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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sorority girl and fraternity boy ***
Capitolo 2: *** Oh my, we're going down ***
Capitolo 3: *** Aroun' the worl' ***
Capitolo 4: *** Knocking on heaven's door ***
Capitolo 1 *** Sorority girl and fraternity boy ***
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1. Sorority
girl and fraternity boy
potrei
suggerire che l'ho già vista prima
da qualche altra parte
giusto per fare la prima mossa
monologhi ubriachi, confusi perchè
non è che mi sto innamorando
voglio solo che tu mi faccia male
e sembri una che è capace di farlo
No.
1 Party Anthem, Arctic Monkeys
La
vita al college di Damon Salvatore si può brevemente
riassumere mediante pochi numeri. Quindici, le sbronze
nell’ultimo semestre. Undici, i giorni mancanti alla fine del
noioso, noiosissimo terzo anno.
Tre, gli esami non dati. Sette, i compagni di stanza cambiati in due
anni. Dodici, le lezioni saltate. Due, gli amici che si è
fatto in quest’arco di tempo. Innumerevoli, le ragazze che si
è fatto nel medesimo arco
di tempo. Inscrivibile, la voglia di voler andar via e buttare tutto
all’aria.
Ma.
Uno,
l’anno che gli resta da frequentare.
Il
suo Senior Year alla Brown… chi l’avrebbe mai
detto? Non suo padre, pensa
sarcasticamente Damon, mentre rotea gli occhi al cielo e apre la porta
della sua stanza. Mancano undici fottuti giorni, e sino
all’ultimo (nonostante sia costretto a vederlo anche a casa,
lui gli fa visita… assurdo)
deve sopportare le ramanzine di una matricola: Stefan Salvatore.
“Cosa
ti fa pensare di avere il controllo totale sugli Omega Chi,
sentiamo?” Damon vorrebbe non ridere, in effetti, ma gli
bastano pochi attimi per scoppiare in una sonora risata. Suo fratello
è… così ingenuo.
(matto è la prima parola che
gli è venuta in mente, dovrebbe ammettere, ma, senza offesa,
la coppia Stefan-matto non rende nemmeno l’idea…
L’immagine di suo fratello, del perfetto fratello minore, non
esprime pazzia. Peggio -- Damon non
è così cattivo,
forse non lo è e basta, il punto sta nel fatto che non lo
vuole ammettere. E fa quello che sa far meglio al mondo: mentire.
Quindi sì, matto, ingenuo… quel che si voglia)
“Il
fatto che loro mi vogliano come presidente della confraternita,
forse?” ghigna Damon stravaccatosi sul letto, i colori rosso,
bianco e marrone
che
catturano l’attenzione di chiunque entri nella stanza.
“Loro
co—cosa?”
Stefan
è così sorpreso che Damon potrebbe persino
offendersi. Ma non lo fa, stringe le labbra ed annuisce distrattamente.
“L’anno prossimo. Mio Senior Year, i loro semestri
indimenticabili. E’ un’offerta
promettente”
Stefan
incrocia le braccia. “Dovrai prenderti la
responsabilità di certe cose… sai?”
Alza
gli occhi al cielo. “Andiamo, non è
successo nulla” Ed ecco perché
Stefan non è in nessun Club del campus. Ecco perché
non verrebbe mai accettato negli OC, nemmeno avendo superato tutte le
prove di iniziazione.
“Nulla?
Aver tinto di verde le palestre della Brown è nulla? Tu che
hai dato l’ordine e non fai nemmeno parte degli Omega
Chi…?”
“Ecco
perché mi vogliono e mi vogliono presidente”
Damon scatta con un sorriso bonario sulle labbra “Non capita
tutti i giorni di incontrare una persona con
così… influenza? Carisma? A te la scelta,
Stef”
Questi
arranca un sospiro stanco. Calato il silenzio nel dormitorio, Damon non
riesce a non osservare il sangue del suo sangue: Stefan, invece, sembra
che stia scegliendo le parole da pronunciare con cura maniacale.
Deglutisce.
“Mancano
undici giorni – undici, dannazione, anche meno di due
settimane. Ti prego, Damon, abbi cura di te”
Undici
giorni e qualche mese dopo, Elena Gilbert ha due trolley stretti nelle
mani affusolate e un sorriso raggiante stampato sulle labbra piene, che
fa venire i brividi a chiunque posi lo sguardo su di lei. Si potrebbe
dire che è persino contagioso. Elena ama la Brown, davvero,
l’ha amata l’anno precedente come freshman e
l’anno ancor precedente quando alcuni professori del corpo
docenti le hanno fatto fare il tour completo dopo la lettera in cui
dicevano che l’accettavano con piacere nel loro college e
speravano “che la nostra lieta dimora divenga tale
anche per lei, miss Gilbert”.
Ma
se c’è una cosa che le manca, quella è
la sua amica Caroline, un anno più grande di lei, che
frequenta il Whitmore non avendo avuto altra scelta. Il Whitmore, lo
stesso a un’ora di distanza da Mystic Falls, lo stesso che
avrebbe accettato senza batter ciglio Elena se solo vi avesse fatto
domanda… Caroline non era stata semplicemente accettata
dalle sue prime cinque scelte. Brown, UCLA, NYU, Yale e persino la
NYADA per cui si era esibita in una perfetta, a
detta sua, performance di “Don’t rain on
my parade”… avrebbe fatto un baffo a Rachel
Berry se solo avesse avuto un
quarto del talento della suddetta.
Caroline
le aveva scritto una lettera – sì, forse erano le
sole a farlo in tutta l’America, ma a detta di entrambe
rafforzava il loro legame – in cui diceva che non le dava
fastidio, no di certo, era la sua migliore amica e il college dei suoi
sogni. Ma aveva dei bei ricordi al Whitmore e persino un affascinante
professore di Biologia. Quindi era tutto come prima. Splendido.
Elena
aveva degli amici, alla Brown. L’unico problema è
che non li aveva visti per tutta l’estate. Bonnie Bennett, ad
esempio, dagli occhi grandi e scuri e i capelli mossi che le ricadono
dolcemente sulle spalle. Le sorride, adesso, perché
è di fronte a lei, ed entrambe si trovano
all’ombra della porta marrone ed enorme chiusa di fronte a
loro.
La loro stanza
del dormitorio!
“Non
ci credo, per fortuna siamo assieme… non avrei sopportato
quelle del primo anno, sai? Ne ho viste alcune quest’estate,
durante i corsi di approfondimento che ho fatto… orrende. Delle
sgualdrine diciannovenni convinte di poter cambiare le gerarchie della
Brown. Sì, certo, come
no!” borbotta divertita mentre Elena inserisce le chiavi
nella toppa ed apre la porta.
Subito
si abituano alla luce soffusa data dalle imposte semichiuse della loro
vecchia stanza… ci sono i due cassettoni enormi beige, le
bacheche vuote con pochi puntini dati dalle foto che avevano appeso
l’anno precedente… il parquet, la stanza che altro
non è se non il bagno comune…
“Elena…”
…e
tre letti. Tre. Tre?!
“Bonnie,
che tu sappia avremo una coinquilina, quest’anno?”
domanda Elena con una sfumatura di preoccupazione nella sua voce.
“Sì”
ribatte una voce convinta più di quanto lo sia quella di
Elena. E anche quella di Bonnie.
“Tanto piacere, Katherine Pierce”
Katherine
Pierce non era nei piani di Elena e Bonnie, tanto per cominciare.
Perché già l’idea di avere un estraneo
quasi amico per coinquilino non è il massimo della
tranquillità (eppure Gilbert e Bennett si sopportano. E
adorano, per certi versi) sperata, ma averne un altro, l’anno
seguente, non le rassicura. E principalmente perché suddetta
ragazza è una “delle sgualdrine
diciannovenni convinte di poter cambiare le gerarchie della Brown”
intraviste agli stand estivi per il giardino della Brown
quell’estate da Bonnie. E, oh, santo cielo, quanto
è piena di sé! Per non parlare
dell’ordine maniacale, degli orari del bagno e quello delle
sere – se (e solo se) Katherine ha intenzione di portare un
ragazzo nella loro stanza.
Le
prime settimane di studi non sono affatto come sperate e la ragazza ne
è la causa: Elena cerca di evitare la propria stanza, la
freshman insopportabile e bellissima che attira numerosi curiosi nelle
vicinanze del loro corridoio e, soprattutto, lo sguardo di questa,
Katherine, se intercettata nel campus.
Eppure
ha una distrazione: le Omega Psi Delta, di cui sarà
co-presidentessa quest’anno. Si stampa un adorabile sorriso
sulle labbra quando va a lezione, Storia, per l’appunto.
“Salve
a tutti” – quello non
è il loro professore, realizza Elena sbattendo le lunghe
ciglia – “Sono Alaric Saltzman, senza cappa finale
e troppo giovane tanto da essere scambiato per un Senior.”
Questo scatena qualche risata fra i compagni di corso, Elena inclusa.
Dove diavolo è il signor Tanner?
“Il
vostro professore, signorina…?” osserva Elena e la
incalza a parlare. Lei deglutisce e risponde in fretta e atona, come un
automa.
“Gilbert”
“…Signorina
Gilbert, mancherà per il tempo necessario a
riprendersi. Brutti scherzi di confraternite, mi dicono. Meglio non far
nomi, questa storia potrebbe risultare persino più
interessante di quella vecchia e logora da studiare durante
l’anno”
Altre
risate si scatenano dopo il borbottio di dissenso di Saltzman, mentre
Elena apre il libro senza fiatare. Tanner l’adorava
– nonostante l’essere burbero e cinico. Aveva una
certa predisposizione per lei, per il suo essere buona e attenta,
rapida nell’alzar la mano e rispondere correttamente, senza
mai tentare di sfidarlo.
“Allora”
– riprende il professore dopo qualche attimo di lieve
confusione – “Chi sa dirmi qualcosa sulle
popolazione Azteche?”
E
la mano di Elena è già scattata in aria, facendo
sorridere Alaric e lasciandogli dimenticare una faccenda più
complicata e fin troppo divertente, un Omega Chi con l’aria
di essere chi ben presto sarà sulle bocche di tutti,
daccapo dopo una certa palestra
verde.
“Che
razza di pazzo farebbe ubriacare
e collassare un professore facendolo immischiare in una festa di
confraternita dove gira dell’alcool anche fra
minorenni?!”
“Non
ne ho idea?” – ribatte sarcastica
Caroline, al Whitmore e stesa sul suo letto, con un libro di
Microbiologia fra le mani – “Ma
se lo scoprissi sei obbligata a farmi sapere tutto su di lui –
il mio sesto senso dice che è qualcuno di profondamente
affascinante e scopabi-“
“Caroline!
Santo cielo, devo ricordarti che sei quasi fidanzata, pazza per il tuo
professore e non hai cinque sensi? Il tuo tatto manca terribilmente,
sarcasticamente parlando”
“Ed
è per questo che mi reputo offesa. Attacco fra
tre… due…”
“Caroline!”
“Uno…
ciao ciao, Lena, vado a divertirmi e ad usufruire del mio tatto
meraviglioso!”
Allunga
le gambe sul letto e chiude gli occhi, sospirando rumorosamente.
Caroline è … Caroline. Senza ulteriori parole che
possano descriverla. Anche perché, riflettendo, Elena lo
nota: non ce ne sarebbero altre.
All’improvviso,
così come è entrata nella sua vita, la porta del
loro bagno di apre, di scatto, facendo sobbalzare Elena per lo spavento
e mostrando una Katherine avvolta in un asciugamano bianco gocciolante.
Per qualche attimo si era dimenticata della sua presenza.
“Ehi, Lene,
non sapevo fossi qui!” il tono di sorpresa usato quasi
convince Elena. Katherine sorride amabile, frazionando i lunghi capelli
con un altro asciugamano e continuando ad osservare la sua coinquilina.
Poi la sua espressione cambia: è come se fosse sul punto di
parlare, ma qualcosa la bloccasse.
“So
che il nostro rapporto non è dei migliori, perché
sono sbucata all’improvviso nella vostra vita e
stanza… ma voglio davvero conoscervi, essere vostra
amica” sorride calorosamente e si siede al bordo del letto di
Elena. Sono tre i dettagli che le rendono esteriormente simili: la
pelle olivastra, la cascata di capelli cioccolato e i grandi occhi del
medesimo colore. Eppure, nonostante i tratti somatici quasi identici,
le due sono basicamente diverse. Appaiono, persino a prima vista,
differenti.
Elena
la scruta senza proferir parola, il che sembra incitare Katherine a
continuare.
“Che
ne dici di bere qualcosa alla caffetteria del Campus e studiare
assieme? O semplicemente bere e parlare… ho le mie amiche”
e detto questo indica con il capo qualcosa che Elena non aveva notato
prima: la borsa ai piedi del letto della sua coinquilina. E’
aperta, intenta a mostrare due fiaschette argentate di
alcool…
“Whisky”
si affretta a specificare, mentre un sorriso increspa le sue labbra
rosee e carnose.
“Facciamo
adesso?”
La
caffetteria alla fine del grande giardino interno, quella sempre
affollata dopo le lezioni e la sera, adesso è
pressoché vuota, il che sembra rallegrare Katherine.
E’ un locale molto grande, ben illuminato e grazioso nella
sua semplicità. Ci sono diversi tipi di tavoli, da quelli
più semplici (rotondi con sedie di legno scuro) ad altri
più complessi e quasi sempre occupati (rettangolari con
divani e poltrone in ecopelle bordeaux). Ed è pieno di luci,
cosa che piace ad Elena: il buio la spaventa, poi questo va a braccetto
con l’equilibrio della Gilbert che sempre più
spesso pare vacillare fino a scomparire. (L’alcool
aiuta molto in questo. Elena non
ne è dipendente, ma crede fermamente che aiuti gli studenti
più laboriosi che, pur facendo parte di una sorellanza
piuttosto nota, non hanno dei contatti nei bar e caffè del
campus. Ergo, meno di
ventun’anni, nessun documento falso che regga e bottiglie di
alcool distanti da lei – il viso a cuore e
l’espressione innocente e da bambina contribuiscono a rendere
il tutto più frustrante).
Katherine
si fa avanti, al bancone, e ordina due cappuccini, “Uno
con una spruzzata di cannella e l’altro con cacao amaro al
settantacinque percento”. Il ragazzo pare pendere
dalle sue labbra: non ha tutti i torti la sua coinquilina dicendo che
potrebbero diventare amiche, perché questo è
esattamente il genere di cose che Elena vorrebbe accadesse
più spesso – cappuccino con
il suo amato cacao senza che l’impiegato
le imprechi contro e la mandi a quel paese.
“Allora”
esclama tutta contenta quando si siedono ad un tavolino di quelli
complessi e ricercati troppo spesso dai Senior che, oggi, stranamente,
non affollano la caffetteria. “Qual è il tuo corso
di studi?”
Elena
non si aspettava questo genere di domanda: più che altro
qualcosa del tipo “il tuo colore preferito? La tua
taglia? ci scambiamo i vestiti?”.
“Archeologia”
risponde con tranquillità, “Tu, invece?”
“Studio
per diventare giornalista” – fa Katherine
improvvisamente raggiante, gli occhi luminosi e le labbra incurvate
all’insù in quello che è un sorriso
orgoglioso delle proprie scelte e convinzioni –
“E’ sempre stata la mia passione, sin da piccola,
con mio padre editore del Daily News e mia madre scrittrice. Credo che
sia di famiglia… no?” e termina il tutto con una
risatina spontanea, prima di continuare: “Sai che ti
facevo… più da giurisprudenza? Economia? Seria ed
impeccabile... in un certo senso ti invidio, io ho
difficoltà a concentrarmi con gli studi, con gli svaghi del
college… è stato difficile, per te, il primo
anno?”
Ed
Elena continua a parlare del suo primo anno, delle aspettative e delle
poche volte in cui si è lasciata andare, dei voti bassi e
colloqui privati con alcuni professori. Poi sorride, svelta, citando la
sua sorellanza e “Ci si aiuta tanto, si
fissano dei giorni dedicati allo studio e, se hai bisogno di una mano,
i senior – o chi per loro- son lì ad
aiutarti”.
Poi
succede: Katherine poggia il volto sui palmi delle mani, Elena ha
un’idea e i cappuccini si freddano.
“C’è
una riunione, questa sera… Le Omega Psi Delta,
sai… parliamo delle nuove reclute e fissiamo la serata
dell’iniziazione”
“Sembra
bello”
Elena
inclina il capo, “Ti sto invitando, Katherine”
Lei
scuote la testa e poi sorride: “Ed io avevo accettato nel
momento in cui me l’hai proposto”
Poi
tira fuori una fiaschetta dalla borsa e ne beve una sorsata.
“La mia prima confraternita. Che figo, eh? Vado…
in bagno”
Tutto
ciò che affolla la mente di Elena, adesso, sono
preoccupazioni e domande a cui non trova risposta: Katherine, sul
serio? Ne vale la pena? È davvero una brava
ragazza? È un po’ fuori, sì,
d’accordo, ma…
Ma
poi lo vede.
Il
ragazzo del volantino. Quello dell’anno scorso. Durante la
giornata dell’incontro con i genitori, stava distribuendo,
fra i tantissimi stand e le milioni di matricole, fogli riguardanti
argomenti che Elena nemmeno ricordava. C’era solo lui ed i
suoi sbuffi, le facce annoiate e le peggiori espressioni quando si
voltava per osservare il fondoschiena di qualche bella ragazza. Non
rappresentava nessuna confraternita, eppure era accerchiato da un sacco
di persone e altrettante cercavano di attirare la sua attenzione: molte
erano le voci che giravano su di lui, dal fatto che spacciasse droga a
quelle che apparivano più vere, ossia che aveva organizzato
la green sport, la grande messa in scena
che aveva visto una delle palestre più frequentate del
campus tinta di verde… di male in peggio, insomma; eppure ad
Elena non importa, adesso, mentre lo guarda: ha un
bell’aspetto che la costringe a tener lo sguardo fermo su di
lui, un portamento rispettoso e un sorriso luminoso. Elena, secondo
Bonnie (e Caroline, tanto perché lei c’è
sempre), ha la più gigantesca e pazzesca cotta
per uno dei peggior volti della scuola. Una cattiva persona. Un ragazzo
bello e che lo sa, eccome, e che sfrutta il suo charme per avere un
caffè corretto. Che generazione corrotta
dall’alcool.
Elena
si costringe a voltare il capo nella direzione opposta: eppure due
fattori, adesso, la distraggono e producono un certo annebbiamento
nella sua testa. Numero uno, Saltzman che si avvicina pericolosamente a
lui, il ragazzo-sbagliato-e-cattivo, e due, qualche attimo dopo, voci
alte che sfociano in un disastro, ovvero…
“Cazzo,
cazzo!”
“Modera
il tono, Salvatore!”
Bollente.
E’ quello che percepisce Elena: il rossore sulle sue guance e
la borsa di pelle gocciolante di caffè macchiato e
corretto… i suoi appunti…
l’agenda… oh, diamine…
“Hai
sporcato la mia borsa!” esclama a gran voce Elena, diventando
ancora più rossa quando incontra il suo sguardo freddo e
apparentemente di ghiaccio.
“Beh,
grazie per l’intuizione, Watson”
“Oh, no!
Non fare sarcasmo su un casino che hai combinato tu, Sherlock!”
Alaric
scoppia a ridere quando nota che, pur imbarazzata e rossa, Elena gli ha
tenuto testa: la migliore del suo corso, quella seria e studiosa che
sembra apprezzare maggiormente il professore mandato in ospedale…
Che scena, pensa allora lui, eh?
“Si
da il caso che sappia cosa ho combinato, grazie, principessa
del caz-”
“Damon!”
Ma
entrambi ignorano Alaric che sbraita vicino loro.
“Sì,
certo, potresti anche chieder scusa, no? O aiutarmi, cavernicolo
che non sei altro!”
“Principessa”
– esclama sarcastico Damon facendo un inchino –
“Non è giornata. Scusa.
Non volevo buttare il mio prezioso caffè
sulla tua preziosissima borsa,
ma mi sonoincazzato perché ho
un’orrenda punizione da sbrigare, proprio questa sera,
e sono presidente degli Omega Chi e devo presiedere ad una riunione del
cazzo e…”
E
poi succede che Elena svuota le due tazze di cappuccino – la
sua e quella di Katherine che non torna e chissà –
su Damon. Questi smette di parlare. Elena torna a respirare e si rende
conto di quello che ha fatto.
“Signorina
Gilbert, perché non da una mano a Salvatore con la
punizione? Altrimenti sarò costretto a parlarne con il
direttore”
Oh,
santo. Cielo. La voce di Alaric è dura, tagliente e con una
sfumatura ironica mentre dice questo. Non sa, Elena, il
perché del proprio gesto, perché Salvatore ha una
punizione e perché si sia ficcata in questo guaio.
Salve a tutti! Questa minlong
è nata come OS... mi frulla in testa da fin troppo tempo e
ne impiegherà altrettanto per essere completa! Spero vi
piaccia, credo saranno massimo quattro capitoli ... credo di questa
misura, idk.
vi
lascio con alcune note che spiegano qualche punto di questo capitolo!
· Il
college, in America, dura quattro anni, a differenza del Regno Unito,
in cui la durata è di tre, un anno in meno, perciò
· Katherine
non può essere identica ad Elena, per cui vi lascio il
prestavolto con cui è identificata qui,
ma voi immaginatela un po’ come volete!
· “rosso,
bianco e marrone” i colori della Brown
· Mixer
party: un party dove una confraternita ed una sorellanza si uniscono
per bere e far conoscenza.
· Negli
USA la legge vieta l’acquisto di
alcool ai minori di 21 anni
non
sono brava con queste cose, nè tanto meno con i college...
ma ci ho provato, amo troppo quest'ambientazione!
(non abbandonate presto la lettura) (pls)
questa canzone
è stata ciò che ha ispirato tutto, ne
sono follemente innamorata e la consiglio a tutti i lettori! :)
pareri e consigli sono bene accetti, due altre cose poi vi lascio!
vi
invito a passare da qui, To
bet is to get, e buon primo settembre a tutti (sono
pazza perchè volevo assolutamente postare qualcosa oggi,
sì, lo so, mandatemi al San Mungo per questo se volete...
già che ci siete, è un anno di Give
me love)
|
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Capitolo 2 *** Oh my, we're going down ***
A Certified
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2. Oh my, we’re going down
“Mi
spieghi perché dovrei aiutarlo, cosa ho fatto?”
Elena incrocia le braccia, testarda, cieca, e si poggia ad un banco
della prima fila. Accanto a lei, Damon sbuffa e spera silenziosamente
che si muovano: prima finiscono meglio è. Poi
c’è Alaric, di fronte a loro, dietro la cattedra,
lo sguardo furente rivolto a entrambi.
“Signorina
Gilbert, ci sono vari fattori di cui deve tener conto: lui”
– e indica Damon con una mano
–“è un senior molto dispiaciuto
da ciò che ha fatto alla prima festa degli Omega Chi di
quest’anno, non è così? Davvero dispiaciuto”
rimarca il professore volutamente, di fronte a un Salvatore che rotea
gli occhi al cielo e che è sul punto di scoppiare e mandar
tutti a quel paese.
“Come
può probabilmente immaginare, è stato lui a far
collassare il professor Tanner, attirandolo con trucchetti ben studiati
alla festa… certo, se non fosse stato per questo
ventunenne-”
“Quasi ventiduenne”
lo corregge Damon atono.
“-io
non sarei qui, adesso… fatto sta che è un
atteggiamento irresponsabile: si tratta di aver ingannato un docente
universitario e questi, anche se in ospedale, non appena tornato,
avrà ben altri problemi. Dovrà dare una sua
versione dei fatti, spiegare se fosse a conoscenza o meno della
presenza di minorenni che hanno ingerito alcool… faccende
piuttosto serie, Elena”
Lei
annuisce di fronte allo sguardo serio di Alaric: eppure, con le braccia
incrociate sotto il petto, non può far altro che pensare che
lei, al contrario del belloccio al suo fianco, non ha nulla a che
vedere con questo macello.
“Sì,
professore, ma-”
Alaric
la blocca con un gesto della mano: “Poi
c’è lei, signorina Gilbert. Ragazza modello e
studentessa esemplare, co-presidentessa delle Omega Psi Delta in
così giovane età, una delle medie più
alte di tutto il campus, fedina penale pulitissima-”
(Elena
è sicura che lui,
alla sua destra, abbia borbottato qualcosa come “la
mia fedina penale è più bianca della sua”
– Elena quasi ride di
fronte al comportamento quasiinfantile
di un quasi ventiduenne)
“-accettata
alla Brown con quello che mi sembra sia netto anticipo, ovvero un mese
prima della data stabilita dalla nostra scuola, diplomatasi con i voti
più alti della scuola...”
“Sì,
tutto chiaro, lei è perfetta ed io detestabile e pericoloso:
posso pulire la scuola, adesso?”
E’
irrefrenabile la necessità di Elena di scoppiare a ridere di
fronte al professore. Ed infatti è quello che succede, sotto
gli occhi sgomenti e divertiti di entrambi, ma, come Elena nota,
Saltzman pare trattenersi. E’ sicura che questo lo diverta
almeno un po’, in fondo non è così
vecchio e pare vedere di buon occhio il giovane Salvatore.
Tuttavia,
c’è una punta di indignazione nella risata di
Elena.
“Io
non sono perfetta” – esclama alzando le spalle e
rivolgendogli uno sguardo cauto – “Mettitelo in
testa”
“…Ed
in grado di tener testa ad uno degli zucconi della mia
materia”
“Cosa?!”
Ride
lo stronzo, adesso:
questo è quello che pensa Damon che si è
ridestato dal suo stato di fin troppo pacata tranquillità
mista al voler finire tutto subito. Con o senza l’aiuto della
ragazza al suo fianco.
“Non
vorrà di certo che io parli con il direttore, Miss Gilbert,
non è così? Una brava ragazza come lei che si
ritrova a causare una lite e sporcare un edificio del campus
volutamente… soprattutto con
lui di
mezzo” e così dicendo alza il mento per indicare
Damon.
“Ragazzi
miei” proferisce allora, dopo qualche minuto di silenzio in
cui gli sguardi in cagnesco di Damon si sono affievoliti ed Elena ha
ricambiato le occhiate con semplice e pura curiosità, che ha
riempito i suoi grandi occhi da cerbiatta… è la
prima volta che Damon li nota.
“Fate
sì che per i prossimi quattro fine settimana possiate pulire
le zone 4 e 5 del campus alla perfezione: lei, signor
Salvatore-”
E
qui viene di nuovo bloccato dal senior. “Chiamami Damon,
Alaric. Fa troppo vecchio e troppo mio padre, e mi disgusta
l’idea di essere paragonato a lui”
“Damon”
Elena,
sgomenta, alza le braccia e fa per rifilargli una gomitata, ma il piano
fallisce miseramente.
“Ho
dei bei riflessi, principessa”
“Non
chiamarmi così!”
Damon
è costretto a lasciare la presa sui suoi gomiti alzati sopra
il capo, tutto sotto lo sguardo attento di Alaric.
“Posso
continuare?” – domanda sarcastico. Gli studenti
sospirano – “Damon, tu sconterai la tua punizione
per aver invitato Tanner alla festa, mentre tu, Elena, avrai la
silenziosa possibilità di farti perdonare da Damon
– e viceversa – per la lite, in modo tale da
concludere le faccende in privato, senza coinvolgere altri
enti… chiamiamoli
così… e le vostre fedine penali
rimangono pulite… la tua è più bianca,
Damon, sì, l’hai già detto”
La
classe in cui si trovano è quella che Saltzman usa dal
momento in cui Tanner è andato via: pare essere identica, ma
non lo è affatto se si osserva cautamente la cattedra del
docente, per esempio; più disordinata, più fogli
sparsi e stropicciati, un plico di test da correggere vicino alla
spillatrice e quell’oggetto che assomiglia ad un thermos di
caffè – meglio non
indagare oltre.
Ci
sono delle veneziane bordeaux semichiuse sulle tre ampie finestre che
danno sulla strada per il campo da football, i banchi puliti e troppi
fogli attaccati sul muro: da gruppi di scrittura pomeridiana dopo
pranzo a audizioni per il musical del Campus… sino alla
festa di addio dell’anno scorso, un falò facile da
dimenticare: una scusa, più che altro, per bere, bere e bere. Elena
era disgustata dalla massa di sbronzi adolescenti che la circondava ed
era scappata nel suo dormitorio al più presto –
chissà cosa faceva Damon allora, perché lui le
interessava particolarmente. Adesso non è più
nemmeno sicura della sua cotta.
“Tutto
chiaro?”
Elena
è incappata in un dramma più grande di lei e
forse lo sa – ma chi
non è
a conoscenza di tutto questo è Bonnie, per esempio, troppo
impegnata a studiare e cercare di entrare in quel Glee Club Acapella, o
Caroline, che non chiama perché ha un esame alla fine del
mese importantissimo se vuole ottenere quello stage estivo. Oppure
Katherine, che vede cancellata la serata delle Omega Psi Delta e ha la
bocca aperta a formare una ‘o’. Solo questo:
nessun’altra reazione, gliel’ha detto la
presidentessa, passando per avvisare le sorelle e
lamentarsi circa Elena.
(“Studiare
persino il sabato sera… quella ragazza è un accidenti”
– E’ bionda, nota Katherine, capelli lunghi e
boccolosi, sguardo fiero e chiaro, che intravede tutto oltre la prima
facciata di ogni persona)
“Rebekah
Mikaelson, presidentessa e senior.” Poi si era presentata,
increspando le labbra appena e porgendole la mano. “Ti faremo
sapere la prossima riunione… se Elena ha visto qualcosa in
te, la vedremo anche noi: è solo questione di
tempo”
E
poi era andata via dopo aver gettato uno sguardo confuso alla stanza
del dormitorio: troppo ampia, forse, persino per tre ragazze di cui una
matricola. Sorriso. Cenno con la mano. Via dalla visuale.
Poi
era stato il turno di Katherine per guardarsi attorno: Bonnie era via,
intenta a evitarla e studiare. Non le aveva ancora parlato del suo
piano firmato perché-non-siamo-amiche. Elena era scomparsa
dalla caffetteria quando lei era uscita dal bagno: Aaron, il ragazzo
del bancone, le aveva riferito ciò che aveva detto lui
Saltzman. Lezioni straordinarie. Crediti extra. Sì,
certo, di
sabato sera.
Appena
sorridente, aveva preso il cellulare, composto il solito numero, e
atteso la voce dall’altro capo.
“Risponde
la segreteria telefoni-”
Aveva
subito premuto il tasto rosso. Nei suoi giorni migliori, poteva
ascoltare il suo ‘pronto?’ e
sorridere spensierata.
Ma
quello, realizzava stesa sul letto con la sua amica stretta nella mano
sinistra, non era affatto un giorno fortunato.
E’
sera. Damon sbuffa ogni tre minuti esatti, un gesto che ricalca
l’esasperazione, lenta, a cui quella punizione lo sta
portando, e lo porterà per le prossime quattro settimane.
Impugna con più decisione la scopa, ed i movimenti con cui
spazza per la classe di Saltzman, ad esempio, si fanno scoordinati e
violenti. Ed Elena vorrebbe starsene zitta – farlo pulire in
quel modo barbaro, anche se potrebbe benissimo definirsi un eufemismo,
dato che è molto, molto peggio
di una azione barbara. Okay, non stanno parlando, non l’hanno
fatto da quando Alaric ha varcato quella soglia, ma devono rendere le
classi e gli altri spazi più decenti della situazione
attuale, non è incluso nel pacchetto peggiorare tutto quanto.
“Così
facendo perdi solo tempo” – dice con tono calmo,
cercando di suonare simpatica alle orecchie del castano, ma lui la
degna solo di un’occhiata rapida e antipatica –
“Non è così che si pulisce”
Sbuffa.
E sono trascorsi altri tre minuti.
Elena
decide di lasciar perdere, almeno a voce: sa che non
l’ascolterà ma non proverà a scusarsi
per i cappuccini, se è quello che lui vuole.
Ed in più, desiderano entrambi finire presto
perché hanno altro da sbrigare. Così,
l’unica soluzione plausibile che le balza in testa
è quella di lasciarlo fare. Solo quello. Perché
poi, tanto per dirne una, ripasserà con la scopa sugli
stessi punti in cui Damon ha miserabilmente fallito. E, tanto per dirne
un’altra, passerà lo strofinaccio pieno di
detersivo sui banchi dove Damon, di nuovo, fallirà.
E’
quello che succede nelle successive due ore, fino a che, finita anche
la zona 5, Damon fa per tornare in una classe. L’ex di
Tanner. Quella di Alaric.
“Abbiamo
già…” sta per ricordare, quando lui la
ignora bellamente e si rinchiude dentro.
Elena
è allibita da quel comportamento, ma poco dopo si ridesta:
cosa ha intenzione di fare? Buttare all’aria quello spazio?
Farla pagare a Saltzman? Oh,
no, non si azzardasse!, riflette
dura, non
voglio che duri un secondo di più questa punizione.
Quindi
lo segue, rapida – spalanca la porta e la fa sbattere, gli
occhi quasi stretti a fessure e le labbra rigide. “Cosa
diam…” ma le parole, ancora, le muoiono in gola.
Quello spettacolo è inimmaginabile, oltre lo sperato ed il
supposto. Damon Salvatore è seduto sulla poltrona alla
cattedra, sembra voler impersonare Alaric. Poi allunga le gambe sul
tavolo (la superficie da lei pulita)
e incrocia le braccia dietro il capo.
Sembra
notare un’altra presenza nella stanza – sarebbe da
arroganti non farlo. Più arrogante di quanto non lo sia
già, si intende.
Damon
osserva Elena nel modo in cui nessuna ragazza al mondo vorrebbe essere
guardata: gli occhi chiari scuri e pesanti per il disprezzo che sembra
provare nei suoi confronti, l’odio che, come una scintilla,
come la luce fioca della stanza, dona allo sguardo maggior potere. Ed
è un attimo – una flebile frazione di secondo. Lui
distoglie i suoi pozzi dalla figura stanca e sporca della ragazza, che
è sullo stipite della porta, gli occhi liquidi e le labbra
socchiuse.
Apre
il terzo cassetto, agile, dimostrando di averlo fatto altre volte,
toglie quello che Elena riconosce essere un doppiofondo e ne estrae una
bottiglia di Bourbon.
“Non
puoi-”
La
voce di Damon si infrange come uno specchio rotto in mille pezzi:
“Mi dispiace, ma devi essere almeno al livello di amicizia
quattro per sbloccare la mia tragica storia” – beve
un lungo sorso e torna a guardarla – “Devo urlare
ciò che è sottinteso?”
Elena
corre via, disgustata.
“Ti
ha davvero detto questo?” – urla Caroline
dall’altro capo del telefono – “Lo
stronzo ha detto così?”
Annuisce,
Elena, un gesto lento che è cullato dalla propria voce,
“Sì, Care, ma-”
“Ma
nulla!” –
sbuffa e cala un pacato silenzio fra loro. Elena vorrebbe non essersi
confidata con la sua migliore amica perché questo la fa
infuriare. E Care infuriata va tenuta alla larga. Care infuriata
è una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. –
“Senti, devi farti rispettare…”
“Mi
sembra un’ottima idea. Me la caverò-”
“…il
prossimo fine settimana posso venirti a trovare. Certo, non
è sicuro che possiamo vederci anche per il ringraziamento,
con questa visita anticipata, ma… potremmo farcela. Metto
qualche soldo da parte – dio
solo sa quanto volevo le scarpe per la festa di Tyler – ma
almeno siamo due contro uno stronzo che vale per tre. Sblocco io la sua
tragica storia, eccome se lo faccio!”
“Oppure”
– propone Elena con un tono di voce sorpreso, come se
l’idea fosse spuntata all’improvviso mentre non lo
è: infatti, è ciò che ha pensato
l’esatto secondo dopo che lei ha pronunciato quel ‘Ti
ha davvero detto questo?’ –
“Puoi rimanere dove sei e sfodero le mie armi migliori. Sono
una Gilbert. Ho gli artigli”
“Elena…”
“Sai
quanto sarebbe bello vederci per il ringraziamento, Care”
ammette Elena abbassando lo sguardo e attorcigliando una ciocca di
capelli ad un dito.
“Lo
so” – ribatte quella sospirando
– “E’ da agosto che programmiamo
tutto nei dettagli”
Con
un sorriso, Elena non pronuncia poche parole che scatenerebbero un
putiferio: tu, hai, programmato, tutto, nei, dettagli, Care.
Annuisce
ancora, pur sapendo che nessuno può vederla: né
Caroline, né le sue coinquiline, andate via da un pezzo. Lei
è stanca per cui non ha deviato per la casa di qualche
sciocca confraternita che organizza feste
scadenti ogni settimana, né per il pub un po’
distante dalla caffetteria in cui si festeggia sempre senza una reale
motivazione. E nemmeno per il campo di football, ancora illuminato per
la partita forse finita da poco. Leggerà o saprà
domattina tutti i risvolti di questa serata per lei limitata dalle zone
4 e 5 del campus e occhi chiari e bastardi.
E
pensare che fino a poco tempo fa lui era il ragazzo bello dei
volantini, nell’anno in cui Elena era una matricola. Pare una
vita fa.
“Sono
esausta, Care, ho avuto una lunga giornata: rimaniamo così,
mhm?”
“Sì,
d’accordo” – Care ha il tono da
mamma chioccia preoccupato, ora – “Vai e
lotta, principessa guerriera”
E
poi sorride, la saluta e chiude la chiamata. Poggia il cellulare sul
comodino e fa l’esatto opposto di Damon seduto alla cattedra.
Si stringe a sé, le gambe strette al petto, la schiena ritta
contro la testiera del letto, il mento poggiato sulle ginocchia:
è ferita, sì, quello sì, eppure
c’è una parte di lei prettamente masochista che le
urla di non arrendersi nei confronti di quel ragazzo apparentemente
problematico. Ha pur sempre ventun’anni, è ancora
troppo giovane per aver visto e vissuto tanti mali. Il che, tradotto
nella mente di Elena, significa solo una cosa: che può
essere curato.
E’
lunedì e questo significa solo tre cose nel vocabolario di
Elena.
Numero
uno, che mancano solo cinque giorni prima che riveda Damon. Per
fortuna, e sottolinea queste due parole, il campus è un
luogo enorme animato da milioni di persone. Sul serio, scoiattoli
compresi. Quante sono le possibilità che lo veda anche fuori
dalle zone quattro e cinque di sabato, mhm? Una su diecimila? Forse
anche meno.
Numero
due, può pranzare in pace con Bonnie tutti i giorni
d’ora in poi, perché sembra che ora le cose con il
Glee Club Acapella stiano per diventare serie. Hanno le prove molto
più spesso, e nel pomeriggio inoltrato, cosa che ad Elena
pare fin troppo dura. Eppure non ha il coraggio di criticare
ciò di fronte al volto angelico della sua amica. Comunque
sia, non deve più sopportare Mason Lockwood e le sue storie
sul club
di anatomia a
pranzo. Il che, davvero, credetele,
è l’esatto contrario di quello che crede sia lui,
ossia esaltante. Sorprendentemente imbarazzante e noioso. Anche peggio.
Numero
tre ma non per questo meno importante: può dedicarsi alla
sua confraternita, alla sua sorellanza magnifica e tutto ciò
che questo implica. Le loro vere feste,
i mixer party, i giorni di tranquillo studio e, soprattutto, le
iniziazioni per i nuovi membri femminili. (Non è
così spaventoso come può suonare,
perché non è niente che includa gocce del proprio
sangue ed evocazioni di spiriti in latino, ma sono divertenti e
provocatorie, nei limiti concessi s’intende).
Rebekah
Mikaelson si siede di fronte a lei, in tutta la sua bellezza: le
sorride come sempre, rapida ed effimera, ignora Bonnie seduta accanto
ad Elena e poi inizia a parlare.
“Da
oggi iniziamo con gli studi in biblioteca – ce
l’hai presente, no? La stanza che hai occupato sabato scorso
e che ti accoglierà per i prossimi fine settimana –
e come presidentessa ti nomino incaricata di mettere a posto i libri
che prenderemo. L’anno scorso l’ho fatto
io… adesso è il tuo turno,
co-presidentessa!” – si alza e, sempre con un
sorriso malandrino sulle labbra, fa per andarsene, ma si blocca, ad un
certo punto, quando non è nemmeno così lontana
– “Ah, Elena, dimenticavo: prendilo come qualcosa
per farti perdonare per questa mancanza improvvisa,
d’accordo?”
E
quando la sua aurea da Veela non aleggia più
nell’atmosfera della mensa, Elena può tornare a
respirare e borbottare (e imprecare contro la sua presidentessa, che
è ostinata, testarda, buona ma stronza
e vabe’).
“Wow”
Katherine si è appena accomodata al loro tavolo, osservando
il punto in cui prima c’era Rebekah e non avendo altro da
dire.
“Beh,
ti presento Rebekah Mikaelson, Omega Psi Delta da prima di me e
te” borbotta Elena.
Katherine
si riprende, sbatte le ciglia e sorride: è il suo marchio di
fabbrica. “Sa come imporsi, tutto sommato. E la sua
confraternita è una delle migliori del campus. Credo
perché ci sia lei dietro, no?”
“Quello
sì” annuisce Elena mangiando il suo pollo speziato
con maionese “E’ un buon leader, hm… a
proposito! Ci sarai per le lezioni assieme questo pomeriggio, no? Ti
presentiamo alle altre e vediamo cosa ne pensano!”
“Ovviamente”
esclama in risposta “Grazie, Elena”
Bonnie
alza gli occhi al cielo e termina il suo pudding con crema al
cioccolato in silenzio.
Maledetta.
Di. Una. Mikaelson.
Hanno
appena terminato la sessione di studio collettiva, in cui tutti, e
proprio tutti, hanno preso il maggior numero di libri possibile dagli
scaffali e li hanno ovviamente abbandonati sui tavoli da otto uniti
come hanno fatto anche l’anno precedente.
Ed
Elena sta mettendo tutto a posto – Miss Flemming ogni tanto
le lancia uno sguardo pieno d’astio, per controllare che
infili il volume nello scaffale esatto, persino posto esatto, in ordine
alfabetico, di autore… pazzia. Elena, fra l’altro,
non è nemmeno felice per Katherine. Non che siano
chissà quali amiche strette, certo che no… ma
tutti l’hanno vista di buon occhio, l’hanno
ammirata da quando si è presentata ed hanno esultato quando
“Penso di voler far parte di questa confraternita…
come scegliete i nuovi membri?” ha detto.
Sbuffa,
un gesto che le ricorda Damon e la fa arrabbiare ancora di
più, se possibile.
Gliene
mancano una decina… Un libro di Dickens, uno delle sorelle
Bronte…
“Salvatore,
ogni volta mi stupisci” – dice una voce sarcastica
– “Nel pacchetto punizioni è incluso il
divertimento?”
“Non
scherzare, Enzo” – risponde un ragazzo. Elena quasi
sobbalza e si ammutolisce: è Damon. Cosa ci fa qui?
– “Fare questo stupido programma radiofonico
è anche peggio che pulire questo stupido college”
L’altra
voce ride, melliflua, incurante del tono basso da mantenere in questi
posti e, soprattutto, di quello che pare essere suo amico.
“Sta’ zitto”
“Oh,
non penso proprio – e comunque datti una mossa, aiutami a
trovare un codice per dire che organizziamo il
giro del mondo in sette giorni”
Segue
un breve silenzio che Elena giudica imbarazzato. Si sposta un
po’, senza far rumore, giusto per osservarli da uno spazio
vuoto dato da un libro non ancora al proprio posto. Li vede. Damon ed
il ragazzo di spalle. Sbatte le ciglia.
“Non
crederai mica che appenderemo dei volantini o lo diremo a gran voce,
no?! Il rettore Cowell potrebbe persino espellerci se lo
sapesse…”
“Lo sanno,
te lo assicuro”
“Beh,
questo non lo metto in dubbio – sarebbero stupidi a pensare
che nessuno beva
alcool, hanno avuto la conferma con voi Omega Chi, no?”
“Sì,
ma… Enzo-”
L’altro
lo blocca inclinando il capo. “Non avrai paura che ci
scoprano, Damon…?”
“No!”
risponde troppo rapidamente Damon “Solo… Non mi va
di far incazzare qualcun altro. La punizione mi sta già
costando troppo”
Enzo
si volta appena, verso un tavolo vicino sul quale poggia un plico di
fogli. “Eppure pensavo che la ragazza fosse una bella
distrazione…”
Le
guance di Elena s’imporporano all’istante: eppure
una domanda è lecito porre, perché,
insomma…
“Come diavolo fai a
saperlo?”
“Ho
le mie fonti” risponde strafottente, sorridendo al suo amico
e togliendosi la giacca.
Ma
prima che Damon possa ribattere in qualche modo, Miss Flemming li
rimprovera bruscamente per il loro comportamento, e gli intima, con
sguardo duro, di far silenzio.
“Allora…
questo codice?”
Bonsoir!
Sono riuscita ad aggiornare piuttosto presto per i miei standard, ma
fortunatamente è un capitolo che si è lasciato
scrivere senza troppi problemi. E' piuttosto lungo (3K e
qualche centinaia) e non prometto un rapido seguito,
nonostante le prime righe siano già scritte! E' un
importante capitolo, a tratti di passaggio, PIENO ZEPPO di piccolezze e
sottigliezze che si svilupperanno in seguito. Davvero, se qualcuno le
riesce a notare e a capire cosa ci sia dietro... chapeau, seriously.
Spero vi piaccia e mi auguro che abbiate un minuto per
lasciarmi un parere:)
eccovi una nota che sarà importante per il prossimo
aggiornamento!
·Il giro del mondo
in sette giorni: è un gioco tipico del college,
in cui ci si iscrive se si vuole che la propria stanza divenga uno
"stato" , ed in pratica ognuna di queste si addobba in vari modi per
far sì che ci sia l'atmosfera di quella nazione. (con
bandiere, cibo, etc) E' un gioco che dovrebbe durare sette giorni, ci
sono quindi numerosissime stanze che dovrebbero simbolizzare i vari
stati del mondo, c'è della musica ed è una scusa
per bere e ubriacarsi. Almeno io lo conosco così, se
qualcuno sa un'altra versione non esiti a dirmela perchè so
di non essere la persona più informata sui college:)
vi
ripropongo la canzone che mi ha ispirata e che amo follemente: questa
vi
invito, poi, a passare da qui, To
bet is to get, storia scritta a quattro mani con
l'autrice valins!
((la
gif sottostante è il magnifico prestavolto di katherine))
a
presto, si spera! grazie per tutto e godetevi il capitolo! ♥♥
missi
|
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Capitolo 3 *** Aroun' the worl' ***
vi prego di leggere le
note autore, perchè ci sono delle novità!
previously on
certified: Damon ed Elena vengono puniti da Alaric per il
macello nella caffetteria e il disastro con gli Omega Chi,
perciò devono pulire dei reparti alla Brown per
quattro fine settimana, uno dei quali è ormai volato, uno
dei quali Elena vorrebbe dimenticare perchè si da il caso
che Damon si sia comportato un po' male, ingiustamente e duramente, con
lei. tuttavia lei è una Gilbert e non demorde, e va avanti
con la sua vita da sorella, copresidentessa delle Omega Psi Delta e
amica di Bonnie e... Katherine. Yep. Proprio lei.
In più, Enzo
cerca un codice per poter annunciare agli alunni della Brown che sta
per aver inizio il giro
del mondo in sette giorni!
A Certified Mind Blower
3. Aroun’
the worl’
“Alumni
della Brown che ci seguono dalle stanze più
polverose – sembra proprio che Damon Salvatore non sia
arrivato sino lì a
pulire, eh? Ouch, sto zitto, d’accordo!
Dicevo – dalle stanze più polverose,
dalle mense più belle del mondo,
dai dormitori internazionali… studenti europei, asiatici,
oceanici! Benvenuti
al programma radiofonico della Brown, nonché
l’unico del Campus! Qui ci sono
solo io, il vostro Enzo-”
“-e
Damon”
“-sì,
anche Damon Salvatore, presidente degli Omega Chi,
una delle più note confraternite del college!”
Parte un
applauso pre registrato, Damon scocca un’occhiata
di odio a Enzo che ride e basta, assottigliando gli occhi e smettendo
di
premere il pulsante.
Si riprende
poco dopo, ma il presidente degli OC ne è
certo: ridendo, ha convinto un terzo della popolazione femminile ad
andare a
letto con lui. Cazzone.
“Prima
di partire con un’ottima selezione di musica,
curata dal sottoscritto-”
“-dai, dai, dai
sottoscritti”
“-ricordiamo
a tutti alcune buone regole da rispettare”
Adesso ride
Damon, è il turno di Enzo di scoccargli
un’occhiata che non si definirebbe esattamente gentile ma
subito torna a
parlare con il suo accento britannico.
“Voi
minorenni non potete assolutamente far uso di
alcolici, d’accordo? Tanto meno di droghe! Non bevete o
fumate erba se volete
vivere felici!”
Damon si sta
trattenendo dallo scoppiare a ridere di
fronte al microfono: sarebbe inappropriato, non è
così? Eppure è
inappropriato far dire questo ad Enzo
(che ha abbandonato il foglietto barra promemoria nel cestino dietro di
loro),
soprattutto perché stanno per proporre un gioco alcolico a
tutto il campus e
perché, davvero, Lorenzo
ha fumato
così tanta roba che non si può nemmeno finire di
dare una reale motivazione.
“Il
Glee Club della Brown vi invita tutti a partecipare
alle selezioni del loro club super fico, fissate per dopodomani alle
tre del
pomeriggio…
“E
parliamo, prima di alcune buone, buonissime canzoni da
me-”
“Noi”
“-scelte,
della partita di football dello scorso weekend!
Abbiamo schifosamente vinto – si può dire o il
rettore Cowell farà cessare il
mio programma? – e tutto grazie al nostro quarterback! Il
nostro magnifico,
meraviglioso, splendido…”
“Adesso
siamo tutti dubbiosi sulla tua sessualità, amico.
Non c’è niente di male nell’essere gay,
lo sai?”
Enzo sta al
gioco, ridendo appena: “…sessualmente
soddisfacente, Mikaelson! Kol Mikaelson! La cui sorella
è… ripeto, posso
dirlo?... schifosamente fantastica. Rebekah, se stai ascoltando questo
programma, sappi che il mio invito è ancora valido”
“Vita
privata a parte” -
inizia Damon scostando Enzo dal suo microfono –
“è stata davvero una
bella partita…”
“Ma
tu nemmeno c’eri!”
“Bellissima
partita”
“Argon,
Ossigeno, Uranio, Azoto”
“Le
tattiche di gioco hanno ammaliato tifosi e non”
“The”
“Ma
anche la squadra avversaria non è stata da meno”
“Tungsteno,
Ossigeno, Laurenzio reverse”
“Sì,
quindi eccovi No Church in the wild di Kanye West, Jay Z e Frank
Ocean!”
Argon,
Ossigeno, Uranio, Azoto.
The.
Tungsteno,
Ossigeno, Laurenzio
reverse.
Elena
vorrebbe averci pensato prima – adesso non si
troverebbe nel bel mezzo della sua camera addobbata con i colori giallo
e
rosso, Bailando in sottofondo e Katherine schiacciata fra altri corpi
che si
stanno apparentemente divertendo. Sì, lo ha fatto davvero:
ha seriamente
firmato un foglio scrivendo, oltre che il suo nome con una calligrafia
fin
troppo adulta per lei, il numero della loro camera. Per partecipare al
Giro del
mondo in sette giorni. Dannata. Ragazza.
Argon,
Ossigeno, Uranio, Azoto.
The.
Tungsteno,
Ossigeno, Laurenzio
reverse.
Erano scritti
dappertutto, soprattutto subito dopo il
programma radiofonico che aveva divertito un po’ tutti:
chiunque, dopo di che,
aveva iniziato a passarsi note e sussurrare poche parole per paura di
essere
ascoltati da un qualsiasi professore, o, peggio ancora, dal rettore
Cowell.
“Io
l’ammazzo” borbotta Bonnie alla sua destra,
entrambe
ai lati di quella che prima era la loro stanza. Adesso è uno
stato – rettifica,
un porcile pieno di oggetti pseudo spagnoli. Per i prossimi sette
giorni il campus
sarà pieno di stanze del genere, e che schifo.
“In
America l’omicidio è illegale”
“Sì,
beh, lo farò sembrare un incidente. E, comunque,
siamo in Spagna, non hai visto?” – agita le braccia
e alza di almeno un ottava
il tono di voce, cercando di farsi ascoltare da Elena al suo fianco
– “E non
dirmi che è illegale anche lì, lo so
già”
“Non
avrebbe dovuto” – annuisce Elena, scrollando le
spalle e spostando la massa di capelli color cioccolato sulla schiena
– “Le
parleremo”
“Con
un coltello alla gola”
“Bonnie”
“Non
può mentirci!”
“Tecnicamente
ha solo evitato di avvisarci”
“Odio
quella ragazza” – strofina le mani una contro
l’altra e poi si guarda attorno, assumendo
un’espressione distratta e persino
un tantino preoccupata – “Ci sono troppe
persone”
Elena
annuisce e incrocia le braccia sotto il seno: “Spero
che se ne vadano al più presto… dici che se non
cambio la carta igienica e non
faccio un salto da Tesco per comprare il ketchup piccante si
scocceranno e
andranno via?”
Bonnie
scoppia a ridere di gusto, un qualcosa che parte
dallo stomaco e la rende felice – nonché
contagiosa – per i successivi due
minuti e mezzo: Elena la segue a ruota e può solo prendere
un respiro profondo
quando replica dicendo che sì, forse succederà
proprio quello, ma ora non può pensarci
perché deve studiare con Liv del corso di Biologia
avanzata… un’amica in meno
anche oggi. Ieri era stato un progetto, due giorni fa il dormire,
sabato
tutt’altro… Sbatte le ciglia e ritorna alla
realtà, in particolar modo su
Katherine che si struscia su due ragazzi del terzo anno. Devono
parlarle.
Peccato che ci siano altri problemi prima di una Pierce particolarmente
festiva.
“Ehi,
voi, fuori
dal mio letto, ora”
Di Rebekah
Mikaelson si può dire tutto: che sia
meravigliosa, splendida, capace, ammaliatrice, un modello da seguire,
che abbia
un fisico perfetto e che i ragazzi non le manchino… ma non
che abbia una
famiglia esemplare.
La stanza del
dormitorio maschile in cui si trova è
pregna, innanzitutto, di un odore mascolino—di sicuro
rintraccia colonia,
bagnoschiuma al muschio e l’immancabile sudore dovuto agli
allenamenti del
fratello, Quarterback della Brown per una ragione ben
precisa—non il suo
cognome, benché giri voce che lui incarni una figura
così importante al college
solo grazie a quello, ma il tuo talento. Alla fine, pensa Rebekah, sono
Mikaelson. Sono eccezionali in qualcosa per forza.
“Idiota?”
lo chiama e lo scuote senza pietà, per poi
arrabbiarsi perché non da segni di vita—non
può davvero condividere dei geni
con tipi del genere, giusto? Perché lei è stronza
ma quasi perfetta, però il
resto della sua famiglia può solo definirsi disfunzionale ma
accademicamente
infallibile—“Dai, Kol, devi muoverti”
Il ragazzo
apre gli occhi, sfoderando la migliore
espressione da “non rompere il cazzo, sorella” che
abbia, il che fa solo
infuriare la sua gemella e le sue palpebre, apparentemente non abituate
all’intensità della luce solare.
Grugnisce,
cerca il lenzuolo che lo copriva tastando le
mani invano, dal momento che lei ha già provveduto a
toglierlo del tutto dal
letto.
“Ma
cosa—“
“Non
mi interessa se tu abbia un post sbronza o se sei
così stronzo anche nel primo pomeriggio senza una reale
spiegazione—sono venuta
qui per una sola ragione, e non mi sembra nemmeno il caso di
spiegartela”
Detto questo,
lei ha esattamente la reazione che si
aspetta: sgrana gli occhi, si tasta il petto nudo come alla ricerca di
qualcosa
con cui coprirsi o prepararsi, e mormora parole sconnesse, imprecazioni
più che
altro nemmeno tanto gentili che fanno però intendere a
Rebekah una sola cosa: è
sveglio. Ha capito la gravità della situazione.
Prende un
respiro profondo e si mette senza troppi giri di
parole a riordinare la camera
del
gemello—beh, provare a dare un ordine a quello che ha di
fronte e attorno è un
po’ un eufemismo, ma tenta di dare un aspetto più
o meno presentabile alla
camera abitata da così poco (quanto è trascorso
dal loro arrivo? Un mese, poco
più? e fa già tutto schifo, lì dentro).
Alla fine,
però, mentre entrambi stanno cercando di
raggiungere un obiettivo, lo stesso obiettivo, i gemelli si rendono
conto che
non sono così tanto diversi. Nonostante tutto e tutti, sono
una famiglia, c’è
qualcosa che li lega per quanto si ostinino a non vederla.
Nella sua
stanza c’è
l’inferno—rettifica, c’è solo
l’Olanda,
ecco perché il fumo e le persone quasi del tutto svestite,
nonché le finestre
chiuse così da respirare soltanto erba, ammesso che sia
possibile. Non sta
respirando normalmente, chiaramente, e potrebbe avere
un’emicrania ed è nella
sua stanza da solo tre minuti
perché
sapeva che sarebbe successo e non ha potuto far nulla per evitarlo.
Giustamente, è questo quello che accade con un certo Lorenzo e un certo
altro Damon nel suo mini appartamento, nella
loro grande camera, grande abbastanza per contenere almeno
una ventina di
persone che respirano davvero l’una sul collo
dell’altra. E non è eccitante,
dannazione. E’. Solo. Schifosamente. Schifoso.
Ha
vent’anni, d’accordo—è uno
studente grandioso, non
eccelle, certo, ma in quello che fa ci mette passione. Ed ha anche
qualcuno,
una… ragazza. Okay, non
sanno
esattamente quello che c’è fra loro ma non ha
nulla che gli manchi, qui a
scuola. D’altra parte lo stesso non si potrebbe dire a
casa… ma dettagli. Ha
tutto, tutto, conduce una vita
grandiosa e fa anche del sano sesso con una più grande di
lui di pochi mesi.
(Non
è infantile riflettere su questo, si dice mentalmente
Stefan, accetta di buon grado quello che la vita gli offre e va bene
così)
E’
sicuro che un tipo gli stia passando una canna quando
la rifiuta gentilmente e si dilegua un attimo dopo, sbattendo la porta
nella
vana speranza che qualcuno – Cowell, ad esempio –
faccia un giro da quelle
parti, capisca e punisca.
La
caffetteria è il suo posto preferito da quando
l’ha
scoperto e ha notato che la biblioteca viene usata da confraternite
(cosa a lui
esterna) e da persone con tutte le intenzioni meno quella di
studiare—tipo suo
fratello che cerca un codice astuto assieme ad uno di quelli che
più lo odiano
alla Brown (c’è lui e poi Damon, fino ad ora
ritiene infatti che la classifica
si limiti a due posizioni).
Si passa una
mano fra i capelli quando constata che ci
sono solo altre due persone oltre lui, lì, e questo lo rende
estremamente
felice—decide di appropriarsi del tavolo che più
gli piace, quello situato all’angolo
del locale, in un punto appartato e che concilia lo studio, soprattutto
per uno
che vuole essere avvocato come lui… eppure,
quando gli sembra che sia passata una
buona mezz’ora, il flusso di parole che scorre nella testa
man mano che legge
il manuale, è interrotto da una presenza femminile.
Alza lo
sguardo, sbatte le ciglia, sorride perché è
lì—“Ehi”
“Ehi”
“Vuoi
sederti?”
Lei annuisce,
curvando gli angoli delle labbra all’insù e
incrociando le gambe sulla poltroncina della caffetteria, subito calata
nella lettura
di quella che è una persona più vicina a lei di
quanto lei stessa voglia
ammettere.
“Dobbiamo
parlare”
Damon sbuffa
sonoramente, spegnendo la sigaretta sul
muretto dell’esteso giardino interno, abbastanza desolato ma
non del tutto, dal
momento che c’è chi lo raggiunge a passo svelto
persino quando è nascosto
e sono solo le quattro del
pomeriggio.
“Lo
so”
“Hai—hai saputo?”
Alaric tenta di mantenere un’espressione fredda e distaccata,
ma il suo tono di
voce lo tradisce e, nel frattempo, a Damon accade quello che accade
sempre in
presenza del suo professore. Allora
stringe
i denti e da un’ultima occhiata alla sua sigaretta, gettata
per terra, cercando
di affievolire e annegare quel tepore di sicurezza che solo Ric
può dargli in un
momento qualsiasi. E che cazzo.
Annuisce,
incrociando le braccia per poi fermarsi ad
osservarlo, un po’ titubante.
“Stefan
sa qualcosa?”
Damon
continua con il suo linguaggio non verbale, negando
con il capo e incrociando persino le gambe, assumendo una posizione che
urla
terribilmente non-voglio-avere-questa-conversazione… ma
d’altra parte Ric deve
conoscerlo bene, perché non degna nemmeno di uno sguardo il
suo corpo, essendo
la sua vista fissa nei suoi occhi chiari, eppure non va a fondo nella
questione, dando i propri spazi al quasi ventiduenne con
un’ottima fedina
penale.
“Sai
cosa significa questo?” è quello che pronuncia,
però,
qualche minuto dopo, quando si è seduto accanto a lui e
fissano entrambi il
cielo ancora troppo chiaro per ospitare il sole tramontante e sfumature
più
calde e prettamente serali.
L’inverno
è quasi alle porte ma la sua tacita presenza si
fa percepire comunque: non avrebbero entrambi la pelle d’oca,
ad esempio, o non
ci sarebbe questo venticello inopportuno a spettinare i loro capelli.
“Credo
di sì”
Alaric
focalizza la sua attenzione su Damon, accennando un
sorriso sghembo e annuendo, allora, per poi ritornare a guardare
ciò che
entrambi hanno davanti, in un silenzio confortante.
Bonsoir! Ebbene sì,
non mi sono dimenticata di questa storia ahhaha al massimo è
il contrario, dubito che ci sia qualcuno dall'altro lato a leggerla...
uhm, comunque spero che vi ricordiate di certified e di me, soprattutto
ahaha come ho già detto a qualcuno, è passato un
lunghissimo e bruttissimo periodo, facilmente definibile come "no"... e
chiedo scusa per non aver dedicato alla scrittura il tempo dovuto,
soprattutto perchè ultimamente credo di aver ritrovato il
piacere di scrivere e questo è diventato non solo un hobby,
ma anche un calmante!
capitolo breve e di passaggio, in cui sono presentati/approfonditi
altri importantissimi personaggi: Kol, Rebekah, Enzo, Liv, Stefan,
Alaric... ci sarà del sano e bellissimo rapporto Kolbekah e
questo mi rende felicissima hahaha qui sono gemelli, hanno la stessa
età e dunque frequentano il penultimo anno... poooi: il
rapporto fra Damon e Alaric è nato in passato, Katherine ha
sì dei segreti, così come Stefan... si accettano
scommesse su chi sia la sua pseudo ragazza ahah piccola
curiosità, avete capito il codice?:))
vi avevo poi parlato
di alcune novità ad inizio capitolo, ossia che (n.1)
riflettendo sulla trama, mi sono resa conto di cosa avevo capito mesi
addietro, vale a dire che Certified non può essere una
minilong! e quindi è ufficialmente trasformata in long:)
proprio per questo (novità n.2) il rating potrà
cambiare e scurirsi, non so ancora di quanto ma accadrà...
forse presto #smutallert
che ve ne pare del banner? pur essendo arrugginita questo mi piace un
sacco! a voi?:)
non credo di aver altro da dire!! fatemi sapere cosa ne pensiate, anche
poche parole sarebbero gradevoli e di aiuto, nonché
incoraggiamento! a volte il silenzio parla più di mille
parole e questo mi terrorizza hahah
vi lascio con il primo capitolo di una mia nuova long > It
was always you
spero a presto, un bacio!
|
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Capitolo 4 *** Knocking on heaven's door ***
http://www.polyvore.com/knockin_on_heavens_door/set?id=158110482
piccola nota di
ambientazione: il capitolo ha luogo
durante il quarto giorno del giro del
mondo
4. Knocking on heaven’s
door
“A quel punto io ho
pensato: perché mettere da parte soldi per delle stupide
scarpe per una stupida
festa di Tyler? Tyler dà decine
di
feste al mese! E si da il caso che fra un po’ sia il mio
compleanno—10 ottobre,
hai presente? Quindi mi
comprerà
qualcosa—ed io potrò venire davvero
per il ringraziamento!”
“Strabiliante,
credi di potercela fare con lo studio?”
“Stai
parlando con
me, Elena: a nove anni associavo ad ogni giorno
un’acconciatura diversa…
ponytail, trecce, lisci, ghirlanda, boccoli… pensi davvero
che non possa
organizzarmi?”
“Evidentemente
no” – Elena sbuffa mentre osserva attentamente
i vestiti nel suo cassettone, cercando di trovare quelli da portare in
lavanderia al più presto – “Senti, devo
lasciarti perché fra venti minuti devo
vedermi con il nostro RA… possiamo sentirci più
tardi, in giornata? Ho bisogno
di un po’ di Carolena”
All’udire
quelle parole, Caroline scatta in avanti facendo
cadere il suo quaderno degli appunti per terra, tutti i fogli che
accarezzano
la superficie in marmo chiaro.
“Che
c’è, Bonnie non è abbastanza di
compagnia?”chiede stizzita, più per
provocare
che per semplice curiosità. “Non
è la
migliore amica che credevi di avere?”
Elena ignora
la sua ultima domanda, alzando le spalle pur
essendo cosciente che Care non possa vederla: “E’
distante, come se mi stesse
nascondendo qualcosa…”
“Forse
mi hai fraintesa:
non ho esattamente voglia di aiutarti a riappacificarti con lei…”
– schiocca la lingua sul
palato, mettendo tutti gli appunti nel suo raccoglitore – “Non hai le altre sorelle, comunque? Non
sei effettivamente sola”
“Hai
ragione” conviene Elena, dopo aver messo il cellulare
in vivavoce e cambiandosi vestiti. Non ha voglia di litigare con lei
per una
questione così banale e irrisoria: d’accordo,
Bonnie e Caroline, benché siano
due delle sue migliori amiche, non hanno un rapporto suggellato, sono
semplicemente…
conoscenti. Si sono viste due volte, una via Skype durante il primo
semestre
del freshman year, mentre l’altra durante lo spring break
dell’anno sempre
precedente e non si sono amate a prima vista; vi è un
divario enorme fra loro,
non soltanto perché di età differente, ma anche
poiché rivali, in contesa per
un qualcosa di illogico agli occhi di Elena. Nemmeno fosse una preda e
loro due
gli animali feroci pronti a contendersela.
“Ovviamente”
“Ti
richiamo io, un bacio!”
Caroline
Forbes getta tutto nella borsa, quaderni, fogli e
cellulare compreso, la poggia delicatamente su una spalla e si
incammina verso
quello che sembra essere il punto di ritrovo di tanti alumni
fra una lezione e l’altra. Le sue iniziano fra due ore, ma
si sta preparando per un test di Calcolo necessario per ottenere il
credito di
metà semestre sperato. Passa l’indice sul naso per
alzare la montatura degli
occhiali da riposo che indossa, e non perde tempo nemmeno a sbuffare
quando
scende di pochi millimetri rendendo la sua azione pressoché
vana.
E’
Tyler quello che le ruba del tempo, la distrae e
cattura la sua attenzione svariati minuti dopo: si presenta
all’improvviso, il
solito sorriso sornione stampato sul volto e una di quelle maglie
grigie che
Care ama indossare nei loro momenti di coppia sdolcinata che gli cade
perfettamente sul corpo tonico. Non la saluta
direttamente—non pronuncia
nessuna parola, si avvicina e annuncia la sua presenza per via del
profumo che
indossa da sempre, le lascia un umido bacio sulla guancia, facendole
sgranare
gli occhi chiari per poi vederla sorridere, un qualcosa di genuino e
spontaneo
che solo lui ha il privilegio di
causare.
E’
unicamente dopo questo che le loro voci intervengono in
quell’interazione muta: “Ceniamo insieme,
oggi?” soffia Tyler sulla pelle
diafana della guancia della sua ragazza.
“Certo”
– assicura lei, le labbra increspate nello stesso
sorriso di prima, le lenti ormai appannate –
“Prenoto lo stesso tavolo del
Grill?”
“Mhm”
scuote la testa, poi alza le spalle, “Pensavo che
avremmo potuto cambiare un po’ la nostra routine”
Alza un
sopracciglio, scettica e presa alla sprovvista di
fronte a un cambio di programma affatto presente nei suoi piani.
“Ma davvero?”
Lui ride,
poggiandosi sul bordo della panchina che la sua
ragazza occupa. “Ci andiamo da quando ci siamo
conosciuti” – ammette con una
punta di quella che sembra quasi amarezza dovuta alla loro…
monotonia, alla
piega sicura e affidabile che la loro relazione sembra aver preso.
Caroline gli
da ragione annuendo lentamente – “Da più
di un anno, quindi”
“Un anno e tre mesi”
“Esatto”
– conviene – “Che ne dici di vederci con
Matt e
Sarah nel pub fuori al campus?”
“Matt
e—Sarah?
Chi è Sarah?”
“La
ragazza che non ti piace” Caroline inclina il capo in
segno di ammonizione, “Hai storpiato il suo nome lo scorso
weekend, quando
siamo usciti insieme”
“Non
è vero!”
“Savannah? Sahara?
Sara senz’acca?” Tyler imita la voce
chiara e limpida di Care ottenendo
solo una gomitata in cambio. “Dico sul serio, potresti
provare ad essere più
gentile”
“Da
quando siamo suoi amici? Da quando sei tu
suo amico?”
La piega
della loro conversazione non gli piace affatto e
non perde occasione per mostrarglielo: sbuffa facendo vibrare le labbra
rumorosamente, al che Caroline serra le gambe e si aggiusta la
montatura sul naso.
“Dai, Care? Lo
faccio per Matt—siamo suoi amici, e gli amici si aiutano a
vicenda. Si da il
caso che questa ragazza gli piaccia. Molto, anche”
Passano poche
decine di secondi prima che lei si lasci
andare, (Tyler nota anche come il suo corpo si rilassi in modo
evidente) e
allora sorride, annuisce, lui le bacia una tempia, un tacito saluto e
invito
allo studio.
L’effetto
che ha su di lei la stupisce tutt’ora, Elena non
può capirlo ma lei lo sente, ne è quasi
soggiogata e allora si dice che è questo l’amore,
che è questo il sottostare ad
una relazione. E sì, si ritiene anche piuttosto fortunata.
“…Parker?”
“Chi
mi cerca?”
Elena muove
qualche passo in direzione del RA ma si blocca
nella frazione di secondo in cui lui si volta a cercare con lo sguardo
la persona
che ha pronunciato con un po’ di incertezza il suo cognome.
Gli occhi scuri del
ragazzo si immobilizzano sulla figura magra ma slanciata di Elena, i
lunghi
capelli color del cioccolato lasciati sciolti sulle spalle ancora un
po’
abbronzate (a sua discolpa, può sottolineare come non ci sia
nulla di bello da
fare in una città come Boston in estate, quando non
può raggiungere i suoi
amici a Mystic Falls ed i suoi nonni non sono il massimo della
simpatia: gli
event garden con fiumi di champagne e sole crudites da ingerire sono
anche la
migliore occasione per colorare quella carnagione olivastra ma a tratti
pallida
e candida che si ritrova ad avere).
Ha un accenno
di barba sul volto ben delineato ed Elena si
mette persino, per qualche secondo, a contemplare la mascella ed il
sorriso
abbozzato ma divertito che ha—non
passa in rassegna la tshirt grigia ma aderente con il simbolo della
Brown che
indossa, né i pinocchietto color cachi che fasciano le gambe
atletiche, nope.
(E’
semplicemente il suo RA, dannazione.)
“Io,
suppongo” – gli porge una mano facendo oscillare la
cascata di capelli in avanti, andando a coprire quella parte di pelle
ambrata
scoperta dal top in pizzo blu che indossa – “Elena.
Elena Gilbert”
Lui corruga
per un attimo le sopracciglia ma annuisce e
sporge il corpo in avanti per ricambiare la stretta: “Omega
Psi Delta?”
I suoi occhi
devono illuminarsi prima che possa
controllare i suoi gesti, perché lui si lascia andare ad
un’espressione
visibilmente rilassata mentre sorride compiaciuta.
“In
realtà è proprio per questo che sono qui: stiamo
organizzando la serata di iniziazione e c’è
bisogno della tua firma sul
documento del verbale. Burocrazia e tutto”
“Mhm”
– prende il foglio che Elena gli porge non
degnandolo di uno sguardo e tenendo gli occhi scuri fissi in quelli
della
sophomore – “Quindi ci saranno in giro delle
sorelle” abbassa lo sguardo
prolungando la e finale
“da queste
parti, nel fine settimana”
Lei annuisce
ed inclina il viso mentre continua a parlare:
“La struttura delle Omega è in fase di
ristrutturazione perché abbiamo scelto
di anticipare i lavori così da organizzare lì le
feste del semestre, quindi la
scelta del posto si è focalizzata sulla camera
più spaziosa, la mia”
“Interessante”
Stringe gli
occhi fino a formare due fessure ma tenta
comunque di camuffare la sua espressione di curiosità con la
miglior poker face
che abbia, anche se crede di fallire. Come dire… lui le
regala un ampio sorriso
e allora Elena sa di non esserci
riuscita. Lo sguardo scuro e penetrante che lui si ritrova ad avere la
mette
però in difficoltà, la scruta ed è
come se
capisse e questo le fa tingere le guance di un rosso pallido.
Rimangono
così per una decina di secondi, finché un rumore
nella camera del RA li distrae e dissolve l’atmosfera di
pensieri galleggianti
che aleggiava fino a poco fa: lui stringe il foglio e prende la parola,
osservando un’Elena sempre più ammaliata da un je ne sais quoi che non capirà
mai, probabilmente.
“Devo
firmare—vuoi seguirmi? Ci vorrà un
attimo”
Elena
annuisce ed il profumo alla mela caramellata dei
capelli di lei deve colpirlo—trattiene il respiro per tre,
quattro secondi
prima di darle le spalle e accoglierla silenziosamente nella camera
più
mascolina che la sophomore abbia mai visto.
Gli occhi da
cerbiatta curiosi si muovono rapidamente per
la stanza ampia e così
Brown che lui
occupa: foto, vestiti più o meno sparsi sul letto e svariati
fogli sulla
scrivania occupata, da un lato, da libri spessi di Legge e
Giurisprudenza che
Elena conosce bene (i suoi nonni hanno una libreria piuttosto ampia
nell’attico
di Boston che occupano più spesso, dove Elena si ritrova a
trascorrere l’estate
autodefinendosi la miglior esemplare di società medio alta e
di età inferiore
ai ventun’anni che possa incarnare Nick del Grande Gatsby a
casa di Jay.
Versione femminile, ovviamente)
Trova tutto
estremamente piacevole ed accogliente, ogni
cosa al suo posto anche se, effettivamente, fuoriposto…
Infila le
mani nelle tasche posteriori dei pantaloncini in
denim chiari a vita alta che ha rubato da un membro della sua famiglia
tempo
addietro, sorridendo appena a qualcosa di indefinito nella camera del
suo RA.
“Ecco
fatto” – biascica con voce bassa mentre firma due
volte su quel foglio un po’ stropicciato –
“Elena, giusto?”
“Yep”
Sorride
sghembo porgendole il foglio, che afferra dopo
aver spostato, con una scrollata di spalle, i capelli dietro la
schiena.
“Perfetto” mormora più a lei che a
Parker.
“Sono
a tua completa disposizione per qualsiasi cosa, sai…
da autorità ad autorità”
E’
certa di arrossire, anche se una parte di lei è
graziosamente divertita da quell’intervento con significato
subliminale che lei
ha colto—dopotutto, è amica di Caroline, e ha
visto (sentito) cose riguardanti
Katherine che vorrebbe dimenticare.
Annuisce
mordendosi il labbro inferiore, per poi salutare
il suo RA con un gesto rapido della mano e dargli le spalle, tornando
verso la
sua stanza.
Non
è chiaro a nessuno il perché abbia cacciati tutti
dalla sua stanza, trascinando fuori dalla porta persino il takeaway
cinese che
lui ama profondamente—c’erano giorni,
nell’anno precedente, in cui si sedeva su
quel divano rosso accendendo la tv che due membri onorari come loro potevano avere in camera: Stefan
era felice all’idea di trascorrere tempo con suo fratello, in
totale
tranquillità e mangiando cinese. A Damon mancava la
sicurezza che ora sono gli
OC, ed era più scontroso di così, aveva meno
Alaric anche se, ripensandoci, la
cosa, anche adesso, lo manda in
bestia comunque.
Si passa una
mano sulla fronte, solo, nella stanza: Enzo è
a lezione mentre di Stefan nemmeno l’ombra, lui ha cose a cui
pensare eppure
non può far altro che rimanere lì, immobile.
C’è Alaric, c’è lo studio,
c’è
l’essere presidente ed un fratello, deve semplicemente
scaricare la
frustrazione e nervosismo che lo riempiono fino al collo e
c’è persino Elena—Cristo,
quando è diventata un
casino la sua vita?
Ha la vaga
tentazione di accendersi qualcosa (forse anche
l’intera stanza) ma opta per quella che è
l’azione migliore: è un
cazzo di fottuto genio.
Ecco
perché, duecentosettantré passi dopo, tre chili
fra
le mani e due sigarette nella tasca posteriore dei jeans, insieme a
fogli
stropicciati ed una matita mangiucchiata, è nella lavanderia
del piano
superiore a quello in cui alloggia. Ci sono almeno quindici lavatrici
enormi, e
l’immancabile profumo di detersivo che
–può negarlo fino alla morte- adora con
tutto se stesso. Che idea grandiosa: lavarsi le mani – o
maniche, in questo
caso – per togliersi di dosso quel marciume che alcune
persone gli gettano
addosso. Alaric, per alcuni versi, Enzo il cazzone per altri, una
bambina che
crede di saperla lunga, chiaramente, mezzo campus, fra
l’altro.
Si siede su
una panca a ridosso del muro bianco impregnato
di detergente, con l’intento di compilare quei dannati
fogliacci; la cosa va
gonfie vele, pensa addirittura alle prove di iniziazione con cui
sottoporre le
matricole OC wannabe—se Rick lo vedesse sarebbe fiero di lui:
la cosa non può
che farlo incazzare, però.
“No,
era come se—Caroline, dannazione”
La figura
della bambina che ha contestato prima si pone
dinanzi ai suoi occhi, di spalle, in aggiunta: tutto ciò che
vede è un corpo
sinuoso, pelle particolarmente olivastra e capelli lucenti che
farebbero
concorrenza a quelli di Stefan, pensandoci.
Non collega
subito al fatto che sia lei, che sia lì—rimane
come un impalato a fare il maschio alfa guardandole il corpo, non
prestando
nemmeno attenzione a quella voce morbida che diventa più
acuta quando deve
rimproverare una certa Caroline.
Sabato non
è stata la giornata nazionale della vista
perspicace, realizza: avrebbe visto oltre quella ragazzina che gli
gettava
liquidi bollenti addosso e si proponeva, con gentilezza calpestata, di
dargli
una mano ed essergli amica. Avrebbe intravisto oltre, superficialmente
parlando, e avrebbe trovato, senza nemmeno pensarci troppo, un modo per
farla
tacere. Più modi per
farla tacere.
Giura di non guardare le sue gambe quando si focalizza anche su
ciò che sta
dicendo (“Ammaliante è il termine che stai
cercando, credo… Caroline, non tutti
i bei visi devono solo portarti a
letto”). Ma prima regola che si apprende quando si vuole
sbloccare il livello
quattro: Damon mente.
Poggia il
cellulare sulla lavatrice, mettendolo in
vivavoce: “Dico solo che potresti
usufruire della sua offerta… potresti aver bisogno di firme?
Fogli? Carta
igienica? Un appuntamento?”
“Daccapo”
– ripete lei evidentemente a disagio dalla piega
che sta prendendo quella conversazione – “Non gli
chiederò di uscire… è un bel
faccino, sì, ma non ho voglia di iniziare una qualche
relazione, Care—e no,
prima che tu lo dica: non uscirò per andarci a letto, grazie
tante, e se mai
avrò bisogno di aiuto su quel fronte sarai la prima a
saperlo”
“La prima a saperlo?
Devi dirmi qualcosa, ninfomane?”
Damon lo
chiamerebbe origliare ed è per questo che ha una
vaga intenzione di tossire per farle rendere conto della sua
presenza—ma lei
squittisce rapida prima che possa darsi una mossa: “No! Non intendevo suonare così
disperata—e no, Care, non era
un’avance, non sono ancora passata dall’altra
sponda—“
“Cristo,
dovresti
proprio prenderti una serata e divertirti con la tua amica squilibrata
e piena
di alcool…
risorse, intendevo dire risorse”
“Mi
assicurerò di chiamarti nel bel mezzo della sbornia
per farti sentire così tanto in colpa che non potrai
riagganciare sino a che
qualcuno non mi avrà portata a vomitare”
“Mhm,
ottimo piano!
Io devo prepararmi per uscire con Tyler, e cercherò di fare
quello che tu
desideri tanto disperatamente— vuoi il resoconto domani
mattina?”
“No,
a meno che non includa tutti i meravigliosi attributi
di Sarah”
“Non
c’è nulla di
male nell’essere lesbi—“
La ragazzina ha
riattaccato. Damon ne è quasi stupito. Chiusa la telefonata,
però, si sente in
imbarazzo e non è sicuro nemmeno del perché:
insomma, non è che abbia origliato
di proposito e in fondo la buona educazione (o vista, cosa che comunque
lui non
ha avuto sabato) presuppone il controllare che non ci sia nessuno a cui
tali
conversazioni origliate potrebbero dare fastidio. O, sempre nel suo
caso,
solleticare la sua attenzione. Non che la vita sessuale della bambina
gli
interessi, è una bambina e rimarrà tale anche
durante il suo senior e quando
avrà un lavoro e bambini come lei. Punto e basta.
Damon non
è noto per essere perspicace, quando ha la testa
fuori posto. Tantomeno sveglio o non idiota o non coglione—ecco
perché potrebbe chiedersi anche fra dieci anni il
motivo di tanta sua stupidità. Lei è intenta a
far la lavatrice quando lui lo fa,
prima si schiarisce quasi
silenziosamente la voce, la fa sobbalzare per poi immobilizzare e
“Ciao”,
soffia, le mani sulle ginocchia che stringono i fogli degli OC.
Le lunghe
gambe di Elena ruotano pian piano per rivolgersi
verso la voce parlante (qualcosa gli dice che ha compreso chi lui sia)
e
potrebbe ricevere cento punti solo per aver finto totale indifferenza:
gli
occhi non si sgranano, non salta di paura, finge di non aver mai avuto
una
conversazione a cui lui ha sicuramente assistito.
“Ehi”
La cosa
sembra finire lì: lei torna ai suoi vestiti, lui
con lo sguardo incollato alla schiena della bambina che adesso lo percepisce. Quando è diventato
così
cretino, davvero? Vuole battersi una mano sulla fronte ma è
troppo impegnato ad
essere deficiente, i fogli che diventano quasi sudati fra i suoi palmi
e lo
sguardo sempre fisso e attratto—rettifica, attirato
da qualcosa che non può avere nemmeno residenza nella sua
testa.
Si volta di
scatto, poggiando le mani ai bordi della
lavatrice e disponendo i gomiti nella sua direzione.
Damon apre la
bocca e non la chiude, dimostrando quanto
sia cretino.
“Dimmi
se ti do fastidio” – muove mento e occhi in
direzione dei poveri pezzi di carta – “Con il
rumore della lavatrice e tutto”
“Mhm”
si schiarisce la gola, muove la mascella e sbatte le
ciglia. “No, in fondo—tecnicamente non è
il mio posto, questo”
“Posto
sbagliato al momento sbagliato, duh?” la bambina si
pente all’istante di quanto detto, ma lui la batte sul tempo.
“Avrei
dovuto fare un cenno, un qualcosa—posso
dimenticare quando sentito”
Lei inclina
il capo e schiude appena le labbra, per poi
stringerle in una linea sottile. “Non è un
problema, non credo che tu sia il
tipo da…” – fa un cenno con la mano
– “diffondere notizie in giro. Non che ci
sia qualcosa da diffondere”
“Cristallino”
Annuisce e la
parvenza di un sorriso sembra impossessarsi
delle sue labbra. Damon risponde con altrettanta fugacità e
tornano in un
batter d’occhio a far quello a cui avrebbero dovuto dedicarsi
dall’inizio.
Un attimo
dopo sono ancora al punto di partenza.
“E’
stato… imbarazzante”
“Ho
già dimenticato il nome della tua amica” espone i
palmi nella sua direzione ed Elena Gilbert è la persona
più sollevata
dell’intero campus.
“Non
intendevo suonare patetica. O disperata. O entrambe
le opzioni. E’ che Caroline mi fa così
infuriare”
Damon
annuisce, “Comprensibile”
“E
la verità è che questo
continua ad imbarazzarmi” – lo indica
distrattamente – “Magari è imbarazzante
anche per te, ma non potresti riderci su? Dirlo a qualcuno? Avere una
reazione?
Ignorare la vicenda?”
“Hai
conosciuto qualcuno, forse vorresti andarci a letto,
farlo non è la tua priorità… sono cose
che capitano” annuisce seppure non
riesca, adesso, a trattenere un sorriso più ampio
“…Credo”
Elena
arrossisce e Damon pensa che la sua pelle faccia un
incredibile contrasto con la canotta in pizzo blu.
La sophomore
non fa che sentirsi osservata quando il
deficiente stesso, l’altro giorno, non l’ha degnata
minimamente di uno sguardo
così… intenso. Dannata Caroline, quella
telefonata e gli ormoni. Dannazione.
Annuiscono
entrambi a qualcosa di tacito e insensato e
tornano ai loro obiettivi per i successivi quarantacinque minuti, in un
silenzio che non ha più il sapore di tensione di alcun tipo,
nonostante Elena
si irrigidisca al ricordo, forse, di quanto successo e Damon le scocchi
comunque occhiate attente…
Fino a che
lei non si lega i capelli in una coda alta che
mette in evidenza il collo affascinante e porta via i vestiti umidi.
Damon allora
prende un profondo sospiro ma deve bloccarsi
perché il volto a cuore e gli occhi scuri della bambina
fanno capolino nella
stanza ampia: “Se quei fogli sono quello che penso
siano… sappi che c’è un
co-presidente il cui compito è proprio
quello”
Elena gli ha
sorriso.
Rebekah si
aggiusta distrattamente la gonna, abbassandola
di qualche centimetro, azione dovuta al movimento veloce delle sue
gambe
dirette verso la stanza del gemello. E’ forse una delle
giornate peggiori della
loro intera vita. Scuote la testa e infila nella toppa le chiavi che ha
chiesto, in modo del tutto illecito, al compagno di stanza di Kol. Non
è
esattamente nei suoi piani bussare—quattro secondi dopo ha la
mano destra a
coprire la bocca e si rimprovera mentalmente.
Il
fondoschiena di suo fratello che si muove rapidamente
non è quello che avrebbe
voluto vedere di lui e Rebekah vorrebbe subito essere ingenua
e non collegare la nudità evidente di Kol vicino al
davanzale della finestra semichiusa con i conseguenti movimenti,
ciò che sente
e la mora con la testa all’indietro i cui vestiti sono sparsi
per terra.
Ha la mezza
idea di scappare a gambe levate, ma pensa che
così facendo lascerebbe la porta aperta e dio solo sa quanto
non se lo possano
permettere.
E’
così immobilizzata da far paura ed il bello (brutto)
è
che i due non si rendono conto della sua presenza ed urlano in preda al
piacere, in più non vuole davvero pensare a suo fratello che
grugnisce e nasconde il viso
nell’incavo
del collo della ragazza di turno. Gli occhi di quest’ultima
si sgranano a tal
punto che lei urla, e tutto ciò a cui Rebekah può
pensare è quanto sia orrendo
dover raggiungere un orgasmo così.
(Lei
è sua sorella e vorrebbe essere più ingenua)
Tutto
ciò deve sembrare normale a Kol, il quale afferra
l’occasione per baciare il collo della ragazza, schifosamente continuando a muoversi.
Questa,
però, muove le mani dalla schiena nuda di suo
fratello sino alle spalle, che tenta di scuotere per catturare la sua
attenzione. Cosa che succede tipo due minuti dopo, quando Bex
è ancora immobile
di fronte alla porta chiusa alle sue spalle.
(Si chiede se
possa diventare zia)
Una frazione
di secondo dopo, delle urla riecheggiano nel
campus e potrebbero persino scuotere Caroline, al Whitmore. Eppure
c’è chi ride
e pensa a cosa sia successo in modo assolutamente pacifico, e quel
qualcuno è
Alaric, con le gambe incrociate sulla scrivania che cerca a tentoni,
con la mano
destra, di togliere il doppiofondo del cassetto.
- RA: Resident Advisor, Resident
Assistant - Nel dormitorio universitario, un RA è
lo studente leader. Mantengono l'ordine, fungono da punto di
informazione per gli studenti, organizzano eventi e generalmente
lavorano per mantenere un'atmosfera positiva ed una comunità
d'apprendimento. Ad alcuni residenti non piacciono i RA dal momento che
sembrano soltanto delle figure di autorità che li fanno
finire nei guai perchè violano la linea di condotta. (mia
traduzione veloce, rispetto a quanto preso da Urban Dictionary
perciò mi scuso per vari errori) Ho inventato quanto detto per
i moduli/verbali per le confraternite, non so come avvengano le
procedure in America o nei college ma credo che in
un'università come la Brown ci tengano a capire
perchè ci siano così tante ragazze in una stanza,
intente a fare iniziazioni a nuove arrivate, ecco tutto.
bonjouuuuur!
come va? chi mi conosce ha forse notato la mania che ho di voler
pubblicare in giorni "speciali", ecco (si pensi a give me love, il
primo capitolo di certified, l'epilogo dello strano caso, the
absurd left behind), e per questo decido di pubblicare qualcosa
nell'addio sottotitolato del personaggio a cui si deve questa storia,
l'ispirazione ed il titolo, ossia Elena Gilbert (non ho visto
l'episodio ma mi sono spoilerata da brava buzzkill -almeno per quanto
riguarda l'ansia disperazione attesa ai massimi livelli- che sono)!!
spero di non piangere (ahahhah) o rimanerne in qualche modo delusa,
cosa che invece ha provocato la reazione di Ian a questo episodio... mi
chiedo perchè Nina continui a dedicargli foto e a
considerarlo ancora come un buono amico quando lui vuole che
l'attenzione dei fan si sposti su damon piuttosto che sull'addio dellla
PROTAGONISTA. E perchè tenga a sottolineare che Nina non
è andata via per colpa sua o di Nikki (se non erro ha
pubblicato un tweet con un articolo che parla proprio di questo)... io
rimango del parere che abbia fatto del bene a sé stessa,
ambiente, costar, ex amiche a parte. E' troppo giovane
perchè possa rovinarsi, e l'amore per un qualcuno, un uomo
nel suo caso, anche "finito", credo, non definisce chi siamo.
Parentesi chiusa, che ne pensate del capitolo? :)
Il titolo è preso da una canzone di Raign che amo tanto
tanto (incolpo la scena bellarke del 2x16), e che vi consiglio! per il
resto, si collega a queste porte aperte-chiuse-a cui si bussa o meno
che intervengono nel capitolo, inserite anche involontariamente devo
dire! ho deciso di aggiungere la digressione iniziale con Caroline (che
non doveva essere un personaggio ricorrente, ma) per meglio
inquadrarla, miss ordine e amica e ragazza un po' gelosa che
è, e per sottolineare il suo legame con Tyler:)))
elena è un po' il centro del capitolo, anche se vediamo
daccapo i kolbekah in azione (o solo Kol, in questo caso) o l'entrata
in scena di un personaggio che sarà piuttosto OOC dato il
suo ruolo in tvd, Kai... spero non vi dia di pazzo maniaco e anzi, vi
piaccia come piace a me (sempre quando non sfiora il limite massimo di
villain che ricopre... almeno per la prima volta ne vediamo uno che non
si può redimere, cosa che è successa con elijah,
klaus, katherine, damon, enzo, e tutti gli altri pseduo cattivi)
Elena-Damon!! Cosa ne pensate? sono curiosa di sapere i vostri pareri,
perchè questi due testoni erano e sono per certi versi agli
antipodi e farli passare dall'odio ad amore mi sembra sempre
più difficile ahahha questo intervento però ha
fatto diminuire la tensione fra loro:)
non mi dilungo ulteriormente se non dicendo che spero sempre che questa
storia piaccia, per me è un esperimento per tante ragioni e
due parole possono aiutare nell'intento di aiutarmi (scusate il gioco
di parole)... vi lascio, a presto :*
fede
(chris in the carrie diaries
mi ha conquistata, ma dettagli)
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