Storia su nulla e su niente:il mago e la sua amante di TheNother6 (/viewuser.php?uid=748672)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lontano da casa ***
Capitolo 2: *** Casa salata casa ***
Capitolo 3: *** Le persone rispettose vengono rispettate dalle persone rispettabili ***
Capitolo 4: *** Affari pressanti ***
Capitolo 5: *** Quello che non piace ai giappominkia ***
Capitolo 6: *** I sensei sono utili solo a sgridarti ***
Capitolo 7: *** Un popolo che mangia insetti ***
Capitolo 8: *** Lo zucchero si scioglie nell’acqua ***
Capitolo 9: *** Forgiare l'anima ***
Capitolo 10: *** Mai mentire ad una ragazza ***
Capitolo 11: *** Il massacro dell'amore ***
Capitolo 12: *** A che serve avere una ragazza se non puoi tagliarle la gola e vederla sanguinare ***
Capitolo 1 *** Lontano da casa ***
1.Lontano da casa
Era una bellissima giornata di sole
in un importantissima
città del nord Italia nonostante l’inverno fosse
già incominciato da un pezzo.
Ciò era intuibile dai gruppi di ragazzini zaino-muniti che
si affrettavano
lungo le strade della città per raggiungere la scuola
più vicina, tutti con la
stessa espressione assonata e malinconica appiccicata sul volto. Alcuni
di
questi però avevano la fortuna, nella sfortuna di andare a
scuola, di essere
accompagnati dai loro genitori in macchine più o meno
costose. Tra queste
spiccava una di color nero guidata da un certo Franco Leoni.
Quest’uomo
a
differenza dei bambini era molto sorridente e quel giorno stava
accompagnando
sua figlia che stava smanettando con l’ultimo modello di
Iphone, naturalmente
di color rosa, regalatole dal padre per il suo decimo compleanno. Il
padre
arrivato davanti alla scuola fermò la sua costosissima
macchina e fece scendere
la bambina raccomandandole di chiamarlo all’uscita e si
diresse verso un
costosissimo ristorante, dove lo aspettavano due uomini in costosissimi
vestiti.
Franco con calma, si era seduto, si era tolto la sua costosissima
giacca e
aveva ordinato un costosissimo spumante (l’uomo era troppo
contento e aveva un
bisogno morboso di festeggiare quindi avrebbe brindato con qualsiasi
cosa, in
qualsiasi posto, in qualsiasi momento della giornata). Come poteva
permettersi
la sua costosissima vita? Semplice, era il boss della famiglia dei
Leoni e come
ogni boss di soldi ne aveva abbastanza da potersi permettere diverse
costosissime azioni durante la sua routine giornaliera.
Il
boss era seduto
coi suoi più fidati collaboratori, suo fratello Andrea e il
suo braccio destro
Alfonso Ferruccini e discutevano animatamente dell’ultimo
affare.
-Le donne hanno un fiuto per gli
affari impeccabile …be' forse
non tutte, alcune hanno il fiuto solo per capire quando stanno
bruciando il
caffè ma quella è meglio di quei cagnoni
antidroga che si porta appresso la
pula- affermava Andrea.
-Mio cugino è stato preso
da uno di quei cosi si è fatto 20
anni e quando è uscito gli hanno piazzato un proiettile in
testa per un debito
a carte, ah pover'uomo –rispose Alfonso che era conosciuto da
tutti come
“Ferro” poiché aveva
un’incredibile incapacità nell’uso delle
armi da fuoco e
qualche volta anche nell’uso del cervello.
- Io l’ho capito da quando
l’ho vista la prima volta – disse
Franco –una che lascia il marito deve avere per forza un
talento del genere, nessuno
di questi tempi divorzia c’è troppa crisi, ehehehe
-.
-Secondo me a quei cani viene data da
mangiare una sonda, sai
quelle cose super tecnologiche, poi vengono portati a spasso e quando
la sonda
rileva della droga emette un segnale che fa incazzare il cane e gli fa
attaccare lo spacciatore se no come si spiega il fatto che questi
individuano
la droga? I cani sono stupidi per natura- dedusse Alfonso.
Franco ignorava quello che diceva
Alfonso infatti,
nonostante questi fosse uno degli uomini più fidati e vitali
per la banda,
mostrava sempre un’incresciosa stupidità che
impediva qualsiasi tipo di
conversazione realmente sensata.
-Ma arriva o no sto cazzo di
spumante? Quanto ci mette
quell’idiota! -esclamò Franco guardandosi intorno
in cerca del ragazzo che
aveva preso la sua ordinazione.
Carlo era un bravo ragazzo andava al
secondo anno
d’ingegneria e a causa della precaria situazione economica
dei genitori era
costretto a fare l’ingrato e faticoso lavoro del cameriere
per pagarsi i libri
e la retta scolastica.
Nel lavoro del cameriere le mance
sono TUTTO poiché potevano
alzare vertiginosamente i ricavi e Carlo sapeva che Don Franco in
quanto a
mance era molto generoso e quel giorno era anche particolarmente
allegro. L’ultima
volta aveva infilato nel suo taschino cinque banconote da 100 euro cosa
che
l’aveva fatto tornare a casa con un bel sorrisetto ebete
stampato in faccia.
Quindi, quando sentì il
Don urlare e lamentarsi Carlo cercò
di affrettarsi ma il problema era che il vino ordinato dal boss, un
costosissimo e pregiatissimo Franciacorta, era finito. La cosa era
molto strana
poiché l’ultima volta che aveva controllato era
sicuro di avere più di 50
bottiglie di quel tipo. Carlo non si perse d’animo e
continuò a cercare quando
ad un tratto notò una cassa buttata in un angolo. Quando il
cameriere aprì la
cassa la sua gioia fu immensa nel trovare una bottiglia di Franciacorta
che si
affrettò subito a portare al Don.
Come abbiamo già detto
Carlo era un bravo ragazzo, aveva
fumato un po’ d’erba quando frequentava il liceo e
da piccolo alle elementari
usava le matite del suo compagno di banco per non rovinare le sue ma
era un
ragazzo puro e semplice anche un po’ tonto .Forse, per questo
non si
accorse che il liquido contenuto all’interno della
bottiglia era di un
nero intenso e non del solito bianco-giallognolo e non si accorse
nemmeno che
la sostanza al suo interno non si comportava come un liquido ma come un
gas che
si dibatteva impetuoso in quella prigione di vetro.
Carlo quindi posò la
bottiglia sul tavolo incurante (Franco
apriva da se le bottiglie che gli venivano portate per paura
che qualcuno
potesse metterci sostanze chimiche per danneggiare lui o il gusto del
vino)
intascò la mancia, una viscosa sputata nell’
occhio, e se ne ritornò a
preparare il locale per l’apertura incredibilmente deluso.
I
tre gentil’uomini
si alzarono e si misero a pregare. Ogni mafioso italiano che si
rispetta
pregava prima di mangiare o bere; anche quando dovevano prendersi una
mentina
questi si alzavano, alzavano le mani al cielo e recitavano un ave
o’ Maria, un
padre nostro e ringraziavano del cibo offertogli. Alcuni, come lo
stesso Franco
pregavano anche prima di dormire e la mattina appena alzati.
Finito quindi di ringraziare, Franco
stappò la bottiglia e
riempi i tre bicchieri. Poi i tre alzarono i calici pieni di liquido
bianco-giallognolo e bevvero. Quando però Franco fece per
parlare, cercando di
dire la sua sugli ultimi acquisti del Milan, si accorse che non
riusciva più ad
aprire la bocca.
Gli
altri due
capirono che c’era qualcosa che non andava e Andrea
domandò –Don, tutto bene? Che
c’è ti è andato di traverso? -.
Franco si sforzò con tutta
la volontà che aveva di aprire la
bocca e questa volta ci riuscì…solo che
sputò un liquido nero e appiccicoso e
un paio di denti. Poi il braccio si sollevò meccanicamente e
i due vice
notarono che impugnava la costosissima e personalizzatissima pistola
color
verde pisello con un incisione d’oro sul lato destro, pistola
di cui il boss
andava fierissimo, dalla quale esplosero due colpi che colpirono
Alfonso e
Andrea alla testa uccidendoli sul colpo. Dopo Franco si alzò
(anche se dire che
Franco si alzò è sbagliato poiché
questo non aveva più il controllo del suo
corpo) e con ancora la pistola puntata davanti che faceva fuoco e il
liquido
nero che gli usciva per bocca, si mise a correre, ruppe la vetrata del
ristorante e si ritrovò in strada.
Qui
sparò un ultimo
colpo contro un cassonetto vicino al quale c’era un gatto
nero appisolato che
svegliatosi iniziò una folle corsa nella direzione opposta
del Don il quale
adesso fissava inebetito la pistola scarica. Poi il braccio di Franco
esplose e
da questo fuoriuscì una sostanza nera che iniziò
ad avvolgere il suo corpo. Era
terrorizzato ed iniziò a dimenarsi cercando di liberarsi dal
liquido nero ma fu
tutto inutile. Poi quando la sostanza nera lo avvolse completamente
smise di
muoversi e per un attimo sembrò che il tempo si fosse
fermato. Si chiese se
tutto quello stava realmente accadendo o era tutto frutto di un
allucinazione
causata dallo spumante scaduto.
Si
udì un “BLUFF”, la
sostanza nera prese fuoco e una fiamma viola avvolse il corpo del Don
che
iniziò a provare un dolore anticò e abissale, un
dolore inimmaginabile che non
colpiva solo il suo corpo e la sua anima ma anche le sue emozioni. I
suoi
ricordi, i suoi affetti, il suo essere stesso bruciava e gli provocava
un
dolore intangibile e infinito quanto l’universo. Fu allora
che Franco iniziò ad
urlare, urla straziate ed emanate con tutta la forza vitale rimastagli.
Poi
calo un piacevole silenzio e di lui non rimase che una pozzanghera nera
ed
indistinta.
Il gatto nero correva come non aveva
mai corso in vita sua e
continuò a correre per un bel po’
finché incontrò quell’uomo.
Aveva due occhi verdi e portava un
ciuffo vertiginoso da far
invidia al principe del rock. Indossava un cappotto viola lungo e sotto
portava
una maglietta rossa con sopra un teschio bianco. Portava dei jeans
strettissimi
sotto i quali sbucavano dei mocassini a scacchi verdi e bianchi.
L’uomo aveva
un fisico perfetto, anche se non seguiva strane religioni, non era un
fanatico
della palestra e non usava sostanze chimiche che ti ingrandivano il
muscolo
fino a fartelo scoppiare, però non era un bel ragazzo.
C’era qualcosa infatti
nel suo sguardo, nei suoi lineamenti, nelle sue movenze, nel modo in
qui parlava
e respirava che suggerivano qualcosa di diabolico. Forse per questo non
era mai
stato fortunato con le ragazze che l’avevano rifiutato in
modi via via più
fantasiosi e le poche relazioni che aveva avuto erano state brevi ed
infelici.
Questa situazione era andata avanti fino a un anno fa, circa, quando
aveva
incontrato Clay della quale si era innamorato dal primo momento e con
la quale
stava portando avanti una relazione già da sei mesi.
Quando il gatto incontrò
l’uomo questo stava fumando una
black devil (sigaretta che fa schifo a tutti, quindi anche
all’uomo stesso, ma
dona un’aria da figo essendo completamente nera) appoggiato
ad una macchina
d’epoca rossa senza tettuccio sulla fiancata della quale
c’era scritto a lettere
nere “Unicorno della Morte “. Appena
l’uomo si accorse del gatto nero che stava
lì tremante ad osservarlo emise un sonoro
“MIAO” (anche se quel verso non era
ricollegabile ad un gatto anzi, non era ricollegabile a nessuna
creatura del
mondo animale) che fece spaventare l’animale che riprese la
sua corsa nella
direzione da cui era venuto. L’uomo sorrise alla vista della
bestiaccia in fuga
e si sforzò di convincersi che quegli ultimi giorni non
erano completamente da
buttare…però non ci riuscì e fece un
altro tiro di sigaretta.
”Devi partire Pain, devi
sistemare degli affari nel nord
Italia Pain, e io non posso venire perché devo passare il
weekend con Marta in
Sicilia e sai che ultimamente con lei non sta andando bene, e sai che
mi devi
un favore ,e sai che sono un brutto culone con dei capelli
incontrollabili che
lascia agli amici le commissioni più
noiose…maledetto -Gideon !-urlò
attirandosi l’attenzione di una vecchietta di passaggio che
lo guardò torva e
sembrava sul punto di iniziare una predica quando vide Pain montare in
macchina
e puntare dritto su di lei per metterla sotto.
Per fortuna, o per sfortuna dal punto
di vista di Pain, questa
scattò di lato schivando la macchina che si avviava a
tavoletta verso l
edificio più alto di tutta la
città, “LA SEDE DEL
MAGNICOSTRO”.
Qualche anno fa in una cittadina
isolata e poco importante
del nord Italia nacque una bambina dagli occhi azzurri a dai capelli
neri
corvino. Questa aveva vissuto la sua infanzia e la sua adolescenza
allegramente
in quel luogo semplice e puro finché al compimento del suo
diciottesimo
compleanno, un po’ come Aurora la principessa, conobbe Carlo
Withman (lo so è
strano che abbia il nome del cameriere di prima ma di certo non
può esserci un
solo Carlo in tutt’Italia).
Carlo era di origini italiane da
parte della madre e
americano dalle parte del padre e il nome “Carlo”
era stato scelto dalla madre
poiché aveva posseduto in tenera età un carlino
caduto dal balcone di casa per
aver tentato di scacciare un gatto appollaiato sul balcone dei vicini
al piano
di sotto. Carlo era molto amato dai suoi genitori un po’
perché era il
primogenito e un po’ perché era l’unico
figlio che avevano e quindi questi
l’avevano cresciuto come un piccolo borghesino perfettino e
viziato. Ciò era
reso possibile dal patrimonio familiare costruito attorno alla vendita
di
saponette, profumi e asciugamani da bagno (attività che
aveva registrato un
notevole picco di vendite negli ultimi anni).
Quindi Carlo essendo uomo colto e
piacente, capo di un’attività
emergente e con un potenziale infinito poteva vantare di avere una
quantità di
spasimanti pari al numero di saponette vendute dalla sua famiglia nel
corso
delle generazioni. Infatti quando questo arrivò in quella
isolata cittadina, Barbara
rimase incredibilmente affascinata da quell’uomo misterioso
ed esuberante e
cerco in tutti i modi di conquistarlo. La cosa fu abbastanza semplice
poiché
anche Barbara era molto piacente e quindi i due si sposarono. Passarono
gli
anni, anni felici e anni tristi si alternarono finché
Barbara non conobbe
Azzurra. Il loro incontro avvenne in un motel decadente e fu proprio
Carlo a
presentarle solo che Barbara si mostrò molto contraria a
stringere un amicizia
con Azzurra, l’amante di suo marito, preferendo di stringerle
attorno al collo
il lenzuolo del letto. Il divorzio fu veloce e indolore e Barbara
riuscì a
conquistare un eloquente quota mensile da parte del marito e un pezzo
della sua
società, ovvero una piccola azienda in una grande e
importante città del nord
Italia.
Barbara
però non
capiva niente di prodotti da bagno così decise di investire
il suo piccolo
capitale nel campo edile e in poco tempo riuscì a mettere
insieme la più grande
ditta di costruzioni di tutt’Europa il
“MAGNICOSTRO”.
-OLE- esclamò
Federico aprendo la bottiglia di un
costoso Franciacorta che produsse un sonoro TUM che rimbombò
nella stanza semi
vuota dove i due dipendenti e il loro capo stavano festeggiando la
riuscita
dell’ultimo affare. Federico riempì il bicchiere
del boss poi quello di Mafalda
la segreteria di questa che, borbottò qualcosa sul bere
spumante a quell’ora
del giorno, e infine riempì il suo di bicchiere.
Fatto ciò i tre alzarono i
bicchieri molto teatralmente,
esclamarono in coro-SALUTE- e poi bevvero. Federico alzò gli
occhi e guardò
Barbara, il suo boss, che se ne stava seduta sulla scrivania, alle
spalle della
quale c’era una vetrata di vetro scorrevole che dava su un
balcone che si
affacciava su tutta la città, a sorseggiare lo spumante.
Federico aveva visto
molte volte Barbara ma quella volta c’era qualcosa di diverso
poiché in quasi
dieci anni di lavoro non aveva mai visto il suo capo con
quell’aria così
allegra e rilassata. Se era per questo in dieci anni di lavoro questa
era anche
la prima volta che i tre brindavano ad un affare andato in porto.
Però quel giorno
c’era qualcosa di speciale nell’aria
qualcosa di strano e magico che riusciva a far sorridere anche la
Gelida Regina
Di Ghiaccio. Finito di brindare Barbara rimandò i due
dipendenti alle
rispettive postazioni congratulandosi ancora per il lavoro svolto
(anche questa
cosa era del tutto nuova a Federico) e uscì fuori sul
balcone del suo ufficio per
prendere una boccata d’aria.
-Lo sa, avrei utilizzato una magia di
contenimento ed
espansione anche su questo spumante solo che a me non piace fare la
stessa cosa
due volte. Diventa noioso e ci manca solo che questa commissione
diventi ancora
più noiosa –disse Pain che se ne stava in piedi
sulla ringhiera accanto a
Barbara rigirandosi il Franciacorta tra le mani che fino ad un attimo
prima
stava sulla scrivania dell’ufficio.
-Chi sei?- disse Barbara arretrando
spaventata da quell’uomo
misterioso –Io sono il DOLORE. Però mi faccio
chiamare PAIN perché essendo
l’inglese la lingua internazionale voglio che tutti capiscano
come mi chiamo-
rispose questo.
Barbara non capiva chi fosse
quell’uomo ne perché fosse lì e
neanche come avesse fatto ad entrare nel MAGNICOSTRO essendo questo
controllato
dai migliori agenti delle forze speciali italiane.
-Sa, a me non piace colpire le donne
e quindi non mi piace
ucciderle quindi la faremo semplice: lei deve saltare-e così
dicendo indicò
verso il basso.
Barbara sorrise –Ma che
cazzo dici? Non so come tu abbia
fatto ad entrare o chi tu sia ma io non salto giù-.
Pain allora sorrise, un sorriso
malvagio che mostrò la sua
dentatura perfetta, poi scattò verso Barbara bloccandola in
un passionale
abbraccio e le avvicinò la bocca all’orecchio-Zio
Peppino- le sussurrò e
finalmente Barbara capì.
-Oddio ma Franco mi aveva assicurato
che non avremmo
disturbato nessuno, che l’affare era sicuro e avrebbe fatto
guadagnare tutti
…aspetta quindi sei tu il killer di cui si parla, quello che
ha ucciso i
fratelli Marotta? -.
Pain sorrise ed annuì
quella era stata una delle sue
migliori operazioni seconda solo all’omicidio
dell’ex sindaco Borretti molto
bella ma anche sporca.
-La prego signor Pain, posso pagarla,
io sparirò ho dei
contatti in America non sentirà più parlare di me
né della mia agenzia, la
prego signor Pain- singhiozzava Barbara.
Pain non rispose si limito a indicare
nuovamente il basso
–NO!!! Non puoi finire così la pagherò
per uccidere Zio Peppino deve esserci un
modo per uscirne la prego entriamo dentro e parliamone-propose Barbara.
-Ci sono due modi –disse
Pain-il primo è semplice lei salta
si fa qualche secondo di caduta e la cosa finisce o…le
farò provare qualcosa
che nessun altro le farà mai provare in questo mondo
– e dicendo questo sulla
punta delle sue dita si accesero cinque fiammette violette. Barbara
aveva gli
occhi sbarrati dalla paura –Ha già ucciso gli
altri vero? -Pain annuì-Loro non
hanno avuto la possibilità che le sto dando –
disse e si accese una sigaretta
col dito indice grazie alla fiamma su questo.
Barbara allora salì sulla
ringhiera e pensò a cosa sarebbe
successo se non avesse mai incontrato Carlo se fosse rimasta quella
ragazza
pura e bella che tutti desideravano poi saltò e poco dopo i
suoi pensieri si
sparsero sulla strada sottostante insieme alla sua materia celebrale.
Notucce
personali :)
Salve ragazzi questa è la
prima storia che scrivo e quindi
la prima storia che pubblico su efp ...sono un verginello :).
Vi prego
siate buoni con le recensioni XD farò uscire il prossimo
capitolo il prima
possibile.
|
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Capitolo 2 *** Casa salata casa ***
Le cose strane
capitano
Se state
leggendo questo capitolo vuol dire che avete letto
il primo e avete avuto il coraggio di continuare...BUONA LETTURA!
2.Casa salata
casa
L’Italia
ogni anno attira una grande quantità di turisti da
ogni parte del mondo e in egual misura perde cittadini che migrano in
altri
stati. Ora i turisti quando devono andare in Italia hanno un ampia
scelta di
città da visitare ognuna con le proprie
peculiarità. Tra queste però
c’è ne una
che spicca su tutte le altre per tre elementi: il mare, la pizza e il
senso
dell’umorismo. Questa città, si trova un
po’ fuori posto in Italia anzi si
troverebbe fuori posto in qualsiasi stato. Bisognerebbe che questa
città
formasse un proprio stato a se stante perché è
troppo peculiare per qualsiasi
cosa e non può essere paragonata a nulla. La
città in questione è la bella,
controversa e bizzarra Napoli. Napoli è la città
del fuoco e dell’acqua e si
narra che la sua bellezza sia dovuta al fatto che sia stata costruita
su una
sirena morta. Quindi proprio come una sirena morta questa è
bella e magnifica
ma allo stesso tempo in decomposizione e piena di vermi che deturpano
la sua
carcassa contorcendosi nelle sue membra.
In una
città come questa può vivere solo gente molto
singolare e quindi l’uomo con la valigetta grigia lunga che
si dirigeva verso
l’entrata dell’aeroporto di Capodichino non faceva
eccezione. I passanti che lo
guardavano non riuscivano a capire in che modo quell’uomo si
acconciasse i
capelli perché gli sembravano letteralmente piovuti in testa
senza che se ne
accorgesse. Nessuno però osava rivolgergli la parola essendo
profondamente
spaventati dalla sua bellezza (ci sono molte cose che possono
intimidire le persone):
tralasciando i capelli l’uomo avrebbe potuto posare per le
miglior riviste di
moda e fitness.
-Gideon!!!-urlò
un uomo con un ciuffo vertiginoso e la giacca
viola seduto su una panchina. Gideon si arrestò di colpo si
grattò il collo si
passò una mano tra i capelli “arruffati”
(definiremo così d’ora in poi i suoi
capelli anche se non è il termine più adatto) e
si avviò verso il suo partner,
non che suo migliore amico, Pain.
-E comunque Zio
Peppino mi farà avere UNICORNO direttamente
sotto casa entro domani mattina mi ha dato la sua parola che se torna
con
qualche graffio metterà una bella bomba in un container
della SeSTRASPORT. Ah
comunque dobbiamo rivedere la spartizione delle commissioni non posso
sempre
fare io i lavori noiosi! -stava spiegando Pain a Gideon che
annuì
distrattamente mentre metteva in moto la macchina e partiva a tutta
velocità.
–
Che hai ti vedo
troppo silenzioso è andata male con Marta? - chiese Pain
–Marta? A no …be’
insomma Marta è morta le ho tagliato la gola con la mia
cuccicucci. Ti giuro un
macello, non hai idea di quanto ha sporcato quella troia. -rispose
Gideon
ripensando alla scena che gli era costata la sua bellissima giacca blu
a fiori
neri.
-La gente tende
a sporcare le cose quando le si taglia la
gola, mi sorprende che tu non lo sappia
–sottolineò Pain-insomma fammi capì,
hai litigato di nuovo per quella storia dei tulipani? -.
Qualche mese fa
infatti Gideon aveva regalato dei tulipani a
Marta che offesasi aveva aggredito il suo povero fidanzato con il vaso
di sua
zia Assunta.
-Ma no,no questa
volta ho preso le rose-si giustificò Gideon
mentre scoccava una brutta occhiata ad un lavavetri che si stava
avvicinando a
pulire il parabrezza.
-Be’
allora manifestati, perché stai giù? - chiese
spazientito Pain.
Gideon
si irrigidì poi
disse –Perché sto cercando un modo per poter
uccidere qualcuno più volte e più
volte contemporaneamente-.
Pain sorrise
–Ah ma quindi stiamo andando ad ammazzare gente?
Grandioso era da tanto che non facevo un regolamento di conti vecchio
stile. Ma
racconta ch’è successo? - Gideon si
grattò il collo si passò una mano nei capelli
poi iniziò a raccontare.
La storia era
molto semplice. Gideon e Marta erano andati in
Sicilia e avevano prenotato un hotel (si intende un hotel intero
naturalmente) per
passare il weekend assieme e cercare di superare l’episodio
dei tulipani. Dopo
la prima notte di sesso calmo e riparatore, a cui Gideon si era ormai
abituato,
la situazione era sfuggita di mano.
La mattina del
giorno dopo infatti Gideon si era risvegliato
con due tizi che gli puntavano due pistole in faccia e Marta in piedi
con la
sua valigetta grigia in mano. La ragazza infatti spiegò a
Gideon (un po’ come
fanno i cattivi nei fumetti) che si vedeva già da due anni
con un giovane boss
napoletano Marco il Puma ed era entrata in rapporti
confidenziali con lui
solo per rubare la sua cuccicucci. Il piano ideato da Marco era
perfetto poiché
era risaputo della sfortunata vita amorosa di Gideon e della sua
vulnerabilità
sentimentale (si anche i ragazzi belli hanno problemi a trovare una
ragazza)
per cui aveva usato Marta per colpirlo e prendersi cuccicucci e
venderla al
mercato nero.
Però
come diceva un certo Macchiavelli, le azioni degli
uomini sono guidate per metà dal loro ingegno e per
metà dalla fortuna. Questa
volta, il caso giocò in sfavore di Marco poiché
la sua fidata collaboratrice
spinta dalla curiosità decise di aprire la valigetta grigia
per vedere
l’oggetto che il suo capo e amante desiderava tanto.
TRINITY.
Era questo il
nome inciso sul fodero nero a strisce rosse
della spada che estrasse dalla valigetta. Fin lì non ci
furono conseguenze
tranne Gideon che urlò -Puttana non toccare la mia
cuccicucci ! Brutta troia
non toccare la cosa più pura e bella al mondo! - quando
però questa estrasse la
spada dal fodero si senti un suono simile ad un pianto straziato e la
mano che
impugnava l’elsa cadde a terra in mille pezzi.
Tutti rimasero
sbigottiti dall’accaduto tranne Gideon che
corse a prendere la sua spada urlò-UNCUT- e i due bestioni
armati caddero a terra
tagliati come fettine di prosciutto. Poi Gideon si avvicinò
a Marta che stava
piangendo fissando il braccio monco,le mise un dito sulle labbra
e
lentamente le fece passare la lama sulla gola che si
squarciò andando a
sporcare la sua giacca blu a fiori neri appesa lì vicino.
-Sapevo che
Marta era cacca. Le finte bionde non la
raccontano mai giusta stanno sempre lì a tramare qualcosa
contro le vere
bionde. SONO INVIDIOSE ecco- disse Pain mentre si passava una fiammetta
viola
da una mano all’altra.
-Credevo di aver
trovato quella giusta Pain. Certo c’erano
delle incomprensioni ma provavo qualcosa per lei e ora quello stronzo
ha
rovinato tutto! - Stava dicendo Gideon con le lacrime agli occhi.
Pain si accorse
che l’amico stava piangendo e gli mise un
braccio intorno alle spalle-Veramente lei già stava con lui
e ti ha solo usato
ma…prendilo come un nuovo inizio, poteva andare peggio.
Poteva sporcarsi la tua
giacca arancione coi pappagalli gialli-Gideon sembrò
riprendersi.
La macchina si
fermò in un vicoletto davanti al quale c’era
il Bar HODIUS e i due scesero. Gideon prese TRINITY dalla valigetta e
rimase
fermo a fissare il bar, poi la sguainò. Questa volta ci fu
un acutissimo
CUCCINNN, che sembrò tagliare il silenzio circostante. La
lama, attorno alla quale
aleggiava una vivace luce rossastra, era leggermente curvata e su
questa si
muovevano dei piccoli teschi che si contorcevano e urlavano senza
però emettere
alcun suono. Pain guardò l’arma come sempre con
molta ammirazione. Era stato
proprio lui a regalarla a Gideon e per trovarla aveva dovuto scomodare
un bel
po’ di contatti giù all’inferno. Alla
fine l’aveva trovata, TRINITY la spada
taglia anime, si diceva che fosse stata forgiata con i pezzi della
mannaia
usata dal grande macellaio di Satana andati staccati dal corpo
originale
dell’arma durante la GRANDE GUERRA DELLA GRANDE CADUTA.
Pain
schioccò le dita e nella sua mano si materializzò
una
revolver nero molto vecchia con delle parole gialle in latino scritte
sulla
canna– Mostriamogli tutta la nostra passione –disse
e i due si incamminarono
verso il bar.
Quando Marco
nacque aveva sotto l’occhio un piccolo neo. A
cinque anni iniziò a formarsi una piccola macchiolina. A
dieci la macchiolina
era diventata un cerchio perfetto che si allargava fino a raggiungere
la
guancia. A dodici anni uccise Ciro un suo compagno di classe con un
paio di
forbici dalla punta arrotondata (facendo anche cattiva
pubblicità all’agenzia
produttrice di queste che si vantava della sicurezza del suo prodotto
per i bambini)
per averlo preso in giro per il suo piccolo problema estetico. Era
andato ad un
costoso e inutile centro di detenzione minorile che aveva peggiorato la
sua
condotta e quando era uscito aveva messo su una piccola banda. Col
passare
degli anni e dei reati era riuscito ad accaparrarsi una piccola fetta
di
territorio. Anche i malavitosi più anziani iniziarono a
temere quell’uomo che
ormai era noto a tutti come il Puma per via del suo temperamento
riflessivo ma
allo stesso tempo brutale (e anche per via del suo colossale neo che
gli
prendeva metà faccia).
Una volta la
settimana i membri della banda del Puma erano
soliti riunirsi per complottare e sistemare questioni interne. Quella
settimana
avevano deciso di andare all’ HODIUS e se ne stavano
lì a giocare a sette e
mezzo placidamente parlando dell’ultima partita del Napoli.
Il luogo delle
loro riunioni non era certo segreto anzi i
membri della banda lo pubblicizzavano in modo da non avere nessun
“disturbatore” tra i piedi. Per questo, quando i
due sicari arrivarono in zona
non c’era nessuno e quindi furono facilmente notati da
Alfredo che corse subito
dentro ad avvisare il capo che comunque si era già accorto
di questi essendo un
attento osservatore. Nell’edificio c’erano quindici
uomini tutti armati, sudati
e incazzati (per via della pessima giocata del Napoli) pronti al minimo
segno
di pericolo a scatenare una pioggia di piombo e distruzione.
Ad un tratto i
due si fermarono, solo allora Puma si alzò
fece segno a tre uomini di seguirlo e uscì fuori.
–Te la prendi con le ragazze
checca? Marta era una donna e tu non ci hai pensato due volte a
ucciderla, sei
un verme! Vieni, combatti con un vero uomo! - urlò Puma
cercando la pistola.
Gideon rimase
immobile e continuò a rimanere immobile anche
quando il proiettile sparato da Puma lo stava per colpire in
faccia…magicamente
però questo slittò bruscamente verso sinistra
dove si disintegrò in tatti
piccoli pezzettini di metallo. I quattro tizi rimasero sbalorditi e
rimasero
immobili.
Pain
sfruttò l’occasione, alzò la pistola e
premette il
grilletto. Una fiamma viola uscì dalla pistola e incendio
gli uomini di Marco
che riuscì a salvarsi anche se con una grave ustione al
braccio sinistro.
–
Fuoco, ammazzateli! - urlò precipitandosi col braccio
penzoloni verso il bar. Tutti i proiettili però erano
inutili poiché venivano
tutti deviati dall’aura di TRINITY. Pain aveva studiato per
molto tempo la
spada ed era riuscito a capire che il possessore poteva proiettare la
forza di
questa nello spazio circostante colpendo gli oggetti circostanti con
grande
velocità e precisione. Questo permetteva a Gideon di
mantenere i suoi vestiti
puliti dal sangue. C’erano tante altre abilità che
la spada possedeva e Pain
sapeva di aver graffiato solo la superfice per questo ogni tanto quando
aveva
tempo e nuove idee di sperimentazione se la faceva prestare per capirne
di più.
L’arma però aveva anche delle gravi limitazioni
come la portata della sua aura
e la maledizione che gravava sul suo possessore (natura della quale era
tutt’ora
sconosciuta anche se ultimamente Gideon non era stato molto fortunato
con le
ragazze).
” Cosa
diavolo sono quei due? “ pensò
Marco che stava salendo le scale per
salire sul tetto .CLIK. Pain
ripremette
il grilletto e dalla pistola uscì una nuvola di fumo nero
che andò ad esplodere
nel bar accecando gli uomini di Marco –UNCUT- e Gideon era
dentro.
In un primo
momento ci sentirono spari ed urla, poi tutto
piombo nel silenzio –UNCUT- disse Gideon e il fumo si
dissolse rivelando il
massacro appena commesso.
Anche
l’arma di Pain era strana ma a differenza di Gideon non
era questa la fonte del suo potere. Infatti la sua pistola serviva solo
per
incamerare pezzi della sua magia ad alta pressione e spararli in
diverse forme.
L’arte di Pain è molto difficile da spiegare, un
potere antico e oscuro che nel
corso dei secoli è stato controllato solo da pochi
maghi“LA FIAMMA DELLA
PASSIONE “.
-Sta sul tetto
–disse Gideon –non ho sentito il suo sangue,
è
meglio così ho altri piani per lui- si grattò il
collo, si passò una mano fra i
capelli e si avviò sulla rampa di scale seguito da Pain .
Quando
arrivarono sul tetto l’uomo che videro non era neanche
il ricordo del Puma: un uomo impaurito che si teneva il braccio
ustionato e
sanguinante piagnucolando. Alla vista dei due il Puma perse
completamente il
controllo e si fece pipì sotto.
-OH nononono
–fece Pain avvicinandosi a lui e portandosi la
sua testa al petto – non preoccuparti anch’io una
volta dopo aver fumato un
cannone d’erba svenni andai in morte bianca e mi feci pipi
sotto. E
semplicemente una funzione fisiologica naturale che non sei riuscito a
controllare -.
Gideon
alzò gli occhi al cielo –Anni e anni di terapia
vero
Pain ? Comunque spostati-. L’amico si alzò
agitò la mano e la pistola scomparve,
poi si andò a mettere in disparte lasciando un po’
di intimità a Gideon e Marco
.
–Sai
mi sono
divertito.La vendetta è molto liberatoria ti senti meglio di
quando stavi
meglio. - iniziò Gideon che mentre parlava faceva roteare la
spada – Sai il tuo
piano era perfetto. Era un po’ a cavallo di Troia,
già visto, ma poteva andare
. Il tuo problema e che hai scelto la ragazza sbagliata. Anzi il tuo
problema è
che hai scelto una ragazza – disse Gideon .
–Si,è
gay non l’avevi capito?-esordì Pain che fu zittito
da
uno sguardo tagliente di Gideon conscio che il suo amico aveva
interrotto il
momento più epico della vicenda . Quindi si
grattò il collo si passo una mano
fra i capelli e riprese- Stavo dicendo …si, il problema
è che tu hai usato una
ragazza io ho usato TRINITY. E ti posso dire che tra una donna e
TRINITY–e
dicendo questo si mise ad accarezzare la lama- scelgo tutta la vita la
mia
cuccicucci –. Poi con un movimento deciso taglio
l’aria e anche qualcos’altro.
–AAAAAAAAAA-
urlò Marco guardando la macchia di sangue che
iniziò a disegnarsi sul cavallo del suo pantalone.
–No. Non sarai frocio ma in
quanto uomo non puoi aver fatto una cosa simile – disse Pain
toccandosi le
parti intime. - Spero che senza distrazioni ora ragionerai
meglio-concluse
Gideon.
-Gideon non
è stato divertente, noi siamo cattivi ma non puoi
comportati così. Ci sono delle regole morali che perfino
Satana rispetta-stava
dicendo Pain mentre Gideon sfrecciava sulla sua Porsche sotto un sole
morente
che dopo una giornata di illuminazione si apprestava a cedere il passo
alla sua
amante luna.
-Mo’
che si fa? - chiese Gideon ignorando completamente ciò
che Pain stava cercando di dire da più di dieci minuti.
-
“Mo” manteniamo un basso profilo, niente
commissioni per un
po’,tre giorni basteranno .-rispose Pain.
- Passerai sti
giorni con Clay? - chiese Gideon a Pain che
annuì con uno strano sorrisino.
-Tu invece? -
chiese il mago –Oggi mi ubriaco cercando di
raggiungere il coma etilico e mettere fine alla mia esistenza.Se
fallisco
domani cerco di contattare qualche vecchia amica e organizzo un'uscita.
Devo
riparare il mio cuore spezzato, ci sarà bisogno di tanta
colla e tanta fatica
ma ci riuscirò. -rispose Gideon deciso.
Quando
arrivarono sotto casa di Pain questo fu sorpreso nel
vedere la sua UNICORNO lì parcheggiata in ottimo stato che
brillava del suo
rosso acceso nel buio della notte (Pain aveva alterato la vernice con
la magia
per avere quell’effetto). Il mago però non se ne
curò molto. Salutò l’amico, si
diresse velocemente verso la porta di casa, fece scattare la serratura
ed entrò
nel salone illuminato solo dalla luce del televisore. Davanti a questo
se ne
stava una donna molto magra ma incredibilmente bella sui diciannove
anni (due
in meno a Pain) a sgranocchiare una barretta dietetica tutta presa dal
TG dove
si parlava dello strano suicidio di una ricca imprenditrice del nord
Italia.
-Mi stai
trascurando ultimamente cuore vuoi abbandonarmi in
questa casa tutta sola? - disse Clay –No, meglio in
autostrada così mi tengo la
casa-disse Pain togliendosi il cappotto e sedendosi accanto alla sua
fidanzata-Dovresti smetterla di mangiare sta roba e mangiare qualcosa
di più
decente –aggiunse cercando di prenderle la barretta da mano
fallendo
miseramente.
- E tu dovresti
smetterla di tagliarti- disse Clay in tono di
sfida –Non lo faccio più lo sai ormai solo tu mi
mandi in estasi-rispose Pain
baciandola sul collo. Clay buttò la barretta
–C’è la cena sul tavolo se hai
fame – disse.
Pain la
baciò poi le sussurrò-Non ho voglia di cibo
adesso.
Ora voglio solo tutta la tua passione-. Quella notte nessuno in tutto
l’isolato
riuscì a dormire bene tranne i due amanti che si assopirono
in un caloroso e
passionale abbraccio.
Notucce
personali :)
Allora che ne
pensate? Vi è piaciuto? Vi ha cambiato la vita?
Avete cancellato il vostro account per non leggere più cose
simili? Vi siete
tagliati le vene e state morendo dissanguati in questo momento? Fatemi
sapere
le vostre impressioni con una piccola recensione:).
Nel prossimo
capitolo parleremo finalmente di Zio Peppino ed
inizieremo ad entrare nel cuore della storia. Al prossimo capitolo :D.
|
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Capitolo 3 *** Le persone rispettose vengono rispettate dalle persone rispettabili ***
3.Le persone
rispettose
vengono rispettate dalle persone rispettabili
In quella
sala da pranzo c’erano più di dieci persone e solo
una stava mangiando. Gli
altri erano tesi e parlavano tra loro animatamente senza
però a quanto pare
rendersi conto che nonostante fossero seduti intorno al tavolo della
sala da
pranzo non stessero mangiando. Tra l’altro c’era
anche un’altra differenza tra
l’uomo e gli altri uomini: la tensione.
Quest’ultimi infatti erano tutti
visibilmente agitati e si asciugavano compulsivamente le grosse gocce
di sudore
che gli sgorgavano dalle fronti per la tensione coi loro fazzolettini
ricamati
a mano dalle mogli (tranne Luca che aveva perso il suo qualche
settimana fa,
con grande disappunto della moglie, ed ora era costretto ad usare
quelli
confezionati).
L’uomo
invece era calmissimo e si stava gustando il pranzo, un piatto di
cannelloni al
sugo, ignorando la presenza dei suoi agitatissimi ospiti. Quella
infatti era
casa sua anche se definirla casa e riduttivo. Era più una
reggia dove anche un
re si sarebbe lamentato della sfarzosità
dell’arredamento e del lusso generale.
Però se si hanno dei soldi bisogna pur spenderli in qualche
modo e poiché il
proprietario non aveva a cuore il problema della fame nel mondo si era
tolto
qualche sfizio.
La
casa aveva tre piani senza contare i
sotterranei (al proprietario piaceva chiamarli così) ed era
possibile salire
sul tetto per poter godere di una vista mozzafiato su tutta Napoli
(è inutile
dire che si poteva vedere anche il Vesuvio perché in
qualsiasi punto di Napoli
era possibile vedere il possente vulcano. Un po’ per
ricordare ai cittadini che
l’esistenza della loro città e di loro stessi era
solo dovuta esclusivamente a
lui).
La
casa aveva: uno studio, una camera da
letto, una sala da pranzo, un salotto, un salone, una sala da biliardo,
una da
flipper, una stanza dove venivano tenuti gli animali, una cucina, un
atrio, una
sala da riunioni in ristrutturazione, un ingresso, un corridoio
interno, due
verande, e quattro bagni ognuno dotato di vasca idromassaggio e di
televisore (anche
se oramai il proprietario vi si recava solo per usare il gabinetto).
Il
televisore principale però si trovava nel salotto, un
costosissimo ed
esclusivissimo Stuart Hughes Prestige HD Super Ultra Black Diamond
Edition che
veniva abbreviato da tutti in TV. La casa aveva anche una piscina
aperta tutto
l’anno poiché in inverno era possibile montare un
capannone che la isolava
dall’esterno rendendola incredibilmente calda e confortevole.
Già
ad
essere ospitati in una casa del genere si provava già un
certo senso di
smarrimento se poi però si calcolava anche chi fosse il
proprietario ci si
perdeva completamente anche con bussola e GPS. Naturalmente il
proprietario non
può essere altri che l’uomo più potente
di tutt’Italia nonché uno degli uomini
più potenti di tutto il globo: Zio Peppino.
Su
quest’uomo erano nate delle vere e proprie
leggende più o meno fantasiose. In una di queste si diceva
che il Boss era
sceso nelle profondità del Vesuvio dove aveva trovato e
catturato l’ultimo dei
grandi draghi mangia fuoco che era attualmente tenuto a guinzaglio
nella sua
villa a Napoli. In un’altra (molto più plausibile
della prima) Zio Peppino
durante una riunione d’affari con i capi delle altre famiglie
italiane aveva
guardato così intensamente il notò Boss siciliano
Carmine De Falco da fargli
esplodere la testa rovinando così i costosi vestiti degli
altri partecipanti. A
vederlo però stranamente Zio Peppino non faceva molto paura.
Era bassino e
nessuno era mai riuscito a capire la sua età esatta anche se
bastava
un’occhiata per capire che aveva superato da un pezzo gli
ottanta. Era sempre
stato un tipo molto solitario e parlava poco anche se quando parlava
riusciva
facilmente ad avere l’attenzione dei suoi interlocutori.
Zio Peppino
raramente aveva ospiti per pranzo e in generale non amava che qualcuno
venisse
a trovarlo a casa soprattutto se stava mangiando. Quel giorno
però era una rara
eccezione poiché era stato costretto a convocare tutti i
membri della sua
famiglia in vista della riunione del giorno dopo. I tre uomini
più spaventosi e
cattivi di tutt’Europa più i loro rispettivi
sottoposti sarebbero venuti al
porto di Napoli per parlare con lui di “affari
pressanti”. Zio Peppino era già
abbastanza annoiato, aveva da poco risolto una crociata di vendetta
contro la
famiglia Leoni che aveva cercato di rubargli dei contratti
d’appalti mettendosi
d’accordo con una ricca agenzia di costruzioni. La situazione
però era stata
risolta senza troppe complicazioni grazie a due suoi carissimi amici.
Luca si
alzò
–Ci sarà una guerra vogliono avere più
potere. Abbiamo monopolizzato la
situazione per troppo tempo dobbiamo dargli una parte dei nostri giri o
ci sarà
una guerra-disse. Zio Peppino posò la forchetta si
pulì il muso poi disse- E
chi credi che vincerà la guerra?-.
Luca
esitò –Lei ovvio- disse infine.
La
guerra tra bande era una brutta cosa
c’erano molte morti ed era una rottura poiché era
un continuo misurarsi il
cazzo per vedere chi ce l’ha più grosso. Gli
uomini di potere dalle guerre ci
perdevano soltanto quindi i vari Boss cercavano sempre di evitare
questo tipo
di confronto. Lo Zio però era un’eccezione, fin
dai primi anni di criminalità
non si era mai tirato indietro davanti ad una dichiarazione di guerra e
non a
caso era il Boss più sanguinario e violento che
l’Italia abbia mai conosciuto
dai tempi di Giulio Cesare.
Nella
sala però calò un silenzio teso che fu
rotto da Zio Peppino che disse-Ma pensate che loro possono venire qua e
minacciarci perché non sanno fare affari nei loro paesi e
richiedere tasse
sulle nostre trattative estere? Se vogliono una guerra
l’avranno e alla fine ci
prenderemo anche le loro di trattative-. Gli uomini sembrarono
convincersi
avevano paura di quello che sarebbe potuto succedere ma avevano piena
fiducia
nello Zio. -Signore,c’è uno che vorrebbe parlarle
dice di essere un certo
“Puma”-disse Luigi entrando nella stanza. Peppino
annuì e ricominciò a
mangiare.
Quando il
Puma entrò nella stanza fu colto di sorpresa, non si
aspettava di trovare tutta
la famiglia al completo e quindi rimase completamente immobile.
Immediatamente
cadde uno strano silenzio nella sala che fu interrotto da un colpo di
tosse di
Zio Peppino che riportò alla realtà Marco-Oh Zio
ti prego. Oh magnanimo
buonissimo misericordiosissimo Zio ti prego aiutami-.
Non ci fu
alcuna reazione quindi Marco continuò-Ieri due pazzi furiosi
hanno ucciso tutti
i miei uomini e mi hanno reso un ...un…uno schifoso
impotente eunuco. Ti prego
in qualità di Boss io chiedo a te vendetta!-. Zio Peppino
chiamò Luigi gli
sussurrò qualcosa e questi uscì dalla stanza poi
disse-Tu non chiedi un cazzo.
Io in qualità di Boss dovrei tagliarti mani e piedi per poi
buttarti a mare-.
Marco si
senti tutta la villa di tre piani mancargli sotto i piedi-Ma Boss io
sono come
te un uomo fatto da solo sono partito da zero e ho ottenuto pian piano
potere
proprio come te. Ti prego ho bisogno del tuo aiuto-.
Luigi
rientrò nella sala con una gabbia di
metallo. In questa c’era una gallina che guardava gli uomini
nella stanza con
aria interrogativa e diffidente.
-Mia madre
diceva sempre: meglio un uovo oggi che una gallina domani
poiché per domani la
gallina potrebbe essere morta. Poi aggiungeva: non importa quanti soldi
tu
abbia, non importa quanto potere tu abbia e non importa chi tu sia se
non hai
una gallina in casa non puoi ritenerti uomo.- disse con aria nostalgica
Zio
Peppino mentre prendeva dalla gabbia un uovo( la mamma purtroppo era
morta
durante un brutto incidente coi carrelli del supermercato).
-Vedi
bisogna mangiare le uova per crescere forte. Per questo le parole uova
e uomo
sono così simili. - stava dicendo mentre mescolava
l’uovo con il piatto di
cannelloni creando una strana poltiglia grigiastra. Quando questa
raggiunse una
buona consistenza si alzò e si mise davanti a Marco che era
rimasto
completamente in silenzio fino ad allora.
Questi
cerco di aprire la bocca per continuare
la sua litania di preghiera d’aiuto ma lo Zio fu
più veloce. Con un rapido
gesto infatti imboccò Marco con la cosa che aveva appena
creato. Marco di tutta
risposta tossicchiò e sputò ma servì a
poco poiché lo Zio lo imboccò un’altra
volta …e un’altra…e un’altra
ancora finchè il piatto non fu completamente svuotato.
-Tu dici di
essere come me. Amico ne devi mangiare di uova per stare al mio
livello- disse
Zio Peppino appoggiando il piatto sul tavolo.
-Sai, come
ho detto che dovrei buttarti a mare dopo averti mutilato ma io non sono
un tipo
che segue le tradizioni. Luca, Luigi prendete quest’eunuco e
buttatelo nella
lava del Vesuvio-.
I due
sembrarono imbarazzati -Capo…be’ il Vesuvio
è spento da un po’ vede…-stava
dicendo Luca che fu zittito da un cenno del Boss. “Cavolo non
si può neanche
più fare i cattivi diabolici. Sta andando proprio tutto a
rotoli in questo
mondo di merda” pensò Zio Peppino , poi
ebbè un lampo di genio.
Si
avvicinò
allo scaffale porta liquori e si mise a rovistare in uno dei cassetti
sottostanti. Poi lo richiuse imprecando contro la donna delle pulizie e
ne aprì
un altro. Questa volta però estrasse una scatoletta nera
sulla quale c’era
scritto con un pennarello viola “BAM BY PAIN”. Lo
Zio lo aprì ,dentro c’erano
dei fiammiferi.
Ne
accese uno se lo mise nel palmo della mano
e poi la chiuse, non si scottò. Andò dal Puma
aprì la mano e soffiò. Una
polvere nera colpì Marco che prese fuoco ed
iniziò ad urlare in preda ad un
dolore abissale che divora il suo essere. La cosa andò
avanti per qualche
secondo poi del Puma non rimase che una macchiolina indistinta sul
parchè.
–Vedete
signori quando pensate agli altri grandi INSENTIBILI dovete calcolare
che noi
abbiamo qualcosa che loro non hanno. Noi siamo italiani.-fece Zio
Peppino
andandosi a risedere a posto. Lasciò passare qualche secondo
in modo che tutti
assimilassero quello che aveva detto-Sapete qual’è
la cosa più importante?
L’unica vera cosa che conta?-chiese rompendo il silenzio. Gli
ospiti rimasero
immobili, nessuno osava parlare e si limitarono a scambiarsi occhiate
cariche
di tensione e paura ancora scioccati dalla vista dell’uomo
che bruciava.
-Il
rispetto-disse infine lo Zio-Il rispetto è l’unica
cosa davvero importante per
l’uomo. Ora chi rispetta le cose merita a sua volta rispetto
perché è una
persona rispettabile. Ma chi non ha rispetto non è meglio di
un animale è non
merita niente neppure la vita. Per questo amici miei se questi pensano
di
venire nella nostra casa e mancarci di rispetto con i loro
“pressanti affari”
io non ci penserò due volte a scatenare la più
grande guerra che si sia mai
vista dai tempi della guerra antiebrea-concluse.
Luca
pensò di correggere il Boss specificando
che quella contro gli ebrei non era stata una guerra ma
preferì stare in
silenzio. I timori di tutti gli ospiti alla fine si erano dimostrati
fondati:
con la riunione del giorno dopo l’Italia malavitosa avrebbe
dichiarato guerra a
tutt’Europa.
Pain e Clay
stavano stesi sugli scogli del lungo mare di Napoli a fumare buttando
le ceneri
lì intorno. Era buio e tirava un freddo venticello che
accarezzava dolcemente i
due amanti. I due però non avevano freddo .
–Oddio
quanto amo questo posto è così romantico. E
quanto mi è mancata quest’aria di
mare. E quanto mi sei mancata tu Clay. Sai, Mergellina deriva dalle
parole MAR
e GALLINA per via del fatto che il mare bagna il Castel Dell’
Ovo. Poi a causa
della pronuncia francese il nome è stato storpiato ed
è stato privato del suo
senso originale.- stava dicendo Pain.
Clay
sorrise poi tirò dalla sigaretta. Stavano
fumando le solite Black Devil che Pain si portava sempre appresso. Col
tempo
Clay aveva iniziato ad apprezzare quelle sigarette (non che le
piacessero sia
chiaro) ma il sapore schifoso del tabacco era compensato dal fatto che
queste
erano collegate all’uomo che amava più di ogni
altra cosa.
-Com’è
andato il fine settimana ?-fece Clay spegnendo la sigaretta e girandosi
verso
Pain che continuava a tirare dalla sua-Be’ niente di che.
Credo di aver fatto
cattiva pubblicità ad un vino ed ho vendicato la giacca di
un vecchio
amico-rispose Pain–Le solite commissioni noiose lo sai. A te
com’è andata
invece ?- chiese.
-Uno schifo-
rispose la ragazza- Le puttane ci rubano strada. Quanto odio quelle
battone
tutte truccante che vanno in giro sculettando. Io invece sono un
artista e
l’erotismo è la mia arte. Le mie ragazze sono come
quadri ,un groviglio
sensuale di colori e linee che trasmettono la passione del sesso. Il
mio locale
il WhiteHand è invece il mio palcoscenico dove la mia
bellissima arte si sfoga
e si consuma. Io ho come clienti politici, dottori ,magistrati ,
generali ,
scrittori mentre queste zoccole riescono ad acchiappare solo qualche
tossico
ignorante che non riesce a capire la filosofia della mia
arte…-Okey ho capito-
disse Pain cercando di fermare lo sproloquio della ragazza.
Questa
sorrise-Scusa. Lo sai che su queste cose ci tengo-disse. Poi si mise a
sedere-Pain ho paura che questo potrebbe finire. Io ho paura per te .
lo sai
che oggi sono arrivati degli uomini pericolosissimi. Gente davvero
molto
brutta-.
Pain si mise
anche lui a sedere poi strinse la vita di lei col braccio- Sai chi sta
arrivando ?-chiese. Clay annuì, da direttrice del locale
più importante di
tutta Italia non poteva non conoscere quegli uomini(anche se li
conosceva solo
di nome).
Erano
chiamati da tutti INSENTIBILI poiché se si ascoltava una
discussione in cui era
presente il loro nome era meglio far finta di essere sordi (anche muti
o ciechi
per prudenza). Questi erano Feng Chin , Whapole lo Spagnolo e
MR.Semedio.
Feng Chin
era il classico orientale occhi a mandorla , bassino , cazzo piccolo ed
era
molto vecchio (anche se non poteva competere con Zio Peppino ) . Era
famoso per
la sua crudeltà e per aver sottomesso tutta la yakuza nel
giro di qualche anno
che poi aveva sbeffeggiato con l’omonima serie di
videogiochi. Oltre a questo
Feng Chin era famoso anche per l’esportazione
all’estero di prodotti cinesi
difettosi e per aver acquistato tutte le case produttrici di manga,
anime e
videogiochi giapponesi in modo da avere in pugno tutti i giappominkia e
gli
otaku.
MR.Semedio era
invece l’opposto di Feng Chin. Prima di tutto era di colore
quindi cazzo
grande(è fan service scusate) , poi era un grande pacifista
e aveva aderito a
tantissime marce di pace. Per di più aveva contatti coi
pezzi più importanti
del WWF e di Greenpeace. Era vegano, non usava armi e non si poteva
neanche
considerare un vero e proprio gangster. Infatti come lui sosteneva la
sua
attività non era puntata al guadagno ma alla realizzazione
del suo sogno ovvero
la diffusione di quelle sostanze che il governo non vuole che si
utilizzino
poiché potrebbero svegliare le masse rendendole intelligenti
ed attive. In
breve MR.Semedio era il più grande spacciatore di tutti i
tempi e secoli. Lo
spaccio di qualsiasi tipo di droga dalla elaborata cocaina alla
semplice erba era
controllato da questo. Era così bravo e famoso che la gente
iniziò a pensare
che in realtà fosse un dio sceso in terra per portare gioia
tra gli uomini.
Questo portò alla nascita del Semedianesimo religione che
superò ben presso il
Rastafarianesimo.
D’altro
calibro ancora era invece Whapole lo Spagnolo. Originario della Spagna
naturalmente, a soli sedici anni vinse i campionati mondiali di poker.
Fu
allora che capì che la dea bendata aveva un occhio di
riguardo nei suoi
confronti. Con quei soldi costruì un casinò nella
città del peccato dove ben
presto si riunirono i più grandi giocatori di tutto il mondo
poiché vincere
qualcosa in quei casinò era praticamente impossibile. Dai
casinò poi Whapole
era passato alla politica ed ora aveva mani in pasta in tantissimi
loschi
affari.
-Clay non
devi aver paura sai che nessuno può competere con la mia
arte. E a te non
succederà niente perché ci sono io a proteggerti.
E se qualcuno dovesse sai…-e
qui fece una pausa- Sappi che non ti perderesti nulla poiché
distruggerei
questa realtà per vendicarti. Tra l’altro ho
imparato dei riti che potrebbero
riportarti in vita forse però torneresti come
zombie…-Clay sbarrò gli occhi
–oddio no che schifo gli zombie no- Pain sorrise e
baciò la sua amante. Non
aveva per niente capito cosa avrebbe potuto nuocere alla ragazza.
Notucce
personali :)
Eeeeeeee
ecco il terzo capitolo. Lo so mi scuso sia perchè questo
capitolo è uscito
tardi sia perchè ho riletto i capitoli precedenti e...ho
fatto un po' ... molti
errori grammaticali e in un punto ho sbagliato una battuta :C .
Tranquilli ho
corretto tutto e non preoccupatevi sono solo piccolezze non dovete per
forza
andarvi a rileggere i capitoli. La storia invece sta lentamente
ingranando ed ho
introdotto altri tre importantissimi personaggi. Se vi piace il lavoro
che sto
facendo seguitemi, likatemi(nuova parola ) e fatemi sapere la vostra
opinione
in generale con una recenzione in modo da capire se sto sbagliando e
cosa sto
sbagliando(oltre alla grammatica .....ma di quello abbiamo
già parlato) . Detto
questo vi saluto al prossimo capitolo CUORICUORI.
|
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Capitolo 4 *** Affari pressanti ***
4.Affari
pressanti
Il giorno dopo
della
fumata dei due amanti qualche ora prima però.
Come tutti i
giorni dall’alba dei giorni il sole si stava tuffando nel
mare lasciando il
cielo alla sua compagna. Quel giorno però sembrava che
questo si muovesse molto
lentamente quasi come le macchine che, passate davanti ad un incidente
mortale
in autostrada, rallentano per godersi lo spettacolo rallentando anche
la
circolazione. In questo caso però non c’era nessun
incidente da ammirare poiché
anche la più spettacolare tragedia automobilistica non
avrebbe potuto competere
con la riunione segreta che stava avvenendo in quell’edificio
vicino al porto
di Napoli. In realtà di segreto questa riunione aveva ben
poco poiché la data,
il luogo e i partecipanti erano di dominio pubblico già da
un pezzo. Nessuno
però avrebbe osato interromperla o prendervi parte
poiché con i quattro INSENTIBILI
il modo più saggio di agire è il non agire.
La stanza
nella quale si trovavano i quattro uomini non aveva finestre in modo da
non
avere distrazioni esterne. Tutte e quattro le pareti erano di un verde
unto e
sporco che veniva reso ancora più tetro dalla scarsa
illuminazione della stanza
affidata solamente ad una piccola lampada posta sul soffitto della
stanza. Questa
era molto piccola e conteneva solamente un tavolo quadrato, quattro
sedie e gli
INSENTIBILI. Questi se ne stavano in silenzio tutti presi a fare
qualcosa che
non aveva nulla a che fare con la riunione del giorno ignorando
completamente
gli altri partecipanti all’assemblea.
Whapole
ad esempio aveva disposto un mazzo di
carte napoletane su tutto il tavolo e aveva iniziato un solitario che
stava
procedendo abbastanza bene (aveva girato più di venti carte
senza mettere un
solo re). Portava un elegante completo rigorosamente a scacchi, tranne
la
cravatta che era rossa (che come lui stesso affermava accentuava il
contrasto
tra bianco e nero del suo completo), ed aveva un lunghissimo codino che
sfiorava di poco il pavimento. I suoi capelli lunghi e neri non erano
la sola
cosa lunga che aveva…infatti anche il pizzetto di Whapole
era altrettanto lungo
tanto da arrivargli al petto. Alla sua destra invece c’era
Zio Peppino con una
camicia sbottonata che mostrava il suo torace peloso e il pendente
d’oro a
forma di cornetto che portava sempre al collo. Lo Zio era tutto
impegnato a
finire un piatto di lasagne (quelle napoletane con carne, ricotta e
fior di
latte) col suo solito fare lento e sereno. Davanti a questo invece
c’era Feng
Chin che era impegnatissimo nell’atto del rimanere immobile.
Aveva entrambe le
mani sul tavolo una sull’altra (la sinistra, essendo un
membro della yakuza,
mancava di mignolo donato molti anni or sono al padre nonché
maestro
) e la faccia era contratta in uno sforzo leggendario per rimanere
completamente immobile e controllare ogni fibra del suo essere. Feng
Chin
infatti aveva studiato a lungo le tecniche di controllo del corpo e
aveva
fondato una scuola che si occupava proprio di questa nuovissima e
potentissima
pratica. Come lo stesso Chin affermava “solo chi comprende
pienamente come
rimanere completamente immobile potrà padroneggiare
l’arte del movimento ed
essere libero “. Aveva anche scritto tre libri e un manga
sull’argomento e
quello stesso anno sarebbe uscito un videogioco di simulazione. Il
vestito che
indossava, con tanto di papillon rosa, era bianco con sopra disegnati
dei
petali di fior di ciliegio che davano un aria molto vivace a
quell’uomo vecchio
e immobile. Quello che però era vestito in modo
più elegante e bizzarro era
MR.Semedio. Aveva una giacca verde scura aperta che mostrava una
camicia verde
acceso. Portava anche un capello nero con un fiocco verde sul lato
sinistro e
indossava dieci anelli tutti di colore diverso (questi erano: viola,
rosso,
arancione, giallo, bianco, celeste, blu, rosa, fucsia e nero) a forma
di
teschio semi trasparenti. Sul volto invece portava una maschera sempre
a forma
di teschio formata dalla fusione tramite voodoo di ossa di antichi e
potenti
stregoni (o così almeno sosteneva MR.Semedio). La maschera
lasciava la bocca
scoperta in modo da poter fumare liberamente pratica che MR.Semedio
stava
svolgendo proprio in quel momento. Intorno a lui quindi s’era
formata una densa
nebbia di fumo che copriva parzialmente l’uomo. La nebbia
rimaneva sospesa
intorno al Mister(cosa molto strana poiché i gas tendono ad
espandersi e ad
occupare tutto il volume disponibile ) quasi come se lo stesse
abbracciando.
-Parlo io,
parlo io. Buona sera a tutti voi qualcuno è così
gentile da dirmi il motivo di
questa riunione ?- disse Whapole girando l’ultima carta del
solitario
completandolo.
-Io sono per
la guerra. Non avrete i miei racket. Il rispet…-aveva
esordito Zio Peppino che
fu subito interrotto da Mr.Semedio-Ma che guerra? Zio calmati
è sempre la
stessa storia con te. Anche l’altra volta hai minacciato di
far scoppiare una
guerra. E noi invece ci eravamo riuniti solo per
l’anniversario della
fondazione degli INSENTIBILI-.
-Si a
proposito la paiella faceva schifo il cuoco l’aveva cotta
troppo. Abbiamo
organizzato in Francia da te Semedio e volevamo mangiare piatti
francesi e non
castrazioni culinarie di altri paesi. Io poi essendo spagnolo
l’ho ritrovato
anche un po’ offensivo-affermò Whapole.
I due (Feng
Chin rimase completamente immobile a guardare un punto sopra la spalla
dello Zio)
fissarono Whapole con fare molto rabbioso tanto che questo ne
risentì molto e
mormorò delle scuse. Quando però MR.Semedio fece
per riprendere a parlare si
sentì un urlò e Feng Chin si sbloccò.
Questo era scattato in piedi aveva
indicato Zio Peppino e aveva iniziato ad urlare-Tu vecchio cacca, dammi
TRINITY
subito! Tu italiano ladrone! Sei solo cac…- ma fu interrotto
poiché lo Zio
aveva preso dal piatto la lasagna e l’aveva colpito in
faccia. Feng Chin cadde
di lato rompendo il tavolo e mancando di poco Whapole che era parecchio
rattristato alla vista delle sue carte svolazzanti.
-Signori
rimanete calmi!- sbottò MR.Semedio profondamente
indignato-che sono questi modi
animaleschi? Procediamo con ordine. Feng Chin per piacere illustra il
tuo
problema all’assemblea-.
Whapole
sogghigno trovava incredibilmente ridicoli i modi di MR.Semedio. Erano
boss,
gente cattiva che ammazzava la gente e distruggeva la vita a milioni di
persone
non dovevano seguire alcun tipo di regole durante
un’assemblea. Però MR.Semedio
in fin dei conti aveva ragione se tutti si sarebbe comportati secondo i
propri
comodi non si sarebbe arrivati a nulla e quella noiosa riunione sarebbe
andata
avanti in eterno.
-Nell’epoca
EDO-attaccò Feng Chin tenendosi la mandibola-Ci sono stati
tantissimi samurai e
guerrieri che hanno combattuto durissime e valorosissime battaglie.
C’era un
samurai il cui nome non deve essere pronunciato ne ricordato che
combatteva con
una spada rossa che si dice riuscisse a tagliare l’anima dei
nemici. Si dice
anche che proprio a causa della maledizione che gravava sul metallo
usato per
costruire la spada questo samurai senza nome massacro sua moglie e
tutte le
donne del villaggio. Infatti questa era stata forgiata con un antico e
malvagio
metallo trovato in una grotta delle montagne aguzze considerate uno dei
punti
di contatto del nostro mondo con quello dei demoni. Dei dieci fabbri
che
cercarono di forgiare quel metallo solo uno il grande Smuokinuow,
forgiatore
delle dieci katane d’oro per i maestri Shion,
riuscì nell’impresa anche se
perdette la vita durante la creazione dell’arma. TRINITY fu
questo il nome che
fu scelto sul letto di morte dal fabbro per l’arma. La
leggendaria katana è
rimasta nel tempio dedicato per molto tempo finché durante
le guerre contro gli
invasori occidentali ne fu persa ogni traccia. Ora a distanza di
numerosi
secoli abbiamo ritrovato la katana e questa appartiene ad un italiano
di nome
Gideon Agnello. Sappiamo che hai contatti con quest’uomo per
questo devi
ridarci la nostra TRINITY !-
Zio Peppino
non rispose si limitò a rialzare la lasagna e a colpire di
nuovo Feng Chin
urlando qualcosa sul rispetto. Questa volta però il colpo si
bloccò a mezzaria
poiché dal terreno era spuntato un ramo di fior di ciliegio
che gli aveva
afferrato il braccio. MR.Semedio era indignato, aspirò
profondamente dallo
spinello e sputò un’ondata di fumo tra i due per
dividerli. Il fumo avrebbe
colpito anche Whapole se solo non si fosse alzato qualche secondo prima
per
raccogliere un asso di spade da terra (anche se non avrebbe potuto
raccogliere
tutte le carte avrebbe per lo meno conservato la sua preferita).
Il colpo del
Mister aveva fatto effetto poiché adesso i due si erano
allontanati nei due
angoli opposti della stanza e sembravano essersi calmati. Il fumo stava
lentamente
ritornando da MR.Semedio che aveva ripreso a fumare con
tranquillità.
-Perché
siamo qui Semedio?-chiese Whapole con fare molto serio-sei stato tu a
convocare
questa riunione lo sappiamo ma quello che non sappiamo è il
motivo. Questa
scaramuccia tra questi due vecchietti è poca roba.-
MR.Semedio
aspirò,
trattene per qualche secondo il fumo e poi lo ricaccio
nell’aria- C’è stata una
retata e ho perso molti campi. E quando dico campi intendo quei
“verdi campi”.
Quindi la percentuale sui costi dei narcotici aumenterà
momentaneamente. Sono
venuto proprio qui in Italia per risolvere questo problema e pattuire
con certi
signori l’acquisto di nuovi campi. Dovete essere presenti
anche voi per
decidere in che modo comportarci-.
Non ci fu
alcuna reazione nella stanza per questo MR.Semedio riattaccò
con fare negativo
cercando di sottolinere la gravità della situazione-Signori
è una cosa molto
seria se iniziamo a perdere terreno in questo campo avremmo un netto
taglio sui
nostri profitti e meno soldi ricaviamo ora meno soldi ricaveremo in
futuro è
tutto un circolo vizioso da cui è difficile uscire-.
Feng Chin
parlò –Quando e dove ?-chiese-Tra una settimana a
Venezia il posto ve lo
comunicherò il giorno prima poiché mi
è tuttora ignoto- rispose MR.Semedio.
Sentito ciò Feng Chin se ne uscì lasciandosi una
scia di petali rosa dietro.
-Io non
posso esserci ho degli affari pressanti da risolvere- disse
Whapole-Cosa? Cosa
c’è di più pressante di questo?
Perderai tutto!-sbottò MR.Semedio arrabbiato.
-Pensi che
io mantenga il mio patrimonio sulla vendita di qualche sostanza chimica
che
allevia la gente dalla frustrazione sociale? Sei fuori strada, ho
puntato su
altre carte.-disse Whapole avviandosi verso
l’uscita-Risolvete senza di me,
datemi la percentuale più bassa non mi interessa ora devo
andare in quel famoso
locale di cui si parla ovunque speriamo solo che ci siano realmente
delle
ragazze carine e non sia tutta mera pubblicità. Hasta la
vista amigos!-concluse
uscendo.
Nella stanza
rimaneva solo MR.Semedio e Zio Peppino che aveva ancora in mano la
lasagna che
stava sgocciolando sugo sul pavimento. MR.Semedio guardò
l’uomo, era il più
spaventoso di tutti e si era fatto ben tre generazioni di INSENTIBILI
(ovvero
gli INSENTIBILI avevano avuto tre successori ciascuno da quando lui era
entrato).
Si diceva non avesse mai perso una battaglia e se da una parte era un
bene
averlo come amico e come membro della banda dall’altra sapeva
che non ci si
poteva in alcun modo andare d’accordo, solo un pazzo ci
sarebbe riuscito.
Qualche anno fa iniziò a girare la voce secondo la quale
durante una sparatoria
lo Zio avesse avuto un attacco di cuore e che nonostante questo fosse
riuscito
ad eliminare i nemici mentre si colpiva il petto per mantenere il cuore
in
movimento. Fu proprio mentre formulava questi pensieri che qualcosa lo
colpì in
faccia rompendogli la sua affezionatissima maschera e spingendolo
contro la
parete. Quando lo stordimento passò capì che il
colpo era partito dallo Zio che
gli aveva buttato contro il pezzo di lasagna.
-Questa
è la
mia stanza. Questa è la mia città. Questa
è la mia regione. Questa è il mio
stato.-iniziò Zio Peppino-Pensi di poter venire qui ed
organizzare incontri in
casa d’altri? Io sono il boss di tutt’Italia e
quindi anche di Venezia. Se ho
capito bene vuoi alzare i costi dei narcotici, be’ io non ti
darò niente di più
di quello che abbiamo pattuito e se non ti sta bene stai certo che non
ci sarà
nessuna riunione con questi businessmen cosi importanti. Detto
ciò gradirei che
ti accomodassi fuori l’affitto di sta’ stanza si
paga ad ore e la terza ora
scatterà tra qualche minuto-fece Zio Peppino indicando la
porta.
Mr.Semedio
con una mano sul naso sanguinante e rotto si avviò verso la
porta e iniziò a
percorrere il lungo corridoio. Odiava quel mondo. Odiava quel modo di
pensare e
d’agire lui era un pacifista che si batteva solo per giusti
ideali. Ma se
voleva realizzare il suo sogno avrebbe dovuto convivere con quella
realtà e
faticare molto. Per questo si limitò ad uscire in silenzio,
entrare in
macchina, chiudere i finestrini, rollarsi una canna e mettersi a
fumare. Il
sangue dopo qualche tiro si fermò da solo, il naso
sembrò tornare sano e in
generale si sentì completamente rinvigorito. Era proprio il
Dio del fumo.
Della
struttura originale del WhiteHand oramai non rimaneva molto
poiché col passare
degli anni Clay aveva pesantemente modificato la struttura originale
del
locale. Anche il nome era stato cambiato per via della politica
anti-gattara
con la quale Pain aveva contagiato la ragazza poiché il nome
originale era
CatHand. Il locale era molto spazioso, aveva infatti un enorme palco
per gli
spettacoli più importanti e tre piccoli palchi sui quale
ballavano le star
minori della serata. Nell’angolo di destra c’era la
zona d’arte dove venivano
esposte le più importanti opere di dipinti erotici viventi.
Questa pratica che
era diventata famosa già da qualche anno consisteva
nell’affittare una modella (di
solito le stesse ragazze del WhiteHand) e dipinger il proprio quadro su
questa.
Il locale aveva anche una zona vip dove i clienti più
esigenti potevano consumare
i loro appetiti e un grandissimo parcheggio degno dei grandi
supermercati
americani. L’ufficio di Clay invece si trovava al secondo
piano e aveva un
balconcino dal quale, attraverso una vetrata blu, era possibile avere
una vista
totale di tutto il club così da tener sempre sotto controllo
la situazione.
Clay si
trovava proprio su quel balconcino in quel momento e fissava attraverso
il
vetro colorato l’importante uomo che se ne stava seduto
circondato dai suoi scagnozzi
al centro del locale. Clay aveva subito riconosciuto l’uomo e
a quanto pare, non
era stata la sola a riconoscerlo poiché appena questo era
entrato il WhiteHand
si era velocemente svuotato degli altri clienti.
Clay non
voleva farlo per questo rimase a fissare il cellulare per un
po’. Poi si
ricordo della promessa e compose il numero-Vieni, ci sono problemi, lui
è qui-
aveva detto rapidamente per poi riagganciare. Infine aveva trovato il
coraggio
ed era finalmente scesa a parlare con quell’uomo.
-Buona sera
sono Clay Pescino la proprietaria del WhiteHand sta passando una buona
serata?-
chiese Clay con un radioso sorriso.
Whapole
guardò la ragazza. Era molto giovane non aveva
più dei vent’anni. Portava dei
capelli neri corti con un ciuffo tinto di blu ed era molto magra ed
alta ma
allo stesso tempo incredibilmente bella-Signorina mi hanno sfracassato
los
cojones con questo locale. Tutti a fare “guarda che quello
non è sesso, tette e
culi, quello è arte” ma devo dire che sto da venti
minuti in sto posto è l’unica
cosa che mi ha colpito è stata la noia. Ad esempio cosa
dovrebbe rappresentare
quella tizia tutta colorata di rosso?-disse Whapole indicando un
dipinto
erotico vivente che ritraeva una donna pitturata di rosso su un piede
solo, con
le mani intorno al collo e la bocca spalancata.
-Simboleggia
come l’amore sia scomodo e di come questo sia completamente
incontrollabile
dall’uomo essendo un sentimento spontaneo-rispose Clay.
-Sarà…a
me
sembra una che ha pestato una cacca e si è messa ad
imprecare. Invece quello
simboleggia un uovo?-chiese Whapole indicando un'altra opera che
rappresentava
una donna dipinta di bianco rannicchiata.
-Be’…non
esattamente quello è la rappresentazione della nascita e
vuole indicare che
quando noi nasciamo siamo tutti uguali come dei fogli di carta che
verranno
modificati dalle esperienze che andremo a vivere. -rispose la ragazza.
-E il ballo
invece queste tre si stanno scatenando e quella si limita a camminare
in
cerchio. Ha avuto un crampo ?- osservò Whapole.
-Ma no
signore queste tre ballerine rappresentano la passione mentre quella
sul palco
grande rappresenta il vortice nel quale questa spinge gli uomini e le
donne.
Serve da monito- spiegò Clay.
-Maria, ma
non ci capisco una cabra di questo posto me lo aspettavo come quello di
arancia
meccanica con tanto di tavolini erotici e latte drogato. Non
c’è una guida che
posso consultare per capirci qualcosa, come quegli opuscoletti nei
musei?-
chiese Whapole a Clay che scosse lentamente la testa poi
aggiunse-Signore, se
vuole rimanere in questo locale deve per forza prenotare un ballo,
affittare
una ballerina o acquistare un opera d’arte non può
rimanere lì seduto.-
-Oh mi
dispiace ma non sono interessato a quelle cose lì. E poi
sono l’unico cliente
quindi non do molto fastidio se rimango qui a rilassarmi- rispose in
tono di
sfida Whapole lanciando una brutta occhiata alla ragazza.
Appena ebbe
finito di parlare si sentì un botto e l’entrata si
spalanco. Poi nella stanza
entrò Pain, schioccò le dita e gli si
materializzò in mano la sua revolver-Bang
è questo il suono che farà questa pistola se non
ti alzi e butti il tuo culo
fuori da qui-disse Pain puntando la pistola contrò
l’INSENTIBILE.
Gli uomini
di questo cercarono di estrarre l’arma ma furono fermati da
un gesto del capo. -Quante
probabilità ci sono che un proiettile sparato da questa
distanza possa
uccidermi? – chiese.
-Be’
non so
provo ad avvicinarmi- rispose Pain avvicinando la canna della pistola
alla
fronte di Whapole.
-Ora le
probabilità di uccidermi sono aumentate ma anche qui
c’è una piccola probabilità
forse anche meno dell’uno per cento di non uccidermi. Tu devi
solo provare poi
vedremo quel…-si fermò di colpo. Poi
la sua faccia si contrasse in una morsa di
terrore e cadde all’indietro con tutta la sedia esclamando-El
Diablo Macho
Cabrio !-.
-Voi
italiani siete pazzi non avete idea con che cosa giocate. Pazzo sai
cosa
significa il tuo potere ? Sai cos’è la fiamma
della passione?- chiese Whapole,
poi estrasse il crocifisso dal petto e gli diede un bacio che
durò qualche
minuto.
-Io non gioco
con la magia io la pratico. So chi è il mio signore e so
cos’è il mio potere e
so esattamente come controllarlo.-rispose Pain facendo roteare la
pistola.
-Ragazzi andiamo
via questa visita è finita. Meglio non avere nulla a che
fare con un mago viola
le nostre anime ne potrebbero risentire-disse Whapole avviandosi verso
la porta
coi suoi scagnozzi-solo tre maghi sono riusciti ad usare il tuo potere
caro
mago viola e di questi tre uno è stato impiccato, uno si
trova in un altro
piano mentre un altro ancora è CADUTO. Non ti conviene
giocare con il respiro di
BACCO ragazzo-concluse facendosi il segno della croce e richiudendosi
la porta
alle spalle.
-Cos’è
sta
storia?-chiese Clay arrabiata-E che ne so questi spagnoli sono molto
religiosi
lo stile del tuo locale deve avergli provocato un conflitto
religioso-rispose
il ragazzo.
Poi si
avvicinò a Clay la baciò e l’abbraccio.
Poi Pain guardò la pistola e si
soffermò sulla scritta gialla sulla canna di questa che
aveva provocato tanto
terrore a Whapole. Questa recitava in latino “Bacchus meam
passionem manducat”.
Notucce
personali :)
BAM quarto
capitolo. Finalmente è entrata la gente figa u.u. Nel
prossimo capitolo
iniziano anche i combattimenti. Al prossimo capitolo :). Ciao
CUORICUORI <3
|
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Capitolo 5 *** Quello che non piace ai giappominkia ***
5.Quello che non
piace
ai giappominkia
La parola
“ninja” è formata dalle parole
“nin” che significa piccolo e
“ja” che indica lo
stupore del piccolo intervallo di tempo che viene impiegato per fare
qualcosa
che normalmente impiegherebbe una quantità dello stesso
molto maggiore. Gli
studiosi di crittografia occulta nel corso dei secoli hanno dato al
termine
“ninja” numerosi significati ma nessuno in
realtà e mai riuscito a capire con
esattezza il significato di questo termine o la sua origine. Di certo
non sarà
il sottoscritto a dirvi il reale significato di questa parola ma
bisognava
aprire questa piccola parentesi per introdurre il prossimo personaggio.
Questo se ne
stava appollaiato su un palazzo a scrutare l’orizzonte nel
buio della notte
completamente vestito di nero. Ebbene si lui era un ninja. Ma non come
quelli
nei fumetti o nei film o come quei bambini in costume. Lui era un ninja
nella
vita vera.
Fin da
piccolo si era addestrato duramente, aveva sopportato allenamenti
estenuanti e
aveva imparato ogni tecnica di combattimento con e senza armi. Aveva
imparato a
osservare, a celare la propria aura vitale e a colpire nel momento
giusto nel
modo più stiloso possibile (per un ninja era fondamentale
l’entrata in scena).
Tra le varie
accademie e gruppi ninja si sussurrava il suo nome con grande terrore e
con
ancora più terrore si sussurrava delle sue leggendarie
imprese. Aveva numerosi
soprannomi tra qui bisogna ricordare: “la notte omicida
“ o “il
punitore dell’oscurità” o ancora il
più
elaborato “colui che viene da non si capisce dove e uccide
ogni cosa”. Il suo
vero nome invece era… - Kakashiruto-senseidono siamo pronti
ad ingaggiare
l’obbiettivo -.
Kakashiruto
smise di scrutare l’orizzonte nel buio della notte e si
girò verso il sottoposto
che aveva parlato inchinato nella classica mossa di sottomissione e
rispetto.
Il maestro Kakashiruto annuì, schioccò le dita e
altri dieci ninja li
raggiunsero con la loro tipica velocità fulminea.
Kakashiruto guardò i suoi
sottoposti o meglio sembrò farlo poiché portava
come sempre delle fasce nere
che gli coprivano tutto il volto (alcuni motivavano queste con la
presunta
cecità del maestro, altri invece sostenevano che servivano a
coprire una brutta
cicatrice di guerra mentre altri ancora vociferavano che fosse
semplicemente
brutto).
-Zanzara,
tilacino,
tyrannosaurus rex, quagga, dodo- disse il capo agitando in modo strano
le mani.
Poi urlò con tutta la forza che aveva in corpo e
fischiò due volte. Alla fine
del secondo fischiò tutti i ninja scomparvero.
Gideon stava
cercando i pop-corn quella sera. Lui amava i pop-corn non a caso li
mangiava in
qualsiasi momento anche dopo il sesso e dopo aver ucciso qualcuno.
Aveva
sostanzialmente sostituito le sigarette coi pop-corn a differenza che
questi
ultimi erano molto più economici e facevano meno male.
Quella sera tutto era
pronto: poltrona, film, bibite, TRINITY. Mancavano solamente quelle
dannatissime e buonissime palline bianche (anche se non avevano la
forma di
vere e proprie palline) soltanto che quella sera non riusciva a
trovarli. Poi
si ricordò che l’ultimo pacco l’aveva aperto quando
aveva visto l’uomouccello
(non è un porno ma un famosissimo film vincitore anche di
qualche piccolo
premio) e si avviò in salotto molto rattristato.
“Sarà
una serata piatta, più piatta di una
ballerina anoressica vero cucci? “pensò guardando
TRINITY messa su una delle
due poltrone del salotto “Ovvio Gideon credo che domani mi
sarò arrugginita “
continuò Gideon.
Gideon
premette play e si sedette, il film si preannunciava una noia mortale
ma
essendo un grande appassionato della cinematografia doveva vedere ogni
aspetto
di quest’arte. Ci fu il solito motivetto di presentazione
della casa
produttrice poi ci fu un rumore più forte e molto
più vicino.
In un primo
momento Gideon pensò che l’audio fosse sfasato
(cosa che capitava spesso quando
si scaricavano film da internet) quando però vide le dodici
sagome nere che lo
circondarono puntandogli le loro ninjato iniziò a realizzare
che stava
succedendo qualcosa e che quella serata non sarebbe stata
così piatta come
aveva immaginato.
-Gideon
Agnelli sei accusato di aver rubato la preziosissima TRINITY dal tempio
sacro
delle 100-passioni-sessuali ed ora devi restituirla !- disse
Kakashiruto
estraendo le sue due ninjato.
-Io sono
solo quindi è Agnello. Ragazzi però devo dire che
mi avete fatto saltare e di
certo non siamo su una rivista fumettistica per ragazzi- disse Gideon
prendeno
velocemente TRINITY lì accanto che sguainandosi emise il suo
caratteristico
suono ovvero un acutissimo CUCCINNN.
I ninja
sembrarono impauriti alla vista dell’arma poiché
tutti conoscevano la leggenda
del samurai il cui nome non deve essere pronunciato ne ricordato.
Sapevano che
avrebbero dovuto recuperare la sacra arma ma non avrebbero mai
immaginato che
il possessore potesse maneggiarla.
-Per tutte
le sacre tecniche dei ninjutsu segreti dell’eremita. Riesci a
impugnare la
spada taglia anime?- disse Kakashiruto stupito per la prima volta in
tutta la
sua vita.
-Io e la mia
cuccicucci ci vogliamo tanto bene e ci diamo forza nei momenti tristi
della
vita. Quindi e ovvio che riesca ad impugnarla e non riesco a fare solo
questo…UNCUT-disse Gideon, agitò la spada e i tre
ninja che gli stavano davanti
furono tagliati a metà (Gideon rimase molto deluso come se
si aspettasse di
colpire dei tronchi).
Kakashiruto
fischiò e tutti i gli altri sottoposti si allontanarono
uscendo dalla finestra-
Non posso permettere che mi sfugga l’occasione di sconfiggere
il possessore di
TRINITY in duello. Potrò finalmente testare la mia
fantastica tecnica nascosta
super segreta il BYURIGAN !- Gideon sogghignò-Si peccato che
non siamo in
Giappone ma in Italia-disse prendendo la pistola dal fodero della
giacca.
-Merda
BYUR…-ma Kakashiruto non riuscì a completare la
frase poiché due proiettile lo
colpirono alla pancia e alla gamba facendogli scappare un urlo. Gideon
era un
po’ deluso per la breve durata dello scontro se non altro
avrebbe potuto vedere
il film. Quindi mirò con calma e si apprestò a
dare il colpo di grazie al suo
avversario. Quando però premette il grilletto non successe
niente.
-Eh si
è
inceppata- fece Gideon guardandosi la mano. Poi si accorse che non
impugnava
più la pistola poiché questa stava a terra
tagliata in mille pezzi. Mentre la
sua mente realizzava tutte queste osservazioni sulla realtà
un calcio lo colpì
scaraventandolo contro la parete.
-Un ninja
rimane sempre un ninja anche in Italia- disse Kakashiruto menando un
altro
calcio volante che Gideon parò con TRINITY che emise un
intenso bagliore
rossastro.
-Dai
cuccicucci non ti arrabbiare il film ce lo vediamo un altro
giorno-promise
Gideon-ma no, lo sai che userei solo te come arma non devi essere
gelosa. Si ho
capito che mi hai tagliato la pistola solo perchè mi vuoi
tutto per te. Non
preoccuparti ho capito che l’hai fatto con
amore…ora però…UNCUT-finì
Gideon
scattando in avanti menando un fendente con la spada contro il ninja
che stava
cercando di dare un senso alla discussione.
Si senti un
forte CUCCINNN e TRINITY fu bloccata dalla ninjato del ninja che
estrasse una
seconda ninjato e la conficcò nella gamba sinistra di Gideon
che indietreggiò
dolorante risbattendo con le spalle al muro.
Kakashiruto
però aveva appena iniziato poiché si riscaravento
su Gideon affondando l’altra
arma nella spalla destra di questo. Gideon provò a
contrattaccare ma il
fendente andò a vuoto poiché il suo avversario
vece una veloce capriola
all’indietro.
Le cose si
stavano mettendo male per Gideon poiché aveva sempre
sfruttato molto l’aura di
TRINITY tralasciando così completamente il combattimento con
la spada vero e
proprio. Avrebbe preferito combattere un robotkiller armato di razzi
nucleari e
lancia fiamme che un affrontare un combattimento all’arma
bianca.
-Chiasmo!
Sei stato colpito a chiasmo, ora tutta la tua aura si è
bloccata nei tuoi punti
vitali rivelandomeli. Inoltre anche i tuoi riflessi sono stati
rallentati lo
scontro è finito … BYURIGAN!- disse il ninja
correndo verso Gideon per dargli
il colpo finale.
Gideon fin
da piccolo aveva fatto molte risse. Quando si fa una rissa ci sono due
atteggiamenti
che possono essere adottati: quello del combattimento e quello della
fuga. La fuga
nonostante molti la associno ai vigliacchi è la scelta
migliore che il soggetto
può adottare in situazioni pericolose. Il motivo e che con
questa scelta il
soggetto ha il 95% di probabilità di preservare la propria
integrità fisica.
Quindi
seguendo la seguente tesi e fatto qualche breve calcolo Gideon si
decise. Con
la punta di TRINITY tocco la parete che andò in mille pezzi
poi allargò le
braccia e si buttò di schiena nel vuoto schivando per un
pelo una mortale combo
che il ninja stava eseguendo volteggiando i ninjato (un ninja che si
rispetti
ha sempre due ninjato di scorta) e urlando parole incomprensibili.
La caduta un
po’ per l’aura di TRINITY e un po’
perché Gideon abitava al terzo piano non fu
mortale. Anzi si rimise rapidamente in piedi e mentre si sfilava gli
spadini si
avviò verso la sua macchina.
Finita la
combo Kakashiruto riaprì gli occhi. Quello che
però vide lo deluse non poco.
Era lì da solo in quella stanza distrutta con tagli su
pareti e mobili. Era
solo…Gideon era scappato.
-Signore
abbiamo già mandato una macchina ad inseguirlo e
un’altra macchina è pronta in
questo momento giù per partire-stava dicendo un ninja
subordinato a Kakashiruto
che annuì distrattamente affrettandosi a scendere.
“Il
possessore della leggendaria spada è un incapace
cronico” stava pensando “com’è
possibile che possa anche solo impugnare un qualcosa di così
potente?”si
chiese. Ripenso ai giorni in cui era ancora un piccolo shinibi e si
ricordò del
suo maestro che gli raccontava di un uomo dal nome che non deve essere
ne
ricordato ne pronunciato che eliminava ogni nemica tagliandogli
l’anima
negandogli così la pace eterna e condannandoli al vuoto
eterno. Poi ripenso a
quell’uomo che era scappato da un duello all’ultimo
sangue e gli si gelò il
sangue nelle vene dal disonore. Doveva recuperare TRINITY prima che
quell’animale potesse infangare il nome della spada
più di quanto stesse
facendo in questo momento.
Gideon stava
guidando l’auto alla massima velocità guardando
nervosamente nello specchietto
retrovisore la piccola macchina nera che si stava avvicinando sempre di
più. In
questa c’erano cinque sagome nere schiacciate l’una
sull’altra per le ridotte
dimensioni del veicolo. Una di queste si sporse dal finestrino ed
iniziò a
lanciare degli shuriken avvelenati cercando di colpire Gideon che li
schivo
senza troppi problemi.
I ninja
capirono di dover cambiare strategia d’attacco. E
abbandonarono il veicolo
saltando sul tettuccio della macchina di Gideon pronti per fare
irruzione nel
veicolo. La loro preda però fu più veloce, prese
TRINITY dal sedile del
passeggero davanti -UNCUT- e il tettuccio della macchina
volò via. I ninja però
essendo preparati fisicamente e psicologicamente ad ogni evenienza con
rapido
balzo e con una mossa che metteva in seria discussione molte leggi
della fisica
liceale si ritrovarono due sul cofano davanti due sul sedile posteriore
e uno
su quello anteriore.
Gideon
guardò i suoi cinque passeggeri -Ma se vi piace tanto sta
macchina tenetevela,
io me ne posso comprare un’altra tanto i soldi non mi
mancano- aprendo lo
sportello e saltando con impugno TRINITY giù dalla macchina.
Questa
continuò la sua folle corsa ed andò a sbattere
contro un autobus dall’altra
parte della carreggiata. Il motore prese fuoco e ci fu una pittoresca
esplosione che illumino la faccia sorridente di Gideon e la sua spada
che
brillava di un rosso più acceso del solito.
-Un samurai
non scappa mai dal campo di battaglia!-urlò Kakashiruto che
aveva raggiunto
l’uomo che aveva disonorato tanto la usa cultura e la sua
arte di
combattimento.
Gideon si
girò e fissò quell’omino che trasudava
odio e rancore dal vestito nero-E tu che
ne sai? Sei un ninja no? – fece
Kakashiruto
ne aveva abbastanza scattò in avanti …poi si
fermò. Davanti a lui era comparso
un vecchietto bassino che gli lanciò una brutta occhiata.
-Ora
è
guerra!- urlò Zio Peppino estraendo un cannolo ripieno di
ricotta. Lo puntò
verso il ninja e la ricotta fu sparata ad alta velocita contro questo
aprendogli un grosso buco in testa. Gli altri tre ninja dietro di lui
guardarono il corpo del loro sensei cadere a terra come ricotta.
I ninja che
avevano sopportato prove e allenamenti di ogni tipo ebbero un crollo
emotivo e
lanciarono un urletto soffocato scoppiando a piangere.Fu allora che
Luca, Luigi
e altri tre uomini fecero il loro e sparando un paio di raffiche dai
loro AK-47
cancellarono ogni ricordo di quell’antico ordine ninja.
Clay e Pain
quella sera erano andati al cinema. Clay non aveva avuto delle
prenotazioni
rilevanti quella sera ed aveva affidato il locale ad un amica. Il film
che
avevano visto era tratto da un libro (come la maggior parte dei film
ultimamente) e aveva un nome che criticava apertamente
l’astronomia e la
fortuna. Clay aveva pianto per tutta la durata della proiezione anche
durante i
titoli di coda. Pain invece aveva apprezzato la prima oretta di film ma
si
stava ancora chiedendo cos’era lo schifo che aveva visto
passata questa.
Sembrava quasi che il regista si fosse scocciato ed abbia girato scene
a caso
per riempire il resto della pellicola. Il solito caso di una bella
storia che
veniva rovinata per essere più
“appetibile” al pubblico e far piangere le bambine
depresse che non avevano mai baciato un ragazzo.
Quando i due
amanti entrarono erano tutti appiccicati pronti a spogliarsi ed a
tenere svegli
i vicini per tutta la notte come sempre. Quando però Pain
vide Gideon tutto
fasciato e Zio Peppino che stava facendo un discorso sul rispetto
capì che
quella sera il divertimento era finito.
-Cinese…no
forse è giapponese. Ma, valli a distinguere quegli occhi a
mandorla- stava
dicendo lo Zio-resta il fatto che se lui attacca noi, noi distruggiamo
lui-
-Restiamo
calmi, calmi, calmi. Andare in giro ad ammazzare ogni cinese o quello
che è non
risolve niente. Siamo realisti Zio io e Gideon non possiamo competere
contro
Feng Chin e i suoi uomini- disse Pain.
Gideon
scoppiò a ridere –Maghetto mio tu non sai quanto
siamo in coesione ora io e
TRINITY. Abbiamo assaggiato un po’ del loro sangue e ora
vogliamo tutta
l’enoteca!- disse con un sorrisino che non prometteva nulla
di buono.
-Pain
l’unico modo che abbiamo per eliminare Feng Chin e attaccarlo
ora nell’hotel-nave-tempio
giù al porto…andremo io e Gideon e gli mostreremo
cosa significa rispetto!-
annunciò Zio Peppino- tu devi partire per Venezia, devi
incontrare MR.Semedio e
contrattare sul fatto dei campi. Sarà l’unico
INSENTIBILE presente quindi non
dovresti aver problemi ad affermare la nostra posizione-finì.
-NO! Ma cosa
Gideon va a fare combattimenti e vendette ed io vado alle riunioni
gestionali?
Non se ne parla prop…-si fermò di colpo, Clay gli
aveva preso il braccio e lo
stava guardando con due tenerissimi occhioni – Io non sono
mai andata a
Venezia- disse con voce calma e seducente.
Pain
sbuffò-Gideon deve avere la sua vendetta è una
questione di rispetto vero
Gideon? – chiese lo Zio.
-No Zio non
è questo. TRINITY si è eccitata credo che abbia
percepito come un richiamo di
morte verso questo Feng Chin …anzi credo che questo Feng
Chin abbia come
sottoposto qualcuno che TRINITY vuole tagliuzzare. Siamo entrambi
troppo
eccitati per lasciare perdere- rispose Gideon sempre con la stessa
espressione
sanguigna.
Pain aveva
notato che l’amico non si era toccato fino ad allora ne i
capelli ne il collo.
Infatti da quando Gideon aveva iniziato ad usare TRINITY aveva iniziato
a
soffrire di uno strano tic che si manifestava quando bramava
l’utilizzo della
spada. Ora sembrava diverso, sembrava quasi come se non avesse
più bisogno di
usare la spada poiché entrambi erano diventati una cosa sola.
-Andiamo a
Venezia! Venezia! Venezia!-iniziò a strillare Clay. Pain
guardo la usa ragazza
che stava saltellando per la stanza urlando come un cagnolino che ti
chiede di
lanciargli la pallina- Va bene, andiamo a Venezia, Clay aiutami con le
valige-
si arrese alla fine.
I ninja
avevano fallito, c’era d’aspettarselo. I ninja
possono solo scrutare nella
notte e inventarsi allenamenti strani. Praticamente sul campo di
battaglia sono
inutili come il ketchup senza le patatine (la senape e la maionese sono
inutili
anche con queste). Lui invece era come un hot dog andava bene con ogni
cosa.
Avrebbe
tanto voluto mangiare un buon onigiri ma era arrivato in Italia e
doveva
mangiare il cibo del posto. Per questo era andato in uno di quei posti
che gli
animalisti di turno cercano sempre di chiudere e aveva ordinato un
piatto che
in qualche modo potesse ricordargli la cucina giapponese. Il problema
era che
in quel panino il cane non si sentiva proprio. Diede un altro morso
all’hot dog
poi incarto il resto e lo butto nel cestino lì vicino.
Aveva fatto
un lungo viaggio in aereo ma non aveva alcun tipo di bagaglio ad
eccezione di
una valigetta lunga nera sulla quale erano disegnati due draghi che si
mordevano la coda a vicenda creando un cerchio nel quale
c’era un panda seduto
in meditazione. Feng Chin aveva dovuto usare un bel po’ di
contatti nel ramo
dei trasporti per far arrivare lì quella valigetta.
Aspirò
a
pieni polmoni l’aria del mare napoletano e sorrise. Da
lì a poco avrebbe fatto
uno dei duelli più belli di tutta la sua vita ed avrebbe
dimostrato di essere
il miglior samurai in vita e di tutti i tempi.
Era molto
eccitato della prospettiva di scontrarsi con la TRINITY, finalmente
avrebbe
dimostrato di come la tecnica di spada che aveva affinato nel corso
degli anni
era superiore a qualsiasi altra tecnica usata in qualsiasi altra scuola.
Aprì
la
valigetta e prese la sua spada, la sguainò e la
puntà contro l’orizzonte
infinito del mare. La Masamune brillò di un blu intenso per
un attimo e sul
mare comparvero delle piccole increspature, aveva fiutato la TRINITY.
Notucce
personali :)
Finalmente
il nuovo capitolo yuppie yeah! Lo so ci ho messo troppo ma la scuola,
la musica
(la mia povera esperienza chitarristica) e i momenti di depressione
filosofica
mi hanno riempito la giornata. Ora dovrei essere più
costante….anzi che di fare
una super RUN e finire la storia :)…non prometto niente
però hahahahaaha.
Be’
che dire
la storia ha preso forma e ho già in mente come farla finire
devo solo mettermi
a riportarla in forma digitale. Ci saranno ancora un po’ di
capitoli e posso
solo dirvi che il finale non è il finale è che
inizia finendo e che continuerà
nel finale che in realtà è un inizio (?).
Se vi
è
piaciuto il capitolo recensite! Se vi ha fatto schifo recensite (ma
mettete un
cuore alla fine così capisco che mi volete bene :3)! Se
avete capito quello che
ho scritto sopra nsul finale spiegatemelo …no davvero
…vorrei saperlo…
Alla
prossima CUORICUORI <3!
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Capitolo 6 *** I sensei sono utili solo a sgridarti ***
6. I sensei sono
utili
solo a sgridarti
Quel rumore
rimbombò in tutto il tempio come non aveva mai fatto da
secoli. Immediatamente
tutti i samurai si guardarono pieni di tensione e stupore. La maggior
parte di
questi non comprendevano la gravità di quel suono essendo
giovani e ignoranti
per quanto riguarda le vecchie leggende. I più vecchi invece
rimasero molto
spaventati poiché conoscevano bene cosa significava quando
qualcuno apriva in
quel modo la porta del cielo.
Ora il suono
aveva smesso di far vibrare le pareti del tempio e tutto era calato nel
silenzio quasi come se si fosse trattato tutto di un brutto
sogno…ma purtroppo
non era così.
La porta
della sala del trono si aprì e i due massimi maestri
entrarono di corsa nella
sala della meditazione. Tutti i samurai si alzarono e si inchinarono in
segno
di rispetto ma i due li fecero rialzare velocemente con un rapido
movimento
della mano.
-La porta
del cielo è stata aperta è nostro compito come
guerrieri di Yanto punire i
colpevoli- disse Kaneki ai presenti che risposero in coro con un urlo
di battaglia.
Shiniki, l’altro guardiano, era al suo fianco ed
annuì deciso guardando la
porta che dava sull’atrio del drago.
Nessuno
poteva ricordare dell’ultima volta che la porta del cielo era
stata aperta
completamente poiché di quell’epoca non rimanevano
che poche e confusionarie
leggende. Si diceva che questa fosse stata aperta
dall’esercito reale che, comandato
da un re invidioso della tecnica di spada Yanto avesse ordinato di
uccidere
tutti i samurai e bruciare il tempio. Così quella notte
tremila uomini aprirono
la porta del cielo ed invasero il tempio…venendo brutalmente
massacrati dal
Yanto e dai suoi due guardiani aiutati solamente da un centinaio di
samurai.
I due
guardiani (quelli attuali poiché quelli della leggenda ormai
sono solo polvere
d’ossa) indicarono le due pesanti manopole ai lati della
porta agli allievi
samurai che sbuffarono e iniziarono ad avviarsi verso queste. Il gemito
di
sforzo dei poveri allievi fu coperto dal rombante suono che emise il
pesante
portone spalancandosi. Il suono poteva essere ricollegabile al ruggito
di un
drago (anche nessuno sa se i draghi ruggiscono ne tanto meno che suono
facciano
quando lo fanno) ed era diverso dal boato udito poco prima
poiché la porta era
molto più leggera di quella del cielo. Questa infatti veniva
aperta tre volte
l’anno per le principali feste Yanto a differenza di quella
del cielo che
doveva rimanere categoricamente chiusa.
La storia
della porta del cielo è molto bizzarra e nonostante gli
Yanto nel corso dei
secoli le abbiano costruito attorno le più epiche leggende
che il Giappone
possa vantare la sua vera storia farà sorridere molti
lettori.
Diversi
secoli e secoli fa prima della venuta degli Yanto, addirittura prima
che le
prime katane venissero forgiate. Il tempio apparteneva ad un gruppo di
monaci
che era solito pregare all’interno del tempio tenendo tutte e
tre le porte
aperte.
Ora molti di
questi morivano. Non perché il tempio era posseduta da
qualche forza maligna e
neppure per le brutali incursioni che i banditi erano soliti fare a
quei tempi
ma per l’umidità. Infatti la penicillina (e siano
lodati il nerdissimo Fleming
e le vacanze brevi per la scoperta) verrà scoperta solamente
nel novecento
inoltrato. Quindi all’epoca il numero di monaci morti aveva
allarmato i
cittadini dei villaggi circostanti che avevano pensato di isolarli chiudendo la
porta
principale del tempio. Da quel giorno miracolosamente il tasso di
mortalità
nella cittadina calò drasticamente…
Oggi
l’accesso al tempio era reso possibile da due porte laterali
costruite in
corrispondenza alle due stanze principali della struttura ovvero
l’atrio e la
sala della meditazione.
Quando la
porta del drago fu aperta i due guardiani preceduti da trecento samurai
(col
passare del tempo il tempio aveva aumentato il numero degli iscritti
grazie una
serrata e mirata campagna pubblicitaria) si precipitarono urlando
mantra di
guerra nell’atrio.
Come
temevano la porta del cielo era aperta ma non trovarono nessun
esercito, solo
un uomo con i capelli neri acconciati all’indietro con una
valigetta in mano.
Questo vedendoli si avviò verso di loro e si
fermò proprio sotto la rampa di
scale sopra la quale rimaneva paralizzato il piccolo esercito.
-Ho bussato
troppo forte credo, non ci sono più le porte solide di una
volta- disse con
aria nostalgica che non si addiceva alla sua giovane età.
Poi con un rapido movimento
mise la lunga valigetta in verticale mostrando ai samurai il lato
decorato con
due draghi e un panda seduto in meditazione.
Kaneki e
Shiniki si fecero avanti- Chi sei? Sai cosa significa il tuo gesto di
blasfemia?- dissero estraendo le loro katane.
-Rog e Wor
le due katane gemelle sono belle proprio come raccontavano le leggende
ma...poste in questa stanza sono nulla-disse il ragazzo.
-Ragazzo! Ti
sei macchiato del reato di blasfemia nei confronti di Yanto!
L’unico modo per
pulire questo peccato e pagare col sangue- dissero i due guardiani in
coro.
-Oh ma forse
non avete capito, io sono qui proprio per uccidere lo Yanto. I peccati
sono
appena iniziati-fece questo aprendo la valigetta colpendola con la mano.
I guardiani
alzarono i pugni facendo così cenno ai samurai rimanenti di
chiudere la porta
del drago alle loro spalle poi con un rapido balzo furono sul
peccatore. Quando
però si accorsero che il loro colpo era stato fermato da
qualcosa di duro e
metallico capirono che quello scontro sarebbe stato molto
più impegnativo di
quanto avessero immaginato.
-Io sono
Ronkudo Musushi e sono l’erede Zanto!- disse il ragazzo e con
rapido colpo
respinse il doppio attacco. I due si resero conto solo allora della
vera
identità del loro nemico(se non l’avrebbero capito
neanche in quel frangente
definirli stupiti sarebbe un offesa per le FacebookStar).
Le leggende
narravano di un'altra casata oltre a quella Yanto ma pensavano che
questa si
fosse estinta dopo che l’ultimo discendente ovvero il samurai
il cui nome non
deve essere ne ricordato ne pronunciato si tolse la vita dopo aver
sterminato
tutti gli abitanti del suo villaggio sotto la possessione di una spada
maledetta.
-Quindi
quella dovrebbe essere la leggendaria Masamune?-chiese Kaneki
scoppiando in una
sonora risata -La vedo un po’ fragile e non ha neanche un
aura-continuò per lui
Shiniki sogghignando.
Ogni samurai
che si rispetti infatti riesce ad infondere la propria spada con la
propria
aura spirituale in modo da rinforzala conferendogli anche una
particolare
fosforescenza(per il samurai medio questa luminescenza è
molto importante poiché
gli permette di superare le piccole difficoltà quotidiane
come quando si arriva
tardi al cinema e bisogna cercare il proprio posto
nell’oscurità della sala).
Ronkudo
guardò la spada crepata su un lato che spauriva di fronte
agli strumenti di
morte dei suoi avversari -Sarà anche vero ma io ho ancora il
mignolo sinistro-
rispose mostrano il suddetto dito ai suoi avversari. Tutti i samurai
mancavano
del mignolo sinistro poiché era tradizione, compiuti i
diciotto anni, donarlo
al proprio maestro in segno di riconoscimento e rispetto.
I due
guardiani si scambiarono un’occhiata profondamente
preoccupata ciò poteva solo
significare che quel samurai aveva imparato e perfezionato il suo stile
di
combattimento completamente da solo...che razza di mostro avevano
davanti?
Ronkudo fece
roteare la spada poi con un rapido scatto in avanti diede inizio al
combattimento.
Fin da
subito i due guardiani cercarono di puntare sulla
superiorità numerica ma dei
sei attacchi che fecero non riuscirono neanche in uno a colpire il loro
nemico che
si era limitato a parare gli attacchi senza neppur provare a
contrattaccare.
-Ci prendi
forse in giro? Combatti! –gli urlò Kaneki
profondamente umiliato ed arrabiato.
Ronkudo da parte sua si limitò a sorridere, un sorriso
freddo e calcolato (come
quei sorrisi che ti vengono nei compiti quando copi dal
compagno secchione
riuscendo così a risolvere il problema senza che il prof se
ne accorga).
I due
vedendo l’espressione del loro nemico sferrarono un settimo
attacco e per la
loro gioia Ronkudo contrattaccò. Kaneki perse solo
l’orecchio destro mentre il
suo amico perse tutte le dita della mano sinistra, l’occhio e
un po’ di
intestino.
-Shiniki!-
urlò Kaneki spostandosi a destra così da mettere
tra loro l’avversario-Zanna
del drago d’oro velonoso- finì.
Ronkudo
aveva gestito quel combattimento nel miglior modo possibile, aveva
parato gli
attacchi dei guardiani per capire in che modo si muovessero e in che
modo
reagire e quando l’aveva fatto era stato efficace e
devastante.
Ora
però la
situazione era molto pericolosa poiché lui aveva una sola
spada ed avrebbe
dovuto parare due attacchi provenienti da due direzione completamente
opposte.
Ispirò
ed
espirò senza farsi prendere dal panico. I due attacchi non
lo avrebbero colpito
nello stesso momento: avrebbe avuto una finestra d’azione
molto breve ma
l’avrebbe avuta e questo gli bastava per pianificare una
strategia di
movimento.
Parò
quindi l’attacco
di Shiniki ma non si voltò, non perse di vista Kaneki che
aveva finito la sua
folle corsa e adesso stava eseguendo un attacco verticale
dall’alto verso il
basso. Sul suo volto ricomparve ancora quello stesso sorriso freddo e
calcolato: aveva vinto anche quello scontro.
Con un
rapido movimento, senza rompere il contatto tra la Masamune e la Wor,
si mise
sul lato schivando di qualche millimetro il colpo, quel tanto che
bastava
perché Kaneki colpisse il suo compagno tagliandogli il
braccio. Quando sentì
l’urlo di dolore misto a stupore Ronkudo capì di
poter finalmente muovere il
braccio, così con un altro gesto fulminio affondò
la spada nella schiena di
Kaneki che dopo aver emesso un suono rauco di dolore ed aver
sputacchiato un
po’ di sangue cadde a terra morto.
Shiniki era
rimasto pietrificato vedendo il suo compagno morire davanti ai suoi
occhi.
Ronkudo stava venendo verso di lui e si affrettò a chiudere
gli occhi pregando
che la spada che il suo nemico ora gli aveva conficcato in petto lo
uccidesse
il più velocemente possibile.
Ronkudo
roteò la spada pulendola dal sangue e guardò la
grande porta d’oro davanti a
lui che si ergeva sopra una lunga rampa di scale. Era arrabbiato: la
sua
tecnica era troppo perfetta. Aveva cercato per anni qualcuno che
potesse
mettere in difficolta il suo modo di combattere ma non aveva mai avuto
concreti
risultati. Ora sperava che quell’ultimo samurai,
quell’ultimo Yanto rimasto
potesse finalmente dargli il combattimento che aveva da anni cercato.
Un
combattimento dove avrebbe dovuto dare tutto se stesso per uscirne
vittorioso.
Salì
le
scale senza fretta godendosi pienamente il momento che precedeva la
battaglia
poi si fermò davanti alla porta d’oro massiccio e
guardò le grandi incisioni.
La porta era divisa in quattro sezioni e in ognuna di queste quattro
sezioni
era rappresentato lo stesso disegno: due draghi che si mordevano la
coda
formando un cerchio perfetto all’interno del quale
c’era un panda in
meditazione.
Ronkudo
sapeva che pochi individui nel corso dei secoli erano riusciti a capire
il
reale significato di quel disegno e sapeva anche di essere
l’unico di questi
ancora in vita.
Il guerriero
fece scorrere la mano sull’incisione della FORZA CELESTE
CONTINUA e fermò la
mano sul panda meditante. L’incisone era una chiara
rappresentazione di una
storia popolare giapponese che raccontava di come un panda fosse
riuscito a
domare i due draghi eterni facendogli credere di essere una roccia
parlante.
Questa nonostante sia solo una storiella per bambini depressi senza
troppe
pretese vuole insegnare qualcosa di molto più utile e
profondo.
Il panda infatti
rappresenta l’uomo forte che fa di tutto per accrescere la
sua abilità e la sua
forza ma con l’ausilio dell’intelletto riesce a
dominare i due draghi eterni
che rappresentano le sfide di tutti i giorni.
Questo
insegnamento calato nella nostra storia nell’ambito samurai
significava che non
era importante la mole dei mezzi ma il modo con il quale questi
venivano
utilizzati. A Ronkudo era molto caro quell’insegnamento.
Staccò
la
mano dal disegno e colpì la porta con l’elsa della
sua spada provocando lo stesso
rumore che aveva scosso le mura del tempio qualche minuto prima. Anche
quella
porta era stata aperta rivelando trecento volti impauriti che
indietreggiarono
urlando vedendolo.
-Fermi non
scappate mantenete almeno la vostra dignità di uomini se non
riuscite a
mantenere quella di guerrieri- disse un uomo in piedi sulla soglia
della porta
della sala del trono.
Questo aveva
dei lunghi capelli che gli donavano molto l’aria di un
sedicenne emo depresso e
indossava un vestito a spolverino nero coi bordi bianchi. Al suo fianco
pendeva
la Marusaki completamente nera che sembrava brillare di un nero ancora
più
intenso.
-Uscite dal
tempio avete infangato la sacra tradizione dei samurai per troppo
tempo!- urlò
indicando la porta alle spalle di Ronkudo. I samurai spaventati si
affrettarono
verso l’uscita urlando qualcosa su un risarcimento per
l’iscrizione e
lasciarono i due guerrieri soli nel tempio.
-Il mio nome
è Kirito sono l’ultimo discendente degli Yanto. Io
sono il RE. So perché sei
qui, non pensavo che esistesse ancora uno Zanto in vita. Vuoi dunque il
titolo
di RE vero? Vuoi ridare onore alla tua decaduta casata? Capisco il tuo
odio ma
non posso accettarlo-disse l’uomo vestito in nero prendendo
la spada.
-Io non ti
odio, ne te ne la tua casata se è questo che vuoi sapere.
Non sono qui per
vendetta ne per riscattare titoli o onori- disse Ronkudo-voglio
solamente
provare se la mia tecnica è realmente imbattibile, le altre
questioni non mi
interessano-finì.
Quando
l’invasore
smise di parlare ci fu un suono acuto e metallico che
rimbombò nella sala vuota.
Le due katane si erano incontrate ed entrambe emanavano la luce della
loro
forza. Marusaki brillava di un nero inteso e vuoto: sembrava che la
lama fosse
diventata della stessa sostanza con cui era fatta il buio. La Masamune
invece
emanava delle fiamme blu, come quelle che si trovano
all’interno di un buon
fuoco che si diramavano lungo la lama sputacchiando scintille
tutt’intorno.
Ci fu di
nuovo lo stesso suono e le due katane si separarono. Kirito aveva visto
il
combattimento dei due guardiani e aveva rapidamente compreso che non
avrebbe
potuto neanche lontanamente competere con la tecnica di
quell’uomo: doveva
combattere dalla distanza. Agitò la katana e da questa
uscirono due folti
fiammate buie che caddero sul pavimento prendendo la forma di due tigri
giganti. Queste con un poderoso ruggito si diressero verso Ronkudo che
con due
rapidi fendenti le dissolse in un tripudio di fiammette e scintille.
Kirito
cercò di evocare altre tigri ma la sua katana
incontrò quella di Ronkudo che la
respinse facendolo cadere all’indietro.
Ronkudo
menò
un affondo al suo avversario che ora se ne stava sdraiato sulla schiena
inerme.
Questo però con
un rapido taglio
orizzontale colpì la gamba del suo avversario che
sbilanciato mancò il suo
nemico ed andò ad affondare la spada nel pavimento
lì vicino rovinando il
pavimento di pietra millenaria. Kirito ebbe tutto il tempo di alzarsi e
allontanarsi dal suo nemico che cercava di estrarre la spada dalla
roccia.
-Hai una
tecnica di combattimento perfetta. Ma il combattimento non è
solo tecnica- disse
Kirito a Ronkudo che aveva finalmente estratto la spada e aveva
riassunto la
sua posizione di combattimento.
-CAMERA-BUIA-DEI-SENSI
–fece Kirito e iniziò a ruotare la sua katana
creando un denso vortice nero.
Questo iniziò ad espandersi fino ad avvolgere ogni cosa
nella stanza e tutto
divento buio.
Ronkudo
riusciva a vedere soltanto la sua arma che brillava di un intenso blu
che però
non riusciva in alcun modo a dissipare la densa oscurità.
Ora era calato uno
spetrale silenzio così silenzioso che a Ronkudo
sembrò di essere già morto e
che quello era solo il transito verso
l’aldilà… “POUFF”
il pesante silenzio fu
scosso da un pesante tonfo e da un successivo borbottio imprecante ed
arrabbiato. Poi ci fu un altro suono pesante come di metallo che
colpiva un
muro di pietra che fu seguito dallo stesso suono brontolante.
Ronkudo
chiuse gli occhi, era ovvio: se lui non vedeva niente neanche Kirito
avrebbe
potuto fare altrimenti. Ripenso a tutte le volte che la lampadina si
era
fulminata e lui era stato costretto a cambiarla al buio e
capì come avrebbe
dovuto agire. Urlò con tutta la forza che aveva in corpo, un
urlò forte e
indemoniato poi fece tre passi indietro. Poco dopo Kirito si
scaraventò davanti
a lui affondando la katana nella pietra del pavimento contento ed
esultante. Ad
un tratto però fu preso da un dubbio straziante ed
alzò la testa e il suo volto
fu illuminato dalla luce blu della Masamune.
Non
riuscì
in alcun modo ne a parare ne a schivare il colpò che gli
stacco il braccio
destro. La Marusaki cadde a terra e l’oscurità si
dissolse.
Preso dal
panico cercò di raccogliere l’arma da terra ma un
altro fendente gli staccò il
braccio sinistro che cadde poco distante dall’arma. Allora
provò con un calcio
orizzontale che si dimostro molto inutile poiché la sua
gamba fu prima fermata
e poi tagliata dalla Masamune che ora brillava come non mai.
Rimasto
solamente con un arto inferiore Kirito si girò e
provò una rapida fuga. Però
dopo qualche saltello cadde privo di forze (Kirito non aveva mai avuto
molto
equilibrio). Ronkudo si avvicinò al suo avversario e con un
rapido colpo mise
fine alla vita dell’ultimo discendente di Yanto mentre
Marusaki esplodeva i
mille pezzi.
I suoi
antenati avevano aspettato quel momento per secoli. Anni e anni passati
a
combattere e morire per sconfiggere la dinastia Yanto e finalmente la
grande
guerra era finita con un esito vittorioso per la casata di Zanto.
Ronkudo
invece era triste e pensieroso, il combattimento gli era piaciuto ed
l’aveva
messo in serio pericolo un paio di volte, però ora aveva un
grandissimo dubbio.
La sua
tecnica affinata in trecento anni di allenamento era perfetta questo
ormai era
assodato. Ma allora come era stato possibile che Kirito fosse riuscito
a
tenergli testa ? Questa domanda lo stava divorando. Era chiaro che
Kirito non
aveva ne i mezzi ne le capacità per tenergli testa. Aveva
una spada leggendaria
e temibile questo era vero ma la sua tecnica era fin troppo
confusionaria ed
approssimativa. Era fin troppo chiaro che il re Yanto non si era
allenato molto
negli ultimi anni dando maggiore priorità alle feste
spendaccione che venivano
organizzate con le copiose offerte che i cittadini versavano al tempio
per la
“protezione”.
Eppure
quell’uomo era riuscito a metterlo in seria
difficoltà, c’era qualcosa che non
aveva minimamente considerato. Qualcosa che non riguardava la tecnica o
l’arma
ma era qualcosa di molto meno materiale e razionale…doveva
continuare a
cercare.
Zio Peppino
fermò la macchina d’epoca di fronte alla nave che
secondo i suoi informatori e
alla targa che mostrava sul lato apparteneva a Feng Chin. Fece segno ai
suoi di
scendere poi prese la valigetta di pelle rossa al suo fianco e
aprì lo
sportello. Quando fu fuori si diresse verso il tavolino che Luca aveva
appena
montato e vi ci appoggio la valigetta che poi aprì con un
rapido scatto.
Al suo
interno c’erano due cannoli molto lunghi e decorati e un
sacchetto per la
farcitura tipico dei pasticcieri. Lo Zio con calma riempì i
due cannoli poi
richiuse la valigetta e mentre Luca metteva via valigetta e tavolino si
rivolse
a Gideon che camminava avanti e indietro agitando TRINITY- Sai che in
Italia ci
sono i dolci più dolci del mondo? E non usiamo nemmeno lo
zucchero- fece.
Poi
unì i
due cannoli formandone uno e lo puntò contro la grande
nave-tempio-hotel. Ci fu
un rombo e dal Cannolonnone (come lo chiamava Zio Peppino) fu sparato
un chilo
di ricotta che colpendo la nave-tempio-hotel provocò una
feroce esplosione.
Zio Peppino
sorrise e si ficcò il Cannolonnone in bocca e
iniziò a masticare di gusto.
Gideon invece era triste si aspettava un combattimento epico ed
impegnativo e
per un attimo fu tentato di buttarsi in acqua per infierire sui
cadaveri
galleggianti.
-Feng Chin non
è più qui- fece un uomo con i capelli pettinati
all’indietro con una valigetta
nera decorata in mano che stava guardando l’esplosione
mangiando un gelato-è
partito qualche ora fa con un aereo privato per il Giappone- fece
lanciando una
busta da lettere chiusa allo Zio.
-Un invito.
C’è scritta la sua attuale posizione. Feng Chin
segue molto le tradizioni e
vuole dimostrare la sua ospitalità come voi avete dimostrato
la vostra. Per
questo ha deciso che il combattimento si dovrà
svolge…-ma il suo monologo fu
interrotto poiché Gideon gli si scaraventò contro
menando un fendente mortale.
-Piano,
piano, piano TRINITY non è ancora giunto il momento del
nostro scontro- disse
Ronkudo mentre schivava il colpo e metteva qualche metro di distanza
tra lui e Gideon.
-Scusi
signoruccio mio ma io e la mia cucci abbiamo visto il tuo corpo morto
coperto
di sangue e non siamo riusciti a resistere- si scusò Gideon
scoppiando in una
risata sguaiata e ridicola che fece rimanere profondamente turbato
l’uomo.
-Alla fine
eccoti qui. Io sono Ronkudo della famiglia Zanto possessore della
Masamune. Domani
quando il sole inizierà la sua caduta nell’abisso
dell’oscurità a piazza del
Plebiscito io sarò lì per prendere la tua anima
TRINITY, se vuoi il mio sangue
dovrai guadagnartelo- annunciò poi con un rapido movimento
scomparve in una
scia blu infuocata.
-Questi
ninja e le loro uscite di scena-disse Zio Peppino profondamente
arrabbiato-
come fa un paese che mangia gatti e scarafaggi dire di avere una
tradizione. E
la cosa più spaventosa e che la gente compra le cose da un
paese così- osservò
lo Zio.
Gideon non stava
ascoltando era troppo impegnato a mantenere TRINITY che si dimenava
reclamando
morte e sangue.
Scuse e
prostrazioni personali T_T
Devo
scusarmi. Mi scuso a tutti i miei lettori (se ho lettori)
poiché in questi
giorni non ho potuto scrivere neanche messaggi su facebook. La scuola
sta
andando male e ho dovuto impiegare ingenti quantità del mio
preziosissimo tempo
per recuperar alcune materie. Inoltre il PC si è preso una
vacanza mentale
decidendo di non riaccendersi più. Poi comunque dovevo
mangiare u.u.
In
realtà
non posso dirvi “hey don’ t worry tra qualche
settimana scrivo tutto …poiché siamo
a maggio e solo chi va a scuola capisce cosa succede a maggio T_T.
Quindi mi
scuso con tutti voiiiiiiiii !!! Vi prometto che questa storia
finirà…un giorno.
Per il resto
vi ringrazio come ogni volta per aver letto e vi saluto dandovi
appuntamento al
prossimo capitolo! BYE CUORICUORI <3.
|
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Capitolo 7 *** Un popolo che mangia insetti ***
7. Un popolo che
mangia
insetti
Quelle
enormi scatole di metallo volanti che l’opinione comune
chiamava aerei non
piacevano per nulla a Zio Peppino. Nella sua lunga e vecchia vita aveva
avuto
modo di visitare i posti più strani e lontani ma le volte
che aveva preso
l’aereo si poteva contare su una mano monca: quella era la
sua prima volta.
Nonostante i
suoi uomini si erano curati di informare il pilota della presenza dello
Zio (che
aveva prontamente liberato i posti dietro, davanti e vicino il suo
importante
passeggero e dato ordine allo staff di portagli tutto il cibo di cui
aveva
bisogno) questo era tesissimo.
Ogni volta
che l’aereo vibrava minimamente questo si aggrappava con le
rugose mani alla
sedia, spalancava gli occhi e si guardava intorno in preda al terrore.
Ma Zio
Peppino non aveva paura che l’aereo precipitasse (o meglio
non aveva paura solo
di questo) ma era terrorizzato da quello che sarebbe potuto succedere a
bordo.
I film e i
cartoni gli avevano profondamente segnato l’immaginazione che
ora vagava
incontrollata. Ad un tratto infatti iniziò ad avere
l’innaturale paura che un
insetto del deserto mangia lingua controllato telepaticamente da un
vecchietto
(più vecchio di lui) iniziasse a sterminare i passeggeri.
Battette il
pugno sul tavolino spaccandolo- Donna mi porti tutto il caffe e tutti i
dolci
che avete è un emergenza ne va delle nostre vite- disse alla
bellissima hostess
che alzò gli occhi al cielo annoiata. Aveva sopportato le
richieste e le paure
di quell’uomo per tutto il viaggio per fortuna il volo era
quasi finito.
-Subito
carissimo rispettabilissimo cliente- disse con un sorriso che scomparve
subito
una volta girata e avviatasi per prendere quello che quel vecchio
bisbetico gli
aveva chiesto.
Quando
l’hostess tornò aveva con se una grande busta di
dolci e un barile di caffe che
erano stati portati sull’aereo direttamente dagli uomini
dello Zio per
precauzione e per comodità.
Lo Zio prese
quello che aveva chiesto e lo posò sui suoi sedili poi fece
segno all’hostess
di andare via. Questa risorrise energicamente e se ne andò
via sbuffando e
imprecando sul fatto che la pagavano troppo poco per quel lavoro.
Però in cuor
suo era felice, tra qualche minuto avrebbe dato disposizione ai
passeggeri di
allacciare le cinture e quell’orribile viaggio sarebbe giunto
al termine.
Zio Peppino
passò una mano sul barile poi lo aprì e ne
tirò fuori la sua gallina che lo
guardò con un’ espressione calma e rilassata
tipica di chi si era svegliata da
un bel sonno (tutti sanno che il caffe sulle galline non ha alcun
effetto). Poi
con calma si iniziò a sbottonare la camicia sudata iniziando
a spogliarsi.
Quando fu
completamente nudo (i passeggeri, le hostess, Dio e la gallina in quel
momento
facevano finta di niente poiché nessuno avrebbe mai potuto
sfidare la volontà
di uno degli INSENTIBILI, Dio si in realtà ma in quel
momento era indaffarato
come sempre) prese il piccolo zaino magico a forma di unicorno
regalatogli da
Pain e vi ci infilò la grande busta di dolci. Con lo zaino
in spalla prese il
barile di caffe caldo e se lo buttò addosso. Il caffe
scottava per questo
stette qualche secondo fermo immobile aspettando che il suo corpo si
abituasse
alla calda temperatura del liquido. Dopo prese la gallina e tirandole
il collo
le fece uscire sette uova che prontamente si andò a rompere
e spaccare in testa
in modo che l’interno di queste colasse su tutto il suo
corpo. Infine si
schiaffeggio la pancia per vedere se l’impasto che aveva
creato aveva una buona
consistenza. Proprio in quel momento una voce presa dal panico
annunciò a tutti
di sedersi.
Zio Peppino
sorrise alla vista delle maschere d’ossigeno che cadevano
dagli scomparti
superiori. Si guardò intorno, lo stupore e il divertimento
dei passeggeri era
scomparso lasciando spazio al panico e alla paura.
C’era
chi
pregava, chi urlava, chi piangeva, chi baciava il fidanzato per dare a
quell’orribile momento un che di romantico e fatalista e
c’era lo Zio che se ne
stava in piedi chiedendosi se la sua scorta di dolci gli sarebbe
bastata per
quel lavoretto.
Tra le urla
dei passeggeri improvvisamente si sentì un suono rauco e
stanco un “COOCK” che
scosse dalle sue preoccupazioni e dal suo divertimento lo Zio. La
gallina era
ancora lì e ora fissava lo Zio chiedendogli quale sarebbe
stato il suo destino.
-Vorresti
venire anche tu con me Cocchina mia? Be’ dai se
sopravvivrò a questo brutto
incidente aereo è anche grazie a te- le rispose Zio Peppino.
Poi con calma la
prese per il collo le accarezzo la testa e la lanciò contro
il finestrino che
si spaccò in mille pezzi aspirando fuori
dall’aereo la gallina che emise di
nuovo il suo “COOCK” rauco e stanco.
-Vedetela in
questo modo. La prossima volta che andate in un paese straniero vi
consiglio di
portarvi il caffe da casa a meno che non sia pasqua poiché
in quel caso il
casatiello ha la massima priorità- consigliò lo
Zio saltando nel piccolo oblò.
Quando le
guardie Romoure entrarono nella stanza trovarono Feng Chin seduto
completamente
immobile con gli occhi chiusi. Le guardie non si meravigliarono della
sua
postura e si affrettarono ad inchinarsi in segno di rispetto. Poi si
rialzarono
aspettando qualche segnale o almeno un qualche tipo di saluto da parte
del loro
amatissimo Kumicho (per coloro che non hanno internet: kumicho indica
il
“padrino” orientale che in questo caso è
Feng Chin appunto) ma questo continuò
a rimanere nella sua immobile posizione senza neanche degnarsi di
aprire gli
occhi.
-Maestro
l’areo su cui viaggiava Zio Peppino è precipitato-
disse la guardia Romoura
Gialla cercando di attirare l’attenzione del suo
interlocutore. Sentendo queste
parole, con gran sollievo delle quattro guardie Romoure, il Kumicho
aprì un
occhio e guardò i quattro poi lentamente aprì
anche l’altro ed infine spalanco
la bocca lanciando tutto il suo corpo in una risata isterica e sguaiata.
-Vecchio
merdaccia morto! Vecchio merdaccia morto! – Iniziò
ad urlare e si sarebbe anche
messo a ballare la tipica danza della scimmia ubriaca (danza molto
strana che
consiste nel prendere una banana nella mano destra, allagare le gambe e
saltellare urlando versi strani) se la guardia Romoura Blu non si fosse
affrettata ad aggiungere-No... l’areo è
precipitato lui è semplicemente volato
via…giù dall’ aereo Maestro-.
L’entusiasmo
del maestro si arrestò di colpo e un ombra comparse sul suo
volto che ora era
contratto dalla rabbia -Cosa significa? Lui era nell’areo se
aereo cade lui
cade! Il vecchio merdaccia non aveva le ali! –
osservò Feng Chin lanciando una
brutta occhiata alle quattro guardie Romoure che adesso si stavano
nuovamente
inchinando supplichevoli.
-Vede
maestro, lui non aveva ali e questo è certo ed assodato ma
è sopravvissuto.
Alcuni testimoni e alcune nostre spie ci hanno avvisato che un vecchio
completamente nudo con una gallina intontita in mano abbia rapinato con
un
cannolo al cioccolato un noto negozio di vestiti poco distante da
questa villa.
Ma non si preoccupi…- disse la guardia la guardia Verde
-…noi la proteggeremo!
–finirono in coro le quattro guardie Romoure mettendo
decisamente troppa enfasi
per solo quelle tre parole.
La perfetta
sincronia
di questi quattro individui non deve in alcun modo meravigliare il
lettore
poiché quando un gruppo di persone si allena e vive insieme
per anni fin dalla
tenera età viene sviluppata all’interno del gruppo
una coordinazione e una
complicità senza pari. Così era sempre stato fin
dall’antichità poiché le
guardie Romoure erano considerate l’ultima speranza del re,
l’arma finale che
si poteva scatenare in caso di attacco per proteggere la famiglia reale
anche
se ora erano criminali al servizio dell’uomo con
più soldi del Giappone.
Le katane di
questo corpo speciale naturalmente, erano state commissionate
dall’imperatore
allo stesso grande fabbro che aveva realizzato altre grandi spade come
TRINITY
e la Masamune: il grande Smuokinuow.
Giallo, Blu,
Verde e Arancione erano questi i quattro colori delle quattro
leggendarie
katane e questo colore non era solo una scelta stilistica ma
simboleggiava la
via che la vita del possessore avrebbe dovuto seguire. Almeno
così dicevano le
leggende, ma poiché nel corso dei secoli le cose si perdono
nessuno sapeva a
quale tipo di via corrispondessero i quattro colori. Si decise
così che per
adempiere a questo fato i possessori avrebbero dovuto vestire dello
stesso
colore della loro katane e portare lenti colorate del medesimo colore
per il
resto della loro vita.
-Dov’è
Sakura?- chiese Feng Chin ignorando le ultime parole delle sue guardie
del
corpo. Queste si guardarono preoccupate non potevano permettere che il
loro
Maestro scendesse in battaglia dovevano essere loro a dover eliminare
ogni
possibile minaccia per il Kumicho.
-Signore,
Sakura è nella sala del tempio. Lei però non deve
preoccuparsi le guardie
Romoure hanno perso solo una volta nella loro lunga stor…-ma
furono interrotte
da un cenno del maestro- Andate e fate quello che vi pare. Se volete
morire
morite, se volete combattere combattete, se volete scappare scappate e
se
volete darvi alla mietitura dei campi siete in ritardo di giorni. Ma-e
qui
comparve un ombra oscura e omicida sul volto -smettetela di rovinare la
mia
meditazione immobile con queste faccende mondane o vi mando a pulire i
gradini
di ogni tempio presente in Giappone come l’ultima volta!-
disse e riassunse la
sua solita posizione di immobilità.
Le guardie
si ririnchinarono- Noi come guardie Romoure daremo la vita per
l’imperatore! –
annunciarono esultanti e si affrettarono verso l’uscita.
Feng Chin
non si curò della sfarzosa uscita di scena dei quattro,
sapeva bene che non
avrebbero potuto competere con un INSENTBILE poiché solo un
INSENTIBILE può
ucciderne un altro.
Di lì
a poco
sapeva che avrebbe dovuto sostenere un combattimento duro ed
impegnativo ma con
Sakura al suo fianco avrebbe potuto fare qualsiasi cosa perfino
tagliare i fior
di ciliegio che cadono da un albero in autunno, come del resto faceva
ogni
anno.
Ricordava
che anche suo padre in autunno usciva fuori e cercava di fare la stessa
cosa
stando lì ore e ore trascurando la famiglia e il suo dovere
di genitore.
Ricordava che il padre gli imponeva di provare e gli dava una frustata
ogni
volta che non riusciva a tagliare un petalo. Peccato che suo padre non
fosse
vissuto abbastanza da vedere suo figlio tagliere il suo primo petalo.
Suo padre,
Feng Shinoda, che grandissimo uomo. Si diceva che fosse riuscito a
staccare le
ali ad una zanzara con un cucchiaio superando così i vecchi
samurai che usavano
le bacchette. Non aveva mai perso un duello, in realtà
nessuno l’aveva mai
visto combattere ma era sempre il capo del dojo quindi doveva avere
abilità
superiori a tutti.
Feng Chin invece
era sempre stato il figlio stupido quello che doveva stare fermo zitto
immobile
è modestamente era il migliore a farlo. Poteva rimanere
giorni, mesi o
addirittura anni (anche se era molto noioso) completamente fermo
immobile senza
mangiare, bere, fare pipì e cacca. Era la sua
abilità migliore il meglio della
sua arte.
Era come un
albero che lentamente mette le radici poi cresce allungando il suo
busto ed
infine si dirama in mille direzioni diverse producendo fiori e frutti.
Lui non
era tato diverso da quegli odiosi alberi che gli avevano procurato
tante
frustate in gioventù.
Si
passò una
mano lungo la schiena e sentì i rami dell’albero
della sua vita scricchiolare e
attorcigliarsi risvegliandosi. Si ricordava di quei giorni bui dove i
suoi rami
non erano ancora robusti quando suo padre era appena morto e lui non
era ancora
pronto ma aveva superato quei momenti avrebbe superato anche questo con
l’aiuto
di Sakura.
La spada
Sakura non era stata forgiata da un essere umano poiché
nessun essere umano
potrebbe forgiare tanta perfezione ed equilibrio. Era stata trovata dal
grande
fabbro Smuokinuow durante uno dei suoi lunghi pellegrinaggi sulle
montagne per
procurarsi materiali per la forgiatura (Smuokinuow odiava questa noiosa
pratica, in realtà reputava noioso tutto ciò che
lo faceva uscire dalla sua
officina. Amava quei fumi puzzolenti e amava il secco calore, sarebbe
rimasto
in quel posto ogni secondo di ogni giorno per questo tutto
ciò che non
riguardava la forgiatura per lui era inutile e stupido. Condannava
perfino il combattimento
poiché reputava che le armi dovevano essere osservate e
ammirate anziché
sporcate e scheggiate. Per questo si era dato come compito nella vita
il dover
realizzare le spade più belle al mondo, in modo che tutti
abbagliati dalla loro
bellezza smettevano di usarle per combattere. Smuokinuow era un grande
pacifista) e fin da subito il grande fabbro si accorse della
singolarità
dell’arma.
Questa era
stata ritrovata incastonata in un grande albero di fior di ciliegio che
aveva
col tempo avvolto i suoi rami intorno alla spada in un abbraccio come
quello di
un amante geloso iperprotettivo. Smuokinuow dovette faticare non poco
per
tagliare quegli alberi e quando riuscì finalmente a tirare
fuori la spada
rimase profondamente deluso dalla sottilissima lama di questa tanto che
l’avvolse in un panno per paura che il vento potesse
danneggiarla (è quel
giorno di vento ne buttava molto poiché era da poco passata
una brutta
tempesta).
Arrivato a
casa (ovvero nella sua fumosa fucina) e posati i materiali si
adoperò per
rinforzare l’arma con il miglior metallo a sua disposizione
ma per quanto martellasse
il corpo originale dell’arma non subiva alcun cambiamento.
Dopo diverse
ore di colpi ripetuti e sempre più incazzati ne diede uno
con tanta di quella
forza da far scivolare la spada dall’incudine che
andò a colpire la Masamune (che
aveva completato solo qualche giorno prima) scheggiandola brutalmente.
Alla
vista della spada scheggiata Smuokinuow svenne lanciando il martello in
aria e
nella caduta, sbattete con la testa contro l’incudine di
metallo divino
infrangibile.
Si
risvegliò
la mattina del giorno dopo e fu subito colto dal panico
poiché avrebbe dovuto
consegnare la Masamune alla casata Zanto quello stesso giorno. Quindi
maledicendo gli alberi e le ciliegie si mise all’opera per
salvare il
salvabile.
Qualche ora
dopo consegnò la spada in perfetto orario come sempre e
quando il re Zanto
estrasse la spada e vedendo la crepatura chiese spiegazioni Smuokinuow
recitò
la sua parte.
-Per tutti i
fabbri imbronzati d’oro e per tutte le spade fatte di cielo
bruciante. In tutta
la mia vita non ho mai visto una venatura di potere- esclamò
cercando di
assumere un’espressione di sbigottimento e
incredulità come di chi ha appena
visto Dio raccontare una barzelletta sconcia-Oh sua maestà
Zanto non capisce la
usa energia è fluita nella spada spaccandola
poiché lei è degno di usare tale
spada- continuò inchinandosi contento
dell’espressione perplessa e fiera del
re.
-Ma no buon
fabbro non dire così su via si rialzi-disse il re
imbarazzato facendogli cenno
di rialzarsi-No non capisce? Io posso forgiare le migliori spade ma
senza che
qualcuno possa utilizzarle bene sono inutili. Ma lei quando ha
impugnato la
spada ne ha scaricato dentro la sua energia che ha scombussolato le
particelle
di questa scheggiandola. Oh buon Re domani nella battaglia contro Yanto
la
prego risparmi quei poveri guerrieri poiché si son trovati a
combattere un
potere che non gli compete non potrei mai perdonarmelo ne va della mia
dignità
di forgiatore- continuò il fabbro buttandosi a terra in un
inchino di
sottomissione totale.
-Ti prometto
ciò che chiedi mio caro fabbro. E guardie portate a questo
umile e bravo fabbro
non uno ma due carri d’oro poiché
quest’oggi ha favorito la vittoria
Zanto-annunciò il re poi si girò e se ne
andò.
A Smuokinuow
non piaceva mentire in quel modo anzi non gli piaceva mentire in
generale ma in
quel momento i suoi pensieri erano rivolti ad altro: doveva capire che
cos’era
quella cosa che aveva trovato nell’albero. Quindi prese le
due carriole d’oro
(che fece portare ai suoi servi naturalmente poiché,
nonostante fosse un uomo
muscoloso e grosso, Smuokinuow aveva pur sempre una certa
età) e se ne ritorno
nell’officina dispiaciuto della sicura sconfitta degli Zanto.
In
realtà
qui si può aprire un grosso capitolo sulle strategie
militari poiché la battaglia
del giorno dopo sarà vinta come la storia ci insegna dalle
truppe Zanto proprio
grazie alla performance del loro re che secondo le leggende uccise
più di
tremila soldati.
Le parole
supplichevoli di Smuokinuow che avevano come unico scopo quello di
rimediare
all’errore commesso salvandogli la vita infatuarono
così tanto il re che verso
metà battaglia si convinse di essere un discendente degli
dei della guerra. I
soldati nemici alla vista di quel vecchio a cavallo che urlava parole
senza
senso a capo di un esercito ancora più eccitato del Re
stesso, ebbero una folle
paura e lentamente iniziarono a perdere la guerra. Un uomo con una
spada
crepata era riuscito a mettere fine alla secolare guerra tra clan
soltanto col
potere della convinzione (inutile dire che questa storia è
molto cara ad un
certo Ronkudo Musushi). Lo Zanto infine memore della promessa fatta a
Smuokinuow deciderà di non sterminare il clan rivale optando
semplicemente di
una scomunica totale ed incondizionata (che rendeva gli sconfitti meno
importanti dei cani randagi che affollavano il regno).
Per quanto
riguarda invece lo sfortunato ma ora ricco Smuokinuow, questo una volta
messo a
sicuro i soldi nella usa cassaforte privata diede disposizione ai servi
di
lasciarlo da solo.
Rimase ore a
fissare la spada cercando di capire come avesse fatto a tagliare la
Masamune ma
non riusciva in alcun modo a darsi una risposta sensata. Infine si
decise e
andò a chiamare uno dei suoi servi per provare la spada
(Smuokinuow essendo un
grande pacifista non aveva mai provato una katana).
Lo schiavo
però non era un samurai e come se non bastasse era anche un
po’ maldestro.
Quindi abituato a scope e carri pesanti mise troppa forza
nell’agitare l’esile
spada che gli scivolò da mano. Vedendo la spada volare
Smuokinuow non si
preoccupò più di tanto, erano
all’aperto non avrebbe danneggiato nessuna spada
pensò. Poi si andò ad accarezzare la sua bianca e
lunga barba di cui, come ogni
fabbro, andava profondamente fiero solo che non la trovò. La
vide a terra solo
per qualche secondo poiché la solita folata di vento la fece
volare via come
tanti piccoli fiocchi di neve.
Inutile dire
che la rabbia di Smuokinuow fu funesta, prese la spada la mise nel
peggior
fodero che aveva e la chiuse con un pesante catenaccio. Ormai non gli
importava
più del potere della spada, anche se la spada avrebbe potuto
tagliare il cielo
in due ormai non gli importava. Lui amava la sua barba, era la seconda
cosa che
amava di più dopo la forgiatura e non poteva permettere che
un tale gesto
rimanesse impunito.
Quindi la
Sakura rimase su uno scaffale a prendere polvere per molti e lunghi
anni finchè
dopo la morte di Smuokinuow e dopo le tante guerre che avvennero nel
pacifico
Giappone feudale non se ne perse ogni traccia.
Nessuno sa
come la famiglia Shinoda sia entrata in possesso della leggendaria
spada si sa
solo che un giorno questa si ritrovò sulla mensola del loro
dojo. A differenza
di Smuokinuow a Feng Chin piaceva molto Sakura. Ora non possiamo
paragonare
questo affetto a quello di Gideon e TRINITY ma c’era comunque
un bel rapporto.
Quando il
padre di Feng Chin morì l’intera famiglia si
riunì nel dojo per la lettura del
testamento come da tradizione. Tutti i più grandi spadaccini
e maestri nonché i
più alti funzionari governativi presidiarono alla lettura e
quando lessero del
destinatario della Sakura al dojo arrivarono quattro autoambulanze,
cosa molto
singolare poiché al dojo nel corso dei secoli mai un
autoambulanza era lì
giunta.
Quello che
provocò diversi svenimenti e quattro arresti cardiaci fu che
il nuovo
possessore della spada non era altri che Feng Shinoda. Nessuno aveva
nulla
contro il figlio del deunto sia chiaro, il problema era che il figlio
era
malato: era un OTAKU.
Molti
lettori ora si chiederanno perché un OTAKU susciti tanto
terrore mentre altri
avranno sentito questo nome per la prima volta quindi ora mi sento in
dovere di
spiegare, a chi è arrivato fin a questo punto del racconto,
il motivo di tanto
stupore e morte (si poiché l’arresto cardiaco del
povero Ashiniki maestro
pluripremiato di judo gli sarà fatale). Spiegare il termine
OTAKU non mi
compete e non interesserebbe nè il lettore nè chi
non sta leggendo questa
storia quindi partiremo subito dal significato…anche se la
parola non ha
neanche un vero significato.
L’OTAKU
è
quella persona che si interessa di cose futili e inutili e le segue
morbosamente. Queste futilità sono fumetti, cartoni animati
(i manga sono
fumetti e gli anime sono cartoni animati cambiare il nome a qualcosa
non la
rende più figa prima si accetta questa verità
prima si riesce a comprendere
quello che ci circonda) videogiochi e le Idols (che tutti conosciamo
come
tettone giapponesi con un microfono in mano sulla quale gli uomini sono
soliti
fantasticare le peggiori fantasie erotiche). Non bisogna confondere
l’OTAKU col
GIAPPOMINKIA poiché presentano enormi differenze
poiché i secondi sono solo un
piaga del nuovo secolo che puntano tutto sull’apparire come
OTAKU per far parte
di un qualcosa mentre i primi sono malati di OTAKUTEZZA.
L’OTAKUTEZZA può
colpire chiunque e non può essere curata in alcun modo un
po’ come il cancro,
l’AIDS e la FRIENDZONE. Il soggetto quando contrae la
malattia non è più
cosciente ed inizierà a leggere il peggio delle opere
Giapponesi e a cercare di
collezionare tutte le stelline in quei videogiochi dove si salta solo.
Per non
parlare dell’amore che questo inizierà a provare
per i cosplay (travestimento
come quello di carnevale solo più altezzoso e che fa sentire
chi lo indossa
onnipotente e onnisciente) che realizzerà ma non
indosserà mai essendo un individuo
molto timido.
Sulla vita
sociale degli OTAKU si può aprire un grosso dibattito
poiché, nonostante sia
assodato che un OTAKU non parlerebbe neanche con un cane che gli sta
mordendo
le palle, molti si chiedono come questo possa comprare dei fumetti o
fare le
cose che tutti fanno senza aprir bocca. I più importanti
studiosi del fenomeno
sono riusciti a teorizzare che questi soggetti siano riusciti a
sviluppare uno
spazio telepatico attraverso il quale comunicare con gli altri essere
viventi
senza naturalmente aprire bocca.
Inoltre il
soggetto sarà condannato ad eccitarsi alla vista di disegni
erotici di
ragazzine con fattezze irreali che avranno tette più grandi
della pagina sulla
quale vengono illustrate. Inutile dire che il soggetto non
troverà mai una
ragazza per non perdere tempo che potrebbe essere dedicato alle sue
passioni
anziché ad un inutile rapporto amoroso (e qui posso capirli,
compatirli ed
essere perfettamente d’accordo).
Chiarito
questo punto possiamo in parte comprendere il motivo di tanta
disperazione da
parte dei presenti. Feng Chin che all’epoca si chiamava
ancora Feng Shinoda,
poiché la casata non aveva ancora avuto modo di compilare i
moduli per
disconoscerlo e cambiargli cognome, (cosa che comunque avrebbe salvato
solo
l’apparenza poiché non potevano privargli in alcun
modo della sua eredità)
sentendo il suo nome non si mosse di un centimetro.
I presenti
quindi rimasero tutti immobili (tranne quelli che caddero a terra presi
dall’attacco di cuore e gli inservienti che si affrettavano a
chiamare
un’autoambulanza) a fissare quel tipo occhialuto coi capelli
a caschetto molto
magro. Quando la madre però gli diede una forte gomitata che
lo fece oscillare
pericolosamente si decise a prendere di nuovo contatti con la
realtà
circostante e si avviò verso l’altare su cui era
posta fior di Sakura.
Un uomo
bassino vestito col classico kimono gli offrì
l’elsa della spada che Feng
agguantò solo al terzo tentativo poiché tremava
troppo. Quando però l’estrasse
fu come guardarsi allo specchio: anche la spada sottile e debole
proprio come
il suo braccio che usciva dalla T-shirt dell’ennesimo fumetto
di moda. Fece
passare una mano lungo la lama accarezzandola (gesto che aveva visto
più volte
nei suoi fumetti) e si sentì sicuro di se e delle sue
capacità come non mai e
capì ben presto che lui e quella spada sarebbero dovuti
crescere insieme ed
insieme avrebbero alimentato il proprio mito.
Feng Chin
(ora possiamo chiamarlo così poiché la famiglia
era riuscita a far approvare
quei documenti sul cambio di cognome) non sapeva nulla di come gestire
un dojo.
Certo suo padre gli aveva insegnato tutti i segreti della spada ma una
cosa è
sapere, una cosa è insegnare. Quindi decise di vendere il
dojo ad una ditta di
alimentari che lo trasformò in un ristorante francese che
dato l’odio dei
Giapponesi per la cucina francese fallì dopo soli tre mesi.
Coi soldi
della vendita del dojo Feng Chin iniziò a finanziare le sue
attività illegali
che poi l’hanno portato ad essere uno degli INSENTIBILI.
Quando parliamo di
attività illegali non parliamo di traffico di droga, di
prostituzione o tutte
quelle altre cose losche che fanno gli uomini loschi ma qualcosa che
nessuno
aveva mai fatto prima.
Essendo un
OTAKU Feng sapeva quello che gli OTAKU volevano e sapeva anche quanto
un OTAKU
voleva qualcosa. Nel mondo OTAKU esistono dei miti, dei prodotti
leggendari,
delle edizioni di manga molto particolari che ogni OTAKU vorrebbe.
Quindi il
nostro boss emergente iniziò a pagare mercenari in modo che
gli procurassero
queste preziose cose futili per poi rivenderle a cifre esorbitanti sul
mercato
nero. Nessuno naturalmente comprerebbe la statuetta della nota
principessa dei
videogiochi senza gambe o il manga del tizio che scrive nomi e ammazza
gente
con la copertina stampata male. Nessuna persona normale si intende
poiché gli
OTAKU trovarono pane per i loro denti nel mercato nero di Feng Chin
mostrandosi
acquirenti più validi dei drogati di eroina.
Tutte le
altre bande cercarono di entrate nel nuovo settore emergente di
criminalità ma
fu tutto inutile poichè solo Feng riusciva a capire cosa
comprare, in che
momento comprarla e quando comprarla e quindi ben presto
riuscì a diventare
l’uomo più ricco del Giappone e solo qualche anno
dopo si trovo a rilevare
tutte le attività della Yakuza diventando il nuovo Kumicho.
Il rumore
delle esplosioni e delle urla iniziò lentamente ad arrivare
alle orecchie di
Feng Chin che ruppe di nuovo la sua immobilità e si tolse il
kimono che
portava. Completamente nudo si guardò allo specchio. Dei
grossi rami gli
uscivano dal petto nel punto in cui dovrebbe stare il cuore e si
allungavano
lungo tutto il braccio destro. Quella sera avrebbe usato Sakura come
non faceva
da anni il momento era giunto, il momento di alimentare il suo mito.
Sarebbe
stato lui ad uccidere Zio Peppino il Mangiatore di Zucchero.
Notucce
personali :)
Salve di
nuovoooo a tutti i miei lettori…spero che siate lettori e
non gente che
visualizza per darmi false speranze...
Un altro
capitolo è uscito ed è un po’ lunghetto
sperò non vi annoi troppo ma non credo
dovrebbe farlo e se l’ha fatto mi scuso poiché non
era mia intezione :C. La
storia si fa stupida ma fidatevi stiamo lontano dal succo
poiché la cosa
importante di questa storia è il dolore e di questo abbiamo
parlato poco.
Cercherò di far uscire i prossimi capitoli il prima
possibile (e chi mi crede
più) e vi do appuntamento al prossimo capitolo. BYEEEEE
CUORICUORI <3!
|
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Capitolo 8 *** Lo zucchero si scioglie nell’acqua ***
8. Lo zucchero
si
scioglie nell’acqua
Perché
era
dovuto arrivare fin lì per ammazzare un tappo giallo con gli
occhi a mandorla?
Perché dopo una lunga rapina ad un negozio
d’abbigliamento era riuscito a
prendere soltanto un kimono verde con delle stelline gialle sopra?
Perché la
villa di Feng Chin era stata costruita su una collina?
Perché nonostante i
soldi e il potere del suo avversario questi non aveva costruito un
ascensore
preferendo una lunga fila di scalini della quale non si vedeva la fine?
(ma
soprattutto perché era lì se la sua storia doveva
essere interamente ambientata
in Italia?)
La risposta
a tutte queste domande è: “il fato è
mutevole” (come le idee di uno scrittore).
Ed era proprio questo che Zio Peppino si stava ripetendo salendo gli
spessi
scalini della villa di Feng Chin.
Avanzava
lentamente su per quell’abbominevole costruzione malvagia che
sono le scale.
Aveva Cocchina sotto il braccio destro e portava il sacco dei dolci
sulla
schiena mantenendolo con la
mano sinistra, poiché lo zainetto magico di Pain a forma di
unicorno si era
dissolto, distrutto, smaterializzato.
Quel suo
modo di salire le scale lo faceva assomigliare tanto ad un paffuto
Babbo Natale
fuori periodo anche perché proprio come questo ad ogni
scalino esclamava il
caratteristico “OH OH OH” (suono rassicurante per
ogni bambino) per lo sforzo
sovraumano che stava sopportando.
Naturalmente
un osservatore attento si sarebbe accorto immediatamente che
quell’individuo non
poteva essere Babbo Natale poiché era visibilmente molto
più vecchio. Se poi
Zio Peppino avrebbe incontrato un bambino su quelle scale avrebbe
accentuato
ancora di più quella differenza. Infatti non ci avrebbe
pensato due volte a
mettere uno sgambetto alla piccola creatura facendola cadere a faccia
in giù
per la lunga scalinata di pietra, in modo da rendere quella salita se
non meno
faticosa almeno più divertente (rassicuro tutti i bambini
dicendo che Babbo
Natale non vi farebbe mai una cosa del genere… se fate i
buoni ovviamente).
Arrivato in
cima Zio Peppino mise giù Cocchina, prese una fetta di
pastiera (più fuori
periodo di Babbo Natale) e se la mise a mangiare per riacquistare le
forze.
Finito il lauto pasto raccolse Cocchina che si era completamente
addormentata
in un sonno d’oro e si avviò verso
l’enorme porta della villa.
La villa di
Feng Chin era un antichissimo tempio lustrato e ristrutturato con tutti
i
servizi che i covi malefici potevano offrire ai più grandi
Boss della malavita.
Dalla sauna alla sala cinema (nella quale venivano rigorosamente
proiettati
ogni giorno dozzine di anime) era tutto minuziosamente decorato per
dare a
quelle stanze il lusso che un uomo della sua posizione meritava.
Vista da
fuori la Villa era enorme, con un tetto a spiovente e non aveva alcun
tipo di
finestre ma, come per compensare questa mancanza, presentava un ampio
cortile
che si apriva all’interno della villa tra le stanze di Feng e
la grande
biblioteca posta a nord dalla posizione dello Zio. Questa era
sicuramente una
dei punti forti di tutta la villa ed era lì che il Kumicho
passava la maggior
parte del suo tempo poiché conteneva i suoi preziosissimi
manga collezionati nel
corso degli anni.
Dalla
biblioteca inoltre si poteva accedere alla sala del tempio il luogo
più
importante di tutta la villa. Come il cortile questa era scoperta anche
se più
piccola del cortile. Lì in quella stanza riposava Sakura
sotto l’ombra di un
grosso e antico albero di fior di ciliegio. I rami di questo, lunghi e
nodosi,
la proteggevano dalla luce del sole di giorno e
l’abbracciavano con le loro
ombre di notte come un amante premuroso.
L’albero
sacro nella sala del tempio però non era l’unico
albero presente nella villa.
Ai lati di questa infatti si aprivano quattro file di alberi che
formavano due
piccoli boschetti ai lati della villa. I petali di questi (erano
naturalmente
fior di ciliegio), che cadevano nella buia notte sparsi dal vento
tutt’intorno,
donavano una bellezza spetrale alla villa.
Zio Peppino
però non era un tipo che dava tanta importanza
all’atmosfera o al romanticismo
non essendo né poeta né un emo depresso. Quindi
la sua attenzione fu subito
catturata dalla porta d’ingresso. Questa come da tradizione
era incisa ma a
differenza delle porte degli altri tempi che avevano sopra
rappresentate storie
e miti della cultura Giapponese quella rappresentava solo due lettere:
la F e
la C.
Alla vista
di quelle due lettere la rabbia prese il sopravento su Zio Peppino che
tirò
fuori un altro pezzo di pastiera per calmarsi. Il comportamento dello
Zio
Peppino è completamente giustificato a poiché
quelle due lettere
rappresentavano un affronto al suo orgoglio e al suo stile di vita.
Qualche tempo
fa aveva cercato anche lui di mettere il suo nome fuori il portone di
casa che
essendo a sbarre non poteva essere inciso in quel modo. Il problema che
nulla
aveva funzionato. Né la vernice, né un enorme
cartello pubblicitario, né degli
uomini che cantavano in coro di chi fosse quella casa e neanche le
scimmie che
cavalcavano elefanti in monociclo sui quali c’era inciso il
suo nome e la sua
foto erano riusciti a dargli un risultato (l’ultima prova
aveva anche avuto
risvolti tragici tanto che il WWF era riuscito ad ottenere il
riconoscimento
mondiale di alcune piccole leggi tra cui quella che proibiva alle
scimmie di
cavalcare elefanti mentre usano il monociclo). Quindi aveva rinunciato
convinto
che la sua impresa era impossibile.
Ora
però
alla vista di quelle due lettere poste lì in bella vista con
semplicità e
naturalezza non poteva lasciar correre. Quindi urlando contro al cielo
cose che
non stiamo qui a riportare per non scombussolare l’equilibrio
psicologico del
lettore che è già messo a dura prova, si
affrettò a prendere qualcosa che
potesse demolire il trionfo del suo avversario sulla realtà
e su lui stesso.
Sorrise al
contatto con la sua arma segreta ma decise di prendere qualcosa di
più leggero
poiché non bisogna mai partire dalle portate principali
senza prima stuzzicare
un po’ l’appetito. Quindi prese la millefoglie, la
guardò e la lanciò verso
l’aberrante portone che aveva tanto offeso il suo intelletto.
La
millefoglie è un dolce formato da più strati con
sopra delle zucchero che
presenta una farcitura tra uno stato e l’altro. Se viene
mangiata velocemente o
mentre si parla c’è il rischio che dei pezzetti di
sfoglia possano attaccarsi
al palato provocando una sensazione per nulla piacevole. Non sono pochi
i casi
in cui questa ha provocato dei piccoli tagli lungo l’esofago
togliendo
l’appetito a molte persone. Per questa sua caratteristica si
dice che veniva
mangiata quando si stipulavano le tregue tra fazioni rivali. Maneggiata
dalla
particolare arte dello Zio è inutile dire che questa suo
proprietà si accentua
diventando molto pericolosa.
Il portone
di acciaio e pietra rinforzato non potette nulla contro il dolce che
attaccatosi all’intera superfice della porta la ridusse
velocemente in un
ammasso incongruo di gelatina e zucchero come se fosse fatto di acqua e
graffite.
Distrutto lo
stemma di trionfo del suo avversario lo Zio, attraversò la
porta calpestando
l’ammasso gelatinoso con le sue pantofole gialle, per
sottolineare la sua
vittoria, e si ritrovò all’interno
dell’atrio. La stanza era molto grande e
presentava ora davanti a lui una lunga rampa di scale che portavano ad
una
porta scorrevole di vetro che dava sul cortile.
L’attenzione
di Zio Peppino però fu fin da subito catturata da quattro
statue ferme immobili
che gli sbarravano il passaggio essendo poste
all’iniziò delle scale. Quello
che colpì lo Zio non erano le statue in sé, che
rappresentavano quattro
guerrieri in armatura pesante e una spada ancora più pesante
in mano colorati
di quattro colori diversi, ma la posa di queste.
La statua
gialla stava davanti a tutte in ginocchio aveva la spada poggiata a
terra in orizzontale
e la testa buttata in avanti come per vedere una bella ragazza che
passa in
topless. La verde stava direttamente dietro questa e stava in punta di
piedi
con le braccia incrociate e la spada in equilibrio su queste. Le altre
due di
color arancione e blu stavano rispettivamente alla destra e alla
sinistra di
quella verde ed avevano tutto il corpo slanciato con le spade puntate
nelle
rispettive direzioni di posizione e sembravano stessero per cadere da
un
momento all’altro poiché stavano su un piede solo
mezzo alzato da terra.
Allo Zio
scappava
quasi da ridere e pensò che cultura potesse mai avere un
paese che permetteva
la costruzioni di statue davanti alle scale se pur belle ed ben
colorate. Ma
mentre pensava a che razza di vita vivesse la gente di quello stato
l’opera
artistica contemporanea si mosse ed il movimento non fu per nulla
amichevole.
Zio Peppino
si trovò quattro colpi da quattro direzioni diverse e il suo
cervello non
riuscì neanche ad elaborare il comando di schivata. Fu
colpito in quattro punti
vitali e le spade gli rimasero conficcate in corpo facendolo sanguinare
copiosamente
-Muori
peccatore, non sei degno di entrare nel tempio del Kumicho-
urlò la guardia
Gialla estraendo la spada e preparandosi per dare il colpo finale ma ad
un
tratto si fermò poiché la testa del vecchio si
stava gonfiando pericolosamente.
Si senti un Bloub e questa esplose
schizzando pezzi d’impasto sui quattro guerrieri. Poi dal
collo della cosa uscì
Cocchina che svegliatasi guardò i tre conscia che sarebbero
stati l’ultima cosa
che avrebbe visto per un po’ e gracchiato per
l’ultima volta con la sua solita
noia e calma fece detonare la bomba.
-Giallo,
Arancione, Verde! - urlò
la guardia Blu
che aveva da poco ripreso i sensi dopo l’esplosione della
trappola.
Tutt’intorno c’era un denso fumo nero che gli
impediva di vedere i compagni
quindi alzò la spada e la roteo velocemente in aria per far
disperdere il fumo.
-Blu siamo
qui- urlò Verde alzandosi con fatica e trascinando Arancione
per il braccio che
ancora aveva attaccato poiché l’altro era volato
via diversi metri lontano dal
suo proprietario.
-Aiutami a
tamponare il sangue, qui lo perdiamo- fece Verde avvicinando la spada
sacra
vicino al braccio monco - Hai visto Giallo? –chiese
l’altro facendo lo stesso
ma ricevette solo un cupo silenzio come risposta. Fu allora che vide
che sul
pavimento c’erano pezzi di armatura gialla
tutt’intorno e aguzzando la vista
riuscì a vedere la metà inferiore del suo amico.
Trattene a stento le lacrime e
nella sala calò un silenzio mortale.
-Oh ma fate
con calma raccoglietevi tutti i pezzi possiamo aspettare, anzi
rimettete pure
insieme l’altro vostro amico tanto metà
già l’avete- disse Zio Peppino rompendo
il silenzio mentre indicava le parti inferiori di Giallo. Sedeva nudo
sulla
rampa di scale, l kimono era andato distrutto ma aveva ancora il sacco
di dolci-
povera Cocchina un animale non dovrebbe mai essere un eroe. Un animale
deve
vivere la propria vita tranquilla da animale e animaleggiare tutto il
tempo-aggiunse alzandosi. Mise la mano nel sacco e buttò
fuori diverse pastiere
e altri dolci completamente ridotti in briciole per via
dell’esplosione finchè
non trovo un lungo pacchetto rosa da pasticceria che si mise a
tracolla. Fatto
ciò rinfilò la mano per cercare
qualcos’altro ma dovette scartare di lato e
rotolare giù dalla rampa di scale accucciato come un
cagnolino per schivare
altri due affondi mortali.
Quando
arrivò
alla fine della rampa, si rialzò: aveva in mano quello che
voleva. Si affrettò quindi
a stappare la Sprite e a svuotargli dentro il pacchetto di Mentos.
Le Mentos e
le cose frizzanti in particolare la Sprite non vanno molto
d’accordo e questo è
risaputo in tutto il mondo. Sono molti i video sul tubo dove ragazzini
esaltati
cercano di sfruttare quest’odio nel modo più
fantasioso possibile mettendo a
segno scherzi che a volte possono risultare mortali. Nessuno sa
perché le
Mentos e le cose frizzanti non vanno d’accordo alcuni pensano
che sia dovuto al
fatto che le Mentos vengono chiamate così poiché
sono state inventate da una
donna infedele che aveva coiti casuali con gente casuale. La donna
creando
queste caramelle ha infuso la sua creazione con le proprietà
negative del suo
carattere che a contatto di qualcosa che non fa passare nulla liscio (e
di
certo non perdona le infedeltà) tipo la Sprite si ribellano
e chiedono il
divorzio esplodendo creando fontane alte diversi metri.
Il dolore
della guardia Blu raggiunse apici ricercati dallo stesso Pain nel suo
periodo
emo quando il liquido della Sprite corrosa l’armatura
iniziò a divorare la
pelle. La morte quando arrivò fu per lui un sollievo come lo
è per pochi. La
guardia Verde invece vedendo il getto era riuscito, se pur per una
frazione di
secondo prima, a schivarlo e ora stava per avventarsi sul suo nemico
che però
era già ben lontano dalla sua portata.
-Verde,
amico, dammi la spada combattiamo insieme. Insieme possiamo farcela-
disse
Arancione con voce tremante.
–Ecco
tieni grande guerriero e amico- rispose
Verde porgendogli la spada ed aiutandolo ad alzarsi, avevano ancora
qualche
speranza erano comunque in superiorità numerica e i loro
animi erano animati da
una nuova forza bruciante.
-Che palle,
siamo già arrivati alle paste- bofonchiò Zio
Peppino aprendo il grosso pacco
rosa. Al suo interno conteneva tre dolci avvolti in carta da
pasticceria per
non farne perdere il gusto e le proprietà nutritive.
-Sapete e
tutta colpa vostra, potevate rimanere a posare in quella posa artistica
io
avrei deriso per un po’ la cultura di questo strano paese e
avrei ucciso il
vostro capo. Voi invece sareste tornati a casa e avreste continuato
questo vostro
rapporto pseudo-gay facendovi tutti una bella doccia insieme. Ma a
quanto pare
siete gente senza rispetto!- fece prendendo il pacchetto più
grande.
I dolci
Italiani sono molto buoni non a caso i turisti che visitano
l’Italia tornati
nei loro paesi devono pagare un team di dietologi per perdere la massa
grassa
acquistata. Molti pensano che vivere in Italia in particolare a Napoli
o in
Sicilia dove i dolci sono particolarmente riconosciuti per la loro
mortalità e
bontà possa essere un grande vantaggio. In realtà
questo è un errore poiché
nonostante sia vero che vivere in questi luoghi possa permettere la
facile
reperibilità di queste leccornie questo stesso vantaggio
permette alle persone
di ingrassare proporzionalmente più rapidamente (questo vale
in particolare per
le povere ragazze che sono costrette sempre a mantenere la linea).
Cannoli
siciliani, millefoglie, pastiere, cassatine, tiramisù sono
solo alcune delle
tentazioni che un cittadino italiano deve sopportare ogni giorno per il
resto
dei suoi giorni (naturalmente evitiamo di citare la pizza
poiché nonostante non
sia un dolce è diventato il più importante
simbolo di questa bellissima nazione
al pari del Big Ben e della Tour Eiffel).
Alcuni dolci
italiani però sono stati inventati da pasticcieri di altre
stati ma per la loro
irriverenza non sono stati molto apprezzati in patria e sono stati
sponsorizzati in un posto con gusti più particolari come
Napoli. Uno di questi,
anzi il re di questi dolci nato un po’ per scherzo e per
irriverenza è sicuramente
il Babà. La nascita di questo dolce risale alla corte di
quei re francesi
chiamati tutti Luigi che passavano le loro giornate tra orge, oppio e
alcolici.
E sarà proprio per la passione di un Luigi, in particolare
il 15° (il cui
figlio perderà la testa letteralmente), verso questi a
desiderare un dolce “al
passo con la vita di corte”. Quindi il cuoco decise di
prendere una pasta molto
morbida poiché all’epoca pochi avevano i denti per
masticare qualcosa di più
duro e di immergerla nel Rum in modo da donargli
quell’effervescenza che doveva
avere un dolce per una corte così raffinata come quella
francese. Al re questa
innovazione piacque così tanto che incomincio a mangiare
unicamente il suddetto
dolce tanto da guadagnarsi il soprannome di Babbasone poiché
il dolce veniva
chiamato Babà (nome azzeccatissimo poiché era
facile da pronunciare anche dai
nobili ubriachi e strafatti d’oppio). L’amore per
questo dolce però porterà la
Francia alla rovina.
Il re
infatti deciderà di comprare una grossa scorta di
Babà in modo da averne sempre
a disposizione e decise di sovvenzionare questo acquisto con i soldi
dello
stato. Scialacquati i fondi statali Luigi si trovò
impossibilitato a pagare i
costi di guerre e tutte quelle altre cose che lo stato dovrebbe curare:
fu costretto
ad aumentare le tasse. Così iniziò il periodo
delle rivoluzioni. Durante questo
periodo il Babà fu condannato e la super scorta fu
restituita indietro per
saldare il debito pubblico ma poiché non bastava ancora si
decise anche di
usare gli stipendi dei preti con grande disaccordo di Gesù e
del Papa. Per
quanto riguarda il nostro dolce la ricetta fu riutilizzata dai
pasticcieri
italiani non per il dolce in se ma perché si pensava,
essendo stato creato per
il re, che portasse orge e ricchezze desideri di ogni italiano.
Quando Zio
Peppino puntò l’arma finale verso le due guardie
Romoure queste sarebbero
scoppiate a ridere ma memori della morte dei loro due compagni si
limitarono ad
assumere una buffa espressione facciale.
-Il
Babà
l’arma finale e perfetta. L’arma che ha condannato
la Francia e permesso l’onda
rivoluzionaria gicobina e girondina e fogliante e tutte quella gente
che si
uccideva per una minima differenza di ideali- fece lo Zio ondeggiando
il
gigantesco Babà formando cerchi perfetti nell’aria.
Le guardie
non si lasciarono intimidire e scattarono verso il vecchietto brandendo
le
lunghe e affilate armi. Ma nonostante la lunghezza e
l’affilatezza di queste
furono facilmente bloccate dal Babà.
-Le armi non
posso niente contro il potere del cibo. Voi siete gente senza rispetto
che non
ha mai mangiato rispettabilmente non potete competere contro una
corretta e
sana alimentazione- disse lo Zio facendo ruotare il Babà
respingendo il doppio
attacco.
Le guardie
non riuscivano a capire. Le loro armi erano incantate e super affilate
non
potevano essere respinte così facilmente da un dolce
morbidoso che deve il
novanta per cento della sua consistenza al Rum e al limoncello. Quindi
ripreso
l’equilibrio, poi riscattarono verso il loro avversario
sferrando un altro
attacco. Zio Peppino però fu più veloce e con un
corpo circolare (tanto
energico da fargli perdere l’equilibrio facendolo cadere col
culo nudo a terra)
fece volare via i nemici che si andarono a schiantare diversi metri
lontano.
Questi
rimasero a terra qualche secondo doloranti chiedendosi cosa li avesse
colpiti
dando tutto il tempo a Zio Peppino di buffare la sua arma. Le diede un
morso
alla base avvicinò la bocca ed iniziò a soffiarci
dentro finché questa non si
allargò di diversi metri. A quel punto Verde era
già in piedi pronto a
continuare il combattimento a differenza di Arancione che a causa del
suo
braccio mancante stava impiegando un bel po’ di tempo per
rialzarsi cosa che
non riuscì mai a fare. Lo Zio gli piombò addosso
all’improvviso o meglio il
Babà gigante lo schiacciò
all’improvviso con la sua enorme punta tonda e di lui
si sentì solo un sonoro SPUOLT.
-Arancione!
–urlò Verde cercando tagliare il Babà
per liberare il suo amico (anche se ormai
di lui era rimasta sola una grossa macchia di sangue che si andava ad
allargare
da sotto il dolce). Ma la sua spada una volta incontrata la pasta
morbida del dolce
rimase bloccata. Verde cercò di liberarla usando tutta la
sua forza sviluppata
in anni e anni di allenamento ma fu tutto inutile.
-Un buon
Babà deve essere bene spugnato e ‘nzuppato nel
Rum- dichiarò lo Zio premendo il
piede sulla parte inferiore del Babà sulla quale stava in
piedi fieramente in
tuta la sua nudità. Fu in quel momento che lo scontro si
concluse, dalla base
infatti ricadde verso il basso una cascata di Rum che andò a
cadere su Verde.
In un primo momento questo cercò di liberarsi dal liquido
che lo schiacciò a
terra poi l’aria iniziò a mancargli e
l’ultima guardia morì affogata.
Zio Peppino
scese mise un dito nel Babà lo estrasse e questo
iniziò a sgonfiarsi. Quando
ritorno alle dimensioni normali (anche se comunque più
grandi di un Babà normale)
lo Zio prese l’arma e la guardò soddisfatto. Poi
si avviò dove giaceva la parte
inferiore di Giallo guardò un po’ intorno e
raccolse il suo pendente d’oro a
forma di cornetto. Lo aprì prese una mentina, se la
buttò velocemente in bocca
poiché il suo alito stava iniziando a puzzare di brutto (una
persona
rispettabile aveva sempre un profumato in modo che quando parlava le
sue parole
erano dolci e zuccherate) e se lo mise al collo. Un
“COOCK” richiamo la sua
attenzione verso la scatola rosa e fu molto contento nel vedere che su
questa
se ne stava appollaiata stanca la sua Cocchina.
-Come fa una
semplice gallina come te a sopravvivere a tutte queste cose non lo
capirò mai-
le disse Zio Peppino. La gallina per tutta risposta lo
guardò nel modo in qui
lo guardava sempre ogni volta che lo Zio mostrava sorpresa alle sue
resurrezioni che erano iniziate da quando la nonna del Boss la
comprò molti
anni prima ed erano ormai naturali per lei come anche la paura della
morte.
Della sua
infanzia Cocchina ricordava veramente poco e non perché gli
animali, come molti
erroneamente pensano, hanno una memoria poco sviluppata ma per il
semplice
fatto che non c’era molto da ricordare di quegli anni. Era
nata in una fattoria
napoletana molti anni fa e aveva passato i sue primi anni in quella
calma
piatta che regna in tutte le fattorie rurali d’epoca,
beccando semini e
spettegolando con le amiche galline degli altri animali,
finché un giorno non
era stata comprata da una donna molto vecchia. Con questa signora aveva
vissuto
molti anni e per anni aveva fornito questa di uova per i suoi
buonissimi dolci
e quando la sua padrona passò a miglior vita
passò al suo piccolo nipotino con
cui viveva tutt’ora. Cocchina, nonostante aveva vissuto molti
anni con la
nonnina, non aveva mai saputo per intero il suo nome poiché
tutti erano soliti
chiamarla Donna Agnese.
Zio Peppino
aveva sempre voluto molto bene a sua nonna Donna Agnese, ogni volta che
gli
veniva da pensare alla sua dolcissima nonnina a stento riusciva a
trattenere le
lacrime. Quando era piccolo (e qui si parla di una grande mole di anni
fa)
passava intere giornate a casa delle sua nonnina in
quell’atmosfera di allegria
e felicità che riescono ad evocare le persone anziane nei
bambini piccoli.
Donna Agnese
come ogni nonna amava il suo piccolo nipotino e faceva di tutto per non
fargli
mancare niente e si preoccupava molto della sua crescita. Questa fu
molto
problematica poiché lo Zio come ben sappiamo a stento riesce
a superare il
metro e sessanta di altezza e da piccolo era quello che si poteva
definire:
“quattro ossa e un bicchiere di sangue messe in un
bicchierino di caffè”.
La nonna che
aveva vissuto più di due grandi guerre sapeva che
cos’era la fame e sapeva
anche quanto era fondamentale una corretta alimentazione. Vedendo
quindi il suo
nipotino magro e tarchiato si sentì in dovere in quanto a
nonna di dover
intervenire. Iniziò quindi a cucinare al piccolo i grandi
piatti napoletani
usando le ricette segrete che la sua famiglia usava da generazioni e
con le
quali anche lei era stata sfamata per anni.
I piatti che
la nonnina faceva però non erano umani poiché
mischiavano elementi supercalorici
e mortali che solo uno stomaco ben allenato riesce a digerire. Le prime
volte
che lo Zio mangiò a casa della nonna fu accompagnato
all’ospedale per intensive
iniezioni di insulina e di altri farmaci per abbassare lo zucchero nel
sangue.
Col passare del tempo, dei dolci e delle iniezioni lo stomaco dello Zio
si
abituò alle supercalorie mortali anzi, iniziò ad
apprezzare i dolci tanto che
la sua stessa costituzione iniziò a cambiare donandogli
capacità che solo una
super dolce buona alimentazione può conferire. Zio Peppino
deve però ritenersi
molto fortunato per il suo adattamento, il nonno ad esempio non
sarà
altrettanto fortunato e morirà per un blocco intestinale
totale a causa della
grande quantità di cibo assorbito senza che il corpo avesse
il tempo di
digerirlo.
-Mangia,
perché se mangi sei forte. E se sei forte tutti ti
rispettano- gli diceva
sempre la nonna –poiché devi sapere che il
rispetto è tutto- aggiungeva
dandogli un pizzicotto sulla guancia per poi imboccarlo con una fetta
di
pastiera.
La morte
della nonna era avvenuta nel peggior modo possibile e aveva travolto
l’intera
famiglia segnando in particolare lo Zio. Una mattina fredda mattina di
dicembre
Donna Agnese era uscita per andare al supermercato (lo stesso
supermercato dove
morirà sua figlia ovvero la madre dello Zio altra
importantissima figura per la
sua educazione) per prendere del latte. Il caso volle che tutto il
latte del
supermercato era finito a causa delle feste natalizie. Quindi molto
arrabbiata
contro il governo decise di recarsi alla fattoria più vicina
per comprare una
mucca in modo che i potenti non avrebbero più potuto
controllare la dieta della
sua famiglia. La nonnina però non arriverà mai
alla fattoria poiché dopo
diverse ore di macchina avrà un brutto incidente con un
furgoncino che
trasportava latte diretto proprio a quel maledetto supermercato. Le
dinamiche
dell’incidente sono molto singolari. Il furgoncino infatti
non si è, come il
lettore potrebbe pensare, scontrato contro la machina di Agnese
provocando
l’ennesimo incidente stradale evitabile ma
perderà, a causa di una buca sulla
strada (quindi a causa del sistema fallace di governo), una scatola di
latte
che andrà a spaccare il cranio della nonnina uccidendola di
colpo.
Donna Agnese
però era sopravvissuta in un certo senso. Tutti i suoi
insegnamenti e i suoi
dolci erano sopravvissuti nello Zio che avrebbe portato per sempre il
ricordo
di quella vecchietta tarchiata e rugosa che agitava un grosso mestolo
imboccandolo.
Non bisogna
quindi stupirsi della brutta fine delle guardie Romoure
poiché un gruppo di
persone che mangia male non può competere con una persona
che ha mangiato uova
fresche fin dalla tenera età.
Zio Peppino
mise Cocchina nel pacco di dolci e si mise tutto in spalla e nudo
solamente
coperto dal suo cornetto d’oro si avviò verso la
sala del tempio passando per
il cortile e la biblioteca. Arrivato in questa sorrise nel vedere tutti
quei
pezzi di carta colorata e si promise, una volta ammazzato il tappo
giallo, di
bruciare quei coriandoli a fumetti.
Una volta
aperta la porta scorrevole della sala del tempio lo Zio si
ritrovò travolto da
un vento di petali di fior di ciliegio. Questi cadevano dal grosso
albero al
centro della stanza che ormai aveva formato un tappeto di petali che
arrivava
fin all’altezza delle caviglie e non dava alcun segno di
volersi fermare.
Davanti a
questo c’era il tappetto giallo di Feng Chin in equilibrio
con gli occhi chiusi
sulla sua spada completamente immobile. Era anche lui nudo ad eccezioni
dei
rami uscenti dal cuore che gli avvolgevano saldamente il braccio destro
ed era
seduto in equilibrio su Sakura con la punta dell’elsa in un
posto che gli
permetteva di mantenere quella posizione.
La stanza
era piccola ma avrebbe comunque permesso un brutale combattimento epico
e senza
esclusione di colpi costruito su strategie improbabili. Se poi
avrebbero avuto bisogno
di più spazio c’era un intera villa da distruggere.
-Benvenuto
nel tempio delle 100-passioni-sessuali-disse Feng Chin aprendo gli
occhi ma
senza muoversi di un nanometro- scusa ma noi OTAKU ci facciamo spedire
le cose
direttamente a casa. Preferiamo ordinare le cose di cui abbiamo bisogno
su
internet o farle comprare da altri anziché parlare col
negoziante- aggiunse
sorridendo spiegando uno dei misteri più singolari del uovo
millennio che era
già stato accennato nel capitolo precedente.
-Stai
onorando il nome di questa chiesa mettendoti la spada nel culo quindi?
E pure
bella sottile…-fece Zio Peppino sogghignando alla vista del
volto del suo
nemico incupirsi.
-Ignorante!
-urlò Feng Chin indignato- questo è il tempio
più importante di tutto il mondo
e non è una “chiesa”. Qui sono state
custodite le più importanti katane
maledette della storia fin dal lontano periodo EDO. Un luogo
tabù chiuso
perfino al re in carica che serviva per oscurare il potere di queste
armi. Armi
protagoniste dei più grandi manga e anime di tuti i tempi
che con le loro
ideologie hanno formato una generazione di lettori. Dovresti sentirti
onorato a
essere in un luogo così carico di storia!
–spiegò.
-Sarà
ma se
queste spade venivano usate in questo modo non mi sorprende che nessuno
voleva
entrarci-gli rispose Zio Peppino.
I due si
erano sempre odiati fin dalla formazione degli INSENTIBILI e ora il
loro
rapporto stava esplodendo. Stavano già facevano scintille
mancava poco prima
che si accendesse il bruciante e travolgente fuoco della battaglia.
Notucce
personali :)
Nuovo
capitolo, nuovo capitolo. Come vedete i capitoli si stanno un
po’ allungando
poichè ormai a chi sta facendo schifo la storia ha
già lasciato da un pezzo e
io posso osare di più. I prossimi capitoli saranno di
fuoco…quando
usciranno…BYE CUORICUORI <3
PS: Questo
capitolo doveva uscire molto prima ma il computer è entrato
in pieno ciclo
mestruale ed è diventato intrattabile
|
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Capitolo 9 *** Forgiare l'anima ***
9. Forgiare
l’anima
Il sole
illuminava con i suoi ultimi raggi morenti Piazza del Plebiscito a
Napoli
donandole quell’aria epica che dovrebbe anticipare ogni
scontro epico e
mortale. Ronkudo sedeva sui gradini della Basilica reale pontificia di
San Francesco
di Paola sotto la grossa scritta che recitava “D.O.M.D.
FRANCISCO DE PAULA
FERDINANDUS I EX VOTO A MDCCCXVI”. Questa aveva lasciato
dibattere i più grandi
esperti di lingue morte per interi secoli soprattutto sul significato
dell’acronimo “D.O.M.D.” e solo grazie ad
un codice cifrato ritrovato in un
antico scavo si è riuscito a comprenderne interamente il
significato.
L’iscrizione era una maledizione lanciata dal re contro una
sua ex amante dove
l’acronimo sopra citato significa: “Domizia Orazia
Morire Deve”.
A Ronkudo
Musushi non interessava nulla di tutto questo. Aveva scelto quel posto
solamente per lo spazio e non sapeva nulla della sua storia o del
significato
che aveva avuto per il popolo napoletano. Si era esattamente comportato
come
aveva fatto il governo napoletano per lunghi anni. Infatti nonostante
questo
avesse ospitato le più importanti manifestazioni della
regione nessuno aveva
mai speso due parole per parlare della storia di
quell’importantissima piazza.
Noi non faremo eccezione alla regola poiché urge raccontare
la nostra storia
anziché quella di atri ma invito tutti i lettori a fare una
ricerca
sull’argomento.
Nella piazza
regnava sempre un innaturale calma (tranne quando venivano organizzate
le
manifestazioni poiché in quel caso il caos regnava sovrano)
che veniva rotto
solamente dai versi emessi dagli innamorati che si sbaciucchiavano
emettendo i
loro caratteristici Smack, Sluoom o Mluomm.
Nonostante
questa sinfonia di goffi tentativi di bacio a Ronkudo piaceva stare
lì sotto i
raggi del sole in quella calma innaturale e rilassante. Non poteva fare
a meno
di pensare allo scontro che avrebbe dovuto sostenere da lì a
qualche ora.
Sarebbe stata la sfida definitiva che lo avrebbe decretato come maestro
indiscusso dell’arte della spada o l’avrebbe
condannato ad accrescere la fila
di volti urlanti della TRINITY.
Poco gli
interessava del suo possessore, un'altra anima condannata che era stata
plagiata dal potere della spada, non era che una marionetta guidata da
odio e
violenza verso tutto quello che è l’amore e
l’equilibrio, e come tutti gli
altri possessori della spada avrebbe anche egli perso la vita per
servirla.
Stupido
Smuokinuow, nella tua ricerca della bellezza hai realizzato proprio
ciò contro
cui combattevi e condannavi tanto in vita. Ronkudo come pochi conosceva
tutta
la storia, certo non sapeva cosa fosse successo dopo il rapimento della
TRINITY
dal sacro tempio e non sapeva neppure come faceva Gideon ad averla ma
conosceva
le origini di questa come pochi.
Tutto era
iniziato con una guerra, una guerra di cui nessuno ha memoria ma che ha
lasciato segni indelebili su tutto il creato. Questa, nata da una
rivolta del
cui esito già era segnato cambiò radicalmente
l’idea dell’universo come se
fosse stato solamente un semplice esperimento. Le fazioni in gioco
erano quelle
del bene e del male che si affrontarono guidati dai più
grandi guerrieri di
tutti i tempi. Dal lato della luce c’era l’angelo
Gabriele mentre dal lato
dell’oscurità c’era il macellaio
Xambraxis (lascio al lettore l’attribuzione
del bene e del male poiché il tutto può essere
considerato molto strettamente
relativo). I due guerrieri si affrontarono nell’apice del
combattimento e le
loro rispettive armi ORACILE e SKRATOGAR furono messe a dura prova per
i
mortali fendenti menati. Alla fine della battaglia è inutile
dire che Xambraxis
risultò vincitore e riuscì a ferire
l’angelo cavandogli l’occhio destro. Ma la
volontà di Dio per quello scontro fu ben altra e come
sappiamo l’esercito dei
dannati CADDE due dimensioni sottostanti raggiungendo
l’INFERNO. Questa era una
realtà embrionale non ancora formata e toccò alla
magia oscura del re dei
dannati SATANA renderla più accogliente e vivibile con esiti
bizzarri e
fallimentari.
Non voglio
dilungarmi troppo su questi eventi poiché spiegare IL
CONTRATTO DELLE ANIME non
ci servirebbe a niente e conferirebbe il lettore di conoscenze per il
quale non
è ancora pronto e che non gli servirebbero per comprendere
questa storia dunque
preferisco rimandare queste spiegazioni ad un'altra storia sul nulla e
sul
niente.
Devo
però
dire che durante la CADUTA delle cose sono andate a finire nella
dimensione
presente tra l’INFERNO e il PARADISO. Tra queste
c’è un pezzo della SKRATOGAR.
Quando infatti il SUPREMO diede il comando di CADUTA ai ribelli,
Xambraxis si
oppose e conficcò la sua mannaia all’interno della
realtà PARADISO. Ma nessuno
può opporsi alla volontà del SUPREMO che con il
VERBO colpì la SKRATOGAR
rompendola su un lato condannando anche l’ultimo ribelle alla
CADUTA. Il pezzo
staccato dal corpo originale dell’arma passo il portale ma
non riuscì a
raggiungere la dimensione INFERNO rimanendo bloccata nella nostra
dimensione.
Per questo Xambraxis nel corso dei secoli ha cercato il pezzo mancante
della
sua mannaia possedendo e plagiando anime ripiene d’odio e
morte. Anche il
metallo cerca il suo padrone essendo stato l’unico a dargli
l’ebrezza della
morte e del combattimento. Finora questa ricerca non è
andata a buon fine da
nessuna di tutte e due le parti. Forse però un giorno
Xambraxis riuscirà a
trovare un corpo che potrà ospitarlo per molto
più tempo, un corpo con l’anima
di un guerriero.
Per quanto
riguarda invece la storia del metallo questa si diresse contro
l’INFERNO come
abbiamo già detto ma rimase bloccata fuori dal portale. Il
punto in cui rimase
ferma fu il Giappone in particolare le montagne aguzze. Maledetto il
giorno in
cui Smuokinuow si diresse in quel punto in quella caverna. Se quel
giorno il
fabbro avesse avuto la febbre o una ragazza
l’umanità si sarebbe risparmiata
tanti inutili guai.
Il caso
però
volle il contrario, e in quel giorno caldo ma allo stesso tempo
piovoso,
Smuokinuow decise di uscire per sgranchirsi un po’ le gambe
avendo passato gli
ultimi tre anni nella sua fucina a lavorare. Il Smuokinuow di cui
stiamo
parlando è molto più vecchio rispetto a quello
presentato nei capitoli
precedenti. Era oramai riconosciuto come il miglior fabbro di tutti i
tempi. E
aveva una barbetta incolta che non gli era più cresciuta
bene dal giorno che fu
tagliata da Sakura.
Smuokinuow
si era guadagnato completamente da solo ogni elogio e complimento per
la usa
arte seguendo un lungo e faticoso cammino. Aveva iniziato fin da
bambino ad
avere un grande amore per le spade ma un grande ribrezzo per il sangue.
I suoi
primi lavoretti di fabbricazione furono un coltello per tagliare il
pane e un
rozzo taglia unghie (che fu subito sequestrato dalle guardie reali
perché era
troppo pericoloso). I genitori di Smuokinuow erano poveri e volevano
che il
figlio prendesse la via delle armi (il guerriero dell’epoca
non differiva molto
da una pop-star per fama e ricchezza), lui si oppose odiando lo sforzo
fisico e
la gente fatta a pezzi. Quindi un freddo giorno piovoso decise di
abbandonare i
genitori e iniziare a vagabondare per il mondo in cerca di qualcuno che
apprezzasse la sua arte.
Il caso (che
oramai è molto strano nella nostra storia) volle che il
mitico fabbro raggiunga
un villaggio preso sotto assedio da dei banditi. Smuokinuow che non
aveva armi,
e anche se ne avesse avute non le avrebbe mai usate, decise allora di
tagliare
per il bosco che si apriva alla sua destra in modo da non incappare in
qualche
ladro pazzo esaltato in vena di stupri e massacri. Non cammino neanche
per
cinque minuti che arrivò nel fulcro della battaglia.
Dopo un primo
brutale assalto la milizia era riuscita a scacciare i banditi dal
villaggio
confinandoli in quel bosco in modo da dare il tempo agli abitanti
superstiti di
evacuare. La battaglia ora stava infuriando come non mai.
Mortali
frecce fendevano l’aria seguite da urla di morte e di agonia.
Tutt’intorno
echeggiava il suono metallico delle spade che facevano tremare gli
alberi tutto
intorno. Si poteva sentire la morte in ogni angolo di quel posto come
se stesse
abbracciando tutti i guerrieri cullandoli per farli addormentare nel
sonno
eterno. Forse questa descrizione è un po’
esagerata ma sta il fatto che
Smuokinuow fu colto dal panico ed incominciò a correre come
un forsennato
attorcigliandosi la barba. Il fabbro non essendo pratico di battaglie
invece di
ritornare suoi propri passi decise di buttarsi in avanti entrando
ancora d più
all’interno del combattimento.
Durante la
sua folle corsa travolse un paio di samurai che imprecarono citando il
codice
della spada, schivò una dozzina di frecce e quando si
trovò davanti ad un
brigante alto quattro metri che brandiva una mazza borchiata alta il
doppio
(anche qui ci possono essere delle esagerazioni), urlò
così tanto che
disorientò l’omone dando tutto il tempo ad un
samurai della milizia di
staccargli la testa con un fendente.
La folle
corsa di panico del nostro fabbro continuò per diversi
chilometri finché
esausto decise di fermarsi vicino ad un fiume che scorreva
lì vicino. In quel
luogo c’era una notevole calma e si poteva benissimo sentire
il suono emesso da
ogni singola goccia che fluiva nel letto del fiume.
Smuokinuow
credendo di essere fuori pericolo decise di sedersi su una roccia che
stava lì
vicino per riposarsi le stanche membra ma appena poggiato il culo sulla
roccia
fu costretto ad rialzarsi rapidamente molto spaventato. Ai piedi di
questa c’era
un soldato della milizia (cosa deducibile dal fatto che vestiva la
tipica
divisa blu) che portava un elegante codino all’indietro e un
bel taglio
verticale sul petto. Il fabbro ripresosi dallo spavento iniziale
cercò di avvicinarsi
per capire se quel l’uomo era morto ma non ne ebbe il tempo.
Dal bosco alla sua
sinistra uscirono tre banditi armati di tutto punto.
Vedendoli
Smuokinuow capì che non avrebbe avuto speranze in un
combattimento con tre
uomini, del resto neanche la fuga era possibile, i tre erano troppo
vicini e le
sue gambe ormai si rifiutavano di muoversi. Decise allora di fare
quello che
bisogna fare in questi casi ovvero portarsi una mano sul volto e
chiudere gli
occhi.
Passarono un
paio di minuti e non successe niente. Dopo un altro paio di minuti
poiché la
morte non arrivava Smuokinuow incuriosito decise di riaprire gli occhi.
Davanti
a lui c’era il tipo con lo squarcio sul petto che stava
combattendo con due di
quei briganti, il terzo già stava a terra decapitato. Il
miliziano menò un
fendente che taglio la gamba ad un brigante e parò il colpo
inferto dal secondo
brigante. Questo non riuscì a resistere al contraccolpo che
lo fece cadere a
terra dando tutto il tempo al miliziano di infilare la spada nel petto
del suo
compagno uccidendolo. Quando infine riuscì ad alzarsi
imbracciò la spada con
entrambe le mani e si avventò sul miliziano ma questo con
due rapidi fendenti
gli tagliò le braccia e lo decapitò prima ancora
che riuscisse ad alzare la
spada.
-Avevamo
fatto evacuare il villaggio che cazzo ci fai qui incosciente !-
urlò il
miliziano arrabbiato. Smuokinuow balbettò confusi
monosillabi, era troppo
scioccato anche solo per pensare una risposta.
-Seguimi, la
battaglia è persa. Ci stavamo ritirando quando hanno
assaltato il mio gruppo e
sono riuscito a rifugiarmi qui. Fai tutto quello che ti dico e ti
faccio uscire
vivo da qui quanto è vero che mi chiamo Yashuo Koalla! - gli
disse il miliziano
facendo qualche passo, si fermo infatti di colpo e si guardò
il taglio che
aveva in petto che aveva preso a sanguinare-A giusto. La scarica di
adrenalina
è finita- disse piombando di faccia a terra.
Quando
Yashuo riprese i sensi si trovava steso su un letto di foglie
all’ombra di un
grosso albero. Si guardò intorno davanti a lui
c’era il civile che non aveva
evacuato. Questo se ne stava seduto su una roccia a spuntare una pietra
con un
coltellino.
-Su forza
civile, dobbiamo andare in una zona sicura- fece Yashuo cercando di
rimettersi
in piedi ma un forte dolore al petto gli impedì di alzarsi
facendolo ricadere a
terra.
-Non ti
conviene muoverti, quella ferità era brutta ma sono riuscito
a farci qualcosa
dovresti cavartela. La ferita è d’aura non di
spada sei stato molto fortunato. Certo
il tuo petto non sarà più quello di prima ma alle
donne piacciono le persone
con le brutte ferite di guerra più di quelle con quelle
belle- gli disse
Smuokinuow senza alzare lo sguardo dalla sua pietra.
Yashuo si
toccò il petto e sbarrò gli occhi. Senti infatti
qualcosa di molto duro che non
gli piaceva affatto quindi si tolse velocemente la parte di sopra del
vestito.
Quando vide la grossa placca di metallo guardò il fabbro con
fare omicida.
-Uomo! Cosa
mi hai fatto, cos’è questa cosa? Sono un mostro,
altro che brutta ferita questa
è orribile-fece cercando la sua spada per uccidere
l’uomo che aveva deturpato
il suo aspetto.
-Oh samurai
la prego rimanga fermo- disse Smuokinuow cercando di nascondersi dietro
la
roccia- ho dovuto applicare quella placca per fermare il sangue e
richiudere la
ferita è solo una soluzione provvisoria-spiegò.
-Ho capito
ma non potevi semplicemente ricucirmela come fa ogni creatura di Dio
che abita
sotto questo cielo?- gli domando Yashuo iracondo.
-Mi era
impossibile. Sono un fabbro mica un sarto io-gli spiegò
mettendo fieramente
enfasi sulla parola “fabbro”.
Yashuo, che
non aveva ancora trovato la usa spada, iniziò a calmarsi
quell’uomo in fin dei
conti l’aveva sempre soccorso e poi era un civile da
proteggere non un drago a
tre teste da ammazzare per la gloria eterna. La via della spada inoltre
proibiva di attaccare e uccidere i propri soccorritori e quindi il
samurai non
ebbe altra scelta che riacquistare lentamente il controllo di se. Dopo
che si
fu calmato si senti pervadere da una profonda curiosità e
chiese al suo
salvatore- Mi perdoni fabbro ma da dove ha preso il metallo per
richiudermi la
ferita non vedo miniere nei paraggi-.
Smuokinuow
aveva temuto quella domanda ma si era già preparato una
risposta- vede signor
samurai i fabbri del mio tipo sono specializzati nella forgiatura di
katane
quindi ho usato queste conoscenze per adattare quel tipo di metallo
alla
ferita-disse.
Yashuo non
riuscì a capire quello che il fabbro voleva intendere quindi
ignorò la sua
risposta bollandola come un semplice vanto di un artigiano borioso.
Quindi si accinse
a chiedere al fabbro dove fosse la sua bellissima katana orgoglio della
sua
famiglia per generazioni ma non riuscì a pronunciare la
domanda. D’un tratto
aveva capito l’affermazione del fabbro e aveva finalmente
collegato la placca
di metallo con la sua katana spiegandosi anche perché quel
metallo gli era così
familiare.
-Demone!
Solo un demone può riuscire a danneggiare così
tanto un uomo in così poco tempo
e così gravemente. Ah se solo quel brigante selvaggio avesse
affondato un po’
di più la spada ora potrei nuotare tra le nuvole del cielo
invece di subire
tutte queste umiliazioni- gli urlò Yashuo.
-Ma signore
il metallo della sua spada era l’unica cosa a portata di mano
e l’aura della
katana di un samurai se usata correttamente può avere ottime
capacità curative
senza le quali questa conversazione non sarebbe possibile- gli disse
Smuokinuow
scusandosi.
La via della
spada consentiva, anzi incoraggiava, l’omicidio di chi
danneggiava, rubava o
faceva cosce oscene con le spade di altri samurai. Quindi seguendo
questa norma
Yashuo cercò di togliersi la placca di metallo per usarla
come arma contundente
anche a rischio di riaprire la ferita procurandosi
un’emorragia mortale.
Smuokinuow
vedendo quella scena si inginocchiò davanti a questo
prendendogli entrambe le
mani bloccandolo-Signore non faccia così io sono un fabbro
posso far ritornare
la vostra spada come prima mi dia la possibilità di
rimediare a questo mio
errore. Le forgerò la sua katana esattamente come era prima
se non migliore. Se
non riuscirò nella mia impresa allora potrete farmi
decapitare o uccidermi nel
modo che più vi aggrada- gli disse.
Yashuo
cercò
di liberarsi dalla presa ma era debole, la battaglia e la ferita
l’avevano
indebolito, quindi decise di acconsentire alla richiesta del fabbro.
Tanto
sapeva che quel misero fabbro spuntato dal nulla non avrebbe mai potuto
forgiare un qualcosa che poteva paragonarsi alla sua Caliptica forgiata
da uno
dei più grandi fabbri che sei mai esistito (vorrei riportare
il suo nome ma
dopo che Smuokinuow diventò il miglior fabbro in assoluto il
nome di tutti gli
altri fabbri è stato inevitabilmente oscurato).
I due allora
raggiunsero il villaggio più vicino ma poiché gli
abitanti erano stati tutti
massacrati e l’unica cosa viva era un maialino che
scappò alla loro vista
decisero di andare nel prossimo villaggio.
Il nome di
questo era Kyram (il nome non è conosciuto da nessuno
perché dopo qualche anno
verrà anche questo distrutto dai banditi) che non significa
assolutamente nulla.
Il villaggio era abitato da povera gente che viveva la sua vita
stancamente
aspettando la morte come in molte piccole cittadine italiane. La cosa
importante
era che questo villaggio aveva un officina che fu noleggiata da Yashuo
per
poche monete e diede tempo al fabbro di due settimane per completare la
spada.
-Due
settimane? Yashuo dovresti sapere che per creare qualcosa serve solo
una
settimana- gli disse Smuokinuow ridendo.
Yashuo prese
quelle parole come una protesta contro il poco tempo offertogli per
realizzare
la spada. Quindi decise di affittare una stanza alla locanda per le
prossime
due settimane (anche qui spese pochi soldi) anche se sia spettava che
il fabbro
scappasse quella notte stessa.
Il giorno
dopo però Smuokinuow era ancora lì e anche quello
dopo e quello dopo ancora.
Yashuo meravigliato decise di assoldare degli uomini per
spiarlo e questi gli riferivano che il
fabbro stava tutto il giorno a martellare, spuntare, benedire e a fare
strani
diagrammi magici.
Quando
arrivò il settimo giorno, Yashuo si recò alla
bottega dove trovò il fabbro che
dormiva abbracciato ad una spada. Gli diede una breve scrollata ma
questo non
si destò. Diede allora ordine a un paio di curiosi che si
erano radunati lì
vicino di portagli un secchio pieno d’acqua ma neanche
l’impatto col getto di
acqua fredda svegliò Smuokinuow. Arrabbiato Yashuo prese
dalla fornace un
tizzone ardente e lo poso sulla mano del fabbro. Questa
iniziò a fumare
pericolosamente e ad arrossarsi ma il fabbro non si mosse di un
centimetro.
Qualsiasi
uomo in quel momento avrebbe perso la speranza e di certo Yashuo non
era da
meno quindi per non rischiare di uccidere il fabbro prima del tempo
decise di
mettersi comodo e di aspettare.
-Yashuo non
puoi dormire nell’officina di un fabbro- lo
svegliò Smuokinuow sette ore dopo.
Yashuo aprì gli occhi e vide il fabbro che aveva la faccia
di chi si era
svegliato da poco ma non volle indagare di più e gli chiese
con malignità-
Allora? Sai che tra una settimana devi consegnare tutto? A che punto
stai? -.
-Oh la spada
è finita se la vuole provare sta sul tavolo-rispose
Smuokinuow indicandogliela.
Yashuo rimase molto colpito nel vedere la sua Caliptica così
brillante. Dovette
addirittura chiudere gli occhi perché la luce della lama era
così tagliente che
rischiava di danneggiarglieli.
-La provi.
Io sono un pacifista- gli disse Smuokinuow sorridendo vedendo la faccia
stupita
del miliziano. Yashuo si avvicinò alla spada e la
impugnò. Fu subito pervaso da
un senso di leggerezza e coesione sembrava che il suo essere si fosse
infuso
nella spada e che il suo corpo era solo un semplice mezzo per usarla.
Si
affrettò ad assumere la posa di combattimento samurai e
menò qualche fendente.
L’aria in cui passava la spada si divideva e vorticava. E
quando in fine
l’abbassò soddisfatto della prova un forte profumo
di eucalipto pervase la
stanza.
-Fabbro lei
è proprio un demone poiché solo un demone
può offrire tanto ad un uomo per
salvarsi la vita- disse Yashuo con le lacrime agli occhi-Grazie!
–finì
inchinandosi. Quel giorno i due diventarono migliori amici.
Yashuo
parlò
a tutti del potere di Smuokinuow che riusciva a dar vita alla katane e
ben
presto tutti iniziarono a contendersi i sui servigi. Iniziò
così a guadagnare
più soldi e importanza di un re e uso i primi
(poiché con l’importanza e la
fama non si fa niente) per costruire la sua mitica fucina che poi
ampliò nel
corso degli anni. Ormai di questa non rimane più nulla ma
secondo alcune fonti
avrebbe contenuto ogni sorta di materiale e strumento da lavoro per
fronteggiare ogni avversità.
Yashuo dal
canto suo non fu da meno del suo amico e diventò uno dei
più grandi samurai che
siano mai esistiti sia per la sua abilità nell’uso
della spada sia per la bontà
del suo cuore (l’eroe manga perfetto insomma).
Ma la nostra
è una storia di morte e cattiveria quindi Smuokinuow
trovò il metallo
maledetto.
Aveva
raggiunto una caverna dove si era fermato per riposarsi e ad un tratto
il
pavimento aveva ceduto. Si era così ritrovato in un luogo
buio illuminato
solamente da un leggero bagliore rossastro che proveniva dalle venature
di una
roccia che usciva dal pavimento. Smuokinuow una volta alzatosi si
avvicinò a
questa brandendo il suo miglior piccone.
Il luogo in
qui era andato in gita veniva chiamato da tutti “montagne
aguzze”. In quel
luogo infatti tutto era appuntito e tagliente. Persino quel poco di
vegetazione
che cresceva da quelle parti aveva un aspetto aguzzo e mortale. Non
c’era però
un divieto sull’esplorare quelle montagne nonostante si
pensasse che fosse uno
dei punti di contatto con l’inferno. Il metallo che veniva
estratto in quel
posto era ottimo anche se Smuokinuow preferiva scavi più
vicini per limitare il
tempo passato fuori dalla sua fucina. Quel giorno si era avventurato
come non
aveva mai fatto né lui né nessun altro essere
vivente e aveva raggiunto un
luogo completamente nuovo. Più precisamente il centro di
quel luogo maledetto…
“Cavolo
quanto è duro questo metallo sarà una
Sakuradue?” pensò il fabbro ripensando a
quello straordinario e odioso episodio che gli era costato la sua
bellissima
barba. Dopo numerose picconate però il pezzo della SKRATOGAR
si svegliò e
capendo la stoltezza di quell’uomo decise di sfaldarsi per
arrivare in
superfice. Vedendo la roccia andare in frantumi formando un piccolo
blocco il
fabbro non si insospettì anzi baciò il piccone
dicendogli tenere parole
d’amore.
Quando il
fabbro (dopo diversi giorni di cammino) tornò a casa
trovò un ospite inatteso.
Yashuo infatti stava seduto vicino alla porta d’entrata della
sua fucina con la
spada poggiata su una spalla. Alla sua vista Smuokinuow si
lasciò scappare un
urlo di felicità. Vedeva raramente il suo migliore amico
poiché questo era
sempre in giro a fare missioni pericolose per gente pericolosa.
I due quindi
si abbracciarono per qualche minuto. Anzi è più
corretto dire che Smuokinuow
piombò addosso a Yashuo e lo bloccò a terra senza
dargli la minima possibilità
di rialzarsi (il fabbro infatti era molto più grosso e
muscoloso del samurai
dato l’intensa attività fisica che faceva rispetto
questo).
-Piano sono
appena tornato da una missione che ha messo a dura prova ogni parte del
mio
corpo-gli fece Yashuo cercando di spingere via il fabbro ma inutilmente.
-Oh che
bello, da quanto tempo non ci vedevamo finalmente posso parlare con una
persona
con un buon ingegno. C’è da perdere il senno
sempre a parlare con rozzi
contadini, altezzosi nobili e malinconici guerrieri- gli disse
Smuokinuow
sollevandolo di peso e portandolo nella fumosa fucina.
Appena
entrati Yashuo tossì e sputacchiò per liberarsi i
polmoni da quell’aria malsana
e puzzolente. Il fabbro invece amava quella sensazione e
aspirò a pieni
polmoni, trattene il fiato in modo che questo entrasse nei suoi polmoni
e
infine buttò fuori Il resto.
-Che odore,
che sapore e che amore, amo questo posto- disse Smuokinuow posando
Yashuo su
una sedia lì vicino che continuava a tossire facendosi aria
con una mano. Il
fabbro si preoccupò un po’ vedendo
l’amico con gli occhi fuori dalle orbite che
emetteva versi strani cercando di prendere il respiro e decise di
aprire una
finestra che cigolo felicemente essendo la sua prima volta. Fatto
questo grande
sacrificio andò a posare in un angolino i materiali che
aveva raccolto durante
il viaggio.
-Non
capirò
mai come tu faccia ad essere ancora vivo nonostante respiri ogni giorno
questi
fumi pestilenziali- osservò Yashuo riacquistando il suo
regolare ritmo
respiratorio -ma non sono qui per piacere fabbro…ci sono
stati degli sfortunati
eventi anzi fortunati ma visto il risultato posso solo dire che sono
stati
sfortunati…anche se tu li vedrai diversamente…-ma
non riuscì a finire la frase
poiché il fabbro arretro velocemente sbattendo contro la
parete degli attrezzi.
Da questa caddero centinai di cose che non sto qui a riportare
poiché questo
racconto non deve diventare un manuale sulla forgiatura vi basti solo
sapere che
il rumore che fu provocato fu udito da un gruppo di banditi che si
trovava a
diverse leghe di distanza che, interpretandolo come un segno
d’ira da parte di
Dio, si diede alla fuga.
-Il tuo
occhio- balbettò Smuokinuow profondamente scosso. Solo
allora si era accorto
della grossa cicatrice che passava sull’occhio di Yashuo che
fino ad allora era
rimasto chiuso. Incuriosito quindi gli si avvicinò tendendo
una mano per
aprirgli l’occhio e veder l’orbita vuota.
Yashuo si
accorse delle brutte intenzioni del fabbro e si alzò
sguainando la spada-Non
sono cieco, ho ancora l’occhio- disse aprendolo -ma tenerlo
chiuso rende la mia
immagine più tenebrosa. Ora però siediti-
continuò senza mai abbassare la spada
per un secondo. Smuokinuow fu contento della risposta
dell’amico anche se era
un po’ rattristato poiché non avrebbe avuto
l’opportunità di vedere un orbita
vuota.
-La
cicatrice che porto l’ho ricevuta nell’ultima
battaglia per proteggere una
ragazzina da un gruppo di mercenari che l’avevano rapita. Sai
quella bambina
era la figlia dello Shogun…e lo Shogun è un uomo
molto importante …-stava
spiegando Yashuo ma Smuokinuow fu più veloce e
capì tutto- Ho capito. Quindi
sei venuto qui per uccidere lo Shogun perché avrebbe dovuto
stare più attento
alla vita della propria figlia poiché per colpa sua tu hai
perso un occhio. Hai
tutto il mio appoggio e ti dico che mi occuperò
personalmente delle tue armi-.
-No. No. No!
Amico non voglio uccidere nessuno e poi come farei ad uccidere lo
Shogun? Un
uomo solo non può fare una cosa del genere. Lui ha un
esercito personale che
presidia la usa villa costantemente. Tra l’altro ha in questo
momento risiedono
a corte il Barbaro e Shinighi…ma qui stiamo sfuggendo al
punto io non voglio
nulla di tutto questo-gli disse Yashuo arrabbiandosi- Allora parla
senza
interromperti su che ho un nuovo metallo che richiede di diventare
spada- gli
fece Smuokinuow spazientito.
-Sei tu
rozzo ignorante che continui ad interrompere il filo logico dei miei
pensieri!-gli urlo- Comunque per intenderci lo Shogun non è
mio nemico anzi…-provò
a continuare ma fu di nuovo interrotto dal fabbro- Io? Sei tu che ti
pavoneggi
con le tue ferite di guerra e fai capire altro agli altri! Dovresti
parlare
come: “la pecora è sparita” e no
“indovina un po’ cosa manca nell’universo
creato da di Dio, su indovina un po’, qualcosa che prima
c’era e adesso non c’è
più e non ho la minima idea di dove potrebbe mai essere
”- gli fece.
-Per tutti
gli i samurai caduti sule loro spade mentre combattevano. Sono qui
rozza
creatura solo per dirti che lo Shogun mi vuole come sua guardia del
corpo e che
da ora in poi vivremo a stretto contatto poiché lo Shogun ha
la sua magione
poco lontano da qui!- gli urlò Yashuo. Smuokinuow sentendo
ciò corse ad
abbracciarlo e lo riempi di baci mettendo a dura prova il concetto di
eterosessualità-
Che bello andremo a pesca, correremo nei prati e parleremo male delle
vecchiette del paese inventandoci strane storie sul loro conto-gli
disse con le
lacrime agli occhi. Yashuo provò a tagliargli via le braccia
con la katana per
liberarsi dalla presa ma questa gli era caduta a terra e non riusciva
in alcun
modo a raggiungerla.
Gli abbracci
e le incomprensioni andarono avanti per molte ore finchè
Yashuo non disse che
doveva tornare a casa da Fedekira sua moglie e Suokizo suo figlio e se
avrebbe
fatto tardi la moglie gli avrebbe cavato lei stessa l’occhio
e il fabbro
avrebbe avuto la sua orbita vuota. Quindi il samurai si
congedò dicendogli che
sarebbe passato il pomeriggio del giorno dopo per raccontargli delle
sue ultime
missioni.
Smuokinuow
si sentì triste quando Yashuo se ne uscì dalla
porta della fucina. Era sempre
stato un tipo molo solitario. Di amici ne aveva pochi, forse Yashuo era
in
realtà il suo unico vero amico. Non aveva mai avuto tempo
per farsi degli
amici. Ora però doveva mettersi al lavoro quindi si tolse
dalla mente ogni
pensiero negativo e iniziò la progettazione della spada.
Preparò
quindi dei fogli e dell’inchiostro e iniziò ad
abbozzare il progetto. Ma dopo
qualche secondo si ritrovo seduto all’incudine a martellare
la spada. Il
martello gli cadde da mano. “Com’è
possibile? Un attimo fa stavo facendo il
piano della progettazione e ora mi trovo qui a batterla col
martello” pensò
portandosi la mano sulla bocca per lo stupore. Si sentiva come se gli
ultimi
minuti non fossero mai esistiti. Si alzò e si mise a
riflettere su quello
strano avvenimento finchè il suo sguardo non fu catturato
dalla finestra.
Smuokinuow corse verso di questa e l’aprì di botto
(l’aveva infatti chiusa non
appena l’amico era uscito per non far perdere consistenza al
suo amato fumo).
Per strada ormai non c’era più anima viva. Fece
quindi un rapito calcolo e
dedusse che aveva perso la memoria per tre ore. Ma mentre faceva questi
pensieri l’occhio gli cadde sul foglio della progettazione
della katana che era
stato completamente colorato di nero. Il fabbro si avvicinò
per osservarlo
meglio, era assurdo, il foglio era stato colorato minuziosamente a mano
da
qualcuno poiché presentava i classici solchi di piuma.
Smuokinuow intuì subito
chi avrebbe potuto fare una cosa del genere e si guardò le
mani per verificare
la veridicità dei suoi pensieri. Raggelò alla
vista delle macchie nere sulla
punta delle dita che lo dichiaravano colpevole di quella follia. Il
filo dei
suoi pensieri fu interrotto e si ritrovò a continuare la
forgiatura.
Questa volta
il martello non gli cadde da mano ma l’inquietudine fu
maggiore. La spada
infatti stava prendendo sempre più forma ed aveva iniziato a
brillare di un
rosso sanguigno innaturale. Smuokinuow sbattete con tutta la forza che
aveva il
martello sull’arma per la frustrazione di quella situazione.
-Ahioarghhhh-urlò
il fabbro mantenendosi l’occhio. Qualcosa che gli
uscì dall’occhio sinistro scivolò
lungo la rispettiva guancia e andò a finire sul pavimento.
Erano grosse gocce
di sangue che spaventarono molto il fabbro che prese un fazzolettino e
cercò di
tamponare l’occhio per fermare la perdita. Fu proprio quando
chiuse l’occhio
che ebbe la visione.
Non sapeva
esattamente dove si trovava. Forse era meglio non saperlo. Quel luogo
era
orribile era interamente fatto di sangue. Sangue trasparente creava
grossi
alberi che circondavano un lago di sangue. La stessa terra su cui
posava i
piedi il fabbro era un grosso grumo di sangue. La cosa più
inquietante era però
il ragazzo che stava emergendo dall’acqua. Aveva dei lunghi
capelli neri che
gli coprivano il volto ed era bianchissimo di pelle (l classico
adolescente emo
che si taglia per la FRIENDZONE). Smuokinuow lo osservava impaurito
mentre
questo veniva lentamente verso di lui.
CERCA IL
RAGAZZO È LUI IL GUERRIERO IO TI ASPETTERÒ DA LUI.
Ci fu una
malvagia risata e una folata di vento sollevò i capelli al
ragazzo. Il suo
volte sconvolse Smuokinuow tanto da farlo svegliare. Una volta sveglio
provò e
riprovò a scacciare via quell’immagine ma fu tutto
inutile. Un volto senza
volto. Non aveva né palpebre né labbra
né guance. Era un volto consumato che
veniva direttamente dall’oscurità.
Cerco di
controllarsi e riacquistò di nuovo il controllo di se e
guardò la spada ormai completa
posata sul banco da lavoro. Rimase un po’ a fissarla,
l’aveva fatta realmente
lui o si era creata da sola? Doveva distruggere quella cosa. Aveva
qualcosa di
sbagliato qualcosa che non doveva esistere. Prese allora un paio di
pinze e la
mise nel fuoco bollente per farla sciogliere. Si sentì un
urlo e Smuokinuow
cadde col sedere a terra. Ci fu un getto incandescente, quella fu
l’ultima cosa
che riuscì a ricordare. Si fece tutto confuso. Sapeva di
star rifinendo la
spada, le stava dando vita come faceva con le altre armi anche se qui
era diverso
poiché non le donava propriamente una vita ma qualcosa di
più profondo:
un’anima ...la sua anima.
Gli sembrava
di lavorare sotto un intensa pioggia di sangue e con il costante suono
di urla
femminili. Non seppe quanto lavorò alla spada ma riconobbe
l’uomo che gli stava
tenendo la testa immediatamente.
-Smuokinuow
tutto bene? Per i santissimi Dei cosa è successo?- stava
dicendo Yashuo
versando sofferenti lacrime sul corpo dell’amico. Smuokinuow
non riusciva a
parlare era troppo debole. La forza gli era stata completamente
sottratta dal
suo ultimo lavoro. Ora stava lì steso bianco e smorto
cercando di utilizzare
l’apparato fonatorio per emettere qualche suono. Il vigore
che aveva mostrato
qualche ora prima aveva completamente abbandonato il suo corpo.
-Comandante
Yashuo c’è una spada qui sul tavolo e ha qualcosa
di molto strano venga a
vedere- gli fece Azakiu il vicecomandante delle guardie reali. Yashuo
si alzò e
si avviò verso il vicecomandante ma fu fermato dal fabbro
che con una mano si
appese alla sua divisa.
-No! Yashuo
devi nascondere quella spada solo tu puoi farlo. Sangue. Morte.
Violenza-disse
Smuokinuow poi i fermò-la spada contiene queste cose e si
nutre di esse. Il suo
nome sarà TRINITY-finì dando il nome alla spada e
spirando. Yashuo si abbassò
vicino all’amico e iniziò a piangere.
-Com’è
ha
detto che si chiama la spada?- fece una delle due guardie che avevano
accompagnato i comandanti all’altra.
-Ha detto
che si chiama Trinity-gli rispose l’altro guardando la spada
che ora stava brillando
di un rosso intenso cosa che intimorì molto le due guardie.
La paura
però durò poco poiché appena la
seconda guardia smise di parlare la luce
scomparve e il fabbro riprese la parola direttamente dal mondo dei
morto- Ma
sei sordo? Ho appena detto che si chiama TRINITY non Trinity. Devi
mettere
enfasi nel pronunciarla! TRINITY! Prova un po’ TRINITY!-.
La guardia
rimase molto stupita e spaventata ma sapendo che non bisognava far
irritare gli
spiriti si schiarì la gola ed esclamo -TRINITY!-.
-Niente male
solo non farla sembrare un esclamazione è solo TRINITY e
basta. L’importante è
intendersi-concluse il fabbro spirando definitivamente.
Azakiu si
avvicinò a Yashuo e gli poso una mano sulla spalla
-Scopriremo chi ha fatto
questo ti aiuterò a farlo-gli disse.
Yashuo si
riprese- Orgrui, Frekiu prendete la spada e portatela al castello
è l’unico
posto sicuro e sbrigatevi- disse alle due guardie che stavano di nuovo
guardando la luminescenza rossa della quale era tornata a brillare
TRINITY.
Dopo si
rivolse a Azakiu-Caro amico non credo che nessuno uomo abbia potuto
fare niente
del genere questa è opera di diavoli quindi
poiché non possiamo attaccare le
armate demoniache e conquistare l’inferno ti chiedo solo di
aiutarmi a
seppellire il mio caro amico nella fucina che ha tanto amato. Lui
vorrebbe
così-gli disse trattenendo le lacrime.
-Non
farò
solo questo. Ti do la mia parola che non avrò pace
finchè quella spada non sarà
messa al sicuro come ha chiesto questo povero uomo nei suoi ultimi
attimi di
vita. Anzi più precisamente nei suoi penultimi attimi ma
ormai poco importa-
gli disse Azakiu- e spenderò anche due paroline co lo Shogun
per far costruire
in questo posto una tomba degna dello Shogun stesso. In modo tale che
la sua
storia venga ricordata nel corso dei secoli-.
-Grazie sei
un amico Azakiu e ora seppelliamolo non facciamo soffrire oltre la sua
anima-
disse Yashuo- poi metteremo quella spada al sicuro poiché ha
un potere che non
compete agli uomini ma ai diavoli-.
Orgrui e
Frekiu stavano odiando quel momento. Fino a qualche attimo fa si
stavano
ubriacando al bar privato dei samurai ed ora erano costretti a portare
a spasso
una spada demoniaca luccicante. L’avevano anche coperta con
un panno ma che
faceva poco poiché la luce usciva comunque. Addirittura
portavano il fagotto
con delle corde per non toccare il corpo dell’arma.
-Non capisco
perché dobbiamo essere noi povere comparse samurai a fare
queste cose così
pericolose- disse Frekiu- tanto alla fine sono sempre i comandanti e i
re a
prendersi il merito delle grande imprese. A noi poveri guerrieri
neanche
qualche ballata burlesca in rima ci spetta-.
Orgrui
annuì
fermamente –Già e poi tocca a noi parlare con gli
spiriti. Mica il comandante
ha detto una parola quando quel fabbro mi ha corretto la pronuncia
della spada?
Ma che! Fa tanto il valoroso e poi tocca vedercela a noi coi diavoli-
disse.
Quanto
avrebbero voluto i due guerrieri essersi messi un po’
più infondo nella locanda
o essere già svenuti per il troppo bere. Invece il destino
aveva voluto che il
loro sguardo fosse catturato da quei lampi rossi che uscivano dalla
fucina del fabbro
seguiti da urla di donna e furono costretti dalla sempre mal
consigliera curiosità
a di uscire dal bar. Il comandante era passato di lì e loro
erano stati
costretti a seguirlo.
-Odio questo
bosco, ci siamo persi già due volte e non abbiamo neanche
dei cavalli con
questo terreno così scivoloso manca solo un attacco di
qualche bandito…-stava
dicendo Orgrui ma fu interrotto poiché due pugnali gli
saettarono poco sopra la
testa.
-Ci
attaccano!- disse Frekiu -No stavamo giocando al tiro del pugnale per
vedere
chi lo lanciava più lontano e siete apparsi voi- disse un
brigante apparendo dal
buio del bosco.
-Non
dovremmo attaccarli hai sentito l’ira di Dio questo
pomeriggio dovremmo farci
tutti pastori secondo me- fece un secondo bandito uscendo dallo stesso
punto.
-Ma stai
zitto quello era semplicemente l’ululare dei lupi- gli fece
un terzo brigante-
Sarà ma io non ho mai sentito ululare tanto i lupi e poi era
giorno e non credo
ci siano animali tanto
stupidi da
confondere il sole con la luna. Secondo me invece è caduto
uno di quei signori
celesti lì sopra noi possiamo cadere perché loro
non possono farlo? Non è forse
vero che a loro è permesso fare tutto quindi
poiché non gli dovrebbe essere
permesso di cadere qualche volta?- osservò un quarto
brigante.
La questione
sul rumore finì lì poiché la battaglia
ebbe l’urgenza di iniziare. Le due
guardie reali posarono a terra la spada maledetta e sguainarono le loro
katane
che iniziarono a brillare infuse della loro energia spirituale. Dopo di
che si
scaraventarono sui banditi menando mortali fendenti. La battaglia
sarebbe stata
vinta da Frekiu e Orgrui se uno dei briganti incantato dal colore rosso
della
fosforescenza della spada maledetta non avesse sollevato il panno.
Mentre i
suoi compagni combattevano per la loro vita questo brigante
impugnò la spada e
iniziando ad estrarla dal panno nel quale era avvolta iniziò
ad emanare un
sonoro “OHHHH” di stupore tanto forte da fermare la
battaglia in corso.
Tutti i
contendenti erano ora rivolti verso quell’uomo che non
smetteva di estrarre la
spada emettendo quello strano suono. La situazione duro alcuni minuti
poi tutto
piombò in un irritante silenzio. L’uomo ormai
aveva estratto completamente la
spada e ora se ne stava zitto.
Ci fu un urlo
acutissimo che scosse tutta la foresta tanto forte da far tappare le
orecchie ai
due samurai temprate da anni di allenamento e il brigante si
scaraventò su gli
altri senza distinguere amici e nemici.
I briganti
furono velocemente fatti a pezzi tra urla e suppliche mentre i samurai
vendettero cara la loro vita ma comunque non potevano nulla contro la
violenza
mortale della spada. Le loro katane per un po’ tennero testa
a quei lampi rossi
mortali emanati dalla spada demoniaca. Ma dopo un po’ la luce
verde delle loro
katane iniziò a scemare mentre TRINITY brillava sempre
più di un rosso mortale (qui
la situazione è comica poiché il verde
è simbolo di speranza quindi il fatto
che questa affievolisca significa la fine della loro speranza. Una
bella
metafora Dio complimenti).
Ad ogni
affondo ad ogni parata la spada diventava più forte
nutrendosi del caos della
battaglia e della paura dei nemici. Orgrui raggiunse il proprio limite
e non
riuscì a parare un guizzo rosso che gli provocò
una ferita sul braccio col
quale impugnava la spada causando l’ilarità del
posseduto che buttata la testa
indietro in una terribile e sadica risata, iniziò a
lievitare girando in senso
orario circondato da un aura rossastra proveniente dalla spada. Ormai
l’uomo
era parte della spada stessa infatti non impugnava neanche
più l’arma che ora
fluttuava a qualche metro da terra davanti a lui.
-Dannazione
Orgrui! Attuiamo una difesa totale non ho mai visto una katana che
combatta
unicamente con la propria aura senza neanche essere impugnata dal
possessore-
disse Frekiu.
Orgrui
provò
a rispondere ma un dolore tagliente gli tolse il fiato. Il taglio che
si era
provocato era molto superficiale ma ora guardandosi il braccio
notò che da
questo iniziava a uscire tantissimo sangue come se fosse stato colpito
direttamente al cuore. Provò a fermarlo con la mano ma il
sangue usciva così
forte che fu respinta. Non ebbe altro tempo per preoccuparsi della
ferita poiché
due lampi rossi lanciati dalla spada vennero verso d lui. Il primo fu
parato
senza problemi ma a causa della ferita il suo braccio fu troppo lento e
non
riuscì a parare il secondo che lo tranciò in due.
Dalle due metà del samurai
uscirono grossi getti di sangue che si fermarono solo quando il povero
Orgrui
ormai già morto non fu completamente dissanguato.
Frekiu alla
vista della morte dell’amico non si perse d’animo
anzi si avventò sulla spada
riuscendo anche a raggiungerla. Menò un fendente contro
questa ma la sua spada
fu respinta e con un movimento rotatorio la spada gli stacco la testa.
Dal corpo
senza vita di Frekiu sgorgava del sangue che emettendo il suono di
tutte le
cose che sgorgano rompeva il silenzio nel quale era caduto tutto il
bosco. Il brigante
scese lentamente a terra e impugno la spada. Sull’elsa di
questa si
contorcevano volti urlanti che non emettevano alcun suono. Sorrise
beffardamente con nostalgia individuando quelli che sarebbero dovuti
essere i
volti dei suoi compagni. Per anni non era stato nessuno non era neanche
il capo
della sua banda ma ora tutto era cambiando. La gente avrebbe ricordato
il suo
nome con paura e magari qualche importante imperatore avrebbe anche
messo
qualche tabù sulla pronuncia dello stesso.
Ci sarebbe
stato un massacro e lui lo sapeva poiché la spada glielo
suggeriva, gridava
quelle parole con forza con la usa voce tagliente e stridula. Lui le
avrebbe
dato tutto quello che voleva ormai era un samurai maledetto e come ogni
samurai
maledetto doveva compiere un genocidio. Quindi si inoltrò
nel bosco a pensare
come metterlo in atto e dove mentre lanciava urlanti risati malefiche.
Notucce
personali :)
Ormai i
capitoli escono a caso…perdono :(
In questo
periodo sono stato molto occupato ma non ho dimenticato i miei funz su
efp
<3…anche se nessuno mi segue o legge quello che
scrivo…
Questo capitolo
come il prossimo spiegheranno un po’ di cose e sono
fondamentali per lo sviluppo
generale della storia. No scherzo, sono un po’ slegati dalla
trama principale poiché
danno un po’ di colore alla vicenda. Spero solo che non siano
troppo noiosi.
Detto questo vi saluto CUORICUORI<3
|
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Capitolo 10 *** Mai mentire ad una ragazza ***
10. Mai mentire
ad una
ragazza
-Allora
non
è difficile capirsi. Stiamo cercando di comunicare nella
stessa lingua e non
abbiamo fonti che disturbano il suono che emettiamo come funzione
comunicativa.
Dobbiamo solo cercare di regolarci sulla stessa frequenza celebrale di
comprensione è solo questione di secondi. Riproviamo ancora
lo so che possiamo
farcela ho fiducia nell’intelligenza umana- stava spiegando
Yashuo- Allora quei
due sono arrivati? Hanno portato la spada qui?- chiese scandendo ogni
singola
lettera in modo da far capire bene il concetto che esprimeva un
po’ come si fa
con i bambini e gli stupidi.
Il suo
interlocutore era una giovane ragazza di nome Jiiko era molto bella ma
aveva
qualche pezzo di cervello in meno che comunque gli era stato
ricompensato da
due enormi tette famosissime in tutto il Giappone. Era la segretaria
personale
del sovrano anche se come segretaria non valeva niente e si limitava a
imbambolare chi entrava a palazzo in modo da renderlo più
malleabile dalle idee
del suo capo.
La donna
guardò per po’ il samurai senza capire poi
riordinò le poche idee che aveva in
testa e disse-Non so dove sono. Io sto qui solo per ordinare pergamene
e
annunciare gente-.
-Appunto se
tu annunci le persone che entrano a palazzo e loro fossero venuti qui
tu
avresti dovuto annunciarli. Quindi li hai annunciati si o no?- chiese
Yashuo
felice di aver finalmente capito come comunicare i suoi pensieri a
quella donna
dopo ore di tentativi.
-Emmm scusa
a di chi stavamo parlando? Non è che non ti stavo ascoltando
ma non ho prestato
più attenzione di quella che mi avrebbe permesso di capire
cosa sta succedendo
quindi non sono riuscita a capire- fece Jiiko sorridendo con fare ebete.
Yashuo
voleva uccidere quella donna. Dopo ore di sforzi non avevano risolto
niente.
Iniziava a chiedersi che utilità potesse avere una donna del
genere al palazzo
dello Shogun anzi si stava chiedendo che utilità potesse
avere nel piano
universale celeste. Se fosse stato un uomo l’avrebbe sfidato
immediatamente a
duello mortale a singolar tenzone per vendicare il tempo e le energie
sprecate.
Per suo sfortuna però Jiiko era donna e Yashuo era uno di
quei tipi che non
avrebbe mai toccato una donna neppure con un fiore per paura di
graffiarla con
le spine o di provocarle una brutta allergia.
-Signore ho
perlustrato tutto il palazzo, chiesto in giro e alla fine ho chiesto
udienza
dallo Shogun e mi ha detto che non si è presentato nessuno a
palazzo- irruppe
Azaiku entrando di corsa nella stanza-Dovete venire con me sua altezza
vuole
sapere i particolari e abbiamo poco tempo-.
La voce di
Azaiku scosse Yashuo dai suoi pensieri omicidi e insieme alla tanta
odiata
Jiiko guidati dall’amico si avviarono verso la sala del trono
dove lo Shogun
era seduto sul suo trono con sguardo perso e pensieroso.
Mi
piacerebbe dirvi il nome dello Shogun ma nessuno lo conosce. Posso
dirvi invece
che quello non era uno Shogun come gli altri poiché era
dotato di una bontà e
di una saggezza eguagliate da ben pochi sovrani. Viveva per il suo
popolo e
avrebbe fatto di tutto per questo pure dare la vita della sua tanto
amata
figlia. Quando infatti fu rapita decise di tenere tutto segreto
poiché non
voleva in alcun modo turbare il popolo. Non volle d'altronde neanche
mobilitare
le guardie reali poiché non voleva privare del suo popolo di
difensori in vista
dei sempre più insistenti attacchi di briganti. Aveva quindi
contattato il più
grande guerriero e questo con solo una decina di uomini, tra cui il
vice
capitano Azaiku, era riuscito a riportargli sua figlia. Per questo
quando
Yashuo entrò nella sala non potette fare a meno di sorridere
ripensando a
quanto quel valoroso uomo aveva fatto per lui.
-Alzatevi vi
prego che noia quando vi inchinate è una perdita di tempo
inutile e questa sera
di tempo già ne abbiamo poco. Inchinarsi davanti al sovrano
è un segno di
rispetto ma il rispetto vuol dire così poco quando non
è naturale e deve essere
così forzato. Comandante Yashuo mi spieghi cosa sta
succedendo voglio vederci
chiaro una volta per tutte- fece lo Shogun scendendo dal trono e
iniziando a
passeggiare nervosamente per la sala.
Questa era
povera. Non c’è un aggettivo migliore per la
sobrietà e la pochezza
dell’arredamento di questa. Una povertà che
però non simboleggiava in alcun
modo miseria ma bensì più sinonimo di
umiltà e praticità. Aveva un trono, delle
sedie, una finestra, delle candele per illuminarla e una statua
rappresentante
qualche dea benedicente della quale ormai non si sa più
nulla. Lo Shogun odiava
infatti la sontuosità tanto da aver fatto abbattere la lunga
rampa di scale
sulla quale era posto tanto tempo fa il trono che adesso si trovava
sopra un
piccolo rialzo collegato al pavimento da tre scalini di legno.
La
preoccupazione del sovrano era palpabile quindi Yashuo decise di
raccontargli
tutta la storia senza tralasciare nulla neppure il nome della spada
pronunciato
correttamente. Quando ebbe finito lo Shogun si risedette e rimase in
silenzio a
riflettere. Aveva sempre saputo che un giorno quel fabbro asociale nel
cercare
di creare la bellezza sotto forma di oggetto avrebbe suscitato
l’ira degli dei.
E ormai il peccato della sua creazione gravava su tutti loro.
-Eccoci qui.
Ha chiamato Capo?- disse un uomo con una folta e lunga barba che si
univa
tutt’uno con i suoi capelli lunghi entrando nella sala. Era
molto muscoloso e
portava una pesante armatura di metallo arancione con rifiniture gialle
che lo
rendeva ancora più muscoloso e forte. Sul pettorale di
questa c’era l’incisione
di un grosso lupo con le fauci aperte mentre sui bracciali e sui
gambali erano
raffigurati degli artigli. L’uomo era accompagnato da un
altro strano
personaggio molto esile che portava i capelli neri a caschetto e aveva
per
tutto il corpo piccoli segni rossi che ad una vista superficiale
potevano
sembrare morsi di zanzara. Non indossava un vero e proprio vestito, il
suo corpo
infatti era coperto da delle bende che comunque non servivano a molto
poiché a
stento riuscivano a coprirgli le parti intime. Lo Shogun vedendoli li
fece
segno di rimanere fermi per evitare che si inchinassero ma non fu
abbastanza
veloce e questi ormai già si erano sdraiati sul pavimento.
-No!-
sbottò
Yashuo- non bisogna coinvolgere nessun altro in questo affare la
questione deve
essere risolta internamente non sappiamo come si potrebbero comportare
dei
mercenari di fronte al potere e alle tentazioni della spada. Il Barbaro
e
Shinighi sono più utili qui per proteggere la
città. E poi Smuokinuow si è
raccomandato personalmente a me per il recupero, ormai è
diventata una
questione di onore personale. Non mi importasse se ciò mi
farà perdere titoli e
fama. Io non posso tradire un amico e ci andrò da solo-e
fece per avviarsi
verso la porta ma fu fermato dal suo vice.
-Io
verrò
con te ho promesso, lo sai. Non puoi chiedermi di abbandonarti capitano
qualsiasi cosa dobbiamo affrontare la faremo insieme. Non ti conosco da
molto
questo è vero ma so di potermi fidare riesco a sentire la
tua anima e posso
dirti che non c’è nulla di più puro e
valoroso di te. Se c’è qualcuno che può
fermare
quella cosa sei tu. Ma non posso permetterti di andare da solo ne va
del mio
onore, che razza di vice sarei se lascassi il mio capitano combattere
da solo
contro qualcosa di qui non conosciamo niente e quel poco che sappiamo
ci
inquieta tanto da farci tremare ogni singolo palmo del nostro
corpo?-gli disse
Azaiku.
Yashuo
rimase senza parole davanti a quella prova di fedeltà da
parte del suo vice e
stava per ringraziarlo per la sua grande prova di affetto dicendogli
grandi
parole di elogio ma fu interrotto dal Barbaro- Cosa significa che non
sai come
potremmo comportarci? Sai chi siamo noi? Hai la più pallida
idea con chi stai
parlando samurai monco?- disse ma fu interrotto da Yashuo - Non sono
monco
chiudo l’occhio perché fa figo ma cosa ne
può capire una bestia come te?-.
Il Barbaro
sentendo ciò gli si avventò contro il samurai e
il re dovette chiamare le
guardie Romoure per togliergli le mani dalla gola di questo-Chi ti
credi di
essere? Avere un posto a corte e ondeggiare un pezzo di metallo per
mettere in
fuga i banditi non ti rende un guerriero. I guerrieri sono coloro che
hanno consacrato
la propria vita alla guerra e per loro l’unico luogo nel
quale trovare pace e
gloria è il campo di battaglia. Loro non hanno paura, hanno
sofferto ogni
sfaccettatura della sofferenza e sopportato ogni genere di fatica sul
campo di
battaglia ma non si sono mai tirati indietro. A un guerriero non
importa quanto
è numeroso il nemico, se è forte o se ha tutte le
ossa rotte e le armi
spezzate. Lui ha un unico obbiettivo ovvero la vittoria. Hai di fronte
il
guerriero più forte che abbia mai solcato il campo di
battaglia. Io sono il
Barbaro. Da solo ho distrutto le sacre armate del Sole Bianco col solo
ausilio
del mio scudo a torre- disse l’omone battendosi il petto con
fierezza mentre
parlava provocando un rumoroso tonfo metallico che faceva tremare il
pavimento
della sala-E lui, sai chi è lui? Shinighi il morto nero.
Ogni segno rosso che
vedi una ferita mortale che ha rischiato di spedirlo
all’inferno. Eppure lui è
ancora qui, guarda- continuò
avvicinandosi al compagno sollevandogli i capelli dalla fronte
scoprendo una x
di colore nero- qui è entrata una freccia che è
rimasta conficcata in quel
punto per quattro giorni prima di essere estratta dal medico della
compagnia.
Ma come puoi vedere lui non ha
subito il
minimo danno…ah ma che fai!- Shinighi infatti aveva la testa
poggiata sulla
spalla e aveva iniziato a sbavare sulla mano del compagno.
-Il punto
è
che noi abbiamo combattuto- riprese il Barbaro pulendosi la mano vicino
all’armatura delle guardie Romoure- voi non avete idea di
cosa si la guerra-
finì poiché fu costretto a finire. Lo Shogun
aveva tuonato un sonoro
–Silenzio!- e la lunga arringa era finita.
-Yashuo e
Azaiku andranno a recuperare la spada non possiamo permetterci di
lasciare
completamente la città scoperta. Loro due dovrebbero bastare
e comunque ti sei
visto come hai perso le staffe caro Barbaro credo che sei proprio la
persona
meno adatta a compiere questo tipo di lavoro. Resta solo il problema di
dove
trovare la spada. Non credo che Orgrui e Frekiu abbiano tradito la
corona per
averla per loro. Invece è molto più plausibile
che si siano imbattuti in quel
gruppo di banditi che si è stanziato da poco da qualche
parte nella foresta e
solo gli dei sanno cosi gli sia capitato-.
-Ah ora che
me lo fa notare qualche ora fa sono arrivati strani rapporti su quel
bosco si
dice che verso la zona est vicino al laghetto ci sia qualcosa che emana
un
forte bagliore rossastro e alcuni affermano di aver visto un samurai e
che la
natura della strana luce sia dovuta alla sua katana che si dice abbia
origine
demoniache. Non so quanto potrebbe essere utile perché noi
stiamo cercando la
spada non un samurai però- disse Jiiko tristemente
imbronciandosi.
Yashuo
voleva ucciderla ma sapeva che se l’avrebbe fatto la ragazza
non avrebbe potuto
rispondere alla sua domanda-Per caso questi testimoni hanno anche
riportato il
nome di questo samurai?- si affrettò quindi a chiedere.
-Si- rispose
Jiiko ma non continuo a parlare come la morale umana richiedeva
(infatti quando
si afferma o si nega qualcosa con una sola parola si è
soliti specificare il
motivo di quella risposta) e Yashuo fu costretto a chiederle
–Chi è allora?- e
lei rispose di uovo-Si-.
-No aspetta
è stata una particella pronominale a rubare TRINITY? Poveri
noi la nostra
lingua si è alleata coi demoni per conquistarci e ucciderci
tutti- disse il
samurai portandosi le mani sulle guance per lo stupore- Presto bisogna
proibire
al popolo di affermare cose poiché corrono il rischio di
generare tanti si che
stermineranno la razza umana e conquisteranno ogni cosa. Bisogna anche
bruciare
le pergamene e i documenti in cui è presente la parola
traditrice. Dobbiamo
sbrigarci intanto mobiliteremo l’esercito reale in modo che
questo inizi a
tagliare l’aria poiché è in questa,
secondo il mio ignorante parere, che il
suono si propaga- continuo sempre più allarmato dalla
prospettiva della fine
del mondo e dei tempi.
-No,
saggissimo Yashuo intendevo dire SI ovvero l’acronimo di
Samurai Ignoto, non
uccidete nessuna particella pronominale sono così piccole e
tenere in confronto
alle altre rumorose e lunghe parole come Psiconeuroendocrinoimmunologia
o Anticostituzionalissimamente-
disse Jiiko buttandosi ai piedi del samurai piangendo (non so come
faccia Jiiko
a sapere il significato di queste parole sia perché
è stupida sia perché questi
concetti sono un po’ avanti rispetto al periodo storico).
Yashuo la
fece rialzare dolcemente promettendola che non avrebbe fatto nulla del
genere e
se ne andò insieme ad Azaiku per prepararsi per la ricerca
della spada
maledetta maledicendo ancora il sesso di quella stupida fanciulla.
Prima però
si inchinò numerose volte per ringraziare lo Shogun per aver
deciso di seguire
i suoi consigli. Questo vedendo il samurai inchinarsi tante volte non
la prese
tanto bene e poiché non riusciva a convincere il samurai ad
alzarsi ne con le
parole ne con le minacce fu costretto a lanciargli il suo sandalo in
testa.
Era
pomeriggio inoltrato quando i due arrivarono nella foresta. Non ci
volle molto
prima trovassero il luogo in cui il brigante si era fermato a
riflettere. In
realtà sarebbe stato molto difficile non trovarlo
poiché la luce rossa di
TRINITY era visibile già al confine del bosco.
Quando i due
arrivarono alla sorgente della luce trovarono il loro bersaglio steso
sull’erba
con le mani dietro la testa. La spada stava alla sua destra anche essa
poggiata
sul prato: sembravano quasi due fidanzati che dopo aver scopato si
fermano ad
osservare le stelle.
Yashuo e
Azaiku decisero di non attaccare subito. Si nascosero quindi in un
cespuglio per
studiare la situazione e pianificare meglio il combattimento. Fermi
lì in attesa
capitò ai nostri eroi di sentire uno dei discorsi
più strani e bizzarri mai
elaborati da mente umana e mai pronunciati da labbra mortali. Il
discorso era a
tema amoroso e sono certo che non poche bambine leggendolo piangeranno
rovinandosi il trucco.
-Guarda le
stelle sono così tante sembra quasi che non ci sia nulla
più numeroso di loro.
Forse è vero non esiste niente di così numeroso e
vasto. Ma se qualcosa non
esiste è altresì vero che ciò che non
esiste può essere creato. Per ogni stella
che sta lì in cielo io ti prometto o mia adorata che un
anima ti sarà regalata.
E quando avrò ucciso ogni essere umano ti prometto che
troverò il modo di
raggiungere quei fuochi eterni e ti regalerò la loro
anima-stava dicendo l’uomo
accarezzando la spada al suo fianco.
-Ti
farò
bagnare nei più canditi e nei più sporchi corpi.
Avrai ogni tipo di sangue su
di te senza distinzione. Ucciderai il ricco e ucciderai il povero e
soprattutto
uccidere le altre donne poiché non sono degne di vivere in
questa vita dove già
esisti tu con la tua bellezza. Oh ti prego non arrossire
così arrossisco pure
io-disse il brigante portandosi le mani in faccia per coprire il suo
rossore
poi si zitti di colpo e si alzò-Sangue!- urlò e
dei guizzi rossi colpirono la
postazione dei due samurai.
Questi
furono più veloci e schivarono i colpi mettendosi davanti al
loro nemico-Ah
bene volevo proprio fare un regalo di fidanzamento alla mia TRINITY!
Avete due
belle anime circondate da dell’ottimo sangue siete perfetti!-
disse questo
fluttuando verso il centro del lago che si trovava alle sue spalle.
L’acqua di
questo che fino a qualche secondo fa che era completamente piatta e
calma
iniziò ad incresparsi e a bollire rilasciando
nell’aria un denso fumo caldo
color nero.
-Come fai a
sapere il nome della spada? Riesci a parlare con lei?- gli chiese
Yashuo
sbalordito. Quella cosa aveva realmente la capacità di
comunicare nel loro
idioma al suo portatore? Contro cosa diavolo stavano combattendo?
-Ma che
dici? Le spade non parlano e chi dice che le sente parlare usa solo una
metafora per fare il figo. L’ho letto qui vicino al manico
vedi c’è scritto
“TRINITY da leggere con enfasi fatta dal bellissimo
Smuokinuow”- gli disse il
brigante indicando il punto in cui si trovava l’incisione.
Azaiku si
avvicinò al suo comandante e gli chiese senza che il nemico
potesse sentirlo-
Signore quel tipo sta fluttuando sull’acqua. Noi non possiamo
camminare
sull’acqua. Come facciamo a combatterlo? -.
Yashuo si
rese solo allora conto della loro situazione. Stette qualche secondo in
silenzio ha riflettere. Avrebbe voluto sfidare l’uomo a
duello e combatterlo
corpo a corpo ma non gli era possibile poiché a differenza
dei non sapeva
camminare sull’acqua. Valuto quindi la situazione, e prese la
sua decisione-
Lancio katana colpisci e taglia- urlò. Le due katane furono
lanciate
contemporaneamente e avrebbero colpito entrambe il brigante se questo
non le
avesse deviate con l’aura di TRINITY spedendole sulla riva
opposta.
-Ah ho capito
vi piace lanciare le spade? Avete visto il rosso e credete che sia un
bersaglio
da locanda. Be’ anche io e TRINITY sabbiamo farlo. Lancio
mortale distruggente-
urlò il brigante lanciando TRINITY.
La spada
partì violentemente verso i due samurai poi ad un tratto si
fermò a mezzaria e
atterrò dolcemente davanti a questi. Non aveva alcun motivo
infatti di
continuare il combattimento dato che il suo padrone era morto. La
capacità di
svolazzare sulle cose di questo infatti era dovuta unicamente alla
particolare
aura della spada. Le aure però hanno un raggio limitato e
quindi quando il
brigante ha allontanato TRINITY lanciandola si è privato
dell’aura della spada
ed è caduto in acqua. Pochi all’epoca sapevano
nuotare e di certo quel brigante
non faceva eccezione quindi dopo essersi un po’ dimenato
sulla superfice era
rapidamente scivolato verso il fondo da dove non sarebbe mai
più risalito vivo.
-Cosa!-
urlò
Azaiku sbigottito alla vista dell’annegamento del suo
avversario-come è
possibile, finisce così? E noi che volevamo mobilitare
l’intera legione
imperiale. Abbiamo sopravvalutato troppo il potere della spada-.
-No Azaiku
non è così. La spada è più
pericolosa di quanto pensassimo in realtà- disse
Yashuo preoccupato stringendo i pugni- Quell’uomo aveva
promesso grandi cose a
TRINITY dicendo che nulla al mondo è illimitato e che le
avrebbe dato
l’infinito. Ma poi non ha considerato che l’aura
della spada fosse limitata e
quindi è come se avesse dimenticato che le cose illimitate
non esistono.
Facendo ciò è come se avesse mentito a TRINITY
poiché ha sostenuto per quel
momento che qualcosa di infinito esistesse e lei poiché non
sopporta le bugie
l’ha ucciso!-concluse puntando il dito contro la spada che
lanciò un bagliore
rossastro come per confermare la teoria del samurai.
-Cavolo e
quindi ora che è affogato nel lago è come se
fosse affogato sotto il peso delle
sue stesse menzogne. Il rapporto amoroso è come un lago e
ogni menzogna è una
goccia d’acqua. I due innamorati si trovano a darsi forza
l’un l’altro per
rimanere a galla ma quando uno decide che son state dette troppe bugie
e si
allontana condanna l’altro all’abisso freddo del
lago- dedusse Azaiku stupito
dall’alta retorica filosofica del maestro.
Yashuo
annuì
fermamente un paio di volte poi continuò- Vedi questa spada
non è tanto diversa
da quelle ragazzine capricciose che girano per il tempio interrogando
uomini
saggi su questione inutili facendoli perdere tempo e ingegno. E se
qualcuno si
innamora di una di loro perderà tutta la propria
virilità poiché verrà
sottomesso e la sua mente sarà plagiata dai complessi e
dalle stranezze di
questo tipo di ragazze. Diverrà un ghoul affamato di
attenzioni che sarà
disposto a tutto per avere un briciolo del tempo di lei-(in pratica il
genere
di ragazza a cui Yashuo si riferisce sono le liceali del biennio).
-Wow non
l’avevo pensata così- disse Azaiku portandosi le
mani al volto per scacciare
via la visione di una ragazza del genere-le cose stanno peggio di
quanto
pensassimo dobbiamo avvertire lo Shogun-ma Yashuo scosse la testa e gli
disse-Non possiamo rischiare che la spada venga a contatto con dei
guerrieri poiché
è essi che cerca per ricevere quello che vuole. Portarla al
palazzo potrebbe
incuriosire qualche mercenario che potrebbe rubarla e magari non
sarà stolto
come questo da mentirle. La terrò io domani mattina ci
avvieremo verso un
tempio qui vicino dove verrà nascosta per sempre. Ormai si
è fatto tardi e
Fedekira mi uccide se faccio tardi a cena-aggiunse con aria preoccupata.
I due
samurai allora raccolsero le loro spade recuperarono il cadavere dal
fondo del
lago poiché Yashuo sosteneva che ogni tipo di uomo doveva
avere una buona
sepoltura e dopo averlo seppellito si avvicinarono a TRINITY per
raccoglierla.
Questa venne
avvolta con un panno nero e legata con delle corde creando un fodero
provvisorio. Quando la spada fu raccolta da Yashuo vibrò
leggermente felice di
aver trovato un samurai così valoroso come quello: gli
ricordava tanto il suo
amato lontano ormai da tempo perso in chi sa quale corpo. Quindi
placidamente
si lasciò portare a casa del samurai come una ragazzina
indifesa dopo aver
ingerito dello zolpidem si lascia portare a casa dallo stupratore di
turno con
l’unica differenza che lei non era indifesa.
Fedekira era
arrabbiata quella sera. Il marito era stato via tutto il giorno con le
sue
campagne e missioni di gloria mentre le era stata costretta a sistemare
le
ultime cose per il trasloco completamente da sola. Avrebbe tanto voluto
che suo
figlio, Suokizo, le desse una mano ma non era tanto diverso dal padre
poiché
tal padre tal figlio tal cane. Per sua unica fortuna non avevano un
cane anche
se come già detto avevano un figlio.
Suokizo non
faceva niente dalla mattina alla sera. Non era produttivo a scuola e
non sapeva
neanche tirar bene di spada essendo un po’ grassottello.
Viveva nell’ozio più
totale e pensava unicamente ad uscire con le ragazze. Essere il figlio
del più
grande uomo del regno attira non poche stupide fanciulle. Sua madre
sperava che
si sposasse il più presto possibile con una nobildonna
importante di ricca
famiglia in modo che riuscisse comunque a fare qualcosa di produttivo.
Indipendente
mente da questi pensieri però Fedekira amava suo figlio e
suo marito. Certo si
lamentava del fatto che nessuno le dava mai una mano in casa ma sapeva
bene che
l’ozio casalingo è un sentimento impossibile da
estirpare soprattutto
dall’anima di un uomo.
Quando suo
marito entrò in casa era in riardo di dieci minuti per la
cena quindi si
preparò a fare una delle sue solite scenate. Fedekira sapeva
quanto è
importante il momento della cena. Cenare è il momento
più importante della
giornata per tutta la famiglia. Il momento nel quale tutti i membri
dimenticano
le loro contese e in simbolo di unione si siedono allo stesso tavolo
vicini per
consumare il pasto donatogli dagli dei. La cena è il massimo
momento di dialogo
e comunità della famiglia, un momento di massima armonia e
pace spirituale.
Fedekira
quindi odiava quando suo marito arrivava in ritardo poiché
era come se distruggesse
l’armonia familiare e rischiasse di sgretolare il nucleo
familiare disperdendo
i membri nelle tenebre della vita.
Per tutti
questi motivi, vedendo il marito, gli andò subito incontro
per rimproverarlo.
Ma questa volta si fermò. Suo marito era visibilmente
preoccupato e portava con
se un lungo fagotto nero.
-Che succede
tesoro?- fece adottando la stessa aria preoccupata del marito poi si
scosse e
aggiunse minacciosa –Non ti sarai portato il lavoro a casa!?
Io ti lascio se
continui a minacciare in questo modo l’armonia familiare!-(la
minaccia era
naturalmente un bluff poiché lasciandolo sapeva che avrebbe
turbato ancora di
più l’armonia della famiglia e tra
l’altro Fedekira non avrebbe mai potuto
lasciare quell’uomo tanto buono che era suo marito).
-Calmati
amore. La situazione è diversa sono costretto a farlo sono
insorte delle
complicazioni- si scusò Yashuo poi le passo accanto e
aggiunse- Metterò questa
cosa nella stanza degli ospiti non voglio che nessuno ci curiosi
dentro- e qui
guardò suo figlio- due secondi e sono subito da voi-
finì.
Quando
ritorno da suo moglie e suo figlio vide che questi non avevano ancora
toccato
cibo-Potevate iniziare a mangiare non dovevate aspettarmi- disse
procurando
l’ira di Fedekira che sbottò- no hai fatto tardi e
ora sulla tua anima graverà
il fatto che hai costretto i tuoi familiari a mangiare un piatto
freddo. Hai
rovinato tutto! Non senti che aria di contesa filtra tra le mura della
nostra
dimora e guarda tuo figlio- e dicendo questo prese Suokizo per un
braccio ed
iniziò ad agitarlo mentre parlava -potrebbe morire ora! Lui
deve crescere per
essere forte come il padre e se mangia solo cibi freddi il suo steso
cuore
diventerebbe freddo e non potrebbe essere più un samurai-.
-Chiedo
perdono!-
disse Yashuo inchinandosi ai piedi della moglie (alla maniera che gli
aveva
insegnato Smuokinuow)- Ma non poteva arrivare prima. Ti
spiegherò tutto ma ora
mangiamo- disse rialzandosi e mettendosi a tavola davanti al piatto
caldo che
stava ancora fumando.
Dopo aver
mangiato (non chiedetemi cosa perché non conosco la cucina
giapponese posso
solo dire che era una cosa bianca con sopra cose verdi e rosse avvolta
in
qualcosa di rosa) Yashuo raccontò alla moglie in parole
povere quello che era
successo risparmiandole i dettagli più cruenti e stupidi.
Fedekira sentendo la
storia del marito e della morte di Smuokinuow si rattristò
molto ma riuscì a
trattenere le lacrime. Conosceva da qualche anno il fabbro e
l’aveva subito
preso in simpatia per i suoi modi tamarri ma allo stesso tempo
affettuosi.
Quando
Yashuo smise di parlare calò un breve silenzio che fu rotto
dalla donna- Quando
ti sposai non lo feci per null’altro che per amore. Un amore
non diretto alla
tua bellezza, no che tu non sia bello, ma quello che mi ha colpito di
più è
stata la tua bontà. Sembrerò una di quelle
moraliste quarantenne depresse ma è
la verità, sei sempre stato buono con me e non è
poco di questi tempi. Pochi
sono come te, dotati di questa tua voglia di proteggere tutto, disposti
ad
immolarsi per un bene superiore. Ci sono ben poche persone che sono
capaci di
farsi carico dei dolori altrui e di trasportarli sorridendo e
fieramente senza
incurvare la schiena come fai tu. Io non posso aiutarti, anzi nessuno
può farlo
anche perché tu non glielo permetteresti. Ma se non
potrò aiutarti a portare il
tuo peso almeno ti indicherò la strada da percorrere in modo
da non affaticarti
con strada inutile da percorrere rischiando di far gravare solo di
più il peso
del tuo fardello. Ti indicherò le scorciatoie, ti
verrò a prendere negli oscuri
boschi e ti indicherò il sentiero di montagna per evitarti
di farti scalare la
montagna a mani nude. Questo è tutto quello che posso far
per te mio amato- e
dicendo questo bacio Yashuo –Ti amo- gli rispose lui e
stettero così per un po’
abbracciati.
Andarono a
letto presto quella sera tutti volevano che venisse il giorno per
liberarsi il
più presto possibile dalla spada. Non era ancora scoccata la
mezzanotte quando
Yashuo alzatosi senza fare rumore per non svegliare Fedekira prese la
sua spada
e si diresse nella sala degli ospiti.
TRINITY era
lì ferma che brillava del suo rosso che filtrava attraverso
il panno.
Delicatamente il samurai sciolse i nodi delle corde e fece scivolare il
via il
panno nero scoprendo la spada. La guardò per qualche secondo
tra un misto di
odio e amore poi avvicinò le sue labbra all’elsa
ed iniziò a parlare. Ciò che
disse verrà riportato nel prossimo capitolo insieme alla
fine di questa storia
poiché questo capitolo contiene fin troppi elementi strani e
disturbanti.
Notucce
personali :)
Ragazzi miei
e ragazzi vostri abbiamo raggiunto un punto cruciale. Tutti sanno cosa
sta per
succedere ma ci chiediamo succederà veramente? Il bene non
potrà fare niente?
Questa storia alla fine avrà una morale. Io non so niente so
solo che mi sono
dichiarato alla ragazza che mi piace e questa mi ha detto di no
perché sta già
uscendo con un altro. Quindi non mi interessa minimamente dei moralisti
questa
è la mia storia è succede l’inferno
adesso!
BYE
CUORICUORI<3
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Capitolo 11 *** Il massacro dell'amore ***
11. Il massacro
dell’amore
Sono stato
FRIENDZONATO non mi prendo
alcuna responsabilità di quello che viene riportato in
questo capitolo perché
nel momento in cui l’ho scritto non ero lucido. Il lettore si
assume tutta la
responsabilità di leggerlo. Personalmente non
sarò responsabile della
restituzione di alcuna anima.
L’amore
non
è un sentimento puro e tenero come molti pensano. Quando ci
si innamora di
qualcosa iniziamo ad avere un bisogno morboso di quella cosa e siamo
disposti a
tutto per la felicità di quella cosa. Quindi
l’amore non è un sentimento buono
poiché può anche portare a fare atti malvagi e
spietati a discapito di altre
persone per l’oggetto amato. La vicenda che sto per
raccontarvi deve essere
proprio vista sotto quest’ottica di pensiero. Sfido qualsiasi
ragazzina liceale
a definire gli eventi riportati ed esplicati come
“teneri”.
Detto questo
ritorniamo alla nostra vicenda. Quella notte Yashuo si era alzato,
aveva preso
la sua spada se l’era legata in vita ed era andato da
TRINITY. In realtà
prendere Caliptica non aveva molto senso. Che il suo cervello volesse
in
qualche modo fermarlo impedendogli quello che aveva pensato di fare? La
ragione
di un individuo infatti riesce ad agire nei modi più
disparati e strani ma
riesce comunque a proteggerci anche se non ce ne accorgiamo. Nonostante
questo
però Yashuo si recò nella sala degli ospiti, si
avvicinò alla spada e le iniziò
a sussurrare queste parole.
-Quando ti
vidi per la prima volta stesa sul tavolo della fucina di Smuokinuow
pensai che
fossi come tutte le altre spade. Come sono stato stolto in quel
momento, tu
avevi qualcosa in più ma ero troppo cieco per poterlo
vedere. Per fortuna, anzi,
per mia fortuna, ultimamente mi sono ricreduto e ho finalmente aperto
gli
occhi. Il tempo che abbiamo passato insieme significa molto per me,
sono stati
momenti bellissimi proprio come te. Ma non voglio fare complimenti alla
tua
bellezza essendo inutile poiché questa e fin troppo evidente
e le mie parole
risulterebbero fin troppo superficiali e scontate. Quello che provo per
te va
oltre il piano corporeo e materiale sento una coesione di spiriti. Non
riesco a
vedermi con nessun altra che non sia tu e sono stanco di uscire con
altre per
cercare di riempire il vuoto che provo per te. Hai acceso un fuoco
dentro di me
che mi sta divorando un brandello di carne alla volta. I nostri
sguardi, le
nostre chiacchierate e il tempo passato insieme l’hanno
sempre più alimentato e
ormai sto bruciando. Ora sta a te decidere se spegnere il mio fuoco o
farlo tuo
e metterlo nel tuo cuore. Per me sei la persona più
importante, l’unica persona
che valga qualcosa per me. Se me ne darai l’occasione te lo
dimostrerò. Mi
piaci ti prego non FRIENDZONARMI-
Una
dichiarazione un po’ patetica ma TRINITY aveva visto anche
essa nell’animo di
quel samurai ed era tanto simile a quella del suo amato.
Pensò quindi di
ingannare un po’ l’attesa con quell’uomo.
Brillò allora, e il luccichio fu
tanto intenso da accecare Yashuo per qualche secondo. Si sarebbe
divertita
quella sera.
-Si ti amo.
Non sai quanto significa questo per me-fece abbracciando la spada -ora
TRINITY
ti darò il mio regalo di fidanzamento- e dicendo questo si
avviò verso la
camera della ex-moglie brandendo la spada. Fedekira stava ancora
dormendo ma
appena Yashuo entrò nella stanza la luce rossa di TRINITY le
fece aprire
lentamente gli occhi finchè non fu completamente sveglia. Fu
questo a salvarla.
Schivò
di
lato evitando il mortale fendente del marito e con gli occhi sbarrati
dalla
paura mista ad un angoscioso stupore gli disse- Sei impazzito. Yashuo
sono io
tua moglie Fedekira che succede?-.
Yashuo la
guardò per qualche secondo sorridendo- TRINITY vuole il tuo
sangue è gelosa.
Anzi è gelosa di ogni ragazza quindi sarò
costretto ad ucciderle tutte. Farla
bagnare nel vostro sangue e l’unica cosa che può
tranquillizzare la mia piccola-disse
strofinando la guancia contro la spada. Staccò quindi la
faccia dalla lama e
menò un altro fendente che fu fermato dalla spada di Suokizo.
-Papà
cosa
diavolo stai facendo non è divertente. Smettila ci stai
spaventando. Posa
immediatamente quella cazzo di spada- disse questo ponendosi tra il
padre e la
madre.
Yashuo lo
guardò con irritazione- Togliti TRINITY vuole solo il sangue
di donna e per
quanto tu possa essere fighetta non posso permettere che si bagni nel
tuo
sporco sangue- ma si fermò di colpo e avvicinò
l’orecchio alla spada per
sentire qualcosa che solo lui poteva udire. Mentre ascoltava
annuì più volte e
quando ebbe finito il colloquio riprese a parlare dicendo- Scusa
TRINITY ama il
sangue in generale, anche quello scadente va bene quindi puoi morire
anche tu
figlio-
Ci fu un
guizzo rosso e le spade si incontrarono un paio di volte poi Yashuo
saltò e si
fermò a mezzaria e mentre faceva una capriola aerea
colpì il figlio alla testa
staccandogli l’orecchio e buona parte della faccia. Suokizo
cadde a terra
urlando un “scappa” emesso con quella poca forza
vitale che gli rimaneva alla
madre. Questa rimase per qualche momento impietrita difronte al figlio
che
perdeva grandi quantità di sangue dalla testa poi con le
lacrime agli occhi si
precipitò in strada per cercare aiuto contro il marito che
aveva tanto amato.
Yashuo
passò
oltre suo figlio ma questo riuscì a prendere la sua caviglia
con una mano
bloccandolo dando così il tempo a sua madre di allontanarsi.
Rimasero in quella
posizione per un po’ finchè Yashuo senza neanche
voltarsi agitò la spada in
aria. Partendo dalle dita della mano che trattenevano la caviglia del
padre il
corpo di Suokizo fu triturato in tante piccole fette schizzando sangue
ovunque.
-Patetico la
tua vita è riuscita solo a rallentarmi. Ho sempre saputo che
fossi solamente
uno spreco di tempo e alla fine mi hai fatto sprecare solo tempo- fece
Yashuo
poi uscì in strada alla ricerca della sua ex.
La vide poco
distante da lui che correva verso due guardie cittadine. La vide
girarsi verso
di lui con le lacrime agli occhi mentre lo indicava poi si
portò la mano alla
bocca e ricominciò la sua corsa diretta a palazzo. Ora le
due guardie venivano
verso di lui estraendo le spade, erano cinque ed erano completamente
vestite di
bianco. Pensò che quel colore era perfetto poiché
risaltava ancora di più il
rosso. Alzò la sua spada e la mise orizzontalmente in modo
che formasse una
linea perfetta col braccio li avrebbe fatti urlare in modo che
sarebbero venuti
altri soldati in loro soccorso.
-Vi
consiglio di non estrarre le vostre spade potrebbero rompersi- disse
Yashuo
mentre camminava verso di loro con calma-preservate almeno la loro
integrità se
non potete salvare la vostra vita-aggiunse iniziando a correre tenendo
la spada
nel modo sopra detto.
Dopo qualche
secondo di corsa si ritrovò di fronte al primo soldato. Si
fermò e spostò la
spada dalla sua posizione orizzontale posizionandosela di fronte in
verticale-
Un Taglio- disse e vi sconsiglio di leggere la descrizione di quello
che
successe riportata qui sotto.
Quel
movimentò infatti alzò un vento caldo e tagliente
che colpì i cinque soldati
che iniziarono lentamente a sanguinare e a cadere a pezzi. Brandelli di
carne
volavano tutt’intorno seguiti da copiosi getti di sangue. I
loro organi vitali
uscivano dai loro corpi per poi esplodere in mille pezzi. Intere parti
del loro
corpo si staccavano scomponendosi a loro volta in tanti piccoli
pezzettini.
Tutta questo naturalmente avveniva tra le urla di dolore e paura dei
soldati.
La situazione però non durò molto con grande
dispiacere di Yashuo anche se per
quei poveri uomini sembrò durare un eternità.
Alla fine, di loro rimasero solo
poltiglie informi impastate col sangue e le loro urla che ancora
echeggiavano
nei dintorni. Yashuo stava sorridendo ma si mise ben presto a ridere
quando
vide che un altro gruppo di guardie cittadine veniva verso di lui
attirato
dalle urla dei compagni trucidati.
Quella notte
tutte le guardie cittadine perirono e a nulla servirono gli
appostamenti e le
varie strategie di approccio. Tutti vennero brutalmente assassinati
alcuni
prima ancora che estraessero la spada mentre altri non si accorsero
nemmeno che
il samurai li avesse raggiunti. Ma la furia di TRINITY era
incontrollabile e
non si limitò a travolgere solo guardie. Mentre Yashuo
correva verso il palazzo
tutto ciò che incontrava veniva ucciso. Il numero di morti
maggiori infatti fu
quello dei civili. Uccise donne soprattutto ma anche bambini, vecchi,
cani e
gatti. Nulla poteva fermare quella furia omicida demoniaca sembrava una
punizione divina per espiare al peccato della propria esistenza. Lo
Shogun però
non si interessava di ciò, avrebbe provato con ogni mezzo a
fermare quel
massacro.
Quando
giunse a palazzo Yashuo era ricoperto di sangue e peccati. Sorrise alla
vista
di quegli uomini che gli sbarravano l’entrata capitanati da
Azaiku. Iniziò ben
presto a ridere quando vide quell’uomo
nell’armatura scintillante da comandante
con una faccia spaventata e scioccata. Il comandante vedendo il suo
compagno
cercò di parlare ma non riusciva ad aprire la bocca per via
dello stupore.
Ancora non riusciva a credere a quello che gli aveva detto lo Shogun.
La spada
era riuscita a corrompere un uomo tanto puro come Yashuo,
ciò significava che
l’uomo non poteva quindi in alcun modo opporsi al male
poiché dalla nascita è già
condannato a essere conquistato dall’oscurità e a
niente serve resisterle.
-Dovresti
posare quell’armatura rischi di romperla. Perché
giocate con delle cose che non
riuscite ad usare e che non vi competono? E il problema e che non ve ne
accorgete nemmeno- gli disse Yashuo ridendo.
Queste
parole diedero un immenso coraggio ad Azaiku che rispose- Infatti!
Amico non ti
rendi conto di avere la mente completamente plagiata dal potere della
spada?
Per tutti i samurai caduti sulle loro spade, questo massacro
è inutile non
macchiare ancora di più la tua anima. Deponi
l’arma, basta. Lo Shogun capirà
che i tuoi atti sono commessi sotto l’influenza di un potere
demoniaco e
malvagio- ma fu interrotto dal ex-compagno che sbottò-
Malvagio? Voi siete
malvagi non c’è nulla di più puro e
buono di TRINITY. Siete solo invidiosi del
nostro amore. Ci guardate e pensate che ci amiamo troppo mentre voi non
avete
mai amato qualcuno con l’intensità con cui ci
amiamo noi-
-Ti prego
Yashuo! Mi appello alla tua bontà fermati!- gli
urlò Aziku supplicante. Yashuo
si mise a ridere - Io mi appello al tuo sangue! Esci!- urlò
muovendo il suo
dito come se richiamasse qualcosa e fu in quel momento che Azaiku lo
sentì.
Riusciva a
sentire il sangue che scorreva in ogni sua vena premere contro le
pareti di
questa per uscire. Si sentì spingere in avanti verso Yashuo
da una forza
invisibile e fu costretto a mettere le mani davanti per non cadere di
faccia a
terra. Quando riuscì a rialzarsi Yashuo era sparito e i suoi
uomini erano a
terra brutalmente squartati.
-Non puoi
opporti all’amore di TRINITY Azaiku. Perfino il tuo sangue ti
si ribella
contro. Parlo con te succo rosso che richiudi in te il segreto della
vita…Esci!- disse Yashuo precipitandosi contro il comandante
ed iniziando a
menargli contro mortali fendenti mentre ripeteva la parola
“ESCI”. Azaiku non
riuscì neanche ad estrarre la lama sentiva solo i tagli
sulla sua pelle e la
sua armatura disintegrarsi sotto i fendenti della spada. Yashuo dopo un
po’
fermò il suo folle assalto si portò la spada
dietro la schiena emise un
“Cuccinnnnn” e colpì Azaiku con un
taglio verticale. Il corpo di questo si aprì
in due e dal suo centro iniziò ad uscire un getto di sangue
che si alzò tanto
da superare l’altezza del palazzo. La fontana di sangue
continuò così per poco,
un uomo contiene infatti solo sei litri di quel rosso succo, quindi
quello che
era stato sparato in aria ricadde sul samurai che l’accolse
con TRINITY alzata.
Le guardie
del palazzo non furono più utili di quelle cittadine (quando
mai le guardie
sono mai state utili nella storia dei manga). Furono infatti anche loro
travolte e squartate dalla furia sanguigna di TRINITY. Ma
d’altronde come
potevano competere con TRINITY con le loro spade che non avevano
neppure un
nome?
Yashuo
quindi avanzò senza problemi per molte stanze limitandosi a
menare
distrattamente qualche fendente poiché quello bastava per
uccidere quei
numerosi ma deboli soldati. Il massacro continuò per
numerose stanze finchè non
incontrò le guardie personali dello Shogun: le guardie
Romoure.
-Pagliacci
di corte. Gli uomini sono finiti e rimangono solo questi buffoni.
Ditemi avete
una spada o si è arrugginita ed è caduta a pezzi
qualche secolo fa-gli disse
Yashuo roteando la spada schizzando sangue addosso ai quattro.
Questi
rimasero impassibili nella loro posizione di combattimento e dissero in
coro- Noi
siamo le guardie Romoure. Non abbiamo mai perso una battaglia. Siamo al
servizio della giustizia e dello stato. Proteggiamo l’uomo
più importante del
Giappone capo della giustizia e dettatore di leggi- ma furono
interrotte poiché
Yashuo menò un brutale fendente che ruppe la loro
formazione.
-Voi non
sapete combattere. Toglietevi siete solo un simbolo non molto dissimile
dalla
corona di un re o dallo scettro di un imperatore. La vostra unica
utilità è
quella di apparire accanto allo Shogun per dar colore e simboleggiare i
grandi
guerrieri del passato, ma potete solo simboleggiarli non
impersonificarli. Dite
di non aver mai perso una battaglia. Ma come può un uomo
dire di aver vinto
tutte le battaglie se non ha mai combattuto? Lasciatemi passare!- disse
Yashuo
minaccioso correndo verso la porta alle spalle delle guardie.
-Fermatelo,
fermiamolo- dissero queste e si precipitarono su di lui brandendo le
loro
vecchie spade colorate. Ma la loro tenacia potette ben poco contro il
potere
della spada. Yashuo non guardò neanche i nemici si
limitò semplicemente ad
agitare quattro volte la spada ed a imboccare la porta.
Le guardie
Romoure caddero a terra sanguinanti e morenti. Dissero a Yashuo di
tornare
indietro e combattere ma lui aveva perso fin troppo tempo con samurai
mediocri.
La gioia che provò quindi incontrando il Barbaro fu
indescrivibile, un po’ come
quando si passa la propria vita a mangiare verza e cavoli e si assaggia
per la
prima volta il cioccolato.
-Di qui non
puoi passare e non passerai- gli disse questo colpendo la terra col suo
scudo
gigantesco provocando un rumore tonante simile al rombo del tuono
stesso che
riecheggio nella stanza tanto forte che sembrava stesse venendo a
piovere -Cerca
un'altra via. Io sono pagato per non farti passare per questa strada
niente di
più e niente di meno-continuò.
-Quindi
dovrei tornare indietro e vedermela con altri tipi mediocri con le loro
spade
senza nome? No io passero per quella porta. Ma solo dopo averti
squartato e
aver bagnato TRINITY nel tuo sangue non preoccuparti. Cosi nessuno
dirà che non
mantieni la parola data e la tua reputazione da mercenario
sarà salva- disse
Yashuo mettendo la spada in orizzontale.
-Meno male.
Avevo temuto fossi un codardo e che te ne saresti scappato. Ma per
fortuna mi
dai la possibilità di farti triturare le ossa col mio scudo.
Voglio ammazzarti
da quando sei arrivato a palazzo ma di solito non faccio qualcosa se
non c’è
nessuno che mi paga. Per fortuna la mia stella brilla ancora
poiché non solo mi
dà la possibilità di ucciderti ma anche di essere
pagato per farlo- gli spiegò
mettendosi il grosso scudo davanti preparandosi alla carica. Questo era
d’oro
massiccio e aveva sul davanti l’incisione della faccia di un
leone con le fauci
spalancate circondato da vampate di fuoco che si espandevano per tutto
lo
scudo.
Yashuo
rimase qualche secondo fermo preparando ogni muscolo del suo corpo per
il
prossimo movimento. Iniziarono ad ispirare e espirare finchè
il ritmo dei loro
respiri fu il medesimo e quindi iniziarono la loro corsa.
Yashuo si
fermò a metà del tragitto porto la spada in
verticale e disse- Un Taglio-
sollevando il vento tagliente. Poco dopo anche il Barbaro si
fermò premendo lo
scudo sul pavimento trattenendo il respiro pronto ad accogliere il
colpo del
nemico.
Lo scudo
vibrò violentemente al contatto del colpo di Yashuo ma non
si mosse di un
centimetro. Yashuo era stupito ma lo fu solo per poco poiché
con un salto era
già a mezzaria per attaccare il nemico dall’alto.
La strategia fu però inutile
poiché al Barbaro basto inclinare di poco lo scudo per
parare la sua scarica di
colpi. Yashuo però non si arrese e poggiando i piedi sullo
scudo si diede la
spinta per fare una capriola e raggiungere la schiena del suo nemico.
Fu in quel
momento che il Barbaro iniziò a ridere, una risata rauca e
profonda degna di un
uomo di quella stazza- Muro Roccioso Totale Della Montagna Bestiale-
urlò
mentre si portava lo scudo dietro vanificando anche l’ultimo
assalto del suo
nemico.
-Azzanna-
disse poi il Barbaro e con movimento rotatorio fece piombare il grosso
scudo su
Yashuo che fu costretto ad usare tutta la forza dell’aura di
TRINITY per
deviare il colpo e allontanarsi-Mi dispiace ma io sono la difesa
perfetta non
importa dove tu mi colpisca o la forza che metti in ogni colpo nulla
può attaccarmi.
Per farti capire la tua situazione immaginati di essere come una
formica che
prova a sollevare un intera montagna-urlò ridendo mentre si
batteva una mano
sul petto facendo tremare tutta la stanza.
-Bene allora
basterà non attaccarti- dedusse Yashuo sorridendo-se
attaccarti è inutile vorrà
dire che smetterò di farlo, semplice- concluse conficcando
TRINITY ne terreno e
posandoci le mani sopra.
-Hey, non
puoi fare così. Non puoi smettere di attaccarmi, avanti
fatti sotto- gli contesto
il Barbaro battendo lo scudo a terra. Yashuo si limitò a
scuotere la testa
senza muoversi di un millimetro. Ciò provocò
l’ira del suo avversario che
iniziò a bestemmiargli contro e a dirgli cose che avrebbero
fatto arrabbiare un
intero tempio di monaci della pace. Quelle parole però non
sortirono alcun
effetto su Yashuo che si limitava a fissare il suo avversario scuotendo
la
testa.
Il Barbaro
ridacchiò nervosamente, la risata questa volta era
più debole quasi imbarazzata
-L’hai capito allora- gli disse con un filo di voce che non
si adattava per
niente ad uomo della sua stazza-Si. L’ho notato quando ti sei
fermato per
parare il mio vento tagliente. Tu non puoi attaccare ma solo
difenderti. Finchè
qualcuno non ti attacca sei completamente inutile. Se provi ad
ingaggiare il
nemico attaccandolo ti esponi poiché generi una grossa
finestra di
contrattacco. Per questo lo Shogun non ti ha dato l’ordine di
uccidermi ma
solamente di non farmi passare perché tu non puoi attaccare
nessuno se prima
quella persona non ti attacca. La tua abilità potrebbe
essere anche utile sul
campo di battaglia ma in un duello non è più
utile di due bastoncini nel brodo
di manzo- gli rispose Yashuo (la sua espressione è
equivalente alla nostra
“servi come la forchetta nel brodo” ovvero sei
completamente irreversibilmente
inutile).
Il Barbaro
era sconcertato menando solo qualche colpo di spada
quell’uomo era riuscito a
capire il punto debole della sua tecnica. Ma non perse la speranza
poiché un
conto è saper qualcosa un altro conto è fare quel
qualcosa. Quindi ricominciò a
ridere e disse- Allora dovrai aspettare finchè la fame e la
sete non mi
prenderanno amico mio- ma fu zittito dalla risata di Yashuo
–Non ti preoccupare
non mi occorre fare nulla del genere. Mi basta solo un colpo nel
momento
giusto- disse correndo contro il suo nemico che alzò
prontamente lo scudo.
Ma Yashuo
non l’attacco poiché si fermò qualche
centimetro prima in modo tale che la sua
scarica di colpi lo sfiorasse appena. Continuò a menare
fendenti mentre diceva-
Non puoi toccarmi!- e assumeva pose strane.
-Smettila
subito-gli urlò il Barbaro con tanta forza da farsi quasi
esplodere i muscoli
della gola. Ma fu inutile poiché il samurai si era girato di
spalle e stava
urlando- Puniscimi tutto- mentre si sculacciava con la spada. Il
Barbaro voleva
farlo a pezzi ma sapeva che nell’esatto momento in cui
avrebbe mosso il suo
scudo avrebbe ricevuto un colpo mortale che gli avrebbe staccato la
testa e,
cosa peggiore, morendo in quel modo non sarebbe nemmeno riuscito a
compiere la
sua vendetta.
Yashuo si
fermò e ridivento serio- Colpo Finale- urlò
correndo contro il suo nemico che
si irrigidì per ricevere il colpo che non arrivò
mai poiché anche questa volta
il samurai si era fermato qualche centimetro prima.
-Credevo che
nonostante fossi indemoniato e stupido rispettassi ancora il codice
della spada
e dell’onore samurai avanti su combatti- gli urlò
il Barbaro perdendo la
pazienza. Yashuo era deluso le sue finte e le sue provocazioni non
erano
servite a niente doveva trovare un altro modo per combattere
poiché l’attacco
era impossibile. Fu pensando questo che ebbe l’idea: se non
poteva attaccare
avrebbe difeso. Con un rapido scatto si mise davanti al suo avversario,
mise la
spada in verticale e iniziò a spingerla contro il suo scudo
come per parare un
attacco.
La forza di
Yashuo per via della spada era superiore a quella del suo avversario
che per
quanto potesse essere grosso e muscoloso non avrebbe mai potuto
competere con
TRINITY (ricordiamoci infatti che la TRINITY era un pezzo di quella
spada così
forte da resistere al comando di CADUTA da parte del SUPREMO). Quando
quindi il
samurai iniziò a spingere nonostante i suoi sforzi il
Barbaro non potette
opporsi in alcun modo.
-Se i miei
fendenti non possono sconfiggerti sarà la mia parata a
farlo- gli disse Yashuo
mentre lo spingeva contro una finestra. Il Barbaro si girò e
vedendo il luogo
verso il quale era diretto iniziò spingere con tutta la sua
forza mentre
sbuffava e cacciava gli occhi fuori dalle orbite. Per un momento
riuscì a
fermarsi ma fu solo per un momento perché poco dopo si
ritrovò a precipitare
nel vuoto. Yashuo era sopra di lui- Una montagna per essere solida deve
stare a
terra. Una montagna in aria non vale niente. Le montagne traggono il
loro
potere dalla terra, senza terra perfino una formica riuscirebbe a
sollevarla.
Frana caro Barbaro frana. Ma non posso permetterti di schiantarti a
terra,
sarebbe uno spreco e TRINITY non me lo perdonerebbe mai- disse
sogghignando (da
questa parte del racconto possiamo dedurre che poiché Yashuo
ha avuto tutto
questo tempo per parlare ed agire possiamo teorizzare
approssimativamente
l’altezza del palazzo dello Shogun che è molto
alta). Si portò quindi la spada dietro
e con un rapido movimento usando l’aura di questa fu sparato
ad alta velocità
contro la sua preda che inutilmente cerco di sollevare lo scudo per
pararsi.
Yashuo
grazie all’aura di TRINITY non subì alcun danno da
parte della caduta, quindi
si affrettò ad alzare la spada per ricevere la pioggia di
sangue che un tempo
era stato il glorioso Barbaro. Sorrise nel vedere il modo in cui
brillava la
sua amata. Ma la gioia durò poco poiché
guardandosi intorno si rese conto di
essere ritornato nel punto in cui aveva ucciso Azaiku e quindi ora era
costretto a riaffrontare la scalata del palazzo con tutte le sue stanze
piene
di samurai mediocri. Sbuffò ma gli bastò guardare
di nuovo TRINITY e il sorriso
di questa gli diede la forza di continuare.
C’è
da dire
una cosa su tutte le guardie che furono uccise in quel palazzo: nessuna
di
queste lasciò il luogo dello scontro se non per andare
all’altro mondo. Sarà
stato il carisma dello Shogun, o la voglia di uccidere quel mostro che
ormai
per loro era diventato il simbolo del male, ma nessuna di loro
scappò dal
combattimento. Il valore di un uomo però deve essere
calcolato in entrambe le
direzioni, poiché se è vero che quelle guardie
erano valorose e fedeli, era
altresì vero che erano allo steso tempo stolte e stupide.
Era ormai chiaro che
nessuno in tutto il palazzo poteva qualcosa contro Yashuo quindi la
fuga di
fronte ad una sconfitta così certa, è
più che saggia. Non voglio però infangare
con questi discorsi la memoria di quei valorosi soldati quindi
finirò con
questa questione perché ho già troppi incubi e mi
manca solo che mi venga a
visitare in sogno un intera guarnigione di samurai zombie. E poi non
tutto era
perduto poiché rimaneva un ultima carta ancora da giocare,
l’ultimo guerriero
al servizio dello Shogun: Shinighi il morto nero.
Questo stava
seguendo dal suo primo ingresso il samurai cercando il momento giusto
per
attaccare. Faceva calcoli e applicava formule a tutto quello che
succedeva per
capire il momento giusto per entrare in scena. Aveva studiato per anni
in un
accademia ninja e quando si era accorto che le ideologie ninja
predicavano la
povertà e l’umiltà aveva abbandonato la
sua confraternita per dedicarsi alla
più retributiva via del samurai. Aveva combattuto molte
battaglie ed era stato
ferito nei modi più disparati possibili. Punture
d’ape, kunai vaganti ed era
addirittura sopravvissuto ad una scaricata di frecce durante un
assalto. Per
lui non importava il punto o il modo nel quale veniva ferito, trovava
sempre il
modo di ritornare in vita. In quel momento stava sorridendo per il
risultato
dei suoi calcoli, quindi si affrettò a rifarli tutti
rapidamente e vedendo che
otteneva di nuovo come risultato “zero” decise di
agire.
Yashuo era
appena entrato nella stanza quando una dozzina di spine gli venne in
contro
fendendo l’aria. Non era comunque in pericolo
poiché gli bastò usare l’aura di
TRINITY per deviarle. Si guardò intorno per capire da dove
era arrivato l’attacco
ma i suoi pensieri furono interrotti poiché un denso liquido
verde gli colpì la
spalla ustionandolo. Si affrettò a togliersi il chimono
mentre questo veniva
divorato da uno strano liquido verde appiccicoso poi alzò
gli occhi e vide il
suo avversario che si toccava il naso. Non ebbe neanche il tempo di
lamentarsi
di quanto quella tecnica di combattimento facesse schifo che Shinighi
si stava
soffiando l’altra narice lanciandogli contro un'altra ondata
di liquido verde.
Con un
profondo senso di repulsione saltò di lato alzando una gamba
e le braccia
assumendo una strana posa che però ci fa capire tutto lo
schifo che provava in
quel momento cosa deducibile anche dalla bocca che era contratta in una
strana
morsa di disgusto.
-Cavolo sono
stato troppo lento il muco ci ha messo troppo tempo ad uscire e a
quanto pare
il mio obbiettivo ha cambiato la sua velocità entrando nella
stanza quindi ho
calcolato male la sua posizione- fece Shinighi tirando su col naso.
-No ora mi
spieghi.- fece Yashuo- Quando eri piccolo venne il giorno nel quale
avresti
scelto l’arma nella quale ti saresti specializzato cosa che
fanno tutti i
ninja. Il tuo maestro ti portò ad un tavolo su cui
c’erano tutte le armi dai
nunchako allo scacciamosche e tu dove aver pensato per diverse ore ti
sei
avvicinato vicino ad una caccola lasciata da qualche tuo compagno e
l’hai
decretata come tua arma. Correggimi se sbaglio-.
-Ma cosa
dici inutile uomo. Io sono un Saikè. Una delle lumache
demoniache specializzate
nei jutsu di melma. La mia un è un arte tramandata nei
secoli conosciuta da
pochi e padroneggiata da molti meno- gli rispose arrabbiato. Mentre
parlava
sputacchiò diversi getti di saliva addosso al samurai che fu
costretto a
pararsi con una mano per non rischiare di essere accecato per sempre.
-Si ma ora
chiediamoci. Se abbiamo inventato spade e altri strumenti per ucciderci
ci sarà
pure un motivo. Non è un caso che la gente non si combatte
buttandosi le
caccole addosso. Si chiama morale generale di fondo e tu la stai
infrangendo-
si fermò di colpo poiché TRINITY lo stava
chiamando. Avvicino quindi l’orecchio
alla piccolina e stette a sentire quello che aveva da dire poi
profondamente irritato
conficcò la spada nel pavimento- Visto cosa avete creato tu
e le tue caccole?
TRINITY si rifiuta di combattere gli fate troppo schifo- poi si rivolse
alla spada-
Non ti preoccupare motivo-per-il-quale-il-mio-sangue-scorre, gli
staccherò via
quel brutto naso così potrai affondarti nel suo sangue
felicemente e senza
preoccupazioni-le disse dolcemente.
Shinighi non
prese bene quell’atto di amore reputandolo un offesa ne suoi
confronti. Buttò quindi
la testa indietro e soffiò altri due piccoli getti di muco
verso Yashuo che
riuscì ad evitarli senza problemi. Questi infatti erano
più piccoli e meno
pericolosi poiché le suo narici non avevano ancora
completato il ciclo di
formazione del muco.
Il samurai
sapeva che rimanere lì sotto il nemico, anche se privo di
caccole
momentaneamente, era molto pericoloso quindi decise di tornare nella
stanza
precedente e nascondersi dietro una colonna di questa. Shinighi
però non lo
segui e si limitò a lanciargli contro delle spine che
però come spesso succede
nei manga non sfiorarono neanche lontanamente il loro obbiettivo.
Yashuo ora
doveva farsi venire un idea. Doveva trovare il modo di distruggere un
naso
senza esporsi troppo. Penso quindi a tutti i nemici del naso e uno in
particolare catturò la sua attenzione: la polvere.
Jiiko tra le
sue varie mansioni aveva anche il compito di super visionare le pulizie
del
palazzo. Come già il lettore saprà Jiiko non era
una donna a cui si poteva
affidare alcun tipo di compito. Le stanze principali erano pulite
questo era
vero ma quelle secondarie o quelle poco frequentate marcivano nella
polvere e
nella sporcizia. E per la fortuna di Yashuo loro si trovavano in una
sala
veramente poco frequentata.
-Hey,
lumacone demoniaco dici che la tua tecnica è
straordinariamente forte ma io
continuo ad essere scettico e a considerarla inferiore a ogni cosa. Ti
offro
una sfida per dimostrarmi quanto il tuo muco sia forte prometto di
rimanere in
questa stanza mentre tu la svolgi-gli propose il samurai.
Shinighi
pensò un attimo alle sue parole, i samurai sono persone
valorose e se quello
prometteva di non muoversi mentre lui faceva la prova di certo non si
sarebbe
mosso. Si ricordò di tutte le volte che gli altri
l’avevano preso in giro per
le sue peculiarissimi doti, ripensò ai bulletti ninja che
gli riempivano di
caccole il pranzo mettendogli un bigliettino con scritto sopra
“tanto a te
piace, buon appetito” e decise che quello sarebbe stato il
momento del suo
riscatto - Cosa dovrei fare samurai? Sappi che la mia arte
può tutto- gli
rispose.
-Be’
in
sostanza è semplice devi solamente usare il tuo muco per
calarti a terra.
Attaccherai un pezzo di muco al soffitto e ti calerai fino al
pavimento. Se
toccherai il pavimento coi piedi e il getto di muco sarà
ancora integro poiché
non avrà ceduto sotto il tuo peso avrai vinto- gli
spiegò il samurai. Shinighi
iniziò a ridere, era semplicissimo il suo muco era super
resistente, quello che
quell’uomo gli chiedeva l’aveva fatto numerose
volte da ragazzo per rubare la
biancheria femminile dagli spogliatoi senza farsi scoprire- Ammira la
super
resistenza della melma delle lumache demoniache- disse ed
iniziò a calarsi.
In men che
non si dica era iniziato a scendere verso il pavimento e ormai si
trovava a
soli pochi centimetri da terra. Fu allora che il samurai
iniziò a soffiare. Si
era messo sul confine della porta per non rompere la promessa fatta e
si era
messo sdraiato sul pavimento a pancia in giù a soffiare la
polvere del
pavimento verso il suo avversario. Questo fece uno starnuto e ruppe il
filo di
muco per poi rovinare sul pavimento sbattendo la testa.
-Te
l’avevo
detto la tua tecnica è inferiore rispetto a tutte le cose di
questo mondo.
Perfino la polvere riesce a batterla- disse Yashuo correndo verso il
suo
avversario raccogliendo la polvere da terra. Shinighi si sentiva
tradito cerco
di rimettersi in piedi ma non potette fare nulla contro il getto di
polvere che
colpì le sue narici se non starnutire cercando di mandare
via la polvere. Ma
proprio quando si stava riprendendo Yashuo gli ficcò nel
naso uno per narice un
intero ammasso di polvere che rimase lì incastrato facendo
starnutire ancora di
più il povero Shinighi. Fu in quel momento che la
cartilagine rinforzata del
suo naso cedette e questo gli esplose creandogli un grosso buco sulla
faccia.
Non ebbe
neanche il tempo di piangere per aver perso quella preziosa parte del
suo corpo
che Yashuo aveva già raccolto TRINITY e con un taglio
verticale lo stava
dividendo a metà. La spada infatti stava scivolando tra la
sua carne quando si
bloccò di colpo.
-Cosa?
Com’è
possibile- fece il samurai cercano di estrarre la spada inutilmente.
Shinighi
aveva rigenerato il taglio e ormai TRINITY era rimasta bloccata nel suo
petto-Credi che il muco sia l’unica abilità di una
lumaca le lumache sono
viscide e melmose per natura. Questo è il motivo del mio
soprannome, le armi
mortali non possono farmi nulla poiché nulla può
tagliare la gelatina del mio
corpo- spiegò il morto nero ridendo.
-Esci!-
disse Yashuo caricando la spada con tutta la sua aura riuscendo
finalmente ad
estrarla. TRINITY brillò stranamente come se volesse urlare
qualcosa al suo
padrone che subito capì cosa voleva dire la spada-Dici che
le armi mortali non
possono ferirti? Be’ la mia è superiore a tutte le
cose di questo mondo. Non
sei fatto di melma. Quando la tua pelle ha avvolto TRINITY lei si
è resa conto
che in questa scorreva del sangue- gli spiegò Yashuo
-Ciò significa che la tua
melma indipendentemente da tutto può essere tagliata dalla
mia spada. Mi basta
unicamente tagliarla più volte- e dicendo questo si
precipitò verso il suo
avversario.
-Molti
Tagli- disse e l’aria in quella stanza scomparve. La spada
infatti si muoveva
così velocemente che iniziò a far turbinare
l’aria e ben presto la stanza si
ritrovò senza. Mentre succedeva ciò migliaia di
fendenti iniziarono a tagliare
la pelle di Shinighi che in un primo momento rigenerò
puntualmente i tagli ma
gli bastò poco per capire che non poteva sostenere il ritmo
di TRINITY. Ogni
parte del suo corpo quindi fu tagliata e ritagliata, scomposta in
componenti
più piccoli che a sua volta si restringevano. Quando il suo
corpo fu distrutto
Yashuo continuò a tagliarlo finchè del morto nero
rimase solo una nera
polverina che si andò a mischiare con la polvere a terra.
Notucce
personali :(
Be’
che
posso dirvi sta cosa sta durando troppo. Ho già scritto la
fine sotto effetto
di FRIENDZONE solo che non volevo fare un capitolo troppo lungo
perché potrebbe
annoiare. Quindi credo un paio di giorni, il tempo di rileggere e metto
anche
la fine. Se non vi piace questa politica e preferite i capitoli lunghi
fatemelo
sapere. Mi piacerebbe avere un parere non una recensione un parere
qualcuno che
mi contatta e mi dice che pensa perché non ho la
più pallida idea di come sta
venendo a me sta piacendo ma una madre non può dire che suo
figlio è brutto
u.u.
Prometto che
dopo il prossimo capitolo si torna alle nostre vicende scusate se mi
sono
lasciato troppo trasportare.
BYE
CUORICUORI<3
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Capitolo 12 *** A che serve avere una ragazza se non puoi tagliarle la gola e vederla sanguinare ***
12. A che serve
avere
una ragazza se non puoi
tagliarle la
gola e
vederla sanguinare.
Lo Shogun
aveva temuto quel momento per tutta la notte. Non riusciva a credere
che
quell’uomo, nonostante tutti i suoi sforzi, era riuscito ad
arrivare nella sua
sala del trono. Lì con lui
c’erano le uniche altre tre
superstiti: sua figlia, Jiiko e la moglie dell’uomo che aveva
compiuto quel
massacro Fedekira.
Avrebbe dato
la vita per proteggerle ne valeva della sua reputazione e della sua
virilità.
Ma nonostante tutto era ancora atterrito dal fatto che
quell’uomo era riuscito
a sconfiggere ogni suo singolo uomo completamente da solo. Estrasse la
spada e
si preparò a combattere ma questa sua tenacia
durò solo un attimo poiché un
guizzo rosso lo colpì in petto facendolo cadere sulla
schiena.
-Patetico,
questo succede quando ci si cura di politica. Il potere fa perdere
determinazione e forza di volontà una volta raggiunto. Si
vive come amebe
sanguisughe che si nutrono del sangue del popolo. Un'ingiustizia. Il
forte e il
valoroso guerriero riceve la medaglia e la fama, ma alla fin fine sono
sempre i
Re ad avere tutto il resto. Oggi ho ucciso molti samurai e ora
brandendo quella
spada stai solamente infangando la loro memoria- fece Yashuo entrando
nella
stanza.
-Ti prego
risparmia queste ragazze, stanno venendo altri soldati. Ho inviato un
messaggio
ad un villaggio vicino per reclamare il mio diritto sulla sua forza
armata.
Verranno altri guerrieri che potrai dare impasto alla tua sete di morte
ma ti
prego non ferire queste deboli e innocenti fanciulle che non hanno
alcun
peccato soprattutto tua moglie- stava dicendo sputacchiando sangue lo
Shogun.
Era steso a terra e cercava di sfruttare tutte le forze rimastegli per
quell’ultima supplica mentre la macchia di sangue sotto di
lui si allargava
sempre di più sul pavimento. Non riuscì
però nel suo intento poiché Yashuo gli
conficcò la spada in bocca zittendolo-Ti correggo, ex-moglie
io ora sono
sposato con TRINITY con un matrimonio di sangue celebrato con la morte
dei tuoi
uomini- gli disse il samurai ma fu inutile perché il suo
interlocutore era già
morto.
-Dovete
sapere che non so il motivo per cui sono qui, in un primo momento sono
venuto
per uccidere Fedekira ma mi sono fatto prendere così tanto
la mano nel fare a
pezzi la gente che non conosco più il motivo della mia
venuta- fece Yashuo
grattandosi la testa con TRINITY- poco male, se sono qui e
c’è un premio lo
raccolgo- continuò sorridendo.
-Smettila!
Yashuo riprendi il controllo di te stesso! Mio marito non parlerebbe
mai in
questo modo non sei più tu. Quella spada ti ha fatto il
lavaggio del cervello
ribellati. Non è possibile che tu abbia dimenticato
completamente il nostro
amore, io continuo ad amarti come ti ho detto a cena. Ti prego mi
appello a tutto
ciò che c’è di giusto in questo mondo
marito mio, riprenditi! - gli urlò la
moglie piangendo. Le sue lacrime potrebbero essere viste come un
disperato
attaccamento alla vita e un rifiuto verso la morte, ma non è
così. Lei non
piangeva per la paura di morire ma per la paura che ad ucciderla fosse
il suo
amato marito. Non aveva paura di essere fatta a pezzi, non le importava
cosa
quell’uomo voleva fare al suo corpo, temeva invece
ciò che quell’uomo voleva fare
al suo cuore che conteneva il suo preziosissimo sentimento
d’amore.
-Hai detto
bene forse tuo marito non l’avrebbe fatto ma io non sono
più tuo marito, ormai
sono sposato con questa bellissima tesoruccia- fece alzando la spada
facendo
cadere la moglie in ginocchio per la disperazione.
-Andate
avanti- disse Jiiko avanzando contro quel demone- mi
occuperò io di lui. Col
passare degli anni ho affinato una straordinaria capacità
nella lotta corpo a
corpo. Vedete il mio lavoro consiste nell’intrattenere gli
uomini che giungono
a palazzo e come sapete c’è sempre chi tocca di
più. Quindi ho dovuto imparare
a difendermi dagli uomini per sopravvivere e adesso vi farò
vedere il mio
imbattibile stile di combattimento- finì iniziando a correre
contro il loro
aggressore.
Questo
vedendo quella tipa venirgli incontro si piegò in due dalle
risate fino a
piangere e stette così finchè la povera Jiiko non
fu a tiro di spada, quindi si
asciugo le lacrime- Orizzontale e Verticale- e il combattimento era
finito.
Sul volto di
Jiiko si dipinse una smorfia di dolore poi il suo corpo si divise in
quattro
parti perfette e piombò a terra privo di vita. Yashuo le si
avvicinò le prese
la parte della gamba destra- Questo è vostro a TRINITY
bastano tre- fece
lanciando questa verso le due uniche superstiti che erano sotto shock
per poi
riscoppiare a ridere.
-No scusate
era un po’ squallida. Povera Jiiko non aveva mai colto il
punto delle cose, non
ha mai capito la vera natura della vita. Ha vissuto nel suo mondo
fantastico
col suo corpo favoloso sognando di essere la principessa. Ma noi non
viviamo in
un sogno ma in un incubo- disse passando la mano insanguinata sulla
lama della
spada.
La morte di
Jiiko fu devastante per le due donne. Più guardavano quel
corpo senza vita più
pensavano che tra meno di qualche minuto anche loro avrebbero fatto la
stessa
fine. Nonostante questa paura riuscirono a dominare il panico. Anzi la
morte di
quella donna se da un lato le aveva turbate dall’altro diede
la forza alla
figlia dello Shogun di muoversi.
Questa non
aveva ancora raggiunto la maggiore età ma aveva un coraggio
che neppure le
vecchie possono vantare di possedere. Si mise così davanti a
quell’uomo che la
guardò sogghignando anche se il suo volto tradiva una punta
di stupore e iniziò
a parlare–Sei un mostro io so che prenderai la mia vita
stanotte voglio solo
che tu sappia che all’inferno la tua anima, o meglio, quello
ch’è rimasto della
tua anima brucerà tra le calde fiamme della giustizia
alimentata da tutte le
vite che hai spezzato stanotte. Parlò ora con te uomo buono
che mi salvasti
quella volta, non preoccuparti io ti perdono possa solo la tua anima
trovare
pace e che gli dei perdonino la tua stoltezza. Ora sono io lo Shogun,
mi è di
diritto, possiamo parlare alla pari demone. L’uomo che
possiedi mi salvò la
vita quindi può disporre della mia esistenza come
più vuole io non mi opporrò
ti chiedo solo di risparmiare sua moglie anche se lui la rinnega come
tale. Un
demone non può arrogarsi il diritto di distruggere
l’amore degli uomini- disse
con voce forte e chiara tanto che per un momento il samurai
esitò.
Ma fu solo
per quel secondo, per quel secondo qualcosa si sciolse e una calda
lacrima
scese lungo la usa guancia destra, quando però questo fu
passato si sentì un
tonfo e rimase un solo superstite in tutto il palazzo.
- Ora ho
finalmente riparato all’errore che mi procurò
questa brutta cicatrice. Come fui
stolto quando mi misi in pericolo per salvare l’inutile vita
di una bambina. Non
raccoglierò il tuo sangue. TRINITY non lo vuole. Saresti
stata una buona
regnante ma ho dovuto assecondare il volere della spada -disse Yashuo
con un
lieve rammarico nelle ultime parole. Qualcosa lo stava facendo esitare
si
iniziava a sentire strano. Si asciugò la lacrima con TRINITY
e scacciò via quei
pensieri ma rimase stupito nel vedere che Fedekira ora gli stava
davanti
sorridendogli.
-Io non
posso oppormi a te. Non che ne abbia la forza, ma anche se
l’avessi non lo
farei. Non posso permettere che ciò che amo si ferisca-
disse avvicinando una
mano verso il viso del marito dandogli una dolce e tremante carezza.
Negli
occhi di questo comparse qualcosa, la vista della moglie gli stava
provocando
una lotta all’interno del suo cuore. Sentì tutto
il suo sangue ribollire e
dimenarsi finchè tutto ritorno alla normalità.
Mise un braccio intorno al collo
della moglie e la strinse.
-Yashuo…ti
amerò sempre Yashuo- disse questa sputando sangue per la
spada che l’amato le
aveva conficcato nel petto. Yashuo guardò il sangue scendere
dalla ferita e
scorrere lungo il bordo della lama- Io no. Mi dispiace. Non posso
amarti poiché
questo non è un amore. Un amore non è un amore se
non si può bagnare nel sangue.
Guarda i volti che urlano sulla mia amata le loro urla mute
testimoniano il
nostro amore. Cos’è un amore se non senti il
bisogno morboso del tuo oggetto
amato? Cos’è un matrimonio se non viene celebrato
nel sangue? A che serve avere
una ragazza se non puoi tagliarle la gola e vederla sanguinare?- e
dicendo
questo sfilò la spada.
La ragazza
emise un docile verso di dolore e cadde all’indietro ma il
demone la mantenne
per i capelli. Lei ora stava in ginocchio davanti a lui sanguinante
priva della
forza di aprire gli occhi per vedere l’uomo che le faceva
questo. TRINITY si
mosse velocemente e la gola della ragazza si squarciò. Un
getto di sangue colpì
in volto Yashuo che rialzò la spada e con un netto colpo
recise la testa di
Fedekira. Fatto ciò la sollevo e la mise in modo che il
sangue che usciva da
questa cadesse sulla sua spada che mandava getti d’aura
rossi. Questi si
andarono ad allungare sempre di più finchè non
raggiunsero e avvolsero la testa
per poi farla a pezzi.
Ora se ne
stava in silenzio difronte al lago nel bosco lì vicino ad
osservare il modo in
cui l'acqua si increspava creando dei cerchi che si espandevano, si scontravano
e si
restringevano. Stava aspettando l’arrivo di quei guerrieri
che lo Shogun aveva
menzionato aveva voglia di altro sangue. Gli aveva fatto piacere
uccidere
Fedekira ma il piacere era presto passato lasciando spazio ad un vuoto
ancora
più grande. Pensò a come avesse fatto fino a quel
momento a vivere senza mai
assaporare il gusto frenetico dell’omicidio.
Sollevò la spada che gocciolava
ancora sangue e si fece cadere un paio di gocce di quel liquido rosso
sul viso
e in bocca. Il sangue aveva proprio un sapore dannato non gli piaceva
proprio a
differenza di TRINITY. Erano così diversi, ma le differenze
non contano niente
in amore.
Abbassò
la
spada ed iniziò ad osservare i volti urlanti che si
muovevano su questa quando
ad un tratto la sua attenzione fu catturata da qualcosa che gli pendeva
dal
fianco. Era la sua spada della quale non riusciva ormai più
a ricordare il
nome. Sorrise alla vista di quel debole strumento di morte che spauriva
difronte all’eleganze e alla mortalità di TRINITY.
Come era possibile che fino
ad allora non si era accorto di avere con se quell’infimo
pezzo di metallo.
Posò TRINITY alla sua sinistra e mise una mano
sull’elsa per prendere la spada
e buttarla nel fiume.
Appena la
mano toccò la spada si ricordò subito il suo
nome. Caliptica era un nome così
confortante ed equilibrato, sembrava che ogni parola del nome trovava
il suo
giusto spazio e si univa perfettamente con le altre. Quel senso di pace
e di
equilibrio gli provocò una piacevole visione.
Smuokinuow
si trovava davanti a lui, aveva una mano sulla fronte e il suo volto
era il
ritratto della tristezza –Amico io ho scelto te non per la
vicinanza o per raccomandazione
ma perché confidavo nel tuo animo temperato e buono. A
quanto pare però la
creazione ha battuto il creatore. A volte capita quando si è
troppo bravi a
creare cose. Ma la storia non finirà così, non
possiamo darle un lieto fine ma
almeno possiamo preservare il nostro nome. Gli oggetti per quanto
potere
possano avere non riusciranno mai a piegare completamente la
volontà di un uomo
buono. Stai dando troppo valore a quel pezzo di metallo, se ad una
ragazzina
dai importanza non importa la tua perseveranza la tua fine avanza
poiché quando
meno te l’aspetti lei t’azzanna e la tua
volontà ammazza. Dai valore più a
quello che desideri che a quello che ami- gli disse per poi scomparire
in una
nube di fumo.
Quando
Yashuo tornò nel nostro piano spirituale vide che TRINITY
stava brillando
poiché voleva essere raccolta dalla fredda terra per essere
d nuovo impugnata.
Il demone si affrettò a raccoglierla con la mano sinistra
poiché il samurai
nella destra impugnava la sua Caliptica.
Non seppe
cosa pensare quando le due spade davanti a lui si scontrarono
sputacchiando
scintille colorate. Non sapeva per chi fare il tifo e neanche cosa
stava
succedendo. Si limitò quindi a osservare il suo braccio
destro combattere
contro il sinistro e chiedersi se quella era la prova finale della sua
follia.
Entrambe le
braccia erano formidabili combattenti. Scartavano di lato per schivare
i colpi,
paravano, contrattaccavano e ferivano il rivale per poi ricominciare da
capo.
La situazione andò avanti per un po’
finchè il braccio sinistro sembrò dire al
destro qualcosa del tipo –Che c’è non
sai usare l’aura? Io non posso usarla se
non la usi prima tu fifone lo sai, sono troppo sportivo-.
Si doveva
essere proprio qualcosa del genere poiché in quel preciso
istante le due
braccia attivarono simultaneamente il loro potere. Le due spade
iniziarono a
brillare dei loro colori spirituali, rosso per TRINITY e azzurro per
Caliptica,
illuminando tutto il bosco e riflettendosi sul lago che sembrava
scintillare. Yashuo
vedendo l’intenzione dei due sfidanti si accucciò
e sollevò le braccia il più
in alto possibile in modo che non lo decapitassero con qualche fendente
mal
calcolato.
-Pensi di
potermi in qualche modo sconfiggere? Siamo state forgiate dallo stesso
fabbro
questo è vero, ma io sono l’incarnazione della
battaglia. Sangue, morte,
violenza scorrono in me e sono parte di me. Come pensi di potermi
sconfiggere
in un combattimento se sono io stessa il combattimento-
sembrò continuare
TRINITY.
-Hai
ragione, in me non risiede abbastanza forza per continuare a rispondere
ai tuoi
fendenti perché tu contieni al tuo interno il senso stesso
del combattimento.
Ma ricorda il fuoco selvaggio bruciante viene spento dalla calma acqua
del lago
piatto!- sembrò rispondergli Caliptica. Poi
iniziò a tagliare l’aria in più punti
con precisione chirurgica.
In poco
tempo si crearono dei piccoli vortici d’aria che andarono ad
avvolgere la spada
e il braccio sinistro- Il nemico principale di una spada è
l’aria, se la
densità dell’aria intorno a questa aumenta, non
può muoversi e quindi non può
tagliare un bel niente. Essere il senso di qualcosa è
inutile se non si riesce
ad applicarlo! - sembrò urlare Caliptica trionfante alla
vista di TRINITY che
si dimenava per uscire da quella soffice presa.
Il braccio
sinistro iniziò a stendersi verso l’esterno ma fu
per poco poiché con un guizzo
rosso TRINITY si liberò dell’aura del nemico- Che
stupido. Non importa se io
sono il fuoco e tu l’acqua finchè mi attacchi con
la tua aura non potrai mai
sconfiggermi poiché la mia aura è molto
più forte- e intendendo questo la spada
sparò una scarica di proiettili rossi contro la sua stolta
avversaria.
Caliptica
guardò quei getti rossi avvicinarsi lentamente, lo spazio
che le divideva era
poco ma quel colpo ci metteva così tanto ad arrivare. Rimase
per quei secondi a
guardare la sua amica con compassione poi con un rapido fischio si
attivò il
mulinello d’aria.
Da questo
vortice parti un getto d’aria che andò a
deflettere il proiettili di TRINITY
respingendoli indietro. Questi colpirono il braccio sinistro
spingendolo
all’indietro verso la schiena con tale forza che Yashuo per
il dolore dovette
alzarsi e mettersi orizzontalmente rispetto alle due spade.
-A volte
l’uomo buono e valoroso deve staccarsi il braccio senza
pensare a quanto sangue
possa uscire per adempiere alla giustizia- sembrò dire
Caliptica prima d menare
il fendente che pose fine a tutta quella storia.
Il braccio
sinistro di Yashuo cadde a terra orizzontalmente con ancora TRINITY in
pugno
rivolta verso l’alto. Il massacro era finito, in quel momento
la ragione era
forse finalmente riuscita a prevaricare sul volere di morte e violenza
che la
spada instaurava nel suo portatore? Nessuno può saperlo,
possiamo solamente
conoscere il risultato delle leggi che regolano il nostro mondo non le
leggi
stesse se no l’uomo le seguirebbe per risparmiarsi tanti
dolori e insuccessi.
Nel corso dei secoli le menti più brillanti della nostra
specie hanno
teorizzato semplificazioni di queste leggi (fisica, matematica, chimica
e
kamasutra) ma solo uno è riuscito a comprenderle. Peccato
che il caro Dr.Faust
sia stato esiliato in un’altra dimensione, avremmo potuto
chiedergli qualche
spiegazione che ci avrebbe fatto capire meglio il senso di tutto questo
anche
se penso che la violenza può essere difficilmente spiegata.
Per quanto
riguarda il destino di Yashuo questo può essere riassunto in
un motto di
spirito tanto usato dai samurai dell’epoca e riportato un
paio di volte in questo
racconto. Il terreno vicino al lago era scivoloso e bastò
che Yashuo spostasse
un po’ di più il suo peso verso sinistra per
cadere rovinosamente.
Il caso, la
giustizia, l’ingiustizia, la provvidenza, la beffa o quel che
sia, volle che
cadde proprio sulla TRINITY che gli trapassò il cuore
uccidendolo sul colpo.
Quando però i rinforzi lo trovarono il volto del samurai si
presentava sereno
con gli occhi chiusi e un leggero accenno di sorriso sulle labbra.
Il capo dei
rinforzi aveva ricevuto una lettera molto dettagliata su TRINITY e
sulle sue
peculiari capacità e segui scrupolosamente tutte le
precauzioni del caso. Non
volle quindi neanche estrarre la spada dal corpo del samurai che fu
deposto
fuori al tempio più vicino dove già si erano
presi accordi per custodire la
spada.
Per
controllarla meglio furono prese una serie speciali di misure di
sicurezza.
Prima di tutto fu avvolta in uno speciale fodero fatto con la pelle si
scroto
di monaci vergini. Fu poi stabilito che i guardiani della spada
dovevano essere
sterili, vergini e aver perso tutti i capelli per cause naturali
poiché alla
spada piacevano i capelli lunghi.
Le
precauzioni tennero la spada lontana dagli stupidi per molto tempo
finchè dopo
una brutta guerra il tempio fu distrutto e la spada perduta. Le tracce
di
questa dopo quella devastante guerra si persero completamene e la sua
stessa
leggenda iniziò a essere dimenticata finchè un
giorno un mago novellino grazie
a delle conoscenze molto particolari e a molta fortuna mista a soldi
riuscì ad
ottenere la spada come regalo per un amico.
Gideon aveva
sempre voluto una katana, fin da piccolo aveva letto molti manga e
giocato a
molti videogiochi in cui ogni protagonista ne aveva una. Quando Pain
gli regalò
TRINITY stava appena uscendo da una brutta storia amorosa (che avrebbe
rimpianto in confronto a quelle che ebbe dopo aver avuto la katana) e
quindi si
sentì subito molto legato alla sua spada che
soprannominò Cuccicucci per via
del suono che faceva quando si estraeva dal fodero (il singolare suono
era un urlò
di liberazione e di respirazione perché, come Pain aveva
già scoperto, la spada
posta nel fodero era oppressa dalla inettitudine passiva della pelle di
questo
e si dimenava come un hippy in gabbia)
Ora
però la
coesione che provava per la spada era completamente diversa qualcosa di
molto
più profondo ma allo stesso modo pericoloso per la
dipendenza che gli dava
quella sensazione. Non ci fece però molto caso, aveva TRINITY
da molto tempo e
riusciva a controllarla come nessun altro mortale aveva mai fatto.
Sarà stato
per il fatto che la sua generazione non prende niente sul serio o
perché il suo
cuore ferito gli permetteva di capire ciò che provava il
pezzo di spada
spezzato ma bisogna riconoscere che oltre al suo proprietario era fin
ora
quello che aveva posseduto TRINITY per più tempo.
A proposito
di tempo ormai era quel tempo. Si decise quindi ad entrare in piazza e
notò
subito che davanti a lui seduto sui gradini della basilica
c’era il suo
avversario calmo perso in chi sa quali ricordi. Estrasse subito TRINITY
e buttò
il fodero di lato. Il suono da questa emesso attirò
l’attenzione di Ronkudo che
si alzò brandendo la sua Masamune che iniziò a
brillare di un blu profondo.
I due
sfidanti erano l’uno di fronte all’altro con le
loro katane fosforescenti a
fissarsi e a studiarsi pensando a cosa dire o fare per iniziare lo
scontrò. Fu
in quel momento che il sole fu inghiottito dal mare facendo piombare
tutto
nell’oscurità illuminata solamente dalle aure
delle spade dei due sfidanti (per
un guasto tecnico i faretti posti sul pavimento lungo tutta la piazza
non si
accesero quella notte).
Notucce
personali :)
Hey ma non
l’avevi
già scritto? Ho avuto problemi con internet e non ho potuto
postarlo sono la
tristezza sfigata. Tralasciando questo ora ci sarà un
combattimento che vi ho
promesso da bho non lo so be’ finalmente Gideon combatte col
più grande samurai
di tutti i tempi DIN DIN.
Nel prossimo
invece ci sarà lo scontro tra altri due fuori classe Zio
Peppino e Feng Chin e
finalmente finiamo questo capitolo e ci rioccupiamo di Pain *-*
Vi ho
schematizzato un po’ la situazione ma non dirò
altro…dirò solo…capra magica,
chi capisce capisce.
Detto questo
vi saluto tutti
Bye
CUORICUORI<3
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