Long live the lioness

di Lukeee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo l ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XXIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***



Capitolo 1
*** Capitolo l ***



Long live the lioness

 



PREMESSA (o meglio, sfogo)

Questa storia più che una storia è una dichiarazione di guerra. Una dichiarazione di guerra agli sceneggiatori. Perché ciò che hanno fatto negli ultimi episodi è semplicemente orribile. Capisco far progredire la storia, dinamizzare il tutto ma soprattutto con questo ultimo 5X10 hanno superato ogni limite. Scrivo queste righe a caldo e sono sospeso a metà tra l’incredulità e la rabbia. Sono partiti con l’infliggere a Sansa l’ennesimo ragazzino sadico, per continuare poi con il crudele e a questo punto inutile sacrificio di Shireen. Molti si sono incazzati di brutto per questi episodi, io sono riuscito a stento a sopportare tutto, sperando in un finale che mi avrebbe davvero emozionato.
Ma evidentemente non era abbastanza. No di certo, devi far finire rovinosamente Staniss (oddio non che sia uno dei miei preferiti ma dopo aver subito un tale lutto non puoi distruggerlo definitivamente in un episodio) e tenere in vita il cane Bolton…
E poi quello che sinceramente mi ha fatto andare su tutte le furie. Veramente non credevo ai miei occhi. La scena di Jaime e Myrcella è a dir poco perfetta, molto simile a come l’avevo immaginata io. Davvero mi sembrava un sogno, non credevo fosse possibile che avessero riunito così padre e figlia.
Ma bisogna essere stronzi evidentemente. Cos’è i bastardi biondi attirano veleno come calamite? Ho pregato che non fosse vero quando ho visto il sangue colarle dal naso. “No, non potete farmi questo”. Penso di aver svegliato tutto il palazzo urlandolo.
E poi il colpo di coda, Jon. Sinceramente ero impressionato a tal punto da non poter essere più colpito da nulla. Ma di certo questa è la morte che avrà maggior impatto, quella che più di ogni altra cosa sarà un fiammifero lanciato in una polveriera.
Ma uccidermi così Myrcella no. Non so chi di voi abbia letto le mie storie ma questo personaggio mi aveva davvero colpito, non so bene il perché. Forse il suo atteggiamento, forse il suo unico mix di insicurezza e orgoglio, forse il fatto che sia Cersei senza i difetti di questa. Non lo so. Forse è una somma di tutto questo. Mi hanno fatto affezionare a questo personaggio, hanno creato quello che per troppi pochi istanti mi è sembrato l’epilogo perfetto e poi hanno brutalmente distrutto tutto.
No, non me lo potete fare. Non potete far trovare a questa povera ragazza suo padre, farle provare la più grande gioia della sua vita, darle finalmente l’opportunità di abbandonarsi sicura senza pensieri a qualcuno di cui si può fidare ciecamente, che ci sarà sempre per lei, che sempre la amerà e poi ucciderla in questo modo. Poi sarebbe Twin quello stronzo.
Il nord non dimentica. Neanche io.
Scriverò su di lei perché davvero non accetto ciò che hanno fatto, anche ciò che hanno fatto a Jon è davvero troppo cattivo, ma molti altri scriveranno di lui.
Penso che la piccola Lannister meriti tutta la mia attenzione
Questo sfogo è durato fin troppo, scusate ma mi ci voleva. Ora comincio con il primo breve spezzone della storia, ovviamente sarà solo un assaggio. Un assaggio di felicità. In questa what if la giovane leonessa non muore. In questa what if, almeno per adesso, la giovane leonessa è felice. Felice più di come lo sia mai stata.
Questa qui sotto è solo la prima goccia, ma proverò a scrivere un oceano. Voglio rendere giustizia a questo personaggio, voglio darle ciò che davvero merita.
Spero davvero di riuscire a scrivere qualcosa di adeguato, di essere all’altezza e di renderle il giusto tributo. E di piacere anche a voi ovviamente.
Buona lettura e, sopratutto, long live the lioness.









 
Non ci credeva ancora.
Solo pochi giorni prima vedeva allontanarsi le sottili torri di Dorne all’orizzonte, mentre la nave scorreva veloce sulle chiare acque del sud.
E ora invece vedeva l’immessa mole della Fortezza Rossa avvicinarsi.
Lo spaventoso castello eretto dai draghi si faceva sempre più imponente e lei sempre più piccola di fronte a quella città che da così tanto non vedeva.
Sbatté gli occhi. Non poteva essere vero. Non poteva essere vero che lei fosse lì.
Girò leggermente la testa.
A fianco a lei gli occhi di Trystane sembravano persi nell’orizzonte, come se neanche quella gigantesca città riuscisse a distoglierlo dai sui pensieri.
Sorrise.
Non poteva essere vero che lui era lì con lei.
Si rese conto che tremava. Un misto di impazienza, incredulità, gioia, eccitazione, timore la attraversava.
Ma non si sentiva così bene da molto tempo.
Forse non si era mai sentita così bene.
Il capitano urlava ordini in un dialetto incomprensibile all’equipaggio mentre la nave filava liscia sulle acque nere della baia.
Guardò per pochi istanti gli spruzzi che si abbattevano sulla chiglia di legno chiaro della nave.
Ripensò a quei giorni di viaggio. Erano passati in un lampo, vissuti in trepidante attesa.
Quell’attesa l’aveva resa impaziente, ma l’aveva anche resa felice.
Non come ciò che era successo però.
Il suo pensiero ricadde su quel dialogo. Non ci credeva ancora.
Ma finalmente era riuscita a dirglielo, ad aprirsi con lui. A fare ciò che da tanto, troppo, sentiva di dover fare
Ad avere conferma di tutto ciò che da sempre, da quando aveva ricordi, l’aveva accompagnata. Quella parte di lei che le diceva che quelle voci non erano tali. Quella parte di lei che le diceva che il cavaliere biondo non era suo zio, era suo padre.
Ciò che aveva provato nel dirgli quelle parole e nell’abbracciarlo era nuovo, intenso, speciale. Per la prima volta aveva potuto abbandonarsi su di lui lasciando indietro tutto e tutti, senza pensieri e preoccupazioni, qualcosa di così comune per tutti eppure di così raro per lei. Per la prima volta in quindici anni si era sentita veramente serena, piena, protetta. Per la prima volta avevano potuto comportarsi per ciò che erano, non per ciò che dovevano sembrare agli occhi altrui.
Per la prima volta era stata davvero felice. Pienamente, totalmente, veramente felice.
E questo non aveva prezzo né misura.
Sorrise ancora.
L’uomo che amava era lì con lei e lo sarebbe stato per sempre.
Aveva finalmente trovato suo padre.
Ed era tornata lì, dove così a lungo aveva vissuto. Tornava profondamente cambiata, nel corpo, nel carattere, nei pensieri. Ma soprattutto tornava felice.
Le preoccupazioni per ciò che sarebbe accaduto dopo non avevano posto nei suoi pensieri. Ciò che sua madre avrebbe fatto o detto non contava in quel momento.
Si prese una ciocca di capelli tra le dita.
Il suo volto esprimeva serenità, calma, gioia.
Smise per un secondo di guardare la città che si faceva sempre più grande davanti a lei.
“Se la vita è un viaggio, in questo momento sono sulla strada migliore da percorrere”
Pensando questo uno spensierato sorriso le si dipinse sul volto.
E con questa convinzione in mente si preparò a ciò che sarebbe venuto dopo.
Nulla avrebbe potuto abbatterla, rattristarla, privarla di ciò che sentiva.
Nulla avrebbe potuto renderla triste.
Nulla le avrebbe impedito di assaporare ancora e ancora quella felicità tanto a lungo bramata e finalmente ottenuto.
Nulla avrebbe potuto impedirle di essere felice.

 
 
 
 
 
Long live the lioness

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Cap 2

Long live the lioness






“If there is a light you can't always see
And there is a world we can't always be
If there is a kiss I stole from your mouth
And there is a light, don't let it go out”

U2, Song for Someone




L'impazienza si era trasformata in frenesia appena avevano varcato le mura della Fortezza Rossa. Tutti gli schemi, tutto quello che si era preparata in mente, tutte quelle fatidiche frasi soppesate in quelle ore, giorni, mesi erano svanite dalla sua testa. Si era promessa cento, mille volte di non arrivare a trovarsi davanti a sua madre senza sapere cosa dire, con ogni parola che le moriva in gola nel tentativo di dirle tutto ciò che voleva dire.
Mentre percorreva quei corridoi così carichi di ricordi troppo a lungo dimenticati ogni idea precedente sembrava svanita come acqua al sole. Nulla di quei discorsi così lunghi ed esaustivi che aveva scritto mentalmente era rimasto.
Ma nonostante questo non si preoccupò. Ciò che sentiva dentro da giorni era troppo bello, troppo nuovo, troppo speciale per permetterle di preoccuparsi.
"Quello che le devo dire è importante e, essendo tale, mi verrà in mente."
Pensare questo rinforzò ulteriormente le sue sicurezze. Si potevano dire molte cose su di lei, positive o negative che fossero. Ma di certo non si poteva negare che avesse ereditato la fine intelligenza dei Lannister, che tanto era stata evidente in suo nonno.
Sorridendo leggermente continuò a seguire il leggero e svolazzante mantello dorato della guardia che la stava conducendo lungo quegli interminabili corridoi. Li conosceva così bene un tempo, eppure ora le parevano così estranei, diversi e quasi ostili.
Scalate le ultime ripide scale e passate le ultime svolte il soldato si arrestò in un istante, seguito da un tintinnio metallico. La cappa dorata la indicò al cavaliere dal mantello candido che sostava fuori dalla porta di legno massiccio e scuro. Non riuscì a riconoscere quella guardia reale, ma non era necessario. L’uomo bussò energicamente alla porta, la aprì con un gesto fluido ed elegante e, dopo aver guardato all’interno, le fece un cenno con il capo.
Prese un lungo respiro mentre il cuore accelerava e, guidata da una forza interiore inarrestabile, mosse pochi passi e varcò la soglia.
La luce accecante del sole di mezzogiorno entrava prepotentemente dalla finestra e la colpì in piena faccia. La stanza era calda, molto calda. A quell’ora non tirava un filo d’aria, eppure lei parve non accorgersene. Con gli occhi socchiusi per riuscire a sopportare una tale luce distinse a malapena una figura rossa di spalle al centro della stanza. Avanzò ancora, quanto bastava per riuscire a vedere con chiarezza.
Nel vederla finalmente le mancò il respiro. Il tempo sembrò arrestarsi, in un unico interminabile ed incredibile istante.
Non ci credeva, eppure era vero. Era lì per davvero, non stava sognando.
Ma non riuscì nemmeno a pensare cosa fare, se avvicinarsi, parlare, restare immobile, che lei si voltò.
La coppa di vino che teneva in mano finì a terra con uno schianto metallico.
Gli occhi si spalancarono.
Il viso si contrasse nella sorpresa più totale.
Rimase immobile per istanti che durarono secoli.
Il momento tanto a lungo sognato e aspettato era finalmente giunto.
Si guardarono negli occhi.
Occhi verdissimi e pronti a lasciar andare lacrime troppo a lungo trattenute.
La regina provò dire qualcosa, ma dalla sua bocca non fuoriuscì alcun suono.
Con il viso già rigato da un pianto liberatorio rimandato troppe volte Myrcella mosse pochi rapidi passi verso quelle braccia pronte, ora come sempre, ad accoglierla.
Si strinsero l'un altra, decise a dimenticare, anche se solo per poco, tutto il resto, tutti gli altri.
I loro capelli si mischiavano indistintamente nascondendo quei volti che erano finestre su ciò che stavano provando.
Rimasero così a lungo, senza bisogno di parlare. Abbracciarsi, dopo così tanto tempo, gli bastava. Ma poi, dopo aver trovato un briciolo di forza per parlare, poche smozzicate parole fuoriuscirono dalla bocca della madre.
"Non mi ero mai resa conto di quanto mi fossi veramente mancata fino a poco fa"
Dicendo questo, la strinse ancora più a sé.
"Ho avuto tanta, troppa paura di perderti. Quando è arrivata quella testa di vipera..."
Le lacrime continuavano a scendere lungo le sue guance, mentre accarezzava dolcemente la schiena della figlia.
Le idee che accompagnavano Cersei fin da quando era una ragazzina, quella che le donne fossero esseri deboli, completamente inermi e che lei fosse l'unica eccezione passò in secondo piano. I suoi figli erano la cosa più importante e qualsiasi altra cosa non contava nulla in confronto.
Myrcella giaceva silenziosa sulla spalla della madre, con la faccia affondata nel suo vestito e gli occhi lucidi di felicità ed emozione.
Quando era a Dorne, superati i primi difficili mesi, era riuscita a convivere con la separazione da sua madre. Si era sentita libera, senza qualcuno che la assillasse continuamente. E si era resa conto di tutti i difetti della regina, di quell’odio che si portava sempre dentro. Non la capiva e si era promessa che sarebbe stata diversa. Molto diversa.
Ma ora, stretta a lei, capiva di aver fatto molti errori. Sua madre di certo non era perfetta, ma di certo la amava con tutta sé stessa e sapeva benissimo quando fosse e sarebbe stata importante per lei.
“Eviterò di togliermi ancora quel ciondolo…” disse con una punta di ironia.
Riuscì a strappare un sorriso alla regina.
“Ma quello che conta è che ora sono qui. E sono felice di essere tornata”
Si staccarono lentamente. Ripresero a guardarsi negli occhi.
Sua madre la fissava con uno sguardo che lasciava trasparire tutta la sua incredulità, meraviglia, sconcerto. Probabilmente le sembrava di rivedere sé stessa vent’anni prima, come se un fantasma fosse tornato dal suo passato.
Le prese le mani, tornando a guardarla negli occhi. Inghiottì a fatica gli ultimi residui di quel lungo pianto liberatorio e trovò nuovamente la forza di parlare.
“Ho mandato a Dorne una bambina…”
Fece un lungo respiro, carico di nostalgia ma anche di felicità.
“E mi vedo tornare indietro una donna”
Myrcella abbassò lo sguardo e sorrise, cancellando così le lacrime che le avevano rigato il volto.
“Sei davvero bellissima”
La figlia rialzò lo sguardo e con quella sua unica e inimitabile voce carica di sottile ironia le rispose.
“Non ho proprio idea da chi io abbia preso…”
Cersei non colse ciò che lei aveva nascosto dietro quella battuta e si limitò a sorriderle.
“Sei tornata portandoti dietro anche qualcos’altro” aggiunse la regina, senza però dare nessun carico alle parole. Non sapeva nulla di quel giovane dorniano a cui suo fratello, quell’essere schifoso, aveva promesso Myrcella anni prima. E di certo non avrebbe voluto farsi fraintendere dando un tono polemico alla frase, non aveva ancora delle idee precise su quel ragazzo e di certo non voleva far credere di avere già dei pregiudizi su di lui.
Le condizioni per riaverla indietro le sapeva dalla lettera di Jaime, non le importava sapere cose del genere. Desiderava sapere da lei, da lei sola, chi e come era Trystane Martell, iniziare a conoscere quel giovane uomo, non solo perché da lui dipendeva la felicità della figlia e perché ben presto si sarebbe trovata imparentata con lui, ma anche perché se lo sarebbe trovato tra i piedi nel concilio ristretto. Voleva la felicità di Myrcella più di ogni altra cosa, ma la sua parte asseta di potere non dormiva mai e desiderava tutto fuorché un altro nemico in casa, qualcuno che si mettesse tra lei, Tommen e il regno. Bastava e avanzava la puttanella Tyrell come problema in famiglia, non ne voleva assolutamente un altro.
“Potrei dilungarmi ore a parlarti di lui. Ma direi solo una montagna inutile di formalità e cose senza importanza. Cose che saprai da altri o che vedrai tu stessa.”
Sospirò, passandosi una ciocca di capelli tra le mani e riprese a parlare.
“Fin dalla prima volta che lo vidi sentì cambiare qualcosa dentro di me.  Allora non avevo la minima idea di cosa fosse. Ci ho messo mesi, forse anni a capire cosa fosse. Non saprei dire quando mi sono resa conto di essermi innamorata di lui. Ma non importa. L’unica cosa che conta è che lo amo, lo amo più di ogni altra cosa al mondo. Quando siamo insieme…”
Si sforzò di trovare delle parole, ma non era affatto facile.
“Quando sono con lui sono…”
Non riusciva a descriverlo, ad esprimerlo. Abbassò la testa mordendosi il labbro.
“Felice…”
Aveva detto quella parola con un tono dubbioso, del resto non ne era affatto convinta. Felice era a dir poco riduttivo, ciò che provava quando erano insieme era unico, speciale ma soprattutto indescrivibile.
Osservò gli occhi della madre, in cerca di qualche reazione. E, contrariamente a quanto si sarebbe aspettata, non riuscì a cogliervi nulla. Lo sguardo della regina le sembrava stranamente privo di reazioni e distaccato. Come se non credesse a quello che aveva appena detto, come se non lo ritenesse possibile. “Forse non mi ritiene capace di una cosa del genere. Non mi ritiene capace di amare” pensò. Ma del resto erano passati anni e non poteva aspettarsi che lei cogliesse e accettasse tutti i suoi cambiamenti all’istante. Ed era proprio così. Cersei non credeva possibile ciò che aveva appena sentito. Le sembrò che quegli anni di lontananza fossero passati in pochi istanti. Sua figlia era cambiata, tanto, e lei si sarebbe dovuta adattare, anche se in quel momento non ci riusciva.
Myrcella decise di continuare, senza badare al fatto che lei la stesse ascoltando immobile.
"Una persona mi ha detto che sono stata molto fortunata. Mi sono innamorata dell’uomo a cui ero stata promessa."
Si fermò ancora per un istante. Cersei pendeva oramai dalle sue labbra.
Decise che il modo migliore per continuare era quello che lui le aveva detto.
We don't choose whom we love
Un lieve sorriso si allargò sulla faccia della regina. Quella frase le era molto familiare, forse troppo. E proprio per questa ragione un’agghiacciante sospetto cominciò a farsi strada dentro il suo animo. Ma non volle credere a quella voce che si insinuava tra i suoi pensieri, mettendole addosso un gelido terrore.
“Parole davvero bellissime…”
Ricacciò ancora indietro quell’orrendo sospetto e si sforzò di fare quella domanda.
“Chi te le ha dette?”
Myrcella sentiva che doveva dirle la verità, tutta la verità. Avrebbe passato il punto di non ritorno con le prossime parole. Poteva tranquillamente mentire e nascondersi dietro quella forte e sicura menzogna che l’aveva protetta così a lungo. Ma una voce imperiosa le rimbombò nella mente. “Non sei una bambina. Not more.” Voleva rinstaurare un rapporto forte e indistruttibile con sua madre e mentirle non sarebbe stato certo un grande inizio. E soprattutto l’idea che lei lo venisse a sapere da qualcun altro, magari da lui stesso, che lei era a conoscenza di tutto la terrorizzava, si sentiva gelare il sangue solo al pensiero.
La sincerità non era di sicuro una delle virtù per cui i Lannister erano famosi, anzi, ma sentiva che quella era la cosa giusta da fare.
Prese un lungo respiro, si morse leggermente il labbro e, in un attimo in cui si mischiavano sincerità, sollievo e terrore, parlò.
"Mio padre"
Cersei si pietrificò, rimase immobile, con gli occhi sbarrati di sconcerto e terrore nel vedere che quello che fino a pochi istanti prima era solo un sospetto si era trasformato in una sconvolgente realtà.
Si aspettava una reazione del genere di sua madre, ma rimase ugualmente impressionata; strinse i denti e andò avanti, del resto aveva oltrepassato il limite...
"Stavamo parlando e..."
Si morse ancora il labbro, sentendo la gola stringersi sempre di più, mentre gli occhi erano incapaci di mettere a fuoco.
"e siamo arrivati a questo"
La guardò, mentre sentiva gli occhi inumidirsi, e riprese a parlare.
"è come se una parte di me l'abbia sempre saputo... "
Prese un lungo respiro.
"E come ho già detto a lui...sono felice. "
Abbassò lo sguardo intrecciando le mani e salì quell'ultimo immaginario e decisivo gradino.
"Sono felice che lui sia mio padre"
Queste parole furono come un sasso lanciato in un lago piatto nell'animo di Cersei.
Troppe cose, troppi cambiamenti, troppo in fretta.
Era allo stesso tempo felice e confusa, terrorizzata e sollevata, sorpresa e sospettosa.
Non si era mai sentita così.
Sentì le mani della figlia stringerle la vita, la sua testa posarsi dolcemente sul suo seno, l'odore dei suoi capelli. Non poté trattenere le lacrime. Not longer.
La strinse a sé come da troppo non faceva. Il segreto che tanto a lungo aveva nascosto così abilmente era stato scoperto, proprio da chi lei aveva voluto proteggere con quel silenzio. Eppure, al contrario di quello che per anni aveva pensato nel terrore più nero, non era affatto preoccupata o sconvolta. Si sentiva libera. Non avrebbe più dovuto mentirle, avrebbe potuto finalmente amarla senza più segreti. Iniziò solo ora a rendersi conto di chi davvero aveva di fronte, di quanto fosse cambiata, di quanto lei la conoscesse poco. Ma avrebbe rimediato. Che si fottessero le alleanze, i sette regni, le casate, tutti gli altri. Tutti quelli che avevano provato a portargliela via. Sentì ancora la voce carica di commozione della sua bambina. Ormai non era più tale, ma per lei lo sarebbe stata per sempre.
"Non importa perché, quando, come...i'm just glad"
Le strinse la testa con le braccia.
"And i'm glad you're back"
E dopo queste parole non tacquero per ore. Avevano così tanto da dirsi. Anni di lontananza, di sofferenze, di felicità, di cambiamenti. Le parole fluirono per ore accompagnate da vino, sorrisi e lacrime. Ma alla fine, mentre il sole moriva sulla Baia delle Acque Nere il discorso volse al termine e rimasero una di fronte all’altra, in un magico silenzio.
La notte era oramai scesa. Cersei decise di interrompere quel silenzio. “Devo vedere Jaime”. Guardò la figlia. Le sorrideva spensierata e felice. Che lei fosse sempre così, ecco quello che voleva. Sapeva che non sarebbe stato possibile, eppure si illudeva che insieme ce l’avrebbero potuta fare. Si avvicinò a lei.
Si abbracciarono un’ultima volta. E poi, lentamente, lei fece per uscire.
La regina avrebbe voluto fermarla, dirle quanto era importante per lei, dirle che lei ci sarebbe sempre stata, che avrebbe sempre potuto fidarsi di lei. Avrebbe voluto dirle quanto l’amava.
Ma bastò un ultimo sguardo. Mentre passava dalla porta si girò. I loro occhi si incontrarono per un istante. E in quello sguardo erano racchiuse mille, diecimila, un milione di parole.

La giovane leonessa aveva capito che non poteva e non avrebbe mai potuto fare a meno del sostegno e della fiducia di sua madre.
E quest'ultima aveva capito di non dover più proteggerla, di aver di fronte una persona nuova e forte, e che poteva contare su di lei come contava su sé stessa.










Note dell’autore:

eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo, scusate l’attesa, di solito io pubblico con un alta frequenza ma questo incontro così delicato ha richiesto tutta la mia attenzione e impegno e per questo motivo esco dopo una settimana. Spero tanto di essere riuscito a trasmettere come volevo questo pazzesco ricongiungimento: una svolta per entrambe, una presa di coscienza di quanto il loro rapporto sia e allo stesso tempo debba cambiare. Da una parte abbiamo una Cersei che si rende conto di non aver di fronte più una bambina da proteggere con le unghie e con i denti, ma una giovane donna su cui può fare davvero affidamento. E dall’altra la giovane leonessa che trova una madre diversa da quella che ricordava, una persona che darebbe cento volte la vita per lei e di cui si può fidare ad occhi chiusi.
Ma non temete: questa storia non sarà esclusivamente su loro due. Di certo Myrcella ne è la protagonista indiscussa, ma questo non vuol dire che vedrete tutto dal suo punto di vista e che tutti gli eventi la coinvolgeranno in prima persona.
Ho intenzione di tirare in ballo personaggi che con gli intrighi di Approdo del Re fino ad ora non hanno avuto minimamente a che fare e di inserire eventi di cui da tempo pensavo di scrivere.
Ultima piccola nota stilistica: ditemi cosa pensate degli elementi in inglese che ho inserito. L’ho fatto un po’ per richiamare i dialoghi originali (l’adattamento italiano e soprattutto la doppiatrice di Myrcella sono a mio parere completamente sbagliati, non sono in linea con il personaggio e non rendono appieno l’originale) sia perché adoro molte potenzialità stilistiche di questa lingua. Fatemi sapere se li apprezzate oppure non li gradite, nel caso cercherò di trattenermi nel loro uso.
Che dire, stay tuned!










Long live the lioness



   

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Cap 3
Long live the lioness







“Tearing me apart with words you wouldn’t say…”

Final Masquerade, Linkin Park






Approdo del Re, qualche giorno dopo




Da quando le piaceva così tanto il rumore dell’acqua? Non ne aveva idea…
I pensieri iniziarono ad affollarsi nella sua mente. Forse erano stati i giardini di Dorne? O forse…
Non aveva importanza. Non in quel momento almeno.
Sospirò. Allontanò con la mano i capelli bagnati dal viso. Odiava quando si incollavano alla pelle, dandole quella interminabile sensazione viscida che tanto detestava. Decise che ora di porre fine a quel bagno, forse era in acqua da fin troppo tempo.
Uscì dalla vasca alzandosi lentamente, prese l’esagerato telo che era stato appoggiato su uno sgabello, lo usò per avvolgersi e andò a sedersi alla finestra, a guardare le prime luci del sole che tornava a splendere su Approdo del Re.
L’aria fresca del mattino la fece rabbrividire, bagnata com’era, ma non abbastanza da permetterle di rinunciare a quel momento.
Poteva finalmente abbandonare tutti i pensieri e le preoccupazioni, stare da sola.
Aveva bisogno di momenti come quelli, specie dopo quei giorni di estenuanti formalità e assurdità di corte. Probabilmente nessuno alla Fortezza Rossa aveva sentito la sua mancanza, eppure erano tutti così ansiosi di salutarla, di rivederla.
Che si fottessero tutti quanti, dal primo all’ultimo, lord, cavalieri, dame, scudieri che fossero. A lei non importava niente di loro e a loro niente di lei.
Un insistente rumore proveniente dalla porta la distrasse da quei pensieri.
Di nuovo qui a tormentarmi” pensò. Sembrava che una forza superiore ci si fosse messa davvero d’impegno per rendere la sua vita impossibile, trasformare il suo ritorno in un inferno.
Non sopportava quella cameriera, che pensava solo ai formalismi, a dettagli irrilevanti, a rimproverala per il minimo errore. Avrebbe potuto lamentarsi e mandarla via, liberarsi di lei. “Ci fosse ancora Joffrey avrei la sua testa su una picca in mezz’ora”. Sorrise amaramente nel pensare questo.
Scosse la testa come per allontanare quei pensieri e si diresse verso la porta, che sembrava dover venir giù a momenti dall’insistenza con cui la serva bussava.
Senza troppa tatto le ordinò di andarsene e quella di certo non la prese bene.
Sentì imprecazioni sommesse dall’altra parte della porta. La megera pestò ancora qualche volta ma poi, dopo aver capito che non avrebbe ottenuto nulla, si rassegnò. Myrcella udì i passi di lei che si allontanava e riuscì finalmente a calmarsi.
Non è possibile dover lottare così ogni giorno per poter vivere” pensò sconsolata.
Si girò e il suo sguardo spaziò inconsapevolmente su tutta la stanza. Ripensò al suo ingresso qualche giorno prima, a quanto fosse rimasta sconcertata. La stanza era rimasta identica in ogni dettaglio a come l’aveva lasciata anni prima. Non un particolare era cambiato, tutto era uguale in un atmosfera fuori dal tempo. E questo l’aveva lasciata senza fiato, non credeva potesse essere vero. Le era sembrato di rivedere sé stessa anni prima girare per quella stanza, una sorta di fantasma. Aveva quasi pianto, ma poi era stata risoluta. Il passato era passato. E non voleva rimanerci imprigionata. “Portate tutto via”. Questo aveva detto ai servitori. Ora niente di tutto ciò era rimasto, a parte i muri. Mobili, bauli, sedie, letto. Un letto che ora poteva accogliere lei e non solo.
Sospirò e iniziò a prepararsi. Era sì presto, ma sapeva che ci avrebbe messo molto. Finì infatti quando il sole ormai era già alto e segnava quasi la metà della mattina. Era riuscita a nascondere i segni della profonda stanchezza che si portava dentro e appariva esattamente come al solito. Forse anche meglio del solito.
La aspettavano ore di noia mortale nella sala grande. Era la prima volta che Tommen riuniva il concilio ristretto da quando Trystane aveva ottenuto il seggio che era stato di suo zio. Avrebbe fatto bella figura quel giorno? Se lo augurava.
Uscì dalla stanza. Sapeva di essere in anticipo e sedere ad aspettare nella galleria, da sola o peggio, non era certo un idea piacevole. Decise di allungare la strada.
Percorse a lungo, a vuoto quegli interminabili e spogli corridoi che un tempo erano stati la sua casa. E che lo sarebbero stati di nuovo a quanto pareva.
La priorità era quella di sposarlo. E poi…e poi…
Non fece tempo a terminare il discorso.
Una mano le afferrò da dietro un angolo il braccio, trascinandola in un buio corridoio secondario.
Fu colta di sorpresa e, in preda al panico, stava per urlare.
Ma poi vide il suo aggressore.
Un sorriso divertito e arrabbiato allo stesso tempo le si impresse sul volto. Scosse la testa.
“Trystane...” cominciò a dire, guardandolo in faccia. “Non dovresti essere...”
Ma non poté finire la frase. Lui le prese le braccia. Le sorrise.
E poi, lentamente, come solo lui sapeva fare, si avvicinò a lei. Le posò una mano sul collo. Poi la baciò.
Lei chiuse gli occhi, ricambiando il suo gesto. Non avrebbe dovuto, una parte di lei doveva parlare al suo uomo. Ma del resto quel discorso poteva anche aspettare qualche minuto.
Continuarono a baciarsi nella penombra di quell’angolo dimenticato della Fortezza.
Soli, finalmente.
Poi lei si staccò. Lo prese da parte con parole che non avrebbe mai voluto dire.
“Trystane…”
Lui la interruppe sorridendo.
“We can’t…not yet?” disse con un tono interrogativo che non riusciva per niente a nascondere l’ironia. Lei quasi si arrabbiò. Ma del resto non poteva avercela con lui. Quelle parole le aveva pronunciate lei stessa qualche settimana prima. A ripensarci sembravano passati anni… “No, stai perdendo ancora il filo. Concentrati” si ordinò mentalmente.
“Sto parlando sul serio. Ascoltami, mio lord.”
Nello sguardo di lui ogni traccia di divertimento si spense e stette immobile ad ascoltarla.
“Sai benissimo ciò che provo per te. Non voglio certo nascondermi dietro un dito…
E comportarci così, amarci in segreto, è stato stupendo.”
Prese un lungo respiro.
“Ma non siamo più a Dorne, non siamo più liberi di nasconderci, liberi di fare ciò che vogliamo. Lì era tutto permesso, tutto accettato.”
Sorrise con amarezza.
“Qui è diverso. Tanto tempo fa una persona mi disse che la Fortezza Rossa ha occhi e orecchie. Occhi pronti a spiarci. Orecchie pronte a origliarci. Ma soprattutto è piena di persone pronte a giudicarci. Il male di questa città sono le parole che scorrono sullo sfondo, senza quasi permetterti di accorgertene. Dico quasi perché te ne puoi accorgere, ma solo quando è troppo tardi.”
Sentiva la gola stringersi sempre di più in una morsa letale.
“Non posso e soprattutto non voglio veder circolare cattiverie e verità distorte su noi due. Qui purtroppo una parola può diventare tradimento, un incontro segreto una cospirazione, un bacio…scandalo
Lo guardava con gli lucidi di lacrime pronte a scorrere.
“Vogliamo davvero questo? Lo so, non è affatto giusto. Non smetterò mai di chiedermi perché non ci lascino liberi di fare ciò che vogliamo, ciò che sentiamo. Non capirò mai perché non ci permettano di amarci. Ma dobbiamo farlo.”
Cercò una reazione in lui, ma tutta la sua attenzione era focalizzata sulle sue parole.
“Dovremo indossare una maschera. Una maschera per lord, lady, guardie, servitori, cortigiani. Per loro. La potremo togliere solo quando saremo davvero soli. Ossia molto raramente. Questo è l’unico modo. Altrimenti i fiumi sotterranei di parole si ingrosserebbero fino a farci annegare. Se tutto andrà bene e con un pizzico di fortuna potremo porre fine alla farsa quando saremo sposati, quando non saremo più possibili interessanti argomenti per pettegolezzi. Ma fino ad allora…”
Aveva oramai le lacrime agli occhi
“Fino ad allora dovremo nasconderci, come dei criminali
Sentì le braccia di lui cingerle le spalle e allora si lasciò andare.
Mentre lui la abbracciava trovò la forza di pronunciare quelle domande.
“Trystane, sei disposto a farlo? A indossare con me questa maschera?”
Lui lasciò passare qualche secondo, accarezzandole i capelli, e poi le rispose.
“Se sono disposto a farlo? Se potrei nascondere ciò che provo per te per mettere a tacere i luridi sussurratori di questa città? Non vorrei, non voglio farlo. Noi vogliamo vivere, ma qui siamo costretti a sopravvivere. Ma hai ragione, non abbiamo altro modo. Sono pronto a farlo. Per noi. Per il nostro futuro.”
Sentì Myrcella sciogliersi tra le sue braccia.
Riprese a parlare con una voce carica di ironia e malizia.
“Ma non sarà affatto facile. E io esigo una ricompensa. Una ricompensa che solo tu puoi darmi…”
Lei si sciolse dall’abbraccio, con un rinnovato sorriso sul volto.
Un Lannister paga sempre i propri debiti…
Poi lo baciò ancora.
Tornarono a guardarsi negli occhi, ma un rumore sempre più vicino interruppe quel momento magico.
“È già ora di indossare la maschera…” disse lei, con voce carica di amarezza.
Un guizzo momentaneo le illuminò gli occhi, segno inconfondibile che la sua mente aveva appena concepito un’idea, un piano. Riprese a parlare.
“Sarà senz'altro una guardia, dille che ti sei perso e che ti deve portare nella grande sala. Io prendo un’altra via e con un po’ di fortuna nessuno potrà mai pensare che eravamo qui.”
Lasciò le sue mani e scivolò nell’ombra, verso la fine del corridoio.
Sentì Trystane andare incontro al soldato e chiedergli con falso imbarazzo “Ehm dovrei prendere parte al concilio del re. Ma credo di aver sbagliato strada…”
I loro passi si allontanarono. Uscì guardinga dall’ombra, imboccò il corridoio in direzione opposta e fece di tutto per sembrare normale.
Ma niente avrebbe potuto toglierle quel leggero ma sincero sorriso dal volto.



-    -    -    -



L’udienza era esattamente come se l’era immaginata. Una noia mortale. Non che Tommen ci mettesse scarso impegno, ma sentir discutere di tasse non pagate, castelli da ricostruire e altre mille cose del genere la annoiava a morte.
Guardò il fratello seduto sul massiccio, e secondo lei orrendo, ammasso di spade contorte. Solo un folle avrebbe potuto amare una sedia del genere. Del resto, era stato un Targaryen a costruirla…
Non credeva ancora che Tommen fosse diventato re. Non le sembrava possibile…
Ma del resto era passato così tanto tempo. Così come era cambiata lei quasi sicuramente era cambiato lui. Eppure…
Il suo sguardo cadde sulla donna seduta di fianco a sua fratello. “Eccola dunque”. Quella che sua madre odiava tanto. La puttanella Tyrell. Lei non aveva idea di chi fosse, e la cosa era reciproca. Si chiese se fosse il caso di conoscerla…
Lasciò lo sguardo vagare per la sala.
Il tizio al centro catturò all’improvviso la sua attenzione. Era impossibile non riconoscerlo: mantello, giubba, pantaloni, cintura, elsa, pelliccia, stivali erano di un unico colore. Nero. Il guardiano della notte aveva chiesto udienza al re ed era lì per essere ascoltato.
Guardò per un attimo il lungo tavolo del concilio ristretto. Tutti parevano distratti o assenti. Trystane sembrava pensieroso, ma non troppo distaccato. Pregò ancora che andasse tutto bene.
Il confratello iniziò a parlare, con una voce profonda e rauca. Era abbastanza sgradevole, ma almeno si capiva ciò che diceva.
“Vostra Maestà, grazie di avermi concesso questa opportunità. Non sono qui per perdermi in idiozie senza fine. Vengo a portarvi un messaggio molto importante.”
“Non potevate mandare un corvo?” urlò qualcuno dalla platea, seguito da risate sommesse. Il guardiano della notte non stette ad ascoltarlo. Il tono della sua voce si fece più cupo, come se volesse rendere più terribile ciò che stava per dire.
“Ciò che più temevamo è realtà. Ciò che fino a ieri erano solo storie di vecchie per bambini esiste tanto questa sala.”
Squadrò i presenti.
Dall’alto della galleria Myrcella era concentrata ad ascoltare ciò che quell’uomo stava dicendo e non si accorse delle espressioni spaventate che le altre donne si scambiavano.
“La morte marcia sulla barriera.”
Il suo tono era freddo e tragico ma risoluto, come se volesse dire questa è la realtà, non giriamoci attorno. Riprese a parlare
“L’inverno è arrivato, la lunga notte anche. E con loro i morti. Gli estranei marciano verso sud con un esercito di morti. Il loro numero non è misurabile. Secondo alcuni confratelli sono cinquantamila, secondo altri duecentomila, c'è chi sostiene un milione di soldati, perché uomini non si possono più chiamare. E di certo noi, da soli, non potremo fermarli.”
Il silenzio più assoluto era calato sulla sala. Ma ben presto fu rotto da un vociare sottile, parole sussurrate sottovoce da chi era scettico.
“Se desideri vedere delle prove, ho qui fuori corpi di morti che abbiamo visto camminare. Carne senza più sangue né vita, che però non marcisce e si muove. Vasi con dentro mani mozzate che continuano ad agitarsi senza sosta.”
Lanciò altre occhiate, forse per capire come stavano reagendo i suoi uditori.
“I guardiani della notte giurano di proteggere i domini degli uomini. Lo faremo. Ma non siamo abbastanza numerosi né forti. E soprattutto non abbiamo un mezzo per sconfiggere gli estranei.”
La voce di Tommen ruppe il silenzio.
“Dunque cosa proponi di fare? Cosa domandi al tuo re?”
L’uomo fece per rispondere.
“Sono qui per annunciare ciò che accade a nord della barriera. E per domandare aiuto. Uomini, cavalli, cibo, spade, armature, operai, vettovaglie, tutto sarà ben accetto. Ma non sarà sufficiente. Ciò di cui abbiamo bisogno è un arma. Un modo per sconfiggere il più grande dei nostri nemici. Noi non abbiamo trovato una risposta. Vengo a chiedere a voi, sperando che possiate darmela.”
Tommen si alzò in piedi, chiaramente trascinato dalla foga di quella discussione. Probabilmente era riuscito a cogliere quanto fosse grave la situazione e pretendeva di risolverla velocemente. "In questo assomiglia tanto, forse troppo, a Joffrey" pensò lei.
“Qualcuno qui dentro ha per caso un’arma che uccida gli estranei?” urlò.
Il silenzio assoluto calò sulla sala, mentre il re rimaneva in piedi sulla sommità della gradinata.
Quel silenzio faceva male alle orecchie e pareva non avere fine.
Ma poi, all’improvviso si udì uno schianto.
La porta della grande sala era stata sbattuta con violenza inaudita, come a voler richiamare l’attenzione. E se quello era lo scopo, era stato raggiunto alla perfezione. Tutti si voltarono verso l’ingresso.
Un giovane stava ritto sulla soglia. Dimostrava circa vent’anni, era alto e aveva un corpo slanciato e robusto, con spalle larghe. Un portamento a dir poco regale.
L’armatura che portava scintillava di acciaio lucente e pietre preziose e al suo fianco aveva un gigantesco fodero che celava una spada altrettanto lunga.
Il suo volto era celato da un ampio cappuccio rosso scarlatto che lasciava intravedere solo la bocca.
Mentre avanzava lungo la sala la folla radunatasi si aprì in due ali per lasciarlo passare.
L’uomo si fermò a circa dieci metri dalla gradinata, in modo che tutti potessero vederlo e sentirlo.
Guardò per alcuni istanti Tommen e poi, rompendo un’atmosfera che era quasi divenuta sovrannaturale, parlò.
“Io”
Lo sconcerto era già grande e, a questa parola, aumentò ancora.
Il re lo guardò perplesso, quasi irritato.
“Cosa dici, chi sei e come osi interrompere così un’udienza reale?”
Il giovane sorrise e riprese a parlare.
“Mi sembrava doveroso rispondere alla domanda fatta ai presenti…”
Tommen lo squadrava, sorpreso e sospettoso.
“Non hai forse domandato chi avesse un’arma per uccidere gli estranei?”
Si guardò attorno.
“Mi pare di essere l’unico a possederla qui dentro… e sembra che ne abbiate un gran bisogno, oppure ho capito male?”
Il misterioso nuovo arrivato spostò lo sguardo sul guardiano della notte. Questo era sorpreso e non nascondeva una certa fiducia, mista però a una buona dose di sospetto.

“Quale sarebbe quest’arma straniero?” chiese Tommen con incredulità mista a timore.
Il ragazzo sogghignò.
“Calma, calma. Qui corriamo decisamente troppo. Come ho detto ho un’arma in grado di uccidere un estraneo. Ma nessuno mi ha obbligato a venire qui. Quindi voglio qualcosa in cambio di quest’arma” aggiunse lui, con un tono perentorio che non lasciava spazio a repliche
“Il tuo re ti ordina di mostragli quest’arma” rispose Tommen, sempre più arrabbiato.
“Ho mai detto di averla con me?” disse lo straniero ironicamente.
Il re sbuffò spazientito “Parla straniero. Cosa vuoi in cambio? Terre? Titoli? Denaro?”
Al tavolo del consiglio i lord si scambiavano sguardi raggelati, che svelavano tutta la loro preoccupazione per il comportamento avventato del re.
Il giovane rialzò lo sguardo e tornò a parlare “Nulla di tutto ciò”
Nella sala si diffuse un sommesso mormorio.
“Ciò che voglio è qualcosa di molto antico. Penso non venga fatto da decenni. Ma era una grande tradizione di chi sedette tempo fa su quella sedia.”
Fece una breve pausa per prendere fiato.
“Voglio il Giuramento di Baelor. Voglio che giuri davanti agli dei che, qualunque cosa io dica o faccia, non potrò essere perseguito, che tutto quello che ho fatto non valga più nulla, che io sia totalmente immune dalla giurisdizione reale.”
Nella sala esplosero le grida. Le cappe dorate le calmarono rapidamente agitando le picche.
Il gran maestro salì la scalinata dal lato e porse un rotolo al re.  Tommen lesse la pergamena contenete il testo del giuramento che gli era stata portata. Scosse la testa, contrariato. “Solo una marea di vuote parole” pensò. Del resto quel tizio prometteva un’arma in grado di risolvere quel nuovo e terribile problema. E, nella sua ingenuità non ancora del tutto estinta, sentiva di doversi fidare di lui. Non aveva nulla da perdere, solo un mucchio di parole da dire.
“Vuoi questo straniero?” aggiunse con una voce che voleva sembrare calma, ma che trasudava impazienza.
“Sì. Il tuo impegno davanti agli dei e agli uomini. E sappi che quando quel giuramento è stato infranto, il traditore è sempre morto per cause mai scoperte. Gli dei non amano i traditori.” Il tono del misterioso uomo era solenne, duro, perentorio. Di certo non stava mentendo.
“E se non lo facessi? Del resto cosa so di te e di cosa vuoi fare? Perché dovrei concederti questa immunità totale?” Queste parole rispecchiavano alcuni dubbi che avevano iniziato ad affollarsi nella sua mente.
“Fai come vuoi…nel caso però, tanti auguri con gli estranei.”
Si voltò e iniziò a camminare verso l’uscita.
Tommen fu in preda per un attimo alla paura più totale. Stava lasciando andare l’unica speranza di salvezza per il regno. Come aveva fatto a essere così stupido? Decise di fidarsi del tutto di quell’uomo tanto misterioso quanto convincente.
“Aspetta.” Nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere un ordine, ma tutti udirono una richiesta disperata.
Il giovane si fermò, senza però girarsi.
“Avrai quello che chiedi. Ma poi voglio quella maledetta arma.”
Il cavaliere misterioso tornò sorridendo al posto di prima.
Aveva ottenuto ciò che voleva.
“Certo, l’accordo è questo. Che gli dei mi maledicano se non lo manterrò”
Tommen, soddisfatto per il risultato ottenuto, prese nuovamente la pergamena e lesse ad alta voce il giuramento.
“Io Tommen Baratheon, primo del mio nome, Re degli Andali e dei Primi Uomini, mi impegno davanti agli dei e agli uomini di difendere sempre e comunque quest’uomo, di concedergli l’immunità totale da ogni mia forma di giustizia, di non nuocere a lui o a suoi protetti e compagni. Possano gli uomini tradirmi, non obbedirmi, imprigionarmi, uccidermi se violerò questo giuramento. Possano gli dei maledirmi, possano rendere la mia vita breve e dolorosa, possano spargere sale sulla mia famiglia e discendenza, possano condurre alla rovina me e chiunque a me è legato se non manterrò fede a questa promessa.”
Un sorriso compiaciuto comparve in faccia al re dopo aver pronunciato quelle che lui riteneva banali parole.
Lo straniero appariva davvero soddisfatto.
“Bene. Ora l’arma.” La voce di Tommen era carica di impazienza.
Il giovane schioccò le dita.
Due uomini avanzarono dal fondo della sala reggendo due scrigni in mano e li posarono sulla scalinata.
Poi anche lui venne avanti ed estrasse dal fodero la spada. Quella scintillò alla luce che entrava dalle finestre, rivelando un filo perfetto e un arma a dir poco incredibile. Lentamente la appoggiò sui gradini, in mezzo ai due scrigni.
Alcuni uomini iniziarono a scambiarsi sguardi sospettosi.
Il giovane aprì gli scrigni.
“Questa è la mia arma. Questo è il modo in cui ritengo di sconfiggere gli estranei”
Tommen appariva furioso alla vista di quello che gli era stato posato davanti.
“Un libro, un’ampolla, una spada? Mi prendi in giro?”
La voce dello straniero risuonò potente e regale per tutta la sala.
“Quello non è un libro, è magia dell’antica Valyria. Quella non è un’ampolla, è altofuoco, respiro di drago. Quella non è una spada.”
Prese un lungo respiro.
“Quella è Blackfyre”
Sguardi raggelati volarono tra i più anziani, ma Tommen non parve accorgersene. Era come estraniato in un dialogo a due con il misterioso uomo, il resto della sala non esisteva per lui. Non colse il significato di quelle ultime parole e, in preda all’ira più totale, iniziò a gridare.
“Per i sette inferi, chi diavolo sei straniero?!”
Per tutta risposta quello rise leggermente.
La mano del giovane si portò sul lungo cappuccio e con un gesto lentissimo lo scostò dalla testa.
Tutti i presenti rimasero senza fiato.
La sua bellezza era indescrivibile, inaudita, inumana.
Il volto aveva lineamenti regali, gli occhi brillavano di un intenso color ossidiana, i capelli splendevano nel loro bianco platino.
Molte dame rimasero senza fiato, e Myrcella era una di loro. La bellezza di quell’uomo l’aveva letteralmente fulminata, non le pareva possibile. Si chiese ancora chi diamine fosse quel cavaliere. Altri però erano come pietrificati, come se il loro sangue si fosse congelato nelle vene. Come se non volessero credere a ciò che stavano vedendo.
Tommen non aveva ancora idea di chi fosse l’uomo davanti a lui e stava per ripetere ancora quella domanda, sempre più fuori di sé, ma il cavaliere lo precedette.
La sua voce era chiara e forte e nessuno poté astenersi dall’ascoltarsi.
“Aegon della casa Targaryen, sesto del mio nome, signore di Roccia del Drago, figlio di Rhaegar Targaryen e Elia Martell, sangue del drago, discendente dell’antica Valyria e di Aegon il Conquistatore.”
La sala parve diventare un unico insieme di statue. Myrcella sentì un brivido di terrore risalirle la schiena e rimase immobile, come pietrificata. Non era possibile. Le avevano ripetuto una infinità di volte che i draghi erano morti. Eppure uno di loro era lì, davanti a lei, in tutta la sua sfolgorante bellezza.
Sul viso di Aegon si allargò un sorriso che ben esprimeva tutta la soddisfazione raccolta da quella reazione. I sui occhi d’ossidiana brillavano nella sala. Lentamente raccolse la sua spada, mentre centinaia di occhi erano fissati su di lui.
Poi rialzò la testa. E ghignando, con un tono provocatorio e autorevole, aggiunse.
“E anche legittimo proprietario di quella sedia di ferro.”







Note dell’autore:

avevo promesso colpi di scena e così è stato…e di certo non mi fermerò qui.
Piccola nota che si ricollega allo sfogo che ho scritto all’inizio: non so quanti di voi l’abbiano visto, ma HBO mette sempre un video su Facebook con i “migliori” momenti della puntata, commentati da Benioff e l’altro tizio. Il commento dell’autore sulla scena di Myrcella e Jaime è a mio parere bellissimo…viene però da pensare "Perché diamine hai scritto così la scena?!?"…davvero io sono ancora senza parole, non so cosa passi per la testa agli autori.
Ultima cosa: scusate per la formattazione che continua a cambiare, ma certi font che avevo usato non mi convincevano appieno e sopratutto sto continuando a provare nuovi programmi e ancora non ne ho trovato uno che mi va a genio al 100%.
Ringrazio tantissimo tutti quelli che hanno letto i primi due capitoli e spero che anche questo vi possa piacere.
Che dire, fatemi sapere le vostre opinioni.
Come sempre stay tuned e long live the lioness














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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Cap 4

Long live the lioness




“It’s gonna take a lot to drag me away from you
There’s nothing that a hundred men or more could ever do”

Africa, Toto






 

 

La tensione nella sala era tanto palpabile che si sarebbe potuta tagliare col coltello.Gli occhi di tutti erano increduli e rivelavano un profondo terrore interiore.
Myrcella si sentiva pietrificata, come se avesse appena visto un fantasma. Un fantasma di un magnifico drago.
E nello sgomento generale Aegon stava ancora nel centro della sala, con quel suo sorriso tanto fiero quanto ammaliatore. Forse nemmeno lui si aspettava una tale reazione.
Alle guardie reali non era concesso però il privilegio di rimanere sorpresi. Tre mantelli bianchi circondarono il giovane drago, aiutati da una dozzina di cappe dorate.
Jaime si pose davanti al trono, con la spada sguainata, frapponendosi fra il re, suo figlio, e il Targaryen.
E mentre tutti si lanciavano occhiate terrorizzate e pensavano alla via di fuga più breve, la voce dello straniero non più misterioso risuonò ancora in quel silenzio sovrannaturale.
“Ho davanti forse il re dei traditori?” chiese con voce carica di disprezzo. I suoi occhi brillavano come se dentro di lui le fiamme stessero divampando incontrollate. E forse era veramente così. Lui era un drago. Posò quegli occhi su Tommen.
“Hai già dimenticato il giuramento che hai fatto poco fa?”
Fece una pausa, alzando lo sguardo.
“Forse tu sì, ma gli dei di certo no…”
Nella galleria l’aria era fetida di quell’odore inconfondibile. L’odore della paura. Lei però sentiva qualcos’altro. Insieme allo sconcerto e all’incredulità avvertiva qualcosa di diverso. Le sembrava di essere sospesa fuori dal tempo, con un lieve ma costante freddo che le toccava la pelle. Una sensazione simile a quella dei sogni. Ma quello, purtroppo, non era un sogno. Guardò suo fratello. I suoi occhi erano persi, vuoti, spaventati come quelli di un bambino. Le fece quasi tenerezza.

Chissà cosa stava provando…
Ma la voce che risuonò per la sala non era decisamente quella di un bambino.
“Tutti fuori. Subito!” Quello era un grido da re…autorevole e forte, ma non irato o tracotante. Tutti uscirono con una lentezza esasperante, senza mai smettere di guardare Tommen e Aegon.
Solo le guardie e i lord del concilio ristretto rimasero.
Lei lanciò un ultima occhiata preoccupata verso Trystane. Era visibilmente teso e focalizzato su quello che stava accadendo, ma non nascondeva anche un certo nervosismo. Si sforzò di distogliere lo sguardo, si voltò e si accodò alle altre per andare verso la porta. “Andrà tutto bene. Sa badare a sé stesso” si disse. E con una strana sensazione, come se stesse camminando sulle nuvole, tornò nella sua stanza.
Si sedette e cominciò ad aspettare.
Stette lì immobile, mentre le ore passavano e lei si perdeva nei pensieri.

 

 

-          -          -          -          -          -

 

 

 

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Era pomeriggio inoltrato e sulla Fortezza Rossa regnava un silenzio surreale. “La quiete prima della tempesta” pensò, appoggiata alla finestra.
Sentì bussare alla porta. Con il cuore che accelerava mosse passi veloci, aprì la porta e se lo ritrovò di fronte. Tutte le preoccupazioni che l’avevano assillata in quelle interminabili ore si fecero da parte, almeno per quell’istante.
Lo fece entrare, richiuse la porta e si avvicinò a lui. Lo baciò, ma subito avvertì che qualcosa non andava. Sentiva che lui era teso, anzi, era… Non trovò un termine per definirlo.
Trystane si passò una mano sulla faccia. Avrebbe tanto voluto trovare qualcosa di speciale, di confortante da dirgli. Ma niente le veniva in mente. E forse l’ovvietà era la migliore via.
“Cosa è successo?” gli chiese, con un tono che lasciava trasparire la sua brama di sapere e allo stesso tempo timore per ciò che lui avrebbe potuto dirle.
“Che cosa è successo?!” rispose lui mentre nella sua voce si mischiavano sconcerto e rabbia. Subito però la guardò spaventato. Lei non aveva nulla a che fare con quello. Non era giusto trattarla così…
Riprese a parlare con voce più calma.
“Hai visto tu stessa chi si è presentato oggi…e…”
Sospirò e si sedette. Myrcella pendeva dalle sue labbra
“Diciamo che se non fosse stato per me e lord Kevan sarebbe successo…non ho idea di cosa sarebbe successo.”
Scosse la testa. “Vieni qui” le chiese gentilmente. Lei, senza smettere di fissarlo incuriosita e timorosa, andò a sedersi di fronte a lui.
“Ma forse…è stato meglio così…che sia successo” disse lui, con un sorriso quasi disperato sulla faccia. Lei non capiva ciò che stava dicendo, ma non osò interromperlo.
“Ti rendi conto che quell’uomo…quell’uomo è…”
I suoi occhi erano una finestra su quella incredulità senza fine.
Che quell’uomo è mio cugino”
Myrcella gli sorrise, prendendogli una mano. Aveva capito quanto lui fosse sconcertato e…e quello che aveva sentito prima. Si chiese cosa avrebbe fatto se fosse stata al suo posto. A mala pena si era capacitata della situazione, figurarsi se fosse stato coinvolto un parente sempre creduto morto e se avesse dovuto affrontare una delicatissima trattativa. “Non ce l’avrei mai fatta” Doveva aiutarlo. Lo amava troppo, non poteva vederlo ridotto così. Lasciò che il suo cuore parlasse.
“Trystane sono qui, qui per aiutarti. Ma devi dirmi cosa è successo.”
Lui le strinse le mani e poi cominciò a parlare.
“È successo tutto troppo velocemente e troppo lentamente allo stesso tempo…dopo che tutti sono usciti tuo fratello era come dire…fuori dal mondo?” Dal tono poco convinto della sua voce si capiva quanta fatica facesse a trovare le parole per raccontarle ciò che era successo.
“Tutti percepivano benissimo quanto fosse incredulo e, soprattutto, terribilmente spaventato. Del resto…non possiamo biasimarlo. Non oso immaginare come si stesse sentendo in quei momenti. A un certo punto però lord Kevan ha rotto il silenzio. Alla faccia di chi diceva non fosse come tuo nonno… Comunque, ha chiesto a Tommen se avevamo alternative. Non so dove abbia trovato la forza di parlare, ma vabbè, non è questo il punto.”
Si fermò un istante per prendere fiato
“Il re è rimasto ancora zitto. Ho deciso di aiutare il tuo prozio e così…ho chiesto che ci fossero mostrate le prove che il guardiano della notte aveva menzionato prima. Devo dire che l’effetto è stato a dir poco devastante.”
Scosse la testa, mentre nella sua mente affioravano ancora quei ricordi.
Penso sia lo spettacolo più terrificante che un uomo possa mai vedere.”
I suoi occhi erano vuoti, la sua voce spenta, come quando si ricorda un defunto o una tragedia. Deglutì e riprese a parlare.
“E, fortunatamente, è bastato a convincere Tommen. Ha chiesto al drago cosa volesse. La discussione è stata interminabile, una marea di discorsi e trattative per dettagli irrilevanti. Quelli che tua madre ha messo nel concilio saranno anche fedelissimi adulatori dei Lannister, ma sono dei grandissimi idioti. Sta di fatto che tuo fratello ha deciso di lasciare almeno per il momento perdere il fatto che si chiama Aegon Targaryen e gli ha fatto giurare di sconfiggere per il reame gli estranei. Mi è sembrato tanto irreale quanto ridicolo…insomma…”
Il principe sospirò e riprese a parlare
“Lui avrà un esercito di esigue dimensioni per andare a nord. Sufficienti per completare la missione dice lui. Ma comunque troppi pochi per poter costituire una minaccia. Almeno per ora…”
Myrcella colse lo strano tono di quelle ultime parole. Sentì un brivido risalirle lungo la schiena. Cosa diavolo voleva fare…
“Cosa vuoi dire?” gli chiese, quasi spaventata.
Lui colse il tono della sua voce, capì come si sentiva. Era ora di dirle tutta la verità.
“Ciò che sto per dirti è…non dovrei dirtelo. E ciò che ho in mente…potrebbe essere pericoloso. Ma ciò che temo è molto probabile e…e non voglio ritrovarmi impreparato.”
Lei lo guardava, sempre più confusa e spaventata.
Il tono della sua voce era cupo e serio come la morte.
“Myrcella, tuo fratello è malato. Molto malato. Il gran maestro mi ha confidato che ha continui dolori ai polmoni e alla gola, non riesce a mangiare, dorme a stento. Ha attacchi di tosse incontrollabili e…e perde molto sangue. Il problema è che…”
La fissò negli occhi e vide quanto fosse preoccupata e tesa. Riprese a parlare, anche se non avrebbe mai voluto dirglielo. Non voleva che lei soffrisse. Ma non poteva mentirle, nemmeno per proteggerla. Non su questo almeno.
“Il maestro non ha idea di che malattia si tratti. E di conseguenza non sa come curarlo.”
Lei era sempre più spaventata “Quindi…” disse con un filo di voce.
Trystane annuì. “Si…potrebbe…”
Gli occhi le si sbarrano. Le orecchie cominciarono a fischiarle. Sentì la gola stringersi sempre di più. Nella sua mente i più terribili pensieri si susseguivano.

Tommen…no non ci voleva credere, pensare…non un’altra volta, non ancora…
Non a lui soprattutto. Nonostante tutto quello che aveva fatto, nonostante quello che era, voleva bene a Joffrey ma…ma a Tommen…con lui c’era sempre stato molto molto di più…non potevano farle questo. Non glielo potevano portare via.

Le lacrime cominciarono a rigarle le guance. Le sembrava di rivivere un incubo, ma quella era la realtà ed era cento volte più spaventosa.
Lui la abbracciò. Avrebbe tanto voluto potersi abbandonare a lui, sfogare quella preoccupazione. Ma sapeva di non poterlo fare. Non in quel momento almeno. Era solo una possibilità del resto. “Forte, devi essere forte. Non piangere, non ora. Forte.” Asciugò le lacrime con il dorso della mano. Si staccò da lui, sforzandosi di non piangere. “Tommen è ancora qui…qui con me. Conta solo questo.”
Sentì di nuovo la sua voce, molto più raddolcita. Lui le prese con una mano il mento e delicatamente le rialzò la testa, rialzò quello sguardo così vuoto.
“Ora, fosse tutto normale non mi preoccuperei così tanto. Tommen può guarire…e guarirà senz’altro.” Il suo sguardo e le sue parole erano proprio quello di cui aveva bisogno. Conforto. Sicurezza. Riuscì a sorridergli. Lo amava anche per questo. Per come solo lui sapeva consolarla.
“Ma abbiamo un Targaryen a piede libero per il regno con un’armata…che ha una zia al di là del mare con tre draghi.”
Il tono della sua voce si fece più cupo e serio. Non l’aveva mai sentito parlare così.
Prese un lungo respiro.
“Ora pensa, so che è difficile, ma pensa solo per un’istante che Tommen non ce la faccia.” Lui le prese le mani. Si ripeté ancora di essere forte.
“Hai idea di cosa succederebbe?”
Nella sua mente balenarono mille pensieri. E in una gelida realizzazione finale…
“Beh…ora come ora…” Non trovava la forza di dirlo.
Trystane la guardava sorridendo. Disse le parole che lei non era riuscita a dire.
“Ora come ora…tu avresti quella sedia di spade.”
Myrcella sentì la terra mancarle sotto i piedi “Io non… Noi non…
“Noi cosa?” le disse, mettendole una mano tra i capelli.
“Beh noi dovremmo…non lo so Trystane. È così nuovo, così stano.” Il suo tono era confuso. “Non l’ho mai pensato, sognato, voluto. Non lo voglio…”
Sospirò. “E mai lo vorrò.”
Lui trattenne a stento una risata. Le sorrise con dolcezza.
“Credi davvero che lei te lo permetterà?”
Le accarezzò il volto perplesso con il palmo della mano. Quel viso che amava così tanto…
“Non capisco…chi non me lo permetterà?” gli rispose.
La regina. La tanto magnifica quanto scaltra moglie di tuo fratello.”
Come aveva fatto a non pensarci prima? Eppure… Aveva potuto intuire quanto Margaery fosse attaccata alla posizione conquistata e sicuramente non l’avrebbe lasciata volentieri. Ma dubitava fortemente che avrebbe potuto avvallare pretese. Del resto…
“Perché lei? Tommen non ha ancora…”
Nel dire questo sentì qualcosa. Era così strano parlare così di suo fratello. Tanto strano. Ma si  ripeté ancora quella frase. "Come era cambiata lei sicuramente era cambiato anche lui."
Lui le troncò la frase e la sua voce aveva una strana nota maliziosa.
Non ancora. Ma dubiti delle capacità di tuo fratello?”
Queste parole la fecero sorridere nuovamente “Non stavo dicendo questo…ma fino a prova contraria, lui non ha un erede.” Nel dire questo quella sensazione di stranezza di prima era svanita. E aveva lasciato posto a un’intuizione.
Abbassò la testa mentre il volto le si incupiva seguendo il ragionamento di Trystane.
“Ho capito dove vuoi arrivare. Se mio fratello dovesse…dovesse lasciarci e prima avesse un figlio da Margaery…”
Trystane la fissava immobile.
“Beh mio nipote sarebbe…”
Non credeva a ciò a cui era arrivata ragionando, ma sentiva che sarebbe andata sicuramente così.
“Sarebbe nient’altro che un Tyrell. Crescerebbe come tale, si atteggerebbe come tale, governerebbe come tale.” La sua voce era gelida, carica di repulsione e sconcerto.
Lui la guardava, sorridendo leggermente nel vederla arrivare alle sue conclusioni.
“Tua madre ha una degna sostituta per quando lascerà la corte…” le disse con quel suo unico tono ironico.
Non poté fare a meno che ridere. “Trystane, ti prego…”
“Non c’è niente da far, voi leoni non sapete proprio stare lontani dal potere…” le rispose lui.
Myrcella sorrise. “Non è questo ma…i Tyrell sono nostri alleati solo per convenienza momentanea. I leoni non hanno mai amato le rose e mai le ameranno.”
Lo fissò negli occhi.
“Nessuno vorrebbe un re Tyrell. Nessuno.”
“Ma non sarà solo un Tyrell…avrà sangue Baratheon e…e Lannister.”

Lui era al corrente di tutto. Del resto non avrebbe mai potuto mentirgli…
“No Trystane” riprese lei “sarà un Tyrell e farà solo gli interessi dei Tyrell”
Per tutta risposta lui sorrise e le prese le mani. Tornò a parlare con quel suo tono unico e inimitabile, carico di quella ironia sottile che tanto le piaceva.
“Allora speriamo che tuo fratello non sia in grado…ma se è un dono di famiglia…”
Provava a rendere seria la sua espressione del volto mentre la fissava, ma stava fallendo miseramente.

“Avremo un re Tyrell” sentenziò, con voce carica di finto rammarico.
Lei scosse la testa. “Ecco il vero Trystane” pensò sorridendo.
“Credi di aver abbastanza esperienza per dirlo? Per definirlo un dono di famiglia?” gli rispose, cercando di sembrare seria. Ma non lo era affatto, anzi. Voleva provocarlo.
“Beh…tu cosa dici” chiese lui, con voce carica di curiosità e impazienza. Ce l’aveva in pugno. Era stato così facile…

L’esperienza non è mai troppa…
Lui sorrise a queste parole, compiaciuto. “Non potrei essere più d’accordo”
Le si avvicinò, prendendole una ciocca di capelli tra le dita. La fece scorrere delicatamente, mentre il suo sguardo era perso nel vuoto. Arrivato in fondo tornò a guardarla. Le portò una mano dietro la schiena e lentamente la baciò.
Myrcella chiuse gli occhi, ricambiando il suo gesto. Soli, finalmente.
Sentì la mano di lui risalire, arrivarle al collo. E poi, sempre lentamente, iniziò a sfilarle la spallina del vestito.
Si staccò dalle sue labbra e appoggiò la testa sulla sua spalla, sfiorandogli il collo con il volto.
Le mani di lui continuarono ad accarezzarle il corpo.
La spinse piano piano verso il letto. Si adagiarono entrambi.
Ripresero a baciarsi.
È da quando abbiamo lasciato Dorne che non abbiamo più…” Ma non fece in tempo a completare questo pensiero. Non era più tempo di pensare, di parlare.
Chiuse gli occhi.

Erano finalmente soli. Potevano dimenticare tutto e tutti.
Potevano finalmente togliere la maschera.

 

 

 

 

Note dell’autore:

 
Eccoci dunque al quarto capitolo…spero vi sia piaciuto! Ho deciso di inserire nel gioco del trono che era fermo da troppo tempo un personaggio nuovo. In questo capitolo avete potuto vedere le prime reazioni e di certo non si fermeranno qui.
Avevo anche promesso personaggi “normalmente” estranei ad Approdo del Re e i suoi intrighi e Aegon non sarà di certo il solo. Mi scuso ancora per la formattazione, ma evidetemente o sono io incapace o i programmi open source fanno schifo.
Ringrazio tantissimo tutti quelli che hanno lasciato feedback e fantastiche recensioni, lo apprezzo tantissimo.
Come sempre stay tuned e long live the lioness

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


cap 5



Long live the lioness









“'Cause nothin' lasts forever
And we both know hearts can change
And it's hard to hold a candle
In the cold November rain”

November Rain, Guns N’roses









Un tenue e delicato raggio di luce mattutina squarciava la penombra della stanza filtrando dalla finestra, formando un cono di luce in cui fluttuavano mille e mille inconsistenti granelli di polvere.
Quanto era stata a guardare quello spettacolo tanto insignificante e banale quanto straordinario? Secondi? Minuti? Ore? Non avrebbe saputo dirlo.
Al risveglio quella piccola magia aveva catturato la sua attenzione e non era più riuscita a staccarvici gli occhi. Per quel poco che era durato era riuscita a dimenticare tutti i pensieri, a fare finta che non esistesse nient’altro.
Ma sapeva fin dall’inizio che non sarebbe durato a lungo, anche se si era illusa del contrario.
Sospirò, tornando ad appoggiare la testa sul cuscino. Doveva tornare al mondo reale. Si morse leggermente il labbro, mentre i suoi occhi erano persi nel vuoto. Sentiva un leggerissimo ma oramai inconfondibile sibilo, che si ripeteva ancora e ancora senza fine. Inclinò la testa quanto bastava per vederlo. Stava ancora dormendo, e non c’era motivo di svegliarlo.
Senza volerlo tornò a pensare a quella notte. Istintivamente si portò la mano in grembo. Non potevano assolutamente continuare così. Continuare a correre quel rischio. Fino ad allora lo avevano ignorato e nulla era successo, ma era ben consapevole che non sarebbero stati così fortunati ancora a lungo. La natura avrebbe fatto il suo corso. Ed era troppo, troppo presto. E loro erano troppo giovani.
Scosse la testa. Mise da parte quei pensieri. Doveva parlargliene assolutamente, ma non in quel momento. C’erano tanti altri pensieri ad assillarla.
Delicatamente scivolò fuori dal letto, facendo attenzione a non svegliarlo.
Lanciò un veloce sguardo verso la finestra, intravedendo la Fortezza Rossa e la città intente a svegliarsi sovrastate da una coltre di nubi che andava a infittirsi.
Cominciò a prepararsi. Non si faceva aspettare un re.
Oramai riusciva a fare tutto da sola. Non sopportava nessuna delle tante cameriere che le erano state mandate. Erano tutte incapaci oppure erano delle spie. Alcune addirittura riuscivano a essere tutte e due le cose assieme. “Avrei dovuto portarmi qualcuno da Dorne…” pensò amaramente.
Aveva praticamente finito quando Trystane si svegliò. La sua espressione era ancora intontita e addormentata, i suoi occhi a mala pena riuscivano a stare aperti.
“Mi lasci di già?” gli chiese, con la voce impastata di sonno.
Lei gli sorrise. Si avvicinò e si sedette sulla sponda del letto.
“Mio fratello mi ha degnato dell’onore di un’udienza privata. Non voglio certo fare tardi…” Avrebbe voluto dire quelle parole con tono più graffiante e sarcastico, ma le era impossibile. Tommen era il re e poi…non stava di certo bene.
“E allora vai, per il bene del reame…” aggiunse lui sorridendole, mentre la voce aveva ripreso la sua tipica sfumatura ironica.
Myrcella scosse la testa. “Per il bene del reame è meglio che tu non ti faccia trovare qui dentro da qualcuno…altrimenti…”
“Altrimenti?” chiese lui, in tono di finta sfida. Solo Trystane era capace di ironizzare tutte le situazioni. L’occhiata di lei gli bastò come risposta. La guardò uscire, seguita dallo svolazzare leggero del lungo vestito. Gli sorrise un’ultima volta mentre lei chiudeva la porta. Sbadigliò alzandosi, pronto a cancellare in pochi minuti ogni segno della sua presenza.
Pronto a indossare nuovamente la maschera.





    -    -    -    -    -    -    -   





Aveva dovuto anche attendere prima di poterlo vedere. E ora, sentendosi stranamente leggera, come in un sogno, stava varcando la porta degli appartamenti reali. Suo fratello era in fondo al solarium, nella parte rialzata di qualche gradino rispetto al resto. Dava le spalle alla porta e sembrava intendo a osservare fuori dalla finestra. Al rumore dei suoi passi veloci Tommen si girò.
Il suo fisico si era di molto irrobustito, era decisamente più alto, ma il suo volto non era cambiato per nulla in tutti quegli anni. O almeno questo le suggerivano i ricordi. Ricordi che ora entravano numerosi e prepotenti nella sua mente come la grandine in un tetto bucato. Si sforzò di trattenere le lacrime avvinandosi. Suo fratello rimaneva immobile, guardandola con occhi gelidi. C’era stato un lampo in quegli occhi quando l’aveva vista, ma era stato subito represso da qualcos’altro… Da qualcosa che si portava dentro…e lei non aveva idea di cosa fosse.
Continuò a guardarlo incredula. Il silenzio che c’era nella sala faceva male alle orecchie. Pensò lui a romperlo.
“Cosa hai da sottopormi?” le chiese, con voce autorevole e distaccata.
Cosa? Cosa aveva detto? No, non era possibile. Non poteva andare così. Stava finalmente accadendo e non voleva andasse così.
Continuò a fissarlo immobile, mentre su suo volto si dipingeva un’espressione di sconcerto.
Lui attendeva una sua risposta e presto si stancò di aspettarla. Riprese a parlare con tono quasi seccato.
“Non si chiede forse udienza a un re per sottop…” Ma non poté completare la frase. La sua faccia si contrasse in una smorfia di dolore, si piegò in avanti e cominciò a tossire. Ogni colpo di tosse lo scuoteva violentemente, mentre il suo volto era una finestra su quanto stesse soffrendo.
Sapeva che era malato, ma vedere tutto dal vero… Era sconcertata, impietosita, incredula e…quante altre cose.
Istintivamente mosse pochi passi, salì i gradini e gli si avvicinò. I suoi occhi lucidi erano pronti a esplodere, ma si sforzò di trattenerli. Restò a guardarlo soffrire in quel modo, senza poter fare nulla. Si sentiva così impotente. Non era affatto una bella sensazione.
Dopo un interminabile minuto lui riuscì a smettere di tossire e provò a parlare. La sua voce era incredibilmente rauca e flebile. 
“Myrcella io…” Non riusciva a trovare le parole per dirglielo, o forse le aveva ma non riusciva a pronunciarle. Il suo volto poco prima le era sembrato così uguale e familiare, ma ora che lo guardava bene era scavato, segnato da segni di profondo dolore e stanchezza.
“I know…” gli disse, cercando di essere il più dolce possibile.
Vide lui rialzare la testa e guardarla negli occhi. E in quegli occhi vide finalmente ciò che voleva vedere. Aprì le braccia e lui venne verso di lei.
Si strinsero finalmente in un abbraccio troppo a lungo aspettato, troppo a lungo sognato. Un abbraccio forte, come se l’uno non volesse lasciare scappare l’altra, come se si volessero sincerare che fosse tutto vero e non un sogno.
Con tutte le sue forze si impose di non piangere, non lì, non in quel momento, non davanti a lui. Lei e il fratello avevano solo un anno di differenza, eppure in quel momento lei sembrava molto più grande. Sentiva sul collo le sue lacrime, e si sforzò ancora di trattenere le proprie. Rimasero così a lungo, senza bisogno di dirsi nulla. Poi lui riprese a parlare.
“Quel giorno…prima di partire mi dicesti che dovevo essere forte. Forte. Che saresti tornata…” la sua voce era ancora flebile come prima, carica di amarezza e portava i segni indistinguibili del pianto.
Lei stava rivivendo quel momento, il ricordo della sua partenza era rimasto scolpito nella sua mente. Si sentiva in colpa, anche se non sapeva bene perché. L’aveva lasciato lì, da solo. Da solo in una città di mostri travestiti da agnelli. Da solo con Joffrey. Ma le era stato imposto, non era di certo una sua scelta. E per fortuna era stata una scelta giusta. Aveva sconvolto completamente la sua vita. Come aveva sconvolto quella di suo fratello.
Udì nuovamente la voce di lui.
“Ci ho provato. Ti giuro che ci ho provato. Sono successe così tante cose senza che io potessi rendermene conto, capire, reagire. Senza di te sono stato…”
Sospirò. Un respiro che pareva più un lamento.
“Solo è riduttivo. Guerra, congiure, intrighi, morti. Tutto mi accadeva intorno, mi sfiorava, mi era così vicino, ma non mi toccava e non potevo capire. Poi…poi è morto Joff…”
La sua voce era piatta, senza alcun tipo di coinvolgimento. Riportava una notizia, senza soffrirne. Continuò a parlare.
“E allora tutti si sono concentrati su di me. Ma di me non importava a nessuno. Tutti volevano qualcosa. Approvazioni, terre, denaro, titoli, consensi, firme… Quel trono non mi è mai piaciuto, non l’ho mai voluto. Era di Joff, non mio.”
Pendeva oramai dalle sue labbra.
“Ho cercato disperatamente qualcosa a cui aggrapparmi...e ho ricordato le tue parole. Ho provato a essere forte. A mostrare agli altri un re deciso. Ho fatto tutto quello che mi hanno detto di fare, facendo finta di capirli. Prima lord Twin, poi la mamma, poi Margaery… Ho seguito quello che mi dicevano di fare, sperando che poi mi permettessero di essere me stesso. ”
Sentì la sua voce commuoversi sempre di più.
“Myrcella perché? Perché non ci hanno lasciato insieme, perché Joff è dovuto morire, perché sono dovuto andare su quel trono? Perché non ci hanno lasciato vivere la nostra vita? Perché non ci hanno lasciato essere ciò che eravamo?”
Non aveva una risposta a questa domanda. Avrebbe tanto voluta averla, per lui…
Provò a trovare delle parole, ma ogni pensiero le moriva in gola.
“So benissimo che non hai una risposta. Non esiste una risposta. Mi sono illuso per tutto questo tempo che sarebbe bastato riaverti qui per…perché tutto magicamente tornasse come prima…”
Si staccò da lei.
“Quanto sono stato sciocco a pensarlo?”
Sentì quelle parole risalirle dal cuore alle labbra. Parlò lentamente, scandendo ogni parola con voce carica di commozione.
“Non sei stato per niente sciocco Tommen. Nessuno potrà mai separarci. Potranno allontanarci, imporci cosa fare, ma mai e poi potranno rompere quello che fra noi, perché è indistruttibile…”
Con queste parole riuscì finalmente a far tornare un’espressione sicura sul volto di suo fratello. Doveva continuare così. Un sorriso le si dipinse sulle labbra quando le venne in mente cosa dire. Il suo tono si fece inevitabilmente ironico.
“Indistruttibile come la porta del magazzino dei corvi…”
Tommen tornò a sorridere mentre quel ricordo riaffiorava nella sua memoria. Era passato così tanto tempo…
“Mi auguro proprio di no…” disse, mentre nei suoi occhi la figura di sua sorella veniva sostituita da quel ricordo.
Aveva sempre adorato i gatti…solo che loro non amavano tanto lui. L’unico modo di farseli amici era dare loro da mangiare. Ma farsi portare qualcosa da qualche servitore avrebbe cancellato parte della soddisfazione finale, così decise di rubarlo. Quale miglior obbiettivo se non la stanza in cui veniva custodita la riserva di cibo per i corvi? Myrcella aveva provato a dissuaderlo, dicendogli che la porta era troppo spessa, troppo resistente e che non ce l’avrebbe mai fatta. Si era rassegnato quindi a provare a forzare la serratura. Armato di qualsiasi pezzo di ferro avesse a disposizione a lungo aveva tentato di scassinarla, senza però ottenere alcun risultato, mentre la sorella lo guardava divertita. Alla fine si era rassegnato. E quando lei se ne stava già andando, lui aveva provato a fare ciò che fin dall’inizio aveva in mente, ossia abbattere la porta. Una spallata di un bambino era stata sufficiente a sfondare quel sottilissimo legno.
In quel momento dentro di lui si erano mischiati soddisfazione e rancore verso la sorella, che aveva detto che era impossibile. Ma alla fine aveva avuto il suo cibo per i gatti e qui si era concluso tutto.
Ripensare a questo li fece sorridere entrambi. E per un po’ non ci fu più bisogno di parole, bastava guardarsi negli occhi.
Ma poi lo sguardo di Tommen si incupì sempre di più, mentre quell’orrenda smorfia di dolore tornava prepotente sul suo volto.
“Myrcella…” le chiese in tono di implorazione, indicando con la mano qualcosa dietro di lei.
Si girò e in raggiunse in fretta il tavolo, mentre i suoi colpi di tosse esplodevano ancora più forti e violenti di prima. C’era solo un capannello lì, così lo prese e si mise a suonarlo, con lo sguardo che non si poteva staccare dal fratello.
Cosa ha fatto per meritarsi questo?
Un vecchio entrò da una porta sul lato a soccorrerlo. E mentre spariva con il re appoggiato su di sé le fece cenno di andarsene.
Con il viso e gli occhi che le bruciavano uscì dalla stanza, percorrendo senza meta i corridoi. Senza sapere come si ritrovò in cima a una torre, con il cielo nero che incombeva sopra la città.
E poi, dapprima lentamente, la pioggia cominciò a cadere.
Solo poche gocce all’inizio. Ma ad ogni istante aumentavano e aumentavano.
Alzò gli occhi al cielo.
La pioggia era oramai molto intensa. Ma non le importava.
Sentiva l’acqua caderle sui capelli, scorrere giù, lungo la fronte, le palpebre, le labbra, il mento, il collo. Infradiciarle i vestiti, colare in veloci e fresche gocce sulle spalle, sul seno, sul ventre, sulle gambe.
Quelle gocce avevano il sapore dolce delle pianure.
E si mischiavano a quello salato come il mare delle sue lacrime.
Poteva finalmente lasciarsi andare.
Buttare fuori tutto ciò che si portava dentro.
E lasciare che la pioggia lo trascinasse via con sé.
Vedere suo fratello in quello stato…e quello che aveva detto…le avevano fatto più male di quanto avesse mai potuto immaginare.
A Dorne si era sentita a lungo terribilmente sola. E solo Trystane era riuscito a colmare quel vuoto. Ma Tommen non aveva nessuno, nessuno al di fuori di lei.
Erano sempre stati insieme…perché tra loro c’era sempre stato un legame forte. Forse era perché avevano quasi la stessa età, forse era perché Joff era molto più grande ed era…diverso.
Tutti l’avrebbero ricordato come un mostro psicopatico, uno dei re peggiori che i sette regni avessero mai conosciuto. Lei invece…
Joffrey era stato crudele con tante, troppe persone. Perfino con Tommen. Eppure con lei…a lei non aveva mai fatto nulla. E quando i loro sguardi si incrociavano…ricordava benissimo ciò che vedeva nei suoi occhi, ma non era capace di descriverlo, di concretizzarlo. Suo fratello in quegli istanti tornava a essere umano, come se la sua indole crudele non fosse altro che una menzogna e a lei non potesse mentire. O forse era qualcosa di più. Forse…
Non sapeva cosa realmente Joffrey provasse per lei…e non l’avrebbe mai saputo.
Ma di una cosa era certa. Non era il mostro che tutti credevano, almeno non completamente. Lei gli aveva sempre voluto bene e a modo suo lui aveva ricambiato.
Uno dei suoi primi ricordi era di Joff che la caricava sul suo cavallo e girava con lei per il cortile della Fortezza Rossa. Un bambino sincero, affettuoso, normale…
Lo avrebbe sempre ricordato così.
Abbassò la testa. Dopo tanti pensieri tristi aveva ritrovato un sorriso.
Aveva sfogato tutto e quelle numerose lacrime avevano trascinato via tutta l’incertezza e lo sconcerto. Ciò che stava accadendo a Tommen era reale, tremendamente reale. E lo doveva accettare.
La pioggia andava affievolendosi.
Si chiese quanto a lungo fosse stata lì. Minuti? Ore? Non ne aveva idea.
Mandò giù i residui di quel lungo pianto liberatorio e si voltò, pronta a tornare alla sua stanza. Ma non riuscì a muovere nemmeno un passo. Appena si fu voltata rimase immobile come una statua.
Non era possibile. Cosa diavolo ci faceva…
Davanti a lei, su quella terrazza di pietra rossa, c’era un drago.
Aegon Targaryen stava lì in piedi, a pochi passi da lei.
Già dall’alto della galleria le era sembrato spaventosamente, irrealmente, bello.
Ma vederlo da quella prospettiva…
Il platino dei suoi capelli risplendevano ancora di più dopo che alcune gocce di pioggia li avevano inumiditi. I suoi lineamenti regali ed eleganti davano vita a un’espressione composta ma non seria, serena ma malinconica. I suoi occhi erano un misto di viola e ossidiana, profondi e limpidi come il mare di Dorne, e anche in essi traspariva serenità con un alone di quella malinconia così particolare. Erano una finestra sul suo animo, un animo che in quel momento era privo di preoccupazioni.
Un lungo mantello cadeva dalle sue spalle. Sulla sua corazza si potevano scorgere tre draghi, l’emblema dei discendenti dell’antica Valyria, che si stagliavano lucidi contro il metallo opaco dell’armatura.
Dalla cintura pendeva ancora l’enorme spada mostrata il giorno precedente.
Myrcella era senza parole.
Sentiva che dentro di lei stava nascendo qualcosa di nuovo. Non era paura, non era felicità, non era preoccupazione, non era amore, non era curiosità.
Era qualcosa di strano, di speciale, di mai provato prima.
E mentre si sforzava di trovare un senso e un nome a quella sensazione i suoi occhi videro le labbra del drago muoversi.
Formarono un sorriso appena abbozzato. Sereno e malinconico anch’esso.
E con quel leggero sorriso stampato sulle labbra il drago fece per parlare.










Note dell’autore:

alcuni bramavano un incontro tra Myrcella e Aegon…quindi eccovi accontentati.
Già da quando ho inserito Aegon nella storia pensavo di farli incontrare e quando ho risentito qualche giorno fa November Rain mi è venuta l’illuminazione.
Questa è di certo solo la premessa di questo incontro, che svilupperò nel prossimo capitolo.
Ho anche voluto approfondire il rapporto di Myrcella con i fratelli.
La realtà è dura a volte da digerire…così è stato per la malattia di Tommen.
Sono il primo a sostenere che Joffrey fosse un maniaco psicopatico e quant’altro e che si sia meritato una fine del genere, ma nonostante ciò mi riesce impossibile immaginarlo tale con la sorella. Lo sguardo che lui le lancia durante il torneo per il suo tredicesimo compleanno dice molto sul loro rapporto. Un rapporto che non è mai stato (purtroppo) esplicitato.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e come sempre fatemi sapere le vostre opinioni.
Grazie ancora a tutti quelli che lasciano feedback!
Stay tuned.
E, naturalmente, long live the lioness.


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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Cap 6


Long live the lioness








“Non avrei mai immaginato di trovarti qui…”
Le parole di Aegon avevano un suono assai diverso da quello che si aspettava. Pensava che sarebbero state parole dure, distaccate, ostili. Del resto lui aveva tutte le ragioni del mondo per odiarla...un tradimento come quello dei Lannister era impossibile da dimenticare. E invece udì un tono calmo, quasi amichevole e da cui traspariva ancora una volta quella regalità e malinconia che caratterizzavano il giovane drago.
Quella strana sensazione che aveva avuto prima e a cui non aveva saputo dare un nome si fece più forte, quasi a prendere il controllo di lei. Avrebbe dovuto avere paura di lui eppure…sentiva qualcos’altro. E quel qualcosa prese la parola al suo posto.
“Potrei dire la medesima cosa” rispose con un filo di voce.
Sul volto di lui tornò quel leggero e malinconico sorriso, mentre il suo sguardo spiazzava sull’orizzonte. Approdo del Re non era certo una magnifica città. Eppure Aegon ne pareva affascinato.
La pioggia continuava a cadere leggerissima, quasi impalpabile.
Il drago riprese a parlarle.
“Qualcuno mi ha detto che dovevo assolutamente conoscerti”
Sul volto le si dipinse un’espressione di sorpresa.

Che cosa? Chi era stato? E mentre si sforzava di pensare, di ipotizzare, un gelido dubbio cominciò a farsi strada nella sua testa. Che fosse stato… No, non era possibile. Eppure più ci pensava più sentiva che la verità era quella. Era stato Trystane. Ma quando? Come? E soprattutto, perché?
Rimandò quelle domande a dopo e si concentrò su quello che doveva dire.
“Avrai già un idea” aggiunse, con tono riluttante. Adesso aveva veramente timore di cosa lui avrebbe risposto.
Nello sguardo di Aegon ci fu un lampo. Non era esattamente rabbia, era qualcosa di simile. Come se lei avesse detto qualcosa che andava contro le sue convinzioni, le sue idee.
La sua espressione si fece più seria. E, cogliendola di sorpresa, le appoggiò le mani sulle spalle, costringendola a guardarlo negli occhi.
“So cosa stai pensando. E sei totalmente fuori strada.” La sua voce era carica, forte, ma non colma d’incontrollata ira.
“Non sono qui per giudicarti in base al nome che porti. Per quanto tu possa temerlo, non ho nulla contro di te.” Fece una pausa. E poi, quasi sibilando e con gli occhi persi nell’orizzonte, ripeté parole che così tante volte l’avevano aiutato.
Past is past, dead are dead.
Il suo sguardo era una spirale senza fine, un oceano senza fondo né confini. Bastava guardarlo negli occhi per rimanerne completamente catturati. Le sue parole erano così...
“Chi sei è più importante di cosa sei.” Il suo tono era divenuto quasi solenne, come se le stesse insegnando una lezione di vita da non dimenticare. Mai.
“Cosa sono io? Un Targaryen. Ma potrei chiamarmi Dayne, oppure Arryn, oppure Sand e sarei sempre me stesso. Lo stesso vale per te”
Finalmente cominciò ad intuire il significato di tutto il suo discorso. E quello che lui stava dicendo, beh, le piaceva. Riuscì a sorridere. Lui sembrò apprezzare. Riprese a parlare, con rinnovata energia.
“Quel sorriso, quello che pensi, quello che provi per gli altri, tutto quello che porti e senti dentro di te, i tuoi ricordi, le tue idee, tutto questo è quello che ti rende te stessa. Non un nome.”
Non si sentiva sorpresa. Sorpresa era riduttivo. Era completamente senza parole. Si era immaginata Aegon in tutt’altro modo. Ciò che aveva detto era…terribilmente bello e terribilmente vero. E nonostante non sapesse praticamente nulla di lui, qualcosa le diceva che poteva, che doveva, fidarsi.
But we have them…” aggiunse con un filo di voce. Era d’accordo con quello che lui aveva detto, pensava la stessa cosa, anche se non era mai riuscita davvero a concretizzarla. Ma lui con quelle parole c’era riuscito. E dopo averle udite, questa domanda le era venuta istintivamente.
La malinconia si fece nuovamente strada sul volto di Aegon. I suoi lineamenti si distesero. Le sue erano parole bellissime, ma la realtà purtroppo era un’altra. Proprio lui che amava così tanto la filosofia era costretto a occuparsi di mera politica. Era un amaro controsenso, ma purtroppo era così.
Yes, we have” disse lentamente. I suoi occhi si persero per qualche istante nel vuoto. “E nomi comi i nostri comportano soprattutto responsabilità…grandi responsabilità.”
Myrcella annuì leggermente. Non poté trattenersi da fare quella domanda.
“Sconfiggere gli estranei è una di queste?”
Il drago prese un lungo sospiro. Il fatto di essersi immaginato l’altro in modo completamente sbagliato era reciproco. “Trystane aveva decisamente ragione” pensò lui. “Delicata e candida come la neve, ma intelligente e astuta come una volpe” Quel mix era davvero temibile. I Lannister erano sempre stati terribilmente astuti, ma la loro eterna arroganza e superbia aveva sempre fortunatamente controbilanciato, evitando di renderli invincibili.

Ma lei…lei aveva qualcosa di diverso. E per questo gli piaceva. Poteva essere una nemica temibile, cosi come una formidabile alleata.
“Per quanto tu possa credere, ho ancora qualche amico nei Sette Regni. E quanto mi è giunta la notizia…beh non potevo stare a guardare.”
La sua voce si fece più forte.
“Non potevo stare a guardare gli estranei trasformare la mia terra in una distesa di morti non del tutto tali…non avendo nelle mani le armi per sconfiggerli.”
Tornò a guardarla negli occhi. Erano arrivati a parlare di quello. Purtroppo o finalmente. Non avrebbe saputo scegliere tra i due.
“Ti sarai già chiesta un miliardo di volte se sono tornato per…per quella sedia di spade.”
Lo sguardo di lei si abbassò. Non sapeva mentire. Almeno non così bene. Questo tipo di risposta gli bastò. Riprese a parlare.
“Che razza di re sarei a lasciar morire il mio popolo?”
Il suo tono ora era quasi irato.
“Fin troppi re, anche miei antenati, sono saliti su quel trono e poi non si sono presi le loro responsabilità. Io intendo fare esattamente il contrario…”
Prese fiato, mentre i suoi occhi si perdevano nel vuoto, segno che stava riportando alla memoria qualcosa.
“Non sono però qui per discutere diritti dinastici…né tantomeno per rubare il trono a qualcun altro.”
Tutto in lui, lo sguardo, la voce, l’espressione erano la determinazione divenuta persona. Myrcella ne rimase profondamente colpita.
“Aegon il Conquistatore venne trecento anni fa a unire sette regni in unico grande reame.”
Si fermò un istante che parve non avere fine.
“Intendo fare lo stesso.”
La sua espressione si alleggerì, come se si fosse liberato di un peso.
Si voltò ed andò ad appoggiarsi a uno dei merli della torre.
Dopo alcuni secondi lei lo seguì.
Stettero in silenzio, osservando lo spettacolo che avevano davanti agli occhi.
Le nuvole si stava lentamente diradando, lasciando squarci nella coltre nera da cui il sole riusciva a filtrare.
Le gocce si mischiavano a questi coni di luce in una danza sfavillante di arcobaleni.
Sopra ad Approdo del Re aleggiava una finissima e quasi indistinguibile nebbia, che pareva il respiro della terra, rendendo il tutto straordinariamente surreale. E la Baia delle Acque Nere, solcata da una sequenza infinita di onde, rifletteva il sole in mille punti, come un cielo stellato.
La pioggia era quasi cessata ed era tanto fine da essere impercettibile.
Lei non riusciva a smettere a pensare alle sue parole. Intendo fare come Aegon il Conquistatore. Voleva dire guerra? Aveva detto che li avrebbe nuovamente riuniti. Quindi prima avrebbero dovuto dividersi… Oppure intendeva dire draghi? Ma i draghi erano morti… Scosse la testa. Avrebbe avuto così tanto tempo per ripensare a quelle parole. E sebbene sembrasse l’unica cosa sensata da fare, non chiese direttamente a lui cosa intendesse dire. Altre parole le vennero in mente. Sorrise. E poi ruppe il silenzio.
“Dovrai assolutamente asciugarti. Un drago bagnato non fa paura a nessuno."
E Aegon non poté fare a meno di ridere. Il malinconico giovane non si trattenne, non questa volta. Quelle parole…erano esattamente ciò che ci voleva in quel momento. E lei era riuscita a trovarle. Le sue intuizioni erano vere. Aveva ragione su di lei.
“Sei molto più bagnata di me”
Dicendo questo si tolse la cappa dalle spalle e la pose su quelle di lei.
Myrcella sorrise. Avrebbe voluto ringraziarlo, ma bastò uno sguardo.
Poi lui riprese a parlare.
“Trystane si chiederà dove sei finita…”

Ecco. Aveva ragione. Era stato lui a…
“Spero di rivedervi entrambi presto. Molto presto.”
Non capì cosa lui volesse dire. Ma non importava. Non in quel momento.
Lui le si avvicinò. La baciò sulla fronte.

La colse decisamente di sorpresa. Non sapeva cosa dire. Bastò però uno sguardo.
Aegon, con quella sua inconfondibile espressione, si stagliava contro il cielo mezzo grigio e mezzo nero. Un drago malinconico. Un drago magnifico. Un drago che l’aveva colpita come mai si sarebbe aspettata.
Lei lentamente si voltò e stringendo la cappa di lui si avviò verso le scale.
Quella sensazione che era nata fin da quando l’aveva visto e che non sapeva definire aveva finalmente un senso. Non era paura, non era felicità, non era preoccupazione, non era amore, non era curiosità. Era ammirazione mista consapevolezza, fiducia mista a sicurezza.
Consapevolezza che nessuno quanto lui fosse adatto e meritasse di divenire re.
E sicurezza che Aegon della casa Targaryen, sesto del suo nome, sangue del drago, discendente dell’Antica Valyria e signore di Roccia del Drago era il re che i Sette Regni aspettavano da tanto, troppo tempo.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autore:

 
Ammetto che questo capitolo mi ha creato parecchi grattacapi. Prima non riuscivo a scriverlo, una volta ingranata la marcia ho scritto decisamente troppo (più di 4000 parole) quindi ho deciso di spezzare in due il capitolo. L’incontro con Aegon è la prima parte, la seconda costituirà il capitolo VII e, essendo praticamente già scritta, arriverà prima rispetto alla mia solita frequenza.
Aspetto le vostre opinioni, il giovane drago che immagino io è molto simile al padre, un principe malinconico, amante della poesia e della filosofia, non di certo un ragno tessitore di intrighi politici. Ma in lui vedo tanto anche dell’antenato, il cavaliere di Balerion il terrore nero, dall’indole decisa, determinata, implacabile. Spero davvero di essere riuscito a renderlo come nelle mie intenzioni e che possiate apprezzare questo primo incontro.
Per il resto che dire? Le speranze di rivedere Myrcella nella prossima serie sono diventate prossime allo zero. Perché dico questo? Quello che ha scritto l’attrice sui social direi che lascia davvero poco spazio a ipotesi e teorie…e poi Jon Snow è stato “avvistato” all’incontro che precede le riprese della nuova stagione (che dovrebbero iniziare tra circa dieci giorni) e dubito che sia lì per impersonare un cadavere per trenta secondi…mentre di Nell nessuna traccia. A quanto pare dovrò farmene una ragione.
Grazie ancora a tutti quelli che lasciano feedback, è davvero molto importante per me sapere le vostre opinioni.
Ho scritto fin troppo, quindi alla prossima.
E, ora come sempre, long live the lioness.



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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Cap 7



Long live the lioness





"Unbowed, Unbent, Unbroken"


House Martell




 

 

Era oramai il tramonto e il sole morente lanciava mille sfumature diverse di luce sulla terrazza. Sull’orizzonte permaneva qualche nube, unica traccia rimasta del temporale della mattina. L’urlo del fiume delle Rapide Nere, ingrossato dalla pioggia, era l’unico rumore che rompeva quel silenzio così magico e rilassante.
Posò sul tavolo la coppa. Quel vino era decisamente troppo dolce per i suoi gusti. Tanto dolce da essere quasi nauseante. Ne tessessero pure le loro mille lodi i mercanti, ma quello di Arbor non era minimamente all’altezza di quello di Dorne. Ma forse era solo questione di abitudine. O di eccessivo patriottismo.
Alzò gli occhi dal tavolo.
Myrcella era appoggiata al parapetto della terrazza e fissava il sole sprofondare nella baia, assorta in chissà quali pensieri.
La sua coppa giaceva vuota sul tavolo. Evidentemente a lei quel vino non dispiaceva. Si chiese cosa stesse pensando. E per qualche istante provò davvero a immaginarlo. Scosse la testa. Non poteva stare lì a pensare. Non era più il tempo di pensare. Era tempo di parlare e poi, insieme, di agire. Mai avrebbe voluto dover parlare di quell’argomento, ma non poteva continuare a girarci attorno. Era molto, troppo importante e non potevano continuare a scappare come due bambini. Inghiottì, sperando di liberarsi la bocca di quel sapore esageratamente dolciastro.
“Myrcella.” Lei si voltò. Quel vestito le stava a dir poco d’incanto. Sarà stato il contrasto di quell’azzurro con i suoi capelli dorati, sarà stata la leggerezza intuibile anche ad occhio del tessuto, sarà stato che la copriva davvero poco… Si sforzò di non rimanerne completamente rapito. Era molto, molto difficile. Lei stava per aprire bocca, ma lui la precedette.
“Com’è andata con Tommen” chiese, cercando di essere più dolce e comprensivo possibile. Sapeva quanto la sua leonessa fosse legata al fratello. Un tipo di rapporto, un legame fraterno che lui aveva solo potuto sognare… No, non era quello il momento di pensarci. Sembrava che tutto quanto si stesse mettendo di impegno per distrarlo, per fargli perdere il filo e la concentrazione.
La voce di lei era chiaramente triste, ma non disperata. Tutto quello che doveva sfogare l’aveva sfogato, tutte le lacrime che poteva piangere le aveva piante. E ora, sebbene triste, si sentiva serena. Quella era la realtà. E come tale, bisognava accettarla. “Non avevo di certo grandi aspettative, eppure…mi ha sconvolto comunque quanto stia male. Per il resto…è cambiato, ma non come e quanto mi aspettassi. In molte cose è…è sempre lo stesso.” C’era una vaga nota nostalgica nella sua voce.
Lui si alzò e le andò vicino. Le passò una mano attorno alla vita. Lei gli sorrise.
E poi, con voce più distesa, riprese a parlare.
“La regina questo pomeriggio è venuta al concilio a informarci di quello che intende fare per il re.”
Lei lo guardò speranzosa e timorosa insieme. “Margaery che si preoccupa per la salute di mio fratello?” gli chiese, con tono che lasciava trasparire tutti i suoi dubbi in merito.
A stento lui trattenne una risata.
“Sinceramente non la trovo una cattiva proposta.”
Lo sguardo di lei era carico di curiosità.
“Ha detto di averne a lungo discusso con lui. Non so quanto questo sia vero, ma comunque… Nel caso continuasse a peggiorare, partirà per Vecchia Città. Se ci sono delle persone in grado di curarlo, non vedo dove altro le potrebbe trovare.”
Myrcella abbassò lo sguardo. Non era una brutta soluzione, anzi. Ma si sarebbe dovuta separare da lui. E, soprattutto, dubitava che Cersei lo lasciasse andare via così.
“Mia madre non si separerà da lui…”
Lui le prese una mano. La sua voce era carica di dolcezza e forza allo stesso tempo e di…e di qualcos’altro. Qualcosa di strano.
“È l’unico modo in cui può guarire, e lei lo sa. Lo lascerà andare, sa che non c’è altro modo. Tiene a te e a lui più che alla sua stessa vita.”
Gli sorrise. Era vero. Lei e Tommen erano le uniche ragioni per cui lei viveva le aveva detto. Sentì di nuovo la sua voce. Ma molto più malinconia, più carica di quel qualcosa di misterioso.
“Siete stati fortunati…”
Non capì subito queste parole. Vedeva gli occhi di lui persi, vuoti, spenti. La testa piegata verso il basso e il volto inerme. Stava ricordando qualcosa. Qualcosa di brutto. Un brivido gelido le risalì la schiena. In un istante si rese conto di cosa lui volesse dire. Si maledisse per non aver capito prima.
Voleva dirgli qualcosa, ma non sapeva cosa.
“Trystane…”

La storia la conosceva a grandi linee. Gliel’avevano raccontata varie persone a Dorne…e una volta Arianne ci aveva accennato. Ma fino ad allora non ne aveva mai parlato con lui. Di come sua madre li avesse lasciati. Poteva solamente immaginare quanto e come avesse sofferto.
I loro occhi si incrociarono. In quello sguardo erano racchiuse mille e mille parole. Cercò di trasmettergli che lei sapeva e che era lì, pronta ad aiutarlo, pronta ad ascoltarlo. Ci riuscì. Gli occhi di lui erano lucidi e sul viso aveva un leggero e triste sorriso.
“È strano…nonostante tutto, non rimpiango il fatto che lei ci abbia lasciato.”
Dal suo sguardo si poteva capire che cosa stesse accadendo dentro di lui. Una vera battaglia di ricordi, dolore e sofferenze. Nonostante questo, continuava a parlare.
“Lei e mio padre sì, si amavano ma…erano troppo, troppo diversi. Perfino Dorne dove tutto è concesso era troppo severa per lei. Non ha mai compreso la nostra cultura.”
Inghiottì a fatica e riprese a parlare.
“Quando mio fratello dovette partire come protetto…beh, fu la goccia che fece traboccare il vaso.”
Per un istante sorrise, un sorriso amaro e malinconico.
“Capisco da chi mia sorella abbia preso il suo invincibile orgoglio…litigò un’ultima volta con mio padre e poi…non tornò più indietro.”
Le strinse ancora di più la mano.
“Mio fratello mi raccontò anni dopo di come lei gli avesse di osservare ogni notte la croce di Braavos, una stella visibile anche al di là del mare stretto. E che anche lei lo avrebbe fatto. Così sarebbero stati per sempre assieme.”
Scosse la testa, riprendendo a guardala negli occhi.
“Questo rimpiango Myrcella. Il fatto che tutto mi sia stato raccontato. Che io non ne abbia alcun ricordo, a parte qualche confusa immagine. Mi sono chiesto troppe volte perché non ero io al posto di mio fratello…”
Una strettissima morsa gli attanagliava la gola, rendendogli difficile parlare.
“Non ho mai odiato nessuno per questo, nemmeno lei. Mai nemmeno ho provato invidia verso i miei fratelli per come era andata, per il fatto che loro abbiano dei ricordi… Ma solo gli dei sanno quante volte mi sono dannato con infiniti “e se…?””
Alzò gli occhi al cielo.
“Ho passato non so quante notti a fissare quella stella, sognando che lei comparisse e che scendesse da me. Mi facevo tante, troppe illusioni. E non so nemmeno se lei abbia tenuto fede a quella promessa…
Abbassò il capo, chiudendo gli occhi. Ricacciò in un angolo della memoria quei ricordi e lo fece con tanta forza che quasi lei poté avvertirlo. Si era promesso, molto tempo prima, che non avrebbe permesso a quella donna a lui sconosciuta di farlo soffrire ancora. Sentì la morsa che gli attanagliava la gola allentarsi pian piano. E un sorriso tornò sulle sue labbra.
“Ma poi…un’altra stella è entrata nella mia vita. Più bella, più luminosa e soprattutto più reale. Non era più in alto nel cielo della notte, era sulla terra di fianco a me, ogni giorno.”
Rialzò lo sguardo. Avrebbe voluto continuare, ma non poteva. Lei si avvicinò, sfiorandogli le labbra. E in quel bacio che li portò fuori dal tempo i problemi e le sofferenze del passato, del presente e del futuro cessarono di esistere. Almeno per breve ma lunghissimo istante.
Myrcella si staccò lentamente. Appoggiò la sua fronte contro di la sua.
Past is past…” sussurrò.
Lui le sorrise.
Oramai riusciva a riconoscere quando lei usava parole di qualcun altro. La voce le si caricava di una sfumatura particolare, segno inconfondibile che la sua mente andava a rivivere il momento in cui quelle parole erano state precedentemente dette.
“Aegon?” le chiese con un filo di voce, anche se era più un’affermazione che una domanda.
Lei annuì.
“Cosa ne pensi?” Quella domanda aveva mille possibili interpretazioni…e lei avrebbe voluto dare una risposta all’altezza. Ma le parole le uscirono istintivamente.
“È l’esatto opposto dell’uomo che mi ero immaginata. Eppure ha un qualcosa…”
Sospirò.
Qualcosa che è riuscito a convincermi. È quello giusto.”
Non poté fare a meno di pensare ai suoi fratelli
“Una persona come lui manca da troppo tempo. I sette regni lo meritano, tutti noi lo meritiamo.”
Trystane sorrise. E con voce quasi solenne riprese a parlare.
“Il suo destino è stato scritto migliaia e migliaia di anni fa. E da migliaia di anni il mondo il mondo intero lo attende.”
Lei non capiva. Di cosa diavolo stava parlando. Il mondo lo stava attendendo?
“Quando mio padre provò a trovarlo nelle città libere, raccolse tutto quello che sapeva su di lui e tra questo c’erano delle vecchissime lettere di Elia…”
La guardò, per sincerarsi che lo stesse seguendo.
“E in queste ricorre molto, oserei dire troppo, che Rhaegar era come ossessionato da quella profezia. Lei stava tutt’altro che bene, è vero, ma…in ogni lettera era riportato questo fatto. Lui ne parlava, ne scriveva, ne farneticava nel sonno. E data la sua natura capisco perché ne fosse così preso…
Continuava a non capire a cosa lui si riferisse. Rhaegar, Elia…nomi che aveva sentito solo nei racconti, nei libri. Quella profezia poi…di cosa stava parlando?
He is the prince that was promised”
Tutto cominciò ad aver un senso. Un brivido le risalì lungo la schiena. Quelle parole erano così… Che Trystane avesse davvero ragione? Ripensando a Aegon in quella chiave tutto le sembrava coincidere, tutto sembrava perfetto, eppure…
“Sei davvero sicuro di questo?”
Lui sospirò.
“Il principe Rhaegar ne era convinto. E tutti quelli che hanno parlato di lui in canzoni, libri, racconti l’hanno definito in tanti modi. Ma mai è stato detto che fosse pazzo come suo padre o una persona dalla scarsa intelligenza.”
Nei suoi occhi traspariva innata sicurezza.
“È venuto per sconfiggere gli estranei. Quale altro segno pretendiamo? “

Aveva ragione. Era davvero così. La sua mente iniziò a galoppare e i ragionamenti si susseguivano senza fine.
“E sconfiggerà gli estranei per poi vedere un Tyrell sul trono?”
Lui sorrise. Del resto, il gioco del trono non si fermava mai.
“Non usurperò il trono. Questo mi ha detto. Tornerà a unire i sette regni come fece Aegon il Conquistare.”
“Lo stesso ha detto a me. Vuol dire che prima…”
Trystane annuì.
“Che prima i sette regni dovranno frammentarsi. E poi ha continuato a ripetere che…”
I suoi occhi erano persi nel vuoto, come se stesse cercando di dare un senso a qualcosa ma non ci riuscisse in alcun modo.
The dragon must have three heads” aggiunse, con tono che lasciava trasparire ogni suo dubbio in merito.
Lo stesso dubbio cominciò ad assillare lei. Il simbolo dei Targaryen era un drago a tre teste, a simboleggiare Aegon il Conquistatore e le sue sorelle. Che lui intendesse fare lo stesso. Che i Targaryen non fossero uno, ma tre? Non era possibile.
“Aegon è da solo…” iniziò a dire, senza smettere di pensare. Ma lui la interruppe.
“Da solo no. Daenerys, sua zia, governa tre delle città libere. E soprattutto ha tre draghi…non so però se siano in rapporto o meno”
Un pensiero la fulminò.
“Che lui allora per draghi intendesse effettivamente i…draghi?” gli chiese.
Trystane scosse la testa.
“No. Dal modo in cui lo diceva non stava parlando di draghi...
“E allora di chi? Chi è il terzo drago?”
Lui chinò il capo, pensieroso. Quel dilemma pareva non avere soluzione.
“Non ne ho la più pallida idea. Forse…” Il suo tono, i suoi occhi, quel forse suscitarono la sua curiosità. Di chi stava parlando?
Lui sospirò.
“Ricordo una voce, una teoria che circolava…secondo la quale…beh, qualcuno sosteneva che tuo zio Tyrion…sarebbe stato…”
Tyrion? Cosa stava dicendo?
“Che lui fosse un bastardo di Aerys”

Cosa? Aveva sentito bene? No, non era possibile. Lui era un Lannister. Però…questo avrebbe spiegato tutto. L’odio che sua madre covava per lui, il fatto che Twin l’avesse sempre trattato in quel modo. Ma era troppo, troppo improbabile.
Trystane condivideva il suo disappunto. Non ci fu bisogno di ulteriori parole. E, scartata questa ipotesi, rimanevano solamente dubbi.
“Chi allora?” chiese lei con un filo di voce.
“Non ne ho proprio idea. Ma non conta.” La sua voce si era fatta improvvisamente seria.
“Quello che conta è la posizione che prenderemo. Se Aegon sconfiggerà gli estranei e tornerà a conquistare il trono, non potremo stare qui a guardare.”
In un gelido istante si rese conto di quanto fosse vero ciò che lui stava dicendo. Lo guardò negli occhi. Era il momento di entrare nella mischia. Di schierarsi nel gioco del trono. Si sentiva insicura, ma avvertiva anche una nuova sensazione.
“Unbowed, Unbent, Unbroken” sussurrò lui.
Conosceva bene quelle parole, forse fin troppo bene. Mai inchinati, mai piegati, mai spezzati. I Martell erano a dir poco gelosi della loro indipendenza e non perdevano occasione di sottolinearlo. Ma del resto era la verità. Stava davvero difendendo quel motto? Che in fondo in fondo stesse davvero diventando davvero una di loro? Respinse quei pensieri. Sapeva che era vero, ma non era quello il momento per pensarci.
“Per duecento anni Dorne rimase indipendente. Nessun principe si inginocchiò dinnanzi a un drago, né tantomeno ne venne soffitto. Ci alleammo con i Targaryen solo con un matrimonio.”
Prese un lungo respiro.
“Aegon intende ripetere ciò che fece il suo antenato. Perché io dovrei fare diversamente?” il suo tono traspariva sicurezza. Probabilmente aveva già pensato a tutto.
“Solo che non abbiamo duecento anni da attendere.” aggiunse
Capì in un istante quello che voleva fare. E quell’idea…faceva aumentare ancora e ancora quella nuova sensazione di prima.
“Arianne” gli sussurrò. Lui annuì. Non era così convinta. Avrebbe davvero potuto... Decise di chiederglielo. "Tuo padre permetterà una cosa del genere?"
Negli occhi di lui ci fu un lampo improvviso. Quasi si metté a ridere. "Da anni mio padre sogna e progetta di far sposare uno di noi a un Targaryen. Non penso proprio che riufitierà un'occasione del genere."  La sua voce si fece di colpo più seria. "Ma queste sono decisioni che oramai non spettano più a lui. La sua epoca è passata da tempo, è ora che si faccia da parte. Questi sono i nostri giorni, le nostre scelte, le nostre alleanze." Stettero in silenzio per qualche istante, entrambi consapevoli di cosa stessero parlando. Alla fine le prese le mani nelle sue.
“Non ti voglio promettere menzogne. Non sarà affatto facile, né sicuro. Dovremo rischiare, mettere in gioco tutti noi stessi, abbandonare le nostre sicurezze e certezze, lasciarci alle spalle tante, troppe cose.”
Sospirò.
“Ma non possiamo fare altrimenti. Se i Tyrell si impadronissero del trono prima che Aegon abbia finito oltre la barriera…”
Lei copletò la frase. “Vorranno sottomissione da tutti e si atteggeranno come padroni assoluti. Ma molti non lo accetteranno…”
Trystane annuì. Non si aspettava che lei lo seguisse in quel modo. “È figlia di Cersei del resto” pensò. E come tale, non sarebbe di certo rimasta lì ad ascoltare. Per quanto non se lo aspettasse, ne era decisamente felice. Riprese a parlare. “Noi per primi non ci piegheremo a loro. La vipera non si sottomette alla rosa. E dubito che Castel Granito farà diversamente…”
Aveva ragione. Sua madre non avrebbe mai permesso che Lannister si lasciassero comandare dalla puttanella Tyrell… E poi, quanti altri…
“Anche tutti gli orgogliosi alfieri del nord…non si inginocchieranno mai davanti a una donna del sud…”
La situazione era molto più delicata di quanto avesse mai potuto pensare. Di lì a breve, le loro scelte potevano significare vita o morte. Vittoria o sconfitta. Potere o prigionia. Non si stava più scherzando. Si faceva sul serio. E al gioco del trono…you win or you die.
Quella nuova sensazione la pervadeva completamente. Era ambizione mista a timore, brama di potere mista a freddezza nelle decisioni, orgoglio misto a scatrezza. Molti la chiamavano l’ebrezza del potere. Ma non tutti ne erano davvero dotati. Troppi si lasciavano trasportare da eccessivo orgoglio e ambizione, rimanendo ciechi davanti all’evidenza. Altri erano troppo calcolatori e non osavano mai, altri ancora rischiavano decisamente troppo. Solo in pochi riuscivano a bilanciare alla perfezione tutti gli elementi. E quei pochi, erano praticamente invincibili.
Si lasciò trasportare da questa nuova sensazione. La scelta le fu finalmente chiara. E sapeva di aver deciso ciò che era giusto, ciò che era meglio.
Anche lui era assorto in ragionamenti simili. Poi rialzò lo sguardo. Si prese un attimo per preparare quelle parole. I pensieri che gli ronzavano in testa stavano finalmente trovando compimento.
“Sei pronta a seguirmi? Sarà una via oscura e…e molto difficile. Sei pronta a mettere in gioco tutta te stessa?”
Per un istante che durò millenni si fermò.
“Noi…noi danzeremo coi draghi
Non sapeva se prenderla come un’affermazione o una domanda. Ma era sicura della scelta che aveva preso. E decise che era la seconda opzione.
Trovò la forza di parlare, mentre il cuore accelerava.
La notte era oramai scesa e le stelle assistevano a quello che forse sarebbe stato ricordato come il principio di una nuova era.
Lei gli sorrise sinceramente. E poi, lentamente, le sue labbra articolarono poche ma inequivocabili parole.
Yes Trystane. We will dance with dragons

 





Note dell’autore:

 il passato è tale, ma spesso, troppo spesso, torna a tormentarci. Così succede anche a Trystane. Per la prima volta ho scritto un po’ dal suo punto di vista e non potevo certo ignorare un passato come il suo. Un passato di estrema solitudine, con una madre mai conosciuta, un padre che soffre ancora in silenzio la morte della sorella e che cova odio e vendetta, fratelli troppo grandi e troppo spesso distanti per essere un punto di riferimento per lui. Undici anni di vuoto quasi totale, fino a che…fino a che Myrcella non arriva a Dorne. Spero davvero che possiate apprezzare questa parentesi su di lui, è la prima ma non sarà di certo l’ultima.
Ma contemporaneamente il gioco del trono non si ferma e avete sicuramente potuto intuire la posizione che loro prenderanno. Siamo solo agli inizi ovviamente. Ancora tanto deve succedere.
Il prossimo capitolo sarà un tantino diverso, cambieremo per la prima volta località, ci sarà anche qui un nuovo punto di vista e potrebbe essere molto lungo. Inoltre entreranno nella storia due nuovi personaggi, uno molto conosciuto e amato da tutti, l’altro invece è l’esatto opposto, non si è mai visto, né nei libri, né tantomeno nella serie.
Vi ho messo curiosità addosso? Beh mi dispiace, ma causa viaggio all’estero non avrò connettività/pc per scrivere, quindi per 2-3 settimane non aggiornerò. Forse dopodomani uscirà qualcosa, ma è un esperimento che non centre nulla con questa storia. Se avete tempo, lasciatemi un’opinione anche su quello.
Che dire, grazie ancora una volta a tutti i recensori, vi invito a essere pazienti, la vostra attesa sarà ben ripagata.
Come sempre stay tuned e long live the lioness

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Cap 8



Long live the lioness






"We waited long enough. Now, it’s time..."

 

 

Quaranta giorni dopo

 

 

La neve cadeva leggera e l'implacabile e gelido vento del nord la faceva vorticare nell'aria, creando turbini che ostacolavano la vista e il passo. Tutto era immerso nelle tenebre, la luce o il fumo erano celati dalla tempesta e anche tutti i rumori venivano ovattati fino a essere inudibili. Ma a lui questo non importava. Lui era fuoco. E il fuoco scioglie la neve.
Continuava ad avanzare in mezzo nella tormenta che le torri del castello non riuscivano in nessun modo a fermare. Il freddo era talmente tale da essere quasi irreale, impossibile. L’inverno era davvero arrivato.
Calò ancora di più il cappuccio della lunghissima cappa sul volto per impedire ai fiocchi di entrargli negli occhi. Si voltò per un istante, per controllare che il suo compagno lo stesse ancora seguendo.  Il basso uomo arrancava tra la neve, ma non dava alcun segno di debolezza o cedimento. Questo lo sorprese non poco. Non era di certo vecchio, ma gli anni per lui cominciavano a farsi sentire. Ma del resto aveva una grandissima tempra. Quando lui era andato a cercarlo e, dopo mille peripezie, era finalmente riuscito a trovarlo e porgli la sua richiesta, non si era tirato indietro. In nome dell’onore e di una vecchia amicizia era stato subito pronto a intraprendere quel viaggio tutt’altro che facile.
"Avrei e avrò bisogno di uomini come lui. Ma non sarà affatto facile trovarli" pensò amaramente.
Oramai avevano attraversato tutto il cortile ed erano finalmente ai piedi della torre verso la quale erano diretti. I corvi avevano portato ai loro omonimi la notizia del suo arrivo e della sua missione molto tempo prima e loro avevano aspettato con pazienza e speranza assieme. Il viaggio era stato tutt’altro che agevole. Cavalcate a ritmo serratissimo, più di una settimana a impazzire nelle paludi e poi una nuova corsa indiavolata verso nord.
Ma ora era finalmente arrivato.
Fece un cenno all’uomo apostato dietro la feritoia. La porta venne aperta quanto bastava e i due visitatori furono ammessi nella torre. Posarono le loro cappe fradice vicino a un braciere ardente, unica fonte di calore nella piccola e spoglia stanza del corpo di guardia.
Fuori era così buio che non si sarebbe potuto dire se fosse giorno o notte.
Distolse lo sguardo dalla stretta finestra e cominciò a salire le scale, seguito a ruota dal tarchiato compagno.
Giunsero in cima alla stretta e ripida scalinata. Si scambiarono un ultimo sguardo, come per confermare definitivamente quello che stavano per fare.
La nocche del giovane batterono con gentile decisione sulla porta, producendo un suono secco e potente.
Sentirono un corvo gracchiare al di là della porta, coprendo la voce che gli diceva di entrare.
Con un gesto fluido aprì la porta e si fermò sulla soglia.
La stanza era sì grande, ma anche molto tetra e disordinata. Lungo i muri erano disposti un infinità di oggetti, dagli scaffali colmi di pesanti volumi a foderi di spade, da un paio di bracieri sostenuti da quelle che parevano lance fuse assieme a scudi di legno. Sul pavimento erano ammucchiati alla rinfusa bauli, mantelli, montagne di scartoffie, fagotti non ben identificabili e anche un enorme ascia bipenne.
In fondo alla sala,  dietro la scrivania e alla ampia sedia si  estendeva un gigantesco camino.
Per combattere quella gelida e quasi perenne notte vi era stato acceso un grande fuoco, le cui fiamme si contorcevano e sibilavano, assetate d'aria. Quella visione lo fece sentire quasi a casa.
Ma davanti a quel fuoco troneggiava un uomo. Giubbino in cuoio trattato, farsetto da cavaliere, cinturone da spada, brache di lana, robusti stivali. Tutto nero, dalla testa ai piedi. Era appoggiato con una mano alla mensola che stava sopra il camino, intendo a scrutare pensieroso le fiamme.
Il loro ingresso non lo fece distogliere dalla sua posizione per qualche secondo. Poi si voltò verso di loro.
Il suo lieve sorriso era cordiale quanto serio.
Si sistemò dietro alla scrivania, rimanendo in piedi e gli fece cenno di avvicinarsi.
La sua voce risuonò seria e al contempo stanca nella stanza.
"Vi aspettavo con impazienza."
Intanto il giovane aveva preso posto.
Sorrise leggermente e poi rispose.
"Questo lo sapevo. Direi che possiamo saltare i convenevoli"
Gli porse il braccio.
"Aegon Targaryen"
Il Lord Comandante rispose al gesto del principe.
"Jon Snow"
Per qualche istante si fissarono negli occhi. Ci fu un breve lampo, tanto breve che nessuno dei due riuscì a coglierlo. Fu qualcosa di strano, di tremendamente strano. Come se… Ma fu troppo breve.  Distolsero poi lo sguardo. Il compagno di viaggio del giovane drago rimase in disparte, in fondo alla stanza, senza mai alzare gli occhi da terra.
Jon si chiese il motivo di un tale atteggiamento. Scosse la testa. Probabilmente era solo uno scudiero timido o un armigero molto discreto. Niente che valesse la sua attenzione. Non in quel momento almeno.
Con le mani provò a cercare le scartoffie che aveva preparato e raccolto per l’occasione in precedenza, ma fallì miseramente. Il mucchio di lettere, mappe e quant’altro che dominava la scrivania era troppo caotico per poter trovare qualcosa.
Rassegnato si lasciò cadere sulla sedia.
Tornò a guardare il suo ospite.
“Dunque…sei la soluzione a tutti i nostri problemi.”
Aegon si lasciò scappare una risata. Poi sospirò. Il fuoco illuminava il suo volto, lanciando sfumature sinistramente e follemente belle nei suoi occhi viola e sui lunghi capelli argentei.
“Pare proprio di sì…” Lasciò vagare per un istante lo sguardo nel vuoto. Scosse lievemente la testa, come per scacciare via pensieri indesiderati. Portò una mano alla vita, a destra. Cinse l’elsa della spada. E con un movimento incredibilmente rapido e controllato, come se l’arma fosse la naturale estensione del suo braccio, estrasse la lama scintillante dal fodero.
L’acciaio di Valyria mozzava sempre il fiato a chiunque lo vedesse, ma lì, in quella stanza, tra le tenebre e la luce sfolgorante delle fiamme, lo spettacolo offerto era cento, mille volte più straordinario.
La lunghissima spada era percorsa da continui bagliori, riflessi, sfavillii. Mille e mille sfumature di ogni colore si rincorrevano sulla lama.
Jon rimase senza parole. Certo, conosceva le proprietà dell’acciaio forgiato nella città dei draghi e Lungo Artiglio ne era un esempio tutt’altro che di poco conto. Ma quell’arma… Era semplicemente leggenda. Una spada che tutti avevano creduto perduta per decine, centinaia di anni. E ora era lì, di fronte a lui.
“Mi è stato riferito che già conoscete il potere dell’acciaio di Valyria” disse il principe, rompendo il silenzio. Il lord comandante riportò la sua attenzione sulla conversazione. “E anche quello del vetro di drago” continuò Aegon.
Lui annuì. “Si…io stesso e alcuni confratelli hanno avuto modo di provarne l’efficacia.”
Il giovane drago riprese a parlare “Saprai tuttavia meglio di me che non potremo andare all’assalto degli estranei armati di spade e daghe…”
Sorrise leggermente. Poi si morse il labbro e continuò. “Anche se riuscissimo a raccogliere tutto l’acciaio di Valyria dell’occidente e avere sufficiente vetro di drago per tutti i tuoi e i miei uomini…beh, ci sono sempre centinaia di migliaia di morti tra noi e loro…”
Una considerazione che il giovane comandante si era posto troppe volte, mentre sconsolato si prendeva la testa tra le mani, in quella stessa stanza. Un pensiero, un problema che fino a quel momento non aveva avuto soluzione.
“Sappiamo che solo il fuoco può fermare il loro esercito…”
Aegon annuì. “Ed è quello che intendo dargli...fuoco…un grandissimo fuoco”
I suoi occhi scintillavano mentre pronunciava quelle parole ed erano persi nelle fiamme che ardevano nel camino. A Jon fece quasi paura. Tanti, troppi Targaryen erano stati ossessionati dal fuoco, diventando pazzi. Aerys era solo l’ultimo di una lunga serie. Che anche questo giovane…
Non ebbe modo di completare il sinistro ragionamento.
“Ma non basterà. Servirà anche qualcos’altro…”
Dicendo questo il principe portò una mano sotto gli abiti, cercando qualcosa. Estrasse un oggetto e lo lanciò sul tavolo.
Era una sorta di pendente, un oggetto appeso a una lunga e sottile catenina di metallo. Ma le somiglianze con i gioielli comuni finivano lì. Persino definirlo era difficile. La sua forma era quella di una stella a cinque punte, solo che era tridimensionale. Assomigliava vagamente a una mazza ferrata, anche se al centro non era sferica, le appendici erano molto più grandi e la massa complessiva decisamente minore. Ogni punta era di un colore diverso e lanciava continui e sfavillanti bagliori riflettendo la luce del fuoco.
Stava per chiedere cosa diavolo fosse ciò che aveva davanti, ma il giovane drago lo precedette.
“Un amuleto. Un tempo, più di trecento anni fa, quello era il simbolo di una gerarchia di stregoni. A Valyria erano conosciuti come i signori delle ombre. Amavano dire che loro…giocavano con la morte. Non avevano potere effettivo come gli altri, ma quello di cui si occupavano, beh…”
Fissò Jon, provando a cogliere una sua reazione. Si sarebbe aspettato paura, invece…trovò solo curiosità e sicurezza. Un ennesima prova che….
“Gli estranei usano senz’ombra di dubbio la magia per risvegliare i morti. Magia oscura, vecchia come il mondo, arcana e dimenticata da millenni dagli uomini.”
Il lord comandante annuì. Anche lui era giunto alla stessa conclusione.
“Ma per quanto una magia possa essere potente, può essere distrutta. Valyria si fondava su potenti sortilegi. Ma il disastro li cancellò come se fossero stati castelli di sabbia…”
Il silenzio che seguì fu tanto intenso e forte che si sarebbe potuto toccare. L’incessante urlo del fuoco e del vento all’esterno erano gli unici suoni.
Le menti di entrambi i giovani si persero in infiniti ragionamenti, supposizioni, ricordi.
Aegon alla fine si alzò, avvicinandosi al fuoco. Prese distrattamente un pezzo di pergamena, lo piegò, lo lanciò sopra il fuoco.
Il sottile foglio volteggiò in una magnifica danza sopra le lingue delle fiamme per qualche secondo. Ma poi, inevitabilmente, smise di danzare. Il fuoco lo inghiottì, lo prese con sé, lo accolse nelle sue incandescenti braccia. Uno spettacolo banale, che però riportò altro alla sua memoria. E quasi istintivamente le sue labbra articolarono parole udite tante volte. Parole di una canzone che narrava la fine della patria dei suoi antenati.
The flames that shot so high and hot that even dragons burned” Un sussurro inudibile a tutti, meno che a lui.
Il principe sorrise. Sul suo volto, dopo tante serie e tetre parole, tornò quella inconfondibile pennellata di malinconia.
“Avremo tanto tempo per parlare di strategia e quant’altro. È molto tardi oramai.”
Il lord comandante annuì. Non era poi così tardi, ma si sentiva anche lui terribilmente stanco.
“Sarete mie graditi ospiti a cena, tu e il tuo…scudiero?” chiese con tono dubbioso.
L’uomo era rimasto in fono alla stanza, senza mai alzare il cappuccio del suo mantello. Il fatto di essere stato nominato lo fece avanzare leggermente.
Intanto il giovane drago aveva ripreso a scrutare le fiamme. Fece un lungo sospiro. “It’s time…” disse con tono solenne.
Il misterioso ospite si fece ancora più avanti. Con le mani scostò lentamente il cappuccio dalla testa.
Aveva capelli bianchi, in parte ancora grigiastri. Il volto era scavato dagli anni e dalle fatiche, ma lasciava trasparire un’innata forza e tempra. Lo sguardo era deciso, carico, coraggioso.
“Lieto di vederti finalmente. Ma purtroppo non ho mai avuto occasione di conoscerti.”
L’uomo sorrise, un sorriso a metà tra il divertito e l’amaro. E poi parlò.
“Invece l’hai avuta. Ma sono io l’unico a ricordare…” Il sospiro che seguì era il più triste che avesse mai udito.
Nonostante queste parole, il lord comandante continuava a non capire.
“Quando è avvenuto questo incontro?”
Gli occhi dello sconosciuto erano persi nel vuoto mentre nella sua mente i ricordi tornavano ad affiorare.
“Sono stato tra i primi a conoscerti, Jon. Ero tra i più fedeli alfieri e amici di Eddard Stark.”
Nemmeno questo era sufficiente. Chi diavolo era quell’uomo?
Stava per ripetere per l’ennesima volta quella domanda, ma venne preceduto. L’uomo gli tese la mano.
“Abbiamo tanto, tantissimo di cui parlare.”
Prese una pausa di qualche istante, che però parve durare secoli. Poi parlò nuovamente. Ma questa volta, due parole furono sufficienti.

“Howland Reed”

 

 

 

-        -        -        -        -        -       

 

 

 

Approdo del Re

 

 

Il sapore di quel bevanda, se tale la si poteva definire, era qualcosa di atroce. Si morse la lingua per costringersi a mandare giù quel sorso. Appoggiò sul tavolo la coppa, ancora semipiena.
Un sapore vagamente dolciastro” questo le aveva promesso quando gli aveva dato le ampolle. “Sì, come no” pensò, a metà tra l’essere sconsolata o divertita.
Sospirò. Per un momento sognò di lasciar perdere. Nessuno la obbligava del resto. Ma era meglio berla ora, senza appunto nessuno che la obbligasse.
Aveva pensato tanto, forse troppo, prima di andare a chiederla. Sapeva che non era certo una botta di salute prenderla. Quando andava bene la pozione portava con sé nausea e emicranie, se andava male… Ma era anche l’unico modo che aveva. Niente avrebbe potuto separarla da Trystane. Ma non potevano correre ancora e ancora il rischio di…
Svariati piccoli colpi alla porta la distolsero dai suoi pensieri. “Eccolo” pensò sollevata.
In fretta e furia bevve quel che rimaneva della dose di tè della luna e si affrettò alla porta. Mentre ingoiava quell’ultima sorsata, si promise di mischiarlo con qualcos’altro la volta seguente. Magari sarebbe stato più facile.
Spalancò la porta della stanza. Lui era lì fuori, sorridente come sempre.
Si scostò leggermente per farlo entrare. Richiuse la porta. Ma quando si voltò verso di lui, non ebbe modo di parlare.
Lo vide avvicinarsi. Chiuse gli occhi, mentre un ansioso e piacevole fremito la attraversava. Sentì le la labbra di lui sfiorarla. Ricambiò il gesto.
Avvertì una mano che le si posava dietro alla spalla e subito dopo anche l’altra, che andava ad intrecciarsi tra i suoi capelli.

Le era mancato. Quella dannata ambasceria aveva impegnato lui e mezzo concilio ristretto per più di dieci giorni. Da sola tutto le era parso più triste, più cupo, più banale, più faticoso. Le giornate più lunghe, le notti più fredde. E dall’intensità dei suoi baci, lei gli era mancata altrettanto. Ma ora era finalmente tornato. In verità era rientrato il pomeriggio precedente, ma non avevano avuto neanche un secondo per stare soli fino ad allora.
Si staccò lentamente. Le fu inevitabile sorridere. Lui si morse un labbro, come se qualcosa lo turbasse.
“Myrcella…questo sapore…ancora tè della luna?”

Ancora? Ne avevano discusso insieme…
“Si…meglio dosi più regolari che dosi troppo forti…”
Lui abbassò la testa. Non era ancora riuscita a capire il perché, ma lui aveva un qualche tipo di avversione verso pozioni, medicine e quant’altro. Più che verso le sostanze stesse, era un sospetto, una sfiducia negli uomini che le preparavano fossero maestri, sacerdoti, stregoni. Qualcosa del suo passato?
“Vorrei tanto che tu non fossi costretta a prenderlo…”
Lei sospirò. Gli prese le mani, costringendolo a guardarla negli occhi.
“Nemmeno io sono entusiasta…ma non c’è un’altra possibilità
“E se…”
Scosse la testa. Perché era così testardo?
“Non ci sono e se…è così e basta. Se non lo prendessi…”
Inghiottì a fatica al pensiero di quello che stava per dire. Si portò una mano sul ventre. Strinse ancora di più le sue mani.
“Quanto ancora prima di ritrovarmi con un piccolo Martell in grembo?”
Lui provò a dire qualcosa, ma oramai nulla poteva fermarla.
“Siamo…anzi, diciamo pure sono, troppo giovane…saremmo dei pazzi a…”
Non avrebbe voluto, ma aveva alzato la voce. Era la forza della disperazione a renderla così. L’ultima volta era stata Dorne quando…quando suo padre era venuto a complicare tutto. Ora sentiva che aveva lacrime pronte a cadere.
Trystane chiuse gli occhi. Prese un lungo respiro.
Siamo.”
Una precisazione che sarebbe potuta sembrare superflua, inutile, anche quasi impertinente. Ma con quella decisa e istintiva correzione disse più di mille parole. Non ti lascerò mai sola. Hai ragione. Siamo una cosa sola. Questo e molto molto altro. Abbassò per un istante lo sguardo e poi riprese a parlare.
“Hai ragione, è troppo presto. Per noi e per…per tutto. Così tanto deve ancora accadere, che noi lo vogliamo o meno…”
Il suo tono si fece amaro, malinconico.
“Potrebbero passare giorni…così come anni. Non sappiamo quando e se Aegon tornerà, non sappiamo quando la Tyrell si impossesserà del potere, non sappiamo quando…”
Scosse la testa.
“Non dobbiamo pensarci. Finiremmo solo con impazzire a contare quante cose non dipendono da nostre scelte”
Myrcella sorrise. Stava ripensando a quello che avevano deciso prima che lui partisse.
“Qualcosa possiamo decidere. Dobbiamo solo andare da loro e convincerli…” disse, guardando verso la porta.
“Pensi che sarà facile?” le chiese, dubbioso.
L’espressione che le si tratteggiò sul viso lasciava trasparire quanto era sorpresa e indispettita. Non si aspettava una risposta del genere.
“Dovevamo essere il sigillo di un’alleanza…la guerra è finita, Dorne ha appoggiato il trono, eppure…sono sei anni che aspettiamo. No, non oseranno negarcelo. Abbiamo aspettato abbastanza, forse anche troppo. Ora è tempo…”
“Hai ragione. Ma…”
Sospirò.
“Pensavo lo stesso quando…”
“Quando mi promettesti con un bacio che gliel’avresti chiesto domani?”
Trystane non riuscì a trattenere una risata
“Sì. Diciamo che…venimmo interrotti…”
Lei sorrise. Strinse ancora di più le mani di lui.
“Speriamo che questa volta vada tutto come vogliamo”
Avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro, ma non riuscì a parlare. I loro occhi si catturarono a vicenda in una magica attrazione.

Non ci fu bisogno di altre parole. Passarono secondi, minuti, ore. Loro non avrebbero saputo dirlo.
Senza rendersene conto si avvicinarono sempre di più.
Le loro labbra si sfiorarono ancora.

E questa volta lei non chiuse gli occhi.
Uscirono dalla stanza, sicuri di dove andare e di cosa fare.
La leonessa e il cavaliere bianco li stavano aspettando.
E loro avevano qualcosa di molto importante da chiedere.

 

 

 

 

Note dell’autore:


citando una grande canzone, (i’m) back in black…
Ok, a parte questi giochi di parole mi scuso per il grande gap tra questo capitolo e quello precedente, ma tra impossibilità materiale di scrivere e mancanza di ispirazione sono volate oltre tre settimane.
Vi avevo fatto delle promesse che sicuramente vi hanno creato delle aspettative…spero di averle soddisfatte. Un personaggio amatissimo e uno invece mai apparso prima (e su cui esistono tonnellate di teorie). Ero consapevole che introdurre un personaggio come Jon non sarebbe stato facile, ma non ho potuto fare a meno di farlo perché…beh, lo saprete nel prossimo capitolo. Mentre Howland….penso abbiate intuito a quale scopo l’ho inserito. Un personaggio che proprio per tutto il mistero che lo avvolge mi ha sempre affascinato e…ancora una volta, presto saprete di più.
Rinnovo i miei ringraziamenti a quelli che seguono la storia e lasciano feedback, mi scuso ancora per l’attesa e spero che anche questo nuovo capitolo possa piacervi.
Che dire quindi, al prossimo capitolo (che sarà profondamente legato a questo) e, come sempre, long live the lioness.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Cap 9


Long live the lioness



 



We are not now that strength which in old days
moved earth and heaven, that which we are, we are;
one equal temper of heroic hearts,
made weak by time and fate, but strong in will
to strive, to seek, to find, and not to yield.


Ulysses, Alfred Tennyson

 





 

“Che differenza c’è tra un eunuco e un Tyrell?” aggiunse, con la solita malizia e ironia.
L’ennesima battuta sulle tanto odiate rose. Ne sarebbero mai venuti fuori?
Questa volta non provò nemmeno a indovinare a cosa alludesse. Di certo era un modo azzeccato per iniziare il discorso e rompere il ghiaccio…ma stava diventando esagerato. O forse no? Forse era lei l’unica a esserne stanca?
Trystane lasciò passare la solita manciata di secondi aspettando una risposta. Lo sguardo della regina era divertito. Tirò a indovinare.
“L’odore? A no, quella è un analogia…”
Il giovane dorniano scosse la testa, comunque compiaciuto dalla risposta.
Quanto a Jaime, era in disparte, in un angolo, a versarsi del vino. Dal suo sorriso si poteva intuire che apprezzava quelle provocazioni.
Il tempo scadde e lui riprese nuovamente a parlare.
“L’eunuco almeno si atteggia per quello che è”
Questa era davvero forte. Ma proprio per questo era una delle più divertenti.
Cersei non si trattenne.
Dal fondo della stanza, il fratello tornò stringendo il vino nella mano. In quella sana.
“Questa si adatta perfetta a Ser Loras…” disse ridacchiando il cavaliere in bianco.
Solo a sentirlo nominare, la sorella si incupì. Le promesse di Twin Lannister erano difficili da rompere. Ma da morto, non poteva di certo impedirle di temporeggiare.
Trystane riprese a parlare.
“Moltissimi anni fa un Tyrell propose un trattato di pace al principe…”
Sorrise mentre rievocava quel ricordo.
“Offriva la mano della sua quarta, quinta figlia…oppure era una nipote? Comunque, una donna di poco peso reale.”
Si portò alle labbra la coppa, bevendo un piccolo sorso.
“La proponeva allo zio del principe, noto anche, per la sua armatura da battaglia, come la serpe nera. Chiedeva la fine delle ostilità e…aiuto nello strappare il potere al Tyrell legittimo.”
Fece una pausa, come per studiare le migliori parole.
“La risposta gli fu presentata durante un banchetto di corte. Il principe gli aveva mandato un baule bellissimo, tanto che, credendo che fosse un dono per confermare la promessa, lo volle aprire di fronte a tutti.”
Sorrise ancora.
“Dentro al baule c’era un gigantesco serpente nero. Si scatenò il caos e molti rimasero a terra.         Avevano chiesto la serpe nera…ed era stato accontentato…” concluse ridacchiando.
“Non conoscevo questa storia…” disse Jaime, divertito.
Trystane sospirò.
“Le rose non ne vanno particolarmente orgogliose…il complotto fu represso nel sangue e tutta la faccenda secretata. Per i Tyrell, quel matrimonio e quell’alleanza non fu nemmeno mai proposta
Seguì un silenzio disteso. Il primo, da quando quella conversazione era cominciato.
Ma la voce di lui lo ruppe ancora.
“Un'altra alleanza è invece forte…quella tra Martell e Lannister.”

“Ecco” pensò lei. Ci siamo. Il giro che Trystane aveva fatto per giungere a quell’argomento era stato molto lungo, ma era sensato.
“Quando venne accordata, la pace venne preservata a Dorne e presto riportata in tutti i sette regni”
Appoggiò la coppa sul tavolo.
“La pace è bellissima e sembra solida, imperturbabile. Ma in realtà, è debole e precaria. Basta poco per rovesciarla.”
Dicendo questo, urtò la coppa con la mano. Questa si rovesciò sul tavolo e un rigagnolo di vino rosso colò sulla superfice.
“Qualcosa di grande, di importante, di terribile è all’orizzonte.”
Se si parlava di politica, si trasformava. Tutta la sua ironia, allegria, malignità scomparivano, per lasciare posto a un solenne e deciso uomo. “Due volti della stessa medaglia” pensò Myrcella. Una medaglia che amava in ogni caso.
La faccia di Cersei, dai sorrisi e risate di prima, era ora diventata una maschera di marmo.
“Non sappiamo esattamente quanto sia distante. Ma quando arriverà, dovremo essere pronti. I piani stesi, la fiducie verificate, le alleanze rafforzate.”
Si fermò un istante.
“E le promesse mantenute”
A questo punto, si alzò in piedi.
Dovevamo essere il sigillo di questa alleanza. E invece…
Venne a porsi dietro di lei.
Sei anni di rinvii, temporeggiamenti, imprevisti. È ora di porre la parola fine. È ora di porre il sigillo a questa alleanza.”
Cersei aspettò un paio di secondi, come per accertarsi che avesse finito, e poi prese la parola.
“Il sigillo? Sposarvi?” chiese. Si fermò un istante
“Perché tutta questa fretta? Per cosa dobbiamo essere pronti?” il suo tono era confuso, sorpreso.

Forse Trystane era stato troppo impetuoso. Ma per affrontare sua madre ci voleva una forza del genere. Trovò lei ora la forza di parlare.
“La pace è durata, fino ad ora. Ma le amicizie cominciano a scricchiolare. E mio fratello…”
Non avrebbe mai e poi mai voluto dover finire a parlare di quello, ma era inevitabile.
Questa malattia lo sta…lo sta sfinendo, corrodendo, sbriciolando. Oramai fa fatica anche a parlarmi.”
Ripensare a questo le fece male, molto male. Soprattutto ripensare a come fosse peggiorato nelle ultime settimane. Ma si sforzò di andare avanti.
“Quanto prima che la Tyrell mandi Tommen alla Cittadella e si impossessi del trono?” Il tono della sua voce era oramai quasi disperato.

“Forte. Sì forte” si ripeté mentalmente.
“E non oso immaginare che ordini daranno ai maestri…lo faranno impazzire, lo faranno peggiorare ancora, qualsiasi cosa pur di dire che non è più in grado di essere il re. E a quel punto?”
Raccolse ogni briciolo di energia che aveva dentro per imporsi di non lasciar cadere nemmeno una lacrima, non lì, non ancora.
Voleva dire qualcos’altro, ma le parole le morirono in gola.
La voce di sua madre ruppe il silenzio lanciato dalla sua domanda. Ma il tono non era decisamente quello che si sarebbe aspettata.
“Myrcella, parlare così di tuo fratello…” parole ostili, inviperite.

Cosa? Questo era davvero troppo… No, non poteva averla fraintesa. Come poteva aver capito che a lei non importava niente di lui? Era assurdo.
Una parte di lei voleva urlare, urlare, urlare. Urlare la verità, ciò che aveva represso, quel dolore smisurato per quanto Tommen stesse subendo. Avrebbe voluto urlare ciò che loro due erano, ciò che li legava e che lei mai e poi mai lo avrebbe abbandonato.
Avrebbe voluto urlare contro sua madre, per quello che aveva detto, per quello di cui l’aveva incolpata.

Ma senza sapere come riuscì a reprimere questa voglia, questa rabbia furiosa.
E mentre ricacciava tutto indietro, si morse il labbro per trattenere quelle parole rabbiose.Si morse tanto forte che una goccia di sangue scarlatto le scese lungo il mento. Sentiva quell’inconfondibile sapore metallico in bocca.
La forza che prima la stava spingendo a urlare guidò ora le sue parole.
Quello che mi lega a Tommen…non lo posso descrivere. E vederlo così…”
Una mano invisibile le stringeva la gola, rendendole difficile parlare.

“Mi ha fatto tanto, tantissimo male. Essere qui, impotenti, mentre lui soffre…”
Sentiva gli occhi lucidi, colmi di lacrime pronte a cadere. Ma non lo avrebbe permesso.
“Ciò che mi lega a lui però…non mi impedisce di guardare la realtà per quella che è. Questa realtà…mi spaventa terribilmente.”
Passò la lingua sulle labbra, portando via il sangue che continuava a uscire dal taglio che si era fatta.
Ma come sono la prima a guardare in faccia la realtà, sarò l’ultima a smettere di sperare…”
Abbassò la testa. Il sapore del sangue in bocca aveva un che di dolce, di confortante.
Il silenzio che seguì le sue parole faceva male alle orecchie.
Myrcella…” sua madre provò a parlare, molto più cauta e affranta di prima.
Ma fu subito stroncata da una voce forte e decisa.
“Taci Cersei. Lei ha ragione…hanno fottutamente ragione…”
Il cavaliere bianco batté un pugno sul tavolo
“Tutte le follie e gli smacchi che hai fatto subire ai Tyrell...credi che li abbiano dimenticati? Ti, anzi ci ripagheranno cento volte con la stessa moneta…”
L’espressione della regina era terribilmente sorpresa…e…inviperita, inviperita per essere stata scavalcata così.
“Come?! Dimmi come quella troietta si impossesserà del trono?!” urlò piena di rabbia contro il fratello.
Jaime provò a rispondere, ma il giovane dorniano fu più rapido.
“Con un erede in grembo sarà tutto dannatamente facile…”
Cersei lo guardò, colta in contropiede…che davvero non ci avesse mai pensato?
Trystane riprese a parlare “E anche se il re non facesse tempo a darglielo…”
Il comandante della guardia reale completò la frase.
“Si trascinerà a letto ogni uomo di Approdo del Re…e a quel punto, con Tommen tra le grinfie degli arcimaestri, chi oserà mai sostenere che quello non è figlio suo?”
A questo punto gli scappò una risata, una risata disperata. “Ride per non piangere” pensò Myrcella.
“Sedici anni di reggenza assicurati per i Tyrell…un concilio ristretto pieno di alfieri dell’Altopiano…e un principe cresciuto per essere unicamente una rosa”

La prospettiva era a dir poco agghiacciante. E il fatto che loro potessero fare praticamente nulla per evitarla lo era anche di più. La faccia di Cersei rispecchiava alla perfezione questa sensazione.
Con la voce spezzata provò a rispondere.
“E allora cosa dobbiamo fare Jaime?”
Lui per tutta risposta strinse forte il braccio della sorella.
“Noi? Non siamo più noi a dover agire…”
Il suo sguardo cadde sulla figlia e su Trystane.
“Guarda in faccia i nostri nemici Cersei…Margaery, Loras, Ramsay…e tutti gli altri”
Prese un lungo respiro.
Tornò a guardare negli occhi la sorella.
“Questa non è più la nostra guerra. Questa è la loro guerra... Il nostro tempo è finito. È tempo di farci da parte. Noi tramontiamo, loro sorgono
Sospirò, con un sorriso amaro sul viso.
“Noi non siamo più ora la forza che nei giorni lontani muoveva la terra e il cielo: noi siamo ciò che siamo, un'uguale tempra di eroici cuori, infiacchiti dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà di combattere, cercare, trovare e non cedere mai.”

Nulla avrebbe potuto fermalo. Le parole fluivano come un fiume in piena.
“Combatteremo allo stenuo come abbiamo sempre fatto, non cederemo, mai. Ma non saremo più noi a decidere. Questo è il loro presente e quello che da scrivere è il loro futuro.”
Tornò a rivolgersi verso di loro.
“Abbiamo solo un’ultima cosa da fare. Avete ragione, dobbiamo mantenere una promessa.”
Fece un lungo sospiro.
Questo matrimonio s’ha da fare.”




 

 

-        -        -        -        -        -        -        -

 

 

Castello Nero

 

 

“Howland Reed?” chiese Jon, quasi più deluso che stupito.
Riportò alla memoria tutto quello che sapeva su quell’uomo.
“Lord dell’Incollatura…la Torre delle Acque Grigie”
L’altro annuì, sorridendo leggermente.
“Mio padre mi disse una volta che…”
Si portò una mano alla fronte, cercando di distinguere tra i ricordi.
“Che ti doveva la vita…che l’avevi salvato da…”
Howland abbassò il capo.
“È molto più complicato di così…fu un combattimento terribile e bellissimo allo stesso tempo…affrontammo le migliori spade al mondo. E tanti compagni rimasero a terra.”
Il suo volto, nel riportare alla memoria quei ricordi, si fece malinconico e sofferente.
“Comunque si, Arthur Dayne lo stava per uccidere e io glielo impedì... E poi…”
Prese un lungo sospiro.
“Ned andò a riportare Alba a Stelle al Tramonto, alla sorella di Arthur, Ashara Dayne.”
All’udire quel nome Jon si sentì gelare. Quelle vecchie voci. Sussurrate da cameriere, servette, popolino. Che avevano fatto prima infuriare prima Catelyn e poi…
Il lord dell’Incollatura percepì il suo disagio. Gli lanciò uno sguardo.
“La notizia della morte del fratello la sconvolse a tal punto che…si uccise.”
Senza sapere dove e come, trovò la forza per continuare a parlare.
“A Grande Inverno…c’era chi mormorava che lei…”
Inghiottì a fatica.
 Che lei fosse mia madre”
La reazione che vide in Howland fu…indescrivibile. Sembrava commosso…commosso da cosa però? Dalla sua ingenuità?
Ma era qualcosa di più. Sconcerto, compassione, una punta di divertimento, comprensione…
Scosse la testa.
“Questo è il motivo per cui sono, anzi siamo, qui.”
Guardò un istante Aegon. Il giovane drago annuì.
“È ora che tu sappia la verità.” Sospirò ancora.
“Cosa ti ha detto Eddard ti tua madre?”

Quella domanda era forse uno scherzo?
“Niente…assolutamente niente…” Mentre pronunciava queste parole rivide quella scena. Ned Stark sul cavallo, pronto a partire per il sud. E quella frase. “Al mio ritorno, parleremo di tua madre.” Ma da Approdo del Re, il protettore del nord non era più tornato.
Nello sguardo dell’uomo delle paludi ci fu un lampo.
“E invece ti avrà parlato sicuramente di lei…in altra chiave però…

Che cosa? Cosa andava blaterando questo perfetto sconosciuto? Era forse matto?
L’espressione di Howland però era tirata, seria e segnata da…da quel qualcosa che si prova quando si è sicuri di fare la cosa giusta.
“Sai perché eravamo tanto a sud?” gli chiese.
Non attese però una sua risposta.
“Finita la guerra, Ned prese me e altri uomini a lui fedeli e andammo a cercare sua sorella”
Una strana sensazione invase il lord comandante.
Lyanna Stark? La sorella minore rapita…
“Era scomparsa dopo il torneo di Harrenhal. Rapita, pensarono subito gli Stark e i Baratheon, dal principe Rhaegar. Fuggita, direi io, col senno di poi…”
Lo sguardo di Jon andò un attimo a Aegon. Il principe sembrava...assorto.
“Il combattimento di cui ti ho parlato prima avvenne dove Lyanna era stata portata…”
Il sospiro che seguì queste parole fu… solenne.
“Eddard assistette impotente mentre la sorella moriva tra le sue braccia. E le promise…”
Oramai il lord comandante pendeva dalle labbra del crannogmen.
“Le promise che avrebbe nascosto e cresciuto il figlio che lei aveva avuto come se fosse…un suo bastardo.”
Jon sentì il cuore fermarsi. Il respiro gli si mozzò. Il tempo stesso parve arrestarsi. Le sue pupille si dilatarono. Gli arti si immobilizzarono.
E nella sua mente…alla gelida sorpresa seguì il caos più totale.
Mentre i pensieri si sovrapponevano, si incrociavano, si combattevano dentro di lui perse ogni cognizione del tempo.
Potevano essere passati secondi così come ore quando tornò lucido. Anche se lucido era una parola grossa. Senza sapere in che modo, era riuscito miracolosamente a rimanere in piedi.
Una morsa invisibile gli attanagliava la gola.
Con uno sforzo enorme riuscì a parlare.
“Lyanna Stark…”
Howland gli sorrideva, un sorriso sincero, comprensivo.
“Si Jon. Era tua madre.”
Il caos di ricordi che l’aveva attanagliato fino a qualche istante prima riguardava tutti quella donna che non aveva mai potuto conoscere.
Ora invece un nuovo pensiero lo fulminò. Da quando era sulla barriera, aveva  conosciuto il freddo più estremo. Eppure quello, se comparato alla gelida realizzazione che lo attraversò, pareva tepore di primavera.
Se Lyanna era sua madre…
Non lo ordinò, ma il suo corpo lo fece per lui.
Lo sguardo andò a cadere su Aegon.
Uno sguardo in cui era racchiusa una domanda che mai e poi mai aveva pensato di poter mai porre in vita sua.
Il principe carpì ciò che era racchiuso in quell’occhiata.
E con quell’inconfondibile malinconico sorriso stampato sul volto, annuì.

Non era possibile. No, stava sognando. Lo stavano prendendo in giro…
Si prese la testa tra le mani, mentre si arrendeva definitivamente al conflitto interiore che lo dilaniava dentro.
Lyanna…ma soprattutto Rhaegar. E per tutta la vita aveva creduto che…
Pensieri come questo si riproponevano in continuazione, insieme a nuove ed agghiaccianti realizzazioni, constatazioni, deduzioni. Tutte le sicurezze, tutto quello che fino ad allora era stato per lui un punto fermo, spazzato via.
Ogni certezza, messa in discussione.
Ma c’era anche posto per Ned. E nel ripensare a lui, non gli pareva possibile ciò che aveva fatto. Nonostante quello che provava per la moglie, l’aveva spacciato per il suo bastardo. Nonostante l’amicizia che lo legava a Robert, aveva nascosto in casa sua il figlio del nemico. Nonostante la devastante guerra che aveva dovuto combattere, aveva cresciuto e protetto il frutto dell’unione proibita che aveva scatenato il conflitto.
Una domanda gli sorse spontanea.

Perché?
Con questa domanda che gli ronzava nella mente, rialzò il capo.
Guardò Howland, che gli lesse nel pensiero.
“Per lei. Per sua sorella. Per tua madre” sussurrò.

Si, tutto aveva un senso. Era qualcosa di terribilmente folle, rischioso e soprattutto…
Quello che sentiva ora era…nuovo, strano, indescrivibile. Quello che provava verso Eddard Stark, l’uomo che per vent’anni aveva chiamato padre, era…dire rispetto, ammirazione, gratitudine era riduttivo.

Ma una voce lo distolse dai suoi pensieri.
The dragon must have three heads…”
I suoi occhi viola tornarono a incrociarsi con quelli di Jon. Quel lampo di prima si ripeté. Ma ora entrambi riuscirono a coglierlo. Ed era qualcosa che Jon non aveva mai sentito, mai provato prima. Era qualcosa che solo…
La voce di Aegon risuonò solenne, potente e incredibilmente amichevole.
“So che questa proposta ti è già stata e l’hai rifiutata per onore. Per rispetto del giuramento fatto”
I loro sguardi erano stretti in una indissolubile attrazione magnetica.
Sono lo scudo che protegge i domini degli uomini…”
Prese fiato.
“Un giuramento fatto da Jon Snow. Che impegna Jon Snow. Non te… Non più…”
Sospirò.
“Non sono qui per importi nulla. Sono qui a farti un’offerta. Se vorrai potrai uscire da questa stanza per ciò che veramente sei.”
Si fermò a prendere fiato per un’ultima volta.
“Jon delle case Targaryen e Stark, lord di Grande Inverno, Protettore del Nord e…”
Inghiottì a fatica, mentre i suoi occhi viola brillavano, al pensiero di cosa stava per dire. Un sorriso tornò a dipingersi sul suo volto. E questa volta, oltre all'infondibile malinconia, c'era davvero felicità.
“E mio fratello” 

 

 



 

Note dell’autore:

 

Questo capitolo…aspettavo da tanto di scriverlo. Immaginare come Jon venga a sapere la verità…
È oramai scontato che Jon non sia figlio di Eddard e una donna qualunque…le teorie sono numerose come i debiti della Grecia.
Quella di Rhaegar e Lyanna è la più probabile, sensata e con i maggiori sostegni, oltre a essere la più bella. Per questi motivi e per lo sviluppo che volevo dar alla storia l’ho scelta.
Del resto, ne sapremo presto di più. È quasi sicuro che in The Winds Of Winter (il prossimo libro) avremo la rivelazione “ufficiale”, da parte probabilmente di Bran o di Melisandre. Anche dalla prossima stagione mi aspetto qualcosa, hanno scelto l’attore per interpretare un flashback di Ned. L’età (13-14 anni) mi lascia supporre che probabilmente vedremo anche Lyanna a Winterfell.
Piccola nota: per chi avesse un déjà-vu, la poesia in alto è la stessa che M cita al processo in Skyfall. Ok, forse ho esagerato nel metterla in bocca a Jaime, ma mi sembrava perfetta per trasmettere ciò che volevo. Non sono poi per niente un amante di Manzoni, ma quella frase dei Promessi Sposi calzava troppo bene per chiudere...(anche se andava modificata ovviamente)
Ho già scritto fin troppo, quindi chiudo ringraziando tutti quelli che lasciano feedback e spero che questo nono capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere come sempre cosa pensate a proposito di come sto sviluppando la trama.
Per chi sente già odore di confetti e torta nuziale…beh, vi posso dire che manca davvero poco.
Al prossimo capitolo dunque e, ora come sempre, long live the lioness.

 

 

Moved earth and heaven, that which we are, we are;

One equal temper of heroic hearts,

Made weak by time and fate, but strong in will

To strive, to seek, to find, and not to yield.

 



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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Cap 10


Long live the lioness






"Nobody said it was easy,
oh it's such a shame for us to part.
Nobody said it was easy,

No-one ever said it would be so hard."

 

The Scientist, Coldplay

 

 

 

 

Approdo del Re, tre settimane dopo

 

 

Era dall’alba che le campane di tutta la città suonavano a festa. Da ogni tempio, torre, collina si levava l’eco di quella chiassosa e gioiosa melodia. Campane che suonavano per loro.
Nonostante l’altezza delle Fortezza Rossa e le finestre quasi del tutto chiuse, il frastuono penetrava anche nella sua stanza.
Quel suono la accompagnava fin dal risveglio ed era oramai familiare, non ci prestava quasi più attenzione. Ogni tanto però tornava a udirlo tutto d’un colpo. Ed era sempre una gradita e rassicurante conferma che non stava sognando, che era tutto vero.
Si guardò ancora allo specchio. Aveva oramai finito di prepararsi. Sorrise a sé stessa. Quel giorno era finalmente arrivato. Ancora qualche ora e…
Qualche colpo alla porta la distolse dai suoi pensieri. Con il flusso interminabile di servette, cameriere e quant’altro di quella mattina aveva evitato di chiuderla.
Si limitò quindi a dire un avanti distratto. Il modo in cui le avevano sistemato i capelli…non la convinceva appieno. Era un lavoro ben fatto eppure…c’era qualcosa che…
Non aveva prestato troppa attenzione a chi era entrato, era troppo concentrata su sé stessa. Ma quando vide l’immagine riflessa nello specchio…
Stava per parlare, ma sua madre la precedette.
“Per i sette inferi” disse, con gli occhi sbarrati. “Myrcella, sei stupenda…”
Lei non poté fare a meno di sorridere, mentre arrossiva leggermente.
Vide però comparire sul volto di lei una sottile smorfia. La voce della regina tornò nuovamente a coprire le campane.
“Chi ti ha sistemato così i capelli?” Il tono era decisamente diverso. Lasciava a intendere il resto della frase “se non sei soddisfatta, dimmi il nome e gli farò mozzare le mani”. Cersei Lannister non smetteva mai di essere la regina, mai.
“Lo so…” provò a dire, a metà tra l’essere dispiaciuta e divertita, ma non ebbe modo di continuare.
Sentiva le mani della madre tra i suoi lunghi capelli biondi, a sistemare ciò che non la convinceva. Rimase senza parole. Lo stava veramente facendo? Non era possibile…
Per me, lo sta facendo per me” pensò. Ed era vero. Provò a dire qualcosa, ma non le veniva in mente niente. In testa aveva solo quello che sarebbe successo di lì a poche ore. Nemmeno lei stessa sapeva come riuscisse a stare ferma e tranquilla.
Un pensiero le balenò improvvisamente in testa.
“Tutto bene con Tommen?” chiese.
Cersei sorrise. “Si…tuo fratello è entusiasta all’idea di accompagnarti all’altare.”

In qualità di re, quel compito spettava a lui dal momento che non c’era… No, non sarebbe dovuta andare così. Lui sarebbe stato lì, nel tempio, a guardarla. Lui avrebbe dovuto accompagnarla. Ma il segreto andava preservato. Non riusciva a immaginare quanto questo potesse fare male a suo padre.
Tenne questi pensieri per sé. Di sicuro sua madre ci aveva già pensato e…non era decisamente il caso di rigirare il coltello nella piaga. Al suo posto ci sarebbe stato Tommen del resto. Non poteva certo lamentarsi.
Non se era resa conto, assorta com’era nei suoi pensieri, ma la regina aveva finito con i suoi capelli. Si guardò allo specchio.

Ecco, così era perfetto. Sembrava che le avesse letto nel pensiero.
Rivolse a sua madre un sorriso per ringraziarla, mentre lei le si sedeva affianco. Gli occhi di Cersei erano lucidi, il suo sorriso dolce. Prese le mani della figlia tra le sue.
“Non ci credo ancora…” la voce della regina era carica di emozione. Strinse ancora più forte le mani.
La mia bambina oggi si sposa…” Quasi rideva mentre pronunciava queste parole, quella risata un po’ folle di quando si è in preda alla felicità.
“Come ti senti?” le chiese.
Myrcella sorrise. Soppesò le parole.
Non mi sembra vero. Ho questa sensazione sulla pelle, come se…come se stessi sognando, come se camminassi un metro sopra terra.”
Sospirò.
Ma evidentemente è tutto vero. Dire che sono felice è…”
Trattenne a stento una risata.

“È riduttivo…non so come potrò aspettare altre tre ore…”
Cersei continuava a sorriderle, ma sul suo viso era comparsa una sfumatura nuova…una sfumatura di…malizia? Davvero?
“Sei impaziente anche per…questa notte?”
Myrcella si morse il labbro, abbassando lo sguardo.
La regina ne fu sorpresa, ma continuò a parlare.
It will be your first…” disse, quasi sussurrandole.
La figlia scosse la testa, interrompendola.
“No”
Sospirò.
“It won’t...” il suo tono era deciso, sicuro. Ma nonostante questo, non riusciva che a sussurrare. Rialzò nuovamente il capo.
It won’t be…the first”
Abbozzò un timido ma sincero sorriso.
La reazione di Cersei fu…indescrivibile. La sorpresa divenne incredulità, l’incredulità divenne sconcerto, lo sconcerto…
Era davvero senza parole questa volta.
Myrcella temeva tanto, troppo, di trovare rimprovero, addirittura rabbia negli occhi di sua madre. Ma non ce n’era la benché minima traccia.
Alla fine, dopo istanti interminabili, la regina riuscì a parlare.
You did it because…” sussurrò, con gli occhi persi in quelli della figlia. Lei chinò un istante il capo, mordendosi lievemente il labbro. Con voce sicura, decisa e limpidamente sincera completò la frase lasciata incompleta. Non doveva che dire la verità.
Because i love him…” un nuovo sorriso le si dipinse sul volto. “Because i love him…” sussurrò nuovamente, quasi più per sé stessa.

Non c’era altra ragione, altra verità.
Aveva fatto per un'unico motivo quel passo.
Perché lo amava, lo amava più di ogni altra cosa.

 

 

-          -           -           -           -           -

 

 

L’atrio del tempio era piuttosto freddo, abbastanza da farle venire la pelle d’oca sulle braccia e sulle spalle scoperte. Ma ben presto il mantello avrebbe coperto quelle e anche la schiena quasi per metà nuda, tenendola un po’ più al caldo. Era sicura che quell’abito avrebbe suscitato mille discorsi e piccoli scandali, ma non le importava. Non le pareva anche solo concepibile l’idea di sposarsi con un abito che non rispecchiasse…casa. Sentiva dentro di sé di appartenere a Dorne e…e ne sarebbe stata la principessa in poche decine di minuti. Che i Tyrell e tutti gli altri facessero pure tutti i loro pettegolezzi.
Nonostante questi pensieri tutt’altri che allegri, non riusciva a smettere di sorridere. Ancora poco e…
Il rumore di passi concitati e veloci la distolse dai suoi pensieri. Si voltò verso la porta.
Il re degli Andali e dei Primi Uomini era lì, di fronte a lei. Con gli occhi spalancati e sul viso un’espressione di stupore e....
È mio fratello, ma è pur sempre un uomo…” pensò. Questo innescò una breve risata.
Tommen annaspò un paio di secondi, alla ricerca disperata di qualcosa da dire.
“Myrcella sei…davvero…magnifica…” Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Lei gli si avvicinò, posandogli un leggero bacio sulla guancia. Rimase ferma, sussurrandogli all’orecchio.
“Se continui a guardarmi così, qui scoppia una guerra con Dorne…” gli disse, con tono divertito e malizioso. Il fratello scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
Vorrei vederlo sempre così. Sorridente, felice. Senza arpie intorno, senza che la malattia lo perseguiti...” sognò per un istante. Ma sapeva che non poteva andare così.  L’effetto del dolcesonno era a dir poco miracoloso. Peccato che lui non lo potesse prendere che un paio volte l’anno. E se…
Scacciò via quei pensieri così dolorosi.
Intanto il re non aveva perso tempo. Brandiva tra le mani il colossale mantello nuziale.
Lei chinò il capo, per agevolarlo. Con delicatezza lui le affibbiò il laccio. Le accarezzò per un istante il collo e il volto.
Si voltò. Tommen la prese sottobraccio e sospirò.
“Andiamo a consegnarti a questo dorniano…” disse, con tono quanto mai ironico.
Myrcella gli restituì una gomitata più scherzosa che veramente stizzita.
E poi, insieme, cominciarono a camminare.
Attraversarono il breve corridoio e si ritrovarono nella sala centrale del Grande Tempio di Baleor. C’era molta più gente di quanto si aspettasse.
In modo tutt’altro che casuale i Tyrell erano stati sistemati sui due lati del tempio esattamente opposti a dove si trovavano i dorniani giunti per l’occasione.
Mentre scendevano la lunga scalinata provò a riconoscere gli ospiti.
La maggior parte erano alfieri che conosceva solo di nome e di vista.
Riconobbe tra le persone di Stelle al Tramonto tre dei Dayne, seduti abbastanza in basso.
Poi, nella delegazione più importante, c’era Lord Anders Yronwood, accompagnato dalle figlie, Ynys e Gwyneth.
Infine c’era quasi tutta la corte di Lancia del Sole. Conosceva praticamente tutti.
Spiccavano su tutti, poste a due passi dall’altare Elia Sand, la quinta figlia del principe Oberyn, e, soprattutto, la Principessa di Dorne, Arianne Martell. Vedendola la salutò con un cenno del capo. Myrcella ricambiò il gesto con un sorriso.
Tornò ad alzare lo sguardo verso l’altare. Lei e Tommen avevano oramai percorso tutta la scalinata ed erano a metà della grande sala ettagonale.
Non degnò i Tyrell nemmeno di uno sguardo. Ma del resto, anche se Aegon il Conquistatore fosse entrato in quel momento cavalcando Balerion il Terrore Nero, non avrebbe mai e poi spostato gli occhi.
Il suo principe stava lì, ai piedi dell’altare. E l’espressione che aveva sul viso beh…rispecchiava tutto quello anche lei stava provando. A parte ovviamente lo sguardo.
Trystane pareva ancora più…compiaciuto di Tommen nel vederla.
Percorse gli ultimi passi mentre una sensazione nuova, forte e bellissima la pervadeva, insieme a quella costante impressione di leggerezza.
Pose fine al dubbio di stare solamente sognando quel momento stringendo la mano di Trystane. Era tutto fantasticamente reale.
Stringendosi forte le mani andarono a porsi davanti all’alto septon.
Quello fece un cenno e musica cominciò a levarsi.
La cerimonia ebbe inizio.
Non ascoltò una sola parola di quello che il sacerdote disse. Non riusciva a staccare gli occhi da lui.  Se con lo sguardo si può parlare, quella fu una delle discussioni più lunghe che avessero mai fatto. Ricordi, progetti, idee, propositi, opinioni, piani, promesse… Mentre centinaia di persone invocavano e pregavano, a loro sembrava di essere soli. Soli come prima, soli come a Dorne.
Il tempo le parve volare. Pensava che fossero trascorsi solo pochi istanti, invece erano passati quaranta minuti. Lui le suggerì con un’occhiata di tornare a prestare attenzione a quanto stesse dicendo il sacerdote.
Colse giusto qualche parola, ma fu sufficiente.
Un paggio si fece avanti, porgendo un mantello piegato al principe. Anche Tommen venne avanti nuovamente, pronto a toglierle il colossale mantello dei Baratheon.
Tutto d’un tratto l’enorme drappo con il cervo incoronato che portava sulle spalle le parve incredibilmente pesante, opprimente, soffocante. Non vedeva l’ora di liberarsene.
Sentì le mani del fratello attorno al suo collo allentare il nodo fatto poco prima.
E poi il lungo e pesantissimo mantello fu sollevato.
Una carezza fresca le toccò improvvisamente le spalle e la schiena, ora scoperte.
Avvertì un brivido percorrerla dalla testa ai piedi. Ma non era il freddo. Una sensazione tanto forte da mozzarle il fiato e fermarle il cuore la percorse.
Sta per accadere” pensò. Era felice e incredula, eccitata e calma, tutto allo stesso tempo.
Trystane le posò il suo mantello sulle spalle.
Il sorriso che aveva sul volto mentre lo faceva…era felicità pura, incontaminata, sincera.
Il drappo dei Martell le parve cento e cento volte più leggero. Era decisamente più corto e soprattutto era di una seta leggera, liscissima. Un gigantesco sole dorato occupava gran parte della sua schiena, attraversato da una lancia composta da centinaia di piccoli rubini.
Tornò a guardarlo. Sussurrò ciò che le era appena venuto in mente.

“Ho il sole sulle spalle, eppure non sento affatto caldo…basta, sono diventata davvero una di voi…”
Trystane udì appena quelle parole, ma riuscì a carpirle. E dovette sforzarsi molto per non mettersi a ridere.
Myrcella abbassò un ultima volta il capo, mordendosi il labbro.

Si era promessa che non sarebbe rimasta senza voce per l’emozione in quel momento, eppure successe. Dovette cercare ogni briciolo di forza per poter pronunciare quelle parole.
Tutto quello che stava provando le attanagliava con forza la gola.
“Con questo bacio io ti prometto amore eterno, e ti prendo come mio principe e marito”
Gli occhi le brillavano mentre recitava la formula.
La voce di lui non era affatto strozzata. Era serena, limpida e rimbombò con forza per tutto il tempio.
“Con questo bacio giuro di proteggerti, e prometto, ora e sempre, di amarti, e ti prendo come mia principessa e moglie”
Si avvicinarono l’uno all’altra come decine, anzi, centinaia di volte avevano fatto.
Tutte le persone presenti cessarono di esistere, almeno per un istante.
Trystane le portò una mano dietro la testa, lasciando che si perdesse tra i suoi lunghi capelli dorati. Si avvicinò ancora.
Le loro labbra si sfiorarono.
E il tempo parve realmente fermarsi.
Per un unico, magico e interminabile istanti furono soli, come lo erano stati tanto tempo prima. Soli e liberi. Liberi di amarsi, liberi di essere ciò che realmente erano, liberi da responsabilità, pesi, preoccupazioni.
Fu magnifico, fu solo un istante, ma fu incredibile.
Lui si staccò lentamente, sorridendo ancora.
Il septon sollevò il cristallo sacro sopra le loro teste, diffondendo su di loro i sette colori dell’arcobaleno. Poi a riprese a parlare.
“Qui, alla vista degli dei e degli uomini, io solennemente dichiaro Trystane della Casa Martell e Myrcella delle Case Baratheon e Lannister marito e moglie, un corpo, un cuore, un’anima, ora e sempre, e maledetto sia chiunque verrà a frapporsi fra loro”
Questa volta lei l’aveva ascoltato.

Ora e sempre. Ora e sempre. Ora e sempre. Queste parole le risuonavano senza fine in testa.
Era vero. Era davvero appena successo. Erano finalmente…
Si avvicinò nuovamente al viso di Trystane.
Husband” sussurrò con un filo di voce.
Lui sorrise. Si portò la mano al petto. Fino a quel momento lei non l’aveva notato, ma sul suo farsetto era appuntato un giglio bianco. Lo prese e, delicatamente, glielo pose tra i capelli. Scostò poi con la mano la ciocca che le copriva in parte il viso. Sussurrò anche lui.

“Wife”
La baciò di nuovo. Tutto era cambiato rispetto a pochi istanti prima. Non erano più promessi, erano marito e moglie. Eppure quel bacio aveva lo stesso dolce e inebriante sapore di prima. Da quel momento tutto cambiava, e al tempo stesso, tutto rimaneva come prima.

 

 

-          -           -           -           -

 

 

Guardò per un istante la coppa. Aveva già bevuto parecchio al banchetto. E, soprattutto, non aveva praticamente toccato cibo. Alzò le spalle. Una in più non avrebbe di certo fatto la differenza.
Se la portò alla bocca. La mandò già tutta d’un fiato. Il vino l’aveva aiutata a contenere durante i festeggiamenti l’impazienza per…per quello che stava per succedere.
Si voltò, dopo aver appoggiato la coppa sul tavolo. Trystane era a pochi metri da lei. Si era già tolto il farsetto, rimanendo a petto scoperto. Le venne vicino.
Myrcella si strinse a lui. A suo marito. Il suo odore la faceva impazzire, un misto di olio termale, sudore e profumi esotici tipici dei dorniani.
Appoggiata a lui con il volto, sentì le sue mani accarezzarle la schiena, passarle tra i capelli, infilarsi sotto il tessuto dall’apertura dell’abito.
Alzò la testa dalla sua spalla, la inclinò leggermente a destra, per guardarlo negli occhi.
“Grazie…” gli sussurrò.
L’espressione di lui era leggermente confusa. Per quale ragione lo stava ringraziando?
Ma prima che potesse chiederglielo, le labbra di lei vennero a sfiorare le sue.
La strinse ancora di più a sé, per sentirla vicina, per sentirla unita. “Un solo corpo, un solo cuore, un solo spirito.” Mai avrebbe dimenticato quelle parole.
Myrcella era meno timida del solito. Sentiva la lingua di lei accarezzargli il palato. Di solito non si spingeva a tanto. Pensò che fosse l’effetto di tutto quel vino oppure...di certo non solo lui era tremendamente elettrizzato ed eccitato per quello che stava per accadere.
Quando si staccarono, stava per porre la domanda. Ma lei lo precedette.
“Grazie per avermi risparmiato la…” Si fermò. Faceva fatica persino a dirlo “la messa a letto”
Trystane le sorrise teneramente. Le prese con delicatezza il mento nel palmo della mano.
“A Dorne la consideriamo un’usanza barbara…ma soprattutto…”
Sospirò

“Non permetterei mai a nessuno di alzare anche un solo dito su di te…figuriamoci a delle rose”
L’aveva anche urlato davanti a tutti quando uno dei cavalieri dell’Altopiano aveva lanciato l’idea di metterli a letto. Nella sala c’era stato un attimo di grande tensione. Ma era bastato porre una mano sull’elsa della spada mentre uscivano, soli, dalla Sala del Trono, mentre qualcuno continuava a berciare alle loro spalle.
E poi non mi potevano togliere il privilegio di spogliare mia moglie…” aggiunse con malizia. E con altrettanta lei gli sorrise.
Tornarono a baciarsi. Le mani di lui andarono a indugiare sulle le spalline dell’abito.
Con delicatezza innata ne fece scivolare via prima una, poi l’altra.
Il vestito scivolò a terra. Mentre continuava a sfiorarle le labbra e a giocare con le dita tra i suoi capelli, le accarezzò con il palmo della mano il seno.
Myrcella si staccò, lentamente, e, dopo essersi stretta ancora un po’ alla sua spalla, andò a sdraiarsi sul letto. Mentre lui armeggiava con le brache, lei si toglieva quel poco che portava sotto all’abito.
Chiuse gli occhi. E per un momento le sembrò di vedere il soffitto della sua stanza ai Giardini dell’Acqua dove…dove qualche mese prima avevano consumato la loro prima notte.
Sospirò. Sembravano passati secoli…
Percepì un movimento. Aprì le palpebre. Trystane era sopra di lei. Con le dita scostò le ciocche di capelli che le erano finite sul volto.
Le posò un bacio sulla fronte. Andò poi a sfiorarle le labbra.
Mentre si baciavano, una sensazione cominciò a pervaderla. Era da parecchio che non la provava. Quella voglia profonda e inarrestabile di lui, voglia di lui solamente.
Lui la accarezzò con una mano tra le gambe. Un brivido di eccitazione la percorse. Percepì due dita insinuarsi tra la sua carni. Si lasciò sfuggire un gemito soffocato. Trystane sentì ciò che lei già sapeva. Era fradicia. Non c’era bisogno di nient’altro, era già pronta. La mano destra di lui si parò dietro alla sua nuca. Le posò un delicato bacio sul seno.
Myrcella chiuse gli occhi un’ultima volta. Solo per un paio di secondi.
Allargò le gambe.
Con entrambe le braccia si strinse alla schiena del suo uomo. Non desiderava altro che lui…
Il principe scivolò dentro di lei.
E poi…il mondo cessò di esistere. Ogni percezione di tempo, realtà, spazio smise di essere tale. Qualsiasi cosa oltre a loro due non aveva più nessuna importanza. Tra tutte le fortissime, inebrianti, contrastanti e bellissime sensazioni che provavano non c’era spazio per altro. Myrcella sentiva scosse attraversarla, i baci di lui sul collo, sulla bocca, sul mento, sui seni. Ridusse con le labbra il collo del suo uomo a una distesa di piccoli lividi circolari, tanto numerosi da essere degni di una battaglia.
Non avrebbero saputo dire quanto fossero andati avanti.
A un certo punto, senza sapere bene come, si ritrovò sdraiata, con la testa appoggiata sul petto di lui. Il suo respiro ritmico la cullava. Sentiva ancora dentro di sé il lieve tepore del seme del principe. Del suo principe.
Trystane continuava a giocare con i suoi capelli biondi. La sua mano sinistra era appoggiata sul grembo di lei. Il silenzio era rotto solo dai loro respiri che si andavano via via a calmarsi. Si aggiunse poi la voce di lui.
“Allora, è stato magico come la prima volta?” le chiese con tono ironico.
Lei non poté fare a meno di sorridere. Un sorriso divertito, diverso da quello sincero, calmo, disteso che da quella mattina non aveva mai lasciato il suo volto.
“Tanto…speciale…no. Ma è stato molto più…bello” rispose.
“Sei sicura di ricordare bene?” sussurrò ancora lui.
“Certo…” sospirò “potrei mai dimenticare?”
Sorrise nuovamente per ciò che le era venuto in mente.
“Ti ricordi invece la prima volta che mi baciasti?” chiese, nostalgica.
Udì Trystane ridacchiare. Lo prese per un sì. Lui tornò a sussurrarle all’orecchio.
“Una volta tanto riuscì a batterti a cyvasse…e dissi che per questo meritavo un premio…”
Myrcella scosse la testa, divertita.
“Un quattordicenne in preda a chissà quali pensieri…io ne avevo da poco dodici…dèi, non voglio ricordare come mi sentì…”
Lui le accarezzò il fianco con la mano destra.
“Non feci nemmeno tempo a guardarti negli occhi dopo averti baciata che scappasti via…e non ti facesti vedere per una settimana…” il suo tono si fece via via più malizioso.
“Eppure, qualche mese dopo, ti fiondasti tra mie braccia, a chiederne altri di baci…”
Lei gli tirò un debole pugno al costato.
“Sai benissimo cos’era successo…era cambiato tutto…” Sospirò ancora. “non ero più una bambina…”
Trystane la interruppe.
“Era la prima volta che ti vidi con i capelli come li porti ora…” la sua voce aveva la tipica nota di quando si va a scavare tra i ricordi “non che tutti quei ricci mi dispiacessero ma…mi sembrò di vedere un’altra persona”
Quei ricordi invasero anche a lei la mente, mentre sorrideva.
La voce del principe era lievemente carica di rimpianto.
“Quanto non è stato bello amarci così, in segreto, nascondendoci da tutti, scappando, cercando di fingere di essere normali, due innamorati qualunque…
Sentì gli occhi inumidirsi. Si, aveva ragione. Era stato bellissimo.
E si lasciarono così sommergere dai ricordi. Qualche mese, al massimo pochi anni erano passati. Eppure tutto ciò che riportavano alla memoria pareva accaduto un’eternità prima.
Mancava oramai poco all’alba quando si le loro rievocazioni si ridussero a silenzio. L’alba di un nuovo giorno, e che ne chiudeva uno segnato da sorrisi, cambiamenti e felicità pura.
Trystane sospirò.
“Sembra passato così tanto…e invece abbiamo che soltanto appena cominciato…”
Strinse le mani della sua principessa nelle sue.
“E ci sono tante, tantissime difficoltà sulla nostra strada…”
Si fermò un istante.
“Te l’ho già detto tante volte e te lo ripeto ancora: non sarà affatto facile.”
Sospirò.
“Ma sarà molto meno dura se affronteremo tutto uniti, insieme…”
Il vento fresco delle ultime ore della notte entrava dalle finestra e accarezzava la loro pelle.
“Tanto tempo fa mi chiedesti quante altre ragazze avessi portato a passeggiare nei giardini…” disse in un sussurro. Non attese però una conferma.
“Dovendo fare gli onori di casa, molte” aggiunse, diventando quasi serio.
Tra tutte, ne ho baciata qualcuna…” ammise.
Prese un lungo respiro
“Con un paio sono andato oltre….”
Il sospiro che seguì fu…quasi liberatorio. Si alzò sopra di lei, per guardarla negli occhi.
Soppesò a lungo quelle parole. E con voce serena e sincera parlò nuovamente.

“Ma ne ho amata una e una soltanto”
 

 

 

 

Note dell’autore:


Un solo corpo, un solo cuore, un solo spirito.
Ci siamo finalmente.
Devo dire che mi è davvero piaciuto scrivere questo capitolo anche se…beh, la prima stesura, per colpa di quello che stavo ascoltando, non era diciamo “appropriata” (non è che Martin Garrix ispiri esattamente romanticismo). Così ho attaccato Coldplay a manetta e ho rifatto il tutto. Non mi sbilancio mai di solito, anzi, sono sempre abbastanza scettico e cauto, ma devo dire che mi sento soddisfatto. Per questo ho deciso di aprire con una (anzi direi “la”) canzone dei Coldplay. Di solito la cit centra con il capitolo, ma qui ho voluto fare un piccolo tributo.
Qualcuno avrà già notato il personaggio “nuovo” a cui avevo accennato, nel prossimo capitolo lo, o meglio la, vedrete. Per il resto, ho evitato di scrivere del banchetto perché sennò sfondavo quota cinquemila parole… Ma qualcosa saprete nel prossimo capitolo, da un altro POV e…e no, come al solito non vi voglio anticipare troppo.
Ringrazio tantissimo i (sempre più numerosi) recensori, il vostro feedback è sempre un riferimento preziosissimo. Siete come un faro, un punto di riferimento che mi fa capire se la storia è sulla rotta giusta o meno.
Come al solito stay tuned e fatemi sapere cosa ne pensate di queste nozze.
E, ovviamente, long live the lioness

 

 



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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


Cap 11


Long live the lioness







It's dangerous, so dangerous
I wanna do it again
It's dangerous, so dangerous
I wanna do it again

 
Dangerous, David Guetta

 

 



Fu il rumore di grida e scalpicci lontani a svegliarla. Probabilmente persone che uscivano a cavallo o… No, non le importava. Si rigirò nel letto. Non aveva alcuna voglia di alzarsi. Però… Sentiva che qualcosa mancava. Mancava quel calore, quella presenza. Senza nemmeno aver aperto gli occhi, sapeva che Trystane non era più nel letto. E stare lì, senza di lui…non aveva senso.
Quando riaprì le palpebre, brillanti lame di luce filtravano tra le lunghe tende. Doveva mancare poco alla metà della mattina. Lanciò via le coperte.
Si alzò. Trystane era in piedi in mezzo alla stanza, con lo sguardo perso oltre la finestra. Prese distrattamente la vestaglia e se la mise addosso. Fece per andare verso di lui e, nel farlo, lanciò un ultima occhiata al letto.
Stava per muovere un altro passo, ma rimase pietrificata.

Che cosa? No, no, stava ancora sognando. Sbatté nuovamente le palpebre. Niente, era davvero sveglia. Ma…non era possibile.
Altro non era che una chiazza di sangue. Ma lei, quel sangue, lo aveva lasciato a Dorne sei mesi prima insieme…insieme a molto, molto altro. Era sconvolta. Non poteva accadere. Non di nuovo…not twice… Che fosse…no, mancavano ancora almeno un paio di settimane al prossimo ciclo.

Mentre i pensieri si rincorrevano senza fine e lo sconcerto non diminuiva, sentì due mani posarsi sui suoi fianchi. Il principe si perse tra i suoi capelli con il volto. Andò poi a sussurrarle all’orecchio.
“Scusa…avrei dovuto dirtelo” disse, in tono dispiaciuto. Ma era anche incredibilmente serio. Percepì lei rilassarsi un’istante. Sapeva però di doverle della spiegazioni.
“Quello è…” sussurrò, guardando il letto e la macchia scarlatta. “Quello che si aspettano, quello che vogliono vedere. Diamoglielo, e ci lasceranno in pace...”
Prese un lungo e quasi triste respiro.
“Myrcella…” sospirò “non avrei potuto sopportare mille e mille chiacchere alle nostre spalle. Che dicessero calunnie senza motivo su di te.

Si, anche questa volta, aveva ragione. E gli era incredibilmente grata per ciò che aveva fatto. Si voltò, sorridendogli.
Andò a sfiorare le labbra di Trystane. Si abbandonò a lui. Alla soluzione di ogni suo problema, al conforto di ogni suo dolore, al rimedio per ogni tristezza, al faro in ogni oscurità. All’unica persona di cui aveva davvero bisogno per vivere. Non poteva nemmeno concepire l’idea di una vita senza di lui…senza di lui…sarebbe stato semplicemente impossibile vivere.
Si staccarono, entrambi senza fiato. Nello sguardo di lui…era sorpreso per quel bacio così lungo e inteso…ma ne era anche decisamente compiaciuto.
E con il suo inconfondibile sorriso leggermente ironico e sicuro di sé riprese a parlare.
“Poi non sarà del tutto una menzogna…” aggiunse sospirando.
La principessa lo guardò incuriosita. Cosa intendeva dire?
“Ieri sera…non so se te ne sei accorta, ma tra le mille farse hanno…” Si dovette trattenere dal ridere. Oramai Myrcella pendeva dalle sue labbra.
“Hanno servito carne di leone…”
“E quindi?” gli stava per chiedere, fissandolo a metà tra il sorpresa e il divertita. Ma Trystane la precedette.
“L’ho saputo prima così…” disse, mentre le passava le dita tra i capelli.
“Mi sono procurato un po’ di…di sangue di leone.”
Spostò una sottile ciocca dorata dalla sua faccia.
Lionlioness…”
Alzò le spalle ironicamente.

“Non penso si noti la differenza…”.
Sospirò, avvicinandosi a pochi centimetri dal volto di lei.
You are my lioness…” le sussurrò.
Passò la mano dietro la testa di lei. Della sua leonessa. La tirò a sé, spingendo le labbra di lei contro le sue.
Myrcella si strinse a lui con le braccia.
Vedeva riflesse negli occhi del principe le stesse emozioni che stava provando anche lei. La mano sinistra di lui scivolò nella sottile apertura della vestaglia.
La sua mano era calda, la sua pelle fredda sotto il sottile tessuto.
Riprese a baciarlo con rinnovata energia.

Non potevano vivere l’uno senza l’altro.

 

 

 

-        -        -        -        -

 

 

 

Era esattamente come la ricordava. La stessa voce, la stessa espressione sul viso, lo stesso riflesso negli occhi. Ma forse…c’era più familiarità, più attenzione negli sguardi che lei le lanciava. Dipendeva da…
Ciò che stavano dicendo distolse la sua attenzione. Trystane pareva…decisamente divertito.
“Ma si, oramai penso di essere di famiglia” disse, guardandola.
Lei sorrise, perplessa. Aveva perso il filo del discorso. Di che diamine stavano parlando quei due?
“Ieri mattina, andando al tempio, tua madre…beh, in tre frasi mi avrà minacciato di morte quattro volte se…se avessi osato farti del male”
Non riuscì a trattenere una risata.
“Invece al banchetto…in mezz’ora ha citato la mia testa solo una volta...miglioramento incredibile” disse ironicamente.
La sua espressione assunse una falsissima aria dubbiosa.
“Forse tra vent’anni riuscirò pure a esserle simpatico…”
Myrcella abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro.

Sapeva che sarebbe successo. Sua madre era fatta così, non c’era nient’altro da fare.
La voce di Arianne ruppe quel silenzio imbarazzato.
“Avreste dovuto rimanere di più ieri sera al banchetto…” disse, con tono decisamente divertito. Trystane la fissò incuriosito.
“Le tue parole fratellino beh…hanno decisamente offeso i Tyrell…”
La principessa sorrise ancora, con gli occhi persi a rivivere quel momento.
Non potevo perdere l’occasione…
Lo sguardo del fratello era ora…quasi impaurito.
Lei continuò, con tono innocente.
“Ho pensato che una delle nostre canzoni avrebbe potuto tirarli su di morale...così…”
Trystane sgranò gli occhi, mentre un gelido brivido lo attraversava.
“Dèi, Arianne, non avrai mica…”
Lei annuì, sempre con fare fintamente innocente.
“Sì…” disse, con un sorriso divertito, quasi folle, sul volto “ho fatto cantare Il cavaliere e la vipera…
Myrcella si sentì gelare per un istante. Quella canzone…l’aveva udita qualche volta a Dorne. Sotto un racconto apparentemente astratto, ironico ed esageratamente volgare si celava, tramite mille allusioni, il racconto del torneo in cui la Vipera Rossa, il principe Oberyn, aveva disarcionato, rendendo storpio, l’erede di Alto Giardino, Willas Tyrell.

Il racconto era tutt’altro che oggettivo e super partis. Parlava di un caliere altezzoso, spavaldo, sbruffone, che aveva osato prendersi gioco del deserto e di chi lo abitava…e nella storia ne pagava a caro prezzo le conseguenze. Non osava immaginare la reazione delle rose a quella storia. Quella canzone non era mai uscita da Dorne prima di allora. Era stata un’idea folle, assurdamente rischiosa…eppure, una parte di lei ne era tremendamente divertita e…soddisfatta. Non avrebbe mai voluto ammetterlo, ma…
“Arianne, sei impazzita?” tuonò il fratello.
Lei sospirò, facendo l’offesa e la dispiaciuta insieme.
“Lo ammetto, sono stata avventata e irrispettosa. It’s been dangerous, so dangerous…” ammise, con tono quasi pentito. Lo stava prendendo in giro. Il sorriso di prima tornò però a troneggiare sul suo volto.
Ma lo rifarei mille e mille volte” aggiunse, divertita.
Trystane stava per ribattere ma…una parte di lui lo fermò. Era sì infuriato con la sorella, non c’era certo bisogno di stuzzicare ancora di più i Tyrell. Eppure…una parte di lui era divertita e soddisfatta per quella pazzia.
Si limitò a rimanere in silenzio, con un leggero sorriso sul volto. Senza nemmeno rendersene conto, l’aveva perdonata.
I suoi pensieri ripresero a vagare e…il principe sospirò, mentre il suo volto si rattristava. Parlò di nuovo, tornando tristemente serio, rivolgendosi alla sorella.
“Come sta nostro padre?” chiese, fissando la coppa davanti a lui.
Arianne scosse la testa, con un sorriso amaro sul volto.
“Trys, come vuoi che stia? Come al solito…continua a dire che tutto va bene, a nascondere tutte le sue sofferenze ma…”
Sospirò amaramente.
“Ultimamente poi…si è ostinato ancora di più nel suo…pensare
Rise, una risata colma di…rammarico e quasi disprezzo.
Pensare…ossia non fare nulla. Assolutamente nulla. Come sempre del resto. È il migliore in questo.” Lo sguardo di lei era perso nel vuoto, la sua voce colma di triste rammarico. Tornò però a farsi più seria.
“Da quanto so, ha anche ricevuto delle lettere importanti…ma probabilmente ne saprà di più l’ultimo dei mendicanti di Lancia del Sole di me…”
Sbuffò, quasi arrabbiata.
“Dopo quanto successe con Arys…”
Il suo sguardo cadde inevitabilmente su Myrcella. Arrossì lievemente al ricordo, ma continuò a parlare
“Ho sempre obbedito senza discutere, non ho preteso o rischiato nulla. Ma comincio a essere nuovamente stanca di questa immobilità totale…”
Stava per continuare ancora, ma il fratello la interruppe.
“Arianne…quelle lettere…erano mie” disse lui, lentamente.
Sospirò.
“Quello che nostro padre aspetta da vent’anni…beh, è arrivato” disse, fermandosi un istante. Lasciò vagare lo sguardo nel vuoto.
The dragons are back…” sussurrò.
La reazione di lei… Myrcella l’aveva mai vista così. Era…sorpresa, spiazzata e in lei vide anche…un fulmine di speranza.
“Daenerys?” chiese, con un filo di voce.
Trystane scosse la testa. Aveva colto anche la parte nascosta della domanda. Quella che diceva “Almeno Quentyn non è morto invano” Si, aveva… No. No, non era quello il momento di pensarci. Inghiottì a fatica per andare avanti.
“No. Aegon…nostro…nostro cugino…
Gli occhi di Arianne si spalancarono ancora di più.
“Si è presentato davanti a tutta la corte…e ha giurato a suo fratello…” disse, guardando sua moglie. Lei chiuse un istante gli occhi, rivivendo tutta la sorpresa di quel momento.
Di andare a sconfiggere gli estranei…” Si alzò dalla sedia, nervoso.
“Ma solo gli dei sanno cosa accadrà dopo…” Sospirò ancora.
“Anche perché…no, ti ho già scritto tutto il resto. Di cosa stanno architettando i Tyrell
Lasciò cadere queste parole e poi rimase per un po’ in silenzio.
Si girò all’improvviso verso Myrcella. Le lanciò uno sguardo che lei ricambiò. Era ora di dirle tutto.
“Ho…” si fermò immediatamente, mordendosi la lingua “Abbiamo, un piano…sarà difficile, rischioso, complicato.”
Prese fiato.
È la cosa giusta da fare…oppure, tradimento. Dipende dai punti di vista.”
Arianne era senza parole. Lo fissava sconcertata, sorpresa…mai e poi mai si sarebbe aspettata una cosa del genere…non da lui soprattutto.
Annaspò alla ricerca delle parole. E mentre rifletteva, una strana sensazione la percorse. Lei aveva provato a ordire qualcosa di simile e…
“Credi davvero che nostro padre ti lascerà fare?” chiese, ancora sconcertata e quasi arrabbiata.
Trystane sorrise, soddisfatto.
“Vediamo…suo nipote sul trono, sua sorella vendicata, pace e prosperità nel reame, le rose annientate, il titolo di protettore del sud…”
Si fermò un istante.
Vuole tutto questo da tanto. Ma soprattutto...vuole lasciare Dorne a suo figlio…”
SLa reazione della sorella fu…la sua espressione virò. Era stata colta in fallo e…e in un gelido istante realizzò quanto quel piano fosse ben orchestrato, organizzato, preciso nei minimi dettagli. Fin troppo anche… Ma certo… Aveva già l’appoggio indiscusso del padre. Ancora una volta avevano fatto tutto alle sue spalle, come quando aveva mandato Quent in oriente. Ma no, non la potevano mettere da parte così. Non di nuovo, non Trystane. E soprattutto…
Il suo volto virò, diventando rosso d’ira. I suoi occhi neri si strinsero a due invisibili fessure. Rispose sibilando.
Dorne è mia…non gli permetterò mai di portarmela via. Ci ha già provato una volta e, dèi, se ci sono stata male. Ma non accadrà di nuovo. No. Io sono la sua erede…” la sua voce era colma di cieca rabbia e non ammetteva repliche.
Trystane riuscì a rimanere calmo. Addirittura sorrideva dopo aver buttato giù l’ultimo sorso di vino.
“Non ci rinunceresti per nulla al mondo?” chiese con tono fin troppo gentile e quasi canzonatorio. Se lei non fosse stata tanto inviperita e cieca di rabbia se ne sarebbe accorda immediatamente. Ma era tutt’altro che calma.
“No” gridò in risposta, furibonda.
Myrcella si sentiva estranea a questa conversazione. A questo scontro. Uno scontro tra titani. Ma sapeva che Trystane ne sarebbe uscito vincitore. Perché…beh, per la sua stessa natura, Arianne non avrebbe mai potuto rifiutare. Forse avrebbe potuto essere restia per qualche tempo, mostrarsi diffidente. Ma dentro di sé si sarebbe innamorata all’istante di quella proposta.
E quelle parole arrivarono. Il principe le pronunciò rilassato, disteso.
Nemmeno per…per un drago e per una corona?”
Per un’istante la sorella stava per urlare di nuovo no, senza nemmeno ascoltare ciò che lui aveva detto. Ma quelle parole le risuonarono una seconda volta nella testa. Rimase pietrificata per un interminabile secondo.
Passò di nuovo in rassegna mentalmente quelle parole, una per una. Una parte di lei avrebbe voluto gridare lo stesso no, no, no e mille volte ancora no. Dorne era sua. Non gliela potevano portare via.
Ma dentro di sé…sentiva qualcos’altro. Un drago e una corona. Un drago e una corona. Non avrebbe mai e poi voluto ammetterlo e cercava in ogni modo di negarlo a sé stessa, ma quell’idea…l’aveva stregata. Con tutta la sua forza di volontà provò a opporsi, ma la sua mente viaggiava, immaginando tutto…era una lotta vana.
Trystane sorrise. Sapeva di avere fatto centro. Ciò che lo univa alla sorella…beh, la grande differenza di età non aveva certo contribuito a legarli, anzi. Ma ciò di cui lei l’aveva accusato…non avrebbe mai e poi tramato contro di lei, nemmeno se la posta fosse stata Dorne. Ora…lui e il padre le stavano offrendo qualcosa di migliore, di più grande, di decisamente più allettante. Ed era convinto che in futuro lontano, voltandosi indietro, avrebbero entrambi considerato quella una scelta giusta, decisiva.
Rispose allo sguardo dubbioso di Arianne con uno sicuro, rassicurante. Non le stava affatto mentendo. Sarebbe stata la sposa del drago oppure…cibo per corvi, come tutti loro del resto.
Lei impegnò tutte le sue forze per mascherare il conflitto che aveva dentro. Provò a cercare qualche parola per rispondere. Ma non gli veniva in mente nulla. Ripiegò infine su una misera controbattuta.
“Scriverò a nostro padre. Voglio anche la sua di parola.
Trystane sorrise, soddisfatto del risultato ottenuto. Sapeva di non averla piegata. Quello…non sarebbe mai e poi mai stato possibile. Del resto era pur sempre una Martell...Unbent, unbowed, unbroken. Sospirò. Ma almeno ora l’aveva portata dalla sua parte. Le aveva dimostrato che su di lui poteva contare e che poteva, anzi doveva, fidarsi.
“Evitiamo di far volare un corvo a vuoto…mandagli anche i miei saluti.”
Si staccò dal tavolo.
La sorella tuttavia non era convinta. Non del tutto. Quella proposta l’aveva sedotta nel profondo ma…era il resto a preoccuparla. Se…
“Trys…” disse, con tono quasi spaventato. “sei davvero sicuro?” Non gli lasciò però il tempo di rispondere.
A danzare coi draghi…ho già perso un fratello. Non potrei mai…” gli occhi le divennero lucidi. Il principe poi la interruppe.
“Lo so. Non ti posso e non ti voglio promettere che sarà facile, sicuro, indolore, perché…perché non lo sarà affatto… Ma…”
Sospirò.
“È quello che dobbiamo fare…quello che è giusto da fare.” La sua voce si fece incredibilmente decisa e risoluta. 
Rimetteremo i draghi al posto che gli spetta oppure…moriremo nel farlo
Lasciò cadere in un silenzio quelle ultime parole. Non si aspettava che sarebbe stato così difficile affrontare quel discorso. Con Myrcella era stato tutto più facile…ma del resto, vedere, sentire, conoscere Aegon…bastava a convincerti che era quella la cosa giusta da fare. E poi, l’intesa che c’era tra loro…
Si accorse all’improvviso di quanto tempo fosse passato.
“Mi dispiace lasciarvi ma…si riunisce il consiglio. Non posso mancare” disse, in tono dispiaciuto.
La sorella si alzò, con ancora sul volto i segni di tutto quello che l’aveva attraversata durante quel dialogo. Abbracciò il fratello e andò verso la finestra spalancata, uscendo sul terrazzo.
Myrcella si avvicinò a lui. Inclinò leggermente la testa, guardandolo di traverso. Andò a cercare le sue labbra. Lui ricambio il gesto solo per pochi secondi. Rimase vicino a lei, sussurrandole.
“Pensi di poter resisterle da sola?” le chiese con dolcezza.
I’m the blood of lion…” rispose, ruggendo scherzosamente. Trystane sorrise. Le sfiorò nuovamente le labbra. Lei chiuse gli occhi, dimenticando per un istante tutto. Poi lui si staccò.
“Devo scappare…a dopo
Lei lo guardò uscire. Poi si voltò, dirigendosi lentamente verso il balcone.
Trovò Arianne lì, appoggiata, o meglio abbandonata, sul parapetto. Fissava l’orizzonte con lo sguardo assente, pensieroso, quasi stanco. Ma c’era anche una punta di…felicità? O era…orgoglio?
Andò di fianco a lei, sforando il parapetto con il fianco.
Senza nemmeno pensarci, in un gesto che le venne istintivo, intrecciò le mani fra loro in grembo. Mentre anche lei stava per cominciare a perdersi fra i pensieri, Arianne parlò.
Dèi, se non lo sapessi per certo…non direi mai che fossero fratelli.”
Sospirò tristemente.
“L’uno l’opposto dell’altro. Uno cauto e obbediente, l’altro coraggioso e intraprendente. Uno serio, rispettoso, sensibile, un gran bravo ragazzo, l’altro sempre pronto a ironizzare, con un sorriso indelebile sulla faccia. Uno la copia perfetta di suo padre, l’altro…ha così tanto di Oberyn…
Un sorriso le si allargò sul volto, mentre tornava a guardare Myrcella.
“Uno innamorato perso per quasi dieci anni della figlia del suo protettore…ma sempre troppo imbarazzato, mai audace abbastanza da farsi avanti. L’altro invece…”
La giovane leonessa sorrise divertita, mentre l’altra continuava a parlare.
“Lascio a te questa parte…” disse, con tono finalmente disteso.
Lei abbassò il capo, in parte divertita e stuzzicata, in parte seria e… Tornò a guardare Arianne negli occhi.
“Non ho avuto occasione di conoscerlo…” disse, con tono rispettosamente triste.
Gli occhi della principessa erano persi nel vuoto.
“Saresti rimasta…senza parole. Davvero…erano…uno l’opposto dell’altro. Anche fisicamente.”
Scosse la testa, mentre i suoi occhi neri ora lucidi riflettevano la luce del sole.
Ma il passato è passato” disse, decisa. Non voleva assolutamente riaprire quelle ferite, ricordare quanto avesse pianto in silenzio quando avevano ricevuto quel misso dall’oriente. Una paura l’aveva attraversata quando Trystane le aveva svelato le sue intenzioni. Già un fratello aveva danzato coi draghi e…e ne era rimasto bruciato. E ora anche l’altro voleva lanciarsi in quella danza follemente bella e pericolosa allo stesso tempo. Non avrebbe mai potuto perdere… No, no, no. Non era il momento di pensare a quello. Di assillarsi con passato e futuro, di farsi male da sola.
Tornò a guardarla. Quella postura…le mani intrecciate così…era parte dell’immagine indelebile nella sua mente della bambina arrivata a Dorne sei anni prima.
“Dèi Myrcella, mi sembra ieri quando scendesti da quella nave…”
Sorrise.
“E ora…sei sposata con Trystane…”
La giovane leonessa abbassò leggermente lo sguardo. Disintrecciò le mani. Le abitudini non erano facili da perdere. Non poteva cancellare anni e anni di insegnamenti in un giorno… Un pensiero le fece allargare un sorriso malizioso sulla faccia.
“Davvero quel giorno guardavi me…e non qualcun altro…
Arianne si sentì colta di sorpresa. Lei che insinuava…
Sospirò, a metà tra l’essere divertita e offesa allo stesso tempo.
“Non avevo ancora posto la mie…attenzioni…su di lui” disse, quasi timidamente. Prese fiato.
“Arys è stato…un bellissimo ma terribile errore. Lui si era davvero innamorato di me…io…
Scosse la testa. Si rivolse nuovamente a lei.
“Ma non sono io quella che, oggi, deve essere interrogata…”
La guardò con aria divertita e curiosa.
“Allora…com’è stato? A giudicare dal collo di Trys..." sorrise maliziosamente. "A lui invece devo rimproverare qualcosa?
Myrcella arrossì, mordendosi un labbro. Era come parlare…no, non a un’amica, forse più…una sorella maggiore? Non avrebbe saputo definire con precisione il loro rapporto…
“No, assolutamente…è stato tutto…perfetto” aggiunse, mentre i ricordi di quella notte le invadevano la mente. Quella frase le balenò in mente e non poté trattenersi dal dirlo.
“Oberyn ha avuto otto figlie…beh, hai ragione a dire che Trystane gli assomiglia
Il sorriso di Arianne si fece più lieve e sincero.
Devo quindi…aspettarmi un nipote?” chiese, guardandola.
Myrcella sospirò. Il solito imbarazzo e timidezza incredibilmente svanirono. Riuscì a parlare serenamente.
No, è…” disse, scuotendo la testa “è troppo presto. Non…non sono pronta per questo.
Si morse leggermente il labbro, lasciando che il suo sguardo si perdesse nell’orizzonte.
E poi hai appena sentito tutto quello che dovremo fare e…è già tutto abbastanza complicato, figuriamoci se…” concluse, sicura.
Dallo sguardo che Arianne le restituì colse che condivideva le sue ragioni e le capiva. Rimasero un attimo in silenzio. Poi l’altra tornò a porle una domanda.
“Come…” chiese, con tono molto più…curioso?
Lei non la lasciò finire.
“Ho chiesto al maestro Qyburn del tè della luna”
Arianne sembrava conoscere già la risposta. Scosse leggermente la testa.
“Dèi…quella roba che insegnano a preparare alla Cittadella…è qualcosa di orribile, sia come sapore, che come efficacia”
Myrcella la fissava, sorpresa e impaurita. Non era efficace?
Gli occhi di Arianne erano persi nei ricordi.
“Avevo la tua età quando andai a cercare nei bassifondi quella donna di cui tutti parlavano…una strega dei boschi. Quello che preparano loro...è uno scherzo da fare, è insapore e soprattutto…fa quello che deve fare
La giovane leonessa la guardava stupita e incuriosita. Che avesse ragione? Beh, di certo la principessa ne sapeva molto più di lei. La voce di lei interruppe nuovamente i suoi pensieri.
“Giusto una mistura d’erbe in acqua calda…se ne hai bisogno, non hai che da chiedere.”
 Lei non sapeva che dire. Si sentiva…accettata? A casa?
Arianne era tornata a guardare verso la porta, come se il fratello non fosse mai uscito. Sospirò, tornando a guardare l’altra.
“Myrcella…grazie...” le sussurrò, con gli occhi lucidi.

Perché la stava ringraziando? Nonostante non capisse, il suo volto si illuminò di sincera gioia.
“Trys…in vita sua non era mai stato davvero felice. Io e Quentyn…eravamo sempre troppo grandi, troppo distanti, troppo diversi. È stato solo, tremendamente solo…”
Prese un lungo respiro.
Fino a quando non sei arrivata tu. Hai cambiato la sua vita...dèi, i primi tempi…”
Arianne sorrideva, nostalgica.

 “Me lo ricordo…ebbro, ubriaco di…di felicità.”
Sospirò.
Non ti sarò mai grata abbastanza per quanto hai fatto Myrcella…hai sconvolto in meglio la sua vita. Sei l’unica che…che è riuscita a renderlo davvero felice”

 

 

Note dell’autore:

 
citando qualsiasi programma, hello world!
A parte queste aperture pessime, sono davvero contento che lo scorso capitolo vi sia piaciuto così tanto.
Questo capitolo invece…mi ha dato parecchi grattacapi. Mi scuso in primis per la lunghezza, ma ci diciamo che era necessaria. Poi il personaggio di Arianne, i suoi rapporti con il potere, con il padre e soprattutto i fratelli…beh, sono parecchio complicati. Spero davvero di essere riuscito a renderla nella sua vera natura…
La proposta che Trystane le fa...diciamo che lei è sì orogogliosa e non si farebbe mai portare via Dorne, ma essendo una donna...a una proposta così allettante non può resistere.
Per il resto, la storia è quasi immobile da un po’ di capitoli, ma tranquilli, dal prossimo ci sarà una scossa e da quello dopo ancora… No, come mio solito, non anticipo nulla di più.
Non so quanti abbiano visto, ma i social stanno impazzendo perché Nell e Dean (gli attori che interpretano Myrcella e Tommen) sembrerebbe che stiano insieme…che dire, calandosi nella parte hanno mantenuto la tradizione di famiglia…ok la smetto, sono solo futili gossip.
Vi invito sempre a lasciare qui sotto le vostre opinioni, ripeto, il personaggio di Arianne (essendo già caratterizzato in modo tutt’altro che sommario) è quello che fino ad ora mi ha richiesto più sforzi…fatemi sapere come l’avete trovata, ho cercato di mantenerla più IC possibile ma al contempo inserire elementi nuovi.  Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Chiudo dicendo ancora grazie tutti quelli che lasciano feedback e, ovviamente, long live the lioness

 

 

 

 





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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


Cap 12


Long live the lioness









“Through the strom we reach the shore
You give it all, but I want more
And I'm waiting for you
With or without you
I can't live
With or without you”

With or Without You, U2









Il vento le accarezzava la pelle, un vento stranamente caldo e piacevole. Un vento di primavera. Il profumo era quello inconfondibile del parco degli dei del nord. Un grosso ammasso di alberi, nulla più. Eppure in quel luogo, in quell’angolo della Fortezza Rossa, c’era sempre una pace, un’atmosfera magica, surreale.
Si ritrovò a camminare tra gli alberi, su un soffice manto di foglie rosse che ricoprivano ogni cosa, mentre il vento le faceva volteggiare la gonna.
L’albero diga si parò davanti a lei. Aveva immense radici che si dipanavano per metri, anche sopra la superfice. E sopra una di queste radici, era seduto un ragazzo. O meglio, un uomo.
Fino a qualche secondo prima le era sembrato di non fare alcun rumore camminando, eppure avvicinandosi allo sconosciuto questo parve accorgersi della sua presenza.
Si voltò e fece per venirle incontro.
Cosa? Il cuore le si arrestò, il respiro si troncò. Gli occhi si spalancarono. No, non era possibile. Non era dannatamente possibile. Lui era…
Il suo volto tipicamente carnoso e pieno si era allungato e smagrito, conferendogli un’espressione molto più regale e matura. Era decisamente più alto di come lo ricordava ma del resto…
Ad occhio dimostrava poco meno di vent’anni, e anche questo era giusto, tutto combaciava in una perfezione che la atterriva ancora di più.
Ma no, il tutto era impossibile. Lui era…
I capelli biondi erano però gli stessi e, soprattutto, lo erano anche gli occhi. Due piccoli smeraldi verdi, sempre pronti a schizzare da una parte all’altra.
Ciò che stava provando…era indescrivibile. Sconcerto misto a paura, incredulità unita a gelido terrore. Del resto, lui era…
Nonostante questo, riuscì, da qualche parte, la forza per parlare. Vinse la morsa che le attanagliava la gola.
“Joff…” quasi sussurrò all’uomo che oramai era a meno di un metro da lei.
A suo fratello.
Il sorriso di lui…era qualcosa di impagabile. Nemmeno nei suoi migliori ricordi c’era qualcosa di comparabile. E c’era qualcos’altro…lui non era affatto sorpreso di vederla.
“Myrcella…” rispose lui. La sua voce era decisamente più profonda di come la ricordava. Allungò una mano, per accarezzarle il volto.
Quel contatto aumentò ancora di più il caos emotivo che aveva dentro. I pensieri si rincorrevano all’impazzata, senza inizio né fine, senza senso né scopo. Del resto, lui era…
A quel punto niente avrebbe potuto sconvolgerla ancora di più. E invece le parole che arrivarono alle sue orecchie…ci riuscirono. Ci riuscirono eccome.
Come sta il nostro principe?” le chiese, con tono curioso e impaziente.
Cosa? Le orecchie le fischiarono per un interminabile istante.
No, no, no…non era dannatamente possibile.
Le dita che pochi istanti prima le avevano sfiorato la guancia andarono ora a posarsi sul suo grembo. Istintivamente lei abbassò lo sguardo.
E ciò che vide…
Smise di respirare, di pensare, di udire, per un istante forse anche di vivere per la sorpresa, per lo sconcerto. Per i sette inferi, che cosa stava succedendo? Non era dannatamente possibile. Lui era…
Ancora incredula e allibita mosse la sua di mano. Le dita seguirono la leggera ma indistinguibile curva del suo ventre.
Non si era sbagliata.
Ma no, no, no, no, non era possibile. L’evidenza lo confermava, ma ogni parte di lei, ogni suo pensiero si rifiutava di crederlo.
Annaspò qualche secondo alla ricerca di parole. Ciò che la stava attraversando in quegli istanti era sorpresa devastante, dirompente, che travolgeva e volatilizzava ogni sua sicurezza e certezza.
“When…how…what…what I am?” chiese, con tono che nonostante tutto riusciva a non essere spaventato. Sconcertato sì, ma la paura…nella sua testa c’era talmente tanta confusione e caos che non c’era più spazio per la paura.
Questa volta Joffrey rimase un istante sorpreso. Come se gli stesse facendo una domanda incredibilmente ovvia, banale.
Guardandola negli occhi, rispose.
“My sister. My wife. My queen.” disse, con incredibile naturalezza.
Dopo queste parole si avvicinò.
Le sue labbra andarono a sfiorare quelle di sua sorella, quelle della sua regina.
Per un attimo Myrcella fu sul punto di rifiutarlo, di respingerlo. Non era possibile che lei fosse…la sua regina. Quello che aveva sempre provato per Joffrey…beh, era speciale, unico, forte, ma di certo non arrivava fin lì…
Ma nell’istante seguente…quel contattato, quel bacio riuscì a farle dimenticare tutte le assurdità, tutto il caos, tutti i suoi ragionamenti. Per un istante riuscì a essere libera da quei pensieri, di come fosse possibile tutto quello.
E in quella chiarezza e calma momentanea, cominciò a percepire qualcosa di strano. Un sentore amaro, amarissimo, che si faceva sempre più forte. E poi quel sapore inconfondibilmente metallico. Sapore di sangue.
Il re si staccò da lei e…
Tutto cominciò a vorticare, a sfumare, a perdere consistenza.
La faccia di Joff era sconvolta dal dolore, rivoli di sangue gli colavano dal naso e dalle estremità della labbra, il suo colorito era divenuto paonazzo, gli occhi si stavano orrendamente rimpicciolendo. Con le mani si artigliava la gola. Si piegò in avanti, tossendo in modo straziante.
Ma quando si rialzò...non era più Joff.
Provò a chiamarlo, disperata, ma nessun suono uscì dalla sua gola.
Tommen si dibatteva, si contorceva, soffriva terribilmente sotto quella incessante tosse. Il senso d’impotenza davanti a quella scena…
Allungò il braccio, ma il fratello si allontanava, si allontanava sempre e sempre di più.
La sua vista sulla scena si annebbiò. Immagini vorticavano in un vuoto a tratti verde, a tratti rossastro. Le sembrò per un istante di scorgere i ricci neri e i lineamenti di Trystane, poi una scia argentata e due punti violacei. Aegon? Non ne era certa.
E poi…tutto cominciò a girare, girare, girare. Le sembrò di cadere nel vuoto per istanti che parvero non avere fine.
Si svegliò di soprassalto. La penombra notturna della stanza le diede il benvenuto.
Istintivamente si alzò, fino a mettersi a sedere sul letto.
Aveva il respiro affannato come se avesse corso per miglia e miglia.
Chiuse un istante gli occhi. Era stato solo un sogno. Un sogno strano quanto terrificante.
Sentiva qualche goccia di sudore freddo scenderle lungo la schiena.
Provò a fare ordine tra i pensieri, ma era impossibile. Quello che aveva appena visto…ricordi, sensazioni, pensieri si alternavano in una danza logorante e senza fine. Non c’erano risposte alle sue domande, spiegazioni ai suoi dubbi, senso in quello che aveva visto. Tutto d’un tratto, i suoi sensi tornarono a funzionare. All’improvviso si rese conto di quanto fosse gelida la stanza. Le coperte erano scivolate via quando si era alzata e ora aveva la pelle d’oca. L’aria fredda della notte che le accarezzava le spalle, le braccia, il seno e la riempiva di brividi.
Percepì una mano sul fianco. Si girò di scatto.
Trystane si era svegliato. E la guardava con occhi pieni di curiosità e stupore allo stesso tempo.
Senza nemmeno doverlo ordinare al suo corpo, si gettò tra le sue braccia, stringendosi contro il petto del principe.
Lui la cinse a sé. Aspettò che il respiro di lei si calmasse, mentre le accarezzava i capelli.
Lei…non riusciva a togliersi dagli occhi l’immagine del fratello morente. Si, tutto combaciava. Quella tragica lettera ricevuta oramai cinque anni prima parlava di avvelenamento e quello che aveva appena visto… Come diamine era possibile? E tutto il resto? Lei…la regina di Joff? Con un suo principe in grembo? No, era una follia. Come sarebbe stato possibile? Anche se lei non fosse partita per Dorne… No, non sarebbe mai e poi mai potuto accadere. Non erano dei Targaryen. Nessuno avrebbe né permesso né accettato una cosa simile.
E mentre mille simili pensieri si rincorrevano in un cerchio senza fine, una domanda le sorse dentro. Lei, lei stessa, lo avrebbe mai permesso, mai accettato? Aveva una tremenda paura della risposta che sentiva dentro di sé. Avrebbe mai potuto…amarlo? No, non almeno nel modo in cui amava…non nel modo in cui lui…
Lui…tutti lo ricordavano come una persona orribile, dal carattere folle, spietato, arrogante, crudele. Ma con lei non era mai e poi mai stato così. Era l’unica che poteva controbattergli, ribellarsi, rispondergli. Non era mai stata vicina a lui come lo era con Tommen, e non avrebbe saputo definire esattamente cosa li unisse. Non aveva memoria di momenti in cui loro due erano stati davvero soli. E poi…era troppo piccola, per… Quando lei avrebbe potuto iniziare a comprendere, a capirlo, a cogliere ciò che lui provava…lui già non era altro che cenere.
Ma quella visione…
“No. No. No. Era solo un sogno” urlò dentro di sé per porre fine a tutti quei pensieri. Lei era sangue del leone. Non avrebbe mai lasciato che un incubo sì terrificante ma irreale la terrorizzasse così. E poi…
Sentiva le braccia di lui intorno al corpo che la stringevano forte. Per proteggerla, anche se lui non aveva idea da cosa. Sorrise. Per l’ennesima volta si sentì incredibilmente fortunata. Niente poteva spaventarla, intimorirla con lui di fianco.
Il suo respiro si era finalmente calmato. Riaprì gli occhi.
“Grazie…e scusa. Io…” cominciò a sussurrare. Ma lui la interruppe, passandole ancora il palmo sulla testa.
“Ssssssss…” disse in tono rassicurante, rimanendo a sua volta in silenzio per…secondi? Minuti? Ore? Non avrebbe saputo dirlo. La voce del principe tornò a risuonare, poco più di un sussurro a dire il vero. Ma era un sussurro rassicurante, premuroso, dolce.
“Cosa è successo? Dèi, non ti ho mai vista così sconvolta…”
“Un incubo…” Scosse leggermente la testa, mentre rivedeva ancora il veleno fare effetto su Joff.  “Fantasmi del passato…”
Si morse per un istante il labbro, come per rafforzare ulteriormente lo scudo interiore che aveva creato contro quell’esercito di dubbi e ricordi.
“È tutto finito. Non è nemmeno reale, non lascerò che mi spaventi. E poi…”
Prese un lungo respiro, ritrovando nuovamente un sorriso sereno.
“Ho qui con me la miglior protezione che possa mai desiderare…”
Trystane sospirò divertito. La baciò sulla fronte.
“Davvero è tutto finito?” le chiese.
Myrcella annuì. Si staccò un istante da lui. Gli sorrise, guardandolo negli occhi. Scese a sfiorare le labbra del suo principe. Del suo unico principe.
Solo così riuscì davvero a mettere da parte tutto. A dimenticare quelle orrende immagini sognate poco prima. Non aveva bisogno di nient’altro. Di nessun altro conforto, sostegno, rimedio. Solo di lui. Senza di lui… semplicemente non avrebbe potuto vivere.
Trystane ricambiò il suo gesto. Lei si staccò, senza fiato. Finalmente serena tornò a sprofondare tra le sue braccia. Sentiva la mano di lui accarezzarle la bianca schiena, scorrerle tra i capelli.
Non si sentiva stanca, eppure l’idea di dormire aveva un che di confortante.
Stretta al suo principe scivolò nuovamente nel sonno, un sonno leggero e senza sogni.




-    -    -    -    -




Un sibilo lo avvertì del pericolo. Fece in tempo ad alzare la lama, in una parata più improvvisata che elegante. Lo stridio del metallo risuonò per l’ennesima volta tra le mura del forte.
Decine di uomini si erano riuniti sui camminamenti, ai lati del cortile, in cima alle torri.
Quello di certo non era uno spettacolo frequente.

Arretrò per l’ennesima volta, prendendosi un paio di metri di spazio.
Chiuse un istante gli occhi, espirando deciso. Cercò di riportare ordine tra i pensieri, di cancellare la paura. Provò a ricordare tutti gli insegnamenti di Ser Rodrick, tutte le volte che aveva duellato con Rob.
Ma qui era decisamente diverso.
Aegon non aveva certo una forza sovraumana, conosceva guerrieri molto più brutali.
Non era la potenza il problema.

Il giovane drago era spaventosamente, incredibilmente, dannatamente veloce. Blackfyre non era di certo una spada maneggevole, anzi. Era immensamente lunga e, nonostante fosse del miglior acciaio di Valyria, era anche molto pesante.
Ma lui la brandiva come se fosse un bastone. E la sua rapidità…
Il movimento improvviso del principe lo distolse dai pensieri.
Questa volta lo attaccò al fianco destro con un fendente basso. Jon non fece a tempo ad abbassare la spada per parare che lui già vibrava un colpo a sinistra, all’altezza del collo. Con un enorme colpo di reni e di polmoni riuscì goffamente ad alzare lo scudo. Ma non sentì nemmeno il colpo cadere su esso. La spada di Aegon si abbatté sul suo fianco destro, in basso, facendo tintinnare la spessissima cotta a maglia.
Blackfyre si abbassò, perpendicolare al terreno.
“Morto. Per la quattordicesima volta.” disse il fratello, con tono ironico.
Con la mano libera scostò le ciocche di lunghi capelli argentei che gli erano finiti davanti al volto.
Sospirò, mentre qualche goccia di sudore che gli imperlava la fronte colava lungo la faccia. Rinfoderò la spada.
A quel gesto, dagli spalti improvvisati cominciò a levarsi qualche applauso.
Un ragazzino corse verso di loro, pronto a portare via i loro armamenti.
Il principe gli consegnò la leggera corazza, l’unica protezione che indossava.
Aveva combattuto persino senza scudo.
Jon era rimasto un po’ sorpreso quando gli aveva proposto un duello, ma aveva accettato di buon grado. Ma quando il fratello aveva sancito di combattere con il loro acciaio di Valyria, lui era rimasto senza parole.
La spiegazione di Aegon era stata…eloquente.
“Fratello, non posso combattere con una spada che non sia Blackfyre. È come…” qui aveva riso “bere del rosso di Dorne e poi quel piscio giallognolo che producono ad Essos. Oppure…”
L’altro paragone…beh, non se lo sarebbe aspettato, non da lui almeno.
Ma del resto, cosa ne voleva sapere? Il fratello era di un anno e mezzo più vecchio di lui. E chissà quante fanciulle erano cadute vittime dell’incredibile e sovraumano fascino del giovane drago.
Scosse la testa, divertito, mentre consegnava scudo, gomitiere e gambali al ragazzo. Ripose Lungo Artiglio nel fodero di traverso sulla schiena.
“Forse ho sbagliato a usare lo scudo. La mano è di nuovo forte, è vero ma…impugnando la spada con due mani sarei stato più rapido e veloce” pensò, mentre si avviava verso un angolo del cortile.
Quello del Forte Orientale era decisamente più piccolo di quello del Castello Nero, ma del resto c’erano anche un terzo degli uomini…
“Jon!” urlò il principe, facendogli cenno di venire verso di lui.
Quando il fratello lo raggiunse, entrambi avevano riassorbito l’affanno del combattimento. In un silenzio che nessuno dei due sentiva di dover rompere, uscirono dalla cinta muraria, dirigendosi verso il porto.
Una nave era arrivata da oriente quella mattina. Era una lunghissima e snella galea volantiana,  con due file di remi. Quelle navi avevano un unico scopo: la velocità. Erano l’evoluzione delle vecchie navi postali dei valyriani, che trasportavano in tempi ridottissimi messaggi e funzionari da una parte all’altra dell’impero.
Aegon fece strada verso la torre che dominava il porto.
L’interno era umido e cupo, sebbene venisse illuminato da numerose candele.
Due uomini erano già lì. Uno era seduto al tavolo, intento a sorseggiare del vino fissando le fiamme che ardevano nel piccolo camino. Dimostrava non più di trenta, trentacinque anni. Aveva capelli di un biondo chiarissimo, tanto chiaro che erano quasi bianchi. Erano tagliati cortissimi sulle tempie e sui lati, mentre sulla sommità del capo erano molto più folti. La barba era dello stesso colore, ma era decisamente più curata, sebbene molto rada.
L’altro ospite invece…un’armatura di un blu tanto scuro da parere nero lo ricopriva dalla testa ai piedi, senza lasciare spiragli. L’unica nota colorata era un emblema, anche leggermente sbiadito, sul pettorale della corazza.
Raffigurava uno scudo, per metà bianco e per metà rosso, in cui due strani e grossi uccelli, dipinti a contrasto con lo sfondo, si fronteggiavano.
Non riuscì ad associarlo a nessuna casata che ricordava.

Il respiro stesso di quell’uomo…era forte, basso, quasi lugubre. Era appoggiato con una spalla alla parete, mentre con le mani, avvolte a loro volta in guanti di maglia di ferro, affilava la spada.
All’ingesso del principe si voltarono.
Aegon lo introdusse a loro.
“Jon, questi sono i miei due più fedeli alleati e consiglieri.”
Sorrise, malinconico come sempre. Indicò l’uomo seduto al tavolo.
“Lord Mark Ramius, grandissimo ammiraglio e politico…”
Sospirò.
“E futuro Primo Cavaliere del Re”
Jon si fece avanti, per stringere la mano allo sconosciuto non più tale.
Di sicuro quei due già sapevano tutto su di lui.

Il fratello tornò a parlare. Nella sua voce ora c’era qualcosa di più…nostalgico? Dispiaciuto? Non riuscì a stabilirlo.
“Ser Stone Temple, combattente di grande valore e…”
Esitò un istante, mentre nei suoi occhi comparve un lampo di rimpianto.
Aegon scosse la testa, facendosi più serio. Non era il momento di affrontare quell’argomento. Avevano altro di cui parlare.
“Siamo venuti al Forte Orientale…perché ci aspetta un lungo viaggio
Con la mano indicò la nave attraverso la finestra.
L’espressione di Jon si accigliò.
Via mare? Ma cosa
… Parlò, pieno di disappunto.

“Non avevamo stabilito che solo una piccola pattuglia sarebbe andata via nave ad Aspra Dimora…mentre noi giungevamo via terra e…”
Il principe lo interruppe. Il suo sguardo era perso oltre l’orizzonte, mentre la mente vagava nei ricordi di pochi mesi prima. Quella frase riaffiorò nella sua memoria. Era perfetta. Scandì lentamente le parole, distaccato.
“To go north, you must go south. To reach the west, you must go east. To go forward, you must go back, and to touch the light you must pass beneath the shadow."
Sospirò, mentre quella sua unica serenità malinconica tornava a comporglisi sul volto.
“Jon, we are dragons”
I suoi occhi, perle di ossidiana, incontrarono quelli del fratello. E nello sguardo che il principe lanciò, c’era un’innata e fortissima sicurezza.
“But the dragon must have three heads…”











Note dell’autore:

capitolo che come avevo preannunciato è di passaggio, di transazione…almeno per la storyline di Aegon. Vorrei evitarli, ma sono necessari. Ho provato a dare un po’ di movimento inserendo i primi due tra i personaggi creati da zero, in questo caso due consiglieri del principe.
Non credo che molti l’abbiano notato, il nome di uno dei due è un piccolo omaggio all’ammiraglio Marko Ramius, interpretato da Sean Connery in Caccia a Ottobre Rosso. L’altro…beh, diciamo che non è proprio nuovo nuovo. Una cosa alla Robert Strong ecco. Ho lasciato qualche indizio, credo proprio che ci arriverete presto anche voi.
Per quanto riguarda Myrcella…questa realtà alternativa, questo sogno…beh, è un po’ fuori contesto, ma immaginarmi qualcosa del genere…non lo so, l’idea mi piaceva. Sarebbe andata così se lei non fosse stata mandata a Dorne?
Ho già inserito qualche accenno qua e là del rapporto di Myrcella con Joffrey, che non è stato mai chiarito. La mia idea a proposito…beh, certo non nego che Joff fosse un mostro e tutto, ma…a costo di ripetere parole già dette, è come se la parte del ragazzino crudele, sadico ecc. fosse solo una colossale finzione (per apparire forte agli altri e a sé stesso? Per compensare la mancanza di una figura paterna?) e che alla sorella però non possa mentire. Un esempio chiaro mi pare quello del torneo per il suo compleanno, sia nei libri che nella serie. Nel primo caso la sorella si oppone a lui, per difendere Tommen, e Joff…beh, alla fine fa quello che gli dice lei. Nella serie invece…c’è quello sguardo che… Non so. Purtroppo non c’è mai stata occasione in cui lui potesse davvero aprirsi e lei davvero capirlo. E…e forse sono solo paranoico su questo aspetto.
Tornando a noi, nel prossimo capitolo avremo un bel salto temporale e geografico e…no, non anticipo nient’altro.
Non so quando riuscirò a uscire, sto lavorando a un’altra storia che…diciamo che è un progetto molto ambizioso, mi frulla in testa sin da quando scrivevo su altri portali. Solo che…fatico a trovare uno stile adeguato.
Basta, ho scritto fin troppo.
Ringrazio ancora tantissimo tutti quelli che lasciano feedback, siete un punto di riferimento importantissimo.
Come sempre stay tuned e, ovviamente, long live the lioness.


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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


Cap 13


Long live the lioness





Drive until you lose the road
Or break with the ones you've followed
He will do one of two things

He will admit to everything
Or he'll say he's just not the same

 
How to Save a Life, The Fray

 

 

 

 

Meereen, sei mesi dopo

 

 

Il tanfo di quella città era qualcosa di…allucinante. E combinato con il caldo, era davvero micidiale.
Quanto gli mancava il clima dell’occidente. Ma se tutto sarebbe andato per il verso giusto, presto…
Sospirò. Troppe, troppe questioni gli affollavano i pensieri. Mille cose da fare, da sistemare, da pianificare, da prevedere in ogni minimo dettaglio.
Se quello, che altro non era che preparativi, richiedeva tutto ciò, non osava immaginare cosa fosse governare i Sette Regni…No, non voleva pensarci.
In mezzo a quel caos di pensieri, gli balenò per un istane un pensiero.
Doveva assolutamente mandare notizie a Trystane. Dèi, erano passati quasi due mesi dall’ultima lettera che aveva spedito da Tyrosh.
Loro…beh, dovevano essersi finalmente sposati. Suo cugino e…la principessa. Sospirò al ricordo. Era mai stato più sorpreso e spiazzato in vita sua di quando aveva conosciuto Myrcella? Era completamente diversa, l’esatto opposto di come se l’era immaginata, di come l’aveva configurata dalle parole di Trystane. La cosa probabilmente era stata reciproca. Lei si aspettava un drago pieno di rancore, assetato di sangue e vendetta, con in mente solo il passato. Ma per quanto le fosse rimasta visibilmente sconvolta nello scoprire che non era così…aveva reagito subito, si era immediatamente adattata alla nuova situazione, era riuscita a parlare con lui senza complessi o pregiudizi, liberamente. Era…
Suo cugino…aveva trovato una donna eccezionale, un sostegno, un punto di riferimento, un aiuto costante e che non sarebbe mai e poi mai venuto meno. E poi era anche bellissima. Il principe di Dorne non poteva assolutamente lamentarsi.
Questi pensieri lo fecero finalmente sorridere. Un sorriso in cui, come sempre, la parte malinconia della sua indole volle porre una sfumatura.
Sospirò.
Aveva anche bisogno di notizie dalla capitale. Come stavano andando i preparativi, cosa stavano facendo i Tyrell, se qualcuno sospettava qualcosa. E voleva anche novità dalla barriera. Aveva intrapreso quel viaggio sapendo che gli estranei erano ancora troppo, troppo a nord.
Ser Stone era rimasto a dirigere e comandare gli uomini, a preparare…il caldo benvenuto che loro, i draghi, avrebbero dato agli estranei e al loro esercito di morti.
Si chiese se fosse stata una scelta saggia lasciarlo là. La sua fedeltà di certo non era in dubbio e nemmeno la sua abilità di comando e militare. Tuttavia…quello che aveva passato…l’aveva minato nel profondo.
Scosse la testa. Era già impazzito abbastanza su quell’argomento. E non voleva dedicarci altro tempo o energie. Sapeva di avere fatto la scelta migliore. O forse…la meno peggiore. No, no, no. Non doveva pensarci.
Lui e Jon erano giunti in città un paio di settimane prima. Ma Daenerys non era a Meereen. L’avevano raggiunta lungo il corso del fiume. E questo era il primo vero concilio che si teneva da quando erano rientrati in città.
Avevano già perso abbastanza tempo. Il viaggio era stato più lungo del previsto, e quell’inconveniente… Ma del resto, non poteva farci molto.
Tutto quello che doveva fare ora era…riportarla a casa.
The dragon must have three heads…” si ripetè mentalmente per l’ennesima volta.
La sala del trono era ora gremita da tutti i membri del concilio della regina.

Un ammasso di incapaci che non riuscivano nemmeno a mantenere l’ordine e la pace all’interno della città.
Attorno al tavolo si susseguivano alcuni nobili meerenensi. Arpie. Certo, vestite bene, profumate, gentili, amichevoli, collaborative, reverenziali. Anche troppo. Erano schifosamente falsi.
Non aveva davvero idea di come Daenerys riuscisse a sopportarli. Lui era il primo ad essere pronto a lasciarsi le spalle il passato, a tendere la mano verso i vecchi nemici, a rimettere tutto in gioco. Ma dall’altra parte dovevano essere altrettanto volenterosi e determinati a dare una svolta, a cambiare. Altrimenti…

Il drago non accettava di essere preso in giro. Era tanto pronto a tendere una mano quando a lanciare un affondo di spada.
“Un re deve saper valutare e soppesare ogni decisione nei minimi particolari. Ma deve anche essere risoluto e inflessibile nell’applicarla” si ripeté mentalmente. Fin da bambino gli avevano impresso in mente quella frase. Era un ottimo consiglio. E mai e poi mai avrebbe potuto dimenticarlo.
Seguivano i vari capitani delle compagnie libere, il comandante degli immacolati…Verme Grigio? Si, si chiamava così, se la memoria non lo ingannava.
Veniva poi…una leggenda. In armatura scintillante e impeccabile come al solito, la spada al fianco, un leggero e candido drappo bianco sulle spalle e un ordinato ciuffo di capelli altrettanto candidi e bianchi sul capo.
Barristan Selmy aveva servito una regina e quattro re fino ad ora. E Aegon si augurava potesse servire abbastanza a lungo anche un quinto.
La regina era seduta a capotavola, nel punto più lontano rispetto alla porta.
E di fianco a lei c’era… “Eccolo” pensò il principe con disprezzo.

Doveva occuparsi di quell’uomo il prima possibile. Daenerys non aveva la più pallida idea del pericolo che stava correndo. Già quando l’aveva conosciuto, prima di partire per l’occidente, c’era stato qualcosa… Come se un sesto senso gli dicesse già di diffidare di quell’uomo. E nei Sette Regni…aveva avuto un’agghiacciante confessione che aveva confermato la sua diffidenza. Ora doveva dirlo a lei. Ma non sarebbe stato facile convincerla…
Si portò in disparte su un lato della sala, non troppo lontano da lei.
Stavano discutendo di questioni interne e lui non aveva la benché minima intenzione né tantomeno voglia di interromperli.
Quella discussione, o meglio, quel delirio, sembrava non avere mai fine
Alla fine sembrarono riuscire a trovare una precaria e momentanea soluzione. Continuavano a rappezzare, ma l’enorme buco non si sarebbe mai e poi mai potuto chiudere.
Lei finalmente lo degnò di uno sguardo. E comprese all’istante che qualcosa non andava. Che doveva dirle qualcosa.
Con un gesto della mano invitò tutti ad uscire dalla sala.
Quando finalmente furono soli osò avvicinarsi a lei.
Daenerys…dèi, perché deve essere tutto così complicato?”
Prese un lunghissimo respiro.
Non vorrei farti così male. Ma non posso nasconderti la verità, nemmeno per proteggerti.”
La regina lo fissava stupita, incuriosita e forse, dentro di sé, anche un po’ preoccupata e intimorita.
Aegon sospirò e lasciò che le parole tanto a lungo cercate e soppesate fluissero lente e solenni come un grande fiume.

La reazione di lei fu…ovviamente si aspettava che rimanesse incredula, sconcertata, distrutta, che si sentisse tradita, abbandonata, debole, stupida.
Ci fu tanta, tanta incredulità negli sguardi che Daenerys gli restituiva. Ma quando riuscì finalmente a convincersi che lui non le stava mentendo…vide rabbia, rabbia e furore cieco divampare come un incendio incontrollato insieme a…dèi, non osava immaginare come si dovesse sentire.

Ma lei era il sangue del drago. Non poteva soffrire per quello. Non poteva versare lacrime per…per quell’uomo.
Non avrebbe mai e poi mai voluto dirle così, ma doveva.

“Puoi perdonarlo, dargli un’altra opportunità, continuare a seguirlo, a fidarti di lui. Ma ti guiderà fino a farti smarrire la strada. E a quel punto…”
Le si avvicinò, andando a stringerle i polsi con le mani.
Oppure rompere, distruggere tutto. Abbandonare questa via, non mostrare neanche un briciolo di pietà per questo...”
Non ebbe modo di finire la frase. La voce di lei risuonò, forte, decisa, determinata, carica di furore e solo leggermente incrinata dalla morsa che le attanagliav la gola.
Per questo lurido traditore…si è approfittato di me, mi ha ingannata dopo che io avevo riposto la mia fiducia in lui. Recitava…non era altro che una farsa per raggiungere i suoi meri obbiettivi. Ha persino finto di…di amarmi per…”
Abbassò per un istante il capo.
Per portarmi via i miei figli…”
Scosse la testa, con gli occhi violetti persi in un orizzonte immaginario, persi tra mille e mille pensieri di rabbia, di dolore, di sconforto, di vendetta.
Non una singola lacrima cadde da quegli occhi.
Se spera di potersi appellare a ciò che siamo stati per…per avere clemenza, si sbaglia di grosso.”
Quegli stessi occhi violetti andarono a incrociare quelli, le perle di ossidiana, di Aegon.
Siamo draghi. E i traditori conosceranno sempre la nostra furia”
Un ennesimo sorriso malinconico gli si dipinse sul volto. Le parole di Daenerys erano forti, determinate, furiose. Stava imponendo a sé stessa di essere forte, stava reprimendo in un angolo di sé stessa tutto il dolore che quella verità l’aveva causata. Ma sapeva meglio di chiunque altro che prima o poi quella barriera interiore sarebbe caduta.
Riprese a sussurrarle, confortante.
“Negherà, proverà ad ammorbidire tutto, a fare leva su quello che tu provavi per lui…”
Sospirò amaramente.

“He will do one of two things…he will admit to everything…or he'll say he's just not the same…” le sussurrò.
Lo sguardo di lei non era cambiato di una virgola. La sua forza di volontà era qualcosa di straordinario. Quasi la invidiava per questo. Ma Daenerys era pur sempre una donna. Lui sapeva benissimo che prima o poi quella forza sarebbe venuta meno.
Non lo posso perdonare. No, non avrà nessuna pietà” ripeté ancora, distaccata, furiosa.
Si scambiarono un ultimo sguardo.
Daenerys si voltò verso l’ingresso, ordinando di farlo entrare.
Passarono solo pochi secondi e l’uomo varcò la soglia.
Venne rapidamente avanti e si pose a pochi metri da lui.
“Mi hai chiamato, mia regina?” chiese. Sembrò contrariato e sorpreso dalla gelida occhiata che Daenerys gli restituì.
Certamente si aspettava una risposta da lei, ma fu Aegon a parlare. Soppesò le parole, unendo al disprezzo e alla rabbia solennità e distacco.
“Finalmente ci conosciamo, Daario Naharis.”
Si fermò per un istante.
“O forse dovrei dire…Euron Greyjoy”




 

 

-        -        -        -        -        -

 

 

 

Approdo del Re

 

 

Chiuse gli occhi, ansimando.
Sentiva la pelle bollente, come in fiamme. Lanciò via le coperte, lasciando che l’aria fresca della notte le accarezzasse la pelle. Le braccia e le gambe erano intorpidite, leggermente doloranti. Trystane non si era certo trattenuto…

Ma non poteva certo dire che questo le era dispiaciuto. Sorrise.
Il respiro poco a poco le si calmò.
Avvertì una mano che andava a perdersi tra i suoi capelli.
Riaprì lentamente le palpebre, voltandosi verso di lui.
Lo sguardo del principe era rivolto verso di lei, ma in realtà era perso come lui tra i pensieri.
“Trystane…” gli sussurrò.
Lui tornò a mettere a fuoco, sorridendole. La sua mano si spostò dai capelli al volto, ad accarezzarle la guancia cerea.
“Stavo pensando che…” cominciò a dire, con voce quasi malinconica.
Non sarebbe bello se…se fosse sempre così” sussurrò fantasticando, fissandola negli occhi.
“Tu, io e…nessun altro…”
Myrcella sospirò, divertita. Per un attimo si fece catturare da quell’idea.

Sì, sarebbe stato…
Sarebbe stupendo…sarebbe fantastico…” disse, sognando ad occhi aperti. Sapeva che però non sarebbe mai stato… Stava per aggiungere quel “ma” terribilmente triste e soprattutto reale, ma lui la interruppe.
"Let's do it..." sussurrò quasi follemente, fermandosi un istante per farle capire che non scherzava. Riprese a parlare, trascinato dall’immaginazione.
“Abbandoniamo tutto, prendiamo la prima nave in partenza per Essos e poi…” disse, con occhi che brillavano di sogni e di leggera follia
“E poi vivremo come persone normali nelle città libere… Lys, Volantis, Braavos… Saremo liberi di…
Si avvicinò a lei.
“Liberi di essere due qualunque, senza pesi, senza responsabilità, senza nessuno a chiederci e ad aspettarsi nulla da noi… liberi di poter fare ciò che più vogliamo…liberi di amarci e nient’altro
Senza darle il tempo di replicare, andò a sfiorarle le labbra. Lei chiuse gli occhi, abbandonandosi al principe.
Lui si staccò, scendendo a baciarle il collo. Myrcella gemette.

No, doveva parlargli. Non potevano…non di nuovo.
“Trys…” sussurrò, mentre si lasciava sfuggire l’ennesimo gemito.
Si morse forte il labbro. “Dì quello che devi dire” si ordinò.
“Mi hai chiesto se sarebbe bello. Certo che lo sarebbe. Ma non possiamo…”
Alzò la schiena, appoggiandosi alla testata del letto. Lui rimase sdraiato di traverso, con il capo appoggiato sul grembo di lei.
Non possiamo…abbiamo delle responsabilità, dei doveri…”
Sorrise malinconicamente.
Non siamo due qualunque…”
Sospirò, scuotendo la testa. Si gustò il silenzio che era caduto per un po’. Ma dovevano parlare di…
“Novità da Dorne?” gli chiese, quasi distaccata. I suoi occhi andavano a perdersi tra la penombra della stanza, mente i pensieri cominciavano ad affollarsi nella sua testa.
Regnava una calma surreale. Il silenzio più totale, interrotto solo da un sottile e appena udibile soffio di vento. La magia della notte.
La voce di Trystane tornò a farsi sentire.
“Gli alfieri sono stati allertati…i mercenari dorati già in posizione. Al mio segnale…sarà guerra.”
Le tamburellò dolcemente con le dita sulla coscia.
“I Tyrell però…non se stanno rimanendo con le mano…
La sua voce era poco più che un sussurro. Sembrava…stanco. Era abbandonato su di lei, rilassato, calmo.
“La navi ad Arbor si moltiplicano come topi, le spie sui nostri passi montuosi altrettanto…”
Si fermò un istante.
“E più o meno dichiaratamente Margaery ha fatto arrivare in città quasi altri ottocento, mille soldati delle rose…”
Sospirò stancamente. Myrcella completò la sua frase, con la voce che vibrava di una sottile sfumatura di rancore e tristezza.
Appena quella cagna spedirà via Tommen, ce ne dovremo andare di corsa da qua”
Lui annuì.
Stettero così, immobili, in silenzio.
Il flebile sussurro di lui arrivò nuovamente alle sue orecchie.
“La regina ha convocato un concilio per domani…e c’è qualcosa di grosso in ballo” disse, con gli occhi neri che scintillavano dei raggi di luna che entravano dal lucernario.
Rispose all’occhiata interrogativa di lei.
“Ha preteso che tutti i membri tornassero per essere presenti…ha bisogno di ufficializzare qualcosa di importante
Myrcella sospirò.
Perché deve essere tutto così complicato?” gli chiese. Sapevano entrambi che a quella domanda però non esisteva risposta.
Trystane le accarezzò il fianco con il palmo della mano.
La guardò negli occhi.
“Domani sarà un giorno tutt’altro che facile. Ma la notte è ancora lunga…” aggiunse con malizia, mettendosi a sedere.
Lei sorrise, abbassando per un istante lo sguardo. Andò a sfiorare il volto di lui.
“E allora fino al concilio, il Principe di Dorne sarà mio. Mio e di nessun altro…” gli sussurrò a un orecchio.
Chiuse gli occhi, e andò a cercare le sue labbra.
E quella notte sembrò davvero non avere mai fine.

 

 





Note dell’autore:
 

mi scuso innanzitutto per il ritardo di questo capitolo, sarebbe dovuto uscire prima ma…beh, ho avuto il compleanno in mezzo e più che altro mi ci è voluto un po’ per riprendermi dalla nottata. Citando Il Pagante…sboccing like not tomorrow.
No, a parte queste parentesi, eccomi qui con questo nuovo capitolo.
Lo so, lo so. È una scelta folle. Daario e Euron. Lo so. Ma questa teoria…ha un qualcosa di stupendo e poi…è una delle più plausibili, delle più probabili.
Insomma, guardiamo i personaggi: entrambi sono violenti, sanguinari, non si fanno alcuno scrupolo, pensano di risolvere tutti i problemi ammazzando qualcuno. Sono entrambi un po’ folli, ma molto astuti e dei grandissimi oratori che sanno portare le masse dalla loro parte. E poi…ci sono delle “coincidenze” troppo in stile Martin per non essere espressamente volute. Il nome della compagnia di Daario per esempio: Secondi Figli nella serie (e Euron è il secondo figlio, dopo Balon) o Corvi della Tempesta nei libri (e ancora Euron è anche chiamato occhio di corvo).
Spero di aver chiarito ogni dubbio. Fatemi sapere le vostre opinioni in merito, ho fatto questa scelta per dare una svolta alla storia.
E fatemi come sempre sapere anche cosa ne pensate di questo capitolo. Lo so, le parti di Myrcella stanno diventando un filo noiose, forse sto trascinando troppo la scia mielosa post matrimonio, ma qui ho voluto riprendere un tema già trattato prima, la loro voglia di essere normali, di essere lasciati soli, di essere liberi di amarsi e niente altro. Nonostante questo desiderio di normalità però, sanno di avere delle responsabilità. Diciamo che ho voluto reinserire questo dubbio per non renderli due fredde macchine focalizzate solo sul dovere, sono pur sempre due ragazzi.
Tranquilli comunque, la prossima volta che vedremo lei e Trystane la situazione sarà diversa.
Ringrazio ancora tantissimo tutti quelli che lasciano feedback, siete un aiuto impagabile e un punto di riferimento importantissimo.
Al prossimo capitolo quindi…Ah, a proposito, vi preannuncio che sarà Aegon-centrico.
Stay tuned e, come sempre, long live the lioness.

 

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo XXIV ***


Cap 14



Long live the lioness









“Don't look down
Up this high, we'll never hit the ground
Don't look down
See that sky?
We're gonna reach it now”

 

Don’t Look Down, Martin Garrix

 



 

Meereen

 

 

Sebbene non fosse nemmeno mezzogiorno, il sole batteva crudele, cocente e implacabile sui mattoni di mille colori della grande piazza. L’inferno sceso in terra. L’aria era talmente densa e spessa che si sarebbe potuta tagliare con un coltello.
Stringendo l’elsa di Blackfyre poteva percepire quanto il metallo si stesse scaldando sotto quei raggi roventi.

Almeno sarebbe stato un caldo addio.
Questo pensiero lo fece quasi sorridere. Era rassicurato e allo stesso tempo anche un po’ irrequieto per quell’incarico.
Ma non aveva potuto fare a meno di accettarlo quando lei gliel’aveva proposto. Si era fidata di lui. Non poteva deluderla. Doveva sostenerla in questo tragico…epilogo.
Sospirò. Sebbene avesse dormito poco e niente quella notte, non si sentiva stanco. Quella notte…
Dopo quello che aveva visto, non se lo aspettava. Il mercenario, o meglio, il re di ferro, aveva provato a spiegarsi, a giustificarsi, a fornire ragioni, motivazioni. E il suo potere dissuasivo era straordinario. Aveva fatto leva su ogni cosa, esaltato e gonfiato ogni vittoria, ogni aiuto, ogni gesto fedele verso quella che lui continuava a chiamare la sua regina.

E alla fine aveva anche ripiegato suo quello che Daenerys provava per lui.
Lei era rimasta in silenzio, impassibile, con lo sguardo perso, gli occhi vuoti.
Il suo volto era una maschera di gelido acciaio, imperturbabile e…costante in una leggerissima ma indistinguibile pennellata d’ira.
Alla fine la piovra aveva esaurito le parole e, con il suo usuale sorriso beffardo alterato solo leggermente da quell’incertezza, aveva mosso un paio di passi verso di lei.
L’espressione di Daenerys si era rilassata in un sorriso quasi compiaciuto per un istante. Gli occhi del mercenario erano brillati, astuti, crudeli, sicuri. Non aveva dubitato nemmeno per un attimo di poterla convincere, sedurre, ingannare ancora.
Ma la voce di lei era risuonata potente, furibonda, selvaggia per la sala. Ogni parola trasudava collera, era uno scorcio su ciò che si portava dentro. L’odio, il ribrezzo, il disprezzo che provava per quell’uomo…
Tu…tu hai…” la sua voce indugiò per un istante, mentre sul viso...quasi le si componeva una risata folle.

“Tutto quello che noi…hai…hai sempre e solo provato a portarmi via i miei figli”
Aveva scosso la testa, mandando giù a fatica.
“I don’t want to forgive you…I can’t forgive you…I will never forgive you”
Si era voltata, non volendo mai e mai più vederlo.
Aegon era rimasto impressionato da tanta sicurezza, determinazione, forza.

Ma in fondo non la conosceva così bene. E lei era sangue del drago, interamente, sangue del drago. Eppure…si aspettava che la sua indole cedesse.
E infatti , alla fine, era andata proprio così.
Era ormai notte fonda quando l’ancella era venuta a bussare alla sua porta.
Si era sentito quasi sorpreso ma anche un po’…soddisfatto. Se lo aspettava del resto.
La salita verso la cima della piramide gli era parsa lunghissima e dannatamente breve allo stesso tempo. Era curioso, sicuro, soddisfatto, ma anche dubbioso, diffidente e...un po’ impaurito
Daenerys l’aveva accolto nel suo letto, tra le sue lenzuola. Si era stretta a lui, con il volto schiacciato contro il suo petto e i capelli argentei che le coprivano la faccia. In quella notte tanto gelida per lei, aveva bisogno del calore che solo lui, che solo un altro drago poteva darle. In lui aveva cercato quel calore e...l’aveva trovato. Il suo respiro così lento, regolare, ritmico, forte, quasi familiare, la rassicurava.

Una parte di lei si sentiva gelare, dal capo fino ai piedi. Brividi le risalivano la pelle, a tratti perdeva le sensazioni agli arti, avvertiva il freddo penetrarle fin nelle ossa. Eppure un’altra parte di lei non desiderava altro che buttare via tutte quelle coperte e la leggerissima tunica che portava. L’unico calore di cui aveva bisogno era quello dell’altro drago che giaceva di fianco a lei.
Istintivamente Aegon l’aveva cinta con le braccia, portando le mani dietro la schiena di lei.
Non sapeva cosa dire…qualsiasi cosa che gli veniva in mente pareva così poco adatta, idiota, priva di ogni senso o conforto.
Ma alla fine si era, si erano, resi conto che quel silenzio bastava a entrambi.
Erano draghi. Senza saperlo, avevano così tanto in comune. Una vita passata lontani da casa, nascosti, in una continua e infinita lotta per rimanere al sicuro e soprattutto vivi. Tanti problemi, dilemmi, difficoltà superate stringendo i denti, tendendo duro, tutto al pensiero di quello che un giorno sarebbe accaduto.
Ma soprattutto erano stati soli, tremendamente, dannatamente soli. Aegon aveva sempre saputo di lei, ma per lui non era stata che un’immagine lontana, sfuocata, quasi irreale. Come l’occidente del resto…
E lei invece…non osava immaginare come si fosse sentita quando Viserys era stato ucciso. La sola idea lo atterriva, lo sconcertava, lo mandava a perdersi tra mille ragionamenti e supposizioni che non avevano né capo né coda. E poi…

No, no, no. Non poteva perdersi in tali assurdi pensieri lì, in quel momento.
Daenerys era stata forte per così tanto, si era portata una tale responsabilità sulle spalle, aveva combattuto quella solitudine. E insieme a quello aveva conquistato tre città, aveva liberato decine di migliaia di schiavi e si era lanciata nella folle impresa di portare e mantenere la pace in quella società follemente barbara, diseguale e incapace di trovare un nuovo ordine.

E insieme a tutto questo aveva anche provato ad allevare i suoi tre figli.
Ora era lui a dover essere forte, come lo era sempre stato del resto, e sostenerla in questo momento di caos, di confusione, di sconforto.
Di sicuro non era il primo per lei. Ma era la prima volta che c’era un altro drago lì con lei, su cui fare affidamento, di cui fidarsi.

Lui…si era mai sentito così? Perdere una persona a cui era tanto legato…
Beh, non era stata una vera perdita ma quando…quando Jon si era tolto il guanto e…
Dèi, non voleva ricordare come si era sentito. Quella pietra grigia voleva dire una sola cosa: morte…
Aveva già superato tanti traumi, problemi, scelte difficili…ma quello. Non aveva mai affrontato qualcosa di simile prima. Del resto, non aveva mai avuto nessuno…nessuno a cui legarsi, nessuno che fosse indispensabile, nessuno senza il quale la sua vita non sarebbe potuta più essere la stessa. Ma Jon…
Era stato l’unico che c’era sempre, sempre stato, l’unico modello, l’unica figura familiare e costante che aveva avuto.

Jon aveva sempre fatto di tutto per non sembrarlo, non aveva mai preteso di esserlo, non si era mai atteggiato come tale…
Ma era stata la cosa più vicina a un padre che avesse mai avuto…e una parte di lui, per molto, forse troppo tempo, l’aveva considerato davvero come tale.
Aveva superato quella fase da tanto quando lui aveva finalmente rivelato il terribile morbo che lo aveva colpito…ma Jon rimaneva comunque la persona che più di ogni altra gli era stata vicino, l’aveva sostenuto, l’aveva cresciuto, l’aveva preparato per il difficile e incerto futuro.
La sola idea di perderlo…non riusciva ad ammetterlo a sé stesso, non voleva ammetterlo a sé stesso, ma non poteva nemmeno concepire quell’idea…di non avere il vecchio cavaliere al suo fianco.
Ma per fortuna si era risolto tutto…più o meno, ma si era risolto. Quello che si diceva su quel guaritore di Braavos era vero. Era riuscito a salvargli la vita. Nulla sarebbe più stato come prima per Jon, ma al cavaliere andava bene così. E lui…beh, si era sentito enormemente sollevato per questo. Avrebbe avuto al suo fianco il suo più grande sostenitore fino alla fine.
Sospirò.
I ricordi di quella notte si avvicendavano nella sua mente, in una spirale senza fine. No. Quello che aveva provato quando Jon…non era paragonabile. Quello che stava distruggendo Daenerys era qualcosa di diverso. E lui non l’aveva mai…
Un pensiero che non avrebbe mai voluto avere, un ricordo che aveva sepolto in un angolo remoto della memoria gli balenò in testa.
No, no, no” si comandò, si ordinò, urlando mentalmente.
Alys era stata solo un errore…certo, il miglior errore che avesse mai fatto, ma era pur sempre un errore.
Non poté fare a meno di sorridere, con la solita malinconia. Aveva tanto voluto dimenticare, dimenticare così ostinatamente, che aveva persino scordato quanto fossero belli quei ricordi.

Sembravano passati secoli…beh, in effetti…aveva quanto all’epoca? Quattordici anni? Chissà dov’era ora lei…gli interminabili viaggi del padre l’avevano portata probabilmente dall’altro capo del mondo. L’avrebbe mai più rivista? E se…
No, no, no” si comandò ancora. Lui era il sangue del drago, il principe dei Sette Regni, l’eroe profetizzato, aveva delle responsabilità, dei doveri. Non poteva farsi trasportare, dominare, corrompere da quegli stupidi e inutili ricordi. Sognare ad occhi aperti non gli era più concesso. Non era più un ragazzino.
Aveva dei doveri. E in quel preciso momento, ne aveva uno verso Daenerys. Dopo sussurri infiniti, timidi e senza fine né scopo fine, lei gliel’aveva finalmente chiesto.

E lui non aveva potuto rifiutare.
Riportò a fuoco gli occhi.
Avevano portato il prigioniero, il vile, l’orrendo traditore davanti a suoi piedi. Il collo della piovra era già appoggiato sul ceppo.

Lo guardò un’ultima volta in faccia.
“Hai delle ultime parole, traditore?” gli chiese, con voce carica di distacco, repulsione e disprezzo. La sua mano andò meccanicamente a ripetere il gesto oramai istintivo. Con un fulmineo movimento Blackfyre volteggiò fendendo l’aria e creando mille e mille bagliori.
La voce di Euron risuonò nell’aria, sempre con quella nota beffarda e presuntuosa.
“What is dead may never die”
Aegon sorrise, quasi caparbiamente.
What is dead may never die” sussurrò divertito.
Lo ripetè quasi più per sé stesso.
“Che motto stupido” disse, scuotendo la testa.
Il sole era oramai allo zenit. Nella piazza regnava un silenzio surreale.
Blackfyre sibilò come un fulmine nell’aria densa e torrida.
E un attimo dopo ciò che è morto…era morto.

 

 

 

-        -        -        -        -        -

 

 

 

Perle di oro e bronzo fuso. Ecco cos’erano quei giganteschi occhi.
Un ondata di caldo lo investì. E un istante dopo arrivò il fragoroso, feroce, primordiale e terrificante ruggito.
Vedeva un bagliore accecante tra le fauci spalancate, tra le lunghissime e affilate zanne vermiglie di sangue. Fuoco. E lui era altrettanto.
Allungò una mano verso quel muso gigantesco.
La sua pelle sfregò contro le squame ruvide, rugose, ma soprattutto…roventi.
Un sibilo acuto e lugubre allo stesso tempo si levò, facendo vibrare l’aria.
Il sole era oramai morto quasi completamente dietro l’orizzonte, dentro al mare del tramonto. Il solo andava a casa, a occidente.
Mentre lui…no, non ci voleva pensare.
A poco a poco il drago aveva avvicinato il muso a lui, arrivando all’altezza delle sue spalle.
Quei movimenti gli vennero istintivamente. Non ordinò nulla alle sue gambe, eppure si mosse. Assisteva quasi da spettatore a quella scena, mentre il suo corpo agiva da solo. Tutto pareva andare alla velocità della luce e al rallentatore insieme.
Gli sembrava di sognare ad occhi aperti, di non essere veramente lì, in sé.

Ma invece lo era.
Una sensazione strana, nuova, forte lo attraversava. Gli mozzava il respiro…era qualcosa di fantasticamente, incredibilmente, follemente bello.
Improvvisamente si ritrovò a vedere il collo dell’animale…da sopra.
Parole che non aveva mai pronunciato né imparato uscirono dalla sue labbra.
Il drago reagì incarnando la schiena, sibilando e ruggendo assieme.
Dispiegò le ali bronzee nell’aria. Con un movimento lento e quasi solenne si levò dalla cima della grande piramide.
In una corsa a folle velocità sorvolarono a bassissima quota la città, lasciandosela presto alle spalle.
Ad Aegon pareva sempre di stare vivendo un sogno, si sentiva così estraniato, così…
Ma quella sensazione di prima si era fatta sempre più forte. E poco a poco tornò a percepire i sensi.
L’aria gli accarezzava il volto, fresca, leggera, scompigliandogli i capelli argentei. Le sue mani si stringevano sul dorso del drago, così ruvido eppure…quasi familiare, confortante. E quell’odore, quel misto di zolfo, carne e…e di sangue e fuoco era selvaggiamente e follemente inebriante.
Ma più di ogni altra cosa, più di ogni altra sensazione…quello che percepiva sotto di sé, tra le sue gambe, che cingeva coi polpacci e le cosce…
Aveva sentito tante volte dire che un drago era fuoco divenuto carne.

E in quel momento niente gli pareva più vero. Il calore che la bestia emanava…era qualcosa di spaventoso. Non gli faceva certo male, ma era impressionante, unico, inimitabile. Poteva terrorizzare, ma per lui non era così.
Quella sensazione…era straordinaria. E l’insieme di tutto quello che stava provando, ora, lì, pienamente cosciente era…
Non riusciva nemmeno a concretizzare cosa lo attraversava, era troppo forte, troppo bello per essere descritto.

Si chiedeva come avesse fatto a vivere fino ad allora senza fare quello…
Niente e nessuno avrebbe potuto togliergli in quel momento il sorriso dal volto, il sorriso più sincero, più vero che avesse mai avuto.
Agendo di istinto, come se l’avesse sempre saputo fare, si chinò in avanti, lungo il collo della bestia.
Dracarys” sussurrò al drago verde che portava il nome di suo padre.
I suoi occhi viola ossidiana brillarono riflettendo la luce della colossale nube di fuoco che l’animale aveva eruttato.
Soffiò fiamme nel cielo, volandoci poi attraverso. Le lingue di fuoco accarezzarono il volto del principe, solleticandolo appena.

Lui era il sangue del drago. Il fuoco era parte di lui, non poteva esserne bruciato.
Continuarono a volare, a salire, a lanciarsi in picchiata senza apparente meta né scopo. Aegon oramai si sentiva parte di Rhaegal, e Rhaegal era parte di lui.
Passarono ore, giorni, settimane. Il sole era sembra stato lì, oltre l’orizzonte, era sempre la stessa notte, o forse era sorto e tramontato decine e decine di volte. Il principe non avrebbe saputo dirlo.
All’improvviso si rese conto di dove erano arrivati.

Ma certo. Avevano seguito entrambi il loro istinto più recondito, più profondo, più selvaggio. E questo li aveva portati…
A casa.

Nubi di fumo aleggiavano sulle acque sotto di lui. Rovine scheletriche si erigevano precarie all’orizzonte, sempre immerse in quella nebbia surreale.
Anche l’aria aveva un sapore, una consistenza diversa.
Rhaegal sibilò, qualcosa che poteva essere paura. O felicità.
Whe are at home…” sussurrò al drago, mentre una nuova sensazione lo pervadeva.
Quella folle e magnifica cavalcata aveva fatto svanire ogni suo dubbio, ogni suo pensiero negativo, ogni problema. Tutto ora gli appariva limpido e chiaro. La testa gli scoppiava a Meereen, mentre qui…

Qualcosa gli diceva che era veramente a casa. E che lì avrebbe trovato le risposte alle domande che portava dentro di sé da tutta la vita, e a che non aveva mai avuto il coraggio di affrontare.
Sentiva nascere dentro di sé una nuova forza, una nuova carica, una nuova determinazione, che rinvigoriva la sua indole e sconfiggeva ogni dubbio.
Ma soprattutto sentiva nascere la consapevolezza di…
Guardò il drago, e guardò sé stesso.

Non sapeva come avesse potuto farne a meno fino ad allora, ma in futuro…
Sentiva che la sua vita era quello, quello e niente altro. Sentiva…

Sospirò, mentre una nuova nota di malinconia si faceva strada sul suo volto.
Sentiva, anzi sapeva, di essere nato per fare quello, quello e niente altro.

 

 

 

Note dell’autore:


here, i’m back.
Pardon un'altra volta il ritardo, ma tra studio, routine ripresa e l'azienda con cui collaboro in cui il lavoro va puramente a caso oramai mi rimane davvero poco pochissimo tempo per scrivere (maledetta Xiaomi).
No a parte questi scleri contro i mie pazzi “capi”, eccoci a un nuovo capitolo.
Come avevo preannunciato, Aegon-centrico. Ero partito dall’idea del suo primo volo, ma poi…
La parte sulle reazioni di Daenerys...l’ho fatta e cancellata, fatta e cancellata, non mi piaceva mai, non rendeva bene quello che volevo trasmettere. Spero di esserci riuscito in questa ultima stesura. Parlare  poi di un personaggio complicato e già caratterizzato in modo tutt’altro che approssimativo come Dany non è mai facile. "Giocare" con lei non è semplice, e qui la sto affrontando dagli occhi di qualcuno che le è estremamente simile ma al contempo estramente diverso ed estraneo. Fatemi sapere cosa ne pensate.
Per il resto...caraterizzare Aegon mi sta piacendo davvero tanto, qui ho cercato di approfondire il suo rapporto con Jon, Connighton ovviamente (che comunque vedremo meglio in futuro...) e poi...diciamo che l'accenno a questo nuovo personaggio, Alys...potrei chiarire, ma non lo faccio. Vedrò di continuare il discorso in futuro...

Il volo con Rhaegal è stato il nucleo originario del capitolo e...beh, lascio a voi commentare. Dato il tema, non mi sono potuto astenere da citare Don't Look Down...Martin Garrix è il migliore e...nada, spero che questa canzone possa piacere anche a voi.
Penso che abbiate capito dove ho fatto arrivare Aegon ma…non lo vedremo nel prossimo capitolo. Ripetendomi ancora, questo suo viaggio/esperienza avrà un impatto importante, ma la vedremo meglio poi.
Il prossimo capitolo...stavolta davvero anticipazioni zero.
È un nodo importante della storia e voglio davvero che il capitolo sia all’altezza di quello che accadrà, quindi ci potrebbe volere un po' più del solito.
Nel caso, mi scuso in anticipo.
Ancora grazie tantissime ai recensori, non smetterò mai di ripetere quanto il vostro feedback sia importante.
Quindi stay tuned e alla prossima.
E, ora come sempre, long live the lioness.

 

Luke

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


Cap 15



Long live the lioness








"Be my mirror, my sword and shield,
My missionaries in foreign field
For some reason I can't explain
Once you go there was never
Never an honest word
And that was when I ruled the world"

 

Viva la Vida, Coldplay

 

 


 

 

Approdo del Re, due mesi dopo

 

“Unbowed, unbent, unbroken” si ripeté mentalmente, per farsi forza, serrando ancora di più le dita. Continuando così sarebbe finita per ferirsi. Ma non le importava.
Sospirò, mettendosi a sedere. Aprì le dita, tornando a fissare per l’ennesima volta il piccolo sole di giada. Tre settimane. Dèi, non ce la faceva più.
Il monile sembrava quasi sorriderle, nella sua immobilità eterna.
Avrebbe tanto voluto che il sole non fosse nel suo palmo, ma nel cielo, nel cielo di Dorne. E che splendesse su loro. Su entrambi.
E invece…era lì, sola.
Non c’era stata altra soluzione… Del resto questioni di eredità minori, tasse e simili non richiedeva certo la sua presenza. Le rose si sarebbero fatte non poche domande se fosse andata con lui. E non c’era bisogno di richiamare ed attirare ulteriore curiosità, sguardi, sospetti.

Tutti gli alfieri si sarebbero riuniti in segreto attorno al loro principe e a Cletus Yronwood, tornato dall’oriente. Trystane non voleva farsi trovare impreparato quando…quando ciò che doveva succedere sarebbe successo.
Si alzò dal letto, avvicinandosi alla finestra.
Le stelle la accolsero sulla terrazza, insieme all’aria fresca e pungente della notte autunnale. Sentì la brezza accarezzarle le braccia, la schiena, il ventre.
L’abito che portava…beh, non si poteva nemmeno definire tale.
Due lacci di cuoio, ricoperti di minuscoli anelli metallici, uno attorno alla base del collo, l’altro intorno alla vita, reggevano ognuno sei lembi di leggerissima seta di un ocra pallido.
Era qualcosa di tipicamente dorniano, e la faceva sentire quasi a casa.

Casa…dèi, quanto le mancava Dorne. Ma presto…presto ci sarebbe tornata.
Con lui.

Sospirò.
In quelle settimane, in quelle notti, si era ritrovata più e più volte a chiedersi cosa davvero la unisse a Trystane. Lo amava, certo. Ma…in che modo?
Non aveva mai davvero pensato a cosa fosse, a come definire il loro rapporto.
E riflettendoci sopra, era arrivata a pensare che…
Beh, il loro rapporto, senza che mai loro se ne accorgessero davvero, era mutato molto nel corso degli anni. Quello che sentiva, quello che provava per lui, da quando era tornata ad Approdo del Re…si era…evoluto?
Gli anni a Dorne erano stati qualcosa di follemente, di magicamente, di stupendamente bello, dolce, innocente, spensierato. Lo stare insieme…li rendeva felici. Stare insieme era l’unica cosa che volevano, ed erano liberi di farlo. Aveva a lungo vissuto con il costante pensiero di lui, con un’inestinguibile voglia di passare ogni momento con lui. Lui era la felicità, la spensieratezza, l’unico che la faceva sentire speciale, l’unico che, alla fine, davvero contava.
Ma poi…erano stati, o forse si erano, scaraventati all’improvviso nel gioco del trono.
E quello che fino ad allora erano stati…non poteva sopravvivere. Non erano più due ragazzini soli, liberi di fare ciò che volevano, senza preoccuparsi di nulla al di fuori di loro.
Aveva iniziato inconsapevolmente a rendersi conto, in modo più maturo, più sincero, più interiore, di quanto lo amasse. Non era più solo quella folle felicità interiore, quella voglia, quel desiderio inarrestabile di passare ogni istante insieme.

Era davvero difficile spiegare quel cambiamento. Dentro di sé ora ne era pianamente consapevole. Lo sentiva. Ma trasformare quella consapevolezza, quella percezione, quella certezza in parole era impossibile.
Forse…avevano iniziato ad amarsi per quello che erano, marito e moglie, e non più come due ragazzini che giocavano, assaporavano, si riempivano di quella straordinaria e dolce felicità nel conoscersi, nello stare insieme, nell’essere innamorati.
Le stelle, quando alzò lo sguardo al cielo, parvero quasi lanciarle un’occhiata di dolce comprensione.
All’improvviso si rese conto di avere freddo. Era oramai notte fonda, e l’aria si era fatta alquanto pungente. L’abito poi…era tanto leggero che era come non indossarlo.
Fece per voltarsi, decisa a rientrare, sdraiarsi, provare a dimenticare tutto e scivolare nel sonno. Sapeva già benissimo che tutti quei pensieri, l’assenza di lui, del suo calore, e quello che sarebbe accaduto il giorno dopo non le avrebbero permesso di chiudere occhio.
Si voltò, ma non poté muovere nemmeno un passo di più.
Per un lungo e interminabile istante si sentì come pietrificata, nella sorpresa più totale. “Cosa? Come? Domani…” pensò confusa e attonita.
Ma subito una forza interiore spense, o meglio attenuò, tutti quei dubbi.
Smise di chiedersi perché.
Tommen…” sussurrò con un filo di voce, guardando il fratello. Come aveva fatto ad arrivare fin lì?
Lui mosse qualche passo verso di lei, con lo sguardo fisso sulla sorella.
“Dèi, Myrcella…” rispose lui, quasi…meravigliato?
La luna la illuminava, mentre sorrideva sincera al fratello e una leggerissima brezza animava di vita le frange dell’abito.
Sembri un angelo...sei...sei la cosa più bella che abbia mai visto…” le sussurrò, senza riuscire a staccare gli occhi dai lei.
Fece scivolare una mano tra le fessure del vestito. Accarezzò il fianco della sorella, andandosi a perdere con il volto tra i suoi lunghi capelli dorati.
Quel profumo…riusciva sempre a estraniarlo, a staccarlo dal mondo, a fargli dimenticare tutto e tutti. Ogni altre cosa cessava di esistere. Per quei brevissimi ma interminabili, malinconici ma dolcissimi momenti poteva credere di essere tornato indietro nel tempo e che quando avrebbe riaperto gli occhi avrebbe trovato di fronte a sé quella bambina, quel viso che era scolpito in maniera indelebile nella sua memoria.
Quando li riaprì invece…ritrovò davanti a sé sua sorella, la donna che era diventata.
“Come…come stai?” gli chiese lei, con voce nervosa per l’emozione e al contempo straordinariamente dolce, come le veniva sempre naturale quando parlava con il fratello.

“Sono qui insieme a te…non potrei stare meglio…” rispose lui sospirando.
Myrcella si morse un istante il labbro. Aveva di nuovo… Perché? Gli sarebbe servito molto in futuro…
Ancora dolcesonno? Ne avrai bisogno in…”
Lui la interruppe, prendendole una mano tra le sue.
Avrò un milione di occasioni in cui potrò stringere i denti e rinunciarci. “
Sospirò, sorridendole. La guardò negli occhi, serio e sincero allo stesso tempo.

“But I have only one sister.”
Si strinse a lei, cingendola con le braccia, sfiorandole il collo con il viso.
Lei lo abbracciò, appoggiandosi alla testa del fratello. Serrò le labbra. Sentiva già quell’inconfondibile percezione, gli occhi che le diventavano lucidi.
Il dolcesonno era capace di veri e propri miracoli. La malattia era peggiorata terribilmente negli ultimi mesi, tanto che… Il re oramai faceva fatica a lasciare le sue stanze. L’ultima volta che gli aveva fatto visita…erano passate settimane oramai. I maestri erano molto restrittivi sugli incontri e poi…le faceva troppo, troppo, troppo male vederlo in quello stato. Avrebbe voluto tantissimo poterlo confortare, dargli forza, sostenerlo ma…non ce l’aveva fatta.
La voce del fratello interruppe i suoi tristi pensieri.
“Myrcella, stai tremando…qui fa troppo freddo”.
Dicendo questo, la prese per mano, quasi trascinandola all’interno. Lei si lasciò guidare, mentre una nuova sensazione la pervadeva. Era leggerezza, sollievo e…felicità. Era con suo fratello. Non poteva essere triste.
Si sedettero entrambi sul bordo del letto.
Tommen le stringeva le mani tra le sue, e per un po’ non ci fu bisogno di parole.
Volevano solo stare insieme. Il giorno dopo si sarebbero dovuti…
“Sapevo che ti avrei trovata sveglia…” disse lui, rompendo il silenzio.
Myrcella rialzò lo sguardo da terra, tornando a posarlo sul fratello.
“Sarei venuto anche prima, ma Margaery ha voluto…”
Esitò qualche secondo, cercando le parole.s
“Dato che avevo già preso il dolcesonno…mi ha chiesto di…”
Sospirò, a metà tra l’imbarazzato e il divertito.

“Vuole un principe…
Abbassò un istante lo sguardo, mentre gli occhi gli si intristivano.
Nel caso in cui io...non dovessi…”
Un lampo la attraversò. No. Non doveva nemmeno pensarlo.
Pronunciò d’impeto, d’istinto, con una forza e sicurezza che le vennero dal profondo.
Non dirlo nemmeno Tommen” sussurrò al fratello.
I loro occhi verdi si catturarono in uno sguardo magnetico.

“Siamo il sangue del leone. Niente e nessuno può imporci qualcosa che non vogliamo.”
Sentiva ogni istante di più lacrime sul punto di cadere, ma non avrebbe pianto. Non lì.
“Questo è un momento difficile, molto difficile. Ma se tu…”
Si morse il labbro con forza, per imporsi di continuare.
“Se metterai ogni tua forza in questa lotta, ogni tua energia, ogni determinazione…ce la farai. Ne sono certa.”
La vista le si annebbiò per un interminabile istante, mentre cercava di radunare ogni briciolo di forza rimastole.    
“Giura che lo farai. Giuralo a me, ma soprattutto…a te stesso.”
Chiuse gli occhi, ringraziando per essere riuscita a trattenere le lacrime.
Sentì il fratello avvicinarsi, prenderla tra le sue braccia.
Si abbandonò completamente a quell’abbraccio, lasciando che finalmente le lacrime le rigassero il viso.
Percepì anche quelle di lui caderle sul collo.
Lo strinse a sé con ancora più forza, per sentirlo vicino, per non lasciarlo scappare, per non permettergli di lasciarla.
Sapeva benissimo che non era possibile, che quella era l’unica soluzione possibile, l’unica che dava un ultimo briciolo di speranza. Eppure in quegli interminabili istanti pensò davvero che il giorno dopo non avrebbe permesso che glielo portassero via.
Non se ne erano nemmeno accorti, ma in quell’abbraccio erano lentamente scivolati sul letto, ritrovandosi ora sdraiati.
La voce di lui ruppe quel silenzio magico, immobile, surreale, quasi dolce.
Quando…quando partitisti per Dorne…mi promettesti che saresti tornata.”
Ingoiò a fatica, con la voce resa pesante dalla malinconia e dai ricordi.
I promise the same. I swear to you that I will give it all for come…for come back to you”
Myrcella lo strinse nuovamente a sé, posandogli un bacio sulla fronte. Gli accarezzò la testa con la mano, un gesto che le venne istintivo. Quante volte lo aveva fatto in passato?
We still have this night…” gli sussurrò all’orecchio.
Tommen tornò a guardarla, occhi verdi in occhi verdi, entrambi lucidi di commozione e malinconia.

“What do you want?” le chiese, con voce quasi… Forse era stata solo la sua immaginazione a fargliela udire così, ma alle sue orecchie giunse la voce inconfondibile del bambino che aveva lasciato anni prima ad Approdo del Re.
E quella domanda…cosa voleva davvero? Voleva che quella notte non avesse mai fine. Voleva che il giorno seguente non giungesse mai, in modo che lui… Voleva che lui non partisse. Voleva non doversi separarsi da lui. Voleva che la malattia non fosse peggiorata fino a quel punto. Voleva che lui non si fosse mai ammalato.

E voleva…
“No, no, no” si ordinò. Non poteva stare lì a sognare ciò che era impossibile, irrealizzabile. Sarebbe stato bello, certo. Ma erano solo stupide, inulti e soprattutto pericolose illusioni.
I don’t know. And you?” gli rispose d’istinto.
Mai e poi si sarebbe sognata di dare una risposta del genere…eppure…le sembrava di non poter trovare parole migliori. Voleva tanto e al contempo poco.
Il fratello tornò a stringerle le mani nelle sue.
“Me lo chiedi anche?” replicò, quasi divertito. Si fece però più serio, nostalgico, malinconico.
“Voglio te, te e nessun altro. Voglio stare con te, averti qui, vicino. Voglio lasciare tutto, voglio scappare, voglio tornare indietro e fermare il tempo.”
La guardò negli occhi, tanto in profondità che quasi avvertì lui entrare nei suoi pensieri.
“Voglio di nuovo quegli anni. Voglio essere felice, in pace, spensierato. Voglio rivivere tutto quello che abbiamo vissuto assieme. Voglio quella vita, quel mondo.”
Gli occhi del giovane re si persero con lui nei ricordi. E lei non poté non seguirlo in quel tuffo indietro nel tempo.
Rivissero insieme gli anni passati, in un’intesa, in una sincronia che forse scorreva sotto la loro pelle, incrociandosi e passando da uno all’altro attraverso le loro mani. O forse era telepatia. O forse…
Gods, they’ve been amazing years…” sussurrò lui, con un’espressione finalmente serena. C’era tanta nostalgia nei suoi occhi, ma anche…il solo ripensare a quei momenti aveva infuso felicità nel suo animo.
Myrcella gli sorrise, come milioni di volte aveva fatto in passato.
Yes…they were beautiful”
Tommen le strinse forte le mani, mente sorrideva, un sorriso malinconico e a tratti…un po’ folle.

Non smetterò mai di chiedermi perché...perché ci hanno divisi…” 
Lei sospirò, cercando parole che sapeva di non poter trovare. Non c’era davvero una risposta. Certo che per lei…
Lo so che per te Dorne…che lui…è stato…”
D’istinto lo interruppe, con voce dolce e sicura insieme. Non voleva che pensasse quello. Nonostante tutto, lei non aveva mai e poi mai…

“I know what you are thinking…and…you’re wrong”
Strinse con forza la mano destra di lui tra le sue.
“Non ti ho mai dimenticato. Non c’era giorno che non pensassi a te. Ma soprattutto…”
Chiuse gli occhi, andandosi ad appoggiare alla fronte del fratello con la sua.
Tommen…quello che ci unisce…nessuno, nessuno, nessuno potrai mai distruggerlo. E quello che provo per te, quello che sei stato, quello che sei e quello che sempre sarai per me…”
Un sorriso sincero le si dipinse nuovamente sul volto, mentre sentiva gli occhi tornare a farsi lucidi, quasi più di felicità che di amarezza.
Nessun altro lo è mai stato, lo è e mai lo sarà…”
La reazione di lui fu…seppe in un istante di avere fatto centro. Di avere colmato un dubbio, un vuoto, una domanda che il fratello si portava dentro da tanto, troppo tempo.
Lui provò a replicare, ma…
Chinò il capo, avvicinandosi alla sorella.
Myrcella lo strinse a sé, contro il suo seno, accarezzandogli la testa.
In quell’istante le pareva di rivedere il bambino di tanti anni prima, di stringere tra le sue braccia il fratello che aveva dovuto lasciare…per compiere il suo dovere.
Quella parte di Tommen…non era mai davvero morta. Era rimasta sepolta per tanto, nascosta, chiusa in un angolo. E solo lei ne aveva la chiave.
In quegli istanti le pareva impossibile pensare al peggio. Eppure…
No. No. No.
Quelle parole…quella notte…quell’occasione…era grata per aver potuto passare quel tempo insieme a lui. Questo contava. Il ricordo di quello che si erano detti quella notte, di quello che realmente erano li avrebbe accompagnati per sempre.
Sorrise, tornando a sussurrare al fratello.
Quando dovetti partire mi dissero che ero nata per questo…per sposarmi e suggellare così un’alleanza”
Abbassò un istante lo sguardo, arrossendo leggermente.
E gli dèi non mi avrebbero potuto concedere marito migliore…” aggiunse, con gli occhi che andavano a perdere fuoco, mentre un’ondata di ricordi le invadeva i pensieri.

“Ma soprattutto…non mi avrebbero potuto concedere un fratello a cui mi sarei potuta legare, fidare, ritrovarmi di più.”
Il silenzio anelò per qualche interminabile secondo. La voce di lui lo spezzò.
“Gli dèi fanno strani doni…”
Si fermò un instante, tirando su col naso, eliminando gli ultimi residui di quel pianto liberatorio.
A me hanno concesso un trono che non avrei mai voluto…”
Tommen si staccò da lei.

“Te l’ho già raccontato così tante volte…ho provato a reagire ma…”
Sospirò amaramente, tornando a fissarla negli occhi.
For some reason I can't explain, once you go there was never…
Si fermò un istante, a soppesare quelle parole.

“Never an honest word.”
I loro occhi verdi erano catturati in un’attrazzione magnetica indisolubile, indistruttibile, inalienabile. Come quello che li univa.
“And that was when I ruled the world”

Myrcella capiva, comprendeva quello che lui sentiva. Era poco più di un bambino quando l’avevano gettato in mezzo a quel nido di serpenti che era il potere.
E lui aveva perso lei, il suo più grande punto di riferimento. Dovevano essere stati tempi terribili per lui.
Ma non era quello il momento di avere rimpianti per ciò che li aveva fatti soffrire in passato. In quella c’era posto solo per i loro ricordi migliori, per quella cosa speciale che li aveva sempre e che sempre li avrebbe uniti, e per…per la speranza, ora come mai forte, di poter tornare insieme, un giorno.
Mancavano oramai poche ore all’alba, che avrebbe portato il fatidico giorno.

Ma per qualche strana ragione il tempo rallentò, come per dargli il tempo di dirsi un ultimo addio.
E a loro, quella notte, parve non avere mai fine.

 

 

 

 

Note dell’autore:

 

Rieccoci di nuovo
Per questo capitolo devo ancora ringraziare tantissimo i Coldplay, ho risentito Viva la Vida dopo un sacco di tempo e…beh sembrava fatta apposta per quello che volevo scrivere. Quando Chris Martin e compagni parlano di vita, morte, amore, destino…non c’è niente da fare, sono insuperabili.
Ok, dopo questo ringraziamento speciale, vi annuncio che ho perso ogni tipo di fiducia nel genere umano. No, non mi riferisco a Miss Italia.
Ragioniamo due secondi. Essere stronzi è brutto, ma essere premiati perché si è stronzi è ancora peggio. Ora io mi chiedo: i giurati che hanno assegnato a Benioff & socio l’Emmy Award per miglior sceneggiatura o sono degli incompetenti totali, o hanno preso qualche sostanza prima di guardare la 5X10 oppure è tutto un complotto. Quando ho letto la notizia…
No vabbè lasciamo perdere.
Parliamo di quello che veramente conta: il capitolo. Sapete che il rapporto di Myrcella con i fratelli è uno degli argomenti che mi piace di più e quindi…ho voluto scrivere questo addio. Forse è un filo troppo mieloso ma...ciò che unisce lei e Tommen...beh, spero di averlo reso a dovere.
Qualcuno di voi forse voleva più progress nella storia ma…ma sentivo di dover scrivere così questo capitolo.
Spero davvero che vi possa piacere.
Ringrazio ancora tantissimo i recensori, siete davvero un punto di riferimento importantissimo.
Che altro dire? Mi scuso in anticipo, sto facendo davvero tanta fatica a trovare tempo per scrivere, se il prossimo capitolo dovesse arrivare un po’ in ritardo.
Ho lasciato giusto qualche indizio qua e là con cui potete capire cosa vi aspetta.
Non dico nient’altro.
Alla prossima quindi e, ovviamente, long live the lioness.

 

Luke

 

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


Cap 16


Long live the lioness






“And I know it’s hard when you’re falling down

And it’s a long way up when you hit the ground

Get up now, get up, get up now.”

 

 

On The Top Of The World, Imagine Dragons

 

 


 

 

La barca scivolò leggera sull’acqua, spinta dal movimento quasi magicamente sincronizzato dei vogatori. Ogni volta che i lunghi remi si immergevano, lasciandosi dietro sottilissime scie di schiuma, l’imbarcazione subiva un leggero strattone in avanti.
E ad ogni istante si allontanava ancora di più dal molo, diventando via via un puntino sempre più piccolo, sempre più lontano, sempre più indistinto contro l’orizzonte e l’immensità del mare colore del vino.
Chiuse gli occhi, prendendo un lungo, lunghissimo respiro.

Era successo. Era davvero successo. Tutto era accaduto troppo velocemente e troppo lentamente insieme, mentre una strana, un’orribile sensazione l’aveva pervasa, un orrendo misto di frustrazione e soprattutto…impotenza.
Abbassò il capo, mentre lo sguardo si annebbiava e perdendosi tra i pensieri si estraniava da ciò che la circondava.
Prima non aveva mai nemmeno osato immaginare come si sarebbe sentita quando ciò che era appena accaduto fosse successo. La sola idea la faceva stare male.
In qualche modo però…si aspettava tristezza, malinconia, sconforto.
E invece…
Con in bocca un sapore amaro e metallico non sentiva altro che il vuoto.
Vuoto assoluto, totale, senza limiti né confini.
Le sembrava di cadere, cadere, cadere…una caduta che pareva non avere mai fine.

Percepiva ciò che la circondava come…come se tutto non avesse la giusta consistenza, fosse troppo sfuocato, troppo flebile, che…che tutto fosse solo un incubo.
Ma sapeva che era tutto vero. Era davvero successo. E…

E basta. Era successo. E ora lei…doveva in qualche modo andare avanti, voltare pagina.
Le speranze che aveva covato nel profondo, le illusioni della notte precedente…erano follemente affascinanti, confortanti, rassicuranti. Quelle false illusioni erano riuscite a restituire a entrambi un po’ di felicità e serenità, almeno per poche ore.

La realtà era un’altra però…
Lo sapeva, lo aveva sempre saputo, che lui…che lui non sarebbe mai più tornato.
Certo, le promesse che le aveva fatto…
Tommen le avrebbe mantenute. Era certa che lui ce l’avrebbe davvero messa tutta. Ma anche se fosse riuscito a sconfiggere il misterioso morbo…

Loro non avrebbero mai permesso che tornasse. Che tornasse al suo posto, che tornasse nella sua città, che tornasse da lei.
Eppure ora erano lì, a pochi metri di distanza, impegnati a piangere la partenza del re. Margaret poi…sembrava davvero distrutta.
Ma Myrcella si rifiutava di credere che lo fosse davvero, stava solamente fingendo, fingendo molto bene, ma fingendo…
Si era impossessata di lui, interessata solo a quella sedia di spade, niente di più. L’aveva piegato, usato per ottenere ciò che voleva. E ora che non gli serviva più, se n’era sbarazzata, come se fosse un vecchio tappeto. Per lei Tommen non contava assolutamente nulla.
Si morse il labbro.

Quello che covava nei loro confronti…
I movimenti di tutti interruppero i suoi pensieri. La colossale delegazione venuta a salutare il re si apprestava a rientrare nella Fortezza Rossa.
Tutti le passarono di fianco, e nessuno si astenette dal lanciarle un’occhiata.
Radunò ogni forza che trovò dentro di sé per imporsi di non versare nemmeno una lacrima, non davanti a tutti quegli…estranei.

No, non avrebbe pianto. Lei era il sangue del leone.
In quel vuoto senza fine cominciava ad avvertire i primi segni di quello che l’avrebbe tormentata nelle ore seguenti. Ma represse tutto in un angolo del suo animo.
Quasi sette anni prima aveva detto a Tommen, su quello stesso molo, di continuare a vivere, di farsi coraggio, di aspettare con fiducia il suo ritorno.
Di essere forte.
E in quel momento doveva esserlo lei.

Il ritorno alla Fortezza Rossa fu lungo, breve, caotico, silenzioso. Anche se fosse piovuto oro liquido, non se ne sarebbe accorta.
Era persa, completamente persa dentro di sé, troppo persa per poter percepire la realtà che la circondava.
Scese dalla portantina sentendosi leggera, come se camminasse a un metro da terra. Ma in quel momento, al contrario di molte altre volte, non era affatto una bella sensazione.
Nel cortile del castello regnava il caos assoluto.
Decine e decine di cavalli, carri, carrozze, e centinaia di cavalieri, scudieri, servitori, dame, soldati affollavano lo spazio all’ombra delle mura rosse.
All’improvviso tra tutta quella confusione si aprì un varco.
E quello che vide…

No, no, no. Stava sognando. Stava solo sognando. Ma nemmeno gli incubi peggiori erano come quello che stava vivendo. E quindi…
Non ebbe il tempo di finire il pensiero.

Trystane le venne incontro, con dipinta sul volto un’espressione…era quello di cui aveva bisogno.
Ancora incredula, sentì le mani di lui sfiorarle la pelle.

No, non era un sogno.
Si abbandonò completamente tra le braccia di lui.
Forse il suo principe aveva detto qualcosa, ma lei non era nella condizione di ascoltarlo, di prestare attenzione, di poter replicare, di poter fare qualsiasi cosa. Non in quel momento.
In quel momento…

Non chiedeva altro  che lui Non aveva bisogno d’altro che lui. Non voleva altro che lui.

 

 

 

-        -        -        -        -        -        -

 
 

 
Meereen


 

"Il consiglio si scioglie” urlò l’araldo.
Tutti si alzarono in piedi.
“Lunga vita ai draghi” tuonò ancora l’uomo.
Lunga vita ai draghi” ripeté lui insieme agli altri, con tono stanco e distaccato.
Socchiuse gli occhi, avviandosi verso la scalinata esterna.

Aveva un disperato bisogno di staccarsi dal mondo, di svuotarsi la testa da tutte quelle preoccupazioni, di stare da solo.
Sentì una voce chiamarlo da dietro. Si fermò, voltando il capo verso chi l’aveva chiamato.
Incrociò lo sguardo di Ser Barristan. Di sicuro voleva parlare di qualcosa di importante.
Ma in quel momento non aveva la forza mentale per affrontare una simile conversazione.
Con un cenno del capo fece capire a Selmy di non potere. Non ora.
Tornò sulla sua strada, percorrendo a passi veloci la distanza che lo separava dalla porta.
Uscì, facendosi investire dal calore del tardo pomeriggio.
Sovrappensiero scese la lunghissima scalinata, raggiungendo le scuderie.
Con gesti meccanici sellò il cavallo, montò e partì al galoppo, lasciandosi in pochi minuti la polverosa e chiassosa città alle spalle.
Cavalcò per mezzo miglio, o forse più di un paio, oppure…per decine e decine. Non avrebbe saputo dirlo.
Lanciando il cavallo a folle velocità riuscì finalmente a staccarsi dalla realtà, da quella situazione così precaria e fonte infinita di preoccupazioni.
Solo quando sia lui sia l’animale furono senza fiato pose fine alla corsa sulla cima di un colle.
Smontò, andandosi a sedere su un masso.
Lasciò che il suo sguardo si perdesse nell’orizzonte.
Si portò una mano al volto, stringendosi le tempie nel palmo.

Due mesi. Due dannatissimi mesi.
Ogni giorno diventava sempre più difficile, più insicuro, più imbarazzante, più disarmante.
Aegon era volato via in groppa a Rhaegal e non aveva più fatto ritorno.
Si fidava ciecamente del giovane drago, ogni parte di lui si rifiutava di credere che fosse scappato, sapeva, era certo, che sarebbe tornato.
Aveva anche impedito che lo andassero a cercare, aveva imposto che tutto continuasse a funzionare normalmente. Il principe poteva fare ciò che riteneva più giusto e il loro dovere era quello di servirlo.

Ma ogni giorno di assenza non faceva che aumentare gli sguardi vuoti, scettici, carichi di disapprovazione che tutti gli rivolgevano e…ultimamente cominciavano a riempirsi di rancore. Dapprima tutto si era trascinato in un clima speranzoso, in un’attesa impaziente del ritorno del principe. Poco a poco però quella speranza si era incrinata, lasciando posto a vuoto silenzio, finta normalità, fastidiose formalità.
Tutti avevano perso la fiducia, ma nessuno aveva avuto il coraggio o la follia di proporre un’alternativa. Non ancora almeno. Ma quanto tempo ancora prima che… E allora lui cosa avrebbe fatto? Del resto reagire, intraprendere una nuova via non era così…
No, non doveva neppure pensarci. Non avrebbe mai e poi mai tradito Aegon, mai.
Sentiva tantissimo la mancanza del principe come suo primo cavaliere. Ma soprattutto…
Sentiva la sua mancanza di lui come sé stesso, come Marko Ramius, come…come amico, come…fratello.

Perché in fondo in fondo, quello erano stati.
Quando si erano conosciuti erano poco più che ragazzini e…

Era stata intesa perfetta fin dal primo istante.
Ciò che erano l’uno per l’altro...lui era per Aegon il fratello che non aveva mai avuto, e lo stesso valeva per lui.
Avevano condiviso tutto. Bei periodi, brutti momenti, esperienze di ogni tipo, pazzie che ancora stentava a credere di aver potuto fare…
Non c’erano limiti quando erano insieme, nessuno poteva fermarli, dissuaderli da ciò che avevano in mente.
Il serio, responsabile e malinconico principe si trasformava, si lasciava andare.

Questi pensieri lo fecero sorridere. Dèi, erano stati anni magnifici.
Erano cresciuti, erano diventati più responsabili. Non si lasciavano più andare in pazzie tanto spesso. Dividere sbronze, avventure, fughe pazze…donne. Gli mancavano quei tempi.
Ma soprattutto gli mancava Aegon.

Sospirò amaramente.
Il sole stava oramai tramontando.
Si alzò, pronto a rimettersi in sella e tornare in città.
Stava armeggiando con i finimenti quando…

Tutto all’improvviso si oscurò.
In primo momento quasi non ci fece caso. Poi però…il sole stava sì tramontando, ma non così in fretta. Da dove veniva quel buio quasi totale?
Stava per voltarsi quando…
Un sibilo penetrante lacerò l’aria.
Rimase paralizzato per un’interminabile istante, mentre un gelido brivido lo attraversava dalla testa ai piedi.
Con il cuore e il respiro troncati dall’emozione, si voltò, mentre tutto era incredibilmente lento.
Ciò che rimaneva de sole lo accecò per pochi attimi e poi…
Una gigantesca sagoma scura si stagliava contro il cielo rossastro.
E ad ogni istante si faceva più grande, più imponente, più vicino.
Il respiro gli si mozzò nuovamente.
Un drago aveva sempre quell’effetto. Ma quel drago…

Era verde, questo era vero, ma… Non era l’animale che aveva lasciato Meereen due mesi prima. Era…cinque, dieci, venti volte grande.
Rheagal era diventato veramente enorme.
Le ali verdi e bronzee si dispiegarono completamente nell’aria, accompagnando l’animale a terra in una lenta ed elegante planata.

Marko era paralizzato a fissare il drago, ma…
Quando il cavaliere smontò, una scossa lo attraversò da capo a piedi.
Ancora non del tutto certo di essere sveglio, mosse qualche passo verso di lui. Passi sempre più veloci, che in pochi istanti divennero corsa.
Lui sorrideva come al solito, quell’inconfondibile pennellata malinconica sul suo viso dai lineamenti così regali e unici.
Furono finalmente a un metro l’uno dall’altro, rimanendo per un attimo immobili.
Si fissarono negli occhi.
Quasi scoppiarono a ridere insieme.
Marko lo abbracciò, tempestandogli di pacche la schiena.
“Sono tornato” gli sussurrò Aegon, con voce stranamente felice e rilassata.
Lui si staccò dal principe, sorridendo.
Gli tirò un’altra scherzosa manata sulla spalla.
“Non farlo mai più…” gli disse, cercando di sembrare imperioso e serio.
Il giovane drago lo fissò, a metà tra l’accigliato e il dispiaciuto.
“Una fuga così…lasciando tutti a chiedersi dove diamine sei finito…e scappare chissà dove a fare…”
Scosse la testa. Stava provando a sembrare arrabbiato, ma non ci riusciva.
È nel nostro stile…dovevamo farlo insieme…”
Aegon sorrise, un sorriso in cui tornò a prevalere la malinconia. I suoi occhi si persero per un istante tra i pensieri.
Marko lo guardò con più attenzione.

E dèi, non era solo Rhaegal a essere cambiato. Il principe era…non riusciva quasi a definirlo. Il suo aspetto era cambiato e allo stesso tempo era lo stesso. Aveva un qualcosa di…trasmetteva ancora più regalità, soggezione, potere, aveva quasi un’aura…magica?
Forse era solo un’impressione, ma i suoi capelli erano ancora più argentati, i suoi lineamenti ancora più regali e tanto perfetti ed insoliti da sembrare sovraumani, i suoi occhi di un viola ossidiana ancora più profondo e intenso.
Una domanda gli sorse spontanea.
“Dove sei stato?” gli chiese, con curiosità vera.
Aegon sospirò, abbassando per un attimo lo sguardo a terra.
I suoi occhi risplendevano ancora di più, in maniera quasi soprannaturale, come se dietro, dentro di essi stesse divampando un incendio.
Soppesò tante parole. Ma decise che ne bastavano davvero poche.
Fissò il suo cavaliere più fedele, il suo consigliere più affidabile, il suo migliore amico, il fratello maggiore che non aveva mai avuto.
Le sue labbra articolarono lentamente poche e sincere parole.
“A casa…”
 


 

-        -        -        -        -        -        -

 

 

Approdo del Re

 

 

L’aria della notte che entrava dalle finestre era gelida, tagliente come un coltello e sembrava nutrire, accentuare, fomentare lo sconforto che si portava dentro.
Ma lui era così caldo. Le sue braccia, il suo petto, le sue mani.
Quel calore riusciva a compensare, a sconfiggere, a farle dimenticare il gelo che sentiva fuori, ma soprattutto…dentro.

Era come se la sua pelle bronzea di lui avesse assorbito, raccolto, catturato i raggi del sole di Dorne e li stesse liberando nuovamente ora.
Si stinse ancora di più al suo principe, desiderando ogni raggio che lui le poteva dare. Fino al più recondito angolo del suo animo non voleva altro che lui, non desiderava altro, non aveva bisogno d’altro.
Trystane avvertì questo movimento. La cinse a sé con le braccia, ancora più forte. Non l’avrebbe mai e poi mai lasciata andare. Avrebbe tanto voluto poter fare di più in quel momento così difficile per lei…eppure qualsiasi espressione, qualsiasi frase gli venisse in mente pareva così sciocca, banale, inadeguata. Era maledettamente frustrante.

Era il principe di Dorne, eppure non poteva fare nulla di più per aiutarla. Ma a Myrcella la sola sua presenza pareva bastare.
Andò a perdersi col volto tra i capelli dorati della sua giovane sposa. In sua assenza era tornata a portarli come tanti anni prima. Un folto ammasso di riccioli dorati. Gli ricordavano tantissimo la bambina che era scesa spaesata e confusa dalla nave a Dorne, tanti anni prima. Le davano un aspetto diverso. Ma in fondo tutti quei ricci non gli dispiacevano affatto.
La baciò delicatamente sulla fronte.
Lei alzò leggermente la testa, incrociando lo sguardo con quello di lui.
Gli occhi verdi erano lievemente venati di rosso e gonfi di pianto, ma anche straordinariamente sinceri.
Sul volto si distinguevano chiaramente le sottili righe delle lacrime che come minuscole perle le erano corse giù per le guance.
Un sorriso le si allargava sul viso, un’incredibile e inaspettato sorriso.
Malinconico, tirato, ancora sconvolto, un po’ folle, ma era sincero, ed era un sorriso.
Trystane lo ricambiò, accarezzandole la schiena con il palmo della mano. Provò a dire qualcosa, ma le parole gli morivano in gola…e poi…
Myrcella si avvicinò, andando a cercare le sue labbra.
Chiuse gli occhi, sfiorandolo.
Lui le prese il capo tra le mani, tenendola stretta a sé.
Le labbra di lei avevano quell’inconfondibile sapore salato delle lacrime. Era strano, ma era…inebriante.
La principessa si staccò, senza fiato.
Con le palpebre socchiuse sentì le labbra di lui sfiorarle il collo.
Si adagiò lentamente sopra di lui, sdraiandosi e appoggiando la testa sul petto del principe.
Passarono pochi attimi, qualche minuto, o forse ore. Non avrebbe saputo dirlo. Ma in fondo, non le importava.
Sentiva dentro di sé i resti, le conseguenze, gli strascichi di quella furiosa battaglia che si era combattuta nel suo animo.
Ma ora finalmente percepiva un po’ di calma, di pace, di serenità. Forse era solo quiete prima di un’altra tempesta, o forse…
La voce di Trystane la riportò alla realtà.
Myrcella…” disse “vorrei tanto poter dire di poterti capire…”
Le strinse forte una mano tra le sue.
Ma anche quando Quentyn…è stato diverso”
Scosse la testa. No, non era quello che voleva dire.
“Non posso sapere come ti senti ora ma…”
Sospirò.
“Ma so quanto faccia male cadere, cadere da così in alto…e che rialzarsi non è facile”
Per un istante interminabile si fermò, cercando, soppesando le parole.
Ma non c’è altro modo…rimetterti in piedi, risalire, riprenderti…”
Si morse il labbro, cercando di dire ciò che davvero voleva dirle.
Non dovrai mai, mai, mai dimenticarlo. Ma devi, dobbiamo, voltare pagina. Alzati ora, più forte di prima.”
Le strinse ancora e ancora più forte le mani.
Ti prometto che…non dimenticherò nemmeno io. Pagheranno per quello che gli hanno fatto…”
La principessa rispose alla sua stretta.
Non lo dimenticherò mai…” sussurrò lei, con gli occhi persi nel vuoto.

 “Potremmo…” iniziò a dire lui, a metà tra il serio e il divertito.
Lei riuscì a riemergere dai pensieri, chiedendosi cosa stesse dicendo.
Trystane sorrise all’idea. Andò ad intrecciare le mani le sue sul grembo di lei. Scandì lentamente ogni parola con tono quasi solenne.

“Prince Tommen Nymerios Martell…doesn’t sounds bad…”
Myrcella sorrise, sospirando. Quell’idea…l’aveva presa in contropiede. Ma…ma le piaceva.
It sounds very good…” gli rispose con un filo di voce.
Quell’idea…non la spaventava più come prima. Qualcosa dentro di lei era cambiato. Un paio di mesi prima il suo ciclo di luna era in ritardo. E per qualche giorno aveva vissuto nel terrore di…

Eppure qualcosa di nuovo aveva cominciato a farsi strada tra i suoi pensieri… Quell’idea…
Anche quando il sangue alla fine era arrivato, quella nuova consapevolezza, quella nuova sensazione, quel nuovo…quel nuovo… desiderio…non l’avevano più abbandonata.
Certo, era ancora troppo presto. Non voleva assolutamente mettere a rischio sé stessa, né tantomeno…

Non erano pronti, e presto, dannatamente presto, si sarebbe scatenato il caos.
Ed Approdo del Re ne sarebbe stato l’epicentro.
Dovevano andarsene, al più presto possibile. E poi semmai pensare a un...
Sospirò.
Tornare nella sua città era stato bello. Rivedere, riavvicinarsi, rispolverare la sua vecchia vita in fondo le era piaciuto.
Erano oramai dieci mesi che era lì. E Dorne le mancava…da impazzire.
Sollevò la testa, si alzò sulle mani, girandosi per tornare a guardarlo in faccia. Si appoggiò con i gomiti sul petto di lui, fissandolo negli occhi.
Trystane le sorrise. Lei abbassò un istante lo sguardo.
“Quando…quando torneremo a casa?” chiese al marito.
Lui sollevò una mano, scostandole i ricci che erano caduti a coprirle il volto.
“Presto. Molto presto…”
La sua espressione si fece più seria, ma anche comprensiva.
You know Dorne. But Dorne has to know you…”
Sorrise, quasi in segno d’incoraggiamento.
Has to know us…”
Myrcella lo fissò compiaciuta. Aveva ragione. Non avrebbero mai e poi mai potuto governare delle genti che non li conoscevano, non li stimavano, che non si fidavano di loro.
Solleticò il petto di lui con la punta del dito
And they will know us…”

 

 







Note dell'autore:

 

Perdonate il ritardo, ma come avete potuto vedere questo capitolo è più lungo del solito e questo, insieme a un po’ di blocco e indecisione, ha allungato i tempi.
Siamo a un nodo abbastanza importante e…e spero davvero di essere riuscito a scriverlo come l’avevo in mente, di essere stato chiaro e di non aver scritto qualcosa di troppo sbilanciato.
Ho deciso di dare una leggera accelerata alla storia generale, nei prossimi due-tre capitoli progrediremo ancora parecchio…ma non vi voglio anticipare nulla.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, come avete trovato il POV di Marko. Era da un po’ che volevo scrivere dal suo punto di vista, sia per avere la libertà di un personaggio nuovo, sia per delineare meglio il suo rapporto con Aegon.
Spero di esserci riuscito.
Che dire, alla prossima.
E, ovviamente, long live the lioness.

 

Luke

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


Cap 17

Long live the lioness





"And we’re gonna be alright
Dry your tears and hold tight
Can’t you tell I got news for you
Sun is shining and so are you”

 
Sun is Shining, Axwell





Giardini dell’Acqua, tre settimane dopo

 


 
Quel profumo...o meglio, quell’atmosfera…

Casa.
C’era e non c’era allo stesso tempo, pareva solo qualcosa immaginario e contemporaneamente così evidente da non poter essere negato. Lo sentiva e non lo sentiva.
Ma in fondo, cosa importava?

Era a casa. Finalmente a casa. E contava solo e soltanto quello.
In un gesto oramai abituale, la sua mano andò a perdersi tra i lunghi capelli dorati.
Attorcigliò una ciocca attorno al dito, mentre continuava a perdersi tra pensieri finalmente sereni, distaccati, a tratti anche senza senso né scopo. Ma era proprio questo che desiderava. E Dorne aveva, aveva sempre avuto, il potere di farle dimenticare ogni problema, ogni dilemma, ogni questione irrisolta.

Solo lì, solo a casa, poteva sentirsi finalmente così, spensierata, libera, in pace.
Era così bello essere tornati…
Sospirò.
Tutt’a d’un tratto tornò a udire le parole degli altri. E i loro discorsi la riportarono alla realtà.
“Non sai cosa faranno i Dayne…” diceva una voce, dubbiosa ma misurata e calma.
Quella di Trystane interruppe bruscamente la frase.
“La stella nera…non è più un problema…”
Abbassò lo sguardo, riordinando e mettendo a fuoco i pensieri.
“Edric è riuscito a conciliare le parti. Starfall ci sarà fedele, fino in fondo…
Il principe Doran scosse la testa.
“Ti fidi così ciecamente di loro?”
La voce del marito si fece ora quasi irata.
“Dèi, se non mi posso fidare dei miei alfieri…cosa dovrei fare?”
Appoggiò il pugno sul tavolino.
“Non possiamo continuare a vivere nel sospetto, nell’inquietudine…non posso fare come hai fatto negli ultimi vent’anni”
Il padre lo interruppe.
“Trystane…”
Ma non ebbe modo di finire la frase.
Sedersi a un tavolo, sentire le loro ragioni, discuterci assieme…non apparire come un punto di riferimento vago, non essere una figura assente, silenziosa, che si chiude in sé stessa, che è troppo distante, lontana…questo fa la differenza” disse, scandendo le parole.
Puntò un dito sul tavolo.
“Questo fa la differenza…mi fido di loro, e loro si fidano di me”
Doran Martell fu sul punto di replicare, ma poi…
Si era protratto in avanti nel dialogo, ma si lasciò ora ricadere sul divano.
Myrcella allungò la mano, andando a stringere quella del marito.

Forse era stato troppo brusco. Ma del resto quella non era altro che la verità. La linea politica che il principe di Dorne aveva tenuto negli ultimi anni era a dir poco…discutibile.
Certo, ciò che i lui, che i Martell avevano subito…ma quell’isolamento totale, quel silenzio, quel temporeggiamento senza fine erano davvero eccessivi.

La voce di Trystane interruppe nuovamente i suoi pensieri.
“Avrò bisogno di tutto ciò che potranno darmi, di tutto il loro appoggio e aiuto in ciò che si scatenerà tra poco…”
Solo il pensiero di cosa stava per dire lo faceva sorridere, sorridere amaramente.
“Hai passato anni ad architettare piani, mosse, strategie per ottenere ciò che volevi…giustizia…ma non hai mai voluto trascinare Dorne in una guerra”
La voce del padre, quasi gelida, tornò a riecheggiare.
Cosa vuoi dunque tu?”
Trystane abbassò per un istante il capo, e tornò a fissare il padre negli occhi. Indugiò per un istante. Ma poi riprese a parlare con rinnovata sicurezza.
“Mettere Aegon su quel trono è quello che voglio…ciò che giusto, ciò che è meglio per noi, per Dorne, per il regno intero. E nemmeno io vorrei maitrascinare Dorne in una guerra infernale
Rise, una risata amara, quasi folle.
“Ma purtroppo non c’è altro modo..."
I suoi occhi si strinsero di nuovo in quella determinazione così ferrea.
Il tempo di temporeggiare e di pianificare è finito…dobbiamo mettere tutto in gioco, buttarci nella mischia, dare tutto ciò che abbiamo per...

Non poté finire la frase. La voce del padre venne a sovrastare la sua.
“You…you are right”
Sospirò, un sospiro stanco, amaro, quasi carico di rimpianto.
momento giusto…e ora…”
Scosse la testa.
“Everything is changed”
"Mi guardo intorno, e i nemici che vedo....il mio tempo è oramai passato. Mi guardo intorno e vedo i tuoi…
Il suo sguardo si soffermò sul figlio e sulla principessa.
I vostri nemici…
Abbassò il capo, mentre gli occhi perdevano fuoco.
This is your time…those are your choices…this is your war
Cadde un silenzio quasi surreale.
A Trystane non pareva vero ciò che era appena successo. E quel silenzio…non faceva altro che contribuire alla sua incredulità.
Nell’aria della veranda aleggiava l’aura carica di ciò che era appena successo, e di ciò che stava per accadere.
Ogni suo muscolo, ogni suo nervo, ogni suo respiro era teso, irrequieto, incredulo, impaziente. Stava davvero per…
Sentì le dita di Myrcella sfiorare le sue, per dargli e al contempo cercare sicurezza, per rendersi entrambi conto che no, non stavano sognando.
Come in un sogno, vide il padre tornare alla realtà.
Alzò la mano destra all’altezza del viso, quasi in contemplazione di…
Sorrise, malinconico e sicuro assieme.
Lentamente, molto lentamente si sfilò l’anello dal dito.
Lo pose sul palmo della mano, contemplandolo ancora.
Dopo istanti che parvero infiniti, allungò la mano verso il figlio.
Trystane se lo aspettava, era la logica successione delle parole dette in precedenza dal padre. Eppure il respiro gli si mozzo ugualmente. Smise di udire, di percepire tutto ciò che c’era intorno. La vista si annebbiò, tutto tranne la mano che reggeva l’anello, che a ogni istante si faceva più luminoso e sfavillante, divenne un alone indistinto.

Sentiva riecheggiargli nelle orecchie un fischio, un ronzio costante, che era allo stesso tempo assordante e lontano. La sua pelle sembrava diventare più calda ad ogni istante. Quando le sue dita sfiorarono l’anello, sembrò la cosa più fresca che avesse mai toccato.
Forse ci sarebbe stato bisogno di parole, parole come “Ora Dorne è tua. Questo onore, ma anche questa responsabilità enorme è tua.”
Ma quell’anello era un simbolo, un simbolo potente, chiarissimo, inequivocabile.
E nessuno sentì il bisogno di usare parole.
Ancora incredulo Trystane se lo fece scivolare sul dito.
Ciò che provava…non sapeva se ridere o piangere, se sorridere orgoglioso e felice o rimanere freddo e impassibile nella consapevolezza del peso di quella enorme nuova responsabilità.
Sapeva che ciò che lo aspettava, ciò che li aspettava, era…
Chiuse gli occhi, prendendo un lungo respiro. Cercò dentro di sé ogni briciolo di determinazione, forza, coraggio.
Da tanto tempo sapeva che quel momento, prima o poi, sarebbe arrivato. Era arrivato a volerlo con tutto sé stesso, non per sé, non per loro, ma per il padre, per Dorne. Bisognava cambiare. Cambiare. E lui, anzi, loro, sarebbero stati l’inizio, ma anche il fulcro di quel cambiamento. Già, loro.
Tornò a concentrarsi sul mondo reale, ponendo momentaneamente freno a tutto ciò che gli ronzava incessantemente nella testa.
Il principe Doran sporse in avanti, verso il tavolo, scostando il sottile velo che copriva la piccola scatola.
Le dita indugiarono tra i lembi delle tasche di velluto della scatola.
Sollevò le mani, stringendo tra le mani…
Era un cerchio d’oro sottile, esile, minimalista, spesso pochi millimetri.
Decine, centinaia, forse migliaia di minuscoli rubini erano stati incastonati nell’oro.
Le era capitato di vedere quel leggendario simbolo in un paio di occasioni. La tradizione voleva che fosse il dono fatto dal capostipite dei Martell alla regina Nymeria. Era il simbolo della discendenza femminile di quella coppia che si perdeva nei meandri della storia di Dorne. Il simbolo della principessa di Dorne.
Un raggio di sole investì la corona, che parve brillare di luce propria. Lame di luce si sprigionarono dal metallo e dalle pietre, creando uno spettacolo magnifico e quasi abbagliante.
Myrcella capì in un unico istante cosa stava per accadere. Non poteva dire di non averci mai pensato. L’idea le aveva sfiorato la mente più di una volta.
Ma non ci aveva mai davvero ragionato troppo sopra. Pareva sempre qualcosa di così lontano, di così impossibile, una visione tanto remota da essere irrealizzabile.
Eppure stava accadendo.

Un’emozione le risalì dentro, la percorse dalla testa ai piedi, divampò in lei come un incendio senza controllo.
Gli occhi le brillavano.
Il padre appoggiò il diadema sui palmi del figlio.
Trystane alzò lo sguardo. I loro occhi si incrociarono.
Riuscirono quasi a percepire ognuno l’emozione, la tensione, l’incredulità dell’altro.
Lui le sorrise ancora, un sorriso di felicità pura, un sorriso sicuro, come per confermarle che stava tutto succedendo davvero.
Con un gesto lento le pose la corona sul capo.
Già alla vista il diadema d’orato era parso leggero, e sentirlo tra i capelli non fece altro che aumentare questa sensazione.
Ma capì subito che quel peso, seppur leggero in sé, non era altro che un  simbolo.
Un simbolo di ciò che era, di ciò che erano, ora.
La terra in cui sette anni anni prima era arrivata come estranea l’avrebbe d’ora in poi chiamata principessa.
La sola idea la faceva andare fuori di testa in tutti i sensi, la entusiasmava e la terrorizzava insieme, la riempiva di orgoglio e allo stesso tempo le metteva i brividi.
Senza rendersene conto le sue dita stavano stringendo la mano del principe. Del suo principe.
Lo sguardo le tornò a fuoco, dopo che aveva passato attimi, secondi, o magari minuti assorta nei pensieri. Era stata la voce di…di Doran a riportarla alla realtà. Possibile? Aveva davvero sentito bene?
Con un gesto della mano la chiamò a sé.

Che cosa?
Non credeva ai suoi occhi. Davvero il principe…
Ma il sorriso di lui era davvero sincero.
Si alzò, muovendosi un po’ incerta verso di lui, ancora dubbiosa e sorpresa.
Arrivò di fronte a lui, incocciando lo sguardo con quello del vecchioprincipe.
Ma in qualche modo, per qualche strana ragione, le dava fastidio guardarlo così, dall’alto in basso.
Senza sapere davvero cosa stesse facendo, si inginocchiò di fronte a lui.
Sostenere uno sguardo con lui era davvero difficile.
Si sentiva in soggezione e allo stesso tempo le veniva da sorridere.
Il principe Doran le posò le mani sulle spalle.
"Dorne fortunata…è stata troppo, troppo a lungo senza una principessa”
Si fermò un istante. Il suo volto vecchio e stanco si irrigidì leggermente, mente gli occhi si perdevano tra ricordi troppo sbiaditi e consunti per poter essere chiari.
“Mio figlio è un uomo fortunato…fortunato ad avere te al suo fianco. So benissimo che sotto questo…”
Sollevò la mano, come per indicarla.

“Aspetto così angelico…si nasconde ben altro…”
Non poté trattenere una leggera risata, che gli riportò un sorriso sul volto. Scosse ironicamente la testa.
“Lo battevi a Cyvasse a dieci anni…posso solo immaginare chi realmente governerà Dorne…” aggiunse.
Il tono era sincero, non accettava repliche.
Ma contemporaneamente era anche ironico, scherzoso, disteso. Non era di certo un insulto o un’accusa.
Myrcella gli restituì il sorriso migliore che riuscì a inventarsi, mentre si sentiva…non era propriamente imbarazzo, ma ricevere tanti complimenti…
La voce di lui tornò a farsi sentire.

“Per me è come se avere una nuova figlia…”
Lei sentì gli occhi diventare lucidi, mentre la gola le si stringeva. Provò a dire qualcosa. Ma di fronte a tanta…a tanta fiducia, tanto…affetto?

Era tutto così nuovo che…
La principessa si morse il labbro, cercando parole che erano troppo difficili da trovare.
“Queste parole…mi rendono un grande onore e…”
Il principe Doran fu sul punto di replicare, ma…lei non gliene diede il tempo.
Io sono stata fortunata. Fortunata trovare un marito così”
Abbassò il capo, mentre i ricordi le invadevano i pensieri.
“Mi hanno detto non so quante volte che…che ero nata per questo. Per essere il sigillo di un’alleanza. E…”
Quei ricordi la fecero sorridere amaramente.
 “E in qualche modo mi avevano anche preparata…preparata ad un futuro infelice, in una terra lontana, a fianco di un freddo sconosciuto, di un estraneo a cui importava solo del mio nome”
Scosse la testa, mentre sentiva gli occhi diventare sempre più lucidi.  

Non dico che ero pronta, pronta a subire, pronta ad accettare qualcosa del genere, ero…non estranea all’idea. Ma mai e poi mai avrei pensato di poter trovare…ciò che ho ora.”
Non riuscì più a trattenere le lacrime, che scesero come due minuscole e perfette perle di cristallo lungo il suo viso.

“Qualcuno che mi accogliesse a braccia a aperte, qualcuno che davvero tenesse a me e di cui mi potessi…innamorare”
Si morse ancora il labbro, cercando di sconfiggere la mano invisibile che le stringeva la gola.
“E non avrei mai pensato di poter trovare…un posto che sentissi essere, che diventasse…casa”




 

-       -       -       -       -       -       -



Meereen

 
 

“Magia…” disse, mentre le dita giocherellavano distrattamente con l’elsa di Blackfyre.
“Magia, Daenerys. Il potere dei nostri antenati…”
Sospirò, divertito e serio allo stesso tempo.
“Non si è affatto estinto. Valyria stessa è impregnata di un qualcosa…di qualcosa di misterioso, ma soprattutto, di incredibilmente potente…ancora oggi”
Scosse la testa, mentre i suoi occhi d’ossidiana smettevano di mettere a fuoco e si trasformavano in spirali in cui ci si poteva perdere.

Tutto quello che aveva visto…l’atmosfera stessa che regnava là, l’aveva temprato, rinvigorito, motivato ancora e ancora di più nella sua ferrea volontà, nel suo disegno, nei suoi piani e progetti per il futuro. Ciò che ancora trasudava da, a Valyria aveva un potere straordinario. L’aveva aiutato enormemente, eppure, era tanto misterioso e potente che lo affascinava e lo intimoriva allo stesso tempo.
“Hai visto gli effetti su Rhegal…” aggiunse, tornando a guardare la regina.
“È cresciuto in maniera incredibile…” disse lei, distaccata, mentre mille ricordi del suo drago verde tornavano ad affiorare nella sua mente.
“Daenerys…” continuò lui, sospirando.
“Quando…quando volo su di lui…”
Si fermò un istante, cercando le parole per esprimere ciò che sentiva. Ma non ce n’erano di adatte.
“Solo in quei momenti…mi sento davvero vivo, davvero completo, davvero me stesso…sento come se tutto il resto non avesse senso…”
Parlarne era davvero difficile, quasi impossibile.
Daenerys lo guardò sorridendo. Sapeva benissimo quello che lui stava provando a descrivere.
Aegon…è quello per cui esistiamo. Fare questo, i draghi stessi…sono parte di noi...”
Indugiò un istante, mentre centinaia di ricordi e pensieri le bombardavano la mente.
It’s what we are born for…”
Forse ci sarebbe stato bisogno di alter parole, ma loro non ne avevano più. Non avevano più la forza per dirle, o forse…non gliene servivano altre.
Rimasero in silenzio, uno a fianco all’altra, a guardare il sole sprofondare nel mare del tramonto, raggiungere le terre del tramonto.
Presto lo avrebbero seguito in quel viaggio a occidente…
Aegon sorrise malinconicamente. Era paradossale, quasi ridicolo, che stessero mettendo in gioco tutti loro stessi, tutte le loro certezze per riprendere ciò che era loro, per conquistare una terra che…che non conoscevano, di cui non avevano alcun ricordo.
Questi pensieri gli fecero tornare in mente un…un dubbio, una domanda, una questione che fino ad allora era riuscito ad evitare, ad accantonare.
Ma ora non riusciva a mettere da parte quel pensiero.
Daenerys percepì la sua inquietudine.
Gli prese la mano, pronta a chiedere cosa non andasse.
Lui però la precedette.
“Mi stavo chiedendo…se ce la facessimo, cosa…”
Abbassò lo sguardo, ancora incerto se condividere o meno quel dubbio con lei. Ma non poteva portare quel peso ancora da solo, voleva…la sua opinione, voleva porre fine a quel dubbio.

“Cosa succederà dopo? Cosa…cosa faremo?”
Socchiuse, gli occhi, cercando le parole migliori. Ma lei lo precedette.
“So cosa vuoi dire Aegon…”
Si avvicinò a lui, prendendogli una mano tra le sue.
“So che quando…riavremo ciò che ci spetta…”
Incrociò lo sguardo con quello di lui, catturandolo magneticamente.
Sono pronta a…a perseguire la tradizione. A mandare avanti la stirpe dei draghi.”
Indugiò per un solo istante.
Sono pronta a essere…la tua regina”
Gli occhi di Aegon avevano perso ogni traccia di resistenza, di dubbio.
Erano completamente concentrati su di lei, e trasparivano la fiducia e l’abbandono totale a lei che pervadevano il principe.

Sembrava quasi un bambino…
Daenerys sorrise.
Senza davvero volerlo, si perse in quegli occhi, in quegli oceani violetti e d’ossidiana e…

Era da tantissimo tempo che non pensava a…a come sarebbe stato essere la regina avendo…avendo un altro drago al suo fianco.
Del resto, era stata sola, dannatamente, immensamente sola per così tanto tempo che…
Certo, quando ancora Viserys era vivo…si era ritrovata a pensare a quello ben più di una volta. Ma erano pensieri così astratti, così lontani, così sfuocati e irraggiungibili che…che non ci aveva mai creduto troppo. E poi, era soltanto una bambina al tempo.
“Daenerys…”
sussurrò Aegon con un filo di voce.
Lei rialzò lo sguardo, avvicinandosi leggermente a lui.
Il principe, senza davvero ordinarlo al suo corpo, abbassò il capo verso di lei.
Si avvicinò al suo volto, mosso da qualcosa che non era precisamente la sua volontà. O forse, sì.
Arrivò a pochi centimetri da lei e…non si era mai sentito così impacciato. Aveva ripetuto quel…quel gesto centinaia, forse migliaia di volte. Eppure ora…
La regina comprese…dove lui volesse arrivare. Chiuse gli occhi.
Aegon le sfiorò timidamente le labbra. Fu leggero, e solo per un breve istante. Ma bastò a entrambi.
Daenerys lo sentì scostarsi. Tenendo gli occhi chiusi, si appoggiò al petto di lui.
Sentì una mano del principe posarsi sulla nuca, e l’altro braccio avvolgerle la schiena. Si strinsero l’una all’altro, drago contro drago.
Il principe si sentiva…beh, c’era stato tanto caos fino ad allora nei suoi pensieri. Quel dubbio, quell’incognita di cosa sarebbe accaduto una volta ripreso il trono…l’aveva tormentato fin troppo a lungo. La sola idea di doverla costringere a…no, non riusciva nemmeno a concepirla.
Come avrebbe potuto essere un re rispettato, giusto, che ispirava fiducia, a cui tutti obbedivano senza esitare, se lui stesso aveva sposato una donna contro la volontà di lei?
Sospirò. Era stato davvero orribile avere quel pensiero in testa per così tanto.

Ma ora finalmente Daenerys aveva fugato ogni suo dubbio.
C’erano ancora tante emozioni, tante sensazioni, domande, che si rincorrevano nella sua mente…per quello che era appena successo.
Ma al contempo, sentiva dentro di sé una sorta di pace, di calma, di sicurezza ritrovata.
Sfiorò con il mento la fronte di lei, sentendo i suoi capelli argentei solleticargli il collo.
In quei mesi aveva sentito tante, forse troppe opinioni, valutazioni sulla regina. E molte contrastavano fra loro. Chi la vedeva giusta e compassionevole, altri spietata e assetata di sangue come i suoi draghi.
Ma di certo nessuno osava negare che…che fosse veramente bellissima.
Era il suo, il loro, sangue valyriano a determinare quei lineamenti, quei capelli, quegli occhi, quell’aura, quell’atmosfera così regali, così sovraumani, così unici.
Di certo non era una donna che ti lasciava…indifferente.

Non poteva negare di essere attratto da lei. Ma chi lo poteva negare?
Per il resto però…non sapeva come definire ciò che sentiva per lei. Era ancora qualcosa di strano, di indefinito…non era debole, questo no. Teneva a lei, ma in un modo nuovo, a lui sconosciuto…le voleva bene come…come se fosse una sorella.
Il solito sorriso malinconico tornò ad allargarglisi sul volto.

Cosa ne sapeva lui per definire così ciò che provava? Poi era tutto ancora così confuso…
Ma forse col tempo...forse col tempo le cose sarebbero cambiate.
Forse sarebbe persino riuscito a…ad amarla.
Mentre non credeva di starci davvero pesando, tornò a udire la voce di lei.
“Ho pensato per tanto tempo che…che sarei diventata la regina di Viserys”
Daenerys sorrise amaramente.

Lui…mi ha cresciuta nell’ottica di…”
Sospirò.
“Di essere una regina, una moglie…sottomessa in tutto…”
Aegon la interruppe, con tono deciso, quasi arrabbiato.
 “Non ti obbligherò mai, mai a essere così, sottomessa, subordinata a me in tutto”
Le strinse con forza le mani tra le sue.
“Se vorrai, potrai esserlo ma…ma vorrei tanto una regina, una compagna, una moglie che possa essere un sostegno, un aiuto, una motivazione che mi faccia andare avanti”
Lei annuì, senza aggiungere altro.
Il principe sorrise, malinconico e divertito insieme.
“Conquistare i sette regni sarà uno scherzo in confronto a ciò che ci aspetta dopo…”
Daenerys ricambiò il suo sorriso.
“Non sarebbe meglio cominciare allora?”
Lui abbassò per un istante lo sguardo.
 “Hai ragione” disse.
Aegon tornò a guardarla negli occhi.
Presto Westeros tornerà a conoscere i draghi…”

 

 



Note dell’autore:



ok, non so come scusarmi per questo ritardo. Davvero pardon, ma sono strapreso da mille cose e oltre al tempo mi è mancata anche un pelo la voglia di scrivere.
Ma ora eccomi qui.
Spero che questo capitolo possa essere una consolazione adeguata.
Ho dovuto fare una transizione, ma ho comunque voluto inserire elementi importanti.
Sono stato molto molto simbolico, nella prima parte soprattutto, spero si sia capito ciò che volevo trasmettere: il tempo di Doran è oramai finito, e lui in primis se n’è accorto, e lascia ora spazio al figlio e a Myrcella.
Come ho detto, ho usato questi simboli, quali l’anello e la corona per trasmettere proprio “fisicamente” il passaggio tra il vecchio e il nuovo.
Forse ho esagerato con questo simbolismo, ma mi pareva il modo migliore e più originale per descriverlo.
Per il resto…allora, so già che molti si staranno facendo film mentali su Daenerys e Aegon. Chiarimento: come spero si sia capito Aegon non è assolutamente sicuro di ciò che sente per lei, e la cosa è reciproca.
Non è un’altra coppia perfetta, non per ora almeno.
Sono entrambi però consapevoli che essendo dei Targaryen se riusciranno a riprendere il trono dovranno per forza perseguire le tradizioni.
Spero di essere stato chiaro, e che il capitolo vi sia piaciuto.
Come al solito lasciatemi qui sotto tutte le vostre opinioni, per me è davvero importantissimo sapere cosa ne pensate.
Concludendo, mi sto dannando per una foto caricata dall’attrice che interpreta Myrcella…ebbene, foto di tipo un camerino con tanto di nome sopra. Ora, o è una foto vecchia delle riprese della quinta stagione e quindi si sta divertendo a perdere tutti in giro, oppure…beh sapete bene  quanto spero sia ancora viva. Ma in Benioff e socio ripongo davvero poca speranza.
Ho scritto fin troppo.
Alla prossima
E ovviamente, long live the lioness







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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


Cap 18



Long live the lioness




 “There's no fate but what we make for ourselves”

 

John Connor, Terminator

 

 

 

Roccia del Drago, un mese e mezzo dopo

 

La nebbia aleggiava dappertutto, copriva, offuscava ogni cosa, creando un’atmosfera magica, quasi spettrale, soprannaturale. Quel fumo biancastro era allo stesso tempo impalpabile e tanto spesso e pesante da poter essere toccato, raccolto, fatto scorrere fra le dita e…annusato, assaporato…
Un sapore acre, salato, sulfureo…eppure…aveva un che di…che metteva in soggezione, che infondeva un senso di piccolezza, che trasmetteva potenza e…
Quella nebbia…pareva trasudare dalla roccia stessa, come se fosse…il respiro della terra.
Il vento soffiava forte, sibilava prepotente tra i faraglioni, le scogliere, i vulcani. Era potente, gelido.
Ma lei, protetta nell’anfratto tra le due alte e nere statue dei draghi, non sentiva freddo. Forse era quel fumo, quel respiro dell’isola, a tenerla calda…
Intrecciò le dita in grembo, facendo scivolare le mani nelle maniche del vestito.
Sospirò, lasciando che il suo sguardo si perdesse sull’orizzonte oltre le onde del mare in tempesta. Le creste bianche dei cavalloni si infrangevano con violenza contro le nere scogliere a picco sulla baia, in un’eterna lotta tra la terra e il mare.

Tutto ciò non avveniva in silenzio. Il rumore di tutto ciò...chiudendo gli occhi e affidandosi solo all’udito, si percepiva comunque appieno tutta la potenza di quella lotta.
Il rombo potente delle onde, l’urlo del vento…
Eppure tutto questo rumore aveva un che di…confortante. Aiutava quasi a pensare, a perdersi fra ricordi e idee.
Un fruscio dietro di lei la distolse dai suoi pensieri.
Non fece nemmeno in tempo a voltarsi.
Sentì due mani posarlesi sulle spalle. Non ebbe bisogno di vederlo. Sapeva che era lui. L'aura che il giovane drago portava sempre con sé era inconfondibile.
Non si guardarono nemmeno, non si parlarono nemmeno. Eppure, dopo un istante solamente, si era già creata tra loro un’atmosfera perfetta, come se fossero lì da ore.
In modo surreale, quasi ironico, sospirarono all’unisono. E non poterono fare a meno di sorridere.
“Quanto…quanto è passato?” chiese, lui, rompendo finalmente quel silenzio surreale. La sua voce era distesa, nostalgica, quasi stanca…e malinconica.
Lei si voltò, facendo per parlare.
Si ritrovò faccia a faccia col principe. Dèi, se ne era passato di tempo.
Alzò lo sguardo.
Il volto di lui la colpì esattamente come la prima volta.
I lineamenti regali, i capelli argentei che ricadevano lunghi fino al collo coprendo in parte le guance, e quegli occhi, quelle perle viola scuro, tenebrose e luminose allo stesso tempo, specchi sull’anima, sulla natura malinconica del principe.
E quel sorriso…era inconfondibile. Unico. Racchiudeva in sé…malinconia, calma, poesia, amarezza, serenità…e quante altre cose ancora.
I capelli ricadevano sulle spalle larghe e distese, coperte da pesante mantello lungo fino a terra. Da quest’ultimo, all’altezza della vita, sporgeva la massiccia e regale elsa di Blackfyre, monito inequivocabile che ricordava che, nonostante tutta quella calma, tutta quella serenità, tutta quella bellezza, si stava combattendo una guerra.
Tutto d’un tratto le tornò in mente che lui le aveva fatto una domanda.
Nel concepire la risposta, scosse la testa, incredula a ciò che aveva appena realizzato.
“Quasi…quasi un anno” disse lei con un filo di voce.
Aegon fu altrettanto stupito e, nel rendersi conto che era effettivamente vero, quasi contrariato di quella risposta.
“Un anno” rispose, con voce lievemente nostalgica “È successo così tanto…”
Scosse la testa, abbassando per un istante gli occhi. “Ma ciò che è più importante deve ancora accadere…”
Si fermò qualche istante a guardarla, a soppesarla come anche lei aveva fatto.
“E dèi, non pensavo fosse possibile ma…sei diventata ancora più bella…”
Myrcella abbassò leggermente il capo, sorridendo e arrossendo lievemente insieme. Era qualcosa che le veniva meccanico, reagire così ai complimenti.
Sentì nuovamente le mani del principe posarlesi sulle spalle.
Riportò a fuoco lo sguardo su di lui.
I palmi di Aegon però non rimasero fermi. Li sentì scendere lungo le braccia, strusciare sul velluto rosso, la presa delle dita poi allargarsi leggermente.
Sussultò nel percepire i pollici di lui sfiorarle lentamente il seno.
Per qualche motivo in un’inconsapevolezza leggerezza lei lo lasciò fare. Forse perché si sentiva in quel modo, forse per la situazione che si era creata, forse per quell’atmosfera unica e surreale… Forse perché era Aegon. Se fosse stato qualcun altro…
Intanto le mani di lui erano scese fino a stringerle i fianchi, e lo sguardo del giovane drago era paralizzato su di lei. Myrcella lo fissava negli occhi e riusciva quasi a carpire ciò che passava per la testa di lui.
Per un paio di secondi, o forse decine di minuti, rimasero così, come pietrificati.
“Mi sei mancata…” disse lui con un filo di voce.
Ricadde un breve silenzio, rotto solo dal fischiare incessante del vento.
La principessa era sorpresa, in positivo, di ciò che stava accadendo. Trovare un Aegon così…beh, l’aveva stupita, ma ne era felice, colpita, quasi…affascinata. Ma proprio questo nuovo atteggiamento del giovane drago le accendeva qualcosa dentro, le faceva nascere un dubbio, che si faceva sempre più incessante. Che lui si fosse… No, no, sarebbe stato troppo assurdo. Ma allora perché? Perché tutto questo?
Non sapeva davvero come decifrare il comportamento del principe, non riusciva a interpretarlo e questo la rendeva insicura su come porsi.
Voleva dire qualcosa, ma qualsiasi cosa che le veniva in mente le sembrava…inadeguata. Queste parole però le vennero da dentro, e nonostante l’incertezza, non si poté trattenere dal pronunciarle.
Ora…ora sono spostata”
Sorrise ironicamente.
“Guardandomi così…rischi di perdere l’alleanza con Dorne…”
La reazione di lui fu… Forse lei vide le cose più lentamente di come effettivamente accaddero, ma…per un instante interminabile Aegon rimase immobile, come se fosse stato completamente preso alla sprovvista, come se non avesse nemmeno tenuto in conto che lei arrivasse, anche ironicamente, a insinuare una cosa simile. Insinuare oppure…scoprire?
Il principe annaspò per qualche secondo, provò a controbattere ma…qualsiasi risposta provasse a formulare, pareva giusto un istante dopo alla sua mente troppo azzardata, sembrava portalo a muoversi in un territorio troppo pericoloso, a scoprire troppo le carte. E poi...anche ciò che sentiva, ciò che era maturato durante tutti quei mesi ripensando a lei, che aveva prevaricato il suo solito io prudente dal momento in cui l’aveva rivista…questa sensazione non gli era esattamente chiara…e nonostante questo sentimento ancora indefinito avesse così tanta forza su di lui, non aveva mai nemmeno pensato seriamente di mettere tutto in gioco per questo… ”Per questo cosa Aegon?” si urlò mentalmente. “no, no, no” si ripeté con forza “cosa pensi di fare? Ciò che senti…dèi, e anche se fosse davvero…anche se tu fossi davvero…cosa pensi di fare? Cosa vuoi fare? Non potresti mai e poi averl…”
Prese un lungo respiro. Non era assolutamente il momento di pensare a quello. Avrebbe dovuto riflettere su questo…nuovo sentimento più tardi. Aveva già un milione di problemi che richiedevano di essere risolti e non c’era di sicuro bisogno di crearne degli altri per…per cosa poi? Perché sentiva qualcosa…
No, non si sarebbe mai e poi mai comportarsi così. Non era giusto già di per sé, figurarsi se lui, legittimo re, avesse compiuto una prevaricazione del genere, nei suoi, nei loro, confronti. “Ma mio padre…” No, no, no. Questi pensieri erano…pericolosi. Dannatamente pericolosi. Di certo prevaricazioni compiute nel passato non lo autorizzavano, anzi. Ciò che aveva fatto suo padre…era un chiaro, chiarissimo monito. I draghi erano caduti per…per la follia in cui lui si era lanciato.
E no, non avrebbe commesso un errore simile.
Messi a tacere, almeno per il momento, quei pensieri che tanto lo turbavano, si accorse di dover rispondere.
Sospirò.
La principessa era stata ironica. Quale modo migliore di quello per controbatterle?
Myrcella lo vide tornare a sorridere, sempre carico di quella sua unica malinconia. C’era però qualcos’altro. Qualcosa di nuovo. Lui era tornato a guardarla con dipinta sul volto…sfida?

Ma…ma credi che…credi che sarei disposto a farlo?” chiese il principe con tono carico, graffiante e…ironico? Ma lo era davvero?
Per un interminabile istante Myrcella si sentì gelare. Per un infinito e agghiacciante secondo pensò che…che non stesse scherzando.
Aegon, sforzandosi ancora e ancora di lasciare da parte quei pensieri, provò ancora a rimanere solo ironico. Scoppiò a ridere, scuotendo la testa, e distogliendo finalmente lo sguardo.
Lei si sentì incredibilmente sollevata, liberata da quel dubbio…no, non voleva nemmeno pensare a come definirlo.
Anche se…nella risata di lui c’era qualcosa di…di strano. Era quasi amara, come…come se non fosse sincera. Come se lui pensasse davvero ciò che aveva detto. Come se lui… No. Non era possibile. Aegon che… Le faceva quasi paura pensarlo. Ma nonostante ciò…non riusciva a convincere appieno sé stessa che stesse davvero scherzando e…
Tornò a guardarlo, e vide il solito sorriso malinconico.
E tutto d’un tratto si chiese perché si stava facendo tanti problemi, tante domande.
Aegon era cambiato, non poteva negarlo, ma se davvero ciò che le pareva di aver colto era vero…beh, lui l’avrebbe mostrato apertamente.

Certo, sarebbe stato folle e…impossibile da realizzare ma…era sicura che lui non lo avrebbe gliel’avrebbe nascosto. Se il principe avesse provato davvero ciò che lei pensava, se fosse stato davvero sicuro di provarlo, gliel’avrebbe rivelato.
Sbatté le palpebre come per tornare alla realtà dopo tutti quei pensieri nei quali aveva finalmente messo ordine.
Aegon se ne accorse, e tornò a parlare.
 “Basta parlare di noi. Sei, siete, qui per un motivo…”
Sospirò, come per dare solennità alla frase.
“Sei pronta a vedere come i Sette Regni cambieranno?”
Che domande…certo. Era lì per quello. Erano tutti lì per quello. Come il suo antenato, Aegon aveva riunito i suoi, seppur poco numerosi, alleati nella fortezza dei Targaryen, per progettare in ogni dettaglio l’invasione e spartirsene a tavolino i frutti.
Tanto, tantissimo potere, potere presente ma soprattutto futuro, era raccolto in concilio lì…a due passi dalla meta finale.
Era quasi paradossale…Approdo del Re e i Tyrell erano così vicini, ma del tutto ignari che a poche decine di miglia da loro un nuovo conquistatore della stirpe del drago stava preparando una guerra per spazzarli via.
Ma questo paradosso era…fantastico. Solo pensarci la faceva sorridere.
Già, Approdo del Re.
Una città che in quel momento era completamente in mano alle rose.
Era stata la scelta migliore, ed era anche l’unica via sensata.
Dopo che Tommen era stato mandato a Vecchia Città e lei e Trystane tornati a Dorne, tutta la delegazione del leone aveva fatto ritorno a Castel Granito. Avevano dominato la capitale per quasi vent’anni e ora la lasciavano nelle mani del nemico. Ma era meglio così. Sua madre sarebbe stata più al sicuro, il potere totale avrebbe accecato ancora di più i Tyrell e, insieme alla mole enorme di lavoro che il governo del regno richiedeva, li avrebbe resi totalmente ciechi e incapaci di accorgersi e di scoprire le trame del principe del drago.
E poi con i Lannister e i Martell così mansueti e sottomessi nelle loro terre, nessuno avrebbe mai sospettato che le due casate stessero preparando una guerra insieme ad un nuovo conquistatore Targaryen.

“Che la puttanella si goda per un po’ quel trono…” pensò. Ben presto la giustizia spietata del drago si sarebbe abbattuta sulle rose, che avrebbero pagato per tutto ciò che avevano fattoche le avevano fatto.
Sospirò, quasi soddisfatta.
All’improvviso si rese conto di non aver ancora risposto alla domanda del principe.
Annuì con il capo, senza aggiungere altro.
Lui sorrise, con la solita malinconia. Lasciò passare qualche istante prima di rompere nuovamente il silenzio.
“E mio cugino? È pronto?” chiese, con un pizzico d’ironia velata. Il tono della sua voce era…lasciava la domanda come in sospeso, generale, indefinita. E aveva un pizzico di…malizia.
“Pronto per cosa?” rispose lei, presa in contropiede.
“Lo dovrei sapere io? Non sei tu quella che lo…conosce meglio di chiunque altro?”

 Myrcella abbassò lo sguardo, divertita e imbarazzata assieme. Mentre metteva insieme una risposta, mandò le sue dita a perdersi tra i capelli.
“È pronto Aegon…pronto a seguirti fino alla fine. Siamo pronti a seguirti fino alla fine. Qualunque essa sia.”
QQuesto“Questo è ciò che vuole?” le chiese, come rinvigorito, rafforzato dalla sua risposta.
La principessa annuì.
“Sì. È ciò che vuole” rispose, con limpida sicurezza.
Il giovane drago sorrise maliziosamente. I suoi occhi viola erano finalmente puri, sinceri, spensierati.
“Non lo metto in dubbio…ma scommetto che voglia più qualcos…qualcun altro…”
Lei abbassò il capo, arrossendo leggermente.
Diciamo che…vinceresti questa scommessa.”
Aegon sospirò.
“Ciò che si è creato tra voi…mi sembra così incredibile, così speciale, così…perfetto” aggiunse, mentre pensieri, ricordi dimenticati, anzi, messi da parte per troppo tempo tornarono ad affiorare nella sua mente. Con Alys…era stato così. E…no, no, no. Si era promesso di non pensarci più.
“Vorrei davvero poterlo trovare con Daenerys…o con Arianne…”
Myrcella sentì quelle parole risalirle dal cuore. Parlò d’impulso, con una sincerità che le veniva da dentro.
“Sono sicura che…che ce la farai, che ce la farete, Aegon…del resto noi…”
Sospirò, mentre in le tornavano in mente tanti momenti unici, bellissimi, che parevano ora così lontani, così passati.
“Noi…quante probabilità avevamo di innamorarci?”
Sorrise nostalgica, stringendosi le mani in grembo.
L’ha voluto il destino…” concluse, quasi sentenziando, mentre nella sua memoria i ricordi continuavano a fluire.
Per un interminabile istante il silenzio assoluto regnò tra le gigantesche statue dei draghi. Ma poi…
La reazione di Aegon fu…forte.
Le prese le mani tra le sue e parlò con decisione, sicurezza, ma anche comprensione
Destino…predestinazione…
Scosse la testa.
 “Sono solo fantasie. Il futuro non è scritto Myrcella” le disse, scandendo le parole.
La guardò negli occhi, come a volerla guidare.
“Io stesso ero convinto che il mio sangue, il mio nome, la mia discendenza mi dessero il diritto di regnare. Che il mio destino fosse quello, che fosse già stato scritto in partenza e che…beh, che in quanto tale si sarebbe prima o poi compiuto da solo.”
Si morse il labbro, come se provasse tenerezza per quel vecchio sé stesso così stupido, o meglio, ingenuo.
“Aegon il Conquistatore e le sue sorelle non avevano alcun diritto sul Continente Occidentale. Eppure per trecento anni la loro stirpe lo dominò, fino a che fu sufficientemente forte per farlo. Si conquistarono, si costruirono da soli, col fuoco e col sangue, il loro destino.
Dopo tanta convinzione, energia e passione la sua voce tornò a distendersi, solenne.
L'unico destino è quello che ci creiamo con le nostre mani.
La principessa rimase per qualche istante stupita, sconvolta, ammutolita. Ma la frase del principe le risuonò ancora e ancora in testa.
E gradualmente, ripensando a quelle parole, ripensando a ciò che era successo e ciò che doveva ancora succedere, ripensando alla sua stessa vita si convinse sempre di più che…

Aveva ragione.
Tornò a sorridere mentre annuiva leggermente.
Sentì la mano di Aegon sfiorare le sue dita. Ricambiò istintivamente la stretta.
Il principe la tirò a sé, cingendole con il braccio la vita.
Myrcella sorrise di nuovo, lasciandolo nuovamente fare, mentre entrambi, inconsapevolmente, si avvicinarono al parapetto.
La sera stava scendendo e di lì a poche ore tra le mura della rocca il drago e i suoi alleati avrebbero steso i piani finali.
Ma lì, insieme, guardando quello spettacolo, quella natura tanto selvaggia quanto magnifica, riuscivano incredibilmente a ignorare tutto ciò, tutto ciò che di oscuro e di tragico doveva ancora accadere.

 

 
 

-        -        -        -        -        -        -       

 

 

Nord. Ovest. Est. Sud.
C’erano tutti. Tutti dipinti su quel tavolo.
E attorno a quel tavolo erano raccolti…
Coloro che avrebbero dominato il nord, l’ovest, l’est, il sud…

Se avessero vinto, ovviamente.
Nonostante fossero passati più di trecento anni, la gigantesca mappa dei sette regni era ancora in stato perfetto. Coste, pianure, fiumi, strade, foreste, città, golfi, montagne, laghi, fortezze. Tutto era ancora straordinariamente nitido, dettagliato, preciso.
Lo sguardo le cadde subito sulla capitale.
L’unica variazione nella mappa era stata apportata proprio in quel punto, per volere di Re Maegor I.
La Fortezza Rossa era riprodotta imponente e magnifica in cima all’alta collina di Aegon, mentre sulla sommità di quella intitolata a Rhaenys si erigeva ancora una piccola cupola, ad indicare l’ormai leggendaria Fossa del Drago, il luogo in cui i Targaryen crescevano e custodivano i loro draghi.
Istintivamente il suo sguardo dalla capitale si spostò a nord est, verso Braavos e da lì verso sud, verso Dorne.
Quello era stato un lungo viaggio. Ma nonostante ciò, ne ricordava davvero poco. Forse perché erano passati sette anni, forse perché durante quel viaggio…aveva decisamente pensato ad altro. Tutto d’un tratto, quei pensieri le riemersero nella memoria. “Stai facendo il tuo dovere.” Quante volte se lo era ripetuta? “Anche se ti fossi opposta, sarebbe accaduto lo stesso.” Scosse la testa. Parole che le avevano messo in testa, e che da lì non erano più uscite. Ma queste non erano di certo state sufficienti a placare i suoi dubbi. Anzi. Certo era il suo dovere, era ciò a cui era destinata ma…ma queste spiegazioni, seppur forti, non potevano certo bastare a una bambina.
Nonostante tutto, non aveva pianto. Non molto, almeno da quanto si ricordava. Forse perché aveva finito le lacrime, forse perché non aveva semplicemente senso. Era stata giorni interi a guardare il mare, con gli occhi persi nel vuoto, spenti, mentre nella sua mente si succedevano domande troppo grandi perché lei potesse dargli una risposta, ma soprattutto paure, insicurezze, nostalgia di ciò che aveva lasciato. E ciò che l’aspettava…ne era impaziente e timorosa assieme. Era una bambina, ma non era di certo cieca. Si ricordava perfettamente come suo fratello aveva trattato la giovane Stark, la sua promessa sposa.

Ma per fortuna poteva dire che per lei non era andata così, anzi.
Si era prima innamorata di Dorne, e poi…
Istintivamente girò il capo verso…verso di lui…
Cercò la sua mano, e trovandola intrecciò le sue dita con quelle di lui.
Trystane le sorrise, ricambiando la stretta.
Come si erano detti tante volte, avrebbero affrontato questa sfida insieme.
Un cigolio della porta la distolse dai suoi pensieri.
Il principe fece il suo ingresso, con sul volto un’espressione pensosa, distaccata e anche leggermente provata, stanca.
Immediatamente tutti i discorsi che i presenti stavano intrattenendo sottovoce tra loro cessarono e il silenzio assoluto cadde nella sala.
Il giovane drago si avvicinò al gigantesco tavolo dipinto, prendendo in mano una sottile asta d’avorio che era appoggiata al bordo.
Si prese un paio di secondi per radunare le idee, sbatté le palpebre ripetutamente, come per svegliarsi, e poi prese la parola. 
“Penso non ci sia bisogno di convenevoli. Sappiamo tutti perché siamo qui e qual è la posta in gioco.”
Per un istante si fermò a raccogliere gli sguardi di approvazione e assenso da ogni parte della sala.
“Io e Marko abbiamo trascorso notti, giorni, settimane a preparare questo…piano, se così lo possiamo chiamare. Siamo tornati tante volte sui nostri passi, abbiamo soppesato ogni aspetto, abbiamo valutato le reazioni più probabili, riunito informazioni ottenute da nostri inviati in tutti i sette regni.”
Prese un lungo respiro, quasi a voler dare solennità al momento.
“E siamo giunti alla conclusione che un attacco frontale porterebbe a ben poco, anzi. Abbiamo deciso che la guerra si scatenerà prima ancora che io metta piede nel continente. E che fino alla fine terremo da parte la nostra arma più temibile.”
Lasciò spaziare lo sguardo su tutto il tavolo.
“Da Dorne alla Barriera moltissimi lord, cavalieri, persone comuni sono insoddisfatti della situazione attuale. Il popolo soprattutto rimpiange i tempi dei miei antenati, mentre i lord mal tollerano il governo dei Tyrell.”
Il suo sguardo ora passò in rassegna tutti i presenti.
“Voi stessi siete qui presenti per questo motivo. Il malcontento sarà la chiave dell’inizio di questa conquista. E il nord è la chiave del malcontento.”
Dicendo questo, rivolse un’occhiata al fratello, facendo un passo indietro.
Jon gliela restituì e prese la parola.
“Il Nord è stanco. Stanco di essere dominato da burattini del sud. E il nord non dimentica. Non ha dimenticato ciò che i Bolton hanno fatto. Il vaso è a un passo dal traboccare…”
I suoi occhi andarono a cercare i rappresentati del nord venuti con lui.
“Propositi e progetti di ribellione si fanno sempre più frequenti alle corti di tutti i lord. Non accettano di essere oppressi e governati da empi traditori. E poi…”
Si fermò un istante, fissando con occhi vuoti e pensierosi il tavolo dipinto.
 Ci deve essere sempre uno Stark a grande inverno…”
Dicendo questo rimase come incantato, con lo sguardo perso, mentre mille ricordi riaffioravano alla sua memoria.
Aegon lo guardò, e vedendolo così, riprese la parola con decisione.
“Sfrutteremo appunto questo malcontento. Dovrai muoverti in fretta, ma comunque con cautela e soprattutto nel segreto più assoluto…convincere gli alfieri stanchi, i clan delle montagne, la gente comune. Raccogliere attorno a te quanti più soldati possibili. Quando attaccherai Grande Inverno…”
 Tornò a puntare l’asta d’avorio verso il tavolo.
“Ramsay è troppo arrogante e borioso per chiudersi in un castello ad aspettare i rinforzi. Ti attaccherà. Ma il grosso dell’esercito dei Bolton è già a svernare a Forte Terrore. Le sue forze non saranno in grado di competere con le tue in campo aperto.”
La sicurezza con cui parlava, il carisma che le sue parole trasmettevano erano straordinari.
“Dopo averlo battuto sul campo, prenderai con facilità la fortezza. Farai riparare lì tutte le tue truppe, mentre ne recluterai quante più possibili a est e ovest.” continuò, indicando con l’asta il territorio limitrofo a Grande Inverno.
“A questo punto…beh, sarà inevitabile che la corona si muova. Soprattutto dopo che tu ti dichiarerai re del nord, richiamando la legittimità Stark e ciò che aveva fatto tuo cugino Rob. I Tyrell agiranno, ma sicuramente non in prima persona. Manderanno un comandante, probabilmente un cavaliere della guardia reale, a radunare un esercito nelle terre del Tridente che andrà a congiungersi alle forze di Forte Terrore. Pronti a sedare ciò che sembrerà loro solo l’ennesima ribellione…”
Sul volto di Aegon comparve un ghigno compiaciuto.
“Ma tu e Howland farete in modo che tra l’Incollatura e Grande Inverno trovino solo terra bruciata. E quando, congiuntisi coi Bolton, giungeranno vicini alla fortezza…”
Batté il bastone sul tavolo.
“Li attaccherai. Tu da nord con tutte le forze raccolte e Howland Reed da sud, con gli uomini dell’Incollatura, di Porto Bianco e delle terre adiacenti. Si troveranno tutt’ad un tratto tra l’incudine e il martello.”
Lo sguardo di lui si fece ora ancora più concentrato.
“Dubito che i nemici saranno più numerosi di voi, e comunque avrete la sorpresa dalla vostra. Sconfitti i Bolton, avanzerete poi verso sud, arrivando appena a nord del Tridente. Voglio però che vengano lasciate guarnigioni a controllare il nord. Diciamo come incentivo alla fedeltà.”
Si scambiò un’occhiata d’intesa con Jon.
“I Tyrell dovranno allora muovere il loro stesso esercito…da Approdo del Re ma soprattutto dall’Altopiano…marceranno a nord, per congiungersi con le forze della Valle e con quelle rimanenti delle Terre dei Fiumi. E a questo punto…”
L’asta si spostò all’improvviso, sorvolando mezzo continente e arrivando alle Montagne Rosse.
“A questo punto, quando loro saranno impegnati a guadare le forche del Tridente, l’esercito di Dorne valicherà le Montagne Rosse e invaderà le Terre Basse, puntando dritto al cuore dell’Altopiano.”
Lo sguardo di lui si fece ora ancora più concentrato.
“Vedendo Altogiardino stessa in pericolo, richiameranno subito tutte le loro truppe partite dall’Altopiano per il nord. Ma così l’esercito mandato a sedare la rivolta rimarrebbe troppo poco numeroso. Avranno un solo modo di compensare questo richiamo…” L’asta d’avorio finì a puntare dritta sulla capitale. “Non potranno fare alto che spedire al nord ogni soldato rimasto ad Approdo del Re.”
L'asta fluttuò veloce, da nord a sud.
“Queste truppe di rimpiazzo ci metteranno parecchio a raggiungere il Tridente. Ma tu Jon dovrai aspettare che l’esercito nemico si formi prima di attaccare. Mentre a sud agiremo diversamente.”
Il giovane drago si scambiò un’occhiata con Trystane.
“Tu invece non dovrai dare il tempo alle truppe di rientrare dal nord. Avanzando rapidamente, i Tyrell ti manderanno di sicuro un piccolo esercito contro, per rallentarti più che altro. E tu dovrai impegnare in questo combattimento solo una parte dei tuoi soldati, in modo che loro sottostimino le tue forze.”
Aegon sorrise.
“Ma ciò che conta di più, è che la capitale rimarrà sguarnita. Proprio come venticinque anni fa. E sarà chi l’ha tolta ai draghi a riconsegnarcela.”
Dicendo questo, lo sguardo cadde un secondo su Myrcella e sulla delegazione dei Lannister presente.
“Sono pronto a scommettere che i pochissimi difensori rimasti spalancheranno le porte ai Lannister. E solo a quel punto sbarcheremo.”
Un sorriso compiaciuto gli si dipinse sul volto. Subito dopo però tornò a concentrarsi sulla mappa.
“Con Approdo del Re in mano nostra, le rose si rintaneranno ad Altogiardino, richiamando indietro ogni soldato. Ma sarà già troppo tardi.”
La bacchetta volteggiò rapida.
“L’esercito diretto a nord sarà a questo punto riunito sul Tridente. Quando inizieranno a tornare indietro…tu e Howland li attaccherete Jon. Mentre tu Trystane, marcerai direttamente su Altogiardino. In entrambi i casi, gli eserciti nemici con cui dovrete scendere in battaglia saranno molto più numerosi dei vostri ma…”
Un ghigno di soddisfazione comparve sulla sua faccia.
Ma a questo punto…il Continente Occidentale tornerà a conoscere cosa succede a chi si oppone a noi. Tornerà a conoscere la furia dei draghi…”

 

 


Note dell’autore:

 
che dire, sono davvero imperdonabile.
Questo ritardo colossale è dovuto principalmente alla mancanza di tempo e anche alla mia genialità indiscussa, che mi ha fatto dimenticare l’hard disk portatile su cui salvo tutti i file (capitoli compresi) sul frecciarossa.
Ho dovuto di conseguenza riscrivere il tutto e spero davvero che il capitolo sia almeno venuto bene.
Diciamo che è una svolta importante nella storia: però, sapendo che le fasi di pianificazione sono noiose, ho cercato di liquidare abbastanza in fretta queste ultime, provando però anche a rimanere preciso e a renderle interessante. Per il resto io adoro scrivere introspezione e dialoghi e infatti la gran parte del capitolo è costituita proprio da questo. Non voglio fare commenti, dico soltanto che a una prima lettura potrebbe sembrarvi un po’ confusionario e potreste non capire subito tutto, ma ho lasciato qua e là ben più di un indizio e accenno che vi può aiutare a comprendere tutte le allusioni e a farvi un’idea di cosa sta succedendo.
Spero proprio che questo diciottesimo capitolo vi sia piaciuto e spero soprattutto di uscire con il prossimo in tempi più accettabili.
Ringrazio ancora tutti i recensori, e vi invito come sempre a lasciare le vostre opinioni qui sotto.
Alla prossima dunque, e ah, buon 2016.
E, ovviamente, long live the lioness.


Luke


 

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX ***


Cap 19

Long live the lioness




“I still believe in your eyes
I just don’t care what
You’ve done in your life
And I’ll fly with you

I’ll fly with you”

 

L’Amour Toujours – Dzeko & Torres (Tiësto Edit)

 

 

Roccia del Drago, due giorni dopo

 

Draghi.
Dèi, era stato…incredibile.
Non si era mai sentita così in vita sua. Davvero, mai.
Tanto stupore e…no. Non era stato stupore, perché sapeva che sarebbero arrivati.
Era stata un’attesa impaziente, spasmodica, mentre la sua mente volava nell’immaginarsi come sarebbero stati. Aveva mai provato così tanta impazienza?
No.
Anzi…sì. Sulla nave per Dorne era stato…beh, però era stato diverso.
Ciò che le era rimasto più impresso in assoluto quando quelle tre gigantesche bestie erano apparse all’orizzonte…era stata la potenza, la regalità, il timore che incutevano. Ma avevano anche un lontano che di familiare, di rassicurante, come se con il loro potere potessero…proteggerla. Quasi come Aegon del resto.
Sorrise, lasciando spiazzare lo sguardo oltre la finestra della torre, che dava sull’entroterra roccioso e aspro della Roccia del Drago.
La musica e le grida continuavano a salire dalla tromba delle scale. La festa del resto era cominciata da non molto tempo e sarebbe durata ancora a lungo.
Il principe non era troppo d’accordo, ma l’arrivo della regina, della madre dei draghi, andava festeggiata.
Ma tutta quell’aria calda e stantia, quel chiasso, quella massa di persone e tutto quel vino le avevano fatto venire la nausea.Era salita lì sopra nella speranza che si placasse, ma permaneva.
Non aveva quasi toccato vino, come era possibile?
Ricontò rapidamente a mente i giorni. Si. Quella nausea…anche per quel mese, il suo ciclo stava arrivando.
Sospirò. Era l’ennesima ma sempre confortante conferma che il tè della luna funzionava a dovere. E proprio a proposito di quello…doveva parlarne a Trystane. Seriamente questa volta. Senza farsi deviare su altri discorsi. Era ora di decidere qualcosa, qualsiasi cosa essa fosse, senza continuare a far finta di nulla, senza più temporeggiare.
Un rumore alle sue spalle la distolse da questi pensieri.
Si voltò lentamente, mentre metteva del tutto da parte quei ragionamenti.
In un primo momento il suo sguardo non incrociò niente.
Ma poi i suoi occhi si abbassarono e…
 


Aveva scelto di non partecipare alla festa poiché…beh, di certo l’idea di tutto quel vino non gli dispiaceva, anzi…
Ma il lunghissimo viaggio per mare l’aveva completamente distrutto, nonostante fosse stato sobrio per ben poco tempo durante la traversata.
Ora che erano lì però, non poteva permettersi questi…gozzovigli. La regina aveva bisogno di lui. Per quanto quel giovane principe e il suo strano amico fossero tanto sicuri di sé, innegabilmente ambiziosi, ma anche molto competenti, svegli, preparati, e soprattutto, pronti a rischiare tutto e a mettere in gioco tutto ciò che avevano, lei aveva bisogno di lui. Loro…dèi, erano così giovani…avevano quella forza così unica, quel sentirsi inarrestabili, quel credere di poter fare tutto, di aver il potere, la forza per superare quegli ostacoli.
Scosse la testa, mentre sovrappensiero saliva le scale.
Daenerys aveva voluto essere lasciata sola, e lui aveva immediatamente ubbidito. Nonostante la profonda fiducia che la giovane regina riponeva in lui, aveva imparato subito che era meglio non opporsi mai, in modo diretto almeno, a lei.
E così, con una coppa di vino in una mano e tante domande, ricordi e rimpianti nell’altra, si era avventurato tra le mura della rocca dei draghi.
Inconsapevolmente, aveva imboccato una rampa di scale che portava in cima a una delle torri.
Giunse sulla sommità, entrando in una stanza avvolta nella penombra.
Si accorse all’improvviso di non essere solo.
Una alta figura femminile, avvolta in un lungo abito rosso cremisi, si stagliava di fronte all’ampia finestra dalla parte opposta della stanza. Una lunga cascata capelli dorati ricadeva ordinata sulle spalle e sulla schiena, le braccia strette ai fianchi.
All’improvviso un brivido lo attraversò. Una strana sensazione lo pervase…come se fosse un…déjà-vu.
E mentre cercava di dare un nome a questa sensazione, la misteriosa figura si voltò.

Dèi.
Dèi.
Dèi.

Non credeva ai suoi occhi.
Come diavolo era possibile? Che fosse…
Il suo sguardo cadde dapprima sulla coppa, poi sulla quantità di vino rimasta e dopo ancora sulla sua immagine riflessa del vermiglio liquido.
No, non aveva affatto bevuto troppo. E allora come era possibile…
Tornò a guardarla.
E questo non fece che moltiplicare nuovamente i sui dubbi.

No, no, non era dannatamente possibile. Quella vista…era possibile che, che…che fosse tornato indietro nel tempo? No, no. Cos’era? Forse un fantasma? Uno scherz della sua memoria?
La sua faccia era l’esatta rappresentazione dello sconcerto più assoluto, come…come se avesse davvero visto un fantasma.
Quei lineamenti, quei capelli, quel corpo, quegli occhi…
Cersei?” chiese, con voce a dir poco dubbiosa e incredula.

 

 
Nel vedere, nel realizzare chi era quello di fronte a lei, era rimasta altrettanto sorpresa, altrettanto senza fiato. Era passato così tanto tempo.
All’udire quel nome…beh, non poté far altro che sorridere.
Scosse la testa divertita.
“Zio…ne è passato di tempo…” rispose con un filo di voce.
La reazione di Tyrion Lannister fu…incredibile.
In un unico istante realizzò, comprese, collegò mille pensieri diversi.
Myrcella…?” chiese nuovamente, con tono non molto meno sconcertato, sorpreso e incredulo di prima.
Lei annuì dolcemente in risposta, altrettanto attonita al pensiero di quanto era passato, di quanto erano cambiate le cose.
Sei…dèi le assomigli in modo…”
Vaneggiò per un paio di secondi, in cerca di parole per esprimere quello sconcerto.

“Spaventoso…sei…sei bellissima…”
La principessa arrossì lievemente, mentre intrecciava nuovamente le dita
Lo sconcerto non diminuiva.

“Sei identica a tua madre”
Tyrion si bloccò. Stava per aggiungere “e a tuo padre…”, ma si trattenne. Tuttavia il suo sguardo, la sua espressione, lo tradirono.
E lei…e lei oramai sapeva.
“So…so di loro…” disse lei, abbassando lo sguardo.
Lui a momenti strabuzzò gli occhi, a metà tra lo stupito e il grato…grato di non dover continuarle a mentire sul quel fronte. Provò ad aggiungere qualcosa, ma…
Myrcella mandò giù a fatica, provando ad andare avanti.
“Penso che una parte di me l’abbia sempre saputo…and i’m glad of that…”
E mentre lui rimaneva nuovamente senza parole, la principessa continuò, dando forma e suono a quelle parole che aveva tenuto dentro di sé per troppo tempo.
“E soprattutto sento di doverti ringraziare…ti sono grata…grata per la promessa, per l’alleanza che stringesti con il principe Doran…”
Tornò ad intrecciare le mani in grembo, senza poter fare a meno di sorridere.
“A Dorne ho trovato…molto più di quanto potessi mai immaginare…”
Stava per continuare, ma si accorse che in fondo non ci volevano altre parole.
Grazie…” sussurrò con un filo di voce.
Tryrion era a dir poco senza parole. Ancora una volta.
 “Davvero mi stai ringraziando…anche dopo che ti…” chiese, incredulo.
Ingoiò a fatica, ripensando a quella colossale menzogna, quel colossale film mentale che Cersei aveva costruito per il regno ma soprattutto per sé stessa. Quas gli venne da sorridere, un sorriso malinconico, ironico, quasi a ridere di tutte le sue sventure.
Ti avranno detto che sono stato io a uccidere tuo fratello. Ma per quanto odiassi Joff…non sono stato io.
Sospirò, un sospiro che gli venne dritto dalla coscienza. Ricordava come Myrcella fosse sempre stata molto legata al fratello più grande, di come fosse l’unica a cui lui non avesse mai torto in alcun modo un capello. Sarebbe di certo stato meglio mentire in quella situazione, in quella circostanza, e un abile manipolatore come Tyrion Lannister lo sapeva benissimo. Eppure di fronte a quella…creatura angelica, che trasmetteva tanta innocenza, non…non se la sentì di mentire.
“Ammetto che…che avrei voluto essere stato io. Ma non è stato così…diciamo che sono stato accusato poiché ero il capro espiatorio perfetto.”
Sorrise al pensiero, mentre con la mano faceva roteare il vino all’interno della coppa.
La mia dolce sorellina voleva liberarsi di me…”
Myrcella era rimasta immobile a quelle parole, paralizzata, con gli occhi sbarrati. Cosa stava dicendo? Nelle lettere che aveva ricevuto dopo il matrimonio reale, dopo la tragedia…beh, l’accusa era chiara, perentoria. All’epoca aveva stentato a crederci, e in seguito aveva fatto una fatica enorme ad accettarlo. Del resto, aveva sempre voluto bene a suo zio. E vederlo come un assassino…non era facile. In fondo in fondo, non aveva mai davvero creduto a quella versione

E ora lui stava rimettendo tutto in discussione.
Provò a mettere ordine tra la miriade di pensieri che le affollavano la testa, in un caos senza capo né coda, fallendo però miseramente. Si arrese, e decise che domandare era meglio che tirare a indovinare.
Ma allora…” chiese, lasciando in sospeso in sospeso la domanda.
Tyrion sospirò.
“Beh, essendo stato prima imprigionato e poi dall’altra parte del mondo…non ho potuto difendermi e indagare come avrei voluto.
Si guardò i piedi, cercando le parole giuste.
“Ma avendo ancora alcuni amici nel continente occidentale…qualche informazione l’ho potuta ottenere.”
Myrcella oramai pendeva dalle sue labbra, incuriosita e allo stesso tempo leggermente impaurita da quella che poteva essere la sua risposta.
“Ho avuto delle soffiate, delle dicerie…i moventi poi non mancavano a nessuno. Ho considerato le occasioni e…e poi ho semplicemente unito tutti puntini.”
Si fermò per un interminabile istante.
“Non so esattamente come e con l’aiuto di chi, ma…sono stati i Tyrell.”
La principessa inizialmente rimase bloccata, immobile, sconvolta.

Cosa? Aveva davvero sentito bene?
Potevano davvero averle fatto anche quello? E pensandoci, si rese conto…che era vero. Che aveva senso. Del resto…del resto Joff non sarebbe stato affatto facile da controllare, da manipolare, da sottomettere. Mentre Tommen… Dèi, e quello che avevano fatto a Tommen poi...non era altro che il secondo atto. Quindi…quindi erano stati loro in entrambi, i casi.
Certo…
Come aveva fatto a non arrivarci prima?
Senza rendersene conto, aveva detto tutti questi pensieri ad alta voce.
Tyrion sorrise, un sorriso a metà tra l’addolorato e l’orgoglioso.
Mentre nella mente della principessa i ragionamenti ordinati lasciavano spazio a confuse, dolorose immagini, ricordi e propositi di vendetta, lacrime corsero come minuscole perle lungo le sue guance.
Myrcella sentì esplodere dentro di sé un sentimento nuovo, forse già avvertito in passato, ma mai con tale intensità. Una parte di lei ne ebbe quasi paura. Non pensava di poter concepire…un simile odio. Ma ciò che loro le avevano fatto... Entrambi. Glieli avevano portati via entrambi. Avevano risvegliato qualcosa in lei, qualcosa che in fondo in fondo c’era sempre stato ma che solo ora era venuto alla luce, in tutta la sua prorompente e inarrestabile potenza emotiva.
Pagheranno per questo…e per tutto il resto…” sussurrò lei, con un filo di voce incrinata ma quanto mai in vita sua decisa e irremovibile.
Tyrion annuì, facendosi tutto d’un tratto più serio.
Pagheranno…tutti loro pagheranno per ciò che hanno fatto, durante questa guerra dei draghi. Giustizia sarà fatta…” continuò lei, con la medesima determinazione.
In risposta lui sospirò malinconicamente, mentre cento ricordi gli ritornavano alla memoria. Si sentì improvvisamente vecchio. L’idea che Tyrion Lannister aveva della giustizia…beh, era il risultato del soprapporsi di tante esperienze, troppe delle quali tutt’altro che piacevoli da rimembrare.
La giustizia ha sempre un prezzo…” aggiunse lui, con fare perentorio.
Myrcella questa volta rispose d’impulso, senza nemmeno pensarci.Qualunque esso sia, sono disposta a pagarlo…”
Tyrion scosse il capo, sorridendo amaramente mentre abbassava lo sguardo.
Anche in questo, sei esattamente come tua madre.”
Riformulò i pensieri, per continuare il discorso.
"Non mette in dubbio che tu voglia giustizia…però…” aggiunse, con il suo tipico tono discorsivo, ragionato, logico.
Ma alla principessa sorse a questo punto spontanea una domanda. Il riferimento fatto a da lui a sua madre l’aveva innescata e per quanto fosse fuori contesto, non poté trattenersi dal porla.
“Mi chiedo perché siate così…così diversi tra voi…”
Lui fu ulteriormente preso in contropiede da questa domanda. Dèi, non finiva di stupirlo, di sorprenderlo. Sospirò, mentre si chiedeva se fosse davvero il caso di rivelarle anche quello. Un nuovo sguardo alla nipote gli bastò come risposta. Non aveva più senso continuare a mentirle, seppur per proteggerla. Quel tempo era passato.
“Non sai quanti se lo siano chiesti…quanto io me lo sia chiesto…” aggiunse sorridendo amaramente.
Avrebbe potuto fare un discorso lungo, articolato, esauriente, che coprisse ogni punto. Indubbiamente Tyrion Lannister ne era capace. Ma decise di lasciare per una volta da parte le sue doti di oratore e di persuasore, e di andare dritto alla verità.
“Siamo così diversi perché in fondo…il nostro sangue è diverso…
Myrcella lo fissò esterrefatta, chiedendosi cosa volesse dire. Sangue diverso?
Tyrion prese un lungo respiro, facendo cadere per un secondo lo sguardo.
“Twin Lannister” cominciò, con tono ironicamente solenne “mi ha sempre odiato…sono sempre stato…inopportuno. Inopportuno al nome dei Lannister, al grande condottiero del leone, a tutto. Avevo ucciso sua moglie nascendo, ero così…orrendamente diverso. Scaricò la colpa di tutto ciò su…su un immaginario tradimento di mia madre. Non poteva che essere andata così del resto…”
Mentre pronunciava quelle parole gli si poteva chiaramente leggere in faccia tutto il disprezzo, il risentimento e il…senso di rivincita? Ma come...?
Lui continuò.

“Il sangue leone, il sangue di Twin Lannister non poteva aver generato un tale mostro. Di certo…di certo era frutto di un tradimento, di un altro uomo.”
La risata di Tyrion a questo punto fu quasi vendicativa. Una risata soddisfatta, piena, che esprimeva in pieno ciò che sentiva. Una sensazione magnifica, che riusciva quasi a controbilanciare tutti quegli anni di soggezione psicologica, di continue, infinite crudeli critiche. Quasi come si stesse finalmente prendendo una vendetta, o meglio, una rivincita sul padre che l’aveva trattato come un abominio per tanti anni.
“La verità a volte è paradossale, come in questo caso. E in fondo in fondo, sono certo che anche lui ha sempre saputo…che io ero il suo unico vero figlio.”
Si morse il labbro, mentre la medesima espressione continuava a troneggiargli sul volto.
“Dev’è essere stato incredibilmente abile a mentire a sé stesso, così bene, per così tanti anni…crescere i figli del suo peggior nemico come i suoi, e disprezzare con tale atroce ferocia, rifiutare con tutte le sue forze l’unico vero frutto del suo matrimonio.”
Fece una breve pausa, mandando giù il vino rimasto nella coppa.
"E dèi…forse alla fine si era davvero riuscito a convincere che Jaime e Cersei non fossero figli di Aerys…”
Mentre lui rigirava la coppa vuota nella mano, con fare incredibilmente rilassato e quasi…soddisfatto, lei…
Le parole di lui erano state così veloci e così incredibili da non lasciarle il tempo di rimanere sconcertata. E ora…una serie di rapidi e consequenziali pensieri si susseguirono nella sua mente.
Aveva da sempre percepito la colossale ostilità che tutti mostravano nei confronti di suo zio. Twin, sua madre, persino Joff. Non era certo cieca ed ingenua. Ma era pur sempre una bambina all’epoca…
Ma era stato ciò che lui aveva detto dopo che… I gemelli del leone non erano figli di Twin, ma del re Aerys? I suoi…i suoi genitori frutto del tradimento di sua nonna con il re folle?
Tutto le sembrava così assurdo, così sconvolgente. Eppure non mise in dubbio nemmeno per un secondo le parole dello zio. Tyrion Lannister aveva tanti difetti, ma non si poteva dire che mancasse di astuzia, ingegno, intelligenza. In questo era proprio…figlio di Twin Lannister. Mentre sua madre…beh, per quanto impegno ci mettesse, nel gestire il regno non aveva mai brillato. E…

Dèi, era tutto vero. Tutto combaciava, tutto aveva senso
E se quello era vero…
In un unico, interminabile istante, la principessa di Dorne si sentì gelare. Un brivido la percorse dalla testa ai piedi. Aveva quasi paura a formulare il pensiero, a concepire il fine logico del suo ragionamento.

Se loro erano…
Senza sapere dove o come, trovò un filo di voce per porre quella domanda, la cui risposta le faceva incredibilmente paura.
“Quindi io sono…” ogni ulteriore suono le morì in gola, mentre metà di lei bramava ardentemente la risposta, e l’altra metà era letteralmente terrorizzata dalla possibile risposta.
La voce di Tyrion Lannister venne a risolvere quel conflitto interiore.

Sì. Hai in te tanto sangue del leone quanto…quanto sangue del drago.”
Per un interminabile istante lui si fermò, a prendere fiato mentre soppesava quelle incredibili quanto vere parole.

“Sei tanto Lannister…quanto Targaryen.”
 

-        -        -        -        -        -

 

Stoccata. Taglio basso. Recupero a destra. Parata ascendente. Diagonale di piatto al fianco sinistro. Schivata bassa. Affondo dritto al centro petto.
L’acqua nera della baia e le mille stelle del cielo guardavano lui e la spada volteggiare armoniosi, fendendo l’aria della notte, come una sola cosa, un solo corpo.
Stoccata. Taglio basso. Recupero a destra. Parata ascendente. Diagonale di piatto al fianco sinistro. Schivata bassa. Affondo dritto al centro petto.
Quante volte aveva ripetuto quella sequenza? Forse milioni…
Connington gliel’aveva insegnata mettendogli in mano a sette anni la sua prima spada. E da allora, non aveva mai smesso di ripeterla.
Oramai non doveva neppure più concentrarsi, prestarci attenzione. Il suo corpo eseguiva meccanicamente quei movimenti. E ripetere all’infinito quei colpi, sempre più armoniosamente, sempre più velocemente, lo aiutava a staccarsi dal mondo, a liberare la mente.

E in quei giorni, ne aveva davvero bisogno.
Prese un lungo sospiro, scostando con la mano libera i capelli argentei che erano caduti a coprirgli il viso.
Stoccata. Taglio basso. Recupero a destra. Parata ascendente. Diagonale di piatto al fianco sinistro. Schivata bassa. Affondo dritto al centro petto.
Andò avanti così a lungo, immaginando di colpire i suoi nemici, disegnando i loro volti, le loro sembianze nella sua mente.
Loras Tyrell. Affondo dritto al cuore.
Ramsay Bolton. Diagonale al costato.

Robert Baratheon.
Per l’uomo che aveva ucciso suo padre, per quell’usurpatore di cui tanto aveva sentito parlare e narrare, immaginava sempre le fini più atroci.

Colpi bassi, diagonali veloci. Lo sbilancio. Lui avanza. Mi scosto a sinistra. Sgambetto con il ginocchio. Cade a terra. Si apre una fessura tra l’elmo e la placca dorsale. Blackfyre si infila rapida e spietata in quella sottile apertura.
E la testa del cervo usurpatore cade per terra, in una cascata di sangue nero.

E…
Applausi? Che diamine?
Il principe del drago scosse la testa, scacciando tutti quelle immagini fantastiche e uscendo repentinamente da quel combattimento immaginario...
Si, era davvero un applauso. Ma chi diavolo...
Di scatto si girò.
Nella penombra della notte, rotta solo dalla flebile luce del firmamento, ci mise qualche secondo per mettere a fuoco la figura che l’aveva raggiunto sul molo.
E rimase non poco stupito quando finalmente i suoi occhi riuscirono a distinguerla.

Arianne.
Il giovane drago rimase inizialmente sorpreso, molto sorpreso. Cosa ci faceva lì? Ancora incredulo mosse un paio di passi verso di lei, con fare confuso e incerto.
E in tutto questo il principe si era dimenticato di abbassare la spada, che brandiva ancora in posizione d’attacco.
Mi arrendo” disse lei alzando le mani, con tono ironicamente spaventato.
Aegon scosse la testa divertito, rilassando e distendendo finalmente i muscoli, abbassando Blackfyre e andando a riporla nel fodero sul suo fianco.
 “Milady” disse lui, cercando di rimanere serio e abbozzando un inchino appoggiando un ginocchio a terra.
La principessa di Dorne sorrise, a metà tra il compiaciuto e il divertito.
“Cosa fate in giro da sola nel cuore della notte?” chiese il giovane drago, con lo stesso tono, che tentava di sembrare serio e quasi moralista, ma falliva miseramente.
"La Roccia del Drago è…suggestiva a quest’ora…quasi soprannaturale, magica” rispose Arianne.
Il principe annuì, guardandosi per un istante attorno.

“Come te del resto…” aggiunse lei, quasi maliziosamente.
Aegon sorrise, scostandosi con la mano una ciocca di capelli che gli era finita sul volto durante il combattimento. Questo gesto catturò l’attenzione di lei, e le riportò alla memoria…
"Questi capelli…tutto questo…argento…”
Cominciò a dire, mentre quei lontani ricordi le riaffluivano alla memoria.
“Non ricordo molto…anzi, quasi nulla. Però…”
Aegon la fissava stupito e incuriosito allo stesso tempo, chiedendosi di cosa stesse parlando.
“Il mio prozio Lewyn mi portò insieme a lui con una delegazione da Dorne alla capitale. All’epoca non lo sapevo, ma la guerra era alle porte…e quella missione…beh, serviva a rassicurare Aerys della fedeltà di Dorne…”
Sospirò, cercando di discernere quei ricordi confusi.
“Ufficialmente ci recammo nella capitale per far visita a tua madre e…a te
Il principe abbozzò un sorriso, insieme a un’espressione accigliata, ancora confuso da quello che lei stava raccontando.
“Ti ripeto, ricordo poco. Ma uno delle poche immagini che rimembro è quella di…”
Prese fiato, preparando quelle parole.
Tua sorella…”
Aegon sussultò, spalancando gli occhi. Ogni sua reazione fu però bloccata dallo stupore, dallo stupore più totale. Di certo non era ciò che si aspettava quando l’aveva vista giungere sul molo.

"Non so bene perché questa immagine, la sua immagine mi sia rimasta tanto impressa in mente…”
Abbassò un istante lo sguardo, tornando poi a fissare il giovane drago in volto.
“Fin da subito mi fece la tua stessa impressione…tanto perfetta, tanto regale, tanto…soprannaturale da parere…al di sopra del mondo, fuori dalla realtà. Come un angelo”
Anelò per qualche interminabile istante, in cerca delle parole adatte a esprimere quell’immagine, quel ricordo.
"E poi quei capelli chiarissimi, fili sottilissimi che sembravano d’argento puro…e quegli occhi viola, così piccoli, ma così…profondi, infiniti
Sorrise nostalgicamente, accavallando le labbra.
 “Io avevo sei anni, lei forse cinque…e la sua immagine è forse l’unica cosa che mi ricordo davvero di quel viaggio, tutto il resto non è altro che un’opaca e confusa memoria…”
La voce quasi si fece commossa, si incrinò leggermente mentre pronunciava quelle parole.

"E ora io rivedo, rivedo in te, rivedo nel tuo volto i suoi tratti, rivedo lei in questi occhi viola, in questi capelli argentei…in te rivedo lei
Lo sguardo le si perse involontariamente nel vuoto per un istante, e quando tornò a fuoco…
Era solo la prima che si trovava così vicina, sola, a faccia faccia con il principe del drago, eppure vide i suoi occhi farsi lucidi, cosa che accadeva tutt’altro che spesso.

Quella era una cosa che gli bruciavano, o meglio, per cui si dannava di più, che rimpiangeva maggiormente. Non averla mai conosciuta.
E se questo racconto gli aveva fornito almeno un’opinione diretta, qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa da ricordare, qualcosa da custodire dentro di sé, da fare suo, dall’altra parte era un’ulteriore motivo di sofferenza e di rimpianto, che innescava domande, ipotesi e ragionamenti senza senso né fine.
Se solo… E se invece… Se fosse andata così… Ma se…
Quante, quante volte si era posto quelle domande? Quante volte aveva sognato la vita, l’esistenza che la guerra innescata dalla follia di suo padre gli aveva portato via? Quante volte aveva provato a immaginare, a disegnare nella sua mente i tratti, i lineamenti, il volto di quella sorella che mai aveva e avrebbe conosciuto?
E ora aveva una, seppur confusa e incompleta, testimonianza, un, seppur precario, appiglio, una, seppur flebile, luce che poteva guidare quei suoi sogni. E…

“No. No. No.” Si urlò da solo in testa, chiudendo gli occhi e inghiottendo a fatica.
Davvero voleva continuare così? Portarsi dietro per tutta la vita quei sogni di bambino, quelle fantasie che mai e poi mai gli avrebbero procurato altro che sofferenza. Non voleva, non poteva, continuare così. Non ora che stava per dare inizio a una guerra, non ora che si stava lanciando in una conquista tanto audace quanto folle…
Non ora che avrebbe avuto, che aveva, due magnifiche regine al suo fianco.

Pensando questo tornò a guardare Arianne, che era rimasta immobile di fronte a lui, con gli occhi persi oltre l’orizzonte, lasciandolo libero di sfogarsi nei suoi pensieri.
L’istinto gli suggerì queste parole, che uscirono spontanee.
Grazie Arianne…”
Lei tornò a guardarlo addolcita, quasi imbarazzata da quel ringraziamento di cui non colse subito il significato, la grandezza.
Grazie per questo, grazie per…tutto”
Gli occhi di lei parvero domandargli “Tutto cosa?”
Aegon scosse la testa, provando a esprimere tutta la gratitudine che sentiva.
“Per questo racconto, per…”
La sua voce si commosse, ripensando al rischio, alla sfida che lei aveva accettato senza alcun timore. Ripensò alla fiducia che fin da subito la principessa di Dorne aveva riposto in lui.
Ti sei posta come base dell’alleanza tra il drago e la vipera, accentando di sposare un uomo che non avevi mai conosciuto…”
Arianne sorrise, quasi sorpresa da tanta gratitudine.
“Credo, crediamo che sostenerti nel riprenderti ciò che è tua…sia la cosa in assoluto più giusta…lo dobbiamo, lo devo al sangue del mio sangue.”
Aegon sospirò
Si fissarono per un interminabile istante.
Forse inconsapevolmente, o forse no, la mano del principe andò a cercare quella di lei.
E così, per mano, si rincamminarono verso il castello, mentre le parole fluivano copiose, limpide, sincere.
Da quel momento in poi, avrebbero lentamente imparato a conoscersi, a fidarsi l’uno dell’altra: Aegon a fare affidamento sull’esperienza e l’astuzia di lei, Arianne a seguire, ad assecondare, a consigliare, a tenere a bada l’ambizione e l’indole del principe del drago. Avrebbero cercato rifugio, sicurezza, certezze l’uno nell’altra, in un rapporto che fin da subito ebbe qualcosa di più…una fiducia stretta, inscindibile, indiscutibile.
Spesso nel passato del continente occidentale, i periodi migliori erano stati quelli in cui un re e una regina avevano regnato uniti, concordi, facendo affidamento l’uno sull’altra.
E facendo fede a ciò, il regno di Aegon Targaryen, sesto del suo nome, si prospettava come il migliore che i Sette Regni avessero conosciuto negli ultimi decenni.

 


Note dell’autore: 

eccomi nuovamente qui.
Perdonato per l’ennesima volta il ritardo, ma gli impegni non mi danno tregua.
Dunque, ho (follemente) accettato questo rischio. Inserire Tyrion. Un “rischio” vista la difficoltà, l’indole, le mille sfaccettature del personaggio, che non è affatto facile da “piegare” alle mie intenzioni narrative. Ma soprattutto, so di rischiare con…voi. Sarei anche io il primo a dare di matto per un Tyrion reso male, rovinato, poco fedele all’originale. Spero davvero di non aver commesso tali errori.
Per il resto…Rhaenys. Diciamo che ho un po’ cambiato le cose. Dai libri sappiamo che Rhaenys era molto più dorniana che Targaryen e che non arrivò mai l’età a cui ho “ambientato” questo incontro. Ma rimanendo fedele all’originale non sarei riuscito a rendere come volevo questo incontro, che sarebbe risultato meno “poetico”, non so se capite…mi piaceva troppo l’idea di questo incontro, e soprattutto di far “conoscere” in questo modo ad Aegon la sorella.
E niente, dopo tutte queste spiegazioni, fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto. Ribadisco che sono apertissimo al feedback e ringrazio ancora tutti i recensori abituali e non.
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, vi preannuncio che sarà al 100% Aegon-centrico, con un po’ di passato, presente e futuro.
Alla prossima quindi.
E ovviamente, long live the lioness

 
Luke




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