Nightmare

di Glaudrung
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII (richiesta di ispirazione) ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***



Capitolo 1
*** I ***


I



Era notte fonda. Il sole era già calato da un pezzo e tutti gli abitanti di quella piccola contrada di Birmingham erano andati a dormire, tutti tranne la famiglia Powell. La famiglia Powell, già, quella con quel bambino strano,  timido, quasi sempre muto con gli estranei, il piccolo Peter. Quest'ultimo aveva appena sei anni, compiuti nove giorni prima, nel solstizio d'inverno. Appunto per questo era ben conosciuto da molti, vicini e non, perché quasi nessuno nasceva proprio quel giorno. I suoi genitori erano Peter e Alice, due individui beneducati, ambo ricchi, che condividevano le stesse abitudini e gli stessi atteggiamenti. Peter era più alto di sua moglie, con i capelli neri e corti, vestito sempre con abiti sobri ed eleganti, a differenza di Alice, vestita come se fosse una senzatetto povera, con quei abiti logori e sgualciti a cui evidentemente ella non teneva molto. Infine il piccolo Peter era basso, con i capelli castani, più chiari che scuri, e gli occhi verdi ereditati da sua madre. Ora, però, ritorniamo alla nostra piccola e stellata notte nel cielo della contrada di Birmingham, e alla famiglia Powell.
 
Il piccolo Peter, il quale fino ad allora non si era destato, si avvicinò alla mamma Alice seduta sul tavolo, arrabiata, aspettando l'arrivo degli ospiti: la famiglia Alexander, solita ad arrivare in estremo ritardo.   
<< Mamma, posso andare a letto? >>, chiese con voce esitante il bambino, aspettandosi uno schiaffo un rimprovero.
<< Oh, certo che no, Peter! Dobbiamo aspettare gli ospiti, anche se arrivano in ritardo >>, rispose la madre, seccata.
<< Lascialo in pace quel bambino e fallo andare a letto! >>, si intromise il padre, seduto su una sedia a leggersi il giornale.
<< Taci tu! >>, rispose Alice a Peter, << decido io chi va a letto o meno se aspettiamo ospiti che sono amici miei! >>.
<< Ai vostri ordini! >>, disse sarcasticamente il piccolo Peter mettendosi a sedere sulla sedia davanti al focolare.
Il bambino allora stette a guardare l'orologio sopra al camino, seguendo il movimento della lancetta dei secondi, molto veloce. Levò poi lo sguardo verso la finestra e vide la neve, bianchissima, che cadeva soffice sul cortile, e notò anche le tettoie delle case innevate, la strade ghiacciate, i focolari delle case accesi mentre le persone dormivano. Il bambino decise di aprire la finestra per vedere meglio e subito sentì una folata di vento sparata in faccia; Percepì il silenzio dell'inverno, sovrastato dal lieve rumore che fa il vento in quella stagione e da quello ancora più dolce che fa la neve quando si posa sul terreno.
Uscì il braccio dalla finestra per sentire la neve sulla mano ma subito lo rientrò, perché l'aria era molto gelida e chiuse lentamente le infisse, ritornando a riscaldarsi  le mani colle  fiamme del camino.
Il Tempo intanto passava e nessuno si faceva vedere da quella strada ghiacciata, Alice batteva i piedi per terra infastidita e Peter (il padre) sfogliava velocemente il giornale. Erano le undici, e un bambino come il piccolo Peter a quell'ora non poteva che avere sonno, infatti aveva gli occhi rossi, penzoloni e con le borse sotto.
<< Hai sonno, vero piccolo Peter? >>, disse Alice.
Il pargolo fece cenno di sì.
<< E va bene, allora vai a letto, vorrà dire che diremo agli Alexander che eri in campeggio con gli amici. Mettiti bene sotto le coperte >>, aggiunse la madre.
Il piccolo Peter allora si avviò lentamente verso le scale, appoggiandosi alla balaustra e non appena fu al primo piano si precipitò nella sua stanza oscura, illuminata da un lume blu che usciva dalla finestra. Si avvicinò al comodino e prese la lampada ad olio, giacchè ogni volta che il bambino andava a letto leggeva sempre una parte di "Oliver Twist per bambini", regalatogli dai nonni paterni, di origini londinesi.
Quindi si sdraiò sul letto sotto le coperte calde di lana, mise sotto la sua ascella il suo peluche di orso "Teddy", un orsacchiotto bianco, col naso blu, la camicia gialla, papillon rosso e salopette blu, dopo prese il libro e si mise a leggere. Mentre leggeva, tendeva a chiudere le palpebre, sentendo il bisogno di dormire, così  dopo un po' spense la lampada ad olio, posò il libro sul comodino e strinse Teddy.
 
Dal fondo del corridoio si sentono dei rumori. il piccolo Peter, dei rumori brutti, come di chi si avvicina. Non trova Teddy.  Decide di alzarsi e di avviarsi verso il corridoio, dove sente i rumori strani, con passo felpato e lento. All'improvviso sente dei passi, passi veloci, svelti, svelti come quelli di un giaguaro. Quei passi si stanno avvicinando verso di lui, ma lui sta fermo ed è curioso di sentire chi si avvicina. Non lo capisce. È tutto buio.
<< Fatti avanti >>, dice la voce cavernicola e metallica.
Peter non risponde.
<< Fatti avanti! >>, urla la voce cavernicola e metallica.
All'improvviso dal buio esce un mostro con la saliva alla bocca e i canini a sciabola, pelle nera, corna a forma di demonio. È il diavolo  .
<< Adesso ti torturo >>, dice il diavolo.
Peter corre. Non sa dove corre. Corre nel buio. All'improvviso vede la sua stanza e danza saltellando intorno ad essa. Danza. Si sente una musichetta semplice, una semplicità paurosa, tanto paurosa da far piangere Peter.
Compaiono le note della musichetta. La musichetta è stridula, con note alte. Le note si ripetono e Peter danza, danza sul volere del demonio, anche se non vuole. Peter piange. Il demonio ride.
Peter è a letto adesso, non danza più, ma all'improvviso qualcosa gli salta addosso, qualcosa lo tortura, la sua pancia prende la forma di diavolo. È il diavolo. Urla, si sentono Urla. Peter piange.
Una biblioteca. Peter è seduto e legge un libro. La biblioteca diventa scura. Vede un mostro che danza verso di lui che urla e dice parlole incomprensibi. All'improvviso si ferma e lo guarda. Lo fissa. Lo fissa con occhi vitrei e orribili. Peter piange. Il mostro è il diavolo.
Peter è in una casa, in un letto, davanti la sua stanza c'è un corridoio che porta ad un'altra sala, la sala delle torture. Quella è una sala buia, senza colori. Nera. Da lì esce un mostro lento, dalle formi semplici, una semplicità paurosa, tanto paurosa da far piangere Peter. Il mostro ha una faccia sconvolta e costante, un'espressione che non cambia. Pester si mette sotto le coperte per non vedere il mostro, ma si fa coraggio e se le toglie. Il mostro sorride lui piange, perché il mostro è il diavolo.
<< Adesso giochiamo a torturarci >>, dice una voce cavernicola e metallica.
Tutto bianco, Un'immensità bianca. Oh! C'è una macchia nera in fondo. Peter si chiede cos'è. La macchia nera è semplice, così semplice da far piangere Peter. La semplicità fa paura quando è ignota. Tanto semplice che non si capisce cos'è. La macchia si avvicina e Peter è fermo. Si sente un "tic-toc" di sottofondo che diventava sempre più veloce. Peter osserva la macchia. La macchia diventa un mostro e il mostro si avvicina e sorride, mentre Peter piange. Quando Peter piange e il mostro sorride, il mostro è il demonio. All'improvviso il demonio abbraccia Peter per ammazzarlo. Il demonio lo vuole ammazzare. Peter piange, mentre si vuole liberare. Il diavolo ride mentre Peter piange.
 
Alla fine Peter si svegliò di soprassalto, stringendo forte Teddy. << Non voglio dormire di nuovo! No! >>, mormorava piangendo tra sé e sé Peter. << Non voglio dormire, non voglio fare altri incubi, no! >>. Adesso c'era il silenzio, non si sentiva niente, soltanto la lancetta dell'orogio appeso al muro. Il Piccolo Petr notò che le luci del piano-terra erano spente e che quindi suo padre e sua madre erano andati a dormire.
<< Hai avuto paura, Teddy? >>, chiese sussurrando il piccolo Peter all'orsacchiotto.
<< Non ti ho trovato nell'incubo, Dove eri andato? Mi hai lasciato tutto solo…>>, continuò il bambino.
<< da solo…>>, continuò…addormentandosi piano piano. Incominciò a chiudere le  palpebre, lentamente e a farsi prendere dal sonno… all'improvviso, però, ricorda l'incubo e si sveglia.
<< Non devo dormire, non devo dormire! >>, disse ancora una volta tra sé e sé. L'incubo fu più forte di lui e il sonno lo prese nel suo grembo e lo riportò al sogno.
 
Dall'oscurità si vede un mostro che si avvicina, mentre tutto è buio. Peter allora sta a guardare il mostro ma all'improvviso…
 
Ancora una volta il piccolo  Peter si svegliò, saltando sul letto dallo sgomento.
<< No, no, non dormirò in pace se sto su questo letto, dovo andare dalla mamma! >>, disse il bambino, ma subito si voltò e vide il corridoio buio, troppo buio, ed il buio fa paura a Peter,  ma ebbe coraggio e tenendo per mano Teddy andò verso la stanza dei genitori, con gli occhi chiusi, correndo.
Alla chetichella riuscì ad andare dalla madre coricata a letto.
<< Mamma! Mamma! Ho fatto un incubo, quelli di cui mi hai parlato. Ho paura, fammi mettere nel tuo letto, ti supplico! >>, disse il piccolo Peter.
<< Oh, che è successo? >>, chiese assonnata la mamma Alice appena svegliata dal suo sogno
<< vuoi dormire nel mio letto? >>, continuò la madre.
Peter disse di sì e quindi lo mise tra lei e il padre sotto le coperte e poi lo abbracciò e disse lui: << Quindi hai fatto un incubo? Raccontami un po' cosa c'era >>.
<< C'era il diavolo mamma, faceva paura! >>, rispose il bambino.
<< Davvero? Oh, che brutta cosa, beh, allora chiudi gli occhi piccolo Peter, e pensa ai prati…>>, disse lentamente la dolce mamma.
<< i prati…>>,  fece eco il bambino.
<< pensa a prati…prati…prati verdi dove ci sono infinità di greggi, e conigli e alberi e infiniti spazi che ti sorridono. Immagina al sole che ti sorride, immagina a cose belle, Peter, pensa alle cose belle! >>, e alla fine la madre si addormentò e il bambino non fece più incubi, almeno per quella notte.

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Capitolo 2
*** II ***


II



<< Peter, stavi alzando la mano? >>, chiese la maestra Harris, detta la signora Harris.
<< No signora, mi stavo grattando la testa >>, rispose il piccolo Peter.
<< Oh, te la gratti sempre! Avrai i pidocchi  oramai >>.
Allora rise tutta la classe ed ognuno incominciò ad insultare il povero bambino che di pinocchi non ne poteva aver mai.
<< Oh, Peter Powell ha i pidocchi! Sarà sporchissimo! >>, disse Brian Thompson.
<< Infatti! Ben detto Brian >>, concordò Rosamund Grace.
<< Ora basta! >>, disse la signora Harris,<< era solo uno scherzo, non dovete prenderlo sul serio, uno come Peter non avrebbe mai i pidocchi sui capelli. >>.
Allora la classe si placò e tutto tornò alla normalità.
<< Piuttosto ritornate a fare gli esercizi che vi ho dato! >>, continuò la donna.
<< Io li ho gia finiti! >>, disse Rosamund.
<< Beh, allora fai altri esercizi, dovete esercitarvi tanto! >>.
<< Va bene signora Harris >>.
Intanto, dal fondo dell'aula Brian Thompson  chiacchierava col suo compagno di banco Horace Collins, noto anche come Horace il tiratore, perché una volta attraverso una canna di carta è riuscito a tirare una pallina contro la testa della signora Harris, ma ella non aveva capito chi fosse stato.
In ogni caso, i due ragazzetti parlavano e discutevano sul piccolo Peter:
<< Secondo me è un po' matto quel Peter >>, disse Brian.
<< Già, sta sempre muto, prende voti bassi e si dice che la notte non dorme e doienta un mostro >>, approfondì Horace.
<< Mi sta antipatico, dopo lo prendiamo a pugni quell'idiota di un Powell >>, disse Brian con aria cupa.
<< No! Non possiamo picchiarlo. Piuttosto lo interroghiamo! >>, suggerì l'altro.
<< Buona idea! E poi…>>, tutto ad un tratto Brian si fermò, giacché l'insegnante richiamò lui ed il suo compagno Horace.
<< State zitti voi due che vi sento! >>, disse la maestra.
 
L'ora della signora Harris era finita e, come era solito a quell'ora, c'era la pausa ricreativa dove tutti gli studenti scendevano nell'enorme cortile della scuola dove al centro sorgeva una grande quercia, detta la Grande Quercia, appunto. Quel giorno, il piccolo Peter decise di andare lì e di  sedersi sul primo ramo su cui riusciva ad arrampicarsi; dietro di lui lo seguivano Horace e Brian incuriositi.
Arrivati alla Grande Quercia Peter si arrampicò e si mise a sedere su un ramoscello e poi vide i due che lo fissavano.
<< Hey, Powell! >>, disse Brian, << cosa fai lì seduto? >>
<< Sto a pensare >>, rispose il piccolo Peter.
<< A cosa? A chi ammazzerai prima questa notte? >>, domandò sarcasticamente Horace.
<< Io non ammazzo nessuno! >>, ribattè il Powell. << La notte faccio soltanto incubi >>.
<< E che incubi? >>, chiese incuriosita Rosamund, che era nei dintorni ed era molto attratta dal discorso.
Peter allora sospirò e chiudette lentamente le palpebre, per immaginare bene il sogno: << In una città è notte fonda. C'è una fattoria, deserta. Io cammino per questa fattoria, non c'è un filo di vento, il cielo è di un violastro scuro, le luci dei lampadari appesi alle mura della casetta della fattoria sono asccesi. La casetta è rosa. All'improvviso, mentre mi avvicino alla porta, compare un vecchio dal cancello dove sono entrato. Il vecchio corre. È quasi totalmente sdentato. Egli urla come un ossennato col coltello dalla parte del manico. Vuole ammazzarmi. Io tento di entrare ma mi accorltella all'improvviso. Il vecchio è muto >>.
<< All'improvviso mi ritrovo in un altro incubo: Sono in una sala rotonda. Ci sono piastrelle rosse e mura gialle, opache. La sala è conica. Compare un mostro con gli occhi neri, lucidi, e si sente una musichetta molto sincopata e non orecchiabile. Il Mostro si avvicina e vedo il suo viso smorto. Lui mi gurda… e fa male, fa più male di un pugno nello stomaco. Lui ti colpisce la nell'animo, l'incubo ti colpisce con la paura…>>
L'atmosfera era totalmente cambiata: Prima, tutto era felice e sorridente come il mondo dei bambini intensificato dal brio giovanile che emanava l'ambente stesso dove si trovavano, ma adesso tutto era cupo, smorto e pauroso.
I bambini che ridevano e giocavano non si sentivano più per  Brian, Horace, Peter e Rosamund; questi ultimi erano infatti basiti e sconcertati dall'incubo, tanto stupido quanto interessante.
<< Hai qualcosa che non va, Peter? >>, chiese Rosamund
<< No, niente >>, rispose il piccolo Peter, aprendo gli occhi. << Stavo guardando il mio incubo >>.
Bian lo guardò con sguardo raccapricciante e incredulo.
Horace si mise una mano sulla fronte calda.
Rosamund si coprì la bocca con la mano destra.
<< Guardando l'incubo? >>, dissero tutti e tre all'unisono.
<< Sì, e se volete ve ne racconto molti altri >>, rispose Peter.
<< Oh, no, per carità! >>, disse Lucy Price, la migliore amica di Rosamund, che stava ascoltando di nascosto.
Dopo, il piccolo Peter scese dall'albero e si mise a passeggiare, guardando i piedi, con le mani nelle tasche.
Brian e Horace si guardarono reciprocamente con occhi sconvolti; Rosamund mise una mano sulla spalla di Lucy.
<< Horace >>, disse Brian.
<< Che c'è ? >>, domandò Horace.
<< Prima, in classe, ti volevo chiedere se stasera vuoi venire con me a casa di Peter: lo spieremo a sua insaputa mentre dorme >>, rispose Brian
<< Assolutamente sì! >>, disse felice Horace.
 
Il resto della giornata passò lentamente e tranquillamente. Dopo le ultime tre ore di scuola i bambini se ne tornarono nelle rispettive case e pranzarono. Brian e Horace, però, dissero ai loro genitori che subito dopo pranzo sarebbero dovuti ritornare a scuola per un recupero pomeridiano. In realtà non era vero niente, e i due si incontrarono in un vicolo stretto e buio della periferia di Birmingham, luogo di appuntamento deciso a scuola stessa prima che suonasse la campanella delle 13.30 (l'ultima ora), luogo vicino la campagna della medesima città.
Reincontrati lì, si sedettero sui gradini di una casa e si misero a fare i compiti assegnati a scuola, in modo di ammazzare il tempo.
Le ore intanto passavano lentamente e il sole altrettanto lentamente calava e circa al tramonto i due si incamminarono verso la stradicola di campagna dove viveva il piccolo Peter.
<< So che vive in una catapecchia di abitazione >>, disse Horace.
<< Lo so perfettamente anche io >>, annuì Brian.
Il fatto che Peter abitasse in una casa messa male era proprio vero: le pareti erano rittotte male, il pavimento di legno scricchiolava e i tetti erano scuri.
Quando giunsero a destinazione si fermarono un attimo a guardare la casa, poi entrarono dal cancelletto di legno.
<< Chissà perché questo cancelletto non lo chiudono mai >>, notò Horace.
<< Forse sapevano che saremmo arrivati >>, ipotizzò Brian
<< No, a questo punto avrebbero lasciato anche la porta principale aperta >>, rispose l'altro.
<< Beh, allora non hanno paura dei ladri  >>.
Dopodiché i due osservarono la casa dall'esterno, e Brian indicò la finestra della camera del loro compagno, e Horace chiese: << Come possiamo spiarlo? >>.
<< Forse tiene una scala nel retro >>, ipotizzò Brian, il quale si diresse verso la veranda del retro, dove c'erano amucchiate tante cose: Una scala, due corde e due scope, una rotta, l'altra buona.
Brian allora prese la scala e ritornò da Horace.
<< Hai trovato una scala! >>, esclamò  Horace.
<< Ora sbrighiamoci, che voglio vedere Peter che dorme >>, disse il Thompson
Quindi Brian posò la scala a pioli sulla finestra e salì, mentre l'altro la teneva.
<< Cosa vedi da lì? >>, chiese quello che stava giù.
<< Ancora niente. Starà ancora cenando, penso >>.
<< Allora scendi giù espettiamo un altro po' >>.
Mentre aspettavano, seduti sul cortile, guardavano il cielo stellato, e congiungendole secondo le loro fantasie formavano delle figure e le facevano notare all'altro, ma alla fine nessuno di loro capiva quello che aveva costruito l'altro. Così facendo si dimenticarono di Peter, fino a quando uno dei due vide che si era acceso un lume nella stanza, il lume di una candela.
Brian allora ritornò alla scala per vedere cosa stava succedendo, ma appena fu davanti la finestra, notò che Peter stava leggendo Oliver Twist quindi abbassò la testa, prima che potesse vederlo
<< Cos'è successo? >>, chiese Horace.
<< Sta leggendo >>, rispose Brian.
Aspettarono ancora una volta che si spegnesse la candela, e quando si spense Brian alzò la testa per vedere se stesse dormendo adesso, ed era come pensava.
<< Adesso dorme? >>, chiese quello che stava giù
<< Sì >>, rispose quello che guardava dalla finestra.
Peter dormiva normalmente, come tutti gli altri, ma ad un certo punto Brian notò che scosse la testa. In seguito mosse un piede, incominciò a sudare e a dimenarsi.
<< Adesso cosa sta facendo >>, domandò Horace
Non ebbe risposta, perché Brian era troppo occupato a osservare la scena.
Peter aveva la bocca aperta e da essa stava uscendo saliva come se piovesse; la mano si muoveva, le dita si muovevano involontariamente, mentre il bambino dormiva.
<< Dimmi cosa vedi! >>, insistette Horace.
Peter si stava muovendo sempre di più, come se fosse posseduto da uno spirito maligno.
Poi si muovetterò le gambe e le braccia, come se volesse liberarsi, vanamente, ma alla fine si svegliò all'improvviso, saltando sul letto e Brian scese giù, per raccontare tutto al suo compagno.
 
Adesso però, è ora di andare a guardare più da vicino quello che è successo al Piccolo Peter e il suo incubo.
 
<< Peter, se fai altri incubi devi dirmelo, perché  se ne fai un altro domani andiamo dallo psicologo >>, disse la madre Alice, mentre il piccolo Peter saliva le scale per andare a letto.
<< Va bene >>, rispose il bambino.
Quindi si diresse verso la sua camera e accese la lampada ad olio, poi prese il libro e si mise a leggere. Proprio mentre stava per incominciare vide qualcosa dalla finestra, come una persona, ma non si alzò e iniziò a leggere.
Dopo circa mezz'ora spense la lampada ad olio e si mise sotto le coperte, pronto per un incubo orribile.
 
Tutto è buio. All'improvviso spunta qualcosa di pauroso, la cosa più terrificante che si sia mai vista. Indescrivibile, terrificante.
Il Piccolo Peter atterrito, non riesce a descrivere la creatura, perché questa è di tutte la più brutta e la più atroce.
<< Io sono Nightmare >>, dice il mostro.
<< Io sono padre dell'Ignoto, io sono la Paura >>.
<< Io sono l'essenza della Paura >>.
<< Io sono il mostro più potente di tutti >>.
<< Io sono il mostro più terrificante di tutti >>.
<< Io sono il seme che germoglia dall'Ombra >>.
<< Io sono il frutto della Passione oscura >>.
<< Io sono l'Albero dell'Incubo >>.
<< Io sono l'Incubo Assoluto >>.
<< Tu sei il seminatore, Tu, Peter Powell Junior, sei il seminatore che ha buttato il seme nell'orto dell'Incubo, seme che poi è germogliato ed è diventato un albero enorme: Io sono il seme >>.
 
Alla fine Peter si svegliò di soprassalto, ancora una volta. Vide subito dalla finestra una faccia.
<< Nightmare! >>, esclamò Peter
Poi si alzò e si diresse tenendo Teddy verso la finestra per vedere chi era costui (e se fosse per davvero Nightmare), ma alla fine vide Brian e Horace.
<< Oh, cosa vorranno mai da me? >>, chiese fra sé e sé Peter.
<< Beh, ora devo andare dalla mamma a dormire, così forse non farò incubi almeno per questa notte >>, disse ancora una volta Peter.
Quindi quest'ultimo andò dalla mamma per andare a dormire, che era ancora sveglio.
<< Mamma, ho fatto un altro incubo >>, disse Peter.

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Capitolo 3
*** III ***


III



Dalla finestra della camera da letto si intravedevano già i primi albori rosastri della mattina, che illuminavano tutto il panorama che si poteva vedere da quelle semplici infisse: le campagne, le fattorie di Birmingham, nelle quali già a quell'ora lavoravano i contadini, zappando e sudando. Tutto questo lo stava vedendo il piccolo Peter, dal letto vicino alla finestra, pensando al fatto che sarebbe andato dallo psicologo, temendo domande troppo intime alle quali avrebbe preferito non rispondere, domande sui suoi incubi.
Il piccolo Peter allora si girò verso la mamma che era sveglia.
<< Mamma >>, disse Peter << oggi andiamo dallo psicologo? >>.
<< Sì >>, rispose sicura Alice.
<< Cos'è uno psicologo? >>, chiese il bambino, che giustamente non poteva sapere cosa fosse, essendo molto piccolo.
<< Uno psicologo…uno psicologo è uno che analizza i tuoi problemi, e ti da la soluzione per curarli >>.
<<  Che tipo di problemi? >>, chiese ancora una volta Peter.
<< Problemi psicologici, ossia problemi della tua psiche, ma è un termine troppo complesso per un bambino come te >>.
infatti la madre aveva proprio ragione: un bambino non avrebbe mai compreso un termine come psiche, concetto prettamente astrale e concettuale relativo al modo di pensare dell'anima.
<< Beh, andiamo a fare colazione Peter, poi ti laverai, ti vestirai e andremo dallo psicologo >>.
Così fecero, poi svegliarono il padre e si diressero allora verso la loro auto, la Rolls-Royce mod.40-50 HP di colore verde scuro, e con quello si diressero verso il dottor Wilson, al quale avevano chiamato prima di partire. Questo psicologo si trovava a Tamworth, distante circa 17 miglia, ed il viaggio durò un ora. Arrivati dal dottor Wilson, andarono nel suo studio e gli spiegarono i problemi:
<< Nostro figlio ha un problema >>, disse il padre Peter, tenendo per mano il piccolo Peter.
<< Già >>, affermo la madre Alice.
<< Che problema? Non mangia? Non sorride? >>, chiese lo psicologo.
<< Beh, non sorride, ma fa degli incubi inquietanti >>, disse la mamma.
<< Oh, non mi sono mai inbattuto in casi del genere >>, rispose sbalordito il signor Wilson.
<< Sappiamo benissimo che è strano…>>, disse a bassa voce Peter (il padre).
<< Beh, lascetemi un po' solo con questo bambino >>, disse lo psicologo con tono preoccupato.
Allora Alice e Peter andarono via dallo studio, ed entrarono in una sala d'attesa, lasciando il piccolo Peter e il dottor Wilson da soli.
Lo psicologo si sedette allora sulla sua poltrona di legno chiaro tappezzata di grigio e il bambino su una sedia davanti la grande scrivania del dottore.
<< Allora…Peter >>, disse il signore, << i tuoi genitori mi hanno detto che fai incubi paurosi, non è così? >>.
Il piccolo Peter annuì.
<< Allora che incubi? >>, chiese ancora una volta il dottor Wilson.
<< Beh… >>, rispose indugiando il giovane, deglutendo. << Nel primo incubo che ho fatto c'era il demonio, mi voleva uccidere, lui…lui rideva e…e io piangevo, piangevo tanto tanto. Lui mi faceva paura, e mi torturava, mi faceva danzare intorno alla mia stanza al ritmo di una canzoncina paurosa, era semplice, ma paurosa >>.
<< Poi, cosa hai sognato? >>.
<< Poi, nei giorni seguenti, ho sognato mostri, demoni, sempre demoni che mi facevano male, anzi…non mi picchiavano, né mi insultavano, mi guardavano e…anche se mi guardavano io avevo paura, paura delle loro facce, e io non potevo fare niente se non soffrire e starli a guardare. Poi ho sognato anche persone che tentavano di ammazzarmi, persone brutte, paurose, terrificanti, come un vecchio col coltello che mi vuole uccidere. Alla fine, cioè oggi, ho sognato un mostro che si chiamava Nightmare. Mi faceva così tanta paura che non riesco a ricordarmi come era fatto.
Sentivo all'interno di me un panico indescrivibile, non ho mai provato un tale terrore all'interno di un incubo.
Avrei voluto piangere, avrei voluto non guardarlo, ma i miei occhi nel sogno erano sbarrati ed ero costretto a guardarlo >>.
<< Cosa ti ha detto Nightmare? >>.
<< Mi ha detto che lui è… che lui è l'Incubo Assoluto, che lui è il mostro più potente e terrificante di tutti, che lui è il frutto della Passione Oscura e molte altre cose >>
<< mi ha detto anche che io sono il seminatore che butta il seme nell'Orto dell'Incubo e che germoglia fino a diventare un albero grandissimo, e lui è il seme >>.
Il signor Wilson allora si alzò dalla sedia e incominciò a fare avanti e indietro nella stanza ripendo fra sé e sé  a bassa voce le stesse cose che il bambino gli aveva appena detto.
Dopo si voltò verso Peter, e gli chiese: << Quindi, gli incubi, oltre a farti paura ti interessano? >>.
<< Sì, mi affascinano e… >>.
<< Basta così, non devi raccontarmi altro sui tuoi incubi >>, interruppe lo psicologo ritornando a sedere sulla poltrona dietro la scrivania.
<< Piuttosto raccontami cosa fai di solito ogni giornata >>.
<< Ogni giorno mi alzo di mattina, poi sto per sei ore a scuola, una scuola del centro di Birmingham, con un grande giardino dove, per quindici minuti dopo la terza ora, ci fanno giocare e divertire >>.
<< Chi? >>.
<< Le insegnanti >>.
<< E…dimmi Peter, c'è per caso qualche insegnante che ti fa paura o che ti sta antipatica? >>.
<< Oh no, nessuna, sono tutte brave, se non fosse che sono tutte un po' severe…>>.
<< Ce n'è una in particolare che è severa? >>.
<< Forse la signora Harris, ci da molti esercizi e non appena uno parla lo zittisce e magari gli da un colpo di bastone, e fa anche male >>.
<< Capisco… e hai compagni che ti fanno paura in qualche modo? >>
<< Sì, ultimamente mi fanno paura Brian Thompson e Horace Collins, il primo viene dal West Virgina, mi ha detto, l'altro invece dalla Scozia. Ultimamente mi seguono e mi guardano male >>,
<< Ti guardavano male anche prima che facessi l'incubo con il diavolo? >>.
<< No, qualche giorno dopo il primo incubo hanno incominciato a non giocare più con me e a guardarmi tanto male >>.
<< Evidentemente sei cambiato…Dimmi, qualcuno ti ha detto ultimamente che sei cambiato? >>.
<< Sì, la signora Harris, mi ha detto che non sorrido più come una volta, che mi comporto in modo malinconico e pauroso, che in me è sparita la fantasia e la giocosità di un bambino…>>.
Seguì una pausa di silenzio, mentre il dottor Wilson era avvolto in una riflessione personale riguardo alla "malattia" del bambino.
Poi lo psicologo disse: << Cosa fai prima di andare a letto? >>.
<< Leggo un libro >>.
<< Quale libro? >>.
<< Oliver Twist per bambini, ed è molto bello e interessante >>.
<< Oliver Twist… >>, sussultò il signore.
<< Va bene, Peter, può bastare così con le domande, vai a chiamare i tuoi genitori e portali da me, devo dire loro delle cose >>, disse il dottor Wilson.
Il bambino allora andò nella sala d'attesa e chiamo Alice e Peter, i quali ritornarono nello studio del dottor Wilson ed Alice si sedette sulla sedia, mentre Peter e il piccolo Peter rimasero in piedi.
<< Allora, cari genitori del piccolo Peter >>, disse lo psicologo << vostro figlio si è imbattuto da qualche parte, forse leggendo o forse sentendo, nella descrizione delle parole "Incubo" e "demonio", e ciò lo ha portato al suo primo incubo. Non appena lo fece, ha incominciato a fare sempre più incubi, e con essi ha incominciato a sviluppare una passione ed un notevole interesse per il mondo dell'Incubo. Tutto ciò ha portato alla creazione di un mostro che si chiama Nightmare. Ebbene, in base a quanto vostro figlio mi ha detto circa le frasi che il mostro gli ha proferito, vi dico che questo Nightmare è la rappresentazione, attraverso i sogni, della Paura assoluta in sé e per sé. Mi spiego meglio: Peter, coltivando questa passione per l'incubo, è riuscito nel contempo a creare un mostro che si chiama appunto "Nightmare", che risiede nel suo inconscio, che è anche la concretizzazione "astratta"   della  Paura più pura. Sono preoccupato per questa faccenda, miei cari signori, non si risolverà bene, il piccolo Peter molto probabilmente verrà risucchiato all'interno di un paradosso terrificante tra la realtà e l'incubo. Io, Jeremy Wilson, giuro che non mi sono mai imbattuto in un caso del genere >>. 
 
Dopo questo monologo del dottor Wilson, Alice e Peter si guardarono un attimo, e dopo Alice parlò: << Mio figliò verrà risucchiato all'interno dell'incubo? Non la capisco >>.
Wilson, insistente, ripetette: << Gli incubi affascinano vostro figlio, e la sua dedizione per questi , della quale il risultato è Nightmare, lo porterà ad un'esistenza fatta solo di incubi. In parole povere vivrà i suoi incubi così come sta vivendo in questo momento la realtà. Non so se mi spiego…>>.
<< Ha detto fin abbastanza >>, disse il padre Peter.
<< Alice, andiamocene >>, continuò, sempre con tono sospettoso.
<< Fatemi sapere se vostro figlio farà altri incubi, in tal caso, portatelo da me >>, disse lo psicologo
<< Certamente! >>, rispose Peter senior.
Dopodiché, la famigla Powell decise di ritornare a Birmingham, a casa.
 
 Alice e Peter si chiusero a chiave nella camera da letto per parlare del piccolo Peter, il quale si mise ad ascoltare la loro discussione:
<< Io ho paura per il piccolo Peter…>>, disse Alice piangendo, distesa sul letto, abbracciando il cuscino azzurro molto forte.
<< abbiamo tutti paura per il piccolo Peter…>>, consolò il padre Peter.
<< No! Non tutti! Stanno morendo piano piano molte persone, prima tuo fratello e il mio per la Grande Guerra, e per grazia divina è finita; poi è morto mio papà di tumore, non voglio che muoia Peter per questa malattia! NON DEVE MORIRE! >>, urlò Alice lanciando il cuscino davanti la porta.
<< Avanti, Alice, finirà tutto bene! Tutto finisce sempre bene! >>, disse Peter, abbracciando sua moglie.
<< No! Il dottor Wilson ha detto che non finirà bene! >>, rispose la madre Alice, respingendosi dal marito.
<< Lascialo stare! Scommetto che nemmeno una di quelle cose che ha detto sia vera!Tutte fandonie! >>, disse ancora una volta Peter, ritornando an abbracciare Alice, la quale poi scoppiò in un pianto, e pianse tanto, tanto, sulla spalle del marito.
<< Promettimi che tutto finirà bene, promettimi che questa famiglia tornerà a essere quella che è sempre stata! >>, mormorò tra un pianto e l'altro Alice
<< Te lo prometto >>, rispose Peter
 
***
 
Intanto a scuola del piccolo Peter stavano accadendo discussioni altrettanto drammatiche:
<< Signora Harris! >>, chiamò Horace Collins
<< Dimmi Horace >>, rispose l'insegnante.
<< Io e Brian sappiamo quello che fa ogni notte Peter, l'abbiamo visto ieri, sbavava mentre dormiva, si muoveva come se fosse posseduto! >>, disse il Collins.
<< Non dire sciocchezze Horace >>, urlò la signora Harris.
<< Invece è vero, l'abbiamo visto con i nostri occhi, eravamo lì a spiarlo >>, ribattè Brian.
<< Anche se fosse vero voi non potete parlare male di Peter >>, disse Lucy Price.
<< Io crederei a loro, Peter è un tipo strano >>, conermò Rosamund.
<< Adesso basta! >>, sbraitò la signora, battendo un pugno sulla cattedra. << Ascoltate Lucy, che ha detto una cosa saggia! Non potete parlare male di Peter anche se fosse il bambino più strano al mondo, e dovete trattarlo come tutti gli altri! Perché è come voi! Non ha niente di diverso, solo…solo qualcosa che non so, ma qualcosa di piccolo e insignificante! >>.
<< E se non fosse piccolo e insignificante? >>, chiese sarcasticamente Rosamund.
<< Tanto non è un gravissimo problema, e se lo fosse… dovreste trattarlo comunque bene, perché è una malattia, proprio come l'influenza che ha il vostro compagno Orville, infatti sta a casa >>.
Per il resto della lezione gli alunni non parlarono e stesero zitti, ma suonata la campanella, si precipitarono tutti verso il cortile a giocare a nascondino, tutti tranne Horace, Brian e Rosamund, seguita a sua volta da Lucy, che andarono verso la Grande Quercia a parlare di segreto:
<< Quindi è proprio vero quello che avete detto in classe? Peter fa per davvero quelle cose di notte? >>, chiese la Grace al Collins e al Thompson.
<< Già >>, risposero all'unisono Brian e Horace.
<< Allora dobbiamo indagare ancora di più, questo pomeriggio gli facciamo visita >>, suggerì Rosamund
<< Sono d’accordo >>, dissero gli altri due bambini tranne Lucy.
<< Io no >>, disse Lucy << Bisogna lasciare in pace il piccolo Peter, se sta male bisogna lasciarlo guarire >>.
<< Allora proprio non capisci! >>, disse Brian << Lui ha una malattia che non può essere curata, il caso è grave. Secondo me, oggi lui è andato dallo psicologo e ci scommetto un occhio della testa, ma possiamo verificare se andiamo a fargli visita >>.
Allora tuttu e quattro,tranne Lucy, decisero di andare a visitare il piccolo Peter a casa sua, alle quattro del pomeriggio, con il consenso dei gen
itori.

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Capitolo 4
*** IV ***


IV



C'è una strada nel deserto bianco. Questa strada è nera e porta verso l'infinito. Peter sta camminando e non sa quando finisce la strada, ma non gli importa. Quindi cammina a lungo, ma poi si gira e vede un mostro bianco come il deserto, occhi grandi e verdi, chiarissimi, vestito di nero e bianco. Questo corre velocemente verso Peter. Peter cerca di scappare dal mostro ridente, ma è tutto inutile perché lui è solo un bambino e verrà soprafatto dall'incubo, inevitabilmente. Scappa, ma il mostro lo raggiunge.
Si trova in una fattoria, la solita fattoria, ma di giorno, e un mostro con le catene lo sta inseguendo e lo flagella con una catena di piombo resistente. Lui corre ma il mostro lo raggiunge.
Si trova in un cortile buio, non può muoversi. All'improvviso arriva il mostro bianco che corre verso di lui e alla fine lo uccide.
 
Il piccolo Peter allora si svegliò all'improvviso, ritrovandosi nella sua stanza. Accanto a lui c'era la mamma e papà, che lo fissavano con sguardi tristi e smorti.
<< Hai fatto un altro incubo, vero? >>, chiese Alice.
 Il piccolo Peter rimase in silenzio e rimase a guardare la mamma, come se lo sguardo fungesse da risposta. Dall'occhio sinistro della mamma Alice scese lentamente una lacrima, che percorse tutto il suo bel viso fino al mento, e poi cadde a terra così rumorosamente come cade rumorosamente un bicchiere di vetro fragile.
Il bambino intanto aveva la faccia di un verde pallido, tutto immerso sotto le coperte, con gli occhi scoperti che fissavano i genitori; quei suoi occhi azzurri si erano scoloriti ed erano diventati grigi: non era più il bambino di una volta. Il lume pomeridiano che entrava dalle infisse gli illuminò il viso, e allora chiudette lentamente gli occhi. Alice e Peter, mentre il bambino dormiva, scesero giù e andarono verso il soggiorno, dove si accorsero che qualcuno stava bussando alla porta.
Il padre Peter andò ad aprire la porta e vide tre bambini, uno alto, uno basso e una bambina dai capelli rossi.
<< Chi siete voi? >>, chiese il padre Peter.
<< Siamo Brian, Horace e Rosamund >>, disse Horace, indicando sé stesso e gli altri due.
<< Siete compagni del piccolo Peter? >>, chiese ancora una volta Peter.
<< Sì >>, rispose Brian.
<< Peter sta male, non può vedere nessuno, ha la faccia verde e gli occhi grigi, non lo vedrete più, penso >>.
<< Come? Vi prego, ci faccia entrare >>, supplicò Rosamund.
<< Falli entrare, tanto poi lo vedranno e cambieranno idea >>, disse Alice, che stava dietro Peter ad ascoltare.
Quindi i tre bambini entrarono in casa e salirono al primo piano, verso la camera del piccolo Peter.
Quando lo videro rimasero sconcertati per il suo aspetto pallido, quasi non dormisse da molto tempo. Stava sotto coperte bigie e plumbee come il cielo di quella giornata, con gli occhi aperti a metà, di colore pallido anch'essi e aveva la faccia quasi verde.
<< Ciao Brian, ciao Horace, ciao Rosamund >>, salutò il piccolo Peter.
<< Ciao Peter >>, disse Horace, l'unico che salutò.
I tre si sederono allora per terra con le gambe incrociate e rimasero a bocca aperta guardando il bambino "malato".
<< Come mai non sei venuto a scuola? >>, chiese Brian.
Prima il piccolo Peter socchiuse gli occhi, poi li riaprì, sospirando, e disse con voce rauca: << Sono andato dallo psicologo, poi quando sono tornato mi sono coricato a letto perché avevo malditesta >>.
<< Ah >>, esclamò Rosamund << E che incubi hai fatto ultimamente? >>.
<< Non lo vogliamo sapere >>, disse Horace.
<< No, infatti >>, concordò Brian.
<< Almeno, Peter, facci vedere come dormi >>, chiese ancora una volta Rosamund.
<<  L'abbiamo già visto io e Horace, non c'è bisogno di vederlo di nuovo: è uno spettacolo che ti fa accapponare la pelle >>, disse Brian.
<< io voglio vederlo! >>, disse a gran voce la bambina.
<< Assolutamente no! >>, sbraitò il Collins.
<< FATEMI DORMIRE! >>, urlò Peter.
Allora tutti si stesero zitti, stupiti dal modo in cui aveva risposto Peter. Non aveva mai fatto un urlo del genere: la voce che prima era rauca, come di chi non ha voce, era diventata una voce strana, quasi satanica, e ancora una volta l'atmosfera era diventata cupa, come lo era diventato il giorno prima nel cortile della scuola.
Brian Thompson era l'unico che non era stato pervaso da quella sensazione obrobriosa, e si alzò e decise di andarsene. Prima di alzarsi dal pavimento, si mise a guardare il piccolo Peter, in modo dispreggiativo, quasi schifato.
All'improvviso, però, Peter incominciò a muoversi, ma aveva gli occhi chiusi: stava incominciando la possessione demoniaca dell'incubo.
<< Sta facendo come l'altra volta >>, notò Horace.
Peter aprì allora la bocca, da lì uscì  bava, bava da tutte le parti, ma non era saliva normale poiché era grigia, quasi nera. Poi gli occhi si aprirono, ma non erano come prima, erano bianchi, senza iride né pupilla, ma si intravedevano appena i capillari rossastri del bulbo oculare. Allora il bambino gemette mentre dormiva, poi il gemito si trasformò in urlo, urlo di parole sensa senso. Sembrava posseduto dal demonio.
Intanto i tre bambini stavano piangendo, traumatizzati dalla vista di Peter.
<< Ho paura…>>, disse Rosamund, tra un singhiozzo e l'altro.
Brian, intanto, volle andare verso Peter, volenteroso di strangolarlo e fermarlo. Appena lo toccò, il viso del Peter possedutò si girò e lo prese, poi gli morse il braccio ma Brian non riuscì a mollare la presa. Tutto l'arto diventò nero, la stanza diventò nera, erano spariti i colori e i giochi dei bambini. Quelli in quella stanza non erano più bambini, ma erano giocattoli in mano a un mostro che distrugge tutto quello che c'è di bello nel mondo e costruisce sulle macerie di esso tutto quello che fa paura.
Brian incominciò ad urlare di dolore, piano piano anche i suoi occhi divenivano bianchi e la pelle diventava sembre più grigia.
Rosamund e Horace allora decisero di scappare dall'atmosfera scura e dal demone (che stavano diventando due), ma mentre scappavano incrociarono i genitori di Peter che si stavano dirigendo verso la stanza del figlio per le urla che sentivano provenire da lì.
<< Cosa sta succedendo in camera del piccolo Peter? Come mai state piangendo? >>, chiese il padre.
<< Peter è posseduto e…sta…ammazzando Brian Thompson >>, disse piagnucolando Horace.
Allora i genitori corsero verso la stanza di Peter, e allora videro tutto. Furono avvolti anche loro dal manto nero dell'ambiente terrificante della camera del bambino; Si misero le mani tra i capelli appena videro quello che stavano accadendo.
Nel frattempo Brian sembrava impazzire ed essere uscito anche lui dal mondo reale, ma credo sia meglio guardare più da vicino quello che sta accadendo nell'incubo.
 
"Tutto nero. Peter sta in una casa di legno e sta camminando attraverso un corridoio angusto e stretto. Alla fine del corridoio vede un mostro verde, che lo sta per ammazzare e lo guarda, lo guarda, con un viso felice. Peter cerca di liberarsi ma non ci riesce allora ritenta, pur di smettere di guardare il mostro, che gli fa paura.
Qualcosa distorce l'incubo. Tutto diventa meno scuro e alla fine Peter sente la possibilità di parlare e dice la sua prima frase in un incubo:
<< Io comando questo incubo >>.
Allora il mostro urla e incomincia a bruciare e a delirare come un miserabile. Il sogno incomincia a distruggersi, tutto crolla…fino a quando qualcuno non entra nel sonno e fa riprendere l'incubo.
<< Brian >>, dice Peter, per la seconda volta.
<< Liberami! >>, dice il bambino.
<< Liberami! >>, ripete.
<< Liberami! >>, ripete ancora.
<< Io non ti libererò e ti lascerò nell'ombra >>, dice Peter.
Poi Brian incomincia ad urlare e anche lui brucia e piange, piange mentre Peter ride.
<< No! >>, dice Peter, << Io non sono il diavolo >>.
Allora smette di ridere e piuttosto lo guarda, ma senza ridere, e lo guarda, lo guarda, già, lo guarda con i suoi occhi, senza espressioni: Lo guarda e basta.
Brian allora piange, e piange ininterrottamente. Piange senza sosta.
<< Peter…>>, dice Brian
Peter allora si avvicina a Brian e dice sollennemente:
 << Io comando questo incubo >>.
Alla fine Brian scomapare e l'incubo si dissolve una volta per tutte. Sì si torna alla realtà…Peter tornava alla realtà…Peter tornò alla realtà."
 
La bufera che stava imerversando nella stanza incominciò a placarsi. L'atmosferà stava diventando sempre più chiara. La luce dalle finestre stava incominciando ad entrare. Le urla finirono. Tutto stava finendo, e Brian cadde a terra con un tonfo. Il piccolo Peter si svegliò: il demone se ne era andato. Ci fu una pausa di silenzio, poi la madre Alice corse verso suo fglio, scansando i  bambini che stavano in mezzo, e lo abbracciò
<< Peter, sta calmo, è tutto finito, sta calmo! >>, disse la madre, rassicurando il figlio.
Horace stava guardando il cadavere di Brian, poiché era chiaro ormai, che fosse morto. Rosamund, invece, stava guardando la madre che abbracciava calorosamente il figlio.
<< Mamma…ho ammazzato Brian >>, disse il piccolo Peter.
La madre allora levò lo sguardo verso il bambino morto, che stava ancora con la bocca aperta e gli occhi chiusi e poi si porto una mano alla bocca, come sconcertata.
<< Oh…cosa…cosa è successo? Cosa…cosa abbiamo fatto? >>, mormorò fra sé e sé Alice.
<< Andate via, bambini >>, disse il padre Peter, prendendoli per mano. << E non dite niente a nessuno! Chiaro? Non dovete dire a nessuno quello che avete viso né incolpare il piccolo Peter per il danno fatto! Adesso via >>, e conducendoli verso la porta, li buttò fuori come fossero sacchi dell'immondizia.
Poi il pade torno nella stanza del figlio per osservare il cadavere.
<< Dobbiamo portarlo dai genitori >>, disse lui. << Dobbiamo affrontare i fatti così come sono, Alice, non c'è niente da fare >>.
<< Tu mi avevi promesso che sarebbe finito tutto bene, tu mi avevi promesso che saremmo ritornati una famiglia normale, che saremmo ritornati la famiglia Powell di sempre, ma qualche ora dopo la promessa, ci imbattiamo in un cadavere ucciso da nostro filgio che ha sei anni! >>, disse Alice.
<< Ho promesso che sarebbe finito tutto bene, non che non ci sarebbero stati morti! >>, rispose Peter (il grande)
<< Perdonatemi! Io…>>, disse Peter junior, << Io…non volevo ucciderlo…lo ha ucciso il mio me,nell'incubo. Ero talmente felice di controllare l'incubo che…che è finito male. Perdonatemi >>.
I genitori allora lo guardarono, con visi tristi e poi ritornarono a guardare il bambino morto.
<< Lui veniva dal West Viriginia >>, disse il piccolo Peter.
<< Poi si è trasferito in Inghilterra con i suoi genitori e viveva come noi… >>, continuò.
<< Viveva…>>, sibilò tra sé e sé.
I due genitori stesero zitti, poi insieme decisero di andare a casa dei Thompson.
Il piccolo Peter disse loro che viveva in una grande casa vicino il centro di Birmingham, disse la via precisa, perché una volta si frequentavano i due bambini, prima che Peter cambiasse. Andarono solo Alice e Peter, per evitare vendette o cose simili da parte del parentado americano di Brian Thompson verso il piccolo Peter, questi rimase a casa, sempre sul letto della sua camera, curioso di sperimentare un'altra volta un incubo controllato da lui stesso. Infatti, non sapeva che tale esperienza, era detta Onironautica, cioè quell'esperienza in cui sei cosciente di sognare, e magari puoi anche controllare il sogno. Perciò chiudette lentamente gli occhi, e sognò.
 
"Il cielo è rosso. La terra è nera. Due colori che avvertono un brutto presagio. Sta arrivando un mostro, un mostro nero e pauroso.
<< Ciao >>, dice il piccolo Peter.
<< So che sei un incubo >>, dice Peter.
Il mostro, però, non gli fa caso e va per la sua strada, verso il bambino.
<< Non mi fai paura >>, dice Peter << anzi, adesso vengo verso di te e ti uccido, così torno alla realtà >>.
Peter quindi corre verso il mostro ed è deciso di ammazzarlo. Il mostro si trasforma in Brian. Brian lo guarda e piange, piange e Peter non può fare niente, perché il danno è stato fatto, non si può saldare.
<< Io comando questo incubo >>, dice Peter, << e io decido che tu sia un…coniglio >>.
Appena dice "coniglio", Brian diventa un coniglio.
<< E se io volessi il pavimento giallo >>, dice Peter, << il pavimento diverrà giallo >>.
Appena Peter dice "giallo", il pavimento diventa giallo.
<< E se infine io volessi il cielo azzurro >>, dice Peter, << il cielo diverrà azzurro >>.
Appena Peter dice "azzurro", il cielo diventa azzurro.
Quando tutto sembra felie e contento, il cogniglio ritorna il mostro, il pavimento giallo ritorna nero, e il cielo azzurro ritorna rosso
<< Non comandi tu gli incubi >>, dice una  voce esterna.
<< Io comando gli incubi >>, dice Nightmare, spuntando dall'ombra.
<< Tu non li comandi >>, ribatte Peter.
<< Io sono l'Incubo Assoluto>>, dice Nightmare.
<< Io sono il seme, che adesso è pianta, e che fra un po' di giorni diverrà albero, e quando sarò albero, succederanno cose strane >>, conclude Nightmare".
 
Il piccolo Peter allora  si sveglia, con la mamma Alice che gli stava toccando la spalla.
<< Che hai sognato? >>,chiese lei.
<< Niente, ho tentato di controllare il mio sogno, poi è spuntato Nightmare >>, rispose il piccolo Peter.
<< In ogni caso, sono stata a casa dei Thompson >>, disse Alice.
<< Sono arrabbiatissimi con noi, ci hanno maledetto, non potrai uscire da questa stanza, Peter. Sei in un gravissimo pericolo, perciò da ora in poi resterai in questa stanza e non potrai uscire. Tutto questo è per il tuo bene >>.
<< Mamma >>, disse Peter, << cosa vuol dire "maledetti"? >>.
<< Non posso dirtelo, sei troppo piccolo per imparare questi termini. Già hai visto e fatto cose che sono orribili per un bambino della tua età, non voglio rovinare ancora di più il mio unico figlio>>.
In seguito a questa frase la madre scappò via dalla stanza e chiuse a chiave il figlio, che ritornò a riflessioni personali sull'incubo che aveva appena sognato.
<< "Io sono il seme, che adesso è pianta, e che fra un po' di giorni diverrà albero, e quando sarò albero, succederanno cose strane"  >>, mormorò Peter.
<< Cosa vorrà mai dire?…mah, preferisco leggere un po' di Oliver Twist >>.
Quindi prese il libro e accese il lume della lampada a petrolio, giacché si accorse che era già sera.

 

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Capitolo 5
*** V ***


V



Quando Horace e Rosamund tornarono nelle rispettive case, non parlarono affatto di quello che era accaduto nella camera del piccolo Peter, né dell'assassinio commesso, e si limitarono a dire che sono stati ospitati e che hanno "giocato" con Peter. A scuola, i giorno dopo, non riuscivano più a contenersi e dovevano dirlo per forza, ma quando arrivarono si accorsero subito che già si sapeva quello che era accaduto:
<< Come potete ben vedere non c'è più Brian >>, disse la signora Harris, appena arrivata in classe.
<< Già… >>, disse Rosamund.
<< Bene, per dirvi quello che accaduto al costro compagno…è venuta qui a scuola la mamma di Brian, la signora Thompson >>.
Allora dalla porta entrò una donna alta, magra, con un vestito nero fiorato di rosso, giovane, con i lineamenti del viso dolci come quelli di una bambina, occhi azzurri e scarpe con i tacchi; portava con sé una borsa di pelle di coccodrillo nera.
<< Salutate la signora Thompson >>, disse la maestra Harris.
<< Salve signora Thompson >>, dissero all'unisono tutti i compagni.
La signora allora entrò tutta impettita, e andò accanto la signora Harris e poi disse a gran voce: << Cari bambini, il vostro compagno Brian, non c'è più >>.
Appena proferì "non c'è più", tutta la classe si mise ad urlare e fare baccano.
<< SILENZIO! >>, urlò la signora Harris, battendo il bastone di legno sulla cattedra, e tutti stesero zitti.
<< Il vostro compagno non c'è più…>>, continuò la signora Thompson << perché qualcuno tra voi lo ha ammazzato, un altro vostro compagno, e credo che sappiate bene chi sia costui >>.
Seguì una pausa di silenzio, poi Rosamund si fece coraggio, e alzò tremolante la mano >>.
<< Prego? >>, disse la mamma di Brian.
<< Il p-piccolo Peter Powell? >>, chiese Rosamund (anzi, ne era certa).
<< Esatto! >>, disse la signora Thompson, soddisfatta. << Proprio lui! Tu sarai una bambina bravissima, la più brava della classe, non è così? >>, chiese, girandosi verso la signora Harris, che alzò gli occhi al cielo, come per dire che non fosse proprio brava.
<< Beh, però almeno un po' sarà brava >>, riprese la madre. << E dimmi, piccola bambina, come fai a saperlo? >>.
<< Io ero andata a fare visita a Peter Powell, insieme a vostro figlio e a Horace Collins >>, rispose Rosamund.
<< Ah >>, esclamò la signora vestita di nero,girandosi verso Horace.
<< Tu però non hai alzato la mano come la tua compagna, non hai detto chi ha ammazzato mio figlio, e lo sapevi! >>, disse la Thompson.
<< Beh >>, disse Horace << Che motivo c'era di dirlo se lei lo sapeva? >>.
La signora Thompson allora battè il pugno sulla cattedra, facendo saltare tutti sulla sedia e disse: << Come osi rispondere ad un'adulta? Piuttosto racconta quello che hai visto ieri, come Peter Powell ha ammazzato il mio figlio! Eh? >>.
Allora Horace cominciò a raccontare: <<  Eravamo andati, io, Rosamund e Brian, in casa Powell, perché volevamo vedere quanto stesse male, e come si comportasse come dormiva, e…>>
<< Allora non vi è bastato vederlo due giorni fa, spiandolo dalla finestra! Eh? >>, disse la signora Thompson con un ghigno, che a quanto pareva sapeva benissimo quello che era accaduto due giorni prima ( l'indagine di Horace e Brian di sera a casa di Peter Powell).
<< Beh, in ogni caso non ci bastava, e poi l'ha visto suo figlio dalla finestra, non io >>, riprese il Collins. << Gli avevamo chiesto come mai lui non fosse venuto a scuola, e lui rispose che era andato dallo psicologo per il fatto che ogni notte fa incubi e gli piacciono. Poi, quando è tornato, si sentiva male, così si è messo sotto le coperte. Il suo viso era verdognolo, gli occhi grigi, tutto orribile. Poi aspettammo che Peter iniziasse a dormire, per vederlo mentre sognava gli incubi, e non ci volle molto, perciò incominciò a sbavare saliva nera, occhi bianchi, l'atmosfera si fece cupa, poi Brian cerca di fermarlo, ma il demone di Peter gli morde il braccio, perciò il sangue sgorga da tutte le parti. Dopo un po' anche gli occhi di Brian divennero bianchi e quando Peter si svegliò e il demone se ne andò, Brian si accasciò a terra e morì. So che può sembrare un racconto di pura invenzione, eppure non sto mentendo, glielo può dire anche Rosamund Grace, è tutto vero >>.
La signora Thompson si voltò verso Rosamund e chiese lei
<< Tutto vero? >>.
La Grace rispose << Tutto vero >>.
Allora ci fu solo silenzio, un silenzio straziante, difficile da rompere, ma non per la signora Harris: << Bene, adesso penso che sia abbastanza. Quello che hanno narrato i vostro compagni è più che sufficiente, adesso signora Thomspon è pregata di andarsene, è stato un piacere >>.
<< Piacere mio, signora >>, disse la signora Thompson. << Mi sono dimeticata di dire, tuttavia, che non dovrete più parlare con Peter Powell, né essere amici con lui o stringere legami: è un individuo letale, pericoloso per tutti, adesso sarà meglio per tutti se non passerete mai più davanti casa sua o solamente guardarla, perché ho maledetto i Powell, e i Powell moriranno tutti quanti! Per rendere vendetta a mio figlio, Brian Thompson, vostro "ex" compagno. Buona giornata >>.
Perciò la signora Thompson decise di andarsene, ma quando fu sull'uscio riprese a dire: << E non parlate neanche con i suoi genitori, che non si sono nemmeno scusati decentemente, ieri, per darmi il cadavere del mio figliolo >>.
Perciò sbattè la porta, e tutto ritornò alla solita lezione della signora Harris, come se la morte del compagno Brian fosse un argomento di cui non parlare.
Forse era meglio così.
 
Adesso ci spostiamo in casa Powell, per vedero cosa sta facendo il piccolo Peter
<< Interessante >>, sussurrò fra sé e sé il piccolo Peter, appena svegliato dal suo nuovo incubo.
Da quella mattina stava annotando nel piccolo libro di cuoio rosso tutti i suoi incubi, quel libro che gli avevano regalato per il compleanno i nonni paterni.
Stava scrivendo il suo ultimo incubo, in cui manovrava una mano rossa e con essa ammazzava dei mostri. Piuttosto strano come incubo, dato che stava coniando le prime esperienze di onironautica, ma non sapeva esattamente come si chiamassero, perciò le chiamò "esperienze di sogno lucido". Mentre scriveva, cercava anche di trovare un senso agli incubi e ad interpretarli. All'inizio pensò al primo incubo, quello del diavolo, cosa potesse rappresentare, e arrivò alla conclusione che esso fosse una previsione del futuro, come se volesse dire che in futuro gli incubi l'avessero torturato, poi pensò a tutti gli altri e arrivò a concludere che essi vogliono effettivamente dire che la sua passione per gli incubi si trascinerà fino alla pazzia.
Ciò lo aveva previsto lo psicologo Jeremy Wilson, il giorno prima, e aveva previsto molte altre cose, come un paradosso tra la realtà e l'incubo. Infatti, da un po' di tempo il piccolo Peter stava incominciando a vedere tutto opaco come lo sono gli incubi, non ben definiti, senza i particolari. Incominciava a Vedere nella sua stanza  degli occhi di mostri, come visioni, poi gli occhi si dissolvevano. Insomma, la pazzia di Peter stava incominciando a farsi vedere: Stava tutto il tempo nel letto, a sfare incubi, annotare gli incubi, scrivere incubi, e annotare gli incubi e via dicendo. Ogni tanto la madre gli dava un pasto da consumare, ma dal giorno prima lo lasciava sempre nella stanza, Come pazzi in manicomio.
Alla fine giunse il mezzogiorno, e nella camera di Peter entrò la madre Alice, triste e pallida, quasi come il figlio, con una scodella piena fino all'orlo di verdure.
<< Ciao Peter >>, disse lei
<< Ciamo mamma >>, rispose il figlio.
<< Ti ho portato del minestrone, guarda, ci sono fagioli, piselli, carote, e anche patate bollite. Scommetto che ti piacerà >>, disse Alice.
<< Mamma, posa la scodella davanti al letto, la mangio dopo >>, disse il piccolo Peter.
<< Non hai fame? Da ieri non stai mangiando più niente, addesso prendi il minestrone e bevi! E smettila di scrivere! Cosa stai scrivendo di così importante? >>.
<< Sto annotando i miei incubi, stavo proprio pensando di farne un altro >>.
<< Dopo aver mangiato, adesso posa quel libro e…>>.
<< Stai zitta mamma! >>, urlò il figlio.
Allora la madre impaurita dall'urlo del piccolo Peter posò il piatto fondo per terra e corse via dalla stanza, verso il marito che stava nel soggiorno.
<< Come mai corri? >>, chiese il padre Peter.
<< Corro via da nostro figlio, si comporta in modo inquietante >>, disse Alice. << Lui, lui sta studiando i suoi incubi, è da tutto il giorno che lo vedo scrivere e dormire, scrivere e dormire, io non ce la faccio più, io, io stavo pensando di… >>, rimase in sospeso la frase.
<< Di… >>, disse Peter.
<< Di suicidarmi, non posso vivere così >>.
Appena finì la frase corse ad abbracciare il marito cercando consolazione.
<< Perché fa così? Perché a nostro figlio piacciono gli incubi? Perché? >>, chiese la madre.
<< A certe domande non ci sono risposte >>, disse il padre, giustamente.
<< Direi di aspettare qualche altro giorno, poi lo porteremo di nuovo dallo psicologo Wilson, cosa ne pensi? >>.
<< Penso che sia una cattiva idea >>.
<< Non  c'è altra scelta! Dobbiamo portarlo da lui! >>.
<< L'unica cosa da fare è vedercela col destino, come finirà, finirà, e noi non possiamo fare niente per nostro figlio. Di una cosa sono certo: tutto finirà bene, come un finale di una fiaba, eh? >>.
<< No, la vita non è una fiaba, Peter >>.
<<  Tu credi che non sia una fiaba? Io credo che stiano accadendo cose strane…>>.
<< Sono sicura anche io che stiano accadendo cose strane ma io…io…io, Peter, non so cosa fare, la mia vita sta diventando un incubo, le nostre vite, la vita della famiglia Powell sta diventando un incubo, io non ce la faccio più, te l'ho detto >>.
<< Se effettivamente è tutto un incubo…Alice…dovremo svegliarci, come quando uno si sveglia da un incubo e si rassicura >>.
<< Mai sentito parlare di falsi risvegli, Peter? Chi ti dice che quando ti svegli sia tutto tornato alla normalità? Eh? Chi ti dice che quel risveglio non sia falso, e alla fine scopri che stai ancora sognando? E alla fine ti svegli da quel sogno, e credi di esserti svegliato ma in realtà stai sognando? Peter, la vita è come se fosse un sogno, noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni,il piccolo Peter è fatto della stessa sostanza degli incubi >>.
Detta questa frase Peter non rispose più e si stese zitto, come desse ragione alla moglie, che di ragioni ne aveva.
Mentre loro parlavano, il piccolo Peter aveva incominciato a mangiare il minestrone, e lui sentiva benissimo la discussione, ed era dispiaciuto per la mamma. Da sempre lui aveva amato la mamma, la mamma era la sua vita e lui era la vita di lei. Il rapporto tra loro due era diventato qualcosa di angosciante: la madre non poteva più avere la soddisfazione di abbracciare suo figlio e sentirsi dire "Mamma, ti voglio bene", la frase più bella che si possa dire alla mamma. Che senso aveva infatti, vivere ancora senza provare soddisfazioni?. l'uomo stesso (l'uomo inteso come specie) vive per provare soddisfazioni, vive per provare piacere, vive per essere felice, vive per portare a termine propri scopi, ma nel momento in cui perdiamo ogni speranza di provare soddisfazioni, provare piacere, che senso aveva vivere? Tale domanda infatti si stava chiedendo Alice a se stessa. In realtà ancora non si era suicidata per la promessa che le aveva fatto Peter: "Tutto finirà bene", ma ormai la speranza stava scemando sempre di più.
Non era più una famiglia felice come lo era prima.
Peter in quel momento si stava girando i pollici, guardando il soffitta, pensando al figlio e alla moglie disgraziata. Questa, intanto stava piangendo con le mani tra i capelli e il piccolo Peter aveva finito il minestrone, e aveva ripreso lo studio.
<< Mamma, ho finito la brodaglia >>, disse il bambino dalla sua camera.
<< Arrivo >>, disse la madre, tra un singhiozzo e l'altro.
Quindi la mamma salì al primo piano ed andò verso la stanza del fanciullo demoniaco, che aveva posato a terra la scodella.
<< Ciao Peter >>, disse Alice << che ne diresti di dire un " mamma ti voglio bene", eh? Da tanto tempo non dici a mamma cose così, perché, Peter, perché? >>.
Il bambino intanto la guardava con sguardo serioso, e disse: << Mamma, non sono più capace…>>.
Alice allora divenne cupa in viso, aveva le occhiaie scure, gli occhi lucidi, viso bagnato da lacrime, lacrime pesanti e dolenti, non lacrime come tutte le altre.
<< Come? Peter, tu sei mio figlio…>>, disse la madre piangendo. << Tu sei mio figlio! Non puoi trattarmi così! Io sono tua mamma, ti prego…io ti voglio bene, Peter, dammi un bacino sul viso, forza, tu sei  mio figlio…>>.
Allora Alice lo abbracciò forte, piangendo e gemendo, ma il figlio la respinse, e allora il demone arrivò:
<< VAI VIA! >>, disse con voce cupa, forte e paurosa il piccolo Peter.
La madre, scossa dal terrore, se ne andò dalla camera, sbattendo la porta.
<< Che vita orribile! >>, disse fra sé e sé. << Perché  accade tutto questo…Perché? >>.
Il padre stava sentendo tutto dal piano inferiore e allora pianse anche lui, cosa che non faceva da quando non era un fanciullo, ma quando la paura invade le anime, tutti siamo fifoni come bambini.
Il bambino era l'unico che non piangeva, perché non era più un fanciulletto, adesso era un mostro nel corpo di un angioletto, il male nel corpo del bene.

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Capitolo 6
*** VI ***


VI



Ella chiuse le tende. Non si vedeva più niente nella stanza, anche se fuori c'era quel meraviglioso sole che tramontava e illuminava il cielo di rosso; lei allora aprì il terso cassetto del mobile della cucina, e trovò quello che cercava: il coltello. Appena lo prese, decise di chiudersi a chiave in cucina, in modo da non far entrare nessuno, e nessuno sarebbe mai intrato, dato che il Peter junior e Peter erano andati un'altra volta dallo psicologo Wilson,  poco dopo l'ora di pranzo. Guardò la lama affilata, molto affilata. Su quel coltello d'argento c'era inciso il cognome "Powell" con caratteri eleganti e raffinati. Se lo puntò alla gola, e chiuse lentamente gli occhi. Sudava tanto e piangeva, e intanto pensava alla sua vita, alla vita che una volta era perfetta, dalla sua infanzia al 30 Novembre 1920, il giorno del primo incubo del figlio Peter.
<< 'Mamma, ti voglio bene'… >>, mormorò la madre tra sé e sé, ricordando i tempi della vita perfetta.
<< 'Vai via'… >>, sibilò la madre ancora una volta, tra sé e sé, vivendo i tempi della vita orribile.
<< Perché…>>, continuò.
Dentro di lei, però, ricordò una frase: << 'Ti prometto che tutto finirà bene' >>.
Allora qualcosa la fermò, non tremò più, e gettò il coltello a terra.
<< Cosa sto facendo? >>, disse, portandosi le lani tra i capelli.
Ritornò a piangere e si sedette sulla sedia.
<< Cosa stavo per fare? >>, Si chiese ancora una volta.
Era chiaro ormai, che laFollia stava trascinando a sé Alice, per colpa del suo "amato" figlio.
La follia, però, la prenderà, prima o poi, e quando lo farà allora Alice si suiciderà. Ecco: in quel momento la pazzia l'aveva presa, ma si era liberata, e chiaramente, anche se Alice avrebbe tentato di fuggire dall'inseguimento della Pazzia, la madre si sarebbe ritrovata con il muro davanti, e sarebbe stato impossibile tentare la fuga dall Follia, che l'avrebbe presa e tutto sarebbe finito, come diceva il padre.
 
La madre, allora, uscì dalla cucina e andò verso la stanza del figlio, che era disordinata e puzzava quasi di sterco, le pareti della camera erano molto sporche di muffa, le tende erano diventate  verdi scure (prima erano verdi chiare). Andò verso il letto, con le coperte disfatte, il materasso giallo opaco e tutto fracassato e le lenzuola e il cuscino ridotti male. Allora posò la mano sul cuscino, sul quale era stato ricamato il nome della madre Alice, giacché era il cuscino su cui, ai tempi della fanciullezza della madre, questa posava la testa sopra. Alice guardò sotto il letto, e vide il peluche Teddy, il primo regalo per il il piccolo Peter da parte dei suoi genitori. Era tutto sporco, mezzo sgualcito, trattato malissimo.
<< Così tratta il suo primo regalo? >>, disse fra sé e sé piangendo.
<< Questo gliel'ho dato io! >>, disse ancora una volta.
Stese a guardarlo per molto tempo, e pensava con quanta gioia il bambino ha accolto quel regalo quando gli fu presentato la prima volta, la faccia che ha fatto quando ha visto quel pacco rosso col fiocco verde che stava sotto l'albero di natale e lei che lo guardava insieme al marito, soddisfatta della felicità del proprio figlio. Ora quello stesso regalo che era stato bramato dal figlio, stava sotto il letto come fosse una cosa indesiderata.
Lei allora lo buttò a terra e lo calpestò ripetutamente, imprecando il comportamento del figlio.
<< Razza di Ingrato! Il suo primo regalo! Che figlio schifoso! Schifoso! >>, urlò calciando con il piede sinistro il giocattolo.
Perseverò fino a essere stanca, poi prese il peluche e lo buttò nel cestino accanto al letto.Poi ritornò a sedersi, con il magone agli occhi, e ricominciò a guardarsi intorno, osservando a che punto si era trascinata la situazione del piccolo Peter.
In seguito si coricò sul piccolo letto, e lentamente si addormentò…
 
Un corridoio. Stretto. Alla fine di questo vicolo c'è una porta. Non si sa cosa c'è oltre. Alice si precipita verso essa, ma la porta si allontana sempre di più. All'improvviso la porta non si allontana più, si blocca, ed Alice riesce a raggiungerla. La apre. Si scaraventa sopre di lei un bambino.
Il bambino ripete: << Vieni con me! >>.
<< Vieni con me! >>, dice ancora una volta il piccolo demonio. Il fanciullo la porta in una stanza.
<< Questo è il mio primo incubo  >>, dice lui.
La stanza diventa la sua camera da letto.
Alice incomincia a  danzare, saltellando intorno alla camera. Danza. Si sente una musichetta semplice, una semplicità paurosa, tanto paurosa da far piangere Alice.
Compaiono le note della musichetta. La musichetta è stridula, con note alte. Le note si ripetono ed Alice danza, danza sul volere del bambino, anche se non vuole. Alice piange. Il bambino ride.
Alice è a letto adesso, non danza più, ma all'improvviso qualcosa gli salta addosso, qualcosa lo tortura, la sua pancia prende la forma di un fanciullo. Urla, si sentono Urla. Alice piange.
Una biblioteca. Alice è seduta e legge un libro. La biblioteca diventa scura. Vede un bambino che danza verso di lei che urla e dice parlole incomprensibi. All'improvviso si ferma e la guarda. La fissa. La fissa con occhi vitrei e orribili. Alice piange. Il bambino è Peter.
Alice è in una casa, in un letto, davanti la sua stanza c'è un corridoio che porta ad un'altra sala, la sala delle torture. Quella è una sala buia senza colori. Nera. Da lì esce un bambino lento, dalle formi semplici, una semplicità paurosa, tanto paurosa da far piangere Alice. Il bambino ha una faccia sconvolta e costante, un'espressione che non cambia. Alice si mette sotto le coperte per non vedere ilbambino, ma si fa coraggio e se le toglie. Il bambino sorride lei piange, perché il bambino è Peter.
<< Adesso giochiamo a torturarci >>, dice una voce cavernicola e infantile allo stesso tempo.
Tutto bianco, Un'immensità bianca. Oh! C'è una macchia nera in fondo. Alice si chiede cos'è. La macchia nera è semplice, così semplice da far piangere Alice. La semplicità fa paura quando è ignota. Tanto semplice che non si capisce cos'è. Ciò fornisce fastidio, paura. La macchia si avvicina e Alice è ferma. Si sente un "tic-toc" di sottofondo che diventava sempre più veloce. Alice osserva la macchia. La macchia diventa un bambino e il bambino si avvicina e sorride, mentre Alice piange. Quando Alice piange e il bambino sorride, il bambino è Peter. All'improvviso Peter abbraccia Alice per ammazzarla. Il bambino la vuole ammazzare. Alice piange, mentre si vuole liberare. Peter ride mentre Alice piange.
 
Alice si svegliò all'improvviso, sudando. Era tutta affannata, non capiva più cosa stesse accadendo. Prima il peluche Teddy ha tentato di ammazzarla, poi ha fatto quell incubo che stranamente le pareva  fosse reale. Notò anche che si era addormentata sul materasso del figlio. Pensò fosse quello che facesse fare gli incubi, ma poi si rispose: << No, come può un materasso far fare gli incubi? Tutto ciò è impossibile >>.
Poi si alzò dal letto e corse via dalla stanza demoniaca. Andò in soggiorno e guardando la finestra aspettava che errivassero il piccolo Peter e il marito Peter. Apettò qualche minuto, poi vide la Rolss-Royce verde che si parcheggiava. Si diresse verso la porta d'ingresso e con la chiave la aprì. Quando arrivarono si salutarono:
<< Ciao Mamma >>, disse Peter
<< Ciao Peter…>>, salutò  la madre.
Dietro al piccolo Peter c'era il padre Peter, che guardava la moglie con un sguardo triste.
<<  Che hai? >>, disse il padre.
Alice stese un po' in silenzio poi disse: << Ho fatto un incubo orribile >>.
<< Ho sognato di essere torturata da nostro figlio Peter. Io piangevo, mentre lui rideva. Tutto il tempo. Tutto semplice. Non capisco perché avessi paura di lui, era come se fosse il diavolo e io una bambina. Era orribile >>.
Peter (il padre) si avvicinò a lei per consolarla, e guardò male il proprio figlio, ma allo stesso tempo con sguardo moribondo.
<< Su Alice, era solo un incubo! >>, confortò il marito.
<< Faceva tanta paura >>, ripeté la moglie.
<< Sai, sono stato da quel pazzo di Wilson con Peter >>, disse il padre, per cambiare argomento
<< Cos'ha detto? >>>, chiese Alice mentre piangeva.
<< Non lo so…sono stati tre ore, quattro ore, non so quanto, forse un era geologica a parlare, e alla fine ha detto che nostro figlio è prossimo ad una catastrofe psicologica. Ha detto che Peter ha formato un mostro, Nightmare, che è la realizzazione metafisica dell'Inquietutdine Massima . Mi ha raccontato che  quel mostro è già diventato molto poderoso così tanto che alla fine lo assorbirà all'interno di un mondo in cui ci sono solo incubi, lo ha raccontato seriamente, giuro! >>.
<< Baggianate! Schifezze! BUGIE! >>, sbraitò la madre che batté le mani sul lette su cui era seduta
<< Bugie! Storielle! Nient'altro! SOLO SCHIFEZZE INFANTILI! >>, urlò.
<< Io non riesco a credere che dalla bocca di quello pricopatico di Jeremy Wilson escano solo bugie da bambini! Io non ci credo e non ci crederò! MAI! >>, gridò ancora una volta, con più furia, che era tale da far scappare via il bambino.
L'atmosfera era molto tesa. Alice, si alzò dal letto, andò via dalla camera del bambino e andò in cucina.
 Prese il coltello che l'aveva tentata qualche ora fa. Peter e Peter junior la seguirono per vedere cosa facesse. In un anittimo si trafisse il collo e il sangue schizzò. Il suo marito era davanti. Il suo figlio era davanti. Entrambi guardavano, sconvolti. Tutto in un attimo, tutto accadde più veloce di un attimo, tanto che il bambino non capiva se la madre si fosse suicidata o meno. Nessuno parlava eppure ancora echeggiavano le grida che prima si sentivano in tutta la casa. Lentamente l'eco finì, e tutto divenne silenzioso. La madre era accasciata a terra, con la bocca aperta, occhi aperti, ma in una pozzanghera rossa.
Il bambino la guardava, non capiva se era la realtà, e neanche il padre capiva; però furono costretti a crederci e allora piansero. O meglio, pianse Peter, il piccolo, invece, la guardava, era da un po' di tempo incapace di piangere e di provare emozioni. Davanti a sé passavano mille immagini in una frazione di secondo, tutti i giochi e i divertimenti fatti con la mamma, gli abbracci fatti alla mamma, i baci fatti alla mamma…la mamma. Non capiva ancora. Lui voleva effettivamente piangere e provare tristezza ma era totalmente incapace, era impotente dei suoi stati d'animo. Si sedette sul pavimento e pensò alla madre, l'unica cosa che poteva fare per lei. Pensò a tutto quanto. Da quando lo allattava fino a quando lo abbracciava col maglione caldo. Tutti gli attimi più belli che aveva passato con lei…ma niente. Niente. Questa è la parola che descrive alla perfezione la personalità di Peter in quel momento: Niente. Cercò di recuperare la capacità di provare sentimenti, ma Niente. All'improvviso, però, una lacrimuccia scende dal suo viso, fino al mento , dove cade sul pavimento. Il rumore che fece quando cadette si sentì così forte che si sentì in tutto il mondo, anzi no , in tutto lo spazio, fino all aldilà, dove la madre Alice la sentì e potè essere comunque felice. Nell'animo di Peter, restava comunque il Niente.
 

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Capitolo 7
*** VII ***


VII



Il signor Wilson entrò in casa. Era tutto sudato, faceva un odore nauseabondo e gli occhiali li portava storti. Si era tolto il cappotto color kaki e lo aveva appeso all'appendiabiti insieme al cappello, fradicio anch'esso.
<< Ciao Jeremy >>, disse la moglie Ellen, che stava in  cucina.
<< Ciao >>, rispose il signor Wilson, depresso.
Jeremy andò verso la cucina, dove esalava un odore buonissimo di minestrone.
<< Oggi sei molto stanco, vedo >>, notò Ellen,  mentre mescolava il brodo con il cucchiaio.
<< Non è niente >>, disse lo psicologo, appoggiando una pezza bagnata sulla fronte.
<< Forse hai pazienti talmente pazzi che o sei diventato anche tu >>, disse scherzosamente la moglie.
Wilson, però, non rideva, e disse: << Non sono pazzi, sono come tutti gli altri, solo che c'è un caso molto particolare che mi sta ossessionando >>.
<< E che caso è ? >>.
<< Un bambino di Birmingham di nome Peter dice che ogni notte fa gli incubi, dal 30 Novembre, e dice un sacco di cose orribili a dir poco…Ellen, questo bambino ha sognato il demonio! Il demonio! Capisci? Il piccolo Peter ha sviluppato anche una passione per gli incubi, li studia e li analizza, non è un bambino normale. I nostri figli non hanno mai avuto problemi con gli incubi ed hanno sempre fatto sogni felici e graziosi con conigli e frivolezze varie. Non ti sto neanche a raccontare ciò che accadrà a questo bambino…>>.
<< Non mi interessa e non lo voglio sapere >>, rispose Ellen.
<< D'altronde >>, continuò, << è un problema di questo ragazzino e della sua famiglia, non nostro, perciò dovresti tranquillizzarti e pensare di più alla tua vita, questa situazione non porterà a dei morti! Suvvia! Non penso che per questa situazione uno dei due genitori si sia suicidato per il cambiamento psicologico del figlio >>.
<< Che ne sai? Può anche accadere >>, rispose severo Jeremy.
<< Ciò che più mi spaventa >>, disse il signor Wilson, << è che questo bambino possa farsi del male! Ho ripetuto ai suoi genitori ed ho detto oggi a suo padre che la passione del loro figlio per gli incubi ha preso forma in un mostro, Nightmare, che viene sognato qualche volta dal piccolo Peter, e questo lo strascinerà all'interno di un paradosso tra la realtà e l'incubo e il bambino non potrà uscirne, tenterà costantemente di uscirne come se fosse un sogno! >>.
<< Non dire stupidaggini! Mostri? Incubi che diventano realtà ed entrano nella vita? Queste sono tutte cose che non accadranno mai! Svegliati! Vivi o non vivi nella realtà? >>, disse Ellen.
<< Ascoltami, Ellen, io sono uno psicacanalista, e se parlo di mostri e incubi che diventano realtà è perché il signor Sigmund Freud me l'ha insegnato! Io so leggere tra le righe come so leggere nell "interpretazione dei sogni" di lui stesso >>.
<< Tu non sei una psicologa e ti chiedessi chi è Freud non mi sapresti dire chi è! >>.
La moglie stese zitta, umliata dal marito, il quale si rese conto di aver offeso Ellen.
<< Scusami Ellen >>, disse dopo un po' il dottor Wilson, << Sono troppo teso, non riesco a stare tranquillo >>.
<< Forse domani non dovresti andare a lavoro >>, propose lei.
<< No, devo andarci, magari spunta quel bambino e posso ricavare altre informazioni >>.
<< Fai come vuoi >>, disse Ellen, << ma io ti ho avvisato, per il tuo bene >>.
Jeremy non la ascoltò.
In seguito lo psicanalista andò verso il soggiorno e si sedette sulla grande poltrona di pelle marrone, poi aprì la borsa di cuoio e  prese un blocco note con su scritto "Sketches and drawings", nel quale soleva far disegnare ai pazienti la prima cosa gli venisse in  mente dopo che lui avrebbe detto una parola. Poco prima aveva fatto fare dei disegni al piccolo Peter nelle ultime pagine, e ora voleva rivederli più attentamente, per poter trarre il quadro psicologico completo del bambino.
Il primo disegno che aveva fatto ritraeva un enorme campo rosso, dove c'erano dei bambini con il broncio che scappavano in gruppo da un uomo con una barba folta che teneva nella mano un coltello; dietro il vecchio c'era una casa rosa, e su una finestra c'era un punto nero, che veniva collegato ad una scritta: Nightmare. La parola che il dottor Wilson aveva detto al bambino prima che facesse quella strana bozza era "ansia", e lui adesso non capiva come il piccolo Peter vedesse nella sua mente dei bambini tristi in un prato rosso che scappano da un vecchio con un coltello che proviene da una casa rosa sentendo la parola "ansia".
Tuttavia non fu quello che più lo turbò, ma il fatto che Nightmare fosse raffigurato come un punto nero su una finestra. Allora Wilson giustificò tutto ciò pensando che il bambino, evidentemente, nei propri incubi non abbia mai visto Nightmare o, anzi, l'abbia visto come qualcosa di inspiegabile, talmente terrificante da non poter essere interpretato visivamente.
Non rimase molto tempo a guardare quell'immagine, benché gli suscitasse parecchia inquietudine,  e voltò pagina e vide qualcosa di ancora più sconcertante: bambini distesi sempre su un prato bianco, esangui, che al posto degli occhi avevano delle croci, tutti disposti sulla stessa fila, e in basso a destra del disegno c'era sempre lo stesso punto nero collegato da una freccia alla stessa scritta della bozza precedente: Nightmare. Jeremy allora ricordò la parola che disse prima che il bambino disegnasse quell'obrobrio che solo al guardarlo viene da rigurgitare, cioè "controllo". Ci mise un po' a capire il motivo per cui la parola "controllo" facesse venire in mente quello scenario orribile, allora capì: tutti i bambini morti erano sopra il punto nero, e ciò vuol dire che erano sotto controllo di Nightmare e al centro dei fanciulli ce n'era un altro con gli occhi azzuri, più alto degli altri, dalla faccia furente. Sopra questi, era scritta con matita leggera " Little Peter", questo voleva sottolineare il fatto che Peter resistesse al controllo assillante del mostro sulla sua personalità.
Il disegno gli metteva tanta paura che voltò pagina dopo un po', e ne vide uno in cui era disegnato il piccolo Peter, tanto grande da ricoprire quasi tutto il foglio, sopra il quale c'era il solito puntino nero, ed accanto al bambino c'era la madre Alice, triste, e il padre Peter, impassibile. La parola che lo psicologo aveva detto per portare a quel disegno era "famiglia".
A Jeremy passò un brivido sulla schiena appena vide quel punto per l'ennesima volta, ma sta volta era davvero troppo:  il punto (Nightmare) era stato incluso nella famiglia. Non fece molta attenzione al fatto che un genitore era triste e l'altro impassibile, ma al fatto che Nightmare faceva parte della famiglia del pambino secondo questi.
Preferì voltare pagina un'altra volta, cercando consolazione in un altro disegno, ma quel che trovò fu solo altra agonia, perché vide una mano sulla quale si posava un martello collegato ad un punto. Ormai era scontato dire che quel punto raffigurava Nightmare, e il signor Wilson subitò ricordò la parola detta, che era "dolore". Sta volta rimase ancora meno tempo, e volle vedere l'ultimo disegno: Un punto nero davanti il rosso. Quel punto stavolta era enorme, ed era sopra una distesa di colore rosso. La parola detta era " Paura", e per il bambino la paura era Nightmare, Nightmare per il piccolo Peter era l'essenza della Paura. Fino a quel momento, tutti i suoi pazienti che fossero bambini con la parola "Paura" avevano disegnato  mostri sotto il letto, draghi o quanto di più irrealistico e infantile ci fosse al mondo, ma ora…un punto nero. Nightmare era in tutti i disegni del bambino, non c'era un suo schizzo in cui non era ritratto il demone. Guardò quel punto, per tanto tempo; era come se fosse entrato dentro il mondo del piccolo Peter e fosse uscito dal suo, e in quel mondo non sapeva come uscirne, poiché era talmente tanto affascinato da non riuscirci, sebbene fosse anche molto impaurito.
 
La moglie Ellen gli bussò alle spalle mentre guardava un punto, con la fondina con il minestrone in mano.
<< Jeremy, è pronto, vieni a tavola >>, disse lei.
Il dottor Wilson allora tornò alla realtà: << Sì Ellen >>.
Perciò lo psicologo si alzò dalla poltrona andò lentamente verso il tavolo da pranzo, si sedette, si mise il tovagliolo di seta ricamata sulla camicia e si rimboccò le maniche. Mangiò la minestra pacatamente, senza fretta, pensando ai disegni agghiaccianti del bambino.
Ellen preferì non dirgli niente, sapendo che la cosa riguardava la faccenda del "marmocchio" che tanto preoccupava lo psicanalista.
Passarono dieci minuti prima che finisse tutto il minestrone, e allora il dottor Wilson decise di andare a letto, stremato dai pensieri.
<< Dove vai? >>, chiese la donna.
<< A dormire >>, rispose Jeremy.
Allora Ellen lo seguì, non volendo restare sola.
I due si misero i pigiama e si coricarono sul grande letto, dove Ellen si addormentò subito, ma il signor Wilson non ci riusciva. Si tolse le coperte poiché sentiva troppo caldo. Non riusciva a respirare, sentiva come se il naso fosse tappato. Gli faceva male la pancia, come se dovesse  raccare una tonnellata di cibo. Senza accorgersene, aveva la bocca aperta, ed aveva anche gli occhi chiusi.
Ogni secondo cambiava posizione tentando trovarne una perfetta per dormire, ma più tentava, più si sentiva male. I minuti e le ore passavano allo psicologo molto lentamente, non sapendo come addormentasi. E allora circa verso mezzanotte, andò in bagno a sciacquarsi la faccia e a riprendersi. Aprì il rubinetto, si bagnò le mani e se le mise sulla faccia. Poi guardò il suo volto allo specchio del bagno, un volto rovinato dal tempo, vecchio, che ne ha viste di tutti colori, un volto afflitto da tutti gli eventi vissuti ed un volto disperato per niente. Guardò sé stesso come poco prima stava guardando quel punto. Ecco, adesso pensava a quel puntino, a Nightmare, e dentro di sé sentiva una voce baritonale che parlava e che diceva: << Ciao Jeremy >>.
<< Ciao >>, rispose lui.
<< Hai paura? >>, chiese la voce.
<< No >>.
<< Io ti vedo, vedo il tuo viso, e da quello capisco che sei preoccupato per il futuro >>.
<< e come fai a saperlo? Chi sei? >>.
A quel punto non ebbe risposta da quel qualcuno e rifece la domanda: << Chi sei? >>.
Ancora una volta non sentì niente, e ritornò a guardarsi allo specchio, ma appena levò lo sguardo verso la specchiera non vide più sé stesso, non c'era più. Si preoccupò.
<< Com'è possibile? >>, si chiese urlando, guardando allo stesso tempo lo specchio, nel quale lui non era più riflesso.
<< Dimmi chi sei! >>, urlò.
Per l'ennesima volta nessuno rispose, e allora prese la specchiera e la scuotette molto forte, fino a mandarla in frantumi, perseverando: << Dimmi chi diavolo sei! >>.
Ellen quindi irruppe nel bagno, essendo svegliata delle urla del dottor Wilson.
<< Jeremy, che cosa stai facendo? Perché la specchiera è tutta in frantumi? Cosa hai fatto? >>.
Lo psicologo si passo una mano sulla fonte sudata e dopo essere tornato lucido disse: <<  Non lo so nemmeno io, sto diventando pazzo >>.
La moglie allora lo portò a letto, preoccupata, prese una pezza in cucina, la bagnò, e la mise sulla fronte del marito.
<< Stai molto male, dovrai dire alla famiglia di quel bambino che non stai bene e che non sei più in vena di vedere il loro figlio >>, consigliò lei.
<< No, devo vederlo >>, rispose lui.
<< Ora prendimi una birra, Ellen >>, disse Wilson.
<< No, stai male, adesso addormentati, e spiegami cosa è successo in bagno >>.
<< Mi stavo sciacquando la faccia, e sentii una voce che mi parlava, una voce profonda…Ellen, forse sto diventando pazzo, questa faccenda mi sta facendo diventare pazzo. >>.
<< E poi, quando guardai lo specchio non mi vidi, non c'ero…era strano >>.
<< Adesso pensa ad addormentarti, domani non ci penserai più >>, disse la donna.
Quindi andarono a coricarsi tutti e due, e per il resto della notte non ci furono altri trambusti.

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Capitolo 8
*** VIII (richiesta di ispirazione) ***


Cercasi Ispirazione per capitolo VIII di Nightmare Se ne avete voi lettori, per favore, contattatemi. Per i capitoli successivi non necessito aiuti perché so già come far proseguire la storia, infatti questo capitolo deve servire quasi da "cuscinetto", e deve essere incentrato sulla scuola del piccolo Peter, sui compagni e tutto il resto.

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Capitolo 9
*** IX ***


IX
 


Era già Marzo, e il piccolo Peter ormai conosceva soltanto la sua stanza e i suoi incubi: Non aveva più contatti col mondo esterno; non era neanche andato al funerale di sua madre il giorno dopo del  suicidio. Tutto il vicinato parlava soltanto della famiglia Powell, in particolar modo del bambino, che funo a qualche messe prima era conosciuto come il bambino silenzioso, tenero e intelligente, ma che era oramai diventato un mostro a tutti gli effetti, un demone dentro il corpo di un fanciullo. Ogni notte il piccolo Peter riscontrava paralisi Ipnopompiche o ,in alcuni casi, ipnagogiche, e tutte le volte che si verificavano si sentivano urla e tonfi tanto forti che i vicini delle case attigue si svegliavano e si chiedevano tra loro se fosse per davvero Peter Powell Junior a fare quei tumulti assordanti, infatti, in quelle poche volte in cui il padre si faceva vedere, chiedevano lui se la notte suo figlio facesse per davvero tutto quel baccano e lui rispondeva di sì, dicendo anche che ormai per lui erano diventati quotidiani tutti quei sintomi del figlio durante il sonno.
Presto, il vicinato smise di discutere e fare pettegolezzi sulla famiglia Powell, ma il trambusto tornò quando spuntò una Vermorel rossa del 1913, dalla quale scese una donna anziana, alta, dai capelli neri corti, vestita con un cappotto rosso bordò e con un foulard rosso e nero di seta indiana avvolto attorno al lungo collo della donna stessa. Questa si diresse verso il portone della casa Powell, al quale bussò tre volte, e poi altre tre volte in maniera più insistente.
Dopo pochi secondi Peter Powell le aprì la porta e disse: << Ciao Margaret >>.
<< Ciao Peter, sembri sofferente, cosa ti è successo? >>, chiese Margaret Powell.
<< Margaret, Alice è morta >>, disse Peter.
<< Alice? Chi è Alice? >>, chiese la donna.
<< Alice era mia moglie, non ricordi? >>, disse lui.
<< Ah, sì, adesso ricordo… l'ho sempre odiata quella donna >>, disse con fare presuntuoso e arrogante.
<< Ma come è morta, se posso permettermi? >>.
<< Adesso te lo spiego, intanto entra a casa >>, disse Peter.
Allora la donna entrò, si tolse il cappotto e il foulard e si sedette sul divano assieme al fratello Peter, il quale riprese a parlare: << Alice si è suicidata…>>.
<< Perché? >>, chiese allora lei, strizzando gli occhi.
<< Mi disse urlando che non aveva più ragione di esistere, mi disse che ormai la sua vita non aveva più un senso, dato che suo figlio non le voleva più bene e…>>.
<< Per l'appunto, dov'è tuo figlio? >>, domandò Margaret Powell interrompendo il discorso del fratello.
<< Se non vado errando hai un figlio, vero? >>.
<< Sì, ho un figlio di 6 anni, si chiama Peter, come me. Forse te lo ricorderai come un bambino silenzioso, solitario, intelligente, solerte… da un bel po' è diventato un demonio, da quando ha incominciato a fare incubi, ai quali ha iniziato a sviluppare una passione morbosa. Lo abbiamo portato dallo psicologo, il quale diceva che questa passione sarebbe progredita fino al punto da fargli diventare la realtà stessa un incubo. Inizialmente io non gli credetti, pensavo fosse un pazzo eretico, ma poi notai che mio figlio stava diventando una cosa orribile: ha incomincato a non uscire più dalla sua stanza, a studiare gli incubi, e soprattutto, a non amare più, a non provare empatia più per alcuna persona, nemmeno per mia moglie, Alice, la quale si è suicidata proprio per questa ragione >>.
La sorella Margaret stese in silenzio, dopo emise una piccola risata, dicendo: << Non raccontarmi frottole, Peter: un bambino di 6 anni che si rinchiude nella propria stanza per studiare i suoi incubi
e che non riesce più ad amare la sua made, questa è proprio una bella storia, ma non ci credo >>.
Peter disse allora: << Fai come vuoi, io ti ho raccontato le cose come stanno >>.
<< In ogni caso voglio vedere questo "mostro" di 6 anni >>, disse Margaret in modo ostinato.
<< Va bene >>, disse rassegnato Peter senior, il quale andò lentamente verso la camera del figlio Peter junior, e bussando alla sua porta gli chiese di uscire.
Non vi fu risposta, quindi fu costretto ad aprire la porta,ed appena l' aprì, vide il bambino avvolto tra le lenzuola sudice.
Si avvicinò al letto, tappandosi il naso per l'odore nauseante della camera, sporca e trasansata, e bisbigliò al bambino: << Vieni Peter, è arrivata la zia >>.
Non disse niente, quindi il padre decise di togliere le lenzuola, e vide il piccolo, accovacciato, il quale stringeva forte l'orsacchiotto bianco.
Aveva gli occhi serrati, bianchi, sbavava incessantemente sul letto e agitava bruscamente: tutto ciò poteva far intuire che il figlio era ancora nella fase onirica.
Notò anche che il diario dove prendeva nota dei suoi sogni era stato posato sul comodino, lo prese e diede un'occhiata alle ultime pagine:
 
6 Marzo 1920,
Questa notte ho sognto.
Ho sognato il corridoio - che è scuro.
Dalla fine del corridoio si avvicina Nightmare, lentamente.
Nightmare mi guarda, e io guardo lui.
Dico allora: << Parla >>.
E lui esegue il mio ordine: << Tu sei il piccolo Peter >>.
<< Parlami di quello che sarà >>, ripeto.
<< Ti dico che sarà tragedia il futuro >> risponde.
<< Ti porterò meco nelle terre dell'Incubo >>.
<< Ti porterò meco nell'Incubo più terrificante >>.
<< Ti porterò meco nell'Incubo >>.
<< Giacché io sono: l'Incubo Assoluto >>.
<< Portami teco nelle lande sperdute dell'Incubo dove i comuni mortali viaggiano >>, dico io.
<< Portami teco nella terra tua dell'Incubo, la mia Patria >>.
<< Portami teco nella terra dell'Irrealta per sfuggire dalla fastidiosa realtà >>.
<< Portami  teco nell'Irrealtà, sono stanco della fastidiosa realtà >>.
<< Giacché io sono: Il tuo discepolo >>.
<< Allora seguimi nelle terre dell'Incubo, seguimi nelle terre dell'Irrealtà, dove troverai l'Irreale nella sua forma più pura e mistica >>, conclude Nightmare
<< Irrealtà >>, ripeto.
 
Così finiva la pagina di diario.
Non appena lo ripose sul comodino, il bambino si destò, si levò la bava dalla bocca e, vedendo il padre che lo osservava, chiese a lui in modo brusco: << Che devi dirmi? >>.
<< La zia Margaret è arrivata e vuole vederti >>.
<< Non mi interessa niente della zia, lasciami fare gli incubi >>, disse il piccolo Peter, ritornando sotto le lenzuola sporche e ingiallite.
<< Vieni o ti levo il diario per un mese! >>, disse ad alta voce il padre.
Il piccolo non rispose, e allora Peter senior gli levò le coperte e lo prese per il braccio, scortandolo in soggiorno dalla zia Margaret.
<< Questo bambino è molto maleducato >>, disse la donna.
<< Saluta la zia, Peter! >> sgridò il padre.
<< Saluta la zia! >>, ripetè.
Il bambino allora disse: << Ciao >>
<< Ciao, piccolo Peter >>, salutò Margaret.
<< Cosa hai sognato? >>, chiese la zia.
<< un mostro >>, rispose il fanciullo
<< che mostro? >>, chiese interessata Margaret
<< un mostro che fa molta paura, ma non ha forma, non è niente: fa solo Paura >>.
<< Si chiama Nightmare >>, continuò.
<< Come fa a fare paura se non è niente? >>, chiese ancora una volta la donna, questa volta con un tono più sfrontato.
<< fa paura perché lui è la Paura >>, disse il ragazzino.
<< Tutto ciò non ha senso! >>, rispose Margaret con fare prepotente.
<< Cosa vuoi da bere Margaret? >>, Chiese il padre Peter, giusto per cambiare argomento
<< Del tè caldo >> rispose lei.
<< E tu che vuoi? >>, chiese Peter al figlio.
<< Nulla >>, rispose il figlio col broncio sul viso.
Dopodiché venne il silenzio, un silenzio che si fece imbarazzante, l'unico rumore che si sentiva era il tè che bolliva, poi nient'altro.
Dopo qualche minuto, la donna potettè sorseggiare il tè, e quando lo finì, riprese a parlare: << Sarebbe meglio che io me ne torni a Warwick, a casa mia, perché qui mi sto sentendo a disagio in questa atmosfera deprimente e lugubre >>.
Il fratello Peter, arrabbiatosi, si alzò repentinamente e disse alla sorella Margaret: << Mia moglie è morta, mio figlio è un demonio omicida e io sono un povero disgraziato trascinato da tutte queste faccende. Io non so più come vivere, Margaret, la vita è orribile, è una tragedia, una tragedia! Tu non hai la minima idea di cosa voglia dire fare una vita così, tu fai la vita di una borghese in mezzo al lusso che ha ottenuto tutto dalla vita, famiglia e soldi, io ho perso tutto, famiglia e un bel po' di soldi spesi qua e là, quindi non credere che la mia sia una vita rose e fiori solo perché apparteniamo alla stessa famiglia >>.
<< Non credere che la mia vita sia tanto allegra >>, disse lei << Anche la mia vita è una tragedia: Mia figlia di 21 anni Emilee non guadagna più una sterlina, quindi è dovuta tornare a vivere sotto il mio tetto e ho dovuto di conseguenza calibrare le spese, a mio marito le cose vanno molto male, gli operai hanno deciso di scioperare ogni giorno, e lui, che è imprenditore, si è arrabbiato parecchio, e nessuno fa niente a questa gentaglia che non ha voglia di lavorare, e…>>.
<< Margaret, tu pensi solo ai soldi…>>, disse piangendo Peter, << Tu non pensi alla famiglia, io ho perso la famiglia, tu potresti anche perderla ma alla fine per te non cambierebbe nulla >>.
Lei, offesa, si alzò, si rimise il cappotto e la sciarpa di seta, e disse: << Ciao Peter, non voglio più rivederti! Parli solo di frottole! Frottole! Mi prendi per i fondelli! Tu pensi che a me importi solo dei soldi, ma non è così, io mi curo anche della mia famiglia! >>.
<< Addio a te, e al tuo figlio maledetto >>, disse infine.
<< Addio >>, Singhiozzò Peter tra le lacrime.
Lei allora si precipitò verso la macchina e andò via.
Il bambino era rimasto a guardare la lite, indifferente, mentre suo padre ora piangeva assiduamente e ripeteva fra sé e sé << Non ho più niente, non sono più niente >>.
Dopo molti minuti di vagito e piagnistei ininterrotti, levò lo sguardo verso il bambino che era rimasto indispettito e infastidito da quanto era successo (soprattutto per il fatto di essere stato svegliato dal padre mentre dormiva), e rimase ad osservarlo per un po' di tempo, notando una totale indifferenza negli stati d'animo del padre. La cosa che lo stupiva era che il figlio non si curava minimamente della tristezza del padre, non lo consolava, non gli importava più niente di lui. Ma scrutandolo con più attenzione, si rese conto anche di una differenza fisica rispetto a come era una volta, ora era diverso: dagli occhi sembrava che portasse con sé un fardello pesante, dal quale non poteva liberarsi, ma allo stesso tempo sembrava torturato, tormentato da qualcosa.
Era strano. Continuandolo a guardare, pensò a tutto ciò che era successo grazie al bambino, e gli venne in mente ancora una volta il suicidio di Alice.
Lui era stato la causa di uno dei suoi più grandi problemi, gli aveva recato uno dei più grandi lutti di tutta la propria vita.
<< Tu…>>, disse Peter, indicando Peter junior.
<< Tu sei la causa di tutte le disgrazie >>, ripetè.
<< Tu… >>, perseverò con più amarezza.
<< Devi andare via, e non farti più rivedere >>, disse, prendendo il figlio per il braccio.
<< Adesso ti chiudo nella tua stanza e torni a relazionarti con i tuoi amatissimi incubi, ritorna nello sterco da dove sei venuto fuori,  brutto mostro! >>.
Lo scortò fino alla sua stanza, e, prendendo un catenaccio, lo rinchiuse con quest'ultimo.
<< Non uscirai più da qui >> disse infine.
 
Il fanciulletto, allora, non volle addormentarsi subito, decise di guardare com' era diventata la stanza, e notò subito la sporcizia annidatasi in ogni angolo della camera. Tutto quello che una volta era lindo e tenero, pulito e candido, ora era sporco e pauroso, imbrattato e terrificante.
Poi decise di specchiarsi nello specchietto poggiato sul comodino, ma non appena vide sé stesso, buttò lo specchiatto per terra: Era troppo cambiato, vedere questo cambiamento radicale gli faceva fin troppo male dentro.
Poiché non voleva più procurarsi alcuna afflizione, si mise sotto le coperte e ritornò a sognare
 
Peter ritorna nel sogno, rientra nella camera dove Nightmare lo stava aspettando.
<< Eccomi >>, dice il piccolo Peter.
<< Dove eravamo rimasti? >>, chiede Nightmare.
<< Stavo decidendo di entrare nell' Irrealtà >>, dice Peter.
<< Ah, ebbene >>, dice Nightmare, << entrerai nel regno dell'Incubo, la tua realtà diverrà finalmente l'incubo >>.
<< Va bene >>, dice infine il bambino
<< Così sia >>, conclude Nightmare.

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Capitolo 10
*** X ***


X
 


Mattina.
Il sole illuminava tutto, gli uccelli cinguettavano, tutto era allegro e spensierato. Pareva che ogni cosa lì, in quella campagna di Birmingham, volesse sorridere e mostrare la propria allegria a tutto il mondo, compreso il piccolo Peter Powell, che fino a quel giorno sembrava essere diventato un demonio, ma che ora si sentiva leggero come una piuma, libero dal peso dell'Incubo che fino a quel giorno gravava sulle sue spalle.
Quando quella mattina si svegliò col pigolare degli uccellini, notò che effettivamente dento di lui adesso mancava qualcosa, mancava l'incubo, e di conseguenza il suo amore verso l'incubo era scomparso. Era diverso, forse ora era finalmente tornato un bambino di 6 anni.
In ogni caso, si accorse anche che la stanza era tornata bella, infantile, pulita, dolce come una volta.
Sembrava che tutto fosse cambiato, magari anche l'umore del padre quindi, pensando ciò, il piccolo Peter andò a vedere se la sua stanza fosse ancora chiusa col catenaccio che il giorno prima suo padre aveva messo, e invece era stato tolto.
 Aprì la porta e andò verso la cucina, dove sentiva dei rumori, e vide una cosa che non si aspettava di vedere: la madre Alice, viva e vegeta.
Che cosa ci faceva la madre lì se era morta qualche mese prima?
Appena Alice vide suo figlio che la guardava a bocca aperta, lo prese in braccio e disse a lui: << Di cosa sei sorpreso? >>.
Il figlio in un primo momento non rispose, sbalordito dalla sua presenza, poi disse: << Mamma, tu sei morta, come fai a essere viva? >>.
La madre rispose: << Sono resuscitata >>.
Lui allora chiese: << Cosa vuol dire resuscitare? >>.
<< Ritornare in vita >>, rispose Alice.
<< E potremo finalmente tornare alla vita di una volta, tornare alla vita in cui tu mi amavi, eh? Che ne dici? >>.
<< Sì >>, rispose incerto il piccolo Peter, che ancora sconcertato di ciò che stava vedendo.
C'era evidentemente qualcosa che non quadrava.
Allora spuntò il padre, allegro e arzillo come mai, il quale non appena vide il figlio lo abbraccio e gli disse: << Ciao Peter, perdonami per il comportamento che ho avuto nei tuoi confronti ieri, sono stato molto sgarbato >>.
<< Il latte è pronto >>, disse Alice interromprendo il marito.
<< Ti ho fatto del latte caldo, Peter, è ti ho anche preparato dei biscotti alla vaniglia, eh? Come ti sembrano? >>, chiese lei, mostrando la teglia con i biscotti appena infornati.
<< Sembrano buonissimi >>, disse felice il bambino, il quale non riusciva ancora a credere a tutto quello che vedeva.
Dopo il bambino fece colazione con i biscotti e il latte, assime al padre e alla madre, i quali, stringendosi le mani a vicenda, osservavano felici il figlio, che incominciava a indispettirsi.
Quando mangiò tutti i dolci fatti dalla madre e quando bevette tutto il latte, Alice ritornò a parlare: << Peter, c'è un'altra cose che dobbiamo dirti: oggi il dottor Wilson vuole vederti >>.
<< Perché vuole vedermi? >>, chiese il bambino, << Adesso si è risolto il problema degli incubi, non ne potrò fare più e…>>.
<< Infatti vuole solo salutarti >>, precisò il padre.
<< Ah! >>, esclamò il piccolo Peter, << E perché vuoe salutarmi? >>.
<< Perché è felice >>, disse la madre, << Oggi tutti sono felici, oggi tutti resuscitano…oggi tutti sono Vivi, oggi tutti Vivono nel vero senso della parola >>.
<< Quando ti sei svegliato non hai sentito gli uccelli cantare? >>, chiese il padre Peter. << non hai sentito il grande ridere del mondo? Non hai sentito il ridere dell'Allegria? Oggi la felicità raggiunge l'apice >>.
<< Cos'è l'apice? >>, chese allora il fanciullo.
<< Il culmine >>, rispose Peter senior.
Allora la madre riprese a parlare : << Vuoi rivedere lo psicologo Wilson? >>.
<< Sì >>, rispose insicuro il bambino.
<< Allora adesso ti devi lavare e vestire, e dopo andremo a Tamworth dallo psicologo, d'accordo? >>, disse infine Alice.
Il figlio allora fece come i genitori gli dissero, e poi partirono.
 
Durante il tragitto il piccolo Peter levava lo sguardo dalla madre al padre, dal padre alla madre, dalla madre al padre, e non poteva non notare questo fare gaudioso e pimpante che non aveva mai riscontrato nei loro animi fino a quel momento. Sembravano infatti persone completamente diverse da quelle che conosceva. Soprattutto era ancora sconcertato dal vedere la madre lì, presente, assieme a lui, e non riusciva a crederci, perché l'aveva vista accoltellarsi di fronte a lui, l'aveva vista esangue, e ora sembrava voler danzare come una scimmia impazzita.
"Meglio così" pensò il piccolo Peter, dacché vederla felice era molto meglio di vederla triste.
In ogni caso, qualcosa non quadrava: Di punto in bianco tutto diventa felice, all'improvviso si passa dall'atmosfera spossante e depressiva a quella corroborante ed entusiasmante, così briosa da indurre lo psicologo a salutare il proprio paziente di sei anni.
Qualcosa non quadrava.
 
Dopo un po'di minuti arrivarono alla meta ed entrarono nella sala d'attesa dello studio dello psicologo.
Quando quest'ultimo li chiamò, Alice aprì lentamente la porta, e il piccolo Peter Powell capiì finalmente che decisamente qualcosa non quadrava: vide Jeremy Wilson, vestito con pantaloni di velluto e giacca e cravatta, ma con la testa da insetto.
<< Mamma, perché il dottor Wilson ha la testa da insetto? >>, chiese spaventato il piccolo Peter.
<< Peter, lui è vivo >>, rispose lei ermeticamente.
<< Vivo? >>.
Il bambino allora provò di scappare, ma la madre lo prese e lo mise sulla sedia davanti la cattedra dello psicologo-insetto.
In seguito la madre e il padre se ne andarono via e  rinchiusero il piccolo Peter in compagnia del dottor Wilson.
<< Ciao Peter >>, disse l'insetto.
Il bambino non salutò, non riusciva a credere neanche a questo, e tento per la seconda volta di scappare, ma fu vano, perché il mostro gli prese il braccio e disse: << Dove pensi di andare? >>,
<< Voglio scappare! >>, disse il bambino atterrito.
<< Tu non scappi, devi vedere anche mia moglie Ellen >>, rispose il mostro.
<< Ellen? >>.
Non appena il bimbo pronunciò queste parole, dalla porta dietro di luì spuntò un insetto ancora più grande, nero.
<< Mia moglie è una blatta, come puoi vedere >>.
Il piccolo Peter allora si allontanò dalla blatta "Ellen" e sbraitò: << Che sta succedendo? Cosa sono tutti questi insetti? Voglio andare via! Aiuto! >>.
<< E non hai ancora visto le mie figlie! >>, disse il dottor Wilson, il quale, appena disse queste parole, prese una scatola nera che era riposta nel primo cassetto della cattedra, la aprì ed uscirono migliaia di piccoli ragnetti.
<< Aiuto! >>, inveì terrificato il bambino.
Il piccolo Peter non aveva scampo: dietro di lui c'era la blatta Ellen, davanti l'insetto Wilson e sulla scrivania tanti piccoli ragnetti che di lì a poco sarebbero saltati sul bambino.
All'improvviso, però, la vetrata dietro lo psicologo si frantumò, e allora comparse un punto nero davanti il rosso.
Era arrivato Nightmare.
Il piccolo Peter dovette necessariamente chiudere gli occhi, allorché l'Ignoto di Nightmare era così potente da accecarlo.
<< Questo è il mio regno >>, disse lui.
<< Il mio regno sarà eterno >>, continuò Nightmare, << Per quelli come te, Peter Powell >>.
<< Benvenuto nella terra dell'Irrealtà, benvenuto nella Realtà dell'Incubo >>, disse infine.
<< Voglio andare via! Voglio scappare! >>, strepitò il bambino impaurito.
<< Hai scelto tu di vivere l'Incubo come Realtà >>, rispose Nightmare, << E ora la tua Realtà sarà Incubo >>.
Non appena disse ciò, i ragnetti saltarono sul bambino e incominciarono a correre come impazziti.
La blatta Ellen che era dietro, aprì la bocca del piccolo Peter forzatamente, facendo in modo che i ragni potessero percorrere anche la gola del bimbo.
<< L'Incubo entrerà in te e  ti divorerà >>, contiunuò Nightmare.
<< L'Incubo ti consumerà senza lasciare niente di sano…perché l'Incubo è Vivo! >>
Quando finì di parlare, i ragnetti intasarono tutta la gola del bambino fino a farlo soffocare, ma poi continuò: << Soffoca! Soffoca! Affinché tutto sia vivo e affinché l'Incubo possa vivere in maniera disinvolta e fausta all'interno di te >>.
<< Ti ripeto: Benvenuto nella terra dell'Irrealtà >>.

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Capitolo 11
*** XI ***


Porcodio ho provato a rileggere qualche capitolo precedente e ho cringiato così duro che non sono riuscito ad andare avanti 💀

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