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Autore: Wolfirea    24/04/2015    3 recensioni
A volte l'amore può trattarsi di un'insignificante incontro nel corridoio della scuola. Altre volte, invece, può essere frutto di un'amicizia coltivata per lunghi anni.
Tuttavia, nel loro caso, l'amore era difficile da spiegare; non c'era la complicità iniziale, lo stare bene insieme, i sorrisi dolci e le carezze. Tra loro non vi era altro che un'assoluta passività nei confronti dell'altro.
Eloise, prima di rivederlo, non si era mai posta il problema di essere inadeguata e di star vivendo una vita che non le apparteneva. Semplicemente, si limitava a sopravvivere come le era stato insegnato. Per lei, Luke, era un'autentico mistero. Quel ragazzo la detestava, la derideva, la scherniva, senza apparente motivo. Nessuno l'aveva mai trattata come faceva lui, eppure, ciò l'aveva portata alla comprensione.
•••
«Perché fai così, che ho fatto?» Chiesi, ormai esasperata.
«Non puoi capire Watson, lasciami in pace»
•••
«Ehi Ciccia, perché piangi?» Mi si avvicinò comprensiva, guardandomi dispiaciuta.
«Shelly, voglio cambiare. Non voglio più essere la frigida e saccente signorina Watson; non voglio più passare per i corridoi ed essere indicata come la figlia della riccona che ha donato soldi alla scuola. Voglio
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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« Come un cigno ha bisogno del suo lago per vivere, come l'alba ha bisogno del suo sole per sorgere, come la luna ha bisogno del suo cielo per brillare, i sogni hanno bisogno delle ali per poter volare. »



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Alla sola età di cinque anni avevo già deciso cosa avrei voluto fare da grande. Tutto era nato dalla spensieratezza di una bambina che si era sempre considerata sola, mai considerata dalla sorella e tantomeno dalla madre. Era triste, in realtà, ma ci avevo fatto l'abitudine e la bolla che mi circondava mi dava la sensazione di essere la ragazza più felice del modo.
 Josephine, tuttavia, reputava la recitazione un passatempo frivolo e sdegnoso nei confronti della nostra famiglia. Mia madre, infatti, non avrebbe mai accettato che la sua figlia minore diventasse un'attrice, voleva che un giorno un'uomo di famiglia benestante chiedesse la mia mano, garantendomi una vita agevole e soddisfacente. - purtroppo era una donna molto all'antica, ciò spiegava anche l'arredamento della piccola villetta in cui vivevo.- Ad ogni modo per mia sorella non si doveva preoccupare, era sempre stata abbastanza accondiscende per quanto riguardava le decisioni famigliari; ma io non ero Karol e non avevo nessuna intenzione di fare la maglia e accogliere ospiti per il resto della mia vita. Questa volta non volevo accontentare Josephine e per questo mi ero iscritta al corso di recitazione che avrebbe offerto il college verso metà Gennaio, e mia madre non doveva saperne nulla. -non volevo immaginarmi la possibile reazione che avrebbe potuto avere nel caso in cui sarebbe venuta a sapere della mia trasgressione.-
Portai le mani alle tempie, massaggiandole lentamente, con brevi giri circolari.

« Sorellina! Hai visto la mia trousse?»

Esclamò un'esuberante Karol, non appena mise piede nella mia stanza.
Sobbalzai spaventata, pregando il signore che la smettesse di provocarmi continui attacchi di panico. Era tutto il giorno, infatti, che non faceva altro che correre avanti e indietro per il corridoio, piombando come un'uragano ovunque mi trovassi, alla ricerca di futili accessori da mettere nella valigia.

« Karol, sai bene che non utilizzo tutta quella roba colorata »

Affermai, distendendo meglio le gambe sul morbido piumone.
Sbuffò con disappunto e dopo avermi rivolto un'occhiata da 'che sorella frigida e immacolata, che ho' voltò i tacchi, sicuramente diretta verso il bagno.
A differenza sua ero sempre stata una ragazza molto ordinata e non mi trovavo in simili situazioni, di evidente fibrillazione, ogni qualvolta dovessimo partire per qualche viaggio. -in questo caso, però, non andavamo in Francia per rivedere i nostri parenti ma ritornavamo a scuola, poiché oggi era l'ultimo giorno delle feste natalizie.-
Mi accoccolai meglio sul morbido piumone di lana e afferrai il piccolo libro posto sul comodino. Amavo leggere, riuscivo a sentirmi libera quando lo facevo; riuscivo a dimenticare tutto il mondo che mi circondava e immergermi in una vita che non sarebbe mai stata la mia. Piena di avventura, di azione, di intrigante aspettativa. Ma forse dovevo smetterla di correre con l'immaginazione, dovevo mettere la testa sulla spalle e decidere bene cosa volevo nel mio futuro.

« El, cristo santo, aiutami piuttosto che stare lì come una vecchietta. Sembri nonna Adelie, alza il culo e aiutami. Non trovo i miei trucchi.»

Sobbalzai una seconda volta, posando il romanzo sul comodino. Mi mancava molto la nonna, nonostante l'avessi vista poche settimane fa al cenone di famiglia, e mi dava fastidio il fatto che Karol non mancasse ci citarla in ogni singola frase. Era frustrante. In più non era affatto gentile paragonare sua sorella ad una signora di età avanzata; in fin dei conti mi stava offendendo.
Stetti zitta, abbassando il capo verso le mie mani congiunte, e mi alzai lentamente dal letto.

« Ka, le tue poltiglie sono sulla scrivania.. » Sussurrai, contrita.

Utilizzava sempre un linguaggio scurrile e volgare quando nostra madre non era presente. Incalzai le ciabatte e, non degnandola di uno sguardo, mi avviai al piano di sotto.

« Aspetta El! Hai visto la mia gonna panterata?» Urlò, dal fondo del corridoio.

Sul mio viso si dipinse all'istante un'espressione schifata, non avevo mai osato sbirciare tra il guardaroba di Karol, altrimenti avrei rischiato di prendere un infarto. - e, onestamente, non me la sentivo di morire così giovane, non prima aver portato a termine i miei obiettivi, almeno.-
Poggiai la mano sul lucido scorrimano di mogano e, con pochi saltelli, arrivai in salotto. Dove mia madre si stava intrattenendo con un te' insieme alla sua amica.

« Buonasera madre. Carmen.»

Accennai un breve saluto, accomodandomi poi sul divano, dinnanzi al caminetto.
« Oh tesoro, come sei cresciuta! Sei davvero una bella fanciulla. Anche Sheilene si è alzata molto in questi anni, sicuramente domani avrai modo di rivederla; se non sbaglio siete compagne di stanza.»
Sorrisi, annuendo timidamente. Non ero mai riuscita ad accettare i complimenti, mi facevano sentire in imbarazzo.
Mia madre annuì orgogliosa, portando alle labbra un sorso della bevanda.

« Certo Signora, sua figlia è in camera con me. La ringrazio molto.»

« Ti prego, dammi pure del tu, non sono così vecchia infondo.» rise la signora bruna, con spensieratezza.

Mi strinsi nel caldo maglione bordeaux e riportai lo sguardo sulle calde fiamme cremisi.
« Com'è educata -si complimentò poi, elogiandomi.- Karol è fuori con gli amici?» continuò, alzando leggermente il tono di voce.
Sbuffai, cercando di non alterarmi. Infatti non potevo stare nella mia stanza, altrimenti Ka avrebbe incominciato a schernirmi - quando non aveva nulla da fare era il suo passatempo preferito- e ora non potevo nemmeno stare in salotto, poiché Carmen e Josephine continuavano a parlare, senza sosta, impedendomi di riflettere e mettere insieme le idee.
Domani sarebbe stato un giorno importante, sarebbero ricominciati gli studi e avevo intenzione, sin da subito, di portarmi avanti con tutte le materie.

« Suppongo che mia sorella stia ancora preparando la valigia.» bofonchiai, portando le braccia al petto.

Karol non era mai stata una ragazza precisa e ordinata, non aveva mai badato alle regole che nostra madre ci aveva impartito in tenera età, non si preoccupava di altro che non fossero ragazzi -esclusivamente selezionati dal suo gruppo di perle, il nome con cui le chearleader di quinta venivano soprannominate- e vestiti. Il resto, per lei, non rappresentava altro che spazzatura. Come i miei libri, infondo.
Comunque avevo già fatto la valigia la scorsa settimana, non come lei che si riduceva sempre all'ultimo.

« Aiutala Eloise, sii responsabile.» Josephine mi rivolse un'occhiata eloquente e mi spronò a fare quanto aveva detto.

Carmen mi fece nuovamente un cenno di saluto, alzando la fine mano verso l'alto, e abbattuta mi accinsi ad eseguire l'ordine.

« Hai bisogno di una mano?»

Quando entrai nella sua stanza, a circa cinquanta passi dalla mia, mi indispettii non poco. Karol era comodamente poggiata allo schienale del letto e stava messaggiando piuttosto che fare il suo dovere.
 
« Non rompere, va a giocare con le bambole.» Mi ammonì all'istante, non distogliendo lo sguardo dall'apparecchio elettronico.

« Karol non sono una bambina; devi fare la valigia, nostra madre vuole che ti dia una mano, posa il cellulare.» La rimbeccai, incrociando le braccia al petto.

Era ridicolo a dir la verità, la nostra sarebbe dovuta essere una situazione girata al contrario. Ero io la sedicenne; Karol aveva diciannove anni, ben tre in più di me.
Eppure quella matura e responsabile ero io.
Mossi qualche passo nella sua direzione e sfilai la sedia dalla scrivania, sedendomici sopra.
I miei capelli oggi erano peggio della raffia che avevo utilizzato per i pacchetti regalo di zia Florence e di zia Mirian. Avrei tanto voluto i boccoli scarlatti di mia sorella, le incorniciavano il viso alla perfezione rendendola ancora più bella di quanto già non fosse.
Purtroppo, a dispetto delle mie aspettative, Karol scoppio' in una fragorosa risata, alzando finalmente lo sguardo nella mia direzione.

« Sei ridicola El, mi ricordi la monaca rincoglionita delle scuole elementari, pensi che i ragazzi vorrebbero mai una frigida sfigatella come te?»

Sapevo che non sarei dovuta salire, sapevo che dovevo smetterla di farmi condizionare dalle sue parole, ma non potevo davvero farci nulla. Mi alzai di scatto, le lacrime minacciavano di uscire, faceva male, era orribile esser trattati così, soprattuto da una delle persone più care che avevo.

« Ti detesto Karol!» Urlai, sfilandole agilmente il cellulare dalle mani.

Scappai via e mi rifugiai subito nella mia stanza, per non far altro che piangere e consumare tutte le mie lacrime.
«Ridammelo, deficiente!»

La porta subì potenti botte, non appena mia sorella vi sbatte' sopra la sua mano, picchiandola -per quanto fosse possibile- con foga.

« Apri!» Urlò nuovamente.

Mi strinsi maggiormente il cuscino al petto, ormai bagnato, ormai pieno delle mie sofferenze.
Non sapevo in realtà perché avevo fatto quel gesto, volevo che riflettesse e che, forse, si sentisse in colpa per ciò che mi aveva detto.

« Chiedimi scusa » affermai, affondando lo sguardo nella federa di un tenue verde acqua.

A volte mi chiedevo se il secondo piano di questa villetta non fosse insonorizzato, era davvero assurdo che le due donne al piano di sotto non sentissero nulla delle nostre grida.

« Eloise, ti conviene ascoltarmi, altrimenti finisci in guai seri. Cosa potrebbe succedere se casualmente dicessi a nostra madre cosa hai intenzione di fare a scuola?»

Tremai spaventata, sperando che non intendesse proprio quello. Non poteva saperlo, era impossibile. Non avevo detto a nessuno che volevo diventare un'attrice, non avevo nemmeno un'amica che avrebbe potuto svelare il mio segreto. -non sapeva nulla nemmeno Cal-

« Non so di cosa tu stia parlando» Mentii e, presa dalla curiosità, sbloccai il suo cellulare. Stranamente non aveva messo nessuna password.

'Ti voglio amore. Non vedo l'ora di vederti, mi manchi tantissimo. Queste vacanze senza di te sono state a dir poco noiose, perché infondo sai bene che ogni cosa, se non ci sei tu con me, fa schifo..'

Strabuzzai gli occhi, leggendo sconvolta quelle parole. Erano così.. romantiche.
Ed ero più che certa che quello era uno dei tanti a cui Karol avrebbe spezzato il cuore. 'Amore 25' vi era scritto, nella parte in alto della chat.

« Eloise apri immediatamente o vedi te!» tirò un calcio alla porta, facendomi spaventare.

« Non trovo la chiave.. aspetta!»

Digitai velocemente

'Scappa finché sei in tempo.. lei non ti merita.
p.s io non ti ho scritto nulla.
E.'

Dopo essermi accertata che il messaggio fosse inviato lo cancellai e aprii velocemente la porta.
 
«ELOI-ise non ti permettere mai più.»

Probabilmente scampai il consueto ceffone perché vide i miei occhi completamente arrossati; mi guardo' con compassione, quasi fossi un cucciolo smarrito. Abbassai immediatamente lo sguardo e dopo averle restituito il telefono richiusi la porta.
Ero contenta, forse ero riuscita a salvare qualcuno dalle sue grinfie.

--


Mi accertai di aver messo tutti libri nella borsa, era di vitale importanza, per me, non dimenticare nulla. Feci un piano di scale con disinvoltura e con pochi passi arrivai davanti alla stanza 128, bussando freneticamente.
Il ragazzo corvino uscì subito dal dormitorio e mi rivolse un dolce sorriso, prima che entrambi iniziassimo a parlottare sulle nostre avvincenti vite.
Lo abbracciai di slancio e insieme ci avviammo verso il cortile interno dell'istituto.

« Cal, dovevi esserci, mi sono spaventata da morire »
Risi rumorosamente, raccontando al mio migliore amico quanto era successo poco prima.

« In pratica non ho fatto in tempo ad uscire dal dormitorio che mi sono trovata davanti un tizio dai capelli blu.» Ricordai, aggiustando meglio la tracolla sulla spalle.
 
"Oddio - scoppio' a ridere all'istante- e-e che ci faceva lì? No aspetta, capelli blu?» ripeté, fermandosi di scatto.
Annuii divertita, e «Giuro, mi pare si chiamasse Michael, ha detto di essere un'amico di Shelly.»
« Aspetta Sheilene Mavor, la tua compagna di stanza? »

Annuii nuovamente, giocando con una ciocca ribelle caduta fuori dall'elaborata treccia che avevo fatto qualche ora prima.

« Yay, pensavo che avesse esagerato con Gerard, ma quel Michael ha superato tutte le mie aspettative, insomma, chi si aspettava un tipo così..strambo?»
Affermai, ridendo leggermente.

Era già passata una settimana da quando erano ricominciati gli studi e fortunatamente ero riuscita a dimenticare quello spiacevole episodio con mia sorella. Non ci vedevamo molto spesso, lei trascorreva molto tempo con le sue 'perle' mentre io mi limitavo a passare i pomeriggi con il fantastico ragazzo che avevo conosciuto quando ancora la mia unica priorità era quella di fare la pipì nel vasino. Risi leggermente al pensiero e mi portai una mano alla fronte, tirandomi una lieve botta.

« Ma ma -Calum boccheggiò e si passò una mano tra i folti capelli corvini, aumentando il passo- Perché? A che pensi? » chiese poi, riprendendo a camminare.

« Nulla, stavo pensando a un scena di quando ero piccola. Anyway, a che ora inizi i corsi? »
Io e Calum ci sedemmo sulla panchina, continuando a chiacchierare su vari anedotti privi di senso.-
« Alle nove ho Sociologia, tu?» Poggiò la schiena sul ruvido schienale, emettendo poi un piccolo broncio. La panchina era indubbiamente scomoda ma in fin dei conti permetteva di mantenere una postura corretta.
« Ew, io inizio alle -controllai l'orologio da polso, alzando di poco la manica del maglioncino- Dieci e dieci, con inglese.» Esultai, poiché era una delle mie materie preferite.

« Ma non è giusto, uff. » Quando il mio migliore amico metteva il broncio era a dir poco dolcissimo.

«Orsetto.» Risi, toccandogli scherzosamente il naso.

« Maledetta -Mi tiro' uno schiaffetto sul braccio, facendo labbruccio- sai che non sopporto quel soprannome»

« Appunto » replicai ovvia, sfoggiando un sorrisino crudele.

Successivamente passai il tempo ad osservare gli studenti che correvano lungo il campo dell'istituto. Se solo non fossi stata così pigra probabilmente avrei fatto anch'io jogging, serviva per mantenersi in forma e avevo letto su alcuni giornali che faceva bene alla salute.

« Devo darti una brutta notizia Cal, mancano solo dieci minuti.»

Il ragazzo dai color pece strabuzzò subito gli occhi, alzandosi di scatto. Non ebbi nemmeno il tempo di emettere un solo fiato che mi afferrò per la maglietta, correndo verso il cancello principale.

« Mh, se ti dicessi che stavo scherzando?» mi morsi violentemente il labbro, giocherellando con un filo d'erba che avevo raccolto in cortile, dieci minuti fa.

« Non oseresti » Mi minacció.

Mi feci piccola piccola e allungai il polso per fargli vedere l'ora. Ad essere sincera non sapevo nemmeno io perché avevo mentito; probabilmente mi ero stancata di stare al freddo. Calum mi guardo' parecchio male ed emise un leggero sbuffo.

« Sei arrabbiato?» chiesi, preoccupata. In fondo era il mio unico amico, non volevo litigare con lui per una simile frivolezza.

« Beeh.. Scappaa!»

A quel punto fui presa dall'agitazione e incominciai a correre per i corridoi senza una meta precisa. Calum mi stava letteralmente rincorrendo e, fortunamente, non sembrava affatto arrabbiato.
 
« Mi hai preso in parola quando ti ho detto che dovrei fare attività fisica.»
Urlai, con il fiatone, non appena arrivò a pochi metri di distanza dalla sottoscritta.

Mi parai subito le mani davanti allo stomaco; non era difficile capire le sue intenzioni dopo che lo conoscevo da una vita. Infatti soffrivo il solletico alla pancia in una maniera massacrante.

« Forse» acconsentì, scoccando la lingua sul palato.

Risi istericamente e ricominciai a correre, seppur in modo lento e a slalom tra gli studenti. «Scusi»
«Permesso» «Ti prego fammi passare»
Continuavo a ripetere le stesse frasi, guadagnandomi delle gelide occhiate. Purtroppo, quando Calum riuscì a raggiungermi -sicuramente mi aveva lasciato molto tempo di vantaggio- sentii una voce famigliare alle mie spalle.

« Sorellina! Non te lo sei ancora scopato?»

Mi voltai di scatto, constatando la presenza di Karol a fianco degli armadietti. Vicino a lei c'era un ragazzo, di cui notai solamente la chioma color grano.
Calum mi si parò a fianco, squadrando mia sorella che oggi si era vestita con un gonna a pois molto corta. Nulla di strano, insomma.

« E' il mio migliore amico.» Replicai, piuttosto stizzita.

Voltai subito lo sguardo verso Cal, vedendo le sue gote leggermente arrossate. Pregai con tutta me stessa che anche lui non diventasse vittima della bellezza di Karol, non avrei mai potuto sopportarlo.

« Ti ho già visto.. ti chiami Luke?»

Guardai confusa i due ragazzi, tirando un lieve gomitata al mio amico, spronandolo ad allontanarci.

« Sì, ci conosciamo?»

Rispose il ragazzo biondo; solo ora si voltò nella nostra direzione, squadrandoci con sufficienza. Aveva l'aspetto del classico diffidente e menefreghista, non aveva per niente un'aria simpatica. Le mie erano solamente supposizioni, certo, ma non mi ero mai sbagliata. Riuscivo spesso a leggere le persone a primo achito.

« Aspetta, Calum?» Rifletté poi.

Osservai la scena confusa, rivolgendo un'occhiata stranita a Karol, la quale si stava bellamente limando le unghie. Non alzò lo sguardo nemmeno per un istante così dovetti attendere che i due finissero di guardarsi come due pesci lessi.

« Dr Fluke.» Urlò il mio migliore amico, abbracciando subito il 'ragazzo' di Karol.

« Cal pal» Rispose esultante l'altro.

Fissai stranita la scena, ripensando a dove aveva lasciato la sanità mentale Calum, visto che aveva abbracciato uno sconosciuto.


  
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