Giura

di suni
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Mai più ***
Capitolo 2: *** II. Parole dentro ***



Capitolo 1
*** I. Mai più ***


Fic relativa ad un evento da me accennato all’interno di Konoha, mattina.

Naruto ha già superato se stesso nella battaglia finale contro l’Akatsuki. Ma il suo rasengan non è ancora totalmente divino e il nostro jinchuuriki decide di perfezionarlo. E si sa, alle volte Naruto, quando ci si mette, può essere un tantino…autolesionista.

Per la disperazione di qualcuno.

Siamo intorno ai vent’anni.

 

 

 

 

____________________________________

 

 

GIURA

 

 

 

 

Piena estate. Particolarmente calda, vagamente afosa e baciata da un perenne sole splendente. Le foglie frusciano per la poca brezza rimasta, gli usignoli cantano, i picchi picchiano, com’è giusto che sia, le cicale friniscono, Konohamaru mangia gelati a ritmo continuo, Kakashi si domanda una volta ogni diciotto minuti netti per quale assurda ragione ostinarsi a tenere su la maschera, che sudaticcia gli si appiccica alla faccia, e Sasuke sfodera raffinate camiciole e magliette sempre più minimal al fine di non liquefarsi nell’imbottitura della sua divisa da chunin, per la somma gioia delle fanciulle di Konoha. E di Naruto.

Tutto nella norma.

Questo, almeno, fino ad un normalissimo giovedì mattina rallegrato dal fresco dovuto a una leggera pioggerellina che ha omaggiato il villaggio intorno all’alba: appena prima di mezzogiorno le strade sono scosse dalle vibrazioni di una violenta esplosione che arrossa il cielo poco lontano dal centro abitato, allungandosi in ampie volute di fumo mentre gli abitanti di Konoha si affacciano in strada, inquieti e incuriositi.

“Cos’era quel boato?”

“Che succede?”

“Un’esplosione, laggiù!”

“Cosa? Oh dei! Ehi, vieni a vedere!”

“Ci attaccano?”

“Chi è stato?”

“Quanto fumo…”

Le chiacchiere aumentano al passaggio rapidissimo di un team di shinobi, diretto in tutta fretta verso il luogo della misteriosa esplosione. Shikamaru guarda passare i colleghi ringraziando tutte le divinità che il suo geniale cervello ricorda per non essere di turno e potersi evitare la seccatura di dover correre tanto in una giornata così bella. Poi però, invece di andarsene a poltrire per i fatti suoi, rimane piantato in mezzo alla strada ad aspettare che ritornino per essere sicuro che nessun pericolo stia minacciando il villaggio. Pigro, ma vigile.

Cinque minuti dopo gli shinobi fanno ritorno, trasportando un ferito grave. Shikamaru lancia un urlo di sorpresa e sembra ritrovare l’energia d’improvviso, scattando verso il quartier generale mentre quelli si affrettano verso l’ospedale. Altri cinque minuti e la notizia si diffonde: Uzumaki Naruto si è ferito gravemente in un allenamento individuale intensivo. Si teme per la sua vita.

C’è da dire, commenta qualcuno, che solo lui poteva farcela ad essere praticamente indistruttibile per qualunque nemico e spappolarsi da solo mentre si allena. Ad ogni modo la preoccupazione per le sorti del giovane eroe dilaga, gli amici si affannano, Sakura lo mette immediatamente sotto i ferri, asciugandosi le lacrime di preoccupazione per dedicarsi alla salvezza dell’amico, e Kakashi abbandona l’angosciante pensiero della maschera appiccicosa per dedicarsi a quest’ansia ben più grave e concreta. Rimane piantato di fianco alla sala operatoria per qualche minuto, angustiandosi tristemente nella preoccupazione per il suo biondo, solare allievo, sconvolto e quasi spaesato per la prima volta da tempo immemore. È a quel punto, gettandosi intorno un’occhiata depressa che scivola sui visi tutti ugualmente cupi e inquieti dei presenti – Lee, Shikamaru, Choji, Ino, Iruka, gli Hyuuga, Konohamaru – che realizza l’assenza di una persona importante.

Nessuno ha avvisato Sasuke.

Il ninja copia sospira tristemente tra sé, sentendosi istantaneamente investito di quell’ingrato compito. Si guarda ancora intorno per un istante, tanto per essere certo che non ci sia davvero nessun altro che potrebbe incaricarsene, ma poi realizza che senza dubbio la faccia che Sasuke vorrebbe avere davanti in un momento del genere è proprio la sua. Si caccia le mani in tasca e, dopo un altro sguardo apprensivo verso la soglia oltre la quale Naruto sta lottando per la vita, prende la via del quartiere degli Uchiha, preparandosi mentalmente un discorso che possa non essere troppo brusco per spiegare la situazione al suo ex allievo.

Esita una volta giunto davanti alla porta, non essendo nemmeno vagamente soddisfatto delle frasi messe insieme finora. Poi, sbuffando, scuote il capo e bussa.

Se la situazione fosse meno drammatica scoppierebbe a ridere, quando Sasuke gli apre: il genio, a cui evidentemente delle esplosioni importa ben poco, è accaldato e, con i capelli appiccicati ai lati del viso, si sventola verso la faccia un ampio ventaglio che a giudicare dal grazioso disegno floreale sulle tinte del rosa che lo adorna dev’essere appartenuto a sua madre.

O a sua nonna.

La sua espressione dignitosa e altera rende l’immagine ancor più surreale. Se già quel che sta accadendo sembrava a Kakashi dolorosamente assurdo, adesso la sensazione comincia a diventare una certezza.

Yo, senpai,” lo accoglie il genio, composto.

“Sas’ke,” fa lui grave, corrugando la fronte. “Mi dispiace disturbarti, ma ho una notizia spiacevole da darti.”

Sasuke lo guarda interrogativo, già incupendosi. Come minimo, conoscendolo e conoscendo i suoi trascorsi, sta immaginando una catastrofe di proporzioni planetarie.

“Cosa?”

“Naruto si è ferito. È in ospedale. È grave,” afferma Kakashi, domandandosi cosa ne sia stato delle sue belle doti di dialettica in questo momento in cui sarebbero tanto utili. Ma niente, con Naruto in pericolo di vita non riesce a pensare.

L’espressione del volto di Sasuke quasi non cambia, se non per gli occhi neri che si sgranano a dismisura. Però il ventaglio gli cade di mano, atterrando accanto al suo piede.

“Sensei…”

Qualcosa nel modo in cui pronuncia quella parola ricorda al ninja copia il ragazzino disperato, terrorizzato dal Sigillo maledetto che Orochimaru gli aveva impresso sul collo. Senza sapere definitivamente cosa dire serra amaramente le labbra sotto la maschera e gli poggia la mano sulla spalla, paterno.

“Mettiti le scarpe e andiamo.”

 

 

 

 

 

 

I. Mai più

 

 

 

 

Naruto dorme.

Sakura armeggia intorno al suo giaciglio, amorevole. Ha raccolto i capelli sulla nuca per liberare il viso durante l’intervento appena concluso, la linea di preoccupazione sulla sua fronte è marcata e profonda, si morde le labbra nervosamente e ha gli occhi arrossati. Ma Sasuke registra tutti quei particolari distrattamente, come se la scena non lo riguardasse in alcun modo e non avesse nulla a che fare con la sua vita.

Quella stanza d’ospedale non c’entra niente con lui, quel letto bianco e sfatto non lo riguarda in alcun modo e le goccioline che dalla flebo scendono nel braccio dell’occupante, tenendolo in vita, non c’entrano, ancora, niente con lui.

Quello non è Naruto.

Serra spasmodicamente i denti, ripetendosi quella considerazione categorica con un moto d’impotenza. Sensazione tristemente familiare che rimanda all’infanzia e che era sicuro di non dover provare più: non con Naruto e la sua irrefrenabile, ottimistica vitalità accanto.

Fissa disperatamente la testa bionda abbandonata sul cuscino, l’incarnato bianco come non è mai stato, le labbra semiaperte da cui l’aria entra ed esce con troppo sforzo, grato per una volta ai suoi occhi di non riuscire a mettere bene a fuoco risparmiandogli i piccoli, crudi dettagli. Cerca invece nella mente l’immagine consueta e perfettamente delineata della faccia del jinchuuriki aperta nel suo ridere contagioso, la sua smorfia imbronciata durante le loro schermaglie di provocazioni e l’espressione estatica con cui lo guarda al mattino svegliandosi accanto a lui quando si ferma a dormire a casa sua. Trasognato, ne conclude che è tassativamente impossibile che tutto questo smetta di essere, che Naruto possa andarsene senza tornare, così, a nemmeno vent’anni.

“Sas’ke-kun…”

Sakura ha finito di armeggiare intorno al ferito, gli si è avvicinata e lo sta guardando con tristezza. Si stringe intorno le braccia e sembra incerta, esitante.

Non si sono parlati molto, ultimamente: la scoperta della relazione tra lui e Naruto, avvenuta da qualche mese, è stata un colpo duro per la dottoressa. Col passare dei mesi la sua rabbia è diventata distacco, poi qualcosa di simile ad una fredda cortesia nei loro confronti: il team sette si è logorato un’altra volta.

“Non vorresti andare a mangiare qualcosa?” suggerisce Sakura, gentilmente.

Sasuke la osserva quasi sconcertato: andarsene a mangiare, con Naruto lì nel letto che non si sa se si sveglierà oppure no – ma deve, deve farlo – è fuori discussione. Scuote lentamente la testa, tornando a guardarlo fisso. Sente vagamente uno stridio di sedia spostata, avverte il corpo di Sakura abbassarsi accanto al suo. Devono essere ben strani da vedere, pensa, seduti fianco a fianco su due seggiole pieghevoli a scrutare dolorosamente uno stupido letto e quell’idiota del suo occupante.

Il silenzio li accompagna per qualche minuto, soffocante. È Sakura a spezzarlo, con un sospiro.

“E’ il mio migliore amico,” mormora poi pianissimo, la voce le trema. “E’ comunque il mio migliore amico.”

Sasuke sposta lo sguardo su di lei, annuendo distratto. Si sta mordendo le labbra per non piangere, quella sciocca, ma non ce n’è motivo perché Naruto presto starà bene.

“Diglielo, quando si sveglia,” commenta poi con noncuranza prima di tornare a voltarsi, ancora irritato per l’atteggiamento da lei avuto nei mesi passati. “Gli farà piacere.”

Sakura china la testa di scatto a quelle parole. Immediatamente dopo, il suono dei suoi deboli singhiozzi soffocati lo raggiunge. La guarda di nuovo, chinata e sussultante, deglutisce faticosamente e allunga una mano sulla sua spalla, principalmente nell’intento di costringerla a guardarlo e dirle di piantarla, perché non è niente di grave. Invece lei, a quel tocco, si lascia andare in avanti e appoggia il viso contro di lui, prendendo a piangere forte, disperatamente. Lui s’irrigidisce, a stento si trattiene dal ritrarre la mano. Dentro a quelle lacrime copiose che gli inumidiscono la stoffa sottile della maglia trova l’ipotesi della realtà.

Può essere che Naruto non si svegli. Può essere che muoia nelle prossime ore.

Può essere che, maledizione, ci sia davvero qualcosa per cui piangere. Forse quell’idiota non gli parlerà mai più, anche se dice soltanto stronzate, forse non gli salterà mai più addosso, anche se è appiccicoso come la carta moschicida, forse non faranno mai più l’amore. Mai più.

Volta il capo di scatto, mentre Sakura continua a piangere contro la sua spalla, piega la testa più lontano che può e si stringe forte le labbra tra i denti trattenendo il fiato, strizza le palpebre testardamente ma due lacrime traditrici gli scivolano sulle guance ugualmente, si staccano dolcemente atterrandogli sul bavero. Ricaccia indietro le altre, nascosto dietro la barriera dei capelli, e quando si volterà di nuovo nulla del suo viso rivelerà quella debolezza, soltanto i microscopici aloni bagnati mostreranno per qualche altro secondo il breve cedimento.

Sakura ha sollevato la testa. Quando lui si azzarda a imitarla, gli sta silenziosamente porgendo un fazzolettino bianco.

Se n’è accorta.

Volta il viso con tracotanza, rifiutando l’offerta, ma lei non ritrae la mano.

“Mi dispiace,” mormora invece con affetto.

Sul suo volto c’è soltanto preoccupazione, ansia e il disagio di sentirsi colpevole per aver tanto osteggiato e maledetto quello che lega i suoi due compagni di squadra. È una profferta di scuse, quel fazzolettino bianco, e la mano di lui si solleva ad afferrarlo automaticamente, comunque brusca quanto basta da risultare condiscendente e trasmettere un certo fastidio.

Annuisce silenziosamente, con un’intesa perduta.

“Lo amo,” sillaba involontariamente, come annunciandolo a se stesso.

Non sa nemmeno lui perchè. Però lo fa – comunque Sakura non può averlo sentito, non ha usato la voce - e in quello stesso momento si rende conto dell’evidenza: a Naruto non l’ha mai detto. Non è una cosa importante, non serve a nulla e non cambia le cose tra loro, ma non gliel’ha mai detto una sola volta. Una. Forse non glielo direbbe mai comunque, ma l’idea che non lo potrà fare nemmeno volendo, che non ne avrà la possibilità, lo fa precipitare in una vertigine straziante.

Gira di nuovo la testa e si poggia in avanti, sulle ginocchia, coprendosi la faccia col fazzoletto aperto nel momento stesso in cui scoppia in rabbiosi singhiozzi, perché almeno lei non lo veda, dei. Ma la sente alzarsi, allontanarsi e poi chiudersi la porta alle spalle, lasciandolo solo senza testimoni.

E piange davvero. Ogni singhiozzo è un’altra cosa che si rende conto di non aver mai detto a Naruto: non saprei cosa fare delle mie giornate senza la prospettiva di vedere te; grazie per non avermi lasciato andare come una corsa persa, per avermi seguito, per aver creduto in me e per avermi ricordato che nel mondo c’era qualcuno a cui importava di Sasuke e non del suo sharingan; sei fastidioso e colloso e russi come un cinghiale ma dormo bene solo con te. E non sa a quale punto di quelle riflessioni comincia a pronunciarle ad alta voce ma fa anche questo, balbettando nel fazzoletto senza nemmeno guardare Naruto. Certo che ti amo, dobe, lo sai.

Lui non lo può sentire, ma almeno l’ha detto. 

 

 

Tè forte, caldo e amaro, ricevuto direttamente dalle mani del sensei, che si è battuto strenuamente perché Ino non lo zuccherasse. Sasuke lo ingoia poco alla volta sentendone il calore irradiarsi nel suo stomaco senza trarne reale beneficio e vorrebbe chiedere a Kakashi se davvero pensa che dell’acqua calda in gola serva a qualche cosa in questo momento. Ma quando solleva lo sguardo lo scopre intento a osservarlo con quella che può essere solo trepidazione nell’occhio scoperto.

“Buono,” borbotta atono, tornando a osservare il liquido nella tazza.

Buffo, Kakashi. Un altro che vive con tutti suoi rimorsi nella strozza, incastrati lì senza andare né su né giù, come i suoi. L’ultimo è Orochimaru, ma Sasuke pensa che non abbia davvero molto senso sentirsi in colpa per questo. Non è che c’entrasse qualcosa, il sensei, con la questione Itachi; e qualunque cosa avesse detto o fatto non sarebbe servita a fermarlo, quando lui ha deciso di partire. Eppure il ninja copia continua a comportarsi con quella premura dissimulata di chi ha qualcosa da farsi perdonare, quando piuttosto è vero il contrario. Ché di maestro Sasuke ne ha avuto uno solo ed è con lui in questa stanza, adesso, ma aveva voluto cancellare ingiustamente anche questo.

Probabilmente Kakashi si sta dicendo le sue stesse cose. Se avessi fatto più attenzione a quel che combinava Naruto ultimamente. Se mi fossi offerto di supervisionare il suo allenamento. Se fossi stato presente. Se gli avessi detto di stare attento e non esagerare. Se.

“Non è colpa di nessuno, presumo.”

Sasuke solleva la testa di scatto a quelle parole pronunciate con la classica, pensosa bonarietà di Kakashi. Incontra il suo occhio socchiuso nel sorriso incoraggiante e un po’ impacciato che gli ha visto tante volte nel corso degli anni e annuisce appena, senza trovare nulla da ribattere.

“Non posso incolpare nessuno? Vorrà dire che…beh, mi vendicherò come mi capita,” risponde, come volendo minimizzare il suo stesso malessere.

È strano come senta propria  voce roca e spenta, diversa dal solito.

“Suggerirei la distruzione di Konoha, se…posso permettermi,” continua Kakashi, con scherzosa tristezza.

Sasuke annuisce, poi gli sfugge un risolino secco e nervoso che probabilmente è dovuto alla tensione. Prende un altro sorso di tè, rimuginando su quanto sia strano anche il fatto che non rida quasi mai e lo stia facendo stupidamente adesso, senza essere minimamente allegro o divertito ma tutto il contrario.

Sakura oltrepassa la soglia della stanza in quel momento, spingendo il suo carrellino medico. Vedendoli esita per un istante, poi sorride penosamente.

“Dovrei chiedervi di uscire per qualche minuto,” osserva, quasi mortificata. “Tutti e due,” precisa, lanciando uno sguardo a Sasuke.

Kakashi annuisce e si alza, poggiandogli nuovamente la mano sulla spalla e stringendola leggermente. Sasuke lo segue all’esterno e non fa in tempo a percorrere più di tre metri che le vede ancora lì, tutte quelle facce: le ore trascorrono inesorabili eppure continuano ad esserci molte persone ad aspettare notizie di Naruto. In questo momento l’ex team Asuma campeggia in corridoio, insieme a Iruka. Kakashi si avvicina al piccolo capannello e lui, senza pensarci, lo segue.

“Novità?” trilla ansiosamente Ino.

Il ninja copia scuote la testa, grave, e i volti intorno a lui tornano a rabbuiarsi.

“Ma cos’è successo esattamente?” s’informa Choji, sgranocchiando una patatina.

Sasuke porta alle labbra nuovamente la tazza, per evitarsi l’angoscia di rispondere.

“Naruto voleva mettere a punto la versione finale del rasengan, nei giorni scorsi. Probabilmente ha perso il controllo del suo chakra,” spiega Kakashi per lui, amareggiato.

“Ecco perché quell’esplosione così grande,” mormora Shikamaru quasi tra sé, e Sasuke fissa distrattamente la tazza ormai vuota senza sapere cosa farsene. L’idea ovvia e pratica di posarla o buttarla via non lo sfiora nemmeno, rimane immobile limitandosi a respirare.

“Comunque ce la deve fare,” afferma Iruka con improvvisa veemenza, serrando poi le labbra.

Kakashi annuisce, Sasuke continua ad aggrappare lo sguardo a quella tazza che gli sembra pesare dieci chili. Poi una mano entra nel suo campo visivo, e spostando gli occhi scopre che Nara sta aspettando che gliela passi, per posarla. Lascia andare la scodella abbassando gli occhi e lo shinobi delle ombre si allontana di qualche passo, gettandola in un cestino.

“Quando si sveglia mi sente!” trilla Ino nervosamente. “Farci spaventare così, è proprio una cosa da Naruto!”

Choji annuisce composto, facendo scrocchiare tra i denti un’altra patatina. Shikamaru gli rifila discretamente una gomitata, a cui lui reagisce con un’occhiata incerta continuando a mangiare. Al secondo colpo che gli si infila tra le costole aggrotta la fronte e l’amico fa un brevissimo cenno del capo verso Sasuke. Choji socchiude un po’ le labbra poi sembra capire d’improvviso, getta uno sguardo malinconico al suo pacchetto e lo sporge in avanti.

“Patatine?”

Sasuke sbatte le palpebre, perplesso.

“Non puoi rifiutare, per Choji quello è il più prezioso dei tesori,” commenta Shikamaru con espressione vagamente disperata, come non capacitandosi della follia delle persone che lo circondano. Sasuke lo fissa intensamente.

Nara. Anni fa era il caposquadra del team che si mise sulle sue tracce per impedirgli di raggiungere Oto. Rischiarono seriamente la pelle tutti e cinque invano, in quella missione, per salvarne uno solo. Eppure Shikamaru sembra non ricordarsene, o forse non gli importa più. Addirittura, a quanto ne sa, è stato tra quelli che si sono battuti insieme a Naruto perché lui fosse riaccolto a Konoha. A Sasuke, che tende a imprimersi nella memoria ogni torto e ogni sconfitta come una macchia incancellabile, sembra assurdo quel modo di essere così equilibrato. Ma al momento non riesce a dispiacergli.

Allunga la mano ad afferrare il pacchetto con un cenno del capo che, volendo, potrebbe essere un ringraziamento. Choji sorride e Shikamaru si stringe nelle spalle.

“Esco a fumare un sigaretta,” annuncia noncurante, guadagnandosi uno sguardo profondamente indignato e aggressivo di Ino, del quale sembra non curarsi minimamente. “Qualcuno viene con me?”

Nessuno degli altri sembra minimamente interessato alla proposta, Kakashi fa addirittura un gesto negativo con la mano. Sasuke lo guarda incamminarsi verso il balcone con una scrollata di spalle e all’ultimo, in uno scatto quasi involontario, lo segue.

Shikamaru sta scrutando la montagna degli Hokage pensosamente quando lui lo affianca, appoggiando i gomiti alla balaustra. Il jonin gli porge meccanicamente il suo pacchetto, che lui guarda apaticamente. Dicono che fumare rilassa e allora, in fondo, perché no.

“Grazie,” mormora controvoglia, cacciandosi la sigaretta in bocca. Shikamaru annuisce vago, accendendogliela. È amara e gratta in gola. Sasuke lancia un colpo di tosse e la allontana dalle labbra, aggrottando il viso.

“la prima boccata fa schifo,” lo avverte tardivamente Shikamaru.

Sasuke mugugna un’imprecazione tossendo nuovamente però riporta la sigaretta alle labbra, per sentirla graffiare nella trachea e storcere le labbra a causa del cattivo gusto, qualunque cosa va bene per non pensare a Naruto.

“Non sapevo che…fumassi, Nara,” mormora, gracchiando orrendamente.

L’altro scrolla il capo, vago.

“Soltanto nei momenti peggiori,” risponde atono, continuando a scrutare la montagna.

Fumano in silenzio – Sasuke tossisce, ogni tanto – finché la curiosità e il bisogno di sapere la ragione di quella gentilezza si fanno irreprimibili.

“Tu sai?” chiede Sasuke di getto.

Shikamaru si volta a guardarlo, inclina il capo e poi sbuffa.

“Non è che Naruto sia un campione di dissimulazione,” commenta esitante. “Comunque, sì. Da qualche mese. Ma non ne ho parlato con nessuno, Sas’ke.”

Curioso. Sono poche le persone che lo chiamano per nome, a Konoha.

“Immagino,” brontola lui, ripensando con una fitta d’angoscia alla schietta trasparenza del jinchuuriki. “Ma ho l’impressione che sia quasi impossibile nascondere qualunque cosa a uno come te.”

Shikamaru si concede un breve sorriso quasi impacciato, gettando via il fondo della sua sigaretta.

“Siete in tre, allora,” mormora il genio pensoso.

“Sakura,” afferma Shikamaru con sicurezza. “E Kakashi senpai?”

 Sasuke annuisce, per nulla sorpreso dell’esattezza dell’ipotesi.

Shikamaru lo imita, studiando ininterrottamente il profilo del monte. Quindi sbuffa tra sé risoluto, parendo essere giunto alla conclusione di chissà quale riflessione.

“La sua faccia sarà su questa montagna,” afferma, con certezza assoluta. “Non può essere altrimenti. Vedrai, tra un paio di giorni sarà in piedi. Non c’è alternativa.”

Sasuke aggrotta la fronte, tirando un’altra dolorosa boccata che non basta a impedire alla sua mano di tremare.

“Come fai ad esserne tanto sicuro?” chiede con una smorfia scettica.

Shikamaru sembra pensare che gli stia chiedendo l’ovvio, poi inspira pazientemente.

“Naruto…,” sorride tra sé. “Lui non si ferma davanti a niente. Aveva due grandi sogni. Uno,” e gli sfiora il braccio, indicando che effettivamente il suo desiderio più pressante era riportare indietro proprio lui, “e due,” prosegue, indicando la montagna. “E se lo conosco appena un po’ non smetterà di lottare finché non avrà il titolo di Hokage, esattamente come non ha smesso di farlo finché non sei tornato e sei stato riammesso a Konoha. Ho calcolato tutto e non ci sono altre possibili soluzioni, perciò…” sogghigna quasi, convinto, “smettila di preoccuparti, Sas’ke.”

Gli volta le spalle con quelle ultime parole lapidarie, ritornando verso l’interno dell’ospedale.

Sasuke rimane fermo, la sigaretta ormai quasi finita tra le dita e il pacchetto di patatine nell’altra mano. Li guarda assorto, rendendosi conto che quei gesti di gentilezza non erano solo per lui, ma anche per Naruto. Realizza quasi improvvisamente che ha intorno una marea di persone, e che per lo più lo deve al compagno. Naruto muove il mondo intorno a sé con la sola forza del suo sorriso e del suo coraggio, da sempre.

Gli sembra che Shikamaru non abbia tutti i torti. La paura e il dolore non se ne sono andati, ma  al di sopra di loro si è riaccesa una fiammella. Speranza.

 

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Capitolo 2
*** II. Parole dentro ***


II

II. Parole dentro

 

 

 

“Non ci vado, a casa.”

Sakura emette una specie di ringhio, Kakashi sospira sconfortato.

“Sas’ke…” inizia ragionevole.

“Se ho detto che non ci vado, non ci vado. Fine della discussione,” ripete lui, truce.

“Che cocciuto,” sibila Sakura, trattenendosi dall’urlare solo perché è pur sempre di Sasuke che si tratta. “Vacci almeno per farti un bagno.”

“Ho detto no,” ripete il genio scocciato.

“Sensei!” protesta lei, irritata.

Kakashi si stringe nelle spalle, solleva le mani in segno di resa.

“Ho smesso di avere autorità su di lui all’epoca dei suoi dodici anni, Sakura,” si difende, sorridendo sconsolato e guadagnandosi un’occhiata torva dall’allievo. “Ma emani un odore sgradevole, Sas’ke, in tutta franchezza,” aggiunge candido.

Lui sgrana gli occhi, allucinato.

“Cosa vuoi che me ne freghi?” ringhia indignato.

Kakashi si stringe nelle spalle.

“Pensa a quando Naruto si riprenderà e appena ti avvicinerai perderà nuovamente conoscenza…” inizia, grave e compreso.

Sasuke assottiglia gli occhi con ferocia, il nervo sulla sua fronte accenna il tipico fremito incontrollato dei momenti di collera. Sbuffa, oltraggiato.

“Se vado a casa a lavarmi lui sceglierà apposta quella mezz’ora per svegliarsi, soltanto per farmi dispetto,” illustra accigliandosi, con il tono convinto di chi sta spiegando logicamente un fenomeno scientifico.

Sakura e Kakashi si scambiano un rapido sguardo perplesso, lei si tormenta le mani, lui si gratta piano la testa.

“Ma Sas’ke…” inizia Sakura timidamente.

“E’ così,” ringhia lui, fermo.

“Sas’ke, sono sicuro che…” obietta bonariamente Kakashi, accennando addirittura un sorriso.

“Lo farà, ti dico,” ribatte Sasuke, secco e minaccioso.

“Scommetto di no, Sas’ke-kun,” cinguetta Sakura vezzosa, “sono più che certa che è la stanchezza che ti fa pensare…”

“Non sono stanco,” sibila lui torvo.

“Stress,” suggerisce Kakashi a mezza voce, fingendo noncuranza.

“…Lo stress per questa situazione angosciante che ti fa pensare queste cose,” riprende Sakura con enfasi, materna.

“Credo di avere una certa esperienza con le situazioni angoscianti e…” replica il genio, brusco e altero, incrociando le braccia a petto.

“Sas’ke, per l’amor del cielo, vatti a lavare perché sei inguardabile!” sbotta violentemente lei, perdendo la pazienza. “E se lo dico io, voglio dire…” E s’interrompe a metà frase, arrossendo lievemente.

Lui resta basito, gli occhi sgranati con sdegno e le sopracciglia inclinate obliquamente, e Kakashi non riesce a fare a meno di pensare che sa essere sempre estremamente scenico. Sakura ruota leggermente su se stessa, in leggero imbarazzo, e Sasuke sbatte le palpebre un paio di volte prima di sfoderare la sua più riuscita espressione di sprezzante superiorità.

“Bene,” scandisce gelido, “sembra che siate tutti d’accordo. Il team decide e Sas’ke si adegua, come sempre.”

A quella madornale sparata Sakura stringe la mano a pugno e inizia a prendere lo slancio per colpire; il sensei la trattiene rapido, scuotendo la testa con un sorriso rassicurante.

“Ma sappiate,” continua Sasuke intimidatorio, ignorando il loro siparietto, “che se come ho detto dovesse svegliarsi sarà a voi due che…”

“Non succederà,” lo interrompe Kakashi condiscendente, spintonandolo fuori dalla porta. “Vai, adesso,” continua, restando a guardarlo mentre muove i primi passi riluttanti. “Vai’, Sas’ke,” ripete fermo.

Il tono più serio e benevolo che riserva quasi unicamente a lui e il suo sguardo familiare spingono definitivamente Sasuke ad allontanarsi. Sakura sospira stancamente quando il ninja copia rientra nella stanza di Naruto, esasperata.

“Che fatica per fargli prendere un po’ d’aria,” commenta stizzita.

“E’ preoccupato,” commenta Kakashi, placido. “E’ normale che voglia stare qui.”

“A proposito,” commenta lei scrutandolo bieca. “Conosco qualcun altro che non ha praticamente mosso piede da questo ospedale, negli ultimi due giorni,” osserva, con tono d’accusa.

Kakashi reclina innocentemente la testa di lato, svagato.

“Dai, Sakura,” replica quieto, “abbiamo già rischiato di perderne uno.”

Lei distoglie velocemente lo sguardo, prima di sbuffare con disinteresse.

“Comunque,” osserva, impilando alcune boccette vuote, “ti rendi conto che ci siamo quasi dovuti mettere a litigare per mandarlo via? E poi sai, agitato com’è, quanto impiegherà ad andare a casa, lavarsi e tornare qui? Te lo dico io,” prosegue animosa, senza lasciare a Kakashi il tempo di risponderle, “un quarto d’ora. E tu vuoi farmi credere che in questi quindici miseri minuti Naruto dovrebbe…”

La frase le muore tra le labbra e i suoi occhi smeraldini si sgranano nell’udire il lieve gemito proveniente dal letto alle sue spalle. Kakashi si volta di scatto verso il malato, spalancando l’occhio sano.

“Naruto!” esclama entusiasta.

C’è un altro leggero lamento proveniente dal ragazzo, poi le palpebre di Naruto si socchiudono lievemente. Entrambi gli altri due saltano in avanti verso di lui, illuminandosi.

“Naruto! Mi senti?” fa Sakura, le lacrime nella voce.

“Sa…ku….rachan…” geme lui sottovoce.

“Naruto!” ripete lei con un singhiozzo. “Oh, Naruto!” singulta, stringendogli la mano.

“S…S…”

“Siamo qui, Naruto,” interviene Kakashi, facendo capolino. “Ben svegliato.”

“S…Sa…S…” Naruto tossisce faticosamente, mentre Sakura, combattendo il pianto, si china su di lui per verificare il suo stato. Kakashi li osserva con un vago sorriso, quasi rapito.

“Sas…k…e.”

Sakura sgrana gli occhi e Kakashi incassa la testa nelle spalle, sconsolato. Lei gli fa cenno di uscire e lui la guarda perplesso, dal momento che Sasuke non è certo fuori dalla porta. Fai finta, sillaba Sakura imperativa.

“Lo vado a chiamare,” borbotta avvilito, dirigendosi fuori.

“Ci ucciderà,” mormora Sakura  atterrita.

“Lo so,” sospira lui stoicamente, imboccando l’uscio.

Lei torna a dedicarsi al malato dopo aver scrollato la testa decisamente. Mentre verifica che il suo respiro sia controllato Naruto bofonchia qualcosa d’incomprensibile.

“Come?”

Dattebayo.”

Lei ridacchia sconcertata, guardandolo con affetto.

“Cosa c’è?” chiede, ascolta il polso.

“Ho capi…to dove sbaglio,” annuncia Naruto, sforzando le labbra in un sorriso entusiasta. “Il rasengan.”

Sakura lo guarda per un istante sorpresa, poi gli sorride commossa.

“Sei uno scemo,” commenta scuotendo il capo. “E stai bene. Devi dormire e stare a riposo assoluto per qualche giorno, ma…” si morde le labbra e sospira con sollievo, gli occhi di nuovo velati. “Ti voglio bene, Naruto.”

Lui spalanca gli occhi sorpreso e, indubbiamente, contento.

“Davvero?” mormora roco. “Pensavo…ce l’avessi a morte…con me.”

Sakura scuote la testa e si asciuga gli occhi.

“No…” sussurra affettuosa. “Dopotutto lui è sempre stato molto più tuo che mio.”

Il jinchuuriki sogghigna.

“Ci puoi giura…re,” balbetta sornione.

“Naruto!” strilla Sakura con rimprovero. “Non dovevi rispondere, dovevi solo stare zitto!”

 

 

La prima cosa che salta all’occhio, anche a uno un po’ appannato come il suo, è che in quel corridoio d’ospedale c’è più movimento di quando se n’è andato; in second’ordine, risuonano risate che venti minuti fa erano del tutto assenti. Terzo, chissà perché Ino saltella beata al collo di Sai e quarto, la faccia di Kakashi che gli sta andando incontro è eloquentemente circospetta, gli pare.

Sasuke socchiude gli occhi, sinistro. Da qualche parte intorno ai suoi polmoni una bolla pesante esplode in uno sfarfallio luminoso ma il genio mantiene intatta la postura aggressiva e molto poco amichevole.

“Sensei?” ringhia torvo.

Kakashi sorride ampiamente, con aria innocente.

“Ho una magnifica notizia da darti, Sas’ke,” annuncia allegramente.

Io lo sapevo. Fottuto dobe.

Eppure gli sembra che le gambe non lo reggano, le ginocchia si fanno molli e leggerissime.

“Si è svegliato,” mormora, senza bisogno di ulteriori chiarificazioni, e Kakashi annuisce leggermente in conferma.

Per qualche secondo lui riesce soltanto a guardare il maestro nell’occhio e rimanere così, senza respirare, ad ascoltare il sollievo che gli risale nei nervi e scoppia nello stomaco, alleggerendolo quasi da prendere il volo.

Poi il dispetto e il risentimento lo investono. Perché Naruto l’ha fatto spaventare da impazzire e star male come un cane per due giorni, e nemmeno gli ha lasciato la soddisfazione di essere con lui al suo risveglio. Perché è un maledetto idiota e non dovrebbe rischiare la vita nemmeno per scherzo e invece sarà già lì a ridersela e vantarsi di questa nuova idiozia con le infermiere o gli altri amici. Perché non aveva nessun diritto di fargli passare quarantotto ore del genere, o forse l’aveva ma è incazzato lo stesso.

“Con te ne parlo dopo,” sibila furibondo, oltrepassando Kakashi.

“Sas’ke-kun,” trilla Ino entusiasta. “Naruto si è svegliato! Sta meglio!”

“Ancora per poco,” ringhia Sasuke glaciale, fiondandosi nella stanza con il preciso intento di appiccarle le fiamme. Invece si immobilizza sulla soglia soltanto vedendo Naruto, con la schiena un po’ raddrizzata su una culla di cuscini, ancora tutto incerottato e con la mano stretta in quelle di Sakura. Alla sua comparsa il jinchuuriki si volta di scatto, abbagliandolo col suo sorriso…chidorico.

“Sas’ke,” gracida rauco.

Lui rimane lì, fermo e remotamente ebete, con l’aria bloccata nella gola e tutto il corpo che sembra pesare come granito, sciolto improvvisamente dalla tensione. Boccheggia inutilmente, incapace di riprendere a respirare o di fare qualunque altra cosa, compreso parlare. Ansiosamente scruta Naruto con inquietudine, per sincerarsi che sia davvero fuori pericolo, che non abbia nulla di eccessivamente grave.

Poi sente gli occhi di Sakura, inteneriti, bruciare su di sé come uno schiaffone. La fulmina con un’occhiata che sottintende quanto terribile sarà la sua vendetta per averlo convinto ad andarsene, poi torna a scrutare Naruto.

“Dannata testa quadra!” bercia stizzito. “Proprio adesso ti dovevi svegliare, tu…idiota!”

Naruto sgrana gli occhi azzurri, meravigliato.

“Eh?” uggiola disorientato.

“Sei un…un…” continua Sasuke feroce, stringendo poi le labbra tanto da sbiancarle. Serra i pugni per fermarne il tremito e si volta di scatto verso la finestra, dando le spalle ai due compagni di squadra. Nei polmoni e nell’intestino ha una quantità di sensazione e cose da dire, tutte ingarbugliate, struggenti e quasi dolorose, che non sa esprimere, non può. Ha l’impressione che se soltanto socchiudesse le labbra scivolerebbero fuori come l’acqua da una sorgente ma non lo fa, anzi deglutisce e stringe i denti fissando il cielo senza tuttavia vederlo.

“Io,” inizia Sakura alzandosi dalla sedia, prima di schiarirsi la voce, “vado a…”

Non si dà nemmeno il disturbo di finire la frase inventandosi una scusa qualunque, ma lascia la stanza chiudendo la porta dietro di sé. Sasuke continua a guardare fuori mordicchiandosi febbrilmente l’interno della guancia. Gli bruciano gli occhi, di nuovo. Tutta questa situazione è assolutamente insostenibile.

“Teme,” lo chiama piano Naruto.

“Sta’ zitto!” sbotta lui, voltandosi rabbioso.

E Naruto è lì che lo guarda confuso, quasi deluso e lontanamente arrabbiato, non sta nemmeno più sorridendo, e invece dovrebbe. E lo farebbe, se soltanto lui fosse capace di esprimere le cose e parlare sinceramente, abbassare le difese, liberarsi di quell’antica paura che da troppo tempo lo accompagna ed essere, semplicemente, vulnerabile e scoperto. Almeno con Naruto.

Ma non sa farlo. Quindi quello che fa, irritato con se stesso, è marciare dalla finestra al letto e puntarvi sopra un ginocchio, sul lato del materasso, allungarsi per sovrastare Naruto sorreggendosi sul braccio, per chinarsi infine a baciarlo. Perché non ci sa fare con le parole e se la cava molto meglio con i gesti.

La bestiaccia sussulta di sorpresa e poi socchiude le labbra, assecondandolo. Muove stentatamente una mano fino a portarla sul suo polso, piegato a sostenere il peso, per accarezzarlo e Sasuke vorrebbe, non sa, forse sciogliersi e amalgamarsi in un tutt’uno con Naruto, per essere certo di non rischiare mai più di esserne privato. Vorrebbe stringerlo e toccarlo dappertutto per essere sicuro che sia intero, ma nello stato in cui è gli farebbe male e allora rimane lì, spingendo il viso contro il suo per bere il suo fiato e mordendogli le labbra, la lingua e i lati della bocca che poi lambisce ancora e ancora, respirando affannosamente.

“Wow,” biascica Naruto inebetito, quando gli permette di riprendere fiato. E Sasuke è sicuro che, in qualche modo, il jinchuuriki abbia capito perfettamente quel che lui ha detto. “Dovrei tentare di uccidermi più…spesso,” continua poi il ferito, ridacchiando.

Sasuke aggrotta la fronte, sfiorando la pelle del suo collo con il naso e disegnandovi linee sparse.

“No,” soffia, imperioso.

“Di’, ti sarai mica spaventato?” lo schernisce Naruto sornione. “Tu, il grande…Uchiha Sas’ke?”

“Certo che no, dobe,” ribatte il genio sostenuto, scorrendo un dito leggerissimo sul lenzuolo, lungo il suo fianco bendato. “Mi spiace solo di non essermi liberato di te nemmeno stavolta.”

“Lo supponevo,” concorda Naruto secco. “Ma dopo la fatica che ho fatto…per riaverti qua, ti pare che ti mollo…così?” aggiunge scherzoso.

“Giura,” sussurra Sasuke di slancio, contro il suo orecchio. Nasconde il viso con imbarazzo contro il lato della testa di Naruto e sente il movimento della sua guancia che si allarga in un sorriso.

“Che ti mollo così?” chiede quello, divertito.

“Mai più. Giura,” ripete lui, autoritario.

Naruto ridacchia, tossicchiando.

“Starai diventando romantico?” domanda ingenuamente, prendendosi gioco di lui. “Ahia!” strilla poi, quando la sua mano gli punzecchia il fianco. “Non lì, mi riapri la ferita!”

“Affari tuoi, dobe,” sogghigna Sasuke maligno.

Naruto si sforza per sporgere faticosamente la testa verso di lui, azzanna il suo mento. Sasuke gli spinge giù la faccia, più cauto del normale.

“Razza di…” ringhia, cupo.

“Giuro,” mormora Naruto contro la sua mano. Lui la ritrae lentamente, sostituendo alle dita le proprie labbra a strofinarsi, lente, contro quelle dell’altro. Si assaporano silenziosi, finché un leggero bussare li riscuote.

“Posso?”

Riconoscono entrambi la voce.

“Nara, vai a farti un giro,” intima Sasuke brusco.

Lo shinobi fuori dalla porta sbuffa rumorosamente, sembra quasi di vederlo levare gli occhi al cielo.

“Mi devi una sigaretta,” commenta poi con sufficienza.

“Te ne comprerò tre pacchetti,” risponde il genio, altero.

“Lo prenderò per un grazie,” commenta Shikamaru, la voce già affievolita mentre si allontana.

“Grazie di che?” domanda Naruto, perplesso. “Quale sigaretta? Ti sei mica messo…a fumare?”

Sasuke scuote la testa, svicolando.

“Lascia perdere,” smozzica sbrigativo. Naruto lo guarda fisso poi abbassa gli occhi, colpevole.

“Non ti ho detto una cosa,” borbotta incerto. “Shikamaru un po’ di tempo fa ha…intuito che…”

“Lo so,” lo interrompe Sasuke ruvido. “Perché sei una testa quadra,” puntualizza scostante.

Naruto sorride angelico.

“E ti dispiace che lo sia?”

Sasuke sposta lo sguardo su di lui per un secondo, distogliendolo immediatamente.

“No,” sussurra pazientemente, tornando a chinarsi verso il jinchuuriki. “Cioè, sì, ma ormai mi ci sono abituato,” soffia contro la sua pelle, la labbra contro quelle del compagno, il naso che sfiora quello di lui.

E quando la mano debole di Naruto riesce a insinuarsi tra le ciocche dei suoi capelli pensa che, in fondo, il fatto che il dobe sia un idiota non è davvero minimamente un problema. L’importante è che ci sia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ahm…ta-daaan!

E la nuova cavolata è giunta al termine. Come si dice, anche questa è fatta.

 

Io credo fermamente che Sasuke e Shikamaru sarebbero ottimi amici. Sono due lagne incomparabili e hanno entrambi un modo di fare compassato. Hanno anche un’infinità di differenze e naturalmente il nostro Shika è un tesoruccio confronto a Uchiha, ma penso sia comunque un buon punto di partenza.

 

Ultima precisazione. Perché Sasuke si fa aria con un ventaglio rosa a fiori senza che la cosa mi sembri particolarmente ooc: perché se sfoggiava con nonchalance quell’orrenda cintura viola made in Orochimaru vuol dire che non ha vergogna. E come dargli torto, Sasuke è come il nero: sta bene con tutto.

 

Grazie per le letture, le preferenze e i commenti che fioccheranno numerosi…. Vero? ^__^

A presto, popolo.

 

Regina Oscura: Ehm…sì, Sasuke fa un po’ quest’effetto in generale nella vita: mette tristezza. Dev’essere un’abilità che gli è stata fornita per natura insieme allo sharingan, perché si può notare la stessa deprimente caratteristica anche in Itachi. Visto che il volpotto s’è svegliato? E chi lo spegne, quello… Grazie, a presto!

ryanforever: Grazie mille! Ed eccoti il seguito, come da regolamento. Sono molto onorata per l’apprezzamento, a risentirci!

Killer Queen 7: Wooow! IO ti ho convertita a questo pairing? Ma che meraviglia! Ragazza, è sempre un’immane soddisfazione quando mi si dice una cosa del genere. Quanto al resto, sono perfettamente d’accordo su quanto da te detto in merito al nostra Nara – cavolicchio, adoro quel ragazzo – e ti ringrazio profusamente per le belle parole. Alla prossima.

chibimayu: Buondì buondì. Beh, l’effetto che la scena del pianto di Sasuke voleva avere era appunto di straziare un po’ il lettore, quindi non avertene a livello personale se ti dico che sono soddisfatta della reazione ^__^. Il massimo, non esagerare. Una sufficienza è tutto ciò a cui posso aspirare, e ancora grazie che non mi arrivano calci. A presto e sentitamente grazie.

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