The Crow di Luna White (/viewuser.php?uid=566032)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
PROLOGO
Paziente
n° 54: Blue Ace
La
dottoressa sfoglia la cartella dell'ennesima persona rinchiusa
li.
-Mi dica Ace.Sa perché lei e qui?- Chiede,osservando la
figura posta davanti a lei,aldilà del tavolo.In tutta
risposta la
ragazza alza lo sguardo,fissando i suoi occhi verdi e stanchi a causa
del lavoro. Non accenna di aprir bocca,respirando solo lentamente.
La
donna dal camice bianco continua la sua analisi, posizionando delle
foto sul tavolo.
-Questo è Alan Cage. 43 anni. Sposato e aveva un
figlio. E stato ritrovato nel seminterrato,legato ad una sedia.Aveva
la bocca cucita così come gli occhi,quest'ultimi
però privi del
bulbo oculare,la lingua è assente ed infine,sull'addome,e
stata
tracciata una frase: "There is Evil in this World" incisa
con il suo sangue. Ed è qui che l'abbiamo trovata.
Osserva
attentamente le foto scattate con cura. Lei stessa poteva vedere il
suo crimine commesso con le sue stesse mani. Quelle cuciture e quella
frase gli fecero ricordare l'omicidio compito è organizzato
poche
ore prima.
-Sa dirmi perché lo ha fatto?- Continuó il suo
interrogatorio,rivolgendosi di nuovo al suo interlocutore.
Distolse
il suo sguardo da quelle immagini ancora vivide nella mente per poi
accennarle un sorriso. -Se lo meritava.- pronunciò
tranquillamente
quelle parole.
-A quanto sappiamo,suo padre e scomparso mentre sua
madre e stata violentata dalla vittima ed infine uccisa.La sua azione
e stata di pura vendetta?-racconta chiaramente quel che accadde
quella notte e di come mi fece diventare un mostro,sporcandomi
così
le mani di sangue.-Ma lei sa che non porta a niente se non all'odio
concluse il discorso fin troppo chiarito per i suoi gusti.
-E con
ciò?-Inclina il capo,sistemandosi meglio sulla sedia. La
camicia di
forza indossata gli dava fastidio ma era stata obbligata. Avevano
detto di essere una "precauzione".
-Se venisse arrestato
sarebbe giusto? Oh, no! Lui doveva pagarla per le colpe
commesse.-sospira mentre il sorriso non sparisce dal suo
volto.-Dottoressa! La ruota gira per tutti,se lo ricordi. Un passo
falso e verremmo buttati fuori.-
-Io sono qui per aiutarla-
dice,ma di cui lei scuote il capo.
-Si sbaglia. I pazzi non
possono essere aiutati se no,si finisce per diventare come
loro.-
La
seduta termina con il frastuono della sua risata,riecheggiando in
quella stanza vuota. La donna richiama velocemente le guardie il
quale, riportano la paziente nella sua cella e nella nuova casa in
cui vivrà.
Io
non sono pazza,
la mia realtà è solo diversa dalla vostra.
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Capitolo 2 *** Capitolo I ***
LA FUGA
"Goditi
ogni minuto del tuo tempo
perché il tempo non ritorna.
Quello che
ritorna
è solo il rimpianto di aver perso tempo."
***
Saranno
passati giorni,mesi o persino anni da quando mi hanno rinchiusa nel
manicomio di Asylum. Il posto della follia più pura. Della
sanità
mentale andata a farsi fottere. Dal ragionamento declinato nell'oblio
più profondo. Ed è proprio qui che vengono
rinchiusi centinaia di
persone,incolpati di ogni crimine plausibile è sporco. Tutto
ciò
che ti evidenza con del sangue è un sorriso sulle labbra,si
è
destinato a vivere qui per il resto dei suoi miserabili giorni.
Io
stessa,conscia dell'omicidio pianificato è commesso nel modo
più
atroce possibile,avevo rigirato le sorti come un tornaconto. E si
sa,che prima o poi sarebbe giunta l'ora di pagarla con le proprie
spese.
Non
posso dimenticare quell'ubriaco maniaco,datogli l'aggettivo di
bestia,appropriato alla sua figura. I miei occhi sono complici di
visioni orrende. Il corpo segnato dalle sue torture. Diceva che amava
giocare all'allegro chirurgo da piccolo ma non con figure inanimate,
bensì con le proprie vittime e di cui io ho avuto il piacere
di
essere tra queste. Non potevo reagire nello stato pietoso in cui
ero:Una ragazza indifesa,sognante è piena di speranze. Si
era
ritrovata ad avere il corpo in fiamme mentre l'aggressore si
divertita a tracciargli dei segni con un ago rovente. Dio sa solo
quante urle hanno provocato. Le pareti tremavamo mentre l'odore
nauseabondo inondava quella stanza disastrata. Il pezzo forte era
stato lasciato per ultimo. Aver visto con occhi arrossati e gonfi
dalle lacrime la propria madre piena di lividi,venendo poi
accoltellata ripetutamente dalla bestia. Aumentavano gli affondi
mentre la risata dell'animale,si fondeva con le mie urla ad incitarli
di fermarsi. Quel che sembrò un infinita di tempo,la donna
da me
tanto amata,mi guardava per un ultima volta lasciandomi solo un
sorriso per poi esserle tolta la vita definitivamente.
All'ora,ero
solo una ragazzina stupida e impreco ancora oggi del
perché,invece
di piangere,non lo avrei potuto pestato fino a farlo sanguinare. Anni
trascorsi per pianificare la mia vendetta,sapendo bene che la dolce
attesa ti lasciava appagare. Non era altro che un insulsa persona.
Troppo viziata ed egoista da non trovare pietà nemmeno per
un
bambino mendicante e morente di fame. Indifferente lo aveva
oltrepassato come un oggetto senza valore. Lo avevo ucciso e lo
potevo ammettere. Certo,almeno si era levato un problema in meno. Un
infame da sfamare. Un feccia da eliminare. Ed ho conquistato non solo
la vendetta per la mia povera madre ma anche la gioia per tutti
quelli che lo odiavano.
***
Vengo
ributtata nella cella in cui vivo rigorosamente da cinque anni. "Impara
a stare al tuo posto squallida donna."
Guardai
truce il carceriere per poi essere rinchiusa in quelle quattro mura o
per meglio dire tre,trattandosi delle sbarre come quarto supporto.
Mi
porto una mano al labbro ancora sanguinante cercando di pulirmi dal
liquido ancora rimanente. Il sapore metallico mi aveva ricordato
dello "spiacevole" incontro avuto con una mia simile. Come
si chiamava? Harley credo che fosse. Una insignificante biondina con
le sue manie di protagonismo ma di cui la faceva sembrare solo una
bambina infantile. Per sua sorte era stata così coraggiosa
da
provocarmi. Non reagivo per qualche offesa ma in qualche modo era
riuscita a dire:"Secondo me è così banale da
piangere per
qualsiasi cosa."
In
quel momento era stato quel impavido ricordo a riemergere nella mente
da non rendermi ragionevole alle mani strette a pugno,scagliandosi
contro di lei e provocandogli una guancia rossa e qualche graffio. Il
tutto era incitato dalla folla accalcata tifante le due
attaccanti,rendendola una vera e propria lotta. Quello scontro era
finito in pochi minuti con l'arrivo delle guardie,finendo entrambe
nei rispettivi alloggi.
Quel
pomeriggio sarebbe rimasto come al solito. Avrei proseguito un altra
giornata monotona, con indosso la solita camicia di forza a tenermi
compagnia,nel totale silenzio regnante. Ma quella notte non fu
così.
Immersa nei miei pensieri,quest'ultimi vennero interrotti dal suono
di una sirena. Sento le urla delle guardie che accorrono in fondo al
corridoio allarmati, rimanendo alquanto confusa. Di solito non c'era
questo trambusto se per sbaglio un paziente tentava di
scappare,risolvendo con una botta in testa. Doveva trattarsi di
qualcosa di più grande. A sorprendermi e la serratura della
mia
cella che si apre e le sbarre vengono aperte,così come tutte
le
altre. File di prigionieri sono intenti a scappare ed altri invece
lottano contro le guardie. In quel momento rifletto se sia il caso di
fuggire,costatando che questa, fosse l'unica possibilità per
avere
finalmente la libertà. Do un occhiata al corridoio prima di
correre
verso il portone principale. Le gambe si muovono veloci e le mani
stringono il tessuto stretto.Dovevo trovare anche un modo di
liberarmi da questo affare, così,dopo l'ennesimo incrocio,
le mie
speranze vengono esaudite,trovando un mio simile intento alla fuga.
"Ehi!"urlo.
Quest'ultimo si volta guardandomi."Non e che potresti aiutare un
tuo compare. Sai, questo coso da fastidio"accenno al vestiario
dalle tante cinghie. Senza problemi mi aiuta accennandoli
così un
grazie. Sentendomi finalmente a mio agio,mi concentrai al mio
obbiettivo:Uscire da li.
Era
escluso l'ingresso principale visto le numerose persone poste
nonché
anche la polizia. Non conoscendo molto quel posto,una seconda uscita
sarebbe stata esclusa, finendo solo con la stessa situazione di
quella precedente. Cercai di trovare un altra possibile via e la mia
attenzione ricadde su una grondai aperta. Sorridi, entrandoci
velocemente. Sgattaiolando in quel condotto,potevo sentire alcune
voci provenienti da fuori,parlando di un certo Joker. Non avendolo
mai visto non potevo sapere di che persona fosse ma alcune voci mi
avevano informato che fosse un tipo piuttosto strano. Ma chi non lo
è
d'altronde? Per
mia grande fortuna dopo un paio di vincoli riuscì ad
uscire,portandomi finalmente all'esterno. Da tempo non sentivo
quell'aria inquinata e ammirare quel cielo scuro. Mi fiondai tra le
siepi pe poi scappare da quel posto.
***
Le
strade deserte ed isolate rendevano quel posto vuoto e oscuro. I
lampioni come unica luce ad illuminare il freddo asfalto di cemento e
ogni tanto passavano alcune macchine dirette verso casa. Ritrovandomi
a camminare per quei vicoli bui e silenziosi,sentivo la brezza del
leggero vento. Non sapevo dove andare, non avendo una casa e nemmeno
un posto in cui stare. Osservai alcune case abbandonate alquanto
sfasciate è mai ricostruite. Soffermandomi su una di queste
decisi
che sarebbe stata la mia nuova abitazione.Una
casa migliore rispetto a quello schifo di posto.
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Capitolo 3 *** Capitolo II ***
NUOVA
CASA
"É
naturale rischiare la vita per le persone che amiamo.
Il
coraggio non c'entra".
***
Quella abitazione era tutto fuorché accogliente.
L'esterno dava
già l'anticipo di cosa bisognava aspettarsi: Crepe su crepe.
Finestre rotte ed altre inesistenti. Alcune piante rampicanti si
scagliavano lungo i muri da un tempo bianchi ed adesso quel colore
pareva scomparso. Mancavano alcuni mattoni e questi, si presentavano
sparpagliati lungo il marciapiede. Il grande portone scuro era
malridotto. Una volta aperto si poteva vedere l'ampia
scala,conducendo hai piani superiori. Da un lato invece, erano
piazzate i contatori della luce ormai fusi e del tutto
inutilizzabili.
Salivo le scale lentamente. Queste avevano il corrimano di un
ferro arrugginito il che doveva essere sempre lucido prima
dell'abbandono. Tutto quel silenzio mi provocava una scarica di
brividi. Il respiro calmo e adagiato seguiva repentino i passi degli
scalini che salivo. L'ambiente tetro ed insicuro dava modo di non
essere un luogo rassicurante ma di cui non mi preoccupai. Giunta
all'ultimo piano, guardai la porta riverniciata di nero,dalle piccole
spaccature,rovinandolo.Il cigolio provocato dalla mia mano in cui si
portava su di essa è spingeva in avanti, emetteva un suono
agghiacciante,simile a quello dei film di paura. Sarebbe stata un
ottima abitazione per quest'ultima. Un ampia stanza.Dai muri in
mattoni rossi,in stile londinese. In alcuni punti si potevano
scorgere qualche pezzo di intonaco bianco. Il tutto era sorretto da
alcune colonne in marmo, donandogli per tocco di semplicità
ma di
eleganza. Quel che mi sorprese furono le vaste finestre poste hai
lati. Questa,un tempo doveva essere un appartamento costoso a causa
della grande ampiezza e luminosità predisposta. Accanto ad
una
finestra era stato lasciato un materasso lacerato in più
punti,abbandonato su un pavimento di polvere e su quest'ultimo era
presente ogni qual tipo di cosa: dai vetri rotti alle piume di un
cuscino posto sopra l'ampio giaciglio.
Attenta a non calpestare qualche coccio tagliente, porto lo
sguardo sulla finestra,lasciandomi sorpresa. Osservo una prospettiva
del tutta diversa da quella malfamata di prima:le varie case erano
disposte una accanto all'altra. Alcune avevano le luci accese
rendendolo un gioco di colori contrastanti. Posti più
lontane,alcuni
grattaceli piuttosto alti,padroneggiano una visione che non avevo
visto da molti anni.
Nonostante non ci fosse luce e la stanza era quindi nel
penombra,grazie alle finestre affacciatosi su quel paesaggio
cittadino e alle sue moltitudini di luci mi permisero di vedere.
Stanca da quella strana nottata di strani eventi e fughe
improvvise, mi distesi su quel materasso.Non era scomodo ed era
sempre meglio della brandina che mi aspettava ogni sera. Gli occhi si
fecero più pensanti,osservai un ultima volta la finestra
prima di
scivolare nel lungo sonno privo di sogni.
***
I primi raggi del sole, diedero vita ad un
nuovo giorno. A
svegliarmi e il suono di qualche uccellino intento a cantare il che
mi diede modo di poter sentire quel allegra melodia dopo tanto tempo.
Stropicciandomi gli occhi, posso vedere al meglio il posto in cui mi
trovo.Adesso,non sembra essere così tanto pauroso ma ben
illuminato
e dalla piacevole quiete. Decido di alzarmi ed uscire fuori,volemdo
vedere se ogni cosa era rimasta uguale dalla mia "sparizione"
o se fosse cambiato.Mi fermai davanti alla porta quando vidi il mio
abbigliamento fuori luogo. D'altronde non potevo andarmene a spasso
con un vestiario da paziente e di sicuro,avrebbe attirato non poco
gli sguardi dei passanti e di qualche poliziotto li vicino. Mentre
cerco una possibile soluzione,noto uno stendino posto fuori da un
abitazione. Mi affaccio dunque per vedere meglio e con mia grande
gioia si trova piuttosto vicino.Apro l'anta della finestra per poi
uscire fuori. Appena dopo è presente un piccolo tetto il
quale
collega le due abitazioni e di cui mi ritrovo ad esserne grata.
Stando attenta a non essere vista, con facilità, riesco ad
afferrare
un maglia azzurra ed un jeans.Rientro velocemente nel mio abitacolo
per poi trionfare vittoriosa del mio bottino. Sapevo bene che rubare
era ingiusto ma dopo le mie colpe, non trovavo niente di ingiusto nei
miei confronti. Poi nessuno si faceva male se prendevo in prestito
qualche vestito o sbaglio?
Mi sfilo di quei indumenti così odiati per poi ammirare il
corpo
segnato dalle innumerevoli ferite e lividi. La pelle bianca aiuta la
cosa,rendendoli più visibili. Sul mio braccio destro e
presente una
lunga scia di cicatrici simili a cuciture,partendo appena sopra
l'avambraccio e finendo al polso,sotto il palmo della mano. Lo stesso
"disegno" è stato fatto alla gamba sinistra il cui finisce
lungo la caviglia. Non so ancora come sia riuscita a sopportare tutta
quella atrocità e riesco a percepire, pur se inesistente,il
fuoco
che bruciava mentre alcune macchie di sangue tingevano la pelle
diafana.
Liberandomi da quei loschi pensieri,finisco per abbottonarmi il
jeans, finendo il tutto con le scarpe indossate ancor prima di finire
nel manicomio. I nuovi vestiti mi stanno bene,segno che in quella
casa abita una ragazza con la mia possibile età.
Finalmente
pronta posso uscire. Una volta fuori, osservo le varie macchine
passare. Dirigendomi dunque in quelle vie,noto con mio sommo
dispiacere che era rimasto tutto uguale:sui marciapiedi sono presenti
persone su persone. Dalle divise scure ed eleganti,sinonimi di
lavoratori. Chi con la ventiquattr'ore in una mano e chi a sbraitare
al cellulare in un altra. Il modo in cui tutto era rimasto lo
stesso,non mi sorprendeva d'altronde. Una città che si
rispetti,
brulica di gente ogni mattina a differenza della periferia.
Moltitudini di persone proseguono una vita come tutte gli altri:
monotona,noiosa e per nulla divertente. Sperai di non diventare come
loro un giorno, troppo lavorativi e ripetitivi. Macchine che avevano
un solo scopo nella vita,senza contare se si trattasse di essere
felici o meno.
Si prospettava una giornata normale ma non tutto è
sempre così. La mia vita dopo la scorsa notte sembrava
essere stata
travolta da una serie di eventi,neanche si fosse in un film
d'azione,con sparatorie e tutto il resto.
***
Un esplosione, un edificio in fiamme.
Gente che urla. Sirene di
ambulanze e di pompieri. Tutto ciò era assurdo. Come si
poteva, in
pochi minuti,fare tutto questo? Le persone accorrono vicino
all'accaduto e c'è chi spegne le fiamme. Alcuni sono
spaventati,altri sono feriti e vengono quindi portati via dalle
ambulante. Distrattamente e il pianto di una donna ad avere la mia
attenzione.
"Mio figlio...mio figlio è la dentro" disperata,indica
ad un agente l'edificio in fiamme. Guardo prima lei e poi
quest'ultimo mentre il fuoco si propaga sempre di più. La
mia azione
si muove senza ragionare. Oltrepasso il poliziotto conscia di aver
fatto una stronzata ma se quelli non avrebbero mosso un dito, per il
bambino non ci sarebbe stato scampo. Sento alcune urla,probabilmente
a volermi fermare. Quando entrai all'interno mi portai una mano
davanti alla bocca. Il fumo impediva di respirare e la temperatura
saliva senza sosta. In quel momento però dovetti
concentrarmi sul
bambino. Cercai di sentire il suo pianto,il richiamare la madre.
Riuscì a trovarlo in un angolo di una stanza."Non avere
paura
vieni con me. Ti porto dalla mamma."Cercai di essere il più
convincente possibile ed il bambino accettò. Così
piccolo lo presi
in braccio, uscendo da lì. Per mia fortuna, una trave era
cascata il
quel punto e prima che finissi intrappolata in quel cumulo bruciato
trovai la via d'uscita.
"Hai idea di cosa hai fatto? Potevi morire." mi sbraitò
contro il poliziotto di prima ma io non badai a quello che
disse,facendogli vedere piuttosto il bambino che avevo con me."Potevo
morire ma ho salvato un vita a differenza di uno che sa solo urlare."
L'uomo si stette zitto e io lo oltrepassai indifferente. Certa gente
sapeva parlare tanto e poi non riusciva nemmeno ad agire. Una volta
andata dalla signora questi mi guardò con le lacrime agli
occhi,meravigliata. Lei e suo figlio si abbracciarono ed io mi
ritrovai a sorridere. Benché sapessi delle mie azioni non
potevo
lasciarmi impassibile a questo. Fare qualcosa di giusto per una volta
si era rilevata utile. In quel momento mi sentivo il dovere di fare
qualcosa. Di fare del bene per una volta.
La donna mi guardo,sorridendomi."Tu hai salvato mio figlio.
Come posso esserti riconoscente? Se c'è qualcosa che posso
fare per
te non dubitare a chiedere."
In quel momento riflettei sulla cosa. I vestiti che possedevo
erano ormai inutilizzabili,ed avevo bisogno di una ripulita. Senza
contare che non avevo n'è uno straccio di soldo ne l'acqua
calda.
"Un
modo ci sarebbe."
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