AMNESIA

di Sanae77
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 08 - Epilogo ***
Capitolo 9: *** Capitolo EXTRA BETAGGI DA RIDERE ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 ***


Sonno.
Tremendamente sonno, senso di spossatezza che m’invade il corpo.
Cerco di aprire gli occhi, ma non riesco, percepisco il mio corpo disteso, sento le gambe e le braccia, quindi provo a spostare gli arti e fortunatamente ci riesco, anche se per pochi millimetri, sento che ne ho il controllo per fortuna. La stanchezza mi avvolge nuovamente, perdo un’altra volta il contatto con il mondo esterno. Odo un suono fastidioso e regolare. La testa è pesante l’oblio mi porta nuovamente via con sé.
 
… 4 giorni dopo.
 
Ancora sonno e stanchezza mi avvolgono, sento un BIP regolare vicino a me, provo a muovere un braccio, ci riesco, porto una mano alla testa non sento i capelli, ma della stoffa ruvida passa sotto le mie dita. La sfioro, gli occhi ancora chiusi, provo ad aprirli solo uno segue il mio comando, le dita capiscono il perché, la benda sulla nuca copre anche un occhio.
 
Provo a muovere anche l’altro braccio, sento dolore, lo sollevo ugualmente e capisco, il polso è ingessato e una flebo esce dalla mia pelle.
 
Lo appoggio nuovamente sulla superficie morbida, l’occhio che riesce a vedere, mette a fuoco un televisore di fronte a me agganciato alla parete in alto.
Sulla destra una finestra da dove un cielo grigio accenna una timida e leggera pioggia.
Sposto la testa a sinistra c’è un armadio verde, vicino a questo una porta chiusa.
Riesco a mettere a fuoco le candide lenzuola del letto, vicino un comodino ed un pulsante rosso, allungo il braccio sano e premo, un leggero allarme suona insistente.
 
Odo passi che arrivano, la porta si apre ed un infermiera entra sorridendo, spegne il fastidioso suono e raggiunge il mio letto “Allora bella addormentata finalmente ti sei svegliata, come ti senti?”
“Cosa mi è successo?” sono frastornata e non riesco a capire che cosa ci faccio in un letto di ospedale.
Afferra la cartella la legge e poi esclama “Hai avuto un brutto incidente, hai un forte trauma cranico ed un polso rotto, molte contusioni ed escoriazioni, e sono esattamente … vediamo … sette giorni che sei qua”
“Dove mi trovo?”
“Sei all’Hôpital Saint Louis di Parigi”
Il mio occhio si allarga quindi chiedo “A Parigi?” che diamine ci faccio a Parigi?!.
“Già a Parigi e adesso ti faccio io un po’ di domande, visto che la tua scheda è praticamente incompleta, un passante ha detto che un ragazzo in motorino ti ha rubato la borsa per la via degli Champs-Élysées, tu sei rimasta aggrappata al laccio, quindi ti ha trascinata in strada ed un’auto ti ha investita, ovviamente il malvivente è fuggito e quando sei arrivata qua eri priva di documenti, per questo adesso devo farti qualche domanda”
Annuisco impercettibilmente quindi lei prosegue.
“Bene Signorina come ti chiami?”
La guardo sospiro apro la bocca, ma non esce alcun suono, il mio cervello sembra scollegato, provo a rispondere, a cercare nella mia mente, qualcosa, un rumore, un ricordo, una sensazione che richiami all'appello il mio nome, ma proprio non riesco.
Un senso di sconforto mi pervade mentre sento salire le lacrime agli occhi, l’infermiera si avvicina e prende la mia mano, si mette seduta e molto piano mi sussurra “Non lo ricordi?”
Nego debolmente con la testa, mi pulsa da matti ed ogni movimento sembra che stia per esplodere, milioni di bombe danzano felici dentro di essa.
“Chiamo il dottore” e detto questo esce di corsa a cercare il medico.
Mi volto verso la finestra adesso la pioggia cade più forte, anche se non capisco se è il mio occhio ad essere allagato di lacrime, o il vetro da dove cadono rigagnoli di acqua.
Provo a ricordare perché sono a Parigi, sono una ragazza ok, ma dove abito? Sono parigina? Ho bisogno di uno specchio voglio vedere il mio volto, cerco di sollevarmi per andare in bagno, ma proprio non ce la faccio, in quell’istante dalla porta entra un uomo sulla cinquantina seguito dalla stessa infermiera di prima.
 
Afferra la cartella dopo fissa il mio unico occhio libero dai bendaggi, mi fa un enorme sorriso rassicurante e dichiara “Il trauma cranico è molto forte, è normale che dopo un'incidente del genere la sua memoria faccia i capricci, le consiglio di non agitarsi e vedrà che piano piano i ricordi riaffioreranno da soli”
Non riesco però a trattenere le lacrime che oramai rigano il mio volto incessantemente, sento il dottore dire all’infermiera “Chiami la polizia e senta se qualcuno sta cercando una ragazza giapponese o cinese di circa diciannove - vent’anni, si muova”
Sento i passi dell’infermiera scomparire dietro la porta, il letto si piega sotto il peso del dottore, evidentemente si è messo seduto, la sua mano sta accarezzando la ruvida stoffa della fasciatura mentre mi mormora “Non si preoccupi riusciremo a scoprire chi è”.
 
… due giorni dopo

Mi hanno finalmente sollevata dal letto ed accompagnata in bagno, hanno tolto anche l’odiato catetere e finalmente posso lavarmi. Con varie manovre riesco comunque a fare una discreta doccia, il braccio ingessato non dà così fastidio e hanno detto che nel giro di quindici giorni potrò toglierlo, è una rottura netta senza complicazioni per fortuna.
Esco dalla doccia e mi avvolgo in un morbido telo, solo dopo mi osservo allo specchio, taglio a mandorla degli occhi, anzi dell’occhio, la benda è ancora ben visibile, capelli nerissimi come la pece, mi osservo nell'unico iride presente mentre mormoro a fior di labbra “Chi sei?”
 
La polizia non ha notizie di nessuna ragazza della quale abbiamo denunciato la scomparsa, e francamente dopo nove giorni la cosa mi pare davvero strana, io non ricordo, nessuno mi cerca, direi che potrebbe andare decisamente meglio.
Mi asciugo, il corpo è ancora ricoperto di lividi anche se adesso hanno un colore tra il violaceo e il giallo, segno che stanno guarendo, per fortuna sono rimasta svenuta per molti giorni, non oso pensare come devo essere arrivata in ospedale, in che condizioni ero ridotta.
Anche quando sono arrivata non ho mormorato alcun nome, mi hanno detto, ero già priva di sensi e con un ematoma che poteva far provincia da solo, è un miracolo che sia ancora viva, la contusione era davvero grande e in un punto delicato, sono stata fortunata.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 ***


… venti giorni dopo
 
Mi guardo allo specchio della mia nuova camera che occupo da cinque giorni a questa parte, la memoria non è tornata e nessuno mi ha cercato, che razza di persona dovevo essere se nessuno ha denunciato la mia scomparsa?
 
Il dottore mi ha spiegato più volte quanto io sia stata fortunata, perché ho perso soltanto una parte di memoria, quella dei ricordi, delle persone, dei volti in particolar modo. Mi ha detto che esistono dei casi, più rari per fortuna, che non solo non ricordano chi siano, ma neppure i loro parenti ed amici. Inoltre dimenticano anche come si legge, come si scrive e tornano ad essere simili a bambini, perdendo tutto ciò che si è appreso nella crescita. Quindi anche se non ricordo nulla sono stata fortunata, perché non ho perso altre funzionalità principali.
 
Consapevole di questo, faccio spalluccia all’immagine riflessa nello specchio, ok sono giapponese o cinese, ho un caschetto di capelli scuri, ed un bel cerotto che nasconde ancora una protuberanza in guarigione, non sono altissima, ma ben proporzionata, credo di non avere neppure un ragazzo, altrimenti mi avrebbe cercata. E i genitori? Magari sono orfana. Amici o amiche? Strano, è davvero possibile che sia un’asociale di prima categoria?
 
Compare Michelle la mia compagna di stanza, è una casa famiglia, lei è la figlia dei padroni di casa, credo abbia all’incirca la mia età, abbiamo legato subito per fortuna. Mi hanno accolta in attesa che mi torni la memoria, sono tutti molto pazienti con me, ed hanno anche scelto un nome, in qualche modo devono pur chiamarmi no?! Quindi da qualche giorno a questa parte mi chiamo Amélie, sicuramente non è il mio nome, ma a me piace.
“Allora stasera usciamo?” mi chiede la mia compagna.
“Va bene usciamo è solo la centesima volta che me lo domandi” sbuffo sorridendo.
“Anche il dottore ha detto che ti farà bene tornare sul luogo dell’incidente e guardarti intorno, quindi ti serve da cura sappilo” il suo tono è allegro e contagioso.
“Ok finisco di vestirmi e scendo subito”
“Muoviti pelandrona” mi incita.
 
Mi guardo allo specchio e direi che sono pronta per affrontare il mondo esterno alla scoperta della mia identità. Scendo le scale di corsa e il padre di Michelle è seduto sul divano, mi saluta con la mano, mentre vedo spuntare la madre dalla cucina, ci sorride e dice “Divertitevi e state attente”
Faccio un inchino e ringrazio, mi blocco. Ho fatto un inchino? Perché diavolo ho fatto un inchino?
“Stai ricordando qualcosa Amélie? Sei sbiancata di colpo?” mi chiede il padre della mia amica.
“No, è che mi è venuto spontaneo fare questo gesto – dico ripetendo l’inchino - evidentemente è un abitudine se il mio corpo ha reagito da solo” dichiaro sorpresa.
“Non temere, vedrai che la memoria tornerà” mi rassicura lui.
Dalla televisione provengono dei suoni, sembra una partita.
“Sì, prima o poi ricorderò qualcosa … - il rumore della TV mi attira stranamente - che cosa sta guardando signor Dupré?” domando curiosa.
“Stasera danno Giappone Francia, i campionati mondiali giovanili, la nazionale Giapponese sarà in Francia per i prossimi dieci giorni, nostra ospite”
Inclino la testa incuriosita, faccio un passo per avvicinarmi, ma Michelle mi trascina per un braccio “Dai il calcio è una noia mortale andiamo in giro”
“Hai ragione andiamo” ammetto quindi insieme usciamo dalla porta.
 
Stiamo percorrendo a piedi proprio il viale degli Champs-Élysées, la mia amica mi ha portato nel punto esatto dove sono stata travolta dall’auto e rapinata.
Mi guardo intorno, che cosa ci facevo in questa strada? Cerco di ricordare, mi volto ed un cartello pubblicitario attira la mia attenzione, ci sono tantissimi fiori rosa, per l’esattezza fiori di ciliegio, chiudo gli occhi un flash s’impossessa della mia testa, un viale lungo sia a destra che sinistra è pieno di alberi in fiore, alberi rosa, sono ciliegi ne ho la certezza al mio fianco qualcuno, volto la testa per capire chi può essere, ma scorgo soltanto una macchia blu notte, il volto soltanto una macchia rosata, dopo l’immagine scompare, apro gli occhi e Michelle mi sta trattenendo le spalle il suo viso ad un soffio dal mio. Due grandi occhi verdi mi fissano “Allora?”
“Non so, la strada non mi dice niente ma – dico indicando il cartellone pubblicitario – quello mi ha ricordato un viale pieno di alberi di ciliegio, e stavo passeggiando con qualcuno …”
Saltella di fronte a me felice come una Pasqua “Dai Amélie vedrai sei sulla strada buona, prima l’inchino, adesso i ciliegi, piano piano ricorderai tutto ne sono certa”
“Speriamo” ammetto sconsolata, perché l’immagine che ha pescato la mia mente mi ha dato la sensazione di vuoto come se mi mancasse qualcuno.
Siamo state tutto il pomeriggio in giro, abbiamo inoltre deciso di restare a mangiare fuori per poi andare in discoteca, non che ne abbia voglia, ma mi dispiace per Michelle è sempre così carina con me quindi decido di accontentarla.
 
Finalmente siamo arrivate, dopo una pizza siamo in questa discoteca molto famosa della città, mentre la fila scorre con la coda dell’occhio vedo accostare un bus al marciapiede, ne escono circa una ventina di ragazzi, mi volto perché adesso tocca a noi accedere alla discoteca, quindi non faccio caso a chi entra dopo di noi.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 03 ***


Taro
Abbiamo vinto, ma con molta fatica, Tsubasa è distrutto in questo periodo, per l’esattezza da venti giorni, da quando Sanae dall’Inghilterra non ha dato più sue notizie, abbiamo fatto di tutto insieme ai suoi genitori, la polizia londinese ha cercato nella sua università, nel suo appartamento, ha chiesto ai suoi amici e compagni di scuola, ma sembra essersi volatilizzata nel nulla.
Anche in Giappone la stanno cercando, non abbiamo idea di dove sia. Mi viene solo un dubbio, più volte mi ha detto che voleva farmi una sorpresa e venire a trovarmi con un volo low cost, ma non credo sarebbe stata così sciocca da non avvisarmi, come al solito sarebbe venuta per parlarmi di quel rintronato di Tsubasa che, fissato con il pallone, non si accorge di lei, adesso che è sparita sembra averlo capito tutto insieme l'amore che prova per lei, l’idiota patentato, spero di ritrovarla perché sarebbe così felice di scoprire che il suo Capitano finalmente ha capito che la ama.
Abbiamo pensato fosse andata da Genzo, ma ci siamo sentiti più volte, e anche lui non ha notizie, da noi non è mai arrivata.
Ci hanno concesso una serata in libertà e per colpa di Ryo, Teppei, Yuzo Mamoru, Genzo e Company ci ritroviamo in questo luogo dove la musica mi spacca i timpani.
Tsubasa non è venuto, non ha voglia neppure di festeggiare la vittoria, tanto che pensa a Sanae, spero che non sia troppo tardi e non le sia accaduto qualcosa di brutto.
Avrei dovuto seguire il Capitano e starmene in albergo con lui.
Entriamo dall’ingresso dedicato a noi, e ci dirigiamo a dei divanetti riservati alla nostra squadra, in meno di dieci minuti siamo circondati da ragazzette che strillano come oche starnazzanti, che palle!
Poco dopo vedo arrivare anche le manager insieme ai relativi compagni.
Yayoi e Jun oramai li diamo per sposati dieci ad uno, tra meno di un anno.
Yukari e Ryo li diamo separati a breve, se lui non la pianta di fare il cretino con tutte le cameriere e ragazze che incontra.
Hikaru e Yoshiko, mantengono la classica posa da fidanzati composti, io mi accomodo sulla poltroncina sorseggiando qualcosa di analcolico, domani abbiamo un allenamento non vorrei che il mister scopra che abbiamo bevuto.
Si avvicinano due ragazze e mi chiedono se possono sedere vicino a me, annuisco, ma continuo a guardare lontano, per l’esattezza in pista, una ragazza sta ballando è voltata di spalle, ma m’incuriosisce il taglio di capelli, a caschetto proprio come la nostra prima manager scomparsa, scuoto la testa e scaccio il pensiero, sorrido pure, certo scomparsa in una discoteca, suvvia Misaki pensane un’altra. Vengo distratto dalle due ragazze “Ciao, tu sei Taro Misaki vero? Quello che gioca nel FC Paris St. Germain?”
“Sì, piacere” dico allungando una mano per stringere la loro.
Si guardano e starnazzano come galline, sollevo gli occhi al cielo e ringrazio l’S.G.G.K. che arriva in mio soccorso, quindi mi alzo e indicando Genzo dico “Ecco questo è il mio amico Genzo Wakabayashi, primo portiere della nazionale giovanile Giapponese e dell’Amburgo”
“Ohhh” sento esclamare dalle due ragazze. Lui allunga la mano le saluta, mentre io gli regalo una pacca sulle spalle e sussurro in giapponese alle sue orecchie “Divertiti sono tutte tue”.
Si volta leggermente e mi regala uno dei suoi sorrisi sghembi, ci siamo già capiti, quello è capace di portarsele in camera entrambe, scuoto la testa e mi avvio al bar, ho bisogno di bere un'altra cosa, stavolta alcolica però.
 
 
Amélie
Siamo in pista e stiamo ballando, un cretino dietro di me si sta dimenando come un pazzo più volte colpisce il mio sedere, che palle!
Mi volto imbufalita, lo strattono per una spalla, quando si volta, lo capisco subito che è ubriaco, però è strano questo volto non mi è nuovo, lo fisso per un attimo, lui mi fissa altrettanto stupito, è molto simile a me, deve essere della mia stessa nazionalità, presa comunque dalla foga gli grido “Piantala di toccare il mio sedere”
Lui sembra imbambolato poi gli sento mormorare “Anego???” e sbianca di colpo.
Aggrotto le sopracciglia e chiedo “Che cosa hai detto?”, ma Michelle è dietro di me, mi afferra per un braccio e dice “Amélie vieni via questo è ubriaco fradicio, non voglio trovarmi con dei problemi”
“Hai ragione” quindi la seguo ed esco dalla pista disperdendomi tra la folla.
Sono davvero stanca la mia amica mi guarda di traverso poi parla “Vuoi tornare a casa?”
“Se non ti dispiace, sì, perché la testa inizia a farsi sentire” una mano involontariamente passa sulla leggera medicatura che ancora indosso.
“Hai ragione, andiamo allora”
Prendiamo la via per l'uscita e sbatto contro la spalla di un ragazzo, mi volto appena chiedendo scusa, poi torno a guardare di fronte a me seguendo Michelle, la testa inizia a dare cenni di cedimento, devo andare a letto, ho bisogno di dormire e mettermi alle spalle questa giornata pesante.
Due ricordi, non troppo nitidi e già mi sento distrutta.
 
 
Taro
Torno dal bar verso i divanetti, una ragazza urta involontariamente la mia spalla, si scusa in giapponese, mi volto, ma ha la testa bassa, ancora quel caschetto, seguo la figura di questa ragazza con gli occhi, scuoto nuovamente la testa, non è possibile.
Torno ai divanetti, Genzo come immaginavo è già sparito con le due ochette quando all’improvviso dalla folla arriva Ryo di corsa, praticamente m’investe facendomi cadere su una poltroncina mentre la bibita si rovescia a terra … per fortuna “Ryo sei ubriaco cavolo, stai più attento” lo ammonisco.
È bianco come un cadavere e non riesce a mettere insieme due parole, sopraggiunge Mamoru che gli dà una pacca sulle spalle esclamando “Bevi meno la prossima volta”
Finalmente parla “Sa .. san … Sanae”
“Cosa hai detto?” adesso ha tutta la mia attenzione.
“Sanae era in pista, si è voltata, era lei ve lo giuro!”
“Hai bevuto troppo” lo rimprovera Yukari.
“No, era Anego ne sono certo ha pure messo le mani sui fianchi per rimproverarmi” dice Ryo continuando a guardare tutti che alla parola Anego sono accorsi all’improvviso.
Poi quell’immagine mi torna in mente, il caschetto nero, scusa mormorato in Giapponese, quella voce, davvero può essere lei.
Mi volto in direzione della porta dove l’ho vista scomparire e corro, corro fino all’uscita, ma troppo tardi perché in fondo al marciapiede vedo partire un taxi, corro ancora più forte arrivando in strada, mi giro verso sinistra e dal vetro della macchina intravedo ancora quel taglio di capelli: è lei, ne sono certo.
Ma perché non ci ha parlato? Perché non ha riconosciuto Ryo? Perché è andata via? Con tutte queste domande ed altre ancora torno velocemente sui miei passi. La mia mente però mi fa concentrare su una cosa che finora non avevo notato, sulla testa della ragazza ho visto chiaramente una medicazione, che abbia avuto un incidente?
Arrivo dal gruppo e Ryo racconta di nuovo quello che è accaduto, quindi dichiaro “Ragazzi dobbiamo andare dalle autorità Francesi e sentire se c’è un caso di persona scomparsa che nessuno ha cercato qua in questo paese”
È Teppei che interrompe il mio monologo “Dai Taro, non crederai a Ryo, non lo vedi che è ubriaco fradicio”
“Ragazzi credo di averla vista pure io” dichiaro risoluto e adesso ho davvero l’attenzione di tutti, nessuno mette più in dubbio quello che dice Ryo, dopo che ho confermato la sua teoria.
 
Amélie
Sono su campo di allenamento che seguo i ragazzi, continuo a guardare il Capitano, che come al solito ha occhi solo per la sua adorata palla, non riesco a scorgere i visi dei ragazzi però che strano, so di conoscerli, ma non li vedo, sospiro arriva Ryo mi chiede un asciugamano per il sudore, dopo inizia a prendermi in giro, quindi gli tiro un altro panno in pieno viso, lui lo toglie e … è il ragazzo che ho visto in discoteca! È un sogno!
Mi sollevo sul letto mi metto seduta, sono madida di sudore, è un sogno, solo un maledetto sogno, del mio passato che ho dimenticato, scosto con la mano le ciocche incollate al viso, ho gli occhi sbarrati nel buio, mentre continuo a vedere il suo volto e finalmente associo anche un nome, Ryo … poi ricordo, lui ha detto qualcosa in discoteca, ha detto … cerco di pensare, ma la testa mi scoppia, vado al bagno e mi lavo il viso, l’acqua fresca mi dona sollievo, ne prendo ancora e continuo a bagnare le tempie fino a scendere sul collo, un altro flash mi travolge.
Una scritta su una fasciatura ‘VITTORIA’, alzo lo sguardo e avverto nettamente le sensazioni che ho provato in quel momento: imbarazzo per la profonda vicinanza al volto della persona che ha la spalla fasciata, cerco di guardare chi sia, ma osservo solo una macchia rosa che non mi permette di vedere i tratti del viso, apro gli occhi mi fisso nello specchio, inizio a piangere chiedendo all’immagine che vedo riflessa “Chi sei? Chi sei?”
La mia voce attira Michelle, che entra in bagno, mi trova in lacrime, quindi mi stringe in un abbraccio che mi permette di far traboccare tutte le lacrime represse finora.
 
Mi accompagna fino al letto, mi fa stendere nuovamente mentre la sento che leggermente mi culla finché il sonno mi sorprende. La testa, questa maledetta testa, mi gioca degli scherzi bruttissimi, perché non riesco a ricordare? Perché?

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Capitolo 4
*** Capitolo 04 ***


Tsubasa
Sono in camera, ho appena fatto la doccia, mi sto rilassando sul letto mentre penso a lei, a lei che non si trova più. Spero davvero che non sia stata presa da qualche malintenzionato, finora ho sempre pensato a lei come ad una semplice amica, inoltre le nostre strade si sono divise molto presto, ma adesso che mi sono fatto una posizione e che gioco in Spagna, ho iniziato a pensare a lei.

Non mi sono ancora deciso a dichiararmi perché temo di sconvolgere la sua vita. Ha intrapreso l’università a Londra e non voglio stravolgere suoi progetti, ma adesso che l’ho persa, adesso che non so più dov’è, sto impazzendo.
Entra Taro come una furia sbattendo la porta della camera, mi fa sobbalzare sul letto, non me lo aspettavo.
“Taro che diavolo …” ma non finisco la frase lui è sul mio volto, mi afferra per la maglia strattonandomi “Ho visto Sanae, ho visto Sanae” mi ripete.

I miei occhi si allargano, mentre non riesco a formulare una domanda di senso compiuto.
“Do … Dove?” riesco a dire.
“In discoteca, prima era solo un dubbio, poi ha parlato a Ryo, ma sembra che non lo abbia riconosciuto” parla velocissimo, troppo, quasi mi perdo le parole.
“In discoteca? Ryo? Ma cosa stai dicendo?” chiedo stordito dalla notizia appena ricevuta.
Quindi si mette seduto sul letto, nel frattempo la stanza si è riempita di tutti gli altri, mentre tra 'urletti' di gioia delle ragazze e pezzi di storia raccontati da tutti, riesco a capire finalmente come si è svolta la scena.

Taro prosegue “Siamo anche andati dalle forze dell’ordine e risulta una ragazza giapponese che circa venti giorni fa ha avuto un incidente, ma non hanno potuto dirci altro perché ci vogliono i suoi genitori, Genzo ha provato a telefonare al suo avvocato, ma non c’è stato verso, mi dispiace Capitano, però Yayoi ha già chiamato sua madre, domani chiameranno direttamente i genitori di Sanae, così da farci autorizzare al riconoscimento, pare che l’incidente le abbia provocato un trauma cranico e la totale perdita della memoria”.
Ascolto la metà della Golden Combi con molta attenzione, tornerebbero molte cose, sì, potrebbe essere lei.
“Perché non l’hai fermata Taro” il mio tono è implorante.
“Non ho capito subito che fosse lei Tsubasa, ed era insieme ad un’altra ragazza, solo Ryo l’ha vista in viso, ma vuoi che era ubriaco, vuoi lo shock di vederla non è riuscito a dire niente se non ‘Anego’, ma lei non ha capito”
“Domani sera voglio tornare in discoteca, magari è nuovamente lì, dobbiamo cercarla” dichiaro risoluto.
“Sono corso fuori, ma era troppo tardi, il taxi si stava già allontanando” e avverto che il suo tono è davvero dispiaciuto.
“Domani torniamo lì a cercarla, solo io e te, Taro, non voglio che si spaventi, vedendoci tutti insieme, potrebbe essere uno shock”
“Hai ragione andiamo solo noi” esclama risoluto.
 
 
Amélie
Stanotte ho dormito poco e male, non fanno che riaffiorare ricordi, momenti, attimi di vita piccoli, luoghi, sta tornando la memoria, ma non i volti delle persone, ricordo i piccoli gesti, ricordo che mi occupavo di alcuni ragazzi che giocano a calcio, mi fisso allo specchio e con lenti movimenti riesco a togliere anche l’ultimo cerotto sulla testa, dopo voglio chiedere a Michelle se possiamo tornare in quella discoteca, stamattina appena sveglie; le ho raccontato del sogno che mi ha permesso di dare un nome al volto che ho visto in quel luogo, spero vivamente che ci siano di nuovo, devo scoprire chi sono IO e chi sono LORO.

Il pomeriggio trascorre tranquillo, sono seduta sul letto quando la mia compagna di stanza entra come un tornado porgendomi qualcosa. È un giornale, la mia mente si fissa sulle immagini in copertina, parla della nazionale giovanile, c’è una foto di tutti i ragazzi che hanno disputato la partita contro le giovanili della Francia, il mio dito scorre sulla carta liscia tra i volti anonimi, finché non mi soffermo su uno, il ragazzo ubriaco in discoteca è lui, ne sono certa!
Michelle mi guarda stupita per poi esclamare “Non vorrai dirmi che conosci i ragazzi della nazionale giovanile Giapponese vero?”
Scuoto la testa e dopo mormoro “Non lo so, non lo so” ed esplodo a piangere, lasciando cadere il giornale a terra.
Michelle è in ginocchio di fronte a me che mi tiene le mani, “Dai non piangere, non ti abbattere” mi ripete.
“Ti dispiace se stasera torniamo in quella discoteca? Sono convinta che se quel ragazzo mi ha riconosciuta, stasera può darsi che mi cerchi proprio lì, voglio provare a vedere chi sono” chiedo tra le lacrime.
“Certo che ci torniamo, se questo può aiutarti a ricordare, anche subito”.
I miei occhi incrociano i suoi, la mia mano asciuga le lacrime che finalmente hanno cessato di sgorgare, dalla mia bocca un sussurro “Grazie”.
 
Siamo pronte, mi guardo allo specchio e devo ammettere che questi jeans e il top attillato mi stanno davvero bene, Michelle mi ha convinto a truccarmi leggermente ed a mettermi le zeppe, la primavera sta per cedere il posto all’estate e nell’aria già si sente il suo profumo.
Finalmente arriviamo e con lo sguardo cerco subito il ragazzo ubriaco di ieri sera, ma purtroppo non lo scorgo, la mia bocca assume una leggera piega verso il basso; peccato ci avevo sperato tanto, magari ha solo fatto finta di dire qualcosa per rimorchiarmi, e magari assomiglia a qualcuno che conosco veramente.
Sento il mio braccio strattonato, è la mia amica che mi incita a seguirla mentre borbotta, “La discoteca è grande, forza cerchiamolo”, quindi iniziamo a perlustrare tutta la pista ed anche i divanetti posti lateralmente.
 
 
Tsubasa
Siamo arrivati con Taro e subito abbiamo fatto un primo giro, ma di lei neppure l’ombra, adesso siamo al bar per bere una bibita, la serata è lunga, magari arriva più tardi.
Mentre sono assorto nei miei pensieri, Taro mi tira una gomitata e con la testa mi fa cenno di guardare in una certa direzione.
Improvvisamente la vedo, è di spalle, la ragazza di fronte la sta trascinando in giro, ha dei jeans a vita bassa ed un top che fa risaltare le sue forme, da quando è diventata così bella? Quanto tempo è che non la vedo? Non la perdo un attimo con lo sguardo, ma Taro già mi sta strattonando per un braccio “Dai muoviti”.
Mi blocco all’istante perché mi rendo conto che non posso andare lì e dirgli ‘Ah ciao Sanae sono Tsubasa, sono anni che io ti piaccio, sai, me lo hanno detto i miei amici e solo ora ho scoperto che anche tu mi piaci’
No, questa ragazza non è Sanae, questa ragazza è come una sconosciuta, devo attendere che lei mi riconosca, non devo metterle pressione, non posso costringerla ad amarmi come prima, deve innamorarsi di me un’altra volta, senza che io le dica niente.
Quindi afferro Taro per un braccio e lo blocco “Non possiamo dirgli chi siamo” dichiaro risoluto.
“Che diavolo dici Tsubasa !?” sbotta il mio amico al mio fianco.
“Possiamo dirgli chi è, che è la nostra manager, che la stiamo cercando da giorni, ma non voglio dirgli di ME”
“Ma se hai deciso di dichiararti, che fai ora ti tiri indietro?”
“Taro, ma se lei non ricorda, non ricorderà neppure il suo amore per me, quindi non voglio forzarla, aiutami solo in questo ti prego”
Lo vedo è frastornato, ma ci pensa, poi parla “Hai ragione, ho capito quello che vuoi dire, ci sto, però muoviamoci, non voglio perderla di vista.”
Quindi, quasi correndo arriviamo vicinissimi alle ragazze che stanno camminando di fronte a noi, deglutisco, poi allungo una mano e prendo Sanae per una spalla mormorando “Sanae!”, lei si blocca al contatto e si gira lentamente, e quando i nostri occhi s’incrociano il mio cuore perde un battito.
 

Amélie
Qualcuno mi ha afferrato la spalla, la mano è gelida, mi volto piano, ho timore che sia il ragazzo di ieri sera, ma quando i miei occhi nocciola incontrano i suoi sento le guance imporporarsi di rosso, anche lui ha detto qualcosa, ma non è la stessa parola dell’altro ragazzo ‘Sanae’.
“Scusa ci conosciamo?” chiedo mentre lui continua a fissarmi imbambolato.
Annuisce e poco dopo mi ritrovo tra le sue braccia, sento il suo abbraccio disperato, mentre in giapponese mi sta dicendo “Finalmente ti abbiamo trovata”.
Punto le mie mani al suo torace e lo allontano da me, lo vedo mi guarda di traverso. “Scusa, ma io non ti conosco” insisto. Michelle è alle mie spalle e con un passo viene in avanti, mentre la sento chiedere al ragazzo di fronte “Conoscete Amélie? Cioè scusate voglio dire: conoscete questa ragazza?”
“Amélie” ripete guardando il suo amico con occhi smarriti.
Michelle si affretta a spiegare “No, non si chiama così, in realtà non lo sappiamo, le abbiamo dato questo nome in attesa di scoprire quello vero”
Adesso è l’altro ragazzo a intervenire portandosi di fronte a Michelle, io e il suo amico continuiamo a fissarci imbarazzati, non so, ma il suo sguardo, mi piace da impazzire.
“Lei è Sanae, detta anche Anego, ed è la prima manager della Nazionale Giovanile del Giappone, sono circa venti giorni che la stanno cercando, ovunque, sia in Inghilterra, sia in Giappone, non riusciamo a capire come sia finita in Francia, ma … che ne dite se ci mettiamo seduti e parliamo con calma?!” chiede molto dolcemente il ragazzo.
Perciò ci facciamo dare il tavolo più lontano dalla musica e ci sediamo. Il primo ragazzo che mi ha toccato la spalla, non parla più, è caduto come in un silenzio forzato, ogni tanto lo guardo inclinando la testa e quando lo scopro che mi osserva gli sorrido ed ogni volta le sue guance si tingono di rosso, deve essere molto timido.
Al mio fianco ho Michelle, di fronte a me il timido ed al suo fianco l’amico.
Intervengo “Scusate, come avete detto di chiamarvi?” domando.
I due ragazzi si guardano smarriti, poi è quello di fronte alla mia amica a parlare “Non ricordi proprio niente Sanae?”
Nego vistosamente scuotendo la testa.
Lui sospira e dopo parla “Io sono Taro Misaki, gioco nel FC Paris St. Germain e lui è Tsubasa Ozora, gioca nel Barcellona, praticamente, Sanae … siamo cresciuti insieme, tu sei sempre stata la nostra manager fino dalle elementari, siamo amici d’infanzia”.
I miei occhi si sgranano, sono i miei amici d’infanzia ed io non ho la più pallida idea di chi ho di fronte.
 
 
Tsubasa
Non è possibile è un incubo, dopo che Taro ha dovuto spiegare chi siamo lei ha sgranato gli occhi e la sua bocca si è allargata per esclamare un OHHH di stupore.
Mi passo una mano tra i capelli e sospiro, non posso davvero credere a quello che le mie orecchie odono.
“Quindi non ricordi neppure perché sei venuta in Francia vero?” chiedo improvvisamente intromettendomi nel discorso.
“No, mi dispiace - esclama affranta – ogni tanto ho dei flash, credo che la memoria stia tornando piano piano, per esempio ieri sera ho visto un ragazzo, che poi ho riconosciuto soltanto stamattina dopo che l’ho sognato, mentre gli passavo una salvietta su un campo da calcio”
“Parli di Ryo?” chiede Taro.
“Sì ecco, proprio lui, ho ricordato il volto, il campo da calcio, ma per ora nient’altro”
“Sanae, una cosa soltanto, puoi uscire un attimo con me, dobbiamo chiamare i tuoi genitori e dirgli che ti abbiamo ritrovata, sono così in pena per te”
Anche questa frase la fa sobbalzare “Allora non sono orfana?!” chiede con quella voce da bambina, che fa sentire al mio cuore una profonda tenerezza.
“No, che non lo sei – le prendo una mano e la invito ad uscire – dai andiamo”.
Mi volto verso Taro e lo vedo annuire soddisfatto, mentre sta facendo praticamente il terzo grado all’amica di Sanae, per capire cosa sia accaduto in questi venti giorni.
Intanto sempre per la mano sto trascinando Sanae fuori dalla discoteca, arriviamo ad un muretto e lei si mette seduta, mentre estraggo il cellulare, ma mi accorgo subito che ha freddo, perché le sue braccia sono strette intorno alla sua vita, quindi mi tolgo il maglione di cotone e glielo porgo, lei lo afferra e lo fa scivolare lentamente sul suo corpo; avrei una voglia matta di baciarla, ma non posso farlo, lei non sa chi sono, lei non si ricorda di me, lei non sa che cosa prova per me e finalmente io per lei.
Mi allontano di due passi e faccio partire la chiamata.
La voce di sua madre mi arriva dritta alla testa, lo sento è disperata, teme sempre di ricevere la telefonata dove le dicono che hanno ritrovato il cadavere di sua figlia, perché dopo venti giorni, credo sia plausibile arrivare a questa conclusione. Ma appena le dico che è con me, prima tace, poi esplode in un pianto dirotto, quindi le spiego velocemente che cosa è accaduto, e poco dopo le passo Sanae, che vedo molto titubante nel parlare con sua madre.

Sanae “No, signora …”
……..
“Mi scusi è che credevo di non avere i genitori … no, non voglio tornare a casa, prima voglio recuperare la memoria, mi sono abituata adesso a queste persone che mi stanno ospitando e non mi sento pronta per cambiare di nuovo, mi dispiace molto signora”…
…….
“Mi scusi non mi viene di chiamarla mamma”

E con quest’ultima frase inizia a piangere e mi porge il cellulare, lo afferro giro un attimo le spalle e parlo con la signora Nakazawa, cerco di rassicurarla sul fatto di riportare Sanae in patria entro dieci giorni, può tornare con noi della Nazionale, tanto iniziano le ferie estive tra poco e tutti siamo liberi da impegni, finalmente si calma e riesco ad agganciare il telefono.
Quando mi volto trovo lei con le gambe tirate al petto, le tiene strette con le braccia e si sta dondolando leggermente. Mi avvicino e la prendo per le spalle, lei abbassa le gambe e si getta al mio collo piangendo. Le accarezzo la testa mentre dalla mia bocca esce un “Shhh andrà tutto bene non temere, la memoria ritornerà, quando vedrai la tua casa, dove sei cresciuta, i luoghi che abbiamo sempre frequentato, ricorderai tutto vedrai”
Annuisce contro il mio petto mentre sento le sue lacrime bagnare la mia maglia, come vorrei dirle tutto, confessare i miei sentimenti e restituirle la memoria.
Si discosta asciuga le lacrime e poi dice “Come hai detto di chiamarti?”
Sorrido perché questa situazione mi sembra impossibile, è un incubo e non mi sono ancora svegliato, mi passo una mano dietro la nuca e lei sbianca di colpo
“Ehi ti senti bene?” le chiedo.
“Io … io … ti ho già visto fare quel gesto”.
“Beh credo di farlo molto spesso, quando sono in imbarazzo o in difficoltà - ammetto sorridendo – comunque mi chiamo Tsubasa” dico facendo un inchino, che lei prontamente contraccambia, scoppiamo a ridere entrambi, poi continuo dopo che mi sono messo seduto sul muretto seguito da lei, siamo vicinissimi, ci sfioriamo “Mi fa strano che non ricordi niente, mi avrai chiamato dagli spalti milioni di volte incitandomi e sventolando la bandiera che tu stessa hai cucito per la squadra”
“Davvero?” mi chiede stupita con degli occhi talmente grandi che sembra una bambina, sento il mio volto arrossire, quindi guardo fisso avanti a me.
“Dai rientriamo o gli altri si preoccuperanno” esclamo scendendo con un balzo, le offro le mani ed anche lei tocca terra in tutta sicurezza.
Fianco a fianco stiamo per tornare dentro quando lei mi afferra un braccio, mi volto ha la testa bassa mentre mi chiede “Posso farti una domanda?”
“Certamente”
“Perché tu ti preoccupi così tanto per me? Perché non è tornato il ragazzo che mi ha riconosciuto ieri sera? Quel … Ryo, perché siete venuti tu, ed il tuo amico, non era più facile mandare l’altro visto che lo avevo già riconosciuto?” ha ancora la testa bassa, poi prosegue “Tra noi due c’è o c’è stato qualcosa?” e quando la solleva per fissarmi in viso, credo che il colore rosso delle guance le doni immensamente. Del resto credo che s’intoni anche con il mio perché dovrebbe essere uguale.
“No, Sanae, e non per colpa tua, ma soltanto mia”
Dopo la mia risposta mi guarda incuriosita inclinando la testa, ovviamente la mia non è una spiegazione esaudente, ma per adesso deve farsela bastare.
 
“Dai torniamo dentro” dico prendendola nuovamente per mano, credo di non aver mai avuto così tanti contatti con Sanae come stasera e mi piace, mi piace da impazzire.

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Capitolo 5
*** Capitolo 05 ***


Sanae
 
Le sue dita intrecciate alle mie, quella risposta, il suo abbraccio, la sua premura. Perché, perché non ricordo lui? Perché non ricordo che cosa provavo? Qualcosa evidentemente sentivo per lui, perché il mio cuore sta battendo all’impazzata ed è bellissimo, non m’importa niente, non m’importa se non ricordo, c’è lui tanto basta.
 
Arriviamo al tavolo l’amico scambia un'occhiata con Tsubasa che adesso sorride, le nostre mani ancora intrecciate, mi lascia soltanto per farmi sedere come un vero gentiluomo.
“Tutto ok?” chiede l’amico.
“Sì, ho telefonato a sua madre e le ho passato Sanae, anche se – esclama voltandosi per incrociare ancora una volta il mio sguardo – è ancora molto confusa e preferisce per ora restare a Parigi, magari può venire via con tutta la nazionale, eh che ne dici?”
 
“Tsubasa, perdonami, ma questo vuol dire che tutti gli altri mi tartasseranno di domande, chiederanno, mi riempiranno la testa di ‘cose’ che io non ricordo e sinceramente, non me la sento, vorrei riuscire a ricordare da sola e non tramite i racconti degli altri, altrimenti dopo confonderei i ricordi e non saprei più quale sono i miei ‘veri’ e quali invece sono raccontati”
 
Cala un improvviso silenzio, i due ragazzi si guardano smarriti è Michelle che spezza l’atmosfera.
 
“Amélie, ehm scusa Sanae, ricorda che puoi restare da noi tutto il tempo che ritieni necessario”
 
“Ti ringrazio molto” dichiaro riconoscente.
 
I due ragazzi si osservano ancora, dopo annuiscono e Tsubasa esclama “Resto io con te qua a Parigi” mi volto come se stessi osservando un alieno al mio fianco, ‘lui che rinuncia al pallone per me … impossibile!’ poi un altro pensiero, ‘perché ho pensato questo di lui?’ sono così confusa, la testa inizia a farmi male, mi porto una mano alla nuca e subito attiro la sua attenzione “Tutto bene?”
“Sì, sì ogni tanto la testa pulsa, il dottore ha detto che è normale”
“Vuoi andare a casa?” chiede la mia amica.
Nego energicamente, perché vorrei che questa serata non finisse mai.
“Sanae, una curiosità, che cosa ci facevi a Parigi?” chiede Taro.
“Non lo so – ammetto stancamente – so soltanto che ero sulla via degli Champs-Élysées mi hanno derubato della borsa, sembra sia stato un ragazzo in motorino, mi ha fatto sbilanciare perché il laccio della borsa è rimasto impigliato alla mia spalla, quindi sono caduta in strada e una macchina mi ha investito, trauma cranico e polso rotto. Hanno detto che mi è andata molto bene, da lì all'ospedale, ma per molti giorni sono stata incosciente, senza documenti nessuno sapeva da dove venissi, per questo è stato così difficile, sia per me, che per voi … immagino”
“Quindi non hai neppure i documenti?”
“No, non ho più niente, e in ospedale una volta dimessa mi hanno inserita in una casa famiglia, chiamata Amélie e … eccomi qua” ammetto candida allargando le braccia.
“Chiama Genzo e digli di pensare ai documenti, le serve un passaporto per tornare a casa e ci vorranno dei giorni” esclama Taro rivolgendosi a Tsubasa.
 
Lui si alza prende il cellulare dalla tasca e si avvia verso l’uscita.
“Chi è Genzo?”
Taro si porta una mano alla testa, “Oddio non ti ricordi neppure di lui?”
Nego ancora, lui sorride, un sorriso così bello e dolce, è davvero carino Taro.
 
“Genzo è Genzo, l’SGGK, colui con cui hai litigato giusto quelle tre-quattromila volte” dichiara sorridendo.
“Davvero?” chiedo stupita.
“Davvero, e ti dirò di più appena Tsubasa attaccherà quel telefono per dire dei documenti, scommetto che arriverà qua in dieci minuti netti ed inizierà a prenderti in giro come sempre, e bisticcerete come al solito”
“Oddio non sono mica pronta per lui!” esclamo preoccupata.
“Secondo me sei sempre pronta per lui fidati” ammette con un sorriso rassicurante, ha un potere la sua voce, è rilassante.
 
E devono conoscersi molto bene, perché Tsubasa sta tornado con un ragazzo molto alto al suo fianco, ha un cappellino in testa ed un sorrisetto beffardo spunta dall’angolo della sua bocca.
 
Appena arriva al tavolo mi squadra, poi mi afferra per un braccio e mi stritola letteralmente in un abbraccio “Ehi vacci piano” protesto.
 
“Anego non hai idea di quanto sia contento di rivederti”
“Anego?”
Lui guarda smarrito; prima Taro poi Tsubasa e dopo esclama “Allora è grave davvero”
Gli altri due annuiscono.
 
 
Tsubasa
 
Genzo l’ha travolta, lei spiazzata si è leggermente allontanata da lui quando l’ha chiamata Anego.
 
Non ricorda neppure questo, però mi fa sorridere ha allargato le gambe, le mani sui fianchi e broncio inconfondibile, la sua mente non ricorda, ma il suo corpo ricorda eccome, eccola lì: Anego in tutto il suo splendore.
 
Esplodiamo in una risata tutti e tre, mentre lei ci guarda contrariata.
“Beh che avete da ridere voi tre!” borbotta.
Quindi le spieghiamo del perché la chiamiamo Anego, e devo dire che imbronciata è ancora più bella.
 
La serata trascorre tra chiacchiere più o meno scherzose, finché arriva il momento di tornare ognuno alle nostre dimore.
Genzo ci sta già provando con Michelle, come suo solito, io sono qualche passo indietro con Sanae e Taro.
Tutti insieme saliamo nell’auto che Genzo ha preso a noleggio, sia mai che lui possa usufruire di un taxi.
 
Quindi accompagniamo le ragazze a casa, appena scendono dall’auto esco un attimo anch’io, perché voglio chiederle se domani posso passare a prenderla.
 
Siamo sul marciapiede, Michelle saluta tutti ed entra nel portone lasciandolo accostato, dopo aver detto a Sanae “Ti aspetto di sopra”.
 
Siamo l’uno di fronte all’altra imbarazzati, lei mi sorride, ma non parla, finalmente prendo coraggio ed inizio “Senti pensavo, se sei d’accordo, domani ti passo a prendere e … magari proviamo a tornare sul luogo dell’incidente, per capire il perché tu ti trovassi lì, sai gli Champs-Élysées sono vicini a casa di Taro, forse stavi andando a trovare lui?”
Mi guarda perplessa.
“Siamo così tanto amici, che io posso permettermi di andare a casa sua senza avvisarlo?”
“Sì, anche con Genzo per l’esattezza”
“Accidenti, allora anche con te immagino?”
“No, con me no, non ti ho mai detto dove abito” ammetto tristemente.
“Ahhh ok, allora a domani” dice allontanandosi di qualche passo con uno sguardo turbato dall’ultima risposta: credo.
 
“Ok a domani” rispondo compiendo lo stesso gesto, lei si volta e prosegue verso la scalinata, io la guardo per assicurarmi che entri nel portone sana e salva, poi quel gesto improvviso, si volta di nuovo, corre nella mia direzione, si aggrappa al mio collo e mi stampa un sonoro bacio sulla mia guancia destra, mormorando un fugace “Grazie di tutto Tsubasa” non faccio neppure in tempo a realizzare che già saltella di nuovo sulle scale e sparisce dietro al portone.
 
Resto imbambolato per un tempo che non so calcolare, visto che ad un certo punto Genzo dall’auto tuona “Ehi innamorato la porta è chiusa tanto domani la rivedi, alza il culo e sali in auto: forza!”.
 
Mi riscuoto e salgo in auto, mentre sento i miei compagni di nazionale sghignazzare divertiti.
“Che avete da ridere?” bofonchio.
 
È Taro a parlare “Tsubasa anche se ha picchiato la testa e non si ricorda di te, s’innamora comunque di TE è incredibile, siete proprio destinati”
“Ah piantatela” li ammonisco.
“Ozora, ti è andata bene che ha perso la memoria dopo tutto quello che le hai fatto passare, se fosse stata Anego in carne ed ossa ti avrebbe fatto patire le pene dell’inferno prima di averla tra le tue braccia” esplode Genzo in una fragorosa risata.
 
Con questa verità torniamo verso l’albergo pensando che … non vedo l’ora che sia domani.
 
 
Sanae
 
Salgo le scale di corsa il mio cuore sembra impazzito, non so che cosa mi sia preso, sono tornata indietro e gli ho dato un bacio sulla guancia, devo essere ammattita, ma lui … lui … mi fa battere forte il cuore e non vedo l’ora che sia domani.
 
Entro in camera e Michelle mi guarda strana, le mie guance si imporporano di rosso, lei si avvicina ed inizia a sorridere per poi esclamare “Non posso crederci: sei la prima manager di quel gruppo di ragazzi strafichi?!”
“Michelle piantala” l’ammonisco sorridendo.
“Beh Sanae adesso non venirmi a dire che tra te e il Capitano non c’è niente” mi canzona.
“Il Capitano?”
“Sì, quando siete usciti Taro mi ha detto che Tsubasa è il Capitano della nazionale Giapponese”
 
Improvvisamente ricordo il sogno fatto in cui ho riconosciuto Ryo, e la consapevolezza di me stessa che pensava al Capitano, il mio Capitano.
E per la prima volta dal giorno dell’incidente sono felice, tremendamente felice.

Vado in bagno, mi sistemo per la notte, e finalmente a quasi un mese dall'incidente, la faccia che si riflette nello specchio non è più così sconosciuta, ho degli amici, ho una famiglia, ho un impegno molto importante, sono la manager della nazionale giovanile, quindi non sono una brutta persona … mi ero soltanto persa, ma adesso qualcuno mi ha ritrovato e questo qualcuno mi piace molto.
 
Mi addormento e do un volto a colui che corre dietro al pallone e che io guardo da fondo-campo con amore, ed ora finalmente capisco le sue parole, sono io che sono sempre stata persa di lui, e non il contrario, ma magari adesso è cambiato qualcosa, lo spero vivamente.
 
 
Tsubasa
 
Convincere gli altri a lasciarle respiro, proteggerla dal loro assalto non è stato facile, ma quando ho spiegato loro le sue parole, i suoi timori per la sua memoria finalmente hanno capito, e anche se canzonandomi all’infinito mi hanno lasciato andare, sono sotto casa di Michelle e la sto aspettando appoggiato all’auto che mi ha prestato Genzo, ha tuonato “Non penserai mica di andare a prenderla con un taxi vero? O a piedi: giammai!” mi ha intimato mettendomi le chiavi in mano.
 
Si apre il portone e quello che vedo mi fa battere forte il cuore come non mai, vorrei correre lì e baciarla, ma non posso, prima deve ricordare e dopo … cerco di scacciare il pensiero di noi due e aprendo la portiera la invito a salire.
 
Ha un paio di pantaloncini di jeans corti le gambe affusolate in bella mostra, una maglietta bianca con un grande cuore rosso sopra con scritto I love Paris, in testa un foulard rosso a pallini bianchi che le tiene i capelli come un cerchietto è legato dietro la nuca che scende lungo la schiena, è così fresca e giovanile.
 
“Ciao, che cavalleria” esclama mentre sale in auto.
“Riposato bene stanotte?”
“Benissimo” dice dedicandomi un sorriso mentre chiudo lo sportello e vado al posto del guidatore.
 
Scivoliamo per le vie di Parigi ascoltando musica e chiacchierando del più e del meno. Parcheggio sotto casa di Taro e a piedi ci dirigiamo verso il luogo dell’incidente, le nostre braccia si sfiorano più volte, non resisto ed intreccio le mie dita alle sue, lei si volta e mi sorride ed il mio cuore esplode. Le sue dita stanno toccando le mie in un leggero massaggio, che mi fa sentire brividi lungo tutta la schiena, vorrei tanto dirle quello che provo.
 
 
Sanae
 
Lo guardo di sottecchi, ha dei jeans che mettono in risalto le forme perfette del suo sedere, la maglia del Barca che indossa invece fa risaltare i suoi addominali perfettamente scolpiti dagli allenamenti, si vede che fa sport: cavolo se si vede!  
Mi ha preso per mano, le dita si sfiorano, si toccano, giocano, ed io lo adoro. Arriviamo al punto incriminato, dove mi sono fatta male e ho perso la memoria. Restiamo come sospesi, lo sento aspetta che io dica qualcosa, poi ancora la pubblicità con gli alberi di ciliegio, e l’immagine che l’altra volta era soltanto una macchia blu, adesso è nitida: io e lui che stiamo andando da qualche parte, lui con la divisa scura della scuola.
 
“Possibile che una volta io e te siamo stati a passeggio sotto i ciliegi?” domando indicando il cartellone pubblicitario.
 
Mi guarda perplesso lo vedo cerca di ricordare, poi infine risponde “Certo, mi hai accompagnato dal medico, mi ero fatto male ad un piede … come al solito del resto, tu mi hai sempre curato e sostenuto” il suoi occhi nei miei … meraviglioso.
 
Sento le mie guance andare a fuoco poi mormoro “Praticamente ero sempre tra i tuoi piedi peggio di una stalker”
Esplode in una risata ed è bellissimo.
“Praticamente sì, anche se sei una stalker piacevolissima, Sanae”
E mi perdo in quello sguardo profondo, che sta dedicando soltanto a me. E il mio nome, il mio vero nome pronunciato dalla sua bocca è stupefacente.
 
Passeggiando siamo arrivati sotto la Torre Eiffel, la guardo da sotto rapita da tanta grandezza, è tutto così perfetto, così romantico, la sua mano ancora nella mia mentre lo sento esclamare “Saliamo?”
 
Annuisco, quindi ci dirigiamo verso la biglietteria e dopo sull’ascensore che ci porta fino in cima sulla vetta della torre, questa ci regala un panorama mozzafiato.
 
Siamo appoggiati alla balaustra quando lui riceve una telefonata. Osservo la città che si apre ai miei occhi e ascolto a tratti.
“No, non posso tornare in Spagna, vi ho già detto che ho un impegno”
…………
“Sì, ho capito che la riunione è importante, ma questa cosa è più importante della riunione, per questo ho chiesto dei giorni di riposo, ho dei problemi personali che devo risolvere … no, non posso tornare!”
………..
“Ti ringrazio Rival, ok domani ti darò la risposta definitiva”
 
“Problemi?” chiedo preoccupata, si sta passando una mano tra i capelli, oramai questo gesto lo riconosco, anzi l’ho riconosciuto ancora prima della mia memoria in realtà.
“Il Presidente ha indetto una riunione di tutti i giocatori per sabato e dovrei esserci anch’io per l’esattezza”
“E allora vai scusa dov’è il problema?!”
“Il problema è che non voglio lasciarti sola, ed andare a Barcellona in poco tempo non è proprio possibile”
“A Barcellona?”
“Gioco nel Barca ricordi? Sono un giocatore professionista ormai”
“Già scusa troppe informazioni tutte insieme, perdo i pezzi, ed ora capisco questa maglietta” ammetto toccando con due dita il sul torace, si passa nuovamente le mani tra i capelli, è imbarazzato, ma improvvisamente l’espressione cambia e dopo parla “Vieni con me a Barcellona, ho una camera degli ospiti, puoi dormire lì, la riunione durerà soltanto un’ora al massimo due, e dopo posso farti vedere Barcellona, così quando vorrai invece di Taro o Genzo potrai venire anche da me, allora che ne dici?”
 
Faccio giusto finta di pensarci un attimo, perché muoio dalla voglia di stare con lui e di vedere il suo mondo.
 
I miei occhi si stringono fino a diventare due fessure, poi divertita mormoro “Non è che ci stai provando con me Ozora vero?”
 
Arrossisce, poi mi ammonisce “Piantala ed io che volevo essere carino uff”
 
“Scherzo, accetto molto volentieri, c’è solo un problema sono senza documenti, senza soldi e pure senza vestiti, tutto quello che vedi me lo ha prestato Michelle”
 
“Bene allora abbiamo trovato che cosa fare oggi, andiamo a fare shopping” dice prendendomi nuovamente per la mano e trascinandomi giù dalla Torre Eiffel di corsa.
 
“Prometto che poi ti rendo tutto” gli urlo praticamente dietro.
“Ah finiscila, non sono questi i problemi, mi pagano molto bene non preoccuparti”
“Insisto” mi blocco e metto le mani ai fianchi.
Lui mi guarda sorridendo “Anego non fare la testona”
“Non faccio la testona!” dico incrociando le braccia al petto.
“Ah no? Allora guardati” mi incita.
 
E ha ragione il mio corpo ha assunto una posizione decisamente poco socievole.
 
Esplodiamo in una risata mentre dico più a me stessa che a lui “E così questa è Anego …”
“Già la Anego che io ho conosciuto subito il primo giorno che sono arrivato nella tua cittadina”
“Oddio ti ho trattato male?” chiedo quasi impaurita.
“Giusto un pochino” ammette candido indicando la quantità con le dita.
“Che cosa è successo?”
“Vuoi davvero che te lo racconti o aspetti la tua memoria?”
 
La domanda mi spiazza, ci penso un attimo, lui attende, poi rispondo “La curiosità mi mangia te lo confesso, ma preferisco aspettare”
 
Annuisce e sorride, oddio quelle labbra potrei morire per quelle labbra, non riesco a smettere di guardarle, i miei occhi si sono fissati proprio lì, mentre la voglia di baciarlo m’invade la testa, il mio corpo si muove da solo verso di lui non riesco a fermarlo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 06 ***


Tsubasa
Ti prego, non farlo, non farlo, altrimenti non resisto, lo so che non resisto, mi sta fissando la bocca mentre lentamente si avvicina, le sue labbra protese le sue mani sulle mie spalle, ho un fremito, mentre il mondo intorno a noi scompare, il silenzio invade la mia testa, avverto soltanto il mio cuore e il suo respiro che adesso è accelerato all’improvviso, poi le nostre labbra si toccano, è morbida, tremendamente morbida, è calda, profuma di fragola, evidentemente il leggero lucidalabbra che indossa emana questo profumo. Le mie mani intorno alla sua vita, il suo corpo sul mio, la sento premere ancora di più, ma in un momento di lucidità mi discosto e appoggio la fronte alla sua ansimando.
“Sanae io …”
“Scu … scusa non so che mi sia preso” dice allontanandosi immediatamente, ma io la trattengo.
“Aspetta fammi finire, io sarei felicissimo di … di approfondire questo discorso, ma vorrei anche che tu prima riacquistassi la memoria, perché onestamente non so neppure se tu abbia un ragazzo in Inghilterra”
 
La vedo, cambia espressione, non ci ha pensato, credo che non lo abbia altrimenti Genzo o Taro me lo avrebbero detto, ma non possiamo esserne certi.
 
“Hai ragione, anche se credo che se avessi avuto un ragazzo, magari lui avrebbe saputo dove stavo andando e mi avrebbe cercato non credi?”
 
“Sì, questo non fa una piega, allora sei single, come me” dichiaro risoluto, la lascio, meglio far sbollire l’eccitazione che mi sta invadendo, il momento è passato e spero che non capiti nuovamente una situazione del genere.
 
Poi sento una strana agitazione se penso che dormirà a casa mia per due notti, saremo soli, ma … oddio non voglio pensarci mentre inizio a credere che non sia stata una buona idea chiederle di venire in Spagna.
 
 
Pochi giorni dopo Aeroporto Parigi
 
Sanae
 
“Si avvertono i signori passeggeri che tra poco chiuderà l'imbarco per il volo delle 14 diretto a Barcellona” gracchia una voce nell’altoparlante.
 
Superiamo i controlli e ci mettiamo seduti ai nostri posti, siamo in prima classe non ricordo esattamente se ci sono mai stata, mi guardo intorno come una bambina che ha ricevuto una bambola nuova.
 
“Visto che ce l’abbiamo fatta!?” esclama Tsubasa rilassandosi sulla poltroncina vicino alla mia, dopo l’enorme corsa che abbiamo fatto.
 
“Non mi capacito ancora di come Genzo sia riuscito ad avere i miei documenti in tempo” dichiaro ancora stupita ricordando il rocambolesco passaggio di fogli tra lui, l’avvocato, e noi, che siamo passati a prenderli praticamente al volo. Avvampo ancora all’idea delle frecciatine che ci ha tirato in continuazione mentre ci allontanavamo con i documenti.
 
“Chi l’SGGK? È un uomo pieno di risorse sappilo!” ammette divertito.
“Ah me ne ricorderò se avrò bisogno in futuro stanne certo”
 
Sono dal lato del finestrino, praticamente sono appiccicata al vetro che guardo di sotto. Sento una mano che si posa delicatamente sulla mia spalla “Ti piace?” mormora al mio orecchio facendomi avvertire un brivido. Annuisco e torno a guardare fuori, meglio evitare troppi contatti o finirà come sotto la torre a Parigi.
 
Stiamo per atterrare quando Tsubasa inizia a parlare ed è serio, quindi mi preoccupo.
 
“Ascolta Sanae c’è un problema, io a Barcellona sono molto famoso, tutti sapranno del mio rientro, ci sono due strade, se esci con me, sappi che ti investiranno di domande e foto, insinuando non si sa quali idiozie, inoltre sei scomparsa per quasi un mese e già fai notizia da sola”
Annuisco.
“Altrimenti con questo biglietto puoi passare dall’uscita destinata a noi giocatori, sopra c’è scritto il numero del mio posto auto in aeroporto, io cerco di liberarmi in fretta e ti raggiungo all’auto, queste sono le chiavi … a te la scelta”
Ci penso un attimo, e credo che la seconda opzione sia la più agevole per entrambi.
Quindi afferro le chiavi ed esclamo “Opzione due, credo sia la più ragionevole per tutti”
“Ok vada per la seconda scelta allora” e sorride … ma quanto è bello quando sorride?.
 
Allacciamo le cinture e la discesa inizia, l’atterraggio avviene in maniera impeccabile.
 
Quindi togliamo le cinture prendiamo il bagaglio a mano e ci avviamo verso l’uscita, in quel momento lui mi prende per mano.
 
Mi blocco e lui con me si volta “Beh che c’è?” domanda candido.
“Se ci teniamo per mano sarà difficile giustificare che siamo solo amici non credi?”
 
Mi lascia come se si fosse scottato, mormorando imbarazzato “Scusa è quasi un'abitudine oramai” sorride poi aggiunge “Ci vediamo al parcheggio va bene?”
“Va bene”
 
Lascio passare due o tre persone e poi esco anch’io.
 
Quando vedo che dopo l’uscita dal gate una folla spaventosa lo investe, sono ben felice di seguire le istruzioni ed aspettarlo in auto.
 
Arrivo al posto con il numero assegnato e lo guardo due o tre volte prima di capire che sia davvero quello.
 
Premo l’apertura sulla chiave e quando le frecce lampeggiano ho la certezza che quest’auto Audi R8 nera sia la sua, apro e mi sistemo sul lato passeggero, aspetto, per fortuna i vetri sono oscurati, ed adesso che ho visto tutta quella folla capisco anche il perché.
 
Passano circa dieci – quindici minuti, quando lo intravedo arrivare di corsa, dietro c’è qualcuno, si infila al volo in auto, chiudendo sia la portiera che le serrature “Abbassati!” mi intima, ed io non me lo faccio ripetere due volte, mette in moto e sgomma, mentre vedo le luci dei flash investire l’abitacolo.
 
“Adesso puoi metterti comoda, scusami” esordisce dopo poco.
“Figurati, non credevo che tu fossi così famoso” esclamo guardando nello specchietto laterale i giornalisti che finalmente si sono arresi.
“Ti dispiace se passiamo un attimo dal Camp Nou? Devo controllare una cosa?”
“Ci mancherebbe siamo qua per lavoro giusto?”
“Giusto”
 
Quindi percorriamo le vie velocemente fino ad arrivare all’imponente struttura del campo da calcio, entra in un cancello riservato ai soli giocatori ed i flash dei fotografi appostati fuori finalmente ci abbandonano.
 
 
Tsubasa
 
Sono in panico, portarla subito a casa mi ha messo un'angoscia incredibile, quindi come al solito mi rifugio in quello che so fare meglio, quello per cui sono nato, il calcio.
 
Scendo vado al suo lato e le apro la portiera, lei mi segue tutta saltellante mentre esclama aggettivi di stupore osservando il campo enorme di fronte a lei.
 
Ha un leggero vestitino lungo fino al ginocchio, è bianco attillato e le calza a pennello.
 
Prendiamo la via degli spogliatoi, mentre le spiego tutto, mi soffermo un attimo al mio armadietto e prendo la lettera indirizzata a me per la riunione di domani, non che fosse necessaria, ma lei questo non lo sa.
 
Dopo percorriamo il tunnel sotterraneo ed entriamo nel cuore dello stadio, ed una volta che arriva a pestare l’erba si blocca improvvisamente, chiude gli occhi, allunga una mano sembra quasi che stia cercando appoggio, quindi le offro il mio braccio e sento che ci si adagia totalmente.
“Ehi tutto bene?”
Respira velocemente, apre gli occhi ed imbambolata verso il campo esclama “Io ho avuto come un flash improvviso di te e Taro che tirate insieme in porta”
“Quello è il famoso tiro combinato della Golden Combi mia cara, siamo famosi sai?”
“Non ne dubito, comunque questo campo è bellissimo, mi piacerebbe vederti giocare”
Le prendo una mano “Signorina Sanae alla prossima partita riceverà un biglietto per la tribuna d’onore, garantito” dico portando la mano la petto in segno di giuramento.
 
“Ok signor Ozora, non vedo l’ora di assistere alle sue prodezze”
“Fa strano Sanae, parli come se tu non mi avessi mai visto ed invece … sei stata la mia prima fan”
“Davvero?”
“Davvero fascetta rossa in testa divisa da maschiaccio e bandiera che sventola e tu che urli a squarciagola il mio nome, facendomi tutte le volte arrossire dalla punta dei piedi a quella dei capelli”
 
Si nasconde la faccia tra le mani, mentre la sento mormorare “Oddio che vergogna”
 
“Ah, ma no … diciamo che sei sempre stata molto folkloristica” dico esplodendo in una risata.
 
Lei per tutta risposta mi molla un cazzotto sul braccio, per poi erompere in una risata cristallina.
 
“Andiamo a casa?”
“Ok vediamo l’Ozora come se la cava con le pulizie di casa, fai il casalingo?” mi canzona.
“Ti confesso una cosa – dico avvicinandomi al suo orecchio – ho una signora gentilissima che due volte a settimana viene a darmi una mano e cucina qualcosa di commestibile” ammetto orgoglioso.
“Allora immagino che troveremo l’appartamento in modo impeccabile e magari con qualcosa di cucinato: confessalo!” intima puntando il suo indice sotto al mio naso.
“Mi arrendo, ebbene sì, mi hai scoperto, ho avvertito la signora due giorni fa, e le ho detto di sistemare alla perfezione la camera degli ospiti”
 
Mi fissa intensamente, già la camera degli ospiti, stessa casa, stesso luogo, sarà difficile, difficilissimo.
 
“Stai facendo troppo”
Le sollevo il mento con due dita.
“Dovevo farlo prima” e le regalo un bacio sulla nuca, mentre lei mi abbraccia forte.

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Capitolo 7
*** Capitolo 07 ***


Questo capitolo è dedicato ad una persona che sta attraversando un periodo 'particolare'.
Mi ha confessato che leggere questa storia la distrae, quindi godila tutta e buona distrazione.
Spero così di allietare almeno un pochino la tua giornata.
Un abbraccio.
Sanae77





Sanae
 
Tutto così veloce, così concitato, i fotografi e giornalisti anche di fronte alla sua abitazione, scivola l’auto nel parcheggio sotterraneo e posso solo immaginare se sapessero che dentro c’è una ragazza che dorme a casa del fantasista del Barca, si scatenerebbe un putiferio.
 
Le porte del garage si chiudono celandoci al mondo esterno, quindi prendiamo l’ascensore che diretto ci conduce dentro l’appartamento “Permesso” chiedo appena varcata la soglia, lancia qualcosa su divano mentre esclama “Fa come se fossi a casa tua, scusa un attimo vado a posare le valigie” e sparisce dietro ad una porta.
 
Resto un secondo stordita dal suo improvviso comportamento mentre a lenti passi mi dirigo verso la sala.
 
Tutto è arredato in maniera molto semplice e pulita, il tono principale è il bianco, tocco il divano passando da dietro, è di pelle, anche questo bianco latte, di fronte un mega schermo TV, immagino per le partite. Alle pareti delle foto: lui da piccolo, lui con il pallone, con la squadra varie foto, sempre con gli amici e il fedele pallone al centro di tutte, una attira la mia attenzione più delle altre, una ragazzina in piedi sulla balaustra con nastro rosso battagliero legato in fronte e divisa blu da maschiaccio, che sventola una bandiera più grande di lei, ed è in questo preciso istante che un altro flash mi investe.
 
La stessa ragazzina ripresa nella foto adesso sta guadando quello che nella foto non si vede, e cioè un grande prato verde tempestato di giocatori, ed uno sguardo rivolto ad un giocatore soltanto, uno solo: Tsubasa Ozora.
 
Ed assaporo tutto quello che ho provato in quell’istante, ho sempre amato Tsubasa fin da piccola, ma allora perché solo adesso lui … mi appoggio alla parete un altro flash, una fermata del bus, lui che mi saluta e mi dona il suo fedele amico “Dove diavolo sei andato?” domando alla foto che lo rappresenta sorridente e con una coppa in mano.
“Come dicevi scusa?” sobbalzo perché non mi aspettavo di averlo alle spalle.
“Scusa non volevo spaventarti” aggiunge.
 
“Tsubasa dove sei andato?” chiedo improvvisamente, lui cambia espressione “Hai ricordato vero?”
“No, ho sono un ricordo di noi due che ci salutiamo e tu che mi regali il tuo pallone”
“In Brasile Sanae e ci sono rimasto per molti anni”
“E non ci siamo più sentiti?”
“Poco, per questo ti ho detto che la colpa è solo mia, ma andare così lontano per fare carriera, non mi ha dato tempo di fare altro, di … di dedicarmi … a te”
 
I suoi occhi nei miei, il mio cuore effettua una capriola con triplo salto mortale, ma è ancora lui ad interrompere il momento esclamando “Vado in cucina a preparare per la cena” mi volta le spalle e sparisce dai miei occhi.
 
 
Tsubasa
Una strana agitazione m’investe appena varchiamo la soglia di casa, siamo soli ed io ho voglia di lei, devo darmi subito una calmata, quindi anche se poco educatamente mi congedo con una scusa e vado in camera a posare le borse da viaggio, inizio a passeggiare per la stanza in cerca di un po’ di tranquillità e più volte passo di fronte allo specchio incastonato nell’anta dell’armadio, mi guardo auto convincendomi di restare tranquillo e che sono solo due notti “Rilassati!” dico al mio riflesso, fosse facile!!!
 
Torno in sala e lei fissa le foto incorniciate ed appese alla parete, la vedo distintamente che sta ricordando delle cose, poi la domanda temuta “Dove diavolo sei andato?”
 
Vorrei darmi una martellata in testa da solo, per averti fatto soffrire con la mia partenza ed ora che hai trovato la tua strada, che ti sei iscritta all’università, piombo nella tua vita e distruggo tutto, se questo maledetto incidente non ci fosse stato, tu adesso non saresti qua.
 
Il suo sguardo è incollato al mio dopo le mie risposte, il cuore lo sento sino nelle orecchie, ma spezzo il momento, perché voglio che tu ricordi tutto, anche quanto ti ho fatto stare male.
 
Quindi vado in cucina a preparare … quello che in realtà è già pronto.
 
La sento sospirare è dietro di me, volto leggermente la testa e vedo che è appoggiata allo stipite della porta.
 
“Perché tutte le volte fuggi?” diretta, precisa, tagliente, ho Anego di fronte, ne sono consapevole.
“Non fuggo; voglio che TU ricordi tutto Sanae”
“Non mi sembri un mostro Tsubasa” mi ammonisce.
 
Lascio stare quello che stavo facendo e mi avvicino a lei “Sai perché forse eri a Parigi?”
Nega con la testa.
“Te lo dico io: molto probabilmente stavi andando da Taro a sfogarti per la centesima volta sul perché io non ti consideravo?”
 
Spalanca gli occhi e mormora “Ero a questi livelli? Io … appena ho visto quella foto in sala di me con la bandiera, io … io fin a da piccola ho sempre seguito te” intanto lentamente si sta avvicinando a me.
 
“Ed io come uno scemo me ne sono reso conto soltanto quando sei scomparsa, ho capito quello che provavo per te, quindi dentro il tuo cuore da qualche parte c’è anche tanta rabbia, rabbia nei miei confronti, non voglio che tu la dimentichi, voglio che venga fuori prima di …”
 
“Prima di? Ti prego continua” dice afferrandomi per la maglia con le mani strette a pugno.
 
“Prima che sia troppo tardi” e la bacio perché ormai è già tardi.
 
Cede, la sua bocca è morbida, la sua lingua s’incastra alla perfezione con la mia, siamo fatti l’uno per l’altra ed anche se lei ha dimenticato il passato, nel presente si è innamorata nuovamente di me, davvero siamo destinati ha ragione Genzo. Penso questo mentre sollevandola mi sto dirigendo verso la mia camera, ho come l’impressione che la camera degli ospiti resterà inviolata ancora per molto.
 
La distendo sul letto mentre contemplo le sue forme fasciate nello splendido abito bianco che ancora indossa, anche se per poco.
 
Con le mani ha afferrato la mia maglia facendola scivolare sopra la mia testa, dopo averla gettata a terra, imito il suo gesto facendo scomparire il suo vestito.
 
Scaccio via anche i pantaloni che ancora indosso, mentre torno su di lei che giace sotto di me con uno splendido completo bianco, come la neve, ci spogliamo a vicenda, la nostra pelle si sfiora, si cerca, mentre muoio nei suoi baci.
 
Non ho mai avuto tempo per le ragazze, non ho mai cercato altre, forse aspettavo semplicemente lei.
 
E credo che sia stata la scelta più sensata della mia vita, perché il mio cuore non ha mai battuto così velocemente, neppure dopo una vittoria importante.
 
I nostri sessi si sfiorano, non sono esperto, la paura di sbagliare qualcosa, il timore di farle male, poi la domanda, doverosa, di rito “Sanae è la tua prima volta?”
 
Sorride, scuote la testa, poi esclama “Non lo so, non lo ricordo”, ci ridiamo su insieme quindi le mormoro.
“Facciamo finta che lo sia, visto che per me è la prima” ammetto arrossendo.
Un OH si stampa sul suo volto ed annuisce.
 
 
Sanae
 
La domanda “Sanae è la tua prima volta?”
Francamente non lo so, e mi viene da ridere, per non piangere, poi la sua frase e il mio cuore si scioglie, certamente è la SUA prima volta.
Non penso più a niente, mentre la fusione con lui è totale.
Mentre i nostri corpi si muovono all’unisono.
Mentre l’amore mi esplode dentro.
Mentre il mio cuore si unifica al suo battendo allo stesso ritmo.
Mentre suonano la stessa melodia.
Le nostre bocche si cercano, si trovano, si assaporano, si mordono, in dolci pressioni che fanno rabbrividire il mio corpo e il suo corpo.
L’unione è totale perfetta, unica.
Lo amo da sempre e per sempre.
Siamo destinati, io sono sua e lui è mio.
 
Restiamo abbracciati così per molto tempo, finché la fame ci sorprende e costringe ad uscire dal nido che ha visto sbocciare il nostro amore, ci rendiamo conto che le candide lenzuola, non sono più così candide, evidentemente era la prima volta anche per me.
 
 
Tsubasa
 
Siamo in cucina stiamo mangiando, siamo affamatissimi, dopo il pomeriggio trascorso tra le lenzuola, Sanae indossa la mia maglietta del Barca, le copre solo fin sotto il sedere ed è vero che è pochissimo che abbiamo fatto l’amore, ma vorrei già tornare con lei nel letto per assaporare ancora il suo corpo i suoi baci.
 
“La smetti di fissarmi così?” mi dice agitando la forchetta di fronte al mio viso, le sue guance sono arrossate di nuovo, è imbarazzata.
 
“Sei bella non posso farne a meno” dico alzandomi e raggiungendola da dietro, le cingo la vita e le bacio collo.
 
“Capitano allora un po’ di contegno torni a mangiare e non importuni la manager” mi ammonisce sorridendo, anche se l’inclinazione del collo è aumentata non credo che in fondo le dispiaccia.
Sorrido sulla sua pelle.
“La manager è troppo sexy vestita così, il Capitano si distrae … e non va bene!”
“Ma se indosso soltanto una maglietta larga”
“Appunto” giro lo sgabello sul quale è seduta e mi ritrovo di fronte la sua bocca che sta assaporando una ciliegia.
 
Mi fisso ancora una volta sulle sue labbra rosse come il frutto, per l’amore appena vissuto. Mi chino leggermente e la bacio lei allarga le sue gambe permettendomi di aderire ancora di più al suo corpo ed io trovo che sia il posto più bello del mondo, la sollevo sorreggendola per i glutei, lei ha le braccia strette al mio collo, il suo seno, anche se coperto dalla stoffa, lo sento sul mio torace nudo, visto che indosso soltanto i pantaloni.
 
Mentre la conduco ancora una volta nella mia camera, noto dalla finestra che la sera è già calata e Barcellona risplende sfavillante con milioni di luci.
 
La notte che ci attende sarà lunga, ma adesso ho lei tra le mie braccia, l’agonia di non sapere dove fosse, di averla persa è finita, adesso siamo soltanto noi e spero che sia per sempre, penso questo mentre i nostri corpi si fondono nuovamente.
 
 
Sanae
 
Apro gli occhi il sole è già alto nel cielo, perché dalla finestra entra molta luce, mi volto verso l’altro posto del letto e noto che è libero, mi metto seduta mentre con le braccia trattengo il lenzuolo, sotto sono nuda.
 
Sul suo cuscino una lettera ed una rosa, rossa. Prendo la lettera e la apro, la sua calligrafia incasinata, come i suoi capelli mi colpisce subito, e un nuovo flash m’invade, io e lui che facciamo i compiti.
Mi rendo conto che alla fine lui è sempre stato presente nella mia vita, come ho fatto a dimenticarlo?
 
Sono alla riunione, torno presto.
Ti amo.
 
Mi ama.
 
Guardo la doccia e indugio nell’entrare perché mi dispiace togliere l’odore di lui, l’odore dell’amore, scuoto la testa, tra poco tornerà e sentirò ancora il suo profumo sulla pelle, quindi entro e mi rilasso pensando a cosa cucinare per pranzo.
Esco mi asciugo e indosso la biancheria, ma al momento di mettere i vestiti scelgo ancora la sua maxi maglia del Barca, adoro il suo profumo su di me, ed appena faccio passare l’indumento dalla mia testa, l’odore m’investe riportandomi a stanotte: a noi. Sono felice, come non mi sentivo da tempo, asciugo i capelli e mi affretto ad andare in cucina voglio preparare qualcosa per lui.
Accendo lo stereo di sala a tutto volume ed inizio a sminestrare tra fornelli e pentole, mentre canto a squarciagola.
 
Tsubasa
La riunione come al solito è stata noiosa e lunga, è quasi l’ora di pranzo e mi dispiace per lei che è dovuta restare a casa da sola, salgo in ascensore e via via che i piani si susseguono la musica si fa sempre più insistente. La porta si apre e il frastuono m’invade la testa “Ma che diamine” esclamo mentre a grandi falcate raggiungo la cucina, ma mi blocco all’istante, appoggiandomi allo stipite della porta, inizio a sorridere guardando lei di spalle che sculetta con la mia maglia e canta con un mestolo, è troppo buffa.
Resto immobile ad osservare mentre penso che vorrei tornare sempre a casa è trovare un siparietto così, è da ieri che siamo insieme e vorrei che non se ne andasse mai più.
La maglia come ieri sera è comunque troppo corta, sospiro, non riesco a togliere il mio sguardo da un punto ben preciso, improvvisamente si volta, si spaventa e grida “Ahhh” poi fa due passi indietro inciampa nel pattumiera e si sbilancia: sta per cadere a terra, ma veloce come un fulmine le afferro una mano impedendole di finire sul pavimento.
La tengo saldamente per i fianchi facendola aderire al mio corpo mentre sussurro sulla sua bocca “Scusa se ti ho spaventata”.
“Non è successo niente Capitano” la bacio, mi distacco da lei ed esclamo
“Che stai combinando?”
“Cercavo di preparare qualcosa di commestibile”
“Mh dal profumo direi che ci sei riuscita, sai che è proibito girare per casa solo con la mia maglia?” dico fissandola intensamente negli occhi. Arrossisce, ed io trovo che sia fantastica, la bacio ancora ed una volta libera dalle mie labbra dichiara. “La tua maglia mi dona ho intenzione di metterla altre volte se proprio vuoi saperlo”
“Ehi calma calma – dico puntando un dito al suo naso – solo in casa però, e solo per me”
“Agli ordini Capitano” esclama mentre scatta all’istante un saluto militare.
“Sai che Ti Amo?”
“No, anche se stamani l’ho trovato scritto su un bigliettino – sorride maliziosa mentre fa finta di pensarci – per caso era tuo?” perde tempo aggrappandosi al mio collo.
“Sì, Ti amo Sanae” il mio sguardo imprigionato nel suo, il cuore galoppa veloce mentre lo sento unificarsi al suo battito.
“Ti amo anch’io Capitano”
La carico sulle spalle, ma si ribella, debolmente perché vede che mi sto dirigendo in camera da letto.
 
Due giorni in Spagna e l’ho vista rifiorire tra le mie braccia, sembra felice e quando l’altra sera le ho proposto di andare in Giappone invece di tornare in Francia ha acconsentito; al solo patto che non lo facciamo sapere a nessuno, vuole tornare nei luoghi della sua infanzia solamente con me, vuole ricostruire il suo passato con me, ed io l’aiuterò in questo percorso.

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Capitolo 8
*** Capitolo 08 - Epilogo ***


Un doveroso ringraziamento a tutte le persone che hanno seguito la storia, che nata per scherzo, per staccare dalla Cupola non pensavo davvero potesse avere tutti questi lettori.
Grazie grazie davvero
Un abbraccio
Sanae77




Nankatsu
 
Tsubasa
Siamo sbarcati da poco ed abbiamo preso un taxi per condurci alla nostra città natale, questo si ferma al Belvedere, noi scendiamo, lei si aggrappa al mio braccio, sembra cercare sostegno mentre ci avviamo verso la balaustra, la nostra cittadina dall’alto è ancora più bella.
 
Mi volto un attimo ed osservo la leggera brezza scompigliare i suoi capelli, sta guardando lontano, poi allunga un braccio ed indica qualcosa al centro della città, so perfettamente cosa sia, impossibile non riconoscerla.
 
“La villa di Genzo” esclama felice della propria scoperta.
 
“Già, come si può dimenticare l’elemento principale del nostro paese e del suo portiere, quante volte siamo andati lì a divertici?” sorrido, e sento lei fare altrettanto.
 
“Sta tornado tutto Tsubasa, come un puzzle si sta ricomponendo, tutto, ed ogni tassello sta tornado al proprio posto, sono così felice … grazie”
 
Mi volto “Non devi ringraziarmi”
 
“Certo che devo se non fosse stato per te, adesso non sarei qua” mi fissa leggermente imbronciata. Continuo a pensare che lievemente arrabbiata sia ancora più bella, mi sembra l’occasione giusta per proporre il prossimo passo, quindi affermo convinto
 
“Sei pronta per rivedere la tua famiglia e la tua casa?”
 
Annuisce.
 
“Con te sono pronta a tutto” mi abbraccia stretto ed io mi perdo nel profumo dei sui capelli, non riesco a capire come ho fatto a vivere senza di lei fino ad adesso.
 
Finalmente il taxi ci lascia di fronte a casa di Sanae, non ha detto neppure ai suoi genitori del suo ritorno, scendiamo dall’auto e prendiamo i bagagli.
La sento tirare un profondo sospiro, indugia, si guarda intorno smarrita.
 
“Se vuoi andiamo subito in albergo Sanae, magari torniamo domani?”
 
Nega “No, devo farlo, mia madre ha diritto di vedermi ed io di vedere lei” quindi a lenti passi sale i gradini di casa e vedo la sua mano tremante premere il campanello.
 
La porta si apre, è la madre di Anego, si blocca fissa la figlia e inizia a piangere ininterrottamente.
 
È immobile sulla porta, dopo allunga una mano e la tocca “Mamma” esclama e dal tono tremante e tenero credo proprio che il volto di sua madre abbia aperto una breccia nella sua memoria.
 
Vedo madre e figlia abbracciarsi caldamente ed avverto anch’io un groppo in gola per la tenerezza dell’immagine che ho di fronte.
 
Entriamo in casa, la madre prepara subito un te e ci fa accomodare in sala, mi chiede del mio lavoro, di come procede con la squadra del Barca, Sanae continua a guardarsi intorno incuriosita.
 
Poi si alza e raggiunge il mobile della sala afferra uno sportello e prima di aprirlo fa l’elenco di che cosa contiene “Album delle foto, servito dei piatti della nonna, tazze da te per dodici” poi spalanca l’anta e sorride “Sì, non è cambiato niente per fortuna”
 
“Mamma salgo in camera mia” grida alla madre mentre sale di corsa le scale e sparisce alla nostra vista.
 
Io e sua madre ci guardiamo divertiti, poi è la madre di Sanae a parlarmi.
“Come sta Tsubasa?”
“Direi molto meglio signora, adesso la vedo sorridere tutti i giorni, all’inizio non ha riconosciuto nessuno dei ragazzi, ma a distanza di giorni le cose sono migliorate esponenzialmente, il dottore lo aveva detto che piano piano avrebbe riacquistato la memoria, direi che aveva ragione”
 
“Tsubasa – il suo tono è cambiato quindi mi volto e la guardo direttamente negli occhi – ti ringrazio di esserti occupato di Sanae in questo periodo, credi che resterà a casa adesso?”
 
“Sinceramente non lo so, ha voluto prenotare una camera in albergo per non stare qua, ma adesso che l’ha riconosciuta francamente non so più che cosa voglia fare” dichiaro disarmato e preoccupato non so dove vuole arrivare sua madre vedo perfettamente che non ha finito.
 
“Tsubasa state insieme?”
 
Il te che stavo sorseggiando mi va di traverso, mentre sento le mie gote colorarsi improvvisamente, prendo un fazzoletto dal tavolo che ho di fronte e pulisco il piccolo disastro che ho appena combinato, istintivamente mi porto una mano dietro la nuca per toccare i miei capelli già incasinati, lei continua a fissarmi.
 
 
Sanae
 
Salgo le scale il mio cuore batte all’impazzata, quindi afferro sicura la maniglia della porta alla mia destra, sono consapevole che è quella della mia cameretta, quella a sinistra è la stanza di mio fratello … un pensiero HO UN FRATELLO … l’altra è quella dei miei genitori in fondo la porta del bagno. Tutto, conosco tutto ed è una sensazione magnifica ricordare anche una semplice disposizione delle stanze, non provare più la terribile sensazione di non appartenenza, di non sapere, di non conoscere, adesso so.
 
La maniglia scatta sotto la mia pressione e la porta si apre.
 
Di fronte a me la finestra con la scrivania dove tante volte ho studiato, a sinistra una scaffalatura piena di libri, molte foto appese alle pareti, e sulla destra il mio adorato letto.
 
Mi avvicino, al suo centro lui, il pallone che Tsubasa mi ha regalato prima di partire per il Brasile. E adesso capisco cosa voleva dire, le immagini si susseguono alla velocità della luce, io che piango, lui che parte, io che passo giornate nella mia camera con il pallone a pensare a lui, il vuoto che sento dentro al mio cuore, la solitudine, il pensiero che si sia dimenticato di me, poi le mie amiche che mi cercano che m’incoraggiano, a riprende a vivere, dopo la decisione, la borsa di studio e l’università.
 
Una debole luce in fondo al mio cuore, riprendo a sopravvivere, cercando di pensare ad altro, il campus universitario, lo studio, le visite agli amici, a Taro, a Genzo, tutto il mio cuore e la mia mente ritrovano tutto, anche il dolore e la paura che avevo provato in quei momenti.
 
Mi gira la testa per le forti emozioni che sono entrate prepotentemente nel mio corpo tutte in una sola volta, quindi mi avvicino al letto, mi siedo un attimo mentre mi rendo conto che sto respirando con affanno.
 
Cerco di rallentare i battiti del mio cuore prendendo dei profondi respiri, poi mi alzo e dico a me stessa ‘è il passato, adesso lui è con te, quindi basta pensare alla vecchia vita, adesso ne inizia una nuova’ arrivo alla parete con le foto, e mentre le osservo le ricordo tutte.
 
E in tutte c’è lui, lui che gioca, lui che sorride, lui che compie quel gesto che tanto adoro portandosi la mano dietro la nuca.
 
Ed in tutte anche in quelle dove non so di essere fotografata io guardo sempre verso una sola direzione, la sua.
 
Mi dirigo verso il mio armadio, lo apro ed osservo i vestiti all’interno, in basso a destra il bastone della bandiera che per tanti hanno ho sventolato sugli spalti, lo afferro la srotolo, la guardo, quanto tempo passato a cucirla che bei ricordi.
 
Al suo fianco la divisa blu, con appesa la fascetta rossa, la tocco e sorrido.
 
La mia vita è tornata finalmente al suo posto, quindi esco dalla stanza e torno di sotto.
 
Mi fermo improvvisamente quando sento la domanda di mia madre.
“Tsubasa state insieme?”
Sento dei rumori provenire da Ozora che osservo di riflesso nello specchio del corridoio, sorrido nel vederlo parlare con mia madre, sono indecisa se ‘salvarlo’ oppure farlo soffrire un po’.
 
E memore delle forti emozioni appena provate, opto per la seconda scelta annuendo a me stessa soddisfatta.
Dopo lui parla.
“In tutti questi anni, ho sempre pensato solo al calcio, non volevo distrazioni, ma adesso che mi sono fatto una posizione, credo sia arrivato il momento di pensare anche alla vita privata e se sua figlia me lo permetterà, ne sarei ben felice”
 
Porto le mani alla bocca che si è allargata per le stupore, e per le parole pronunciate da Tsubasa, la mia felicità è talmente tanta che entro quasi di corsa nella stanza mentre le due persone sedute quasi sobbalzano per la sorpresa, il mio sguardo è fisso su di lui, che rosso come un peperone sorride compiaciuto.
 
Quasi non vedo mia madre che in silenzio si alza e ci lascia soli.
 
Lui di fronte a me, si avvicina mi prende le mani ed esclama “Magari è un po’ assurdo chiedertelo adesso – si avvicina al mio orecchio e sussurra facendomi avvertire un brivido – dopo che ci siamo amati a Barcellona, ma … vorrei che tu fossi la mia fidanzata ufficiale, quella che posso presentare ai fotografi senza che sia lo scoop del momento, magari all’inizio sarà una notizia che farà scalpore, ma dopo si calmeranno, quindi Sanae: sei pronta per il mio mondo?”
 
Passo le braccia intorno al suo collo, lui mi cinge la vita lo bacio e sussurro sulle sue labbra “Sono anni che sono pronta, alla fine dovrò ringraziare chi mi ha investita e per aver perso la memoria, altrimenti sarei stata ancora ad angosciarmi per te”.
 
I suoi occhi brillano prima di chiudersi per baciarmi con trasporto.
 
 
Due mesi dopo Nankatsu
Sanae
“Sanae aspetta dove corri?” mi grida Tsubasa.
“Muoviti voglio tornare al Belvedere, prima di andare via nuovamente voglio imprimere bene la mia città nella memoria” dichiaro in tono allegro.
Finalmente è tornato tutto, i ricordi, le sensazioni, gli affetti e le delusioni.
Ho capito cosa aspettava il Capitano, la mia rabbia verso di lui che mi ha abbandonata per inseguire il suo sogno, ma in fin dei conti io lo sapevo da quando l’ho conosciuto che quello era in suo obiettivo e che nessuno lo avrebbe fermato, ed adesso che lo ha realizzato, ha scoperto che anch’io sono importante nella sua vita.
Lo amo, l’ho sempre amato e me ne sono innamorata anche quando non ricordavo chi fosse, se questo non è amore, se questo non è destino, allora davvero non saprei come definirlo.
Arrivo alla sommità del Belvedere mi appoggio alla balaustra e osservo la mia città natale dall’alto, come ho potuto scordarla? Come ho potuto dimenticare il Fuji? Come?
Tsubasa arriva e mi abbraccia da dietro, fa caldo è piena estate ma non lo respingo.
Dobbiamo partire domani, prima tappa Londra, devo lasciare tutto salutare le mie compagne di stanza e prendere tutti i documenti, perché ho deciso che mi trasferisco all’università di Barcellona.
“Sei sicura di voler lasciare Londra?” mi chiede sfiorando il mio lobo destro, immediatamente tutta la pelle di quel lato si rialza di almeno un centimetro.
Sospiro, sarà la centesima volta che mi fa questa domanda “Tsubasa te l’ho già detto a Barcellona posso seguire esattamente gli stessi studi di Londra, però in Inghilterra non ho nessuno, mentre a Barcellona … beh ho te no? E poi scusa non hai detto di avere una camera degli ospiti?” sorrido birichina, visto che non l’ho MAI usata alla fine.
Esplode in una risata, mi volto ed incontro i suoi occhi sorridenti.
“Beh che hai da ridere?”
“La camera degli ospiti è sempre pronta lo sai, ma tu dormirai con me”
E mi bacia con ardore, con passione, con amore e sì dormirò con lui, per sempre.

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Capitolo 9
*** Capitolo EXTRA BETAGGI DA RIDERE ***


GIORGIAAAAAAAAAAAAAAAAAA …… TI AVEVO PROMESSO I NOSTRI BETAGGI ED ECCOLI, QUESTO CAPITOLO È SOLTANTO PER PURO DIVERTIMENTO, SONO I PEZZI DI TUTTA LA STORIA CON I COMMENTI DELLA MIA MITICA BETA GUIKY80, NON AVETE IDEA DI QUANTO RIDIAMO QUANDO BETAGGIAMO L’UNA I RACCONTI DELL’ALTRA, QUA UN ASSAGGIO VI ASSICURO CHE IN FL C’ERA DELLA ROBA DA FAR DRIZZARE I CAPELLI, MA PURTROPPO NON L’HO PIU’.
BUON DIVERTIMENTO IN GRASSETTO QUELLO DELLA MIA BETA
 
 
Dal capitolo 04

…………… Spero davvero che non sia stata presa da qualche malintenzionato, finora ho sempre pensato a lei come ad una semplice amica, inoltre le nostre strade si sono divise molto presto, ma adesso che mi sono fatto una posizione e che gioco in Spagna, ho iniziato a pensare a lei. (alla buon'ora!)
Non mi sono ancora deciso a dichiararmi perché temo di sconvolgere la sua vita. Ha intrapreso l’università a Londra e non voglio stravolgere suoi progetti, ma adesso che l’ho persa, adesso che non so più dov’è, sto impazzendo. (non vuole sconvolgere la sua vita... che carino... ma per piacere!!!) ………………………
 
 
…….. Improvvisamente la vedo, è di spalle la ragazza di fronte la sta trascinando in giro, ha dei jeans a vita bassa ed un top che fa risaltare le sue forme, da quando è diventata così bella? (da quando ha smesso di guardare te da bordo campo!) ………….
 
 
…………..“Possiamo dirgli chi è, che è la nostra manager, che la stiamo cercando da giorni, ma non voglio dirgli di ME” (leggermente megalomane ed  accentrista...)……………………..
 
 
……………..Lo vedo è frastornato, ma ci pensa, poi parla “Hai ragione, ho capito quello che vuoi dire, ci sto, però muoviamoci, non voglio perderla di vista.” (oh cazzo uno che ragiona!)………………………….
 
….. Annuisce e poco dopo mi ritrovo tra le sue braccia, mi sta stritolando, mentre in giapponese mi sta dicendo “Finalmente ti abbiamo trovata”. (Ecco lui che abbraccia lei così stritolandola, mi sa che serve OOC!!! ahahahah)
 
Adesso è l’altro ragazzo a intervenire portandosi di fronte a Michelle, io e il suo amico continuiamo a fissarci imbarazzati, non so, ma il suo sguardo, mi piace da impazzire. (e chiamala scema)
Quando mi volto trovo lei con le gambe intrecciate (tirate - come fa ad intrecciarsi le gambe col petto?! Voglio una foto di te che intrecci le gambe al petto! ahahahah)
 
 
 
Dal capitolo 05
 
Qualcosa evidentemente sentivo per lui, perché il mio cuore sta battendo all’impazzata ed è bellissimo, non m’importa niente, non m’importa se non ricordo, c’è lui tanto basta.
(oh che donna romantica!)
 
Lui si alza prende il cellulare dalla tasca e si avvia verso l’uscita.
“Chi è Genzo?” (ERESIA!!!! come chi è Genzo! Genzo è un mito vivente!)
Taro si porta una mano alla testa, “Oddio non ti ricordi neppure di lui?”
Nego ancora, lui sorride, un sorriso così bello e dolce, è davvero carino Taro.
(allora! Non diventa una zozzona?!)
 
 
“Secondo me sei sempre pronta per lui fidati” ammette con un sorriso rassicurante, ha un potere la sua voce, è rilassante. (Taro pastiglie!!!!)
 
 
Quindi le spieghiamo del perché la chiamiamo Anego, e devo dire che imbronciata è ancora più bella. (Un maniaco il nostro Tsu! Carino lui!)
 
 
Tutti insieme saliamo nell’auto che Genzo ha preso a noleggio, sia mai che lui possa usufruire di un taxi. (pazza! L'SGGK con le iniziali sul cancello! Ma andiamo!)
 
 
Grazie di tutto Tsubasa” non faccio neppure in tempo a realizzare che già saltella (non è Lisa, dai Sanae non saltella! ahahahah) di nuovo sulle scale e sparisce dietro al portone.
 
Vado bagno, mi sistemo per la notte, e per la prima volta in quasi un mese la faccia che si riflette nello specchio non è più così sconosciuta, ho degli amici, ho una famiglia, ho un impegno molto importante, sono la manager della nazionale giovanile, quindi non sono una brutta persona … mi ero soltanto persa, ma adesso qualcuno mi ha ritrovato e questo qualcuno mi piace molto.
(anche a me anche a me!!!)
 
 
“Non penserai mica di andare a prenderla con un taxi vero? O a piedi: giammai!” mi ha intimato mettendomi le chiavi in mano.
(PAZZO! MA INSOMMA! A PIEDI, MA CHE GENTE! Meno male che c'è Genzino mio!)
 
 
 
io come al solito indosso una tuta sportiva e la maglietta del Barca.
(e certo! Quest'uomo non sa che esistono i jeans!!!)
ED E’ DOPO QUESTO COMMENTO CHE HO VESTITO TSUBY CON I JEANS AAHAHAHAHAH
 
 
. Le sue dita stanno toccando le mie (che tipo di massaggio??!! stile matrimonio Mari/Manami!?!!?) in un leggero massaggio, che mi fa sentire brividi lungo tutta la schiena, vorrei tanto dirle quello che provo.
(e sbatterla alla base della Tour Eiffel, magari a pecorina, stringendole i fianchi: oddio che caldo infame!!!)
 
Mi guarda perplesso lo vedo cerca (cerca! Oddio ha l'amnesia anche lui! Povera stella povera stella! Vengo io a consolarti!!!!) di ricordare, poi finalmente risponde
 
 
“Il presidente (poverino il presidente, non lo facciamo maiuscolo? Non è importate lui? Poverino!!!! chissà quando ha penato per arrivare a fare il presidente!!! dai!!!) ha indetto una riunione di tutti i giocatori per Sabato (cioè spiega! Il sabato è più importate del presidente?? no perchè andrebbe minuscolo il sabato!)e dovrei esserci anch’io per l’esattezza”
 
 
“Il problema è che non voglio lasciarti sola, ed andare a Barcellona in poco tempo non è proprio possibile” (carino lui!!! occhi che brillano!)
 
 
I miei occhi si stringono fino a diventare due fessure, poi divertita mormoro “Non è che ci stai provando con me Ozora vero?”
(MA NOOOOOOOOOOOOO COSA TE LO FA PENSAREEEEEEEEE!)
Arrossisce, poi mi ammonisce “Piantala ed io che volevo essere carino uff”
(SE SE RACCONTALO A QUALCUN ALTRO OZORA!)
 
 
Dal capitolo 07
 
. Le mie mani intorno alla sua vita, il suo corpo sul mio, la sento premere ancora di più, ma in un momento di lucidità mi discosto e appoggio la fronte alla sua ansimando. (no ma pregala di non farlo, e poi ti fai baciare e le stringi la vita! Ma ozora mucala lì!! giù a 90! Come la (XXX mio cognome) in palestra!)
 
 
 
Annuisco e torno a guardare fuori, meglio evitare troppi contatti o finirà come sotto la torre a Parigi.
(via in aereo! Sìììììììììììììììììììììì sesso in alta quota!!!)
 
 
“Ok vada per la seconda scelta allora” e sorride … ma quanto è bello quando sorride. (? punto di domanda) (domanda poi... cosa domandi? È talmente ovvio che sia bello!!! bah che donna!)
 
 
Scendo vado al suo lato e le apro la portiera, lei mi segue tutta saltellante (Dio mio saltella ancora!!! OMESSO UN PEZZO PERCHE’ RIFERITO ALLA CUPOLA CHE ANCORA NON AVETE LETTO ! L'arte del saltellare allegramente in toscano?!) mentre esclama aggettivi di stupore osservando il campo enorme di fronte a lei.
 
 
Prendiamo la via degli spogliatoi, mentre le spiego tutto, mi soffermo un attimo al mio armadietto e prendo la lettera indirizzata a me per la riunione di domani, non che fosse necessaria, ma lei questo non lo sa.
(Burlone il capitano!!!)
 
 
“Stai facendo troppo”
Le sollevo il mento con due dita.
“Dovevo farlo prima” e le regalo un bacio sulla nuca, mentre lei mi abbraccia forte.
(oooooooooooooooooooooooo occhi sognanti!!!!!!!)
 
 
“Poco, per questo ti ho detto che la colpa è solo mia, ma andare così lontano per fare carriera, non mi ha dato tempo di fare altro, di … di dedicarmi … a te”
(oooo occhi che sfavilla!!!! tenerone lui che adesso vuole dedicarsi a lei! E adesso impiccati!!! ahahahh)
 
 
Una strana agitazione m’investe appena varchiamo la soglia di casa, siamo soli ed io ho voglia di lei, devo darmi subito una calmata, quindi anche se poco educatamente mi congedo con una scusa e mi chiudo al bagno, mi lavo il viso con l’acqua fredda e più volte mi guardo allo specchio auto convincendomi di restare tranquillo e che sono solo due notti “Rilassati!” m’impongo.
(Quando ho letto che si è chiuso in bagno... non ti dico cosa pensavo stesse facendo...)
 
 
“Prima che sia troppo tardi” e la bacio perché ormai è già tardi.
(OCCHI SOGNANTISSIMI!!!!)
(sì tardissimo!!! oh capitano mio!!!! sbattila lì sul divano! Non l'hai fatto a Parigi mettila a 90 a Barcellona no?!)
 
Cede, la sua bocca è morbida, la sua lingua s’incastra alla perfezione con la mia, siamo fatti l’uno per l’altra, ed anche se lei ha dimenticato il passato, nel presente si è innamorata nuovamente di me, davvero siamo destinati ha ragione Genzo, penso questo mentre sollevandola mi sto dirigendo verso la mia camera, ho come l’impressione che la camera degli ospiti resterà inviolata ancora per molto.
(Sì lasciamo stare la camera degli ospiti! Oppure rinnoviamola come fanno i Wakabayashi!!!)
 
 
Scaccio via anche i pantaloni che ancora indosso, mentre torno su di lei che giace sotto di me con uno splendido completo bianco, come la neve, ci spogliamo a vicenda, la nostra pelle si sfiora, si cerca, mentre muoio nei suoi baci.
(Oddio cazzo sarà arancione, ma io ho caldo! MERDA!)
 
 
E credo che sia stata la scelta più sensata della mia vita, perché il mio cuore non ha mai battuto così velocemente, neppure dopo una vittoria importante. (e qua ci vuole un OOC gigantesco!!!!)
 
I nostri sessi si sfiorano, non sono esperto, la paura di sbagliare qualcosa, il timore di farle male, poi la domanda, doverosa, di rito “Sanae è la tua prima volta?” (Ma che domande fai a una che ha perso la memoria! Bah sto ragazzo...)
 
 
“Facciamo finta che lo sia, visto che per me è la prima” ammetto arrossendo.
Un OH si stampa sul suo volto ed annuisce.
(ecco niente pecorella!!! scommetto che l'ha fatto nel modo classico... va beh si rifarà)
 
 
Le nostre bocche si cercano, si trovano, si assaporano, si mordono, in dolci pressioni che fanno rabbrividire il mio corpo e il suo corpo. (Mordono... come il loro piccolo Manami...)
 
Siamo destinati, io sono sua e lui è mio.
(oooooooooo *sospira felice!!!*)
 
“Capitano allora un po’ di contegno torni a mangiare e non importuni la manager” mi ammonisce sorridendo, anche se l’inclinazione del collo è aumentata non credo che in fondo le dispiaccia. (io sono bravissima ad inclinare il collo! Meglio di lei capitano!!!!)
 
 
poi fa due passi indietro inciampa nel secchio dello sporco (cos'è il secchio dello sporco? Dovevo già chiedertelo l'altra volta: è la pattumiera? E chiamala pattumiera! Poi perché dovrebbe avere la pattumiera in giro per la cucina? Falla inciampare nel tappeto non so...) e si sbilancia: sta per cadere a terra, ma veloce come un fulmine le afferro una mano impedendole di finire sul pavimento.
 
 
Salgo le scale il mio cuore batte all’impazzata, quindi afferro sicura la maniglia della porta alla mia destra, sono consapevole che è quella della mia cameretta, quella a sinistra è la stanza di mio fratello … un pensiero HO UN FRATELLO … (appeso ad un palo nel Comparto BB) l’altra è quella dei miei genitori in fondo la porta del bagno.
 
E mi bacia con ardore, con passione, con amore e sì dormirò con lui, per sempre.
(*occhi che sfavillano* mentre io sospiro felice!!!)
 
BENISSIMO ADESSO SAPETE CON CHE SOGGETTO HO A CHE FARE!

 

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