Avere una doppia vita è una cosa. E' renderla migliore, il trucco

di deborahdonato4
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Nico ***
Capitolo 2: *** 2. Nico ***
Capitolo 3: *** 3. Will ***
Capitolo 4: *** 4. Will ***
Capitolo 5: *** 5. Nico ***
Capitolo 6: *** 6. Nico ***
Capitolo 7: *** 7. Will ***
Capitolo 8: *** 8. Will ***
Capitolo 9: *** 9. Nico ***
Capitolo 10: *** 10. Nico ***
Capitolo 11: *** 11. Will ***
Capitolo 12: *** 12. Will ***
Capitolo 13: *** 13. Nico ***
Capitolo 14: *** 14. Nico ***
Capitolo 15: *** 15. Will ***
Capitolo 16: *** 16. Will ***
Capitolo 17: *** 17. Nico ***
Capitolo 18: *** 18. Nico ***
Capitolo 19: *** 19. Will ***
Capitolo 20: *** 20. Will ***
Capitolo 21: *** 21. Nico ***
Capitolo 22: *** 22. Nico ***
Capitolo 23: *** 23. Will ***
Capitolo 24: *** 24. Will ***
Capitolo 25: *** 25. Nico ***
Capitolo 26: *** 26. Nico ***
Capitolo 27: *** 27. Will ***
Capitolo 28: *** 28. Will ***
Capitolo 29: *** 29. Nico ***
Capitolo 30: *** 30. Nico ***
Capitolo 31: *** 31. Nico ***
Capitolo 32: *** 32. Will ***
Capitolo 33: *** 33. Will ***
Capitolo 34: *** 34. Will ***
Capitolo 35: *** 35. Nico ***
Capitolo 36: *** 36. Nico ***
Capitolo 37: *** 37. Nico ***
Capitolo 38: *** 38. Will ***
Capitolo 39: *** 39. Will ***
Capitolo 40: *** 40. Will ***
Capitolo 41: *** 41. Nico ***
Capitolo 42: *** 42. Nico ***
Capitolo 43: *** 43. Nico ***
Capitolo 44: *** 44. Will ***
Capitolo 45: *** 45. Will ***
Capitolo 46: *** 46. Will ***
Capitolo 47: *** 47. Nico ***
Capitolo 48: *** 48. Nico ***
Capitolo 49: *** 49. Will ***
Capitolo 50: *** 50. Will ***
Capitolo 51: *** 51. Will ***
Capitolo 52: *** 52. Nico ***
Capitolo 53: *** 53. Nico ***
Capitolo 54: *** 54. Will ***
Capitolo 55: *** 55. Will ***
Capitolo 56: *** 56. Nico/Will ***
Capitolo 57: *** 57. Nico ***
Capitolo 58: *** 58. Will ***
Capitolo 59: *** 59. Nico/Will ***
Capitolo 60: *** 60. Nico/Will ***
Capitolo 61: *** 61. Nico/Will ***



Capitolo 1
*** 1. Nico ***


 Will Solace lo stava aspettando a braccia conserte davanti alla casa di Apollo. Nico si chiese se non avesse creduto al suo mezzo giuramento sullo Stige, o se semplicemente voleva accertarsi con i suoi occhi che lo avrebbe seguito in infermeria.
 «Hai fatto tutto quello che dovevi fare?» gli domandò Will, scrutandolo.
 Nico annuì. Non ebbe il coraggio di voltarsi per controllare se Percy o Annabeth fossero ancora intenti ad osservarlo. Ma si sentì lo stesso fiero di se per la sua dichiarazione. Finalmente avrebbe potuto guardare Percy Jackson in volto senza sentirsi amareggiato per la sua relazione con la bella figlia di Atena.
 «Sono pronto.» disse Nico.
 Will gli diede le spalle e si incamminò verso l'infermeria. Nico lo seguì, resistendo all'impulso di tornare nella sua cabina. Will poteva anche essere un bravo dottore, ma faticava a fidarsi di un medico che portava le infradito durante i turni di lavoro.
 «Sei ancora dietro di me?» gli chiese Will, voltando appena la testa.
 «Sí.» sbuffò Nico, infastidito. Si ritrovò a rimuginare sulle parole di Will di poco prima. Aveva veramente definito il suo volto come "un viso amichevole"? Sicuro che non lo avesse confuso con qualcun altro?
 Camminarono uno dietro l'altro per diversi minuti, fino a quando Nico non si ritrovò nei pressi dell'infermeria. A quel punto, allungò il passo e affiancò il figlio di Apollo.
 «Solo tre giorni, giusto?» gli chiese, per conferma.
 Will arricciò il naso senza guardarlo. «Per il momento, solo tre giorni.» affermò.
 Nico sentì uno spillo di rabbia pungergli il petto. «Cosa intendi dire, con per il momento?»
 Will si voltò per fronteggiarlo. Si stava trattenendo a stento dallo sorridere. «Sono il tuo medico.» gli ricordò. «E l'altro giorno ti ho detto che devi accettare i pareri del tuo medico.»
 «Pareri?» ripeté Nico. «Più che altro mi sembrano ordini...»
 Il figlio di Apollo sorrise, il tipico sorriso solare degno di ogni figlio di Apollo. «Muoviti ad entrare.» gli disse, precedendolo.
 Nico iniziò a rigirarsi l'anello d'argento a forma di teschio che aveva al dito, e lo seguì. Forse seguire i "pareri" del suo medico non era più una buona idea.
 Ma dopo tutti quei viaggi-ombra, dall'Europa all'America, era sicuro che un po' di riposo gli avrebbe fatto bene.
 Negli ultimi giorni si era rilassato, ma non a sufficienza. Continuava a pensare ad Ottaviano, al suo volo con la catapulta, e i sensi di colpa riaffioravano solamente quando provava a convincersi che la morte del Centurione Romano aveva portato alla diretta uccisione di Gea, e non alla morte di Leo.
 Si fermò di botto dopo aver superato la soglia dell'infermeria. Vi era entrato qualche volta, negli anni passati, ma per pochi minuti. Ora sapere che vi avrebbe trascorso tre giorni lo rese nervoso.
 «E se restassi nella mia cabina?» chiese Nico a Will, che superò alcuni letti e si fermò davanti ad un separé bianco. «Ti prometto che resterò a letto, e che ti aprirò la porta ogni volta che verrai a controllarmi.»
 Will lo studiò con attenzione, poi scosse la testa. «Mi dispiace.» disse. «Sono abbastanza indaffarato così, senza dover aggiungere alla mia lista anche il venire a controllare se stai seguendo le cure del tuo medico.»
 «Ma devo solo dormire...»
 «Qui dormirai sicuramente meglio. E sotto ai miei occhi.»
 «Sotto la tua sorveglianza.» lo corresse Nico. Il calore dell'infermeria gli stava facendo girare la testa. Per non parlare dei colori così chiari e... vivaci.
 «Vedila come ti pare!» esclamò Will, sorridendo. «Mi hai promesso tre giorni di riposo, e intendo riscuotere la promessa. Oltre questo separé ci sarà il tuo letto, e la tua cabina provvisoria.»
 «E se dovesse arrivare qualche ferito grave?» insistette Nico, cercando di sembrare preoccupato. «E se io occuparsi un letto per nulla?»
 Will roteò gli occhi al soffitto. «Subito. Sul. Letto.» ribadì, e Nico fu tentato di dirgli che quello era veramente un ordine, ma non osò infastidirlo ancora di più.
 Superò il separé brontolando e guardò il suo letto. Le coperte erano di un intenso azzurro, che associò agli occhi di Will, e il cuscino stonava parecchio, color pesca.
 Questo il figlio di Ade non poteva accettarlo.

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Capitolo 2
*** 2. Nico ***


«Stiamo scherzando?!» esclamò Nico, voltandosi verso Will, che lo osservava divertito. Con la spalla si appoggiava al muro, le braccia conserte, i capelli che gli ricadevano sugli occhi.
 «Cosa intendi?» chiese Will, calmo, e Nico ebbe la voglia di strangolarlo. Ma invece si limitò a fare un cenno verso il letto. «Nico, questo non è un hotel a cinque stelle. È l'infermeria di un campo abitato da semidei. Siamo fortunati ad avere ancora un tetto sopra la testa.»
 Nico si afferrò i gomiti e tenne gli occhi puntati sul cuscino. Color pesca... Ma doveva ammettere che i colori erano decisamente migliori dell'arredamento della cabina di Ade, dove la cuccetta assomigliava ad una bara. Forse, sapendo del suo arrivo, i figli di Apollo o i figli di Afrodite si erano affrettati a rifare il letto per non farlo sentire un vampiro. O un morto.
 «Va bene, d'accordo.» mugugnò Nico. Si avvicinò al letto, e fu sul punto di sedersi quando la voce di Will lo fermò.
 «Alt!» esclamò, e Nico notò quanto tutto questo lo stesse divertendo. «Non puoi di certo passare i prossimi giorni con quei vestiti addosso. Questa è un'infermeria.»
 Nico aggrottò la fronte. Sapeva che non avrebbe dovuto fidarsi del figlio di Apollo.
 «Non ho intenzione di dormire nudo...» borbottò.
 Will rise e si avvicinò al cassettone ai piedi del letto. Lo aprì e afferrò un pigiama, che posò sul  letto. «Ecco, metti questo.»
 Nico lo fissò in silenzio.
 Will alzò un sopracciglio.
 «Un pigiama?» mormorò Nico.
 «Sí, perché i pazienti, di solito, quando sono ricoverati per più di un giorno, indossano il pigiama.»  gli fece notare Will.
 «Un pigiama bianco?! A me?!»
 Will socchiuse gli occhi, infilandosi le dita tra i capelli, e Nico si sentì quasi dispiaciuto. Will doveva avere una montagna di cose da fare - visitare i feriti, medicare i nuovi feriti, controllare che i fratelli Stoll non si fossero fatti staccare le dita dai loro fratelli romani - e stava perdendo tempo con lui.
 Ma dovette sottolineare il quasi dispiaciuto. Will Solace stava cercando di fargli indossare un pigiama bianco. Oltre, naturalmente, averlo costretto ad accettare un letto dalle tinte colorate, e il passare i futuri tre giorni a letto.
 «É un pigiama!» mormorò Will, aprendo un occhio e scrutandolo. «Un normalissimo pigiama...»
 «É bianco.» ripeté Nico.
 «Per gli Dei!» esclamò il figlio di Apollo, scocciato. «É un pigiama bianco. Tu e i figli di Ares avete seri problemi con i pigiami dell'infermeria!»
 Will afferrò il pigiama e lo ripose nel cassettone, afferrandone un altro. Nico lo squadrò e si sentì quasi a casa.
 «Come ti sembra questo?» domandò.
 «Molto meglio del precedente.» annuì Nico, prendendolo. Era completamente nero, fatta eccezione per una serie di teschi cuciti in modo da formare una spirale. «E questi?»
 «Ho chiesto a Drew di cucirli.» sorrise Will. «Pensavo che ti avrebbero fatto sentire più a casa.»
 «Quindi sapevi che avrei rifiutato l'altro?»
 «Me l'aspettavo.» Will gli si avvicinò e gli diede una pacca sulla spalla. «Ora cambiati e infilati a letto. Ripasserò tra un quarto d'ora per controllare che... Mmh. Che ti prende?»
 Nico lo stava fissando torvo. I suoi occhi si abbassarono nuovamente sulla mano di Will ancora posata sulla sua spalla. Odiava il contatto fisico. Per un momento, dopo l'abbraccio di Reyna della sera prima - e il suo successivo sfogo - aveva creduto il contrario. E solo mezzora prima aveva lasciato che Jason Grace lo abbracciasse.
 Ma la mano di Will posata sulla sua schiena era troppo.
 «Che ti prende?» ripeté Will, ma Nico non rispose. «Oh!»
 Will ritirò in fretta la mano e iniziò a giocherellare con un lembo del suo camice. «Tornerò tra quindici minuti.» gli ricordò, e lo lasciò solo.
 Nico sistemò il separé, che lo nascondeva completamente da occhi indiscreti, e si cambiò. Non era abituato ad indossare un pigiama per dormire, ma doveva abituarsi.
 E il pigiama non era neanche tanto male. Era caldo, e odorava di buono. Dopo tanto tempo, si sentì di nuovo come un bambino di dieci anni, quando viveva a casa con sua sorella Bianca e sua madre, quand'era amato, sebbene la guerra che si svolgeva attorno a loro.
 Con un sospiro, si lasciò cadere sul letto. Non intendeva ancora infilarsi sotto le lenzuola, era presto per dormire, forse non erano nemmeno le dieci del mattino. Jason era stato piuttosto mattiniero. Si portò le mani alla nuca e rimase a fissare il soffitto.
 Quei tre giorni di riposo assoluto si preannunciavano più stancanti del previsto.

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Capitolo 3
*** 3. Will ***


Si era appena lasciato alle spalle Nico di Angelo quando si ricordò della montagna di faccende che ancora lo aspettavano. Dopo aver risanato ferite nei giorni precedenti, avrebbe dovuto controllare i feriti e fare un catalogo di tutte le medicine, bende, garze, rimaste. Non aveva potuto farlo l'ultimo giorno di luglio, con la guerra contro i romani imminente, e il parto di Mellie altrettanto prossimo.
 Will afferrò la tabella di marcia dalla sua piccola scrivania. Da quanto poté leggere, suo fratello Austin doveva arrivare a minuti per aiutarlo. Ma quel giorno si preannunciava tranquillo. La maggior parte dei feriti gravi stava guarendo in fretta grazie all'ambrosia e al nettare, e Mellie si era completamente ripresa dal parto. Ora, l'unica cosa di cui doveva preoccuparsi era il figlio di Ade che giaceva immobile oltre il separé, nella sua piccola stanzetta privata, che attendeva con ansia la fine dei tre giorni di riposo.
 Will sospirò. Nei due giorni precedenti aveva lavorato così tanto che ora desiderava solo una pausa. Magari in spiaggia, in costume, con il sole che gli baciava la pelle, sorseggiando tè freddo - o qualcosa di più forte - e aspettando l'onda giusta per fare un po' di surf.
 Ma non poteva lasciare i suoi pazienti nelle mani dei suoi fratelli. Certo, si fidava di loro e delle loro doti guaritrici - simili alle sue, essendo figli di Apollo - ma a differenza dei suoi fratelli era il più grande, sebbene non il maggiore tra tutti, e desiderava ardentemente una carriera da medico. Infondo, se i Beatles, figli di Apollo, erano riusciti a diventare una grande band musicale nel mondo degli umani, perché lui non poteva diventare un medico di successo?
 Anche se non avrebbe mai lasciato il campo. Lì avevano bisogno di lui. Ma ora che la guerra con i romani si era estinta, e che Gea non rischiava più di risorgere, e visto che Rachel Elizabeth Dare non era più in grado di fare profezie, forse per il Campo Mezzosangue si annunciava una pace duratura. Per gli Dei, duratura... Almeno uno o due anni di pace potevano concederglieli, no?
 Nonostante i suoi mille sforzi al Campo, Will sognava ancora di tornare in città, frequentare l'Università e laurearsi in medicina, diventare medico. Ma non lo faceva per i soldi, solo perché aiutare gli altri, guarirli, curarli, lo faceva sentire bene con se stesso. E ogni volta che un paziente, un suo amico semidio, moriva... Be', se ne andava anche una piccola parte di lui.
 Will batté le palpebre e guardò verso la porta, e occhieggiò l'orologio. Austin era in ritardo. Di cinque... no, sei minuti. Poteva accettarlo, ma non quel giorno, con l'inventario da compilare, e gli ordini per i nuovi kit da preparare entro la fine della giornata. Aveva finito quasi tutte le bende disponibili, per non parlare dei disinfettanti.
 E sì, aveva bisogno di una pausa, almeno metà giornata di riposo da passare in spiaggia, con il sole, la vitamina D e la pace.
 Si voltò a guardare verso il separé che nascondeva Nico di Angelo da occhi indiscreti. Si era preparato ad uno scontro peggiore con il figlio di Ade, ed era rimasto sorpreso nel notare la sua docilità nel seguirlo in infermeria. Forse per quanto successo con Jason Grace e Percy Jackson. Doveva indagare più a fondo sulla faccenda.
 Suo fratello Austin entrò in infermeria allo scoccare di ben dieci minuti di ritardo. Will lo guardò mentre si avvicinava alla sua sedia.
 «Ciao.» lo salutò Austin. «Scusa il ritardo.»
 Will lo fissò. A giudicare dalle occhiaie e i capelli scompigliati, Austin doveva essere appena sceso dal letto. E Will si era curato di svegliarlo prima di uscire di casa, con l'intenzione di andare a svegliare Nico. Ma Grace lo aveva preceduto.
 «Ben arrivato.» lo salutò Will, sarcastico. «Perché non ti sei fermato a letto ancora dieci minuti?»
  Austin batté le palpebre. «Posso..?»
 «No. Abbiamo delle cose da fare.»
 «Tipo?»
 «Dobbiamo fare l'inventario.»
 Austin borbottò qualcosa. «Entro stasera, vero?» aggiunse, più comprensibile.
 «Sí.»
 «Tu invece che devi fare?»
 «Devo andare a controllare come stanno i feriti. E controllare che le dita degli Stoll siano ancora tutte al loro posto.»
 «Alle dieci i romani partono.» lo avvertì Austin.
 Will sorrise. «Allora è meglio che vado a controllare i loro feriti prima della partenza.»
 Austin annuì e di sedette al suo posto alla scrivania, recuperando un plico di carte e cominciando a scrivere.
 Will fu tentato di scompigliargli i capelli, ma si trattenne. Aveva del lavoro da fare. Afferrò la cartella con i nomi dei feriti romani e superò il separé di Nico.
 «Allora?» chiese Will, lanciandogli una breve occhiata.
 «Mmh?» mugugnò il figlio di Ade, perplesso.
 «Non ti senti più riposato?»
 «No.»
 «Peccato.» Will lesse i nomi sulla cartella con attenzione e annuì. «Scusami, Nico, ma ora ho da fare. Devo controllare i romani, stanno per partire.»
 «Non hai bisogno di un assistente, vero?»
 Will rise. «É troppo tardi per avere un assistente, ma ti ringrazio.»
 Nico sbuffò e torno alla sua occupazione primaria: fissare il soffitto con i suoi occhi infossati.
 Will lo studiò, un leggero sorriso sulle labbra. Conosceva il figlio di Ade da circa quattro anni, sebbene solo di vista e di nome. Si ricordava vagamente del bambino di dieci anni arrivato insieme a Jackson, Thalia Grace e un cappanello di Cacciatrici di Artemide. Eccitato all'idea di trovarsi in un Campo di suoi simili, di semidei. A quel tempo non aveva ancora idea di chi fosse suo padre, e nessuno si era di certo aspettato che, come Percy Jackson e Thalia Grace, fosse figlio di uno deire Pezzi Grossi.
 Per Tre Pezzi Grossi, naturalmente, si intendono Zeus, Poseidone e Ade.
 «Ci sono dei libri, nel cassettone.» lo avvertì Will, con un altro sorriso. «Non consumare il soffitto.»
 Nico gli scoccò un'occhiataccia. «E tu non consumarti il sorriso.»
 «Oh, non preoccuparti, il mio sorriso non si consuma, Death Boy.»
 Nico si mise seduto di scatto, gli occhi neri fissi su di lui. «Non mi chiamare Death Boy.» sibilò.
 «É un bel soprannome. Ti fa quasi sembrare un supereroe.»
 Nico sbuffò, incrociando le braccia al petto. «Un supereroe?» ripeté.
 Will scrollò le spalle. «Scusami, ma ora devo andare. Se vuoi, se non ti va di leggere, puoi cercarmi un soprannome non troppo offensivo da appiopparmi fino a quando non lascerai l'infermeria.»
 «Bene, lo farò.»
 Will gli lanciò un altro scintillante sorriso degno di Apollo, e uscì dall'infermeria.

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Capitolo 4
*** 4. Will ***


La maggior parte dei romani aveva già cominciato a rimuovere le tende quando si era svegliato quel mattino. Ora, stavano finendo di preparare i bagagli.
«Ciao.» salutò Will diretto al gruppo più vicino. I due romani lo osservarono curiosi. «Mi sapete dire dove posso trovare... Marcus Gong? E Paullina Smithers? E...»
«Sei Solace, giusto?» gli chiese uno dei romani, interrompendolo. «Il dottore greco, il figlio di Apollo.»
«Sono io.»
«Tutti i tuoi feriti sono laggiù.» lo avvertì l'altro romano, indicandogli la zona mensa. «Si stanno rifocillando prima della partenza.»
«Grazie.»
Will li salutò e si avviò alla ricerca dei suoi feriti. Il sole gli carezzava la pelle, e si sentì più forte del solito.
Aveva con se la sua borsa piena di medicinali e bende, e quando fu nei pressi della mensa vide la sorella di Nico di Angelo, Hazel Levesque. Era una bella ragazza, ma per quanto ci provasse Will non riusciva a scorgere nulla di Nico in lei. Forse perché era figlia del lato romano di Ade, ovvero di Plutone. Ma un minimo di somiglianza...
«Mi sono svegliata ed era sparito.» stava dicendo Hazel al ragazzo dai tratti asiatici. Frank Zhang. «Senza lasciare alcun biglietto. Sono preoccupata.»
«Dici che si è... mmh... dissolto nell'ombra?» disse il ragazzo, e arrossí sotto lo sguardo di Hazel.
«No! Altrimenti lo avrei percepito! Ma potrebbe aver fatto un viaggio-ombra ed essere tornato negli Inferi. Però è strano, ieri sera mi ha detto che...»
«Scusate.» si intromise Will, e Hazel si bloccò di colpo per fissarlo. «Parlate di Nico di Angelo?»
«Sí!» esclamò la ragazza, gli occhi dorati luminosi. «Lo hai visto?»
«É in infermeria.» disse il figlio di Apollo. Poi, sotto li sguardo spaventato della ragazza, si affrettò ad aggiungere: «Sta bene. L'ho costretto io a venire in infermeria, per riposarsi dai viaggi-ombra.»
«Oh!» esclamò la figlia di Plutone, e Will vide tutta la tensione abbandonarla. «Per fortuna. Posso andare a salutarlo?»
Will annuì, e guardò Hazel e il suo ragazzo Frank allontanarsi verso l'infermeria. Poi si ricordò che era lì per visitare i pazienti romani prima del viaggio, e non per perdersi in chiacchiere.
Trovò i tre feriti seduti sulla stessa panca, che ridevano di gusto alle battute dei loro fratelli figli di Ares.
Nessuno di loro lo squadro male mentre si affrettava a controllare le ferite. Il giorno prima erano guarite quasi del tutto, e la legione romana aveva ricevuto da Will il permesso di viaggiare.
I figli di Apollo dalla parte romana non sembravano vantare più molti privilegi nelle arti curative, tutto per colpa di Ottaviano, ma Will sperò che, col tempo, sarebbero tornati a ricevere rispetto dai loro compagni semidei.
«Tutto apposto.» disse Will alla figlia di Marte, Paullina Smithers, che arrossí in risposta al suo sorriso. «Devi cambiare di nuovo le bende questa sera, e direi che da domani la ferita sarà già scomparsa.»
Paullina annuì e non disse altro.
Will guardò gli altri romani, augurò loro buon viaggio, e fu sul punto di tornare in infermeria - avrebbe dato una mano ad Austin, a patto che il fratello cambia sui turni con lui - quando fu afferrato bruscamente alle spalle.
«Solace?» gli domandò la ragazza romana di fronte a lui. Aveva lunghi capelli scuri e gli occhi, neri anch'essi, lo fissavano con una sorta di affetto.
«Sono io.» annuì Will. Lei era senz'altro Reyna Ramirez eccetera. Il Pretore dei romani.
«Ti ho sentito parlare con Hazel.» continuò Reyna, scrutandolo. «Nico sta bene?»
Will annuì. Nella sua mente super affollata riaffiorò il ricordo: erano stati Nico e Reyna, accompagnati dal Coach Hedge, a portare al Campo Mezzosangue la statua dell'Athena Parthenos.
«Ha bisogno di riposo.» aggiunse Will. «Ha fatto molti viaggi nell'ombra, e non solo per questa impresa.»
«Gli ho dato la mia forza.» disse Reyna, e Will ne fu colpito. «Sai, come figlia di Bellona posso concedere forza e coraggio in certe situazioni, e Nico ne aveva veramente bisogno.»
Will osservò la ragazza, il cui sguardo si ottenebrò per una manciata di secondi.
«É un bravo ragazzo.» mormorò infine Reyna, senza guardarlo, e Will immaginò che stesse parlando con se stessa, e non con lui. «Ne ha vissute tante. Cova dentro di sé un grande dolore.»
«Non credo che potrò guarire il suo dolore con i miei incantesimi.» sussurrò a sua volta Will, talmente piano che Reyna non lo udí.
«Prenditi cura di lui, d'accordo?» gli disse infine il Pretore Romano osservandolo. «Sei un medico, e sono sicura che saprai cosa fare.»
«Conta pure su di me.» annuì Will, e Reyna si diresse verso infermieria, esortando Frank Zhang, appena uscito con Hazel, di portare le truppe fuori dal Campo.
Will si aggirò per qualche minuto tra i romani, aiutandoli a portare i loro bagagli e scambiando qualche battuta con i figli di Vulcano. I figli di Apollo lo squadrarono da capo a piedi, e Will li salutò con la mano prima di fermarsi al cancello.
C'erano almeno una dozzina di SUV neri che attendevano i romani. Molti semidei greci corsero a salutarli, promettendosi di scrivere e incontrarsi presto. Non solo era nata amicizia, ma anche qualche amore, suppose Will, osservando una coppia in procinto di lasciarsi.
I suoi occhi si posarono su Jason Grace, mano nella mano con Piper Mcleane. Per un momento sperò che Grace salutasse la figlia di Afrodite e salisse in auto con i romani, facendole le stesse promesse di tutti gli altri.
Ma Grace si limitò a salutare i romani mentre si allontanavano verso le auto, e abbracciò il Pretore quando ne ebbe l'occasione. Fecero la loro comparsa anche Percy Jackson e Annabeth Chase, salutando Hazel e Frank.
Will rimase in disparte, guardando prima il figlio di Giove e dopo il figlio di Poseidone. Sarebbe stato tutto più semplice se entrambi fossero partiti con i romani.
Sarebbe stato più semplice conquistare il cuore di Nico di Angelo senza di loro.

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Capitolo 5
*** 5. Nico ***


Trovare un soprannome adeguato ad un figlio di Apollo non fu impresa facile per Nico. Rimase più di dieci minuti a fissare la sponda del letto, riflettendo.
Illuminato? No, assomigliava troppo al nome di una setta.
Figlio del sole? Banale, visto che, tecnicamente, Will era davvero il figlio del dio sole, Apollo.
Mr Abbronzatura? Puff, soprannome troppo patetico per un figlio di Apollo, dotato di abbronzatura al 90% naturale.
Dopo aver scartato altre dieci opzioni, Nico decise di lasciar perdere. Aprí il cassettone e cercò qualcosa da leggere. Nel corso della sua vita aveva letto pochi libri, e la maggior parte nella sua vita prima del Casinò Lotus, con Bianca che gli correggeva gli errori, e la loro madre che portava la cioccolata calda.
Quel posto gli suscitava troppi ricordi della sua casa. Venezia, il sorriso dolce di sua madre, la Seconda Guerra Mondiale in procinto di scoppiare, Bianca che giocava a nascondino con lui...
Scacciò il ricordo di Bianca, ancora troppo doloroso, e continuò a cercare tra i libri. Alla fine ne scelse uno, e il titolo gli provocò una fitta al cuore. HungerGames. Non conosceva niente della storia, nè della trama, dei protagonisti. Semplicemente, una volta o forse due, aveva sentito Leo Valdez parlarne con Festus durante i suoi lavori alla nave.
Si sistemò nel letto, scacciando via anche il ricordo di Leo, e iniziò a leggere. Ebbe il tempo di concludere il primo capitolo prima di sentire la porta dell'infermeria aprirsi. Per un secondo immaginò che fosse Will già di ritorno, ma riusciva a sentire il frastuono provocato dai romani in partenza e capì che non si trattava di lui.
«Nico?»
La voce di Hazel, accompagnata da quella di Frank.
Nico si alzò dal letto, chiudendo il libro e fece loro cenno dal separé.
«Ehi!» lo salutò Hazel, abbracciandolo. Nico si irrigidì ma Hazel fece finta di non accorgersene. Dopotutto, erano fratelli. «Come stai? Will Solace ha detto che sei stato costretto a venire qui.»
Allora Will ammetteva che il suo fosse un ordine vero e proprio, non un consiglio da dottore!
«Solo alcuni giorni, per riprendermi dalla fatica.» disse Nico, alzando gli occhi su Frank, che a sua volta osservava il libro sul letto. «Voi state partendo?»
«Sí, tra qualche minuto.» annui Hazel. «Mi raccomando, riposati per bene. E quando sarai in grado di viaggiare, vieni a trovarci. Ma senza viaggi-ombra.»
«Chiederò a Jean-Albert di farmi da autista.» la tranquillizzò Nico, alludendo al suo autista zombie, regalatogli dal padre.
«Bravo. Sarà un viaggio lungo. Porta qualcuno, altrimenti sarai solo.»
Nico scrollò appena le spalle. Era abituato a stare solo.
Frank si schiarì la gola e tese la mano a Nico. «Vi vediamo presto.» gli disse.
«D'accordo.» Nico gli strinse la mano, e si trattenne dal dire altre frasi spregevoli come quella della sera prima, sul ragazzo dei fiori al matrimonio.
Uno scintillio negli occhi gli fece capire che Frank stava pensando la stessa cosa.
Hazel gli diede un bacio sulla guancia, e Nico li guardò allontanarsi, uscire dall'infermeria. Fu sul punto di sedersi quando udì la voce di Reyna e quella di Frank, poi il Pretore in persona gli andò contro.
Fosse stato una persona diversa, Nico le avrebbe sorriso e sarebbe corso ad abbracciarla, augurandole buon viaggio e tutto il resto. Invece, abbassò lo sguardo imbarazzato. Si ricordava ancora troppo bene come la sua amica lo avesse confortato la sera prima, al falò, quando le aveva pianto sulla spalla.
«Stiamo andando.» lo aggiornò Reyna, con un sorriso.
«Credevo che sareste partiti all'alba.» disse Nico.
«Dovevamo, infatti. Ma dei figli di Mercurio... No, Ermes, ci hanno attardato la partenza.»
Nico immaginò che fossero stati i fratelli Stoll. «Che hanno combinato?» chiese, temendo il peggio.
«Hanno rubato delle spade di oro imperiale ai figli di Marte, e sai come sono fatti.»
Nico annuí.
«Spero che tu verrai a trovarmi.» gli disse Reyna.
«Ma certo.» annuí Nico. «Appena sarò abbastanza forte per viaggiare.»
«Non usare il viaggio-ombra!»
Nico sollevò i palmi. «Verrò con Jean-Albert. In auto.»
«Il tuo chaperon?»
«Sí, lui.»
Nico riusci a sorridere leggermente, ma lasciò cadere il sorriso perché i muscoli del volto, non abituati, iniziarono a dolergli. Reyna gli strinse la mano e Nico sospirò, felice. Forse il Pretore si era accorto che chiedergli un secondo abbraccio, a così poca distanza dal primo, potesse fargli male.
«La prossima volta che ti vedrò al Campo Giove, ricordati di presentarti come figlio di Ade.» gli disse Reyna. «Sii fiero di essere un semidio greco.»
Il secondo sorriso di Nico gli riusci meglio, e Reyna lo imbrogliò con un abbraccio. Ma Nico non ebbe né il tempo né la voglia di lamentarsene, e restituì l'abbraccio al Pretore.

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Capitolo 6
*** 6. Nico ***


Nico osservò romani e greci giungere fino ai cancelli del Campo Mezzosangue per gli ultimi saluti. Reyna vi si stava avviando con passo deciso, richiamando i romani che si erano attardati lungo il tragitto.
Anche da tutta quella distanza, e ce n'era parecchia, Nico riuscì a distinguere una chiazza di capelli biondi. Pensò subito a Will, poi si immaginò che fossero altri figli di Apollo o addirittura Jason, oppure qualcun altro.
Le farfalle scheletro che avevano cominciato a battere nel suo stomaco quel mattino ripresero ad agitarsi. Doveva smetterla di pensare sempre a Will, in qualsiasi contesto. Quel mattino aveva pensato che fosse Will quello intento a bussare alla sua porta. E ora pensava di essere riuscito a vederlo a più di trecento metri di distanza.
Nico sussultò quando nell'aria cominciarono a risuonare dei piccoli botti. Vide i fratelli Stoll che lanciavano petardi e salutavano i loro fratelli romani, e si decise a rientrare.
Si stese sul letto, riprese il libro in mano e continuò a leggere da dove si era interrotto.
Alla conclusione del secondo capitolo, Nico alzò gli occhi al cielo, sbuffante. Quel libro gli stava faceva venire in mente Will. La protagonista era brava con l'arco, e il protagonista maschile, ovviamente, era biondo con gli occhi azzurri.
Fu sul punto di cominciare il terzo capitolo quando la porta dell'infermeria si aprì e si richiuse.
«I romani sono partiti.» dusse Will, e Nico si chiese con chi stesse parlando.
«Sì, ho sentito gli scoppi.» sbuffò una seconda voce.
«A che punto sei con l'inventario?»
«Mmh, direi ad un buon punto.»
Nico colse la menzogna in questa frase e sorrise per un secondo, divertito.
«Quindi posso continuare a visitare i feriti senza sentirmi in obbligo di aiutarti?» domandò Will, e Nico si immaginò stesse sorridendo.
Il suo interlocutore dovette senz'altro annuire, perché Nico udì i passi del figlio di Apollo calzati dalle infradito avvicinarsi nella sua direzione. Poco dopo spuntò dal separé, sorridente.
«Ciao.» lo salutò Will. «Mi hai scelto un soprannome?»
Nico lo studiò, poi distolse in fretta lo sguardo. Non voleva che Peeta Mellark gli si imprimesse nel cervello con il volto soleggiato di Will Solace.
«Mmh.» rispose Nico, stringendo il libro. «Sei bravo nel tiro con l'arco, giusto?»
«Sono il migliore fra i figli di Apollo!» esclamò Will, orgoglioso, il petto in fuori, il sorriso smagliante, e la pelle abbronzata molto più luminosa.
«Allora da ora in poi il tuo soprannome sarà Katniss.»
Will lo guardò confuso. «Katniss?» ripeté. «Erba saetta? Perché dovrei..?» Poi notò il libro. «Oh! Quella Katniss! No, non mi piace come soprannome. Non sono una ragazza.»
«Robin Hood?» azzardò Nico.
«Nemmeno. Io non rubo ai ricchi per dare ai poveri. E ti sconsiglio anche Oliver Queen.»
«Oliver Queen?» ripeté Nico, perplesso. «Non credo di conoscerlo.»
Will lo fissò a bocca aperta, poi deglutì a fatica e scrollò le spalle. «Non importa.» mormorò, abbattuto. «Davvero.»
A Nico sembrò tutt'altro.
Rimasero qualche minuto in silnezio a studiarsi poi Nico, preso dall'imbarazzo, si passò le dita tra i capelli che gli si erano spostati sul volto. Avrebbe dovuto tagliarli. Si erano allungati a sufficienza.
Gli occhi celesti di Will si incupirono.
«Cosa?» domandò Nico, confuso. «Cos'ho fatto?»
Will gli si avvicinò e gli afferrò la mano. Se la rigirò nel palmo, e le farfalle nello stomaco del figlio di Ade aumentarono lo sbattere d'ali.
«Hai delle ferite.» notò Will, fissandolo dritto negli occhi. «E credo siano parecchie.»
Nico ricordò i vari combattimenti avvenuti mentre spostavano l'Athena Parthenos. Il ricordo dei morsi dei licantropi e dei loro graffi, lo fecero per un secondo rabbrividire, anche se riconsiderando la situazione, poteva essere tutta colpa del contatto fisico con Will.
Che, dopo averlo studiato in viso per mezzo secondo, lo lasciò andare.
«Togliti la maglietta.» gli ordinò Will, alzando la voce. «E anche i pantaloni. Subito.»

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Capitolo 7
*** 7. Will ***


Il figlio di Apollo dovette ammettere che il suo modo di chiedere a Nico di spogliarsi non era stato dei più gentili. E dovette anche ammettere che, fuori da quella cabina con separé, le sue parole potevano assumere un significato del tutto diverso.
Mentre Nico balzava in piedi, visibilmente arrabbiato, e con le guance paonazze, Will udì i passi di Austin farsi strada verso di lui.
«Cosa?» disse Nico, il colorito acceso. «Cosa vuoi che faccia?»
«Togliti la maglietta.» riprovò Will, con tono più basso, ma ormai Austin li aveva quasi raggiunti. «Voglio controllare le tue ferite.»
«Che succede qui?» si intromise Austin, affiancando il fratello e scrutando con attenzione il piccolo figlio di Ade. «Ho sentito qualcosa di veramente ambiguo, dalla mia postazione.»
«Torna all'inventario, Austin.» ringhiò Will. «Hai tempo fino alle sette!»
«Sono a buon punto!» protestò Austin.
«Fila!»
Austin tornò alla scrivania borbottando, e Will si rivolse di nuovo a Nico. Non si era tolto la maglietta, lo stava squadrando infuriato, imbarazzato e teso. Si stringeva i gomiti con le mani, e i suoi occhi tendevano a sfuggire spesso dal suo volto.
«Sono tutte rimarginate.» disse Nico, infine. «Non è necessario medicarle.»
«Voglio vederle.» rispose Will. «E non obbligarmi ad usare la forza.»
«Solace, anche se ho bisogno di riposo, sono capace di farti del male se solo oserai toccarmi.»
Will si mordicchiò il labbro. Avvea visto quello che era in frado di fare Nico di Angelo, ed era sicuro che non scherzava. Ma era altrettanto sicuro che qualsiasi cosa facesse il figlio di Ade, un secondo dopo si sarebbe ritrovato steso a terra privo di sensi, o peggio.
«D'accordo.» decise infine Will, con un passo indietro. «Te lo chiederò più gentilmente, e faremo in modo di dimenticarci questo dialogo.»
«Proviamo.» sbuffò Nico, senza guardarlo.
Will si schiarì la gola. «Ehi, Nico, potresti gentilmente toglierti la maglietta? Ho notato che hai delle ferite, e vorrei dare un'occhaita...»
«Mmh.» rispose l'altro, fingendosi pensieroso. «No.»
Will sospirò. «Nico, sul serio, ne va dell atua salute.»
«Sto bene così, grazie.» Nico tornò a sedersi sul letto e prese il libro. Lo sfogliò per alcune pagine e finse di essersi immerso nella lettura.
Will decise subito di adottare un modo diverso, un po' come aveva fatto giorni prima durante la battaglia. Si piazzò davanti a Nico, le braccia conserte, e con voce tranquilla gli disse: «Di Angelo, ti consiglio di mostrarmi le ferite che porti addosso, altrimenti, appena ti addormenterai, lo farò da solo, e sono sicuro che non ti piacerà come risveglio.»
Nico alzò gli occhi su di lui.
«Tu prova a farlo, e ti farò avere centinaia di incubi questa notte.» sibilò Nico.
Will fece una smorfia. «E io berrò la pozione di Chirone che proibisce i sogni.»
«Ti taglierò i capelli mentre dormi.»
«È una minaccia?»
«Potrebbe esserlo.»
Will non seppe cosa replicare.
«Okay.» si arrese Will, con uno sbuffo. «Come vuoi.»
Fece per lasciare la cabina quando Nico esclamò: «Aspetta!»
Will si voltò, mordendosi l'interno della guancia per non sorridere.
Niso si alzò in piedi e si sfilò la maglietta del pigiama. Per un secondo continuò a tenere le braccia davanti al petto, poi le abbassò. Will notò subito tre cose: la prima, il rossore che si era espanso sul volto e sul collo del figlio di Ade; la seconda, che per avere quattordici anni e non più di centosessanta centimetri di altezza, aveva un bel fisico asciutto, che preannunciava un grande futuro se sottomesso al giusto allenamento; la terza, più importante, le numerose ferite sulel braccia.
«Mmh.» disse Will, avvicinandosi di colpo. «Contro cosa hai combattuto?»
«Licantropi.»
Will gli tastò la pelle. Le ferite si erano romai tutte rimarginate, ma era meglio controllare se nell'organismo di Nico non vi fossero tracce dell'elemento licantropo. C
Chiuse gli occhi e iniziò a canticchiare piano, in greco, uno degli inni di guarigione di Apollo.
Will restò solo cinque secondi con gli occhi chiusi, il tempo necessario per capire che le ferite del figlio di Ade erano guarite da sole, e che il ragazzo aveva bisogno di molto più riposo di quanto entrambi immaginassero.
Lasciò ricadere le mani lungo i fianchi.
«Tutto qui?» gli chiese Nico, sorpreso.
«Tutto qui.» annuì Will, senza guardarlo. «Puoi rimetterti la maglietta.»
Nico obbedì e si accasciò sul letto.
«Tutto bene?» gli chiese il figlio di Ade.
Will sorrise. «Sì. Ora farai meglio a riposare. Tra un'ora ti porto il pranzo.»
Will non attese che il moro gli rispondesse, e lasciò la cabina. Si diresse subito in direzione di Austin, che teneva le mani tra i capelli e scrutava all'interno di un cassetto.
«Tutto risolto con di Angelo?» domandò Austin, lanciandogli un'occhiata profonda.
Will annuì. I suoi occhi si posarono sui quattro feriti greci che dormivano ancora della grossa. Doveva svegliarli per forza, e ciò non sarebbe piaciuto a nessuno.

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Capitolo 8
*** 8. Will ***


Non si era mai divertito così tanto.
Curare i figli di Afrodite insieme ai figli di Ares era un grande spasso, soprattutto quando iniziavano a insultarsi reciprocamente per il dolore e le ferite portate. Tutto ciò sotto lo sguardo attento e disgustato di un figlio di Ermes, che rendeva il tutto come una specie di puntata di un reality show.
«Come andiamo qui?» domandò Will, avvicinandosi al primo ferito. Si chiamava Gabriel Hawthorne, ed era un figlio di Ares.
«Mmh.» grugnì Gabriel, scoccandogli un'occhiataccia.
Will gli tastò la caviglia rotta e mormorò uno degli incantesimi del padre. La caviglia era in via di guarigione. Di solito utilizzava i suoi poteri solo in casi estremi, e una caviglia rotta non era un granché.
«Ancora due giorni di riposo, e sarai come nuovo.» gli disse Will, sorridendo, dandogli una pacca di incoraggiamento sul braccio. Si ricordò della bruciatura solo dopo averlo visto digrignare i denti. «Scusa...»
Will scostò dalla pelle di Gabriel le bende e scrutò la zona arrossata. Vi spalmò della crema bluastra - ormai era l'ultimo barattolo - e la ricoprì con nuove garze e bende.
«Non potrai fare movimenti bruschi per almeno una settimana.» gli disse Will, scribacchiando sulla cartella le condizioni del paziente. «Quindi, niente allenamenti, niente carri, niente battaglie.»
«In pratica, non posso fare niente!» ringhiò Gabriel.
«Piantala di lamentarti!» gridò la ragazza del letto affianco, una figlia di Afrodite. Aveva gli occhi colmi di lacrime. «Almeno a te è andata bene!»
Gabriel roteò gli occhi al soffitto e Will gli borbottò di stare zitto, fingendo di scrivere.
La figlia di Afrodite, Jennifer, era bellissima. Indossava solo una canotta azzurra, che le metteva in risalto gli occhi chiari, e il resto del corpo eera nascosto dalle lenzuola. Aveva entrambe le braccia ricoperte di bende, a causa di una palla di fuoco scoppiata a pochi metri da lei. Gabriel aveva provato a farle da scudo con il proprio corpo, senza ottenere molto successo.
Ma Jennifer Bennet non si stava lamentando per le braccia ustionate.
«Will!» lo chiamò, petulante, mentre lui le si avvicinava. «Come posso fare per le unghie?»
Will decise di non risponderle.
«Avevi solo da non fartele il giorno prima della guerra!» le gridò il fratello dal letto affianco, Johnny. «E te l'ho anche detto!»
Lei non rispose, gli occhi colmi di lacrime.
Will le tolse con delicatezza le bende. L'ustione non era più tanto grave quanto la sera prima. La pelle si stava ricompattando abbastanza velocemente. Sordo alla litigata tra i due fratelli, Will le spalmò con cura la crema e ripeté la stessa operazione eseguita su Gabriel.
Quando ebbe finito, si sciacquò le mani e lanciò un'occhiata al figlio di Ares. Sperò che si decidesse in fretta a confessare i suoi sentimenti alla ragazza. Almeno per un po' non l'avrebbero sentita parlare di manicure rovinata.
Poi ricordò cosa gli era successo tre anni e mezzo prima, e la sua espressione si fece dura. Cercò di evitare i ricordi, ma prima o poi avrebbe dovuto affrontare i suoi demoni.
«Carlos.» salutò Will, avvicinandosi al figlio di Ermes. «Come ti senti?»
Carlos alzò le spalle. Aveva solo undici anni, e aveva partecipato attivamente alla battaglia. Un romano si era portato via l'indice destro della sua mano. Da allora aveva perso la voglia di parlare.
Will studiò la ferita rimarginata. «Quando ti sentirai pronto, potrai tornare alla tua cabina.» mormorò.
Carlos annuì, poco convinto.
Will finì di visitarlo e li lasciò soli. Sprofondò nella poltroncina vicino alla scrivania, e osservò Austin fare avanti e indietro tra i cassetti.
«Schiaccio un pisolino.» lo avvertì. «Hai bisogno di aiuto?»
«No no.» si affrettò a dire Austin, e Will appoggiò la testa e chiuse gli occhi.
Riuscì ad addormentarsi, con l'immagine di Nico di Angelo senza maglietta stampata nella testa.

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Capitolo 9
*** 9. Nico ***


L'ora del pranzo passò e Will non si fece vedere. Con lo stomaco brontolante, e i giochi della fame non ancora iniziati, Nico scese dal letto, arruffandosi i capelli e controllando di non aver indossato la maglietta al contrario.
Scrutò il resto dell'infermeria sporgendo la testa fuori dal separé, e vide subito Will addormentato su una poltrona, la testa che gli ricadeva sul petto, i capelli biondi che gli davano l'aspetto di un angelo esausto.
Deglutendo a fatica, Nico distolse lo sguardo. Quelle farfalle erano proprio insopportabili. Cercò Austin, ma non lo trovò da nessuna parte, quindi tornò nel suo letto, il libro di nuovo in mano.
Aveva appena concluso la prima parte del libro, finita in modo sorprendente a suo parere, quando sentì dei passi risuonare nell'infermeria. All'inizio pensò che si trattasse di Austin, ma quando incrociò gli occhi verdi spuntati da sopra il separé si ricredette.
«Ehi.» lo salutò Percy,, aggirando il separé e avvicinandosi. «Hazel mi ha detto che eri qui.»
«Ciao.» rispose Nico. Aveva appena concluso di leggere un capitolo che si concludeva con una dichiarazione d'amore, un po' come era successo da parte sua qualche ora prima. Avrebbe voluto continuare a leggere per sapere come affrontare i prossimi minuti.
Percy attese che aggiungesse dell'altro, poi scrollò le spalle. «È un bel libro?» domandò.
«Non male, sì.» annuì Nico.
«Come fai a leggere? Insomma, non soffri di dislessia?»
«È lieve.» mormorò il figlio di Ade. «E impiego parecchio a leggere un capitolo fino alla fine. Dovresti leggere qualcosa anche te, e non dare colpa alla dislessia per la tua pigrizia.»
Percy sbuffò, divertito. «Mi sembra di sentir parlare Annabeth...»
Nico non apprezzò molto il paragone con la figlia di Atena, ma non fece commenti.
Percy giocherellò con le perle che portava al collo. Erano quattro, e simboleggiavano i quattro anni di campo. Erano un premio per essere sopravvissuto.
Anche Will ne ha quattro, pensò Nico, a sorpresa.
«Senti...» mormorò Percy, abbassando la voce, e Nico capì di cosa volesse parlargli. «Riguardoa quello che mi hai detto stamattina...»
«Cosa non hai capito?» gli chiese Nico, gentilmente.
Percy alzò gli occhi al cielo. «Sarò anche stupido, ma non fino a questo punto.» borbottò. «Volevo chiederti... è tutto okay?»
Nico aggrottò la fronte. «Cosa intendi dire con questo?»
Percy si schiarì la gola, ma quando aprì bocca iniziò a sussurrare. «Insomma, mi hai detto di avere una cotta per me... ed è, tipo, un anno che mi frequento con Annabeth. Anche se, ripensandoci, non è un vero e proprio anno perché, sai, mi sono perso, eccetera, e non mi sono mai accorto di questo.»
«Meglio così.» mormorò Nico.
«Non mi sembra giusto nei tuoi confronti.»
«Cosa?»
«Ti ho fatto soffrire, e me ne dispiace.»
Nico rise. Era proprio una di quelle cose che poteva aspettarsi da Percy Jackson. «Per cosa ti devi dispiacere? Insomma, tu hai vissuto la tua vita, e io la mia. Tu hai trovato una brava ragazza, e io... be', avevo una cotta per te, ma ormai è acqua passata. Davvero.»
Percy lo studiò. «Anche di questo volevo discutere.» disse. «Cosa intendi dire con non sono il tuo tipo?»
«Ci sei rimasto male, vero?»
«Abbastanza, ma riconosco che hai trovato qualcuno più intelligente di me.»
Nico non rispose, rimase a guardarlo con mezzo sorriso sulle labbra. Enigmatico.
«Dimmi solo che non è Jason Grace.» sbuffò Percy. «Può sembrare intelligente, con quegli occhiali, ma non lo è.»
«No, non si tratta di Jason, e anche se ti ho confessato i miei sentimenti di un tempo, Percy,non siamo abbastanza amici per proseguire questo discorso.»
Percy alzò un sopracciglio. «Non siamo abbastanza amici?» ripeté.
Nico scrollò le spalle.
Percy sospirò. «D'accordo, allora. Ho recepito il messaggio. Tra noi è tutto come prima, giusto? Cioè, tralasciando il fatto che non ti piaccio più e via dicendo.»
«Sì, è tutto come prima. Mmh... come ti chiama Annabeth? Testa d'alghe?»
Percy rise, e gli diede un pugnetto scherzoso sulla spalla. «Solo Annabeth può chiamarmi testa d'alghe, ma se mi permetti di chiamarti re dei fantasmi, allora...»
Nico lo guardò sbalordito. «E questa da dove esce fuori?» domandò.
Percy alzò le spalle. «Mi circolava nella testa già da un po'. E...»
«Jackson!»
Percy sussultò e si voltò. Nico, che aveva riconosciuto la voce, guardò anch'esso.
«Solace.» salutò Percy, mentre il dottore in infradito si avvicinava. «Ciao.»
«Ciao.» rispose Will. Aveva tutti i capelli in disordine. «Scusami, ma non puoi restare. Nico è un paziente.»
«Mmh, okay.» annuì Percy, un po' perplesso. «Ci vediamo, Nico.»
«Sì, ciao.» salutò Nico e, quando Percy ebbe lasciato l'infermeria, si voltò verso Will. «Ma non stavi dormendo?»
Will gli scoccò una strana occhiata, girò sui tacchi e si allontanò.

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Capitolo 10
*** 10. Nico ***


Nico ascoltò per qualche minuto la voce alta di Will chiamare il fratello Austin, senza molto successo. Fu quasi tentato di seguirlo, ma decise di rimanere a letto, il libro in grembo, un dito che teneva il segno.
Quella strana conversazione con Percy... era avvenuta per davvero? E Percy lo aveva veramente chiamato Re dei fantasmi?
Era un bel soprannome, ma entro limiti ristretti. Lo avrebbe utilizzato solo tra se e la figura allo specchio, e mai con nessun altro.
Con un sospiro, Nico si girò dall'altra parte.
Percy e Jason erano diventati grandi amici durante quel viaggio, quell'avventura, l'imminente guerra. E, anche se non capiva bene come avesse fatto, anche Nico si considerava amico di entrambi. Con Jason aveva nascosto un segreto che ora aveva finalmente deciso di rivelare, solo alla persona interessata. E alla sua ragazza, che in quel momento era con lui.
Chiuse gli occhi e pensò a Will. Assomigliava molto a Jason, ma Jason era figo in un modo suo, con gli occhiali da vista, i capelli tagliati corti e la cicatrice sul labbro. Mentre Will.... capelli più lunghi, pelle abbronzata, occhi celesti, il sorriso che lasciava spazio solo alla sua espressione imbronciata... era diverso, non era per niente uguale a Jason. Ed era figlio di Apollo, molto differente dal figlio di Poseidone o dal figlio di Giove.
Il libro gli scivolò di mano e senza rendersene conto si ritrovò nel mondo dei sogni.
Fu risvegliato bruscamente da una persona che strillava. Si mise seduto, gli occhi assonnati che si guardavano attorno alla ricerca della sua spada. Gea era risorta? I romani erano tornati per uccidere? O c'era qualche altra minaccia aliena?
A fatica, riuscì a percepire le parole che venivano urlate.
«MANCANO QUATTRO MINUTI, AUSTIN, DATTI UNA MOSSA!»
«SE TU NON TI FOSSI ADDORMENTATO...»
«SE TU MI AVESSI DETTO SUBITO CHE AVEVI BISOGNO DI UNA MANO, IO NON MI SAREI MESSO A DORMIRE!»
Nico scese dal letto e scrutò l'infermereia. Austin era in piedi dietro la scrivania, e scribacchiava in tutta fretta su un foglio. Will gli dava le spalle, le mani tra i capelli, gli occhi puntati sull'orologio che ticchettava allegramente.
Nico sussultò nello scoprire che mancavano meno di quattro minuti alle sette di sera. E lo stomaco tornò a brontolargli per la fame.
«HO FINITO!» urlò Austin, lanciando la penna addosso a Will. «ORA TOCCA A TE!»
Will non gli rispose. Mise la sua firma infondo al foglio, lo afferrò e si fiondò fuori dall'infermeria, perdendo una delle sue immancabili infradito.
«Che succede?» domandò Nico, avvicinandosi ad Austin, appena crollato sulla poltrona.
Austin gli gettò un'occhiata stanza. «L'inventario.» disse. «Alle sette in punto Chirone non riceverà più richieste, e se arriveremo tardi non avremo altre medicine fino al prossimo mese.»
«Oh.» annuì Nico. Li aveva sentiti paralre quel mattino, ma aveva pensato che Austin avesse finito di scriverlo. E Will doveva aver avuto lo stesso pensiero.
«Come ti senti?» gli domandò Austin, appoggiando la testa alla scrivania, e scrutandolo con i suoi profondi occhi grigi.
«Sto bene.»
«Hai fame? Hai dormito tutto il pomeriggio.»
«Mmh, sì, ho fame.»
«Ti porto subito qualcosa.»
Austin si alzò in piedi e si trascinò fino alla cucina. Nico tenne gli occhi posati sull'orologio, muovendo le labbra in una muta preghiera per Will.
Austin tornò alle sette, con un vassoio colmo di sandwich. Lo posò sulla scrivania, poi sbadigliò qualcosa e crollò su un lettino vuoto.
Nico si sedette al posto dietro la scrivania e guardò verso la porta. Sul vassoio c'erano più panini di quanto riuscisse amangiarli in una settimana intera.
«Ce l'ho fatta!» esclamò Will, rientrando. Non portava più le infradito, e non le aveva nemmeno in mano. Di sicuro erano perse da qualche parte nel tragitto verso la Casa Grande. Gli sanguinava una mano, ma non sembrava preoccuparsene. «Che fa? Dorme?» aggiunse, inarcando le sopracciglia alla vista di Austin.
Nico annuì.
Will scosse la testa e crollò sull apoltrona, gli occhi socchiusi. Nico lo sentì mormorare un incantesimo e le sue mani guarirono da sole, ma rimasero lo stesso sporche di sangue.
«Che hai fatto alle mani?» chiese Nico, prendendo un panino e addentandolo.
«Sono scivolato.» rispose Will, con una scrollata di spalle, come se gli capitasse spesso. «Nulla di che. Me ne passi uno?»
Nico gli tese il vassoio, e Will scelse quello esteticamente migliore degli altri.
«Mi dispiace essermi dimenticato del tuo pranzo.» gli disse Will.
«Non importa, tanto mi sono addormentato.»
«E hai dormito finora? Scusa se ti ho svegliato.»
«Non fa niente, era un motivo importante.»
Finirono il resto dei loro panini in silenzio, accompagnati solo dal russare di Austin e dai battibecchi che provenivano dalla stanza affianco.
«Chi c'è di là?» chiese Nico, prendendo un secondo sandwich.
«Mmh.» rispose Will, pensieroso, servendosi anche lui. «Due figli di Afrodite, uno di Ermes e l'altro di Ares.»
«Tutti feriti durante la battaglia?»
«Sì e no. Johnny Bennett, il figlio di Afrodite, si è fatto male la scorsa settimana, è scivolato nel bosco mentre andava a trovare Rachel Elizabeth Dare. Credo che gli piaccia l'Oracolo di Delfi, ma non lo ammetterà mai.»
Nico lo osservò in silenzio e riprese a mangiare.
«Sai giocare a scacchi?» domandò Will, all'improvviso, voltandosi verso di lui, facendolo sussultare.
«Ehm, più o meno.» ammise Nico.
«Sai distinguere le pedine?»
«Sì.»
«Okay, allora sai giocare.»
Will balzò in piedi e corse via. Nico notò tracce di sangue tra le impronte del figlio di Apollo. Anche lui, tornando con una scacchiera ingrigita dal tempo, dovette accorgersi del dolore, perché si sedette con una smorfia e un secondo incantesimo.
«Quando hai finito di mangiare, dimmelo.» gli disse Will, e uscì una seconda volta dall'infermeria.
Nico ebbe il tempo di mangiare un terzo e poi un quarto panino, e di innaffiare il tutto con una lattina di soda, prima che il figlio di Apollo rientrasse con le infradito ai piedi e un'espressione soddisfatta.
«Domani mattina ho la gioranta libera.» avvertì Will, iniziando a sistemare le pedine.
«Oh.» fu la risposta di Nico.
«Mio fratello Angel verrà a darti un'occhiata, solo per controllare come ti senti. Ti dispiace?»
Nico scosse la testa, un po' divertito dal nome del figlio di Apollo. Will, invece, non ci stava nemmeno pensando.
Nico si lavò le mani e tornò. Will gli aveva lasciato i bianchi, il che fu strano per lui. Ritrovarsi a dirigere una sfilza di pedine bianche...
«Okay.» disse Nico, sorridendo leggermente. «Dove sono i dadi?»

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Capitolo 11
*** 11. Will ***


Dove sono i dadi?
Will socchiuse le palpebre. I dadi? I dadi?! Stava scherzando?! Ma lui era il figlio di Ade, di sicuro non poteva scherzare...
Ma quando lo vide tremare, e quando poi udì la sua risata, capì che era davvero così. Un semplice scherzo.
«Per gli Dei.» mormorò Will, con un piccolo sorriso. «Mi hai fatto prendere un colpo.»
«Sì, l'ho notato.» Nico continuò a ridere per un altro minuto, e Will rimase a guardarlo affascinato. Non gli era mai capitato di vedere Nico di Angelo ridere. Sorridere sì, poco, solo sorrisini di circostanza, finti, ma erano pur sempre dei sorrisini.
Ma una risata vera e propria.,,
«Dovresti farlo più spesso.» mormorò Will, mentre Nico tornava serio come al solito. «Sorridere. Sembri meno...»
«Terrificante?» lo incalzò Nico, gli occhi torvi. «Pallido? Serio?»
«Meno serio, sì, senz'altro.» annuì Will. Fu anche tentato di aggiungere che fosse più carino mentre rideva, ma non gli sembrò adatto alle circostanze.
Nico lo guardò come se si aspettasse di essere preso in giro, poi mosse il primo pedone in G7.
Will si accorse subito che Nico non giocava affatto bene, di tanto in tanto si inventava dei movimenti. Ma Will era troppo stanco per correggerlo, e in fin dei conti il figlio di Ade non giocava poi così male, al confronto dei suoi fratelli.
Ad un certo punto si alzò per prendere un bicchiere d'acuqa, e udì due rumori molto forti: il primo, qualcosa di duro che colpiva il tavolo; il secondo, una serie di pedine che ticchettavano allegre sul pavimento.
«Per gli Dei!» borbottò, tornando indietro.
Will tornò alla scrivania e trovò Nico addormentato con la testa sul tavolo. Un livido gli si stava gonfiando sulla fronte. Will gli tolse dal viso le pedine e lo sollevò a fatica. Sebbene fosse alto, non era sufficientemente muscoloso per prenderlo in braccio.
Svegliato dalle pedine, Austin scese dal lettino e aiutò il fratello maggiore. Depose Nico di Angelo sul lettino, e Will si affrettò a coprirlo con le coperte.
«Cos'è successo?» domandò Austin, trattenendo uno sbadiglio.
«Si è addormentato.» rispose Will, afferrando dal letto il primo romanzo di Hunger Games e riponendolo sul cassettone.
Lasciarono la cabina di Nico e Will iniziò a raccogliere i pezzi degli scacchi. Austin mangiò un panino avanzato dal vassoio, osservando il fratello.
«Che intendi fare con lui?» gli chiese.
Will ripose le pedine bianche e nere all'interno della scacchiera. «Non ho capito.» disse.
«Perché lo lasci dormire qui?»
Will spostò lo sguardo sugli occhi verdi del fratello. «È un paziente.» disse. «Ha bisogno di riposare. E questa è un'infermeria, se non lo sapessi.»
«Ma perché lo aiuti? Insomma... ha lasciato morire quel romano senza muovere un muscolo...»
Will rivide davanti a sé il volto di Ottaviano, e la sua partenza più veloce dello Space Shuttle.
«Anch'io avrei potuto fermarlo.» notò, a bassa voce.
Austin non rispose.
Will sospirò. «Anche se è il figlio di Ade, va trattato allo stesso modo di tutti gli altri. E poi, ha rischiato la vita per portarci la statua di Atena.»
«Sì, questo non lo metto in dubbio. Ma... andiamo, Will, con me puoi parlarne. Ti piace il figlio di Ade?»
Will avvampò. «E anche se fosse?» borbottò.
Austin scrollò le spalle. «Come dicono i figli di Afrodite, l'amore è l'amore!» sorrise. «Ed è anche un concetto che piace molto a nostro padre.»
Will rise. «Austin, hai ragione, Nico mi piace. Ma non intendo spaventarlo con i miei sentimenti. Hai visto come è fatto, e come tutti si comportano con lui. Lui tende ad isolarsi, e nessuno prova a fargli fare il contrario.»
«Quindi tu ora interpreti la parte del suo cavaliere?»
Will sbuffò. Dopo un po', paralre con suo fratello era insopportabile. Prese la scacchiera e la infilò tra le braccia di Austin. «Ora interpreto quello che ha finito il suo turno e torna a casa a dormire.» gli disse. «E tu sarai quello che rimane qua.»
Austin sbuffò e gli augurò la buonanotte, dirigendosi al cassetto della cucina per riporre la scacchiera.
Will prese una boccetta azzurra dal mobile più vicino e si avvicinò di soppiatto a Nico. Svitò il tappo della bottiglietta e versò qualche goccia del contenuto tra le labbra socchiuse del ragazzo. Almeno per quella notte, il figlio di Ade non si sarebbe dovuto preoccupare degli incubi.

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Capitolo 12
*** 12. Will ***


Sì, inutile negarlo. Il figlio di Ade gli piaceva tantissimo.
Lo aveva incontrato per la prima volta tre anni e mezzo prima, in inverno. Nico, assieme a Percy, il satiro Grover, Thalia Grace e un campanello di Cacciatrici di Artemide, si erano presentati al Campo Mezzosangue.
Nico di Angelo era solo un bambino quando lo aveva conosciuto. Aveva partecipato alla caccia alla bandiera con lo stesso entusiasmo di tutti i giovani semidei felici della loro nuova situazione. Poi la sorella Bianca, Grover, e le Cacciatrici erano partite per adempiere ad un'impresa, e Nico si era oscurato, si era tenuto in disparte dai giochi e dagli allenamenti. Aveva paura per la sorella, e Will, con tutti i fratelli e le sorelle che aveva, poteva benissimo capirlo.
Dopo il primo giorno dalla partenza di Bianca, Nico aveva iniziato a rilassarsi e aveva giocato con altri ragazzi a Minomagia. Era un vero fanatico di quel gioco. E sorrideva spesso, soprattutto quando vinceva. Will ricordò che tutti i semidei erano in attesa che Nico venisse riconosciuto dal suo genitore divino, solo per smetterla di rispondere alle numerose e insistenti domande del ragazzino.
Will non riusciva quasi a credere quanto fosse cambiato quel ragazzino. Un tempo faceva domande di tutti i tipi a chiunque fosse abbastanza vicino per sentirlo. E ora si era ritirato nel suo dolore, nella sua solitudine, e non permetteva a nessuno di avvicinarlo.
Al ritorno di Percy, Annabeth e Grover, Nico si era imbattuto in una spiacevole e tremenda notizia. Sua sorella era morta. E lui era sparito dopo un terremoto che aveva lasciato una crepa nel pavimento di pietre.
Ma solo dopo diverse settimane si era scoperto che Nico di Angelo, e la sua defunta sorella, fosse figlio di Ade. Il che aveva suscitato scalpore, visto che i Tre Pezzi Grossi non potevano avere dei figli. Ma dopo il riconoscimento di Percy Jackson, e la rinascita di Thalia Grace, nessuno fu tanto sorpreso per il segreto di Nico di Angelo.
Will ricordò di non aver più pensato al piccolo di Angelo fino a quando non lo aveva visto l'anno prima, alla battaglia dell'Olimpo. Nico e suo padre Ade erano comparsi quando quasi tutti avevano perso le speranza di sopravvivere. Ed era stato un vero e proprio spettacolo vedere Nico di Angelo combattere ed evocare i cadaveri dei morti come se non avesse fatto altro per tutta la vita.
Per una settimana tutti avevano festeggiato Nico. La sua comparsa, il coraggio che aveva dimostrato, la profezza in battaglia, erano stati sufficienti per farli restare vivi. Senza lui e suoi padre, non avrebbero avuto vita lunga.
Ed era stato in quel momento che Will si era innamorato di Nico di Angelo. Aveva provato a parlargli, a fare due chiacchiere con lui nel corso della settimana, ma man mano che il tempo passava, Nico era diventato silenzioso e solitario, si era richiuso in se stesso, e se n'era andato senza dire niente a nessuno.
Will aveva pensato che non lo avrebbe più rivisto, ma il figlio di Ade si era fatto di nuovo vedere. Tornava occasionalmente al Campo una volta alla settimana, per controllare la situazione. Poi Percy Jackson era scomparso, e Nico si era fatto vedere più spesso mentre confabulava con Annabeth Chase sui possibili posti dove cercarlo.
Will sapeva, naturalmente. Il dono delle profezie di suo padre gli era stato sufficiente per comprendere la cotta che Nico possedeva nei confronti di Percy, ma era molto bravo a nasconderla. E nonostante quella delusione crescente, Will non si era dato per vinto, e aveva continuato a pensare al figlio di Ade per tutto quel tempo.
E, di punto in bianco, quando preannunciava di morire combattendo, e con orgoglio, e nel pieno possesso della sua stupidità, Nico di Angelo era comparso dal nulla di fronte a lui. La sua comparsa gli aveva fatto tornare la speranza, la stessa che aveva colpito lui e i suoi compagni durante la battaglia dell'Olimpo. Ora che Nico si era schierato dalla loro parte, Will aveva capito di avere almeno una chance, anche solo quella di combattere e perire al suo fianco.
Le cose erano andate per il meglio, visto che non erano morti, e visto che Nico di Angelo dormiva della grossa nell'infermeria, luogo che Will visitava più spesso di tutto il resto del Campo messo insieme. E Nico... sebbene il suo carattere, Will era sicuro di aver lasciato qualcosa al ragazzo.
E sperò che fosse qualcosa di bello.

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Capitolo 13
*** 13. Nico ***


Nico aprì gli occhi e fissò il soffitto bianco. Gli faceva male un punto sulla fronte, e quando lo toccò scoprì che vi era cresciuto un bernoccolo. Non ricordava affatto come se lo fosse procurato, ma a giudicare dal dolore doveva essere stata una cosa recente.
Si mise seduto sbadigliando, e si stropicciò gli occhi. Doveva essere giorno. E gli doleva lo stomaco per la fame.
Si districò a fatica dalle coperte e spiò la scrivania, con la speranza di vedere Will, ma non c'era nessuno. Si ricordò che Will gli aveva avccennato di essersi preso la mattina libera.
Peccato.
Mentre cercava il bagno, Nico cercò di scacciare dalla testa la delusione di non trovare Will. Non poteva credere che la cotta per Percy Jackson, faticosamente ridotta ad un piccolo brandello, fosse stata sostituita così in fretta da un'altra. Will gli aveva salvato la vita durante la battaglia con i romani - Nico ricordò di avergli restituito il favore, almeno una volta, quando Will si era fatto seguire dai romani - e questo, senz'altro, aveva aperto una breccia in lui. Ma una cotta vera e propria? In meno di tre giorni? Non era da lui...
Però dovette ammettere con sè stesso che la sua cotta per Percy era comparsa subito, quando il figlio di Poseidone era comparso per salvare lui e Bianca dalle gringie del signor Thorn. E i mesi a venire non avevano fatto altro che darle forma, assieme all'odio provato nei suoi confronti, l'odio per non aver mantenuto la promessa. Per non aver protetto Bianca.
Nico scacciò via quei pensieri ed entrò in bagno.
Quando ne uscì, riprese a cercare a tentoni la strada per la cucina. Riuscì a trovarla per miracolo - era piccola, naturalmente, e conteneva solo un frigo, un vecchio fornello e delle dispense - e iniziò ad aprire gli scomparti.
«Nico!» lo salutò una voce entusiasta alle sue spalle. «Ti sei svegliato, finalmente!»
Nico si voltò verso Will. Indossava il suo solito completo da infermeria: jeans scuri, attillati, camive verde da ospedale, e infradito azzurre, in tinta con gli occhi.
Nico si domandò quante infradito possedesse nella sua cabina.
«Ciao.» lo salutò Nico. «Non ti eri preso un permesso per questa mattina?»
Will lo guardò confuso. «Per questa mattina? No. Ho fatto a cambio con Austin, Angel e Derek.»
«E perché? Ieri mi hai detto che volevi riposarti...» Nico si tastò il bernoccolo. «Ricordi come ho fatto questo? O, piuttosto, sai come l'ho fatto?»
«Ti sei addormentato l'altra sera mentre giocavamo a scacchi, e hai sbattuto la testa sulla scacchiera.» rispose Will, osservandolo con attenzione. «È un brutto livido. Siediti un momento.»
Nico obbedì, e si accomodò sulla prima sedia che vide. C'era qualcosa che non quadrava. Tenne gli occhi incollati su Wil mentre questi gli disinfettava la ferita.
«Ho una vasta gamma di cerotti.» disse Will, sorridendo, e prendendo da un cassetto quattro scatoline di cerotti, che gli mise prontamente in mano. «Scegli quello che preferisci.»
Nico abbassò lo sguardo. La prima confezione conteneva cerotti di Hello Kitty. Nico represse una smorfia di disgusto e Will li riprese.
«Piacciono alle figlie di Afrodite.» mormorò Will, riponendole nel cassetto. «Ne ho tre scatole. Non si fanno male facilmente, quelle. L'altra volta, però, ho provato a metterne uno ad una figlia di Ares, non avrà più di nove anni. Be', sono fortunato ad avere ancora la testa attaccata al corpo.»
Nico sperò di trovare dei comunissimi cerotti color carne, senza successo. La seconda confezione era piena di cerotti con vari smile sorridenti e felici e colorati. La terza, era più per figli di Poseidone che per altri semidei: figure di animali marini. E l'ultima, invece, c'erano cerotti di tutti i colori possibili. Tranne il nero. O il grigio.
«Ho davvero bisogno di un cerotto?» domandò Nico, tetro.
«Sì.» annuì Will, divertito. «Non ti piace nulla?»
«Ho quattordici anni. Non sono un bambino.»
«Peccato, ho dei lecca-lecca per i bambini...»
Nico gli scoccò un'occhiataccia e Will, sbuffando, gli strappò di mano i cerotti.
«Okay, allora ne sceglierò uno a caso.» Li ripose nel cassetto, e senza che Nico riuscisse a vederlo, Will ne estrasse uno e glielo appiccicò sulla fronte.
«Perfetto.» aggiunse, con uno smagliante sorriso.
Nico si rese conto che quel tipo di sorriso gli era mancato. Si sentiva ancora sotto sopra per la fame, ed era sicuro che fosse anche colpa di quelle tremende farfalle risorte.
Will gli restituì l'occhiata, il sorriso che si affievoliva ad ogni secondo. «Ho qualcosa in faccia?» domandò, preoccupato.
«Come?» gli fece eco Nico.
«Lascia perdere.»
Will tornò in cucina e Nico lo osservò mentre gli preparava la colazione. Lo seguì, soffermandosi un momento davanti allo specchio. Fu sorpreso nel notare quanto sembrasse più in forma. Si scostò la ciocca di capelli neri dalla fronte e fissò senza parole il cerotto azzurro con lo smile sorridente sopra.
«Sul serio?» brontolò Nico, strascicando i piedi fino a trovarsi di fronte a Will.
«Preferivi Hello Kitty?» gli chiese il figlio di Apollo, sogghignando, e facendogli l'occhiolino.
Nico borbottò tra sé e non rispose.

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Capitolo 14
*** 14. Nico ***


Will finì di versargli una ciotola di cereali al cioccolato e rimase ad osservarlo con attenzione mentre mangiava.
Nico tenne gli occhi posati sulla poltiglia nella ciotola, conscio dello sguardo del dottore su di lui. Fu tentato di arrossire, ma riuscì ad imporsi di rimanere impassibile. E si decise di contare mentalmente fino a venti. Se Will avrebbe continuato a guardarlo, Nico gli avrebbe volentieri svuotato il resto della ciotola sui suoi perfetti capelli biondi.
Uno, due, tre...
Ma il figlio di Ade non riuscì ad arrivare fino a venti. Si sarebbe senz'altro divertito a vedere Will sputacchiare cereali e a fissarsi raggelato allo specchio, cercando di togliere via lo sporco dai suoi solari capelli.
Arrivato al cinque, Nico inspirò profondamente e alzò lo sguardo.
«Cos'hai da guardare?» ringhiò.
Will continuò a fissarlo per un'altra manciata di secondi, senza sbattere le palpebre, poi sorrise, appoggiando i gomiti sul tavolo, mettendo fine alla distanza tra loro due. Erano uno di fronte all'altro, e Nico riuscì a captare l'odore che emanava il figlio di Apollo. Chissà perchè, sapeva di fragola.
«Devo confessarti una cosa.» disse infine Will, e il sorriso si spense un po'. «Ma devi promettermi che non darai in escandescenza, e che tantomeno non tenterai di eliminarmi.»
Nico inarcò un sopracciglio, lasciando perdere i cereali. «Cosa hai fatto?» gli chiese. Poi aggiunse, in fretta: «Mi hai scattato una foto mentre dormivo? Se è così, chiederò a mio padre di trovarti una punizione adeguata quando sarà il tuo turno di andare nell'oltretomba.»
Will ridacchiò. Neanche la minaccia implicita di morte riusciva a togliergli quel solare sorriso dalle labbra. E nemmeno la minaccia di una punizione eterna.
«Non ti ho fatto alcuna foto.» lo tranquilizzò. «Anche se ho avuto parecchio tempo a disposizione per farlo.»
Nico lo guardò perplesso. «Di cosa stai parlando?» gli chiese.
Will sospirò. Con le gambe scostò una sedia dal tavolo e vi sedette, ricreando la solita distanza. «Hai dormito per quattro giorni di seguito.» gli rivelò infine.
Il figlio di Ade lo guardò confuso, e scosse la testa. «Impossibile.» disse. «Non ho dormito per quattro giorni.»
«Oh sì, invece.» annuì Will con un sospiro, gli occhi azzurri fissi su di lui. «Puoi fidarti. Hai dormito quattro giorni consecutivi.»
Il figlio di Apollo non gli stava mentendo. Aveva veramente dormito per tutto quel tempo. Imbarazzato, capì da dove provenisse quellos trano odore che cercava di ignorare.
Guardò i cereali avanzati che galleggiavano nel latte, e riprese in mano il cucchiaio.
«Wow.» si limitò a dire, infilandosi in bocca un'altra cucchiaiata. «Quattro giorni. Un record.»
Spazzolò la sua colazione, e alzò gli occhi sull'altro, in attesa. Will lo stava osservando con gli occhi socchiusi, una mano appoggiata al mento, e capì che lo stava esaminando con lo sguardo critico tipico dei dottori.
«Scherzi, vero?» disse infine Will, mentre Nico si alzava per recuperare altri cereali. «Ti ho appena detto che hai passato quattro giorni a dormire, e mi rispondi dicendo di aver fatto un record?»
Nico scrollò le spalle. Rovesciò una gran quantità di cereali nella sua ciotola, aggiugendo altrettanto latte, e si lasciò cadere sulla sedia.
«Cosa dovrei dire?» rispose Nico, affogando con piacere perverso i cereali che tentavano di tornare a galla. «Non è la prima volta che scopro di aver dormito così a lungo. Durante il viaggio con la statua, mi è capitatospesso. Non è una novità.»
Nico notò la mano di Will chiudersi a pugno, e si preparò ad uno scontro con il figlio di Apollo. Ma il ragazzo schiuse la mano.
«Ci ho provato.» sospirò infine Will, alzandosi in piedi e guardandolo. «E non dire che non l'ho fatto.»
«Di cosa parli?» domandò Nico, spaesato.
Will scrollò le spalle. «Lascia perdere. Be', visto che sei qui da cinque giorni, sei libero di tornare alla tua cabina. Fai un saluto, prima di andartene.»
Nico guardò Will allontanarsi dalla cucina, e lasciò perdere la sua ciotola di cereali. Odiava i cereali. Ma li aveva mangiati solo perché era stato Will a prepararglieli.
Fu tentato di seguire il figlio di Apollo, ma non lo fece. Non sapeva cosa dirgli, come affrontarlo.
Era arrabbiato con lui per il menefreghismo mostrato per la sua salute? Aveva passato quattro giorni a dormire. Non era una grande novità. Se riconsiderava il viaggio affrontato con Reyna e il Coach Hedge, Nico avrebbe contato più giorni passati a dormire che viaggi-ombra.
Riprese ad affogare i cereali nella ciotola, e finì di mangiarli.
Non era arrabbiato con loro, dopotutto.

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Capitolo 15
*** 15. Will ***


Dopo il breve scambio di battute con Nico di Angelo, Will uscì dall'infermeria e si sedette sui gradini. Aveva bisogno di una boccata d'aria, e di un po' di luce. Si stropicciò gli occhi stanchi e sospirò, guardandosi attorno.
Alcuni figli di Ares correvano verso la zona degli allenamneti in compagnia di tre figli di Apollo. Will riconobbe tutti e tre i fratelli anche da lontano. Loro lo videro e lo salutarono.
«Tieniti pronto con le bende!» gli urlò Tobias, mentre Marc e Gideon ridevano.
Will cercò di evitare un sorriso. «Mi terrò pronto ad ampuntare!» gli rispose.
I figli di Ares sogghignarono, ma non aggiunsero niente.
Appoggiò la schiena control la colonna e si osservò le dita. Negli utlimi giorni si era procurato una serie di graffi e ferite superficiali che non si era nemmeno preso la briga di curare. Aveva avuto altri pensieri, in quei giorni.
*
Nico di Angelo era ricoverato in infermeria da non più di ventiquattro ore quando suo fratello Angel, con il quale aveva fatto cambio di turno, spalancò la porta del bagno, facendolo urlare e quasi sviolare nella doccia.
«Scusa!» gridò Angel, con gli occhi fuori dalle orbite. «Devo parlarti, è urgente!»
«Di cosa si tratta?» ringhiò Will, cercando un asciugamano e legandoselo stretto alla vita. Anche se tutti i suoi fratelli lo avevano visto nudo in un paio di occasioni.
«Il figlio di Ade.» esalò Angel, inspirando per riprendere fiato. «È pallido. È...»
«È normale.» notò Will, esasperato. «È sempre pallido.»
«Lo so, ma... ora è peggio! Austin ed io abbiamo provato a svegliarlo, ma non si sveglia!»
«Ha il sonno pesante.»
«Mi sono messo a cantare a circa dieci centimetri dalle sue orecchie! E tu sai che effetto faccio quando canto!»
Will rabbrividì. Alcuni figli di Apollo avevano ereditato il suo talento musicale. Altri, il suo talento nella guarigione. I più fortunati entrambe le cose. I meno fortunati se la cavavano egregiamente nella guarigione, ma... be', suonavano così male da fari piangere i satiri dalla disperazione e ddal dolore.
«Sei un idiota?!» urlò Will, facendolo sussultare. «Potresti avergli provocato un coma!»
«Lo so!» strillò a sua volta Angel. «È per questo che sono venuto subito a chiamarti!»
Will lo spinse da parte per uscire, ma il fratello lo bloccò. «Hai intenzione di uscire così?» gli chiese.
Will si lanciò una rapida occhiata ai piedi nudi, prese le sue infradito azzurre e annuì. «Sono pronto.» disse.
Corsero fuori dalla cabina di Apollo, e Will non si fermò ad ascoltare le grida e le risate delle sue sorelle. Sfrecciò fino all'infermeria, dove scoprì Derek, Austin e Helen vicino a Nico, profondamnete addormentato.
«Fuori dai piedi!» gridò Will. «Tranne te, Derek.»
In meno di cinque minuti, Will controllò i parametri vitali del figlio di Ade, assicurandosi anche che vi fosse attività cerebrale. Per fortuna, da quanto risultò dagli esami, Nico era semplicemente addormentato dalla sera prima, e non era ancora intenzionato a svegliarsi.
Will si sedette ai piedi del letto, asciugandosi una goccia di sudore .- o di acqua? . che gli scorreva lungo la fronte.
«D'accordo.» disse Will, stanco. «Rimarrò a fargli da guardia fino a quando non si sveglierà. Di' ad Angel di tornarsene in cabina. Più tardi sceglierò la sua punizione.»
Derek annuì, nascondendo un sorrisino.
Will schioccò le dita prima che il fratelli sparisse. «E portami dei vestiti puliti.» aggiunse, notando di avere indosso solo le fidate infradito, e un misero asciugamano.
Will grugnì al ricordo. Si era spevantato tanto, quel mattino. Quando i suoi fratelli gli avevano portato dei vestiti, era rimasto al capezzale di Nico in attesa che si svegliasse.
Dopo due giorni, era andato alla ricerca del Coach Hedge, intento a coccolare il figlio Chuck in mezzo al bosco. Sua moglie Mellie non si vedeva da nessuna parte. Forse era volata via, essendo uno spirito dell'aria.
«Coah Hedge.» salutò Will, fermandosi a qualche metro da lui.
«Will Solace!» esclamò il satiro, fissandolo con orgoglio. «È da un po' che non ti fai vedere!»
Will abbassò gli occhi sul piccolo satiro. Era bellissimo, il più bel bambino satiro che avesse mai visto. Ma... non riusciva ancora ad avvicinarsi troppo al piccolo. Lo aveva fatto nascere lui, e spesso aveva ancora gli incubi.
«Sì, io, ehm, ho avuto da fare.» disse Will, il che non era una bugia.
«Lo sospettavo. Vuoi accomodarti? Stavo raccontando una storia a Chuck.»
Will si chiese quanta gente fosse già morta nella storia che stava raccontando il papà satiro al piccolo figlio satiro.
«Scusami, ma non ho tempo.» disse, educato. «Volevo porti una domanda su Nico di Angelo.»
Gli occhi del Coach Hedge si puntarono su di lui. «Spara pure.» gli disse, circospetto. «Ma se provi ad offenderlo, giuro che...»
«Durante il viaggio, quanto tempo impiegava a riprendersi dai viaggi-ombra?» si affrettò a chiedere il figlio di Apollo, prima che il satiro potesse descrivergli i mille modi terribili con cui aveva intenzione di ucciderlo.
«Mmh» rifletté il satiro, dondolando il figlioletto, che iniziò a gorgheggiare. «Due giorni, ma una volta anche tre.»
«Tre giorni.» ripeté Will, scioccato.
Coach Hedge annuì. «Siamo stati molto preoccupati per lui, e per aiutarlo - e per arrivare prima . ho chiesto aiuto ai Pegasi. Ma anche se non sono venuti per me, ci hanno facilitato il viaggio.»
Will mosse la testa, osservando il piccolo Chuck. Poi distolse lo sguardo prima che brutti ricordi si riaffacciassero alla mente.
«Grazie.» disse Will, indietreggiando, ma Coach Hedge balzò in piedi.
«Prendilo un po' in braccio.» gli disse.
«Ehm, no, ma grazie.» Will scrosse la testa, poi fuggì via. Era stato il primo a prendere in braccio il piccolo satiro, e non intendeva ripetere quel tipo di esperienza. Anche se era così carino.
Parlare con il Coach Hedge gli aveva fatto capire che Nico avrebbe potuto passare anche una settimana a letto a dormire. Quindi, dopo altre tre ore di vigilanza, era tornato alla sua cabina per finire la doccia iniziata tanto tempo prima. Aveva cambiato i turni con i suoi fraetlli, per poter rimanere in infermeria quando Nico si fosse svegliato, e aveva dato una punizione ad Angel, per evitare che tornasse a cantare con la sua orribile voce stonata.

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Capitolo 16
*** 16. Will ***


Ripensare ai giorni appena trascorsi lo aveva fatto appisolare. Ma a risvegliarlo furono dei rumori dall'interno dell'infermeria. Si stropicciò gli occhi, assonnato. Aveva dormito poco quella notte.
Will voltò la testa verso la porta socchiusa. Tutto quel rumore poteva essere provocato da Nico che cercava di lasciare l'infermeria. Ma uno come lui di certo avrebbe cercato di dare meno nell'occhio. Fu sul punto di alzarsi quando proprio il figlio di Ade spalancò la porta.
«Ehi, Will!» esclamò, e Will trasalì. Nico sembrava felice di vederlo, e indossava ancora il pigiama. Non sembrava intenzionato ad andarsene. «Per fortuna ti ho trovato.»
«Stai bene?» si informò Will, balzando in piedi e rischiando di perdere l'equilibrio. Nico lo afferrò per il gomito per sostenerlo. «Hai male da qualche parte?»
«Sto benissimo.» affermò Nico, e proprio in quel momento si udì un rumore di vetri infranti. «I tuoi, ehm, pazienti si stanno azzuffando.»
Will lo guardò a bocca aperta e lo superò quasi di corsa, e constatò con i suoi occhi che il figlio di Ade aveva pienamente ragione. Gabriel Hawthorne era inchiodato a terra da Johnny Bennett.
«Ritira quello che hai detto!» strillò Johnny. «Subito!»
Gabriel bofonchiò qualcosa, e Jennifer iniziò a tirare calci al fratello.
Will pensò di non aver mai desiderato così tanto una macchina fotografica. Doveva avere un ricordo di quel momento, un'immagine priva di tempo che avrebbe tramandato agli altri semidei quando avessero avuto lo stomaco per assistere a quella scena.
Sotto i suoi occhi, un figlio di Ares le stava prendendo di santa ragione da un figlio di Afrodite. Era una scena epica.
Nico lo riportò alla realtà. «Non dovresti dividerli?» gli chiese.
Will annuì e fece un balzo avanti, dispiaciuto. «Johnny! Basta così! Lo stai soffocando!»
Johnny si distrasse un secondo, sufficiente per allentare la presa su Gabriel, che colse l'occasione al volo. Tirò un pugno in pieno petto a Johnny, scaraventandolo a terra, e tre secondi dopo la situazione fu capovolta.
Will afferrò il figlio di Ares per le spalle, e si meritò una gomitata in pieno volto, proprio sull'occhio. Ebbe solo un attimo per autodiagnosticarsi un occhio nero prima dell'ora di pranzo, poi fischiò forte.
I due ragazzi si portarono le mani alle orecchie e iniziarono a lamentarsi del male alle orecchie. Will squadrò Nico e Jennifer - uno indenne e l'altra no - e sospirò.
«Questa è un'infermeria, ragazzi.» ricordò Will, aiutando Gabriel a rialzarsi. La bruciatura sulla schiena stava passando. «Se volete combattere, vi prego di andare fuori, sul campo di battaglia. Qui c'è gente che vuole riposare!»
Johnny spostò lo sguardo su Nico. «Lui è sveglio!» gli fece notare. «E non c'è nessun altro qui, oltre noi.»
Will si guardò attorno, esasperato. Dov'erano i suoi fratelli quando aveva bisogno di loro?
Nico si fece avanti. Aveva un aspetto terribile, dopo cinque giorni passati a letto. Ma si fece avanti comunque, squadrando il figlio di Ares, come se non gli arrivasse a stento al petto, e il figlio di Afrodite, come se non fosse la metà di lui.
«Se non la fate finita con questi battibecchi,» disse Nico, alzando il tono, «farò sorgere degli scheletri che vi condurranno all'Oltretomba senza darvi il tempo di riflettere sulle vostre azioni.»
«Non puoi!» esclamò Johnny, sgranando gli occhi. «Will te lo ha proibito!»
«Sono sicuro che Will chiuderà un occhio.» gli rispose con tono amabile il figlio di Ade.
Si voltarono tutti verso Will, che annuì. «Certo.» disse, ma scoccò a Nico un altro tipo di occhiata: osa-evocare-scheletri-e-ti-terrò-qui-fino-ai-ventuno-anni.
Nico distolse in fretta lo sguardo .
«Siamo intesi?» disse Will, guardando i due ragazzi. «Se non la finite di aggredirvi, Nico farà sorgere gli scheletri che vi porteranno giù, in un indimenticabile Viaggio al centro della terra.»
Solo Jennifer colse il titolo del film, ma Will cercò di non darci troppo peso.
Gabriel si sedette sul suo lettino, massaggiandosi la gola, e Will fu subito al suo fianco. Gli alzò il mento, tastandogli i lividi provocati dal figlio di Afrodite. Prese mentalmente nota di non insultare mai più un solo figlio di Afrodite, sebbene la tentazione era tanta.
«Per cosa stavate litigando?» domandò Will, soprappensiero, mormorando un incantesimo di guarigione.
Gabriel e Johnny si scoccarono un'occhiata di fuoco, come sfidandosi a parlare, ma fu Jennifer ad interrompere quelle occhiate.
«Gabriel ha confessato i suoi sentimenti per me.» ammise. «Ma Johnny è scontento.»
«Non permetterò mai che mia sorella si metta con un figlio di Ares!» ringhiò Johnny.
«Credo che questi non siano affari tuoi!» lo rimbeccò Jennifer.
«Oh, andiamo, Jen, come puoi solo pensare che..?»
«Ahah, sentitelo! Ma non sei tu che sbavi dietro a Trudy Wilson?»
Johnny arrossì, Gabriel si infuriò.
«Cosa?!» esclamò, cercando di divincolarsi dalla presa salda di Will. «Tu cosa?!»
Will sospirò. Si annunciava un'altra lunga giornata. Si voltò e incrociò lo sguardo di Nico. Il figlio di Ade sembrò dirgli: «Tranquillo, non ti lascio da solo.»
Will sorrise e gli sussurrò: «Grazie.»

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Capitolo 17
*** 17. Nico ***


Forse aveva fatto male a non scappare quando Will gliene aveva dato l'opportunità. Ma sapeva che, una volta al sicuro nella sua cabina, si sarebbe sentito in colpa per aver lasciato il dottore da solo ad affrontare tutto quel caos.
Anche se il suo fu solo sostegno morale. Di tanto in tanto, Will si voltava e incrociava il suo sguardo, per poi tornare a calmare i due ragazzi che vociavano sempre più forte.
Nico sbadigliò. Quattro giorni di sonno ininterrotto lo avevano portato a quello? Ad avere ancora più sonno?
Will si voltò a fissarlo, girando la testa lentamente, e Nico chiuse la bocca, trattenendo a stento un secondo sbadiglio.
«Non voglio che mia sorella si frequenti con te!» gridò Johnny. L'unica cosa che era riuscito ad ottenere Will era che i due sedevano su due letti distanti, quindi si urlavano solo in faccia. Meglio di niente, pensò Nico, stanco.
«Con uno come me?» ripeté Gabriel, a scatti.
«Un figlio di Ares! Pensate solo a combattere!»
«Ah, e voi, figli di Afrodite? Vi divertite a spezzare i cuori di coloro che vi amano, solo perché vi chiedono di farlo!»
Nico pensò che non fosse una cosa carina da dire in presenza di Jennifer, anche lei figlia di Afrodite. Ma la ragazza non sembrò farci caso, indaffarata a guardare prima uno e poi l'altro, come se stesse seguendo una partita di tennis.
«Come ti permetti a dire una cosa del genere?!»
Nico perse il filo del discorso e si mise a guardare Will. Il ragazzo stava ancora mormorando un incantesimo per lo strangolamento di Gabriel, ma il figlio di Ares aveva le corde vocali in ottimo stato, visto come continuava ad urlare.
I suoi occhi sondarono più volte il corpo del dottore, poi arrossì e tornò a seguire la partita a tennis. E notò gli occhi di Jennifer fissi su di lui, un leggero sorriso sulle labbra.
Nico imprecò tra sé.
E Will crollò a terra.
Gabriel e Johnny ammutolirono all'istante. Gli occhi di tutti e quattro si posarono sul figlio di Apollo svenuto ai loro piedi.
«Mmh.» disse Gabriel, grattandosi il mento. «Come si cura un dottore?»
«Vado a cercare uno dei suoi fratelli.» si offrì Johnny, lasciando in fretta l'infermeria.
«Aiutami ad alzarlo.» disse Gabriel a Nico, che si avvicinò obbediente. Lo alzarono e lo trascinarono ad un lettino dalle coperte intatte. Nico affondò un dito nella guancia di Will, per assicurarsi che fosse ancora vivo.
«Che si fa?» domandò Jennifer, pensierosa.
Gabriel si voltò verso di lei. «Io ti amo sul serio.» le disse.
Jennifer arrossì.
Nico sbuffò.
I due andarono a sedersi sullo stesso lettino e iniziarono a parlottare tra loro a voce bassa. Nico rimase a braccia conserte vicino a Will, in attesa che si presentasse un altro figlio di Apollo, e i suoi occhi iniziarono a sondare il ragazzo. Per essere dotato di un abbronzatura naturale, Will era piuttosto pallido. Forse era solo stanco. E visto che era svenuto di botto non doveva stare molto bene.
Per fortuna, in quel momento Austin ed Angel entrarono. Nico si chiese che fine avesse fatto Johnny Bennett.
«Mmh.» disse Austin, avvicinandosi al fratello e tastandogli la fronte. «Uno si risveglia e l'altro si addormenta.»
Nico gli scoccò un'occhiataccia.
«Come ti senti?» gli chiese Angel, esitante.
«Molto bene.» Si ritrovò combattuto tra dire o meno «Grazie!» ma alla fine ci ripensò.
Austin alzò le spalle. «Sta bene.» decretò infine. «Ha solo bisogno di qualche giorno di riposo. Ha passato tutta la settimana qui in infermeria, e non credo che abbia dormito molto mentre vegliava su di te, figlio di Ade.»
Nico ne rimase sorpreso. «Ha vegliato su di me?» ripeté.
«Giorno e notte.» annuì Angel. «Anche se io non lo so con certezza. Ho passato la settimana in punizione.»
«In punizione?»
Angel sorrise timidamente. «È una faccenda lunga da spiegare.»
«E non dovresti spiegarla a lui.» gli fece notare Austin, con un sorriso degno del fratello maggiore. «Potrebbe ridurti in cenere, o mandarti contro un plotone di scheletri zombie.»
«Lo farò.» annuì Nico, indurendo lo sguardo. «Solo se non mi dite cosa cerchi di nascondermi.»
I due figli di Apollo si lanciarono un'occhiata. Erano abbronzati quanto Will, anche se Nico dovette ammettere a se stesso che l'abbronzatura di Will era decisamente migliore. Non che avesse perso tempo a fissarlo per constatarlo.
«L'altro giorno abbiamo provato a svegliarti, io e Derek.» borbottò Angel, intimidito dal suo sguardo, e Nico si rese conto che doveva avere più o meno la sua età. «E visto che non ci riuscivamo, ho cantato. E io... non ho ereditato l'abilità musicale di mio padre, quindi ho rischiato di mandarti in coma, e Will mi ha punito per questo.»
Nico aveva i pensieri annebbiati dal sonno, quindi l'unica cosa furba che riuscì a dire fu: «E qual è stata la tua punizione?»
«Mi ha fatto lucidare tutte e ventuno le tavole da surf. Inoltre, mi ha fatto ordinare lo scantinato. E ho ridipinto le pareti della nostra cabina. E ho passato due giorni a chiedere agli altri nostri compagni semidei se avessero bisogno di aiuto con le loro faccende.»
«Be', mi sembra una punizione educativa.» disse Nico, sbadigliando.
«Oh oh.» borbottò Austin, occhieggiando il moro.
«Oh sì, lo era.» annuì Angel. «Ma è stata piuttosto stancante. È durata tre giorni, e non riesco a smettere di proporre il mio aiuto per tutto.»
Nico annuì, e si guardò attorno. Il suo letto sembrava così distante...
Austin gli fu alle spalle prima che potesse crollare sul pavimento.

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Capitolo 18
*** 18. Nico ***


Quando Nico aprì gli occhi, era giorno. Ma non sapeva se fosse ancora lo stesso giorno in cui si era svegliato la prima volta, o un altro giorno ancora. Era tutto così confuso...
Si mise seduto, passandosi una mano sul volto e nascose uno sbadiglio. Si guardo attorno, cercando di abituarsi alla luce che compariva dalla finestra, e scese dal letto.
Scrutando dal di fuori del separé, scoprì che Will non giaceva più nel lettino, che ora sembrava immacolato. Nico pensò che fosse giustamente passato un altro giorno da quando il dottore era crollato di stanchezza davanti ai suoi occhi.
Nico lasciò al sua cabina e si diresse verso la piccola cucina. Lo stomaco riprese a brontolargli per la fame e, quando entrò, scoprì proprio il dottore steso sul tavolo con le braccia alzate in aria. Una specie di Superman intento a rilassarsi.
«Ehi.» lo salutò Nico, soffermandosi a pochi passi da lui. Indossava dei pantaloncini lunghi fino al ginocchio, arancioni, con le iniziali del Campo Mezzosangue; il solito camice verde, e le solite infradito azzurre.
Will abbassò gli occhi su di lui, sorpreso. «Ehi!» esclamò, senza mettersi seduto, ma abbassando le braccia. «Come stai?»
«Sto bene, mi sento molto riposato.» Nico lo scrutò. «Tu come stai? Sei ancora intenzionato a svenire?»
Lui sorrise. «No. Austin mi ha rimesso in sesto. Però ho avuto una gran bella idea, eh? Svenire in quel modo davanti a quegli altri che litigavano e strillavano.»
«Sì, è stata una bella idea. Lo avrei fatto io, ma sei stato più veloce.»
Sogghignando, Will si mise seduto, i capelli biondi molto più luminosi del solito.
Nico lo osservò con attenzione. Aveva il volto riposato, niente più occhiaie, e i capelli mandavano bagliori come se fossero anch'essi fatti di sole.
Will Solace era bello. Inutile negarlo. O provare a nasconderlo.
Will si voltò verso la dispensa, proprio mentre Nico arrossiva violentemente.
«Ti preparo qualcosa?» gli chiese, ma Nico scattò in avanti e afferrò una tazza prima che il figlio di Apollo potesse muoversi.
«Posso farlo da solo, ti ringrazio.» borbottò.
Will aggrottò la fronte ma non disse altro.
Nico si affrettò a versare latte e cereali nella tazza blu, e diede le spalle a Will mentre si ingozzava di cereali. Continuava ad odiarli, ma se li mangiava sotto lo sguardo di Will non gli sembravano affatto male.
«Credo che tu possa tornare nella tua cabina.» gli disse Will, e Nico irrigidì la schiena per non voltarsi. «Insomma, hai passato qui sei giorni, e non hai fatto altro che dormire. Ti sei riposato a sufficienza.»
«Sei sicuro che io possa andarmene?» chiese Nico, senza voltarsi. «Sì, insomma, mi sono addormentato per quattro giorni e poi per un altro giorno intero, ed ero qui, in infermeria, sotto la tua attenzione e quella dei tuoi fratelli. Se vado nella mia cabina, e dovessi dormire per una settimana di fila, non ci sarebbe nessuno a controllarmi, visto che vivo da solo.»
Nico si sentiva ancora le guance bollenti, e ciò che aveva detto non aveva di certo migliorato la situazione. Se vi avesse posato sopra la tazza, era sicuro che avrebbe bollito il latte.
«Non c'è motivo di preoccuparsi, Nico.» gli rispose Will, gentile. «Ogni giorno, posso venire a controllare se stai o meno dormendo. Posso passare due o tre volte, se a te va bene. Magari, ci vediamo per colazione, pranzo e cena. Che ne pensi?»
«Sì, io... dico che va bene.»
Nico finì di mangiare con un nodo allo stomaco. Will era così entusiasta all'idea di vederlo tornare nella sua cabina? Non poteva fingere di volerlo ancora lì?
Ma era un figlio di Ade, d'altronde. E non poteva aspettarsi un atteggiamento diverso dagli altri semidei. Tutti i figli di Apollo presenti in infermeria avrebbero tirato un sospiro di sollievo vedendolo andar via, prima di tutti Will Solace.
E lui che aveva sperato... che forse Will era diverso dagli altri...

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Capitolo 19
*** 19. Will ***


Nico gli dava ancora le spalle, ma aveva già smesso di mangiare da un po'. Se ne stava lì, davanti all'unico bancone che formava la cucina dell'infermeria, oltre il frigo e il piccolo fornello, senza muoversi, gli occhi fissi sulla tazza.
Will si chiese a cosa stesse pensando.
Forse era ancora preoccupato di addormentarsi nella sua cabina per giorni e giorni. Non intendeva lasciarlo da solo, naturalmente. Sarebbe andato a controllarlo. E uscendo con lui per la colazione, il pranzo e la cena lo avrebbe controllato con più attenzione.
Arrossì ricordando quello che aveva appena fatto. Aveva fissato degli appuntamenti con Nico di Angelo. Certo, erano appuntamenti cordiali tra amici, anzi, tra medico e paziente, e nessuno, nemmeno Austin, avrebbe colto il doppio gioco. Però lo faceva arrossire lo stesso.
«Vado di là.» avvertì Will, scendendo dal tavolo, e rischiando di inciampare nella gamba della sedia. «Ci vediamo.»
«Sì. Tu... cerca di riposare.»
«Lo farò.»
Will si allontanò in fretta da Nico, il cuore che gli rimbombava nelle vene, e si avvicinò alla stanza con i pazienti. Ormai era rimasto solo Gabriel, intento a costruire un piccolo castello di carte in compagnia di Derek. Jennifer e Johnny avevano lasciato l'infermeria il giorno prima.
«Will.» lo salutò Derek, alzando la mano in segno di saluto, e così facendo fece crollare il castello di carte. «Per gli Dei!»
Gabriel fissò il mucchietto di carte che giaceva sul mobile. Ancora poche mosse e si sarebbe trasformato in un perfetto castello. Ma al posto di infuriarsi e picchiare Derek, Gabriel sorrise. Certo, era un sorriso un po' tirato, ma pur sempre un sorriso.
«Non importa, lo rifaccio.» disse, scrollando le spalle.
«Jennifer è già passata a trovarti?» gli chiese Will, sorridendo.
«Sì.» annuì Gabriel, compiaciuto.
«Un'ora fa.» aggiunse Derek, guardando il fratello maggiore. «Mentre tu... eri sul tavolo. Cosa stavi facendo, già?»
«Mi stavo rilassando.» rispose Will, con una scrollata di spalle.
«Ti stavi rilassando.» ripeté Derek, poco convinto.
«Steso sul tavolo.» aggiunse Gabriel.
«E pensavo.» aggiunse Will, tra sé. «Stavo pensando.»
«Cosa c'è di così importante da pensare sul tavolo della cucina?» domandò Derek, esasperato.
Will scrollò le spalle e andò a sistemare un letto.
Naturalmente, i suoi pensieri di poco prima erano tutti indirizzati a Nico di Angelo. Come tutti i suoi pensieri dell'ultima settimana. Non pensava ad altro che a Nico da quando lo aveva visto spuntare davanti a lui durante lo scontro con i romani. Quando gli aveva fatto notare che, nonostante i suoi vestiti scuri e il cerone nero sul volto, con i suoi capelli biondi, sarebbe apparso molto visibile ai nemici.
Vestendovi di nero, con il sole che sta per sorgere. Dipingendoti la faccia di nero non coprirà quella massa di capelli biondi. È come se sventolassi una bandiera gialla.
Le parole del figlio di Ade, dopo una settimana, lo fecero ancora arrossire. Certo, in quel momento non era stato sufficientemente lucido per pensare. Voleva solo allontanarsi dal campo, prendere una boccata d'aria e sconfiggere i nemici. Insomma, far nascere piccoli satiri non era roba da tutti i giorni, per lui!
Con un brivido, ricordo quel mattino.
*
«Solace!» lo chiamò Clarisse la Rue, correndo verso di lui. Aveva i capelli legati, e lo sguardo di fuoco. «Solace, vieni qui!»
«Cosa succede?» le chiese Will, cortese. La figlia del Dio della guerra nelle ultime settimane gli era stata molto addosso, per via di Mellie. Quando la vide corrergli incontro, capì che c'entrava lo spirito del vento.
Ma non ebbe il tempo di chiederlo.
«Mellie.» disse Clarisse, afferrandolo per il braccio con una presa d'acciaio. «Ha le doglie.»
Will la guardò senza parole, senza accorgersi che Clarisse lo stava lentamente trascinando via.
«Le doglie?» ripeté. «Ma... ma è presto! Mancano ancora... due settimane!»
«A quanto pare no.»
Will si rese conto di quello che gli stava facendo la ragazza, e avvampò. «Dove mi stai portando?» gracchiò.
«Hai visitato Mellie nelle ultime settimane.» gli ricordò Clarisse, ignorando i suoi vani tentativi di liberarsi. «Devi controllare.»
«Cosa? No!»
«E farai nascere il bambino, se necessario.»
«Cosa?! NO!»
Clarisse sbuffò, ignorando il figlio di Apollo che la colpiva alla mano per liberarsi. «Sei un dottore, Solace.»
«Non è esattamente così. Non ho ancora superato gli esami. E so solo guarire delle piccole ferite, e riparare qualche danno più grande, ma non posso far nascere un bambino! Non so come si fa!»
«C'è una prima volta per tutto.»
«Fallo tu, allora!»
Clarisse si fermò e Will rischiò di inciampare su di lei. Ma non ebbe il tempo di cadere perché Clarisse lo afferrò per le spalle, stringendolo forte, fissandolo dritto negli occhi.
«Mentre tu sei qui a decidere se sei o meno un dottore, lei è nella mia cabina, e sta soffrendo.» ringhiò Clarisse, e Will deglutì. «Quindi decidi cosa vuoi fare, Solace, e alla svelta. Ma ricorda che dalla tua decisione dipende anche la tua vita.»
«Da-d'accordo.» balbettò Will. «Fammi strada.»

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Capitolo 20
*** 20. Will ***


Will rabbrividì e tornò alla realtà. Ricordava ancora nei minimi dettagli il proseguimento di quella giornata.
Tutti i più piccoli dettagli.
Clarisse gli era stata utile, più o meno. E non poteva dimenticarsi che nessuno dei suoi fratelli si era offerto volontario per aiutare la povera Mellie a partorire. Se lo sarebbe ricordato per i regali di Natale.
Si sedette alla scrivania, pensieroso. Poteva segnare quel giorno tra i più brutti della sua vita. Ma aveva fatto nascere un bambino, quindi... forse poteva essere classificata nelle giornate più belle della sua vita.
Ma magari doveva aspettare ancora un mese o due, per superare il trauma.
Vide Nico uscire dalla sua piccola stanza, vestito. Pronto ad andarsene. Stringeva contro di sé il libro di Hunger Games.
«Sto andando via.» lo avvertì, fermandosi a pochi passi dalla scrivania.
«Okay.» rispose Will, sorridendo. Gli sarebbe mancato tanto.
«Volevo finire il libro.» aggiunse Nico. «È un problema se lo porto via?»
«No, no, fai pure. Ma quando lo avrai finito riportalo.»
«Sì.»
Nico lo guardò imbarazzato, e Will gli rivolse lo stesso sguardo.
«Allora...» disse Will, sorridendo. «Ci vediamo presto, eh?»
«Sì... stasera a cena?»
«Ci vediamo in mensa.»
«D'accordo.»
Nico fece dietrofront e lasciò l'infermeria.
Will si appoggiò contro lo schienale della sedia e sospirò, portandosi una mano al volto. Non era stato imbarazzante. No. Molto, molto di più.
Attese che le ginocchia si riprendessero e si alzò in piedi. Spostò il separé dalla ex cabina di Nico e cambiò le lenzuola, poi rimase lì seduto, sospirando. Giocherellò con un lembo del camice, e si ricordò della festa.
«Derek!» chiamò, balzando in piedi. «Esco un momento!»
«Okay!»
Will uscì di corsa dall'infermeria e si avviò alla cabina numero 13. A metà strada si diede una calmata e proseguì con più attenzione. Per fortuna non c'era nessuno nei dintorni.
Bussò alla porta e restò in attesa per qualche minuto.
«Ciao.» lo salutò Nico, perplesso, aprendo la porta. «Ho dimenticato qualcosa?»
«Come?» fece Will, confuso. «No, io... ecco, volevo dirti una cosa, e prima mi è passata di mente.»
«Okay.»
«Ah, ehm...» Will arrossì. Gli era passata di mente anche ora. Si schiarì la gola e ricordò. «Ecco, abbiamo organizzato una festa, per il quindici agosto. Ci saranno i fuochi d'artificio. E tante cose da mangiare. Verrai?»
Nico lo studiò per un secondo, e Will si sentì un idiota. Mancavano cinque giorni al quindici agosto. Perché non aveva potuto aspettare?
Per la prima volta dopo più di tre anni, il sole sembrò bruciargli la pelle, ma non era assolutamente colpa del sole. Era solo lui, così imbarazzato, da non sapere cosa dire o fare.
«Mmh.» fu la risposta laconica del figlio di Ade. «Non lo so.»
«È in spiaggia.» aggiunse Will, con la vana speranza di tentare il ragazzo, ma si rese conto dopo aver pronunciato la parola "spiaggia" che era stato un grosso errore.
Gli occhi scuri e infossati di Nico si scurirono ancora di più. «Ti farò sapere.» disse infine, e Will capì che era un no implicito. «Ora vado a fare la doccia, se puoi scusarmi...»
«Okay.» annuì Will, facendo un passo indietro, e Nico chiuse la porta.
Will fece dietrofront e tornò in infermeria, dandosi dell'idiota ad ogni passo. Avrebbe dovuto dirgli che la festa era in spiaggia solo il giorno della festa. Nico di Angelo aveva fatto tante storie per indossare un pigiama, figuriamoci per indossare un costume da bagno!
«Ehi, Will!»
Lui si bloccò e si voltò verso la persona che aveva parlato. Era strano. Prima stava pensando a lei, e ora eccola di fronte a lui.
«Ciao, Clarisse.» la salutò Will, cauto. Dopotutto, non ce l'aveva con lei per averlo costretto a far partorire Mellie. Sapeva che sarebbe toccato a lui, anche se sperava di avere più tempo a disposizione per mandare giù l'idea.
«Come stai?»
Will si accigliò. Clarisse gli rivolgeva raramente la parola quando non si trovava all'interno dell'infermeria e, quando era lì, lo insultava per la maggior parte del tempo aspettando che lui le medicasse in fretta le ferite.
«Bene, grazie.» rispose Will, a disagio. «Tu?»
«Non posso lamentarmi.»
Clarisse continuava a guardarlo con i suoi occhi neri, e Will capì che il resto della conversazione non avrebbe dato nulla di buono.
«Come sta Chris?» buttò lì Will. Chris Rodriguez, figlio di Ermes, era il fidanzato di Clarisse. Strano ma vero.
Gli occhi di Clarisse scintillarono. «Benone.» disse.
«Ah, ehm, bene. Scusa, ma ora devo proprio andare, ho delle faccende da sbrigare...»
Gli occhi di Clarisse lo fulminarono.
«...a meno che tu non voglia far nascere altri piccoli satiri!» concluse Will, con mezzo sorriso, che subito si spense alla vista del sorrisino della figlia di Ares. «Cosa?»
«Una Naiade.» rispose Clarisse, con una scrollata di spalle, afferrandolo per il polso. «Sarà una cosa veloce. Le si sono già rotte le acque.»
«Aspetta!» esclamò Will. Il sole gli stava scottando la pelle, il che non era un buon segno. Doveva essere impallidito quanto Nico. «Devo fare una cosa, prima.»
«Ovvero?» chiese Clarisse, aggrottando la fronte. «Vuoi scappare?»
Il senso del dovere era molto più forte della fuga.
«No, anche se mi piacerebbe.»
Will si voltò e corse verso la sua cabina, seguito a ruota dalla ragazza. Spalancò la porta, facendo sussultare e spaventare i suoi fratelli nella casa, e puntò un dito su sua sorella Helen.
«TU!» urlò, mentre Clarisse alle sue spalle sorrideva. «Vieni con me!»

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Capitolo 21
*** 21. Nico ***


Uscì dalla doccia e si sedette sul letto, gli occhi puntati sul pavimento. Non aveva la forza necessaria per asciugarsi e vestirsi. Forse doveva fare come i figli di Apollo, lasciare che il sole asciugasse la loro incantevole pelle.
Ma, pallido com'era, Nico immaginò che si sarebbe preso almeno un'ustione di terzo grado se si fosse coricato nel prato, nudo, lasciando che il sole lo asciugasse.
Questo pensiero riuscì a farlo sorridere. Si stese sul letto, le mani intrecciate dietro la nuca. Non spostò lo sguardo sulla sua cabina. Era orribile. Era la tana di un vampiro. Doveva assolutamente cambiare le decorazioni. E il letto. Non gli piaceva dormire in una bara.
Con un sospiro, Nico chiuse gli occhi e attese.
Forse era il momento di tornare negli Inferi, da suo padre. E controllare che fine avesse fatto l'anima di Leo. E magari cercare anche quella di Ottaviano, per chiedergli scusa, e ricordargli che era solo colpa sua. Si era comportato da idiota, dopo tutto.
Ma mentre i suoi pensieri si fermavano sul padre e sugli Inferi, Nico capì che non ci sarebbe tornato, almeno non quel mese. Si era riposato a sufficienza, ed era sicuro che un viaggio-ombra non lo avrebbe più condannato all'oblio e alla morte. Sarebbe riuscito ad arrivare a destinazione senza incidenti.
Solo pensare al viaggio-ombra, al suo ritorno negli Inferi, Nico si sentì in colpa per Will Solace. Non poteva abbandonarlo. Non poteva lasciarlo. Non poteva...
Nico si sentì ardere le guance e si mise seduto, passandosi una mano tra i capelli bagnati. Impiegò qualche secondo ad abituarsi all'oscurità della stanza. Sì, quel posto necessitava di un cambiamento. Anche se odiava la luce del sole e lo svegliarsi presto, non poteva costringere il suo corpo a trasformarsi in vampiro.
Si vestì senza fretta, e solo dopo aver posato lo sguardo sulla sua T-shirt con il teschio si rese conto di quanto gli mancasse il suo pigiama dell'infermeria.
E Will.
Il figlio di Apollo gli mancava.
Nico strinse i pugni, appoggiando la fronte contro l'anta dell'armadio.
Si sentiva così confuso. E i suoi pensieri si focalizzavano su Will. E qualsiasi altra cosa a cui stesse pensando, alla fine, si fermava al volto di Will.
Con Percy Jackson era stata tutta un'altra faccenda. Certo, pensava a lui, ma non così tanto. E quando pensava a suo padre, di certo i suoi pensieri sugli Inferi non si bloccavano al sorriso di Will Solace.
Era davvero insopportabile essere...
Nico ci pensò su. Non gli veniva la parola. Non aveva una cotta per Will, questo era sicuro. La cotta per Percy era stata del tutto diversa, forse perché era solo un bambino quando era iniziata. Ma ora...
Il cuore gli batteva forte, le farfalle battevano le loro ali nel suo stomaco, i suoi pensieri si focalizzavano su Will, e quando abbassava le palpebre rivedeva il sorriso del figlio di Apollo.
Possibile che quello fosse... amore? Lo stesso tipo di amore che Percy provava nei confronti di Annabeth? Lo stesso amore che univa Jason a Piper? O Hazel a Franz? Percy ai cibi blu?
Ma era improbabile. Insomma, non riusciva proprio ad immaginare un figlio di Ade innamorato di un altro essere umano, indipendentemente dal sesso. Non poteva provare dei sentimenti degni di un figlio di Afrodite. Lui non era capace di amare come tutti gli altri. Lui era diverso. Lui era Nico di Angelo, il Re dei fantasmi, o Death Boy, il figlio di Ade. Lui non poteva provare amore.
Deglutendo, Nico batté le palpebre e si guardò attorno preoccupato. Iniziò a temere che da un secondo all'altro la dea Afrodite gli si presentasse di persona, tanto per dargli un consiglio o prendersi gioco di lui, ma per fortuna non accadde. I Dei dell'Olimpo dovevano ancora avere parecchie cose da fare, sebbene la battaglia con Gea fosse finita da un pezzo.
Be', insomma, una settimana. Ma loro se la prendevano comoda.
Nico afferrò la sua spada e se la rigirò tra le mani. Un brivido gli corse lungo la spina dorsale. Aveva voglia di combattere, e anche la sua spada. Forse poteva far apparire qualche scheletro, così per allenamento, e subito la voce di Will iniziò a urlargli nelle orecchie.
«Niente roba dell'Oltretomba!»
Nico rise, riponendo la spada. Ormai i tre giorni di riposo erano finiti, ed erano stati raddoppiati. Poteva usare il suo potere dell'Oltretomba, ma al solo pensiero, la voce di Will gli risuonò nelle orecchie, cosa che lo fece ridere di nuovo.
Si voltò verso la porta, con messo sorriso sulle labbra. Mezz'ora prima, aveva avuto il tempo di entrare in bagno prima che il dottore gli bussasse alla porta per invitarlo alla festa del quindici agosto, cosa che poteva fare benissimo quella sera a cena. Ma non era riuscito ad aspettare.
Ora, il dottore non sembrava intenzionato a venire a bussare alla sua porta. Forse aveva qualcos'altro da fare. Ma in infermeria non era rimasto quasi nessuno a cui badare. Certo, c'era il figlio di Ares, ma Nico aveva intravisto un altro fratello di Will giocare con lui, quindi poteva raggiungerlo per...
Nico inspirò profondamente e si sedette di nuovo sul suo letto. I suoi pensieri confusi gli stavano facendo tornare il mal di testa. Recuperò il libro di Hunger Games e lo sfogliò, fino a soffermarsi al punto in cui si era fermato. Voltò una pagina, ed ebbe il tempo di leggere i primi due paragrafi, quando bussarono alla porta.
Quasi lasciò cadere il libro. Il cuore gli salì in gola, un battere frenetico che quasi copriva le farfalle vive nel suo stomaco. Corse alla porta e la spalancò, sapendo di incrociare gli occhi azzurri di Will.
Invece, per la seconda volta in una settimana, Nico rimase deluso nell'incrociare gli occhi chiari di Jason.

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Capitolo 22
*** 22. Nico ***


«Ciao.» lo salutò Jason, sorridendo, sistemandosi gli occhiali. «Come stai?»
«Non male.» ammise Nico, incrociando le braccia al petto.
Jason attese che il figlio di Ade aggiungesse qualcosa, poi chiese: «Stavi aspettando qualcuno?»
«No no...»
«Sicuro? Dal modo in cui hai aperto la porta, sembrava che tu...»
Nico alzò lo sguardo su Jason, che subito si zittì. «Non stavo aspettando nessuno.» mentì. «Stavo solo leggendo.»
«Aah, capisco.» sorrise Jason. «Allora arrivo subito al dunque, prima che tu possa uccidermi per aver interrotto la lettura.»
Nico sorrise leggermente.
«Vieni ad allenarti con me?» chiese Jason, grattandosi il mento. «Se non hai altro da fare.»
Nico spostò lo sguardo sulla sua spada nera. «D'accordo.» annuì.
Jason sorrise. Dalla sua espressione, Nico capì che si era aspettato una conversazione molto più lunga. Prese la sua spada, e Jason tossicchiò.
«È solo un allenamento.» spiegò il figlio di Giove, e Nico notò allibito che indossava la maglia arancione del Campo Mezzosangue. «Potremo utilizzare le spade da allenamento.»
Nico inarcò un sopracciglio. «Temi che ti uccida? Posso capirlo.»
«Non temo per la mia vita, ma per la tua.» rispose Jason, gli occhi luccicanti, un enorme sorriso sulle labbra.
Nico agitò la spada, noncurante. «Credi davvero di essere più bravo di me?»
«Senz'ombra di dubbio.»
«Fammi strada.»
Uscirono dalla cabina numero 13 e si avviarono verso il campo degli allenamenti. Nico lanciò una rapida occhiata verso la cabina di Apollo, con la vana speranza di vedere Will.
«Sono venuto a trovarti, tre giorni fa.» disse Jason, tirando fuori dalla tasca la moneta d'oro imperiale che racchiudeva la sua spada. «Ma stavi dormendo.»
«Sì, è una cosa che ho fatto spesso in questi giorni.» Nico si domandò perché Will non lo avesse informato della visita di Jason.
«Sai, si nota. Sei un po' più colorito in faccia.»
«È solo una tua impressione.»
Jason sorrise, la cicatrice vicino al labbro messa in mostra, e aggiunse: «Percy mi ha parlato di quello che gli hai detto.»
Nico sospirò. Doveva immaginarlo. «Quindi è di dominio pubblico?»
«No, non ti preoccupare. Me ne ha parlato Percy in privato, teme che tu possa, come dire, avere una cotta per me.»
«Non è così.» si affrettò a dirgli. «Con i ragazzi già impegnati ho chiuso.»
Jason rise. Erano già arrivati al campo. «Lo sai che con me puoi parlarne, vero?»
«Sì, certo, lo so. Ma la tua ragazza è una figlia di Afrodite, e in questo preciso momento non voglio avere consigli d'amore da una delle figlie della dea dell'amore.»
«Come preferisci... ma se hai bisogno di un amico, io sono qui.»
Jason fece saltare la moneta, che volò in aria e ricadde sotto forma di spada. Sul volto del figlio di Giove si dipinse un sorrisino.
«Sei ancora in tempo per rimangiare quello che mi hai detto.» gli disse.
Nico rise, sprezzante, impugnando la spada. «Mai.» disse.
Si fronteggiarono per qualche secondo, poi partirono all'attacco nello stesso momento.
I figli di Ares, che si allenavano lì affianco, abbassarono subito le armi e si avvicinarono sghignazzanti.
«Forza, di Angelo!» urlò uno di loro. «Fagli vedere quanto valgono i semidei greci!»
I suoi fratelli ridacchiarono.
Nico riuscì ad ignorare i tre figli di Ares, e poi il resto della piccola folla che si creò loro intorno. Riusciva solo a pensare di tenere duro e di non ricorrere all'aiuto degli zombie.
Lui e Jason si procurarono una ferita nello stesso istante. Due piccoli tagli, lucidi di sangue, entrambi sul braccio con il quale impugnavano la spada. Sui volti di entrambi si dipinse un sorrisino cattivo.
«Sei ancora in tempo a tirarti indietro.» esclamò Jason.
«Sei ancora in tempo a scappare da Piper.» ribatté Nico.
Ripresero a combattere. Il fatto che fosse solo un allenamento tra amici era già passato dalla mente di entrambi.
«Che succede?» domandò Percy, attirato dagli schiamazzi dei figli di Ares.
«Di Angelo e Jason combattono insieme.» lo aggiornò un ragazzo.
«Oh.» Percy fissò i due. Non vedeva l'ora di unirsi a loro. Portò le mani a coppa ai lati della bocca e gridò: «Il vincitore si batterà con me!»
«Non sei alla nostra altezza, Jackson!» gridò divertito Jason, osservando le ferite sul braccio. Di fronte a lui, Nico si toccò il taglio sulla guancia, sogghignando.
«Sono più forte di entrambi, Grace, e tu lo sai bene!» urlò di rimando Percy.
Il combattimento riprese, e finì dopo dieci minuti a causa di un figlio di Apollo che si intromise.
«Basta!» gridò Angel, furioso, occhieggiando i due compagni semidei. «Basta così!»
«Ma ci stavamo divertendo!» notò Jason.
«Siete coperti di sangue.»
Nico abbassò lo sguardo sulle braccia coperte, e notò che Angel aveva ragione. Jason gli aveva procurato almeno una decina di ferite leggere su entrambe le braccia, senza contare il taglio più grave sul volto.
Jason sospirò. «D'accordo, d'accordo.» disse, riponendo la spada. Nico fece lo stesso. «Andiamo in infermeria.»
«Chi ha vinto?» chiese un figlio di Ares dai capelli rosso fiammante.
Nico e Jason si sondarono con lo sguardo.
«Io direi chi ha meno ferite addosso.» sorrise Percy.
«Esatto!» esclamò Nico, cercando di contarle, ma c'era troppo sangue fresco.
«Lasciamo che Angel ci medichi e che decreti il vincitore.» disse Jason, e Nico annuì, seguendo il figlio di Apollo verso un luogo che, ormai, conosceva sin troppo bene.

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Capitolo 23
*** 23. Will ***


Helen gli tirò un calcio per averla trascinata nel bosco, e Will desiderò essere capace di prendere a calci anche se stesso. O Clarisse Le Rue. Se avesse avuto la forza necessaria per tirare calci alla figlia di Ares, sarebbe anche stato pronto per lasciare il Campo Mezzosangue e mettere tra lui e la ragazza figlia del dio della guerra migliaia di chilometri di distanza.
Helen lo abbandonò nel bel mezzo della strada verso l'infermeria. Will le gridò «Grazie per l'aiuto!» sebbene la sorella non aveva fatto altro che starsene lì affianco a lui, con gli occhi chiusi, e respirare velocemente come la Naiade per non svenire.
E mentre lui faceva il lavoro più duro - escludendo quello della partoriente - Clarisse teneva la mano della Naiade con un leggero sorrisino sul volto.
Si chiese perché Clarisse ce l'avesse con lui. Le aveva fatto qualcosa di male? Non riusciva a ricordarlo. Forse le erano giunte alle orecchie le conversazioni tra lui e i suoi fratelli. O forse non gli perdonava la vittoria della casa di Apollo del mese precedente. Certo, avevano tutti paura per i romani in avvicinamento che intendevano far guerra, e Gea intenta a risorgere. Ma una gara di carri era servita per allentare il più della tensione
Will entrò in infermeria con l'intenzione di stendersi su un lettino e di rimanervi fino alla fine del mese, ma il suo piano fu mandato in fumo non appena vide Nico di Angelo seduto su uno dei lettini, a torso nudo, e con il volto arrossato per l'imbarazzo.
È già il mio compleanno?, pensò tra sé Will, ma non riuscì lo stesso a sorridere.
«Ciao, Will.» lo salutò Angel. Will posò gli occhi su di lui, poi notò Jason Grace nel lettino vicino quello di Nico.
«Ciao.» salutò perplesso Will. «Cos'è successo qui?»
Angel scoccò ai due semidei un'occhiataccia.
«Eravamo al campo, ci stavamo allenando.» disse Jason. «E la situazione ci è un po' sfuggita di mano.»
Nico annuì, serio.
Angel rise, meravigliato. «Vi è un po' sfuggita di mano?» ripeté.
Il figlio di Giove fece spallucce e trovò molto interessante un piccolo buco nei suoi pantaloni.
Il figlio di Ade avvampò e tenne lo sguardo puntato sul pavimento.
«Cos'è successo?» chiese Will al fratello, avvicinandosi di qualche passo a Nico.
«Quando li ho visti, si stavano colpendo a morte.»
«Non esagerare!» esclamò Jason. «Non ci stavamo colpendo a morte!»
«Volevamo solo scoprire chi fosse il migliore con la spada tra noi.» ribatté Nico.
Will abbassò lo sguardo sulle braccia nude di Nico. I segni della battaglia con i licantropi ormai erano scomparsi, ma erano stati sostituiti da numerosi taglietti, alcuni ancora sanguinanti.
«La prossima volta, fate una gara di intelligenza.» disse Will, prendendo del disinfettante dal cassetto e lanciando un'occhiata ad Angel, impegnato a medicare il figlio di Giove. «Il risultato potrebbe sorprendervi.»
Angel iniziò a ridacchiare di gusto.
«Ehi, fratello.» aggiunse Will, tamponando la prima ferita. «Ricordi che Jason è fidanzato con una figlia di Afrodite, vero?»
«Piper Mclean?» annuì Angel. «Chi se la scorda?»
Jason alzò un sopracciglio.
Angel arrossì. «È una bella ragazza. Sei fortunato.» balbettò. Poi si voltò verso il fratello maggiore. «Comunque ho capito.»
Will sorrise tra sé e incrociò gli occhi di Nico per un secondo, prima di riprendere il lavoro.
Angel gli aveva posato vicino i cerotti con gli smile, e Will si divertì molto nell'ascoltare gli sbuffi infastiditi del figlio di Ade, che però non osò protestare nemmeno a mezza voce.
Quando ebbe finito, Will guardò la sua opera. Le braccia di Nico dedicavano degli enormi sorrisi a tutti coloro che vi posavano gli occhi sopra. Il volto di Nico no. Ma quelli erano piccoli dettagli.
«Okay, ecco fatto.» sorrise Will, scrutando Nico. «La ferita sulla guancia è profonda?»
«No.» Nico scosse la testa. Era stata l'unica che Angel gli aveva medicato prima di volare da Jason.
«Allora, Nico.» continuò a sorridere Will. «Ti senti in imbarazzo per questi cerotti?»
«Abbastanza, sì.» annuì Nico, con un sospiro.
«Ottimo. Ma sappi che il tuo amico Jason è messo peggio di te.»
Nico si voltò, e Will spostò lo sguardo anche lui sulle braccia di Jason. Aveva il volto arrossato mentre Angel finiva di applicarvi sopra l'ultimo cerotto di Hello Kitty.
Nico iniziò a tremare così tanto che Will pensò che stesse per avere un colpo apoplettico, ma si calmò quando sentì le risate del giovane moro. Will rise con lui.
Jason si limitò a fulminarli entrambi con lo sguardo, ignorando Angel che sogghignava.
«Spero che alla tua ragazza piacciano.» disse, dandogli un colpetto sul braccio. «Di solito li teniamo da parte per le figlie di Afrodite, ma loro non si fanno mai vedere da queste parti.»
«Capisco perché vi snobbano.» sbuffò Jason. Si infilò la maglietta arancione del Campo Mezzosangue e Will sgranò gli occhi, sorpreso. Non si era nemmeno accorto che era senza maglietta.
«Comunque...» aggiunge Jason, aggrottando la fronte, e osservando prima uno e poi l'altro figlio di Apollo. «Potete contarci le ferite?»
«Oh sì!» annuì Nico, continuando a ridere.
Perplesso, Will bloccò il braccio di Nico e iniziò a contare i cerotti sparsi per le braccia. «Tredici.» disse infine, lasciandogli il braccio.
«Undici.» disse Angel.
Nico smise di ridere e fissò Jason, che sorrise di gusto.
«Quindi ho vinto io!» esclamò.
«Le mie ferite sono state più gravi!» esclamò di rimando Nico.
«Non abbiamo deciso chi avesse le ferite più gravi, ma chi ne avesse di più! E io ho vinto! Rassegnati, Nico, sono più forte di te.»
Jason scese dal lettino con un enorme sorriso in volto, e Will rimase affascinato dalla cicatrice sul labbro del figlio di Giove.
«Come ti sei procurato quella?» domandò, ignorando il borbottio furioso di Nico.
«Oh.» Jason si sfiorò il labbro. «Quando ero piccolo, ho tentato di mangiare una pinzatrice.» confessò.
«Oh!» rise Will, divertito. «Anche mio fratello Jem ha fatto una cosa simile. Ha provato a mangiare un paio di forbici. Si è quasi tagliato la lingua...» Will aggrottò la fronte. «Ripensandoci, non è molto divertente.»
«Sul serio? Ti prego, questa sera a mensa indicamelo, devo assolutamente conoscerlo. Magari insieme potremo aprire un ristorante con piatti assolutamente taglienti.»
«Non è un semidio.»
Jason lo scrutò e Will distolse lo sguardo. Osservò Nico, che aveva appena trovato la sua maglietta - ovviamente nera, con un teschio sopra - che lo fissava a sua volta.
«Be', se non volete affittarvi un lettino, vi consiglio di andarvene!» si sforzò di sorridere Will, facendo loro cenno di uscire. «Angel? Posso parlarti?»
Il fratello annuì e lo seguì nella stanza adiacente. Will si voltò un'unica volta verso i lettini, e scoprì che i due semidei se n'erano andati.

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Capitolo 24
*** 24. Will ***


«Allora?» chiese Angel, scrutando il fratello. «Di cosa devi parlarmi?»
Will si riprese dal suo sogno ad occhi aperti e sussultò. «Cosa hai detto?» domandò, perplesso.
Angel lo studiò, e gli posò una mano sulla fronte. «Non sei caldo.» gli disse. «Quindi non fare il finto tonto. Che ti prende? Perché mi hai trascinato qui?»
Will si passò le dita tra i capelli. Stava ancora pensando a Nico di Angelo. Poi i pensieri sul figlio di Ade si allontanarono dalla sua mente e ricordò cos'era stato intenzionato a dire al fratello.
«Una Naiade ha appena partorito.» lo avvertì.
«Oh, wow.» rispose Angel. «Chi l'ha aiutata? Scommetto Clarisse, sembra attirare donne gravide. Pensi che Chris e lei abbiano intenzioni serie? Cioè, sono una bella coppia, e lui non fa altro che guardarla con occhi innamorati. Un po' come Tarzan e Jane, ma in questo caso Tarzan è Clarisse.»
Will sorrise. «Ti piace Clarisse La Rue?»
«Cosa? Ma sei pazzo? Le figlie di Ares sono troppo fuori dalla mia portata... E, comunque, anch'io sono caduto nel tranello di una figlia di Afrodite.»
Will si mordicchiò il labbro.
«Oh, ma stai tranquillo!» aggiunse in fretta Angel, notando la sua espressione. «Io non mi lascerò spezzare il cuore come è accaduto a te!»
Il volto di Will si rabbuiò.
«Oh, scusa!» aggiunse ancora Angel, paonazzo. «Non intendevo ferire i tuoi sentimenti! Quella Drew lo ha già fatto a sufficienza, e...»
«Angel Garner.» disse Will, alzando il tono di voce per coprire i tentativi del fratello di rimediare a quel che aveva detto. «Ti consiglio di prendere il resto della giornata di riposo.»
«Ma...»
«Se ti vedrò ancora, oggi, giuro che ti metterò in punizione fino a quando non tornerai a casa!»
Angel sussultò e scappò via dall'infermeria.
Will si sedette sul tavolo, massaggiandosi le tempie. Era stata una giornata lunga. E non aveva detto al fratello ciò che doveva dirgli riguardo la Naiade.
Cercò Derek, ancora impegnato a giocare a carte con Gabriel. No, ormai Derek stava costruendo un castello di carte da solo. Gabriel lo osservava con il volto corrucciato.
«Ehi, Derek.» disse Will, sedendosi ai piedi del letto di Gabriel. «Devo parlarti. Posso, ehm, rubarti cinque minuti dal tuo importante compito?»
«È la dodicesima volta che lo rifà.» disse Gabriel, trattenendo un sospiro. «Fai bene a distrarlo.»
Will tenne gli occhi puntati sul fratello, che non gli rivolse un'occhiata fino a quando non ebbe posata l'ultima carta.
«Oh, ciao Will.» lo salutò Derek. «Hai visto la mia opera d'arte?»
«Sì, ho visto.» Will si trattenne dal buttarla giù. «Ho bisogno che tu faccia una cosa per me.»
«Vuoi che vada a picchiare Angel da parte tua?» chiese Derek, serio. «Vi ho sentito parlare, un attimo fa.»
«Quando ha nominato Drew della casata di Afrodite...» mormorò Gabriel, interessato. «Si stava proprio riferendo a Drew Tanaka? Hai avuto una relazione con una figlia di Afrodite?»
Gli occhi azzurri si posarono freddamente su Gabriel. «Devo ricordarti che sono il tuo dottore, e che quindi posso sbagliare facilmente la dose delle tue medicine?» gli domandò, calmo.
«È una minaccia di morte?» disse Gabriel, sorridendo, poi il sorriso si spense guardando Derek. «Mi ha minacciato di morte?»
«Può darsi.» sorrise Derek. «A Will non piace ricordarsi della sua vecchia fiamma. Faresti meglio a schiacciare un pisolino, ora.»
«Voglio cambiare medico!» esclamò Gabriel, guardando timoroso Will. «E subito.»
«Mi dispiace, ma l'unico che può affibbiare medicine è Will Solace, il capo cabina della casa di Apollo, nonché medico ufficiale dell'infermeria, straordinariamente bello e bravo nella guarigione.» disse Derek, con tono pomposo.
Will gli tirò uno scherzoso pugno sulla spalla. «Smettila con le adulazioni! Mi fai arrossire!» scherzò.
Derek sorrise e gli diede una pacca sulla spalla. «Di cosa vuoi parlarmi?» domandò.
«Una Naiade ha appena partorito, con il mio aiuto.» disse Will, trattenendo un sospiro.
Derek sgranò gli occhi. «Ci sei cascato di nuovo?» gli chiese, comprensivo.
«Già.»
«Sogni una professione come ginecologo?» non riuscì a trattenersi dal chiedere Gabriel.
Derek trattenne una risata. Will spostò di nuovo lo sguardo glaciale su Gabriel, che si tappò la bocca e fece crollare il castello di Derek, solo per ricominciarlo lui stesso.
«Devi andare a controllare come sta la bambina.» continuò Will, decidendo che l'interruzione di Gabriel non fosse mai esistita. «Anche subito, se ci riesci. E se ti domandano di me, di' loro che sto dormendo, e che prima di cena passerò a dare una controllata alla mamma.»
Derek annuì. «Puoi contare su di me.»
«In quanto a te.» disse Will, voltandosi verso Gabriel, che sussultò. «Nomina ancora Drew Tanaka e troverò una scusa per amputarti una parte del corpo che ami alla follia.»
Gabriel deglutì a fatica.
Will si avviò verso la sua scrivania, seguito dal fratello.
«Dai, non è colpa sua.» notò Derek, prendendo un kit di soccorso per i neonati. «Lui è arrivato al Campo nemmeno un anno fa.»
«Derek, smettila di parlarne.»
Derek sospirò e uscì dall'infermeria.
Will si avviò verso la dispensa. Cercò qualcosa di commestibile, ma solo un pacchetto di patatine attirò la sua fame. Lo afferrò, e fu sul punto di aprirlo quando sentì qualcuno entrare in infermeria. Si sporse oltre il muro per guardare.
«Ciao.» lo salutò Nico, e Will si affrettò ad andargli contro. «Sono venuto a prendere la spada. Non so come ho fatto a dimenticarla.»
«Stavi battibeccando con Jason Grace.» gli ricordò Will, sforzandosi di sorridere. Ricordava ancora troppo bene l'abbraccio tra Nico e il figlio di Giove della settimana prima. Nonostante la sua decisione di essere impassibile, non era riuscito a fare a meno di utilizzare un tono aspro per obbligare il figlio di Ade a rimanere in infermeria tre giorni per riposo.
«Ah, giusto. Secondo me tuo fratello ha sbagliato a contare. Non è possibile che abbia vinto lui.»
Will fece una smorfia divertita. «Avrà tanti difetti, come non saper tenere la bocca chiusa al momento giusto, ma ti assicuro che sa contare. Comunque... la ferita alla guancia te l'ha medicata lui?»
Nico annuì. «Perché?»
«Si è aperta di nuovo. Posso guarirtela con un incantesimo, a meno che tu non voglia dare a Grace altri motivi di vittoria.»
Nico scosse la testa, e si strappò il cerotto dalla guancia. «Avanti, fallo in fretta.» gli disse.
Will annuì, e gli posò la mano sulla guancia. Gocce di sangue stavano già cercando di sfuggire via dal mento. Iniziò a mormorare l'incantesimo in greco, non riuscendo a fare a meno di guardare Nico di Angelo dritto negli occhi.
«Bene, hai finito?» gli chiese Nico, sforzandosi di sorridere, quando il figlio di Apollo ebbe smesso di parlare. «Ti ringrazio, ora...»
Will non gli lasciò il tempo di concludere la frase. Perché se glielo avesse lasciato fare, Nico sarebbe sparito di nuovo, e lui avrebbe trattenuto in sé quello che le sue labbra ardevano di fare.
Si chinò sul figlio di Ade e lo baciò. A contatto con le labbra fredde del ragazzo, Will sentì un gran calore esplodergli nel petto. Gli posò le mani sulle spalle, continuando a baciarlo fino quando non percepì qualcosa di freddo e pungente sul fianco.
Will lasciò andare il ragazzo e notò la spada di ferro dello Stige sguainata, la punta rosso sangue, e la piccola ferita che faceva capolino dallo squarcio della maglietta.
«Hai tentato di pugnalarmi?» notò Will, sorpreso. Non ebbe il tempo di alzare lo sguardo che Nico di Angelo gli tirò un destro degno di un pugile dritto alla mascella, facendolo arretrare e scivolare.
«Osa farlo un'altra volta e ti giuro che sarà l'ultima!» urlò Nico di Angelo, le guance paonazze, e scappò via dall'infermeria senza voltarsi indietro.
Will, intontito, si alzò la maglietta di qualche centimetro e osservò la lieve ferita. La curò, senza lasciarne il segno della cicatrice.
Okay, forse non era stato il bacio subacqueo migliore del mondo, come quello tra Percy Jackson e Annabeth Chase, o il romantico bacio sotto le stelle tra Jason Grace e Piper McLean, ma era sempre un bacio degno di nota. In quanti potevano affermare di essere stati quasi pugnalati?
Lo squarcio sulla maglietta era irreparabile, ma Will decise di tenerla lo stesso per ricordarsi di quel giorno. Sebbene il sangue sulle dita, non era stata una giornata tanto diversa dal solito. Eccezion fatta per il bacio.
«Mi dispiace.»
Will sussultò e alzò lo sguardo.
«Ti giuro che non ho visto niente.»
Will inspirò lentamente.
«Cioè, sì, qualcosa l'ho visto, ma ti giuro che non racconterò niente a nessuno!»
Will scoprì di non aver mai desiderato così tanto di picchiare uno dei suoi fratelli.
«Ti ho detto di sparire nella tua cabina, Angel!» urlò Will, balzando in piedi. «E se oserai aprire la bocca, giuro che ti taglierò la lingua!»
Angel scappò via dall'infermeria, spaventato.

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Capitolo 25
*** 25. Nico ***


Jason lo stava aspettando alla postazione di tiro con l'arco. Avevano deciso di intraprendere un diverso tipo di gara, da concludere solo se si fossero mirati in testa con le frecce acuminate.
Ma Nico non si diresse alla postazione di tiro con l'arco. Non riusciva a togliere gli occhi dalla punta insanguinata della sua spada, e non poteva fare altro che pensare a Will Solace e a quanto fosse appena successo.
Davvero aveva tentato di ucciderlo?
«Ehi, Nico, da questa parte!»
Nico ignorò completamente Jason Grace che gli stava facendo dei segni dalla postazione di tiro con l'arco, e proseguì dritto verso la sua cabina. Una volta spalancata la porta, andò a sedersi sul letto, la spada posata sulle ginocchia.
Le labbra di Will erano calde, e Nico le sentiva ancora sulle sue. Perché dovevano anche essere così morbide? Perché Will Solace lo aveva fatto? Voleva prenderlo in giro? O semplicemente quello che pensava di provare per il figlio di Apollo era un sentimento ricambiato?
Ma ancora Nico non riusciva a capire cosa provasse per il biondino. Era veramente amore? Be', dal modo in cui si agitavano le farfalle scheletrico nel suo stomaco, e il modo in cui il cuore gli faceva male da quanto batteva, presunse che sì, si trattava di amore. E aveva colpito proprio lui e Will Solace.
Si portò le mani tra i capelli. Cercò di ricordarsi quando avesse visto Will Solace per la prima volta, ma non riusciva. Forse nei suoi primi giorni al Campo. Will aveva quattro perle legate al laccio di cuoio, quindi quando Nico era giunto lì insieme alla sorella, Will doveva essere stato presente. Anche se la prima sera non aveva incontrato nessuno fuori dal Signor D e Chirone.
Avevano anche giocato insieme nella stressa squadra, quella prima volta, contro le Cacciatrici di Artemide.
Niente, non ricordava come avesse conosciuto Will Solace. Infondo, quando era arrivato al Campo, Nico aveva solo dieci anni ed era eccitato all'idea di essere un semidio, sentimento in contrasto con la paura per la lontananza di Bianca. La sorella non lo aveva mai abbandonato, prima di unirsi alle Cacciatrici di Artemide e poi morire durante l'impresa.
Gli tornarono alla mente i suoi incontri successivi con il figlio di Apollo. Lo aveva incrociato decine e decine di volte quell'anno, quando tornava al Campo per parlare con Annabeth di Percy. Non gli aveva mai dato importanza. A lui non importava affatto di nessun semidio che incrociava la sua strada. Voleva solo aiutare la sua amica Annabeth, e cercare di non farla preoccupare più del dovuto, soprattutto quando aveva incontrato Percy Jackson nel campo romano.
Nico tornò a concentrarsi sul problema primario. Il bacio. Will lo aveva baciato. Si sentì arrossire a quell'osservazione. il suo primo bacio... e lo aveva risolto con un gancio destro e una ferita superficiale al fianco. Ferita che sarebbe stata di sicuro più grave se Will non se ne forse accorto.
Era stata la sorpresa a farlo reagire in quel modo. La sorpresa, la fitta che gli aveva attraversato lo stomaco, la paura.
La sorpresa aveva un senso. Non si era aspettato che Will lo baciasse. Probabilmente nessuno se lo sarebbe aspettato. Soprattutto in un luogo pubblico come l'infermeria, con l'odore del disinfettante che aleggia nell'aria, le dita di Will sporche del suo sangue dopo avergli guarito la ferita alla guancia.
E dall'espressione che aveva Will un secondo prima di chinarsi su di lui, Nico capì che il biondo non lo aveva premeditato. Se lo avesse fatto, era probabile che non si fosse aspettato un colpo al fianco, visto il suo sguardo stupito.
E la fitta allo stomaco? A cos'era collegata? Ormai Nico non poteva più ingannare sé stesso: aveva una cotta per Will Solace. Quindi... Forse... La fitta era stata provocata dal piacere del momento, un piacere durato meno di un attimo, un piacere a cui aveva messo fine lui stesso nel peggiore dei modi.
Grazie al pugno e la sua spada, Nico fu sicuro che Will non lo avrebbe più cercato, né quella sera per andare a cena, né mai più. Aveva bruciato ogni più piccola possibilità di stare con il figlio di Apollo come amico, e aveva demolito le fondamenta per costruire qualcosa di più solido.
Ora Nico poté comprendere da cosa derivasse la paura. Ormai non aveva più paura dei suoi sentimenti, aveva accettato la sua omosessualità quando era andato sicuro di sé da Percy Jackson una settimana prima. Non aveva paura che nel Campo corresse voce del suo orientamento sessuale. Non aveva più paura di sentirsi tagliato fuori dal mondo, dai suoi coetanei, dagli altri semidei. Perché ci sarebbe sempre stato qualcuno dalla sua morte, come Jason, Piper, sua sorella Hazel, Frank, Annabeth e di sicuro Percy. Ormai li aveva, degli amici, e non gli avrebbero voltato le spalle. Durante il viaggio sulla nave con i Sette della Profezia, ma anche durante il viaggio con il Coach Hedge e Reyna, Nico aveva compreso appieno il valore dell'amicizia. Anche se non si era aspettato, un giorno, di poterne fare parte.
Aveva solo paura di non poter più considerare Will Solace come un amico. E pensare a questo gli tolse il fiato. Dopo la morte di Ottaviano, Nico aveva pensato che Will ce l'avesse con lui, che non volesse più rivolgergli la parola, che lo considerava un mostro per aver lasciato il romano morire. Ma Will lo aveva sorpreso.
Forse poteva sperare che Will lo sorprendesse anche in quell'occasione. Forse poteva sperare che Will lo avrebbe perdonato sia per il pugno che per la ferita. Forse poteva sperare che...
Nico si accigliò. Lui aveva solo reagito in modo estremo ad un bacio del tutto inaspettato. Di sicuro non era il primo che reagiva in quel modo. Be', forse sì, non era sicuro che tutte i ragazzi del mondo andassero in giro con delle spade o dei pugnali pronti a ferire il primo che avesse osato baciarli.
Era stato Will a baciarlo, e Nico si sforzò di non dimenticarlo. Era stato Will ad avvicinarsi il volto al suo, a premergli le labbra morbide sulle sue, a baciarlo a suo rischio e pericolo. Era stato Will a guardarlo in quello strano modo prima di chinarsi. Quindi, si poteva presumere che Will Solace provasse qualcosa nei suoi confronti, sebbene questo potesse sembrargli ancora più strano di tutto il resto. Chi mai poteva provare interesse per un figlio di Ade?

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Capitolo 26
*** 26. Nico ***


Nico alzò gli occhi sulla porta della sua cabina, in tempo per vederla spalancarsi. Jason si sistemò gli occhiali, e si richiuse la porta alle spalle.
 «Scusa il modo brusco, ma credevo tu avessi chiuso a chiave.» si scusò il figlio di Giove, incrociando le braccia al petto.
 «Avrei dovuto, sì.» borbottò Nico.
 Jason sorrise leggermente. «Allora? Perché sei qui? Ti sei per caso stufato di combattere contro di me? O hai capito che perderai in qualsiasi combattimento tu mi sfida?»
 Nico inspirò. «Primo, sono più che sicuro che il figlio di Apollo che ti ha contato le ferite si sia sbagliato.» disse Nico. «Secondo, dacci un taglio con quest’aria di superiorità, perché sono convinto che tu non abbia grandi chance con il tiro con l’arco.»
 «Giusta osservazione.» annuì Jason. «Sono una schiappa. Ma devi esserlo anche tu.»
 «Probabile.»
 «Che ti prende, Nico?» aggiunse il biondo, togliendosi gli occhiali e pulendosi sul bordo della maglietta. «Prima ti ho chiamato, e mi hai ignorato alla grande. Ho fatto qualcosa?»
 «No.»
 «Hai fatto qualcosa?»
 «No.»
 «Allora? Cos’è successo? Hai una faccia strana…»
 Nico sospirò, tuffando il volto tra le mani. Attese cinque secondi prima di alzare gli occhi su Jason, che lo guardava preoccupato. Di lui poteva fidarsi. Forse non solo di lui, ma lui doveva essere il primo.
 «Ecco…» mormorò Nico, passandosi le dita tremanti tra i capelli, e gettando un’occhiata alla porta. «Will mi ha baciato.»
 Jason sgranò gli occhi, poi spalancò la bocca per la sorpresa. «Cosa?» esclamò. E subito dopo: «Will chi?»
 «Solace. Will Solace.»
 «Oh!» Jason lo guardò stupefatto. «Il dottore? Il figlio di Apollo? Quello antipatico?»
 «Non è antipatico!» scattò Nico, arrossendo. «È simpatico.»
 «Ma è brutto.»
 «No, non lo è! È… lo stai facendo apposta?»
 Jason iniziò a ridacchiare. «Sì, non ho potuto farne a meno.»
 Nico tuffò di nuovo il volto tra le mani. Sentiva le guance in fiamme. Forse aveva fatto male a dare a Jason tutta quella fiducia.
 «Amico…» disse il figlio di Giove, guardingo, sedendosi sul letto affianco a lui e dandogli una pacca sulla schiena. «Qual è il problema?»
 Nico lo mugugnò tra le mani.
 «È diverso da Percy, non c’è che dire.» continuò Jason, pensieroso. «Ora capisco cosa significa quando gli hai detto che non è il tuo tipo. Preferisci i dottori, eh?»
 Nico fece capolino e Jason sorrise dolcemente. Vedere il figlio di Ade con le guance rosse, i capelli scompigliati, e gli occhi che mandavano strani lampi era sensazionale. Non aveva mai pensato di poterlo vedere in quello stato.
 «Cosa hai fatto dopo che vi siete baciati?» chiese Jason.
 Nico avvampò ancora di più. «Gli ho tirato un pugno.» borbottò.
 «Oh!» Jason si mordicchiò il labbro. «Capisco. Be’, ti ha colto impreparato…»
 «L’ho anche ferito con la spada…»
 «…ed è fortunato ad essere ancora in vita! Lo hai ucciso?»
 «No.»
 «Ottimo. Che intendi fare?»
 «Non lo so. È tutto… è tutto così nuovo.»
 Alzò gli occhi su Jason, che annuì lentamente.
 «Capisco. Dovresti andare da lui e scusarti, prima che muoia dissanguato.»
 Nico gli scoccò un’occhiataccia.
 «Scusa, ora sarò serio. Devi chiedergli scusa. Infondo non ha fatto nulla di male… Però, lui ti piace, Nico? Perché se ti ha baciato, e non ti ha denunciato a Chirone, deduco che a lui piaci parecchio.»
 «Non lo so.» sussurrò Nico, chiedendosi perché dovesse sentirsi la mente così affollata di sentimenti. «Non riesco a capirlo.»
 «Secondo me hai già la risposta.»
 «Forse.»
 Jason sorrise. «E riesco benissimo a leggertela in faccia.»
 Nico borbottò tra sé. 
 «Vuoi che chiami Piper?»
 «No, credo di farcela anche da solo.»
 «Vuoi man forte quando vai a parlare con lui? Se ti trovi in difficoltà, posso trattenerlo.»
 «No. Sono abbastanza grande per andare da lui e affrontarlo…»
 «Lascia la spada a casa, però. In modo da non cadere in tentazione.»
 
 Quando Jason lo lasciò solo, Nico si coricò sul letto, gli occhi puntati sul soffitto. La conversazione con Jason aveva innescato in lui una serie di sentimenti contrastanti, tra i quali tagliargli la testa per zittirlo ma non voler che Piper soffrisse.
 Doveva tornare in infermeria e parlare con Will. Chiedergli scusa per l’occhio nero. Per la ferita al fianco. Per il modo in cui aveva reagito. E dirgli anche che… che non era interessato a… a quel genere di…
 Nico rotolò sul letto e premette la faccia sul cuscino. Le guance gli andavano ancora a fuoco. Doveva solo chiedere scusa per averlo aggredito, e aspettare che fosse l’altro a nominare il bacio. Perché era sicuro di arrossire e perdere credibilità mentre parlava con l’altro.
 Ma se… se…
 Nico chiuse gli occhi, e vide davanti a se il volto solare e sorridente di Will. Il cuore aumentò i battiti. Era attratto da lui, su questo non c’erano dubbi. Ma era un figlio di Ade, l’altro un figlio di Apollo…
 Nico si infilò la sua giacca da aviatore e uscì dalla cabina prima che altri pensieri tornassero ad invadere la sua testa. La sentiva pesante, e dolorante, e desiderò tornare in infermeria e chiedere qualcosa contro il mal di testa, ma se voleva liberare i pensieri entrare in infermeria e parlare con Will era l’ultima cosa che doveva fare.
 «Ciao, Nico!»
 Lui sussultò e si voltò sorpreso. Chi mai poteva utilizzare tanta gioia per chiamarlo? Prima di poter mettere a fuoco il volto da satiro del Coach Hedge, si ritrovò stretto tra le sue braccia per non più di tre secondi.
 «Coach.» lo chiamò Nico. «Coach…»
 Il satiro fece un passo indietro, lo studiò a lungo e gli sorrise, posandogli una mano tra i capelli. «Mi è stato detto che ti trovavi in infermeria. Hai ripreso le forze? Vuoi andare ad uccidere qualcuno?»
 «Per il momento passo.» lo ringraziò Nico. Si sentiva strano. Il Coach lo aveva abbracciato, e non gli era venuta voglia di picchiarlo e allontanarlo alla svelta. Qualcosa in lui stava veramente cambiando.
 Coach Hedge alzò le spalle. «Se vuoi andare ad uccidere qualcuno, hai solo da chiedere. Comunque, vieni a vedere Chuck!»
 Nico cercò in fretta qualche scusa da affibbiargli, ma i pensieri su Will erano troppo insistenti, e prima di rendersene conto, si ritrovò a tenere in braccio il piccolo Chuck. I grandi occhi scuri del satiro erano identici a quelli del padre.
 «Ehm…» balbettò Nico. Sentì le braccia molli, e credette che il bambino potesse cadergli da un momento all’altro.
 «Ti va di giocare un po’ con lui?» chiese il Coach Hedge, aggiungendo subito: «Sì? Grazie. Vado a fare una passeggiata, torno subito!»
 Nico non ebbe il tempo di reagire, e quando si voltò il satiro era già scomparso. Nico si ritrovò a chiedersi quanto fosse saggio lasciare un bambino così piccolo nelle sue mani. I pensieri su Will furono sostituiti da campanelli di allarmi per ogni gesto considerato pericoloso nei confronti del piccolo, e si rese conto che fare da baby-sitter era molto più stancante di un combattimento con Jason.

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Capitolo 27
*** 27. Will ***


Dopo l'uscita dall'infermeria di Gabriel Hawthorne, Will si ritrovò senza pazienti gravi, e decise di concedersi quella piccola vacanza che bramava da tanto tempo.
«Austin.» chiamò Will, uscendo dall'infermeria. «Che ne pensi di un pomeriggio con il tuo fratellone preferito?»
Austin aggrottò la fronte. «Derek mi ha detto che oggi è impegnato...» mormorò il ragazzo, sorridendo.
Will gli tirò un gioco pugno sul braccio. «Dai. Andiamo in spiaggia, prendiamo un po' di sole, facciamo un bagno... Prima che qualcun altro si ferisca.»
«D'accordo. Però... mmh... non dovresti andare a parlare con il figlio di Ade? Quanto tempo è passato, ormai? Tre giorni?»
Will arrossì e distolse lo sguardo, puntandolo verso la cabina numero 13 in lontananza. Sì, erano passati tre giorni da quando aveva baciato Nico, e da allora non aveva avuto più la forza di parlargli. Ma si erano incrociati raramente, in quei giorni. Lui era rimasto in infermeria a studiare, e da quanto gli raccontò Angel, Nico si era dato da fare per restaurare la sua cabina.
Angel aveva mantenuto la parola, non aveva raccontato a nessuno di averlo visto baciare il figlio di Ade. Ma Will non si era trattenuto a parlarne con Austin. Sebbene volesse bene a tutti i suoi fratelli, Austin era di sicuro il suo preferito, perché sapeva farsi gli affari suoi, tenere la bocca chiusa al momento opportuno. Si confidavano segreti da più di tre anni.
«Mmh... lui ha molto da fare.» si decise a dire Will, lanciando una rapida occhiata al fratello, che sospirò. «Non ha tempo per parlare con me.»
«Ti ricordi ciò che è successo alla fine della guerra, dieci giorni fa?» gli chiese Austin. «Hai passato quasi tutto il tuo poco tempo libero a lamentarti del fatto che Nico non veniva mai a farti un saluto, sebbene lo sapesse dove ti trovavi. Ora mi sembra che tu gli stia restituendo il favore.»
«Mi ha tirato un pugno!» esclamò Will, con amarezza. «E mi ha fatto male!»
«Hai quasi diciotto anni, Will. Davvero vuoi continuare ad insistere che un ragazzino più piccolo di te ti abbia fatto male colpendoti al volto? Per gli Dei, non sembri per niente un figlio di Apollo...»
Will sbuffò, infastidito, incrociando le braccia al petto e affilando lo sguardo. «Ti ho fatto una domanda semplice, Austin.» gli disse. «Ti va o no di venire in spiaggia con me?»
«Verrò volentieri.» si decise a rispondere Austin.
Si avviarono verso la loro cabina, e Will notò subito Nico di Angelo fuori dalla sua cabina che indicava ad un figlio di Ares una porzione del tetto. Guardò il figlio di Ares arrampicarsi sul tetto, subito seguito da Nico.
«Potresti andare a dargli una mano, piuttosto che prenderti il sole.» borbottò Austin.
«Stai zitto.» ringhiò Will.
«Will Solace!»
Lui sussultò e si voltò a guardare spaventato Clarisse Le Rue in avvicinamento. Se fosse stato più basso, si sarebbe senz'altro nascosto dietro al fratello.
«Ehm, ciao!» la salutò Will, lanciando una rapida occhiata a Nico, che aveva alzato lo sguardo verso di loro. «Hai, ehm, altri neonati da far nascere?»
Austin ridacchiò.
«No. Ti sta cercando Chirone.» rispose la figlia di Ares. «Sembrava una cosa urgente.»
«È alla Casa Grande?» si incuriosì Will. Tempo addietro, Chirone lo aveva chiamato per chiedergli di aiutarlo in una faccenda molto intima, ovvero aiutarlo a togliergli un ferro dallo zoccolo. Will non aveva dovuto promettergli di mantenere il segreto.
«Sì. Ti conviene muoverti.»
Will si voltò verso Austin. «Mi aspetti in spiaggia?»
«No, a questo punto mi stendo qui nel prato.» rispose Austin, entrando in casa. Will si affrettò nella direzione della Casa Grande, tenendo lo sguardo abbassato e pensieroso. Cosa poteva volere da lui Chirone? Un altro cambio di ferro?
In pochi minuti, si ritrovò sulla veranda della Casa Grande. Il signor D stava facendo dei cruciverba.
«Wilbur Sparks.» disse il signor D, e Will ebbe l'orribile sensazione che stesse parlando con lui. «Chirone ti aspetta dentro. Entra pure.»
«D'accordo.» Will lo guardò dubbioso. «Sono Will Solace.»
«Wilbur, Will, fa lo stesso.» scrollò le spalle il dio.
Will sospirò ed entrò in casa.
Individuò subito Chirone sulla sedia a rotelle, che gli fece un cenno di saluto.
«Ciao, Will.» disse Chirone.
«Salve, Chirone.» salutò di rimando Will. «Mi voleva parlare?»
«Sì, vieni nel mio ufficio.»
Will lo seguì, chiedendosi cosa avesse fatto di sbagliato. Forse era venuto a conoscenza del suo bacio con Nico... Will si sentì prendere dal panico. Forse Nico aveva fatto la spia, e Chirone intendeva punirlo.
Quando entrarono nell'ufficio, Chirone si voltò a guardarlo. «Poco fa ha chiamato tua madre.» lo avvertì.
Will appoggiò una mano sulla parete, per tenersi in equilibrio. «E allora?» domandò, sforzandosi di non sembrare turbato. Sua madre non lo chiamava mai. E non sembrava né felice né sorpresa quando Will si concedeva di tornare a casa, almeno una volta all'anno.
Chirone lo studiò. «Hai impegni, per domani?»
«No, mi sembra di no.» Will aggrottò la fronte. «Perché? Cosa le ha detto?»
«Mi ha detto... che tuo fratello Gideon si sposa. E che ti vorrebbe al suo matrimonio.»
Will spalancò la bocca per la sorpresa. «G-Gideon si sposa?» ripeté. «Gideon? Ma com'è possibile?! L'ultima volta che sono tornato a casa è stato ad aprile, e lui non era nemmeno fidanzato
Chirone si strinse nelle spalle. «Mi è stato detto così. Vuoi richiamarla?»
Will si mordicchiò il labbro e annuì. Chirone lo lasciò da solo, e Will compose in fretta il numero di casa.
«Pronto?»
«Ehi, ciao, Thomas. Sono Will.»
«Will!» esclamò suo fratello minore. «Ciao! Come stai?»
«Sto bene, le cose qui sono come al solito...» Will non aveva informato la sua famiglia dell'imminente guerra contro Gea, perché non voleva spaventarli. E non era un granché nei saluti di addio. «Cos'è questa storia di Gideon che si sposa?»
Thomas rise. «Ha conosciuto una ragazza, due mesi fa. Lui dichiara che è amore a prima vista.»
«E la mamma... ehm, glielo permette?»
«Secondo la mamma è abbastanza grande per commettere i suoi sbagli... comunque verrai? Il matrimonio è domani.»
«Io... io credo di sì.» annuì Will.
«Non devi uccidere nessuno zombie?»
«Thomas, ti ho già spiegato che qui non uccido zombie...»
«Sai come la penso.»
Will sospirò. Thomas non lo considerava un semidio, ma un cacciatore di zombie in incognito. Per lui, di età quindici, era più probabile l'esistenza dei cacciatori di zombi che la possibilità degli Dei di scendere in terra e avere relazioni con gli esseri umani.
«Se parto tra un'ora, sarò a casa stasera.» disse Will, guardando l'orologio.
«Passo a prenderti in stazione?»
«No, credo.. che mi farò dare un passaggio fin sotto casa. Ci vediamo stasera.»
«Okay, buon viaggio!»
Will lo salutò e riattaccò il telefono. Quindi suo fratello Gideon era veramente in procinto di sposarsi... Se lui, strambo com'era, era riuscito a trovare la sua anima gemella, cosa impediva Will di andare subito da Nico e confessargli apertamente i suoi sentimenti?

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Capitolo 28
*** 28. Will ***


Si limitò a infilare nella valigia solo un paio di magliette del Campo, un libro da leggere durante il viaggio, e una foto di Tyson, il fratello di Percy Jackson, da mostrare a Thomas per confermare l'esistenza dei ciclopi.
«E così ci abbandoni per la tua altra famiglia, eh?» lo rimbeccò Derek, divertito, osservandolo.
«Lo sapete che preferisco tutti voi.» sorrise Will.
«Perché siamo più simpatici?» chiese Tobias, ridendo.
«O perché siamo tutti intelligenti?» chiese Austin, con una smorfia.
«O esperti di musica?» aggiunse Helen, adocchiando Angel.
«Perché siete più abbronzati.» rispose Will, serio, e tutti scoppiarono a ridere.
«Mi raccomando, fai gli auguri a tuo fratello da parte nostra.» disse Rose, dandogli una pacca sulla spalla.
«Puoi contarci.» Will chiuse la sua valigia e posò lo sguardo su Angel. Si teneva in disparte, lo sguardo basso, le guance paonazze. Will si avvicinò a lui e lo strinse in un breve abbraccio, abbastanza breve per sussurrargli: «Bocca chiusa.»
Angel annuì frenetico.
Will sciolse l'abbraccio e si voltò verso Austin. «Affido a te e a Derek l'infermeria.» disse. «E vi chiedo di non uccidere nessuno dei vostri futuri pazienti.»
Austin gonfiò il petto, sorridendo. «Puoi contare su di me.»
«Ahi.» sospirò Tobias. «Prevedo una strage.»
«Tornerò tra due giorni.» aggiunse Will. «Limitatevi a poche morti, d'accordo?»
I fratelli annuirono, e uno dopo l'altro lo abbracciarono. E visto che erano parecchi, Will impiegò più di un quarto d'ora a lasciare la sua cabina. Mentre preparava la valigia, aveva spiegato ad Austin quello che lui e Derek i loro impegni con la Naiade e la piccola bimba, e sperò di non aver tralasciato niente. In caso di qualcosa, potevano sempre chiamarlo al numero di casa.
Argo lo aspettava nei pressi del cancello, vicino al Suv. Chirone gli aveva chiesto di accompagnarlo in città, e sfoggiava di nuovo il suo completo da autista, sebbene il caldo soffocante.
«Ehi, tu!»
Will si fermò, accorgendosi solo in quel momento che portava ai piedi un paio di infradito arancioni. Sperò che nessuno in città gli desse molta importanza.
Nico si avvicinò in fretta a Will, che rimase in attesa, il cuore in gola. Il figlio di Ade non aveva più cicatrici sulle braccia. I giorni di riposo in infermeria avevano aiutato il suo corpo a generasi più in fretta. Però era sicuro che sfidava ancora Jason a duello.
«Ciao.» lo salutò Will.
«Dove credi di andare?» lo aggredì Nico.
«Oh. Devo tornare in città. Da mia madre. Mio fratello maggiore si sposa.»
Nico lo squadrò. «Hai un fratello maggiore?»
«In realtà...» Will si passò le dita tra i capelli, in imbarazzo. «In realtà ho cinque fratelli. Tutti maschi.»
Il ragazzo moro sgranò gli occhi. Will notò una chiazza di vernice azzurra sulla maglietta.
«Quindi torni presto?» chiese ancora Nico.
«Sì. Due giorni al massimo. Perché? Volevi una mano con la cabina?»
«No. Credo che io e te... be', dobbiamo parlare.»
Will arrossì leggermente, e Nico divenne paonazzo. Il figlio di Apollo capì subito di cosa volesse parlargli. Annuì.
«D'accordo. Allora... ci vediamo tra due giorni. E parleremo.»
Nico annuì.
Will fu tentato di allungargli un altro bacio prima di voltarsi a raggiungere Argo, ma Nico sembrò quasi leggergli nel pensiero. Fece un passo avanti, e Will si immaginò le labbra fredde del figlio di Ade sulle sue.
«Ci vediamo.» gli disse Nico, abbastanza vicino per far percepire a Will il suo respiro sul viso. Poi il ragazzo gli diede le spalle e si allontanò senza dire un'altra parola.
Il viaggio con Argo fu lungo, e silenzioso. Argo non parlava mai con nessuno, e Will in quel momento gliene fu grato. Aveva abbastanza problemi a cui pensare senza chiacchiere ad invadergli i pensieri.
Si sbagliava di grosso, o Nico era stato sul punto di baciarlo per poi cambiare idea alla velocità della luce? Nico voleva parlare con lui dell'altro bacio, e forse chiedergli scusa per l'occhio nero, che Austin gli aveva fatto sparire in meno di dieci secondi.
Se non avesse avuto tutta quella fretta di partire, Will era sicuro che Nico lo avrebbe baciato. Non c'era alcun dubbio al riguardo.
Era così preso dai suoi mille pensieri, che non si accorse che Argo si era fermato.
«C'è qualche problema?» domandò Will, e Argo gli fece cenno di scendere. Will lanciò un'occhiata fuori dal finestrino... e sì, erano arrivati. Lo ringraziò e scese in fretta dalla macchina, avviandosi alla fermata del pullman.
«Sei stato in spiaggia?» gli domandò l'autista del pullman, mentre Will si affrettava a cercare le banconote in tasca.
«Come? Oh, sì...» annuì Will. Gli lasciò tre dollari e andò a sedersi vicino ad uno dei finestrini.
Il successivo viaggio fino alla fermata più vicina a casa durò solo una decina di minuti. Will scese bofonchiando un saluto all'autista, e non appena mise piede a terra si sentì sollevare.
«Willy!» urlò una voce, e Will si ritrovò a lanciare un grido di sorpresa. «Quanto tempo, fratellino!»
«Jem!» strillò di rimando Will. «Mettimi giù!»
Sghignazzando, il suo fratello numero tre lo lasciò andare, e il pullman alle sue spalle partì. Will notò di aver fatto cadere la valigia, ma Thomas l'aveva già presa.
«Siete venuti a prendermi?» notò Will, sorpreso.
Jem annuì. «Certo. Non potevamo lasciare che un cacciatore di zombie come te si confondesse con la gente comune.»
Will roteò gli occhi al cielo. Era già sera. Non si era accorto del tempo passato.
Thomas lo spinse nell'auto e Will salutò un altro dei suoi fratelli, Alec. Com'era da aspettarsi, Alec non fu per niente felice di vederlo. Lo salutò freddamente, e attese che Jem salisse dopo di lui.
«Allora? Cosa è accaduto di interessante al Campo Mezzosangue?» domandò Jem, interessato. Lui e Alec erano gemelli, ma erano ormai diversi anni che entrambi cercavano di distinguersi. Alec per i capelli lunghi, Jem per i piercing alle orecchie, al sopracciglio e alla lingua. Quello al labbro lo aveva abbandonato da qualche mese.
Will pensò allo scontro con i romani, Gea che intendeva uccidere tutti e tutto, il fatto che aveva rischiato la vita diverse volte...
«Nulla.» disse Will, scrollando le spalle. «Nulla di interessante. Voi, invece? Qualcosa di interessante?»
«Alec ed io abbiamo preso in affitto un appartamento.» gongolò Jem, scostandosi dal sedile solo per scompigliare i capelli del fratello, che si lamentò infastidito. «E Thomas e Danny si sono divisi la nostra camera.»
«Finalmente.» aggiunse Thomas, sbadigliando. «Potrete continuare a pensarla diversamente, ma Danny russa.»
Will sorrise divertito.
«Ma fino al week-end resteremo tutti a casa di mamma.» aggiunge Jem, afferrando la valigia del fratello e aprendola. «Hai portato dei souvenir?»
«Solo perché me lo ha chiesto Danny.»
Jem osservò la maglietta, e sospirò. «Non è il mio colore.»
«Si intona ai tuoi capelli.» gli fece notare Thomas, e Will sussultò nel notare che uno dei gemelli si era tinto i capelli di arancione.
«Ma... perché..?» balbettò Will, e Jem rise.
«Non fare domande, fratellino. Comunque, per tua informazione, la ragazza di Gideon si chiama Janet. Si sono conosciuti sei mesi fa, e non due, come ti ha detto Thomas al telefono. Questo è tutto quello che devi sapere.»
Will annuì, confuso.
Quando Alec parcheggiò la macchina, Jem, Will e Thomas uscirono tutti e tre insieme. Will guadò Villa Solace: non era minimamente cambiata. Forse solo l'erba del prato era un po' cresciuta.
«Ah!» esclamò Thomas, afferrandogli la valigia e aprendo il cancello di casa. «Gideon vuole che sia tu a suonare qualcosa durante il ricevimento. Non ti dispiace, vero? Insomma, sei figlio del dio della musica!»
«Io... Io vedrò cosa posso fare.» annuì Will, imbarazzato. Un minuto dopo, erano tutti e quattro in casa.

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Capitolo 29
*** 29. Nico ***


Nico non si era aspettato tutti quei semidei venire in suo soccorso. Inizialmente aveva chiesto aiuto solo a Jason, e Jason aveva chiesto a Percy, e Percy se l'era lasciato sfuggire di fronte ad un paio di figli di Ares mentre ne parlava con Annabeth, e i figli di Ares erano arrivati a frotte, insieme a qualche figlio di Efesto e di Ermes. Le figlie di Afrodite si erano offerte di aiutare, e Annabeth aveva chiesto loro di portare da bere e cibarie varie.
Poi i figli di Efesto avevano cominciato a discutere tra loro su cosa fosse meglio: un letto completo di riscaldamento automatico o massaggiatore? I figli di Iride si erano offerti di aiutarlo con il tetto, e Clovis, dalla cabina di Ipno, gli aveva spedito un paio di cuscini di piume, comodi per dormire.
I fratelli di Annabeth avevano ideato per lui una bellissima scrivania con tanto di pc e connessione ad Internet. Gli apparecchi elettronici non potevano essere utilizzati spesso lì al Campo, ma almeno era un passo avanti. Alcuni figli di Demetra si erano occupati del piccolo praticello davanti alla sua cabina, e ora l'erba cresceva rigogliosa.
Nico si sentiva il capogiro. Tutta quell'attenzione... Non riusciva a credere che gli altri semidei lo trattassero da amico, che gli dessero pacche sulla spalla - aveva smesso di fulminarli con lo sguardo quando aveva capito che il suo atteggiamento non faceva altro che aumentarle - o gli battessero il cinque, o che si sedessero con lui al suo tavolo durante il pranzo e la cena. I figli di Ares, capitanati da Gabriel, lo invitavano al loro tavolo, e si ritrovava a cenare ascoltando discorsi di guerra.
Comunque, nonostante gli aiuti per l'esterno della cabina, Nico non permise a nessuno - a parte i figli di Atena per sistemargli scrivania e computer - di occuparsi dell'interno. Glielo aveva già lasciato fare una volta, e si era ritrovato nelle stesse condizioni di Dracula.
I figli di Ares si occuparono di tinteggiare le pareti all'interno. Un bel bianco pallido.
«Come vuoi farlo, dentro?» gli chiese Carlos Ferrero, figlio di Ermes. Durante la battaglia con i romani, aveva perso un dito, e i figli di Efesto gli avevano preparato una protesi, avvertendolo solo di non grattarsi in luoghi intimi perché poteva sempre mal funzionare e strappare via qualcosa. Carlos vi faceva molta attenzione.
«Non lo so.» ammise Nico, incrociando le braccia al petto. «Ma bianco non è male.»
Sul suo letto comparve un rotolo di carta da parati. Nico vi si avvicinò e la srotolò di un metro, per capirne il luogo di provenienza, e capì che gliel'aveva spedita suo padre. Era piena di teschi, e non i teschi adorabili che si vedevano in giro. Quelli sembravano teschi veri infilati con qualche trucco su una carta da pareti.
«No, Padre.» borbottò Nico, arrotolandola, e ficcandola dentro l'armadio, mentre Carlos ridacchiava. «Ti farò qualche offerta in più questa sera a cena, ma ti prego, non mi dare aiuto.»
Suo padre non rispose, e Nico sperò che non si fosse offeso. Sarebbero stati guai, altrimenti. Si promise che, una volta tornato nel palazzo degli Inferi del padre, gli avrebbe lasciato decidere le nuove decorazioni della sua camera.
«Quindi vuoi lasciarla bianco?» domandò Carlos, riprendendosi dall'attacco di risa e accarezzandosi la protesi.
«Mmh.» rispose Nico, pensieroso. «Verde, magari? Ma molto, molto chiaro.»
Carlos lo studiò in silenzio, pensieroso, poi annuì. «E verde sia!» disse. «Vado a chiamare qualche figlio di Ecate.»
Nico annuì, abbassando gli occhi sul libro di Hunger Games che giaceva sulla sua nuova scrivania. Aveva finito di leggerlo qualche giorno prima, mentre i suoi pensieri ricadevano continuamente su Will e il bacio. Doveva riportarlo in infermeria prima che gli passasse di nuovo per la mente.
Un figlio di Ecate entrò nella sua cabina, e Nico lo studiò. La maglietta arancione stonava con i lunghi capelli viola.
«Salve, di Angelo.» lo salutò il ragazzo. Non mostrava più di quindici anni. «Hai bisogno del mio aiuto?»
Nel giro di qualche minuto, le pareti interne della cabina erano state dipinte di un leggero verde prato, che subito, dopo una smorfia di Nico, divennero azzurro cielo. Sì, il celeste era meglio del verde chiaro.
I lavori alla casa finirono in due tre giorni, il pomeriggio in cui Will lasciò il Campo per partecipare al matrimonio del fratello. Nico lo aveva guardato sparire nell'auto di Argo, poi si era diretto all'infermeria.
Con i piedi sul tavolo, ad attenderlo dietro la scrivania c'era Austin, che alzò a malapena lo sguardo nel vederlo.
«Will non c'è.» lo salutò, e Nico iniziò ad arrossire. «Tornerà dopodomani.»
«Non sto cercando Will.» balbettò Nico.
Austin alzò un sopracciglio e lo osservò. «Ah. E chi stai cercando?»
«Sono venuto a consegnare questo.» Nico posò il libro sul tavolo. «L'ho portato via quando sono stato dimesso.»
«Ah, capisco.» Austin accarezzò la copertina scura, e sorrise. «Allora, ti è piaciuto? Hai già iniziato il secondo?»
Nico sgranò gli occhi. «Il secondo?» ripeté
«La ragazza di fuoco.» rispose Austin, sorridendo, e alzandosi in piedi. «Il seguito. E poi c'è Il canto della rivolta, l'ultimo.»
«No, non li ho ancora letti.»
Austin posò il libro nella piccola libreria dell'infermeria, e prese i due seguiti. «Portali pure quando hai finito.» gli disse. «E... be', spero ti piacciano.»
Nico li accettò senza un commento e tornò alla sua cabina. La morte della bambina del Distretto 11 gli bruciava ancora. Quella bambina, dal modo in cui veniva descritta, assomigliava ad Hazel. Quel momento non gli era piaciuto, sebbene il libro, alla fin fine, fosse carino. Ma cosa si era inventata l'autrice nel seguito?
Si fermò a pochi metri dalla cabina numero 13. Era del tutto diversa, ora. Sembrava più... viva. E anche Nico si sentiva più vivo.
Rientrò nella cabina, lasciò i libri sulla scrivania e si coricò sul suo letto. I figli di Efesto, alla fine, avevano deciso per inserire sia il massaggiatore che il riscaldamento, e Nico sperò di non morire per una scossa elettrica durante la notte.
La cabina di Efesto, lentamente, si stava riprendendo dalla morte del loro fratello. Nico fu felice per loro. Con tutte le invenzioni a cui dovevano dar vita, la mancanza di Leo si era affievolita, sebbene continuassero a ricordarlo durante la cena. Aveva anche scoperto che alcuni figli di Efesto facevano dei sacrifici a beneficio di Ade, chiedendogli di avere cura dell'anima di Leo.
Nico fu sul punto di schiacciare un pisolino - sul cuscino di Clovis era rimasto l'odore dei papaveri e delle lenzuola pulite tipiche della casa di Ipno - quando udì un rumore e un sospiro.
«Questa insubordinazione da parte tua, figliolo, la ricorderò per molto, molto tempo.»
Nico si mise seduto di scatto, e guardò suo padre, appena comparso nella sua cabina, a braccia conserte. I suoi occhi neri si guardavano attorno curiosi, e Nico pensò a quanto fosse strano vedere il Signore dei Morti in mezzo ad una stanza dalle pareti celesti e il pavimento di un semplice grigio perla.
«Padre.» salutò Nico, lanciando un'occhiata alla carta da parati che spuntava dall'armadio di mogano. «A cosa devo questa visita?»
«Tre motivi, uno peggiore dell'altro.» disse Ade, sorridendo leggermente. Nico notò che portava vestiti di pelle - umana, di sicuro - e assomigliava al cantante di qualche band. «Il primo è: perché hai rifiutato il mio regalo?»
«Mmh... non si adattava allo stile che intendevo dare a questo posto.»
Con le sopracciglia inarcata, Ade si guardò attorno. «E quale sarebbe lo stile di questa cabina, esattamente?»
«Uno stile diverso da quello di prima.» disse Nico, reprimendo un sorrisino. «Prima sembrava la tana di un vampiro.»
«Ammirevole.» annuì Ade, pensoso. «Lo sapevi che io e la tua matrigna, anni e anni fa, demmo alla luce un piccolo vampiro?»
Nico rabbrividì. «No, non mi interessa.»
«Si invaghì di Artemide e Apollo gli fece un dispetto.» Ade sospirò e aggiunse, con un movimento di mani: «Puff, esploso con la luce del sole.»
Nico si domandò se la nomina al Dio Apollo era stata fatta di proposito. Quanto sapeva suo padre di Will Solace?
«Be', questo posto sembra... ah, carino.» disse Ade, guardando verso il focolare. «Anche se...» Con uno schiocco di dita, piccoli teschi umani comparvero sulla parete di mattoni per incorniciare il focolare. «Ora va meglio. Sarà l'unico regalo che ti farò per questa cabina.»
«Lo accetto.» annuì Nico, storcendosi le dita. «Comunque, sei libero di modificare l'arredamento della mia camera come e quanto vuoi.»
Lo scintillio di piacere negli occhi di Ade non piacque molto a Nico, ma ormai aveva fatto la sua richiesta.
«Ottimo.» disse. «Ora posso passare al secondo motivo: perché non sei più venuto a trovarmi?»
Nico sospirò. «Sai, la guerra contro i romani, le ferite, gli Dei schierati contro...»
«Zeus ha punito Apollo.» gli disse Ade, lanciando un'occhiata al soffitto, chiedendosi se avrebbe retto ad un possibile fulmine da parte del fratello maggiore. «Ma non posso scendere nei dettagli più di così.»
«D'accordo.»
Ade afferrò uno dei libri, li rigirò nella mano e lo posò senza fare un commento. «Quando starai meglio, vieni pure a trovarmi.» gli disse.
«Il punto tre?» chiese in fretta Nico. Non aveva intenzione di riferirgli che un figlio di Apollo gli aveva consigliato di non utilizzare viaggi-ombra.
«Ah, sì.» Ade espirò, gli occhi neri due vortici di completo buio. «I tuoi compagni semidei stanno piangendo un'anima viva. All'inizio era divertente, ma dopo due settimane comincia a darmi sui nervi.»
Nico lo guardò perplesso. «Un'anima viva? Di chi parli?»
«Di quell'odioso ragazzino che va a fuoco. Leo Valdes, o Valdex, qualcosa di simile...»
«Leo Valdez è vivo?!» esclamò Nico, balzando in piedi.
«Sì.»
«Ma... ma io l'ho sentito morire!»
«Ed è morto, infatti, ma... diciamo che è molto intelligente.» Ade sorrise. «Quando verrà realmente in mia visita, gli stringerò la mano e lo farò sostare per qualche tempo nel mio palazzo. Che sia o meno d'accordo.»
Nico cercò di ricordare. Quando Leo era morto aveva sentito nel profondo di sé la morte del suo amico, e del semidio romano. Aveva captato qualcosa di strano in quella morte, ma Hazel non gli aveva dato importanza, sconvolta com'era per la morte di Leo. Non c'era altra soluzione: doveva aver preso la cura.
Guardò suo padre. Non ammetteva mai le proprie emozioni, ma ora non gli stava nascondendo che era rimasto molto colpito dall'intelligenza di Leo Valdez.
«Sai dov'è finito?» domandò Nico.
Ade sorrise. «Sì. Non ti preoccupare, non ha bisogno di cure. Non ha bisogno di niente, in verità. Quando lo vorrà, tornerà al Campo. Sappi che non è solo.»
Nico lo guardò perplesso, ma Ade non aggiunse altro.
«È il caso che vada.» aggiunse il Signore dei Morti, lanciando un'occhiata fuori dalle finestre. «Ti consiglio i vetri riflettenti. Sai, tanto per ricordare che sei mio figlio.»
Nico annuì.
Ade gli fece un cenno di saluto e si dissolse in una macchia di tenebre. Quando le tenebre scomparvero, Nico individuò una cintura nera di cuoio fatta di teschi bianchi e, riluttante, la ripose nell'armadio.

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Capitolo 30
*** 30. Nico ***


Nico non raccontò a nessuno di quanto gli avesse detto il padre riguardo a Leo Valdez. Non solo aveva bisogno di prove, ma si chiedeva anche dove potesse essere sparito Leo Valdez per una settimana senza far avere sue notizie a nessuno. Be', tutti sapevano che era morto, ma non era un buon motivo per non mettersi in contatto con i propri amici.
Il giorno seguente, Nico scrisse un messaggio ad Hazel, spiegandogli dell'incontro del padre, e lo affidò agli spiriti dell'aria, proprio come aveva visto fare al Coach Hedge durante il loro viaggio.
Dopodiché, andò alla ricerca di Jason per chiedergli di allenarsi, ma non lo trovò.
«È con Piper.» gli disse Jennifer Bennett, sistemando il petalo di una rosa rossa fuori dalla finestra. «Staranno facendo una romantica passeggiata sulla spiaggia. Ti hanno invitato alla festa di domani, vero?»
Nico annuì e si allontanò dalla figlia di Afrodite perché vide Gabriel in avvicinamento. Non voleva essere nei paraggi quando i due avrebbero iniziato a sbaciucchiarsi.
Ma la tentazione di voltarsi a curiosare fu maggiore. Jennifer teneva le braccia attorno al collo di Gabriel, che stringeva la ragazza come se fosse la cosa più delicata su cui avesse messo mano. Li osservò per un minuto o due, poi si allontanò imbarazzato, e con le guance in fiamme.
Il desiderio di riavere Will al Campo di sicuro non fu provocato dalla sua voglia di parlare con lui.
Si ritrovò nei pressi del campo di allenamento, e si mise a guardare. Sei figli di Apollo si stavano scontrando con sei figli di Ares in una gara: tiro con l'arco e spada. I figli di Apollo erano bravi con il tiro con l'arco, i figli di Ares erano imbattibili con le spade.
Nico si affiancò a Percy e Annabeth, seduti in mezzo al campo intenti ad osservarlo.
«Ciao.» salutò Nico, e i due sussultarono. Non l'avevano sentito arrivare. «Ci sarà uno scontro, o li guarderemo solo combattere?»
«Ci sarà uno scontro, spero.» annuì Percy, bevendo una bibita blu che odorava di arancia. Nico storse il naso e guardò il piccolo Angel della casa di Apollo che si fronteggiava con un alto figlio di Ares dallo sguardo truce.
«Hai finito la tua cabina, Nico?» gli domandò Annabeth.
«Sì. Vi ringrazio ancora per il computer.»
La sera prima, Nico aveva provato ad accenderlo senza molto successo. Non capiva come funzionasse, ma era troppo orgoglioso per poterlo ammettere.
«Ah, succede qualcosa!» esclamò Percy ad alta voce, e qualche semidio lo squadrò male.
«Guarda chi c'è!» gridò Clarisse, sorridendo. «Jackson e di Angelo. Volete unirvi a noi?»
«Saremo in spareggio!» si ribellò Angel. «Otto contro sei? Siete così codardi, figli di Ares?»
Qualcuno di essi sibilò, ma Clarisse non batté ciglio. «Di Angelo si unirà a voi.» disse, come se Nico avesse già dato la sua disponibilità. «E Jackson starà dalla nostra parte. Annabeth terrà il punteggio, con Chris.»
«Andata.» annuì Angel, facendo un cenno a Nico.
«Devo dedurre che le nostre opinioni non valgono.» borbottò Percy, alzandosi insieme a Nico.
«Potrebbero, se decidessi di metterti contro Clarisse.» gli fece notare Annabeth.
«Nah. Non posso rovinare la bella amicizia che si è istaurata tra me e lei...»
Nico non fece commenti quando i due al suo fianco cominciarono a ridere. Raggiunse la casata di Apollo, e Derek gli diede una pacca gentile sulla spalla.
«Arco o spada?» gli domandò.
«Ehm, spada.» disse Nico, mentre Percy rispondeva lo stesso dall'altra parte.
I figli di Apollo gli si presentarono uno dopo l'altro - Helen, Tobias, George, Kate - ma gli unici due nomi che Nico ricordò furono quelli di Angel e Derek, già incontrati in infermeria.
Com'era prevedibile, i figli di Apollo vinsero le tre gare con il tiro con l'arco, e i figli di Ares i tre duelli. Alla fine, rimasero solo Nico e Percy, che avrebbero decretato la vittoria di una casa o dell'altra.
«Nico, se noi dovessimo vincere, i figli di Ares dovranno passare dieci giorni in costume da bagno.» gli disse Derek a bassa voce, nell'orecchio.
«E se invece perdeste?»
«Ecco, dovremo riordinare la loro cabina per dieci giorni. Spero che questo non ti faccia prendere dal panico.»
Nico scrollò le spalle, e prese la sua spada. Angel era corso a prenderla non appena finita la sua gara.
Il duello cominciò, e Nico dovette ammettere che Percy era migliorato veramente molto. Ma aveva quella brutta tendenza di non affondare la spada quando Nico gli lasciava campo libero, come se non volesse ferirlo.
«Ehi!» urlò Percy, parando un colpo di Nico e lanciando un'occhiata verso Clarisse. «Io e Nico siamo inclusi nella vostra scommessa?»
«Mmh, no.» disse Derek, aggrottando la fronte. «Non fate parte delle nostre casate. Ci servite solo come voto decisivo.»
Nico e Percy abbassarono le spade nello stesso momento.
«Andiamocene.» disse Percy, e Nico annuì. Scapparono via, raggiunti da Annabeth, mentre Clarisse li insultava alle loro spalle.
«Anche se, devo proprio ammetterlo... non sono per niente male in costume da bagno!» rise Percy, e Nico, alzando gli occhi verso il cielo chiaro, li salutò e tornò nella sua cabina.
Nico passò il resto del pomeriggio sulla poltrona di pelle rossa a leggere La ragazza di fuoco. Alle nomine di Rue gli si stringeva il cuore, ma ormai si era abbastanza incuriosito da non avere l'intenzione di fermarsi.
All'ora di cena lo venne a chiamare Angel, come aveva fatto tutti i giorni da quando Will lo aveva baciato e non si era presentato. Con lui Angel rimaneva in silenzio, scambiando solo qualche battuta di tanto in tanto, e Nico si chiese se fosse l'unico momento della giornata che passava zitto.
E si domandò anche, di nuovo, se Angel avesse terrore di lui.
Mentre prendeva posto al tavolo di Jason, si ricordò che Angel era fuori dall'infermeria quel pomeriggio in cui Will lo aveva baciato. Possibile che avesse visto qualcosa? No, avrebbe dovuto entrare dentro per vedere, e lui non era entrato... o sì?
Nico spostò lo sguardo su Angel, seduto tra Derek e un altro dei ragazzi incontrati quel giorno e lo fissò fino a quando il ragazzino dai capelli biondi non si voltò imbarazzante verso di lui. Ma a quel punto, le chiacchiere di Jason, Percy e Piper lo avevano già distolto dal suo pensiero.
«Domani vieni alla festa in spiaggia, vero?» gli chiese Percy, prendendo una fetta di pizza.
«Sì.» annuì Nico, cupo. Lo aveva promesso a Will. Chissà se Will sarebbe arrivato in tempo.
«Ottimo.» sorrise Jason, dandogli una pacca sulla schiena. «Ah, non vedo l'ora. Stiamo organizzando questa festa da quando Gea è stata sconfitta...»
«A chi è venuta l'idea?» chiese Annabeth.
«Will Solace.» rispose Jason, scoccando una breve occhiata a Nico, che lo ignorò.
«Sono sicura che a Leo sarebbe piaciuta tantissimo.» sospirò Piper.
Nico si mordicchiò il labbro, indeciso de dirglielo o meno. Non poteva sopportare ancora a lungo quelle occhiate triste e quei volti seri al pensiero di Leo. Quando avrebbe ricevuto la risposta da parte di sua sorella, Nico gliene avrebbe parlato.
Alle otto del mattino, iniziarono a bussare molto forte alla porta della sua cabina. Nico, fermo tra le lenzuola del suo letto, si domandò chi diavolo potesse essere. Chi si permetteva di bussare in quel modo? Angel? No, il figlio di Apollo aveva rinunciato a chiamarlo per la colazione dopo averlo svegliato due volte di fila e aver visto la morte nei suoi occhi assonnati.
Nico impiegò cinque minuti a scendere dal letto, e i colpi alla porta non erano affatto diminuiti. Infilò un paio di jeans e una T-shirt, gli stessi abiti del giorno precedente. Sbadigliando, fu sul punto di prendere la spada quando vide i capelli biondi.
«Jason.» borbottò tra sé Nico, spalancando la porta.
«Ciao, Nico!» lo salutò Will, sorridente, e Nico strabuzzò gli occhi. «Per un momento ho temuto che fossi morto! Posso entrare?»

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Capitolo 31
*** 31. Nico ***


Il figlio di Ade rimase impalato sulla soglia, battendo le palpebre incredulo, e fissando Will Solace in piedi di fronte a lui.
Per due volte, negli ultimi quindici giorni, aveva sperato che fosse lui a bussargli, e invece era Jason Grace. E ora, senza rendersene conto, Will era lì, di fronte a lui, più abbronzato del solito, e con meno vestiti addosso.
«Ehm.» disse Will, a disagio, alzando gli occhiali da sole fino ai capelli. «Stavi dormendo, vero? Hai ancora un po' di bava sul mento.»
Nico si affrettò a ripulirsi.
«Che fai qui?» chiese. «Non... non eri tornato a casa?»
«Sì, mio fratello si è sposato ieri.» annuì Will, sfiorandosi la collana di perle. «Il matrimonio è stato stupendo, entrambi gli sposi hanno pianto, ho ballato con mia cognata, mio fratello Alec mi ha tirato un pugno, e sono arrivato un'ora fa.»
«Perché tuo fratello Alec ti ha tirato un pugno?» domandò Nico, perplesso.
Will arrossì. «Mentre agonizzavo ai suoi piedi, non ho avuto tempo di chiederglielo.» disse. «Anche perché poi l'ho morso alla gamba, e hanno dovuto dividerci.»
«Lo hai morso..?»
«Non avevo spade a disposizione!» Il sorriso di Will fece arretrare Nico di un passo, e Will lo colse come il segnale di poter entrare nella cabina. Senza complimenti, posò una busta sul letto dalle lenzuola disfatt3 e si voltò verso di lui, togliendosi completamente gli occhiali da sole.
«Comunque, ora sono qui.» gli fece notare. «Dobbiamo andare alla festa in spiaggia, ricordi?»
Nico deglutì e annuì debolmente. La festa in spiaggia... Aveva passato la serata precedente con Annabeth e Percy, a guardare le stelle, e a chiacchiere del più e del meno. Nico si era addormentato più volte, e Percy lo aveva accompagnato nella cabina. Aveva un vago ricordo di aver salutato il figlio di Poseidone fuori dalla porta prima di spogliarsi e gettarsi a letto.
«Io...» iniziò a balbettare Nico, cercando una scusa qualunque. «Io... ecco, non ho un costume.»
Will si batté la mano sul petto, il sorriso solare sullo splendido volto abbronzato. «Ci ho pensato io, non ti preoccupare.» gli disse, rovesciando il contenuto della busta sul letto.
Nico fissò le decine di costumi da bagno di vari colori, e si inumidì le labbra, cercando di prendere tempo.
«Perché tuo fratello ti ha picchiato?» si ritrovò a chiedere, di nuovo.
Will alzò le spalle. «Te l'ho detto, non gliel'ho chiesto. Ma Alec è sempre stato un po' geloso di me. E mi ha sempre odiato, da quando ha capito che non ero figlio di suo padre...» Will si interruppe e lo fissò torvo. «La festa ci sta aspettando.»
«E non posso venirci così?»
Will si mise a studiarlo, e Nico lasciò scivolare i suoi occhi sul figlio di Apollo. Era praticamente nudo, fatta eccezione per il costume da bagno arancione, e le infradito dello stesso colore. E tutta quella pelle faceva avvampare il povero figlio di Ade.
«Se fosse una festa al chiuso, forse sì.» disse Will. «Ma visto che siamo su una spiaggia, dovrai adattarti. Su, forza. Altrimenti lo scelgo io.»
Nico si avvicinò al letto e fissò i costumi da bagno. Non si era mai sentito così a disagio in tutta la sua vita. I suoi occhi cercarono veloci un costume nero ma, come c'era da aspettarsi, non ne trovò nemmeno uno. Ne afferrò uno blu scuro.
«Questo.» borbottò.
«Buona scelta.» annuì Will. «Avanti, vai a cambiarti. Ti aspetto qui.»
Nico si chiuse in bagno e, quando si ritrovò in costume, pensò che fosse il caso di scappare. Di tornare negli Inferi. Davvero doveva raggiungere la spiaggia così? E passarvi tante, tante ore?
Will gli bussò brevemente sulla porta, e Nico, inspirando forte, uscì. Will gli aveva riordinato il letto, e lo aspettava mordicchiando l'asticella degli occhiali da sole. Nel vederlo, sorrise.
«Be', devo dire che ti calza a pennello.» disse. «Ora, hai bisogno di un altro po' di gadget, tipo questi, questi, anche questi, e non dimentichiamoci di questa!»
Nico si ritrovò con in mano un paio di occhiali da sole dalla montatura blu - lo aveva fatto apposta, o Will si era immaginato che poteva abbinarli al costume? - infradito nere, un cappello di paglia e la crema abbronzante.
«Faresti meglio a mettertela ora.» disse Will, allegro. «Altrimenti la tua pelle prenderà fuoco.»
Nico pensò al fratellastro che non aveva mai conosciuto, ucciso proprio dal Dio Apollo. «Non sono un vampiro.»
«Fai di tutto per assomigliargli.»
Nico iniziò a brontolare, ma alla fine obbedì. Era sicuro che presto o tardi Will gliel'avrebbe messa, se non si fosse mosso da solo.
«Tu non la metti?» gli chiese Nico, stupidamente.
«No. Non funziona su di noi. I figli di Apollo hanno la pelle impostata sul livello Abbronzatura perfetta
«E io? A che livello mi trovo?»
Will finse di pensarci. «Direi Livello Aragosta
Nico fece una smorfia.
Will lo aiutò a spalmarsi la crema sulle schiena, e poi uscì fuori dalla cabina inforcando gli occhiali e voltandosi verso di lui con un sorriso.
Nico lo seguì di malavoglia, preannunciando una pessima giornata.
«Quindi...» mormorò Nico, sistemandosi gli occhiali sul volto. «Quindi tuo fratello ti odia?»
«Alec? Sì.»
«Anche gli altri?»
«No, devo dire che gli altri mi apprezzano molto, molto di più. Dopotutto, non è colpa mia se Apollo si è interessato della mamma e ha fatto nascere me.»
«Ma... Alec da la colpa a te.»
«Sì. Dice che spezzo il cuore di nostro padre ogni volta che sono in casa. Ma non è vero. Il mio patrigno è ben felice di vedermi, e mi ha sempre trattato come se fossi suo.»
Nico si guardò attorno. La strada era deserta. Erano già tutti in spiaggia? Era lui l'unico ritardatario?
«Quindi, Solace è il nome di..?»
«Del mio patrigno.» Will si passò le dita tra i capelli. «Mia madre era sposata quando mi ha avuto, e visto che non poteva segnare Apollo come effettivo padre, sono rimasto della famiglia.» Il sorriso si spense a poco a poco sul volto di Will. «Mia madre voleva abbandonarmi in orfanotrofio, dopo la nascita, quindi devo davvero molto al mio patrigno.»
Nico rimase per un po' in silenzio, fino a quando non individuò la spiaggia. Alcuni erano già in acqua. Altri giocavano a pallavolo. Non sembravano più semidei, ma semplici adolescenti.
«Quelle due sdraio sono le nostre!» esclamò Will, riottenendo il suo sorriso e indicandole a Nico. «Sono venuto qui prima di chiamarti. Aspettami qui, devo fare una cosa e torno subito.»
Nico annuì, e guardò Will allontanarsi. Distogliere lo sguardo dalla schiena nuda del figlio di Apollo richiese una gran forza di volontà. Individuò Percy e Annabeth che chiacchieravano a tre metri da lui e si avvicinò, sordo alle loro parole.
La vita del figlio di Apollo non era proprio rosa e fiori. Aveva avuto anche lui un'infanzia difficile. Chissà com'era stato, per lui, crescere in una casa in cui uno dei fratelli lo odiava, la madre lo disprezzava e l'unico a volergli bene era la sola persona con la quale non possedeva nemmeno un briciolo di DNA.
Guardò la chioma dorata di Will muoversi con il leggero venticello, e si rese conto che, sebbene la sua promessa, alla fine non aveva parlato con Will di quanto era accaduto giorni addietro. Ma la giornata era lunga.

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Capitolo 32
*** 32. Will ***


«Angel!»
Will si affrettò verso il fratello, che lo guardò dubbioso.
«Allora sei veramente tornato.» gli disse Angel. «Ti ho visto questa mattina di sfuggita, pensavo fossi un'illusione.»
«Come vedi, sono qui.» Will si voltò a guardare il mare. «È una giornata splendida.»
«Sì, è vero.» Angel guardò la spiaggia, aggrottò la fronte e si voltò di nuovo verso il fratello. «Che coincidenza.»
«Cosa?»
«Il costume di Nico di Angelo. Assomiglia proprio a quello che ho nel cassetto. Quello regalatomi da mia madre.»
Will rise, arruffandogli i capelli. «Come puoi immaginare, non è nel cassetto. E faresti meglio a startene zitto. Mi devi un favore.»
«E perché?»
«Perché non ti ho strappato la lingua.»
Angel annuì nervoso. «E non hai intenzione di farlo, vero?»
«No, figurati.» lo tranquillizzò Will, ma Angel continuò a guardarlo sospettoso. «Stamattina ho parlato con Austin, ma non mi ha detto granché. È andato tutto bene in questi giorni?»
«Sì. Nulla di straordinario. A parte lo spogliarello di Nico, ieri, in mensa. Spettacolo gratis. Volevo farti delle foto, ma, ahimé...»
Will gli tirò un pugno dritto dritto nello stomaco.
Angel cadde in ginocchio e si rimise in piedi sorretto dal fratello. «Non posso nemmeno scherzare?» borbottò.
«No. Non sono in vena di scherzi.» gli rispose Will, sorridente. «E, comunque, non intendevo novità su Nico. In infermeria è andato tutto bene?»
«Austin e Derek hanno cambiato dei turni con me e Tobias.»
«Dovevo aspettarmelo.»
«Ieri ho visto Percy accompagnare Nico nella sua cabina.» aggiunse Angel, e Will si irrigidì. «È normale?»
«Anche se non lo fosse, non sono affari che ti riguardano.» sbuffò Will, evitando di tirargli un altro pugno, e raggiunse Nico. Lo trovò in compagnia di Percy, Piper, Annabeth e Jason. Si affiancò a Nico, in imbarazzo per l'occhiata di Jason.
«Ciao.» lo salutò il figlio di Giove. «Non ti ho visto in giro negli ultimi giorni.»
«Sono tornato a casa.» ammise Will. «Faccende di famiglia.»
Percy lo guardò sorridendo. Will si rese conto che in quel circolo ristretto si trovavano due delle cotte infantili di Nico. O forse solo una, ma non ne era proprio sicuro.
«È successo qualcosa di grave?» gli chiese Percy.
«No. Mio fratello maggiore si è solo sposato.»
Percy e Annabeth si lanciarono un'occhiata ma distolsero in fretta lo sguardo, sorridendo.
«Sotto certi punti di vista, potrebbe essere una cosa grave.» gli fece notare Piper, e Jason la guardò a bocca aperta. «Che c'è?»
Jason scosse la testa, e gli altri risero. Will guardò Nico. Sorrideva. Fu felice di aver organizzato quella festa in spiaggia, anche se non era stato lui a farlo sorridere.
«Faccio un bagno.» avvertì Percy, tendendo la mano ad Annabeth. «Vieni con me?»
Jason la prese prima di Annabeth. «Pensavo non me lo avresti mai chiesto.» disse, trattenendo una risata.
Annabeth gli diede una gomitata, e lei e Percy corsero verso il mare, seguiti da Jason. Si tuffarono uno dopo l'altro, e Will si voltò verso Nico.
«Vuoi unirti a loro?»
Nico scosse la testa, piano, e Will lo studiò. Fissava il mare con una strana luce negli occhi. Si chiese se sapesse nuotare.
Will lasciò a Piper la sua sdraio e si stese sulla spiaggia, tra loro due, le mani intrecciate dietro alla testa. Tenne gli occhi fissi sul cielo, pensando ad Alec. Quando erano piccoli, Alec trovava ogni scusa possibile per picchiarlo, mettergli la testa nel water o chiuderlo a chiave nello sgabuzzino. Questo, e un'altra serie di fattori, lo avevano spinto a chiedere un passaggio ai genitori fino al Campo Mezzosangue.
I suoi genitori gli avevano detto che era figlio di Apollo a sette anni quando, per sbaglio, aveva guarito la ferita di Jem alla gamba. Fu il patrigno a parlargliene in privato, mentre la madre ne parlava ai fratelli maggiori. Da quel giorno, erano iniziati i cinque anni di scherzi cattivi da parte di Alec.
«Will, posso farti una domanda?»
Will alzò gli occhiali e osservò Piper. «Dimmi pure.» le disse, sorridendo, evitando aggettivi tipo piccola, baby, o dolcezza. Piper non era quel genere di figlia di Afrodite da apprezzare nomignoli del genere.
«Come fai ad essere così abbronzato?»
Will sospirò e si rimise gli occhiali. «Cose da Apollo.» rispose.
«Non è giusto!» esclamò Piper, stizzita, fissandolo affascinata. «Credo che dovresti dare un po' del tuo regalo agli amici, Will. A me piacerebbe veramente tanto un'abbronzatura come la tua.»
«Mi dispiace, ma non credo che sia possibile imprestarti la mia abbronzatura.»
Piper sbuffò, Nico sorrise, Will scrutò entrambi poi richiuse gli occhi.
A sorpresa, sentì le mani di Piper sul fianco e si mise seduto di scatto. Nico aveva le guancie ardenti.
«Che diamine fai?» chiese Will, paonazzo.
Piper alzò le spalle, divertita, poi balzò in piedi. «Volevo controllare se avessi un'abbronzatura compatta. Vado da Jason.»
La figlia di Afrodite si allontanò e Will la fissò in silenzio, pensando a Drew. Non pensava a lei da diverso tempo. E lei era ben diversa da Piper. Si voltò verso Nico.
«Allora, anche tu hai constatato se la mia abbronzatura è completa?» gli chiese.
«Non volevo, però sì.»
Will si sedette sulla sdraio, sospirando. «I figli di Apollo si abbronzano anche sotto i vestiti. E devo dire che le figlie di Afrodite si fanno ogni giorno più sorprendenti.»
Nico annuì, d'accordo con lui.
Will scrutò Piper e Jason che discutevano in acqua, prima di tuffarsi nello stesso momento, e tornò a guardare Nico.
«Allora.» gli disse. «Io e te dobbiamo parlare, giusto?»
Ciò provocò altro rossore da parte di Nico. «Ah, io... ehm, non me lo ricordo.» mentì Nico.
Will sorrise. «Okay.» annuì il figlio di Apollo. «Non lo ricordo nemmeno io. Vuoi andare in acqua?»
Nico si mordicchiò il labbro. «Non so nuotare.» confessò infine, senza guardarlo.
«Posso insegnarti io.»
«Se dovessi proprio scegliere come maestro di nuoto te o un figlio di Poseidone, preferirei Jason.»
Will rise, alzandosi in piedi e tendendogli la mano. «Giuro che non ti lascerò annegare. Nemmeno per scherzo.»
Nico lo scrutò, poi sospirò e accettò la mano.

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Capitolo 33
*** 33. Will ***


Nico aveva la mano fredda. Proprio come le sue labbra. Will si promise che, un giorno, lo avrebbe abbracciato così a lungo da riscaldarlo per il resto della sua esistenza.
«Come hai imparato a nuotare?» gli chiese il figlio di Ade, nervoso, mentre si avviavano verso il mare che sembrava infinito.
«Mmh.» Will finse di pensarci su, sebbene il ricordo fosse indelebile. «I miei hanno portato me e i miei fratelli in campeggio. Avevo sei anni, all'epoca. Mia madre mi ha affidato ai gemelli e a Gideon mentre lei si occupava dei più piccoli. Siamo andati in piscina, Gideon si è distratto con una ragazza, Jem si è tuffato dal trampolino. E Alec mi ha spinto in acqua.»
Nico si voltò a guardarlo. «Tuo fratello ha tentato di ucciderti?»
«Fidati, non è nemmeno stata l'unica volta.» Will sorrise. «Per fortuna, il fondo era basso, e Jem mi ha recuperato prima che bevessi troppa acqua. E quando i gemelli si sono messi a litigare, e Alec ha detto che ero scivolato da solo, ho capito che per la mia sicurezza futura avrei fatto meglio ad imparare. Mio padre mi ha insegnato nel giro di un paio di giorni.»
Nico annuì, fermandosi di botto prima di immergere i piedi nell'acqua. Will gli rimase affianco, osservando la distesa d'acqua scintillante e gli altri semidei che sguazzavano. Percy e Annabeth erano scomparsi di nuovo sott'acqua.
«Allora?» chiese infine Will, voltandosi verso Nico. «Vuoi che chiami Alec per darti una spinta? Ne sarà entusiasta.»
Nico scosse la testa, incrociò le braccia al petto e fissò una conchiglia a pochi metri da loro. Will restò immobile al suo fianco, gli occhi chiusi per godersi il meglio di quella giornata soleggiata. Quella sera, durante il falò, ci sarebbe stata una sorpresa per Nico.
Senza preavviso, Nico fece un passo avanti e Will lo osservò. Il figlio di Ade camminò fino a ritrovarsi l'acqua alle ginocchia, e si voltò verso Will.
«Vieni subito qui, prima che cambi idea.» borbottò, e Will lo raggiunse raggiante.
 
Will dovette ammettere che il figlio di Ade si stava veramente mettendo d'impegno. Questo non gli impedì, però, di bere un sorso di acqua marina e sputacchiarla a pochi centimetri di distanza dal figlio di Apollo.
«Farò finta di non averlo visto.» sorrise Will, mentre Nico lo guardava imbarazzato. «Farò finta di dimenticare che mi hai sputato addosso.»
«È difficile!» esclamò Nico, frustrato.
«Oh, non lo è. Credo sia meno impegnativo di andare in bicicletta. Tu sai andare in bicicletta, vero?»
Nico annuì senza guardarlo.
«Hai già imparato a stare a galla, più o meno.» continuò Will, lanciando un'occhiata al cielo e controllando la posizione del sole. «E il calcio che mi hai tirato prima mentre ti sforzavi di uscire dall'acqua è stato esemplare. Usa sempre quel tipo di forza e non affogherai mai.»
Nico si passò una mano bagnata sul volto, cercando di raffreddarsi le guance, e Will, sorridendo, si immerse in acqua. Fu molto tentato di afferrare Nico per la vita e spingerlo giù, ma l'altro captò le sue intenzioni e gli tirò un calcio nello stomaco.
«O-Okay.» disse Will, uscendo dall'acqua e massaggiandosi lo stomaco. «Per il momento abbiamo fatto tutto. Che ne pensi di una pausa? Sono solo le undici, ma ho già una fame da lupo. E tu non hai fatto colazione.»
«Be', è colpa tua, sei stato tu a trascinarmi qui.»
Will sbuffò e Nico si immerse. Aveva imparato davvero in fretta! Quando riaffiorò, strizzò le palpebre e sputacchiò un altro po' d'acqua, seguendo Will di nuovo sulla spiaggia. Will si sentì afferrare il braccio e scivolò anche lui con la faccia sulla sabbia.
«Scusa!» gridò Nico dietro di lui. «Ho perso l'equilibrio.»
Will si rimise in piedi e sorrise. Sentiva la pelle bruciare nel punto in cui Nico lo aveva afferrato, e non solo perché il figlio di Ade gli aveva conficcato le unghie nel braccio per sostenersi. Ogni volta che si toccavano, Will riusciva a percepire la scarica di energia che lo coglieva dalla testa ai piedi. Si chiese se anche per Nico fosse lo stesso.
Raggiunsero le loro sdraio senza altri incidenti, e Nico si asciugò il volto in uno dei tanti asciugamani che Will aveva portato quel mattino in spiaggia. Will, invece, si posò le mani sui fianchi, gli occhi puntati sul Campo in lontananza, il sole che già si impegnava ad asciugarlo.
«Dopo prenderò le tavole da surf.» disse. «Posso insegnarti.»
«A fare surf?»
«Mi sembra la giornata perfetta per fare surf.»
Nico sospirò rassegnato.
Will gli scompigliò i capelli bagnati. «Su, su, non fare il timido, so che non vedi l'ora di imparare a fare surf.»
Nico gli scoccò un'occhiataccia assassina, e Will gli diede un buffetto sulla testa prima di voltarsi verso Piper, appena comparsa al suo fianco.
«Ehi.» salutò Piper, occhieggiandoli. «Che fate qui?»
«Stiamo per andare a prendere qualcosa da mangiare.»
«Alcuni figli di Ares stanno preparando il barbecue. Vi conviene fare dell'altro, in attesa. Annabeth? Vieni qui, ti mostro una cosa.»
Will fece un passo verso destra, fuori dalla portata di Piper. Non si fidava delle mani della figlia di Afrodite che avevano già provato una volta ad abbassargli il costume. Annabeth lo squadrò perplessa, e Will si voltò verso Nico.
«Torniamo in acqua?» gli domandò. Piper non somigliava per niente alla sua sorellastra Drew, ma Will non voleva starle troppo intorno per veder apparire la sua ex. Nico annuì.
«A più tardi, signore.» salutò Will, facendo un cenno alle due ragazze, e fu sul punto di allontanarsi quando Piper disse: «È abbronzato pure sotto il costume!»
Will avvampò.
«Dai...» fece Nico. «Lasciatelo in pace.»
«Chi è abbronzato anche sotto il costume?» domandò Jason, appena comparso. Percy era ancora in acqua, e forse non si era accorto di essere rimasto da solo.
«Will!» esclamò Piper. «Non che l'abbia fatto apposta, ma prima l'ho notato.»
Jason fissò la sua ragazza accigliato. «Okay, non ho intenzione di indagare oltre perché mi fido di te.» le disse, dandole un bacio, poi si voltò verso Will. «Ha ragione?»
«Ehm, sì.» annuì Will. «Noi figli di Apollo abbiamo la pelle più sensibile al sole, e ci abbronziamo facilmente. Anche in inverno, con un briciolo di sole.»
Tutti e quattro lo fissarono in silenzio, Nico con un lieve sorriso sulle labbra.
«È impossibile.» disse infine Annabeth.
«E perché mai? Apollo è il Dio del sole, e io sono uno dei suoi figli, è possibile...»
«Sì, ma come puoi abbronzarti anche sotto i vestiti?»
Will indicò Jason. «Lui sa volare.» le ricordò. «Nico chiama a sé i morti. Piper ha la lingua ammaliatrice. E il mio potere sovrannaturale da erede di Apollo è l'abbronzatura perfetta in ogni centimetro del mio corpo.»
«Tu eri un fusto super abbronzato anche da bambino?»
«Be', sì.»
«E nessuno ha mai notato che quando ti abbronzavi non avevi addosso i segni dei vestiti?»
«Certo che lo hanno notato, ma credevano tutti che mi abbronzassi nudo!»
«E non è così?»
«Oh, no, altrimenti Chirone avrebbe svuotato la cabina di Apollo tanti, tantissimi anni fa.»
Annabeth continuò a fissarlo con quell'espressione studiosa, da investigatrice, e Will si voltò verso Nico, per implorarlo di tornare in acqua. Oppure nella sua cabina. In quel momento, desiderava solo andarsene il più lontano possibile da quegli occhi grigi che non volevano credergli.
E per la seconda volta nella stessa mattina, sentì una mano estranea abbassargli il costume di qualche centimetro. Si voltò di scatto verso Jason, in tempo per vedere l'espressione stupefatta di Piper e Jason, e per arrossire.
«Per gli Dei!» esclamò Jason. «Non posso crederci!»
«Quindi ha ragione?» sbuffò Annabeth.
«Ha... ha un tatuaggio!»
Will desiderò fare un buco nella sabbia, entrarvi dentro e continuare a scavare fino a quando non fosse spuntato dall'altra parte del pianeta.
«Cosa?» chiese Nico, sorpreso. «Hai un tatuaggio?»
«Una notte di follia.» borbottò Will. «Me ne vergogno ancora.»
«Cos'è?» si incuriosì Annabeth.
«Un'arpa.»
«Wow.» rise Piper. «Tuo padre deve essere molto orgoglioso di te, che ti sei fatto tatuare il suo simbolo sul...»
«Ehi, Nico, non volevi andare in acqua?!» disse Will, alzando la voce, e prima che l'altro avesse il tempo di dire qualcosa lo afferrò per il polso e lo trascinò in acqua. Solo dopo qualche metro si ricordò che Nico non era ancora così bravo a nuotare, ma ormai il figlio di Ade stava lentamente affondando. Lo recuperò e gli chiese scusa in fretta.
«Non sapevo che i medici potessero avere tatuaggi.» disse infine Nico, mentre Will si allontanava da lui a nuoto.
«Be', magari non in faccia, o in luoghi visibili.» rispose Will, fermandosi e voltandosi verso di lui a braccia aperte. «Riesci a raggiungermi?»
Nico annuì. Quando fu abbastanza vicino, Will sospirò.
«L'ho fatto alla tua età.» confessò, tetro. «Jem ed io ci divertivamo un mondo a fare un gioco di sfide. All'inizio erano cose stupide tipo: versa un bicchiere di latte in testa ad Alec, o cospargi Danny di cibo per cani.»
«Non mi sembrano cose proprio stupide.» notò Nico, deglutendo. Non sentiva la sabbia sotto i piedi e stava seriamente pensando di lanciare le braccia al cielo e urlare aiuto.
«Be', in quel momento lo erano. Dopo tre ore, nelle quali abbiamo fatto un sacco di cose strambe, ci siamo ritrovati in centro città. Lui ha fatto un piercing, poi ha detto a me di fare un tatuaggio. Allora gli ho risposto che doveva farlo anche lui, e Gideon ci ha salvato la vita, quando è arrivato un'ora dopo.»
«Sì, immagino...» Nico afferrò la mano di Will e si ritrovò di fronte a lui. Aveva nuotato per cinque metri senza perdere la calma. «L'altra volta ti sei lamentato di me e Jason, quando abbiamo duellato e ci siamo ricoperti di ferite. Anche tu non sei molto intelligente.»
«Sì che lo sono.» annuì Will, posando le mani sulla schiena di Nico e spingendolo verso di sé.
«E come mai?» sussurrò Nico.
«Perché ti ho fatto venire qui, tra le mie braccia.»
«A quanto pare vuoi un altro occhio nero.»
Will rise, ma non lo lasciò andare. Nico gli posò le mani sul petto poi, scosso dall'ondata di adrenalina che lo aveva avviluppato pochi istanti prima, accostò il suo volto a quello di Will e lo baciò.

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Capitolo 34
*** 34. Will ***


Nico di Angelo lo stava baciando. Ed era stretto tra le sue, di braccia, non tra quelle di Percy Jackson o di Jason Grace. Tra le sue.
Will lo strinse più forte, sapendo che doveva fare attenzione. Nico era un ragazzo fragile, e se avesse cercato di prendere più del dovuto si sarebbe di nuovo chiuso in se stesso e, perché no?, gli avrebbe assestato un altro pugno in faccia.
Will gli accarezzò la schiena, e fece quel passo di troppo che non era stato intenzionato a fare. Dischiuse le sue labbra e sfiorò quelle di Nico con la lingua. A quel punto, Nico si rese conto di quello che stava facendo perché si scostò da lui come se avesse preso una scossa, e prima che Will potesse dire qualcosa, Nico gli posò le mani sulla testa e lo spinse sott'acqua.
Era la seconda volta che tentavano di affogarlo. Will si chiese se i pensieri di Alec erano stati simili a quelli che ora giravano nella testa di Nico. Ma, a conti fatti, non aveva fatto delle avances al fratello maggiore.
Tirò un pugno a Nico, che si scansò e, prima che potesse tornare all'attacco, Will riaffiorò, portandosi all'indietro i capelli e fissandolo torvo.
«D'accordo.» disse. «Credo sia sufficiente. Immagino che la prossima volta sarò morto sul serio, eh?»
Nico sbuffò. Sembrava infastidito. Da cosa, esattamente? Era stato lui a baciarlo per primo, Will aveva solo osato un altro passo.
«Sì, be'...» mormorò Nico, paonazzo, senza guardarlo. «Immagino che se non provi, non lo saprai mai.»
Will sgranò gli occhi, poi iniziò a sorridere. «Wow. Il sole ti fa bene, quindi.»
«Penso che mi stia dando alla testa.»
«Oh, io non lo penso.»
Will gli si avvicinò un altro po', ma Nico sgusciò via e si diresse in fretta verso la spiaggia. Continuando a sorridere, Will lo seguì.
Nico lo aveva baciato! Anche se aveva tentato di affogarlo in un modo un po' impacciato, lo aveva baciato! Quindi questo significava che provava qualcosa per lui, che provava interesse nei suoi confronti! Ed era quasi sicuro che se si fossero messi insieme, Nico avrebbe continuato a provare ad ucciderlo dopo un bacio. Ma almeno sarebbe morto felice.
Una volta giunti alle sdraio, Nico borbottò qualcosa riguardo il pranzo e si allontanò. Will lo lasciò andare e si coricò sulla sua sdraio, infilandosi gli occhiali da sole, intrecciando le dita dietro la testa e non riuscendo a fare a meno di sorridere gongolante.
Forse era un azzardo, ma forse Nico lo amava. Forse Nico si stava rendendo conto dei sentimenti che provava per lui. Senz'altro era confuso, non riusciva a comprendere i suoi sentimenti, e Will lo capiva bene. Anche lui vi era passato.
Aveva iniziato a frequentarsi con Drew Tanaka a quattordici anni. Lei trascorreva solo l'estate al Campo, ed era stata il primo semidio con il quale Will aveva parlato. Drew lo aveva condotto alla casa di Apollo, dopo che l'arpa arancione gli era comparsa sopra la testa indicandogli la ovvia paternità del dio. Drew gli aveva soffiato la bandiera da sotto il naso il giorno seguente - era abitudine fare una gara a caccia bandiera quando un nuovo semidio si univa al Campo - e, sebbene gli avesse provocato un occhio nero, si era offerta di aiutarlo ad ambientarsi.
Avevano passato tutto il resto dell'estate insieme, ad allenarsi, a raccontarsi a vicenda le loro vite. Quando Drew era partita alla fine di agosto, Will si era promesso di farle avere sue notizie. Per mesi si erano scambiati lettere, e quando Drew era tornata, Will era stato il ragazzo più felice dell'intero Campo. Will le aveva confessato i suoi sentimenti durante le feste di Natale, e pochi giorni dopo stavano insieme. Due mesi dopo, nel giorno di San Valentino, lei gli spezzò il cuore. Dopo tre mesi di inferno, Will era tornato a casa per festeggiare il suo compleanno con la famiglia, e due giorni dopo si era ritrovato un tatuaggio sulla chiappa destra. Per fortuna, suo fratello era stato abbastanza lucido in quel momento per proibirgli di farsi tatuare qualcosa che potesse avere a che fare con Drew anche solo lontanamente.
La sua prima relazione amorosa era stata un disastro, e Will aveva deciso di darci un taglio. Poi si era scoperto con una cotta per Nico di Angelo. Cose che potevano capitare.
Un'ombra si fermò di fronte a lui, e Will ebbe la brutta impressione che si trattasse di Drew. Di solito gli capitava di pensarla e di vedersela comparire di fronte, magari per un consiglio, o qualche affabile insulto. Di solito si comportavano in modo molto civile l'uno con l'altra.
«Tieni.» disse Nico, posandogli sullo stomaco un piatto di verdure e sandwich vegetariani.
«Oh, grazie.» rispose Will, mettendosi seduto. Durante il pranzo silenzioso, tenne gli occhi su Nico, chiedendosi se, oltre ai pugni e alle pugnalate, un giorno intendesse anche spezzargli il cuore.
Come poteva pensare una cosa del genere? Sì, Nico di Angelo aveva la brutta abitudine di sparire, di tornare negli Inferi da suo padre, ma gli aveva promesso che non avrebbe più utilizzato i viaggi-ombra. Stava bene, il suo corpo era tornato in salute, ma Will era lo stesso preoccupato. Qualcosa, durante uno dei viaggi, poteva andare storto, trascinando Nico nel regno dei morti. Per sempre.
«Will, stai diventando inquietante.»
Will sussultò. «Ti stavo fissando?»
«Sì.»
Will si guardò attorno, cercando di registrare la distanza tra gli altri semidei, poi si schiarì la gola.
«Credo sia giunto il momento di fare quella conversazione.» borbottò.
Nico tenne lo sguardo puntato sul pranzo. «Nah, non credo.» rispose.
«Sì, io credo di sì.»
«Io dico di no.»
«Sì.»
«No.»
«Dobbiamo farlo!»
«Non è proprio il caso!»
«Cosa non è il caso?»
Will si zittì, Nico diventò rosso e Percy li guardò a disagio. «Okay, è il caso che me ne vada...?»
«No, siediti pure qui!» esclamò Nico, facendogli posto sulla sdraio. «E chiama anche Annabeth. E Jason. E Piper.»
«E anche tutti i figli di Atena, di Afrodite, di Efesto, e via dicendo.» disse Will, acido, fissando torvo Nico. «Vado a fare una passeggiata.»
Will balzò in piedi, e si avviò verso un gruppo dei suoi fratelli senza più guardarsi indietro. Angel il chiacchierone stava facendo un'imitazione molto fedele di Chirone, che per fortuna non si vedeva da nessuna parte.
«Ehi.» salutò Will, affiancandosi a Tobias.
«Ehi!» lo salutarono uno dopo l'altro i suoi fratelli.
Austin lo guardò curioso. «Cosa fai qui?» gli chiese.
«Non dovresti essere con di Angelo?» aggiunse Helen, la fronte aggrottata.
«Magari avvinghiati e con le lingue appiccicate?» concluse Angel, sorridendo, beccandosi un calcio e qualche pugno da parte di tre fratelli diversi.
Will li fissò a bocca aperta, uno dopo l'altro. «Voi..?» balbettò, e le guance iniziarono ad andargli a fuoco.
Derek gli passò un braccio attorno alle spalle. «Noi sappiamo tutto.» gli disse, sorridendo, e facendogli l'occhiolino. «Dovresti scegliere più saggiamente i tuoi consiglieri.»
Will affondò il volto tra le mani. La sua cotta, se così si poteva chiamarla, era di dominio pubblico tra i suoi fratelli.
«Consiglieri.» ripeté Will, alzando lo sguardo su Angel. «Sei stato tu?! Lo hai detto a tutti?! Quando mi hai guardato dritto negli occhi e mi hai giurato di non aver aperto bocca?!»
«Infatti non è stato lui.» lo rassicurò Tobias, mentre Angel cominciava a tremare per la paura. «È stato Austin.»
Gli occhi celesti si puntarono su Austin, che alzò le spalle.
«Derek mi ha sentito parlarne con te.» disse, tormentandosi una ciocca di capelli. «E mi ha chiesto informazioni. E visto che non sono molto bravo a mentire, gliene ho parlato.»
«E mentre ne parlava con me, si è, tipo, creato un gran silenzio nella nostra cabina e hanno sentito tutti.» continuò Derek, osservando pensieroso una combriccola di figlie di Demetra, che parlottavano tra loro concitate.
«E la notizia si è diffusa anche per chi non era presente, ma stai tranquillo. Non lo sa nessun altro tranne noi.» disse Rose, con un enorme sorriso che doveva, in teoria, tranquillizzarlo.
Will guardò i suoi fratelli - più di una dozzina, tra i nove e i diciotto anni - e fu sul punto di minacciarli di morte quando vide Derek scuotere la testa.
«Non è necessario minacciarci. Faremo i bravi bambini. Sei pur sempre il nostro capo cabina.»
«Sexy, simpatico, divertente, e via dicendo.» rise Helen.
«Grazie.» mormorò Will, mentre i fratelli gli davano pacche sulla spalla.
«Comunque.» riprese Derek, guardandosi attorno alla ricerca di Nico. «Tu ora non dovresti essere con lui? Oppure avete litigato?»
«Non stiamo insieme.» gli ricordò Will.
«Non ancora.» sorrise Austin. «Succederà.»
«Sapete, tutti voi che parlate tranquillamente della mia possibile relazione con Nico di Angelo mi fa venire la pelle d'oca. Possiamo parlare di qualcos'altro?»
I figli di Apollo si studiarono e annuirono.
«Direi che è il momento di fare una partita a pallavolo.» disse Tobias, recuperando la palla. «Chi è in squadra?»

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Capitolo 35
*** 35. Nico ***


Nico tenne gli occhi incollati su Will mentre si allontanava verso i suoi fratelli. Fu tentato di seguirlo, e chiedergli scusa, e dirgli che sì, dovevano proprio parlare, e che forse era il caso di trovare un luogo più appartato.
Ma rincorrere Will Solace mentre si avvicinava ai suoi fratelli era come sventolare una bandiera strillando a gran voce ciò che provava per lui. E non solo non era ancora pronto, ma era molto confuso su questi sentimenti.
E poi c'era Percy, che lo osservava incuriosito, mentre sulla sdraio di fronte a loro si sedevano le due ragazze. Jason, da vero cavaliere, si sistemò sulla sabbia.
«Perché è scappato, Will?» domandò Piper, curiosa.
«Credo che Nico e Will stessero litigando, quando sono arrivato.» rispose Percy, prendendo un pezzo di pizza.
«E tu li hai interrotti?» rispose Annabeth, inarcando le sopracciglia.
«Non era mia intenzione.»
«Non stavamo litigando.» disse in fretta Nico. «Stavamo parlando di un altro possibile... mmh, ricovero in infermeria.»
«Stai male?» si interessò Percy, e Nico notò che Jason lo stava fissando in silenzio, con un lieve sorriso sulle labbra.
«Ho, ehm, usato i miei poteri l'altro giorno, e...» Nico continuò a borbottare, la voce che si assottigliava ad ogni parola, le guance rosse. Jason gli venne in soccorso.
«Ho sentito alcuni figli di Ermes.» disse. «Ci saranno i fuochi d'artificio, questa sera.»
«Chi li ha fatti?»
«I figli di Efesto.»
«Quindi immagino che dovremo fare attenzione.» sorrise Piper.
«Daranno fuoco a qualcosa.» aggiunse Percy, guardandosi attorno.
«Non sarebbe la prima volta.»
Nico li osservò mentre si zittivano, pensierosi. Pensavano tutti a Leo, naturalmente. E quello gli sembrò il momento adatto per parlarne.
«Lui è vivo.» disse, rendendosi subito conto che non erano le parole adatte per iniziare un discorso del genere.
«Chi?» chiese Percy, perplesso. «Di chi stai parlando?»
«Di Leo Valdez.»
Jason e Annabeth lo guardarono con attenzione, Piper sgranò gli occhi. «Ma...» mormorò la figlia di Afrodite, lanciando occhiate ai compagni. «Tu e Hazel avete detto che...»
«Sì, è così.» Nico giocherellò con una patatina nel suo piatto. «Io e Hazel lo abbiamo sentito morire. E mio padre... è venuto a farmi visita, qualche giorno fa.»
«È venuto a farti visita?» ripeté Jason. «Tuo padre?»
«Ogni tanto gli capita di lasciare il regno degli Inferi, anche se mai per più di un quarto d'ora.» rispose Nico. «Mi ha detto che Leo non è mai stato negli Inferi. È ancora vivo, da qualche parte, in buona salute. E non è da solo.»
Piper si voltò verso Jason. «Dobbiamo cercarlo.» gli disse.
Jason le strinse la mano e annuì. «Inizieremo a cercarlo domani. Ma... perché non è tornato qui?»
Nico scosse la testa. «Non lo so. Forse vuole tornare qui in grande stile, tra qualche settimana.»
«Non mi sorprenderei nel vederlo spuntare fuori dai fuochi d'artificio.» sorrise Piper, con le lacrime agli occhi. Annabeth le diede qualche pacca confortante sulla spalla.
Alle loro spalle, alcuni semidei iniziarono a strillare, e Nico si voltò. Riconobbe Will, Derek, Austin e Angel.
«Volete giocare a pallavolo?» chiese loro Angel, eccitato. «Stiamo facendo le squadre.»
«Gioco volentieri!» annuì Jason.
«Io nella squadra avversaria.» rispose Percy.
I due ragazzi si fissarono in cagnesco, poi si alzarono in piedi. «Vincerà la mia squadra!» esclamò Percy.
«Vincerà la mia!»
«Sono sempre così competitivi?» chiese Angel ad Annabeth, mentre i due si allontanavano di corsa verso Will e Derek.
«No, direi che a volte sono anche peggio.» sospirò Piper, mentre Annabeth annuiva.
Angel le studiò. «Voi non volete giocare?»
«Io sì.» annuì Piper, alzandosi in piedi, seguendo Angel.
«Noi faremo il tifo per i nostri amici.» disse Annabeth a Nico. «Sei proprio sicuro di quello che ha detto tuo padre?»
«Sì. Non mi mentirebbe mai su questioni del genere.»
Annabeth lo osservò a lungo, poi si sistemarono sulle sdraio in attesa che la partita di pallavolo iniziasse.
Nico non riuscì a fare a meno di tenere sott'occhio Will. Lo guardava ridere e scherzare con i suoi fratelli, litigare con una figlia di Demetra che voleva giocare nell'altra squadra, e lo osservò con attenzione mentre si portava i capelli ormai asciutti all'indietro, il suo sorriso solare sempre splendente mentre si riappacificava in fretta con la ragazza.
«Come si chiama quella figlia di Demetra?» domandò Nico, fissando la ragazza dai capelli neri.
«Quella che parla con Will? Izzy Wood. Perché?»
«Così.»
Nico tenne sotto controllo la ragazza finché non la vide andare nella squadra di Jason e Piper. Will e Percy giocavano nella stessa squadra.
«Ti stai divertendo?» chiese Annabeth, voltandosi verso Nico.
«Sì.» annuì lui. «È una bella giornata.»
«Come ha fatto Will a convincerti a venire qui?»
Nico ci pensò su, e scoprì di non avere una risposta. Will si era semplicemente comportato da Will: lo aveva informato della festa, e si era presentato quel mattino con la sola intenzione di portarlo in spiaggia, ignorando ogni tentativo di protesta.
«Mi ha detto che, essendo il mio dottore, mi ordinava di venire alla festa e di divertirmi. Di prendere un po' di sole.»
«Ah, sì, tipico. I figli di Apollo ricordano sempre le potenzialità della vitamina D.»
Nico tornò a guardare la partita, e subito individuò Will. Sembrava così a suo agio... e lo fu anche quando una figlia di Ecate inciampò nella sabbia a causa di uno dei suoi fratelli. Will corse subito da lei per prestarle le sue attenzioni da medico, e Nico si sentì pungere lo stomaco. Come se le farfalle che tempo prima vi erano sorte tentassero di uscire per aggredire la ragazza. O Will.
«Ehm, Nico?»
Il ragazzo sussultò e voltò lo sguardo su Annabeth, che non era più seduta sulla sdraio ma in piedi, un secchiello pieno d'acqua in mano. Sembrava guardinga.
«Cosa?» chiese il figlio di Ade.
«Stai... c'erano delle ombre nere, attorno a te.»
Nico arrossì leggermente e cercò di calmarsi. Si era ingelosito di una ragazza che, probabilmente, si era fatta parecchio male. Di solito, le ombre lasciavano il suo corpo quando era arrabbiato, non quand'era geloso... Aveva avuto modo di essere geloso quando Percy e Annabeth si erano messi insieme, ma non era mai arrivato a quel punto.
«Faccio un bagno.» borbottò Nico.
«Vengo con te, non mi interessa molto la partita.»
Nico si chiese se volesse tenerlo d'occhio. Forse aveva notato Will mentre gli insegnava. Anche se, tecnicamente, Nico sapeva già nuotare. Ma sua madre glielo aveva insegnato a otto anni, agli inizi degli anni '30, e non aveva più avuto la possibilità di farlo. Will aveva solo spolverato un vecchio scaffale della sua memoria. Però era certo di non saper andare in bicicletta.
Rimase disteso sull'acqua per circa un quarto d'ora. Annabeth era vicino a lui, e di tanto in tanto scambiavano una parola. Rischiò di appisolarsi un paio di volte, ma gli schizzi d'acqua provenienti da Annabeth lo tennero sveglio.
Quando si stufò di galleggiare, Nico tornò sulla spiaggia e vide Will steso a pancia in giù sulla sua sdraio. Sembrava stesse dormendo.
«Avete già finito?» chiese Nico a Percy, in avvicinamento.
«Abbiamo vinto noi.» ghignò Percy, con il volto arrossato dal sole. «Jason e Piper sono da qualche parte.»
«Punteggio?»
«Venticinque a dodici. Li abbiamo stracciati.»
Percy si tuffò in acqua e raggiunse Annabeth, afferrandola per le gambe e facendola urlare. Scomparvero in acqua e Nico si avviò verso la sua sdraio. Infilò gli occhiali da sole e restò per qualche minuto a contemplare Will addormentato. Resistette a fatica all'impulso di scostargli una ciocca di capelli dal volto, e capì. Finalmente capì.
Lo era. Era innamorato di Will Solace.

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Capitolo 36
*** 36. Nico ***


Nico passò quasi un'ora di quello splendido pomeriggio di sole steso sulla sdraio a pancia in giù, come Will. Gli occhiali da sole gli coprivano gli occhi, puntati proprio sul figlio di Apollo che dormiva, le labbra socchiuse, e rivoletti di sudore che scorrevano lenti sulla sua schiena, un lieve tic alle dita delle mani.
Per tre volte, Nico udì la voce di Jason in avvicinamento, e per tre volte Jason si allontanò pensando che si fosse addormentato. Nico però era sveglio, e si stava gustando a pieno quel perfetto momento di pace, da dedicare solo al volto di Will.
Erano distanti circa trenta centimetri, sufficienti per fargli contare sette piccole lentiggini sparse sul naso e sulle guance di Will, quasi invisibili da lontano. Le ciglia lunghe avevano lo stesso colore dell'oro. L'ombra di una cicatrice faceva capolino vicino al sopracciglio sinistro, e Nico si domandò se a procurargli quella ferita fosse stato il fratello Alec. Tre piccoli nei erano sparsi vicino all'orecchio sinistro, sulla strada verso il collo.
Non aveva altri segni particolari, oltre alle labbra rosee incredibilmente morbide e una schiera di denti perfetti.
Si erano baciati già due volte, e per due volte Nico si era ritrovato scosso da una serie di sensazioni che avevano fatto capolinea in piccoli atti di difesa, come tirargli un pugno in faccia, ferirlo con la spada, o tentare di annegarlo.
Semplici atti di difesa sui quali era impostato il suo corpo. Sperò che con il tempo passassero. Non voleva rischiare di uccidere Will, quando potevano passare una lunga vita felice insieme.
Nico sgranò gli occhi e si mise seduto, afferrando il cappello di paglia. Il sole gli stava dando alla testa. Come poteva pensare che lui e Will avrebbero vissuto una lunga vita insieme? Will sognava di diventare un dottore. E per coronare il suo sogno doveva tornare in città, studiare e studiare, giorno e notte. Non poteva farsi distrarre da lui, dalla sua incapacità di vedersi adulto.
Se avesse frequentato il Campo Giove, se fosse stato un ragazzo diverso, Nico immaginò che avrebbe pensato ad un futuro in quella zona, lontano da attacchi continui, e in armonia con i semidei romani. Si immaginava crescere insieme ad Hazel, partecipare al suo matrimonio, aiutarla a badare ai marmocchi suoi e di Frank, festeggiare i loro compleanni. Passare del tempo con il padre e recuperare un rapporto che era andato perduto non solo nei settanta anni passati al Casinò Lotus, ma anche quando era morta Bianca, quando Ade gli aveva detto senza giri di parole che avrebbe preferito che lui fosse morto. Magari si sarebbe reso disponibile con il padre per diventare il nuovo Signore dei morti, a patto che potesse andare a trovare Hazel.
Oltre questo, Nico non si era mai interessato sul serio alla sua vita. Fino a quindici giorni prima non aveva nemmeno preso in considerazione il fatto di riuscire a sopravvivere alla guerra di Gea. Pensava di morire durante il tragitto, e ogni viaggio-ombra lo portava più vicino alla morte. Ma Will, con il suo modo di fare testardo e aperto, lo aveva aiutato a sopravvivere all'oscurità che quasi era stata sul punto di sopraffarlo. Si era preso cura di lui, lo aveva trattato come un amico, come un normalissimo ragazzo a cui doveva la vita. Si era sostituito a tutte quelle figure adulte che non aveva mai posseduto nella sua vita: un fratello maggiore, un amico, un dottore, addirittura una madre - questo però non glielo avrebbe mai detto - e un padre.
Percy era stato un punto fondamentale nella sua vita, questo Nico non poteva dimenticarlo. Importante quanto Jason. Uno gli aveva dimostrato che era capace di amare; l'altro che poteva accettare la strada intrapresa dai suoi sentimenti, che per essere accolto doveva accettarsi, doveva smettere di mentire e iniziare a raccontare la verità soprattutto a sé stesso.
I sette della profezia erano stati tutti importanti, per lui. Senza di loro, sarebbe morto all'interno di un vaso, catturato dai giganti, costretto a nutrirsi di semi.
Il pensiero gli provocò un brivido.
«Ehi.»
Nico si voltò verso Will. Gli occhi celesti gli provocarono un secondo brivido, ma molto più piacevole del precedente.
«Tutto bene?»
La voce impastata di Will fece sorridere Nico. Allungò la mano verso di lui e gli scompigliò i capelli.
«Sì, tutto bene.» annuì. «Hai dormito a lungo.»
Will si mise seduto, stropicciandosi gli occhi, e guardando prima a destra e poi a sinistra. Fissò imbambolato il sole, borbottò qualcosa e osservò Nico.
«Sono le tre e mezza.» gli disse.
Nico annuì. «Quindi?»
Sebbene il volto ancora intontito dal sonno, Will sorrise. «Quindi è il momento del surf!»
Nico batté educatamente le palpebre. «Cosa hai detto?» gli domandò.
Will si passò le dita tra i capelli. «È il momento perfetto per surfare. Be', dovevamo pensarci questa mattina, ma credo che potremo chiedere a Jackson di creare qualche onda. Ne è capace, vero?»
Nico alzò le spalle e osservò Will con attenzione. Aveva notato che spesso il figlio di Ade chiamava i suoi amici per nome o cognome. Fino a poco prima lo aveva chiamato Percy, ora era tornato semplicemente Jackson.
Veloce come una freccia, riaffiorò un pensiero nella mente di Nico. Mentre si trovava in infermeria, Percy si era presentato per parlare, e dopo circa dieci minuti dal suo arrivo, Will era comparso all'improvviso, chiedendo a Jackson di andarsene, che non poteva ricevere visite. E prima di Percy erano andati a visitarlo Hazel, Frank e Reyna, e tutti e tre erano stati avvertiti proprio da Will sul luogo in cui si trovava.
Gelosia. Will era stato geloso di Percy. Non c'era altra soluzione. Forse aveva udito le parole che aveva scambiato con il figlio di Poseidone prima di seguirlo in infermeria.
«Perché sorridi?» chiese Will, curioso.
Nico lo studiò. «Stavo pensando a qualcosa.»
Will si alzò in piedi, stiracchiando le braccia e le gambe, e Nico distolse pudicamente lo sguardo.
«Un semplice figlio di Apollo come me può capirlo, o è una cosa riguardante voi tenebrosi figli di Ade?» chiese Will, sorridendo.
«Riguarda solo noi tenebrosi figli di Ade.» rispose Nico, facendo spallucce, poi aggiunse, aggrottando la fronte: «Tenebrosi?»
Will rise. «Di solito lo sei. Con i tuoi vestiti scuri, la spada nera, il tuo aspetto tenebroso. Ma oggi no. E probabilmente nemmeno domani.»
«Perché domani no? Ti aspetti che cambi il mio guardaroba?»
«No. E non sono così pazzo da chiedertelo. Domani ti sveglierai con una piacevole sorpresa. Una bella abbronzatura.» Will batté le palpebre e lo studiò. «Be', più o meno. Non sembrerai più un cadavere vivente. Un Death Boy.»
Nico sospirò. «Sei sempre così chiacchierone quando ti svegli?»
«Di solito io e i miei fratelli mugugniamo fino a quando non mi decido a mettere i piedi a terra e svegliarli tutti.» confessò Will. «Vieni con me?»
«Dove?»
Il sorriso di Will si allargò. «In un posto segreto, che conoscono solo i figli di Apollo e altri semidei strettamente selezionati.»
Nico si accigliò. «Devo iniziare a preoccuparmi?»
«Sì, dovresti.»

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Capitolo 37
*** 37. Nico ***


«Sul serio? Questo sarebbe il posto super segreto?»
«Sì. Chirone non voleva, ma io e i miei fratelli ci siamo messi d'impegno e lo abbiamo costruito. Alla fine non ha avuto il coraggio di buttarlo giù, anche perché Angel gli ha pregato di non farlo. Sarà anche un gran chiacchierone, quel ragazzo, ma è bravissimo a far pena alla gente. Basta guardarlo dritto negli occhi e ti senti in dovere di fare qualsiasi cosa per lui.»
Nico fece un passo avanti, guardandosi attorno in silenzio. Non riusciva a credere ai suoi occhi, ma tutto quello era vero.
Era una capanna, non più grande della sua cabina, costruita solo per un paio di figli di Ade. La capanna portava lo stemma di Apollo su ogni parete, e decine e decine di tavole da surf erano appese alle pareti, tutte di diverso colore, e con la lettera del proprietario colorata nella parte più bassa. C'era un forte odore di lucido, e Nico riuscì ad immaginare perfettamente Will e il suo immancabile sorriso, impegnato a lucidare una tavola da surf durante la sua pausa dall'infermeria.
«Ti piace?» chiese Will, fiero di sé, indicando una delle tavole.
«Le hai fatte tu?»
«Con l'aiuto di qualche figlio di Efesto.»
«Significa che ha fatto tutto il figlio di Efesto?»
«Cosa? Oh, no, no. Noi figli di Apollo siamo molto pignoli sulle nostre tavole da surf. Ognuno di noi si è preso l'impegno di costruirsi la propria. I figli di Efesto ci hanno solo aiutato a scegliere la legna migliore.»
Nico annuì, pensieroso. «Pensavo che il surf fosse più cosa da figlio di Poseidone.» ammise.
«Può essere. Ma non mi sembra di aver mai visto Percy Jackson fare surf tra le onde. Noi invece sì. Apollo è il dio del sole, e a noi piace moltissimo la spiaggia. Credo abbia incontrato tutte le nostre madri durante una passeggiata sulla spiaggia.»
«Anche tua madre?»
Will annuì, passando un dito lungo una tavola con disegni di fiamme. «Sì, ma a differenza delle altre... il loro incontro è stato diverso.»
Will si fermò a guardare un'altra tavola, e Nico studiò la sua postura. Gli sembrò che il biondino non fosse così entusiasta di raccontargli dell'incontro tra sua madre e Apollo, ma non si fece pregare.
«Mia madre era un'appassionata di musica.» mormorò Will. «Le piaceva suonare il pianoforte, il violino, l'arpa. E Apollo l'ha vista, ha scoperto quest'incredibile talento, e ha voluto... be', farla sua. Gli dei quando desiderano qualcosa la ottengono facilmente. Con una serie di inganni, ha fatto arrivare mia madre sulla spiaggia e... tralascio i dettagli. Circa nove mesi dopo, sono nato io. Poco talento musicale, ma tanta capacità di guaritore.»
Nico attese qualche secondo prima di chiedere, titubante: «E come la prese il signor Solace?»
«Da come mi è stata raccontata, l'ha presa bene.» Will si passò le dita tra i capelli e si voltò verso di lui con l'accenno di un sorriso sulle labbra. «All'inizio ha detto a mia madre che doveva essere fiera di aver attirato su di sé le attenzioni di un dio, e mia madre gli ha promesso che non avrebbe più toccato un solo strumento musicale per il resto della sua vita. Capisci, per non attirare più quel tipo di attenzioni.»
Nico si appoggiò contro una parte di parete libera. Tutte quelle tavole da surf lo rendevano un po' nervoso. E anche lo strano sguardo di Will.
«Però...» Will si mordicchiò il labbro, imbarazzato. «Anche mio padre, Logan Solace, era un devoto della musica. Alla mia età aveva messo su una band rock con degli amici, e suonavano molto bene. Ho ascoltato alcuni loro nastri. Hanno mollato la scuola per tour musicali, ed è in uno di questi tour che ha incontrato mia madre, e se n'è innamorato. Si sono sposati quando lui aveva ventuno anni e lei diciotto. Lei ha continuato la scuola, e tutti gli studi, e lui ha continuato con il suo gruppo. Quando è nato Gideon, Logan ha deciso di darci un taglio con i tour lunghi mesi, e lui e gli altri, anch'essi sposati, hanno cominciato a dare solo qualche concerto in città o nei dintorni. Alla nascita dei gemelli, Logan ha posato la chitarra e ha iniziato il lavoro che suo padre gli imponeva, direttore di hotel.»
Will si interruppe e Nico notò un martello dipinto di verde alle sue spalle. L'unica cosa in disordine sul tavolo.
«Esattamente, perché ti sto raccontando questo?» borbottò Will, perplesso.
«Puoi andare avanti, non mi dispiace.» gli disse Nico, sorridendo.
Will puntò un dito su una tavola da surf arancione e gialla, con un'elegante W scarabocchiata in basso. «Quella è mia.» gli disse. «Di solito ognuno di noi utilizza la propria tavola, ma le scambiamo spesso. Lascio che Austin la prenda a suo piacimento, e Austin mi lascia usare la sua, questa qua.» Ne indicò un'altra. Su quella di Austin spiccavano una serie di strumenti musicali finemente disegnati.
«Le utilizziamo finché non sono troppo rovinate.» mormorò Will. «E quando si rovinano, le portiamo al falò.»
«Puoi continuare a parlarmi della tua famiglia, se ti va.» gli disse Nico, e Will scosse la testa.
«Nah, non credo che sia il caso.» disse.
«Come ha spiegato tua madre di aspettare un figlio dal dio Apollo? Logan le ha creduto subito? E...»
Will rise, le guance paonazze, e scosse la testa. «Non riceverai altre risposte da me.» disse.
«Posso domandarlo ai tuoi fratelli. Sono sicuro che vi raccontiate questo tipo di storie.»
«Molte si assomigliano, in effetti. Anche se mia madre è l'unica che all'epoca era sposata con dei figli, e che continua ad esserlo tutt'ora.»
«Oh...»
Will si avvicinò a Nico e gli indicò le tavole. «Scegli quella che preferisci. E poi ti insegno a surfare.»
Nico aprì la bocca per ribattere, ma cambiò idea. Will non voleva parlare della sua famiglia, e Nico lo capiva benissimo. Infondo, come avrebbe potuto spiegargli che era nato negli anni '20? Di sicuro la storia dei genitori di Will sarebbe stata surclassata da questo fattore, ma Nico non intendeva discutere con il figlio di Apollo su chi avesse un passato più difficile.
«Quella con le fiamme di chi è?» domandò Nico, con finto interesse.
Will sorrise. «Gabriel Hawthorne. Ti consiglio di prendere la mia, almeno fino a quando non avrai imparato. Io non mi arrabbierò se la riporterai con qualche graffio.»
Nico annuì, gli occhi puntati su Will. Aveva smesso di sorridere da qualche minuto, ed era una cosa di cui ci si poteva accorgere facilmente. Ripensando alla sua famiglia, Will si era rattristato. Le vicende che lo avevano condotto lì, al Campo Mezzosangue...
Nico fu tentato di chiedere di proseguire con il suo racconto, ma si interruppe di nuovo. Non era il momento. Gli posò una mano sul braccio, dandogli una lieve pacca, e Will lo afferrò per il polso, lo attirò a sé e lo abbracciò.
«Sei la terza persona che mi abbraccia in quindici giorni.» borbottò Nico, e Will ridacchiò al suo orecchio. «Cos'è, una sfida? Un gioco? Perché, onestamente, questo tipo di gioco non mi piace per niente...»
Will sciolse l'abbraccio solo per prendergli il volto tra le mani e posargli le labbra sulle sue. Automaticamente, Nico chiuse gli occhi e circondò il collo di Will con le braccia.
Argh! Che diavolo stava combinando?!
Will gli passò tremante la lingua sulle labbra e Nico dischiuse le sue.
Era la seconda volta che Will ci provava, e Nico si sorprese che non gli dispiacesse così tanto.
Will gli sfiorò la lingua, e Nico si sentì attraversare da una forte scossa lungo la spina dorsale, e aprì gli occhi. Da qualche parte, alle spalle di Will, sulla scrivania, si trovava un martello. Forse poteva...
Come se gli avesse letto nel pensiero, Will lo fece spostare dalla scrivania e Nico si lasciò andare a quel bacio che non aveva nulla a che fare con i precedenti.
Era la prima volta di tutta la sua vita in cui si sentiva così vivo.

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Capitolo 38
*** 38. Will ***


Will si domandò se non soffrisse di dejà-vu. Nico di Angelo lo stava baciando. Non poteva essere accaduto di nuovo.
Anche se, tuttavia, con il turbine di emozioni contrastanti che lo aveva afferrato durante il racconto, non riusciva più a ricordare se era stato lui a spingersi tra le braccia del figlio di Ade, o viceversa.
Nico tremava tra le sue braccia, e Will lo strinse contro di sé, più forte. Si chiese quanto fosse diventato bollente il suo corpo. La pelle di Nico era calda al contatto delle sue mani, e si chiese se presto anche lui, come Leo Valdez, avrebbe preso fuoco.
Quando sentì un rantolo uscire dalla gola di Nico, Will capì che era giunto il momento di fermarsi. Era riuscito a bloccare il figlio di Ade prima che afferrasse il martello alle sue spalle, e non intendeva oltrepassare il confine imposto precedentemente dal giovane.
Senza fretta, gli lasciò le labbra e lo studiò. Nico era paonazzo, gli occhi stranamente scintillanti, e lo stava osservando con attenzione.
Per un po', nessuno dei due disse una parola. Will teneva ancora le mani sui fianchi di Nico, e Nico aveva ancora le braccia attorno al suo collo.
«Vuoi tirarmi un calcio, questa volta?» domandò Will, spezzando il silenzio, sorridendo.
«No, penso di no.»
«Uno schiaffo? Un pugno?»
«Niente. Solo...» Nico si mordicchiò il labbro. «Io... non capisco.»
«Che cosa?» mormorò Will, accarezzandogli le spalle e la gola.
«Credo... mmh... non so.»
«È bello sapere che anche tu farfugli e dica cose incomprensibili.» ridacchiò Will, e gli diede un lieve bacio sulla guancia. «Però credo di aver capito.»
«E cosa avresti capito?»
«Che ti piaccio.»
Nico arrossì. «Bene, hai capito il succo del discorso.»
Will ridacchiò una seconda volta e lo lasciò andare. Mentre Nico si guardava attorno imbarazzato, Will afferrò la sua tavola da surf e quella di Austin.
«Se ti senti pronto, possiamo tornare di là.» gli disse Will, sfiorandogli la guancia.
Nico lo guardò sospettoso. «Non hai intenzione di prendermi per mano o cose del genere, vero?» chiese.
«Nah. Però se qualcuno tipo Jackson o Grace provano ad avvicinarti, sappi che ne sarò geloso. Molto geloso.»
Nico rise. «Sei davvero geloso di Percy e Jason?»
«Certo.»
«Hanno le loro fidanzate.»
«E allora? Tu sei molto più bello di Annabeth e Piper.»
Will arrossì leggermente.
Nico avvampò. «Quindi io ti piaccio solo perché sono... mmh, carino?»
«Oh, no.» Will scosse la testa, posò le tavole e gli prese il volto tra le mani. «Tu mi piaci perché sei intelligente, e ironico. Sei te stesso qualsiasi cosa succeda. Non ti pavoneggi. Sei assolutamente imprevedibile. E sei anche pronto a sacrificarti per le persone a cui vuoi bene. E perché non ti rendi conto di quanto tu possa essere attraente.»
Le guance di Nico bruciavano, e Will resistette all'impulso di scappare nella sua cabina. Si era lasciato scappare un po' troppo. Di sicuro lo aveva spaventato. E ora sarebbe scappato nella sua cabina o, peggio, negli Inferi.
«Ah.» mormorò Nico. «Wow. Alla stessa domanda io avrei risposto per il tuo bel sorriso e il tuo modo di fare così affabile...»
Will rise e lo baciò leggermente. «Quindi non ti piaccio perché sono straordinariamente abbronzato?»
«No.»
«E nemmeno per il mio tatuaggio segreto?»
«Nemmeno. Anche se questo fa di te una persona del tutto... come hai detto tu? Ah, giusto. Imprevedibile.»
Will gli fece l'occhiolino e prese una tavola, mentre Nico recuperava la seconda. «Su, torniamo in spiaggia.» disse, tendendogli la mano.
Nico lo ignorò e lo precedette di qualche passo.
In spiaggia non era cambiato quasi niente. Un sacco di semidei si trovavano in acqua, una dozzina giocava a pallavolo, altri a carte, e qualcuno stava ancora mangiando. Alcuni prendevano il sole, o giocavano a fare castelli di sabbia.
Il cuore di Will gli martellava nel petto. Non gli era mai capitato, nemmeno con Drew. Era stato sul punto di dire a Nico una cosa su suo padre Logan che non aveva mai riferito a nessuno dei suoi fratelli. Nemmeno ad Austin, il suo quasi perfetto confidente segreto.
Will individuò alcuni dei suoi fratelli, voltati nella sua direzione. Vide Angel sorridere. Derek alzò un pollice, e Will si voltò di scatto verso Nico, che teneva lo sguardo puntato sul mare.
«Lo sai che se tenterai di uccidermi, mio padre te la farà pagare cara, vero?» disse.
«Posso immaginarlo.» annuì Will, serio. «E secondo me gli dirai tu come torturarmi.»
«Sì, potrei farlo.» Nico lo squadrò. «Ti farei rinchiudere per tutto il giorno dentro una casa, senza possibilità di prendere il sole.»
Will si mordicchiò il labbro. «Sì, è proprio una tortura.» mormorò. «Ma tu mi vuoi bene e non farai mai una cosa del genere, vero?»
«Vedremo.»
 
Per le prime tre volte sulla tavola, Nico si ritrovò sott'acqua mentre cercava di prendere l'onda. Fortunatamente, Will andò a recuperarlo subito.
Più il tempo passava, più le onde si facevano più alte. Percy si stava divertendo un mondo, e anche tanti altri semidei, con l'aiuto dei figli di Apollo, si stavano cimentando in quel nuovo sport.
Per Will era meglio così: con tutti i suoi fratelli indaffarati, Will si sentiva più al sicuro. Non avrebbe dovuto rispondere alle mille domande su quanto avesse fatto nel capanno delle tavole da surf con Nico per più di venti minuti.
Nico resistette per un'ora prima di scuotere la testa alla nuova proposta di Will di tornare sulla tavola.
«Sono stanco.» borbottò Nico. «E infreddolito. Bagnato, anche. Voglio stendermi sulla sdraio e prendere il sole.»
«D'accordo.» annuì Will, sorridendo, dandogli una pacca sulla spalla. «Sono orgoglioso di te, ragazzo.»
Nico sbuffò e si allontanò prima che Will potesse richiamarlo.
Will affrontò qualche onda prima di lasciare la sua tavola a Derek.
«Allora?» domandò Derek, alzando le sopracciglia.
«Derek, fatti una vita tua.» sorrise Will.
«Oh, lo farò, puoi scommetterci.» rise Derek.
Will raggiunse Nico sull'altra sdraio. Il figlio di Ade si era infilato una maglietta arancione del Campo. Will si chiese chi gliel'avesse lasciata, ma decise di non fare domande.
«Will.» lo chiamò Nico, e Will si voltò curioso. «Che ne pensi domani di fare qualcosa?»
Will lo guardò a bocca aperta. «Mi stai invitando ad uscire?»
«In realtà, no.» Nico sorrise. «Ti sto invitando, per domani, di rimanere nella tua cabina a dormire fino a tardi. Io farò lo stesso nella mia.»
«Sei così stanco da pensare al tuo futuro sonnellino?»
«Sì.»
Will rise. «D'accordo. Sai, quella maglietta del Campo ti sta molto bene. Hai provato a pensare di cambiare guardaroba?»
Nico roteò gli occhi al cielo.
«Prendo qualcosa da mangiare.» aggiunse Will, alzandosi in piedi.
Né lui, né Nico avevano più intenzione di tornare in acqua, quindi Will riempì due piatti di plastica di dolci di vario genere e li portò alla sdraio. Mangiarono in silenzio, senza guardarsi, e Will sorrise tra sé. Quello era un modo bellissimo di passare il tempo con Nico di Angelo.

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Capitolo 39
*** 39. Will ***


«Se ti va, Will, che ne pensi di... ecco, di proseguire la storia?»
«Quale storia?»
«Quella di Logan e tua madre. A proposito, come si chiama?»
«Cindy.» Will tamburellò le dita sulla gamba. Avevano finito di mangiare da tempo. «E tua madre? Come si chiama?»
«Si chiamava Maria.»
Will lo studiò. Doveva aspettarsi che la madre del figlio di Ade fosse morta. Nico non cambiò espressione, e Will si domandò se ormai avesse superato il trauma.
«Non c'è nulla da raccontare.» mormorò Will, infilandosi gli occhiali da sole. «Due anni dopo la nascita dei gemelli, mia madre è uscita dal lavoro, è andata a fare una passeggiata sulla spiaggia, ha incontrato Apollo ed è rimasta con lui per due giorni. Quando è tornata da Logan, gli ha comunicato che era incinta di un figlio di Apollo.»
Will ritornò con la mente ai discorsi dei suoi genitori.
«E Logan non ha detto niente? Ha accettato la cosa?»
«All'inizio, ne è rimasto sorpreso.» continuò Will, abbassando la voce, senza guardarlo. «Pensava che lei stesse scherzando, che volesse lasciarlo. Hanno fatto test di gravidanza uno dopo l'altro nelle prime settimane, e tutti con esito negativo. E dopo un mese, mia madre pensò che forse si era sbagliata, che non era veramente incinta, ma poi hanno iniziato le nausee. Ha iniziato a sperare che fosse figlio di Logan, e dopo altri due mesi di preghiere, Apollo è andato a trovarla, e le ha confermato i suoi sospetti.»
Will deglutì.
«E in quel momento Logan ha detto a tua madre che doveva essere fiera di aver attirato le attenzioni di un dio?» gli domandò Nico, con molto tatto.
Will iniziò a ridere, arrossendo. «Sì, ma solo perché se lo è trovato di fronte. Non credo che ad un uomo possa far piacere che la propria moglie abbia un figlio da un altro uomo, anche se questi è un dio.»
«E tua madre ha smesso di suonare dopo quell'incontro?»
«Sì e no. Non ha smesso subito. Le piaceva suonare l'arpa per far addormentare i miei fratelli, e Jem smetteva di piangere solo se la sentiva suonare. A poco a poco, ha iniziato a suonare sempre meno e distraeva Jem con altri giochi. Dopo due mesi dall'incontro con Apollo, mia madre ha venduto tutti i suoi strumenti e non ha più suonato da allora.»
«E Logan?»
«Logan...» Will puntò lo sguardo su Nico. «Sto per rivelarti una cosa che non ho mai raccontato a nessuno, nemmeno ai miei fratelli. Dovrai tenere la bocca chiusa.»
Nico annuì.
Will alzò gli occhiali da sole per osservare Nico dritto negli occhi. «Bene. Allora... be', quando Apollo comparve in casa dicendo che ero effettivamente suo figlio, il mio paterno dio ha provato anche un enorme interesse per Logan... ricambiato.»
Nico strabuzzò gli occhi.
«Già.» sospirò Will. «Quando mia madre ha smesso di suonare, ha pregato Logan di fare altrettanto. Pensava che gli strumenti fossero maledetti, e non voleva rovinare la famiglia. La relazione tra Logan e Apollo è durata forse una settimana, nella quale Apollo ha donato a Logan dei poteri musicali, che non si è mai ripreso. Logan ha lasciato il gruppo dei suoi amici, naturalmente, ma insegna musica nelle scuole, ha creato dei musical. Se tu girassi in città anche solo per cinque minuti, vedresti il suo nome appeso su ogni cartellone pubblicitario.»
Nico si grattò distrattamente il mento, gli occhi fissi su di lui. Will riconobbe lo sguardo. Era lo stesso che lui aveva lanciato a Logan quando, tra un silenzio e l'altro, gli comunicava questa gran notizia.
«Mmh.» mormorò Nico. «I tuoi fratelli sanno che..?»
«Che il loro padre ha giaciuto con il mio padre divino? No. Sono sicuro che capirebbero, ma è meglio tenerglielo nascosto. Ma, tutto sommato, immagino che Alec lo sappia, altrimenti non saprei come spiegare i suoi mille tentativi di farmi fuori, o il suo profondo odio verso di me.»
Questo era il motivo più probabile. Il secondo, forse Alec ce l'aveva ancora con lui da quando aveva iniziato a nascondergli i pannolini sporchi di Danny sotto e dentro il cuscino.
«Tutto qui.» concluse Will, sforzando un sorriso. «Questo è come Apollo ha conosciuto i miei genitori, e come io sono stato concepito. Nulla di straordinario.»
Nico borbottò tra sé, poi aggiunse: «E il fatto che tua madre volesse abbandonarti in orfanotrofio?»
Will aggrottò la fronte. «Di solito sei sempre taciturno e non fai domande.»
«Di solito non mi ritrovo avvinghiato con un figlio di Apollo nella sua capanna delle tavole da surf.» ribatté Nico, arrossendo, distogliendo lo sguardo. «Se vuoi che smetta, non ti chiederò più niente.»
Will gli posò la mano sul braccio. «No, puoi continuare.» gli sorrise. «Puoi farmi tutte le domande che desideri. Anche quelle più imbarazzanti... mmh, no, queste possiamo evitarle fino al compimento dei tuoi sedici anni.»
Nico sorrise.
Will si schiarì la gola, e disegnò piccoli cerchi sul braccio del figlio di Ade. Cerchi che assomigliavano pian piano ad un cuore. «Cindy voleva divorziare, non voleva che i Solace finissero in rovina per colpa sua. Ma Logan le ha detto che avrebbero tenuto il segreto della mia parentela, e che avrebbero finto che fossi figlio di Logan. Poi sono nato con questi capelli e questi occhi, e Cindy ha pensato che fosse giunto il momento di lasciarmi in orfanotrofio. Hanno litigato molto su questo punto, ma alla fine Logan l'ha avuta vinta e sono rimasto.»
«Sei tanto diverso dai tuoi fratelli?»
«I gemelli e Danny hanno i capelli neri, anche se ora Jem se li è tinti di arancione. E Gideon e Thomas hanno preso il color rosso fuoco, simbolo dei Solace da almeno dodici generazioni. E tutti hanno gli occhi verdi, sempre come i Solace.»
«Oh.»
Will sospirò. «I parenti di mio padre hanno fatto un sacco di polemiche sul fatto che non assomigliavo a Logan, e il fratello di mia madre, Harvey, se n'è uscito fuori dicendo che assomigliavo moltissimo ad un loro lontano parente, un bis bisnonno. Il che, per la precisione, è vero, quindi immagino che anche quello sia figlio di Apollo.»
Nico si massaggiò le tempie. «Abbiamo parlato a sufficienza di te, Will.» gli disse.
«Oh, finalmente!» si entusiasmò Will. «Che ne pensi di fare un tuffo, ora?»
«No.»
«D'accordo, d'accordo...» Will si sgranchì le braccia e osservò Angel e Chris Rodriguez della casata di Ermes che giocavano a ping pong poco distanti. Si era creata una grande folla attorno a loro.
«Che ti va di fare, ora?» domandò Will a Nico, che scrollò le spalle.
«Stavo pensando di tornare in cabina a prendere dei pantaloni.» disse.
Will abbassò gli occhi. «No, Nico. Hai davvero delle belle gambe, non è necessario che tu le nasconda.»
Nico gli lanciò in volto l'asciugamano e quando Will, ridendo, riuscì a districarsi, vide il figlio di Ade diretto alle cabine.

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Capitolo 40
*** 40. Will ***


Nico tornò dopo più di venti minuti. Non solo si era messo un paio di pantaloni, ma si era anche fatto una doccia, cancellando ogni traccia di mare dal suo corpo e dai suoi capelli. Però indossava ancora la maglia arancione del Campo, e dei pantaloncini grigio ferro.
Will lo studiò mentre prendeva posto nella sdraio vicino alla sua. Ai piedi portava scarpe da ginnastica.
«Qualche problema?» domandò Nico, posandosi in grembo La ragazza di fuoco.
«Nah.» Will prese il libro e lo sfogliò. «Sei già arrivato al momento in cui Finnick, a gran sorpresa del pubblico, bacia Peeta?»
Nico sgranò gli occhi. «Cosa?»
«Oops.» sorrise Will, rendendogli il libro. «È una scena molto piccante.»
Nico guardò il libro. «Sul serio? Finnick bacia Peeta?»
Will gli fece l'occhiolino. «Ti crea qualche problema?»
«Be', un pochino.» annuì Nico, aprendo il libro e togliendovi un pezzo di carta. «Non so chi sia Finnick.»
«Quanti capitoli hai letto?»
«Devo iniziare il quarto.»
Will sospirò divertito. «Va avanti. Te lo dirò dopo, che Gale si sposa con Johanna.»
«Chi è Johanna?!»
«Lo saprai nel prossimo capitolo.» rise Will.
Nico lo guardò furioso, e fu tentato di colpirlo con il libro quando Angel comparve di fronte a loro. Era ancora in costume - come quasi tutti i figli di Apollo - e aveva un livido a forma di pallina da ping pong sullo stomaco.
«Ciao.» esordì. «Will, ti va di giocare a ping pong?»
«No, scusa, volevo riposarmi un po'.» disse Will, trucidandolo con gli occhi.
Angel spostò lo sguardo su Nico.
«Sto, ehm, leggendo.» borbottò il figlio di Ade.
«Ah, okay.»
Will guardò il fratellino allontanarsi e si voltò verso Nico, che lo stava ancora fissando torvo.
«Scusa per gli spoiler.» disse Will, alzando le mani al cielo. «Ti prego, non uccidermi.»
Nico continuò a guardarlo. «Non ti ucciderò, ma ti farò molto male.»
Will ridacchiò e Nico si immerse nella lettura.
Guardare Nico di Angelo leggere non fu molto divertente dopo dieci minuti, così Will cercò qualcosa da fare. Iniziò a costruire un castello di sabbia, fischiettando piano. Quando finì di costruire la torre più alta, Will diede forma ad un piccolo teschio da mettere in cima, e lanciò un'occhiata soddisfatta a Nico.
Incrociò i suoi occhi.
«Mi ricordi quanti anni hai?» gli chiese.
«Diciassette. Li compio a maggio.»
«Sicuro di non averne sei?»
«Sì, sicuro.» sorrise Will.
Nico alzò gli occhi al cielo e tornò alla lettura.
Will concluse il suo perfetto castello di sabbia, e iniziò a costruirne un secondo. Poi un terzo. Al quarto, si ritrovò distante venti metri dalla sua sdraio, e si chiese come vi fosse arrivato.
«Wow, è fantastico!» esclamò un piccolo figlio di Ipno, sbadigliando. «Posso dormirci sopra?»
«Mmh, non credo che regga.» rispose Will, perplesso.
Il figlio di Ipno non lo ascoltò e salì sopra il castello, rannicchiandosi. Un minuto dopo, il castello crollò e Will scavò nella sabbia e recuperò il ragazzo addormentato. I figli di Ipno erano straordinari.
«Ehi, Will!»
Si voltò mentre Austin gli si avvicinava di corsa.
«Ciao.» lo salutò Will.
«Ciao.» rispose l'altro, frettoloso. «Le perle sono pronte.»
«Tutte?» chiese Will, curioso.
«Sì, tutte. Le consegneremo stasera, penso prima dei fuochi d'artificio.»
«Fantastico.»
Austin sorrise, scostandosi una ciocca bionda dalla fronte. «Allora, Will? Che racconti?»
«Hai visto tutti questi castelli? Li ho fatti io!» si entusiasmò Will.
Austin sospirò. «Sì, lo so, ti ho visto. Derek ha scattato qualche foto. Non intendevo questo, però. Ti abbiamo visto sparire con di Angelo. Che avete combinato nella capanna?»
Will fu tentato di tirargli un pugno nello stomaco. Con Angel funzionava.
«Nulla.» disse Will. «E, anche se fosse successo qualcosa, non ti riguarda.»
«Sono tuo fratello!»
«Ti sei lasciato sfuggire di Nico con tutti i nostri fratelli!»
«Ma sono i nostri fratelli!»
Will si zittì. Quella conversazione non avrebbe portato a nulla di buono.
Austin sollevò senza sforzo il piccolo figlio di Ipno e se lo caricò in spalla, come se tra lui e Will non fosse successo niente.
«A dopo.» lo salutò Austin, e Will annuì, tornando da Nico. Fu tentato di accarezzargli i capelli, ma si limitò a coricarsi sulla sua sdraio e tentare di schiacciare un pisolino.
«Stiamo scherzando?» borbottò Nico, voltando furiosamente pagina.
Will aprì un occhio. «Cosa c'è?»
«Stanno frustrando Gale. Sei sicuro che si sposa?»
«Sì, sono sicuro. Vai avanti.»
«Non è che per caso muore per le ferite riportate?»
«No, si sposa.»
Nico riprese a leggere, e Will nascose un sorrisino, e riprese a sonnecchiare.
Dormì per un paio d'ore, e quando aprì gli occhi, il cielo si era scurito, e alcuni semidei stavano accendendo il fuoco per il falò. Nico sedeva comodamente sulla sua sdraio, il libro chiuso posato sul ventre, lo sguardo puntato sul cielo.
Will sentì le guance e le labbra bruciare, e aveva uno strano gusto in bocca.
«Che ore sono?» bofonchiò Will, stropicciandosi gli occhi.
«Le sette e mezza. Ti avrei chiamato a minuti, per la cena.»
Will si mise seduto sbadigliando.
«Tieni, ti ho portato una maglia.» disse Nico, lanciandogliene una arancione.
«Mmh, grazie.» Will la ignorò e si massaggiò il viso. «Ho qualcosa in faccia?»
Nico scosse la testa.
«I fuochi d'artificio?»
«Alle undici.»
Will sentì qualcuno ridere e si voltò. Incrociò lo sguardo di un paio di figlie di Ecate, che si allontanarono in fretta sghignazzando.
«Ho qualcosa in faccia.» disse Will. «Che cos'è?»
«Non hai nulla in faccia.» ripeté Nico.
«Oh, sì, che ho qualcosa. Nessuno mi guarda e ride senza un motivo. A meno che...» Will si lanciò un'occhiata al costume. Tutto tranquillo. «Cos'ho in faccia?»
«Nulla!»
«Giuralo sullo Stige!»
Nico si zittì.
Will sospirò e corse verso il mare. Non c'era più nessuno in acqua. Si tuffò, lavando via qualsiasi cosa avesse in volto, e tornò dal figlio di Ade, paralizzato sulla sdraio.
«Ma... ma fa freddo!» esclamò Nico.
«No, è stato piacevole.» mormorò Will, asciugandosi il viso e infilandosi la maglietta del Campo. «Cos'avevo in faccia?»
«Angel e George ti hanno fatto degli scarabocchi.»
«Di che genere?»
«Qualche disegnino, nulla di osceno.»
«E tu li hai lasciati fare?»
Nico gli indicò il libro. «Ho letto fino al capitolo quindici. Non è vero che Gale si sposa con Johanna.»
«Perché no?»
«Perché Johanna partecipa agli Hunger Games, un'altra volta, ed è improbabile che sopravviva.»
Will gli diede una pacca sulla spalla. «Povero illuso.» sorrise.
Nico gli diede un colpo sul fianco con il dorso del libro, e Will ridacchiò.
«Dai, andiamo a prendere qualcosa da mangiare.»
Will precedette Nico, massaggiandosi il fianco dolorante, e recuperò un piatto di patatine fritte e burger per Nico. Per sé, solo qualche fetta di pizza e una lattina di Sprite.
Si sedettero vicino a Jason e Piper. Will spostò lo sguardo fino a incrociare gli occhi scuri di Angel, e lo fissò fino a quando il fratello, imbarazzato e nervoso, non si alzò e si allontanò.
«Will.» lo chiamò Jason, facendolo voltare. «Mi spieghi perché hai dei cigni disegnati sulla fronte?»
Will si portò subito la mano alla fronte. «Non sono andate via?»
«No.»
Will guardò Nico, che fece spallucce. «È buio, non vedo bene.» disse.
«È buio, non vedi bene?» ripeté Will, incredulo.
Nico rise a sua volta.
«I cigni sono animali sacri ad Apollo.» disse Will, alzando le spalle, e cercando di cancellare il disegnino. «Insieme ad altri. Il lupo, le cicale, il corvo, i serpenti. Il gallo.» aggiunse, lanciando un'occhiata a Nico.
Durante il resto della cena, Will rimase in silenzio ad ascoltare le battute di Johnny Bennett. Quando Austin gli diede il segnale, Will balzò in piedi e corse da lui.
«Ecco qua.» borbottò Austin, infilandogli il laccio in mano. «Mi piace il tuo nuovo tatuaggio.»
«Ho intenzione di mettere Angel e George in punizione per una settimana.» bofonchiò Will. «Se vuoi, posso aggiungere anche te.»
«Passo.»
I figli di Apollo cominciarono a distribuire le perle. Venivano consegnate ogni anno ad agosto, per simboleggiare le sfide a cui erano andati incontro, e anche per complimentarsi dell'essere ancora vivi. Per Will, quella piccola perla simboleggiava già il quinto anno consecutivo al Campo Mezzosangue.
Furono molti i semidei che ottennero la prima perla, compresi Piper e Jason. Quando Will riuscì a mettere la piccola perla arancione insieme alle altre, si guardò attorno alla ricerca di Nico.
Non si sorprese nel vederlo da solo, vicino alle sdraio, le mani sprofondate in tasca e lo sguardo puntato sul cielo stellato. Gli corse incontro.
«Nico!» esclamò. «Perché sei scappato?»
Nico scrollò le spalle. «La consegna delle perle. Non volevo essere di troppo.» mormorò.
Eccolo. Di nuovo nel suo atteggiamento chiuso, guardingo, sospettoso. Solitario.
«Tu non sei di troppo.» gli sorrise Will, sistemandogli un ciuffo ribelle. «Tu fai parte di noi.»
«Non faccio parte di questo Campo. Né del Campo Giove. Non so nemmeno cosa ci faccio qui...»
«Forse non ricordi quello che ti ha detto Reyna un po' di tempo fa. Ma sei fortunato. Io ho un'ottima memoria.» Will lanciò un'occhiata verso il falò, rigirandosi il laccio tra le dita. «Reyna ti disse, cito testualmente: Avevamo una sola casa. Ora ne abbiamo due. Sono parole sue, non mie.»
Nico lo guardò sospettoso. Will si mordicchiò il labbro. Fu sul punto di ricordargli delle lacrime che lo aveva visto versargli, ma si trattenne. Non voleva un altro pugno in faccia dal figlio di Ade.
Will abbassò lo sguardo e aprì la mano. «Non ti chiedo di farti tatuare come i romani, ma spero che tu possa accettare questo. L'appartenenza al Campo Mezzosangue.»
Nico fissò senza parole il laccio che Will gli stava tendendo. Alla lieve luce del falò, la perla arancione brillava.

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Capitolo 41
*** 41. Nico ***


Will stava scherzando? Gli stava veramente offrendo quella perla?
Fece un passo indietro.
«Nico.» mormorò Will, sorridendo. «Non provare a scappare. Questa è tua. E giuro che ti seguirò fino in capo al mondo per consegnartela.»
Tremante, Nico prese la perla. Ne aveva viste parecchie, ma non ne aveva mai avuta nessuna. Ogni perla raffigurava il fatto più importante avvenuto durante l'anno. E la perla che teneva tra le dita raffigurava un sette in numeri romani.
«La Profezia dei Sette.» gli spiegò Will. «È stata la cosa più importante che sia accaduta. E il numero è in romano perché quest'anno abbiamo anche fatto conoscenza con i nostri fratelli del Campo Giove.»
«Chi l'ha fatta?» domandò Nico, debolmente.
«Noi. I figli di Apollo. Chirone ha pensato che fosse il caso che ce ne occupassimo noi.»
«Mi sembrava un colore familiare.»
Will sorrise. «Cambia colore.» lo informò. «Ora la vedi arancione, ma può diventare viola quando meno te l'aspetti. A parer mio, l'arancione è migliore.»
Nico non disse niente. Era frastornato. Davvero il Campo Mezzosangue gli stava dando una perla?
«Non sono mai stato qui.» mormorò Nico, con voce roca. «Ho passato tanto di quel tempo ad andare da un campo all'altro... Non la merito.»
«Oh sì, la meriti.» annuì Will. «Ci hai salvato rischiando la vita per portare qui la statua di Atena. E l'anno scorso, tu e tuo padre avete salvato molti di noi durante lo scontro con Crono. Ricordo che in quel momento ho pensato di morire. E lo pensavo anche quando sei comparso dal nulla per cercare di uccidere Ottaviano nell'accampamento. E non sono morto. Molti di noi non sono morti. E lo dobbiamo a te. Magari loro lo dimenticano, ma io no.»
Will lo scrutò.
«La meritavi anche l'anno scorso.» continuò il figlio di Apollo. «Ma alla consegna sei tornato il solito tenebroso Nico e nessuno ha avuto il coraggio di avvicinarti per dartela.»
«Perché non lo hai fatto tu?»
Will scrollò le spalle. «C'erano i feriti. Decine e decine di feriti. E sono diventato capo cabina all'improvviso.»
Nico chiuse la mano attorno alla perla e fece un secondo passo indietro.
«Sono stanco.» disse. «Torno a letto.»
Will lo afferrò per il braccio. «Ci sono i fuochi d'artificio.» gli disse. «E devo aiutarti a mettere la collana.»
Nico scrutò Will. Il bacio che si erano dati nella capanna aveva abbattuto le difese che aveva innalzato negli ultimi tre anni attorno a sé. Will era riuscito ad abbatterle nel giro di due settimane.
Lasciò che Will gli allacciasse la collana, e quando sentì la perla fredda a contatto con la pelle, gli occhi gli si inumidirono. Un secondo dopo, Will lo strinse a sé senza una parola.
Avevamo una sola casa. Ora ne abbiamo due.
Le parole di Reyna gli risuonarono nella testa. Nico chiuse gli occhi e sprofondò il volto nel petto di Will.
Will gli accarezzò gentilmente la schiena, e quando risuonò il primo fuoco d'artificio, Nico si scostò da lui con violenza, e lo spinse a terra.
«Nico, non fare così!» esclamò Will, rialzandosi e spazzolandosi via la sabbia dalla maglia.
«Will, mi dispiace.» disse Nico, paonazzo, allontanandosi in fretta senza voltarsi. «Penso sia il caso di tornare negli Inferi. Non sono uno di voi, e anche se ho una perla non lo sarò mai.»
«Sei già uno di noi, Nico. Percy e Grover ti hanno portato qui, non al Campo Giove. Tuo padre è Ade, un dio greco. E... non voglio sembrarti presuntuoso, ma qui hai me.»
Nico si fermò dopo un paio di passi. «Sì, è vero.» disse, fingendo di non aver udito l'ultima frase. «Mio padre è Ade. E questo è stato il primo campo in cui ho messo piede. E se non fosse stato per tutto questo, mia sorella Bianca sarebbe ancora viva...»
«Ho sentito i racconti riguardo tua sorella. Ha fatto le sue scelte. È diventata una Cacciatrice di Artemide. Si è sacrificata per salvare le sue compagne.»
«È morta per portarmi una stupida statuina...»
Will lo afferrò per il polso, lo fece girare e lo baciò, soffocando il resto della frase. Nico cercò di divincolarsi, ma Will lo strinse più forte.
Nella testa di Nico scattò in fretta una molla, e si ritrovò a conficcargli una ginocchiata. Will indossava solo il costume. Si lasciò scappare un gemito di dolore, e non lo lasciò andare, persero l'equilibrio e si ritrovarono stesi sulla sabbia.
«Nico...» borbottò Will, dolorante. «Tu fai parte di questo Campo. E del Campo Giove. E se oserai tornare negli Inferi, giuro che invocherò tuo padre e verrò a cercarti!»
«Mio padre non verrà mai a prenderti.»
«Allora troverò un modo per morire. Sono un semidio, gli incidenti capitano di continuo.»
Will si rimise in piedi. «I miei fratelli ti considerano un amico.» gli disse, e Nico si alzò senza aiuto, spazzolandosi via la sabbia dai vestiti. «E io ti considero qualcosa di più, se solo...»
«Will, ho quattordici anni...»
«Per gli Dei, Nico, io ti amo!»
Nico sussultò e lo guardò a bocca aperta. Il rossore assalì le guance ancora sporche di inchiostro di Will.
Alle spalle di Will, lontani trenta metri, Nico vide gli altri semidei ridere indicando i fuochi d'artificio colorati. Se li stava perdendo. E li stava facendo perdere a Will. Era chiaro che si era dato un gran da fare per lui, per fargli passare una bella giornata. E la sorpresa che gli aveva annunciato era quella, la perla solitaria che ora indossava al collo.
«Ecco!» esclamò Will, scioccato, con voce tremula. «Non credevo che te lo avrei urlato in faccia in questo modo.»
«Ah, ora è colpa mia?» sbuffò Nico, incredulo.
«Sì! Avevo pensato di abbracciarti, guardare i fuochi d'artificio, e dirti che... che mi piace stare in tua compagnia. Tu avresti detto qualcosa tipo: Parli sul serio? E io ti avrei guardato negli occhi e ti avrei risposto: Sì. Ti amo, Nico.»
Nico alzò le mani verso di lui. «Ti fai tanti viaggi mentali.» gli disse, il cuore in gola.
«Sì, lo so.» Will iniziò a giocherellare con la collana che portava al collo. Aveva le pupille dilatate.
«Se la cosa può farti star meglio, mi hai davvero abbracciato sotto i fuochi d'artificio.» mormorò Nico.
«E ci siamo anche rotolati sulla sabbia.» aggiunse Will. «Più di quanto avessi mai immaginato.»
Nico non rispose. Arretrò di un altro passo.
«D'accordo.» disse Will. «D'accordo. Torna pure nella tua cabina. Mi rendo conto che la giornata di oggi per te sia stata... troppo, ecco. Un sacco di emozioni, di sensazioni, chissà cosa ti circola nella mente, ora. Dormici su. E domani mattina verrò a parlarti. E parleremo sul serio, questa volta. Non mi sfuggirai.»
«Domani mattina verso le undici?» precisò Nico.
«Sì, alle undici.»
«Okay, io... io ti aspetterò.»
«Se scapperai negli Inferi, nel frattempo, verrò a prenderti.»
«Lo so, me lo hai già detto.»
Nico lo lasciò da solo e si avviò in fretta verso la sua cabina. Una parte di lui che aveva lasciato con Will gli ricordò il libro abbandonato sulla sdraio.
Una volta che si fu chiuso nella sua cabina, Nico crollò sul letto e si prese la testa tra le mani. Perché era fatto così? Perché non sapeva ringraziare, sorridere, commuoversi come tutte le persone normali? Aveva ferito Will, glielo aveva letto chiaramente negli occhi.
E Will gli aveva regalato la perla del Campo Mezzosangue. Gli aveva detto che lui faceva parte di quel Campo. Che lui era figlio di un dio greco.
Gli aveva detto di amarlo.
Nico si sentì distrutto. Era stata una giornata lunga. E stressante sotto certi aspetti. Meravigliosi in altri.
Gli mancava il respiro. Si servì un bicchiere d'acqua e si guardò attorno. Doveva chiedere scusa a Will per il suo comportamento. Si era comportato come uno stupido. E Will una volta non glielo aveva detto chiaramente in faccia?
Avevamo una sola casa. Ora ne abbiamo due.
Nico sussultò alla voce di Reyna.
I miei figli sono felici così raramente. Mi... mi piacerebbe vedere che tu possa essere l'eccezione.
La voce di Ade. Nico tornò a sedere sul letto. Poteva sopportare il fatto che Will gli avesse detto di amarlo. Ma non poteva reggere le parole di suo padre. Si chiese se gliele avesse appena sussurrate nella testa, o se semplicemente gliele avesse già dette in passato.
Nico chiuse gli occhi. Era stremato. L'ultimo bacio di Will gli bruciava sulle labbra. Le parole di suo padre gli fecero venire il mal di testa, accompagnate da quelle di Reyna e di Will. Forse avrebbe fatto meglio ad andare a dormire nella cabina di Ipno...
Si spogliò e si infilò sotto le coperte, la faccia premuta contro il cuscino. Sprofondò in un sonno profondo tormentato da incubi.

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Capitolo 42
*** 42. Nico ***


Il bussare furibondo alla porta lo fece sussultare. Rotolò giù dal letto, ammaccandosi una spalla, e fissò il soffitto con gli occhi brucianti per la stanchezza. Forse aveva dormito a lungo, ma gli incubi gli avevano proibito di riposarsi.
Nico si rimise in piedi a fatica, togliendosi le coperte attorcigliate alle gambe. Si infilò gli stessi vestiti della sera prima, ancora sporchi di sabbia, e aprì la porta.
«Bonjour, petit prince!» fischiettò Will, entrando nella cabina, occhieggiando subito il letto disfatto. «Mi dispiace averti svegliato, ma ci eravamo dati appuntamento alle undici.»
«E tu sei sempre puntuale, vero?» ringhiò Nico, sbattendo la porta e risistemando le coperte sul letto.
«Il realtà, ti ho lasciato un'altra ora abbondante di sonno.» mormorò il figlio di Apollo, gli occhi curiosi puntati su Nico. «E poi un'altra per sicurezza. Ehm, stai bene?»
Nico annuì, crollando sul letto. La testa gli stava per scoppiare. Gli occhi bruciavano per la stanchezza. E la spalla era ancora dolorante per la caduta.
La mano di Will sui capelli lo fece rabbrividire, ma non gli chiese di lasciarlo. Socchiuse le palpebre, lo sguardo puntato sul cuscino.
«Hai dormito male?» gli chiese Will, dolce, continuando ad accarezzargli i capelli.
«Sì.»
«Come ti senti?»
«A pezzi. Ho mal di testa.»
«Hai avuto incubi?»
«Sì.»
«Di che genere?»
Nico non rispose. Aveva sognato enormi creature alate sputa-fuoco che invadevano il Campo Mezzosangue alla sua ricerca, e nel mentre uccidevano tutti i semidei che provavano a difenderlo. Come se non bastasse, Hazel, Percy, Jason e Will erano morti di fronte a lui, senza alcuna possibilità di poterli aiutare.
E quando aveva sperato di svegliarsi urlando, Nico si era ritrovato in un altro sogno. Questa volta Will era ancora vivo, ma si trasformava in uno spirito del vento che prima uccideva Percy e Jason, e poi cercava di far fuori se stesso.
Si svegliava da un incubo solo per cadere dentro ad un altro. Nico aveva rinunciato al riposo alla conclusione del primo incubo.
«Ho qualcosa che può aiutarti.» continuò Will, tirandogli indietro i capelli e lasciandoglieli ricadere sulle spalle. «Dei cheeseburger.»
Nico sentì una fitta allo stomaco. «Non ho fame.» brontolò.
«Invece mangerai. Sono un dottore, e si da il caso che abbia con me qualche medicina che potrebbe farti comodo. Poi potrai dormire.»
Alla prospettiva delle medicine, Nico si mise seduto, un po' titubante. Lasciò che Will lo esaminasse con attenzione, sapendo quello che il dottore avrebbe visto: occhiaie spaventose, gli occhi iniettati di sangue per la mancanza di sonno, la pelle più candida del giorno prima. O forse era verdastro per la nausea al pensiero del cibo.
«D'accordo.» annuì Nico, con voce flebile. «Non hai intenzione di parlare, vero?»
«No. Lo faremo stasera, quando starai meglio. A meno che...»
«No.»
Will sospirò.
Nico lo guardò prendere una busta di carta e tornare a sedersi vicino a lui. Si chiese come non avesse fatto a non vederla tra le mani di Will quand'era entrato. Nico mangiò un solo cheeseburger senza controllare i movimenti del dottore, e quando ebbe finito tese la mano verso di lui.
«Vuoi darmi il cinque?» chiese Will, reprimendo un sorriso.
«No. Voglio dormire.»
Will sospirò un'altra volta, e gli tese un paio di pillole bianche. «Ti porto l'acqua.» disse, ma Nico le infilò in bocca come se fossero caramelle e le buttò giù con un po' di Sprite.
«Grazie.» borbottò, coricandosi sul letto e immergendo la faccia nel cuscino.
«Figurati. Il sonnifero dovrebbe fare effetto tra dieci, quindici minuti. Nel frattempo, ti farò un massaggio.»
Nico sgranò gli occhi. «Tu farai cosa?»
«Un massaggio. Non ti preoccupare, sono bravo.»
Nico sentì le mani di Will sollevargli la maglietta e iniziargli a toccare la pelle nuda. Con le guance in fiamme, fu tentato di voltarsi e tirargli un calcio, ma non aveva forze a sufficienza. Si sentiva stanco, e turbato. Confuso.
«Mi dispiace per ieri.» mormorò Nico, tornando ad appoggiare la testa sul cuscino. «Non so cosa mi abbia preso.»
Will non rispose. Le sue mani continuarono a toccarlo e Nico pensò di essere arrivato in paradiso.
«È stata una bella giornata.» continuò il figlio di Ade. «E riguardo quello che mi hai detto...»
«Su cosa? I miei sentimenti serviti su un piatto d'argento?»
Nico sorrise leggermente. «Oltre quelli. Tu mi piaci, Will, e mi dispiace per la ginocchiata.»
«Ah, acqua passata. Non pensiamoci più.»
«E se sono stato cattivo nei tuoi confronti, mi dispiace. Accetto la collana, accetto l'appartenenza al Campo Mezzosangue. Accetto tutto quanto. Negli ultimi anni sono stato sempre solo, e non so come si sta con le persone. Sono come mio padre. Sempre negli Inferi.»
«Be', tu sei più fortunato. Il paesaggio, qui, è migliore.»
Nico fece una smorfia. «Sì, lo è decisamente. Sono felice di averti conosciuto, Will. E di averti baciato. E di aver provocato in te qualsiasi cosa abbia destato il tuo interesse nei miei confronti.»
Will smise di massaggiarlo e sorrise. «Dovrei darti del sonnifero più spesso, Nico.»
Nico ridacchiò, e borbottò, con voce impastata: «Quanto mi ricorderò al mio risveglio?»
«Non credo molto, ma non importa. Ho registrato tutto quanto.»
Nico annuì e si assopì senza aggiungere una parola. Will gli accarezzò i capelli, in silenzio, poi gli passò le dita sul laccio che portava stretto al collo. Gli baciò la fronte e lo lasciò solo nella cabina.

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Capitolo 43
*** 43. Nico ***


Nico immaginò che fosse tardi, quando si svegliò da solo nella sua cabina. Raggi di sole entravano dall'unica finestra aperta, assieme ad una sottile brezza.
Si mise seduto. La testa non gli doleva più. Gli era passata anche la nausea, e aveva in bocca il disgustoso sapore di cheeseburger. Nico andò in bagno a lavarsi i denti, e dopo la doccia notò il libro sulla scrivania.
L'ultimo ricordo che popolava la sua mente era il volto sorridente di Will che gli diceva qualcosa riguardo ad un massaggio. Doveva averlo sognato.
Nico uscì dalla cabina. Doveva trovare e parlare con Will. Naturalmente, il figlio di Apollo non si vedeva da nessuna parte.
«Ehi!» esclamò Nico, rivolto ad una piccola figlia di Demetra. «Che ore sono?»
«L'ora di pranzo.» rispose lei, senza scomporsi.
Nico aggrottò la fronte. C'era qualcosa che non quadrava, ma annuì. Si diresse alla mensa, ed ebbe il tempo di sedersi ad un tavolo con un vassoio quando fu raggiunto da Jason e Piper.
«Che fine hai fatto?» domandò Piper, stappando una lattina di Diet Coke e iniziando a sorseggiarla.
«Ieri mi sentivo stanco, e sono tornato alla cabina durante i fuochi d'artificio.» rispose Nico, giocherellando con la sua insalata.
Jason inarcò un sopracciglio. «Quello è successo due sere fa. Hai dormito un giorno intero?»
Nico annuì. Questo aveva molto più senso. «Avete visto Will?» domandò.
Piper sorrise. «È in infermeria. Un figlio di Ecate ha usato troppa magia ed è ricoverato in infermeria per tutta la settimana.»
«Percy e Annabeth?» aggiunse Nico, notando l'occhiata e il sorrisino di Jason.
«Non li vedo da stamattina. Staranno preparando le valigie. Tornano a casa. Devono prepararsi per l'ultimo anno di scuola.»
«Voi, invece? Cosa avete intenzione di fare?»
Jason addentò il suo panino vegetariano e finse di pensarci. «Io e Piper partiremo domani. Andremo alla ricerca di Leo. Non sappiamo dove cercarlo, ma stiamo chiedendo aiuto a dei figli di Efesto.»
«Sono dell'opinione che Leo sia su qualche spiaggia, a prendere il sole, e a guardare le ragazze.» disse Piper, pensierosa. «Magari si trova alle Hawaii. Si gode il fatto di non essere morto, e quando sarà pronto, tornerà qui.»
«Avete detto ai suoi fratelli che è vivo?» domandò Nico, a disagio.
«No. Abbiamo chiesto ai suoi fratelli dove potrebbe andare un figlio di Efesto in vacanza. Le loro risposte sono state molto interessanti. Quasi tutti hanno detto che vorrebbero trovarsi nei pressi di un vulcano in procinto di eruttare.»
«Per ricoprirsi di lava?» domandò Nico, perplesso.
«Ho pensato di non chiedere altre informazioni.» sorrise Jason, e Piper ridacchiò. «Come stai, Nico?»
«Sto bene.»
«Non stai mangiando.» gli fece notare Piper, e Nico si affrettò a riempirsi lo stomaco.
Quando ebbe finito di mangiare, Nico prese una soda, un panino e si diresse all'infermeria. Jason gli disse qualcosa, ma Nico non lo udì. Doveva trovare Will.
Entrato in infermeria, Nico osservò Derek che dormiva profondamente su un lettino, a braccia aperte e con una rivista sul petto. Sperò che Will fosse lì da qualche parte. Non intendeva andare a cercarlo nella sua cabina, dove ci sarebbero stati tanti figli di Apollo che lo guardavano divertiti.
Entrò nella piccola cucina, ma non lo vide coricato sul tavolo a pensare com'era solito fare. Cercò nell'ultima ala, dove un tempo era stato ricoverato Gabriel Hawthorne, e vide Will in piedi, con un lungo camice e le infradito arancioni, che chiacchierava con un ragazzo dai capelli rossi, altrettanto allegro. Il giovane, che doveva per forza essere un figlio di Ecate, si zittì nel vederlo.
Will voltò subito la testa verso di lui, curioso.
«Ciao, Will.»
Nico aveva assistito a diverse esplosioni di energia nel corso delle battaglie a cui aveva preso parte. Palle di luci che si erano abbattute sui nemici, e che per qualche secondo lo avevano accecato.
Vedere Will illuminarsi lì, nel bel mezzo dell'infermeria, con di fronte un paziente, fu proprio come vedere un'esplosione. Un ampio sorriso entusiasta si allargò sul volto del figlio di Apollo, illuminandogli gli occhi. Nico sentì le proprie ginocchia tremare.
«Torno subito, Raphael.» mormorò Will al figlio di Ecate, che annuì dubbioso, lo sguardo puntato su Nico, che indietreggiò di qualche passo.
«Come stai?» domandò Will a Nico, scrutandolo.
«Sto molto meglio, grazie.» Nico abbassò gli occhi su ciò che teneva in mano. «Io... ehm, ti ho portato questo. Se hai fame. Se non hai fame, lo porto via.»
Il sorriso di Will si allargò ancora di più. «Grazie, Nico. Ho proprio fame. Vieni con me in cucina.»
Nico annuì, e lo seguì, sentendo su di sé lo sguardo furioso di Raphael, figlio di Ecate.
Will si sedette sul tavolo, tolse la carta al panino e iniziò a mangiare con calma, senza fretta, gli occhi puntati su di lui. Nico cercò in tutti i modi di non guardarlo. Era possibile che Will lo avesse davvero massaggiato, il giorno prima. E se era un fattore vero, Nico si domandò perché non se lo ricordasse.
«Allora?» chiese Will. Continuava a sorridere. «Come ti senti? Meglio di ieri?»
«Sì, molto meglio.»
«Sono venuto a controllarti, sai. E dormivi come un sasso. Immagino che tu non abbia fatto degli incubi nelle ultime ventiquattro ore.»
«Nessun incubo. Tu come stai?»
«Io? Alla grande!» Will sorrideva entusiasta. «La festa in spiaggia è stata un successo, e ieri non ho avuto quasi niente da fare, a parte Raphael. Ha fatto il gradasso con i suoi fratelli, e ora si ritrova qui a rigenerare la sua magia interiore, e non può fare assolutamente nulla che possa richiedere la magia.»
«Mmh.» rispose Nico. «Di cosa stavate parlando, prima?»
«Sciocchezze, nulla di che.» rispose Will, con un'alzata di spalle, aprendo la sua lattina di soda.
Nico decise di chiederlo direttamente a Raphael.
«La perla ti dona molto.» disse Will, alzando gli occhi su di lui.
Nico ci giocherellò, ancora intento a pensare a Raphael.
«Ti ringrazio per lo spuntino.» aggiunse Will. «Avevo proprio bisogno di una pausa. Ma Derek sta dormendo, e non mi andava di lasciare da solo Raphael.»
Nico lo fissò dritto negli occhi. Will lo studiò per un'altra manciata di secondi, e sorrise.
«Sei geloso di Raphael?» gli domandò, piano.
«Chi, io?» rispose Nico, accigliato. «Cosa te lo fa pensare?»
«La tua espressione. Sembra che tu stia progettando un omicidio.»
«Magari sto progettando il tuo, di omicidio.»
Toccò a Will accigliarsi. «Hai ragione... ma non capisco il motivo per cui tu mi abbia portato da mangiare, se desideri uccidermi.»
«Hai mai sentito il termine ultimo pasto
Will sorrise. «Sì, ne ho sentito parlare. Allora, Nico. Ti ringrazio per lo spuntino e la soda. Posso fare qualcosa per te? Hai ancora mal di testa?»
«No, sto benissimo. Ecco, volevo sapere... quando esci da qui?»
«Il mio turno finisce alle tre. Angel mi sostituirà.»
«Mi raggiungi nella mia cabina?»
«Wow, naturale. Certo che ti raggiungerò nella tua cabina, se me lo domandi in questo modo.»
«Allora ti aspetto dopo.»
«C'è qualcosa che desideri dirmi, Nico?»
Nico non lo guardò, tamburellò le dita sul proprio braccio poi, in un eccesso di qualcosa che non riusciva a comprendere, si accostò a Will e gli diede un leggero bacio sulle labbra.
«A dopo.» mormorò, e lasciò l'infermeria quasi di corsa.

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Capitolo 44
*** 44. Will ***


«Allora... tu e il figlio di Ade..?»
Will si sedette su un lettino vuoto e lo osservò. «Ti sei messo ad origliare?»
«E a spiare.» aggiunse Raphael, sorridendo. «Non ho altro da fare, qui.»
«Sì, tra me e Nico c'è qualcosa.» annuì Will, massaggiandosi la fronte.
«Mi è bastato un solo sguardo per capirlo.»
«Ti consiglio di aprire un'attività come investigatore, Raphael, caso mai dovessi tornare a vivere in città.»
«Lo farò, Willy, non ti preoccupare.»
Willy. Era da tanto tempo che nessuno lo chiamava più Willy. Gideon si divertiva tantissimo a chiamarlo Willy Wonka quando erano bambini. Un soprannome che si era vaporizzato quando la loro madre li aveva messi in punizione per aver rubato del cioccolato in un supermercato. La scusa di Gideon era stata: Lui è Willy Wonka, il re del cioccolato. Logan aveva riso per una settimana, ma Cindy si era infuriata.
Gli occhi di Will si posarono su Raphael. I suoi occhi viola cercavano di indovinare i suoi pensieri.
«Ti ho detto che Gideon si è sposato?» gli disse Will.
Raphael sgranò gli occhi. «Gideon? Sul serio?»
«Già. Ho partecipato al matrimonio, qualche giorno fa.»
«Wow, una cosa recente. Lei è incinta?»
«Credo di sì, ma nessuno me lo ha confermato.»
Raphael ridacchiò.
Will e Raphael si conoscevano da dodici anni. Avevano frequentato le stesse scuole, e Raphael aveva la stessa età dei gemelli Jem e Alec. Erano cresciuti insieme, e Will era rimasto piacevolmente sorpreso quando, quasi un anno prima, Raphael si era presentato al Campo Mezzosangue, rivelando di essere figlio di Ecate. Si erano corsi incontro, increduli, e per i due giorni successivi non avevano fatto altro che parlare di Dei e di come fosse tutto ben diverso dalla loro vita prima del Campo.
«Jem mi ha detto che eri finito in un collegio privato per cervelloni.» gli aveva detto Raphael. «E invece sei qui.»
«Sì, ma non dirlo in giro. Sono lo stesso intelligente.» aveva risposto Will, ridendo.
Era stato strano incontrare Raphael proprio lì, al Campo, figlio di una dea minore. In un sogno, Ecate si era presentata a Raphael e gli aveva annunciato di recarsi lì, al Campo Mezzosangue. Lui aveva obbedito alla donna senza troppe domande.
«Tua madre lo sa?»
Will sussultò e puntò gli occhi su Raphael, amico di infanzia, che una volta, il primo giorno di scuola media, lo aveva preso a pugni per conto di Alec e Jem. Loro non potevano sporcarsi le mani.
«Che cosa?» domandò Will, perplesso. «Che Janet è possibilmente incinta?»
«No, che ti stai frequentando con un ragazzo.»
Will scosse le spalle. «Non ne ho idea. Non me ne importa. E credo che sia meno grave di Gideon e Janet che si sposano per nascondere la gravidanza.»
«Tua madre è una donna molto furba.» mormorò Raphael. «Secondo me, lo sa già. Riusciva sempre ad indovinare le malefatte mie e di Jem prima ancora che mettessimo piede in casa.»
«Sì, ma perché spesso chiamavano a casa per avvertire. E mia madre si è sempre divertita a sgridarti prima di tuo padre.»
Raphael fece una smorfia. Mangiucchiò un biscotto. «Quindi non lo sanno?» aggiunse Raphael. «Che ti piacciono i ragazzi?»
«Be'...» mormorò Will, reprimendo un sorriso. «Credo siano a conoscenza delle relazioni amorose del dio Apollo. E sono sicuro che non saranno così tanto scandalizzati nello scoprirlo. Infondo, la storia d'amore tra Apollo e Giacinto è epica, no?»
Raphael annuì e Will si stese sul letto, pensieroso. Non gli era mai importato granché di quello che pensavano i genitori riguardo alle sue relazioni. Anche perché non gliene aveva mai parlato, e anche perché non si era mai trovato in casa in quelle occasioni. E poi... Will doveva ammettere che non era un playboy come invece i suoi fratelli maggiori. Era stato con una sola ragazza, Drew Tanaka, che gli aveva spezzato il cuore. E dopo tre anni, cauto, cercava di aprire un varco nel cuore di Nico di Angelo, cercando di non distruggersi un'altra volta. Ma Nico non mentiva sui sentimenti che credeva di provare nei suoi confronti. Nico era sincero, e non lo baciava per scommessa.
«Alec ti pesterà.» disse Raphael, e Will rise.
«Alec coglie ogni occasione possibile per pestarmi.» gli ricordò. «Al matrimonio di Gideon mi ha tirato un pugno perché mi ha visto sorridere ad una ragazza che mi ha invitato a ballare.»
«E naturalmente quella ragazza ti considerava più carino di Alec.»
«Naturalmente.»
Raphael scosse la testa, divertito. «Sai, mi mancano proprio, i tuoi fratelli.» disse. «Magari torno a casa solo per rivederli.»
«Dovrai fare attenzione. Puzzate di magia, voi figli di Ecate.»
«Tu puzzi di medicine, disinfettante e sudore.»
«Io sono un dottore. E ho passato tutto il giorno a curare te, Raphael Ramirez. Mi merito un po' di comprensione da parte tua.»
«Senz'altro.» Raphael rise divertito. «Ti ricordi i finti giochi che facevamo da bambini?»
Will finse di pensarci su. «Quando tu e Jem mi mentivate dicendo che volevate giocare ai camerieri e clienti, e io ero sempre il cameriere che vi portava da bere e da mangiare?»
«Esatto.»
«Hai sete? Be', la cucina è laggiù. E io ho smesso di fare il cameriere tanto tempo fa.»
Raphael riprese a ridere e Will andò a svegliare suo fratello.
 
Prima delle tre, Will si fece dare il cambio da Angel e corse nella sua cabina. Si fece una doccia frettolosa, e raggiunse la cabina di Ade. Bussò alla porta, e Nico gli aprì un minuto dopo. Aveva lo sguardo spaesato.
«Come stai?» gli chiese Will, entrando.
«Mmh, credo bene. Ho appena finito La ragazza di fuoco
«Oh, capisco. Hai già iniziato quello dopo?»
«Ho bisogno di un po' di tempo per riflettere, prima.»
Will rise. «Ti capisco.»
Si guardò attorno. La cabina di Nico era più in disordine della sua. E nella sua vivevano una dozzina di semidei, maschi e femmine.
Tirò un calcio ad una massa di vestiti sporchi sul pavimento, e si voltò verso Nico. L'unica cosa in ordine di tutta la stanza era il letto. Chissà perché.
Nico si stava torcendo le dita, e Will rimase in attesa di sentirlo parlare.
«Ho un ricordo vago di quello che è successo ieri.» mormorò Nico, lanciandogli una rapida occhiata.
«Te ne parlerò solo se lo vorrai.» rispose Will, con un sorrisetto.
«Mmh, credo di volerlo sapere. Magari non subito.»
«Come preferisci.»
Nico inspirò profondamente. «Ti chiedo scusa.» disse. «Per tutte le cose che ti ho detto in spiaggia. Per il calcio. Per averti insultato.»
«Non mi hai insultato.»
«Meglio così.»
Will lo scrutò. «Sai, credo che sia stata colpa mia.» disse.
«Il calcio?»
«No, non il calcio. Ma il fatto che tu sia stato male. Devi aver preso un colpo di sole, o qualcosa di simile. E sei ancora più pallido di due giorni fa, quindi immagino che tu non riesca ad abbronzarti.»
«A me non dispiace.»
«Avere un'aria malaticcia?»
«Esatto. A te dispiace?»
«Non vincere il premio come Miglior coppia super abbronzata del Campo Mezzosangue? Un po'. Ma posso sopravvivere.»
Nico sbuffò, divertito.
Will spalancò le braccia. «Posso abbracciarti?» chiese. «Senza ripercussioni?»
Nico lo studiò per un secondo, e annuì. «D'accordo.»
Will si avvicinò e lo strinse a sé. Sentire le mani di Nico di Angelo sulla schiena lo fece sospirare di gioia.
Stringendolo forte, Will si domandò quanto ricordasse Nico del giorno prima. Si ricordava di avergli confessato di piacergli? Di essere felice di averlo conosciuto? Di averlo baciato?
Gli diede un tenero bacio sulla fronte, e attese. Attese che capitasse qualcosa di brutto. Era così felice... doveva per forza capitare. Le cose belle non duravano per sempre.

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Capitolo 45
*** 45. Will ***


Il letto non era stretto, ma lui e Nico stavano lo stesso coricati vicini, le spalle una contro l'altra. Fissavano il soffitto in silenzio. Di tanto in tanto uno dei due si lasciava scappare una parola, e l'altro rispondeva dopo un lunghissimo minuto di riflessione.
Will era felice di trovarsi lì, nella stessa cabina di Nico, a non fare niente. Di tanto in tanto si voltava per osservare il profilo del figlio di Ade, e sapere che Nico lo stava già guardando lo rendeva ancora più entusiasta.
«Era questo ciò che volevi, giusto?» chiese dopo qualche minuto Will.
«Come?» rispose Nico, perplesso.
Will si voltò su un fianco, appoggiando la testa alla mano e fissando il figlio di Ade con gli occhi azzurri scintillanti.
«Rimanere in cabina e dormire fino a tardi.» disse.
Nico sospirò. «Ma non stiamo dormendo.»
«In effetti, potremo rendere il tutto molto più interessante.»
Nico lo guardò in silenzio, in attesa, e Will chinò il volto su di lui. Riuscì a sfiorargli le labbra prima che il figlio di Ade si mettesse seduto.
«Non credo sia una buona idea.» borbottò.
Will sorrise, sedendosi a sua volta. «E perché no?» mormorò, accarezzandogli la spalla. «Hai paura di non riuscire a controllarti e di saltarmi addosso?»
Nico rise. «No. Ho paura che possa entrare qualcuno.»
«Chirone? Credo che ormai abbia rinunciato a controllare i semidei adolescenti.»
«No, non Chirone. Uno dei tuoi fratelli. Non ti hanno visto venire da questa parte?»
«Sì, ma le loro menti perverse avranno già dipinto a modo loro questo pomeriggio. E sanno che non devono disturbare.»
Nico diventò tutto rosso. «Sei stato tu..?»
«No, no. Quando ti ho baciato in infermeria, Angel ha visto tutto. Poi ne ho parlato con Austin, e Austin ne ha parlato con Derek, ma mentre Austin ne parlava con Derek nella cabina è sceso un gran silenzio e hanno sentito tutti, tranne chi non era presente, ma chi non era presente è stato subito informato dagli altri, quindi...»
Nico lo baciò per zittirlo. «Quindi, dei tuoi fratelli, lo sanno tutti.» mormorò.
«Be', tranne quelli umani.»
«Possiamo scrivere loro una lettera.»
Will rise. «Parli sul serio?»
Nico scrollò le spalle.
«Un giorno ti presenterò alla famiglia Solace.» gli promise Will.
«E io... Hazel la conosci già... quindi immagino che ti presenterò a mio padre.»
Will ebbe una fugace visione di un uomo vestito come Nico - ovvero tutto di nero, ma con giacca e stivali in pelle umana - che lo salutava senza allegria nell'apprendere che era il fidanzato del suo unico figlio maschio. In più, ricordò che Ade era il Signore dei morti.
Rabbrividì.
«Magari aspettiamo un po' di tempo, eh?» sorrise Nico, notando l'espressione dell'altro.
Will annuì.
Si stesero di nuovo sul letto, le dita intrecciate, entrambi pensierosi. Will osservò con attenzione il volto di Nico, poi sorrise.
«Ho un'idea.» disse.
«Quale?»
«Possiamo andare nella cabina di Ermes.»
Nico sembrò perplesso. «E perché?»
«Possiamo guardare un film. Loro hanno la televisione.»
«Mmh, quindi vuoi sederti sul divano, magari abbracciandomi, di fronte a un centinaio di figli di Ermes? Davanti ai fratelli Stoll?»
Will ci pensò per un momento. «Lo saprebbero tutti entro la fine della giornata.» mormorò tra sé, poi guardò Nico: «E tu non sei pronto per dirlo a tutti, vero?»
«Che voglio vedere un film con te?» rispose Nico, sarcastico.
Will sbuffò. «E se ti insegnassi a tirare con l'arco?»
«È un'ottima idea.»
«Ottimo. Ma... io ti insegno a tirare con l'arco. Tu cosa mi dai in cambio?»
Nico finse di pensarci. «Che ne pensi di una guardia del corpo zombie? Sempre a tua completa disposizione. Ti aiuterà a sconfiggere i tuoi nemici, a picchiare i tuoi fratelli se si comportano male, a stendere il bucato... Uno zombie cameriere.»
«Nico...»
Il figlio di Ade ridacchiò. Will portò la mano dietro la sua nuca, lo attirò a sé e lo baciò. Due giorni prima gli aveva esposto i suoi sentimenti, glieli aveva urlati in faccia mentre lo ricorreva sulla spiaggia. Gli aveva confessato di amarlo. E Nico ricambiava i suoi sentimenti, anche se non si era accorto della loro portata. Forse Nico sospettava di avere nei suoi confronti una semplice cotta, ma Will aveva capito da tempo che si trattava di qualcosa di molto, molto più profondo. Si chiese come avrebbe reagito il piccolo figlio di Ade una volta che l'avesse scoperto.
 
Cinque minuti dopo, si ritrovarono nei pressi del campo di esercitazione col tiro con l'arco. Non c'era nessuno. Molti semidei erano alle prese con le valigie per il ritorno a casa, ormai imminente. Altri erano ancora in spiaggia a riposarsi.
«Perché mi vuoi insegnare a tirare con l'arco?» domandò Nico, mentre Will recuperava una faretra piena di frecce e un arco nero.
«Perché tu non vuoi rimanere nella tua cabina a pomiciare.» rispose Will, sorridente, godendosi per qualche secondo il rossore sulle guance di Nico. «È per la tua sicurezza, Nico. Potresti ritrovarti a combattere contro un gigante con solo un arco.»
«E perché mai dovrei affrontare un gigante con un'arma che non so usare?»
«Perché ora imparerai ad usarla. Sono o no un bravo maestro? Ti ho insegnato a nuotare, a fare surf...»
«Con scarsi risultati...» mormorò piano Nico, sorridendo appena.
«E ora ti insegnerò a tirare con l'arco.» finì Will, alzando la voce, e fingendo di non averlo sentito.
«Okay. Ma se è per la mia sicurezza, quando avremo finito qui, ti insegnerò ad esercitarti con la spada.»
«Non è il caso, Nico. A noi figli di Apollo non piace...»
«Non mi interessano i figli di Apollo.» disse Nico, con una strana luce negli occhi. «Mi interessi solo tu. E visto che un giorno potresti ritrovarti a combattere contro un gigante con solo una spada...»
Will sorrise, imbarazzato. «D'accordo. Affare fatto, allora.»

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Capitolo 46
*** 46. Will ***


La prima freccia di Nico volò per circa due metri prima di conficcarsi nel suolo. Will lo esortò a continuare. La seconda freccia gli sfuggì di mano e finì contro il figlio di Apollo, che la riprese e gli indicò con un cenno il bersaglio a trenta metri di distanza.
«Puoi farcela.» disse Will, senza enfasi, allontanandosi di qualche altro passo, massaggiandosi la spalla. «Distendi un po' di più il braccio.»
Nico grugnì e tirò la terza freccia. Cadde poco distante dall'altra.
«Will, sotto sotto, credo che non incontrerò mai un gigante senza la mia spada.» disse Nico, serio.
«Non puoi saperlo.» lo esortò Will. «Dai. Immagina Katniss al tuo posto.»
«Non posso farlo. Non ho una treccia sul petto.»
Will ridacchiò. Nico si concesse un breve sorriso.
«Dai, se tu ti impegni come Katniss, domani ti preparerò una torta.»
«Quindi tu saresti Peeta?»
«Sì.»
«Hai una gamba finta.»
«Ti assicuro che sono entrambe vere. Dai, Nico. Fatti forza. Annienta i tuoi bersagli invisibili.»
Nico inspirò a lungo, e riprovò. Riprovò una quarta e una quinta volta, e alla decima lasciò ricadere lungo il fianco il braccio dolorante.
«Per oggi può andare bene.» annuì Will, recuperando le frecce. «Ma domani ti voglio più concentrato.»
«Ora ero super concentrato.»
«Ah ah, non ci casco.»
«Tu come hai imparato a tirare con l'arco?»
Will esitò prima di dire: «Ad otto anni, i miei genitori mi hanno portato in campeggio. E in questo campeggio c'erano un sacco di attività fantastiche, ma visto che non avevo dieci anni, in teoria non potevo partecipare. Gideon, Alec e Jem erano tutti più grandi, e volevano partecipare ad un gioco a squadre e vincere il premio, e serviva un quarto membro. Quindi hanno mentito sulla mia età. Volevano che facessi solo presenza, ma quando mi hanno dato l'arco... be', il potere di Apollo si è fatto valere.»
«Avete vinto?» si incuriosì Nico, massaggiandosi la spalla dolorante.
Will schioccò le labbra al pensiero. «No. Nostra madre mi ha visto con l'arco in mano, e si è messa ad urlare furibonda. Voleva fare causa a tutti. Gideon è riuscita a calmarla, e due ore dopo essere arrivati al campeggio, siamo ripartiti.»
«Ma non ti sei fatto male...»
«Oh, non era questo il punto. Mia madre non voleva che avessi a che fare con qualsiasi cosa potesse collegarmi ad Apollo. E l'arco è l'arma preferita del mio padre divino.»
Will riusciva ancora a ricordare la madre che lo spingeva in macchina, furiosa con lui, e non con i suoi fratelli che lo avevano fatto entrare nella squadra, che avevano mentito sulla sua età. Aveva pianto per tutto il ritorno a casa, e con lui anche Thomas e Danny, più che altro per solidarietà. Più tardi, quel giorno, Logan aveva provato a spiegargli che la mamma si era spaventata, ma non aveva funzionato. Dal giorno seguente, Will si era documentato il più possibile sul suo padre divino.
Will alzò gli occhi su Nico, che lo stava fissando in silenzio. Grazie al figlio di Ade, gli erano tornati molti ricordi legati alla sua infanzia, o alla sua vita prima del Campo, che aveva sforzato di dimenticare. Nel resto di quella giornata, si era dovuto nascondere dentro l'armadio per evitare Alec e la sua rabbia per la vacanza interrotta.
«Tutto okay?» gli chiese Nico, dubbioso.
Will annuì. «Ci alleniamo con le spade?» chiese, tossicchiando.
Nico lo scrutò. «Immagino che tu voglia quelle da allenamento.»
«Non ho intenzione di allenarmi con altro.»
Nico recuperò due spade di legno e ne lanciò una a Will, che se la rigirò in mano.
«Sai che, a differenza tua con l'arco, io una spada l'ho già tenuta in mano?» gli disse Will, sforzandosi di non sorridere.
«Be', meglio. Così non devo preoccuparmi di farti male.»
Nico lo attaccò senza preavviso. Will lanciò un grido e inciampò all'indietro sulla radice di un albero. Nico gli puntò la spada alla gola.
«Morto.» disse Nico.
«Non è valido.» borbottò Will. «Sono inciampato da solo.»
«Credi che ad un gigante possa importare?» Nico gli tese la mano e Will la accettò. Una volta in piedi si tolse del terriccio dai jeans e guardò i bersagli del tiro con l'arco con nostalgia.
«Riprendiamo?» domandò Nico, e Will annuì. Il figlio di Ade diventava piuttosto combattivo con una spada in mano. Ora riusciva a rendersi conto del perché lui e Jason si fossero ricoperti di così tante ferite prima di interrompere il combattimento.
«Ehi!»
Will abbassò la guardia per mezzo secondo, sufficiente per farsi colpire al fianco destro da Nico di Angelo. Scivolò a terra, borbottando per il dolore, e guardò le figure di Jason e Piper in avvicinamento.
«Che combinate, voi due?» si interessò Jason.
«Allenamento.» sbuffò Nico, scostandosi i capelli dal volto e abbassando lo sguardo su Will. «Rimettiti in piedi.»
«Credo che rimarrò qui un altro minuto.» ribatté Will, incrociando le braccia al petto e chiudendo gli occhi. Si allenavano da più di un'ora. E da più di un'ora se le stava prendendo da Nico. Il figlio di Ade non aveva un gran giudizio sugli allenamenti.
«Come vuoi.»
Nico si sedette sul tronco di un albero, gli occhi puntati sul volto di Will, lucido di sudore. Dal canto suo, Will tenne le palpebre sigillate, cercando di riprendere fiato, e di ignorare il dolore del fianco.
Entrambi si erano dimenticati della presenza di Jason e Piper.
«Credevo che tu non potessi più allenarti con nessuno.» disse Jason a Nico. «Sai, per ordine del tuo dottore.»
«Non è il mio dottore!» scattò Nico, e Will aprì gli occhi giusto in tempo per vederlo arrossire.
Jason sorrise divertito. «Il tuo dottore. Il tuo infermiere. Non intendevo il tuo dottore in un altro senso.» gli spiegò.
Nico diventò ancora più rosso, e Will si rimise in piedi spazzolandosi i vestiti, sorridendo leggermente compiaciuto per la reazione di Nico. Guardò Jason. Il figlio di Giove doveva essere informato quanto i suoi fratelli.
«Cosa mi state nascondendo?» domandò Piper, guardando tutti e tre uno dopo l'altro.
«Nulla!» esclamò Nico, sempre più rosso.
«Cosa fate da queste parti?» chiese Will a Piper.
«Una passeggiata.»
«I tuoi fratelli mi hanno detto che il colore della perla l'hai scelta tu.» disse Jason, sorridendo al figlio di Apollo. «Mi piace.»
«Ci scommettevo, romano.»
«Hai qualche problema, greco?»
Will fissò Jason. E Jason lo fissò torvo. A Will non andava ancora giù l'idea di Jason e Percy che gironzolavano intorno a Nico. Ed era sicuro che non lo avrebbe mai accettato. Nico e Jason si erano abbracciati davanti alla cabina di Nico prima che Will riuscisse ad attirare l'attenzione del figlio di Ade, e farlo ricoverare in infermeria per tre giorni.
Jason iniziò a sorridere e Will si domandò cosa avesse letto sul suo volto.
«Piper, tesoro, credo che sia arrivato il momento di continuare la passeggiata.» disse.
«Sì, credo che sia la cosa migliore.» borbottò Will.
Jason rise. «Perché, altrimenti? Se io e Piper decidessimo di rimanere qui, cosa faresti?»
«Hai appena detto alla tua ragazza che dovete proseguire la passeggiata. Quindi, vai. Andate.»
Nico tossicchiò. «Will?»
«Ehm, Jason?» aggiunse Piper, perplessa. «Che succede? Tu e Will...?»
Jason scrutò il figlio di Apollo in silenzio, poi tornò a guardare la sua ragazza con un immenso sorriso. «Andiamo.» le disse.
Piper annuì, lanciando un'occhiata curiosa a Will, che tenne lo sguardo puntato sul figlio di Giove. Non era da lui prendersela in quel modo, ma da quando aveva confessato i suoi sentimenti a Nico, sembrava essere scattato qualcosa dentro di lui. Qualcosa che aveva molto a che fare con la gelosia. Era geloso di Nico, e sperò che esistesse un modo per fare azzerare questo sentimento.
Mentre Nico gli si avvicinava con un espressione mista a rimprovero e divertimento, Piper e Jason si presero per mano. Si allontanarono di una decina di passi prima che la figlia di Afrodite si voltasse verso Will e sganciasse la bomba.
«Ehi, Will. Scusa l'invadenza, ma ho sentito dire che in passato ti sei frequentato con Drew Tanaka... È vero?»

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Capitolo 47
*** 47. Nico ***


Drew Tanaka.
Nico cercò di associare un volto a questo nome, ma non ci riuscì. Però sapeva che faceva parte della casa di Afrodite.
«Ehm...» farfugliò Will, e Nico abbassò lo sguardo sulla sua spada di legno mentre il figlio di Apollo continuava a balbettare.
«Stava mentendo?» gli corse in aiuto Piper, speranzosa.
«Ehm, no. Non stava mentendo. Ma è durata poco. Veramente poco. Un tempo quasi impossibile da definire. Ed è finita. Tanto tempo fa. Non ci penso neanche più.»
Nico aggrottò la fronte ma non fece commenti.
Jason e Piper si allontanarono senza aggiungere una parola.
Senza fretta, Nico spostò lo sguardo su Will. Il figlio di Apollo lo guardava mortificato, e paonazzo. La sua faccia sembrava sul punto di esplodere.
«Te ne avrei parlato.» bofonchiò Will. «Te lo giuro.»
«Ah, non importa.» rispose Nico, sforzandosi di fare spallucce. «Basta che non lo frequenti più.»
Will gli aveva appena fatto una scenata di gelosia, quindi Nico sperò di non aver torto nel farla una anche lui.
Le guance di Will si imporporarono ancora di più. «È una ragazza.» quasi sussurrò.
Nico sgranò gli occhi per la sorpresa, e ricordò. Drew Tanaka era l'ex capo cabina della casa di Afrodite. Doveva averla incontrata, ma visto che non se la ricordava, non doveva avergli fatto molto colpo.
«Oh.» si limitò a dire.
Seguì un lungo minuto di silenzio imbarazzante.
Nico osservò quei grandi occhi celesti. Ne era così sorpreso? Will era bello, era splendido. Ed era normale che avesse avuto delle relazioni prima di lui. Maschi o femmine non aveva importanza, se si pensava al suo padre divino.
Nico tirò un calcio a un sassolino, riflettendo. La loro poteva essere definita relazione? Lui e Will stavano insieme? Non in modo ufficiale, se fosse stato in modo ufficiale avrebbero camminato per il Campo Mezzosangue mano nella mano, scambiandosi baci in pubblico... e Chirone avrebbe fatto bene a ricordare ad entrambi che era proibito passare del tempo nella cabina dell'altro.
«Sei sul punto di lanciarmi una maledizione?»
Nico alzò gli occhi su Will, che aspettava paziente una sua reazione. Non sembrava più un leone pronto al combattimento.
«Non posso lanciare maledizioni.» gli ricordò. «Ordine del mio dottore.»
Will stiracchiò un debole sorriso. «È un tipo veramente in gamba, il tuo dottore.»
«Magari un giorno te lo farò conoscere.»
Will andò a sedersi sul tronco, lasciando cadere la spada ai suoi piedi. Giocherellò con una freccia.
«Quanto tempo fa è successo?» domandò infine Nico. Voleva saperlo subito.
«Mmh, qualche anno fa. Dovevo compiere quattordici anni, quand'è finita. Ed ero arrivato al Campo da nemmeno di un anno.»
«Quindi sei arrivato al Campo a tredici anni?»
Will scosse la testa. «Sono arrivato una settimana prima del mio compleanno, quindi a fine aprile. Se ti può aiutare, sono arrivato al Campo sei settimane prima di Percy Jackson.»
Nico scrollò le spalle. «Avete la stessa età, giusto?»
«Sì.»
«E Drew?»
«Credo ne abbia uno più di me. È stata la prima persona che ho conosciuto qui al Campo... se vogliamo escludere Annabeth. Quando mi ha visto, mi ha aggredito. Mi ha chiesto se fossi il semidio della profezia, e quando ha capito che ero solo uno stupido figlio di Apollo che non capiva una parola di quanto stesse dicendo, mi ha lasciato a Drew.»
Nico roteò la spada. «Vai avanti.» mormorò.
Will scrollò le spalle. «Non c'è molto da raccontare, a dirti la verità.» disse, in imbarazzo. «Drew è stata la mia prima amica qui, escludendo l'orda dei miei fratelli figli di Apollo. E sì, era carina, simpatica, mi divertiva. Mi sono preso una cotta per lei. A settembre lei ha lasciato il Campo per tornare a casa a studiare, e ci siamo rivisti a dicembre. Prima che potesse scappare di nuovo, le ho confessato i miei sentimenti, e ci siamo messi insieme. Circa sei settimane dopo, nel giorno di San Valentino, mi ha lasciato. Tre mesi più tardi, ubriaco, mi sono fatto un tatuaggio sul gluteo destro. Cose che capitano.»
Nico si sedette a terra, a due metri da lui. Visibilmente perplesso. «Eri ubriaco quando ti sei fatto il tatuaggio?»
Will annuì, divertito. «Di sicuro uno non cosparge il proprio fratellino di cibo per cani se non è almeno un po' sbronzo.»
Nico alzò una mano per farlo tacere. «Riprendi dall'inizio. Cosa centra tutto questo con Drew?»
«Lei mi ha spezzato il cuore.» mormorò Will, senza guardarlo, e Nico si chiese se stesse rivivendo su di sé quelle giornate. Pensò alla tristezza che lo assaliva ogni volta che vedeva Percy e Annabeth che si abbracciavano.
«Mi ha fatto a pezzi.» continuò il figlio di Apollo. «Per giorni non sono riuscito ad alzarmi dal letto. Le mie sorelle si erano anche offerte di raggiungerla e picchiarla, ma non era una buona idea. Dopo le vacanze di Natale, lei era ripartita per casa sua. La nostra è stata perlopiù una relazione a distanza, ma ci vedevamo tutti i week-end. In quel periodo tornavo a casa molto più spesso, solo per vedere lei. E il giorno di San Valentino sono arrivato a casa sua con cioccolatini, fiori, orsacchiotti, e cose del genere. Lei ha accettato tutto quanto, poi mi ha detto che non mi amava. All'inizio ho creduto che stesse scherzando. Avevo fatto dieci chilometri in un pullman maleodorante per arrivare fino a lì! Ma poi mi ha spiegato il rito di Afrodite, che consiste nel fare innamorare qualcuno e spezzargli il cuore una volta riusciti. Con me non ha dovuto fare nemmeno tanta fatica.»
Will piantò la freccia nella terra e proseguì.
«Quando mi ha sbattuto la porta in faccia, sono tornato al Campo, e da lì ho chiamato i miei per dirgli che c'era stata un'urgenza e cose simili. Ho parlato di quel che era successo solo con l'allora capo cabina, Lee Fletcher. Mi ha affidato l'infermeria, e vi andavo quando riuscivo ad alzarmi dal letto. Quando ho saputo tre mesi dopo che Drew sarebbe tornata, ho fatto le valigie e sono tornato a casa. Jem è sempre stato l'unico con il quale ho avuto un rapporto più legato: Gideon era già grande e non perdeva tempo con noi più piccoli; Alec si divertiva a picchiarmi, e Thomas e Danny erano bambini, non capivano. Con Jem parlavo di tutto. Mi ha fatto stappare la mia prima birra, abbiamo iniziato a giocare alle sfide, e sono finito con un tatuaggio. Raphael si trovava lì con il cugino, e ha chiamato Gideon prima che potessimo farci tatuare tutto il corpo.»
Nico osservò Will con attenzione. Sapeva che non era il caso di fare domande, visto il racconto tanto delicato, però... «Raphael?»
«Raphael Ramirez, sì.» annuì Will. «Il figlio di Ecate che hai incontrato oggi in infermeria. Ci conosciamo sin da quando eravamo bambini. Sono rimasto senza parole quando l'ho visto entrare nel Campo, con il simbolo di Ecate sulla testa.»
«Posso immaginarlo.» Nico si osservò le lunghe dita pallide e inspirò. «Quindi Drew ti ha spezzato il cuore, e non hai più avuto relazioni?»
«No.» Will scosse la testa. «Mi sono preso qualche cotta per degli attori, ma per fortuna loro non possono spezzarmi il cuore.»
«Mi dispiace tanto.»
Will scrollò le spalle. «Non è stata colpa tua.» Si mordicchiò il labbro e lo guardò sorridendo. «Drew è acqua passata. Ho perso interesse per le ragazze, dopo di lei. E per i figli di Afrodite in generale.»
«Quindi... dopo Drew, hai fatto un cambio radicale. Niente più figli di Afrodite, niente ragazze.»
Will sorrise. «Sì, un cambio radicale. E non me ne pento. Però, ora che ci penso...»
Nico lo fissò torvo.
«Ecco, tu non sei il primo ragazzo che ho baciato.» mormorò Will, imbarazzato. «Sei il secondo.»
«Il primo è di questo campo?» C'era una punta di rabbia nel suo tono di voce.
«Per fortuna, no. Il primo è un amico di mio fratello Jem. Cody St. Clair. Prima della battaglia del Labirinto, prima della morte del mio fratello capo cabina, sono tornato a casa un paio di settimane, e ho passato qualche pomeriggio con Cody. Nulla di che. Acqua passata.»
Il Labirinto... Nico ricordava bene quel periodo.
«Tu sei stato presente alla battaglia?» chiese Nico.
«Sì. Ho combattuto e mi sono occupato dei feriti. E confortavo Michael, che non voleva essere capo cabina. L'anno dopo lo sono diventato io.»
Will raccolse la spada e guardò Nico curioso.
«Spero non ti dispiace.» gli disse. «Cioè, sapere di Drew e Cody.»
«Non li frequenti più, giusto?»
«No. Ogni tanto incontro Drew in mensa o in infermeria, ma io ignoro lei e lei ignora me. Mentre Cody... si è trasferito in California.»
«Buon per lui.»
Will sorrise e si alzò in piedi. Afferrò l'arco e qualche freccia, e prima che Nico avesse il tempo di alzarsi, ne lanciò una decina contro i tre bersagli a cinquanta metri di distanza. Subito dopo sembrò più tranquillo, e rivolse un gran sorriso a Nico.
«Ho perso interesse per tutti, tranne che per te.» gli confidò. «E... sai già quello che provo per te.»
«Sì.» disse Nico, arrossendo.
«Non provare a spezzarmi il cuore, eh, Nico? Altrimenti...» Will incoccò un'altra freccia, che colpì il pallino rosso nel cuore del bersaglio.
«Oh, non ti preoccupare per questo. Non ne ho alcuna intenzione.»
Will non ribatté, ma continuò a sorridere.

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Capitolo 48
*** 48. Nico ***


Nico osservò Will tirare una freccia dopo l'altra sui bersagli. Non osò disturbarlo, poiché era troppo indaffarato a pensare ad altro.
Will gli aveva aperto il suo cuore. Gli aveva confessato i suoi sentimenti, e gli aveva parlato di due relazioni passate che avevano inciso in modo molto profondo nella sua vita amorosa.
Nico non aveva storie d'amore da confessare. E sospettava che Will conoscesse già della sua mostruosa cotta per Percy Jackson. Doveva averlo capito, altrimenti non si spiegava la gelosia che il figlio di Apollo provava per il discendente di Poseidone.
Mentre lo osservava tirare frecce una dopo l'altra contro i bersagli immobili, Nico sospirò. Forse non aveva storie d'amore da ricordare, ma c'era altro della sua vita che Will doveva conoscere, se voleva essere sincero con lui come lui aveva appena fatto.
«Sono nato nel 1924.» disse Nico, gli occhi puntati sulle spalle di Will. «E dieci anni dopo, io e mia sorella Bianca siamo stati rinchiusi nel Casinò Lotus fino a quando, quasi cinque anni fa, qualcuno non ci ha liberati. Pensavo volessi saperlo.»
Will continuò a scoccare frecce contro i bersagli. Non sembrava nemmeno che lo avesse sentito.
Nico rimase in attesa, osservandolo, e arrossendo. Non ne aveva mai parlato con nessuno. Di solito gli altri ne parlavano tra di loro, e lui non se ne preoccupava. L'unico che l'aveva capito davvero era stata Hazel, nata pochi anni dopo di lui, morta negli anni '40, e trovata l'anno prima negli Inferi.
Dopo un altro lungo minuto di silenzio, Will abbassò il braccio.
«Stai scherzando?» gli domandò, senza voltarsi.
«No.» rispose Nico, continuando a guardarlo. Si era alzato un leggero venticello, che gli scuoteva i capelli. «Non sto scherzando.»
Will si voltò a guardarlo negli occhi. Erano di un azzurro più intenso del solito. Nico deglutì.
«1924.» ripeté Will. «Sul serio?»
«Sul serio.»
«E Hazel?»
«Lei è nata quattro anni dopo di me, da un'altra donna, da un'altra parte. Ma lei è morta, e io no.»
«Be', certo, sei di fronte a me. Quindi sei veramente un vampiro?»
Nico sospirò. «Non sono un vampiro. Sono solo...»
«Sei solo rimasto dentro il casinò Lotus per circa settant'anni, dico bene?» sorrise Will, scrutandolo. «È quello che stavi dicendo.»
«Ed è vero. Avevo ancora dieci quando ho lasciato il casinò.»
Will lo guardò con attenzione. «E hai iniziato a crescere dopo aver lasciato il casinò?»
«Sì.»
«Forte.» fu il commento di Will, da vero figlio di Apollo.
«Forte?» ripeté Nico, perplesso. «Davvero?»
«Sì.»
«Ti ho appena detto di essere nato negli anni Venti...»
«E allora? Non hai veramente ottant'anni. Ne hai solo quattordici.»
«Magari ho conosciuto i tuoi nonni...»
«No, penso sia improbabile. Sei di origini italiane, giusto? Io ho origini francesi. I miei nonni materni sono francesi. Non penso tu li abbia conosciuti.»
«Come fai a dire che sono di origini italiane?»
Will si trattenne a stento dall'alzare gli occhi al cielo. «Nico di Angelo.» ripeté, sorridendo.
Nico arrossì leggermente. Will la stava prendendo molto meglio del previsto.
«Noi figli di Apollo possediamo il dono della profezia.» mormorò Will, senza guardarlo. «E quando sei arrivato al Campo anni fa, ho capito che non eri come gli altri. Il tuo passato era diverso, oscurato da qualcosa. Dal casinò, molto probabilmente. Quando Percy, Annabeth e Grover sono tornati dalla loro prima missione, hanno parlato anche del casinò Lotus. Un luogo davvero interessante.»
Nico lo scrutò, sospettoso. Will stava facendo sul serio? Era così tranquillo...
«Non mi interessa.» riprese Will, avvicinandosi a lui di un paio di passi. «Cosa mi importa sapere il tuo anno di nascita? La tua età si è congelata nel casinò, e tu hai esattamente quattordici anni. Sarà uno spasso presentarti alla mia famiglia con la tua vera carta di identità, ma non credo tu la possieda ancora.»
Nico scosse la testa e chiese, con voce strozzata: «Stai già pensando di portarmi a conoscere i tuoi genitori?»
«Ne abbiamo parlato questa mattina.»
«Credevo tu stessi scherzando.»
Will scosse la testa. «No, non scherzavo. Ai miei genitori piacerai di sicuro... cioè, almeno a mio padre Logan piacerai di sicuro. E credo anche alla maggior parte dei miei fratelli. Ma non dovrai preoccuparti di loro fino a quando non ti sentirai veramente pronto per conoscerli. Il che succederà... tra due, tre settimane?»
Nico lo guardò sospettoso. «D'accordo. Ma tu, tra due o tre settimane, ti sentirai pronto a conoscere mio padre?»
Will scosse la testa. «Prima i miei genitori umani, poi ci occupiamo dei genitori divini.»
Nico annuì, divertito, e accettò il suo abbraccio, per un solo, lunghissimo minuto, poi si liberò della sua stretta.
«Che stavi combinando con Jason?» gli domandò.
«Mmh? Di che parli?» chiese Will, sorridendo, con tono angelico.
«Lo sai benissimo di cosa parlo. Sembravi... sul punto di picchiarlo.»
Will si lasciò andare ad una risata cristallina. «Sul serio?»
«Sì.»
«Scusami, ma... so che non dovrei... che ne abbiamo già discusso... ma sono un tipo geloso. Soprattutto quando si parla di te.»
«Non devi essere geloso. Jason e Percy hanno le loro ragazze... e non sono ancora pronto a far sapere a tutto il campo che frequento un ragazzo geloso.»
Will lo osservò curioso. «E domani saresti pronto a farlo sapere a tutto il campo?»
«No.»
«Dopodomani?»
«Non credo.»
Will si mordicchiò il labbro e sospirò. «D'accordo.» annuì. «Ti concederò una tregua. Una settimana.»
«Come? Cosa intendi con una tregua?»
Will sorrise, commosso dalla reazione del figlio di Ade. «Intendo che ti lascerò una settimana di tempo per abituarti all'idea di me e te insieme. Poi sguinzaglierò Angel.»
«Sguinzaglierai Angel?» domandò confuso Nico.
«Angel è il modo più veloce per far sapere a tutto il campo un segreto. Quando sarai pronto, dirò ad Angel di spargere la voce. Non voglio dargli troppe credenziali, ma Angel è la fonte migliore per scoprire vari pettegolezzi. Lui sa sempre tutto di tutti. E lui sa anche essere nel posto giusto al momento giusto. Ad esempio, era fuori dall'infermeria quando ti ho baciato. E sono quasi certo che ora sia nascosto dietro ad uno di questi alberi, in attesa che smettiamo di parlare per filarsela in cabina.»
Nico si guardò attorno con attenzione. Angel era veramente lì? E perché non se n'era accorto? Will emise un lieve fischio, e Nico notò il figlio di Apollo nascondersi meglio dietro un cespuglio.
«Come fa?» borbottò Nico, imbarazzato. Doveva averlo sentito parlare della sua data di nascita.
«Sua madre è una giornalista. Quando ha conosciuto Apollo, era una modella, e durante la gravidanza ha trovato un'altra occupazione che non ha mai lasciato. Angel è cresciuto tra pettegolezzi vari, ha imparato ad origliare le conversazioni prima di usare il vasino... sai, cose del genere.»
Nico iniziò a ridere.
«Angel!» gridò Will, facendogli un cenno con la mano. «Vieni qui!»
Angel rotolò via dal cespuglio e si avvicinò al fratello maggiore a capo chino. Aveva le guance in fiamme, delle foglie incastrate tra i capelli, e non distolse lo sguardo dalle infradito del fratello.
«Quanto hai udito della nostra conversazione segreta?» domandò Will, calmo.
«Abbastanza.» borbottò Angel.
«Abbastanza?»
«Sì, ma... Will, fratello, sai che non dirò niente a nessuno!»
Will annuì, dandogli una leggera pacca sulla spalla. «Lo so.» disse. «So che posso fidarmi di te. E so anche che tieni alla tua lingua.»
Angel annuì e scappò via prima che il fratello potesse minacciarlo con qualcosa di nuovo.
«Come facevi a sapere che era dietro l'albero?» domandò Nico, mentre Will recuperava le spade da allenamento.
«Ho notato i suoi capelli quando ti ho abbracciato. Credo mi abbia seguito per chiedermi qualcosa dell'infermeria, ma a quanto pare se lo è scordato. Ci vediamo più tardi?»
«Nella mia cabina? O a cena?»
«A cena.»
«Okay, a dopo allora.»
Will lo baciò teneramente per un minuto, prima di lasciarlo da solo. Nico lo guardò allontanarsi e sorrise tra sé.

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Capitolo 49
*** 49. Will ***


Il figlio di Apollo non intendeva lasciare veramente a Nico solo una settimana di tempo per abituarsi all'idea di loro due come coppia. Se fosse dipeso da lui, gli avrebbe lasciato anche un mese, un anno, o un decennio. Desiderava solo che Nico smettesse di guardarsi intorno in imbarazzo, quando si salutavano nel campo o a mensa. Voleva che Nico, finalmente, ammettesse sé stesso e non si vergognasse più.
I dieci giorni che seguirono furono i più belli che Will aveva mai vissuto in tutta la sua vita, e sperò di poterne elencare degli altri nel futuro.
Dopo quel pomeriggio insieme ad allenarsi con il tiro con l'arco e la spada, Will continuò ad andare nella cabina del figlio di Ade, tutti i giorni. Perlopiù non facevano altro che stare seduti distanti - uno sul letto, e l'altro sulla poltrona - e parlare di libri. Dopo una lunga conversazione sugli Hunger Games, Will elencò una serie di romanzi che desiderava che Nico leggesse: la saga di Harry Potter era al primo posto, naturalmente. Seguita da qualche storia sui vampiri di Anne Rice, alcuni classici come Orgoglio e pregiudizio, Cime tempestose, I dolori del giovane Werther, Dottor Jekyll e Mr Hyde, Il signore degli anelli, Il giovane Holden...
«Stai solo sprecando fiato.» disse Nico, guardandosi l'anello al dito. «Non ho alcuna intenzione di leggere tutti questi libri.»
Will lo fissò deluso. «Neanche uno?»
«Neanche uno.» ripeté Nico.
«Ma sono belli! Sono interessanti! Sono...»
«Scommetto che sono noiosi.»
«E qualche libro horror, invece?»
«Potrei fare qualche eccezione. Devo ancora iniziare l'ultimo di Hunger Games, uhm...»
«Il canto della rivolta.»
«Sì, quello.»
«Uff, d'accordo. Però almeno la saga di Harry Potter devi leggerla. Non puoi vivere nel ventunesimo secolo senza aver mai sentito parlare di Harry Potter...»
«Quanti libri sono?»
«Sette. Ma si leggono in fretta. Dico davvero.»
Nico roteò gli occhi al soffitto e non fece commenti.
Will lo osservò. Nico era a suo agio, lì, nella sua cabina.
Era la prima volta dopo tanto, tantissimo tempo, che Will rimaneva chiuso in una cabina ad oziare. L'ultima volta che l'aveva fatto... prima della partenza dell'Argo II, quando era riuscito a prendersi un virus intestinale e a rimanere più o meno a letto per due giorni più o meno interi.
Con Nico era normale passare del tempo così, e Will non lo considerava affatto tempo sprecato perché il figlio di Ade si trovava con lui, respirava la sua stessa aria, e ogni tanto gli diceva qualcosa, tipo: «Chiudi il becco» o «Piantala di sorridere.»
Di tanto in tanto Nico balzava in piedi, gli si avvicinava senza preavviso, gli dava un bacio e tornava sul letto. Dopo le prime tre volte, Will aveva deciso di evitare i commenti. Aveva notato che se faceva il bravo, Nico lo baciava più spesso.
«L'otto settembre è il compleanno del mio fratellino, Danny.» disse Will, voltando la pagina di una rivista di medicina, che gli arrivava mensilmente al campo. «Compie undici anni.»
«E l'altro tuo fratello? Tom?»
Will rise. «Non lo chiamare Tom, ti prego. È un diminutivo che odia. Lui vuole essere chiamato solo Thomas
Nico si guardò attorno. «Credi che mi abbia sentito?» chiese, sarcastico.
«Tu scherzi, ma una volta l'ho chiamato Tom e cinque minuti dopo Chirone mi ha detto che c'era mio fratello al telefono... È come se captasse il suo nome storpiato.» Will guardò Nico. «Lo so, è strano.»
«Da quanto mi hai raccontato, tutta la tua famiglia è un po' strana.»
Will sorrise. «Vorrei dirti che la causa è il sangue Solace, ma io non ne possiedo.»
«Allora sarà il sangue di tua madre.»
«Nah, non credo. La famiglia Vidal è normalissima. Come la famiglia Dursley di Harry Potter. E... tu non sai di cosa sto parlando.»
«No, ma ti prometto che un giorno lo saprò.» disse Nico, sorridendo.
«Ti posso prestare i miei libri. A patto che non li rovini.»
«Er...»
Will si alzò e si avvicinò a Nico, carezzandogli i capelli e ridendo. «Imprestarti i miei libri è il picco dell'amore che provo per te, Nico. Faresti bene ad accettarli.»
«Sospettavo una cosa del genere. Io potrei... mmh, non so... farti impugnare la mia spada, o qualcosa di simile.»
Will gli arruffò i capelli, chiedendosi se il doppio senso lo avesse colto soltanto lui. Ma naturale! Viveva con una dozzina di figli di Apollo, e i più maturi pensavano al sesso tutto il giorno. E le numerose relazioni del suo dio paterno non erano da meno.
Nico alzò gli occhi su di lui, e Will si limitò ad accarezzargli le spalle perché non era sicuro delle sue azioni.
«Facciamo qualcosa insieme?» gli domandò Will, con voce roca.
«Tipo?»
«Una corsa? Tiro con l'arco? Un duello? Oppure andiamo in spiaggia a fare surf, o a fare un bagno... A prendere il sole no, visto come ti sei ridotto la volta scorsa.»
Nico lo esaminò da capo a piedi, e annuì, poco convinto. «Okay, andiamo in spiaggia.»
«Vado a prendere il costume.»
«Anzi no!» aggiunse in fretta Nico, e Will sorrise tra sé. «Che ne pensi di stenderti al sole, qui fuori dalla cabina? C'è il prato...»
Will annuì. Negli ultimi giorni, molti semidei erano partiti, erano tornati a casa dalle loro famiglie, per riprendere un nuovo anno di scuola. Altri erano partiti per godersi una breve vacanza distanti dal campo. Jason e Piper, invece, erano partiti alla ricerca di Leo Valdez. Nico gliene aveva parlato alcuni giorni prima.
Al campo, oltre loro due, erano rimasti una dozzina di semidei, tra cui: Clarisse e Gabriel della casa di Ares, Chris e Carlos dalla casa di Ermes, Matthew dalla casa di Efesto, Jennifer, Johnny e Mitchell della casa di Afrodite, Derek, Rose e George dalla casa di Apollo. E Clovis della casa di Ipno, forse solo perché era troppo pigro per lasciare il campo.
«Ho una cosa da darti!» esclamò Will, prima che uscissero dalla cabina di Ade. «Ma non è qui con me.»
«Okay.» disse Nico. «E dov'è?»
«In un posto speciale. Vieni con me.»
Aprirono la porta e Will lo prese per il polso e lo trascinò fino al capanno delle tavole da surf, ignorando le occhiate dei pochi semidei che incrociarono lungo il percorso. Di tanto in tanto Nico puntava i piedi al suolo e riusciva a bloccarlo, ma la forza d'animo di Will era più forte.
Will riuscì a spalancare la porta della capanna e spinse Nico all'interno. Notò che il figlio di Ade aveva le guance rosso fuoco, e stava cercando di ucciderlo con lo sguardo.
«Ti ho fatto un regalo.» disse Will, prima che l'altro potesse aprir bocca. «E spero che tu lo apprezzi come un degno figlio di Apollo.»
Will si avvicinò ad una parete e strappò via il lenzuolo macchiato di vernice che nascondeva il regalo per Nico di Angelo. Will guardò fiero di sé la tavola da surf nera, con il teschio bianco brillante e ghignante. Aveva mentito per due giorni a Nico dicendogli che si trovava in infermeria quando, in realtà, si era chiuso nel capanno con Austin, e poi Derek, per concluderla. Era stata una faticaccia tenergliela nascosta, e far mentire tutti i suoi fratelli se Nico si presentava all'improvviso in infermeria. Ma Will era orgoglioso del lavoro fatto.
Si voltò lentamente verso Nico. Stava fissando la tavola con occhi sgranati, incredulo. Aveva smesso di massaggiarsi il polso.
«È mia?» chiese, senza parole. «Davvero?»
«Sì, è tua.» annuì Will. «Ho pensato che, magari, avendo una tua tavola da surf, mi avresti chiesto più lezioni di surf.»
«Idiota.» disse Nico, divertito.
«Lo so, lo ammetto. Ma se tu, ora, vorresti abbracciarmi e, chissà?, anche darmi un bacio, sarò l'idiota più felice del Campo.»
Nico si mordicchiò il labbro e Will rimase in attesa.
«E se non volessi usarla?» chiese Nico.
Will allargò le braccia. «Per non rovinarla? D'accordo, non importa. Ma ti insegnerò lo stesso a surfare. Sai, ho sentito dire che Chirone, tra un paio di settimane, farà una gara di surf, e ci tengo veramente molto a vincere il premio come...»
«Come Miglior coppia di surfisti del Campo Mezzosangue?» concluse per lui Nico, e Will annuì ridacchiando.
«Lo hai sentito anche tu?» gli chiese, sorridendo.
«Forse. Diamine, Will, non credevo fossi tanto simpatico.»
«Ho preso tutto da te.»
Nico gli si avvicinò e, titubante come al solito, lo abbracciò. Will lo circondò con le braccia e gli posò il mento sulla testa, osservando la porta aperta della capanna. Riusciva a sentire le voci dei figli di Ares e di Efesto che arrivavano dal campo di allenamento.
Nico bofonchiò qualcosa contro la sua maglietta e Will si scostò di qualche centimetro.
«Hai detto qualcosa, Nic?» chiese, dolce.
«Nic?» ripeté il figlio di Ade, inarcando un sopracciglio.
«Scusa, un lapsus. Hai detto qualcosa, Nico?»
«Sì. Non ho alcuna intenzione di vincere il premio come Miglior coppia di surfisti del Campo Mezzosangue
«Aah...» Will socchiuse gli occhi e si voltò appena verso la sua tavola. «Quindi la tavola non ti è piaciuta?»
«Oh, la tavola mi è piaciuta. E anche tanto. Solo che intendo battere anche i semidei romani. Diventare campione olimpico. Vincere un sacco di premi.»
Will sorrise. Nico di Angelo avrebbe mai smesso di stupirlo? Gli prese il volto tra le mani e lo baciò, a lungo, e quando si separarono, gli occhi infossati del figlio di Ade brillavano.
«Lezioni private a partire da domani?» sussurrò Will.
Nico annuì, il cuore gli batteva così forte da fargli male.

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Capitolo 50
*** 50. Will ***


Quella sera, a mensa, Gabriel, Mitchell e Derek unirono i tavoli e si sedettero tutti vicini. Il Signor D era troppo occupato a riempirsi il bicchiere di vino e guardarlo diventare acqua per accorgersi dei ragazzi. E Chirone era assente. Era sparito già da qualche giorno con i cugini centauri.
Will si sedette al fianco destro di Nico, ascoltando suo fratello George che parlava di alcuni corsi di volontariato giù in città. Ne parlava a gran voce, dandosi delle arie, e Will non poté fare a meno di notare le occhiate che Mitchell della casa di Afrodite continuava a lanciargli. Doveva essere qualcosa di corrisposto, perché George, ogni volta che concludeva una frase, controllava che Mitchell lo stesse ascoltando.
Will sorrise tra sé. Se George si era innamorato di un figlio di Afrodite, non poteva fare altro che augurargli tanta felicità. Il rito di iniziazione dei figli di Afrodite era stato eliminato quando Piper era ufficialmente diventata capo cabina, dopo la battaglia con i romani. Aveva imposto nuove regole, e i suoi fratelli e sorelle erano felici di obbedirle. Will sperava che non ci sarebbero stati più cuori spezzati causati dai figli di Afrodite. Ne aveva avuto una dose esagerata nel passato, e la vicinanza con il figlio di Ade lo rendeva felice come non lo era stato mai.
Gabriel Hawthorne e Jennifer Bennett sedevano vicini, chiacchierando allegri e scambiandosi qualche strusciatina quando erano sicuri che Johnny, impegnato in una conversazione profonda sui fuochi d'artificio con Carlos, non li stesse guardando.
Dall'altra parte di Nico, Clovis dormiva con la fronte appoggiata al piatto vuoto. Di tanto in tanto Nico gli scoccava una gomitata per farlo svegliare e lo obbligava a cenare. Il che era divertente, considerato che certe sere Will doveva costringere il figlio di Ade a mangiare.
«Allora?»
Will si voltò verso George, che lo stava osservando in attesa. Come molti altri figli di Apollo, George aveva gli occhi celesti, e i capelli neri come la pece, folti. Li teneva sempre legati per evitare che gli finissero in bocca mentre masticava. Aveva quindici anni, e la carnagione abbronzata degna di ogni figlio di Apollo.
«Stai parlando con me?» rispose Will, un po' spaesato.
George inspirò, lanciò un'occhiata a Mitchell - appena inserito nella chiassosa conversazione tra Carlos e Johnny - e tornò a fissare Will.
«Ti ho chiesto se intendi partecipare ai corsi di pronto soccorso. Giù in città. Iniziano il mese prossimo. Se dici di sì, posso convincere mia madre a pagare le lezioni.»
Will mordicchiò il suo muffin ai mirtilli. «E come intendi convincere quella strega a pagare anche per me?»
George nascose un sorrisino. «Non chiamarla strega, è mia madre. Lei conosce tutto quello che c'è di buono da sapere su di te.»
Will sgranò gli occhi. «Esiste anche qualcosa di brutto su di me?»
«Sì. Sa che sei stato quasi arrestato a tredici anni per...»
«Ti confondi. Quello è Austin. Ha rischiato di essere arrestato perché uno gli ha lanciato un portafoglio rubato.»
George si massaggiò le tempie. «Cavoli.» borbottò. «Confondo i miei fratelli tra loro. Ho bisogno di riposo.»
«Posso consigliarti una sosta in infermeria?»
George fu tentato di svuotargli un bicchiere d'acqua in testa, ma si limitò ad alzarsi e ad andare nella cabina di Apollo senza nemmeno finire la cena, attirando su di sé lo sguardo di Mitchell.
 
Quando Will si alzò da tavola, sazio, erano già le sette e mezza passate. Nico aiutò Clovis, semiaddormentato, a rimettersi in piedi, e insieme lo accompagnarono alla sua cabina.
«Sai, Clovis, posso prescriverti delle vitamine.» disse Will, osservando il figlio di Ipno strascicare i piedi con espressione vacua.
«Non ho bisogno di vitamine. Sto b-benissimo così.» sbadigliò Clovis.
«Tu e i tuoi fratelli dovreste smetterla di passare le giornate a dormire.» mormorò Nico. «Potreste fare dell'altro!»
Will tossicchiò, divertito, e Nico gli scoccò un'occhiataccia. Nico continuava a dormire tutte le mattine fino all'ora di pranzo, e Will, ogni giorno, rischiava di buttare giù la porta a suon di pugni.
«Ci penserò domani.» disse Clovis, entrando nella sua cabina e chiudendosi la porta alle spalle.
«Chissà com'era, Clovis, prima di venire qui al campo.» disse Will, pensieroso, incamminandosi verso la cabina di Nico. «Pensi che sua madre fosse felice di farlo dormire tutto il giorno?»
«No, non credo. Scommetto che si è fatto espellere da un sacco di scuole.»
«A proposito di scuola...» Will si voltò a guardare Nico. «Tu hai intenzione di iniziare la scuola?»
«Perché?» chiese Nico, sospettoso.
«Perché hai quattordici anni, e lo studio è importante.»
«Ho fatto le elementari a Venezia tra gli anni 'Venti e 'Trenta.» ricordò il figlio di Ade. «E gli ultimi quattro anni li ho passati a combattere. Non desidero tornare a scuola. E, anche se cambiassi idea, dovrei iscrivermi al primo anno di asilo.»
«Be', sai leggere e scrivere, quindi immagino che partiresti dalla terza elementare.» sorrise Will, fermandosi di fronte alla cabina di Ade. «Potrei aiutarti con la matematica.»
Nico fece una smorfia. «Odio la matematica.»
«La odio anch'io. Penso la odino tutti, anche gli insegnanti.»
Nico aprì la porta della cabina ed entrarono dentro.
«Tu come fai?» domandò, togliendosi la giacca e posandola sulla poltrona. «Come studi?»
«Studio qui, al campo.» sorrise Will, sedendosi sul letto e appoggiandosi sui gomiti. «Circa ogni tre mesi torno a casa, dove incontro un insegnante privato che mi fa fare per una settimana dei test... Sono quattro anni che vado avanti così. L'anno prossimo mi diplomo, e inizierò a seguire i corsi della facoltà di medicina.»
«Quindi dovrai lasciare il campo?»
«Non lo so. Me la sono cavata con ottimi voti per quattro anni, credo che potrei farcela a studiare medicina qui.»
«Ma un giorno dovrai tornare in città, a casa tua. Se desideri diventare dottore, dovrei andare a lavorare.»
Will alzò le spalle. «Per il momento, non voglio pensare al mio futuro. Mi interessa solo il presente... Posso restare a dormire da te, questa notte?»
Nico annuì. Negli ultimi giorni, Will si era sempre fermato lì a dormire. Non gli importava avere o meno il suo permesso, ma ogni tanto gli faceva piacere sentirglielo chiedere.
Will guardò Nico filare in bagno a lavarsi i denti, e lo guardò senza una parola mentre si stendeva a fianco a lui con Il canto della rivolta stretto in mano. Lessero qualche pagina insieme, poi Will si stufò e inizio a intrecciare i capelli di Nico ai propri. Una treccia mezza gialla e mezza nera.
Nico riuscì a pazientare fino alla fine del secondo capitolo. Posò il segnalibro tra le pagine, e chiuse il libro, voltandosi verso Will, che sorrideva raggiante mentre continuava ad intrecciare i loro capelli.
«Non potresti prendere qualche tuo libro di medicina e metterti a studiare, al posto di fare... cose di questo genere?» gli domandò Nico, trattenendosi dallo sbuffare.
«Ma è divertente!» ribatté Will, lasciando andare la treccia.
«Sì, se hai quattro anni. Tu hai quattro anni?»
Will roteò gli occhi al soffitto. «No, non ho quattro anni.»
«Nei sei proprio sicuro?»
«Ne sono certo.»
«Ottimo. Posso continuare a leggere?»
Will annuì e cominciò a disfare la treccia, molto, molto lentamente. Di tanto in tanto lanciava occhiate alle pagine voltate, e quando lo vide iniziare il quarto capitolo gli chiuse il libro.
«Will?» mormorò Nico, aggrottando la fronte. «Mi hai appena chiuso il libro. Rischi la morte, per questo.»
«Capitolo quattro, pagina cinquantasei.»
«Oh. Wow. Be', Katniss ha appena incontrato il suo staff di preparatori, e vorrei continuare.»
Will lanciò con precisione il libro sulla poltrona.
«Sul serio, voglio un tuo documento, devo accertarmi che non hai quattro anni.» borbottò Nico.
Will gli passò le dita sulle guance, gli accarezzò le labbra e sorrise. «Non ho quattro anni.» ripeté, prima di baciarlo. Come sempre, le labbra di Nico tentarono di sottrarsi alle sue, ma dopo qualche secondo si abituarono. Will sentì le mani del figlio di Ade sul petto.
Will si voltò completamente verso Nico, aderendo il suo corpo a quello dell'altro. Nico tremava, era agitato. Will gli mordicchiò il labbro, felice che il figlio di Ade rispondesse così bene ai suoi baci. Ma una parte di lui era in attesa di una ginocchiata, uno schiaffo o un pugno.
Le mani di Nico gli volarono ai capelli, e Will dischiuse le sue labbra, invadendo la bocca di Nico che ormai conosceva bene. Il suo sorriso si allargò quando scoprì che Nico lo stava attendendo. E rise tra sé quando si rese conto che Nico si era lavato apposta i denti, venti minuti prima. Si era aspettato una cosa del genere, o forse l'aveva solo sperato.
L'intensità del bacio crebbe, e Nico si separò da lui per un breve secondo, per riprendere fiato. Incrociarono lo sguardo, e Will si rispecchiò negli occhi di Nico. Ripresero a baciarsi, e Will iniziò a sperare che qualcuno dei suoi fratelli del campo decidesse di cercarlo proprio in quel momento. Da solo, non sarebbe riuscito a fermarsi, e non riusciva a capire se Nico desiderasse superare il limite invisibile che si erano imposti.
Ma nessuno bussò, e Will lo prese come un segno del destino, dello stesso destino che lo aveva fatto perdutamente innamorare di Drew Tanaka, che lo aveva fatto bere fino ad ubriacarsi ed essere troppo debole per rendersi conto che una donna senza età gli stava tatuando sul sedere un'arpa, metà dorata e metà nera, un tatuaggio di cui, tutto sommato, andava fiero.
E quello stesso destino gli aveva mandato Nico, glielo aveva spinto tra le braccia, lo aveva fatto innamorare di nuovo. Will immaginava che Nico sarebbe stato l'ultimo amore della sua vita. L'ultimo e l'unico, fino alla morte.
«Mi bruciano le labbra.»
Will si scostò da Nico, e lo studiò. Il figlio di Ade aveva il volto paonazzo.
«Davvero?» sorrise Will. «Per così poco?»
Nico lo ignorò. Lo spinse e Will si mise seduto in ginocchio sul letto, seguendo con attenzione ogni suo movimento. Quando il figlio di Ade fu seduto a gambe incrociate, Will lo circondò con le proprie, lo tenne stretto tra le braccia e iniziò a baciargli, molto lentamente, la gola e il collo.
«A te... a te non fanno male le labbra?» mormorò Nico, gli occhi socchiusi.
«No.» sussurrò Will, sorridendo contro la sua pelle.
«Io le sento andare a fuoco.»
Will sussultò. Non per le parole del figlio di Ade, ma per le sue mani che gli sollevavano lentamente la maglietta, sfiorandogli la pelle.
Se qualcuno voleva interrompere, doveva arrivare proprio in quell'istante.
Will sollevò le braccia e Nico gli sfilò la maglietta. Le mani gli accarezzarono il petto, e Will riuscì a controllarsi per un intero minuto prima di togliere la T-shirt nera con fiamme bianche dell'altro.
«La cabina hard di Ade.» Will non riuscì a fare a meno di dirlo, sorridendo, le guance rosse quanto Nico.
In risposta, Nico rise e si nascose il volto tra le mani, riprendendo fiato per uno, due minuti. Quando le lasciò ricadere sul petto di Will, inspirò a fondo.
«È una vera fortuna che Chirone non ci sia.» mormorò, sfiorandogli il petto con i polpastrelli.
«Spero non desideri tornare ora.» rispose Will. E ripresero a baciarsi.
Nico riuscì a sviare il suo stesso imbarazzo, e iniziò a sua volta a baciare il figlio di Apollo sulla gola. Will tenne gli occhi chiusi. Ora il fuoco ardeva anche dentro di lui.
«Nico, ti amo.»
Nico non rispose, e Will preferì così. Sebbene il modo in cui stavano procedendo le cose tra di loro, non intendeva mettergli fretta. Nico doveva sentire quel sentimento traboccare dal suo cuore, e Will sperò che, così facendo, sarebbe successo presto.
Bloccò il volto di Nico con le proprie mani e lo baciò, spingendolo fino a coricarlo sul letto. Le dita di Nico si infilarono tra i suoi capelli e Will scese lentamente con le sue mani fino alla cintura del figlio di Ade. Giocherellò con i passanti, in attesa che Nico capisse le sue intenzioni. Non sentendo proteste, gli sfilò via la cintura nera con i teschi bianchi. La lanciò per la stanza, e non si preoccupò nemmeno di non averla sentita tintinnare sul pavimento.
Nico non intendeva fermarlo. Anzi, intensificò i suoi baci. Will gli carezzò la pancia bianca prima di sganciargli il bottone dei jeans e abbassargli la lampo.
«D'accordo, penso sia il caso di fermarvi qui. Mi dispiace interrompere, ma devo parlare con mio figlio. È, uhm, urgente.»

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Capitolo 51
*** 51. Will ***


Will si chiese se lo stessero prendendo in giro. Se da qualche parte, in giro per la stanza, in qualche angolo buio, sopra l'armadio, ci fosse una telecamera. Forse, crescendo, quell'episodio lo avrebbe fatto ridere. A crepapelle. Fino a farsi lacrimare gli occhi.
Al suono della voce del dio, Will e Nico si bloccarono. Nico per la sorpresa, Will per la paura.
Senza fretta, sperando che si trattasse di un incubo, Will spostò lo sguardo sulla stanza. All'iniziò non lo vide, ma poi Ade, il Signore dei morti, si materializzò completamente nel centro esatto della cabina del figlio. Aveva un aspetto piuttosto normale per essere il Signore dei morti. Jeans, giacca, stivali di pelle, rigorosamente neri. Carnagione olivastra, occhi scuri, capelli neri che gli ricadevano mossi sulle spalle. E sorrideva. Un leggero sorriso gli increspava le labbra. E Will notò la cintura di Nico tra le mani del dio.
Will deglutì, e si scostò da Nico senza guardarlo. Scese dal letto così in fretta che Flash sarebbe stato senz'altro fiero di lui, e si accostò alla parete più vicina, desiderando solo sprofondarci dentro e scomparire. Quando si rese conto di essere senza maglietta, fu tentato di prenderla e coprirsi e scappare via, ma la sua maglia arancione si trovava ai piedi del dio, insieme a quella di Nico.
Will ebbe la fugace immagine delle due magliette, sfilate nella foga del momento, tirate proprio in faccia al dio, in attesa di poter dire la propria.
Immediatamente, arrossì fino alla punta dei capelli.
«Ciao, Padre.» salutò Nico, mettendosi seduto, e passandosi le dita tra i capelli. In un modo così naturale che Will si domandò se fosse vero o solo la sua immaginazione. Erano appena stati colti in flagrante dal dio degli Inferi.
«Salve, figlio. Mi dispiace interrompere i tuoi programmi per la serata.»
Il rossore di Will gli invase tutto il corpo. No, non aveva immaginato. Ade li aveva appena colti sul fatto. O quasi colti sul fatto.
Nico lanciò una breve occhiata a Will, che aveva il terrore di sciogliersi. «Non importa. Hai detto che è, uhm, una questione urgente?»
Ma la questione urgente di Ade non era più così urgente. Il dio lanciò la cintura al figlio, che la rimise con calma, sereno, e si chinò a raccogliere le due magliette che giacevano ai suoi piedi.
Will fece un veloce scatto con la mano, in attesa di ricevere la sua maglia, ma Ade si limitò a gettarle alle sue spalle, sulla scrivania. Gli occhi del dio luccicarono per un breve secondo nella sua direzione, divertiti.
«Allora.» sorrise Ade, esaminando Will dalla testa ai piedi. «Tu chi saresti? Hai un aspetto piuttosto familiare.»
Will si ritrovò a corto di parole. Il che era strano. Di solito parlava spesso, anche se, a differenza di suo fratello Angel, sapeva quando stare zitto. Ma i suoi pensieri dilagavano molto quando era nervoso. Annaspò per un minuto, terrorizzato all'idea di rivolgere la parola ad Ade. Era la prima volta, se non contava Gea o il Signor D, che si trovava di fronte ad un dio.
«Lui è Will Solace.» lo presentò Nico, alzandosi in piedi per sistemarsi la cintura. Sembrava molto tranquillo. Come se gli capitasse spesso di farsi beccare in atteggiamenti intimi dal padre. «Figlio di Apollo. È il mio ragazzo.»
«Oh, un figlio di Apollo!» esclamò Ade, piacevolmente sorpreso. «Per un momento ho creduto che fosse quel giovanotto romano figlio di Zeus. Il mio divino fratello non ne sarebbe stato affatto felice.»
Ade lo stava guardando come se fosse qualcosa da mangiare. Da un momento all'altro, Will si aspettava che Ade lo facesse a pezzi e portasse via la parte più grassa di lui.
«Non del vostro amore, ragazzi, ma dell'essere mio suocero. Sono sicuro che la pensiamo nello stesso modo sul fatto di vederci il meno possibile. Sono felice per voi.»
Nico si innervosì. Suo padre la stava mettendo sulle lunghe. E, con un'occhiata a Will, che stava rapidamente passando dal rossore dell'imbarazzo al biancore della paura, capì che lo stava facendo solo per divertirsi alle spalle di Will.
«Padre...» mormorò Nico, ma Ade lo ignorò.
«Lo sarà anche Apollo.» aggiunse il Signore dei Morti, incrociando le braccia al petto, continuando ad esaminare Will. «Zeus ha pensato bene di punirlo chiudendolo negli Inferi per qualche decennio. È di ottima compagnia, quando non balla, canta, piange, o fa qualsiasi altra cosa che non sia dormire. Tu lo hai conosciuto, tuo padre, Will Solace? Gli assomigli veramente tanto.»
Will fu quasi tentato di ribattere che anche Nico somigliava molto a suo padre, ma non ne ebbe il coraggio. Aveva la brutta sensazione che se avesse aperto la bocca, avrebbe rigettato la cena, la merenda, e tutti i pasti delle ultime settimane.
«Mmh, Padre?» chiamò Nico. «Qual era la questione urgente..?»
«Tu sei un guaritore, scommetto.» continuò Ade, ignorando il figlio, che fu tentato di colpirlo con un cuscino. «Se avessi il suo dono della musica, a quest'ora saresti scappato di qui con qualche melodia, un canto di fuga o chissà cosa.»
Will si portò una mano all'altezza dello stomaco. Sì, ora aveva proprio bisogno di vomitare.
«Padre!» esclamò Nico, frustrato.
Ade si voltò verso di lui, divertito. «Scusa, figliolo, stavo facendo due chiacchiere con il tuo ragazzo. È proprio simpatico. Tuttavia, non è come il ragazzo di Hazel. Un'ora fa sono andato a salutarla e il figlio di Marte si è trasformato in un pesce rosso dallo spavento. Hazel ha dovuto gettarlo nella fontana per non farlo morire.»
Will non si trattenne più e corse in bagno. Appoggiò le mani al lavandino e si lasciò andare. Riusciva a sentire la voce di Ade.
«Hanno uno stomaco debole, i miei generi. Immagino che non sia una buona idea invitarlo ad una cena.»
«Aspettiamo un mese o due.» rispose Nico.
Will si lavò i denti e tornò da loro. Si infilò la maglietta senza guardare Ade, e rimase appoggiato alla scrivania. Stava sudando, e lo stomaco intendeva fare ancora qualche brutto scherzo.
«Padre, la tua questione urgente?» ripeté Nico, avvicinandosi a Will e dandogli una pacca sulla spalla.
Will lo guardò. Era incredibile. Nico si preoccupava di toccarlo o parlargli in presenza di un semidio della loro età, e non era nemmeno un po' turbato che suo padre - il suo divino padre Ade - lo avesse beccato ad amoreggiare.
«Ah, giusto!» esclamò Ade, e Will spostò lo sguardo su di lui per capire se stesse facendo sul serio. «Persefone è scappata.»
«Oh.» rispose Nico, sorpreso, aggrottando la fronte. «Mi... dispiace?»
Ade finse di non averlo sentito. «Quando Gea è stata sconfitta, Persefone doveva tornare negli Inferi, ma non è tornata. Ho il forte sospetto che sia a causa di sua madre.»
«Vuoi che vada a cercarla?»
«No, andrò io. Ma ho bisogno di qualcuno che rimanga negli Inferi al posto mio durante la mia assenza. E... be', mi fido ciecamente di te, figliolo.»
Nico sgranò gli occhi. Will aprì la bocca per la sorpresa. Dal canto suo, Ade si guardò attorno, studiando con attenzione ogni dettaglio della stanza.
«Puoi darmi una risposta anche domani.» disse Ade, senza guardarlo. «Capisco che ora su due piedi non sai cosa dirmi. E capisco anche che qui hai, ehm, Will Solace a tenerti compagnia.»
«Per quanto tempo?» domandò in fretta Nico, lanciando un'occhiata a Will, ancora senza parole.
«Non lo so. Penso di riuscire a trovarla entro tre settimane. Sua madre ha già fatto scherzetti del genere, in passato, e sono sicuro di riuscire a trovarla.»
Nico guardò Will negli occhi, che rimase in attesa. Il suo cuore aveva ripreso a battere in modo normale. Ora riusciva anche a capire che Ade era arrivato lì, nel Campo Mezzosangue, non per controllare le azioni del figlio, ma per chiedergli un favore.
«Passerò domani sera, a quest'ora.» riprese Ade, dando una scrollata alla giacca da aviatore del figlio. «E vorrò avere una tua risposta, Nico. Se dirai di sì, ti porterò subito con me negli Inferi. Se dirai di no, cercherò un'altra soluzione.»
Nico annuì lentamente.
«Figlio di Apollo, Will Solace, è stato un piacere conoscerti.» aggiunse Ade, sorridendo, avvicinandosi a lui. «Sono sicuro che ci vedremo anche domani.»
Will annuì nervoso. Sperò che il giorno seguente sarebbe stato più preparato.
Ade scomparve in una nube di tenebre e Will si avviò al letto, crollando sulle coperte, iniziando a tremare. Nico gli diede qualche pacca gentile sulla schiena.
«Dai, su.» si sforzò di dirgli. «È solo un dio. Ne hai già conosciuti.»
«Non è solo un dio!» esclamò Will con voce strozzata. «Non solo è il dio dei morti, quello che decide delle pene dell'inferno, ma è anche tuo padre! E sono certo che i suoi stivali sono fatti della pelle umana dei tuoi ex spasimanti...»
Nico ridacchiò e si stese a pancia in giù vicino a lui, la mano posata sulla sua schiena. «Ha un'intera stanza di stivali in pelle dei miei ex spasimanti. Dovresti proprio vederla.»
Will gemette, affondando il volto nel cuscino. Le parole di Nico non sembravano volerlo tranquillizzare.
Nessuno dei due parlò dell'offerta di Ade.

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Capitolo 52
*** 52. Nico ***


Will borbottò tutta la notte al suo fianco, e Nico non riuscì a prendere sonno. Troppi pensieri gli affollavano la mente, si ingarbugliavano, si intrecciavano, e non riusciva a capire quale districare per primo.
Suo padre gli chiedeva di sostituirlo per alcune settimane negli Inferi... Lui e Will avvinghiati nel letto... La prospettiva di lasciare Will per tre settimane...
Il solo pensiero gli fece mancare il respiro. Nico spostò lo sguardo sul figlio di Apollo, il cuore che gli pompava sangue sempre più velocemente, e gli posò un bacio sulla guancia. Will borbottò qualcosa riguardo squartamenti e stivali, e gli posò la testa sulla spalla. Nico sorrise tra sé.
La soluzione era semplice. Doveva rifiutare la richiesta di Ade. Suo padre non si sarebbe arrabbiato, avrebbe capito i suoi sentimenti. Infondo, non stava per tornare sulla terra e setacciarla da angolo ad angolo alla ricerca della moglie? Lui, Nico, non poteva lasciare Will da solo. Non dopo lo stress psicologico a cui era andato incontro tre ore prima.
Al ricordo, Nico arrossì. L'ultima volta che suo padre era entrato nella sua cabina, dopo che l'aveva ristrutturata, era giunto fino a lì per parlargli di Leo Valdez. E Piper e Jason erano partiti alla ricerca del loro amico fidandosi di lui.
Ora, Ade era tornato e gli aveva fatto quella richiesta... E Nico si rese conto che Persefone era già sparita quando suo padre gli aveva parlato di Leo. Forse aveva sperato che la dea tornasse da sola nel suo palazzo. O forse non voleva appesantirlo con i suoi problemi. Sapeva che Nico non aveva una gran considerazione della matrigna.
Nico scrutò il volto di Will. Ora che era innamorato - doveva esserlo, altrimenti non gli avrebbe mai sfilato la maglietta - poteva capire il padre. Ade amava Persefone da tantissimo tempo, addirittura da millenni, e l'aveva tradita solo una manciata di volte - Nico non voleva indagare oltre la madre sua e di Bianca, e la madre di Hazel - e le aveva perdonato, be', qualche tradimento e le scappatelle di casa per conto della madre.
Si chiese come sarebbe stato se, un giorno, svegliandosi, si fosse accorto che Will era scomparso, fuggito. Di sicuro si sarebbe messo a cercarlo. E, probabilmente, avrebbe chiesto aiuto a suo padre.
Mi fido ciecamente di te, figliolo.
Questa frase di Ade gli risuonò nella testa e Nico arrossì, lievemente compiaciuto. Dopo anni e anni di prove, finalmente suo padre si fidava abbastanza di lui per lasciargli il controllo completo degli Inferi. Si domandò se avesse fatto la stessa offerta ad Hazel, ma immaginò di no. Sua sorella era figlia di Plutone, e aveva altri tipi di poteri.
Tornò a guardare Will. Ora dormiva più sereno. La pelle non era più pallida, un lieve sorriso gli aleggiava sulle labbra, e sembrava di nuovo pieno di vita. Nico temette il momento del suo risveglio, quando avrebbero discusso della proposta di Ade.
Will gli avrebbe chiesto di accettare o di rifiutare? Nel giro di tre settimane si sarebbero rivisti di nuovo, e questa volta Nico non sarebbe più tornato negli Inferi. Non avrebbe più rinunciato a Will. Avrebbe passato ogni singolo minuto libero con lui e, perché no?, avrebbe ripreso in mano gli studi. Anche l'odiata matematica. Per fortuna, ricordava ancora le tabelline.
Il bussare alla porta fece sussultare Nico. Era riuscito ad addormentarsi per qualche ora, un sonno senza sogni, i suoi preferiti. La sua mano destra era posata sul fianco di Will. Si chiese chi potesse disturbarlo a quell'ora del mattino.
«Will!» urlò la voce di un figlio di Apollo, e Nico immaginò fosse George. «Lo so che sei lì dentro!»
Borbottando, Will aprì gli occhi e incrociò quelli di Nico. Per qualche secondo non fiatarono, poi Will sorrise.
«Buongiorno.» gli disse, muovendosi verso di lui per dargli un bacio.
«Piantatela di piccionciare, voi due!»
«Buongiorno.» rispose Nico, accettando il bacio.
Will scese dal letto, per nulla sorpreso di ritrovarsi in mutande, e camminò ad andatura zombie fino alla porta. La spalancò.
«Ciao.» salutò George, tossicchiando, mettendosi in punta di piedi per lanciare un'occhiata divertita a Nico. «Raphael è tornato. Dice di non sentirsi bene. Ha chiesto di te.»
«Dieci minuti.» bofonchiò Will, sbattendogli la porta in faccia prima che potesse replicare.
Will si passò le dita tra i capelli, osservando la stanza, ignorando Nico che si infilava in fretta i vestiti del giorno prima.
«Ti ho per caso vomitato nel lavandino?» domandò infine, avviandosi verso il bagno.
«Credo di sì.» annuì Nico, nascondendo un sorriso.
«Ti chiedo scusa.»
«Cose che capitano.»
Will fece una smorfia e rimase in bagno per cinque minuti, prima di tornare da Nico. Si era lavato il volto e pettinato. Faceva un gran bell'effetto con i capelli ordinati. Gli occhi erano ancora ingigantiti, più azzurri del solito, forse dal ricordo delle parole di Ade.
«Allora.» mormorò Will, lisciandosi una piega della maglietta. La quinta perla cambiò colore, e diventò viola. «Hai pensato a quello che ti ha chiesto tuo padre?»
«Sì.» deglutì Nico, in pensiero. Non aveva ancora preso una decisione. Era combattuto. Da una parte gli dispiaceva lasciare Will, dall'altra gli dispiaceva lasciare che suo padre se la cavasse da solo in una situazione tanto delicata.
«E hai... preso una decisione?»
Nico scrollò le spalle, pensando che fosse tutta colpa di Will se aveva iniziato a preoccuparsi di suo padre o del figlio di Apollo. Ma, dopotutto, era bella come sensazione, quella di preoccuparsi per gli altri.
«Ne riparliamo a pranzo?» chiese piano Will, e Nico annuì, sperando di avere i pensieri più lucidi. Si salutarono con un lieve bacio sulle labbra, e Will lasciò la cabina di Ade.

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Capitolo 53
*** 53. Nico ***


Nico si raggomitolò sul letto, gli occhi chiusi, pensieroso. Accettare o non accettare? Restare con Will o andare negli Inferi? Be', riassunto in questo modo, Nico preferiva di sicuro la compagnia di Will. Si chiese se il figlio di Apollo si sarebbe offerto di andare con lui giù negli Inferi. Questo gli avrebbe fatto molto piacere. Non avrebbe deluso il padre, né lasciato Will. Lo avrebbe sempre avuto a portata di mano.
Ma poi ricordò che Zeus aveva spedito Apollo negli Inferi per punizione. Will l'avrebbe presa nello stesso modo. Ed era possibile che Apollo fosse un po' fuori di testa, dopo più di tre settimane passate nel Regno dei Morti. A Will non avrebbe fatto molto piacere incontrare suo padre per la prima volta in quelle condizioni.
Nico continuò a rigirarsi nelle coperte per un'ora, poi per un'altra ora, e infine, stufo di pensare, recuperò il libro e riprese a leggere. Dopo aver letto quattro volte lo stesso paragrafo, si rese conto che non sarebbe andato da nessuna parte. Stanco, si avviò alla porta.
La prima cosa che vide uscendo fuori furono Gabriel e Jennifer, avvinghiati contro una delle pareti della casa di Ares. Il loro modo di stringersi e di baciarsi gli fecero tornare in mente la sera prima. Distolse lo sguardo in fretta, e seguì Carlos e Matthew fino alla spiaggia. I loro battibecchi crescenti lo incuriosirono. In spiaggia, i due diedero fuoco ad un grosso e finto tronco d'albero, che partì come un razzo verso il cielo. Esplose, lasciando dietro di sé scintille nere e rosse, che poi si rivelarono piume.
Nico si voltò e si diresse alla mensa. Le orecchie gli fischiavano. Si promise di non seguire mai più di un figlio di Efesto. Prese un vassoio, fece un'offerta al padre come durante tutti i pasti, e andò a sedersi vicino a Johnny e Mitchell. I due stavano chiacchierando di football. Nico rimase qualche minuto a fissarli perplessi. Il football era un argomento così umano, così banale, dopo tutto quello che avevano passato.
«Ehi, Nico.»
Il figlio di Ade alzò lo sguardo su George. Si sedette di fronte a lui e gli sorrise.
«Ciao.» lo salutò Nico, un po' diffidente.
«Will mi ha chiesto di avvertirti. Non riuscirà a venire per pranzo. Ha detto qualcosa riguardo...» George sorrise un po' di più, e gli occhi azzurri brillarono. «Riguardo alla tua cabina. Stasera, prima di cena.»
Sebbene le occhiate di George, Mitchell e Johnny, Nico si impose di non arrossire. Annuì, e si finse interessato alla sua scodella di pasta al pomodoro, scoprendo di non avere molta fame. Ma il figlio di Apollo davanti a lui lo stava guardando, e Nico capì che se non avesse mangiato, lo avrebbe riferito di corsa a Will.
Una mano sui capelli lo fece sussultare. Mitchell gli tolse una piuma rossa dalla testa e la guardò, sorridendo.
«Questa da dove spunta?» gli chiese.
«Mi pare ovvio!» sorrise George, illuminandosi. «Dalla notte di passione con mio fratello Will. Avete distrutto la tua cabina, eh? Ti serve di nuovo una mano ad aggiustarla?»
A questo punto, Nico non si trattenne dal divenire scarlatto e fu sul punto di balzare in piedi quando Mitchell gli posò una mano sulla schiena.
«Su, George, lascialo in pace.» disse Mitchell, con un sorrisino. «Sono affari suoi e di Will, quello che fanno in privato.»
«Io e Will... non abbiamo...» farfugliò Nico, e gli tornò in mente Will la sera prima, che non riusciva a parlare di fronte ad Ade. Ora poteva capirlo. Anche se temeva che non fosse esattamente lo stesso effetto.
«Sul serio?» disse George, aggrottando la fronte. «Non lo avete fatto? Eppure...»
«Lui dice il contrario?» si interessò Mitchell, gli occhi verdi ingigantiti dall'interessamento.
Nico notò che Johnny si era evaporato, ma forse a causa della sorella seduta nel tavolo affianco al loro che faceva le fusa a Gabriel, imboccandolo. La scena gli fece venire un nodo alla gola.
«Oh, no, lui non ne parla. È bravo a farsi gli affari suoi. Ma la luce nei suoi occhi di questa mattina... Li ho trovati entrambe in boxer sul letto, e ho pensato...»
«Dateci un taglio!» esclamò Nico, stizzito, e Mitchell iniziò a ridacchiare. «Non è successo niente.»
«Semmai tu non vuoi raccontarci niente!» esclamò George, divertito.
Nico ebbe nostalgia di Angel. Per zittirlo, di solito a Nico serviva un'occhiataccia. Ma George era più grande.
Nico prese il suo vassoio e andò a sedersi insieme a Carlos e Matthew, che lo ignorarono, discutendo di componenti meccanici, nuovi fusibili e altro che fece solo venire il mal di testa a Nico.
 
Will lo raggiunse verso le sei fuori dalla sua cabina. Gli sedette vicino, stropicciandosi gli occhi stanchi, e Nico socchiuse il libro. Era già arrivato al capitolo dodici.
«Come sta Raphael?» domandò Nico, cauto, osservandolo. Sembrava uno straccio. E indossava ancora i pantaloni del giorno prima. La maglietta del campo si era trasformata in un camice verde da dottore.
Will sospirò. «Meglio non chiederlo.» disse. «Stava malissimo. È stato un idiota a tornare a casa. Per fortuna ci sono Derek e Rose a rimuovere le chiazze di vomito sulle pareti...»
«Che diamine ha?» borbottò Nico, disgustato.
«Ha provato a fare un incantesimo, e si è ritorto contro di lui. Un po' come è successo a Ron nella Camera dei segreti...» Will si interruppe e sospirò di nuovo. «Lascia perdere. Io e Rose abbiamo utilizzato molto del nostro potere per aiutarlo. Sono stanchissimo.»
Will si stese sul prato, le mani intrecciate dietro la testa, e chiuse gli occhi. Nico lo osservò. Aveva le occhiaie, ed era di nuovo molto pallido. Almeno, pallido per quanto potesse esserlo un ragazzo perennemente abbronzato.
«Will.» mormorò. Non voleva riportarlo alla realtà, ma era necessario. Dovevano parlare. Sul serio, questa volta. «Will.»
Lui aprì gli occhi e lo osservò.
«Cosa... ehm, cosa devo fare?» mormorò.
«Potresti farmi un massaggio alla schiena.» sorrise Will, socchiudendo le palpebre. «Migliorerebbe la situazione.»
«Magari più tardi. Intendo con mio padre.»
Will lo osservò in silenzio, e Nico si chiese se stesse prendendo in considerazione l'idea di andare con lui negli Inferi.
«Io devo rimanere qui.» disse infine Will. «Raphael ha bisogno di aiuto. Ho mandato un messaggio a Chirone, spero mi risponda presto. Non ho idea di come curare un figlio di Ecate che ha fatto troppo uso di magia. Mi dispiace.»
Nico annuì, il battito del cuore in aumento. Will aveva pensato alla possibilità di andare con lui negli Inferi, ma l'aveva scartata per Raphael, che non era solo un paziente ma anche un suo grande amico. Poteva capirlo. Forse Nico avrebbe fatto lo stesso, se avesse avuto la possibilità di aiutarlo.
Will si mise seduto e gli sorrise. «Sono solo tre settimane, giusto?» gli disse. «Sono sicuro che tuo padre la troverà in meno di una settimana.»
«Lo spero.» mormorò Nico.
«E anche se dovesse passare un mese, mi trovi qui. Non mi muovo.»
Nico annuì, il cuore a mille.
«Mandami un messaggio, se farai troppo tardi.» aggiunse Will, pensieroso. «Immagino che tu possa mandarlo un messaggio dagli Inferi, no? Non me la prenderò, però, se mi manderai un postino zombie. Comunque, esistono i postini zombie? Ne hai mai visto uno?»
Will stava delirando per la stanchezza, e Nico iniziò a ridere. Gli occhi del figlio di Apollo splendevano più azzurri che mai. Lo zittì baciandolo, a lungo, e Will gli posò le mani sulla schiena e lo strinse a sé.
 
Quando Derek li chiamò per la cena, Nico e Will lo ignorarono. Rimasero seduti sul prato, abbracciati, parlando del più e del meno. Cercarono di non far pesare quelle tre imminenti settimane di distanza. Nico riuscì anche a raccontare al figlio di Apollo la scena di Carlos e Matthew e del loro esperimento, e Will rise a lungo.
Quando Derek chiamò Will dicendo che Raphael stava di nuovo male, i due decisero che fosse il momento di separarsi, anche se non lo dissero ad alta voce.
«Allora... ci vediamo tra qualche settimana.» sorrise Will, triste, dandogli una pacca sulla spalla, sperando che quelle tre settimane volassero.
«Sicuro.» annuì Nico. «Ti manderò qualche messaggio. Sono sicuro che Ermes non ha smesso di bazzicare negli Inferi. Ti farò avere un messaggio ogni volta che mi sarà possibile.»
«Bene, ci conto. Io... posso raggiungerti con un messaggio Iride?»
«Ci saranno parecchie interferenze, ma credo di sì. Quando vuoi...»
Will annuì.
Si guardarono per qualche minuto, imbarazzati, e Derek li osservò incuriosito.
Nico fece il primo passo, un po' maldestro, e abbracciò Will, scoccandogli un bacio sulla guancia. Fu sul punto di salutarlo per l'ennesima volta quando Will gli prese il volto tra le mani e lo baciò, questa volta più a lungo.
Derek distolse lo sguardo, gongolante, già pronto a scrivere la scena appena assistita a tutti i suoi fratelli.
Si separarono con un ultimo bacio.
«Ci vediamo tra qualche settimana, allora.» mormorò Nico, sentendo una punta di ghiaccio all'altezza dello stomaco.
«Sì. Non ti far spaventare dai fantasmi, eh, Death boy?» ridacchiò Will, scompigliandogli i capelli.
Nico rise, e alzò la mano per salutarlo quando i due fratelli Apollo si diressero verso l'infermeria. Il peso allo stomaco si faceva ogni secondo più greve.
 
«E il biondino?» domandò Ade, curioso, quando comparve nella cabina del figlio. Il primo posto in cui lo cercò fu sul letto, ma quello sembrava intatto.
«Ha degli impegni. Cose da figli di Apollo.» grugnì Nico. Aveva riempito un piccolo zaino con le cose di cui non poteva fare a meno. Ad esempio, la sua spada e Il canto della rivolta.
«Ah, capisco... Quindi deduco che tu abbia accettato la mia offerta.»
«Sì, padre.»
«Ti ringrazio. Non te ne pentirai.»

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Capitolo 54
*** 54. Will ***


I giorni trascorsero lenti, al Campo Mezzosangue, uno dopo l'altro, completamente monotoni.
Will faticava a rendersi conto delle ore che scorrevano. Quasi ogni giorno, guardava fuori dalla finestra - della sua cabina, dell'infermeria, non era importante - in attesa che il figlio di Ade tornasse. E faticava sempre di più a concentrarsi.
Senza che se ne accorgesse, i giorni divennero sette, poi quindici, ventuno. Infine divennero trecentododici.
Più di dieci mesi.
E Nico non era ancora tornato da lui.

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Capitolo 55
*** 55. Will ***


Will afferrò la terza freccia della faretra, tese la corda dell'arco e tirò. La freccia si conficcò dritta nel cuore del manichino a cinquanta metri di distanza, insieme alle prime due.
Compiaciuto, Will indietreggiò di tre passi, e prese la quarta freccia. Lasciò scorrere quaranta secondi. E questa volta puntò in mezzo agli occhi del manichino. E riebbe successo.
Indietreggiò ancora.
Ormai si allenava nel tiro con l'arco tutti i giorni. Aveva scoperto che l'attività fisica lo aiutava a distendere i pensieri, e a dimenticare. Invece, l'attività continua in infermeria gli permetteva di immedesimarsi nel dolore dei suoi pazienti. Poteva essere utile, soprattutto in quei giorni in cui si risvegliava con un acuto dolore al petto e le guance bagnate.
Si era tuffato nell'attività fisica otto mesi prima, quando si era accorto che Nico di Angelo si era dimenticato di lui. E l'attività fisica gli bruciava tutte le energie non consumate in infermeria, e gli permetteva di coricarsi la sera senza pensieri, facendolo sprofondare in un sonno ristoratore privo di sogni.
Faceva parte del Campo Mezzosangue ormai da cinque anni, dopo una lunga discussione con la madre e il patrigno sulle sue origini. Si era fatto accompagnare fino ai pressi del Campo, e poi aveva proseguito senza voltarsi nemmeno una volta.
A quel tempo, sperava solo di trovare qualcuno di simile a lui, qualcuno che potesse aiutarlo ad entrare a far parte di quel mondo che conosceva da anni, e a cui non aveva mai pensato di farvi parte. Qualcuno che potesse capire il caos che aveva dentro. Non si era aspettato tutti quei fratelli, quelle sorelle, tutti quegli altri figli di Apollo, tutti con le sue stesse passioni. Avendo passato la vita leggendo libri sugli Dei greci, non si era stupito che suo padre Apollo avesse dato alla luce così tanti pargoli.
Era rimasto stupito, però, nello scoprire che non era solo Apollo ad avere dei figli semidei. Quando sua madre gli aveva parlato del Campo Mezzosangue, non lo aveva compreso appieno. Pensava che il Campo fosse un luogo esclusivamente per lui, e per gli altri figli di Apollo. Fino a quando non si trovò da solo di fronte a quella moltitudine di case, non aveva compreso le parole della madre.
A molti era stato simpatico, soprattutto ai suoi fratelli maggiori e minori della cabina di Apollo. Ad altri, come la giovane Clarisse Le Rue, era sorto spontaneo odiarlo. Will non aveva mai disprezzato nessuno dei semidei suoi compagni, da alcuni era sempre stato terrorizzato, o troppo intimorito davanti alle loro imprese per provare a dire o fare qualcosa.
Nel corso delle settimane, dei mesi, degli anni dal suo arrivo, Will aveva partecipato a centinaia di caccia alla bandiera. E ad altrettante corse sui carri. E aveva vinto decine di volte i tornei come miglior tiratore con l'arco. Dopo i primi allenamenti, aveva scoperto di non avere un dono particolare nel maneggiare la spada. O i pugnali. Ma con arco e frecce era tutt'altra storia.
Come altri tra i suoi fratelli, Will aveva prediletto la guarigione allo sport. E nelle battaglie che si erano svolte in quei cinque anni, Will, oltre ad occuparsi dei feriti, si era battuto con il suo fedele arco. Non si era mai tirato indietro di fronte ad una battaglia, e non gli era mai importato molto di morire. Faceva parte della sua nuova vita come semidio.
Ora, dopo cinque anni, il pensiero della morte lo divertiva. Era sicuro che fosse l'unico modo per mettersi in contatto con Nico di Angelo, o almeno per incontrarlo. Giù, negli Inferi. In attesa di una collocazione. Non avrebbe avuto nemmeno la forza di arrabbiarsi, se avesse incontrato il figlio di Ade durante la coda per i Campi Elisi, o al momento della partenza.
Sorto com'era nei suoi pensieri, Will inciampò in avanti mentre arretrava e cadde in ginocchio, ferendosi i palmi. Il sangue colava giù dai piccoli tagli. Li curò, afferrò il sassolino che l'aveva fatto scivolare e lo scagliò con violenza contro il manichino, colpendo un paio di frecce e spezzandole a metà.
Si rimise in piedi, asciugandosi qualche goccia di sudore dalla fronte, e portò una mano alla faretra. Gli rimanevano solo più cinque frecce. Aveva le braccia stanche e doloranti, quindi immaginò di trovarsi lì da almeno un'ora abbondante. Non poteva arrendersi. Negli ultimi mesi, aveva decido di scoccare cinquanta frecce al giorno, tutti i giorni, e non poteva tirarsi indietro proprio ad un passo dall'obiettivo.
Afferrò una delle frecce e mirò ad un bersaglio diverso. Il manichino, ormai, somigliava ad un riccio. Una volta, uno dei suoi fratelli si era offerto di lanciargli dei dischi volanti, pensando che non riuscisse a prenderli. Invece, Will li aveva distrutti tutti e cinque, causando ammirazione da parte del fratello e rabbia dal figlio di Efesto che glieli aveva imprestati. Puntò ad un bersaglio colorato, utilizzato di solito per i principianti, e scoccò la freccia. Colpì il centro. C'era da aspettarselo.
Nei primi giorni di quel duro allenamento, Will non aveva avuto la capacità necessaria per colpire con precisione i propri bersagli. Le mani gli tremavano, la vista gli si appannava per le lacrime, e spesso le frecce cadevano a terra dopo metà percorso. E quando accadeva, Will litigava con sé stesso.
Non doveva permettere ai pensieri di avere la meglio su di lui.
Doveva proseguire. Doveva riprendersi. Doveva vivere.
Doveva lasciare il Campo Mezzosangue prima che fosse troppo tardi.
Will inspirò profondamente e prese un'altra freccia. Si spostò di qualche passo prima di mirare ad un nuovo bersaglio, che gli provocò uno spasmo alla spalla. Una tavola da surf nera, con un teschio bianco ghignante sopra. Mirò e la freccia si conficcò nell'orbita vuota del teschio, facendo oscillare di qualche centimetro la tavola. Era stato Austin a consigliargli di metterla lì, in mezzo agli altri bersagli. E dopo i primi giorni, Will lo aveva considerato un obiettivo come un altro.
Abbassò l'arco e prese una bottiglietta d'acqua. Quel giorno d'estate era particolarmente afoso. Bevve a lungo, occhieggiando il cielo azzurro. Erano già le tre del pomeriggio. Alle cinque doveva rientrare in infermeria per il suo turno. Nelle ultime settimane, erano giunti al Campo tanti nuovi semidei - persino tre nuovi figli di Apollo, dai nove ai dodici anni - e il tour in infermeria sembrava obbligatorio ogni qualvolta prendevano un'arma in mano per un allenamento. Ma le loro ferite erano così semplici da medicare che tendeva a salutarli con un «Ci vediamo domani!» e un ghigno.
Ah, i giovani semidei! Così pieni di vitalità, di gioia nello scoprire cosa fosse toccato loro, così ingenui e pronti a fare mille domande su tutto ciò che non conoscevano o capivano.
Will ricordò Roxanne Kane, la sua giovane e nuova sorella di dieci anni, conosciuta da sole due settimane che, curiosa, gli domandava come mai passasse così tanto tempo ad allenarsi da solo.
«Gli piace combattere.» aveva risposto per lui Austin, scoccandogli un'occhiata per controllare come l'avesse presa, ma Will aveva semplicemente sorriso alla piccola sorellina e le aveva risposto con sincerità.
«Ho così tanta rabbia assopita dentro me, che mi alleno da solo per la sicurezza degli altri.»
A Roxanne Kane era piaciuta molto come risposta, e Will si era allontanato in fretta dall'infermeria prima che potesse chiedergli a cosa fosse dovuta la sua rabbia interiore. Aveva passato mezza giornata nei boschi, cercando di trattenere le lacrime. Prima Drew Tanaka, poi Nico di Angelo... forse doveva solo accettare l'invito ad uscire di uno dei numerosi amici di Jem. Ameno avrebbe cercato di rimediare alla voragine nel petto, che dopo così tanto tempo, ancora doleva.
Quando smise di bere, Will contò tre frecce nella faretra. I muscoli gli chiedevano un altro attimo di sosta, un po' di pietà, ma sapevano bene quanto fosse inutile. Accarezzò distante le piume della terza freccia e si preparò ad incoccarla.
«Ciao, Will.»
Quella voce lo fece rabbrividire. Per rabbia? Paura? Sollievo? Non sapeva dirlo con certezza.
Rabbia? Inutile negarlo. Era arrabbiato.
Paura? Sì, lo aveva spaventato, comparirgli alle spalle in quel modo.
Sollievo? Ora aveva la certezza che non fosse morto.
Will si maledì. La mano iniziò a tremargli, e l'arco scese di due centimetri dalla solita postazione di tiro. Quella voce aveva attivato pensieri dolorosi che aveva tentato in tutti i modi di soffocare.
Non si voltò. Non rispose. Lo ignorò, per quanto fosse capace. Scoccò la freccia di nuovo contro la tavola da surf, questa volta all'interno del ghigno del teschio.
«Sei in gamba come al solito, Will. Ora ho trovato un soprannome per te, anche se stupido. L'arciere. Che ne pensi?»
Per tutta risposta, Will prese la penultima freccia e puntò al manichino. La freccia sibilò nell'aria mentre si conficcava dritta nei genitali inesistenti del manichino.
«Ahi.» fischiò la voce alle sue spalle, colpita. «Questo ha fatto male.»
Will si conficcò le unghie nei palmi. Non doveva voltarsi. Doveva reprimere quel desiderio. Sebbene fosse seguito da una ferrea decisione di prenderlo a schiaffi. Doveva trattenersi. Doveva ricordare le sue lezioni sull'autocontrollo.
Le mani gli tremavano così tanto che non si sforzò nemmeno di prendere l'ultima freccia. Tenne gli occhi puntati sul manichino.
«Sei arrabbiato, lo so.» continuò la voce di Nico di Angelo alle sue spalle. Parlava in fretta, come se considerasse la pausa come un invito a scusarsi. «E non ho alcuna intenzione di chiederti di non essere più arrabbiato con me. Mi sono comportato male. Molto male.»
«Allora perché sei di nuovo qui?» ringhiò Will. Portò la mano alla faretra, mordendosi l'interno della guancia, e prese l'ultima freccia. Le dita continuavano a tremare mentre teneva gli occhi puntati sui bersagli.
«Perché... volevo vederti. E parlarti. E chiederti scusa.»
«Vederti. Parlarti. Chiederti scusa.» lo scimmiottò Will, incoccando la freccia. La puntò di nuovo verso la tavola da surf. Provava un piacere un po' perverso nel colpirla. «E cosa ti suggerisce che io voglia vederti, o parlarti, o accettare le tue stupide scuse?»
Nico saltellò da un piede all'altro, a disagio. «Be', hai del tempo libero.» mormorò. «E se mi lasciassi spiegare...»
«Appena questa freccia colpirà il suo bersaglio, io non avrò più tempo libero.» sibilò Will, tendendo le braccia fino allo stremo. Il dolore gli schiarì la mente. «Quindi ti consiglio di parlare in fretta.»
Will non lasciò all'altro nemmeno il tempo di aprire la bocca, perché la freccia partì. E si sarebbe conficcata nel secondo occhio del teschio, se uno scheletro comparso dal nulla a metà percorso non l'avesse afferrata.
«Le cose sono andate in modo diverso da come io o mio padre ci eravamo aspettati.» iniziò a dire Nico, mentre il suo scheletro porgeva la freccia a Will, che si sentiva le guance ardenti per la rabbia. La prese, irritato, e la spezzò in due, lasciandola cadere in terra, insieme alle ossa dello scheletro che vennero risucchiate dalla terra.
«Mi hai appena rovinato mesi e mesi di allenamento, di Angelo, spero tu ne sia soddisfatto!» ringhiò Will, voltandosi a guardarlo.
Si maledì per averlo fatto.
Erano passati più di dieci mesi dall'ultima volta che lo aveva visto, ma il suo cuore reagì come se non lo vedesse da sole poche ore. Come se non avesse sofferto a causa sua in tutto quel tempo. Il cuore iniziò a battere sempre più forte, il sangue gli fluì di nuovo alle guance, e i ricordi dei loro pomeriggi di baci gli tornarono alla memoria, soffocando il dolore e la tristezza di tutti quei mesi di solitudine. L'impulso di stringerlo tra le braccia fu soppresso nel giro di una manciata di secondi, gli stessi che gli servirono per rendersi conto che quello non era più il piccolo Nico di Angelo a cui si era abituato.
Dieci mesi. In quel lasso di tempo, il corpo di Will si era modificato. Aveva ottenuto l'irrobustimento che non gli aveva mai concesso nei primi quattro anni al campo. I muscoli si erano ispessiti, dandogli una nuova forma alle spalle, alle braccia e alle gambe. Era più resistente, riusciva a correre per dieci chilometri prima di stancarsi, e poteva sopravvivere settantadue ore senza chiudere occhio. Non era diventato più alto, il metro e ottanta era contenuto nel gene di sua madre, visto che tutti i suoi fratelli umani erano alti quanto lui. Era solo diventato più forte, il suo corpo si era modificato per rispettare il suo nuovo equilibrio, e i vestiti ora gli stavano stretti. E in costume faceva una figura ancora migliore. La sua carnagione era sempre dorata da perfetta abbronzatura.
Invece, per Nico, quei mesi negli Inferi erano serviti al suo corpo per ricordargli che si trovava nel pieno della pubertà. Era ancora pallido per via di tutto quel tempo sottoterra, e gli scuri occhi erano ancora infossati, ma pieni di vita, il che lo rendeva diverso. Aveva tagliato i capelli, ora li teneva rasati ad entrambi i lati della testa, e i capelli superstiti restavano dritti e scompigliati, dandogli la solita tipica aria di essersi appena alzato dal letto e di essersi dimenticato di darsi una spazzolata prima di uscire.
Ed era più alto. Will riusciva a guardarlo dritto negli occhi senza dover inclinare la testa. Era più alto, e aveva messo su muscoli. Indossava jeans neri, attillati, come se avesse seguito corsi di moda mentre si trovava alle prese del lavoro di suo padre. Anfibi neri, senza rialzo, gli fasciavano i piedi. Inoltre, indossava una maglietta di un rosso cupo, a maniche corte, senza disegni o scritte, e la sua solita giacca da aviatore, che sembrava essere cresciuta con lui come una seconda pelle. Come se non facesse un caldo bestiale, quel pomeriggio.
Al collo portava ancora il laccio di cuoio con l'unica perla del Campo Mezzosangue, che proprio Will gli aveva legato tempo e tempo prima. Nel vederla scintillare prima di arancio e poi di viola, a Will si strinse il cuore, e capì che da quell'incontro la possibile soluzione era soltanto una.

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Capitolo 56
*** 56. Nico/Will ***


A fatica, Will distolse lo sguardo. Dieci mesi sottoterra, e Nico di Angelo si era trasformato nel ragazzo più bello che avesse mai avuto l'onore di conoscere. Ed era sicuro che se si fosse mostrato al Campo, in molti - di ambo i sessi - si sarebbero gettati ai suoi piedi. Will lo sapeva, perché era proprio quello che intendeva fare.
Nervoso, Will iniziò a giocherellare con il braccialetto che Janet gli aveva regalato per il suo diciottesimo compleanno, il mese prima. Era di cuoio, e intrecciava un filo bianco e uno blu, con un semplice ciondolo a forma di arpa. Se lo rigirò al polso per tre volte, prima di ritrovare il coraggio di alzare lo sguardo.
A sua volta, Nico lo stava guardando con attenzione. Il ricordo di Will non si era mai allontanato dalla sua mente, e riusciva a cogliere le tante differenze dell'ultima volta che lo aveva visto, mentre si allontanava con il fratello Derek verso l'infermeria. Braccia e gambe muscolose, diverse cicatrici in via di guarigione sulle gambe nude, l'abbronzatura perenne sulla sua pelle. I capelli biondi erano legati in un semplice codino che gli superava le spalle. Il laccio con le cinque perle del Campo Mezzosangue era stretto al collo, e le perle luccicavano ai raggi del sole.
Un'altra cosa che Nico notò fu il sangue. Ce n'era un po' ovunque sui vestiti di Will, e senz'ombra di dubbio era sangue suo. Alcune gocce gli macchiavano un angolo della maglietta arancione, come se vi avesse strofinato sopra le mani ferite. C'era del sangue rappreso all'altezza delle ginocchia, sia sui pantaloni corti che sulla pelle nuda. E anche sui piedi, come al solito calzati da infradito giallo canarino.
Ed era ricoperto di sudore. Nico si domandò da quanto tempo si trovasse lì, sotto il sole, a tirar frecce. A giudicare dai numerosi bersagli feriti, doveva trovarsi lì da ore.
Nico sorrise lentamente. Prima di partire per il Campo Mezzosangue, si era promesso di non dire niente di stupido, ma ora che aveva di nuovo Will Solace di fronte ai suoi occhi, si lasciò sfuggire una frase patetica: «Ti trovo in forma.»
Gli occhi celesti del figlio di Apollo si socchiusero. Will lo studiò, pensando che stesse scherzando, e fu tentato di tirargli un calcio, ma si trovava troppo distante. Tre metri. Da quella distanza, poteva raggiungere benissimo una parte qualsiasi del suo corpo con una freccia, senza dargli il tempo di proteggersi. Purtroppo, non aveva più frecce nelle faretra.
Abbassò lo sguardo su quella spezzata ai suoi piedi, e si domandò da quanto tempo Nico lo stesse osservando. Forse aveva atteso dietro gli alberi fino a quando non lo aveva visto incoccare l'ultima freccia, sapendo che il pericolo era passato.
Stupido idiota.
«Mi trovi in forma, eh?» mormorò Will, alzando gli occhi su di lui. Nico doveva essere impallidito un altro po' al tono smorto della sua voce. «Be', sai, ho dovuto tenermi in forma. Non sapevo come altro ingannare il tempo.»
Nico si portò in fretta una mano alla tasca destra dei jeans. Picchiettò il dito su qualcosa, per essere sicuro di averlo ancora, e si schiarì la voce.
«Devi andare in infermeria?» gli chiese.
Will posò l'arco su un tronco di albero, e scrocchiò le nocche. Nico pensò che lo stesse facendo per intimidirlo, ma era impossibile essere intimiditi da Will Solace. Anche se, riflettendo, forse faceva meglio ad esserne intimidito.
«No, non devo andare in infermeria.» sbottò Will, odiandosi per essere cosi debole. Se i suoi fratelli lo avessero saputo... «Almeno non fino alle cinque.»
«Quindi... possiamo parlare?»
«Ti lascio dieci minuti. Solo dieci minuti. Ho altre cose da fare. Non giro più attorno a te, di Angelo.»
«Okay.» rispose Nico, annuendo. «Dieci minuti mi sono più che sufficienti. Ti prego, Will, perdonami.»
Will schioccò le labbra. «Intendi veramente chiedere scusa in questo modo?» chiese, aspro.
Nico arrossì. «Non sono molto bravo con i discorsi.» bofonchiò, la mano di nuovo accostata alla tasca.
«Si nota.»
«Ti ho portato un regalo.» aggiunse il figlio di Ade, nervoso, infilandosi una mano in tasca.
«Guarda che non ti perdonerò solo per avermi fatto un regalo.»
«Non è questa la mia intenzione.» Nico estrasse dalla tasca un pezzo di carta piegato con cura, e glielo tese. Will glielo strappò di mano. Gli voleva regalare un pezzo di carta? Be', non molto fantasioso, il ragazzo. Però doveva immaginarselo. Il centro souvenir degli Inferi non doveva essere molto fornito.
Ma non era un semplice pezzo di carta. Will notò che c'era qualcosa di duro, all'interno. Sconcertato, alzò gli occhi sull'altro.
«Aprilo, avanti.» lo esortò Nico, e Will notò la strana luce nei suoi occhi. Si chiese se avesse mai fatto un regalo a qualcuno.
Quando Will aprì il foglio, e vide il contenuto, rispose da solo alla sua stessa domanda. Nico di Angelo non aveva mai fatto un regalo a nessuno.
«Dimmi che non è quello che penso.» gracchiò Will, gli occhi sgranati.
«Lo è.» annuì Nico, sorridendo con orgoglio. «È proprio una falange. Di un pollice. Ma non indovinerai mai di chi.»
Will spostò l'arco e si sedette sul tronco, le ginocchia tremolanti. Il primo regalo ricevuto da Nico di Angelo era un osso, una parte del pollice di qualcuno. Con dita tremanti raccolse l'ex pollice di qualcuno, e gli occhi gli caddero sul resto del foglio. C'era una firma. I suoi occhi impiegarono qualche secondo a decifrarne la calligrafia.
«J-John Le-Lennon?» balbettò Will, strabuzzando gli occhi, ringraziandosi per essersi già seduto. «Hai... questo... questo è il pollice di John Lennon?»
«Sì.» disse Nico, compiaciuto. «Mio padre gli ha lasciato il corpo per permettergli di suonare e cantare ancora, giù negli Inferi. Gironzolava spesso per casa - ha una sua stanza privata per ordine di mio padre - quindi gli ho chiesto un autografo.»
«E perché... perché ora ho il suo dito in mano?!»
«Ah... per sbaglio ha sbattuto contro un muro e si è rotto il polso. Gliel'ho riaggiustato, e mi ha regalato il pollice in segno di amicizia. È un tipo apposto. Mi ricorda molto te.»
Will socchiuse le palpebre e riprese a fissare l'autografo.
«Non ti piace?» gli domandò in fretta Nico, nervoso. «Forse avrei dovuto davvero portarti la mano intera...»
Will scosse la testa, agitato. «No, ehm, il pollice va benissimo, ti ringrazio. È solo che... be', sai, nessuno mi ha mai regalato il pollice di uno dei miei musicisti preferiti. Sono... sorpreso, ecco.»
«Capisco.» mormorò Nico, tetro. «È un regalo orribile, eh?»
Will sorrise all'espressione mortificata del figlio di Ade. «Be', dipende dai punti di vista. Se fosse stato il pollice di uno qualsiasi, probabilmente sarebbe stato un regalo orribile. Ma visto che si tratta del pollice di John Lennon, non lo è affatto.»
Nico sembrò un po' rincuorato.
«Comunque, hai rimediato altri dieci minuti.» disse Will, riponendo con cura la falange nel pezzo di carta, chiedendosi dove potesse metterlo. «Continua pure il tuo discorso.»
Nico annuì, tornando serio. Fu sul punto di parlare quando Carlos Ferrero, figlio di Ermes, comparve a pochi metri di distanza da loro, spuntando dagli alberi.
«Ehi, Will.» lo salutò Carlos, senza accorgersi di Nico. «Hai già finito di tirare con l'arco? Ti va di fare un po' di corsa?» I suoi occhi scuri si sgranarono quando mise a fuoco il figlio di Ade. «Oh! Wow! Io...»
«Ora sono impegnato. Ci vediamo più tardi, Carlos.» lo salutò Will con calore, e Carlos diede loro le spalle e corse via.
Nico sospirò, frustrato. Nel giro di un minuto tutto il Campo avrebbe saputo del suo ritorno. Ma non gli importava, se per allora avesse finito di parlare con Will.
«Tu e lui..?» borbottò Nico, lanciando a Will una rapida occhiata.
«Sì, corriamo insieme tutti i giorni.» rispose Will, non cogliendo il senso di quello che Nico intendeva veramente chiedergli. «Tutte le mattine alle sei, e i pomeriggi quando capita. Vai avanti, Nico, sto perdendo la pazienza.»
«Mio padre e Persefone hanno litigato, quando lui l'ha trovata.» iniziò Nico, rapido. «Lei non intendeva più tornare negli Inferi, e mio padre non riusciva a convincerla a tornare. Per questo sono dovuto rimanere negli Inferi così a lungo. Mio padre ha cercato Persefone per tre mesi, e per altri sei ha provato a convincerla a tornare con lui. Dopo due settimane di regali, promesse, e via discorrendo, Persefone è tornata.»
«E non ti è nemmeno saltato in quella zucca vuota che mi avrebbe fatto piacere ricevere un messaggio?» borbottò Will. «Un messaggio in cui mi spiegavi tutto questo? Il motivo del tuo ritardo?»
«Ecco...» Nico arrossì un'altra volta, e si passò nervosamente le dita tra i capelli corti. «Non mi sono accorto che fosse passato così tanto tempo.»
«Ah, meraviglioso!» Will balzò in piedi, stringendo i regali di Nico in mano. «Non ti sei accorto che sono passati dieci mesi da quando mi hai detto: "Ci vediamo tra qualche settimana"? Non ti è mai importato di me, se non ti sei nemmeno accorto che...»
«Il tempo negli Inferi scorre in modo diverso, dopo che vi hai passato un mese ininterrotto, e non sei immortale.» spiegò Nico, avvicinandosi all'altro di un passo. «Fino a quando non è tornato mio padre, cinque giorni fa, mi sembrava fossero trascorsi solo un paio di mesi, tre al massimo.»
«Be', anche se fossero passati solo tre mesi, non erano sufficienti per lasciarmi uno straccio di messaggio?!»
«Ne ho affidato uno ad Ermes!» esclamò Nico, avvampando. «Ma a quanto pare né lui né suo figlio te lo hanno lasciato! Ed è strano, visto tutto il tempo che passi con quello!»
Will fece una smorfia incredula. «Credi davvero che tra me e Carlos ci sia qualcosa?» gli chiese, furente. «Sul serio? Hai così poca considerazione di me, di Angelo? Mi credi capace di spassarmela con il primo che capita, e poi rifugiarmi nelle braccia di un altro?»
«Non intendevo...»
«Mi hai spezzato il cuore!» urlò Will, e Nico sussultò. «Me lo hai spezzato! E mi hai distrutto! E sapevi benissimo che non lo avrei sopportato un'altra volta, e tu lo hai fatto lo stesso!»
«Non l'ho fatto apposta!» mormorò Nico, abbassando le spalle. «Non mi sono reso conto... Ed Ermes mi ha assicurato che ti avrebbe consegnato il messaggio...»
«Dovevi aspettartelo. Anche il miglior postino sulla faccia della terra può sbagliare o tardare o perdere una consegna!»
Nico lanciò un'occhiata al cielo, e Will fu tentato di urlare una seconda volta. Non gli importava se Ermes era in ascolto. E nemmeno Zeus. O un altro qualsiasi degli Dei.
«Senti, Will, mi dispiace tanto se non ti è arrivato il messaggio. Avrei dovuto scriverti fino a quando non mi avresti risposto. È stato un errore mio, solo mio, e ti chiedo scusa. E te lo chiederò per sempre, se necessario. Ma ti prego, non...»
La voce di Nico si affievolì e si zittì di colpo. Will si mise in ascolto. Un coro di voci stava urlando il nome del figlio di Ade a gran voce. Will captò quella di Jason in testa al gruppo, accompagnata da quella di Leo Valdez.
«Ecco i tuoi ammiratori.» sbottò Will, stizzito, e si allontanò in fretta. Non intendeva farsi vedere in compagnia di Nico di Angelo.
«Ti aspetto nella mia cabina!» gli gridò dietro Nico, con il cuore in gola.
«Non mi aspettare, non verrò.»
«Will, per favore...»
Will si nascose tra gli alberi mentre la decina di semidei si affrettava verso Nico di Angelo. Guardò il figlio di Giove e la sua fidanzata abbracciare Nico, e sentì qualche complimento sparso per il suo nuovo taglio di capelli.
Lo salutavano come se non fosse scomparso. Per loro Nico era solo un amico che ogni tanto spariva e tornava negli Inferi dal padre. Non si erano accorti che la partenza di Nico gli aveva spezzato il cuore.

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Capitolo 57
*** 57. Nico ***


«Mi hanno detto che è stato tuo padre ha spifferare in giro della mia vittoria contro la morte.» disse Leo Valdez, sorridendo. Aveva una macchia di grasso sul collo, e non sembrava preoccuparsene. «Ringrazialo.»
«Posso portarti da lui, così lo ringrazi di persona.» rispose Nico, sforzandosi di sorridere.
«Ah, no, passo. Non vorrei che si accorgesse di non aver cancellato il mio nome dalla sua Lunga Lista di Morte e mi prendesse con sé...»
Thanatos si occupava della Lunga Lista di Morte di Ade, ma Nico pensò che non fosse il caso di approfondire. Si voltò verso i boschi in cui era scomparso Will. Doveva rincorrerlo e chiedergli scusa per quello che gli aveva fatto passare. Non era stato l'unico a soffrire, in quei mesi.
I l regalo gli era piaciuto? Nico pensò di sì, dopo strati e strati di disgusto. Forse avrebbe fatto meglio ad ascoltare i consigli di John Lennon, piuttosto che fare di testa sua.
Nico si guardò attorno. Jason e Piper erano stati i primi a saltargli addosso, subito seguiti da altri semidei di cui non conosceva il nome, ma che aveva già incontrato. E infine, Leo Valdez.
«Dove ti hanno trovato?» chiese Nico, incuriosito, ignorando le pacche sulle spalle o le dita tra i capelli. Nel sottosuolo, aveva imparato ad ignorare chiunque lo sfiorasse. E quando lo facevano i defunti, era meglio guardare da un'altra parte.
«Venezia, in Italia.» sbuffò Leo, infastidito, scoccando un'occhiata a Jason.
«Sul serio?» sorrise Nico, divertito.
«Ho portato Calypso a fare un romantico giro in gondola, e mi sono trovato Jason e Piper che mi guardavano dal Ponte dei sospiri.»
«Come avete fatto?» Nico si rivolse a Jason.
«Ho chiesto aiuto a qualche amico vento.» sorrise il figlio di Giove, stringendo a sé Piper.
«Noi abbiamo iniziato a cercarlo in Messico, ma lui era da tutt'altra parte.» aggiunse Piper. Aveva i capelli molto più lunghi, tenuti in una lunga treccia dietro le spalle. Era più radiosa di quanto Nico si ricordasse.
«Siamo stati in Messico.» annuì Leo, aggrottando la fronte. «Tre mesi. Poi abbiamo ripreso il giro del mondo. Ho portato Calypso ovunque. Sulla Tour Eiffel, al Colosseo, sulla Statua della libertà... e via via per tutti questi monumenti noiosi.»
«E Calypso è qui con te, ora?»
«Sì. Dorme nella Casa Grande. Ora mi sta aspettando in officina. Ci vediamo più tardi, eh?»
Nico annuì e salutò Leo, che si allontanò con passo baldanzoso, lanciando in aria una chiave inglese.
«Lo abbiamo cercato un po' ovunque, prima di andare in Messico e scoprire che era appena partito.» sospirò Jason, e Nico tornò a guardarlo. «Siamo anche stati in Europa, ma questa volta è stato un viaggio diverso.»
«Più romantico.» annuì Piper.
«E lo abbiamo scovato a Venezia.»
«Quando ci ha visti, ha urlato di gioia e si è buttato nel Canal Grande. Per fortuna non c'era nessuno nelle vicinanze.»
«È sopravvissuto al tuffo nel Canal Grande?» fischiò Nico, sorpreso.
«Sì, ma io l'ho recuperato subito. Dopo i primi cinque minuti di gioia, di baci e abbracci, Leo ci ha chiesto se eravamo finiti lì per caso o se lo stavamo cercando.»
«E vi siete fatti sfuggire quello che mi ha detto mio padre.»
«Esatto.» sorrise Piper, passandogli le dita tra i capelli. «Tu che hai fatto, invece?»
«Ho amministrato gli Inferi per qualche mese su ordine di mio padre.» Nico osservò i semidei che lo circondavano, che stavano chiacchierando tra loro, raggianti. «Qui è successo qualcosa di interessante?»
«No.» disse Jason, scuotendo la testa, ma i suoi occhi brillavano di una luce strana. Nico capì che gliene avrebbe parlato più tardi, forse in privato.
Nico guardò senza muovere un muscolo i semidei e Jason che organizzavano in tutta fretta una festa di benvenuto per lui. Fu tentato di dire che non si sarebbe fermato a lungo, ma tempo addietro si era promesso di non abbandonare più Will. Non poteva rifarlo. Non prima di aver chiarito le cose con lui.
«Piper...» mormorò Nico, allontanandosi di qualche passo e avvicinandosi alla figlia di Afrodite. «È successo qualcosa?»
«Nah. Qualche mese fa siamo stati attaccati da qualche mostro. Chirone ha detto che era normale. Lo abbiamo sconfitto in nemmeno un quarto d'ora, eravamo piuttosto fuori forma.»
«E... nient'altro?»
Piper lo osservò a lungo, esaminando il suo volto pallido e, forse, anche le orecchie tempestate di piccoli anelli d'argento.
«Nulla di interessante.» ripeté Piper. Prima di correre tra le braccia rigide del figlio di Ade, Jason si era assicurato con lei di non menzionare nemmeno una volta Will Solace. E Piper non intendeva venire meno alla promessa del suo ragazzo.
«Mmh.» Nico distolse lo sguardo e osservò Jason, che discuteva con dei figli di Efesto sui fuochi d'artificio. «Percy e Annabeth?»
«Sono ancora a scuola. Ci raggiungeranno a metà del prossimo mese.»
«Tu e Jason cosa avete fatto?»
«Abbiamo viaggiato. Sei mesi fa abbiamo incontrato Leo, e visto che lui non intendeva ancora tornare, abbiamo viaggiato tutti e quattro insieme. Lui e Calypso sono la coppia perfetta per mia madre. Siamo rimasti insieme un paio di mesi, poi siamo tornati qua. E Calypso è stata accolta da Chirone.»
«E, ehm...» Nico avvampò. «Ehm... Tu sai...?»
Piper lo guardò in attesa, e quando capì quello che intendeva chiedergli, si schiarì la voce e gridò: «Jason, che ne pensi farla in spiaggia, la festa? Dopo dieci mesi passati negli Inferi, scommetto che un po' di sole farà molto bene al nostro amico!»
J ason le fece un segno positivo con la mano e le sorrise. Piper prese Nico sottobraccio e lo portò lontano dalla postazione di tiro con l'arco. Nico si guardò intorno, in cerca di Will, ma invece trovò solo cinque figli di Apollo che lo aspettavano a braccia conserte, lo sguardo corrucciato.
«Bentornato, Nico di Angelo.» lo salutò Austin, con lo stesso entusiasmo di un prete che serviva messa ad un funerale.
«Ciao.» lo salutò Nico. Le espressioni dei figli di Apollo non erano allegre, tutt'altro. Sembravano pronti a saltargli addosso e conciarlo per le feste, ma solo la vicinanza di Piper, Jason e tutti gli altri semidei alle loro spalle li trattenevano.
Nico si accorse di conoscerli tutti e cinque. Austin, Derek, George, Rose ed Helen. Quasi tutti con gli azzurri occhi scintillanti di rabbia e l'espressione di disgusto dipinta sul volto.
Nico si inumidì le labbra. Era quasi certo che i fratelli di Will non intendessero picchiarlo per suo ordine, ma non poteva esserne sicuro.
«Per cena organizziamo una festa in spiaggia.» li avvertì Piper, posando una mano sul fianco, vicino al suo pugnale. Nico sorrise. Piper sarebbe stata dalla sua, se i figli di Apollo avessero tentato di aggredirlo. «Siete invitati.»
«Ci saremo.» annuì Derek, gli occhi puntati su Nico, che capì che, se fosse stato per loro, avrebbero organizzato un altro tipo di festa.
Si allontanarono di qualche passo, e Nico fu sicuro di sentire ancora su di sé l'occhiata gelida dei figli di Apollo.
«Credo che ora andrò nella mia cabina.» borbottò Nico. «Ho bisogno di riposarmi un po'. Il viaggio è stato lungo, e sento la mancanza di un letto senza lamenti di morti in sottofondo.»
«Be', la vera vacanza l'hai fatta tu, Nico.» rise Piper, e Jason li raggiunse raggiante.
«Stiamo preparando tutto per stasera.» lo avvisò Jason. «Tu fingi di esserne sorpreso.»
«Ah, d'accordo, sarò strabiliante. Scusate, vado nella mia cabina. Ci vediamo più tardi?»
Jason annuì, e lo abbracciò un'altra volta. Nico si avviò alla cabina numero 13, e notò due figli di Apollo che lo guardavano in cagnesco. Affrettò il passo.

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Capitolo 58
*** 58. Will ***


Will camminò nel boschetto fino a quando non si ritrovò nei pressi dell'infermeria. La superò in fretta, digrignando i denti nel sentire le voci di qualche semidio intento a lamentarsi. Come se il loro dolore potesse superare il suo. Entrò nella sua cabina e andò subito a sedersi sul letto. Nessuno dei suoi fratelli era lì. Di sicuro erano tutti in spiaggia a prendere il sole, in un bel giorno come quello. Se non fosse stato così stanco, e con i nervi a pezzi, Will forse li avrebbe raggiunti.
I suoi occhi si posarono sulla borsa da viaggio, sotto la sua piccola scrivania, in attesa di essere riempita e poi di partire. Sua madre non lo aspettava prima di settembre, quando avrebbe ufficialmente lasciato il Campo Mezzosangue per iscriversi alla facoltà di medicina. Ma era quasi certo che la madre non l'avrebbe scacciato di casa solo per essersi presentato con tre mesi e mezzo d'anticipo. E nel caso fosse accaduto, Alec e Jem sarebbero stati più che felici di invitarlo nel loro squallido appartamento. Be', forse Alec no, ma non si aspettava un rifiuto da parte di Jem.
Will cominciò a riempire lo zaino, poi lasciò perdere. Non poteva scappare dal Campo Mezzosangue. Non poteva sperare che la rabbia nei confronti di Nico fluisse via solo perché si era lasciato alle spalle il Campo. Ed era sicuro che Nico lo avrebbe cercato in lungo e in largo per tutta la città, ma anche in tutto il mondo, e Will non intendeva scappare. Già una volta, con Drew, aveva rinchiuso i suoi sentimenti e non li aveva più affrontati, fino all'arrivo di Nico. Ora non poteva fare lo stesso, perché era sicuro che il suo cuore non avrebbe retto una fuga, oltre la seconda delusione d'amore più grande della sua vita.
Tornò sul letto, e si strappò l'elastico dai capelli. Doveva tagliarli. Se lo ripeteva da tre mesi. Ma gli piacevano. Doveva lasciare il Campo. Ma non poteva abbandonare i suoi fratelli. E non aveva ancora finito di istruire Rose e Angel.
Will nascose il volto tra le mani e inspirò. Poi espirò. Aveva bisogno di riprendere un po' dell'energia che lo aveva fatto sopravvivere in quei mesi di solitudine. Se avesse saputo che Nico di Angelo, nel giro di un quarto d'ora, lo avrebbe annientato di nuovo, sarebbe scappato molto prima. O avrebbe attuato il suo piano per ritrovarsi di fronte a lui nei pressi dei Campi Elisi.
Will si mordicchiò un'unghia, brutta abitudine che aveva ripreso negli ultimi mesi, poi posò l'autografo e la falange di John Lennon sul comodino. Un regalo davvero molto originale. Spostò lo sguardo sui cassetti e sentì un colpo al cuore. E se..? Ma non era possibile, se ne sarebbe accorto...
Balzò in piedi, sentendo le guance ardere, bollenti. Aprì un cassetto dopo l'altro, svuotando il contenuto sul letto. Forse il messaggio di Ermes era arrivato, e lui non l'aveva visto, perché stanco dopo una giornata in infermeria. O stanco per gli allenamenti. O stanco per aver passato un'intera giornata a studiare per l'esame di medicina, di alcune settimane prima.
Scartò tutte le lettere che individuò nei cassetti. I fratelli Solace gliene scrivevano almeno una al mese, o anche due, se succedeva qualcosa di interessante. Come la nascita di Tessa, la figlia di Gideon e Janet, due mesi prima. Guardò la foto della piccola Tessa, i suoi occhi neri e i capelli rossicci, e il suo radioso sorriso. Quando, un giorno, tra molti anni, la nipotina fosse stata abbastanza grande per uscire con i ragazzi, Will l'avrebbe fermata, chiedendole se non stesse meglio da sola.
Will riposò le lettere nei cassetti e si scagliò sulla scrivania. Sfogliò tutti i suoi libri, alla ricerca di quella dannata lettera perduta. Trovò solo una decina di dollari sparsi in alcuni libri di Harry Potter, e li gettò alla rinfusa in uno dei cassetti.
Disfece le lenzuola del letto, controllò dentro il cuscino, e sotto il materasso, anche in quello di Angel, che dormiva al piano sopra il suo. Possibile che suo fratello l'avesse presa per sbaglio? Iniziò a controllare tra i suoi effetti personali, e fu sul punto di scagliare un libro fuori dalla finestra per la frustrazione quando Angel comparve alle sue spalle.
«Ehilà, Will!» esclamò Angel, allegro. Ma l'allegria fluì via dal suo volto quando notò il disastro che il fratello aveva combinato. «Ehm, che succede?»
«Sto cercando una lettera.» sbuffò Will, infastidito per l'interruzione. Ma anche grato. In quel preciso momento, cominciò a temere per la sua salute mentale.
«Hai, mmh, provato a guardare nel tuo cassetto? Tra la tua roba?»
«Certo che sì. Altrimenti non avrei iniziato a frugare tra le tue cose.»
Angel si mordicchiò il labbro, pensieroso. «E non l'hai trovata?»
«No, altrimenti avrei smesso di frugare tra le tue cose.»
«Uhm... Una lettera di chi?»
«Non è importante.»
«Di Nico?»
Gli occhi di Will fiammeggiarono al nome. «Sì.»
«Ma lui è qui! Vicino alla postazione di tiro con l'arco! Ne parlano tutti. E Austin e Derek stanno decidendo su chi deve essere il primo a tirargli un pugno.»
Will rise, rincuorato. «Digli che possono farlo entrambi.»
Angel sorrise, poi tornò serio, un'espressione che non gli si addiceva. «Mi dispiace, ma non mi sembra che ti sia arrivata qualche lettera dagli Inferi. Quando prendo la posta, lo sai, la metto sempre sul tuo letto.»
Will annuì. Ricordò di aver rischiato di strozzare il fratello quando era arrivata la lettera con i risultati dell'esame, la settimana prima. Solo perché Angel l'aveva messa in bella mostra sul suo letto, attirando tutti i figli di Apollo e qualcuno di Atena, ansiosi di scoprire l'esito.
«Comunque...» mormorò Angel, turbato, avvicinandosi ai suoi libri sparsi e aprendoli uno ad uno. «...Ricordo che qualche mese fa, stavo leggendo un libro bellissimo sui Cacciatori di Demoni, e dopo cento pagine mi serviva un segnalibro...»
«Angel.» Will chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie, pregando per il fratello. «Ti prego, dimmi che non è vero...»
Angel non gli rispose, ma si affrettò a cercare. Alla fine, una busta indirizzata a George Moon ricadde sulla scrivania con un lieve fruscio.
«Ah!» esclamò Angel, imbarazzato. «Per fortuna non era la tua.»
«Già, per fortuna, altrimenti ti avrei ammazzato, e non sto scherzando.» brontolò Will, aprendo la lettera del fratello George e dandole un'occhiata. Era solo una cartolina da parte della madre e del patrigno.
«Forse Austin, Derek o qualcun altro te l'ha nascosta.» disse Angel, prendendo la lettera di George e lasciandogliela ricadere sul letto. «Non volevano che stessi male.»
«Forse. Ma immagino che spettasse a me decidere se leggerla o meno.» Will si stropicciò gli occhi. Era stanco. Desiderò coricarsi nel letto e dormire, per tutto il giorno seguente, ma aveva delle cose da fare. «Quando tornano domandaglielo, d'accordo?»
«Okay. Dove vai, ora?»
Will sorrise leggermente, avviandosi alla porta. «Vado a prendere a pugni Nico di Angelo. Aspettami in infermeria.»
«Aspetto te o lui?»
Will pensò ai nuovi muscoli di Nico di Angelo. «Tu aspetta solo uno dei due. O entrambi.»
Angel ridacchiò.

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Capitolo 59
*** 59. Nico/Will ***


Quando uscì dalla cabina di Apollo, Will non incontrò nessuno. Sentì solo un gran vociare provenire dal boschetto, e dalla spiaggia. Si affrettò verso la cabina numero 13, e vi entrò dentro, sperando che nessuno dei suoi fratelli lo avesse visto. Era ancora vuota.
Non aveva potuto farne a meno. Negli ultimi mesi, Will era entrato in quella cabina di nascosto così spesso che aveva rischiato più volte di farsi scovare da Chirone. Per fortuna, il centauro aveva deciso di immaginare il rumore di passi all'interno della cabina disabitata.
Will abbassò gli occhi sul letto di Nico. Il letto era, naturalmente, sfatto. Le arpie non erano più entrate a controllare lo stato della cabina, visto che il suo unico proprietario non si presentava più dalla fine di agosto. Si affrettò a riaggiustare le coperte, paonazzo, sperando che il suo odore fosse svanito dalle lenzuola. Forse Nico ne avrebbe riso, trovandolo tutto molto carino e una piccola speranza di perdono, ma Will lo avrebbe trovato estremamente imbarazzante. E non era ancora pronto a perdonare il figlio di Ade per essersi dimenticato di lui.
Fissò il cuscino, in silenzio, e fu sul punto di controllare l'odore - di sicuro, sopra vi era rimasto impresso il suo - quando la porta si aprì e lui si voltò di scatto.
«Ehi.» lo salutò Nico, chiudendosi la porta alle spalle. Fece finta di non essere sorpreso nel vederlo lì. «Mi aspetti da molto?»
«Sono appena arrivato.» borbottò Will, incrociando le braccia al petto, allontanandosi dal letto. «Allora. Hai saltato la tua festa di benvenuto?»
«Jason intende farmene una stasera.» confessò Nico, teso. Non gli piaceva il modo in cui lo stava guardando il figlio di Apollo. «Una piccola festicciola sulla spiaggia. Venendo qui ho incrociato alcuni dei tuoi fratelli. Dalle loro espressioni ho capito che anche loro vogliono farmi la festa, ma in modo tutto diverso.»
«Sì, immagino tu abbia fatto bene a startene alla larga.» annuì Will, fiero dei suoi fratelli.
Nico sorrise. «Lo sospettavo.»
I l silenzio cadde tra loro, imbarazzante. Ma fu Will a interromperlo.
«Come hai fatto a tornartene qui?»
«Ho detto che ero stanco per il viaggio, e volevo dormire. Ma magari è meglio se faccio prima una doccia, puzzo ancora di morte.»
Will lo studiò e ripeté, calmo: «Come sei arrivato fino a qui?»
«Ah. Intendi al Campo. Con un viaggio-ombra.»
Will si sentì attraversare da una violenta scarica di rabbia. Il tiro con l'arco, quel giorno, non aveva fatto molto effetto sulla sua rabbia repressa. «Quindi, non solo hai scaricato me, ma anche i consigli del tuo dottore, eh?» abbaiò.
«Non ti ho scaricato.»
Will sibilò tra i denti, desiderando il suo arco più di ogni altra cosa al mondo.
Nico abbassò lo sguardo. «Ho rispettato i tuoi consigli per tre mesi.» proseguì, osservando la sua stanza un po' polverosa. «Poi... be', ho notato che più tempo passavo negli Inferi, più il mio potere aumentava. Se lo vuoi, puoi toccarmi. Se mi dici che sto scomparendo come la volta scorsa, ti prometto che non utilizzerò mai più la mia magia dell'Oltretomba.»
Will lo studiò, e Nico gli restituì l'occhiata. Senza fretta, il figlio di Apollo gli si avvicinò e gli afferrò una mano, stringendola tra le sue, ignorando la scarica di adrenalina che percosse entrambi.
Il figlio di Ade aveva ragione. Le sue energie interiori erano aumentate. Non individuò nulla di male, in lui, sebbene il viaggio-ombra, o la comparsa improvvisa dello scheletro che gli aveva bloccato l'ultima freccia.
«Okay, mi fido.» disse Will, lasciandolo andare e allontanandosi.
Ma Nico gli posò una mano sul fianco e lo costrinse a guardarlo negli occhi. Will si sentì percorrere da una seconda scarica elettrica, e prima che Nico potesse fare un'altra mossa, caricò un pugno e lo posizionò di fronte al volto del figlio di Ade.
«Una mossa falsa, e giuro che ti spacco il naso.» ringhiò Will, serio.
Nico alzò le sopracciglia, meravigliato, poi rise. «Questo mi ricorda qualcosa.» disse.
«E cosa, esattamente?» rispose Will, vago. Forse stavano pensando allo stesso episodio.
«Mmh... Il nostro primo bacio. Ovvero, quando ti tirai un pugno per poi filarmela dall'infermeria senza voltarmi indietro.»
«Non mi hai tirato solo un pugno, se ben ricordi.»
«Oh, sì, lo ricordo bene. E, se vuoi, se farò una mossa falsa, dopo il pugno potrai anche tirarmi una freccia. Ma non ti consiglio di uccidermi, altrimenti non ti sentirai soddisfatto.»
«Hai ragione.» annuí Will. «Ho studiato medicina negli ultimi mesi, e conosco una decina di punti che possono infliggerti un dolore cane, e farti sanguinare abbondantemente senza portarti ad una morte veloce.»
«Mira su quelli.» gli consigliò Nico.
«Sì, senz'altro lo farò.»
Nico si avvicinò a lui prima che finisse di parlare, e lo baciò. Will lasciò cadere il pugno e gli posò una mano sul petto. Riusciva ad auscultare il battito accelerato del cuore del figlio di Ade. E sentiva anche il suo battere all'impazzata.
Ma non poteva arrendersi così in fretta. Nico lo aveva fatto soffrire per mesi. Per mesi aveva creduto di non potersi riprendere da quel gelo che sentiva all'interno. Per mesi aveva affogato il suo dolore, aspettando di sentirsi meglio. Per mesi...
Spinse via Nico di Angelo e fece un passo indietro.
«Ti tiro un calcio nelle palle, se non la fai finita.» gli gridò, minaccioso.
Nico sgranò gli occhi, poi rise di gusto. Le labbra calde di Will gli chiedevano di baciarlo ancora, ma le parole che gli erano uscite di bocca erano del tutto diverse.
Will lo guardò ridere, chiedendosi come fosse possibile. Quel Nico sorrideva e rideva. Non sembrava aver trascorso dieci mesi negli Inferi, a fare la guardia ai fantasmi, dirigere il traffico di morti, decidere le punizioni adeguate per le anime infelici, e chissà cos'altro.
Mentre Nico si toglieva la giacca e la posava sulla scrivania, in un gesto così familiare, Will si rese conto che i loro ruoli erano stati invertiti. Un tempo era Nico quello sempre imbronciato, pronto ad imbarazzarsi per tutto, che non si sarebbe mai esposto per baciarlo come poco prima. Ed era Will quello che dedicava all'altro sorrisi solari, che cercava in tutti i modi di farlo sorridere, che si divertiva con lui solamente standogli affianco. Ora Nico rideva, e Will era scombussolato e arrabbiato al tempo stesso. Si chiese quando era capitato quello scambio di personalità.
«Vado a fare la doccia.» lo aggiornò Nico, una volta ripresosi dall'attacco di ridarella. Will notò una manciata di piercing all'orecchio destro del figlio di Ade. Come aveva fatto a non accorgersene prima? Nemmeno Jem ne aveva così tanti. «E poi farò un sonnellino. Magari possiamo parlare questa sera alla festa, se ti va. Quando sarai... più calmo, più tranquillo, e non avrai più voglia di tirarmi calci alle palle.»
Will lo studiò. «Non so se accadrà tanto facilmente.» borbottò.
«Be', allora ci vedremo solo questa sera alla festa. E se mi vorrai tirare un calcio alle palle, giuro che non mi arrabbierò.» Nico gli fece l'occhiolino e si avvicinò al bagno, poi si bloccò e aggiunse: «Però sappi che non ho più alcuna intenzione di lasciare il Campo Mezzosangue.»
Will lo guardò sparire nel bagno, e trattenne il fiato. Nico di Angelo era così diverso... così cresciuto. Che diamine era accaduto negli Inferi?
Nico rideva, faceva occhiolini... Era sicuro che fosse lo stesso ragazzo? Non era stato scambiato? O magari aveva barattato la sua anima per un'altra, negli Inferi?
Quando sentì lo scorrere dell'acqua provenire dalla porta del bagno socchiusa, Will si avvicinò a quella di uscita. Ma una volta posata la mano sul pomello, si bloccò. Non poteva permettersi di litigare con Nico quella sera alla festa. Ci sarebbero stati tutti, compresi il signor D e Chirone, e non era il caso di fare scenate amorose di fronte a loro. E nessuno sarebbe stato molto entusiasta nel vederlo picchiare il figlio di Ade. Be', forse tranne i suoi fratelli, che gli avrebbero dato manforte. E sospettò che anche la piccola Roxanne Kane si sarebbe rimboccata le maniche.
No, doveva risolvere la questione subito, e alla svelta. Doveva darci un taglio netto. Lasciarsi alle spalle Nico di Angelo. Oppure... aspettare. Se Nico gli aveva spedito veramente una lettera di scuse, non era colpa sua se non era arrivata. E non poteva incolparlo in eterno. E poi, il suo cuore traboccava ancora di amore. Aveva sofferto, aveva versato lacrime e sudore e sangue, negli ultimi dieci mesi, e per il suo cuore indolenzito era come se non fosse accaduto. Come se non si vedessero da più un paio d'ore. Il sangue gli pulsava caldo nelle vene, e una parte di lui gli chiedeva di andare da Nico. Attendere altre scuse. Forse perdonarlo.
Will si voltò verso il rumore dell'acqua che scorreva. Si mordicchiò il labbro. Una scarica di adrenalina gli attraversò le vene. Abbassò la mano dal pomello e chiuse a chiave la porta. Scalciò via le infradito e lasciò cadere la maglietta sul pavimento, nello stesso punto in cui, l'anno prima, un'altra si era scontrata con Ade.

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Capitolo 60
*** 60. Nico/Will ***


Will lo avrebbe perdonato. Nico ne era certo. Forse non quella sera, forse non il giorno dopo, ma se avesse continuato a pedinarlo, a parlargli, a stalkerarlo, per il resto del mese, era sicuro che alla fine Will gli avrebbe sorriso come un tempo, lo avrebbe baciato e avrebbero risolto tutto quanto. Avrebbero rimosso quel periodo terribile a cui erano andati incontro, e a cui erano sopravvissuti.
 Suo padre aveva cercato Persefone in lungo e in largo, prima di rinunciare per un'intera settimana e tornare negli Inferi. Nico era stato sul punto di salutarlo e tornare da Will in superficie, ma il padre aveva colto l'occasione per comportarsi da genitore, e Nico si era sentito in dovere di assecondarlo.
 Si era ritrovato immerso nella relazione padre-figlio, relazione a cui non aveva mai dato molta importanza. Tempo prima, Ade gli aveva confessato che avrebbe preferito che i ruoli fossero invertiti, che fosse Bianca quella di fronte a lui, e Nico quello morto. Nico si era sentito abbattuto da quelle parole, ma aveva altri pensieri da affrontare.
 Quella settimana, di molti mesi prima, gli aveva procurato dei bei ricordi felici con Ade. Certo, forse non erano a pescare come i padri e figli normali, ma avevano fatto qualcosa di altrettanto interessante. Avevano seguito le anime fuggitive, avevano passeggiato nei Campi Elisi per controllare che tutto andasse per il meglio. Avevano addirittura giocato insieme con Cerbero, il mostruoso cane a tre teste, che andava pazzo per le palle da baseball.
 E avevano chiacchierato. A lungo. Di tante, tante cose. Aveva scoperto cose di suo padre che non avrebbe mai sospettato. E aveva incontrato anche Apollo, che non sembrava fuori di testa, ma era interessato alla sua relazione con Will.
 Probabilmente Nico non si sarebbe mai ritrovato a parlare con nessuno della sua relazione padre-figlio, ma era bello sapere che suo padre, in qualche modo, e magari non con queste parole, gli voleva bene.
 Prese il flacone di shampoo e scoprì che era stato aperto di recente. Si chiese se Hazel fosse venuta al Campo Mezzosangue nelle ultime settimane. Fu sul punto di alzare le spalle e insaponarsi, quando uno spiffero alle spalle, successivamente seguito da un fruscio, lo fece voltare.
 Will lo stava guardando dalle porte scorrevoli della doccia.
 «W-Will?!» gracchiò Nico, e il primo impulso fu quello di coprirsi. «C-Che stai facendo? Che...» Poi ammutolì, sgranando gli occhi.
 Will entrò nella doccia senza guardarlo.
 «C-Cosa st-stai facendo?» balbettò Nico, debolmente. I suoi occhi erano puntati sul laccio con le cinque perle che Will portava al collo. Aveva paura di abbassare lo sguardo.
 «Be', mi sembra ovvio.» rispose Will, alzando un sopracciglio e osservandolo. «Faccio la doccia.»
 «Ma... ma qui ci sono io!»
 «Lo vedo, Nico. Non sono cieco.»
 Il resto delle parole di Nico gli morirono in gola, e Will proseguì, intrepido.
 «Ho passato le ultime due ore a tirare quarantanove frecce contro tre diversi bersagli, sotto il sole cocente.» continuò Will. «Sono ricoperto di sudore. E visto che anche tu sei qui, e io e te dobbiamo parlare, perché non fare un favore all'ambiente e fare una sola doccia?»
 Will spinse di lato Nico e chiuse gli occhi, alzando il mento, lasciando che l'acqua gli colpisse il viso e gli bagnasse i capelli. Era tiepida, ma il calore alle guance riuscì ad affievolirsi. La scarica di adrenalina che lo aveva spinto a spogliarsi e a spingersi nella doccia con Nico era stata sostituita da una carica di imbarazzo. Ma ormai non poteva tirarsi indietro.
 «Tu...» farfugliò Nico, con un filo di voce, cercando le parole adatte. «Tu... tu sei strano.» 
 Will si voltò verso di lui, la fronte aggrottata. Il rossore sulle guance di Nico proseguiva sul collo e poi sul petto. «Io sono quello strano?» gli chiese, perplesso. «Tu mi hai appena regalato la falange di uno dei miei fratelli!»
 Nico spalancò la bocca per la sorpresa. Will notò quanto si sforzasse di non abbassare lo sguardo oltre il suo collo. Doveva essere una vera prova per i nervi. Se ne compiacque.
 «John Lennon è tuo fratello?» domandò Nico, debolmente.
 «Lui e gli altri Beatles sono figli di Apollo.» disse Will, prendendo il flacone di shampoo dalle mani di Nico e versandosene sui capelli. «Non lo sapevi?»
 «No. Credo che questo sia sfuggito a tutti di dirmelo.»
 Will iniziò a strofinarsi i capelli con rabbia, e Nico deglutì. Gli sarebbe venuto il torcicollo. Lasciò scorrere lo sguardo per un secondo, arrossendo ancora di più alla vista del tatuaggio nero e dorato in una zona intima di Will.
 Spinto da una carica di adrenalina, Nico posò le mani sulle spalle di Will e iniziò a fargli un tiepido massaggio. Will si mordicchiò il labbro, maledicendosi per essere entrato in quella doccia. Aveva passato gli ultimi mesi a dire a tutti i suoi fratelli che odiava Nico di Angelo, che lo disprezzava per averlo abbandonato, che se si fosse ripresentato gli avrebbe sputato in faccia... e ora la sua mente e il suo corpo lo stavano tradendo.
 Le mani di Nico si bloccarono sulle sue spalle, e si ritirarono. Will chiuse gli occhi, inclinando il capo e si voltò verso Nico.
 «Li hai compiuti quindici anni, vero?» borbottò.
 «Sì, a fine gennaio.» rispose Nico, la voce arrochita.
 «Mmh... che ti ha regalato tuo padre?»
 «Uno stereo portatile a forma di teschio. È un cranio vero, e quando non gli piace la musica che ascolto inizia a ronzare infastidito.»
 «Wow.» sospirò Will, divertito.
 «È passato anche il tuo, di compleanno, vero?»
 «Sì, il mese scorso.»
 «Cosa ti hanno regalato i tuoi fratelli?»
 «Semidei o umani?» 
 «Non fa differenza. Entrambi rimangono tuoi fratelli.»
 Will sorrise, pensando che fosse la conversazione più strana che avesse mai avuto con Nico di Angelo. «I fratelli Solace mi hanno regalato dei biglietti per un concerto, più una vasta scelta di scarpe. Sono andato a trovarli sei volte, e sempre in infradito. Credono che non possieda scarpe.»
 Nico iniziò a ridere.
 «E mi hanno anche regalato della crema abbronzante. Dicono che sia troppo abbronzato. E il mio patrigno intende comprarmi una macchina.»
 Will si mordicchiò il labbro. Forse non era il caso di aggiungere che, un giorno, presto, a settembre, sarebbe andato a vivere in città.
 Rimasero per qualche secondo in silenzio, continuando a lavarsi, cercando di non guardarsi più del dovuto.
 «Austin e gli altri, invece?» chiese Nico, prendendogli il flacone di shampoo dalle mani.
 «Una settimana fuori dall'infermeria.» ridacchiò Will. «Mi hanno lasciato una settimana senza curare feriti, e l'ho passata quasi tutta in spiaggia.»
 Nico non chiese altro, e Will decise di tenere per sé il resto dei dettagli. George lo aveva trascinato in spiaggia, mentre Derek lo aveva colpito due volte allo stomaco, dicendogli che era il caso di smetterla di passare tutto quel tempo in infermeria. Si stava distruggendo. Dopo numerose proteste, Will aveva accettato. Angel e Rose lo avevano tenuto d'occhio sulla spiaggia, inseguendolo se avesse solo osato muoversi verso l'infermeria. Angel gli era saltato addosso quando era andato a prendere una bottiglia d'acqua.
 Quando entrambi ebbero finito la doccia, Will uscì per primo e prese un asciugamano. Ne lanciò uno a Nico, e si voltò verso la finestra. Della privacy non gli importava più molto, ma era sicuro che alla sua Nico tenesse ancora.
 «Ascolta, Will...» mormorò Nico, deglutendo, lanciandogli una rapida occhiata. Ebbe un'altra fugace visione del tatuaggio del figlio di Apollo, e si costrinse a legarsi l'asciugamano alla vita, tanto per avere qualcosa da fare. 
 «Dimmi, Nico.»
 Il figlio di Ade sorrise leggermente. Almeno Will aveva smesso di chiamarlo di Angelo. Un punto a suo favore. «Io e te.... abbiamo... insomma, abbiamo fatto pace?» domandò.
 «Penso che debba passare altro tempo prima che tu possa chiedermi una cosa del genere.» rispose Will, tranquillo, senza voltarsi.
 «Quindi, uhm, siamo solo due normali amici che fanno la doccia insieme Perché sono certo che Jason e Percy non la facciano...»
 Will soffocò una risata, e si mordicchiò il labbro, guardando le finestre dai vetri unidirezionali, che riflettevano solo da una parte. Riusciva a scorgere la figura di Nico, alle sue spalle, non più così distante. Si legò l'asciugamano alla vita, e si voltò verso Nico. «D'accordo, non so cosa mi sia venuto in testa.» spiegò. «Ma non credo che ti sia dispiaciuto farti la doccia con me. Comunque, da quanto tempo hai un piercing al capezzolo?»
 Nico arrossì, portandosi una mano al petto. «Mio padre.» brontolò. «Mi ha detto che i padri di oggi accompagnano i figli a fare piercing e tatuaggi. Ha aggiunto che erano cose normali tra padre e figlio. Quindi mi ci ha portato per il mio compleanno. Ha insistito anche per farmi tatuare la schiena, ma mi sono tirato indietro.»
 Will ripensò all'uomo, al dio che dimostrava trent'anni, che aveva incontrato mesi e mesi prima, con i suoi abiti di pelle, e l'espressione assassina degli occhi celata da un sorriso splendente. Quell'uomo non poteva aver veramente chiesto al figlio di tatuarsi.
 «Cosa voleva che ti tatuassi?» chiese Will, sorridendo. «Ho il padre migliore del mondo?»
 «No. Gli inferi spaccano.»
 Will scoppiò a ridere e non riuscì a smettere per molto tempo. Non rideva così di gusto da mesi. Nico lo osservò a distanza di sicurezza, divertito e imbarazzato al tempo stesso. Forse doveva farsela tatuare sul serio, quella frase. Vedere Will ridere, raggiante, i capelli già quasi asciutti che gli ricadevano a onde sulle spalle, era meraviglioso.

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Capitolo 61
*** 61. Nico/Will ***


 Quando smise di ridere, Will si avvicinò a Nico, passandogli un braccio attorno alla vita, e provocandogli una scossa alla spina dorsale. Chiuse gli occhi, sentendo un disperato bisogno di baciarlo. Ma non lo fece. Doveva aspettare.
 Le dita di Will iniziarono a giocherellare con il piercing di Nico, che nel frattempo decise di circondargli la vita con le braccia, sperando che ciò non provocasse all'altro una difesa diretta all'unica parte coperta dall'asciugamano. Ma poi gli posò le labbra sulla spalla, riflettendo. Will lo aveva cambiato più di quanto potesse immaginare.
 «Quando te ne andrai, di nuovo?» gli sussurrò all'orecchio il figlio di Apollo.
 «Non ho più intenzione di andarmene.» lo rassicurò Nico, carezzandogli la schiena nuda. Forse era il caso di indossare qualcosa. Un pantalone. Una camicia di forza. Una cintura di castità.
 «Te ne andrai.» mormorò Will, senza guardarlo. «E mi spezzerai di nuovo. Quindi, per evitare, credo che sia il caso che tu te ne vada. O me ne andrò via io.»
 «Will, te lo giuro sullo Stige, io non me ne vado.»
 «Io sì.» Will si scostò da lui e lo guardò negli occhi. «Mi sono iscritto alla facoltà di medicina. Ho fatto l'esame di ammissione, e ho ottenuto il punteggio massimo. Inizierò a settembre. Tornerò al Campo Mezzosangue, certo, ma non più di un paio di giorni. Mia madre intende lasciarmi tornare a casa fino a quando non mi sarò laureato, e poi dovrò fare tre anni di specializzazione in ospedale, e io...»
 Nico gli posò le mani sulle guance e lo baciò. Will si scostò bruscamente.
 «Ti ho detto che...» borbottò, infastidito.
 «Will, per favore, fammi parlare.» disse Nico, posandogli le mani sulle spalle. «Non me ne andrò più via dal Campo Mezzosangue. Non tornerò negli Inferi, a meno che non sia strettamente necessario. E se tu frequenterai una facoltà di medicina in città, troverò un lavoro o qualcos'altro da fare, e verrò a vivere con te.»
 Il cuore di Will perse un battito quando si accorse che Nico credeva veramente a ciò che stava dicendo. «Non credo che mia madre né sarà molto felice.» si ritrovò a dire.
 «Non importa. Se non le vado a genio, troverò un appartamento, e sarai tu a venire a vivere con me. No, cioè, sarò io a venire a vivere con te, perché sono ancora minorenne e credo di non poter prendere una casa senza un tutore o cose simili.» Nico si fece pensieroso, poi scrollò le spalle. «Non importa. In qualche modo ce la faremo a vivere insieme. Io ti amo, Will Solace.»
 Il cuore di Will si fermò, poi riprese a battere più veloce, rischiando di scoppiare.
 «C-Come?» gracchiò Will. «Cosa hai detto?»
 «Io ti amo.» ripeté Nico, piuttosto calmo. Il cuore gli batteva così forte che dovette alzare il tono di voce. «Ti amo. Hai presente? Quel forte sentimento che ti fa perdere la testa per qualcuno, che ti fa vedere tutto a cuoricini, che ti fa pensare a lui tutto il giorno tutti i giorni?»
 Will batté le palpebre. Se non avesse visto le labbra di Nico muoversi assieme alle parole, non gli avrebbe creduto.
 Nico ridacchiò, arrossendo, leggendo la sua espressione. «Sì, fa strano sentire queste cose uscire dalla mia bocca. Però è così.» Il rossore si intensificò. «Ma è così. Io ti amo, Will, e non intendo lasciarti più.»
 Will ritrovò la voce. «E se tuo padre ti offrisse di diventare il suo nuovo sostituto negli Inferi? Se ti chiedesse di diventare il nuovo Signore dei Morti? Mi abbandoneresti. E io non posso più passare dieci mesi come quelli appena trascorsi. Tu mi distruggeresti, e non posso...»
 «Tu mi ami. Vero o falso?» citò Nico, piano, prendendogli le mani tra le sue.
 Will aveva la gola secca. «Vero.» sussurrò in risposta. Aveva letto il libro fino alla fine. «Ma...»
 «Ho parlato con mio padre, a questo proposito.» disse Nico, alzando la voce per sovrastare la sua. «Abbiamo avuto tempo per parlare, per conoscerci meglio, per fare piercing insieme. Di farci le trecce ai capelli no, perché li avevo già tagliati. Mi ha detto che un giorno gli piacerebbe molto se io prendessi il suo posto. Sono il suo unico figlio maschio.»
 «Visto?» disse Will. «Stai già...»
 Nico lo interruppe posandogli un dito sulla bocca e continuò.
 «Mi ha parlato di questo, di prendere il suo posto eccetera, e ha atteso la mia risposta. Che è stata no. Gli ho detto di no. E gli ho anche fatto notare che lui è immortale, e che ha la donna che ama al suo fianco. Io sono mortale, e non desidero nemmeno diventarlo. Ho passato troppo tempo in superficie, e lo 
preferisco agli Inferi.» Nico deglutì. «Ho anche aggiunto... che intendevo tornare qui, al Campo Mezzosangue. E che avrei fatto di tutto per farmi perdonare da te. Perché io non voglio vivere per sempre a badare alle anime dei morti. Io un giorno voglio morire, ma un giorno molto avanti con gli anni, quando sarò vecchio. E voglio morire con te al mio fianco, magari mentre mi baci, dopo aver passato una lunga vita insieme, a divertirci, a prendere in giro i nostri amici, a rivivere il passato con vecchie fotografie scolorite dal tempo. E desidero ardentemente aspettarti nei Campi Elisi - so che morirò prima io - e trovare un posticino tranquillo con il quale passare altro tempo in tua compagnia. E se vorrai reincarnarti, per me va benissimo. Faremo in modo di incontrarci anche in un'altra vita, di iniziare di nuovo ad amarci, di flirtare, e di evitare, magari, un altro pugno sul tuo viso quando mi bacerai per primo.»
 Nico cercò di concludere con un sorriso, ma non riuscì. Quella era stata la confessione più lunga che avesse mai fatto. Non aveva mai esposto così tanto i suoi sentimenti. Sentimenti che prima di allora non aveva mai posseduto. Sentimenti che avevano avuto dieci mesi per ingrandirsi, fargli dolere il cuore, infine esplodere.
 Aveva discusso con suo padre di tutto quello. Gli aveva detto di amare Will, che sarebbe tornato, che rifiutava il posto come signore degli Inferi. E anche la richiesta del padre di diventare immortale. Non voleva diventare immortale, con il rischio di perdere Will.
 Suo padre l'aveva capito. Non si era arrabbiato, come un tempo avrebbe fatto. Semplicemente lo aveva guardato negli occhi, e gli aveva chiesto di essere felice. E Nico si era ritrovato contento di voler esaudire quel suo desiderio.
 «Da-D'accordo.» balbettò Will. Le guance gli ardevano, e aveva gli occhi lucidi. Sperò di non mettersi a piangere, anche se era quello che voleva fare da quando aveva udito la voce del figlio di Ade alle sue spalle. «Io... d'accordo.»
 Nico sorrise e gli passò le dita tra i capelli.
 «Ti perdonerò.» mormorò Will, e ora sentì le lacrime sulle guance. «Anzi, ti ho già perdonato. Mi dispiace essere stato arrabbiato con te. E per aver minacciato di tirarti un calcio.»
 «Non ne parliamo più.»
 «Sì.» Will si asciugò in fretta le guance. Tra i due era il più grande, e frignava come un bambino. Ma non gli dispiacque. Le parole di Nico erano state sorprendenti. «Ti amo anch'io, Nico. E mi sta bene che tu muoia prima di me. A patto che io sia troppo rincoglionito per rendermene conto.»
 Nico scoppiò a ridere e lo abbracciò. Will lo strinse a sé, posando il volto sul suo petto e auscultando il battito del suo cuore. Era un momento perfetto. E se si fossero messi qualcosa addosso, meno imbarazzante. Il suo corpo aveva vita propria, ormai, da quando Nico gli aveva confessato di amarlo.
 E fu felice che anche Nico provasse lo stesso.
 «Ho un regalo per te.» mormorò Nico, sciogliendo l'abbraccio.
 «Un altro pollice?» borbottò Will, la fronte aggrottata.
 Nico sorrise. «È qualcosa di meglio. Molto meglio.» E uscì dal bagno.
 Will lo seguì titubante. Lo osservò mentre si avvicinava alla giacca e iniziava a frugarsi nelle tasche. Si sentì più rilassato. Se stava in una tasca, di sicuro non era un cranio umano.
 «È per te.» disse Nico, voltandosi verso di lui, la mano destra chiusa a pugno, le guance scarlatte. «Per chiederti scusa, e per prometterti che i prossimi giorni saranno migliori di quelli che hai appena trascorso.»
 Aprì la mano.
 Will rischiò di svenire.
 «No, dai.» farfugliò il figlio di Apollo, le ginocchia tremanti. «Hai quindici anni. Io ne ho diciotto. Avresti dovuto... lasciarlo fare a me. Un giorno.»
 «È solo una promessa.» disse Nico, rigirando l'anello tra le dita, e prendendo la mano di Will tra le sue. Glielo sistemò all'anulare destro. «E se un giorno vorrai regalarmene uno tu, e accompagnarlo da tue parole, giuro che lo accetterò. Di qualsiasi colore si tratti.»
 Will tenne gli occhi posati sull'anello a forma di teschio. Era molto simile a quello che Nico possedeva già da tempo. Ma questo era nero e oro.
 «E sappi che la risposta sarà sì.» sussurrò Nico, carezzandogli la guancia e abbassando le mani per posarle sulle sue. «Lo è ora, lo sarà domani, e lo sarà per sempre.»
 «Dici che tuo padre verrebbe al matrimonio?» chiese Will, cercando di scacciare le lacrime.
 «Solo se gli farai scegliere la forma della torta.» rispose Nico.
 Si avvicinarono di un altro passo, e si ritrovarono stretti l'uno nelle braccia dell'altro. Incontrarono le labbra, con urgenza. I dieci mesi di separazione svanirono, al contatto delle loro labbra. Nico affondò le dita tra i capelli di Will, e Will tastò i muscoli delle braccia di Nico, soffocando un gemito.
 La passione intendeva divorarli lentamente, riappropriandosi dei dieci mesi che aveva fatto soffrire entrambi. Ma quei mesi avevano permesso ad entrambi di crescere, di maturare, di focalizzarsi non solo sul presente, ma anche sul loro futuro insieme.
 Will spinse Nico sul letto e gli sedette in braccio. Gli passò le dita tra i capelli rasati, poi scese fino al petto, giocherellando con il piercing d'argento. Si allontanò dalle sue labbra a sufficienza per dirgli: «Prima del matrimonio, voglio che ti abbronzi.»
 «Sarà fatto.» mugugnò Nico, riprendendo a baciarlo.
 Will si divincolò e aggiunse: «E intendo farti vestire di bianco.»
 Nico smise di accarezzargli la schiena e lo osservò a lungo, poi scrollò le spalle. «Dopo aver indossato una camicia con pappagallini e noci di cocco, non credo che un completo bianco possa minacciare la mia sanità mentale.»
 Will rise, e lo baciò sul collo, dove sussurrò: «Ti amo, Nico di Angelo.»
 «Ti amo, Will Solace.»


FINE

Ciao a tutti! Con questo capitolo ho concluso la mia Solangelo! Vi ringrazio per tutte le recensioni fatte! Voglio solo aggiungere che in settimana comincerò a caricare il seguito, intitolato "Un gioco di luce in un mondo di tenebre". 
Un bacio, a presto, Debby

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