Full Moon di coux (/viewuser.php?uid=66506)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tocca a me ***
Capitolo 2: *** VisioneVSdistrazione ***
Capitolo 3: *** Una visita... ***
Capitolo 4: *** Il primo bacio è sempre catastrofico? ***
Capitolo 5: *** Un sogno per capire ***
Capitolo 6: *** Turista a Volterra ***
Capitolo 7: *** Innamorata o solo confusa? ***
Capitolo 8: *** La verità ***
Capitolo 9: *** Non andare ***
Capitolo 10: *** I problemi fioccano a migliaia ***
Capitolo 11: *** La lettera ***
Capitolo 12: *** Diamante ***
Capitolo 1 *** Tocca a me ***
tocca me
1°
libro: Bella
Tocca
a me
<< Sbrigati Renesmee, o faremo tardi! >>urlavo
dall’ingresso. Alice stava cominciando sul serio ad avere una cattiva influenza
su mia figlia. Sapevo fin dall’inizio che non era bene fidarmi degli occhioni
dolci che mi aveva fatto per convincermi a lasciare Renesmee in mano sua due
pomeriggi la settimana. Avrei dovuto interrompere quelle visite subito, già da
quando era tornata a casa truccata e vestita come una Barbie. Il culmine delle
disgrazie strava per essere raggiunto proprio in quel momento. Se avessi saputo
quanto ci avrebbe messo a fare la sua valigia, l’avrei avvertita qualche
settimana prima di cominciare. Cominciavo a perdere la pazienza e mi diressi
immediatamente in camera sua. Quello che mi si parò davanti era l’inferno.
Anzi, peggio. L’inferno era il paradiso in confronto a quel pandemonio. Un
uragano, in settimane di duro lavoro, non sarebbe riuscito a creare lo stesso
casino che aveva creato lei nel giro di poche ore.
<< Cos’è successo qui dentro >>ringhiai, fissando
torva il piccolo essere con i capelli lunghi fino alle anche che mi si parava
davanti, con un sorriso da orecchio a orecchio.
<< oh! Non ti preoccupare, quando torneremo metterò tutto a
posto. Te lo prometto, mamma. >>disse lei, sempre sorridendo. Sentivo
intanto dei passi che arrivavano dall’ingresso. Era Edward.
<< se fossi in te, mi preparerei mentalmente, prima di
entrare qui dentro >> sibilai a mio marito.
<< ho passato decenni in casa con Alice. Non credo che
Nessie possa averla battuta tanto… >>ma si bloccò, quando vide la stessa
cosa che avevo notato io entrando. La camera da letto di Renesmme era seminata
di vestiti, ovunque. Sul pavimento, sul letto, sulla scrivania, sulla sedia e
sulla poltroncina: ovunque, meno che nell’armadio. Mi ci vollero pochi secondi
per scorgere anche le sei valigie e i due beauty-case, ai piedi del letto.
<< non avrai intenzione di portarti tutta questa roba, vero?
>>
<< mamma!non è il momento di scherzare. Queste sono solo le
valigie con l’intimo e le magliette. Ora mi manca da scegliere il resto, anche
se mi concentrerò bene sui pantaloni. E avrei anche bisogno di una valigia per
mettere le scarpe. Papà, ci pensi tu? >>
Edward non rispose subito, ma dopo qualche secondo di pausa –dove
probabilmente stava valutando se stare calmo e procurargli un’altra valigia o
andare a staccare la testa a morsi a Alice- si destò al rumore di qualcuno che
si avvicinava alla nostra proprietà. Distinsi subito la corsa leggera e fluida
di Jasper, contrastata dall’andatura pesante, ma non meno fluida, di Emmett. Mi
precipitai subito fuori. Dovevo assolutamente parlare a quattr’occhi con
Jasper. Era ridicolo il modo con qui avevamo legato negli ultimi tempi. Forse
era il suo modo di fare gentile e sereno, forse era il suo potere di farmi
sentire sempre tranquilla. Chi lo sa? Alice si era addirittura offesa per il
legame che ci univa. Il bello era che si era offesa –come al solito- perché
pensava che non fossimo più amiche, non perché avevo legato bene con il suo
compagno di vita.
Lo aspettai a un paio di metri di distanza dalla porta d’ingresso.
Mi si avvicinò con grazia e sentendomi sconvolta e frustrata mi inondò di
tranquillità. Mi sorrise, come solo lui
sapeva fare. Per un momento dimenticai tutta la rabbia contro i vestiti e
Alice. Mi superò ed entrò in casa, seguito da Emmett.
<< siamo venuti ad aiutarvi a portare le valigie da noi.
Alice ha previsto che ne avreste avuto bisogno… >>cominciò Emmett. Questo
non doveva dirlo!
<< Alice!!! >> ringhiai, raggiungendo Emmett.<< Alice
ha previsto che avremmo avuto bisogno di un’aiutino con le valigie? >>altra
ondata di tranquillità.
Sospirai e aspettai che rinascesse la furia in me. Guardai torva
Jasper. Questa era una cosa che odiavo in lui: non mi lasciava mai sfogare o
infuriare con qualcuno. Era frustrante. Percepivo quelle situazioni in modo
irreale, come se lui fosse il mio angelo custode, pronto a rasserenarmi in ogni
momento. Eppure all’inizio i rapporti tra noi erano stati distaccati, se non
assenti. Nei miei vaghi ricordi umani, lui era presente, ma silenzioso e
immobile. È vero, mi portò in salvo con Alice da James, ma durante il soggiorno
in hotel, era stato quasi inesistente. Per tutto il periodo che Edward mi aveva
lasciata non l’avevo più rivisto. In quel periodo, però, non mi è mai passato
per l’anticamera del cervello che fosse lui la causa dell’allontanamento di
Edward da me. Mai, neanche per la penosa festa in onore del mio diciottesimo
compleanno. Avevo nutrito sempre una certa simpatia per lui, anche se non me ne
ero mai accorta. Forse era dovuto al fatto che era il compagno di Alice, forse
perché mi faceva un po’ pena la sua condizione di anello debole della famiglia
Cullen, forse semplicemente perché non era tanto insensibile come Emmett.
Emmett… tornai con i piedi per terra, dopo l’ondata di tranquillità e di
ricordi immersi negli occhi dorati di Jasper.
Cercai di dare un tono diplomatico e tranquillo al mio tono di
voce.<< dite a Alice che le sue previsioni sul nostro bisogno di aiuto
sono direttamente proporzionali ai lavaggi del cervello che fa a mia figlia.
L’ha trasformata in un mostro e… >>
<< io l’ho sempre detto che quel mostriciattolo ci porterà
alla rovina >> disse tranquillo Edward, mentre disfava una valigia rossa
e nel frattempo teneva lontana Renesmee, che recuperava i vestiti e provava a
rinfilarli in valigia.
<< non ti do torto, Edward. >>disse Jasper, divertito.
Mi voltai verso di lui, sorpresa dalle sue parole. Ero convinta che avrebbe
difeso la sua compagna, rimproverando Edward. Forse pensava che il fratello
stesse scherzando, ma non ne ero sicura.
Guardai l’orologio del soggiorno: erano le tre di pomeriggio.
<< Renesmee, ti do 10 minuti per scegliere cosa portare >>
<< ma io ho gia scelto! Se papà la smette di togliere le
cose, ci metto dieci minuti- come hai detto tu, per finire le altre valigie >>
<< cosa?! >>esclamai. Mi rimangiai le parole di poco
prima. Alice non l’aveva trasformata in un mostro, ma in un cataclisma, in un
pericolo pubblico.<< forse non sono stata abbastanza chiara, signorina,
ti do 10 minuti per riempire con lo stretto necessario le valigie. E tra tutte
quelle che hai intenzione di portare, ti concedo di riempirne 2, non una di
più, ma possibilmente una di meno. >>
<< ma… >>
<< ma un bel
niente.! >>la interruppi.
<< ma... >>ci riprovò.
La fulminai per qualche secondo. La stanza era silenziosa; mi
sentivo gli occhi di tutti addosso. Speravo con tutta me stessa che Edward mi
stesse appoggiando mentalmente e moralmente, al contrario delle risa mentali
che probabilmente affollavano la mente di Emmett.
Quando fui completamente convinta che Renesmee non avrebbe
ribattuto mi voltai. Errore irreparabile.
<< ma mamma! >>esclamò. Poi partì a raffica con il
solito discorso che dimostrava il nostro torto e la nostra non-comprensione nei
suoi confronti, che Alice pareva possedere.<< zia Alice dice che se non
ci si porta tutto quello che si ha in vacanza potrebbe succedere una disgrazia.
Già voi potreste essere una causa di questa possibile tragedia, visto quelle
tre cose che avete intenzione di portarvi appresso…per questo vi ho fatto altre
due valigie a testa. >>
Non ribattei a quella notizia, me la stavo aspettando già
dall’inizio del suo improvviso discorso. Lasciai che continuasse, prima di
dargli il colpo di grazia con la conferma del mio ordine precedente. E lei
ignorava il fatto che il tempo aveva già cominciato a correre.
<< pensa solo al fatto che magari quando arriviamo lì,
scoppia un temporale e le temperature vanno sotto lo zero. Bisogna prevenire
questo imprevisto. Quindi bisogna portarsi tutti gli indumenti invernali che si
hanno. So che mi state prendendo per matta: dopotutto voi che ne sapete del
freddo? Io lo sento, meno degli umani, ma lo sento. >>
<< ma non ti basterebbero al massimo due abiti invernali? >>chiese
Emmett, improvvisamente attratto dal discorso di Renesmee.
<< assolutamente No. Tu che vivi in casa con zia Alice
dovresti saperle certe cose, zio Emmett! Ora comincio a capire zia, quando si
sente delusa dalla vostra superficialità nel modo di comprendere la
moda…comunque, visto che siete dei dilettanti, comincerò a spiegarvi il
concetto in modo semplice, chiaro e veloce. Mettiamo il caso che io metta in
valigia solo due abiti invernali, e che mi si sporchino nel giro di mezzora la
felpa di uno e i pantaloni dell’altra. Mettiamo il caso che il primo completo
sia marrone e l’altro nero. Sicuramente non posso rimanere per casa in mutande,
quindi mi toccherà mettere i pantaloni marroni e la felpa nera. Immaginatevi la
scena: orribile…il nero e il marrone assieme, uguale, a che ne so… i figli
della luna e Caius. Non vanno mica d’amore e d’accordo. Un’ esempio più
esaudente: zia Rose e Jake. Provate a lasciali in una stessa stanza per due ore
e immaginate cosa potrebbe succedere. La stessa cosa è per quei due colori,
come per molti altri. Quindi, riprendendo l’esempio, ci toccherebbe andare a
fare shopping a terra, perché io non mi metterò mai qualche cosa di marrone con
il nero, o nero con blu, o >>rabbrividì all’idea << viola e verde >>
disse con ribrezzo, scollandosi le spalle come volesse fuggire da un brutto
pensiero. Attesi fino a che non fui sicura che avesse terminato il discorso
senza senso, ma degno di Alice, per alzare gli occhi al cielo e rivolgermi a
Edward: << tutto questo bel discorsetto ha bisogno di una bella risposta
unanime, eh? >>. Contammo mentalmente fino a tre, poi in coro:
<< cinque minuti! >>
Renesmee sbuffò, sapendo che non poteva fare nient’altro. Si
diresse a orecchie basse verso camera sua. Edward la seguì.
Mi girai verso Emmett e Jasper e nel tono più cordiale possibile,
anche se con una nota di malignità, dissi:<< non siete più utili qui, ma
potreste sempre farmi un favore… >>
<< Quale? >>chiesero all’unisono.
<< dite ad Alice che quando arriviamo a Isola Esme, dovrà
fare i conti con me, >>dissi con disprezzo << e per l’occasione, sarò
molto, molto arrabbiata…intesi? >>e guardai specialmente Jasper, sapendo
che non mi avrebbe deluso, al contrario di Emmett, che si stava scompisciando
dalle risate, e che si sarebbe precipitato da Rosalie a raccontarle parola per
parola della scenata di Renesmee, elogiandola come una piccola mente diabolica.
<< non verrete dunque con il nostro stesso aereo? >>chiese
Jasper, ignorando la mia richiesta.
<< Spero di si, ma dubito che riusciremo a finire in tempo…
con le valigie. >>dissi sprezzante, lanciando un’occhiataccia verso la
camera di Renesmee.
<< d’accordo. Se è ci vediamo all’isola >> disse
Emmett, e con un cenno si allontanò correndo, seguito silenziosamente da
Jasper.
Mi voltai e raggiunsi Edward nell’altra stanza. Lo scenario era
nettamente cambiato: la camera era in perfetto ordine, i vestiti non erano più
in giro, le valigie si erano ridotte a tre, e dall’espressione soddisfatta di
Edward, non mancava nulla. Mi rimangiai immediatamente quello che avevo detto a
Jasper e ad Emmett. In tutta quella perfezione felice, c’era una sola cosa che
stonava: Renesmee seduta sul suo letto, le gambe e le braccia incrociate e un
broncio che le dipingeva il bel viso fanciullesco. Erano passati poco più di sei
anni dalla sua nascita, e lei dimostrava già sedici anni. Questo per quanto
riguardava l’aspetto fisico. La sua mente, i suoi interessi, i suoi modi di
fare… bè, quelli appartenevano a una ragazza di almeno vent’anni. Aveva passato
da un pezzo la fase “infanzia”, e con quella, il suo particolare modo di
comunicare con il pensiero e le immagini. Non che non ne fosse più capace, ma
era come se appartenesse appunto, alla sua infanzia. Ora che era, per così
dire, cresciuta, aveva lasciato quel buffo modo di comunicare, per fare spazio
alle parole. Ogni tanto, però avrei preferito che avesse continuato a
comunicare specialmente con le immagini, che con il suo chiacchiericcio
infermabile. Mi avvicinai, facendo segno a Edward di uscire, che senza
ribattere, obbedì.
<< ti sei offesa per le valigie? >> chiesi. Che
domande! Ma certo che si era offesa per le valigie!
<< Anche >> rispose, senza muovere un muscolo e
continuando a fissare il vuoto delle tende.
<< per cos’altro? >>
<< zia Alice se la prenderà molto, io non voglio deluderla.
Questo per quanto riguarda le valigie… >>
<< e? >>la incitai.
<< perché voi tutti avete un compagno- compagna e io no?
Perchè voi avete qualcuno da amare e io no? >>chiese sbottando, irritata
per avergli strappato una simile domanda.
<< ma tu vuoi bene a me, a papà, a Charlie, a Carlisle e Esme,
a zia Rose e Emmett, a zia Alice e Jasper, a Jacob… >>cominciai ad
elencare.
<< Appunto! >>m’interrupe, lasciando a mezz’aria il
mio elenco.<< Seth l’altro giorno mi ha spiegato una cosa buffissima:
l’imprinting, o qualcosa del genere. Dice che Jacob l’ha avuto su di me, quando
sono nata. Sam l’ha avuto su Emily, Quil sulla nipote di Emily…il fatto è che
Emily retribuisce l’amore di Sam, Quil per il momento non si può aspettare
molto da una bambina, ma io? Jacob rimarrà solo tutta la vita solo perché io non
contraccambio? Perché l’imprinting non ha un effetto reciproco? Perché non ne
sono vittima anch’io? >>chiese tutto d’un fiato.
Prima di rispondere, cercai di segnarmi a mente che avrei
picchiato a sangue Seth, nonostante gli volessi un mondo di bene. Ma che gli
era passato per la testa?
Cercai di rispondere logicamente, anche se in quel discorso non
c’era nessuna logica.
<< prima di tutto, jacob non deve per forza essere il tuo
ragazzo. Forse Seth non te l’ha spiegato, ma l’imprinting è una cosa molto
strana. Guarda Quil, per esempio: lui non è mica il fidanzato con la nipote di
Emily, eppure anche in questo caso l’imprinting è del tutto attivo >>.
Guardai la faccia di Renesmee: non aveva capito un tubo. Forse mi ero espressa
male.<< facciamo un esempio più pratico, sempre con Quil. Come ti sembra
il rapporto che ha con quella bambina? Ti sembra che dimostri un certo
interesse da fidanzato nei suoi confronti? >>
<< bè, non mi sembra. Si comporta quasi fosse il suo
fratello maggiore. Quando lei ha bisogno di giocare, lui la fa giocare; quando
vuole riposare, la fa riposare, quando ha bisogno di cure mediche, a momenti
diventa lui stesso medico! >> sorrise. << non le fa mancare nulla.
Come Jacob a me. Il punto è un altro. Io sono cresciuta, sono più grande di
quella bambina. E jacob comincia a essere più amoroso, sembra che mi faccia la
corte! >> dichiarò, imbarazzata.
Si sentì un ringhio arrivare dalla cucina.
Ignorai Edward e proseguii: << e a te da fastidio? Insomma,
Jacob sta diventando per così dire appiccicoso? >>
<< no! Assolutamente! Non hai capito. Mi fa sempre piacere
vedere Jacob e stare in sua compagnia, è solo che lui vorrebbe di più. Non lo
lascia a intendere, ma vedo che è così. E fino a qualche giorno fa non sapevo
nemmeno il perché. Quando mi sono confidata con Seth, lui mi ha risolto molti
dubbi, mi ha dato risposte. Il problema che io, quello che posso, l’ho già dato
tutto a Jacob. Tutta la mia amicizia e l’amore fraterno. Di più non posso, so
che non è lui quello a cui darò di più. >>
<< vuoi che ci parli io con Jake? >> chiesi, anche se
sapevo già la risposta.
<< no >> rispose,<< tocca a me >>. Scese
di scatto dal letto e si voltò, fissandomi per qualche momento negli occhi. La mia creatura, mia figlia. Quella che
volevano uccidere per tenermi in vita: neanche mille di me valgono una sola
molecola di lei. Lei è molto di più di Renesmee: è la mia Renesmee.
<< comunque te la vedi tu con zia Alice… >> disse poi
sorridendomi e chiudendo una valigia e portandola in salotto.
Avremmo fatto in tempo a prendere l’aereo con gli altri.
Mi diressi in cucina, da Edward. Lo trovai seduto a tavola, il mio
sorriso sghembo preferito sulle labbra.
<< che c’è da sorridere? >> chiesi divertita. Mi
avvicinai, mettendomi alle sue spalle e poggiando le braccia sul suo petto.
<< gli sta bene >> disse maligno<< dovevo ancora
vendicarmi con lui su questo punto, ma ha fatto tutto da sola Nessie… >>
Gli diedi una pacca sul capo: << povero! >> anche se
nemmeno io l’avevo mai perdonato per quello. In un certo senso gli stava bene,
anche se mi dispiaceva. Cosa succedeva se l’amore non era corrisposto
all’imprinting? Jacob sarebbe rimasto solo in eterno, come temeva Renesmee??
Appoggiai le mani sulla fronte di Edward e rilasciai il mio scudo, lasciando
che i miei pensieri fluissero nella sua mente.
Dopo pochi istanti ripresi il mio scudo, chiudendo la sua visione.
Lui si passò la mano tra i capelli, poi mi prese per i fianchi,
facendomi sedere in braccio a lui.
<< non so cosa potrebbe succedere, è una novità anche per
me. Qualsiasi cosa, però, non credo sarà pericolosa per alcuno di noi, tanto
meno per Jacob e Nessie… >>
<< volete piantarla di chiamarla Nessie! Da fastidio pure a
lei! >> sbottai. Erano tre anni che combattevo ininterrottamente contro
quello stupido soprannome. Avevo vinto su Jasper e Carlisle, ma erano solo
delle battaglie. Per quanto riguarda la guerra, ero in netto svantaggio
numerico.
<< le da fastidio? >>
chiese sorpreso.
<< non so, ma
sicuramente non gli fa piacere essere chiamata come il mostro di Lock Ness. Le
sottolineate in continuazione il fatto che è diversa… >>
<< non sarà facile farmi cambiare abitudine, e questo vale
anche per gli altri: siamo troppo abituati. Comunque nei suoi pensieri non
avverto nessuna ripugnanza verso questo soprannome… >>
<< avete l’eternità per cambiare abitudine! Cominciate da
adesso! Prima è meglio è per tutti, soprattutto per voi: Carlisle e Jasper
hanno iniziato da subito e ora non fanno alcuna fatica. Più aspettate più sarà
difficile… >>erano le mie ultima parole.
Lui mi guardò pieno di ammirazione, come se avessi appena fatto un
discorso mondiale contro la fame nel mondo e mi baciò. Erano giorni che non mi
baciava con quella foga: poteva significare solo una cosa. Mi staccai a
malincuore e dissi:
<< perdiamo l’aereo… >>un altro bacio.<< e
poi…>>non finii la frase.
<< e poi ci sono io di qua! >> sentimmo Renesmee
urlare dal salotto.<< allora? Andiamo? >>.
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Capitolo 2 *** VisioneVSdistrazione ***
Grazie tante a:
per aver recensito
la storia:cloe cullen, francef80, bellemorte86, franci_cullen;
per averla
messa tra i preferiti: bellemorte86, cesarina89, franci_cullen, skater4ever.
È la mia
prima ff, ma ho già scritto anche altri capitoli. Magari ve ne metto uno al
giorno, fino a dove ho scritto… per dopo, dovrete avere un po’ più di pazienza.
Sono felice che piaccia almeno a qualcuno. Ieri vi ho messo solo quel capitolo perché
pensavo che non l’avrebbe letta quasi nessuno, ma vedo che va bene, quindi buon
divertimento!
p.s.: a chi
piace Jacob, mi dispiace ma avrà una brutta notizia, tra un po’… anche a me non
sta tanto simpatico, da New Moon.( però l’attore è veramente carino, non quanto
Jasper!)
Visione VS distrazione
Arrivammo a isola Esme prima del previsto. Eravamo riusciti a
prendere l’aereo insieme agli altri. Jasper era rimasto sorpreso di vederci, ma
non chiese nulla, mentre Emmett cominciò con i suoi commenti allusivi. Cercai
di ignorarlo, concentrandomi sul discorso da fare a Alice. Appena la vidi mi
abbracciò, e mi raccontò del film che lei e Jasper avevano visto la sera prima.
Io cercai di lasciar trapelare un po’ di rancore per la storia delle valigie,
ma lei non ci badò. Mi ripromisi di parlarle quando fossimo arrivate all’isola.
Da quando tutto andava bene, o meglio, da quando i Volturi se ne
erano andati, quasi sei anni prima, avevamo preso l’abitudine di “andare in
vacanza”. E il posto migliore era isola Esme. Potevamo cacciare nella piccola
foresta che si trovava sull’isola, c’era il mare e avevamo una bella casa ben
attrezzata per non annoiarci. Le stanze erano sempre le stesse: Carlisle e Esme
avevano preso la stanza verde acqua, Rosalie e Emmett quella tutta rossa ( per
giunta con un letto a forma di cuore al centro della stanza…), Alice e Jasper
quella su tonalità rosa e violacee, Renesmee una stanza più piccola completamente
blu, mentre a me e a Edward, il caso vuole, ci lasciarono la stanza bianca.
Forse Edward ne aveva parlato con Jasper, visto che, sei anni prima, quando
decisero le stanze, ci fece un occhiolino dopo che avevamo ricevuto la stanza
candida…in ogni modo, ogni anno avevamo sempre le stesse stanze.
Entrammo in casa, il tempo di disfare le valigie e di riscendere
in salotto, che Alice mi si avvicinò, triste e offesa.
<< Jasper mi ha detto
che sei molto arrabbiata con me, e che avrei dovuto fare i conti con te. >>
disse con la sua voce triste, che caratterizzava i suoi insoliti momenti di
infelicità.<< non mi ha voluto dire il perché… dice che lo so da sola.
Solo che io non so cosa ho fatto di male. Mi sono comportata come un
angioletto, l’ultimo guaio che ho combinato è stato mesi fa… >>
<< Alice >>la interruppi.<< io non sono
veramente arrabbiata con te. Almeno non così tanto come lo ero quando ho
parlato con Jasper. È solo che ero stressata per Renesmee. A quanto pare è una
tua fedele allieva. Voleva portarsi più di otto valigie… >>
<< ora capisco perché Jasper era così divertito quando è
tornato a casa senza le valigie…in quel momento pensavo di aver sbagliato la
previsione, ma ora capisco. Avete costretto la piccola a portarsi dietro solo
quelle quattro cose… >>
<< solo quattro cose!? Alice, voleva portare più valigie di
tutti noi messi assieme, e solo per lei! >> ero basita.
<< va bè! Non ti scaldare! Siete proprio tutti uguali.
Neanche Jasper è affine alla moda… >>. Era ancora triste. Si voltò e
cominciò ad andarsene ma io la richiamai.
<< Alice? Tutto a posto? >>
<< perché non dovrebbe essere tutto a posto? >>
<< non so, ma mi sembrava che fossi triste per l’argomento
“valigie”. Ora che abbiamo chiarito, mi sembra che tu stia peggio di
prima…perché abbiamo chiarito, vero? >>domandai, insicura improvvisamente
delle mie affermazioni.
<< certo, che domande! >> disse, impassibile.
C’era qualche cosa che non andava. Non era da lei tenere il
broncio per certe cavolate, almeno non per così tanto. Di solito, al massimo
pochi minuti, e poi tornava normale, come niente fosse. Quando era così giù,
c’era qualche cosa che non andava…
<< dimmi la verità, Alice. Ti conosco troppo bene, e vedo
che hai un problema; anzi, a considerare dal tuo morale, direi che è un enorme
problema. Eppure all’aeroporto eri così solare. Cos’è successo? Problemi con
Jasper? >> chiesi esitanti. Per quanto non la sopportassi in certi
momenti, mi rattristava vederla così giù di morale.
<< no, con Jazz tutto a posto. È solo… >>
esitò,<< prometti di non dirlo a
nessuno, nemmeno a Eward. >>
<< per me non è un problema tenere nascosto qualche cosa a
Edward, ma te? >>
<< cerco di non pensarci mentre c’è lui. Recito a memoria
tutte le poesie che conosco, anche la “divina commedia” e “5 maggio”. Comunque,
le cose stanno così. L’altro giorno ho avuto una visione flesh: c’era un bosco,
il cielo era sereno, le stelle brillavano e c’era la luna piena, e di
sottofondo un ululato agghiacciante. Il bosco era quello di Forks, ne sono
certa. >>
Ci misi un momento per mettere insieme le sue parole. Eppure, non
riuscivo a trovarne un senso logico, o almeno un qualcosa di rattristante o
qualche traccia di un pericolo imminente.
<< e allora? Forse hai sentito l’ululato dei licantropi… >>
accennai.
<< sai bene che non posso vederli. E l’ululato non
corrisponde al loro. Quello che ho sentito era più forte, più animalesco e
mostruoso allo stesso tempo. Non avevo mai sentito nulla di simile. Non credo
che fosse un lupo solitario. Per giunta sembrava che il verso arrivasse da
qualcosa che stava in un punto scoperto, dove avrei potuto vederlo… non so se
mi spiego. >>
Qualcosa. Si era spiegata, eccome. Vedendomi
perplessa cercò di spiegarmi meglio:-<< quando ho le visioni, è come se
mi trovassi nella visione stessa, come spettatrice di ciò che accade. Io mi
trovavo nel bosco, e l’ululato era vicino a me, come se avessi avuto davanti il
lupo, ma davanti a me non c’era nulla. >>
Aspettò che le parole facessero il loro effetto. Ma non lo ebbero.
Non potevo credere nella minaccia di un lupo, ne in quella di qualsiasi altra cosa. Ormai ero troppo abituata alla
tranquillità da non riuscire a immaginare, e quasi ricordare, ciò che accadeva
quando eravamo in pericolo. James, i Volturi, Victoria, i neonati, Laurent…
erano solo brutti ricordi, dei quali la buona parte apparteneva al mio passato
sfuocato da umana.
<< non credo che la cosa ci debba turbare. Magari ti sei
solo sbagliata >>.
<< Forse >>. Mi abbracciò e uscì dal salotto, con la
sua solita andatura a passo di danza. Nemmeno quando ero diventata pure io così
aggraziata ero riuscita ad abituarmi al suo passo, sempre e comunque più
delicato e dolce del mio.
Scostai la tenda dalla finestra che dava sulla spiaggia. Vidi
Alice raggiungere Jasper, che allungate le braccia, l’abbracciò, sollevandola
da terra. Rimessala a terra, la baciò. Sorrisi a vederli così. Era raro vederli
in quello stato di fusa amorose. Di solito il loro rapporto era basato su
sguardi intensi e parole non dette. Eppure tutte le volte che eravamo su
quell’isola, erano stranamente appassionati: bho, sarà l’aria di mare…che, a
quanto pare, spostando lo sguardo su Rosalie e Emmett, ha effetto anche su di
loro: in acqua, abbracciati che si baciano.
<< che fai, li spii? >>. Era Edward. Mi cinse i
fianchi e mi baciò.<< ora non dobbiamo prendere nessun aereo, e
Ness…Renesmee è in spiaggia con Carlisle e Esme… >>
Tutto ciò era più che sufficiente. Misi le mie braccia intorno al
suo collo, e senza esitare lo baciai. Lui mi sollevò da terra e in un baleno
fummo in camera da letto. Poco importava che dovevamo dividere la casa con
altri sei vampiri e mezzo (Renesmee non contava intero), poco importava se di
sotto, appunto, c’era la nostra piccola, poco importava della visione di Alice,
poco importava del mare, della spiaggia e del resto. Ora c’eravamo solo io e
lui.
I giorni scorrevano veloci, come quelli di una qualsiasi vacanza.
Il mare era uno spettacolo e il tempo era ogni giorno sereno. Alice non aveva
più accennato alla visione: dopo averne parlato con me, dovettero passare due
giorni prima che tornasse il nostro mostriciattolo. Renesmee si era anche
abbronzata un po’, per quanto la sua natura le permettesse. Jasper e Alice
andavano spesso a fare dei giri al largo, stavano via da mattina a sera:
preferivano, come al solito, stare per i fatti loro. Non che li biasimassi. Li
potevamo essere noi stessi: sotto il sole, con la pelle lucente; scorrazzare
per la spiaggia liberi e incontrollati; potevamo anche giocare a Baseball senza
aspettare i temporali. O meglio, li creavamo noi. Sceglievamo la notte, visto
che essendo estate, i temporali notturni non erano una rarità. All’interno
dell’isola c’era una radura, un po’ più piccola di quella a Forks, ma pur
sempre adatta a una partita. Le squadre erano sempre le stesse: io, Jasper,
Rosalie, Carlisle, contro Edward, Esme, Alice, Emmett. Renesmee preferiva
sempre fare l’arbitro. Si divertiva a sentirsi nelle mani l’esito delle partite:
non era un arbitro obbiettivo, faceva vincere il simpatico del giorno, e se era
generosa, aiutava la squadra che stava perdendo… insomma, alla fine delle
partite c’era sempre qualcuno che se la prendeva con lei; e lei, tranquilla,
rispondeva che si doveva saper perdere.
La domenica mattina, dopo una caccia veloce, di cui fu vittima un
cervo, rientrai in casa. Alice e Edward stavano giocando a scacchi, mentre
Jasper e Emmett seguivano le loro mosse con attenzione. Adoravo quei momenti:
Alice e Edward erano degli scherzi della natura per giocare a scacchi. Alice
prevedeva le mosse di Edward, e lui gli leggeva le contromosse nella mente. Mi
sedetti tra Emmett e Jasper, che ricambiò il mio arrivo con un bel sorriso.
<< fatta buona caccia? >> chiese, tornando a concentrarsi
sulla partita.
<< si, direi che sono sazia. Almeno per qualche giorno… >>
<< shh!!! Li deconcentri! >> disse sibilando Emmett,
senza distaccare gli occhi dal gioco.
Di risposta gli diedi una gomitata nella pancia. Lui fece una
leggera smorfia, per il piccolo dolore che gli avevo procurato. Ora che non ero
più una neonata non avevo speranze con lui: era nettamente più forte. La mia
epoca di “forzuta” della famiglia Cullen era terminata. Alice sorrise beffarda,
mentre muoveva il suo alfiere a distruggere il re avversario. Edward appoggiò
la schiena allo schienale, in segno di resa.
<< ma come hai fatto a farti sfuggire una mossa del genere? >>
chiese Emmett, basito.
<< mi sono lasciato distrarre dalla vampira più bella che
rientrava a casa. >>si giustificò Edward. Gli feci un sorriso, in cambio
del suo complimento.
Alice si alzò, soddisfatta e disse:
<< Stasera >>
come volesse ricordare a tutti qualche cosa che gli era dovuta grazie alla
vincita della partita. Poi si chinò e diede un bacio veloce a Jasper, per poi
allontanarsi a passo leggiadro dalla stanza, uscendo in spiaggia. Mi ci volle
qualche secondo per capire che c’era di mezzo una scommessa.
<>chiesi curiosa. Chissà quale
diavoleria avevano messo in gioco, ‘sta volta.
<> rispose divertito Jasper.
<< e ora per colpa tua e del tuo innamorato ci toccherà
guardare qualche maledetto film romantico… >> borbottò Emmett.
Lanciai un’occhiata fugace a Edward, che ricambiò divertito.
<< ringraziate che sia tornata normale e solare, invece di
lamentarvi. >>dissi io.
<< perché, tu sai quel che gli passava per la testa, i
giorni della depressione? >>chiese Edward. Probabilmente era rimasto
frustrato dal fatto che, pur provandoci, nella mente di Alice non avesse
trovato nulla di interessante, a parte la “divina commedia”, e di riconducibile
all’improvvisa tristezza di lei.
<< no, purtroppo. >>mentii io.
<< Carlisle mi aveva chiesto di scoprire qualche cosa…ma
tutte le volte che chiedevo a Alice il motivo del suo stato d’animo, lei mi
distraeva…non che mi dispiacesse >> rispose beato.
Emmett fece una smorfia di disgusto, mentre Edward, di nuovo
sorridente, alzò gli occhi al cielo.
<< qualsiasi cosa fosse, ora pare passata >> dissi per
chiudere il discorso.
<< questo è quello che pensate voi. Alice sa mascherare bene
i problemi che ha. Forse all’inizio no, ma poi cerca di non far preoccupare
nessuno e torna quella di prima. Però il problema che ha, non passa. Sento che
è ancora preoccupata e stressata uguale a prima, se non di più. >> disse
serio Jasper.
<< prova chiederle di nuovo cosa c’è che non va, così
s’impegnerà ancora per distrarti… >> disse Emmett, maligno.
Lo ignorammo, e cominciammo a fissare la scacchiera, ognuno
immerso nei propri pensieri. Una cosa era certa a tutti, forse più a me che
agli altri: Alice aveva avuto una visione preoccupante.
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Capitolo 3 *** Una visita... ***
una visita spiacevole
Eccomi con un nuovo capitolo, spero
che piaccia.
A proposito, il libro è diviso in tre
pari: una raccontata dal punto di vista di Bella, uno da quello di Renesmee e l’ultimo
da Jasper, per osannare il mio personaggio preferito. Buon divertimento!
Una visita.... "spiacevole"
Un pomeriggio, mentre eravamo in spiaggia, Alice, tra le braccia
di Jasper, propose di andare a fare una partita di Baseball, quella sera
stessa. Dopo un po’ di pro e contro, decidemmo che era la scelta più ovvia per
passare una nottata senza annoiarci.
<< io non vengo. Sono troppo stanca per passare una notte
insonne. E poi, zio Jasper mi aveva promesso che domani saremmo andati a fare
sub, quindi ho bisogno di riposo. >> dichiarò Renesmee.
<< faremo benissimo a meno di te, arbitro comprato! >>
disse Emmett, ridendo. Rosalie gli diede uno schiaffo sul muscolo del braccio,
che non si tese neanche un secondo, mentre Renesmee gli fece una linguaccia,
per poi tuffarsi in acqua.
Io invece ero d’accordo con Alice. Era una buona idea andare a
fare una partita.
Il pomeriggio passò in fretta, tra sabbia e mare, ombrellone,
castelli di sabbia stupendi e giornalini di gossip.
Rientrammo in casa alle sei di sera, lo stretto necessario per
toglierci il sale dalla pelle, vestirci con le nostre divise e preparare una
bistecca al sangue a Renesmee, come le piaceva tanto. La lasciammo che aveva
cominciato a mangiare.
La radura era a un paio di minuti di corsa dalla casa. Giungemmo
li una decina di secondi dopo Edward: rimaneva ancora lui il più veloce della
famiglia. La mia squadra batteva per prima. Jasper si posizionò sulla
base-madre, attendendo che Alice lanciasse la pallina. Non dovette attendere
molto: il suono che provocò lo sbattere della sfera sulla mazza, fu assordante.
La pallina fu scagliata verso la foresta, mentre Jasper, mollata la mazza,
cominciò a correre. Riuscì a fare un giro completo, senza fermarsi. Ora toccava
a me. Alice scagliò la pallina bianca, e io la colpii con la mazza, cercando di
metterci più forza possibile. Mollai la mazza, incurante della direzione in cui
avevo scagliato l’oggetto bianco. Mi concentrai sulla corsa, ma fu inutile.
Mentre andavo in scivolata sull’ultima base, per salvarmi, Emmett mi colpì con
la pallina. Eliminata. Ora toccava noi stare in difesa.
<< scusami, Bella >>mi urlò Emmett, a una trentina di
metri da me.<< se avessi saputo che correvi così piano, non avrei atteso
tanto a colpirti!>>
<< ignoralo >> mi disse a bassa voce Edward. << vuole
solo la sua vendetta per le volte che l’hai battuto a braccio di ferro >>
<< è stato solo per un’anno! >>replicai. << lui
è da cinque anni che mi tormenta, senza contare l’anno che ero una neonata e
faceva allusioni sulla nostra vita privata. >>
Lui sorrise, poi si preparò a battere. Jasper era il nostro
lanciatore, il migliore fra quelli della nostra squadra. Edward batté una palla
facile, che recuperai senza fatica a una quarantina di metri lontano dal campo.
La rilanciai a quello più vicino a lui: Carlisle. Purtroppo non fu altrettanto
veloce da prendere l’avversario. Avevano fatto punto. Eravamo pari; ora toccava
a Alice: sarebbe stato più semplice con lei tornare in attacco, dato che non
era veloce quanto Edward. Tornai all’interno del campo.
<< tieni! >> urlò Edward a Alice, lanciandogli la
mazza che aveva appena raccolto da terra. E dove ci tornò. Era appena successa
una cosa che non accadeva da un po’. E l’unica volta che era accaduta non era
stato presagio di bene. Alice era paralizzata, gli occhi persi nel vuoto. Aveva
lasciato cadere la mazza ai suoi piedi, senza tentare nemmeno di afferrarla al
lancio di Edward. Vidi Jasper precipitarsi da lei. Anche io e gli altri ci
avvicinammo velocemente.
<< Alice? Cosa vedi? Alice? >>. Jasper non era affatto
tranquillo. Lo si leggeva dai suoi occhi, lo si sentiva dalla sua voce, lo si
percepiva standogli semplicemente vicino.
<< Athenodora…Chelsea… >> farfugliò.
Non mi erano nuovi quei nomi. Athenodora, se non mi sbagliavo era
la moglie di Caius, uno dei Volturi. E Chelsea era una delle loro guardie. Ma
cosa ci facevano nelle visioni di Alice? Da quel che avevo sentito, le mogli
dei Volturi non uscivano mai da Volterra, o quasi. Erano uscite quando volevano
distruggere la mia Renesmee, ritenendola pericolosa. Ma era stato un fatto
straordinario. Forse Alice le vedeva mentre erano a Volterra, ma qualche cosa
mi diceva che non era così. Perché spaventarsi tanto se erano a Volterra, per i
fatti loro?
Mentre pensavo, Alice tornò in sé, ma un po’ scossa.
<< allora? >> chiese impaziente Jasper.
<< dobbiamo tornare a casa. Mentre stavamo giocando, ho
ripensato a Forks. Ero curiosa di vedere cosa stesse accadendo la, di come
stesse Charlie. Poi all’improvviso ho avuto una visione di Athenodora e Chelsea
che venivano a Forks, a cercarci. Sono sicura che non è per una visita di
cortesia. Erano serie e cupe in volto. >> disse tutto d’un fiato.
<< ma non ha senso! >> esclamò Carlisle.<< le
mogli non escono da sole da Volterra, dai tempi della morte di Dydime. E men
che meno solo con la guardia personale! E, cosa più importante, se volessero
attaccarci, si sarebbero portati dietro qualcun altro: due contro otto e…
mezzo. Non ha senso! >>.
Aveva ragione. Aveva maledettamente ragione. Non c’era logica in
quello che aveva visto Alice.
<< Quando? >> chiese Jasper.
<< c’era un calendario digitale, in uno spizzico vicino a
dove vedevo. Era il venticinque di agosto. >>
<< bè, abbiamo il tempo di fare le valigie, come minimo. >>
disse Esme.
Raccogliemmo le mezze e la pallina, e tornammo a casa.
Quando entrammo, era tutto buio: Renesmee era già a letto.
<< dici che rimarrà delusa, visto che domani sbaracchiamo e
non andremo a fare sub? >> chiese Jasper. Non gli importava veramente,
era più preoccupato per Alice, che era rimasta silenziosa tutto il tragitto.
Gli risposi ugualmente.
<< credo che capirà che è più importante tornare. >>
Mi diressi in camera, dove trovai Edward che faceva le valigie.
Era furioso, ma non capivo con chi. Restai ferma sulla soglia.
<< cos’hai? >> gli chiesi esitante. Lui si fermò appoggiò
la valigia sul lettone e mi si avvicinò.<< sei arrabbiato con me? >>.
Sapevo di non aver fatto nulla di male, ma volevo esserne certa.
<< no, amore mio >> disse, dolcemente. Poi,
all’improvviso si fece scuro in volto. << la nostra vita è sempre piena di guai. Non
possiamo vivere come tutti gli esseri viventi di questo pianeta: in pace? >>.
<< no, direi di no. >>dissi, anche se sapevo che era
una triste realtà. Avevamo passato solo meno di tre anni in pace e senza guai,
e ci attendeva l’eternità: se ogni tre anni avessimo avuto dei guai, saremmo
rientrati in un guinness.<< e poi, io non sono mica la vostra calamita
personale di disgrazie? Se non ne avessi attirato più potevo pensare di essere
diventata difettosa >> la misi sul ridere. Lui, colta la mia battuta, sfoderò
il mio sorriso sghembo. Lo baciai.
<< forse è meglio se andiamo a svegliare Renesmee: dobbiamo
partire al massimo domattina, e lei deve rifare tutte le valigie. >>disse
lui.
<< io direi che Alice dovrebbe darle una mano, dopotutto… >>
proposi io.
<< per questa volta scampa: è sconvolta. Jasper sta cercando
di consolarla, ma neanche io suoi poteri hanno tanto effetto, ora. >>
<< dici che dovrai andare anche io a tranquillizzarla? >>chiesi
preoccupata.
<< lasciamola un po’ sola con Jasper, magari gli passa. >>
azzardò Edward.
<< vai a svegliare Renesmee, io intanto finisco qui. >>.
Lo baciai di nuovo.
Dopo qualche minuto, sentii qualcuno arrivare alla porta.
<< come va con i bagagli? >>. Era la melodiosa e
profonda voce di Jasper.
<< bene… >>risposi, senza riflettere.<< piuttosto
Alice come sta? >>
<< meglio. Ci sono volute una trentina di ondate di
tranquillità per farla sentire bene. Ora è andata a parlare con Carlisle. >>rispose
lui.
Colsi immediatamente l’onda malinconica della sua voce.
<< Jasper? Cosa c’è che non va? Sei preoccupato come Alice? >>
chiesi.
<< lo siamo tutti. Mi ha descritto l’espressione delle due.
Non è nulla di buono. Anche se spero che Carlisle abbia intuito giusto. Resta
il fatto che non ha senso che stiano arrivando solo loro e … >> non finì
la frase. Non era preoccupato, era sconvolto forse quanto Alice, se non di più.
<< io credo che Carlisle abbia ragione. Magari la loro
espressione era solo momentanea, magari dopo due secondi erano già belle che
sorridenti… >>. Sciocchezze. Stavo dicendo solo cavolate. Non ci credevo
nemmeno io. Ma dovevo consolarlo, non volevo assolutamente vedere Jasper
così.<< non so leggere l’umore come te, ma sono più che certa, e su
questo mi gioco un anno di prese in giro da parte di Emmett, che sei sconvolto.
>>.
Lui abbozzò un mezzo sorriso: era già un passo avanti.
<< io do conforto alle persone, le faccio arrabbiare, le
tranquillizzò, le faccio felici, gli do speranza. Ma non per me. Tutte le cose
che ho detto a Alice, non ci credo sul serio. E lei lo ha avvertito, per quello
che ci ho messo tanto a convincerla, per giunta su delle bugie. Che razza di
compagno sono? >> disse, fissandomi negli occhi. Io ricambiai lo sguardo.
Lessi dolore, delusione, autostima sotto le scarpe, in quel mare di oro. Ero
senza parole. Non che fossi mai stata logorroica quanto Alice e, ora, Renesmee,
ma era la prima volta da quando ero vampira che non riuscivo a trovare le
parole. O forse non volevo pronunciarle. Sta di fatto che rimanemmo in silenzio,
ad attendere che qualcuno ci dicesse che Alice aveva avuto un’altra visione e
che potevamo goderci ancora le nostre vacanze, o che i Volturi avessero
cambiato strada, alla ricerca di qualche trasgressore alle regole. Ma non
arrivò nessuno.
Il rientro a casa fu molto triste, non solo perché era accompagnato
da tristi presagi. Era la sera del ventiquattro. Mancavano poche ore. Alice
diceva che doveva essere quasi mezzogiorno quando fossero arrivate.
Costringemmo Renesmee a chiudersi in camera, e a non uscire, finché non fosse
finito tutto, bene o male che fosse. Lei disse che la tenevamo sempre al limite
della famiglia, che non si sentiva adatta con la nostra specie. Che non la
consideravamo una di noi. Le parole mi trapassarono lo stomaco come pugnali, ma
sapevo che era per il suo bene. Avrebbe capito, almeno speravo.
Passammo la nottata in salotto. Esme e Carlisle erano seduti al
tavolo, Alice e Jasper abbracciati sul divano, io e Edward seduti sulle scale,
Rosalie e Emmett per terra. Sapevamo che se le cose non stavano come Carlisle
aveva ipotizzato, sarebbe stata una disgrazia per tutti noi, saremmo morti. Non
che temessimo Athenodora e Chelsea, le avremmo sconfitte; il peggio sarebbe
arrivato quando gli altri Volturi avessero invocato vendetta per le compagne,
in particolare Caius: era quello più sanguinario. Le ore passarono in fretta,
non volevo che quella notte finisse mai. Gli unici movimenti erano stati di
Alice, che, di tanto in tanto, guardava negli occhi Jasper e gli dava qualche
bacio. Anche lei no voleva che arrivasse la mattinata, non voleva perdere
Jasper. Noi altri ci limitammo al contato con il compagno, restando immobili.
<< avete sentito? >>disse improvvisamente Rosalie.
<< cosa? >> chiedemmo in coro.
Non ci fu bisogno di aspettare la risposta della bionda. Infine,
erano arrivate. Sfrecciavano nella foresta intorno a casa con velocità, ma con
una nota di malinconia.
Non dovemmo attendere molto prima di ritrovarle davanti alla
grande vetrata, all’entrata.
Entrarono in casa senza riguardo, molto frettolose, come se
facesse molto freddo e non vedessero l’ora di ripararsi al calduccio: ma loro
non sentivano il freddo. La femmina più alta era vestiva con una veste color
cenere, mentre l’altra con una veste più chiara, ma pur sempre nera.
Si guardarono intorno, e, accertate che non ci fosse qualcuno di
sgradito, si tolsero i cappucci dal capo, rivelando i loro volti pallidi.
Quella più alta aveva la pelle bianchissima, quasi trasparente:
doveva essere Athenodora. I capelli lunghi e neri le cadevano ribelli sulle
spalle, fino al bacino. Gli occhi, di un rosso acceso, erano quasi penetranti.
L’altra era poco più bassa, capelli biondi e occhi bordeaux, più
scuri dell’altra. A occhio e croce doveva avere poco più di diciotto anni.
<< Carlisle >> salutò Athenodora, con un cenno del
capo.
Carlisle rispose con un altro cenno, ma non abbassò la guardia.
A sorpresa, fui io a parlare:<< a cosa dobbiamo la vostra
visita? >>.
<< se possiamo accomodarci, vi spiegheremo meglio. >>
<< prego >> disse dolcemente Esme, indicando il
divano.
Ci accomodammo tutti e attendemmo che cominciassero a parlare.
<< come sta la tua Renesmee? >>chiese Athenodora.
<< Bene. >>risposi, colta alla sprovvista dalla
domanda.
<< ne sono lieta. Ora, passiamo al motivo della nostra
visita. Terrore. A Volterra vive il terrore puro. E non sto parlando degli umani,
ma di noi. Le cose stanno degenerando velocemente. Non possiamo più uscire, non
ci si fida più di nessuno. >>attese l’effetto delle sue parole su di noi.
<< dovremmo sapere di cosa stai parlando? >> chiese
scettico Emmett.
<< hai ragione, scusami. Vedrò di spiegarvi meglio la
situazione. Tutto ebbe inizio qualche mese fa. Avevamo mandato delle guardie in
giro per la città, di notte. Non avrebbero dovuto attaccare nessuno, ma solo
pattugliare la zona. È una cosa che si deve fare, di tanto in tanto. Erano poco
più di dieci. Voi non gli conoscete, sono dei gradi più bassi. Niente a che
fare con Jane e gli altri. >> fece una pausa.
L’ascoltavamo come un bambino ascolta la storiella della buona
notte, prima di addormentarsi.
<< dopo qualche giorno, però, non erano ancora tornati.
Mandammo due, quattro, sei guardie a cercarli, ma sparivano anche loro. Non
sono tutt’ora tornati. Sospettiamo che gli abbiano fatti fuori. Purtroppo
nessun telegiornale parla di strani falò, non sappiamo proprio da dove
cominciare a indagare. Io e Chelsea siamo molto preoccupate per il nostro clan,
siamo qui all’insaputa degli altri. Sono giorni che prego Aro, Caius e Marcus
di venire a chiedervi aiuto, ma loro continuano a sostenere che non ce n’è
bisogno, che risolveranno tutto loro. Sono troppo orgogliosi per ammettere che
la questione gli sta sfuggendo dalle mani, ecco la verità. >>.
Non era la storiella a lieto fine della buonanotte, ma una storia
di paura che ci si racconta la sera in campeggio.
Ero senza parole. Come tutti. Attendevamo un “scherzetto” o un “ci
siete cascati”. Non ci furono parole per una buona mezz’ora. Non pensai a
qualche cosa di particolare. Da un pensiero ne nasceva un altro, un altro e un
altro ancora. Una catena infinita di pensieri. Il silenzio fu rotto dalla voce
profonda e giovane di Carlisle.
<< e noi, dovremmo aiutarvi? >> chiese, serio.
<< è la supplica di una, anzi due, vampire disperate, che
vedono i loro compagni morire… >> rispose pietosa Athenodora.
<< non è sicuro che siano morti. Magari se ne sono andati
perché avevano capito quanto siete ipocriti. >>. Non era stato Carlisle a
parlare, ma Edward.
Athenodora contrasse impercettibilmente le labbra. Si ricompose e
disse:
<< so che ci odi ancora per quello che è successo meno di
tre anni fa. Non ti do torto. Avevamo frainteso la situazione. Aro e Caius
avevano esagerato a trovare un movente a tutti i costi per lo scontro. Io e
Sulpicia, una volta a Volterra glielo abbiamo fatto notare. Non è loro
intenzione torcere un capello a Re…. >>
<< non è loro intenzione!? >> edward era scattato in
piedi, furioso. Se la sua pelle non era marmorea a perennemente bianca, sarebbe
stata rossa dalla rabbia.<< voi venite nella nostra casa, senza
preavviso, sole, con una storiella poco credibile e buttata lì, e ci chiedete
aiuto dopo quello che è successo? >>. Era fuori di sé.
<< calmati figliolo >> disse tranquillo Carlisle,
invitandolo a tornare a sedersi. Edward non si mosse: guardava torvo Athenodora,
scavando nei suoi pensieri. Fece una smorfia, e si sedette.
<< ora mi credi? >> chiese lei, con una nota di
speranza nella voce.
<< ti credo, ma non sono tanto convinto a porgervi la mano,
va a finire che me la mozzate. >>
<< io non voglio farvi del male. La scelta è vostra. So che
hanno sbagliato, ma non potete abbandonarci… >>
<< Ah no? >> chiese Emmett, sprezzante.
<< vedo che siete tutti d’accordo con Edward. Non vi
biasimo. Sono stata una stolta a credere in un riavvicinamento dei clan. Vi
chiedo umilmente perdono per la nostra inaspettata e… sgradita… visita. >>
disse a occhi bassi.<< spero tanto che ci rivedremo, in un momento più
felice. >>.
Dicendo questo, si misero nuovamente il cappuccio sul capo e
uscirono. Scomparirono alla vista in un baleno.
<< vado a vedere Renesmee. >> dissi
automaticamente.
Non volevo rimanere li, non volevo guardarli in faccia. O meglio,
non volevo che mi guardassero loro negli occhi. Perché ci avrebbero letto pietà
e dolore per le due vampire che se ne erano appena andate. Tutti avevano detto
o fatto capire la loro. Io no. Non sarei nemmeno riuscita a farglielo capire
con gli occhi. Da quando aveva cominciato a raccontare la storia, non mi aveva
più guardata. Ero un fantasma per lei.
Quello che era successo tempo prima non importava. Loro avevano
bisogno di noi. Noi, per tutta risposta, gli avevamo detto un no, senza neanche
pensare al terrore che avevano nel cuore. Forse Jasper lo aveva notato meglio
di tutti, ma aveva lo sguardo sprezzante quanto gli altri. Anche la dolce Esme
era riluttante. Non che provassi simpatia per loro. Ma se qualcuno attaccava i
vampiri, la faccenda avrebbe dovuto riguardarci. Entrai nella stanza di
Renesmee. Carlisle e gli altri l’avevano ricavata da una stanza per gli ospiti.
Quando voleva andare li a dormire, era sempre la benvenuta.
Dormiva ancora. Ignara del fatto che eravamo tutti in pericolo.
Sognava, magari Jacob, magari me e Edward. Magari un oceano in cui nuotava, un
cielo in cui volava, un prato in cui correva. O forse, qualcuno da scappare.
Avevo dimenticato come si sognava, cosa si provava. Doveva essere una bella
sensazione, notando il sorriso beato che gli si era dipinto sul volto. “dormi,
piccola mia”.
I giorni seguenti non parlammo molto, rimanevamo l’uno accanto all’altro.
Avevamo bisogno di sentire il nostro compagno vicino, ma non era abbastanza,
almeno non per me. Carlisle aveva sistemato Renesmee per qualche giorno. Meglio
così: non volevo che si preoccupasse inutilmente. Lei molte volte si lamentava
del fatto che la lasciavamo sempre in disparte. Aveva solo sedici anni! Va bè,
Edward ne ha diciassette, ma bisogna contare anche gli anni di immortalità e
esperienza che aveva trascorso… non volevo mettere in pericolo la mia bambina. Ne
farla preoccupare.
Ora che le due vampire se ne erano andate, eravamo più preoccupati
di quando dovevano ancora arrivare.
Andai in camera da letto, e trovai Edward sdraiato sul letto,
occhi chiusi, ascoltando il suo brano preferito: Claire de lune.
Anche ora, che lo guardavo con occhi da vampira, mi sembrava il
solito dio bellissimo, scolpito nel marmo. Il vantaggio dei miei “nuovi” occhi
era vederlo ancora più particolareggiato. Una vera fortuna. Sorrisi nel vederlo
rilassato. Erano giorni che era continuamente teso, fosse perché percepiva i
pensieri di tutti, tranne il mio. Non avevo osato dirgli che cosa pensavo, non
volevo litigare ne deluderlo in alcun modo. Me lo tenevo per me.
<< a cosa pensi? >> chiese Edward, aprendo gli occhi e
guardandomi.
Appunto….
<< niente di importante… te, Renesmee, Charlie…. >>
<< niente di importante, ora… >> concluse lui,
tornando a chiudere gli occhi.
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Capitolo 4 *** Il primo bacio è sempre catastrofico? ***
il primo bacio è sempre catastrofico?
Eccomi!!!! Questo è il primo capitolo
del libro raccontato dal punto di vista di Renesmee… è stato molto difficile
immedesimarmi in un personaggio nuovo ( in Breaking Down è solo una bambina, non
un’ adolescente mezza vampira), ma alla fine ci sono riuscita. Spero di essere riuscita
nel mio intento e che vi possa piacere. In fondo al capitolo c’è dell’altro…
buon divertimento e ci vediamo in fondo..
2° libro: Renesmee
Il primo bacio è sempre catostrofico?
Faceva freddo, molto freddo. Non ne avevo mai provato così tanto.
Al freddo si aggiungeva la mia cecità. Non vedevo nulla, solo buio. Eppure
sapevo che era luminoso intorno a me, c’era molto da vedere. Ma io niente.
Provai ad ascoltare, per capire dove potevo trovarmi. Non sentivo nulla. Provai
a parlare, per sentire la mia voce. Non sentii nulla. O ero muta, o ero sorda.
O entrambi. Andai a tentoni nell’oscurità. Sotto i piedi sentivo dell’erba
bagnata. Sorrisi a quella sensazione piacevole. Tutto era così freddo. L’aria
che mi entrava nei polmoni era tagliente come lame appena affilate. Non sapevo
dove stessi andando, ne se quella era la direzione giusta. Feci un passo dopo
l’altro, accelerando sempre più. Improvvisamente non sentii più l’erba sotto i
piedi, ma il vuoto. Precipitavo nel buio.
Mi svegliai di soprassalto, dopo aver percepito un vuoto nel
letto. Aprii gli occhi, ci vedevo. E sentivo le voci da basso degli altri.
Provai a dire qualcosa.
<< ciao >>ma
venne fuori un suono rauco e impastato di sonno. Almeno sapevo ancora parlare.
Non era la prima volta che facevo quel sogno. Ormai di tanto in
tanto mi ritrovavo con i sensi inibiti. Nel sogno però non provavo mai ad
annusare. Avrei dovuto ricordarmelo la prossima volta che mi fossi
addormentata.
Mi alzai e scesi da basso. Le voci erano frenetiche e nervose, ma
ero ancora troppo assonnata per distinguerle e per capire cosa dicevano.
Quando scesi l’ultimo scalino, tutti si voltarono verso di me,
improvvisamente silenziosi.
<< vuoi qualche cosa da umani da mangiare o preferisci
andare a caccia con Jacob. Puoi chiamarlo se vuoi… >> disse mia madre.
<< credo che chiamerò Jacob… >>dissi a bassa
voce.<< che ore sono? >>.
<< Le tre di pomeriggio. >>rispose zia Rose.
<< ho dormito così tanto? >> chiesi sorpresa. Mi
sentivo più disorientata del solito.
<< Nessie, cara… ecco sono le tre di pomeriggio del ventisette
agosto >> disse nonna Esme.
<< non ho afferrato… >>dissi confusa. Non potevo aver
sentito bene.
<< sono le tre del ventisette agosto. >>ripetè lei.
<< cosa? >>chiesi. Mi sentivo in una gabbia di matti.
Doveva essere uno scherzo, per forza.
<< sono… le … tre… del… pomeriggio… del… ventisette… agosto.
>>disse Emmett, trattandomi da scema.
<< fino a qui c’ero arrivata pure io, sai? >>dissi
acida<< mi sfugge il motivo della mia dormita di due giorni e mezzo. >>
<< credo sia colpa mia. Ti ho dato qualche sonnifero, in caso
ti fossi svegliata durante la visita di… loro se ne sono andate subito, ma già
che c’eravamo abbiamo approfittato della tua pennichella per discuterne da
soli. >>spiegò Carlisle.
<< ma bravi! Continuate a lasciarmi in disparte, bel lavoro!
>> e mi diressi verso l’uscita. Aprii la porta ed uscii. Mi fermai di colpo,
la riaprii e mi sporsi per ringhiare << quando torno voglio sapere
tutto!!! >>, e sbattei la porta.
<< non possono trattarmi in questo modo! >>brontolai. Camminavamo da ore per
sentieri tra i boschi e non eravamo ancora soddisfatti della nostra piccola
gita improvvisata. Jacob mi ascoltava in silenzio, buttando giù qualche
battuta, di tanto in tanto.
<< faccio parte pure io della famiglia! >>proseguii.
<< del clan… >>mi corresse Jacob.
Io non lo ascoltavo più di tanto, ero abituata alle sue correzioni
insignificanti. Se noi eravamo un clan, loro erano un branco, peggio ancora.
<< andiamo alla spiaggia? >>propose lui.
<< fa lo stesso per me >> risposi. << un luogo
vale l’altro in questo momento >>
Cominciammo a correre e in un batter d’occhio toccavamo la sabbia
con i piedi.
Guardai l’orizzonte: era il tramonto. Chissà se si stavano
cominciando a preoccupare per me, da bravi genitori. Macchè, figurati se si
stavano preoccupando per la loro unica figlia, avevano altri grilli per la
testa. Due sconosciute erano certamente più importanti di me.
All’improvviso mi sentii sollevare da terra, intrappolate tra due
braccia bollenti.
<< jacob! Cosa stai facendo? Mettimi subito giù! >>
gridai. Lui fece finta di non sentire e si trascino fino alla riva. Ormai
l’acqua gli arrivava ai polpacci, e questo era tutto dire, data la sua altezza.
<< mettimi giù! Mettimi giù o chiamo zia rose! Non vede
l’ora del pretesto per farti a pezzetti! >>urlai di nuovo. La minaccia
avrebbe fatto effetto, ne ero certa. Mi avrebbe messo giù… anche se non ero più
certa che fosse la cosa giusta in quel momento. Non era affatto la cosa giusta!
<< ok >> disse lui tranquillo. Flettè i muscoli e poi
mi lanciò in aria. Non era stata affatto una buona idea! Mi schiantai sulla
superficie dell’acqua appena dopo aver chiuso la bocca, che avevo riaperto per
urlargli contro ogni genere di parolacce possibili.
Restai sott’acqua e alzai gli occhi in alto, assicurandomi che si
fosse distratto. Tutto perfetto. Nuotai verso le sue gambe, le afferrai decisa
e lo trascinai a largo, sotto acqua. Lui si liberò dalla mia stretta
facilmente, senza problemi, immobilizzandomi nuovamente con la sua stretta
ferrea. Riemergemmo. Lui non aveva ancora mollato la presa, e io ero
schiacciata contro il suo petto bollente.
<< ora puoi anche lasciarmi… delicatamente… >> dissi.
<< e se non volessi? >>
Lo fissai negli occhi, per capire le sue intenzioni, ma non feci
in tempo ad accorgermi che cosa volesse fare, che lo stava già facendo. Le sue
labbra avevano toccato le mie senza esitazione, ferme e decise. Cercai
inutilmente di staccarmi, così afferrai una ciocca dei suoi corti capelli e
glieli tirai all’indietro. Questo trucco funzionò. Lui si staccò e allentò la
presa delle braccia, il poco necessario per riuscire a sfuggirgli. Mi diressi
verso la sabbia, seguita da lui.
<< come hai potuto? >>urlai.
<< scusa, pensavo che ti sarebbe piaciuto… >>.
<< no, hai pensato che sarebbe piaciuto a te! Sei prepotente
e arrogante. Pensavi per caso di sapere cosa penso? >> chiesi. Non aveva
senso la mia domanda, ma ero sconvolta. Lui mi guardò con aria interrogativa,
non cogliendo appieno il succo della domanda.
Avevo già pensato in precedenza a questa situazione, sapevo che
sarebbe accaduto, prima o poi. Ma non così. Le zie mi avevano descritto
parecchie volte il primo bacio, ma non pensavo fosse così. Jacob era stato il
mio primo bacio, era insopportabile.
Lo fissai per un altro secondo, poi me ne andai.
<< dove stai andando? >> gridò, mentre ero già a una
ventina di metri da lui.
<< a casa: meglio li che da sola con te! >>risposi.
Ero stata un tantino crudele e fredda? Ma no! Se lo meritava.
Mi raggiunse in un baleno e mi afferrò il braccio, costringendomi
a voltarmi.
<< senti, mi dispiace…anzi, non mi dispiace affatto. Mi
dispiace solo che ti dispiaccia. >> questo aveva meno senso della mia
domanda, ma non glielo dissi. << so che Seth ti ha parlato
dell’imprinting, quindi saprai perché mi comporto così. >>
<< io so solo che quando ero più piccola non mi baciavi. Non
m’importa del tuo stramaledetto imprinting. Se vuoi rimanermi vicino, cancella
l’amore che provi per me. Se no, possiamo anche rompere con la nostra amicizia.
È già tanto se sopporto che mi sei amico solo per un istinto della tua natura
da animale! E non guardarmi così scettico! Lo so benissimo che volevi
uccidermi, quando sono nata: stavo uccidendo la mamma, te lo concedo. Ma solo
per la tua natura ti sei fermato. Perché non continui ad odiarmi, faresti
felici tutti quanti, e mi toglieresti un casino di problemi! >>. Forse
avevo esagerato un tantino.
<< è questo che vuoi? >> chiese serio.
Il danno ormai era fatto, tanto valeva finire l’opera: << si
>>mi voltai e cominciai a correre, lasciandomi dietro un pezzo vitale di
me.
Quando rientrai a casa, erano ancora tutti in salotto. Erano
silenziosi. Probabilmente stavano parlando fino a un secondo prima che
entrassi.
<< Allora? >> chiesi. Pretendevo spiegazioni. Ero già
arrabbiata con Jacob, non volevo infuriarmi ancora con loro.
<< ma come ha osato? >> esclamò improvvisamente mio
padre. Si alzò e si diresse velocemente verso la porta.<< gli spacco la
faccia da cane che si ritrova! >> ringhiò.
<< papà, tranquillo. È tutto a posto... Lascia perdere. >>
dissi. Era fastidioso non avere neanche un segreto con mio padre. Non potevo
neanche cercare di averne. Zia Alice avrebbe dovuto insegnarmi a mentirgli come
sapeva fare lei, visto che non avevo ereditato lo scudo da mia madre.
<< Edward, cosa è successo? >> chiese lei.
<< il tuo caro amichetto licantropo…mutaforma, ha volutamente
baciato Renesmee, nonostante lei non
gli abbia mai dato motivo di pensare… >>non finì la frase. O non ne aveva
il coraggio, o non voleva farlo sentire a zio Emmett (anche se non era così
stupido da non arrivarci da solo, con le parole già dette), o cosa più
probabile, era inutile continuare: avevano capito tutto.
<< ti do una mano >>esordì zia Rose.
<< sentite, mi sono già arrabbiata io con lui, non serve che
voi… se vuole più della mia amicizia, se lo può scordare. O quella o niente, e
lui ha optato per il niente. >> sapevo che quello che stavo dicendo non
era giusto, che al massimo domattina mi sarei pentita, ma volevo chiudere quel
discorso e iniziare l’altro, quello che mi stava strizzando le viscere per
l’impazienza: volevo sapere ogni cosa.
<< sia lodato il cielo! Finalmente l’hai capita! >>esclamò
zia Rose. << bentornata tra gli immortali intelligenti. >>
<< ben tornata tra noi. >> stette al gioco zio Emmett.
<< perché, tu fai parte degli immortali intelligenti? >>lo
provocò zio Jasper.
<< spiritoso! >> rispose l’altro.
<< si lo so, me lo dicono tutti >>.
<< allora vi decidete a parlarmi o aspettate la sera per
darmi altri sonniferi e farmi dormire per un’altra settimana? >>chiesi.
Stavo cominciando a perdere la pazienza sul serio.
<< siediti, Renesmee >> disse Carlisle.
Obbedii, andandomi a mettere vicino a zio Jazz.
<< hai presente le due vampire che dovevano venire a farci
visita? Ecco, noi abbiamo subito pensato che volessero attaccarci, anche se ci
pareva strano che fossero solo loro due. Quando sono arrivate, erano disperate.
Ci hanno raccontato di strane sparizioni, e erano venute a chiederci aiuto.
Abbiamo rifiutato. >> raccontò, con tono grave.
Ero basita, come se la loro decisione di non aiutare i Volturi mi
avesse toccata nell’animo. Ma che stavo dicendo, papà diceva che noi non
avevamo anima. Carlisle però credeva di si, forse era per quello che erano le
sue parole a toccarmi, e mai quelle di mio padre.
<< perché? >> chiesi.
<< per il tradimento che ci hanno rivolto, ecco perché >>.
Era stato papà a parlare.
<< sentite, avevano frainteso la situazione, ormai non ci
danno più fastidio, hanno capito che sono una mezza …vampira. >> facevo
ancora fatica ad accettare la mia condizione di mezza demone, mezza fredda,
mezza immortale, mezza bevitrice di sangue. Mezza di tutto.
Trascorse una settimana, tra preoccupazioni e tensioni. Papà e zio
Jasper parlavano spesso tra di loro, poche parole, ma piene di significato. Io,
passavo le giornate per conto mio, a leggere libri su libri, a disegnare o a
guardare la TV. Le giornate mi
trascorrevano lisce come olio, ma non smettevo di pensare a Jacob. I sensi di
colpa, ecco cosa avevo. La prima volta che mi resi conto di questa verità, ero
in salotto. Erano passati solo due giorni, ma non avevo avuto sue notizie.
Così, mentre guardavo un film romantico con zia Alice, in cui una lei molla un
lui perché la tradiva e lei ci sta male per la scenata che gli aveva fatto,
pensai alla giornata alla spiaggia… e avevo sentito un ringhio provenire dal
tavolo in vetro. Mio padre mi guardava torvo, e prima di staccare lo sguardo
dai miei occhi mi disse: << non ci provare a stare male per quel cane! >>.
Gli altri fecero due più due. La cosa strana era che zio Emmett se ne stette
zitto.
Non avevo il coraggio di chiamarlo, sarei stata incoerente. Alla
fine ero stata io a metterlo nella situazione di scegliere o la mia amicizia o
niente. Non sapevo proprio che fare, così rimasi ad attendere una sua
debolezza, una pecca nel suo orgoglio maschile, un po’ di coraggio. Ma tutto
ciò non arrivava, il silenzio del telefono era stressante, mi veniva voglia di
smontarlo pezzo per pezzo.
Un tardo pomeriggio andai in camera di zia Alice, ma non trovai
lei. Zio Jasper, vicino all’armadio con addosso solo una minuscola salvietta
che lo copriva dalla vita in giù. Mi voltai dall’altra parte, rossa in volto. Che
cavolo stavo facendo? Quante volte l’avevo visto a petto nudo al mare? Un’enormità
di volte… e allora perché era così imbarazzante?
Mi feci forza e mi rigirai:
<< zia Alice? >> chiesi, imbarazzata.
<< deve avere avuto la tua stessa reazione, pochi secondi fa…
si è girata e mi ha detto di aspettarla qui che doveva andare a chiedere in
prestito una cosa da Rose…ah, eccola! >> disse.
Mi girai di colpo, ancora più imbarazzata di prima. E io, quando
raggiungo un certo livello di imbarazzo prendo a ridere, e più rido più divento
rossa, più divento rossa più rido…insomma vado avanti all’infinito. Questa volta
ci misi poco però, per smettere. Spalancai la bocca, senza fiato.
Zia Alice, in un completino rosso fuoco, che faceva risaltare la
sua pelle candida. Stava sulla porta, con un’espressione seducente, gli occhi
fissi su Jasper…
Mi voltai anche io per guardarlo…chissà che faccia aveva. Trattenni
una risata e una battuta degne di zio Emmett: aveva la faccia da pesce lesso! Come
negarglielo, il completino di zia era molto sexy e elegante: le cingeva le
braccia, lasciandole scoperte le spalle, e scendeva, fino a coprirle a mala
pena metà coscia, lasciando il resto scoperto.
<< credo che andrò a vedere la TV…>> dissi, dopo essermi ripresa.
<< brava Renesmee, sei la mia nipotina preferita >>
disse zio Jasper.
<< certo, grazie del complimento. Davvero molto gentile, ma
visto che sono la tua unica nipote, non so se vale poi così tanto…>>. Mi chiusi
la porta alle spalle, lasciandoli soli.
Tutti si volevano bene, avevano un compagno… per me, c’era solo un
vuoto che riempiva lo spazio che avrebbe dovuto essere della mia anima gemella.
E l’unico candidato al posto era Jacob, il quale era stato congedato in malo
modo e su due piedi.
Ero stata meschina e insensibile, non da me. Lui era stato il mio
primo bacio, non si meritava tutto ciò. Lui mi era stato vicino sempre, in tutti
i miei ricordi lui era presente… dovevo chiamarlo. Scusarmi, come minimo. Non avevo
scuse per il mio comportamento, ma dovevo dirgli quanto mi dispiaceva, quanto
mi mancava…
Alzai la cornetta del telefono del salotto e composi il numero di
casa Black.
Mi rispose Billy.
<< ciao Billy! >> salutai.
<< Renesmee, da quanto! >> esclamò.
<< eh già, da quanto… senti, volevo sapere se in casa c’è
Jake. Se c’è, e ti dice che non mi vuole parlare, appiccicagli la cornetta all’orecchio
con la forza: obbligalo ad ascoltare e a rispondere eventualmente alle mie domande.
Tutto chiaro? >> dissi, tutto d’un fiato.
<< tutto chiaro… lo farei, e anche volentieri, ma non è in
casa. È uscito qualche ora fa. Non è ancora tornato.. >> disse
<< a che ora lo trovo? Per cena? >>
<< non credo che tornerà per cena. Oggi era più depresso
degli ultimi giorni… a bisogno di restare un po’ da solo… >>
Depresso
La parola mi trafisse come mille pugnali, dritti e affilati nel
cuore. Cosa avevo fatto? Il mio povero Jake…
<< quindi presuppongo che tu non sappia dove sia? >>
chiesi speranzosa.
<< no… e io presuppongo che tu sappia che cosa sia accaduto
per ridurlo in quello stato… >>
<< forse si forse no… chi lo sa? >> feci la
misteriosa.<< comunque adesso ho da fare, ti lascio. Se però per un caso
fortunatissimo tornasse a casa, prima, durante o dopo cena, obbligalo a chiamarmi.
È extra importante. Ciao,. Stammi bene.
>>
<< ciao >>.
Riappesi la cornetta al ricevitore. Possibile che le mie parole
avessero ridotto il sorridente e allegro Jacob in depressione? Come avevo
fatto? O meglio, come avevo potuto farlo?
Feci qualche passo in direzione della Tv e del divano quando un
ululato straziante ruppe il silenzio del salotto. Era un ululato che conoscevo,
abbastanza per gridare:
<< Leah!!!>>
Mi scuso per avervi lasciato sul più
bello, ma è dove sono riuscita a scrivere. Voglio ringraziare tutti quelli che
mi hanno aggiunto a preferiti e mi hanno recensito, tra cui due mie amiche di
scuola, Giulia e Alice (iscritta anch’essa a questo sito!).
Il prossimo capitolo sarà pronto il
prima possibile….
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Capitolo 5 *** Un sogno per capire ***
Un sogno per capire
Ciao! Eccomi con un nuovo capitolo! Ho fatto una faticaccia a
scriverlo, e per quel che riguarda il funerale, avete tutto il diritto di
insultarmi… mi sono scervellata per giorni, ma non sono proprio riuscita a
scrivere qualche cosa… mi dispiace tanto, magari proverò a rimediare nei
prossimi capitoli…
Per ora, leggete questo…
Un sogno per capire
Mi scaraventai fuori in giardino, cercando di capire da dove
provenisse l’ululato…
Non si sentiva più nulla. Silenzio.
<< Renesmee?? >> mia madre mi aveva appena raggiunto
di fuori. << l’hai sentito anche tu? >>
Che domande, certo che l’avevo sentito!
<< sei riuscita a capire da dove proveniva? >> chiesi,
con una nota di disperazione nella voce.
Lei si guardò in torno, con una leggera calma fastidiosa… la mia
migliore amica era in probabile agonia e lei si guardava in giro con
tranquillità?
Non attesi un attimo di più e mi addentrai velocemente nel bosco,
senza prendere in considerazione l’urlo di mia madre che chiamava il mio nome
invano.
Leah, dove sei?
Erano già minuti e minuti che vagavo nel bosco, correndo il più
veloce possibile. La velocità concessa dalla mia natura. Maledetta natura, ora
devo essere più veloce e la mia condizione di mazza vampira mi impedisce di
vedere, sentire, correre e percepire l’odore in modo tale da raggiungere la mia
Leah…
Raggiunsi una radura attraversata da un piccolo ruscello, qualche
chilometro a nord di Forks. Era la radura in cui Jacob mi portava d’estate di
tanto in tanto, per stare un po’ insieme. Non mi aspettavo di trovarlo lì, ci
ero arrivata per caso. O forse era stato il mio cuore a condurmi li… ma che
stavo dicendo? Io provo solo amicizia per Jacob… è pur vero che ci sono diversi
modi di amare: amici, famiglia, compagno, marito… lui rientrava categoricamente
nel primo gruppo. Doveva rientrare nel primo gruppo!
Piegai le ginocchia e appoggiai le braccia su di esse, per
riprendere fiato…
Alzai lo sguardo e vidi Leah, la mia amica Leah, inginocchiata a
terra, con la testa bassa. Mi dava le spalle, non vedevo cosa stesse facendo,
ma vidi da cosa era circondata. O da chi. Ebbi un tuffo al cuore, il tempo si
era fermato, non capivo più nulla, la mia visuale si faceva sempre più nera.
Prima di svenire lanciai un urlo:
<< JACOB!!!!!!!!! >>
<< dite che dovremmo dirglielo? >>.
Era stata la voce di Carlisle a parlare, ne ero sicura. Era così
lontana però. Avevo il cuore così pesante… così pesante da far male… avrei
potuto strapparmelo via, avrebbe causato meno male. Ma non potevo: ogni
movimento faceva male. Era tutto buio, non riuscivo o non volevo aprire gli
occhi. Stavo sognando? La voce di Carlisle era stata un’illusione? No, ero
sicura di averla sentita. Era la mia anima a dolere, non il cuore. Dovevo
svegliarmi, aprire gli occhi. Cos’è che dovevano dirmi? Che era stato uno
stupido scherzo, organizzato da Leah e da Jacob? Pensavo che fosse Settembre,
non carnevale o il pesce d’aprile; anche per Halloween era troppo macabro come
scherzo…
Appena avrei rivisto Jacob l’avrei ammazzato di schiaffi per lo
scherzo di poco gusto.. ma come gli era saltato in mente?
Uno scherzo.. avevo udito la mia voce pronunciare
quelle parole. Impossibile, io ero intrappolata nel nulla, nel buio
dell’agonia… come potevo parlare?
<< non è uno scherzo, Renesmee. Svegliati, amore mio,
svegliati… >>. Mamma. Era stata lei a parlare. Oh mamma, se sapessi che
scherzo stupido che mi hanno fatto! E tu che mi dici non è uno scherzo! Ci sei
cascata come me! E tu continui a credere che sia uno scherzo…. Ma il mio cuore
mi dice altro, c’ è qualcosa che non va. Voglio sapere… devo sapere. Impiegai
tutte le forze che avevo per cercare di riaprire gli occhi, lentamente. La luce
m’investi violentemente, rendendomi cieca a tutto ciò che mi circondava.
<< Tesoro? Carlisle guarda, si sta svegliando! >>
disse mia madre. Ci misi qualche secondo per riuscire a focalizzare almeno il
suo volto.
<< Mamma… >> sussurrai. << Mamma, dov’è Jacob?
>>. Volevo guardarlo negli occhi per dirgli che era un’idiota, che avevo
conosciuto scimmie più intelligenti di lui. Lo scherzo non mi era piaciuto per
niente…
<< Adesso arriva, adesso arriva… >> mi rassicurò lei,
per rispondere. Aveva la voce rotta, chissà perché… il mal di testa aveva
sostituito gradualmente il mal d’anima che avevo avuto qualche momento prima. Adesso arriva. Bingo! Avevo ragione: uno
stupido scherzo e io da scema ci avevo anche creduto! Lui e Leah mi avrebbero sentito, eccome se mi avrebbero
sentito! Zio Emmett non era nulla in confronto a quei due bambinetti…
Piano piano la mia vista aumentava, le cose si facevano più vivide
e reali. Riconobbi la mia camera, tapezzata di poster e disegni. Mi guardai
intorno, mia madre, mio padre, Carlisle… tutti quanti erano intorno al mio
letto, con espressioni gravi. Forse gli avevo delusi, dimostrandomi debole e
svenevole davanti a uno stupido scherzo. Li avevo proprio delusi… quando
sarebbe arrivato Jacob?
<< Non arriva, non arriva… >> . mio padre aveva forse
voglia di scherzare? Lui e mia madre andavano perfettamente d’accordo.. proprio
le stesse idee…
<< prima dite che arriva, poi dite che non arriva… zio Jazz,
se lo chiedo a te dici che arriva? >>.
Lui mi sorrise, ma era un sorriso smorto, quasi colpevole…
<< volete spiegarmi quello che sta succedendo o vi devo
cavare le parole di bocca con la forza? >>
<< Renesmee, tu sei svenuta nella radura, dopo aver visto…
>> cominciò mia madre.
<< è proprio per questo che voglio vedere Jacob! Si merita
un bel ceffone per lo stupido scherzo! >>
Ci voleva tanto a capirlo? Forse si, ma ci volle altrettanto per
il colpo di grazia.
<< non era uno scherzo. Jacob è morto. >>
Con quelle parole morirono tutte le cose che appartenevano al
mondo: il mondo c’era se c’era lui, lui moriva, il mondo moriva.
Il mio mondo, quello fatto di risate e prese in giro, fatto di
Jacob. E in tutta quella morte, c’era una sola nascita. L’unica cosa che
riusciva a nascere in quella situazione: il dolore.
Inadatto, ecco cosa. Uno stupido abito nero, inadatto. Più mi
guardavo allo specchio, più mi veniva voglia di mettermi in jeans e maglietta.
Una maglietta colorata, per trasgredire. Jacob non avrebbe voluto un triste
funerale in nero. Avremmo dovuto dirgli addio allegramente, come se fosse un
“Ciao, ci vediamo dopo…” . peccato che quel dopo sarebbe arrivato dopo
l’eternità… il mio Jacob: una vita senza di lui… uno schifo, in poche parole.
<< sei pronta? >>. Zia Alice si affacciò sulla mia
camera. Era bellissima: un vestito nero, più elaborato del mio, pizzo e seta
combinati in un gioco di tristezza, le copriva il corpo minuto. Il mio era
semplice, senza bottoni e robe varie, solo una rosa sul petto, nel lato
sinistro: un gioco di agonia o di disperazione?
<< si, ho finito di prepararmi >> risposi.
<< non ti ho chiesto questo. Ho chiesto se sei pronta… a
dirgli addio…>> replicò lei.
Addio… no, non ero pronta. Non sarei mai stata
pronta, non sarei mai riuscita adirgli addio, non a lui…
<< no, nessun addio, solo un ciao >>. A fatica trattenni le lacrime. Lei mi fece un
sorriso di incoraggiamento e mi lasciò sola. Finii di sistemarmi i capelli e
presi la borsetta, in tinta con l’abito, e uscii, fermandomi in salotto ad
aspettare gli altri. Dopo pochi secondi mi ricordai di una cosa: il ciondolo! Tornai
di corsa in camera e frugai nella cassettiera dei trucchi e robe varie. Lo trovai
in fondo. Era un ciondolo a forma di cuore, con inciso la mia e l’iniziale di
Jacob. Me l’aveva regalato l’anno prima, per il compleanno. Non l’avevo mai
indossato… sarebbe stato come dargli il mio cuore, accettare il suo amore per
me… in compenso lo custodivo bramosamente e oggi l’avrei messo, per oggi il mio cuore
sarà solo suo.
L’aria fredda mi investiva il volto, lasciando che i brividi mi
percorressero la schiena, come mille formiche. Poi lo vidi, il suo solito
spensierato modo di correre, di sorridermi. Gli ci vollero pochi secondi per
raggiungermi. Stavo sognando? O forse quella era la realtà e la giornata del funerale
era stata solo un sogno? Non importava, ora lui era li con me, l’importante era
quello. Lo abbracciai e affondai il volto nel suo petto: il suo profumo mi
invase come una scossa elettrica.
<< dimmi che non sto sognando… >> lo implorai.
<< si, mia piccola, è un sogno… mi dispiace, mi dispiace così
tanto… >> la sua voce era rotta dal dolore. Chi tra di noi aveva bisogno
di essere rassicurato?
<< non mi lasciare… io non pensavo veramente quello che ti
ho detto alla spiaggia… inizialmente si, ma poi ho capito che mi sbagliavo, sei
tu il mio futuro! >>. Che diavolo gli stavo dicendo quelle cose? Tanto era
un sogno!
<< no, ero io che mi sbagliavo: non sono io il tuo futuro…
arriverà un essere che ti meriterà, ti amerà… desidero solo una cosa, se non
chiedo troppo… >>
<< qualunque cosa >> dissi, immediatamente.
<< vendicatemi, tutti quanti. Trovate quei cani e
ammazzateli tutti. >>
<< cosa? Non capisco… >>
<< aiutate i volturi, avrò così la mia vendetta… ora,
piccola mia, devo andare >> e mi baciò la fronte. Io lo afferrai per la T-shirt
che indossava, per non farlo andare via: doveva rimanere con me, per sempre.
<< non andare, ho ancora bisogno di te… >> lo
implorai.
<< ci rivedremo presto, sta tranquilla, prima di quanto
immagini… >>
E scomparì, lasciando nell’aria l’odore di un vampiro a me
sconosciuto.
Mi svegliai tutta sudata nel bel mezzo della notte. Ricomposi frettolosamente
le idee e non esitai un secondo dal precipitarmi da Carlisle: lui mi avrebbe
creduta. Lo trovai nel suo studio, mentre firmava e compilava le solite
scartoffie mediche.
<< Renesmee, cosa ci fai sveglia a quest’ora della notte? Non
riesci a dormire? >> chiese.
<< si potrebbe dire così, si… >> risposi.
<< vuoi parlarmi di qualche cosa ? >>. Ora si che
aveva centrato il punto!
Li raccontai del sogno e della richiesta di Jacob. Lui non fiatò
per tutta la durata del racconto, rimanendo pensieroso e contemplando le mie
parole fra sé e sé. I suoi anni non avevano mutato l’aspetto, ma la sua
saggezza evidenziava bene l’età.
<< … dei cani…? >> chiese perplesso.
<< esattamente >> confermai. Non sapevo chi o cosa
fossero, una cosa però era certa: erano loro gli assassini del mio Jacob, e non
erano sicuramente i cani mutaforma.
<< grazie, Renesmee… adesso ne parlo con gli altri e vediamo
cosa fare… >> disse.
<< quindi mi credi? >> chiesi. Pure io facevo fatica a
vedere il vero nel mio sogno, eppure lui si fidava sempre di tutti…
<< certo che ti credo, e credo anche che Jacob vegli ancora
su di noi… ora vai a riposare: domani ti diremo tutto. >>
<< niente sonniferi? >> chiesi sospettosa.
<< niente sonniferi >> rispose lui, sorridendo.
Tornai in camera e mi rimisi a letto. Mille pensieri affollavano
la mia mente, impedendomi di riprendere sonno… il mio Jacob vegliava su di me,
come un angelo custode, come zio Jasper per mia madre. E quei cani? Niente a
vedere con i licantropi. Jacob non gli avrebbe mai appellati così e
soprattutto, loro non l’avrebbero mai ucciso. Passai le ore successive a
rimuginare, con l’odore del vampiro che impregnava la mia mente.
P. s. : per le fan di Jacob = mi dispiace
di averlo fatto morire, ma la sua morte era essenziale per due motivi, uno dei
quali lo capirete più avanti.
L’altro motivo riguarda il fatto di
dare una motivazione abbastanza forte ai Cullen per aiutare i Volturi….
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Capitolo 6 *** Turista a Volterra ***
turista a volterra
Eccomi!!!!! Scusate tanto il ritardo
ma avuto un casino di problemi con questo capitolo, e la scuola ha fatto la sua
parte! Sono stata presissima… e poi ho cercato ovunque la planimetria di
Volterra, ma nulla… quindi da qui in poi dovrete accontentarvi di misere e
fantasiose descrizioni…
Spero che piaccia… sono tornata alle
battute stile primo capitolo! Probabilmente ci sarà qulache errore ortografico,
ma ho scritto molto in fretta… mi dispiace molto, gli errori rovinano sempre il
piacere della lettura! Alcuni gli ho trovati e gli ho tolti, ma altri
potrebbero essermi sfuggiti…scusate ancora per tutto!
Turista a Volterra
<< Renesmee, vieni
qui in salotto, per favore >> mi chiamò Esme.
Piantai il libro che stavo leggendo e andai nel soggiorno, dove
trovai la famiglia al completo.
<< che c’è? >> chiesi. Attesi titubante una risposta,
anche se mi immaginavo già qual cosina…
<< abbiamo discusso tutta notte del sogno, e direi che ci
sono un paio di cose che dovresti sapere… >> cominciò Carlisle. Trasse un
profondo respiro, poi continuò << primo, c’è una leggenda poco
attendibile, che riguarda i mutaforma: si dice che, una volta morti, il loro
spirito appaia alle persone a loro care per particolari richieste in sogno, in
questo caso te. Secondo, riguardo ai “cani”, pensiamo non siano i mutaforma di La Push, ma piuttosto dei…
licantropi veri e propri… >>
Fino a un certo punto c’ero arrivata pure io, ma il resto…
agghiacciante!
<< dei licantropi >> chiesi.
<< dei licantropi >> confermò zio Jasper. << è
probabile che siano stati loro: sono gli unici esseri più somiglianti ai cani e
possibilmente disprezzati dai mutaforma. Abbiamo un valido motivo per credere
che siano stati loro, anche per lo stato in cui era ridotto Jacob. Riteniamo
potrebbero essere ancora in zona… >>
A quelle parole mi tornarono in mente le scene del ritrovamento di
Jacob… quei cani lo avevano fatto a pezzi come una bambola di pezza… sarei
andata in capo al mondo per vendicarlo, ma a quanto pareva, si facevano trovare
sull’uscio di casa. Neanche un macaco era così scemo da fare la linguaccia alla
tigre ad una minima distanza…
<< per questo non andrai in giro da sola finché la
situazione non sarà risolta completamente. È per il tuo bene. Non dare motivo a
Jacob di rivederti troppo presto.
>> concluse mio padre.
Segregata come una criminale. E chissà quanto tempo sarebbe dovuto
passare prima che tutto so fosse risolto. E io volevo tanto rivedere il mio
Jacob… e quel troppo presto di mio padre era molto allettante.
<< non ci pensare! >> ringhiò mio padre. Ma in questa
casa un po’ di privacy? Uno che mi legge nel pensiero, l’altro monopolizza le
mie emozioni, un’altra che tiene sotto controllo il mio futuro… se zio Emmett
avesse avuto uno speciale potere, sarebbe stata una disgrazia per me!
<< lo penso anch’io… la portata della disgrazia sarebbe
stata pari a un cataclisma… >> adesso mi sorrideva.
<< pianeta terra chiama Edward e Renesmee! Rispondete prego!
Siete pregati di darci informazioni circa i vostri dialoghi! Beeeeep…. >>
disse zio Emmett, imitando la voce di un robot.
<< esattamente , come appena detto… >> confermò mio
padre.
<< non posso uscire nemmeno per andare a La Push? Nemmeno accompagnata? Mi
accompagnate fino al confine e poi mi lasciate nelle mani di qualcuno,
dopodiché mi venite a prendere…>> tentai una via di fuga.
<< come ho già detto, da sola è fuori discussione. Per quel
che riguarda La Push,
la cosa è più complicata… >> rispose mio padre.
<< e te pareva se non c’era una complicazione… >>
<< ma cara, nessuno è disposto a farsi delle miglia per
portarti fino a La Push!
>> disse Esme.
Miglia? Ma se era a qualche km da qui? Forse stava cominciando a
dare i numeri… guardai gli altri, per trovare lo stesso stupore che avevo io,
ma non ne trovai. Neanche una misera goccia! Mi correggo, stavano dando i
numeri tutti quanti!
<< Nessie? Prepara le valigie, andiamo in Italia >>
disse zia Rose.
Guardavo fuori dal finestrino, assorta dalle nuvole bianche che mi
circondavano. Se avessi guardato giù sarebbe stata la fina. Ma con tutti i
transatlantici che c’erano, dovevamo andarci in aereo? Potevo sopportare di
prenderlo per pochi minuti quando andavamo a Isola Esme, ma attraversare un
oceano: era troppo!
<< tanto se precipita, noi ci salviamo. >> mi disse
mio padre.
<< eh certo! Voi dimenticate che io non sono propriamente un
pezzo di marmo, ma semplicemente dello stucco! Senza contare i danni morali!
>> ribattei. Guardai l’ora:
mancava solo mezz’ora, poi avrei rimesso i piedi a terra…
<< i danni morali per cosa? >> chiese zio Emmett.
<< la paura di precipitare! Ma tanto a te che te ne frega?
La tua sfera emotiva è pari ad un tappo, se non inferiore! >>
<< su questo hai ragione! >> confermò zio Jazz.
Gli sorrisi, poi mi immersi nei miei pensieri. Non ero mai stata
in Italia: chissà com’era, chi c’era. Zio Jasper mi aveva spiegato che andavamo
ad aiutare i Volturi, e che io gli avevo già incontrati. L’unico ricordo che ho
di loro sono tanti occhi rossi che mi fissano, come se avessi infranto delle
leggi solo per essere venuta al mondo. Ripensai a Jacob, al nuovo sogno che
avevo fatto, alle sue parole che mi rassicuravano, che mi dicevano di andare
avanti così, che ero splendida. Intanto, quell’odore sconosciuto era rimasto
nell’aria, dopo che lui era scomparso di nuovo…
La piazza era quasi deserta, solo qualche vecchietto che
passeggiava con la moglie o con il nipotino…
Zia alice camminava sicura di se, con passo veloce. Entrammo in un
vicolo buio, che terminava con un muro in mattoni. In un angolino c’era un
tombino. Mi chiesi dove dovevamo andare, ma la risposta arrivò dai gesti di zia
Alice. Sollevò senza esitazione la grata del tombino e ci si tuffò. Ebbi un
fremito, e se non si fosse sentito il suo toccare terra, mi sarei messa a
urlare…dopo di lei saltarono Esme, Carlisle, zio Emmett e zia Rose, seguiti da
zio Jazz…io guardai esitante mio padre,che mi fece cenno di entrare. Ma perché
mai i vampiri non riuscivano a tenere i piedi a terra una volta tanto?
<< più a terra di così! Ci stiamo andando sotto! >>
fece dello spirito di patata mio padre.
Ridacchiai a disagio e mi buttai. Fu un secondo, poi poggiai
aggraziatamente i piedi a terra.
Era buio e freddo, probabilmente eravamo finiti nelle fogne, a
giudicare dall’odore.
<< per di qua >> disse zia Alice, una volta che anche
papà e mamma scesero. Sembrava tanto che quei tre ci fossero già stati in
questo luogo… ma che dicevo, solo sciocchezze! Figuriamoci se erano così
avventati da venire qui!
Camminavamo da diversi minuti, e la puzza si faceva sempre meno
sopportabile. Cominciavo a pensare di esserci persi…
<< stai tranquilla, ci siamo quasi >> mi rassicurò mio
padre. A quelle parole arrivò anche la immancabile ondata di tranquillità da
parte di zio Jazz. Mamma aveva ragione: era un angelo custode.
Attraversammo una porta, fatta di sbarre sottili e intrecciate che
dava in uno spiazzo più ampio e luminoso. Dall’altra parte del salone c’era una
bassa porta di legno, massiccia e molto spessa. Attraversammo anche quella
porta e ci ritrovammo in un corridoio anonimo e molto luminoso, con le pareti
bianche e il pavimento di moquette grigia. La temperatura era più alta. In
fondo c’era un ascensore. Il viaggio in ascensore durò pochissimo e sbucammo in
un’anticamera di quello che poteva benissimo essere un ufficio di lusso. Le
pareti erano rivestite da pannelli di
legno, la moquette di una verde scuro. Al posto delle finestre campeggiavano
panorami grandi e luminosi della campagna toscana; poltroncine di pelle chiara
erano disposte a piccoli gruppi, mentre sui tavoli laccati spiccavano vasi
pieni di fiori dai colori accesi… dietro al bancone c’era una ragazza. Che ci
faceva un’umana in un luogo dove dovevano esserci dei vampiri? Guardai
interrogativa mia madre, altrettanto scioccata.
Mio padre la guardò e a occhi bassi disse:
<< si, è morta. >>
Lascia perdere il discorso non avendoci capito nulla. Anche se
però, papà, solitamente non leggeva il pensiero di mamma… che diavolo stava
succedendo?
La segretaria alzò lo sguardo, per nulla sorpresa di vederci.
<< voi siete? >> chiese cortesemente.
<< io sono Carlisle, e questa è la mia famiglia. >>.
<< famiglia? >>. Adesso era sorpresa.
<< famiglia. >> confermò lui. << siamo qui per
vedere Aro, Caius e Marcus. Sono un loro vecchio a… >> non finì la frase
che un’altra voce, come un sussurro delicato, raggiunse le nostre orecchie.
<< falli entrare, Anna! >>
Proveniva da una stanza vicina. E per me, quella frase non era una
buona idea…
<< coraggio >> disse mia madre. << ci sono
passata pure io >>
“ Io non credo” pensai tra me e me.
Entrammo in un altro corridoio, con le porte rivestite d’oro. A metà
trovammo un pannello scorrevole, che celava una semplice porta di legno.
La superammo, trovandoci nuovamente in una stanza dallo stesso
acciottolato delle fogne e della piazza. Ma quando saremmo arrivati?. Era una
stanza cavernosa, illuminata e circolare, come se fosse una torre. Mi correggo,
era una torre. A due piani da terra, infatti, c’erano delle finestre alte e
strette, che gettavano sottili rettangoli di luce sulla pavimentazione. L’unico
mobilio in quella stanza erano dei troni in legno lungo la parete curva.
C’erano poche sagome, meno di dieci…
<< siete solo voi? >> chiese zio Emmett, trattenendo a
stento una risata.
<< gli altri stanno arrivando. Potrei sapere il perché della
vostra visita inaspettata? >> chiese un vampiro dai lunghi capelli
corvini e gli occhi rossi come rubini. Aveva la pelle trasparente, che mi
ricordava una cipolla.
Sentii zio Emmett borbottare: << inaspettata a noi, e voi
allora? >>
Carlisle guardò interrogativo una sagoma alle spalle del vampiro
dalla pelle di cipolla, e quella gli rispose con un no impercettibile della
testa, rispondendo alle domande silenziose e non dette di Carlisle. Che anche
lei leggesse nel pensiero? Mi sentivo sempre meno a mio agio in quel luogo.
<< mamma? Non è che posso aspettarvi fuori, non mi piace
questo luogo…>>
<< ma quanto sei cresciuta! >> una voce estasiata,
acuta e melodiosa allo stesso tempo, alle mie spalle mi fece sobbalzare. Mi voltai
e vidi dei vampiri incappucciati venire nella nostra direzione, per poi
superarci e andare a mettersi vicino agli altri che erano già lì. Il sangue e
il veleno mi si gelarono nelle vene. Ci superarono silenziosi e io non avevo
ancora capito chi aveva parlato. Stavo per chiedere chi fosse stato, quando mi
bloccai di colpo. Quell’odore… il vampiro che mi aveva appena superato pochi
secondi prima aveva l’odore del sogno. Non mi stavo sbagliando, era lui.
Quando i vampiri
incappucciati arrivarono dietro ai loro signori, scoprirono il volto.
<< Allora, come va? >> chiese la voce di prima. Questa
volta fu più semplice capire a chi apparteneva. Poteva essere uno di quei putti
usati da Giotto e Caravaggio nei loro dipinti. Forse aveva fatto da modella a
loro… la somiglianza con un angelo era impressionante: altro che zio Jazz!
Aveva i capelli corti, castano chiaro, le labbra piene e carnose,
gli occhi grandi e rossi. Gli angeli del Botticelli sfiguravano alla grande in
confronto a lei.
<< ci conosciamo? >> chiesi con falsa naturalezza.
<< memoria corta la tua! Forse non dovrei pretendere troppo
da te, sei solo metà vampiro. Come potresti ricordarti di me? >> chiese
deliziata.
Ora l’angioletto stava cominciando a darmi sui nervi.
<< vorrà dire che quando mi ricorderò di te, e stai
tranquilla che di una così viziata me ne ricordo, ti farò un fischio… come si
fa con i cani. >> risposi seccata. Zio Emmett soffocò con un grugnito una
risata.
<< tu dai del cane a me, ma il tuo amichetto? Quando ti
porta fuori a cena gli servono il cibo in una ciotola? >> ribatté lei,
tranquilla.
Questo era troppo! Come osava? Non mi conosce e insulta Jacob. Riflettei rapidamente, e sparai la prima cosa
che mi venne in mente.
<< quanto ti è venuta a costare la chirurgia estetica? Non hanno nemmeno fatto un buon lavoro… io mi
farei rimborsare, anche se ormai il danno è fatto…. >> risposi acida.
Lei rise deliziata, come se gli avessi fatto piacere quello che
gli avevo detto.
<< oh, guarda che non era un complimento >> le feci
notare.
Lei continuò a sorridere, per nulla scossa dagli insulti.
<< allora? >> chiese il vampiro di cipolla a Carlisle,
ignorando me e l’angelo ( o diavolo travestito) del Botticelli.
<< ci è giunta voce che avete un problema e visto che siamo
amici da tanto, abbiamo intenzione di aiutarvi. >> rispose tranquillo.
<< noi non abbiamo nessun problema. >> disse un altro
vampiro, sempre dalla pelle di cipolla. Forse era una strana malattia… questo
vampiro però, a differenza degli altri aveva una chioma bianca come la neve, in
tinta con la pelle.
<< a noi risulta il contrario >> disse mamma.
<< siamo state io e Chelsea ad avvisarli… e direi che non è
stata una cattiva idea >> disse una vampira, con voce colpevole.
<< i giorni in cui mancavate… >> dedusse il vampiro
dai capelli corvini e la pelle di cipolla.
<< si, eravamo disperate, e se avessimo aspettato voi
avremmo fatto in tempo ad estinguerci! >> spigò lei.
Rimasero a guardarsi tutti quanti per diversi minuti. Io, intanto,
avevo localizzato il mio vampiro. Era bello e tranquillo, capelli castano, ma
assomigliava terribilmente a quell’anguilla bionda di prima da passare
comodamente per il suo gemello.
<< Alec? Porta Renesmee a visitare la città. È nuvoloso,
starete al sicuro dal sole. >> disse la vampira di prima.
Il mio vampiro annuì e si diresse verso di me.
<< perché? >> chiesi. Non volevo più andarmene, volevo
rimanere vicino alla mia famiglia.
<< dobbiamo discutere in privato >> rispose gentile
papà. Non opposi resistenza, era una causa persa. Mi lasciai condurre fuori da
Alec. Quando la porte si chiuse dietro di me e fummo di nuovo nella stanza
della segretaria, si voltò con un sorriso trentadue denti e mi chiese:
<< da dove cominciamo? >>
P.s.: se sapete dove posso trovare
una planimetria della città di Volterra non esitate a dirlo!
Recensite, anche se non siete d’accordo
con me su alcune scelte… voglio sapere se piace o no! E soprattutto cosa ho
sbagliato!
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Capitolo 7 *** Innamorata o solo confusa? ***
Innamorata o solo confusa?
Eccomi con un nuovo capitolo!! Spero tanto
che vi piaccia… mi raccomando recensite… voglio sapere cosa pensate, consigli e
altro… buona lettura!
Innamorata o solo confusa?
Erano già due ore che camminavamo per la città, soffermandoci su
negozi di souvenir e di vestiti. Avrei tanto voluto comprare qualcosa, ma
accettavano solo la loro valuta, così rinunciai. Era ridicolo avere tanti soldi
appresso e non poter comunque comprare nulla. Ci fermammo in un parchetto,
sedendoci su una panchina reduce di tanti graffiti artistici. Avevamo detto
pochissime parole, il più delle volte monosillabi e riguardanti i negozi. Ma
c’era qualcosa che volevo chiedergli, una cosa che mi attirava di ogni vampiro.
<< come sei morto? >> chiesi d’impulso.
<< perché lo vuoi sapere? >> chiese lui divertito.
<< perché io in un certo senso sono nata “morta”, anche se
il mio cuore batte. Oppure sono una morta che “vive”. Vedila come vuoi. Non ho
tuttavia avuto una vicenda di morte mia, quindi mi interessa sempre sentire
quella degli altri… >> spiegai.
Lui sorrise, ma dovettero passare dei minuti prima che
rispondesse.
<< vivevo in Francia con i miei genitori e Jane, mia
sorella. I miei erano dei Marchesi rinomati, e due gemelli guastafeste in una
villa di lusso non andavano bene. Così ci divisero e ci mandarono a imparare le
buone maniere. Jane fu spedita dalle monache di un convento, mentre io fui
mandato da uno zio, in Corsica. Avevo solo dieci anni quando mi misero sulla
carrozza per partire. Non avevo mai conosciuto quello zio, e non lo vidi mai:
il tempo di arrivare che mio zio era già stato sepolto. Mia zia mi concesse di
restare, e prese un istitutore, o meglio, un’istitutrice. All’epoca una donna
colta era una rarità, e di solito erano le nobili ad avere un po’ di cultura, e
sicuramente non lavoravano. Ad essere sincero io mi aspettavo un’anziana
vedova, magra e alta, ma soprattutto severa. Ma non era per nulla così. Era
giovane, al massimo venticinque anni, bella, divertente e solare. Troppo bella.
Pallida, occhi neri come la pece, nonostante fosse bionda.
<< un vampiro? >> chiesi sorpresa.
<< un vampiro che si sapeva controllare, riuscendo a vivere
tra gli umani. E non era come voi, che siete vegetariani. Era come me. Si
nutriva di delinquenti, che facevano del male solo per il gusto di farlo.
Sicuramente non uccideva i ladri che rubavano per sfamare la famiglia. >>
rispose.
<< come si chiamava? >> chiesi sempre più curiosa.
<< Didyme. Incominciai così, grazie a lei, ad apprendere le
buone maniere. Io e mia sorella ci sentivamo per lettera, ma non ci vedevamo
mai. Mi mancava una parte di me. Passati cinque anni, la distanza era
insopportabile, così ci diedero il permesso di incontrarci e di stare insieme
un’estate intera. Il problema era dove. Lei sconsigliava fortemente li in
convento, non solo perché ero un maschio, ma perché vigevano delle regole
abbastanza severe che non stavano né in cielo né in terra. Così venne da me, le
feci conoscere Didyme e divennero subito amiche. L’estate dopo venne ancora a
trovarmi, ma ormai era già scoppiata la rivoluzione in quasi tutta Francia,
così a settembre tornammo a casa. Passarono pochi mesi e i miei genitori furono
arrestati e giustiziati. Io e mia sorella ci unimmo ad altri nobili per formare
un piccolo esercito armato per difenderci, ma piano piano fummo arrestati tutti
quanti. Io e mia sorella non fummo condannati subito, e ciò era dovuto al fatto
che eravamo stati fuori corte per molto tempo, quindi privi di colpe dirette.
L’unica colpa che ci fece condannare alla decapitazione era che eravamo degli
eredi di nobili, e su quello non si discuteva. Come se fosse stata una nostra
colpa la condizione sociale in cui eravamo nati. Ci venne concessa di stare
nella stessa cella almeno per le ultime tre settimane di vita. Mentre eravamo
lì ci ammalammo gravemente per la scarsità di igiene e l’elevata umidità. Poco
importava, saremmo comunque morti. L’ultima notte, sentimmo degli strani rumori
provenire dai corridoi, poi vidi la persona che meno di tutti mi sarei
aspettato di vedere: Didyme. Ci portò fuori con un’agilità fuori dal normale, e
ci rifugiammo in una capanna in mezzo ai boschi. Lì ci spiegò cos’era
realmente. Poco importava, le volevamo bene lo stesso. La malattia si aggravava
di giorno in giorno, e lei ci propose di salvarci e di diventare come lei.
Accecati dalla prospettiva dell’immortalità e dalla paura della morte. E così
ci trasformò. Dopo qualche mese ci unimmo tutti quanti ai Volturi, e Didyme
divenne la compagna di Marcus. Ma poi morì, ancora non si sa come. Marcus da
quel giorno si fece piatto e senza emozioni. Avrai notato che sembra sempre
annoiato… >>.
Ero senza fiato. Tra tutte quelle che avevo sentito questa
superava di gran lunga quelle di Carlisle, zia Rose, zio Jasper e gli altri
messi insieme.
Una cosa però non riuscivo a capire.
<< come faceva a nascondere gli occhi rossi quando si era
appena cibata…insomma non gli avevi mai notati? >>
<< no, ma era a causa del fatto che cambiava il colore dei
suoi occhi. O meglio, questo è quello che ho scoperto quando ci ha rivelato di
essere una vampira >>
<< come faceva a cambiare il colore degli occhi? Insomma,
all’epoca mica c’erano le lenti a contatto! >> dissi .
<< come fa tuo padre a leggere nel pensiero? E tuo zio a
percepire le emozioni degli altri e a modificarle? Come faccio io a inibire i
sensi delle mie vittime? Aveva un potere, uno un po’ particolare. Anzi, io
direi buffo. Riusciva a cambiare dei piccoli particolare di se: il colore degli
occhi, il colore e la lunghezza dei capelli, li faceva ricci o lisci, si faceva
le labbra carnose o fini, il naso a patata o a punta… era una vera e propria
trasformista! >> scherzò.
Tornammo alla torre che erano già le sette di sera, questa volta
però non passammo più per le fogne, ma per un corridoio più accogliente. Era
lungo, notevolmente lungo, con svolte e porte ovunque.
<< ma quanto è grande ‘sto posto? >> chiesi
meravigliata.
Lui non rispose, ma si limitò a sorridere, anzi, sghignazzare.
<< che c’è da ridere? >> chiesi.
Sghignazzava sempre di più, così cominciai ad innervosirmi.
<< insomma, la vuoi smettere di ridere?>> chiesi.
<< ok, va bene >> disse lui, trattenendo un’altra
ondata. << è solo che sei troppo buffa, sembri come gli umani che entrano
qui dentro per la prima, ed ultima s’intende, volta. >>
<< ah, io sarei buffa? Ma ti sei visto tu? >>risposi
acida.
<< perché? Che ho che non va? >> chiese perplesso.
Ci pensai un attimo, lo guardai e cercai una qualsiasi cosa che
stonava nel suo essere perfetto. Dopotutto, nessuno è perfetto, quindi qualche
cosa da trovare c’era sicuramente… dopo qualche secondo, delusa e a orecchie
basse, risposi:
<< no, in te non c’è nulla che non va… >>
Lui mi guardò, e nei suoi occhi intravidi un bagliore di
tenerezza, ma un secondo dopo, era già scomparso.
<< guarda che anche in te non c’è nulla che non va >>.
Disse infine.
<< grazie >> risposi. << andiamo, se no
cominciano a pensare che hanno rapito pure noi! >> scherzai.
Lui, però, questa volta non sorrise nemmeno. Entrammo finalmente
nella torre, e trovammo tutti quanti intenti a confabulare a piccoli gruppi.
Volturi e Cullen, mischiati, che parlavano animatamente tra loro. Era
bellissimo trovarli tutti li, a parlare tranquilli e inquieti allo stesso
tempo, nemici e amici contemporaneamente. Il nostro arrivo spezzò
quell’incantesimo solo dopo qualche secondo che eravamo già li. Si fermarono e
ci guardarono, come se si fossero dimenticati della nostra esistenza, e con il
nostro arrivo fossero di nuovo tornati alla realtà. Mia madre si avvicinò e mi
chiese:
<< com’è andata? >>. Io non risposi subito, guardai
Alec dirigersi silenziosamente dalla sorella, bisbigliarli qualcosa
all’orecchio, e darle un bacio sulla fronte. Quel piccolo gesto mi provocò un
tuffo al cuore: faceva così anche Jake con me…
<< allora? Com’è andata? >> mi richiese mia madre,
affatto curiosa.
<< bene, c’erano un sacco di cose carine nei negozi, solo
che non accettavano i dollari, quindi non ho potuto prendere nulla. >>
dissi recitando, quasi mi fossi preparata le cose da dire qualche attimo prima
di dirle.
<< mi spiace, la prossima volta che veniamo qui ci
organizziamo meglio. Ora però dobbiamo tornare a casa >>. Disse mia
madre, guardandomi dolcemente.
Io, in compenso, la guardai interrogativa.
<< di già? >> inutile dirsi che la causa del tono
triste della domanda non era dovuto ai negozi, ma ad Alec. Nemmeno io sapevo
cosa mi stesse succedendo, ma l’uscita, la nostra uscita, aveva fatto scattare
una certa simpatia verso di lui. Forse più di una simpatia. Mi chiesi se un
semplice odore poteva scatenare l’imprinting. Ma cosa stavo dicendo? Noi non
abbiamo l’imprinting!
<< come mai? Di che avete parlato? >> chiesi.
<< sai bene che non possiamo riferirti tutto. Dobbiamo
tornare per sistemare delle faccende, rifare le valigie, molte di più,
probabilmente, e poi torneremo in Italia >>
<< in Italia? >>
<< bhè tesoro, dove vorresti andare? La Francia? >> chiese zia Rose, sorridente. Era raro vederla
sorridere, e forse quando sorrideva, lo faceva pure in privato, in modo che
nessuno potesse vederla…
<< ha detto Italia, non Volterra… >>
<< acuta osservazione >> disse Jane, sarcastica.
Mi girai verso di lei, li lanciai un’occhiataccia e risposi
dolcemente << grazie, una cosa del genere tu non riusciresti mai a dirla.
>>.
<< tolleranza… >> mi rammentò Alec.
<< giusto, scusa, ma è più forte di me… >> risposi.
Mentre eravamo al parchetto, dopo la sua storia, gli chiesi come mai Jane era stata così
scortese con me. Lui disse solo che era una cosa naturale per lei essere acida
con chi non conosceva e “invadeva” i suoi spazi e il suo territorio. Lei era
quella più coccolata di tutti e la più bella, quindi era rara la volta che
accettava una rivale. Questa situazione era sorta dopo la morte di Didyme, e
nessuno ne sapeva il vero motivo, nemmeno lui. Quando mi aveva vista il suo
veleno aveva cominciato a bollire, e le parole avevano dato vita alla sua invidia.
Mi aveva chiesto di portare pazienza, di essere tollerante. Quando avesse
capito che non ero pericolosa, si sarebbe tranquillizzata.
Mia madre interruppe il flusso di pensieri.
<< si, non torneremo qui a Volterra. Andremo in qualche
bosco isolato al nord, in una regione chiamata Lombardia. Li i boschi
abbondano, troveremo anche una radura dove costruire una casa. Non saprei
ancora dirti quanto ci resteremo>>
Era inutile combattere.
<< perché quell’aria afflitta? Quei boschi pullulano di
bontà prelibate, prelibatezze italiane. E poi, trova sempre il lato positivo!
Non hai sentito che ha detto tua madre? Più valigie del solito… non sei
contenta piccola? >> disse zio Emmett.
Sospirai e mi chiesi se ero veramente imparentata con lui.
<< Nessie cos’hai? >> chiese zia Rose per la quarta
volta.
<< niente >> risposi…per la quarta volta. Continuai a
guardare fuori dal finestrino.
<< è da quando abbiamo lasciato Volterra che hai il muso
>> affermò ostinata.
<< per tua informazione, non ho il muso! >> la misi al
corrente.
<< ma non sei nemmeno allegra >> ribatté lei.
<< dammi un buon motivo per esserlo… >> la provocai.
<< Rose smettila >> la rimproverò zio Emmett. La prima
cosa di intelligente che usciva dalla sua bocca! Speriamo che non si scateni un
cataclisma, almeno finché non torno con i piedi per terra.
<< ma guardala tesoro! La gente che va in un cimitero è più
allegra di lei! Esclamò zia Rose, non ancora soddisfatta. Non ribattei, e non perché
non volessi, ma perché aveva ragione. Era tutto maledettamente vero. Non volevo
tornare a Forks… era semplicemente Forks. E poi… era difficile e assurdo
ammetterlo, ma Alec già mi mancava.
“ Eh si, l’unica cosa che zio Emmett avesse mai detto o fatto di
intelligente” pensai, guardandolo mentre faceva una torre di corn-flex che ci
erano stati serviti dalla hostess. Meno male che eravamo in una sezione privata
dell’aereo, lontani dagli umani. Abbozzai un mezzo sorriso, per nulla forzato,
quando i corn-flex finirono tutti a terra.
Presi il cellulare per mandare un messaggio a Leah.
“ stiamo
tornando dall’Italia.
Non hai
idea di chi ho incontrato!
Tu come
stai? Io tutto a posto.
Magari stasera
passo da te.
T.V.B.”
<< tu non
vai da nessuna parte >> disse mio padre.
Spedii il
messaggio prima che mio padre potesse impedirmelo sul serio, poi replicai:
<< ma papà!
>>
<< non ti
avevo mica detto che non potevi più uscire di casa? Vale ancora. >>
<< mamma? Vero
che stasera posso andare a trovare Leah? >> chiesi.
<< certo. Anzi,
vengo anche io… volevo fare una chiacchierata con Sue. >> rispose, senza
staccare gli occhi dal giornale di cucina che stava leggendo.
Feci una
linguaccia a mio padre e mi rimmersi nella mia depressione.
“ Alec… Alec… perché
sei tu Alec?” pensai.
Mio padre fece
una smorfia, imitando il vomito.
<< eh si
amore. È proprio strana >> constatò zio Emmett, dandosi l’aria di un
medico esperto che ha appena scoperto che c’è qualcosa che non va nel paziente
che si crede un gatto. << se fosse stata normale, avrebbe replicato a
modo suo, invece ora… bhò, è strana >>
Cacciai nuovamente
la lingua di fuori, indirizzata a tutti, colpevoli e non.
<< è
impossibile che non te lo ricordi: una rosa rossa non passa inosservata in un
campo di neve! >> esclamai.
<< era una
metafora? I vampiri bianchi stanno alla neve come la rosa rossa sta a questo
Alec? Cos’è: ha i capelli rossi? >> chiese Leah.
Sbuffai e mi
lasciai cadere sul letto: << ci rinuncio >>
Dopo pochi minuti
di silenzio, non potendone fare a meno, tornai a parlare di lui:
<< è
bellissimo! Solo che quella anguilla di sua sorella… non la sopporto! >>
<< ha una
sorella? >> chiese.
<< gemella
>> aggiunsi, amareggiata.
<< allora
ho capito chi sono: i gemelli terribili, quelli con i poteri di tortura più
forti! >> esclamò illuminata.
La guardai senza
dire nulla, a parte:
<< è tanto
grave? >> chiesi
<< è
ufficiale: sei innamorata >>
<< solo
queste due? >> chiesero mia madre e mio padre all’unisono.
<< si
>> risposi, lasciando la valigia e il beauty- case vicino al divano.
<< facciamo
un calcolo veloce…quanti ci saranno in totale? >> chiese mia madre a mio
padre.
<< non
abbastanza perché sopravviva….>> rispose lui.
<< sapete
che hanno inventato la lavatrice? >> chiesi velenosa.
<< si, e c’era
anche quest’estate, peccato che tu non lo sapessi ancora… >> mi informò
mio padre, ridendo.
Feci una smorfia
e mi diressi in camera mia per prendere il cellulare e il carica batterie. Mi sedetti
sul letto, per guardarmi in giro: la mia camera, piena di ricordi, traspirava
suppliche per non farmi partire nuovamente, ma io volevo andarmene.
Notai il ciondolo
di Jacob appoggiato al comodino: era sempre rimasto li, dalla sera del
funerale.
<< tu
rimani qui >> dissi al ciondolo. Poi mi rivolsi a Jacob: << a te ti
porterò sempre nel mio cuore >> mentre uscivo dalla camera mi arrivò un
messaggio da Seth.
“ mia
sorella mi ha detto che ve ne andate di nuovo.
State facendo molto per Jacob,
ma anche io non starò con le mani in mano”
Che cosa voleva dirmi Seth? Certo, il messaggio era più limpido
dell’acqua distillata, ma c’era qualcosa sotto. Ma cosa?
Tornai in salotto pensierosa, e vi trovai anche gli altri. Ci salutammo
e Carlisle chiese:
<< allora andiamo? >>
Annuii, e uscii in giardino.
<< Nessie! Dove sono le valigie? >> chiese zio Emmett.
<< di fianco al divano >> risposi.
<< quelle le avevo notate, ma le altre? >>
<< sono solo quelle >>
<< le barzellette rimandale a dopo… allora, dove sono? >>
Sbuffai. Ma perché non mi prendevano sul serio? Guardai zio Jasper,
e lui mi fece un cenno che stava per “ tranquilla ci penso io”. Lui si che mi
capisce! Non come la scimmia che mi faceva da zio!
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Capitolo 8 *** La verità ***
la verità
La verità
Eccomi con un nuovo capitolo. Mi
scuso per l’attesa, ma mi sa tanto che i per i prossimi capitoli sarà così per
via della scuola e degli impegni. Scusatemi tanto…. Spero di farmi perdonare
almeno con questo capitolo. Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia
storia tra i preferiti:
1 - antimarella94 [Contatta]
2 - Aurora_Cullen
[Contatta]
3 - bellemorte86 [Contatta]
4 - bizzo [Contatta]
5 - cesarina89 [Contatta]
6 - Confusina_94 [Contatta]
7 - dahlia3vFA [Contatta]
8 - damaristich [Contatta]
9 - elis_cullen [Contatta]
10 - fedev82 [Contatta]
11 - franci_cullen
[Contatta]
12 - giugiu182 [Contatta]
13 - kira988 [Contatta]
14 - lalla22 [Contatta]
15 - lilly3 [Contatta]
16 - Lithia del Sud
[Contatta]
17 - Manyu [Contatta]
18 - Mapi [Contatta]
19 - NIKEHOPE90 [Contatta]
20 - patu4ever [Contatta]
21 - rebby [Contatta]
22 - sara2087 [Contatta]
23 - SaraMasenCullen
[Contatta]
24 - sexy_eclipse
[Contatta]
25 - skater4ever [Contatta]
26 - tuxe [Contatta]
27 - valeEfla [Contatta]
28 - veliva [Contatta]
Poi volevo anche consigliarvi di
ascoltare la canzone degli slipknot mentre leggete. La trovate a questo link:
http://www.youtube.com/watch?v=3dTo48hSLsw
non è il vedeo originale, ma in
compenso si sente bene… comunque vi invito a sentirla perché addolcisce la
lettura. In fondo vi ho messo la traduzione, visto che nella ff c’è già il
testo in inglese... BUONA LETTURA!
Il viaggio fu più leggero delle altre volte, forse perché mi ci
ero abituata. Arrivammo all’aeroporto e ci dirigemmo subito in un appartamento
che avevamo affittato, in attesa di trovare una casa più isolata, in mezzo ai
boschi. Sapevo che ce ne erano alcune, de Esme voleva controllarle
personalmente. Mi guardai in giro, immaginando gli interni già arredati: non
sarebbe stata poi tanto male. Era un appartamento lussuoso, con pavimento in
palqué. Chissà quanto tempo avremmo passato qui dentro...
<< al massimo due settimane... >> mi rispose mio padre
<< stiamo facendo il salotto, vieni a darci una mano? >>
<< va bene >> risposi senza il minimo entusiasmo. Come
se avessero avuto veramente bisogno di me... era solo una scusa per tenermi li
vicino e sottocontrollo, per possibili cambiamenti nel mio umore.
Arrivai in salotto e vidi zio Jasper e zio Emmett che montavano a
tempo di record un mobile, gli altri confabulavano, indicando la parete vuota,
e pianificando per filo e per segno cosa ne sarebbe stato appoggiato.
<< tesoro! >>
Trillò zia Alice,
precipitandosi da me e sfoggiando un sorriso a trentadue denti. << lascia
perdere qua. Jasper ha appena finito il nostro bagno, vieni con me >>
Non feci in tempo a rispondere che mi ritrovai in bagno. Era una
stanza spaziosa, completamente rosa, con raffigurate orchidee e rose qua e la.
<< cosa...? >>
<< le domande le faccio io >> disse seria lei. Aveva
l’espressione grave, mai vista così. Capii che aveva fatto la dolce per non
destare sospetto, e riuscire a portarmi qui dentro senza problemi.
<< tanto ci sentono comunque >> dissi io.
<< e invece no, cara. Jasper ha messo dei pannelli intorno
alle pareti, probabilmente se si sforzassero ci sentirebbero, ma ora sono
troppo impegnati con il salotto. >> replicò lei con un sorriso maligno
dipinto sul volto. Ora ero in trappola. Poteva chiedermi quello che voleva: se
gli avessi mentito, se ne sarebbe accorta e non mi avrebbe lasciato andare, se
gli avessi detto la verità mi avrebbe lasciata andare, lo avrebbe detto a tutto
il resto della famiglia, ma io mi sarei uccisa prima di dover affrontare anche
uno solo di loro.
<< che cosa ti sta succedendo? >> mi chiese, ora
preoccupata.
<< niente >> mentii
<< beep
–beep –beep! Risposta sbagliata >> cantilenò lei.
Dio, zio Emmett aveva contagiato anche lei!
<< ti rifaccio la domanda. Che cosa ti sta succedendo?
>>. La domanda pareva quasi una supplica. Mi guardava con degli occhi
seriamente preoccupati, e io alla fine cedetti.
<< perché siamo venuti qui? Non potavamo ritornare a
Volterra se proprio dovevamo rimanere in Italia? >> esplosi.
<< le domande le faccio io. Allora vuoi rispondere alla mia
domanda? >>
<< e che cosa ho fatto? Queste domande sono la risposta!
>> gli urlai. Ora era sicuro: avevano udito, salotto o non salotto.
Mi fissò per qualche istante, i più lunghi di tutta la mia vita.
Sembrava stesse passando in rassegna ogni mia molecola ai raggi X, senza
lasciarsi sfuggire nulla.
<< è per Alec? >> chiese infine.
<< dovrebbe? >> chiesi.
<< la vuoi smettere di rispondere alle mia domande con altre
domande? >>
<< lo stai facendo pure tu. Rispondi anche te con altre
domande >> risposi seccata.
<< sei un caso disperato, ci rinuncio. Rimani pure nella tua
tristezza. Spero solo che tu ce la faccia ad uscirne da sola >> e uscì
dal bagno, sbattendo la porta.
Rimasi sola. Per qualche istante , pensai dove avevo sbagliato:
avevo risposto alle sue domande; forse ero stata un po’ brusca, ma cosa
pretendeva?
Aprii l’acqua calda della vasca e mi spogliai. L’acqua calda
risolve tutto... credo.
<< non ce la faccio più >> mi lamentai.
<< stai tranquilla. Insomma, che sarà mai? >> rispose
Leah dall’altra parte del ricevitore.
<< che sarà mai? Tu chiedi “che sarà mai? Non hai idea di
come sto dentro quell’appartamento! Mi guardano ai raggi X ventiquattr’ore su
ventiquattro! Pure quando dormo sono sicura che mi tengono d’occhio! >>
sbottai.
<< ma almeno tuo padre non gioca sporco e se ne sta zitto,
no? >> chiese.
<< si. Ma quanto durerà? Mia madre e le zie quando ci si
mettono sanno essere molto oppressive. È questione di giorni, anzi ore, prima
che mio padre riveli che sono innamorata di Alec! >> mi trovavo al parco,
usavo una cabina telefonica e mi guardavo in giro per scovare qualche spia
famigliare che mi seguiva… che cosa si può desiderare di più’ e oggi è anche
una giornata tranquilla! Non mi hanno fatto domande e sono riuscita a
sgattaiolare via senza tanti problemi.
<< e tu che ci fai qui? >>
Mi sentii gelare. Questa voce…
<< zio Jasper! >>esclamai, voltandomi. << Leah,
devo riattaccare, ci sentiamo >>
<< ma… >>
Riattaccai il ricevitore, poi guardai con aria colpevole mio zio.
<< Allora? >> chiese lui.
<< non ho fatto nulla di male! Volevo solo un po’ di privacy
per parlare con Leah e… >>cercai di spiegare.
<< non me ne importa nulla della chiamata. Sei libera di
parlare con lei quando vuoi. Io mi riferisco al fatto che sei in giro da sola
alle sei passate di sera con dei mannari che fanno a pezzi tutti a vampiri
>> replicò lui calmo.
Cosa? Le sei passate? Guardai l’orologio per accertarmene… vero.
Ero in giro da mezzogiorno.
<< io non credevo fosse così tardi… sinceramente non avevo
notato nemmeno che era diventato buio… >> cominciai.
<< non te ne eri accorta? >> chiese lui con aria
interrogativa.
Ecco, ora mi credeva pazza oltre che depressa!
<< no, cioè… me ne ero accorta che era buio, ma non gli
avevo dato peso… >> farfugliai.
<< hai fame? >> chiese lui gentilmente.
Ecco, ora mi ricordo perché lui è quello della famiglia che in
questo periodo mi sta più simpatico…
<< si, in effetti ho un po’ di fame… >>
<< ordino una pizza e ce la mangiamo al parco? >>
Al parco? È per caso una trappola? Lo studiai attentamente negli
occhi, per capire se voleva stare solo con me per farmi il terzo grado, ma la
sua calma mi fece cambiare idea…
<< va bene >>.
Entrammo in una pizzeria d’asporto e ordinammo una pizza. qualche
problemino con l’inglese scarso del pizzaiolo lo avemmo, ma riuscii a ordinare
comunque.
Arrivammo al parco dopo qualche minuto, con la pizza che ancora
fumava: aveva un ottimo odore. Avrei preferito di gran lunga un po’ di sangue,
ma mi accontentai.
Mentre mangiavo zio Jasper mi guardava, assorto nei suoi pensieri…
chissà a cosa pensava…
Una volta finito, buttai il cartone in un cestino e tornai alla
panchina. Seguì un lungo silenzio, nel quale pensai bene di dire tutta la
verità, almeno a lui. Era quello che in questo periodo mi aveva rispettato di
più, quello che non aveva fatto domande, e quello che forse mi avrebbe capita.
<< zio, ti devo dire una cosa >> cominciai incerta.
<< parla, ti ascolto. >>disse lui, senza staccare gli
occhi dal cielo stellato.
<< sai, in questi giorni so di essermi comportata in modo
pietoso e scortese con tutti, ma non mi hanno lasciato molto scelta. Dico
hanno, perché tu non lo hai fatto. È per questo che mi rivolgo a te per primo.
Mio padre sa tutto, ma non durerà molto e tra un po’ rivelerà tutto. Sai Alec,
il vampiro che mi ha accompagnato a fare il giro di Volterra? Ecco, io credo…
>> era più difficile di quanto pensassi dirlo.
<< si? Cos’è, ti ha fatto qualcosa di male? >>
<< No, non mi ha fatto nulla. È solo che io… >>
deglutii << io mi sono innamorata di lui >> dessi infine.
Seguì un altro lungo silenzio, mentre zio Jasper non staccava gli
occhi dalle stelle. Possibile che non mi avesse sentito? No, impossibile.
Magari non era concentrato e non ha compreso le mie parole? Altrettanto
impossibile.
<< allora? >> dissi infine.
<< stavo pensando. Tu hai tenuto il broncio per due
settimane solo perché ti sei innamorata di questo Alec? >> chiese
cordialmente.
<< ehm.. >> la sua domanda mi colse in contropiede,
ma, viva la sincerità! Diciamo pure la verità. << si, direi di si
>>
<< lui lo sa? >>
<< no! Assolutamente no, e non deve nemmeno saperlo!
>>
<< perché? Magari gli piaci anche tu? >>
<< primo, non mi umilierò a tanto! Secondo, i ragazzi d’oggi
sono paurosi e si tirano sempre indietro, quindi finirà per non rivolgermi più
la parola! Terzo, hai presenta sua sorella? Ecco, lei è il più grosso dei miei
problemi, in questo momento. >> dissi, quasi urlando.
Lui sghignazzò, degno di zio Emmett.
<< ok, è tua la scelta. A me non resta altro che chiederti:
da quant’è che non vedi un ragazzo d’oggi? Perché, a me sinceramente non
risulta che sia un ragazzo d’oggi, dato che è morto quasi trecento anni fa…
>> disse, sempre ridendo.
Ah si? Ti faccio tanto ridere? Si, direi di si, sono ridicola.
<< come fai a sapere che è morto quasi trecento anni fa?
>>chiesi, a un tratto perplessa.
<< Carlisle mi aveva parlato tempo fa di alcuni Volturi e le
loro storie. Lui era uno di quelli, naturalmente con Jane. >> spiegò lui.
<< ah, >> feci io.
<< senti, devo dire qualche cosa agli altri o devo tenere la
bocca cucita? No, sa, quando rientreremo a casa mi tormenteranno con le loro
domande, e che devo rispondere? >> chiese.
Ci pensai attentamente un momento, poi risposi che poteva dirgli
tutto. Almeno così mi avrebbero lasciata in pace, no?
Maledetta la serata in cui ho pensato che i miei problemi fossero
finiti con la verità!!!
E io che ero sicura di fare la cosa giusta: che rabbia!
Momentaneamente chiusa in bagno, ripenso a ieri sera, cercando di
capire in cosa avevo sbagliato.
Ritornai con la mente a quei momenti. Mi ero chiusa in camera
subito dopo aver varcato la soglia dell’appartamento. Avevo sentito zio Jasper
parlare a tutti quanti della mia situazione, avevo sentito mamma che se la
prendeva con papà perché era stato zitto. Poi zia Alice, mamma, zia Rose e Esme
erano piombate in camera mia, e prima che potessi fare o dire qualcosa, mi
tartassarono di domande, senza tra l’altro darmi il tempo di rispondere. E poi,
per mettere la ciliegina sulla torta, mi avevano detto di non preoccuparmi, che
avrei rivisto il mio “amato” molto presto. Almeno una notizia positiva, avevo
pensato. Poi, mentre uscivano dalla mia camera, farfugliavano qualcosa su le
prime pene d’amore, i giovani d’oggi, sul quanto è dolce Nessie… se solo ci
ripenso mi viene voglia di gettarmi in mare e tornare a Forks. In effetti non
sarebbe una cattiva idea, se non ci fosse quella frase che mi gira
vorticosamente nella testa: “avrei rivisto Alec molto presto”. Decisi di uscire, sia dal bagno, che
dall’appartamento. Potevo andare a fare una passeggiata, oppure, per essere
masochisti fino in fondo, andare in un cinema a vedere un film tutto in lingua
italiana. Magari, per farmi ancora più male, un film romantico che termina con
“e vissero tutti felici e contenti”.
Appena fuori casa optai per il parco. Era una bella giornata, non
sarebbe stato bello andare a chiudersi in un cinema. Dopotutto, di sole a Forks
ce ne era ben poco, e dovevo godermelo, per quanto la mia natura mi
permettesse. Avevo ben tre ore da passare sotto il sole, poi avrei dovuto
ripararmi, per non trasformarmi in un diamante ambulante. Mi sedetti su una
panchina, auricolari nelle orecchie e musica a tutto volume. Una bella canzone
lenta e triste, al caso mio. Era la mia preferita.
Bury all
your secrets in my skin
Come away with innocence
And leave me with my sins
The air around me still feels like a cage
And love is just a camouflage
For what resembles rage again
So if you
love me let me go
And run away before I know
My heart is just too dark to care
I cant destroy what isn’t there
Deliver me into my fate
If I’m alone I cannot hate
I don’t deserve to have you
My smile was taken long ago
If I can change I hope I never know
Guardavo I bambini che si rincorrevano tra di
loro, i padroni che giocavano con i loro cani, studenti sotto gli alberi che
leggevano e studiavano, le vecchiette che passeggiavano con i nipotini nel
passeggino.
I still
press your letters to my lips
And cherish them in parts of me that savour every kiss
I couldn’t face a life without your light
But all of that was ripped apart…
When you refused to fight
So save
your breath I will not hear
I think I made it very clear
You couldn’t hate enough to love
Is that supposed to be enough?
I only wish you weren’t my friend
Then I could hurt you in the end
I never claimed to be a saint
My hope was banished long ago
It took the death of hope to let you go
Decisi di mandare un messaggio a Leah, per
spiegargli le ultime news a casa Cullen.
So break
yourself against my stones
And spit your pity in my soul
You never needed any help
You sold me out to save yourself
And I wont listen to your shame
You ran away you’re all the same
Angels lie to keep control
My love was punished long ago
If you still care, don’t ever let me know
If you
still care, don’t ever let me know
Alzai gli occhi dopo aver mandato il
messaggio, e notai una persona, pochi metri più in la che mi guardava. Ma che
dico: persona? Un vampiro, il più bello che avessi mai visto. Mi mancava il
fiato, il cuore batteva come le ali del colibrì. Alec era a pochi metri da me e
mi sorrideva.
Lascai che si avvicinasse, per capire se era
un miraggio o la realtà. Una splendida realtà, tra l’altro.
<< chi si vede… >> cominciò lui.
<< già… >> ero rossa, ne ero
sicura. La mia natura ora non poteva proteggermi, avevo le vampate di calore e
non sapevo come fermarle.
<< tutto a posto? Sei rossissima…
>> disse lui.
<< una meraviglia >> risposi prontamente
io.
<< bene, perché devi reggerti forte.
Sto per dirti una cosa >>
<< cosa? >> chiesi curiosa io.
Magari mi vuole dire che mi ama, e io a quel punto non dovrò fare altro che
baciarlo...
<< ci trasferiamo qui da voi. Tutti i
volturi… io, mia sorella.. tutti quanti. Fantastica notizia, vero? >>
Sta scherzando, vero? Sua sorella e gli altri
qui. No, i volturi va bene, è leggermente accettabile. Sua sorella…
assolutamente no. Non posso accettarlo. E io che pensavo che fosse venuto da
solo perché gli mancavo. È cretino come tutti gli altri ragazzi!
<< fantastica notizia… facciamo una
cosa: prendi tua sorella e metti più
kilometri tra me e lei… e tra me e te… sono stata abbastanza chiara? >>
<< Ma che ti prende? >> chiese
lui, con ancora il sorriso stampato in faccia.
<< niente >> risposi io, mentendo
spudoratamente. Mi alzai e cominciai ad
allontanarmi.
Poi lui mi afferrò per il braccio e il tempo
di voltarmi che sentii le sue labbra fredde premere sulle mie. Non esitai oltre
a ricambiare al bacio. Era diverso da quello che avevo ricevuto da Jacob, era
più intenso, più sofferto, più innocente e colpevole, più…più…
Sentimmo dei rumori da dietro il cespuglio e
ci staccammo subito. C’era qualcuno dietro il cespuglio. Giuro che se era
qualcuno della mia famiglia o sua sorella, non avrei più risposto delle mie
azioni. Uffi… rivolevo le sue labbra!
Infine la persona sbucò fuori dall’albero e a
me mi venne un colpo dalla meraviglia.
<< e tu che ci fai qui? >> mi
sentii dire.
Allora,
vi è piaciuto? Spero di si! Mi raccomando recensite in tanti! Come detto sopra,
non potrò postare subito, però cercherò di farmi bastare le giornate a casa per
le vacanze pasquali per scrivere il prossimo capitolo. Baci
Titolo
Tradotto:
Spegnere
Seppellisci
tutti i tuoi segreti
Sulla mia pelle
Vieni via con l’innocenza
E mi lasci con i miei peccati
L’aria attorno a me
Sembra ancora essere una gabbia
L’amore è solo un travestimento
Per ciò che sembra di nuovo rabbia…
Quindi se mi ami
lasciami andare
Scappa via prima che io me ne accorga
Il mio cuore è troppo oscuro per importarsene
Non puoi distruggere ciò che non è lì
Consegnami al mio destino
Se sono solo non posso odiare
Io non merito di averti
Il mio sorriso fu preso molto tempo fa
E se posso cambiare spero
Di non accorgermene mai
Appoggio ancora
le tue lettere
Sulle mie labbra
E le custodisco in parti di me
Che assaporano ogni bacio
Non potrei affrontare una vita
Senza i tuoi occhi
Ma tutto questo è stato strappato via
Quando hai rinunciato a combattere
Quindi risparmia
il tuo respiro
A me non importerà
Penso di essere stato molto chiaro
|
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Capitolo 9 *** Non andare ***
Non andare
Non andare
Eccomi con un nuovo capitolo!!! Spero vi piaccia. Mi scuso per il
scadente servizio del tg (capirete leggendo), ma ero molto indecisa e non
sapevo da che parte partire… va bè, non vi resta che leggere, e magari lasciare
un commentino…. Buona lettura…
Ah, dimenticavo i ringraziamenti a chi ha messo la mia storia tra
i preferiti! Eccoli qui:
1 - antimarella94
2 - aras95
3 - Aurora_Cullen
4 - bellemorte86
5 - bizzo
6 - cesarina89
7 - Confusina_94
8 - dahlia3vFA
9 - damaristich
10 - elis_cullen
11 - fedev82
12 - franci_cullen
13 - giugiu182
14 - kira988
15 - lalla22
16 - lilly3
17 - Lithia del Sud
18 - Lucky_Didi
19 - Manyu
20 - Mapi
21 - NIKEHOPE90
22 - patu4ever
23 - rebby
24 - sara2087
25 - SaraMasenCullen
26 - scimmietta95
27 - sexy_eclipse
28 - skater4ever
29 - tuxe
30 - valeEfla
31 - veliva
32 - _ki_
33 - _Nessie_
Di nuovo buona lettura!
<< allora?
Cosa ci fai qui? >> ripetei.
<< ecco, mi
dispiace… ehm, io non volevo disturbarvi… >> cercò di spiegare Seth. Tra
tutte le persone che potevano sbucare fuori da un cespuglio, lui era quello che
meno di tutti mi sarei aspettato di vedere. Possibile che anche nei momenti più
belli, c’era sempre qualcuno che irrompeva nella mia felicità senza bussare o
chiedere il permesso?
Udii un ringhio
dal petto di Alec, ma lo ignorai. Tra lui e mio padre si poteva fare un
concerto.
<< allora?
>> chiesi.
<< allora
cosa? >> chiese Seth.
<< senti,
forse sono matta io, o forse mi ci state facendo diventare. Ti pare normale che
una persona che dovrebbe essere dall’altra parte del pianeta sbuchi fuori da un
cespuglio, senza maglietta in pieno novembre? >> dissi io retorica.
<< giusto.
Non fa una pecca. Comunque io ti avevo avvertita che sarei venuto! >> si
spiegò il licantropo.
<< tu cosa?
Ma allora è un vero complotto! Volete farmi diventare matta! >> esclamai.
<< ti ho
mandato un messaggio! >> esclamò lui, intimorito dal concerto di ringhi
che proveniva dal petto di Alec.
<< ah si?
Controlliamo subito… >> dissi io, perdendo le staffe e raggiungendo un
tono di voce acuto. Sfilai il cellulare dalla tasca dei jeans e controllai i
messaggi. Trovai un messaggio recente di Seth e lo aprii. Lo lessi velocemente,
cercando di acchiappare qualche parola tipo “Volterra”, “ti raggiungo” e roba
del genere. Nulla.
Alzai lo sguardo
e dissi trionfante:
<< nessun
messaggio >>
<< non è
possibile. Ti ho spedito il messaggio che diceva che anche io mi sarei dato da
fare per vendicare Jacob, no? >> chiese lui, disperato.
<< si,
quello… >> ma poi fui folgorata dall’evidenza. Esprimersi meglio la
prossima volta? Mica potevo arrivarci da sola che attraversava l’oceano!
<< insomma!
Che diavolo sta succedendo? >> sbottò all’improvviso Alec, concludendo di
gran carriera il concerto nel suo petto. E devo dire, magnifico petto….
<< niente,
Seth è venuto qui da Forks, ma il tempo di organizzarci e sarà di ritorno a La Push in men che non si dica
>> spiegai.
<< invece
ti sbagli. Non ho intenzione di andarmene! Con quel che mi è costato il
biglietto aereo di prima classe! >>
<< i tuoi
genitori sanno che sei qui? >> chiese Alec, usando lo stesso tono di voce
che si usa con i bambini quando si perdono.
<< gli ho
mandato un messaggio quando sono atterrato. >> rispose lui, allegro.
<<
mandagliene un altro dicendogli che stai per far ritorno >> dissi io.
<< ti ho
già detto che io non torno a casa. >>
<< quanto
ci scommettiamo? >> dissi io malefica.
<< Seth!!
>> esclamò mia madre appena lo vide << tesoro, ma cosa ci fai qui?
Dio, viaggiare tutto solo… sarai affamato! Ragazze, bisogna andare a fare la
spesa! >>
Cosa? Non posso
crederci! Invece di sgridarlo, lo trattano come un principe che torna
vittorioso dopo la guerra.
<<
Renesmee, vai tu a fare la spesa… compra qualche cosa, poi ci organizzeremo
meglio per i prossimi giorni… >> disse mia madre, abbracciando e baciando
Seth.
Prossimi giorni?
Ma siamo matti? Forse non hanno capito che devono metterlo sul primo aereo e
rispedirlo da Sue!
<< la
accompagno >> sentii dire da Alec
Cosa? Pure lui è
d’accordo?
<< cosa c’è
che non va, amore? >> chiese lui.
Amore? O mio dio,
dimmi che gli altri non hanno sentito! Mi guardo intorno, ma pare che nessuno
abbia sentito. Mi giro verso Alec e lo
vedo che se la ride come un matto… va bè, andiamo a fare questa spesa… che si
strozzi pure con il cibo, tanto io ho il mio
“amore”…
<< e
questo? >> chiesi, rigirandomi tra le mani un barattolo di latta con
un’etichetta poco invitante. La parola “Chele”
capeggiava a caratteri cubitali sopra all’immagine del prodotto.
<< che ne
so io? >> chiese lui con un’alzata di spalle.
Riposi il
barattolo nel suo scaffale, non sicura di cosa fosse. Anche se però sarebbe
stato un dispetto perfetto… purtroppo non sapevo cosa mangiasse Seth, per quel
che mi riguarda poteva anche adorarlo. Io, dal canto mio, non ho mai mangiato
del “Chele”…
Passammo una
buona oretta a cercare di distinguere ciò che era commestibile da ciò che non
lo era. Compito alquanto difficile se si calcola che Alec non mangiava cibo
umano e io ne mangiavo poco e molte
volte senza sapere cosa fosse esattamente. Quando passammo davanti al reparto
per i cani, mi venne la cattiva tentazione di prendere una busta di croccantini
per servirglieli a Seth, ma poi ci rinunciai. Arrivammo alla cassa con il
carrello pieno di schifezze, e ci volle un po’ di tempo prima che capissimo
come funzionasse il rullo. La cassiera rimase perplessa dalla nostra ignoranza,
ma quando vide bene il volto di Alec, si dimenticò del rullo e si mise a farli
gli occhi dolci. Dal canto suo anche Alec fu gentile, e sembrava anche
interessato alla ragazza. E io, anziché essere gelosa, mi ritrovai a sorridere
e a pensare: “il mio amore ha fame?”
Mentre uscivamo
dal discount e portavamo le borse al limitare del bosco, in modo da poterci
allontanare più velocemente, Alec mi chiese:
<< hai
visto come era carina quell’umana? >>
<< si, ho
notato. E scommetto che aveva anche un ottimo profumo… >> risposi.
<< hai
centrato il punto >> e così dicendo mi diede un bacio delicato sulle
labbra.
Avremmo dovuto
fare la spesa più spesso d’ora in poi… in un certo senso, Seth stava tornandomi
molto utile.
Passarono i
giorni, e all’appartamento c’era sempre un gran via vai di vampiri. I volturi e
il corpo di guardia dormivano all’aria aperta, ma di giorno erano quasi sempre
da noi, solo se il tempo naturalmente gli permetteva di uscire dal bosco al
riparo dal sole. Solo due volte c’era stato un cielo pulito con un sole
autunnale. Io però cominciavo a stancarmi di quell’appartamento piccolo e male
arredato.
Un giorno, mentre
ero seduta in balcone a giocare a carte con Seth, ci arrivò la notizia che Esme
aveva trovato una casa in una radura, o meglio, in aperta campagna. Vicino
c’era anche un bosco, quindi per cacciare non era un problema, almeno per noi.
Dalle descrizioni, la casa era molto grande, una sorta di villa rinascimentale,
ma era distante dalle città: questo era un problema per i volturi. Vabbè, si
sarebbero arrangiati.
La nuova casa
pareva la villa di Versailles!
Aveva quasi
cinquanta camere da letto, due sale da pranzo e un’enorme cucina. I bagni erano
associati alle camere, quindi quasi cinquanta anche loro. Devo dire che Esme ha
proprio buon gusto. Certo tutte quelle camere da letto e quei bagni non servivano
a molto, ma a me e a Seth non dispiacevano affatto. Al piano di sotto, con la
cucina e la sala da pranzo, c’erano le sale da gioco e una per i ricevimenti.
Sicuramente Alec e Jane sarebbero tornati ai vecchi tempi. Scelsi la camera più
grande e ben fornita. Infatti Esme aveva voluto fare le cose per bene, quindi
aveva arredato personalmente ogni stanza. Svelato il mistero del lungo
soggiorno nell’appartamento.
I giorni
trascorrevano veloci e monotoni anche in quella casa. Alec era quasi sempre in
riunione con tutti gli altri nella sala dei ricevimenti, quindi io e Seth ci
ritrovavamo soli e annoiati. Quei pochi momenti che passavo con Alec, erano
veloci e fugaci, e mai abbastanza. Lui era sempre dolce e gentile con me, al
contrario della sorella. Sembrava un leone che segna il territorio ovunque
vada, per tenere lontano i rivali.
Durante una delle
tante riunioni, io e Seth eravamo in camera mia, giocando a scacchi. Ma dopo la
quarta partita, eravamo più annoiati di prima.
<< andiamo
a guardare un po’ di televisione? >> propose lui.
<< sempre
meglio di niente >> risposi io, sbadigliando.
Ci dirigemmo in
camera di zio Emmett perché li si trovava il televisore più grande e
sofisticato di tutta la casa. In teoria serviva per vedere le partite, ma a
parer mio era sprecato. Le donne di casa, me compresa, avremmo preferito
destinarlo ai programmi televisivi e ai film… non a delle stupide partite di
calcio.
Accendemmo il
televisore su un canale a caso. Il telegiornale.
- … la polizia
sta ancora cercando i colpevoli di tale massacro, nonostante…-
Seth cambiò il
canale, ma io urlai di rimettere sul tg. Era un canale americano, non c’erano
dubbi. L’unica cosa che non quadrava è che il titolo in sovraimpressione era:
“massacro tra i vicoli di Volterra: persone fatte a pezzi.”
-… Volterra è
ancora scossa da queste notizie, ma la cosa che preoccupa di più il governo
italiano è che i pezzi ritrovati non sembrano appartenere a delle persone sane.
Alcuni ipotizzano che non appartengano nemmeno a delle persone umane. Abbiamo
contattato un medico che lavora per i R.I.S. per farci spiegare la situazione:
<< cosa ne
pensa del ritrovamento? >>
<< mai
vista una cosa del genere. I pezzi di carne sono bianchissimi, e il sangue è di
un colore così scuro che non pare sangue. Tra poco avremo i risultati sul dna,
ma sono più che convinto che non è sangue. >>-
Così dicendo il
ragazzo si congedò dalla giornalista.
Io e Seth non
eravamo a bocca aperta, peggio. Ci guardammo negli occhi, quasi a voler cercare
la conferma che anche l’altro aveva sentito le stesse cose, poi scattammo verso
l’uscita e ci dirigemmo velocemente verso il salone. Entrammo senza bussare, e
probabilmente sui nostri volti c’erano dipinte paura e preoccupazione, perché
nessuno ci attaccò in malo modo per averli interrotti. Alec mi venne subito
incontro, ma io ero troppo spaventata per parlare, ma anche solo per guardarlo
negli occhi.
Fu Seth a parlare
per primo. Spiegò cosa avevamo visto al tg. Mentre il ragazzo parlava, sentivo
i muscoli di Alec tendersi, e fu un miracolo se non si spezzarono.
<< la
squadra A, partirete tra due ore… destinazione Volterra. >> decretò
infine Aro, tra il silenzio generale.
Alec mi baciò
delicatamente sulla fronte, e insieme ad altri sei o sette vampiri del corpo di
guardia, uscirono dal salone.
Mi ci vollero ben
dieci minuti per capire cosa stesse succedendo, e perché erano andati via.
Corsi verso la
stanza di Alec, sicura che lo avrei trovato li. Non mi sbagliavo.
<< non
andare >> dissi entrando. Lui si voltò verso di me, e dolcemente mi abbracciò.
<< devo
>> mi sussurrò all’orecchio.
<< manda
qualcun altro. Dì ad Aro che passi alla squadra B >>. Mi stavo
arrampicando sugli specchi.
Lui sorrise, ma
non disse altro. Mi liberò dall’abbraccio, poi si diresse verso la porta e con
un sorrise pieno d’amore, mi disse:
<< tornerò
>>.
Corse fuori e
raggiunse in giardino gli altri. Rimasi sola, come sempre, con un forte senso
di tristezza e malinconia che mi attanagliava il cuore.
Non riuscivo a
parlare e a pensare. Le uniche cose che ero riuscita ad assimilare erano che se
ne andava dritto nella tana del lupo e che rischiavo di perderlo. E quando si
parla di lupo, intendo letteralmente. Volterra non era più la città dei
vampiri, ma di quelle bestie.
Dopo qualche
minuto mi ritrovai a pregare Jacob (ebbene si, Jacob) di proteggerlo.
“ so che ti sto
chiedendo troppo, che io dovevo essere tua e ora invece sono sua, ma se mi vuoi
ancora bene, salvalo, tienilo sotto la tua protezione, come se fossi io a dover
essere protetta. Riservagli lo stesso trattamento. Ti prego….”
E una lacrima mi
rigò il viso, seguita da tante altre.
Allora,
piaciuto? Spero proprio di si. Questo capitolo è più corto degli altri, ma solo
per il fatto che ho voluto farlo terminare con le lacrime di Renesmee. Mi raccomando
recensite in tanti!
Bacioni!
XD
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Capitolo 10 *** I problemi fioccano a migliaia ***
Iproblemi fioccano a migliaia
I problemi fioccano a migliaia
Eccomi con un nuovo capitolo!!! Spero vi piaccia. Questo è uno dei
capitoli più importanti della mia fic, soprattutto per la fine. Inoltre è l’ultimo
capitolo visto dal punto di vista di Renesmee. Non vi resta che leggere, e
magari lasciare un commentino…. Buona lettura…
Ah, dimenticavo i ringraziamenti a chi ha messo la mia storia tra
i preferiti! Eccoli qui:
1 - antimarella94
2 - aras95
3 - Aurora_Cullen
4 - bellemorte86
5 - bizzo
6 - cesarina89
7 - Confusina_94
8 - dahlia3vFA
9 - damaristich
10 - elis_cullen
11 - fedev82
12 - franci_cullen
13 - Gio_Cullen
14 - giugiu182
15 - kira988
16 - lalla22
17 - lilly3
18 - Lithia del Sud
19 - Lucky_Didi
20 - Manyu
21 - Mapi
22 - NIKEHOPE90
23 - Padfoot_07
24 - patu4ever
25 - rebby
26 - sara2087
27 - SaraMasenCullen
28 - scimmietta95
29 - sexy_eclipse
30 - skater4ever
31 - tuxe
32 - valeEfla
33 - veliva
34 - _ki_
35 - _Nessie_
E a chi ha messo la storia tra le seguite:
bizzo
Un grazie particolare a chi recensisce ( non smettete di farlo,
quindi lasciate un commentino) e a chi mi segue fin dall’inizio.
Buona lettura!
Erano già passati due giorni
dalla partenza di Alec, e di loro nessuna notizia. I telegiornali continuavano
a parlare di quegli omicidi, ma non erano ancora riusciti a capire chi o cosa
fossero i cadaveri.
Io ero a pezzi, non avevo
fame, non avevo sonno, non avevo voglia di compagnia, non avevo voglia di
niente. Avevo solo voglia di rivedere Alec. Alec…al
solo pensiero il mare di acqua salata ricominciava a sgorgare dai miei occhi.
Rimasi sorpresa pure io dal fatto che non avevo ancora terminato tutte le
lacrime.
Mi rintanai nella mia stanza,
dopo aver passato due ore di silenzio con Seth. Volevo stare sola con i miei
pensieri, con le mia paure. Dopo un po’, la solitudine ti si fa amica, e
cominci a starci bene. E alla fine, impari ad amarla e a rispettarla, senza
temerla. Ma io ero ancora agli inizi, e la prospettiva di rimanere sola per
sempre, mi attanagliava lo stomaco. In quei momenti, c’era Jacob con me, lo
sapevo meglio di chiunque altro. Lui non mi lasciava mai quando era vivo, non
mi lascerà sola ora che è morto.
Girai tra le mie cose, senza
sapere bene cosa volevo fare. Leggere?
No. Guardare la Tv?
Assolutamente no. Ascoltare la musica? Un suicidio. Non mi sarei mai sottoposta
al supplizio di ascoltare i lamenti dei cantanti per un amore perso o
ritrovato, almeno non nello stato in cui mi trovavo.
Che fare? Aspettare. Non è male come idea. Si passa la
vita ad aspettare, e questo era un buon momento per attendere. Ma che cosa? Il
ritorno di Alec? No, quello non era da attendere, ma da pretendere. La morte?
Direi proprio di no, nel mio e nel suo caso. Oddio, se si vuole essere
pessimisti, nel suo caso potrebbe essere… ma che dico? No, nessuna morte. Devo
ancora uscire da quella di Jake. Un filo di speranza? Questa mi piace. Penso
proprio che attenderò la speranza. Di che?
Basta, questi ragionamenti rischiano di friggermi il
cervello. Aspetterò, una qualsiasi cosa, solo per poter ingannare il tempo che
ancora mi tiene lontana da Alec.
<< posso? >>
Cosa? Ma come…? Lei no! Sto già da schifo e lei viene
a girare il coltello nella piaga! E non lo gira poco, ma li fa fare un bel giro
360°!
<< si, entra… >>
mi ritrovai a dire. Non sono stata io! La
mia bocca si è alleata con le mia corde vocali! Stanno mettendo in atto un
complotto contro di me! Non sono più sotto il mio controllo…
<< allora, che fai di
bello? >> chiese Jane.
<< niente… >>.
almeno qualcosa che giocasse a mio favore e non contro di me. Adesso, dato che non sto facendo niente, la
conversazione si concluderà amichevolmente e se ne andrà… spero.
<< bene, perché vorrei
parlarti. >> disse lei, sorridendo.
Sorriso malefico! Sono in trappola. Il complotto è
perfettamente riuscito. Ora capisco cosa provò Giulio Cesare. E forse a lui
andò relativamente meglio di come andrà a me.
<< di cosa? >>. Oddio! Avrei dovuto dire che non avevo
niente da dirle, così se ne sarebbe andata! Alec? Amore? Torna presto, ti
prego! Se no va a finire che non ci rivediamo più… comunque la cosa è sleale:
lei una vampira, io lo sono solo per metà! E mo’ che faccio?
<< so bene che tra di
noi non corre buon sangue… anzi, direi veleno. Ci tenevo solo a dirti che
voglio bene a mio fratello, e so che anche te gliene vuoi. Quindi, mi impegnerò
a volere bene anche a te >> disse lei, senza respirare.
Eh? Sta scherzando, ne sono sicura… magari ha battuto
la testa violentemente e ora ha qualche problema… direi che questa è l’ipotesi
più accreditata.
<< che c’è? Perché mi
guardi così? >> chiese lei, notando la mia espressione.
<< e me lo chiedi?
Insomma, entri in camera mia, mi fai notare che tra di noi non corre buon…
veleno, e infine mi dici che ti impegnerai a volermi bene… secondo te dovrei
annuire come niente fosse o ho pure il diritto di sconvolgermi? >> dissi,
quasi urlando.
Lei non disse nulla, ma annuì
leggermente con la testa.
<< perché? >> le
chiesi.
<< cosa? >>
chiese a sua volta.
<< perché mi hai detto
quelle cose? >>
<< perché è stato Alec
a chiedermelo. Direi che più che altro me lo ha fatto capire… che avevo torto.
Pensavo che tu fossi una di quelle ragazze che parlano come le galline e che si
comportano come oche. Insomma, una specie di ibrido. >> disse lei,
abbassando la testa in segno di vergogna per ciò che stava dicendo.
<< bè, ci sei andata
molto vicina: umana e vampira… un ibrido… te lo ha detto prima di partire?
>> chiesi, tanto per fare una domanda, e non per vero interesse.
<< no, pochi minuti fa
>> rispose lei, con un’alzata di spalle.
<< che cosa? >>
<< me lo ha detto
qualche minuto fa… >> ripeté lei.
<< è tornato? >>
chiesi con un filo di voce.
<< si, circa venti
minuti fa. Per il momento abbiamo accesso alla sua camera solo noi Volturi e
Carlisle. È conciato male… >> spiegò lei.
<< ma sta bene,
insomma? >>.
Dire che ero agitata sarebbe
stata la bugia del secolo: ero più che agitata. Nello stomaco mi sentivo uno
stormo di colibrì impazziti, il cuore leggero come una piuma, la mente che
andava a mille…
<< voglio vederlo
>> dichiarai, non ammettendo repliche.
<< ma… >>
<< niente ma >> la
interruppi io << voglio vederlo >>
E così dicendo, uscii dalla
stanza. Mi diressi velocemente alla sua stanza ed entrai senza bussare.
Si voltarono tutti verso di
me. Tanto se mi mandano fuori rientro.
<< vieni, entra
>> mi disse Athenodora.
<< non mi mandate
fuori? >> chiesi sorpresa.
<< nessuno ti manderà
fuori, cara. >> mi rassicurò lei.
<< piuttosto usciamo
noi. >> aggiunse Carlisle.
Gli sorrisi, mentre uscivano.
Quando l’ultimo si fu chiuso la porta alle spalle, il mio sguardo guizzò verso
il letto. Mi avvicinai, senza staccare gli occhi dal volto di Alec. Un volto
sporco di veleno e terra, devastato dal dolore e dalla paura. Doveva esserci
stata una battaglia, o qualcosa del genere.
<< amore… >>
sussurrò lui, quando mi sedetti sul bordo del letto.
<< shh… tranquillo. So
che non puoi dormire, ma cerca comunque di riposare, ne hai bisogno. >>
dissi io dolcemente. Avremmo avuto dopo il tempo per parlare.
<< ti amo >>
disse lui, prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi ad un sonno apparente.
Erano due giorni che era
tornato Alec, ed erano due giorni che a casa c’era un trambusto degno di un
matrimonio. Peccato che non c’era nessun lieto evento da festeggiare.
<< hey >> mi
salutò zia Rose, andandosi a sedere vicino a me, sull’erba.
<< hoi >> la
salutai. Che grande conversazione!
<< come stai? >>
chiese lei, dopo vari secondi di silenzio.
<< bene >>
risposi.
<< sicura? >>
chiese lei, guardandomi con fare apprensivo.
<< sicuro. Sono solo un
po’ confusa, e a quanto pare nessuno vuole darmi delle risposte >> dissi
io, amareggiata fino al midollo.
<< io posso risponderti
>>
<< davvero? >>
Lei non rispose, ma mi guardò
come per dire: “mettimi alla prova”.
<< cosa sta succedendo?
Cosa è successo a Volterra? Perché è tornato solo Alec? >>. E queste
erano solo le più importanti di domande che mi assillavano.
<< una cosa per volta.
Allora, primo. Sai bene che ci sono dei mannari che danno la caccia ai Volturi.
Sospettiamo che sia una specie di vendetta contro Caius, in particolare. Per il
momento, nemmeno noi sappiamo altro. Secondo. A Volterra i poliziotti hanno
ritrovato i cadaveri dei vampiri scomparsi. La squadra A doveva andare a fargli
sparire e a recuperare i campioni prelevati dalla scientifica. Ci sono
riusciti, ma mentre stavano per tornare, i licantropi li hanno sorpresi. È
stata una strage. Alec è riuscito a salvarsi a pelo grazie al suo potere. E con
questo, credo di aver risposto a grandi linee alle tue domande.
<< passiamo al secondo
round. Perché mi sento strana con Alec? >> chiesi, in pieno imbarazzo.
<< in che senso?
>> chiese lei, confusa.
<< non lo so. È solo
che mi sembra di starci insieme da una vita. O meglio, mi sembra che i nostri
sentimenti siano stati coltivati per anni, e ora sono fortissimi. Il problema è
che sono passate solo alcune settimane. >> ora mi sentivo come un
peperone, e sicuramente il colorito che mi invadeva la faccia non faceva
trasparire che vergogna.
Lei mi guardò per un attimo,
poi scoppiò a ridere. Ecco, lo sapevo:
sono matta.
<< è normale. I vampiri
solitamente hanno questo tipo di emozioni verso il compagno. Come sai, noi
rimaniamo uniti al partner per tutta la vita, fino alla morte. Ed è rara la
volta che dopo la morte di uno, ci si trovi un nuovo compagno o compagna. Il
sentimento è forte perché tu e Alec probabilmente siete fatti l’uno per
l’altra, per l’eternità. >>
Eternità? Che strana parola… non suonava per nulla
bene nelle mie orecchie…
<< bè, se non c’è
altro, io andrei da Emmett… >> disse lei, sorridendo.
<< grazie della
chiacchierata… >> dissi, sorridendo a mia volta. Ma il mio sorriso era
più forzato del suo: per me, non c’era nulla da ridere.
Paura Renesmee? Chiese una vocina acida nella mia testa. Paura
di dover passare un’eternità con Alec?
Cercai di ignorarla,
concentrandomi sui fili d’erba che mi circondavano. Scorsi delle formiche alla
ricerca degli ultimi granelli di cibo, per superare l’inverno. Per loro era tutto
facile. Nascevano, mangiavano, lavoravano, dormivano, morivano. Niente relazioni
particolari, niente problemi.
D’altro canto, i problemi
erano l’essenza che avevano formato la mia infanzia poco vissuta e tanto
veloce. Ripensai a tutta la mia vita, la mia breve vita, a Jake, a Leah, ai
licantropi, alla mia famiglia. Di problemi ne avevo sempre avuti, ma mai così
tanti da quando era morto Jacob. Mai.
Decisi di tornare in casa,
anche se non ero certa di come passare il tempo. Probabilmente avrei fatto una
partita a qualche cosa, ingannando il tempo.
Una cosa sola era certa: meno
avrei visto Alec, meglio i problemi se ne stavano rintanati in un angolino,
senza fare capolino nella mia mente. Avevo bisogno di non vederlo, così non
avrei pensato alla parola che rimbombava nella mia testa. Eternità. Era come la miniera dei sette nani, e tutti quanti
lavoravano colpendo le pietre nella mia testa, senza mai fermarsi. Eternità Eternità Eternità Eternità Eternità Eternità Eternità. Basta. Al diavolo i sette
nani! Vi mando in pausa pranzo, o cena, data l’ora…!
Non avevo azzaccato con
quello che avrei fatto: Seth era già andato a dormire. Secondo Carlisle gli era
salita la temperatura del corpo, facendogli usare un bel po’ di energie. Mai saputo
che i licantropi per mantenere la temperatura elevata utilizzavano energie. Va bè,
ora lo sapevo. Ora però mi sorge un dubbio. È per questo che i freddi sono
sempre riposati e non dormono: perché non hanno temperature alte del corpo?
Salii le scale, volevo stare
un po’ con zio Jazz. Era da un po’ che non parlavamo, dalla famosa pizza al
parco. Avevo bisogno di stare con lui e sentirmi meglio, anche senza dover
spiegare nulla: bastava il suo potere. E che potere! Mentre salivo incontrai
Alec, che piano piano scendeva al piano di sotto: era ancora debole e ferito. Strano
che le ferite non si fossero ancora rimarginate. Mi guardò sorridendo; risposi
con un mezzo sorriso.
<< Renesmee, stasera stiamo
un po’ insieme? Magari ci guardiamo un film. >> chiese lui, arrivando un
gradino sopra di me.
<< mi spiace, ma sono molto
stanca. Preferisco andare a dormire. Magari un’altra volta >> e gli stampai
un bacio veloce sulla guancia.
Eternita Eternita Eternita…
Sta zitta! Urlai
nella mia testa alla vocina. E più ci
pensavo, più quella voce assomigliava a quella di Jane. Magari mi sbagliavo…
Arrivai all’inizio delle
scale in un batti baleno, senza voltarmi a guardare Alec: l’unica cosa che
sapevo era che era rimasto fermo, visto che non l’avevo sentito scendere le
scale.
Entrai in camera di zio
Jasper e zia Alice. Se fosse stata la camera degli altri due zii, mi sarei
preoccupata di bussare prima, ma in questo caso non ce ne era bisogno. Trovai zio
a leggere un libro di filosofia… indiana?... e zia che si provava dei vestiti,
gettandoli poi sulla sedia se non erano di suo gusto, appoggiandoli poi sul
letto ordinatamente se erano di suo gusto. Mi misi sul letto vicino allo zio,
appoggiando la testa sulla sua spalla fredda e muscolosa. Intravidi alcune
parole del libro, che messe assieme erano senza senso, per me, e la vista piano
piano cominciava a incrociarsi, facendo diventare le pagine bianche con
ghirigori grigi e neri.
<< NO! >> urlò
zia Alice, lasciando cadere tre abiti blu di seta, Coco Chanel.
In un battito di ciglia zio
Jasper era già vicino a lei, lo sguardo della vampira immerso nel vuoto. Aveva una
visione, e non doveva essere molto piacevole.
Appena tornò in se, guardò
profondamente negli occhi il compagno, e se avesse potuto piangere, avrebbe
allagato la stanza di lacrime salate.
Poi, confusa più che mai, si
allontanò e disse:
<< devo fare una cosa,
non aspettatemi >>
<< ma >> cominciò
di Jasper, ma non riuscì a finire che Alice si stava già allontanando dalla
casa, e la sentii correre tra la foresta, veloce e silenziosa.
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Capitolo 11 *** La lettera ***
La lettera
La lettera
Eccomi con un nuovo capitolo!!! Spero vi piaccia. Questo, come
avevo premesso nel precedente capitolo è l’ultimo visto dal punto di vista di
Renesmee. I prossimi, fino alla fine, saranno visti dal punto di vista di
Jasper, il mio personaggio preferito. Non vi resta che leggere, e magari
lasciare un commentino…. Buona lettura…
Ah, dimenticavo i ringraziamenti a chi ha messo la mia storia tra
i preferiti! Eccoli qui:
1 - antimarella94 [Contatta]
2 - aras95 [Contatta]
3 - Aurora_Cullen
[Contatta]
4 - bellemorte86 [Contatta]
5 - bizzo [Contatta]
6 - cesarina89 [Contatta]
7 - Confusina_94 [Contatta]
8 - dahlia3vFA [Contatta]
9 - damaristich [Contatta]
10 - elis_cullen [Contatta]
11 - fedev82 [Contatta]
12 - franci_cullen
[Contatta]
13 - Gio_Cullen [Contatta]
14 - giugiu182 [Contatta]
15 - kira988 [Contatta]
16 - lalla22 [Contatta]
17 - lilly3 [Contatta]
18 - Lithia del Sud
[Contatta]
19 - Lucky_Didi [Contatta]
20 - Manyu [Contatta]
21 - Mapi [Contatta]
22 - NIKEHOPE90 [Contatta]
23 - Padfoot_07 [Contatta]
24 - patu4ever [Contatta]
25 - rebby [Contatta]
26 - sara2087 [Contatta]
27 - SaraMasenCullen
[Contatta]
28 - scimmietta95
[Contatta]
29 - sexy_eclipse
[Contatta]
30 - skater4ever [Contatta]
31 - tuxe [Contatta]
32 - valeEfla [Contatta]
33 - veliva [Contatta]
34 - _ki_ [Contatta]
35 - _Nessie_ [Contatta]
E a chi ha messo la storia tra le seguite:
bizzo [Contatta]
E
naturalmente un grazie a chi recensisce e a chi mi segue fin dall’inizio.
Restammo soli, io e zio
Jasper, a contemplare il silenzio di quella stanza, riempita di colore dai
vestiti di zia Alice, ma vuota di lei, nonostante il suo odore aleggiasse
ancora. Zio Jasper non si era ancora mosso, ne aveva battuto le ciglia.
Pietrificato. Dalla sorpresa? No, dalla paura. Io non avevo il suo potere, ma
si vedeva dalla sua immobilità cosa stesse provando. Lui consolava, ma chi
avrebbe consolato lui, ora?
<< zio, stai tranquillo
che torna >> dissi, in un sussurro appena udibile. Lui mosse solo i
muscoli facciali per articolare:
<< ha detto
esplicitamente di non aspettarla >>
Questo bastò a zittirmi.
Rimanemmo li immobili per altri lunghi minuti, interminabili minuti. Credevo
che non si riuscisse a sgombrare la mente da tutti i pensieri, almeno quelli
più dolorosi o felici che in quel momento affollano la mente. Bè, in quei
minuti, sgombrai la mente da tutto, e naturalmente, non saprei dire a cosa
pensavo. Forse solo al fatto che non pensavo. E questo, faceva meno male della
verità. Quella triste verità che aveva fatto a pezzi il cuore di zio Jasper,
che avrebbe fatto a pezzi quello di Esme e di tutti gli altri, me compresa. Non
era il fatto delle parole, perché sarebbero potute significare semplicemente
che avrebbe tardato e di non stare in pena a cercarla. No, era stato il tono in
cui le aveva dette. Come se se ne fosse andata via per sempre.
<< che cosa è successo?
>> sbottò mio padre, entrando come una furia nella camera.
<< dov’è Alice?
>> ringhiò. Doveva aver sentito i pensieri dello zio, i miei no di
sicuro. O forse anche quando pensavo al fatto che non pensavo, in realtà
pensavo comunque alla fuga improvvisa di zia Alice? Dio cosa può fare lo
sconforto al mio cervello. Nonostante fossero arrivati anche gli altri
componenti della casa, zio Jasper non aveva ancora mosso un passo, contratto un
muscolo, a parte per rispondermi. Continuava a fissare il vuoto, li dove prima
c’era la sua compagna.
<< Jasper cosa è
successo? >> chiese timorosa Esme.
<< zia Alice ha avuto
una visione ed è fuggita dicendo, parole testuali “devo fare una cosa, non
aspettatemi”.>> andai in soccorso allo zio, incapace di parlare e
proferire parola. Negli occhi della nonna si accese la disperazione, come una
fiamma che brucia ogni cosa, che non risparmia nemmeno un filo d’erba. Così le
stava distruggendo l’anima, perché ne ero certa, i vampiri ne avevano una.
Sicuramente erano molto più umani degli umani, in fatto di emozioni ed etica.
Poco, ma sicuro.
Si guardarono tutti in cerca
di uno sguardo sicuro, da fargli capire che era un incubo ad occhi aperti. Io
però, mi fidavo cecamente della mia zia prediletta; certo, ero preoccupata per
lei, ma sapevo che badava a se stessa meglio di chiunque altro. Avremmo dovuto
solo aspettare il suo ritorno.
Erano già trascorsi tre
giorni dalla “fuga” di zia Alice, e in casa c’era un silenzio di tomba. Eh già,
in un cimitero ci si poteva trovare più allegria. Seth si annoiava a morte, e io
con lui. Le cose tra me e Alec erano stabili, poche parole, occhiate fugaci,
contatti assenti. Mi mancava, ma c’erano cose più importanti a cui pensare, e i
sette nani nella mia testa continuavano a martellare nella miniera al suon
della parola eternità. Zio Jasper passava le giornate a fare avanti e indietro
nella sua camera, aspettando il ritorno della sua amata compagna. Quella senza
cui la sua vita non avrebbe più avuto senso, facendolo sprofondare nel baratro
di un’altra morte. Sicuramente più dolorosa della prima. Anche io ero amata
così da Alec? E io, cosa provavo per lui?
Ma c’era qualcuno che stava
peggio di me, quindi decisi di andare a consolarlo un po’ in camera sua, e
immancabilmente, lo avrei trovato che camminava con passi lunghi e regolari.
L’ansia fatta a persona, o meglio, vampiro.
Salite le scale imboccai il
corridoio che portava alla camera da letto di zio Jasper, ma venni fermata per
il braccio da una mano fredda e decisa.
<< noi due dobbiamo
parlare >> mi sussurrò Alec nell’orecchio, trascinandomi nella sua stanza
prima che potessi replicare.
<< allora, cos’hai?
>>
<< cos’ho cosa? Senti,
vorrei andare da mio zio, se me lo permetti, quindi, lasciami il braccio
>> dissi, cercando di divincolarmi.
<< no >> disse
lui,stringendo ancora di più la presa.
<< prego? >>
chiesi, sorpresa da quel no gelido e secco.
<< no, e ora mi
ascolti. Tuo zio può aspettare. >> disse lui, lasciando stranamente la
presa. Io guardai subito verso la porta, cercando di calcolare la distanza e la
mia velocità per fuggire. Non volevo un faccia a faccia con Alec: era troppo
per il mio cuore.
<< fai pure >>
disse, scostandosi da davanti la porta, lasciando libero il passaggio <<
ma sappi che io sono un vampiro completo, e ti riacchiappo come nulla >>
Ecco, anche lui mi faceva
pesare la mia diversità.
<< lo so che sono solo
metà di quello che sei tu >> gli dissi acida.
Sospirò, poi disse:
<< è da qualche giorno
che sei così… così fredda e distaccata con me. Io non ti riconosco più. Mi baci
velocemente, mi guardi di sfuggita. E ad ogni tuo gesto, non riesco a
riconoscere l’amore che io provo per te. Non è di questa Renesmee che mi sono
innamorato, ma della vera Renesmee, quella timida e testarda, quella che
farebbe a pugni senza problemi con Emmett e Felix per farsi valere, quella
pronta a rispondere per le rime alle provocazioni, anche a quelle di mia
sorella, che non per osannarla, ma è una campionessa nel nostro clan. >>
fece una pausa, pio chiese: << che cosa ti è successo? >>
Suonava tanto una supplica.
In quelle 5 parole vi lessi un dolore profonda, tormentato. Povero Alec,
l’avevo fatto impazzire con il mio comportamento. Tutto il tempo del suo
discorso avevo fissato il pavimento, quasi a volerne studiare ogni singolo
particolare, ogni piastrella e ogni imperfezione. Presi coraggio, e alzai lo
sguardo. Mi immersi nel cremisi dei suoi occhi. Fu in quel secondo che capii
che avevo sbagliato tutto: non era l’eternità insieme a lui che mi spaventava,
ma la possibile eternità senza di lui. Come avevo fatto a non capirlo prima.
Quando ci eravamo conosciuti c’era stato una sorta di imprinting tra di noi:
non immediato e improvviso come quello dei mutaforma, ma quando la distanza ci
aveva diviso entrambi avevamo capito di non riuscire più a fare meno
dell’altro. La nostra natura sarà crudele, ma alcune volte ci fa dei regali…
eterni. Zitti i nani che lavoravano, mandandoli per sempre in vacanza… alle
Maldive: una sorta di pensione eterna.
<< ti amo >> fu
l’unica cosa che riuscii a dire, mentre il cuore batteva più veloce del solito
e sentivo le vampate di calore, che salvano fino a concentrarsi sulle guance.
Dovevo essere rossa come un peperone. Lui sorrise, poi mi baciò dolcemente, poi
sempre più appassionatamente. Quando il bacio si concluse, non ci dividemmo di
tanto, la sua fronte appoggiava sulla mia: avevamo entrambi bisogno di sentire
l’altro vicino. Poi, sussurrò:
<< ben tornata. Ti amo
anch’io >>.
Il resto della giornata la
passammo insieme. Passeggiammo per un po’ in giardino, parlando del più e del
meno, poi tornammo in casa e, con mi a grande sorpresa, Alec mi fece un panino
farcito.
<< ma dove hai
imparato? >> chiesi, mordendone un pezzo.
<< ho osservato Esme
mentre ne preparava a quintali per Seth: dopo un po’ si impara. A proposito, è
buono? >>
<< no, per niente. non
si avvicina al buono, lo supera di gran lunga. >> dissi io,
imbrogliandolo.
Ci mettemmo a ridere, e in
quel momento tutti i problemi si allontanavano, dandoci una pausa per
rilassarci e sentirci bene.
<< che fate? >>
chiesi a zio Emmett e a mio padre.
<< vai a chiamare
Jasper… muoviti >> disse mio padre secco.
Eh certo, io gli chiedo
innocentemente cosa fanno e lui mi risponde di andare a chiamare mio zio…molto
sensato, già.
Salii le scale di corsa e
trovai zio Jazz seduto alle gambe del letto con lo sguardo perso fuori dalla
finestra.
<< ti vogliono di sotto
>> dissi io.
<< ho sentito. Ditegli
che arrivo giù tra qualche minuto. >>
ma dalla sua espressione quel “ qualche minuto” era più un “qualche
ora”.
<< SUBITO!!!!>>
tuonò mio padre da sotto.
<< arrivo >>
rispose lui, in un sussurro. Sembrava un condannato a morte.
Scendemmo tutti e due in
salotto e intorno al tavolo trovammo, oltre ai primi due, tutta la nostra
famiglia (meno che Alice), e i Volturi, corpo di guardia compreso. Mi misi
vicino a Alec.
<< abbiamo trovato
questa vicino alla radura. È un biglietto scritto da Alice. >>
A quelle parole lo sguardo di
zio Jasper si illuminò.
<< la lettera dice
questo:
“Mi
hanno appena concesso di scrivervi una lettera, e non per una loro gentilezza
nei miei confronti, ma solo per i loro piani. Mi hanno detto di scrivere quello
che voglio, ma che una parte deve essere dedicata al ricatto.. Vi dico solo che
ho avuto una visione, e amore mio, ti amo troppo per vederti morire senza
provare il tutto per tutto per cambiare il macabro futuro. Vi prego, pensate
prima a voi, famiglia cara, che a me. A te, luce della mia vita, non sto
nemmeno a dirtelo, perché tanto so già che ti precipiterai qui da me. Ho
fallito, ma morire avendo provato a salvarti, allieta ogni morte.
Sono
stata rapita da Stephan e Vladimir. Vi ricordate di loro? Non mi faranno del male.
Vogliono solo i Volturi: non tutti, solo Aro,Caius e Marcus. Dobbiamo incontrarci
tra due settimane alla radura, la stessa dove avete trovato il foglio. Vi starete
chiedendo il perché. Mille e cinquecento anni fa, circa, i Volturi cacciarono
il clan dei rumeni per prendere il potere su tutto il mondo. I rumeni
combatterono fino all’ultimo, ma furono sterminati. Sopravvissero solo Vladimir
e Stephan. Ora loro rivendicano il loro antico potere. Badate bene, non sono
degli sprovveduti, hanno il loro esercito, che con loro vuole i Volturi morti. Inutile
dirvi di ragionare e di evitare lo scontro trattando questo potere. Aro, Caius,
Marcus….vi supplico, rinunciate al vostro potere e avrete salva la vita. Se non
rinunciate ci andrebbe di mezzo il mio e il vostro clan. Vi supplico.
Con
affetto, Alice
Jasper…..Ti
amo.
Vi
voglio bene, a tutti.”
Finito di leggere, piombò un
silenzio spettrale intorno al tavolo. Dopo pochi secondi, fu rotto da zio
Jasper che uscì in giardino… il tutto seguito dal suo urlo di dolore.
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Capitolo 12 *** Diamante ***
diamante
Diamante
Ecco il nuovo capitolo, il primo dal
punto di vista di Jasper. Premetto che è un capitolo corto, almeno rispetto
agli altri. Il motivo è che volevo farlo concludere in quel modo, con un po’ di
suspense. Mi scuso anche per il ritardo, ma il mio computer ha preso dei virus
che mi facevano la linguaccia e intanto si mangiavano a tradimento i miei dati. Ecco i soliti ringraziamenti per chi ha messo
la storia tra i preferiti:
1 - antimarella94
2 - aras95
3 - Aurora_Cullen
4 - bellemorte86
5 - bizzo
6 - cesarina89
7 - Confusina_94
8 - dahlia3vFA
9 - damaristich
10 - elis_cullen
11 - fedev82
12 - franci_cullen
13 - Gio_Cullen
14 - giugiu182
15 - lalla22
16 - lilly3
17 - Lithia del Sud
18 - Lucky_Didi
19 - Manyu
20 - Mapi
21 - NIKEHOPE90
22 - Padfoot_07
23 - patu4ever
24 - rebby
25 - sara2087
26 - SaraMasenCullen
27 - scimmietta95
28 - sexy_eclipse
29 - skater4ever
30 - tuxe
31 - valeEfla
32 - veliva
33 - _ki_
34 - _Nessie_
E per chi l’ha messa tra le seguite:
1 - bizzo
2 - elisaterra
Poi
volevo consigliarvi di leggere il capitolo con una canzone bellissima, alcuni
probabilmente la conosceranno già perché è la canzone che c’è alla fine de “Le
cronache di Narnia- il principe Caspian”. Ecco il link: http://www.youtube.com/watch?v=oNsQewlFtEs
Buona
lettura!
Tre giorni. Tre interminabili
giorni passati a cercare quei mostri. Ma di loro, nemmeno l’odore si riusciva a
fiutare. Sapevo che non erano degli sprovveduti. Sicuramente avevano ricreato
un esercito di neonati. Al diavolo loro e i loro neonati! Non chiedevo tanto,
solo di riavere la mia dolce Alice. Quella che si muove a passo di danza,
quella che ha cambiato la mia vita. Semplicemente lei. Una semplicissima
vampira che scombussola allegramente la giornata a chi la circonda, un uragano
di idee, shopping dipendente. Giuro che appena mi ritrovo davanti quei due, gli
stacco la testa a morsi e la faccio seccare al sole. E tu, amore mio, che cosa
ti è saltato in mente. Dare la tua vita per me? Uno che ha una scia di omicidi
alle spalle, uno che non ti merita.
<< torniamo a casa. Anche
oggi non abbiamo trovato nulla >> mi sussurrò Edward. Abbandonammo di
nuovo le ricerche, ma domani avremmo ripreso. Io non perdevo le speranze. Altro
che due settimane! Io non mi facevo ricattare per riavere la mia Alice! Io li
ammazzo e me la ripiglio comunque.
Quando tornammo a casa,
trovammo gli altri in giardino, ad aspettarci.
Esme si lasciò sfuggire un
gemito di dolore, vedendoci tornare da soli. Il terzo: lo stesso della sera
prima e di quella ancora prima. Anche a lei Alice mancava. Mancava a tutti, era
lei che teneva la famiglia unita con la sua energia.
Entrai in casa silenzioso,
andando a chiudermi in camera, come fanno i quindicenni umani quando litigano
con i genitori. Un loro mondo, in cui sono a loro agio, arrabbiati, tristi o
felici che siano. Io avevo quel mondo, intriso dell’odore di Alice, di ricordi,
sensazioni.
Rimasi tutta la notte a
contemplare il vuoto che mi circondava.
Un’ altra settimana era
trascorsa, ma ancora nulla. Niente neonati, niente Stephan e Vladimir. Avevamo anche
cominciato a tenere il tg italiano sotto controllo: un esercito di neonati non
passa inosservato? Avrebbero dovuto nutrirsi di qualcuno! Purtroppo, nessuna
notizia alludeva alla nostra specie. Solo omicidi familiari o tra conoscenti,
stupri, stragi del sabato sera. Niente di più.
Eravamo tutti sotto
pressione. Secondo la lettera, mancavano solo quattro giorni all’incontro nella
radura. Ormai avevo perso la speranza di trovarli. Non ero sicuro di quello che
sarebbe successo nella radura, quanti erano. Ma la mia esperienza con i neonati
mi aiutava a sperare: ne avrei fatti fuori abbastanza per portare in salvo il
mio amore, poi avrei potuto anche morire, ma lei sarebbe stata salva. Era questa
la cosa più importante. Era questo lo scopo della mia vita. Mi ricordo ancora
la notte in cui la vidi per la prima volta. La prima parola che mi era balenata
in mente quando l’avevo notata era stata “diamante”. Bella e splendente,
apparentemente fragile ma indistruttibile. Mi ero ripromesso che l’avrei sempre
protetta, il mio diamante personale, il mio tesoro privato. Non importava a
quale prezzo: avrei pagato qualunque cosa, pur di saperla sana e salva.
E ora, sapevo che era solo
colpa mia se era prigioniera: avrei dovuto fermarla, non avrei dovuto lasciarla
andare. Solo colpa mia.
<< ti sbagli >>
disse Edward alle mie spalle, raggiungendomi vicino alle ortensie, in giardino.
<< è così, invece.
>>
<< Jazz, ti stai
prendendo sulle spalle colpe che non hai >> disse lui, risoluto.
non risposi, sapevo che era
inutile ribattere: era più testone di un mulo quando ci si metteva.
“ come sta Esme” chiesi
silenzioso.
<< come tutti. Cerca di
fasi forza per andare avanti. Credo che tu e lei siate quelli che si
scaglieranno con più forza contro quei rumeni. >> disse lui, abbozzando
un mezzo sorriso. Probabilmente stava assaporando il memento della vendetta.
Rimanemmo in silenzio per
parecchi minuti, poi Edward rientrò in casa. Io rimasi ancora fuori, a
ripassare il piano che avevamo fatto per l’incontro.
Gli avremmo incontrati nella
radura, e, cercando di distrarli parlando, Alec avrebbe attaccati con il suo
potere quanti più di loro possibile. A quel punto saremmo intervenuti noi altri
e gli avremmo fatti fuori tutti. Il peggio erano i rumeni, i neonati erano una
sciocchezza, una sorta di seccatura. Anche il corpo di guardia era d’accordo
con me: per i neonati, non ci sarebbero stati grandi problemi.
Sarebbe andato tutto bene. Avremmo
impiegato meno di un’ora per finire il lavoro, e io avrei riavuto la mia Alice.
Solo un’ora…
La vigilia dello scambio
eravamo ancora più stressati. Tutti quanti andammo a caccia. Noi trovammo due
branchi di alci che ci fecero comodo. I volturi, invece, attaccarono una casa
di riposo per anziani. Avrebbero dovuto far sembrare un incidente l’esplosione
che avrebbe distrutto la struttura. Naturalmente i cadaveri sarebbero stati
inceneriti. Nemmeno Carlisle osò replicare a quel massacro: tutti loro avevano
bisogno di essere in forze, e il sangue umano era l’unico modo. Nemmeno le
trasfusioni sarebbero bastate: avevano bisogno di tanto sangue. A me, per
essere sincero, la cosa non toccava: dopotutto erano anziani, non giovani. Sarebbero
morti comunque al massimo tra qualche anno. E poi, grazie alla loro morte, ci
sarebbe stata più possibilità di vincita, e quindi di riavere quel che era mio,
e che mi era stato strappato per uno stupido regolamento di conti vecchio
millenni.
Ero meschino? No, ero
sincero.
<< posso entrare?
>> mi chiese una timida voce.
<< certo amore >>
risposi, abbozzando un sorriso, per nulla forzato.
<< volevo farti un po’ di
compagnia >> mi disse dolcemente Renesmee.
Il suo stato d’animo era a
pezzi: anche lei era rimasta ferita. Dopotutto era molto legata a Alice.
Rimase in camera mia tutta la
notte, addormentandosi per terra, con le spalle appoggiate al letto, la testa
sulla mia spalle, le gambe rannicchiate al petto. Non ebbi il coraggio di spostarla
per metterla nel letto, era una sorta di figura immortale, sembrava fatta
apposta da uno scultore. E, come tutte le statue, era perfetta in quella
posizione. Era cresciuta in fretta, troppo in fretta. Aveva vissuto l’infanzia
in tre anni e la pubertà in uno: ora si meritava il meglio dalla vita. E Alec
faceva al caso suo. L’avrebbe fatta felice.
Ci recammo alla radura alle
prime luci dell’alba. Edward aveva appena finito di discutere con Renesmee, ma
alla fine aveva ceduto e l’aveva fatta venire. Io non mi ero intromesso. Sapevo
che non era bene far venire anche lei, in quanto la cosa poteva anche sfuggire
al nostro controllo e diventare ancora più pericolosa, ma era giusto che anche
lei combattesse per chi amava.
Passavano i minuti e degli
altri, nemmeno l’ombra. Eravamo tutti tesi, pronti a scattare ad ogni rumore
che preannunciasse il loro arrivo. Non si sentiva nemmeno il loro odore. Non avevano
nemmeno scritto l’ora nella lettera.
Dopo quasi quattro ore,
cominciai sul serio a pensare che non sarebbero più venuti.
Stavo per perdere le speranze
di un loro arrivo, quando riconobbi un odore familiare, molto familiare. Era l’odore
di Alice.
<< arrivano >>
dissi.
<< sicuro? >>
chiese Caius, guardandosi intorno.
<< sento l’odore di
Alice. Si stanno avvicinando >>.
In quel momento un pensiero
mi attraverso la mente: i diamanti non hanno odore. Fu un momento, ma mi venne
da sorridere.
Poi, all’improvviso vedemmo
sbucare Stephan e Vladimir. Quest’ultimo teneva per un braccio Alice. Sembrava in
buone condizioni, ma non diedi nulla per scontato. Se le avevano fatto del male….
C’era qualche cosa che non
andava… dove erano i neonati?
Poi intravidi qualche cosa
tra gli alberi. Non sembravano vampiri, ma potevo anche sbagliarmi.
Guardai verso Edward, per
capire se aveva percepito qualche pensiero, ma la sua espressione era piatta, e
le sue emozioni erano rivolte solo per i rumeni: rabbia e furia omicida. Nessuno
pareva essersi accorto delle ombre tra gli alberi. Non riuscivo bene a sentire
quelle emozioni, ma una cosa era certa: non sembravano umane. Non lo erano per
niente. Forse i neonati avevano emozioni più simili a quelle animali?
<< eravamo più che
convinti che non vi sareste venduti per una vampira! >> gridò con un
ghigno Stephan.
Caius strinse i denti, ma non
rispose. Io, dal canto mio, ero perplesso. Perché Alice non parlava? Non sembrava
stesse comunicando nemmeno con Ed. e poi c’erano quelle ombre… avevo un brutto
presentimento, ma molto brutto.
Ecco
il testo della canzone + la traduzione
The
call
It started out as a feeling
Which then grew into a hope
Which then turned into a quiet thought
Which then turned into a quiet word
And then that word grew louder and louder
'Til it was a battle cry
I'll come back
When you call me
No need to say goodbye
Just because everything's changing
Doesn't mean it's never been this way before
All you can do is try to know who your friends are
As you head off to the war
Pick a star on the dark horizon
And follow the light
You'll come back when it's over
No need to say goodbye
You'll come back when it's over
No need to say goodbye
Now we're back to the beginning
It's just a feeling and no one knows yet
But just because they can't feel it too
Doesn't mean that you have to forget
Let your memories grow stronger and stronger
'Til they're before your eyes
You'll come back
When they call you
No need to say goodbye
You'll come back
When they call you
No
need to say goodbye
Il
richiamo
E’
iniziato come una sensazione
Che
poi è diventato una speranza
Che
poi si è indirizzato in un pensiero tranquillo
Che
poi si è cambiato in una parola serena
E
poi quella parola è diventata più forte e più forte
Fino
a diventare un grido di battaglia
Tornerò
Quando
mi chiamerai
Non
c’è bisogno di dirsi addio
Solo
perchè sta cambiando tutto
Non
significa che non sia mai stato così
Tutto
quello che puoi fare è cercare di distinguere chi sono i tuoi amici
Mentre
vai in guerra
Scegli
una stella nell’oscuro orizzonte
E
segui la luce
Tornerai
quando è finita
Non
c’è bisogno di dirsi addio
Tornerai
quando è finita
Non
c’è bisogno di dirsi addio
Ora
siamo tornati all’inizio
È
solo una sensazione e nessuno lo sa ancora
Ma
solo perché non possono anche sentirlo
Non
significa che devono dimenticare
Lascia
che i tuoi ricordi crescano più forte e più forte
Fino
a quando sono davanti ai tuoi occhi
Tornerai
quando ti chiameranno
Non
c’è bisogno di dirsi addio
Tornerai
Quando
ti chiameranno
Non
c’è bisogno di dirsi addio
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