Eloise --> lrh.

di Wolfirea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One- Begin ***
Capitolo 2: *** Two - Remembers ***
Capitolo 3: *** Three- Friend ***
Capitolo 5: *** Four- Mistake ***



Capitolo 1
*** One- Begin ***


1
BEGIN

« Come un cigno ha bisogno del suo lago per vivere, come l'alba ha bisogno del suo sole per sorgere, come la luna ha bisogno del suo cielo per brillare, i sogni hanno bisogno delle ali per poter volare. »



--

Alla sola età di cinque anni avevo già deciso cosa avrei voluto fare da grande. Tutto era nato dalla spensieratezza di una bambina che si era sempre considerata sola, mai considerata dalla sorella e tantomeno dalla madre. Era triste, in realtà, ma ci avevo fatto l'abitudine e la bolla che mi circondava mi dava la sensazione di essere la ragazza più felice del modo.
 Josephine, tuttavia, reputava la recitazione un passatempo frivolo e sdegnoso nei confronti della nostra famiglia. Mia madre, infatti, non avrebbe mai accettato che la sua figlia minore diventasse un'attrice, voleva che un giorno un'uomo di famiglia benestante chiedesse la mia mano, garantendomi una vita agevole e soddisfacente. - purtroppo era una donna molto all'antica, ciò spiegava anche l'arredamento della piccola villetta in cui vivevo.- Ad ogni modo per mia sorella non si doveva preoccupare, era sempre stata abbastanza accondiscende per quanto riguardava le decisioni famigliari; ma io non ero Karol e non avevo nessuna intenzione di fare la maglia e accogliere ospiti per il resto della mia vita. Questa volta non volevo accontentare Josephine e per questo mi ero iscritta al corso di recitazione che avrebbe offerto il college verso metà Gennaio, e mia madre non doveva saperne nulla. -non volevo immaginarmi la possibile reazione che avrebbe potuto avere nel caso in cui sarebbe venuta a sapere della mia trasgressione.-
Portai le mani alle tempie, massaggiandole lentamente, con brevi giri circolari.

« Sorellina! Hai visto la mia trousse?»

Esclamò un'esuberante Karol, non appena mise piede nella mia stanza.
Sobbalzai spaventata, pregando il signore che la smettesse di provocarmi continui attacchi di panico. Era tutto il giorno, infatti, che non faceva altro che correre avanti e indietro per il corridoio, piombando come un'uragano ovunque mi trovassi, alla ricerca di futili accessori da mettere nella valigia.

« Karol, sai bene che non utilizzo tutta quella roba colorata »

Affermai, distendendo meglio le gambe sul morbido piumone.
Sbuffò con disappunto e dopo avermi rivolto un'occhiata da 'che sorella frigida e immacolata, che ho' voltò i tacchi, sicuramente diretta verso il bagno.
A differenza sua ero sempre stata una ragazza molto ordinata e non mi trovavo in simili situazioni, di evidente fibrillazione, ogni qualvolta dovessimo partire per qualche viaggio. -in questo caso, però, non andavamo in Francia per rivedere i nostri parenti ma ritornavamo a scuola, poiché oggi era l'ultimo giorno delle feste natalizie.-
Mi accoccolai meglio sul morbido piumone di lana e afferrai il piccolo libro posto sul comodino. Amavo leggere, riuscivo a sentirmi libera quando lo facevo; riuscivo a dimenticare tutto il mondo che mi circondava e immergermi in una vita che non sarebbe mai stata la mia. Piena di avventura, di azione, di intrigante aspettativa. Ma forse dovevo smetterla di correre con l'immaginazione, dovevo mettere la testa sulla spalle e decidere bene cosa volevo nel mio futuro.

« El, cristo santo, aiutami piuttosto che stare lì come una vecchietta. Sembri nonna Adelie, alza il culo e aiutami. Non trovo i miei trucchi.»

Sobbalzai una seconda volta, posando il romanzo sul comodino. Mi mancava molto la nonna, nonostante l'avessi vista poche settimane fa al cenone di famiglia, e mi dava fastidio il fatto che Karol non mancasse ci citarla in ogni singola frase. Era frustrante. In più non era affatto gentile paragonare sua sorella ad una signora di età avanzata; in fin dei conti mi stava offendendo.
Stetti zitta, abbassando il capo verso le mie mani congiunte, e mi alzai lentamente dal letto.

« Ka, le tue poltiglie sono sulla scrivania.. » Sussurrai, contrita.

Utilizzava sempre un linguaggio scurrile e volgare quando nostra madre non era presente. Incalzai le ciabatte e, non degnandola di uno sguardo, mi avviai al piano di sotto.

« Aspetta El! Hai visto la mia gonna panterata?» Urlò, dal fondo del corridoio.

Sul mio viso si dipinse all'istante un'espressione schifata, non avevo mai osato sbirciare tra il guardaroba di Karol, altrimenti avrei rischiato di prendere un infarto. - e, onestamente, non me la sentivo di morire così giovane, non prima aver portato a termine i miei obiettivi, almeno.-
Poggiai la mano sul lucido scorrimano di mogano e, con pochi saltelli, arrivai in salotto. Dove mia madre si stava intrattenendo con un te' insieme alla sua amica.

« Buonasera madre. Carmen.»

Accennai un breve saluto, accomodandomi poi sul divano, dinnanzi al caminetto.
« Oh tesoro, come sei cresciuta! Sei davvero una bella fanciulla. Anche Sheilene si è alzata molto in questi anni, sicuramente domani avrai modo di rivederla; se non sbaglio siete compagne di stanza.»
Sorrisi, annuendo timidamente. Non ero mai riuscita ad accettare i complimenti, mi facevano sentire in imbarazzo.
Mia madre annuì orgogliosa, portando alle labbra un sorso della bevanda.

« Certo Signora, sua figlia è in camera con me. La ringrazio molto.»

« Ti prego, dammi pure del tu, non sono così vecchia infondo.» rise la signora bruna, con spensieratezza.

Mi strinsi nel caldo maglione bordeaux e riportai lo sguardo sulle calde fiamme cremisi.
« Com'è educata -si complimentò poi, elogiandomi.- Karol è fuori con gli amici?» continuò, alzando leggermente il tono di voce.
Sbuffai, cercando di non alterarmi. Infatti non potevo stare nella mia stanza, altrimenti Ka avrebbe incominciato a schernirmi - quando non aveva nulla da fare era il suo passatempo preferito- e ora non potevo nemmeno stare in salotto, poiché Carmen e Josephine continuavano a parlare, senza sosta, impedendomi di riflettere e mettere insieme le idee.
Domani sarebbe stato un giorno importante, sarebbero ricominciati gli studi e avevo intenzione, sin da subito, di portarmi avanti con tutte le materie.

« Suppongo che mia sorella stia ancora preparando la valigia.» bofonchiai, portando le braccia al petto.

Karol non era mai stata una ragazza precisa e ordinata, non aveva mai badato alle regole che nostra madre ci aveva impartito in tenera età, non si preoccupava di altro che non fossero ragazzi -esclusivamente selezionati dal suo gruppo di perle, il nome con cui le chearleader di quinta venivano soprannominate- e vestiti. Il resto, per lei, non rappresentava altro che spazzatura. Come i miei libri, infondo.
Comunque avevo già fatto la valigia la scorsa settimana, non come lei che si riduceva sempre all'ultimo.

« Aiutala Eloise, sii responsabile.» Josephine mi rivolse un'occhiata eloquente e mi spronò a fare quanto aveva detto.

Carmen mi fece nuovamente un cenno di saluto, alzando la fine mano verso l'alto, e abbattuta mi accinsi ad eseguire l'ordine.

« Hai bisogno di una mano?»

Quando entrai nella sua stanza, a circa cinquanta passi dalla mia, mi indispettii non poco. Karol era comodamente poggiata allo schienale del letto e stava messaggiando piuttosto che fare il suo dovere.
 
« Non rompere, va a giocare con le bambole.» Mi ammonì all'istante, non distogliendo lo sguardo dall'apparecchio elettronico.

« Karol non sono una bambina; devi fare la valigia, nostra madre vuole che ti dia una mano, posa il cellulare.» La rimbeccai, incrociando le braccia al petto.

Era ridicolo a dir la verità, la nostra sarebbe dovuta essere una situazione girata al contrario. Ero io la sedicenne; Karol aveva diciannove anni, ben tre in più di me.
Eppure quella matura e responsabile ero io.
Mossi qualche passo nella sua direzione e sfilai la sedia dalla scrivania, sedendomici sopra.
I miei capelli oggi erano peggio della raffia che avevo utilizzato per i pacchetti regalo di zia Florence e di zia Mirian. Avrei tanto voluto i boccoli scarlatti di mia sorella, le incorniciavano il viso alla perfezione rendendola ancora più bella di quanto già non fosse.
Purtroppo, a dispetto delle mie aspettative, Karol scoppio' in una fragorosa risata, alzando finalmente lo sguardo nella mia direzione.

« Sei ridicola El, mi ricordi la monaca rincoglionita delle scuole elementari, pensi che i ragazzi vorrebbero mai una frigida sfigatella come te?»

Sapevo che non sarei dovuta salire, sapevo che dovevo smetterla di farmi condizionare dalle sue parole, ma non potevo davvero farci nulla. Mi alzai di scatto, le lacrime minacciavano di uscire, faceva male, era orribile esser trattati così, soprattuto da una delle persone più care che avevo.

« Ti detesto Karol!» Urlai, sfilandole agilmente il cellulare dalle mani.

Scappai via e mi rifugiai subito nella mia stanza, per non far altro che piangere e consumare tutte le mie lacrime.
«Ridammelo, deficiente!»

La porta subì potenti botte, non appena mia sorella vi sbatte' sopra la sua mano, picchiandola -per quanto fosse possibile- con foga.

« Apri!» Urlò nuovamente.

Mi strinsi maggiormente il cuscino al petto, ormai bagnato, ormai pieno delle mie sofferenze.
Non sapevo in realtà perché avevo fatto quel gesto, volevo che riflettesse e che, forse, si sentisse in colpa per ciò che mi aveva detto.

« Chiedimi scusa » affermai, affondando lo sguardo nella federa di un tenue verde acqua.

A volte mi chiedevo se il secondo piano di questa villetta non fosse insonorizzato, era davvero assurdo che le due donne al piano di sotto non sentissero nulla delle nostre grida.

« Eloise, ti conviene ascoltarmi, altrimenti finisci in guai seri. Cosa potrebbe succedere se casualmente dicessi a nostra madre cosa hai intenzione di fare a scuola?»

Tremai spaventata, sperando che non intendesse proprio quello. Non poteva saperlo, era impossibile. Non avevo detto a nessuno che volevo diventare un'attrice, non avevo nemmeno un'amica che avrebbe potuto svelare il mio segreto. -non sapeva nulla nemmeno Cal-

« Non so di cosa tu stia parlando» Mentii e, presa dalla curiosità, sbloccai il suo cellulare. Stranamente non aveva messo nessuna password.

'Ti voglio amore. Non vedo l'ora di vederti, mi manchi tantissimo. Queste vacanze senza di te sono state a dir poco noiose, perché infondo sai bene che ogni cosa, se non ci sei tu con me, fa schifo..'

Strabuzzai gli occhi, leggendo sconvolta quelle parole. Erano così.. romantiche.
Ed ero più che certa che quello era uno dei tanti a cui Karol avrebbe spezzato il cuore. 'Amore 25' vi era scritto, nella parte in alto della chat.

« Eloise apri immediatamente o vedi te!» tirò un calcio alla porta, facendomi spaventare.

« Non trovo la chiave.. aspetta!»

Digitai velocemente

'Scappa finché sei in tempo.. lei non ti merita.
p.s io non ti ho scritto nulla.
E.'

Dopo essermi accertata che il messaggio fosse inviato lo cancellai e aprii velocemente la porta.
 
«ELOI-ise non ti permettere mai più.»

Probabilmente scampai il consueto ceffone perché vide i miei occhi completamente arrossati; mi guardo' con compassione, quasi fossi un cucciolo smarrito. Abbassai immediatamente lo sguardo e dopo averle restituito il telefono richiusi la porta.
Ero contenta, forse ero riuscita a salvare qualcuno dalle sue grinfie.

--


Mi accertai di aver messo tutti libri nella borsa, era di vitale importanza, per me, non dimenticare nulla. Feci un piano di scale con disinvoltura e con pochi passi arrivai davanti alla stanza 128, bussando freneticamente.
Il ragazzo corvino uscì subito dal dormitorio e mi rivolse un dolce sorriso, prima che entrambi iniziassimo a parlottare sulle nostre avvincenti vite.
Lo abbracciai di slancio e insieme ci avviammo verso il cortile interno dell'istituto.

« Cal, dovevi esserci, mi sono spaventata da morire »
Risi rumorosamente, raccontando al mio migliore amico quanto era successo poco prima.

« In pratica non ho fatto in tempo ad uscire dal dormitorio che mi sono trovata davanti un tizio dai capelli blu.» Ricordai, aggiustando meglio la tracolla sulla spalle.
 
"Oddio - scoppio' a ridere all'istante- e-e che ci faceva lì? No aspetta, capelli blu?» ripeté, fermandosi di scatto.
Annuii divertita, e «Giuro, mi pare si chiamasse Michael, ha detto di essere un'amico di Shelly.»
« Aspetta Sheilene Mavor, la tua compagna di stanza? »

Annuii nuovamente, giocando con una ciocca ribelle caduta fuori dall'elaborata treccia che avevo fatto qualche ora prima.

« Yay, pensavo che avesse esagerato con Gerard, ma quel Michael ha superato tutte le mie aspettative, insomma, chi si aspettava un tipo così..strambo?»
Affermai, ridendo leggermente.

Era già passata una settimana da quando erano ricominciati gli studi e fortunatamente ero riuscita a dimenticare quello spiacevole episodio con mia sorella. Non ci vedevamo molto spesso, lei trascorreva molto tempo con le sue 'perle' mentre io mi limitavo a passare i pomeriggi con il fantastico ragazzo che avevo conosciuto quando ancora la mia unica priorità era quella di fare la pipì nel vasino. Risi leggermente al pensiero e mi portai una mano alla fronte, tirandomi una lieve botta.

« Ma ma -Calum boccheggiò e si passò una mano tra i folti capelli corvini, aumentando il passo- Perché? A che pensi? » chiese poi, riprendendo a camminare.

« Nulla, stavo pensando a un scena di quando ero piccola. Anyway, a che ora inizi i corsi? »
Io e Calum ci sedemmo sulla panchina, continuando a chiacchierare su vari anedotti privi di senso.-
« Alle nove ho Sociologia, tu?» Poggiò la schiena sul ruvido schienale, emettendo poi un piccolo broncio. La panchina era indubbiamente scomoda ma in fin dei conti permetteva di mantenere una postura corretta.
« Ew, io inizio alle -controllai l'orologio da polso, alzando di poco la manica del maglioncino- Dieci e dieci, con inglese.» Esultai, poiché era una delle mie materie preferite.

« Ma non è giusto, uff. » Quando il mio migliore amico metteva il broncio era a dir poco dolcissimo.

«Orsetto.» Risi, toccandogli scherzosamente il naso.

« Maledetta -Mi tiro' uno schiaffetto sul braccio, facendo labbruccio- sai che non sopporto quel soprannome»

« Appunto » replicai ovvia, sfoggiando un sorrisino crudele.

Successivamente passai il tempo ad osservare gli studenti che correvano lungo il campo dell'istituto. Se solo non fossi stata così pigra probabilmente avrei fatto anch'io jogging, serviva per mantenersi in forma e avevo letto su alcuni giornali che faceva bene alla salute.

« Devo darti una brutta notizia Cal, mancano solo dieci minuti.»

Il ragazzo dai color pece strabuzzò subito gli occhi, alzandosi di scatto. Non ebbi nemmeno il tempo di emettere un solo fiato che mi afferrò per la maglietta, correndo verso il cancello principale.

« Mh, se ti dicessi che stavo scherzando?» mi morsi violentemente il labbro, giocherellando con un filo d'erba che avevo raccolto in cortile, dieci minuti fa.

« Non oseresti » Mi minacció.

Mi feci piccola piccola e allungai il polso per fargli vedere l'ora. Ad essere sincera non sapevo nemmeno io perché avevo mentito; probabilmente mi ero stancata di stare al freddo. Calum mi guardo' parecchio male ed emise un leggero sbuffo.

« Sei arrabbiato?» chiesi, preoccupata. In fondo era il mio unico amico, non volevo litigare con lui per una simile frivolezza.

« Beeh.. Scappaa!»

A quel punto fui presa dall'agitazione e incominciai a correre per i corridoi senza una meta precisa. Calum mi stava letteralmente rincorrendo e, fortunamente, non sembrava affatto arrabbiato.
 
« Mi hai preso in parola quando ti ho detto che dovrei fare attività fisica.»
Urlai, con il fiatone, non appena arrivò a pochi metri di distanza dalla sottoscritta.

Mi parai subito le mani davanti allo stomaco; non era difficile capire le sue intenzioni dopo che lo conoscevo da una vita. Infatti soffrivo il solletico alla pancia in una maniera massacrante.

« Forse» acconsentì, scoccando la lingua sul palato.

Risi istericamente e ricominciai a correre, seppur in modo lento e a slalom tra gli studenti. «Scusi»
«Permesso» «Ti prego fammi passare»
Continuavo a ripetere le stesse frasi, guadagnandomi delle gelide occhiate. Purtroppo, quando Calum riuscì a raggiungermi -sicuramente mi aveva lasciato molto tempo di vantaggio- sentii una voce famigliare alle mie spalle.

« Sorellina! Non te lo sei ancora scopato?»

Mi voltai di scatto, constatando la presenza di Karol a fianco degli armadietti. Vicino a lei c'era un ragazzo, di cui notai solamente la chioma color grano.
Calum mi si parò a fianco, squadrando mia sorella che oggi si era vestita con un gonna a pois molto corta. Nulla di strano, insomma.

« E' il mio migliore amico.» Replicai, piuttosto stizzita.

Voltai subito lo sguardo verso Cal, vedendo le sue gote leggermente arrossate. Pregai con tutta me stessa che anche lui non diventasse vittima della bellezza di Karol, non avrei mai potuto sopportarlo.

« Ti ho già visto.. ti chiami Luke?»

Guardai confusa i due ragazzi, tirando un lieve gomitata al mio amico, spronandolo ad allontanarci.

« Sì, ci conosciamo?»

Rispose il ragazzo biondo; solo ora si voltò nella nostra direzione, squadrandoci con sufficienza. Aveva l'aspetto del classico diffidente e menefreghista, non aveva per niente un'aria simpatica. Le mie erano solamente supposizioni, certo, ma non mi ero mai sbagliata. Riuscivo spesso a leggere le persone a primo achito.

« Aspetta, Calum?» Rifletté poi.

Osservai la scena confusa, rivolgendo un'occhiata stranita a Karol, la quale si stava bellamente limando le unghie. Non alzò lo sguardo nemmeno per un istante così dovetti attendere che i due finissero di guardarsi come due pesci lessi.

« Dr Fluke.» Urlò il mio migliore amico, abbracciando subito il 'ragazzo' di Karol.

« Cal pal» Rispose esultante l'altro.

Fissai stranita la scena, ripensando a dove aveva lasciato la sanità mentale Calum, visto che aveva abbracciato uno sconosciuto.


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Capitolo 2
*** Two - Remembers ***


2
REMEMBER

« Mi ricorderò di te per tutta la vita, e tu ti ricorderai di me. Proprio come ci ricorderemo dei crepuscoli, delle finestre bagnate di pioggia, delle cose che porteremo sempre con noi perché non possiamo possederle.»




e


—-


Abitavamo ancora nella villetta a Melbourne quando Andrew decise di partire.
Era un pomeriggio di primavera, lo ricordavo bene, io e Shelly eravamo sulle altalene, a dondolarci nel giardino di casa mia.
A quel tempo noi due andavamo molto d'accordo; condividevamo le bambole, i pupazzi e a volte le regalavo persino i miei amati lavoretti di carta. Ero sempre stata una ragazza molto creativa e, spesso, con la mia esuberanza, riuscivo persino a contagiare Sheilene, la quale iniziava a preferire capi d'abbigliamento poco consoni alla sua età.
Ma, indipendente da ciò, odiavo etichettare le persone, indi per cui, qualsiasi cosa indossasse o qualsiasi cosa facesse, per me Sheilene sarebbe sempre rimasta una ragazza fantastica. Andrew Watson era il mio fratello maggiore, al tempo aveva da pochi giorni compiuto i diciotto anni di età, era molto giovane, molto eccitato, era davvero molto preso dalla sua iniziativa di partire e realizzare i suoi sogni. Nell'aria era riecheggiato il dolce suono della risata di Shelly: la ragazza dai lunghi crini biondi e dagli occhi smeraldei. Il suo viso era completamente spruzzato dalle lentiggini, le quali, addirittura, le davano un'aria più allegra.

« Madre, sono stufo di questa vita! Deve smetterla di impartirmi ordini quasi fossi ancora un bambino. Sono maggiorenne, oramai, e non voglio più rivederla, ha fatto troppe scelte al posto mio. Ora capisco la decisione di Jonathan, ha fatto bene a lasciarvi. Voi meritate di restar sola per tutta la vita; spero che un giorno lo capiranno anche Karol ed Eloise, soprattutto quest'ultima, il mio piccolo fiore. Probabilmente, di questo schifo, mi mancherà solamente lei, la mia innocente sorellina.»


Ero ancora troppo piccola per poter capire le parole di mio fratello; lui e mia madre litigavano molto spesso, mi ero semplicemente illusa che quella fosse solamente una delle tante volte.

« El, perché urlano?»

Ricordavo bene la voce dolce e pacata di quella che sarebbe potuta essere mia sorella.
Ogniqualvolta notasse i brividi lungo il mio corpo si preoccupava se stessi bene.
Stavo semplicemente tremando per il freddo, a dir la verità, ma quando Josephine aveva sbattuto con foga la porta -cosa che non aveva mai fatto, nemmeno con l'uomo che mi aveva accudito in tenera età- ebbi modo di capire che qualcosa non andava.

« Allora vattene, ma scordati di tornare per chiedere anche solo un dollaro. Ti disconosco come figlio, sei la vergogna di questa famiglia ch..»

« Che da generazioni a generazioni a generazioni.. blabla..» L'aveva derisa, rammentando le medesime parole che non mancava di ripetermi anche alla soglia dei sedici anni.

« Basta! Non accetto questa mancanza di rispetto! Vuoi andartene da tuo padre? Bene, ma non osare mai più metter piede in questa casa.»

Ero sobbalzata per lo spavento; mamma era sembrata davvero furiosa, persino la mia amica aveva strabuzzato gli occhi, allibita.

« Facciamo i braccialettini con le margherite?» Avevo chiesto, sorridendo raggiante.

Dopotutto avevo già dimenticato quanto era successo quei pochi minuti prima, in fin dei conti mi ero sentita bene, la mia vita era perfetta.
Shelly aveva annuito, buttandosi letteralmente sul soffice terreno pieno di fiori colorati. L'avevo seguita a ruota, strappando subito quelli bianchi che mi piacevano tanto.

« Eloise, puoi venire qui un secondo?» Aveva proferito, il mio fratellone, con voce pacata.
 
Mi ero alzata con cautela, pulendo il vestitino dal terriccio e dagli aghi di pino, dopodiché gli ero corsa incontro con piccoli saltelli. Andrew era stato in piedi davanti a me, a differenza sua ero un misero scricciolo alto poco meno di un metro. Tra le mani aveva tenuto
il manico di una valigia di modeste proposizioni, quasi fosse il suo unico tesoro. Il suo appiglio. Li avevo porso una delle margherite che tenevo tra le nocche delle mano e subito dopo avevo circondato le sue gambe con il mio esile corpicino.

«Promettimi che inseguirai i tuoi sogni, Eloise, promettimi che non ti farai condizionare da qualcuno che non sia tu. A volte è giusto che vada così, sai che ti vorrò sempre bene, fiorellino. E, mi raccomando, cresci bene e, sorridi, perché il tuo sorriso è il più bello che abbia mai visto. Ora ti devo lasciare, non sai quanto mi sia costata questa decisione, ma constaterai che nella vita bisogna porsi dei limiti. Li ho superati El, ho sbagliato, e mi dispiace così tanto.»

« i-io, vabene.. dopo torni per darmi il bacino della buona notte, vero?»

Le mie parole avevano sin dall'inizio trasudato speranza, perché era quella che infondo riusciva a farmi andare avanti.
« Eloise -aveva sospirato, schiudendo lievemente le rosee labbra- Ascoltami; forse un giorno tornerò, forse prenderò in considerazione l'idea di portarti con me, ma non ora, El, tu hai Karol e la tua mamma, non hai bisogno di me. La mia presenza potrebbe influenzarti in un modo che non vorrei mai fare. Ti vorrò sempre bene fiorellino.»

Le lacrime avevano minacciato di uscire dai miei occhi, i quali si erano fatti lucidi e improvvisamente pieni di comprensione.

« T-tornerai?»

« Tornerò. Il nostro non sarà mai un addio, ricordalo come un arrivederci.»

Quando ero ritornata da Shelly, abbassando il capo verso il mio vestitino fiorato, avevo cercato in tutti modi di sperare che quello appena vissuto fosse stato solo un sogno.

« El, che succede? Sai, con me puoi parlarne. Non piangere t-ti prego.»

La sua voce apprensiva, le sue piccole braccia lungo il mio corpo, il suo dolce profumo di rose; questo era quello che era riuscito a farmi andare avanti, senza il sostegno del mio modello di vita, del mio faro.
Dell'unica persona che mi aveva accettato com'ero e che non tentava di cambiarmi.
Ed erano già passati nove anni da quell'orribile giorno, indelebile nella mia memoria.

 E tantissime cose, purtroppo, erano cambiate. Avevo perso tutti gli appigli che avevo, persino Shelly si era dimostrata essere la più perfida delle amiche.

« Stai bene? Hai gli occhi lucidi, se vuoi posso accompagnarti in infermeria..»

Alzai il capo di scatto, scrutando confusa il mio interlocutore. In pochi secondi si fece spazio al mio fianco, sulla panchina, regalandomi un sorriso tutto fossette.

« i-o.. credo di sì, .. penso siano i ricordi »

Portai le maniche del maglione sul viso, affrettandomi ad asciugare le gote ormai inumidite.

« Non ti preoccupare.. ti ringrazio per l'apprensione » Borbottai, scrutando circospetta quegli occhi misti tra mandorla e buccia di fico.

Non amavo particolarmente esser compatita e la situazione in cui mi trovavo era praticamente un punto ceco, senza via d'uscita.
« Ti capisco » Sorrise nuovamente, come se avesse una paralisi, e avvicinò la sua mano alla mia.

« Ashton Irwin »

Osservai titubante il suo volto, cercando di capire perché fosse così aperto nei miei confronti.
I tratti del suo viso erano leggermente marcati e anche i suoi lineamenti erano più maturi rispetto ai miei coetanei.

« Eloise Watson » Accennai un sorriso incerto, stringendo poi la sua mano.

« Ora mi dici cos'hai? » richiese, scrutandomi attentamente.

Dire che mi sentivo in soggezione era poco.

« Nulla.. sei nuovo?»
Non mi andava di raccontare i fatti miei agli sconosciuti; probabilmente non l'avrei detto nemmeno a Calum, se il giorno dopo quel 28 marzo non fosse accorso a rassicurarmi che lui ci sarebbe sempre stato.
« .. Diciamo » il suo volto lasciò spazio ad una breve risata.

Non mi convinceva per nulla questo ragazzo, era, come dire, strano.

« Ehm..ok »
Bofonchiai, distogliendo subito lo sguardo.

Mi soffermai qualche secondo a scrutare gli edifici scolastici; proprio dinnanzi a me si ergeva la struttura in cui dormiva il corpo docenti. A destra, invece, vi era un piccola chiesetta dove noi religiosi trascorrevamo la domenica mattina, nel caso in cui non tornassimo a casa per il fine settimana.

« E' stato un piacere conoscerti, Eloise, ci rivedremo presto » proferì, sorridente.

Stavo ripensando al primo anno delle scuole elementari, un anno addietro del mio protettore, l'anno in cui avevo passato l'inferno. Quando il ragazzo riccio si alzò di scatto, afferrando una valigetta di pelle nera che prima non avevo notato.
Mi sorrise raggiante, scoccandomi poi un occhiolino.

« Ehg.. ah.. presto » Balbettai, completamente a corto di parole.

La sua figura slanciata si allontanò velocemente e, dopo che ebbe riposizionato il capello sui riccioli nocciolati, non potei fare a meno di osservare il suo portamento - che non aveva nulla di simile ai goffi e 'molleggianti' ragazzi del college- e la sua eleganza, anche solo nel camminare.
Mi abbagliai quasi, rimanendo intontita per diversi secondi.

—-


« Nev, che succede? »

Ero entrata in classe da pochissimi minuti e mi stupii non poco quando vidi che tutte le ragazze del corso si erano posizionate nei banchi adiacenti alla cattedra. Solevano, infatti, durante le altre lezioni settimanali, stabilirsi sul fondo dell'aula per aver modo di utilizzare il cellulare indisturbate.

« Penso sia per il nuovo prof di inglese » Rispose Nevaline, una ragazza con cui condividevo spesso le lezioni, facendo spallucce.

Mi sedetti al suo fianco, posizionando subito astuccio e diario sul banco. Avrei tanto voluto sedermi davanti, com'ero solita fare, ma purtroppo dovetti accontentarmi dei posti centrali.

« Il supplente? » Mi accigliai.

Mi ero completamente dimenticata che la professoressa Morris era andata in maternità. Era la miglior donna che conoscessi, probabilmente era l'unica tra i professori dotata di carisma e competenza.
Nev annuì, prima di legarsi i crini scarlatti in una crocchia abbastanza alta. Dunque aprii il libro sulla quinta unità, quella con cui eravamo arrivati con la prof, e attesi impaziente l'arrivo dell'uomo tanto atteso.

« Buongiorno ragazzi, io sono Ashton Irwin, il vostro supplente fino alla fine dell'anno»

Sentii giungermi alle orecchie una voce calda e autoritaria; nella classe si levarono all'istante sospiri e risatine sommesse. Alzai il capo di scatto, fissando sconvolta il ragazzo con cui avevo parlato prima.
Era un professore? oddio.
Mi portai le mani al viso, distogliendo subito lo sguardo, cercando di non farmi notare.
Nev, insieme alle altre, non resistette a fissare con brama Ashton, ed io volevo sotterrarmi.
Con la coda dell'occhio lo vidi appoggiare la borsa nera sulla cattedra e, dopo aver infilato un paio di occhiali da vista, si posizionò davanti al grande tavolo d'acero, scrutandoci attentamente.

« Oggi ritengo sia opportuno fare le presentazioni, nei giorni a seguire andremo avanti con il programma che mi ha gentilmente consegnato la vostra prof » Sfilò anche la giacca di pelle a afferrò il registro.

Mi guardai intorno, constatando che i ragazzi erano, come ogni singolo giorno a questa parte, negli ultimi banchi a giocare a 'Clash Of Clans', l'ultima moda del momento.

«Carter? »

« Presente »
..

Mentre attendevo che pronunciasse il mio cognome, per poter alzare dunque la mano e dire che ero presente, presi 'la freccia nera' dalla borsa, e continuai a leggere il libro dal punto in cui ero arrivata.

« Helsin? »

« E' assente, professore »

Inorridii alla voce smielata di Daisy, sperando che questa lezione finisse al più presto.

« Hemm..»

« Sei nuovo? » la voce roca e strascicata.
 
Nell'aria si alzarono nuovamente altri sospiri sommessi. Rilasciai un leggero sbuffo e, dopo aver accuratamente posizionato il segnalibro a pagina novanta, mi accinsi ad alzare lo sguardo.
Sulla soglia dell'aula, comodamente poggiato allo stipite della porta, si stagliava la figura slanciata di un ragazzo dai capelli del color del grano e dalle iridi che parevano il solfato di rame.
Schiusi le labbra, soffermandomi per qualche secondo ad osservare quello che doveva essere il ragazzo di mia sorella.

« Sì, - controllò l'elenco- Lucas, che ne diresti di accomodarti fuori dalla classe?» Ashton sfoggiò un piccolo ghigno e non potei fare a meno di notare il sorriso beffardo sul volto del biondo.

« Suvvia novellino, sai benissimo che preferirei sbattermi un qualsiasi ragazza qui fuori. Saresti così gentile da concedermi questo favore? »

Fissai i due inorridita, nascondendomi dietro uno dei libri che avevo sul banco.
Lucas Hemmings, o come si chiamava, non aveva un briciolo di rispetto per la figura autorevole dinnanzi a lui.

« Perché no? Hai l'occasione. O forse non ti ritengono abbastanza sbattibile? » lo provocò.

Boccheggiai, delusa dal linguaggio scurrile e maleducato con cui aveva risposto il professor Irwin; lo credevo un uomo più maturo.
E poi, come poteva, il mio migliore amico, conoscere un ragazzo così maleducato?
Preferii pensare ad altro e voltai lo sguardo verso le grandi vetrate della stanza. Dell'esterno riuscivo ad intravedere solamente i pochi alberi fiorati del cortile.
Tuttavia, non passarono più di venti secondi che sentii stridere la sedia al mio fianco.

« Allora.. -Ashton prese parola, fissando divertito la mia direzione- Lucas, vuoi raccontarci qualcosa? »
E solo ora realizzai che a pochi centimetri di distanza avevo l'amico di Calum.
Mi strinsi nel pesante maglione e mangiucchiai distrattamente il tappo della penna; gli occhi di tutta la classe convertivano verso di me, alcune ragazze mi stavano perfino fulminando con lo sguardo.

« Beh, non saprei, quest'aula fa schifo. Giallo canarino morto » Brontolò, il biondo, sporgendosi sul banco.

Voltai timidamente il capo nella sua direzione e mi soffermai ad osservare i suoi zigomi marcati, la sua lieve scia di barbetta incolta, e le sue ciglia dorate. Portai le mani al viso, strofinandomi gli occhi, e mi abbassai nuovamente quando Ashton si avviò nella nostra direzione, spronando il mio vicino di banco a continuare la sua 'esposizione'.

« E questo college sembra, non so, un puttanaio »

Lessi il disappunto nei suoi occhi e, questa volta, non potei fare a meno di intervenire.
Sin da piccola Josephine mi aveva insegnato l'educazione e il buon comportamento; evidentemente, costoro, ne erano privi di insegnamento.

« Ritengo poco educato esprimersi in questi termini » Bofonchiai.

Purtroppo, l'occhiataccia raggelante che ricevetti da Hemmings, e gli sguardi allibiti di tutti gli studenti, mi fecero chiaramente capire che avrei fatto meglio a tenere la bocca chiusa.
Volevo essere risucchiata da una voragine, sarebbe stato meglio.
Il biondo mi squadrò con evidente disprezzo e

« Ritengo poco blabla impicciarsi nelle conversazioni altrui » mi beffeggiò.

Anche se cercai di non darlo a vedere, rimasi piuttosto delusa dalla cattiveria con cui mi si rivolse.
Strinsi gli occhi e fissai con astio il ragazzo. Ero pronta a ribattere poiché non tolleravo che i maschi come lui si sentissero così superiori, quando, per la stragrande maggioranza delle volte, avevamo una nocciolina al posto del cervello. Avevo subito le angherie di Sheilene e di Karol per troppi anni, forse era il caso che smettessi di farmi trattare come una nullità.

« Cerc.. » Schiusi le labbra, cercando di completante la frase.

« Smettetela ragazzi! Lei, signorina.. »

« Watson » Chiarii all'istante, scrutando confusa Ashton Irwin.
In fin dei conti sapeva il mio nome, non riuscivo a capire perché si comportasse così.

Quello mi rivolse un sorriso smagliante, lasciandomi piuttosto perplessa.

« Eloise..» sussurrò, molto piano, in modo che potessi sentirlo solamente io.

Mi sentii avvampare e mi affrettai all'istante ad alzare la mano, mentre il ragazzo biondo continuava a fissarmi con disprezzo.

« Posso andare al bagno? »
Pregai.




BUONASERA :)

Ciao a tutti cari lettori, io sono Sam. Ho iniziato questa ff da poco e sono piacevolmente sorpresa di aver ottenuto quasi 100 visualizzazioni.
In questo capitolo si inizia a delineare bene la storia, spero davvero che vi piaccia e che non vi abbia deluso.
Non saprei che altro dire se non che mi sento realizzata perchè ho finalmente imparato ad utilizzare l' html.
Se preferite la ff è visibile anche su wattpad, e penso sia più comodo.
Seguitemi se volete: respirienuvole.

Baci :*


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Capitolo 3
*** Three- Friend ***


tre


                                                  Friends?



« Per la prima volta iniziò a comprendere il gioco disperato che noi giochiamo nella vita, per la prima volta comprese come una cosa una volta fatta non può più essere cambiata o riparata da nessuna ammenda »



kj


---


Richiusi il libro che stavo leggendo da ormai tre giorni e cercai di metabolizzare appieno le parole del romanzo. Ormai, ero talmente immersa nella fitta vegetazione della foresta che avevo persino dimenticato che anche questa storia era finita.

Alzai lo sguardo, guardandomi intorno completamente spaesata; non era raro, di fatti, che leggendo perdessi la concezione della realtà. Il sole splendeva nel cielo, la giornata era davvero bellissima, e quasi mi pentii di non averla contemplata abbastanza. Portai lo sguardo verso il campo, chiedendomi quanto ancora sarebbero durati gli allenamenti di Calum. Era solito, infatti, che assistessi alle preparazioni sportive del mio migliore amico; anche se, piuttosto che seguire un pallone tutto il tempo, preferivo dedicarmi ad una buona lettura. Infondo a Calum non dispiaceva. Alzai leggermente la manica del dolcevita scoprendo l'orologio; mancava esattamente un quarto d'ora più il tempo necessario per fare una doccia. Dunque, stando ai miei calcoli, prima delle sette emmezza non avremmo cenato.

« Su su ragazzi, smettetela di fare i rammolliti! Kevaan, cinquanta giri del campo, subito! »

Quasi balzai all'indietro, sentendo la voce acuta dell'allenatore. Susseguì alle critiche lo stridulo suono del fischietto e non potei non tapparmi le orecchie, sconvolta.

Dopo aver guardato con tutta la compassione possibile Calum -che stava pezzando abbondantemente- mi guardai intorno incuriosita, volendo sapere chi altro seguisse gli allenamenti dalle tribune. - E, per pura curiosità, chi altro avesse perso l'udito come me-.

« Branco di rammolliti, muovete il culo! »

Se non inorridii alle parole colorite fu perché venni distratta da ben altro.

In alto, sulla destra, intravidi una chioma bionda piuttosto famigliare. Alla luce del sole i suoi crini risaltavano ancora di più e non potei negare che sembrava addirittura un angelo, malgrado il carattere. Fissava anche lui il campo da calcio; la mano sotto il mento e la schiena leggermente incurvata in avanti.

Scrutai a lungo Hemmings, non riuscendo a distogliere lo sguardo. Non riuscivo proprio a capire cosa ci trovasse Calum in lui, era così scorbutico e maleducato!

Nonostante tutto, però, non riuscii a non perdermici in quei pozzi oceanici; benché ne vedessi solo un lato mi sembrava di sprofondarci all'interno. Sembravano così intensi ma, allo stesso tempo, quasi vuoti, spenti. E Lucas aveva quasi l'aria di un ragazzo perso, quasi triste.

« Cos'hai tu da guardare? »

Spalancai gli occhi di scatto, realizzando di esser stata colta in flagrante. Ero così concentrata a scrutare le sfaccettature del biondo che avevo persino dimenticato di non star guardando una foto, ma bensì un ragazzo in carne ed ossa. Mi trattenni dal sobbalzare e, puntando finalmente le iridi nelle sue, decisi di non far scena muta. -cosa che, purtroppo, facevo abitualmente.-

« Non stavo guardando te » precisai, cercando di utilizzare il suo stesso tono da superiore.

Ultimamente mentivo troppo spesso ma di certo non avrei potuto dirgli che mi ero ipnotizzata dinnanzi ai suoi occhi.

A quel punto si voltò direttamente verso di me e, dopo avermi squadrato a sufficienza -cosa che mi diede non poco fastidio- alzò gli occhi al cielo, proruppendo in una fragorosa risata.

« E chi, di grazia? gli uccellini immaginari che svolazzano nel cielo? » mi schernì, bruciandomi.

Rimasi piuttosto scossa dall'effetto che ebbe su di me: nonostante fossimo ad almeno cinque metri di distanza riuscivo a sentire la sua freddezza sigillarmi le ossa.

« S- sì c cioè no.. non credo sia affar tuo ciò che faccio. Infondo dovresti capire che non sei al centro dell'attenzione di chiunque. Se guardavo verso di te non è perché ti consideri la luce divina piuttosto perché qui c'è troppo sole e lì l'ombra. Insomma mi piace osservare le nuvole, ok? » Mormorai, alzando leggermente la voce per farmi sentire.

Molto probabilmente, a causa dell'agitazione, di tutto quello che avevo detto non c'era una sola parola che avesse senso. Io stessa non riuscivo a capacitarmi di come avessi messo in piedi una simile frase.

« Oddio, che sfigata. Si mette persino a balbettare. Suvvia Watson, non esser ridicola, tu mi stavi guardando. Non crederai mica che non ti abbia visto, spero »

« I-Io.. v-vedi.. che ci fai qui? non ti ho mai visto agli allenamenti del migliore amico! »

Quando mi mettevano in difficoltà mi veniva spesso spontaneo cambiare argomento; era l'unico modo, davvero. Non avrei mai ammesso che quei pochi minuti prima mi ero incantata ad osservarlo. E, infondo, quella che avevo fatto era una domanda che avevo in testa da un po' di tempo. Hemmings non era mai venuto al campo e non mi sembrava più un caso il fatto che giù c'era anche Calum.

Se lo avesse chiamato lui? Dovevo parlare al più presto con il migliore amico.

« Il tuo migliore amico, mh? -sentii un tonfo e quasi mi venne un infarto quando saltò giù dallo spalto posizionandosi davanti a me- E, sentiamo, che diresti se ti dicessi che lo conosco da molto più tempo di te? »

Era così dannatamente alto! Mi strinsi nelle spalle, mangiucchiandomi distrattamente l'unghia della mano.

« S-siediti -balbettai, intimorita- C-comunque è impossibile! » Affermai, con sicurezza sull'ultima frase.

« Mh, dici? Sì, può darsi che tu abbia avuto qualche giorno di vantaggio. -rifletté, con un dito sotto il mento- Te l'abbono. Comunque ammettilo »

Poggiò un piede sul seggiolino rosso al mio fianco e si avvicinò talmente tanto alla sottoscritta che dovetti poggiargli le mani sul petto per scansarlo. Era troppo sicuro di se, era troppo possente, era troppo biondo, era tipo troppo tutto.

Mi intimoriva parecchio e il fatto che quegli occhi così azzurri mi abbagliavano non aiutava per niente.

« A-mmettere cosa? » indagai, torturandomi le dita e successivamente una ciocca color miele sfilatasi dalla coda.

« Che mi stavi fissando » Disse, con ovvietà.

Mi alzai in piedi anch'io, non sopportando di esser paragonata ad una formica e, nel profondo, sperai di non esserlo anche da in piedi; consapevole che la mia speranza era vana.

« Io non lo stavo facendo. E, anche se fosse, non vedo la necessità di tale curiosità! » Sbottai.

Hemmings rise di gusto e mi afferrò per spalla, stringendola. Mi stava facendo male, aveva una presa sin troppo salda; cercai di scrollarlo ma questi mi spinse verso il basso, obbligandomi a sedermi nuovamente dopo aver fatto lo stesso a sua volta.

« Che caratterino pulce, come mai questa cattiveria improvvisa? Credi forse che mi importi qualcosa di te? Suvvia, ero solo curioso di sapere che tipo di ragazza era la Watson di cui tutti parlavano. E poi, non prenderla sul personale, ma quel ratto della preside mi ha obbligato a partecipare ad un corso per la mia lingua biforcuta - riprese aria e mi chiesi come diavolo facesse a parlare così velocemente e senza incepparsi.- dunque, mi dispiace pulce ma avrai l'onore di sopportare il ragazzo più bello della scuola per molto tempo.»

« Ma i.. »

« Ah, dimenticavo, salutami Cal e digli che non ho avuto modo di salutarlo dopo gli allenamenti perché avevo un impegno piuttosto urgente -un'occhiolino ad accompagnare la sua ultima frase- comunque per farmi perdonare alle nove è invitato al quarto piano nella stanza del sottoscritto »

Si alzò di scatto e, dopo avermi trattato più o meno come una segretaria, o prendi appuntamenti, o passa parola, corse giù dalle scalette degli spalti.

« Aspetta, parteciperai ai corsi di recitazione? » Quasi urlai, nella speranza di farmi sentire; ero totalmente sconvolta.

---


Dopo aver finito di cenare decisi di salire in dormitorio per riordinare l'armadio e i pochi libri che avevo lasciato sparpagliati per la stanza. Mi angosciava il disordine e avere una compagna di stanza che lasciava montagne di vestiti sul letto non era proprio il massimo. Solitamente sistemavo anche le sue cose sebbene non mi sembrasse tanto corretto nei miei confronti, ma Josephine aveva ragione, ' il Caos esteriore dimostrava insicurezza e scompiglio mentale ' e io dovevo sempre dare il massimo, dimostrando serietà e assestamento. -anche al posto della mia coinquilina.

Arrivata davanti alla stanza 56 infilai la chiave nella toppa e aprii la maniglia; lo spettacolo che mi si parò davanti era raccapricciante ma mi ripromisi di mantenere la calma. Mossi qualche passo verso l'interno e mi richiusi lentamente la porta alle spalle. Pigiai l'interruttore alla mia destra e il lampadario si accese di colpo, illuminando tutta la stanza. Mi parai le mani davanti al viso, sconvolta, i cassetti erano addirittura aperti e tutti i vestiti stropicciati fuoriuscivano da essi, strabordando sul pavimento;

quasi non cacciai un urlo quando si aprì di scatto la porta del bagno.

« Mutande verdi, mutande verdi.. Dove cazzo sono?! - Shelly mi passò davanti tutta trafelata, imprecando e inveendo alla ricerca del suo intimo che aveva lasciato chissà dove- Oh, ciao Eloise » Si fermò di scatto, rivolgendomi un sorriso raggiante.

Accennai un lieve saluto col capo e lentamente mi sfilai la tracolla dalla spalla.

« Com'è andata la giornata? » Mi chiese, continuando a frugare nei mobili.

« Credo che tu abbia portato le tue mutande verdi in lavanderia, l'altro ieri -lo ricordavo bene, visto che aveva insistito a lungo perché l'accompagnassi, anche se non ero ancora riuscita bene a capire il motivo per cui volesse la mia compagnia- Comunque normale, tu? »

Dopo la partenza di mio fratello e l'inizio delle scuole medie io e Sheilene Mavor ci eravamo separate parecchio, perdendo totalmente ogni contatto. A differenza mia, lei agognava essere qualcuno, voleva che il suo nome fosse sulle bocche di tutti e, spesso, per far in modo che ciò accadesse, si abbassava a prese in giro e critiche nei confronti degli altri.

Non aveva più alcuno scrupolo e scherniva chiunque le passasse accanto. Avevo cercato di farla ragionare più di una volta ma quando ero diventata io, la vittima dei suoi scherzi, mi ero arresa. Non le avevo più badato e visto che non rispondevo alle sue provocazioni o ai suoi tentativi di riparare il legame ormai sgretolato, eravamo diventate a quanto più simile a due estranee.

-Poi il fato volle che capitassimo nella stessa stanza al quarto anno di college.

« Io bene, a parte che in sta merda non trovo nulla! -sbottò, avrei voluto ribattere, facendole notare che non era per una ragazza per bene esprimersi in certi termini e, che, dopotutto, quel casino non era altro che il risultato della sua nullafacenza- Comunque questa te la devo raccontare -rise, passandosi una mano sulla fronte- il mio migliore amico è davvero un'idiota » Affermò, buttandosi di peso sul letto completamente sfatto.

Feci una smorfia di disappunto, constatando che anche la sua igiene lasciava molto a desiderare. In secondo luogo, poi, mi chiesi perché tentasse continuamente di intavolare una conversazione. Non avevo alcun interesse per il suo migliore amico e tantomeno m'importava della sua vita privata. Non poteva credere che sorridendomi costantemente avrei dimenticato la volta in cui mi aveva rovesciato una bottiglietta di acqua in testa, giusto per farsi notare dalle sue 'amiche'; non bastava essere compagne di stanza per dimenticare il male che mi aveva fatto. E non parlavo di sgambetti in mensa ma di avermi lasciata sola, senza una sorella. Più vulnerabile che mai.

« Dai El, mi ricordi tanto mia madre - ma vista la mia occhiata, non molto amichevole, cercò di rimediare- non fraintendermi, tu sei una bellissima ragazza, nonostante tutto,e lei una vecchia di cinquant'anni, intendevo per il caratterino autoritario » Trattenne un risolino ma subito dopo si fece più seria.

Le stavo dedicando davvero molto tempo, considerando che dovevo anche andare al bagno per lavarmi i denti. Per quanto cercassi di fare la dura, di farle capire che doveva far ben altro per riguadagnarsi il mio rispetto, non ci riuscii e accennai un lieve sorriso. Non riuscivo a portare rancore, era più forte di me.

« Ma se un rospo è più bello di me -piagnucolai, anche se in realtà mi importava ben poco. Nella vita la bellezza era sin troppo sottovalutata- Nonostante tutto? -Chiesi poi, alzando un sopracciglio- cosa stai insinuando esattamente? »

« Vuoi la verità? -Mi guardò di sottecchi, fissandomi intensamente. Annuii, accomodandomi sul letto- Ecco, in primis, ti trascuri troppo, non ti trucchi mai, non curi la tua figura. - Alzai una mano per ribattere ma non ne ebbi il tempo poiché continuò immediatamente con il suo sproloquio- In secondo luogo ti isoli dal mondo, rimanendo con la testa chissà dove. Sei al college, certo, devi studiare, ma è necessario che trovi uno svago, e i libri, per quanto possano sembrarti una fuga dalla realtà, non sono la cosa giusta. Devi svagarti, divertirti, non pensare a nulla. E non devi fare ciò che non vuoi, ti conosco bene -storsi il naso- tu devi ribellarti a quella donna, mi dicevi sempre che volevi essere una ragazza libera, puoi esserlo Eloise, basta volerlo! » Finì, facendo gesti strani con le mani.

Mi sedetti sul letto al suo fianco e soppesai parecchio alle sue parole.

« Ma io sono libera » Ribattei, passandomi una mano tra i capelli.

Shelly mi rivolse all'istante un'espressione di rimprovero.

« Una ragazza libera non si farebbe problemi ad indossare qualcosa che non sia un maglione di lana. Non si sentirebbe in colpa a parlare con un ragazzo. Non continuerebbe a pensare il giudizio altrui e, sopratutto, non chiamerebbe la propria madre sei volte al giorno » Elencò, alzando sequenzialmente quattro dita della mano.

Boccheggiai, non sapendo esattamente cosa dire. « C-cosa dovrei fare allora?» Le domandai. Ero solamente curiosa di sapere il suo punto di vista, non sarei cambiata, per nulla al mondo.

« Dovresti lasciarti andare, semplice » Disse, scoccando la lingua sul palato.

« Non è semplice, per niente » Affermai.

« Lo è, basta solo che tu inizi per una buona volta a credere in te stessa. E questa volta sarò presente, non me ne andrò una seconda volta, sono stata una cogliona El »

Sospirai, cercando di capire se le sue non fossero solamente bugie. Infondo, a volte era più semplice mentire che dire la verità.

« Comunque, cambiamo argomento -Sorrise, non lasciandomi un millisecondo per riflettere- ti devo fare conoscere un ragazzo, il mio migliore amico per l'esattezza » Si complimentò da sola, battendosi le mani.

Risi leggermente e « Q-quello che avevi insultato prima? Perché?» Mi accertai, facendo sfregare tra di loro le ginocchia.

« Uhm, l'idiota? Sì, decisamente lui. Perché secondo il mio modesto parere siete perfetti l'uno per l'altra » - Gioì mentre la guardavo piuttosto perplessa-

« ..comunque oggi si sarebbe davvero meritato una medaglia, tipo che la preside lo aveva chiamato per rammentargli il suo scarso impegno - Attesi che finisse di parlarmi del ragazzo di cui non provavo il ben che minimo interesse, giocando con il braccialettino che portavo al polso, un regalo di una persona speciale- e lui sai che ha fatto? Ha dato della buffona alla preside -Sheilene proruppe in una risata catartica, piegandosi in due. Non potevo negare di star ridendo sotto i baffi, non era da tutti quella sfacciataggine- ovviamente quella vecchia si è imbufalita e l'ha obbligato a partecipare a due corsi curricolari e, non solo, dovrà pulire i corridoi per due settimane. Vedi, è perfetto per te, stareste benissimo insieme. Dopotutto gli opposti si attraggono»

« Ma io.. no, non ..perché dovrei conoscere un ragazzo che in comune con me non ha nemmeno un'amica? » Il suo discorso era privo di filo logico. Ma la cosa più importante era che, forse, con l'ultima frase, ero stata troppo dura.

« .. So benissimo che non hai mai avuto alcun ragazzo e so anche bene la lista del mio migliore amico, ma fidati, almeno una volta, non farò niente se tu non vorrai. Solo, permettimi di farvi conoscere » Pregò, guardandomi con i suoi occhioni verde smeraldo.

« Ascolta, io.. non lo so, però, una cosa, perché lo fai? » Domandai, sinceramente.

« Perché vi voglio bene e non voglio perdervi ancora. Lui ha bisogno di una come te, non può continuare così. E anche tu, Eloise, hai bisogno di qualcuno che ti butti fuori dagli schemi, che ti faccia smettere, almeno per una volta, di donarti alla tua razionalità! »

Forse qualcosa in comune lo avevamo: Shelly.

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Capitolo 5
*** Four- Mistake ***



                                                              MISTAKE




« Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere cosi come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un opera di teatro, che non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l'opera finisca senza applausi »


rf

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-Nella vita ci sono momenti in cui si
cade nell'oblio e non si sa esattamente come andare avanti-

Le parole di Shelly mi avevano dato tanto su cui riflettere, tutto ciò che mi aveva detto mi aveva toccato al punto di perdermi in un labirinto senza fine. Non sapevo più chi ero, chi volevo essere. Perché studiavo venti pagine di filosofia se la verifica sarebbe stata tra due settimane? E la risposta stranamente c'era, mia madre. Forse, come aveva detto Sheilene, stavo diventando sempre più simile a Josephine senza rendermene conto. Lei mi diceva sempre cosa fare, come reagire, non mi aveva mai dato l'idea che potevo ragionare di testa mia; ero sempre stata dipendente da lei al punto di non saper più andare avanti senza le sue raccomandazioni e i suoi precetti.
Il problema era che la vita mi passava davanti senza che me ne rendessi conto, e il tempo non era illimitato. Io non stavo vivendo la vita che volevo. Non era il mio sogno diventare un avvocato, un medico o una stupida casalinga che badava ai propri pargoletti. Io sognavo di recitare e non era giusto che tutto ciò rimanesse sepolto in un cassetto per colpa della mia omertà.
Il mio essere ingenua mi aveva rovinato, mi aveva tolto le possibilità che avevo di essere felice, -ma infondo, potevo ancora esserlo.
Con Calum non avevo ancora parlato del discorso che mi aveva fatto Shelly, volevo prendermi del tempo per capirlo io stessa, quel discorso. Lui doveva ancora spiegarmi di Luke, quel ragazzo non mi piaceva per nulla e avevo la netta sensazione che stesse tentando di rubarmi il mio migliore amico. O probabilmente si trattava di una di quelle tante paranoie che avevo in quest'ultimo periodo.
Poco più di sette ore passate avevo volutamente lasciato il mio cellulare sul comodino: non volevo assolutamente parlare con mia madre.

« Ehi, ciao, scusami se ti disturbo, potresti prestarmi i tuoi appunti di geografia? »

Sorrisi cordiale e sfilai dalla tracolla quanto la ragazza mi aveva chiesto. Mi piaceva molto esser disponibile per gli altri, purché questi non approfittassero della mia magnanimità.

« Te li porterò venerdì, grazie mille Eloise » Fece un cenno col capo e dopo un caloroso sorriso, corse fuori dalla biblioteca.

~~~

Era stata una buona cosa che quest'oggi mancasse il professore di Arte, non ero molto incline all'utilizzo di compasso e squadre; inoltre, vista la disponibilità di tempo, ero riuscita a portarmi avanti con qualche lettura.

« Signorina Watson, la stavo cercando! » Sentii una voce decisa e vellutata giungermi alle orecchie.

« Salve professor Irwin -affermai, piuttosto sorpresa, dopo esser uscita dal regno dei libri- di cosa ha bisogno? » Domandai, facendo qualche passo nella sua direzione.

« Volevo chiederti alcune cose riguardo il programma della tua classe. Appena puoi vieni pure nel mio ufficio che parliamo » Disse, congedandosi.

Annuii timidamente, chiedendomi perché mai quell'uomo avesse bisogno del mio aiuto. Infondo poteva chiedere tutto alla preside o alla stessa professoressa Morris. Ad ogni modo, coloro che avevano avuto l'ora di buco come me, erano andati sicuramente nelle loro stanze o nel giardino interno a prendere un po d'aria; ero l'unica studentessa nel corridoio, considerando che gran parte degli studenti erano in classe a far lezione.
Non mi restava molto altro da fare che seguire il professore di Inglese.
Bussai lentamente alla porta d'acero e fissai insistentemente le ballerine, un po' vecchiotte, che avevo indossato questa mattina. Improvvisamente iniziavo a provare interesse per quelle calzature.

« Avanti » Sentii.

Aprii cautamente la porta, richiudendomela alle spalle. Il professore, dai fini riccioli cioccolato, stava sistemando alcune scartoffie sul tavolo così mi concessi qualche secondo per scrutare il piccolo locale in cui eravamo. Vi erano alcune fotografie sulla scrivania, un calendario, e qualche post it per la stanza. Al centro vi era una sorta di cattedra e, davanti a questa, un sedia di velluto. L'ambiente era perlopiù in penombra difatti il lampadario, rigorosamente color panna -come tutti gli altri della scuola- spiccava al centro del soffitto.

« Sono i suoi figli? » Chiesi, con discrezione, indicando una cornice sul tavolo. Essa raffigurava due bambini, dai riccioli molto simili a quelli di Irwin, di circa qualche annetto, che sorridevano all'obiettivo.

Sorrisi a mia volta, immaginandomi che tipo di padre sarebbe potuto essere il professore. -sicuramente la moglie era molto fortunata-

« Eloise, così mi offendi. -Si ridestò, facendo una risatina-.

Mi strinsi nelle spalle, maledicendo la mia innata curiosità; non sarebbe stato un male se avessi tenuto la bocca chiusa.

« Comunque, signorina Watson, quelli raffigurati sono i miei fratelli. Si sieda pure » Esordì, cordiale.

« Scusi la mia indiscrezione » Sussurrai, accomodandomi velocemente sulla sedia.

Dovevo calmarmi ed evitare di sfociare in qualche inconveniente.

« Non ti preoccupare-sorrise, aprendo poi un cassetto sotto la cattedra.- questo è il programma consegnatomi dalla signora Morris. »
Annuii, afferrando il plico di fogli che mi porse.

Lessi rapidamente e in maniera abbastanza concisa quanto c'era scritto.
Era tutto abbastanza preciso e catalogato. Gli argomenti fatti erano tutti scritti e non c'era assolutamente nulla fuori posto.

« Professore, è corretto così » -puntualizzai, accennando un breve sorriso- se per lei va bene ora vado a lezione » Mi alzai e vi avviai rapidamente verso la porta.

« Aspetta » Affermò, non appena afferrai la maniglia.
Non mi sentivo molto a mio agio qui dentro, il professore aveva un profumo talmente buono che necessitavo di prender aria al più presto.

Mi voltai titubante, congiungendo le braccia al petto « Sì? »

« Eloise, se hai bisogno di parlare non esitare a chiedere. Ci sono se hai bisogno » Proferì, ricordandomi il nostro primo incontro.

Annuii e, dopo aver fatto un lieve sorriso, potei nuovamente respirare l'odore di pulito nei corridoi.

~~~

Come di consueto mi accaparrai i primi posti davanti. A lezione di biologia eravamo circa un centinaio di alunni, dei quali ne conoscevo al massimo cinque. Il professore non era ancora arrivato ma buona parte degli studenti era già entrata in aula. Stavo sfogliando il quaderno degli appunti, quando in lontananza intravidi una chioma corvina farsi spazio tra la folla.

« Calum! » Urlai.

Si voltarono tutti nella mia direzione, eccetto il ragazzo in questione. Non potevo continuamente alzare il tono di voce per guadagnarmi occhiatacce, così iniziai a mangiucchiarmi distrattamente l'unghia della mano destra, piuttosto frustrata. Possibile che Cal fosse così sordo? Piagnucolai silenziosamente.

« Ellyyy » Alzai subito il capo, solo una persona poteva chiamarmi con quel nomignolo infantile.

Sorrisi, contenta che il mio migliore amico mi avesse trovato, e gli allacciai le braccia al collo « Orsettoo! » Risi, scompigliandoli, per quanto mi fosse possibile -vista l'altezza- i capelli.

Calum fece all'istante un grugnito al che iniziai a ridere.

« Maledetta» Borbottò.

Senza ascoltarlo lo afferrai per la mano e lo tirai verso il basso, obbligandolo a sedersi.

« Aspetta, c'è anche il mio amico.. » Sussurrò, guardandosi intorno.

Conoscevo Calum molto bene da sapere che non aveva molti amici, quindi incrociai le dita, pregando in silenzio che non parlasse proprio di L..

« Luke -Affermò, sorridente- eccoti, ti stavamo aspettando! »
Quando si parla del diavolo..

Accennai un sorriso tirato, chiedendomi perché mai il ragazzo avesse parlato al plurale. -La mia era semplice e calcolata sfortuna, niente di più. Mi convinsi.

« G-già Calum ti stava cercando » Aggiunsi, girando il capo.

« Bella Hood -gli tirò il cinque-, vieni in fondo. Qui davanti ci stanno solo gli sfigati, almeno dietro non ci nota nessuno » il biondo si sistemò meglio lo zaino sulla spalla e, ignorandomi platealmente, si rivolse al corvino con un sorriso amichevole.

Davvero molto simpatico, amico.

« uhm, ehm.. -vidi Calum in difficoltà- El vieni con noi?» Mi domandò, sempre con quel dolcissimo sorriso stampato in volto.

Incrociai le braccia al petto, leggermente irritata.

« No, come ha detto il tuo presunto nuovo 'amico' -mimai con le virgolette- gli sfigati stanno qui davanti. Non vedo la necessità di venire dietro e perdermi importati nozioni sulla biologia moderna. Se tu vuoi andare, vai con questo.. scorbutico, io resto qui » Sbottai, lanciandogli una sorta di ultimatum.

Forse avevo esagerato ma non potevo farci davvero nulla, quel ragazzo non poteva pretendere di infilarsi nella nostra vita e stravolgerla.

« Ma.. El -lo vidi parecchio confuso, che spostava il capo da me al biondino- perché? » Supplicò.

« Cal, vedi, a me questa giraffa che ti sta affianco -indicai Luke, guardandolo con lieve astio- non sta per niente simpatica. E ti dico di più, ma non ora. » Voltai le spalle ad entrambi sperando in cuor mio che Calum stesse vicino a me.

« Caspita, ora sono offeso, mi hai dello scorbutico e della giraffa! Quale affronto! » Si burlò di me, portandosi teatralmente una mano al petto.

« Su ragazzi smettetela.. Parliamone » Cal tentò invano di ammonirci.

«Dimenticavo: maleducato, irritante, arrogante, presuntuoso» Tirava fuori il peggio di me. Non mi ero mai rivolta a nessuno con così tanta sfacciataggine.

« A me hanno sempre detto che sono divino -rise sommessamente, squadrando il mio abbigliamento con evidente disprezzo- ma anche bellissimo va bene »

« Dimenticavo: tremendamente narcisista ed egocentrico- puntualizzai- io.. Io..smettila.. o chiamo la preside! »

« Che paura, la bambina è stata aggredita dal mostro cattivo e ora va a piangere. Dai pulce, sei ridicola.. vero Cal? »

Quella frase non mi era assolutamente nuova, mi era già stata detta da qualcuno.. ma quando?

Tuttavia, in procinto di rispondere a Luke, mi accorsi che Calum non era più tra noi. Tutti si erano seduti, il professore era entrato in classe, e noi due eravamo in piedi ad urlarci contro.
Mai, mai nella mia vita mi ero trovata in una situazione simile. La diligente figlia modello cacciata fuori dalla classe.

« Signori, voi sareste? »

« Watson » « Hemmings»

« Andare pure a battibeccare fuori da questa classe! Ora, se ci voleste scusare, noi avremmo intenzione di fare lezione »

« Ti ringrazio Prof, si prospettava già una noiosissima lezione con un vecchietto come te» Affermò Luke, piuttosto contento. Ma bravo, rincara la dose.

« S-scusi » Sussurrai, ma tanto non mi sentì nessuno.

Abbassai il capo, sconvolta. Mi girò la testa per alcuni istanti, tanto che dovetti portarmi le mani alle tempie per massaggiarle.
Cosa avrei detto a Josephine? Come avrei potuto riguadagnare la reputazione che mi ero a lungo custodita? Semplice, non potevo, ed era tutta colpa di Hemmings.

"Ma sei contento, eh? Era questo ciò che ambivi, farti mandare fuori dalla classe con tanto di comportamento maleducato e menefreghista? Beh, sai, potevi metterti da solo con le spalle al muro, a guardare un soffitto che incute sofferenza per il resto dell'ora. Forse volevi anche essere ricordato come colui che uscì dall'aula con orgoglio?
Beh, sai che ti dico? Ti detesto. Da quando sei sbucato tu 'il fidanzatino di mia sorella' nella mia vita va tutto a rotoli, prima che tenti di giocare all'amico ritrovato e poi che ti rivolgi a me, come se avessimo conoscenza, con tono sgarbato e superiore! "

Non dissi nulla di tutto ciò, non ne ebbi assolutamente il coraggio.

« È da bambini tale atteggiamento, ripartiamo col piede giusto, ok? Dopotutto a quanto ho capito abbiamo un migliore amico in comune e, suppongo, anche una ragazza in comune, mia sorella Karol.» Sussurrai, invece, avvicinando la mia mano come gesto di cortesia.

« Mi hai rotto il cazzo, Watson! » Sputò. Fissò la mia mano con evidente disgusto infilandosi le sue nelle tasche degli skinny.

Rimasi piuttosto sorpresa dalla sua reazione, non capii cosa avessi detto di così sconvolgente da farmi verbalmente aggredire in tal modo.
Ci rimasi male soprattutto per il suo linguaggio scurrile e per niente educato. E poi, io volevo solamente cercare una tregua, doveva adeguarsi perché non gli avrei mai permesso di portarmi via Calum.

« No-no, beh, non posso avertelo rotto, e e' li'..» Balbettai, imbarazzata.
Con mia sorpresa si appoggiò al muro e incominciò a ridere di gusto.

«Era un modo di dire, pulce.» si passò una mano tra i capelli, guardandomi con esasperazione.

« Oh..io.- Decisi di non continuare la frase, non sapevo nemmeno cosa dire e le mie guance avevano assunto un colorito tendente al bordeaux, volevo sparire.

« Sai, sei noiosa, non so come faccia Calum a sopportarti » Borbottò dopo un pò.

Tirai leggermente su le maniche del maglione e mi ripromisi di mantenere la calma e il controllo.

« Tu sei scorbutico, quindi mi chiedo lo stesso » Ribattei, non lasciandomi intimorire.

In sintesi, avevo completamente perso l'iniziativa di trovare compromessi. Per colpa della mia timidezza stavo facendo una figura piuttosto ridicola che non mi stava provocando altro che guai. Forse dovevo star lontana dal biondino. Ma avevo davvero tante domande che non potevo semplicemente lasciar correre.
Stavo male per ciò che era successo in aula e non sapevo proprio come fare ad uscirne; era il minimo capire perché il biondo fosse così maleducato e astioso nei miei confronti. Gli avevo fatto forse qualcosa di male?
Hemmings, comunque, non mi rispose più e trascorsi gli ultimi istanti di 'punizione' a leggermi l'ultimo libro che di lì a poco avrei riconsegnato alla biblioteca.
Non appena suonò la campanella mi alzai di scatto dal pavimento e mi apprestai ad andare, ma venni trattenuta per il polso.

« Che c'è? » Gli chiesi, abbastanza confusa.
Mi stava mandando sulla brutta strada, dovevo mettere quanta più distanza possibile fra noi due.

« Ricorda di avvisare la mammina che hai preso una nota, chissà quando verrà a sapere di come la sua figlioletta modello ha disturbato la lezione. Magari, la preside la sta giusto chiamando in questo momento » Affermò, fissandomi divertito.

Sbiancai, letteralmente.

«N-non sono affari tuoi! » Riuscii a dire, singhiozzando per il dolore lancinante e la presa ferrea con cui mi stringeva il polso.

Mi dimenai e, quando finalmente riuscii ad allontanarmi, dopo averlo supplicato, mi ritrovai quella parte di pelle completamente arrossata.
Luke continuava a ridere e aveva un'espressione tale che mi venne una voglia assurda di prenderlo a schiaffi. Ed era strano, poiché non ero mai stata una ragazza violenta; non avevo mai alzato le mani a nessuno.

« Oh si che lo sono, pulce. Lo sono eccome. Comunque, Calum dovrebbe divertirsi in altri modi, non trascorrendo il tempo con una frigida come te, lascialo in pace » Disse, passandosi una mano tra i capelli.

« Io penso che se.. » Ormai era inutile, stavo parlando con un muro.
O forse, stavo semplicemente rimuginando sulle sue parole chiedendomi perché fossi così tremendamente sbagliata.

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Buongiorno a tutti.


Dunque, mi sento una cacca fatta e finita per non aver aggiornato per così tanti mesi e mi dispiace davvero tanto avervi fatto attendere così a lungo.
Comunque, il minimo che possa fare per farmi perdonare, è pubblicare ben due capitoli in due giorni.
Spero che qui la storia inizi a delinearsi meglio, dandovi un po' l'idea dei caratteri dei protagonisti.
Abbiamo un Eloise parecchio confusa  che, dopo aver riflettuto sulle parole dell 'amica' capisce che qualcosa non va. Si rende conto che quella che è non è altro che una maschera. All'inizio la sua è sua semplice ribellione nei confronti della madre ma poi, ragionando, arriva alla conclusione che lei non è sua madre e non ambisce a prenderla come modello di vita.
D'altro canto abbiamo un Luke letteralmente stronzo. È davvero odioso nei confronti della nostra protagonista e si dimostra sin da subito uno scorbutico maleducato per niente interessato allo studio.
Shelly, invece, cerca in tutti i modi di riconsolidare un legame distrutto. Dimostrandosi interessata ai problemi di Eloise e mettendosi a disposizione nell'aiutarla. 
Poi, come avete detto voi che avete commentato, Karol è proprio la troietta di turno pronta a mettere gli artigli su qualcuno.. secondo voi chi?
Dimenticavo Ashton, carissimo professore di inglese, perché fai entrare una studentessa nel tuo studio per chiederle l'ovvio? Non starai mica provando, spero.
Sono tanto sbadata: Calum, alias Orsetto, è il migliore amico ideale di chiunque.. Vi lascio in sospeso perché sono abbastanza bastarda ma sappiate che leggere le vostre recensioni mi riempirebbe il cuore di gioia.
Quindi, sparate anche boiate, ma fatemi sapere se questa storia merita di esser continuata.

Baci, Sam

ps. Elena, e spina nel fianco mei_mei, io semplicemente vi adoroCuore nero scuro

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