente su una spalla e si incammina verso quello che sembra essere il punto di ritrovo di tanti alumni fra una lezione e l’altra. Le sue iniziano fra due ore, ma si sta preparando per un test di Calcolo necessario per ottenere il credito di metà semestre sperato. Passa l’indice sul naso per alzare la montatura degli occhiali da riposo che indossa, e non perde tempo nemmeno a sbuffare quando scende di pochi millimetri rendendo la sua azione pressoché vana.

E’ Tyler quello che le ruba del tempo, la distrae e cattura la sua attenzione svariati minuti dopo: si presenta all’improvviso, il solito sorriso sornione stampato sul volto e una di quelle maglie grigie che Care ama indossare nei loro momenti di coppia sdolcinata che gli cade perfettamente sul corpo tonico. Non la saluta direttamente—non pronuncia nessuna parola, si avvicina e annuncia la sua presenza per via del profumo che indossa da sempre, le lascia un umido bacio sulla guancia, facendole sgranare gli occhi chiari per poi vederla sorridere, un qualcosa di genuino e spontaneo che solo lui ha il privilegio di causare.

E’ unicamente dopo questo che le loro voci intervengono in quell’interazione muta: “Ceniamo insieme, oggi?” soffia Tyler sulla pelle diafana della guancia della sua ragazza.

“Certo” – assicura lei, le labbra increspate nello stesso sorriso di prima, le lenti ormai appannate – “Prenoto lo stesso tavolo del Grill?”

“Mhm” scuote la testa, poi alza le spalle, “Pensavo che avremmo potuto cambiare un po’ la nostra routine”

Alza un sopracciglio, scettica e presa alla sprovvista di fronte a un cambio di programma affatto presente nei suoi piani. “Ma davvero?”

Lui ride, poggiandosi sul bordo della panchina che la sua ragazza occupa. “Ci andiamo da quando ci siamo conosciuti” – ammette con una punta di quella che sembra quasi amarezza dovuta alla loro… monotonia, alla piega sicura e affidabile che la loro relazione sembra aver preso. Caroline gli da ragione annuendo lentamente – “Da più di un anno, quindi”
“Un anno e tre mesi”

“Esatto” – conviene – “Che ne dici di vederci con Matt e Sarah nel pub fuori al campus?”

“Matt e—Sarah? Chi è Sarah?”

“La ragazza che non ti piace” Caroline inclina il capo in segno di ammonizione, “Hai storpiato il suo nome lo scorso weekend, quando siamo usciti insieme”

“Non è vero!”

Savannah? Sahara? Sara senz’acca?” Tyler imita la voce chiara e limpida di Care ottenendo solo una gomitata in cambio. “Dico sul serio, potresti provare ad essere più gentile”

“Da quando siamo suoi amici? Da quando sei tu suo amico?”

La piega della loro conversazione non gli piace affatto e non perde occasione per mostrarglielo: sbuffa facendo vibrare le labbra rumorosamente, al che Caroline serra le gambe e si aggiusta la montatura sul naso.

Dai, Care? Lo faccio per Matt—siamo suoi amici, e gli amici si aiutano a vicenda. Si da il caso che questa ragazza gli piaccia. Molto, anche”

Passano poche decine di secondi prima che lei si lasci andare, (Tyler nota anche come il suo corpo si rilassi in modo evidente) e allora sorride, annuisce, lui le bacia una tempia, un tacito saluto e invito allo studio.

L’effetto che ha su di lei la stupisce tutt’ora, Elena non può capirlo ma lei lo sente, ne è quasi soggiogata e allora si dice che è questo l’amore, che è questo il sottostare ad una relazione. E sì, si ritiene anche piuttosto fortunata.

 

“…Parker?”

“Chi mi cerca?”

Elena muove qualche passo in direzione del RA ma si blocca nella frazione di secondo in cui lui si volta a cercare con lo sguardo la persona che ha pronunciato con un po’ di incertezza il suo cognome. Gli occhi scuri del ragazzo si immobilizzano sulla figura magra ma slanciata di Elena, i lunghi capelli color del cioccolato lasciati sciolti sulle spalle ancora un po’ abbronzate (a sua discolpa, può sottolineare come non ci sia nulla di bello da fare in una città come Boston in estate, quando non può raggiungere i suoi amici a Mystic Falls ed i suoi nonni non sono il massimo della simpatia: gli event garden con fiumi di champagne e sole crudites da ingerire sono anche la migliore occasione per colorare quella carnagione olivastra ma a tratti pallida e candida che si ritrova ad avere).

Ha un accenno di barba sul volto ben delineato ed Elena si mette persino, per qualche secondo, a contemplare la mascella ed il sorriso abbozzato ma divertito che ha—non passa in rassegna la tshirt grigia ma aderente con il simbolo della Brown che indossa, né i pinocchietto color cachi che fasciano le gambe atletiche, nope.

(E’ semplicemente il suo RA, dannazione.)

“Io, suppongo” – gli porge una mano facendo oscillare la cascata di capelli in avanti, andando a coprire quella parte di pelle ambrata scoperta dal top in pizzo blu che indossa – “Elena. Elena Gilbert”

Lui corruga per un attimo le sopracciglia ma annuisce e sporge il corpo in avanti per ricambiare la stretta: “Omega Psi Delta?”

I suoi occhi devono illuminarsi prima che possa controllare i suoi gesti, perché lui si lascia andare ad un’espressione visibilmente rilassata mentre sorride compiaciuta.

“In realtà è proprio per questo che sono qui: stiamo organizzando la serata di iniziazione e c’è bisogno della tua firma sul documento del verbale. Burocrazia e tutto”

“Mhm” – prende il foglio che Elena gli porge non degnandolo di uno sguardo e tenendo gli occhi scuri fissi in quelli della sophomore – “Quindi ci saranno in giro delle sorelle” abbassa lo sguardo prolungando la e finale “da queste parti, nel fine settimana”

Lei annuisce ed inclina il viso mentre continua a parlare: “La struttura delle Omega è in fase di ristrutturazione perché abbiamo scelto di anticipare i lavori così da organizzare lì le feste del semestre, quindi la scelta del posto si è focalizzata sulla camera più spaziosa, la mia”

“Interessante”

Stringe gli occhi fino a formare due fessure ma tenta comunque di camuffare la sua espressione di curiosità con la miglior poker face che abbia, anche se crede di fallire. Come dire… lui le regala un ampio sorriso e allora Elena sa di non esserci riuscita. Lo sguardo scuro e penetrante che lui si ritrova ad avere la mette però in difficoltà, la scruta ed è come se capisse e questo le fa tingere le guance di un rosso pallido.

Rimangono così per una decina di secondi, finché un rumore nella camera del RA li distrae e dissolve l’atmosfera di pensieri galleggianti che aleggiava fino a poco fa: lui stringe il foglio e prende la parola, osservando un’Elena sempre più ammaliata da un je ne sais quoi che non capirà mai, probabilmente.

“Devo firmare—vuoi seguirmi? Ci vorrà un attimo”

Elena annuisce ed il profumo alla mela caramellata dei capelli di lei deve colpirlo—trattiene il respiro per tre, quattro secondi prima di darle le spalle e accoglierla silenziosamente nella camera più mascolina che la sophomore abbia mai visto.

Gli occhi da cerbiatta curiosi si muovono rapidamente per la stanza ampia e così Brown che lui occupa: foto, vestiti più o meno sparsi sul letto e svariati fogli sulla scrivania occupata, da un lato, da libri spessi di Legge e Giurisprudenza che Elena conosce bene (i suoi nonni hanno una libreria piuttosto ampia nell’attico di Boston che occupano più spesso, dove Elena si ritrova a trascorrere l’estate autodefinendosi la miglior esemplare di società medio alta e di età inferiore ai ventun’anni che possa incarnare Nick del Grande Gatsby a casa di Jay. Versione femminile, ovviamente)

Trova tutto estremamente piacevole ed accogliente, ogni cosa al suo posto anche se, effettivamente, fuoriposto…

Infila le mani nelle tasche posteriori dei pantaloncini in denim chiari a vita alta che ha rubato da un membro della sua famiglia tempo addietro, sorridendo appena a qualcosa di indefinito nella camera del suo RA.

“Ecco fatto” – biascica con voce bassa mentre firma due volte su quel foglio un po’ stropicciato – “Elena, giusto?”

“Yep”

Sorride sghembo porgendole il foglio, che afferra dopo aver spostato, con una scrollata di spalle, i capelli dietro la schiena. “Perfetto” mormora più a lei che a Parker.

“Sono a tua completa disposizione per qualsiasi cosa, sai… da autorità ad autorità”

E’ certa di arrossire, anche se una parte di lei è graziosamente divertita da quell’intervento con significato subliminale che lei ha colto—dopotutto, è amica di Caroline, e ha visto (sentito) cose riguardanti Katherine che vorrebbe dimenticare.

Annuisce mordendosi il labbro inferiore, per poi salutare il suo RA con un gesto rapido della mano e dargli le spalle, tornando verso la sua stanza.

 

Non è chiaro a nessuno il perché abbia cacciati tutti dalla sua stanza, trascinando fuori dalla porta persino il takeaway cinese che lui ama profondamente—c’erano giorni, nell’anno precedente, in cui si sedeva su quel divano rosso accendendo la tv che due membri onorari come loro potevano avere in camera: Stefan era felice all’idea di trascorrere tempo con suo fratello, in totale tranquillità e mangiando cinese. A Damon mancava la sicurezza che ora sono gli OC, ed era più scontroso di così, aveva meno Alaric anche se, ripensandoci, la cosa, anche adesso, lo manda in bestia comunque.

Si passa una mano sulla fronte, solo, nella stanza: Enzo è a lezione mentre di Stefan nemmeno l’ombra, lui ha cose a cui pensare eppure non può far altro che rimanere lì, immobile. C’è Alaric, c’è lo studio, c’è l’essere presidente ed un fratello, deve semplicemente scaricare la frustrazione e nervosismo che lo riempiono fino al collo e c’è persino Elena—Cristo, quando è diventata un casino la sua vita?

Ha la vaga tentazione di accendersi qualcosa (forse anche l’intera stanza) ma opta per quella che è l’azione migliore: è un cazzo di fottuto genio.

Ecco perché, duecentosettantré passi dopo, tre chili fra le mani e due sigarette nella tasca posteriore dei jeans, insieme a fogli stropicciati ed una matita mangiucchiata, è nella lavanderia del piano superiore a quello in cui alloggia. Ci sono almeno quindici lavatrici enormi, e l’immancabile profumo di detersivo che –può negarlo fino alla morte- adora con tutto se stesso. Che idea grandiosa: lavarsi le mani – o maniche, in questo caso – per togliersi di dosso quel marciume che alcune persone gli gettano addosso. Alaric, per alcuni versi, Enzo il cazzone per altri, una bambina che crede di saperla lunga, chiaramente, mezzo campus, fra l’altro.

Si siede su una panca a ridosso del muro bianco impregnato di detergente, con l’intento di compilare quei dannati fogliacci; la cosa va gonfie vele, pensa addirittura alle prove di iniziazione con cui sottoporre le matricole OC wannabe—se Rick lo vedesse sarebbe fiero di lui: la cosa non può che farlo incazzare, però.

“No, era come se—Caroline, dannazione”

La figura della bambina che ha contestato prima si pone dinanzi ai suoi occhi, di spalle, in aggiunta: tutto ciò che vede è un corpo sinuoso, pelle particolarmente olivastra e capelli lucenti che farebbero concorrenza a quelli di Stefan, pensandoci.

Non collega subito al fatto che sia lei, che sia lì—rimane come un impalato a fare il maschio alfa guardandole il corpo, non prestando nemmeno attenzione a quella voce morbida che diventa più acuta quando deve rimproverare una certa Caroline.

Sabato non è stata la giornata nazionale della vista perspicace, realizza: avrebbe visto oltre quella ragazzina che gli gettava liquidi bollenti addosso e si proponeva, con gentilezza calpestata, di dargli una mano ed essergli amica. Avrebbe intravisto oltre, superficialmente parlando, e avrebbe trovato, senza nemmeno pensarci troppo, un modo per farla tacere. Più modi per farla tacere. Giura di non guardare le sue gambe quando si focalizza anche su ciò che sta dicendo (“Ammaliante è il termine che stai cercando, credo… Caroline, non tutti i bei visi devono solo portarti a letto”). Ma prima regola che si apprende quando si vuole sbloccare il livello quattro: Damon mente.

Poggia il cellulare sulla lavatrice, mettendolo in vivavoce: “Dico solo che potresti usufruire della sua offerta… potresti aver bisogno di firme? Fogli? Carta igienica? Un appuntamento?”

“Daccapo” – ripete lei evidentemente a disagio dalla piega che sta prendendo quella conversazione – “Non gli chiederò di uscire… è un bel faccino, sì, ma non ho voglia di iniziare una qualche relazione, Care—e no, prima che tu lo dica: non uscirò per andarci a letto, grazie tante, e se mai avrò bisogno di aiuto su quel fronte sarai la prima a saperlo”

La prima a saperlo? Devi dirmi qualcosa, ninfomane?”

Damon lo chiamerebbe origliare ed è per questo che ha una vaga intenzione di tossire per farle rendere conto della sua presenza—ma lei squittisce rapida prima che possa darsi una mossa: “No! Non intendevo suonare così disperata—e no, Care, non era un’avance, non sono ancora passata dall’altra sponda—“

“Cristo, dovresti proprio prenderti una serata e divertirti con la tua amica squilibrata e piena di alcool… risorse, intendevo dire risorse”

“Mi assicurerò di chiamarti nel bel mezzo della sbornia per farti sentire così tanto in colpa che non potrai riagganciare sino a che qualcuno non mi avrà portata a vomitare”

“Mhm, ottimo piano! Io devo prepararmi per uscire con Tyler, e cercherò di fare quello che tu desideri tanto disperatamente— vuoi il resoconto domani mattina?”

“No, a meno che non includa tutti i meravigliosi attributi di Sarah”

“Non c’è nulla di male nell’essere lesbi—“

La ragazzina ha riattaccato. Damon ne è quasi stupito. Chiusa la telefonata, però, si sente in imbarazzo e non è sicuro nemmeno del perché: insomma, non è che abbia origliato di proposito e in fondo la buona educazione (o vista, cosa che comunque lui non ha avuto sabato) presuppone il controllare che non ci sia nessuno a cui tali conversazioni origliate potrebbero dare fastidio. O, sempre nel suo caso, solleticare la sua attenzione. Non che la vita sessuale della bambina gli interessi, è una bambina e rimarrà tale anche durante il suo senior e quando avrà un lavoro e bambini come lei. Punto e basta.

Damon non è noto per essere perspicace, quando ha la testa fuori posto. Tantomeno sveglio o non idiota o non coglione—ecco perché potrebbe chiedersi anche fra dieci anni il motivo di tanta sua stupidità. Lei è intenta a far la lavatrice quando lui lo fa, prima si schiarisce quasi silenziosamente la voce, la fa sobbalzare per poi immobilizzare e “Ciao”, soffia, le mani sulle ginocchia che stringono i fogli degli OC.

Le lunghe gambe di Elena ruotano pian piano per rivolgersi verso la voce parlante (qualcosa gli dice che ha compreso chi lui sia) e potrebbe ricevere cento punti solo per aver finto totale indifferenza: gli occhi non si sgranano, non salta di paura, finge di non aver mai avuto una conversazione a cui lui ha sicuramente assistito.

“Ehi”

La cosa sembra finire lì: lei torna ai suoi vestiti, lui con lo sguardo incollato alla schiena della bambina che adesso lo percepisce. Quando è diventato così cretino, davvero? Vuole battersi una mano sulla fronte ma è troppo impegnato ad essere deficiente, i fogli che diventano quasi sudati fra i suoi palmi e lo sguardo sempre fisso e attratto—rettifica, attirato da qualcosa che non può avere nemmeno residenza nella sua testa.

Si volta di scatto, poggiando le mani ai bordi della lavatrice e disponendo i gomiti nella sua direzione.

Damon apre la bocca e non la chiude, dimostrando quanto sia cretino.

“Dimmi se ti do fastidio” – muove mento e occhi in direzione dei poveri pezzi di carta – “Con il rumore della lavatrice e tutto”

“Mhm” si schiarisce la gola, muove la mascella e sbatte le ciglia. “No, in fondo—tecnicamente non è il mio posto, questo”

“Posto sbagliato al momento sbagliato, duh?” la bambina si pente all’istante di quanto detto, ma lui la batte sul tempo.

“Avrei dovuto fare un cenno, un qualcosa—posso dimenticare quando sentito”

Lei inclina il capo e schiude appena le labbra, per poi stringerle in una linea sottile. “Non è un problema, non credo che tu sia il tipo da…” – fa un cenno con la mano – “diffondere notizie in giro. Non che ci sia qualcosa da diffondere”

“Cristallino”

Annuisce e la parvenza di un sorriso sembra impossessarsi delle sue labbra. Damon risponde con altrettanta fugacità e tornano in un batter d’occhio a far quello a cui avrebbero dovuto dedicarsi dall’inizio.

Un attimo dopo sono ancora al punto di partenza.

“E’ stato… imbarazzante

“Ho già dimenticato il nome della tua amica” espone i palmi nella sua direzione ed Elena Gilbert è la persona più sollevata dell’intero campus.

“Non intendevo suonare patetica. O disperata. O entrambe le opzioni. E’ che Caroline mi fa così infuriare”

Damon annuisce, “Comprensibile”

“E la verità è che questo continua ad imbarazzarmi” – lo indica distrattamente – “Magari è imbarazzante anche per te, ma non potresti riderci su? Dirlo a qualcuno? Avere una reazione? Ignorare la vicenda?”

“Hai conosciuto qualcuno, forse vorresti andarci a letto, farlo non è la tua priorità… sono cose che capitano” annuisce seppure non riesca, adesso, a trattenere un sorriso più ampio “…Credo”

Elena arrossisce e Damon pensa che la sua pelle faccia un incredibile contrasto con la canotta in pizzo blu.

La sophomore non fa che sentirsi osservata quando il deficiente stesso, l’altro giorno, non l’ha degnata minimamente di uno sguardo così… intenso. Dannata Caroline, quella telefonata e gli ormoni. Dannazione.

Annuiscono entrambi a qualcosa di tacito e insensato e tornano ai loro obiettivi per i successivi quarantacinque minuti, in un silenzio che non ha più il sapore di tensione di alcun tipo, nonostante Elena si irrigidisca al ricordo, forse, di quanto successo e Damon le scocchi comunque occhiate attente

Fino a che lei non si lega i capelli in una coda alta che mette in evidenza il collo affascinante e porta via i vestiti umidi.

Damon allora prende un profondo sospiro ma deve bloccarsi perché il volto a cuore e gli occhi scuri della bambina fanno capolino nella stanza ampia: “Se quei fogli sono quello che penso siano… sappi che c’è un co-presidente il cui compito è proprio quello”

Elena gli ha sorriso.

 

Rebekah si aggiusta distrattamente la gonna, abbassandola di qualche centimetro, azione dovuta al movimento veloce delle sue gambe dirette verso la stanza del gemello. E’ forse una delle giornate peggiori della loro intera vita. Scuote la testa e infila nella toppa le chiavi che ha chiesto, in modo del tutto illecito, al compagno di stanza di Kol. Non è esattamente nei suoi piani bussare—quattro secondi dopo ha la mano destra a coprire la bocca e si rimprovera mentalmente.

Il fondoschiena di suo fratello che si muove rapidamente non è quello che avrebbe voluto vedere di lui e Rebekah vorrebbe subito essere ingenua e non collegare la nudità evidente di Kol vicino al davanzale della finestra semichiusa con i conseguenti movimenti, ciò che sente e la mora con la testa all’indietro i cui vestiti sono sparsi per terra.

Ha la mezza idea di scappare a gambe levate, ma pensa che così facendo lascerebbe la porta aperta e dio solo sa quanto non se lo possano permettere.

E’ così immobilizzata da far paura ed il bello (brutto) è che i due non si rendono conto della sua presenza ed urlano in preda al piacere, in più non vuole davvero pensare a suo fratello che grugnisce e nasconde il viso nell’incavo del collo della ragazza di turno. Gli occhi di quest’ultima si sgranano a tal punto che lei urla, e tutto ciò a cui Rebekah può pensare è quanto sia orrendo dover raggiungere un orgasmo così.

(Lei è sua sorella e vorrebbe essere più ingenua)

Tutto ciò deve sembrare normale a Kol, il quale afferra l’occasione per baciare il collo della ragazza, schifosamente continuando a muoversi.

Questa, però, muove le mani dalla schiena nuda di suo fratello sino alle spalle, che tenta di scuotere per catturare la sua attenzione. Cosa che succede tipo due minuti dopo, quando Bex è ancora immobile di fronte alla porta chiusa alle sue spalle.

(Si chiede se possa diventare zia)

Una frazione di secondo dopo, delle urla riecheggiano nel campus e potrebbero persino scuotere Caroline, al Whitmore. Eppure c’è chi ride e pensa a cosa sia successo in modo assolutamente pacifico, e quel qualcuno è Alaric, con le gambe incrociate sulla scrivania che cerca a tentoni, con la mano destra, di togliere il doppiofondo del cassetto.


  • RA: Resident Advisor, Resident Assistant - Nel dormitorio universitario, un RA è lo studente leader. Mantengono l'ordine, fungono da punto di informazione per gli studenti, organizzano eventi e generalmente lavorano per mantenere un'atmosfera positiva ed una comunità d'apprendimento. Ad alcuni residenti non piacciono i RA dal momento che sembrano soltanto delle figure di autorità che li fanno finire nei guai perchè violano la linea di condotta. (mia traduzione veloce, rispetto a quanto preso da Urban Dictionary perciò mi scuso per vari errori) Ho inventato quanto detto per i moduli/verbali per le confraternite, non so come avvengano le procedure in America o nei college ma credo che in un'università come la Brown ci tengano a capire perchè ci siano così tante ragazze in una stanza, intente a fare iniziazioni a nuove arrivate, ecco tutto.

bonjouuuuur!

come va? chi mi conosce ha forse notato la mania che ho di voler pubblicare in giorni "speciali", ecco (si pensi a give me love, il primo capitolo di certified, l'epilogo dello strano caso,  the absurd left behind), e per questo decido di pubblicare qualcosa nell'addio sottotitolato del personaggio a cui si deve questa storia, l'ispirazione ed il titolo, ossia Elena Gilbert (non ho visto l'episodio ma mi sono spoilerata da brava buzzkill -almeno per quanto riguarda l'ansia disperazione attesa ai massimi livelli- che sono)!! spero di non piangere (ahahhah) o rimanerne in qualche modo delusa, cosa che invece ha provocato la reazione di Ian a questo episodio... mi chiedo perchè Nina continui a dedicargli foto e a considerarlo ancora come un buono amico quando lui vuole che l'attenzione dei fan si sposti su damon piuttosto che sull'addio dellla PROTAGONISTA. E perchè tenga a sottolineare che Nina non è andata via per colpa sua o di Nikki (se non erro ha pubblicato un tweet con un articolo che parla proprio di questo)... io rimango del parere che abbia fatto del bene a sé stessa, ambiente, costar, ex amiche a parte. E' troppo giovane perchè possa rovinarsi, e l'amore per un qualcuno, un uomo nel suo caso, anche "finito", credo, non definisce chi siamo.
Parentesi chiusa, che ne pensate del capitolo? :)
Il titolo è preso da una canzone di Raign che amo tanto tanto (incolpo la scena bellarke del 2x16), e che vi consiglio! per il resto, si collega a queste porte aperte-chiuse-a cui si bussa o meno che intervengono nel capitolo, inserite anche involontariamente devo dire! ho deciso di aggiungere la digressione iniziale con Caroline (che non doveva essere un personaggio ricorrente, ma) per meglio inquadrarla, miss ordine e amica e ragazza un po' gelosa che è, e per sottolineare il suo legame con Tyler:)))
elena è un po' il centro del capitolo, anche se vediamo daccapo i kolbekah in azione (o solo Kol, in questo caso) o l'entrata in scena di un personaggio che sarà piuttosto OOC dato il suo ruolo in tvd, Kai... spero non vi dia di pazzo maniaco e anzi, vi piaccia come piace a me (sempre quando non sfiora il limite massimo di villain che ricopre... almeno per la prima volta ne vediamo uno che non si può redimere, cosa che è successa con elijah, klaus, katherine, damon, enzo, e tutti gli altri pseduo cattivi)
Elena-Damon!! Cosa ne pensate? sono curiosa di sapere i vostri pareri, perchè questi due testoni erano e sono per certi versi agli antipodi e farli passare dall'odio ad amore mi sembra sempre più difficile ahahha questo intervento però ha fatto diminuire la tensione fra loro:)
non mi dilungo ulteriormente se non dicendo che spero sempre che questa storia piaccia, per me è un esperimento per tante ragioni e due parole possono aiutare nell'intento di aiutarmi (scusate il gioco di parole)... vi lascio, a presto :*
fede

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(chris in the carrie diaries mi ha conquistata, ma dettagli)

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