La nostra vita insieme

di MaxB
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Inizio ***
Capitolo 2: *** Parte tecnica: dialogo ***
Capitolo 3: *** Promessa ***
Capitolo 4: *** Dettagli d'onore ***
Capitolo 5: *** La biblioteca ***
Capitolo 6: *** Per colpa di un gioco idiota ***
Capitolo 7: *** Possesso ***
Capitolo 8: *** Annuncio ***
Capitolo 9: *** Il ballo ***
Capitolo 10: *** Pockies ***
Capitolo 11: *** Gita al mare ***
Capitolo 12: *** Gelosia da... Ebi ***
Capitolo 13: *** Phantasia ***
Capitolo 14: *** Timidezza ***
Capitolo 15: *** Giornata alla Rebi ***
Capitolo 16: *** Giornata alla Gajiru ***
Capitolo 17: *** Isteria ***
Capitolo 18: *** Sorpresa ***
Capitolo 19: *** Casalinga ***
Capitolo 20: *** Gemelli!! ***
Capitolo 21: *** Discussione ***
Capitolo 22: *** Una giornata di pioggia ***
Capitolo 23: *** Un nuovo Inizio ***
Capitolo 24: *** Ceretta ***
Capitolo 25: *** Lotta ***
Capitolo 26: *** Shopping ***
Capitolo 27: *** Malattia ***
Capitolo 28: *** Horror ***
Capitolo 29: *** Spuntino di mezzanotte ***
Capitolo 30: *** Serenata ***
Capitolo 31: *** Concerto ***
Capitolo 32: *** Tentativi ***
Capitolo 33: *** Corso preparto ***
Capitolo 34: *** Voglie ***
Capitolo 35: *** Nome ***
Capitolo 36: *** Camomilla ***
Capitolo 37: *** Favola ***
Capitolo 38: *** Nascita ***
Capitolo 39: *** Adattamento ***
Capitolo 40: *** Distinzione di sessi ***
Capitolo 41: *** Grande paura ***



Capitolo 1
*** L'Inizio ***


 

L'InizioNon disponibile

Guardò la neve fluttuare intorno a sé. Le era sempre piaciuto l’inverno, per l’atmosfera magica che si respirava e perché quella stagione rendeva tutto più bello e speciale. La prima cosa che le veniva in mente quando pensava all’inverno, era una calda scenetta domestica: lei, buttata sul divano, con un pigiamone caldo, la coperta pesante, un libro in grembo e una cioccolata calda in mano. Il tutto mentre fuori pioveva o nevicava e il fuocherello ardeva nel camino.
Sospirò pensando a quell’idilliaca visione. Era da quasi una settimana che era partita per la missione, e ora stava finalmente tornando a casa, a Fairy Tail. Ma, nonostante la felicità che le suscitava il pensiero di poter finalmente rivedere i suoi amici nell’atmosfera accogliente della gilda, era molto più impaziente di tornare in camera sua a Fairy Hills. Eh già, purtroppo la sua vera natura aveva spesso bisogno di solitudine. La compagnia le piaceva molto, ma il silenzio interrotto solo dal rumore delle pagine sfogliate era impagabile. Quando leggeva alla gilda riusciva ad estraniarsi dal marasma, ma una parte del suo cervello percepiva lo stesso il brusio in sottofondo. Spesso e volentieri aveva bisogno di qualche attimo di raccoglimento, per ricaricare le batterie della socialità. E, del resto, stare da sola ogni tanto non le dispiaceva affatto.
Camminando, mise le mani a coppa davanti alla bocca, per soffiarci sopra e riscaldarle con il calore dell’alito. Jetto e Doroi[1] l’affiancarono subito, porgendole un paio di guanti a testa e guardandosi in cagnesco. Ridacchiando, lei negò regalando loro un sorriso, per non rattristarli.
Da quando era tornata, dopo sette anni, dall’isola di Tenroujima, i suoi due compagni erano diventati ancora più protettivi nei suoi confronti. E innamorati. Ma la ragazza temeva che la presunta cotta ormai fosse solo un pretesto per litigare fra loro, come Natsu e Gurei[2]. Solo che questi ultimi non avevano bisogno di pretesti per litigare. Certo, l’affetto dei suoi amici per lei era sincero, ma contaminato da una punta di rivalità.
Finalmente arrivarono davanti alla porta di Fairy Tail. Anche se si erano resi conto di essere ormai vicini a casa a ben tre isolati di distanza. La gilda non era mai troppo tranquilla. Stava per aprire la porta, quando sentì un forte bottò sulla porta e un tonfo. Qualcosa aveva appena sbattuto contro l’entrata dell’edificio. Se fosse arrivata pochi secondi prima, si sarebbe presa qualcosa di molto pesante in faccia. Sorrise e aprì la porta.
Si trovò davanti una scena ormai familiare. I ragazzi stavano facendo a botte lanciandosi vari oggetti addosso, senza curarsi del fatto che presto avrebbero dovuto ripagare i danni causati, i quali non erano esattamente pochi. Poi, però, una folata di vento improvvisa bloccò la furia omicida dei presenti, che si resero conto che qualcuno era entrato. Notando le tre figure sulla porta, insaccate per il freddo, esultarono e li accolsero.
Sorrise. Era a casa. Un po’ malandata e a pezzi, ma il calore che la investì era inconfondibile. Sapeva di alcol e affetto.
- Rebi![3] - urlarono in coro le ragazze sedute al bar. Per la precisione, Mirajein[4], bellissima e come al solito impegnata a servire, Risana[5], la sua sorellina, che le dava una mano, Ruushi[6], la sua amica di libri e Kana[7], un po’ brilla, che sollevò il boccale di birra per salutarla, infradiciando la sfortunata Ruushi. Alla fine erano quelle le sue amiche più fidate, anche se Rebi andava d’accordo con tutti. Sorrise loro, stringendo gli occhi, cosa che la rendeva ancora più dolce.
- Bentornati ragazzi! – gridò Eruza[8] in piedi sopra Natsu e Gurei, leggermente pesti. Ancora una volta non erano riusciti tenere testa a Titania. – Spero che voi due ragazzi non abbiate infastidito la povera Rebi! – continuò imperterrita, con un’aura abbastanza terrificante e i capelli rossi che iniziavano a frusciare mossi da un vento invisibile.
- No, no Eruza! Tranquilla – rispose la diretta interessata leggermente preoccupata. – Sono sempre dei cavalieri.
Dopo un cenno della testa di Eruza, l’atmosfera divenne immediatamente più serena, senza l’aura oppressiva della maga.
Rebi si diresse al bancone, scortata dai due cagnolini che non l’abbandonavano mai. Era una fortuna che almeno non la seguissero quando andava in camera sua a Fairy Hills! O meglio, era fortunata che Eruza glielo impedisse. Le ragazze l’accolsero tutte calorosamente, chiedendole come mai la missione fosse durata così tanto quella volta. Rebi spiegò pazientemente che purtroppo a causa della tempesta avevano avuto ritardi con i trasporti, ed era un miracolo che fossero tornati a casa quel giorno e non una settimana dopo.
- Ah! – esclamò Mirajein riempiendo nuovamente il boccale di Kana. – Capisco. Eravamo un po’ preoccupate perché non siete mai stati via così tanto. E poi anche Gajiru[9] ci ha messo più del solito, nonostante la missione fosse facile e quasi al di sotto della sua portata. È  partito qualche giorno prima di te ed è tornato solo tre giorni fa! O almeno così ci ha detto Ririi[10].
Rebi era diventata improvvisamente seria a sentir pronunciare il nome del suo nakama[11]. Era da più di una settimana che non lo vedeva, e la sua assenza era la prima cosa che aveva notato entrando nella gilda. – Vuoi dire che anche se è tornato da tre giorni non è venuto qui? Come mai?
- Ririi ha detto che Gajiru si è preso l’influenza. È solo venuto ad avvisarci che stava bene, anche se quando i Dragon Slayers si ammalano lo fanno in grande stile! Non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto! Un po’ come Natsu quando ha mangiato quelle fiamme che gli hanno fatto male. Pansaa Ririi[12] ha dovuto fare da domestica  - consluse Ruushi ridendo.
Sapendo che Gajiru, uno dei membri più forti della gilda, non poteva alzarsi dal letto, Rebi si preoccupò subito. -  Poverino! – esclamò. – Magari vado a vedere come sta prima di andare a casa. Lui e Ririi mi hanno aiutata così tante volte…
Jetto e Doroi, alle sue spalle, si irrigidirono. Anche se avevano perdonato Gajiru per ciò che aveva fatto passare al loro team anni prima, non significava che fossero disposti a lasciare che lui e la loro Rebi si vedessero da soli. E, del resto, sapevano anche che la dolce e gentile ragazza era un osso duro parecchio cocciuto quando si metteva in testa qualcosa.
- Ti accompagno! – gridarono insieme i due nakama, spaventando la loro compagna che non si era accorta di averli proprio dietro.
Fra le risate generali delle ragazze, l’unico pensiero di Rebi fu che non potevano venire anche loro. Erano tutti isterici quando stavano insieme, Jetto, Doroi e Gajiru. Solo durante le missioni cercavano di andare d’accordo. Lei sarebbe andata da sola.
Quando il suo cuore si calmò dopo l’improvviso spavento, guardò i ragazzi sorridendo affettuosamente, facendoli arrossire. – Ok, andremo insieme, ma domani. Oggi sono davvero stanca per il viaggio e voglio solo andare a dormire. Sono passata qui solo per salutare voi ragazze in modo che non vi preoccupiate. Ora vado. A domani!
Rebi si diresse allegramente verso l’entrata della gilda, recuperando le valigie che erano rimaste accanto alla porta. Salutò tutti e uscì al freddo, dopo la raccomandazione del Master di non diventare un pupazzo di neve umano.
La nevicata, seppur forte, era diventata una vera e propria tempesta. Se non fosse stata così pesante a causa dei bagagli e dei vari strati di vestiti che aveva addosso, Rebi sarebbe volata via. Nonostante tutto, sorrise. Era felice all’idea di tornare a casa per stare un po’ da sola, ma era anche emozionata perché stava per rivedere Gajiru. Ovviamente non sarebbe successo nulla, come al solito. Lei non gli interessava, di questo era sicura. Cosa poteva offrire una piccola e indifesa ragazza ad un mago così potente? Un Dragon Slayer addirittura! Lei non era potente. Era sveglia, certo, ma chi ci faceva caso? Era minuta e pressoché priva di forme; i suoi capelli sembravano una foresta turchina di nodi e liane ingarbugliate. E quando parlava si capiva subito che era una secchiona. Poteva solo restare a distanza osservando Gajiru, che stimava anche troppo. Forte e agile, le aveva dimostrato un lato gentile e protettivo di cui pochi erano a conoscenza. Certo, l’aveva anche picchiata e appesa brutalmente ad un albero, dopo averla marchiata. Ma era davvero pentito, lo sapeva; anche se non glielo aveva mai detto a parole. E proporsi come suo compagno nella sfida a coppie sull’isola Tenrou equivaleva a delle scuse sincere. Si accontentava di essere sua amica e stargli vicino in questo modo, per quanto poteva.
Con il pensiero fisso di Gajiru in testa, Rebi si diresse a casa sua, non troppo distante dalla gilda. C’era stata solo una volta, quando era andata in missione con Gajiru, Ririi e il team Shadow Gear completo. Il luogo di ritrovo per la partenza era stato la dimora del Dragon Slayer, che li stava già aspettando fuori al loro arrivo. Quando arrivò, le venne meno il coraggio, e arrossì. Per fortuna la temperatura glaciale mascherò la causa del rossore, e Rebi bussò timidamente alla porta.
Sentì un grugnito soffocato provenire dall’interno, prima che Pansaa Ririi a grandezza gigante aprisse la porta. Aveva uno sguardo minaccioso, ma quando vide che era solo la sua nakama Rebi, sfoderò quel sorrisetto impertinente e ghignante che le ricordava tanto quello di Gajiru.
- Ehm… ciao – salutò Rebi grattandosi la testa sotto al cappuccio. – Sono appena tornata, ma ho saputo che Gajiru è stato male e allora ho pensato di venire a trovarlo nel caso in cui avesse avuto bisogno di qualcosa – spiegò tutto d’un fiato, mentre Ririi ridacchiava guardandola con sguardo dolce.
Le piaceva moltissimo quella ragazza. Era perfetta per il suo Gajiru, lo sapeva. E stava cercando di spiegarglielo anche. Era certo che lui lo sapesse già, lo aveva capito dal modo in cui la guardava e la trattava. Ma il Dragon Slayer era troppo orgoglioso per ammetterlo. Purtroppo.
- Tu… come stai? – chiese subito dopo Rebi. Aveva parlato solo di Gajiru, senza chiedere all’exceed come stava. Arrossì ancora di più notando la figuraccia fatta.
Ririi ridacchiò, appoggiando affettuosamente la mano sulla spalla della ragazza. – Io sto bene grazie, e anche quel burbero si sta riprendendo. È praticamente guarito. Vieni pure, entra al caldo. Ti congelerai qui fuori.
- Ah… no grazie. Ero solo passata per sapere se gli… se vi serviva qualcosa. Tipo fare la spesa o cucinare, ma se siete a posto torno a casa, non vorrei disturbare.
Rebi cominciò ad indietreggiare, prima di rendersi conto che la bufera era nuovamente aumentata. E ora nemmeno la tettoia davanti alla porta di casa di Gajiru dava molto riparo.
- Non disturbi… - rispose Ririi, la cui voce venne soffocata dal vento e dalla neve.
- Cosa? – gridò la ragazza, per sovrastare il rumore della tormenta.
- Ho detto che… attenta Rebi! – urlò a sua volta il gatto, prima di tirare con forza la ragazza verso di sé, con le valigie al seguito.
Dove due secondi prima si trovava la giovane maga, ora c’era solo un muro di neve alto fino al tetto, dal quale appunto era appena crollata. Rebi era finita sopra a Ririi, che l’aveva salvata e si affrettava a chiudere la porta con un calcio.
- Scusa! Ti sei fatto male? Non volevo, davvero. Era meglio se andavo a casa… ho fatto il disastro! Anzi, ora vado veramente, ciao Ririi - balbettò la ragazza, rossa per la vergogna, alzandosi per aprire la porta. Era sempre stata un pochino sbadata, ma non era mai piombata in casa altrui portandosi dietro il un uragano!
- Rebi, calmati! Non puoi andare da nessuna parte con questa bufera! Anzi, per fortuna sei venuta qui invece che dirigerti verso Fairy Hills. Ora saresti sepolta sotto la neve.
- Sì, ma così sono solo d’intralcio. Ero venuta a salutare e invece ho fatto un pasticcio come al solito.
Ririi, capendo che ormai la ragazza era andata in crisi per lo spavento, l’abbracciò. – Stai tranquilla. Ti ho invitata ad entrare, ma non mi hai sentito. Mi fa piacere che tu sia venuta qui, e mi sa che qui dovrai rimanere per la notte… e finché le strade non torneranno agibili!
- No! -  esclamò Rebi con la voce soffocata dal pelo dell’exceed. – Non posso! Sono solo un disturbo, sono piombata qui invadendo il vostro spazio e sporcandovi anche l’entrata!
Per quanto la stretta del gatto glielo permetteva, indicò le valigie dietro di sé, miracolosamente salvate da Ririi. Erano coperte di neve che si stava sciogliendo, formando una pozza sul pavimento.
- Rebi. Basta. Respira. Dentro… e fuori. Dentro… e fuori. Bene – sospirò quando sentì la ragazza rilassarsi fra le sue braccia. – Non sei un peso. Mi credi? Vederti mi rende veramente felice. Ora spogliati mentre io sistemo l’entrata. Non è un problema! Un po’ d’acqua non ha mai ucciso nessuno.
- Gatto! Con chi stai parlando? – gridò Gajiru. Rebi non poteva vedere dove fosse, ma sentiva la voce da qualche parte a sinistra. Poi udì una porta aprirsi. – Sei diventato così matto da parlare da so… - disse prima di bloccarsi. Gajiru era appena uscito dal bagno, asciugamano in vita e capelli gocciolanti, viso rosso per il calore della doccia. Dalla porta usciva il vapore… tanto vapore.
Il Dragon Slayer rimase un attimo frastornato. Uscire dal bagno e trovare il proprio gatto abbracciato ad un… qualunque cosa fosse, con delle borse davanti alla porta non era una cosa normale. Nemmeno per lui. -  Queste scene romantiche risparmiamele per piacere. E se hai una ragazza da portare in casa avvertimi prima, così almeno vedo di filarmela per qualche ora.
Mentre si portava al centro della stanza, Gajiru vide Ririi lanciargli un’occhiata torva da sopra le spalle. Il Dragon Slayer incrociò le braccia e fissò Ririi, che si scioglieva dall’abbraccio di quella cosa, con uno sguardo duro e impenetrabile. Come guardava qualsiasi cosa, insomma.
Il gatto si spostò, rivelando un essere piccolo rispetto a loro due e infagottato in un giubbotto lungo. Perplesso, si avvicinò e abbassò il cappuccio della giacca, scoprendo una tremante Rebi con il naso bianco e la guance rosse, gli occhi gonfi di lacrime che stava trattenendo. Oppure erano lucidi per la gioia di vederlo? Gajiru scacciò quel pensiero fastidioso mentre, sbalordito, strabuzzava gli occhi. Rebi non lo aveva mai visto stupito di qualcosa. Era sempre controllato. Se non avesse avuto una paralisi facciale, avrebbe riso.
- E tu che ci fai qui? – chiese senza tatto Gajiru. Del resto, cosa ci si poteva aspettare da lui? – Mi spiegate che succede? -. Poi, un pensiero che gli indurì nuovamente lo sguardo lo colse. – State insieme e non mi avete detto nulla? – gridò.
Rebi spalancò gli occhioni caldi, battendo le ciglia congelate. Ririi, invece, roteò gli occhi e si diede una botta in testa. O si colpiva da solo, o colpiva il suo compagno. Ma non era il caso di scatenare una lotta davanti ad una fanciulla. In quella strana coppia di coinquilini, almeno uno dei due aveva un po’ di buon senso.
- Sono un exceed! Rebi è una ragazza meravigliosa, ma non siamo compatibili. Vai a metterti qualcosa addosso o avrai una ricaduta. E poi quante volte ti ho detto di uscire dal bagno già asciutto? Mi lasci sempre scie d’acqua per casa! Riesci a toglierti il giaccone tu, invece?
Ririi in versione mammina-premurosa faceva sempre sorridere Rebi. Senza di lui, Gajiru sarebbe stato perso, lo sapeva. Era un amico fidato e cordiale, altruista. E la trattava sempre con dolcezza.
Rebi scosse la testa. – No-no-non m-m-mi sen-n-to più l-le ma-ma-mani – balbettò lei mentre Gajiru rimaneva a fissarla. Non si era mosso di una virgola nonostante l’ordine impartito dal suo compagno. Stava semplicemente fermo a fissare lei, il volto rilassato e impassibile. Anche lei ricambiava lo sguardo, cercando di guardare i suoi occhi cremisi piuttosto che il suo fisico esposto in bella mostra. Andiamo! Era pur sempre una ragazza! Gajiru aveva un fisico perfetto: era magro, sodo, con muscoli fin troppo delineati che non lasciavano spazio all’immaginazione. Addominali e pettorali in vista, muscoli delle braccia tirati e in mostra. L’asciugamano gli cingeva i fianchi, e lungo il tronco e le gambe colavano goccioline d’acqua scivolate dalla sua chioma lunga e ribelle. Rebi avvampò.
Ririi le posò le mani sulle guance, scambiando il rossore dovuto all’imbarazzo con il freddo eccessivo, mentre diceva: - Gajiru, renditi utile. Toglile il giaccone mentre io sistemo le sue valigie prima che l’acqua bagni tutti i suoi vestiti.
Il ragazzo distolse gli occhi dalla maga, mentre un leggero rossore si formava sulle sue guance spigolose. Le si avvicinò lentamente, conscio di avere indosso solo un asciugamano. Ririi stava trafficando con valigie e stracci alle spalle della ragazza. Gajiru guardò la lampo della giacca e la prese timidamente, facendola scendere fino in fondo, per poi portarsi alle sue spalle sfilarglielo. Solo dopo averlo appeso all’appendiabiti si rese conto che era fradicio e Rebi stava tremando visibilmente, con le braccia incrociate sul petto quasi per scaldarsi in un abbraccio.
- Ehm… Ririi… mi sa che ha freddo – disse titubante Gajiru richiamando l’attenzione del gatto.
L’exceed imprecò in maniera poco signorile, lasciando cadere a terra quello che aveva in mano. – Aiutala a levarsi i vestiti. La neve si è sciolta bagnando il giaccone e tutto il resto. Io riempio la vasca con l’acqua calda.
Gajiru rimase fermo a fissare la porta del bagno in cui era appena sparito il suo gatto. Le aveva davvero chiesto di spogliarla? È vero che più volte lo aveva spronato a farsi avanti con lei, ma spogliarla? Così, direttamente? Certo, non gli sarebbe dispiaciuto, però la ragazza era a mala pena cosciente! Brontolando a mezza voce, si parò davanti a Rebi, che aveva gli occhi chiusi. Senza chiederle il permesso, se la carico in spalla in modo che non notasse il suo imbarazzo e la scaricò sul divano.
- Gajiru! Non è un sacco di patate! – urlò Ririi dal bagno dopo aver sentito il tonfo del corpo di Rebi sul divano.
Il ragazzo sfilò le scarpe alla ragazza, la cosa più innocua. Ora arrivava il difficile. Si azzardò a darle un’occhiata e notò che lo stava fissando. Non sembrava avere paura. Era forse un invito a proseguire?
- Ehm… - articolò grattandosi la nuca.
- Mi stai bagnando tutta – disse allora lei balbettando, ma meno di prima. Effettivamente, essendo accanto a lei, le stava gocciolando addosso. Allora si scansò.
- Devi toglierti i vestiti bagnati. Ti raffreddano e basta.
- Lo so – sussurrò Rebi. – Ma non mi sento le dita delle mani. Sono intorpidite.
- Devo spogliarti io?
Questa volta il sangue che affluì sulle guance della ragazza fu inequivocabile. Gajiru tirò fuori il suo ghigno migliore, anche se era agitato sotto la facciata.
Rebi scosse la testa con forza, mentre lui, un po’ deluso, ghignava ancora di più.
- Ehi, Ebi, non voglio mica approfittarmi di te!
Ebi. La chiamava spesso così da quando si erano conosciuti veramente, dopo la spiacevole esperienza di Phantom Lord. Rebi e lui si erano scontrati in mezzo al parco vicino alla gilda. Lei si era scusata subito e lui l’aveva aiutata ad alzarsi, senza degnarla di uno sguardo, per poi riprendere il cammino guardando dritto davanti a sé.
- Ehi! – gli aveva gridato lei, trattenendolo per un braccio. Quando si era resa conto di ciò che aveva fatto, era arretrata subito, tenendo lo sguardo basso.
Gajiru si era fermato e aveva voltato la testa, guardandola da sopra la spalla.
- Io… volevo ringraziarti – aveva detto titubante, lo sguardo sempre rivolto a terra.
Il ragazzo si era girato con il corpo verso di lei, un’espressione sbalordita in volto, prima di riprendere il controllo. Insomma, l’aveva pestata brutalmente e non gli era dispiaciuto farlo, a quel tempo. Questo lei doveva averlo intuito mentre la picchiava. Allora perché lo stava ringraziando?
- Per cosa? – aveva chiesto lui con voce profonda e cavernosa. Era da parecchio che non parlava con qualcuno.
Rebi era parsa diventare ancora più piccola sotto al suo sguardo d’acciaio. – Per avermi difesa da Rakusasu[13]. Sei stato… gentile – aveva concluso sussurrando.
Uno strano calore aveva trafitto il petto di Gajiru per un momento. Gentile? Qualcuno aveva davvero detto che era gentile? Era esterrefatto. Non sapeva davvero come reagire a quelle parole.
- Ehm… di nulla – aveva borbottato a disagio.
- Io mi chiamo Rebi. Benvenuto a Fairy Tail – aveva sussurrato. Poi però aveva sollevato con coraggio la testa e gli aveva sorriso.
Ancora una volta, Gajiru si era stupito. Sì, era stupito, perché si era reso conto di avere un cuore, che in quel momento aveva perso un battito. Nessuno in vita sua gli aveva dedicato un sorriso così genuino e spontaneo, così puro. Aveva scosso la testa e battuto le palpebre per scacciare quei pensieri da rammollito. Come aveva detto che si chiamava? Aveva parlato talmente piano che aveva capito bene solo la parte finale.
- …Ebi[14]? Ti chiami Ebi? Sei seria? – aveva domandato guardandola dall’alto, perplesso.
Il sorriso di Rebi si era spento, e la ragazza aveva gonfiato le guance come ogni volta che si arrabbiava. Gajiru, che da parte sua non aveva mai visto nessuno reagire così, non aveva potuto far altro che ridacchiare. E ben presto si era reso conto che quelle era la prima vera risata che faceva da quando Metarikaana era sparito. Non contavano le risate sadiche e perverse che faceva durante le lotte. Quelle erano blasfemie. Quella piccoletta era riuscito a farlo ridere, a stupirlo, a bloccare il suo cuore e a lusingarlo in quanto? Due minuti? Interruppe bruscamente la risata per fissarla negli occhi. Che cosa gli stava facendo? Era per caso la sua magia, quella?
Gajiru si era chinato e aveva avvicinato il suo viso a quello di lei, scrutandola. – Però sembri davvero un ebi così! Sei diventata anche rossa…
- REBI! – aveva sbottato allora la ragazza. – Mi chiamo Rebi, non Ebi! Come posso chiamarmi come un crostaceo?
- Ehi, stai calma. Ho solo capito male. Non serve scaldarsi tanto. Ci vediamo alla gilda.
E così si era allontanato il più possibile da quell’essere nato apposta per scombussolarlo. Senza presentarsi oltretutto. Rebi aveva sospirato, continuando per la sua strada. Aveva lo strano presentimento che non sarebbe stata l’ultima volta in cui lui l’avrebbe chiamata così.
- Ebi? OHI! Ti si è ghiacciato il cervello?
Rebi battè le palpebre e focalizzò il viso di Gajiru, chinato verso di lei. I suoi capelli erano scivolati lungo le spalle e le toccavano le guance. Quando se ne accorse, il ragazzo si scansò immediatamente.
- Cosa? – chiese lei, tornando alla realtà dopo aver ricordato il passato.
- Ti ho chiesto che accidenti devo fare! Dammi una mano! Te ne stai qui, sul mio divano, a tremare come una foglia con i vestiti tutti bagnati appiccicati al corpo. Ti spogli tu o lo faccio io?
- No… sto riacquistando sensibilità alle dita, anche se poco – spiegò. Poi arrossì e guardò il cuscino del divano. – Se… se tu però mi potessi togliere la maglia mi faresti un favore.
Questa volta Gajiru non si curò di nascondere lo sgomento che aveva dipinto in faccia. Davvero glielo aveva chiesto? Oh sì, aveva il cervello congelato.
- Non pensare male! Sotto ho la canottiera! Baka Gajiru! – esclamò.
Grugnendo, il ragazzo la aiutò a mettersi seduta sul divano e le sfilò la maglietta dalla testa, attento a non toccare nessun lembo della sua pelle. Rimasta in canottiera sul divano, con le braccia nude, Gajiru si rese conto che non aveva affatto smesso di tremare.
- Ti prendo una coperta…
- No! Te la bagnerei tutta. Tanto fra poco mi scaldo e…
- Il bagno è pronto Rebi – annunciò Ririi uscendo dal bagno.
- Ma… per fare cosa? – chiese lei perplessa. Si era persa la parte in cui l’exceed diceva che le avrebbe preparato la vasca.
- Per scaldarti! Niente è meglio di un bagno caldo! – esclamò Ririi.
- Non ce n’era bisogno, davvero! Ho già disturbato troppo venendo qui e… ehi!
Prima che potesse concludere la frase, Gajiru l’aveva presa in braccio e l’aveva portata in bagno.
- Smettila, non stai disturbando! Pensi che abbia problemi a dirtelo, se rompi?
- No… - sussurrò Rebi con gli occhi da cerbiatto spalancati.
Gajiru distolse lo sguardo per riuscire a mantenere quel tono duro. – E allora spogliati e infilati nella vasca se non vuoi che lo faccia io.
- …ok…
Gajiru uscì dal bagno chiudendo la porta e prendendosi la testa fra le mani.
- Tutto bene? Sei strano – disse Ririi pulendo per terra. Era ancora nella forma originale, quella di Edolas.
- Quella ragazza mi sta facendo qualcosa – rivelò.
Il gatto sorrise. – Lo so. Te l’ho sempre detto.
- Non è quello. Vuoi fare a botte gattaccio? – sbottò Gajiru.
Ririi sospirò. – No, non voglio fare a botte e, sì, è proprio quello. Vatti a vestire che sono stufo di farti da balia!
Grugnendo, si diresse in camera. Non prendeva ordini da nessuno, lui, ma voleva fuggire da quella conversazione.
 
Una buona mezz’ora dopo Rebi era rientrata in possesso dell’uso di tutto il suo corpo. Niente era meglio di un bagno caldo. Pansaa Ririi le aveva riempito la vasca con il bagnoschiuma, così Rebi era circondata da bolle di sapone.
A malincuore, aprì lo scarico per far scorrere l’acqua, e si sciacquò di dosso la schiuma. Si asciugò con uno degli asciugamani morbidi e puliti che Ririi le aveva dato. Profumava. Il bagno non era eccessivamente grande. Ma del resto, per due uomini bastava e avanzava. Dalla porta si poteva vedere la vasca, sul muro di fronte, di fianco alla quale c’erano il water e il bidet. Alla destra della porta, invece, un lungo mobile in legno con delle ante che circondavano lo specchio al centro. Per essere due maschi, non se la cavavano male con le faccende domestiche. Il bagno era indubbiamente pulito e igienizzato.
Quando fu asciutta, Rebi si rese conto di essere senza vestiti. Certo, nella valigia aveva tutto quello di cui aveva bisogno. Anzi, per fortuna non era passata a casa prima di andare da Gajiru! Prese l’asciugamano più grande che aveva, ci si avvolse bene dentro, e aprì piano la porta.
Dalla porta d’ingresso si attraversava un brevissimo corridoio, alla sinistra del quale si trovava la cucina. Era dotata di fornelli a gas, forno e frigo come una cucina qualsiasi. Dal muro partiva un’isoletta che fungeva da tavolo e anche da bancone da lavoro, abbastanza grande per tre persone. E infatti le sedie erano tre. Sempre a sinistra, dopo la cucina, c’era il bagno, mentre a destra c’era una porta che dava sulla stanza di Gajiru e Pansaa Ririi. Dritto davanti al corridoio, al centro di tutto, c’era un divano, rivolto con le spalle all’ingresso. Davanti ad esso c’erano un tavolino basso ed un camino, che Ririi stava accendendo in quel momento. Non era niente male come casetta, con i pavimenti in legno puliti e senza graffi e i mobili tenuti bene. Era molto accogliente e piccolina, ma ci abitavano solo in due.
Rebi ipotizzò di uscire senza essere vista, ma non sapeva dove fossero le sue valigie. Non vedeva Gajiru, che magari era in camera, così chiamò Ririi sottovoce.
- Dimmi – bisbigliò il gatto fissando la testolina che sbucava dal bagno.
- Dove sono le mie valigie? – chiese lei, sempre a voce bassa.
Sperava di non farsi sentire dal ragazzo, dimenticandosi però del suo udito da drago. E, oltretutto, Gajiru era più vicino di quanto Rebi si aspettasse. In cucina, nascosto dal frigo, sentiva tutto. E ghignava.
- In camera! Ma perché bisbigliamo?
- Perché non voglio che mi senta! Mi prenderebbe in giro!
- Per cosa? – domandò Ririi, sbigottito.
- Lascia stare. Grazie.
Rebi si diresse in punta di piedi davanti a sé, verso la porta della camera di Gajiru. Non si rese conto che il ragazzo alla fine era alle sue spalle. Lui, invece, si accorse benissimo del fatto che lei era mezza nuda e l'asciugamano le lasciava tutte le gambe scoperte. Deglutì. Non aveva mai pensato ad una donna in quei termini. Non gli era mai interessato. Perché ora notava il corpo di Rebi? Perché proprio il suo? Era sempre più confuso. Rimase a fissare lo stipite della porta della camera anche quando lei scomparve al suo interno. Nel suo regno. Era la prima in tutti quegli anni ad entrare in camera sua. Anzi, in casa sua. Era stato un errore farla entrare.
Si appoggiò al bancone davanti al lavello, mentre Ririi lo guardava trionfante. Era stata l'idea migliore farla entrare.
Rebi rimase sbalordita. Quella camera era perfetta. Si aspettava di trovare rottami sparsi e il letto sfatto con le lenzuola distrutte. Invece era ordinatissima! Le lenzuola erano marroni e nere, minuziosamente sistemate e senza una piega. Lei aveva fatto il letto prima di partire? Non si ricordava. A sinistra della porta c'era un cassettone, che probabilmente conteneva i vestiti dei due. Era parecchio grande. Alla parete c'era uno specchio. A destra della porta il lettone, il più grande che Rebi avesse mai visto. E, infine, un comodino di fianco al letto con una finestrona davanti alla porta. Rebi trovò le sue valigie di fianco al cassettone, accanto alla chitarra di Gajiru. Per fortuna la roba all'interno non era bagnata, e, chissà come, Ririi era riuscito ad asciugarle. Recuperò la biancheria e il pigiama. Imbarazzante. Era uno dei più carini che avesse. Una camicia da notte bianca e sbarazzina lunga fino a metà coscia. Aveva le maniche bianche abbinate. Ovviamente la camicia era senza spalline, e le maniche andavano indossate a parte, lunghe più o meno dalle ascelle ai polsi. Recuperò anche la fascetta per i capelli bianca e i gambaletti bianchi lunghi fino a dove terminava la camicia. Sospirò, sperando che Gajiru non credesse che si era vestita così per lui. A dire il vero, una parte di lei era felice di poterlo indossare.
Con gli indumenti stretti al petto, si diresse verso il bagno. Uscendo dalla camera notò Gajiru, chinato sul tavolo della cucina. Aveva i pugni stretti e sembrava frustrato. Notò anche che si era cambiato, vestendosi in maniera un po' più scialba del solito. Del resto, era a casa sua, non doveva andare in giro. La canottiera grigia lasciava le braccia scoperte, muscoli in vista. Non aveva i suoi soliti guanti che lasciavano liberi le dita, ma dei semplici polsini grossi di stoffa. I pantaloni erano larghi e morbidi, senza cintura. Non aveva mai visto così poco metallo addosso al ragazzo. Rebi decise di correre e rifugiarsi in bagno.
Solo quando sentì la porta chiudersi, Gajiru alzò la testa, confuso. Non l'aveva sentita passare. Era talmente confuso da non essersi accorto, con il suo superudito da drago, che lei era passata! Gemette, sbattendo la testa sul tavolo.
Ririi, che era finalmente riuscito ad accendere un caldo e scoppiettante fuocherello, lo chiamò affinché si sedesse con lui sul divano. Gajiru si diresse verso di lui come un automa, sedendosi di peso sul divano. Guardava fisso davanti a sé.
- Ehm... devi parlarle.
Il ragazzo parve riscuotersi, e fissò Ririi con il suo solito sguardo impenetrabile.
- Di cosa? Che accidenti mi succede, gatto? È colpa tua! Mi sento vulnerabile! Per colpa vostra mi sono rammollito! - esplose prendendosi la testa fra le mani.
- Entrare a Fairy Tail non ti ha reso più forte? - domandò Ririi, che era venuto a conoscenza dei precedenti del suo compagno.
- Be', sì...
- Perché?
- Sono più stimolato. Prima ero il migliore, ora no.
Ririi sbuffò. - No. Sono i legami. Hai trovato uno scopo nella vita e dei compagni che ti sostengono. Ti danno la forza.
Gajiru fece una smorfia. Quei discorsi sentimentalisti non gli piacevano. Per nulla.
- Finché non ammetterai a te stesso di essere innamorato di Rebi, non troverai mai pace. Negando l'evidenza e mentendo a sé stessi non solo si vive male, ma ci si indebolisce.
Il ragazzo spalancò gli occhi. Non poteva indebolirsi! Doveva fare a botte con Natsu e Gurei, doveva essere al top. Anche se spesso i discorsi di Ririi non gli piacevano, doveva riconoscere che non si sbagliava quasi mai.
L'exceed tornò in forma piccola, la forma comune in quel mondo. - L'amore è il sentimento più forte di tutti. Rende le persone migliori, le rafforza e cancella qualsiasi brutta esperienza. Lasciati andare. Sarai anche Kurogane[15], ma il tuo cuore non è di ferro. E quella ragazza te lo sta dimostrando. Il tuo cervello bacato potrà anche far fatica ad accettare tutto, ma il tuo cuore sa già la soluzione.
Mentre parlava, Ririi si era arrampicato sulle gambe di Gajiru, per guardarlo meglio in volto. Anche se non l'avrebbe mai ammesso, gli piacevano le coccole, e ogni tanto il suo nakama gliele concedeva. Ad esempio, in quel momento di riflessione, stava accarezzando il gatto.
Del resto, forse aveva ragione. Ammesso e non concesso che lui fosse davvero innamorato di Rebi, molte cose avrebbero avuto un senso. Quello strano senso di protezione nei suoi confronti, il fastidio che lo rendeva d'umore nero quando vedeva Jetto e Doroi girarle intorno, lo strano calore misto a tenerezza che provava quando la osservava leggere in mezzo al trambusto della gilda. La stima per la sua magia e la sua conoscenza. E la profonda, smisurata riconoscenza che nutriva da quando lei lo aveva accettato, dandogli il benvenuto. Lei più di tutti poteva essere giustificata se fosse stata restia ad accettarlo, se lo avesse odiato. Ma lei, più di tutti, lo aveva accolto con affetto. Lo aveva salvato contro Torafuzaa[16] di Tartaros. Lo aveva salvato sull'isola di Tenroujima dopo e durante il combattimento contro Grimoire Heart. Lo aveva salvato ogni giorno dando un senso alla sua vita. Sì, perché ogni giorno si presentava presto alla gilda solo per vederla entrare. Passava davanti alle librerie per vedere se lei era dentro. E si metteva quelle fasce in testa perché lei le indossava sempre.
Strabuzzò gli occhi quando si rese conto di tutto questo. Non se n'era mai reso conto perché aveva sempre evitato di pensarci, aveva soffocato quei pensieri concentrandosi solo sulla battaglia. Lo aveva fatto, si era chiuso in se stesso ermeticamente, da quando Metarikaana se n'era andato, per non dover più soffrire in quel modo. Ma era il suo cuore a parlare, questa volta.
La sua espressione si addolcì e Ririi sorrise a labbra strette, come sempre, concedendosi di fare le fusa come premio.
Gajiru aveva in mano un'arma a doppio taglio. Questo nuovo sentimento lo esaltava e si sentiva più forte, pronto a combattere per Rebi. Allo stesso modo, sentiva che se lei lo avesse rifiutato o le fosse successo qualcosa, le sue barriere d'acciaio non sarebbero servite. Non poteva più difendersi. Sarebbe andato alla deriva, trasportato dal dolore. E allora chissà cosa sarebbe stato in grado di fare, in balìa della disperazione. Del resto però, bisognava avvertire anche Rebi, il centro di quei pensieri. Ma come? Lui non era mai stato bravo con le parole, non ci sapeva fare e non gli piaceva. Con i discorsi era bravo Natsu. Be', più di lui sicuramente.
- Come...? - iniziò a domandare prima che Rebi uscisse dal bagno.
I capelli erano perfettamente asciutti e fermati come al solito da una fascetta. Era vestita tutta di bianco. La vestaglia e i gambaletti erano innocenti e provocanti allo stesso tempo. In ogni caso, era l'immagine della purezza. Gajiru fu costretto a deglutire e a distogliere lo sguardo, fissando Ririi.
- Ce la farai, fidati - lo rassicurò lui, intuendo cosa voleva dire il compagno.
- A fare cosa? - domandò Rebi innocentemente, un sorriso dolce sulle labbra.
- La cena. Come ti senti? - si affrettò a cambiare discorso l'exceed.
- Rinata. Grazie mille, siete stati magnifici. Comunque se volete posso occuparmi io della cena. So cucinare qualcosina... - si offrì Rebi timidamente.
- Il problema non è cosa cucinare o chi deve farlo. Il problema è che siamo tornati da poco da una missione, quindi in caso non abbiamo granché. E quello che c'era lo abbiamo usato in questi giorni quando Gajiru è stato male. Dovevo andare a fare la spesa oggi, ma poi...
- Sono arrivata io - concluse Rebi tristemente.
- No, la bufera. Non so nemmeno cosa ci sia in frigo!
Ririi si avviò a guardare il frigo con occhio scettico.
- Ehm... dove posso mettere ad asciugare i miei vestiti bagnati?
Solo allora si rese conto che in ingresso avevano già pulito tutto. In quanto ad igiene sicuramente non lasciavano a desiderare.
- Dammela pure, la stendo vicino al camino - spiegò Gajiru, prendendo i vestiti che Rebi gli porgeva. Si premurò di non staccare gli occhi da quelli di lei e di sfiorarle le dita prendendo i panni.
Colta alla sprovvista da quello sguardo tanto inusuale quanto intenso, Rebi arrossì un poco, mentre Gajiru sogghignava. Addolcito o no, i suoi veri sorrisi erano rari e speciali. Quelli erano classici e impertinenti, ghigni che avevano lo scopo di inquietarti. Ma a Rebi piacevano. Troppo. La classica ragazza per bene cotta del cattivo ragazzo.
Si diresse dove c'era Ririi e appurò che in effetti il gatto non scherzava. Il frigo era vuoto. C'erano solo delle uova, burro, niente verdura perché non aveva resistito tutto quel tempo in frigo, del formaggio.
Rebi iniziò a riflettere prendendo in braccio Ririi. Era ormai un'abitudine prenderlo in braccio e stringerlo. Il gatto la guidò verso la dispensa dove c'erano un po' di pane, della cioccolata, farina, sale e zucchero, crackers, frutta secca, cereali, confezioni di latte e bustine di tè. Cose che potessero durare molto, insomma.
- E se facessimo colazione al posto della cena?
Ririi la guardò perplesso. - Latte e cereali per cena?
- Pensavo più a un té con biscotti...
- Non abbiamo biscotti - mugugnò Gajiru dal soggiorno.
- Li faccio io! Li facevo sempre da piccola, era divertente.
Gajiru si girò e fissò Ririi, poi scrollò le spalle. - Come vuoi.
Ririi acconsentì a sua volta e Rebi si mise al lavoro, mettendo la cioccolata in frigo per poi prendere farina, uova, zucchero e burro. Il gatto si accoccolò sul bordo esterno del tavolo, per guardarla lavorare. Gajiru, invece, rimase in piedi in soggiorno guardandoli trafficare. Non sapeva cosa fare.
Con un po' di fatica e molto orgoglio maschile andato a farsi benedire, si avvicinò alla cucina con la sua solita aria da duro, gli occhi rossi inespressivi. - Posso aiutarti?
Rebi lo guardò sbalordita e con tanto d'occhi. Le aveva davvero chiesto se poteva aiutarla? A cucinare? Arrossì poco poco, nessuno l'avrebbe notato, ma il Dragon Slayer la stava fissando con particolare attenzione. Il modo in cui i suoi capelli lucidi catturavano la luce della lampada in mille riflessi di blu e azzurro, come le sue guance pallide assumevano un colorito roseo quando lui le diceva qualcosa, il modo in cui la fascetta bianca teneva i ciuffi ribelli lontani dal suo viso, lasciando però scendere due ciocche ai lati delle orecchie. Gajiru ghignò, per distogliere l'attenzione da quei particolari ed evitare di arrossire. Da quando in qua lui, l'Iron Dragon Slayer, arrossiva?
- Che c'è Ebi? Sei rimasta così affascinata da aver perso l'uso della parola? - domandò allora, sadicamente, appoggiandosi con una mano al bancone e avvicinandosi alla ragazza.
Ririi, soddisfatto della piega che le cose stavano prendendo, anche se un po' meno felice di come Gajiru le stava gestendo, si alzò e volò fino al divano, dal quale prese un cuscino che posizionò di fianco al camino. Si sarebbe fatto un sonnellino concedendo ai due un po' di privacy.
Rebi, che era rimasta sconvolta dall'atteggiamento di Gajiru, scosse un po' la testa e lo fissò, senza allontanarsi. Il ghigno era sempre quello, strafottente e sarcastico, ma i suoi occhi avevano qualcosa di diverso. Erano più... dolci? Sembravano di un colore più vivo del solito. La ragazza accantonò la questione e si concentrò su quello che doveva dirgli: - No, sono in grado di parlare, come sempre. E sì, puoi renderti utile prendendomi una scodella abbastanza capiente dove impastare.
Il ghigno si spense e al suo posto comparve, anche se in maniera lieve, la concentrazione che ogni volta dimostrava quando doveva combattere con qualcuno. Doveva solo prendere una scodella, non andare in guerra, ma si stava impegnando allo stesso modo. Mentre si toglieva le maniche bianche del pigiama, che l'avrebbero intralciata, Rebi rise, attirando un'occhiata perplessa di Gajiru. La guardava con un sopracciglio alzato, in attesa di spiegazioni.
- Dobbiamo solo fare i biscotti, non c'è nulla di così difficile! Sembri pronto per sfidare Zeref!
Mentre parlava, il ragazzo si era portato alle sue spalle. La ragazza aveva solo girato la testa nella sua direzione, e stava appoggiando le maniche del pigiama sulla sedia, sporgendosi un po'. Ora gliel'avrebbe fatta vedere lui. Nessuno aveva mai osato prenderlo in giro, tranne Ririi, ma raramente. Sapeva quali erano le conseguenze. Dopo aver preso una terrina abbastanza grande, l'appoggiò sul tavolo davanti a Rebi stando ben attento a premere leggermente con il petto sulla schiena della ragazza, che si irrigidì. Era una specie di abbraccio alla fine.
- Prendo sul serio il mio lavoro, qualunque esso sia... - le sussurrò all'orecchio.
Poi si scansò, portandosi in pochi passi davanti a lei, dall'altra parte del bancone. La ragazza aveva i capelli a coprirle la faccia e stava trafficando con farina e uova, ma questo non impedì a Gajiru di vedere le sue morbide guance paonazze. Ridacchiò nella sua tipica e inusuale maniera, emettendo un suono simile ad un "gihihi". Attirò un'occhiata truce di Rebi, che aveva le guance gonfie. La guardava mentre impastava i vari ingredienti con occhio esperto, aggiungendo un po' di farina ogni tanto quando le sembrava che l'impasto fosse troppo morbido. Del resto, non aveva nemmeno la bilancia per le grammature! Le guance rosse si erano andate via via sgonfiando, segno che la giovane era così impegnata che si era dimenticata di essere arrabbiata con lui. Era davvero carina quando si arrabbiava. Tenera. Aveva grinta da vendere, ma faceva ridere perché era piccolina. Quante volte Gajiru l'aveva vista con quell'espressione, rivolta a lui, senza vederla veramente?
- La missione com'è andata? - chiese prima di rendersi conto di ciò che aveva chiesto. Da quando in qua gli importava di sapere qualcosa degli altri? Indurì lo sguardo in modo che la ragazza, che lo stava fissando con le sopracciglia aggrottate, non notasse il suo stesso sbalordimento.
Rebi raccontò in breve in cosa consisteva la missione, dove l'aveva svolta e come se l'era cavata il suo team, mentre il ragazzo, sedutosi, l'ascoltava attentamente. Di solito le chiacchiere lo annoiavano, ma si scoprì davvero interessato a ciò che lei aveva fatto.
- Mi puoi tagliare a cubetti la cioccolata che è in frigo?
Gajiru batté le palpebre. La ragazza lo stava fissando con un sorriso. Aveva finito di parlare da un po', ma lui non se n'era accorto e aveva continuato a fissarla, cosa di cui lei era consapevole. Gli ingredienti nella scodella adesso erano perfettamente amalgamati e compatti in una pasta giallina e soda.
- Ehm... cosa? - chiese Gajiru schiarendosi la gola e distogliendo lo sguardo.
Con un sorriso sempre più largo, Rebi gli diede la cioccolata dopo averla tolta dal frigo, e un tagliere che aveva trovato in un cassetto. Porse il tutto al ragazzo, avvicinandosi pericolosamente al suo viso, e sussurrò: - Meno male che prendi sul serio qualsiasi lavoro...
Si ritrasse soddisfatta è lo fissò. Stavano flirtando? Da quando in qua? Lei non aveva mai fatto nulla del genere, credeva di non esserne nemmeno capace! Si girò per sciacquarsi le mani nel lavello, temendo l'espressione sconvolta che poteva avere dipinta in faccia.
Gajiru, a cui girava la testa, si rifugiò dietro ad un ghigno. Averla vicino era deleterio. Ma doveva ammettere che aveva fegato da vendere, la piccoletta.
- Come pensi che faccia a tagliarla senza un coltello?
Dalla voce di Gajiru non traspariva nulla del subbuglio interno che aveva, e Rebi si chiese se la cavolata che aveva fatto avesse sortito qualche effetto. Girandosi verso di lui, vide che la sua faccia non era cambiata di una virgola; ma anche la sua, del resto, ora era rilassata. - Non sei Kurogane? Trasformati le dita in un qualcosa di affilato o che so io! Sicuramente sarà più tagliente di un normale coltello.
Gajiru allora trasformò il suo indice in un affilatissimo coltellino, tagliando la cioccolata a cubetti piccoli. Un Dragon Slayer che era stato mago di classe S stava usando i suoi poteri per tagliuzzare la cioccolata. Chi ci avrebbe mai creduto? Era la prima volta che Rebi vedeva le sue mani senza guanti. Erano davvero grandi e nonostante le numerose battaglie, sembravano lisce e morbide. Il vantaggio di avere una pelle di ferro. Si chiese come sarebbe stato sentire quelle mani affondare fra i suoi capelli…
- La tua com'è andata? - domandò all'improvviso lei. Doveva assolutamente distrarsi.
Gajiru sollevò il volto dal tagliere, una ruga di concentrazione fra le sopracciglia.- Cosa?
- Com'è andata la tua, di missione? - ripeté Rebi appoggiandosi al bancone con i gomiti, il viso fra le mani.
Tornando a concentrarsi sulla cioccolata, il ragazzo mugugnò qualcosa, poco propenso a parlare. Poi però, senza rendersene conto, quel cupo brontolio diventò un racconto vivido e dettagliato. Non aveva mai parlato ad altri delle missione. Forse perché nessuno glielo aveva mai chiesto. Così aveva dato per scontato di non aver voglia di discuterne con qualcuno. Ma, in realtà, era piacevole chiacchierare con Rebi di quello che aveva fatto. E la cosa più bella era che lei lo stava ad ascoltare. Ogni tanto la guardava, di sottecchi. Non sembrava annoiata, anzi. Era... curiosa. Interessata a quello che lui le stava dicendo.
- Accidenti! - commentò prendendo il tagliere pronto da vari minuti dalle mani del Dragon Slayer. Era andato avanti a parlare senza accorgersi di aver finito. - Al confronto la mia è stata una passeggiata.
Gajiru ridacchiò osservando come le gocce di cioccolata venivano inglobate dall'impasto che le abili mani della maga stavano lavorando.
- Posso chiederti una cosa? - domandò lei senza alzare lo sguardo.
Gajiru, temendo quella domanda, brontolò qualcosa che la maga prese per una risposta affermativa.
- Sei sempre stato così?
Il ragazzo la guardò corrugando la fronte, mentre lei alzava la testa e lo fissava.
- Così come?
- Prima di Phantom Lord. E durante Phantom Lord. Sei sempre stato cattivo? Non fraintendermi, io non penso che tu sia malvagio. Credo solo che tu ti sia comportato come tale per convenienza. Perché?
Gajiru era sbalordito. Mai nessuno aveva avuto l'ardire di porgli una simile domanda. Nessuno aveva cercato di capire le ragioni dietro al suo comportamento. E mai anima viva si era interessata al suo passato.
- Se... se non vuoi parlarne non fa niente, scusami - mormorò in imbarazzo Rebi, prendendo un pezzo di impasto e modellandolo con le mani per farne una pallina.
Proprio come era successo poco prima, il ragazzo si rese conto di avere davvero voglia di parlare con qualcuno. Del suo passato, di quello che era prima, delle cause e delle conseguenze. E Rebi era la persona più adatta. Sapeva ascoltare, era gentile e non lo avrebbe mai condannato. Narrandole ciò che lo aveva spinto a diventare cattivo, lei lo avrebbe capito. Avrebbe colto la sua vera essenza e compreso i sentimenti annidati nel profondo del suo cuore, sepolti ormai da tempo. Lei poteva aiutarlo ad uscire dal quel circolo di odio e dolore. L'avrebbe migliorato. E lo avrebbe conosciuto per ciò che era. Nemmeno Ririi sapeva molto del suo passato. Ma a quella ragazza, per cui provava dei sentimenti mai immaginati, voleva rivelare tutto. Per la prima volta nella sua vita, Gajiru voleva farsi conoscere.
Dopo due palline di impasto e un respiro profondo, iniziò a raccontare.
Non ricordava nulla di ciò che c’era stato prima di Metarikaana. Il drago gli aveva solo rivelato di averlo trovato in un villaggio isolato distrutto. Lui era nei dintorni e così si era recato sul luogo, dove ardevano ancora degli incendi e il vento non faceva altro che alimentarli, diffondendo la puzza di morte raccolta come una cappa attorno al villaggio. Poi aveva sentito un pianto, sembrava vicino. In realtà, era lontano parecchi metri, e aveva potuto sentirlo solo grazie al suo udito da drago. Aveva trovato un marmocchio di tre anni circa, capelli neri come la pece e ardenti occhi rossi, colore inusuale. Invece che spaventarsi, il bambino aveva smesso di piangere e si era arrampicato sulla zampa del drago. Non lo temeva. Nessuno aveva mai osato avvicinarsi tanto ad un drago. Metarikaana se lo sistemò in groppa in modo che non cadesse e andò a cercare i suoi genitori. Purtroppo, non c’erano sopravvissuti a parte lui. Era stato davvero un bambino fortunato, sempre che si possa definire fortunato un bambino solo in mezzo alle macerie, incapace di provvedere a sé stesso. No, la sua buona sorte consisteva nell’aver trovato lui, il drago. Non gli piacevano gli umani, erano strani, puzzolenti e irritanti, ma il bambino era diverso. Era insolito. E, nonostante la tenera età, sentiva un grande potere provenire dal suo cuore. Così decise di portarlo con lui nella sua grotta; lo crebbe, lo accudì, lo allenò, e ben presto il bambino cominciò a chiamarlo “padre”. Metarikaana era affezionato a quell’umano e aveva con lui un legame profondo come solo la connessione fra drago e Dragon Slayer può essere. Gli insegnò la sua magia, e mentre Gajiru, che per lo meno si ricordava il suo nome, cresceva a vista d’occhio, diventava sempre più forte. Una vita selvaggia come la sua lo temprò e lo rese forte e muscolo, capace di resistere a qualsiasi cosa. Tranne agli artigli del drago stesso. Un giorno Gajiru chiese al padre di scontrarsi seriamente. Era un giovane cocciuto e testardo come solo un drago può essere. Metarikaana accettò. Il ragazzo combatté con tutte le sue forze, ma non ebbe la meglio nello scontro. Il drago gli inferse due profondi tagli nel braccio destro, che nemmeno le cure del drago stesso poterono curare al meglio. E rimasero due cicatrici ben evidenti sull’avambraccio. Le sue uniche cicatrici. Quelle di cui andava fiero.
La vita con il drago era sregolata, ma a Gajiru piaceva. Facevano ciò che volevano, beandosi della reciproca compagnia. Erano talmente in sintonia da poter prevedere l’uno i pensieri dell’altro. E chiacchieravano. Metarikaana gli insegnava moltissime cose sul mondo sconosciuto degli umani, ma il ragazzo non si sentiva parte d’esso. Parlavano senza mai esaurire gli argomenti. Nel cuore del giovanissimo Dragon Slayer c’erano solo amore e serenità, una pace che gli permetteva di godere delle piccole cose. Era uno spettacolo della natura. Non aveva barriere, era aperto e sincero, sempre pronto a ridere e con il sorriso sulle labbra in ogni istante.
Poi tutto cambiò. Cambiò quando il 7/7/X777 Metarikaana scomparve. Il giorno prima era stata una giornata normalissima, e quello dopo era sparito senza lasciare tracce. Perso, Gajiru vagò di città in città alla ricerca di suo padre, e tutto quello che ottenné furono scherni, beffeggi e violenze da parte di quelli che lo credevano un delinquente delirante. Non era stato abituato agli umani, e per quanto fosse stato bene con il drago, nessuno dei due aveva una natura espansiva. Il suo cuore non impiegò troppo tempo ad indurirsi, diventando esattamente l’opposto di quello che era. Eresse delle barriere impenetrabili, divenne impossibile conoscere qualcosa di lui, del suo passato, del suo carattere. L’aura di odio che emanava teneva lontani anche i più coraggiosi. E nessuno riusciva a vedere che quell’odio serviva a mascherare una sofferenza profonda che lo stava trascinando in un baratro di oscurità. La sofferenza generata dalla mancanza di qualcosa di essenziale. La mancanza di amore. Il giovane Gajiru si fece impiantare dei dolorosi piercing sul volto e sugli avambracci, pur di assomigliare ancora di più a Tetsuryuu, il Drago di Ferro. Ma Metarikaana non tornò e non fece avere sue notizie. Lottando contro chiunque si metteva sulla sua strada e vincendo ogni battaglia, si meritò il soprannome di Kurogane, Drago Nero di Ferro. Ma non gli importava. Voleva diventare più forte. Solo così avrebbe potuto ritrovare suo padre. Non ci mise molto a trovare Phantom Lord che, data la sua straordinaria forza, lo accolse a braccia aperte. E in breve tempo diventò il più potente della gilda e uno dei più temuti in tutte le città, mentre il Gajiru dal cuore puro sprofondava sempre più nell’oblio. Un mostro che provava piacere nel ferire gli altri e farli a pezzi, risparmiandoli unicamente se troppo deboli. Solo il suo senso di onore e gli elevati princìpi morali che ogni drago insegnava potevano salvarlo dal diventare un completo depravato.
- E poi Makarov mi ha trovato. Entrare a Fairy Tail è stato doloroso. Ero un perdente. Nessuno era mai riuscito a battere Kurogane, e ci riusciva un pivello che non era nemmeno un mago di classe S! Però è stata la cosa migliore che abbia fatto da quando mio padre se n’è andato. Sono impulsivo, è vero, ma ho ritrovato anche il gusto di vivere qualcosa la di fuori della lotta. Nell’altra gilda eseguivo solo gli ordini, i membri se ne fregavano gli uni degli altri. Qui è’ bello, sono tutti amici, e anche se non ci si sopporta, al momento giusto si diventa un solo gruppo per sconfiggere le minacce. Fairy Tail è forte. Anche per questo ci sono entrato. Mi incuriosiva. E il mio vecchio me stesso sta venendo lentamente a galla. Erano anni che non provavo sentimenti di nessun tipo a parte l’odio e la rabbia e il dolore, e in pochi mesi ho scoperto tutti gli altri sotterrando quelli negativi. Ovviamente a poco a poco. Per una volta mi sto godendo ogni aspetto della vita e mi sono fatto… degli amici. Incredibile, vero?
Gajiru sospirò. Non si era mai aperto così tanto nemmeno con suo padre, che era pur sempre un rustico e burbero drago. Ma Rebi lo aveva ascoltato rapita, si era bevuta ogni sua parola e si era rabbuiata nel sentire tutto quello che aveva passato. Aveva distolto gli occhi da lui solo per infornare e sfornare due teglie di biscotti, mentre ora si stava cucinando la terza.
Deglutì. – Non so nemmeno cosa dirti. Io… sono felice di averti incontrato e apprezzo davvero ciò che ha fatto il Master.
- Già. Accettare in casa come un figlio la persona che ha distrutto la sua casa e la sua famiglia.
Rebi gli sorrise, seduta davanti a lui. – Questa è Fairy Tail. Tornerà Gajiru. Come Iguniiru e Gurandiine. E allora sarà fiero di te quando vedrà come sei diventato forte e quanti amici ti sei fatto.
Gajiru fissò la ragazza, che aveva un dolce e malinconico sorriso in volto. Sembrava sincera, non era capace di mentire. Lei era quello di cui aveva bisogno. Aveva bisogno di lei. Stava per dirle qualcosa quando sentì che i biscotti cominciavano a bruciarsi. Mancavano ancora alcuni minuti prima che diventassero anche solo leggermente neri, ma lui lo percepiva.
Si alzò, mentre Rebi lo guardava con aria smarrita.
- I biscotti – spiegò lui, spostandosi alle spalle della ragazza. – Sono pronti.
- Oh, ok – rispose lei scendendo dalla sedia. Si era rimessa le maniche del pigiama e aveva anche pulito tutto, senza però perdersi una parola del racconto di Gajiru.
Afferrò delle presine e fece per aprire il forno, quando sentì la presenza di Gajiru dietro di sé. Si voltò e spalancò gli occhioni. Era… sofferente, confuso. Non l’aveva mai visto con una faccia così umana e vulnerabile.
- Gajiru! Ti senti bene? – esclamò preoccupata.
- Io… io non ho mai parlato così tanto con qualcuno. Nemmeno con Metarikaana. Con un drago non c’è bisogno di tante chiacchiere. Perché con te sento la necessità di farmi conoscere? Perché sento di aver bisogno che tu mi accetti, Rebi? Mi sento vivo di nuovo dopo tanto tempo. Che sta succedendo?
Rebi era arretrata fino ad appoggiarsi con la schiena al bancone. E l’unica cosa che riuscì a pensare era che il suo nome sulle labbra di lui era bellissimo. Lo pronunciava solennemente, come se fosse una cosa sacra. Che si fosse finalmente accorto di lei? Non sapeva cosa dire. Vedeva solo lui, il viso preoccupato e bello come non l’aveva mai visto, che avanzava fino ad appoggiare le mani sul bancone per impedirle ogni via di fuga.
- Sento che… a questo punto della mia vita sarebbe impossibile vivere senza di te, Rebi.
Il volto di Gajiru si avvicinò pericolosamente al suo. La ragazza non ci poteva credere. Stava davvero per accadere? Il ragazzo si era finalmente fatto avanti perché ricambiava i suoi sentimenti? Sentiva il cuore scoppiarle di felicità. E… se fosse stato tutto un sogno?
Gajiru vide i suoi lucidi occhi marrone chiaro rattristarsi. E si rese conto di ciò che stava per fare. Si ritrasse bruscamente mormorando qualcosa a proposito dei biscotti, mentre la sua bocca si contraeva in una rigida riga impassibile e gli occhi si indurivano.
- Preparo il tè.
Mentre Rebi, con il cuore che batteva forte e la testa leggera, sfornava i biscotti e infornava l’altra teglia, l’ultima, Gajiru mise a bollire l’acqua, evitando qualsiasi contatto con la ragazza. Poi si diresse in soggiorno sotto allo sguardo triste di lei. Perché un momento prima sembrava sul punto di baciarla e quello dopo era diventato il solito scorbutico? Rimase a fissare i biscotti come se potessero suggerirle la risposta.
- Vieni, il tè è pronto – annunciò Gajiru, di fianco a lei. Erano passati parecchi minuti e lei non lo aveva nemmeno sentito avvicinarsi.
Lo seguì in soggiorno portando il piatto contenente tre teglie di biscotti, mentre lui le zuccherava il tè e glielo sistemava sul tavolino. Il ragazzo aspettò per vedere dove si sarebbe accomodata lei, sorpreso quando appurò che si era seduta sul tappeto gigante che partiva da sotto al divano per finire davanti al camino.
- Ebi, non vuoi sederti sul divano? -  le domandò, la voce priva del tono dolce di poco prima.
- No no, sto bene qui, grazie.
Mentre Gajiru si buttava sul divano, la testa vicina al suo corpo, gli chiese timidamente: - Non svegliamo Ririi?
- No. Ha lavorato fin troppo oggi, lasciamolo riposare. Gli preparerò tutto dopo.
Mentre aspettava che il tè si raffreddasse, Gajiru ripensò a tutto quello che le aveva detto. Era stata la più grande stupidata mai fatta. Aveva rivelato tutta la sua vita ad una ragazza che aveva picchiato. Ma non era solo quello. Le aveva praticamente rivelato di essere innamorato di lei e l’aveva quasi baciata! E lei? Ovviamente era terrorizzata. Al suo posto lo sarebbe stato anche lui. Probabilmente credeva che fosse pronto ad approfittarsene di lei in qualsiasi momento. Forse era proprio per quello che voleva svegliare Ririi.
Un velo di tristezza appannò gli occhi del ragazzo, che si sporse dal divano per avvicinarsi a Rebi.
- Non ti farei mai più del male – le sussurrò all’orecchio. Non era come prima, quando lo aveva fatto per vedere la reazione della ragazza e stuzzicarla. Era solo che quelle parole erano più facili da dire se venivano sussurrate.
Purtroppo, per Rebi quella voce roca e il fiato caldo di Gajiru produssero un altro effetto. Rabbrividì e si girò di scatto verso la fonte della voce, trovandosi a pochi centimetri di distanza dal viso del ragazzo. Nessuno dei due si ritrasse e, mentre negli occhi di lui passava una scintilla, Rebi annullò la distanza fra loro dandogli un rapido e casto bacio sulle labbra. Il ragazzo spalancò gli occhi, stupito e troppo scioccato per ghignare allentando la tensione. Era stato un contatto breve, ma aveva sentito benissimo il calore e la morbidezza delle labbra della ragazza.
Lei arrossì fino alla punta delle orecchie e sussurrò: - Lo so.
Sapeva che non le avrebbe mai più fatto del male. In imbarazzo, si alzò per andare a controllare i biscotti e spegnere il forno. Respirò a fondo per calmarsi e far passare il rossore mentre faceva raffreddare i dolci appena sfornati. Tornando in soggiorno si domandò cosa avrebbe fatto Gajiru. Magari avrebbe ignorato ciò che aveva fatto, e forse sarebbe stato meglio per entrambi.
Passò davanti al Dragon Slayer senza guardarlo e, mentre stava per sedersi per terra, sentì un braccio forte cingerle la vita e trascinarla all’indietro. Confusa, Rebi tirò un urletto, subito soffocato dalla mano del ragazzo. Era finita con il sedere sul bordo del divano e il busto premuto contro quello di lui. Stava ridacchiando nel suo tipico modo, cosa che, inspiegabilmente, fece venire voglia anche a lei di sorridere.
- Non vorrai svegliare il terzo incomodo -  spiegò facendo un cenno in direzione di Ririi, che dormiva placidamente vicino al camino acceso.
- Non sia mai – rispose Rebi con uno dei sorrisi più fulgidi che il ragazzo le avesse mai visto fare.
Forse era meglio se Gajiru non ignorava quello che aveva fatto lei.
- Insomma qui abbiamo un ebi spudorato che prova qualcosa per qualcuno – ridacchiò portandosi le mani dietro alla testa.
Arrossendo, la ragazza distolse lo sguardo. Non sapeva nemmeno lei con quale coraggio lo aveva baciato.
- Ehi – disse lui alzandole il mento. – Se non lo avessi fatto tu probabilmente lo avrei fatto io.
Ancora rossa, Rebi incatenò il suo sguardo a quello di lui. I suoi occhi ardevano e per la prima volta riuscì a scorgerci qualcosa di più del semplice menefreghismo. Intravvide una scintilla di… amore. Il suo viso sereno non era mai stato più rilassato, e un sorrisetto, vero, non un ghigno, gli increspava le labbra. Gajiru la strinse forte a sé finché il suo corpo teso non si abbandonò a quell’abbraccio e il suo cuore smise di galoppare. Il calore che emanavano i loro corpi uniti era qualcosa di unico e il ragazzo si sentì sciogliere. Era come se dei pezzettini di metallo conficcati nel suo cuore d’acciaio si stessero fondendo.
- È… è  il primo contatto umano che ho con qualcuno da… be’, da quando ho memoria. Metarikaana non era tipo da effusioni e dopo conosci il resto della mia storia. Con Ririi ne ho avuto un assaggio, ma siamo entrambi maschi, abbracciarci sarebbe strano. Io… non avevo mai abbracciato qualcuno.
A Rebi si inumidirono gli occhi. Alzò la testa e guardò il suo compagno, ma non notò malinconia sul suo volto. Solo dolcezza. Era felice. La ragazza lo strinse ancora di più per trasmettergli tutto il calore di cui era capace il suo piccolo corpo.
Gajiru si mise seduto trascinando con sé Rebi e, preso delicatamente il suo viso fra le mani, come se fosse qualcosa di prezioso, fece combaciare le loro labbra in un bacio dolce e unico che sapeva di biscotti.
Il ragazzo si permise finalmente di inspirare il suo profumo, che era certo gli avrebbe dato alla testa. E infatti fu così. Sapeva di casa e promesse future. Sapeva di amore.
 
Quando si svegliò, Ririi si trovò davanti una scena alquanto inusuale. Rebi era seduta sul divano e stava leggendo un libro recuperato dalle sue valigie. Aveva i capelli sciolti e spettinati, come sempre quando non portava la sua fascetta. Gajiru era stravaccato con un braccio attorno alle spalle della maga e degli arnesi di metallo sulle dita della mano libera. Anzi, stava trasformando le dita in oggetti metallici. Lei era appoggiata a lui ed erano entrambi sotto ad una pesante coperta. Ma la cosa che sorprese il gatto più di tutto era che il ragazzo portava in testa, nel suo solito modo, la fascetta di Rebi.
Quando si accorse che si era svegliato, lei gli sorrise dolcemente, mentre Gajiru gli rivolse un secco cenno del capo. La ragazza chiuse il libro e andò a scaldargli il tè mentre Ririi lanciava uno sguardo eloquente al suo compagno. Aprendosi in un ghigno, Kurogane gli fece l’occhiolino. Fuori la bufera era finita, ma nemmeno il giorno dopo sarebbero potuti uscire.
Rebi dormì nel letto di Gajiru, stringendo Ririi, felice per una volta di non esser schiacciato dal suo nakama. Avrebbe voluto dormire lei sul divano, visto che ci stava anche meglio, ma il ragazzo si rifiutò.
Quando la mattina il sole filtrò timido dalla coltre di neve, un certo Dragon Slayer si svegliò intorpidito e dolorante per la scomodità del divano. Ma, trovandosi davanti il visetto dolce e sorridente di una certa maga, pensò che mai il risveglio era stato più dolce.
 
 
[1]: Jet e Droy
[2]: Gray
[3]: Levy
[4]: Mirajane
[5]: Lisanna
[6]: Lucy
[7]: Cana
[8]: Erza
[9]: Gajil
[10]: Lily
[11]: amico/i, compagno/i
[12]:Pantherlily
[13]: Laxus
[14]: gamberetto. Data la coincidenza fonetica fra il nome originale, Rebi, e la parola gamberetto, Ebi, ho pensato che fosse per questo che Gajiru la chiama gamberetto.
[15]: Drago Nero di Ferro
[16]: Torafusa



MaxBarbie's:
Non ci tengo troppo alle NdA, ma questa è d'obbligo essendo il primo capitolo. E il più lungo.
Volevo solo ribadire che uso i nomi originali, solo di persone però. Altrimenti sarebbe troppo complesso. Spero di non essere OOC.

È la prima cosa che scrivo in terza persona, perché se l'avessi fatto dal punto di vista di uno dei protagonisti, avrebbe perso senso secondo me. Volevo mettere in risalto i pensieri dei personaggi e i loro sentimenti lasciandoli esteriormente inalterati.
Be', spero che vi piaccia, apprezzo anche i lettori silenziosi, come lo sono io di solito, ciò quelli che leggono tutto ma non recensiscono.
Non so ogni quanto posterò, questo capitolo lugno l'ho scritto in tre giorni. Come ho già detto, gli altri capitoli sono più corti. 
Spero di non essere troppo noiosa visto che sono pignola e ci sono alcuni momenti morti nel capitolo.
Per ora o-yasumi nasai e doumo a chi legge e recensisce. 

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Capitolo 2
*** Parte tecnica: dialogo ***


Non disponibileParte tecnica: dialogo
 
Una mattina il team Shadow Gear insieme a Gajiru e Pansaa Ririi partirono per una missione. Erano in tanti, ma il lavoro da sbrigare era particolarmente arduo. Così, con un timido sole a illuminare i tetti bianchi di neve quasi sciolta, i cinque nakama si diressero alla stazione.
Il viaggio d'andata trascorse liscio e senza intoppi, ma Gajiru percepiva qualcosa di strano. E non era il suo solito attacco di chinetosi. Purtroppo, però, proprio a causa del male da trasporto, rimase sdraiato per tutto il viaggio con un panno bagnato sulla fronte e gli occhi chiusi. Jetto e Doroi ciarlavano senza sosta di cose futili, e ogni tanto anche Ririi partecipava alla conversazione. I suoi commenti brevi erano soprattutto dettati dall'educazione, giusto per non rimanere sempre zitto. I due membri maschi del team Shadow Gear, comunque, non ci facevano nemmeno caso. Non perché Ririi fosse indegno di attenzioni, ma perché per una volta potevano parlare di quello che volevano liberamente. Se Gajiru fosse stato cosciente, avrebbe preso qualsiasi frase come pretesto per fare a botte, mentre Rebi avrebbe detto qualcosa di intelligente attirando l'attenzione dei due ragazzi, che avrebbero litigato su chi aveva apprezzato di più il commento.
Però la ragazza quel giorno era assente e, seduta vicino al finestrino, accanto alla testa di Gajiru, guardava distrattamente il paesaggio verdeggiante scorrere a folle velocità. Pansaa Ririi fu l'unico a notare il suo strano atteggiamento, e si appuntò mentalmente di farne parola con il suo nakama.
 
La missione sarebbe dovuta durare una settimana, ma alla fine il gruppo se la cavò in meno di quattro giorni grazie all'astuzia di Rebi e alla forza combattiva di Gajiru. Purtroppo non furono giorni particolarmente divertenti. Di solito, in missione congiunta, Rebi riusciva a mantenere calmi gli animi pieni di testosterone dei suoi compagni, facendo risultare il lavoro piacevole e anche divertente. Però la ragazza non aveva che un quarto del brio della solita Rebi, quella che tutti conoscevano e amavano. Sembrava sofferente, malinconica e... afflitta. Quando Ririi e Gajiru si infilavano di nascosto in camera sua per stare un po' insieme, era la maga solare e brillante di sempre, sorridente e premurosa. Ma quando era con Jetto e Doroi, o in mezzo a tutto il gruppo, era spenta.
Il suo ragazzo se n'era accorto, non era mica cieco, ma non voleva affrontare l'argomento. Pensava che fosse una semplice antipatia; magari la sua compagna aveva finalmente aperto gli occhi sugli altri due individui. O forse stava attraversando una crisi femminile di sbalzi d'umore. E in quelle cose lui non voleva immischiarsi!
Pansaa Ririi, invece, non era d'accordo. Quella non era la solita Rebi, e sul suo volto traspariva la sofferenza abilmente celata. La loro nakama aveva qualcosa che non andava, ed era giusto che fosse il suo compagno a parlargliene. Del resto, lui doveva insegnare a quel cocciuto di un Dragon Slayer a gestire una relazione.
- No. Non ha nulla. Non vedi che è sempre la solita quando sta con noi? Sì, non ha niente – asserì fermamente Gajiru.
- Lo dici per convincere me o te stesso? – domandò il gatto fissandolo dal letto, le braccia incrociate sul petto.
- Lo dico perché è un dato di fatto. Le ho chiesto come sta, e mi ha risposto che sta bene. È  la mia relazione e me ne occupo io. Fine del discorso – sbottò acidamente il ragazzo sistemando i vestiti sporchi del lavoro. Era un maniaco dell’ordine e della pulizia. Tutti i Dragon Slayer sono esagerati: troppo o troppo poco, tutto o niente, perfezionisti dell’ordine o disordinati irrecuperabili…
- Va bene! – si arrese Ririi. – Posso almeno chiederti, in virtù di amico di Rebi, se ti è sembrata quantomeno sincera quando ti ha risposto?
A quella domanda Gajiru non seppe cosa ribattere. No, non le era sembrata sincera. Semmai il contrario.
Sbuffando, borbottò una risposta e si grattò la testa, fingendo di essere impegnato con i panni.
- Come, scusa? – ribadì il gatto, sorridendo trionfante.
Il ragazzo, confuso, si buttò sul letto facendo sobbalzare il suo compagno. – No, non era sincera.
- Perché non hai indagato oltre?
- Perché sono affaracci suoi!
- Posso farti notare che, oltre ad essere una tua nakama, è anche la tua ragazza? Sei doppiamente obbligato a scavare più a fondo in questa storia. Sempre che te ne freghi qualcosa, certo… Del resto, sei abbastanza incapace in tutto quello che concerne le relazioni umane, quindi non so come possa sentirsi la povera Rebi a dover stare con te e…
- Piantala, gatto! Non ti ho detto la verità per essere sgridato e insultato, ma perché mi aiuti! – esclamò Gajiru seppellendo la faccia nel letto per la vergogna.
Ririi strabuzzò gli occhi. Gli aveva davvero chiesto aiuto? Il testardo e inflessibile Kurogane aveva appena compiuto un gesto d’umiltà! Guardò fuori dalla finestra aspettandosi di vedere i suoi defunti genitori a cavallo di un unicorno che gli portavano un cesto di kiwi. Ma fuori era tutto calmo, come sempre, segno che forse non stava sognando.
Dopo alcuni istanti il ragazzo girò la testa per fissarlo e, notando un sorrisetto compiaciuto sul musetto del suo compagno, desiderò ardentemente ritirare quello che aveva detto. O prendere a pugni il letto, distruggendolo. Magari avrebbe fatto entrambe le cose.
- Ti decidi a toglierti quell’accidenti di un sorriso dalla faccia e cavarmi da questo casino?! – sbottò. La vita di coppia lo stava esaurendo. Troppe cose di cui occuparsi. Certo, interiormente faceva le fusa come un micetto quando Rebi gli faceva qualche coccola, e gongolava guardando la ragazza illuminarsi quando lo vedeva, come se lui avesse dato un senso alla sua giornata. Ma quella parte tecnica dei dialoghi era estenuante e incomprensibile.
- Io non ti cavo da un bel nulla, la relazione è tua e sono affaracci tuoi, o sbaglio? – ribatté Ririi ghignando. Amava avere ragione. E ce l’aveva sempre lui quando parlava con il Dragon Slayer.
Gajiru grugnì indispettito rendendosi conto che le sue stesse parole gli si erano ritorte contro. – Ma non so come fare! – si lamentò, piagnucolando.
- Ma che razza di uomo sei? Che ne hai fatto dell’Iron Dragon Slayer, il temibile e terrificante combattente d’acciaio? Sei proprio tu quello soprannominato Kurogane? Non mi sembra che tu stia facendo onore al tuo nome. Ora in piedi, smettila di fare la femminuccia e datti un tono! Risolvi la questione da vero uomo! – tuonò il gatto, spazientito.
- Servirebbe Elfman – borbottò a mezza voce Gajiru.
- Per prima cosa, perché non vuoi sapere che cosa succede a Rebi?
- Non lo so – rispose lui di getto, troppo velocemente per essere credibile.
- Sì che lo sai.
- No! – esclamò a denti stretti e pugni chiusi, pronti per attaccare.
- Non andiamo da nessuna parte se menti a te stesso! Stai parlando con me, ok? Dimmi perché non vuoi sapere che cos’ha.
- Perché ho paura! – gridò il ragazzo.
Due stanze più in là, immersa nella bollente vasca da bagno, a Rebi parve di sentire Gajiru urlare che aveva paura. Perplessa, rifletté qualche secondo. Aveva sentito bene? No, probabilmente era un qualche uomo isterico dalla voce profonda e tonante come quella del suo compagno. Scrollò le spalle mentre un sorrisetto le increspava le labbra: nemmeno Ririi poteva far ammettere al Dragon Slayer di aveva paura.
Intanto, nella camera dei ragazzi, il gatto in questione spalancò la bocca con tanto d’occhi, fissando il nakama. Aveva detto di avere paura? Con uno sforzo cercò di concentrarsi sulla situazione… leggermente complicata.
- Paura di cosa, scusa?
- Di… non capirla! Di non riuscire a confortarla! Sai che bello? Lei mi parla di quello che le passa per la testa e io la fisso senza capire. E mentre lei si aspetta una risposta, un commento, un parere, io faccio la figura dello scemo, venendo deriso.
- Ehm… - esordì Ririi grattandosi un orecchio peloso. La risposta ricevuta lo aveva spiazzato, non pensava che Gajiru si sentisse così inadatto. Dalle sue parole riusciva a cogliere un profondo rispetto per Rebi, che andava quasi oltre a quello provato per Ririi stesso. A lui poteva dire ciò che voleva, mentre con la sua ragazza aveva paura. Paura di non essere accettato, di non essere adeguato e… di non essere alla sua altezza, pronto per confortarla. In quel momento gli fece una grande tenerezza. Il suo bisbetico e burbero Dragon Slayer stava lasciando venire a galla emozioni umane. Era orgoglioso di lui.
Invitandolo a sedersi sul letto, proseguì: - Sai, non credo che Rebi ti deriderebbe. Semmai ti apprezzerebbe per il tuo interesse.
- Sì, ma lei ha anche bisogno di appoggio. Se io non posso aiutarla, lei smetterà di confidarsi con me e chiederà a qualcun altro. Potrebbe trovare un ragazzo più intelligente di me, che la capisca e le sappia dare dei consigli.
- Devi darle più fiducia, Gajiru. Rebi non ti lascerebbe mai per simili sciocchezze. E non cercherebbe aiuti da altri uomini. I suoi problemi non possono essere tanto difficili da non capirli! Hai solo paura di ciò che ti aspetta, perché è la prima volta che ti cimenti in una relazione. Non è tutto facile, bisogna imparare. E tu temi di non essere al suo livello, degno di lei. Lascia che ti sveli un segreto: le ragazze più intelligenti si scelgono gli uomini migliori. Rebi è brillante, al di sopra della media. Vuol dire che ti considera speciale se è arrivata al punto di mettersi con te. Vai a parlarle. E, se proprio non capisci i suoi “problemi da donne”, spiegale quello che provi. Accrescerà la sua stima nei tuoi confronti.
Riflettendo, Gajiru domandò: - Dici?
- Sì, fidati. Quando mai mi sono sbagliato? La vuoi far decollare questa storia d’amore o preferisci lasciarla al primo punto, “imbarazzo da novellino”?
- Va bene, ho capito – farfugliò il ragazzo, risentito.
Prese un respiro profondo e indugiò davanti alla porta. Per tre minuti. Mano sulla maniglia e sopracciglia aggrottate.
Spazientito, Pansaa Ririi si trasformò nella sua forma originale, quella gigante di Edolas, e spinse brutalmente fuori il ragazzo, che incespicò nel corridoio.
Con uno sguardo determinato ma duro, andò a bussare alla porta della sua ragazza.
- Arrivo! – gridò lei, la voce attutita dal muro. Poi aprì. – Ehi, Gajiru! Che faccia, va tutto bene?
Appena lo vide la ragazza si aprì un sorrisone, che però lasciò spazio alla preoccupazione non appena si sentì travolgere dall’aura negativa emanata dal compagno.
Ecco, l’aveva spaventata. Ma la tensione e il nervosismo che provava gli impedivano anche di ghignare. E il fatto che lei fosse avvolta in un asciugamano, seminuda e con i capelli bagnati che stillavano goccioline che percorrevano tutto il suo corpo… be’, non lo aiutava di certo!
- Ma sei impazzita, aprire così la porta senza nemmeno chiedere chi è? E se fosse stato un malintenzionato? Non farlo mai più! – la aggredì, entrando. Gli dava fastidio immaginare qualcun altro che la vedeva in quelle condizioni.
Mentre lui si dirigeva verso il letto cercando di non guardarla, Rebi gonfiò le guance e divenne rossa dall’irritazione. – Sei venuto qui per cosa esattamente? Per sgridarmi? Non sono una bambina Gajiru, so bene che cosa non è il caso di fare.
Il ragazzo grugnì, guardando a terra.
Rebi incrociò le braccia e gli domandò ancora: - Che cosa sei venuto a fare?
- A… ehm… volevo sapere come stai – balbettò il ragazzo, sempre evitando i suoi occhi.
- Ti ho detto che sto bene. Me lo chiedi sempre! – rispose la ragazza, questa volta con un velo di malinconia negli occhi e un po’ di irritazione in meno.
Finalmente Gajiru alzò la testa e la fissò: - Non mi pare, Rebi. E vorrei sinceramente sapere cosa ti succede, per aiutarti. Siamo una coppia, no?
L’ultima frase, un po’ farfugliata, raggiunse il cuore della ragazza, scaldandola. Con gli occhi lucenti di gioia, rispose: - Vado a cambiarmi, aspettami.
Sparì nel bagno, lasciando il ragazzo a chiedersi perché si stava vestendo. Non era meglio andare in giro così? Tanto c’erano solo loro due in camera… No, meglio se si vestiva, indubbiamente. Gajiru arrossì al pensiero, così si concentrò sulla stanza. Sulla stanza-armadio, a dire il vero. La ragazza era una grande disordinata, l’opposto di Gajiru. Aveva abiti sparsi ovunque, e i libri non erano da meno. Se n’era portati via sette o otto, ed erano accatastati dove capitava. Uno era addirittura in mezzo ad una gonna! Scosse la testa, basito da quel disastro.
- Eccomi -  annunciò allora Rebi uscendo dal bagno, vestita di tutto punto. Si inginocchiò sul letto e fissò il suo ospite. – Dicevamo?
- Perché sembri la versione depressa della mia ragazza?
- Ehi! – esclamò lei, ferita.
- Ehm… troppo brusco, vero? Be’, hai capito cosa intendevo – borbottò lui, dispiaciuto per la sua mancanza di tatto.
- Be’… mi sento in colpa. Per Jetto e Doroi – rivelò finalmente abbassando lo sguardo.
Ora l’attenzione del Dragon Slayer era tutta su di lei. Che cosa c’entravano quei due? Non erano andati in missione con loro proprio per non abbandonarli? Girandosi verso di lei, Gajiru la invitò con lo sguardo a proseguire.
- Non ho mai mentito loro. E, alla fine, questa missione è una gigantesca menzogna.
Il ragazzo si grattò la testa, confuso. – Perché stai mentendo?
- Riguardo a noi due… - sussurrò Rebi, senza guardarlo.
- Hai detto che non stiamo insieme?
- No. Non ho detto nulla, il che è anche peggio.
- Non capisco come farsi gli affari propri e proteggere la propria privacy sia peggio di mentire a degli amici.
La ragazza sospirò. – Siamo sempre stati molto uniti, loro non mi hanno mai nascosto nulla. Mi hanno rivelato sempre i loro segreti, i loro pensieri. Mi sento un po’ in colpa a non poterlo fare pure io – confessò abbattuta.
Gajiru, un po’ a disagio e, diciamocelo, inesperto, voleva confortala attraverso il contatto fisico, visto che non era bravo con le parole. Ma aveva paura che lei fraintendesse. Rassegnato, cercò di aiutarla come meglio poteva. – Secondo me non ti devi sentire in colpa. Tu hai la tua vita e le tue relazioni, loro hanno le loro. Mettiamola in questo modo: sei all’inizio della tua storia con me, e vuoi vedere come si evolve. Non sei pronta per rivelare nulla perché è una cosa molto importante. Hai paura di affrettare le cose raccontandoglielo. Nemmeno io parlo con Ririi di tutto quello che mi passa per la testa, eppure lui è… l’individuo che mi è più vicino.
Rebi rimase in silenzio a riflettere sulle sue parole. Il ragazzo era davvero un chiacchierone quando voleva, e diceva anche cose sensate.
Gajiru interpretò male il silenzio. – Certo, se vuoi dirglielo è tua la scelta, ma io preferirei aspettare. Si lascerebbero di sicuro scappare qualcosa alla gilda, e lì ci sono mille orecchie sempre in ascolto. Però lascio a te la decisione. La rispetterò e l’appoggerò.
La ragazza sapeva quanto gli costava tutto quello. Se lei avesse veramente detto a Jetto e Doroi come stavano le cose, il suo ragazzo avrebbe accettato la cosa, ma non sarebbe stato felice. E lei desiderava che lo fosse. Stava facendo molto per lei, si meritava quel piccolo sacrificio. E, in fondo, aveva anche ragione. Tacere la loro relazione non equivaleva a mentire. Significava semplicemente che stava iniziando una nuova vita; sarebbe stata più vicina ad una persona e un po’ più lontana dalle altre. Era così che le cose dovevano andare. Non c’era nulla di sbagliato.
Rasserenata, Rebi gli sorrise, grata, e in quel sorriso  Gajiru ritrovò la sua ragazza. La Rebi di sempre.
- Grazie, Gajiru – disse dolcemente, sporgendosi per lasciargli un morbido bacio sulla guancia. – Sei un fidanzato perfetto. E molto maturo, stranamente! Dovrei imparare da te.
Gajiru rispose con un mormorio, prima di aprirsi in un ghigno. Magari avrebbe ringraziato il gatto. Poi si alzò e si diresse verso la porta, chiamando Rebi con un cenno del capo. Era ora di cena.
La ragazza scese dal letto e, dopo essersi messa le scarpe, gli passò davanti per andare alla porta. Improvvisamente sentì sulla nuca una presa gentile e ferma allo stesso tempo, e si ritrovò premuta contro il petto del suo compagno. Arrossì senza che lui lo notasse. Era passato relativamente poco tempo da quando si erano messi insieme, e il compagno faceva ancora fatica a toccarla per paura di farle male in qualche modo. O temendo di essere rifiutato. Perciò, lo stupore di Rebi, nel ritrovarsi stretta a lui, era giustificatissimo.
- La prossima volta parlamene. Le cose si risolvono meglio in due. E, se non è possibile sistemarle, almeno hai un altro punto di vista, o qualcuno con cui dividere il carico – disse con voce dura e profonda, guardando dritto davanti a sé.
Dopo un attimo di smarrimento, Rebi lo strinse a sé respirando per la prima volta il suo profumo mascolino.
- Hai la mia parola – promise allora, rendendosi conto che, stranamente, era Gajiru quello che si stava impegnando di più nella loro relazione.
Perché l’amore cambia il cuore delle persone.
L’amore rende migliori.
L’amore permette a due persone di diventare una sola cosa. Di diventare esattamente ciò di cui l’altro ha bisogno.
Una protezione per Rebi. Una certezza per Gajiru.



MaxBarbie's:
Rieccomi! Non so se ve l'aveva detto, mi pare di sì, ma le NdA alla fine non volevo metterle. Però oggi le metto^^
Di solito sono indecisa perché mettere questi commenti mi sembra arrogante. Insomma, a chi interessa sapere cosa ho da dire? Però mi sembra da arrogante anche non metterle. Come se considerassi perfetta la mia ff e non ci fosse il bisogno di commentarla...
Va be', ciancio alle bande, la ff non è perfetta e può piacere come no. Se piace sono felice, se non piace, eh... sbagliando s'impara^^
In particolare sto scrivendo non per commentare il capitolo, quello lo lascio fare a voi se ne avete voglia, ma per ringraziare tutte le numerosissime che hanno messo La nostra vita insieme fra le preferite *-* Pensavo che non l'avrebbe fatto nessuno. Quindi, grazie mille a:
_Bloody Summer
_Bluesan
_C63
_Celty23
_Daiyaneko_chan... ;-* Grazie imouto
_debby san princ
_Tenny_93
_Vonlyonelove
Ringrazio chi l'ha messa fra le seguite , cioè:
_felpy
_Girl Pumpkin
_LadyAstral
_Bluesan già citata^^
_Celty23 già citata^^
_Vonlyonelove già citata^^
_debby san princ già citata^^
Grazie mille a tutti in ogni caso, mi permettete di continuare a scrivere anche quando la voglia è poca^^ Scusate gli errori di grammatica e/o battitura qualora mi fossero sfuggiti
Ultima cosa ma non ultima, un grazie a chi non l'ha messa fra le preferite perché non sa come fare (ogni riferimento è puramente casuale piccola EbiBeatoriche).
Viva le pannocchie acide!
A presto,
MaxBarbie


 

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Capitolo 3
*** Promessa ***


Non disponibilePromessa
[Dedicato ad EbiBeatrizP. Auguro a tutti di incontrare qualcuno di speciale come lei. E di diventare importanti per un'altra persona quanto lei lo è per me]

L'aveva abbandonata. Da cinque lunghissimi e intollerabili giorni, Rebi era senza Gajiru. Ma la ragazza non soffriva per la mancanza del compagno. Certo, desiderava sentirlo sempre vicino, ma la rabbia e l'irritazione in parte soffocavano questo dolore.
Gajiru se n'era andato senza dirle nulla! Lei non era a conoscenza del luogo dov'era, con chi, per fare cosa. Non aveva la minima idea del giorno del suo ritorno. E, peggio di tutto, non sapeva se sarebbe tornato. La loro storia procedeva spedita e senza intoppi. Mancavano due giorni alla data del loro primo mese insieme e, anche se non conoscevano ancora tutto l'uno dell'altra, per lo meno iniziavano a capirsi.
Poi, di punto in bianco, lui decideva di non lasciare tracce e scappare! Alla gilda nessuno lo aveva visto prendere delle missioni in particolare, quindi non era partito per lavoro. E Rebi sapeva che non aveva abbandonato Fairy Tail alla ricerca di qualcosa... di più. No, lei conosceva quella parte di lui. Gajiru non avrebbe più cambiato gilda, perché aveva trovato casa sua in quella attuale.
Rimaneva l'ultima ipotesi allora: che l'avesse lasciata. Senza dirle nulla. La ragazza era convinta che non fosse un codardo. Anche se spiacevole come cosa, le avrebbe annunciato a voce e di persona che voleva rompere. E poi non sembrava stanco o irritato dalla situazione. Non appariva deluso da quella nuova avventura di coppia. In quelle poche settimane si era interessato sempre di più a lei, chiedendole cosa le piacesse fare e perché, le cose che odiava, quelle che la infastidivano e dei pareri sugli argomenti più vari. Voleva conoscere tutto di lei, anche le cose più insignificanti.
- Perché sono il tuo unico ragazzo. È giusto che io cominci a capirti meglio di come conosco me stesso. E poi sei intrigante - aveva spiegato quando Rebi lo aveva guardato perplessa di fronte all'ennesima domanda senza senso.
Allora perché, perché, perché l'aveva piantata in asso e si era dato alla macchia?
Rebi strinse a sé il cuscino del letto, artigliandolo così ferocemente da rischiare di scucirlo. Poi se lo premette sulla faccia per seppellirvi il viso, urlando come per liberarsi di tutta la tensione nervosa accumulata. Era così scioccata da quella situazione da non riuscire nemmeno a leggere. Aveva rinunciato dopo aver riletto quattro volte la stessa frase, senza ricavarne alcun senso. Se glielo avessero chiesto, non avrebbe saputo dire che cosa aveva capito. Il libro giaceva sul letto davanti ai suoi piedi, abbandonato e aperto nel punto in cui la proprietaria si era interrotta.
Nemmeno un bagno caldo era riuscito a risollevarle il morale, e una serata fra amiche glielo aveva addirittura peggiorato, accrescendo in lei il senso di vuota solitudine dovuto alla mancanza di lui.
Rintanata sotto le coperte, la dolce e indifesa Rebi pianse amaramente. Per essere stata abbandonata. Per la ragione sconosciuta di quella partenza. Perché l'unica persona che voleva vicino in quel momento era la causa del suo dolore.
Pianse perché amava Gajiru. E il suo amore l'aveva buttata in un abisso nero e straziante.
 
- Sicuro di stare facendo la cosa giusta? - domandò Ririi, percorso da un brivido.
Stava lentamente arrivando la primavera, ma l’aria era ancora così fresca e frizzante da pizzicare la pelle e… il pelo.
- Smettila di chiedermelo, mi mandi in paranoia. Sai che lo sto facendo per lei – grugnì Gajiru, camminando al suo fianco.
Era di pessimo umore da quando aveva abbandonato Magnolia senza dire niente. Nessuno sapeva dov’era andato. O qual era il suo scopo.
- Lo so. Ma tu la conosci. In questo momento sarà preoccupatissima. Spero che non faccia qualche idiozia come venire a cercarti – confessò il gatto, preoccupato.
- Non ci tiene così tanto a me.
Pansaa Ririi, stremato dalla situazione in cui il suo compagno l’aveva ficcato, non esitò un secondo a trasformarsi nella forma di Edolas e tirare un manrovescio dritto sullo stomaco di Gajiru. Colto alla sprovvista, lui assorbì tutto il colpo, gemendo e trattenendo il respiro. Quando si fu ripreso, fissò con rabbia l’exceed, continuando a premersi l’addome.
- Sappi che non ricambio il gesto solo perché il mio obiettivo in questo momento è più importante. Ma vedrai cosa ti succederà durante il prossimo allenamento, gattaccio! -  sibilò a denti stretti.
Gajiru aveva incassato un pugno micidiale senza contrattaccare. Non aveva risposto alla violenza perché teneva di più a ciò che doveva fare. Forse era veramente importante il suo scopo, dato che per conseguirlo non solo aveva rinunciato ad una lotta, ma era addirittura passato sopra ad un attacco diretto.
La verità era che il dolore causato dalla botta lo distraeva dal pensiero fisso di lei. Concentrandosi su quel pulsare sordo che gli rimbombava nelle orecchie, la sua mancanza veniva accantonata, impedendogli di impazzire e diventare più nervoso di quel che era. Mille preoccupazioni lo assalivano: che Rebi non capisse ciò che lui stava facendo, che non lo perdonasse, che volesse lasciarlo e non avere più contatti con lui. Gajiru impazziva al solo pensiero. Stava facendo tutto per lei. Doveva convincersi che ne sarebbe stata felice.
Il ragazzo poteva comprendere anche le ragioni di Ririi, e non lo biasimava per quel gesto: lo aveva svegliato cinque giorni prima a notte inoltrata intimandogli di fare le valigie. Lo aveva trascinato di peso fuori di casa ed erano andati in stazione per dirigersi lontano da Magnolia. Non sapeva nemmeno in che città si trovavano, perché durante il viaggio aveva dormito e il suo compagno non gli aveva detto dov’erano. Come non si era degnato di spiegargli cosa ci facevano in quella città, al freddo, dopo aver finito da un giorno e mezzo la missione! Quando si era reso conto che il suo nakama non stava andando a prendere il treno del ritorno, lo aveva guardato confuso e gli aveva domandato dove stavano andando.
- A svolgere un’altra missione – aveva risposto evasivo, senza guardarlo. – Per Rebi.
Con il senno di poi, Ririi si era chiesto più volte se in realtà Gajiru non stesse scappando. Da chi, non lo sapeva nemmeno lui. L’unica cosa che contava era che lui non abbandonasse Rebi. Ma, quando aveva visto che si stavano allontanando sempre di più, il terrore aveva iniziato a stringergli il cuore in una morsa. E quella paura si era tramutata in collera davanti alla freddezza del ragazzo, che sembrava non curarsi minimamente della compagna che aveva lasciato a casa. Tollerava qualsiasi cosa di Gajiru, ma non sarebbe mai passato sopra all’abbandono dell’unica ragazza che si era innamorata di lui al punto sopportare ogni suo difetto. Probabilmente l’unica che lo avrebbe mai amato.
Beccandosi un’ulteriore occhiata torva e collerica di Gajiru, i due compagni continuarono il loro viaggio in silenzio, nel loro timore.
La verità era che il Dragon Slayer si vergognava terribilmente  a rivelare a Ririi qual era il vero obiettivo di quel viaggio. Il gatto ne avrebbe apprezzato lo scopo, ma avrebbe anche visto il suo lato tenero. Era tremendamente imbarazzante. Poi, sicuramente lo avrebbe criticato per il modo in cui aveva organizzato il tutto. E non a torto. Ma Gajiru non ne voleva sapere di uno scontro ideologico con l’exceed, per il semplice motivo che quest’ultimo ne usciva sempre trionfante, mentre lui doveva ammettere di aver sbagliato. Per una volta voleva sbagliare e fare le cose a modo suo. Alla fine avrebbe accettato le conseguenze delle sue azioni.
Accelerò il passo, gemendo di rassegnazione quando il dolore all’addome si attenuò fino a scomparire. Doveva sbrigarsi per riuscir a tornare a casa in tempo e non pensare a Rebi e al suo viso triste. E al fatto che la colpa di tutto era sua.
 
La mattina dopo Rebi si svegliò con gli occhi rossi e gonfi. Aveva pianto anche nel dormiveglia e il suo sonno era stato leggero e agitato. Aveva i sensi tesi per cogliere i rumori provenienti dalla finestra nel caso in cui lui, tornando, fosse andato a trovarla.
Ma non era arrivato. Sconfortata, la giovane voleva semplicemente dormire tutto il giorno e nascondere quell’aria distrutta. Se fosse andata alla gilda le avrebbero fatto domande e magari avrebbero capito cos’era successo fra lei e Gajiru. Magari lui si sarebbe arrabbiato visto che ancora non voleva dirlo a nessuno. Forse… Ma che senso aveva? Che traessero pure le loro conclusioni! Tanto lui se n’era andato e lei era rimasta lì, sola, a disperarsi. Quel farabutto era stato un vero codardo, un vigliacco, e Rebi avrebbe tanto desiderato odiarlo.
Solo che non ci riusciva. Lo amava, lo amava davvero. Era troppo intelligente per mentire a sé stessa. Gajiru era stato il suo primo ragazzo, e fino a pochi giorni prima era convinta che sarebbe stato anche l’unico.
Rebi rimase a letto parecchio tempo sperando di riaddormentarsi, ottenendo come unico risultato delle coperte aggrovigliate e un materasso obliquo. Non trovava pace e non faceva altro che muoversi. Sbuffando, sdraiata prona con la testa ciondolante fuori dal letto, fu colpita da un pensiero folgorante: Gajiru, tornando, sarebbe andato subito alla gilda!
Alzò la testa di scatto e cercò di catapultarsi giù dal letto, cadendo per terra sopra ad un mucchietto di libri… in copertina rigida. Affannata, chiese scusa ai libri e cercò di sistemarli, correndo poi subito in bagno. Si lavò velocemente mentre faceva degli impacchi freddi sugli occhi.
Meno di un’ora dopo Rebi era sulla porta di Fairy Tail, occhi sgonfi e leggermente rossi, aria fresca. Non salutò nessuno e si diresse subito correndo al piano superiore, dove di solito lui preferiva appostarsi. Ignorò volontariamente i saluti di Lucy e continuò a correre per la gilda. Dopo alcuni minuti di ricerca minuziosa sotto ai tavoli e in mezzo a due o tre baruffe, Rebi si diresse al bancone del bar dove tre paia di occhi strabuzzati la fissavano.
- Ehm… tutto bene Rebi? – domandò Mirajane ignorando gli urli di Kana che reclamava alcol.
La ragazza si stampò in faccia un sorriso finto, che servì solo a stupire ulteriormente tre giovani. – Certo. Perché?
- Perché sei entrata correndo, hai fatto il giro della gilda senza guardare nessuno e si ti sei buttata nel bel mezzo di tre risse intimando ai ragazzi di bloccarsi. Li hai fissati tutti e poi te ne sei andata… - chiarì Mirajane, suonando ridicola alle sue stesse orecchie.
- Ah sì. Stavo, ehm, cercando… la mia fascetta per capelli! Ne ho persa una. Quella… arancione con il fiore rosso. L’avete vista?
Lucy la fissava ammutolita, chiedendosi cosa diamine stava succedendo.
- Ce l’hai in testa, Rebi – la informò Lisanna.
Toccandosi la nuca, la maga si rese conto di aver peggiorato la situazione. – Ah-ah, visto che le cose si risolvono meglio quando si è in tanti? – ridacchiò istericamente, poco convinta.
- È quasi ora di pranzo, come mai sei arrivata ora? Di solito sei sempre la prima ad entrare! – chiese Lucy quando ritrovò l’uso della parola.
- Non ho dormito molto bene… - si giustificò lei bevendo la spremuta portale da Mirajane.
- Per questo hai gli occhi rossi? – indagò Lisanna.
- Sì, esatto -. Poi, guardandosi attorno fingendo noncuranza, disse: - La gilda comunque è piena oggi. Sono tornati in molti dalle missioni?
- Abbastanza – rispose Lucy osservandola attentamente per cogliere qualsiasi atteggiamento strano dell’amica.
- Chi? – chiese Rebi, impaziente.
- Ah, be’, non li ricordo mica tutti! – esclamò la nakama.
- Certo hai ragione. Bene io… vado… lì! A dopo – salutò, desiderosa di fuggire da quegli occhi indagatori.
Le tre ragazze si scambiarono delle occhiate attonite, scrollando le spalle.
 
Il Master Makarov si era reso conto che qualcosa non andava. Da quando Gajiru era sparito, Rebi aveva perso il luccichio che di solito abitava i suoi occhi, e che si era incrementato da un mese a quella parte. Anche se vecchio, il padre della gilda era ancora sveglio e brillante, e capiva subito quando uno dei suoi figlioli soffriva, era sincero o… si innamorava. Innamoravano, in questo caso.
La dolce Rebi era rimasta isolata tutto il giorno fingendo di leggere un libro. Girava le pagine a caso, alcune dopo trenta secondi, altre dopo cinque minuti. Ma lo sguardo rimaneva fisso sulla pagina, senza vederla.
Sospirando, Makarov la raggiunse nel tardo pomeriggio. – Buonasera Rebi.
- Oh, Master! Non l’ho sentita arrivare – esclamò la giovane, sussultando.
- Non ti preoccupare. Non volevo nemmeno disturbarti, fra poco ti lascio nuovamente al tuo libro – disse sorridente.
Lei rispose al suo sorriso, ma con poca convinzione, e a Makarov non sfuggì il lampo di tristezza che balenò nei suoi occhi.
- Non… non fa niente, non è un disturbo.
- Ho un compito da assegnarti – annunciò allora il Master.
- Che genere di compito? – domandò Rebi, incuriosita suo malgrado.
Sorridendo soddisfatto, il Master spiegò: - Domani dovrai riordinare la biblioteca di Fairy Tail. Dopo la ristrutturazione non abbiamo mai avuto il tempo per farlo, perché serve qualcuno che conosca i libri e li cataloghi. Quando ho accennato la questione ai ragazzi, se la sono svignata tutti. Puoi farmi questo favore? In cambio potrai tenere tutti i libri che vorrai.
Gli occhi della giovane scintillarono. Avere la testa troppo incasinata per riuscire a concentrarsi sulla lettura non significava perdere la passione. E l’idea di passare un’intera giornata con i libri, a catalogare, sfogliare, sistemare, in completo silenzio e solitudine, fece brillare gli occhi di Rebi.
Makarov era soddisfatto. Salutò la giovane maga e si diresse al bancone, ad occupare il solito posto. Gambe e braccia incrociate, il suo sorriso si spense quando vide che Natsu aveva incendiato un tavolo.
Perché non erano tutti pacifici come Rebi?
 
La ragazza rimase alla gilda finché anche gli ultimi due maghi uscirono. Depressa, si diresse verso Fairy Hills insieme a Lucy, che la voleva aspettare, ed Erza, che non si fidava di lasciarle sole di notte.
Lucy voleva parlare con Rebi per cercare di capire cosa l’affliggeva, ma per fortuna la più grande era in vena di chiacchiere futili riguardo ad armature e proposte indecenti, così la ragazza non fu costretta a mentire. Giunta in camera, si buttò sul letto di peso, si spogliò in fretta e si mise a dormire direttamente. Era troppo stanca per pensare a qualsiasi cosa, e rimuginare su Gajiru le aveva prosciugato le forze al punto da non aver nemmeno la voglia di piangere. Un oblio ristoratore la colse immediatamente, e la ragazza dormì un tranquillo sonno senza sogni.
 
La mattina successiva Rebi si alzò decisamente depressa. Era il suo primo mesiversario e lei doveva passarlo da sola. Per la prima volta in vita sua avrebbe accantonato volentieri i libri pur di passare una giornata con una persona in particolare. Sforzandosi di non piangere (chissà perché, ma piangiamo proprio quando siamo pieni di forze), Rebi si lavò, si preparò, e arrivò alla gilda di buonora, come faceva abitualmente. Aveva lo stomaco chiuso, quindi non fece colazione. Purtroppo, per lo stesso motivo, non mangiava da due giorni. Ora capiva come mai chi era innamorato dimagriva! Finché si soffre per amore non si ha fame nemmeno davanti ad un dolce al cioccolato. Per lo meno, per Rebi era così.
Salutando educatamente tutti, questa volta, la ragazza si diresse subito in biblioteca. C’erano libri accatastati ovunque, senza un ordine preciso; scatoloni zeppi di manuali aspettavano di essere svuotati e sistemati. Sospirando, prese un blocco per fare l’inventario dei libri e catalogarli in base a genere, autore e fascia d’età. Sarebbe stato un lungo lavoro, ma almeno le permetteva di tenere la mente occupata e concentrata su qualcosa che non fosse… lui.
Aveva iniziato il lavoro da un po’ e finalmente si era tranquillizzata, quando sentì la sua voce fuori dalla finestra. Il blocco e la penna le caddero di mano. Corse subito a vedere, ma per strada vide solo dei pigri cittadini che si accingevano a svolgere i loro compiti quotidiani. Senza rendersene conto, Rebi sentì qualcosa di caldo scorrerle sulle guance. Maledicendo sé stessa pianse un pochino, giusto per non diventare un agglomerato di isterismo e negatività ambulante. Quando si fu calmata, ricominciò seriamente il lavoro.
Da ragazza sveglia qual era, si rese conto che era impossibile non pensare a Gajiru. Quindi era meglio lasciar vagare la mente senza limitazioni, mentre il suo corpo tirava meccanicamente fuori dagli scatoloni i volumi e li sistemava secondo un ordine preciso sugli scaffali delle librerie. Si ritrovò a pensare a mille modi per accoglierlo, quando lo avrebbe rivisto. Corrergli incontro per abbracciarlo era escluso a priori. Aveva una dignità, per cui non lo avrebbe mai e poi mai fatto. Andargli incontro di corsa per prenderlo a pugni era già più accettabile, ma avrebbe finito per farsi male colpendo il suo corpo di ferro. Avrebbe fatto una figuraccia. Meglio evitare. Ignorarlo completamente era la cosa che più la allettava. Ripagarlo con la sua stessa moneta, più o meno. Se lui poteva sparire senza dirle nulla per chissà quanto tempo, lei poteva fingere che non esistesse. La parte più curiosa del suo cervello, invece, avrebbe voluto guardarlo seriamente, con uno sguardo impenetrabile e un volto impassibile, chiedendogli cosa avesse fatto. Sarebbe stata superiore e avrebbe dimostrato un interesse minimo alle sue parole, per poi allontanarsi in silenzio. Magari lo avrebbe preso a pugni, interrogato e poi ignorato. O avrebbe fatto tutte e tre le cose contemporaneamente.
No, aspetta. Non potevano essere fatte nello stesso momento. Rebi scosse la testa, cercando di recuperare un po’ di lucidità. Le girava la testa. Quando il capogiro passò, decise di dedicarsi anima e corpo alla catalogazione dei libri. Tanto non lo avrebbe visto per chissà quanto, c’era tempo per pensare a come affrontare quel momento. Si diresse nell’angolo più lontano della biblioteca immensa, distante dall’entrata. Così, assorta nel lavoro, non si rese conto che qualcuno era entrato. Aveva il passo pesante e avanzò per la biblioteca con fare deciso. Rebi se ne rese conto quando era già vicino a lei. Ma non vide nessuno.
- C’è qualcuno? – urlò.
Non ottenendo risposta, tornò al lavoro. Al massimo era qualche membro della gilda.
Poi sentì di nuovo quei passi provenire dalla libreria alle sue spalle.
Si girò e urlò per lo spavento.
- Ehi, Rebi! – gridò Lucy. – Ti prego, lo so che non mi sono truccata e sono spaventosa, ma sei fai così mi offendo pure io!
Con il cuore che batteva a mille, Rebi la fissò. Per un attimo aveva sperato… niente. Non dove sperare proprio un bel nulla!
- Lucy, scusami! Io ero qui da sola e non mi aspettavo visite. Poi non ho più sentito i tuoi passi e… - cercò di spiegarsi.
- Tranquilla, scherzavo! Non ti preoccupare. Sono solo venuta a darti questi, non sapevo dove lasciarli. Il Master ha detto che sono appena stati stampati e sono arrivati giusto oggi.
Solo allora Rebi si accorse che Lucy stava portando uno scatolone dall’aria pesante insieme a Plue che… be’, più che aiutarla, la stava appesantendo. Si era arrampicato ed era rimasto appiccicato allo scotch. Aiutandosi a vicenda, le ragazze appoggiarono per terra il bottino e liberarono il cagnetto.
- Resterei volentieri ad aiutarti, ma Erza mi ha detto, giusto per informazione, di aver voglia di torta alle fragole e panna. Mi sa che devo preparargliela perché quando mi ha informata di questo suo desiderio aveva una furia omicida negli occhi e mi ha stretto il braccio con troppo trasporto. Non vorrei che mangiasse me al posto della torta! – spiegò congedandosi.
Rebi riuscì a sorriderle. Una cosina piccolina, ma almeno era dolce come quelli che faceva di solito. Quando sentì i passi di Lucy e Plue perdersi in lontananza, si chinò e aprì lo scatolone. Inutile dire che si emozionò moltissimo nel vedere tutti quei libri nuovi che profumavano di carta e inchiostro freschi. Li avrebbe letti tutti prima di catalogarli. Il Master glielo doveva.
La ragazza non aveva sentito la porta chiudersi all’uscita di Lucy, così quando avvertì una presenza alle sue spalle pensò che la nakama fosse tornata indietro perché si era dimenticata qualcosa. O per chiamarla a cena visto che ormai era sera. La giornata era volata.
La loro giornata.
Sospirando, si avvicinò alla pila di libri che stava riordinando, sentendosi osservata. Poi, improvvisamente, si rese conto che c’era davvero qualcuno alle sue spalle. Si girò di scatto, lasciando i libri dov’erano, spaventata. E del tutto impreparata per quella visita.
Gajiru, vestito da tempo libero, la stava fissando. Era vicino al muro, immobile. Rebi era ammutolita. Il suo cervello stava febbrilmente cercando di decidere cosa fare, capire quale delle opzioni esaminate fosse la più adeguata. Aveva bisogno di più tempo per scegliere!
- …Ciao – salutò Gajiru facendole un cenno con la mano. Dal viso traspariva l’imbarazzo, ma la voce era morbida e dolce come non l’aveva mai sentita, e anche gli occhi non avevano il solito sguardo severo.
Il corpo della ragazza si mosse da solo. Rebi si buttò a capofitto verso di lui, aggrappandosi al suo collo come ad un ancora di salvezza, tirandogli nella foga anche i capelli. Ma il ragazzo non ci fece caso. Era troppo impegnato a sostenere lei e sé stesso, dato che lo slancio lo aveva fatto barcollare. Si appoggiò al muro con la mano sinistra e con la destra strinse forte la vita della compagna, che sembrava essersi incollata a lui. Ogni parte del suo corpo aveva trovato il suo posto in quello di lui, come se fossero stati due pezzi di puzzle.
Ancora prima di stringerlo e toccarlo, la bocca di Rebi aveva trovato quella di Gajiru. E non era stato un bacio normale, di quelli tranquilli e timidi che si davano solitamente. No, la ragazza non necessitava di quelli in quel  momento. Dopo una settimana di lontananza e mancanza di un qualsiasi tipo di contatto, voleva solo assaporare il gusto metallico delle labbra del suo compagno come non aveva mai fatto. Le sentiva morbide e decise, audaci per la prima volta in un mese. Forse perché anche lui aveva sentito tremendamente la sua mancanza. O magari perché era la ragazza a spronarlo affinché le desse di più.
Si baciarono sul serio per la prima volta, approfondendo quel contatto tanto passionale da incendiare l’animo di Gajiru e rinvigorire la stremata Rebi, scaldandola, facendola sentire finalmente a casa. Non ebbero riserve, e sulle loro bocche sentirono letteralmente il sapore della paura, del dolore, della tristezza e della stanchezza di quell’orribile settimana. Ma non era un bacio dettato dalla smania di scacciare quelle oppressive sensazioni. Era motivato proprio da quello. Volevano dimostrarsi a vicenda quanto avevano sofferto l’uno lontana dall’altra, e come tutto si fosse risolto tornando vicini. I loro respiri erano ben presto diventati affannosi, i loro corpi bollenti.
E rimase solo l’amore, che aveva un gusto dolce come il miele, e aveva reso il loro disperato bacio un qualcosa di speciale. La passione bruciava ardente come prima, ma ora i due compagni potevano finalmente cogliere ogni piccola sensazione, ogni dettaglio dei loro tocchi. Erano rimasti immobili nelle loro posizioni per paura di distogliere l’attenzione da quel profondo contatto, perdendosi qualcosa. Il tempo sembrava essersi fermato.
Dopo minuti interminabili e brevissimi al contempo, la mancanza d’aria cominciò a farsi sentire prepotentemente. Guardandosi negli occhi, i due si allontanarono, anche se di poco. Rebi si rese conto di aver mandato a farsi benedire il suo piano per mantenere la dignità intatta nel momento stesso in cui lo aveva visto. Ma ne era valsa la pena.
Gajiru si schiarì la gola. – Dovrei andare via più spesso se questo è il trattamento che ricevo quando torno – sussurrò con voce roca, senza smettere di guardarla negli occhi. Ridacchiava, e il suo sguardo trasmetteva amore e calore. La fissava come se fosse il tesoro più bello. E per lui era proprio così.
Lei si rabbuiò e gli occhi le diventarono lucidi, carichi di lacrime. Lacrime di sollievo, di gioia, di rabbia, di tristezza, che cominciarono a scorrerle sulle guance.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi e il suo ghigno si spense istantaneamente. Si avvicinò titubante per abbracciarla e cercare di confortarla, di ricordarle che ora era lì con lei, ma temeva di essere respinto. Rebi in breve venne scossa da singhiozzi incontrollabili e cercò con le mani di asciugarsi gli occhi; impresa ardua, visto che spuntavano nuove lacrime ogni secondo. Gajiru sentì il suo cuore stringersi per la prima volta. Non voleva che piangesse, era bellissima quando sorrideva. Quando era triste era ugualmente bella, ma non splendeva come quando era allegra. L’abbracciò e la fece appoggiare a sé, sostenendola. Lei si sciolse e si lasciò cullare. Aveva l’orecchio poggiato sul cuore del ragazzo, e lo sentiva battere veloce come le ali di un passero.
- Mi dispiace Rebi. Davvero, mi dispiace. Perdonami, ti prego. Lascia che ti spieghi perché l’ho fatto – la implorò lui.
Non aveva mai sentito Gajiru supplicare qualcuno. O chiedere scusa. Più di una volta nella stessa frase addirittura. Scossa dai singulti che le impedivano di parlare, Rebi annuì contro di lui, stringendolo.
- Non piangere. Sono qui. Forza, rilassati. È tutto finito, te lo prometto. E sarai anche contenta.
Per tranquillizzarsi, la ragazza si concentrò sulle braccia di lui strette attorno alla vita e alla schiena. Lentamente i singhiozzi si placarono e le lacrime cessarono di sgorgare, lasciandola però vuota e sfinita. Lui stava continuando a cullarla, accarezzandole dolcemente i capelli.
- Tutto a posto? Stai meglio? – chiese pacatamente.
Lei mormorò un sì soffocato dal suo petto. E poi sentì le forze mancarle completamente.
Le ultime cose che sentì furono un battito d’ali, un irrigidimento da parte di Gajiru e Ririi che lo sgridava. – Te l'avevo detto che l’avresti distrutta!
 
Battendo le palpebre due o tre volte, Rebi si rese conto di non essere in casa sua. Era immersa nel buio, ma poteva percepire che quel letto era troppo duro e troppo grande per essere il suo. Un mal di testa pulsante e una nausea feroce le stavano facendo compagnia. Alzandosi a fatica, scese dal letto con cautela e tastò le pareti della stanza fino a trovare l’interruttore della luce. Premendolo fu accecata, e ci mise qualche istante per abituarsi.
Era in camera di Gajiru. L’ultima cosa che si ricordava era di essere fra le sue braccia in biblioteca. Poi più nulla.
Presa dal panico, si catapultò fuori dalla porta, ma inciampò. Si sentiva molto debole. Per fortuna il suo ragazzo era davanti alla camera, dato che aveva sentito premere l’interruttore. E così lei si era ritrovata nuovamente fra le sue braccia.
Con le sopracciglia aggrottate e il viso che trasudava preoccupazione, la prese in braccio e l’adagiò delicatamente sul divano. – Non stai bene. Che sta succedendo?
Il suo Gajiru: diretto, schietto, non faceva giri di parole. Ririi si affacciò dal divano e le si accoccolò in grembo, scrutandola.
- È stata una brutta settimana – rivelò Rebi accarezzando il gatto, che scoccò un’occhiataccia al suo nakama. – E… è da due giorni che non mangio? – sussurrò alla fine, imbarazzata, annunciando il fatto come se fosse una cosa di cui voleva chiedere conferma.
- Che cosa?! – esclamò il Dragon Slayer, esterrefatto. – Ma sei impazzita? Volevi essere ricoverata, per caso? Perché cavolo non mangi da due giorni?!
Nonostante la spossatezza, Rebi non sarebbe rimasta in silenzio a sorbirsi quella ramanzina. Era lui la colpa di tutto, meglio farglielo notare. – Magari perché il mio ragazzo è sparito per una settimana senza lasciare traccia né avvisare! Una settimana, Gajiru! Senza avere tue notizie! Sai quanto sono stata in pena?! – gridò a sua volta.
- Ma io l’ho fatto per te! Perché mi date tutti parole? Uno si sforza di fare un gesto carino e viene ripagato in questo modo! Pensi che io non sia stato in pena per te? Ti ho pensata ogni singolo momento di questa settimana, perdendo il sonno – ringhiò, infuriato.
- Ma tu lo sapevi! Tu sapevi quello che stavi facendo, e perché. Sapevi che mi avresti trovata qui al tuo ritorno. Io no! Non sapevo quando saresti arrivato, né se saresti tornato da me. Brancolavo nel buio. Avresti almeno potuto avvisarmi, dirmi che partivi. Temevo che tu mi avessi abbandonata senza dirmi nulla, come un vigliacco – rivelò, con la rabbia che era andata scemando verso le ultime parole.
Per la prima volta Gajiru si mise nei panni di Rebi. Era stato un egoista terribile. Aveva pensato che sarebbe stata felice alla fine di tutto, scoprendo cos’aveva fatto. Ma non aveva considerato il tempo intermedio. Lei aveva sofferto molto più di lui perché non sapeva proprio nulla! Si era ritrovata da sola da un giorno all’altro. Il ragazzo si sentì tremendamente in colpa, come non era successo nemmeno quando l’aveva picchiata.
Sedendosi vicino a lei sul divano, strinse la sua mano fra le sue. – Mi dispiace.
Due paia di occhi lo fissarono sbalorditi. Si era davvero scusato? Volontariamente, oltretutto? E di nuovo nell’arco della serata?
La ragazza era un po’ spiazzata, non seppe cosa rispondere.
- Ho svolto una missione particolarmente pericolosa con una paga insolitamente alta. Sarei tornato qualche giorno fa, ma sono dovuto andare ancora più lontano per prenderti questo – spiegò allungandole un fagotto rettangolare.
Rebi lo aprì incuriosita e per Gajiru fu impagabile la reazione: sconcerto dipinto in volto e sguardo luminoso.
Un po’ di tempo prima, alla gilda, il ragazzo aveva notato che la sua compagna stava leggendo sempre lo stesso libro. La mattina era all’inizio, pomeriggio verso la fine del volume, e la notte lo ricominciava. Perplesso, le chiese spiegazioni.
Rebi aveva riso. – Non è lo stesso libro! È una serie. Vuol dire che i libri hanno la stessa copertina, ma narrano di una storia molto lunga che si svolge in più volumi, insomma. Anche se la trama è sempre quella.
Lui aveva annuito, facendo ridere ancora la ragazza. Aveva un’espressione molto concentrata.
- E l’ultimo libro quando lo leggerai? Ne hai letti minimo tre finora!
La ragazza si era rabbuiata. – Purtroppo quello non lo leggerò mai. Sono volumi abbastanza antichi, e dell’ultimo libro sono rimasti solo quattro esemplari. Uno è in una biblioteca, sotto chiave. Gli altri sono proprietà di uomini facoltosi. Due di questi non lo venderebbero mai, invece l’ultimo lo ha messo all’asta, ma non me lo posso permettere.
- E… ti piacerebbe averlo? – aveva domandato confuso.
- Certo! – aveva esclamato lei. – La cosa più brutta di questo mondo è non sapere come va a finire una storia.
Così, pochi giorni dopo, in seguito ad alcune ricerche, Gajiru aveva intrapreso un viaggio segreto per ottenere i soldi necessari a comprarle il libro.
- Dimmi che non è un sogno – bisbigliò lei, gli occhi fissi sulla copertina del volume rilegato e in perfette condizioni.
- Non lo è – rispose ghignando.
- Mi stai dicendo che hai fatto tutto questo putiferio per comprarmi un libro che costa un occhio della testa?  - domandò ancora, incredula, guardandolo.
Il ghigno di Gajiru si allargò e si addolcì, così come gli occhi fissi nei suoi. – Esatto. Buon anniversario.
Voleva piangere. Se avesse avuto ancora lacrime, Rebi le avrebbe versate tutte. Il suo ragazzo era sparito una settimana prima del loro mesiversario senza dire nulla, solo per rischiare la pelle in una missione in modo da ottenere i soldi necessari a comprarle un libro estremamente pregiato. E si era ricordato di farle gli auguri!
Ririi gemette spaventato quando la ragazza si gettò addosso al ragazzo, baciandolo come aveva fatto nel pomeriggio. E lui rispose allo stesso modo, stringendola forte per scaldarla.
A malincuore dovette staccarsi da lei, in pensiero. – Devi mangiare qualcosa, sei ghiacciata e pallida – annunciò.
Il gatto scivolò giù dal divano scoccando ai due un’occhiata torva, che non sortì nessun effetto dato che non lo stavano nemmeno guardando.
- Penso che ti farò dei regali molto più spesso – promise ghignando.
- No! Se mi devi abbandonare così non li voglio! – lo supplicò la ragazza, triste.
- Va bene. La lontananza non ha fatto bene a nessuno dei due.
- Giurami che non sparirai mai più senza avvertirmi. E che, per quanto sia pericolosa la missione, mi porterai con te – implorò lei, fissandolo intensamente.
Gajiru abbassò lo sguardo, in silenzio. Non l’avrebbe mai messa in pericolo.
- Giuramelo! – sbottò Rebi, irritata.
- Va bene! Ti giuro che ti porterò con me. Al massimo rimarrai in stanza mentre faccio il lavoro sporco – concesse lui.
Soddisfatta della risposta, la ragazza lo abbracciò e gli diede un bacio sulla guancia.
- Per lo meno non si è fatto male nessuno – disse Ririi, porgendo una fetta di torta alle fragole e panna alla maga. - Tieni Rebi.
Lei si scostò e fissò imbambolata il dolce appena fatto. – Io non ne sarei così sicura – mormorò afferrando il piatto.
 
Tutta Magnolia, quella stessa sera, sentì un urlo disumano e terrificante.
Sdraiato su un tavolo della gilda, Natsu si svegliò di scatto e balzò in piedi. – Dove sei Acnologia?! – gridò.
- Magari fosse Acnologia! Erza si è appena accorta che qualcuno le ha rubato la torta – sibilò Grey, nascosto dietro ad un tavolo.
Tutti i membri della gilda erano al riparo da qualche parte. Tutti tranne Natsu.
- Oh-oh… - si lasciò sfuggire, affranto.


 
MaxBarbie's
Eccomi qui dopo 6 giorni! Scusate il ritardo^^" In realtà è che ho poco tempo ora che è ricominciata la scuola e i professori senza cuore sono partiti in quarta con i compiti :(
Ho già i capitoli pronti fino al 7, quasi ultimato, ma non riesco a postarli ahahah. E poi volevo vedere se c'era qualche recensioncina in più... *risatina colpevole* Mi devo impegnare maggiormente allora, e scrivere meglio!
Ancora una volta ringrazio coloro che hanno messo la storia fra le preferite e seguite, cioè tutte le ragazze dell'altra volta insieme a:
_Seishin
_sweet years_giuly
_nagi994
che lo hanno fatto in questi 6 giorni^^
Chiedo perdono per gli errori di battitura (e, spero di no, grammatica). Ho ricontrollato bene, ma scappa sempre qualcosa^^"
Infine, un grandissimo grazie a Girl Pumpkin ed EbiBeatrizP che hanno recensito tutti i capitoli^^ Chi recensisce è dieci volte più bravo di chi scrive, ve lo assicuro. 
Ho finito, promesso! Volevo solo, come ho già scritto all'inizio, dedicare questo misero capitolo alla mia ispiratrice: il mio ebi, Beatoriche :-* Senza rendermene conto penso a te per descrivere Rebi. Perché siete uguali fisicamente e, sotto molti aspetti, anche caratterialmente. E adoro entrambe.
Bene, io ho finito, spero di aver trasmesso qualcosa e di non avervi fatto perdere tempo (ne dubito).
A presto,
MaxBarbie^^

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Capitolo 4
*** Dettagli d'onore ***


Non disponibileDettagli d'onore

 
- È pieno di neve! Perché cavolo hai organizzato una gita in inverno, Ebi? Che senso ha? – si lamentò per l’ennesima volta Gajiru camminando nel manto bianco.
Rebi lo aveva convinto a fare un pic-nic nel bosco una settimana dopo la bufera. Le strade erano innevate e solo pochi coraggiosi mettevano il naso fuori casa. Alla gilda erano tutti un po’ stressati perché era impossibile lavorare: niente trasporti funzionanti, niente lavoro, niente paga. E niente affitto direbbe Ruushi (Lucy).
Il clima, insomma, non era dei migliori. Gajiru non si preoccupava di quello, anzi, al contrario di molti, quel blocco lavorativo gli piaceva. Eh sì, perché più gli uomini della gilda erano nervosi, più era facile fare a botte. Per questo Rebi aveva organizzato quell’uscita: per tenerlo lontano dai suoi continui scontri. E poi sarebbe stato come un primo appuntamento. Solo lei, lui… e Pansaa Ririi. Jetto e Doroi li avrebbe lasciati dov’erano, senza nemmeno dir loro i suoi progetti. Avrebbero capito che qualcosa bolliva in pentola.
Nessuno a Fairy Tail sapeva che alla fine qualcosa era successo fra i due. Solo il gatto era a conoscenza della loro storia. Lei non avrebbe avuto problemi a dirlo, ma lui si vergognava. Temeva di essere preso in giro per aver ceduto al fascino dell’amore. Così lei avrebbe aspettato fino a che lui non si fosse sentito pronto. Di solito nelle coppie è il ragazzo che aspetta, ma loro non sono una coppia normale.
La mattina Gajiru era andato a Fairy Hills per prenderla, e pochi minuti dopo la ragazza era scesa con un grandissimo cestino da pic-nic. Il contenuto aveva un profumo tale da stuzzicare l’appetito del famelico Dragon Slayer.
- Sbrighiamoci – aveva detto, burbero, senza quasi guardarla.
Alla gilda purtroppo dovevano comportarsi come se nulla fosse e, dopo la settimana prima, non si erano più visti da soli. Per cui Gajiru non sapeva come agire, era in imbarazzo. Del resto, era anche il suo primo amore.
- Buongiorno a te – rispose Rebi sorridente, ignorando la sua freddezza.
Accelerando l’andatura per star dietro al suo passo, lo aveva affiancato, lo aveva tirato per un braccio e gli aveva scoccato un bacio sulla guancia. Lui era arrossito e aveva strabuzzato un po’ gli occhi, colto alla sprovvista. Porgendogli il cestino con un sorriso compiaciuto, la giovane era andata ad abbracciare Ririi, che almeno non era restio a salutare.
Rebi li aveva condotti verso un bosco accanto al quale i due compagni erano passati moltissime volte, senza però notarlo veramente. Sicura della strada, la ragazza si era infilata in un sentiero fra due alberi, e Gajiru aveva sbuffato. Non era certo che la loro guida sapesse dove stava andando. E infatti si era ritrovato a camminare fra cumuli di neve che gli arrivavano alle ginocchia nella gelida aria invernale. Brontolando.
- L’ho organizzata perché l’inverno è magico e romantico. Se ne stanno tutti in casa e quindi non verremo disturbati! -  sbottò irritata la giovane, stremata dal tormentatore.
- C’è un motivo se stanno tutti a casa d’inverno! – ringhiò Gajiru. – E secondo me ci siamo persi.
- Non ci siamo persi! Qui fra poco dovrebbe esserci… eccola!
Correndo dritta di fronte a sé, con Ririi che svolazzava dietro di lei, si ritrovò in un’ampia radura. L’unica cosa che si riusciva a vedere era… be’, nulla. Tutto era bianco, dall’erba nascosta agli altissimi pini. Anche il cielo era bianco di nuvole. O meglio, di neve. Nel fitto bosco non se n’erano resi conto, ma aveva ricominciato a nevicare.
Il sorriso entusiasta di Rebi si spense, oscurato dalla delusione. Gajiru ci rimase un po’ male. In fondo quel posticino era davvero carino, e in estate doveva essere un tripudio di colori. Ma la neve che stava fluttuando attorno a loro aveva reso malinconica la ragazza. Si arrabbiò. Nessuno poteva rattristarla! Avrebbe preso a pugni ogni singolo fiocco di neve se avesse potuto… e se fosse servito a qualcosa, a dire il vero.
Del resto, quella giornata era utile anche a lui. Doveva chiedere a Rebi se voleva essere la sua compagna. Alla fine non si erano detti nulla dopo il bacio, quindi la cosa poteva essere conclusa come no. E questo dava parecchio fastidio al Dragon Slayer. L’incertezza lo mandava in delirio.
- Rebi… il posto è adorabile, e mi dispiace molto non poter stare qui. Ma dobbiamo tornare a casa, nel caso in cui si scatenasse una bufera come quella della scorsa settimana – disse Ririi.
- Sì, hai ragione – mormorò la giovane, facendo dietrofront a testa china.
Quando passò di fianco a Gajiru, sentì qualcosa solleticarle i la testa. Sollevandola, vide che il ragazzo le stava scompigliando i capelli in una sorta di carezza confortante, anche se guardava dritto davanti a sé. – Possiamo comunque goderci la giornata. Davanti al camino.
Gli occhi di Rebi si illuminarono e lui ghignò, felice di averle fatto tornare il sorriso. A passo svelto e senza lamentarsi come all’andata, raggiunsero in poco tempo la casa dei due nakama. Ririi, ormai addetto al fuoco, si occupò del camino, Gajiru spostò il tavolino davanti al divano e stese una coperta sul tappeto mentre Rebi scaldava le pietanze ormai fredde.
Poco tempo dopo si ritrovarono tutti seduti per terra con panini farciti caldi, frutta fresca, una torta alla crema e tazze di cioccolata fumante appena preparata. Si riempirono la pancia come se fossero rimasti a digiuno per giorni.
- Oof – esalò Gajiru appoggiandosi al divano con la schiena. – Nemmeno Natsu avrebbe saputo fare di meglio!
Ririi roteò gli occhi mentre Rebi gli domandava: - Ma fate a gara anche su chi mangia di più?
- Veramente sono capaci di competere su chi dorme di più o di meno, su chi beve più acqua, chi fa la doccia più corta…
- Ha capito! – ringhiò il diretto interessato interrompendo il gatto.
La ragazza ridacchiò: - Ma non è nemmeno qui in questo momento!
- Mi devo allenare. È fondamentale. Come pensi che riesca a possedere tutti i record della gilda?
- Veramente ce li ha quasi tutti Natsu…
- Mi vuoi sfidare, Pansaa Ririi? – domandò Gajiru ghignando in maniera poco rassicurante. Suonava quasi più come una supplica che come una domanda intimidatoria.
- No – sospirò il suo compagno. – Sai che accetto comportamenti violenti da parte tua solo durante gli allenamenti.
Sbuffando spazientito, il ragazzo buttò la testa all’indietro sul divano, tenendo le gambe chiuse e accavallate per quanto il soggiorno glielo permetteva. Chiuse gli occhi.
Poi sentì Rebi ridere e qualcosa appoggiarsi sul suo petto. Tirò su di scatto la testa e vide che la giovane si era accoccolata contro di lui. Aveva mani e ginocchia strette al petto, premute contro il suo fianco, mentre i capelli sciolti erano sparsi sul suo petto. Arrossendo un po’, la circondò con le braccia e l’attirò a sé. Non era ancora abituato alle effusioni e alle dimostrazioni del suo amore.
Ririi si allontanò dal camino per mettersi sul divano dietro alla testa del Dragon Slayer, acciambellandosi per schiacciare un pisolino.
Nessuno poteva vederli, ma sia Rebi che Gajiru stavano sorridendo in quel momento. Ognuno a modo proprio.
 
Qualche ora dopo, a giudicare dall’oscurità che era calata fuori dalla finestra, Gajiru si svegliò. Si erano addormentati vicini senza muoversi per tutto quel tempo. Lentamente tolse il braccio posto attorno a Rebi, cercando di posizionarla in modo che non cadesse perdendo l’appoggio del suo petto. Quando la vide stabile, cominciò a raccogliere gli avanzi del pranzo e pose le stoviglie nel lavandino per lavarle.
Aveva quasi finito di strofinare l’ultimo piatto quando si accorse che c’era una presenza dietro di lui.
Rebi era seduta dal lato esterno del bancone e lo stava fissando con i gomiti sul tavolo e il mento fra le mani. Aveva in volto un sorrisetto dolce e furbo allo stesso tempo.
Gajiru aggrottò le sopracciglia. – Da quanto tempo sei lì?
- Da quando il mio cuscino personale si è alzato.
Il ragazzo grugnì qualcosa di incomprensibile tornando a strofinare.
- Comunque sei una casalinga perfetta. Tutte ti vorrebbero come ragazzo… per sfruttarti nelle pulizie.
Gajiru ridacchiò nel suo tipico modo. – Anche tu mi vorresti come ragazzo?
Questa volta Rebi rimase in silenzio, arrossendo. Come sospettava, c’era bisogno di un chiarimento. Sapevano benissimo entrambi di essere una coppia, ma lei era così romantica da volere una vera dichiarazione, e lui così ossessionato dal codice d’onore dei draghi da volerglielo chiedere per bene. Quindi, be’, erano entrambi d’accordo alla fine. Ma se la ragazza avesse risposto alla domanda appena fatta sarebbe stata lei a chiarire il tutto. Invece voleva che fosse lui a prendersi le sue responsabilità e farle la fatidica proposta. Questo, del resto, Kurogane lo aveva intuito.
- Io penso che se fossi una femmina lo vorrei un maschio come me – proferì all’improvviso Gajiru.
Rebi era talmente stupita dalla sua uscita che non riuscì nemmeno a ridere. – Cosa?!
- Se fossi una ragazza mi innamorerei subito di me. È una cosa naturale. Insomma dai, sono perfetto – spiegò lui asciugandosi le mani. Aveva finito di lavare e riordinare, così si concentrò sulla ragazza. – Non lo pensi anche tu?
Questa volta la ragazza scoppiò a ridere, nascondendo il rossore affiorato sulle sue gote. Sì, anche lei pensava che fosse perfetto.
Gajiru si accigliò e le si avvicinò. – Dai, guarda che sono serio.
- Sì, ho capito che sei innamorato di te. A quando le nozze? – domandò continuando a ridacchiare un pochino.
- Nah, preferisco mantenermi per qualcun’altra. In una coppia ci deve sempre essere qualcuno di femminile e io non lo sono, quindi…
- Questo discorso non ha molto senso, lo sai? Non che tu faccia discorsi sensati di solito, però… - venne interrotta.
Il ragazzo le aveva posato un dito sulle labbra, dolcemente, e i suoi occhi cremisi splendevano vicino a lei. Era molto concentrato. Rebi voleva chiedergli che cosa stava facendo, ma dal dito ancora appoggiato sulla sua bocca capì che doveva restare in silenzio.
- L’altra ragione per cui non mi metto con me stesso, è perché non posso godere solo io di tutta questa meraviglia…
- Smettila di fare lo sbruffone, Gajiru. Sei snervante – borbottò Rebi contro il suo dito.
Il diretto interessato ridacchiò. – Va bene. Comunque, Rebi – annunciò inginocchiandosi e pronunciando il suo nome con dolcezza, - vuoi bearti di questo idillio e diventare la mia ragazza?
Lei strabuzzò gli occhi. Glielo aveva davvero chiesto? Così, di brutto? E tutta la sua durezza dov’era finita? Pensava di doverlo pregare per indurlo a chiederglielo! Inoltre, visto che la settimana prima le aveva detto così tanto sul suo conto, supponeva che le avrebbe fatto una richiesta un po’ più infiocchettata, quando fosse riuscita a convincerlo. Il codice dei draghi cosa prevedeva? In ogni caso, lui riusciva sempre a sorprenderla.
Tutto sommato, però, l’importante era che glielo avesse chiesto. Alla Gajiru: diretto, schietto, senza giri di parole e… sincero. Inginocchiato per di più!
- A dire il vero pensavo… di esserlo già – rispose timidamente.
Poi arrossì. Se aveva frainteso quello che era successo la settimana precedente e lui non le avesse fatto quella proposta, ora lei sarebbe stata sicura di essere la sua ragazza. Avrebbe potuto fare delle enormi ed imbarazzanti figuracce.
Gajiru la guardò perplesso. – Be’, sì. Però volevo chiedertelo di persona. Alla fine non abbiamo deciso nulla la scorsa volta, anche se i tuoi atteggiamenti sono stati eloquenti – concluse ghignando.
- Non più dei tuoi, signor “penso che sarebbe impossibile vivere senza di te” – rispose a tono, soddisfatta.
Il ragazzo ridacchiò. Gli piaceva quel suo lato peperino e combattivo. – Il codice d’onore dei draghi vuole che questo tipo di questioni siano… risolte senza lasciare spazio ai dubbi. Con la tua risposta la situazione sarà certa in modo definitivo. Io ho fatto la mia parte.
Rebi era orgogliosa di lui e lusingata. Quando voleva Gajiru sapeva essere dolce e maturo. Certo, lui non lo voleva quasi mai, ma doveva accontentarsi.
- Sì, certo che voglio essere la tua ragazza.
Il giovane, scaldato nel cuore, sorrise. Un vero sorriso, che fece saltare qualche battito del cuore della sua compagna. – Non credi che mi meriti un premio per questo atto di romanticismo?
- Be’, l’hai fatto soprattutto per il tuo onore da drago, ad essere realisti. Però sì, penso di poterti accontentare – acconsentì sorridendo.
Rebi, seduta sull’alta sedia del bancone, abbassò la testa e chiuse gli occhi, per intensificare le sensazioni che sarebbero seguite. Appoggiò le mani sulle spalle del suo compagno e aspettò che fosse lui ad avvicinarsi.
Gajiru, inginocchiato davanti alla sedia, allungò il busto e lasciò gli occhi aperti, per guardare bene le sue guance rosa e le ciglia lunghe. Permise alla sua bocca di sorridere in quel modo sconosciuto fino a che non avesse incontrato quella morbida di lei.
Quando finalmente si unirono, suggellando la loro unione, si sentirono completi. Lei era al sicuro e protetta, e lui forte e migliore. Quel casto bacio venne però interrotto da qualcuno che aveva osservato tutta la scena.
- Gajiru, sei zuccheroso come solo un ragazzo innamorato può essere – commentò Ririi dal divano, facendo l’occhiolino alla coppia imbarazzata.

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Capitolo 5
*** La biblioteca ***


Non disponibileLa biblioteca

Una calda mattinata primaverile Rebi si svegliò presto, come al solito, per dirigersi alla gilda. Era particolarmente impaziente perché non vedeva l'ora di sistemare la biblioteca. Quel compito le era stato affidato dal Master per tirarla su di morale quando Gajiru era sparito, ma era servito anche in seguito. La giovane amava sentire l'odore di carta e inchiostro che permeava quel luogo, il silenzio che vi aleggiava regnava sovrano. Erano trascorsi alcuni mesi da quando vi era entrata per la prima volta, depressa, e i progressi fatti erano immensi. Aveva riempito quasi quattro inventari e aveva catalogato i libri dal primo all'ultimo. Bisognava solo sistemarli sulle mensole delle librerie: lavoro che avrebbe richiesto ancora qualche intensa ora di lavoro.
Entrata nella gilda salutò calorosamente Mirajane, Lisanna ed Elfman insieme ai pochi altri mattinieri che si trovavano lì. Senza perdersi in chiacchiere si diresse verso la biblioteca. Quel giorno doveva arrivare anche uno scatolone con le nuove uscite, appena stampate.
Gajiru quel mattino se la prese comoda sapendo che Rebi sarebbe stata impegnata. Non capiva proprio come riuscisse a leggere così tanti libri. Non si annoiava mai! Il suo scetticismo, però, si era alleggerito quando la ragazza, ormai in confidenza quasi completa con lui, aveva iniziato a raccontargli quello che leggeva. A volte parlava di storia o di scienze, raccontandogli aneddoti e svelandogli segreti su Magnolia, Fiore e dintorni; altre volte, passeggiando, gli mostrava dei fiori particolari elencandone nome e caratteristiche. Gajiru sapeva che era intelligente, ma le sue conoscenze erano sensazionali e sapeva porle in modo che anche lui ne rimanesse affascinato. Pendeva letteralmente dalle sue labbra quando parlava. E poi c'erano le storie di fantasia, che piacevano anche a lui anche se non lo avrebbe mai ammesso di fronte alla giovane. Ghignava sempre, invece, quando la ragazza gli raccontava una delle tante storie d'amore: era tremendamente romantica la sua piccoletta. Si infervorava come non mai quando narrava di amori semplici e puri, di giovani nati per stare insieme, coppie travagliate o problematiche che alla fine trovavano sempre il modo per stare insieme a dispetto di tutto.
La verità era che l'ascoltava non solo perché la sua voce era dolce come il miele e suadente come un'arcana melodia, ma anche perché quelle storie gli piacevano proprio.
Arrivò alla gilda a metà mattinata, quando ormai c'era già il pienone e i membri di Fairy Tail stavano per iniziare a litigare, in qualche modo. Ririi salutò tutti educatamente, mentre Gajiru si guardava in giro torvamente e, ogni tanto, faceva un cenno a qualcuno. Di Rebi non c'era traccia e lui ipotizzò che non si fosse concessa nemmeno una pausa da quando era arrivata. Prima che riuscisse a formulare l’idea di andare a trovarla, il Master gli sbarrò la strada allungando il braccio… allungando di molto il braccio. Con la mano gigante lo spinse verso di sé, mentre il povero lo guardava con un misto di orrore e paura. Non era mai un bene quando il vecchietto voleva parlargli.
- Buongiorno – lo salutò educatamente Makarov.
- Ehm… buongiorno – rispose, a disagio, grattandosi la testa.
- Buongiorno Master – intervenne Ririi, dieci volte più educato del suo nakama. – Voleva dirci qualcosa?
- Sì, devo chiedervi un favore – ammise, senza giri di parole.
Gajiru corrugò la fronte e cercò di nascondere meglio il terrore. Il Master era capace di tutto. Tutto!
- Dovete portare questo scatolone in biblioteca. Rebi deve catalogarli – spiegò il nonnetto allungando uno scatolone grande cinque volte lui al ragazzo
- Tutto qui? Porc… - esclamò quando prese il malloppo. Come aveva fatto a sollevarlo così facilmente? Era un macigno!
- Sì, esatto. E fai il bravo con Rebi. È  una ragazza meravigliosa come poche. Sarà fortunato chi se la prende – concluse facendo l’occhiolino al Dragon Slayer e ridacchiando davanti alla sua faccia sbalordita.
Qualcuno aveva parlato? Impaziente di andarsene, Gajiru e Ririi corsero verso il fondo della gilda e sbucarono nel corridoio che portava alla biblioteca.
- Dici che sa qualcosa? – bisbigliò il ragazzo al suo gatto.
Questi sollevò le spalle e non rispose, facendolo sbuffare.
Entrarono silenziosamente, in modo da non far rumore: volvevano farle una sorpresa. La ragazza era china sulla scrivania al centro di quella stanza. Era relativamente ordinata rispetto a qualche mese prima, quando era piena di traballanti pile di volumi di cui riusciva a malapena a sostenere il peso. Invece ora sul tavolo da lavoro vi erano solo tre inventari e i gomiti della ragazza, che stava scrivendo sul quarto catalogo.
Avvicinandosi di soppiatto, i due si misero alle sue spalle e Gajiru lasciò cadere brutalmente lo scatolone. Rebi esclamò spaventata e di girò di scatto, il cuore al galoppo. Appoggiata con le mani al bordo della scrivania, la faccia rossa per l’emozione improvvisa, gli occhioni spalancati e il vestito dannatamente corto, Gajiru dovette distogliere lo sguardo: quella ragazza lo avrebbe fatto impazzire!
- Baka Gajiru! – gridò lei, senza spostarsi di un centimetro. – Ci rimarrò secca prima o poi!
Ririi, che aveva il pelo drizzato per lo spavento, dato che non si aspettava quella mossa, ringhiò in direzione del compagno e si diresse verso la giovane. Lei lo prese in braccio e lo strinse, accarezzandolo. Lui, come il suo compagno, riusciva sempre a farla calmare in qualche modo. E, se avesse potuto, l’exceed avrebbe fatto anche le fusa. Ma il suo onore e la sua dignità bastavano ad impedirglielo.
- Ehi, Ebi! Sono felice anche io di vederti! – esclamò ridacchiando.
Lei gli lanciò un’occhiata torva prima di dargli le spalle per tornare a guardare l’inventario. Si chinò, facendo alzare leggermente la gonna, e Gajiru arrossì. Certo, non aveva visto nulla, ma bastava e avanzava vedere le sue snelle gambe nude. Era davvero troppo, troppo ingenua.
Rimase alcuni istanti a fissarsi i piedi prima che lei si girasse di nuovo, Ririi stretto al suo petto. In quel momento il Dragon Slayer invidiò profondamente il gatto. Quel giorno la sua ragazza poteva farlo finire male: non era il caso di svegliare il maschio che c’era in lui. Avrebbero dovuto condannarla per disturbo della quiete ormonale di Gajiru, che sperimentava per la prima volta tutte quelle sensazioni.
- Cosa sei venuto a fare? – domandò Rebi, pacata, senza tracce della rabbia precedente nella voce.
Distolto, fortunatamente, dai suoi pensieri, Gajiru ghignò. – Makarov mi ha detto di portarti questo macigno e io l’ho fatto. Ma, prima di questo, volevo passare a salutare la mia ragazza.
Aveva un lampo di malizia negli occhi tale da far arrossire la giovane. – Ciao – salutò timidamente.
- Ciao – rispose ridacchiando.
Si fece più vicino e si chinò per baciarla, ma lei si scostò, Ririi ancora in braccio: - Ah-ah – negò. – Non dopo lo scherzetto di prima. Se avrò i capelli bianchi fra due anni sarà solo colpa tua!
Detto ciò si allontanò... ancheggiando. O magari no? Aveva sempre camminato così? La mente del giovane innamorato stava fantasticando leggermente troppo.
- Vado a bere un po' d'acqua! Dopo torno! - gridò in direzione della libreria dietro cui presumeva ci fossero Rebi e l'exceed.
scuotendo la testa si diresse al bancone di Mirajane e le chiese, scontroso, un bicchiere gigante e ghiacciato di acqua, per calmarsi.
 
Poco tempo dopo tornò in biblioteca e vide i due concentratissimi: lei posizionava i libri sugli scaffali secondo uno schema preciso, mentre lui glieli passava ogni volta che lei chiamava un titolo. Erano veloci ed efficienti. Ghignando, Gajiru li affiancò e rimase a fissarli per alcuni istanti, mentre si muovevano a casaccio, a detta sua.
Stanco di essere ignorato, chiamò la compagna: - Ohi, Ebi...
Nulla. Lei continuava a lavorare senza degnarlo di uno sguardo, e Ririi faceva lo stesso.
- Ebi? - chiese ancora, un po' a disagio.
Irritato davanti a quel silenzio, l'attaccò alla libreria, precludendole vie d'uscita.
- Ehi! - si oppose l'exceed davanti ai modi bruschi del compagno.
- Ehi un corno! Detesto essere ignorato. Dammi qualcosa da fare così finiamo prima e possiamo andare da qualche parte - comandò, autoritario.
Rebi lo guardava impassibile: - Portami qui lo scatolone di prima, l'inventario e una penna - ordinò.
Gli piaceva da matti quando faceva la donna indaffarata e gli diceva cosa fare, ma allo stesso tempo non lo sopportava. - Ora penso di meritarmi un saluto come si deve visto che prima me l'hai negato e ora invece sto per aiutarti - ghignò soddisfatto.
Lei gli rivolse un compassionevole sorriso, negli occhi balenava il desiderio represso. - No. Vedremo come ti comporterai dopo.
Detto ciò, sgusciò fuori dal pertugio formato dalla libreria e dal suo corpo e tornò al lavoro, mentre Ririi si complimentava con lei per la tenacia dimostrata. Il ragazzo invece, troppo stupito per arrabbiarsi, si diresse automaticamente verso lo scatolone, prese il materiale di cui Rebi necessitava e la raggiunse nuovamente.
- Ecco - annunciò, ancora sconvolto, facendo cadere a terra il malloppo.
La ragazza si spaventò ancora una volta. - Gajiru! Ma la smetti?! - sbottó, arrabbiata, le guance gonfie e rosse di nervosismo.
Era davvero in collera questa volta, e il ragazzo lo notò. La sua compagna era tremendamente tenera quando si infuriava... ma era anche dannatamente spaventosa, come ogni donna.
- Scusa! Davvero, scusa. Ti do una mano - aggiunse sospirando, imbarazzato. Del resto non era ancora abituato a chiedere scusa. E lo stesso valeva per Rebi, che ci mise qualche istante a registrare le parole del giovane, stupita. Poi si chinò e iniziò a catalogare i libri che Gajiru, accanto a lei, le passava.
- Ehi! - annunciò un po' di tempo dopo, entusiasta. - Questo è l'ultimo libro di una quadrilogia che ho letto! Sono mesi che aspetto l'ultimo!
Alla ragazza scintillavano gli occhi e lo sguardo di Gajiru si addolcì.
- Qual è? - chiese, curioso.
- È la storia della principessa che si innamora dello stalliere. Quello scontroso e arrogante. Lui la ama, ma nessuno dei due sa che la cosa è reciproca. C'erano solo stati dei flirt. Chissà come va a finire... - farfugliò sovrappensiero.
Si ricordava di quella storia. Era una delle preferite di Rebi, e anche una delle sue. Gliel'aveva raccontata alcuni mesi prima, si erano messi insieme da poco. Fra tutte quelle che gli aveva raccontato, era una delle più belle perché aveva un realistico sfondo storico. Non era la solita storiella di amore travagliato; era profonda e riflessiva. E poi, a Gajiru ricordava moltissimo la storia fra lui e Rebi: la principessa educata e lo stalliere scontroso.
- Ah sì! - esclamò, per farle capire che ricordava. - Prendilo, no? Lo leggi e poi lo riporti.
- Sì, bella idea. Però prima lo sistemo al suo posto così quando lo riconsegno so già dove va - annunciò.
Finito di catalogare tutti i manoscritti, si resero conto che Ririi aveva già finito di sistemare tutti gli altri. Mancavano solo quelli dello scatolone.
- Bravissimo Ririi! - esclamò la ragazza, colpita. - Ora ti chiedo un ultimo sforzo: devi andare a sistemare... questi qui - spiegò porgendogli una pila di libri. – Io e Gajiru ci occuperemo di questi nuovi. Così almeno facciamo prima
- Va bene – acconsentì il gatto. Scoccò un’occhiata omicida al suo compagno e poi svolazzò via.
Per nulla intimidito, il Dragon Slayer raccolse da terra una colonna di libri e seguì Rebi, che metodicamente prendeva un libro dalle sue mani, lo studiava, e si dirigeva verso una precisa libreria per depositarlo fra altri due libri specifici. Gajiru cercò anche di far lavorare il cervello e capire il suo metodo di catalogazione, ma fu tutto invano e rinunciò dopo poco. Quando pensava che andasse per genere, la compagna li classificava per ordine alfabetico e quando li posizionava secondo un ordine cronologico, in realtà era in base alla categoria letteraria!
Un po’ di tempo dopo lo scatolone fu completamente vuoto, gli inventari pieni e la ragazza soddisfatta.
Sospirò e sorrise. – Grazie dell’aiuto.
Il suo ragazzo borbottò qualcosa, stanco di tutta quella carta puzzolente. Poi sogghignò malizioso. – Penso di meritarmi un ringraziamento più sentito, tipo…
Rebi lo bloccò immediatamente, un sorrisetto furbo ad incresparle le labbra. – No, ti accontenti perché oggi non sei stato bravo. Niente ricompense ai cattivi – concluse dandogli le spalle.
Gajiru spalancò la bocca. Non era mica un bambino. – Ma…!
- Niente ma! – lo interruppe di nuovo, senza guardarlo. – O intendi prenderti quello che vuoi con la forza? – lo sfidò. Non era un incoraggiamento, era un monito. Non poteva prendersi i suoi baci contro la volontà della giovane.
Il ragazzo sbuffò, sconfitto da una ragazzina, e si girò dall’altra parte. Solo allora notò che per terra c’era il libro che aveva tanto rallegrato la giovane. Lo aveva posato lì dopo averlo visto e probabilmente se n’era dimenticata. Gajiru si diresse verso il manoscritto e lo raccolse. Fece per porgerlo alla ragazza quando, meccanicamente e senza un preciso motivo, lo aprì in una pagina a caso.
- Oh, siete troppo irruente! – gemette la principessa stretta contro la morbida chioma dello stalliere.
- Non sono stato educato dalla famiglia reale… principessa – sussurrò provocante all’orecchio della giovane, che fremette. – Temo che dobbiate accontentarvi.
Continuando a stringerla fra le braccia, si gettò sul suo morbido e invitate collo, baciandolo e mordicchiandolo, facendo provare alla nobile un’esplosione di piacere. Inebriata, lei cercò la sua bocca, famelica. Con il respiro accelerato, lo stalliere la portò in camera da letto, dove, ansimando, si liberò degli indumenti in eccesso mediante l’aiuto della giovane amante. L’atmosfera era bollente, e solo dopo che lei lo ebbe implorato il ragazzo si decise a liberarla da quella stoffa in eccesso che ancora fasciava quel corpo sublime.
Finalmente liberi, i due innamorati, immersi nella passione, ricominciarono quel gioco di tocchi e provocazioni che portava a…
- EBI! – gridò Gajiru, paonazzo in volto. Era stata una lettura di pochissimi secondi, ma imbarazzante come non mai.
Rebi, che non era andata lontano, si girò immediatamente, preoccupata e spaventata. – Se è un altro dei tuoi scherzi giuro che…! Ma che ti prende! Sei rosso come i capelli di Erza!
Respirando profondamente per cercare di trovare la calma e scacciare quelle immagini oscene dalla mente, Gajiru non la guardò. Poco dopo rispose: - Non leggere questo libro. Non farlo.
La ragazza lo fissò, perplessa. – E perché?
Lui si azzardò a guardarla: gli occhioni castani innocenti e smaliziati, l’aria bambinesca e dolce, pura. La sua tenera e ingenua ragazza non poteva leggere quelle oscenità!
- Non è un libro per te. È… ha un contenuto non adatto a… a nessuno. Non si può. Mettilo nella zona dedicata ai pervertiti! – spiegò girando in tondo, cercando un posto dove nasconderlo.
- Gajiru, ma che succede? -. Ora la stava veramente spaventando.
Il ragazzo la fissò negli occhi, serio. – Succede che ha un contenuto non adatto alle ragazze. E nemmeno ai ragazzi.
- Ma che contenuto è? Così mi rendi solo più curiosa! – esclamò, sporgendosi verso la mano del mago per recuperare il libro.
Lui si scansò e spostò il volume nell’altra mano. – Fanno delle cose che sono poco caste. È un libro per pervertiti.
Rebi sgranò gli occhi. – Chi fa queste cose? Lo stalliere e la principessa? – domandò. Poi, realizzando la situazione, sorrise entusiasta. – Allora lo fanno! Fammelo leggere, fammelo leggere, dai! Anzi, accidenti a te, mi hai rivelato la fine del libro!
- Io non ho rivelato un bel nulla! E poi è solo questione di pochi minuti, non so se alla fine si mettono insieme. In ogni caso non è roba per te! Non fare la scostumata! – la rimbrottò allontanando il libro dalle sue grinfie.
- Gajiru, sono maggiorenne e posso decidere da sola che libri leggere! E non sono scostumata! – sbottò, imbarazzata.
- Allora te lo do, ma tu non devi leggere quella parte. È per grandi. E poi non è interessante, sono entrambi impacciati. Lui non ci sa fare e lei ha solo voglia di fare la ribelle. Infatti…
- Te lo sei studiato per bene, insomma! Poi sono io la scostumata! Dammi quel libro, Gajiru! – disse. Voleva fingersi offesa e arrabbiata, ma gli uscì una risatina.
- Non ho studiato proprio nulla! Le cose peggiori ti si imprimono nella memoria con il fuoco, non lo sai? – chiese retorico, leggermente rosso in viso. Poi alzò il tomo affinché la ragazza non lo raggiungesse.
- Sì che lo so! – sbuffò lei. – Ma non sono cose brutte. Si amano e basta! Sono cose naturali!
Ghignando, Gajiru continuò a tenere quell’ammasso di fogli e inchiostro lontano dalla portata della nakama. Si era appena reso conto della situazione: Rebi a pochi centimetri da lui, che gli saltellava vicino per raggiungere il libro. Magari poteva rivoltare tutto a suo favore.
Improvvisamente, si sporse e baciò la ragazza senza tanti preamboli. Questa, colta di sorpresa, arrossì. La mano rimase tesa verso il libro, come la gamba, mentre era in punta di piedi per raggiungere il volume. All’inizio oppose un po’ di resistenza, ma poi rinunciò: tanto il bacio se l’era preso lo stesso. Tanto valeva goderselo. In fondo, anche a lei era mancato il suo contatto.
Rispondendo con trasporto, si abbandonò al Dragon Slayer, che la strinse a sé. Il manoscritto proibito era finito sul pavimento.
Dopo alcuni istanti il bacio diventò meno bramoso e più dolce, lasciando i due innamorati a crogiolarsi nel loro amore.
- Non credi che sia meglio farle che leggerle, queste cose? – chiese malizioso il ragazzo, una scintilla negli occhi. - E, per inciso, io bacio meglio di quello stalliere puzzolente.
Rebi ridacchiò, raccogliendo il libro da terra e posandolo al suo posto. – Perfino un incapace come te bacia meglio di una persona irreale fatta di carta.
Gajiru, permaloso, la guardò male. Si era offeso. – Questa volta sei stata cattiva. Ma ti perdono perché so che è solo un modo per potermi baciare ancora – concluse ghignando.
- Ah no, questa volta non mi freghi – lo sfidò lei, desiderando allo stesso tempo tornare fra le sue braccia.
Iniziò a correre fra le librerie ridendo, il ragazzo alle calcagna. – Pansaa Ririi! – gridò, senza fiato per la corsa e il bacio di prima. – Aiutami! Gajiru vuole farmi fare delle cose contro la mia volontà.
- Ebi! – sibilò lui. – Ora quello mi ammazza!
- Non ti preoccupare  - lo rassicurò, sempre correndo. – Lo fermerò prima, e poi ti bacerò tutte le ferite.
- Ririi! – gridò allora lui, ghignando. – Fermami! Voglio costringerla a baciarmi contro la sua volontà!
Mentre si rincorrevano ridendo fra gli immensi scaffali della biblioteca, senza rendersi conto che l'exceed non si trovava da nessuna parte, un gatto sornione con una spada legata alla schiena e una cicatrice sull'occhio sinistro, osservava lo svolgimento della sua favola preferita.
 
 
MaxBarbie’s
Buona notte! Sto morendo di sonno. Non faccio altro che studiare, che schifo-.- Il bello è che adoro imparare cose nuove, ma se mi costringono a farlo (vedi la scuola), inizio a odiarlo.
Ma non vi interessa. Allora volevo solo dire due cosine piccine.
Gli unici pairing che tollero sono GajiruxRebi, ElfmanxEvergreen e GerardxErza. Perché sono gli unici sui quali effettivamente Hiro Mashima ci ha dato delle prove. Della NatsuxLucy apprezzo l’amicizia, solo quella. E aspetto di vedere i risvolti della GrayxJuvia, se ci saranno… ma ho dei dubbi.
Ok, non ve ne frega nulla, ma io scrivo lo stesso xD
Seconda cosa. Invito chi può farlo a riguardardi i primi capitoli di FT, i primissimi. Tipo il tre e il quattro o giù di lì. Ditemi voi se Rebi non sembra una bulla ahahahah. Come ha fatto a diventare così dolce se prima era una teppista? Grande Hiro!
Ho finito. Solo, un immenso grazie a FairyFire, che mi ha messa fra gli AUTORI PREFERITI *-* Per la prima volta in vita mia! Mi sento realizzata ahahah.
Ok, buonanotte, scrivete se vi piace o vi fa schifo quell’ammasso di parole lì e… basta.
Grazie alla schiera di utenti che hanno messo la storia fra le preferite, seguite, da ricordare, che aumentano sempre^^
Adieu! (Si fa per dire, io torno sempre :D)

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Capitolo 6
*** Per colpa di un gioco idiota ***


Non disponibilePer colpa di un gioco idiota

A Fairy Tail era una mattinata qualsiasi. Ormai la neve era quasi del tutto sciolta e il sole splendeva fulgido riscaldando gli animi delle persone. Per lo meno, era ciò che succedeva di solito.
Quel giorno il sole non si era fatto vedere dato che una pioggia fitta e incessante lo aveva spodestato. Tutti odiavano le giornate piovose, perché erano costretti a stare al chiuso e a non lavorare. Litigare era sempre più facile, ma nessuno dei presenti era in vena di botte. Quel clima fresco e umido, tetro, li faceva semplicemente intorpidire, e l’edificio, miracolosamente intatto, era silenzioso.
Makarov fissava la scena che si presentava ai suoi occhi, sconcertato: Natsu e Gray si punzecchiavano i fianchi con poco entusiasmo, per darsi fastidio. Kana, sobria, era scrutata da una Mirajane senza lavoro, che cercava di capire quando nella sua vita aveva avuto un altro momento di pausa così lungo. Probabilmente mai. Lucy stava giocando con le sue chiavi. Elfman guardava Evergreen che si specchiava, borbottando qualcosa riguardo alla bellezza e all’essere vere donne. Wendy osservava i graffi di un tavolo mentre Charle ignorava i pesci che Happy le offriva. Probabilmente la gatta era l’unica a comportarsi normalmente. Jetto e Doroi chiacchieravano imperterriti con Rebi, che non li sopportava più. Infatti, più che parlare stavano litigando a due dita di distanza di lei.
Gajiru, già nervoso di per sé e ancora più irritato alla vista di quei due che importunavano la sua ragazza, tirò un boccale di birra sulla testa di Natsu, sperando di scatenare una rissa. Con suo immenso stupore, la risposta del suo compagno fu a dir poco fredda. Alzò la testa, vide il boccale e si mise e giocarci. Ancora più irrequieto, Gajiru si mise a tirare pugni alla trave di legno del piano superiore, attirandosi un’occhiata ammonitrice da parte di Rebi.
Il Master decise di intervenire. Quell’assenza di caos mandava fuori dai gangheri anche lui. – Ragazzi! – urlò. – È una gilda di maghi questa, non di disoccupati depressi. Fate qualcosa, accidenti!
- Fare cosa? – domandò Gray assonnato, alzando la testa.
- Un gioco da veri uomini! – annunciò Elfman scattando in piedi.
- Ma per favore! – sbottò Evergreen, fissandolo.
Rebi cercò di fare da paciere. – Elfman ha avuto una bella idea, ma dovrebbe includere anche le ragazze.
- Certo! Un vero uomo non esclude mai le sig… ahi! – sbraitò, interrotto da un boccale di birra sulla nuca. Era quello usato da Gajiru per colpire Natsu, che poi era finito nelle mani di Laxus, il cecchino. Nessuno aveva capito come.
- Dacci un taglio e spiega le regole di un gioco qualsiasi! – sibilò quest’ultimo.
Sbuffando irritato, Elfman borbottò qualcosa riguardo alla maturità di un vero uomo. - Allora, ci avviciniamo tutti quanti e poi ognuno di noi a turno dice qualcosa che non ha mai permesso a nessuno di fargli, nemmeno alle persone più vicine. E poi indica un’altra persona, che dovrà fare la stessa cosa.
- Tutto qui? Ma è facile, ho capito pure io! Allora parte il sottoscritto: non ho mai desiderato essere donna! - esclamò Natsu.
Tutta la gilda lo stava fissando, senza stupore però, dato che era impossibile che Natsu capisse una cosa dopo una sola spiegazione. E infatti non aveva compreso proprio nulla.      
- Sì, grazie dell'esempio Natsu - riprese Elfman mentre Lucy si sporgeva per chiarirgli lo scopo di quel giochetto. – Avete tutti capito come Natsu o c’è qualcuno con un briciolo d’intelligenza?
Si levò un mormorio generale, di disapprovazione, ma nessuno fece domande e il mago dedusse che avevano assimilatole regole.
- A me sembra una boiata – azzardò Gajiru, burbero.
Rebi sbuffò. – Smettila di fare il guastafeste e gioca, per piacere!
I due davanti a tutti dovevano sempre fingersi normali, distaccati, per non destare sospetti. E ci riuscivano bene, dato che comunque si punzecchiavano sempre.
- Bene, se nessuno ha altro da dire, propongo di far cominciare il Master.
Questi, preso in causa, strabuzzò un po’ gli occhi, per poi chiuderli come sempre, l’aria pensierosa. – D’accordo figliolo. Io non ho mai permesso a nessuno al di fuori di me di dare una bella lavata di capo ai miei ragazzi.
Dopo un silenzio generale, Elfman disse: - Una cosa molto… nobile, Master.
- No, più che altro è un divertimento che spetta a me. Io vi sopporto, io vi prendo a pedate.
Tutti lo fissarono intimiditi, promettendo a sé stessi di non essere mai cattivi con Makarov. Non era molto saggio far arrabbiare qualcuno che poteva ingigantire il proprio corpo a piacere. No di certo.
- Chi nomini ora? – domandò Elfman.
- Mmm… nomino… Mirajane!
- Oh, tocca a me! Sono così emozionata – esclamò la ragazza. – Be’, è una cosa di cui non mi vergogno, dato che è molto importante e richiede una tecnica precisa. Comunque, non ho mai permesso a nessuno di pulire i boccali di birra!
La sua espressione soddisfatta strideva con il deluso stupore della gilda. Quella cosa non era per nulla interessante e probabilmente Mirajane stava facendo dei favori a Lisanna, visto che non era affatto divertente pulire bicchieri giganti!
- Bah! – mugugnò Gajiru. – Non mi sembra granché.
- Vuoi che ti faccia vedere direttamente in faccia la differenza fra un boccale asciugato male e uno lindo?! – gridò la maga infervorata, trasformata nella sua forma diabolica.
- No, no! Il prossimo! – esclamò Gajiru, suo malgrado preoccupato. Aveva imparato a sue spese che era meglio non fare arrabbiare delle maghe di classe S… o Rebi. Le donne sapevano essere terrificanti a volte, molto più di Zeref e Acnologia insieme.
- Va bene – disse Mirajane sorridendo, tornata la solita barista che popolava i sogni proibiti degli uomini. – Tocca a Lucy.
Questa arrossì. – Io, be’… ehm… non ho lasciato nessuno… - farfugliò, in cerca di qualcosa di interessante. Fatto dormire qualcuno nel suo letto? Ci aveva pensato Natsu, senza il suo permesso. Essere spogliata da qualcuno? Con i vestiti che indossava finiva sempre mezza nuda nei combattimenti; alla fine veniva denudata dai colpi dei nemici! Leggere i suoi manoscritti? Rebi glieli aveva anche commentati. – Ehm… non ho mai lasciato che un amico mi vestisse.
Soddisfatta, Lucy si aspettava che qualcuno, maschio ovviamente, si proponesse subito di farlo. Anzi, credeva che sarebbero stati in molti a farlo, litigando. Invece gli sguardi dei presenti avevano dei sorrisi di circostanza da far accapponare la pelle.
- E allora? Sai farlo da sola! – esordì Natsu.
- Tocca a te – sibilò Lucy al nakama.
- Facile! Non ho mai permesso a nessuno di mangiare le mie fiamme – esclamò soddisfatto, stravaccandosi sulla sedia e portandosi le mani dietro alla testa.
La stupidità certe volte non ha limiti.
- Magari perché nessuno qui mangia il fuoco, idiota? O forse perché fanno così schifo che nemmeno tu hai il coraggio di mangiarle? – lo provocò Gajiru, ghignando.
- Senti, brutto pezzo di me… - gridò Natsu alzandosi di scatto, mentre Lucy lo afferrava per la maglietta cercando di trattenerlo.
- Metallo! Brutto pezzo di metallo – intervenne Rebi, bloccandoli e scoccando un’occhiataccia a Gajiru. – Natsu, siediti e nomina qualcuno, per piacere.
Sbuffando, Natsu si sedette e fissò l’Iron Dragon Slayer. – Sentiamo te, cretino.
Il ragazzo venne preso alla sprovvista. C’erano davvero troppe cose che non aveva mai lasciato fare a nessuno, ma perché non aveva avuto neanche un amico a cui farle svolgere. Cercò la più innocua. – Non ho mai permesso a nessuno di toccarmi i capelli.
Nel silenzio generale, la voce di Gray risuonò innaturalmente alta. – Tutto qui?
- Pensa per te! Anzi, parla per te! Nomino quell’inutile di Gray!
Il gioco proseguì senza intoppi, a parte qualche scaramuccia e alcune espressioni colorite da parte della componente maschile. Era stata un’idea carina, anche se non eccezionale, e servì ad ammazzare il tempo. Nessuno alla fine della giornata si ricordava di ciò che Gajiru aveva detto durante il suo turno. Del resto, che importanza aveva? Ma la sua ragazza ci aveva pensato insistentemente, curiosa, pianificando il momento in cui avrebbe potuto interrogarlo al riguardo.
 
Il sole doveva essere tramontato da poco quando Rebi aveva salutato tutti per dirigersi a casa. La pioggia era cessata poco prima del crepuscolo, lasciando intravedere gli ultimi bagliori dei raggi pallidi del giorno. Una nebbiolina fitta aveva usurpato il posto all’acqua, ma le nuvole erano sempre in agguato, minacciose.
Gajiru era uscito poco prima di lei e la stava aspettando in un vicolo laterale, insieme a Ririi. Raggiuntolo, la ragazza gli diede un bacio sulla guancia, felice di poter stare da sola con lui dopo un’intera giornata passata senza alcun tipo di contatto. Lui mascherava il piacere che provava in quei momenti assumendo il suo solito sguardo impassibile. Chissà, magari un giorno Rebi sarebbe riuscita a rubargli qualche fisica dimostrazione di affetto. A renderlo un po’ romantico, insomma. Ma per qualcuno vissuto nell’assenza di contatti umani, il percorso si profilava arduo e lungo.
Quella sera la maga gli aveva chiesto di andare a casa un po’ prima, perché aveva del lavoro da sbrigare in camera. Ma Gajiru sospettava che ci fosse anche dell’altro. Era rimasta silenziosa per tutto il tragitto, quando di solito chiacchierava senza interruzione di qualsiasi cosa. Al Dragon Slayer piaceva molto ascoltarla, riusciva a capirla ogni volta un po’ di più. Però non gli dispiaceva nemmeno il silenzio, e spesso assaporava la quiete dei momenti trascorsi con la sua compagna, che apprezzava quella tranquillità allo stesso modo.
- Sputa il rospo – disse di punto in bianco, senza mezzi termini.
Rebi lo guardò perplessa, distolta dai suoi pensieri. – Cosa?
- Che succede? – domandò ancora Gajiru. – Sei strana, non dici nulla.
Ririi era attento alla discussione e fissava Rebi, interessato. Il suo nakama aveva notato qualcosa che lui stesso non aveva visto? Stava diventando davvero un arguto esperto di… Rebi.
- Non è la prima volta che camminiamo in silenzio - specificò la giovane.
- No, certo. Ma sono silenzi diversi, spontanei. Questo è foriero di cattivi presagi. Quindi dimmi subito che diamine ti passa la testa, o rischi di farmi impazzire nell'attesa!
Ok, il linguaggio era il solito, senza tatto, ma il ragazzo aveva colpito nel segno. Rebi era pensierosa e quel tumulto riguardava lui.
- Stavo pensando a quello che hai detto oggi - ammise dopo un po'.
Lui le lanciò un'occhiata interrogativa. - Cosa in particolare? Ho parlato tutto il giorno!
- Quello che hai detto durante il gioco. Davvero non hai mai permesso a nessuno di toccarti i capelli?
Gajiru non capiva lo stupore della compagna. Non era una cosa così insolita, alla fine. - Esatto. Chi poteva toccarmeli, scusa?
La ragazza corrugò la fronte e gonfiò un po' le guance, riflettendo. - Ma ti piacerebbe se qualcuno lo facesse? Lo lasceresti fare a chi ti è più vicino?
Lui, impegnato a contemplare quel faccino tanto tenero e delicato, non la ascoltò. - Eh?
- Se oggi qualcuno ti toccasse i capelli... lo lasceresti fare? - ripeté.
Gajiru era un po' smarrito. - No! Perché dovrei? Mi ci vedi intento a farmi accarezzare da Natsu? Che schifo!
- Intendevo me, baka! - esclamò spazientita la giovane.
Era da molto che desiderava accarezzare quella chioma selvaggia, ma non aveva mai osato farlo per timore che lui non apprezzasse. E forse quella deduzione si era rivelata corretta. L'unica volta che glieli aveva toccati, per sbaglio, era stato in biblioteca, dopo il suo ritorno. Buttandoglisi addosso, Rebi gli aveva tirato la matassa corvina, erroneamente. Certo, Gajiru non aveva opposto resistenza in alcun modo, ma probabilmente perché la sua attenzione era rivolta altrove in quel momento... E poi era stato un contatto fugace.
- Vuoi toccarmi i capelli? - domandò lui, un po' stupito. - Perché?
- Perché no? - replicò lei, paonazza.
Gajiru si grattò la testa, a corto di risposte. - Be'... - borbottó, a disagio. - Perché è roba mia.
Rebi si rabbuiò. Proseguirono il viaggio verso Fairy Hills in silenzio. Gajiru si chiedeva se era stato troppo duro con lei, mentre questa architettava un modo per fargli cambiare parere. Aveva un'idea, ma si vergognava un po' a metterla in pratica. Era sfacciata e imbarazzante.
- Gajiru io vado a casa a preparare la cena perché sto morendo di fame – annunciò Ririi. Più che preparare da mangiare voleva lasciare ai due un po' di intimità.
Salutò affettuosamente Rebi e si dileguò, così che la ragazza potesse cogliere la palla al balzo.
- Però... - disse titubante. - No nulla.
Sapeva che lui andava nel pallone quando non gli diceva qualcosa, o quando iniziava a parlare e si interrompeva, senza rivelare nulla.
- Cosa? – domandò spazientito.
Molti si chiedevano come quella piccola e dolce ragazzina riuscisse a fronteggiare il potente mago. Era grande il triplo di lei, dieci volte più forte e scontroso. Con l’aura che emanava, di certo la prima impressione non era positiva. E probabilmente nessuno aveva l’ardente desiderio di intavolare una conversazione con lui. Ma Rebi era a suo agio. Le piaceva stare con il compagno, e sapeva che era interessato a ciò che diceva. Non le serviva altro per aprirsi.
- Stavo pensando che… - iniziò a spiegare, fermandosi in mezzo ad una stradina deserta.
- Che? – incalzò Gajiru fissandola dall’alto. Si era dovuto arrestare pure lui, per starle vicino.
- Che se non mi permetti di toccarti i capelli, allora io dovrò sempre fare così… – concluse baciandolo.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi. Non riusciva a capire cosa volesse dirgli la sua compagna, figuriamoci comprendere i suoi comportamenti! Lo aveva baciato di punto di bianco, nel bel mezzo di un qualche complesso ragionamento. Be’, tanto valeva approfittarne. Le prese il viso fra le mani per avere un contatto più profondo, ma si rese conto che il bacio della ragazza era tiepido, distaccato. E lei… non lo stava toccando. Aveva le mani unite dietro la schiena, distante da lui anche con il corpo.
- Ma che…?! – esclamò staccandosi. Non poté dire qualche frase poco educata perché venne subito interrotto da un dito della ragazza.
- Ti piace? Io non credo. Dov’è il calore? Invece, se solo potessi toccarti i capelli, le cose diventerebbero così… – proseguì stringendolo forte e riprendendo il bacio interrotto.
Era del tutto diverso, Gajiru poteva sentirlo forte e chiaro dai più oscuri meandri del suo corpo. La ragazza lo stava baciando con una passione intensa e una dolcezza infinita, insieme. Gli trasmetteva amore attraverso l’abbraccio. E poi le sue mani si spostarono lentamente verso la testa del giovane. Gli prese il viso fra le mani, accarezzandolo, per poi infilarsi senza permesso nella sua lunga chioma. Morbida. Forte come lui. Sentendosi accarezzare i capelli, il ragazzo perse del tutto il barlume di lucidità che aveva, e gemette involontariamente. Quel contatto era bellissimo… così intimo.
Bruscamente si staccò da lei, la seduttrice, che aveva dipinte in volto diverse emozioni. Era felice, soddisfatta, esaltata! Vedeva chiaramente dall’espressione del ragazzo che il suo intento era riuscito: i suoi occhi ardevano e aveva il respiro accelerato mentre la fissava con un’intensità tale da far salire la temperatura circostante. Lei aveva dipinto in volto il tipico sorrisetto scaltro di chi la sa lunga, un piccolo ghigno alla Rebi che faceva impazzire il Dragon Slayer. La giovane però era anche imbarazzata per ciò che aveva fatto, dato che non era mai stata così intraprendente. Tranne durante il primo mesiversario, ma quello era un’eccezione comprensibile. I suoi occhi luccicavano come quelli del compagno.
- Sei una  furbetta – enunciò Gajiru ghignando.
- Già – ammise lei, soddisfatta. – Hai almeno capito quello che volevo dire?
- Ho capito solo che qui qualcuno mi ha ricattato di darmi dei baci da pesce lesso se io non permetto a questa persona di toccarmi i capelli – spiegò lui.
- Io direi più che altro che questo intelligente qualcuno ti ha aperto gli occhi.
- Ricattandomi – insisté il ragazzo.
- Era necessario. Il fine giustifica i mezzi, no? – domandò retoricamente Rebi, avvicinandosi a lui in maniera pericolosa. Averla troppo vicina gli faceva girare la testa.
- Smettila di fare la seduttrice! – sbraitò. Non che non gli piacesse… Anzi, era proprio quello il problema!
Tutto il suo essere era dominato dall’effetto di una donna! Che fine aveva fatto il maschio dominante? Il potere era in mano alle femmine, altroché! E non era nemmeno consapevole di quanto la sua ragazza potesse essere provocante. Come mai sapeva farlo così bene? Aveva fatto pratica? Con altri uomini?! Il solo pensiero lo faceva imbestialire. Che un altro essere… respirante… avesse potuto vederla in quegli atteggiamenti…
Gajiru respirò profondamente con il naso, per calmarsi.
- Ehi! Tutto bene? Sei teso – dichiarò lei, preoccupata, mettendogli una mano sul braccio e osservandolo da vicino. – Io… io non volevo farti questo effetto. Era un altro il mio intento – continuò, afflitta.
Poteva essere feroce quanto voleva, ma lui non resisteva di fronte a quell’espressione da cucciolo. – No, va tutto bene. Dai, andiamo – disse passandole un braccio attorno alle spalle.
Rebi non si aspettava quel contatto, era troppo… possessivo. – A cosa pensi? – gli domandò.
Il ragazzo era indeciso se rivelarglielo o meno. Avrebbe fatto una figura patetica. Però era impossibile nasconderle qualcosa. – A te. Se hai avuto altri uomini con cui esercitarci in quel modo – rispose.
L’interessata arrossì. – No – rispose subito, limpidamente. – Tu sei il primo. Non pensavo nemmeno di saperlo fare.
Gajiru ridacchiò, come al solito. – E invece lo hai fatto fin troppo bene. Sei tremenda.
Lei gli sorrise, scaldandogli il cuore. Incredibilmente, grazie a lui stava acquistando un po’ più di fiducia in sé stessa.
Dopo alcuni istanti di silenzio, gli chiese: - Posso pettinarti i capelli?
Impreparato, il ragazzo la guardò perplesso. – Ma che cos’hanno di tanto speciale, si può sapere? Sono dei dannati capelli!
- Sono bellissimi! Lucenti, morbidi… sexy… - rispose lei lanciandogli un’occhiata languida che lo fece arrossire.
Che fine aveva fatto la tenera, casta e timida Rebi? – Sei un demonio, Ebi! – sbottò.
Lei rise, allegra, e interpretò il silenzio del compagno come una risposta positiva.
Giunti a Fairy Hills, lo obbligò a salire in camera per pettinarlo. Il ragazzo sbuffò, ma alla fine si diresse verso la camera della sua compagna. Entrò dalla finestra quando la vide sporgersi: se Erza scopriva un maschio nel dormitorio, finiva male per entrambi.
Rebi lo fece sedere sul letto mentre andava in bagno per prendere un pettine, mentre lui soffocava un gemito di disperazione nel vedere la stanza. O la biblioteca, a seconda dei punti di vista. O il casino, e lì non c’erano opinioni: era una certezza. Lui era il contrario di lei in quel caso. Appoggiando un gomito sul ginocchio, incrociò le gambe e appoggiò il viso sul pugno chiuso.
Quando la giovane arrivò, si inginocchiò sul letto alle sue spalle e, felice come non mai, gli prese la chioma per accarezzarla. Era arrossita, perché quel privilegio era concesso solo a lei. Era la prima e sarebbe stata anche l’ultima ad avere accesso a quei setosi capelli. Lui, preoccupato, aveva la tipica espressione annoiata e quasi irritata. Era sicuro che nel giro di pochissimo avrebbe sentito la ragazza esclamare, e se l’immaginò con la piccola fronte corrugata.
Rebi esclamò di sorpresa, facendolo ghignare: stava iniziando a prevederla. Girò un poco la testa, giusto per vedere il suo viso corrucciato. Il sorriso si allargò ancora di più constatando che tutti quei giorni spesi ad osservarla e a meditare sui suoi comportamenti stavano dando i loro frutti.
- Problemi? – chiese compiaciuto.
- Da quanto non li pettini? – domandò lei, tesa.
- Da quando Metallikana è sparito.
- Che cosa?! – gridò Rebi, stupefatta.
- Hai sentito benissimo – farfugliò lui, a disagio.
- E perché? I capelli vanno pettinati! Come possono essere così morbidi se non li curi? Ci saranno tre nidi di rondine qui dentro! – continuò imperterrita, infervorata.
- Guarda che me li lavo, i capelli! - sbottò irritato. Si sentiva punto sul vivo.
- Mi spieghi perché non te li pettini? Per favore - lo supplicò appoggiandosi alla sua schiena e abbracciandolo. Gajiru cominciava a temere che la ragazza avesse capito come fargli fare quello che voleva. Dannato amore e dannati ormoni e dannate donne!
- Quando Metallicana è sparito mi sono rasato i capelli. E non li ho più tagliati da allora. Sono simbolici: rappresentano il tempo che scorre inesorabile. Quando tornerà magari me li taglierò, per resettare tutto. Ma non so se lo farò, ci sono troppo abituato. Mi sentirei... nudo e volubile.
Gajiru reclinò la resta per vedere le reazioni della compagna. Stava sorridendo leggermente, la testa postata sulla sua palla, da dietro.
- È un gesto dolce - concesse. - Ma cosa c'entra il pettine con tutto questo?
Gajiru non rispose, ignorò la domanda. Guardava tutto tranne lei, ma sentiva il suo sguardo penetrante trafiggerlo, in attesa.
- Gajiru? - lo richiamò lei.
Sospirando, senza scelta, il ragazzo borbottò una risposta incomprensibile.
- Eh?
- Ho detto che avevo paura.
Rebi sollevò la testa e lo fissò con tanto d'occhi. - Paura di cosa? Non è che pettinandoli ti si accorciano, sai?
- No. Intendo paura del dolore.
La ragazza era scioccata. Il suo compagno non si era mai pettinato perché aveva paura che facesse male? Kurogane, che aveva incassato un fulmine di Laxus per proteggerla, che aveva rischiato di morire strozzato dall'ombra di Rogue durante il Dai Matou Enbu, che aveva sconfitto Torafusa in assenza di aria, aveva paura del dolore causato da un'innocua spazzola?
Scoppiò a ridere e si buttò sul letto, sotto lo sguardo sbalordito e offeso del nakama. Era ridicolo!
- Molto matura, grazie - brontolò lui, suscitando un ulteriore scoppio d'ilarità da parte della giovane.
Quando ebbe ripreso fiato, gli disse: - Scusa, non era per prenderti in giro, era per l'assurdità della situazione. È ovvio che se ti spazzoli i capelli come prendi a pugni la gente farà male. Ma se fai con delicatezza diventerà anche piacevole. Ti faccio vedere.
Quando la vide brandire il pettine come un'arma pronta per essere calata sulla sua nuca, Gajiru si irrigidì, strinse i denti e chiuse gli occhi, torturandosi il tessuto dei pantaloni.
Ma non successe nulla. - Stai pettinando? - indagò, scettico.
- Certo. Sono facili da pettinare, nonostante tutto. Probabilmente li tieni con cura e non si sono annodati troppo in questi anni - rispose lei, concentrata.
Era piacevole pettinarli, la rendeva felice. Si sentiva più vicina a lui. E il ragazzo, da parte sua, lo adorava. Letteralmente. Dopo i primi istanti trascorsi senza particolari dolori, si rilassò. Il tocco della sua compagna lo rilassava e lui emetteva un basso brontolio proveniente dalla gola. Praticamente stava facendo le fusa, cosa che rendeva la ragazza ancora più appagata.
Da allora Gajiru decise che avrebbe condiviso tutto con Rebi, dai pensieri ai gesti, dalle idee ai ricordi. Perché una cosa usuale e quotidiana può diventare speciale se condivisa con chi si ama.


MaxBarbie's
Konban-wa! Eh lo so, mi dispiace: sono qui. Molte di voi speravano che mi fossi dimenticata di postare, invece...
Non ha molto senso scrivere una ff per farla leggere e non pubblicarla xD In ogni caso... mmm... non odiatemi.
Fatemi sapere se vi piace, se fa schifo, se mi odiate. Magari con una recensioncina...
In ogni caso grazie a tutti coloro che leggono. La relazione diventa sempre più fluff... Ebi tanto fluff io e te :-* Ahahahaha basta ho problemi.
Dovevo dire una cosa importante , ma l'ho dimenticata... no, eccola! Scusate gli errori di battitura, Ho scritto la storia al PC e poi sul cellulare, in autobus, in una strada piena di buche. Ho ricontrollato, ma non si sa mai. Spero che i personaggi non siano OOC e poi basta,
O-yasumi nasai^^

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Capitolo 7
*** Possesso ***


Non disponibilePossesso

Magnolia: splendente cittadina di Fiore, baciata dal sole la maggior parte del tempo. Era un posto idilliaco con alberelli verdeggianti che spuntavano qui e là, viali fioriti per romantiche passeggiate, un centro storico che calamitava i turisti, la cattedrale di Caldia per appassionati di tutte le città. Punto forte di Magnolia, dai profumi delicati e dai colori pittoreschi, era Fairy Tail, la gilda di maghi più forte in assoluto. Da quando era stata ristrutturata era un'opera d'arte vivente. Moltissimi si recavano lì dai più remoti angoli della terra per poter conoscere gli imbattibili Natsu, Gray e Laxus, la meravigliosa Mirajane e la temibile Titania.
I turisti andavano lì pieni di aspettative... e fuggivano terrorizzati quando si ritrovavano a pochi centimetri da un tavolo, una sedia o una persona lanciati fuori dalla finestra.
Ma questa è Fairy Tail. E anche quel giorno, gli ignari passanti si ritrovarono sotto ad un fuoco di guerra. L'attimo prima gli uccellini cinguettavano sereni, quello dopo erano volati via prima di essere coperti da insulti o schegge di vetro.
- Dannato! Ti faccio vedere io com'è innocuo il fuoco! - sbraitò Natsu contro un Gray seminudo disteso in strada.
- E io ti faccio vedere com'è "rinfrescante" il ghiaccio! - gridò di rimando. - Ti congelo quella testa vuota che ti ritrovi! Quelli più forti di te, come me, non li devi sfidare! Non hai nemmeno un po' di dignità!
- Senti chi parla! Dove sono i tuoi vestiti Gray? - sghignazzò il Fire Dragon Slayer.
Imprecando, il mago del ghiaccio si accinse a tornare dentro alla gilda per passare alle mani con Natsu. Era sempre meglio la lotta fisica per dimostrare la propria superiorità.
Il Master guardava la scena sospirando, sopra al bancone della gilda, mentre Mirajane evitata le stoviglie che venivano scaraventate ovunque, in quel trambusto.
- Un vero uomo non si sottrae mai da...! - gridò Elfman con l'intento di unirsi alla zuffa, prima di essere atterrato da un pugno.
- Il fuoco si spegne e il ghiaccio si scioglie, ma è il metallo quello che resiste a tutto! - urlò Gajiru ghignando, buttandosi nella mischia.
Makarov sospirò. - Quando sono così giovani e pieni di vita bisogna lasciarli fare - borbottò fra sé e sé. - Altrimenti rischiano di implodere facendosi del male. Meglio che esplodano, decisamente... Mi ricordo quando avevo la loro età e... dannati bastardi venite ad attaccarmi direttamente se ne avete il coraggio!!
Il Master della gilda era stato beccato in fronte da un sandalo puzzolente. Di Elfman.
Il nonnetto imprecò un po' per poi ingigantire il proprio braccio e rispedire la scarpa al mittente. - Lavati, razza di animale! - sbraitò.
- I veri uomini hanno i piedi che puzz... - iniziò a dire prima di essere sbattuto nuovamente a terra.
Quella solfa maschile non la sopportava più nessuno.
In mezzo al trambusto, Rebi se ne stava in disparte a chiacchierare tranquillamente con Jetto e Doroi. Ultimamente si erano un po' allontanati, e lei voleva farsi perdonare. Perciò, come ai bei vecchi tempi, stavano scherzando e ridendo insieme. O meglio, loro le facevano dei complimenti che la facevano ridere, per poi lanciarsi occhiate in cagnesco.
Nel frattempo Makarov, stufo, pose fine alla lotta dando a tutti un calcio gigante sul sedere e strigliandoli a dovere. Quando le acque si furono calmate, Wendy, Charle e Lucy sbucarono fuori da un tavolo improvvisato a protezione. Erza, be', lei continuò a mangiare tranquillamente la sua torta, sebbene senza tavolo per appoggiarsi. Mirajane rimase impassibile a lavorare, come se non le cambiasse nulla vivere nel caos o nella pace.
Natsy, Gray e Gajiru si guardavano diffidenti da tre lati opposti della gilda, ma piano piano gli altri si dimenticarono di loro e cominciarono a chiacchierare amabilmente. Come se non fosse mai esistita la rissa di poco prima, con insulti annessi.
L'Iron Dragon Slayer, silenzioso, cercò con lo sguardo la sua ragazza, senza però farsi notare. Quando la vide in compagnia dei suoi due nakama, riuscì a gestire la gelosia. Sapeva quanto Rebi tenesse a loro, e quanto stava soffrendo perché lui non voleva ancora rivelare nulla del fidanzamento.
Pansaa Ririi fino a quel momento era stato in disparte con Happy, ma raggiunse il suo compagno quando finalmente le tornò la calma. Gli si accostò senza proferir parola: fra loro non ce n'era bisogno. Tuttavia lo stava scrutando e seguendo il suo sguardo, aveva visto cosa stava osservando. Ovvio: Rebi, Jetto e Doroi. Però l'exceed non vide la sua solita irritazione collerica, come succedeva ogni volta che la ragazza parlava con qualche uomo, persino con il Master. Aveva solo la mascella contratta, e sotto allo sguardo impenetrabile non vedeva fiammeggiare la solita gelosia cocente. Stava imparando a controllarsi, e Ririi era fiero di lui.
Finché le cose non precipitarono.
- Preferisce me! - esclamò Jetto, fulminando Doroi.
- Ti dico di no! - ribatté l'altro. - Rebi è la mia migliore amica!
- No, è la mia! Io la stimo di più e la trovo perfetta!
- Be', anche io! E lei vuole essere la mia ragazza!
- Ragazzi... - cercò di chiamarli la giovane contesa. Quelle situazioni la mettevano sempre a disagio.
- Vuole essere la mia ragazza! - sbottò Jetto.
Gajiru, appoggiato ad una colonna poco distante, fremette. Rebi era sua. Sua e di nessun altro. La sua ragazza, la sua migliore amica, la sua piccola e perfetta vita.
- No! Si metterà con me! - urlò Doroi.
Geloso e irritato come non mai, Gajiru si staccò dalla colonna e si avvicinò al team Shadow Gear, ignorando i consigli di Ririi di lasciar perdere. Minaccioso, raggiunse i tre nakama.
- Starà con me perché sono più adatto! Lei è di me che ha bisogno! - ribadì Jetto con fervore.
- No! Io sono l'unico uomo per lei!
Rebi cercava anche di fermarli per riportare la conversazione a livelli normali, ma le due nemesi erano troppo impegnate a bisticciare.
- Rebi! Di chi vuoi essere la ragazza? - chiesero entrambi all'improvviso, spaventandola.
Non le avevano mai posto la domanda così direttamente, e lei non sapeva cosa rispondere. O meglio, lo sapeva, ma aveva il presentimento che non fosse la risposta che volevano sentire.
Gajiru arrivò per salvarla dal disagio e… buttarla in una situazione ancora più imbarazzante. - Mia!! - sancì in tono duro passando un braccio attorno alle spalle della ragazza. Aveva una vena pulsante sulla fronte, in parte coperta dalla fascetta simile a quella della compagna. - Andatevene - ordinò poi senza guardarli. Poteva comunque percepire lo sbalordimento di Jetto e Doroi, finalmente muti.
L'irritazione del ragazzo non traspariva solo dal suo sguardo alterato, ma anche dall'aura che pervadeva quell'angolo di gilda. L'aria si era fatta pesante e, zitti e obbedienti, i due nakama si diedero alla macchia. Rebi era basita. Oltre ad essere stato un gran maleducato, aveva agito d'impulso, cosa che odiava. E senza ragione, per di più!
Quando Gajiru la guardò ghignante, fiero dell'atto virilmente compiuto, si rabbuiò: la sua compagna non sembrava esattamente felice. Aveva marcato il territorio come un vero maschio alfa, ma il territorio in questione non aveva apprezzato.
- Che c'è? - domandò allora sulla difensiva, il tono severo e leggermente petulante.
Senza degnarlo di una risposta, Rebi gli scoccò un'occhiataccia e si allontanò scrollandosi il suo braccio di dosso. Ririi scosse la testa, rassegnato. Avrebbe dovuto trattenerlo ad ogni costo. Combinava sempre guai.
Lei non gli rivolse uno sguardo per tutta la giornata.
 
La sera fu lei ad uscire per prima. Di solito Gajiru usciva, la precedeva e l'aspettava per accompagnarla a casa, ma quel giorno no. Rebi salutò allegramente tutti, come al solito. E tutti, come sempre, pensarono che era una fanciulla dolcissima e meritava ogni bene. Tipo un ragazzo come Gajiru... certo, sicuramente!
Lo aveva ignorato per il resto del pomeriggio e stava uscendo senza accertarsi della sua presenza. Poteva seguirla o no, non le importava.
Dopo vari minuti di cammino, comunque, scoprendo che lui non l'aveva seguito, si intristì, per poi innervosirsi. Ormai era arrivata nei pressi della casa del compagno. Ci passava vicino per dirigersi a Fairy Hills. Sbuffando, accelerò l'andatura.
Improvvisamente si sentì sollevare e lanciò un gridolino spaventato. Gajiru l'aveva messa di peso sulla sua spalla sinistra, stando attento a non farle male. Infastidita, Rebi cominciò ad agitarsi, tirando dei piccoli e innocui pugni sulla schiena del nakama.
- Mettimi giù! - ordinò furiosa.
- No, stai un po' a casa con me.
- Gajiru, ti avevo avvertito che si sarebbe arrabbiata! Perché non mi ascolti mai?! Lasciala andare prima che ti pesti! - minacciò Ririi, svolazzando accanto alla testa della prigioniera.
- Non mi farà alcun male picchiandomi - lo sfidò il Dragon Slayer.
- Ehi! - lo rimbrottò Rebi sgambettando. La mano del ragazzo la stava tenendo salda per la schiena, in modo che non cadesse.
- Non intendo dire lei! Parlo di me! - chiarì l'exceed.
- Me ne frego. Ora andiamo tutti a casa - ghignò allegramente.
Purtroppo Gajiru non si era accorto che la rabbia di Rebi derivava da ciò che aveva fatto alla gilda. Pensava che fosse semplicemente di malumore e credeva che avrebbe riso ritrovandosi sulle sue spalle. Ma era ingenuo. Aveva ovviamente visto le occhiate torve che lei gli aveva lanciato a Fairy Tail, e non gli aveva mai rivolto la parola, ma supponeva che si comportasse così per rimediare al contatto fisico di lui. In fondo era stato fin troppo esplicito con Jetto e Doroi, qualcuno avrebbe potuto dedurre cosa c'era fra di loro.
Rebi tentò di opporre resistenza mentre il suo compagno la trasportava a casa. Però, resasi conto dell'inutilità delle sue gesta, si rassegnò rilassò il corpo, floscio sulla spalla di lui. Il ragazzo, intanto, fischiettava spensierato.
Entrati in casa, Ririi borbottò qualcosa riguardo al rapimento, mentre Gajiru scaricava Rebi sul divano. Ridacchiando, si chinò verso di lei per baciarla dopo un'intera giornata di astinenza, ma rimase a bocca asciutta: la ragazza lo stava fulminando con gli occhi, una mano premuta sulle labbra di lui. Era sdraiata sul divano, rigida.
Lo stava rifiutando.
Sgomento, il ragazzo guardò il gatto in cerca di aiuto, ma si accorse con orrore che lo stava scrutando furiosamente proprio come Rebi. Che accidenti aveva fatto?
- E ora che c’è? – sbottò rassegnato, sedendosi per terra di peso vicino al corpo della ragazza.
- Me lo chiedi anche? – esclamò risentita lei.
- Sì che te lo chiedo! Faccio sempre qualcosa di sbagliato! Oggi sono stato bravo! – si lamentò. Sembrava un bimbo capriccioso a cui la mamma aveva tolto le caramelle. – Ti ho anche dimostrato affetto in pubblico!
Ririi, esasperato, si sistemò sullo schienale del divano, le mani premute sul viso.
Ora la maga era totalmente confusa. – E quando, sentiamo? Non mi hai nemmeno parlato!
- Quando ho cacciato quei due cagnolini che ti stanno sempre appresso. Ho detto che sei mia. Dolce, vero? – chiese conferma ghignando, trionfante. Aveva compiuto un bel gesto romantico.
Rebi scoppiò a ridere, sprezzante. Non l’aveva mai sentita ridere in quel modo così poco… tenero. Gajiru ebbe paura per un momento. Forse l’aveva davvero fatta grossa. – Non è stato dolce, è stato maleducato – sancì in tono duro, guardandolo negli occhi. – Non sono un oggetto. Sei piombato lì senza essere interpellato, hai mandato via in malo modo i miei amici e mi hai reclamata senza chiederti se stessi facendo la cosa giusta. Inoltre hai praticamente ammesso che stiamo insieme, ma non ti sei preso la briga di spiegarlo! O lo dici a tutti o stai zitto, Gajiru. Non puoi urlare a i quattro venti che sono tua, farmi una scenata di gelosia e poi ignorarmi tutto il giorno – gridò infervorata.
Sì, il ragazzo aveva davvero paura. Non l’aveva mai vista così arrabbiata. E capì di avere sbagliato. Ririi scese e si posizionò sul grembo della ragazza, sospirando rassegnato: sapeva che prestarsi come antistress l’aiutava a calmarsi. E infatti Rebi iniziò ad accarezzarlo, tranquillizzandosi un po’, ma senza mai smettere di fissare Gajiru.
- Ma tu sei mia… - ribatté con poca convinzione, distogliendo lo sguardo dagli occhioni di lei.
Sbuffando, scese dal divano, stupendo l’exceed, e si diresse verso la porta. Ma il ragazzo fu più veloce: si alzò di scatto e corse a bloccarla, prendendole la mano. Lei la scrollò via e si girò per fulminarlo. Non l’aveva mi vista così, e desiderò con tutto sé stesso tornare indietro nel tempo per evitare di fare ciò che l’aveva fatta infuriare.
- Lo so che sono tua – sibilò, la voce tremante dell’emozione. – Ma vorrei esserlo sempre, non solo quando siamo a casa tua o in giro da soli. Sto male quando mi ignori.
Gajiru sospirò e si avvicinò ancora di più a lei, che finì con la schiena premuta contro la porta chiusa. Lui appoggiò il braccio al muro vicino alla sua testa, avvicinando il viso al suo. E Ririi pensò bene di svignarsela.
- E se poi alla gilda mi prendono in giro perché non sono alla tua altezza? – chiese sussurrando.
Leggermente spiazzata, Rebi rispose: - Smettila con queste cavolate! Decido io chi è alla mia altezza. Tu sei Kurogane, accidenti! Ti fai mettere paura da alcuni commenti ciarlieri dei membri della gilda? Dovresti dar loro più fiducia! Si augurano ogni bene per me, e anche per te. Siamo una grande famiglia e non ci si critica alle spalle nelle famiglie!
- Io rimango dell’opinione che sia necessario aspettare ancora un po’… - ammise pacato.
Rebi sbuffò. – Come vuoi, fai quello che credi. Ma almeno non andare a dire che sono tua se poi fingiamo che non ci sia nulla. Non mi piacciono gli atteggiamenti falsi.
Gajiru decise che in fatto di ragazze aveva davvero gusto. La sua compagna da arrabbiata era spaventosa, certo, ma anche tremendamente sexy. Constatò che adorava le tipe di carattere e, be’, la sua aveva un caratterino niente male. Fegato da vendere. Tenerezza , dolcezza, intelligenza. L’elenco era lungo. Ma Rebi non aveva un difetto che fosse uno, ai suoi occhi.
- Mi hai capita? – chiese ancora, stanca, notando che il suo ragazzo non la stava ascoltando.
- Mh-mh – mormorò lui in risposta, avvicinandosi ancora di più alla sua bocca.
La giovane sapeva che terribile effetto le provocava la sua vicinanza. Gajiru ora aveva appoggiato anche l’altro braccio sulla porta, incastrandola. Negli occhi aveva una luce decisa, un po’ maliziosa, ma anche… dolce. La desiderava. Non poteva resistere.
Sospirò, sperando che almeno un decimo di quello che aveva detto fosse stato recepito dal suo cervello di metallo.
- Non vale però…
- Cosa? – chiese curioso, inclinando la testa.
Rebi cercò di respirare normalmente e mantenere la lucidità. – Non puoi risolvere ogni situazione facendomi perdere la testa. Sei scorretto – sussurrò.
Comprendendo cosa voleva dire la ragazza ed esaltandosi interiormente per questo, tirò fuori uno dei suoi ghigni migliori. – La colpa è tua. Mi fai impazzire quando ti arrabbi. Sei una micetta che tira fuori gli artigli: coccolosa e spaventosa.
Lusingata e senza via d’uscita, la “micetta” decise di lasciar perdere per quella volta. Come aveva fatto anche in tutte le altre occasioni. Gli lanciò uno sguardo languido prima di infilargli le dita fra i capelli e attirarlo a sé. Premette con forza la bocca sulla sua, mentre lui la annullava la distanza fra i loro corpi. La fece aderire totalmente alla porta, ansimando.
Per la prima volta Gajiru decise di farsi un po’ più audace. Al massimo lei lo avrebbe fermato. Lentamente si distaccò dalla sua bocca e le tracciò una scia di umidi baci su tutta la guancia e il mento, fino a giungere al collo. La ragazza avrebbe potuto riprendere fiato, ma era impossibile respirare normalmente mentre la persona che ami ti sta baciando tutto il collo, gemendo sommessamente. Ora la teneva stretta fra le braccia, stringendola in vita. Essendo molto più alto di lei era anche leggermente incurvato, ma non gli interessava. A sorpresa, arricciò le labbra scoprendo i canini affilati, e le mordicchiò il collo emettendo un sordo ringhiò gutturale. Rebi soffocò un urletto di sorpresa, per poi cominciare a ridacchiare. E lo stesso fece lui, contro il suo collo… cosa che la solleticò non poco, facendola dimenare. Stavano ridendo entrambi: lei con un suono cristallino e scampanellante, lui rocamente, con voce profonda.
- Devo andare – annunciò lei accarezzandogli una guancia.
Gajiru si rattristò leggermente. – Va bene. Però ti accompagno.
Ririi, che aveva cercato di non immaginare da cosa erano provocati i suoni di poco prima, approvò mentalmente la proposta del suo nakama. Almeno una cosa giusta nella giornata!
- Ok – acconsentì Rebi.
Gajiru ghignò. – Pansaa Ririi! Metti su la cena!
Il gatto sbuffò: sì, solo una cosa giusta poteva fare in un giorno.
Mentre l’exceed preparava qualcosa per la sera, una giovane coppia male assortita si dirigeva verso Fairy Hills.
Lui era alto, muscoloso e imponente, con un’aria da duro e un’aura spaventosa. Era pieno di piercing e aveva i capelli troppo lunghi, troppo neri e troppo spettinati, fermati da una strana fascetta. I suoi ardenti occhi rossi  non ispiravano molta fiducia.
Lei era piccolina, snella e innocua, con un’aria da bambina e un’aura di serenità. Era semplice, acqua e sapone, con dei singolari e selvaggi capelli tenuti fermi da una tenera fascetta. I suoi caldi occhi marroni invitavano a fidarsi completamente di lei.
Cosa avevano in comune?
L’amore che li legava.
E lui, il burbero e coriaceo ragazzo, prese la piccola mano di lei, che lo guardò sorridente.
 
 
MaxBarbie’s
Konban-wa! Per me non molto :’( Ho un sacco da studiare! *si dispera*
E non mi ricordo nulla anche se ho studiato tre ore >.< Ma in teoria, il dottor Kawashima (grandissimo Brain Training per Nintendo xD) dice che dopo una giornata intensa di studio distrarsi con cose poco intelligenti (tipo il mio capitolo), aiuta a memorizzare. E io metto in pratica. Magari anche voi leggendo questa stupidaggine vi ricordate tutto ahahaha.
Comunque concludo perché… be’, non so se qualcuno legge queste note insulse. Ma a me piace parlare a vanvera eheh ^^” Quindi magari qualcuno c’è.
Grazie a tutti quelli che leggono, siete meravigliosi, e un grazie con un ♥ a Bluesan 😍, FairyFire e Tri76 che mi hanno messa fra gli autori preferiti *sclera di gioia*.
O-yasumi nasai e buono studio a me… *si dispera*

P.S: scusate gli errori se ci sono... e ovviamente ci saranno^^"

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Capitolo 8
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- Sono stufa! - sbottò la ragazza.
Lui sospirò. - Lo so, ho capito.
- So che hai capito. Ora voglio vederlo con i fatti - spiegò per l'ennesima volta, aggrappandosi al suo braccio.
Erano seduti vicini sotto ad un albero, con Ririi che li guardava godendosi la scena. Erano nella radura in cui lei li aveva condotti in inverno, quando era talmente piena di neve da non potersi fermare. Ci erano tornati insieme in quel giorno primaverile, per caso. Non era premeditato. Stavano passando vicino al bosco e si erano infilati nel sentierino che conduceva lì, in tacito accordo. Volevano vedere com'era quel posticino in primavera, ed erano rimasti assolutamente ammaliati dalla bellezza di quel posto. Il prato, rimasto sepolto tutto l'inverno, finalmente vedeva la luce del sole. Era di un verde particolarmente brillante, rilucente sotto ai raggi di luce. Nonostante fosse in mezzo al bosco era ordinato e rigoglioso. Una distesa di fiori bianchi, rossi e gialli si spandeva al centro della radura, dando un tocco di colore e vivacità, mentre gli alberi imponenti e in piena fioritura donavano un senso di calma e protezione. Quello spiazzo era un tripudio di colori e odori soavi. Era un posto magico e romantico.
Era bastato un sguardo complice per far capire a Gajiru e Rebi che quello sarebbe stato il loro posto. Isolati da tutto e da tutti, in pace con il mondo e la natura. Si erano seduti all'ombra di una nodosa quercia in silenzio, mentre un venticello tiepido scuoteva le fronde degli alberi in una rilassante melodia.
Rebi si era subito appoggiata a Gajiru, in un confortevole tepore, e lui l'aveva stretta a sé. Ririi era nel mezzo, appoggiato alla gamba del nakama. Non c'era bisogno di parlare, era tutto perfetto; chiacchiere inutili avrebbero solo rovinato quel momento.
Finché non avevano iniziato a discutere. Non si ricordavano nemmeno com'era uscito fuori l'argomento, ma era minimo la decima volta che ne parlavano. All'inizio avevano affrontato la questione in toni accesi, ma giunti a quel punto erano un po' apatici: si erano detti tutto quello che dovevano dirsi ed era emerso che Gajiru aveva torto.
Quest’ultimo grugnì. - Lo vedrai quando sarà il momento... giusto.
Rebi si staccò da lui appoggiando le mani per terra. Lo fissò insistentemente finché non si decise a guardarla, quindi chiese: - E quando sarebbe?
- Non mettermi fretta, Ebi!
- Non era mia intenzione. Del resto stiamo insieme solo da quattro mesi, è normale che tu vogli aspettare un po' per vedere come va. Peccato che sia passato più di un po' di tempo.
Era molto alterata adesso, era chiaro, e Gajiru mormorò qualcosa di indistinguibile.
- Cosa? - domandò Ririi, perplesso.
- Ho detto che sono tre mesi e 26 giorni...
Alla ragazza venne fuori un tic all'occhio, che rendeva la sua espressione leggermente psicopatica. - Non stai migliorando la situazione - annunciò con una pacata voce vibrante.
- Ma anche io devo aspettare te per molte questioni! - sbottò lui, risentito.
- Hai ragione, però sono più delicate ed importanti rispetto a questa.
Il ragazzo ci rifletté sopra, ammettendo che lei era nel giusto... come sempre.
Incrociò le braccia. - Ma perché vuoi far sapere a tutti che stiamo insieme? - domandò in tono petulante.
- E tu perché non vuoi farlo? - ribatté lei esasperata e... malinconica. - È la prima cosa che si fa in una coppia!
Gajiru non seppe cosa risponderle. O meglio, lo sapeva ma non voleva dirglielo. Non voleva dirle che non si sentiva alla sua altezza e temeva che i membri della gilda glielo facessero notare. Resisi conto dello sbaglio che Rebi stava commettendo, avrebbero sicuramente fatto pressione su di lei affinché lo lasciasse. Magari avrebbe aperto gli occhi, la ragione avrebbe prevalso sul suo cuore e lei avrebbe chiuso la loro storia. Non poteva permetterlo. Non poteva perderla.
- Gajiru? - lo richiamò lei dopo alcuni istanti di silenzio, scrutandolo.
- Mmm? - mugugnò lui, lo sguardo triste al di là della facciata dura.
- Perché non vuoi dirlo in giro? - domandò dolcemente appoggiando le mani sul suo braccio e avvicinandosi.
Il ragazzo deglutì. Probabilmente lei non voleva esercitare quel fascino volontariamente. Faceva solo parte del suo atteggiamento e non se ne rendeva conto. Ma Gajiru era un maschio e per di più era il suo compagno. Lei gli faceva un certo effetto e lo attraeva anche quando era coperta di foglie e fango dopo qualche missione.
- Io... - mormorò fissando davanti un punto davanti a sé. Guardarla lo distraeva e basta.
Ririi si era allontanato di qualche centimetro per poterli vedere in faccia. Era sempre in mezzo quel gatto, avrebbe potuto fare delle relazioni quotidiane degli sguardi che la coppia si lanciava, dei loro gesti o anche dei loro baci. Ma di quelli decisamente meno: non era un guardone, lasciava loro la privacy che meritavano.
- Tu...? - sussurrò lei, il viso a poca distanza dall'orecchio.
Gajiru rabbrividì e si alzò bruscamente, facendo perdere a Rebi l'appoggio.
Stava per sgridarlo, risentita, ma lui la precedette. - Io penso che non sia una buona idea quello di dirlo agli altri. Non ti basta che ci sia Ririi?
- No! Non voglio che alla gilda mi ignori, come fai di solito. Voglio che tutti sappiano che ci... vogliamo bene - concluse arrossendo. - Perché tu no?
Negli occhi aveva un bagliore di disperazione e supplica. Ci teneva davvero molto a quella cosa...
- Perché ti porterebbero via da me - mugugnò di fronte a lei.
- Mangerebbero pan carré? - domandò confusa accarezzando Ririi, suo ostaggio anti-stress.
- Ti porterebbero via da me!
La mano che stava accarezzando il gatto si bloccò. Rebi era attonita. - Mi rapirebbero?
- No - sospirò Gajiru. - Ma ti spingerebbero a lasciarmi.
- E perché? - esclamò al limite dello sbalordimento.
- Perché non sono adatto a te! Ti diranno che ti ferirò, che ti maltratterò o simili. Che sono troppo stupido per te e puoi mirare più alto. Che ti rovinerai la vita a stare con uno come me! - sbraitò, libero da un peso.
Rebi lo fissava ammutolita. Aveva inconsapevolmente stretto la presa attorno a Ririi, che la scrutava preoccupato. Gajiru non doveva dire certe cose mentre lei lo stringeva! Se moriva soffocato lo avrebbe avuto sulla coscienza!
Il silenzio si protrasse a lungo e il ragazzo, in ansia, si arrischiò a guardare la sua compagna: aveva gli occhi colmi di tristezza e... delusione. Era molto abbattuta e lui si sentì a disagio, ma dal suo viso non traspariva nulla. Come al solito.
Quando Rebi parlò, la sua voce pacata suonò innaturalmente rumorosa nella quiete che si era creata. - Devi avere più fiducia nei membri della gilda. E deve avere più fiducia in me. A modo loro, ti vogliono tutti bene, e lo sai. Ognuno dei nostri nakama ti ha perdonato, persino Laxus, e non ti farebbero mai del male. Sono la mia famiglia, e sono anche la tua. Cercano solo il bene di entrambi e non farebbero mai nulla per distruggere i legami di qualcuno. Proprio per questo gioirebbero se gli dicessimo che stiamo insieme. E mi rattrista sentirti dire queste cose; non rendi loro l'onore che si meritano. Ma oltre a questo - disse alzandosi e pungolando il petto di Gajiru - mi delude la scarsa considerazione che hai dei miei sentimenti. Non ti ho rivelato quello che provo per te a casaccio, solo perché c'era l'atmosfera giusta. Te l'ho detto perché è una cosa che sento nel profondo, che fa parte di me e sarà così per sempre. Pensi che sia un'infatuazione leggera che passa solo perché un amico mi dice che non siamo fatti l'uno per l'altra? Credi che mi farei influenzare dagli altri? Mi consideri così volubile da mutare pensiero da un giorno all'altro, Gajiru? Io so che non è così, ne sono certa.
Aveva uno sguardo così deciso e intenso che il ragazzo sentì un brivido percorrergli la spina dorsale: era bellissima. E lui stava come al solito per rovinare tutto. O, per meglio dire, stava per aggravare la situazione. - Come fai ad esserne certa? - domandò infatti, un'involontaria sfida nel tono di voce.
Gli occhi le si inumidirono. Lacrime di rabbia? Di delusione e tristezza? Probabilmente tutto insieme. - Perché ti amo - rivelò limpidamente.
Era una verità talmente semplice e allo stesso tempo profonda che Gajiru se ne stupì. Strabuzzò gli occhi al massimo dello sconcerto, mentre quelle parole gli scaldavano il cuore. Lei lo amava... Non si era reso conto di aver dubitato dei suoi sentimenti finché non gli aveva detto quelle due facili parole. Due paroline che contenevano un universo e potevano sistemare qualsiasi errore o dubbio.
Il ragazzo non era un tipo romantico, ma si rese conto con dispiacere che quelle parole avrebbe voluto sentirle in un altro contesto, con un'altra atmosfera, più affettuosa.
- Mi ami? - bisbigliò. Non riusciva a credere che una come Rebi, la perfezione, amasse... lui!
- Certo baka! - esclamò. - Non sto con te solo perché mi piaci un pochino. Io so che è molto di più. E il fatto che, nonostante io te l'abbia detto chiaramente, tu non mi voglia ancora credere, mi spezza il cuore. Ci vediamo alla gilda, Gajiru. Cerca di riflettere sui tuoi sentimenti, perché probabilmente sei tu quello invaghito leggermente visto che non vuoi far sapere di noi.
Affranta, la ragazza si girò e si avviò verso il sentiero. Prima di entrare nel folto del bosco gli scoccò un'ultima occhiata: la fissava impassibile.
Sospirando, fu inghiottita poi dalle fronde brillanti degli alberi.
Ririi sbuffò, alcuni istanti dopo. Si aspettava che Gajiru le corresse dietro, ma era troppo scioccato. In piedi, lo sguardo perso nel punto in cui lei era sparita, una sofferenza indicibile nello sguardo. - L'hai fatta grossa amico - esordì interrompendo il silenzio.
Il temibile Dragon Slayer si lasciò cadere a terra con la testa fra le mani, gemendo di frustrazione.
Il gatto gli si avvicinò, tirandogli una pacca sulla spalla. - Vedrai che domani le sarà passata - lo consolò. - Ma tu devi fare qualcosa. Non l' ho mai vista così... delusa.
- Come se non l'avessi notato - borbottò acido.
- E allora agisci! È vero quello che le hai detto?
- Ovvio!
- E quello che ha detto lei è vero secondo te?
Gajiru non rispose subito. Ma quando lo fece sembrava invecchiato e stanco. - Sì.
- E allora dov'è il problema? Scusati e dì a tutti che state insieme.
- E il mio orgoglio dove lo butto. Sono un uomo accidenti! Un minimo di orgoglio no, eh? Non mi scuso.
- Io credo che un po' di orgoglio non guasti. Ma è dannoso quando ti impedisce di ammettere i tuoi errori. Vedi te se è più importante Rebi o il tuo orgoglio.
Il ragazzo non seppe cosa replicare.
 
Il giorno dopo alla gilda i rapporti fra Gajiru e Rebi furono a dir poco freddi. Nessuno ci fece caso, tranne i due interessati, il Master e Ririi. La ragazza non degnò il compagno di uno sguardo, non gli passò mai vicino e non cercò mai di avvicinarlo. Al contrario, lui non le scollava gli occhi di dosso. Proprio per questo sapeva che lei non lo guardava nemmeno di sottecchi: non gli era sfuggito nulla scannerizzando ogni suo gesto. Era nervoso e si sarebbe volentieri buttato anima e corpo in una rissa se non fosse stato per lei. L'avrebbe delusa ancora di più. A fine giornata Gajiru l'aspettò come sempre fuori dalla gilda, e lei uscì qualche minuto dopo, senza curarsi di lui. Il compagno l'affiancò mentre l'accompagnava a Fairy Hills, ma l'atmosfera era tesa e carica di tensione. Ririi, in braccio a Rebi, aveva le orecchie appiattite sul capo, come quando c'era una tempesta e lui si rifugiava da Gajiru.
I due non si sfiorarono e non parlarono, se non a monosillabi. Arrivati al dormitorio la ragazza lo guardò finalmente in faccia. E lui, per la prima volta, non riuscì a decifrare la sua espressione. Si diedero la buonanotte verbalmente, ma non servì a nulla. Quella notte dormirono male entrambi e patirono il freddo. Ririi aggiunse una coperta al letto, ma il tremore di Gajiru non si placò.
Era un gelo che proveniva dal cuore, e nemmeno il fuoco avrebbe potuto scaldarlo. Solo il sorriso di lei poteva.
 
Il giorno seguente fu esattamente come il precedente. Indifferenza totale da parte di Rebi. Ma il ragazzo poteva vedere quanto gli costava ignorarlo: era sbadata e malinconica e sorrideva poco anche agli altri. Lui non era più nervoso, era depresso e sembrava che ci fosse una nuvoletta di pioggia a seguirlo. Persino Natsu non lo disturbava, terrorizzato da quell'aura così... innocua e oscura.
Makarov e Ririi, seduti vicini, sospiravano osservando prima l'una e poi l'altra. Erano cocciuti entrambi.
La sera il percorso fu lo stesso. Camminarono in silenzio e senza sfiorarsi, finché non arrivarono davanti a Fairy Hills. Rebi stava per entrare quando lui l'aveva tirata a sé per darle un tenero bacio sulla fronte. Ma lei non aveva alzato lo sguardo. Era tornata sui suoi passi, senza augurargli la buonanotte.
Quella situazione faceva male ad entrambi. Ma quando l'orgoglio è più importante e non si è disposti a cedere, non si può far altro che crogiolarsi nel proprio dolore.
 
Tre giorni dopo aver discusso nella radura, tutti notarono che Rebi era triste e smorta. Lei negava e cercava di simulare, accampando la scusa della stanchezza. Jetto e Doroi però lanciavano occhiate omicide verso Gajiru, che continuava a fissarla. Se uno sguardo potesse consumare una persona, Rebi a quel punto sarebbe stata un mucchietto di polvere.
Il ragazzo sbuffò: ci mancava solo che quei due bacati capissero cosa stava succedendo. Si sarebbe messi a litigare per chi aveva ragione. Urlando, tutta la gilda li avrebbe sentiti. I membri avrebbero chiesto a Rebi conferma dei loro sospetti. E lei non sapeva mentire. Uguale: colpa di Gajiru. Lo avrebbero insultato e pestato in massa e avrebbero detto alla sua ragazza che stava commettendo un terribile sbaglio. No, non andava per nulla bene.
Makarov, che nonostante la veneranda età era anche troppo sveglio, decise di dare una spintina alla cose. Aveva estorto a Ririi qualche piccola informazione, e l'esperienza aveva messo a posto tutti i tasselli del puzzle. - Rebi, figliola, se non ti conoscessi direi che ti sei innamorata! - esclamò vicino alle sue amiche.
Esplose il putiferio. Le ragazze volevano a tutti i costi sapere chi era, sgridandosi fra di loro per non essersi accorte prime che la loro nakama era in balìa di Afrodite. La povera vittima arrossì a dismisura, imbarazzata e incapace di simulare. Anche i ragazzi si erano fatti avanti, litigando fra di loro su chi poteva essere il fautore della sofferenza amorosa della povera maga. Ririi osservava Gajiru, la cui mascella contratta e gli occhi ardenti suggerivano che era vicino alla perdita del controllo. Non era proprio in vena di sentire tutto quel baccano causato dalle lotte, e vedere Rebi terrorizzata davanti alle amiche invasate e curiose gli fece solo venire voglia di trascinarla via da lì. Casualmente incrociò lo sguardo del Master e dell'exceed, che gli fecero l'occhiolino e lo invitarono a proseguire, qualunque fosse la decisione che aveva preso.
Stanco e determinato, Gajiru si alzo in piedi e con il suo Testuryuu No Hoko (Ruggito del Drago di Ferro) bloccò le risse e zittì le donne.
- Che accidenti fai Gajiru?! - sbottò Natsu alzandosi dal corpo schiacciato e seminudo di Gray.
- Devo fare un annuncio - rivelò lui alzandosi sopra un tavolo. Tutti lo fissavano incuriositi e trepidanti, ma lui era solo nervoso. Quando si esibiva davanti a loro era sempre rilassato, perché ora doveva essere così agitato? Voleva dire qualcosa di dolce, ma l'idea di farlo davanti ai ragazzi gli fece venire la nausea. Lanciò un'occhiata a Rebi. Lo guardava con le gote rosse, la speranza viva e brillante nei suoi occhi. Lo stava mentalmente spronando, lo percepiva. Era quello che voleva. Come aveva potuto negarglielo? - Io e Rebi stiamo insieme. Quindi guai a chi le ronza intorno. Gli cambio i connotati, altrimenti. Sono stato chiaro?
Semplice.
Diretto.
Schietto.
Gajiru.
Romanticismo zero e sincerità 100.
Era stato rude e minaccioso? O sì.
Era pentito? No.
Le ragazze erano stupefatte e non scollavano gli occhi dal ragazzo, probabilmente cercando di capire se era ubriaco o aveva fatto quell'annuncio da sobrio. Gli uomini invece... be' non si chiedevano se era lucido, ma come avesse fatto a trovare una compagna. Rebi oltretutto, la sua antitesi naturale!
Un po' imbarazzato, Gajiru scese dal tavolo con solita espressione impassibile e leggermente seccata. Sembrava che avesse appena detto che fuori pioveva.
Poi, finalmente, Evergreen interruppe quel silenzio.
- Lui si che è un vero uomo! – gridò guardando eloquentemente Elfman, che grugnì con disappunto. Nessuno poteva essere più uomo di lui!
Poi le ragazze esplosero in applausi e grida eccitate, abbracciandosi fra di loro e congratulandosi con Rebi. Ma la ragazza non aveva occhi che per lui, le orecchie momentaneamente sorde. Lo stava osservando con la solita scintilla di vita e gioia negli occhioni lucidi, un sorriso entusiasta sulle labbra. Gajiru invece seguiva ogni suo movimento con sguardo critico e irritato, per dissimulare la soddisfazione. Era riuscito a togliersi quel peso dal cuore e aveva reso felice la sua compagna. Inoltre, aveva dimostrato di essere meno orgoglioso di lei. Però glielo avrebbe fatto notare in un secondo momento.
Mentre i ragazzi, un po' scettici, guardavano Gajiru, Kana si lamentava perché lei un ragazzo non ce l'aveva e chiedeva del sake extra per annegare il suo dolore. Rebi gli si avvicinò lentamente e un'aura di gioia pura investì il ragazzo. Si impose di non ghignare: quella situazione era troppo imbarazzante. La giovane lo abbracciò dolcemente, sorridendo con soddisfazione. Seppellì il volto nella sua spalla, gli occhi chiusi e un lieve rossore sulle guance. Lui doveva mantenere la reputazione da duro, non poteva di certo stringerla e dirle che le era mancata come l'aria. Con uno sguardo basso e rassegnato, quasi sconsolato, le abbracciò le spalle, trasmettendo con quel contatto più di mille parole.
Tutte le ragazze applaudirono mentre i maschi gridavano loro di prendersi una stanza. Il Master e Ririi si guardarono soddisfatti e sorrisero compiaciuti. Le donne rapirono Rebi per chiederle i dettagli di quella relazione: da quando stavano insieme, com'era successo, perché aveva mantenuto il segreto e... come baciava, se l'avevano fatto, che parole dolci le diceva. Erza era quella che faceva le domande più private o sconce, quelle che le altre non avrebbero mai posto, ma avrebbero ascoltato volentieri. Inutile dire che la povera maga diventò paonazza di fronte alle ultime domande, mentre le amiche pendevano dalle sue labbra e il Master se la rideva con Ririi. Gajiru, che aveva iniziato una zuffa con i fiocchi per smaltire la tensione dei giorni precedenti, sentì quelle domande con il suo udito da drago e arrossì a sua volta. Afferrò sgarbatamente Ririi e si caricò Rebi sull'altra spalla, sotto agli sguardi maliziosi e ai risolini complici delle ragazze. Era ora di andare a casa per rilassare la mente e trascorrere un po' di tempo insieme.
 
Era abbastanza presto quando arrivarono davanti al portone di Fairy Hills. Rebi, che non aveva aperto bocca durante il tragitto, non faceva altro che sorridere  e lanciare lunghe occhiate al suo compagno. Questi, da parte sua, aveva un lieve ghigno stampato in viso. Se lei era felice, lui lo era di conseguenza. Ririi era appoggiato sull'ampia spalla del suo nakama e sonnecchiava tranquillo, finalmente non circondato dall'aura di nervosismo dei giorni precedenti.
Dovevano salutarsi, così Rebi lo guardò e gli disse dolcemente: - Grazie. Hai visto che alla fine non è andata così male?
Gajiru grugnì qualcosa senza perdere la sua smorfia ironica. - Ho visto che sei più orgogliosa di me, ecco cosa! Ma mi fido di te - ammise.
E si rese conto della verità di quelle parole solo in quel momento. Lei era riuscita a conquistarsi la sua fiducia in tempo brevissimo.
Lusingata, la giovane si sporse per dargli un tenero bacio sulle labbra. - Hai ragione. Però alla fine si è sistemato tutto.
- Non certo grazie a te! - esclamò ridacchiando e poggiando le mani sui suoi fianchi. - Andiamo a mangiare fuori?
Rebi lo guardò perplessa. Non le aveva mai fatto una proposta simile durante quei mesi! Nei suoi occhi vide un'espressione tenera, la fissava negli occhi con amore. Era rilassato. Aveva vissuto tutto il tempo con il terrore a gravargli sul cuore, senza accorgersene. Ora che aveva sistemato la questione era libero e leggero.
- A mangiare fuori? - ripeté lei. - Perché?
Il ghigno di Gajiru si allargò, diventando però dolce, quei sorrisi un po' particolari che si vedevano solo se stava con lei. - Perché possiamo. Ora non dobbiamo nasconderci, lo sanno tutti che stiamo insieme. Anche se non significa che dobbiamo dimostrare in pubblico che... sì, be'...
- Ci vogliamo bene - concluse ridacchiando al posto del compagno, imbarazzato. - La penso esattamente come te - sussurrò contro le sue labbra, in punta di piedi.
Qual è il bello delle storie d'amore? Che le persone più testarde e inflessibili di questo mondo si dimostrano spesso più ragionevoli e disposte a cedere. Ci si migliora a vicenda e si è disposti a calpestare il proprio orgoglio per la persona amata.
Perché l'amore rende tutto più bello e sopportabile.

 
 
MaxBarbie’s
Sarò breve e concisa: finalmente! Ahahah. Non ho granché da dire per vostra fortuna. Sono stanca.
Mmm… sto discutendo con gli amici riguardo alla bellezza delle star: tanto photoshop. Non dubito della loro bellezza, però, ragazzi!
Non ve ne frega nulla. Una cosa, a proposito dei grandi interrogativi della vita: perché Rebi aveva delle mega tette nei primi cinque volumi del manga? Che fine hanno fatto? Ahahaha.
Buonanotte^^

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Capitolo 9
*** Il ballo ***


Non disponibileIl ballo

- Un ballo?!
Il grido dei membri della gilda risuonò come quello di una sola persona: stesso tempismo, stesso stupore, stesso tono stridulo.
- Sì, un ballo - ripeté Makarov sorridendo sotto ai baffi. - Domani sera. Quindi oggi e domani le persone che nominerò addobberanno la gilda. Le altre vadano ad elemosinare, lavorare, prendere lezioni di ballo o che so io!
- Ma perché? - domandò Mirajane, perplessa.
- Per beneficienza. A proposito, chi viene senza accompagnatore sarà costretto a subire penitenza. Decisa di Erza - annunciò il Master.
La maga, presa in causa, sorrise malignamente, facendo allontanare i membri attorno ad essa: avevano già intuito che perverse proposte avrebbe avanzato Titania.
- Gray-sama non farà la penitenza perché Juvia lo accompagnerà tutta la sera! - esclamò Juvia alzandosi improvvisamente, negli occhi una feroce determinazione.
Il povero Gray roteò gli occhi e si allontanò silenziosamente, ma fu bloccato da un ghignante Gajiru. – Dovrai portarlo anche in bagno, altrimenti penitenza!
La maga arrossì brutalmente, fantasticando sul ballo, la notte a seguire e i loro tre figli. Lucy e Lisanna guardavano sconvolte la nuvoletta di pensieri vietati ai minori che sgorgava dalla mente della maga ossessionata. - Ma Juvia non è ancora pronta! Deve prepararsi mentalmente. Juvia va a sistemarsi! - gridò correndo per la gilda, per poi imboccare la porta.
Gray guardò il punto dov'era sparita, terrorizzato. Probabilmente il giorno seguente sarebbe stato ammalato...
- Alla fine ci sarà il concorso per il re e la reginetta del ballo, vero? - domandò Lucy con gli occhi scintillanti. Avrebbe sicuramente vinto lei, aveva un fisico perfetto, curve abbondanti nei punti giusti e un faccino sublime. O almeno, cosi credeva lei.
- Certo! - decise Makarov. - Bella idea.
- Sono qui per portarti alla vittoria, tigrotta - sussurrò Loki baciando la mano di Lucy.
- Devi smetterla di uscire dal tuo regno quando ti pare! Non ti ho chiamato!
- Vai così Happy! Vinceremo noi! - gridò Natsu battendo il cinque al suo gatto.
Una gocciolina di disperazione scese sulle fronte di tutti i presenti.
- Guarda che devi avere una ragazza al tuo fianco! - sbottò Evergreen.
- Un vero uomo si fa accompagnare da una vera donna! - annunciò Elfman.
- Ah - esalò Natsu sconsolato. Poi parve rianimarsi: - Lucy! Vieni al ballo con me! Siamo un team!
- Mi dispiace, ma con Loki ho più possibilità di vincere.
La verità era che la gilda scarseggiava di ragazze. Chissà come si sarebbero organizzati gli uomini...
Rebi fissava Gajiru come una bambina guarda agognante un lecca-lecca. O una torta al cioccolato. Lui, sentendosi osservato, incrociò il suo sguardo. Impallidì. Non gli piacevano per niente quelle messe in scena da quattro soldi con reginetta, vestiti pomposi e sdolcinatezze. Scosse la testa, facendo capire alla ragazza che non aveva nessuna intenzione di partecipare a quello schifo. E quindi nemmeno lei ne avrebbe preso parte.
Lo sgomento si dipinse sul volto della ragazza, che non riusciva a credere al rifiuto del compagno. Non aveva senso. Gli si avvicinò minacciosa. - Cosa vorrebbe dire quel diniego?
- Che io non ci vado. E quindi nemmeno tu - rispose Gajiru, chinandosi verso di lei. Voleva guardarla dritta negli occhi.
Lei gonfiò le guance, arrabbiata: - E io invece ci vado! Non sei il mio capo!
- Non sono il tuo capo, sono il tuo ragazzo, quello che dovrebbe venire al ballo con te. Ma siccome non vengo, tu non vai.
- Essere il mio ragazzo non significa prendere decisioni per te che mi condizionano la vita! - sbottò Rebi.
- Problemi in paradiso - sghignazzò Natsu attirando l'attenzione di Gray.
Gajiru grugnì. - Ne riparliamo a casa - concluse.
- Oh sì. Ma sappi che in ogni caso io verrò al ballo. Anche da sola se necessario.
- Ah sì? E pagherai la penitenza di Erza?
La maga presa in causa si materializzò a lato della coppia, sorridendo maliziosa. Non vedeva l'ora di mettere in atto le sue penitenze!
La determinazione di Rebi vacillò un attimo. Poi riprese subito sicurezza. - Sì. Qualunque sia.
In un fruscio di capelli si girò, dando le spalle ad un basito Gajiru, e si allontanò. Voleva parlare con le amiche della festa. Aveva bisogno di consigli femminili.
 
- Perché è stupido! - ringhiò Gajiru per l'ennesima volta. Stavano tornando a casa dalla gilda e Rebi lo stava esasperando. Come se non bastasse, anche il gatto si era aggiunto, sostenendo che non fosse una cattiva idea partecipare al ballo. - È solo un modo per mettersi in ridicolo e dare spettacolo.
- Ma non è vero! È una cosa carina per stare insieme e divertirci.
- Ci possiamo divertire in altri modi - borbottò lui.
- Senti, io non ti costringo a venire. Al massimo mi troverò un accompagnatore lì. Tipo Jetto o Doroi - aggiunse guardandolo di sottecchi. Non poteva perdersi la sua reazione.
Infatti il Dragon Slayer strinse i pugni e digrignò i denti, le sopracciglia aggrottate. - È tradimento!
- Ma che tradimento! - esclamarono contemporaneamente Rebi e Ririi.
- Non ci ballerò nemmeno insieme probabilmente. Per rispetto nei tuoi confronti. Dovresti sentirti il colpa.
- Vediamo... no. Ed è tradimento.
La maga sbuffò. - No!
Arrivati davanti a Fairy Hills, si fermarono, fissandosi negli occhi. Sembrava una lotta a chi resisteva di più.
- Io vado. Preferirei con te. Altrimenti da sola o con un altro uomo.
- Io non vado. Preferirei che non andassi. Né da sola né con un altro.
Ririi sospirò, salutando la giovane. Questa ricambiò e poi diede un fugace bacio al compagno.
Aveva aperto il portone del dormitorio, quando decise di girarsi e provare il tutto per tutto. - Sai, alla coppia vincitrice sarà concesso di fare ciò che si vuole per una sera. Tipo cantare senza interruzioni.
Solo quando chiuse la porta alle sue spalle Rebi rise soddisfatta. Avrebbe vinto lei contro il suo ragazzo. La sua reazione alla notizia del premio aveva colto nel segno, e nemmeno la sua imperturbabilità era riuscita a mascherare il lampo di entusiasmo che era comparso nei suoi occhi.
 
Rebi aveva il vestito adatto all'occasione. Lo aveva comprato mesi prima perché se n'era innamorata subito, ma non aveva mai potuto indossarlo. 
Aveva passato tutta la giornata ad addobbare la sala della gilda, spostare tavoli, ordinare vivande e stuzzichini, coordinare i lavori. Era la più organizzata in questo campo. Solo lei, Mirajane, Lisanna ed Elfman avevano lavorato, per preservare la sorpresa. A dire il vero c'era anche Laxus, ma era stato costretto dal Master a dare una mano poiché quella sera aveva casualmente un impegno. Si stravaccava da qualche parte ogni volta che il nonnetto si allontanava e sbuffava quando era presente. Sì, era proprio un valido aiuto. Di Gajiru neanche una traccia, ma era normale: tutti i membri avevano il divieto tassativo di entrare in gilda quel giorno.
Rebi tornò in stanza nel tardo pomeriggio, stufa, e si buttò sul letto. Voleva solo dormire.
- Rebi-chan? - chiamò Lucy da dietro la porta della camera.
- Lu-chan? Cosa ci fai qui?
- Assistente costumista. Sono venuta per aiutare le ragazze a vestirsi. Se ti muovi a venire nel salone principale Aries e Cancer penseranno a trucco e parrucco.
- Ah - esalò Rebi. - Mi lavo e arrivo.
In fretta la ragazza si fece un bel bagno rigenerante, si infilò una tuta e si presentò nel salone con i capelli ancora bagnati. Le ragazze erano tutte lì. La maggior parte per lo meno. Cancer stava finendo l'acconciatura di Erza, così Rebi gli si avvicinò, ammirando l'opera. I capelli di Titania sembravano risplendere di una luce rossa palpabile, e i capelli fluenti le ricadevano sulla schiena in morbidi boccoli.
Dopo essersi complimentata con una compiaciuta Erza, Rebi si accomodò sulla sedia.
- Cosa facciamo Rebi, ebi? - domandò Cancer.
La giovane non rispose subito, persa dietro al pensiero di Gajiru. L'abitudine del Cancro, il segno zodiacale, di finire la frase dicendo "ebi", le aveva fatto ricordare che forse il suo compagno non l'avrebbe accompagnata al ballo. Chissà, magari l'idea di ricevere un premio aveva stimolato il suo lato competitivo, o magari voleva farle una sorpresa. Ma non era sicura di nulla.
- Ci sei? Che facciamo, ebi? - la richiamò Cancer.
- Scusa. Tagliali un pochino, poco però. E poi lascio tutto nelle tue mani.
Con una sforbiciata allegra il parrucchiere iniziò a tagliuzzare le punte della capigliatura arruffata della maga, sistemando la simmetria e tutte quelle cose che solo un artista esperto nota. Dopo pochi minuti iniziò ad asciugarle i capelli, però non prima di averle applicati alcuni prodotti specifici.
Quando la chioma fu asciutta e molto, molto vaporosa, Cancer le pettinò le ciocche rendendole brillanti e fluenti. Aveva in testa una voluminosa e accuratamente sistemata matassa di capelli turchini dai mille riflessi: azzurro, blu, indaco, acquamarina, celeste. Brillavano come quelli di Erza, ma avevano molti più lampi colorati.
- È fantastico! Io non riuscirò mai a tenerli così sottomessi – rivelò lei, scioccata e abbattuta per la sua incapacità.
- Non ho finito. Di che colore hai il vestito, ebi?
Perplessa, la giovane rispose: - Salmone.
In silenzio, Cancer tirò fuori da chissà dove un nastro di seta color arancione. Non era esattamente come la tonalità del suo vestito, ma gli si avvicinava parecchio. Cancer lo arrotolò un po' con mani esperte, per poi posarlo sulla testa della maga e fissarglielo alla base della nuca, nascosto dai capelli. Aveva fatto in modo di lasciarle libere due ciocche vicino alle orecchie, e gliele arricciò in due boccoli. Mise una specie di gel sul resto della chioma, lasciandola comunque morbida.
- Acconciatura alla Rebi, ebi.
Era stupefatta. Non cambiava quasi nulla dal suo solito modo di acconciarseli, ma erano più luminosi, voluminosi e scintillanti. - Grazie Cancer - disse commossa.
- La verità è che i parrucchieri sono bravi solo se hanno una buona materia prima, ebi.
La ragazza arrossì lievemente, lusingata. Non aveva mai ricevuto complimenti sui suoi capelli. Solo Gajiru le faceva capire che le piacevano, quando passava lunghi momenti ad accarezzarglieli. Se avesse potuto, in quelle circostanze di sarebbe sciolta: persa fra le braccia del compagno, con un rilassante massaggino sulla nuca.
In quell’istante decise che non si sarebbe arrabbiata con lui se non si fosse presentato al ballo. Del resto, aveva fatto moltissime cose per lei, e l'unica cosa che le aveva chiesto era di non andare a quella serata. Se non fosse venuto, sarebbe andata a dargli la buonanotte a casa, velocemente. Glielo doveva: una relazione non è tutto un ricevere. È anche un dare.
Rincuorata da quella decisione, andò da Aries che le mise un leggerissimo trucco sul viso. Soddisfatta, Rebi la ringraziò e si diresse in camera per vestirsi.
Aveva un vestito semplice, senza tante pretese. Era color salmone, anche se alla giovane pareva un indecifrabile miscuglio di rosa scuro, arancione e ocra. Ma proprio per il suo colore originale le piaceva. Era scollato e lasciava libere le spalle, ma le braccia erano coperte da maniche attaccate alla stoffa delle spalle. Sul petto aveva un ricamo di tulle bianco, un velo plissettato che le circondava la cassa toracica. E sulla sommità del decolleté aveva un'increspatura, dei ghirigori di stoffa che si presentavano anche sulle maniche. La gonna era semplice, leggermente pomposa, che però tendeva a scendere dritta lungo i fianchi e le gambe. Terminava con la stessa increspatura del busto e al di sotto spuntavano due piedini coperti da sandaletti arancioni con tacco. Sui fianchi c'era lo stesso ricamo dell'inizio e della fine del vestito.
Rebi si guardò allo specchio e fece una giravolta, soddisfatta del risultato. Si diresse all'entrata di Fairy Hills per partire insieme alle altre. Avevano deciso di andare tutte insieme, mentre i ragazzi le avrebbero aspettate lì.
 
Fairy Tail era illuminata a giorno da fari mobili e luci intermittenti. Le donne entrarono in massa nella gilda, facendo voltare tutti i presenti. Alcuni dei più pervertiti e senza accompagnatrice, ovviamente, persero sangue dal naso. Soprattutto alla vista di Erza, fasciata in uno scollato e aderente abito nero con spacco. Aveva gli occhi che luccicavano mentre scannerizzava la sala alla  ricerca di qualche single a cui far subire la penitenza.
Natsu e Lisanna erano insieme, in nome dei vecchi tempi. Bisca e Alzach ovviamente, così come Gray e Juvia. No un attimo... loro non erano insieme!
- Staccati da me! - gridò un Gray disperato.
- Ma Gray-sama e Juvia devono ballare insieme! - esclamò lei sognando di un provocante e sensuale tango che avrebbe fatto cadere il mago fra le sue braccia.
- Ma che dici!? Ti sei autoinvitata a venire con me! - sbottò esasperato, staccandosi la ragazza di dosso.
- Siete senza compagno? - chiese Erza malignamente.
- No! Siamo insieme! - annunciò terrorizzato Gray, abbracciando Juvia.
Quest'ultima balbettò qualcosa prima di svenire fra le braccia dell'amato.
Titania stava scrutando il mago con occhio omicida, facendolo sudare freddo. Ma alla fine si allontanò senza dire nulla.
In un angolo della gilda, seduti, c'erano Elfman ed Evergreen. Era stata lei ad invitarlo al ballo. O meglio, era lei che si era invitata ad andare con lui. Sosteneva che Fried e Bixlow si meritassero una giusta punizione per non averla scelta all'esame di classe S: non averla come compagna. Laxus non era andato, e quindi Elfman era l'unico rimasto... o almeno così diceva lei. La coppia cercava di farsi notare il meno possibile, anche se ogni tanto i due bisticciavano. Ma si sa: l'amore non è bello se non è litigherello.
Lucy e Loki dominavano la pista da ballo, con il cascamorto che riempiva di complimenti la partner e poi guardava i fondoschiena delle altre. Ma a Lucy bastava vincere.
- Master, lei ha un'accompagnatrice? - domandò Erza.
Makarov aveva indossato un cravattino sopra alla solita tenuta che sembrava un pigiama. - No figliola. Io sono il Master.
- E allora? Paga penitenza come tutti! - gridò con sguardo malizioso e... da maniaca.
Il vecchietto era terrorizzato. - No scherzavo! Sono qui con... Mirajane! - rivelò allora allungando il braccio per attirare a sé la giovane barista.
- Che cosa? - chiese sconvolta quest'ultima.
- Mmm... ok - mormorò afflitta Titania.
Non aveva nessuno a cui far pagare la penitenza. Scorrendo con gli occhi tutta la sala, però, si accorse che c'erano tre persone vicine e insieme. Tre. Non due. La ragazza sorrise malignamente, avvicinandosi.
- Balla con me Rebi! - stava gridando Doroi.
- No! Io ballo meglio e sono più magro! - ribatté Jetto.
- Mi hai ferito! Cosa c'entra l'aspetto fisico?
La povera contesa li guardava sconsolata, cercando di far capire loro che non aveva intenzione di ballare, solo di assistere.
- Chi è senza partner qui? Jetto o Doroi? - li interruppe Erza, entusiasta.
- Tutti e tre a dire il vero. Io non ho il mio compagno, volevamo solo osservare gli altri.
I due nakama guardarono Rebi, stupefatti. Si era dimenticata della penitenza, sicuramente. Era nei guai.
- Uh! Allora ho tre penitenze da affibiarvi!
- Eh? - domandò la maga, confusa. Sì, aveva decisamente scordato delle penitenze.
Iniziò a preoccuparsi seriamente quando Erza rispose: - La penitenza che devo dare da fare a chi non ha il compagno o la compagna.
- Ah... ma... - iniziò a difendersi Rebi, che però venne interrotta subito.
Trasalì sentendo un braccio forte, rude e gentile allo stesso tempo, circondarle la vita e attirarla contro un petto possente. Avrebbe riconosciuto quel tocco ovunque, e quella sensazione di tranquillità gliela sapeva dare solo lui.
Gajiru.
Lo sentì sporgersi oltre la sua spalla per guardare Erza, mentre lei sorrideva felice e soddisfatta. Era venuto per lei. Ancora una volta aveva fatto qualcosa che odiava solo per lei.
- Ma lei ce l'ha un compagno - annunciò con voce roca e profonda, riprendendo da dove Rebi si era interrotta. - Sono qui. E ora andiamo a ballare.
Senza attendere la risposta, il ragazzo la portò via, al centro della pista da ballo. Parecchie coppiette stavano ballando un lento, e loro si unirono alle danze. Anche se la situazione era un po' comica data la differenza fisica della coppia: lui era altissimo e lei, piccolina, arrivava alle sue spalle solo se allungava e tendeva le braccia. Gajiru ghignò nel vedere quella situazione e gli occhi brillanti della compagna, che in quel momento lo stavano fissando adoranti. Era entusiasta, appagata, e lui non poteva non sentire le stesse cose. Se lei era felice, non importava nient'altro.
- Siamo molto eleganti questa sera. Come mai?
In risposta, il ragazzo si guardò il vestito. Portava uno smoking nero con sottilissime righe bianche, camicia candida e una cravatta.
- Devo fare conquiste - ammise lui ghignando. - Sto cercando delle prede.
Rebi sorrise. - E ne hai trovate molte?
- Nah. Solo una. Ma è perfetta. E io voglio solo il meglio.
Mentre lei arrossiva, Gajiru ridacchiò sommessamente e le fece l'occhiolino. La ragazza era abbagliata dalla sua bellezza e dalla sua dolcezza, così abbassò lo sguardo. E vide la cravatta.
- Ehi! Come facevi a saperlo?
- Cosa? - domandò lui con curiosità. La sua compagna era una fonte inesauribile di sorprese.
- Della cravatta - chiarì lei. Ma più che chiarire, mandò in confusione il Dragon Slayer.
- Be', lo so che con uno di questi vestiti ci stanno bene le cravatte o i farfallini. Non sono così scemo - rispose, mugugnando l'ultima parte.
Ridacchiando, la giovane ribatté: - Non intendevo quello! Volevo dire, come facevi a sapere che ero vestita di arancione?
Era vero. La cravatta del ragazzo era dello stesso arancione brillante della fascia per capelli di Rebi.
Gajiru ghignò, in maniera tenera però. - Sei sempre vestita di arancione. Ho pensato che fosse il tuo colore preferito, così... - si interruppe, lasciando la frase in sospeso.
Gli occhi della maga scintillavano. Osservandola aveva capito qual era il suo colore prediletto, e aveva addirittura deciso di abbinare un importante accessorio del suo completo a quel colore. Lo strinse forte e poco dopo sentì il suo mento posarsi sulla sua nuca, seguito da una serie di commenti ciarlieri dei membri della gilda.
- Hai visto giusto. Amo l’arancione. E l’abito di questa sera lo dimostra.
- Mmm… no - la contraddisse. – Io ho la cravatta arancione come la tua fascetta. Il tuo vestito è color ebi.
Sentendo il suo petto vibrare a causa della risata, Rebi si allontanò quel tanto che bastava per vederlo in faccia, un’espressione corrucciata sul volto.
- Non sono color ebi!
- Sì. Non è arancione. È un rosa strano misto ad arancione. Color ebi, appunto. Sembri uno stuzzichino. Sei molto appetitosa.
A dimostrazione delle sue parole, si chinò per darle un leggere morsetto sul collo.
- Gajiru! – sibilò lei, paonazza.
Alla fine però risero entrambi, stretti l’uno all’altra.
 
Alla termine del ballo fatato chi furono i sovrani?
Ovviamente loro!
Happy e Charle!
Lucy, sgomenta, c’era rimasta malissimo e Loki aveva continuato a proporle di consolare le sue pene con una notte d’amore.
Rebi e Gajiru avevano applaudito… più che altro, lo aveva fatto lei. Lui si era limitato a borbottare qualcosa riguardo ad uno spettacolo e ad uno “Shooby Doo Bop”.
Wendy, che era stata al ballo con un impacciato Romeo, aveva truccato le votazioni per far vincere i due gatti. Charle era stata costretta ad accettare l’invito di Happy per non pagare penitenza, e il povero exceed continuava ad offrirle pesciolini e attenzioni che la gatta rifiutava altezzosamente. Magari vincendo si sarebbe addolcita. Infatti era arrossita durante l’annuncio, e aveva ballato con Happy, felice come se si fosse trovato dentro ad un acquario.
Gajiru aveva riaccompagnato al dormitorio la sua dama, sotto agli sguardi ammirati di tutti i civili. Erano perfetti quella sera. A loro si era unito Ririi, che aveva assistito alla festa senza farsi notare: non voleva beccarsi la penitenza di Erza.
La maga in questione non era riuscita a punire nessuno. Jetto e Doroi erano stati graziati dall’arrivo improvviso di Gerard, che aveva catturato la sua attenzione per tutta la serata.
Elfman ed Evergreen erano spariti e nessuno li aveva più visti.
Sotto ad un limpido cielo stellato, Rebi e il suo accompagnatore passeggiavano a braccetto. Gajiru si sentiva particolarmente in vena di galanterie quella sera, quindi era meglio approfittarne. Giunti a destinazione, la ragazza gli fece un inchino e lui, senza distogliere gli occhi dai suoi, le baciò la mano, facendola ridacchiare.
Poi però arrossì: non erano cose da lui quelle! Così sfoderò il suo ghigno e attirò bruscamente a sé la compagna, che non sembrava contrariata.
Con Ririi che si chiudeva gli occhi, si baciarono dolcemente, stretti l’uno all’altra.
Perché le cose finalmente stavano andando benissimo.
Perché stavano capendo come funziona una relazione.
Perché il loro amore cresceva di giorno in giorno.
Perché i loro cuori splendevano come le stelle del firmamento.
 
 
MaxBarbie’s
Sono stanchissima! Quindi taglio corto. Mi sembra di peggiorare nella scrittura :/ Speriamo di noi, altrimento divento proprio uno schifo.
C’è la possibilità che il giorno di post…atura? Postaggio? Postamento??? (?) passi dal lunedì al mercoledì. Ma non è ancora detto.
Grazie a tutti quelli che mi seguono e leggono i miei capitoli^^ E un mega grazie ad Alechan che mi fa sentire speciale :3
A presto,
MaxBarbie

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Capitolo 10
*** Pockies ***


Attenzione! Io so che iniziate ad odiarli questi avvisi, ma sono necessari xD
Allora, intanto premetto che questo è il capitolo 10. Lunedì prossimo lo sposto al suo posto, scusate l’inconveniente. Ha luogo dopo il ballo e prima della gita in spiaggia. Avrei dovuto cambiare tutto altrimenti, perché ancora non hanno avuto la loro prima volta.
Poi, è un capitolo particolare perché c’è un doppio finale. Quindi a metà ci sono le due immagini in corrispondenza delle due parti. Sfida aperta fra Gajiru e Rebi: chi volete che vinca? Ditemi quale finale vi è piaciuto di più^^
Buona lettura


Pockies
 
Era di malumore, pronto a scatenare una rissa per sfogarsi. Ma, stranamente, quel giorno erano tutti tranquilli e nessuno era intenzionato a darle... o a prenderle. Sembrava che il mondo fosse contro di lui, quindi! Il ragazzo strinse i pugni, la mascella contratta, fissando colei che lo aveva reso così teso.
- La smetti? Ti ha solo negato un po' di affetto. E poi te lo sei meritato - esordì Pansaa Ririi, di fianco al nakama.
- Io non mi merito proprio nulla. E non impicciarti.
- Almeno smettila di fissarla così! Sembri un maniaco.
Gajiru emise un cupo e cavernoso ringhio che doveva spaventare l'exceed. Quest’ultimo, invece, rimase imperturbabile.
- Be', io vado da lei. Ciao.
- Traditore! Ti allei con il nemico! Non sei un gatto leale! - inveì il ragazzo a voce troppo alta. Tutta la gilda si voltò a fissarlo, perplessa, cercando di capire con chi ce l'avesse questa volta. Fra i volti c'era anche quello di una confusa Rebi.
Ririi, che si era allontanato in volo, tornò in dietro e prese il nakama per il bavero. - Il nemico?! Gajiru, sei ridicolo! È la tua ragazza, quale nemico?! È solo una sfida! - lo rimbrottò, irritato.
- Io non perdo!
- Guarda che l'hai proposta tu questa cosa!
Il Dragon Slayer si sottrasse dalla presa del compagno mormorando improperi, il solito cipiglio furioso in volto.
Che era successo?
Quella mattina le aveva sottratto brutalmente un libro.
Rebi era andata a casa sua presto, per andare in gilda insieme. Aveva scoperto che il suo ragazzo si era appena svegliato e quindi avrebbe dovuto aspettare che facesse colazione e si preparasse. Ma non le costava molto. Così si era messa sul divano e aveva cercato di finire di leggere il libro della biblioteca, quello dello stalliere e della principessa. Il libro che Gajiru voleva impedirle di leggere. Era quasi arrivata al fatidico punto: la nobile si sarebbe concessa al suo rude amante. Era arrossita un pochino, ingenua com'era; poi però si era sentita portare via il volume dalle mani e aveva alzato lo sguardo. Il suo ragazzo, a petto nudo, stava tenendo il libro per un angolo, schifato. Aveva riconosciuto che storia era, e non gli andava che leggesse una cosa così sconcia! La giovane era arrossita ancora di più, irritandosi.
- Ridammelo Gajiru!
- No! Vieni a fare colazione con me.
- Ho già mangiato. Sei in ritardo, muoviti.
- In ogni caso vieni con me e metti giù questa porcheria!
Rebi aveva gonfiato le guancette, stizzita. Non le piaceva essere comandata. E, sopra ogni cosa, odiava quando qualcuno le toglieva dalle mani un libro... mentre leggeva una parte cruciale, oltretutto!
- Gajiru ridammelo e chiedimi gentilmente di venire con te - aveva scandito lentamente.
Ma quello, l'orgoglio del Dragon Slayer, proprio non poteva reggerlo.
Aveva contratto la mascella. - No.
Rebi aveva spalancato gli occhioni e Ririi, appena alzato, aveva deciso di rifugiarsi in bagno. Sbuffando, si era sporta dal divano e aveva recuperato fulmineamente il volume. Si era rimessa a leggere mordendosi un labbro e ignorando il compagno. Questi allora si era seduto sul divano, aveva chiuso ancora una volta il manoscritto e lo aveva buttato in malo modo sul tavolo.
- Ehi! - si era infuriata lei, cercando di allontanarsi.
Ma lui era stato più veloce e l'aveva bloccata ghignando. - Perché invece di leggerle non mettiamo in pratica?
Aveva mosso allusivamente le sopracciglia, avvicinandosi alle sue labbra.
- Ah no. Dopo avermi sottratto il libro, non faccio proprio nulla!
- Ah sì? - l'aveva sfidata. Poi aveva agguantato il manoscritto e glielo aveva mostrato. - Allora facciamo così. Io non te lo restituisco finché non mi baci.
- Mmm... mettiamola così - aveva detto appoggiando le mani al suo petto, i visi vicini. - Io non ti bacio finché  non me lo ridai.
Le sfide lo attraevano sempre. Specialmente perché vinceva ogni volta. - Ok. Il primo che ottiene quello che vuole vince. Quindi dovremo usare tutte le risorse che abbiamo per costringere l'altro a cedere.
Rebi aveva sorriso maliziosamente. - Ah, se recupero il libro di mano mia, hai perso. Valgono le implorazioni. Ti immagino già supplicarmi di avere un mio bacio.
- Esatto, lo immagini. E basta. Non sarà realtà. E vale il gioco sporco.
Con un lampo di sfida negli occhi, i due si erano stretti la mano. E intanto, sul cuscino del divano, Ririi aveva scosso la testa divertito. Era uscito dal bagno giusto per sentire cosa avevano in mente. E non vedeva l'ora di scoprire chi avrebbe vinto.
 
Le prime tre ore della mattina trascorsero tranquillamente alla gilda. Escludendo le urla di Gajiru, che aveva scoperto il suo fidato exceed in combutta con Rebi. Il gatto aveva cercato di sottrargli il volume con la scusa di volerlo leggere. E alla prima occasione era volato via. Per fortuna il Dragon Slayer non l'aveva perso di vista e lo aveva colpito proprio mentre era in aria, facendo cadere sia lui che il manoscritto. Rebi si era fiondata subito su di esso, ma il ragazzo l'aveva preceduta. Un po' tutti si erano chiesti che cosa stesse combinando quella strana coppia, ma nessuno aveva il coraggio di indagare.
 
Nel tardo pomeriggio, Gajiru stava masticando bulloni. Lo faceva solo quando era veramente nervoso. Sentiva la mancanza fisica della sua compagna, e non c'era stato nessun progresso nella sfida. Semmai qualche peggioramento. Rebi lo aveva attirato in un angolo nascosto della gilda, cercando di usare il fascino che faceva perdere la testa al compagno per farlo cedere. Ma lui aveva solo provato a baciarla, abbracciandola. La ragazza era scaltra, così era scivolata via ed era riuscita a toccare il libro che il fidanzato teneva nella maglia.
Rebi sempre più vicina al traguardo, Gajiru sempre più irritato e lontano.
- Che succede fra Gajiru-kun e Rebi-san? - domandò Juvia, spaventandolo.
Non era mai stato colto di sorpresa grazie al suo udito da drago, ma quella volta era troppo impegnato a riflettere.
Mugugnò una risposta incomprensibile, restìo a chiacchierare.
- Gajiru-kun e Rebi-san hanno litigato? - domandò ancora la ragazza, mangiando un pocky*.
- Mmm... no - farfugliò lui in risposta.
- Magari Juvia può aiutare. E non dirà niente a nessuno.
- È solo una sfida fra me e lei, Juvia! - sbottò, con molto poco tatto.
- Rebi-san è molto intelligente. Gajiru-kun si dovrà impegnare.
Lui sbuffò. Aveva solo bisogno che qualcuno gli facesse notare che la sua ragazza era molto più brillante di lui.
- Guarda! Gray in mutande!
- Dove? - esclamò Juvia agitandosi, mentre il suo interlocutore tagliava la corda.
No, non aveva proprio voglia di chiacchierare.
 
- Tu non hai problemi di coccole, suppongo - esordì Gray.
- Eh?! - esclamò Gajiru.
I ragazzi erano ancora stupiti del fatto che lui e Rebi stessero insieme. Così avevano deciso di indagare, curiosi come delle comare, sul bancone del bar.
- Ho detto che tu non hai probl...
- Ma che cavolo intendi? - domandò ancora. Aveva capito il quesito, ma non trovava il senso di tutta la frase.
- Voglio dire che Rebi è molto tenera, quindi probabilmente è una coccolona. Insomma, avrete un intenso contatto fisico - concluse Gray, sorridendo maliziosamente.
Gajiru indurì lo sguardo per non arrossire. - Fatti i cavoli tuoi.
- Però è vero - intervenne Natsu. - Gray ha detto una cosa sensata. Quando vuoi lei è pronta a baciarti e fare quelle cose sdolcinate, tipo gli abbracci. Anche adesso se vuoi.
- No. Ora no.
- Perché? Vai lì e baciala! - disse Gray.
- Faccio quello che voglio!
- Uuh - cantilenò Natsu. - Gajiru si vergogna a baciare in pubblico!
- Taci sottospecie di fiammifero! - sbottò il diretto interessato ricoprendo di ferro il suo pugno.
- Come mi hai chiamato? - urlò Natsu, le mani infuocate.
- Smettila! - intervenne Gray. Era in vena di gossip. - Ti vergogni in pubblico?
- Assolutamente no! - disse con orgoglio l'Iron Dragon Slayer.
- E allora perché non vai a baciarla?
- Perché non mi bacerebbe!
Ops. L'aveva detto.
Gray e Natsu erano confusi. - Perché? - chiesero.
Non poteva rivelare della sfida. Avrebbero scoperto che stava fallendo miseramente. Lo avrebbero deriso fino alla morte. Però, magari, poteva girare la situazione a suo favore. - Perché è lei quella a cui non piace baciare in pubblico. E poi lei non lo fa se non sente l'atmosfera giusta - azzardò.
Anche se la verità era che nemmeno a lui piaceva mostrare ad altri il loro affetto... fisico. Preferiva farlo in privato, era più intimo e romantico.
- Un vero uomo si prende quello che si merita. E dimostra alla donna chi è che comanda! - sbraitò Elfman, infervorato, che aveva ascoltato tutto. Origliare era da uomo? Poco dopo, però, non era più così sicuro delle sue parole, visto che era stato pietrificato. Evergreen, che casualmente passava da lì, aveva usato su di lui la sua magia, sorridendo con soddisfazione.
Dopo un attimo di sgomento, Gray si riprese. - Creala, l'atmosfera.
- Ma a voi cosa ve ne frega? - domandò Gajiru, perplesso.
- Curiosità - rispose il nakama con il solito sorriso enigmatico.
- Siete due impiccioni repressi - commentò l'oggetto di tanta curiosità, grugnendo.
Natsu fece spallucce, capendo poco o niente degli insulti, mentre Gray si preparava a ribattere. Purtroppo non ne ebbe la possibilità.
- Gray-sama! Juvia vuole condividere un pocky con te! Come pegno d'amore - disse Juvia porgendo all'amato un pacchettino di pockies.
Lui, un po' irritato e un po' spaventato dalla ragazza, si ritrasse.
Gajiru fissò la merenda della maga, ed ebbe un'idea.
 
Non disponibileStrappò di mano a Juvia lo spuntino e chiamò Rebi. La ragazza aggrottò le sopracciglia, ma si diresse ugualmente verso il compagno.
- Vuoi offrire anche tu a Gray-sama quei pockies? - domandò Juvia. - Rivale in amore - esordì con voce meccanica e sguardo spiritato, un'aura malefica tutto intorno.
- No. Ora ti faccio vedere come un ragazzo intelligente induce la propria compagna a fare qualcosa contro la sua volontà - spiegò ghignando.
- Eh? - esclamò Natsu. - Non dovevi baciarla?
Gray gli tirò un pugno. - Appunto! La induce a baciarlo anche se lei non vuole, idiota! Ti si è bruciato il cervello con la tua magia stupida!
- A chi hai dato dell'idiota, idiota?! - gridò Natsu, ricambiando il pugno.
La zuffa iniziò e i due si allontanarono. Meglio, avrebbe avuto due paia di occhi in meno a fissarlo. Juvia invece era rimasta lì, incerta sul da farsi.
- Tienimi questo per favore - disse porgendole il libro. - Appena finisco questa cosa ti restituisco anche il pacchetto - promise allora Gajiru.
- Finire cosa? - chiese Rebi, sorridente. Era appena arrivata e si era messa davanti al compagno, seduto sull'alta sedia del bancone.
- Di offrirti un pocky. So che ti piacciono - spiegò lui. Ed era vero: la giovane amava sgranocchiare quei bastoncini ricoperti di cioccolato mentre leggeva un libro.
Lo guardò, scettica, mentre tirava fuori uno stecchino e restituiva il pacchetto a Juvia. Glielo avvicinò alla bocca ghignando. Si stava chiedendo dove fosse il trucco, però morse lo stesso un bel pezzo di dolcetto. Poi, improvvisamente, lui l'attirò a sé mettendole una mano sulla schiena. Rebi si trovò fra le sue gambe aperte e con una manina strinse la stoffa del suo pantalone, spaventata. Le gambe del compagno erano piegate sul piolo dello sgabello. Gajiru, approfittando del momentaneo sgomento, le prese dolcemente il mento. Ghignando, morse più della metà dell'estremità opposta del bastoncino, mentre Rebi arrossiva. Realizzò le sue intenzioni e si irrigidì, stupita della propria ingenuità e della furbizia del compagno. Cercò di arretrare, ma il danno era ormai fatto: lui morse la parte restante del pocky e fece aderire le loro labbra.
Era fatta. Aveva vinto!
Rilassandosi, abbassò la gamba sinistra e strinse a sé la ragazza, abbracciandola, mentre lei posava le mani sulle sue braccia.
Ridacchiò soddisfatto a contatto con le sue labbra. Lei invece era stizzita e un po' imbarazzata visto che qualcuno li stava fissando maliziosamente. E poi Juvia era inquietante: registrava con avidità tutti i loro gesti.
- Non è corretto - farfugliò.
Gajiru rise veramente, appagato. - Sì che lo è. Faceva parte delle regole, Ebi. Ma forse la mia bellezza ti ha distratta.
La ragazza arrossì ancora di più. - Adesso però ridammi il libro.
- Non erano questi i patti - rispose ghignando il compagno, ad un palmo dal suo viso. - Prima tu mi dai quello che voglio, poi io lo do a te.
Rebi abbassò la testa sconsolata. - Non qui - mormorò. - E togliti quella fascetta, copione - borbottò scontrosa.
Lui aveva iniziato a portare delle fascette come le sue, solo meno colorate. E quel giorno ne aveva una. Alla giovane piacevano molto, ma in quel momento era nervosa e avrebbe contestato qualunque cosa.
- Non sono un copione. Io non la metto come la tua - spiegò. - E poi, è il nostro marchio di coppia.
Nel momento in cui si rese conto del romanticismo di quella frase, sorrise e lo baciò, sempre stretta fra le sue braccia. Un coro di "ooh" e "uuh" si levò dalla gilda e Juvia, che li fissava così intensamente da passare per maleducata, corse via. Aveva lasciato il libro sul bancone.
- Gray-sama!! Juvia vuole offrirti un pocky! Gray-sama mangia un pocky con Juvia! - urlò dirigendosi verso l'amato. Poi però si bloccò. - Gray-sama che mangia un pocky con Juvia… - farfugliò sconvolta. E svenne, immaginandosi loro due impegnati in un bacio passionale e proibito.
Gajiru ridacchiò. - Mi dispiace, ma è una tattica che solo i migliori sanno mettere in pratica.
Rebi roteò gli occhi e scosse la testa, allungandosi per recuperare il manoscritto. Poi si strinse a Gajiru, seppellendo il viso nel suo petto. Le sue braccia la stringevano ancora dolcemente.
La ragazza si ritrovò a pensare che nella vita perdere una sfida ogni tanto non era poi così male.
 
Non disponibileRebi era seduta ad un tavolo con le sue amiche, e stava chiacchierando allegramente. Gajiru strappò di mano a Juvia il pacchetto di pockies nel momento in cui Rebi si alzò. Velocemente il ragazzo si diresse verso di lei e l'attaccò al muro.
- Gajiru! - esclamò lei, spaventata. Non l'aveva visto arrivare.
Jetto e Doroi, vedendo la scena, si preparano per soccorrere la compagna. Anche se lei era fidanzata, erano amici di vecchia data. E proteggerla era il loro compito. Ma il suo compagno non aveva cattive intenzioni.
- Che ne dici di dividere la merenda? - propose ghignando.
Prese un pocky dal pacchetto e lo mise davanti al viso della giovane. Arrossendo, lei lo morse. Con il braccio libero Gajiru si appoggiò al muro di fianco alla sua testa, mentre Rebi si aggrappò con la manina alla sua camicia. Se l'era messa perché sapeva quanto le piaceva vederlo con quella addosso. E sperava di farla crollare fra le sue braccia. Ghignando, morse l'estremità opposta del bastoncino, lasciando però molto spazio fra le loro bocche. E Rebi decise di cogliere l'attimo. Sorridendo maliziosamente, morse un altro pezzettino del bastoncino, appoggiandosi anche con l'altra mano al petto del ragazzo. Anche lui diede un altro morso. Per evitare di ridurre ancora la distanza fra le loro bocche, decretando la vittoria di Gajiru, la giovane fece scivolare le mani verso i suoi fianchi. Per colpa di quella carezza, il Dragon Slayer non si accorse che la sua compagna era pericolosamente vicina al libro. Vedeva solo lei, la sua bocca e le sue guance ancora arrossate.
E poi sentì qualcosa che gli veniva sfilato dalla schiena.
- Ah-ah! - esclamò Rebi, trionfante.
Il suo fidanzato, confuso, era rimasto con mezzo pocky fra i denti. Ci mise un po' a realizzare che la sua compagna stava stringendo fra le mani il libro. Resosi conto della sconfitta, strabuzzò gli occhi per poi mettere il broncio.
- Grande! - esclamò Ririi volando fino alla vincitrice, alla quale diede il cinque.
- Traditori - bofonchiò lo sconfitto con il bastoncino ancora mezzo fuori dalla bocca.
Rebi gli sorrise e, con nonchalance, morse la rimanente parte dello stecchino, sfiorando volutamente le labbra del ragazzo.
- Ora, se non ti dispiace, vorrei finire la storia - annunciò gongolante.
- Io rimango dell'idea che dovresti applicarlo, non leggerlo - bofonchiò lui.
- Magari quando ho finito - propose.
Gajiru ghignò, ma indurì lo sguardo quando vide Jetto e Doroi avvicinarsi alla compagna.
Se si fossero messi a chiacchierare l'avrebbero distratta, lei non avrebbe finito il libro e non sarebbe stata con lui. Quei due non valevano il suo tempo.
Ringhiando, si fiondò sulla ragazza e se la caricò in spalla.
Lei era sconvolta, non si aspettava minimamente quella reazione. - Gajiru! Mettimi giù!
- No, andiamo a casa mia!
- E perché? - chiese lei. Era confusa dal comportamento del compagno, e non aveva notato Jetto e Doroi, alle sue spalle.
- Così puoi leggere il libro. C'è meno confusione e lo finirai più in fretta.
Pansaa Ririi sospirò, ma aveva un sorrisetto stampato in volto. - Trattala con più dolcezza, bestione che non sei altro.
Grugnendo di fastidio, il ragazzo sistemò meglio la passeggera, che aveva smesso di lamentarsi per leggere il libro. Anche se sembrava un sacco di patate sulla spalla del compagno.
Soddisfatto, Gajiru si diresse verso l'uscita dopo aver guardato in cagnesco i due amici di Rebi. Se era fortunato, lei avrebbe finito il libro prima di arrivare, così sarebbe stata tutta per lei.
Tutto sommato, perdere una sfida non era così male.
 
 
 
*Pocky: sarebbe un bastoncino di… non so di cosa, ma ricoperto di cioccolato. Tipo grissino, ma più sottile e dolce. I mikado, insomma. Ho tenuto la parola pocky perché è quella che compare nell’immagine.


MaxBarbie's
Personalmente preferisco la prima parte. Per il semplice motivo che adoro l'immagine *-* Gajiru wins!
È la mia immagine preferita in assoluto, e infatti ce l'ho come sfondo della schermata di blocco del cellulare da tempo immemore.
Mi dispiace non aver postato questo capitolo due settimane fa, perché vuol dire che sono stata disattenta è.é Mi vergogno di me stessa! Ahahah
Buonanotte^^
E grazie a tutte le fantastiche quattro che hanno messo la os come preferita, alle cinque che l'hanno recensita e alla bellezza che l'ha messa fra quelle da ricordare*-* Mi fate commuovere.

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Capitolo 11
*** Gita al mare ***


Non dispobinileNon disponibileGita al mare

Era piena estate e un sole cocente rendeva la gilda un forno da ormai una settimana. Le ragazze giravano in costume per la gioia dei maschi. La piscina della gilda era stracolma, tanto che il Master stava pensando di attuare dei lavori di ampliamento. Ma tutti si rifiutavano di uscire dall'acqua. Anche quella era diventata calda, comunque, e il povero Gray si era ritrovato costretto a creare cubetti di ghiaccio da gettare in piscina. Sì, lo stavano sfruttando.
O meglio, lo avevano sfruttato finché non aveva minacciato di andarsene se Natsu gli avesse rotto le scatole. E Natsu, be', è Natsu. Non soffriva mai il caldo. Del resto, quale posto è così bollente per una persona che può ricoprire di fuoco il proprio corpo? Perciò aveva importunato l'unica salvezza della gilda in quella torrida giornata. Gray se n'era andato, nudo, lasciando una Juvia svenuta e un branco di maghi incattiviti. Natsu aveva avuto paura, molta paura. Anche se era forte, non poteva nulla contro Laxus, Mirajane, Erza, Gajiru, Elfman, Bixlow, Fried ed Evergreeen insieme. E molto, molto arrabbiati.
Così si era ritrovato caricato sulla schiena di Lucy, come se lei fosse un mulo da soma. Ed era stato colto dal solito attacco di chinetosi. Una vendetta  infida.
- Ma scusa! Con quell'animale di Happy non soffri, e con me sì?! - sbraitò trascinandoselo per la gilda, malconcio per la nausea e le botte.
Lui rispose qualcosa che solo Lucy comprese.
- Come sarebbe a dire che Happy è un tuo compagno e non un mezzo di trasporto? Io cosa sono, scusa?! - urlò, prossima a delle lacrime di frustrazione.
- E se andassimo in spiaggia? - propose Mirajane.
- Adesso? - domandò scettico Gajiru. Era tarda mattinata, non aveva senso andare a quell'ora con tutto il tempo del viaggio.
- Magari domani... - rispose incerta.
- È un'ottima idea! Una gita di gilda - esclamò il Master, ridacchiando per quel nome assurdo. Tutti lo guardarono con tanto d'occhi, e non aprirono bocca per rispetto. Ma il nonnetto se ne fregò. - Mentre voi delinquenti ve ne state sotto al sole io posso ristrutturare. O pagare qualcuno che lo faccia. Nessuno che voglia restare qui ad aiutare?
Il silenzio si protrasse per un lungo istante, finché Makarov non borbottò qualche insulto.
- Io posso restare - annunciò Gajiru. Non aveva nessuna voglia di soffrire per il trasporto e stare tutto il giorno a cuocersi sotto al sole. Fra la spiaggia e la ristrutturazione, quest'ultima era di sicuro il male minore.
Rebi gli scoccò un'occhiata triste, ma lui non se ne accorse.
- Rimango anche io - disse Laxus.
- Io - bisbigliò Natsu, la testa che girava e l'espressione ebete.
- Natsu ha detto che resta! - gridò Lucy lasciandolo cadere a terra di peso.
- Io pure. Odio il caldo - si propose Gray, tornando. Fortunatamente aveva trovato un paio di mutande. Femminili, certo, ma almeno era coperto... più o meno.
- Se Gray-sama resta, anche Juvia darà una mano! - urlò la maga pazza d'amore, rinvenuta da poco.
- Allora vado al mare! – cambiò idea l’alchimista del ghiaccio.
- Anche Juvia va al mare!
Rassegnato, Gray borbottò qualcosa di indecifrabile e si allontanò dalla spasimante.
Un'aura di depressione estrema si sprigionò dal Master, che aveva una nuvoletta di pioggia sopra alla testa.
- Non è colpa di Juvia! - si difese la maga dell'acqua di fronte a quello spettacolo.
No, la pioggia non era colpa sua. Era colpa dell'intera situazione. Era già penoso per Makarov non andare al mare e perdersi un sacco di giovani formose in costume. Se si aggiungeva il fatto che doveva mettersi a ristrutturare una dannata piscina con quell'afa, era veramente un brutto affare. Ma era tragicamente disastroso doverlo fare con tre Dragon Slayers, teste calde di natura quali erano Natsu, Gajiru e suo nipote Laxus, insieme a Gray, il cui hobby preferito era litigare con Natsu! Il Master si mise a piangere disperato mentre i suoi adorati figlioli se la svignavano ed Erza lo guardava stranita, consigliandogli di mantenere il contegno.
Il nonnetto era terrificante.
 
La mattina successiva tutta Fairy Tail, o quasi, si trovava riunita di fronte alla gilda. Era presto, così sarebbero arrivati al mare di buon'ora godendosi l'intera giornata. Il Master aveva deciso che avrebbe terminato l'opera di ampliamento solo con suo nipote Laxus. Chissà perché...
Natsu, Gajiru e Gray, con Juvia ovviamente, sarebbero andati in gita.
- Allora ci vediamo questa sera Master - salutò cortesemente Mirajane. - Ci assicureremo che i ragazzi non distruggano la spiaggia, non facciano sparire il mare, non importunino i bambini, paghino il loro gelato, girino decorosamente e con un minimo di biancheria addosso, non attraggono in qualche modo Zeref, non...
Makarov era stato felice fino a quel momento. Stava immaginando il corpo di Mirajane in costume, pensando che si sarebbe liberato di quelle pesti per un giorno e che almeno la gilda avrebbe conservato intatto l'arredamento. Non si era reso conto che tutta Fairy Tail era in spiaggia. Gli venne in mente cos'era successo al Ryuuzetsu Land durante il Dai Matou Enbu. Stava ancora pagando a rate la ricostruzione totale del parco acquatico. E tutto era stato spazzato via principalmente da due soli individui. Due!
Il Master ricominciò a piangere e venne bagnato da una pioggia fitta che scaturiva da una nuvola nera sopra la sua testa, con Erza che lo fissava basita come al solito.
Cosa aveva fatto di male nella vita?
 
Il viaggio verso la spiaggia fu comodo e si svolse senza intoppi. Con Wendy a bordo, che forniva Troia* a Gajiru e Natsu, anche loro si godettero il treno.
La spiaggia era colma di gente: famiglie con bambini, coppiette che cercavano di stare un po' insieme, al fresco, culturisti che si mettevano in mostra. Ma non ci volle molta fatica per cacciarli: solo qualche pugno di fuoco di Natsu contro Gajiru e qualche martello di ghiaccio di Gray. Neanche il tempo di togliersi i vestiti che i ragazzi avevano già iniziato a litigare, provocando appunto la fuga dei bagnanti.
Lucy guardava la scena a bocca spalancata, in imbarazzo a causa del comportamento dei nakama.
- Come mai non c'è nessuno? - domandò Erza ex-quippando il suo costume preferito.
- Non lo so - ammise Mirajane sorridendo innocentemente.
La mandibola di Lucy ai avvicinò ancora di più al terreno, mentre Happy e Ririi discutevano della sua sanità mentale.
I ragazzi erano partiti direttamente da casa con bermuda ed infradito, per cui a loro bastava togliersi le maglie. Quando, invece, si spogliarono le ragazze, i membri più anziani della gilda non ragionarono più. Specialmente Makao e Wakaba, colti casualmente da una fortissima epistassi.
- Che bel costume Rebi-chan! - esclamò Lisanna.
La maga arrossì a dismisura: mezza gilda la stava fissando con curiosità, decidendo se era d'accordo con l'affermazione appena fatta. Rebi si sarebbe voluta sotterrare. Odiava le gite al mare. Servivano solo a mettere maggiormente in risalto la differenza fisica fra lei e le sue amiche. Quel giorno portava un semplicissimo bikini giallo con una fascia dello stesso colore. Forse a Lisanna piaceva la sua luminosità, ma per la giovane che lo indossava sarebbe stato quasi meglio non scoprirlo. Lucy, Erza, Juvia, Kana e Mirajane erano bellissime. Inutile dire che sembravano modelle e attiravano gli sguardi dei ragazzi come la forza di gravità trattiene i satelliti in orbita.
Si sentiva piccola e inadeguata, e il suo fisico minuto era l'unica cosa che odiava di sé. Non le importava se Jetto e Doroi la fissavano con gli occhi a cuoricino, contava solo l'opinione che lei aveva di sé stessa. Certo, anche Wendy era poco dotata, ma era giovane e doveva ancora svilupparsi. Per cui sì, si considerava la ragazza con il corpo più insulso della gilda.
- Giochiamo a pallavolo! - propose Lisanna, urlando.
- Uomo virile contro donna! - la imitò Elfman.
- Ci sto! - accettò Erza, un luccichio poco rassicurante negli occhi.
Alla fine le squadre furono formate senza problemi, a parte qualche piccolo screzio... maschile ovviamente.
In campo c'erano Juvia, Lucy, Erza, Mirajane, Evergreen e Kana contro Gray, Natsu, Gajiru, Elfman, Jetto e Ririi… in forma gigante.
I primi minuti la partita si svolse più o meno civilmente. Le ragazze erano unite, un po’ terrorizzate da Erza e Mirajane che erano entrate nella modalità “guerriera competitiva, o vinco o ti spacco la testa”. Fra i ragazzi invece la tensione era stelle. Per Elfman c'era in gioco la reputazione da vero uomo, Natsu voleva solo battere qualcuno, come Gajiru e gli altri. Gray, molto sportivamente, aveva già pensato di mirare su Juvia. Distratta da lui, l'innamorata non avrebbe nemmeno visto la palla. Peccato che la maga fosse convinta di dover "dare il meglio per farsi notare da Gray-sama". E questo significava solo una cosa: Juvia doveva vincere per dimostrare la sua forza femminile e la sua idoneità a stare con Gray.
La situazione si tradusse con un punteggio di dieci a uno per le ragazze nei primi otto minuti di gioco. Gajiru tirava la palla con troppa forza, buttandola fuori, Natsu la beccava sempre sul naso, Elfman era convinto che giocare da solo fosse una cosa da vero uomo, quindi non faceva gioco di squadra, e Gray non riusciva mai a ricevere decentemente le bombe che Juvia gli indirizzava. Gli unici salvabili erano Jetto e Ririi, che avevano realizzato l'unico punto della squadra insieme. Le ragazze se la passavano decisamente meglio: facevano un gioco organizzato, pulito e dosato, giocandosi la palla fra loro prima di buttarla al di là della rete. A parte qualche piccolo incoveniente, tipo Lucy che perdeva casualmente il reggiseno per colpa di una pallonata, o Mirajane che usava il suo terrificante Take Over se i maschi giocavano bene, la partita procedeva pacificamente.
Fino ai dieci minuti di gioco. Be', erano già molti se si considera chi erano i membri della squadra maschile, che avevano iniziato a lottare fra loro.
Sospirando, Rebi andò in acqua in compagnia di un salvagente. Aveva visto abbastanza "palle" sballonzolanti n campo da essere a posto per tutta la vita. Le sue non saltellavano per niente. Era invidiosa e depressa per la mancanza di curve femminili seducenti nel suo corpo. Rassegnata, si sistemò sul salvagente e si lasciò trasportare dal mare.
 
Gajiru si era accorto dopo poco tempo che la sua ragazza non c'era. Ririi, che si era tolto dalla zuffa prima ancora che iniziasse, stava chiacchierando con Charle. Happy era in acqua a pescare pesci, un'espressione beata sul musetto.
- È in acqua - annunciò Charle quando il ragazzo si avvicinò, osservando l'espressione angosciata che non riusciva a mascherare.
Quando individuò il costumino giallo in mare si rasserenò. Farfugliò qualcosa di simile ad un ringraziamento a Charle e si diresse in acqua.
Raggiunse la sua compagna senza far rumore e si fermò a studiarla, con l’acqua che gli arrivava ai pettorali. Era incastrata nel salvagente in modo da stare comoda, la testa abbandonata sul pelo dell'acqua e gli occhi chiusi. Le labbra morbide erano dischiuse, e Gajiru desiderò ardentemente baciargliele, con dolcezza. Cercò di non soffermarsi troppo sulle cosce, toniche nonostante la scarsa attittudine all'attività fisica della giovane. Insomma, mangiò con gli occhi ogni centimetro di quel corpo. La vedeva raramente in costume, e nelle occasioni passate non ci aveva fatto molto caso. Ma ora,  dopo mesi di vicinanza fisica e mentale, di notti passate a sognare di stringerla sempre di più fra le braccia per farla sua, a Gajiru quel fisico non poteva essere indifferente. Amava tutto quello che la riguardava, e il suo corpo era parte integrante di lei.
- Da quando sei un guardone? - chiese Rebi ridacchiando.
Lo stava fissando con un occhio aperto da chissà quanto tempo e si era accorta del modo in cui l'aveva osservata. Gli sorrise, mentre lui ribatteva: - Non sono un guardone.
Aveva le sopracciglia aggrottate, uno sguardo cupo per mascherare l'imbarazzo: era stato colto con le mani nel sacco.
- Allora cosa stavi guardando? - domandò maliziosamente.
Gajiru borbottò qualcosa che aveva a che fare con "Ebi" e "furba", mentre la ragazza rideva.
- Perché sei venuta qui tutta sola? - la interrogò per cambiare discorso.
Rebi arrossì leggermente e distolse lo sguardo. Non voleva parlargli dei suoi complessi. Non per timore di aprirsi con lui, bensì perché lei per prima si vergognava della stupidità dell'argomento. Non voleva che anche lui glielo facesse notare. Ci teneva molto alla sua opinione.
- Volevo stare un po' da sola - rivelò allora. E non era una bugia.
- Be', non me ne vado nemmeno se mi implori, quindi da adesso non starai più da sola.
La ragazza gli sorrise dolcemente, accarezzandogli una guancia. - La partita com'è finita?
Gajiru distolse lo sguardo. - Abbiamo perso - sussurrò a denti stretti.
Rebi cercò di non scoppiare a ridere. - Come scusa? - domandò, fingendo di non aver capito.
- Ho detto che abbiamo perso! - scandì, con voce leggermente più alta, piena di disappunto.
La sua compagna non si trattenne e si mise a ridere tenendosi la pancia.
- Come hanno reagito i ragazzi? - chiese quando ebbe ripreso fiato.
Lui aveva ancora le sopracciglia aggrottate. Tutte quelle domande imbarazzanti non gli piacevano. - Natsu e Gray si sono picchiati... e io ho picchiato loro. Il tuo amico e Ririi si sono congragulati con le altre, mentre Elfman ha detto che un vero uomo accetta la sconfitta con dignità. Ma non ne sono sicuro. Evergreen lo ha preso in giro - rivelò ghignando.
- Eh sì, le ragazze devono deridere i propri compagni, se perdono.
- Ma... Elfman ed Evergreen non stanno insieme... - asserì Gajiru grattandosi la testa.
- No, infatti, ma si piacciono. È come se fossero già insieme.
Confuso, lui mugugnò qualcosa.
Rebi allora gli sorrise e tornò a rilassarsi gli occhi chiusi.
Il giovane però moriva dalla voglia di toccarla. Quando erano con altre persone era più riservati; preferivano dimsotrarsi affetto fisicamente quando erano da soli: era più intimo, romantico e genuino. Lo scambio di effusioni in pubblico sembrava solo un modo di mettersi in mostra, a detta loro. Però in quel momento erano da soli. Lentamente, con delicatezza, Gajiru appoggiò una delle sue grandi mani sul ventre di lei, sporgendosi per darle un tenero bacio. Ma le sue labbra incontrarono solo l'aria.
Rebi, spaventata da quel contatto improvviso, aveva iniziato a dimenarsi credendo che fosse chissà quale mostro. Sollevando un sacco di schizzi, era caduta in acqua. Il suo compagno la guardava con tanto d'occhi, talmente sorpreso dalla scena da non riuscire a ridere. Era buffissima.
- Ahia!! - esclamò lei, mordendosi un labbro.
Lo sbigottimento lasciò spazio alla preoccupazione: si era ferita.
Spinse via il salvagente e si avvicinò, una ruga di tensione fra le sopracciglia aggrottate.
- Dove ti sei fatta male? - domandò, mettendole le mani sulle spalle.
L'acqua arrivava alla vita di Gajiru e all'ombelico di Rebi, visto che parlando si erano avvicinati alla riva, ma lei riuscì lo stesso a sollevare il piede. Il suo compagno l'afferrò e notò un bruttissimo taglio sulla pianta del piede, profondo e lungo. La conchiglia che l'aveva causato era ancora incastrata lì, così gliela tolse con delicatezza. Era abbastanza lunga e profonda la ferita, quindi la povera ragazza gemette quando gliela estrasse.
- Va meglio? - domandò premurosamente.
- Ah...! Sì... un po' meglio - rispose. Poi fece un piccolo passettino. - Ma camminare è terribile!
Il ragazzo agì senza riflettere: la prese in braccio per evitare che usasse il piede malconcio. Lei urlò perché non si aspettava una reazione simile da parte sua. Istintivamente gli aveva messo il braccio attorno al collo, come alla ricerca di un sostegno, mentre l'altra mano era appoggiata delicatamente sul suo petto.
Resosi conto di ciò che aveva fatto, la fissò negli occhi, stupito di sé stesso. E arrossirono leggermente entrambi, per molti motivi. Prima di tutto perché erano davvero, davvero vicini. Era la prima volta che stavano così appiccicati, e Gajiru sentiva nettamente le soffici curve della compagna premere contro di lui. Certo, quando stavano insieme e si coccolavano, molto spesso non riuscivano più a distinguere cosa appartenesse a chi. Ma c'erano i vestiti di mezzo, che tenevano lontani i corpi da un vero e proprio contatto. Invece in quel momento erano in costume, seminudi praticamente, e il ragazzo sentiva la morbidezza e il profumo delicato della sua pelle grazie al suo olfatto da Dragon Slayer. Inoltre, a causa di quella vicinanza, si stava brutalmente facendo sentire un'emozione che reprimevano ogni volta che stavano insieme: la voglia, e il bisogno, di qualcosa di più. Bramavano il calore umano che solo un contatto fisico fra innamorati poteva dare. Si desideravano, e mai come in quel momento sentirono la passione ardere nei loro cuori.
Ignari di ciò che accadeva intorno a loro, continuavano a tenere gli occhi fissi gli uni negli altri. Persi, gli uni negli altri. Bastava quello sguardo per comunicare tutto quello che sentivano, e capirono appieno cosa provavano l'uno per l'altra, sotto ogni aspetto: emotivo, psicologico e fisico. E seppero che se si fossero baciati in quel momento, non si sarebbero potuti fermare.
Gajiru si irrigidì e Rebi distolse lo sguardo. Avevano avuto un intenso e speciale dialogo mentale che era meglio non approfondire lì, in quel luogo. Imbarazzato, si diresse verso l'asciugamano e vi depose cautamente la compagna, attento a non sfiorare nessun punto critico del suo corpo.
- Che è successo? - chiese Ririi, una nota di preoccupazione nella voce. Si era precipitato da loro appena aveva visto il piede insanguinato della nakama.
- Mi sono tagliata con una conchiglia - rispose la diretta interessata, distogliendo l'attenzione dal suo fidanzato.
Questi recuperò il kit di pronto soccorso che Fairy Tail si portava sempre dietro (chissà perché...). Con poche e abili mosse disinfettò il piedino di Rebi, facendo attenzione e non farle troppo male, e glielo fasciò. Era talmente concentrato sul suo lavoro, la fronte aggrottata, che non si accorse del capannello che i membri della gilda avevano formato attorno all'infortunata e al suo crocerossino.
- Che hai fatto Rebi-chan? - domandò Lucy, una nota di ansia nella voce.
- Nulla, mi sono solo tagliata con una conchiglia - ripetè.
- Per fortuna Gajiru-kun era vicino a te e ti ha riportata a riva - asserì Juvia.
In risposta, l'infermiere alzò lo sguardo e trovò gli occhi della compagna che lo osservavano con amore. Erano sempre troppo vicini, così arrossirono entrambi. Gajiru si alzó e corse in acqua: nessuno doveva vederlo in quello stato così vulnerabile. Le ragazze accarezzarono dolcemente la testa di un'imbarazzatissima Rebi, commentando che bella coppietta fossero. Un po' male assortita magari, ma l'amore non bada a queste cose.
 
Era ormai tardo pomeriggio, e i ragazzi avevano deciso di rimanere fino alla sera. Avrebbero preso il treno successivo per godersi quella brezza fresca che soffia solo al mare. Il gruppo era un po' disperso: chi faceva il bagno, chi giocava un'amichevole di pallavolo, chi si abbuffava di cibo.
Rebi stava leggendo un libro, seduta sull'asciugamano, quando Gajiru si sistemò accanto a lei. Ririi si sistemò fra di loro, seduto sulla sabbia. Non si dissero nulla; non ce n'era bisogno. La scarica elettrica che passava nello spazio fra i loro corpi era abbastanza eloquente. E poi, ad entrambi piaceva il silenzio.
Dopo un po' la ragazza alzò lo sguardo e fissò il suo compagno. Chiuse il libro. Lui si girò a fissarla, la solita espressione impenetrabile sul volto.
- Grazie per prima - esordì allora dandogli un bacio sulla guancia.
Appagato, Gajiru azzardò e la strinse a sé, un braccio attorno alla vita.
Lei si appoggiò a lui, la testa abbandonata sul suo torace dato che non raggiungeva la spalla.
- Oh, guarda un po' - ridacchiò, attirandosi un'occhiata perplessa del compagno. - C'è il tramonto proprio sul mare. Hai fatto una cosa romantica. Involontariamente ovviamente, ma fai bella figura se dici che lo hai fatto di proposito.
Si sporse per guardarlo in viso, e constatò sorpresa che la stava già fissando a sua volta. Aveva un piccolo ghigno ad increspargli le labbra, gli occhi di un liquido rosso fuoco.
- Ma io l'ho fatto di proposito - rivelò lui. Allungò il braccio posato attorno alla sua vita per prenderle la mano. Incastrò le dita con le sue, stringendole leggermente.
Rebi arrossì di fronte a quel dolce gesto.
Ad occhi estranei quel giorno poteva apparire normalissimo, a parte la vacanza. Ma tutto era filato liscio e secondo le solite routine.
Per una giovane coppia, invece, qualcosa era cambiato. Il loro amore cresceva di giorno in giorno, e in quella particolare occasione se n'erano accorti. Fra loro c'era passione oltre che corrispondenza emotiva e psicologica. La cosa li metteva un po' in imbarazzo, ma alla fine lasciava in bocca un gusto dolce; un nettare che si assapora solo quando si sa di essere indispensabili per qualcuno.
Sì, perché avevano capito di essere essenziali l'uno per l'altra, di appartenersi sotto ogni aspetto.
Appagata, Rebi gli strinse la mano che l'aveva cercata, e con il braccio libero abbracciò la schiena del compagno, abbandonandosi contro di lui.
Ed eccoli lì: due innamorati qualunque che guardavano un tramonto qualunque sulla spiaggia, abbracciati. Un cliché.
Ma spesso, quasi sempre anzi, le cose reali e importanti, significative, non sono quelle che si vedono da fuori. Sono quelle che si sentono dentro. E il mondo esterno le rispecchia.
Perché in quel momento Gajiru era il mare scuro illuminato dagli ultimi, magici bagliori rosei dei raggi del sole. Del suo sole. Rebi.
Il tramonto romantico era dentro di loro.
Quello che gli altri vedevano era solo la brutta copia dello splendore del loro amore.
  
 
*Magia curativa di Wendy, Air Dragon Slayer, in grado di far passare temporaneamente il male da trasporto. Diventa inefficace se la si usa continuamente.
 
 
MaxBarbie’s
Mi ero ripromessa di fare capitoli più brevi, davvero. Ma poi decidono loro-.-“
In ogni caso, mi sono divertita un sacco a rileggere questo capitolo, perché correggendolo mi sono accorta della sfilza di errori inconcepibili commessi. Ahahaha. Tipo “arritava” al posto di “attirava”, scuola al posto di squadra (ossessione da scuola D’x).
Sto inoltre comprando il manga cartaceo, rileggendomi tutta la storia da capo, e alcuni pezzi del capitolo sono trattati proprio come nell’originale: Lucy che fa da mulo a Natsu, Erza che guarda il Master piangere, un’altra situazione che non ricordo…
Mi ero scordata quando divertente fosse FT*-* Rileggere tutto fa sempre bene.
Ok, concludo. Vedo che le visite ci sono, e anche le persone che mi seguono, quindi penso che la storia sia leggibile, no? Se avete consigli sono sempre qui. Purtroppo se non mi dite la vostra opinione io non miglioro (e ne ho bisogno!).
Grazie alle mie fedelissime: EbiP*-* e Alechan*-*. E Girl Pumpkin, anche se me la sono persa per strada nello scorso capitolo. Ahahah.
Tenetevi pronte per il prossimo capitolo perché ho in serbo per voi una sorpresa! E vi conviene leggere la prossima nota che vi farò (sarò decisamente meno noiosa, vi spiegherò solo in cosa consisterà la sorpresa^^).
O-yasumi nasai, MaxBarbie

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Capitolo 12
*** Gelosia da... Ebi ***


Attenzione!! Siete pregati di leggere tutte le note a fine capitolo per un piccolo extra^^ 

Non disponibileGelosia da... Ebi

Una sera d’autunno, mesi dopo il loro primo bacio e l'annuncio alla gilda della loro storia, Gajiru portò Rebi fuori a cena. Ririi era rimasto a Fairy Tail per non disturbarli. Dato che con le sue missioni pericolose la paga del Dragon Slayer non era assolutamente bassa, decise di condurla nel locale più rinomato di Magnolia. Non lo aveva detto alla sua ragazza, ma aveva scelto quella sera perché era il giorno del loro mesiversario. A breve avrebbero compiuto un anno insieme. Certo, Gajiru per Rebi era diventato dolce oltremisura, ma non doveva per forza dar voce a quelle scioccherie romantiche. Però alla giovane non sfuggiva nulla, e apprezzava in segreto la tenerezza e la memoria attenta del suo compagno. Ogni mese, nel giorno in cui si erano messi insieme, lui le faceva capire che sapeva che data era quella.
Quella sera decise di rovinarsi, vestendosi addirittura in maniera elegante e al contempo sportiva. Insomma, poche borchie per un'occasione speciale. Portava dei pantaloni marrone scuro dello stesso colore della sua cravatta, una camicia rossa con le maniche arrotolate fino al gomito e un gilet beige. I capelli, di solito liberi e selvaggi, erano fissati in una cosa bassa. Inutile dire che non era riuscito a liberarsi dei suoi guanti da battaglia con polsino di metallo. Insomma, aveva messo la cravatta, la sua ragazza doveva accontentarsi!
Lei, invece, aveva uno dei suoi soliti vestitini; era grigio chiaro con delle spalline plissettate bianche e una decorazione identica sulla scollatura. Le calze e la fascetta per i capelli erano dello stesso colore dei pantaloni e della cravatta di Gajiru, così come le maniche del vestito.
Non glielo avrebbe mai detto, ma lo trovava estremamente sexy con quei vestiti addosso. Lo rendevano ancora più attraente e virile di quando indossava gli abiti consunti da battaglia. Camminando per strada per arrivare al ristorante, si rese conto della fortuna che aveva avuto. Gajiru era perfetto per lei. Così diverso da completarla, così simile da comprenderla. Così innamorato da adorare ogni sua caratteristica, persino i difetti.
Purtroppo, fu quella la prima volta in cui si rese conto che Gajiru poteva piacere anche ad altre donne, specialmente se non era vestito come un teppista. Camminavano mano nella mano, in un silenzio complice; lui aveva la mano libera in tasca e l’aria svagata, ma non lasciava mai che i suoi occhi si distogliessero da lei, di sottecchi. Era una calamita. Non poteva fare a meno di contemplare quel viso perfetto, già impresso a fuoco nella sua memoria in ogni sua espressione. Per non parlare del corpo, a cui lanciava lunghe occhiate trasognate di nascosto. Non aveva mai fatto tanto caso alle donne. La lotta era molto più facile e istintiva, decisamente meno complicata.
Rebi notò due ragazze dirigersi verso di loro da davanti. Li stavano fissando. E quando passarono accanto a loro, lanciarono delle eloquenti e lascive occhiate a Gajiru, completamente indifferente e inconsapevole. Lo sguardo che riservarono a Rebi, invece, fu di scherno e derisione. Lei ci rimase malissimo. Erano due ragazze belle, alte e formose, con capelli lunghi e lucenti perfettamente in piega. Lei invece, era piccola, quindi tutto il suo fisico si era adattato a quella grandezza, mentre i suoi capelli erano sempre in disordine e scarmigliati. Sospirò, attirandosi un'occhiata interrogativa di Gajiru, che però non le chiese nulla.
Con il proseguire della serata la tensione sul suo volto non si allentò, e il ragazzo rimase gran parte del tempo a fissarla con le sopracciglia aggrottate. Non solo Rebi era priva del brio e dell'allegria romantica che provava quando stavano insieme, ma era anche silenziosa. Strano a dirsi, ma fu proprio Gajiru a sforzarsi di fare conversazione, tentativo che abbandonò notando l'indifferenza della compagna, che aveva mangiato poco o niente e sembrava completamente assente.
Sconsolato, il ragazzo pagò il conto e si diresse verso casa sua. Non sapeva se almeno la torta che aveva preparato per lei potesse tirarle su il morale, data la piega che avevano preso le cose. Era un po’ deluso, pensava di renderla felice organizzando tutto quanto lui per una volta. Preoccupato, cominciò a pensare di aver sbagliato qualcosa nella loro relazione. Forse le aveva messo fretta? Aveva urtato i suoi sentimenti con i suoi modi bruschi? Non aveva notato qualcosa di fondamentale?
Poi la risposta arrivò.
Vicini a casa, una ragazza, passando, sorrise a Gajiru e lo salutò. Accorgendosene, lui le fece un cenno con il capo, senza però mutare l'espressione pensierosa. Per Rebi quello fu troppo. Staccò la sua mano da quella del compagno e si aggrappò direttamente al suo braccio, guardando in cagnesco la ragazza. Questa strabuzzò gli occhi e si allontanò a passo svelto.
Lui, che aveva fissato sorpreso la sua fidanzata quando si era attaccata al suo braccio, notò lo sguardo acido che aveva. Va bene, stare in silenzio per tutta la serata e non degnarlo di uno sguardo era comprensibile se lui l'aveva fatta arrabbiare. Ma fulminare una sconosciuta con gli occhi?
- Che diavolo ti prende? - sbottò allora, facendo sussultare Rebi. Aveva gli occhi spalancati, lucidi e sofferenti.
Gajiru attribuì il tutto alla sua mancanza di tatto e, dopo essersi passato una mano fra i capelli, borbottò delle scuse.
- Chi era quella? – domandò lei fissandolo intensamente. Voleva cogliere ogni lieve cambio di espressione o accenno di bugia.
- La figlia di un riccone per cui ho svolto due o tre missioni.
Rebi annuì e continuò a guardare avanti, rimanendo però aggrappata al suo braccio.
Giunti a casa, la ragazza si diresse senza tanti preamboli verso il divano, buttandocisi sopra.
- Mi puoi dire che cavolo succede? Io ho cercato anche di capire cos’ho fatto di sbagliato, ma se tu non me lo dici e mi ignori io non ne caverò un ragno dal buco! – la implorò Gajiru, irritato. Sbatté la porta d’entrata per poi appoggiarsi al bancone della cucina.
La sua compagna farfugliò qualcosa con la testa premuta sul cuscino, facendo innervosire un poco il ragazzo che era già teso in attesa di una sgridata.
- Eh?! Non ho capito niente!
Allora Rebi alzò la testa e lo fissò da sopra lo schienale del divano, gli occhi fiammeggianti. -  Quante ragazze hai avuto nella tua vita? – domandò con cattiveria.
Ma lui, che aveva imparato a conoscere quegli occhi così profondi, notò anche un velo di tristezza. Erano lucidi di lacrime.
- Nessuna, tu sei l’unica – rispose perplesso. Non capiva proprio cosa c’entrasse in quel momento.
Poi si rese conto che quando era andato a prenderla a Fairy Hills lei era normale, anzi, entusiasta, come sempre. Frugò nella sua memoria cercando di capire quando si era rabbuiata. Piano piano si accorse che era accaduto durante il tragitto. Lui stava guardando lei, ma aveva visto con la coda dell’occhio due ragazze. Non gli erano piaciute per nulla.
- Davvero? -  chiese lei arrampicandosi sul divano e scrutandolo attentamente.
- Sì, perché dovrei mentirti?
- Ma… allora ho rovinato la serata per nulla! – esclamò appoggiando la testa sullo schienale del divano.
- Aspetta, frena. Mi stai dicendo che sei stata strana per tutta la serata perché non sapevi se avevo avuto altre donne? Ma che accidenti di mente contorta hai? Potevi chiedermelo e basta! – sbottò stupito e un po’ alterato.
Rebi gonfiò le guance, divenute rosse per la vergogna e la rabbia.
- Non è colpa mia se le donne più belle di tutta Fiore passando ti mangiano con gli occhi! Cosa dovrei pensare? Loro hanno delle curve da paura, sono alte e perfette. Io sono bassa e vicino a te sembro ancora più piccola. Non sono esattamente attraente.
Gajiru era stupito. La sua dolcissima e tenerissima compagna era… gelosa? – E sarebbe colpa mia? Sono nato così, non è che mi impegni per apparire chissà come. E poi che stai dicendo? Ti prego non tirarmi fuori paranoie femminili sul corpo!
- Ma… - cercò di dire Rebi, a corto di argomentazioni. – Devi per forza avere avuto altre storie. Insomma, sei un uomo! E sei anche molto sexy. Non puoi essere digiuno di relazioni!
Sì, era decisamente gelosa. E la cosa gli piaceva, molto. Tirò fuori il suo solito ghigno malizioso, che lo rendeva ancora più affascinane. Il cuore di Rebi iniziò a galoppare, mentre Gajiru girava attorno al divano per raggiungerla. Lei seguì con la testa ogni suo movimento per poi spostarsi nell’angolo del divano più lontano da lui.
- Non ti ho mai parlato dei princìpi morali dei draghi? – chiese senza abbandonare il suo ghigno e appoggiando un ginocchio sul lato del divano opposto a lei. Incrociò le braccia. – Secondo te a cosa si riferivano? Non solo al codice d’onore da tenere in battaglia, tipo non picchiare gli indifesi e non attaccare gli innocenti. Sono princìpi di cui i draghi vanno molto fieri e riguardano la vita in generale. Difendere ciò che è importante, avere sempre qualcosa di nobile per cui lottare…
- E tu per cosa lotti? – lo interruppe la ragazza, incuriosita da quel discorso.
- Prima lottavo per diventare forte e ritrovare Metallicana. Ora combatto per difendere te… e la gilda. Solo così potrò ritrovarlo. Ma comunque, i draghi insegnano anche il rispetto verso sé stessi. E per questo inculcano nel giovane cervello degli uomini che devono avere una sola compagna per la vita, che quando la trovano non la devono lasciare per nessun motivo e che devono aborrire una vita passata a volare di fiore in fiore. Anche Natsu è stato educato così.
- Oh… è… è una cosa molto profonda, certo.
- E poi, prendendo il mio caso, cosa pensi che me ne sia fregato delle donne in questi anni? Ho vissuto pensando che l’unica differenza fra i sessi fosse che le donne erano più deboli. Poi ovviamente ho conosciuto Erza e Mirajane, ma quello è un altro discorso. Non hai molto tempo per pensare all’amore o al semplice sesso quando il tuo pensiero fisso è che vorresti spaccare tutto dalla rabbia.
- Sì, hai ragione – sussurrò lei guardandosi le mani, raccolte in grembo.
Dopo alcuni attimi di silenzio, comunque, Gajiru non poté più resistere e si avvicinò alla maga con uno sguardo malizioso. La mano sinistra era in tasca, come al solito, mentre la destra andò ad alzare il mento della giovane, che si ritrovò degli ardenti occhi rossi a pochi centimetri dal viso.
- E così un ebi geloso ha tenuto il broncio durante il nostro anniversario perché qualcuno ha osato “mangiarmi con gli occhi”.
Rebi gli resse il gioco e sfoderò un sorrisetto impertinente che fece battere più forte il cuore del Dragon Slayer.
- E così Kurogane, il terrore di tutta Fiore, non è mai stato con una donna e va in giro a fare discorsi moralisti. Alla fine mi pare che tu sia un fanciullo puro e innocente, o no? – lo stuzzicò prendendogli fra le mani una ciocca di capelli scivolata dalla coda. La sfida nei suoi occhi fece divampare il calore nel cuore del ragazzo, propagandolo in tutto il corpo.
- E tu, Ebi? In questo momento non mi sembri molto pura e innocente. Stai forse cercando di tentarmi? -  chiese poggiandole la mano libera sulla testa.
- Può darsi. Ma dipende se ti piacciono le donne piccole e con un fisico acerbo.
La faccia dell’uomo si rabbuiò un attimo, triste per la scarsa considerazione che la compagna aveva di sé. Poi però tirò fuori il ghigno più accattivante che aveva. Magari le avrebbe fatto cambiare idea. Così, con il piedino di Rebi poggiato allusivamente sulla sua gamba e quelli occhi castani fissi nei suoi, rispose: - Sono proprio quelle piccole che preferisco. Sono meno volgari esteticamente, ma ti sorprendono di più.
Allora la giovane innamorata annullò la distanza fra le loro bocche, perdendosi in quel bacio che avrebbe segnato un gradino superiore nella storia della loro vita insieme. Quando il ragazzo l’abbracciò forte, facendola perdere fra il calore del suo corpo e confortandola con la stretta delle sue grosse braccia, Rebi si sentì pronta. Gajiru non l’aveva mai spinta in alcun modo e, senza ovviamente dirglielo, le aveva fatto capire che avrebbe aspettato tutto il tempo che voleva.
Così, quando si era alzato e l’aveva presa in braccio portandola in camera da letto, Rebi sapeva che lo aveva fatto solo perché aveva capito che lei era d’accordo.
Quella notte, isolati dal mondo, finalmente capirono appieno quanto era smisurato l’amore che nutrivano l’uno nei confronti dell’altro. Si aspettarono, si confortarono e si promisero che da quel momento non si sarebbero più lasciati nemmeno un giorno.
 
La mattina dopo Gajiru fu svegliato da un raggio di sole pigro e fastidioso che gli batteva sugli occhi. Sentendo qualcosa di caldo premuto contro di sé, si ridestò immediatamente. Quando vide la matassa di capelli turchini contro il suo petto e vari vestiti sparsi per la stanza, si ricordò cos’era successo la notte prima. La notte più bella della sua vita.
Rebi era rannicchiata contro il suo petto, le gambe intrecciate alle sue, e lui l’abbracciava premendola stretta a sé. Attento a non svegliarla, le baciò la spalla nuda due o tre volte, dolcemente. Aveva sempre sognato di poterlo fare. Si sciolse dall’intrico di corpi con delicatezza e, mettendosi qualcosa addosso, uscì dalla stanza. Ririi dormiva sul divano. Entrando in casa aveva visto la cravatta del suo nakama e la fascetta di Rebi per terra davanti alla porta della camera chiusa. Gajiru non lasciava mai vestiti in giro o la porta chiusa. Intuendo ciò che era successo, aveva deciso di dormire sul divano.
Il ragazzo aprì il frigo tirando fuori la torta che lui e il gatto avevano preparato. Non era esattamente bella a vedersi, e il sapore temeva che fosse anche peggio, ma era sicuro che la ragazza avrebbe apprezzato il gesto. Scaldò il latte e sistemò su un vassoio dei biscotti insieme alla torta.
- Ehi – borbottò Ririi sbadigliando. Guardò il suo compagno in pantaloncini con occhio complice. – Passata una buona serata?
Gajiru ghignò. – Come se non lo sapessi.
Preparò la colazione anche per l’exceed e lo invitò in camera. Del resto era meglio che fosse lei a dirgli cosa avevano deciso.
Il ragazzo scosse la spalla della piccola maga, che si stropicciò gli occhi. Quando si mise a sedere, coperta dal lenzuolo, Ririi e Gajiru non poterono fare a meno di scoppiare a ridere. Aveva i capelli tutti gonfi e spettinati. Rebi recuperò la fascia che il gatto le porgeva e si sistemò la giungla che aveva in testa.
- Questa l’avevo fatta per ieri sera, ma visto che alla fine la notte è andata in un altro modo… - spiegò lui, lasciando la frase in sospeso in modo allusivo.
Il gatto si schiarì la voce, mentre la ragazza arrossiva.
- Grazie – bisbigliò sorridendo dolcemente al suo fidanzato. Era incredibile come l’amore potesse cambiare le persone.
- Ah, senti Ririi, Rebi deve dirti una cosa -  annunciò Gajiru tagliando la torta.
La sua compagna avvampò ancora di più. Che gentiluomo, mandare avanti così le donne! – Ehm… questa testa di ferro impegnata a fare la casalinga mi ha proposto di venire ad abitare qua – rivelò imbarazzata.
Pansaa Ririi li fissò sbigottito, ricevendo occhiate speranzose da parte dei due giovani. – Era ora! – sbottò. Prendendo la fetta di torta che Gajiru aveva allungato, disse: - Andando avanti di questo passo credevo che avrei visto Rebi qui in casa fra cinque anni. E questa torta fa schifo!
Emozionato per la notizia meravigliosa, si diresse al bagno per sputare la torta e sciacquarsi la bocca.
Dopo lo sbigottimento la coppia si mise a ridacchiare.
Gajiru appoggiò il naso sulla testa della ragazza, per nascondere il viso. - Ti amo – le bisbigliò respirando il profumo dei suoi capelli.
Gli occhi le si inumidirono. Era la prima volta che glielo diceva. Pensava che ormai non glielo avrebbe più rivelato, e invece lo aveva fatto nel più dolce dei modi.
Avvinghiandosi al suo collo, premette le labbra contro le sue, con sommo stupore del mago, sperando che Ririi rimanesse in bagno ancora un bel po’.
 
 
 
MaxBarbie’s =^.^=
Ahahaah FINALMENTE! O no? Be’, sicuramente era ora dopo quasi un anno^^ Che drago paziente, vero? *-*
Questo capitolo è parte della sorpresa. Anche se non sono molto soddisfatta, perché è stato il secondo capitolo che ho scritto, subito dopo il primo. E infatti riprendo la storia di Metallikana e lo stile di scrittura è un po’ diverso. Spero che sia accettabile, però…
Comunque, passiamo alla seconda parte della sorpresa! Dato che questo capitolo l’ho scritto due mesi fa più o meno, quando l’ho riletto mi sono chiesta: “Ma che cosa hanno fatto quei due di notte?” Ahahaha. E allora, visto che ero già a buon punto con la storia, ho scritto una one-shot che integra la loro… avventura.
Insomma, il nocciolo della questione è: domani sera o mercoledì posterò la os a rating arancione che descrive i fatti omessi, dal divano fino alla mattina successiva più o meno.
Tutto qui? nd. Max
Taci tu-.-“ nd. Barbie
Va be’, spero che qualcuno lo apprezzi, non come la parte più pessimista di me xD
Passo e chiudo, ringraziando tutti voi che leggete perché il primo capitolo ha raggiunto le 1000 visualizzazioni*-* Non vuol dire che è stato letto 1000 volte, ma cliccato sì! Che emozione^^
Perciò, a domani o a mercoledì con Unione, la one-shot!
MaxBarbie^^

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Capitolo 13
*** Phantasia ***


Attenzione: anche questo capitolo ha una one-shot supplementare intitolata "Trasloco", che sarà pubblicata prossimamente. Per maggiori informazioni vedete le info in fondo al capitolo^^

Non disponibilePhantasia

A Magnolia era tempo di festa. La settimana successiva vi sarebbe stata Phantasia, la parata della gilda. Era un’occasione molto sentita, e  i membri di Fairy Tail vi partecipavano con entusiasmo. A notte inoltrata ci sarebbero stati i fuochi d’artificio e i giochi di luce a cui i cittadini più influenti avrebbero preso parte. Travestiti. E i maghi non potevano mancare.
Per le ragazze era un'immensa opportunità per scegliere l'abito migliore, più originale e fantasioso. Per i ragazzi era una missione come un'altra.
- Mira! Come ti vesti? Lo sai già? - urlò una sovreccitata Lucy.
- Da barista ovviamente! - rispose serenamente la barista di Fairy Tail.
- Da barista? - chiesero Rebi, Lucy e Lisanna, con un gocciolone in fronte stile manga.
- Sì! È un costume carino! Volevate usarlo voi?
Tre teste scossero energicamente la testa. Perfetto, Mirajane sarebbe andata alla parata vestita come tutti i giorni. Anche se alcuni pervertiti pregavano che cambiasse idea e facesse la modella di bikini. La speranza è l'ultima a morire, no?
- Tu Lisanna? - chiese allora Lucy.
- Facile! - esclamò la diretta interessata, trasformandosi in una pantera con il suo Take Over, Animal Soul.
- Ma così non vale! - si lamentò avvilita l'amica.
- Ehi! - le interruppe Evergreen sbattendo una mano sul tavolo. Aveva uno sguardo talmente minaccioso da riuscire a pietrificare qualcuno. Metaforicamente parlando… non stava usando la magia in quel momento. - Se qualcuna di voi maghette di serie B prova a vestirsi da fata, si ritroverà a fare la statua per il resto dei suoi giorni. Non oscurate la mia lucentezza fatata!
Se ne andò velocemente com'era venuta, simpatica come sempre.
- Erza! - gridò allora Lucy attirando l'attenzione della ragazza appena entrata. - Da cosa  ti travesti per il ballo?
- Da samurai. O da torta alla fragola...? - rispose, pensierosa. - O da cavaliere!
Lucy si sarebbe voluta sotterrare. Erano tutti a posto con i costumi, anche se erano davvero bizzarri e di pessimo gusto. Sperava di avere un'illuminazione ascoltando le idee altrui, ma si ritrovava ancora più impantanata. Sbatté la testa sul bancone, in preda alla disperazione.
Rebi sentì alle spalle la presenza dell'imponente mole del suo compagno, anche se non si girò per appurarlo: sentiva il suo petto sfiorarle la schiena, e lo avrebbe riconosciuto ovunque.
Lucy alzò la testa di scatto, fissandola con sguardo spiritato. - Tu che cosa indosserai?
- Ehm... be'... non lo so - rispose balbettando. Poi inclinò la testa all'indietro per osservare l'espressione di Gajiru, impassibile come al solito. - Dobbiamo ancora decidere.
Lucy tornò a sbattere la testa sul bancone.
- Ma qual è il problema, Lu-chan? - domandò apprensiva Rebi, sfiorandole la mano.
- Il problema è che non so come vestirmi! Non ne ho la più pallida idea!
- Fai la cosplayer come al solito - intervenne Gajiru, burbero. - Di Natsu, del suo gatto idiota, o anche di Rebi. Ma in quel caso ci sarebbero alcune differenze fisiche non trascurabili - concluse ghignando.
La sua compagna lo fissò truce, gonfiando le guance rosse per la rabbia. Sapeva bene che si riferiva alla sua bassa statura e alla sua mancanza di curve femminili... insomma, ce le aveva, ma non come Lucy! Poco tempo prima Rebi gli aveva domandato se gli piaceva fisicamente, o se l'avesse desiderata più formosa, come Erza, Mira e le altre. Ovviamente era arrossita come un pomodoro e aveva balbettato tutta la domanda; lui l'aveva fissata di sbieco con un sopracciglio alzato, facendo abbassare lo sguardo della compagna. Poi l'aveva abbracciata e, con il viso sepolto fra i suoi capelli, le aveva detto che non l'avrebbe cambiata di una virgola, che amava il suo corpo quanto amava lei come persona e la preferiva a tutte le più dotate del mondo. Rebi lo aveva abbracciato forte, grata per tutto quello che lui diceva. Sapeva esattamente cosa voleva sentirsi dire e in che modo per placare le sue ansie. Imbarazzato, Gajiru si era poi allontanato sotto lo sguardo divertito della fidanzata. Non prima di averle scompigliato i capelli e accarezzato il viso, però.
Nonostante la sua rivelazione dolce come il miele, lui preferiva di gran lunga stuzzicarla, come in quel momento. Vedere la sua tenera compagna infuriarsi, gonfiare le guance e arrossire gli aumentava sempre i battiti cardiaci: era bellissima, e solo lui sapeva fino a che punto. Quando erano da soli amava irritarla perché, mentre lei provava ad allontanarsi indispettita, Gajiru la bloccava e reclamava la sua bocca, ghignando. E, suo malgrado, anche Rebi sorrideva a contatto con le sue labbra. Non potevano resistersi.
In pubblico la faceva sempre irritare con delle frecciatine mirate, facendola arrabbiare e imbarazzare; era più forte di lui, non poteva trattenersi.
- Ma farò la cosplayer di qualcuno di famoso, mica di Natsu! - sbottò Lucy. - È l'idea più sciocca che ho sentito finora, e renditi conto che Mira vuole vestirsi da cameriera!
- Allora fai la Bunny Girl - ringhiò lui, minaccioso. Solo Rebi poteva usare quel tono indisponente con lui e ricevere amore invece di un'aura nera terrificante. - Dopo la parata ci si trova qui alla gilda e io mi esibisco. Ho bisogno di qualcuno che balli e si metta in ridicolo, tipo te. Fai la coniglietta e siamo a posto! Così almeno ci saranno anche più uomini a guardare lo spettacolo.
La sua ragazza lo fissò con occhi fiammeggianti. - Gajiru - scandì. - Chiedi subito scusa a Lucy! Non è un oggetto da usare come vuoi!
- No che non mi scuso! Le ho dato dei consigli utilissimi, dovrebbe ringraziarmi. Se poi non li sa apprezzare è un suo problema!
- Ma hai insultato le donne! In generale! Quindi anche me - continuò lei.
Lucy osservava la scena un po' preoccupata, senza intervenire per timore di essere mangiata. Doveva ancora decidere se da Gajiru o da Rebi.
- Non mi pare proprio. Le ho solo detto di fare la Bunny Girl - replicò lui, con voce tonante.
- Sì, per attirare l'attenzione maschile. Vuoi farla diventare un'attrazione  sessualmente stimolante! Sei un maschilista e vuoi sfruttarla.
- Non è vero!
- Ah no? E allora perché non l'hai proposto a me? - lo sfidò.
Gajiru aprì la bocca per rispondere, ma si bloccò. Non poteva assolutamente rivelare in pubblico che era geloso, che non la faceva vestire da coniglietta perché aveva troppa pelle scoperta. Nessuno, al di fuori di lui, poteva guardarla.
- Lo sappiamo entrambi il motivo - continuò Rebi davanti al silenzio del ragazzo. - Perché io non ho il suo fisico.
No, la ragione era che Lucy era sempre mezza nuda, e Gajiru era sicuro che non le avrebbe fatto differenza vestirsi da Bunny Girl. Non era la prima a mettere in mostra le sue doti?
Con uno sguardo duro, il ragazzo mormorò qualcosa guardando un punto imprecisato del pavimento.
- Togli dignità ad una persona, così! Non è affatto carino quello che hai detto. Vorrei vedere te che saltelli con un costumino da coniglio - concluse Rebi.
Siccome era davvero arrabbiata, Gajiru pensò bene di non rispondere. Ma lanciò una terribile occhiata ammonitrice a Lucy: che non si azzardasse a dire in giro che si era fatto sgridare da una donna!
 
Più tardi, quella sera, Rebi e Gajiru erano sdraiati sul divano con una coperta, il fuoco scoppiettante nel camino. Ririi era in cucina per il suo turno di lavaggio dei piatti. La ragazza stava leggendo un libro accoccolata vicino al suo compagno, che la osservava pensieroso. Amava guardarla mentre leggeva un libro: sul viso le passavano decine di emozioni diverse che si manifestavano anche attraverso il suo sguardo. Iniziava a mordicchiarsi le labbra se era in ansia, sorrideva appena nelle scene romantiche e arrossiva se sfociavano in qualcosa di più intimo. Il sorriso si allargava se una parte era divertente, e qualche volta capitava che scoppiasse a ridere. Poi la vedeva stringere le labbra e respirare più piano per non scoppiare a piangere se accadeva qualcosa di brutto. E se non ce la faceva, si rifugiava fra le braccia di Gajiru, raccontandogli fra i singhiozzi cos'era successo di così terribile. Lui non sarebbe mai riuscito a capirla del tutto, ma sapeva che i libri erano importanti per lei quasi quanto lo era lui. Così la stringeva e la cullava per farla calmare, senza dire nulla: bastavano i suoi gesti a consolarla.
Nonostante l'amore per Rebi, comunque, Gajiru non poteva sopportare il disordine. La sua compagna era andata subito a vivere con lui dopo che gliel'aveva proposto, e nel giro di una settimana erano diventati ufficialmente conviventi. Ci avrebbero messo molto meno con il trasloco se non ci fossero stati tutti i libri di mezzo! La giovane avrebbe rinunciato ai vestiti piuttosto di rinunciare a loro. Così tutta la gilda, tutta, si era mobilitata per trasportare i manoscritti da Fairy Hills a casa di Gajiru. Una settimana per inscatolarli più o meno ordinatamente e portarli. Inutile dire che la piccola casetta era stata sommersa; i muri non si vedevano più, il pavimento nemmeno e per trovare una porta bisognava trovare l'uscita dal labirinto di pagine e inchiostro. Dopo tre giorni di pazienza, Gajiru si svegliò con una vena pulsante in fronte e un tic poco rassicurante all'occhio.
- Rebi - aveva scandito. - Dobbiamo parlare.
Lei gli aveva dato ragione, forse per la prima volta, ma non era bastato a risolvere il problema. Fortunatamente pochi giorni dopo era andata in missione con Jetto e Doroi, tutta la giornata. Gajiru allora aveva parlato con il Master e l'intera gilda. Quando si mettevano d'impegno, quelli di Fairy Tail costruivano meraviglie: avevano buttato giù un piccolo pezzo di muro della camera matrimoniale; ci avevano messo una porta e all'esterno avevano creato una stanza, murata e dipinta, che poteva fungere da biblioteca. Non era molto grande, e con tutti quegli scaffali rendeva claustrofobiche anche le formiche, ma almeno i libri ci stavano tutti. E c'era spazio anche per altri. La sera, prima che Rebi tornasse a casa, Gajiru aveva anche montato delle mensole in camera e in soggiorno, così che potesse avere i suoi volumi preferiti sempre a portata di mano.
Al suo ritorno era stata così felice che aveva deciso di inaugurare in modo speciale quella biblioteca. Anche se avevano fatto cadere qualche volume, presi com'erano l'uno dall'altra. E Gajiru aveva ottenuto due cose a cui non poteva rinunciare: l'ordine e lei.
- La prossima volta comunque evita di aggredirmi così in pubblico. È imbarazzante, non sono un bambino e sono l'uomo.
La compagna abbassò il libro e smise di torturarsi il labbro inferiore. Pansaa Ririi invece, dalla cucina, borbottò qualcosa che aveva a che fare con "orgoglio", "testardo" e "strigliata".
- Ho solo corretto una tua mentalità errata - si schermì lei.
- Fallo a casa la prossima volta, grazie.
Rebi annuì per dimostrare che aveva capito, tornando in fretta al suo libro.
- Aspetta! - esclamò poco dopo. - E allora? I maschi non possono essere sgridati?
- Mmm? - mugugnò interrogativamente Gajiru, distolto dai suoi pensieri.
- Hai detto che non devo "aggredirti in pubblico", anche se comunque non ti ho aggredito. Poi hai detto che non sei un bambino e sei un uomo. Nel senso che non sbagli mai?
- No, nel senso che sono il maschio della coppia. Non ci faccio una gran bella figura ad essere rimproverato da te in questo modo.
Rebi gonfiò le guance, adirata, e chiuse bruscamente il libro. - Ancora con questa storia? Sei un maschilista! Le donne non possono sgridare gli uomini se sbagliano, ma possono essere vittime di apprezzamenti sfacciati sul fisico senza conseguenze? - sbottò, rossa in viso.
- Ma che ti prende oggi? - ringhiò a sua volta. Non avevano mai alzato così tanto i toni della voce, rendendoli aspri.
Con la libertà assoluta fra di loro, mentale e fisica, e una conoscenza profonda dei loro esseri sotto tutti i campi, avevano perso ogni remora e ogni timore. L'amore si era moltiplicato esponenzialmente ed erano finalmente riusciti ad essere loro stessi ogni secondo della loro vita.
Perché alla fine era questa una relazione: conoscere l'altro meglio di te, amarlo più di te e trovarti bene con lui ogni istante. Fare come se non ci fosse essendo invece molto consapevoli della sua presenza. Dedicare del tempo a sé stessi insieme all'altro, a contatto.
- Mi fanno imbestialire questi discorsi, Gajiru! Le donne non sono inferiori! Chiaro?
Aveva appoggiato le mani sul suo petto stendendo le braccia, per guardarlo meglio dall'alto. E in quel momento il ragazzo sentiva freddo: non solo perché la sua compagna allontanandosi gli aveva tolto la coperta e il suo calore, ma anche perché non gli piaceva quella situazione. Non avevano mai litigato sul serio. Voleva risolvere immediatamente, ma allo stesso tempo lo infastidiva dover cedere per primo.
- Ma chi vi crede inferiori? È partito tutto da uno stupido costume, perché sei così arrabbiata? - replicò esasperato.
- Senti, nella coppia le decisioni si prendono insieme, non c'è il maschio padrone che usa la donna solo per divertirsi e...
- Aspetta - la interruppe. - Parli di noi due? Non mi pare di usarti - scandì, con gli occhi fiammeggianti. Avrebbe davvero dato di matto se lei non avesse riconosciuto il suo amore.
- Ma no! - lo tranquillizzò. - Parlo di certe coppie. Se sbagli è giusto che te lo faccia notare, come dovresti fare tu se fossi io a sbagliare! La donna è importante quanto l'uomo, non deve essere mercificata come un giocattolino con cui divertirsi una notte e da abbandonare in seguito.
- Ti preme molto questa storia, vedo - notò lui accarezzandole una ciocca di capelli.
- Sì, perché le donne ultimamente sono fatte passare per oggetti: si vestono in modo provocante e si esibiscono in certi locali solo per soddisfare le fantasie perverse dei maschi. Vendono il loro corpo. Perché non possono farlo anche gli uomini, scusa? Vanno in giro mezzi nudi per accontentare noi ragazze! - spiegò Rebi, un po' più calma.
- Va bene - concesse Gajiru grattandosi la testa con la mano libera. - Andrò in giro mezzo nudo per casa se ti fa stare meglio.
Ririi ridacchiò dalla cucina: adorava Rebi, e adorava il modo in cui stava cambiando il suo burbero nakama. E sentirli discutere era un vero spasso.
La ragazza arrossì e distolse lo sguardo: - Non volevo dire questo! - borbottò.
- Sì invece. È stata sin dall'inizio una tattica per farmi capire che mi vuoi - concluse ghignando.
- Gajiru! Smettila, era un discorso serio - lo rimbrottò lei, paonazza. Ma stava ridendo.
- Lo so - rispose lui ridacchiando massaggiandole i capelli nel modo che amava. - Era per sdrammatizzare. Ho capito comunque: addio Bunny Girl, benvenuto Bunny Boy.
Rebi scosse la testa sorridendo di fronte al ragionamento del compagno. - Scusa se ti ho aggredito.
- Figurati Ebi. Allora... per la parata? Come ci vestiamo?
Si era già rassegnato all'idea di andare a quella stupida manifestazione, quindi almeno su quello non avrebbero discusso.
- Mmm... - mormorò Rebi sdraiandosi su di lui, la testa sul petto. - Ne riparliamo domani... - decise con voce assonnata.
Gajiru ghignò: lei e i suoi massaggi ai capelli! Era una magia, sicuramente. Non poteva rilassarsi così tanto per un tocco!
Ma, del resto, il solo stare con lui la calmava e le dava serenità.
 
Una coppietta male assortita stava camminando per le vie di Magnolia, con un gatto al seguito. Lui aveva una mano in tasca, mentre l'altro braccio era sulle spalle della compagna.
- Eccolo! - esclamò ad un tratto lei. - Venite.
Borbottando, il compagno la seguì all'interno di un negozietto pieno di vestiti variopinti e molto, molto strani. Era una boutique di costumi e travestimenti per ogni occasione. C'erano cappelli piumati, abitini da bourlesque, da carnevale, da animale, da fata o principessa. A Rebi luccicavano gli occhi, mentre Gajiru era sconvolto da tutto quel disordine. Non sapeva se avrebbe provato più gioia distruggendo tutto o uscendo immediatamente.
Una commessa si fece avanti. - Posso esservi d'aiuto?
- Be'... - esordì Rebi sorridendo. - Stavamo guardando in giro. Cerchiamo due costumi originali per partecipare alla parata di Magnolia.
La donna allora si azzardò, con un po' di coraggio, a guardare l'ammasso di muscoli che stava accompagnando quella ragazza così carina. E notò il marchio della gilda sulla sua spalla sinistra.
- Siete di Fairy Tail! - esclamò allora, entusiasta. - Siete fortissimi! Venite, vi mostro alcuni costumi molto originali che mi sono arrivati da poco.
La coppia seguì la commessa verso una zona un po' più appartata, dove mostrò loro alcuni capi che potevano andare bene.
- Ve li lascio scegliere e provare in tranquillità, se avete bisogno di me chiamatemi.
Rimasti soli, Rebi iniziò ad osservare con occhio critico i costumi, mentre Gajiru la fissava, annoiato.
- Ok io mi provo questo - annunciò poco dopo. Il ragazzo poté solo vedere che era una veste bianca e verde drappeggiata, prima che lei lo nascondesse. - Provati questo tu. Così siamo abbinati. Ririi, prima vediamo come stiamo e dopo lo cerco anche per te.
Il gatto annuì distrattamente, perso nella ricerca di un costume da kiwi.
Gajiru grugnì una risposta affermativa. Poi, ghignando, si infilò nel camerino della fidanzata.
- Dai, smettila! - sibilò Rebi trovandoselo di fronte.
Lui uscì ridacchiando, facendola sorridere.
 
Pochi istanti dopo era già uscito. Aveva un gonnellino bianco che arrivava circa al ginocchio, e una collana di... foglie? Niente maglia.
- Ebi, ma che cavolo di travestimento è? Una gonna?
Ririi gli si avvicinò e fischiò ammirato, scoppiando poi a ridere. La causa delle sue risate lo fissò trucemente.
- Era un abito tipico dei romanius*, la popolazione vissuta qui intorno all'anno Y773**, più di mille anni fa. Sono stati rinvenuti molti reperti su di loro e sembra che...
- Niente lezione di storia! - la bloccò. Era ancora nel camerino a provarsi la tunica, la stava aspettando. - Mi basta sapere che ha un senso come costume.
- Certo che ha un senso! - esclamò uscendo.
Indossava una veste monospalla che terminava con una gonna al ginocchio, una fascetta in vita. Era molto semplice e la slanciava. A Gajiru piaceva un sacco. Ririi gli batté il gomito sul polpaccio, fissandolo con lo sguardo di chi la sa lunga.
- Come sto? - chiese lei ingenuamente, facendo una piroetta.
Il compagno deglutì, la gola improvvisamente secca. - Stai... stai. Sì, stai - borbottò.
- Wow, grazie - replicò lei ironicamente. - Ririi?
- Come voleva dire questo incapace, penso che ti stia d'incanto e tu sia meravigliosa - spiegò l'exceed.
La giovane arrossì leggermente. - Volevi dire questo, Gajiru? - sussurrò.
Lui scosse la testa. - Di più - disse in un soffio.
Soddisfatta, gli diede un bacio sulla guancia. - Cerchiamo una fascetta! - esclamò.
Imbambolato, la seguì verso la zona dei cappelli e degli accessori da mettere in testa.
- Oh! - la sentì esclamare.                                     
Percepì Ririi che commentava, ma non stava ascoltando. Era impegnato a fissare un cerchietto con delle orecchie da coniglio. Ogni tanto Rebi era nervosa e aveva bisogno di sfogarsi verbalmente con lui, che era sempre disponibile. Quando però non accennava a calmarsi, iniziava a indurgliela, la serenità. Dopo alcuni istanti la giovane si scioglieva sotto al delicato tocco delle manone del compagno, e lo accusava di essere stufo di lei: usava solo una tecnica per farla tacere e non doverla ascoltare.
Come per il discorso di ieri. Be', le avrebbe dimostrato che teneva così tanto a lei da ascoltarla sempre.
- Gajiru, come sto con... - si bloccò stupita, un cerchietto argento con una piuma sistemato fra i capelli.
Il suo ragazzo stava indossando delle orecchie da Bunny Boy.
Di fronte al suo silenzio, iniziò a spiegare perché l'aveva fatto, per evitare fraintendimenti. Si schiarì la gola. - Così non sono maschilista, giusto?
Ririi, che aveva gli occhi della grandezza di un piattino da caffè, scoppiò a ridere, così come Rebi. Infastidito e imbarazzato, il Bunny Boy incrociò le braccia al petto. E arrossì lievemente per essersi messo in ridicolo. I suoi due nakama avevano le lacrime agli occhi e si sostenevano a vicenda.
Insomma, faceva una cosa positiva e gravosa e veniva deriso?
- Oh! - esclamò la ragazza allacciandogli le braccia al collo. Lui la prese in braccio e lei premette il viso contro il suo. Poi gli pizzicò una guancia. - Sei così carino! Gajiru!
Con sguardo duro, questi rispose: - Tch. Non chiamarmi "carino".
Pansaa Ririi rise ancora di più, attirandosi un'occhiata assassina del suo nakama.
 
Quando pagarono i loro costumi abbinati, la commessa fece a Rebi i complimenti per la scelta delle orecchie da coniglietta. Erano un'edizione limitata.
- Oh, ma non sono per me - esordì con un fulgido sorriso e uno sguardo malizioso.
- E io non porto orecchie da coniglio - aggiunse Ririi sogghignando.
Gajiru sbuffò e borbottò qualcosa riguardo al "maschilismo" e "cosa mi tocca fare", concludendo con "Ebi".
Uscendo dal negozio, però, Rebi lo prese per mano e si incamminarono verso casa. La giovane si sporse e gli sussurrò qualcosa all'orecchio, arrossendo.
Il suo compagno strabuzzò gli occhi e la fissò, per poi aprirsi in un ghigno di vittoria.
- Corriamo a casa! - gridò, tirandosi dietro la ragazza che rideva.
Il gatto scosse la testa e sospirò divertito: quei due erano incorreggibili.
- Ci vediamo alla gilda! - gridò, sperando che lo sentissero.
Ma non ne era molto sicuro. Non quando la mente del Dragon Slayer era tutta impegnata ad immaginarsi Rebi in versione coniglietta.
Eh sì, la ragazza gli aveva promesso che avrebbe indossato lei le orecchie da coniglietta e il completino abbinato, come ricompensa per la sopportazione del giorno precedente.
E Gajiru non poteva perdere quell'occasione.
 
 

*Romanius: puramente inventati. Siccome il costume della foto mi ricorda un po’ le tuniche romane, ma i romani a Fiore non credo siano mai esistiti, ho inventato i romanius. Insomma, i romani di Fiore.
**Y773: nel manga si dice che i draghi sparirono nell’anno X777. Secondo l’ultimo aggiornamento i ragazzi sono nell’anno X791. Allora ho messo Y773 per indicare che i romanius governarono a Magnolia un millennio prima.

 

 
MaxBarbie’s
Eccomi qui, come ogni terribile lunedì!
Come ho anticipato sopra, anche per questo capitolo c’è una one-shot abbinata che posterò domani sera o mercoledì sera.
Scusate la lunghezza del capitolo, ma volevo mettere troppe cose in poco spazio. Scrivo sempre troppo. Stupide dita che fanno di testa loro-.-
Non rompo ulteriormente, vi auguro buona lettura e vi lascio con la promessa che sarà l’ultimo così lungo. Anzi… non lo prometto perché chissà poi se riesco a mantenerla :(
O-yasumi nasai minna^^

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Capitolo 14
*** Timidezza ***


Non disponibileTimidezza


Erano puzzolenti, sporchi, laceri, stanchi e decisamente in condizioni pessime.
Il nuovo team Shadow Gear, che comprendeva Gajiru e Pansaa Ririi, era andato in missione per un milione di jewels da dividere in cinque. Era stato un lavoretto parecchio complicato, per questo era ben pagato. Servivano una tattica, un piano di riserva, l'organizzazione delle trappole e una parte di forza bruta. Curata ovviamente da Gajiru. Ma alla fine, alla resa dei conti con l'organizzazione criminale, avevano combattuto tutti. In mezzo ad una palude. Con molti rovi e oggetti taglienti. Era un miracolo se Rebi aveva ancora quel piccolo straccetto addosso, per la gioia del suo compagno: Jetto e Doroi non potevano guardarla se era troppo svestita. Avrebbe cambiato loro i connotati, altrimenti.
- Quanto manca? - piagnucolò Doroi. - Ho finito le patatine!
Stavano cercando di tornare a casa attraversando un boschetto accidentato e fatalmente letale. Per fortuna il lavoro che avevano preso era stato richiesto da un cittadino di Magnolia stessa.
- Fai crescere una pianta di patate, accidenti! Che razza di mago sei se non sai nemmeno usare la tua magia? - ringhiò Jetto.
- Ti pare che possa far crescere una pianta di patate? E poi non le mangio crude! Quando corri perdi troppi neuroni!
- Be', sappi che...!
- Ehi, voi due - disse Gajiru con la sua solita voce irritata, roca e tonante. - Smettetela o mi farete venire il mal di testa. E la prima patata che trovo ve la ficco in bocca, se succede.
I due nakama si guardarono in cagnesco e abbassarono il capo, afflitti. Rebi diede uno schiaffetto al braccio del compagno, ammonendolo: doveva essere meno scorbutico.
Il ragazzo doveva ammettere che quei due non erano nemmeno troppo male. Solo, però, se non volavano attorno a Rebi e non litigavano. Quindi erano davvero pochi i momenti in cui si rilassava. Ma gli tornavano utili.
- Sono stanca - sospirò Rebi.
- Ti porto io! - si propose Jetto correndo verso di lei.
- No, io! - replicò Doroi... rotolando.
- Ma se non riesci nemmeno a trasportare il tuo peso?
- Invece tu... !
Doroi venne interrotto da un profondo e gutturale ringhio. Di Gajiru. Aveva gli occhi cremisi che fiammeggiavano.
- Ora basta. Nessuno porta Rebi, tutti stanno zitti e tutti si danno una mossa! Sono stato chiaro?
- Aye sir! - esclamarono i due mettendosi sull'attenti alla maniera di Happy.
La giovane non aveva nemmeno la forza di parlare. - Andiamo a prenderci la ricompensa e poi corriamo a casa, vi prego. Ho bisogno di un bel bagno.
Gajiru ghignò e, lanciando un'occhiata piena di superbia verso Jetto e Doroi, passò un braccio attorno al collo della compagna. Lei si bloccò, spiazzata. Entrambi avevano i vestiti a brandelli e un po' di fango sparso addosso.
- Sai cosa ti ci vorrebbe? Un bel bagno caldo - le rivelò.
Rebi aggrottò le sopracciglia. - Lo so, l'ho appena detto.
- Già... ma non un bagno qualsiasi. Uno con me - concluse ridacchiando nel suo tipico modo.
Jetto e Doroi si bloccarono e spalancarono gli occhi. La loro nakama di certo non faceva quelle cose. Ririi si tirò uno schiaffo in fronte, ma finì comunque per ridere.
La maga invece arrossì, imbarazzatissima. Certo, ormai Gajiru conosceva il suo corpo meglio di come lo conosceva lei, ma non avevano avuto la loro prima volta da tanto, e lei provava ancora un po' di vergogna. Il suo ragazzo la metteva sempre a suo agio e la faceva sentire sexy, bella e desiderata come poche, però rimaneva il suo pudore di un tempo. Lui, invece, si era talmente ambientato che sarebbe andato in giro per casa completamente nudo. Se non ci fosse stato Ririi, che non amava particolarmente l'anatomia del suo nakama, e se Rebi non avesse urlato gettandogli addosso un asciugamano l'unica volta che si era azzardato a farlo.
D'altro canto, lei aveva sempre fantasticato su come sarebbe stato romantico farsi un bagno insieme, vicini, scaldati dall'acqua e rilassati in mezzo al vapore. Ma Gajiru aveva un'altra idea in mente, che prese forma nitidamente: lui in versione diavoletto che la tormentava, e lei, l'angioletto, che lo sopportava. Il tutto contornato da tanta schiuma e coccole della compagna.
Ancora rossa, Rebi reclinò la testa per guardarlo in viso. - Perché no? - sussurrò, facendo imporporare anche le sue orecchie.
Jetto e Doroi si schiaffarono le mani sulle guance, tipo Urlo di Munch. La loro Rebi che faceva quelle cose?!
- Non mi insaponate tutto il bagno! - avvertì Ririi. - Poi mi tocca pulire i vostri disastri.
Gajiru grugnì, togliendo il braccio dal collo della fidanzata per passarglielo attorno ai fianchi. - Di solito pulisco sempre io dopo che hai finito di giocare con la paperella.
L'exceed si trasformò tanto in fretta da far invidia ad Erza con il suo exquip, e colpì il nakama. Quello della paperella era un segreto!
Ok, se Jetto e Doroi avessero potuto, probabilmente avrebbero perso gli occhi. Si limitarono a fissare il gattone e il Dragon Slayer che combattevano, dei ghigni ferini sul volto. Loro erano rimasti con le palpebre spalancate all'inverosimile, la bocca talmente aperta da rischiare la paralisi e le mani sulle guance.
Rebi scosse la testa rassegnata, e si mise in mezzo ai due litiganti. Stavano ridendo.
- Stai attento, o potrei raccontare alla tua ragazza dei dettagli imbarazzanti su di te - minacciò Ririi.
- Tanto li verrà a scoprire da sola, se non lo ha già fatto - ribatté Gajiru.
- Che genere di segreti? - domandò la maga, curiosa. - Ririi raccontami tutto! - implorò.
Si lanciò sul gatto troppo cresciuto, che la prese in braccio e la porto via.
- Ohi! - esclamò il geloso fidanzato. - Ririi mettila giù! Ebi fatti mettere giù! Infedele! - sbraitò correndo dietro ai due.
Jetto e Doroi rimasero fissi ai loro posti, nelle stesse posizioni. Poi si resero conto di essere rimasti soli e si sbrigarono a raggiungere il branco di matti.
 
Per fortuna la dimora del committente era poco lontano da casa, così nel primo pomeriggio furono sistemati. Ririi, pulito e profumato, sonnecchiava sul suo cuscino preferito.
In bagno, Gajiru stava aspettando l'acqua calda per chiudere il tappo della vasca e aggiungere il bagnoschiuma profumato. Tanto bagnoschiuma profumato.
Era a petto nudo, addosso aveva ancora i pantaloni sbrindellati, ma fischiettava spensierato. La porta della stanza si aprì lentamente e una spettinata chioma azzurrina fece capolino. Era tutta aggrovigliata. Poi una manina afferrò il bordo della porta e un occhione sbirciò timidamente. Rebi si decise ad entrare, chiudendo piano la porta dietro di sé. Per l'udito da drago di Gajiru, fu impossibile non sentirlo, così si voltò con il suo ghigno stampato in viso. Ma era quello che riservava solo a lei, strafottente e dolce insieme.
Iniziò subito a torturarla scompigliandole i capelli con la grande mano, e rimanendovi incastrato. - Sei anti-igienica, hai bisogno di un bagno - disse ridacchiando.
La ragazza gonfiò le guance e fece il broncio, quello tenero che faceva perdere la testa al suo compagno. - Secondo te cosa sono venuta a fare qui? - mugugnò.
Ridendo, le si avvicinò e la fissò dall'alto della sua imponente stazza. - Mmm... ti spoglio io o ci pensi da sola? - domandò con malizia.
Il broncio della giovane si dissolse, sostituito da un lieve rossore. - Dobbiamo solo fare il bagno - sancì, perentoria.
- Perché, volevi fare dell'altro? Tipo cosa...? - chiese allusivamente.
Prima di farla infuriare, si spogliò del tutto ed entrò nella vasca, che nel mentre si era riempita. Poi si appoggiò al bordo, squadrandola: non si sarebbe perso per nulla al mondo quello spettacolo. Rebi arrossì, meditando sul fatto che era ancora in tempo per tirarsi indietro. Però voleva farlo... e non avrebbe eliminato l'ultima barriera fra di loro se si fosse rifiutata. Lui non si era vergognato, perché lei avrebbe dovuto? Dopo tutto quello che avevano fatto, oltretutto?
- Questa meravigliosa acqua calda e profumata si raffredda se non ti dai una mossa, piccola - fece notare con un ghigno gongolante.
"Piccola". Davanti a tutti la chiamava Ebi, quando voleva prenderla in giro, o Rebi. Ma da poco aveva iniziato a soprannominarla "piccola". Lo faceva solo quando erano da soli, e dal tono con cui lo diceva, la ragazza aveva capito che era il suo modo per chiamarla "amore", o "tesoro". Era tipico di lui: farla sentire speciale senza mostrarsi romantico e prendendola in giro contemporaneamente. Del resto, lei era piccola veramente, e questo lui glielo faceva sempre notare.
Sospirando, gli diede le spalle e iniziò a sfilarsi... i brandelli del vestito. Gajiru fischiò: apprezzava lo spettacolo.
- Mi dispiace perché quel vestito ti stava molto bene - rivelò con il mento appoggiato alle braccia, incrociate sul bordo della vasca. - Ma sono pronto a distruggerti tutti gli abiti per vederti così.
Era rimasta in biancheria nel frattempo, e lo guardò severamente da sopra la spalla. Non si era ancora girata. - Smettila - lo rimbrottò. - Non hai bisogno di rovinarli per vedermi così.
Constatando la verità di quelle parole, Gajiru ghignò. La sua compagna adorava il contatto fisico con lui, anche se era timida. Una volta iniziata l'opera, però, era quasi implacabile. E molto spesso era lei ad iniziare, sorprendendolo. Lui la lasciava fare beatamente, credendo di essere in paradiso, ma dandole più di quello che si aspettava. Vederla felice e appagata era la ricompensa più grande. Perché lui, proprio lui, era indispensabile per qualcuno. Rebi lo amava, sentiva la sua mancanza se non c'era, condivideva con lui i suoi pensieri e gli chiedeva consigli. Lo salvava ogni giorno da una vita priva di significato. Per questo doveva dare tutto ciò che era in suo potere per soddisfarla e meritare quei sentimenti.
Perso in quei pensieri, non si accorse che Rebi si era girata e stava fissando con occhio critico l'acqua. Aveva indossato l'asciugamano.
- Ma ci stiamo in due? - domandò dubbiosa.
- Certo! E al massimo puoi starmi in braccio - rispose con sguardo serio.
La ragazza lo ignorò e mise una gamba dentro, sospirando di piacere.
- Sono quasi geloso dell'acqua.
Rebi alzò lo sguardo, sorpresa. - Geloso dell'acqua?
- Sì. Pensavo di essere l'unico in grado di farti sospirare in quel modo - spiegò ridacchiando. Si appoggiò con la schiena al bordo della vasca, le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo fisso su di lei.
Capendo a cosa alludeva, la giovane arrossì. - Baka! Smettila di dire queste cose - inveì. Poi, dall'altro lato della vasca rispetto a lui, gli diede ancora le spalle e buttò per terra l'asciugamano. Con una velocità invidiabile anche da Jetto, si era immersa fino al mento.
Stava per girarsi un'altra volta quando sentì due forti braccia stringerla per la vita e tirarla indietro.
- Ma che fai? - esclamò.
Gajiru indurì lo sguardo. - Perché ti vergogni?
Rebi si divincolò dalla sua presa e lo guardò in viso, mettendosi dalla parte opposta.
- Allora?
- Non lo so - ammise lei. - Sto cercando di migliorare, considera questo.
Poi appoggiò la testa al muro, chiudendo gli occhi stanchi. Sentì il suo compagno mormorare qualcosa di indefinito.
Poco dopo si sentì afferrare la gamba e si ritrovò sott'acqua. Riemerse con la testa piena di schiuma, mentre lui rideva di gusto. Torturarla era troppo bello!
- Baka! - gridò gettandosi su di lui.
Il ragazzo ne approfittò e si sdraiò del tutto, immergendosi, e trascinò con sé la compagna.
- Smettila! - esclamò questa, ridendo suo malgrado, una volta rimessa la testa fuori dall'acqua.
Gajiru aveva i capelli corvini tutti arruffati e cosparsi di schiuma. Sembrava un pulcino. Un pulcino pieno di piercing, certo.
- Ok, va bene! - concesse ridacchiando.
Allungò il collo per baciarla, in mezzo ai vapori dell'acqua calda. Seduta in braccio a lui, Rebi chiuse gli occhi e rispose al bacio con trasporto, accarezzandogli la schiena. Le mani del compagno si spostarono delicatamente dalla vita della giovane al suo fondoschiena.
Poco dopo la sentì mugugnare contro le sue labbra: - Basta. Sono stanca.
- Di baciarmi? - domandò perplesso. Come si può essere stanchi di baciare una persona?
- No, fisicamente. Ora lasciami tranquilla.
Si sistemò meglio sul petto del compagno, la nuca adagiata sulla sua spalla, mentre lui le accarezzava sistematicamente la schiena.
- Ti lavo i capelli - annunciò alcuni minuti dopo.
- Mh-mh - acconsentì lei. A malincuore si girò, dandogli la schiena e posizionandosi fra le sue gambe.
Lui si cosparse le mani di shampoo e glielo applicò delicatamente, sfregando bene ma dolcemente. La guancia di Rebi era appoggiata al ginocchio di lui.
Svariati minuti dopo, quando aveva già sciacquato anche il balsamo, Gajiru esordì: - Finito. Contenta?
Nessuna risposta.
- Piccola? Ohi, Ebi? Ebi!
Poi si rese conto del suo respiro lento e regolare, del modo in cui la testa era abbandonata sulla sua gamba. Non apriva la bocca da un po'.
Si era addormentata. Certo, lui le stava massaggiando i capelli! In vasca. Dopo una missione faticosa.
Gajiru disse addio al suo sogno di farle i dispetti. Lei era stata un angioletto, ma lui non aveva fatto il dispettoso diavoletto.
Sbuffando, si appoggiò meglio allo schienale e fece stendere la compagna su di sé.
Male per male, si sarebbe schiacciato un pisolino anche lui.
La vera ricompensa per quel lavoro non erano stati i soldi. Era stato farsi il bagno insieme. Perché Rebi aveva finalmente vinto la sua timidezza.
Anche se questo ancora non lo sapeva.

 
 
MaxBarbie’s
Pannocchia, va meglio così? Più capelli arruffati e meno litigi. Ahahaha buonaseraaaa. O buongiorno. Buon pomeriggio? Dipende da quando lo leggerete.
Be’, intanto io spero che questo capitolo vi piaccia. Io sinceramente adoro scrivere di questo lato un po’ malizioso di Gajiru. E di Rebi, che fa la timidina che si vergogna e invece poi.. eheh.
Be’, buonanotte, qualsiasi ora sia xD
MaxBarbie

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Capitolo 15
*** Giornata alla Rebi ***


Non disponibileGiornata alla Rebi

Era presto quella mattina, ma i tre che occupavano il letto erano più che svegli. Il giorno prima avevano intrapreso una missione faticosissima ed erano andati a letto nel tardo pomeriggio, dopo essersi rifocillati con il cibo ordinato ad asporto: nessuno aveva avuto voglia di cucinare. Avevano dormito più di 12 ore.
Rebi e Gajiru erano distesi supini, gli occhi fissi sul soffitto. Non volevano alzarsi. Lui era in boxer come sempre, mentre lei indossava una vestaglietta corta e leggera.
Senza preavviso o ragione apparente, Gajiru si girò sul fianco e attirò a sé la compagna, che ridacchiò. Le baciò dolcemente la nuca e poi vi appoggiò il mento. Rebi adorava quei momenti di intimità in cui il ragazzo mostrava la sua dolcezza. Nessuno lo sapeva, e nemmeno lo immaginava lontanamente, ma quel rustico di un Dragon Slayer era dolce come la cioccolata e romantico come un libro rosa. Solo che lo dava a vedere pochissime volte. Ririi e Rebi lo avevano scoperto con il tempo, quando si erano resi conto che non perdeva occasione per abbracciare o baciare la sua fidanzata. Se avesse potuto, si sarebbe legato a lei con una corda e avrebbe passato ogni secondo ad abbracciarla. Non lo aveva detto esplicitamente, ma era ormai palese. Più di una volta Rebi aveva dovuto allontanarlo perché le impediva di svolgere determinate attività o di fare certi gesti ronzandole sempre intorno.
- Che facciamo oggi? - chiese con la sua voce profonda attutita dai capelli della compagna. Aveva il solito sguardo impenetrabile.
- Andiamo alla gilda?
Non era assolutamente un'affermazione. Anche lei aveva voglia di fare qualcosa di alternativo.
Pansaa Ririi si arrampicò su Gajiru e si accomodò sulla pancia della giovane, partecipando al quadretto familiare. - Dobbiamo riportare i risultati della missione - ricordò.
Il ragazzo sbuffò.
- E se ci prendessimo una vacanza? - propose lei.
Entrambi i maschi aggrottarono le sopracciglia. - E dove vuoi andare, Ebi?
- Da nessuna parte, possiamo benissimo rimanere qui. Però facciamo qualcosa che ci piace... sì! Oggi facciamo quello che voglio io, mentre domani decidi tu cosa fare! - esclamò mettendosi seduta di scatto, spaventando Ririi.
- E la missione? - chiese questi, ribadendo che avevano dei doveri.
- Passiamo davanti alla gilda per andare in biblioteca. Lasciamo il resoconto e poi andiamo - spiegò.
- Frena un attimo, Ebi! - intervenne Gajiru tirandosi su a sua volta. - Dovrei passare un'intera giornata in biblioteca?! Preferisco andare alla gilda.
- Mi pareva che ti piacesse la biblioteca - gli rammentò allusivamente, arrossendo.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. - Non penso che oggi tu voglia andare in biblioteca per quello. Altrimenti, se è così, ci sto!
- No, non andiamo in biblioteca per fare quello che possiamo benissimo fare qui - chiarì lei ridacchiando. - Mangiamo fuori a pranzo, andiamo in biblioteca, torniamo a casa e ceniamo per asporto come ieri, davanti al camino. Dai! Vestiamoci subito!
Era euforica per la bella giornata che le si presentava davanti. Fece per scendere dal letto, ma fu bloccata da una mano forte che le tirava la vestaglietta. - Perché dobbiamo fare questa cosa?
Gajiru la scrutava così intensamente che la giovane si sentiva scavare nell'animo. Le stava leggendo i pensieri e osservando il cuore come solo lui poteva fare. Arrossì rendendosi conto di quanto, in poco più di un anno, avesse imparato a conoscerla e a prevedere le sue mosse. - Per passare due giornate un po' diverse... E poi stiamo sempre insieme facendo cose che piacciono ad entrambi. Perché non passiamo un giorno facendo solo quello che voglio io e un altro in cui decidi tu? - propose Rebi appoggiandosi con la testa ad una gamba del ragazzo.
- Mmm... quindi domani fai tutto quello che voglio? - chiese conferma ghignando.
Ririi scosse la testa. - Lo fate insieme. Non è una giornata in cui uno schiavizza l'altro.
- Esatto - confermò lei grattandogli un orecchietto peloso.
- Ma voglio stare a letto! - si lagnò Gajiru sotto allo sguardo perplesso di Rebi, che si era rimessa seduta.
Muovendo le coperte, si ributtò sotto ad esse e si coprì la testa con il cuscino.
I due nakama lo fissavano con tanto d'occhi.
- Be', possiamo stare a letto ancora un po'. Dobbiamo uscire per pranzo.
- Non la faccio questa cosa! - borbottò, la voce attutita dalla stoffa.
- Oh, sì che la fai! - sbottò lei. - Perché è una cosa carina e sarò felice se lo fai.
- La tua felicità dipende da questo? - domandò acidamente.
- In parte sì. E anche la tua, visto che domani facciamo tutto quello che piace a te.
Gajiru sospirò. Se poteva, la accontentava sempre. E alla fine era anche un'idea originale e alternativa. Si sarebbe annoiato in biblioteca, però lei poteva leggergli una storia.- E va bene - concesse togliendosi il cuscino dalla testa. Ririi e Rebi si diedero il cinque. - Però ora dormo ancora un po' - aggiunse scorbutico.
- Ah... decido io come ti vesti - mormorò lei, cercando di non farsi sentire.
- Che!? - esclamò lui alzandosi di scatto. - Proprio no.
Lei annuì con vigore, uno sguardo molto determinato. Il ragazzo non poteva opporsi in nessun modo se lo guardava così, lo sapeva bene. Aveva perso ancora prima di provare a lottare.
Gemette pensando ai vestiti eleganti che sicuramente gli avrebbe fatto indossare, e si ributtò sotto le coperte. Rebi e Ririi risero.
- Vado in cucina a preparare qualcosa di speciale per la colazione - annunciò l'exceed ammiccando alla ragazza.
Questa mimò un grazie e rimase da sola con il compagno.
Gajiru aprì un occhio, cercandola, e lo richiuse appena lei lo guardò.
Ridacchiando, gli si avvicinò senza fare movimenti bruschi, e gli baciò il collo. Il compagno grugnì, e lei iniziò a succhiargli la pelle liscia. Lo sentì irrigidirsi sotto di sé, mentre si sforzava di non saltarle addosso. Abbastanza presto da evitare il livido rosso che avrebbe urlato al mondo cosa faceva la sua dolcissima compagna, la bloccò e la sbatté sul materasso, un lampo di desiderio negli occhi. Ridendo allegramente, Rebi gli mise una mano dietro alla nuca e lo attirò a sé, permettendo al suo peso di gravare su di lei. Gajiru gemette e si issò sui gomiti per non pesarle, ma poi decise di invertire le posizioni. Circondandole la vita, l'attirò sopra di sé. Lei cominciò ad ansimare chiedendo qualcosa di un po' più profondo di quel bacetto. E lui l'accontentò con piacere, mettendo una passione quasi violenta in quel gesto, mordicchiandole le labbra e cercando di fondersi con la sua bocca. Poi, mentre le accarezzava la schiena, fece scorrere le mani sempre più giù, afferrandole i glutei con un mugolio di approvazione della proprietaria. Ma quando stava per andare oltre, venne bloccato.
- Ah-ah - lo interruppe Rebi, le labbra leggermente gonfie e di un caldo rosa. - Dato che domani è la tua giornata, probabilmente mi farai passare ogni ora a letto. Quindi oggi mi lasci preparare psicologicamente per l'attività di domani.
Gajiru aggrottò le sopracciglia, lo sguardo impassibile. - Non lo farei mai - dichiarò. - Lo sai che lascio a te la possibilità di prendere l'iniziativa quando ti va. Mi sembrava che ti andasse ora, tutto qua.
- Mmm... sì, mi va. Ma non ne ho nemmeno voglia - Rebi sbuffò. - Va be' dai, non moriamo per un giorno. Domani deciderai tu.
Gajiru ridacchiò, facendo tremare la sua compagna che era stesa sul suo petto. - Io resisto quanto vuoi, ma tu... ce la farai?
La ragazza arrossì e si tirò le coperte sopra alla testa, nascondendosi. - Certo che ce la faccio - borbottò imbarazzata. - Non mi piace poi così tanto...
Il suo compagno scoppiò a ridere di gusto, facendola arrossire ancora di più.
- Non ti preoccupare Ebi. Non è colpa tua. Sono io che sono troppo bravo - ammise colpevole, gongolando. Le sue mani tornarono ad accarezzarle la schiena, tracciando disegni astratti sulla sua pelle morbida e vellutata.
La giovane sospirò. - Mi sa che hai ragione, questa volta. Ma non abituarti a queste ammissioni!
E rimasero così, abbracciati, finché Ririi non avvertì che la colazione era pronta.
 
- Che scatole! - sbottò Gajiru per l'ennesima volta.
Rebi lo guardò con stizza, intimandogli di fare silenzio. Erano in biblioteca.
Dopo aver fatto colazione la ragazza aveva scelto i vestiti per il compagno: una camicia grigio chiaro, dei pantaloni eleganti grigio scuro con sottilissime righine, e una cintura marrone. Avevano battibeccato per i guanti da combattimento di Gajiru, e alla fine aveva vinto lui: non usciva mai senza quelli. O quasi mai, insomma. Lei invece si era messa un vestitino rosa con ricami di pizzo nero, collant, maniche e fascetta neri abbinati. Aveva ai piedi degli stivaletti dello stesso colore della camicia del fidanzato. Quando gli aveva chiesto se poteva andare bene, l'exceed era scoppiato a ridere di fronte all'espressione inebetita del nakama: bocca e occhi spalancati, la fissava come se fosse un'oasi in mezzo al deserto.
Ririi aveva fatto una toccata e fuga alla gilda per portare i risultati della missione, e poi si erano diretti al ristorante. Avevano mangiato abbondantemente e poi si erano andati in biblioteca. Era stato necessario vestirsi così perché era un luogo rinomato e molto prestigioso: la biblioteca più antica di Fiore. Solo persone speciali potevano accedervi, e Rebi era una di quelle. Aveva vinto un concorso per entrare nell'albo, perché conosceva più libri e autori degli altri partecipanti.
Quel giorno era vuota, dato che era primo pomeriggio e un giorno feriale, così Gajiru si mise subito comodo: sdraiato sul pavimento azzurrino, decorato con fogli tratti dai libri più famosi. Rebi adorava inginocchiarsi per leggerli, riconoscendone il volume e l'autore. Stava per sgridare il compagno quando questi l'aveva tirata giù, facendola sedere per terra. Per fortuna potevano chiacchierare tranquillamente vista la poca clientela, ma di stare seduta per terra lei non ne voleva sapere. Alla fine aveva dovuto cedere ancora quando il compagno le aveva promesso che avrebbe letto un libro se solo l'avesse lasciato lì.
Ma non era la sua giornata, quella? Stava facendo troppi compromessi!
Quando l'assistente era passato a controllare la situazione, Rebi era subito arrossita, ma il ragazzo, che la conosceva bene, rise e la tranquillizzò: finché non c'era nessuno potevano anche mangiare.
E lei aveva colto l'occasione. Era andata a prendere un libro a Gajiru, un volume che parlava di frutti per Ririi, e un vassoio con caffè e qualche pasticcino. Lei, seduta per terra con il vestitino aperto attorno a sé, aveva un manoscritto in grembo; ma gli occhiali da lettura erano chiusi: stava fissando Gajiru. Questi, sdraiato supino, stava giochicchiando con il libro, già stanco di leggere anche se non erano passati nemmeno cinque minuti. Ririi era in paradiso: i suoi occhi brillavano, letteralmente, davanti al capitolo dedicato ai kiwi. Aveva l'acquolina in bocca.
Nonostante gli occasionali sbuffi del ragazzo e gli sguardi truci della sua compagna, i tre si stavano godendo appieno la giornata.
 
- Non è stato tanto male, ammettilo - ribadì Rebi per la decima volta, prima di addentare il boccone che Gajiru le porgeva.
Questi sbuffò. - È stato noioso. Ma non è stata la cosa peggiore della mia vita.
- E allora, se ti sei annoiato tanto, perché hai portato a casa un libro?
Il ragazzo borbottò qualcosa, facendo ridere la compagna: voleva che lei glielo leggesse.
Erano seduti sul divano con il caminetto acceso, una coperta sulle gambe e le confezioni di cibo per asporto seminate attorno. Gajiru aveva un leggero tic all'occhio di fronte a quel disordine, ma Rebi sapeva come distrarlo. Ririi era seduto fra loro e li ignorava, concentrato sulla macedonia di kiwi: gliene avevano dovuta procurare una a tutti i costi dopo che aveva letto quel libro. Era diventato isterico dalla voglia.
La coppietta invece si stava imboccando a vicenda.
- Be', io mi sono divertita. E rilassata. È stato bellissimo stare in biblioteca con voi. Grazie.
Ririi le si accoccolò in grembo come risposta, attirandosi un'occhiata gelosa del nakama.
Gajiru ghignò e disse: - A me è piaciuto l'effetto stimolante che ha avuto la biblioteca su di te.
La ragazza arrossì a dismisura, imbarazzata, e morse le dita del compagno che le stava porgendo una specie di crostino.
- Ahia! - esclamò ridendo e pulendosi le dita. - Lo so che vuoi mangiarmi, ma prima finisci la cena.
Rebi gonfiò le guance rosse e per risposta il suo compagno gliele baciò.
Si stava riferendo a quando, quel pomeriggio, le aveva dato un bacio in mezzo agli immensi scaffali della biblioteca. Sapeva che lei lo avrebbe mandato via indispettita essendo quello un luogo molto prestigioso. Ma lo aveva sorpreso: gli si era avvinghiata addosso baciandolo come faceva quando erano da soli, premendolo contro le file di libri. Era stato lui, sorprendentemente, ad interrompere il contatto. Erano pur sempre in un luogo pubblico! Resasi conto del suo atteggiamento, Rebi era diventata paonazza e aveva balbettato che era davvero felice di stare con loro in biblioteca. E poi era andata a sedersi e a leggere come se nulla fosse, camuffando l'imbarazzo. Gajiru l'aveva fissata con tanto d'occhi per alcuni istanti, scioccato.
- Smettila di fare battute allusive, baka! - inveì contro di lui, ancora rossa.
Il ragazzo continuò a ridacchiare, e lei ne approfitto per cacciargli in bocca una tartina al natto*. Gajiru strabuzzò gli occhi e sputò tutto su un tovagliolo: odiava il natto.
- Ma che schifo! Lo sai che lo detesto!
- E se queste battutine ti scappassero in gilda, davanti a tutti? - continuò imperterrita.
- Dai Ebi! - sbuffò. - Lo sai che le faccio solo quando siamo io e te... e Ririi - ammise quando il gatto si schiarì sonoramente la voce, a dimostrazione del fatto che esisteva. - Non sono stupido, non dico certe cose in pubblico. È solo che adoro vederti irritata.
Il suo ghigno si ripresentò sulle sue labbra, dimentico del disgustoso sapore di natto che aveva ancora.
- Ah, quindi è colpa mia che ti induco a dire certe cose.
Gajiru la ignorò e spalancò la bocca, in attesa di cibo. E allora Rebi gli diede un'altra tartina al natto.
- No! - esclamò lui chiudendo la bocca.
La tartina finì spiaccicata contro le sue labbra, facendo scoppiare a ridere Rebi e Ririi.
Irritato, Gajiru li fissò trucemente e indicò la propria bocca: doveva pulire il pasticcio che aveva fatto.
Sorridendo, la giovane si avvicinò e ripulì le labbra del compagno con le sue, stupendolo. La sua ragazza era sempre piena di sorprese.
- Mmm... - mugugnò a contatto con lei. - Dammi dell'altro natto da spalmare.
- Smettila - lo rimbrottò. Ma ridacchiava.
- Insomma... fra poco tocca a me - esordì lui dopo un po' di baci.
- Cosa? - chiese Rebi addentando quello che le porgeva.
- La mia giornata.
- Domani. Non fra poco. Questa sera è ancora mia.
- Non manca molto a domani - disse lui ghignando.
- E nemmeno all'ora di pulire. Signor Redfox, desidero che lei pulisca tutto e mi prepari una cioccolata calda.
Lui fece la sua solita faccia impassibile e fissò Ririi, che sogghignava. - Ma non era la giornata del fare le cose che ti piacevano insieme? Avevi detto niente schiavitù. Questo mi sembra tanto un ordine bello e buono.
- Mmm... Dai! Oggi decido io! Forza. Poi magari decido di leggerti qualcosa.
Gajiru scattò in piedi, raccattò tutte le stoviglie e si diresse in cucina per pulire tutto. Adorava ascoltarla leggere, la sua voce morbida e dolce era una litania confortante che lo cullava e gli conciliava il sonno.
Rebi si mise a leggere qualcosa per conto suo nel frattempo, accarezzando un Ririi depresso che aveva finito la macedonia.
- Eccomi! - annunciò impaziente il ragazzo, alcuni minuti dopo. Aveva la solita espressione poco amichevole che la compagna aveva imparato ad apprezzare. Lo rendeva un duro... dal cuore tenero.
Si sdraiarono entrambi sul divano, di fianco, e Rebi iniziò a leggere. Gajiru cominciò ad accarezzarle i capelli mentre Ririi stava già praticamente dormendo.
All'inizio andò tutto bene, la voce della ragazza era chiara e la sua lettura fluida. Il suo compagno prestava attenzione guardando il soffitto, le sue labbra o il modo in cui si concentrava.
Poco tempo dopo, però, notò che Rebi stava rallentando, la pronuncia era un po' strascicata. Sembrava che avesse le palpebre pesanti e leggeva più volte la stessa parola, sbagliandola addirittura. Gajiru la fissò attonito mentre si appoggiava alla sua mano, che le stava massaggiando i capelli. Si era addormentata.
Non sapeva se ridere o rimanere sconvolto. Non aveva mai visto qualcuno prendere sonno in un maniera così strana.
Ghignando, avvicino le labbra al suo orecchio: - È ora di andare a dormire? - chiese.
Rebi emise un mugolio indistinto insieme ad un sospiro, e si accasciò su di lui. Ridacchiando, Gajiru spostò Ririi e prese in braccio la compagna, portandola a letto. Poi recuperò il gatto che dormiva come un sasso e lo posò sul cuscino vicino alla sua testa.
Appagato, si infilò sotto le coperte e abbracciò la ragazza. Questa, sentendo il suo corpo caldo a contatto con lei, si raggomitolò su se stessa e si strinse al suo petto nudo, incastrando le gambe con lui e premendo il viso contro la sua pelle.
- È ancora la mia giornata... - borbottò con gli occhi chiusi.
- Non per molto - bisbigliò lui ridacchiando.
E si concluse così quella giornata alternativa.
Gajiru aveva scoperto che i libri e la biblioteca non erano poi così male.
Ririi aveca imparato un sacco di cose sui kiwi.
Rebi aveva fatto quello che più le piaceva insieme alle persone che più amava.
Tutti e tre si erano resi conto che nulla è noioso se fatto con qualcuno di speciale. E le cose semplici a cui si tiene di più diventano importanti se condivise con chi si ha nel cuore.
Ma soprattutto, mettere da parte se stessi per accontentare la persona che si ama è un gesto nobile. Vedere la gioia che ne deriva è la ricompensa più grande.
 
 
MaxBarbie’s
Che belli i giorni di festa. Ce ne vorrebbero di più. E magari con meno materie e robe varie da studiare-.-
Il prossimo capitolo, come avrete intuito, parla della giornata del nostro drago preferito! Che si aprirà in maniera alquanto… inusuale xD
Buonanotte a tutti, fatemi sapere senza problemi cosa ne pensate e se avete qualche consiglio da darmi^^
MaxBarbie

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Capitolo 16
*** Giornata alla Gajiru ***


Non disponibileGiornata alla Gajiru

A mezzanotte in punto la sveglia suonò. Gajiru la sentì immediatamente. Aveva il sonno molto leggero a causa del suo udito da drago, e così la spense immediatamente. Poi, ghignando, accese l'abat-jour e guardò la sua compagna.
Rebi era nella stessa posizione di quando si era addormentata: stretta contro il petto del suo ragazzo, avvinghiata a lui come edera. Col senno di poi, si era scoperto che erano Ririi e lei a muoversi come dei pazzi di notte, e non Gajiru, innocuo. All'inizio lui, geloso, dormiva in mezzo, separando il gatto dalla sua fidanzata. Ma era stata una pessima idea: aveva fatto da divisore a due rulli compressori! E allora aveva messo l'exceed di fianco a Rebi, in modo da non avere più il timore di schiacciarlo se si infilava in qualche posto strano. E aveva trovato il modo per fare stare immobile la compagna: stringerla forte e legarsi a lei in modo da impedirle i movimenti. Nessuno dei due stava male e quindi era diventata la posizione ufficiale.
Prima di tutto si liberò delle due gracili braccia che lo circondavano, e poi le scosse le spalle.
- Piccola...? Piccola? Ohi, svegliati - le bisbigliò.
Nessuna risposta. Allora ne approfittò per osservarla: aveva la labbra dischiuse e morbide, come ogni mattina. Le palpebre ogni tanto tremolavano, probabilmente stava sognando. Respirava lentamente e profondamente mentre i suoi capelli erano sparpagliati su tutto il cuscino e una ciocca le ricadeva sulla guancia. Ad occhi estranei l'espressione di Gajiru non cambiò minimamente; solo lui sapeva quanto quella tenera visione gli scaldasse il cuore e lo facesse innamorare sempre di più di lei.
Ritentò, facendo una smorfia a causa del sentimento troppo zuccheroso che stava provando. - Ebi! - la chiamò, a voce più alta. - Ebi!!
- Mmm... - pigolò la ragazza, nascondendo ancora di più la testa nel petto del compagno.
Quest'ultimo sbuffò. Tentando il tutto per tutto, allungò una mano per farle il solletico. Rebi si dimenò, reclinò la testa gemendo e spalancò gli occhi.
- Che ore sono? - si lamentò quando finalmente Gajiru la lasciò stare.
- Mezzanotte e due.
- Ancora cinque min... mezzanotte e due?! - esclamò quando il suo cervello intorpidito recepì le informazioni. - Ma perché mi hai svegliata allora? Ho sonno... - borbottò, la voce sempre più flebile.
- Perché è iniziata la mia giornata. Ora decido io.
- Sì, sì, ok, va bene - concesse lei con occhi chiusi, ignara del ghigno divertito del compagno. - Ne riparliamo domani mattina.
- Tecnicamente è domani, e se io ora volessi andare a nuotare dovresti alzarti. Ma sono una persona comprensiva e quindi ora decido di dormire.
Gajiru constatò con disappunto che si era già riaddormentata, nella stessa posizione di prima, e allora sospirò. Voleva solo irritarla un po', ma aveva troppo sonno e il suo dispetto era riuscito poco convincente. Pazienza.
Si sarebbe riscattata nel giro di poche ore.
Ghignando, spense l'abat-jour e tornò a dormire.
 
- Comunque ho fatto uno strano sogno questa notte - rivelò Rebi scostando le felci che le bloccavano il passaggio.
Erano in mezzo al bosco e stavano camminando da alcuni minuti. Si erano svegliati, avevano fatto colazione e preparato il pranzo da portare via. Quando la giovane aveva chiesto a Gajiru che cosa voleva fare quel giorno, lui aveva risposto che si sarebbero allenati. Tutti e tre. Rebi era rimasta basita. Non se lo aspettava proprio. Sinceramente non sapeva nemmeno che cosa avrebbe proposto, ma pensava che almeno avrebbe deciso di fare un po' di attività fisica a casa... attività fisica di altro tipo, diverso dalla lotta. Era rimasta quasi delusa quando aveva saputo che voleva uscire. Il tempo però era bello e il sole scaldava come in piena estate. Peccato che fosse fine inverno e all'ombra si congelasse. Ma non quel giorno. Infatti Gajiru indossava una semplice canottiera da allenamento marroncina e dei pantaloni beige, infilati dentro agli stivali borchiati. Aveva solo un bracciale di metallo al polso sinistro: aveva rinunciato ai guanti temendo di romperli usando le Scaglie del Drago di Ferro. Rebi invece aveva accantonato il solito vestitino per indossare delle calze marrone scuro che si allacciavano sotto alla pianta del piede, delle scarpe bianche come gli shorts che portava e un top rosso. La sua fascetta era gialla e ocra, a quadri. Ririi era il più previdente e si era messo una giacchetta bianca sopra ai pantaloni larghi, nel caso in cui successivamente fosse arrivato il freddo.
Gajiru portava lo zaino gigante con il pranzo e le merende, Ririi stringeva il sacchetto di kiwi, attento alle possibile minacce che potevano privarlo della loro bontà, e la povera Rebi apriva il corteo, facendosi spazio fra le erbacce e i rami.
- Che sogno hai fatto? - chiese Gajiru con il solito tono distaccato. Ma la sua ragazza sapeva che la stava ascoltando attentamente.
- Ho sognato che... oh... aspetta che... ahi! - esclamò poi prendendosi un ramo in testa. Era il terzo da quella mattina. Esasperata, arretrò e fissò il sentiero davanti a sé con rabbia.
- Vuoi che... - tentò di proporre Ririi, prima di essere interrotto da Rebi.
- No, me ne occupo io. Solid Script: Fire! - esclamò disegnando la parola Fire nell'aria, per poi scagliarla con forza in avanti. Un bel tratto di arbusti e ramoscelli davanti a loro finì incenerito o bruciacchiato, per terra. Il sottobosco era molto umido e non c'erano quindi possibilità che si sviluppasse un incendio.
- Ottimo - approvò il gatto.
Gajiru invece rimase in silenzio, restìo a fare complimenti. - Allora, questo sogno? - le rammentò.
- Ah sì. Praticamente ho sognato che tu mi svegliavi a mezzanotte per dirmi che era la tua giornata. E allora mi dicevi che volevi andare in piscina. Ti rendi conto? È assurdo!
Ririi si mise a ridere insieme a lei, mentre il ragazzo li guardò, serio. - Ma non è stato un sogno. Ti ho svegliata davvero a mezzanotte.
I due nakama si zittirono e lo scrutarono, cercando di capire se scherzava o se stava dicendo la verità.
- Davvero? - chiese Rebi, scettica.
- Certo. Ma sei stata maleducata, non mi hai dato molto ascolto.
- E io scusa? Perché non mi sono svegliato? - indagò l'exceed incrociando le braccia al petto.
- Perché nemmeno il casino della gilda è in grado di farti alzare quando dormi - spiegò Gajiru superandolo nella fila e portandosi dietro a Rebi.
I due si scambiarono una lunga occhiata d'intesa e lei arrossì. Imbarazzata, continuò a camminare senza guardare indietro. Più che il trambusto della gilda, nemmeno il rumore che facevano loro due insieme in certi momenti riusciva a svegliarlo. E capitava che di rumore ne facessero anche troppo.
- Ehm... e ora? - chiese la ragazza pochi minuti dopo.
Erano arrivati in uno spiazzo cementato, insolito dato che erano in mezzo al bosco. Fra le piastrelle cresceva l'erba e a sinistra c'era un alto cancello ricoperto da edera. Era un posticino abbandonato come dimostrava l'incuria dilagante. In lontananza si poteva avvistare un vecchio mulino di metallo, probabilmente il massimo della tecnologia agraria qualche anno prima. Ma era evidente che ormai era abbandonato da tempo, in disuso e sicuramente inutile. Però a Gajiru piaceva il posticino suggestivo. Nelle giornata di sole come quella sembrava un paesaggio di un altro mondo, o un salto nel futuro. Permetteva di estraniarsi dalla vita frenetica di città e di contemplare il modo in cui la natura si prendeva la rivincita sulle strutture artificiali. Ai margini dello spiazzo c'erano alberi altissimi, le cui fronde si agitavano per effetto della brezza primaverile, che le solleticava.
- Be'… - esordì Rebi, dopo aver studiato il posto. - Non posso certo dire che sia un luogo romantico.
Il ragazzo grugnì.  - Non deve essere romantico, deve essere pratico. La mattina ci alleniamo io e Ririi, così il pomeriggio sarò più stanco e potrò essere più leggero con te.
La sua compagna gonfiò le guance di fronte al ghigno del suo fidanzato. Gli avrebbe fatto vedere lei chi doveva andarci leggero!
Mentre Ririi si trasformava nella versione gigante originaria di Edoras, Rebi sistemò l'occorrente per il pranzo su una coperta. Senza sprecare tempo, vi si sdraiò e iniziò a leggere.
- Rebi! Portaci dell'acqua! - sentì gridare poco dopo.
Alzando lo sguardo, gli occhi socchiusi per mettere meglio a fuoco le due figure, la ragazza notò con sconcerto che erano già affaticati, ansimanti e un po' pieni di botte. E avevano appena iniziato!
Prendendo due bottigliette d'acqua, si avvicinò ai nakama. - Andateci piano, se fate così all'inizio vi dovrò portare a casa in braccio!
Gajiru aggrottò le sopracciglia. - All'inizio? Ma se abbiamo appena finito!?
La giovane, sempre più confusa, guardò l'orologio: erano passate due ore.
- Cavolo! - esclamò. - Ho perso del tutto la cognizione del tempo.
- L'importante è che tu l'abbia ritrovata - disse Ririi. - Mangiamo?
- Mi mangerei una cassa forte se potessi!
Ancora un po' spaesata, Rebi andò a sedersi sulla coperta e distribuì il cibo. Mangiarono in silenzio, con il sole che li scaldava e rendeva innocuo il vento frizzante di primavera.
Nel primo pomeriggio i due compagni schiacciarono un pisolino mentre la loro nakama continuava a leggere: era arrivata nel punto più bello del libro.
 
Gajiru aprì lentamente un occhio e si ritrovò la compagna appoggiata al petto, che leggeva in una posa alquanto bizzarra. Fu scosso da un brivido.
- Meglio che ci alleniamo, sto congelando.
- Mmm... - fu la pigra risposta della compagna.
- Dai. Su, è la mia giornata! - aggiunse ghignando.
Rebi sbuffò e chiuse il libro, alzandosi. Fissò le scarpe con la fronte corrugata, per poi lasciarle al loro posto e dirigersi verso lo spiazzo.
- Niente scarpe? - le domandò, scettico.
- No, non ho voglia di metterle. Oh! - rispose chinandosi e raccogliendo qualcosa da terra.
Incuriosito, Gajiru svegliò Ririi e le si avvicinò, scalzo a sua volta. - Cos'è?
- Un gessetto. Per fare i disegni. Chissà cosa ci fa qui.
- Boh - disse grattandosi la testa.
Con le labbra arricciate, pensierosa, Rebi si allungò e iniziò a disegnare qualcosa su una mattonella. Il ragazzo sedette sui talloni, fissandola con la testa inclinata, e Ririi si avvicinò.
Era il marchio di Fairy Tail, con una freccia che lo collegava al suo nome, Rebi McGarden. Gajiru fissò il disegno con intensità, e poi prese il gessetto e scrisse il suo nome sopra a quello della compagna. Aggiunse anche, sotto al simbolo della loro gilda, la scritta "shrimp" (gamberetto), collegandola al nome della sua ragazza con una freccia.
Lei lo guardò sorridendo, divertita da quel gesto. Ririi si impossessò del gesso e disegnò due cerchi concentrici.
- Una cellula? - chiese conferma Rebi, guardandolo pensierosa.
Senza rispondere, il gatto scrisse "kiwi" di fianco al disegno del frutto, guardando poi i suoi nakama. Questi si stavano fissando un po' perplessi, ma non aprirono bocca. Fu di nuovo il turno della maga, che scrisse "shorty".
- Perché sei piccola? – domandò Gajiru.
- No - rispose lei, ignorando la provocazione. – Perché mi chiami sempre così. E anche perché, sì, in effetti sono piccolina. Ma sono anche brillante!
E, infatti, aveva aggiunto la parola “smart” vicino.
Ririi fu più veloce del nakama ed espropriò Rebi del suo gessetto. Su una piastrella molto piccola scrisse il suo nome, e poi, più in basso, disegnò l'impronta della zampetta di un gatto.
- Che tenero! - esclamò la ragazza abbracciando l'exceed.
Ridendo, quest'utlimo si divincolò e si allontanò, dirigendosi verso il vecchio ingranaggio metallico della fabbrica. Nel frattempo, Gajiru scrisse qualcosa che riguardava sé stesso sopra alla mattonella con il nome di Ririi. Rebi rise e aggiunse il disegno di un libro dove aveva descritto le sue caratteristiche.
Pochi istanti dopo il gatto ritornò con una placchetta di metallo. Aveva delle viti e dei bulloni incastrati. Con un sorrisetto sghembo, la lanciò al nakama, che la prese al volo e la morse. Era evidente dall'espressione che se la stava gustando, e quel compiacimento fece scoppiare a ridere Rebi. Intanto continuava a fissarlo, chiedendosi come facesse a masticarlo e ingollarlo.
- Che c'è da ridere? - domandò lui, irritato.
- La tua faccia. Ti ho visto poche volte così compiaciuto.
- Mmm... - mugugnò fissandola, accigliato. Poi inarcò un sopracciglio, cercando di farle capire qualcosa.
- Sì, va bene, ma escludiamo le volte in cui fai quella faccia perché stai con me - borbottò la ragazza, in imbarazzo. - Cioè, escludendo me, sono poche le volte in cui fai quella faccia. Dai che hai capito! Smettila di guardarmi così, mi imbarazzi!
Gajiru ridacchiò vedendo la sua compagna che arrossiva e si agitava. Si chinò per baciarla, zittendola. Rebi si rilassò e sorrise, ma non approfondì quel contatto.
- Sai di ferro! - esclamò scostandosi.
- Ma mi hai detto che io so sempre di ferro - ribatté impassibile.
- Certo, però ora lo hai appena mangiato, quindi hai la bocca che è un concentrato di metallo. Ha il retrogusto del sangue.
Lui fece una smorfia. Intanto Ririi si era appropriato del gesso e aveva continuato a scrivere, disegnando un ometto e poi una maschera.
Passarono il pomeriggio in quel modo, disegnando per terra come dei bambini, ridendo quando le opere artistiche venivano male o erano particolarmente simpatiche.
Quando ormai si avvicinava la sera, Rebi scrisse su una mattonella "Mi ami?", insieme ad un cuore trafitto da una freccia di Cupido, una casella con un "sì" e una con un "no".
Gajiru fece finta di ignorarla, ma poi le prese il gessetto e rimase a fissarlo, rigirandoselo fra le mani.
- Oh, guarda. Ti sei perso una vite - esordì la ragazza con la suddetta vite fra le mani.
Il compagno la fissava a gambe incrociate, mentre lei era inginocchiata davanti a lui, un po' distante. Ghignando, il ragazzo schiuse le labbra, facendo capire alla fidanzata cosa voleva. Ridendo, lei gli infilò la punta della vite in bocca, e lui la morse.
Assicurandosi di avere l'attenzione della compagna, che lo fissava con amore, Gajiru si sporse lateralmente e barrò con il gesso la parola "sì" della domanda "mi ami?". Rebi spalancò gli occhioni, sorpresa dal suo gesto dolce, e gli si gettò addosso. Sdraiata fra le sue gambe incrociate, con la testa appoggiata al suo petto, i piedini in aria e le braccia strette attorno alla sua vita, sospirò. Gajiru si inclinò all'indietro e si appoggiò sulle mani, le braccia tese e la vite fra i denti. Il gesso era scivolato qualche piastrella più in là.
Ririi, che si era allontanato un attimo, li raggiunse e incrociò le braccia guardando un punto fisso davanti a sé. Con la sua spada aveva inciso le loro iniziali su un albero, in ricordo di quella giornata. I tre nakama rimasero immobili a fissare l'albero per alcuni istanti, sorridenti.
Finché stavano insieme, potevano solo essere felici.
 
- E così, insomma, oggi una certa persona ha fatto la furba.
Erano a letto, sotto al piumino caldo. Avevano fatto appena in tempo a tornare a casa che una violenta pioggia aveva cominciato a cadere, riportando il freddo invernale. Avevano cenato, pulito tutto, si erano lavati e si erano rifugiati sotto alle coperte. Ririi stava dormendo sul cuscino di fianco a Rebi, stufo. La ragazza leggeva e Gajiru la guardava sfogliare una pagina dietro l'altra, le pupille in frenetico movimento e le sopracciglia aggrottate.
- Mh? - mormorò lei distogliendo l'attenzione del libro.
- Hai fatto la furba oggi.
- Perché?
- Alla fine mi hai distolto dai miei piani e non ci siamo allenati.
- Ah... be', non è stata colpa mia. Io ho solo trovato un gesso. Avresti dovuto ricondurmi all'ordine, invece ti sei distratto. È colpa tua - spiegò trionfante.
- No... - borbottò lui di rimando, baciandole una spalla.
Lentamente risalì per il collo, arrivò sulla guancia e raggiunse l'orecchio, con cui si mise a giocare. Rebi tentò anche di ignorarlo per continuare a leggere, ma si rese conto nel giro di pochi istanti che era impossibile. Rabbrividendo, mise il segnalibro fra le pagine del manoscritto, lo chiuse e si girò per catturare la bocca del compagno, famelica. Lo sentì sorridere a contatto con le sue labbra.
- Ti ricordò che fino a mezzanotte è ancora la mia giornata - le sussurrò all'orecchio, le mani fra i suoi capelli.
La ragazza gli baciò i piercing uno ad uno, per poi sedersi sopra di lui. - E io ti ricordo che da mezzanotte in poi è la giornata di entrambi. Non abbiamo limiti di tempo, o sbaglio? - chiese retoricamente e con sguardo malizioso, le guance arrossate.
Gajiru ghignò e la strinse forte a sé, respirando il suo profumo ad occhi chiusi.
In una coppia, le giornate sono sempre speciali se si possono passare insieme.
E prendere le decisioni congiuntamente rende sempre tutto emozionante: il confronto di idee, l'appagamento derivante dall'aver soddisfatto sé stessi e il proprio compagno, l'aver rafforzato il legame.
Per questo il giorno dopo Gajiru e Rebi arrivarono tardi alla gilda: perché la mezzanotte era passata da un pezzo quando si erano addormentati.
E per questo emanavano un'aura di serenità e gioia quasi palpabile: perché con il tempo stavano diventando una cosa sola.
 
 
MaxBarbie’s
Ok, è stato uno dei capitoli più difficili da scrivere. Lo dico perché ho dovuto correggere una piccola parte 5 minuti fa, nonostante l’abbia scritto da un mesetto. Il fatto è che ci sono troppe scritte piccole in inglese. Si confondono. Aveva scambiato “shorty”, piccoletta, per “shorts”. Rebi aveva descritto l’abbigliamento e non il carattere.
Ma l’immagine penso che sia meravigliosa. Disegnata dall’artista migliore, Rboz. Le cose scritte non le ho inventate, sono tutte riportate sulle piastrelle. Quindi se avete tempo e voglia potete confrontare l’immagine con le scritte. Io mi sono divertita a farlo. Vi dico solo una cosa: il “mi ami?” è in basso a sinistra, esattamente sotto ai piedi di Ririi.
Be’, buonanotte^^
E grazie a tutti quelli che hanno messo la mia storia fra le preferite e/o seguite. Rispettivamente, 22 e 23. Grazie mille*-* E non trascuriamo i tre delle ricordate♥

P.S.: vi lascio il link se volete l'immagine più in grande^^

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Capitolo 17
*** Isteria ***


IsteriaNon disponibile


- No, no e no! - esclamò Rebi, infuriata. - Non mi calmo nemmeno se mi tocchi i capelli! Io non passo sopra a questa cosa! Una tale mancanza di rispetto... le ho svolto la missione, accidenti! È questo il ringraziamento?!
Gajiru sospirò dall'altra parte del bancone ad isola della cucina, e levò la mano dai suoi capelli, dato che era inutile.
- Piccola, lo so, ma cosa ci puoi fare? Troverai sempre gente così.
- Sì, ma volevo delle scuse! O per lo meno un saluto decente! Mi ha insultata, Gajiru! Non ho mai conosciuto una persona così... così...
Rebi aveva le guance rosse di rabbia, le mani stringevano con forza inaudita la tazza di camomilla fumante che aveva davanti, che il compagno le aveva preparato con tanta cura. Rischiava di farne fuoriuscire il contenuto ogni volta che parlava. Ririi aveva pensato bene di nascondersi dietro al divano per sfuggire allo sfogo isterico della nakama.
Era stata in missione con Jetto e Doroi quella mattina. Gajiru le impediva di svolgere senza di lui lavori che durassero più di un giorno, in compagnia dei suoi di amici. Era già tanto che le concedesse quello, vista la sua gelosia. Ma quell'incarico non era andato molto bene. Pagato benissimo, certo, portato a termine con puntualità stupefacente e il risultato era stato ottimo. Il duca che gliel'aveva commissionato era rimasto piacevolmente sorpreso e aveva apprezzato l'impegno del team Shadow Gear. Sua figlia un po' meno. Era una ragazza alta, viziata, incredibilmente bella e con un corpo più bello, se possibile, di quello delle ragazze della gilda. Aveva iniziato a prendere in giro Rebi nell'istante in cui aveva varcato la porta della sua villa, umiliandola. Le aveva criticato l'aspetto, la timidezza, il carattere, l'approccio, i vestiti, anche i piedi! Tutto. E la maga poteva passarci sopra, era superiore, più intelligente. Ma non poteva tollerare che insultassero la sua pettinatura e la sua fascetta!
Quando, nel pomeriggio, era rientrata a casa, era sull'orlo delle lacrime. La visita alla biblioteca adiacente la loro camera, quella che Gajiru le aveva fatto costruire, non era bastato a calmarla. E là dove i libri avevano fallito, erano subentrate le mani del compagno che le aveva massaggiato i capelli. Non aveva mai visto la sua ragazza così alterata, ed era stato costretto a dire cose sdolcinate e romantiche per distrarla. Ma non era bastato. Aveva cercato di distrarla baciandola, però aveva rinunciato quando si era reso conto che Rebi non aveva intenzione di smettere di parlare. E non era molto piacevole baciare qualcuno che ti parla sulle labbra, senza interruzione. Ririi si era immolato volontariamente come cuscino antistress. Risultato? Era letteralmente schizzato via miagolando e con il pelo ritto quando la nakama aveva rischiato di soffocarlo: lo aveva stretto addirittura con più forza di quella usata al Dai Matou Enbu. Infine, nemmeno la camomilla era bastata.
E ora Gajiru si ritrovava a fare da valvola di sfogo psicologico alla sua fidanzata. Da un'ora.
- Ma non hai detto che il duca si è scusato? - chiese, una mano sul volto.
- Sì, lui! Non lei! Lei non mi ha degnata di uno sguardo normale! Trasudava acidità. Tutta la sua aura era acida! Viziata strega maledetta...
- ...ipocrita, insolente, psicolabile e pezzo di sterco - continuò la sua frase, a dimostrazione di quante volte aveva ripetuto quella sequela di insulti. - Ma come puoi offendere qualcuno dicendo che è un "pezzo di sterco"?. Io mi metto a ridere se me lo dicono! - sbottò Gajiru.
Rebi gonfiò le guance, e la sua aura oscura investì il ragazzo. Era nera come la pece, quasi palpabile e vischiosa. Ebbe un brivido.
- No, no, ok, calma. Rilassati. È uno scherno molto... pesante. Davvero - cercò di rimediare.
Ririi, dal divano, rise di fronte a quella scenetta.
Con i pugni chiusi e la mascella contratta, una vena pulsante sul collo, la ragazza si alzò da tavola e girò le spalle ai nakama, dirigendosi in camera sbattendo la porta.
Gajiru sospirò. - Dovrebbero fare un manuale per noi uomini in queste occasioni - borbottò.
L'exceed fece capolino da dietro il divano, ridacchiando. - Non sarebbe molto utile. Ogni ragazza ha le sue peculiarità.
- E allora che me lo scriva lei il manuale - sbuffò appoggiando il viso sul pugno chiuso.
 
Alcuni minuti dopo, Gajiru entrò in camera silenziosamente, richiudendo poi la porta. Rebi era sdraiata prona sul letto, in pantaloncini e canottiera. Aveva la testa rivolta verso la finestra opposta alla porta, quindi il suo viso non era visibile. Il ragazzo fece il giro e si sporse per vedere la sua espressione: imbronciata, guardava dritto davanti a sé e lo ignorava.
Sospirando, salì sul letto e si sedette sopra alla compagna, fra le cosce e il sedere.
- Che fai? - bofonchiò lei, immobile e tesa sotto di lui.
- Visto che hai caldo, ti rinfresco un po' - spiegò alzandone la canottiera fino alle scapole.
- Perché dovrei avere caldo?
Trattenendo il respiro, Gajiru allungò le dita e prese il gancetto del reggiseno della ragazza.
Silenzio.
Non stava brontolando. Voleva dire che aveva via libera.
Espirando, lui rispose: - Mah, sei in canottiera e fuori ancora si gela.
Rebi borbottò qualcosa e girò la testa dall'altra parte. Allora il suo compagno le sganciò senza fatica il reggiseno. Era diventato praticissimo di quei cosi.
- Come pensi di rinfrescarmi? Il metodo che vuoi usare farà solo salire la temperatura.
Gajiru ridacchiò. - Pensi sempre male. Ho intenzione di fare così...
Delicatamente, le posò una manona sulla schiena, trasformandola poi in un rullo di liscissimo metallo. Fece lentamente scorrere il gelido rullo sulla sua schiena calda. La ragazza inspirò rumorosamente, sorpresa, e rabbrividì.
Il ragazzo continuò la sua opera mentre il corpo di lei si rilassava e si ammorbidiva sotto al suo tocco. Dopo un po' le tolse completamente la canottiera e massaggiò con entrambe le mani, senza metallo questa volta. Rebi cominciò ad emettere un suono lungo e roco, una specie di "mmm", ad occhi chiusi.
Concentrato com'era, Gajiru si dimenticò anche di ghignare. Finché la giovane ebbe un altro brivido, di freddo questa volta.
Il ragazzo si tolse dalla sua posizione e si sdraiò vicino a lei, i visi vicini.
- Va meglio? - domandò, burbero come al solito.
- Sì, ma se ci penso mi fa ancora imbestialire. Mi ha detto delle cose...
- Basta! Ti prego! - sbottò lui, interrompendola. - Ho fatto il bravo fidanzato e sono stato a sentirti per un'ora e passa, ma adesso sono anche stanco! Mi hai ripetuto sempre le stesse identiche cose!
Rebi alzò la testa e lo guardò con gli occhioni spalancati, afflitta. Ecco, l'aveva fatta deprimere ancora di più.
Lei seppellì il viso nel cuscino con un gemito.
- No dai, non fare così. Senti, non dovevo sbottare così, lo ammetto - mugugnò a mezza voce. - Ma hai esagerato. Ho provato a farti calmare in ogni maniera. Ora cerca di fartela passare per favore. Quella riccastra è stata bastarda quanto vuoi, ma non è vero nulla di ciò che ha detto. Non vedo dov'è il problema.
La ragazza non rispose.
- Ora provo l'ultimo rimedio, piccola: il bagno caldo. Con me. Se non funziona pregherò perché domani ti sia passato il nervoso.
- No, non voglio farmi il bagno con te... - borbottò Rebi.
- E invece sì. Perché hai stressato pure me. Mi devo rilassare anche io. E farlo insieme è più piacevole. Ora vado a riempire la vasca, se non vieni tu arrivo io a prenderti e ti butto in vasca vestita.
Detto ciò si alzò, si prese il cambio per dopo la doccia, e si diresse in bagno.
Contrariata, la ragazza sbatté i piedi sul letto.
Perché il suo compagno si dimostrava sempre più ragionevole di lei?
 
- Eeeeeebiiiii? - chiamò Gajiru.
- Eccomi - bofonchiò l'interpellata entrando in bagno. Aveva ancora il broncio.
- Dentro. Subito - ordinò lui, ghignando.
Rebi sbuffò. - Un attimo, mi devo svestire.
Il ragazzo incrociò le braccia al petto e rimase a fissarla, sogghignando. - Non hai molti vestiti addosso. Vedi di muoverti, io sto congelando.
E, in effetti, era vero: indossava solo i boxer. Quella sera toccava  a lui cucinare, ma Ririi lo aveva sostituito senza lamentarsi, purché riuscisse a sistemare l'umore della ragazza.
Senza abbandonare il suo broncio, Rebi si spogliò e si immerse nella vasca, osservando compiaciuta come il suo compagno scannerizzava con desiderio il suo corpo. Si sedette al centro della vasca e solo allora si rese conto che mancava la schiuma.
- Abbiamo finito il bagnoschiuma - rispose Gajiru alla sua muta domanda.
Poi sentì l'acqua spostarsi e incresparsi nel punto il cui le gambe del ragazzo avevano incontrato l'acqua. Con un po' di difficoltà si sistemò alle sue spalle e allungò le gambe, piegandole. Rebi si appoggiò al suo petto e si sistemò esattamente come lui.
L'unica differenza era che lui era praticamente tutto fuori dall'acqua. Invece lei era talmente piccola e raggomitolata che usciva solo le ginocchia e il nasino, gli occhi e i capelli.
L'effetto benefico dell'acqua calda iniziò subito ad agire sulla maga, che vide evaporare insieme all'acqua tutta la sua rabbia. Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal rumore del respiro del compagno e dal movimento del suo petto, che si alzava e si abbassava ritmicamente.
Gajiru ghignò, le guance arrossate per il caldo, per la vittoria, e per la situazione. Allungò un braccio e iniziò a dare delle pacche sul ginocchio della sua compagna. - Ti stai rilassando adesso, Ebi? Te l'avevo detto che ti sarebbe piaciuto una volta dentro - asserì ridacchiando nel suo solito modo. - Solo... non addormentarti ancora su di me...
- Mmm... - rispose lei pigramente.
E così, finalmente, grazie alle cure e alla fatica profusa da Gajiru, Rebi si dimenticò come mai era così arrabbiata.
 
 
MaxBarbie’s
Adoro quell’immagine*-* Cioè… kawaii! :3
Ahahah un po’ di isteria non guasta. Se poi ci fosse uno come Gajiru che aiuta a rilassarsi… Gajiru realizzati (?) e vieni da me!!
Alla fine non ho saputo se avete preferito la giornata di Rebi o di Gajiru, ma basandomi sulle recensioni ha vinto Rebi!
Be’, fatemi sapere cosa ne pensate, mi fa sempre piacere^^
Buone vacanze a tutti,
MaxBarbie

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Capitolo 18
*** Sorpresa ***


One-shot abbinata: Missione bambino

Non disponibileSorpresa


Era passato quasi un anno da quando Gajiru aveva annunciato a tutti che si erano fidanzati; Mirajane se lo ricordava bene. Romantica com'era, aveva seguito per filo e per segno lo sviluppo della loro storia: scannerizzava ogni loro movimento, sospirava quando li vedeva arrossire, sorrideva quando notava come la sua amica rideva spensierata e quando quel burbero Dragon Slayer addolciva lo sguardo, solo per lei.
Per questo voleva fare loro una sorpresa proprio in ricorrenza dell'anniversario. Certo, Rebi aveva detto che stavano insieme già da alcuni mesi prima dell'annuncio, però i membri della gilda lo avevano scoperto solo in quell'occasione. Lo sgomento aveva lentamente lasciato spazio all'accettazione e la loro bizzarra relazione era diventata una cosa normale.
- Pansaa Ririi! - urlò Mirajane dal bancone della gilda. - Ho qui la tua spremuta di kiwi!
L'exceed, dal piano superiore della gilda, aggrottò le sopracciglia e volò giù, abbandonando Happy e Charle.
- Grazie Mirajane, ma non ti avevo ordinato nulla.
- Lo so, era solo un pretesto per chiamarti senza attirare l'attenzione di Gajiru e Rebi.
Il gatto la fissò, sempre più confuso. – Che hai in mente?
La ragazza sorrise. - Vedo che sei sveglio. Niente di brutto comunque. Ho bisogno che tu risponda ad alcune mie domande.
Di fronte al silenzio dell'interessato, Mira continuò: - Dopo ti spiego perché. Allora... Gajiru e Rebi dormono nudi?
Ririi, che aveva preso un sorso di frullato, rischiò di soffocarsi. - Ma che domande sono?! Chiedilo a loro!
- Rebi è arrossita e non mi ha mai dato risposta - spiegò triste.
Se non avesse avuto il pelo così scuro, Mira si sarebbe accorta che anche l'exceed era arrossito. - E allora rimani nell'ignoranza. Non vado in giro a raccontare i fatti privati di quei due solo perché sei interessata ai gossip.
- Ma non fraintendermi! E vacci piano con le parole - lo ammonì con un'aura oscura e terrificante che lo fece rabbrividire. Era pur sempre il demone Mirajane! - Non è per farmi gli affari loro. Era per organizzare una sorpresa per il loro primo anniversario.
- Ma manca ancora molto al loro anniversario. E poi sono insieme da più di un anno!
- Sì, ma festeggiamo la data in cui siamo venuti a saperlo. Data che cade fra tre giorni. Vorremmo tappezzare la gilda con le loro foto. E me ne interessa una in particolare, per questo ti sto facendo queste domande.
- Noi chi?
- Cosa scusa? - domandò la ragazza, che non aveva capito cosa voleva dirle l'exceed.
- Usi il plurale. Chi vuole fare questa cosa?
- Ah! Be', tutti. Ne ho parlato con il Master che ha dato il via libera. E tutta la gilda ha accettato. Ne abbiamo discusso la settimana scorsa, quando siete andati in missione. Quindi nemmeno Jetto e Doroi lo sanno. In teoria neanche tu dovresti saperlo...
- E allora perché me l'hai detto?
- Perché mi devi fare un favore.
- Vediamo... riguarda per caso la foto che ti interessa e le domande personali che mi stai facendo? - chiese Ririi.
- Ora capisco perché Gajiru ti ha scelto: sei il cervello che lui non ha mai avuto.
Il gatto rise, imitato da Mirajane.
- Ci stai, allora?
- Assolutamente. Dimmi cosa devo fare.
- Perfetto! - esclamò la ragazza battendo le mani.
Rebi e Gajiru si voltarono incuriositi, chiedendosi cosa stessero facendo insieme quei due. Lucy gettò un'occhiata ammonitrice all'organizzatrice: doveva mantenere un basso profilo.
- Sono felice che tu mi faccia da cavia! Ho delle nuove ricette da sperimentare! - urlò ancora, per rimediare.
Tutti quelli che udirono quelle parole guardarono con tristezza il poveraccio che doveva subire quella tortura: Mirajane era brava solo come barista, come cuoca rischiava di uccidere più persone che con il suo Take Over.
- Allora... - disse quando tutti tornarono alle loro attività, specialmente Rebi e Gajiru. - Mi servono delle foto di loro due insieme. Ce le hai, no?
- A dire il vero no...
La ragazza abbassò il capo, afflitta. - Aspetta qui.
 
Un po' di tempo dopo, Mirajane tornò, un po' più serena. - Ho contattato Hibiki - annunciò.
Vedendo lo sguardo smarrito del nakama, si affrettò a spiegare: - È un membro dei Blue Pegasus. Ci ho parlato con un cristallo Lacrima. Ha detto che verrà qui questa sera.
- Per fare cosa?
- Certo, scusa, ora ti racconto. Hibiki è un telepate. Se tu pensi a delle scene che hai visto svolgersi fra Rebi e Gajiru, lui le vedrà e le trasferirà sugli schermi del suo Archivio. E poi stamperemo le foto! - concluse trionfante.
- Ma... quindi le foto le creo io? - domandò Ririi, dubbioso.
- Non le crei tu. Devi solo usare i ricordi che hai di alcuni momenti in cui erano insieme.
- Ok. Allora rimango qui questa sera. Tutto a posto? Finito? Posso andare?
- No. Mi devi fare una foto, questa sera o domani. Di loro due che dormono. Per questo dovevo farti le domande. Se dormono nudi non è il caso che li fotografi. A dire il vero non so nemmeno se hai accesso alla loro camera. Dormono insieme loro?
Ririi ridacchiò. - Certo che dormono insieme. E io dormo con loro.
- Ci state nello stesso letto? Gajiru è abbastanza imponente.
- A dire il vero quei due sono così appiccicati che potrebbero stare anche su un letto singolo. Per quanto riguarda il pigiama... be', lui dorme unicamente in mutande. Lei, dipende.
- Da cosa dipende? - chiese Mirajane con curiosità.
- Non è importante ai fini della sorpresa. Comunque, come faccio a fare la foto?
La ragazza, rabbuiatasi, si mise a riflettere.
- Forse a questo può pensare Hibiki.
 
Era mattina presto quando Ririi si svegliò. Aveva impostato la sveglia alle cinque apposta per beccare i nakama profondamente addormentati. Il problema era che Gajiru aveva il sonno leggero. L'exceed era riuscito a bloccare quasi subito il suono della sveglia, ma il ragazzo aveva comunque grugnito, agitandosi. Con il cuore che batteva a mille, Ririi si azzardò a scendere dal letto e accese la luce.
Nessuna reazione.
Espirando, Ririi si rese conto solo in quel momento di aver trattenuto il respiro. Ma non poteva bighellonare: ogni istante era prezioso. Recuperò da sotto il letto il marchingegno che Hibiki gli aveva prestato: uno dei suoi schermi dell'Archivio. Separandosene avrebbe continuato a consumare energia magica, però era piccolo, e quindi poteva resistere anche tre giorni. Ririi si sistemò ai piedi del letto, di fianco a Rebi, e li osservò.
Si rese subito conto con imbarazzo che avevano avuto un'altra delle loro notti. E lui, come sempre, non se n'era accorto. Infatti, la ragazza non aveva nulla a coprirla. Solo il braccio appoggiato al petto del compagno impediva di vedere le sue curve. Gajiru era come sempre a petto nudo, e teneva in una mano i capelli di Rebi; l'altra era posato sul fianco della ragazza. Aveva la testa appoggiata sulla sua nuca, come sempre del resto, e le gambe intrecciate con quelle di lei. L'unica cosa strana era l'immensa distanza fra di loro. Di solito dormivano così appiccicati da non riuscire a capire di chi fosse quel braccio, quella mano o quel lembo di pelle. Ma probabilmente la giovane si era agitata più del normale dormendo, allontanandosi impercettibilmente dal compagno.
Ririi sospirò e sorrise davanti alla posa di quei due. Adorava entrambi. Tenendo lo schermo di Hibiki a due mani, lo posizionò per fotografarli. E arrossì.
Non poteva fotografare Rebi nuda! Avrebbe violato la sua privacy e l'avrebbe messa in imbarazzo! Sistemando di nuovo il marchingegno, si avvicinò un po', e trovò l'inquadratura perfetta, che tagliava fuori il seno della giovane. Certo, tagliava anche un pezzo della testa di Gajiru, ma era un danno sopportabile.
Pansaa Ririi sorrise soddisfatto e ammiccò. Scattò la foto, la inviò ad Hibiki e fissò lo schermo che si dissolveva fra le sue mani: il mago dei Blue Pegasus aveva ricevuto la foto. Contento, il gatto spense la luce e tornò a dormire.
 
Dovevano tenerli lontani dalla gilda. Gajiru e Rebi non sospettavano nulla della festa che stavano organizzando per loro. Del resto, calcolavano come anniversario il giorno in cui lui gliel'aveva chiesto. Ririi la mattina passò al bancone della gilda, da Mirajane, per ritirare furtivamente una missione piccola. La potevano svolgere in un giorno, per stare lontani dalla gilda il tempo necessario ad addobbarla.
- Andiamo in missione? - chiese appoggiando il foglio sul libro che Rebi stava leggendo.
- Oggi? - replicò scettico il ragazzo.
Stava mangiucchiando dei bulloni come se fossero caramelle gommose, fissando la sua compagna. Era una delle cose che adorava fare: mangiare e osservarla. Conosceva il linguaggio del suo corpo meglio di lei stessa.
- Sì, è una missione semplice. Saremo a casa entro sera.
Rebi guardò il foglio, perplessa. - Fare da animatori ad una festa per bambini?
Gajiru fissò il nakama con le sopracciglia aggrottate, chiedendo spiegazioni.
- È una missione carina e la paga è buona. Un lavoretto da nulla per dei maghi.
- Per me va bene - disse seccamente il ragazzo.
- Anche io penso che non sia una buona... eh? - esclamò la giovane guardandolo.
- A me va bene. Soldi facili e lavoro... decente.
- Sei serio? - domandò ancora Rebi.
- Ho la faccia di uno che scherza, Ebi?
No, decisamente no. - Quindi andiamo adesso?
- Sì - affermò Gajiru alzandosi e prendendo la missione dalle mani della compagna. - Andiamo.
Si avviò fuori dalla gilda, seguito da Ririi, compiaciuto. E Mirajane li guardò soddisfatta.
- Aspetta! - urlò Rebi, rimasta indietro.
Il ragazzo ridacchiò e uscì dalla gilda senza aspettarla. Adorava irritarla.
 
La sera arrivarono a casa distrutti. I bambini era difficili da gestire a volte. Rebi aveva dovuto impedire più volte al compagno di esagerare nelle dimostrazioni di lotta. Non era il caso di spaventare dei ragazzini.
- Vado a lasciare il resoconto alla gilda - annunciò Ririi tirando fuori le ali.
Gajiru grugnì un consenso, rendendosi conto che avevano la casa libera, lui e la compagna. Ma, lanciando uno sguardo alla ragazza, capì che l'unica cosa che avrebbero fatto sarebbe stata una dormita rigenerante. Rebi se avesse potuto avrebbe sonnecchiato camminando. Era davvero sfinita. Sorridendo davanti a quella scena, sì, sorridendo veramente come faceva molto di rado, se la caricò in spalla. Lei appoggiò la fronte sul suo collo, senza fiatare, sentendo le braccia forti del compagno incrociate sul fondoschiena per sostenere il suo peso. Non erano palpatine o altro, era solo un modo per tenerla su.
- Noi andiamo a casa - esordì. - Ci vediamo dopo. Fai presto.
Ririi annuì e guardò la coppia allontanarsi. Si impresse bene nella mente quell'immagine e si diresse alla gilda. Aveva ancora una foto da dare a Mirajane.
 
La mattina dopo i tre nakama stavano camminando tranquillamente, diretti a Fairy Tail. La mattina Gajiru le aveva fatto notare che era da un anno esatto che aveva dichiarato pubblicamente la loro relazione. Dunque era più di un anno e mezzo che stavano insieme. Il tempo volava.
Rebi strinse la mano del compagno e gli sorrise dolcemente, grata per la sua dolcezza. Il romanticismo del ragazzo traspariva in occasione delle date importanti: quando si erano messi insieme, quando lo avevano dichiarato, quando lo avevano fatto per la prima volta, l'inizio della convivenza. Il fatto che si ricordasse tutto, cosa che nemmeno la stessa Rebi riusciva a fare, dimostrava quanto ci tenesse. E in quei giorni ricopriva la fidanzata di attenzioni particolari.
- Che facciamo oggi? - domandò casualmente Ririi, di punto in bianco.
- Mah... restiamo alla gilda, direi - propose la ragazza.
- Ok.
- Avevi in mente qualcos'altro? - chiese allora, curiosa.
- No no. Era per sapere.
Arrivati a poca distanza dal portone d'ingresso della gilda, Gajiru aggrottò le sopracciglia.
C'era silenzio. Troppo. Arrivati a quel punto, ogni mattina sentiva il brusio prodotto dalle chiacchiere dei nakama intenti a discutere. O il frastuono degli oggetti che si spezzavano, a seconda dell'umore dei membri di Fairy Tail. Ma non quella mattina.
- Qualcosa non va - annunciò seccamente stringendo la mano della compagna, come per proteggerla.
Con il tempo avevano imparato che non era impossibile trovare la gilda totalmente distrutta, semplicemente sparita o anche capovolta. Ma quella volta era lì, solida come sempre, e Rebi si chiese cosa stesse percependo Gajiru. Qualsiasi cosa fosse, le rimaneva preclusa. Ririi socchiuse gli occhi e li precedette, entrando e chiudendo la porta dietro di sé. Elfman si accostò a lui, che si era trasformato nella versione di Edoras, e lo aiutò a bloccare l'entrata.
- Non si apre - disse seccamente Gajiru, dall’altra parte.
- Cosa?! - esclamò Rebi. Iniziava a spaventarsi.
Il ragazzo imprecò e cominciò a dare delle spallate al portone, sbuffando. Alla terza botta l'entrata cedette e si spalancò, facendolo rovinare a terra.
- Gajiru! - urlò Rebi accorrendo in suo aiuto.
Alzando la testa, notò che era tutto buio. Nella penombra scorse l'arredamento della gilda: il bancone del bar, i tavoli vuoti, le sedie, il palco, la zona da cui si accedeva a piscina e biblioteca.
Il ragazzo si sedette grugnendo, domandandosi che fine avesse fatto Ririi. Non fece in tempo a chiamarlo che la sala scura si riempì di foto di lui e Rebi insieme. Gajiru strizzò gli occhi e si rese conto che venivano proiettate da uno schermo in fondo alla stanza, fatte scorrere a distanza di alcuni secondi l'una dall'altra: lui e la sua compagna  che guardavano il tramonto al mare, che correvano verso casa tenendosi per mano dopo essere usciti dal negozio di costumi per Phantasia, che leggevano un libro insieme sul divano, che disegnavano per terra con i gessetti. E ancora, che cucinavano insieme, che si baciavano nella loro radura, che osservavano gli scaffali della biblioteca o un negozio di vestiti. Una melodia meravigliosa li stava accompagnando in quel viaggio nei loro ricordi, mentre Mirajane, nascosta chissà dove, cantava una canzone d'amore. Intonava la loro storia.
La coppia che vedeva scorrere la propria vita in mezzo alla gilda era immobile, gli occhi fissi sullo schermo. Rebi si era seduta e Gajiru, senza accorgersene, l'aveva stretta a sé.
Si videro il giorno precedente, stanchi, con lei sulla sua schiena; si videro il giorno del loro inizio, con Rebi fradicia sul divano e lui che la scrutava. Andarono a ritroso, il giorno in cui avevano deciso di fare coppia nell'esame di classe S, quando erano stati insieme al Ryuuzetsu Land, quando lei aveva perso la sfida dei pockies e si era ritrovata a baciarlo in mezzo a tutti. E per finire, l'immagine che li fece avvampare: loro due a letto, la mattina precedente, stretti, addormentati e nudi. Non si vedeva nulla, ma tutti lo intuivano.
Le luci si accesero improvvisamente mentre Mirajane appariva sul palco e finiva di cantare. Le ragazze della gilda, dietro di lei, ballavano all'unisono, in una coreografia dolce e armoniosa. E l'immagine di loro due continuava a scintillare.
Quando calò di nuovo il silenzio, da ogni angolo possibile e immaginabile sbucarono fuori tutti i membri della gilda, gridando: "Auguri!"
Il silenzio innaturale di poco prima divenne il solito boato di Fairy Tail, il brusio caloroso che li distingueva. Rebi aveva le lacrime agli occhi mentre veniva circondata dai nakama. Mirajane si fece largo tra la folla spingendo un carrello sopra il quale torreggiava una torta gigantesca. Aveva la forma di un libro e il colore del metallo. La ragazza ridacchiò e strinse la mano del compagno. Osservandolo si rese conto che dietro alla sua facciata seria, quasi irritata, si nascondeva una grande emozione. Un sentimento che traspariva dagli occhi scarlatti, che brillavano come la loro immagine. Se possibile, strinse ancora di più la compagna.
Si rese conto solo allora dell'immensa fortuna che aveva avuto ad entrare a Fairy Tail. Sarebbe stato eternamente grato a Makarov. Lì c'erano solo  persone speciali, che prima di tutto pensavano alla felicità delle persone a loro care. Litigavano, si pestavano, si insultavano, ma non aveva mai trovato persone così unite. Erano una sola, grande famiglia. E lui ne faceva parte. Strinse i denti per non lasciar vedere il turbine interiore che lo sconvolgeva.
Niente è paragonabile alla sensazione di calore, di fiducia e di serenità data dalla consapevolezza di avere qualcuno vicino. Molto vicino, su cui fare affidamento sempre. Qualcuno pronto a sorreggerti, perdonarti, rafforzarti, sopportarti e ascoltarti. Metallikana era stato tutto quello per lui. Poi c'erano stati Ririi, Rebi sopra ogni cosa, e... tutta la gilda.
Sentì gli occhi bruciargli rendendosi conto di quanto contava per quelle persone, nonostante tutto il male che aveva causato loro. Ma Mirajane lo salvò prima che gli si inumidissero gli occhi.
- Esprimete un desiderio! - esclamò sorridendo, mentre Natsu accendeva la candela sulla torta.
Nella gilda calò di nuovo il silenzio, carico di tensione e aspettativa.
Rebi e Gajiru si guardarono negli occhi mentre Ririi si avvicinava e li abbracciava, sempre in forma gigante. La ragazza gli sorrise riconoscente e poi fissò l'immagine di loro due nel letto. Gajiru seguì il suo sguardo e finalmente sentì il cervello ripartire. Seppe che avevano pensato la stessa cosa nel momento in cui i loro occhi si incontrarono nuovamente.
Il sorriso del suo compagno, un vero sorriso, le fece battere il cuore più forte. Strinse la mano grande e forte che la cercava come se fosse la cosa più naturale del mondo. Insieme si chinarono sulla torta e soffiarono sulla candelina, mentre tutti i membri della gilda esultavano.
E quei gridolini divennero presto fischi e cori di "ooh" quando Gajiru tirò a sé Rebi, stringendola per la vita, e la baciò davanti a tutti.
Chiusero gli occhi per godersi ancora di più quel momento e promettersi che avrebbero realizzato il loro sogno ogni giorno della loro vita.
Sì, perché entrambi avevano desiderato di potersi svegliare ogni mattina così, come nell'immagine che splendeva dietro a tutti, brillando per il loro amore.
 
 
MaxBarbie’s
Postaggio in extremis ._. È quasi mezzanotte. Non ho nulla da dire sinceramente.
Ringrazio solo tutte quelle che mi seguono, fan sfegatate della GxL quanto me ♥
Mi fa davvero piacere sapere che apprezzate, è  uno sprone a continuare.
Domani posterò la os abbinata, Missione bambino.
MaxBarbie

P.S.: personalmente amo di cuore l'immagine. Supah cute :3

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Capitolo 19
*** Casalinga ***


Non disponibileCasalinga


- Rebi-chan!
Sentendo urlare il suo nome in mezzo al frastuono, la ragazza alzò la testa dal libro, cercando con gli occhi chi l'aveva chiamata.
Vide Lucy che correva verso di lei in minigonna e top, come sempre. Rebi le sorrise calorosamente, felice di vederla.
- Lu-chan! - gridò a sua volta per farsi sentire.
Poco dopo l'amica riuscì a sedersi al tavolo con lei, evitando un tavolo che le volava sopra la testa e una spada che si era ficcata ai suoi piedi.
- Sono già stanca! - piagnucolò Lucy.
Le due ragazze iniziarono a chiacchierare tranquillamente in mezzo alla baraonda, come se fosse tutto normale. Del resto, a Fairy Tail quello era assolutamente usuale.
- Che hai fatto, Lucy-chan? - chiese allora Rebi, apprensiva.
- Ho lavorato fino a tardi ieri sera per riuscire a pagare l'affitto - spiegò sconsolata. - Io e Natsu siamo venuti a portare il resoconto della missione e poi sono finalmente andata a casa. E mi sono trovata Natsu che l'occupava come al solito! - sbottò esasperata.
- Come "come al solito"? - domandò l'amica, sorpresa.
- È un'abitudine di Natsu quella di intrufolarsi a casa mia e viverci come se fosse sua. Ma il peggio è che ho dovuto cucinare per lui e per quel gattaccio di Happy! Non chiedermi perché, nemmeno io ricordo come ha fatto a costringermi. Ho preparato una cena per dieci persone e non mi hanno lasciato nulla! Che ingrati!
- Mi dispiace Lu-chan - la sostenne Rebi, sinceramente afflitta. - I ragazzi a volte sono ingestibili, soprattutto se hanno fame. Noi donne abbiamo un compito molto gravoso.
- Oh, Rebi-chan! Che amica ingrata che sono! Io mi lamento perché ho dovuto cucinare una sera! Che insensibile! Tu devi farlo tutti i giorni per Pansaa Ririi e Gajiru! Come ti capisco, sappi che hai tutta la mia solidarietà femminile. E poi Gajiru è anche più grosso di Natsu, quindi chissà cosa mangia! Povera te, a casa passerai tutto il tempo ai fornelli!
Rebi la guardò allibita, con gli occhi spalancati. Probabilmente la sua amica era stressata e doveva sfogarsi. Ma era comunque spaventosa.
- Non è così? - chiese allora Lucy, vedendo la sua espressione interdetta.
- Cosa? - replicò riscuotendosi.
- Non passi tutto il tempo a fare i lavori di casa?
Rebi ci pensò su, riflettendo su cosa faceva effettivamente in casa. E arrossì rendendosi conto che non svolgeva praticamente nessun lavoro. Il bucato era di Pansaa Ririi, che trovava davvero divertente lavare i panni. A turno lui e Gajiru cucinavano e lavavano i piatti. Rebi li lavava due volte alla settimana, massimo tre quando toccava a lei il lunedì. Il letto lo rifaceva sempre il suo compagno perché non gli piaceva come lo sistemava lei. Le pulizie di casa le facevano tutti insieme, ma lei si occupava della biblioteca e quando raggiungeva i nakama scopriva che soggiorno, bagno e cucina erano già brillanti.
Per quanto riguardava l'arte culinaria... be'... Rebi era portata solo per fare i biscotti. Quell'inverno in cui si erano baciati per la prima volta, lei li aveva cotti e li avevano apprezzati tutti. Ora che vivevano insieme, Gajiru e Ririi le avevano chiesto più volte di sfornare biscotti  o torte, che le venivano benissimo. Purtroppo però non si può vivere di dolci, e la prima volta che la ragazza aveva preparato la cena avevano dovuto ordinare qualcosa ad asporto perché il pasto era immangiabile.
Rebi sapeva di non essere una cima in cucina, al contrario di Gajiru che se la cavava egregiamente nonostante preferisse divorare il ferro. Ririi invece poteva lavorare direttamente come chef. La giovane però si sentiva in colpa, quindi appena poteva li aiutava preparando l'insalata, apparecchiando e facendo altre cose utili che non rovinavano il cibo. Non era in grado nemmeno di preparare la colazione! Quando ci aveva provato per portarla a letto e fare una sorpresa ai suoi nakama, aveva bruciato il pane e fatto bollire il latte, che aveva assunto un gusto bruciacchiato. Avevano comprato delle brioches strada facendo, cercando di tirare su il morale della ragazza che era depressa per il fallimento.
A proposito di colazione, a Rebi venne in mente la mattina di qualche giorno prima, quando Gajiru le aveva fatto trovare un dolce regalo al risveglio...
 
Gajiru si svegliò lentamente notando come il sole filtrava dalle persiane chiuse, facendo penetrare nella stanza fasci di luce all'interno dei quali danzavano leggiadri granelli di polvere. Ririi aveva le zampe premute contro il suo fianco; quando dormiva il suo lato selvaggio spuntava fuori e il gatto si contorceva come un pesce appena pescato. Rebi non era da meno e infatti quella mattina stava dormendo sopra al suo compagno. Gajiru si grattò la testa, perplesso, chiedendosi come aveva fatto la sua fidanzata ad arrampicarsi su di lui senza disturbare il suo sonno leggero. O forse si erano addormentati direttamente così dopo che...?
Gajiru grugnì e iniziò a spostarsi di lato depositando la giovane sul letto. Questa schiuse le labbra e strinse gli occhi, lamentandosi silenziosamente dell'abbandono. Ma capì impercettibilmente di essere stata lasciata sul caldo posticino occupato dal Dragon Slayer, e si rannicchiò in quel tepore. Lui la guardò sorridendo dolcemente, rimboccandole le coperte e dando fondo a tutto il suo autocontrollo per non accarezzarla, svegliandola. Rebi aveva il sonno pesantissimo, ma spalancava gli occhi quando sentiva che qualcuno iniziava a coccolarla. Allora ne approfittava e si metteva a miagolare, facendo ridacchiare il coccolatore.
Gajiru si infilò al volo un paio di pantaloncini e si diresse in cucina stiracchiandosi. Aveva indosso i polsini da casa, quelli leggeri che indossava quando era rilassato. Passando di fianco al divano storse la bocca: due o tre cuscini erano caduti per terra quando Rebi gli era letteralmente saltata addosso per pulirgli la bocca sporca di cioccolato.
Dopo averli sistemati e sprimacciati, andò in cucina e prese da un cassetto una fascetta ben nascosta. Era semplice, bianca, con la scritta "I love Rebi" in nero. La parola "love" era però sostituita da un cuore rosa intenso. Arrossendo, se la legò in fronte e prese una padella.
Era il giorno del loro ventitreesimo anniversario, quindi presto avrebbero festeggiato i loro due anni insieme. Gajiru voleva darle un "buongiorno" speciale. L'idea era quella di prepararle le uova in tegame, visto che le piacevano moltissimo. Una colazione alternativa che, ne era sicuro, lei avrebbe apprezzato. Il problema era che, per quanto fosse bravo in cucina, il ragazzo era completamente negato per la cottura delle uova: sode, in camicia, in tegame, strapazzate. Non gliene era mai venuta bene una. Sapeva fare polpettoni strepitosi, hamburger paradisiaci, delicate torte salate, polpette di carne e verdure. Tutto. Tranne le uova.
Con una ruga di concentrazione fra le sopracciglia aggrottate, ne prese tre dal frigo. Intanto ne bastavano tre. Accese il fuoco sotto alla padella e agguantò delicatamente il primo uovo, fissandolo come se si aspettasse di vedere spuntare fuori un pulcino. Sospirando, sbatté dolcemente il guscio dell'uovo contro la padella. Troppo piano. Ci riprovò, un po' più forte, e aprì la crepa che si era formata con l'aiuto delle dita. Fece scivolare il tuorlo ancora intero e l'albume dentro alla padella, dove iniziò a sfrigolare leggermente. Gajiru ghignò soddisfatto, fiero di sé, e buttò via il guscio rotto.
Fischiettando, si appoggiò al bancone e... sentì un crack molto poco piacevole. Lentamente, girò la testa e notò che sotto al palmo della sua mano giaceva una delle due uova rimaste. Sfracellata. Il liquido si sparse immediatamente per tutto il bancone, e il ragazzo si allungò per prendere una spugna.... rovesciando l'acqua nella bottiglia lì vicino.
Imprecò per trenta secondi buoni, rendendosi poi conto che l'uovo sano, in padella, stava iniziando a bruciarsi. Prese subito una spatolina e cominciò a sudare: stava rovinando tutto.
Preoccupato, con un enorme sforzo di volontà, il ragazzo ignorò la pozza sul bancone e prese l'ultimo uovo.
- Gajiru?
L'interpellato si girò di scatto e arrossì notando chi l'aveva chiamato: Rebi.
Lui aveva le guance arrossate, goccioline di sudore freddo sul viso, sul braccio e sulla schiena; in una mano reggeva la spatola che doveva salvare l'uovo nella padella, mentre nell'altra aveva l'ultimo ovetto.
- Che stai facendo? - chiese ancora lei, sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.
Aveva indossato una vestaglietta leggera e corta che piaceva tantissimo al suo compagno. Del resto, gliel'aveva comprata lui.
- Ehm... - borbottò.
Rebi gli si avvicinò e si svegliò del tutto quando vide la fascetta che Gajiru portava in testa. Poi notò l'uovo in padella, il disastro sul bancone e si ricordò di che giorno era. Sorrise e lo abbracciò posando la testa scarmigliata sul petto, sentendo il suo cuore che iniziava a battere più velocemente. Il ragazzo arrossì.
- Mi sa che si sta bruciando - esordì lui poco dopo, uovo e spatola ancora in mano.
Ridacchiando, Rebi ordinò: - Pulisci il bancone, io finisco di cucinare le uova. Almeno io riesco a farle!
- Solo quelle - la prese in giro il compagno passandole spatola e uovo.
- Comunque, a cosa devo questo caos e quella fascetta? - domandò, curiosa.
Alzò lo sguardo per fissare Gajiru, che stava pulendo e sembrava molto concentrato. Un lieve rossore gli colorava le guance.
- Volevo dirti "buongiorno" - borbottò seriamente. Non aveva il coraggio di guardarla.
Rebi ridacchiò e mise le uova su due piatti. Si avvicinò al frigo e ne prese altre quattro.
- Quante uova vuoi? - domandò al ragazzo.
- Due. Ho intenzione di mangiare la scorta di bulloni che ho, insieme al latte, dopo.
La giovane fece un cenno d'assenso e richiuse lo sportello del frigo.
Gajiru, finito di pulire, si rilassò e osservò la fidanzata che trafficava con la colazione.
- Prepara il resto invece di fissarmi. Potrei consumarmi, sai? - lo prese in giro Rebi.
Il ragazzo sbuffò ed eseguì gli ordini. Mise tutte le vivande su un vassoio e aspettò i piatti con le uova. Prese la scorta di bulloni, il latte del frigo e dei kiwi, insieme ad un po' di biscotti e del pane.
- Ora, io vado a dormire. Tu, casualmente, arriverai con la colazione. Va bene? - domandò la ragazza ammiccando. Senza aspettare risposta, si intrufolò in camera.
Gajiru ghignò, andò a lavarsi il viso e prese il vassoio.
- Sveglia! - esclamò entrando in camera.
Rebi, seduta sul letto, sussultò.
- Il massimo del romanticismo, vedo - disse ironicamente.
Il ragazzo fece una smorfia e posò il vassoio sul comodino. Improvvisamente afferrò la sua compagna e l'attirò a sé, facendole emettere un urletto di sorpresa.
- Sei irresistibile con questa fascetta - sussurrò lei passando le mani sul muscoloso petto di Gajiru mentre questi le baciava il collo.
Rabbrividirono entrambi.
Rebi tirò il ragazzo sul letto e si appropriò prepotentemente della sua bocca, facendolo ghignare. - Devo preparare più spesso le uova.
La ragazza si bloccò. - Ririi si sveglierà a breve - gli fece notare ansimando.
Gajiru non si staccò dal suo collo, che prese a mordicchiare. Poi però, a malincuore, si sporse per prendere il gatto. Lo portò in  soggiorno e mise un kiwi tagliato a pezzetti in una tazza sul tavolino davanti a lui.
Finito il lavoro, corse in camera e si buttò letteralmente sulla sua compagna, che rise a contatto con la sua famelica bocca.
- Quanto ci vorrà perché si svegli?
Il ragazzo alzò la testa, già scesa fino alla pancia nuda della compagna, e ghignò. - Gli do mezz'ora. Ha un buon olfatto e in trenta minuti l'odore del kiwi si farà largo fra i suoi sensi. Solo perché è un kiwi. Potrebbe essere un'oretta, altrimenti.
- Abbiamo così tanto tempo? - domandò Rebi, raggiante.
Gajiru ridacchiò. - Sono troppo bravo - sussurrò gongolante.
In risposta, la sua ragazza gonfiò le guance arrossate per l'imbarazzo e la situazione, ottenendo in cambio un ringhio eccitato del compagno.
- Buon anniversario - sussurrò baciandolo dolcemente, prima che la passione si impossessasse della situazione.
E quella mattina, quando mangiarono le uova con Ririi, arrossirono entrambi quando il gatto fece notare che erano freddissime.
 
- Rebi-chan? Ci sei?
Il rumore persistente di una voce che la richiamava alla realtà strappò la giovane dai suoi ricordi.
- Mh?
- Ti sei incantata per un minuto buono. Ma... perché arrossisci?
Quando Lucy glielo fece notare, la ragazza si imporporò ancora di più.
- Nulla, nulla. Dicevi?
- Non sei stufa di fare lavori di casa?
- Ah... ehm... no... - farfugliò Rebi.
- Caspita! Be', si vede che sei davvero innamorata di Gajiru e che vuoi tanto bene a Ririi. Io al posto tuo non ce la farei.
- Be'... grazie
Le guance ormai erano di un bel bordeaux vivo, e la ragazza immerse la testa nel libro aperto sotto di sé.
- Ma non ho capito perché ti sei imbarazzata.
 Cavolo. Doveva davvero ammettere la sua inettitudine come casalinga.
Sospirò. - Perché…
- Ebi! - gridò Gajiru, avvicinandosi al tavolo con una guancia arrossata a causa di un pugno. A quanto pareva, il Master era intervenuto per porre fine alla lotta. - Mangiamo uova questa sera? - domandò ghignando.
 Si era appoggiato al tavolo con le braccia e fissava la sua compagna con sguardo malizioso, il solito ghigno strafottente sul viso.
Rebi arrossì ancora di più, diventando del colore degli occhi del suo ragazzo. Ovviamente solo lei aveva capito l'allusione, ma questo non poteva impedirle di avvampare.
- Trattala bene, Gajiru - lo ammonì Lucy, ingollando la solita paura di quell'essere spaventoso.
Lui aggrottò le sopracciglia, confuso.
- Non farla lavorare troppo, dalle una mano in casa - spiegò allora Lucy.
- Lu-chan, non...
- Guarda che adora le uova - la interruppe il ragazzo.
Rebi iniziò a torturare le pagine del libro, nell'imbarazzo più completo.
 - E allora cucinagliele tu - propose la maga, ignara di tutto.
- Non so farlo - rispose seccamente lui, fissando la compagna. - E comunque la tratto come merita, non ho bisogno di consigli di coppia.
- Volevo solo dire che sarebbe carino se cucinassi tu, così...
Sbuffò. - Senti, le uova non le so cucinare, ma piacciono ad entrambi. Specialmente a me che ora ne ho una voglia matta. Lei ne ha sempre voglia, quindi ora andiamo. Ciao coniglietta - sbottò Gajiru allontanandosi.
Lucy era sconvolta e Rebi ormai sembrava avere un problema dermatologico alla pelle del viso.
Alzandosi, disse: - Lu-chan, mi tratta come una principessa, non preoccuparti. Io a casa non faccio quasi nulla, fanno tutto lui e Ririi. Anche perché mi metto sempre a leggere quando inizio qualcosa, e finisco per non lavorare. Ora vado, ci vediamo!
Non aspettò nemmeno la risposta della compagna, imbarazzata dalla confessione, e scappò via.
- Ririi! Fermati a comprare delle uova tornando a casa, per piacere - ordinò al gatto.
- Ebi! Dai, andiamo a cucinare!  - urlò ancora Gajiru.
Al limite della sopportazione, Rebi afferrò la maglia del compagno e lo trascinò fuori dalla gilda, mentre lui ghignava.
Lucy, che li aveva seguiti con lo sguardo, raggiunse il loro nakama.
- Ririi scusa, ma... se non hanno le uova, perché hanno tutta questa fretta di andare a cucinarle?
- Non ne ho idea. So solo che è da quasi una settimana che parlano di cucinare le uova, anche se alla fine non le mangiamo mai. In teoria però ne vanno pazzi.
- Ah. Ok...
 
- Dici che hanno capito qualcosa? - chiese Rebi per la sesta volta.
Gajiru sbuffò infilando le chiavi nella toppa della porta di casa. - Ti dico di no! Quante volte devo ripetertelo?
- Va bene, non serve essere acidi!
Il ragazzo grugnì e le aprì la porta. Poi andò in camera e si spogliò per mettersi comodo.
- Niente uova? - domandò Rebi, scettica, appoggiata allo stipite della porta.
Con lentezza calcolata si slacciò la fascetta e la fece cadere a terra fissandolo intensamente. Gajiru si leccò le labbra.
- Sei una gallina - le disse ridacchiando e sdraiandosi a letto.
- E tu sei un uovo. Io le uova me le mangio - esordì avvicinandosi e sedendosi sul ventre del compagno, sfilandosi le maniche del vestito.
- Che destino crudele mi attende - sospirò lui ghignando maliziosamente.
 
- Ma se abbiamo mangiato le bistecche... a che cavolo servivano le uova? - esclamò Ririi quella sera.
- A tenerti fuori dai piedi per un po' - spiegò Gajiru senza alzare lo sguardo.
Rebi gli tirò una pacca sul braccio, arrossendo.
- Ah... Ah! Ho capito. Bastava dirlo prima. Ora credo che Lucy vi regalerà confezioni di uova a vita.
- E perché? - borbottò il ragazzo, scocciato.
- È convinta che mangiate solo quelle perché vi piacciono da impazzire.
- Be', lei le adora - disse Gajiru ridacchiando.
- E smettila, che sei sempre tu che mi proponi di cucinarle. Non farmi passare per un'ossessionata!
- Be', non ne avrete più bisogno per un po' perché, come ho già detto, Lucy ve le regalerà spesso - concluse Ririi.
- C'è sempre bisogno di uova da cucinare - sghignazzò il ragazzo.
Rebi alzò gli occhi al cielo, ignorandolo. Per quella sera ne aveva avute abbastanza di uova.
 
 
MaxBarbie’s
Questo capitolo NON mi piace e non mi convince e se mi criticherete lo capirò. Non ha senso xD Mi sembra di vedere errori di grammatica ovunque da quando ho riletto un mio capitolo precedente. Solo una cosa: orrore. Tanti di quegli errori di battitura da far diventare i capelli bianchi. Sono rabbrividita come quando un gesso viene strusciato rumorosamente sulla lavagna. Ik! 
Comunque, ODIO gli errori di grammatica. Ahahaha che idiota. Scrivendo mi vengono mille dubbi. E il fatto che scriva un capitolo in momenti diversi, fra cui in autobus quando sono mezza addormentata, non aiuta L
Comunque, nonostante questo (sigh), vi ringrazio davvero moltissimo. La ff ha un sacco di followers (?) e non me l’aspettavo proprio. Sono partita in quarta senza conoscere nessuno e senza avere grandi speranze, invece… *piange commossa* GRAZIE!
Oddio sono al limite di tempo. Ciao ahahah^^
MaxBarbie

P.S.: immagine di rboz, la migliore. Gajeel sei troppo gnocco :Q_

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Capitolo 20
*** Gemelli!! ***


Non disponibileGemelli!!


Stava andando al parco, Gajiru sapeva solo questo. Era stato in missione tre giorni e non vedeva l'ora di riabbracciare Rebi. Gli era mancata come l'aria, aveva pensato a lei per tutta la durata della missione. Era stato quello a permettergli di cavarsela in poco tempo. Ririi era andato con lui sotto insistenza della ragazza, che non poteva accompagnarlo. Il gatto voleva restare per aiutarla, ma questa lo aveva letteralmente buttato fuori dalla porta.
Si erano dati appuntamento al parco al loro ritorno, così Gajiru si era fiondato giù dal treno. Be', più che fiondato, si era diretto barcollando verso l'uscita... sostenuto da Ririi. Ed era rimasto seduto due minuti su una panchina in attesa di far passare la nausea.
E ora era lì, per le strade di Magnolia, mentre il gatto era andato a casa per depositare le valigie e per farsi una doccia. Appena finita la missione, quella mattina, il suo nakama era andato a lavarsi e a preparare i bagagli, e Ririi aveva riscosso la ricompensa. Quando era arrivato in albergo, Gajiru si era infilato il gatto sotto al braccio senza tante cerimonie, aveva preso le borse ed era corso al treno.
Finalmente avvistò il parco. Si sarebbe messo a correre se avesse potuto, ma non voleva essere preso in giro da lei perché sentiva la sua mancanza. Camminò in fretta facendo passi lunghi, cercandola con lo sguardo. Finché non la vide. Era seduta su una tovaglia da pic-nic e il ragazzo sentì l'eco della sua risata cristallina e squillante. Ma con chi rideva?
Gajiru si arrestò alle sue spalle con le sopracciglia aggrottate, confuso. E poi vide i tre pargoletti: due femminucce e un maschietto. La più grande dei tre aveva i capelli neri come lui e gli occhi di un colore particolare, un miscuglio di nocciola e rosso. Si comportava da maschiaccio ed era molto sveglia. La seconda era il ritratto della madre: capelli ondulati e celesti, viso morbido. Solo gli occhi erano diversi: rosso sbiadito. Lei era una signorina, composta e posata, ma quando si arrabbiava poteva benissimo buttare giù qualche muro. L'ultimo, il maschietto, aveva i capelli blu, nati dalla fusione del colore nero del papà e quello celeste della mamma. Passava buona parte del tempo a dormire e quando era sveglio non piangeva mai. Era un angioletto con gli occhi rossi come carboni ardenti.
- Papà! - gridò la più grande correndo ad abbracciare la sua gamba.
- 'Appà! ‘Appà! - la imitò l'altra femminuccia alzandosi.
Con andatura dinoccolata ciondolò fino al genitore, leggermente instabile. Sembrava una paperella.
L'ultimo era troppo piccolo per alzarsi o parlare, ma disse comunque: - Aahaà!
Gajiru guardò la scena, impassibile, per qualche istante. Aveva ricordi lontani e distanti dei figli, come se fossero dei pesci dentro ad un acquario: li vedeva, ma non riusciva ad afferrarli; vorticavano come foglie spinte da un vento troppo forte nel suo cervello. Coglieva sprazzi di quei momenti insieme, ma non sembravano appartenergli. Provava a prenderli, ma si sbriciolavano al contatto. Sapeva solo che erano suoi figli.
- Bentornato - disse Rebi sorridendogli fulgidamente. Dopo tanti anni, quel sorriso inceppava ancora il cuore di suo... marito.
Quel ricordo lo colpì come uno schiaffo: erano sposati. Anche in questo caso, non sapeva come o perché. Lo erano e basta.
- Ciao, piccola - sussurrò Gajiru, una grande emozione nella voce.
La bimba più piccola si mise a piangere e il papà la prese automaticamente in braccio, come se fosse la cosa più naturale del mondo. La figlioletta sorrise contenta con uno sguardo furbetto. Con quell'espressione e quel vestitino rosa sembrava proprio la sua Rebi. In miniatura.
La donna si alzò con fatica, cosa che sorprese Gajiru. Era sempre stata agile e scattante, anche se non esattamente atletica. Prese in braccio il maschietto e si girò, dirigendosi verso il coniuge. E allora lui capì perché faceva così fatica: era incinta.
"Ancora?!" pensò Gajiru, mantenendo però la sua espressione impassibile. Avevano deciso insieme di avere quattro figli o erano scappati fuori per sbaglio? Almeno uno dovevano averlo programmato! In cinque anni avrebbero avuto quattro figli! Quattro! Era stata colpa sua? Si era distratto, magari? Non ricordava proprio nulla. Sapeva solo che una persona normale dopo uno sbaglio evita di farne un altro. Un bambino non era uno sbaglio, anzi, Gajiru sentiva già di amarli dal profondo. Avevano già parlato con Rebi di avere dei figli in futuro. Ma quattro? In cinque anni? Davvero? Non si ricordava nulla del genere.
- È andata bene la missione? - chiese Rebi dandogli un bacio di benvenuto.
Il papà la guardò e annuì. - Sì, alla fine non è stata nemmeno...
Fu interrotto dal pianto del figlio. Lui sembrava un miscuglio di entrambe le personalità, mentre la più grande era decisamente uguale a suo papà.
Il bimbo era disperato, stranamente,  così Rebi lo issò sulle spalle di Gajiru. Era un po' spiazzato, non era abituato ad avere gente in spalla, aggrappata ai suoi capelli.
Poi osservò bene la moglie: sembrava invecchiata. No, invecchiata era un brutto termine. Era... maturata, sì. Il visino aveva ancora le tracce della giovane bellezza di un tempo, ma era diventato leggermente più spigoloso. Attorno agli occhi aveva un leggerissimo accenno di rughe. Era invisibile, tranne che per lo sguardo attento del drago. Era la sua Rebi, ma mamma e moglie, non solo fidanzata e complemento. Doveva condividerla. Doveva crescere dei bambini con lei. Tre bambini! Anzi, quattro...
- Novità sul bambino? - chiese quando la sensazione di stranezza gli passò.
Rebi aprì la bocca per rispondere, ma fu ancora interrotta dal pianto della bimba più piccola. Si era ingelosita quando il fratellino era stato messo sulle spalle del papà. Iniziò a lamentarsi e gli afferrò una ciocca di capelli: il suo papà era solo suo!
Gelosa come la mamma.
Nel frattempo, il maschietto si era addormentato appoggiato alla sua testa, facendo anche la bavetta. Era il contrario di Rebi: si addormentava se toccava i capelli altrui, non se qualcuno toccava i suoi.
Nello stesso momento la bambina più grande gli si arrampicò letteralmente sulla gamba, arrivando sopra al ginocchio, urlando: - Papà, voglio giocare! Voglio giocare! Papà!
Perfetto: un pargolo gli dormiva in testa, una gli urlava nelle orecchie e l'ultima faceva Tarzan reclamando a gran voce. Il Tetsuryuu no Hoko (Ruggito del Drago di Ferro) non avrebbe saputo stordire meglio un nemico.
In mezzo a quel caos, Rebi sussurrò due semplici parole: - I bambini.
Gajiru sbatté le palpebre e poi spalancò gli occhi. Purtroppo lui, a differenza dei comuni mortali, e maghi, non poteva chiedere di ripetere sperando di aver sentito male. No. Il suo udito da drago era una maledizione a volte.
- Bam...bambini? - domandò pacatamente, trattenendosi dall'urlare.
- Sì... sono gemelli - spiegò Rebi sorridendo con gli occhi chiusi, intimandogli di non fare scenate.
- Gemelli?! - ringhiò Gajiru, gli occhi spalancati e la bocca aperta.
La moglie mise una mano sul pancione e con l'altra si grattò la testa, ridacchiando con rassegnazione.
Ma come aveva potuto fare cinque figli? Era colpa sua, per forza! Rebi non poteva di certo rimanere incinta da sola. A dire il vero, non riusciva a ricordare di aver deciso nulla, programmato nemmeno. Non ricordava proprio niente! Ma non solo dei bambini, di tutto! Rammentava solo di essere fidanzato con Rebi, giovane, piena di forze, da un anno e mezzo. Come aveva fatto ad arrivare lì?
Si sentì svenire, e da lì tutto si fece molto confuso.
 
Gajiru si svegliò di soprassalto, madido di sudore e ansimante. Aveva nelle orecchie il pianto della figlia più piccola e le urla della maggiore. Tanto nitide da crederle reali. Si mise a sedere sul letto e scosse la spalla di Rebi.
- Mmm? - brontolò lei.
Gajiru accese la lacrima abat-jour e la sua compagna esternò il suo disappunto con un gemito.
- Che c'è? - chiese con una nota seccata nel tono di voce.
- I bambini - rispose il ragazzo, come se fosse la cosa più normale del mondo.
- I bambini? - ripeté lei guardandolo senza capire. Era improvvisamente sveglia, con gli occhi socchiusi e gonfi di sonno.
- Sì, stanno piangendo! Se hanno fame io non posso fare nulla, Ebi - spiegò esasperato.
Per fortuna lui aveva il sonno leggero. Se fosse stato come Rebi nessuno dei due si sarebbe accorto se di notte i bambini soffocavano, piangevano o chissà che altro facevano.
- Ma che...?
- Ho capito, vado io a vedere che hanno! - la interruppe, irritato.
Gajiru si fiondò in soggiorno in biancheria, diretto verso le camere dei figli. Poi si bloccò in mezzo al salotto. Dov'erano le stanze dei bambini? Non se lo ricordava, aveva un vuoto di memoria. Di fianco alla cucina c'era il bagno, e senza sapere come il ragazzo ci si ritrovò dentro. Ma non potevano essere in bagno! E allora dove? Cercò una porta aggiuntiva che magari gli era sfuggita, ma la casa era la solita.
Aveva per caso problemi mentali? Come poteva dimenticare dov'era la stanza dei suoi  figli?! Confuso e preoccupato, si girò verso camera sua e vide Rebi appoggiata allo stipite della porta, in mutande e canottiera. Aveva sul volto la stessa espressione allibita e ansiosa.
- Dove sono i bambini? - sussurrò lui accasciandosi.
La compagna corse verso di lui, sedendosi per terra e prendendogli il viso fra le mani.
- Gajiru... calmati - bisbigliò notando che aveva un respiro decisamente troppo rapido per un Dragon Slayer. - Quali bambini? - chiese pacatamente.
- I nostri bambini! I nostri tre figli! Le due bambine e il maschietto! Noi siamo sposati e tu sei incinta di due gemelli! - spiegò gesticolando.
Rebi lo guardò con tanto d'occhi, sconvolta. Sperava davvero che non fosse una qualche sorta di premonizione. Insomma... cinque figli erano un po' tanti!
- Gajiru, io non sono incinta. Non lo sono mai stata. Non siamo sposati e non abbiamo cinque bambini - lo rassicurò.
- Ma allora...
- È stato un sogno - concluse lei.
Il ragazzo si rese conto che le urla che sentiva erano un eco lontano di qualcosa che non era mai stato vero. Sospirò e il suo volto si rilassò.
Si sistemò la chioma scarmigliata e fissò la compagna, che lo osservava divertita.
- Torniamo a dormire? - sussurrò Rebi alzandosi.
Gajiru annuì e si mise in piedi a sua volta. - Però... ora che siamo svegli mi sembra uno spreco tornare a dormire - bisbigliò ghignando e tirando a sé la compagna.
La abbracciò passando le mani attorno alla sua vita. Poi vide un lampo di furbizia illuminarle gli occhioni.
- Potrei rimanere incinta - ribatté ridacchiando.
Il ragazzo sbiancò e la fissò con un po' di paura. Poi scosse la testa e si insultò mentalmente per la mancanza di orgoglio e fiducia in sé stesso.
- Per quello c'è tempo - replicò ritrovando il ghigno che la fidanzata baciò.
- Tutto il tempo che vogliamo.
Del resto, Rebi non aveva neanche vent'anni. Ma era sicura che, anche se avessero avuto cinque bambini, la loro vita sarebbe stata perfetta.
In fondo, era già perfetta.
 
 
MaxBarbie’s
Ahahaha che vi aspettavate? *sorriso furbetto* 5 figli sono troppi! Ed è troppo presto. Lasciamo che si godano la giovinezza insieme in modo passionale e appassionato. Ahaha sto delirando^^
Scappo perché voglio vedere se riesco a postare un’altra cosettina nuova^^
L’immagine non mi piace troppo, infatti non è di Rboz xD Ma era irresistibile la scena.
A presto,
MaxBarbie

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Capitolo 21
*** Discussione ***


Non disponibileDiscussione


- Dai Ebi, ho sonno! - sbottò Gajiru con un tono petulante e capriccioso.
- Ma che colpa ne ho io? Ti ho detto di andare a dormire! - replicò Rebi, irritata.
Ririi osservava la scena ridacchiando, seduto sul tavolino di fronte al divano dove i suoi nakama stavano... discutendo. Era un litigio molto complicato, gli argomenti trattati erano aulici e necessitavano di una profonda meditazione. Lui stesso non sapeva che parti prendere. Quando avevano iniziato quel confronto aveva deciso che ne sarebbe rimasto fuori, osservando quali mistiche rotte prendevano i fili conduttori dei loro pensieri.
Insomma, era una diatriba di alta qualità intellettuale.
- Non vengo a letto adesso! - ribadì Rebi per la decima volta.
- Ma che cavolo cambia leggere qua e leggere in camera? Spiegamelo! - ringhiò Gajiru.
- Cambia perché qui non do fastidio a nessuno, mentre in camera inizierai a rompere chiedendomi ogni trenta secondi se puoi spegnere la luce, quanto mi ci vuole ancora, se ho voglia di dormire e...
- Non è vero - la interruppe con sguardo freddo e calcolatore.
- Ah no? Ririi? Che dici?
- Ah, di solito dormo, non so nulla - rispose divertito.
- Dai, facciamo un'altra prova, viene a leggere a letto - implorò il ragazzo.
- Ma perché tutti questi problemi? Non puoi andare a dormire da solo? Io ti raggiungo fra poco!
- No, voglio andarci con te! - si lagnò Gajiru. - Altrimenti il letto non si scalda, io non posso bloccarti e di notte mi ritroverò disturbato dai tuoi movimenti.
Rebi gonfiò le guance e artigliò i lati del libro, stringendoli così forte da farsi sbiancare i polpastrelli. La tentazione di dare il romanzo in testa al suo compagno era fortissima.
- Come hai fatto quando io non vivevo qui? - chiese ancora lei.
- Quella è un'altra cosa, ora non ci sono più abituato.
- E allora abbracciati Ririi! Hai dormito da solo per tutta la vita!
- No grazie, Rebi. Potrebbe pensare che sono te e iniziare a darmi baci o chissà che altro - si rifiutò il povero exceed.
Gajiru fece una smorfia pensando ai peli che si sarebbe ritrovato in bocca se avesse davvero baciato il suo nakama.
- E allora vai a letto; poi quando ho finito arrivo, ti sveglio così mi puoi bloccare, come dici tu, e poi dormiamo.
- Ma io voglio andarci ora! - sbottò Gajiru.
- Oh, basta! Io ora leggo, tu fai quello che vuoi! - concluse esasperata Rebi.
- Bene, perfetto.
Il ragazzo si alzò e la sua compagna sospirò: finalmente poteva leggere in pace. Purtroppo quella quiete durò poco.
Davvero poco.
Non durò affatto.
Gajiru si era alzato per prenderla in braccio e portarla di peso in camera, mentre lei si dimenava e inveiva. Ririi rimase al suo posto ridendo; era certo che nel giro di uno o due minuti la ragazza sarebbe tornata sul divano.
Dal soggiorno, il gatto sentì che le coperte venivano mosse violentemente e che Rebi ansimava: stava cercando di scappare.
- Dai, almeno provaci. Non disturbo - promise il ragazzo.
Lei borbottò qualcosa e poi si mise tranquilla.
Passarono due minuti buoni in silenzio e Ririi udì solo le pagine del libro che venivano sfogliate. Almeno avevano risolto la situazione. Sospirando divertito, fece per alzarsi dal tavolino in modo da andare a letto a dormire, quando udì l'inevitabile.
- Posso spegnere la luce?
Ririi si bloccò al suo posto, immaginandosi gli occhi fiammeggianti di Rebi. Questa volta Gajiru se li sarebbe proprio meritati.
Ma la risposta che udì lo sorprese: - No.
Era stata calma e controllata. Non aveva sbraitato e non era scappata.
Il gatto rimase immobile ancora qualche istante, stupito.
- Quanto ti manca? - domandò Gajiru... ancora.
Se quel comportamento non avesse irritato anche lui, Ririi avrebbe riso.
Invece rimase impassibile ad ascoltare come la sua nakama sbuffava esasperata, gettava per aria le coperte e si fiondava in soggiorno a passo di marcia. O come un elefante. Era stata buttata a letto con addosso delle grosse calze nere e una canottierina aderente arancione, che le copriva il sedere. Stranamente la fascetta verde era ancora al suo posto. Si lasciò cadere sul divano e allungò i piedi sul tavolo. Accigliata, aprì il libro e portò l'altra mano sul collo. Ririi la fissò e decise di tenerle compagnia: era tanto tenera. Allora si acciambellò sulle sue gambe e chiuse gli occhi.
Nel giro di pochi istanti sentì Gajiru che borbottava e li raggiungeva. Indossava la canottiera viola che usava come pigiama e  sotto aveva solo dei boxer scuri. Rimase in piedi davanti al divano aspettando che lei lo guardasse, ma la cosa non accadde. E forse era un bene, perché era evidente che aveva ragione lei. Ririi lo osservò sogghignando e con il musetto gli indicò il divano.
Gajiru vi si lasciò cadere in malo modo, ma Rebi sembrò non farci caso. O lo ignorava volutamente, oppure davvero non si era accorta della sua presenza, presa com'era da quel libro. Il ragazzo sbuffò annoiato e qualche minuto dopo l'occhio gli cadde su Ririi: si era addormentato sui piedi della compagna, nel giro di pochissimo tempo.
Ghignando, girò il viso e iniziò a baciare la spalla di Rebi, scendendo poi sul braccio e raggiungendo la mano che reggeva il libro. Nessuna reazione. Non voleva nemmeno le coccole. Le abbracciò la vita passando un braccio dietro alla sua schiena, chiudendola in gabbia. Ma lei lo ignorò ancora.
Alla fine decise di sdraiarsi per non perdere la pazienza. Avrebbe avuto bisogno di picchiare Salamander, altrimenti. Appoggiò il viso sul grembo della fidanzata, lasciando un braccio dietro alla sua schiena e uno piegato attorno al suo viso.
L'intento era di aspettarla finché non avesse finito, sollecitandola ogni tanto affinché si muovesse.
Ma le sue gambe erano troppo comode, lei troppo tiepida e la stanchezza della giornata colpì Gajiru come un pugno fulminante di Laxus: si addormentò nel giro di due minuti e il suo ultimo pensiero prima di scivolare nelle braccia di Morfeo fu di chiedere a Rebi se poteva spegnere la lacrima abat-jour di fianco lei.
La ragazza sorrise impercettibilmente quando sentì che il respiro del compagno diventava più lento e regolare e che i suoi muscoli si rilassavano. Percepiva il suo torace alzarsi e abbassarsi ritmicamente. La mano che teneva sul collo scese involontariamente fino ai capelli di Gajiru, che iniziò ad accarezzare.
Fu costretta a chiudere il libro quando sentì le fusa che faceva mentre dormiva. Non Ririi, ma lui, Kurogane, il temibile Drago Nero di Ferro. Nel sonno emetteva un brontolio più simile alle fusa di qualsiasi cosa avesse mai sentito. Era adorabile e per Rebi fu impossibile non sorridere. Con gli occhi appesantiti dal sonno, si chinò e lasciò un tenero bacio sulla fronte del compagno, che borbottò qualcosa.
Poi si rese conto di essere bloccata: aveva Ririi sui piedi e Gajiru sulle gambe. Sospirando, si allungò e sollevò il gatto, che ovviamente non si svegliò. Provò a sgusciare via da sotto il peso del ragazzo, ma questi strinse la presa ancora di più. Lo scosse leggermente e lo sentì mugugnare con irritazione. Aveva il sonno leggerissimo, possibile che iniziasse a dormire pesantemente quando proprio non era il caso?
Alla fine fu costretta a scuoterlo con forza, facendolo svegliare di soprassalto.
- Ohi! - esclamò alzando la testa di scatto, gli occhi socchiusi. - Mmm... Ebi, spegni la luce - farfugliò riappoggiando la testa sulla compagna.
Rebi rise e decise di alzarsi, incurante del compagno appoggiato a lei.
- Ehi - borbottò lui, contrariato.
- Non volevi andare a letto? - chiese a pochi centimetri dal suo viso. – Dai, allora.
- Voglio il bacio della buonanotte - si lamentò ad occhi chiusi.
Sospirando, ma tutto sommato intenerita, Rebi lo baciò dolcemente. E Gajiru si svegliò subito; il sonno era passato in un secondo.
Infilò le dita fra la chioma della compagna, avvicinandola a sé ancora di più.
La sentì staccarsi poco dopo e rese manifesta la sua disapprovazione con un gemito.
- Spegni la luce? Quanto ti ci vuole? - domandò lei con un sorrisetto furbo. Poi lo lasciò da solo e si diresse in camera con Ririi in braccio.
Be, chi la fa l'aspetti, pensò Gajiru mentre si alzava e spegneva la luce.
 
 
MaxBarbie’s
Ok, so che è corto e che non è granché… per nulla. Solo che l’immagine mi piaceva troppissimo! Rboz of course!
E rileggendolo ho… ehm… mi ha fatto venire in mente Grau e Juvia, che ormai sono anche loro una mia otp. Se Mashima mi dà determinati indizi, io lo colgo! Ma PORCA MISERIA io lo strozzo Mashima! Anzi, prima sistema il casino, poi lo strozzo. Sono nera di rabbia, anche se secondo me le cose si sistemano. Ragazze se non sapete cos’è successo nel capitolo inglese, be’, non faccio spoiler, ma è impossibile non saperlo girando per il sito o qualsiasi altro sito. Sono indignata e felice, ma soprattutto stupita e con tanta voglia di picchiare qualcuno. Possibilmente Makarov jii-chan-.-
Anzi, povero nonni, meglio Mashima.
Va be’, buonanotte^^ E grazie mille a tutte le meravigliose creature che leggono e recensiscono la storia*-* E Alle 9 stupende che mi hanno messa fra gli autori preferiti grazie a questa ff. Grazie! *si commuove*
MaxBarbie

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Capitolo 22
*** Una giornata di pioggia ***


Non disponibileUna giornata di pioggia


Rebi si svegliò con l'irrazionale sensazione che fosse tardi. Si sporse per guardare l'orologio, districandosi dal corpo del compagno, e notò che sì, in effetti, era mattina inoltrata. Si sdraiò di nuovo e si strinse al petto di Gajiru, al buio. Poi iniziò a baciarglielo, svegliandolo. Del resto, aveva anche il sonno leggero.
- Di già? - mugugnò, gli occhi ancora chiusi.
- Smettila - sussurrò la ragazza alzando gli occhi al cielo. - Dammi un bel buongiorno dolce.
Sentì Gajiru borbottare e passarsi una mano sul viso, nell'evidente sforzo di tirare fuori un po' di romanticismo così estraneo alla sua persona.
- Buongiorno, piccola - bisbigliò posandole un bacio sulla nuca.
Rebi sorrise raggiante e si strinse a lui ancora di più, mentre questi le accarezzava il braccio e la schiena.
- Piove - annunciò il ragazzo.
Concentrandosi, la sua compagna sentì che effettivamente fuori c'era un acquazzone. Ed era anche per quello che la luce del sole non filtrava dalle tapparelle chiuse.
- Non ho voglia di fare nulla oggi - piagnucolò Rebi seppellendo il viso nel petto del fidanzato.
- Nemmeno io, ma preferisco andare in gilda piuttosto che passare altre due giornate "decido io cosa si fa".
- Non volevo fare quello - borbottò con la voce attutita.
- E allora cosa? - chiese lui accarezzandole i capelli.
- Nulla. Mangiare, stare tutto il giorno in pigiama, leggere...
- Fare attività fisica di un certo tipo - aggiunse ridacchiando e accarezzandole il viso.
- La pioggia stimola la mia creatività - disse lei arrossendo.
Gajiru si sporse per accendere la lacrima abat-jour. Quando notò il rossore sul viso della compagna ghignò maliziosamente, mentre lei apriva ancora di più gli occhioni.
- Voglio scoprire subito come sei artistica, allora - ridacchiò facendo scendere la mano fino al suo fondoschiena.
- No, adesso voglio solo le coccole - rivelò stringendosi al ragazzo come un koala.
La risata di Gajiru fu l'ultima cosa che sentirono prima di perdersi nei loro pensieri.
 
- Che facciamo oggi? - domandò Ririi finendo di mangiare il suo kiwi.
- Pensavamo di stare in casa - rispose Rebi leggendo un libro. Lo teneva con una mano mentre sparecchiava la tavola.
Aveva appena infilato il dito dentro ad una tazza di latte, perché agguantava oggetti a caso.
Gajiru le tolse il dito dalla tazza, glielo pulì e la spinse dolcemente verso il divano, guardandola con amore celato dall'espressione imperturbabile. Ririi ridacchiò mentre la ragazza si sedeva automaticamente sul divano.
- E in casa cosa facciamo?
Rebi non rispose, era definitivamente entrata nel mondo di cui si narrava nel libro. Allora rispose lui: - Non facciamo nulla. Ha detto che passiamo una giornata d'ozio completo.
- Mmh - assentì l'exceed.
Quando ebbero finito di sparecchiare, Rebi si alzò dal divano e andò verso il tavolo della cucina. Si appoggiò con l'addome al bordo e si allungò, sempre leggendo, per prendere un tovagliolo. Sentendo due braccia forti appoggiarsi al tavolo passando di fianco a lei, sobbalzò. E chiuse il libro di scatto, non prima di aver messo il segnalibro, però.
- Hai intenzione di leggere tutto il giorno? - le sussurrò Gajiru all’orecchio con voce roca.
Rebi rabbrividì e si girò, mentre il compagno premeva il corpo contro di lei, i nasi che si sfioravano.
- No. Per lo meno, non ora...
Il ragazzo ghignò e le baciò il mento.
Ririi, seduto di fianco a loro, li osservava intenerito. Almeno finché non iniziarono a baciarsi ansimando. A quel punto distolse lo sguardo e cercò di ignorarli.
Quando, però, Gajiru ringhiò e fece sedere Rebi sul tavolo, sistemandosi fra le sue gambe per abbracciarla meglio, Ririi capì che era il momento di svignarsela. Non aveva senso andare in camera o in bagno, perché il suo sesto senso felino gli diceva che sarebbe stato così tutto il giorno.
Volò fino alla porta d'ingresso e l'aprì, salutandoli: - Vado alla gilda. Ci vediamo questa sera!
Il suo nakama lo guardò e mormorò un assenso, ringraziandolo con lo sguardo.
Ririi sorrise e ammiccò, uscendo in fretta.
Davanti a casa scosse la testa e ridacchiò: quei due erano incorreggibili.
 
- Siamo stati maleducati con Ririi - farfugliò Rebi tracciando disegni astratti sul petto del compagno.
Erano seduti sul divano, con lei in braccio al ragazzo, e stavano riprendendo fiato. Si erano impegnati molto nell'ultima ora e dal tavolo erano finiti sul divano passando per altre due zone delle casa. Insomma, per fortuna Ririi era uscito!
- Perché? - chiese Gajiru, che aveva raggiunto la pace dei sensi. Aveva la testa abbandonata sullo schienale del divano con un braccio sotto alla testa e uno attorno alla vita della compagna.
- Siamo stati spudorati - spiegò lei arrossendo.
- Ci stavamo solo scambiando qualche innocua effusione - ironizzò.
Rebi decise di lasciar perdere: quando era in quello stato voleva solo irritarla. Gli piaceva troppo, perché poi la faceva tacere impegnandole la bocca e facendo in modo che sfogasse la sua rabbia in altri modi.
Rimasero in silenzio per un po', finché Rebi non si alzò per prendere il libro che giaceva ancora sul tavolo. Gajiru si lamentò per il freddo: senza il corpo della compagna a coprirlo era esposto all'aria.
Sospirando, la ragazza tornò addosso al fidanzato e si mise a leggere. Lui la fissava senza quasi battere le palpebre, scrutandola con un'intensità quasi maniacale. Adorava guardarla leggere. Come si sistemava i capelli sovrappensiero, come contraeva la mascella, come spalancava gli occhioni.
Rebi si accorse di quell'attenta analisi solo alcuni minuti dopo, quando arrossì e alzò lo sguardo per vedere se Gajiru l'aveva vista.
Eccome se l'aveva vista! Ghignando, le tolse il volume dalle mani, nonostante la sua riluttanza. Il ragazzo lesse, ma alla fine era solo un casto bacio descritto in termini sdolcinati. Possibile che il suo ebi fosse così romantico?
Facendo una smorfia, chiuse il libro e lo appoggiò sul tavolino mentre lei gonfiava le guance: le aveva tolto il libro e poi aveva silenziosamente criticato quello che leggeva.
- Be'? - chiese, lo sguardo irritato.
- Mh?
- Cosa pensi di fare? - domandò ancora, le guance sempre gonfie e le labbra arricciate.
Gajiru finse di pensarci e iniziò ad accarezzarle la testa, fissandola negli occhi.
Rebi si sentiva quasi a disagio di fronte a quel cremisi vivo che sembrava danzare come un fuoco vero. Ardeva di vita propria.
Stava per rimbrottarlo per ottenere una risposta, ma non ce ne fu bisogno perché venne preceduta dal compagno che avvicinò il viso al suo per baciarla. Ma non era un bacio normale. Era dolcissimo. Uno di quei baci speciali in cui i cinque sensi venivano acuiti oltre il normale, si era consapevoli di tutto e allo stesso tempo il resto non importava. Contavano solo loro due.
Era il bacio più dolce che le avesse mai dato, Rebi lo sapeva, e faceva di tutto per non farlo finire. Non era dettato dagli impulsi passionali, per una volta. Era lento e morbido, ma allo stesso tempo profondo. Gajiru ghignò sentendo la ragazza sospirare di piacere. Quei baci così romantici non dispiacevano nemmeno a lui, perché erano tranquilli e riuscivano ad assaporare ogni millisecondo di quel contatto.
- Volevo fare questo - esordì lui dopo un lasso di tempo che sembrava infinito.
Rebi lo guardò con gli occhioni spalancati e le guance arrossate, emozionata.
Ghignando, Gajiru le passò il libro che aveva appoggiato al tavolino. Ma la ragazza lo rifiutò e continuò ad osservare il compagno, confuso.
Non aveva mai rinunciato ad un libro.
- Che vuoi fare? - domandò allora lui, rivolgendole la stessa domanda che gli aveva fatto.
- Questo... - iniziò, interrompendosi per buttarsi sulle sue labbra.
Era l'opposto del bacio precedente, e Gajiru spalancò gli occhi, sorpreso dall'impeto della compagna.
- Ancora? - chiese staccandosi da lei, ansimante.
- ... no? - replicò lei, offesa dal rifiuto.
- Sì sì! Quando vuoi - rispose ridacchiando. - Ma dove questa volta?
Rebi si guardò intorno sollevando il collo, e mirò alla camera. - A letto. È più romantico e comodo.
Gajiru aggrottò le sopracciglia: - Pensavo che ti fossero piaciute le acrobazie sul divano...
La ragazza arrossì: - Non ho detto che non mi sono piaciute.
Il suo compagno ghignò e la baciò con trasporto, sollevandosi poco dopo per dirigersi in camera, con la fidanzata in braccio e la bocca impegnata.
 
Rebi era placidamente sdraiata sopra Gajiru. La stanza era illuminata solo dalla lacrima abat-jour che aveva acceso per rendere il tutto più suggestivo. Siccome pioveva, nemmeno uno spiraglio di luce entrava dalle finestre.
Dopo alcuni minuti la ragazza sollevò la testa e incrociò le braccia sul petto del compagno. Lui le stava accarezzando una ciocca di capelli, mentre il braccio destro era piegato sotto alla sua testa come sostegno. Fissava il soffitto.
- Avresti mai immaginato, due anni fa, che saremmo finiti così? - domandò Rebi.
Gajiru la guardò negli occhi con amore e si aprì in un ghigno furbo. - Ci speravo. Sapevo che saresti caduta ai miei piedi, ma non pensavo così tanto.
La ragazza ridacchiò. - La tua frase è contraddittoria. O ci speravi o lo sapevi. E penso proprio che sia la prima.
- Senti senti la sapientona. Ricordati che sei solo un ebi - le ricordò lui.
Rebi gonfiò le guance e fece il broncio, ma si vedeva dagli occhi che era divertita.
- E tu? - domandò continuando a massaggiarle i capelli.
- Io cosa?
- Avresti mai detto che saremmo finiti così?
- Così messi, una sopra all'altra, no. Prima di conoscerti ero l'incarnazione della purezza...
Gajiru scoppiò a ridere, attirandosi uno sguardo irritato. - Sì sì, la purezza fatta a persona. Più che purezza, accosterei i termini tenerezza e passione. O posso definirti selvaggia, se vuoi.
Il ragazzo continuò a ridacchiare nel suo tipico modo, mentre Rebi se ne stava in silenzio e lo guardava di sbieco, un sopracciglio aggrottato.
- Hai finito?
- Uuh... - sospirò lui, riprendendo fiato. - Sì. Dicevi?
- Anche io fantasticavo sul fatto che sarei voluta finire con te. Anche così, sì - concluse arrossendo e seppellendo il viso nel petto del compagno.
Gajiru rise piano, spostando il braccio che era sotto alla sua testa per posarlo sulla schiena della ragazza. Tornò a fissare il soffitto riprendendo la sua solita espressione impassibile.
- Ti amo, piccola.
Rebi spalancò gli occhioni e trattenne il fiato, stringendosi ancora di più a lui.
- Quando lo hai capito? - bisbigliò dandogli un'occhiata di sfuggita.
Guardava in alto senza dimostrare nessuna emozione. - Penso che sia stato un crescendo, non so come dirlo. Non so nemmeno quando ho capito di amarti più di tutto. Semplicemente, mi sono reso conto che era una cosa ovvia e naturale come respirare.
- E la molla che ti ha fatto interessare a me?
- Il giorno prima della parata di Phantasia, con il concorso Miss Fairy Tail. Dovevamo sconfiggere Laxus e tu sei stata in grado di sciogliere le rune di Fried. Mi hai... stupito. Eri talmente intelligente e brillante. Non capivo una parola di quello che dicevi, ma eri attraente. Concentratissima. Avevi i capelli legati con la fascetta, ti eri fatta la coda e...
- Ti ricordi tutto questo? - lo interruppe Rebi, sconvolta.
- Sì. Mi hai colpito. Mi sono reso conto del tutto di quello che avevo fatto e di quanto tu fossi l'ultima a meritarlo. Mi sono sentito tremendamente in colpa.
La ragazza gli sorrise, a dimostrazione del fatto che lo capiva.
- E tu? Quando te ne sei accorta?
- Ovviamente quando mi hai difesa da Laxus. Ho visto subito che in te c'era del buono. E poi, durante l'esame per la classe S?
Passarono il resto del pomeriggio a parlare, a ricordare, a scoprire. Parlarono di quando avevano sconfitto Laxus e i Raijinshuu, dell'esame, del Dai Matou Enbu, di tutte le missioni.
Erano diventati da tempo una cosa sola, riuscivano a capirsi al volo, ad indovinare l'uno i pensieri dell'altra, a decifrare i propri stati d'animo. Notavano quando qualcosa non andava, quando gli occhi dimostravano che la felicità che ostentavano non era vera, facevano pace dopo pochi minuti in seguito ad un litigio, finendo inevitabilmente in vasca insieme, o a letto, sul divano, o da qualsiasi altra parte. Ma solo quel giorno avevano rivissuto tutta la loro storia condividendo i loro ricordi. Finalmente avevano letto il prologo di quel libro che era il loro amore. Non ne sapevano la fine, e fino a quel giorno ne avevano ignorato l'inizio.
Quel giorno di pioggia lo avrebbero ricordato per sempre. Perché si fecero una promessa importante e speciale: da quel momento, ogni dì di pioggia avrebbero dovuto ricordare. Rammentare qualcosa del passato, una situazione recente o remota, riguardante il passato di entrambi o di uno solo dei due.
Capendo gli errori del passato si migliora il futuro.
Ricordando si costruisce una vita migliore.
Vedere come il loro amore si era evoluto li avrebbe aiutati ad amarsi ancora di più.
E a dare quell'emozione per scontata.
Un sentimento profondo e radicato non smette mai di crescere. Come una persona non smette mai d'imparare.
Così, Rebi e Gajiru poterono davvero affermare di conoscere l'altro meglio di sé stessi.
 
 
MaxBarbie’s
Ok, dopo il fiume di lacrime di ieri (non scherzo, c’è gente che ha davvero pianto), torno con una cosa super super fluff diabetica sdolcinata ma ehi, WHO CARES cit. FairyLove315. Ahahahahaah Fairy-chan, “who cares” è diventato il mio motto, mi fai morire.
Volete sapere un segreto?
No nd. Max
Non l’ho chiesto a te, taci nd. Barbie
Comunque: questo qui in origine era l’ultimo capitolo della fanfiction. Sì, so che sono un po’ perv entrambi, però… mi sembrava tanto tenero far finire così la storia. Però non è l’ultimo, non ancora xD
Ah sì! Grazie a tutti per le 2000 visite del primo capitolo e le 100 recensioni!!! Mi viene da piangere*-*
Buonanotte a tutti,
MaxBarbie

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Capitolo 23
*** Un nuovo Inizio ***


Non disponibileUn nuovo Inizio


Sto via due giorni, scusa se non ti ho avvisata.
Ririi ti verrà a prendere, ti prego di non preoccuparti.
Ti amo,
Gajiru
 
Levy continuava a stringere quel biglietto fra le mani, le sopracciglia aggrottate. L’aveva trovato poco tempo prima sul cuscino del compagno, quando si era svegliata e non aveva sentito il suo calore sulla pelle. All'inizio era andata nel panico e aveva dovuto respirare profondamente per non urlare, lanciare oggetti o piangere. Aveva analizzato il foglietto a fondo e aveva capito che Gajiru stava tramando qualcosa di grosso. Non l'avrebbe mai lasciata sola senza un motivo preciso. Non era come quella volta in cui, all'inizio della loro relazione, lui se n'era andato senza lasciare traccia. Ora Rebi aveva un riferimento temporale e, più importante di tutto, aveva un "ti amo". Doveva averlo scritto apposta per calmarla e farla distrarre. Ogni volta che il suo fidanzato le sussurrava quelle due semplici parole, raramente in realtà, gongolava per ore, persa nel suo mondo.
Nulla poté impedirle di sbuffare, comunque. Il giorno prima avevano festeggiato la vittoria di Fairy Tail nel più tenero dei modi. Gajiru non era mai stato così dolce e romantico, Rebi avrebbe voluto piangere di gioia. E ora era sola.
 Si alzò calciando rabbiosamente le coperte e infilandosi un maglione pesante del compagno: aveva il suo odore. Andò in cucina e si preparò delle uova, sorridendo per quello che rappresentavano in codice. Andò a mangiare sul divano immergendosi nella lettura. Se fosse andata alla gilda sarebbe stata sommersa di domande a cui non avrebbe potuto rispondere. Era meglio rimanere a casa e distrarsi con un libro, cercando di non congetturare o rimuginare sulla situazione.
 
- Rebi, svegliati. Rebi! - urlò Ririi scuotendo la ragazza.
- Ancora cinque minuti, Amore - mugugnò lei grattandosi la nuca.
Il gatto sbuffò. - Non sono Gajiru! Lui ti sta aspettando, comunque! È quasi ora di pranzo!
- Gajiru! - esclamò Rebi alzandosi di scatto e scendendo dal letto.
Ririi fu sommerso dalle lenzuola e riuscì a liberarsene nel momento esatto in cui la giovane chiuse la porta del bagno. Scosse la testa e ridacchiò: i suoi nakama erano un caso perso.
Rebi uscì dal bagno e corse verso l'exceed, prendendolo in braccio. - Che avete combinato voi due? - domandò  con una nota di rimprovero nella voce.
Sorrise malinconicamente. - Magari se ti vesti ti porto a scoprirlo.
Qualcosa non andava, lo aveva capito. Annuì in silenzio e aprì l'armadio mentre Ririi usciva per concederle un po' di privacy. Erano due giorni che non lo vedeva. Che non li vedeva.
La ragazza uscì poco dopo indossando un vestitino leggero rosa. L'estate era ancora all'inizio e qualche pungente brezza primaverile si faceva sentire ogni tanto, ma non quel giorno. In bagno si lavò viso e denti e si aggiustò la fascetta nera con il fiore bianco e rosa che si abbinava perfettamente al vestito. Senza nemmeno fare colazione  o pranzare, vista l'ora, prese  Ririi in braccio e corse fuori di casa: due giorni erano un'eternità quando erano separati.
 
Ririi la portò in volo fino alle rovine del primo Face, quello distrutto da Wendy. In poche settimane il posto era stato ripulito ed era stato eretto un monumento gigantesco proprio dove prima sorgeva l'inquietante colonna dal viso umano capace di eliminare la magia dal mondo. Era una statua larghissima e alta quanto Face, ma decisamente meno inquietante: erano raffigurati i draghi. Skiadrum, che sogghignava giocosamente, Weisslogia che sorrideva con occhi furbi, Grandine, il cui sguardo amorevole la rendeva la preferita dei bambini, Metallikana con il mento alto, superiore agli altri, ma degli occhi gentili e divertiti. E al centro, in mezzo ai quattro draghi, c'era Igneel, eretto sulle zampe posteriori con le ali spalancate. Si ergeva sopra ai suoi compagni e sorrideva ammiccando.
Quel luogo sarebbe diventato meta di pellegrinaggio annuale nel giorno dedicato alla celebrazione della memoria dei draghi. Natsu, Wendy e Gajiru ci avevano fatto ritorno molte volte, per poter rivedere, seppure come statue, i volti dei loro genitori.
Quando Ririi atterrò, ormai nel tardo pomeriggio, rimase accanto a Rebi a fissare la schiena del loro nakama. Gajiru era in piedi di fronte a Metallikana, un puntino in lontananza. La ragazza non sapeva se lui li aveva sentiti arrivare. Del resto, erano davvero lontani.
Ririi si schiarì la voce: - Io vado a farmi un giro, vi lascio soli.
Un glaciale terrore si impossessò di Rebi, facendole attorcigliare lo stomaco. Qualcosa non andava. Si diresse lentamente, quasi senza rendersene conto, verso il suo compagno. Una leggera brezza le scosse la gonna del vestitino rosa. Aveva un corpetto stretto con delle bretelline sottili sulle spalle e una gonnellina morbida che le lasciava ampia libertà di movimento. Le arrivava sopra al ginocchio.
Quando arrivò in prossimità del monumento e i suoi occhi misero a fuoco la figura davanti ed esso, si bloccò: non era Gajiru, era Rogue quello di spalle.  Era impossibile che fosse il suo compagno. Percependola, o magari udendo il gemito rassegnato di Rebi, il ragazzo si girò.
La giovane maga strabuzzò gli occhioni, sconvolta. Era Gajiru, certo, ma era diverso. Senza riflettere iniziò a correre verso di lui, che in risposta spalancò le braccia per accoglierla. Lo raggiunse e gli si lanciò letteralmente addosso, ringraziando il fatto che fosse così grande e forte; altrimenti sarebbero di sicuro caduti. Sospirò di gioia quando sentì le sue braccia muscolose  circondarla e accarezzarle la schiena. Gajiru la sollevò leggermente e affondò il viso nei suoi capelli, respirandone l'odore familiare. Non servivano parole dopo tutto quel tempo. Rebi lo baciò con forza e dolcezza allo stesso tempo, stringendolo forte.
Quando Gajiru la posò a terra, la mano di Rebi corse subito ai suoi capelli. O meglio, a quello che ne restava. Ecco perché non lo aveva riconosciuto di spalle: si era tagliato i capelli. Glieli accarezzò provando un miscuglio di sensazioni nuove. Era strano percepire l'aria sulle dita, prive della protezione della sua chioma. Le solleticavano la mano con le punte acuminate. Però le piacevano. Lo rendevano più affascinante e aggressivo, forse. Ma le mancava anche la chioma lunga e selvaggia, quella che solo lei aveva potuto toccare.
- Come mai questo cambio di look? - domandò sorridendo. Gli aveva appoggiato una mano sulla spalla per alzarsi sulle punte dei piedi ed accarezzargli meglio i capelli.
Gajiru le regalò uno dei suoi sorrisi sghembi simili ad un ghigno. Dei ciuffetti laterali simili a quelli della sua dolce metà ondeggiarono nella brezza. - È un taglio più mascolino -  spiegò con una voce roca che fece rabbrividire Rebi. Si chinò verso di lei e sfregò il naso contro il suo, in un impeto di dolcezza. - E poi -, aggiunse staccandosi e accarezzandole con una mano i capelli, - ora ci sono i tuoi che sono diventati lunghi.
Era vero. Negli ultimi mesi la chioma di Rebi si era allungata parecchio. Non tanto quanto quella di Gajiru, ma abbastanza da arrivarle a metà schiena. La ragazza sorrise anche se sapeva che qualcosa non andava. Il suo compagno adorava i suoi capelli, specialmente per quello che rappresentavano. Non li avrebbe mai tagliati per capriccio. Sorvolò e lo strinse forte baciandolo con trasporto, mentre lui ghignava a contatto con quelle labbra. Gli erano mancate terribilmente.
Continuarono a baciarsi teneramente per istanti interminabili, immersi in quel tramonto meraviglioso che tingeva le nuvole di strani riflessi gialli, arancioni e ocra. Le nubi più alte, colpite dai riflessi luminescenti del sole, sembravano piccoli fiorellini su un prato azzurro e liquido. Rebi si rese conto che quello era il bacio più romantico che si fossero mai dati, immersi nel silenzio di un'atmosfera elettrica e rassicurante.
- Ti va di fare una passeggiata? - propose Gajiru quando si separarono.
Ne avrebbe approfittato per fargli rivelare cosa non andava. - Certo.
Il braccio del ragazzo lentamente abbandonò i suoi fianchi, prendendole la mano senza guardarla. Fissava il cielo senza preoccuparsi di dove stesse andando.
Il rumore dei loro passi sul terreno brullo e arido era l'unico rumore udibile attorno a loro. Dopo alcuni minuti Gajiru si decise a parlare.
- Scusa per averti abbandonata, di nuovo. Non ho rotto la promessa però: non sono andato in missione. Sono stato un po' qui per... meditare. Ricordare. E decidere.
Rebi non lo guardava, ma lui sapeva di avere la sua più completa attenzione. Poche settimane prima, lì, in quel posto, avevano sconfitto Tartaros. E i draghi avevano abbandonato per sempre i corpi dei Dragon Slayers... e Heartland. I figli avevano detto addio ai genitori dopo essersi ritrovati insieme per un brevissimo tempo.
- Ho ritrovato Metallikana. Anzi, l'ho rivisto. Non abbiamo avuto tutto questo gran dialogo... - disse con voce rotta. 
Rebi alzò la testa di scatto, giusto in tempo per vedere che si asciugava di sfuggita una lacrima. E si rese conto che aveva pianto anche prima che arrivasse lei. Probabilmente lo aveva fatto a lungo, magari tutto il giorno precedente. Si sentì un'insensibile per non essergli stata più vicino. Era suo padre che se n'era andato, e questa volta non lo avrebbe mai più rivisto. Rebi gli strinse forte la mano cercando di trasmettergli tutto l'amore che provava con quel piccolo gesto.
Gajiru respirò e le labbra gli si incresparono in un piccolo sorriso sghembo, una miniatura del solito ghigno. Aveva ripreso il controllo di sé stesso. - Comunque ho avuto tempo per riflettere. Le uniche cose che Metallikana mi ha detto riguardavano il mio sguardo. Erano critiche, le hai sentite anche tu. Ma prima di andarsene definitivamente mi ha parlato telepaticamente. Mi ha detto che sono cambiato in meglio. E che il mio sguardo è una finestra sul futuro. Ha anche detto che ho buon gusto in fatto di ragazze - aggiunse ridacchiando.
Rebi lo guardò sorpresa e arrossì. - Come fa a...?
- Be', ha vissuto dentro di me. Suppongo che certe cose le sappia.
La ragazza appoggiò la testa sul suo braccio, contenta. - È stato dolce. Avrei voluto conoscerlo meglio.
- Già... è stato lui a dirmi di tagliarmi i capelli.
Rebi si scostò e si fermò per poterlo guardare in volto. - Cosa?
- Ti ricordi quando ti ho spiegato perché me li sono fatti crescere così tanto?
- Sì. Hai detto che non li tagliavi da quando era scomparso tuo padre. Che rappresentavano lo scorrere del tempo. E che...
La giovane si bloccò, realizzando il resto.
- E che li avrei tagliati una volta che lo avessi rivisto. Per ricominciare. Non l'ho forse ritrovato?
- Sì, ma eri affezionato ai tuoi capelli. Hai detto che forse li avresti lasciati lunghi.
- Già. Però ora comincio una nuova vita. Da oggi non li taglierò più. Scandiranno lo scorrere del tempo passato con te. Ma non in attesa di ritrovarti. Cresceranno come... be', sì... come noi - concluse grattandosi la nuca. Stava per dire "come il nostro amore", ma si era morso la lingua in tempo. Era troppo dolce quella frase, non era da lui.
Anche se quella era una giornata speciale e poteva permettersi tutto.
- Siamo insieme già da più di due anni, Gajiru - ridacchiò Rebi.
Il ragazzo le sorrise con dolcezza e malinconia, facendole perdere qualche battito cardiaco. Si inginocchiò lentamente e tirò fuori dalla tasca una scatolina di metallo che probabilmente, anzi, sicuramente aveva fatto lui. Iniziò a sudare, emozionato, mentre Rebi fissava alternativamente lui e la scatolina, senza quasi respirare. Gajiru rivelò il tesoro che il metallo conteneva: un anello in acciaio con un diamante incastonato. Realizzare quel piccolo e sottile cerchio non era stato facile, e per l'incastonatura era dovuto andare da un gioielliere. Era un solitario alternativo, semplice ed elegante, originale e sfavillante, come Rebi.
Si schiarì la voce, rosso in viso, fissandola negli occhi. - So che non è il massimo del romanticismo. Però c'è il tramonto. C'è il nostro passato qui. E spero di farmi perdonare con ciò che il mio gesto rappresenta. Il mio cuore è come questa scatola di metallo: rozzo, duro, impenetrabile. Ma dentro c'è un sentimento, che tu hai fatto nascere, e che brilla come questo diamante.
Una lacrima silenziosa scese sulla guancia di una Rebi emozionata. Non poteva crederci. In pochi minuti si sarebbe svegliata a casa, nel suo letto, stretta a Gajiru, con la sua chioma lunga e ribelle a sfiorargli il viso, ne era certa.
- Ebi... Anzi, no, solo per oggi mi vedrai così, ok? Quindi  non abituartici - farfugliò irritato con sé stesso. - Rebi McGarden, vuoi sposarmi?
La diretta interessata fissò quegli occhi carmini che ardevano come le fiamme di Natsu, custodi dell'amore che provava per lei. E solo allora capì quanto gli fosse costato il taglio di capelli. Un gesto tanto radicale quanto simbolico, di cieca devozione per lei. I suoi capelli erano sacri, e li aveva profanati per iniziare a contare i giorni passati insieme.
Le lacrime scendevano senza posa lungo il morbido profilo del suo viso, libere e leggere.
- Sì - bisbigliò porgendogli la mano sinistra.
Gajiru espirò e ghignò, come se avesse nutrito dei dubbi riguardo ai sentimenti di Rebi.
Appena sentì il freddo metallo infilarsi perfettamente nel suo anulare, la ragazza baciò di slancio il fidanzato ufficiale, facendo rotolare entrambi sulla terra. Ridacchiarono spensierati affidando i loro ricordi alle nubi sgargianti di ocra e giallo.
- Vorrei che questa giornata non finisse mai - bisbigliò Rebi baciandolo.
Gajiru ghignò. - Ora ho chiuso con il romanticismo per un bel pezzo, Ebi. Preparati.
- Non rovinare questo momento - si lamentò lei dandogli una pacca sulla spalla. - Baka.
- Ti amo, piccola.
Appoggiò il naso a quello di lei mescolando i loro respiri e chiudendo gli occhi.
- Ti amo anche io.
Un sussurro.
Una lacrima.
Un sorriso.
Un bacio.
Una promessa.
Un amore eterno.
 
FINE

 
 
MaxBarbie’s
Sì, scusatemi per il ritardo. Avevo troppo sonno ieri, la scuola è una nemica da distruggere dato che distrugge me prima di tutto. Io SO che qualcuno mi vuole uccidere. Lo SO. Ahahahaha^^ Tipo FairyLove315 che ha detto che devo averla sulla coscienza. Be’, scusatemi, ma le note dell’autrice (che parolone) le faccio belle lunghe questa volta.
 
Dal profondo del mio kokoro. Grazie. Grazie alle 31 persone che hanno messo questa ff, il mio primo esperimento di scrittura, fra le preferite. Grazie alle 32 che l’hanno inserita fra le seguite e alle 6 che l’hanno ricordata^^
Grazie alle shipper ossessionate che hanno sempre recensito più o meno regolarmente: EbiBeatrizP, Alechan86, FairyLove315, Elelali_chan, LadyAstral, Veroniksca, Lalla_fairy_pole, Girl Pumpkin, CsItaly, Bluesun, Misschan, C63,Tenny93 e Celty23.
E un bacio, non un grazie, un megabacio alle 11 strepitose che mi hanno messa come scrittrice preferita solo e unicamente grazie a questo agglomerato di fluff. Non vi elenco per non essere noiosa, ma siete 11 personcine che porterò sempre nel cuore per la forza che mi hanno dato. Questa ff è vostra^^
23 capitoli, 22 settimane di aggiornamenti, letture e recensioni. Quest’avventura è iniziata il 10 settembre, per puro caso addirittura.
Quindi grazie. Continuate a sognare di questa splendida coppia e della loro vita insieme.
 
Per quanto mi riguarda, ho un’ultima piccola sorpresa per lunedì prossimo. Una cosa piccina piccina. Quindi continuate a seguirmi ancora un pochino.
E ricordate che una fine è un nuovo inizio.
THE E.N.D. O.O Ahahaha no… cioè, il protagonista è Gajeel xD

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Capitolo 24
*** Ceretta ***


Ed ora… la SORPRESA!! Rullo di tamburi prego! No, non servono.
La storia non è finita!! ATTENZIONE MEGASPOILER! NON LEGGETE QUESTA RIGA SE NON SIETE AL PASSO CON LE SCAN! Diciamo che, visto che l'avevo finita in concomitanza con lo scioglimento di FT, e ora FT è mezza riformata, come potevo io concludere? Ahahahaha ora mi volete uccidere, lo so. Vi prego, lasciatemi spiegare altrimenti non posso postare. Non era uno scherzo strano, era semplicemente la fine che avevo precedentemente immaginato. A di re il vero, la fine sarebbe dovuta essere due capitoli fa, ma l’immagine scorsa era troppo perfetta. Quindi ho deciso che sarebbe stata l’ultima. Però il mio Ebi, EbiBeatrizP, mi ha fornito due prompt aggiuntivi. E a me è venuta in mente una cosuccia: perché non continuare questa storia che amo davvero tanto, essendo la mia prima ff, chiedendo a coloro che l’hanno apprezzata e tuttora lo fanno di fornirmi un prompt o un’immagine? Quindi da adesso la storia la fate voi!!
Mi date un’immagine che vi è piaciuta o un argomento, e io ci lavoro sopra postando il capitolo^^ Non garantisco per l’immagine, perché mi deve ispirare… Però darò il massimo^^ Sotto il titolo metterò chi ha fornito l’idea. Poi ho anche tre o quattro capitoli miei, nel senso che il prompt me lo sono fornito da sola ahahah. Sto chiacchierando troppo oggi, scusate^^” Solo che sono felice*-* Ok stop ahaha. Ringrazio di cuore tutti, so che lo faccio sempre, ma vi sono davvero, davvero grata perché scrivere è un piacere per me e sapere che il mio lavoricchio viene apprezzato non ha prezzo… con Master Card.
Sì… facciamo che vi lascio leggere e mi seppellisco ahahah^^
 
Niente immagine questa sera!
Ah sì, ultima cosa! I capitoli da qui in poi vedono Gajiru e Rebi sposati. Insomma, sono già marito e moglie^^ Il matrimonio non l’ho descritto, magari lo farò in una os in futuro, per ora no^^
 
Ceretta
[Prompt fornito da EbiBeatrizP]


Gajiru, stravaccato sul divano intento a sfogliare un giornale di bulloni e attrezzi metallici dall'aspetto invitante, sentì la porta del bagno aprirsi e dei passi leggeri e veloci dirigersi in camera.
Quando udì la porta chiudersi, il ragazzo si alzò per andare alla toilette, lasciando Ririi a dormire da solo sul divano. Rebi aveva detto che doveva fare alcuni lavori e per questo aveva bisogno del bagno. Ma c’era rimasta un'ora! Un'ora! Sospirando, mise piede nella stanza e... si bloccò.
Non riusciva più a capire dov'era il pavimento. Era sommerso da pezzi di carta rettangolari con delle spennellate di rosa. Perplesso, aggrottò le sopracciglia e si chinò per raccoglierne uno... che gli rimase appiccicato alle dita.
- Ma che accidenti…! - imprecò a mezza voce.
Che diavolo stava combinando la sua compagna? Girandosi vide anche una pinzetta sul lavandino e una cosa bianca e lunga. Aveva visto Rebi che la comprava qualche giorno prima, ma l'aveva subito nascosta per non fargliela vedere. Che cavolo era?
Staccandosi il foglietto dalle mani, che non era di carta bensì di uno strano materiale, afferrò quel tubo allungato e piatto su due lati. Lo annusò: aveva l'odore delle dita di lei e di... cera? Gajiru sembrava una scimmia che trovava un oggetto misterioso e allora iniziava ad assaggiarlo e maneggiarlo per scoprire se gli poteva tornare utile. Infatti, sempre più curioso, tolse il tappo di quell'aggeggio e si accorse che era tiepido. Sulla sommità era sporco di una sostanza rosa e lucida. Ci stava capendo sempre meno.
Gajiru allungò un dito e toccò il fluido: era colloso e appiccicoso, caldo, maleodorante e decisamente viscido. Grugnendo, lo appoggiò subito al suo posto e pestò erroneamente un altro foglietto bianco e rosa. Che la sostanza sui foglietti fosse la stessa dell'attrezzo mistico? Cosa stava facendo Rebi con quella roba, in bagno? Découpage? Chinandosi per staccarsi il rettangolino dal piede nudo, si rese conto di averne uno spiaccicato sulla gamba. Quella sera indossava solo dei pantaloncini e una canottiera perché il camino acceso scaldava tutto l'ambiente. Probabilmente quel coso strano gli si era attaccato addosso mentre se lo levava dal dito. Gajiru appoggiò una mano sul bancone del bagno, proprio sopra ad un'altra di quelle strisce. Si stava innervosendo.
Imprecò e con la mano libera buttò il cartoncino in aria, gettandolo lontano. Peccato che fosse troppo leggero, così finì semplicemente per cambiare rotta e appiccicarsi alla sua fronte. Preso alla provvista, il ragazzo cadde.
- Gajiru! - sentì pochi secondi dopo, insieme ai piccoli passi di prima.
Rebi uscì di corsa dalla camera e si fiondò in bagno in mutande, spaventata per il tonfo che aveva sentito.
- Tutto be... che?! - esclamò sbalordita.
La scena che le si presentava davanti era una delle più insolite mai viste: il suo compagno era seduto per terra con una striscia depilatoria in fronte e quattro sparse su gambe, busto e braccia.
Rebi scoppiò a ridere mentre Gajiru la fulminava con lo sguardo, indispettito. Si rialzò e si strappò con rabbia i cartoncini, esclamando di dolore. Poi li appiccicò fra loro, insieme a quelli sparsi, li appallottolò e li buttò nel bidone del bagno. Infine si lavò le mani.
- Questa robaccia non va via! - ringhiò esasperato.
La ragazza rise ancora di più, attaccandosi allo stipite della porta. Adorava vederla ridere, specialmente se era lui che le provocava il buonumore. Diventava ancora più bella del solito. Ma vederla ridere di lui non era poi così piacevole.
- Ebi - sibilò. - Si può sapere che cavolo stavi facendo?
- Mi stavo facendo la ceretta - disse riprendendo fiato.
- La che?!
Gajiru aggrottò le sopracciglia, perplesso.
- La ceretta! È questo che faccio quando vado dall'estetista!
- Ma non andavi lì per farti bella? - domandò grattandosi la testa, ritrovandosi con alcuni capelli corti appiccicati alla mano.
Iniziò a ringhiare sommessamente e Rebi gli si avvicinò ridacchiando, dandogli una mano a liberarsi.
- Mi faccio bella, sì, nel senso che mi tolgo i peli, mi sistemo le sopracciglia e cose così.
- Ecco perché sei sempre senza peli. Pensavo fosse una caratteristica femminile.
Rebi rise ancora, baciandogli una guancia.
- E perché te la stai facendo tu la cereppa?
- Ceretta. Perché sono piena di peli e non ho tempo di andare dall'estetista. E poi volevo provare a farmela da sola - rivelò arrossendo per chissà quale motivo.
- Ah, bene.
- Insomma. È difficile e ho lasciato i peli a chiazze. Inoltre ho paura di tirare e quindi non viene via nulla.
- Eh? - grugnì Gajiru. Non aveva capito molto.
Rebi sospirò. - Guarda.
Con calma, la ragazza gli mostrò come si faceva la ceretta. Prese il rullo con la cera e se lo passò sulla coscia; poi afferrò una striscia depilatoria pulita e la schiacciò bene sopra la cera.
- Ecco, ora devo prendere il lembo e... ah!
L'urletto di dolore proprio non aveva potuto trattenerlo: Gajiru le aveva strappato brutalmente il cartoncino dalla gamba.
- Guarda che fa male! - esclamò la ragazza, risentita.
- Ah, scusa.
- Ehi, però sono venuti via tutti. Wow! Non ce n'è nemmeno uno! Gajiru - cantilenò aggrappandosi al collo del compagno. - Mi fai la ceretta?
Il ragazzo tossì, rischiando di soffocarsi con la sua stessa saliva. - Non ne ho voglia - borbottò.
- Ma non vorresti accarezzare le mie gambe lisce, questa sera? - gli sussurrò maliziosa all'orecchio.
Gajiru farfugliò improperi e parolacce, mentre Rebi rideva e si sedeva per terra.
Il ragazzo aveva un futuro da estetista: era veloce, pulito, pratico ed efficiente. Non lasciava nemmeno un pelo perché tirava con forza, non sporcava ed era concentratissimo.
- Fatto - mormorò.
- No. Manca il retro della gamba - avvisò Rebi sdraiandosi prona.
Gajiru sbuffò, ma poi decise di prendersi almeno una ricompensa. Morse una natica della compagna, che urlò spaventata, e poi le massaggiò entrambi i glutei.
- Ma che fai? - domandò, paonazza.
- Trattamento pre-ceretta. Anzi... Mi pare che tu ti debba anche sgambare l'inguine... o sbaglio? - chiese con malizia.
- Non ci pensare nemmeno! - lo avvisò Rebi.
Il ragazzo ridacchiò e le passò la cera su una chiappa. - Oh sì. Anzi, agisco e basta. Dobbiamo potare.
- Non si pota proprio nulla! Ci pensa l'estetista la prossima volta. È una cosa delicata - disse lei cercando di farlo desistere. Tentativo inutile.
- Non sono idiota, Ebi!
Rimasero in silenzio finché non ebbe finito e la ragazza fu completamente priva di peli.
- Forza. Inguine. Mi hai chiesto di farti la ceretta? Ecco, bene. Se non me lo chiedevi io non facevo nulla.
Rebi farfugliò frasi sconnesse, imbarazzata.
- Su, dai. Ti prometto che dopo cena ci divertiamo. E, prima di quello, ti lascio leggere in pace. E lavo io i piatti!
La giovane sospirò, preparandosi a cedere. In fondo, si trattava solo di sgambare un po' la zona.
- Dai, leva via tutta quella stoffa - esordì lui con fare professionale.
- Non serve toglierle - lo avvisò.
- Ma viene meglio se...
- No, le tengo così almeno hai la misura. Guarda te cosa mi tocca fare... - borbottò chiudendo gli occhi e aspettando che la tortura finisse.
 
Alla fine si era rivelata solo una scusa per attaccarla quando era più vulnerabile. Gajiru le aveva fatto la ceretta all'inguine, ma solo dopo averla fatta... muovere un po'.
- La prossima volta vado dall'estetista. Non me la farò mai più da sola - brontolò infilandosi in vasca per togliere i residui di cera.
- Tu non sei proprio in grado di fartela, ma se ti serve io sono bravo anche in questo - disse il ragazzo, ghignando soddisfatto.
- Te lo scordi. Finirà come oggi e ci ritroveremo entrambi pieni di cera in punti strani del corpo.
- Già, ho ancora male alla chiappa per colpa di quella maledetta striscia  che mi si è attaccata - mugugnò Gajiru, impassibile come sempre.
- Poverino! Cosa dovrei dire io? - lo fulminò Rebi.
- Tu sei abituata.
- Fa comunque male. Non sono nata con la propensione ad apprezzare la ceretta solo perché sono donna.
- Sì, ok, va bene. Ah, devo togliermi anche io la cera. Senti, io ti ho fatto la ceretta, ora tocca a te farmi un favore.
La ragazza ebbe un pessimo presentimento. Chiuse il getto dell'acqua e fissò il compagno, che la sovrastava con uno sguardo poco rassicurante.
- Cioè?
- Toglimi la cera - ordinò spogliandosi e infilandosi in vasca.
Rebi sospirò. - Perché finiamo sempre qui insieme, io e te?
- Perché sei un ebi, vivi in acqua! - spiegò ridacchiando e scompigliandole i capelli. - Forza, ho bisogno di una lavatina.
La ragazza riaprì il getto dell'acqua e lo indirizzò sulla faccia del compagno. Vedendo la sua espressione sconvolta e il viso gocciolante, si mise a ridere e uscì di corsa dalla vasca. Accertatasi che Ririi dormisse, si fiondò in camera e Gajiru sentì la sua risata anche dopo che ebbe chiuso la porta.
Un sorriso piccolo piccolo gli increspò le labbra quando si rese conto di come lei lo aveva cambiato. Lui, Kurogane, alle prese con la ceretta? Chi se lo sarebbe mai immaginato?
Però aveva scoperto un'arma molto originale da usare contro Salamander.
Inoltre, era stato con Rebi e aveva guadagnato una serata movimentata. Non che di solito le altre non lo fossero, ma era bello comunque saperlo.
Sì, fare la ceretta gli piaceva davvero tanto.
 
 
MaxBarbie’s
Ahahahaha Gajiru che fa la ceretta muoio da sola! Pannocchietta mia, sei un mito*-* Ho riso quando me lo ha detto, scriverlo è stato ancora più divertente. Allora, dicevo, loro sono già sposati. Poi dovevo dire altre cose, ma ne ho talmente tante da dire che non le ricordo. Che testa bacata che ho-.-
Felici che continui la storia?^^ Possiamo considerarlo un nuovo inizio, no? Oddio o.o Gajiru però dovrebbe avere i capelli corti! Be’, io me lo immagino sempre con i capelli lunghi, anche se ce li ha corti, voi fate come volete.
Ah sì! Ahahah ce l'ho^^ Ceretta perché, be', dai magaka maschietti: i peli ce li hanno anche le ragazze. Non siamo tutte prive di peli come nei vostri manga! Porca miseria! La rivolta dei peli! Ok basta^^"
Ora vado, buonanotte a tutti e… a lunedì prossimo ;)
MaxBarbie
 

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Capitolo 25
*** Lotta ***


Non disponibileLotta
[Prompt e immagine forniti da EbiBeatrizP]


- Che bello! Finalmente posso venire anche io con voi! - squittì Rebi trotterellando di fianco al compagno.
Gajiru sbuffò: era dalla sera prima, quando aveva detto che la ragazza poteva seguire lui e Ririi per allenarsi, che lanciava urletti eccitati. - Guarda che non è la prima volta che vieni - le fece notare in tono neutro, quasi seccato.
- Ma l'altra volta ero obbligata perché era la tua giornata. Oggi invece vengo spontaneamente e solo per guardare. A parte quella volta, non mi hai mai permesso di assistere - disse gonfiando leggermente le guance per lo sconforto.
- Non è niente di speciale - ribatté Ririi, accelerando l'andatura per stare al loro passo in mezzo alle radici e alle felci che crescevano sul sentierino erboso e umido. Si stavano inoltrando nel bosco per distruggere qualche albero, nella peggiore delle ipotesi, al posto degli edifici. - Siamo solo noi due che combattiamo. Io con la katana o la sciabola, e lui respingendo i miei attacchi con... be', quello che vuole. A volte cerca di migliorare l'uso di un'arma specifica usandola per tutto l'allenamento, senza mai cambiarla. Altre volte stimola la creatività e la reazione tempestiva nello scontro, cambiando il maggior numero di strumenti nel minor tempo possibile.
Rebi lo fissava con interesse, incuriosita dalle tecniche di allenamento dei nakama. Purtroppo l'ultima e unica volta che li aveva visti aveva letto tutto il tempo. Invece quel giorno li avrebbe osservati attentamente.
- Nulla di particolare - bofonchiò Gajiru. Era un po' a disagio all'idea di mostrarsi a qualcuno durante l'allenamento. Non lo aveva mai visto nessuno e, anche se Rebi era Rebi, sua moglie, gli faceva uno strano effetto sapere che era là.
Continuarono il tragitto in silenzio, ascoltando il rumore degli aghi di pino schiacciati dalle loro scarpe, le carezze del vento sulle foglie e i sussurri che si lanciavano i piccoli abitanti di quel pezzettino di natura.
- Eccoci - esordì Gajiru.
Era un semplice spiazzo di erba verde, con grossi rami e tronchi d'albero caduti che delimitavano la zona circostante. Si aveva una bellissima prospettiva del cielo sereno, che di notte doveva essere meraviglioso. Il ragazzo si tolse la maglia e rimase in stivali e pantaloni.
- Stai attenta, tieniti sul margine - ordinò a Rebi passandole l'indumento.
Ririi ghignò e si mise al centro della radura: - Non ci andrò piano solo perché così puoi fare una bella figura con la tua donna - avvisò trasformandosi.
Gajiru gli restituì il sorriso ferino, eccitato per la battaglia imminente: - Non te l'ho mai chiesto.
 
Un po' di tempo dopo Rebi si avviò al centro della radura con due bottigliette d'acqua in mano. Si sedette fra i due nakama che fissavano il cielo ansimando, accaldati e sudati. Porse una bottiglia a ciascuno e  si sdraiò a sua volta.
- Sei già stufo, gatto? - chiese Gajiru. Dal tono di voce si sentiva che era divertito.
- Io no, sei tu che ti sei sdraiato - replicò Ririi.
Rebi ridacchiò piano, stringendo la mano che il suo compagno stava allungando. - Perché non ci alleniamo io e te ora? - sussurrò.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. - Come l'altra volta?
- No, seriamente.
- Ehm... ok.
Si alzò e tese una mano alla consorte per aiutarla a mettersi in piedi. Ririi li imitò e si trasformò nella versione di Earthland, quella piccola. - Ci sarà da ridere - scherzò dirigendosi verso il limite del bosco.
- Non ho pietà in combattimento - esordì Gajiru parandosi davanti a lei, estremamente serio.
Rebi abbassò lo sguardo, pentita della proposta fatta. - Non la voglio. Sono pur sempre una maga di Fairy Tail.
Il ragazzò ghignò e si leccò le labbra. - Bene allora, cominciamo.
Immediatamente utilizzò il Tetsuryūken (Clava del Drago di Ferro), trasformando il suo braccio in una clava di metallo. La allungò di colpo per colpire Rebi, ma questa fu più veloce e si scansò per un soffio.
- Solid Script: Hole! - gridò disegnando la parola "buco" e scagliandola ai piedi del compagno.
Gajiru era preparatissimo e non ci mise nemmeno un secondo a saltare lateralmente, ghignando per la vittoria. Aprì la bocca per provocarla prendendola in giro, ma si sentì impercettibilmente sprofondare. Abbassò lo sguardo e notò che il manto erboso sembrava ripiegarsi su se stesso, trascinando lui giù: sabbie mobili. Nel breve lasso di tempo impiegato da Gajiru per schivare il buco, Rebi aveva lanciato il vero attacco, le sabbie mobili. Il primo era stato solo un diversivo.
La ragazza saltellò trionfante, evitando solo all'ultimo un kunai diretto al suo polpaccio. Gajiru la guardava ghignando: aveva vinto la prima battaglia, non la guerra.
- D'accordo Ebi, facciamo sul serio - disse trasformando il braccio in un arpione che attaccò al ramo di un albero. - Non ci vado piano.
- Lo hai detto anche prima di cadere in trappola - lo stuzzicò lei.
Gajiru ridacchiò. Questa volta sarebbe stato pronto.
 
- Quanto ci metti ad aprire una porta? - si lamentò Rebi.
Era appollaiata sulla schiena del suo compagno, stufa dopo l'allenamento. Aveva dato fondo a tutte le sue forze, restando quasi senza energia magica. Gajiru stava meglio ovviamente, ma anche lui era intorpidito.
- Ebi, vorrei vedere te a sorreggere un macigno con una mano e aprire la porta con l'altra - sbuffò il ragazzo.
Ririi ridacchiò e gli sottrasse le chiavi.
- Non sono un macigno! Quello sei tu!
- Hai un sedere che è due volte il mio!
Rebi soffocò un gridolino offeso, sgambettando per cercare di colpirlo. Gonfiò le guance e nascose la testa sulla spalla del compagno, che ridacchiava. - Sei esagerato! - farfugliò. - E poi non mi pare che ti dispiaccia la grandezza, razza di pervertito!
- Hai fatto tutto da sola, io non sono un pervertito. Sono adattabile.
Rebi sbuffò e finalmente riuscirono ad entrare in casa.
- Mi faccio la doccia per ultimo, così ci sto dentro di più e mi rilasso - dichiarò Ririi.
- Io vado subito allora - si offrì la ragazza.
- Vengo con te - decise Gajiru ghignando.
- Non penso proprio. Il mio sedere occupa tutto lo spazio. Ti lavi da solo.
Si chiuse in bagno dopo aver preso la sua roba, osservata da due nakama divertiti.
 
- Ebi, Ririi è in bagno – fece presente Gajiru salendo carponi sul letto. Si avvicinò alla figura distesa a leggere e si chinò per baciarle il collo. -  Facciamo un po' di lotta?
- Ma se abbiamo lottato tutto il giorno! - esclamò Rebi accantonando il libro e girandosi a guardarlo.
- Ma io intendevo un altro tipo di lotta...
Il ghigno malizioso che aveva fece arrossire la ragazza. - E dopo dici che non sei un pervertito.
- Non lo sono, infatti. Lo faccio per te. Non puoi farne a meno.
- Ah no! Non mi tirare fuori questa storia - lo ammonì lei incrociando le braccia.
Gajiru ridacchiò e avvicinò il suo viso a quello di lei. - Allora facciamo così - sussurrò. - Siamo entrambi innamorati. Non pervertiti.
- Quindi mi vuoi perché mi ami? - chiese teneramente Rebi, guardandolo con degli occhioni grandi grandi.
- Ti voglio perché sei tu - rispose baciandole dolcemente fronte, naso e labbra.
Rebi chiuse gli occhi, godendosi quel momento tanto tenero. Ma durò poco: si aggrappò al collo del compagno e lo tirò giù, facendosi schiacciare dal suo peso. E poi si attorcigliò a lui, neanche stessero facendo una sessione di allenamento sul soffocamento della vittima. Il tutto baciandolo con molta passione.
- Lotta? - chiese Gajiru staccandosi giusto il tempo necessario a parlare.
Rebi rise, arrossata in viso ed inebriata dal profumo familiare del compagno. - All'ultimo sangue. E non avrò pietà.
- Chi te l'ha chiesta? - ringhiò lui scherzando.
- Me la chiederai tu - rispose la ragazza ponendo definitivamente fine alle chiacchiere.
 
- Sveglia! La colazione è pronta - urlò Ririi arrampicandosi sul lettone. Si era svegliato prima dei due nakama e aveva deciso di preparare la colazione.
Gajiru aprì gli occhi lentamente, chiedendosi dove fosse la sua compagna. Poi vide le manine che lo abbracciavano e sentì che Rebi era appoggiata alla sua schiena. Probabilmente per una volta si era girato e lei si era abbarbicata dietro di lui.
- Arriviamo - disse sbadigliando, la voce arrochita dal sonno.
- Vi do cinque minuti - comunicò il gatto uscendo.
- Mmm... - mormorò la ragazza. Stranamente si era svegliata subito.
Gajiru, ancora un po' frastornato, si sedette sul bordo del letto. Un dolore insolito alla schiena lo colpì, e la sua mano corse velocemente verso la base della schiena. Non capiva se il dolore era dovuto all'allenamento vero, o a quello fatto sul letto. C'erano andati giù così pesantemente?
Rebi si diresse verso il suo lato del materasso e scostò le coperte. Poi aprì gli occhi. O meglio, un occhio: l'altro se lo sentiva leggermente dolorante. Forse aveva esagerato con la lotta. I due si guardarono senza fiatare, chiedendosi silenziosamente a cosa era dovuto tutto quel dolore. Poi si diressero in cucina. Ririi aveva già preparato tutto, sembrava una mammina con i sue due bambini. La ragazza si sedette sull'alta sedia gemendo di dolore, e Gajiru imprecò.
- Ma che avete fatto? Io non sono così ridotto male!
- Tu non hai lottato tanto quanto noi - fece notare Gajiru.
Rebi non poté non arrossire. - Io non sono abituata, lui ha lottato contro due persone e per te, Ririi, sono normali questi allenamenti - spiegò.
- Sì, hai ragione - concesse iniziando a mangiare.
Gajiru fissò Rebi sorridendo appena, lo sguardo divertito. Lei alzò gli occhi al cielo.
Era davvero incorreggibile.
 
 
MaxBarbie’s
È proprio vero che noi siamo i nostri nemici più grandi. Io poi soprattutto. Insomma, risolvo un problema mentale insulso che ho e me ne spunta fuori un altro. Problema di oggi: i verbi. Mi assalgono dei dubbi incredibili!! Della serie: “Mmm… qui ho messo un imperfetto. Ma non ci va un congiuntivo?! O.o”. Cioè… mi sento ignorante L Ahahaha vi prego ditemi che anche voi ogni tanto vi sentite così!
Coooomunque ahahaha di tutte le immagini che ho ricevuto come prompt il 90% le devo usare per Fairy Tales. Va be’ dai, almeno le uso, no?
Grazie a tutte, siete sempre fantastiche. E viva la Gajevy Week*-*
MaxBarbie

 

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Capitolo 26
*** Shopping ***


Shopping
[Dedicato ad EbiBeatrizP]



- Gajiru, io domani vado a fare shopping con Lucy, va bene? - disse Rebi mentre uscivano di casa per andare alla gilda.
- Mmh... ok?- borbottò lui, grattandosi la nuca. Doveva ancora abituarsi ai capelli corti nonostante fossero già passate diverse settimane da quando li aveva tagliati.
- Che c'è?
- Nulla - rispose sinceramente. Qualcosa non andava?
- Sembravi incerto...
- Nah. È solo strano che tu mi chieda il permesso di fare qualcosa.
Rebi ridacchiò e gli prese la mano. - Non ti chiedevo il permesso, era solo per avvisarti.
- Ah... mhm.
La mattina era molto lento a carburare. Di solito si svegliava quando arrivava a Fairy Tail e Natsu gli tirava addosso qualcosa. Se non sbagliava, quel Fiammifero doveva essere tornato dalla missione. Eh sì, se Lucy usciva il giorno seguente, era rientrato... meglio: litigare con Gray non era poi così stimolante. Ma prendere a pugni Natsu?
Gajiru ghignò.
 
- Perché non vai con lei? - indagò Ririi, seduto accanto a lui alla gilda.
- Eh?
- Perché non vai a fare compere con Rebi?
Gajiru spalancò gli occhi. Ma che gli saltava in mente?
- Sono robe da femmine. E poi va già con Lucy - borbottò.
- Davvero devo farti notare che per colpa delle ultime battaglie hai quasi dato fondo a tutti i tuoi capi? Hai bisogno di pantaloni e maglie, ti conviene andare con lei.
Gajiru grugnì e sbuffò, appoggiando  la guancia sul pugno. Finché non si accorse che la bizzarra idea di Ririi non era affatto male.
Si alzò di scatto e raggiunse il tavolo dove Lucy e Rebi stavano discutendo, mentre il suo nakama sogghignava.
- Vengo anche io - comunicò senza mezzi termini battendo una mano sul tavolo.
- In piscina? - domandò Lucy, confusa.
- No, a fare chopping.
- Ehm... shopping - lo corresse Rebi.
- Quella roba lì.
- No! - urlò Lucy.
- Sì! - esclamò invece l'amica, raggiante. - Non abbiamo mai fatto compere insieme. Ci divertiremo un sacco!
- Ma sei pazza? Io non vado a fare compere con lui. È imbarazzante. Poi si annoierà e dovrò fare in fretta. Tu sai che ho bisogno di calma per queste cose, come quando andiamo in biblioteca.
- No che non ci metterà fretta. È un bravo maritino - scherzò Rebi, orgogliosa, facendo arrossire Gajiru. Da quando si erano sposati non avevano ancora realizzato di essere indissolubilmente legati per la vita. Però ogni tanto lei se ne ricordava e glielo faceva notare, mettendolo in imbarazzo. - Vero Gajiru?
- Quanto ci metterete?
- Calcolando che è da tanto che non usciamo, un pomeriggio ci sta.
Lucy sembrava diventata incapace di parlare. Lei non voleva uscire con Rebi e suo... marito! Non le piaceva per niente fare compere con i ragazzi.
- Ok è sopportabile - grugnì Gajiru.
- Lucy? Dai ti prego! Ci divertiremo! - la implorò l'amica.
Avrebbe tanto voluto dire di no, ma era impossibile resistere agli occhi da cucciolo di quella dolcissima creatura. E poi, aveva davvero bisogno di vestiti nuovi.
- Ah... - sospirò. - E va bene. Ma non mettetemi fretta!
Quell'ultima frase, detta in tono minaccioso, fu accompagnata da un'occhiata torva a Gajiru.
Lui ridacchiò. - No problem, Bunny Girl.
 
Il giorno dopo, nel primo pomeriggio, Lucy era in ritardo. Non di molto, ma aveva paura delle vendette di Gajiru. Magari per dieci minuti di svista le avrebbe fatto fare la ballerina con le sue strampalate canzoni di sottofondo. Che coraggio aveva avuto Rebi a sposarlo!
Arrivata nel punto d'incontro concordato, Lucy non ci mise molto ad andare nel panico. E se avessero iniziato senza di lei? Come avrebbe fatto a trovarli?
Poi sentì chiamare il suo nome.
- Lucy! Siamo qui!
Era Rebi, che si sbracciava poco lontana da lei. La mano che non era utilizzata per richiamare la sua attenzione era calcata della tasca della giacca di Gajiru, insieme alla sua. L'autunno era gelido e ormai mancava poco all'arrivo dell'inverno. Lucy sorrise involontariamente: erano così carini insieme! Si tenevano per mano di nascosto, dentro alla tasca del ragazzo. Lui era appoggiato ad una colonna della piazza con aria quasi annoiata, mentre Rebi aveva le guancette rosse a causa del freddo. Nonostante la temperatura, però, Lucy aveva solo una canottierina sotto alla giacca. Aveva sempre caldo quando faceva compere e in quel modo si sarebbe cambiata anche più in fretta.
- Ciao Rebi-chan! - esclamò abbracciandola. - Ciao Gajiru.
- Mmh - grugnì in risposta.
- Ririi?
- Festino con Happy a casa nostra. O almeno così ha detto.
- Andiamo, allora? - domandò Rebi, quasi saltellando. Era felicissima di passare un pomeriggio con la sua amica e la sua consorte.
Nel primo negozio in cui andarono Lucy trovò una magliettina azzurra scollata e Rebi un paio di pantaloni. Solo che ne prese due, identici.
- Perché vai nel camerino con due paia dello stesso capo? - chiese Gajiru dubbioso, ponendo la domanda che anche Lucy voleva farle.
- Perché così se una taglia non mi va bene non devo uscire e cercarne un'altra.
Lucy e Gajiru si guardarono sorpresi: perché a loro non era mai venuto in mente?
Rebi entrò nel camerino ridacchiando e iniziò a cambiarsi. Gli altri l'aspettarono fuori in attesa del camerino per Lucy.
- Tieni - disse Gajiru porgendole la borsa di Rebi.
- Ehi! - si lamentò lei. - Non puoi fingerti galante solo ogni tanto, devi esserlo sempre.
- Lo sono fin troppo.
Lucy ridacchiò pensando che forse era vero, specialmente paragonandolo a com'era prima di Fairy Tail. Aspettarono ancora alcuni minuti.
- Ma quanto ci mette? - domandò l'amica. Erano solo un paio di pantaloni!
In risposta Gajiru si diresse verso il camerino e scostò la tendina quel tanto che bastava per mettere dentro la testa.
Rebi sobbalzò, spaventata, facendo ghignare il compagno. - Allora?
- La taglia più piccola mi andrebbe bene di gamba, ma...
- Ma? - la incalzò.
- Non ci entrano i fianchi - borbottò arrossendo.
Gajiru ridacchiò di fronte al broncio della ragazza. Era tanto tenera quando si imbarazzava. E poi lui adorava vederla in crisi per colpa di quel lato B.
- Meglio, vuol dire che ci sono - rispose baciandole la nuca. - Prendi il paio più grande.
- Sì, ora lo provo.
Gajiru si allontanò ghignando. Si era appena liberato un camerino e Lucy ci si fiondò. Non prima di avergli dato in mano la sua borsa e quella di Rebi.
Donne!
 
Un paio di minuti dopo i due sposini erano alla cassa in attesa di pagare quando videro Lucy uscire dal camerino con la maglietta in mano. Solo che non si diresse in cassa: andò a posarla.
- Non la prendi? Era tanto carina! - disse Rebi.
- Troppo piccola. Non ci stanno... ehm... - borbottò Lucy prendendo la maglia di una taglia diversa.
- Capito - rispose l'amica. Lei certi problemi non li aveva. O meglio, li aveva, ma non con il seno.
Gajiru vide che tirava fuori il labbruccio, come tutte le volte in cui si nominavano le tette di Lucy o di chiunque altra della gilda. Era troppo carina, non poteva resisterle. Si chinò e la baciò, cogliendola di sorpresa. Rebi ridacchiò, ma si staccò quasi subito. In pubblico preferiva evitare.
Lucy le lanciò una maliziosa occhiata di intesa entrando nel camerino, facendi arrossire la nakama ancora di più.
 
Fecero il giro di altri quattro negozi prima di arrivare all'intimo. Gajiru era stato bravissimo e non si era mai lamentato. Aveva brontolato solo alla visita del quarto negozio, quando Lucy voleva provarsi tutto. Le aveva detto che aveva abbastanza vestiti e non gliene servivano altri. Lei lo aveva ignorato e si era comprato tre capi di vestiario.
Quando entrarono nel negozio di intimo Lucy si diresse subito verso il reparto delle canottiere. Ne cercava una con il pizzo. Invece Gajiru e Rebi andarono verso l'area delle mutande da uomo. Il ragazzo posò a terra tutte le borse di acquisti fatti: due pantaloni larghi per combattere, due magliette borchiate e tre fra gilet di cotone e giacchette; lei aveva preso i pantaloni e due vestitini.
- Sai che Elfman porta i perizomi? - chiese Gajiru di punto in bianco mentre guardava le taglie dei boxer.
- Che cosa?! - esclamò Rebi facendo cadere il paio di mutande nere che reggeva. Per lui, ovviamente.
- Ma sì che lo sai. Ti ricordi a Tenroujima? Aveva il costume modello perizoma, con il drappo davanti. Terribile - disse ridacchiando.
In effetti lo aveva notato, il drappo, ma non il perizoma.
- E anche al Ryuzetsu Land. Quando è stato beccato con Evergreen.
Gajiru rideva di gusto, mentre gli occhi di Rebi erano spalancati. Lui si chinò per baciarle le labbra dischiuse.
- Non è che vorresti vedermi con una di quelle mutande? Eh, Ebi? Un po' pervertita lo sei...
La ragazza si immaginò il suo compagno steso a letto con quella roba addosso. Con sgomento si rese conto che non sarebbe stato affatto male. Magari...
Fu il turno di Gajiru di spalancare gli occhi: sua moglie era avvampata nel giro di due secondi. Intuendo cosa stava pensando, rise di gusto, attirando l'attenzione di Lucy. Rebi distolse subito lo sguardo e prese il primo completino femminile che le capitava sotto tiro, uno di quelli con i mutandoni color carne e un top antistupro. Voleva fargliela pagare. Purtroppo sbagliò mira, imbarazzata com'era, e prese un set di mutandine di pizzo nere e rosse con un push-up abbinato. Una cosa non proprio sobria.
- E se io prendessi questo? - domandò in tono di sfida.
Gajiru la fissò con un sopracciglio aggrottato, per poi ghignare e ringhiare sommessamente. Si impose di non immaginarsela con quella cosettina addosso.
- Per me va bene - rispose con malizia.
Rebi lo guardò, confusa. Davvero gli piaceva quell'obbrobrio? Abbassò gli occhi e sussultò: non era il completino che aveva in mente.
- No! - esclamò, attirandosi un'ulteriore occhiata divertita di Lucy. Gajiru le rubò di mano l'intimo di pizzo prima che lei potesse metterlo giù. Controllò la taglia mentre la sua mogliettina si opponeva debolmente, temendo di attirare troppo l'attenzione di clienti e commesse. Prese una taglia in meno per Rebi, i boxer neri che le erano caduti e gli piacevano e quelli grigi che aveva già scelto. Si diresse alla cassa affiancato da una mesta ed imbarazzata compagna.
Notando che anche Lucy aveva finito di scegliere, Rebi la chiamò e le cedette il posto in fila, di fianco a Gajiru, per evitare che gli altri si lamentassero di chi saltava la coda.
Arrivati alla cassa il commesso chiese: - Siete insieme?
Lucy avvampò. Sapeva che la sua amica era un po' gelosa di natura, e l'idea che qualcuno avesse frainteso la situazione la mise in imbarazzo. Insomma, lei e Gajiru erano distanti quasi mezzo metro! Distanza che si ampliò dopo la domanda. Sia Rebi che il loro nakama stavano ridacchiando osservando il rossore di Lucy.
- No, no! - si affrettò a dire. - Lui è impegnato.
Ok... così sembrava che lei si struggesse d'amore per lui. Non osò guardare Rebi.
- No, intendevo dire se siete insieme per gli acquisti. Un conto unico insomma - spiegò il commesso sorridendo.
Lucy continuava a non capire. Non aveva detto che non stavano insieme? - No, lui è sposato con lei - precisò Lucy indicando l'amica.
 Gajiru lanciò uno sguardo d'intesa al ragazzo davanti a lui: era meglio che lasciasse perdere, il cervello della bionda era in tilt in quel momento.
I tre pagarono e si affrettarono ad uscire. Specialmente Lucy.
- Non dirmi che sei gelosa, ti prego - implorò sghignazzando imbarazzata.
Rebi aveva le guance un po' gonfie, ma non sembrava arrabbiata. Del resto non era colpa di nessuno se il commesso aveva frainteso. O meglio, se Lucy aveva frainteso.
- Non ne ha motivo - la rassicurò Gajiru chinandosi per darle un altro bacio.
Lucy avrebbe voluto dire qualcosa tipo "oooh" oppure "aaw", ma le sembrava una cosa un po' troppo sdolcinata. Così si girò per dare loro un po' di privacy.
- Lu-chan - la chiamò Rebi. - Grazie per oggi, mi sono divertita. Noi ora dobbiamo andare, abbiamo lasciato Ririi da solo tutto il giorno. O meglio, con Happy. Il che è… anche peggio.
- Ma... non dovevamo andare in libreria? - domandò l'amica in tono malinconico.
- Lo so, mi dispiace, ma dobbiamo proprio andare.
- Per fortuna - borbottò Gajiru.
Le ragazze si salutarono e poi ognuno prese la sua strada.
 
- Me l'hai preso troppo piccolo! - si lamentò Rebi quella sera, chiusa in camera con il marito prima di cenare.
Quando erano tornati avevano scoperto che il tanto triste e abbandonato Ririi aveva dormito tutto il giorno, con Happy al fianco. Dopo aver fatto man bassa di pesce e succo di kiwi.
Gajiru si tolse il maglione, rimanendo in canottiera, prima di avvicinarsi alla compagna che si stava provando l'ultimo  acquisto.
- Non è piccolo! È normale che sia così, è un push-up. Devo dirtele io queste cose, Ebi?
Le stava osservando il seno con occhio critico. Sì, aveva proprio buon gusto in fatto di intimo.
- Ma se mi straborda tutto! - sibilò, paonazza.
Gajiru ghignò e gliene toccò una con l'indice.
- Che fai?! - chiese Rebi scostandosi e coprendosi.
Il ragazzi ridacchiò e la prese per i fianchi nudi attirandola a sé. - Sono così strizzate che sembra siano in procinto di scoppiare. Volevo vedere se resistevano.
- Smettila! - esclamò lei, paonazza, divincolandosi. Ma la presa del compagna era ferrea e ben presto non poté più dire nulla: la sua bocca era stata reclamata.
- Non mi metterò mai questa roba - mugugnò a contatto con le sue labbra.
- Oh sì, invece. Anche se ora preferisco togliertela di dosso.
- Non sono mai stata così felice all'idea di essere spogliata!
- E allora farò in modo di fartelo indossare più spesso questo completino.
- Provaci e... mpf.
La minaccia non ebbe molto successo, calcolando ciò che successe nei momenti successivi.
 
- Gajiru! - strepitò Rebi la sera dopo. - Che significa tutto questo?!
La ragazza era in piedi davanti al cassetto della biancheria. O meglio, quello che prima era il cassetto della biancheria. Sembrava che delle fate del pizzo e del succinto fossero passate a fare piazza pulita del suo vecchio intimo per sostituirlo con pezzi di stoffa imbarazzanti.
Gajiru, appoggiato allo stipite della porta, ghignava compiaciuto. - Ti do le tue vecchie cose se ogni tanto indossi quelle nuove.
Rebi sbuffò. A dire il vero erano davvero carini quei completini. Alcuni avevano anche delle canottierine trasparenti abbinate. Ma non poteva dargliela vinta tanto facilmente. Sorrise malignamente, afferrò un paio di mutandine e una canottierina e si diresse in bagno, seguita a ruota dallo sguardo di Gajiru.
A quel gioco potevano giocare in due.
 
- Che ci fa la biancheria di Elfman nel mio cassetto? - chiese Gajiru due giorni dopo, grattandosi la nuca. Poi capì.
- Ebi - mormorò.
La risata cristallina della ragazza giunse dal soggiorno: lo aveva in pugno.
 
 

MaxBarbie’s
Ahahahahahah scusate ma Elfman… pff ahahahahah. Mi è venuto in mente il suo perizoma in autobus, stavo per scoppiare a ridere da sola. Tipico.
Comunque, non è tutta farina del mio sacchettino di neuroni (pochi). È una cosa successa davvero. Eccezion fatta per la parte dell’intimo, ovviamente. Io sarei Lucy (anche se non ho così tante tette), mentre Rebi e Gajiru sono la mia Pannocchia e il suo boy. Tanto teneri *-* e io impanicata al massimo perché lui mi metteva fretta xD
Spero che vi piaccia^^ A presto e oyasumi*-*
MaxBarbie

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Capitolo 27
*** Malattia ***


Malattia


Rebi starnutì e aprì un occhio per soffiarsi il naso.
Gajiru, svegliato da tutto quel movimento, mugugnò: - Che succede?
- Bi dovevo soffiare il daso - mormorò lei.
Il ragazzo spalancò gli occhi e si mise a sedere. - Che hai fatto alla voce?
- Penso che sia un raffreddore - rispose lei con il naso tappato, rimettendosi a dormire.
- Non l'ho mai avuto... - borbottò Gajiru. - In ogni caso è tardino, ti conviene alzarti.
- No...
Il compagno la fissò, sorpreso. Di solito era lei a dover tirare giù dal letto lui.
- Ebi... dai, in piedi.
Rebi brontolò e seppellì la testa fra i cuscini. Ririi, di fianco a lei, ai stiracchiò e la osservò con curiosità.
- Va bene... - sospirò Gajiru. - Vado a preparare la colazione e poi vi chiamo.
La ragazza concordò e si allungò per stringere il gatto, contento di quelle coccole.
Dieci minuti dopo, Gajiru tornò in camera e si sedette sul letto.
- È pronto, piccola.
Ririi, anche se di malavoglia, si liberò dell'abbraccio e strisciò fino al suo nakama.
- Non ne ho voglia. Mi sento debole. E ho mal di testa.
- Oh... - sussurrò grattandosi la nuca. Cosa doveva fare? - Ehm... non mangi?
- No, non credo. Ririi, mi passeresti il termometro per piacere? - chiese Rebi allungando la mano.
- Il che?! - esclamò l'ignorante Gajiru. I Dragon Slayer non erano cagionevoli di salute, specialmente lui, che aveva delle difese immunitarie di... ferro.
- Serve per misurare la temperatura corporea - spiegò la ragazza afferrando il lacrima-termometro portole da Ririi.
- Ah. E perché te la misuri?
- Perché se è più alta del normale ho la febbre.
- E perché?
- Come perché? Gajiru, non hai mai avuto la febbre?
- No. Non mi sono mai ammalato.
- Ma se ci siamo messi insieme perché sono venuta a trovarti quando eri malato!?
- Era una scusa che mi aveva chiesto di dire - si intromise Ririi. - Non aveva voglia di dire che si prendeva la vacanzina.
- Davvero non ti sei mai ammalato? - domandò Rebi, curiosa e sorpresa. Avrebbe fatto qualche ricerca in merito.
- Be', sì. A parte quando ho mangiato l'ombra di Rogue. Un po'come Natsu dopo l'Etherion. Comunque cosa vuol dire se hai la febbre?
- Vuol dire che ho un'infezione dentro al mio corpo. Il mio sistema immunitario sta lottando per debellarla, ma intanto mi avvisa alzando la temperatura.
- E puoi morire? - esclamò Gajiru, improvvisamente preoccupato. Poteva proteggerla dai nemici, ma non dal suo stesso corpo.
- Sì, ma in casi estremi! È grave se la temperatura supera i 40°, ma e raro e significa che è qualcosa più grave dell'influenza.
- E la tua a quanto è?
- Aspetta, l'ho appena messo! Vai a mangiare intanto.
- No, mangio con te.
- Ma io non ho fame.
- Allora vengo qui con la colazione.
- Mmm... - mormorò Rebi. Non era una cattiva idea. Qualcosa avrebbe sbocconcellato di sicuro. - Ok, ma voglio la brioche calda.
- Vado a metterla in forno e poi arrivo. Tu... guarisci.
La ragazza rise, imitata dal gatto che le sentì la fronte con la zampa. Poi volò in cucina per aiutare il nakama e tornò con cucchiai, tovaglioli e il resto del cibo.
- Ecco la brioche - annunciò Gajiru entrando in camera con un piattino e una tazza con un kiwi sbucciato. Ririi lo assalì senza dargli il tempo di posarlo. - Come va?
Rebi si tolse il lacrima-termometro e armeggiò un po' per cercare di leggerlo. - 38 e 5.
- È tantissimo, vero? Oh no, Ebi, dobbiamo andare all'ospedale. Da 38 e 5 non manca molto 40 - esclamò terrorizzato. Poi aprì l'armadio afferrando qualcosa da mettersi. - Vestiti... anzi no, tanto sei malata, e poi...
- Gajiru, calmati! È alta, ma non pericolosa! È una normalissima influenza. Al massimo entro dopodomani mi sarà passata.
Il ragazzo si bloccò e si voltò, scrutandola. - Sicura?
- Certo! I comuni maghi come me si ammalano ogni tanto.
- Non vuoi delle medicine?
- Se vuoi passo a comprarle - intervenne Ririi infilzando un pezzo di kiwi.
- Ma no, ragazzi, tranquilli. Passa da sola. Se arriva a 39° allora prendo un'aspirina.
- Non vado alla gilda, devo stare qui e sorvegliarti.
Rebi si immaginò la giornata: lei stesa a letto a dormicchiare mentre gli occhi di Gajiru non la mollavano un istante, alla ricerca di qualche segno di cedimento. Lui che le toccava trecento volte la fronte e le chiedeva ogni minuto come stava.
Iniziò a sudare. Sarebbe stato snervante. - No, no! Figurati! Vai pure a Fairy Tail, scherzi?! Rischi di prendertela anche tu!
- No, io resto qui! - ribatté piccato infilandosi sotto le coperte.
- Ma... - cercò di dire lei, interrotta poi da Ririi.
- Ha ragione lui, Rebi. Gli conviene stare qui, nel caso in cui la situazione peggiori.
- E tu?
- Io vado alla gilda per non essere contagiato e per spiegare il motivo dell'assenza di voi due.
La ragazza sbuffò e sprofondò nel cuscino. Se avesse dormito, o almeno finto, Gajiru sarebbe stato zitto? - Ok - mormorò.
- Vado subito, allora. A dopo ragazzi. Fatemi sapere se devo chiedere a Mira qualche medicina.
- Grazie Ririi - disse Rebi sorridendogli.
Gajiru iniziò a mangiare in silenzio.
In silenzio.
Non le sembrava vero.
Sorrise. Ora non doveva fare altro che riposare e aspettare che la febbre passasse. Poi avrebbe...
- La brioche si raffredda, Ebi. Ebi? Ebi?! - urlò Gajiru, preoccupato della mancata risposta della compagna. Un secondo di attesa era sicuramente un sintomo di peggioramento delle condizioni fisiche.
- Oh! Lasciami il tempo di rispondere - lo rimbrottò lei mettendosi a sedere. Nel mentre si scontrò con il petto del ragazzo che si era chinato su di lei per vedere se scottava, se era viva o se dormiva.
- La brioche si raffredda - ripeté, passandole la pastina e una tazza di latte.
Probabilmente se non l'avesse mangiata Gajiru avrebbe fatto storie e sarebbe andato in paranoia. Se ne infilò subito in bocca un'estremità.
- Vedi che hai fame?
Rebi lo fissò con lo stesso sguardo che aveva all'isola Tenrou, quando lui non faceva altro che blaterare che doveva sfidare Erza o Natsu.
- Hai ragione - sospirò.
- Tsk. Ovvio. Era solo una scusa per avere le mie attenzioni.
Ed ecco il ghigno che affiorava sul suo volto. Rebi ridacchiò suo malgrado, prima di rabbrividire di freddo. Lui se ne accorse e si precipitò giù dal letto facendo tintinnare posate e tazze, lasciando sua moglie basita. Prese dall'armadio una coperta e corse a stendergliela addosso, avvolgendola così bene che nemmeno lui avrebbe potuto districare quel groviglio.
- Che bravo marito che sono - disse compiaciuto, guardandola sornione.
- Gajiru?
- Non c'è di che. E so che mi ami.
- Gajiru...?
- No, davvero, non fare complimenti, so già tutto quello che mi volevi dire.
- Gajiru! - urlò infine.
- Ohi! Dimmi, se proprio non puoi farne a meno.
- Come faccio a bere? - chiese lanciandogli un'occhiata di traverso.
- Ah. Ci penso io! Che bravo che sono.
Gajiru afferrò la tazza che lei aveva fortunatamente posato sul vassoio di fianco a sé e gliela accostò alla bocca, costringendola a bere il latte come se fosse un bicchiere di acqua.
- Mi viene da vomitare - si lamentò quando fu in grado di parlare.
- Allora sei incinta!!
Rebi emise un gemito strozzato e cercò di sparire sotto allo spesso strato di coperte.
Gajiru scosse le spalle e andò nella sua parte di letto per finire di mangiare, permettendo alla sua compagna di coricarsi.
Lei lo sentì sparecchiare e buttarsi di nuovo a letto.
Prima di addormentarsi sentì che le lasciava un delicato bacio sui capelli, e sorrise.
 
- Rebi, svegliati. È ora di pranzo.
- Mmm...
- Ohi, piccola? Devi mangiare.
- Non ho fame - borbottò girandosi.
- Ma Ririi ha detto che devi mangiare per prendere la medicina.
- Non la voglio prendere.
- Devi prenderla! Non fare la bambina.
- La prendo solo se sale!
- È salita! - esclamò lui, esasperato. - È a 39,3°.
- Come hai fatto a misurarmela?
- Non sono idiota, ho capito come si usa un termometro. Poi tu dormi così profondamente che non ti sveglierei nemmeno con una secchiata d'acqua.
- Be', vediamo il termometro - ribatté offesa Rebi.
Gajiru glielo porse grugnendo infastidito e ghignò quando la vide strabuzzare gli occhi.
- Mi sa che mi tocca prenderla... - mormorò.
- Che ti avevo detto? Dai, ti ho fatto la minestrina in brodo che ti piace tanto - disse sedendosi sulla sponda del letto.
La ragazza si lamentò, ma alla fine le arrivò il profumino di quel magnifico liquido ambrato con i pezzettini di pastina a forma di stella.
Rebi si mise più o meno seduta e aprì la bocca. Gajiru ridacchiò e, dopo averne preso un cucchiaio e averci soffiato sopra per raffreddarlo, imboccò la compagna. Anche lei sorrise, pensando che mai si era immaginata quella situazione. Insomma, Gajiru che imbocca qualcuno? Sembrava più una cosa da Juvia.
- Non mi hai ancora baciato oggi - borbottò posando il piatto sul comodino.
- Non ti voglio attaccare la febbre...
- Ohi, sono Kuragane. Salute di ferro! I batteri me li mangio a colazione.
Detto ciò si sporse per baciare la compagna, ma si ritrasse subito.
- Hai le labbra bollenti. Ti prendo l'aspirina.
Gajiru si diresse in cucina e aprì il mobile dove c'erano i medicinali, e tornò con un bicchiere di acqua nel quale era immersa la pastiglia effervescente. Glielo fece bere e le accarezzò una guancia.
- Dormi un altro po'?
- Sì, magari dopo leggo.
- Fai agire l'aspirina - le raccomandò.
Rebi ridacchiò. - Come se dipendesse da me...
 
La mattina dopo le coperte erano bollenti. L'elevato calore corporeo di Rebi aveva costretto Ririi a dormire di fianco a Gajiru per il troppo caldo.
La ragazza aprì un occhio e si stiracchiò. - Mi sa che va molto meglio. Decisamente - mormorò, svegliando Gajiru.
Questi però non aprì gli occhi. Dopo essersi misurata la temperatura e aver constatato che aveva solo tre linee di febbre, Rebi baciò il suo compagno. Ma...
- Ehi! Hai le labbra che scottano!
- Mmm... tsk, sono sempre così.
- No, fidati, lo so meglio di te come sono di solito.
Rebi raffreddò il lacrima-termometro e lo passò sotto al braccio di Gajiru.
- Uuh! - esclamò tre minuti dopo. - Qui abbiamo del metallo che si sta fondendo.
- No - mormorò lui seppellendo la faccia nei cuscini.
- Eh sì. 38° e rotti. Vedo che non hai delle difese immunitarie di ferro!
- Dannato Ebi, mi hai passato i tuoi germi da scripter.
- Vacci piano, signor Io-non-mi-sono-mai-ammalato. Sei stato tu a volermi baciare.
- Dovevi bloccarmi.
- Se mi fossi opposta sarebbe servito a qualcosa?
Gajiru mugugnò qualcosa di incomprensibile.
- Sai cosa significa questo? Che devo controllarti tutto il giorno. E che Ririi ti cucinerà un bel brodino.
- Non lo voglio! - si lamentò tirandosi le coperte sopra ala testa.
- Ehm... Rebi... non sto bene nemmeno io. Mi sa che il brodo devi farcelo tu.
Ok, questo era meno divertente. La ragazza sbiancò.
- Mi sa che moriremo da avvelenamento da cibo più che per influenza - borbottò, questa volta chiaramente, Gajiru.
Rebi non replicò.
Probabilmente avrebbe davvero sterminato la sua famiglia.
 
 
MaxBarbie’s
Megaritardooooo e domani ho due interrogazioni e probabilmente avrò problemi di connessione e posterò ancora più tardi e… posto che è meglio.
Non ho molto da dire ultimamente :/ Se non che la “produzione” di capitoli è rallentata perché mi sto occupando di un progettino lungo e sono piena fino alla radice dei capelli di impegni. Ma sarò puntuale. Spero. Devo.
Buona giornata a voi fantastiche che mi seguite*-* Siete la mia gioia!
MaxBarbie

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Capitolo 28
*** Horror ***


Non disponibileHorror


Gajiru era convinto che Rebi, in quanto donna, odiasse gli horror. O meglio, li guardasse solo se era costretta per orgoglio, per sfida. Ed era anche sicuro che, se fosse riuscito a farle vedere un lacrima-film horror, si sarebbe rifugiata urlando fra le sue braccia, costretta ad implorare la sua protezione e il suo conforto. Si sarebbe rannicchiata contro di lui, proprio come un ebi, e avrebbe sepolto il viso nel suo petto, artigliandogli la maglia. E lui l'avrebbe abbracciata per rincuorarla, accarezzata e anche cullata.
Gajiru si era immaginato questa dolcissima scena quando aveva proposto a Rebi di vedere un horror. E aveva anche pensato alle battutine da fare. Purtroppo, l'unica cosa che aveva visto avverarsi era lei in braccio a lui. Ma non per la paura, bensì perché lo stesso Gajiru era stufo dell'entusiasmo della compagna, che controllava se era attento ad ogni scena del film, commentando e pretendendo un interesse che lui mostrava solo quando doveva combattere. O quando stava con lei.
Insomma, Rebi adorava gli horror. Non si perdeva nemmeno le scene più cruente, viscide e sanguinose, le amputazioni, le menomazioni dei più diversi tipi e le morti atroci. Cercava sempre di capire come i produttori riuscissero a realizzare quelle finzioni, quegli effetti speciali, quelle situazioni surreali. E poi le piaceva la suspence, e nei punti cruciali si attaccava a Gajiru mormorando i suoi pensieri emozionati ad alta voce.
Insomma, il ragazzo non aveva concluso un grande affare quando le aveva mostrato il primo horror.
- Questa sera che facciamo? - chiese Rebi.
- Mmm... boh. Cosa vorresti fare? - domandò Gajiru.
- Guardiamo un film?
- Posso sceglierlo io? - chiese Ririi.
- Lo hai scelto la settimana scorsa, non ho intenzione di rivedere Alla ricerca del kiwi perduto per la terza volta - brontolò Gajiru.
Rebi gli grattò le orecchie per consolarlo. - Che ne dici di Il fagiano impiccato?
- Lo abbiamo visto un mese fa  - si lamentò il ragazzo.
- Io no! Dov'ero? - domandò Ririi.
- Eri andato con Happy e Charle a mangiare pesce - spiegò la giovane.
- Ah... be' allora guardiamolo! È bello?
- Sì! - esclamò Rebi con fervore. - È pieno di colpi di scena ed effetti speciali mozzafiato! Alcuni devo ancora analizzarli bene.
Gajiru sbuffò, praticamente accettando di guardare il film.
- Mentre sparecchiate faccio i pop-corn - annunciò Ririi.
I tre iniziarono a lavorare alacremente: il ragazzo richiedeva precisione assoluta quando doveva riordinare.
Mezz'oretta dopo erano seduti sul divano. Gajiru era stravaccato con la mega ciotola di pop-corn sulle gambe, Rebi era di fianco a lui, appoggiata al suo braccio e con le gambe piegate. Ririi era in mezzo alle gambe del nakama, davanti alla ciotola dei pop-corn. Non aveva mai visto un lacrima-film horror, ma non lo aveva detto ai suoi compagni. In fondo, quanta paura poteva fare? Rebi non aveva paura! Riusciva ad indentificare subito la finzione, quindi che problema c'era?
Il problema c'era eccome, e si manifestò dopo la prima mezz'ora di visione. Infatti, i primi trenta minuti la storia sembrava anche tranquilla. Nulla che facesse male, niente sangue, strani mostri o attività paranormali. E quella era la parte considerata più noiosa. Perciò, non fu un caso se Rebi e Gajiru si addormentarono. Lui aveva un braccio appoggiato alla testiera del divano, sopra alle spalle della moglie, che si era letteralmente abbandonata contro di lui. La copertina che avevano preso e si erano drappeggiati sulle spalle era scivolata giù e copriva solo le gambe di Rebi. Dormivano così profondamente che lei aveva fatto un po' di bava, mentre lui aveva tanto di bolla al naso e mano afflosciata dentro al contenitore dei pop-corn, nel tentativo fallito di mangiarne ancora un po'. Entrambi russavano piano.
Ririi non se ne accorse, la storia lo intrigava. Finché non arrivò il cane che aveva preso la rabbia. E da lì iniziò il pandemonio: zombie, lupi mutanti, bambole animate o, più semplicemente il buio, che sembrava un nascondiglio speciale per proteggersi e invece era il più insidioso, pieno di attività oscure e aliene.
Ririi tremò: quel film era più spaventoso dei fulmini e più agghiacciante dei kiwi marci. Nonostante tutto, aveva uno strano fascino che gli impediva di distogliere lo sguardo. Pochi minuti dopo, però, quando l'orrore iniziò a diventare insopportabile, finalmente cercò aiuto. Dalle gambe di Gajiru si sporse, gli occhi terrorizzati fissi sullo schermo, verso i suoi nakama. Allungò la zampetta tremante verso Rebi e la comparsa improvvisa di una mannaia gli fece rizzare la codina.
Ritrovò la voce: - R-Rebi!! Per piacere, tienimi.
Nulla da fare, la ragazza non si svegliava. - Gajiru sve-svegliati! - implorò con voce tremante. - Gajiru - bisbigliò ancora,
Era solo, con quei mostri. Cercò il modo di spegnere il lacrima-televisore, ma si rese conto di non sapere come fare. Era diverso da quello di Edoras.
Prossimo alle lacrime, Ririi si rifugiò sotto alla copertina ai piedi di Rebi, e lì rimase fino alla fine di quello schifo.
Una lunga e atroce ora dopo, il film finì e Gajiru e Rebi si svegliarono. Era come se fossero caduti sotto incantesimo.
- Allora, Ririi, piaciuto? - chiese lei stropicciandosi un occhio e appoggiando la testa sulle gambe del compagno.
- S-s-s-sì - balbettò il gatto. Non riuscì ad aggiungere altro, e i suoi nakama erano troppo stanchi per notare le cose più ovvie.
Per questo non riuscirono a capire come mai il gatto di notte dormiva in mezzo a loro, chiedendo di essere quasi schiacciato. E cercava sempre di stare in braccio a Rebi.
Una settimana dopo, Gajiru aveva esaurito la pazienza: Ririi di notte lo separava dalla sua compagna. Per evitare di traumatizzare l'exceed, Rebi gli disse di mettersi di fianco a lei, e lo abbracciò stretto. Sembrava il suo peluche. Poi, Gajiru appoggiò il petto alla schiena della compagna e l'abbracciò, includendo anche Ririi.
Dopo quella notte, il gatto capì che non c'era pericolo finché i suoi nakama lo abbracciavano e lo proteggevano. E così li lasciò dormire tranquilli.
In fondo, era pur sempre lì: al caldo, al sicuro e protetto.
 
 
MaxBarbie’s
Sono morta. E resuscitata. Sono uno zombie del film horror. Non ha molto senso ciò che ho detto, ma ho il cervello fritto, scusate^^"
Alluora ragassuole tanto pazienti e carine*-* Siete gentilissime a lasciarmi i vostri commenti, mi scaldate il cuore. Detto questo, volevo invitare chi non ha ancora lasciato un prompt o un’immagine a farlo il prima possibile, sempre se ne ha voglia, perché fra due massimo tre settimane non potrò più accettarli per motivi che poi capirete. Grazie mille per la pazienza e per tutto il tempo che mi dedicate :3
MaxBarbie

 

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Capitolo 29
*** Spuntino di mezzanotte ***


Non disponibileSpuntino di mezzanotte
(Prompt di AlexiaLil)


Una punta che scriveva. Uno scarabocchio furioso perché l'inchiostro era finito. Un pennarello che sottolineava. Un tappo che si chiudeva. Un foglio che veniva girato. La cancellatura della gomma e la vibrazione degli oggetti che erano stati mossi dal movimento della scrivania. Un sospiro.
Rebi era stufa. Aveva gli occhi gonfi e le palpebre pesanti come macigni, sulle quali si accumulavano le ore di sonno arretrare. Era la terza notte di fila che stava sveglia fino a mezzanotte per correggere le bozze della storia di Lucy. Ma non era andare a dormire a quell'ora il problema. Il fastidio era doversi svegliare alle quattro per una settimana in modo da aiutare Mirajane a fare l'inventario delle stoviglie e dei mobili della gilda. Ogni anno il Master incaricava la temibile barista e una malcapitata ad estrazione per controllare cosa bisognava acquistare fra piatti, bicchieri e stoviglie varie, nonché pezzi di arredamento da sostituire. Fra posate mangiate da un noto Dragon Slayer, tavoli lanciati addosso ad Erza mentre mangiava la sua torta e conseguente distruzione di tutto ciò che entrava nel suo campo visivo, nonché boccali rotti quando Kana era particolarmente allegra e gettava quelli vuoti alle sue spalle, beccando qualcuno e scatenando l'ennesima rissa, la gilda aveva sempre bisogno di sproporzionate quantità di ricambi. Molto ingenti. Ma quella che stavano facendo Rebi e Mira era talmente assurda che la ragazza temeva che al Master sarebbe servito presto un parrucchino, data la sua abitudinaria perdita dei pochi capelli che aveva di fronte a notizie del genere.
Le palpebre le si chiusero e solo dopo alcuni secondi Rebi li aprì di scatto e scosse la testa cercando di svegliare il suo cervello e stimolare i suoi neuroni. I libri che doveva consultare, o aveva già consultato, erano di fianco al foglio di lavoro su cui avrebbe dovuto scrivere. Già, avrebbe. Le parole non le venivano. Doveva valutare alcune informazioni storiche che Lucy aveva inserito nella sua storia breve, nonché correggere gli errori. Inoltre voleva allegarle una lettera di auguri. Infatti l'amica sarebbe partita la mattina successiva... o meglio, quella mattina, per andare in missione con Natsu in una città in cui una famosa redazione accoglieva calorosamente giovani scrittori. Lucy, come al solito, aveva fatto tutto all'ultimo e aveva dato il manoscritto a Rebi solo tre giorni prima. La poveretta ci teneva davvero ad aiutarla, e quindi si trovava in quella situazione terribile.
Finì un breve commento scritto in un impeto di ispirazione e passò al foglio successivo. Ancora nove. Solo nove.
Rebi batté la testa sul tavolo, gemendo, per poi alzarsi di scatto, riscuotersi e riprendere la penna. Sbuffò. Appallottolò due fogli di brutta copia da scartare e fissò il pezzo di carta davanti a sé.
Delle ali che battevano. Ririi si stava agitando nel sonno?
La ragazza sentì con sgomento un'insolita aria calda e profumata. Guardò di lato e si accorse che il suo nakama non si stava agitando a letto, ma stava volando di fianco a lei. Ririi le sorrise, incoraggiante, mostrandole un vassoio su cui era appoggiata una tazza fumante di caffé. Era la sua tazza, quella che Gajeel le aveva decorato con le sue borchie metalliche.
Con gli occhi socchiusi, Rebi ringraziò il compagno e prese la tazza, posandola sul tavolo. Ririi portò in cucina il vassoio e si diresse di nuovo verso la scrivania, sedendosi su un libro.
- Posso aiutarti? Sei così stanca...
Gli sorrise dolcemente. - Grazie, ma non vedo come potresti. Ormai la storia la conosco solo io e devo darle anche un giudizio sulla trama.
- Capisco. Sei davvero meravigliosa a fare questo favore a Lucy.
- È che ci tengo a lei. Finalmente ho trovato qualcuno che mi capisce riguardo ai libri. Prima ero l'unico topo di biblioteca della gilda. E poi è una buona amica.
Ririi le sorrise e buttò via i fogli accartocciati. Anche se non poteva aiutarla, almeno poteva tenerle compagnia. Il silenzio calò di nuovo e Rebi finì di correggere un altro foglio nel giro di poco. Ma la quiete non durò.
- Il letto è freddo. Mi sento solo - brontolò Gajiru sulla soglia della porta della camera.
Rebi sorrise senza alzare lo sguardo.
- Perché mi ignori? - chiese con irritazione, chinandosi verso di lei. - Ancora lavori per la Bunny Girl? Lascia stare e vieni a rigirarti nelle coperte con me.
Rebi lo fissò male, anche se sembrava un tenero koala pieno di sonno. - Ti sembro in grado di poterlo fare, ora? - sibilò.
Ririi rivolse un'occhiata truce al compagno. Quando aveva sonno era intrattabile e diceva cose a sproposito.
- Rigirarci per trovare la posizione adatta a dormire, piccola - chiarì cercando di calmarla. – Pensi sempre male.
Rebi continuò a lavorare, osservata dai due maschi di casa. Quando rimase bloccata per un intero minuto sulla stessa riga, Gajiru sbuffò.
- Ebi, non ce la fai più. Sei troppi stanca. La Bunny Girl capirà, ti ha chiesto solo un favore. Hai già fatto quasi tutto il lavoro e poi non sei costretta. Te lo ha chiesto all'ultimo secondo.
- Ma io voglio farlo!
- No - ribadì Gajiru posando la manona sul foglio, coprendo le lettere.
- Sì! - ribatté lei gonfiando con rabbia le guance.
- Stai crollando.
- Non è vero, sono sveglissima!
- Ah sì?
- Certo! Ririi mi ha fatto il caffè. Magari adesso mangio un po' di cioccolata che è uno stimolante naturale.
Gajiru la sollevò inaspettatamente dalla sedia, facendola divincolare e infuriare. Come risultato si ritrovò seduto davanti alla scrivania con Rebi in braccio.
- Ebi - sibilò, a corto di pazienza.
- Per piacere, fammi finire - supplicò mettendogli le braccia attorno al collo e accoccolandosi contro il suo petto.
Gajiru respirò profondamente cercando di calmarsi, accarezzandole poi la schiena.
- Posso almeno aiutarti?
- Me lo ha già chiesto Ririi, ma devo capire io la trama finale. E poi riusciresti a correggere la sintassi della frase?
- Guarda che Metallikana non era ignorante - borbottò.
- Ma se ora resti sveglio pure tu, domani arriviamo alla gilda strisciando!
- Posso andare io. Vado a dormire mentre voi finite. Vi dividete i fogli rimasti e lui ti dice cosa accade in quelli che legge.
Rebi ci rifletté alcuni istanti, ma Gajiru aveva già capito che avrebbe ceduto.
- Ok... - accettò. - Grazie.
- Dai allora, al lavoro.
Ririi svolazzò via silenziosamente, diretto in cucina invece che in camera da letto.
Pochi minuti dopo tornò con lo stesso vassoio di prima portando due panini farciti con tutti gli avanzi di carne e verdure della serata.
- Spuntino di mezzanotte - disse allegramente.
- Ma se sono le due passate! - fece notare Gajiru.
- E allora? Si lavora comunque meglio dopo essersi fatti una bella mangiata.
- Veramente concilia il sonno riempirsi la pancia - commentò Rebi con occhio critico.
Ririi sbuffò e si trasformò nella terribile panterona che sovrastava anche il suo nakama. - Ora vi mangiate quei panini maledetti così lavorate meglio - sibilò.
Si allontanò indispettito e portò loro delle tazze di tè. - Concilia il sonno. Per dopo - spiegò. - Ora sarà meglio che vada, altrimenti domani matti... fra poco, insomma, non mi alzo.
Rebi gli sorrise riconoscente e divise i fogli rimasti fra lei e Gajiru, che stava sbranando il suo panino. Ma com'era possibile fare così tanto rumore masticando? La ragazza guardò in su, verso il volto del marito, aggrottando le sopracciglia. Lui la fissò di rimando e le diede un bacio in fronte continuando a masticare.
Ma certo! Ririi aveva messo dei bulloni nello spuntino. Rebi ridacchiò e mangiò il suo in silenzio.
- Che buono - commentò poi, quando lo ebbe divorato.
- Già - affermò Gajiru sorseggiando il tè. - Però io ho ancora fame. Un po' di salame?
- A quest'ora? - chiese lei con sconcerto. - Lo digerisci la settimana prossima!
- Tsk, ho un intestino di ferro!
- Se lo dici tu...
Gajiru si alzò e andò in cucina a tagliare il salame, tornando poco dopo con le fettine posizionate su un piattino insieme ad un pasticcino alla cioccolata.
- Guarda che abbiamo già cenato.
- Sì, ma il pasticcino è l'ultimo e domani rischiamo che se lo mangi Ririi - rispose addentando una fetta di salame.
- Ah, be', allora questo spiega tutto - concluse ridendo e lasciandogli il posto, sedendosi poi sopra di lui e appoggiandogli la testa sul petto, dormicchiando un pochino.
- Ebi, il pasticcino - la avvisò Gajru poco dopo, posandoglielo sulle labbra.
- Mmm... - mugugnò lei, scuotendo la testa.
Gajiru ridacchiò e iniziò ad infastidirla, facendola arrabbiare. La scrivania si riempì di briciole e lei alla fine addentò il dolce, bloccando il ragazzo. Lo fulminò con lo sguardo.
Lui rise, come sempre quando la irritava. - Non pensavo che avessi così voglia di cioccolata, Ebi.
Rebi masticò con impegno, scoprendo che alla fine era davvero buono. Prese un altro morso di quel dolcetto dal cuore morbido, ma Gajiru glielo allontanò dalle labbra approfittando della lentezza dei riflessi della moglie. Tutta colpa della stanchezza.
- Daiii - piagnucolò lei saltellando sulle sue gambe.
- Be'? Mi prepari per quando avremo un bambino?
Il cuore di Rebi perse un battito nel sentirlo parlare così del loro futuro. Gli sorrise e tirò fuori il labbruccio, guardandolo con gli occhi grandi e luminosi da cucciolo.
Lui le sorrise dolcemente e le avvicinò il pasticcino alla bocca, permettendole di morderlo. La ragazza chiuse gli occhi come se fosse stata in paradiso... o come se si fosse addormentata.
Gajiru la baciò ridendo, facendola sussultare.
- Finiamo?
- Sì, scusa. Ho sonno e dormo mangiando.
- Sai cosa ci sta bene con il salame? Il pane.
Gajiru non aspettò risposta e andò a prendere il pane fresco in cucina, insieme ad una bustina di bulloni della sua scorta. Fece alzare di nuovo Rebi per sedersi e fece un panino salame e bulloni. Poi prese un foglio e iniziò a leggerlo.
- Dai, Ebi. Lavora  che poi dormiamo.
Ma lei non lo ascoltava: quel panino la attirava troppo. Ne prese un morso dalla parte finale, evitando con cura i bulloni.
- Mangiona.
- Senti chi parla.
- Sono il triplo di te.
- Io devo crescere.
- Sai dove cresci tu, piccola? - chiese ghignando. - Anzi, sai cosa ti cresce?
- Sei cattivo - disse lei chinando la testa.
- Sono sincero.
- È un problema per te? - sibilò alzando il mento.
- Devo essere sincero? No, non mi importa ingrassare. E io non ingrasso.
- Intendevo: è un problema per te vedermi crescere proprio quel punto?
- No - rispose ridendo. - Così almeno anche tu puoi dire di essere il triplo di me.
- Smettila! - sbottò alzandosi. - Non prendere più in giro il mio sedere!
Gajiru scoppiò a ridere di gusto. Raramente lo aveva sentito sganasciarsi in quel modo. La prese per mano e la tirò verso di sé, facendola ricadere sulle sue gambe e mettendole in bocca il resto del dolcetto.
- Lo sai che lo adoro - le bisbigliò ghignando posandole un bacio in fronte. - E poi non è così grosso, Ebi. È... giusto.
Rebi borbottò qualcosa con la bocca piena, ma il ragazzo intuì che non era arrabbiata perché si rilassò fra le sue braccia.
- Al lavoro!
Gemette, disperata, dandogli quattro fogli degli otto rimanenti. - Leggi, correggi e riassumi.
- Mmh.
Alle tre e mezza di notte Rebi impilò la lettera di auguri e il commento, finì il foglio di direttive per Ririi e tolse le briciole dal tavolo. Gajiru si era addormentato con la testa appoggiata contro la sua schiena nel giro di due minuti.
Lei sorrise e si alzò lentamente, cosa che lo fece svegliare. Dopo essersi rilavati i denti, arrancarono fino al letto a luce spenta, troppo stanchi anche per accenderla.
 
- Ragazzi... fra poco si cena! - disse Ririi per l'ennesima volta, quella stessa sera. I suoi nakama avevano dormito tutto il giorno.
- Svegliami per lo spuntino di mezzanotte - borbottò Rebi, girandosi.
- Sei seria?
- Voglio un panino al salame e un dolce al cioccolato.
Ririi spalancò gli occhi e osservò Gajiru che, con tanto di bava alla bocca, apriva lentamente gli occhi.
- Anche per me - biascicò rintanandosi sotto le coperte.
- E perché?
- Conciliano il sonno...
Il gatto si grattò la testa e uscì dalla camera. Sempre più perplesso andò a comprare una torta al cioccolato e l'essenziale per fare dei gustosi panini al salame.
A casa, nel frattempo, una ragazza dalla chioma azzurra disordinata alzò di scatto la testa. - Ririi non è andato al supermercato, vero? - chiese con il panico nella voce.
- Mi sa di sì - rispose suo marito stropicciandosi gli occhi. Poi realizzò la situazione e si alzò di scatto.
Nessuno dei due voleva più vedere salame e cioccolata per cena.
Non erano esattamente dei tranquillanti...
- Mi sa che... vado a buttare fuori quello che Ririi sta portando a casa - mugugnò Rebi correndo in bagno.
Ecco, appunto.
 
 
MaxBarbie’s
Ehi! Sì, sto facendo le ore piccole come loro e, sì, il prompt fornitomi  dalla carissima AlexiaLil era molto buono e originale, ma questo capitolo è quello che si definisce “la progenie di una pazza”.
L’ho scritto in autobus.. dormendo. Seriamente. In autobus mi addormento sempre mentre scrivo e, con gli occhi chiusi e il cervello che corre a ruota libera, le mie dita scrivono. Cose senza senso e piene di errori, ovviamente, ma questa volta mi sono svegliata e ho visto scritto nel capitolo “pasticcino al cioccolato”. Mi sono chiesta come poteva essere finito nella storia ahahahahahaha disturbi dissociativi della psiche. Avevo fame.. già… erano le 14 e 30 ed ero ancora in autobus.
Alexia-chan, ti prego perdonami! Spero che ti sia piaciuto lo stesso. Ho anche trovato l’immagine da abbinarci^^ Grazie per il prompt*-*
Alla settimana prossima,
MaxBarbie

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Capitolo 30
*** Serenata ***


Non disponibileSerenata
(Prompt e canzone forniti da C63)


 
- Mmm - mugugnò Rebi stiracchiandosi. - Che bello!
- Sei contenta?
- Sì. Finalmente è arrivata la primavera. Poi ci sarà l'estate. E poi ancora l'inverno - canticchiò, felice come una bimba in un negozio di bambole. O come una Rebi in biblioteca.
Gajiru e Ririi l'avevano portata a fare una scampagnata nel bosco dopo essere passati a ritirare i suoi nuovi libri. Ora la ragazza se ne stava sdraiata supina sull'erba con le gambe piegate, fasciate dalle parigine marroni che le arrivavano a metà coscia, mentre un lembo di pelle era visibile prima di essere coperto dalla minigonna di tulle verde-acqua. Le scarpe erano state malamente abbandonate appena era arrivata sul posto, la loro radura, dove già spuntavano i primi boccioli di primule, margherite e violette del pensiero multicolori. Sopra ad una magliettina leggera con la scollatura decorata, dello stesso colore delle calze, aveva una specie di camicetta arancione con bottoni che lui le aveva regalato alcune settimane prima per via del colore.... gamberetto. In testa aveva un cerchiello argentato con un fiore giallo vivo su un lato. Sorrideva felice circondata da tutti quei libri, quegli alberi, i fiori e da tutto il contesto. Non poteva che essere felice se stava con Gajiru e Ririi.
Quest'ultimo leggeva un libro sogghignando. Da quando Rebi li aveva trascinati in biblioteca durante la sua giornata speciale il gatto aveva scoperto di avere una passione per i romanzi, non sono per i libri di ricette; aveva tappezzato la casa di questi ultimi, nonché deliziato i suoi compagni. Era sdraiato vicino a Rebi con la pancia in giù e le zampe posteriori in aria, compiaciuto. Accanto a lui c'era un volume con sopra un bicchiere di succo di kiwi e aveva sparsi intorno minimo altri cinque libri.
Gajiru era quello meno interessato. Sonnecchiava con addosso una magliettina rosso sbiadito borchiata sullo scollo, sopra a dei pantaloni marroni più aderenti del solito. Il bordo dei boxer verdi faceva capolino da sotto la stoffa dei pantaloni e i piedi erano nudi. Lui era perpendicolare a Rebi, e sentiva i capelli della giovane solleticargli il collo nel dormiveglia. Una ciotolina di bulloni, ormai vuota se non per qualche rimasuglio, era piazzata fra loro due, mentre dall'altra parte aveva un piattino con dei tramezzini freschi.
- Ehi! - esclamò Rebi girando la testa verso il marito e scuotendogli la spalla.
- Mh - borbottò lui  sbattendo le palpebre più volte.
- Ho trovato quella cosa che ti dicevo riguardo alle caratteristiche dei draghi. Per capire però devi leggerti un po' di storia su di loro - disse passandogli un libro e tenendoci in mezzo due dita per non perdere il segno.
In grembo aveva anche il libro che stava leggendo lei, aperto sulla pagina interrotta. Si era ricordata solo dieci minuti prima della domanda che il ragazzo le aveva posto alcuni giorni prima. E lei in biblioteca aveva ordinato apposta quell'antico volume per rispondergli.
- Cosa devo leggere? - borbottò Gajiru con faccia annoiata e leggermente schifata. Svegliarsi per trovarsi fra le mani uno di quegli ammassi di carta e inchiostro che Rebi tanto amava non era esattamente il suo ideale di felicità. Era sicuramente quello della moglie. Quel libro poi puzzava proprio di vecchio!
Svogliatamente iniziò a grattarsi l'addome alzandosi la maglia. Teneva il libro per il bordo superiore in modo da non far chiudere le pagine, ma era una posizione scomoda. Insomma, a lui piaceva quando era la sua dolce metà a leggere per entrambi, o quando gli faceva direttamente un riassunto accoccolata su di lui come una poltrona personale. Leggere direttamente era decisamente noioso.
Rebi sorrise e distolse lo sguardo dal libro che stava precedentemente leggendo. Allungò un braccio e gli indicò un punto sulla pagina mentre Ririi lanciava ai due un'occhiata di sbieco. Sarebbe stato divertente vedere il suo nakama mentre cercava di convincere la ragazza a lavorare per lui.
- Qui - spiegò lei. - Per capire la risposta a quello che tu mi hai chiesto devi iniziare da qui, in modo da avere un quadro completo della situazione.
- Non ne ho voglia - mugugnò.
- Allora non saprai mai la risposta.
- Spiegami tutto tu - sbuffò girandosi verso di lei, guardandola dall'alta con un ghigno accattivante.
- Arrangiati, io ho da fare.
Ririi rise.
Gajiru le baciò la fronte, il naso e poi le labbra, cercando di convincerla.
- Non funziona - lo avvertì lei intuendo il suo intento.
Il ragazzo sbuffò e si mise a leggere tranquillamente, più o meno.
- Ma ti stavo facendo un favore! - brontolò poco dopo. - Tu adori condividere certe cose con me.
Rebi lo fissò, chiudendo il suo libro, e si stiracchiò. A malincuore cedette alla sua richiesta. Girata su un fianco, appoggiata al gomito, disegnava con la punta del dito sul ventre di Gajiru, raccontandogli quella storia. Lui, spensierato e rilassato, fissava il cielo godendosi il calore e il solletico che la manina della moglie gli procurava. Non ci mise molto a riaddormentarsi.
- Baka! - urlò Rebi un secondo dopo.
O almeno, Gajiru credeva che fosse solo un secondo. - Che ha fatto Ririi? - sbottò, spaventato, alzando la testa.
- Io?! – chiese il gatto, confuso.
- Ma cosa c'entra Ririi? Mi implori di raccontarti la storia e poi te ne freghi. Sei proprio antipatico, non perderò mai più il mio tempo così. Leggi da solo!
Rebi, rossa di rabbia, si girò sull'altro fianco e, fissando Ririi che rideva, recuperò il libro. Ben presto sentì il braccio del compagno che gli passava in vita e l'attirava verso il suo petto. Gajiru le baciò il collo e poi passò alla guancia.
- Non ti perdono - disse Rebi con voce tremante. Era così bello farsi coccolare da lui!
- La storia l'avevo già letta - rivelò contro la sua pelle.
- Che?! - squittì la ragazza. - Ma allora...
- Volevo sentirtela raccontare. Sei sempre così felice quando scambi questo genere di informazioni con qualcuno. Sembra che tu non riesca a tenerti niente dentro, devi sempre esternare quello che sai. Come a casa, quando mi parli di questa o quella coppia dei libri e pretendi che io mi interessi. Alla fine mi conquistano seriamente, perché a te piacciono così tanto che li rendi attraenti anche ai miei occhi. Mi piace quando condividi le tue passioni con me.
Rebi sorrise senza farsi vedere, commossa dall'affermazione del marito. Temeva sempre di annoiarlo raccontandogli tutto quello che pensava, o parlandogli del suo immenso interesse per i libri. Sapere che invece gli piaceva ascoltarla era liberatorio e la rendeva davvero, davvero felice. Gajiru non era un grande chiacchierone, ma era un buon ascoltatore.
Rebi si rese conto di una cosa, però. E il suo sorriso si spense. Iniziò a giocare con i fili d'erba con espressione sconsolata, mentre Ririi aggrottava le sopracciglia di fronte al cambiamento. Gajiru vide il suo nakama e allora staccò le labbra dalla pelle della consorte.
- Ehi? Tutto bene?
Rebi avrebbe voluto ringraziarlo, baciarlo, dirgli quanto era sollevata, ma nulla di tutto ciò venne proferito dalla sua bocca. - E tu?
Gajiru aggrottò le sopracciglia e arretrò per farla sdraiare supina. Era triste...
- Io cosa? - chiese sgomento.
- Tu cosa condividi con me? Siamo sposati da parecchi mesi e stiamo insieme da molto di più, ma tu cos'hai condiviso con me? Io sono felice quando parlo con te di ciò che amo, ma tu ascolti a basta. Parli con Natsu e Gray di lotta e combattimenti, di missioni, e sembri contento. Ma questo lo noto solo io perché conosco i tuoi occhi. Sei sempre impassibile alla gilda. E poi passi alle mani, ma anche quello è un modo per condividere. Con Ririi chiacchieri di cucina e lo usi come consigliere per le questioni che riguardano me, come i regali o le sorprese. Ma io? Cosa condividi con me, Gajiru? - chiese accarezzandogli una guancia. - In una coppia uno deve contare sull'altra, e viceversa. Quando ho qualcosa da dire penso subito a te, ma tu? So che hai molti interessi, però non ne parli con me. Sarei felice come lo sei tu se potessi aprirti a me.
Gajiru la baciò dolcemente accarezzandole la schiena e stringendola a sé. Non voleva essere la causa della sua tristezza. Quelle parole lo stavano facendo davvero riflettere. Quando si era messo con Rebi aveva iniziato a capire come ragiona una donna. Sono talmente passionali da dover esternare tutto ciò che provano e pensano, come se fossero cose troppo grandi da tenere dentro. E rivelando tutto ad una persona dimostrano quanto ci tengono ad essa. Quando amano qualcosa, o qualcuno, devono parlarne per rendere partecipi gli altri, e farlo le fa sentire meglio. Quante volte la sua dolce moglie aveva fatto l'isterica per un torto subito, calmandosi immediatamente dopo averne parlato con lui? I ragazzi sono più menefreghisti. Le cose le tengono dentro. Il motivo non lo aveva ancora capito, ma forse c'entrava la soggettiva considerazione delle priorità. Per le donne tutte le questioni sono importanti, mentre i maschi tendono a vivere più serenamente, a lasciar scivolare via le cose.
E poi, cosa poteva interessare a Rebi di combattimenti e allenamenti, cose di cui parlava con Ririi? Non le condivideva con lei per paura di annoiarla. Quando la sua compagna aveva iniziato ad aprirsi con lui, era stato felicissimo. Aveva lentamente guadagnato la sua stima e fiducia. Le cose di cui parlava erano interessanti e Rebi gli aveva mostrato il mondo da una prospettiva diversa, lo aveva aiutato a maturare. Cosa poteva fare lui di così importante per lei? Non era altrettanto intelligente.
- Ah... forse non sono abbastanza... perché tu condivida con me ciò che ti piace.
Quelle poche parole che interruppero i pensieri di Gajiru furono come una secchiata di acqua gelida in pieno inverno.
- No, no no, ma che dici?! - sbottò, forse troppo perentoriamente.
- Tranquillo, posso capirlo. È normale che in una coppia uno dei due sia più legato all'altro. Non te ne faccio un torto.
Ma aveva gli occhi lucidi e Gajiru trattenne il respiro di fronte alla tristezza che traspariva da quelle amate iridi castane. Poteva caderci dentro e non uscirne mai più, come in un oscuro pozzo profondo.
Rebi gli diede le spalle e si rimise a leggere, asciugandosi in fretta una lacrima prima che sfuggisse dalle ciglia dov'era imprigionata. Ririi lo guardò sconvolto, prima di indurire lo sguardo.
- Parlare! - le mimò con le labbra.
- E di cosa?! Non ho nulla da dire! - rispose senza emettere suono.
- Che ne so? Di quello di cui parli con me!
- Muscoli? Ricette per torte? Consigli su di lei?
- Inventati qualcosa!
Un'occhiata fulminante di Gajiru pose fine a quella muta conversazione. Il ragazzo si sdraiò e fissò il cielo, facendo lavorare il cervello freneticamente alla ricerca di qualcosa da fare o dire. Mano a mano che i minuti passavano, però, non riusciva più a reggere la tensione. La schiena di Rebi sembrava un muro insormontabile, una porta chiusa con una chiave che lui non possedeva. Una porta per accedere al suo cuore. E lo sguardo bruciante di rabbia e preoccupazione di Ririi lo feriva come un coltello.
- Vado a prendere a casa delle coperte e porto la cena - annunciò alzandosi. Ormai era tardo pomeriggio. L'aria iniziava a diventare fredda e Rebi era poco vestita. Sebbene fosse primavera, all'ombra si gelava.
- Mangiamo qui? - chiese lei fissandolo.
La sua voce dolce gli scaldò il cuore. Ma gli occhi ancora non erano sereni, per quanto lei cercasse di mascherarlo.
- Sì. No?
- Per me va bene - disse Ririi stiracchiandosi.
- Allora arrivo. A dopo, piccola - disse baciando la testa di Rebi. Sperava di vederla sorridere, ma l'increspatura all'angolo della sua bocca sembrava più la smorfia tipica di chi è in procinto di piangere.
Gajeel riuscì a fuggire prima di mettersi ad urlare dalla frustrazione. Come poteva dire che lui non teneva alla loro relazione tanto quanto lei? Era stato lui a proporle il matrimonio, o no? Non era lui quello che soffocava la sua natura scorbutica e inflessibile unicamente per renderla felice?
Con lei condivideva tutto, cosa pretendeva esattamente? Cosa poteva fare?
Mentre si arrovellava su quell'unica domanda, su cosa inventarsi, Gajiru arrivò a casa. Infilò la chiave nella serratura e, come se fosse caduto in una sorta di trance, si diresse verso l'armadio da cui prese una stuoia per l'erba e una gigantesca coperta felpata, la più calda che avevano. Sospirando, si girò per uscire quando udì il suono che la coperta aveva prodotto. Una nota musicale. Abbassò lo sguardo e si ricordò di cosa c'era di fianco all'armadio.
La sua chitarra.
La sua chitarra! Ma certo! Condivideva la sua passione per la musica alla gilda quando si esibiva, ma in quei casi era un tipo di arte diversa. Era musica astratta che nessuno capiva. Che ignoranti! Però lui non suonava solo quel genere di musica...
Ghignando, prese anche la chitarra e, dopo averla accordata, uscì di casa.
 
Più di un'oretta dopo la dipartita di Gajiru, Rebi aprì di nuovo bocca.
- Secondo te lui ci tiene a me? - bisbigliò.
Non era sicura di avere il controllo della sua voce.
- Ma che dici, Rebi? - esclamò Ririi avvicinandosi e permettendole di stringerlo. - Sai quanto ti ama, basta vedere tutti i cambiamenti che ha fatto e continua a fare per te. Lui con te condivide tutto, fidati. E con me anche, ma tu sei sempre la prima a cui su rivolge. Io torno utile quando deve farti un regalo. Non farlo soffrire con questi discorsi, non si è mai fatto certi problemi prima che arrivassi tu.
- Ho esagerato, vero? - domandò sull'orlo delle lacrime.
- Ma no, rilassati. È solo che Gajiru a certe cose non pensa. Non ha bisogno di condividere come voi ragazze. Fidati che ti ama tanto quanto lo ami tu. Non è nella sua natura dipendere da qualcuno. Ma di te non può fare a meno.
- Dici che dovrei scusarmi?
- E di cosa? No, basta che tu gli sorrida. Tu non sai quante cose mi dice su di te. A volte mi fa venire il diabete. Descrive il tuo carattere con sguardo trasognato, o i tuoi occhi, per non parlare del tuo sorriso. Non potrebbe vivere senza di te.
- Davvero? A me ne fa pochissimi di complimenti! E per lo più mi punzecchia e mi prende in giro.
- Si crede debole. Con me ne parla perché ha assolutamente bisogno di sfogarsi. Sei la sua ossessione. Insomma, non è esattamente un comportamento da Gajiru esaltare qualcuno. Non è tipo da complimenti. Ma fidati che le cose per cui ti prende in giro sono quelle che adora di più.
Rebi si chiese se davvero la persona che Ririi stava descrivendo fosse il suo burbero e criptico marito. Era diventata così indispensabile per lui?
- Non oso immaginare cosa farebbe se tu sparissi - aggiunse il nakama, rispondendo alla sua risposta. - Non credo che ne uscirebbe.
Un movimento percepito con la coda dell'occhio li zittì e il rumore delle fronde che venivano spostate li costrinse a raddrizzarsi. Gajiru avanzava con sguardo deciso ma impenetrabile, portando una coperta e...
- La chitarra? - esclamò Ririi, terrorizzato. - Dov'è la cena?
- Puoi andare a prenderla tu? Io ho da fare.
- Devi suonare? - domandò, nauseato.
Un secco cenno del capo bastò per convincere il gatto a spalancare le ali e dirigersi fuori dal bosco.
Rebi non lo guardava in faccia, lo aveva guardato di sottecchi all'inizio, ma la sua espressione l'aveva fatta sentire tremendamente in colpa.
- Senti, prima non volevo dire quelle cose. Scusami...
Nessuna risposta. Rebi alzò lo sguardo solo quando sentì il peso della coperta gravarle sulle spalle; Gajiru stava stendendo la stuoia. Con un cenno del capo la invitò a sedersi sopra ad essa mentre lui prendeva la chitarra e si sistemava su una roccia vicina. Solo allora si guardarono.
- Ehm... ho pensato a quello che hai detto. E... hai ragione. Il fatto è che non ho mai sentito il bisogno di condividere qualcosa. Tu lo fai già per entrambi, e la cosa mi piace. Inoltre ho paura di annoiarti parlandoti delle cose che mi appassionano. Però poi mi è venuta in mente una cosa che non ho mai condiviso con nessuno - disse ghignando, battendo dei colpetti sullo strumento.
- Veramente la suoni ogni volta che puoi a Fairy Tail - esordì Rebi. Non voleva guastare il suo entusiasmo, ma lui non capiva cosa lei intendeva.
- È diverso. Lì improvviso al momento. Sì, lo so, me la cavo davvero bene. Però ogni tanto compongo anche qualcosa di serio. Da quando stiamo insieme sei diventata la mia musa. Non ho mai esternato le mie canzoni con te perché mi vergognavo. Ma, visto che ci tieni tanto, farò un tentativo. Questa è... la prima vera canzone che ho scritto, la prima notte che abbiamo passato insieme.
Rebi deglutì, emozionata e terrorizzata. Il suo compagno non aveva delle grandissime doti come cantante. La voce magari sotto sotto, molto sotto, ce l'aveva. Sapere di essere la sua ispiratrice la esaltava, ma non osava immaginare quale "shooby doo bop" le avesse dedicato.
Gajiru ringraziò il tramonto, che nascondeva il suo rossore e il suo imbarazzo. Sospirò ed iniziò a pizzicare dolcemente le corde della chitarra, concentrandosi su quella notte in cui era rimasto a contemplarla al buio, coperta solo dal lenzuolo che condividevano. Le parole erano sgorgate fuori implacabili e lui era schizzato in piedi alla ricerca di carta e inchiostro. Rebi aveva continuato a dormire placidamente, sospirando nel sonno. Era possibile sorridere sognando?
Sì, quando lei lo rendeva possibile. Sentì i suoi occhioni puntati addosso, sorpresi da quella melodia dolce che sgorgava proprio dalle sue mani. Chiuse gli occhi e liberò il suo cuore d'acciaio.
*Consiglio vivamente di ascoltare Ci sei sempre stata di Ligabue*
 
Più ti guardo e meno lo capisco
da che posto vieni.
Forse sono stati tanti posti
tutti da straniera.
 
 La sua voce roca era tesa all'inizio, ma non ci mise molto ad ammorbidirsi adattandosi ai toni bassi della canzone. Tante volte si era chiesto da dove fosse venuta una creatura come lei. La cosa più importante, però, era che l'unico posto a cui apparteneva era il suo cuore. Per sempre.
 
Chi ti ha fatto gli occhi e quelle gambe
ci sapeva fare.
Chi ti ha dato tutta la dolcezza
ti voleva bene.
 
Rebi arrossì, ma lui non se ne accorse. Ripensava alla notte in cui aveva scritto quei pensieri, quando nella penombra studiava il corpo seminudo della sua compagna. Si era chiesto più volte se era stato tutto un sogno, frutto della sua fantasia, o se un miracolo simile era accaduto proprio a lui. Anche ad anni di distanza si prendeva lunghi istanti per fissare con lascivia quel corpo che ormai era suo, non stancandosene mai. Sua mamma, qualunque fosse stata la sua storia e chiunque fosse stata, doveva essere una pasticcera. Una grandissima donna. Perché degli occhi dolci come il miele, un sorriso caloroso come la cioccolata fusa e un carattere attraente come una torta alla panna raramente appartenevano ad una stessa persona, insieme. Ma Gajiru era fortunato e poteva inebriarsi del profumo del suo sublime prodotto di alta pasticceria ogni giorno.
 
Quando il cielo non bastava,
non bastava la brigata,
eri solo da incontrare,
ma tu ci sei sempre stata.
 
 Ed ecco il ritornello, che aveva scritto con malinconia ripensando a tutte le notti che aveva passato camminando per le strade vuote all'uscita da Phantom Lord. Il cielo non bastava a lui, come drago, per sottrarlo dall'oscurità che lo pervadeva, e la sua brigata non colmava il vuoto che suo padre aveva lasciato. Passeggiando si ritrovava a contemplare i bambini che giocavano fino a tardi, che ridevano spensierati. Erano lontani per lui i tempi in cui aveva potuto fare lo stesso. Non sapeva di cercare qualcosa, Rebi era solo da incontrare, per caso. Nel peggiore dei modi.
Ma alla fine lei c'era sempre stata.
 
Quando si allungava l’ombra
sopra tutta la giornata,
eri solo più lontana,
ma tu ci sei sempre stata.
 
 Lontani come la notte e il giorno, lui un pipistrello e lei un fiore che apre i suoi petali al mattino. In passato Gajiru rifletteva al buio nella sua stanza oscura e silenziosa più del suo cuore, guardando la luna, chiedendosi cosa stesse facendo. Dubbi che sparivano con il sorgere del sole. E lei si coricava, con il buio si nascondeva. Era lui l'ombra da cui fuggire la notte, quando l'aveva catturata. Si era allontanata, lui l'aveva allontanata.
Ma, senza conoscerlo, lei c'era sempre stata.
 
Più ti guardo e più mi meraviglio,
e più ti lascio fare.
Che ti guardo e anche se mi sbaglio
almeno sbaglio bene.
 
 Osservarla era il suo hobby: come si svegliava, come si vestiva, come si organizzava. E lentamente aveva lasciato che fosse lei a decidere cosa fare anche per lui, sebbene lottasse un po' e le andasse contro per puro divertimento. E la lasciava fare perché vederla quando era concentrata e quando rifletteva era la cosa più bella del mondo. Se poi lei sbagliava era colpa sua che non l'aveva fermata. Ma quegli errori erano i più giusti del mondo.
 
In futuro è tutto da vedere…
tu lo vedi prima.
Me lo dici vuoi che mi prepari,
e sorridi ancora.
 
Era lei quella che faceva progetti per il futuro: vacanze, case, figli, missioni, regali. Lo toccava con mano, il loro avvenire, era lì per lei. Ma Gajiru viveva nell'istante del suo respiro, in segreto, cogliendo il battito delle sue ciglia, i suoi sospiri e le increspature delle sue labbra. Rebi parlava e parlava, organizzava, lo avvisava e gli diceva di prepararsi, di essere pronto. Ma poi vedeva che lui non l'ascoltava, che la fissava sorridendo leggermente in quel modo che aveva mostrato solo a lei. Come lei gli aveva insegnato a fare.
E allora sorrideva anche lei.
 
Quando il tempo non passava,
non passava la nottata,
eri solo da incontrare,
ma tu ci sei sempre stata.
 
 Quelle notti passate a chiedersi cosa ne avrebbe pensato suo padre di lui, qual era lo scopo della sua vita, cosa stava facendo lì e in quel momento. E il buio se ne andava lasciandolo sempre intontito, quell'unica domanda che racchiudeva tutte le altre a rimbombargli nella testa: “Cosa stai cercando?”. In quella vita statica che era tenebra assoluta, perpetua, il tempo immobile e le cose immutabili, la ricerca della risposta scandiva i suoi respiri.
 
E anche quando si gelava,
con la luna già cambiata,
eri solo più lontana,
ma tu ci sei sempre stata.
 
 Ora lo percepiva, ora che l'aveva conosciuta, quel gelo che gli attanagliava le viscere quando lei non c'era. Perché lei era il suo fuoco, ardeva in eterno.
 
Nemmeno un bacio
che sia stato mai sprecato.
Nemmeno un gesto così…
Così…
Nemmeno un bacio
che sia stato regalato.
Nemmeno un gesto così…
Tanto per… così…
 
 Niente era stato per caso. Nessun gesto era poco importante. Aveva guadagnato tutto e lo aveva conservato al sicuro.
 
Più ti guardo e meno lo capisco
quale giro hai fatto.
Ora parte tutto un altro giro
e io ho già detto tutto.
 
 Il giorno in cui le aveva chiesto di sposarla. Un lungo giro, tortuoso, per arrivare ad essere una cosa sola con lei.
E da lì era tutta un'altra storia.
Gajiru la fissò, desiderando asciugare le lacrime agli angoli dei suoi occhi. Lei aveva capito. Aveva intuito tutto ciò che c'era dietro le parole.
 
Quando il cielo non bastava,
non bastava la brigata,
eri solo da incontrare,
ma tu ci sei sempre stata.
Quando il tempo non passava,
non passava la nottata,
eri solo più lontana,
ma tu ci sei sempre stata.
Ci sei sempre stata.
 
Dopo l'assolo che lo portò distante da lì, in una dimensione astratta composta solo da musica, la notte assorbì la sua melodia e la realtà lo riportò vigile e attento.
Rebi aveva le guance bagnate, ma non sorrideva. Preoccupato, temendo che la canzone non le fosse piaciuta o che, peggio ancora, avesse risvegliato in lei brutti ricordi, mise da parte la chitarra e fece per alzarsi e raggiungerla. Un lampo di capelli azzurri lo bloccò e Gajiru si ritrovò la ragazza in braccio, aggrappata alla sua maglia come ad un'ancora di salvezza. Singhiozzante.
- Ehi, piccola! - esclamò spaventato, cingendola con le braccia dopo un attimo di smarrimento.
- Scu-scusami - balbettò lei, quasi incapace di parlare. - No-no-non a-avrei do-dovuto di....
- Sh - soffiò lui prima di baciarla. - Va tutto bene. E poi te la sei cercata! Adesso mi dovrai sentire suonare ogni volta - disse ridacchiando nella sua tipica maniera, facendola sorridere.
- Grazie - bisbigliò una volta che si fu calmata.
- Fig... mpf.
Rebi lo aveva bloccato baciandolo dolcemente, lentamente, stringendosi a lui. Gli sfilò la maglia con calma, abbandonandosi a lui, pronta a rivivere la loro prima notte in tutto e per tutto. E Gajiru, capendo le sue intenzioni, la lasciò fare, proprio come allora. Desiderio di appartenersi, sempre.
In ogni coppia c'è una persona che tiene di più all'altra.
E Rebi, per quanto amasse Gajiru, non era quella persona.
 
 
MaxBarbie’s
Ahi, ahi, ahiahiahi. OOC nemico mio, mi sa che sei venuto a farmi visita nelle ultime parti del capitolo. O in tutto il capitolo xD
Spero di no. OOC cattivo.
Un grazie vivissimo a C63 che è una ragazza adorabile a cui devo moltissimo! Innanzi tutto, la ringrazio pubblicamente perché, dolce com’è, ha preso spunto dal mio capitolo sulla proposta di matrimonio, Un nuovo Inizio, per disegnare il prompt “Metallikana” della Gajevy Week. Vedere la mia storia prendere vita grazie ai suoi meravigliosi disegni è stato emozionante e toccante. Specialmente la statua dei cinque draghi che mi ha fatta rabbrividire. E un altro grazie per avermi fornito non solo il prompt, Serenata, ma anche la canzone! Inutile dirlo, me ne sono innamorata. Ho ascoltato questa, Ci sei sempre stata di Ligabue, ho ascoltato quella di Arisa che mi aveva proposto contemporaneamente, ho riascoltato questa e mi volevo mettere a piangere. Ditemi voi se non sembra davvero Gajeel che canta! Voce roca e profonda, cupa e tonante, parole che arrivano al cuore e racchiudono un mondo. Mi è piaciuta tantissimo. E spero si avervela fatta immaginare, con Gajeel sotto la pioggia, impassibile e depresso, che guarda il cielo e i bambini che corrono a casa per ripararsi, mentre Levy, lontana, si stringe nelle coperte. Guardano la stessa porzione di cielo e non lo sanno. Che dolciosi*-*
L’immagine stupenda è ovviamente di Rboz. L’adoravo, ma non sapevo come infilarla della storia. Poi è arrivata C63 con il suo prompt e ho detto: “Perché no?”.
Scusate se mi sono dilungata. Grazie a tutteee, vi adoro belle ragazze sognatrici :*
MaxBarbie

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Capitolo 31
*** Concerto ***


Non disponibileConcerto
[Immagine proposta da Angelo Nero]


- Ebi?
- Mmh? - mugugnò Rebi mentre masticava un pancake sul sofà, con un libro nuovo pronto per essere letto in grembo.
- Ohi! - disse Gajiru chinandosi sulla testiera del divano e fissando la sua consorte che aveva la bocca piena. Ghignando si sporse per mangiarle il pancake direttamente dalla mano, facendola urlare in protesta. Di fronte al suo broncio ridacchiò e la baciò.
- Non sporcate il divano. È pronto, comunque - avvertì Ririi posando sul tavolo un piatto pieno di pancake e plumcake caldi. - Sempre che abbiate ancora fame dato il numero di frittelle che mi avete rubato.
Gajiru ridacchiò e andò a sedersi, seguito da una Rebi mortificata.
- Piccola, hai presente i biglietti per il concerto che ci ha dato il cliente di tre mesi fa? – chiese lui poco dopo.
La ragazza, che si stava godendo la colazione riempiendo Ririi di lodi, annuì.
- Non sono validi per domani sera? - domandò il gatto, distraendosi momentaneamente dalle attenzione della nakama.
- Sì, appunto. Che ne dici, andiamo?
Notando che Ririi non rispondeva, Rebi alzò lo sguardo, distogliendolo dalla contemplazione dei morbidissimi plumcake. Gajiru fissava lei, non il gatto, come invece credeva.
- Dici a me?
- Ehm... sì? - obiettò sarcasticamente.
- Be’, ovvio che andiamo. Pensavo che lo stessi chiedendo a Ririi!
- No, vi lascio fare gli sposini - disse lui sorridendo maliziosamente. La sapeva lunga, quell’exceed.
Anche Gajiru ridacchiò, fissandolo con occhio complice.
- Che problemi avete voi due? - domandò Rebi, scura in volto.
Entrambi la fissarono ridendo, e suo marito si leccò le labbra. - Ci divertiremo.
- Guarda che ti faccio andare da solo!
La risata del ragazzo si spense con il rumore delle posate e dei rimproveri della donna di casa.
 
- Che concerto è?
Il giorno successivo Rebi era davanti all'armadio e stava cercando degli abiti adatti all'evento. Se avesse saputo di che genere era la band si sarebbe potuto organizzare. Ma Gajiru dormiva.
- Allora? Svegliati! - esclamò dando le spalle al letto dov'era sdraiato.
Gajiru mormorò qualcosa di incomprensibile e si girò su un fianco.
- Cosa?
- …Band.
- Gajiru! - urlò Rebi con le braccia appoggiate ai fianchi, voltandosi verso di lui.
- È il concerto di una band musicale! - borbottò con convinzione.
La ragazza roteò gli occhi. - Ma che cosa ho fatto quando ti ho sposato?
Ma sorrideva. Gajiru storse la bocca e mugugnò: - Un affare. Il più grande...
Rebi ridacchiò: si era rimesso a dormire. La mattina aveva lottato contro Natsu, Gray ed Elfman, per poi allearsi con loro contro Laxus. Si era impegnato proprio tanto, e l'arredamento della gilda ne era la testimonianza. Anzi, il vecchio arredamento. E i mobili reduci.
- Mi dici almeno dove sono i biglietti?
- Comodino - farfugliò.
Rebi rise e gli stampò un bacio sulle labbra. Finalmente il ragazzo diede segni di vita e alzò la testa, quando lei si allontanò, come per seguire le sue labbra. Arrivata al comodino, aprì i cassetti finché trovò i due biglietti colorati del concerto.
Lesse i nomi e aggrottò le sopracciglia. - Non li conosco.
- Ovvio - borbottò Gajiru. - Di musica non ne sai quasi nulla!
- So che la tua mi piace molto - ribatté stizzita.
- Ruffiana.
Rebi sbuffò e salì sul letto, buttandosi di peso su di lui. Niente, neanche un gemito.
- Ti svegli?
- Dammi un buon motivo per farlo.
- Mmm... non ce l'ho. Chiederò a Ririi che genere di band è. Però prima mi spoglio così mi vestirmò più velocemente quando lui mi aiuterà a scegliere i vestiti - rivelò ingenuamente, con aria afflitta. Al ragazzo non era sfuggita l'enfasi che aveva messo nel riferirsi al loro nakama.
Rebi sospirò dirigendosi di fronte all'armadio. Fece in modo di fare parecchio rumore togliendosi la maglia, e con la coda dell'occhio vide la testa di Gajiru che si sollevava. Dovette mordersi un labbro per non ridere.
Rimasta in canottiera, se la sfilò lentamente dopo aver agguantato dal cassetto un reggiseno a balconcino.
- Uffi, non riesco ad agganciarlo - si lamentò di proposito.
Non ebbe il tempo di concludere la frase che le mani di Gajiru erano già attorno ai suoi fianchi. Le baciò il collo.
- Sei proprio prevedibile - disse ridendo.
- Mmm... perché questo non lo metti dopo? Tanto ora non ti serve... - rivelò allusivamente.
- Allacciamelo e basta, antipatico. Potevi pensarci prima di dirmi che non me ne intendo di musica -. Poi, girandosi verso di lui, lo guardò male. - Hai intenzione di aiutarmi con  i vestiti o no?
- No. Per me puoi stare anche così.
Il ghigno che aveva stampato in volto era perfido, malizioso, dolce e strafottente insieme. Rebi avrebbe voluto saltargli addosso. Si impose di respirare profondamente e fissarlo con rabbia.
- Va bene. Allora, per essere abbinata, mi metto le mutande di pizzo incluse nel pacchetto e andiamo al concerto così. No? Poi mi metto ad urlare in mezzo alla folla, saltando e cantando, mentre i corpi di chissà quanti ragazzi mi si...
- Pop - la interruppe Gajiru fissando l'armadio.
Questa volta fu il turno di Rebi di ridacchiare. - Aspetta, come ci si veste?
- Ebi, ad un concerto ci si va vestiti come si vuole. Comodi magari...
- Be', aiutami in ogni caso a scegliere qualcosa. Anche perché... mph.
Gajiru l'aveva zittita con un bacio, ghignando. La prese in braccio guidando le sue gambe affinché circondassero i suoi fianchi. Poi si sdraiò sul letto.
- Prima di vestirci direi di spogliarci.
- Ma Ririi...
- Gatto! - urlò Gajiru.
- Dimmi! - si sentì la risposta dall'altro lato del muro.
- Ci dobbiamo preparare e ci serve calma, non entrare!
- Baka - borbottò Rebi, inorridita e paonazza.
- Dopo quasi tre anni l'ho capito, Testa di Ferro!
La risatina di Ririi si udì anche attraverso la porta chiusa.
- Ecco fatto - disse placidamente Gajiru incrociando le braccia dietro alla testa. - Dai, svestimi così poi ci prepariamo.
Rebi gonfiò le guance e fece per alzarsi, ma venne trattenuta per i polsi dal suo uomo.
- Che hai?
- Mi stai provocando troppo, oggi. E non in senso buono.
- Tu ami quando ti provoco. In qualsiasi modo.
Lei distolse lo sguardo, accigliata.
- E sai meglio di me che non dirai di no.
- Non ho mai detto di no.
- Appunto.
Rebi arrossì.
- Facciamo la gara? Chi resiste di più prima di cedere?
Sbuffando, la ragazza lo baciò con trasporto e iniziò a slacciargli la maglia.
- Sono troppo facili queste vittorie, piccola.
- Amore, hai perso in principio. Mi dispiace per te.
- Ma se...!
Purtroppo Rebi da quel momento gli rese impossibile parlare.
 
Parecchie ore dopo, passata la mezzanotte, Gajiru e Rebi passeggiavano mano nella mano nei pressi della cattedrale di Caldia. Il concerto era finito da un pezzo e il posto si era svuotato, ma a breve sarebbero iniziati i fuochi. E lei non aveva intenzione di perderseli.
Si erano divertiti davvero moltissimo. La band era molto apprezzata da Gajiru e anche a Rebi non era dispiaciuta la musica. Avevano ballato e per vedere meglio lui l'aveva fatta salire sulle sue spalle, contento di vederla così serena ed entusiasta. Aveva avuto paura di vederla cadere, tanto si era agitata e dimenata.
- Mi piace questo look - commentò.
La sua consorte indossava degli shorts di jeans chiari con delle parigine rosa lunghe fino al ginocchio. Aveva delle comode scarpe da ginnastica bianche e marroncine come il cappello che portava, rubato al marito. Le calze erano dello stesso colore del maglioncino corto con le maniche a tre quarti che le lasciava libere le spalle. Lo aveva indossato da quando aveva iniziato a fare fresco, finito il concerto. Sotto aveva una canottiera corta sempre rosa.
Gajeel era andato sul sicuro con gli stivali marroni dentro cui aveva infilato dei larghi pantaloni bianchi. Sopra aveva una canottiera marroncina con delle maniche più scure che arrivavano fino al bicipite e lasciavano libere le dita. In testa aveva una fascia verde larga che gli tirava indietro tutti i capelli.
- Grazie - rispose lei, compiaciuta, sistemandosi un ciuffo sfuggito al cappello. - Tu alla fine non sei molto diverso dal solito.
- Quindi sto male?
- No - rispose ridacchiando. Gajiru era un vero patito del look, e talvolta si dimostrava essere un narcisista. La faceva sempre ridere.
- Vuoi un gelato? - borbottò lui, offeso suo malgrado dal commento.
- No, ma... mi sono appena resa conto di una cosa.
- Mmh?
- Io e te non abbiamo mai avuto un primo vero appuntamento.
Gajiru le lanciò un'occhiata perplessa.
- Insomma, ci siamo messi insieme subito. Non ci siamo frequentati come le coppie tradizionali. Il primo appuntamento si ha quando ci si deve ancora conoscere.
- Fingiamo che sia questo? - propose lui, che da tempo riusciva a leggerle nel pensiero e a prevederla. Avrebbe potuto scrivere un libro su di lei.
Rebi sorrise entusiasta. - Sì! Allora, tu mi hai invitata al concerto e ora dobbiamo prendere in gelato. Abbiamo tempo prima dei fuochi. Aspetta, ci terremmo per mano al nostro primo appuntamento?
Gajiru, alla ricerca di una gelateria, scrollò le spalle. Faceva quella cosa solo per farla contenta.
- No, direi di no - concluse lei lasciandogli la mano e scostandosi.
- Ehi! - si lamentò lui tirandola a sé per la vita.
- Ga-Gajiru! - mormorò imbarazzata. Si era completamente immersa nella parte. - Non ci si comporta così al primo appuntamento!
- Perché? - borbottò lui impassibile come sempre.
- Be', perché non ci conosciamo.
- Se ti ho invitata ad uscire è perché almeno un po' so chi sei, Ebi.
- Ma allora non vale! Dovremmo... ehi!
Gajiru la stava trascinando verso la gelateria con poca grazia. Pagò due coni gelato da due gusti ciascuno e diede l'ordinazione al ragazzo che preparò i coni.
- Ecco - disse porgendo il gelato a Rebi.
- Gajiru - sospirò lei. - Al primo appuntamento non dovresti sapere i miei gusti in fatto di gelato. E comunque sai che odio il cono!
Il ragazzo sbuffò. - A me piace invece. Per questo te l'ho preso. Me lo mangio io.
Rebi aggrottò le sopracciglia e iniziò a camminare.
- La verità è che non so come ci si comporta ad un primo appuntamento... Sono in imbarazzo. - rivelò dopo aver passato il suo cono al marito.
- Uffa, piccola! Stiamo insieme da tre anni e ti fai ora queste paranoie? Devi essere naturale! - sbottò lui divorando ciò che Rebi gli aveva porto.
- Litighiamo subito? - chiese lei gonfiando le guance. - Non avremo un grande futuro come coppia.
- Ah no, di sicuro - ridacchiò lui. Poi, le sussurrò con malizia: - Se vuoi possiamo avere una storia lampo. Sai, una cosa veloce e poi chi si è visto si è visto.
La manata che le arrivò sul sedere la fece urlare dalla sorpresa.
- Cafone! Non si fa così...!
Gajiru la baciò ridendo.
- Smettila e concentrati! Sei troppo irruente!
- Va bene - borbottò lui, allontanato in malo modo dalle sue labbra.
Gajiru si impegnò e le fece alcune ingenue domande sul suo livello di gradimento del concerto. A dire il vero era in imbarazzo anche lui. Cosa si fa ad un primo appuntamento, dato che le due persone ancora non si conoscono? E come poteva fingere lui, dato che la conosceva bene?
Un pensiero geniale lo illuminò. - Come deve essere il tuo ragazzo ideale?
Rebi, colta di sorpresa, rifletté alcuni istanti. - Be', non ho un modello. Non ci ho mai pensato, a dire il vero. Credo che debba essere dolce e romantico, gentile e intelligente. Un tipo forte e in grado di proteggermi, ma che mi tratti come sua pari. La classica fisionomia da principe azzurro, insomma. Educato e posato.
- Nah, penso che ti annoieresti con un rampollo simile - disse lui, seccato. Non si riconosceva per nulla in quella descrizione.
- Gajiru - rise lei. - Mi hai fatto una domanda e io ho risposto. Quello è il modello di ragazzo ideale, è un canone, ma io sono una brava ragazza.
- E quindi?
- E quindi mi innamoro dei cattivi ragazzi - disse arrossendo.
- Se conoscessi qualcuno identico alla descrizione che hai fatto, te ne innamoreresti?
- No. Io sono già... innamorata - rivelò arrossendo, risultando davvero credibile. - I miei sentimenti non cambieranno mai. Ho già trovato il mio ragazzo ideale. E tu?
Gajiru, rincuorato da quella risposta, le riprese la mano. - Non ho modelli. So solo che c'è una sola ragazza che potrei amare.
Rebi sorrise. - Ehi, iniziano i fuochi tra poco! Gaji-ah! Aspetta.
Il ragazzo l'aveva presa sotto le braccia e fatta volteggiare in aria. Ridacchiando, la fece scendere quel tanto che bastava per prenderla in braccio. Poi la guardò negli occhi e il suo sorriso si spense.
La sua bellezza lo colpiva ogni volta con la stessa potenza dei fulmini di Laxus. In quel momento partirono i fuochi, ma nessuno dei due parve farci caso. Si stavano scrutando come se fosse la prima volta. Lui la teneva per i fianchi mentre Rebi, stretta a lui, aveva le braccia distese lungo le sue spalle.
Dopo alcuni istanti di silenzio, Gajiru sussurrò: - I principi rammolliti non possono fare questo perché non hanno iniziativa.
La ragazza non rispose, impegnata a scavare nelle pozze rosso sangue che abitavano i suoi occhi, raggiungendo la sua anima piena di amore e passione.
Gajiru, affogando in quel mare color nocciola, si ritrovò a pensare a quanto carina sarebbe stata una Rebi in miniatura. E a quanto volesse dare a lei, la luce della sua vita, un figlio. Li avrebbe uniti ancora di più, rendendoli compagni di una duplice avventura: essere coniugi e genitori. Immaginò mille possibili scenari di loro due insieme ai figli. E il cuore gli si scaldò.
In quel momento seppe di essere pronto. Erano sposati da quasi un anno e stavano insieme da più di tre. Si erano cambiati, erano cresciuti insieme e si erano adattati gli uni agli altri. Desiderava davvero, ardentemente, dare un figlio a quell'angelo che teneva in braccio e lo fissava credendo di sapere tutto.
E non solo credendolo.
- Sai cos'altro dev’essere il mio uomo ideale? - bisbigliò.
Gajiru la udì solo grazie al suo udito impareggiabile. In mezzo ai fuochi, altrimenti, non avrebbe sentito nulla.
- Mmm?
- Un buon padre. Uno che ci sappia fare con i bambini.
Possibile che due persone, vivendo insieme, si fondano così tanto da pensare le stesse cose nello stesso momento? Possibile che anche Rebi avesse sentito il bisogno di dar vita a qualcosa di speciale con lui?
- E la persona di cui sei innamorata lo sarebbe?
- Non ho dubbi.
Si guardarono in silenzio per alcuni istanti, emozionati.
- Ebi?
- Sì?
- Al primo appuntamento ci si bacia?
- Non lo so. Posso dirti, però, che se non lo fai tu prendo io l'iniziativa.
Gajiru ghignò e premette le proprie labbra contro quelle della compagna, scambiando con lei una dolce e decisa promessa, fondendosi. Attorno a loro il mondo assumeva i colori dell'arcobaleno, e i botti scandivano il ritmo dei loro cuori scoppiettanti.
Troppo presto quel contatto finì. - Ebi?
- Sì?
- Al primo appuntamento si cerca di procreare?
Rebi rise e seppellì la testa nella sua spalla. - Nelle coppie normali, temo di no.
- Ma noi siamo una coppia normale?
Un sorriso genuino. - No...
- E siamo al nostro primo appuntamento?
Uno sguardo complice. - No.
- E allora chi se ne frega, piccola - sussurrò Gajiru ad un soffio dalla sua bocca prima di coinvolgerla in un altro travolgente bacio.
E ancora una volta i fuochi simboleggiarono la loro tempesta interiore.
 
Più tardi, quella notte, due giovani coniugi erano sdraiata a letto, abbracciati, con un gatto che russava e faceva le fusa nel sonno al loro fianco.
- Vuoi provarci davvero? - sussurrò Rebi, giocando con i capelli del marito.
- Perché no? Le finanze per mantenerlo le abbiamo. Ora ci basta trovare una nuova casa e...
- Dobbiamo traslocare? - chiese inorridita. Lì dentro era iniziato tutto, non voleva andarsene.
Gajiru le baciò la nuca. - Capisco cosa provi, ma dove lo mettiamo un bambino, qui?
- E ce la faremo?
- A traslocare? - chiese lui, le sopraccigli aggrottate.
- Ma no! Con... tutto.
- Perché non dovremmo farcela? Ci riescono tutti. A momenti anche Lucy e quel cretino di Natsu se ne renderanno conto. Mira e Laxus ed Erza e Gerard ci hanno battuti di un anno. Juvia ha scoperto di aspettare un figlio dal ghiacciolo. Dobbiamo essere gli ultimi?
- Ti senti pronto?
- Io sì. Tu no?
- Sì...
- Credi che io sia pronto?
- Assolutamente.
- E allora ci manca solo una cosa.
Rebi lo fissò con curiosità. - Cosa?
- Il bambino.
Ridacchiò e gli accarezzò l'addome scolpito in modo lascivo. - A quello possiamo rimediare subito, che ne dici?
Gajiru ghignò e la baciò.
Era ora di allargare la famiglia.
 

MaxBarbie’s
Io mi scuso per l’immenso ritardo: scuola, teatro, problemi di connessione, mancanza di tempo. Gomen nasai, minna-san. Spero che almeno questo capitolo, che non è granché, possa piacervi.
Vi ringrazio per i bellissimi commenti dello scorso capitoli, il cuore mi scoppia di gioia ogni volta!
Perdonatemi ancora e scusate,
MaxBarbie
 
P.S.: a proposito!! Vi prego, ho bisogno di voi. Se avete voglia scrivetemi per MP o nelle recensioni le proposte dei nomi da maschio e da femmina per il bimbo di Gajiru e Rebi*-* Non ho molta fantasia nel campo aahahahah. E poi, al massimo, li riciclo per i bambini delle altre coppie. Saranno tanti. Ohohoho, tantissimi! Ricambio generazionale a Fairy Tail. Proponetemi ciò che volete^^

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Capitolo 32
*** Tentativi ***


Tentativi
(o Bambino, secondo il prompt di Angelo Nero. Ma Tentativi è più in linea col capitolo^^)


- Sono incinta! - gridò Lucy entrando nella gilda con Natsu al seguito.
Rebi e le ragazze spalancarono la bocca, prima di sommergere la nakama con grida di gioia e congratulazioni.
- Che bello Lu-chan! - urlò Rebi abbracciandola e saltellando insieme a lei.
- Sì, lo so! È arrivato subito, sono davvero felice!
 - E Natsu come l'ha presa?
- Ha passato tutta la notte a piangere insieme a me - rise Lucy, emozionata come lo era stata solo nel giorno del suo matrimonio, avvenuto pochi mesi prima. - È stato dolcissimo, anche se ora è un po' paranoico. Ad esempio...
- Lucy! - urlò il ragazzo correndo verso la moglie e posandole sulle spalle una coperta. - Non prendere freddo, mi raccomando - la ammonì. - O il bambino diventa un mago del ghiaccio. O esce di ghiaccio.
Sì... era felice e premuroso, ma la testa rimaneva sempre la stessa.
- Natsu, è autunno, non inverno! Sono abbastanza vestita, credimi.
- Ma io...
- Fiammifero! - urlò Gajiru avvicinandosi. - Vieni con me che ti insegno ad essere padre. Sei più ignorante di una padella.
Natsu infuocò i suoi pugni. - Ah chi hai dato della padella, Testa di Ferro? Io almeno ho una moglie incinta!
Gajiru ringhiò e gli tirò un pugno, scatenando immediatamente una rissa.
Rebi invece arrossì, triste e leggermente gelosa di Lucy. Lei e Gajiru stavano provando da tre mesi a concepire, ma ancora del bambino non si vedeva l'ombra.
Mira ed Erza erano diventate mamme da due anni ormai. Laxus, sposato con Mira, era un papà premuroso e paziente, stranamente. La notizia della dolce attesa della modella più famosa del Sorcerer aveva scatenato il putiferio, e la scoperta dell'identità del suo compagno, cioè il nipote del Master, aveva reso quello scoop il più succoso e diffuso per un anno intero. Avevano una relazione segreta dal loro ritorno da Tenrou, a quanto si diceva, ma nessuno aveva mai notato nulla. Un bellissimo bimbo dai capelli biondo chiaro correva per la gilda sulle gambine tozze, seguito a ruota da un placido Laxus e da un nonno ormai senza baffi a causa delle manine curiose e forti del nipote, Inazuma*. I due genitori si erano sposati solo qualche mese prima. Mirajane continuava a fare la barista mentre Laxus controllava il piccolo o andava in missione con i Raijinshuu, lasciando il piccolo con il nonno. Era un bimbo bello, curioso, sveglio e tranquillissimo.
L'antitesi naturale di Inazuma era Arashi*, la bimba dai capelli rossi di Erza e Gerard. Lui si vedeva poco alla gilda, ancora occupato con Crime Sorciere, ma viveva con Titania e la loro piccola, dando un aiuto incredibile alla povera mamma imbranata. Erza era dolce e amorevole, ma leggermente dispotica con la figlia birichina e vivace. Quest’ultima stava tranquilla solo quando giocava con Inazuma, un calmante naturale per lei, o quando Rebi e Gajiru le badavano se Erza e Gerard erano in missione. Le piaceva leggere, ovviamente generi più tranquilli di quelli che sua mamma era solita maneggiare.
Poi c'era Juvia, che aveva convinto Gray a sposarla. Il come ci fosse riuscita era un'incognita ancora per tutti, ma per tenersi stretto il suo amato ed evitare ripensamenti aveva avuto subito un bimbo adorabile dai capelli blu che di secondo nome faceva Gray. Con tanta, tanta opera di persuasione (era bastato accarezzarla), Gray senior aveva convinto la moglie a mettergli un nome diverso. Quindi ora il marmocchiosi chiamava Yoshirou* Gray II Fullbuster. Un bimbo schivo e impassibile come il padre, sempre pieno di caldo, ma educato come la madre. E anche ossessivo, come quando trovava un giocattolo nuovo e moriva d'amore per esso. Yoshirou era adorato sia da Juvia che da Gray, che andava letteralmente pazzo per il figlio, come per la sua consorte, del resto. Ma lui non avrebbe mai ammesso il suo amore per lei, che tuttavia conosceva i suoi sentimenti.
E ora Lucy con Natsu. Rebi sospirò mentre le tre mamme iniziavano a dare all'ingravidata consigli su come comportarsi, cosa mangiare, cosa aspettarsi e chiacchieravano su atteggiamenti da tenere e impressioni. Come l'aveva scoperto, se ci avevano provato tanto, cosa ne pensava Natsu.
- È arrivato subito, nel giro di un mese! - esclamò Lucy, soddisfatta e felice. Troppo tardi si rese conto di come ciò potesse essere inteso dalla sua amica.
Rebi aveva un sorriso tirato sulle labbra, sincero e malinconico insieme.
- Oh, Rebi-chan! - bisbigliò Mira abbracciandola.
- Juvia sente che anche per Rebi-san arriverà il momento giusto! Gajiru-kun la ama tanto!
- Anche io ho aspettato tanto, Rebi. Quasi sei mesi - rivelò serafica Erza, torta alle fragole in mano e occhio puntato su Arashi, che giocava con Inazuma e Laxus.
- Non è questione di fertilità di Gajiru, magari? - suggerì Lucy.
- No, ne sono certa. Per lo meno, lui non c’entra. Abbiamo fatto un sacco di visite e controlli e siamo preparati anche all'arrivo di gemelli, dato che lui da questo punto di vista non ha problemi. Forse è colpa mia...
- Ma no, Rebi-san. Abbi pazienza. Te lo godrai di più quando arriverà - la incoraggiò Juvia. - Tu continua a provare, però.
Rebi arrossì. Non facevano altro ultimamente, lei e Gajiru. Dopo la notte del concerto si erano resi conto di essere stati avventati. Avevano tanto da organizzare prima di accogliere il bambino. Avevano iniziato subito a fare visite e controlli, e a cercare casa. Quella l'avevano trovata, ma nel frattempo erano passati molti mesi. Juvia aveva partorito e i due sposi si erano convinti a ritentare. Per tre mesi. Rebi iniziava a scoraggiarsi, e Gajiru non stava bene vedendola così depressa. Era sempre nervoso alla gilda e non faceva altro che buttarsi in una rissa dopo l'altra.
I bambini di due anni, Inazuma e Arashi, incoraggiavano i loro genitori a “giocare”, battendo le manine paffute. Il piccolo diventava particolarmente vivace quando la figlia di Erza era con lui. Arashi era tremenda come sua mamma, urlava e gridava: - Bote! Bote! - con la sua vocina stridula ed emozionata, battendo le manine lentamente, sbagliando mira ogni tanto. Allora Inazuma interveniva prontamente e diceva: - No bote! - e lei aggiungeva il “no”, indicando e sgridando gli adulti "cativi". Parlava più di Inazuma, aveva un buon vocabolario di parole, ma ancora non faceva frasi lunghe, solo pronomi e verbi. Era presto. Il bambino invece parlava di sé in terza persona, facendo ridere Mirajane. Erza era diventata una iena quando aveva scoperto che la prima, tanto agognata parola pronunciata dalla figlia  era stata "baba", cioè “papà”. Aveva distrutto più mobili lei in un giorno di Gray, Gajeel e Natsu in una settimana di pioggia. Solo il marito era riuscito a placarla: la bimba aveva il naso chiuso, e la parola "baba" non era altro che "mama". Sì, Titania aveva pianto.
In quel momento Arashi gattonava ridendo, veloce come un furetto, dietro ad Inazuma che scappava sulle malferme gambe grassottelle, cadendo ogni tanto con la testa vicino a qualche micidiale spigolo con orrore di Mira, Laxus e praticamente tutti.
Natsu prese in braccio il piccolo appena caduto, studiandolo con occhio critico. Nella gilda calò il silenzio. I due si scrutavano come per decidere se quello che avevano davanti era un pericolo, una minaccia, o no. Inazuma era impassibile come sempre, incuriosito. Sollevò il ditino e indico Natsu.
- Fuoco. Fuoco cativo. Tu cativo!
Mirajane spalancò gli occhi mentre puliva il bancone.
- Sveglio il marmocchio - commentò Makarov. Non lo diceva solo perché era il suo pronipote e perché Natsu era un pericolo pubblico. Non era un ragionamento di poco conto quello che aveva fatto. Il fuoco era “cativo”, quindi Natsu, legato ad esso, era “cativo”. E aveva poco più di due anni.
Il ragazzo sorrise, confondendo il bambino. - Mio figlio sarà più sveglio e forte di lui, Laxus. Tu, Inazuma, devi diventare bravo, capito?
- Io bavo - disse seccamente, sfidando Natsu con lo sguardo.
Laxus lo prese in braccio e fulminò il rapitore con gli occhi. In quel momento arrivò Gajiru a tirare pugni a tutti.
- Il mio sarà il più potente - gridò.
- Bastardi, il mio Yoshirou è il migliore - si aggiunse Gray.
- I veri uomini devono... - disse Elfman prima di essere zittito da un calcio.
Rebi sospirò mentre Mira prendeva Arashi e Inazuma ed Erza andava a sedare il conflitto: c'erano dei bambini a guardarli!
 
- Che stanca che sono! - esalò Rebi buttandosi sul letto.
- Stanca? Davvero? - chiese Gajiru affacciandosi alla porta della camera. - Allora forse sei in...
- No! - sbottò lei, seppellendo la faccia tra i cuscini.
- Ma...
- Ho detto di no!
- Ok, ok, calmati. Anche Erza era così isterica quando era incinta...
- Non sono isterica. Sono stanca. Vado a farmi un bagno.
Quando la ragazza fu sparita dietro alla porta del bagno, Gajiru si diresse verso la camera di Ririi. Avevano traslocato da poco, anche se erano riusciti a sistemare già tutti i mobili e gli oggetti vari. Con Fairy Tail al seguito, che aveva costruito la gilda dalle fondamenta nel giro di poche settimane, cosa poteva mai essere la sistemazione dei mobili? La casa si sviluppava su due piani, larga alla base e non troppo alta. Al piano terra c'era un piccolo portico coperto abbellito da grossi vasi di fiori e una targhetta di metallo incisa con la scritta "Famiglia Redfox". Da un portone di legno si entrava in una piccola e accogliente anticamera con appendiabiti, portascarpe e portaombrelli, con un tappeto per terra. Ci si poteva stare massimo in sei prima di che la cameretta iniziasse a diventare stretta. Dalla seconda porta si usciva dall'anticamera e si arrivava in un ampio e spazioso corridoio luminoso con le pareti in legno alla base e pittura ocra-rosa nella metà superiore. A destra c'era un arco nella parete che permetteva di accedere alla libreria gigantesca dotata di mobili e scaffali che raggiungevano il soffitto. Ampie vetrate che davano verso la parte interiore della casa illuminavano l'ambiente mentre un camino lo scaldava. Cuscini, una poltrona e un divanetto erano sistemati con ordine sulla moquette, insieme ad una scrivania piena di boccette d'inchiostro e stili per scrivere. A sinistra dell'entrata, invece, c'era una cucina moderna e accessoriata con mobili in tinte rosse e nere, piastrelle sul pavimento e muri azzurrini. Al centro c'era un tavolo dove Gajiru, Rebi e Ririi mangiavano quando non avevano ospiti. Una porta laterale conduceva al giardino e veniva aperta spesso per impedire che l'odore del cibo raggiungesse gli altri ambienti. La porta della cucina, invece, era sempre  chiusa per lo stesso motivo: preservare la biblioteca. Seguendo la fine del corridoio, si arrivava alla stanza che comprendeva il soggiorno a destra e a sinistra un tavolo pregiato di cristallo e metallo usato quando la famiglia aveva ospiti. Una porta-finestra conduceva al retro della casa, su un prato verde ben tagliato e curato. In un angolo c'era tutto il necessario per fare pic-nic e grigliate e Gajiru voleva farci costruire anche la piscina e un parco giochi per i bambini. Aiuole di fiori ben potate circondavano la casa e la via di ciottoli che conduceva dal cancello alla porta d'entrata. Due bagni adiacenti erano posizionati in modo che vi si potesse accedere dal soggiorno e dalla biblioteca.
Al piano superiore c'erano quattro ampie camere dotate di bagno e di balcone. La più grande era ovviamente di Gajiru e Rebi, le altre due erano per i loro futuri figli. L'ultima, la più piccolina, era per Ririi, che non si era mai lamentato della compagnia dei nakama, ma non aveva disprezzato la possibilità di dormire da solo. Solo in assenza di tempeste con fulmini, però.
Gajiru entrò nella camera del compagno, di fronte alla sua, e si appoggiò allo stipite. Ririi si perdeva dentro a quella stanza così grande per lui, riempita di poster di kiwi e libri di cucina, piccole e grandi sciabole e foto di lui con i nakama. Aveva un letto piccolino che a volte condivideva con Happy, quando andava a dormire a casa sua.
- Qualche aiuto?
- Non chiedere a me! - disse placidamente il gatto, sdraiato a letto con un libro di dolci sotto al musetto. - Non sono io quello in cerca della paternità.
Gajiru grugnì e lo fulminò con lo sguardo. Poi sospirò e si passò una mano fra i capelli.
- Dai, arriverà. Sei troppo ansioso per questa cosa. Fregatene come fai sempre e vedrai che succederà.
- Ma lei è depressa...
- Lo sei anche tu. Gajiru, sii uomo!
Il ragazzo sbuffò.
- Buonanotte - gli augurò il gatto tornando a leggere.
Tornato a letto, si sdraiò e si mise a fissare il soffitto.
Un istante dopo, o così gli parve, sentì un tocco leggero sulle labbra, e dei morbidi capelli gli solleticarono il collo.
- Ohi - borbottò.
Rebi era uscita dal bagno e lo aveva baciato per dargli la buonanotte, dato che lui si era assopito.
Gajiru aprì un occhio e poi li spalancò entrambi: sua moglie aveva gli occhi rossi e leggermente gonfi. Aveva pianto. Tanto. Si sentì uno schifo di marito.
La ragazza cercò di non incrociare il suo sguardo, sdraiandosi e dandogli la schiena. Ma il respiro le tremava e il corpo era teso.
- Piccola - sussurrò Gajiru abbracciandola. Le posò la fronte sulla spalla e la confortò con il suo calore mentre lei piangeva. Dopo poco Rebi si voltò, lasciandosi stringere fino a quasi farsi mancare il respiro con la testa posata sul suo petto.
Le accarezzò la schiena per minuti interminabili, incassando i suoi singhiozzi di disperazione come coltellate al cuore.
Per la prima volta, Rebi non aveva voglia di parlargli. Non aveva voglia di dire come si sentiva, cosa provava. Era solo triste e aveva la mente annebbiata.
- Quante lacrime hai in corpo?! Sei peggio di quell’Ameonna di Juvia! - esclamò dopo un po' lui, cercando di allentare la tensione nel suo modo scorbutico e rude.
Rebi rise prima di ricominciare a piangere.
- Senti, piccola... e se non potessimo averne? Cosa succederebbe?
La ragazza respirò a fondo prima di rispondere. Voleva essere sicura di avere il controllo della sua voce. - Nulla - rispose mentre un ultimo singhiozzo le strozzava le parole in gola. - Rimarremo io, te e Ririi.
- Lui potrebbe essere nostro figlio. Gli mettiamo i pannolini lo sgridiamo quando fa i capricci, lo educhiamo.
La risata che gli scaldò il cuore era cristallina come sempre, ma l'alone di malinconia non si azzardava a lasciarla in pace. - Non penso che ci riesca. È educato e non fa i capricci!
- Vuol dire che gli abbiamo insegnato bene.
Rebi reclinò la testa per guardarlo in volto, con sguardo di disapprovazione.
Gajiru le diede un bacio in fronte.
- Be', al massimo fra qualche anno potremmo adottarne uno.
- Sì. Ma non è la stessa cosa...
- Ehi, stai tranquilla! È normale che a volte faccia un po' di fatica ad arrivare. Lo ha detto Ririi.
Rebi ridacchiò. - Sì, hai ragione. Solo che... - disse rabbuiandosi, - è un po' difficile da accettare il fatto che Lucy sia già incinta. Non ha aspettato nulla praticamente e quasi non lo aveva programmato. Non sono in competizione con lei, figurati, è la mia migliore amica, ma sai...
- Capisco. Io devo essere un padre migliore di Natsu. E come faccio se non lo divento?
- Sarai un padre fantastico. Il migliore del mondo.
- Certo! Non serve nemmeno dirle certe cose.
- E io? Sarò una brava madre?
- Non ti ho sposata per nulla. Io scelgo solo il meglio.
Il silenziò calò di nuovo, avvolgendoli come una coperta. Finalmente tornava quella quiete che riempiva le loro giornate, quella calma complice che li faceva sentire a loro agio e li tranquillizzava. Non avevano bisogno di parole.
- Però potrebbe non arrivare subito... - esordì Gajiru, lasciando apposta la frase in sospeso.
- E quindi?
- Quindi... noi ci proviamo. Ma senza aspettarci nulla. Capito come? Ci divertiamo e poi quel che accade accade.
Rebi sorrise maliziosamente. Usando il medio e l'indice come gambe di un corpo invisibile, percorse il suo addome e gli prese il mento fra le dita.
- Perché no?
- Allora giochiamo? - chiese lui sfoderando uno dei suoi migliori ghigni.
- Giochiamo - rispose lei con sguardo seducente prima di seppellirsi sotto alle coperte.
 
Rebi era più serena. Lei e Gajiru avevano fatto ulteriori esami riscontrando che nessuno dei due aveva problemi di fertilità. Dunque si trattava solo di aspettare. Ma quello non era un fastidio. Ora l'attesa sembrava solo un momento bellissimo d'intesa e complicità in cui i due coniugi potevano progettare per il futuro e sognare ciò che a breve sarebbe arrivato.
Alla gilda la ragazza sorrideva e ascoltava con interesse i consigli delle nakama sui neonati. Dopo due mesi di osservazione stava vivendo una specie di gravidanza in simbiosi con Lucy, che le diceva come si sentiva e cosa accadeva di giorno in giorno. Dopo tre mesi era pronta come non mai per fare la madre, grazie a decine di libri letti e consigli di Erza, Mirajane e Juvia. Dopo quattro mesi il suo sorriso non si spegneva e lo scoraggiamento non aveva nulla a che fare con la sua persona, non intaccava la sua spensieratezza. A Capodanno, quando Lucy era incinta di sei mesi, Rebi aveva accompagnato l'amica a fare compere, desiderando acquistare anche lei scarpine minuscole, pannolini, pantaloncini e canottierine. Ma si ripeteva di attendere. Aspettare e vedere, sognare il momento giusto.
- Quasi desidero che il bambino non arrivi mai - diceva Gajiru durante i momenti di intimità passati con la moglie.
Ma lo sconforto dietro a quelle parole pronunciate con dolore era immenso, celato all'altro. Solo Rebi lo capiva. Jet e Droy dicevano che non vedevano l'ora di diventare zii, cosa che rincuorava la ragazza e faceva sbuffare Gajiru.
Nessuno dei due aveva più chiaro il loro futuro, finché un giorno...
- Ebi, dove sei? - urlò Gajiru dal corridoio del piano terra.
La moglie non rispose. Erano due minuti che la chiamava senza avere risposta. La cena che Ririi aveva preparato in due lunghissime ore era pronta. In salotto e in biblioteca, dove giaceva un libro aperto sopra un cuscino ed una coperta, un fuocherello scoppiettante riscaldava l'intera casa. Il ragazzo si affidò al suo olfatto e seguì il profumo della moglie fino alla loro camera. Confuso, varcò la porta. Che si fosse addormentata? No, era salita poco tempo prima...
Dei singhiozzi provenienti dal bagno lo raggiunsero. Stava piangendo.
Terrorizzato, Gajiru spalancò la porta e trovò Rebi curva sul lavandino, dove tre specie di termometri per il test di gravidanza giacevano abbandonati. Con le braccia tese sul bordo del mobile, la ragazza piangeva a dirotto cercando di respirare profondamente.
- Piccola! - esclamò lui, devastato da quella vista così desolante. L'ennesimo fallimento. Quanto ancora poteva andare avanti, lei, senza crollare?
Gajiru si maledisse con tutto sé stesso per non essere ancora riuscito, dopo cinque mesi, a darle un figlio. Ma lei continuava ad amarlo incondizionatamente, senza riserve, dandogli forza ogni giorno. L'abbracciò di slancio premendola contro il suo petto e sedendosi sul bordo della vasca con idromassaggio che avevano alle loro spalle.
- Mi dispiace - sussurrò con il viso sepolto fra i suoi capelli color dell'oceano. - Vorrei... vorrei che fosse più facile, Ebi. Io...
- Sh - lo zittì la ragazza gettandogli le braccia al collo.
Gajiru attese che quella nuova ondata di lacrime si arrestasse.
- I-io non po-posso c... in-incinta.
Il suo cuore si bloccò. Cos'aveva detto Rebi? Aveva farfugliato tutta la frase e quindi aveva capito ben poco. Ma il concetto base lo aveva colto: “io non posso... incinta”.
Io non posso rimanere incinta.
Mascherò l'orrore dietro alla sua facciata impassibile per non arrecarle più dolore di quello che lei stessa stava provando.
Dopo alcuni istanti, quando fu sicuro di avere il controllo della propria voce, disse: - Non arrenderti dopo solo cinque mesi, Ebi. Potrai avere me come tuo bambino. Sono impegnativo allo stesso modo...
Rebi lo guardò senza più piangere, un po' confusa. - Ma...
- No, lasciami finire - la interruppe. - Gli altri avranno i loro figli e tutto quello che vuoi, ma noi saremo gli unici sani di mente dato che dormiremo. Insomma, dei fagottini urlanti e piangenti che ti tengono sveglio tutta la notte non sono divertenti! E poi...
Rebi aggrottò le sopracciglia. – Gajiru, guarda che sono incinta.
- ...come dicevo, noi saremo l'unica coppia ancora passionale! Salamander e il Ghiacciolo crolleranno addormentati ogni volta che metteranno a letto il bambino e la Bunny Girl e Juvia rimarranno a girarsi i pollici. E quando sarà ora di dedicarsi al rapporto di coppia saranno morte di sonno. Dunque... aspetta, cosa?! Sei incinta?!
Rebi non poté fare a meno di ridacchiare: Gajiru aveva spalancato gli occhi all'inverosimile, diventando davvero buffo.
- Sì. Ma tu sei serio? - chiese poi rabbuiandosi. - Pensi davvero tutte quelle cose? Ti eri già arreso.
- No! Era un tentativo per tirarti su di morale... - borbottò in imbarazzo, distogliendo lo sguardo. - Aspetta, perché piangevi?
- Perché sono felice - disse lei, raggiante, seppellendo il viso nel suo collo. - Tre test su tre sono positivi.
- Da quanto lo sei?
- Cinque settimane.
- E non me l'hai mai detto?!
- Non volevo avere dubbi. E poi sai che le settimane si contano dall'ultimo ciclo? Per questo sono cinque.
Gajiru si grattò la testa, perplesso. Era ancora terrorizzato quando la sua compagna perdeva sangue, mensilmente. Insomma, che scherzo era quello?
- Quindi è sicuro?
- È sicuro - ridacchiò lei, emozionata.
- E allora andiamo a festeggiare con la cena di Ririi - farfugliò Gajiru, ancora frastornato dalla notizia così bella. Sembrava un sogno ad occhi aperti. Stava per diventare padre.
- Mmm... va bene... - sussurrò lei baciandolo. - Ma dopo so io come festeggiare.
Malizia, occhi brillanti, dolcezza e felicità: come poteva resistere a quella dea?
- E il bam... ?
- Non ci provare. Possiamo farlo benissimo! Niente paranoie!
- Ma...
- Zitto. A cena.
Rebi schizzò fuori dalla camera ridendo, mentre Gajiru fissava quei tre termometrini che gli avevano scaldato il cuore e rimosso un peso dalle spalle. Udì la sua compagna urlare e Ririi che rideva ed esultava.
Era incredibile come a volte la felicità dipendesse da poco.
 
 
*Inazuma: Fulmine. figlio primogenito di Mira e Laxus.
*Arashi: Tempesta. Primogenita di Erza e Gerardd.
*Yoshirou: Figlio Giusto. Perché comunque anche Gray ama Juvia xD Non è che si è fatta mettere incinta a tradimento, lei.

 
 
MaxBarbie’s
Uff, che fatica fare ‘sto bimbo… o questa bimba. Ahahahaha. Mah, per lo meno si sono divertiti. Spero che la descrizione della casa non sia incasinata. Mi sono ispirata alle immagini di Rboz per il prompt Dream… ehm… Dreamday?, oddio come si chiama?! Va be’, ahahahahah capitemi. Dremaing? No. Va be’, WHO CARES?! Quindi… boh, ahahaha ho sonno. Poi… Per ora ho introdotto tre bimbi! Inazuma, il calmo (wow, che strano) figlio di Mira e Laxus (coppia in cui non credo, ma mi sembra la più probabile), Arashi, la piccola Erza in miniatura e Yoshirou,  progenie di Gray Von Fullbuster II. Ahahah. Io mi sono innamorata di loro, spero che sia lo stesso anche per voi^^
HO UN AVVISO IMPORTANTE! Causa problemi di forza maggiore (instabilità mentale perenne, scuola, compiti, scuola, libri, scuola, libri, inutilità della scuola, ma necessità di fare dei buoni esami, ossessione per i libri che mi sottraggono tempo anche allo studio, quindi dopo devo sfacchinare il doppio (non so se avete capito che scuola e romanzi sono dei problemi (maledetta me topo-di-biblioteca))) non riuscirò più a postare regolarmente. Eh no.
Le idee per scrivere le ho. La voglia pure. Il tempo… be’, no. Credo che quest’estate non ci saranno problemi, ma… ahahah scherzo, non ricomincio quest’estate. Nel senso, posterò più lentamente, a volte potrebbero passare due settimane (o tre o.o), altre potrei essere regolare. Io ci sarò sempre, andrò avanti con questa storia perché la amo, è la mia prima ff e, caspio, dobbiamo far nascere e fidanzare 17 pargoli! (non killatemi!)
Siate solo pazienti :( Vi ringrazio tantissimo, a presto (spero),
MaxBarbie

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Capitolo 33
*** Corso preparto ***


Corso preparto


- Ripetimi perché dobbiamo farlo - si lamentò Gajiru con le sopracciglia aggrottate, la sua tipica espressione severa sul volto.
- Perché mi hanno pregata di farlo. E perché può essere interessante.
- Ma se mancano ancora sette mesi al parto?!
- Gajiru, bisogna essere preparati - esordì Ririi, in braccio a Rebi.
- Mancano. Sette. Mesi. Abbondanti!
- Non importa, razza di zuccone!
Il simpatico trio era diretto come ogni mattina a Fairy Tail, ma quel giorno non avrebbero letto, lottato, cercato missioni o chiacchierato. No, quel giorno avrebbero assistito ad un corso preparto tenuto da Erza e Mirajane. Juvia era troppo impegnata a contemplare il suo Yoshirou e il suo Gray-sama per distrarsi con quelle lezioni. Del resto, lei aveva già partorito!
Gajiru non capiva l'utilità di quella cosa. Quando avevano dato la notizia alla gilda, il giorno dopo la scoperta, avevano fatto baldoria. Makarov aveva pianto, come era accaduto per Arashi, Inazuma, Yoshirou e la notizia di Lucy. Le ragazze si erano congratulate e avevano subito iniziato a darle consigli. Ma Rebi era insaziabile di informazioni e aveva concordato con Erza e Mira quel corso per avere più chiare in mente le fasi di sviluppo della gravidanza che avrebbe dovuto affrontare. Le due nakama erano state felici di accontentarla e l'avevano mandata subito a chiedere alcune informazioni a Polyushika. Gajiru si era beccato una scopa in testa prima di scoprire che la moglie stava bene, che non doveva bere alcolici e tutte quelle cose che si dicono alle donne incinte. L’anziana donna li aveva cacciati fuori di casa augurandosi di non vederli mai più: Makarov doveva dire ai suoi marmocchi di smetterla di procreare.
Gajiru aprì la porta della gilda e un coro di saluti accolse la coppia e l'exceed. Rebi era raggiante come sempre, bella in viso e riposata. Be', riposata di sicuro! Gajiru si assicurava personalmente che dormisse almeno otto ore per notte. La ragazza sperava che un corso pre-parto lo aiutasse ad essere meno ansioso ed iperprotettivo. Mira ed Erza si sorrisero e Titania affidò la sua Arashi a Laxus, dato che suo marito era in missione per conto di Crime Sorcière.
- Buongiorno, sposini! - esclamò Mirajane abbracciando Rebi, includendo così anche Gajiru.
Erza rimase zitta al suo posto, gettando uno sguardo di sfuggita ad Arashi. La sua piccola peste stava punzecchiando Inazuma, che nella sua placidità la fissava con la coda dell'occhio. Seduto alle loro spalle, Laxus non li perdeva di vista sorridendo leggermente. Era pronto a scattare nel caso in cui i due pargoli, vivaci e veloci, tentassero di scappare via correndo sulle gambette grassocce. Ad un anno e mezzo di vita erano più pericolosi di Natsu!
- Mira, ormai siamo sposati da più di un anno! - disse Rebi ridacchiando.
- E allora? Forza, non abbiamo tempo da perdere.
- Juvia augura buona fortuna a Gajiru-kun e Rebi-san!  - canticchiò a bassa voce Juvia, senza smettere di guardare il suo neonato.
- Rebi-chan, auguri! - gridò Lucy accarezzandosi il pancione di quasi sei mesi. - Ne avrai bisogno.
La ragazza iniziò a diventare inquieta. Erza era sempre preoccupante, ma le sue nakama forse esageravano. Mirajane lasciò a Lisanna il comando del bar e si diresse, affiancata dalla sua compagna insegnante, verso la biblioteca. Rebi, che non toglieva mai la mano destra dal suo grembo, sebbene la pancia fosse ancora quasi  del tutto piatta, aggrottò le sopracciglia. Era confusa. Insomma, la biblioteca era adatta per un corso pre-parto? Non dovevano provare posture e tecniche di… yoga? La presenza imponente di Gajiru la rassicurava, mentre lui le sfiorava la mano con il braccio. Non l'avrebbe abbandonata, comunque fossero andate le cose.
Giunti nell'immensa stanza adibita a biblioteca che Rebi stessa aveva dovuto allestire, la ragazza si bloccò sul posto. Dietro alla scrivania che usava per catalogare i libri c'erano due sedie e un blocco per gli appunti ricoperto da scritte in una calligrafia minuta ed elegante. Davanti ad essa, due poltroncine attendevano solo di essere usate. Ririi era rimasto con Happy e Charle: ascoltare le storielle che il gatto blu gli raccontava su Lucy lo avrebbe preparato al nuovo arrivo.
Erza prese posto sopra alla scrivania, sedendosi con le gambe accavallate in modo provocante. Mira, invece, si accomodò dietro di lei iniziando a sfogliare il blocco per gli appunti. Fece segno alla coppia di quasi-neo-genitori di sedersi di fronte e a loro.
- Erza, non c'è Gerard. Puoi anche evitare di fare pratica di seduzione - commentò Mirajane cristallinamente, sorridendole ad occhi chiusi.
Rebi aveva osservato di sottecchi il marito: nemmeno un battito di ciglia di fronte alla vista delle gambe nude e lunghe di Erza. Meglio per lui. Ma da quel punto di vista era sicura, non aveva mai avuto dubbi.
- Che facciamo? - chiese la ragazza, incuriosita. Non sapeva di cos'avrebbero parlato, esattamente.
- Allora, prima di tutto vi spieghiamo come procederà la gravidanza, dividendo il periodo in tre fasi, ognuna delle quali ha le proprie peculiarità specifiche. Vi mostreremo cosa dovrete aspettarvi da... be', da te, Rebi, e come affrontare le varie situazioni. Poi, se avrete domande o necessità di delucidazioni, siamo qui apposta. Tutto chiaro? - domandò dolcemente Mirajane, scrivendo sul blocco.
- Sì, mi sembra anche interessante! - esclamò Rebi, emozionata.
Gajiru, spaparanzato nella poltrona con una mano a sorreggergli la testa, grugnì. Il suo gomito era premuto contro il braccio della moglie. Aveva iniziato a sviluppare una sorta di dipendenza fisica da Rebi: doveva sempre toccarla, sapere che una parte del suo corpo era collegata a quella di lei.
- D'accordo, allora. Innanzi tutto, partiamo dalla prima fase. Nel primo trimestre sarà tutto normale, più o meno. A parte le nausee che potrebbero colpirti la mattina o, se sei sfortunata, tutta la giornata, non avrai problemi. Sarai più sensibile agli odori, alcuni dei quali potrebbero crearti fastidi, anche se sei abituata a sentirli da tutta la vita.
- Voi come avete reagito? - chiese Rebi interrompendo Mirajane.
- Be', io sono stata benissimo. Nessuna nausea. Erza... non se l'è passata così bene.
- Vomitavo all'odore della torta fragole e panna - rivelò lei con voce afflitta.
- Era sempre in bagno - commentò Mira pacatamente, sorridendo come sempre. - Comunque, la prima cosa di cui ti accorgerai è la mancanza del ciclo mestruale che...
- Alleluja - sussurrò Rebi.
- ...comporterà però alcuni crampi dovuti all'ingrossamento dell'utero per ospitare il feto. Ti si ingrosserà anche il seno.
Rebi raddrizzò la schiena e si fissò il petto, sorridendo entusiasta. - Davvero? Subito?
- Quasi subito - disse Erza.
Gajiru, improvvisamente interessato, si sporse per osservare il seno della moglie. - Hanno già un odore diverso – rivelò, facendo riferimento alle ghiandole mammarie.
Rebi avvampò, imbarazzata, mentre le due ragazze li fissavano leggermente perplesse.
- An-andiamo avanti, per piacere  - commentò allontanando la faccia del marito.
- Sì... Erza, altro?
- Sì, hai dimenticato gli sbalzi d'umore, l'aumento e la diminuzione dell'appetito e la stanchezza perenne.
Rebi sbarrò gli occhi. Si ricordava di Mira che si addormentava sul bancone e si svegliava ridendo, per poi assumere la Satan Soul se qualcuno le faceva notare che aveva dormito. Ed Erza era anche peggio! Dormiva sui tavoli, piangeva e poi picchiava chiunque prima di mangiare quanto un toro e vomitare. Sembravano indemoniate. Lucy, ormai verso il sesto mese di gravidanza, oltre ad avere delle tette spropositate non faceva altro che sorridere e mangiare. Era ingrassata di almeno cinque chili superflui.
Deglutì. - Ah... non si può controllare questa cosa?
Si immaginò mentre prendeva a pugni Gajiru, infuriata, per farsi coccolare subito dopo. Ririi sarebbe fuggito e lei non gli avrebbe dato torto.
- Tu sei sempre controllata e posata, penso che lo affronterai meglio di noi. E poi ti basta leggere per estraniarti da tutto. Penso che i libri saranno la tua salvezza, Gajiru.
Il ragazzo fece ad Erza un segno con la testa.
- Qui, - continuò Mira strappando un foglio dal blocco che aveva davanti, - ci sono tutti i test che dovreste fare, visite varie e cose a cui prestare attenzione.
Rebi afferrò il foglio e lo piegò con cura.
- Parliamo del secondo trimestre! Dunque, dalla quattordicesima alla ventisettesima settimana le nausee diminuiranno e anche il tuo umore si stabilizzerà. Il seno si gonfierà ancora... - disse Erza rammentando che razza di palloni aveva avuto lei. In certe situazioni non era riuscita nemmeno a vedersi la pancia guardando verso il basso. Gajiru strabuzzò gli occhi. - Ti sentirai bene fisicamente, ma avrai i primi mal di schiena e la pancia inizierà ad aumentare, per questo la tua colonna vertebrale ne risentirà un po'. Sentirai spesso il bisogno di... fare... di fare pipì.
- Si dice mingere - sorrise Mirajane.
- Anche urinare, no? - chiese Erza.
- Sì, ma scientificamente parlando...
- Sarà una specie di cane, che la fa ovunque. Andiamo avanti - borbottò Gajiru con poco tatto.
Rebi avvampò e lo guardò con sconcerto, mentre le altre due lo ignorarono.
- D'accordo - acconsentì Mirajane. - Sempre nel secondo trimestre sentirai i primi movimenti del feto, ma molto leggeri, come dei brontolii.
Questa volta Gajiru fece fatica a non sorridere. Lo emozionava così tanto sapere che stava per nascere suo figlio. O sua figlia. Insomma, avrebbe dato alla luce qualcosa di buono, nella sua vita. Anzi, lo avrebbe fatto Rebi, ma sono solo dettagli.
- E infine, - aggiunse Erza, - ci sarà un aumento del desiderio sessuale.
Entrambi i coniugi spalancarono gli occhi. Insomma, già qualche volta Rebi si sentiva una mezza ninfomane, se il desiderio fosse aumentato chissà dove sarebbero finiti. Dai, a quale ragazza non verrebbe voglia di saltare addosso a quel pezzo di gnocco che si ritrovava come marito? Lei lo aveva in casa e quindi... be', ne approfittava.
- Ma... - borbottò Gajiru aprendosi in un ghigno dopo l'iniziale stupore. - Ebi, non è che sei incinta da anni?
- Baka! - esclamò lei a mezza voce, avvampando.
- È un problema per voi? Magari non avete una vita molto attiva sessualmente... - buttò lì Erza.
- Ma che ca...?! Titania, temo che dovrete tenerci staccati e legati  con delle corde.
- Che dolci - cinguettò Mirajane mentre Rebi sprofondava sempre di più nella poltrona.
- Quindi avete una vita di coppia molto... movimentata - disse pacatamente Erza, fingendo disinteresse.
Ma a Gajiru non sfuggì il lampo inquietante nei suoi occhi e i suoi sensi da Dragon Slayer si allertarono. Migliaia di campanelli di allarme suonarono nella sua mente: pericolo Erza-la-psicopatica-imprevedibile.
Infatti, la maga accavallò le gambe, ex-quippò degli occhiali e sorrise. - Gajiru... hai mai fatto un corso di educazione sessuale?
Rebi sbiancò e il povero malcapitato deglutì a vuoto, solo per ricacciare la bile in fondo allo stomaco. - Non era un corso preparto? - chiese lei con voce flebile.
- Apriamo una piccola parentesi. Sono discorsi collegati, dopotutto.
Mirajane li fissava sorridendo, senza capire esattamente cosa stava succedendo. L'importante era sorridere.
- Non ne ho bisogno, so già tutto - rispose bruscamente Gajiru.
- Quindi non l'hai mai fatto… - insisté Erza, sorridendo maliziosamente.
- Certo che l'ho fatto! - sbottò il ragazzo, punto sul vivo. - Rebi non può rimanere incinta da sola.
La diretta interessata si coprì il viso con le mani, apparentemente disperata.
- Intendevo il corso... non hai mai fatto il corso - si spiegò Titania.
- Ah.
Gajiru distolse lo sguardo e borbottò qualcosa a mezza voce, irritato.
- Dunque, vediamo se sai le cose base. Così mi togli anche una curiosità. Quando l'avete concepito? - chiese Mirajane, togliendo la coppia dall'orrore delle domande perverse della nakama.
- È stato...
- Va be', questa è facile - sogghignò Gajiru interrompendo la moglie. Poteva mostrare a quella psicolabile di Erza che non era ignorante. - Lo abbiamo concepito - disse calcando bene la parola, - dieci mesi fa... no? Eh sì. Scusa, quasi un anno ormai! Perché è successo al concerto di inizio estate, poi Lucy è rimasta incinta e ora è di sei mesi. E siamo di nuovo in primavera... anzi, è quasi finita.
Erza e Mira lo fissarono con gli occhi sgranati, più o meno come Rebi. Un anno?
- Ehm... l'avete concepito ad... un... concerto? - domandò pacatamente la ragazza dietro la scrivania.
- Veramente... - iniziò a parlare Rebi, interrotta dal compagno.
- Dopo il concerto...
- Ah! - sospirò Erza. Meno male.
- ... appena finito. Nella piazza sotto ai fuochi d'artificio. Sì, so che sono un bravo marito, ma io sono fedele quindi dovete tenervi quegli stoccafissi che vi ritrovate come compagni. Non sono cedibile.
- Ehi! - esclamò Rebi, rossa in volto. - Intendi dire quando abbiamo concepito l’idea, giusto?
- Ovvio, Ebi! Ora devo spiegarti cosa significa concepire?
- Mi sa che dobbiamo spiegarlo noi a te - ridacchiò Mirajane, tranquillizzatasi. Insomma, che quei due avessero concepito un bambino in mezzo ad una pubblica piazza... potevano anche essere arrestati! Ed era sicuramente di cattivo gusto.
- Il concepimento avviene quando lo fate e il proiettile becca il bersaglio. Non quando ti viene in mente di avere un bambino! - sbottò Erza.
- Mi sembri un pochino Bisca - fece notare Mirajane, sorridendole.
Gajiru intanto le fissava ipnotizzato e confuso, riflettendo su quelle strane parole.
- Non sei la prima a dirmelo! Forse è perché sono stata con lei un pomeriggio intero a farmi dare consigli.
- Gajiru? - sussurrò Rebi, preoccupata. Nessun segno di vita. Le nakama intanto continuavano imperterrite la loro conversazione.
- Può essere! Sai che è molto particolare il suo modo per farti capire le cose. Efficace, ma...
- Oh! - si risvegliò Gajiru. - Ora ho capito!
- Eh? - borbottò Erza, confusa. - Ah, hai capito? Meno male che lo sapevi.
- A dire il vero non lo so...
- Me ne sono accorta!
- No! Non so quando lo abbiamo concepito.
Rebi, che voleva assolutamente uscire dalla biblioteca (e si stava stupendo di questa sua voglia così antitetica rispetto alla sua personalità), si mise a pensare. E constatò che era vero... non sapevano la data del concepimento. Del resto, ci avevano provato così tante volte... Avvampò.
- Come fate a non saperlo?!
- B-Be'... - balbettò lei. Non poteva dire che ci avevano provato così tanto da perdere il conto dei tentativi! - Dormivamo!
Gajiru, disorientato, si grattava la testa. Tutti quei discorsi strani lo stavano confondendo.
- Dor... mivate. Mm... - mormorò Erza, gli occhi aperti  e vacui.
- Prossima domanda! - urlò Rebi con troppo impeto.
- Oh! Io! Gajiru, qual è la differenza fra maschi e femmine?
- Questa è facile! Sono offensivi questi vostri dubbi nei confronti delle mie conoscenze.
- Rispondi allora. E non ne dubitiamo, era per fare un corso integrativo avanzato. Poi faremo domande anche a Rebi!
La ragazza presa in causa gemette e cercò di sprofondare nel sedile della poltrona.
- La differenza fra maschi e femmine è rappresentata dal pelo - mugugnò Gajiru, imbronciato.
Tre paia di occhi sgranati lo fissarono.
- Il... pelo? - ripeté Mirajane, confusa.
- Le donne non sono pelose quanto gli uomini...
- Giusto - disse Erza annuendo. Improvvisamente fu lei l’oggetto delle occhiate sconvolte.
- Sei seria? - chiese Rebi.
- Be', non sarà l'unica differenza, ma non potete negare che abbia detto una cosa corretta! - rispose lei, sulla difensiva.
- Non importa - disse Mirajane tornando a sorridere. - Altre differenze, Gajiru?
- I maschi sono più forti.
Errore. Fatale.
Erza ex-quippò in un battito di ciglia l'armatura del Purgatorio, mentre Mirajane assunse la sua forma demoniaca. Rebi si limitò a fissarlo con astio: delle tre, era quella che lo preoccupava di più.
- Parlando di... ehm... - arrancò lui, cercando di uscire dal pasticcio in cui si era cacciato. - Forza fisica! Abbiamo più muscoli.
Le due donne incattivite si calmarono e tornarono alle loro placide posizioni, sorridendo. Rebi era stanca e voleva solo uscire di lì.
- Possiamo tornare alla gravidanza? Sono ovvie le differenza fra uomo e donna, ora concentriamoci sulla terza e ultima fase della gestazione! - implorò la povera vittima di quella situazione ridicola: insomma, Gajiru non si lamentava e le altre due maniache del controllo si divertivano a... controllare la situazione!
- Sì, hai ragione. Sei stanca? Ebi, non è che stai male? E il bambino sta bene? Non è che sta male pure lui? Io credo che...
- ...dovresti stare zitto! - sbottarono contemporaneamente le tre donne, fulminandolo con lo sguardo.
Le femmine sono davvero spaventose!
- Ok, ok. Comunque la differenza principale è che le donne hanno le tette - concluse Gajiru allungando le gambe e assumendo il solito sguardo menefreghista.
Tutti i presenti, libri compresi, lo ignorarono.
- Ok, Rebi, ultima fase della gravidanza - esordì Mirajane. - È il più carino, alla fine. Devi solo... abituartici, e prepararti mentalmente. Dunque, dalla ventottesima settimana fino al parto, verso la trentasettesima, tu...
- Diventerai una balena perché sia te che il pargolo aumenterete di peso, soffrirai di insonnia perché scalcerà come un indemoniato, avrai delle caviglie grosse come delle zampogne, mal di schiena perché la trottola che ti ritrovi in pancia capirà che può battere sull'utero sia davanti che dietro, suonandoti la colonna vertebrale come un clarinetto, incontinenza perché sarà uno sportivo e vorrà giocare a palla con la tua vescica. Altro? Ah sì! Sensazione di affanno, anche per movimenti semplici, stanchezza, bruciore di stomaco perché la piccola peste giocherà agli esploratori nella tua pancia, digestione lenta e difficoltosa perché sarà un megalomane e ti renderà lo stomaco grande quanto una sottiletta, desiderando più spazio, crampi addominali dovuti al fatto che l'adorabile bimbo capirà che è il momento di uscire e assumerà la posizione giusta facendoti fare ancora più pipì addosso perché si autoconvincerà di essere nella sua piscina personale e non nella placenta di quella santa donna di sua madre.
Questo fu l'incoraggiante discorso di Erza.
E questa fu la faccia di Rebi: ._.
Già. Niente.
Orrore? Giusto un po'.
Impazienza? Neanche un po'.
Terrore? Molto più di un po'.
Gajiru deglutì a vuoto. Lui stava già andando in affanno. Come poteva sopportare tutto quello per tre mesi? Ah già... lui non partoriva.
Mirajane sorrise, incoraggiante. - Il mio era più tranquillo della tua Arashi, Erza. Colpa tua: finché chiami una bambina Tempesta quando è in pancia, mi sorprenderei se fosse docile come il mio angioletto. Però il mio Inazuma era un torello e l'incontinenza era proprio brutta. La vescica non mi teneva nemmeno un bicchierino da grappa. Altro, Erza?
- Occhio ai singhiozzi - concluse Titania alzandosi.
- Ah, e divertitevi fino al sesto mese, mi raccomando. Da quel punto l'utero inizierà a scendere e diventerà un po'... doloroso e sconsigliabile fare certe acrobazie.
- Qual-qualcosa di incoraggiante? - borbottò Rebi, gli occhi fissi e vacui.
- Oh, tranquilla Rebi! Noi ci siamo già passate e lo rifaremmo, anche!
- Parla per te, Mira - la ammonì Erza.
- Be', comunque nel terzo trimestre il bambino si muoverà meno perché ingrasserà e avrà molto meno spazio, ergo movimenti limitati. Potrai mangiare un sacco perché ne avrà bisogno.
- Grazie al cielo - bisbigliò Rebi, riacquistando un po' di colore.
- In compenso sarà più forte, quindi ti accorgerai eccome di quei pochi movimenti che farà. Hai presente i gufi? Dormono di giorno e di notte fanno baldoria. Perché credi che soffrirai di insonnia? - domandò retoricamente Erza passando a Gajiru un foglietto con il resoconto della lezione.
Nella coppia, al momento il più reattivo era lui. Insomma, non doveva partorire, non era esattamente terrorizzato. Anche se si chiedeva cosa spingesse le donne a volere dei figli.
- Ma perché voi donne siete masochiste e partorite?
- Perché voi maschi bastardi ci mettete incinte. L'unica cosa che dovete controllare, l’unica, la lasciate senza guinzaglio. Non è un giocattolo, ricordatelo - lo rimbeccò Erza, infervorata.
- Perché non possiamo tenerci in pancia un bambino finché non muore, a ottant'anni, Gajiru - intervenne Mirajane.
Il ragazzo sbuffò e si alzò, stiracchiandosi. - Erza, deduco che Arashi sia frutto di una svista? Ubriachi entrambi, quella notte?
- No, la desideravamo con tutta l’anima - rispose la diretta interessata in tono dolce. La sua famiglia le scaldava il cuore.
- Allora perché sei così... apocalittica?
- Ci piace giocare alla poliziotta buona e a quella cattiva. O all’insegnante buona e a quella cattiva. Con Lucy i ruoli erano invertiti. La parte di Erza è più divertente - rispose Mirajane liberando la scrivania.
- Non sarà così male, non sarà così male, non sarà cosi male, non sarà... - ripeteva Rebi come un mantra.
- Ma sì, figurati! Ci passiamo tutte almeno una volta nella vita - esclamò Erza tirando una pacca sulla spalla della nakama. Troppo energica forse, a giudicare dall'occhiataccia di Gajiru.
- Goditi questi mesi, Rebi. Sono meravigliosi - rivelò pacatamente Mirajane. - Andiamo, Erza? Lasciamo che si chiariscano le idee.
Le due ragazze si avviarono silenziosamente fuori dalla biblioteca, chiacchierando dell'essere mamme e dei propri figli. Finché non bisticciarono su chi era il bimbo migliore. Ed Erza e Mira che litigano sono peggio di dieci risse di Natsu, Gray, Elfman e il Master insieme.
Gajiru si chinò verso Rebi, ancora seduta nella poltrona come a voler diventare parte del rivestimento di pelle.
- Piccola se potessi sollevarti da questo peso e partorire io, lo farei.
La ragazza lo guardò, un sorriso timido sul volto e gli occhi luminosi. - Davvero?
- Certo. Ma dato che è impossibile potrei anche dirti che desidero farmi carico dei tuoi dolori mestruali ogni mese. Così poi pensi che sia dolce e mi coccoli come solo tu sai fare. Io, tanto, sto bene in ogni caso.
Beata sincerità. Rebi Lo guardò con ira, finché le sopracciglia aggrottate non le formarono una rughetta sulla fronte. Le guance erano gonfie e rosse. - Bastardo. Nove mesi di astinenza ti meriti, altroché. Brutto...
Gajiru rise. - Scherzavo, Ebi! - si difese indietreggiando mentre la sua consorte si avvicinava per colpirlo con i suoi piccoli pugni.
- Tutti così voi uomini! Vita facile! Non partorite, non avete il ciclo, fate pipì in piedi e avete una soglia del dolore tanto bassa da rasentare lo zero.
- Ehi, vacci piano!
- Ma se sembrava che stessi agonizzando quando ti è venuto il raffreddore!? Io con la febbre a trentotto sono andata alla gilda per aiutare Mirajane! - sbraitò Rebi scagliandoglisi contro.
Gajiru rise ancora e la bloccò, abbracciandola. - Ho detto che scherzavo - ripeté, la bocca sepolta nella suo chioma profumata. – Mi prenderei volentieri carico dei tuoi dolori, se servisse a qualcosa. Sei una roccia.
- Ruffiano. Esci subito di qui o i miei ormoni impazziranno e ti prenderò a calci.
- Sono terrorizzato! - gemette lui dandole una palpatina al sedere prima di scappare via.
Rebi sbuffò, inviperita.
- Piccola, sarò il tuo schiavo per nove mesi. Saprò farmi perdonare! - gridò lui dietro la porta della biblioteca.
Nonostante tutto, nulla le impedì di sorridere. Sbalzi d'umore, dolori e voglie a parte, faceva comodo avere un uomo come Gajiru al proprio sevizio.
 
 
MaxBarbie’s
Torno dagli inferi. Letteralmente. Simulazione terza prova oggi, yeee. Ora CORRO a letto perché devo dormire. Mi manca un saco non poter postare regolarmente. E scrivere poco, ahimè :-( Appena posso lo faccio. Con questa ff mi sto tirando discretamente avanti, con l’altra sono ferma perché la posso scrivere solo a casa. E a casa devo studiare-.-
Spero comunque che il capitolo vi piaccia, una parte è tratta da una situazione reale vissuta con il mio compagno di classe. La parte sul pelo xD Ha la ragazza da due o tre anni e l’unica differenza che nota è il pelo ahahaha.
Spero di sentirvi presto, grazie per avermi aspettata^^
MaxBarbie

A PROPOSITO! Arashi e Inazuma non hanno ancora due anni. Stanno per compierli, ma ne hanno uno e mezzo circa. Nell''altro capitolo ho sbagliato^^"

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Capitolo 34
*** Voglie ***


Voglie


- Gajiru! - chiamò Rebi dalla camera dal letto, sicura che il marito l'avesse sentita grazie al suo udito, nonostante fosse al piano inferiore.
E, infatti, un minuto dopo il ragazzo si affacciò alla porta della stanza per osservare sua moglie che armeggiava faticosamente con il reggiseno. Indossava solo un paio di leggings a fiori e la pancetta era ben visibile sotto all'elastico del tessuto. Il ragazzo ghignò e le si avvicinò posando una mano sul ventre morbido. Non era grandissimo, anzi, sembrava solo pancetta. La forma tonda, però, era inconfondibile.
- Dimmi... aspetta, e questi brontolii? Stai digerendo o è lui che scalcia?
- Potrebbe essere una lei. Comunque non sta calciando, è troppo piccolo! Sono appena entrata nel secondo trimestre e Mira ed Erza hanno detto è normale sentire questi movimenti strani...
- Non è che hai aria in pancia?
- Smettila! - lo rimproverò ridendo, godendosi il tocco della sua mano forte sulla pancia. Era come se stesse accarezzando il loro piccolo attraverso la sua pelle. - Comunque ho un problema. Vedi?
Gajiru si scostò e la fissò con occhio critico mentre lei cercava, inutilmente, di allacciarsi il reggiseno. - Cosa?
- Non si allaccia! Non riesco nemmeno ad incastrarlo nel primo gancetto!
Il ragazzo si accorse solo in quel momento dell'aumento di volume che aveva subito il seno della compagna. Sembrava raddoppiato! Non se n'erano resi conto prima perché l'avevano avuto sempre davanti. È come la crescita dei bambini: non si nota come diventano grandi in fretta perché si è abituati a vederli, finché non ci si rende conto che sono diventati più alti dei genitori.
- Hai una quarta, Ebi?! - esclamò Gajiru, basito. Che piacevole sorpresa...
- Oh - disse Rebi arrossendo. - Eh... penso di sì.
- E come pensi di riuscire a far stare una quarta in un reggiseno due taglie più piccolo?
- Non ho la seconda - si irritò Rebi. - Ho una seconda abbondante.
Gajiru ridacchiò. - Devi comprare dei top o dei reggiseni più grandi.
- No, entro anche in questo. Allaccia e basta.
Sbuffando, il ragazzo eseguì l'ordine e poi cercò di camuffare con un colpo di tosse la sua risata: Rebi non ci stava proprio in quel reggiseno.
La ragazza avvampò e gettò via l'intimo gonfiando le guance e coprendosi il torso nudo.
 Gajiru ghignò e si chinò per guardarla negli occhi. - Dopo cinque anni ancora ti copri?
- Sono arrabbiata.
- E con chi? - chiese lui, sorpreso. Era da due mesi buoni che aveva degli sbalzi d'umore improvvisi e aveva imparato a sue spese che non era il caso di ridere.
- Con il reggiseno!
Ma non ridere fu davvero impossibile.
- E con te! - esclamò allora lei dandogli le spalle.
- Dai Ebi! Rideresti anche tu!
Le si avvicinò e le baciò una spalla. Poi sussurrò vicino al suo orecchio: - E poi è un bene che non ti vada più, no?
La ragazza avvampò. Si avvicinò allo specchio e rimirò le due taglie in più che aveva. Sì, le donavano proprio. Dimenticandosi di avere suo marito di fianco, dato che lui non si vedeva nello specchio, iniziò a provare pose strane, come una fotomodella. Come Mirajane. Non era formosa come lei, certo, ma aveva un bel balconcino. Sorrise allo specchio e si spostò per provare altre posizioni, e fu allora che notò Gajiru e si bloccò. Il ragazzo la fissava con gli occhi sbarrati, indeciso se ridere o saltarle addosso. Rebi, invece, era senza parole. Era suo marito, l'uomo che amava, l'aveva vista in atteggiamenti peggiori e tutta una serie di altre cose, ma... scoprire di essere osservati mentre si fa qualcosa di imbarazzante è sempre traumatico!
La ragazza aprì la bocca, intenzionata a dire qualcosa, ma la richiuse come se le parole fossero diventate carta vetrata contro la sua gola.
- Ehm... è pronto fra poco... - farfugliò Gajiru grattandosi la nuca. - Meglio se andiamo.
Ma Rebi gli corse incontro e gli si gettò al collo, serrando le gambe attorno ai suoi fianchi; lo baciò. Questa cosa degli sbalzi d'umore era decisamente bizzarra.
- Ebi! - mugugnò lui a contatto con le sue labbra. - Dobbiamo mangiare fra poco.
- Non importa, ho una fame di tipo diverso, ora - esalò tuffandosi nell'incavo del suo collo.
- Ma...
- Niente ma! Hai sempre paura per il bambino, anche se a lui non farà male! Erza e Mirajane hanno detto che possiamo. E in qualità di marito devi assecondare le voglie di tua moglie!
- Da quando hai le voglie?
- Da ieri. Mi sono mangiata cracker e tonno a colazione. Ora zitto e fai il tuo dovere.
Gajiru pensò che forse quella cosa dell'avere la compagna incinta e piena di voglie non era così male.
 
- Sai una cosa? - azzardò Rebi a tavola, un po' di tempo dopo.
- A chi dici?
- A tutti e due. E se mangiassimo le castagne come dolce?
- Castagne... - ripeté Gajiru, sovrappensiero.
- Ehm... Rebi...  È marzo... È un po' presto per le castagne... - disse Ririi diplomaticamente.
- Oh. Sì. Che sciocca. E pompelmi? Ce li hai? Con le patatine fritte! - esclamò lei, sempre più eccitata.
- Patatine in sacchetto o da friggere al momento? - chiese il gatto.
- Non lo so... che cos'hai in casa? Quelle confezionate o quelle da fare?
- Nessuna delle due a dire il vero - mormorò Gajiru.
- Almeno un pompelmo...
- Nulla. Tu odi i pompelmi.
- Ora non li odio. Ma non abbiamo niente in casa?
- No. Per questo dico da tre giorni che dobbiamo andare a fare la spesa - disse Ririi.
- Allora perché non ci andate?
- Ora i supermercati sono chiusi - spiegò seraficamente Gajiru, alzandosi per prendere un bastoncino di ferro ricoperto di metallo fuso.
Ririi invece si fiondò sulla sua tazza di kiwi.
Rebi sospirò. Era lei quella incinta, non loro due. E allora perché potevamo mangiarsi i loro piatti preferiti e lei doveva guardarli e basta?
- Ebi, hai i waffle al cioccolato. Te li ho fatti prima - mormorò Gajiru masticando rumorosamente.
- Ma non ne ho voglia - ribatté lei, delusa.
- Io però non...
Il campanello interruppe la conversazione e Gajiru si alzò per andare a controllare. Entrò nell'anticamera e chiuse la porta alle sue spalle, sebbene di solito la lasciassero aperta.
Nel portico fiorito dell'ingresso non c'era nessuno. Il ragazzo si guardò intorno, confuso. Erano entrati dal cancello, avevano suonato e poi se n'erano andati?
- Sono qui! - chiamò una voce ben nota.
Happy, affannato, guardava Gajiru con gli occhi spalancati e terrorizzati.
- Hai dei cetrioli?
Il ragazzo lo fissò in silenzio, sbigottito.
- Cetrioli?
- Aye! Lucy ha voglia di cetrioli e noi non ne abbiamo a casa. Sono volato qui alla massima velocità perché essendo vicina al parto è isterica e ho paura che mi spezzi le ali se non le porto i cetrioli e...
- Ho i cetrioli! - grugnì Gajiru per zittirlo.
Entrò in casa e fece cenno al gatto di seguirlo.
- Hey, Happy! - esclamò Rebi, vedendolo. - Come mai qui? Lucy come sta?
- Lucy sta b... starà bene se le porterò dei cetrioli.
- Voglie? - indagò lei.
- Aye, sir - confermò con voce afflitta.
- Quanti ne vuoi? - chiese Gajiru. - Ne ho quattro.
- Due bastano.
- Avete patate o patatine a casa? - domandò Rebi con gli occhi luccicanti. - E pompelmi?
- Sei incinta anche tu - piagnucolò il gatto nascondendosi dietro Ririi.
- Hai patatine o pompelmi? - ripeté Gajiru. Se Happy era così terrorizzato dalle donne incinte le cui voglie non venivano soddisfatte, forse era il caso di allarmarsi.
- Sì, ce li ho. Voi avete cioccolata? Lucy mangia come un bue.
- Ho i waffle al cioccolato - confermò Ririi.
Happy iniziò a piangere. - Grazie! Magari Lucy mi risparmierà.
- Vengo a casa tua a prendere frutta e patate.
- Aye sir! Ciao Rebi... ciao Gajiru.
I due gatti uscirono dalla finestra in tutta fretta.
- Dimmi una cosa, Ebi... - esordì il ragazzo quando furono soli. - Diventerai come Lucy? Isterica allo stesso modo?
- Ehm... - mugugnò, colta alla sprovvista. - Non lo so. Cercherò di essere diplomatica e non impazzire se le mie voglie non vengono appagate, ma... oh, e che ne so?! Magari Lucy è solo stanca dopo nove mesi! Lo ha concepito a fine luglio e siamo a marzo! Hai sentito quanto scalcia quel piccoletto?
- Già, è rompi come suo padre.
- Oppure Lucy si diverte a far lavorare Happy e Natsu... siamo un po' carogne noi donne, in fondo.
- Hai perfettamente ragione.
Risero entrambi e Rebi andò a buttarsi sul divano mentre Gajiru puliva la cucina. Stanca com'era, si assopì subito e non si accorse del ritorno di Ririi. Il gatto andò a sbucciarle le patate per poi friggerle. Meno di mezz'ora dopo la sua partenza, porse a Rebi una scodella di patate fritte condite con le salse che le piacevano e una tazzona di pompelmo tagliato a cubetti e condito con panna per addolcirne il gusto. Gajiru la guardava sorridendo dalla testiera del divano, fissandola dall'alto.
- Ecco qui - disse Ririi, presentando il tutto come un grande chef che attende la valutazione di un critico importante.
Rebi aprì gli occhi lentamente e guardò sbigottita i suoi nakama. Poi l'odore caldo delle patatine raggiunse il suo naso, insieme a quello fresco e delicato della panna. Così deliziosi, così invitanti, così...
- Devo vomitare! - esclamò la ragazza schizzando in bagno, rischiando di rovesciare patatine e frutta.
I maschi di casa si fissarono allibiti prima di appoggiare tutto sul tavolino del soggiorno e correre in bagno.
- Sto bene - disse Rebi con la voce attutita dalla porta chiusa. - È stato solo l'odore. Sto meglio.
Pochi istanti dopo uscì, un po' barcollante. Gajiru la scortò fino al divano e si affrettò a rimuovere il cibo dal radar del suo naso sensibile.
- Scusami, Ririi - disse, affranta.
- E di cosa?
- Di averti fatto lavorare. Prima i waffle, poi le patatine e il pompelmo...
- Figurati, non è un problema. Non buttiamo via nulla. È normale che tu abbia queste voglie improvvise, dobbiamo solo... farci l'abitudine, ecco.
- Stai meglio? - chiese Gajiru tornando dalla cucina, l'espressione seria come quella che aveva durante i primi giorni di permanenza nella gilda.
- Sì, grazie. Ora ho solo... oh no!
- Che c'è? - domandò Ririi, preoccupato.
- Ho voglia di waffle. Al cioccolato.
Gajiru deglutì a vuoto. La faccenda diventava inquietante.
- Vado a farteli? -  propose, apprensivo.
- No, ho appena vomitato. Dormirò un pochino.
- Okay...
Gajiru e Ririi scapparono temendo qualche altra strana richiesta della ragazza. Mangiava per due, certo, era comprensibile, ma non mangiava cose normali.
 
Più tardi, quella sera, Gajiru si stava mangiando il pompelmo seduto a letto, sfogliando una rivista di bulloni e ingranaggi. Rebi, girata di lato a leggere, gli dava le spalle. Alcuni minuti dopo si sdraiò sulla schiena.
- Mi dai un po' frutta? Me n'è venuta voglia ora.
Non ottenendo risposta, reclinò la testa per fissare il compagno: la osservava senza battere ciglio con la tazza vuota in mano e la panna all'angolo della bocca.
- Ops - esalò con aria terrorizzata.
Rebi ridacchiò e gli si avvicinò. - Non importa. Posso assaggiarla benissimo così - disse prima di baciarlo.
- Mmm... - mormorò lui, rassegnato.
Se aveva voglia di mangiare andava bene. Se aveva sempre voglia di amarlo, andava più che bene. E se le fosse venuta voglia di lasciarlo? O di essere isterica? O di cambiare sesso? O di... di...
Le manine della sua compagna gli sfilarono la canottiera.
Be', poteva occuparsi di una cosa alla volta.
 
 
MaxBarbie’s
Ahahahahahahahahah. Non so perché rido. Che bello riaggiornare questa fic*-* Finalmente ho finito gli esami (da una settimana e un giorno per essere precisi), ma il tempo a mia disposizione non è aumentato *si dispera*. Cerco comunque di scrivere quello che posso quando posso, perché la voglia, il desiderio e il bisogno stesso di scrivere ci sono, insieme ad un po’ di ansia da prestazione. Ma quella l’avrò sempre. Comunque ieri sera ho fatto una benedetta linea del tempo e ho scoperto che ora come ora loro sono insieme da 5 anni, sposati da 3, lei è incinta di tre mesi circa, avendo concepito il/la bimbo/a dicembre. E non so cosa ve ne freghi ahahahahah. Sono stanchissima. Ah sì. Arashi e Inazuma non hanno ancora 2 anni. Magari Inazuma sì, magari Arashi ha 22 o 21 mesi. Comunque sì, hanno sui due anni. Yoshirou dovrebbe compiere un anno a breve. Così, giusto per informarvi.
Magari domani posto qualcosina su Fairy Tales. Mah. Ho letto Il Piccolo Principe (meglio tardi che mai) e mi sento tanto vecchia e cinicamente adulta e la cosa mi fa schifo. Voglio disegnare un boa e capire che è un boa che ha mangiato un elefante. Capitemi.
Ok, buona estate a tutti!
MaxBarbie
 
P.S.: grazie a tutte quelle che hanno recensito Fairy Tales la volta scorsa. Grazie per non avermi abbandonata.

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Capitolo 35
*** Nome ***


Nome

 
- Dai, Gajiru! - gridò Rebi, in mezzo alla piazza, per l'ennesima volta.
- Ebi, accidenti, stai calma! Non partorisce in due minuti!
- È in travaglio da questa notte e ora è l'alba. Il bambino non resterà mezzo dentro e mezzo fuori tutta la vita!
- Posso portarvi in volo, se volete - si offrì Ririi.
- No, ho la nausea.
Era passata una settimana da quello scambio di cibo fra casa Redfox e casa di Natsu, e la primavera di aprile non era l'unica benvenuta a Magnolia. A casa Dragneel Lucy, stava per dare alla luce la pulce che aveva tenuto in grembo per nove, estenuanti ed emozionanti mesi.  La vita che aveva in pancia scalciava come un animaletto imbestialito, e nell'ultimo periodo aveva fatto dannare la neo-mamma. Ma ora l'attesa stava per finire: l'erede dei Natsu stava nascendo.
I tre nakama entrarono nel bosco a passo svelto, cercando di tenere testa alla donna di casa, che stava letteralmente scappando.
- Gajiru, mi raccomando, non fare casino a casa di Polyushika-san. Lucy ha bisogno di tranquillità.
- Tsk - borbottò lui, offeso dal rimprovero.
Purtroppo iniziarono a sentire il trambusto a due chilometri di distanza, e non era causa di Gajiru. Era colpa di Natsu.
Appena arrivarono nella radura che si apriva di fronte alla casa di Polyushika, Rebi dovette tapparsi le orecchie: Natsu correva sputando fiamme in aria, gridando: - Nascerà mio figlio! O nascerà mia figlia! Nascerà un piccolo Igneel con le ali! Ti sfido, figlio! Ti batterò!
Gray lo scuoteva per la collottola mentre Elfman diceva che era da veri uomini soffrire durante il parto, attirandosi le ventagliate e le urla di rimprovero di Evergreen.
Mirajane ed Erza non potevano sedare il tumulto perché erano dentro a dare assistenza a Lucy, l'unica autorizzata ad urlare e l'unica che non lo faceva. Juvia era rimasta a casa con Yoshirou che stava mettendo il quinto dentino e quindi era un po' irrequieto. Inoltre lo stava abituando a tenere addosso il pannolino. Aveva la brutta abitudine di toglierselo e in qualche modo ci riusciva sempre, sebbene avesse solo un anno. Arashi e Inazuma, di due anni, erano rimasti con lei affinché le loro mamme potessero aiutare Lucy.
- Smettetela! - urlò Rebi alla massa di uomini in lacrime e in presa all’isteria. Nemmeno le ragazze facevano tanta confusione quando erano ad un concerto o a fare shopping. - Lucy sta partorendo, ha bisogno di tranquillità e pace, non di sentire voi che vi lamentate! Avete idea di cosa sta passando? Ora state zitti se non volete provare un dolore simile a quello del parto!
Detto ciò, anzi, urlato ciò, con le guance in fiamme entrò in casa e lasciò Gajiru e Ririi in mezzo al prato, a chiedersi quale strana entità avesse posseduto quella dolcissima ragazza. Meglio starsene zitti e buoni. Natsu correva in silenzio, spaccando qualche albero di tanto in tanto, o incenerendolo all'istante o, peggio, facendogli prendere fuoco, rischiando di spargere le fiamme per tutto il bosco. Gray era sempre pronto a ghiacciare l’arbusto di turno per evitare un incendio. Avrebbe preferito stare con Yoshirou, ma Natsu aveva bisogno di sostegno. O forse aveva solo voglia di picchiarlo.
- Come ci si sente? - chiese Gajiru a Natsu una volta fermo.
- Tutto un fuoco!
Gajiru sbuffò. - Che originalità. Sono serio, Fiammifero! Come ci si sente a sapere che tua moglie sta per partorire qualcosa che ti appartiene come il tuo cuore?
Decine di occhi si spalancarono di fronte a quella frase così... poetica, uscita dalle labbra di un... Dragon Slayer tutto fuorché poetico.
- Stessa gioia di quando... di quando ho rivisto Igneel. E di quando ho sposato Lucy. Non lo so, sono solo felice. La stessa gioia di quando ho battuto Erza. È scarsissima quella...
Una spada si piantò fra i piedi di Natsu, che distavano l'uno dall'altro solo... due centimetri.
Erza era sulla porta di casa con Mirajane, il viso accaldato e i capelli scomposti. - Non mi hai mai battuta.
- Allora ti sfido. Forza, battiti con...
Un pugno ricoperto dalla terribile armatura di Erza scagliò in aria il ragazzo. Quando atterrò, Titania lo afferrò per il bavero e lo scosse. - Tua moglie sta partorendo, vuoi che il bambino nasca mentre tu non sei lì?
- Ma mi ha cacciato fuori!
- Ora ti rivuole dentro. Idiota! - sbraitò trascinandolo in casa.
Il silenzio innaturale che si era formato tra i membri della gilda fu interrotto solo da Makarov, in lacrime per la nascita di un nuovo nipotino, alcuni minuti dopo. - Gerard è un santo.
- Gerard è un uomo innamorato: è più scemo di quello che è di solito - commentò Kana attaccandosi alla bottiglia e farfugliando domande sul suo turno per diventare madre.
- Io credo che al mondo ci siano persone fatte l'una per l'altra. Erza e Gerard sono tra queste, così come Gray e Juvia, Natsu e Lucy, Mira-nee e Laxus, Gajiru e Rebi e Elf-nii con...
- Un vero uomo non rivela mai queste cose - urlò Elfman per bloccare Lisanna prima che sparlasse.
- Ma io non sono un vero uomo. Ed è Evergreen è perfetta per te.
Gli urli della gilda si sentirono a tre chilometri di distanza, questa volta, finché il limitare del bosco non fu circondato da inquietanti spade puntate contro ognuno di loro: un ammonimento di Erza.
Un'ora dopo, un suono inconfondibile si fece debolmente udire oltre le pareti della casa di Polyushika, che non aveva lasciato il fianco di Lucy solo perché doveva istruire Wendy e perché altrimenti il nascituro si sarebbe trovato senza un padre… istinti omicidi della vecchiaia. E magari avrebbe fatto anche un favore alla partoriente. Da quando Natsu era entrato nella dimora per stringere la mano di Lucy durante le spinte finali, Erza aveva dovuto nascondere la scopa della vecchia brontolona.
Il vagito del nuovo arrivato si fece sentire con più forza la seconda volta, simile al ruggito di un piccolo drago affamato. Tutti gli occhi dei membri della gilda erano puntati sulla porta, in attesa di qualche notizia. E finalmente, poco dopo, Erza, Mirajane e Rebi uscirono, l'aria un po' stanca e il viso rosso e sudato. La casa di Polyushika era calda di suo e piccola, in più la primavera era parecchio fetente in quei giorni: una combinazione micidiale. Con gli occhi lucidi di emozione, Rebi abbracciò suo marito, che la strinse con un braccio lasciando immutata la sua espressione.
- Allora? - indagò Makarov. - Come stanno? È un nipote o una nipote? Come si chiama?
- Calma - disse Mira sorridendo.
- È un piccolo Dragneel, ma il nome lo stanno decidendo ora. Gli stanno facendo tutti gli esami di prassi.
Ancora urla. Fairy Tail non sapeva fare altro.
- Ma davvero ancora non hanno scelto il nome? - domandò Makao accendendosi una sigaretta.
- No. Lo stavano programmando da dieci mesi, però ancora non sono decisi.
- Finiranno per sceglierne uno a caso. È sempre così.
Rebi corrucciò il viso e fissò Gajiru, che aggrottò le sopracciglia senza capire. Sì, la conosceva bene, ma ancora non poteva intuire tutto quello che le passava per la testa.
- Ragazzi, è meglio che andiate a casa. Lucy è stremata e vorrà riposarsi un po'. Makarov, tu se vuoi puoi entrare a vederlo. Hanno detto che vogliono che li aiuti a decidere il nome, tu che li hai accolti e per primo hai dimostrato cos'è una famiglia.
Asciugandosi gli occhi rossi di pianto, Makarov si alzò ed entrò in casa con aria solenne.
- Possiamo restare finché non decidono il nome? - chiese Lisanna.
- Non so quanto ci vorrà. Magari si sbrigheranno, ma potreste benissimo restare qui per...
- Deciso - annunciò il Master uscendo dalla porta.
- Ah - mormorò Erza, allibita. - E come si chiamerà?
- Io sono Makarov il Bello, quindi lui sarà Makarov il Meno Bello.
- Ma è il nome che hai proposto per Inazuma! - esclamò Mirajane. - Lo ricicli per ogni bambino?
- Lo aveva chiesto anche per Yoshirou. Temo che lo proporrà anche a Rebi e Gajiru se il loro sarà maschio.
I due presi in causa rabbrividirono.
- Non oso immaginare cosa avresti scelto se fosse stata femmina... - borbottò Laxus, seduto in silenzio fino a pochi istanti prima.
- Makarova, ovvio.
- Ma davvero si chiama Makarov il Meno Bello? - domandò Romeo, un po' basito. Odiavano così tanto quel bambino?
- No - sbuffò il vecchio. - Si chiama Daiki.*
- Daiki? Tsk, solo quella testa calda poteva mettergli un nome tanto ridicolo - borbottò Gajiru.
- Hanno detto che è perché Natsu ha a che fare con il fuoco, e Lucy con gli spiriti stellari. Il nome Grande Bagliore era appropriato - spiegò il Master.
- Sai che bello se è un Mago dell'Ombra? - ridacchiò.
- Ora tutti a casa. Sparite - intimò Makarov.
Nessuno diede l'intenzione di volersi muovere.
- Fuori da casa mia, umani rumorosi e sporchi! Non vi sopporto! - gridò Polyushika uscendo di casa brandendo una scopa, spingendo via Makarov.
Nemmeno quando arrivavano le missive del Concilio con l'elenco delle proprietà distrutte da Fairy Tail c'era quel fuggi fuggi generale.
Il potere delle donne…
 
Più tardi, quel pomeriggio, Rebi leggeva un libro smangiucchiando una mela, sdraiata all'ombra degli alberi del giardino. Gajiru aveva fatto sistemare a Droy un posticino nell'angolo occidentale del prato che ricordasse il loro luogo speciale. Gli aveva fatto piantare rari fiori sgargianti, e un piccolo boschetto nascondeva il giardinetto alla vista. Sembrava davvero un luogo magico e Rebi si era emozionata quando lo aveva visto. Ci aveva fatto mettere anche una panchina, ma in quel momento era distesa su una spessa coperta, con i piedi nudi e un leggero vestitino dalla gonna ampia.
Gajiru stava lottando con Ririi poco distante, a petto nudo e con il volto sudato. Nel giro di pochi minuti si sarebbe buttato nella piscina appena costruita, Rebi ci avrebbe scommesso.
Chiuse il libro. - Ehi, Gajiru. Senti!
Schivato un pugno micidiale di Ririi, il ragazzo corse da lei. Il compagno lo seguì, incuriosito.
- Che c'è? Stai male? Devi fare pipì?
- Se mi scappasse che senso avrebbe chiamarti? - chiese ridendo. - No, senti qui - disse prendendogli la mano e posandosela sul ventre. - Senti i movimenti?
- È lui? O lei? - sussurrò lui, la voce troppo tremante di emozione per parlare ad alto volume.
Rebi gli sorrise con amore, spostando la manona del compagno al centro esatto della pancia. - Sì. Be', siamo praticamente a metà gravidanza, era ora che si facesse sentire!
Ririi tornò nella forma ridotta e si avvicinò alla pancetta della nakama, ancora troppo piccola per capire che era incinta. - Posso sentire anche io?
Gajiru aveva monopolizzato il ventre di Rebi, spostando entrambe le mani sul suo addome alla ricerca di movimenti.
- Oh, eccolo! - esclamò, entusiasta come un bambino in un negozio di caramelle e giocattoli.
La ragazza rise e fece segno a Ririi di avvicinarsi. Gli indicò il punto esatto dove avrebbe dovuto posare la zampina e appoggiò la testa sulla coperta. Ben presto sentì che la zampetta di Ririi aveva sostituito una della manone di Gajiru, che l'accarezzava come se fosse una palla di cristallo.
I due maschi di casa, emozionati, continuarono per alcuni minuti a cercare segni di vita del pargolo, quasi fosse un gioco.
- Come lo chiamiamo finché non nasce? Non possiamo ogni volta parlarne distinguendo il sesso, è noioso - chiese Ririi interrompendo la quiete. Non si sentiva più nemmeno il venticello quasi estivo tra le fronde smeraldine degli alberi.
- Ebi - mormorò Gajiru.
- Ma Ebi sono già io - replicò Rebi, alzando la testa di scatto. Credevano che si fosse addormentata.
- Allora? Che facciamo?
- Invece di pensare al nome provvisorio, perché non pensiamo a come si chiamerà realmente? Lucy e Natsu hanno pensato al nome per dieci mesi e al momento del parto ancora non erano decisi. Voglio che nostro figlio, o nostra figlia, abbia... sì, Ririi, ci serve un nome provvisorio - realizzò sbuffando.
Il gatto sogghignò. - Cosa proponete?
- Ebi.
- Ho detto di no!
- Tetsuu* - suggerì Gajiru.
- No.
- È un lui barra lei. Leui? Luei?
- Scherzi? - chiese Ririi, sconvolto. Era un obbrobrio.
- No. Era una cosa intelligente.
- No - ripeté Rebi per la trentesima volta.
- Almeno io ho proposto qualcosa! - ringhiò il ragazzo. - Sarà Kin*** e basta.
- Kin?
- Tetsuu non va bene, dalle vostre reazioni direi che Ryuu**** proprio lo scartate, e allora Kin, che secondo me è unisex.
Silenzio. Un po' perplesso, Gajiru li fissò. Rebi osservava il cielo con le dita della mano intrecciate a quelle del marito, sulla sua pancia. Ririi era vicino a loro e guardava il nakama.
- Be'? - li rimbeccò.
- Va bene Kin - disse Rebi. – Ora, quello per quando nascerà.
- Se è maschio Gaji, se è femmina anche.
- Scherzi?! - esclamarono Rebi e Ririi insieme.
- Ovviamente sì.
- Per fortuna! Mi sarei messa a litigare altrimenti.
Nei successivi quaranta minuti non fecero altro che snocciolare nomi, parlare di probabilità, di alternative, di preferenze. E alla fine arrivarono ad un piccolo gruppo di nomi accettabili. O quasi.
- Quindi di Neko non se ne fa nulla? - domandò Ririi, affranto. Il suo nome era perfetto. Neko*****. Pulito, semplice, perfetto. O Samurai. Sami se era femmina.
 Chissà perché glieli avevano bocciati…
- No - sbuffò Gajiru. - Abbiamo detto Testuu o Ryuu.
- No! - gridarono insieme gli altri due.
- Abbiamo optato per Kibo.****** (-.-)
- E per la bimba?
- Più difficile. Hana o Ana, in onore di Metarikaana. No?
- Sì, ma quale dei due? - sussurrò Gajiru, emozionato all'idea di chiamare sua figlia come le ultime sillabe del nome del padre.
- Hana è delicato. Ana è più... draghesco. Non lo so - ammise Rebi.
- Scusate, e se facessimo così anche per il maschio? - intervenne Ririi.
- Eh? - mormorò Gajiru.
- Ana o Hana, stessa cosa, per la bimba. E per il bimbo perché non Meta? Come la radice del nome. No?
- Questa è proprio una bella idea! - commentò Rebi sorridendo e abbracciando il gatto.
- Niente Kibo…
- No. Meta, o Ana. O Hana. Decideremo quando vedremo Kin per la prima volta - disse con gioia la ragazza.
- Vado a farmi un bagno - annunciò Gajiru. Quel casino dei nomi lo aveva spossato.
- In piscina? - chiese Rebi.
- Sì. Vieni?
- Non lo so... non ho voglia di andare a mettermi il costume.
- E chi ha detto che serve il costume? - ribatté Gajiru ghignando.
Ririi volò via, terrorizzato dall'ira della compagna, mentre il ragazzo prendeva in braccio la moglie e correva verso il bordo della piscina. Il tutto condito con delle urla a metà fra il divertito e l'arrabbiato da parte di Rebi.
- Non ci provare! - ripeté mentre Gajiru la teneva sollevata sopra l'acqua. - Gajiru, io ti...
Troppo tardi.
- Brutto...! -   disse con voce strozzata, sputacchiando acqua. - Sei proprio un... ah! - gridò quando l'onda creata dal tuffo del ragazzo la colpì in viso.
La risatina famigliare di lui le arrivò nitidamente all'orecchio, ma prima di poter anche solo pensare di girarsi Rebi gli era in braccio. Lui toccava. Lei no.
- Sono cosa? - domandò sogghignando.
- Sei un...  - sbottò, per poi interrompersi. Era in acqua a petto nudo e la teneva in braccio. Era terribilmente sexy. Era suo marito. Era suo. Lo baciò con violenza improvvisa, facendogli strabuzzare gli occhi.
- Sei un delinquente che deve farsi perdonare. Datti da fare - gli bisbigliò all'orecchio.
Schiacciandola dolcemente contro la parete della piscina, Gajiru si assicurò della dipartita di Ririi e subito dopo ghignò.
- Te l'avevo detto che non serviva il costume - ringhiò giocando con l'orlo del vestito.
- Per una volta hai avuto ragione.
 
 
*Daiki: Grande Bagliore
**Tetsuu: ferro
***Kin: oro/metallo, ergo metallo prezioso
**** Ryuu: drago
***** TROPPI ASTERISCHI XD Neko: gatto
****** Kibo: speranze

 
MaxBarbie’s
ODDIO SONO TORNATAAAAA. Sìììììììì.
Io chiedo scusissima per il ritardo, davvero, ma ho scritto tanto per l’altra fic e per questa… ho solo altri tre capitoli. Io penso che farò uno e uno, quindi, ehm… sono davvero dispiaciuta perché ormai i postaggi non sono più regolari. Per niente. Però io continuo a lavorarci su, non ho abbandonato la ff. Non le ho abbandonate. E infatti dopo posto anche sull’altra. O domani. O molto presto insomma.
Be’, godetevi il parto di Lucy e la piccola fluffata finale. Io amo quel gatto!
Comunque un sentitissimo grazie a tutte quelle che mi hanno proposto nomi per ila prole Redfoxiana. Il risultato finale non lo indovinerà nessuno, ve lo assicuro (intendo di nome), ma i vostri spunti li ho messi qui dentro come ho potuto, per includere tutti, circa. Grazie davvero^^
A presto,
MaxBarbie

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Capitolo 36
*** Camomilla ***


Camomilla

A fine giugno Rebi era sulla soglia del terzo trimestre. Era emozionata e nervosa allo stesso tempo. Insomma, Kin stava per nascere, finalmente ne avrebbero scoperto il sesso e avrebbero potuto vederlo, ma sarebbe stato il periodo peggiore a detta di Erza. Il pancione le era già cresciuto parecchio nel giro di poco tempo e ormai la forma e la grandezza del suo ventre tondo erano inconfondibili. Kin era a sua volta cresciuto, ovviamente, per cui aveva più forza e ogni tanto decideva di esplorare quell'universo sconosciuto che era l'utero di sua mamma. Spesso, senza preavvisi o apparente motivo, sulla pelle tesa di Rebi comparivano le forme nitide di un piedino o di una manina. Lei sobbalzava, presa alla sprovvista, e si affrettava a toccare gli arti del piccolo prima che scomparissero. Gajiru, che non l'abbandonava mai, nemmeno quando doveva andare in bagno, intuiva subito cosa succedeva in quei momenti; interrompendo ciò che stava facendo, che fosse cucinare o allenarsi o riordinare, correva dalla moglie, si inginocchiava al suo fianco e le sollevava l'orlo della maglia, toccando con la punta delle dita il punto dove c'era il bozzo della mano o del piede di Kin. Poi vi posava sopra l'intero palmo, come per toccarlo attraverso la pelle. In quei momenti Rebi non poteva che essere felice. Che fosse arrabbiata, assonnata, nervosa o depressa, sorrideva e accarezzava la mano di Gajiru, inducendolo a sollevare gli occhi emozionati.
Come in quel preciso istante.
- Sai che quando gli parliamo lui memorizza il timbro della nostra voce e una volta nato le riconoscerà? - chiese in sussurro al marito.
- Davvero?
- Certo - confermò, sorridendo a Ririi che si stava avvicinando al divano. - Parlategli, così sarà meno difficile per lui ambientarsi.
- E cosa dovremmo dirgli? - domandò il gatto.
- Non lo so, quello che vuoi.
Gajiru si schiarì la voce e iniziò a parlare, leggermente imbarazzato. - Ehi, Kin. Sono… ehm… papà. Sappi che se mangerai tutto il mio ferro mi arrabbierò.
- Molto carino - commentò Rebi sarcasticamente.
- Kin... io sono Pansaa Ririi. So già che mi userai come un peluche come fa tua mamma. Spero che non mi userai come punch-ball, però, come tuo papà. Ti aiuterò a crescere nonostante quello snaturato Dragon Slayer che ti ritrovi come genitore, ma con una donna come Rebi potrai solo crescere bene.  Mi auguro che tu prenda la sua dolcezza, la sua intelligenza e la sua bontà. Anche la sua infinita pazienza. E il grande cuore. E...
- E da me cosa?! - sbottò Gajiru, gli occhi che ardevano.
- C'è un motivo se sto elencando solo le caratteristiche di Rebi.
La ragazza ridacchiò mentre il quasi padre scattò in piedi e caricò un pugno. Rebi lo fermò appena in tempo, facendolo sedere di fianco a lei. - Ehi, Kin, da papà devi ereditare la forza, la determinazione, la capacità di cambiare e di rischiarare le tenebre che tutti abbiamo dentro. La voglia di combattere per proteggere ciò che ami, l'alta moralità e la fede nei princìpi in cui vorrai credere. Impara dal suo amore incondizionato e dal suo affetto, ma cerca di dimostrarlo senza ricorrere a calci e pugni come fa lui con Natsu e Gray. E da Ririi impara la pazienza e l'intelligenza. E il modo per essere un buon amico.
I due maschi stettero in silenzio, segretamente commossi da quelle parole così belle. Kin era stato zitto tutto quel tempo, ma dopo alcuni istanti di silenzio tirò un calcione sulla pancia di Rebi e lasciò intravedere la forma del piedino per lunghi secondi, facendo sorridere tutti.
- Credo che gli piaccia la tua voce, Piccola.
- E a chi non piacerebbe? - chiese Ririi.
Rebi lo prese in braccio e lo strinse a sé, mentre il gatto constatava quando più morbido fosse il suo petto.
Arrossì, ma fortunatamente il pelo scuro nascose il suo imbarazzo.
- Ehi, Kin, ti va di leggere qualcosa?
Gajiru scattò in piedi, prese in braccio la moglie, con Ririi annesso, e la portò in biblioteca. La fece sedere sul divanetto e andò a prendere un libro d'avventura mentre Rebi accarezzava i punti in cui Kin, molto giocosamente, calciava e pugnava. Gajiru tornò e si sdraiò supino sul divano, appoggiando la testa sulle gambe della moglie, premendo l'orecchio contro il suo ventre.
Ririi in braccio, Kin in grembo e Gajiru sulle gambe. Rebi ridacchiò prima di iniziare a leggere.
Quasi immediatamente, sia il gatto che il ragazzo chiusero gli occhi, cullati dalla dolce e lenta cadenza della lettrice. Anche Kin sembrava essersi calmato, finché Gajiru non aprì un occhio di scatto.
- Ohi - disse interrompendo Rebi. - Lo senti?
La ragazza chiuse il libro e Ririi si spostò dalla cima della panciona.
Ad intervalli regolari, la pancia di Rebi sobbalzava, e un suono attutito giungeva dall'interno.
- Ha il singhiozzo! - esclamò lei prima di ridere.
Gajiru ridacchiò e ascoltò i singulti di suo figlio. Almeno lo fece finché Kin, spaventato da quel trambusto e indispettito dal silenzio narrativo della mamma, non gli tirò un calcio sulla faccia. Era troppo debole per fargli male, ma il papà si allontanò comunque con il broncio.
- Vedo che ha già voglia di fare a botte. Bravo figliolo!
- Secondo te è... -, disse prima di ridere ad un altro singhiozzo, - maschio o femmina?
- Maschio.
- E vorresti il maschio?
- Vorrei... una bambina - sussurrò, imbarazzato. - Ma mi va bene anche il maschio.
- Per me è femmina - disse invece Ririi. - E per te, Rebi?
- Gemelli, maschio e femmina.
I due nakama spalancarono gli occhi.
- Sai che forse se è vero? - chiese Ririi ridendo.
Gajiru strabuzzò gli occhi ancora di più. Andava bene essere padre e tutto il resto, ma di un bambino alla volta! Era pur sempre senza esperienza, accidenti!
- Di una cosa sola, però, sono certa: questo mal di schiena mi sta uccidendo.
- Ti faccio un massaggio! - urlarono i due nakama insieme.
Gajiru fulminò Ririi con lo sguardo, mentre il gatto rispondeva all'occhiataccia.
- Chi vuoi di noi, Ebi?
- Be'... ecco... l'ultima volta che mi hai fatto tu un massaggio, Gajiru, siamo finiti in vasca insieme.
Ririi ridacchiò, pregustando la vittoria. - Io ho delle zampe vellutate, dotate di cuscinetti da gatto.
- Hai gli artigli. La schiena di mia moglie la tocco solo io.
- Non serve litigare, a me va bene anche un'ora di massaggi - fece notare Rebi, improvvisamente convinta di essere in una spa.
- Allora inizio io, testone. I miei sono più rilassanti.
Ririi spinse via il nakama e si trasformò, prendendo posto davanti a Rebi. La ragazza si inginocchiò sul divano dandogli le spalle, appoggiando la fronte sulla testiera. Iniziò a togliere le braccia dai buchi per le maniche, con l'intento di lasciare che il vestito le coprisse solo la parte inferiore del corpo. Ma Gajiru strabuzzò gli occhi e le bloccò le braccia.
- Che fai?! - sibilò.
Rebi lo guardò basita e rispose: - Mi faccio fare un massaggio.
- Ma perché ti spogli?
- Non può massaggiarmi con il vestito!
- Gajiru, santo cielo, non ho intenzione di vedere Rebi nuda. Sono un gatto. Ed è tua moglie, non mia.
La ragazza ridacchiò, togliendosi velocemente anche l'altra manica e coprendosi il seno, che Ririi non avrebbe comunque visto dato che era alle sue spalle. Rebi fissò Gajiru e lo vide arrossire: era geloso, non poteva farci nulla. A passi pesanti uscì dalla stanza e ritornò poco dopo con un asciugamano.
- Tieni - disse lanciandolo in testa alla moglie. - Copriti.
Roteando gli occhi, Rebi ubbidì e cercò di rilassarsi.
Ririi ghignò di fronte al muso corrucciato di Gajiru, che fissava le sue dita del nakama come per controllare che non andassero oltre le spalle. Oltre dove, poi?
Il massaggio sortì l'effetto sperato: Rebi sospirò e la sua schiena bloccata si sciolse sotto alle dita morbide e pelose del gatto. La pancia, appoggiata sulle cosce, non le pesava e per la prima volta dopo una settimana il senso d'affanno e stanchezza sparì.
- Grazie, Ririi - mugolò un quarto d'ora dopo. - Sono come nuova, ora.
- Tsk - borbottò Gajiru, che non si era mosso di un millimetro durante quel lasso di tempo.
- Figurati.
- Gatto, preparale un frullato mentre io le mostro che cos'è un vero massaggio.
Ririi alzò lo sguardo al cielo prima di allontanarsi. Non senza avergli tirato un pugno sulla spalla. E non una pacca scherzosa, ma uno dei suoi pugni da allenamento.
Ghignando, Gajiru si mise alle spalle di Rebi e si fece scrocchiare le nocche. Iniziò a canticchiare e posò delicatamente le mani sulla schiena della compagna. Tra la melodia narcotizzante e il massaggio rinvigorente e allo stesso tempo rilassante, la ragazza non ci mise molto ad addormentarsi.
A svegliarla, parecchio tempo dopo, furono le labbra di Gajiru vicino all'orecchio.
- Allora? Chi è meglio? - sussurrò con malizia.
Rebi sobbalzò e l'unico effetto che ottenne fu di sbilanciarsi all'indietro e appoggiarsi al suo petto marmoreo.
- Che? - mormorò.
- Chi è meglio? - domandò lui baciandole il collo fino alla spalla nuda.
Rebi si svegliò del tutto, inclinando la testa per permettergli di baciarla meglio. - Mmm...
- Lo prendo come un 'tu, Amore'?
- Mm-mh - mugugnò lei annuendo, mentre Gajiru gongolava.
Improvvisamente si ricordò della condizione di sua moglie e si allontanò di scatto, porgendole il frullato di frutta che Ririi le aveva preparato. Il gatto giaceva addormentato sul bracciolo del divano, soddisfatto dopo averne bevuti tre al kiwi.
Rebi afferrò il bicchiere colmo di liquido rosa che Gajiru le porse, guardandolo con le sopracciglia aggrottate e un'espressione confusa sul visino. - Hai preso la scossa?
- No - borbottò lui lasciandosi cadere sul divano.
- Perché a me è sembrato di sì?
- Perché ti fai le paranoie.
- Gajiru? - lo chiamò lei, rimbeccandolo per spingerlo a parlare. - Perché ti sei scostato così?
Il ragazzo sbuffò. - Sei incinta e abbiamo detto basta fino al parto, no? E sai che sei una droga per me.
Rebi arrossì, lusingata. Capiva perfettamente ciò che lui voleva dire e decise che aveva fatto bene ritrarsi. Si risistemò il vestito per essere meno indecente con tutta quella latteria esposta. Si sentiva un po' una mucca.
- Non manca tanto. Meno di tre mesi. E dopo torniamo a divertirci.
- Sì, con un marmocchio che rischia di beccarci in ogni momento.
- Ma va'. Non siamo mica degli sprovveduti, non ci ha mai beccati nemmeno Ririi.
- I bambini sono imprevedibili.
- Vorrà dire che sarà più eccitante, no? - chiese appoggiandosi al fianco di Gajiru, abbracciandolo e strofinandogli la testa sul petto. Lui allungò un braccio attorno alle sue spalle e le massaggiò il braccio.
-Sei terribile.

Gajiru udì Rebu sbuffare. Ancora. Probabilmente era la quinta volta. Mugugnò un qualcosa di cui Rebi afferrò solo le parole "Ebi" e "combini".
- Cosa combino? - bisbigliò lei girandosi dalla sua parte.
Il ragazzo annuì, gli occhi serrati.
- Io niente, vorrei sapere cosa combina Kin!
- Cosa combina? - farfugliò Gajiru.
- Cosa ne so?! - sbraitò Rebi a mezzavoce. - Prima gli viene un attacco di singhiozzo. Gli passa e si mette a.... giocare a calcio con il mio stomaco e a suonarmi la colonna vertebrale come un clarinetto, per citare le parole di Erza.
- Suona... clarinetto. Facciamo un duetto... io e lui.
- Sei inutile! Torna a dormire e taci, per piacere. La trottola me la devo subire io!
Gajiru ubbidì e nel giro di dieci secondo tornò a sognare di lui e suo figlio che suonavano insieme una melodia dolce e riposante, il papà con la chitarra e il bambino con il clarinetto.
Rebi vide suo marito schizzare letteralmente fuori dalle coperte e fissarla con gli occhi gonfi di sonno.
- Si muove ancora?
- Sono passati sì e no due minuti da quando ti ho detto di dormire, per cui sì, non ha bevuto una camomilla anestetizzante e si sta ancora muovendo nella sua piscina privata. Magari ha invitato anche degli amici al party.
Gajiru ridacchiò e afferrò la chitarra in bella mostra accanto al muro.
- Che fai?
- Lo faccio dormire.
Rebi aggrottò le sopracciglia. - Non puoi prenderlo a chitarrate!
- Ma che cosa dici?! Non sono mica scemo!
Lei si morse la lingua e si sistemò a pancia in su mentre Gajiru accordava la chitarra e le si sedeva di fianco.
- Ti ricordi la canzone che ti ho dedicato nel bosco, no?
Rebi annuì. Si emozionava ancora quando gliela cantava e suonava, e lei stessa l'aveva imparata a memoria e la canticchiava quando era in doccia, facendo ridere suo marito dall'udito eccellente. Gliene aveva fatte sentire molte altre da quella volta, alcune malinconiche e cupe ideate quando ripensava a Phantom Lord, alcune potenti e hard rock per quando pensava a come picchiare Natsu e Gray, altre dolci quando pensava a lei. Le adorava tutte, tranne una che aveva voluto sentire una volta sola. L'aveva composta ripensando a ciò che le aveva fatto, e il risultato era stato a dir poco drammatico: lei era scoppiata in lacrime e lui aveva rischiato di rompere le corde della chitarra in un impeto di senso di colpa per aver scavato in quei ricordi sepolti. Gajiru non aveva aperto bocca tutto il giorno, sentendosi uno scarto umano, un vile e un essere inutile. Rebi gli aveva proibito di ripensare a quei momenti e lo aveva baciato per dimostrargli che non serbava rancore per quel fatto. Temeva che suonandola ancora lui potesse risprofondare nello sconforto, ed era l'ultima cosa che voleva.  
- Certo che la ricordo.
- Ne ho fatta una simile, trasformando la tua canzone in una ninna nanna. La sera in cui mi hai detto che eri incinta.
- Perché non me l'hai fatta sentire prima?
- Volevo suonartela durante il parto, ma Natsu e Gerard mi hanno detto che le donne mentre spingono diventano talmente tanto sclerotiche da spezzare le dita delle mani che stringono, e che guarda caso sono le mani dei mariti. Magari in un attacco di... isteria mi bruci la chitarra.
- Mentre partorisco? Ascoltare una canzon? Preferisco leggere un libro! Già che ci siamo, facciamo un bel pranzo! Del resto, hai tutto il tempo che vuoi, non sei mica impegnata a spingere per far uscire un cocomero da un buco dal diametro di...
- Recepito il messaggio - la interruppe lui.
- Quando avevi intenzione di suonarla, allora?
- La prima sera in cui saremmo stati in quattro qui in casa.
Rebi, alterata dopo la conversazione, sorrise e si rilassò, girandosi sul lato destro per osservare la chitarra del marito. Una mano corse in fretta nel punto del ventre dove Kin aveva tirato due calci di fila. Gajiru le accarezzò il pancione.
- Ehi, Kin... Ora ti suonerò una ninna nanna per dormire. Non devi più fare ammattire la mamma, però. Va bene?
Un altro calcio, e poi quella che sembrava una manina. O un ginocchio.
- Penso che sia entusiasta. Maledetto, che idee gli metti in testa. Ora vorrà ballare.
- Nah.
Gajiru ghignò prima di chiudere gli occhi e concentrarsi. Iniziò ad accarezzare dolcemente le corde della chitarra mentre una melodia tranquilla e rilassante si diffondeva per la stanza. Era tremendamente ipnotizzante e Rebi chiuse gli occhi per lasciarsi trasportare là dove le corde volevano condurla. Gajiru avrebbe voluto baciarle le palpebre chiuse, le labbra che mormoravano silenziosamente quella stessa musica. Avrebbe voluto accarezzare Kin attraverso la sua pelle, e sciogliersi in lacrime per quel piccolo miracolo che era la sua famiglia. Con la sua voce bassa e profonda intonò una melodia simile a quella prodotta dalle corde, e si immaginò un futuro con Rebi al suo fianco e il loro bambino al seguito, che reclamava la loro attenzione. Un bimbo con i capelli blu come il cielo terso e con gli occhi color del miele della consorte. O una bimba, sempre identica alla mamma. Sperava che non assomigliassero a lui, con quell'aspetto così selvaggio rispetto a lei, delicata bambola di porcellana con le labbra di rosa. Sì, aveva in mente un'altra canzone.
Aprì gli occhi proprio durante le note finali per osservare la reazione di sua moglie. Si stupì nello scoprire che aveva le guance bagnate di lacrime.
Il silenzio li assordò quando l'ultima corda smise di vibrare.
- Piaciuta? - bisbigliò.
Rebi lo fissò con intensità, gli occhi lucidi che sembravano oro liquido sotto al riflesso della luna estiva.
- Se Kin fosse già fuori da me, in questo momento ti farei sentire io la mia ninna nanna...
Gajiru ridacchiò. - Anche a me piacciono le tue ninne nanne.
- Ha smesso di muoversi...
Lui sospirò di sollievo e si chinò a baciarle l'ombelico. - Buonanotte.
- Grazie per averlo calmato.
- Grazie a te - rispose in un sussurro rimettendo a posto al chitarra.
Si sdraiò a letto con delicatezza, attento a non fare movimento che potessero svegliare il bambino, come se fosse stato lì con loro. Abbracciò sua moglie premendole il petto contro la schiena e le posò una mano sul pancione.
- Buonanotte Piccola.
Ma Rebi già dormiva.
 
- Non è che hai ucciso la tua prole?
- Che?! - biascicò Gajiru sbadigliando.
Si sedette a tavola di malagrazia e si stropicciò gli occhi. Ririi stava servendo la colazione.
- Non è che la ninna nanna l'ha ucciso?
- Ma che dici?!
- Che ne so io?! Non si muove più.
Gajiru strabuzzò gli occhi, seriamente preoccupato. - Vado a prendere la chitarra.
- Che è successo? - domandò Ririi, ignaro di tutto.
- Ieri notte Kin non voleva saperne di calmarsi e Gajiru ha suonato una ninna nanna. Solo che ora non si muove più.
Ririi le si avvicinò con preoccupazione, volandole sul grembo per accarezzarglielo. - Kiiin? Ci sei? - canticchiò.
Rebi sorrise e gli grattò la nuca tra le orecchie, facendogli fare le fusa. - Credo che... ah!
Entrambi urlarono dallo spavento quando Gajiru, alle loro spalle, si mise a suonare una canzone heavy metal con tanto di amplificatore del suono. Non si erano accorti del suo arrivo e avevano ancora il battito accelerato quando si girarono per fulminarlo con gli occhi. Rebi lo afferrò per il colletto della maglia e portò il viso a due centimetri dal suo.
- Si è svegliato, baka!
- Vedi che è vivo? - fece notare lui posando la chitarra.
- È vivo, iperattivo e... oh no, ha anche il singhiozzo! - piagnucolò.
Ririi osservava con sgomento come il piccolo prendeva a calci il pancione della mamma. Non si fermava mai.
- Ma non mi avevi chiesto di svegliarlo?
- Non così! - urlò lei, disperata.
- Non sei mai contenta!
Ririi avrebbe riso di fronte a quella scena, se solo non fosse stato troppo preoccupato per Kin. - Fallo calmare.
- Eh?
- Suonagli la ninna nanna!
- Ma sei incinto pure tu? Siete isterici oggi!
- Gajiru, se in pancia ho un cucciolo di drago che quando nascerà sarà anche solo il doppio peggio di così, tu sei un uomo morto, hai capito? Dannato cromosoma Y!
- Cromo-che!?
- Suona!
Sbuffando, Gajiru riprese a suonare la melodia dolce della notte, e Kin si calmò lentamente.
Dopo alcuni minuti Rebi sospirò, accarezzandosi il ventre. - Sai che sei terribile?
- Sì me lo hanno detto - rispose Gajiru inginocchiandosi di fianco a lei.
La ragazza ridacchiò. - Dicevo a Kin. Per me è un maschietto identico a te.
- Che il Re degli Spiriti Stellari ci salvi - borbottò Ririi.
- Quando nasce? - chiese il quasi-papà, ignorando il compagno.
- Spero presto. Ma non dovrebbe mancare molto.
- Va bene. Andiamo alla gilda finito di mangiare?
- Certo - risposero Rebi e Ririi. - Però mi devi mettere le scarpe - aggiunse lei.
- Uhm... d'accordo... - borbottò lui. - Ma perché non lo fai tu?
- Non riesco nemmeno più a vedermeli, i piedi, secondo te ce la faccio a chinarmi per toccarli?
Solo in quel momento Gajiru si rese conto di quanto grossa fosse sua moglie. Si chiese come riuscisse a camminare con tutto quel peso addosso, così piccolina com'era. Era davvero una roccia. Le diede un bacio sulla nuca e da dietro le abbracciò il pancione. - Ti allaccio tutto quello che vuoi, quando vuoi.
- Bastano le scarpe - disse lei sorridendo. Poi le venne in mente una cosa che la fece rabbrividire. - Gajiru?
- Mm?
- Porta la chitarra alla gilda. Con tutto il casino che c'è temo che Kin avrà bisogno della sua ninna nanna sonora.



MaxBarbie’s
Ed eccooooomi tornata a grande richiesta (di nessuno) con un capitolo quasi insignificante di passaggio. Non mi sembra giusto farla partorire subito, prima dobbiamo farla patire un pochino, la nostra Levy. No povera, io l’adoro.
Comunque è giusto che la gestazione venga narrata (forse). In montagna mi sono fatta una vera cultura sui bambini, con tanto di schemi sul loro sviluppo, allattamento, dentini, camminare, parlare, ecc. Sono pronta per diventare mamma. Ahahahahah no scherzo. Mi sono fatta anche una linea del tempo e vi comunico che questo è il loro sesto anno insieme e che Daiki (figlio di Lucy e Natsu), è nato ad aprile, mentre il nostro Kin nascerà a settembre. Bene, fine dello spoiler.
Spero che vi piaccia, vi ringrazio per le recensioni e per il fatto che siete sempre presenti, infatti il numero di persone a cui piace questa modesta storia è aumentato e io sono *-*
Ok basta. Spero di sentire le vostre impressioni, su Fairy Tales vi aspettano due capitoli chilometrici, dalle 10 alle 15 pagine Word (mi ucciderete) perché sono delle mini-long-one-shot anche se non esiste.
A presto!
MaxBarbie

 

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Capitolo 37
*** Favola ***


Favola

- Ma io oggi voglio stare tranquillo - borbottò Gajiru, un po' ringhiando un po' piagnucolando.
- Hai perso la possibilità di stare tranquillo quando hai acconsentito ad avere Kin - ribadì Rebi tagliando le pesche.
- Ma Kin sarà il bambino migliore del mondo! Arashi e Inazuma sono due pesti!
- Cosa dici?! La vivacità di Arashi è dolcissima. È una bimba buona e brava...
- Ma se ha già il carattere di Titania-la-Belva!
Rebi gli lanciò un'occhiataccia continuando a tagliare la frutta, mentre Ririi rideva di fianco a lei. - Non essere maleducato. E invece Inazuma è un soprammobile. Non lo senti mai. Ed è molto sveglio.
- Con due genitori come la schizofrenica Mirajane e il bipolare Laxus stento a crederci.
Un'altra occhiataccia.
- Ammettilo, Ebi! La barista è talmente imprevedibile da far più paura di Erza!
- Comunque non sarà affatto male avere due bambini con noi in casa per un pomeriggio. Io non vedo l'ora. Così facciamo anche pratica.
- Visto che c'eri potevi anche invitare Yoshirou e Daiki! - borbottò Gajiru iniziando a tagliare una mela con il dito.
- Sai bene che sono troppo piccoli.
- E gli altri due allora? Non hanno nemmeno tre anni! Almeno sai se usano ancora il pannolino?
Rebi aggrottò le sopracciglia, riflettendo. Le scappò un sorriso quando Ririi le si avvinghiò al braccio dopo averla vista prendere un kiwi. - In teoria bisogna iniziare a toglierlo dopo un anno e mezzo. Quindi non dobbiamo cambiarli.
Gajiru grugnì. - E comunque perché dobbiamo farlo?
- Sia che sei monotono? Li ho invitati perché Mira, Laxus, Erza e Gerard devono andare in missione. Una missione di classe S in cui il committente ha espressamente richiesto loro quattro. Hanno già organizzato tutto e ci metteranno solo un giorno non mi sembra un così enorme sacrificio tener loro i bambini!
- Va bene, non serve agitarsi - bofonchiò buttando i quadratini di mela nella scodella della macedonia.
- Sei tu che mi fai agitare!
- Cedo che siano arrivati.
- Mm? - mormorò lei fissandolo.
Ririi raddrizzò le orecchiette tonde per un momento, prima di tornare a concentrarsi sul kiwi.
Cinque minuti dopo, il campanello suonò.
- Vado io - disse lui alzandosi.
Gajiru aprì la porta dell'anticamera e poi quella d'entrata. Non fece in tempo a vedere i visi dei nakama che Erza lo aveva già afferrato per il bavero: - Se succede qualcosa ad Arashi tuo figlio avrà un Dragon Slayer invalido per padre.
Lui grugnì, allontanandosi dagli occhi di Erza: sprizzavano acidità.
- Con Rebi sono in buone mani. E anche con me. Magari Arashi diventerà anche un po' intelligente.
- E con questo cosa...
Gerard le bloccò il pugno tenendo la bimba in braccio. - Tesoro, non davanti ad Arashi - le bisbigliò dolcemente, cercando di calmarla. Solo lui sapeva come trattare con lei.
- Io ho fiducia in voi - intervenne Mirajane, sorridendo. - Rebi come sta?
- Sta tagliando la fr...
- Gajiru, falli entrare - lo interruppe la diretta interessata facendo capolino dal fianco del marito. - Scusatelo, le buone maniere non sono il suo forte.
- Tsk.
-  Tutto bene Rebi? - chiese Mira.
- Sì, sì dai. Non vedo l'ora che esca.
- Ormai non manca molto. Si è calmato?
- No. Sembra che diventi più grosso ogni giorno di più.
- Te l’avevo detto - intervenne Erza.
- Posso solo sperare che sia un maschio, perché se è una femmina, grossa come Gajiru... no, non sarebbe il caso.
Laxus ghignò e mise a terra Inazuma. - Dobbiamo andare. Torneremo questa sera. Fai il bravo.
Mira lo strinse forte: - Torneremo presto, piccolo. Va bene?
Inazuma annuì stoicamente e prese la mano che Rebi gli porgeva. - Qualche consiglio se si disperano?
- Inazuma si adatta a tutto. Se lo metti a dormire, dorme. Non piange. Se a fame te lo fa capire.
- Ad Arashi dai qualcosa da colorare se si agita. Si calma sempre. E il ciuccio solo se non sta zitta - aggiunse Gerard dando la propria figlia a Gajeel, dopo averla baciata.
Erza osservò con occhi di fuoco tutto il passaggio della piccola dalle braccia del padre a quelle del baby-sitter, borbottando frasi acide le cui uniche parole udibili erano "morto", "spezzare", "figlia" ed "evirazione".
Le uniche udibili da chi non era un Dragon Slayer, almeno. Infatti Laxus ridacchiò e Gajiru deglutì, arretrando leggermente con la bambina in braccio per nascondersi dietro la moglie.
- Ricordatevi che ancora non sono esperti nel correre da soli e che se devono fare pipì ve lo fanno capire. Farete pratica di sicuro. In questa borsa c'è l'occorrente anche per cambiarli se succede qualcosa, e ci sono i bavaglini. Se hanno fame potete anche dare loro la frutta frullata, ad Inazuma piace molto la mela - disse Mira porgendo una borsa a tracolla a Gajiru, che grugnì.
- D'accordo. Spero di fare un buon lavoro. Buona missione, a dopo - salutò allegramente la padrona di casa.
- A dopo, non stressarti troppo - la reguardì Erza, sempre materna verso le amiche. - Con te so che Arashi è in buone mani.
Gajiru entrò in casa senza salutare, evitando lo sguardo che, ne era sicuro, Erza gli avrebbe scoccato in maniera quasi violenta.
Ririi volò sul divano proprio quando Gajiru vi si sedette con Arashi in braccio, raggiunto poco dopo dalla moglie che teneva per le mani un bambino concentrato nel camminare.
- Guarda che carino! - esclamò Rebi chinandosi per prenderlo in braccio e appoggiarlo sopra il suo pancione.
Si sedette sul divano e Arashi fulmineamente diede una botta in testa all'amichetto.
- Ferma, piccola peste - la riprese bonariamente Gajiru, prendendole la mano. - Tale e quale a sua madre.
Infatti i capelli di Arashi, lunghi fino alle spalle, erano dello stesso colore scarlatto di quelli di Erza. In confronto, quelli di Inazuma sembravano bianchi.
La piccola si lamentò, disturbata dalle mani del ragazzo, finché non si accorse di quanto grandi erano. Con interesse ossessivo e sguardo determinato, iniziò a giocare con le mani di Gajiru. La piccola riusciva a malapena ad afferrargli il dito. Inazuma decise che quello studio anatomico poteva essere interessante, quando Gajiru fece il solletico ad Arashi, facendola ridere. Dopo pochi istanti i piccoli si contorcevano in braccio al torturatore, ridendo in quel modo spensierato che è tipico solo dei bambini. Rebi osservava la scena estasiata, ridendo a sua volta, mentre Ririi era testimone, dalla testata del divano, della dolcezza di quel burbero e rissoso compagno.
- Vediamo cosa combinano se li facciamo giocare insieme - borbottò Gajiru ghignando... in modo dolce.
- Non sono delle cavie.
- Ma no, era per farli divertire.
I bambini vennero fatti sedere sul divano e iniziarono subito a scrutarsi.
- Aashi - disse Inazuma.
- Ashi! - ripeté la bimba. - 'Uma!
L'amichetto negò. - No 'Uma. 'Zuma.
Rebi ridacchiò di fronte a quella scenetta: un marmocchio che criticava l'amichetta perché aveva sbagliato a pronunciare il suo nome, che lui stesso aveva sbagliato.
- Gajiru? Non sono adorabili? - bisbigliò osservando come i due piccoli giocavano con un nastro che avevano trovato sul divano.
Ma non ottenne risposta. Ed era impossibile che suo marito non l'avesse sentita dato che era riuscito a prevedere cinque minuti in anticipo l'arrivo dei loro nakama, con il suo udito sopraffino.
Ririi attirò l'attenzione della ragazza scuotendole piano la spalla: Gajiru fissava i bambini come ipnotizzato, attirando la loro attenzione e giocando con loro. Li stava facendo ridere. E sorrideva. Sorrideva dolcemente, come una mamma che vede per la prima volta la vita che ha portato in grembo per nove lunghi mesi. O come una persona che si è sempre sentita inadeguata quando finalmente trova qualcuno in grado di capirla. Consapevolezza. Non sempre una cosa positiva, ma sicuramente illuminante.
Rebi si allungò per baciare teneramente il marito, in barba a Ririi e ai bambini. Era suo, lo amava, e presto avrebbe cresciuto con lui il loro primogenito. Le aveva donato la vita, perché prima di lui non aveva vissuto davvero. E quindi continuò a baciarlo anche quando il loro nakama si schiarì la gola e diede loro le spalle. I due innamorati si fermarono solo nel momento in cui sentirono dei lamenti provenire dalla voce profonda di Inazuma. Guardando verso il basso, i coniugi Redfox si resero conto che la piccola e intraprendente Arashi stava cercando di baciare Inazuma. O meglio, di ribaciarlo dato che lui si era lamentato proprio perché la vivacissima Arashi si era presa troppe libertà.
- No, Cosetta. Tale e quale a Rebi sei! Troppo libertina - la sgridò Gajiru prendendo la bimba in braccio, che urlò in protesta.
- Ehi!  - esclamò Rebi, facendo ridere Ririi.
- Secondo te hanno fatto colazione? Non è che hanno fame? - chiese Gajiru.
Ririi si girò a fissare i bambini, e Arashi, arrampicatasi sulla spalla del gigante di ferro, gli afferrò la coda. Inazuma seguiva tutti i suoi movimenti in silenzio, studiando quello strano esserino che gli ronzava sempre attorno.
- Ehi, Arashi, vuoi un po' di frutta? - chiese il micio, allontanando la coda dalla famelica e curiosa bocca della piccola.
- Mela! - disse Inazuma.
- 'Uma vuoe mela!  - ribadì Arashi.
- E tu patatina? Vuoi la mela? - chiese dolcemente Rebi
- Ashi vuoe mela!
- Direi che siamo a posto, allora. Pesti, venite qui - disse Gajiru tenendo salda la bimba sulla sua spalla e prendendo in braccio anche l'altro ospite.
I due bambini gridarono e risero durante il tragitto verso la cucina, che si concluse con un volo in aria e un atterraggio sicuro sul tavolo della cucina. Rebi corse subito dai bambini intimando loro di non camminare o gattonare sul tavolo, dato che rischiavano di cadere. Alla fine riuscì a sistemate Arashi, la più terribile ed energica, nel seggiolone nuovo di Kin, mentre Inazuma si lasciò prendere in braccio senza fiatare.
In pochi minuti lo spremiagrumi si ritrovò tra le zampette di un gigantesco Lily che lo stava lavando, mentre Rebi e Gajiru imboccavano i piccoli.
- Apri la bocca, Cosina - mormorò il ragazzo cercando di mettere in bocca ad Arashi un cucchiaino di mela tritata.
- No!
- Ma hai voluto tu la mela!
- Ashi sola!  - si lamentò artigliando con le manine paffute la manona del suo distributore di cibo.
- Non puoi fare da sola, ti sbrodoli!
Inazuma deglutiva la poltiglia dolciastra senza battere ciglio, fissando Arashi che faceva i capricci. In pratica teneva la bocca aperta in attesa che Rebi vi depositasse il cucchiaino, senza nemmeno guardare cosa stava finendo dentro alla sua cavità orale.
- No bodoi, no bodoi! - urlò Arashi sgambettando dentro al seggiolone.
Gajiru sbuffò mentre Ririi e Rebi ridevano: la bimba era una Erza in miniatura.
- Va bene, fai tu - mormorò Gajiru, come un orso che si lamenta. E infatti a sua moglie ricordava proprio un orso. Un immenso, morbidoso, dolce e brontolone orsacchiotto.
Arashi prese il cucchiaio che il ragazzo le porgeva, stringendolo nel pugno chiuso come fanno tutti i bambini. La piccola lo immerse nella tazzina con la mela tritata e quando lo tirò fuori sulla posata c'era una montagnola di frutta, così alta che cadde per metà sul seggiolone nel percorso dalla tazza alla bocca della bimba. Arashi spalancò le fauci e cercò di farvi entrare il cucchiaio, ma questo prima sbatté sulla sua guancia, rendendola appiccicosa e lucida, e poi venne trascinato nella bocca. Della cucchiaiata iniziale, ciò che entrò nella bocca di Arashi fu un trenta percento scarso.
Rebi e Inazuma applaudirono facendo ridere la bimba che, no, non era assolutamente compiaciuta come Erza. No no.
- È adorabile - cinguettò Rebi. - Guardala! Ha le guanciotte dello stesso colore dei capelli.
- È terribile. È come Erza - si lamentò Gajiru cercando di pulirle il viso nonostante le proteste e i gridolini arrabbiati della bambina. - Chi sei tu, e quale mostro ti ha generato? Non potevi prendere da tuo padre che almeno non rompe le scatole a nessuno?
Arashi, che a due anni già compiuti capiva parecchio di quello che le veniva detto, anche se spesso faceva la gnorri per giustificare la sua disobbedienza, gli fece una pernacchia con la bocca. Gajiru la fissò, perplesso, per poi ridacchiare di fronte alla linguetta impertinente di quella peste. Inazuma aveva la bocca aperta in attesa del cucchiaio di mela, e non capiva cosa stesse accadendo, ma Rebi rideva di gusto, imitata da Ririi.
 - E se Kin sarà così? - chiese la ragazza.
- Non sarà così - tuonò suo marito. - Sarà educato e rispettoso. E non farà il ribelle a due anni.
In risposta, Arashi gli fece un'altra pernacchia. - Mela!
- Te la meriti?  - ribatté Gajiru, severo.
- Sì!
Sorrise involontariamente. Per quanto tremenda fosse, quella bimba era carinissima e adorabile a modo suo.
- Va bene – concesse, riempiendole il cucchiaino in modo che riuscisse ad infilarselo in bocca.
Arashi lo guardò con diffidenza, all'erta come sua madre. Poi afferrò la posata e se la spiaccicò sulla guancia, mancando la bocca.
Gajiru rise mentre Rebi era troppo perplessa per farlo. Sentendosi presa in giro, la bambina ricominciò a calciare il seggiolone, urlò e sbatté i pugnetti sul tavolo.
- I capricci no, marmocchia – le intimò Gajiru prendendole con delicatezza le manine paffute.
- Sì! Bruto!
- No...
- Sì!!
Il ragazzo grugnì. Non poteva dare la mela a quella statua di Inazuma?
- Pipì!
No... Tutto, ma quello no!
- Ashi pipì!
- Rebi, te la lascio.
- Non posso, ho Inazuma in braccio.
- Erza mi uccide se vedo sua figlia nuda!
Rebi ridacchiò. - È una bambina! Erza ti ucciderà se la lascerai andare in bagno da sola!
Sbuffando, il ragazzo fece scendere Arashi dal seggiolone e la mise per terra. Poi le porse la manona. - Pipì?
- No!
Gajiru strabuzzò gli occhi. - Ma non dovevi fare pipì?
La bimba corse ciondolando fino a Rebi e si attaccò alla sua gonna. Seduto sulle sue ginocchia, Inazuma fissava la sua amica con curiosità.
- Lei pipì!
- Arashi, vuoi che ti accompagni io?
- Sì!
- Ma io non posso. Vedi? Ho Inazuma in braccio.
- Tu pipì! - la supplicò la bambina con gli occhi marroni liquidi di lacrime.
A Gajiru si sciolse il cuore. Era così tenera... Non quanto Rebi, certo, ma era davvero cucciolosa.
Sospirando, le si avvicinò e lei si nascose dietro la gonna della donna, ferita nell’animo. Lui si inginocchiò per cercare di essere più alla sua altezza e si sforzò di far sparire il cipiglio che aveva in fronte. Rebi, intuendo cosa volesse fare suo marito, gli sorrise per incoraggiarlo. Ririi invece guardava tutto dall'alto, con interesse.
Gajiru si schiarì la gola. - Arashi... - mormorò con la voce più pacata che riuscì a tirare fuori. Il risultato non fu dei migliori, ma la bimba sembrò apprezzare il tentativo. Le porse la manona. - Posso accompagnarti in bagno?
La piccola ci rifletté sopra, per poi assumere la tipica espressione fiera della madre, con il mento alto. - Sì.
Rebi ridacchiò e abbracciò il piccolo Inazuma per quanto la panciona glielo consentisse. Gajiru si allontanò mano nella mano con Arashi, ma la piccola chiese di essere prese in braccio.
Dieci minuti dopo, quando Inazuma era stato pulito e ben imbottito di mela, Arashi fece il suo ingresso in cucina correndo sulle gambette malferme e urlando le sue risate.
- Motto!
- Motto? - chiese Rebi, confusa.
- Sì! Lui motto!
- Gajiru è morto?! - esclamò spaventata, alzandosi e portando con sé Inazuma.
- Jiu motto! - ripeté la bimba. Poi guardò nel corridoio e rise, scappando verso il gatto.
- Sì, morto di puzza! - commentò il morto-vivente entrando in cucina. - Ha fatto anche la cacca.
Ririi e Rebi risero, imitati da Arashi che corse ad abbracciare la gamba dell’uomo che aveva ucciso. - Motto!
- No, tu sei morta, piccola peste! - ruggì lui prendendola e lanciandola giocosamente in aria.
La bambina rise e cercò di abbracciargli il collo, con sgomento di tutti i presenti.
- Oh-oh, Rebi, mi sa che hai una rivale - disse Ririi ridendo sotto i baffi.
- Se qui ci fosse Juvia impazzirebbe. Rivale in amore – esclamò lei fissando Arashi con sguardo divertito.
Ririi si trasformò e prese in braccio Inazuma per non caricare troppo Rebi. Il bimbo era un po' stupefatto dalla trasformazione del micetto, ma non si oppose. Come aveva detto Mirajane, quel piccoletto era un soprammobile.
- Gajiru, l'hai lavata? - indagò Rebi.
- Sì ha la faccia priva di mela, ora - confermò portando Arashi da un braccio all'altro.
- No, dico, l'hai lavata dopo che ha fatto pipì?
- Ma per chi mi hai preso, per Salamander? Ovvio che l'ho pulita! Le ho messo anche la pasta Fissan sul sedere perché era scorticata.
Rebi lo guardò con stupore. Erza le aveva detto che togliere il pannolino le aveva causato anche delle infiammazioni, ma se ne era dimenticata. Che Gajiru addirittura gliele avesse lenite era stupefacente.
Lui, intuendo i pensieri di sua moglie, ghignò. - Sono bravo, eh?
- Mi tocca ammetterlo.
- Come ti tocca, Ebi?  - esclamò con tono fintamente arrabbiato.
- Ho un marito superdotato e me ne vanto - disse lei allora, avvicinandosi per baciarlo.
Gajiru ovviamente si chinò di malavoglia per lasciarsi baciare con disappunto. Sì sì. Non aveva proprio voglia di baciare quella minuscola meraviglia che aveva sposato.
- Piccola, quando partorisci? Ho voglia di fare le porcherie con te.
Rebi rise e lo trascinò in soggiorno mentre Ririi li seguiva. Purtroppo per lui, aveva un buon udito.
 
Avevano disegnato e giocato con le costruzioni che avevano comprato per Kin, e il soggiorno era invaso da torri pendenti e devastate e fogli multicolore dalle fantasie astratte, pennarelli e briciole di biscotto. Ririi aveva cucinato e Gajiru si era impegnato per riordinare il soggiorno con il bizzarro aiuto della piccola Arashi. Inazuma non lasciava mai il grembo di Rebi e osservava con occhio critico tutto quello che combinava la sua amichetta. Gajiru ghignava fissando la bimba che raccoglieva fogli sparsi e li posava in un unico punto davanti alla finestra aperta. Con la sua andatura dinoccolata sgambettava attorno al tavolo della sala da pranzo in mutande, dato che faceva caldo, cercando di fare un'unica montagnola di fogli da dare al suo nuovo amico gigante. Peccato che il vento, che entrava come un ladruncolo dispettoso dalla finestra, sparpagliasse ulteriormente i disegni in giro per la stanza. Dunque, se Gajiru avesse lasciato campo libero alla pulitrice in erba, dopo dieci minuti sarebbero stati ancora punto e a capo.
Il pranzo fu tranquillo e divertente con Arashi che si sporcava persino la punta dei capelli. Alla fine decise che il cibo era un ottimo accessorio e se lo spalmò sui ai vestiti, di fronte ad un Gajiru che aveva gettato la spugna e ad una Rebi che rideva tanto da avere le lacrime agli occhi. Ririi sogghignava e l'unico con lo sguardo pieno di disappunto era Inazuma, che mangiava più compostamente degli adulti. Be', di Natsu e Gajiru di sicuro!
Nel primo pomeriggio riempirono la vasca da bagno di bolle di sapone e acqua tiepida per lavare i marmocchi che si erano sporcati e avevano sudato. Arashi aveva un futuro da artista e la sua fantasia le suggerì che il pavimento del bagno assomigliava ad un bel prato. Dunque perché non mettere un bel laghetto nell'erba? In parole povere, Ririi dovette asciugare persino il vetro del bagno, tanto erano alti gli schizzi prodotti dagli sgambettamenti di Arashi. Rebi era troppo divertita da quei due. Erano uno l'antitesi dell’altra: Inazuma la ignorava e faceva i suoi interessi fissando le bolle con curiosità, mentre lei si muoveva come un serpente e infastidiva l’imperturbabile Inazuma che non la degnava di attenzione. Brutto colpo per la vanità di Arashi.
- Ti prego Ebi, fermala! - supplicò Gajiru quando furono seduti nuovamente sul divano. - È argento vivo, una maledizione in carne e ossa, una... un... - piagnucolò affondando il viso nella spalla della moglie.
Arashi gli si era  arrampicata sulle spalle del ragazzo e voleva a tutti i costi far muovere il suo "cavallino".
Rebi rise di fronte a quella scena. - Fai pratica ora, Kin potrebbe essere peggio.
- No. Lo inibisco e lo faccio diventare come Inazuma a furia di ninne nanne - brontolò quasi ringhiando.
Arashi intanto stava salendo sulla sua testa tirandogli i capelli.
Ora basta, ti calmi, piccola peste! - intimò alla bambina prendendola in braccio e fissandola negli occhi.
Cremisi contro nocciola.
- E se leggessi una favola?
- Favoa! - urlò subito la bimba allungando le braccia verso Rebi, che la prese in braccio.
Inazuma fece spazio all'amichetta e afferrò la maglia di Rebi, acconsentendo a quella proposta.
Ririi svolazzò fino alla biblioteca. - Quale vuoi? - urlò per farsi sentire.
- Una classica. Che li spaventi e insegni ad essere ubbidienti!
Poco dopo il gatto tornò con tre libri di favole in mano. Rebi mostrò le copertine ai bambini e aspettò che fossero loro a scegliere. Ma Arashi fu inamovibile e di fronte ai suoi capricci persino la decisione di Inazuma venne scartata: dovevano leggere la storia romantica. Tale e quale ad Erza, la piccoletta.
- Ora bambini ascoltate attentamente. Capito Arashi? Inazuma?
I due annuirono con aria solenne, emozionati.
- Anche tu Kin - disse parlando alla sua pancia. - Fai il bravo.
Arashi fissò il suo ventre tondo e lo toccò. - Kin? - chiese.
- Sì. Presto avrete un nuovo amichetto. O amichetta.
- 'Mico Kin - disse Inazuma.
- Esatto. Amico Kin. Iniziamo? Allora, c'era una volta...
- Ashi vedee.
- Ohu, stai zitta però, ora - la sgridò Gajiru.
La bimba si imbronciò. - Vedee!
- Vuoi vedere? - chiese dolcemente Rebi.
- Sì!
Fu deciso di far sedere i bambini sul divano, fra i due adulti, in modo che potessero vedere le figure, ma il marito Rebi-dipendente non voleva stare così lontano dalla moglie. Alla fine si sdraiò appoggiando la testa sulle sue gambe e Inazuma ed Arashi si sedettero sul suo ampio addome, con Ririi al loro fianco.
Ma la favola fu brevissima: nel giro di tre minuti tutti avevano preso sonno. Sorridendo, Rebi si accertò che i bambini fossero comodi e si mise a dormire accarezzando il viso del marito.

Il campanello suonò per la quarta volta.
- Ririi - bisbigliò tra i denti Gajiru.
Nessuna risposta.
- Ririi!
Quinta volta il campanello. Era l'odore di Erza. Avrebbe buttato giù la porta, ne era certo.
Non poteva alzarsi e aprire senza svegliare tutti. Alla fine tirò la coda del suo nakama soffocando un gemito quando i suoi artigli si ficcarono nella pelle sotto l'ombelico.
- Gatto, vai ad aprire - ringhiò senza mezzi termini.
Ririi soffiò come un vero felino, cosa che faceva solo quando era altamente irritato, e volò alla porta.
- Dove cavolo...!!
Gajiru udì forte e chiaro l'urlo di Erza nel momento in cui Ririi aprì la porta. Per fortuna la fece tacere prima di sentire tremare le fondamenta della casa. Purtroppo per lui, però, la casa tremò lo stesso quando Titania attraversò il corridoio della dimora Redfox a passo di marcia.
- Gajiru tu...!  - iniziò a sbraitare, fermandosi a metà frase. Era sbigottita. - Che stai facendo?
- Dormivo - borbottò lui.
Quattro paia di occhi, occhi di maghi di classe S, fissavano con sconcerto la  scena: due bambini appoggiati l'uno all'altra sopra ad un temibile Dragon Slayer in letargo che era a sua volta appoggiato a sua moglie.
- E la vera potenza di un mago si vede fra le mura domestiche - sghignazzò Laxus, deridendolo.
- Ora ti faccio vedere io razza di...
- Se svegli Rebi sei morto  - disse freddamente Mirajane, i capelli già mossi da un invisibile vento demoniaco.
La ragazza dormiva ancora della grossa, la testa sulla testiera del divano, e le mani sul ventre e sulla testa del compagno.
- Domani ti interrogo - minacciò Erza. il furore che si infrangeva a ondate sul padrone di casa. - Ora prendo Arashi e vado.
Gajiru ringraziò mentalmente i kami del cielo.
- Non ho ma visto Inazuma così addormentato. Gli hai dato un sonnifero? - chiese Laxus.
- No, si chiama "favola letta da mia moglie". Infallibile.
Gerard ridacchiò per prenderlo in giro, prima di essere trascinato fuori da Erza. - A domani!
- Grazie per averli tenuti - disse Mirajane sorridendo.
Laxus prese in braccio Inazuma e si diresse verso l'uscita.
- Un Dragon Slayer che si fa leggere le favolette - disse Gerard fuori di casa, facendo ridere gli altri.
Gajiru storse il naso: lo avrebbero preso in giro a vita.
Be’, almeno lui aveva le favole della sua Rebi.
 
Il giorno seguente la famiglia Redfox non fece in tempo ad entrare a Fairy tail che si ritrovò assediata da bambini. Arashi abbracciò il polpaccio di Gajiru e piagnucolò finché il ragazzo non la prese in braccio. La bimba rise, contenta, e seppellì il viso nel suo petto. Inazuma invece si fece mettere per terra da Laxus e corse verso Rebi con le braccia tese, facendo capire che anche lui voleva essere preso. Arashi lasciò un bacetto sugoso sulla guancia di Gajiru, che fece una smorfia di disgusto.
Ririi ridacchiò. - Sembra che i due bambini si siano presi la loro prima cotta!
Una strana sensazione di inquietudine attanagliò le viscere di Gajiru come delle pinze idrauliche. Alzando lo sguardo cremisi notò l'aura nera che muoveva i capelli di una donna. Capelli dello stesso colore dei suoi occhi.
- Gajiru - scandì Erza lentamente. - Che intenzioni ha con mia figlia?
Terrore. - Nessuna! Sono sposato! Parla con tua figlia piuttosto! Queste sono molestie.
- Giù. Le. Mani. Dalla. Mia. Fragolina!
- Se la lascio cade…
Con sue falcate Titania si portò a pochi centimetri dal ragazzo. Riprese la figlia senza tanti preamboli e si allontanò.
- Mi fai le corna, caro? - chiese Rebi ridendo, passandogli Inazuma che gli pesava sul pancione. - Cos'ha lei che io non ho?
Gajiru grugnì mentre Inazuma lo studiava da vicino. Gli piacevano i suoi piercing luccicanti.
- Una madre spaventosa - rispose a sua moglie.
- Dai, non è il tuo sogno avere Erza come suocera?
- Meglio che averla come consorte.
Una spada si ficcò sul muro alle spalle di Gajiru.
- Ti ho sentito! - sbraitò la furia dai capelli rossi.
 
 
MaxBarbie’s
Capitolo sottotono? Devo ancora finire di scrivere quello su cui sto lavorando da due settimane ahahahah. No, è tragico, non divertente. Non ho il tempo di fare un cavolo emerito e glassato.
Spero che il capitolo comunque vi piaccia, vi ho fatto conoscere meglio due dei finora quattro bimbi nuovi di Fairy Tail: Arashi e Inazuma! Presentandoli così, lentamente, spero che vi ricordiate chi sono e che diventino per voi più reali. Io faccio fatica nelle fic con tanti nomi, in cui ti presentano in un solo capitolo due bambini per coppia. Vado in crisi ahahah.
Per ora ci sono
Inazuma
Arashi
Yoshirou
Daiki.
E nel prossimo capitolo… eheheh… ci sarà KIN.
Siiiiiiiiiii.
Ora mi dileguo, grazie mille per i commenti che lasciate, mi scaldano il cuore. Mi scuso per il ritardo cronico, ma vi ricordo che sono qui, che ci sono, e che mi sto comunque impegnando. Metterò la spunta Storia completa, costi quel che costi.
A presto, scusate gli errori,
MaxBarbie

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Capitolo 38
*** Nascita ***


Nascita

Settembre fece la sua timida comparsa portando via il caldo afoso e umido dell’estate, promettendo un inverno freddo il cui unico obbligo era quello di imbiancare tutta Magnolia. Oh, sì, Gajiru e Rebi sognavano una stagione di neve come quella che avevano passato quasi sei anni prima, quando era iniziata la loro storia d’amore. Già quasi sei anni… ancora non ci credevano.
Ma il nuovo mese che segnava il confine tra l’estate e l’autunno non fu l’unico a dare il suo buongiorno al mondo. Qualcun altro decise di farsi sentire, di urlare: “Ehi, ci sono anche io! Guardatemi”. Precisamente, una nuova nascita.
Ora, dato che questa è la storia di Rebi e Gajiru, starete pensando: “Sì, il parto! La nascita! Oddio non ci credo è nato Kin!”. E magari, per le fangirl e i fanboy più scatenati che hanno sviluppato una specie di affezione incondizionata per questa fanfiction, uno sclero da shipper ci sta. Ma se vi dicessi che questa è la storia della nascita del secondo figlio di Alzak e Biska? O dei cuccioli di Carla e Happy? O del figlio di due qualsiasi cittadini magnoliesi?
Mi credereste?
Be’, se mi credete sono felice della vostra fiducia, ma spesso non bisogna fidarsi delle persone. Come dice Kirito-kun, “preferisco pentirmi di essermi fidato di qualcuno che di averne dubitato”. Per cui ottimo se vi siete fidati, ma questa, carissime persone che state leggendo queste parole sullo schermo di un qualsiasi smartphone o tablet o computer, È la storia di amore di un Dragon Slayer del Ferro e di una maga del Solid Script che appartengono a Fairy Tail e che, guarda caso, aspettano un bambino. Per cui… che ne dite, narro la storia della loro famiglia da quattro componenti?
E sia!
Tutto cominciò una mattina come le altre, quando…
 
- Stai bene? Male? Sei bagnata?
Rebi strabuzzò gli occhi mentre gli occhi dei passanti scattavano verso la sua piccola figura, incuriositi e scandalizzati.
- Ma sei scemo?! -  sibilò al marito. – Cosa urli queste cose in strada?! La gente fraintende.
Ririi ormai era partito per la tangente e stava ridendo in maniera non esattamente poco visibile, per cui si attirò un’occhiataccia dalla sua nakama.
- Ma se ti si sono rotte le acque dobbiamo andare all’ospedale!
- Lo saprò io se mi si sono rotte le acque, Gajiru! Non serve che tu urli cose imbarazzanti in mezzo alla piazza! – sbraitò, resa isterica dal caldo, dal dolore alle caviglie, dal mal di schiena, dall’incontinenza data dai continui movimenti di Kin, che sembrava aver assunto la posa corretta per il parto, e dalla soffocante premura del coniuge. Sì, soffocante. Talmente tanto soffocante che si sentiva trecento occhi addosso nonostante lui ne avesse solo due.
- Mi preoccupo per te.
- Puoi preoccuparti meno, per piacere? Non riesco a respirare.
- Non riesci a respirare?! – esclamò, entrando dentro Fairy Tail. – Vuoi che andiamo all’ospedale? Ti faccio sdraiare? Devo…?
- Devi. Stare. Zitto! Vai a picchiare Natsu o Gray e, ti prego, lasciami vivere due minuti senza essere costretta ad inalare il tuo stesso respiro da quanto mi stai appiccicato!
Inutile dire che tutta la gilda stava assistendo al piccolo teatrino dei Redfox, e la componente maschile del gruppo non perse l’occasione di prendere in giro il “marito isterico quanto una donna partoriente”. Le rispettive mogli non ci misero molto a zittirli rammentando loro che si erano comportati allo stesso modo quando era toccato a loro vedere la nascita dei propri figli. Solo Elfman incoraggiava Gajiru urlando che è una cosa da veri uomini essere sensibili.
Rebi si allontanò borbottando e si diresse al tavolo dove Lisanna teneva suo nipote insieme ad Erza con Arashi e Lucy con Daiki. Gajiru rimase fermo al suo posto, a chiedersi cosa avesse fatto di male. Insomma, sua moglie si lamentava se lui la considerava poco e poi non era nemmeno contenta se gliene dava… in quantità giuste. Brontolando andò al bancone dove Mirajane lo attendeva sorridendo con aria di comprensione, seguito a ruota da Ririi che sghignazzava di sottecchi.
- Ciao Rebi-chan! Nono mese, eh? – la salutò Lucy mentre il suo piccolo pargolo biondino ciucciava quello che doveva essere uno specchietto portatile. Daiki era scalzo, ma portava una maglietta sgargiante e un pannolone che lasciava intravedere le gambe cicciottone. I capelli biondi sparati proprio come quelli di Natsu gli erano cresciuti al punto a lasciare cadere alcune ciocche sulla sua fronte. Del resto aveva già cinque mesi!
Quando Rebi si sedette sbuffando, Daiki si aprì in un sorrisone a due dentini e mezzo. Conosceva bene la donna che si era seduta, riusciva a riconoscerla e apprezzava le favolette che gli leggeva ogni volta. Fece per abbandonare il gioco della mamma e andare da lei gattonando, ma lo specchio catturò la luce in una maniera speciale per il bimbo, e Daiki si rimise a giocare fissando la sua immagine nello specchio.
Rebi ridacchiò. – È adorabile, Lucy.
- È un monello! Lui tenderebbe anche ad essere bravo e tranquillo, ma Natsu è scemo e lo istiga. Ti rendi conto?
Le ragazze risero. – Almeno ha preso la tua intelligenza, Lucy – fece notare Erza.
- Dici?
- Certo! – intervenne Rebi. – È molto sveglio.
- Grazie.
- Chissà, visto che Arashi ha preso da te, Erza, magari il bimbo che porti in pancia assomiglierà al suo papà – rifletté Lisanna ad alta voce.
Erza era incinta di due mesi, di nuovo. Arashi aveva solo due anni, ma lei era stata inamovibile e aveva costretto Gerard e darle il secondo. Certo, non poteva assolutamente battere Juvia che era rimasta incinta lo stesso mese di Erza, cioè luglio, per la seconda volta. Lo aveva concepito nel mese di nascita di Yoshirou. Insomma, lei e Gray avevano deciso di festeggiare il primo anno di vita del figlio avendone un altro…
- Cosa ti fa pensare che la mia fragolina abbia preso da me? – domandò Erza, che si arruffava le penne come una chioccia orgogliosa.
Rebi sorrise pensando ai capelli rossi e agli occhi di un caldo color cioccolato della bimba, della sua predilezione ossessiva per le fragole e del suo pericoloso interesse per tutto quello che luccicava. Come le spade.
- Mah, è una sensazione…
- Juvia è felice che Yoshirou-chan sia bello come il suo papà. Gray-sama è così bello, e Yoshirou-chan è simile a Gray-sama quindi è bello anche lui. E anche il nuovo bimbo sarò bello come Gray-sama, un altro piccolo Gray-sama…
Juvia era convinta che il feto fosse maschio, come Yoshirou. Quest’ultimo dal padre aveva eredito la sopportazione del freddo, visto che il piccolo era sempre nudo nonostante avesse poco più di un anno. Gli occhi color del ghiaccio davano ancora più espressività e impassibilità al suo essere serioso, quasi menefreghista. Osservava tutto e non faceva nulla, troppo al di sopra degli altri. In confronto a lui il pacifico Inazuma era una specie di terremoto, il che era tutto dire.
- Hai un figlio bellissimo, Juvia – confermò Lisanna.
- Vi immaginate quando saranno grandi e si sposeranno? Chissà che coppie verranno fuori! – disse Lucy, entusiasta.
Al sentire parlare d’amore, Kana corse al tavolo con due bottiglie di sake, ed esclamò: - Organizzo io i matrimoni! Direi Inazuma con Arashi e poi… Daiki e Yoshirou sono due maschi quindi o diventano gay oppure si sposano con la figlia di Rebi se è una femmina. E se è maschio anche Kin allora… triangolo amoroso gay. E poi chissà cosa partoriranno Erza e Juvia! Vi faccio un giro di carte?
Rebi, Lucy e Juvia fissarono la nakama con sguardo leggermente disgustato. Addirittura una lotta?
- Ehm… Juvia starà sempre con il suo Yoshirou-chan. Yoshirou-chan non si sposerà! E nemmeno il suo fratellino!
- Io credo che prima o poi partoriranno anche le altre, Kana, quindi una ragazza se la troveranno. Non è detto che siano gay.
- Juvia, prima o poi anche Yoshi e il fratellino si sposeranno! – intervenne Lisanna. Poveri bambini, la suocera delle loro mogli sarebbe stata una vera… suocera!
Rebi si mise una mano sul pancione e fece una smorfia.
- Tutto bene Rebi? – le chiese Erza dolcemente, cercando di fermare sua figlia che stava per dare un pugno ad Inazuma.
- Sì, solo un crampo. Kin non sta mai fermo.
Ovviamente quei sussurri non sfuggirono alle potenti orecchie da drago di Gajiru. Sentiva attraverso la terra, figuriamoci se non poteva sentire la voce di sua moglie in mezzo al baccano della gilda. Scattando in piedi con una foga tale da rovesciare il tavolo su cui Ririi stava comodamente gustandosi il suo succo di kiwi, il ragazzo raggiunse il fianco della moglie e le mise le grandi mani sulle spalle.
- Tutto bene? Stai male?
Rebi sobbalzò per lo spavento, dato che lei non aveva il super-udito del marito, e rimase immobile sul posto. Aveva diverse possibilità di scelta: poteva urlare e fare una scenata, poteva picchiarlo e stenderlo con la sua magia, oppure alzarsi e andarsene, piantandolo in asso e ancora, poteva ignorarlo e continuare a chiacchierare. Ma lei, troppo buona, sapeva che alla fine era solo preoccupato per lei, e che l’amava, per questo reagiva così. E lo stress e il nervoso non facevano bene a Kin.
Sospirando, Rebi mise una mano sulla sua spalla, accarezzando le dita del marito. – Nulla, tranquillo, va tutto bene. Vado a casa di Lucy, così mi rilasso un po’ e mi distraggo. Ci vediamo pomeriggio, va bene?
- Ma… - protestò lui, colto alla sprovvista. – E se dovessi partorire?
- So raggiungere l’ospedale anche da sola. E poi non devo partorire proprio oggi!
- E se ti ferisci o capita qualcosa a…?
- Gajiru, guardami. Calmati. Starò bene. Sto con Lucy e Daiki e mi faccio un po’ di cultura sui bebè di cinque mesi, va bene?
Avrebbe voluto protestare ancora, glielo leggeva negli occhi cremisi che tanto amava, ma Rebi fu capace di zittirlo con un leggero bacio sulle labbra. – A dopo, prenditi una pausa – gli sussurrò stringendogli la mano. – Andiamo, Lu-chan?
- Ehm… sì – rispose l’amica, un po’ colta alla sprovvista. Prese Daiki in braccio e avvisò Natsu del suo ritorno a casa, informazione alla quale il ragazzo non diede nemmeno ascolto.
Le due giovani uscirono dalla gilda sorridendo e Rebi tirò finalmente il fiato: un po’ di libertà!
 
- Allora cosa c’è che non va con Gajiru? – chiese Lucy dopo aver messo a letto Daiki, stufo in seguito alle avventure alla gilda.
Rebi non rispose. Non sollevò nemmeno lo sguardo, fisso sulla tazza di tè che Lucy le aveva gentilmente porto. L’aroma fruttato riscaldava l’ambiente e sembrava prendere forma nel vapore che prendeva il volo dalla tazza e si infrangeva dolcemente sul viso della ragazza.
- Rebi-chan? – la chiamò ancora Lucy, cambiando posto e sedendosi sul divano con lei.
- Dimmi – rispose finalmente lei, alzando gli occhi e puntandoli in quelli castani dell’amica. Ogni tanto, guardandosi, le due avevano l’impressione di vedere attraverso uno specchio. Anche se Rebi aveva gli occhi più ambrati, le emozioni trasmesse dal colore castano dei loro occhi erano le stesse, intense e gentili.
- Ci sei?
- Sì. No? Forse… - sospirò.
- Cosa succede tra te e Gajiru? Un po’ di crisi?
Rebi la guardò, inorridita. – Assolutamente no! – esclamò. – Non siamo in crisi! Lui è solamente un pochino… ehm… tanto iperprotettivo. La cosa mi faceva piacere all’inizio, ma più si riducono i giorni di attesa per il parto, più lui diventa paranoico e comincio a sentirmi soffocare. Non voleva nemmeno farmi mettere piede nella biblioteca perché diceva che mi sarei potuta far male in caso di terremoto.
Lucy si mise a ridere.
- Di notte non voleva più abbracciarmi, cosa che fa star male entrambi, perché era convinto che avrebbe potuto schiacciarmi e fare male a Kin o a me! E poi con la storia dei terremoti era davvero fissato!
- E come hai risolto?
- Gli ho detto che se mi avesse impedito di andare in biblioteca io avrei dormito fuori, anche in caso di tempeste. Così in caso di terremoto non mi sarebbe crollato il tetto in testa o chissà che altre assurde fantasie aveva lui.
Lucy rise ancora più forte, immaginandosi la sua tenerissima e minuscola amica che si trascinava dietro il peso del pancione e litigava furiosamente con un Gajiru insolitamente disposto a fare pace pur di non farla arrabbiare e stressare.
- E ti ha lasciato dormire fuori?
- No no. Ha chiuso la questione. E di notte gli sono salita in braccio per cui abbiamo anche dormito attaccati.
- Che teneri che siete! Ma scusa, se va tutto bene, perché sei così amareggiata? Solo per il suo nuovo lavoro di controllore non-stop?
- No. Un po’ sì. Avevo bisogno di staccare. Ma più che altro mi preoccupa Kin.
L’amica si fece subito seria. – Cos’ha Kin?
- Penso che abbia assunto la posizione corretta per il parto, ma è irrequieto. Ogni tanto si muove tantissimo e ogni tanto rimane fermo immobile per un sacco di tempo, tanto da farmi preoccupare. Ma queste cose non le posso dire a Gajiru.
- Capisco. Per caso hai anche… dolori?
- Al basso ventre ogni tanto. Ma oggi mi sento particolarmente strana.
- Senti Rebi, per me non manca molto al parto. Che ne dici di andare da Polyushika ora? Gajiru è convinto che starai da me, ti farai visitare velocemente e poi torniamo qui. Non lo saprà nessuno.
Rebi soppesò la proposta e poi, lentamente, annuì. - Va bene. Non è una cattiva idea.
- Perfetto allora. Andiamo! – esclamò Lucy alzandosi in piedi e correndo alla porta.
- Aspetta! E Daiki?
La neo-mamma sorrise con una luce inquietante negli occhi: - Ci sono Aries e Loki a badare a lui.
Poi prese per mano l’amica e la trascinò fuori quasi di corsa.
 
- Vado da Rebi – annunciò Gajiru per la ventunesima volta.
- No! Lasciala stare – lo bloccò Ririi per la ventunesima volta.
- Ma…
- Niente ma! È stressata e ha bisogno di un pomeriggio con le amiche.
Sbuffando, il ragazzo si mise a sgranocchiare distrattamente del ferro che Mirajane gli aveva portato per calmarlo.
- Ehi Testa di…
- SALAMANDER! – gridò Gajiru interrompendo Natsu a metà insulto. – Smettila di importunarmi.
- Smettila tu di importunarmi! – ribatté il nakama afferrando Gajiru per il bavero della giacca borchiata. – E poi cosa significa ‘improtunare’?! – gridò, per dare un tono a quella domanda ignorante.
- Ti faccio vedere io, cervello bruciato!
Veloce come le azioni impulsive di Natsu, la rissa iniziò e le ragazze come Wendy e Lisanna si affrettarono a nascondersi sotto o dietro ai tavoli mentre Erza mangiava tranquillamente una nuova torta di Mirajane e la faceva assaggiare anche ad Arashi; in quanto a golosità era inferiore solo alla mamma. Inazuma seguiva il combattimento muovendo gli occhietti chiari per osservare come la rissa coinvolgeva sempre più ignari membri della gilda. Yoshirou si avvicinò a quello che probabilmente era diventato il suo nuovo amico in quel momento e si mise ad osservare in silenzio insieme a lui, controllato a vista da Juvia. Aveva solo un anno, del resto.
Arashi batteva le mani e lanciava acuti gridolini di gioia esprimendo la sua volontà di unirsi al gioco.
- Io gioco! – urlava alla mamma.
- No Arashi.
- Io gioco!
- Sei troppo piccola.
- Io gatto!
- Ho detto che… aspetta, gatto? – chiese una basita Erza.
- No! Gatto! – rispose la bambina fissando la mamma come se fosse un’aliena che parlava un’altra lingua.
Alla fine allungò la manina paffuta e indicò con l’anulare, dato che ancora non capiva qual era il dito giusto per indicare, il gatto blu che era entrato volando nella gilda.
Ansimando, Happy si diresse al tavolo delle ragazze e si sdraiò, cercando di recuperare il fiato. Era andato a casa sua da poco, per vedere se Lucy aveva bisogno di aiuto con Daiki.
- Che succede Happy? – chiese Erza, apprensiva.
- Re… Re… - ansimò. – Rebi! Bosco. Polyushika. Sta partorendo.
- Polyushika sta partorendo?! – scattò Titania. – Vedi te che quella misantropa fa la sporcacciona e si fa anche mettere incinta?!
- No, Erza-san! – intervenne Juvia alzandosi a sua volta. – Rebi-san sta partorendo! – urlò con gioia.
La rissa si bloccò immediatamente.
- Rebi cosa?! – sbraitò Gajiru, una mano stretta a pugno ad un soffio dallo stomaco di Gray e l’altra che afferrava saldamente la sciarpa di Natsu.
- Rebi è da Polyushika. Sta partorendo – intervenne Mirajane, estatica.
Nel giro di un attimo la gilda fu vuota mentre tutti i suoi membri, grandi e piccoli, vecchi e giovani, maschi e femmine, nudi e vestiti, con scope infilate dove non batte il sole e torte spiaccicate sull’armatura correvano nel bosco urlando come se Acnologia stesso fosse alle loro calcagna. O meglio, quasi vuota.
Gajiru era rimasto bloccato nella sua posizione nonostante non ci fosse più nessuna sciarpa da afferrare e nessuno stomaco da colpire. – Re-Re-Re-Rebi… - mormorava, come in trance.
Ririi sospirò e, trasformatosi, si caricò in spalla il compagno, prima di prendere il volo.
Avrebbe sicuramente dovuto badare a lui invece che alla povera Rebi.
 
Il bosco di fronte a casa di Polyushika era pieno come ogni volta che c’era un parto. Era già successo con Mirajane, con Erza, Juvia e Lucy, e sarebbe successo anche con Bysca probabilmente, se quasi tutti i membri della gilda non fossero rimasti bloccati a Tenrou. Makarov se ne stava a gambe incrociate su un tronco secco di un albero caduto, gli occhi chiusi e le cespugliose sopracciglia aggrottate.
- Questa è la volta buona: nascerà Makarova o Makarov il Meno Bello – mormorava come un mantra.
Da dentro la casetta si sentivano forti e chiari gli improperi della levatrice, stufa di sopportare quelle “prolifiche bambine che mettevano al mondo mostriciattoli bavosi e casinisti” e i loro “compagni di casini che assediavano la sua dimora con la loro presenza non gradita e tantomeno necessaria”. Urli da parte di Rebi, ancora nessuno. All’interno c’erano Mirajane e ovviamente Wendy, l’unica presenza che Polyushika più o meno tollerava vicino al letto delle partorienti. Erza presidiava l’entrata con occhi di fuoco, sua figlia in braccio che si dimenava e ogni tanto imitava la mamma corrucciando il visino tondo e buttando in fuori le labbra, cercando di fare un intimidatorio broncio da arrabbiata. Con risultati unicamente teneri e coccolosi.
Natsu se ne stava insolitamente tranquillo a sonnecchiare, mentre Gray si tratteneva dal fargli qualche dispetto solo per amore della ragazza che stava partorendo.
Lucy era quella che se la passava peggio. Ferma al centro dello spiazzo di fronte alla casa della vecchia, stava rispondendo da mezz’ora alle domande sempre uguali e monotone di Gajiru, che passeggiava senza sosta avanti e indietro. Aveva quasi scavato un solco per terra.
- Ripetimi cosa è successo.
- Basta, Gajiru! – sbottò qualcuno. – Lo sai a memoria.
Gajiru ringhiò, non si sa a chi di preciso, e fissò Lucy con aria minacciosa. La ragazza sospirò.
- Rebi mi ha detto che si sentiva strana. Era seduta sul mio divano. Le ho proposto di fare una visita pre-parto, per ogni evenienza, e siamo venute qui. Polyushika ha accettato di visitarla solo perché Rebi non disturba mai e abbiamo scoperto che era già dilatata di tre centimetri.
Gli uomini spalancarono gli occhi di fronte a quella informazione quasi perversa, mentre le ragazze rabbrividirono.
- Non le si sono rotte le acque? – indagò Gray.
- Di solito succede, ma in alcuni casi no. Significa che Kin doveva semplicemente nascere – spiegò Bysca.
- È un male? – chiese Gajiru, preoccupato.
- No, no. Tranquillo.
- Tra poco vedrai che potrai entrare – lo informò Erza dando una sbirciatina all’interno, mettendo la mano sul ventre ancora poco rigonfio in un gesto automatico.
Il ragazzo annuì solennemente e ricominciò a camminare.
Pochi istanti dopo Gajiru udì un gemito. Di sua moglie. Lo sapeva bene lui che li udiva sempre, ma in contesti decisamente diversi. Quello che sentiva dall’interno della casa era un suono di dolore, non di piacere. Guardandosi attorno notò che anche Natsu aveva drizzato le orecchie e lo stava fissando eloquentemente.
Rebi aveva iniziato.
Wendy corse fuori spintonando Erza. – Gajiru, devi venire. Cioè, se vuoi. Rebi ha detto che ci tieni.
Prima ancora che la ragazzina finisse la frase, Gajiru era scattato in direzione della porta, e fu la volta di Ririi di prendere il suo posto al centro della radura, a passeggiare pazientemente. Happy gli offrì un pesce.
- Piccola, sono qua! – gridò Gajiru mettendosi ai piedi del lettino della moglie, spintonando via Polyushika che non lo picchiò solo per gentilezza verso la partoriente. E non perché, in un accesso di bontà, non voleva picchiare suo marito, ma perché nel pieno della sua furia omicida avrebbe potuto colpirla.
La vecchia donna stava per cominciare a sbraitare, ma Wendy la precedette: - Gajiru, mettiti alle spalle di Rebi. Abbiamo bisogno di spazio.
- Ma io…
- Senti, vuoi vederla mentre si apre come un sanguinante e sporco fiore appena sorge il sole?! – urlò la donna, incapace di trattenersi. – Dovremo anche tagliarla!
Gajiru sbiancò e inorridì. – Lì? – sussurrò.
- Sì, lì! – lo informò Wendy spingendolo dietro a Rebi, che avrebbe riso se non fosse stato per il dolore causato dalle contrazioni. Erano solo le prime.
- Ma, ma… ma… - balbettò lui.
- Tranquillo – ansimò sua moglie, afferrandogli la mano. – Non sentirò male. Sarà come una puntura di un ago che ti procuri mentre ti arriva un pugno nello stomaco o una botta in testa: si perde e nemmeno te ne accorgi.
- Dovete per forza…?
- Se non lo facciamo noi, un taglietto lineare e facile da ricucire, il bambino uscendo ne creerà uno frastagliato e decisamente più doloroso, perché lacererà la pelle e…
- Okay, okay, ho capito! Fate il vostro lavoro e risparmiatemi i dettagli – la interruppe il ragazzo sollevando le mani in segno di resa.
- Resterai con me? Potrebbe volerci un po’ – lo informò Rebi, calma nonostante tutto. Al suo posto, due anni prima, Erza aveva già cominciato a tirare insulti a Gerard, agli spermatozoi e al sesso.
- Fino alla fine – rispose lui, dolcemente, baciandole la fronte.
 
Era ormai passata la mezzanotte e i membri di Fairy Tail se ne stavano in religioso silenzio fuori dalla casa di Polyushika. I più agitati erano, oltre alle amiche di Rebi, tra cui Mira, Erza, Lucy e Juvia che avevano già passato quel momento, Ririi, Jet e Droy. Gli ultimi due erano tornati in fretta e furia da una missione appena avevano saputo della loro amata nakama e leader del gruppo. Mai e poi mai si sarebbero persi la nascita del loro adorato Kin, di cui si sentivano zii. Non facevano altro che passeggiare al centro del prato seguendo invisibili linee dritte tracciate solo e unicamente dal loro nervosismo, e loro e Ririi non si scontravano mai, sebbene non prestassero attenzione a dove mettevano i piedi. Erano buffissimi da vedere e lo spettacolo incantava Natsu, che cercava di soffocare la voglia di agire e fare qualsiasi altra cosa comportasse azione. Daiki gli dormiva in braccio e Lucy, al suo fianco, sonnecchiava con la testa sulla sua spalla. La stessa scena si presentava per la famiglia Fullbuster, anche se in quel caso era Gray a dormire sdraiato sulle gambe della moglie, mentre Yoshirou se ne stava sua volta sdraiato sul papà e Juvia parlava con il proprio ventre, più gonfio di quello di Erza nonostante il concepimento di entrambe fosse avvenuto a metà luglio, contemporaneamente. Inazuma e Arashi avevano perso il giro del sonno per cui se ne stavano a giocare tranquillamente insieme ad Elfman, zio di Inazuma. Sembravano aver colto anche loro l’importanza del silenzio in quel momento delicato. Mirajane aveva dato il cambio a Lucy dentro la casa, che poi lo aveva dato ad Erza, e a presidiare la porta d’entrata in quel momento c’era Lisanna. Sembrava che in quella fresca notte di fine estate addirittura il vento avesse deciso di non far danzare le foglie, quietando tutto per rispetto dell’ancestrale momento che veniva ripetuto da secoli da tutte coloro che mettevano al mondo una nuova vita.
Solo due ore dopo, però, il miracolo della nascita si compì.
- Forza Rebi, ci sei quasi – la incitò Wendy. – La testina è carinissima ed è già fuori. Un ultimo sforzo, anche le spalle sono uscite. Spingi ancora, hai quasi fatto!
Polyushika stava attendendo con un asciugamano pulito che Kin uscisse del tutto per avvolgerlo e mostrarlo alla mamma. Non mancava molto.
Gajiru ansimava, il respiro pesante sincronizzato con quello della moglie, accaldata e sudata. Ora capiva perché, metaforicamente parlando, la gente diceva che le situazioni difficili erano “un parto”: lunghe, dolorose, talmente disperate da occultare possibili vie d’uscita. La mano del ragazzo era così bianca da rischiare la cancrena, tanto era forte la stretta della moglie, che si dava forza grazie a quel contatto. Era come se lo stessero partorendo in due, condividendo ansia, paura, sforzo e spinte.
- Coraggio piccola, coraggio. Ci sei, potrai vedere Kin – le bisbigliava quando la presa sulla sua mano si stringeva, così come le contrazioni nel ventre di Rebi.
Nemmeno un urlo, nemmeno una parolaccia da parte di quel piccolo corpo con la potenza di uno tsunami. Gajiru sapeva di avere una moglie speciale, ma mai avrebbe immaginato che lo fosse così tanto. Quella forza della natura era sua, sua e di nessun altro, e stava mettendo al mondo il loro Kin. Nel profondo, sperava che fosse una femminuccia in tutto e per tutto uguale alla mamma. Non avrebbe avuto nulla da guadagnare da uno come lui, il loro bimbo.
- Quasi fatta, è quasi fatta Rebi – la informò Polyushika.
Rebi strinse i denti e spinse, mentre Gajiru usava la sua magia per rinforzarsi le dita e tramutarle in ferro: era sicuro che altrimenti la forza della ragazza gliele avrebbe rotte.
- Bravissima! – esultò Wendy, gli occhi che le luccicavano di emozione.
Gajiru guardò la vecchia donna che prendeva in braccio un fagottino e lo osservava, ma gli sembrava di osservare una scena che aveva i colori surreali dei sogni. Erano occhi di qualcun altro quelli con cui stava guardando, occhi acquosi. Era forse in acqua? Perché tutto baluginava come quando si è immersi in mare?
E poi capì. Delle silenziose lacrime iniziarono a scendere sul suo volto. Era commosso, aveva il cuore che gli scoppiava d’amore, era riuscito nella sua opere più grande, la più positiva: generare una vita. Perché, nonostante avesse fatto tutto Rebi, un minimo di contributo lo aveva dato anche lui. Aveva permesso a quello scricciolo che si dimenava lentamente in braccio a Polyushika di nascere. Gli aveva dato un futuro, gioie ed emozioni, forse dolore e pianti, ma ogni vita è degna di essere vissuta. Quell’involtino di morbida pelle e asciugamani aveva sulle sue spalle già tante responsabilità: il dono della vita è uno dei più belli e terribili insieme, perché è un onore e un onere allo stesso tempo.*
- Non piange – fece notare Rebi con una voce flebile e sottile, da bambina.
- No, è una bimba forte probabilmente – disse Wendy sorridendo.
- Una bimba?! – ripeté Gajiru, sconvolto.
- Sì – sorrise la piccola infermiera. – Una bimba. Ora Rebi ti curo il taglio e poi…
Il resto della frase divenne solo un sottofondo insignificante nella mente di Gajiru, distante miglia da lì. Una bambina. Una femminuccia identica alla madre. La sua piccola bambina, il suo scricciolo, la sua Kin, il suo metallo più prezioso.
Il ragazzo si riscosse solo quando Rebi gli lasciò la mano e lo tirò leggermente per catturare la sua attenzione: Polyushika stava per posarle in grembo Kin.
I due genitori trattennero entrambi il fiato di fronte alla nuova arrivata. Sembravano aver perso l’uso della parola mentre guardavano con infinito stupore e amore quel fagotto che aveva giocato a calcio nella sua piscina personale per ben nove mesi, e che si era fatta atrocemente aspettare quando Gajiru e Rebi avevano provato in tutti i modi a concepirla.
Gajiru fu il primo a riscuotersi dal torpore, ma non osò parlare a voce alta: le lacrime che scorrevano imperterrite sul suo viso erano la prova che la voce lo avrebbe tradito se avesse provato a dire qualcosa.
- Benvenuta, Kin. Ti sei fatta aspettare… troppo.
La piccolina spalancò i grandi occhioni color cioccolato, come quelli caldi e meravigliosamente dolci di Rebi. Ma erano di una tonalità quasi più intensa. Era un marrone-rossiccio che fondeva insieme il fuoco degli occhi cremisi del padre e l’innocenza di quelli della madre. Era così belli, limpidi, puri, sinceri… a Gajiru parve di essersi innamorato una seconda volta, di un tipo d’amore diverso da quello che provava per sua moglie, che era romantico e passionale, geloso e possessivo, estremo e incondizionato, ma ne conservava tutte le caratteristiche in toni più tenui e affettivi. Era viscerale allo stesso modo, naturale e brillante come la luce di una stella nella notte. Giusto.
Una leggera peluria nerastra ricopriva il cranio della bimba, che aveva i capelli del padre con qualche sfumatura violacea. Ma i due genitori sapeva che era presto per affermare con certezza il colore dei capelli della piccolina.
- Ha i tuoi capelli – disse Rebi ridacchiando, allungando un dito che Kin intercettò e strinse con inaudita forza. Sembrava quasi che la madre le avesse trasmesso la forza di quella stretta durante il parto.
- Ma ha i tuoi occhi – bisbigliò Gajiru asciugandosi le lacrime. Al suono della sua voce, la neonata cercò di girare la testa in direzione del suono, e fissò gli occhi annacquati del suo papà con sguardo vispo e intelligente. Le lacrime non potevano spegnere il fuoco rosso acceso degli occhi di Gajiru, perché le lacrime non sono acqua. Sono emozioni pure, che non fanno altro che traboccare una volta che sono divenute così tante da non poter essere contenute. E le emozioni semplicemente fanno divampare un fuoco, trasformandolo in un incendio.
- È bellissima – aggiunse, prendendo un profondo respiro. Solo al matrimonio era stato così agitato.
In risposta alle sue parole, la piccola sorrise, un sorriso sdentato e consapevole, e allungò la manina richiedendo il dito del padre. Gajiru lo allungò e Rebi si commosse nel vedere quanto minuscole fossero quelle ditina cicciottine che cercavano di afferrare il ditone di suo marito con scarsi successi. Stavano sorridendo come ebeti tutti e due.
Wendy si schiarì la voce. – Allora… come la chiamate?
- Ana – rispose Rebi, fissando suo marito.
Gajiru le restituì lo sguardo e vide accendersi la scintilla d’amore nei suoi occhi. Ad entrambi mancava il contatto fisico tra loro, ma quel momento era così speciale che l’idea di dover aspettare ancora non li disturbava minimamente. Erano uniti mentalmente, intimamente e fisicamente, dato che Ana stava trattenendo le loro mani come un filo conduttore del destino.
Grazie alla loro muta conversazione oculare, Rebi sorrise, cosciente di ciò che Gajiru stava per dire ancora prima che lui aprisse la bocca.
- Ma… io mi sono affezionato a Kin.
- Anche io – rispose lei.
- E lo abbiamo scelto perché è unisex. Quindi…
- Quindi? – chiese Wendy.
- Argh! – sbuffò Polyushika, che aspettava di riprendere la neonata per dei controlli e per lavarla. – Sono stufa dei genitori irresponsabili che non sanno nemmeno che nome dare ai propri figli! Avete avuto nove mesi di tempo per pensarci! Stupidi umani!
Rebi rise. – Ma noi sappiamo che nome darle. Vero Gajiru?
- Certo. E tu, Kin… -, chiamò, osservando compiaciuto il battito di ciglia della piccola, unica conferma di cui aveva bisogno, - …ana?
- Kin o Ana? – sbraitò Polyushika.
- Kinana – risposero i due genitori contemporaneamente.
- Ana come abbreviazione. Oppure Kin. Penso che ormai sia Kin. Ma Ana deve esserci – spiegò Rebi.
Ana, come le tre lettere finali del nome del padre di Gajiru, Metarikana.
- Kinana – mormorò Wendy. – Mi piace.
- Non è un nome che apprezzo particolarmente, anche perché così avremo due Kinana in gilda, ma se avete deciso così… - disse Charle, che era rimasta nelle retrovie per dare una mano, o una zampa, di cui nessuno aveva avuto bisogno.
- Sì – risposero in coro.
- Finalmente! – esclamò Polyushika in tono esasperato. – Non mi interessa che significato abbia per voi uno stupido nome, a me basta che mi diate la piccola umana per fare il mio lavoro oltretutto non retribuito e cacciarvi a casa.
- Possiamo prima mostrare Kinana a Ririi? – domandò Rebi.
La vecchia sbuffò e mormorò qualcosa a proposito di una “processione” e di “stupide formalità”, ma alla fine acconsentì.
Quando Wendy uscì in giardino, tutti scattarono in piedi, addormentati o meno che fossero. Charle chiamò Ririi, non meno emozionato di Gajiru, anche se era bravo a nasconderlo, affinché raggiungesse i neogenitori, mentre Wendy comunicava nome e sesso del nuovo piccolo membro della gilda, che esplose in urla di giubilo e quasi-risse, fermate prontamente da un piangente Makarov.
Ririi quasi non riusciva a controllare la sua trasformazione, tanta era l’emozione, ma alla fine riuscì a volare sulle gambe di Rebi, coperte dal lenzuolo, e a sbirciare oltre l’asciugamano che copriva il visino del nuovo membro della famiglia Redfox.
- Ana? – chiese con timore reverenziale, mentre gli occhi assonnati della neonata lo fissavano, quasi del tutto chiusi. Aveva riconosciuto anche la sua voce, e cercava debolmente di allungare la manina verso di lui.
- Kinana -  disse Gajiru.
- Kin… Kinana! Geniale – approvò Ririi. – Ha degli occhi bellissimi, Rebi.
- Grazie, ma a me sembra tanto un miscuglio dei nostri colori – rispose lei, su malgrado deliziata.
Proprio in quel momento Kinana emise il suo primo vagito, che lentamente risuonò sempre più forte e fece tremare la casa.
- Casinista come il padre – commentò Makarov da fuori. – Una piccola con gli attributi.
- Ora, TUTTI FUORI! – ringhiò Polyushika spingendo via a suon di botte di scopa Gajiru e Ririi e successivamente i membri di Fairy Tail. – Tornatevene a casa e, per l’amor del cielo, smettetela di fare figli!
Wendy e Rebi risero, ma si zittirono di fronte all’occhiata furente della vecchia, che era rientrata in casa. – Tu, riposati –, ordinò a Rebi, – e tu –, disse indicando Wendy, - puoi andare a dormire. Me la cavo da sola.
- Quando potrò tornare a casa? – domandò Rebi con la voce impastata dal sonno.
- Domani pomeriggio se tutto va bene. Ora dormi. Ti sveglio io quando la devi allattare.
Rebi credeva di non riuscire a dormire a causa dell’emozione. Insomma, stava per allattare sua figlia! Ma spesso il sonno è il nemico più imbattibile contro cui dobbiamo lottare nella nostra vita, che viene a richiedere inesorabilmente il pagamento del suo tributo, non fa sconti e non accetta pagamenti differenti dall’unico accettato.
E Rebi non era immune, per cui non le ci volle molto prima di arrendersi a quel nemico amorevole e ristoratore.
 
- E se non le piace? – chiese Gajiru per la decima volta.
- Pazienza! Ha due giorni, quando sarà grande decorerà camera sua come vuole.
- Ma...
- Smettila di rompere – lo ammonì minacciosamente Rebi inserendo le chiavi nella toppa di casa.
Alla fine erano passati due giorni dal parto, visto che Polyushika aveva voluto tenerla lì per sicurezza.
- Non sia mai che affrettiamo le cose e poi mi tocca tenerti qui in ricovero per il triplo del tempo – aveva borbottato per giustificare quel giorno extra di cure.
Ririi se la rideva sotto i baffi, pregustando già i battibecchi genitoriali che non sarebbero mancati tra i due nakama.
- Va bene – cedette Gajiru, chinandosi per baciare la moglie.
Rebi si dimenticò delle chiavi e si avvinghiò subito al collo del ragazzo.
Cavolo, si erano mancati così tanto…
- Ehm, la bambina. Ragazzi… Ana. Allarme Ana! – li reguardì Ririi.
La piccola dormiva serenamente in braccio al papà, che faticava a stare separato da lei.
Rebi sapeva che nel giro di poco la smania di tenerla sempre in braccio gli sarebbe passata. Ed era decisamente meglio così.
- Giusto – rispose Gajiru interrompendo, a malincuore, il bacio. – Continuiamo dopo – bisbigliò a Rebi con aria complice.
Ririi ridacchiò e aprì la porta al posto della ragazza.
Ormai era pomeriggio inoltrato e le uniche cose che fecero furono apparecchiare (Ririi), cucinare (sempre Ririi), posizionare Ana nel box e osservarla dormire abbracciati (Gajiru e Rebi), baciarsi un po’… ehm… giusto un po’, finendo schiacciati contro il muro (di sicuro non Ririi) prima di ricomporsi al richiamo di “la cena è pronta” (di sicuro Ririi), cenare (tutti e tre), sparecchiare (tutti tranne Rebi) o leggere (unicamente Rebi) e dirigersi a letto dopo una bella doccia (tutti tranne Ana).
La nota positiva del super-udito di Gajiru e del suo sonno leggero era che, grazie ad essi, non c’era bisogno di qualche infernale apparecchio lacrima per sentire il respiro del bambino e scattare in caso di soffocamento: bastava avere Gajiru presente in casa.
- Allora… - disse lui con noncuranza, sdraiato a letto, accarezzando in maniera volutamente lenta e leggera il braccio di Rebi, intenta a leggere di fianco a lui.
- Mmm…? – mormorò con malcelato interesse, distogliendo completamente le attenzioni dal romanzo.
- Wendy ti ha guarita tutta… no?
Un sorrisino malizioso affiorò sulle labbra della giovane, che posò sul comodino il libro e si girò con un sopracciglio inarcato. – Sì. E quindi…?
- E quindi il parto ha portato via tutti i chili che avevi preso per Kin… Ana, abbiamo queste -, espose indicando il seno scoppiante di latte della moglie, - e mi sembra un peccato sprecarle.
Rebi ridacchiò avvinandosi ancora di più e facendo risalire lentamente il piede lungo la sua gamba. – E come vorresti sfruttare tutto questo?
- Io un paio di idee ce le avrei. Poi, sai, i bambini sono molto fantasiosi, e in quanto genitori amorevoli e responsabili dobbiamo adattarci ai bisogni della nostra piccola Kinana.
- Fantasia… - ribadì Rebi, che aveva notato con gioia il modo in cui gli si illuminavano gli occhi al solo pronunciare il nome della figlia.
- Molta. Creatività. Per non cadere sempre nella solita routine…
- Lungi da noi la noiosissima routine! – esclamò a mezza voce Rebi, ridacchiando.
Gajiru ghignò e si avventò dolcemente sulle sue labbra.
- Ti amo – le bisbigliò all’orecchio. – Te e Kin. E Ririi. Ma lui è maschio.
- Ami la tua famiglia – disse lei per fargli capire che aveva colto il concetto.
- Assolutamente.
- Che ne dici di rendere questo amore nel pratico?
Ancora, il ragazzo ghignò. – Con piacere signora Redfox.
Erano passati quasi tre mesi dalla loro ultima volta e la gioia che provavano in quel momento, la felicità dello stare di nuovo insieme, uniti, era qualcosa che niente e nessuno in quel momento avrebbe potuto togliere ai due genitori.
Eccetto…
Un pianto. Che aumentava di intensità a vista d’occhio. O meglio, a percezione uditiva.
Gajiru e Rebi si bloccarono nel bel mezzo di… delle coccole preliminari. O di qualsiasi altra cosa volessero fare.
- Vado io? – chiese Gajiru.
- Mi sa che non puoi darle quello che vuole – sospirò Rebi.
- E se diventassi geloso? La roba tua è mia!
- Fattene una ragione, al momento è decisamente sua. E la sta reclamando.
- Beata lei che può averla – borbottò il ragazzo.
- Non ci metterò molto – bisbigliò Rebi rubandogli un bacio veloce.
Dirigendosi silenziosamente in camera, la neomamma prese Ana e la cullò sorridendo, prima di sedersi sulla sedia a dondolo comprata apposta per l’occasione e allattarla mormorandole paroline dolci finché non si addormentò con la bocca ancora attaccata a lei.
Era così meravigliosa la sua bimba. A Rebi pareva di non aver mai visto nulla di più bello, con i capelli scuri del padre e le guance paffute, il corpicino cicciottello e morbido. Lentamente la rimise nella culla e le accarezzò il volto, chinandosi per baciarla, cercando di raggiungerla nel mondo in cui era, qualunque fosse. Sperava fosse bello, e che il suo amore la accompagnasse.
Fremendo per ciò che l’attendeva, la ragazza si affrettò a tornare in camera, giusto per trovare un addormentato Dragon Slayer che russava piano e occupava scompostamente quasi tre quarti del letto. Erano così teneri, lui e sua figlia. Sorridendo, Rebi spense le luci e prese posto vicino al marito, dandogli un bacio come aveva fatto con la figlia. In quel caso, sapeva che il suo compagno era nel mondo dei sogni, e sperava ugualmente che fosse bello e sereno per lui.
E, prima di addormentarsi, ne ebbe la conferma, perché Gajiru la strinse a sé e si avvinghiò a lei come ad un ancora di salvezza, facendola sorridere. Nessun luogo era bello se non c’era lei. E presto anche Kinana li avrebbe raggiunti in quel mondo di nuvole colorate che per Gajiru e Rebi non era così diverso dalla realtà.
 
* Phos, Cronache del Mondo Emerso, Licia Troisi.

 
MaxBarbie’s
Sono molto molto molto emozionata. Perché questo è il mio capitolo preferito e uno dei pochi che mi sembra scritto bene. E non per mancanza di umiltà, ma perché l’ho scritto con l’intestino, in maniera diretta e ogni volta mi arriva al cuore. Spero che sia così anche per voi; in ogni caso, io ci ho provato^^
Il mio unico rimpianto, leggendolo, è il fluff. Cioè, io AMO il fluff e il Gajeefluff, ma mi sembra TROPPO dolce il nostro nuovo papà. Spero non sia OC.
Che ne dite del nome di Kin? UNA FEMMINUCCIA! Mi ero troppo affezionata al nome Kin, ma l’idea suggeritami, di darle il nome che assomigliasse a Metarikaana, mi piaceva allo stesso modo. Così ho accontentato… entrambe le parti di me stessa ahahahahah.
Per quanto riguarda il suo stringere le dita delle persone di cui riconosce la voce, non è una smielata cosa da ff, ma la pura verità. Mio fratello appena nato era così grasso da non riuscire ad aprire gli occhi, che si sono rivelati castani solo dopo tre giorni. Però quando gli parlavamo riconosceva le nostre voci e ci stringeva forte forte le dita. Ora è uno stecco camminante e la cosa mi irrita ahahaha.
Ok basta. Vi ringrazio per essere arrivati fino a qui, spero di cuore che mi seguiate ancora, perché la storia della vita di Rebi e Gajiru non è ancora finita.
È solo all’inizio
MaxBarbie

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Capitolo 39
*** Adattamento ***


Adattamento

- Amore, guarda come ride! – esclamò Rebi con la voce da bambina.
Ririi ridacchiò prima di beccarsi uno schizzo in pieno occhio, al che iniziò a ridere Gajiru.
Kinana stava sgambettando dentro al lavandino del bagno della sua cameretta. Rebi le teneva la schiena con una mano, affinché fosse parzialmente seduta e non annegasse in quella poca acqua, mentre con l’altra le strofinava delicatamente la pelle. Gajiru, alle spalle della moglie, la fissava con orgoglio, il mento appoggiato sulla spalla della consorte e le braccia strette attorno alla sua vita. Ririi era seduto sul bancone di fianco al lavandino, ed era stato così ingenuo da mettersi ai piedi della bimba per poterne vedere il viso. Nell’aria aleggiava l’odore del bagnoschiuma farmaceutico per bambini, in modo da non irritare la pelle sensibile della piccola.
A quest’ultima, comunque, non importava proprio nulla elle attenzioni del padre o del gatto. Rideva come una matta schizzando acqua ovunque a causa degli sgambettamenti eccitati. Ririi era fradicio e lei ogni tanto si bloccava, basita, perché l’acqua le arrivava sul viso, facendo ridere tutti.
- Certo che se questa salsiccetta si muoveva così tanto in pancia, è un miracolo che tu non sia storta come un bastone – fece notare Gajiru.
- Ora capisci cosa ho dovuto passare? Presumo che l’acqua le piaccia.
La bimba ridacchiò per confermarlo e batté le minuscole manine su quella della mamma, che le accarezzava la pancia. Poi la sua attenzione fu catturata dalle bolle di sapone e iniziò a schiaffeggiare l’acqua, lavando anche Rebi oltre a Ririi.
- Va bene piccola nuotatrice. La doccia me la devo fare anche io, ho capito – disse lei ridacchiando.
Gajiru le bisbigliò all’orecchio, sfiorandolo con le labbra e ghignando mentalmente sentendo il brivido che l’aveva scossa: - Magari ti faccio compagnia. Sei così piccola che potresti annegare.
Rebi cercò di ignorarlo. – Ana, ora usciamo.
La bimba smise di muoversi per un attimo e fissò la mamma, con sguardo consapevole. Occhi nocciola fissi in occhi color mogano, caldi, grandi e amorevoli. Poi ricominciò a muoversi mentre Rebi rideva e la sollevava, sciacquando via la schiuma.
Gajiru si staccò e afferrò l’asciugamano morbido che Rebi aveva preparato prima, aprendolo e accogliendo la piccola che vi venne adagiata sopra. La mamma chiuse l’asciugamano, avvolgendola, e Gajiru la strinse al petto. Kinana non fece in tempo a capire che il suo gioco era finito, che ne trovò subito un altro: mordere il tessuto. Emettendo dei sommessi “guh” e “gna” ciucciò il morbido asciugamano e cercò di divincolarsi, ma Gajiru la teneva troppo stretta.
Rebi sorrise e sospirò. – Speriamo che questa notte dorma. È da un mese che si sveglia alle tre per mangiare.
- Be’, è un po’ più tardi delle altre sere, magari se le fai fare la poppata ora poi non si sveglia fino alle sei.
Ririi ridacchiò. – Siamo messi davvero male se speriamo di riuscire a dormire solo fino alle sei!
- Tu taci che non devi mai alzarti! – sbraitò Gajiru.
- Ma se sono un baby-sitter migliore di te?!
- Cosa stai…?!
Rebi sospirò e prese Kinana dalle mani del marito, che continuò a lanciarsi frecciatine con Ririi.
- Vedi, Ana, noi donne siamo superiori anche perché non abbiamo tutti questi problemi di testosterone e questioni da “maschio dominante”.
La piccola che la fissava in silenzio sorrise, ridacchiando e strizzando gli occhi, quando la mamma si chinò per strofinare il naso contro il suo.
Kinana aveva ormai tre mesi e i genitori e l’exceed si erano abituati ai suoi ritmi di vita, all’allattamento e alle coliche, che per fortuna sarebbero dovute presto finire. Erano durate un mese e mezzo e la piccola principessina con la voce da drago aveva ruggito il suo dolore per tutta la casa. Gajiru era andato nel panico, camminando nervosamente tanto da rischiare di scavare i solchi nel pavimento. Per fortuna avevano scoperto che la pancia morbida da gatto gigante di Ririi e le sue carezze felpate sulla schiena la calmavano senza problemi. Perciò, quando puntualmente alle otto di sera Ana iniziava il suo concerto di dolore, in pochi secondi veniva fatta sdraiare sulla pancia del gatto che, coccolandola, finiva per farla calmare in pochi istanti. Inutile dire che la gelosia di Gajiru raggiungeva picchi mastodontici.
Nessuno invece si sarebbe mai aspettato di vedere Rebi invidiosa di suo marito. Non tanto per il legame tra il padre e la figlia, che anche lei aveva con Ana, quanto per le sue abilità genitoriali innate. Era più efficiente di una balia. La prima avventura con i pannolini era stata un fiasco per lei: ne aveva sprecati tre in un colpo solo perché o li aveva messi al contrario o aveva agganciato male i bordini adesivi. Non voleva darsi per vinta, ma al quarto tentativo Gajiru era scoppiato a ridere: sua moglie fissava il pannolino e il culetto della figlia come se l’avessero sfidata, e con gli occhi socchiusi e la lingua tra le labbra stringeva convulsamente il panno assorbente. Rebi gli aveva scoccato uno sguardo omicida e lui le aveva baciato una guancia prima di rubarle il pannolino e metterlo addosso ad Ana con pochi e semplici gesti, sollevando poi la bimba che rideva e sgambettava.
Così era diventato lui l’ufficiale infilatore di pannolini, dato che oltretutto con il suo super-olfatto riusciva a capire quando la sua piccolina faceva delle puzzette (falso allarme pupù) o si impegnava per produrre qualcosa di grosso (allarme pupù).
A cullare la bimba per farla addormentare erano perfetti entrambi, ma Rebi era più brava a rimanere sveglia. Con Gajiru andava sempre a finire con una bella ronfata in qualche posto improbabile come la sedia a dondolo per bambini, le scale, il pavimento (sì, era capitato che Ririi inciampasse sulla gamba del nakama imprecando e rischiando di travolgere una piccola Ana russante) o addirittura il muro, in piedi. Rebi si faceva delle grosse risate prima di riportare nella culla Ana e trascinare a letto il marito a suon di spinte e minacce. Era certa che ancora non si fosse addormentato nella culla solo perché era davvero troppo piccola per contenerlo.
Rebi arrivò in camera e si mise semisdraiata sul letto, con la piccola seduta sullo stomaco. Le si stavano chiudendo gli occhi, ma lottava contro il sonno agitando le mani paffute. Rebi ne afferrò una e Ana gliela strinse, posandola poi sul viso della mamma e toccando tutto quello che poteva: naso, fronte, guance, occhi e bocca. Si fermò su quest’ultima e Rebi le baciò il piccolo e morbido palmo, facendola ridacchiare per il solletico.
Anche se era aperta, qualcuno bussò alla porta. – Si può? – chiese Ririi.
- Certo. Ora la allatto e poi la metto a nanna.
- Posso dormire con lei se vuoi. Così se si sveglia la cullo io e tu ti fai almeno una notte piena. Se poi vedo che inizia ad aprire e chiudere la bocca miagolando come un cucciolo, ti sveglio.
Rebi sorrise, grata. – Se vuoi dormire con lei va bene, ma non credo si sveglierà. Lo spero, almeno.
Ana batteva gli occhi sempre più lentamente, i movimenti vivaci di mani e gambette rallentati dal sonno. Schioccava la bocca come se avesse un sapore strano sulla lingua. Ririi si avvicinò e la osservò, mentre a Rebi si stringeva il cuore. Gli occhi del gatto erano pieni di amore e devozione verso quella piccola creaturina che teneva in grembo. Non si stancava mai di fare da balia ad Ana, di cullarla, di trovarle il ciuccio ovunque fosse nascosto o di farla ridere o smettere di piangere. Era bellissimo vedere quanto le era affezionato.
- Vuoi vederla mentre la allatto? È buffissima quando ha sonno e mangia, perché finisce sempre con l’addormentarsi continuando a ciucciare – bisbigliò con aria cospiratrice.
Ririi la guardò con il desiderio negli occhi. Non aveva mai potuto vederla mentre mangiava perché Gajiru era geloso del seno della moglie e non permetteva nemmeno al suo fidato exceed, nonostante le proteste di Rebi, di guardare la bimba mentre poppava.
Proprio in quel momento Gajiru entrò in camera e, con il fuoco negli occhi, fissò trucemente sia la moglie che il gatto. – Traditori.
- Ma smettila! È solo Ririi. Se non mi vergogno io perché dovresti farlo tu?
Ririi lo guardò ghignando, pregustandosi la vittoria, mentre Gajiru bofonchiava imprecazioni e si sedeva sul letto: anche lui adorava vedere Ana bere. Rebi lo osservò eloquentemente, aspettando una sua conferma.
Il ragazzo sbuffò. – E va bene! Ma finché ti spogli lui non può guardare.
Rebi ridacchiò e aspettò che Gajiru le facesse da scudo contro Ririi, che non aveva alcun interesse nel vedere la sua nakama nuda, ma non sarebbe mai riuscito a farlo capire al cocciutissimo drago.
- Fatto – bisbigliò quando Ana fu attaccata al suo seno, succhiando come una disperata che non mangiava da giorni. – Ehi, ingorda, vacci piano. Scoppio di latte, non serve soffocarsi!
Gajiru ridacchiò nel suo solito modo, attirandosi un’occhiata divertita della moglie, che cercava di allontanare leggermente Ana affinché rallentasse; in risposta, la piccola spalancava la bocca e mugugnava un “gah” arrabbiato. Il padre le arruffò dolcemente i corti capelli scuri come i suoi, che erano cresciuti sani e morbidi dopo che la peluria che aveva quando era nata era caduta. Ririi, invece, non distoglieva gli occhi dal visino morbido della bimba, memorizzando il modo in cui socchiudeva gli occhi dalla stanchezza e iniziava a succhiare più lentamente una volta placata l’iniziale morsa della fame.
Con un moto della testa, improvvisamente sveglia, Ana allungò il piccolo collo per cercare di capire chi avesse alle spalle. Si sentiva leggermente osservata. Dopo aver scorto Ririi e Gajiru, sorrise mettendo in mostra le rosse gengive sdentate, e riportò la sua attenzione alla morbida fonte di nutrimento, ricominciando a mangiare.
- Non è che ti sei innamorato di lei, gatto?!
Ririi tirò al nakama un pugno sul braccio, vendicandosi per la pacca sulla testa. – La amo, ma non nel senso che dici tu. Non come tu ami Rebi. Io amo entrambe di un profondo affetto.
Un po’ sospettoso, Gajiru mise il broncio mentre la ragazza, con gli occhi lucidi d’emozione, fece i grattini sulla testa del gatto.
- Ecco – sussurrò poco dopo. – Si è addormentata, ma ogni tanto continua a ciucciare. Si sta sporcando tutta…
Rebi ridacchiò cercando i muoversi il meno possibile. I due uomini si sporsero per vedere la piccola Ana che dormiva con la bocca ancora premuta sul seno materno. Una piccola scia di latte le colava lungo la guancia e ogni tanto sembrava ricordarsi di avere ancora il suo biberon personale in bocca, così succhiava automaticamente.
- Te la porto a letto? – chiese pacatamente Ririi, allungando le braccia.
- Grazie. Sfamata, è stata sfamata, lavata, anche, ma bisogna metterle il pannolino…
- Faccio io. Sarò leggero come una piuma. Del resto, ho le zampe felpate – mormorò mostrano i cuscinetti sui palmi delle mani.
Sorridendo, Rebi aspettò che si trasformasse in una pantera gigante e gli porse Ana, chiusa come un involtino nell’asciugamano.
Persino Ririi era migliore di lei nel mettere i pannolini alla piccola.
Gajiru osservò la moglie mentre si puliva il seno e si alzava per cambiarsi, dopo che la figlia aveva lavato anche lei.
- Doccia? – domandò lui, immobile.
- Mmm… - ferma in mezzo alla stanza, Rebi fissò la porta del bagno e poi suoi marito. – Vasca?
Ghignando maliziosamente, Gajiru si alzò è sparì nel bagno, dal quale la ragazza sentì provenire immediatamente il rumore dell’acqua corrente. I massaggi che suo marito le faceva erano una cosa talmente rilassante che poteva benissimo addormentarsi in vasca, mentre le sue manone le accarezzavano i capelli e la schiena.
Sorridendo, lasciò cadere tutti i vestiti e corse nella vasca extralarge che avevano comprato apposta per quelle occasioni, schizzando Gajiru che giurò di vendicarsi.
 
- Ebi? – mormorò Gajiru con la voce impastata dal sonno, direttamente nell’orecchio della moglie che aveva la testa posata sulla sua spalla. – Piccola?
- Mmm? – mugugnò lei, strofinandosi contro il suo petto caldo e passandogli una gamba attorno ai fianchi.
- Kinana…
Rebi aprì lentamente gli occhi mentre la nebbia narcotizzante del risveglio si dissipava nel suo cervello addormentato. – Che ore sono?
- Boh… ha fame…
- Grazie – borbottò con stizza prima di alzarsi e passargli volontariamente sopra, calpestandolo un pochino. Lui non ci fece nemmeno caso.
Indossò al volo una vestaglia e corse in camera della figlia, dando prima un’occhiata all’orologio: erano le sette e mezza di mattina. Decisamente un record. O la strategia del farla andare a dormire più tardi aveva funzionato, oppure cominciava a regolarsi e il piccolo drago che, lo sentiva, era in lei, iniziava a reclamare tutte le ore di sonno che voleva. A Juvia era andata peggio dato che Yoshirou praticamente mangiava solo a mezzanotte e alle cinque di mattina, bevendo un’unica volta durante il giorno.
Con pochi e abili gesti la prese in braccio e la cullò, conversando silenziosamente con i suoi occhioni caldi e dolci. Non avevano il suo stesso colore, sembravano un misto fra il suo nocciola-miele e il cremisi di Gajiru. L’effetto era straordinario: occhio color mogano, quel marroncino rossastro tipico del legno pregiato, con i riflessi incandescenti dello scarlatto.
Ana smise di piangere e iniziò ad aprire e chiudere la bocca. Rebi sorrise e la fece attaccare all’altro seno, quello che cui non aveva bevuto la sera prima. Pochi minuti dopo, quando la piccola si mise a giocare con il suo capezzolo ridacchiando, facendole capire che non aveva più fame, Rebi la staccò e la sollevò in aria, facendola ridere nella sua tutina gialla da orsetto.
Si girò di scatto quando avvertì una presenza la suo fianco: Ririi la osservava dalla porta, in basso, stropicciandosi gli occhi.
- ‘Giorno – biascicò avvicinandosi.
- ‘Giorno – rispose Rebi sorridendo, rendendosi conto che alla fine non aveva dormito con la figlia.
- Non dormi più?
- Io vorrei, ma questa peste sgambettante è piena di energie dopo aver mangiato. Ora la cambio e la porto a letto con me.
- Vuoi che faccia io e poi te la porti?
- Te la senti? – domandò, speranzosa.
- Certo!
- Okay allora, ti aspetto.
Ancora un po’ intontita dal sonno, Rebi si buttò a pesce sul marito, che sbuffò un “ouf” di dolore quando il ginocchio ossuto della ragazza gli distrusse il fianco. Soddisfatta della punizione corporale inferta al marito ingrato, si distese al suo fianco e si mise sotto le coperte per evitare di essere ghermita dal freddo mattutino. Il caminetto che avevano nel soggiorno e nella camera scaldava tutte le stanze e i pavimenti dei bagni, ma la notte rimanevano spenti per evitare incendi fatali. Quindi era meglio essere ben coperti la mattina.
Rebi strofinò la testa sul cuscino, appagata, grata al marito per la sua temperatura corporea leggermente superiore al normale che lo rendeva una stufa umana: era come avere le coperte termiche.
Le sue braccia muscolose le accarezzarono i fianchi e le sue mani si posarono sul suo addome, stringendola contro il suo petto. Gajiru posò la testa sui suoi capelli profumati e continuò a dormire, mentre lei sorrideva, cullata dal movimento lento e ritmico del suo ampio torace. Sentiva il suo cuore forte battere contro la sua schiena.
Si rese conto che Ririi era entrato solo quando lo vide davanti al letto con Kinana in braccio.
- Dove la metto?
Rebi alzò le coperte, mostrando come Gajiru si era attaccato a lei (una specie di koala con il suo ramo di bambù, una cozza con lo scoglio, un bimbo con il suo peluche o Ririi con un kiwi), e fece ridere il gatto che ci mise alcuni istanti a capire che gli avambracci muscolosi e pieni di cicatrici non erano quelli della ragazza.
- Posala qui di fianco a me – gli indicò battendo con la mano sul materasso, appena sotto il suo mento.
Ririi mise la bimba di fianco alla madre appena si fu staccata dai suoi baffi, che aveva artigliato come fa un gatto con un gomitolo.
- Kin, guarda che se glieli strappi poi barcolla come un ubriaco – rise Rebi.
Ririi rabbrividì all’idea: era altamente sadico far risiedere nei baffi di un gatto il senso dell’equilibrio.
Poi lo sguardo dell’exceed fu attirato dalle due donne sul letto: quella più grande si era appoggiata al gomito, sempre protetta dalle braccia di Gajiru, e giocava con la mano libera con la figlia, che sorrideva allegramente e allungava le braccine morbide e ciccione verso le dita lunga della madre.
- Vuoi venire a dormire con noi, Ririi? – bisbigliò Rebi poco dopo, notando che il gatto era ancora in piedi davanti a loro.
- Posso?
- Non devi nemmeno chiedere! Tanto io e quell’appiccicoso del tuo amico occupiamo meno di metà letto dato che… be’, lo vedi tu stesso – concluse guardando verso le braccia del ragazzo.
Alla sue spalle si sentì un borbottio indistinto e ridacchiarono entrambi. Poi Ririi si trasformò e si coricò sul cuscino sopra alla testa di Ana. Nel giro di pochi minuti gli occhi di Rebi iniziarono a chiudersi e la ragazza non poté nulla contro il sonno che minacciava di travolgerla.
- Fai la nanna, Ana? – biascicò sdraiandosi di nuovo e mettendo un cuscino nel lato scoperto della figlia, per evitare che agitandosi cadesse dal letto.
La piccola mormorò qualcosa di incomprensibile a bassa voce, come per non disturbare la madre, e sgambettò.
Un istante dopo Rebi era crollata e respirava profondamente, un braccio attorno alla propria figlia. I suoi capelli azzurri le solleticavano il viso tondo e la bimba cercava di prenderli e ciucciarli, con scarsi risultati. Ririi si godeva la scena con la testa posata sulle zampe, sornione. Gli occhi vispi di Kinana fissavano qualsiasi cosa emettendo piccoli versi di curiosità, mentre ogni tanto muoveva le braccia e le manine che finivano inevitabilmente nella sua bocca e sui suoi occhi, tirandosi degli schiaffetti involontari.
Quando Gajiru si svegliò, un paio di ore dopo, trovò il letto sovraffollato.
Appoggiato sul braccio testo, i capelli scompigliati e lo sguardo annebbiato, mormorò: - Ma che cavolo…?!
Rebi dormiva di fianco alla figlia, la bocca socchiusa e sul viso la stessa serenità che c’era su quello di Kinana, silenziosa e sveglia come non mai, i cui occhi brillavano nella penombra come quelli di un gatto. E, a proposito di gatti, Ririi sonnecchiava di fianco alle teste delle due femmine di casa agitando ogni tanto la coda.
La piccola allungò le manine e sorrise parlando al papà in un linguaggio tutto suo. Lui ricambiò con un sorriso vero, e scostò le coperte per scendere. Fece il giro del letto e gattonò fino alla figlia, sovrastandola sulle braccia tese. Ana sgranò gli occhi e si fermò, poi allungò ancora le braccia e Gajiru si chinò per baciarle le manine. La bimba rise.
- Che ne dici, Kin, preparo la colazione alla mamma?
Lei mormorò qualcosa di inintelligibile e lui lo prese come una conferma. Si allontanò silenziosamente, come un solo drago sa fare, mentre la sua piccola lo osservava e si rabbuiava. Solo vedere il viso della mamma accanto a sé le impedì di scoppiare a piangere.
Diversi minuti di vocali insensate dopo, Kinana riuscì nel suo intento: allungandosi mise la mano paffuta sulla faccia della mamma, schiaffeggiandola piano. Quando le beccò il naso, Rebi arricciò le labbra e storse il naso come un coniglietto, facendo ridere la figlia. Fu quel suono dolce a farla sorridere ancora prima di aprire gli occhi.
- Ehi, discola – le sussurrò. – Che ore sono?
Ana si mise tre dita in bocca e mormorò: - Aha.
Stiracchiandosi, Rebi allungò la testa per osservare la sveglia: erano le nove e mezza.
- Mmm… mi sa che dobbiamo andare alla gilda. Ma dov’è Gajiru?
- Uuh… - rispose Kinana, allungando la mano piena di bava per farsi prendere in braccio.
- No no – ridacchiò Rebi. – Prima ti asciugo, sporcacciona.
- Qualcuno mi ha chiamato? – domandò Gajiru entrando, reggendo un vassoio pieno di tazze, brioches calde, cereali e frutta.
- Nessuno, non mi ero nemmeno accorta che mancavi all’appello – si schermì Rebi.
Gajiru le passò la colazione e salì sul letto, rubandole un breve bacio. Kinana iniziò ad urlare e ridere da sola senza apparente motivo, attirandosi le occhiate divertite dei genitori. Ririi, invece, si svegliò di soprassalto.
- Che succede?! – esclamò, la coda che fremeva.
- Latte? – domandò Gajiru, ignorando il suo shock.
- Ehm… sì. Che… cosa…? Che?
Il gatto non era esattamente brillante di mattina.
- Colazione. Latte?
- Oh, sì, grazie.
Mangiarono in silenzio, gli occhi fissi su Ana che sembrava fregarsene altamente di tutte quelle attenzioni.
- Che facciamo oggi? – chiese Ririi poco tempo dopo.
- Andiamo alla gilda – rispose Rebi. – È ora di far uscire Kinana di casa, altrimenti non farà mai gli anticorpi.
Gajiru la fissò, scettico. – Sicura che…?
- Sì. La portiamo. Le farà bene stare con Arashi, Inazuma e Yoshirou. E poi Daiki ha la sua età circa, pochi mesi in meno.
Gajiru borbottò qualcosa a proposito di “Salamander”, “progenie” e “disastro”.
 
- Kinana-chaaaaan – cantilenarono Jet e Droy percorrendo la distanza che li separava dalla famiglia Redfox in due secondi.
Rebi non credeva che anche Droy avesse le gambe così veloci…
- Non passatele germi – ringhiò Gajiru.
- Ehi, Testa da chiodo! – urlò Natsu. – Ora che hai una figlia femmina ti sei rammollito? Io ho un maschio degno del mio nome che ti batterà appena comincerà a camminare!
- Ah sì, deficiente? Per caso il tuo moccioso ti ha fatto combustionare i neuroni?
- Gajiru non esiste la parola combustionare – mormorò Rebi, ridacchiando, senza distogliere lo sguardo dai suoi nakama che si passavano Kinana con occhi adoranti.
- È così simile a te…
- È così bella…
- La adoro…
- No io l’adoro di più…
Gajiru era troppo concentrato su Natsu per ingelosirsi. Il ragazzo era a pochi passi da lui, Daiki in braccio con una sciarpa bianca simile alla sua al collo. – Le femmine sono più intelligenti, anche se persino Happy è più sveglio del tuo moccioso.
Gajiru cercò di mantenere un tono cattivo nonostante i grandi occhioni nocciola di Daiki che lo fissavano con curiosità. Il bimbo sorrise e iniziò a calciare l’addome del padre.
- Mi piace il tuo marmocchio – commentò allora, accarezzandogli la guancia paffuta con un dito guantato.
Daiki allungò le braccia per farsi prendere in braccio e Gajiru, ghignando vittoriosamente, lo prese in braccio. – Ehi, mini-Salamander, non diventare come quel cretino di tuo padre, mi raccomando.
- Eino! – farfugliò lui sgambettando contento.
- Non rubarmi il figlio! – ruggì Natsu sbattendo la fronte contro quella del nakama.
- Mia figlia è meglio, no che non rubo il tuo pargolo. Ma non è colpa mia se lui sa che io sono un padre migliore di te!
- Vuoi batterti con me?!
- Non vedo l’ora, così Ana vedrà che gran duro è suo padre!
- Lucy! – gridò Natsu. – Vieni a prendere mio figlio!
Esasperata, la ragazza aveva già preso in braccio il bambino e non aveva fatto in tempo a fare due passi che Gajiru e Natsu avevano iniziato a picchiarsi di brutto.
- Una sana rissa mi mancava – esordì Gray scrocchiandosi le nocche. – Teste vuote ora…
L’insulto fu bloccato da un pugno vagante di qualcuno, e alla rissa si unirono varie persone mentre Max, in un angolo, aveva già la scopa infilata dove non batte il sole.
- Gray-sama, metti almeno i pantaloni! – lo chiamò Juvia, seduta al tavolo con Erza, Kana, Lisanna e Lucy, appena tornata. – Yoshirou-kun, è inverno, prenderai freddo al pancino se non lo copri! – aggiunse riportando la sua attenzione al tavolo.
- Tale padre, tale figlio – mormorò Kana, già mezza ubriaca, ridendo come una matta di fronte allo spettacolo che le si presentava davanti: un piccolo Gray junior in pannolone e scarpe che aveva la tutina calda invernale afflosciata sui piedi. Era pur sempre dicembre, ma lui non ci faceva caso e camminava tranquillo per la gilda, mezzo nudo, quando Juvia si distraeva. Cioè mai. Ma lui ci provava sempre.
- Eccomi! – esclamò Rebi unendosi alle amiche. Finalmente era riuscita a sottrarre la figlia a Jet e Droy, che erano rimasti a litigare su quale dei due avrebbe sentito pronunciare il proprio nome dalla bimba per primo.
Kinana venne sistemata sulla coscia della mamma e con le manine artigliò il legno del tavolo. Arashi, Inazuma e Yoshirou, di nuovo coperto, si avvicinarono per osservarla, incuriositi. I quattro bambini si fissarono fra di loro e i tre più grandi osservarono la nuova arrivata cercando di capire se era una cosa brutta o bella. Quando Kinana sorrise mettendo in mostra le gengive e la piccola lingua, decisero che era un’amica e sorrisero a loro volta, compresi i due impassibili di Yoshirou e Inazuma.
- Lei è Kinana – disse Rebi ai bambini. Poi prese la mano della figlia e l’agitò: - Dì ciao ai tuoi amichetti, Ana.
- K…ana! – esclamò Arashi, mettendosi in piedi e indicando Kana con un ditino tozzo.
- Che brava piccola! Vuoi farti una bevuta? – propose lei offrendole la bottiglia.
- Evuta! Vuta! – urlò Arashi avvicinandosi al vetro della bottiglia di birra.
Le braccia di Erza arrivarono prontamente a salvarla dalla traumatica esperienza e Arashi si mise a scalciare e urlare.
Erza sbuffò: - Come farò con due?!
- Ce la farai benissimo! Due bambini sono una benedizione! – le disse Mirajane posando sulla tavola vari bicchieri di succo per i bambini.
Inazuma allungò le braccia e lei lo prese in braccio, rubandogli un piccolo e timido sorriso.
Alla vista dei succhi colorati, Arashi si calmò e ordinò imperiosamente di essere depositata sul tavolo. Era già un peperino.
- Per te, forse! A me ne bastava uno, per il momento – rivelò Erza.
- Be’, io due non posso averne, quindi…
- Cosa vuoi dire Mira-nee? – domandò Lisanna, dando voce alla muta curiosità delle amiche sgomente.
Mirajane non poteva avere più figli?
- Voglio dire che io e Laxus abbiamo scoperto che è un miracolo se ne abbiamo avuto uno, di figlio. Con le nostre magie la percentuale di successo di gravidanza è molto bassa e infatti ho già avuto due… aborti spontanei. Per cui abbiamo deciso di smettere di provare e goderci Inazuma.
Il bambino, come se fosse consapevole del dolore della madre, le posò la fronte sulla guancia e la chiamò. Mirajane gli baciò la nuca e sorrise come sempre, scacciando la pesantezza che si era creata nell’aria.
- Mi dispiace molto, Mira – sussurrò Erza, pentitasi di ciò che aveva detto.
- Tranquilla, sono davvero contenta di essere riuscita ad avere il mio piccolo ometto quando le probabilità erano al di sotto del venti percento.
Rebi osservò silenziosamente quella donna che in gilda veniva ammirata per la sua potenza distruttrice, per la sua bellezza, forza d’animo e bontà. Quanto dolore si nascondeva dietro alle apparenze? Finalmente gli ultimi mesi acquistarono un senso ai suoi occhi, e si rese conto di come la loro amica avesse sofferto in silenzio. Quando era uscita dal bagno con gli occhi rossi dicendo che la cipolla glieli aveva irritati, quando si era gettata tra le braccia del marito nascondendo il volto nel suo petto, le attenzioni quasi maniacali che dedicavano ad Inazuma.
Mirajane le sembrò più forte che mai. Allungò una mano per stringere la sua e trasmetterle calore, farle sapere che lei c’era. E improvvisamente qualcosa si sciolse nel sorriso della barista dai candidi capelli di Fairy Tail, dalla modella dal fisico invidiato, e i suoi occhi si riempirono di lacrime che sgorgarono, calde e salate, sul suo volto contrito.
I bambini si zittirono immediatamente e Inazuma fissò la mamma con curiosità, toccando le sue guance bagnate e dandole un bacio buffo da bambino per farle tornare il sorriso.
- Piange! No! No piange, Jane! – esclamò Arashi indicando la donna. Le si avvicinò caracollando sulle gambette e iniziò a piangere a sua volta, disperata. – No piange, Jane! – disse allungando le manine verso la mamma, che la consolò con una carezza sulla nuca.
Daiki, che fino al quel momento si era rotolato sul tavolo, osservava la scena spaesato. A soli otto mesi non aveva mai pianto ed era solare come il padre; il suo sorriso era dolce e caloroso proprio come quello di Natsu, ma aveva la spensieratezza di Lucy. Non faceva altro che ridere e fare casino, parlando da solo e toccando tutto quello che poteva. Vedere piangere qualcuno lo metteva sempre a disagio, così si diresse carponi verso Mirajane, sfuggendo al controllo della mamma.
Di fronte a quegli occhi vividi e sinceri da bambino, Mira sorrise tra le lacrime e si chinò alla sua altezza. – Se mi fate il sorriso più bello che potete, le mie lacrime si fermeranno per magia.
Arashi smise subito di piangere, ma fu lo statuario Yoshirou, inaspettatamente, a sorridere per primo. Si diresse lentamente da lei e batté le mani, cadendo poi sul sedere. Daiki sorrise e Mirajane vide il viso di Natsu nella sua allegria, mentre Arashi scalciava per essere messa sul tavolo. I bambini si agitarono e presero a dimenarsi sul tavolo, giocando ad un gioco tutto loro.
Kinana fissava tutto, bevendo ogni gesto e ogni reazione.
- Andiamo a casa – disse Laxus posando la sua pelliccia sulle spalle della moglie.
Sorridendo, grata, Mirajane salutò tutti e si allontanò, stretta al marito per avere la forza di procedere.
- Povera Mira-nee – sospirò Lisanna accasciandosi sul tavolo.
- Già – mormorò Erza, ringraziando il cielo di quella nuova vita che portava in grembo.
 
- Chi l’avrebbe mai detto – farneticò Gajiru cucinando mentre Ririi osservava Rebi che allattava.
- Mi dispiace molto per lei – ammise la ragazza. – Se non potessimo avere altri figli… sarei felice di Kinana, certo, ma mi mancherebbe comunque qualcosa.
- Ma voi avete fatto test. Analisi che sono state positive, al contrario di quelle di Mirajane e Laxus.
- Già – bofonchiò Gajiru.
Un’oretta dopo, quando gli uomini di casa stavano pulendo i resti della cena e Rebi era seduta sul divano con Ana, quest’ultima iniziò ad urlare per le coliche.
La mamma sospirò, ferita nel profondo da quelle strazianti urla, e iniziò a massaggiare la schiena della sua piccola.
Gajiru si materializzò davanti a lei due minuti dopo, con la chitarra in mano.
- Cosa fai? – chiese Rebi, incuriosita.
- La distraggo con la sua ninnananna.
Gajiru iniziò a suonare lentamente, finché non si scaldò e le sue dita affusolate iniziarono a volare leggere sulle corde. Dallo strumento sgorgava, limpida, la musica composta apposta per la figlia, quella che le suonava di notte quando era in pancia della moglie e non riusciva a stare ferma.
Come ipnotizzata, Ana smise pian piano di piangere e i suoi occhi furono calamitati dalle mani del papà.
Due minuti dopo, si era calmata e le palpebre avevano iniziato a chiudersi.
- Grazie -  disse Rebi sorridendo, allungando il collo per baciarlo.
Gajiru grugnì una risposta e si chinò a sua volta.
Ririi tolse Kinana dalle braccia della madre, che non attese un istante e infilò le dita tra i capelli del marito.
- La porto a letto, buonanotte – avvertì il gatto fuggendo via.
- Buon anniversario – mormorò Gajiru poco dopo, prendendo in braccio la moglie e portandola in camera.
Rebi ridacchiò e si lasciò cadere sul materasso, calciando via i vestiti.
- Sono esausta. Buon sesto anniversario – pigolò stringendosi al marito.
Alla fine i loro anniversari celebravano la prima data in cui si erano messi insieme, e non il loro matrimonio.
- Ho una cosetta per te – mormorò lui allungandole una scatolina.
Rebi scattò a sedere emozionata, negli occhi la stessa luce che spesso c’era in quelli di Kinana.
Fece scattare la serratura e prese in mano la catenina di ferro alla quale era attaccato un ciondolo a forma di cuore tridimensionale. Da un lato c’era intagliato il nome Gajiru, e dietro vi era quello di Kinana.
- Meraviglioso – mormorò la ragazza, rapita da quel cuore che sembrava ricavato da un cristallo scuro.
- Ti piace?
Annuì, incapace di parlare.
Gajiru gliela legò al collo e con orgogliò osservò come le stava bene, come le cadeva delicatamente sulla pelle e raggiungeva lo scollo del seno. Rabbrividì immaginandola con solo quello addosso e Rebi, che lo stava fissando, arrossì intuendo i suoi pensieri.
- Vuoi il tuo regalo? – sussurrò facendolo sdraiare sotto di sé.
Gajiru dovette schiarirsi la voce per essere sicuro di non fare uscire un miagolio voglioso. – Ho te e Kinana, che altro regalo vuoi farmi?
Rebi si fermò e lo fissò, riflettendo. – Hai ragione – concesse. – Allora buonanotte.
Ridacchiando spense le luci e si sistemò sotto al piumone.
Quando si rese conto che sua moglie non stava scherzando e che lui era stato un cretino, Gajiru si infilò borbottando sotto le coperte e andò a stringerla.
Si addormentò sorridendo, pensando che il regalo più grande che lei potesse fargli ce l’aveva già. Perché stava stringendo il ciondolo con i nomi suo e della loro figlia lì dove batte il cuore, scaldando con la sua pelle il metallo freddo e duro che un tempo lo rappresentava.
 

 
MaxB
Eccomi qui. Ihih. Non sono morta. Eh già.
Niente da dire, se non che spero di concludere entro 10 capitoli questa fic. Forse l’ho già detto la volta scorsa. Boh. Ho sempre meno fantasia signori e signore, sto invecchiando.
Detto questo (tecnicamente non ho detto niente, ma tralasciamo), vorrei ringraziare TANTISSIMO (ma issimo issimo issimo) Angelo_Nero, per una cosa che lei sa e voi no (ahahahah, ma no?) e mi ha riempita di gioia per giorni. Quando la cosa andrà in porto vi metterò al corrente perché, cavolo, è un regalo specialissimo che mi sta facendo e io voglio condividerlo con tutti quelli a cui piace seguire questa storiella, dando a lei tutti gli onori che merita.
Per cui a presto, grazie e a tutti per tutto, vi prego non abbandonatemi ahahah.
MaxB

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Capitolo 40
*** Distinzione di sessi ***


Distinzione di sessi

- Papàààààà – ripeté lentamente Gajiru per l’ennesima volta.
Kinana era seduta sul seggiolone di ferro foderato di stoffa e cuscini della cucina, masticando un giocattolino congelato che doveva alleviare il dolore per la nascita del secondo dentino inferiore. Probabilmente pensava che il tipo che aveva davanti fosse scemo. E non avrebbe avuto tutti i torti.
- AaaaAAAaaa – ripeté ridendo e battendo le mani in modo scoordinato, facendo cadere il giocattolino.
- Sentito?! – esclamò emozionato il padre, alzandosi in piedi di scatto e portandosi alle spalle della moglie che stava preparando il biberon con piccoli pezzi di biscotto sciolto e tritato.
Rebi e Ririi sospirarono.
- Come puoi credere che una vocale, quella che ripetono sempre tutti i bambini, equivalga a ‘papà’? – chiese il gatto, esasperato, raccogliendo il ciuccio duro per i dentini, che Kinana aveva fatto cadere. Si diresse al lavandino e lo sciacquò, preparando poi una pentola per farlo bollire e sterilizzarlo.
- La parola ‘papà’ è formata da due volte la a, vocale che ripete sempre – spiegò Gajiru, come se fosse una cosa ovvia.
Stava ancora ronzando intorno alla moglie e la seguì mentre si sistemava di fronte alla bambina per darle il biberon. I suoi occhi non si distolsero mai dal visino paffuto della figlia. – Ana, dì ‘mammaaaa’ – disse lei, spostando il biberon per lasciarle libera la bocca.
- AaaaAAAAAAAaaaa – ripeté la bimba, allungando le manine per toccare il beccuccio morbido del tubetto strano che faceva uscire il latte al posto del seno della mamma.
Ririi ridacchiò.
- Mi stai dicendo che ha davvero detto ‘mamma’? – chiese Rebi al marito, ridacchiando.
Gajiru mise il broncio come nei tempi in cui alla gilda era sempre scontroso. Tempi che non erano mai finiti, a dire il vero.
- Esatto, ma non illuderti Ebi, ha detto prima ‘papà’.
Testardaggine da drago, pensò Rebi roteando gli occhi.
- Ehi, piccola, perché hai iniziato a darle il biberon sempre più spesso? – domandò poco dopo, inginocchiandosi per terra di fianco a lei, per essere alla stessa altezza della figlia.
- Perché inizia a farmi male allattare. Ha una forza incredibile in quella boccuccia.
- Ti sta diminuendo il latte? – indagò Ririi, controllando l’ebollizione dell’acqua.
- Da quando allatto meno, sì.
- Mi sembra assurdo che Kinana abbia già cinque mesi e che siamo già a febbraio – mormorò Gajiru sovrappensiero.
- E che abbia messo su già due dentini da latte! – continuò Rebi, pulendole la bocca.
- E che abbia già detto ‘papà’.
- Ma smettila! – gridarono sia Rebi che Ririi, ridendo.
- Tsk, invidiosi…
Il silenzio fece da padrone per i minuti in cui Ririi mise il giocattolino a congelare, per far sì che desse più sollievo alle gengive di Kinana. Rebi diede il biberon a Gajiru affinché lo lavasse, e prese in braccio Kinana che non la smetteva di ciucciarsi le dita.
Il latte caldo doveva averle irritato le gengive infiammate perché cercava a tutti i costi qualcosa da mordere. Quando la mamma le tolse gentilmente le mani dalla bocca, Ana ci rimase malissimo e fissò la madre come per accusarla di non amarla, e il labbro inferiore sporse in fuori iniziando a tremarle.
Rebi, intenerita dalla scena, suo malgrado comica perché sua figlia fingeva solo di scoppiare a piangere, prese il ciuccio e glielo mise in bocca. Ma Kinana, resasi conto della morbidezza dell’oggetto, lo sputò e iniziò a lamentarsi sommessamente, muovendosi irrequieta in braccio alla mamma.
Rebi sospirò e la sistemò in modo da avere il petto premuto contro la sua schiena.
- Dalle questo – mugugnò Gajiru allungandole un pezzo di metallo abbastanza sottile, largo e allungato, una specie di barra.
- Oh – esalò la ragazza, cercando di infilarlo in bocca alla piccola.
Ana lo afferrò con le mani grassocce e lo studiò, per poi assaggiarlo. Fece una smorfia a contatto con il prepotente gusto metallico, e iniziò a passarsi la lingua sulle labbra umide, dentro e fuori, come per sputare la saliva. Quando si dimenticò di quel cattivo gusto, e i tre adulti di casa smisero di ridere di fronte alla scena, Ana riprovò a metterlo in bocca e il contatto del ferro freddo contro le gengive le diede un sollievo immediato. Iniziò a mordere la barra sorridendo e sbavando, calciando l’aria con le gambe tozze. Rebi ridacchiò e si sedette con lei in braccio.
- Andiamo alla gilda? – chiese Ririi.
- Assolutamente! Devo andare a chiedere alle ragazze alcune cose, e poi Kinana sorride sempre quando vede i bambini.
 
Due ore dopo tutti i marmocchi di età compresa tra i cinque mesi e i tre anni stavano correndo per la gilda e battendo le mani, eccitati di fronte all’ennesima rissa. Natsu se le stava dando con Gray ed Elfman. Doveva essere alleato di Gajiru dato che il litigio era nato in seguito ad una sfida tra Dragon Slayers e maghi di diverso genere, ma Natsu aveva perso di vista il casus belli e ora stava picchiando anche Gajiru.
- Mamma, bote! – gridò Arashi salendo su una sedia per poi raggiungere il tavolo, con qualche difficoltà. – Mamma Eza picchia! No bote!! – gridò con una voce stridula e roca al tempo stesso.
Degna figlia di Titania: amante della giustizia, doveva fermare quella rissa.
Inazuma camminò fino ad arrivare ad un passo dalla rissa, e stava per mettersi in mezzo a tutti quando la lunga mano del bisnonno arrivò ad acciuffarlo. Makarov depositò il pronipote vicino a sé, sul bancone della gilda, e lo osservò al di sotto delle cespugliose sopracciglia bianche. I capelli biondi del bimbo erano così chiari da sembrare dello stesso colore dei pochi capelli del nonnino.
- Inazuma, è presto ancora per te. Non imitare gli altri – lo ammonì il nonno.
Mirajane si avvicinò sorridendo, una bottiglia di birra in mano. – Il nonno ha ragione, Inazuma.
- Nonno… maschio – mormorò Inazuma.
Makarov spalancò gli occhi. – Certo che sono un maschio, hai forse dubbi? Se vuoi te lo dimostro anche, ero un dongiovanni da…
- Non serve, davvero, Master – farneticò Mirajane, prendendo il figlio con il braccio libero ed un po’ di fatica. Ormai aveva tre anni ed iniziava ad essere pesantino. – Sa riconoscere maschi e femmine, più o meno. Io ed Erza glielo stiamo insegnando insieme, ma con metodi diversi.
- E tu che modo usi? – chiese il vecchietto, incuriosito.
- Ho detto ad Inazuma che le persone che sono belle sono femmine. Quelle brutte sono maschi – rivelò placidamente Mirajane, sorridendo affabilmente.
- Oh, be’, metodo ottimo, non c’è che… aspetta, cosa?!
- Jiichan brutto – confermò Inazuma.
Dal piano superiore, Laxus ridacchiò e il bambino si voltò a guardarlo: aveva già un buon udito per le persone che conosceva.
Con l’orgoglio infranto, Makarov venne distratto dall’entrata in scena di Erza, che pose fine alla lotta con tre colpi mirati di spada. Alla fine i ragazzi finivano tutti ai suoi piedi.
- Mamma bava, mamma bava! – esultò Arashi zompettando sul tavolo intorno a Yoshirou, che fissava tutto con menefreghismo, braccia incrociate sul petto e pannolone ancora addosso… per il momento.
Daiki sorrise mettendo in mostra i tre dentini in mezzo, battendo un piede sul tavolo dove Lucy lo stava tenendo in piedi. Riusciva a reggersi sulle gambette appoggiandosi da qualche parte, e se qualcuno gli teneva le mani poteva anche fare qualche passetto. Peccato che, tendando di imitare Natsu, finisse per rotolare sempre per terra e muoversi scoordinatamente, suscitando le risate di tutti. Del resto, non era colpa sua se il papà era sempre per terra o sballottato di qua e di là nelle risse.
- Vieni, Arashi – chiamò Erza, dirigendosi verso il tavolo delle ragazze. -  Abbiamo un conto in sospeso con Mirajane.
Quest’ultima, udite le parole della nakama nell’innaturale silenzio che si era creato dopo l’intervento di Erza-paladina-della-giustizia-blocca-sommossa, si diresse verso di lei con Inazuma ancora in braccio.
Rebi era seduta vicino a Lucy e le stava dicendo che per i denti di Daiki avrebbe potuto chiedere a Gajiru di fare una sbarra di ferro affinché i giocattoli-gelati non venissero bruciati dal fiato bollente del bimbo. Anche lui aveva problemi alle gengive, ma sembrava che la sua bocca fosse insolitamente calda e i giochetti che avrebbero dovuto dargli sollievo, oltre che inutili, finivano sempre per liquefarsi.
- Cosa succede? – chiese pacatamente Juvia sedendosi a tavola con Yoshirou al seguito, cercando di infilargli i pantaloni nonostante la pancia prominente. Avrebbe dovuto partorire entro due mesi, ma il ventre era talmente grosso da sembrare già pronto per far uscire il neonato. Doveva essere davvero un toro.
- Aspetta Juvia, ti aiuto io – le disse Erza chinandosi verso l’amica. Poi si rese conto che anche lei avrebbe dovuto partorire ad aprile e, sebbene il suo pancione fosse leggermente più piccolo rispetto a quello di Juvia, cercare di aiutare lei era come cercare di infilare le scarpe a se stessa: impossibile.
Lisanna arrivò in suo soccorso ridendo, infilando i pantaloni a Yoshirou che allungò le mani per essere sistemato sulla panchina del tavolo.
- Dunque, che succede? – domandò Gajiru, bernoccolo rosso in testa e cerotto sulla guancia, aria impassibile e leggermente annoiata.
- Stavo per chiederlo prima io – ringhiò Natsu dandogli una testata.
Erza sibilò e i due recuperarono il contegno mentre Gray ghignava.
- Succede che ora dovrete giudicare quale dei nostri due metodi è il più efficace per insegnare ai bambini a distinguere i sessi.
- Semplice! – urlò Elfman intromettendosi. – Un uomo è un uomo!
Tutti i presenti sospirarono di sconforto, tranne Erza che, di fronte allo sconcerto generale, pensò a quelle parole.
- E per le donne? – chiese facendo salire Arashi sul tavolo. – Vai per esclusione? Se non è uomo è donna?
- Scommetto che dirà che una donna è una donna – bisbigliò Lucy a Rebi, facendola ridere.
- No! Una donna è un uomo!
Lo sconcerto generale si amplificò, se possibile, quando Arashi indicò Elfman e gridò: - Donna!
Pochi istanti e le ragazze stavano già ridendo, mentre Gray rifletteva sul fatto che alla fine la bambina non avesse tutti i torti: se una donna è un uomo, come aveva detto Elfman, allora i conti tornavano.
- Sono confuso – mormorò Natsu.
- È normale, ti si sono bruciati tutti i neuroni! – esclamò Gajiru ghignando, di fianco a lui alle spalle della moglie.
- Non mi sembra che il tuo metodo sia molto efficace – argomentò Mirajane una volta ritrovato il fiato. Stava pregustando la vittoria. – Su cosa si basa?
- Sull’utilità.
Le risate cessarono immediatamente.
- Juvia non capisce.
- Semplicissimo. Chi è inutile è uomo e chi è utile è donna.
- E come fa a capire chi è utile e chi non lo è? – chiese Mirajane, per nulla disturbata di fronte alla classificazione di massa dell’uomo come “essere inutile”.
- Glielo dico io – rispose Erza.
- Non vale! – esclamò Mira puntandole il dito contro. – I bambini devono arrivare a capirlo da soli!
- E allora proviamo senza aiuti – incalzò Erza, i capelli mossi da un’invisibile brezza di guerra.
- D’accordo – accettò Mirajane. Si piegò verso Arashi. – Ehi, tesoro, io sono maschio o femmina?
La bambina si fece seria, copia identica di Erza, ma la calma che emanava era tutta retaggio del padre. Alla fine disse. – Succo.
Mirajane continuò a sorridere, mentre le altre ragazze aggrottavano le sopracciglia.
– Vuoi un succo? – chiese la ragazza addetta al bar, allontanandosi quando la bambina annuì.
Quando tornò con un bicchiere di succo in mano, Arashi la indicò e gridò: - Jane femmina!
Gli occhi di tutte si strabuzzarono, sorprese di fronte all’intelligenza della bambina.
Erza si impettì e iniziò a pavoneggiarsi come un maestoso uccello di fronte ad un comune passerotto.
- Devo ammettere che è un metodo niente male, Er…
- Papà! – la interruppe Arashi, rovesciando il bicchiere che andò a sporcare le mani di Youshirou. A contatto con esse, il succo si ghiacciò e il piccolo di appena due anni si allontanò senza battere ciglio. – Papà femmina! – esclamò ancora la bambina.
Gerard, nei soliti panni di Mystogan, si bloccò in mezzo alla gilda e arrossì. Non sapeva chi fra le sue due donne fosse più imbarazzante, a volte.
Laxus ridacchiò mentre Natsu e Gajeel, vicino al tavolo, si tenevano la pancia a causa dello scoppio d’ilarità.
- Papà… femmina? – domandò Lucy, basita.
- Vuoi forse insinuare che mio marito è inutile? – ringhiò Erza, gli sbalzi d’umore decisamente troppo spaventosi a causa dei suoi ormoni.
- No no, non mi permetterei mai! – si schermì la sua amica, avvicinandosi Natsu. Era meglio se veniva pestato lui, invece di lei.
- Che mi dici del nonnino, Arashi? – chiese Mira.
- Jii-chan? – domandò la bimba, confusa.
- Sì, piccolina.
Arashi corrucciò la fronte e arricciò le labbra, riflettendo. – Macchio – decise poi, annuendo sconsolata.
Il povero Master cercò di mascherare le lacrime mentre chiunque, nella gilda, rideva. Si sentiva punto nella sua mascolinità.
- Io? – si fece avanti Rebi, bloccando le mani di Ana che stava battendo con forza sul tavolo, rischiando di farsi male.
Arashi le corse incontro e saltò con entusiasmo a pochi centimetri dal viso di Kinana, che reclinò il collo per vedere quella gigantessa.
- Femmina! – gridò lei, allungando le braccia per farsi prendere in braccio. Si era affezionata tantissimo alla Racconta-favole.
Alla fine però fu Gerard a prenderla in braccio. – Fragolina, Rebi non può tenerti. Ha già Ana a cui badare.
- Ehi, Arashi – la chiamò ancora la ragazza. – Gajiru cos’è?
Tutti si fecero zitti e attenti, e il povero preso in causa iniziò a sudare freddo, mantenendo la solita espressione imperturbabile, ma stringendo la presa sulle spalle della moglie, terrorizzato.
Arashi si dimenò in braccio al padre finché Gerard non la posò sul tavolo. La bimba zompettò fino a Rebi, di nuovo, e Kinana sorrise.
- Gah! – esclamò con la vocina stridula, allungando le mani verso la sua amichetta.
Arashi la guardò con aria di sufficienza, come si guarda uno scarafaggio, e la ignorò. A tratti la odiava e a tratti l’amava, un po’ per gelosia un po’ per antipatia, e quindi da piccola e brava sorella maggiore diventava un’arpia. In quel momento era nella fase diavoletto.
- Gajiu femmina! - gridò battendo le mani e saltellando sul posto, una gamba alla volta. Tutta quell’energia la sbilanciò e Arashi cadde, ma le braccia di Gajiru la circondarono giusto in tempo.
- Femmina! – ripeté lei, sempre più convinta, abbracciando il collo del suo innamorato. O meglio, cercando di farlo, dato che era troppo grosso per le sue braccia sottili.
Inutile dire che Ririi e Rebi stavano piangendo dalle risate, insieme a tutta la gilda. Gray e Natsu si erano appoggiati l’uno all’altro per sostenersi, faticando a respirare.
- Razza di idioti, almeno io sono utile! – ringhiò Gajiru, i canini aguzzi che scintillavano.
- Certo, certo, casalinga – lo derise Gray.
- Sei un po’ ingrassata, cara? Sei così… mascolina – lo sostenne Natsu.
- Ebi, almeno tu – borbottò lui a mezza voce.
- Scusami, tesoro, ma la situazione è troppo carina. Vedessi come sei arrossito – ridacchiò la moglie.
Kinana rideva, acuendo il broncio del padre, perché tutti quei buffi adulti che ridevano erano insoliti.
- La chiamiamo Gajira, Fiammifero? – chiese ancora Gray.
- Basta voi due! Vediamo cos’ha da dire Arashi di voi! Marmocchia – la chiamò, facendola muovere fra le sue braccia, – quei due scemi sono maschi o femmine?
Natsu e Gray si zittirono e osservarono la bambina, leggermente impauriti.
Alla fine, dopo degli interminabili secondi, la piccola scosse la testa con la stessa espressione affranta e delusa della madre, e sentenziò: - Macchi inutii.
Un ghigno ferino si aprì sul viso di Gajiru con un rumore secco e metallico, come se i suoi denti di ferro, cozzando, avessero smosso degli ingranaggi. – Allora, cretini? Io sono utile, almeno.
Gray, senza scomporsi, scosse le spalle. – Mi ha detto che sono un maschio, non cambia molto se sono inutile.
- A te ha detto che sei femmina – sghignazzò Natsu, per poi ricominciare a sganasciarsi sputando fiamme ovunque.
E Gajiru si rese conto di aver perso, perché lui era stato definito donna. Chi se ne importava della sua utilità! Lo aveva definito donna!
Abbassando gli occhi fissò Arashi, che sorrideva contenta. – Mi hai fatto passare un bel guaio, peste.
- No guaio. Gajiu, Gajiu! – urlò saltellando fra le sue braccia.
Gerard si avvicinò sospirando. – Scusala. Le sue intenzioni sono buone, ma… ha un po’ troppo del carattere di Erza – disse, una nota frustrata nella sua voce. Ma se nel tono traspariva una certa rassegnazione, negli occhi brillava l’amore per quella piccola fragolina rossa che Erza gli aveva dato. Era uno sguardo intenso quanto quelli che rivolgeva a sua moglie, e Gajiru capì che la vita è degna di essere vissuta con una sola persona, sempre. Ognuno ha la propria metà che completa perfettamente il proprio carattere, e solo Gerard era in grado di sopportare Erza, portare tanta, tanta pazienza e amarla più di se stesso. Come, del resto, solo Rebi avrebbe potuto amare uno come lui. Anima gemella o no, quello scricciolo dai capelli blu gli era entrato dentro e lo aveva catturato, giurando che non lo avrebbe mai lasciato.
- Gajiru, la tieni un po’ tu? – chiese Rebi, distraendolo.
Meccanicamente, il ragazzo si sporse oltre la moglie e afferrò la figlia, che sorrise e scalciò. Quella piccola Rebi in miniatura.
- Rebi-san, puoi controllare Yoshirou-chan per Juvia? Juvia va in bagno.
Rebi sgranò gli occhi. – Juvia, capisco che sei al settimo mese e l’incontinenza si fa sentire, ma è la terza volta in un’ora!
Gajiru osservò la scena che si presentava sulla panchina sotto di lui con distaccato interesse, mentre cercava di ignorare i suoi cosiddetti amici che ancora ridevano.
- Juvia lo sa, ma non può farci nulla. È tutta bagnata!
Gajiru rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva. Okay, va bene l’aumento del desiderio sessuale e tutto, ma Juvia non era un po’ esagerata?
Mentre la sua più vecchia amica si allontanava, Mirajane iniziò a parlare. – Comunque, Erza, il tuo metodo è assurdo e quindi ho vinto io.
- Ma se ci ha azzeccato in pieno con tutti, praticamente! – disse placidamente Titania, le braccia incrociate sopra al seno ancora più prosperoso per la maternità.
- Veramente ha detto che Gajiru e Gerard sono donne, vedi te!
- Yoshiou macchio! – gridò la piccola, che non riusciva a capire la calma del suo amichetto. Inazuma, sebbene fosse l’emblema della pacatezza, giocava con lei e la faceva divertire. Yoshirou non faceva nulla!
- Vedi? – fece notare Erza, di fronte all’ennesima prova dell’intelligenza della figlia.
Gerard sospirò e fece per allontanarsi con Arashi in braccio. – Inazuma, Yoshirou, andiamo. Qui si mette male. Porterei via anche Daiki, ma con un padre come Natsu ormai ha gli anticorpi.
Lucy aggrottò le sopracciglia, conscia di quel dettaglio. – Grazie comunque, Gerard.
Se lui era messo male con due femmine in casa, e non due qualsiasi, bensì Erza e sua figlia, lei non era certo messa meglio: Natsu, il figlio di Natsu e Happy.
Rebi ridacchiò mentre Kana assisteva alla scena divertita, chiedendosi quando sarebbe toccato a lei il momento della maternità.
La più strana di tutte era Lisanna, che osservava tutto in silenzio, un enigmatico sorriso stampato in viso.
- Tutto bene? – le chiese Rebi a mezza voce.
L’amica si riscosse lentamente e arrossì. – Oh? Certo. Tutto perfetto.
- Mi sembravi un po’…
- Juvia è disperata! – la interruppe Juvia, che a passo svelto stava percorrendo la distanza che la separava dal tavolo delle nakama. – Juvia deve mettere il pannolone perché continua a perdere acqua.
Gray, che si era messo a litigare con Natsu, casualmente, si bloccò e fissò la moglie con perplessità. – Come scusa? Ma i pannolini per non fare la pipì a letto non erano per Yoshirou?
- Sì, Gray-sama. Ma anche Juvia ha questo problema! Gray-sama non lascerà Juvia, vero?
La ragazza si era portata le mani al viso, terrorizzata all’idea di essere abbandonata da un uomo che stravedeva per lei.
- Ma smettila – bofonchiò lui.
- Juvia, da quando hai bisogno dei pannolini? – indagò Lucy.
- Da poche ore fa. Juvia continua a perdere acqua, prima piano e poi sempre di più.
Rebi sgranò gli occhi. – Non è che hai rotto le acque?
La povera incontinente sbarrò gli occhi. – A Juvia mancano ancora due mesi. Non è possibile…
 - Sei troppo grossa, Juvia – fece notare Kana.
- Ma Juvia non è pronta! Juvia deve permettere a Gray-sama di toccare il suo pancione ancora per due mesi! Se non aspetta due mesi, allora Gray-sama non la guarderà più!
Suo marito sbarrò gli occhi, incredulo. Quante boiate stava sparando sua moglie?
- Juvia, andiamo insieme da Polyushika – le disse pacatamente, prendendole la mano.
- Gray-sama non è arrabbiato perché Juvia è bagnata?
Il ragazzo avvampò. Sua moglie che diceva certe cose con aria ingenua, sommate all’astinenza, lo mandavano in paranoia. – No.
- E se fosse pipì?
- Metterai il pannolone… - bofonchiò lui, non esattamente entusiasta all’idea di avere una donna incontinente a venticinque anni.
- Gray-sama non lascerà Ju…
- Gray-sama vuole che Juvia stia zitta – sibilò, trascinandola verso la porta d’entrata e sparendo nella nebbia di febbraio.
Solo dopo alcuni istanti i presenti tornarono a battere le palpebre, perplessi di fronte a ciò che era appena successo. Be’. Era Fairy Tail, non ci si poteva sconvolgere di nulla, ma Fairy Tail con tante donne incinte era una cosa abbastanza nuova, quindi…
- Non fare scherzi – minacciò Erza rivolgendosi alla sua pancia.
Gerard sorrise, di ritorno dalla passeggiata con i maschietti, e le accarezzò il ventre, premurandosi di stare comunque abbastanza lontano da lei. Aveva troppe voglie imbarazzanti in quel periodo, e ci mancava solo che si mettesse a fargli gli attacchi a sorpresa per portarlo a letto. La sua virtù era minacciata dalla moglie, assurdo! O, meglio, quello che un tempo era la sua virtù.
Kinana batté una manina sulla testa della mamma, attirando anche l’attenzione di Yoshirou e Inazuma; Daiki, sul tavolo, gattonò fino a Rebi mentre gli occhi di Lucy non lo lasciavano un momento.
I bambini rimasero a fissarsi in silenzio per diverso tempo, prima sorridendo e poi tornando seri, spostando le pupille da un viso all’altro.
Solo Arashi era annoiata da quella muta conversazione, e faceva di tutto per richiamare l’attenzione di Inazuma e portarlo via per giocare con lei. Con Yoshirou aveva perso le speranze. Prendendolo per la manina, provava a tirarlo per farlo allontanare, ma il bambino continuava a fissare Kinana con interesse. Alla fine Arashi pestò i piedi per terra e fece una linguaccia alla più piccola del gruppo, allontanandosi indispettita.
- Mi sa che abbiamo appena assistito ad una soap-opera infantile – mormorò Gerard ridendo.
- Mi sa che fra qualche anno ne vedremo delle belle con i problemi di cuore – rincarò Gajiru.
- Mi sa che nella gilda avremo un sacco di padri gelosi – ridacchiò Lucy quando Gajiru prese in braccio Kinana e fece capire ai bambini che quella era una sua proprietà e loro dovevano sputare sangue per averla.
Arashi tornò alla carica e si fece prendere in braccio da Gajiru, che si ritrovò così con due bambine in braccio. La piccola Erza in miniatura fissò con astio Kinana, ragionando su cosa potesse essere l’esserino che aveva di fronte.
- Macchio – disse poi, caricando di sdegno quella nefanda parola.
Gerard era leggermente a disagio di fronte alla scarsa considerazione della figlia per i maschi, mentre Erza gongolava tutta: era proprio sua figlia!
 
- Sta partorendo?! – esclamò Lucy un’ora dopo, di fronte alla casa di Polyushika.
Era andata con Rebi, Kinana e Daiki a fare una passeggiata e senza nemmeno rendersene conto si erano ritrovate di fronte alla casa della guaritrice di fiducia di Fairy Tail. Fiducia unilaterale e non ricambiata, ovviamente.
- Sì, che seccatura! Dovete farvi mettere incinte e poi dovete partorire! – sbraitò la vecchia solitamente pacata (solo quando era sola). – Sapete che esistono anche delle precauzioni se proprio volete fare quelle cose sporche con quelle inutilità dei vostri compagni?!
Le ragazze non sapevano come rispondere, e nell’imbarazzo del momento rimasero a fissarla con gli occhi spalancati.
- E ora non potete darmi una mano perché avete in braccio degli altri rumorosi esseri! Qualcuno vada a chiamarmi Wendy, quella bambina almeno è sopportabile.
- Vado io – si offrì Ririi, l’accompagnatore.
Rebi restò nel soggiorno della guaritrice ad occuparsi di Kinana e Daiki. Il piccolo era un sole in miniatura, allegro e spontaneo come il padre e con i tratti dolci come quelli della madre. Kinana non faceva altro che ridere e chiacchierare nel suo linguaggio personale. Lucy aiutò la vecchia brontolona cercando anche di calmare Gray e Juvia. Soprattutto Gray. Juvia si era calmata una volta saputo che suo marito non l’avrebbe abbandonata se avesse partorito in anticipo. Gray, intanto, era andato in crisi. Temeva che sarebbe successo qualcosa alla moglie durante il parto. Se ne stava seduto in quella che doveva essere la cucina di Polyushika, gli occhi inespressivi e fissi su una fumante tazza di camomilla appositamente preparatagli da Lucy. Non era normale partorire con due mesi di anticipo.
- Gray, ora basta – lo sgridò l’amica sedendosi di fianco a lui. – Juvia è forte, non sta per morire di parto. E ora ha bisogno del tuo sostegno.
- Ma…
- Niente ma. Sii uomo. Manca ancora molto al parto, sai che è una cosa lunga, però tu dovrai essere lì. E dovrai essere attivo per aiutare tua moglie, non fare il pesce lesso piagnucolone. Altrimenti, Juvia si preoccuperà per te e si agiterà, così affronterà un parto infernale sia fisicamente che emotivamente.
Gray non diede segno di aver recepito le sue parole.
- Guarda che dico a Natsu che sei stato una mammoletta.
Il ragazzo scattò in piedi e si diresse verso la stanza dove sua moglie era stesa con le mani in grembo e il respiro calmo, gli occhi chiusi. Tornò sui suoi passi e ringraziò Lucy con un piccolo sorriso prima di posare un bacio tra in capelli profumati della moglie.
Una specie di terremoto che cresceva d’intensità allarmò le ragazze, e nel girò di pochi istanti la preoccupazione diventò terrore: era arrivata Fairy Tail.
 
- Dovete proprio venire a casa mia ogni volta che qualcuno partorisce!? – gridò Polyushika, esasperata di fronte all’ennesima lite dei maschi umani. – Se non la smettete vi eviro tutti quanti così non vi vedo più a casa mia.
Ogni ragazzo presente nella foresta si nascose dietro ad una ragazza, le mani a nascondere la loro parte più sensibile.
- Ho bisogno di Wendy, dov’è? – chiese quando fu calato il silenzio.
La ragazzina si fece avanti con le braccia cariche di medicinali e altri oggetti non identificabili che Charle prendeva al volo prima che cadessero.
- Eccomi, Polyushika-san! Ho portato tutto quello che mi mancava.
- Bene, entra e sistema tutto – ordinò freddamente la donna, senza distogliere lo sguardo dagli scapestrati che per il momento non si azzardavano nemmeno a respirare.
- Polyushika-san! – chiamò Mirajane, avanzando tra la folla. – Posso rendermi utile anche io, se lo desidera.
La vecchia grugnì un assenso e la lasciò passare.
- Mira-nee, ti aiuto! – gridò Lisanna.
Questa volta Polyushika sbuffò sonoramente. – Ora però che non mi ritrovi la casa piena di gente! Deve partorire una ragazza, non sta per nascere un drago e non stiamo trovando una cura contro l’essere un essere umano! – gridò. Poi fissò Lisanna, che si stava avvicinando timidamente nonostante la sfuriata.
- Solo… se le serve una mano – mormorò dolcemente la ragazza.
La vecchia curatrice la fissò, basita, senza però lasciar trapelare lo sconcerto. Poi sospirò e si calmò, fissandola negli occhi senza cattiveria. Era questo che rendeva Polyushika la donna temibile che era: i suoi sbalzi di umore.
- Tu no, mi dispiace. Non sopporto l’idea che a breve dovrò farne partorire un’altra, figuriamoci due. Ad Erza manca poco, ma è Erza. Hai idea di quanto urli durante il parto? Me ne bastava uno, di parto, per tutta la vita. Vedi di essere silenziosa tra qualche mese – la minacciò prima di sparire in casa.
Il silenzio innaturale si protrasse per alcuni minuti, mentre Lisanna non accennava nemmeno a fare dietro-front. Una sua mossa avrebbe potuto scatenare il caos, probabilmente.
Ma la verità era che tutti stavano cercando di metabolizzare le parole di Polyushika, cercando di trovarvi un senso. Alla fine fu Rebi a dar forma a quei pensieri. – Lisanna, sei incinta? – chiese a bruciapelo.
Da quanto ne sapeva lei, la loro nakama non aveva una storia. Non era fidanzata o altro.
Ma, invece di negare subito il fatto e asserire che avevano solo mal interpretato le parole della donna, la giovane arrossì. E le mandibole di mezza gilda caddero a terra.
- Sei incinta!? – gridò Natsu, dimentico del fatto che era nel giardino di Polyushika, e sputò fiammate roventi per mostrare il suo sconcerto.
Lisanna si grattò la nuca e fissò il manto erboso, divenuto d’un tratto interessantissimo. – Eh già – disse ridacchiando nervosamente.
Il più calmo di tutti era Elfman. Fatto alquanto strano. Impossibile. Aveva pianto quando aveva scoperto della storia tra Mira e Laxus, aveva pianto al matrimonio, aveva pianto quando era rimasta incinta, al parto, ai primi passi di Inazuma, alla prima volta che aveva pronunciato “Faman”. Invece in quel momento se ne stava fermo con un sorrisetto sardonico ad increspargli le labbra, le braccia muscolose incrociate sul petto.
Di fianco a lui, Makao gli sventolò una mano davanti agli occhi ed Elfman batté le palpebre: sì, era cosciente.
- Stai bene? – gli chiese allora l’amico.
- Certo – rispose lui.
- Stai avendo una reazione… da uomo? – domandò Makao, non sapendo bene come interagire con Elfman. Poteva scattare in un qualsiasi momento.
- Sarà da uomo spaccare la faccia a quella feccia di un uomo mancato – sibilò lui scrocchiandosi le dita delle grandi mani.
- No, Elf-niichan! – esclamò Lisanna, a disagio. – Non serve. È stata una scelta ponderata. Lo volevamo, un figlio…
- Ma sei piccola! – sbraitò il fratello, tremante di rabbia e… troppe emozioni da uomo.
- Ho ventitré anni, nii-chan, sono in grado di prendere certe decisioni da adulti.
Fu così che Elfman realizzò che anche la sua sorellina più piccola era ormai diventata grande e stava per volare fuori dal suo nido. Tirò su con il naso e Makao si spostò prontamente: la fontana stava per dare libero sfogo alle sue lacrime.
- Lisanna! – sbottò, infatti, Elfman, piangendo a dirotto. – Sei così uomo!
La ragazza, emozionata, corse incontro al fratello mormorando quanto sarebbe stato bello per lui avere un altro nipote.
- Scusate… - si intromise Rebi. – Sono l’unica a non sapere chi è il padre?
I borbotti che si levarono dai membri della gilda furono un’eloquente risposta: nessuno ne aveva la più pallida idea.
- Rebi-chan, sei sempre così intelligente e arguta! – esclamarono Jet e Droy ballando un inno alla loro eroina.
Rebi rise e ringraziò i nakama, conscia del fatto che una negazione delle loro parole avrebbe comportato ulteriori lodi per la sua umiltà. Geloso, invece, Gajiru grugnì e si sistemò meglio Kinana in braccio.
- Chi è il fortunato? – urlò Kana, per sovrastare il baccano, riportano la conversazione all’argomento principale.
- Lo conosciamo?
- Non tenerci sulle spine!
- Be’… – esordì Lisanna.
- Non fare la timida, baby – disse una voce, avvicinandosi dal folto del bosco.
Quando un corpo si materializzò sotto alla luce del sole, parecchie mascelle crollarono a terra.
Non poteva essere…
- Aspetta me per annunciarmi, baby – ripeté il ragazzo, la maschera da cavaliere luccicante per i raggi di luce.
- Aspettalo, aspettalo – ribadirono quattro voci in coro.
- Bikslow?!
Il tonfo del corpo del Master che crollava a terra non scalfì minimamente i presenti.
 
La gilda si era addormentata come membra di un unico corpo durante la notte. Natsu aveva acceso un fuocherello che alimentava anche nel sonno, così nessuno aveva freddo. Gajiru si era seduto per terra, con una stuoia sotto al sedere e la schiena appoggiata ad un albero. Sulle sue gambe dormiva Rebi, semisdraiata, con la testa abbandonata lì dove batteva il suo cuore. La piccola Kinana era stata allattata da poco, lontano da sguardi indiscreti, e dormiva con le braccia della mamma e del papà a proteggerla. Avvolti nelle pesanti coperte che Ririi era volato a prendere, non potevano lamentarsi di nulla, eccetto per la durezza del suolo.
Quando i primi raggi di un pallido sole filtrarono dalla nebbia umida si udì un vagito. Gajiru, con il suo sonno leggero, scattò subito in piedi, svegliando Rebi, finché tutta la gilda fu sveglia. Il pianto di un neonato è un’ottima sveglia.
- Makarova, Makarova, Makarova – mormorava il Master come un mantra, i postumi della dormita visibili sul volto rugoso su cui era stampata la sagoma della mano sulla quale aveva dormito. Sperava ancora che qualcuno adottasse quel nome per la propria figlia.
Dopo alcuni istanti di silenzio, Gajiru annunciò: - Maschio.
Un altro maschietto per la mamma marito-dipendente. Povero figlio.
Mirajane aprì la porta di casa per aprire, ma prima di poter dare la notizia esclamò: - Che?! – e corse via sbattendo la porta.
- Che succede? – chiese Lucy, inquieta.
- Natsu, va tutto bene? – domandò Lisanna, facendo affidamento sull’udito del nakama. Anche se assonnato, le sue orecchie erano sicuramente migliori di quelle di tutti.
- Qualcosa non va – mormorò Gajiru senza lasciar trapelare l’ansia che lo attanagliava. Juvia era praticamente la sua prima amica e le era affezionato.
- Cosa? – farfugliò Rebi, stringendosi a lui. Kinana dormiva ancora, cullata da Ririi.
- Juvia sta bene? – chiese Kana.
- Non so… sembra che abbia male…
Un silenzio di tomba calò sul pezzo di bosco occupato da Fairy Tail, mentre la nebbia li avvolgeva facendoli rabbrividire. L’atmosfera era proprio adatta ad un catastrofe, con l’aria umida che si posava su di loro come un sudario.
- Ha male dove?! – chiese Biska.
Ormai la paura stava facendo innervosire tutti, e se i due Dragon Slayer non si fossero dati una mossa si sarebbero trovati contro l’intera gilda.
- Aspetta – bisbigliò Natsu alzando un dito.
Un lamento provenne della casetta, insieme all’inconfondibile rumore di passi concitati e agitazione.
- Ce n’è un altro… - mormorò Gajiru.
- Cosa?
Il Master spalancò gli occhi.
- Un altro… dei gemelli! – spiegò Natsu, sorridendo come un bambino.
- Juvia sta per avere dei gemelli?
- Credo che li stia già avendo. Anzi, praticamente sono tutti e due fuori.
- Ecco spiegato il pancione enorme… - rifletté Rebi.
Pochi minuti dopo, come previsto, un altro vagito riempì lo spazio attiguo alla casa, dando il buongiorno alla foresta e agli animali.
Prima che Gajiru potesse dare il responso, Mirajane corse fuori dalla casa, accaldata e scarmigliata. – Gemelli, maschio e femmina!
Finalmente l’innaturale silenzio e la tensione che avevano costretto i membri della gilda a comportarsi come statue si spezzarono, e Polyushika corse fuori per ordinare a tutti di fare silenzio.
- Juvia sta bene? – chiese Lucy.
- Benone. È una ragazza forte.
- Come si chiamano i bambini? – domandò Rebi, curiosa.
- Umi il maschietto e Nami la femminuccia – rispose Mirajane, entusiasta.
- Umi e Nami… Oceano e Onda. Mi piace! – esclamò Lucy. – Sono nomi perfetti per i figli di Gray e Juvia.
- Be’, io vado a casa – annunciò Kana allontanandosi a passo svelto.
- Aspetta! – la fermò Makao. – Non vuoi nemmeno aspettare di vedere i piccoli o salutare Gray e Juvia?
- No, voglio andare a concepire un figlio. Devo andare a trascinare Bacchus fuori dal bar.
I maghi restarono immobili a fissare il modo in cui la nebbia inghiottiva Kana, come dissolvendola.
- Beata sincerità. Non credevo che ‘fare sesso’ si dicesse ‘concepire’, è una nuova moda? – mormorò Wakaba, accendendosi la sigaretta.
Lucy rise. – Era da un po’ che voleva un figlio, mi sa che ora si è decisa.
- Sa che non può bere da incinta? Se lo sa le passe la voglia…
Le ragazze rabbrividirono al solo pensiero di una Kana incinta e vogliosa dell’unica cosa che non avrebbe dovuto volere: il sake.
- Mi sa che lo scopriremo. Intanto speriamo che Bacchus… un attimo. Da quanto sta con Bacchus?! – domandò Rebi, sgomenta.
- Un bel po’, ma sono stati tira e molla dettati dagli ormoni. La cosa è seria da meno di un anno…
Dei passi pesanti provenienti dall’interno della casa si fecero largo fino all’entrata. – Stupidi umani, andate a fermare quell’ubriacona o mi ritrovo con un’altra donna incinta di cui prendermi cura. Presto!
Il fuggi fuggi generale non impedì a Polyushika di beccare qualche mago in testa con la scopa.
- Non vorrei essere Juvia in questo momento, in balìa di quella vecchia pazza – rivelò Gajiru scappando via con la famiglia al seguito.
- Io mi preoccupo di più per Gray… Fra Polyushika, sua moglie e tre figli…  - fece notare Ririi, ormai perfettamente sveglio.
E infatti le sue parole furono presto confermate da un urlo indirizzato nello specifico ad un certo mago alchimista del ghiaccio, proveniente dalla casa della guaritrice.
- Stupido maschio, la metti incinta di ben due figli! Compratevi una lacrima-televisione, santissimi draghi!
 
 
 
MaxB
Una mia amica mi ha detto che deliro in questi spazi finali, e tecnicamente non ne trovo nemmeno l’utilità. Quindi sono breve.
Ho bisogno, ho altamente bisogno di pensieri positivi per l’uscita del 488 di domani. Spero di trasmettere positività anche a voi.
Non aggiornavo la fic da mesi, ma siccome adesso dovrei finire The Ghost *si automotiva* dovrei riuscire ad andare avanti con LNVI. Finalmente! Voglio finirla questa fic, davvero.
È stata la mia prima storia, un insieme di capitoli che mi ha fatto scoprire che nella vita oltre alla lettura posso vivere di scrittura per scappare dai miei problemi. E la concluderò, non importa cosa succederà nel manga.
Gajeel e Levy resteranno insieme per sempre.
A domani con The Ghost, per chi vuole.
MaxB
 
P.S.: chiedo immensamente scusa per gli errori, se volete segnalarmeli mi fate solo un piacere. Non aveva l’attenzione necessaria a correggere il capitolo come bisognava, quindi…

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Capitolo 41
*** Grande paura ***


Grande paura

 
- Che stai facendo, Rebi?
La donna ignorò il tono di voce allarmato e continuò a trafficare con uova e farina, per poi chinarsi e appoggiare i gomiti sul bancone su cui stava lavorando.
Di fianco a lei, Ririi guardò male il suo compagno, che aveva gli occhi fissi sul lato B della moglie, così ben messo in mostra dalla posizione. Gajiru roteò gli occhi in direzione del gatto, sistemandosi meglio in braccio la piccola Kinana che aveva la schiena appoggiata al petto del papà.
- Ohi! – incalzò poco dopo, quando divenne evidente che Rebi non aveva intenzione di rispondere.
- Che c’è? – chiese lei, lanciandogli un’occhiata di sfuggita prima di pesare la farina.
Se si fosse soffermata troppo sulla vista di Gajiru con in braccio la loro figlia, si sarebbe fiondata da loro per avere un abbraccio. E quello non era proprio il momento.
- Cosa fai con il grembiule e la bilancia… e il ricettario?! Ririi spediscila fuori dalla cucina.
Il gatto scosse la testa ridendo.
- Razza di… allora vieni a prendere Kinana e lasciami portare via Rebi.
Con aria esasperata il gatto si trasformò nella versione di Edoras e prese in braccio Kinana, che guardava i due maschi con curiosità.
- Ma cos… ah! Gajiru mettimi giù subito!
Rebi iniziò a battere i pugni sulla schiena del marito, che se l’era caricata senza avviso su una spalla.
- Non ci penso proprio, la cucina ci serve per mangiare e tu non la distruggerai, capito?!
La ragazza, indispettita, gli spalmò la mano infarinata sulla faccia, facendolo imprecare e starnutire.
- Marito ingrato e insensibile! Stavo facendo un dolce, lo sai che quelli mi vengono bene! E Ririi mi stava aiutando, quindi lasciami.
Gajiru ghignò e le morse una coscia, facendola urlare. – Andiamo a fare un altro bambino? – le propose spudoratamente.
Avrebbe giurato di aver sentito il sangue della moglie correre impazzito nelle sue vene per affannarsi ad arrivare alle sue guance, che in quel momento dovevano essere più rosse del sugo di pomodoro che Ririi aveva preparato il giorno prima.
 Quest’ultimo ringhiò sommessamente, inducendo Gajiru a osservarlo con curiosità. – Sai che non potrai uscirtene con queste simpatiche frasette quando Kinana sarà più grande, vero?
- Perché no? – ribatté Gajiru, perplesso.
A Ririi non rimase altro da fare che sedersi al tavolo della cucina e dar da mangiare ad Ana la mela tritata che le aveva preparato con gli avanzi della torta di Rebi.
Quando la sig.ra Redfox tirò un calcio fin troppo vicino all’organo riproduttore di Gajiru, lui decise di lasciarla andare, incassando senza pentimento lo sguardo bieco della moglie.
- Perché fai un dolce? – le chiese, osservandola mentre finiva di mescolare l’impasto di quella che, a giudicare dall’odore, doveva essere in piena regola una torta di mele.
- Perché così, sapendo che a casa ti aspettano tanti dolci buoni come questo, avrai voglia di tornare prima dalla missione.
Gajiru sorrise lievemente e prese il mento di Rebi tra il pollice e l’indice, costringendola a guardarlo. La conosceva così bene da riconoscere senza indugio la preoccupazione che tentava di mascherare con un sorriso, lampante nei suoi occhi. – Sei tu, e sono Kinana e Ririi a farmi desiderare di non partire nemmeno – la corresse, tenendola inchiodata con lo sguardo. – Sai che bene che non partirei, se fosse per me, ma è necessario. Una missione di quattro giorni non è poi così lunga, piccoletta. Le missioni brevi fruttano qualcosina lo stesso, ma sai bene che con quelle lunghe saremo a posto per più tempo.
- Almeno portati via Ririi – lo pregò Rebi, abbracciandolo e abbandonando l’impasto della torta.
- No, deve stare qui con te e Kinana, lo sai.
- Ma ho le ragazze che potrebbero darmi una ma…
- Il figlio rompiscatole di Natsu tiene impegnata la coniglietta ventisei ore su ventiquattro, Erza ha partorito da poco, Juvia è tutta presa dai gemelli, da Yoshirou e da Gray-sama, Kana fa solo disastri con la sua astinenza da sake e la sua pancia enorme e Lisanna dovrebbe partorire a breve. Devo continuare?
Rebi sbuffò. – No, ho capito.
- Tranquilla, Rebi – intervenne Ririi, attirando l’attenzione su di sé e sulla piccola. – Kinana ti terrà così impegnata da farti dimenticare di tuo marito.
- Ehi – borbottò lui, risentito.
Rebi ridacchiò e si staccò dal coniuge per andare a prendere la figlia. – Ririi finisci tu la torta? Io vado a vestire Ana così salutiamo papà tutte belle agghindate.
Il gatto strinse di più la piccola e, guardando il nakama, la spostò per metterla fuori dalla portata della madre. – Ma cos…? – protestò lei, prima di venire interrotta dalle braccia possessive di Gajiru.
- Ti do dieci minuti, razza di maniaco – borbottò Ririi, imboccando di nuovo una perplessa Kinana.
Gajiru ghignò e, afferrata la moglie, si fiondò in camera, depositandola sul letto. – Ma che fai? – chiese ancora lei, spiazzata.
- Ti do l’opportunità di ricordarmi perché non ho nemmeno voglia di partire – chiarì lui, leccandosi le labbra prima di chinarsi su di lei.
Rebi scoppiò a ridere e aprì le braccia per accogliere il marito contro il proprio petto, dove Gajiru prese posto senza farselo ripetere. – Che razza di scemo che sei.
- Mi hai sposato tu, sai?
- E lo rifarei, pensa che sciocca – ridacchiò lei. Poi si fece seria e lo spinse a guardarla negli occhi. – Mi raccomando, torna presto – gli ordinò, compunta.
- Tornerò prima di quanto pensi – le assicurò, allungandosi per baciarla. – Oh sì – mormorò poi, baciandola ancora e ancora, - molto presto… molto.
Rebi rise e si abbandonò al suo calore, sempre gradito nonostante l’appiccicosa afa di luglio.
 
- Mi manca Gajiru – mormorò Rebi per la terza volta, quel pomeriggio.
Gajiru era partito solo da qualche ora, e la ragazza era andata in gilda con Kinana per cercare di ingannare il tempo. Ririi le aspettava per cena con la promessa di un frigo nuovamente pieno e di una cena succulenta e dimentica-Gajiru.
- Ormai voi due vivete in simbiosi – la prese in giro Lucy, cercando di tenere fermo Daiki.
- Iosi! – ripeté il bimbo, battendo le mani e ridendo.
Kinana scalpitò in braccio alla madre, palesando il suo ardente desiderio di essere deposta sul tavolo con il suo amichetto grande.
- Iosi mama, iosi! – strepitò quando Lucy non gli diede retta, battendole la mano con forza.
- Sì, Daiki, ho capito. Bravo che mi sai dire simbiosi, bravissimo. Ora dì e fa silenzio – lo pregò Lucy.
- Iosi enzio! – urlò lui, ridendo.
Lucy guardò l’amica, sconsolata. – Kinana non ha ancora iniziato a ripetere i suoni?
- Un pochino – ammise Rebi, facendo avvicinare la figlia a Daiki. – Chiacchiera tanto soprattutto di mattina e per la maggior parte del tempo ripete le vocali. Fa fatica a ripetere suoni complicati come fa Daiki.
- Guarda, è solo una fortuna. Natsu non fa altro che ripetergli parole assurde dalla mattina alla sera, ridendo con Happy quando Daiki le ripete e le distorce. A volte mi sembra di avere in casa tre bambini, di cui Daiki è il più intelligente.
- Ente! – esclamò lui, confermando le parole della madre.
In quel momento l’attenzione di Rebi fu catturata dall’arrivo di Gerard, che depose per terra un’energica Arashi. La bambina di ormai quattro anni corse verso Inazuma e Yoshirou, i più grandicelli, e ordinò loro di giocare con la palla.
Gerard scosse la testa e si diresse verso le ragazze, visibilmente stremato.
- Che brutta cera! – fece notare Mirajane, che mise sul tavolo due succhi di frutta e un po’ d’acqua.
- Non vedo l’ora di andare in missione per recuperare un po’ di forze – ammise Gerard, lasciandosi cadere sulla panca di fronte a Lucy e Rebi.
- Problemi con Shizuka? – indagò Mira, premurosa.
- No, no, Shizuka è il minore dei mali. Diciamo che la tattica dei nomi ha funzionato. Ho costretto Erza a chiamarla Shizuka perché è un nome che ha a che fare con l’esercizio del silenzio, visto che Arashi significa tempesta e la mia bimba è un vero terremoto. Per ora Shizuka è un angelo e dorme come un ghiro, anche se Erza è parecchio stanca. Per questo è rimasta a casa oggi.
Mirajane annuì sorridendo, lanciando un’occhiata a Inazuma, che giocava a palla con un riottoso Yoshirou e un’invasata Arashi.
- Almeno una delle tue tre donne doveva essere calma, Gerard – lo prese in giro Lucy, strizzandogli l’occhio per fargli capire che anche lei, purtroppo, era nella sua stessa situazione.
- Guarda, penso proprio che Shizuka diventerà la mia preferita – ammise lui, anche se l’amore per tutte e tre le sue donne era lampante nei suoi occhi. – Per quanto mi facciano ammattire, non le cambierei con nulla al mondo, sono un regalo che ancora credo di non meritare.
Rebi gli posò una mano sul braccio, sorridendogli teneramente. – Te le meriti, Gerard, tranquillo. Anche se a volte, più che meritarle, sembra una punizione averle.
Il ragazzo ridacchiò prima di voltarsi per assicurarsi che la piccola Arashi non stesse infliggendo pene corporali a nessuno o che, peggio, non le stesse chiedendo per se stessa.
- Poca gente comunque oggi, o sbaglio? – chiese quando riportò l’attenzione sulle due ragazze di fronte a lui. Mirajane era tornata al lavoro senza dire una parola.
- C’è molta calma. Gray, Gajiru e Natsu sono in missione per conto loro, Juvia è lì che dorme con Umi e Nami in braccio e Yoshirou per ora ha ancora i vestiti addosso. Lisanna è al settimo mese e ha le caviglie così gonfie da non riuscire a camminare, mentre Kana ha costretto Bacchus a portarla a fare un giretto romantico per distrarsi dalla voglia di sake.
- Kana un giretto romantico? – indagò Lucy, scettica.
- Sì, era nel suo momento dolce. Probabilmente le passerà presto e trascinerà Bacchus dietro a qualche albero per fare un altro figlio, anche se la sua pancia è già occupata dal pargoletto scalciante di cinque mesi.
Gerard sogghignò e subito dopo sbiancò. Scattò fulmineamente verso Arashi, che poco distante aveva tirato la palla addosso ad Inazuma e preparato un pugno diretto verso la testolina blu scuro di Yoshirou.
Lucy e Rebi scoppiarono a ridere quando lo videro prendere in braccio la figlia e sgridarla pacatamente eppure con fermezza. Le ragazze avevano scoperto a discapito dei loro timpani quanto sensibile fosse la piccola Arashi, che scoppiava a piangere come un’ossessa se la si svergognava in pubblico.
- Sai qual è il bello? Che Arashi, sebbene sia incontrollabile e ti sproni al compimento di un omicidio infantile, è adorabile – commentò Lucy, fermando Daiki prima che una caduta frontale gli facesse spuntare un bernoccolo bluastro in fronte.
Rebi rise e annuì, bloccando il tentativo della figlia di scappare via carponi.
Quando Ririi, alcune ore dopo, raggiunse le due donne per andare a casa, Rebi venne colta da un eccessivo senso di depressione dovuto dalla mancanza di Gajiru. Per una volta rimpianse i lacrima-comunicatori che un tempo aveva usato durante le avventure al Concilio con il marito. Mettersi in contatto con lui non sarebbe stata una cattiva idea.
Ririi intuì i suoi pensieri e, nel tragitto verso casa, le passò affettuosamente un braccio attorno alle spalle, stringendola a sé e a Kinana, che si era appisolata in braccio suo.
- Vedrai che starà benissimo – le mormorò fiducioso.
Rebi gli sorrise e lo abbracciò a sua volta sapendo che, anche se il pelo del suo nakama non era minimamente paragonabile al calore del corpo tonico di Gajiru, con lui e Kinana nel lettone avrebbe scacciato il freddo dal suo cuore per i giorni che avrebbe trascorso lontana da suo marito.
 
Come Ririi aveva previsto, Kinana tenne occupata la mamma fin troppo, in quei giorni.
La mancanza della presenza statuaria e austera di Gajiru, che la inducevano ad imitarne lo stoicismo, si fece sentire, e la piccola si tramutò in una vispa peste. Le favole che la mamma le leggeva, cullandola, vennero sostituite da fughe silenziose a carponi per tutta la casa, e sia Rebi che Ririi faticavano a scovare i suoi nascondigli. I giochi tranquilli con cubi e triangoli o fogli su cui scrivere vennero sostituiti da un’insana voglia di diventare una percussionista, che si traducevano in sbatacchiamenti di mestoli di legno presi da chissà dove contro divani, sedie, pavimenti e mobili facilmente graffiabili. Persino i suoi allegri gorgheggi e chiacchiericci a base di “a”, “i” ed “e” si tramutarono in urla e canzoni cantate a squarciagola che prima facevano sorridere e poi piangere Ririi e Rebi.
La mattina del quarto giorno, Rebi si era quasi dimenticata dell’imminente ritorno del marito.
Gajiru rientrò in mattinata, quando Ririi si era appena allontanato per andare a fare la spesa e comprare un ciuccio nuovo, visto che i piccoli eppure inconfondibili canini dragheschi di Kinana avevano dilaniato l’ultimo che possedeva.
La porta di casa si aprì silenziosamente mentre Rebi, in soggiorno, stava giocando e chiacchierando con Kin, sperando che dicesse “mamma” prima dell’arrivo del papà, in modo da sbatterglielo in faccia. Si accorse che qualcuno era entrato solo grazie allo spiraglio di luce che si allungò sul pavimento del corridoio, giungendo fino al soggiorno.
Rebi si bloccò nel bel mezzo di una risata contenta di Ana. – Ririi, sei già tornato?
In risposta ottenne solo un rustico, stanco e inconfondibile grugnito.
- Gajiru! – esclamò allora lei, saltando in piedi e portando con sé la piccola. – Gajiru sei tor… che ti è successo?!
Giunta di fronte al marito, che si trascinava fiaccamente verso di lei, Rebi si bloccò. Era pallido, con gli occhi rossi, cioè più rossi del solito, e lucidi e il corpo visibilmente stanco, insieme a qualche ferita di prassi di cui lei aveva imparato a non curarsi più.
- Che ti è successo? – ripeté correndo verso di lui, accarezzandogli un taglio sullo zigomo con la punta delle dita, tenendo Kinana ferma con il braccio libero.
- Aaaààaa – disse la piccola, pacata e timorosa di fronte al cambio d’umore della madre.
Gajiru cercò di sorridere, con scarsi e, anzi, penosi risultati, e appoggiò la guancia contro la mano della moglie. – Niente, sarà un po’ di chinetosi, perché? – biascicò, facendosi strada fino al divano.
Rebi, stupita, lo seguì e si sedette sul bordo del sofà su cui lui si era lasciato cadere, esausto. – Non è chinetosi, non sei verde e non sono questi i sintomi – insistette, ravvivandogli i ciuffi di capelli che gli erano ricaduti sugli occhi.
Lui grugnò nuovamente e le diede le spalle. – Ho solo sonno, un pisolino e torno come nuovo. Ho dovuto fare un po’ di spionaggio notturno.
Dubbiosa, Levy si mise Kinana sulle ginocchia e assisté il marito mentre la piccola scalava la schiena del papà e si piazzava di fronte al suo viso, seria e scrutatrice.
- Ehi, piccola – la salutò lui a mezza voce, pizzicandole dolcemente una guancia. – Fai un po’ di nanna con papà?
Kinana fissò a turno i genitori prima di scoppiare a piangere. Rebi si affrettò a recuperarla e cullarla, e la posò a terra solo quando si fu calmata. Le diede il peluche di un gatto che assomigliava moltissimo a Ririi e tornò ad occuparsi del marito mentre la piccola mormorava complicati discorsi al suo amico imbottito.
- Gajiru ti porto a letto – lo informò, iniziando a slacciargli i pantaloni e a sbottonargli la maglia, imponendosi di non sbuffare. I suoi abiti da missione erano una sfilza infinita di borchie, ganci, aggeggi inutili che servivano solo a soddisfare il gusto stilistico di Gajiru e che lei odiava nel momento in cui doveva toglierli. Per quanto lo trovasse attraente in quei vestiti un po’ consunti e oculatamente pensati per sembrare quasi sciatti, perdeva la voglia di spogliarlo quando allungava le mani sulla sua cintura e la scopriva essere più inespugnabile di una cassaforte.
- Piccoletta, non che tu non sia sessualmente attraente, ma al momento sono proprio stufo e…
- Gajiru ti porto a dormire, non ti porto in camera per legarti al letto e approfittarmene di te! – lo redarguì, una punta di divertimento nella voce. – Dài, muoviti – lo spronò, passandosi un suo braccio attorno alle spalle e costringendolo a mettersi seduto sul divano, sorda alle sue proteste. – Datti una mossa, che Kinana sembra aver ingoiato dinamite ultimamente e sarebbe in grado di distruggere tutto il soggiorno mentre noi facciamo il tragitto divano-letto.
Lui bofonchiò qualcosa e si lasciò trasportare su per le scale, ghignando stancamente di fronte agli sbuffi di fatica che Rebi emetteva quando il suo peso le crollava addosso, passo dopo passo. Per quanto cercasse di non appoggiarsi troppo a lei, la fiacchezza stava lentamente allungando gli artigli sui suoi muscoli fino alle ossa, lasciandolo sempre più debole e spossato. Quando si lasciò cadere di peso sul letto, gemette e si raggomitolò come un bimbo nel ventre materno.
Rebi corse in bagno a mettere nel cesto della biancheria sporca i suoi vestiti sudici e a prendere un termometro. Quando raggiunse Gajiru vide che stava già per lasciarla e addentrarsi nel mondo dei sogni, ma il suo agognato pisolino avrebbe dovuto aspettare.
- Tieni questo sotto l’ascella mentre vado a prendere Kin – gli comandò sollevandogli un braccio per posizionarvi il termometro.
Fortunatamente la bimba, quasi consapevole della situazione non ordinaria, era rimasta immobile ad abbracciare il peluche del gatto, gorgheggiando e chiacchierando a modo suo.
Se solo Ririi fosse stato a casa avrebbe lasciato a lui la figlia, ma in quel momento era impossibile, così come lasciare da sola la piccola pulce piena di energia.
- Mostrami il termometro – ordinò Rebi una volta giunta in camera, cercando di non allarmarsi di fronte al respiro affannoso e alla stanchezza inusuale del marito.
Gajiru bofonchiò una risposta inintelligibile e rimase immobile.
Rebi gli estrasse il termometro senza fiatare, dopo aver posato Kinana sul letto.
La piccola si raggomitolò accanto a papà e gli diede uno dei suoi baci, a bocca aperta e senza schiocco, sulla guancia. Di solito Gajiru rideva, ma non quella volta. La piccola si rabbuiò e lo abbracciò stretto, ottenendo finalmente una reazione positiva: il papà alzò il braccio e la premette contro il proprio petto, intrappolandola contro di sé.
- Hai la febbre altissima Gajiru. Dimmi che è una semplice influenza e non un qualche tipo di veleno, per favore – lo informò Rebi, sedendosi nell’angolo del letto, accanto ai piedi gelidi del marito. Il resto del corpo era in fiamme come se fosse lui, in realtà, il Dragon Slayer del Fuoco.
- Non è veleno – la rassicurò lui. – Erano tutti malati in quella città… - biascicò poi, aprendo un occhio ancora più rosso del solito. – Mi sarò preso l’influenza come loro.
- Rebi? – chiamò Ririi salendo le scale. – Tutto a posto?
La ragazza attese che il loro nakama entrasse nella stanza, ma la sua espressione imperturbabile non lasciò trasparire l’ansia per quella situazione. Nel mostrare emozioni era proprio come Gajiru: impassibile, quasi statuario come il compagno. – Che succede?
- Gajiru ha l’influenza. Febbre alta – spiegò.
Ririi ghignò e si avvicinò al letto, alle spalle del malato. – Preparo un brodino di pollo per il deboluccio malaticcio?
In risposta ottenne solo un debole grugnito, e non il pugno che tutti, compresa Kinana, si aspettavano di fronte ad una provocazione così spudorata.
- Caspita! Se non fosse una semplice influenza direi che è quasi in punto di morte – esclamò Ririi. – Brodo di pollo sia, allora!
Senza aggiungere altro, Ririi lasciò la stanza confabulando fra sé riguardo a quali fossero le cose migliori da preparare per guarire Gajiru senza medicinali.
Rebi accarezzò la fronte del marito e decise che aveva davvero troppa febbre per farlo alzare dal letto. La doccia avrebbe dovuto attendere. In silenzio fece la spola tra il bagno e il letto per prendere disinfettanti, cerotti e garze e ripulirgli almeno le ferite esposte. Gajiru non emise un verso mentre la moglie lo medicava, il suo respiro affaticato era l’unico suono udibile.
Rebi lo ripulì, gli mise dei calzini caldi e puliti e prese una pesante coperta dall’armadio, adagiandola dolcemente sopra al marito e alla figlia, che si era addormentata grazie al tepore del corpo del papà. Nonostante Gajiru stesse male, Rebi non poté trattenere un sorriso orgoglioso alla vista dell’uomo che amava abbracciato alla loro figlia.
Era una visione a cui non si sarebbe mai abituata.
 
Quella notte, messa a letto Kinana, più tranquilla del solito, Rebi si concesse una doccia prima di infilarsi a letto con il marito.
Era riuscita a fargli fare una doccia veloce dopo averlo fatto mangiare, e ora se ne stava silenzioso e infreddolito sotto il lenzuolo estivo e la coperta pesante.
Rebi si allontanò da lui subito dopo esserglisi avvicinata. – Scordati di toccarmi, questa notte. Sei una stufa ed è fine luglio. Non ho intenzione di farmi un bagno di sudore a causa della tua febbre.
- Grazie – borbottò lui, dandole le schiena.
Rebi ridacchiò e gli accarezzò i lunghi capelli, costringendolo a girarsi verso di lei. Allora gli prese una mano e se la portò all’altezza del seno, lì dove batteva il cuore, addormentandosi lontano da lui eppure sempre in contatto.
- Grazie – ripeté lui, sinceramente, lasciandosi scivolare nuovamente nel sonno.
 
Due giorni dopo Gajiru era praticamente guarito, ma Kinana aveva qualcosa che non andava.
- Posso capire che la presenza del papà, che incute un po’ di timore anche se Kin si fida ciecamente di lui, possa calmarla, ma rispetto a cinque giorni fa è quasi amebica – commentò Rebi una mattina quando, dopo aver svegliato la figlia per andare in gilda, non si ritrovò le orecchie sanguinanti a causa delle urla gioiose di buongiorno della figlia.
- Eppure ieri sera l’ho messa a letto prima del solito – farfugliò quando la piccola si stropicciò gli occhi e si accoccolò contro il petto materno, senza blaterare come suo solito o toccare la mamma ovunque.
- Cosa stai farneticando, piccoletta? – domandò Gajiru scompigliandole i capelli, mentre serviva la colazione con efficienza da ristoratore esperto.
Ririi stava leggendo il giornale seduto a tavola, per una volta servito e non servitore. – Che succede a Kin? Ha tutte le guanciotte rosse – fece notare, sporgendosi sul tavolo per pizzicare dolcemente la gota esposta della piccola.
Inavvertitamente, Kinana mugolò capricciosamente e iniziò a piangere senza versare lacrime, lamentandosi e frignando.
- Be’? – la apostrofò Gajiru, versando il latte nella tazza della moglie senza nemmeno guardare. – Cosa sono questi capricci, Ana?
La bambina brontolò un altro po’ e si nascose nel petto della madre. Si rifiutò di mangiare e persino Gajiru, testardo di natura, perse la voglia di lottare con sua figlia per farle consumare la colazione, e la lasciò rimanere in stato catatonico abbarbicata contro la mamma.
 
La situazione in gilda non migliorò, e nemmeno Daiki riuscì a risvegliare e far ridere la sua piccola amichetta. Persino Arashi, idolatrata da Kinana per la sua forza di volontà e la sua spiccata autorità femminile, non riuscì a riscuoterla da quel torpore febbrile in cui era caduta lentamente e inesorabilmente.
- Temo che abbia la febbre – annunciò in tarda mattinata Rebi, convinta dallo strano comportamento della figlia e dalla sua elevata temperatura corporea. – Del resto, Gajiru è appena guarito da un’influenza in piena regola e Ana non ha ancora sviluppato chissà che anticorpi.
- Effettivamente è plausibile – confermò Lucy, costretta a giocare con suo figlio al posto di Kinana. – Magari si ammalasse il mio – sbuffò poi, insofferente.
Per quanto amasse suo figlio, avere in casa tre maschi del calibro di Daiki, Natsu e Happy era un vero calvario, persino per Lucy.
- Non vedo l’ora che cresca per mandarlo a giocare con Yoshirou e gli altri – aggiunse poi, guardando con invidia i più grandicelli che si divertivano tra di loro, senza bisogno di una presenza costante a controllarli perché non dessero accidentalmente fuoco a qualcosa. Be’, per fortuna Daiki non aveva ancora manifestato il suo potere.
Rebi ridacchiò, lanciando all’amica un’occhiata comprensiva, prima di alzarsi e portare la figlia con sé. Kinana non si era staccata da lei da quella mattina e non si sarebbe meravigliata se, una volta deposta a letto, avesse trovata una piccola rientranza a forma di Kinana nel proprio petto.
Mirajane, onnipresente grazie alla velocità con cui serviva ai tavoli, si materializzò di fianco a loro. – Vuoi prendere qualche medicinale dell’infermeria?
- No no, grazie. Ho ancora qualcosa avanzato tra i medicinali che ho usato per far scendere la febbre a Gajiru. Se proprio la situazione dovesse peggiorare proverò a portarla da Poryushika.
Dopo aver informato il marito e Ririi della situazione, Rebi si diresse verso l’uscita salutando tutti i presenti, con la famiglia al seguito.
Non avrebbe mai potuto prevedere il terrore bruciante che di lì a poco tempo le avrebbe dilaniato le viscere dalla paura.
 
Verso sera era ormai assodato che Kinana avesse la febbre, e la piccola passò quasi tutta la giornata a dormire un sonno agitato pieno di mugolii e lacrime silenziose che le sfuggivano dalle ciglia.
Ririi vegliò su di lei come se ne andasse della sua stessa vita, mentre i due genitori se ne stavano relativamente tranquilli.
- Ririi mi fa venire l’ansia – annunciò Gajiru dopo cena, entrando in biblioteca.
Rebi si stava occupando della sistemazione di alcuni nuovi libri, così aveva lasciato al marito il compito di riordinare la cucina. Ririi non si era voluto allontanare da Kinana e gli avevano portato la cena in camera della piccola.
- Lo sai quanto è apprensivo quando si tratta di Kin – asserì Rebi, occhiali calati sul naso e sguardo concentrato.
Gajiru rimase in mezzo all’enorme stanza con le braccia conserte, leggermente angustiato. – Lo so, ma… cavolo, sembra che debba morire. È solo febbre, giusto?
Rebi sorrise leggermente e si voltò per guardare il suo uomo, imponente e massiccio quanto una libreria, ma decisamente più caldo e morbido da abbracciare. – Certo, stai tranquillo. Le hai solo passato l’influenza, inavvertitamente. Vedrai che ne uscirà più forte nel giro di pochi giorni.
- Sì?
- Sì, assolutamente.
Silenzioso come un’ombra, Gajiru la circondò da dietro con le braccia forti, arrivando a coprirle quasi l’intero busto. Senza proferire parola, tenne la moglie stretta a sé, in un atteggiamento dolce che poche volte, per quanto amasse Rebi, si concedeva di manifestare.
Lei si abbandonò al suo corpo caldo e coprì le sue gigantesche mani con le sue, piccole e affusolate.
- Ehi – sussurrò dopo un po’, come per scacciare quel caldo torpore in cui il corpo di Gajiru era sempre capace di condurla. – Gajiru, va tutto bene, davvero.
- Mh-mh – annuì lui, sfregando il viso contro i suoi capelli. – Lo so, ma ho scoperto che questa è una posizione alquanto comoda.
Rebi rise e si avvicinò ad un pouf enorme posato sul pavimento in moquette, trascinando Gajiru con sé. – Dài – lo spronò – siediti che ti leggo una favola.
Lui obbedì e, stravaccandosi sul morbido divanetto, aprì le braccia per accogliere la moglie. Quando Rebi gli si fu accoccolata contro, però, le bloccò le mani e le sottrasse il libro, posandolo lì di fianco.
- Che succede? – indagò lei, perplessa.
- Mi sono appena ricordato che è da parecchio che non stiamo insieme come si deve, tra la missione e l’influenza.
Rebi ridacchiò sentendo il suo tono un po’ riflessivo e insinuante, e si mise a giocherellare con le sue mani. – Quindi?
- Quindi vorrei recuperare, no?
Rebi si voltò e fece in modo di sedersi tra le sue gambe, con la testa contro la sua spalla e le gambe piegate, come una sposa. – Mmh… - mormorò, assorta, accarezzandogli il petto.
- Però così sto bene – aggiunse poi lui, portandosi le braccia dietro la testa e stravaccandosi ancora di più. – Leggi, dài, abbiamo tutta la vita per recuperare.
Ridendo, Rebi si riappropriò del libro, che tornò al suo posto, per terra, non molto tempo dopo, sfuggito a delle mani divenute troppo stanche per sorreggerlo.
 
Quando Ririi andò a svegliarli, i due erano ancora addormentati sul pouf nella biblioteca.
Rebi si alzò sentendo subito l’indolenzimento dei muscoli farsi strada fino a raggiungere il cervello e l’intero sistema nervoso, facendola sentire rattrappita come una vecchia e annodata come un vecchio albero. Doveva aver passato troppo tempo in quella posizione inadatta per dormire, sopra Gajiru, ma la luce che non filtrava dalle finestre le fece intuire che era ancora notte.
Gajiru si stiracchiò scompostamente, urtando sia la moglie che Ririi nel mentre, e sbadigliando sonoramente aprendo la bocca quanto un leone o un drago.
Nonostante i residui di quel sonno profondo che avevano condiviso stesse ancora annebbiando le loro percezioni, bastarono poche parole di Ririi per svegliarli meglio di quanto avrebbe fatto un salto nel vuoto o una secchiata d’acqua gelida: - Qualcosa non va con Kin.
A tempo record si ritrovarono nella stanzetta della bimba, che respirava affannosamente, tremava, rabbrividiva, sudava e bruciava di febbre.
Mantenendo il sangue freddo, Rebi abbassò subito la sponda del letto che impediva alla piccola di cadere di notte, e si sporse verso di lei. Una bacinella di acqua fresca in cui galleggiavano delle pezze pulite, sommata alla vista degli occhi stanchi e opachi di Ririi, fecero capire a Rebi che il gatto premuroso aveva vegliato su sua figlia per quasi tutta la notte. E il panico nei suoi occhi calmi e tranquilli le confermarono che quella era un’emergenza.
Alle sue spalle, Gajiru rimaneva in piedi, immobile, ma Rebi non aveva tempo per guardarlo e accertarsi che respirasse. O forse non voleva proprio voltarsi, terrorizzata all’idea di cogliere nel suo sguardo impenetrabile una paura uguale, se non addirittura superiore, alla sua.
- Che cos’è successo? – chiese a Ririi dopo aver accarezzato la fronte bollente della figlia, scostandole dal viso umido e bagnato i violacei capelli ribelli, come i suoi.
- La febbre è aumentata ed è circa mezz’ora trema come una foglia, ma se la copro inizia a sudare e si riempie di macchie rossastre. Da pochi minuti ha cominciato a sudare anche senza che la coprissi.
Sotto i loro occhi sbarrati, Kinana gemette e rabbrividì così tanto da fare un piccolo salto nel letto. A quel punto iniziarono le convulsioni, che durarono alcuni secondi che parvero un’eternità. La bambina spalancò gli occhi, ciechi, che si rovesciarono all’indietro, lasciando in mostra solo il bianco del bulbo oculare.
Fu allora che Gajiru si riscosse.
Afferrata una coperta, prese la figlia in braccio in un unico movimento fluido e agguantò la mano della moglie.
Subito dopo le porse la figlia e chiamò Ririi, bloccato dall’impotenza e dalla paura.
- Portale da Polyushika subito. Okay, Ririi? Subito! – gli ordinò, spingendolo fuori dalla porta.
- E tu? – chiese Rebi, la bocca secca e gli occhi lucidi.
Proprio quando lei rischiava di perdere il sangue freddo di cui aveva assoluta necessità in quel momento, Gajiru si era imposto la calma e sembrava avere una fiducia e una pacatezza di cui lei si riteneva incapace. Se non avesse avuto la figlia tremante in braccio, si sarebbe messa ad urlare o avrebbe dato di matto in qualche altro modo. La stretta ferma del marito sulle spalle, però, le fece tenere i piedi per terra, letteralmente, perché quelle mani che tanto amava sembravano volerle scavare pelle e ossa.
- Io arrivo, prendo alcune cose che possono tornare utili. E poi non possiamo andare entrambi con Ririi, lo sai.
Il suo sguardo limpido le diede coraggio e Rebi, senza indugiare o mettersi a rimuginare, perdendosi in elucubrazioni di cui nessuno al momento aveva bisogno, si sporse per dargli un rapido bacio sulle labbra.
Poi uscì e corse in camera sua con Ririi e Kinana in braccio, dove spiccarono il volo dalla balconata.
Gajiru si concesse subito una rapida doccia fredda prima di caricarsi uno zainetto sulle spalle, chiudere la casa e correre nella foresta come se avesse il fuoco alle spalle. O la morte nel cuore.
 
Il silenzio che aleggiava intorno alla casa di Polyushika lo spaventò, invece di calmarlo. Per una volta rimpianse il casino della gilda, la baraonda di gente, il cozzare dei boccali di birra o il frantumarsi delle sedie, le urla di guerra e l’odore di umanità, che indicavano, anche se in modo un po’ alternativo e sicuramente non nobilitante, vita.
Il silenzio e il gelo improvviso di quella notte di luglio gli ricordavano un mortorio. E l’ombra di Ririi che, in forma di gatto, volteggiava sopra la sua testa con le mani attorno al viso non alleviò quell’inquietudine.
- Ehi, che succede? – sibilò, per non rompere quell’irritante silenzio che sembrava un vetro sottile tra la realtà e la tragedia.
- Non lo so – rispose Ririi atterrando. – Ha voluto solo Rebi dentro.
Gajiru era talmente sconvolto e incapace di ragionare da riuscire a percepire solo il rumore del silenzio. Quell’assordante assenza di suono che moltiplica la consapevolezza del proprio battito cardiaco e del proprio respiro, annullando il frinire dei grilli, lo stormire delle fronde, il respiro della notte e la presenza di altri accanto a sé.
- Non piange – fece notare Ririi, riferendosi a Kin.
Gajiru non trovò nulla con cui ribattere, né la voglia di farlo.
Cosa poteva significare il fatto che non piangesse? Perché Ririi lo aveva detto? Era un commento tanto per dire qualcosa, o sottintendeva altro?
Voltò la testa di scatto quando sentì un respiro strozzato di Rebi e poi l’assenza del suo respiro, come se lo avesse trattenendo. Mormoravano, lei e Polyushika, la prima quasi boccheggiando e la seconda calma nonostante una punta di agitazione nella voce.
Gajiru si trovò dentro la casa prima ancora di condensare in pensieri le sue azioni, e la vecchia maga non si prese nemmeno la briga di cacciarlo fuori.
Kinana aveva le convulsioni, gli occhi rovesciati, la pelle madida di sudore e coperta di pelle d’oca, il respiro rantolante.
Rebi la fissava intontita, come un cerbiatto davanti a dei fari, le lacrime che sembravano scavarle un solco nelle guance rosse.
A tratti la pelle della bambina sembrava tendersi, indurirsi e ingrigirsi in modo innaturale, facendola quasi inarcare.
- Vecchia…
Bastò quell’epiteto per indurre la donna a parlare, mentre inumidiva la fronte della piccola e le girava intorno come una mosca sul cibo, tergendole il sudore e accarezzandola.
- Ha un rigetto della magia – sancì, laconica.
Ririi, silenzioso come un’ombra, fu l’unico a rispondere. – Rigetto della magia?
Polyushika annuì e aprì la finestra, poi chiuse gli occhi bianchi di Kin e la spogliò con pochi e abili gesti. La pelle della piccola a tratti diventava di metallo, facendola gemere e contrarre. – La magia in lei è troppo forte. Se riuscirà a farla sua, diventerà una maga potente.
- Cosa vuol dire? – sussurrò Rebi, attaccandosi al braccio del marito, in cerca di sostegno. – A nessun bambino nella gilda è accaduta una cosa simile.
La vecchia scosse la testa. – Sì, invece. Hanno avuto tutti un’influenza lampo, breve ma intensa. Alla stessa età e nello stesso periodo. Significa che il corpo si è adattato alla magia. Più è forte la magia che abita il corpo del bambino, più è forte la malattia.
Nessuno seppe cosa ribattere, nemmeno Gajiru, che in un’altra occasione si sarebbe vantato della sua potenza e di quella della sua degna progenie.
- Potrebbe morire? – domandò Ririi.
- Potrebbe – ammise la vecchia. – La magia si è manifestata troppo in fretta in lei, a causa di un indebolimento del fisico causato dal passaggio dell’influenza dal padre a lei. Il suo corpo deve abituarsi, cosa già difficile di per sé. Inoltre la sua potenza magica è davvero notevole, potrebbe essere paragonata a quella della vostra amica dai capelli rossi, la deficiente che si fa punire a caso e va in giro con un mucchio di spade exquippabili.
- Non sapevo nulla di tutto ciò – mormorò Rebi, sorpresa dalla notizia, delusa dalla sua ignoranza e preoccupata.
- Solo i bambini nati da genitori che usano entrambi la magia hanno questo tipo di influenza. Chi impara ad usare la magia in seguito, no.
Gajiru osservava ipnotizzato la pelle della figlia che si solidificava in metallo puro e scintillante prima di tornare morbida e rosea.
- Possiamo fare qualcosa? C’è una cura? Una medicina? – chiese Ririi, avvicinandosi alla piccola.
- Purtroppo no, è una battaglia interiore in cui le medicine non hanno potere decisionale. Starà alla bambina scegliere se resistere all’influenza della magia o lasciarsi prosciugare da essa.
- Ma è una bambina – gridò Rebi, scoppiando a piangere. Sarebbe crollata a terra se suo marito non l’avesse trattenuta.
- Non c’è proprio nulla che possiamo fare? – supplicò Ririi, dopo aver deglutito un grumo di disperazione solida che gli aveva lasciato la bocca secca e amara.
Polyushika sospirò, asciugando la fronte della bimba. – Sperare. Sperare e pregare, se avete fede. E starle vicini.
Per l’intera notte non fecero altro.
 
Era quasi l’alba quando Gajiru sollevò Rebi dalla sedia su cui aveva passato le ultime ore. Si sedette al posto della moglie e fece in modo di farle da poltrona, così che si accoccolasse contro il suo petto. Rebi rantolò quando le sue giunture indolenzite, irrigidite per essere state costrette nella stessa posizione per troppo tempo, vennero smosse e allungate.
- Kinana – mormorò, in stato di semi-incoscienza, quando Gajiru le staccò la mano da quella della figlia.
Il ragazzo, divenuto ormai un uomo, seppur giovane, socchiuse gli occhi quando la finestra si aprì a causa di un vivace refolo di vento estivo mattutino, che permise alla luce di entrare nella stanza. Da quella posizione l’alba era nascosta dalla foresta, ma le foglie che si muovevano, leggere nel loro risveglio, facevano sembrare vivo il sole, come se i suoi raggi, le sue braccia di fuoco, stessero dando il buongiorno con una danza nel verde.
Ririi posò una mano sulla spalla del compagno, per poi porgergli una tazza di caffè.
Solo loro due avevano dormito, anche se dire che si erano riposati era menzognero. Polyushika si era svegliata ogni ora per verificare la situazione della piccola, per cui non aveva quasi chiuso occhio; Rebi era rimasta seduta al capezzale della figlia, tenendole la mano, stringendogliela con così tanta intensità che Gajiru credeva che le mani delle due donne che amava si fossero fuse l’una nell’altra; Ririi, nella versione piccola, aveva dormicchiato sul ventre di Gajiru, sdraiato sull’unica, malconcia e minuscola poltrona della casa. Entrambi avevano il torcicollo, insieme alla consapevolezza di aver chiuso gli occhi per pochi attimi tra un’interruzione di Polyushika e l’altra, un respiro tremolante di Kinana e un singhiozzo di Rebi ogni tanto.
- Kin… - sussurrò ancora Rebi, stremata, ormai più addormentata che consapevole.
Se avesse preso sonno, Gajiru ne sarebbe stato veramente grato. Solo l’incoscienza del sonno poteva dare un po’ di tregua alla moglie.
- Sta bene Rebi, è qui – le rispose Ririi, posando la sua grande, calda e pelosa mano su quella della piccola.
Rimasero immobili per alcuni lunghi minuti, mentre i battiti dei loro cuori e i loro respiri scandivano in silenzio il trascorrere del tempo. Era come se la tragedia li avesse tramutati in statue, in scogli immobili nel mezzo di un oceano in tempesta, costretti a subire le violente onde dei marosi, implacabili.
- Non… ti sembra che sia traslucida? – chiese Ririi di punto in bianco, chinandosi su una gamba della bambina.
Gajru sollevò lo sguardo e smise di cullare l’altra bimba che aveva in braccio, sua moglie.
Osservando il punto indicato da Ririi, socchiuse gli occhi, sorpreso. – Ma cosa…?
La gamba di Kinana, che per tutta la serata non aveva fatto altro che alternarsi tra la carne e il ferro, era diventata quasi trasparente, e la chiazza di brillante chiarezza si espandeva a vista d’occhio.
In pochi secondi persino la pancia di Kin diventò trasparente, eppure stranamente dura e fredda, luccicante in migliaia di piccola sfaccettature.
- Polyushika-san! – gridò Ririi, terrorizzato, facendo svegliare di soprassalto Rebi.
La vecchia accorse in un attimo, ma non poté far altro che osservare con stupore quel mutamento.
La macchia aveva ormai raggiunto il collo della piccola.
- Che sta succedendo? – chiese la mamma, troppo sorpresa per poter permettere alle emozioni di manifestarsi.
Polyushika non rispose, ma si chinò sulla bambina e le tastò la nuova pelle.
- Diamante… - mormorò poco dopo, in un soffio che solo Gajiru udì.
- Diamante?! Come sarebbe a dire ‘diamante’? Quella cosa è diamante?
Kinana respirò più affannosamente quando il suo volto e la sua nuca divennero del tutto trasparenti e lucidi, poi tacque.
Con lei, trattennero il respiro tutti i presenti.
Passò una vita intera prima che Kin respirasse di nuovo, il respiro di chi ha rischiato di annegare, e di chi respira per la prima volta.
Quando aprì le palpebre, il contrasto tra gli occhi marroni-rossicci e la sua pelle adamantina era tale da farli sembrare scolpiti nel legno rosso.
- Che cosa sta succedendo? – chiese Rebi, ritrovando l’uso della parola, dando voce ai quesiti silenziosi di tre persone.
- Diamante. Tua figlia ha la pelle di diamante.
La bimba, in risposta, sbadigliò e si grattò gli occhi, producendo un suono simile allo sfregamento dell’acciaio con la cote.
- Ma…
Polyushika sospirò, massaggiandosi le tempie.
- Il materiale più resistente al mondo è il diamante. La magia che predominava in lei, cioè quella di Dragon Slayer del Metallo, si è fusa con la sua forza, trasformando il tuo ferro, Gajiru, in diamante.
- Stai dicendo che lei… è… - azzardò Rebi, l’unica ad aver capito qualcosa.
- La Dragon Slayer del Diamante. È questa la sua magia.
In risposta, la bambina batté le mani, felice e completamente guarita dalla febbre.
Nel momento in cui l’armatura di diamante lasciò il posto alla sua pelle, però, un’improvvisa stanchezza la fece addormentare all’istante, guidandola in sonni tranquilli.
- Ce l’ha fatta – concluse Ririi. – Finalmente è fuori pericolo, vero?
Polyushika annuì. – Decisamente, visto quanto è forte.
- Ma cosa mangerà? – volle sapere Gajiru. – Per rafforzarsi ha bisogno del suo elemento base, e non è che io abbia la possibilità di acquistare carichi di diamanti come se fossero mele. A proposito, Rebi, metti al sicuro i gioielli.
Polyushika sbuffò, irritata. – Sai che Salamander potrebbe bere il liquido infiammabile contenuto negli accendini per potenziare il suo fuoco?
Gajiru la fissò senza capire, mentre Rebi strinse gli occhi, incuriosita.
- Io non gliel’ho mai detto, e spero che lui non lo scopra mai, perché altrimenti non so quali esplosioni nucleari potrebbe produrre. Il liquido non è direttamente fuoco, ma lo alimenta, lo compone, per così dire. Tu mangi solo ferro trattato e lavorato perché quando combatti è difficile trovare ferro grezzo e metalli puri.
La maga sbuffò sonoramente, interrompendo la spiegazione, quando l’espressione di Gajiru divenne così vuota da far temere che fosse diventato un fantoccio senza cervello.
Fu Rebi ad intervenire per prima, però. – Intendi dire che i Dragon Slayer, oltre all’elemento in sé, possono anche mangiare ciò che alimenta, o da cui può derivare, il loro elemento?
Polyushika borbottò qualcosa riguardo allo scarso giudizio di Rebi nello sposare un elemento con così scarso intelletto come Gajiru, cosa che lo fece grugnire di fastidio. – Esatto. Quindi la bambina potrà semplicemente mangiare…
- Piccoli diamanti – suggerì lui, orgoglioso di aver capito.
Ririi si batté sonoramente la mano in faccia, disperato.
- La grafite! – esclamò Rebi.
- La che?!
- La mina delle matite! – sbottò Ririi in risposta al compagno.
- La mina delle matite?!
Polyushika, con le mani che tremavano per il nervoso, cambiò stanza, alla ricerca della sua scopa, mentre Rebi spiegava al marito: - Il diamante è composto dallo stesso elemento della mina delle matite, il carbonio. In determinate condizioni, molto particolari, la grafite diventa diamante. È proprio come un gas infiammabile per Natsu.
- Dragon Slayer delle matite? – scherzò Gajiru, per allentare la tensione che non si era del tutto allontanata da quella stanza.
- Ehm… è meglio se scappi da qui – gli suggerì Ririi in risposta, notando con la coda dell’occhio che Polyushika aveva trovato la scopa.
Gajiru non se lo fece ripetere due volte.
 
Quel pomeriggio riportano a casa Kinana, che aveva solo una leggera febbre e una grandissima stanchezza addosso, così come i suoi genitori e Ririi.
Senza nemmeno pensare alla cena, Rebi e Gajiru la sdraiarono al centro del loro letto, sistemandosi poi ai suoi fianchi, con Ririi in forma di exceed sopra la testa della piccola.
Il respiro della bimba era ancora un po’ affaticato e rantolante, con qualche sporadico colpo di tosse causato dall’influenza, ma Rebi avrebbe voluto piangere sentendo quanto era regolare, finalmente.
- Ci hai fatto prendere un bello spavento, Kin – mormorò la mamma, circondando la figlia con un braccio.
Gajiru la imitò in silenzio, cingendo sia la figlia che la moglie. Nonostante tutte le esperienze passate, non era mai diventato un chiacchierone che esprimeva con facilità ciò che gli passava per la testa.
- Dragon Slayer del Diamante – commentò Ririi dopo alcuni istanti, sovrappensiero. – Niente male comunque, no?
- Raffinata, preziosa, indistruttibile. Non sei orgoglioso, papa? – scherzò Rebi, pungolando il petto del marito.
- Cosa ti aspettavi da mia figlia, mamma?
- Papà… mama….
Nemmeno la paura di perdere la loro bambina aveva fatto fermare e poi galoppare come un cavallo da corsa il cuore dei due genitori.
- Come, Ana?
- Mama – ripeté candidamente la bambina, voltando la testa per guardare Rebi e sorriderle con la sua boccuccia tutte gengive rosse e dentini bianchissimi e appuntiti.
Gajiru si sollevò sul gomito, guardando la piccola con occhi sorpresi e pieni di ammirazione. – Mamma e pa… - la incoraggiò.
- Papà – concluse lei, ridendo e aggiungendo cose senza senso.
- Mamma, papà e Ririi – la spronò Rebi, mettendosi seduta e stringendo la mano del marito, accarezzando Ririi con l’altra.
- Mama, ‘apà e I-ii – ripeté Kinana prima di sbadigliare.
Mentre la bambina prendeva sonno e il sole tramontava dietro casa loro, tingendo la sera di rosso, una brezza fredda annunciava un bel temporale estivo e Rebi, sdraiandosi su suo marito, si lasciò andare ad un disperato pianto liberatorio.
Mentre lasciava fluire via quella disperazione, rendendosi conto che se sua figlia fosse morta quel giorno non avrebbe nemmeno potuto udire la parola mamma pronunciata dalla sua voce squillante ed energica, Gajiru le accarezzava la schiena cercando di non piangere a sua volta.
Ririi tirò su con il naso e baciò sia Kinana che Rebi, congedandosi con la scusa di dover preparare la cena, solo per lasciare ai genitori un po’ di privacy.
Scossa dai singhiozzi, Rebi sentì a malapena le labbra di Gajiru che si posavano sulla sua nuca in un dolce e affettuoso bacio di conforto.
- ‘Amma… - biascicò ancora Kin, prima di abbandonarsi al sonno.
Rebi ridacchiò tra le lacrime. – Sono qui, piccola mia.
Gajiru le fece sollevare la testa per baciarla come si deve, facendole conoscere la sua disperazione grazie al tocco delle loro labbra.
- Ehi, piccoletta… voglio altri bambini – le rivelò alla fine.
Lei ridacchiò, asciugandosi le lacrime, e sollevò il viso per guardare il marito negli occhi. – E quanti ne vorresti?
Lui ghignò in quel modo solo suo, che le bloccava il cuore ogni volta. – Dieci.
Rebi sbarrò gli occhi. – Dieci?! – sibilò, terrorizzata.
Lui ridacchiò, attirandosi uno schiaffetto dalla moglie. – Dieci no, ma altri due sì.
- Tre figli? – chiese conferma Rebi.
- Tre figli – sancì lui, soddisfatto. – Va bene, no?
Lei annuì e sorrise, baciandolo ancora, dolcemente. – Va benissimo. Non vedo l’ora.
 
Quella notte dormirono tutti insieme nel letto matrimoniale, con Rebi e Gajiru da un lato, Kinana nel mezzo a Ririi al suo fianco.
Prima di addormentarsi, gongolando, Gajiru abbracciò la moglie e le sussurrò: - Comunque, Kin ha detto prima ‘papà’.
 
 
 
MaxB
Non è un capitolo che dovrebbe far piangere, ma tornare dopo mesi di inattività mi fa commuovere.
Anche se forse mi odierete proprio per l’abbandono a cui vi ho costretti.
Scusate dal profondo del cuore, non ho scuse. Spero che ci sia ancora qualcuno disposto a leggere e… concludere con me questa lunga storia.
Concludere, sì, perché mi impegnerò per mettere il flag su “storia conclusa” nel giro di massimo tre capitoli. Spero.
E sappiate che tornare a scrivere i nomi originali di Levy e Gajeel, dopo decine di storie in cui non li usavo, è stato un calvario. Può anche essere che li troviate scritti non in originale infatti. Va be’ portate pazienza.
Se volete uccidermi fate pure, ma almeno attendete la fine della storia, no?
Grazie a tutti,
MaxB

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