Brividi d'amore

di Symphoniies
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il signor Salvatore. ***
Capitolo 2: *** In volo verso una nuova avventura. ***
Capitolo 3: *** Mystic Falls. ***
Capitolo 4: *** Nostalgia. ***
Capitolo 5: *** Mentolo. ***
Capitolo 6: *** Farfalle. ***



Capitolo 1
*** Il signor Salvatore. ***


IL SIGNOR SALVATORE
-Capitolo uno-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Questo è il signor Salvatore, tesoro.»
In un lunedì pomeriggio di un’afosa giornata d’agosto, la signora Loredana stava presentando a sua figlia Francesca l’uomo che si trovava seduto davanti lei e che, delicatamente, stringeva tra le mani una tazzina contenente del caffè che sembrava più acqua che caffeina, come erano soliti berlo gli americani. L’uomo che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
«Piacere di conoscerti Francesca. Ho sentito parlare molte volte di te da tua madre.». L’uomo le porse la mano e, dopo che la ragazza ricambiò timida la stretta, lui le sorrise dolcemente. «Lo sai perché sei qui, vero?»
«Certo.»
Odiava il motivo per cui era lì. Ho diciotto anni, frequento una scuola costosa e i miei genitori, per poter permettermi di continuare gli studi, hanno deciso di aiutarmi a trovare un lavoro, pensò.
«Vorrei solo dirti che non sarai una cameriera, piuttosto una ragazza di compagnia. Dovrai leggermi dei libri, prepararmi il thè, ricordarmi di prendere le medicine e tanto altro. Come vedi mansioni molto semplici.»
Francesca annuì meccanicamente e, mentre sua madre discuteva di alcune questioni, si ritrovò a fissare l’uomo di fronte a lei. Il signor Salvatore doveva essere sulla sessantina, ma nei suoi occhi color ghiaccio si intravedeva un’anima ancora giovane. Aveva i capelli corti e bianchi o per meglio dire brizzolati - anche da lontano si capiva che se ne prendeva molta cura. Le mani, un po rugose, erano ricoperte di lentiggini. Cercò di immaginarlo da giovane, ma purtroppo, i suoi pensieri furono interrotti dalla madre, che dolcemente la richiamava alla realtà. «Francy, il signor Salvatore dovrebbe dirti una cosa.»
La ragazza si girò verso di l’uomo e lo fissò, pronta a sentire cosa aveva da dire.
«Francesca, io devo partire per un anno. Devo tornare in Virginia per concludere alcuni affari di lavoro prima di andare definitivamente in pensione. Tua madre però mi ha detto che non potete aspettare un anno, che i soldi vi servirebbero subito. Perciò, ti andrebbe di venire con me? Per gli studi non c’è problema, quando torneremo dal viaggio li riprenderai da dove gli avevi lasciati. Sarà come se non avessi perso un anno.»
Francesca guardò sua madre. Aveva gli occhi che le brillavano per l’eccitazione. Poi girò il viso verso il signor Salvatore, che la stava guardando con tenerezza. E ora? Non devo accettare. Non posso accettare. Andarsene per un anno significa non poter vedere più la mia famiglia, non vedere più i miei amici. Andarsene vuol dire lasciare tutto. Andarsene significa buttarsi nel vuoto.
«Ok, signor Salvatore.» disse infine, «Verrò.»
«Perfetto!» esclamò l’uomo, «Partiamo fra due settimane. E per favore, chiamami Giuseppe.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore
Salve a tutti. Forse mi conoscete già per questa storia - la prima che misi su EFP - ma non avete mai letto questo mio scritto. Forse siete vecchi nostalgici e state leggendo questa intro per la centesima volta. O forse siete semplicemente nuovi. Chiunque voi siate, comunque, volevo ringraziarvi anche solo per aver letto fin qui. Anzi, anche solo per aver avuto al curiosità di cliccare sul nome della fan fiction. Il primo capitolo è molto corto, lo so, ma dal prossimo saranno più lunghi. I swear on Emma Swan

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Capitolo 2
*** In volo verso una nuova avventura. ***


IN VOLO VERSO UNA NUOVA AVVENTURA
- Capitolo due -
















Le due settimane passarono molto velocemente e la voglia di partire da parte della ragazza diminuiva sempre più. Non era pronta. Non era mai stata in un paese straniero senza la sua famiglia e per un tempo tanto lungo. E se le fosse venuto un attacco di nostalgia? E se si fosse sentita male durante il volo? E se non si fosse trovata bene a casa con il signor Salvatore? Inoltre, come avrebbe fatto senza la sua migliore amica?
Lei che ogni giorno le infondeva amore e fiducia in tutto quello che faceva. Come avrebbe fatto senza la sua razione di parolacce in tutte le lingue possibili e immaginabili? Oh, basta Fra, non fare la stupida. Chiunque al tuo posto sarebbe felicissimo di andare in America. Certo, non vedrai la tua famiglia o la tua migliore amica, ma, porchina puzzolina, cogli l’occasione! Insomma, non hai più dieci anni!, si rimproverò. Rivolse uno sguardo annoiato verso la sveglia e, vedendo che era abbastanza tardi, decise di andare a dormire. Le finestre della sua stanza spalancate e, anche se un venticello leggero le carezzava la pelle, sudava. Non ostante tutto, si addormentò velocemente. Poco dopo, la ragazza sentì il suono irritante e assordante della sveglia. Aprì leggermente gli occhi e, lentamente, allungò la mano sul comodino alla ricerca del oggetto dal suono irritante. La trovò e con una manata lo spense. Aprì gli occhi, per poi socchiuderli un po. Guardò i piccoli numeri illuminati di rosso. Le sette e quarantacinque. Aveva il volo fra tre ore. Si girò su l’altro fianco, cercando di riaddormentarsi.
«Francy, alzati o farai tardi!» la voce di sua madre le rimbombò nelle orecchie.
Doveva per forza alzarsi. Sbuffando si diresse in bagno, ancora un pò intontita. Accese la luce e si diresse verso il lavandino. Prese lo spazzolino, lo bagnò, poi prese il dentifricio e glielo mise sopra cercando di fare un’ondina perfetta come quella della pubblicità. Non ci riuscì, come al solito d’altronde. Si spazzolò per bene i denti e poi sciacquò. Dopo essersi lavata la faccia tornò in camera per decidere cosa indossare per il viaggio.
Bè, non aveva molta scelta visto che quasi tutti i suoi vestiti erano nelle tre valigie.  Sua mamma diceva che era pazza a portarsi con se tutti quei vestiti, ma non ci poteva farci niente, voleva sentirsi a casa in ogni modo possibile. Dopo svariate prove, Francy decise di indossare dei pantaloncini rosa corti e sopra di essi una maglietta larga fatta di pizzo da cui si poteva intravedere il reggiseno nero. Ai piedi dei sandali di cuoio chiaro. Poi tornò di nuovo in bagno per cercare di sistemare il caos che aveva in testa, chiamato comunemente 'capelli'. Fin da piccola aveva sempre avuto i capelli lisci come spaghetti e lunghi, ma, non sapeva ancora il perché, si creavano sempre dei nodi giganteschi. I suoi capelli erano sempre stati lunghi fino a metà schiena. Odiava quando da piccola sua madre la obbligava a tagliarli a caschetto. Sembravo un maschio! Bè, in effetti si sentiva così. Fin da quando era piccola era cresciuta in mezzo a cinque maschi, quindi…diciamo che fino a sette anni non sapeva cos’erano le barbie. La ragazza iniziò a pettinare i capelli.
Il loro color cioccolato con riflessi rossi e dorati risaltava sulla sua pelle candida. Era agosto e lei era ancora bianca come una candela. Senza pensarci due volte, prese un elastico e legò i capelli in una coda di cavallo alta, almeno durante il viaggio non si sarebbero scompigliati. Poi prese il beauty e con i pochi trucchi rimasti cercò di rendersi presentabile o almeno decente, tanto per non spaventare il signor Salvatore. Infine si spruzzò un pò di profumo. Lei e sua mamma andavamo pazze per i profumi, ne avevamo tantissimi. Quella passione era una delle poche cose che la accomunavano a lei. Loredana, infatti, era sicura, schietta e per niente timida. Socializzava con tutti senza problemi. Francesca, invece, era più chiusa, timida e non diceva mai quello che pensava in modo da non offendere nessuno. Le piaceva stare sulle sue. In effetti, il suo nome rispecchiava molto il suo carattere.
 
Francesca, colei che possiede la forza. Francesca ha un carattere un po' oscuro, severo e inquieto, ma anche molto introverso, attivo e mentale, nonostante la passionalità di fondo. Questo perché ha la tendenza a pensare troppo e assimilare poco. Nelle amicizie è molto sospettosa e riesce ad affezionarsi soltanto in tempi lunghi. Non si scoraggia davanti agli insuccessi, tuttavia dubita di sé stessa fino al momento dell'azione, che deve essere da lei compresa in tutti i dettagli prima di essere affrontata. In società è piacevole purché non si senta oppressa. Non ama la superficialità. Ha la tendenza a rinchiudersi, non tanto per timidezza, quanto per bisogno di riflessione. Si affatica rapidamente e ha un sistema nervoso molto fragile. In amore ha spesso difficoltà sia perché è suscettibile e teme sempre di essere presa in giro se corteggiata con troppa aggressività, sia perché la sua sensibilità è come bloccata da una forma autodistruttiva che può derivare da antichi retaggi familiari e religiosi. Del resto ha una percentuale molto elevata di mascolinità, che le è utile invece nei rapporti professionali con gli uomini: cosa che l'aiuta molto finché non interviene la suscettibilità.
Insomma, Francesca e tipi analoghi sono caratteri di grande valore ma molto difficili, che specie nell'adolescenza avrebbero bisogno di essere condotti per mano.
 
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Loredana che la chiamava. La ragazza si guardò per l’ultima volta allo specchio, poi scese velocemente le scale. Si avvicinò al divano dove Lea, il suo carlino, la stava aspettando per ricevere la sua razione giornaliera di coccole. Le accarezzò la parte posteriore delle orecchie poi le diede un bacino sulla testolina e la salutò promettendole che sarebbe tornata presto. Infine prese il cellulare, scese le scale e salì in macchina. Controllò se nel baule vi fossero tutte le sue cose, poi si sistemò sul sedile e allacciò la cintura di sicurezza. Anche sua madre salì e mise in moto la macchina. Mentre uscivano dal garage, salutò con la mano suo padre e suo fratello più piccolo, Davide. Lo aveva sempre odiato, ma sentiva che gli sarebbe mancato un po' pure lui. Il viaggio verso l’aeroporto durò circa due ore, per via del traffico. Appena arrivata, Francy vide il signor Salvatore che la stava aspettando e con lui un signore che appena scese dall’auto le prese le valigie.
«Ciao Francesca, pronta per partire?»
«Sì.» rispose semplicemente lei. Lentamente si girò verso sua madre per salutarla con la mano. Lei però le si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia e poi l’abbracciò. Non era abituata a queste manifestazione d’affetto da parte di sua, quindi quando succedevano rimaneva senza fiato per qualche minuto. Subito la donna iniziò a raccomandarle le varie cose, mentre lei annuiva a ogni punto. Infondo erano sempre le solite cose:
Comportati bene.
Non essere scortese.
Non metterti nei guai.
Ascolta il signor Salvatore.
Non drogarti. Meglio incinta che drogata.
Ricordati di cambiare la biancheria ogni sera.
Lei ascoltava e annuiva, non riuscendo a proferire parola. Sentiva un nodo alla gola. Avrebbe voluto girarsi verso il signor Salvatore e dirgli che non partiva più, che se ne restava a casa e al diavolo i soldi, ma non lo fece. Sua madre si staccò da lei, salutò Giuseppe e si diresse verso la macchina. L'uomo le toccò la spalla, Francy si girò e lo seguì. Si stava muovendo come un automa. Si rese conto di essere sull’aereo solo quando la voce del comandante diede il benvenuto augurando buon viaggio ai passeggeri. La ragazza dormì per tutto il tragitto. I suoi sogni furono interrotti dalla voce del signor Salvatore che l’avvertiva che sarebbero atterrati a momenti.
«Non sei una persona che parla molto, vero?» chiese, gentile. Più che una domanda sembrava un’affermazione.
«Bè, io…»
«Non fa niente.» disse, scuotendo la testa, «Loredana me l’aveva detto che sei timida. Sono sicuro che quando mi conoscerai potremo diventare buoni amici.»
Francesca annuì, poi azzardò una domanda, «Signor Salvatore, dove stiamo andando precisante in Virginia?»
Lui le rivolse un sorriso che hai suoi tempi avrebbe fatto arrossire qualunque ragazza, compresa lei in quel momento. «Ti dico solo una cosa: Mystic Falls.»
 
 





Angolo autore
Buona sera a tutti. Ecco qui il secondo capitolo. Per Franci sta per iniziare una nuova avventura!
Grazie mille per aver letto anche questo capitolo.


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Capitolo 3
*** Mystic Falls. ***


MYSTIC FALLS
- Capitolo tre -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mystic Falls.
Mystic Falls.
Quel nome le rimbombava nella testa e continuava a ripeterlo, fosse quasi una parola magica, però qualcosa di magico l’aveva, o almeno nel suo nome c’era qualcosa di magico.
«Cosa facciamo appena atterrati?» chiesi Francesca, mentre cercava di allacciarsi la cintura di sicurezza.
Dopo sei ore di viaggio, finalmente stavano per atterrare. La ragazza aveva il sedere intorpidito e sentiva il bisogno di fare pipì.
«Bè, un inserviente ci porterà le borse fino all’uscita del aeroporto e lì verranno a prenderci in macchina i miei due nipoti, Damon e Stefan.» rispose il signor Salvatore.
«Nipoti? Non mi aveva detto di avere dei nipoti...» si innervosì.
«Davvero? Eppure abiteremo da loro, nella vecchia pensione dei Salvatore. Mi sarà sfuggito di mente.» la guardò dritto negli occhi.
La ragazza stava iniziando ad irritarsi. Poi però si bloccò. Perché dovrei essere irritata? Infondo non ha fatto niente. Semplicemente si è dimenticato di darmi quell’informazione, poteva succedere a chiunque e poi dovrei essergli grata per l’opportunità che mi sta dando, pensò.
 
Quindici minuti dopo Francesca e il signor Salvatore, stavano camminando verso l’uscita, quando quest’ultimo cambiò strada di colpo, dirigendosi verso un ragazzo seduto su una sedia blu e, anche se da lontano vedeva come una talpa abbagliata dal sole, il signorino non doveva essere niente male. Il ragazzo indossava dei jeans stretti e grigi, un po strappati sulle ginocchia e una maglietta verde militare aderente. Quando si furono avvicinati, il ragazzo abbracciò il signor Salvatore. Per una volta i miei occhi hanno visto bene! Il ragazzo sembrava un modello di “Abercrombie”. Aveva i capelli castani, corti e portati un po mossi verso l’alto e gli occhi verdi. Lei rimase lì, a fissare lo sconosciuto come una scema.
«Ah, tu devi essere Francesca. Piacere di conoscerti, io sono Stefan.» il ragazzo le sorrise gentile e le porse la mano. Francy rimase a fissarlo imbambolata per cinque minuti, poi, finalmente, si risvegliò dallo stato di coma in cui era finita e ricambiò la stretta, «Francy, per favore. Odio il mio nome completo. Troppo lungo. Comunque, piacere mio.»
In quel momento il signor Salvatore si intromise nella conversazione, «E Damon? Si è perso o ci aspetta fuori?»
«Mi dispiace zio, non è potuto venire.»
«Non ha potuto o non ha voluto?» domandò Giuseppe, con un velo di amarezza nella voce.
«Non ha potuto; doveva aiutare un’amica.» cercò di sorridere Stefan, per sdrammatizzare la situazione, «Ma ho una persona da presentarti.» fece un gesto alla sua sinistra e in pochi secondi comparve accanto a lui una ragazza, «Zio, questa è Elena, la mia ragazza. Ti Ricordi? Ti avevo parlato di lei.»
«Piacere di conoscerla signor Salvatore.» si presentò, educatamente.
«Il piacere è tutto mio, signorina. Ora capisco cosa intendeva Stefan per bellezza sfolgorante.» disse Giuseppe, utilizzando il fascino che sicuramente, ai suoi tempi, avrebbe fatto sciogliere qualunque ragazza. Infatti, come previsto, Elena arrossì lievemente. Il signor Salvatore, comunque, non aveva tutti i torti: Elena era davvero bella. Aveva i capelli lisci, lunghi e castani. Gli occhi erano grandi e di un marrone tendente al nero e le labbra carnose. Era alta e magra. Indossava una canottiera rossa, dei pantaloncini di jeans e delle converse nere e alte. Le piaceva il suo stile: semplice, ma d’impatto. Da come guardava Stefan si poteva capire che lo amava e che il suo sentimento era ricambiato.
«Bene…allora andiamo?» chiese il signor Salvatore, «Avrei un certo languorino.»
Tutti risero e insieme si diressero verso il parcheggio. Cavolo il ragazzo è davvero in ottima forma!, pensò. Stefan, infatti, si era portato tutte e cinque le valigie - tre di Francy e due di suo zio - dall’entrata del aeroporto fino alla sua auto - un auto alquanto insolita, di un color rosso pomodoro. A Francesca venne da ridere, ma cercò di trattenersi, per non essere scortese.
«Anch’io la prima volta che la vidi ebbi la tua stessa reazione.» le sussurrò Elena all’orecchio, «Pensa, negli ultimi mesi di scuola mi accompagnava la mattina con quella.»
«Mi dispiace per te!» esclamò, sedendosi sui sedili posteriori dell’auto. Elena si sedette affianco a lei, mentre il signor Salvatore si sedette davanti. Stefan accese il motore e uscirono dal parcheggio. Fecero venti minuti di autostrada per poi infilarsi in una strada desolata circondata da grandi alberi. Erano le cinque e mezza e il sole stava già per tramontare, quando l’auto si bloccò.
«Perché ci siamo fermati, Stefan?» chiese Elena, avvicinandosi al sedile del suo fidanzato.
«Ci sono ancora le bancarelle, non posso passare, dovrò fare il giro.»
«Si festeggia qualcosa?» chiese Francy, incuriosita.
«No. Il sindaco ha bisogno di fondi per ristrutturare il municipio.» le spiegò Stefan.
«Voglio andare a fare un giro.» intervenne il signor Salvatore.
«Certo zio. Elena lo accompagni tu? Potete tornare a casa a piedi.» acconsentì Stefan.
«Con molto piacere. Vuoi venire anche tu, Francy?» chiese gentile Elena alla ragazza seduta al suo fianco, che nel frattempo, dal finestrino, stava osservando con aria emozionata le bancarelle.
«Bè…» Francesca era indecisa. Ci vado o non ci vado?
«Mi farebbe molto piacere se venissi anche tu.» ammise il signor Salvatore, sfoderando di nuovo il suo sorriso migliore.
«Ok, va bene.» annuì Francy, sorridendogli a sua volta per poi scendere dall’auto e, mentre Stefan si dirigeva verso una strada secondaria, la ragazza, Elena e Giuseppe si diressero verso le bancarelle. Una volta entrati nella folla, il signor Salvatore le si mise a braccetto.
La ragazza rimase un attimo sbalordita e l’uomo, accorgendosene, sorrise. «Ho una certa età anch’io e oggi mi sono affaticato molto con il viaggio, spero non ti dia fastidio.»
«Certo che no. Sono qui per questo, Signore.» Francesca rispose prontamente.
«Non riesci proprio a chiamarmi Giuseppe, vero? Va bè, signor Salvatore andrà benissimo.»
Mentre girovagavano guardando le bancarelle, l’attenzione di Francesca fu catturata da un ciondolo. Senza accorgersene lasciò il braccio del signor Salvatore che, nel frattempo, si era fermato a parlare con un suo vecchio amico e prese il ciondolo tra le mani. Era a forma di mezza luna. Non era attaccata al ciondolo verticalmente, ma orizzontalmente; sembrava un sorriso. Doveva essere fatta d’argento. La parte anteriore era incisa con delicati motivi floreali, così come quella inferiore e si poteva aprire. La ragazza adorava i ciondoli antichi e quello doveva esserlo davvero.
«Ti piace?» le chiese il signor Salvatore, appoggiandole una mano sulla spalla.
«E’ bellissimo.» mormorò Francy, ammaliata dal luccichio del ciondolo.
«Lo vuoi? Te lo compro subito se ti piace.» Giuseppe tirò fuori dalla tasca il portafogli.
La ragazza gli bloccò la mano, «No signor Salvatore, è solo un ciondolo. Andiamo, Elena ci sta’ aspettando all’ultima bancarella.» detto questo Francesca gli porse il braccio e, prima di incamminarsi, diede un ultimo sguardo al ciondolo.
«Giuseppe, Francy, vorrei presentarvi la mie migliori amiche: Bonnie e Caroline.» appena raggiunta Elena, questa presentò loro le sue amiche. Bonnie aveva i capelli neri, ricci e corti fino alle spalle. Aveva gli occhi grandi color buio pesto. Francesca le strinse la mano. Sembra simpatica. Caroline, invece, era completamente diversa da Bonnie. Aveva i capelli lisci, biondi e lunghi un poco più sotto delle spalle. Aveva gli occhi di un azzurro che ricordava il cielo d’estate dopo una tempesta. Inoltre, aveva la pelle candida, come una bambolina di porcellana. Era come trovarsi davanti la classica cheerleader.
«Elena ci ha detto che resterai a Mystic Falls per un anno.» disse Caroline.
«Già…» Francy le sorrise. Stupida! Una cerca di fare una conversazione e tu niente.
«Bene, forse è meglio se andiamo.» intervenne prontamente Elena.
Salutarono Bonnie e Caroline e si diressero verso la pensione Salvatore. Appena arrivati, la ragazza si bloccò davanti all’imponente casa. E’ gigantesca!, pensò, spalancando la bocca, Ci possono vivere cento persone e starci alla larga.
«Ma è gigantesca!» esclamò Francy, non potendo trattenere il suo stupore.
«Lo prendo come un complimento.» disse il signor Salvatore, aprendo la porta di casa.
«Credo che mi perderò.» Francesca scherzò, continuando a guardarsi in torno.
«Chi si perderà?» Stefan entrò in soggiorno con dei fogli in una mano e una tazza di caffè nell’altra.
«Io, Stefan. Questa casa è enorme! Non avete una piantina?»
«No.» rispose lui, sfoderando un sorriso a trenta due denti, «Ma ho dei fogli per te.» e così dicendo porse alla ragazza i fogli che aveva in mano. Francy li prese e iniziò a esaminarli:
 
PROGRAMMA DI LAVORO
- 9.00 Sveglia.
- 9.30 Svegliare Giuseppe più colazione.
- 10.00 Pillole per il diabete.
- Dalle 10.00 alle 12.30 momento di svago.
- Dalle 12.30 alle 13.10 pranzo.
- 13.10 alle 15.00 lettura.
- Dalle 15 alle 16.30 riposo pomeridiano per Giuseppe. Tempo libero per te.
- 16.30 Pillola per ferro.
- Dalle 16.30 alle 19.30 Momento di svago.
- Dalle 19.30 alle 20.10 Cena.
- Dalle 20.10 alle 20.30 chiacchiere in soggiorno.
- 20.30 Ora di andare a dormire per Giuseppe.
 
«Dopo che ho messo a dormire il signor Salvatore…emm…devo andare a dormire anch’io?» chiese la ragazza, un po impacciata.
«Certo che no.» rispose Elena, immediatamente, «Vero Stefan?» chiese poi al ragazzo, che nel frattempo aveva finito di sorseggiare il suo caffè.
«Per me va bene.» acconsentì, alzando le spalle, “Puoi stare con noi in soggiorno. Di solito ci sono Jeremy, il fratello di Elena, Bonnie, Caroline e il suo fidanzato, Matt.»
«N - non vorrei disturbare.» balbettò Francesca, un po imbarazzata.
“No che non disturbi, anzi! .» disse Elena, gentile
“Allora…ok.» accettò Francy, ricambiando il sorriso. Mi sa che mi divertirò più del previsto.

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Capitolo 4
*** Nostalgia. ***


NOSTALGIA 
- Capitolo quattro -



 



















«Stefan, accompagni tu Francesca nella sua nuova stanza?» chiese a suo nipote il signor Salvatore.
«Certo.» e, senza il minimo sforzo, Stefan sollevò di nuovo le sue valigie, iniziando a incamminarsi sulle scale, seguito da Francesca. Una volta raggiunto il pianerottolo del secondo piano, i due ragazzi passarono attraverso un corridoio, illuminato da grandi vetrate.
«Questa scala porta alla mia stanza.»  le indicò Stefan, «Questa, invece, è la stanza dello zio.». Erano arrivati quasi alla fine del corridoi quando Francy sentì un profumo intenso di mentolo. Chiuse gli occhi e respirò a fondo, poi gli riaprì per cercare il luogo da cui provenisse quell’intenso profumo. I suoi occhi caddero su una porta mezza aperta. «Quella è la stanza di mio fratello, Damon.» la informò Stefan, tornando indietro e posizionandosi al suo fianco. La ragazza annuì, quasi assente, poi lo seguì fino a giungere davanti a una porta bianca in fondo al corridoio. Nell’aprirla, scricchiolò un po. Stefan entrò per primo e appoggiò le valigie sul pavimento, poi entrò lei e si bloccò. Non ho mai visto una stanza così bella, pensò. «Lo zio l’ha fatta ristrutturare apposta per te, mantenendo però lo stile classico dell’800.» le rivelò il ragazzo, sorridendo divertito per l’espressione sbalordita che il viso di lei aveva assunto.
La stanza era enorme. Le pareti erano di un lilla molto chiaro e il pavimento era stato ricoperto con del legno scuro. Davanti a lei, al centro della stanza, incastonato nel muro, c’era un bellissimo caminetto di marmo bianco pieno di decorazioni. Sopra di esso vi era posizionato un quadro rappresentate una natura morta. «Il caminetto si può accendere?» chiese Francy, mentre con le mani esplorava incuriosita le decorazioni del camino.
«Certo. Vedi quel tasto li vicino?» le indicò un bottone nero, situato vicino al camino, «Ecco, con quello puoi accendere il fuoco e regolarne le temperatura.»
La ragazza annuì e ritornò a ispezionare la stanza. Vicino al camino vi era un’enorme porta-finestra attraverso la quale si poteva raggiungere un balcone privato che dava su un bosco. A destra, addossato alla parete c’era un bellissimo letto a baldacchino. Il materasso era enorme, ci potevano dormire almeno quattro persone probabilmente. Le coperte erano intonate al muro mentre i cinque cuscini, disposti in modo perfetto, erano sia bianchi che lilla. Aveva pure le tendine bianche. Un letto da principessa, in pratica.
«Questo è il letto che utilizzava la figlia della contessa De Lacroix quando veniva in visita a Mystic Falls.» la informò.
«Cosa?! Io dormirò in un letto dove ha dormito una contessa? Oddio!» esclamò, affascinata.
Da parte al letto vi erano due comodini. Uno vuoto e uno con posizionata sopra una lampada. Di fianco al comodino di destra vi era una porta che portava in un’enorme cabina armadio. «Ma non ho così tanti vestiti da riempire tutta la cabina!» disse la ragazza, quasi sconvolta.
«Ma sei hai tre valigie!»
«Eh, lo so, ma non ho portato solo vestiti.»
«Ok, allora ci penseremo noi a riempirlo.»
«In che senso?»
 «Vedrai…» rispose lui, ridendo sotto ai baffi.
Uscita dalla cabina armadio, la giovane si avvicinò al tavolino di vetro circondato da quattro sedie. Sopra di esso vi era posato un vaso contenente dei gigli bianchi con sfumature rosa all’interno. Avvicinò la faccia ai fiori per sentirne il profumo. Mh…soave, pensò. Al di là del tavolo vi era un enorme comò con uno specchio diviso in tre ante. Si direbbe molto antico. Sopra di esso vi erano due profumi retrò degli anni ‘80, con quegli spruzzini - spruzzini? Bo, non so se si chiamano così - morbidi, una spazzola e uno specchietto probabilmente proveniente dallo stesso set. Francy si girò e si accorse che Stefan stava aprendo le finestre per rinfrescare l’aria. Si era fatto buio e riusciva a vedere il lago oltre al bosco solo grazie alla luce della luna.
«Dov’è il bagno, Stefan?» chiese Francesca.
“Ah, sì, è qui.» le mostrò, aprendo la porta che si trovava alla sinistra del letto. Francy entrò, costatando che anche il bagno era bellissimo. Una grande porta finestra dava su un balcone collegato a quello della stanza. A destra vi era un enorme vasca a forma di conchiglia. Sui bordi vi erano sali, oli, bagnoschiuma, candele e una ciotolina color oro contenente dei petali di rosa rossa, bianca e rosa. Affianco ad essa vi era una doccia enorme. A sinistra, invece, c’era un ripiano con incastonati dentro due lavandini e un enorme specchio. Da parte ad esso il gabinetto.
«Allora ti piace?» le chiese Stefan, entrando nel bagno.
«Credo di essermi innamorata.» rispose e entrambi scoppiarono a ridere.
«Bene, almeno lavorare non sarà poi così brutto.»
Lavorare. Me ne sono completamente scordata! Io sono qui per lavorare, non per fare una vacanza. Oh, cavolo! Devo anche chiamare la mamma! Ad un tratto Francesca si irrigidì e il naso iniziò a pizzicarle. Sentiva nostalgia.
«Allora, vuoi rinfrescarti prima della cena?» le chiese Stefan gentile, mentre prendeva degli asciugamani da un mobiletto affianco al gabinetto.
«Emm, in realtà non ho molta fame.»
«Tutto bene?» chiese preoccupato.
«Sì, sì.» annuì, cercando di non guardarlo negli occhi, «Soffro il mal di aereo e poi sono stanca per il viaggio. Se per te va bene io andrei subito a dormire.»
«Come vuoi.» acconsentì, appoggiando gli asciugamani vicino al lavandino.
«Dì a tuo zio che ci vediamo domani mattina.»
«Certo.»
Francy accompagnò Stefan alla porta e, una volta rimasta sola, prese il cellulare dalla borsa che aveva appoggiato sul letto e compose il numero di casa.
«Pronto?»
«Ciao Mamma!» esclamò la ragazza, felice di sentire la sua voce.
«Ciao! Tutto bene? Il viaggio? Siete già a casa?»
«Sì, mamma tutto a posto. Scusa stavi dormendo? Forse era meglio se ti chiamavo domani mattina.»
«No, no, non ti preoccupare.» la rassicurò subito, poi silenzio. Era sempre così, nessuna delle due riusciva ad ammettere che già sentivano la mancanza l’una dell’altra, troppo orgogliose.
«Bene, ora vado. Sono molto stanca per via del viaggio. Notte mamma, ci sentiamo domani.»
 «Notte, Francy.»
Ed entrambe riattaccarono. Francesca fece un respiro profondo, si slegò la coda, si scompigliò un po i capelli e si girò, guardando le valigie. Non avendo voglia di disfarle, decise di farlo l’indomani. Ne aprì solo una, per prendere il pigiama e il beauty. Finito di lavarsi i denti e di cambiarsi, uscì a prendere una boccata d’aria sul balcone. Ad un certo punto qualcosa di nero le passò davanti e, per lo spavento, chiuse gli occhi. Quando gli riaprì, vide che era semplicemente un corvo. Ancora un po impaurita, rientrò in stanza, chiuse le finestre e si infilò sotto le lenzuola. Pose il cellulare sul comodino e, dopo aver puntato la sveglia, spense la luce. L’oscurità l’accolse poco dopo.






Angolo autore
Buongiorno bellissimi! Ecco qui un nuovissimo capitolo. Scusate se i capitoli sono molto corti, ma a quanto pare qualche anno fa non mi piaceva farli lunghetti xD Più avanti, comunque, si allungheranno, I promise v.v
Grazie per le recensioni e per aver messo la FF nelle preferite, nelle ricordate e, spero, nei vostri corazon;)

 

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Capitolo 5
*** Mentolo. ***


MENTOLO
- Capitolo cinque - 












Francesca si svegliò con il rumore della sveglia e il cinguettio degli uccelli in sottofondo. Con i muscoli ancora affusolati dal sonno, allungò il braccio e spense la sveglia, poi piano, piano aprì gli occhi per guardare l’ora. Erano le otto e mezza. Aveva un’ora per prepararsi e disfare le valigie. Lentamente si alzò e, ancora intontita, si diresse in bagno a fare la doccia. Finito quella, tornò in stanza e iniziò a sistemare le sue cose.
Prese il portagioie che suo nonno le aveva regalato per il suo nono compleanno e lo appoggiò di fianco alla spazzola sul comò. Aveva pregato per almeno un mese suo nonno di comprarle quel portagioie, perché simile a quello di una principessa. Il portagioie era dotato di un carillon collegato a una bambolina rappresentate una ballerina. A volte, le piaceva ancora ascoltare la melodia che emetteva. La ragazza ritornò vicino alla valigia e iniziò a svuotarla. Finita la prima, passò alla seconda e poi alla terza. Quando ebbe finito, guardò di nuovo l’orologio. Nove e quindici. Aveva ancora un quarto d’ora di tempo. Visto che vi era bel tempo, Francy decise di indossare un vestitino giallo, stile impero e dei sandali in cuoio marrone. Si truccò e decise di lasciare i capelli sciolti, ma tirati all’indietro con un cerchietto. E, infine, una spruzzatina di profumo.
Riuscì ad uscire dalla stanza perfettamente in orario con il programma e, mentre si incamminava verso la camera del signor Salvatore, sentì ancora quel profumo di mentolo provenire dalla stanza di Damon. Così si chiamava giusto? Francesca mise una mano sulla maniglia della camera del ragazzo e poggiò la testa sulla porta. Mamma Santa che buon profumo!, pensò, E se aprissi lentamente la porta? Solo per vedere da dove proviene questo profumo. Il suo stato di trance fu risvegliato quando sentì la maniglia nella sua mano piegarsi, ma non ero lei a farla muovere! Il panico l’assalì. Oddio cosa posso fare? Di certo non si sarebbe mai fatta trovare lì così. Gli avrebbe dato l’idea di una pervertita che lo stava spiando! Allora, Fra, calmati!
Tornare in camera non poteva, così si nascose dietro una pianta posizionata davanti a una rientranza del muro. Poco dopo, sentì dei passi e pregò e il fratello di Stefan che non la scoprisse. Le preghiere della ragazza furono accolte in quanto il ragazzo passò davanti alla pianta, dietro cui lei era nascosta, senza battere ciglio. Una volta controllato che ci fosse via libera, Francy uscì dal suo nascondiglio e si diresse verso la stanza del signor Salvatore. Una volta arrivata di fronte alla porta della stanza dell’uomo, bussò lievemente e, non udendo alcuna risposta, entrò. Il signor Salvatore era seduto su una sedia che si trovava al centro della stanza e stava leggendo un giornale con il gomito destro appoggiato sul tavolino vicino.
«Signor Salvatore!» esclamò la ragazza sorpresa «Cosa ci fa già in piedi!?»
«E’ da quando ho cinquant’anni che non dormo più di cinque ore a notte.» rispose, chiudendo il giornale, «Vado a fare una doccia, torno subito.»
Annuì e, mentre l’uomo entrava in bagno, iniziò a osservare la stanza. Pareti gialle e pavimento in moquette bianca / giallina. Come disposizione di mobili era molto simile alla sua stanza. La ragazza si avvicinò al camino e iniziò ad osservare le varie fotografie, accorgendosi che raffiguravano tutte la stessa donna, che doveva essere sulla trentina. Capelli biondi, lunghi fino alle spalle e un po mossi. Aveva la carnagione chiara, il che faceva risaltare i suoi occhi verde smeraldo. Francy spostò lo sguardo sulle altre fotografie e la sua attenzione fu catturata da una in particolare. Vi era la stessa donna che abbracciava un uomo. Indossava un abito da sposa bianco, lungo e aderente. In vita aveva una fascia rosa. Dal seno in su, l’abito era fatto di pizzo e copriva il collo. Inoltre, non aveva le maniche e, nella mano sinistra, aveva un bouquet di tulipani bianchi e rosa. I capelli erano stati legati in uno chimion alto, ma alcune ciocche ribelli le ricadevano sul viso.
Sorrideva con amore all’uomo di fronte a lei. Lui indossava uno smoking nero. I capelli castani, ingellati, erano portati all’indietro. Questo viso mi è familiare…
«Non ero niente male in smoking vero?» chiese il signor Salvatore, rientrando in stanza.
«E’ lei?» chiese la ragazza stupita.
«Gli anni passano per tutti.» l’uomo rise.
Francy spostò di nuovo lo sguardo sulla foto. Ha ragione! E’ proprio lui!
«Questo significa che la donna tra le sue braccia è…»
«Mia moglie, Rose Mary.»
«E perché non l’ho ancora conosciuta?»
«Perché è morta.» sussurrò Giuseppe.
Che stupida! Dovevo pensarci subito! Che figura!, si rimproverò. «M - mi dispiace.» balbettò, imbarazzata per la gaffe.
«Non ti preoccupare, è morta trent’anni fa, ormai sono abituato.» le sorrise goffamente.
«E…per quale motivo è morta?» osò chiedere la ragazza.
 «Una malattia. Non mi ricordo neanche il nome…» le rispose, agitando la mano. Bugia. Gli fa ancora male parlare di lei. «Allora, andiamo a fare colazione? Sto morendo di fame!» aggiunse poi, per cambiare argomento. Francy annuì. Giuseppe le aprì la porta e insieme si diressero in salotto.
«Buongiorno.» esclamò Stefan, andandogli in contro.
«Buongiorno.» rispose insieme.
«Vi va di fare colazione in giardino?»
Giuseppe annuì e Francy accennò un “Va bene”
«Perfetto!» esclamò il ragazzo, «Lupe, puoi venire un secondo?»
«Chi è Lupe?» chiese la ragazza sottovoce a Giuseppe.
«E’ la nuova cameriera. Viene a cucinare poi se ne va.» le spiegò, usando il suo stesso tono, «L’abbiamo assunta da poco. Prima facevano tutto i miei nipoti, ma visto che ora siamo di più in casa.»
«Francy voglio presentarti Lupe; qualunque cosa tu voglia magiare dovrai solo dirlo e lei e ti accontenterà immediatamente.»
«Oh, ok. Non credo che avrà problemi, mangio di tutto tranne le carote e le barbabietole.» sorrise.
Lupe era una donna tutto pepe, lo si capiva dallo sguardo furbo e divertito che aveva. Doveva avere sulla sessantina e portava i capelli corti e vaporosi. Il loro colore rosso la facevano sembrare un peperone gigante. Aveva gli occhi color caramello, era un po’ cicciottella e bassa.
«Dov’è Elena?» chiese la ragazza a Stefan.
«Eccomi!» Elena entrò nella stanza, «Buongiorno.»
«Bene, quindi manca solo Damon. Dov’è?» chiese il Signor Salvatore-
Già, me lo chiedo anch’io. Non so spiegarmi il perché, ma muoio dalla voglia di conoscerlo.
«E’ uscito a fare due passi.» rispose suo nipote prontamente, ma poi, vedendo la faccia di suo zio, aggiunse, «Starà per tornare, ha promesso di esserci per colazione.»
Così dicendo ci dirigemmo tutti in giardino. La colazione era servita sotto un grande gazebo. Francy si sedette accanto a Giuseppe e poi rimasi a bocca aperta. La tavola era ricoperta di una moltitudine di cibo. Brioches, frutta, pane, marmellate, cereali…c’era di tutto.
«Credo che non morirò di fame.» tutti scoppiarono in una fragorosa risata.
«Avete iniziato il divertimento senza di me?» intervenne una voce maschile, «Da te, Stefan, non me lo sarei mai aspettato.» aggiunse sarcastico.
Non si girò a guardarlo. Un intenso profumo di mentolo l’assalì all’istante. Conosco questo profumo, pensò.
«Damon, figliolo, fatti abbracciare!» sorrise felice il signor Salvatore.
Il ragazzo si avvicinò allo zio e lo abbracciò. Francesca mantenne sempre lo sguardo sui suoi piedi.
Perché? Perché mi sento imbarazzata? Non lo conosco, non l’ho neanche mai visto in faccia! Fra non fare la stupida! Non è il momento di avere dei complessi!
«Damon vorrei presentarti Francesca. Ti ricordi? Ti avevo già parlato di lei.» la presentò Giuseppe.
La ragazza alzò timidamente lo sguardo, «Piacere.» allungò la mano verso di lui. Damon la fissò per qualche secondo, attraverso i Ray-Ban neri, poi se li tolse scoprendo gli occhi più belli che lei abbia mai visto, di un azzurro quasi grigio, no neanche…di un colore indescrivibile, incorniciati da delle folte ciglia nere, dello stesso colore dei capelli, portati un po spettinati. Il ragazzo fece un sorriso lento, incurvando le labbra solo a destra, le prese la mano e, invece di stringerla, gliela baciò lievemente. Una scossa, ecco cosa sentì Francy quando le sue labbra toccarono la sua mano. Una potentissima scossa elettrica la percorse tutta la spina dorsale. Rimase lì, a fissarlo negli occhi e con la bocca semi aperta, mentre la sua mano era ancora in quella del ragazzo. Francesca mandò giù la saliva molto rumorosamente, anche se in realtà aveva la bocca secca.
«Bene Damon, siediti! Chiamo Lupe per farti portare un caffè.» intervenne il signor Salvatore.
«NO!» urlò la ragazza. Tutti si girarono a guardarla con gli occhi spalancati. «C-ci vado io da Lupe, così non dovrà fare due viaggi.» e così dicendo, si diresse verso la casa. Durante il tragitto sentì gli occhi di tutti su di sè. Finalmente entrò in salotto, dove lupe stava spolverando un vaso. «Lupe, il signor Salvatore vorrebbe che portassi del caffè per suo nipote, Damon.» l’avvertì, ancora con il cuore in gola.
«Certo, lo porto subito.» la donna si disse subito in cucina.
Ok, devo tornare indietro. Francy fece un respiro profondo, si sistemò i capelli e si incamminò verso il gazebo, ma, arrivata quasi alla fine della strada ciottolata, che lo collegava alla casa, inciampò su un sasso e cadde con la faccia spiaccicata al suolo. Figura di merda. «Ahio!» esclamò, troppo imbarazzata per parlare. Una risata fragorosa ruppe il silenzio. Damon stava ridendo, ridendo di lei. Oddio proprio adesso doveva succedermi? Stefan le si avvicinò e l’aiutò ad alzarsi, mentre Elena dava una pacca sulla spalla di Damon per farlo smettere di ridere.
«Grazie, Stefan.» Francesca tornò a sedersi al suo posto.
«Francesca.» iniziò Damon, che era riuscito a ricomporsi.
«Francy.» lo corresse, massaggiandosi il naso.
«Francy.» ricominciò lui, «Hai paura di qualcosa?» chiese, appoggiando il mento sulla mano destra e sistemandosi sulla sedia.
Ma che domanda è? «Eh, sì, come tutti gli umani del resto.» rispose, confusa.
«Hai paura dei ragni?» chiese, stringendo gli occhi per metterla bene a fuoco
«Emm, sì, in effetti ho il terrore dei ragni.»
«Mh, ok. Hai un ragno sulla spalla sinistra.» disse tranquillamente.
Francy girò la testa e lì lo vide, un ragno, sulla sua spalla. Iniziò ad urlare e, alzandosi dalla sedia, si scontrò con Lupe che nel frattempo aveva portato il caffè, facendo si che questo le si rovesciasse addosso. Damon iniziò a ridere. Ti prego fa che sia solo un sogno! Ma sfortunatamente per lei, non lo era. La ragazza corse subito in camera e si buttò sul enorme letto. Bene, ora non solo Damon mi considera un’isterica, ma anche una stupida goffa. Le lacrime iniziarono a scendere. Voglio tornarmene a casa.

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Capitolo 6
*** Farfalle. ***


FARFALLE
-Capitolo sei-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ok, basta piangere Fra! Da quindici minuti, ormai, la ragazza non faceva altro che ripetersi questa frase per cercare calmarsi, ma invano. Lentamente si alzò dal letto e, con la vista appannata dalle lacrime, si avvicinò al tavolino e afferrò il cellulare. Voleva chiamare sua mamma. Si bloccò. Non poteva chiamarla, l’avrebbe di certo svegliata per via del fuso orario. Poi le venne un’idea e con mani veloci compose il numero dalla sua migliore amica.
«Pronto?» la sua voce assonnata la fece sorridere.
«Ciao Eli.»
«Francy? Ma ti sembra l’ora di chiamare?! E’ per caso successo qualcosa?»
Tipico della Eli. Prima ti urla dietro, ma poi subito ritorna dolce, «Non proprio…»
Come poteva diglielo? Come poteva dirle che era un casino unico? Come poteva dirle che aveva rovinato tutto in solo due minuti? Come poteva dirle che il Signor Salvatore l’avrebbe licenziata sicuramente dopo l’episodio di quella mattina? Come?! Ma soprattutto, come l’avrebbe detto a sua madre, che aveva riposto tutta la sua fiducia in lei, confidando che sarebbe riuscita a portare a termine il compito assegnatole? Come avrebbe potuto dirle di averla delusa?
«Vedi…» la ragazza iniziò a parlare, ma poi qualcuno bussò alla porta e si vide costretta a fermarsi, «Un secondo, Eli.», allontanò il cellulare dall’orecchio, «Chi è?»
«Sono io, Francesca, Giuseppe. Posso entrare?» chiese, gentile.
E ora? Lo Faccio entrare o no?, si domandò, indecisa. Si morse l’interno della guancia destra, com’era solita fare quando era molto nervosa, poi parlò di nuovo, «Ehm, certo, entri pure.»
«Francy? Francy ci sei ancora? Porca put…»
«Sì, Eli.» rispose subito all’amica che stava reclamando la sua attenzione, «Scusami, ti devo lasciare…»
«No, fammi capire bene:  mi chiami nel cuore della notte con la voce sconvolta e ora mi dici che devi
attaccare senza neanche darmi una spiegazione?!» alzò la voce Eleonora. Era arrabbiata e ne aveva tutte le ragioni.
«Davvero, scusami, ma adesso devo proprio attaccare. Ti racconterò tutto domani mattina, cioè quando da te sarà mattina. Scusami di nuovo.»
Come risposta, Francy ebbe una serie di parolacce dette in francese, spagnolo e tedesco. A volte avere un’amica che faceva il linguistico non era il massimo. Velocemente, comunque,  spense il cellulare.
Quando si girò, la giovane notò che il signor Salvatore si era seduto sulla sponda del letto e stava osservando come aveva disposto le sue cose. Vendendo che ora era libera di parlare, le fece segno di avvicinarsi e accomodarsi affianco a lui, «Francesca…» iniziò, quando gli fu vicino, «Io…» sembrava non sapesse come proseguire. Non sapeva come dirle che non avrebbe più lavorato in quella casa, ne era certa, e stava trovando delle parole delicate. «Io volevo chiederti scusa per come si è comportato Damon.» disse poi, tutto d’un fiato.
«Come? Non mi vuole licenziare?» chiese, sorpresa.
«Licenziare? E perché mai ti dovrei licenziare?» domandò, anche lui sorpreso.
«Bè, per l’episodio di pochi minuti fa.» abbassò lo sguardo, sentendosi ancora in imbarazzo per la sua goffaggine.
«Ma no, Ma no! Per così poco?»
«A me non sembrava poi così poco, eh.»
«Ti posso assicurare che non è successo niente.» vedendola però non convinta aggiunse, «E poi, se ti può consolare, hai fatto ridere Damon. Era da tanto che non lo faceva. In più, mi ha detto che gli sembri simpatica e che d’ora in poi passerà più tempo a casa visto che si è divertito molto.»
«Davvero?» Chiese, un po’ dubbiosa.
«Certo!» esclamò, sorridendole, «Ora cambiati e quando hai finito scendi in salotto. Devo darti una cosa.» così dicendo l’uomo si alzò dal letto e uscì dalla stanza.
Un senso di sollievo travolse immediatamente Francesca  e, con un sorriso a trentadue denti, si diresse nella cabina armadio per prendere dei vestiti puliti. Dopo qualche minuto di indecisione, optò di indossare una maglietta rosa con scritto sopra in nero “Love sucks”, poi prese una gonnellina nera con dei fiori rosa stampati sopra a alta in vita. Bloccò il tutto con una cintura nera. Successivamente, andò in bagno per lavarsi via le macchie di caffè che aveva sul piede e sul braccio destro, si infilò delle ballerine nere e uscì dalla stanza.
Una volta arrivata in salotto, la giovane si accorse che, oltre al Signor salvatore, nella stanza c’erano anche Stefan, Elena, Damon, Bonnie e Caroline. Tutti l’accolsero con un caldo sorriso. Forse non è andata poi così male alla fine, pensò.
«Francy, visto che starai con noi un anno, voglio che ti senta parte della famiglia. Per questo voglio che accetti questo regalo.» il signor Salvatore le porse una scatolina rossa. Francesca, un po’ timorosa, la prese tra le mani e, prima di aprirla, alzò lo sguardo, accorgendosi che tutti i presenti, ovviamente tranne Giuseppe, avevano una faccia sorpresa. Senza farsi troppe domande, riabbassò gli occhi sulla scatolina e lentamente la aprì. Si bloccò alla vista della collanina che il giorno prima aveva visto alla bancarella d’antiquariato, «Ma come…come ha fatto a comprarla?» chiese, senza parole.
«Segreto.» rispose l’uomo, facendole l’occhiolino.
«Non poso accettare.» scosse la testa, chiudendo la scatolina e porgendola al signor Salvatore.
«Invece sì.» insistette. Lui le porse la scatolina dalle mani, dalla quale tirò fuori la collanina, «Ormai ci ho fatto incidere dietro lo stemma dei Salvatore.» le comunicò, mostrandole il piccolo disegno, «Devi per forza accettarla. E’ un ordine.»
«Oh, allora non posso disubbidire.» acconsentì Francy, girandosi e alzando i capelli per permettergli di allacciarle la collana.
Dopo qualche minuto, la giovane lasciò andare i capelli, prese il ciondolino tra le mani e cercò di aprirlo. Vedendo però che non si apriva, si rivolse a Giuseppe, andatosi a sedere su uno dei divani li vicino, «Credo sia bloccata.» gli fece notare.
 «No, è normale. L’ho fatta sigillare e al suo interno ho fatto mettere della verbena.»
 Verbena?  Aveva un nome famigliare. Dove l’aveva già sentito? Mentre cercava di ricordare, si accorse che tutti si erano girati a fissare Giuseppe, poi le venne un’illuminazione, «Verbena! Ora ricordo! Cos’è, volete tenermi lontana dai vampiri?» scherzò. I presenti, però, sembrarono non cogliere l’ironia delle sue parole, in questo si irrigidirono immediatamente.  Cosa aveva detto per farli reagire così? Ripensò mentalmente alle sue parole, ma non le sembrava di aver offeso qualcuno.
«Ha fatto una battuta!» intervenne poco dopo il signor Salvatore, spezzando il pesante silenzio che era calato sul gruppo. I presenti  si rilassarono e risero.
Non credevo che in America le battute andavano spiegate, pensò stranita.
«Bene, io e Care andiamo.» annunciò Bonnie, poco dopo.
«Vengo anch’io.» si aggiunse Elena.
Le tre salutarono tutti e poi lasciarono la pensione. A quel punto Stefan, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, parlò, «Zio, io ti dovrei parlare.» guardò suo fratello, «Damon, vieni anche tu?»
«Yep!» rispose, semplicemente.
«Ma, io e il Signor Salvatore…» iniziò Francesca, confusa, «Cioè, e il programma?»
«Lo riprenderemo dopo pranzo.» la tranquillizzò Giuseppe, «Perché in tanto non vai a fare un giro in giardino?»
Francy rimase così sola nella stanza. Giocherellò qualche secondo con la collana mantenendo lo sguardo perso nel vuoto, poi uscì. Il giardino della pensione si rivelò qualcosa di magnifico. C’erano un sacco di cespugli di rose, tante aiuole con vari tipi di fiori ed era così grande che si estendeva fino ad un bosco. Chissà, magari anche quello apparteneva alla famiglia Salvatore. Quella casa era qualcosa di indescrivibile. Così antica, trasudante di storia e con un giardino dove non le sarebbe dispiaciuto passare i propri pomeriggi a leggere e a perdersi nei fantastici mondi che solo i libri poteva creare.
 
Mezz’ora dopo, stava ancora camminando, contemplando il verde intorno a lei. La sua attenzione, poi, fu catturata da un bellissimo cespuglio di rose rosse, i suoi fiori preferiti. Si abbassò per riuscire a annusare il loro inteso profumo.
«Ragno!» urlò una voce alla sue spalle, facendola spaventare.
La ragazza si alzò di scatto, impaurita, alla ricerca del tanto odiato animaletto. «Ma qui non c’è nessun ragno!» esclamò, poco dopo.
La voce sconosciuta scoppiò a ridere. Era Damon e stava ridendo di lei per la seconda volta nello stesso giorno.
«Non è carino da parte tua.» gli fece notare, girandosi dalla sua parte, sfoderando il miglior sguardo di rimprovero che avesse.
Si chiuse nelle spalle, «Lo so che non è carino, ma è divertente.»  improvvisamente si fece serio «Mio zio mi ha fatto notare di essere stato scortese con te, questa mattina.»
«O - h.» balbettò. Cavolo, quegli occhi dovevano proprio essere un pericolo per la vita, «N - non fa niente. Non hai fatto niente di grave.»
«Volevo farti sapere che stavo solo scherzando.» fece qualche passo avanti per raggiungerla.
«Ma sì, sì, certo. Ecco…» si bloccò a metà frase, quando notò lo sguardo del ragazzo percorrerle il braccio destro. Damon allungò la mano per prendere la sua e poi la girò, in modo che il palmo fosse rivolto verso l’alto. Lei seguì i suoi movimenti, incantata. Il tutto avvenne come se stessero andando a rallentatore. Naturalmente era la sua impressione. Ma cosa le prendeva?
«Ti sei tagliata.» le fece notare.
Francy abbassò lo sguardo e si accorse del lungo taglio che le attraversava la mano e che aveva causato la fuoriuscita di un bel po’ di sangue. Ma non fece caso all’intenso bruciore - probabilmente si era ferita mentre annusava le rose  - piuttosto si concentrò sulla bellissima sensazione che provava nel vedere e nel sentire la sua piccola mano in quella grande del ragazzo. Poi improvvisamente tutto finì quando Damon mollò la presa. Alzò velocissimamente lo sguardo e si accorse che lui stava fissando un punto nel vuoto, oltre l’orizzonte.
«Scusami ora devo andare.» disse, girandosi e incamminandosi verso la casa.
E lei? Lei rimase lì, a fissare la porta - finestra che qualche minuto prima Damon aveva attraversato, come un emerita deficiente ,sentendo ancora la bellissima sensazione delle farfalle nello stomaco.
 
Damon
Stupido. Ecco cos’era. Un emerito imbecille. Erano le uniche cose che Damon continuava a pensare mentre, a passo veloce, si dirigeva nella sua stanza. C’era mancato poco che avvicinasse la mano alle sue labbra. Ma cosa gli era preso?
Il vampiro iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza in modo nervoso, passandosi continuamente le dita tra i capelli. La tentazione di prenderle la mano era stata troppo forte, forse perché era da un anno ormai che non beveva più sangue umano dalla fonte. No, non era per quello. Era stata colpa del suo sangue, ma non per il fatto che provenisse dalla sua candida pelle ,ma perché aveva un profumo intenso e dolce allo stesso tempo. Poteva sentirne ancora il profumo, ma soprattutto, poteva sentirne il sapore in bocca. Basta!, si impose. Doveva smetterla di pensarci o la fame sarebbe peggiorata. Gli era successa la stessa cosa due anni prima, quando avevo conosciuto Elena, quindi questo non era un buon segno.
La gola iniziò a bruciargli intensamente e, mentre si trasformava nel suo animale preferito, il corvo, re della notte, decise che non si sarebbe più avvicinato a lei, per il suo bene, ma soprattutto per la sua sanità mentale.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore
Buona sera, girls!
Scusate, lo so che è tanto che non aggiorno! Prometto che adesso sarò molto più costante. Anche se devo dire che revisionare i capitoli non è molto facile come sembra xD
Anyway, spero vi sia piaciuto, soprattutto ora che abbiamo anche avuto il POV di Damon.
Un bacio!
 
Ps. Per favore, se trovate qualche errore, fatemelo notare. A volte capita, anche se riguardo mille volte, che qualcuno mi scappi xD

 

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