1°
libro: Bella
Tocca
a me
<< Sbrigati Renesmee, o faremo tardi! >>urlavo
dall’ingresso. Alice stava cominciando sul serio ad avere una cattiva influenza
su mia figlia. Sapevo fin dall’inizio che non era bene fidarmi degli occhioni
dolci che mi aveva fatto per convincermi a lasciare Renesmee in mano sua due
pomeriggi la settimana. Avrei dovuto interrompere quelle visite subito, già da
quando era tornata a casa truccata e vestita come una Barbie. Il culmine delle
disgrazie strava per essere raggiunto proprio in quel momento. Se avessi saputo
quanto ci avrebbe messo a fare la sua valigia, l’avrei avvertita qualche
settimana prima di cominciare. Cominciavo a perdere la pazienza e mi diressi
immediatamente in camera sua. Quello che mi si parò davanti era l’inferno.
Anzi, peggio. L’inferno era il paradiso in confronto a quel pandemonio. Un
uragano, in settimane di duro lavoro, non sarebbe riuscito a creare lo stesso
casino che aveva creato lei nel giro di poche ore.
<< Cos’è successo qui dentro >>ringhiai, fissando
torva il piccolo essere con i capelli lunghi fino alle anche che mi si parava
davanti, con un sorriso da orecchio a orecchio.
<< oh! Non ti preoccupare, quando torneremo metterò tutto a
posto. Te lo prometto, mamma. >>disse lei, sempre sorridendo. Sentivo
intanto dei passi che arrivavano dall’ingresso. Era Edward.
<< se fossi in te, mi preparerei mentalmente, prima di
entrare qui dentro >> sibilai a mio marito.
<< ho passato decenni in casa con Alice. Non credo che
Nessie possa averla battuta tanto… >>ma si bloccò, quando vide la stessa
cosa che avevo notato io entrando. La camera da letto di Renesmme era seminata
di vestiti, ovunque. Sul pavimento, sul letto, sulla scrivania, sulla sedia e
sulla poltroncina: ovunque, meno che nell’armadio. Mi ci vollero pochi secondi
per scorgere anche le sei valigie e i due beauty-case, ai piedi del letto.
<< non avrai intenzione di portarti tutta questa roba, vero?
>>
<< mamma!non è il momento di scherzare. Queste sono solo le
valigie con l’intimo e le magliette. Ora mi manca da scegliere il resto, anche
se mi concentrerò bene sui pantaloni. E avrei anche bisogno di una valigia per
mettere le scarpe. Papà, ci pensi tu? >>
Edward non rispose subito, ma dopo qualche secondo di pausa –dove
probabilmente stava valutando se stare calmo e procurargli un’altra valigia o
andare a staccare la testa a morsi a Alice- si destò al rumore di qualcuno che
si avvicinava alla nostra proprietà. Distinsi subito la corsa leggera e fluida
di Jasper, contrastata dall’andatura pesante, ma non meno fluida, di Emmett. Mi
precipitai subito fuori. Dovevo assolutamente parlare a quattr’occhi con
Jasper. Era ridicolo il modo con qui avevamo legato negli ultimi tempi. Forse
era il suo modo di fare gentile e sereno, forse era il suo potere di farmi
sentire sempre tranquilla. Chi lo sa? Alice si era addirittura offesa per il
legame che ci univa. Il bello era che si era offesa –come al solito- perché
pensava che non fossimo più amiche, non perché avevo legato bene con il suo
compagno di vita.
Lo aspettai a un paio di metri di distanza dalla porta d’ingresso.
Mi si avvicinò con grazia e sentendomi sconvolta e frustrata mi inondò di
tranquillità. Mi sorrise, come solo lui
sapeva fare. Per un momento dimenticai tutta la rabbia contro i vestiti e
Alice. Mi superò ed entrò in casa, seguito da Emmett.
<< siamo venuti ad aiutarvi a portare le valigie da noi.
Alice ha previsto che ne avreste avuto bisogno… >>cominciò Emmett. Questo
non doveva dirlo!
<< Alice!!! >> ringhiai, raggiungendo Emmett.<< Alice
ha previsto che avremmo avuto bisogno di un’aiutino con le valigie? >>altra
ondata di tranquillità.
Sospirai e aspettai che rinascesse la furia in me. Guardai torva
Jasper. Questa era una cosa che odiavo in lui: non mi lasciava mai sfogare o
infuriare con qualcuno. Era frustrante. Percepivo quelle situazioni in modo
irreale, come se lui fosse il mio angelo custode, pronto a rasserenarmi in ogni
momento. Eppure all’inizio i rapporti tra noi erano stati distaccati, se non
assenti. Nei miei vaghi ricordi umani, lui era presente, ma silenzioso e
immobile. È vero, mi portò in salvo con Alice da James, ma durante il soggiorno
in hotel, era stato quasi inesistente. Per tutto il periodo che Edward mi aveva
lasciata non l’avevo più rivisto. In quel periodo, però, non mi è mai passato
per l’anticamera del cervello che fosse lui la causa dell’allontanamento di
Edward da me. Mai, neanche per la penosa festa in onore del mio diciottesimo
compleanno. Avevo nutrito sempre una certa simpatia per lui, anche se non me ne
ero mai accorta. Forse era dovuto al fatto che era il compagno di Alice, forse
perché mi faceva un po’ pena la sua condizione di anello debole della famiglia
Cullen, forse semplicemente perché non era tanto insensibile come Emmett.
Emmett… tornai con i piedi per terra, dopo l’ondata di tranquillità e di
ricordi immersi negli occhi dorati di Jasper.
Cercai di dare un tono diplomatico e tranquillo al mio tono di
voce.<< dite a Alice che le sue previsioni sul nostro bisogno di aiuto
sono direttamente proporzionali ai lavaggi del cervello che fa a mia figlia.
L’ha trasformata in un mostro e… >>
<< io l’ho sempre detto che quel mostriciattolo ci porterà
alla rovina >> disse tranquillo Edward, mentre disfava una valigia rossa
e nel frattempo teneva lontana Renesmee, che recuperava i vestiti e provava a
rinfilarli in valigia.
<< non ti do torto, Edward. >>disse Jasper, divertito.
Mi voltai verso di lui, sorpresa dalle sue parole. Ero convinta che avrebbe
difeso la sua compagna, rimproverando Edward. Forse pensava che il fratello
stesse scherzando, ma non ne ero sicura.
Guardai l’orologio del soggiorno: erano le tre di pomeriggio.
<< Renesmee, ti do 10 minuti per scegliere cosa portare >>
<< ma io ho gia scelto! Se papà la smette di togliere le
cose, ci metto dieci minuti- come hai detto tu, per finire le altre valigie >>
<< cosa?! >>esclamai. Mi rimangiai le parole di poco
prima. Alice non l’aveva trasformata in un mostro, ma in un cataclisma, in un
pericolo pubblico.<< forse non sono stata abbastanza chiara, signorina,
ti do 10 minuti per riempire con lo stretto necessario le valigie. E tra tutte
quelle che hai intenzione di portare, ti concedo di riempirne 2, non una di
più, ma possibilmente una di meno. >>
<< ma… >>
<< ma un bel
niente.! >>la interruppi.
<< ma... >>ci riprovò.
La fulminai per qualche secondo. La stanza era silenziosa; mi
sentivo gli occhi di tutti addosso. Speravo con tutta me stessa che Edward mi
stesse appoggiando mentalmente e moralmente, al contrario delle risa mentali
che probabilmente affollavano la mente di Emmett.
Quando fui completamente convinta che Renesmee non avrebbe
ribattuto mi voltai. Errore irreparabile.
<< ma mamma! >>esclamò. Poi partì a raffica con il
solito discorso che dimostrava il nostro torto e la nostra non-comprensione nei
suoi confronti, che Alice pareva possedere.<< zia Alice dice che se non
ci si porta tutto quello che si ha in vacanza potrebbe succedere una disgrazia.
Già voi potreste essere una causa di questa possibile tragedia, visto quelle
tre cose che avete intenzione di portarvi appresso…per questo vi ho fatto altre
due valigie a testa. >>
Non ribattei a quella notizia, me la stavo aspettando già
dall’inizio del suo improvviso discorso. Lasciai che continuasse, prima di
dargli il colpo di grazia con la conferma del mio ordine precedente. E lei
ignorava il fatto che il tempo aveva già cominciato a correre.
<< pensa solo al fatto che magari quando arriviamo lì,
scoppia un temporale e le temperature vanno sotto lo zero. Bisogna prevenire
questo imprevisto. Quindi bisogna portarsi tutti gli indumenti invernali che si
hanno. So che mi state prendendo per matta: dopotutto voi che ne sapete del
freddo? Io lo sento, meno degli umani, ma lo sento. >>
<< ma non ti basterebbero al massimo due abiti invernali? >>chiese
Emmett, improvvisamente attratto dal discorso di Renesmee.
<< assolutamente No. Tu che vivi in casa con zia Alice
dovresti saperle certe cose, zio Emmett! Ora comincio a capire zia, quando si
sente delusa dalla vostra superficialità nel modo di comprendere la
moda…comunque, visto che siete dei dilettanti, comincerò a spiegarvi il
concetto in modo semplice, chiaro e veloce. Mettiamo il caso che io metta in
valigia solo due abiti invernali, e che mi si sporchino nel giro di mezzora la
felpa di uno e i pantaloni dell’altra. Mettiamo il caso che il primo completo
sia marrone e l’altro nero. Sicuramente non posso rimanere per casa in mutande,
quindi mi toccherà mettere i pantaloni marroni e la felpa nera. Immaginatevi la
scena: orribile…il nero e il marrone assieme, uguale, a che ne so… i figli
della luna e Caius. Non vanno mica d’amore e d’accordo. Un’ esempio più
esaudente: zia Rose e Jake. Provate a lasciali in una stessa stanza per due ore
e immaginate cosa potrebbe succedere. La stessa cosa è per quei due colori,
come per molti altri. Quindi, riprendendo l’esempio, ci toccherebbe andare a
fare shopping a terra, perché io non mi metterò mai qualche cosa di marrone con
il nero, o nero con blu, o >>rabbrividì all’idea << viola e verde >>
disse con ribrezzo, scollandosi le spalle come volesse fuggire da un brutto
pensiero. Attesi fino a che non fui sicura che avesse terminato il discorso
senza senso, ma degno di Alice, per alzare gli occhi al cielo e rivolgermi a
Edward: << tutto questo bel discorsetto ha bisogno di una bella risposta
unanime, eh? >>. Contammo mentalmente fino a tre, poi in coro:
<< cinque minuti! >>
Renesmee sbuffò, sapendo che non poteva fare nient’altro. Si
diresse a orecchie basse verso camera sua. Edward la seguì.
Mi girai verso Emmett e Jasper e nel tono più cordiale possibile,
anche se con una nota di malignità, dissi:<< non siete più utili qui, ma
potreste sempre farmi un favore… >>
<< Quale? >>chiesero all’unisono.
<< dite ad Alice che quando arriviamo a Isola Esme, dovrà
fare i conti con me, >>dissi con disprezzo << e per l’occasione, sarò
molto, molto arrabbiata…intesi? >>e guardai specialmente Jasper, sapendo
che non mi avrebbe deluso, al contrario di Emmett, che si stava scompisciando
dalle risate, e che si sarebbe precipitato da Rosalie a raccontarle parola per
parola della scenata di Renesmee, elogiandola come una piccola mente diabolica.
<< non verrete dunque con il nostro stesso aereo? >>chiese
Jasper, ignorando la mia richiesta.
<< Spero di si, ma dubito che riusciremo a finire in tempo…
con le valigie. >>dissi sprezzante, lanciando un’occhiataccia verso la
camera di Renesmee.
<< d’accordo. Se è ci vediamo all’isola >> disse
Emmett, e con un cenno si allontanò correndo, seguito silenziosamente da
Jasper.
Mi voltai e raggiunsi Edward nell’altra stanza. Lo scenario era
nettamente cambiato: la camera era in perfetto ordine, i vestiti non erano più
in giro, le valigie si erano ridotte a tre, e dall’espressione soddisfatta di
Edward, non mancava nulla. Mi rimangiai immediatamente quello che avevo detto a
Jasper e ad Emmett. In tutta quella perfezione felice, c’era una sola cosa che
stonava: Renesmee seduta sul suo letto, le gambe e le braccia incrociate e un
broncio che le dipingeva il bel viso fanciullesco. Erano passati poco più di sei
anni dalla sua nascita, e lei dimostrava già sedici anni. Questo per quanto
riguardava l’aspetto fisico. La sua mente, i suoi interessi, i suoi modi di
fare… bè, quelli appartenevano a una ragazza di almeno vent’anni. Aveva passato
da un pezzo la fase “infanzia”, e con quella, il suo particolare modo di
comunicare con il pensiero e le immagini. Non che non ne fosse più capace, ma
era come se appartenesse appunto, alla sua infanzia. Ora che era, per così
dire, cresciuta, aveva lasciato quel buffo modo di comunicare, per fare spazio
alle parole. Ogni tanto, però avrei preferito che avesse continuato a
comunicare specialmente con le immagini, che con il suo chiacchiericcio
infermabile. Mi avvicinai, facendo segno a Edward di uscire, che senza
ribattere, obbedì.
<< ti sei offesa per le valigie? >> chiesi. Che
domande! Ma certo che si era offesa per le valigie!
<< Anche >> rispose, senza muovere un muscolo e
continuando a fissare il vuoto delle tende.
<< per cos’altro? >>
<< zia Alice se la prenderà molto, io non voglio deluderla.
Questo per quanto riguarda le valigie… >>
<< e? >>la incitai.
<< perché voi tutti avete un compagno- compagna e io no?
Perchè voi avete qualcuno da amare e io no? >>chiese sbottando, irritata
per avergli strappato una simile domanda.
<< ma tu vuoi bene a me, a papà, a Charlie, a Carlisle e Esme,
a zia Rose e Emmett, a zia Alice e Jasper, a Jacob… >>cominciai ad
elencare.
<< Appunto! >>m’interrupe, lasciando a mezz’aria il
mio elenco.<< Seth l’altro giorno mi ha spiegato una cosa buffissima:
l’imprinting, o qualcosa del genere. Dice che Jacob l’ha avuto su di me, quando
sono nata. Sam l’ha avuto su Emily, Quil sulla nipote di Emily…il fatto è che
Emily retribuisce l’amore di Sam, Quil per il momento non si può aspettare
molto da una bambina, ma io? Jacob rimarrà solo tutta la vita solo perché io non
contraccambio? Perché l’imprinting non ha un effetto reciproco? Perché non ne
sono vittima anch’io? >>chiese tutto d’un fiato.
Prima di rispondere, cercai di segnarmi a mente che avrei
picchiato a sangue Seth, nonostante gli volessi un mondo di bene. Ma che gli
era passato per la testa?
Cercai di rispondere logicamente, anche se in quel discorso non
c’era nessuna logica.
<< prima di tutto, jacob non deve per forza essere il tuo
ragazzo. Forse Seth non te l’ha spiegato, ma l’imprinting è una cosa molto
strana. Guarda Quil, per esempio: lui non è mica il fidanzato con la nipote di
Emily, eppure anche in questo caso l’imprinting è del tutto attivo >>.
Guardai la faccia di Renesmee: non aveva capito un tubo. Forse mi ero espressa
male.<< facciamo un esempio più pratico, sempre con Quil. Come ti sembra
il rapporto che ha con quella bambina? Ti sembra che dimostri un certo
interesse da fidanzato nei suoi confronti? >>
<< bè, non mi sembra. Si comporta quasi fosse il suo
fratello maggiore. Quando lei ha bisogno di giocare, lui la fa giocare; quando
vuole riposare, la fa riposare, quando ha bisogno di cure mediche, a momenti
diventa lui stesso medico! >> sorrise. << non le fa mancare nulla.
Come Jacob a me. Il punto è un altro. Io sono cresciuta, sono più grande di
quella bambina. E jacob comincia a essere più amoroso, sembra che mi faccia la
corte! >> dichiarò, imbarazzata.
Si sentì un ringhio arrivare dalla cucina.
Ignorai Edward e proseguii: << e a te da fastidio? Insomma,
Jacob sta diventando per così dire appiccicoso? >>
<< no! Assolutamente! Non hai capito. Mi fa sempre piacere
vedere Jacob e stare in sua compagnia, è solo che lui vorrebbe di più. Non lo
lascia a intendere, ma vedo che è così. E fino a qualche giorno fa non sapevo
nemmeno il perché. Quando mi sono confidata con Seth, lui mi ha risolto molti
dubbi, mi ha dato risposte. Il problema che io, quello che posso, l’ho già dato
tutto a Jacob. Tutta la mia amicizia e l’amore fraterno. Di più non posso, so
che non è lui quello a cui darò di più. >>
<< vuoi che ci parli io con Jake? >> chiesi, anche se
sapevo già la risposta.
<< no >> rispose,<< tocca a me >>. Scese
di scatto dal letto e si voltò, fissandomi per qualche momento negli occhi. La mia creatura, mia figlia. Quella che
volevano uccidere per tenermi in vita: neanche mille di me valgono una sola
molecola di lei. Lei è molto di più di Renesmee: è la mia Renesmee.
<< comunque te la vedi tu con zia Alice… >> disse poi
sorridendomi e chiudendo una valigia e portandola in salotto.
Avremmo fatto in tempo a prendere l’aereo con gli altri.
Mi diressi in cucina, da Edward. Lo trovai seduto a tavola, il mio
sorriso sghembo preferito sulle labbra.
<< che c’è da sorridere? >> chiesi divertita. Mi
avvicinai, mettendomi alle sue spalle e poggiando le braccia sul suo petto.
<< gli sta bene >> disse maligno<< dovevo ancora
vendicarmi con lui su questo punto, ma ha fatto tutto da sola Nessie… >>
Gli diedi una pacca sul capo: << povero! >> anche se
nemmeno io l’avevo mai perdonato per quello. In un certo senso gli stava bene,
anche se mi dispiaceva. Cosa succedeva se l’amore non era corrisposto
all’imprinting? Jacob sarebbe rimasto solo in eterno, come temeva Renesmee??
Appoggiai le mani sulla fronte di Edward e rilasciai il mio scudo, lasciando
che i miei pensieri fluissero nella sua mente.
Dopo pochi istanti ripresi il mio scudo, chiudendo la sua visione.
Lui si passò la mano tra i capelli, poi mi prese per i fianchi,
facendomi sedere in braccio a lui.
<< non so cosa potrebbe succedere, è una novità anche per
me. Qualsiasi cosa, però, non credo sarà pericolosa per alcuno di noi, tanto
meno per Jacob e Nessie… >>
<< volete piantarla di chiamarla Nessie! Da fastidio pure a
lei! >> sbottai. Erano tre anni che combattevo ininterrottamente contro
quello stupido soprannome. Avevo vinto su Jasper e Carlisle, ma erano solo
delle battaglie. Per quanto riguarda la guerra, ero in netto svantaggio
numerico.
<< le da fastidio? >>
chiese sorpreso.
<< non so, ma
sicuramente non gli fa piacere essere chiamata come il mostro di Lock Ness. Le
sottolineate in continuazione il fatto che è diversa… >>
<< non sarà facile farmi cambiare abitudine, e questo vale
anche per gli altri: siamo troppo abituati. Comunque nei suoi pensieri non
avverto nessuna ripugnanza verso questo soprannome… >>
<< avete l’eternità per cambiare abitudine! Cominciate da
adesso! Prima è meglio è per tutti, soprattutto per voi: Carlisle e Jasper
hanno iniziato da subito e ora non fanno alcuna fatica. Più aspettate più sarà
difficile… >>erano le mie ultima parole.
Lui mi guardò pieno di ammirazione, come se avessi appena fatto un
discorso mondiale contro la fame nel mondo e mi baciò. Erano giorni che non mi
baciava con quella foga: poteva significare solo una cosa. Mi staccai a
malincuore e dissi:
<< perdiamo l’aereo… >>un altro bacio.<< e
poi…>>non finii la frase.
<< e poi ci sono io di qua! >> sentimmo Renesmee
urlare dal salotto.<< allora? Andiamo? >>.