Happy Birthday Lyndsey

di Sissi Bennett
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lynnie ***
Capitolo 2: *** Joe&Lynnie ***



Capitolo 1
*** Lynnie ***


Questo è una piccola storia per raccontare quello che secondo me potrebbe essere il rapporto a distanza tra Joe e una sua ipotetica ragazza non famosa.

I Jonas Brothers e Camilla Belle non mi appartengono e questa fanfic non ha lo scopo di deridere o danneggiare nessuno. Non so se siano davvero così nella realtà, ma è solo come me li sono immaginati.

Lyndsey Tyler invece è un mio personaggio e sono curiosa di sapere come vi sembra, poichè diventerà la protagonista di una lung-fic sui Jonas.

Ora vi lascio al testo. Buona Lettura e spero che vi piaccia!

Happy Birthday, Lyndsey

 

 

 

Why, do you always do this to me?
Why, couldn't you just see through me?

How come, you act like this

Like you just don't care at all

                                                                                                                   ( Avril Lavigne – Why)

 

“Scusa Amore, ma stasera proprio non riesco a venire. Dobbiamo assolutamente terminare le riprese del video … scusami davvero, ti chiamo domani”.

 

Un misero messaggio. Due frasette scarne prive di qualsiasi emozione, vuote e tremendamente irritanti. Sul serio secondo lui un maledetto sms può giustificare la sua ennesima assenza?

Eppure in tanti me l’avevano detto, avevano cercato di avvertirmi, lui per primo.

“È una star, un personaggio famoso, ha degli impegni da rispettare e tu non puoi pretendere che sia sempre accanto a te”.

Su questo punto sono pienamente d’accordo anch’io: non posso pretendere che lui sia sempre accanto a me, però non mi si può biasimare se mi lamento che lui non sia mai accanto a me.

All’inizio non era stata così dura, anzi tutto procedeva a gonfie vele e mi sentivo come Cenerentola quando realizza il suo sogno.

Io, Lyndsey Tyler, una diciottenne che vive con la sua non particolarmente ricca famiglia nella periferia di Londra, ho conosciuto un anno fa in vacanza a Boston il mio- non ancora per molto- ragazzo, ossia Joe Jonas.

Sapevo perfettamente a cosa andavo incontro, che non sarebbe stato tutto rosa e fiori; ho accettato questa condizione, non gli ho mai fatto pressioni, capisco i suoi impegni e non voglio ostacolarlo: la musica è la sua passione ed io sono proprio la prima ad incitarlo a seguire i suoi sogni.

Ma ‘sta volta non posso fare finta di niente, non ‘sta volta che per passare con lui questo giorno speciale sono venuta fino a Los Angeles e ho lasciato la mia famiglia, non ‘sta volta che ho comprato un vestito costosissimo, mi sono truccata( pur odiando farlo) e ho indossato delle scarpe con un tacco vertiginoso, tutto per apparire bellissima ai suoi occhi.

Non sono dopotutto così sorpresa, me lo aspettavo: è tipico di Joe Jonas darmi buca ogni volta che programmiamo di vederci. Comincio a pensare che si diverta a deludermi.

Di solito nemmeno si spreca di fare una telefonata, mi manda quei messaggi che da sei mesi a questa parte ho iniziato ad odiare dal profondo del cuore, poi per farsi perdonare mi spedisce dei gioielli, abiti favolosi, m’invita alle feste più esclusive e mi procura i biglietti per tutti i concerti possibile ed immaginabili.

Come se m’importasse dei regali o di trascorrere del tempo con i vip di Hollywood; l’unica cosa che m’interessa è stare con lui senza tanta gente che ci ronza intorno, senza i paparazzi nascosti ad ogni angolo. Ultimamente, invece, ci siamo visti solo ai party dei dopo-concerto o delle premiere.

Vorrei un appuntamento come si deve, solo io e Joe e nessun altro.

Più volte ho pensato di lasciarlo, in più di un’occasione ho creduto di aver sorpassato il limite di sopportazione, sono spesso stata sul punto di porre fine alla nostra storia( se si può definire così), ma mi sono accorta che non potrei mai farcela. Se già non posso sopportare il fatto di vederlo si e no un giorno ogni due mesi, la possibilità di tagliare quel sottilissimo filo che ci lega ancora mi soffoca e mi fa stare male.

Scaravento il cellulare contro la parete della mia camera d’albergo: cade sul pavimento e si stacca la batteria. Papà mi ucciderà: da quando sto con Joe è il quarto che rompo.

Con rabbia mi tolgo il vestito e i tacchi e indosso abiti comodi; a questo punto posso anche struccarmi, tanto la mia serata perfetta è saltata.

Mi accomodo davanti allo specchio in bagno. Sto piangendo. Nemmeno me ne sono accorta.

Le lacrime hanno complicato la pulizia del viso: il mascara e la matita sono tutti colati, assomiglio ad un clown dei film dell’orrore. Prendo un dischetto di cotone e lo impregno di struccante e lo spalmo sull’occhio sinistro. A metà operazione suona il telefono della camera. Lascio seccata il cotone e, con un occhio pulito e l’altro no, vado a rispondere.

“Pronto?”.

Ho ancora una piccolissima speranza che sia lui.

“Lynn … Lynn, pronto mi senti?”.

È la mia amica Tess. Sbatto un mano sul comodino, amareggiata e mi faccio pure male. Cerco di trattenere le lacrime di delusione e mi do un contegno.

“Tess? Che c’è?”.

“Lynn! Perché hai il cellulare spento? Ti è successo qualcosa? Ho provato a chiamare anche Joe, ma non risponde. Non è lì con te?”.

Mi trema il labbro inferiore. No che non è qui con me.

“No, Tess, non c’è. Non è potuto venire”. Parlo come in un telegramma.

La mia amica sta un attimo in silenzio valutando cosa dire.

“Lynn …”.

“Non dire niente Tess, lo sai che è il suo lavoro. Tanto ormai lo fa sempre, una volta in più che vuoi che sia … neanche ci faccio più caso …”.

“Ah capisco e quindi non t’importa che non sia lì con te proprio oggi?”.

“No”.

“E allora perché piangi?”.

Cavolo! Speravo che non si sentisse. Tess è sempre stata troppo brava a capire al volo le situazioni, se lei fosse qui in questo momento sarebbe tutto più facile. Lei è più forte, più determinata di me, saprebbe di certo tirarmi su il morale.

“Oh accidenti Tess, ma perché deve sempre farmi questo? Lo sa che ci sto male, cioè se non vuole più stare con me basta che lo dica. Se va a avanti così, io … io mi ammazzo!” sto scoppiando.

“Lyndsey Tyler non dire sciocchezze! È inutile che tu continui a dirle a me queste cose, non sono io che devo sentire. Tu ora vai da lui, lo prendi di petto e gliene dici quattro, è chiaro?”.

“Sì” rispondo poco convinta “Ma perché mi hai chiamata?”.

“Beh sai, siamo tutte a casa mia e volevamo farti gli auguri”.

“Oddio ragazze, se non ci foste voi! Vi voglio bene … grazie, dai passamele tutte …”.

Tess m’interrompe “Raggio di sole, capisco che sei in crisi, ma siamo in due continenti diversi e mi stai finendo tutta la ricarica, ci vediamo quando torni … un bacio da tutte” e riattacca.

Ed ecco che se n’è andato un altro diversivo per non pensare a Joe. Tess in fondo ha ragione: questa volta non me la può fare, non può darmi buca. Ha del lavoro da fare? Benissimo, nessun problema.

Se Maometto non va alla montagna, allora la montagna va da Maometto.

M’infilo una felpa grigia ed esco dalla mia stanza. Joe ha disposto che sotto il mio albergo ci sia una macchina con un autista a mia disposizione, la stessa auto che mi è venuta a prendere all’aeroporto sta mattina, poiché il signor Jonas( stranamente) era in volo per tornare a Los Angeles.

Salgo sui sedili posteriori e chiudo la portiera. Chiedo all’autista che mi porti agli studi dove sta girando Joe.

Lui mette in moto e accende la radio. Crudele coincidenza, è trasmessa proprio una canzone di Joe, proprio quella canzone che, a quanto mi aveva detto lui stesso, era mia e di nessun’altra. Uso il passato, perché  non sono sicura di esserne ancora la legittima proprietaria.

 

Been feeling lost, can't find the words to say
Spending all my time stuck in yesterday
Where you are is where I want to be
next to you and you next to me

( Joe Jonas- Gotta find you)

Quante bugie in due righe di canzone. Stento perfino a ricordare l’ultima volta che siamo stati insieme. Mi tolgo le scarpe e mi accovaccio sui sedili.

“Scusi” chiedo all’autista “Potrebbe spegnere la radio?”.

“Certo, ma come mai?”.

“Ultimamente digerisco poco il ragazzino che canta quella canzone” dichiaro con semplicità.

“Ah! Problemi con il mondo di Joe?”.

Sempre a parlare del suo mondo, delle sue responsabilità, dei suoi doveri; possibile che anche nei discorsi io e il mio ragazzo siamo divisi da un terzo incomodo?

“No, con Joe … solo con Joe”.

Il resto del viaggio procede tranquillo e in silenzio. L’autista si deve essere offeso per il mondo in cui l’ho corretto: sono stata un po’ sgarbata.

Senza nemmeno che m’indichi l’edificio, capisco da sola quale sia: è circondato da una mandria di ragazzine urlanti che sventolano striscioni e macchine fotografiche.

Non sono mai andata molto d’accordo con le fan di Joe, non perché strillano o sbavano quando lo vedono, anzi se non fosse per loro, ora i Jonas Brothers non sarebbero al top della musica.

No, io non le sopporto perché giudicano e sputano sentenze senza sapere niente di me e della mia vita; una volta mi è capitato di finire su un forum dedicato ai Jonas e lì ne ho letto delle belle sul mio conto: è bassa, è brutta, non ha stile, non ha personalità, non è famosa, non si merita Joe.

Scendo dalla macchina e mi copro con il cappuccio della felpa per non farmi riconoscere mentre entro nel palazzo.

Almeno su due cose do ragione a quelle ragazze: non sono famosa, a differenza di tutte le altre sue fidanzate e non lo merito, perché se fosse così, in qualche modo me lo avrebbe già dimostrato.

Tolgo una mano dalla tasca e lascio che il cappuccio scivoli dai capelli, ora devo solo trovare il mio ragazzo. Davanti a me si presente un labirinto di corridoi e porte e non so dove andare.

Provo a seguire la musica, mi sembra che provenga dal corridoio di destra, ma dopo averlo percorso sono ancora più smarrita di prima.

“Ehi, splendida!” sento esclamare dietro di me.

Conosco questa voce, è l’unico a chiamarmi così; mi giro fiduciosa di trovare finalmente un volto amico: Kevin mi sta venendo incontro con suo fratello Nick.

Corro ad abbracciarli, io e i suoi fratelli abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto, mi hanno accettato dal primo momento senza fare domande.

“Auguri!” mi dicono baciandomi sulle guance.

“Ma Lynn … che cosa hai fatto all’occhio?” mi chiede Nick preoccupato.

Sgrano gli occhi di colpo: quando mi ha telefonato Tess in albergo mi sono scordata di struccarmi entrambe le parti del mio viso. Parrò una pazza ora.

“Lascia stare … è una storia lunga, dov’è vostro fratello?”.

“No, non dirmi che ti ha lasciata sola anche oggi! Ma quanto è cretino!” commenta Nick.

Un velo di tristezza mi copre lo sguardo per quello che ha appena detto.

Kevin se ne accorge e blocca sua fratello prima che possa fare qualsiasi altra gaffe “E’ rimasto un attimo di là con Camilla” mi spiega, prima di trascinare via Nick e dargli una sberla sul collo sibilando “Che scemo che sei”.

Ringrazio e mi dirigo nella direzione che mi ha indicato il maggiore dei tre, mentre immagazzino le informazioni ricevute. È di là con Camilla.

Camilla???

No, non può essere lei.

Quando ci siamo conosciuti un anno fa, lui stava ancora con Camilla Belle: erano in crisi ed io ho contribuito a rovinare la coppia. Da allora vivo nel terrore che, come io gliel’ho rubato, lei possa fare lo stesso nei miei confronti; e Joe sa di questa mia paura.

Quindi non l’avrebbe mai ingaggiata per un video senza dirmelo.

Lei è la ragazza perfetta, bella, affascinante, di sani principi, piace al pubblico, famosa, ha classe e soprattutto equilibrio.

Io sono carina, ma non di una bellezza che colpisce, sono anonima, anch’io di sani principi (ma a chi importa al giorno d’oggi?), cado dappertutto e sbatto la testa contro ogni sporgenza; tutto ciò tendo a farlo in presenza delle telecamere o comunque di molta gente. Anche Joe è maldestro come me, ma lui è figo se inciampa; io divento imbranata. Il contrario di Camilla, insomma.

E perciò non può avermi fatto questo. Sono sicura che quella con lui non sia Camilla.

Mi avvicino sempre più alla stanza, nella quale hanno girato parte del video; sento delle voci.

Tanto non è Camilla; non può essere lei. Non può … vero?

Questa sera non ne azzecco una. A dispetto di tutte le mie convinzioni, quella che parla con Joe è proprio Camilla Belle.

La ascolto distintamente mentre lo invita ad andare in un locale e lui accetta. E la vedo ancora meglio mentre si ritira a cambiarsi e gli lancia un saluto da gatta morta.

D’istinto vorrei fare dietrofront e scappare, ma decido di affrontarlo una volta per tutte.

Gli blocco la strada lungo un corridoio. Per poco non mi viene addosso, nemmeno mi aveva vista.

Strano.

Mi guarda con un misto di stupore e felicità.

“Lynn!” esclama contento “Che hai fatto all’occhio?Non dovresti essere qui?”.

“Neanche tu … se è per questo …” ribatto glaciale, tralasciando i miei poveri occhi.

Lui sospira dispiaciuto “Hai ragione, scusa, dovrei essere con te stasera; però se fossi rimasta in albergo avresti trov …”.

Non lo lascio continuare “Eh già! Se fossi rimasta in albergo avresti avuto campo libero …!”.

Joe aggrotta le sopracciglia confuso “Di che stai parlando?”.

“Perché non mi hai detto di Camilla?” lo aggredisco con voce acuta.

“Perché so che ti saresti agitata, come stai facendo. Non voglio che ti agiti per nulla, non aveva senso dirtelo solo per farti stare in pensiero …”.

“Invece adesso sono molto più tranquilla!!!” ironizzo.

“Lynn …” dice tra il divertito e il rassegnato “Non fare scenate di gelosia”.

“Non sono scenate di gelosia, Joe! Sto solo cercando di capire che cosa abbiamo sbagliato, dove sta il problema tra noi due”.

“Il problema? Io e te non abbiamo problemi, Lyndsey”.

“Ah no? Joe, quando uno preferisce uscire con la sua ex ragazza, piuttosto che con quella attuale, io dico che c’è qualcosa che non va!”.

“Ed ecco che riprendi con la gelosia …”.

Mi blocco per trattenermi dal mettergli le mani addosso; non capisco se cerchi di sviare i discorso o davvero non veda le nostre divergenze.

“Non è la gelosia il punto. È che tu non ti sforzi, non fai mai niente di più di quello che devi; chi se ne frega se io ho attraversato l’oceano per stare con te oggi! Chi se ne frega se ogni volta rimango io da sola … chi se ne frega?! Forse Joe … a te non importa così tanto …”.

“Che stai blaterando? Certo che m’importa di te; o mio Dio … che razza di discorsi assurdi …”.

“Senti Joe, meglio se lasciamo perdere; è stato un bel sogno …”.

Improvvisamente il suo sguardo diventa perso e vuoto “In che senso? Non mi vorrai mica lasciare?”

Non riesco a guardarlo negli occhi, se lo facessi ritratterei tutto ciò che ho appena detto.

“Lynnie …” mi supplica con quel soprannome che usa solo lui.

“Non chiamarmi più Lynnie”.

Inizio a correre verso l’uscita. Joe mi segue, sento i suoi passi. Mi chiama, ancora con quel nome.

Raggiungo i maniglioni antipanico, premo su di essi e spalanco le porte. Scendo i gradini velocissima, perché Joe è più veloce di me e sono consapevole che dovesse riacciuffarmi, sarebbe la fine per tutti i miei buoni propositi.

Anche lui esce, ma prima che possa riprendere ad inseguirmi, la folla di ragazzine si chiude davanti a lui e crea un muro insuperabile.

“Lynn … Lynn … LYNNIE!” continua ad urlare e tenta di farsi spazio con le braccia tra le fan.

Questa volta lo guardo negli occhi. Io probabilmente piango e i suoi sono lucidi. Sono quasi tentata a tornare sui miei passi, poi sposto la mia attenzione sulla moltitudine di gente attorno a Joe.

Io e te saremo sempre divisi da qualcosa, Joe.

Salgo in macchina e dico all’autista di portarmi in albergo. Osservo le vie di Los Angeles sfrecciare dal finestrino e pronuncio con malinconia a bassa voce quelle parole che avrei voluto sentire da Joe: 

“Buon Compleanno, Lynnie”.

 

You'll do anything  for the one you love
'Cause anytime that you needed me
I'd be there
It's like you were my favorite drug
The only problem is
That you was using me
In a different way
That I was using you

( Rihanna- Rehab)

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Joe&Lynnie ***


Eccomi qua, sono tornata con la seconda parte della storia. Che volete farci? E' più forte di me, sono un'amante del lieto fine. Grazie mille per tutti i commenti. Spero di non avervi deluso con questa parte.

Buona lettura!

Happy Birthday, Lyndsey


Sometimes I wake up crying at night
And sometimes I scream out your name
What right does she have to take your heart away
When for so long you were mine
( Dixie Chicks- You were mine)

 

Il risveglio è tutto fuorché piacevole. Ieri sera, dopo essermi struccata anche l’altro occhio, mi sono buttata a letto, senza tirare una tenda, senza chiudere una persiana.

Troppo stanca, esausta, distrutta dagli eventi.

Ora è mattina, il sole entra prepotente nella mia stanza e mi obbliga ad alzare le palpebre. Con orrore mi rendo conto di essere ancora in questo maledetto hotel, a Los Angeles e non a Londra, dove vorrei, dove dovrei essere.

E tutto quello che è successo mi ritorna in mente, violento e brutale ed ha un sapore amaro: sono sola, sola davvero, sola una volta per tutte.

Venire fino a LA è stato un grosso sbaglio; pensavo fosse ciò che serviva a salvare la mia storia d’ …, mi riesce difficile perfino scriverlo; forse perché non lo è stata. O forse sì e non me ne sono accorta. Chi lo sa.

Ormai sono sveglia, ma non ho voglia di alzarmi. Allungo pigramente una mano fino al comodino e recupero il cellulare, che ho riparato meglio che ho potuto, e lo accendo.

Se conosco bene Joe, mi avrà lasciato dei messaggi, delle chiamate per scusarsi, è nel suo carattere. Non che a lui importi qualcosa di me, ma agisce così solamente per calmare la coscienza.

Ma il display del mio telefonino rimane vuoto per il minuto successivo e per quello dopo ancora.

Prendo la cornetta del fisso e chiamo la reception per chiedere se ci sono dei messaggi per me.

Nessuno.

Evidentemente non conosco Joe Jonas così bene.

Fantastico penso ristendendomi sul cuscino un’altra bella notizia: cara Lyndsey non hai capito proprio un bel niente di quello che per un anno è stato il tuo ragazzo.

Piano, piano s’impossessa di me il sospetto che io mi sia innamorata dell’immagine che mi sono creata e non di lui in persona. Già, sempre più questo pensiero vaga nella mia testa.

Ma anche quando sono certa che sia così, anche quando sono sicura di tutte le mie conclusioni, del fatto che alla fine io non sappia molto su come sia Joe nella vita di tutti i giorni, anche quando mi sono convinta e non mi sento proprio così stupida per essermi lasciata incastrare, in questi momenti interviene una componente del mio subconscio: la memoria.

Ho un sacco di ricordi in cui c’è anche lui, la maggior parte dei quali è bella. Sfogliando, come in un libro, le pagine del tempo passato insieme, non riesco a credere fino in fondo che non sia esattamente come lo conosco io. Non ce la faccio,  è impossibile che sia solo una montatura, è impossibile che un po’, che almeno un pochino non tenga a me. Come quella notte …

 

Mi rigiro sull’enorme materasso per la centesima volta nel giro di un minuto. È inutile: non riesco a dormire in questo letto, è immenso, rischio di soffocare tra i cuscini e le lenzuola.

Il sonno se ne va sempre più lontano se faccio caso a un piccolo particolare: questa è la camera di Joe, con i vestiti di Joe, le cose di Joe e … il letto di Joe. Manca solo Joe.

Sta dormendo nella camera a fianco in una brandina; un grande sacrificio per uno che è abituato ad un letto matrimoniale tutto per sé.

Nella mia scuola ora ci sono le vacanze di Pasqua e ne ho approfittato per venirlo a trovare. Mamma Jonas era così eccitata alla notizia che ha pulito la casa tre volte (o almeno è quello che mi ha detto Joe) e poi ha spedito il suo secondogenito a dormire con il fratello Nick, poiché non trovava molto conveniente che noi due passassimo la notte insieme.

Ora mi trovo sola in questo letto gigantesco, a guardare il soffitto per mancanza di sonno; avrei preferito io stare sulla brandina, la trovo molto più accogliente e adatta a me.

Mi metto su un lato, in posizione fetale e tiro la coperta fin sopra la testa nel vano tentativo di restringere un po’ l’ambiente attorno a me.

Rassegnata decido che per la prima volta in vita mia, rimarrò sveglia a guardare l’alba; non avendo in ogni caso nulla di meglio da fare. Nulla fino a questo istante. Avverto la porta aprirsi e subito dopo qualcuno è sotto le coperte con me. Mi avvolge un braccio attorno alla vita e posa il mento sulla mia spalla. “Che fai così rintanata qui sotto?” soffia sul mio collo “Hai paura?”.

“Non riesco a dormire da sola in un letto così grande” spiego voltandomi verso di lui.

“Mmm” mormora contro la mia scapola “Direi che abbiamo trovato la soluzione allora”.

“Sì, direi di sì”.

Oh certo, adesso prenderò sicuramente sonno! Con lui appiccicato addosso, sotto le lenzuola, in una stanza vuota, fatta eccezioni per noi due, immersi nel silenzio e nel buio della notte.

Saluto la mia sonnolenza, che mi ha completamente abbandonato.

“Se io non fossi venuto qui, che cos’avresti fatto?” s’informa Joe.

“Pensavo di guardare l’alba dalla finestra … sai, non l’ho mai vista”.

Scatta a sedere; così di botto e tutte le coperte lo seguono. Io rimango stesa e lo fisso stranita.

“Non hai mai visto sorgere il sole?” mi chiede costernato.

“N-no” rispondo “E’ tanto grave?”.

“No, no, è solo … credo che tutti qui a Los Angeles abbiano passato una notte in spiaggia per vedere l’aurora”.

“Io non sono di Los Angeles”.

“Ah beh, questo non è un problema: io vengo dal New Jersey” si alza e apre le ante dell’armadio a muro. C’infila la testa e inizia a trafficare.

Man mano che trova quello che cerca, lo butta indietro sul letto e un paio di volte rischia anche di prendermi in testa. Un po’ seccata scendo anche io e mi metto sulla sedia davanti alla scrivania.

Osservo gli oggetti che ha lanciato sul materasso: una torcia, un coperta di pile, un asciugamano.

Ma che diamine vuole fare?

“Joe, a che cosa serve tutta ‘sta roba?”.

Finalmente risorge da quel casino che è il suo armadio. Ha indossato una felpa sopra il pigiama.

“Andiamo a vedere l’alba; mi sembra ovvio!”.

Raccoglie tutte le cose che ha tirato prima fuori e mi trascina fuori dalla stanza.

M’intima di fare piano, perché se Denise dovesse beccarci, come minimo lui non uscirebbe più da questa casa e io non ci entrerei più.

Joe accende la pila per farci luce e con cautela mi guida attraverso i corridoi. Dato che entrambi siamo due calamità ambulanti, colpiamo con i piedi tutto ciò che ci è d’intralcio. Meno male che nessuno pare accorgersene.

Con me e Joe le parole “non fare casino” non hanno senso.

Senza farci scoprire, usciamo all’aperto. La casa di Joe è proprio sull’oceano, quindi raggiungiamo la spiaggia in un batter d’occhio.

Stende l’asciugamano vicino al mare, ci sediamo sopra mentre ci avvolge nella coperta.

La scena è molto romantica, ma il mio idillio è rovinato dal freddo. Anche se siamo sulla costa occidentale, di notte la temperatura si abbassa notevolmente ed io, essendo freddolosa, ne risento.

Joe avverte che sto tremando “Ti avevo detto di prendere un felpa”.

Alzo lentamente il capo verso di lui “No, non me l’hai detto” ribatto.

“Allora l’avrò pensato”.

Le prime volte che mi ha fatto discorsi di questo genere, ho creduto che soffrisse di qualche disturbo dell’intelligenza, poi ho capito che è un modo come un altro di farmi sorridere.

Infatti ridacchio, mentre mi stringo di più a lui in cerca di calore.

“Sai che forse siamo usciti un po’ presto? Le stelle brillano ancora” constato.

“Hai ragione” concorda “Ma alla fine cosa mi serve vedere l’alba? Io ce l’ho già il mio sole”.

Ecco che fa il solito latin - lover.

“Visto che siamo in vena di dichiarazioni, mi sono sempre chiesta … sai, insomma … tu sei famoso, potresti avere tutte le più belle del mondo … perché io? Che cos’ho di speciale?”.

È una domanda che mi ronza in testa da un po’ di tempo. Non so perché mi sono decisa di porgliela proprio ora, è uscita da sola dalla mia bocca, spontanea e istintiva.

Joe rimane in silenzio prima di scoppiare a ridere.

“Quanto sei scema!” commenta.

Io incrocio le braccia al petto e metto il broncio. Non è il momento per prendermi in giro!

“Lynnie, io adoro tutto di te. Adoro il modo in cui arrossisci quando cadi, adoro il tuo modo di guardarmi torva quando ti faccio arrabbiare, adoro il fatto che mi perdoni nonostante io non possa stare sempre con te. Amo letteralmente quando sei nervosa e ti strappi la pelle morta dalle labbra, amo vederti così innocente nel mio mondo e starei tutta la vita a fissarti mentre squadri le ragazze supertirate alle feste. Mi piaci perché sei il loro contrario, mi piaci perché sei semplice, divertente, riservata e soprattutto sei tu la più bella di tutte. Mi piaci perché mi sopporti. E qui, tra i due, sono io a dovermi chiedere che cos’ho di speciale per stare con te”.

Ditemi voi, ditemi dopo una dichiarazione del genere cosa fareste. Io resto attonita, a guardarlo ancora con il broncio stampato in volto. Ci metto un po’ prima di afferrare sul serio il senso di quelle parole.

“Sinceramente, l’hai trovata nei biscotti della fortuna? No, perché non ti ho mai sentito dire una frase così bella!”.

A volte, giuro, mi chiedo da dove mi escano certi commenti. Potrei scrive un libro sui modi migliori per rovinare un momento romantico perfetto.

Mi si avvicina e a fiori di labbra mormora “No, viene tutto da qua” e porta una mia mano sul suo petto. Io, improvvisamente, sono assalita da un caldo soffocante.

“Hai un cuore molto saggio … molto più del cervello”.

Potessi prendermi a mazzate lo farei: ma perché non imparo a starmene zitta?

Per fortuna Joe impazzisce per questo lato del mio carattere; dice che con mi fa sembrare più affascinante. Anche lui ha un bella fantasia.

Mi bacia e ci rotoliamo sulla spiaggia, riempiendoci di granelli di sabbia. Non vediamo sorgere il sole, almeno non io: mi addormento prima.

Mi risveglio nella stanza di Joe, lui è accanto a me, immerso nel mondo dei sogni. Spero siano popolati dal mio viso.

 

Remember cuddles in the kitchen
Yeah, to get things off the ground
And it was up, up and away
Oh, but it's right hard to remember
That on a day like today when you're all argumentative
And you've got the face on

( Arctic Monkeys- Mardy Bum)

 

Dal quel giorno abbiamo sempre dormito insieme. Non so cosa abbiamo convinto mamma Jonas; forse è stato l’anello di Joe, sempre luccicante al suo anulare sinistro, a persuaderla che le nostre intenzioni fossero assolutamente innocenti. Ma quella notte è vivida come se fosse appena passata. Io e Joe, solo io e Joe. Bei tempo erano quelli.

“E qui, tra i due, sono io a dovermi chiedere che cos’ho di speciale per stare con te”.

Non lo so, dimmelo tu che cos’hai di speciale. Io ho sempre avuto dei problemi a comprendere che diamine avesse per attirarmi così tanto. Saranno stati gli occhi, il sorriso, il carisma o quelle sue frasi che mi spiazzavano. O forse è semplicemente il suo essere Joe.

Con pazienza incomincio a riporre i miei vestiti in valigia. Il mio aereo decollerà stasera a mezzanotte e mezza. Tornerò nella mia città, nella mia Inghilterra umida e piovosa; farò finta che tutto questo non sia mai accaduto, fingerò di non essere mai stata in America e di non aver mai conosciuto Joe Jonas. Cancellerò tutti i miei ricordi, farò tacere la mia memoria.

Come se lui non fosse mai esistito.

È triste solo dirlo. Metterlo in atto sarà una tragedia.

Apro la finestra per fare entrare un po’ d’aria. Davanti al mio albergo c’è un enorme cartellone pubblicitario. Strana cosa è il destino: ho passato un anno fremendo dalla voglia di vederlo ed ora che ho deciso di dimenticarlo, mi compare davanti.

Sul quell’immenso pezzo di carta ci sono proprio loro, i tre Jonas. Chiudo con uno scatto le tende.

Sarà più difficile del previsto.

Riporto la mia attenzione al bagaglio e finisco di ritirare la mia roba. Capo per capo, per tenere la mente occupata, in modo che non possa vagare al ragazzo formato gigante di fronte al mio hotel.

 

Alle dieci sono pronta per partire. Ho passato una bellissima giornata a guardare film strappalacrime ed ad affogare in una scodella di gelato al cioccolato.

Butto un occhio oltre la finestra ed osservo bene la città: questa è l’ultima volta che vedo Los Angeles, deve finire nel cestino delle dimenticanze come lui.

Un uomo del personale mi aiuta a portare nella hall la valigia. Mi fermo alla reception per pagare.

Scopro che il conto è già stato saldato.

“Non è possibile, controlli bene” dico al direttore.

“No signorina, è tutto a posto: il suo soggiorno è stato regolarmente pagato”.

Ancora confusa, trascino il mio bagaglio fuori, dove aspetto la macchina che mi porterà all’aeroporto. Il cortile dell’albergo, però, è diverso da come lo ricordavo.

È un’esplosione di fiori: rose rosse, gialle, blu. Ovunque.

E al centro c’è lui, il ragazzo che mi ero prefissata di scordare. Ha in mano una chitarra.

No, non oserà fare quello che penso. Invece lo fa: le sue dita si muovono sulle corde e la sua voce accompagna la melodia. Gotta find you.

Infida e subdola. Maledetto il giorno in cui me l’ha dedicata.

Nel frattempo, le persona cominciano ad affacciarsi alle finestre; Joe sta attirando l’attenzione.

Io odio quando attira l’attenzione.

Corro verso di lui; dall’espressione pare credere che io stia per abbracciarlo. Appena gli sono di fronte, gli strappo la chitarra.

“Sei impazzito?! Ci guardano tutti!”.

“Ci sono abituato”.

“Io no!” appoggio lo strumento a terra “Che cos’è questa storia?”.

Aspetta un po’ a rispondermi “Te l’avrei spiegata ieri sera, se non te ne fossi andata come una fuggitiva, lasciandomi in balia di un’orda inferocita di fan”.

“Ieri sera?” ripeto sospettosa “Joe, se questo è un altro dei tuoi trucchetti …”.

“Nessun trucco, Lynnie. Dato che il mio agente mi aveva sequestrato per la prima parte della serata, avevo pensato di farti una sorpresa facendomi trovare qui per le undici e mezza”.

Rimango a bocca aperta: aveva programmato tutto, si era pesino ricordato l’ora della mia nascita.

Ci sono ancora alcune cose che non mi sono chiare “Ma Camilla? Non volevi uscire con lei?”.

Lui ride. “Non lo nego. Abbiamo finito di girare verso le dieci e non sapevo cosa fare per un’ora e mezza, così ho accettato di andare in un locale con tutta la troupe, non solo con Camilla”.

Sono terribilmente in imbarazzo, ho frainteso tutto.

“Sono senza parole, non so che dire … mi sento così scema …”.

“E’ colpa mia, Lynnie. Tu sei una santa a sopportarmi ed io, invece di ringraziare il cielo di averti trovata, ti do una delusione dopo l’altra” indica tutto ciò che ci è attorno e riprende il discorso “Questa è solo una piccola parte di quello che ho intenzione di fare per riscattarmi”.

Il cuore mi scoppia dalla felicità; allora avevo ragione: io conosco Joseph Jonas.

“Joe, mi stupisci ogni giorno di più; si può sapere da dove le prendi certe frasi?!”.

È la mia bandiera bianca e lui lo sa. Il suo viso s’illumina di un sorriso stupendo. Mi abbraccia e mi solleva da terra, compiendo un mezzo giro.

“E adesso il tuo regalo” con due dita si sfila il suo prezioso anello e me lo porge “Non ti voglio obbligare ad ideali in cui non credi, però in questo anello sono racchiusi tutti i miei principi ed ho pensato che … insomma … è come se io fossi sempre con te”.

Mi rigiro il gioiello tra le mani “Ai tuoi verrà un infarto quando vedranno che non lo indossi”.

“Per fortuna vedranno con i loro occhi che ce l’hai tu”.

Non capisco subito il significato di questa affermazione, ma Joe me la chiarisce.

“Vieni a stare da me per un po’” propone.

Ora sono io che lo stringo più forte che posso. Mi attacco al suo collo e inizio a  saltellare come una bambina a Natale. Joe posa le labbra sulle mie.

Non è mai stato violento o irruento nei miei confronti, ma dolce e delicato; avrei dovuto capire prima quanto tenesse a me.

Finalmente dice quelle parole che ho tanto agognato, parole che volevo sentire unicamente da lui.

“Buon Compleanno, Lynnie”.

 

You're the one I need
My real life has just begun
Cause there's nothing like
Your smile made of sun
Nothing like your love

( Shakira-The one)

 

 

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