Sachiko Charms

di Kira Eyler
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Separazione ***
Capitolo 3: *** Fantasmi (Prima Parte) ***
Capitolo 4: *** Fantasmi (Seconda parte) ***
Capitolo 5: *** La storia della scuola ***
Capitolo 6: *** Yoshie Shinozaki ***
Capitolo 7: *** Figli dell'oscurità ***
Capitolo 8: *** La verità (parte 1) ***
Capitolo 9: *** La verità (parte 2) ***
Capitolo 10: *** La verità (parte 3) ***
Capitolo 11: *** Shuryu ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


ATTENZIONE: la seguente storia è molto SPLATTER. Non pensavo di essere "brava" a descrivere scene splatter, ma ci sono riuscita. Io ho avvisato, vedete voi se leggerla o abbandonarla.
AVVISO: la storia ricorda molto quella di Corpse Party Tortured Souls, in Italia anime mai uscito. Potete vederlo comunque coi sottotitoli e se volete vi darò il link nella risposta alla recensione.

                                        Introduzione

Le grida terrorizzate di alcuni bambini rompevano il silenzio nella stanza buia.
Gridavano e piangevano, sperando che qualcuno li sentisse, ma invano: non c'era nessuno, tranne loro e il loro torturatore.
Erano tre: un maschio e due femmine. Avevano mani e piedi legati così forte da fargli male e gli occhi non erano bendati, sfortunatamente.
Un uomo si avvicinò al bambino con in mano delle forbici, si inginocchiò davanti a lui e le aprì.
-No! No! Ti prego! Mamma!- gridò disperato il bambino, mentre delle lacrime gli solcavano il volto. Aveva paura, molta paura.
Paura di morire, paura di soffrire. Perché a lui? Cosa aveva fatto di male per meritarsi quella punizione?
L'uomo gli conficcò le forbici nel ventre e delle gocce scarlatte andarono a finire sul suo viso. Il bambino gridò dal dolore, senza smettere di piangere.
Il signore iniziò a tagliargli con forza carne e pelle, fermandosi al petto del piccolo mentre quest'ultimo, urlando, aveva fatto spaventare di più le sue compagne.
Arrivato al petto, tolse le forbici dal ventre, le chiuse, e iniziò a conficcargliele nel petto.
Il movimento aveva fatto uscire gran parte dell'intestino fuori dal corpo e ora si trovava sul pavimento.
L'uomo, non contento di quello, gli aprì la bocca a forza e, con gesto secco ed immediato, gli tagliò la lingua. Il piccolo rimase mezzo vivo: sarebbe morto tra poco per la gran quantità di sangue persa.
L'adulto si avvicinò ad un banco di legno, ruvido e rovinato. Prese una sega e si avvicinò ad una delle due bimbe, la più piccola, di soli sei anni.
-Ti prego, no! Non voglio morire! Non voglio!- gridò la piccola, vedendo la sega in mano all'uomo che era il suo insegnante.
Il suo insegnante, la persona da cui non si sarebbe mai aspettata nulla del genere.
Era la persona con cui era sempre andata d'accordo, si erano sempre aiutati a vicenda... perché quello, allora?
L'ex insegnante mise la sega un po' sotto il piccolo naso della bimba e iniziò a tagliare, mentre altre grida acute si disperdevano per la stanza perforandogli le orecchie.
L'ultima bimba rimasta aveva chiuso gli occhi e, piangendo, bisbigliava qualcosa sotto voce.
Quando ebbe finito di tagliarle gran parte della testa, la posò sul pavimento affianco a lui. Il pavimento marrone iniziò a tingersi di rosso. Caldo e rosso sangue.
Anche a lei tagliò la lingua.
Non si avvicinò all'ultima bambina, una bambina con i capelli castani raccolti in due codini. Al suo posto, la piccola vide avvicinarsi a lei una bambina della sua stessa età con un vestito rosso e lunghi capelli neri: la cosa che la sconvolse, era che in mano aveva delle forbici enormi.
La mora sorrise sadicamente e, velocissima, conficcò le forbici nell'occhio sinistro della castana. Un fiume di sangue schizzò sulla faccia della vittima e della sua assassina, che rideva malignamente.
-Sachiko, no! Ti prego, basta! Fa male, fa male!- gridò la bambina con i codini a quella col vestito rosso.
La mora, che di nome faceva Sachiko, tirò via le forbici che alla punta avevano l'occhio della piccola: lo aveva perso, aveva perso un occhio.
Altre grida di dolore che, evidentemente, disturbavano Sachiko. Infatti, sparì, mentre l'uomo tagliava la lingua anche all'altra bambina, che pensava a come fosse possibile, per una bimba di sette anni, commettere simili atrocità.

-Un giorno, nella Heavenly Host, una scuola elementare, un'insegnante cadde dalle scale in circostanze misteriose e morì. Sapete che c'è di strano? Morì proprio in questo giorno...-
Raccontò una voce femminile, alla luce fioca di una candela.
-Si dice che, alle sette di sera in punto, si senta qualcuno bussare alle classi ben due volte...- continuò.
Si girò di scatto ad osservare l'orologio e poi il volto dei suoi compagni, facendo ondeggiare i corti capelli biondi.
-E poi una voce femminile che chiede "C'è ancora qualcuno, qui?" seguito da un "Andate a casa, bambini".-
Quando terminò la frase, un tuono ruppe il silenzio.
Poteva dire di essere riuscita a spaventare i suoi compagni, dal loro sguardo terrorizzato. Beh, tutti tranne Vegeta, ma per lei era comunque un bel traguardo.
Avrebbe potuto continuare se non avesse visto l'orologio: le sette di sera. Erano ancora a scuola a quell'ora e non le era mai capitato: i preparativi per la festa di addio, per una loro amica, avevano impiegato molto tempo.
Tutti sentirono bussare due volte alla porta e si voltarono verso essa: erano da soli, chi diavolo era stato?
-Il... fantasma?!- chiese Bulma, con un tono che sembrava più un'esclamazione. 
-C'è ancora qualcuno, qui?- chiese d'un tratto una voce femminile proveniente da dietro la porta.
Bulma, Chichi e Lunch lanciarono un urlo terrorizzato, mentre gli altri erano paralizzati: che la storia fosse vera?
-Andate a casa, bambini.- continuò la voce.
Un tuono fece il suo ingresso con il suo forte rumore e, nello stesso istante, la porta si spalancò. Tutte le ragazze presenti urlarono, mentre i ragazzi erano rimasti a fissare la porta in cerca di una spiegazione plausibile. O forse è meglio dire che Vegeta e Tenshinahn cercavano una spiegazione, mentre Crilin era finito a terra.
La luce si accese e sulla soglia fece il suo ingresso una figura femminile: aveva i capelli rossi, raccolti in una morbida coda alta, e gli occhi castani.
-Prof! Che scherzi sono questi!?- esclamò Chichi, ripresa dallo spavento.
La professoressa scoppiò in una fragorosa risata, per poi parlare: -Avevo ascoltato questa storia e perché mai non fare uno scherzo?-
Mentre i suoi alunni sospiravano di sollievo, lei continuò a parlare allegramente: -In ogni caso, Lunch, hai una visita.-
Lunch guardò la porta della sua aula, aspettando di vedere di chi fosse la visita. Appena vide entrare saltellando una bambina dai capelli biondi verso di lei, un enorme sorriso si dipinse sul suo volto.
-Cuginetta!- esclamò la bambina, saltandole in braccio.
-Yumi!- esclamò Lunch, abbracciandola.
Sul viso della maggior parte degli studenti, si dipinse un sorriso intenerito. La professoressa tossì per attirare l'attenzione di nuovo su di sé.
Tutti, compresa la piccola Yumi, la guardarono.
-Ragazzi, dovreste proprio tornare a casa. So che per una persona è l'ultimo giorno in questa scuola e quindi volete stare insieme, ma credetemi, è ora di andare: i vostri genitori saranno in pensiero per voi.- spiegò dolcemente.
Lunch abbassò lo sguardo, osservando un punto indefinito del pavimento bianco. Quello era il suo ultimo giorno in quella scuola e voleva stare più tempo con i suoi compagni: tutti le avevano detto che non sarebbe cambiato nulla tra loro, ma lei aveva paura di perderli. Perderli per sempre
Bulma notò lo sguardo triste di Lunch e, sospirando, decise di prendere quella bambola di carta che teneva nascosta e di procedere con un piccolo incoraggiamento.
-Professoressa, ieri, su internet, ho scoperto una specie di rituale per rimanere amici per sempre. Potrei, anzi potremo, farlo?- chiese.
La professoressa la guardò, così come tutti gli altri. I rituali, la magia e questa roba simile non le erano mai piaciuti.
Stava per dire di no, ma poi vide lo sguardo implorante e felice di tutti i suoi alunni. I suoi alunni, che per lei erano come dei figli: li voleva molto bene. Li aveva aiutati nelle difficoltà, aveva condiviso con loro gioie e dolori. Perché ora doveva proibirgli di fare quel rituale?
Annuì, comunque non molto convinta.
Bulma e gli altri sorrisero.
La ragazza dai capelli azzurri fece cenno ai compagni di posizionarsi in cerchio e, dopo che questi ultimi lo ebbero fatto, iniziò la spiegazione.
-Dovete ripetere nella vostra mente la frase "Sachiko noi ti imploriamo" tante volte per quanti siamo, quindi...- si fermò un attimo a contare, contando anche la piccola Yumi -...nove volte! E infine, quando tutti hanno finito, strapperemo contemporaneamente un pezzetto di questa bambola di carta.-
Alla professoressa era giunta una sensazione di forte preoccupazione: stavano facendo la cosa giusta? Cosa sarebbe successo se avessero sbagliato qualcosa?
Sospirò e come i suoi alunni iniziò a ripetere quella frase nove volte.
Uno dopo l'altro, tutti smisero. Presero un bel respiro profondo e strapparono insieme la bambola di carta.
Non successe nulla e questo fece tranquillizzare la donna.
-Grazie Bulma!- esclamò Lunch felice, vedendo sorridere anche Yumi.
Avrebbe conservato quel pezzetto di carta come un tesoro prezioso.
Ci fu d'improvviso una scossa di terremoto: non avevano mai avuto nulla di simile. Il terremoto era fortissimo e fece cadere tutti a terra, tra grida di terrore. Non riuscivano nemmeno a raggiungere i banchi e quindi dovevano stare fermi a terra.
Quando videro il pavimento cedere, una sensazione di forte terrore si impadronì di loro. Il pavimento restante era pochissimo e, in pochi secondi, cadde facendo sprofondare gli alunni e la donna in un buio profondo tra grida di disperazione e di terrore.

Salve ragazzi! Sono tornata con un Crossover da incubo e da sangue (?). Yumi è la cuginetta di Laura: l'ho inventata perché mi serve, più in là scoprirete il perché.
Se volete gli episodi di Corpse Party, vi darò il link. In Italia c'è solo il gioco, non l'anime, ma io sono riuscita a trovarlo coi sottotitoli dopo giorni di ricerca xD
Scusate se il capitolo è corto, ma è un'introduzione. Il prossimo sarà più lungo.
Grazie per aver letto, alla prossima.
Kiddo_Asuka <3

 

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Capitolo 2
*** Separazione ***


                                                    Separazione

-Che botta...- sussurrò una voce femminile.
Quella era la voce di Bulma.
La ragazza si mise a sedere sulle ginocchia, massaggiandosi la spalla destra dolorante. L'unica cosa che ricordava era quella di essere caduta insieme ai suoi compagni.
D'istinto iniziò a guardarsi intorno per cercarli, ma non ne intravide nessuno: nessuno ad eccezione di una figura femminile che poco distante da lei si stava alzando.
-Chichi!- esclamò felice.
Si alzò in piedi e percorse, di corsa, la poca distanza che la separava dalla sua migliore amica. Chichi alzò lo sguardo e puntò i suoi occhi scuri in quelli azzurri di Bulma, per poi sorridere, felice di rivederla.
-Tutto bene?- chiese alla turchina.
-Sì, sto bene! Tu piuttosto?- rispose con un'altra domanda Bulma.
-Mi fa un po' male il braccio, ma niente di grave.- 
Bulma abbracciò forte Chichi d'improvviso. La corvina stava per rispondere all'abbraccio, ma poi si fermò.
Guardò uno dei tanti banchi davanti a lei e rimase come paralizzata: non ricordava di aver mai visto quella classe prima d'ora, eppure la sua scuola la conosceva benissimo. Notò poi che, oltre a lei e a Bulma, non c'era nessuno ed era impossibile, visto che tutti erano caduti contemporaneamente e nello stesso luogo.
Posò le mani sulle spalle esili dell'amica e la allontanò dolcemente da lei, guardandola dritta negli occhi.
-Bulma... dove sono i nostri compagni? E la professoressa?- chiese poi, preoccupata.
Bulma abbassò lo sguardo tristemente e dopo un momento di silenzio si decise a rispondere, con tono quasi impercettibile: -Non lo so...-
Chichi strinse i pugni sulla gonna azzurra della sua divisa scolastica. Si aspettava quella risposta, e chissà perché aveva una brutta sensazione.
-Vedrai che saranno fuori di qui e ci staranno aspettando.- sentì poi dire, con tono allegro.
Chichi si ritrovò a sorridere alle parole di Bulma -Giusto! Muoviamoci!-
Iniziarono a camminare verso l'uscita della classe, ma Bulma si fermò un attimo per guardarsi intorno e capire dove si trovava. 
Non assomigliava per niente alla sua scuola. Il soffitto presentava in alcuni punti della muffa e i banchi erano troppo piccoli per appartenere ad una scuola superiore. Inoltre erano tutti impolverati e rovinati.
Il pavimento in alcuni punti era ceduto, e ad ogni passo delle giovani ragazze cigolava.
No, quella non era la loro scuola: sembrava piuttosto un edificio antico e abbandonato. Osservò fuori dalla finestra: pioveva a dirotto, ma la cosa che la incuriosì era un vetro rotto.
Un urlo le fece interrompere i suoi pensieri e si voltò immediatamente a guardare Chichi, ferma davanti ad un foglio attaccato al muro.
-Chichi, cosa c'è!?- le chiese preoccupata. 
-Non può essere, non è possibile! Non può essere!- urlava Chichi. Sembrava che non avesse udito la voce della compagna.
-Calmati, dannazione!- esclamò Bulma afferrando con forza la corvina per un braccio e costringendola a guardarla.
-Come faccio a stare calma dopo quello che ho appena letto!?- esclamò come risposta.
Bulma lasciò la presa e prese a leggere il foglio. Era piuttosto rovinato e alcune parole risultavano impossibili da leggere.
                                                       "Scuola Elementare Heavenly Host - Avviso agli studenti"
Alla ragazza bastò leggere il titolo per rimanere sconvolta. Si portò due mani alla bocca e sgranò gli occhi: erano finite in una scuola elementare, come avevano fatto?
Sperava tanto che fosse solo un incubo molto reale. Aveva sentito parlare molto di quella scuola, ma non in positivo: c'erano state molte disgrazie, da come si raccontava, come quella della maestra caduta dalle scale o del preside che si era ucciso.
Se erano finite lì, erano in una specie di scuola maledetta.
Ora doveva provare a rassicurare Chichi, anche se non sapeva come visto che anche lei era in preda al panico. 
Il cuore le batteva forte e la testa era invasa da mille domande, tutte senza risposta.
Sentiva che quello che le era accaduto c'entrava col rituale, ma non dava molto peso a questa cosa: l'aveva fatto solo per incoraggiare Lunch, non credeva davvero che un pezzo di carta poteva far rimanere le persone amici per sempre.
-Troviamo l'uscita e andiamocene, ok?- chiese Bulma.
Chichi annuì, così uscirono dalla classe e giunsero nel corridoio. Anche lì il pavimento, in alcuni punti, aveva ceduto. Provarono ad aprire una finestra che si trovava lì, davanti a loro, ma senza risultati: sembrava incollata, bloccata da qualcosa
Sospirando dalla rassegnazione, si allontanarono da lì.
Alcuni luoghi erano inaccessibili a causa della mancanza del pavimento e questo le faceva spaventare: non sapevano se il pavimento avrebbe potuto cedere di nuovo.
In quella scuola, oltre loro, non c'era anima viva, quindi i loro amici non potevano essere lì.
Giunsero davanti a delle scale che, probabilmente, portavano al piano terra. 
-Ci sarà di sicuro un'uscita! Corriamo!- disse Chichi allegra, correndo giù per le scale seguita da una Bulma sorridente.
Come infatti pensavano, dopo delle scarpiere c'era la porta dell'uscita. Le scarpe non erano ordinate sulla scarpiera, ma erano sparse a terra come se volessero significare qualcosa. Chichi fu la prima ad avvicinarsi alla porta e afferrò velocemente una delle maniglie, mentre Bulma si era accovacciata per osservare le scarpe.
"Addio Heavenly Host!" pensò allegra la corvina.
Tirò la maniglia, aspettando che si aprisse la porta... cosa che non successe. Bulma che le era stata dietro tutto il tempo sgranò gli occhi e si precipitò ad aiutare l'amica: forse in due sarebbero riuscite ad aprirla. 
Purtroppo non ci riuscirono neanche in due e, tristemente, si abbracciarono. Non potevano uscire, erano bloccate nella scuola maledetta.
Dopo aver camminato per molto tempo invano, alla ricerca di un'altra uscita, si fermarono in quella che sembrava essere un'infermeria. Si sdraiarono sui due letti e sbuffarono.
Se era un sogno, bastava addormentarsi per ritornare alla realtà: e quello era di sicuro un incubo, un brutto incubo. Così, una affianco all'altra, chiusero gli occhi e dopo un paio di minuti si addormentarono. Non passò molto tempo che Chichi si svegliò d'improvviso: le sembrava aver sentito la voce di una bambina che chiedeva aiuto. Era felice, perché aveva finalmente scoperto che lei e Bulma non erano le sole ad essere intrappolate là dentro, ma era anche triste perché, purtroppo, significava che quello non era un incubo ma la realtà.
Si alzò di corsa e stando attenta a non svegliare l'amica uscì dalla stanza, per correre verso la voce.
Correva per il corridoio che ora le sembrava infinito, sperando con tutto il cuore di trovare quella bimba il prima possibile. Le grida della bambina erano troppo reali e non poteva averle sognate, quindi doveva correre per trovarla perché le era parsa anche spaventata.
Ma d'altra parte come non esserlo? Ritrovarsi lì, per una bambina, non era di certo una cosa bella.
-Chichi...-
La ragazza si fermò non appena udì il suo nome. Sembrava un sussurro.
-Chichi...-
Lo sentì di nuovo, qualcuno la stava chiamando. Ma chi? Non le sembrava la voce di nessuno che conosceva.
-Dove sei? Che cosa vuoi da me e come fai a conoscere il mio nome?- chiese Chichi.
Rimase in attesa di una risposta per alcuni minuti, ma non arrivò.
-Chichi...-
Cosa doveva fare? Poteva seguire la voce, vedere chi era a chiamarla, cosa volesse e poi sarebbe tornata indietro da Bulma. Ma la bambina? Non la sentiva più gridare, cosa le era successo?
Alla fine decise di seguire la voce: la bambina poteva cercarla insieme a Bulma dopo, anche se era più importante di una voce che la chiamava. 
Nel frattempo, in infermeria, Bulma era stata svegliata da un rumore simile a quello di una penna che scriveva su un foglio. Cercò di voltarsi per vedere chi stava scrivendo, ma non ci riusciva.
"Non riesco a muovermi..." pensò.
Era completamente paralizzata, non riusciva a muovere nulla: né braccia, né gambe, né niente. 
-Sei venuta a trovarmi, Sacchan?- sentì domandare improvvisamente da una voce. Una voce che aveva un tono tutt'altro che dolce e tranquillizzante.
Davanti a lei iniziò a materializzarsi un'ombra nera, con due enormi occhi gialli. Quella cosa non le sembrava per niente amichevole o buona.
-Sacchan...- ripeté di nuovo l'ombra.
"Chichi, dove sei!? Aiuto!" pensò la ragazza. Non riusciva nemmeno a parlare e a gridare per cercare aiuto, cosa stava succedendo al suo corpo? Dov'era finita la sua amica Chichi? Il pensiero peggiore era quello che quell'ombra le avesse fatto qualcosa di brutto e questo non se lo sarebbe mai perdonata.
L'ombra nera iniziò ad entrare nel corpo della ragazza, che lentamente veniva circondata da una luce viola molto scura.
Voleva gridare, doveva riuscirci, doveva farcela. Non poteva rimanere ferma mentre quell'ombra stava per... ucciderla? 
Questo non le piaceva, provò di nuovo a gridare, ma senza risultati.
Iniziò a piangere silenziosamente: cosa poteva fare, ora?
Raccolse tutto il fiato che aveva nei polmoni e gridò il primo nome che le venne in mente, cercando di liberarsi e sperando che la voce le fosse tornata.
-CHICHI!-
Sì, era riuscita a gridare. Era anche riuscita a liberarsi dalla paralisi e quindi si alzò di corsa dal letto e raggiunse la porta: con suo orrore la vide chiusa da tanti capelli neri.
-Aiuto! Chichi! Dove sei!?- gridò.
Il cuore le batteva al mille: l'ombra era ancora in quella stanza e lei poteva essere attaccata in qualsiasi momento. Istintivamente iniziò ad afferrare ciocche di capelli e a strapparle dalla porta.
Il respiro si faceva sempre più difficoltoso, mentre alcune ciocche di capelli azzurri le rimanevano attaccate al volto a causa delle lacrime e del sudore.
-Sacchan, dove vai?- 
Bulma si girò e, proprio dietro di lei, vide quell'ombra nera. Iniziò a strappare via i capelli con più foga e alla fine, visto che erano troppi, afferrò la maniglia. Con difficoltà riuscì ad aprire la porta, facendo cadere a terra i mille capelli. 
La turchina cadde sul corridoio e si girò solo per vedere l'ombra sparire. Si coprì gli occhi con le mani e iniziò a piangere e a singhiozzare: non sapeva se piangeva per paura o per la gioia di essere riuscita a sopravvivere. Provava mille emozioni in quel momento ed era molto confusa: dov'era Chichi? Non sarebbe tornata in infermeria per cercarla e quindi si alzò. 
Guardò a destra e a sinistra del corridoio, quando la sua attenzione fu catturata da una figura in piedi. Iniziò a correre verso di lei, pensando di aver trovato la sua amica. Appena arrivò, le toccò una spalla: d'improvviso il corpo cadde a terra, rivelando un corpo in decomposizione ricoperto di larve all'interno della bocca, spalancata.
Bulma non riuscì a trattenersi: si ritrovò a terra a vomitare, mentre si massaggiava il ventre con una mano. Gli faceva male, ma almeno si sentiva un po' libera.
Si alzò e continuò a cercare Chichi: chissà dov'era finita.
Percorse per molto tempo il corridoio rimanendo in silenzio, con una forte sensazione di preoccupazione e di paura. Man mano che camminava, il suo cuore batteva più forte.
-Bagno femminile...- sussurrò, leggendo ad alta voce un foglio vicino ad una porta.
Poteva cercare Chichi là dentro, perché no. Forse era andata in bagno e non voleva svegliarla per quello.
Entrò sorridente, ma aveva sempre quella forte sensazione di paura: forse era ancora scossa per l'accaduto.
Le porte dei bagni erano rovinate e alcuni lavandini, insieme ad alcuni specchi, erano rotti. Guardò il suo riflesso in uno specchio rotto e sospirò.
-Chichi, so che sei qui.- iniziò a parlare -Non è stata una bella cosa lasciarmi sola...- strinse i pugni con rabbia, ripensando all'accaduto -... mi hanno quasi uccisa!-
Non ottenne risposta, quindi Chichi non era lì dentro.
Stava per andarsene, pensando in quale altro luogo cercare, quando sentì il rumore di una corda che cigolava e una parola soffocata, che non riuscì a capire. Lentamente si avvicinò al bagno da cui aveva sentito il rumore e lentamente aprì la porta che cigolava.
Il suono della porta e quello dei battiti del suo cuore, la facevano preoccupare: cosa avrebbe trovato una volta aperta la porta? Chiuse gli occhi e li riaprì non appena la porta smise di cigolare.
Cadde in ginocchio con gli occhi sgranati, di fronte a quello che aveva visto: Chichi penzolava con una corda attaccata al collo. 
-NOOOO! Perché!? Perché!?- gridò Bulma tra i singhiozzi. Non capiva il perché del gesto dell'amica.
La testa le scoppiava, le faceva male e le lacrime scendevano come fiumi lungo le sue guance.
-A... iu... to...- 
Bulma alzò lo sguardo: Chichi era ancora viva e cercava di liberarsi dalla corda che aveva legata intorno al collo. 
-A... iu...- ripeté, ma fu interrotta dall'amica.
-Non parlare! Ti libero io!-
Bulma si guardò intorno: doveva trovare un secchio o qualcosa per farle appoggiare i piedi, ma non lo vedeva. Era in preda al panico, soprattutto quando vide le mani di Chichi ricoprirsi di sangue. Uscì dal bagno e, fortunatamente, trovò un secchio.
Al suo interno era pieno di sangue e galleggiavano dei pezzi di intestino, con altri vermi. Alla giovane venne di nuovo da vomitare, ma non poteva fermarsi per farlo: la sua amica stava per morire, doveva muoversi. Afferrò il secchio disgustata e lo svuotò, facendo cadere il contenuto sul pavimento.
Corse di nuovo da Chichi, ma subito dopo lasciò cadere il secchio: l'unico rumore che ruppe quel silenzio che si era appena creato. La corvina aveva smesso di parlare, il viso era diventato completamente bianco e, come se non bastasse, aveva gli occhi sgranati con la saliva che colava dalla bocca spalancata.
Sulla corda e sulle sue mani c'era del liquido scarlatto, del sangue. 
Bulma si lasciò cadere e urlò dal dolore, iniziando a piangere a dirotto. Era tutta colpa sua: quel rituale, ora ne era certa, aveva messo in pericolo la sua vita e quella della sua migliore amica, che era morta. Non se lo sarebbe mai perdonata, mai. Se non lo avesse fatto, quello non sarebbe successo.
Sulla soglia della porta, qualcuno la osservava sorridendo sadicamente: era una bambina, dal vestito rosso e dai lunghi capelli neri che le coprivano anche gli occhi... Sachiko.

Salve a tutti!
Ho molto da dire su questo capitolo: la prima è che le coppie sono state sorteggiate e mi è stato particolarmente difficile scegliere la prima vittima. La seconda è che mi scuso con tutti i fan di Chichi >-< mi dispiace averla uccisa... (e allora perché lo hai fatto? Boh... XD)
Voglio ringraziarvi tutti per le recensioni. Sono state bellissime e mi hanno resa felicissima, non pensavo che l'idea di unire i miei anime preferiti piacesse a qualcuno :')
Se ci sono errori, scrivete nelle recensioni!
Grazie di tutto. Alla prossima,
vostra Kiddo_Asuka <3

 

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Capitolo 3
*** Fantasmi (Prima Parte) ***


Nel bagno femminile c’era un silenzio tombale, interrotto qualche volta solo dai singhiozzi di Bulma.
La ragazza era rimasta inginocchiata davanti al cadavere dell’amica, con le mani alla testa che stringevano i capelli azzurri e il viso arrosato per il pianto. Le lacrime salate scivolavano veloci ed interrottamente dai suoi occhi, bagnando la gonna blu.
Chichi era tutto per lei: un’amica, una confidente e la persona che riusciva a consolarla con un semplice sorriso. Le venivano in mente, come tanti filmati, i giorni e i momenti felici passati insieme a lei, ogni risata e ogni sorriso.
Si era conosciute da molto piccole e in tutti quegli anni la loro amicizia si era solo rafforzata. Ora si sentiva vuota, come se un pezzo di lei fosse stato staccato via con forza.
-Ti porgo le mie più sentite condoglianze, ragazza.- disse una voce femminile con tono basso e dispiaciuto.
Bulma non alzò lo sguardo per vedere chi era stato a parlare, anzi, rimase immobile, coprendosi soltanto gli occhi con le mani e bagnandole velocemente.
-Alle persone rinchiuse qui accadono due cose: muoiono o perdono la sanità mentale. Quelli che la perdono fanno del male alle persone a loro care e dopo essere state avvolte da un manto nero rimangono a vagare qui per l’eternità.- continuò la voce.
Si fermò qualche secondo, forse per vedere una reazione da parte della turchina, cosa che non avvenne.
-Evidentemente alla tua amica è successo questo.-
Questa fu la frase che fece crescere nella ragazza una reazione di rabbia e odio: poteva dire tutto, ma non che la sua amica non fosse normale.
Si alzò e puntò gli occhi carichi di rabbia in quelli indaco, coperti da un paio di piccoli occhiali, della ragazza che aveva di fronte. La ragazza aveva i capelli corti fino alle spalle, dello stesso colore degli occhi; due ciocche erano legate da due anelli rossi e al lato sinistro della testa portava un fermaglio rosso a forma di stella.
Iniziò a camminare a passo spedito verso la ragazza che fino a poco tempo fa le aveva parlato, senza staccarle lo sguardo di dosso.
-Chichi era SANA! SANA, hai capito, brutta stupida!?- esclamò adirata.
Si fermò qualche secondo per respirare affannosamente, mentre altre lacrime scendevano lungo le guance.
-Sana! E non mi importano le tue stupide condoglianze! Puoi anche andare a farti…-
Non finì la frase perché la ragazza la bloccò, mettendole una mano davanti alla bocca. Aveva capito che con lei era inutile parlare: sarebbe rimasta bloccata lì fino a quando non sarebbe diventata pazza.
Scosse la testa debolmente e poi tolse la mano.
-Sta’ attenta: sei l’unica ad essere viva qui.- disse poco prima di sparire.
Bulma si lasciò nuovamente cadere a terra, in ginocchio: Chichi era morta e lei era sola… cosa fare se non aspettare la morte?

                                             Fantasmi (Prima parte)

La professoressa, che di nome faceva Mitsuki, camminava per il lungo corridoio. Si era risvegliata in un’aula da sola e, appena si era accorta che i suoi alunni non erano lì, si era precipitata fuori a cercarli.
Appena uscita aveva trovato un foglio, probabilmente di giornale, a terra e l’aveva preso con sé, decidendo di leggerlo dopo.
Più camminava, più la convinzione che quella non fosse la sua scuola si faceva viva nella sua mente. Si fermò d’un tratto e appoggiò la schiena contro il muro rovinato, iniziando a leggere il foglio che poco prima aveva trovato.
-L’insegnante sorpreso con in mano delle forbici insanguinate è stato ritenuto colpevole dell’omicidio dei quattro bambini; è stato accertato che le forbici in suo possesso  sono state usate per tagliare la lingua ai bambini, portandole alla morte per dissanguamento.- lesse ad alta voce, come per sentire qualcosa e non il silenzio più totale.
Purtroppo quello che lesse la fece rabbrividire. Alzò lo sguardo dal foglio, sentendo una risata di bambina. Restò in silenzio qualche secondo e alla fine concluse che si trattava solo d’immaginazione.
-Inoltre ad una delle bambine è stata asportata con minuzia e precisione chirurgica gran parte della testa…-
Non finì di leggere: si portò le mani alla bocca, lasciando cadere il foglio sul pavimento lentamente.
Pensava al dolore e alla paura di quei poveri bambini, al loro sguardo terrorizzato mentre guardavano il loro insegnante ucciderli. Pensava al dolore, alla rabbia e alla frustrazione dei genitori dei bambini, venuti a sapere della notizia: tutto quel dolore era impossibile.
Sentì di nuovo ridere e si voltò verso una porta poco distante da lei. Istintivamente si asciugò una lacrima che, senza saperlo, le era scivolata lungo la guancia sinistra.
-Accidenti Yuki! Sei davvero brava, ma io sono una campionessa in questo gioco!-
Sentì questa frase e successivamente di nuovo una risata.
Sgranò gli occhi: quella era la voce di Lunch! L’avrebbe riconosciuta tra mille. Ma cosa ci faceva lì con quella Yuki, che sembrava essere una bambina? La stava forse aiutando?
Iniziò a correre verso la porta spalancata dell’infermeria, con addosso una grande preoccupazione e un grande terrore. Quando si affacciò alla soglia, non riuscì a trattenere un urlo.
Lunch era in piedi davanti  ad uno dei due letti dell’infermeria e davanti a lei c’erano due bambine, o meglio due spettri.
Una aveva i capelli castani legati in due lunghi codini e l’occhio azzurro: sì, l’occhio, perché aveva solo uno, il destro. Al posto di quello sinistro c’era una gran chiazza di sangue che scendeva lungo la guancia fino a sporcare il maglione giallo e un po’ della gonna arancione.
L’altra non aveva gran parte della testa, dal labbro inferiore in su. Da quella brutale apertura si vedevano chiaramente i denti e la carne, da cui usciva ancora del sangue che scendeva fino a sporcare il maglioncino rosa, coperto da una salopette rossa.
Entrambe erano circondate da un manto nero come la pece.
Tutte e tre erano voltate verso di lei: anche se nell’aria c’era una sensazione di allegria, la donna non era per niente tranquilla.
-Professoressa, che bello vedervi!- esclamò Lunch, sorridendo, senza muoversi da dove era –Piccole, lei è la mia professoressa.-
-Lu… Lunch! Cosa stai facendo?!- chiese la donna, sperando di non tremare e di risultare seria.
Chissà cosa sarebbe successo se si sarebbero accorti della sua emozione, della sua forte paura.
-Stavo giocando con queste bambine: provo molto dolore per loro, devono aver sofferto tanto e quindi volevo tirargli su il morale.- rispose Lunch, semplicemente.
-Be…Bene! Ora però andiamo via, muoviti!-
Doveva mettere da parte la paura per far spazio al coraggio. Sentiva che tra poco tempo sarebbe accaduto qualcosa di orribile e in quel qualcosa c’entravano lei e una dei suoi amati studenti.
-No.- rispose decisa la ragazza –Voglio rimanere qui, per sempre. Così non dovrò cambiare scuola e non dovrò nemmeno trasferirmi!-
-Cosa dici!? Pensa ai tuoi genitori, pensa a Yumi, pensa ai tuoi compagni!- esclamò Mitsuki, stringendo i pugni e portandoseli davanti al petto.
Sperava con tutto il cuore di averla convinta.
Lunch voltò lo sguardo verso le bambine che, immobili, continuavano a guardare la professoressa. Dopo qualche attimo di silenzio parlò: -Ho pensato già a Yumi, ai miei amici e ai miei genitori. Loro mi hanno assicurato che Yumi sta bene e starà bene se resterò con loro… riguardo ai miei genitori, cambieranno casa senza di me! Sapevano che io non volevo trasferirmi in un’altra città, ma hanno pensato solo al loro volere! Infine, riguardo i miei amici, non sono io a dovermi preoccupare… ma loro.-
La professoressa sgranò gli occhi e iniziò a tremare tutta: quella non era la sua Lunch, non avrebbe mai detto tutte quelle cose; almeno, non le avrebbe mai dette la Lunch dai capelli viola, la sua parte buona. L’ultima frase l’aveva terrorizzata: cosa significava? I suoi alunni erano in pericolo? Quello di sicuro, ma cosa gli era successo?
-Lunch, smettila! Ora ce ne andiamo da qui, cerchiamo tutti i tuoi amici e usciremo da questo luogo!-
Mitsuki si avvicinò a passo spedito verso la sua studentessa, ma proprio mentre stava per afferrarle un braccio una forza invisibile la scaraventò contro un mobile dell’infermeria, sotto un urlo terrorizzato di Lunch.
I due fantasmi fecero un passo in avanti, facendo crollare il mobile sulla donna. Più lottava per toglierselo di dosso, più quel mobile la schiacciava al suolo: le faceva male il braccio, respirava a fatica e il cuore le batteva forte.
Le due bambine si avvicinarono alla professoressa e la pressione sul suo corpo aumentò, tanto da farla urlare dal dolore dopo che sentì qualcosa rompersi all’interno del braccio destro.
-Lunch, corri!- disse con un filo di voce –CORRI!-
Lunch, dopo un attimo di esitazione, corse via dalla stanza; i due fantasmi, invece, sparirono.
La ragazza correva per il lungo corridoio, che ora le sembrava infinito. Non sapeva dove andare e cosa pensare: per la testa aveva solo il pensiero di correre, lontano da lì. Il pavimento in un punto poco distante da lei crollò.
Ora non poteva più proseguire e non poteva neanche tornare indietro: iniziò a respirare a fatica a causa dei singhiozzi, e anche a causa di quello che vide una volta che si voltò. Le due bambine erano dietro di lei, con in mano due grosse forbici.
Il cuore iniziò a batterle a mille e iniziò a tremare tutta: cosa poteva fare? Indietreggiò di un passo, senza staccare gli occhi dalle due bambine che si avvicinavano a lei, seppur lentamente. Indietreggiò di un altro passo ma questa volte scivolò, cadendo di sotto con un forte urlo.
Quando atterrò sul pavimento, sentì una sensazione di calore alla testa. Provò ad alzarsi per vedere cos’era quella sensazione, ma un forte dolore prese possesso del suo corpo. Provò quindi a muovere solo un braccio, ma era completamente paralizzata e ogni volta che tentava di muoversi provava un dolore lancinante.
Delle lacrime iniziarono a scivolare lungo le guance: non voleva morire e soprattutto non poteva, altrimenti avrebbe lasciato Yumi da sola, in balia di due sadici e cinici fantasmi.
Chiuse gli occhi e strinse i denti, sussurrando: -Scusami, Yumi…-
Rimase nel silenzio per pochi secondi, fino a quando un forte dolore al ventre non la fece urlare. Spalancò gli occhi e di fianco a lei vide quello che non avrebbe  mai voluto vedere: alla sua sinistra c’era la bambina senza parte della testa, alla sua destra la bambina con i codini che aveva conficcato le forbici nel suo ventre.
Provò ad urlare per cercare aiuto, ma la voce le era rimasta bloccata in gola. Uscì solo quando dovette urlare di nuovo, ovvero quando la bambina tolse le forbici dalla sua carne.
Seguirono attimi orribili: il fantasma, ridendo, continuava a conficcare le forbici nel ventre della giovane. La smise solo quando lo vide completamente spalancato.
A quel punto aprì le forbici e le conficcò nel ventre aperto e una volta averle tolte si ritrovò con un pezzo di intestino su esse. Rideva pazzamente mentre vedeva scivolare quel pezzo d’organo dalle forbici, fino a farlo finire sul pavimento accanto ad altri organi e sul sangue caldo.
Lunch era morta, ma anche l’altra bambina iniziò a divertirsi. Strinse le forbici nella piccola mano e iniziò a conficcarle nel petto della ragazza ripetutamente, facendo schizzare del sangue sul suo viso e sui suoi abiti.
Si fermò dopo interminabili minuti e sparì, mentre l’altra sparì solo dopo aver messo le forbici, con molta violenza, nella testa di Lunch.
 
 
-Accidenti, non si apre!- esclamò un ragazzo, Crilin.
Dopo aver tentato varie volte, inutilmente, di aprire la finestra, ora sospirava rassegnato. Aveva riconosciuto subito la scuola in cui si trovava, a causa del foglio che si era ritrovato davanti.
Sopra c’era scritto “Avviso agli insegnanti della Heavenly Host”.
All’inizio il cuore aveva iniziato a battergli fortissimo, come se volesse uscirgli dal petto, ma poi si era fatto coraggio pensando di ritrovare tutti i suoi compagni, che non vedeva lì con lui.
Aveva già sentito parlare della Heavenly Host, ma non in positivo, e da quello che sapeva era stata demolita anni fa.
-Non ti sei ancora arreso? Non possiamo uscire da quella maledetta finestra!- disse una voce femminile.
Crilin si voltò verso la direzione da cui proveniva la voce: seduta sulla cattedra rovinata, c’era la sua compagna Lazuli. Era l’unica che aveva visto dei suoi amici.
Il giovane abbassò lo sguardo in un punto indefinito del pavimento. Dopo secondi di silenzio imbarazzante, prese lui la parola: -Credevo che questa scuola non fosse mai esistita…-
Quando alzò lo sguardo si ritrovò gli occhi azzurri di Lazuli addosso. Evidentemente, anche lei pensava che la leggenda della Heavenly Host, la scuola maledetta, fosse completamente inventata: una storia per far spaventare i bambini, insomma.
-Se siamo davvero nella Heavenly Host e le leggende sono vere, deve esserci il fantasma dell’insegnante…-  disse infine Lazuli, puntando lo sguardo davanti a lei e scendendo dalla cattedra.
-T…Tu dici?- chiese Crilin, osservandola andare verso l’uscita della porta e senza ottenere risposta.
Quando la vide uscire, iniziò a correre verso la porta anche lui.
Non poteva rimanere solo e non poteva lasciare da sola Lazuli: in quella scuola sarebbe potuto accadere di tutto. Il pavimento del corridoio era ceduto in alcuni punti, mentre da una parte era impossibile proseguire.
“Avrei preferito seguire gli altri della nostra classe… se lo avessi fatto non sarei qui, ora!” pensò Lazuli stringendo i denti.
Alcuni dei loro compagni avevano preferito non rimanere in classe per occuparsi dei preparativi del festival e ora si trovavano a casa. Tra questi c’erano il miglior amico di Crilin, Goku, e suo fratello.
Il rintocco di un orologio a pendolo li fece sobbalzare dalla paura. Quella scuola era antichissima e distrutta, come poteva un orologio funzionare ancora?
Mentre il ragazzo si riprendeva dallo spavento, vide la sua compagna correre in fondo al corridoio. Cosa le era preso? Decise di seguirla ed iniziò a correre anche lui. Quando la raggiunse, la vide davanti all’orologio con gli occhi sgranati.
Iniziò ad osservare l’orologio: il pendolo era rimasto bloccato a sinistra e le lancette non si muovevano. Era una cosa normale, per lui. Il vetro che conteneva il pendolo, seppur rovinato, rifletteva lui e la sua amica.
Crilin davvero non capiva cosa stava succedendo alla sua compagna. Quando guardò più attentamente il vetro, vide riflesso un’altra sagoma… quella di un bambino.
Si voltò immediatamente e quello che vide gli fece gelare il sangue nelle vane.
Un bambino camminava lentamente verso di loro, con lo sguardo basso mentre i capelli castani gli coprivano gli occhi. Aveva una mano nascosta dietro la schiena, cosa che fece crescere in Crilin una forte preoccupazione.
Indossava un pantaloncino marroncino e un maglione blu, sporchi di sangue: cosa stava succedendo?
Inoltre era circondato da un manto nero, cosa che significava qualcosa di negativo.
Alzò improvvisamente lo sguardo, puntando gli occhi castani, carichi di odio e di pazzia, in quelli di Crilin.
-Chi vuole morire per primo?- sibilò infine, facendo vedere cosa nascondeva nella mano che aveva dietro la schiena, ovvero delle grosse forbici.
-Lazuli… dobbiamo andarcene…- sussurrò Crilin, senza staccare lo sguardo dal bambino.
Nessuna risposta da parte della ragazza.
-Lazuli?-il bambino osservò la ragazza per qualche secondo, poi continuò -Va bene.-
Scattò verso la ragazza aprendo le forbici con un grande sorriso che si allargava sul suo volto.
Quest’ultima era completamente paralizzata. Il corpo non rispondeva ai suoi comandi, tutto quello che poteva fare era chiudere gli occhi.
-Attenta!-esclamò Crilin, prima di afferrarla per un braccio e trascinarla via da quel punto, sbattendola a terra.
Il bambino conficcò le forbici nel vetro dell’orologio, frantumandolo. Per qualche secondo una scintilla di stupore si formò nei suoi occhi, quando vide i cocci di vetro cadere a terra lentamente.
Retrasse le forbici dall’orologio e guardò i due che ora si trovavano vicino la parete, sorridendo di nuovo sadicamente. Vedere quei ragazzi terrorizzati da lui, un bambino di sette anni, lo fece ridere.
-Muoviti, andiamocene!- disse Crilin, vedendo che il bambino era rimasto immobile a ridere. Perché non approfittare della situazione?
-O…Okay…- balbettò la ragazza alzandosi lentamente .
Il bambino allungò la mano in cui stringeva le forbici davanti al petto.
-Fate “ciao ciao”!- disse infine, scattando di nuovo verso di loro.
Anche questa volta i due schivarono il colpo e le forbici andarono a finire contro il muro. I due giovani iniziarono a correre lontano da lì, mentre il piccolo sparì.
Cercavano un posto in cui nascondersi, ma tutti i luoghi sembravano troppo scontati: un bambino che “viveva” lì, conosceva per forza tutti i luoghi di quella scuola, quindi scappare era inutile.
Quando videro, poco distante da loro, una porta spalancata si gettarono all’interno della stanza senza pensarci sopra due volte. Appena entrati chiusero la porta e si lasciarono cadere, respirando affannosamente sia per la corsa sia per lo spavento.
I loro cuori, seppur lentamente, stavano riprendendo i normali battiti ora che lo spavento era passato.
Si guardarono intorno: quella stanza sembrava una piccola biblioteca. Aveva scaffali con sopra alcuni libri quasi dappertutto, e per loro era alquanto strano, perché i libri erano in perfetto ordine e non rovinati come i muri o il pavimento.
Quella sembrava proprio una stanza a parte dal resto della scuola: pulita, ordinata e tranquilla.
-Non riuscirete a scappare in eterno.- disse una voce femminile, che in un primo momento li fece sobbalzare.
Era forse un altro fantasma? Un’amica del bambino che avevano incontrato poco fa?
Quando alzarono lo sguardo, videro la ragazza che, a loro insaputa, qualche istante prima aveva incontrato Bulma. La ragazza chiuse il libro che teneva tra le mani e sorrise dolcemente ai due.
-Io sono Naho, molto lieta di conoscervi.- si presento facendo un piccolo inchino.
Crilin e Lazuli si guardarono negli occhi, come per capire se di quella persona appena conosciuta ci si potesse fidare.
Dopo attimi di silenzio tombale, Crilin decise di chiedere alla ragazza una domanda che da molto gli frullava nella testa e gli dava una grande preoccupazione.
-Sai se oltre a noi ci sono altri ragazzi? Non so, magari li hai visti… insomma, dopo aver fatto un rituale siamo finiti tutti qui.- chiese, guardandola negli occhi color indaco.
Naho si avvicinò ad uno scaffale e posò sopra esso il libro dalla copertina rossa che aveva tenuto in mano. Dopo secondi di silenzio, osservò i due: avrebbe dovuto dirgli tutto quello che sapeva?
                                                                                                                                       Continua…
 
 
Salve ragazzi ^-^
Mi scuso per il ritardo, ma tra un po' inizia la scuola e sono abbastanza occupata O.O Dunque, ho dovuto dividere il capitolo perché era davvero troppo lungo... e questo è il risultato ^^
Sì, per C18 ho scelto di usare il nome umano: Akira l'ha svelato, perché non usarlo? ;) Far morire Lunch è stato molto difficile T-T e siamo a due.
Non vedevo l'ora di far entrare in scena i tre bimbi, ma ne manca ancora una.
Ora avrei un paio di domande: la prima è, secondo voi, devo mettere l'avvertimento "What if?"? E secondo voi lascio l'avvertimento OOC o lo levo? 
Vi ringrazio per aver letto e ringrazio di cuore chi recensisce: GRAZIE!
Alla prossima,
Kiddo_Asuka <3

 

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Capitolo 4
*** Fantasmi (Seconda parte) ***


                                              Fantasmi (Seconda parte)

Yumi si alzò lentamente, tossendo a causa del mucchio di polvere su cui era caduta. Si strofinò gli occhi con le piccole mani e alla fine li aprì.
Osservò con circospezione quello che si trovava intorno a lei.
-Lunch?- chiese, in un tentativo di chiamarla e di rompere quel brutto silenzio.
Non la vedeva, né lei né uno dei suoi compagni. L’avevano forse abbandonata in quel luogo buio e spaventoso? Scosse la testa, per liberarsi da quel pensiero, ma non poté interrompere le lacrime di paura che stavano scivolando lungo le sue guance.
Quel luogo non le piaceva e, anche se Lunch le aveva parlato poche volte di quella scuola, sapeva che una classe così non esisteva: dove era finita?
La sua attenzione fu poi catturata da un banco che si trovava poco distante da lei. Sembrava che ai suoi piedi ci fosse qualcosa… o meglio, qualcuno. Yumi non ci pensò sopra due volte: forse era qualcuno degli amici di Lunch o forse era proprio quest’ultima. Si mise a correre per raggiungere la figura e quando la raggiunse si inginocchiò ed iniziò a scrollarla per svegliarla.
Al posto di svegliarsi, però, la figura si voltò ritrovandosi con la schiena a terra. Yumi urlò.
Era un corpo di una giovane ragazza, dai capelli castano chiaro incrostati di sangue da un lato.  Il viso aveva un’espressione terrorizzata, cosa che a Yumi non piacque per niente.
Si alzò, per andarsene di lì, quando un foglio sul banco davanti a lei la fece fermare. Yumi lo prese tra le mani e cercò di leggere quelle parole.
C’erano le fotografie di quattro bambini, tre femmine e un maschio. Sembravano avere tutti la stessa età, ma cosa poteva significare?
Lesse, seppur sillabando, solo una parte del titolo del foglio, “Ecco i quattro bambini trovati…”, perché fu poi interrotta da qualcosa. Qualcuno le aveva appoggiato una mano sulla spalla.
D’istinto controllò se la ragazza che aveva visto prima fosse ancora a terra e, quando si accertò che era così, pensò solo che fosse qualcuno venuto ad aiutarla. Si voltò e abbracciò quella persona, poggiando la sua testa sulle sue spalle.
Sgranò gli occhi: gli amici di Lunch non avevano la sua stessa altezza, quindi non potevano essere loro. Si staccò di scatto e finalmente poté puntare gli occhi azzurri in quelli neri della persona che aveva abbracciato.
Era una bambina e sembrava avere la sua stessa età, con dei lunghi capelli neri. Indossava un vestito lungo e rosso che sembrava stonare con la sua pelle pallida.
La bambina si mise ad osservare con occhi confusi Yumi.
-Scusami! Ti ho scambiata per… un’amica!- si scusò Yumi, facendo un piccolo inchino e sorridendo nervosamente.
-Non preoccuparti.- rispose la corvina.
Seguirono attimi di silenzio, interrotti dal rumore della pioggia di fuori: sembrava un diluvio, non smetteva più.
Yumi osservò il cielo grigio: possibile che non ci fosse un solo raggio di Sole? Per lei, anche un raggio di Sole, significava gioia o comunque momenti belli, mentre la pioggia eventi catastrofici, e quello non le piaceva.
-Sono Yumi.- disse alla fine, sorridendo.
-Io sono Sachiko…- si presentò anche la mora e un forte tuono irruppe nella stanza.
Yumi urlò e si coprì le orecchie con le mani, cadendo in ginocchio. I tuoni non le piacevano, provocavano un gran rumore che la spaventava.
Aveva sempre avuto paura dei tuoni e ora si trovava lì, dove il tempo non era fantastico e dove potevano esserci tuoni da un secondo all’altro. Chissà dov’era Lunch, la sua cugina preferita. Le loro scuole erano poco distanti da loro e molto spesso aspettava la cugina che uscisse dalla sua scuola per farsi accompagnare a casa; quella volta, sapendo che la cugina avrebbe fatto tardi, si era promessa di andarla a prendere lei alle sette di sera e  così fece.
Senza di lei aveva paura.
Guardò la sua nuova amica. Aveva lo sguardo spento, sembrava privo di emozioni e di sentimenti. Cosa ci faceva lì una bambina della sua stessa età? Aveva eseguito anche lei quel rituale?
-Ti sei persa? Da quanto tempo sei qui?- chiese Yumi, guardandola.
-Da molto tempo.- rispose solamente Sachiko.
-Quindi ti sei persa…- sussurrò la biondina, spostando lo sguardo sul pavimento.
Sachiko annuì.
-Se ti va, possiamo cercare insieme i nostri amici…-propose.
-Certo.-
Yumi, a quella parola, sorrise. Prese Sachiko per un braccio e la trascinò fuori dall’aula, sempre tendendo il foglio che aveva trovato prima in una mano.
Il corridoio le sembrava infinito e, man mano che incontrava cadaveri sul suo passaggio, una domanda si faceva largo nei suoi pensieri: “Morirò anche io o riuscirò ad uscire da qui?”.
Sachiko sembrava del tutto indifferente nel vedere i cadaveri e questo stupì Yumi. Forse essendo lì da molto queste cose non la spaventavano. Visto che la sua compagna si era fermata davanti ad un orologio a pendolo dal vetro frantumato, si fermò a leggere il resto del foglio.
Il titolo era “Ecco i quattro bambini trovati morti all’interno della scuola”. Solo al leggere la parola “morti”, il cuore di Yumi perse un battito. Deglutì sonoramente.
Seguivano, sotto al titolo, le figure di quattro bambini e sotto queste figure vi erano i nomi.
Sotto all’immagine dell’unico bambino maschio vi era il nome d “Ryou Yoshizawa”, probabilmente il suo nome e il suo cognome.
L’immagine a seguire era quella di una bambina con i capelli raccolti in due codini; sotto la sua foto, vi era il nome “Yuki Kanno”.
La terza bambina era con i capelli corti e sotto la sua foto vi era il nome di “Tokiko Tsuji”.
La quarta immagine fu quella che le fece gelare il sangue nelle vene. Era una bambina, troppo simile a Sachiko. La cosa che pensò Yumi fu che fosse una coincidenza, ma quando lesse il nome sotto di essa non riuscì a trattenere un urlo.
“Sachiko Shinozaki”. Lo stesso nome di Sachiko, lo stesso viso, gli stessi occhi… cosa stava succedendo? Decise di osservare Sachiko, per vedere cosa stava facendo.
I capelli corvini fluttuavano e la bambina era ricoperta da un manto nero. Aveva gli occhi sgranati e un sorriso che a Yumi non piacque per niente: sembrava folle, crudele.
-Sa… Sachiko…- balbettò lasciando cadere il foglio.
Non ottenne risposta, ma solo una risata sadica e folle.
Il cuore le batteva forte, sembrava volesse uscirle dal petto. Sachiko: per tutto il tempo aveva parlato con un fantasma e non se ne era accorta. Cosa poteva fare ora? Era paralizzata, non riusciva a pensare più a nulla.
-Povera sciocca! Cosa credevi? Sei solo un’ingenua!- esclamò Sachiko, continuando a ridere appena conclusa la frase.
Yumi cadde all’indietro alla vista delle enormi forbici che Sachiko teneva strette nella mano sinistra.
-N…No… NO!- urlò la bambina.
Si alzò ed iniziò a correre nella direzione da cui era venuta. Mentre correva si guardava spesso all’indietro, per vedere se Sachiko la stesse seguendo, e pensava ad un luogo in cui nascondersi. Tutte le stanze le sembravano troppo stupide per un nascondiglio.
Urlò la parola “Aiuto”, sperando che qualcuno la sentisse. Non aveva però pensato minimamente al fatto che, i fantasmi, sentendola urlare, sarebbero stati attirati da lei. Urlò di nuovo, inciampando su un pezzo di legno che si trovava sul pavimento.
-Non puoi fuggire in eterno, sciocca!-
Sentì urlare.
Si rimise in piedi velocemente, ma, il tempo di fare quell’azione, che il pavimento cedette in un colpo. Urlò nuovamente per lo spavento, riuscendo ad aggrapparsi alla parte di pavimento che non era crollata.
Cercò di rimettersi di nuovo in piedi, ma d’istinto osservò sotto essa.
Sgranò gli occhi terrorizzata: sotto di lei, che la guardava, c’era il bambino che aveva visto sul foglio poco prima, Ryou.
Era in trappola.
Sentì la risata di Sachiko rimbombare nel corridoio poco distante da lei e scoppiò in un pianto a dirotto. Doveva sbrigarsi: forse, se metteva tutta la sua forza nelle braccia, sarebbe riuscita a salire prima che Sachiko la raggiungesse. Doveva tentare.
Mise tutta la sua forza nelle braccia, riuscendo a portare i gomiti sopra il pavimento. Si alzò col busto e, dopo un attimo di difficoltà, si ritrovò sdraiata sul pavimento.
Ryou era rimasto di sotto, anzi, non lo vedeva più; Sachiko non c’era.
Si alzò in piedi e corse verso la prima porta che trovò aperta, nascondendosi sotto uno dei banchi rovinati.
“Aiuto… vi prego…” pensò, stringendo gli occhi. Lo sapeva, non poteva nascondersi per sempre: prima o poi l’avrebbero trovata e lei sarebbe stata in un vicolo cieco, senza via di fuga.
 
Naho sospirò profondamente, guardando i due. Dirgli tutta la verità significava, quindi, non poter assistere al loro terrore. Poi, però, sorrise istintivamente: se gli avrebbe detto di dover placare gli spiriti, sarebbe stato divertente vederli morire lentamente sotto le mani dei quattro bambini.
Oppure, sarebbero morti tra le mani di altri studenti intrappolati lì.
Sorrise per pochissimi attimi e nessuno si accorse del suo sorriso: perché avrebbe dovuto dirgli la verità? Non se ne parlava neanche.
-No… mi dispiace. Purtroppo, ho percepito solo voi, qui.-
Quelle parole fecero gelare il sangue ai due ragazzi: erano soli. Soli con un bambino fantasma armato di forbici che, prima, aveva tentato di ucciderli e probabilmente li stava cercando. La cosa più brutta, però, restava il fatto che i loro amici lì non ci fossero.
Dovevano dunque uscire da quel luogo alla svelta, ma come? La scuola era stata distrutta, non doveva esistere, ma loro erano finiti lì, tornando dunque indietro nel tempo: anche se sarebbero riusciti ad uscire dall’edificio, non c’era modo di tornare al loro mondo.
Naho sorrise di nuovo nel vedere i due ragazzi abbassare lo sguardo tristi e preoccupati.
-Dobbiamo andarcene!- esclamò Lazuli, facendo voltare Crilin verso di lei –Deve esserci un modo per uscire, no? C’è sempre una via di fuga!-
Crilin sospirò. Non riusciva più a capire nulla e non sapeva come agire.
“Qui non c’è una via di fuga.” Si ritrovò invece a pensare Naho.
Un rumore sordo fece distogliere tutti dai loro pensieri e si misero ad osservare la porta, chiusa. Quel rumore metallico, sordo, era stato seguito da un urlo inumano, strozzato e disperato, orribile ad udirsi. Lì fuori stava accadendo qualcosa di orribile, ne erano certi, ma sapevano di non essere i soli ad essere lì, ora.
Si voltarono verso Naho, ma al suo posto non c’era niente: era sparita.
-Dobbiamo uscire da qui.- sussurrò Lazuli, avvicinandosi alla porta.
Crilin annuì e raggiunse la compagna, ancora non convinto di quello che stavano per fare. Aprirono la porta lentamente, facendola cigolare per loro sfortuna. Qualcuno, infatti, sentendo la porta cigolare era giunto da loro e ora li osservava, ridendo sotto voce con un enorme sorriso stampato in volto.
 
-Ma dove diavolo sono finito?- si chiese Vegeta, rinunciando all’ennesimo tentativo di aprire la porta che portava all’uscita.
Si voltò ad osservare le scarpiere e il pavimento, con delle scarpe piccole sparpagliate a terra senza un ordine; questo, lo fece rispondere alla sua domanda: era finito in una scuola, molto probabilmente elementare. Si abbassò a terra a raccogliere un foglio stropicciato.
“Imposta la chiusura della scuola elementare Heavenly Host…” lesse solo.
Era finito nella Heavenly Host? Eppure poco tempo fa era nella sua classe. Decise di trovare un’altra via d’uscita, non poteva rimanere lì, fermo. Risalì le scale, cercando di non notare i molti cadaveri che si trovavano là chissà già da quanto tempo. Erano tutti rivoltanti: alcuni erano morti da tempo, si capiva dalla mancanza quasi totale di carne e pelle e dalle varie mosche e larve che avevano sopra; altri, a giudicare dal sangue che usciva ancora dalle ferite, erano stati uccisi da poco.
Si fermò in cima alle scale: uccisi? Quindi, oltre a lui, c’erano persone malate che uccidevano altre persone? Un buon motivo per trovare in fretta un’altra uscita.
Una risata si levò nella stanza.
Vegeta sgranò gli occhi: con lui non c’era nessuno e, soprattutto, non c’era nemmeno una bambina.
-Devo uscire da qui, subito.- si disse, quasi ordinandosi, per non distrarsi più.
Percorse il corridoio provando ad aprire le finestre che incontrava, ma niente. Tutte le vie d’uscita erano bloccate.
Strinse i denti: doveva esserci una via d’uscita, perché, come si dice, se c’è un modo per entrare deve esserci anche un modo per uscire. Già, ma lui come era entrato lì? Ricordava solo di aver fatto un rituale a scuola e, successivamente, era successo un… terremoto. Era finito lì con un terremoto e, di sicuro, anche il rituale aveva qualcosa a che fare con quella situazione.
Si appoggiò al muro, chiudendo gli occhi. Li riaprì pochissimi secondi dopo, sentendo il muro andare in frantumi e il suo corpo cadere sulle macerie di quest’ultimo.
-Accidenti, se non sto attento qui cadrà tutto, allora?- chiese, alzandosi e senza voltarsi verso l’enorme buco del muro.
Si tolse un po’ di polvere dai vestiti e sbuffò.
-Ridammela…-
Una voce. Un’altra. Questa volta era quella di un bambino, maschio. Aveva un tono basso e quasi malinconico.
Vegeta si voltò verso il posto in cui aveva sentito la voce e vide proprio quello che non avrebbe mai voluto vedere.
In piedi, con una mano portata in avanti come a volere qualcosa, c’era un bambino dai capelli castani, circondato da un mantello nero. Le cose che Vegeta notò subito furono il sangue sul maglione blu e i due rivoli, di sangue, che gli scendevano ai due lati della bocca.
-Ridammela…- parlò di nuovo il bambino.
-Cosa dovrei ridarti? Hai perso un orsetto di peluche, una macchinina, una caramella?- chiese Vegeta incrociando le braccia, sorridendo per quello che aveva detto.
-Ridammi… la mia…-ridisse il bambino.
-Non ho né caramelle, né macchinine moccioso. Quindi va’ via, sono impegnato!-
Il bambino, che di nome faceva Ryou, iniziò ad osservare Vegeta. Sgranò gli occhi in un modo da pazzi e assunse un’espressione che il ragazzo non aveva mai visto sul volto di un bambino: era un’espressione crudele e folle.
-Ridammi la mia…- disse, questa volta con un tono di voce più alto.
Il ragazzo, anche se fuori era tranquillo, dentro di sé aveva un brutto presentimento.
-RIDAMMELA!- urlò Ryou, scattando in avanti.
Vegeta non capì più nulla: in un secondo, si ritrovò a cadere a terra col bambino che lo stava letteralmente strangolando e che continuava a ripetere la parola “Ridammela”.
Il ragazzo strinse le braccia del bambino e provò ad allontanarlo da lui, facendogli almeno allentare la presa: ma nulla. Ryou aveva una forza smisurata per essere quella di un bambino ed inoltre, a differenza degli atri bambini, lo avrebbe fatto fuori.
-Ridammela! Ridammela!- urlò più forte, stringendo la presa.
Vegeta sentì le forze che pian piano lo stavano abbandonando. Riuscì a malapena a voltare la testa verso le macerie del muro e lì, nascosto da mattoni grigi e dalla polvere, poteva intravedere benissimo un piccolo sacco rosso.
Quello che voleva Ryou era forse quel sacchetto?
Decise, per riuscire a liberarsi, di voltarsi per cercare di mettersi a pancia in giù e fermare il bambino. Il fiato cominciò a mancargli: doveva muoversi.
Ryou lo teneva saldo al suolo e tutti i suoi tentativi di muoversi erano vani.
Il fantasma allentò la presa quando Vegeta chiuse gli occhi, stancamente; proprio quello che il ragazzo aspettava.
Con le poche forze che gli restavano, riuscì a scaraventare Ryou lontano da lui, per alzarsi in seguito e correre verso il sacchetto.
Cadde a terra davanti ad esso, riuscendo però ad afferrarlo.
-Ridammi la mia…- disse Ryou, dirigendosi nuovamente verso Vegeta.
-Tieni, stupido moccioso! E vattene!- urlò col fiato che gli rimaneva, allungando la mano nella quale stringeva il sacco verso Ryou.
Ryou l’afferrò dolcemente e assunse uno sguardo più sollevato, sorridendo per la prima volta di felicità.
-La mia lingua…- sussurrò.
Una luce immensa lo avvolse, trascinandolo verso l’alto e facendolo sparire.
Vegeta riprese pian piano a respirare, ansimando, cercando di far tornare nei polmoni l’ossigeno che aveva perso poco prima. Cosa era accaduto? Chi era quel bambino e cosa c’era in quel sacchetto?
-Lì dentro c’era la parte di corpo che il suo assassino gli aveva esportato- affermò una voce femminile, come se avesse letto nel pensiero al giovane –In poche parole, la sua lingua. Sei riuscito a placare il suo spirito e ne restano due, anche se…-
Vegeta si voltò verso Naho, con gli occhi sgranati e stupiti. Ne era sicuro, quella ragazza prima non c’era e non l’aveva sentita arrivare… o forse era distratto dal bambino per accorgersene? No, era impossibile. Qualsiasi persona avrebbe urlato davanti a quel moccioso e lei non lo aveva fatto.
Naho appoggiò una mano su un fianco e si voltò.
-Ferma tu!- urlò Vegeta, ma la ragazza fece finta di non sentirlo.
Vegeta strinse i denti e i pugni: come osava far finta di non ascoltarlo? Si era fermata anche a metà frase e lui aveva due grosse domande: cosa significava “aver placato il suo spirito”? E come “ne restano due”? Cosa significava tutto quello?
-Ti ho detto…-
Non ci fu conclusione per questa frase. Successe in un istante, senza avvertenze: mentre la ragazza spariva, un rumore sordo accompagnato dal suono di un oggetto duro che si rompeva ruppe il silenzio.
Dopo aver subito un forte colpo alla nuca, Vegeta perse i sensi cadendo a terra rumorosamente e pesantemente. Dalla testa iniziò ad uscire qualche rivolo di  sangue.
Un uomo, alto e robusto, afferrò con la mano che aveva libera un braccio del ragazzo ed iniziò a trascinarlo via. La sua espressione non aveva emozioni, sembrava del tutto indifferente alla faccenda. Si avventurò nel buio del lungo corridoio con gli occhi, piccoli e rossi, puntati in avanti.
 
 
Minna, sono tornata ^-^
Ho avuto problemi di computer, scusate se ci ho messo secoli per pubblicare questo capitolo (tra l'altro cortino, ma mi va bene così visto che è la seconda parte del terzo capitolo). Ah, se volete leggere qualcosa su Corpse Party (in particolare sui quattro bambini) vi invito a leggere la mia Os "Blood", lo speciale Halloween ;) sarei curiosa di sapere le vostre opinioni xD scusate lo spazio pubblicità.
Parlando della storia, ho deciso che Vegeta sarebbe stato il primo a placare Ryou, e povero non sapeva nemmeno cosa aveva fatto >-< 
Sachiko e Yumi: secondo voi sono stata troppo cattiva con Yumi? xD
Ringrazio di vero cuore chi recensisce e anche chi legge e ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite *^* grazie!
Alla prossima e buona domenica, 
Kira.

 

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Capitolo 5
*** La storia della scuola ***


                                         La storia della scuola

Tenshinahn si sedette su un gradino della rampa di scale e, facendo questo, sospirò. Non trovava anima viva, ma solo cadaveri: però, il non aver trovato ancora cadaveri dei suoi compagni, lo fece sorridere, perché significava che non avevano fatto la stessa fine degli altri studenti o delle altre persone lì dentro. Questo lo rassicurava, in parte, ma voleva comunque trovarli alla svelta ed uscire di lì, per poter tornare alla loro vita di sempre.
“Dov’è che non ho ancora controllato?” pensò, alzandosi. Guardò la cima della scalinata proprio quando un lampo illuminò il luogo con la sua abbagliante luce e, così, venne l’idea al giovane di controllare sulle scale.
Iniziò quindi a salire le scale, speranzoso, e chiamò a gran voce uno dei nomi dei suoi amici, aspettando una risposta che non arrivò.
Dopo aver salito le scale, si fermò ad osservare il corridoio che si divideva in altri due corridoi.
Osservò il lato destro, sobbalzando quando vide una figura, la quale prima non aveva notato. Era una ragazza, che se ne stava seduta in un angolo con le ginocchia appoggiate al petto e la schiena contro il muro polveroso; guardava immobile davanti a lei, sussurrando qualcosa di impercettibile, mentre si arricciava ripetutamente una ciocca di capelli lunghi, biondi e mossi.
Tenshinahn capì subito che doveva esserle accaduto qualcosa, specialmente quando vide quello che doveva essere la sua divisa: la gonna marrone era sporca di sangue e la camicia bianca era strappata e macchiata lo stesso di sangue.
-Posso aiutarti?- chiese inizialmente, porgendole una mano, ma la ragazza non si scompose.
Tenshinahn si morse il labbro inferiore: quella tipa, non gli piaceva.
-Come ti chiami?- provò con un’altra domanda, facendo scivolare la mano prima tesa lungo il fianco, ma ebbe lo stesso risultato.
Il giovane non capì cosa avesse quella povera ragazza, lo inquietava parecchio.
La vide alzarsi improvvisamente ed assumere un’espressione esasperata e furiosa, guardandolo con i suoi immensi occhi gialli.
-Lasciami stare, maledetta! Non ti ho fatto niente, non ti abbiamo fatto niente! Non otterrai vendetta così!- la sentì esclamare.
Tenshinahn comprese il significato di quelle esclamazioni solo quando, voltandosi, vide una bambina senza gran parte della testa e con delle enormi forbici in mano: Tokiko.
Quello che fece il giovane fu poi come per istinto: afferrò bruscamente il braccio della giovane e si precipitò giù dalle scale, proprio quando Tokiko stava per scattare verso di loro. La giovane continuò a guardare dietro di lei, vedendo Tokiko raggiungerli: così, non si fece più trascinare a forza, ma iniziò a correre veloce, come non aveva mai fatto in vita sua. L’istinto di sopravvivenza, appartenente a qualsiasi essere umano e animale, si era risvegliato e ora avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di salvarsi… qualsiasi.
Correvano entrambi in un tentativo di salvarsi la vita e alla fine si chiusero in un bagno, rovinato e a pezzi.
La ragazza ansimava e il petto si alzava e si abbassava in modo irregolare, mentre si stringeva con una mano la camicia all’altezza del petto, con gli occhi sgranati. Tenshinahn sospirò, asciugandosi il sudore per la corsa, appoggiando la schiena alla porta.
-Ci troverà! Siamo in trappola!- urlò la ragazza, stringendo i pugni davanti al petto.
Tenshinahn si mise un dito davanti alla bocca, come segno di far silenzio, poi parlò: -Non urlare, o ci troverà. Non ho cattive intenzioni, voglio aiutarti!-
La ragazza si morse il labbro inferiore, abbassando gli occhi.
-Non mi hai ancora detto come ti chiami- disse Tenshinahn, sorridendo –Io sono Tenshinahn.-
-Io… Io sono… sono Carolyn…- si presentò la ragazza, abbassando le braccia lungo i fianchi.
-Carolyn?- chiese meravigliato il giovane –Non è un nome giapponese.-
Carolyn scosse la testa, abbozzando un sorriso e rispondendo: -Affatto. Carolyn è un nome inglese, mi sono trasferita qui da pochi mesi…-
Carolyn fece una pausa, abbassando lo sguardo e scoppiando in lacrime. Si coprì gli occhi con le mani e si sedette sulle ginocchia, continuando a singhiozzare rumorosamente, mentre Tenshinahn la guardava interrogativo.
-Pensavo di essere felice! Invece ho perso i miei compagni, ho visto morire la mia migliore amica e sono inseguita dalla sua assassina!- sbottò tutto d’un fiato.
Tenshinahn iniziò a tremare quando un brivido gli percorse tutto il corpo in un attimo.
-MALEDETTA!- urlò Carolyn, balzando in piedi, con gli occhi che lacrimavano per la rabbia –NON OTTERRAI VENDETTA!-
Tenshinahn ora capiva: aveva paura di quella ragazza. Aveva improvvisi sbalzi d’umore e non sapeva cosa avrebbe potuto fare. Ora, infatti, aveva smesso di piangere e si teneva un braccio con l’altra mano, con lo sguardo perso nel vuoto.
-Conosci la storia dei tre bambini? Di quelli morti in questo luogo…- chiese, sempre tenendo lo sguardo basso.
Tenshinahn scosse la testa, deglutendo sonoramente.
Dopo qualche momento di silenzio, Carolyn iniziò a raccontare: -In questa scuola sono avvenuti molti omicidi: i più noti sono quelli dell’insegnante e del preside, scommetto anche tu li conoscerai.-
-Sì. Delle disgrazie.- rispose Tenshinahn.
Carolyn continuò: -Ebbene, oltre quello ce ne sono altre. Il figlio del preside, Yoshikazu, un maestro di questa scuola, rapì ed uccise tre bambini: ad una dei bambini tagliò la maggior parte della testa, agli altri li riempì di forbiciate tanto da farli morire dissanguati. A tutti tagliò la lingua…-
Il ragazzo fece un’espressione disgustata per l’inizio di quella tragica storia.
-…Gli spiriti di quei tre bambini vagano qui, uccidendo chiunque gli capiti a tiro. Il loro dolore ha dato vita a questa stupida e maledetta scuola!-
Carolyn, in quelle parole, mise tutto il suo odio. Chiuse gli occhi e, una volta abbassate le braccia, strinse i pugni, sbattendo un piede a terra e facendo cigolare il pavimento. Il ragazzo l’osservava ora con puro terrore e con attenzione, ed era pronto a scappare.
-Si dice che le vittime siano quattro, ma hanno trovato solo tre corpi. Una bambina ha i codini e le manca un occhio: quella è Yuki Kanno; la bambina di poco fa è Tokiko Tsuji. Stai attento a loro due, sono molto silenziose. Il maschio è quello più pericoloso… si chiama Ryou Yoshizawa.- presentò i bambini, infine.
Neanche il tempo di proferir altra parola, che si vide comparire Tokiko di fronte, con le forbici pericolosamente strette tra le mani. Emetteva un verso simile ad una risata, da far rabbrividire, come solo il suo corpo sapeva fare.
Non perse tempo a dare un colpo mortale alla giovane ragazza, che non ebbe il tempo di chiedere aiuto: un colpo solo. Penetrò la gola con molta violenza, facendo uscire dalla grossa ferita una gran quantità di sangue, rompendo tendini e muscoli in un sol colpo. Non si fermò lì; spinse le forbici sempre più a fondo, fino a quando non dovette fermarsi. Carolyn sputò sangue una volta spalancata la bocca, così da avere all’interno un sapore amaro e ripugnante mentre la gola le bruciava. Sentiva scivolare il liquido scarlatto e caldo lungo il collo e gli occhi chiudersi, il respiro farsi sempre più difficoltoso e infine… vide il buio.
Tokiko, con un gesto secco ed immediato, tirò via le forbici, facendo schizzare del sangue sul suo maglioncino rosa e, una volta a terra, all’interno di quello che rimaneva della sua testa, mentre la testa della vittima rimaneva attaccata al collo da due sottili lembi di pelle.
Tenshinahn, il quale aveva assistito inorridito alla scena, si decise ad aprire la porta in un tentativo di sparire da lì per avvertire i suoi amici: doveva trovarli ad ogni costo.
Sentiva Tokiko ridere e questo non gli piaceva, per nulla. Avrebbe voluto urlare, ma non poteva permettersi di finire come Carolyn, non ora che doveva avvertire i suoi compagni del pericolo! Aveva già girato a vuoto tutta la scuola, prima, senza trovarli; non potevano essersi polverizzati. Nel peggiore dei casi, erano morti e lui non poteva accettarlo.
La prima cosa che vide fu apparire una porta, proprio davanti a lui: senza pensarci su nemmeno un secondo e mettendo da parte lo stupore, l’aprì e si chiuse all’interno di quella che sembrava una stanza con delle docce. C’erano tante docce, tutte rovinate e rotte, con del sangue che scivolava dalle mattonelle bianche.
Dopo quella fila di docce, disposte su entrambi i muri opposti, vi era un’uscita. Il ragazzo, ansimando, decise di non perdere tempo e di recarsi verso quell’immensa fonte di luce ed uscì.
Il cuore aveva ripreso i suoi battiti regolari, così anche il respiro.
-Cosa diavolo è?- si chiese, meravigliato, mentre la pioggia lo bagnava.
C’era una grossa piscina davanti a lui, con l’acqua sporca e cadaveri, putrefatti e non, che galleggiavano o rimanevano sul fondo. Un conato di vomito salì alla bocca di Tenshinahn e il ragazzo dovette trovarsi un angolo in cui sputare tutto.
Qualcosa lo toccò dietro la schiena proprio quando ebbe finito di vomitare; Tenshinahn rimase immobile, rigido, con gli occhi sgranati e terrorizzato: ad averlo toccato era stata una mano molto piccola e già sapeva, sfortunatamente, a chi apparteneva… Tokiko. Non sapeva cosa fare, era in trappola! Si era messo in trappola! La sentì di nuovo ridere e toccarlo nuovamente, stavolta con un dito, per farlo girare: voleva forse che vedesse la morte in faccia?
“Maledetta mocciosa…” pensò Tenshinahn, stringendo i denti, disperato.
“…ad una dei bambini tagliò la maggior parte della testa, agli altri li riempì di forbiciate tanto da farli morire dissanguati. A tutti tagliò la lingua…” questa frase gli tornò a mente come quando un lampo illumina tutto nel buio della notte.
Lei era Tokiko, quella bambina a cui avevano esportato quasi tutta la testa. In poche parole, una vittima. Era troppo piccola, era normale che ora si trovava in queste condizioni, ad uccidere chiunque incontrasse. Provò una pena improvvisa per lei e in un secondo non gli parve più di vedere un fantasma assassino, ma una povera bambina uccisa crudelmente da un pazzo.
Si voltò di scatto.
Tokiko aveva un dito puntato davanti a quello che rimaneva della sua bocca, indicandola, mentre l’altra mano stringeva la salopette rossa. Tenshinahn non capì.
-Stai cercando di dirmi qualcosa?- chiese, abbassandosi all’altezza dello spettro.
Tokiko si avvicinò a lui, accorciando la distanza, sempre indicando quella parte di testa; Tenshinahn non capì, nemmeno quella volta. Quando un manto nero cominciò a mettersi intorno a Tokiko, Tenshinahn fece una corsa disperata e si gettò nell’acqua sporca, facendosi largo tra i cadaveri.
“Guarda cosa mi tocca fare per salvarmi…” pensò disgustato, mentre nuotava di qua e di là cercando di non toccare i cadaveri.
Qualcosa attirò la sua attenzione: una mattonella della piscina era sollevata dalle altre da una parte. Poteva essere semplicemente rotta, ma il giovane vide uscire da lì qualcosa di marrone. Decise di avvicinarsi, togliendo con forza la mattonella e facendola affondare: un sacchetto marrone cominciò a salire in superficie, quando Tenshinahn lo bloccò.
Con una spinta, salì in superficie per riprendere fiato, appoggiando la mano contenente il sacchetto sul bordo della piscina.
Di nuovo si ritrovò Tokiko davanti.
-Tokiko…- disse, ansimando –Conosco la tua storia e, credimi, mi dispiace!-
Salì sul bordo della piscina, rimanendo in piedi davanti alla bambina.
-Non so chi può aver avuto il coraggio di uccidere te ed altri due dei tuoi compagni… se lo sapessi, lo ucciderei con le mie mani!- sbottò, stringendo i pugni e il cordino del sacchetto –Le parole non possono esprimere il tuo dolore, lo so.-
Tokiko rimaneva nella solita posizione, quando Tenshinahn ebbe un’idea: aprì il sacchetto e vide una cosa che lo disgustò parecchio. Vi erano una lingua e una parte di testa in decomposizione. Si fece coraggio e prese entrambe le cose, porgendole alla bambina che allungò le mani, prendendole.
Una luce immensa e bianca la avvolse, costringendo il ragazzo a chiudere gli occhi. Dopo pochi secondi, poté riaprirli: davanti a lui, vi era una bambina piccola, non poteva avere più di sei anni. Si toccava la testa, passando le mani tra i corti capelli castani e aveva gli occhi verdi pieni di tristezza ed incredulità. Era Tokiko, Tenshinahn lo capì dai vestiti uguali, ma non sporchi di sangue.
-Grazie- sussurrò, scoppiando in lacrime –GRAZIE!-
Tenshinahn abbracciò il fantasma, ora buono, della bambina, e sorrise, mentre Tokiko gli bagnava la maglia di lacrime.
-Va tutto bene,- sussurrò il ragazzo, per tranquillizzarla –è tutto finito.-
-No.- rispose secca Tokiko, singhiozzando –Il nostro assassino è in questa scuola e sta facendo altre vittime! Sta’ attento, ti prego.-
Tenshinahn sgranò gli occhi. Vide poi Tokiko volare via, circondata da una luce bianca. Le sue ultime parole lo avevano sconcertato e non poco: un motivo in più per avvertire i suoi compagni.
 
-Lazuli-
La voce di Crilin ruppe il silenzio che si era andato a creare, mentre camminava dietro la ragazza. Lazuli sbuffò, senza voltarsi, ma Crilin prese questo gesto come un accenno a continuare.
-Sai… quel bambino di prima…- iniziò, con sguardo basso, continuando a camminare.
Lazuli invece si fermò, fulminando Crilin con lo sguardo e incrociando le braccia al petto.
-Mi ha quasi uccisa per colpa tua!- esclamò adirata.
Crilin, che non si era mai fermato, ad udire quelle parole inciampò in un tentativo di bloccarsi. La sua vicinanza alla compagna lo fece cadere su quest’ultima, ed entrambi caddero sul pavimento polveroso.
-Accidenti, sei davvero uno…- disse Lazuli ancora più adirata, ma prima di accennare l’offesa si bloccò, notando che il compagno era caduto proprio lì, con la faccia tra i suoi seni, coperti dalla maglia della divisa ma comunque lì.
Crilin si alzò rosso in viso, imbarazzato e dispiaciuto, mentre Lazuli, una volta alzatasi anche lei, strinse i pugni e chiuse gli occhi. Il giovane provò a scusarsi, ma nessuna parola uscì dalla sua bocca, nemmeno un suono.
Almeno, fino a quando Lazuli non lo colpì con uno schiaffo, inaspettato da lui, che lo fece finire a terra. Iniziò a massaggiarsi la guancia rossa, guardando la compagna.
-Questo è per quello che hai fatto prima e per quello che hai fatto ora!- sbottò la giovane, riaprendo gli occhi –Quanti altri ne vuoi?!-
-Scusami… non l’ho fatto apposta in entrambi i casi!- si scusò Crilin, alzandosi, ma continuando a massaggiarsi la guancia colpita.
Con un sospiro di rabbia, il quale forse era un tentativo di ripristinare la calma, Lazuli si voltò, continuando a camminare. Crilin la seguì dopo un po’ di tempo rimasto a fissarla, rinunciando a continuare il discorso dopo quello che era accaduto. Tutto quello che voleva dire era che provava pena per quel bambino, gli dispiaceva tanto e sentiva che gli era accaduto qualcosa di brutto.
Ma cosa in quella scuola era andata bene? C’era stato un incidente e un suicidio e poi credeva che quel bambino c’entrasse qualcosa anche lui con il suicidio del preside.
Quella volta fu lui a bloccarsi, notando un foglio appeso al muro. Cominciò a leggere in mente.

“Dopo la scomparsa di quattro bambini, di cui sono stati trovati tre corpi orribilmente uccisi e mutilati, al preside della Scuola Elementare Heavenly Host, Takamine Yanagihori, è stata imposta la chiusura della scuola.
I corpi dei tre bambini trovati morti sono di Tokiko Tsuji, Yuki Kanno e Ryou Yoshizawa. Il corpo della quarta bambina, Shinozaki Sachiko, figlia di Yoshie Shinozaki, non è mai stato trovato.”

Così si concludeva l’articolo, o meglio questo riusciva a leggersi. Sotto le parole vi erano foto molto piccole, ma comunque visibili per riconoscere il volto delle vittime: uno di quelli, Ryou, era il bambino che avevano incontrato. A Crilin cominciò a fare ancora più pena quel povero bambino e quella scuola ancora più paura, visto che erano morti anche tre bambini.
-So a cosa stai pensando…- sentì dire da Lazuli, con voce più calma. Probabilmente anche lei si era fermata, dopo di lui, a leggere il foglio. La sentì poi continuare: -… ma credimi, non abbiamo tempo di pensare a queste cose. Se oltre quel marmocchio ci sono le due bambine e l’insegnante, i nostri amici possono essere in grave pericolo!-
Crilin la guardò, con gli occhi sgranati: Naho aveva detto che lì non vi erano i suoi amici.
-Ma…- provò a dire quello che pensava Crilin, ma Lazuli lo bloccò.
-Non m’importa di quello che dice quella pazza! Devono esserci per forza, ne sono sicura!- rispose.
Crilin annuì sorridendo alle sue parole.
Stavano per rimettersi in cammino, quando udirono una risata non rassicurante e nemmeno gioiosa. Era una risata di bambina, sadica e quasi disturbante. Crilin e Lazuli raggiunsero di corsa le scale, poco distanti da loro, che portavano al piano di sotto: da lì proveniva quella risata e, anche se col cuore che batteva a mille, dovevano farsi forza per vedere chi era. Si fecero coraggio per arrivare lì, osservando le scale con molta attenzione.
I loro respiri si potevano sentire tanto che erano affannosi. Persero tutto quel coraggio che prima avevano raccolto con un grido, quando videro salire le scale una bambina che, sorridente, aveva in mano delle forbici sporche di sangue: Yuki.
“Onii-chan… Onee-chan…” pensò Yuki con divertimento, nel veder le loro facce terrorizzate e disperate.
 
Bulma si alzò, asciugandosi le lacrime, che non scivolarono più. Quanto tempo era passato? Da quanto tempo stava piangendo? Da quanto tempo era morta Chichi? Cos’era successo mentre lei si trovava lì?
Un manto nero cominciò ad avvolgerla completamente, seppur lentamente, mentre un enorme sorriso le si stampò sul volto: un sorriso folle. La prima cosa che vide, voltandosi verso la porta del bagno, fu un bisturi a terra, sporco, ma affilato e luccicante. Guardò poi Chichi, sciogliendo il nodo della corda e facendo cadere il corpo dell’amica pesantemente a terra.
La trascinò in un angolo del bagno e, sempre guardandola, disse: -Tranquilla, Chichi. Ti ho detto che saremo uscite da qui insieme e insieme usciremo… ma prima, ucciderò chi ti ha fatto questo.-
La lasciò lì, uscendo, e afferrando il bisturi tra le mani. Iniziò ad incamminarsi nel corridoio ridendo sonoramente.
 
 Saaaalveeee <3 
Ehm... sì... non aggiorno da molto e torno con un capitolo cortissimo... perdono, vi prego! Questo è un capitolo di passaggio: dovevo far conoscere un po' di storia ai personaggi, no? XD 
Uccidetemi per  quello che ho fatto fare a Crilin ahahah! 
Tokiko è stata placata, oh yeah... e Bulma è diventata malvagia, lasciando che l'oscurità vincesse sul suo buon senso! Cosa succederà ora? 
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, che hanno letto, e che hanno messo tra le "preferite" e "ricordate" questa storia. Vi adoro :*
Alla prossima, Kira!
P.S.: Dico anche qui che ho aperto una pagina facebook collegata a questo account, si chiama "Kira03". Se volete rimanere informati sulle mie storie, dateci un'occhiata.

 

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Capitolo 6
*** Yoshie Shinozaki ***


                               Yoshie Shinozaki

Ormai le risate di Sachiko erano cessate del tutto e regnava un’atmosfera più tranquilla nella scuola. Yumi però non riusciva ancora a tranquillizzarsi: stava ancora tremando per la paura e non riusciva a togliersi dalla testa lo sguardo e le risate della bambina fantasma.
Deglutì sonoramente per cercare di non piangere e tese poi l’orecchio, per ascoltare qualsiasi suono o rumore che le permettessero di scoprire se all’infuori di quell’aula in cui si era rifugiata c’era del pericolo.
Quando fu sicura che non vi era nulla, si mise a gattoni e strisciò fuori dal banco, strappandosi il vestito rosa e facendosi dei graffi sulle ginocchia a causa del pavimento. Rimettendosi in piedi, notò quelle scie di sangue sulle sue gambe e rabbrividì, stringendo i pugni.
-Mammina… dove sei!?- esclamò, mentre calde lacrime solcarono le sue guance paffute.
Era stanca. Stanca di tutto quel dolore, di tutta quella paura… stanca di vedere cadaveri ovunque e fantasmi. Stanca sia fisicamente che psicologicamente. Voleva dormire, per dimenticare tutto e per risvegliarsi tra le braccia della sua mamma.
S’incamminò verso il corridoio, uscendo e incamminandosi verso un posto imprecisato; probabilmente cercava un’infermeria per riposarsi un po’, visto che in ogni infermeria che aveva visto vi erano dei comodi letti. L’idea di addormentarsi insieme a dei fantasmi non le piaceva, ma ormai preferiva morire a stare ancora in quel luogo.
Le sue preghiere, evidentemente, furono ascoltate: trovò proprio l’infermeria a poca distanza da lei. I suoi occhi s’illuminarono e un enorme sorriso si dipinse sul suo volto, mentre iniziava la corsa verso la stanza illuminata: l’unica ad essere illuminata intensamente. Appena vi entrò, si gettò subito su uno dei due letti uniti, abbracciando il cuscino e poggiandovi sopra la testa, comodamente, con il volto voltato verso la scrivania lì vicino, dove vi era la lampada che emetteva quella forte luce.
Il tempo di chiudere gli occhi beatamente, che qualcosa la fece ricredere sul fatto della pace appena acquisita.
-Sacchan, sei tornata!-
Una maledetta voce acida e velenosa. Strinse gli occhi, sperando di riaprirli più tardi e di non trovare la persona che aveva parlato.
Si sentì quasi accarezzare da qualcosa di gelido e questo la costrinse a spalancare gli occhi. Come temeva, davanti a lei vi era un’ombra nera con due enormi occhi gialli. Fu come d’istinto quello che accadde in seguito: vedendo l’ombra avvicinarsi ancora di più a lei, Yumi lanciò il cuscino, sperando di allontanala. Tuttavia, il cuscino oltrepassò l’ombra tramutandola: l’ombra nera si dissolse, lasciando al suo posto un nuovo fantasma.
Non era un bambino o una bambina, era una donna sui ventisette anni, con i capelli neri e corti. Indossava una camicia bianca stretta, che le metteva in risalto le curve e quasi si mimetizzava con la pelle pallidissima. Anche i pantaloni neri erano stretti, ma Yumi non sembrò badare all’aspetto fisico. Guardava, invece, la testa. La testa che formava un angolo innaturale con le spalle: il collo era rotto.
-Non ti perdonerò- disse la donna, creando una scossa di terremoto.
Yumi si tenne la testa, scendendo di corsa dal letto con un saltello ed avvicinandosi alla porta; pensava di averla lasciata aperta, invece era chiusa con dei… capelli neri?
-Ti ucciderò- continuò il fantasma.
Le scosse non si fermavano: erano sempre più lunghe e violente e facevano tremare tutto. Yumi cadde con le ginocchia a terra emettendo un piccolo urlo, mentre il fantasma si avvicinava a lei lentamente. La bambina pensava al peggio, ormai: era in trappola.
Provò a rialzarsi, ma il terremoto non glielo permise. Più provava ad alzarsi, più cadeva. Si avvicinò allora a gattoni alla porta e provò a strappare alcune ciocche di capelli.
La donna continuava a ripetere quelle due frasi e Yumi desiderava non aver mai lanciato quel cuscino. Non sapeva che quella donna non diceva quelle cose a causa del cuscino ed era troppo spaventata per riflettere sugli altri modi possibili.
Quando la manina di Yumi afferrò un’altra ciocca, si sentì sollevare di peso da due mani fredde e lanciò un urlo: quel fantasma l’aveva presa.
Si dimenò per cercare di cadere giù, mentre fiumi di lacrime ricominciarono a solcare le guance paffute. Il fantasma voltò la bambina verso di lei e Yumi notò subito che lo sguardo era cambiato. Ora aveva la bocca spalancata in un modo orribile e da lì e dalle orecchie uscivano rivoli di sangue. Yumi urlò di nuovo e questa volta ce la mise tutta per farsi sentire da qualcuno.
 
L’odore di sangue e corpi mummificati fece svegliare Vegeta. Si toccò la testa ancora dolorante e poi si alzò dal pavimento giallo, decorato con macchie di sangue. Non ricordava nulla, solo quella donna e quel… marmocchio.
Vegeta diede uno sguardo alla stanza, illuminata solo da una lampadina ad olio appesa al soffitto: cadaveri e sangue ovunque. Al centro della stanza vi era un tavolo, con sopra un corpo e degli strumenti, come delle forbici e delle seghe; dietro il tavolo, appoggiato al muro, vi era un armadio rosso con qualche puntino grigio. Dei secchi colmi di sangue e di parti del corpo umano, come lingue o intestini, erano ovunque, come così lo erano i cadaveri.
Vegeta strinse i denti per trattenere un’esclamazione di stupore; sentiva dei passi rimbombare nel corridoio dopo la porta e un qualcosa che veniva trascinato. Senza perder tempo, il giovane corse a nascondersi nell’armadio: dopo un po’ di titubanza iniziale, lo aprì tirando le maniglie sporche e infine lo richiuse una volta essersi seduto al suo interno.
-NOOO! AIUTO! LASCIAMI!- sentì gridare in modo disperato e folle.
Un tonfo fece finire tutte le grida e Vegeta iniziò a cercare di capire cosa stesse succedendo.
I suoni che si udirono in seguito furono terrificanti e il giovane sperò tanto che nessuno aprisse l’armadio. Il primo suono fu un rumore di ossa rotte, come qualcosa che si staccava via dal corpo. Per gli altri, si udirono solo pezzi di qualcosa che veniva tirato via o strappato con molta foga.
Un altro tonfo, un altro rumore di passi pesanti e un altro trascinamento. Vegeta sospirò profondamente quando i passi si allontanarono e riaprì l’armadio: sul tavolo c’era sangue ovunque. Di sicuro era stato ucciso qualcuno lì, anche se non aveva sentito risate sadiche o altro da parte dell’aggressore.
Uscì velocemente da quella stanza: il corridoio era troppo buio, non riusciva a vedere niente. Doveva uscire da lì comunque, per cercare quella ragazza che gli aveva parlato e chiedere spiegazioni su quel luogo sia su quel bambino.
Dopo un sospiro, si avventurò per il corridoio appoggiandosi al muro con una mano e camminando lentamente, sperando di non incontrare nessun fantasma, mostro o qualsiasi altro essere vivente e non vivente. Continuò ad avanzare per un bel po’, sudando freddo e col cuore che mi martellava nel petto, cercando qualsiasi fonte di luce. In quelle condizioni, senza sapere dove mettere i piedi, era impossibile proseguire; soprattutto quando non sentì più il muro e rischio di cadere. Le cose erano due: o si trovava quasi fuori da quell’inferno, o il corridoio si era diviso in altri due corridoi.
-Questa non è una scuola, è un labirinto- si ritrovò a pensare ad alta voce, stringendo i denti e i pugni.
Un verso mostruoso e inumano rimbombò nelle sue orecchie, facendolo cadere a terra per lo spavento. Una dopo l’altra, si accesero delle lucine nel corridoio e questo gli permise di vedere il volto di quel… mostro?
Aveva una corporatura robusta e indossava una camicia marrone a maniche lunga, sporca di sangue come il maglione verde strappato. La pelle era quasi bluastra e stonava con gli occhi rosso fuoco, dalla quale sgorgava del sangue, mentre tra le mani aveva un grosso martello.
Vegeta si alzò, continuando a guardare quello che si trovava davanti. Poteva approfittare della luce per uscire da quel posto, ma non sapeva cosa sarebbe potuto accadere; quell’essere continuava ad emettere quel verso, stringendo con la mano tremante il martello sporco, cosa abbastanza negativa e pericolosa.
Vegeta si distrasse un attimo da quei pensieri. Credeva di averlo già visto da qualche parte: i capelli neri e corti, spettinati, e la corporatura gli ricordavano vagamente un uomo che aveva visto su internet e di cui si parlava nelle storie del terrore… Takamine, il preside della scuola! A quanto sapeva, aveva un figlio: possibile che quello fosse proprio suo figlio? Se era così, perché si trovava lì e in quello stato?
-Tu… tu sei il figlio del Preside di questa scuola?- chiese, indietreggiando.
Come “risposta” ottenne solo un altro verso mostruoso. Lo vide stringere il martello con entrambe le mani e, quindi, indietreggiò.
-Ho capito, non sai parlare.- lo schernì.
La creatura alzò il martello e Vegeta sgranò gli occhi: ricordava di essere stato già colpito da lui. Un altro colpo e sarebbe morto, questo era sicuro; corse via, mentre il martello sporco di sangue toccò pesantemente il suolo.
Era riuscito a scappare: ora non doveva fare altro che trovare i suoi amici e uscire da lì. Sperava che fossero ancora tutti vivi, anche se qualcosa in lui gli diceva il contrario; quella sensazione era orribile e per togliersi da mente quell’idea doveva solo trovarli: insomma, la scuola era quella. Non potevano essersi volatilizzati nel nulla, dovevano essere lì per forza!
Continuò a correre in cerca dei suoi compagni, maledicendo il giorno in cui avevano deciso di addobbare la classe per la festa d’addio e il giorno in cui si offrì come volontario. “Perché no?” aveva pensato, quel giorno “Almeno, se non svolgo i compiti, sono giustificato!”: ora preferiva aver svolto i compiti e non essersi mai offerto volontario. Sarebbe rimasto a casa e non si sarebbe trovato in quella maledetta scuola e in quella maledetta situazione, inseguito da una specie di zombie malato.
Gli faceva male ammetterlo, ma aveva perso le speranze per riuscire ad uscire da lì. Sarebbe spuntato qualcuno o avrebbe trovato un altro sacchetto, ritrovandosi davanti quel maledetto marmocchio: già, sarebbe stato il colmo rivedere quel bambino. Il colmo della disperazione. Lo odiava e non poteva nasconderlo: lui, un bambino, stava strangolando un ragazzo più grande di lui? No, non riusciva ancora a crederci né ad accettarlo.
-Quanto è grande questa scuola?- si chiese, ansimando, appoggiandosi al muro affianco ad una porta –Aspettate che vi trovi e giuro che finirete male, tutti-
Il tempo di pronunciare quelle parole rivolte ai suoi amici, che si vide comparire davanti la persona che non si sarebbe mai aspettato di vedere…
 
-Corriamo, svelto!- esclamò Lazuli, prima di lanciarsi in corsa verso la direzione dalla quale erano arrivati. Crilin, senza esitazione, la seguì, mentre Yuki rideva.
Non c’era molto da fare; Yuki continuava a stargli dietro e aveva il vantaggio di sparire e comparire dove voleva e quando voleva, mentre i ragazzi potevano contare solo sulle loro forze. Stavano scappando da troppo ormai e non potevano nascondersi.
Dovevano escogitare qualcosa per confondere la bambina fantasma.
-Ho un’idea!- disse Crilin d’improvviso, giungendo di fianco alla compagna senza smettere di correre –Aspettiamo che ci appaia davanti: così, se saremo veloci, potremo correre giù per le scale di prima.-
Lazuli annuì, comunque non molto convinta: potevano morire. Però, era l’unico modo per smettere di correre e di ingannare, forse, Yuki. Così fecero.
Quando Yuki apparve davanti a loro, sferrando le forbici insanguinate pronta a ucciderli, i due ragazzi provarono a voltarsi per cambiare marcia. Yuki fu più veloce di loro, colpendo la ragazza al braccio e strappandole quel pezzo di manica che lo copriva: una scia di sangue cominciò a scivolare dalla ferita, mentre Lazuli, soffocando un urlo di dolore e di sorpresa, la copriva con una mano.
Indietreggiò insieme al compagno che, arrabbiato e preoccupato per via del suo piano andato in frantumi, strinse i denti. Potevano ancora scappare, approfittando del momento di “pausa” del fantasma.
Lazuli, come se l’avesse letto nel pensiero, corse via, di nuovo verso le scale, seguita nuovamente da Crilin. Yuki li guardò allontanarsi e decise di provare a separarli: ucciderli separatamente sarebbe stato più divertente di ucciderli insieme! E poi, provare una nuova “tecnica” d’omicidio non guastava!
I due giovani arrivarono vicino le scale. Crilin si fermò un attimo sulla rampa per riprendere fiato, invece, Lazuli, giunse al piano di sotto. Stava per dire al compagno di muoversi, ma una forte scossa di terremoto la fece cadere al suolo e zittire. Il giovane avrebbe voluto correre dall’amica, ma il terremoto glielo impediva, costringendolo a guardarla dall’alto delle scale.
Fu in quel momento, sotto lo stupore dei due, che un pezzo di soffitto cadde distruggendo le scale e impedendo così ai due di ritrovarsi. Poi, la scossa cessò. Crilin e Lazuli si alzarono e si guardarono con gli occhi sgranati, sospirando.
-E ora!?- domandò Lazuli, stringendo ancora la ferita.
-Deve esserci un’altra via per andare di sotto e viceversa… proviamo a cercarla, altrimenti ritorneremo qui!- rispose Crilin, cercando di rimanere tranquillo.
Lazuli sbuffò, roteando gli occhi: -Va bene.-
Crilin abbozzò un sorriso e ritornò lentamente verso dove si trovava il fantasma di Yuki. Lazuli guardò il nuovo posto: non l’aveva ancora visto e, di sicuro, poteva esserci chiunque. Sperava almeno che quel “chiunque” fosse una persona viva o comunque non uno dei bambini e nemmeno l’insegnante che morì per le scale. Iniziò a pensare fosse proprio colpa di quella maestra se le scale erano crollate, non sapendo che, in realtà, era stata proprio la bambina di prima.
Scosse la testa e decise di esplorare quel nuovo corridoio, con nuove aule. Però tutte erano nelle stesse condizioni e non trovava nessuna rampa di scale che portasse al piano superiore. Si sentiva smarrita più di prima in quel luogo e non riusciva a mantenere il suo carattere freddo e a trattenere la sua paura. Ora sentiva il bisogno di uscire più di prima, specialmente quando trovò l’uscita.
Si fermò ad osservarla, incredula: dopo delle scarpiere vuote e delle scarpe al suolo, si trovava la tanto desiderata e sofferta uscita, quella che li avrebbe portati via da quel luogo infernale per sempre. L’istinto di uscire stava oltrepassando quello di cercare prima i suoi compagni e una nuova rampa. Si avvicinò lentamente alla porta, abbozzando un sorriso sollevato; proprio mentre stava per toccare la maniglia, vi fu un nuovo urlo inumano e straziante, il quale la costrinse a coprirsi le orecchie con le mani.
L’urlo cessò dopo interminabili minuti. Lazuli si osservò la mano con cui si era coperta, fino a quel momento, la ferita provocatagli da Yuki: era sporca di sangue. E quel sangue continuava ad uscire dalla ferita che le faceva ancora molto male.
Doveva trovare qualcosa per medicarsi e, quindi, un’infermeria. Si allontanò dalla porta e ripercorse il corridoio, stando ben attenta a trovare ciò che cercava.
Sgranò improvvisamente gli occhi: dopo un’aula, il corridoio sembrava tingersi di rosso. Strisce di sangue, caldo e rosso sangue, si trovavano sui due muri laterali e sul pavimento, iniziando nello stesso posto e, probabilmente, finendo anche nello stesso posto. Non voleva interrogarsi su cosa fosse successo lì, ma la sua mente collegò l’urlo a quelle strisce, facendola rabbrividire.
Sentì qualcosa mettersi sulla sua spalla: sperava non fosse di nuovo quel bambino o Yuki. Si voltò di scatto, indietreggiando, terrorizzata. Si calmò, almeno un po’, solo quando vide un ragazzo dietro di lei, dallo sguardo smarrito e abbastanza alto.
Gli occhi castani di lui la fissavano, quasi imbarazzato. Abbassò un po’ il capo, facendo ondeggiare i capelli castano chiaro, con dei ciuffi che gli ricadevano sugli occhi e altri sollevati all’insù; due ciocche erano lunghe fin sopra la spalla, mentre le altre erano corte.
Lo vide infilarsi una mano nel pantalone di jeans scuro, scostando il giubbino blu sbottonato che copriva una maglia arancione.
-Mi dispiace, ti ho scambiato per una mia compagna di classe- disse, sorridendo.
Lazuli sospirò sollevata, scuotendo la testa: -Non preoccuparti-, rispose.
Il giovane osservò la ferita della ragazza e subito perse il sorriso, assumendo un’espressione preoccupata; cosa che stupì quest’ultima non poco: non era una sua compagna e chissà quanti morti aveva visto.
Sorrise di nuovo, camminando fino a superarla per poi fermarsi di nuovo. Lazuli si voltò a guardarlo.
-C’è un’infermeria, più avanti. Seguimi!- esclamò, porgendole una mano.
Lazuli si fermò allibita: non voleva accettare aiuti da degli sconosciuti, soprattutto se incontrati lì. La ferita dolorante la costrinse ad accettare. Strinse la mano del ragazzo e si incamminarono insieme verso l’infermeria.
In quel breve tragitto, si presentarono. Lazuli, dopo essersi presentata, raccontò cosa aveva visto e vissuto prima di incontrarlo; anche il ragazzo si presentò. Il nome del giovane, Koito Fuyuma, non era sconosciuto alla ragazza, che ricordò di averlo già sentito nominare da alcuni professori della sua classe. Koito, infatti, era un ex alunno modello della sua stessa scuola; ora aveva diciannove anni e frequentava il primo anno dell’università di medicina in Inghilterra, così le aveva detto.
Anche Koito le raccontò di quello che aveva vissuto: dopo essere finito lì, si era separato dai suoi compagni e, dopo aver litigato con una sua cara compagna, era andato a cercarla.
Quando giunsero davanti la porta dell’infermeria, Koito si bloccò di colpo, guardando seriamente la stanza.
-Ascolta, Lazuli- disse, guardandola –rimani qui fuori. Prendo delle cose ed esco fuori… se vedi la porta chiudersi, urla il mio nome!-
Lazuli lo guardò curiosa.
-Perché? Non posso entrare con te?- chiese. Non voleva rimanere lì fuori da sola.
-In infermeria c’è il fantasma dell’insegnante che si dice cadde dalle scale.- raccontò pazientemente Koito, sorridendole per rassicurarla –Si dice amasse molto i bambini e che avesse una figlia. Se entri qui, la incontrerai sotto forma di ombra nera; ti dirà che sei Sacchan e, chiudendo la porta con dei capelli, prenderà il possesso del tuo corpo costringendoti ad uccidere.-
Lazuli abbassò lo sguardo e annuì. L’insegnante che cadde dalle scale si trovava lì, in quella stanza. Avrebbe voluto chiedere a Koito di più su di lei, ma il ragazzo era già entrato in infermeria. Lo guardava mentre apriva dei cassetti e afferrava alcuni oggetti al loro interno con tutta sicurezza: sembrava essere già stato lì per come si muoveva. Ovviamente vi era già stato, ma non per raccogliere medicine e bende…
Curiosamente, non apparve nessuna ombra. Koito non capì il perché: il fantasma stava già attaccando, ma in un altro spazio chiuso? In quella scuola vi erano gli spazi chiusi che, infatti, rendevano impossibile l’incontro con altre persone. Se si trovavano due persone nello stesso luogo, non si vedevano; per vedersi, avrebbero dovuto placare i tre bambini: Ryou, Tokiko e Yuki, gli ingranaggi degli spazi chiusi.
“Meglio così” pensò, uscendo.
Si allontanò insieme a Lazuli di un po’ dall’infermeria e, dopo averla fatta appoggiare al muro, cominciò a medicarla con quello che aveva trovato.
-Chi è Sacchan?- chiese Lazuli, mentre Koito le alzava la manica della maglia che le copriva la ferita.
Cominciando a strappare delle bende, il ragazzo rispose: -Sacchan è un vezzeggiativo del nome Sachiko. Sachiko è la figlia di Yoshie, lo spirito dell’infermeria, che dopo la morte della madre è stata data per dispersa.- spiegò.
I nome “Yoshie” e “Sachiko” tornarono subito alla mente di Lazuli: li aveva letti su quel foglio! Sachiko, quindi, era stata data per dispersa e a quanto sapeva il suo corpo non fu mai ritrovato: possibile fosse morta anche lei in quella scuola? Uccisa insieme a Ryou, Tokiko e Yuki? Queste domande balenavano senza un perché preciso nella sua mente.
Si risvegliò dai suoi pensieri quando Koito finì di sistemare la benda e la guardò soddisfatto. I loro occhi si incontravano: molto probabilmente stavano pensando la stessa cosa. E sì, sicuramente avrebbero continuato la ricerca, del tutto nulla a causa degli spazi chiusi, dei loro compagni insieme.
 
Crilin, dopo aver girovagato per tutto il piano superiore, si sedette esausto sul pavimento, appoggiando la testa al muro. Non trovava nessuna scala che portasse al piano di sotto: quella, dovette ammettere a malincuore, era l’unica. Sperava con tutto il suo cuore che Lazuli non avesse incontrato Yuki e nessuno di pericoloso: se avesse trovato il suo corpo in un qualsiasi modo senza vita, non se lo sarebbe mai perdonato. Non si sarebbe mai perdonato di averla messa in pericolo. Era tutto per lui, ormai: avrebbe fatto qualsiasi cosa per portarla in salvo.
Chiuse gli occhi, cominciando a ricordare vari episodi scolastici che aveva vissuto con i suoi compagni… con i suoi cari compagni. Il primo fu subito quello del primo giorno di scuola: si erano seduti tutti accanto ai loro amici delle medie e anche lui aveva fatto lo stesso, sedendosi accanto a Goku. E sorrise al ricordare che al terzo giorno di scuola già tutti si parlavano, grazie a Nazos, la più attiva ed energica della classe, forse anche la più folle.
Le risate con tutti loro e i momenti, belli e brutti, gli fecero salire un nodo in gola. Voleva rivederli tutti, vivi. Voleva vederli scherzare su quella scuola una volta usciti tutti insieme. Era successo tutto troppo in fretta.
“-Dovrò trasferirmi per colpa dei miei genitori…-“: per poco Lunch non era scoppiata in lacrime al rivelar quella notizia che fece rattristire tutti.
“-Quando arriverà il Natale, vogliamo festeggiarlo tutti insieme?-“: la proposta di Nazos gli rimbombò nella testa. Sì, mancava poco al Natale e quella proposta Nazos l’aveva fatta esattamente cinque giorni prima del rituale. Voleva sul serio festeggiarlo insieme a tutti loro.
“-Nazos, se ti impegnassi nello studio come fai per ricavare idee per rimanere insieme ai tuoi amici, avresti il voto massimo al posto del solito!-“: anche le battute della professoressa gli mancavano. Per lui non era una professoressa, ma proprio un’amica su cui si poteva contare sempre.
Una nuova scossa di terremoto, più forte delle altre, si manifestò. Crilin si alzò in piedi appoggiandosi al muro per non cadere e asciugandosi velocemente una lacrima. Stava crollando tutto: muri e soffitti. Tutto!
Cadde a terra pesantemente e rotolò sul pavimento quando dei pezzi di soffitto caddero, rompendo il pavimento. Non riusciva ad alzarsi, quella scossa era violentissima: non ne aveva mai sentita una così. Vide il pavimento crollare: una scena uguale a quella con cui era finito nella Heavenly Host. Chiuse gli occhi, perdendo i sensi, quando cadde nel vuoto.
Li riaprì dopo molti minuti… o forse erano ore? Si sentiva il corpo dolorante, ma si alzò ugualmente massaggiandosi la testa. Si trovava dove era prima, anche se il pavimento era ceduto. Anzi, ormai non capiva più dov’era: era cambiato tutto. Il muro era bianco e il pavimento rosso, ora solo con qualche mattonella crollata qua e là.
Guardò alla sua destra e quasi non urlò per ciò che vide: un ragazzo si materializzò proprio in quel punto. La cosa curiosa, era che aveva i capelli pettinati in modo strano: capelli neri “a palma”. Guardò Crilin con i suoi occhi neri, così particolari che li avrebbe distinti ovunque.
Il nuovo ragazzo sorrise. Lo stesso fece Crilin, mentre i suoi occhi si inumidirono per la gioia: non riusciva a crederci. Ma era anche preoccupato.
-Sei tu…- sussurrò, iniziando a piangere felice -…Goku!-
 
 
 
Angolo Autrice:
Voglio un premio, ora xD ho aggiornato in tempo, yeeee *esulta* Ehm... cosa c'è da dire? Molte cose! 
In questo capitolo presento Yoshie Shinozaki, la mamma di Sachiko, che si è scoperto infestare l'infermeria (e Yumi ha incontrato sia la figlia sia lei. Povera amorino mio!). Presento anche un nuovo personaggio, Koito Fuyuma: sarà un alleato o è anche lui un fantasma che infesta quel luogo? 
Incontriamo anche Yoshikazu, il figlio del preside, colui che ha ucciso Tokiko, Yuki e Ryou (leggasi primo capitolo per la parte dell'omicidio). Chi avrà visto Vegeta?
Gli spazi chiusi, quelli che non permettevano ai nostri protagonisti di incontrarsi, sono crollati: ora che possono incontrarsi e che Yuki, Tokiko e Ryou sono diventati buoni, riusciranno a tornare a casa?
Cosa ci fa Goku lì, se non ha fatto il rituale con loro? Chi è Nazos? Lo scoprirete nel prossimo capitolo X3
Alla prossima, Kira <3

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Capitolo 7
*** Figli dell'oscurità ***


ATTENZIONE: ritornano i morti e, di conseguenza, anche le scene splatter.

                                        Figli dell'oscurità

-Questa era bella grossa…- sussurrò Koito, alzandosi da terra.
La scossa aveva fatto cadere lui e Lazuli a terra e, quando avevano riaperto gli occhi, la scuola era completamente cambiata. Le strisce di sangue erano completamente svanite e l’infermeria si trovava molto indietro rispetto a loro, in un posto in cui prima non era. Anche i muri e il pavimento erano cambiati. Koito sgranò gli occhi e sorrise, felice: aveva intuito cos’era accaduto ed era più che lieto della meravigliosa notizia, tanto da non riuscire a contenerla.
Lazuli, invece, era stupita da tutto ciò, poiché, al contrario del nuovo compagno, non aveva ancora capito cosa fosse accaduto.
-Gli spazi chiusi sono crollati…- sussurrò il giovane felice, per poi esclamare, più a se stesso che a Lazuli, come se fosse stato da solo: -SONO CROLLATI!-
Lazuli si alzò e tirò la manica del giubbino del compagno per attirare la sua attenzione. Lui la guardò, distratto dai suoi pensieri.
-Cos’è che sono crollati?- chiese Lazuli, imbarazzata.
Koito rimase stupito da questa domanda, ma, dopo alcuni minuti di silenzio, spiegò che in quella scuola i tre fantasmi avevano creato degli spazi chiusi, luoghi che non permettevano a nessuno di vedere i loro cari, nemmeno se erano nello stesso luogo nello stesso momento. Spiegò anche che, per essere crollati, gli spiriti di quei tre bambini erano stati placati completamente… o meglio, quasi completamente.
La ragazza fu felice della notizia. Potevano finalmente tornare a casa, dopo tutto quello che era accaduto!
Sentirono un nuovo urlo, questa volta da bambina; sembrava terrorizzato e disperato. Subito dopo, dalla porta dell’infermeria ora lontana, videro uscire una piccola figura. Man mano che si avvicinava a loro correndo, si poteva chiaramente vedere che fosse una bambina dai capelli biondi: Lazuli la riconobbe subito… era Yumi, la cugina di Lunch! Quando la vide, fece per afferrarla, ma la bambina, sorpassandola, continuò a correre lontano, verso una meta imprecisata del buio corridoio.
Lazuli non capiva cosa le fosse successo: si lanciò subito al suo inseguimento, lasciando Koito a guardarla confuso. Tuttavia, dopo essersi ripreso, decise anche lui di correre dietro a Lazuli e a Yumi: Yuki, Tokiko e Ryou potevano, forse, non attaccare più, ma vi era ancora Sachiko… e Yoshikazu. In parole povere, non poteva lasciarle da sole.
Correndo per il corridoio, le perse di vista. Pensando a dove andare, senza fermarsi, inciampò su qualcosa e cadde a terra pesantemente. Si mise a sedere, toccandosi il naso e la bocca dolorante: quando guardò la mano, vide che era sporca di sangue. Stava perdendo sangue e non sapeva nemmeno come fermarlo, senza acqua né ghiaccio in giro.
Si voltò con rabbia per vedere su cosa era inciampato… ma quando lo fece, il sangue gli si gelò nelle vene facendogli emettere un’esclamazione di sorpresa e di dolore.
A terra vi era una ragazza. I capelli viola erano sparsi sul pavimento, con una mano pallida posata morbidamente su di loro. L’altra mano era posata sul petto, martoriato con ripetute forbiciate. Koito le osservò il volto, mentre gli occhi gli si inumidirono: aveva un occhio chiuso, mentre l’altro era fuori dall’orbita, attaccato ad essa solo per un filo rosso. Koito si alzò e, tremante, raggiunse il corpo della ragazza, dalla quale sgorgava del sangue. Le ginocchia erano sollevate da terra ed ora erano rigide, mentre la gonna arancione era sollevata a mostrare la sua biancheria.
Anche se la maglia bianca era diventata rossa a causa del sangue, Koito riconobbe quel corpo. Lo riconobbe eccome. Si inginocchiò affianco a lei, accarezzandole i capelli dolcemente e sporcandoli di sangue a causa della sua mano ancora sporca.
-Rika…- sussurrò nello stesso istante in cui le lacrime cominciarono a solcargli il volto, cadendo sul corpo morto di Rika, la compagna con la quale aveva litigato poco prima. E proprio quel litigio gli tornò in mente…
 
 
…Koito e Rika si trovavano di fronte alle scarpiere, vicino l’uscita. Rika sorrideva e saltellava felice, mentre Koito la guardava: era così bella quando sorrideva e quella volta le era sembrata ancora più bella. Probabilmente, per la notizia dell’uscita a qualche passo da loro. Il sorriso di Rika lo contagiò.
-Bene Rika! Usciamo, svelta!- disse Koito d’un tratto, afferrandola per un braccio e trascinandola verso l’uscita. Rika, che prima si era lasciata trasportare felicemente, si bloccò all’improvviso e bruscamente, rischiando di far cadere il giovane.
Guardò Koito seria e lui non capì cosa avesse.
-Koito… Isoe, Suichi, Yuichi, Naoko e gli altri non sono con noi!- disse Rika. Si liberò con uno strattone dalla presa di Koito.
Il giovane si morse il labbro inferiore con rabbia, facendolo sanguinare: sarebbero usciti da soli! Insomma, ora che aveva trovato un’uscita per portare in salvo la sua amata Rika non poteva farlo, ma doveva cercare quegli altri dei suoi stupidi compagni? Non poteva accettarlo!
Trascorsero minuti interminabili: Koito provò con ogni parola e mezzo a sua disposizione a cercare di convincere Rika, ma la ragazza, da gran testarda che era, ribatteva sempre e non volle uscire per nessun motivo al mondo. Tutto questo fece infuriare il ragazzo, soprattutto quando la giovane, in preda alla rabbia, disse che era uno “stupido egoista”. Lì, in quel momento, Koito uscì fuori di sé: colpì Rika con uno schiaffo, facendola cadere.
-Koito…- sussurrò, incredula, mentre si teneva la guancia rossa dolorante. Koito l’aveva colpita? Proprio quel Koito che conosceva?
Koito sospirò, per cercare di calmarsi, ma non chiese scusa: per lui, era stata Rika a sbagliare.
-SEI UN CRETINO! SPARISCI DALLA MIA VISTA!- urlò Rika, alzandosi –Esci da solo!-
Koito la vide allontanarsi di corsa; si era accorso tardi, quando vide Ryou in circolazione, del pericolo in cui poteva trovarsi la cara Rika.
 
 
L’aveva trovata sì… ma morta. Come poteva essere successo? Rika, quella ragazza testarda e determinata, che non aveva mai avuto paura di niente, si trovava in quelle condizioni. E lui? Perché l’aveva colpita? Se non fosse stato per quello, Rika sarebbe stata molto probabilmente ancora viva.
Chinò il capo sul cadavere, chiudendo gli occhi. Era colpa di quel posto maledetto, colpa di quei tre stupidi bambini, colpa di Sachiko e di quegli esseri orribili che si trovavano lì. Era colpa sua, maledizione: SUA! Come aveva potuto fare una cosa del genere? Come accidenti aveva potuto?
-Rika… no…- sussurrò di nuovo, poggiando la testa sul ventre dell’amica e cominciando a singhiozzare rumorosamente.
No, la colpa non era solo sua, ma anche di Ryou e di quella bambina che era uscita dall’infermeria. Quel marmocchio doveva averla uccisa e lui era stato come un complice. L’oscurità era riuscito a fargli commettere quell’azione… non sarebbe mai dovuto entrare nell’infermeria! Ora preferiva non aver mai visto quel cadavere: era stata quella bambina a farglielo vedere, in un certo senso, scappando proprio in quella direzione.
Alzò la testa nuovamente. Guardò Rika con i profondi occhi castani carichi di tristezza. La voce era rotta dal pianto e non riusciva più a ragionare. Stava perdendo la lucidità mentale, piano piano. La creatrice di quella scuola stava avendo quello che voleva.
-RIKAAAAA!- urlò d’un tratto. Un urlo in cui mise tutto il suo dolore e la sua rabbia.
Lazuli, che nel frattempo era riuscita ad afferrare Yumi, si voltò verso la direzione da cui proveniva l’urlo che aveva appena udito. Yumi la guardò: stava ancora tremando e, sentire quell’urlo, non l’aiutava di certo a tranquillizzarsi.
“Koito…” pensò Lazuli preoccupata, prendendo in braccio Yumi. La bambina affondò il visino nel suo petto, mentre la ragazza la stringeva a lei. Le lacrime della bambina non erano cessate e gli occhi erano rossi per il pianto continuo.
-Dobbiamo andare di là…?- chiese Yumi con un filo di voce. La gola dolorante non le permetteva più di gridare o di dire parole ad alta voce.
Lazuli la guardò: se Koito aveva urlato, era successo qualcosa di brutto. Anche se i tre fantasmi erano stati placati, poteva aver comunque incontrato qualcuno di pericoloso; sarebbe andata a vedere cosa gli fosse successo, ma con Yumi sotto la sua responsabilità non poteva. Tuttavia, quella verso Koito era l’unica via disponibile, visto che l’altra portava ad un vicolo ceco. Si fece coraggio ed annuì per rispondere alla domanda di Yumi, la quale abbassò gli occhi tristemente.
Lentamente, iniziò a dirigersi verso quella direzione, preoccupata e, inutile nasconderlo, anche spaventata. Si sorprese anche di vedere il cadavere di una ragazza, quello di Rika, che prima non aveva visto… e si sorprese anche di non vedere Koito! Era completamente sparito da lì, cosa alquanto strana.
Yumi tirò, comunque, un sospiro di sollievo, venendo poi percossa da brividi non appena vide Rika.
Dall’infermeria uscì qualcun altro. Era una figura alta e, anche se era molto lontana da loro, si capiva che fosse una donna. Yumi sgranò gli occhi, come se fosse sorpresa di qualcosa. Lazuli, quando Yumi iniziò a dar segni di voler scendere, l’accontentò e la bambina, quando fu a terra, corse velocemente verso la figura, con le braccia tese in avanti.
 
Ryou scoppiò in una fragorosa risata. Vegeta si rimise in piedi, sbuffando adirato: quel moccioso si prendeva ancora gioco di lui, non poteva accettarlo! Si voltò incrociando le braccia al petto, mentre una vena cominciò a pulsargli sulla testa. Il bambino non smetteva di ridere e non rideva così tanto dal giorno prima di essere ucciso da lei: gli spazi chiusi erano crollati e lui aveva dovuto spiegare cosa fossero gli spazi chiusi e, allo stesso tempo, Vegeta cercava di rimanere in piedi. Dopo aver cercato di ucciderlo, stava ridendo di lui quasi per umiliarlo.
-Ora smettila!- ordinò Vegeta, guardando Ryou in modo severo.
Ryou si tappò la bocca per soffocare altre risate e tossì rumorosamente per smettere definitivamente. Alla fine ci riuscì.
-Pensavo avessi già trovato i tuoi amici per uscire di qui…- disse Ryou, perdendo il sorriso e abbassando malinconicamente lo sguardo.
-Quando vi erano quelli che tu chiami “spazi chiusi”, se non potevo vederli come potevo uscire con loro?- domandò retoricamente il ragazzo.
Ryou lo guardò in volto. Gli occhi gli divennero lucidi: era prossimo al pianto.
-Devi muoverti, allora… non so per quanto tempo io e le mie amiche, Tokiko e Yuki, possiamo rimanere buoni…- spiegò. Gli occhi di Vegeta si spalancarono per il terrore, ma lui continuò: -Non ci avete placato del tutto… manca la confessione del nostro assassino…-
Vegeta gli si avvicinò e si abbassò alla sua altezza per poterlo guardare negli occhi. Collegò l’assassino di quei bambini a quel mostro che aveva incontrato poco prima e voleva avere una conferma dalla vittima: non voleva ammetterlo e accettarlo, ma quei bambini gli facevano molta pena e tristezza. Erano così piccoli e avevano già dovuto fare i conti con qualcosa più grande di loro senza nessun aiuto.
-Per caso il tuo assassino è una specie di zombie molto grasso con gli occhi rossi?- chiese.
-Lui è…-
Ryou non terminò la frase: come previsto, scoppiò in un forte pianto, il quale fece allontanare Vegeta, e sparì, dissolvendosi lentamente. Non aveva ottenuto nessuna conferma, ma era certo che fosse lui… come poteva farlo confessare se quel mostro non riusciva nemmeno a parlare? Cosa poteva architettare?
 
-CRILIN!- esclamò Goku, più meravigliato che felice –Che ci fai tu qui?! Non hai fatto nessun rituale con noi!-
-Noi?- chiese Crilin, confuso, sbattendo le palpebre più volte –Voi non avete fatto nessun rituale con noi!-
-Veramente, io e il resto della classe l’abbiamo fatto sotto insistenza di Marion…- spiegò Goku, grattandosi la nuca.
Crilin si sbatté una mano sulla fronte: il resto della classe? Perfetto! Adesso non doveva solo trovare i suoi compagni di rituale, ma anche il resto della classe. Quindi, anche se fossero rimasti a casa non avrebbero migliorato la situazione: avrebbero comunque fatto il rituale, solo con persone della classe diverse. I compagni che avevano fatto il rituale con Goku era quasi tutti deboli, non sarebbero riusciti a mantenere la loro sanità o la loro vita.
Goku raccontò dei pericoli che aveva passato e di una cosa in particolare molto importante che aveva scoperto: un modo per tornare al loro mondo. Però, decise di non raccontare nulla a Crilin, anche perché il rituale si poteva rifare per tornare al loro mondo solo con le persone con cui l’avevano fatto la prima volta. Si vantò, inoltre, di essere riuscito a placare Yuki Kanno restituendole l’occhio e la lingua.
Crilin raccontò, anche lui, delle sue disavventure all’interno di quella scuola.
Goku lo guardò preoccupato. Dovevano trovare tutta la loro classe in fretta, non c’era tempo da perdere. Potevano trovarsi con Sachiko, molto più crudele degli altri fantasmi di quella scuola; Sachiko aveva anche al suo servizio il figlio del preside, Yoshikazu, l’uomo col martello che, a loro insaputa, aveva incontrato il loro amico Vegeta proprio prima.
Si misero subito alla ricerca dei loro compagni. Non sapevano che quella in cui erano non era l’unica struttura della scuola, però…
 
Tenshinahn, a seguito dell’incontro con Nazos, era rientrato nella scuola. Nazos tremava: i capelli castano scuro lunghi fino al bacino erano completamente bagnati e si spostava continuamente il ciuffo bagnato che le ricadeva sull’occhio sinistro. La maglia viola scuro a maniche lunghe, con sopra scritto il suo nome in bianco, era bagnata fradicia e le gocce d’acqua ricadevano sul pantalone stretto e nero.
Gli occhi castani di lei lo guardavo, pieni di tristezza. Tenshinahn non poteva crederci: Nazos era la sua compagna di classe più energica e solare, con un sorriso magnifico sempre in volto. Vederla in quelle condizioni non gli piaceva, non sembrava più lei. D’un tratto Nazos abbassò il capo; tremava ancora. Tremava ancora e non sapeva più nemmeno lei se tremava per il freddo o per la paura. Tensinahn non riusciva, però, a consolarla e a tranquillizzarla in nessun modo.
Quella parte di corridoio era molto silenziosa: faceva paura, forse, solo per il cadavere comparso all’improvviso, appoggiato alla parete.
-Ten…- parlò finalmente la ragazza, con un filo di voce. Calde lacrime cominciarono a scenderle lungo le guance pallide. Poi continuò: -… ho visto morire Yamcha sotto i miei occhi… e non ho potuto fare niente…-
Quelle frasi fecero gelare il sangue nelle vene di Tenshinahn: Yamcha era morto? Com’era potuto accadere? Sgranò gli occhi e spalancò la bocca per cercare di dire qualcosa, ma non uscì alcun suono. Strinse i pugni e i denti: avevano perso un loro compagno. Doveva cercare di non piangere, essere forte per Nazos.
Nazos, invece, lo guardo negli occhi e strinse anche lei i pugni, portandoli davanti al petto. In seguito esclamò: -Non potevo guardare quel bambino negli occhi senza essere paralizzata da lui!-
“Bambino? Ryou?” pensò Tenshinahn. Quindi era stato il bambino ad uccidere Yamcha e, come aveva potuto capire, paralizzava se lo si guardava negli occhi; fortunatamente, non l’aveva incontrato lui. E fortunatamente non aveva incontrato nemmeno Sachiko.
-Nazos, non è colpa tua.- disse, cercando di tranquillizzarla –Qui sopravvivono solo i più forti… devi essere forte, allora!-
-Non ci riesco!- sbottò Nazos, mettendosi le mani in testa.
-Fallo per la tua migliore amica! Se vuoi rivederla, devi dimostrarti forte!- provò a convincerla, di nuovo.
Nazos voleva bene alla sua migliore amica. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di rivederla il giorno successivo e lui era sicuro di aver toccato un tasto che, ne era certo, l’avrebbe finalmente convinta a tranquillizzarsi una volta per tutte e a dimostrarsi forte. Più forte di come era realmente. Perché era vero, nella Heavnly Host riuscivano a sopravvivere due tipi di persone: le persone che non perdono la loro sanità mentale e le persone che, ferita dopo ferita, riescono comunque a non far vincere i fantasmi, in quella specie di folle gioco.
Vide Nazos annuire.
-Va bene…- sussurrò.
Tenshinahn assunse un sorriso forzato, cercando di rimanere naturale. Nazos, però, non era comunque convinta della cosa: era una ragazza sensibile e ingenua, anche, e non sarebbe riuscita a mantenere il controllo in quel luogo. Sentiva sulle sue spalle troppa sofferenza e rabbia e non erano le sue sensazioni… almeno in parte. Stava impazzendo, lì dentro. Voleva uscire.
 
-SIGNORAAA!- urlò Yumi con le ultime forze, saltando, letteralmente, in braccio alla professoressa Mitsuki, che era uscita dall’infermeria.
La donna cadde a terra. Si teneva ancora il braccio rotto con una mano e non capì subito chi l’aveva chiamata per poi saltarle addosso. Vide, solo in seguito, la piccola Yumi, che la stava abbracciando forte, bagnandole la camicia marroncina.
Sorrise dolcemente e sollevata. Quando vide, davanti a lei, la sua studentessa Lazuli, la sua felicità aumento e un enorme sorriso si dipinse sul suo volto, prima contratto dal dolore. Yumi si spostò, facendola alzare e, quando la professoressa fu faccia a faccia con Lazuli, cominciò a piangere di gioia.
-Sei viva… siete vive…- sussurrò.
Lazuli annuì e con lei anche Yumi. Erano tutte e tre felici. Però, la professoressa ricordò Lunch e i fantasmi: non poté fare a meno di raccontare, a malincuore, tutto quello che le era accaduto, quello che aveva visto, Lunch e i fantasmi, e di quello che aveva letto, riguardo al loro assassinio. Yumi assunse un’espressione terrorizzata e triste: sua cugina era stata inseguita? Cosa poteva esserle accaduto, allora? Se non era lì con la professoressa, pensava solo al peggio.
Lazuli sentì una fitta al petto: non poteva essere.
-In infermeria c’è il fantasma di Yoshie… l’insegnante che cadde dalle scale.- disse d’improvviso Lazuli, incrociando le braccia.
Yumi abbassò lo sguardo e strinse i denti, mentre la professoressa Mituski non capì cosa c’entrasse Yoshie con Lunch. Solo la successiva spiegazione dell’alunna, la fece capire, purtroppo.
-Si dice amasse molto i bambini… secondo me, Lunch era stata posseduta proprio da lei.- concluse.
Mitsuki soffocò un urlo. Ecco perché stava giocando con quei fantasmi spaventosi! Se solo non si fosse intromessa, forse Lunch non sarebbe mai stata inseguita e, probabilmente, uccisa. Strinse la presa sul braccio, che le bruciò di più: doveva andare a cercarla, ma non poteva portare con lei Yumi e Lazuli. Portarle con lei significava metterle in pericolo e no, non poteva farlo per nessun motivo al mondo. Non poteva farlo ancora.
-Voi rimanete qui, immobili!- ordinò, guardandole –Io vado a cercare i vostri amici e Lunch. Tornerò con loro e usciremo da qui, ve lo prometto.-
-NO!- ribatté Lazuli, guardandola dritta negli occhi –Verremo con voi! Non potete andare da sola!-
-Lazuli, sta’ tranquilla. Prenditi cura di Yumi, okay? Tornerò presto.- disse Mitsuki, più dolcemente per convincerla.
Lazuli abbassò lo sguardo e Yumi la guardò, triste. La professoressa cominciò ad allontanarsi, sorridendo forzatamente per far vedere alle due di essere sicura di quello che faceva. Doveva anche dimostrarsi coraggiosa. Ne era sicura, sarebbe tornata a casa con tutti i suoi studenti, nessuno escluso. Si avventurò così per il corridoio.
Lazuli si appoggiò alla parete accanto alla porta dell’infermeria, mentre Yumi si sedette a terra davanti a lei. La bambina non riusciva a non pensare alla cugina, Lunch. Cosa avrebbe detto alla zia, una volta tornata a casa? Sapeva che alla sua amata cugina era accaduto qualcosa di brutto, se lo sentiva dentro. Una sensazione che non riusciva a scacciare via in nessun modo, nemmeno con pensieri ottimisti. Anche Lazuli era preoccupata: per Lunch, per Mitsuki e per gli altri suoi amici. Perché a loro? Cosa avevano fatto di male? Cosa c’era di male nel voler rimanere amici per sempre?
Si sentivano entrambe distrutte.
Fu quando Lazuli guardò nella direzione in cui era sparita la professoressa che si accorse di lui, Koito. Camminava con lo sguardo basso, proprio verso di loro. Lazuli sospirò, sollevata: pensava gli fosse accaduto qualcosa di brutto, ma, fortunatamente, non sembrava così.
A Yumi, invece, non piaceva per niente quel ragazzo. Lo vedeva… più cattivo.
-Dov’eri finito, Koito? Pensavo avessi visto un altro fantasma!- disse Lazuli, avvicinandosi a lui.
Yumi si alzò, guardandoli attentamente. Koito, invece, si fermò, senza alzare lo sguardo.
-La colpa è solo vostra- sussurrò solamente. Nel silenzio di quel posto, il suo sussurro si sentì molto bene.
-Cosa?- chiese la ragazza.
-La colpa è vostra! VOSTRA!- urlò, alzando finalmente lo sguardo.
Gli occhi erano carichi di rabbia e… odio. Sì, odio. Cosa avevano fatto lei e Yumi, però? Alla bambina lo sguardo di Koito non piacque per niente. Corse verso i due, posizionandosi nel mezzo.
-Rika… l’ho trovata a causa vostra!- urlò ancora. Il cuore gli batteva forte per la rabbia e l’agitazione.
Rika? Lazuli e Yumi non la conoscevano. Cosa c’entravano allora con lei? L’immagine di quel cadavere le si parò davanti agli occhi come in un film. Nello stesso momento in cui Koito strinse i pugni, facendoli sanguinare, Yumi spalancò le braccia come per difendere Lazuli, la quale, dietro di lei, le poggiò le mani sulle spalle. Qualcosa non andava.
Koito era pericoloso. Lo capirono dopo che l’oscurità cominciò ad avvolgerlo e forse era troppo tardi. Con un gesto fulmineo afferrò Yumi per un braccio spingendola a sé sotto le sue grida.
-Lasciala subito!- esclamò Lazuli, cercando di riafferrare la bambina, che piangeva a causa dello spavento e del dolore che provava in quel momento.
Koito, però, non glielo lasciò fare. Lanciò Yumi contro al muro e, visto la forza del giovane cresciuta a causa del potere dell’oscurità, quest’ultima non riuscì a muovere più un muscolo senza provare dolore. Le lacrime continuavano incessanti.
Successivamente, spinse anche Lazuli, contro la parete opposta.
La ragazza, al contrario di Yumi, si rialzò.
-Sei diventato pazzo… riprenditi, ti prego! Non lasciare che l’oscurità vinca su di te!- esclamò, in un vano tentativo di convincerlo a riprendersi.
-Se l’ho vista è stata solo colpa vostra… vostra e di quello stramaledetto bambino! Di questa scuola, di quello stupido rituale!- ribatté lui, cominciando a piangere.
Sorrise poi sadicamente, come se non avesse mai pianto e non fosse mai stato triste. Dannazione, cosa stava facendo quel luogo? Cosa stava facendo fare a dei ragazzi gentili? In cosa li stava trasformando?
Lazuli cominciò a tremare ed indietreggiò, toccando nuovamente la parete: era in trappola. Yumi vide Koito afferrarla per la gola e cominciare a strangolarla, mentre la ragazza, per la prima volta, cominciò a piangere. Così si alzò a fatica e raggiunse Koito, con quelle poche forze che le rimanevano. Non voleva lasciarla morire e, soprattutto, non se lo sarebbe mai perdonato e non l’avrebbe mai dimenticato; aveva già visto degli spettri e non volva veder morire anche una compagna di classe dell’amata cugina. Sperava in cuor suo che la professoressa tornasse prestissimo, per aiutarle. Le loro forze non bastavano per contrastare l’oscurità e Koito.
-La… Lasciala… stare…- sussurrò Yumi con un filo di voce.
Il ragazzo allentò la presa e la guardò negli occhi, quasi sconcertato e incredulo: credeva fosse morta ed invece eccola lì, di fianco a lui, che si reggeva a malapena in piedi… ma era viva. Poco importava, poiché avrebbe rimediato subito e velocemente visto che si trattava solo di una mocciosa.
Sorrise scoprendo i denti e lasciò andare Lazuli, la quale cadde a terra lentamente respirando a fatica, per riprendere fiato.
Koito afferrò Yumi per la gola e strinse la presa.
Yumi si sentiva male, molto: provava ad urlare, ma non ci riusciva. Dalla sua bocca uscivano parole soffocate e confuse, quasi del tutto non percettibili. Sentì il collo scricchiolare, come se si fosse rotto qualcosa al suo interno e, in effetti, le faceva male. Provava con le mani ad allentare la presa del giovane che rideva sonoramente, dicendo qualcosa che Yumi non udì. La sua faccia diventò blu: non riusciva a respirare e più si agitava più la situazione sembrava peggiorare.
Spalancò la bocca, ma l’aria le si fermava in gola. Sgranò gli occhi e, insieme alle lacrime, dalla sua bocca cominciarono ad uscire rivoli di saliva.
-Dannazione, perché non muori!?- esclamò Koito infuriato, stringendo di più le sue mani intorno alla gola della piccola.
Yumi, d’un tratto, smise di lottare. Le gambe cedettero e lei non si reggeva più in piedi; l’unica cosa che la faceva rimanere in piedi era la presa di Koito. Le mani le ricaddero pesantemente lungo i fianchi: era morta.
Koito la lanciò sul pavimento, come se stesse gettando un oggetto di poca importanza. Yumi cadde con la schiena a terra emettendo un forte tonfo, con gli occhi e la bocca ancora spalancati, tanto da farla sembrare inquietante.
Koito ansimava per le forze perse nel compiere il brutale omicidio, mentre guardava quella bambina con disgusto. Era sicuro di averle rotto il collo, oltre ad averla semplicemente strangolata e questo, contrariamente a quanto si può pensare, lo infastidiva parecchio: doveva morire, certo, ma non in quel modo, né tantomeno per prima. Aveva mandato in fumo il suo progetto.
Sbuffò nervoso, passandosi una mano tra i capelli castani. Si voltò verso Lazuli: la ragazza era immobile a terra, con gli occhi chiusi e sembrava non respirare. Koito le si avvicinò e, quando le fu arrivato vicino, si inginocchiò di fianco a lei, guardandola attentamente. La scrollò lievemente per vedere se dava cenni di vita, ma non ottenne nulla. Digrignò i denti: aveva fallito il suo piano completamente. Anche le lacrime della ragazza erano cessate: no, non poteva essere ancora viva, era sicuramente morta anche lei.
-La prossima volta imparate… non dovevate farmi scoprire il suo corpo… non dovevate!- esclamò, prima di alzarsi.
Ancora non poteva accettare di aver visto il cadavere della sua compagna, non ci riusciva e gli risultava impossibile da credere. Gli salì nuovamente un nodo in gola e ricominciò a piangere silenziosamente, nello stesso tempo in cui si incamminava nella stessa direzione della professoressa.
 
Mitsuki si affacciò ad un’altra classe vuota: ancora nessuno dei suoi alunni. Iniziava seriamente a preoccuparsi, dove potevano essere ormai? Non le restava altro che salire al piano superiore sperando di trovarli.
-Lì.- sentì, d’improvviso.
Era una voce inquietante e per nulla cordiale. L’aveva udita solo una volta e già le si era gelato il sangue nelle vene… soprattutto, perché sembrava appartenere ad una bambina.
Si voltò e subito si pentì di averlo fatto: un uomo col martello era dietro di lei e fissava terrorizzato proprio una bambina dal vestito rosso… Sachiko. L’insegnante cominciò ad avere un tic continuo agli occhi a causa della paura: cosa significava tutto ciò?
-Uccidila, Yoshikazu- pronunciò la bambina sorridendo ed incrociando le braccia al petto.
L’uomo, che doveva chiamarsi Yoshikazu, emise un urlo pieno di parole incomprensibili, un urlo inumano, ma carico di terrore. Lo stesso terrore che pervase la professoressa non appena udì l’ordine a cui doveva obbedire l’uomo-zombie. Tuttavia, non riusciva a muoversi: era paralizzata dal terrore e le gambe non rispondevano ai suoi comandi. No! Non poteva morire! Doveva portare a casa i suoi alunni!
-Uccidila, ho detto.- disse di nuovo la bambina, infastidita.
L’uomo emise un altro urlo: sembrava volesse rifiutare il suo ordine. Però, ad uno sguardo pieno di superiorità e di odio da parte di Sachiko, strinse il martello e sollevandolo si avvicinò a passi pesanti verso la professoressa. La donna osservò con orrore il martello piombare sulla sua testa: bastò un colpo, solo un colpo, e la sua testa venne staccata dal corpo come un fiore quando viene colto.
La sua testa finì a terra, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata. Nel momento in cui il corpo finì con la schiena a terra e le ginocchia sollevate, Yoshikazu le colpì il petto. Il pavimento, già tinto di rosso sangue, si sporcò anche di pezzi di carne e pelle. Il cuore esplose all’impatto col martello: il sangue si sollevò come l’acqua in una fontana e poi cadde al suolo. Le ossa divennero briciole e i polmoni ormai non assomigliavano più nemmeno a dei polmoni. Il corpo era irriconoscibile.
Sachiko scoppiò a ridere sadicamente e anche gioiosamente, come se tutto quello che stava accadendo fosse uno spettacolino comico, tenendosi la pancia che le faceva male a causa delle risate. Yoshikazu, nel frattempo, raggiunse la testa e la colpì col martello sporco di sangue. Gli occhi divennero una zuppa e il cranio collassò del tutto, mentre pezzi di cervello si sparsero ovunque.
Sachiko provò a smettere di ridere e, una volta riuscita, sparì sorridente.
Le risate di Sachiko si erano udite all’interno della scuola, facendo terrorizzare e urlare molti dei ragazzi al suo interno. Chi stava mangiando un suo compagno, scappò via urlando in preda al panico. Solo chi aveva perso la sanità, come Bulma e Koito, non provava terrore. Anzi, sembravano divertirsi anche loro a quelle risate. Vicino all’infermeria, dove prima vi era un vicolo ceco, comparve una porta marrone, con due vetri su entrambe le ante. Si aprì cigolando e si richiuse cigolando e sbattendo dopo aver fatto entrare due ragazzi.


Salve <3
Sì, sono tornata un po' in anticipo (eheh X3 ) per motivi che non sto a spiegarvi.
Abbiamo scoperto che la persona che ha incontrato Vegeta è Yoshikazu, la persona che ha ucciso i tre bambini... eppure, qui ho scritto "prima di essere ucciso da lei": come mai? Per chi ha visto l'anime, letto il manga o giocato al videogioco non dovrebbe essere una sorpresa! 
Yumi ha fatto male ad uscire dall'infermeria: mi dispiace molto di averla uccisa... ma, d'altronde, sono i personaggi che scrivono la storia e non io. Si è messa nei pasticci da sola ed è anche l'unica per cui mi è dispiaciuto di più. 
Goku e gli altri della classe hanno fatto il rituale e Goku sa come tornare a casa. Ora, mi chiedo se riuscirà a dirlo 'sto modo ahahah 
Credo di aver detto tutto. Se avete domande o avete trovato errori (specialmente per gli errori, ci tengo moltissimo) scrivete nella recensione!
Alla prossima gente,
vostra Kira <3

 

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Capitolo 8
*** La verità (parte 1) ***


La verità (parte 1)

Bulma, dopo aver udito quelle risate, tornò lentamente e stanca al bagno femminile. Una volta arrivata, si sedette con la schiena al muro davanti al corpo di Chichi, che ancora penzolava. L’aria era intrisa dell’odore del corpo di Chichi, odore di morte, che costrinse Bulma a coprirsi con una mano il naso a causa del fastidio che le provocava, mentre nell’altra stringeva il bisturi.
Se lo portò davanti agli occhi e con il pollice percorse la lama affilata e scintillante. In seguito, senza nessun preavviso, scoppiò a piangere e lasciò cadere a terra l’oggetto, che provocò un lieve rumore metallico.
-Non ce la faccio più...- sussurrò tra sé e sé, triste e disperata, abbandonandosi alle lacrime e ai singhiozzi appoggiando la testa sulle ginocchia –Basta... vi prego... voglio solo uscire di qui in pace con la mia amica...-
La testa cominciò a farle male. Un dolore atroce che percorse in un brivido tutta la spina dorsale e, unita alla saliva che ingoiava e che le provocava poi una sensazione di nausea, la stava facendo star più male di prima. Tutto quello che provava era legato a quel luogo, alla morte della sua migliore amica in modo particolare.
Si portò le mani alla testa e strinse le ciocche azzurre fino a farsi male, alzando e scuotendo forte la testa .
-BASTA!- urlò infine, senza volerlo.
Ryou e Tokiko le apparvero davanti d’improvviso, con sguardo malinconico e dispiaciuto, ma Bulma era troppo impegnata col suo dolore per accorgersi del loro. Quando li vide, provò solo una fitta al petto senza nessuna paura o desiderio di farli sparire lontani da lei. Era, anzi, del tutto indifferente ai loro sguardi contratti dal dolore, anche se li osservava.
Ryou allungò una mano verso di lei e una luce biancastra cominciò ad uscirne e ad avvolgere Bulma, che osservava senza dire nessuna parola con molto stupore e meraviglia.
-Ti faccio vedere cosa successe in quel momento- disse Ryou, apatico.
Successivamente, la vista di Bulma cominciò ad annebbiarsi fino a quando non vide solo il buio e non udì gli ultimi sospiri dei due bambini fantasma.

 
Bulma si risvegliò con un forte dolore alla testa. Si trovava in un corridoio e, davanti a lei, Chichi correva senza degnarla di uno sguardo. Le corse dietro ripetendo urlando il suo nome, affannata per la corsa, ma niente: era come invisibile per lei. Solo quando, toccandole il braccio con una mano per fermarla e la sua mano attraversò il suo braccio si accorse di essere, effettivamente, invisibile. Era confusa, ma capì subito dopo che si trovava in una specie di flashback.
La sua amica si fermò di colpo, mentre una voce ripeteva il suo nome. Dopo qualche minuto, la vide correre nella direzione da cui proveniva la voce, ovvero verso i bagni; la seguì, senza fiatare, incuriosita e spaventata da ciò che avrebbe potuto vedere.
Chichi camminava ora a passo lento e tremava, ma il suo spavento raggiunse la soglia massima quando dal nulla apparve Sachiko. Tuttavia, Chichi non la conosceva e quindi la scambiò per la bambina che aveva udito urlare, mentre Bulma cercava inutilmente di farla andare via da lì.
-Tu... sei quella bambina che gridava?- chiese Chichi titubante.
Bulma scosse la testa: voleva fare qualcosa, ma Chichi non poteva né vederla né sentirla.
“Ti prego Sachiko... lasciala stare! Ti supplico!” pensò Bulma, unendo le mani davanti al petto e sperando che le sue preghiere arrivassero alla bambina e le facessero cambiare idea.
Sachiko prese la parola, fingendo un tono preoccupato e triste: -La mia amica è in bagno ed ha urlato. Io ho tanta paura, non voglio andare a controllare.-
Chichi annuì. Sembrava credere, per sua sfortuna e per la disperazione di Bulma che assisteva impotente, a quella vicenda e, da persona altruista qual era, rassicurò Sachiko e lasciandola lì corse verso il bagno femminile. Vi entrò senza prima guardare al suo interno e subito si pentì di averlo fatto: due bambini erano seduti contro la parete, ma non erano bambini comuni. Uno, il maschietto, ora rideva e teneva lo sguardo basso; la bambina accanto a lui aveva metà della testa mancante e sembrava guardarla. Certamente, quella era una trappola di Sachiko.
Bulma urlò e si posizionò in mezzo ai tre, notando con orrore, insieme alla corvina, che la porta si chiuse sbattendo intrappolandole in quel luogo.
Chichi, terribilmente spaventata, corse contro la porta e provò ad aprirla, senza successo. Nel frattempo, la bambina, Tokiko, si alzò e cominciò ad avanzare verso di lei.
-Fer... Fermati! Non muoverti!- disse Chichi tremando, guardando la bambina.
Tutto era però inutile, non si fermava. D’altra parte, una bambina fantasma assassina non poteva mica dar ascolto a lei: era una cosa innaturale, ma Chichi sperava comunque funzionasse.
-Tokiko, ferma!-
Quell’ordine era di Ryou; l’aveva detto con voce ferma e autoritaria. Tokiko si fermò subito e si voltò verso il suo amichetto che si alzò, sempre tenendo lo sguardo verso terra. Chichi cominciò a sudare freddo e il cuore cominciò a batterle sempre più forte, come se volesse uscire dal petto e scappare chissà dove.
-Vuoi vedere una cosa davvero esilarante?- chiese il bambino, con tono velenoso.
Tokiko batté le manine e Ryou alzò lo sguardo. Uno sguardo glaciale, che non avrebbe mai dovuto essere sul volto di un bambino: gli occhi castani, che esprimevano solo sadico divertimento, puntati in quelli neri e spaventati di Chichi, mentre un sorriso sadico si allargava sul suo volto e rivoli di sangue scendevano dalle labbra.
La corvina non capì cosa se le stesse succedendo: aveva l’impressione di essere strangolata dal bambino e sentiva le sue risate glaciali e spaventose.
Invece, si lasciò cadere sulle ginocchia e, urlando, si portò le mani alla gola. Con stupore di Bulma, cominciò a strangolarsi da sola.
Ryou scoppiò a ridere non distogliendo lo sguardo dalla sua preda; anzi, si avvicinò per poterla guardare meglio negli occhi. Bulma, invece, era incredula e triste: cosa le stava facendo? Lei non poteva nemmeno intervenire per salvarla, stava dormendo! Come aveva potuto? Non avrebbe mai dovuto lasciarla sola!
-Visto Tokiko? Le mie illusioni sono fantastiche ed esilaranti!- disse, ma Tokiko incrociò le braccia al petto in segno di disaccordo. Così, Ryou continuò: -Perdonami, vuoi divertirti anche tu! Impiccala.-
Tokiko saltellò e la alzò in aria con un solo gesto della mano, avvicinandola velocemente ad uno dei bagni. Bulma assisteva sempre più sconcertata ed impotente, sempre più disperata: erano stati loro. Solo loro.
Così Chichi morì, fu impiccata da Tokiko, ma grazie ad un’illusione di Ryou si stava già strangolando.

La sua visione terminò con i due che, ridendo forte per quel “gioco comico” che avevano fatto, sparirono.

 
Bulma si risvegliò con le lacrime agli occhi. Osservava Ryou e Tokiko in silenzio, ma dentro di sé provava solo una cosa: odio. Voleva ucciderli lei, ora, con le sue mani. Voleva vederli soffrire e piangere, voleva sentirli urlare ed invocare ogni sorta di aiuto e di divinità per essere salvati. Quando si alzò, i due bambini sparirono tenendosi per mano; Bulma si morse il labbro inferiore e strinse i pugni, conficcando le unghie nella carne.
-TORNATE QUI!- urlò arrabbiata, guardandosi intorno –Siete dei codardi! Uccidete anche me, forza! Avete paura, maledetti stronzi!?-
Non si accorse che le sue grida avevano attirato qualcun altro al posto dei bambini fantasma, una persona che passava di lì per caso mentre cercava Ryou, il bambino fantasma responsabile della morte di una persona a lui cara e, di conseguenza, della sua pazzia: Koito. Entrò nel bagno del tutto indifferente, appoggiandosi alla porta e guardando Bulma la quale, sentendosi osservata, lo guardò: un brivido le percorse tutte le fibre del suo corpo. Aveva paura, anzi, provava puro terrore. Lo sguardo di lui non le piaceva minimamente.
Si inginocchiò ed afferrò il bisturi tra le mani, per spaventarlo ed allontanarlo da lei... ma il ragazzo sorrise soltanto alla sua reazione e incrociò le braccia al petto. Osservò l’arma che stringeva Bulma e il suo sorriso non poté far altro che allargarsi sul suo volto.
 
-Nella seconda struttura non abbiamo trovato Yoshikazu... a giudicare dalle risate di Sachiko, deve quindi trovarsi qui.- disse la ragazza, appoggiandosi alla porta da cui era entrata.
Si sistemò i lunghi capelli corvini dietro la schiena e aggiustò il ciuffo che le ricadeva sull’occhio sinistro con le dita. Guardò con gli occhi neri il pavimento e lo picchiettò con la punta delle scarpe da ginnastica per vedere se vi era il rischio di cadere di sotto.
Subito dopo, si toccò il ginocchio: il jeans che portava era stato rotto in quella parte, da cui fuoriusciva ancora del sangue e che le faceva ancora male. Tuttavia, non voleva andare per nessun motivo in infermeria: doveva prima trovare Yoshikazu, il colpevole dell’omicidio dei tre bambini e quindi della creazione di quella scuola maledetta.
-Ho ragione, La’?- chiese Flame, questo il nome della giovane. Osservò Lapis, il compagno di classe con cui era finita in quella scuola, che guardava verso l’infermeria e sembrava non averla sentita neppure. Flame si staccò quindi dalla porta e coi pugni stretti si avvicinò a lui.
-Ehi, ci sei? Sto parlando con te!- esclamò infastidita e arrabbiata: non le era mai piaciuto essere ignorata, soprattutto là dentro.
-Sì, ti ho sentita.- disse lui, guardandola ed incrociando le braccia.
Flame sbuffò e giocherellò con la stoffa rossa della sua maglia a maniche lunge, adirata: -Perché allora non mi rispondi?-
-Vedo qualcosa vicino l’infermeria- rispose lui, tornando ad osservare il punto di prima con attenzione.
Flame rabbrividì e anche lei, tremando, osservò quel punto. Quando vide qualcosa a terra, non sapeva cosa pensare: poteva essere di tutto, scheletri o corpi in decomposizione, oppure poteva essere un insieme di oggetti messi lì per caso, come delle tavolette di legno o dei mattoni crollati dal soffitto. Però, un dolore enorme la invase all’improvviso e ne provò un più forte alla pancia: in qualche secondo, un conato di vomito le salì alla bocca e si voltò verso l’angolo del muro, vomitando sangue e succhi gastrici.
Lapis le si avvicinò e quando Flame si lascio cadere sulle ginocchia, tremante e dolorante per lo sforzo, le mise una mano sulla spalla.
-Sto bene...- disse la ragazza, alzandosi e stringendosi nelle spalle –Andiamo... possiamo andare a vedere cos’è?-
Lapis annuì alla sua domanda e, lentamente, si incamminarono verso quelli che erano a loro insaputa i corpi di una delle loro compagne di classe e la cuginetta di un’altra di esse.
 
Goku e Crilin, dopo aver udito le risate della bambina fantasma provenire dal piano di sotto, si affrettarono a cercare delle scale, preoccupati per Lazuli. Quando le trovarono sospirarono dal sollievo e si precipitarono verso il fondo delle scale correndo. Arrivati a metà, Goku inciampò e sotto lo sguardo preoccupato di Crilin ruzzolò fino alla fine dei gradini; per sua fortuna, atterrò su qualcuno che gemette di dolore.
Crilin riconobbe la persona su cui era caduto Goku e corse a vedere se lui e l’amico stessero bene. La felicità cresceva in lui man mano che si avvicinava a Goku e a... Vegeta. Sì, Goku era caduto proprio su di lui e, in effetti, era stata una grande fortuna. Una volta che si avvicinò ai due, loro erano in piedi e Goku si stava scusando, mentre lui aveva un gran sorriso in volto.
Goku spiegò anche a lui che il resto della classe aveva fatto il rituale, mentre Vegeta, dopo essersi ripreso dallo shock di quella rivelazione, raccontò cosa Ryou gli aveva detto e di aver incontrato Yoshikazu. La loro felicità era enorme, poichè nessuno di loro tre aveva ancora trovato i corpi dei loro compagni; ma quando si voltarono per puro caso davanti a loro notarono con orrore la loro professoressa... o meglio ciò che restava di lei.
Tutti e tre sgranarono gli occhi e spalancarono la bocca. Un forte dolore cominciò a crescere in loro, così come la disperazione e la paura: non sapevano il perché, ma la morte della professoressa li stava ora spaventando molto. Pensavano che il suo assassino potesse trovarsi ancora da quelle parti ed erano quindi in pericolo. Decisero dunque di essere forti e di proseguire, ora stando più attenti di prima, per cercare i loro compagni e uscire da quel luogo; a malincuore dovettero abbandonare lì la loro amata professoressa.
Tuttavia, il loro dolore era appena iniziato...
Appena si allontanarono di molto dalla professoressa e man mano che si avvicinavano all’infermeria si trovarono davanti ad uno scenario a cui non avrebbero mai voluto assistere: Flame e Lapis erano seduti sulle ginocchia davanti l’infermeria. Flame piangeva in modo disperato e stringeva tra le braccia una bambina, che Crilin riconobbe subito, mantenendole la testa. Lapis, invece, stringeva a sé il corpo della sorella.
Crilin si lasciò cadere anche lui sulle ginocchia quando vide Lazuli e si abbandonò alle lacrime. Vegeta voltò lo sguardo altrove e strinse i denti, cercando di far diminuire il dolore che provava, e Goku strinse i pugni abbassando lo sguardo, abbandonandosi anche lui alle lacrime.
Quel momento fu orribile per tutti, in special modo per Lapis. Non riusciva a credere a ciò che aveva visto e che continuava a vedere, non riusciva a pensare al fatto che la morte di Lazuli fosse reale e non uno scherzo dei bambini fantasma e di Sachiko o un’illusione di Ryou. Aveva provato a trattenere le lacrime, ma alla fine cadde nella più totale tristezza e disperazione. Non erano riusciti a salvarla, né lei né Yumi: quando arrivarono, era già troppo tardi per entrambe.
Passarono moltissimi minuti. Fu Goku che, asciugandosi le lacrime con la mano, decise di provare a salvare i suoi amici dall’oscurità. Mise una mano sulla spalla di Crilin, come a volerlo consolare, e accettò la cruda realtà: né la professoressa e né Lazuli volevano vederli piangere, ma volevano vederli fuori di lì. Doveva trovare un modo per consolarli, o l’oscurità avrebbe vinto su di loro e non poteva permettere che ciò accadesse.
 
Nazos, stretta a Tenshinahn, percorse il corridoio con lo sguardo spento e basso. Tenshinahn, al contrario, osservava attentamente ogni posto che incontrava sperando di vedere uno dei suoi cari ed amati compagni. E, infatti, uno ne vide. Anzi, per meglio dire, una.
In una gran pozza di sangue ormai secco vi era il cadavere martoriato della povera Lunch.
Nazos si staccò da Tenshinahn e, indietreggiando, si portò due mani alla testa e urlò tutto il dolore che provava, mentre il suo compagno si lasciò cadere sulle ginocchia. Nazos si voltò e, sempre tenendo la testa tra le mani, incominciò di nuovo a piangere, sotto shock.
-Lunch...- sussurrò Tenshinahn, tristemente,cominciando a piangere.
In un attimo il suo cuore e la forza apparente che cercava di mostrare erano stati distrutti alla vista di quel corpo. Provò un vuoto orribile in soli pochi secondi e si abbandonò alla più totale disperazione: aveva placato una bambina fantasma che molto probabilmente aveva ucciso Lunch, oltre Carolyn... non era possibile, non poteva averlo fatto sul serio. Aveva provato addirittura pietà per quello spietato assassino... ma cosa gli era saltato in mente? Non meritavano niente da nessuno, né Tokiko né il suo gruppetto di amici!
-Lunch...- ripeté un po’ più forte. Ormai stava piangendo a dirotto col cuore e con l’anima a pezzi.
-TEN! VOGLIO ANDARE VIA!- urlò Nazos, con voce tremante e singhiozzando rumorosamente, guardandolo con gli occhi arrossati e le guance bagnate. Anche i denti, per il dolore e lo shock, le tremavano e sbattevano tra di loro.
Tenhinahn non l’ascoltava, era perso nel suo dolore. La castana si sentiva male e voleva andare via da quel cadavere. Inoltre, la puzza del cadavere e del sangue e la vista di alcuni vermi che lo stavano mangiando non la faceva stare meglio, anzi, il contrario.
-Ten... ti pre... go...- sussurrò, abbracciandolo da dietro e scoppiando in lacrime.
Tenshinahn si alzò, strattonandola e guardandola adirato. Infine, il suo odio scoppiò sulla povera ragazza: -Nazos, basta! Vai via da sola! Non posso lasciarla qui!-
Nazos sentì una fitta al petto.
-Ten, è morta!- disse Nazos, cercando di convincere l’amico di quel fatto, che faceva male anche a lei.
-Non chiamarmi “Ten”! Sei solo una buona a nulla, piangi in continuazione! Mi sei solo d’impiccio!- urlò infine Tenshinahn, mentre Nazos spalancò bocca e occhi sempre più ferita da quelle parole taglienti. Mai in vita sua aveva ricevuto tali parole e credeva di non meritarsele nemmeno! Poi, Tenshinahn diede un ordine: –VAI VIA!-
Nazos, ferita e in lacrime, lo accontentò, abbandonandolo solo con il suo dolore. Corse più veloce che poteva, senza una meta, sperando di non incontrare nessuno e di morire velocemente. Voleva solo morire, in quel momento, per abbandonare tutta quella sofferenza e disperazione che l’avevano invasa. Non ce la faceva più, si sentiva esausta, ma non poteva più scappare o sperare di uscire senza morire: la morte era l’unica soluzione, eppure non era mai stata un tipo pessimista.
Tenshinahn aveva ragione, in quella scuola non era servita a nulla: non aveva salvato Yamcha da Ryou e si stava facendo difendere da Tenshinahn, ma lei cos’aveva fatto oltre piangere? Nulla.
Tenshinahn stava combattendo tra la voglia di rimanere con Lunch e quella di salvarsi. Anche se Lunch, a causa della doppia personalità, era spesso fastidiosa, le voleva molto bene. Non riusciva ad immaginare una vita senza di lei, senza il suo “buongiorno” e senza le sue chiacchiere, anche di prima mattina. La vita non sarebbe stata più la stessa e tutto a causa di uno stupido rituale e di alcuni bambini.
 
-Lapis... devi farti forza...- sussurrò Goku, avvicinandosi al compagno che ancora piangeva stringendo la sorella –Non vorrebbe vederti così...-
-Goku ha ragione...- disse Flame, appoggiando contro la parete il corpo di Yumi; la testa della bambina formò un angolo innaturale con il collo e Flame rabbrividì. Poi,  guardò l’amico tristemente: -Lei ti vuole bene e non vorrebbe vederti in questo stato, ne sono sicura...-
-Se solo fossimo arrivati prima...- sussurrò Lapis, ma il suo sussurro arrivò ben udibile alle orecchie dei compagni –Lazy...-
Si sentiva come se una parte di lui fosse stata staccata via e nessuno aveva mai provato quel dolore per poterlo comprendere.
Flame si asciugò le lacrime con la manica della maglia e Crilin si alzò: doveva trovare chi l’aveva uccisa. Non potevano essere stati i bambini, quindi doveva essere stato un ragazzo o una ragazza bloccato lì.
Vegeta sperava che le parole di Flame e Goku facessero muovere Lapis, ma ciò non accadde. Anzi, il dolore cresceva in lui sempre di più. Solo qualcosa di inquietante diede la spinta definitiva: sul muro apparve una scritta in rosso, sotto la paura e la confusione di tutti:
Andate nei bagni
femminili, vi prego
fate presto
Qualcuno stava parlando con loro attraverso le scritte e, di sicuro, era un loro amico o una loro amica morti lì. In quelle parole si riusciva a distinguere bene la disperazione e la paura che, mentre quel qualcuno scriveva, provava. Stava succedendo qualcosa nei bagni femminili, ma non riuscivano a capire cosa; l’unica soluzione, era andare a controllare.
Flame si avvicinò a Lapis e si abbassò per poterlo guardare negli occhi.
-Ti prego... dobbiamo andare...- sussurrò.
Lapis sospirò e lentamente appoggiò il corpo di Lazuli alla parete affianco a Yumi. Si alzò dandole un ultimo sguardo triste e sospirando.
I suoi compagni cominciarono ad andare verso i bagni femminili e lui, dopo un attimo di esitazione, li seguì a malincuore e a passo lento.
Tutti avevano solo preoccupazione e dolore nella loro anima a pezzi, non provavano altro. Più nessun desiderio di andare via, più nulla: volevano rimanere lì e raggiungere i loro amici, ovvero morire. Nulla aveva più un senso ormai, tornare a scuola senza alcuni di loro non sarebbe più stata la stessa cosa. Finalmente raggiunsero il bagno femminile: alcune sadiche risate si disperdevano in quel luogo.
Si guardarono straniti e spaventati.
-No... vattene...-
Quella era la voce di Bulma! A giudicare dal tono era spaventata: cosa le stava succedendo?
Senza pensarci due volte, entrarono in bagno e trovarono davanti a loro una scena orribile: Bulma era stretta nella parete e Koito, davanti a lei, sorrideva tenendo in mano il bisturi. Regalò un fugace sguardo ai compagni della giovane e poi osservò l’arma che teneva tra le mani.
-Non so se lo sai ragazzina, ma questa... è un’arma molto potente. Ho avuto l’onore di sperimentarla varie volte e puoi fidarti di me.- disse Koito, tranquillo. Sembrava stesse semplicemente spiegando qualcosa alla turchina e che non avesse cattive intenzioni, almeno fino a quando non continuò: -Vuoi vedere un po’ come funziona?-
-NON TI AVVICINARE!- urlò Bulma, guardandolo con terrore.
Goku e gli altri osservavano la scena senza riuscire a muoversi o a proferir parola per paura. Avevano molta paura e, anche se una loro amica si trovava nei guai, non riuscivano ad aiutarla: riuscivano solo ad osservare, sperando che la lasciasse stare e che si allontanasse di lì.
Koito rise e alzò il bisturi all’altezza della sua testa.
-Tranquilla, non mi avvicinerò. Riuscirò a colpirti anche da qui, nonostante la distanza sia breve... sono pur sempre un campione di tiro con l’arco!- esclamò eccitato il ragazzo.
Bulma rabbrividì a quelle parole: tempo di qualche secondo, e si ritrovò il bisturi, lanciato, conficcato nella sua gamba. Urlò dal dolore e si toccò la gamba, che iniziava a sporcarsi di sangue caldo: non aveva il coraggio di togliere il bisturi da lì, nonostante il dolore atroce che provava. Koito si avvicinò a lei lentamente e afferrò il bisturi: non lo estrasse come tutti si aspettavano, ma lo tirò giù con un colpo secco.
La pelle, la carne e i tendini di Bulma si ruppero in un attimo e del sangue schizzo sul pavimento: ormai aveva la gamba destra completamente aperta. Non resistette al dolore e svenne, mentre Koito ritirava soddisfatto il bisturi sporco sussurrando un “Ops...” sarcastico.
-Bulma! Cosa le hai fatto!?- esclamò Crilin, incredulo: un ragazzo come loro aveva fatto quello? Non aveva una coscienza?
Koito lo guardò, squadrandolo con un sorrisetto sul volto.
-BULMA!- esclamò Flame, addolorata –SEI UN MOSTRO!-
-Parlano quelli che placano i veri mostri- si prese gioco di loro Koito, lasciando stare le loro parole che non lo avevano minimamente scalfito.
Corsero tutti verso il corpo di Bulma, incuranti di Koito: stava diventando sempre più bianco e freddo.
Vegeta aveva sgranato gli occhi: Bulma Brief, la ragazza più intelligente della sua classe insieme a Chichi, a terra, stroncata da un’arma che sembrava insignificante... non poteva essere vero! Non poteva assolutamente essere vero! Come era potuto accadere!?
Flame era sostenuta da Lapis, che la stava trattenendo per non farla intervenire. La conosceva e sapeva che si sarebbe sicuramente lanciata contro Koito, venendo uccisa.
Goku strinse i denti e i pugni, arrabbiato e triste, consapevole dell’ormai morte di Bulma.
Qualcuno corse velocemente verso di loro, a passi pesanti e frettolosi. Lo videro solo quando si fermò davanti alla porta: era Nazos! E anche se era la migliore amica di Flame, quest’ultima non riuscì a sorridere, come nessun altro, del resto.
-Koito...- sussurrò Nazos, incredula, con gli occhi lucidi.
Squadrò i suoi compagni e il cadavere di Bulma, accanto a loro, e poi Koito. Non poteva averla uccisa lui, non poteva assolutamente averlo fatto! 
Koito le si avvicinò, infilando le mani nelle tasche del giubbino, indifferente. Quando le fu vicino, le sorrise guardandola negli occhi. Quegli occhi così simili ai suoi, i quali ora esprimevano solo pura follia.
-Non l’hai uccisa tu... vero?- gli chiese, mentre i suoi compagni la guardavano increduli, per scacciare quel pensiero dalla sua mente.
-Piccolina, sai bene chi è stato- le rispose Koito. Con una mano le accarezzò una guancia e poi i lunghi capelli castani.
Nazos abbassò lo sguardo nello stesso istante in cui Koito ritirò la mano, rimettendola dov’era poco prima. La castana strinse i pugni e scosse lievemente la testa, per cercare qualcun altro che avesse potuto uccidere Bulma al posto di lui.
-Non puoi averlo fatto... sei la persona più dolce e gentile che io abbia mai conosciuto...- disse, guardandolo negli occhi, disperata –La persona che amo non può averlo fatto sul serio!- concluse, quasi urlando.
Nel bagno calò il silenzio. Nemmeno Flame sapeva cosa dire: l’unica cosa che riuscì a fare, fu sedersi vicino il corpo di Bulma e accarezzarle i capelli, notando anche il cadavere di Chichi. Gli altri se ne stavano in silenzio ad osservare i due, senza saper cosa dire, pensare o fare: Koito aveva ucciso Bulma e anche se Nazos lo amava... non potevano perdonargli una cosa del genere.
Koito rimase confuso da quelle parole. Sgranò gli occhi e perse il sorrisetto che aveva poco prima, sperando che ciò che aveva udito fosse falso... ma sapeva che Nazos non mentiva mai, soprattutto su una cosa del genere. La conosceva bene, anche se l’aveva vista alcune volte.
Nazos andava in classe alle medie e alle elementari con il suo fratellino: spesso, lui e lei si incontravano fuori scuola o in corridoio. Altre volte quando sua madre e quella di Nazos organizzavano gite per far stare insieme il suo fratello minore e la castana, perché il “bambino” parlava solo con lei.
Aveva sempre pensato che le visite che, prima di trasferirsi, Nazos faceva ogni mattina d’estate fossero per il fratello e non per lui: si era quindi sempre sbagliato. Non sapeva cosa dire: abbassò solo lo sguardo per non guardarla negli occhi. Cosa aveva fatto? Aveva ucciso persone innocenti in quella scuola, si vergognava di se stesso. Avrebbe voluto sparire.
Dal suo corpo iniziò ad uscire il manto nero che lo aveva avvolto, fino a dissolversi: l’oscurità l’aveva abbandonato.
-Nazos...- sussurrò Flame, come per consolarla, ma il suo tentativo fallì.
-Flame, lasciala stare- disse Crilin, guardandola –Si riprenderà. Per ora, dobbiamo uscire da qui senza essere uccisi.-
Vegeta osservò la porta. Con orrore si accorse di quello che stava per accadere: Yoshikazu era dietro Nazos e Koito, con in mano delle grosse forbici.
-SAKAMOTO!- urlò, chiamando la compagna per cognome –Attenta!-
Questo bastò per suscitare il panico generale. Nazos si voltò verso Yoshikazu, il quale stava già per colpirla; Koito afferrò le forbici del mostro con entrambe le mani, cercando di rallentare il movimento verso il basso: Yoshikazu era però troppo forte, non sarebbe riuscito a trattenerle ferme a lungo.
-Correte, svelti!- ordinò, senza guardarli.
Flame si alzò e osservò Goku, come a cercare un senso di sicurezza e di acconsenso. Goku fissò il cadavere di Bulma: capì che, per salvarsi, dovevano abbandonare lì la loro compagna di classe. Flame preferì non dire ancora niente riguardo al corpo di Chichi e così, dopo un attimo di esitazione, uscirono tutti dal bagno e corsero nella direzione da cui erano venuti.
Nazos cominciò a scappare tardi rispetto agli altri e non riusciva nemmeno a correre, tanto che era stanca. Si voltò verso Koito con aria delusa e dispiaciuta, ma queste emozioni si dissolsero non appena vide Koito cadere a terra e Yoshikazu caricare un altro colpo per colpirlo. A quel punto provò solo preoccupazione.
Senza pensarci due volte si gettò tra lui e Koito a braccia spalancate; il colpo non colpì il ragazzo a terra, come previsto, ma Nazos. Precisamente, il suo occhio.
Nazos urlò non appena le forbici penetrarono nel suo occhio e del sangue cominciò a schizzare fuori: mai aveva provato tanto dolore in vita sua. La guancia cominciò a tingersi di rosso e l’occhio cominciò a diventare una zuppa: Yoshikazu girava le forbici come una chiave che gira nella serratura.
-Lasciala, maledetto bastardo!- esclamò Koito, rimettendosi in piedi e raggiungendo le forbici di Yoshikazu.
Provò a tirarle via, ma l’uomo-zombie lo lanciò contro una parete emettendo un verso inumano.
Nazos, a malincuore, capì che per dimezzare il dolore doveva solo lanciarsi all’indietro. Così fece: si diede la spinta all’indietro, stringendo i denti per non urlare ancora, e cadde. L’occhio si staccò dall’orbita e rimase attaccato alle forbici. La ragazza, coprendo e stringendo l’orbita vuota e grondante di sangue con entrambe le mani, sporcandole, urlò e scoppiò a piangere di nuovo.
Koito rabbrividì a quella vista. Approfittò del momento di distrazione di Yoshikazu e la prese in braccio, cominciando a correre lontano da quel luogo; Yoshikazu li seguì a passo lento e pesante, emettendo continui sospiri e lamenti.
Il ragazzo entrò nella prima aula che trovò e si richiuse la porta alle spalle. Si sedette a terra, appoggiando la schiena contro la porta, e strinse Nazos a sé, accarezzandole con una mano i capelli, mentre con l’altra le copriva l’occhio sanguinante.
La ragazza affondò la testa nel petto di Koito e con i pugni gli strinse la maglia arancione, singhiozzando.
-Nazos... non piangere, ti prego... ci troverà- disse Koito, cercando di calmarla.
-Non vedo... non vedo più...- singhiozzò Nazos.
Koito la strinse di più a sé e appoggiò il mento sulla testa della giovane. Disse, in un tentativo di consolarla: -Andrà tutto bene... si risolverà tutto...-
Nazos scosse la testa. Anche se era bassa per la sua età, e per questo Koito la chiamava sempre “Piccolina”, ed era ingenua e infantile, era una ragazza di diciotto anni: sapeva che non sarebbe sopravvissuta senza un ospedale e non aspettava altro che la morte, per far finire il dolore atroce e le altre brutte emozioni che provava.
Koito deglutì per mandare giù le lacrime che gli stavano salendo agli occhi.
-Non dovevi farlo... doveva colpire me, non te, accidenti!- esclamò –Dovevi scappare!-
Una lacrima scivolò lungo la sua guancia e cadde sui lunghi capelli di Nazos. Le cinse i fianchi con le braccia e tornò ad accarezzarle i capelli.
-Mi hanno insegnato a difendere le persone... che si amano...- disse Nazos, tossendo una volta concluso.
-Ho ucciso tre persone innocenti... sono un mostro Nazos... ho procurato solo morte e devo morire... perché ti sei messa in mezzo!? Ti odio!- esclamò Koito, con tono triste e adirato.
Sentì Nazos emettere una debole risata ed era sicuro stesse anche sorridendo, seppur debolmente. Preferì non dire nulla; sapeva che Nazos gli avrebbe risposto “Il mio Dio mi ha insegnato a porgere l’altra guancia e a perdonare chi ti fa un torto”. Lei e la sua religione... gli dava ogni volta lezioni di vita. Forse perché non aveva mai conosciuto una cristiana così ottimista che seguiva appieno ogni insegnamento religioso e che si divertiva a sentire anche la nascita e le preghiere della religione buddista. Per questo Koito pensava che fosse andata sicuramente in Paradiso, smettendo di soffrire.
Finalmente Nazos ruppe quel silenzio.
-Io ti amo... e non smetterò di farlo... mai...- concluse la giovane.
Koito stava per rispondere, ma sentì le urla di Yoshikazu. Strinse a sé Nazos e la ragazza chiuse gli occhi, prima che le forbici di Yoshikazu uccisero entrambi in un solo colpo, fatale e doloroso, ma un po’ dolce.
 
Anche gli altri si erano nascosti in un aula molto distante dai bagni femminili. Flame aveva raccontato di aver visto anche il cadavere di Chichi nel bagno e Goku, disperato e triste, si appoggiò alla parete scivolando.
Chichi morta... perché doveva capitare sempre alle persone a lui care? Perché? Cosa avevano fatto di male?
La corvina, una volta essersi accorta dell’assenza della sua migliore amica, scoppiò a piangere, abbracciando Lapis, che rimase stranito per alcuni secondi prima di abbracciarla per cercare di consolarla.
-Abbiamo visto anche il cadavere della professoressa...- disse Vegeta.
-Noi quello di Emi e Marion- aggiunse Lapis, ricordando i cadaveri delle sue compagne di classe e le condizioni in cui le aveva trovate.
Crilin strinse i denti e abbassò lo sguardo, adirato: -Non ci voleva... abbiamo perso Bulma, Chichi, Yumi, Lazuli, la professoressa, Marion, Emi e Nazos. Se poi contiamo Tenshinahn, Lunch e Yamcha che sono i dispersi... abbiamo perso moltissimi dei nostri amici.-
Prima che altri potessero aggiungere qualcosa e prima che Flame, staccandosi dall'amico, potesse raccontare della seconda struttura, comparvero i tre bambini fantasma davanti a loro. Yuki era davanti a Tokiko e Ryou, ma tutti e tre stavano piangendo. Flame alzò lo sguardo, guardandoli e asciugandosi le lacrime; anche i suoi restanti compagni osservarono i tre bambini, curiosi di sentire ciò che avevano da dire.
Yuki unì le mani e le fece scivolare lungo le gambe. Abbassò lo sguardo e iniziò a raccontare tristemente...
Continua...

Oh yeah, sono tornata con un capitolo lunghissimo che non ho potuto dividere... scusatemi tanto D: 
Che dire? Dunque, Tenshinahn ha cacciato via la povera Nazos e lei, disperata, ha incontrato il suo vero amore e... BUM! Morta. Mi scuso con i fan di questa povera ragazza, ahahahah :') 
Chichi è stata uccisa da Ryou e Tokiko. Quanti si aspettavano che l'avesse uccisa Bulma? ;D 
Lapis, credo si sia capito comunque, è il nome umano di C17. Penso di aver detto tutto X)
Come sempre, se trovate errori scrivete nella recensione. Mi aiutereste moltissimo e ve ne sarei grata! Ringrazio felinala e Sasi02 che stanno recensendo ogni capitolo e tutti quelli che leggono! Ci sentiamo al prossimo aggiornamento <3
Kira.
P.S. Si accettano scommesse su chi, secondo voi, uscirà vivo da questa scuola xD 

 
 
 

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Capitolo 9
*** La verità (parte 2) ***


La verità (parte 2)

-Era una giornata piovosa dopo scuola. Quella mattina avevo litigato con mia madre e non volevo rivederla, così mi sono seduta sulle scale della scuola per osservare la pioggia- iniziò a raccontare Yuki, abbassando gli occhi azzurri che luccicavano di una forte malinconia –Il maestro Yoshikazu mi si avvicinò e si sedette affianco a me...-
Gli sguardi di tutti, tranne di Ryou e Tokiko, erano puntati su Yuki che con tono malinconico e disperato raccontava ciò che il giorno del suo omicidio era successo: avrebbero scoperto l’assassino quella volta, dopo tanto tempo chiusi lì dentro e dopo aver perso moltissimi dei loro amici.
-... gli raccontai ciò che era successo. Lui diceva “Uh, uh”: non sapeva parlare molto bene, ma aveva un cuore d’oro.- Yuki alzò lo sguardo e guardò uno ad uno i ragazzi davanti a lei.
Ricordar quelle cose le faceva male, terribilmente male nell’anima e nel cuore. Sentiva Ryou e Tokiko già singhiozzare, ma lei doveva cercare di essere forte ancora per qualche minuto, giusto per il tempo di raccontare.
-Mi guardò con un’espressione strana... e... poi...-
Le ultime parole erano state sussurrate, fino a diventare incomprensibili. Yuki ingoiò della saliva e unì le mani, portandosele al petto e poggiandole lì, come per cercare di non piangere e di mantenere il cuore infranto. Le labbra si separarono e cominciarono a tremare, i suoi occhi cominciavano ad inumidirsi e a farsi sempre più tristi. Alla fine non ce la fece più: scoppiò anche lei a piangere, sotto gli sguardi dei giovani che si guardarono dispiaciuti, avendo intuito ciò che fosse successo in seguito.
Vegeta si concentrò solo sulle parole dette dalla fantasmina, in particolare su un nome: quello di Yoshikazu. Era stato lui, ora ne era certo. Come aveva potuto un insegnante uccidere dei bambini così piccoli? Non aveva provato nessuna pietà o rimorso? Come aveva potuto guardarli negli occhi mentre lo faceva? A causa sua erano morte molte persone innocenti, che non c’entravano nulla con lui o con quei bambini!
Goku e Crilin si guardarono, dispiaciuti e pieni di collera per quello accaduto a quei poveri bambini, incapaci di contenere un dolore così grande che ruppe per sempre la loro infanzia e la loro vita. Uccisi in quel modo barbaro senza pietà, strappati ai loro genitori e alla vita come un fiore che viene colto dal prato: nessuno di loro si aspettava di trovare la morte in una giornata di scuola apparentemente come tante.
Flame si avvicinò a Yuki e le accarezzò i capelli castani per consolarla, una volta abbassatasi alla sua altezza. La guardò tristemente: avrebbe voluto avere sottomano quel mostro di Yoshikazu e farlo soffrire per quell’orribile uccisione e per tutte le altre che continuava a commettere, ma non poteva; e questo la faceva sentire inutile e debole.
-Quindi... è stato Yoshikzau a uccidervi?- chiese Vegeta, avvicinandosi a braccia incrociate ai tre, consapevole che quasi sicuramente non avrebbe ottenuto risposta a causa del dolore della bambina.
Yuki si asciugò le lacrime, le quali continuarono però a scendere dai suoi occhi in modo continuo, e osservò il giovane davanti a lei. Guardò poi Ryou e Tokiko come per aver un consenso e loro annuirono.
La bambina guardò i ragazzi davanti a lei e, prendendo un respiro profondo, disse: -Se volete sapere cosa successe, ve lo mostreremo-
-Mostrare?- chiesero tutti in coro, con un tono tra il curioso e lo spaventato.
Mostrare... significava vedere ciò che accadde in quel giorno? Essere lì con i bambini, oppure essere i bambini? Non potevano rischiare di fare una cosa sbagliata che li avrebbe portati alla pazzia a causa del troppo dolore.
Goku strinse i denti e osservò tutti i suoi compagni: lui e Vegeta erano gli unici che potevano provare a vedere ciò che successe, gli altri erano troppo addolorati e tristi per i loro amici deceduti per reggere altra sofferenza e non potevano perderli.
Fare ciò gli avrebbe procurato di sicuro delle sofferenze, ma doveva scoprire chi aveva ucciso quei bambini e soprattutto perché: dubitava che un insegnante da un giorno all’altro diventasse un pazzo assassino, doveva esserci una ragione, un motivo. Lo doveva a quei bambini e alle migliaia di persone morte in quella scuola, in special modo ai suoi amici che avevano perso la vita ingiustamente.
Strinse i pugni e si alzò, facendo un passo in avanti. Guardò determinato Yuki e le sorrise.
-Voglio vedere cosa accadde, Yuki- sentenziò soltanto, con voce determinata che non ammetteva repliche o ripensamenti.
Crilin scattò in avanti, guardandolo incredulo con gli occhi sgranati.
-GOKU! Sei impazzito, per caso!?- esclamò, con tono serio.
-Che cosa stai dicendo, Goku?- chiese Flame, raggiungendolo e mettendosi davanti a lui con i pugni stretti davanti al petto.
Vegeta osservava incredulo la scena: Goku voleva provare. Doveva aspettarselo da uno come lui, non sarebbe mai rimasto con le mani in mano, anche se questo significava mettere a rischio la propria vita o la propria sanità mentale; era questo a renderlo un “mito” agli occhi di tutti i suoi compagni di classe.
-Ragazzi, è inutile. Non tornerà indietro!- disse Lapis, precedendo Vegeta che stava per dire la stessa cosa.
Crilin e Flame sospirano e poi si spostarono per far passare Goku, sapendo che, purtroppo, ciò era vero. Lo osservarono preoccupati, col battito cardiaco a mille e il respiro affannoso, fino a quando non raggiunse Yuki posizionandosi davanti a lei. Regalò un sorriso sicuro ai compagni e poi alla bambina, che lo osservava senza parlare. Tutto quel coraggio da parte di un ragazzo le aveva tolto tutte le parole di bocca, prima per averla placata e ora per quello.
Abbassò lo sguardo e allungò una mano verso Goku; una luce biancastra cominciò ad avvolgerlo e i suoi amici dovettero chiudere o coprirsi gli occhi a causa della forte luce che emanava. Il giovane cominciò a chiudere gli occhi, fino a cadere a terra con un tonfo, privo di sensi.
 
 
Si svegliò.
Si trovava in una strana stanza che non aveva mai visto: i suoi occhi erano puntati sul soffitto e man mano che la vista cominciava a farsi sempre più precisa poté osservare le travi di legno che lo componevano e sulle quali era appesa una lampada ad olio, l’unica fonte di luce. Provò a muovere le mani, ma erano legate tra di loro; poi capì, dopo un attimo di confusione e smarrimento.
Si trovava legato e appoggiato a terra, su un pavimento color marrone scuro. Molte zone della stanza erano in ombra, buie, e non si riusciva a vedere cosa ci fosse. Era spaventato, doveva ammetterlo, ma non poteva tirarsi indietro ormai.
Sentì dei pianti e dei lamenti, seguiti da sospiri lunghi e respiri affannosi. Voltò il capo: accanto a lui c’era Tokiko, legata, e subito dopo di lei Ryou, nelle sue stesse condizioni.
Entrambi piangevano e tremavano, cercavano di liberarsi provocando solo dolore ai polsi e alle caviglie già arrossati a causa della corda troppo stretta.
-Mamma... mamma...- sussurrò Tokiko tra i singhiozzi, le lacrime le rigavano le guance.
Goku sentì la loro paura e, accidenti, lo faceva star male. Ryou provò ad alzarsi, ma era così spaventato da rimanere inchiodato al pavimento.
Una porta si aprì cigolando e i due bambini urlarono, dimenandosi sempre più forte. Goku provò ad osservare verso la porta per vedere chi fosse: era l’assassino, ma non riusciva a vederlo a causa dell’oscurità.
Infine, lo vide. Anzi, li vide.
Yoshikazu era lì, in piedi, con un’espressione terrorizzata e addolorata, sussurrava parole non comprensibili e a volte solo versi a caso.
Dietro di lui vi era una bambina: aveva un sorriso sadico stampato sul piccolo volto coperto dai lunghi capelli neri. I pugni serrati e portati lungo i fianchi, in una mano stringeva delle forbici affilate e pulite, grige. Era Sachiko. Ma lei era stata data per dispersa, da quello che Goku sapeva: cosa ci faceva lì?!
-Yoshikazu, uccidili- ordinò Sachiko, ridendo una volta aver concluso la frase, come se fosse una persona importante.
Yoshikazu emise un forte lamento, sentendo le urla disperate dei bambini ancora più forti, mentre il ragazzo non poteva credere a ciò che aveva sentito.
Tuttavia, subito dopo Yoshikazu prese le forbici dalle mani di Sachiko e si avvicinò a Ryou.
Goku chiuse gli occhi e si voltò, per non guardare.
Ryou spalancò gli occhi castani pieni di terrore e guardò il suo maestro: provò a dire qualcosa, ma non ci riuscì. Le parole gli morivano in gola, come se avessero paura di uscire. Yoshikazu si inginocchiò affianco a lui e strinse le forbici nella grande mano, emettendo un ultimo verso prima di conficcarle nel ventre di Ryou.
Il bambino urlò e Goku strinse gli occhi per non spalancarli per nessun motivo al mondo: non voleva trovarsi lì, non lo voleva più. Le urla di Ryou lo stavano facendo impazzire.
-Lasciami, lasciami!- urlò Ryou con tutte le forze che aveva in corpo, mentre un altro colpo penetrò nelle carni del ventre.
Cercava di fermare il suo maestro con le parole, ma a quanto sembrava non funzionava. Lo sentiva singhiozzare e sentiva delle risate in sottofondo, appartenenti ad una bambina. Il bambino chiuse gli occhi per non guardare, sperando che almeno quello servisse a fermare il suo assassino. Tutto inutile: un altro colpo.
Ryou urlò, sputando del sangue dalla bocca che assunse un cattivo sapore.
Non capì ciò che successe in seguito: urlava sempre più debolmente e le forbiciate erano sempre più frequenti e continue. Impossibile contarle. Sentì il freddo avvolgerlo e l’udito abbandonarlo, poi un qualcosa che usciva dal suo ventre: ipotizzando cosa potesse essere, scoppiò a piangere più forte, urlando di nuovo fino a quando anche la voce lo abbandonò, a causa del maestro Yoshikazu: gli aveva tagliato la lingua.
Goku sentì il silenzio interrotto solo dai forti pianti di Tokiko: perché non poteva fare niente? Perché aveva paura di reagire, di alzarsi in piedi e di urlargli contro? Se ne stava tremante a terra, ascoltando i pianti e le grida acute dei bambini senza fare nulla... Quella bambina maledetta, Sachiko, si stava divertendo. La sentiva ridere e avrebbe tanto voluto prenderla a schiaffi.
Sachiko era già morta. Quindi l’incidente della madre e della sua scomparsa erano avvenute molto prima dell’omicidio dei bambini... e stranamente  erano collegate.
Mentre pensava che tutto fosse ormai finito, ecco le urla di Tokiko. Questa volta si voltò a guardare la scena: la bambina aveva gli occhi verdi e la bocca spalancati e tremava più forte di prima. La causa era una cosa che stupì anche Goku: Yoshikazu aveva in mano una sega. Non poteva ucciderla con una sega, non in quel modo barbaro.
Yoshikazu sembrava stesse piangendo, ma non smetteva con quell’omicidio. Tokiko deglutì sonoramente e le labbra separate tra loro tremarono; la sega cominciò ad abbassarsi su di lei. Goku chiuse gli occhi, ascoltando solo le sue grida inumane e troppo acute che gli perforavano i timpani.
-Basta, maledizione, basta...- sussurrò, sperando di poter fermare Yoshikazu.
Aveva provato ad urlare, ma non ci era riuscito a causa della paura: toccava a lui, ora. Non riusciva a pensare ad altro. Doveva morire e aveva paura, terribilmente paura.
Aprì gli occhi di scatto: Sachiko era davanti a lui, Yoshikazu, invece, si trovava in un angolo della stanza, rannicchiato su se stesso e piangeva. Sì, piangeva: aveva ucciso quei bambini contro la sua volontà.
-Tu... perché... perché, Sachiko!?- esclamò Goku, mettendosi a sedere per guardarla negli occhi neri che esprimevano solo sadico divertimento.
Sachiko era sporca di sangue, eppure non aveva ucciso nessuno. Oppure...
-Li hai uccisi tu... non è stato Yoshikazu... tu lo hai usa...-
Goku non terminò la parola: le forbici di Sachiko si conficcarono veloci nel suo occhio e lui urlò dal dolore. Il sangue cominciò a schizzare fuori e a scivolare lungo la sua guancia.
Sachiko premeva sempre più forte le forbici nell’occhio, divertendosi: al contrario di Goku, sperava che quegli attimi non terminassero mai, anzi, che si prolungassero all’infinito. Amava sentir urlare le sue vittime e sentire il loro caldo sangue sulle mani, sulle sue mani da bambina.
-Cosa ne verrà fuori, se faccio così?- chiese, più a se stessa che ad altri, anche perché non vi era quasi più nessuno con lei in grado di risponderle.
Tirò via le forbici con un gesto secco ed immediato: attaccato a loro, vi era un occhio.
 
 
Goku si rimise in piedi di scatto, lanciando un urlo; tremava ed era completamente sudato, come se si fosse risvegliato da un incubo molto reale... ed in effetti, era così, solo che era una cosa realmente accaduta a dei bambini.
Intorno a lui vi erano i suoi amici, che lo osservavano attentamente aspettando una risposta dal ragazzo. Goku guardò i bambini respirando affannosamente, pensando alla loro grande sfortuna, deglutì e poi disse ciò che tutti volevano sentire: cosa successe quella volta.
-Yoshikazu... non è l’assassino dei bambini.- annunciò, stringendo i pugni. Marcò la parola “non” con forza.
Tutti si guardarono tra loro increduli, poi tornarono ad osservare Goku: non era lui l’assassino? Cosa significava?
-Era un complice, o per meglio dire un oggetto da sfruttare.- si corresse in seguito, con sguardo serio in volto.
Sapeva che i suoi compagni non potevano credere alle loro orecchie, anche per lui che l’aveva visto era ancora strano e quasi impossibile. I tre bambini fantasma annuirono alle parole del giovane, dando loro una terribile conferma.
Flame incrociò le braccia al petto: sfruttare? Chi poteva sfruttare un insegnante per uccidere dei bambini? Eppure, i giornali che avevano trovato parlavano di Yoshikazu come l’assassino dei tre piccoli, non di complici o di altre persone. Doveva essere lui, era anche malato dopotutto.
-Che significa, Goku?- chiese Crilin, quasi a bassa voce, ancora incredulo.
Goku puntò i suoi occhi in quelli dell’amico e spiegò tutto: -Yoshikazu era posseduto da Sachiko. Sachiko, la bambina fantasma responsabile di tutte le morti in questo posto!-
Quelle parole scioccarono di più i ragazzi. Una bambina di sette anni aveva posseduto Yoshikazu... ma Sachiko era scomparsa in seguito alla morte della madre, non era morta. Come poteva averlo posseduto?
-Stai dicendo che Sachiko era morta e non scomparsa come si credeva? E anche molto prima rispetto ai tre bambini?- chiese Lapis, anche lui incredulo.
Goku annuì e i compagni strinsero i denti.
A tutti sembrava strano, ma era così. La scomparsa di Sachiko significava la sua morte, ma chi poteva averla uccisa? Yoshikazu era troppo piccolo o non era ancora nato quando Sachiko sparì, quindi non poteva essere stato lui... suo padre, il preside? No, nemmeno lui poteva averla uccisa, era una persona da escludere perché troppo buona e gentile.
Ciò significava che la morte di Sachiko e quella dei bambini tramite Yoshikazu erano collegate tra loro da qualcosa, ma da cosa?
Dovevano scoprire di più su quella storia e, quindi, dovevano dividersi, a malincuore.
Quando i bambini sparirono, decisero le divisioni e quali zone della scuola ispezionare; fu allora che Flame raccontò della seconda struttura e della stanza del preside, unica stanza che non si apriva e con la porta tinta di rosso; probabilmente, sangue.
-Dobbiamo controllare anche lì, ma dopo...- sussurrò Goku, che aveva preso le vesti di leader.
E dopo quel sussurro, uscirono dal corridoio secondo le divisioni: Goku e Vegeta verso i bagni; Flame e Lapis verso l’infermeria; Crilin verso la piscina.
Mandare una persona da sola non era una brillante idea, soprattutto se quella persona era la più debole del gruppo, ma Crilin aveva insistito: oltre a cercare altre informazioni riguardo Sachiko, Yoshikazu e la scuola, voleva anche trovare l’assassino di Lazuli e Yumi. Stare con qualcun altro l’avrebbe rallentato, oppure avrebbe cercato di fargli cambiare idea.
Non sapeva che era stato Koito ad ucciderle, quindi stava facendo una ricerca inutile.
Tuttavia, per la strada verso la piscina, incontrò Tenshinahn che stava camminando lentamente e con sguardo basso verso di lui. La sua felicità crebbe: sapeva che non era morto e questo era comunque un bene, anche se in quel momento le sue ricerche sarebbero andate in frantumi.
Gli corse incontro sorridente.
-Ten! Sei vivo!- esclamò, una volta averlo raggiunto a braccia spalancate.
Tenshinahn sobbalzò per la sorpresa e lo spavento iniziale, poi sospirò sollevato alzando lo sguardo. Al vedere lo sguardo malinconico di Tenshinahn, Crilin s’incupì di colpo.
-Cosa succede?- chiese.
La domanda più ovvia da fare sarebbe stata “cosa non succede?”, poiché in quella scuola stava succedendo di tutto e di più. Mostri assassini, fantasmi di bambini arrabbiati e in cerca di vendetta, ragazzi e ragazze completamente folli, una bambina di sette anni responsabile delle pazzie e degli omicidi che avvenivano nella scuola... non si era mai visto nulla del genere, nemmeno in un film Horror.
Tenshinahn sospirò nuovamente e distolse lo sguardo dall’amico.
-Ho trovato il cadavere di Lunch...- sussurrò con voce flebile.
Crilin strinse i denti e i pugni: perché ad ogni bella cosa se ne accavallava una cattiva?
-... e ho perso la ragione per un attimo. Ho ferito Nazos che si trovava con me e l’ho fatta correre via, nella scuola tra mille pericoli...- continuò Tenshinahn, stringendo i pugni disperato: sperava che Nazos stesse bene, non sapendo cosa le era effettivamente accaduto.
Crilin sussultò: quindi era per quello che Nazos si trovava in quelle condizioni. Come poteva dire all’amico che Nazos era, probabilmente, stata uccisa da Yoshikazu? Si sarebbe sicuramente incolpato e non poteva permettere di vedere la sanità mentale di un altro suo amico consumarsi!
Non poteva però nasconderlo in eterno...
Così, un po’ titubante e insicuro, parlò. Raccontò di Bulma, di Koito, di Yoshikazu... e di Nazos. Tenshinahn, come sospettato, non poteva credere alle sue orecchie e si sentiva veramente male e soprattutto colpevole.
Crilin narrò anche degli amici morti che avevano trovato e della visione avuta da Goku, il vero assassino dei bambini, per poi parlare del compito che si erano assegnati lui e gli altri suoi compagni. Tenshinahn, dopo aver riferito la morte di Yamcha sotto gli occhi sempre più disperati di Crilin, decise di aiutare l’amico nel compito.
Prima che potessero muovere un qualsiasi passo, successe qualcosa di inaspettato e di... terribile. Una serie di lamenti si dispersero nel corridoio e comparvero le figure di una ragazza e di un ragazzo. Il ragazzo non aveva la testa ed era trasparente, coi vestiti strappati e ferite ovunque; la ragazza non aveva un braccio e la parte sinistra della testa. Anche lei era trasparente come il ragazzo e coi vestiti stracciati. Non avevano colori, solo i contorni di un azzurro pallido.
Tenshinahn e Crilin si fermarono a guardarli: i loro lamenti si facevano sempre più forti e acuti. Man mano che si avvicinavano ai due, si vedeva che dalla loro bocca fuoriusciva un mare di sangue rosso che cadeva a terra, facendo sciogliere il pavimento come se fosse acido.
-Ma... chi sono questi!?- esclamò Crilin, tremando ed indietreggiando di qualche passo con gli occhi sgranati.
-Non ne ho idea, ma non sembrano disposti ad essere nostri amici- rispose Tenshinahn stringendo i pugni –Dobbiamo cercare di superarli.-
Crilin annuì, anche se spaventato.
Aspettarono che i due fantasmi si avvicinarono a loro ancora di qualche centimetro e poi scattarono, correndo e superandoli. Fortunatamente, andò tutto bene e l’unica cosa che udirono, senza voltarsi a guardare, fu una voce femminile dire, con tono malinconico: -Questo è il luogo della...- s’interruppe, con un altro lamento e un singhiozzo -... nta..-
Quando tutti i pericoli sembravano passati, anche perché l’ultima parola sussurrata dalla ragazza non era completa, ecco che accadde nuovamente qualcosa; era proprio quella cosa che cercava di dire la ragazza fantasma. La scuola sembrava non volerli far incontrare con i loro amici.
Una pianta, una grossa pianta, ricoperta di spine uscì dal pavimento d’improvviso e afferrò Crilin per un braccio, il quale lanciò un urlo per la sorpresa e per il dolore che le spine gli procuravano. Tenshinahn lo afferrò per una mano, mentre la pianta ritornava lentamente da dove era uscita trascinandosi dietro l’amico; era troppo forte per lui, non riusciva a farle lasciare Crilin. Erano stati entrambi colti alla sprovvista, non si aspettavano nulla del genere!
Il braccio di Crilin cominciò a sanguinare a causa delle spine che gli perforavano la pelle; la pianta gli stringeva il braccio sempre di più, cercando di trascinarselo dietro.
Puntò i piedi a terra, stringendo i denti per non urlare, e cercò di aiutare Tenshinahn camminando verso di lui.
Non servì a niente. Un’altra pianta uscì dal pavimento e gli afferrò una gamba; sembravano due tentacoli verdi ricoperti di spine.
Tenshinahn stava usando tutte le sue forze, ma non poteva nulla contro le due piante; Crilin era spaventato e, sia a causa di questa emozione, sia per il dolore, fu risucchiato nel pavimento che si richiuse, lanciando un ultimo e acuto urlo che andava man mano ad affievolirsi.
Tenshinahn si inginocchiò e osservò quel punto maledetto del pavimento: come era potuto accadere? Da dove accidenti erano uscite quelle piante? Possibile che ogni cosa dovesse diventare pericolosa in quella maledetta scuola?
-Maledetti, tutti!- esclamò adirato e triste, rivolto ai fantasmi e agli abitanti di quella scuola, mentre sbatté un pugno a terra.
 
Flame camminava con sguardo basso e afflitto. La sua migliore amica era rimasta con quel pazzo e con Yoshikazu al posto di andare con i suoi veri amici... non riusciva a non incolparsi: avrebbe dovuto afferrarla con forza e trascinarla via, ma era troppo spaventata per farlo. Quella maledetta paura, non pensava di essere così... codarda; quella scuola l’aveva cambiata tantissimo e in poco tempo, a suo svantaggio: sembrava far emergere il lato debole di tutti e non era un bene, per niente.
Tempo... quanto tempo era passato? Un giorno? Delle ore? Una notte? Non lo sapeva, gli orologi erano rotti e le lancette si muovevano solo per indicare dei pericoli nelle loro vicinanze. I loro genitori chissà se li stavano cercando, preoccupati per la loro lunga assenza... potevano però anche non essersene accorti.
-Ahi!- esclamò d’un tratto dolorante, inginocchiandosi e tenendosi il ginocchio ferito con entrambe le mani.
Aveva iniziato a farle davvero male solo in quel momento ed era strano, ma probabilmente si era infettato.
-Che succede?- chiese Lapis, voltandosi a guardarla.
Flame strinse i denti, guardandolo: erano quasi arrivati all’infermeria, poteva già notare i due cadaveri ancora lì, appoggiati al muro, e la scritta di sangue che colava lungo il muro finendo sul pavimento. Lì c’era Yoshie. Avrebbero potuto parlarle, se non fosse stato uno spirito demoniaco e assassino, riguardo a Sachiko, ma in quelle condizioni li avrebbe uccisi.
Non poteva andare in infermeria per curarsi e nemmeno starle vicino, quindi doveva stringere i denti e tenere ancora duro.
-La ferita ha iniziato a farmi molto male- rispose la corvina, abbassando lo sguardo –Ma sto bene, ora. Posso ancora camminare normalmente.-
Seguirono attimi di silenzio che sembravano interminabili. La ragazza si rimise in piedi e osservò il compagno che aveva lo sguardo puntato sull’infermeria, o per meglio dire su chi era vicino l’infermeria.
Strinse i pugni, sporchi di sangue, e gli si avvicinò.
-Stai bene? Se vuoi vado a vedere da sola se ci sono delle informazioni.- propose la giovane.
Lapis la guardò e scosse la testa, deciso.
-Neanche per sogno!- rispose, quasi offeso –Andiamo.-
Flame sospirò e scosse debolmente la testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli corvini; non voler ammettere ciò che si provava in quella scuola era spesso un male: parlare aiutava, almeno in parte, a liberarsi dalla tristezza e dall’odio, uniche emozioni lì possibili da provare.
Passarono davanti la porta dell’infermeria senza guardare i corpi di Lazuli e Yumi per non bloccarsi, ma furono fermati da una voce dolce e amichevole. Cosa strana, in quella scuola: una voce dolce e non crudele, e amichevole e non sadica?
-Entrate pure, è aperto!-
Anche se si trattava di un invito, i due non riuscirono a credere a ciò che avevano udito. Chi poteva trovarsi nell’infermeria e chi era sopravvissuto a Yoshie? La porta era chiusa, non poteva trattarsi di nessun essere umano: non poteva averli visti arrivare. L’unica spiegazione logica era un altro spettro che si fingeva amichevole, per loro sfortuna.
La loro curiosità era però molto grande. Non riuscirono a rimanere fuori, anche conoscendo il pericolo a cui erano esposti: decisero di entrare.
Aprirono la porta lentamente ed entrarono: l’ombra di una donna che scriveva veniva riflessa su una tenda e nella stanza c’era il suono di una penna che scriveva su un foglio. Tuttavia, non c’era nessuno, a parte quell’ombra.
-Quando arriveranno le vacanze, andremo a fare un viaggio tutti insieme!-
Di nuovo la voce di prima. Quando l’aria fu intrisa di risatine gioiose e infantili e la porta ricoprirsi di impronte di piccole mani insanguinati, i due ragazzi si guardarono nuovamente.
Chi parlava era quella donna seduta a scrivere e doveva essere di sicuro diventata pazza per parlare da sola. I bambini erano stati placati, chi poteva aver riso gioiosamente allora? Qualcosa non andava, doveva essere una trappola di Yoshie.
Ritornarono contemporaneamente a guardare la sagoma: per scoprire chi era, dovevano avvicinarsi. Poteva essere chiunque, ma dovevano comunque controllare: se si trattava di un’informazione? Stavano anche iniziando a considerare di aver incontrato  uno spirito buono.
Si avvicinarono molto lentamente e, stranamente, quando si avvicinarono alla scrivania non vi era nessuno seduto a scrivere; vi era solo una penna che scriveva da sola su una specie di diario. Intorno a loro, e anche sopra di loro, non c’era Yoshie o qualcun altro pronto ad uccidere o a balzare davanti a loro all’improvviso.
-Pensi che possa servirci, questo diario?- chiese Flame, guardando attentamente il diario.
-Non so, è solo un diario. Se vuoi prendilo pure.- rispose semplicemente lui, distogliendo lo sguardo dalla compagna e dal diario e puntandolo sulla tenda su cui si rifletteva ancora la figura della donna.
Flame gonfiò le guance a mo’ di bambina.
-Sei davvero d’aiuto...- sussurrò sarcasticamente, sperando che il compagno non la sentisse.
Afferrò svelta il diario e lo strinse al petto, chiudendo gli occhi: si aspettava di vedersi qualcuno addosso, ma non accadde nulla. O meglio, quasi nulla. Cominciò tutto da una lieve scossa di terremoto, che si fece man mano sempre più intensa; i mobili e tutto ciò in quella stanza cominciò a muoversi pericolosamente e il lampadario a cadere, pezzo dopo pezzo.
Entrambi i ragazzi osservarono davanti a loro: era apparsa Yoshie Shinozaki. Era circondata dall’oscurità e sembrava che il terremoto non la sfiorasse nemmeno.
Il suo sguardo, triste e colmo di odio, era puntato su di loro.
-Non ti perdonerò. Ti ucciderò.- disse, con voce più carica di odio che di tristezza.
Probabilmente quel diario era suo e non bisognava prenderlo, ma essendo di Yoshie poteva contenere qualche informazione utile riguardo la scuola e Sachiko.
Il terremoto si faceva sempre più violento, ma il fantasma rimaneva sempre al suo posto, immobile, con l’espressione affranta e ricca di odio a ripetere quelle due inquietanti frasi. I due ragazzi corsero fuori dall’infermeria, senza fermarsi all’entrata o nelle vicinanze; corsero nella direzione in cui si trovava Crilin, con la speranza di trovare quei pochi loro amici ancora vivi.
 
Goku e Vegeta, nel frattempo, si trovavano nei bagni della scuola. Il cadavere di Bulma e quello di Chichi erano spariti, stranamente: chi poteva averli presi? Solo un altro maledetto pazzo e questo li faceva arrabbiare, perché ora non potevano nemmeno piangere su un corpo.
C’erano più chiazze di sangue in quella zona, il pavimento ne era quasi interamente ricoperto. Anche fuori dal bagno, nella zona in cui vi erano Yoshikazu, Nazos e Koito, vi era del sangue a terra, il quale faceva pensare ad una reale morte della loro compagna di classe.
Vegeta si appoggiò alla parete e sbuffò, incrociando le braccia al petto.
-Non troveremo niente d’interessante qui, lo sai?- chiese, rivolto al compagno.
Goku lo fissò con espressione cupa in volto e i pugni serrati lungo i fianchi. No, non lo sapeva: sperava ci fosse qualche giornale o dei fogli per poter raccontare chi era davvero Yoshikazu Yanagihori, ma niente. Solo sangue su sangue.
Proprio mentre stava per andarsene da quel luogo, la voce di Vegeta, che ora gli sembrava fastidiosa, lo fermò.
-Poco fa sei stato veramente pazzo- disse apatico il ragazzo, seguendolo successivamente.
-Eh?!- esclamò Goku confuso, sgranando gli occhi neri.
L’amico si riferiva all’aver visto il vero volto dell’assassino, si capiva bene: poteva dare una spiegazione logica, anche molto, riguardo al perché l’avesse fatto.
-Nessuno era nelle condizioni ideali per farlo, Vegeta.- rispose, con voce e sguardo serio.
Vegeta si voltò a guardarlo, rimanendo però in silenzio.
-Se vogliamo uscire da qui dobbiamo rimanere calmi!- spiegò Goku, quasi urlando per la rabbia.
Non sembrava più il Goku buffone, allegro e un po’ tonto che era a scuola. Sembrava più ragionevole e maturo; la scuola stava facendo cambiare davvero il carattere di chi vi entrava, in peggio e in meglio.
Tuttavia, Vegeta non sperava più di uscire da lì: restare calmi? Dovevano restare calmi dopo aver visto morire i loro amici più cari? Era impossibile.
-Nessuno di quegli stupidi riuscirà a restare calmo!- sbottò infine, quasi adirato.
Goku strinse i denti ed ingoiò della saliva, per cercare di rimanere calmo per continuare il discorso che stava facendo. Però, non riuscendoci, pensò di fare una domanda sarcastica per far zittire il compagno ed andarsene da quel luogo.
-Da quando sei così pessimista?- chiese.
Fu una domanda che, in effetti, fece zittire Vegeta. Un sorriso soddisfatto si dipinse sul volto di Goku, ma vi restò per pochissimi secondi; ad un suo “Andiamo”, uscirono entrambi dal bagno e da quella zona in generale.
Camminando verso la piscina, Flame e Lapis videro solamente Tenshinahn che cercava disperatamente di sollevare le mattonelle del pavimento. Si guardarono e, scambiandolo per pazzo, corsero da lui.
Flame, dopo aver letteralmente gettato il diario su Lapis, che lo afferrò prontamente, afferrò Tenshinahn da dietro, tirandolo via; il ragazzo si accorse di loro solo quando si sentì tirare. Guardò Flame, con occhi sgranati che luccicavano di tristezza, e quest’ultima non poté fare a meno di incuriosirsi alla vicenda.
Fu così che, titubante e con voce tremante, ancora sotto shock, Tenshinahn raccontò a Flame di Crilin. La corvina era sconcertata, perché ora dovevano stare attenti anche ad una pianta ricoperta di spine che fuoriusciva dal pavimento... e lì non si sapeva a che fine si andava contro. Crilin poteva essere vivo così come poteva essere morto, ma cercare di tirarlo fuori da quel posto era inutile. La fortuna non era dalla loro parte, anzi, sembrava avercela con loro per qualche strano motivo.
A loro si affiancarono poi Vegeta e Goku, felici di aver trovato anche Tenshinahn, il quale se ne stava ancora seduto sul pavimento. La loro felicità svanì quando videro gli sguardi affranti di tutti, sembrava avessero altre brutte notizie da dire e, in effetti, Tenshinahn ne aveva molte.
Il giovane lesse negli occhi di Goku e Vegeta la voglia di sapere cosa stesse succedendo e, abbassando lo sguardo sul pavimento, cominciò a parlare.
-Crilin... è stato portato giù, in questo pavimento, da una pianta ricoperta di spine.- disse, quasi in un sussurro. La voce gli morì in gola e deglutì, asciugandosi gli occhi che lacrimavano con il palmo della mano.
Goku distolse gli occhi dagli amici e strinse così tanto forte i pugni da conficcare le unghie nella carne, adirato e triste... forse. Ormai non sapeva più le emozioni che provava.
-Prima ho anche visto il cadavere di Lunch...- continuò Tenshinahn -...e portato alla morte Nazos, che mi aveva detto di aver visto morire Yamcha...-
Queste ultime due frasi furono come un pugno gelido per i suoi compagni. Flame si alzò in piedi e chiuse gli occhi, portandosi le mani alla testa: tutto ciò era assurdo, non poteva essere reale.
Anche gli altri ebbero la sua stessa reazione: erano gli unici sopravvissuti. Su tutta la classe, più una professore e una bambina, loro cinque erano gli unici che erano riusciti a sopravvivere. Ma per quanto ancora sarebbero potuti sopravvivere? Per quanto ancora potevano continuare a scappare da Yoshikazu, da Sachiko e dall’oscurità come dei codardi?
I bambini fantasma, Yuki, Ryou e Tokiko, non sarebbero rimasti buoni ancora a lungo, dovevano sbrigarsi ad uscire. Con tutte quelle notizie cattive, come potevano però?
Vegeta, girovagando con lo sguardo, notò il diario che Lapis teneva in mano. Potevano aver trovato qualcosa di interessante ed era inutile perdersi nel dolore e nella sofferenza, ancora per tanto tempo.
-Dove hai trovato quel diario?- chiese, rompendo il silenzio tombale che si era creato.
-In infermeria, prima che Yoshie ci cacciasse in malo modo. Credo appartenga a lei- spiegò il ragazzo, guardando il diario.
Se si osservava più attentamente, sulla copertina nera c’era scritto proprio il nome di “Yoshie Shinozaki”; il diario era quindi della madre di Sachiko. Non poteva esserci niente di più bello in quel momento: finalmente avrebbero scoperto cosa successe veramente il giorno dell’omicidio dei bambini e perché Sachiko era a loro collegata.
Flame sospirò e riprese il diario dalle mani dell’amico; tutti la guardarono.
-Che ne dite? Vogliamo leggerlo?- chiese ancora tristemente, forzando un sorriso.
Goku e Vegeta annuirono, mentre Tenshianhn borbottò un “Sì” alzandosi in piedi e raggiungendola, per poter leggere anche lui le pagine di diario.
La ragazza osservò ancora per qualche attimo la copertina nera: all’interno di quel diario, poteva esserci tutto e niente. Poteva essere uno stupido scherzo di Sachiko e Yoshie, oppure poteva contenere informazioni utili e altre terribili: nella Heavenly Host, tutte le cose belle venivano accompagnate da qualcosa di negativo. Alla fine si fece coraggio e aprì lentamente la prima pagina di diario, con la data 07/19/1953*.
 
 
 *le date in giapponese si scrivono mettendo prima il mese, poi il giorno e infine l'anno.

 Sììì! Il primo aggiornamento del mese di Marzo *_*
Bene gente, innanzitutto: la pianta non è di mia invenzione. Appare in "Corpse Party HB2U" e non si sa, effettivamente, cosa succeda una volta che si viene trascinati nel pavimento. Di solito vengono ritrovati dei vestiti o degli arti della persona, ma non sappiamo più nulla :D quello è il luogo dove appare più spesso, dopo l'infermeria (che luogo maledetto l'infermeria, eh?).
Ho dovuto dividere anche questo capitolo perché era troppo lungo... ed essendo troppo lungo, con la tastiera rotta, se ho fatto errori e mi sono scappati, fatemeli notare con una recensione!
Spero che il capitolo vi piaccia e se avete domande, fatele pure :)
Ringrazio chi ha letto e chi lascerà una recensione, in particolare Sasi02, felinala e pin! <3 
Alla prossima,
vostra Kira.

 
 
 

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Capitolo 10
*** La verità (parte 3) ***


AVVISO: le parti del diario di Yoshie sono state tratte dal manga, non dal videogioco o dall'anime. Di conseguenza, diranno sempre le stesse cose, ma saranno scritte in maniera (ovvero con parole) diversa =3 

La verità (parte 3)

-“Oggi sono stata di nuovo con i bambini; sono tutti così allegri e crescono così in fretta... anche i più grandi si comportano con modestia e rispetto. Sembra che i genitori si siano sempre presi cura di loro.”-
La corvina si fermò per guardarsi intorno, dove probabilmente poteva esserci un altro mostro insieme a loro. Fortunatamente, non vi era nessuno. Osservò con gli occhi scuri quella pagina piena di parole e con qualche chiazza di sangue sulle parti bianche: vi erano solo delle riflessioni di quel 19 luglio, nulla di più. Tuttavia, una frase attirò la sua attenzione...
-“Oggi Sachiko farà sette anni! Spero che il gatto di peluche che le ho fatto le piaccia.Dopo scuola andremo a mangiare fuori.”- Flame si bloccò, osservando i suoi amici cupa e tutti capirono il perché.
Probabilmente, la madre di Sachiko era morta nel giorno del compleanno della figlia. L’idea del regalo che le aveva fatto e dell’uscita che dovevano fare insieme fecero commuovere tutti, poiché alla fine Sachiko non ebbe una festa felice... anzi, non ebbe nemmeno una festa.
Flame, dopo un sospiro, si schiarì la voce e continuò: -“Mi restavano da sbrigare alcune faccende prima dell’incontro con Sacchan. Tuttavia, mentre stavo lavorando, incontrai il preside. Dopo alcune chiacchiere, mi afferrò e cominciò a sbottonarmi la camicia.”-
-Il preside!?- sbottò Goku d’un tratto, con gli occhi sgranati ed un’espressione tra l’adirata e lo stupore.
Il preside aveva un’ottima reputazione da come si raccontava... non poteva aver cercato di violentare la madre di Sachiko, che tra l’altro lavorava per lui da sempre.
Espressioni inorridite si dipinsero sul volto di tutti. Goku si passò una mano tra i capelli corvini e scosse la testa, mentre la ragazza riprese a leggere quella triste pagina.
-“Avevo sempre pensato che fosse una persona buona e sensibile... ma quella volta sembrava completamente diverso! Ero così scioccata che non ricordo come andarono chiaramente le cose: ricordo solo di essere riuscita a sfuggirgli, ma mentre scendevo le scale mi ha spinto giù. Persi l’equilibrio e caddi sbattendo la testa.”...- Flame cominciò a tremare per la rabbia e strinse i denti, senza distogliere lo sguardo dal diario.
Dopo un attimo di silenzio, sussurrò solo una parola piena di collera: -Bastardo...-
Vegeta le si avvicinò e con lo sguardo la incitò a mettere da parte la collera e a continuare. Essendo come un fratello maggiore per lei, continuò subito senza esitazione, deglutendo.
Saltò un rigo, ovvero l’imbarazzo di Yoshie per aver perso le viscere, ritenendolo inutile per quello che stavano cercando. Però, la rabbia che provava verso quella donna cominciò lentamente a svanire, venendo sostituita con la commozione.
-“Stavo svanendo per sempre... ma una vocina mi fece riprendere: era Sachiko! Aveva visto tutto... il preside la notò subito. Volevo gridare il più forte possibile, ma ero morta! Sachiko tentò di scappare, ma aveva solo sette anni... davanti ai miei occhi fu strangolata a morte. Come può una persona essere così crudele? Riabbottonò la mia camicia e seppellì Sachiko nel seminterrato della scuola. Non esiste pietà per le sue azioni.”-
Quando Flame concluse quella pagina, lacrime di rabbia solcavano ormai le sue guance.
Goku abbassò lo sguardo sul pavimento: aveva pensato al preside come buono ed innocente, si era dispiaciuto per lui quando, da quello che aveva letto, aveva dovuto chiudere la scuola. Come poteva essere stato così sciocco? Ora sì che capiva il collegamento tra Sachiko e Yoshikazu.
Infatti, la pagina del giorno dopo diceva che il preside Takamine aveva fatto passare la morte di Yoshie per un incidente e Sachiko come scomparsa. Definirlo sadico era poco; iniziavano a provare pena per Sachiko, quasi tutti: c’era ancora chi non riusciva a perdonarla per le morti che aveva commesso e per le pazzie di cui era la causa.
Le altre pagine, che si fermavano al 23 luglio, raccontavano solo di piccole note da parte di Yoshie. Sembrava essere rimasta bloccata nell’infermeria e che non aveva più né visto, né sentito il fantasma della figlioletta, cosa strana poiché anche lei era morta di morte violenta; il suo fantasma doveva quindi essere con la madre.
Yoshie raccontava di Sachiko solo vent'anni dopo, il 12 luglio del 1973. Non erano note felici per essersi ricongiunta con lei, eccetto la prima, ma disperate e tristi: sembrava implorare attraverso le pagine una gioia che le era negata.
Flame smise di leggere e tutti, avvicinandosi a lei, cominciarono a leggere per conto loro.
La nota del 12 luglio diceva questo: “Sachiko è il mio orgoglio e la mia gioia. Per non farmi restare sola, ha ucciso moltissime persone; mi ha inviato tante anime di bambini: li amo tutti!”. Se da un lato erano inteneriti dal comportamento infantile di Sachiko, dall’altro erano preoccupati: Sachiko aveva ucciso anche quando la scuola non era ancora stata chiusa. Chissà quante povere famiglie avevano perso il loro bambino improvvisamente.
La nota del 15 luglio cambiava completamente le emozioni di Yoshie, come se fosse in lotta con se stessa per la sua sanità mentale: “Voglio farla smettere... tutto ciò non mi rende felice. Sacchan, basta, ti prego! Ne ho abbastanza!”.
-Si può dire che la causa della pazzia di Yoshie è, in parte, della figlia.- disse Flame, asciugandosi le lacrime.
-Sachiko è impazzita subito, non riusciva a distinguere il bene dal male- spiegò Vegeta e Goku annuì alle sue parole.
-In parole povere, credeva che uccidere rendesse felice la sua mamma...- continuò Lapis.
-Nella pagina seguente se la prende con la famiglia di Takamine, la maledice.- cercò di cambiare discorso la ragazza, girando la pagina.
Tenshinahn fu il primo a capire che la maledizione di Yoshie si avverò successivamente. Il figlio di Takamine era malato e non riusciva a parlare, rendendolo vulnerabile alla possessione da parte di Sachiko per attuare una specie di vendetta.
La nota del 17 luglio, seppur breve, cambiava di nuovo le emozioni di Yoshie: da arrabbiata, diventò triste e nuovamente disperata. Sachiko uccideva dei bambini di quella scuola e mandava a sua madre le loro anime; tuttavia, la nota non si concluse con un “li amo tutti”, ma con “Questo non mi rende felice... Sachiko, PARLAMI!”.
Parole strazianti a cui era impossibile rimanere indifferenti; soprattutto la nota del 20 luglio, fece sobbalzare e perdere un battito per la paura a tutti...
Sachiko ha ucciso altre sei persone. Quando muoiono, ogni traccia della loro esistenza viene cancellata”: quindi anche i loro amici sarebbero stati cancellati dalla memoria di tutti, oppure era solo un fatto di quel tempo? Speravano tutti la seconda ipotesi. Nel continuo di quella nota, vi era anche un accenno a Yoshikazu: “Ha costretto quell’uomo ad aiutarla con i suoi omicidi. Sachiko, smettila!”.
Poteva anche non essere lui, ma era l’unico insegnante che Sachiko avesse posseduto non potendo allontanarsi dalla scuola.
La pagina più spaventosa era però quella scritta il giorno 23 dello stesso mese:
“Sachiko non uccide più per me. Lo fa solo perché prova piacere nel farlo... Non so quando sia avvenuto questo cambiamento, ma lo fa ancora. I vivi sono inaffidabili e irritabili: si uccidono a vicenda. Chi commette peccati deve morire. Li ucciderò tutti. Li ucciderò tutti per quello che hanno fatto. Non avrò nessuna pietà per loro.”
Oltre ad esprimere il cambiamento di Yoshie, esprimeva anche il radicale cambiamento di Sachiko a cui la donna non aveva potuto porre fine o cercare di rimediare. Ogni parola era scritta con odio e disperazione, ogni pagina era macchiata di sangue ed esprimeva sentimenti ed emozioni strazianti... è vero che quando succede qualcosa di particolarmente brutto, si cambia completamente anche per il modo di pensare.
Le note dei due giorni successivi, 24 e 25, dicevano solo che Sachiko continuava ad uccidere. Dal 25 luglio ci fu uno stacco e Yoshie scrisse di nuovo il 15 agosto, con una frase: “portameli ancora...”.
I presenti rabbrividirono di fronte a quelle crude realtà scritte su carta per cercare di sfogarsi, senza però successo. Quelle tristi emozioni, unite a quelle di Sachiko, avevano creato quella scuola.
Il diario continuava alla data del 18 settembre: Yoshie non cercava più di far smettere sua figlia con quelle uccisioni.
“Grazie a Sacchan non sono più sola. Mi ha portato tre splendidi bambini oggi...”; con “tre bambini” poteva riferirsi solo a Yuki, Ryou e Tokiko. Nel resto della nota, vi era solo scritto “Sono orgogliosa di te, Sacchan! Non credo mi riconoscerai ormai... ma ti amo con tutta me stessa!”.
La massima attenzione di tutti ricadde sulla pagina scritta dieci giorno dopo, il 28 settembre: la scuola era stata chiusa e, secondo ciò che vi era scritto, il preside Takamine si gettò dal tetto, mentre il figlio Yoshikazu, incolpato della morte dei tre bambini, s’impicco nel carcere in cui era stato rinchiuso. Come si può credere, Yoshie scrisse che per la loro morte avrebbe cantato con i bambini qualcosa di allegro.
L’intero diario si concluse con l’ultima nota del 23 novembre: “Sacchan vaga per i corridoi della scuola. Corridoi vuoti. Uccide chiunque incontra; sono persone che giungono qui per amore della curiosità. Io e lei siamo assetate di vendetta... e non possiamo fare niente al riguardo.”.
-Credo che prima di utilizzare il modo che ho scoperto per ritornare al nostro mondo...- iniziò Goku, ancora con lo sguardo basso e serio e i pugni stretti portati lungo i fianchi -... dobbiamo placare anche lo spirito di Sachiko.-
I quattro rimasti ad ascoltare si guardarono con serietà: Goku aveva scoperto un modo per tornare al loro mondo, ma, conoscendolo, non lo avrebbe mai detto senza placare Sachiko. Flame e Tenshinahn erano d’accordo con lui, poiché provavano tanta tristezza per la bambina; tuttavia, Vegeta e Lapis non erano sicuri di volerlo fare.
Goku alzò lo sguardo, sperando che i compagni lo aiutassero con l’impresa. Quando vide Flame e Tenshinahn annuire con un sorriso forzato, i suoi occhi non poterono far altro che illuminarsi di gioia e di gratitudine e un sorriso sincero si dipinse sul volto.
-Se servirà per uscire da questo maledetto posto, ci sto. Ma facciamo in fretta a trovare quella mocciosa!- esclamò Vegeta, incrociando le braccia al petto.
-Anche se non è proprio lo spirito giusto...- borbottò Goku, mentre una goccia di sudore gli scivolava lungo il viso, divertito dalla risposta dell’amico -... grazie mille!-
Flame chiuse il diario e rise sommessamente, finalmente felice dopo tanto tempo.
-Posso dire di non essere d’accordo?- chiese retoricamente Lapis, stringendo i pugni sui fianchi.
Goku lo guardò con gli occhi sgranati, confuso e speranzoso di non aver capito bene la domanda.
-Guarda che poi usciremo da qui!- esclamò Flame, assumendo subito un’espressione seria –Non vuoi dare un po’ di pace a quella bambina!?-
-Al posto di placare quell’assassina, preferisco morire!- ribatté lui.
Flame strinse al petto il diario di Yoshie e lo guardò con odio, mentre Goku non sapeva cosa fare. Tenshinahn mise una mano sulla spalla di Flame, cercando di calmarla; sapeva solo lui che dovevano andarsene da quel luogo in cui era apparsa la pianta poco fa: non potevano litigare proprio lì! Anche se l’intera scuola non era l’ideale per litigare.
Appena finì di formulare quel pensiero, ecco di nuovo parte del pavimento aprirsi: il movimento fece cadere tutti a terra e il diario di Yoshie cadde dalle mani della ragazza. Uscì solo una pianta, ma più lunga e grossa delle altre, con delle spine più grandi e affilate. Subito dopo, un’altra parte di pavimento si sollevò, rivelando un’altra pianta uguale a quella che aveva risucchiato Crilin.
Con un gesto improvviso, la pianta più grossa afferrò, legandosi intorno al torace, chi aveva più vicino: la vittima era Vegeta.
Al contrario di Crilin, strinse i denti e afferrò con entrambe le mani una mattonella un po’ sollevata dal pavimento, cercando di non essere risucchiato; intanto, del sangue cominciava a colare dalle profonde ferite.
La prima a correre verso Vegeta fu proprio Flame, afferrandolo per una mano, mentre l’altra pianta afferrò Tenshinahn per un braccio. La corvina sperava tanto di non vedere il corpo di Vegeta spezzarsi in due; per evitarlo, doveva però trovare il modo di far male o di tagliare quella cosa.
-AIUTATEMI!- esclamò la corvina in difficoltà.
Goku osservò prima lei e poi Tenshinahn, che sembrava cavarsela meglio almeno per quel momento. Si avvicinò successivamente alla parte del corpo dell’amico legata dalla pianta e provò a tirarla via con entrambe le mani; tuttavia, più ci provava più la pianta si stringeva attorno al corpo del giovane e più sangue fuoriusciva.
-Così lo ucciderete, sciocchi!- esclamò Lapis, correndo ad afferrare l’altra mano di Vegeta per aiutarlo.
Goku strinse i denti, quando un’altra pianta fuoriuscì da un’altra parte di terreno afferrandogli una gamba e sollevandolo con forza in aria.
Ormai tutti erano convinti di morire in quel modo orribile... almeno fino a quando una luce brillante non invase quella zona, costringendo tutti a coprirsi gli occhi per quelli che sembravano interminabili minuti. Le piante lasciarono andare Vegeta, Tenshinahn e Goku, che cadde a terra con un tonfo, e si ritirarono veloci nel pavimento, emettendo dei versetti acuti.
Quando la luce sparì, riaprirono gli occhi: con incredulità, si ritrovarono davanti Naho Saenoki. La ragazza aveva in una mano il diario di Yoshie e con l’altra si aggiustò gli occhiali, osservando in cagnesco i cinque ragazzi davanti a lei, i quali balzarono in piedi per osservarla preoccupati, stando sull’attenti.
Solo Vegeta rimase a terra, cercando di coprirsi con le mani le profonde ferite che aveva sulla pancia e dietro la schiena.
Naho fece un passo in avanti e abbassò la mano con cui si era aggiustata gli occhiali.
-Vi facevo più intelligenti, sapete!?- ringhiò –Ancora vi ostinate a cercare di scappare... arrendetevi.-
Mentre parlava, gli sguardi dei ragazzi si fecero seri e adirati.
-Ci sarà sempre qualcuno o qualcosa disposto a farvi morire. I bambini non rimarranno così buoni e innocenti ancora per molto... Ops, mi sa che morirete qui.- concluse scoppiando a ridere, con l’oscurità che l’avvolgeva.
Lanciò il diario a terra con disprezzo, prima di sparire con altre folli risate; una fotografia ingiallita cadde dalle pagine ora piegate a causa dell’impatto violento.
Goku strinse i denti con forza, adirato: dopo tutto quello che aveva fatto per convincere i suoi amici ad abbandonare i compagni, ora arrivava quello spettro folle a distruggere tutte le loro speranze. Li osservò: Tenshinahn si teneva il braccio sanguinante, Vegeta era gravemente ferito e Flame era al suo fianco; tutti, però, cercavano di dimenticare le parole di quello spettro, anche se aveva ragione.
Ogni volta che provavano a fare qualcosa, un fantasma, un mostro, o una pianta si intrometteva, uccidendo alcuni di loro e ferendone altri. Sachiko comandava quella scuola e quindi, sapendo cosa volevano fare, stava sicuramente cercando di ucciderli tutti; aveva forse mandato anche Naho.
Non rimaneva tempo da perdere, però: dopo un attimo di esitazione, gli sguardi di tutti si concentrarono su Goku.
Quest’ultimo sorrise determinato, felice del fatto che i suoi compagni avevano abbandonato la paura procurata dalle parole di Naho; restava solo da trovare il seminterrato... e dove poteva trovarsi, se non nella struttura dove si trovava la stanza del preside?
-Ce la fate a proseguire?- chiese il ragazzo.
Tenshinahn annuì, osservando per un attimo la mano sporca del suo stesso sangue. Anche Flame e Lapis annuirono senza parlare, mentre Vegeta tentò invano, a causa del dolore, di compiere quel gesto. Tutte le fibre del suo corpo venivano percosse da forti dolori, come se ricevesse delle martellate ogni volta che provava a muovere un muscolo; iniziava anche a sentirsi debole e ad avere mal di testa.
-Vegeta, rimani qui. Proseguire per te è...- provò a consigliargli Flame, ma fu interrotta dall’interessato.
Vegeta infatti si alzò, tenendosi con una mano la ferita sul ventre. Traballò un po’ prima di riuscire a restare in equilibrio, ma i suoi occhi dicevano che era determinato a proseguire.
-Non sono sopravvissuto a Ryou e a Yoshikazu per essere ucciso da un vegetale troppo cresciuto... proseguo da solo!- sbottò infatti, dopo aver guardato tutti i suoi compagni per assicurarsi che avessero capito le sue parole.
Goku piegò e riappoggiò a terra la gamba ferita, per assicurarsi di riuscire a muoverla bene senza provare un eccessivo dolore. Subito dopo, iniziò a camminare verso l’uscita della scuola.
Il primo a seguirlo fu Vegeta, che camminava lentamente, e subito dopo Tenshinahn. Flame raccolse il diario e la fotografia, inserendola al suo interno senza guardarla, e successivamente si alzò in piedi. Guardò di scatto Lapis, facendo ondeggiare i lunghi capelli corvini: l’amico se ne stava a braccia incrociate immobile, probabilmente aspettava che se andassero tutti. La ragazza assunse un’espressione adirata e strinse i pugni.
-Se non ci segui da solo, giuro che ti trascino io per tutta la scuola!- esclamò in una minaccia.
Lo vide sorridere e si voltò nuovamente emettendo uno “Tsk!” infastidito e sonoro, iniziando poi a seguire i suoi compagni già più avanti di lei. Lapis, invece, osservò per qualche altro secondo il corridoio in cui si trovava e, in special modo, il pavimento macchiato di sangue; dopo aver sospirato, seguì anche lui gli amici.
Durante il lungo percorso che li separava dall’uscita, nessuno parlò. Tutti erano attenti ad ogni minimo rumore che facesse capire la presenza di qualche altra pianta, o di altri ragazzi intrappolati con loro. Non incontrarono piante e fantasmi, ma ragazzi e ragazze sì. Completamente folli.
Alcuni di loro, soprattutto ragazze, erano abbracciati, raggomitolati in un angolo di un corridoio o all’interno di un’aula, e piangevano spaventati. Quando passavano davanti a loro, solo qualcuno li osservava e solo pochi, preoccupati per le loro condizioni, cercavano di avere qualche informazione sperando di non spaventarli. Goku e i suoi compagni rispondevano sinceramente ad ogni loro domanda e qualche volta raccontavano della pianta e di quello che faceva, sperando di salvare così la vita a qualcuno.
Tuttavia, non tutti erano sani di mente.
La maggior parte di loro si trovava in condizioni mentali disastrose. La cosa più struggente e orribile che videro fu un atto di cannibalismo; quella ragazza, che bisognava osservare bene per capire il suo sesso tanto la condizione disastrosa in cui era, mangiava e piangeva un altro corpo, divenuto ormai un pezzo di carne e sangue.
Riuscirono ad arrivare alla porta dell’uscita senza fermarsi, anche perché Vegeta veniva a volte sostenuto da Flame che gli era corsa incontro. Quando però Goku provò ad aprire la porta, la trovò bloccata: non si apriva nemmeno tirandola con tutta la forza in corpo.
-Quando sono entrata era aperta, però...- sussurrò Flame, incredula.
Si lisciò una ciocca di capelli neri con una mano.
Goku sospirò e osservò i compagni, pensieroso. Osservò poi il soffitto, rivelando la sua idea per raggiungere l’altra struttura: -Buttiamo giù la porta-
La frase, detta con tanta semplicità come se fosse una cosa che si fa abitualmente, fece rimanere letteralmente a bocca aperta e ad occhi sgranati i presenti che avevano ascoltato. Poteva anche farsi in un contesto normale, ma quella era una casa infestata... non vi era nulla di normale!
Sentirono un forte rumore e un tonfo e chiusero gli occhi d’istinto. Erano stati troppo presi dall’incredulità per accorgersi che Goku aveva attuato la sua idea, non buttando giù la porta ma riuscendo a spalancarla. Si affacciarono e videro Goku che si stava rialzando da terra, con un sorriso sul volto imbarazzato.
Dopo quella porta, vi era un lungo corridoio coperto sopra, mentre ai lati si potevano benissimo osservare la foresta che circondava la scuola, altri cadaveri a terra e la pioggia che batteva incessante. Dopo quel corridoio, vi era la porta dell’altra struttura.
Respirarono tutti profondamente per farsi coraggio; il vento gelido li accarezzò, facendoli rabbrividire e trasportando con sé l’odore della morte.
Iniziarono a camminare  lentamente, uno dietro l’altro con Goku per primo. Avevano paura anche di respirare, in quel momento: fare rumore poteva di sicuro provocare l’ira di qualcosa, magari degli alberi lì intorno.
Erano ormai arrivati verso la fine, quando un urlo maschile e acuto distrusse la quiete che si era creata. Si fermarono tutti, osservando intorno a loro e anche sopra di loro, mentre il vento trasportava la pioggia sui loro corpi. Dal tetto cadde un uomo grasso, dai capelli corti e neri lisciati all’indietro e un paio di piccoli baffi; gli occhi, piccoli e neri, erano coperti da un paio di occhiali gialli. Da questo e dal vestito che indossava, lo riconobbero tutti non appena cadde al suolo in una pozza di sangue: era Takamine, il preside.
Rimasero stupiti al vedere che la scena si ripeteva in modo continuo ed incessante. Cadeva, infatti, nello stesso punto e diceva sempre la stessa cosa, prima di sparire: “Perdonami”.
Probabilmente, era un’illusione creata da Sachiko in quella scuola per far ripetere un evento, per lei e la madre, gioioso.
Proseguirono, lasciandosi alle spalle quell’uomo crudele, facendo finta di non sentire le sue urla. Aprirono la porta ed entrarono: appena entrati, si trovavano all’interno di un’aula. I banchi erano disposti in file ordinate davanti ad una lavagna enorme; con del gesso rosso, anzi, con del sangue, vi erano disegnati Ryou, Tokiko e Yuki nei loro corpi da fantasma in modo infantile. Al centro, vi era un uomo grasso con in mano delle forbici e, poco lontano da lui e dai bambini, Sachiko.
-Poverini...- sussurrò Goku, posizionandosi davanti alla lavagna e toccando il disegno di Yuki con una mano, coprendolo. Sospirò tristemente e abbassò lo sguardo.
Anche i suoi compagni, affiancandosi a lui, si misero a guardare quei disegni.
-Non c’è tempo, Goku. Dobbiamo trovare la stanza del preside- gli ricordò Tenshinahn, guardandolo.
Anche lui era dispiaciuto per quei bambini, ma non potevano fermarsi proprio mentre erano vicini alla verità e alla fine di quell’incubo.
Goku sospirò e annuì, prima di voltarsi ad osservare Vegeta: era ferito gravemente, non poteva continuare a camminare... perché era così cocciuto?
Fece scivolare la mano lungo la lavagna. Il  disegno venne rovinato e lui si sporcò la mano di sangue e polvere di gesso, senza farci però molto caso. Con un cenno della testa, si fece seguire dai compagni all’interno della prossima stanza, che altro non era che un altro lungo corridoio, più trasandato di quelli che erano presenti nella prima struttura.
Facendo solo un passo, il pavimento si mosse notevolmente come se stesse per cedere ed emise uno strano rumore. I giovani sobbalzarono dallo spavento iniziale e rimasero fermi dov’erano, senza sapere cosa sarebbe successo andando avanti: fu quel pensiero a far perdere loro altro tempo.
Anche in quella struttura il corridoio si divideva in altri due corridoi: uno andava a destra e l’altro alla loro sinistra. La parte di sinistra era piena di macchie e strisce di sangue, tra cui anche cadaveri in decomposizione e altri ancora riconoscibili. Portava ad alcune aule. La strada di destra, invece, aveva il pavimento in uno stato pietoso: qui e là si potevano notare mattonelle sollevate dalla quale sgorgavano come fiumi larve e altri insetti, da altre parti le mattonelle non vi erano per niente; questa portava a delle scale che salivano ad un piano superiore.
-La strada per l’ufficio del preside è al piano di sopra, dobbiamo salire le scale- annunciò Flame, quasi in un sussurro.
Si era venuto a creare un silenzio quasi innaturale e davvero strano per quella scuola: nessun pianto, nessun urlo, niente risate... niente. Era tutto così silenzioso che si riuscivano a percepire i respiri emessi dai cinque ragazzi.
Vegeta sospirò, stringendosi la ferita profonda; non riusciva a camminare e la mano era completamente zuppa del suo sangue. Come poteva pensare di riuscire a raggiungere la cima delle scale? Stava perdendo decisamente troppo sangue.
Dopo quei secondi di silenzio, Goku disse solo un “bene” con un sorriso forzato sul volto, che sparì immediatamente.
Fece un passo avanti e il pavimento sembrò quasi ondeggiare. Goku strinse i denti e puntò lo sguardo sul pavimento, ricominciando a camminare lentamente stando attento con lo sguardo a non calpestare niente su cui sarebbe potuto cadere.
Pian piano, tutti lo seguirono. Anche Vegeta, che stava lentamente perdendo tutte le sue forze.
Sulla cima delle scale, c’era una barra di legno dalla superficie ampia. Quando la scuola era aperta, doveva bloccare il passaggio agli studenti o a tutti coloro che volevano passare per il secondo piano. Tuttavia, Flame e Lapis ricordarono che al loro passaggio quella barra non c’era e che erano passati indisturbati; questo stupì gli altri, ma poi scacciarono il pensiero per concentrarsi sul biglietto attaccato alla barra.
 
“Non passare; zona
riservata alle indagini.”

 
Un urlo femminile e inumano si levò tutt’intorno; i cinque ragazzi sgranarono gli occhi e osservarono la scena sotto di loro, spaventati. Con un tonfo pesante, sul pavimento apparve una grande chiazza di sangue che andava man mano ad espandersi; su di lei apparve una donna, col collo girato di lato.
Non ci volle molto per capire che quella era la zona in cui Yoshie era morta.
Fu una risata da bambina a far passare i ragazzi al disotto della barra in legno per andare velocemente nella stanza del preside.
-Vi faccio strada, così evitiamo di perdere altro tempo!- disse Flame, correndo davanti a Goku.
Quando ebbe la totale attenzione dei compagni e il loro consenso, cominciò a correre verso la meta, dimenticandosi delle ferite di Vegeta. Sfortunatamente, non potevano urlare per fermarla e la ragazza stava già sparendo dalla loro vista.
-E ora!?- chiese allarmato Tenshinahn, quasi urlando per la rabbia.
-Vi raggiungerò, voi andate avanti se non volete perderla di vista.- rispose Vegeta, appena il compagno concluse la sua domanda.
Tenshinahn e Lapis dopo qualche secondo annuirono e iniziarono a correre verso Flame. Solo Goku osservò Vegeta, con lo sguardo spento;voleva parlare, ma non sapeva cosa dire per convincerlo ad aspettarli lì. D’altra parte, sarebbe stato pericoloso lo stesso: muoversi o non muoversi, significava essere comunque delle prede.
Vegeta si inginocchiò sul pavimento ed alzò lo sguardo verso Goku.
-Muoviti- disse, quasi con tono severo.
Goku sorrise.
-Grazie- rispose solo, rivolto al gesto dell’amico.
Si lanciò all’inseguimento dei compagni, senza permettere a Vegeta, che non aveva capito a cosa si riferisse quel “grazie”, di aggiungere niente.
Correndo più veloce che poteva per le stanze, Goku si accorse di averli persi. Si fermò vicino a un’aula per riprendere fiato, piegandosi sulle ginocchia e chiudendo gli occhi. Una volta che il respiro gli tornò regolare, scrutò con lo sguardo verso la fine del corridoio che era a pochi metri da lui: si divideva di nuovo in due corridoi.
Si maledisse, pensando di aver dovuto correre dietro ai compagni più velocemente. Forse, pensò dopo in un tentativo di tranquillizzarsi, stavano tornando indietro poiché si erano accorti della sua assenza; non sapeva che, invece, erano concentrati sulla meta da raggiungere e di stare al passo con Flame. Quindi, nessuno si era accorto della sua assenza, sfortunatamente.
Del sangue cadde sul pavimento e Goku indietreggiò, finendo contro la parete. Sgranò gli occhi scuri e osservò la macchia a terra, su cui ne cadde un’altra e poi un’altra ancora. Era certo che qualcosa non andava.
Alzò lo sguardo e faticò a trattenere un urlo di spavento e di preoccupazione.
 
Flame e gli altri erano nel frattempo arrivati a destinazione.
Flame si appoggiò con una mano alla porta rossa della stanza del preside per riprendere fiato, mentre gli altri due si fermarono in piedi, respirando affannosamente. La ragazza si lasciò scivolare a terra lentamente, con un sorriso soddisfatto sul volto: era riuscita ad arrivare lì e i bambini non erano ancora diventati malvagi.
-Sei pazza...- disse Lapis, guardandola -Vegeta non ha potuto seguirci a causa tua!-
Flame sgranò gli occhi e balzò in piedi. Col cuore in gola, osservò intorno a lei: Vegeta non aveva potuto seguirla per davvero. Si passò una mano tra i capelli corvini, deglutendo. Fu questione di poco e si accorse anche di un’altra cosa: con lei c’erano solo Lapis e Tenshinahn. Senza contare Vegeta, avrebbero dovuto essere quattro... e invece erano tre.
Il suo cuore perse un battito.
-Goku!- esclamò, preoccupata.

*Kira aggiorna di sera perché... oggi le va così e si fa odiare da tutti i lettori*
Konbanwa (Buona sera) gente =D non picchiatemi per l'orario, vi prego xD 
Ammetto che questo capitolo è quasi vuoto, ma ormai siamo ai capitoli finali. Doveva essere unito al capitolo 8 (Capitolo 8, 9 e 10 erano infatti un unico capitolo), ma come ho già detto sia l'8, sia il 9 erano venuti troppo lunghi... anche per questo è "spoglio", se non per le parti del diario di Yoshie. Perché ho deciso di usare quelle del manga? Perché le emozioni si percepivano meglio, secondo me. 
Naho sarà presente nei prossimi capitoli, quindi... non dimenticatela xD <3 (anche se è scomparsa da un'eternità). Mi scuso con i fan di Veggy, pregate che riesca a sopravvivere da solo ora che, con quelle ferite, è stato abbandonato da tutti, a causa di Flame. 
Curiosi di sapere chi c'è sulla testa di Goku appeso al soffitto? Non è Batman, tranquilli. X-3 
Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere se ho fatto errori con una recensione, ve ne sarei grata. Ringrazio i recensori abituali (Sasi <3 e Nala <3) e i lettori silenziosi.
Alla prossima,
vostra Kira :*

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Capitolo 11
*** Shuryu ***


Capitolo di passaggio! ^-^ 

Shuryu

Goku si spostò velocemente dalla posizione in cui era, sorpassando le macchie di sangue a terra che continuavano a cadere in continuazione.
Alzò di nuovo lo sguardo, stringendo i denti e i pugni terrorizzato e preoccupato. Era successo per colpa sua: non era riuscito a portare fuori tutti in tempo! Era troppo tardi, ora. Con orrore, per ciò che stava pensando, vide  la piccola sagoma scendere dal soffitto con un salto e una capriola in aria; nonostante le piccole dimensioni, riuscì ad atterrare sulle gambe come un agile felino.
Dal volto, nascosto dai corti capelli castani che coprivano gli occhi, gocciolava del sangue man mano che il suo sadico sorriso si allargava.
Goku lo sentì ridere e fece un passo indietro, spaventato. Deglutì sonoramente e iniziò a sudare freddo, sempre più preoccupato.
La figura spalancò le forbici che stringeva in una mano... una mano da bambino. Alzò lo sguardo e puntò gli occhi castani su Goku, il quale chiuse subito i suoi per non essere paralizzato da Ryou, il bambino che prima avevano placato e che per causa sua si ritrovava di nuovo posseduto dall’oscurità e dalla sadicità.
-Ora dobbiamo dirci addio, Onii-chan!- esclamò Ryou, con la voce spaventosa e crudele che aveva prima di essere placato.
Goku scosse la testa in segno di negazione, incredulo, sperando di riaprire gli occhi e di trovare un Ryou buono, oppure, molto meglio, di non trovarlo affatto. Un’idea gli balenò in mente, facendolo sentire ancora più male per i sensi di colpa: se Ryou si trovava così, significava che anche Tokiko e Yuki erano tornate ad essere dei fantasmi senza pietà. Tutti i loro sforzi erano quindi stati vani: stavano morendo altre persone.
Aprì gli occhi d’istinto, passandosi una mano tra i capelli corvini e lasciandola cadere lungo un fianco subito dopo, senza guardare Ryou. Abbassò lo sguardo ed ecco lì il bambino: si era teletrasportato davanti a lui e quando il giovane aveva abbassato lo sguardo aveva incrociato i suoi occhi. Per quanto Goku detestasse ammetterlo, Ryou era diventato più astuto e preparato in fatto di omicidi e sadismo.
Un brivido gelido gli attraversò la schiena, seguito da altri brividi che gli attraversavano come fiumi tutte le fibre del corpo. In poco tempo non riuscì più a muovere le parti del corpo e Ryou, come se non bastasse, continuava a guardarlo con un ampio sorriso sul volto e gli occhi sgranati, che sembravano voler uscire dalle orbite. Goku provò a chiudere gli occhi, ma non ci riusciva; riusciva solo a muovere le pupille nere. Anche la lingua e la bocca erano paralizzate: provò ad urlare, ma senza successo.
Ryou fece un balzo indietro, spostando una grande quantità di aria, caricando le forbici, pronto a scattare in avanti e a colpire il ragazzo davanti a lui. Alla fine scattò, emettendo una sonora risata diabolica.
Goku tremò.
-RYOU!- riuscì ad urlare Goku di botto, senza nemmeno sapere come, chiudendo gli occhi; si preparò a ricevere il colpo che lo avrebbe ucciso, ma non accadde niente.
Confuso, decise di provare ad aprire gli occhi: se prima la sua confusione stava nel non aver ricevuto il colpo, ora stava nel fatto che era riuscito ad aprire gli occhi. La prima cosa che fece fu muovere la testa, poi una mano e infine fece un passo in avanti; sorrise e i suoi occhi si illuminarono: riusciva a muoversi! Puntò lo sguardo davanti a sé e vide Ryou con il corpo da “fantasma placato”.
Il bambino fantasma gettò le forbici a terra con terrore e indietreggiò di qualche passo; gli occhi castani erano lucidi e prossimi a lacrimare, mentre le labbra erano strette tra loro per impedire il suono dei singhiozzi. Goku gli si avvicinò lentamente e si abbassò alla sua altezza, mettendogli le mani sulle spalle; lo guardò negli occhi.
-No... Non so cosa mi è successo...- sussurrò in risposta il bambino. Quando spalancò le labbra, i singhiozzi fuoriuscirono insieme alle parole come fiumi in piena.
-Non è colpa tua, piccolo- gli disse Goku con l’intento di tranquillizzarlo.
Il ragazzo si rimise in piedi, spostandosi di poco da Ryou, e quest’ultimo si asciugò con le mani le lacrime che gli solcavano le guance. Il pensiero di Goku andò a Vegeta e al resto dei suoi amici: se avessero incontrato Tokiko e Yuki sarebbero di sicuro morti, specialmente Vegeta. Doveva sbrigarsi per trovare Sachiko e fuggire di lì.
-I tuoi amici sono in pericolo- disse Ryou d’improvviso, facendosi guardare da Goku -e non perché hanno incontrato le mie amiche.-
Il bambino sparì prima che Goku potesse chiedergli qualsiasi cosa. Scosso e terribilmente preoccupato, ricominciò a correre da dove si era interrotto... sperò che quel pericolo non significasse “aver incontrato Sachiko”.
 
I tre ragazzi, nel frattempo, stavano correndo  per cercare Goku o, almeno, andargli in contro. Anche loro erano preoccupati e Flame lo era anche per Vegeta: tutto ciò, l’aver perso Goku e l’aver impedito a Vegeta di andare insieme a loro, era successo a causa sua. Si consolava pensando al fatto che il rituale non era stato opera sua, ma di altri compagni di classe.
A proposito del rituale, delle domande le frullavano in testa da un bel po’: come faceva un rituale così pericoloso a trovarsi ancora su Internet? E chi l’aveva messo? Chi aveva potuto fare una cosa così crudele che aveva causato la morte di milioni di persone?
Improvvisamente, i tre non riuscirono più a muoversi: erano come bloccati da una forza sovrannaturale. Riuscivano a muovere solo la testa e gli occhi.
“Non avremmo incontrato Ryou nuovamente cattivo...” pensò Tenshinahn, mentre il cuore iniziava a martellargli nel petto per la paura.
Una risata da bambina ruppe il silenzio che si era venuto a creare in quella zona. Il tempo di voltare la testa di lato ed ecco che videro la causa della loro paralisi: una bambina fantasma, che non assomigliava per niente a Yuki, Tokiko e Sachiko, aveva una mano allungata in avanti e lo sguardo basso, per non far vedere gli occhi: questo perché i capelli biondo-cenere li nascondevano. Con quella mano tesa in avanti era stata lei a bloccare i giovani, grazie ad un suo potere sovrannaturale.
Dietro di lei apparve Naho che, sorridendo sadicamente, accarezzò la bambina sulla testa per poi mettere la mano sulla spallina del suo vestitino nero. Guardò poi i tre ragazzi, aggiustandosi gli occhiali con l’altra mano.
“Maledetta...” fu l’unico pensiero di tutti i presenti.
Naho non rivolse nemmeno una parola ai tre, concentrandosi solo sulla bambina, che sembrava avere poco più cinque anni.
-Megumi,- la chiamò -attaccali alla parete come se fossero adesivi-
Alle parole “attaccali alla parete” tutti sussultarono. Flame tentò di stringere il diario al petto per cercare di rassicurarsi, ma vedendo gli sguardi terrorizzati dei compagni  la sua paura crebbe.
-Perché ce l’hai con noi!?- urlò la ragazza, sul punto di piangere per la paura e per la rabbia.
-Non ti abbiamo fatto niente!- esclamò Lapis, facendo eco alla compagna.
Naho scoppiò a ridere con una fragorosa risata, seguita anche dalla bambina fantasma. Quando smisero, tutti poterono notare il terribile aspetto di Naho: i suoi occhi indaco sembravano stessero per fuoriuscire dalle orbite, sorrise in un modo inquietante e strinse le braccia sotto il seno prosperoso. Dondolò un po’ e le gote le si tinsero di un rosso vivo.
-Faccio questo solo per difendere il lavoro del maestro Kibiki- rispose con la massima sincerità, piegando di lato la testa per un attimo.
-Il lavoro? Che intendi?- le chiese Tenshinahn, cercando di rimanere calmo.
Naho lo guardò con rabbia e le guance persero il colore rosso. Lasciò ciondolare le braccia lungo i fianchi adirata, come se non volesse sentirsi fare quella domanda... e infatti non rispose, guardando tutti con sguardo omicida.
Flame sgranò gli occhi lucidi: un brutto pensiero le balenò in mente. E se con “lavoro” si riferiva all’espandere la maledizione del rituale di Sachiko? Se fosse stata lei, senza contare quel Kibiki, ad aver creato il blog in cui moltissimi ragazzi avevano trovato quel rituale maledetto?
Megumi intonò un piccolo motivetto a tutti sconosciuto, annoiata. Naho le rivolse un breve sguardo e poi tornò ad osservare le sue tre prossime vittime: avrebbe potuto giocare un po’ con la loro sanità, già deformata a causa degli orrori che avevano vissuto, prima di ucciderli definitivamente.
-Vi uccideremo io e Megumi- annunciò con un tono per niente triste, chiudendo gli occhi –Tanto morirete comunque!-
-Non puoi dirlo!- sbottò Tenshinahn, disperato e adirato con quel fantasma che continuava a perseguitarli. Non sarebbero morti, sarebbero usciti: ne era certo.
Megumi piegò la testa di lato, interessata alla vicenda che si stava venendo a creare. Abbassò la mano, liberando così i tre ragazzi dalla paralisi, i quali subito osservarono Naho con uno sguardo pieno d’odio.
-Invece sì!- urlò furiosa Naho.
L’oscurità iniziò ad avvolgerla nello stesso momento in cui una scossa di terremoto, da lei creata, fece cadere a terra i tre giovani. Naho riprese lo sguardo spaventoso che aveva poco prima, con gli occhi sgranati in un modo inumano e un sorriso inquietante a trentadue denti; nessuno però voleva darle ragione, perché sapevano che Goku aveva trovato il rituale per tornare a casa. Loro si sarebbero salvati e l’avrebbero fatto per tutti i loro amici deceduti.
Naho era un personaggio singolare: nessuno poteva prevedere le sue azioni. Infatti, ad un certo punto, fece crollare parte del soffitto aumentando l’intensità della scossa, sotto lo sguardo spaventato dei tre. Quando quella parte di soffitto cadde, riuscirono per miracolo a salvarsi gettandosi di lato. Fu allora che Megumi li paralizzò nuovamente, impedendogli, questa volta, anche di urlare.
-Io ho messo in rete il rituale...- iniziò, facendo crollare un’altra parte di soffitto. Fece una pausa per osservare le macerie cadere e continuò successivamente, esclamando: -... e solo io conosco il modo per tornare nel vero mondo!-
-FERMATI NAHO!-
Aveva urlato una voce maschile. Dopo questa voce, le grosse e pesanti macerie ricaddero sulle povere vittime che nulla poterono fare per salvarsi la vita. Naho si voltò verso la direzione da cui proveniva la voce; soddisfatta del suo operato, fece cessare la scossa di terremoto e ordinò alla piccola Megumi di sparire. Quest’ultima, però, non si mosse: osservò insieme a Naho il ragazzo che aveva urlato.
Goku si trovava a terra, seduto sulle ginocchia, con lo sguardo basso e i pugni stretti sui pantaloni. Si malediva per non essere riuscito a salvarli e per non essere arrivato in tempo.
Megumi allora sparì disgustata: si aspettava di sentire urla, pianti, imprecazioni contro di lei e contro Naho... e invece, prima di sparire, oltre al silenzio aveva udito solo le sonore risate di Naho. Quest’ultima alla fine si fermò, tenendosi la pancia che le doleva per le risate con una mano; osservò Goku e pensò bene di abbassare ancora di più il suo morale:
-Anche se scoprissi come tornare a casa, ora non potresti più farlo!- gli disse, con il suo solito sorriso inquietante e il tono di voce misto ad un tono allegro e ad un altro con sarcasmo, -Servono minimo due persone per farlo correttamente!-
Goku scosse la testa e i capelli corvini ondeggiarono. Naho aveva ragione.
“Non potrò tornare a casa...” pensò, tristemente. Poi, come se un fulmine avesse illuminato il vuoto nella sua mente, ricordò una persona... l’unica persona che non era potuta venire con loro, e l’unica persona che Naho sembrava aver dimenticato: Vegeta. Avrebbe solo dovuto placare Sachiko e trovarlo prima che morisse dissanguato; non poteva perdere altro tempo con Naho!
Lo spettro aveva blaterato altro, ma Goku non aveva ascoltato.
Si alzò in piedi e le rivolse un’occhiata di puro odio, per poi proseguire verso l’ufficio del preside da solo. Naho rise sommessamente prima di sparire.
 
Senza Flame, ci impiegò un po’ di tempo a trovarlo, ma alla fine ci riuscì: osservava ora la porta marrone ricoperta di sigilli fatti con il nastro adesivo, e il pensiero andò a tutti gli amici che aveva perso. Strinse i denti, poggiando la mano sulla maniglia della porta: doveva farlo per loro, non poteva mollare proprio in quel momento!
Abbassò la maniglia e spinse la porta per rompere lo scotch che la bloccava; alla fine la aprì, anche perché lo scotch era abbastanza vecchio.
La stanza era la più tetra e inquietante che aveva, forse, visto fino a quel momento. Si guardò intorno con gli occhi e la bocca spalancati in un’espressione di pure stupore, entrando e percorrendo qualche passo al suo interno: sui muri, sulle sedie, sulla grande finestra di quella stanza, sulla scrivania del preside e persino sugli armadietti vi erano gli stessi sigilli che poco prima c’erano sulla porta.
“Flame mi aveva detto che la porta non si apriva, eppure ora si è aperta subito” rifletté Goku, chiudendo la bocca e assumendo un’espressione curiosa. Si sedette sulla sedia e poggiò i gomiti sulla scrivania, sospirando pesantemente; il suo pensiero si rivolse ad un’altra cosa: “Cosa devo fare qui? Non c’è niente, solo sigilli.”
Si alzò, pensando subito dopo che forse doveva controllare meglio in ogni angolo della stanza: se prima non si apriva, doveva esserci qualcosa di importante.
Controllò per prima cosa dietro gli armadietti in legno rovinati e impolverati e poi, notando che dietro di loro non vi era niente, tolse i sigilli e li aprì: nemmeno al loro interno vi era niente, se non vari fogli stropicciati e insanguinati e un martello e una pala. Goku afferrò la pala, guardandola: cosa ci faceva in un armadietto? Possibile che un folle appartenente ad uno spazio chiuso, prima che crollassero, era riuscito ad entrare e a nascondere la pala e il martello?
La cosa che distolse Goku dal pensiero che ad utilizzarli fosse stato un folle era che le due armi non avevano tracce di sangue: un folle le avrebbe usate per uccidere e almeno il martello sarebbe dovuto essere sporco di sangue!
Mise la pala al suo posto e chiuse l’armadietto.
Si spostò verso la finestra: per sua sorpresa era mezza aperta, ma non permetteva a nessuno di uscire. Solo un bambino sarebbe potuto passarci!
-Non c’è niente qui dentro- sussurrò ad alta voce, per rompere il terribile e assillante silenzio che si era creato da quando era entrato.
Fece per andarsene, voltandosi e camminando verso la porta a passo lento e spedito... ma si bloccò affianco alla scrivania. Voltò il capo verso essa e la fissò per alcuni secondi: forse c’era qualcosa dentro uno dei cassetti della scrivania! Immediatamente corse a rompere i sigilli, dal basso verso l’alto; aprì un cassetto dopo l’altro, trovandoli sempre vuoti. Quando gli restava da controllare solo un cassetto, quello in cima agli altri, venne preso dallo sconforto: era possibile che non trovasse niente nemmeno lì.
-Tanto non troverò niente, perderò solo tempo restando ancora qui...- si disse.
Osservò prima la porta e poi di nuovo il cassetto: cosa gli costava dopotutto controllare un attimo?
Lo aprì: non si aspettava di trovare delle forbici e un sacchetto insanguinati uno affianco all’altro. Quel sacchetto gli ricordava in modo ossessivo il sacchetto che conteneva l’occhio e la lingua di Yuki quando l’aveva placata: possibile che vi fosse la lingua o altre parti del corpo appartenenti ad un altro fantasma?
“Sachiko!” pensò d’istinto.
Prese il sacchetto e lo aprì, facendosi coraggio per compiere la seguente azione: prendere in mano ciò che c’era nel sacchetto. Avvicinò la mano tremante al sacchetto e la infilò al suo interno, afferrando qualcosa; tirò fuori quel “qualcosa” e, deglutendo, lo guardò: era una lingua. Un’altra lingua. Ed ecco che, come una stregoneria, sul sacchetto apparve il nome di “Sachiko Shinozaki”.
Goku non riuscì a trattenere un urlo di sorpresa e di orrore: Sachiko non era solo stata strangolata, aveva subito anche una mutilazione come gli altri bambini!
Appena rimise la lingua nel sacchetto, chiudendolo e stringendolo in una mano, ecco che una parte del muro della stanza crollò, facendolo sobbalzare e chiudere gli occhi. Quando li riaprì, guardò quella parete crollata; vi si avvicinò titubante, mettendo il sacchetto in una delle tasche della tuta, e vi guardò all’interno: vi era una scala che portava in un seminterrato, coperto dal buio e dall’oscurità.
Potevano ora esserci due spiegazioni a quell’accaduto: o era una trappola di Naho, o portava da Sachiko. Goku decise di rischiare scendendo a vedere cosa vi fosse.
La scala non era per niente sicura: emetteva rumorini che non tranquillizzavano l’animo già spaventato del giovane, che scendeva tenendo lo sguardo verso il basso e facendo molta attenzione. Stava ben attento a  non far rimanere un piede troppo tempo su uno scalino, con la paura che questo potesse rompersi e farlo cadere a terra per lo spavento, uccidendolo di colpo. Dopo tutta la strada che aveva fatto, dopo tutti gli amici perso e dopo tutte le cose che aveva scoperto, di morire in quel modo non gli andava giù.
Quando finalmente arrivò coi piedi per terra tirò un sospiro di sollievo e un sorriso si dipinse sul suo volto, seppur per pochi secondi. Infatti, successivamente iniziò a guardarsi intorno con il cuore che gli batteva forte nel petto: il luogo in cui era finito non gli piaceva affatto; avrebbe preferito tornarsene di sopra piuttosto che rimanere ancora lì. Le pareti, di color giallo accesso, con qualche crepa qua e là, erano macchiate di sangue secco e anche recente; per non parlare del pavimento! Vi erano strisce di sangue che portavano sempre verso la stessa direzione, come se vi fosse stato trascinato qualcuno.
Goku notò che quel corridoio, ad un certo punto, si divideva in altri corridoi: pensò di essersi messo in una trappola mortale da solo. Fece qualche passo in avanti un po’ titubante, tenendo sempre lo sguardo fisso davanti a lui... fino a quando non si bloccò a causa di una vocina che lo chiamò.
-Goku!-
Si fermò di colpo, spalancando gli occhi dalla sorpresa e sbattendo ripetutamente le palpebre, prima di guardarsi intorno per cercare chi lo avesse chiamato. Riguardando davanti a lui, notò che una forte luce stava iniziando a formarsi e a crescere sempre di più; indietreggiò di un passo, fermandosi quando vide la sagoma di Yuki.
-Sono felice di vederti qui!- esclamò la bambina fantasma con un sorriso in volto -Pensavo saresti morto!-
-Yuki! Anche io sono contento di essere arrivato fin qui, però...- iniziò Goku. Dapprima aveva un sorriso sul volto, ma poi si bloccò ed assunse un’espressione malinconica, abbassando anche lo sguardo.
Yuki capì al volo ciò che stava per dire Goku: era triste per aver perso tutti i suoi amici e preoccupato per il suo unico compagno ancora in vita. La bambina strinse i pugni sulla gonna arancione, mentre gli occhi luccicarono per la tristezza e per il dispiacere: era stata anche lei, dopotutto, ad aver ucciso gli amici della persona che l’aveva poi placata. Ora voleva cercare di rimediare a tutti i crimini che aveva commesso cercando di aiutare Goku, ma non sapeva come!
-Yuki, cosa c’è più avanti?- chiese Goku, rialzando lo sguardo.
Yuki aprì i pugni, lasciando ciondolare una mano lungo il fianco; l’altra la strinse sul petto. Sorrise per un attimo: era riuscita a trovare il modo di aiutarlo.
-Da quella parte c’è il luogo in cui riposa il corpo di Sachiko- disse Yuki, indicando uno dei tanti corridoi in cui si divideva quello in cui si trovavano –Ma né io, né gli altri spettri possiamo entrare lì. C’è troppa energia negativa-
Goku annuì: era comprensibile tutto ciò. Anche se Yuki non poteva più aiutarlo, avrebbe continuato da solo e avrebbe sfidato Sachiko. Ringraziò la bambina fantasma e fece per proseguire con un sorriso determinato sul volto, ma questa lo bloccò, mettendogli una mano davanti in segno di stop. Gli sorrise di nuovo, con gli occhi azzurri che ‘sta volta brillavano di gioia.
-Posso teletrasportarti vicino al luogo in cui riposa, così riuscirai a tornare a casa insieme al tuo amico...- annunciò Yuki, unendo le mani in modo gioioso davanti al petto.
Goku esclamò un “E’ grandioso!”, facendo un salto sul posto e assumendo un sorriso super allegro. La sua felicità, però, non sarebbe durata ancora a lungo... Yuki, difatti, non aveva ancora terminato di parlare. Vedendo la felicità di Goku, provò un enorme dispiacere nel continuare, ma era consapevole di non poter fare altrimenti: l’avrebbe ingannato, se non gli avesse detto tutta la verità.
-... Ma...- iniziò.
Solo a sentire il “ma” di Yuki, tutta la felicità di Goku venne prosciugata via, lasciando spazio ad una grande paura e preoccupazione. Cos’altro c’era da sapere? Sarebbe stata di sicuro un qualcosa di spiacevole! Sospettava che era fin troppo facile placare Sachiko in quel modo.
-... dopo non potrò aiutarvi a scappare. Non potrò aiutarvi più- concluse, diventando dispiaciuta.
Goku strinse i denti; però, lo fece più per la frase “non potrò aiutarvi a scappare”, che per altro. Significava che dopo sarebbe stato in pericolo, pur avendo placato tutti gli spiriti? Cosa doveva fare? Usare l’aiuto di Yuki adesso o dopo aver placato Sachiko?
Il tempo scorreva e sapeva che Vegeta aveva bisogno di uscire da quel posto immediatamente. Non poteva perdere altro tempo! Accettò così di essere teletrasportato, pur restando in pensiero per le parole della bambina fantasma.
La bambina lo toccò con una mano e chiuse gli occhi: un’abbagliante luce bianca illuminò il corpo del giovane, che non riuscì a trattenere un’esclamazione di stupore mentre spariva lentamente, diventando man mano sempre più trasparente insieme a Yuki.

Angolo Autrice:
Capitolo di passaggio... sì. Avevo pensato di concluderlo tutto, ma poi: 13 pagine e 6382 parole! O_O Così l'ho diviso e domani pubblicherò l'ultima parte, che sarà anche l'epilogo: e vi farò emozionare tanto X-3 
Shuryu significa "Fine", in kanji, ma anche "Dolore", se si scrive in hiragana (due scritture giapponesi). Megumi è un fantasma apparso nella versione america e ha quasi ucciso Seiko; l'amo troppo e ho voluto inserirla <3 Ho ucciso tre persone in un botto e Vegeta sta morendo: ce la farà Goku a salvare quest'ultimo e a tornare a casa? Lo scopriremo nel prossimo chappyyy! A domani (o a presto), 
vostra odiatissima Kira.

 

 

 

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


Epilogo

Goku aprì gli occhi lentamente, mettendosi a sedere. Si massaggiò la nuca con una mano e si sgranchì le braccia successivamente, guardandosi intorno ancora mezzo intontito. Quando capì di essere da solo, senza Yuki o i suoi amici, e vicino al luogo in cui si trovava il corpo di Sachiko, balzò letteralmente in piedi, iniziando a tremare; non aveva mai tremato così tanto in vita sua e non si spiegava perché lo faceva in quel momento. Forse aveva paura di affrontare Sachiko da solo, temendo di essere ucciso e di non vendicare così i suoi amici deceduti... o forse era un codardo e basta.
Doveva placare Sachiko e salvare Vegeta, non poteva aspettare ancora! Doveva farsi coraggio. Prese un sospiro di sollievo, deglutendo; osservò la porta spalancata, nella quale si estendeva il buio più totale, che lo avrebbe portato dritto da Sachiko: poteva farcela. Strinse i pugni e fece un passo in avanti, venendo però nuovamente fermato da una voce femminile a lui familiare che aveva urlato il suo nome.
Subito girò la testa di lato e un grosso sorriso si dipinse sul suo volto quando vide Flame e Tenshinahn correre verso di lui. Voltò di lato anche il resto del corpo, abbracciando la ragazza non appena questa gli si gettò tra le braccia in lacrime; Tenshinahn, invece, lo salutò con un sorriso. Goku scrutò il corridoio da cui erano venuti, pensando che probabilmente di lì a poco sarebbero arrivati anche Lapis e Vegeta: però non arrivò nessuno. Vegeta era rimasto dove l’avevano lasciato, ma Lapis? Decise di chiederlo ai due quando Flame si staccò da lui.
-B... Beh...- iniziò lei, abbassando lo sguardo a terra -... siamo riusciti ad uscire vivi dalle macerie riportando solo qualche ferita, ma dopo un po’ abbiamo litigato-
Tenshinahn, notando che l’amica non voleva proseguire, continuò per lei: -Ho cercato di farli riappacificare, ma è arrivata improvvisamente Megumi e ha tentato di ucciderci. Abbiamo iniziato a schivare i suoi colpi, tuttavia...-
-Ho capito- lo interruppe Goku, abbassando lo sguardo e stringendo i pugni.
Avevano perso un altro dei loro amici anche quando erano vicini alla libertà. Scosse la testa e sospirò, cercando di rilassarsi dopo quella notizia, e raccontò ai suoi amici dell’incontro con Yuki, senza parlare del suo avvertimento; quando disse che dopo la porta vicinissima a loro si trovava il corpo di Sachiko, la tristezza dei due sembrava essere svanita, lasciando spazio alla speranza: iniziarono a sperare dopo tanto tempo di uscire da lì!
Goku rivolse a tutti un sorriso determinato, facendo notare ai due il sacchetto contenente la lingua di Sachiko.
-Andiamo a placare Sachiko!- disse, rimettendo a posto il sacchetto, mentre i due annuirono sorridenti.
Cercando di dimenticare per un momento la morte dei loro amici e il resto delle brutte avventure, si incamminarono all’interno del corridoio buio uno affianco a l’altro, stringendo i pugni per farsi coraggio. Tenshinahn afferrò Flame per un braccio e camminò, con l’intento di non perderla nell’oscurità o di farla correre via: anche se tentava di non dimostrarlo, era la più disperata e triste; bastava poco e l’oscurità si sarebbe impadronita di lei e lui non poteva permetterlo.
Se cercava di salvare Flame, era anche per il peso della morte di Nazos che si portava addosso: Flame e Nazos erano come sorelle e se aveva fatto morire Nazos doveva tentare di salvare la sua amica, in modo da farla riposare in pace.
Dopo interminabili secondi di cammino, il buio del corridoio finì, lasciando spazio ad un’immensa luce quasi innaturale: stranamente, tutta quella luce proveniva da una sola lampada ad olio appesa al soffitto. Iniziarono ad ispezionare la stanza alla ricerca di Sachiko e per poco non urlarono alla vista di ciò che videro: accanto ad una fossa, vi era una sedia caduta a terra. Su questa sedia, penzolante, si trovava il corpo di Yoshikazu Yanagihori, con una corda attaccata al collo e al soffitto: si era impiccato.
Del suo corpo non restava niente oltre ai vestiti e a qualche altro pezzo di pelle, poiché il resto era solo uno scheletro sulla quale continuavano a ronzare delle mosche sarcofaghe.
Goku si avvicinò titubante e tremante alla fossa, seguito da Tenshinahn che lasciò anche andare Flame, la quale rimase ferma sulla soglia della porta. I due si affacciarono alla fossa e riuscirono a trattenere un conato di vomito solo ingoiando della saliva: avvolta in un vestito bianco, con un gatto di peluche rotto sul petto, vi era il corpo mummificato della piccola Sachiko Shinozaki, ancora con le orbite vuote e la bocca spalancate. Soltanto i lunghi capelli neri la rendevano riconoscibile e gli strappi sul vestito all’altezza del petto simboleggiavano le numerose violenze subite.
-Andate via!- urlò, con un tono di profonda rabbia ed odio, una voce... di bambina.
I due non ebbero nemmeno il tempo di voltarsi che videro Sachiko materializzarsi davanti alla porta e Flame raggiungerli di corsa. La bambina aveva in mano delle forbici insanguinate e sul volto un sorriso sadico: anche in quel luogo era come l’avevano sempre vista.
Goku si avvicinò di qualche passò alla bambina fantasma, tremando: sapeva che un passo falso avrebbe portato alla sua morte.
-Sachiko! Ti prego di ascoltarmi! Ho la tua lingua qui...- iniziò, ma fu interrotto da un improvviso scatto dello spettro.
Sachiko, infatti, era scattata verso di lui con le forbici davanti a sé: Goku riuscì a schivare il colpo micidiale all’ultimo secondo, scansandosi. La bambina finì davanti a Flame e Tenshinahn, ma anche questi si scansarono; tutti e tre si allontanarono dal corpo di Sachiko, credendo che fosse questo a dar fastidio allo spettro. Tuttavia, Sachiko non accettava la sua lingua: continuava a ripetere di andare via.
Vedendo che nessuno obbediva al suo ordine, Sachiko decise di eliminarli tutti. Scattò di nuovo in direzione di Goku: quest’ultimo, paralizzato dall’agitazione, fu spinto via da Flame che prese il colpo al suo posto. Le forbici le si conficcarono nelle carni di un braccio, facendola urlare dal dolore.
-LASCIALA!- urlò Goku, alzandosi da terra.
Sachiko non lo ascoltò e, ridendo, iniziò a spingere sempre più a fondo le forbici; man mano che andava a fondo, le urla della giovane aumentavano e il sangue iniziava a scendere come un fiume, sporcandole l’intero braccio e scivolando a terra.
Tenshinahn si avvicinò alle due, afferrando le forbici della bambina di lato in un tentativo disperato di staccargliele dalle mani; non ottenendo l’effetto desiderato, le strinse e provò a spingerle verso la bambina, rallentando così che la ferita dell’amica si ingrandisse ulteriormente. Spinse Flame con una mano, facendola cadere: le forbici si staccarono dal suo braccio e lei ne approfittò per tenere stretta la ferita con una mano, stringendo i denti per non urlare ancora.
Goku ora assisteva a due scene terribili: Flame che, in lacrime, si teneva il braccio sanguinante, e Tenshinahn che spingeva le forbici di Sachiko verso quest’ultima per non essere colpito. Non riusciva a capire perché Sachiko non accettava la sua lingua per essere così placata: stava forse sbagliando qualcosa?
Fu allora che, senza nessun preavviso, sulla fossa in cui vi era il corpo della bambina fantasma, venne a formarsi una sagoma che assumeva man mano lineamenti sempre più definiti: prima si poteva notare solo un vestito bianco, poi un corpo da bambina e infine dei capelli lunghi e neri, portati in modo ordinato e con una ciocca fermata da un fermaglio infantile. Quando Goku cercò di osservare il viso della bambina, notò che aveva un colorito molto pallido e gli occhi neri che luccicavano di tristezza: la cosa che lo colpì fu che quella bambina era Sachiko! Davanti a lui ce n’erano ben due!
Prese in mano il sacchetto e una volta essersi alzato corse verso la bambina appena apparsa.
-Sachiko! Questa è tua, vero!?- esclamò Goku, guardando la bambina negli occhi -E’ la tua lingua!-
La bambina dal vestito bianco piegò la testa di lato, sbattendo le palpebre: -Non so di cosa stai parlando- disse confusa.
-Sachiko... tu sei stata uccisa insieme a tua madre! Non ricordi?- chiese Goku, con tono più calmo e basso, sconvolto da quella dichiarazione.
-La mamma? Dov’è la mia mamma?-
La risposta della bambina gli provocò una violenta fitta al cuore. Quella Sachiko buona non ricordava di essere stata uccisa e si stava chiedendo dove fosse la sua mamma: si sentiva malissimo per lei. Come faceva a placarla se la sua parte malvagia, quella col vestito rosso, non rinunciava al suo odio? Era impossibile per una bambina così piccola dimenticare tutto.
-Sachiko...- sussurrò Flame tra i singhiozzi, rimettendosi in piedi lentamente -Sappiamo che tu e tua madre siete state le prime a soffrire e le prime ad essere uccise da un mostro!-
Le due parti di Sachiko sgranarono gli occhi e quella malvagia si fermò improvvisamente, abbassando le forbici. L’immagine di Yoshie a terra a pancia in su e la camicia sbottonata si materializzò davanti ai loro occhi: ricordarono entrambe di quando le lacrime, alla vista del sangue e del collo rotto di loro madre, avevano iniziato a rigare le guance. Da lì iniziò il loro incubo: il preside Takamine, vedendo la bambina, le si avvicinò con cattive intenzioni. La raggiunse e la bambina non riuscì a scappare, venendo strangolata.
La bambina col vestito rosso fece cadere le forbici a terra e iniziò a piangere. Goku si voltò a guardarla sentendo i suoi singhiozzi e così anche gli altri: quella bambina che prima aveva fatto così tanta paura a tutti, ora faceva una gran pena. Tenshinahn le accarezzò la testa, abbassandosi alla sua altezza per guardarla negli occhi.
-Non riuscivi ad avere vendetta e hai creato questa scuola, vero?- le chiese, ottenendo solo altri singhiozzi.
La parte buona di Sachiko mise i piedi per terra e si avvicinò alla sua parte malvagia a passo lento, sotto lo sguardo attento di Goku; quest’ultimo, dopo aver dato uno sguardo nella fossa, afferrò il gatto di peluche e la seguì. Quando la bambina dal vestito bianco si fermò, lui le si mise davanti, porgendole il sacchetto che la bambina prese, stringendo a sé.
-Mi dispiace per ciò che ti è successo, ma non riesco a perdonarti per ciò che hai fatto- le disse Flame, stringendo i denti in un tentativo di smettere di piangere.
-Io... non volevo...- sussurrò balbettando la parte buona del fantasma, iniziando a piangere.
Goku le sorrise, abbassandosi alla sua altezza e guardandola dritto negli occhi.
-Non è stata colpa tua, Sachiko- le disse, cercando di calmarla -Questo era il regalo della tua mamma...-, s’interruppe per mostrarle il gattino di pezza rovinato da alcune forbiciate.
La bambina afferrò il gatto per una zampa, abbracciandolo successivamente e bagnandolo con le lacrime che continuavano ininterrottamente a rigarle le guance pallide. Osservò Goku deglutendo, per mandar giù altri singhiozzi.
-... e ora lei ti sta aspettando.- concluse Goku, con un sorriso sincero sul volto.
La bambina fantasma sorrise, scoppiando poi a piangere rumorosamente: tra le lacrime, i tre riuscirono a capire un “Mi dispiace” sincero. Le due parti di Sachiko vennero illuminate improvvisamente da una forte luce; i ragazzi sgranarono gli occhi in un’espressione meravigliata e curiosa di sapere cosa stesse succedendo. Videro le due bambine iniziare a fluttuare e fermarsi sopra la fossa: dopo ciò, in un attimo, si unirono in un’unica anima e sparirono, spargendo della polvere luminosa nell’aria.
I tre sorrisero e i due ragazzi si rimisero in piedi: ce l’avevano fatta, ora dovevano solo uscire di lì!
Una violenta scossa di terremoto li fece cadere a terra, mentre alcuni pezzi di muro e di soffitto iniziarono a crollare. Goku sgranò gli occhi: era questo il pericolo che intendeva Yuki?
Flame urlò disperata e spaventata, coprendosi la testa con le mani, noncurante del dolore al braccio; strinse le ginocchia al petto e chiuse gli occhi. Goku non sapeva cosa fare per aiutarla, poiché non riusciva a mettersi in piedi: poi, il pensiero di Vegeta che poteva trovarsi in serio pericolo gli diede la forza di resistere ancora un po’; si rimise in piedi e afferrò Flame, appoggiandola a sé e iniziando a camminare, seguito da Tenshinahn che riuscì ad alzarsi dopo un grande sforzo.
Con la paura di morire e di cadere da un momento all’altro, iniziarono a correre per cercare di capire dove potesse trovarsi Vegeta; mentre pensavano a questo, raggiunsero la scala che li avrebbe fatti uscire dal seminterrato... e, per loro disgrazia, la trovarono distrutta e inutilizzabile.
Il cuore martellava forte nel petto e non riuscivano a pensare in modo ragionevole: pensavano solo ai loro sforzi risultati inutili! Il suono di una campana aumentò le loro paure e ansie: cosa significava quel suono?
Davanti a loro apparve Tokiko, che li guardò con i pugni serrati lungo le braccia e un’espressione di rimprovero sul volto.
-Dovete fare presto! Dopo il settimo rintocco della campana non potrete più tornare a casa!- esclamò preoccupata. Voleva salvarli, così avrebbe avuto meno sensi di colpa.
-Aiutaci a recuperare il nostro amico Vegeta! Ti prego!- esclamò Tenshinahn, barcollando per la violenta scossa che continuava.
Tokiko si morse il labbro inferiore, ansiosa, e rispose: -Posso portarvi da lui, ma poi il tempo scorrerà velocemente fino alla terza campana! Riuscirete ad uscire? Promettetemelo!-
Tokiko li vide annuire convinti. Senza pensarci su, chiuse gli occhi e allungò una mano verso di loro: la stessa luce sprigionata da Yuki fece sparire lei e i giovani in pochi minuti.
Quando riaprirono gli occhi, che avevano chiuso a causa della luce, si trovarono in piedi davanti ad un Vegeta svenuto e pallido, ricoperto di sangue; suonò quella che doveva essere la terza campana.  Nessuno, per l’agitazione, riusciva più a ragionare; Goku si abbassò e scosse Vegeta per fargli aprire gli occhi: si maledisse quando il compagno sembrava più morto che vivo e non intenzionato ad aprire gli occhi.
Flame si massaggiò la testa e chiuse gli occhi, iniziando a sussurrare la parola “basta” senza interrompersi. Goku allora chiamò a gran voce il nome di Vegeta, continuando a scuoterlo con forza, mentre Tenshinahn cercava di svegliarlo con frasi come “non puoi morire così” e “che fine ha fatto il Vegeta che conosciamo?”. Passarono moltissimi minuti, ma alla fine il ragazzo aprì gli occhi con le poche forze che gli rimanevano.
Tenshinahn lo sollevò, aiutandolo a mantenersi in piedi, mentre Goku prese il suo pezzo di bambola di carta.
-Prendetelo tutti, forza!- ordinò con agitazione e ansia crescente, sperando che nessuno lo avesse perso. Il corpo gli tremava tutto e sembrava che tra pochi minuti avrebbe vomitato il cuore.
Quando tutti, anche Vegeta, afferrarono il loro pezzo disponendosi in cerchio, scoccò la quarta campana; Goku però fu un po’ sollevato, perché non dovevano tornare indietro per cercare i pezzi di carta perduti.
-Dobbiamo dire una volta per quante persone siamo “Sachiko, noi ti imploriamo”, poi una volta in più per Sachiko e infine dobbiamo riunire i pezzi! Avete capito?- spiegò Goku, attendendo con ansia e impazienza una risposta.
Vide Flame e Tenshinahn annuire e si maledì ancora per le condizioni in cui si trovava Vegeta, che non riusciva nemmeno ad annuire o a tenere gli occhi spalancati. Portò in avanti il suo pezzo di bambola, rivolgendo un pensiero a tutti i suoi amici morti:
-Sachiko, noi ti imploriamo!- disse, stringendo il suo pezzo con rabbia e chiudendo gli occhi.
-Sachiko, noi ti imploriamo!- gli fece eco Flame, stringendo il suo pezzo con forza; guardò quel pezzo con odio.
-Sachiko, noi ti imploriamo!- esclamò Tenshinahn, facendo forza per far rimanere Vegeta in piedi.
-Sachiko, noi ti imploriamo- sussurrò Vegeta, allungando con molta fatica il braccio ferito e insanguinato.
-Sachiko, noi ti imploriamo!- esclamarono alla fine tutti insieme, unendo i pezzi della bambola.
Una forte luce bianca iniziò a sprigionarsi dai pezzi di carta, espandendosi sempre di più fino a racchiudere in una specie di bolla bianca i corpi dei quattro ragazzi. I loro corpi iniziavano a bruciare e a dolere, ma quella volta fu un dolore che tentarono di sopportare: quel dolore li avrebbe portati alla tanto agognata salvezza, che molti di loro non potevano più vivere.
***
Riaprirono gli occhi: si trovavano in una classe che riconoscevano benissimo... era la loro classe! Il pavimento vi era ancora, seppur i banchi e la cattedra erano tutti a terra e i muri avevano delle crepe, segni del terremoto. Osservarono fuori dalla finestra: il cielo era buio e non vi era nessuna luce, eccetto quella debole delle stelle e della luna.
L’orologio a terra si era fermato alle 19.45: sapere con precisione il tempo che era passato era dunque impossibile, ma erano certi che ne era passato moltissimo.
Loro erano seduti con le ginocchia a terra: sul loro volto vi era un sorriso di gioia e delle lacrime rigavano i loro volti. Erano feriti e insanguinati, ma felici: erano finalmente tornati a casa! Tutti pensarono che, probabilmente, spezzando la maledizione di Sachiko i loro compagni morti sarebbero tornati in vita tra poco e così tutte le altre vittime; il sorriso sul loro volto si allargò.
Poi successe l’impensabile: Vegeta si accasciò a terra sotto gli sguardi dei suoi compagni sopravvissuti, i quali erano diventati preoccupatissimi. Il pavimento sotto di lui iniziò a tingersi di rosso e il suo respiro si fece sempre più difficoltoso; a malapena riusciva a sentire i suoi amici gridare il suo nome e scuoterlo con forza: non sentiva più niente. Il battito cardiaco si fece sempre più lento.
-VEGETA!- urlarono tutti, mentre il suo mondo iniziò a tingersi di nero.
 
 
 Angolo Autrice:
Ta-daaan! Ecco l'epilogo! <3 
Ci sono molte cose che vorrei dire e spero di non dimenticarne nessuna. Per prima cosa, vi lascio col dubbio "Vegeta è morto o no?" (se chiamano un'ambulanza si salva) e, a proposito di questo, FORSE ci sarà un sequel (ma dipende da quante persone lo vogliono, chu). Poi, poi: le scene splatter sono parecchio diminuite dall'inizio a questa parte e cercate di capirmi xD non potevano starci sempre morti ahahahah! Passiamo ora ai ringraziamenti:
-ringrazo 
KatyaSonSasi02 e PettyVeggySayan (col nome di stellina_super_pop) per aver aggiunto la storia alle preferite;
-ringrazio
summer_moon Io_Amo_Freezer per averla aggiunta alle seguite;
-ringrazio
Wolf017, vincenzoraimondo1, felinala, summer_moon, PettyVeggySayan, Sasi02, BambuBaoBab, KatyaSon, Pin e The Writer Of The Stars per le stupende recensioni! Vi adoro <3
-ringrazio chi ha letto e chi lo sta facendo ora!
Questa storia mi mancherà moltissimo, le sono molto affezionata (anche perché ho dato sfogo alle mie descrizioni splatter eheh). Comunque, vi saluto! Alla prossima storia, 
vostra Kira :*

 

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