Khalepà tà kalá

di scrabble_wars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Senza speranza ***
Capitolo 3: *** Come un faro nella nebbia ***
Capitolo 4: *** Un'opera d'arte ***
Capitolo 5: *** All'ombra del platano ***
Capitolo 6: *** Fiumi d'inchiostro ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

La mattina del primo giorno d’inverno del 1818 un esercito di nuvole nere come la pece minacciò di gettare in un’ombra perpetua il povero villaggio di Starecross. La restante parte dello Yorkshire, insolitamente colpita dai più splendenti raggi solari, si limitò a prestare attenzione al fenomeno atmosferico che, tra i due, reputava più degno di nota.

Le stranezze che circondavano la sede della Scuola di Magia del signor Segundus erano tanto bizzarre quanto frequenti, a tal punto da diffondere la convinzione che quel piacevole tepore pomeridiano fosse frutto di un incantesimo diretto ai cieli di tutta quanta la contea e non, come chiunque altro sarebbe portato a pensare, una situazione di normalità rispetto all'incredibile aura che la scuola era solita emanare.

Nonostante un reale intervento sul clima della zona avrebbe infranto il divieto di estendere ogni conseguenza della magia oltre i confini della residenza di Starecross Hall, gli abitanti finsero di non curarsene e, slacciato qualche bottone il contadino o ritiratasi all'ombra di un albero ormai spoglio la nobildonna, la vita continuò come aveva sempre fatto.

Gli abitanti del villaggio di Starecross non erano, però, al corrente di quanti funesti presagi potesse portare con sé la comparsa di quelle nuvole che non riversavano violente piogge né generavano accecanti lampi.

Quando il primo sentore di magia iniziò a pervadere l'aria, il signor Segundus e il signor Childermass avevano appena iniziato la loro impresa quotidiana di trascrizione e traduzione del Libro del Re Corvo aiutati dal fatto che Vinculus sembrava volesse collaborare più del solito. Un piatto di stufato avanzato dal giorno precedente era bastato a restituirgli una sorta di pace interiore, corporea più che spirituale, e il torpore che lo aveva avvolto dopo il terzo bicchiere di chiaretto gli impediva di muoversi con la tipica agilità dell'accattone addestrato alla fuga.

I due maghi, giunti a un'area particolarmente fitta di annotazioni all'altezza della sua scapola destra, furono persino costretti a sostenerlo di peso quando la sonnolenza lo fece quasi addormentare sul posto. Per timore che, sbilanciandosi, potesse cadere nel camino, Childermass lo adagiò su una sedia in modo che lo schienale non creasse alcun intralcio. Usando le braccia come cuscino, Vinculus si addormentò con la testa sul tavolo della piccola stanza.

Segundus fu il primo ad avvertire un repentino cambiamento nell'atmosfera e una pressione insolita alle tempie. Con il tempo l'esercizio della magia l'aveva aiutato a comprenderla in modo più diretto e, contemporaneamente, la sua presenza si era manifestata sempre meno sotto forma di capogiri e fastidi vari, tuttalpiù come un piacevole formicolio. In quel momento, però, il suo corpo venne scosso da una sensazione familiare, anche se a lungo abbandonata.

Dal lato opposto della sedia, Childermass alzò lo sguardo dal foglio dove una macchia di inchiostro si stava espandendo nel punto in cui egli aveva rovesciato il calamaio. I muscoli della sua mano erano stati investiti da uno spasmo che egli pensava fosse dovuto all'istinto di proteggere Segundus nel momento in cui, con la coda dell'occhio, lo aveva visto collassare in avanti e agitare le braccia in cerca di un appiglio.

In un attimo fu al suo fianco per sorreggerlo e aiutarlo a raggiungere la poltrona accanto al fuoco.

"Signor Segundus, cosa...?" Childermass iniziò, solo per essere bloccato dalla voce spaventata di Segundus "C'è troppa magia, un tipo di magia che non mi è del tutto familiare".

In quel momento l'altro mago si portò le mani alle tempie come se la sua testa stesse minacciando di esplodere ed emise un grido strozzato misto a rantoli di dolore. Nello stesso istante Childermass fu investito da una sensazione spiacevole di panico misto a nausea e capogiri. Poco prima che svenissero entrambi, gli sembrò di sentire Segundus esalare il suo nome con un filo di voce.

Nella stanza calò un silenzio tombale.

I due maghi erano caduti a terra, chiusi in un abbraccio disperato che, speravano, avrebbe tenuto lontano ogni minaccia. Le dita di Segundus sembravano uncini sulla schiena di Childermass, il quale lo aveva attirato al petto, un braccio attorno alle spalle e l'altra mano a riparargli un orecchio, nel tentativo di schermargli il capo da qualsiasi cosa stesse provocando quelle fitte lancinanti.

Una folata di vento e Vinculus si svegliò con un sussulto dalla sua scomoda posizione precipitandosi alla finestra. Il suo volto si accartocciò in una smorfia a metà tra il timore e il disgusto quando, scostate le tende, notò la natura delle nuvole che fluttuavano al di sopra della casa. Sentiva la magia strisciare attraverso ogni pertugio, intrufolarsi tra le pietre sconnesse delle pareti e calare dalla canna fumaria con la forza trascinante del vento del nord.

Improvvisamente John Uskglass si materializzò nella stanza portato dalla nebbia.

Ogni volta che Vinculus era stato guarito da una malattia o, in tempi più recenti, riportato in vita, aveva avvertito ciò che della sua magia restava nell'aria, ma non gli era mai stato permesso di contemplarne le sembianze. Tra tutte le cose che lo stupirono, rimase impressionato da quanto il suo aspetto fosse poco regale. Era vestito con stoffe sicuramente molto preziose, eppure la sua statura e l'espressione che aveva sul volto non contribuivano all'aria carismatica con cui Vinculus era convinto ogni re nascesse. Vinculus sapeva che, nel mondo da cui proveniva, era considerato ancora molto giovane, eppure sembrava un uomo anziano, stanco e dall'aria malinconica.

Poco prima che potesse dare voce ai suoi pensieri riguardo a questa incongruenza, il Re Corvo lo immobilizzò con un semplice gesto lasciandolo, però, senziente. Gli donò il ricordo della sua presenza tangibile, molto raro per un cristiano, ma meritato in queste precise circostanze. Gli incantò la memoria, vi instillò la conoscenza del proprio destino e, inoltre, impresse nella sua mente alcune istruzioni utili ai due maghi che si erano dimostrati adeguatamente rispettosi nei confronti del Libro.

Le sue erano sempre state istruzioni perfettamente comprensibili agli abitanti dei suoi altri regni, ma nel momento in cui venivano pronunciate in termini umani erano costrette a subire l'effetto di un filtro che ne cancellava ogni sfumatura. Per questo motivo aveva accettato Vinculus come portatore delle sue parole - nonostante le circostanze che le avevano impresse sulla sua pelle erano quanto di più casuale e insensato potesse esistere - perché la sua capacità di espressione andava oltre le semplici parole e la sua coscienza non era costretta in catene. Eppure il pezzo più prezioso tra gli scritti del Re Corvo era diventato sempre più difficile da riparare e richiedeva costanti cure. Le ulcere, le ferite e le naturali increspature della pelle lo stavano rendendo illeggibile e per questo motivo il Re decise che, nel giro di qualche giorno, il fardello sarebbe passato a un Libro più adatto a ospitare la nuova profezia.

Stava per andarsene quando si accorse che gli occhi di Vinculus, incassati nell'immobilità del viso, si stavano spostando con insistenza dal suo volto all'ammasso inerte formato da due individui accasciati sul freddo pavimento della stanza. Con passo incredibilmente lento e senza fare il minimo rumore si mosse nella loro direzione, appoggiò un ginocchio al suolo, avvicinò delicatamente una mano al volto di Childermass e gli scostò i capelli dal viso per osservarlo meglio. Rimase come congelato nella stessa posizione per qualche minuto, con lo sguardo fisso su ogni dettaglio. Poi passò a Segundus, più difficile da identificare perché ancora stretto tra le braccia dell'altro, ed eliminò la tensione dalle sue mani che stavano ancora aggrappate al dorso dell'altro mago. John Uskglass sembrò pensare per un attimo ai singoli corpi, al loro insieme. Con un polpastrello sfiorò il centro della fronte a entrambi prima di rialzarsi.

Senza dire una parola, ma gettando un'ultima occhiata in direzione di Vinculus, il Re Corvo sparì.

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Capitolo 2
*** Senza speranza ***


1. Senza speranza

L'atmosfera della stanza cambiò in un secondo e tornò la pace. Le nuvole nere fuggirono di nuovo nei cieli del resto della contea facendo dimenticare ai contadini quanto il sole fosse stato piacevole. Solo una, più nera delle altre, rimase come ad indicare un conto in sospeso. Ad ogni ora del giorno era destinata a muoversi in corrispondenza del sole così che Starecross Hall, almeno fino alla soluzione dell'incantesimo, non potesse essere più colpita dal minimo raggio di sole. Quella nuvola aveva la strana forma di un corvo.

Liberato dalla magia, Vinculus si mise a passeggiare nervosamente su e giù per la stanza, avendo cura di scavalcare gli arti dei due maghi stesi al suolo ogniqualvolta fossero d'intralcio alla sua veloce camminata. Quando si riprese e ritrovò la forza di parlare si sdraiò supino, con gli occhi rivolti al cielo come se potesse vedere il marchio attraverso il soffitto e con la testa a pochi centimetri dalle orecchie dei suoi protettori. Iniziò a bisbigliare una nuova cantilena, aumentando il tono di voce ad ogni ripetizione e rotolandosi sulla schiena.

Il primo dei due a svegliarsi fu Childermass. Non si accorse subito della posizione in cui si trovava e il suo primo riflesso, percepita la sensazione dei capelli di Segundus tra le dita, fu quella di giocarci arricciandoli e accarezzandoli. Si reputò fortunato quando, aperti gli occhi e riacquistata la capacità di raziocinio, si rese conto che Segundus non era ancora sveglio e, soprattutto, che l'uomo da cui provenivano quelle note si trovava in una posizione tale da non consentirgli di badare al suo gesto.

Poco alla volta Childermass pensò di iniziare a capire il senso della canzone. Inizialmente sembrava accennare al motivo per cui Vinculus aveva iniziato a vagare per le vie di Londra senza un alloggio, in quanto parlava di servizi alla corte di un re che sembrava saggio e generoso, ma che si era liberato di lui non appena aveva trovato un sostituto più adatto a svolgere i suoi compiti. La cantilena, però, si concludeva con un'esclamazione melodrammatica sulla fugacità del tempo che portò Chilermass a dubitare della sua prima interpretazione. Prima di porre qualsiasi domanda, egli sollevò da terra il corpo inerte di Segundus e lo depose sulla poltrona accanto al camino come avrebbe voluto fare all'inizio. Era freddo come la morte e bianco come un cencio nonostante stesse respirando regolarmente. Il solito rossore delle labbra e delle gote aveva lasciato spazio a un pallore diffuso; solo le ciglia scure risaltavano nel candore inquietante del suo volto dove andava dipingendosi un velo di angoscia. Childermass sapeva che Segundus non si era trovato vicino alla morte nemmeno per un istante, così come non lo era stato lui, eppure vederlo in quello stato gli provocò una sensazione nuova, come se qualcuno gli stesse torcendo le interiora, guidata dal desiderio di sentire la sua voce.

Childermass sollevò Vinculus per la collottola e tentò di calmarlo almeno per il tempo necessario a comprendere tutte le informazioni.

"Sento ancora la magia qua dentro e non può essere la tua! Cosa diamine è successo?"

"I cieli si tingono di nero quando il Re appare. Il suo umile servitore è stato scacciato dalla mano che lo aveva premiato. Ora ha trovato una pelle intatta da avvolgere con il suo sapere, mentre quella vecchia, inutile e corrotta verrà privata di ogni senso."

A Childermass non erano mai piaciute le frasi enigmatiche di Vinculus e, nonostante questa lo fosse molto meno del solito, sentì la necessità di dargli uno scossone che, forse, gli avrebbe riordinato le idee.

"Che cosa significa? Parli del Re Corvo?"

"Sì signore!"

Abbandonata la cantilena, Vinculus fece per iniziare a parlare con il suo solito tono beffardo, ma una luce insolita gli riempì gli occhi e tutto quello che riuscì a proferire venne trasformato in un singhiozzo.

"Il Re mi aveva reso... beh, non immortale, solo molto molto difficile da uccidere. Non è colpa mia se continuo a invecchiare come tutti gli uomini della Terra, ma ormai è stanco di ripararmi ogni volta che c'è qualcosa che non va. Mi ha già riportato in vita una volta di troppo. Ha trovato un nuovo servitore, il servitore perfetto che prenderà il mio posto."

Childermass strabuzzò gli occhi. "Come sarebbe a dire un nuovo servitore? Cosa ne sarà di te?"

A queste parole Vinculus si gettò a terra, piangendo copiosamente. "Sono fortunato ad avere cinque mogli. Cinque giorni, non uno di più, mi sono stati regalati per dire loro addio. La mia amata Nan, poi Annie e Miriam... o era Moira? Dopo Annie ho le idee veramente confuse... E poi, chi lo sa cosa mi attende dopo la morte! Avrebbe anche potuto dirmelo, farmi un ultimo favore."

Vedendo che stava perdendo di nuovo il filo del discorso, Childermass tentò di intimidirlo invadendo il suo spazio personale e guardandolo dall'alto in basso con fare minaccioso.

"Aspetta, stai parlando a vanvera. Mi stai dicendo che è stato il Re a dirti tutto questo?"

"Qui. Proprio qui, signore. Giusto un attimo fa. È apparso dal nulla. Avreste dovuto vedere i suoi capelli, neri come se si fosse calato dalla cappa del camino e talmente lunghi che sembravano un mantello da pioggia, e sul viso la stessa espressione angosciata di chi, quando mi trovavo a Londra, era disposto a darmi una fortuna in cambio di miseri incantesimi impossibili da realizzare."

Si alzò nuovamente e iniziò a passeggiare per la stanza con un movimento talmente ondulatorio che, se Childermass non avesse trascorso l'adolescenza su una nave, gli avrebbe sicuramente provocato una spiacevole sensazione di mal di mare. Dalla poltrona, Segundus aveva iniziato a sembrare più sano e rilassato.

Dimenticate le lacrime, Vinculus riprese a parlare. "Il Re Corvo mi ha parlato dentro, mi ha svelato il mio futuro. Io morirò!"

"È il destino di tutti" lo liquidò Childermass "avrei potuto predirlo io. E senza carte."

"È qui che vi sbagliate. Fino ad ora non sono morto per soddisfare i desideri del Re, ma adesso egli ha cambiato idea. Devo essere stato un bambino davvero cattivo!"

La risata isterica che esplose dalle fauci di Vinculus fece svegliare Segundus di soprassalto. Si sentì spaesato, non ricordava come avesse fatto a raggiungere la sua attuale posizione, ma, ancora più stranamente, non provava nessun fastidio a spiegazione del perché avesse deciso di addormentarsi nel tardo pomeriggio. Childermass tirò un sospiro di sollievo quando sentì le sue parole.

"Cosa... cosa è successo?"

Bloccando Vinculus prima che ricominciasse la storia da capo, Childermass gli rispose. "A quanto pare il Re Corvo si è palesato a lui e gli ha predetto la sua morte".

"Non predetto! Oh no! Concesso è la parola adatta. Tra cinque giorni, signore. Dopodiché tutte le carte e tutti gli inchiostri usati per trascrivere le parole del Re scompariranno, compreso il vostro lavoro. Ha trovato un nuovo Libro, signore, un Libro perfettamente intatto e più durevole di quanto lo sia io. Non può lasciare che il mio corpo venga deturpato da chi tenterà di leggerlo dopo la mia dipartita. Il Re è molto generoso, ma lo sarebbe molto di più se mi lasciasse vivere."

Childermass e Segundus avevano alzato gli occhi l'uno sull'altro con un'espressione allarmata e sconvolta. Inaspettatamente, il mago che dei due sembrava più mite si avvicinò a Vinculus come prima aveva fatto Childermass, ma questa volta la violenza non si limitò alle parole. Segundus lo prese con forza per il bavero, lo strattonò trascinandolo il più possibile vicino a sé e osservò il segno del Libro che si trovava accanto al suo occhio destro con l'espressione più adirata che Childermass avesse mai visto sul suo volto.

"Questo non ha senso! Come può decidere di mandare all'aria il nostro lavoro? Non abbiamo ancora finito di trascriverlo completamente e ora il Re minaccia di cancellarlo da ogni manoscritto... è un'assurdità!"

Childermass tentò di spiegare che il mondo del Re Corvo si basa su regole che agli umani possono sembrare assurde nonostante nei suoi altri regni seguano una logica condivisa, ma non riuscì a rassicurare Segundus e, onestamente, nemmeno sé stesso.

"A noi servono quegli appunti! - sbottò Segundus con un atteggiamento sempre più agitato - Scusate la scarsa modestia, ma non credo che sia casuale il fatto che ognuno di noi sia stato coinvolto nel ritorno della magia! Sono convinto che il Re sapesse quanto potevamo essere utili alla diffusione dei suoi scritti."

Scusatosi con Vinculus per l'accesso d'ira fuori luogo e assicuratosi che Childermass non stesse pensando negativamente del suo atto, cosa che avrebbe potuto comprendere chiaramente dalla sua espressione, ricominciò con un tono più pacato nonostante il linguaggio corporeo tradisse la sua irrequietezza. "Non oso pensare a chi si sia rivolto per portare a termine la cosa. Magari scriverà le sue parole sull'abitante di qualche luogo di mare sconosciuto e talmente freddo perché possa desiderare spogliarsi e ispezionare il proprio corpo o, peggio ancora, sulla pelle di qualcuno che abita un regno difficilmente accessibile dal nostro. Non avremo più la possibilità di sapere che fine hanno fatto Jonathan Strange e il signor Norrell! Non so più cosa fare..." e si mise le mani nei capelli, poi vi nascose il volto tentando di venire a capo della situazione senza sperare nella minima possibilità di risolverla.

"Vi state dimenticando che io morirò - bisbigliò Vinculus - non sono ancora abbastanza vecchio per morire!"

Segundus chiese se non fosse solo una metafora, se il Re non stesse accennando semplicemente a una sua morte come Libro che non gli avrebbe impedito di continuare a vivere come persona, ma Childermass gli spiegò che il Re Corvo era stato abbastanza esaustivo a proposito e che Vinculus aveva tutte le ragioni per disperarsi anche se, a suo parere, aveva reagito in modo eccessivo.

"Comunque non c'è motivo di allarmarsi, almeno per ora - concluse Childermass, poco sicuro di sé - prima di tutto dobbiamo capire qual è il modo più adatto di trascrivere i segni senza che scompaiano allo scadere dei cinque giorni." Segundus iniziò subito a pensare e a suggerire le soluzioni che più gli sembrvano adatte. "Se il Re dice che l'inchiostro sparirà dalle carte, forse è il caso di trovare qualcos'altro con cui si può scrivere..." Ma Vinculus scosse la testa. "No, signori, questa è davvero una metafora. Tutto ciò che richiede carta e inchiostro, o della corteccia e del carbone, o una parete e della terra svanirà alla mia morte."

Segundus si ricordò che, anni prima, aveva chiesto ai membri della Società dei Maghi dove avessero trovato i pochi libri che giacevano abbandonati sullo scaffale della loro sede. Il signor Honeyfoot gli aveva gentilmente dato il nome di un libraio di Sheffield che, purtroppo, non era stato in grado di reperirne di nuovi, ma che possedeva una copia originale del Paradiso Perduto di Milton dalle cui acqueforti Segundus era stato immediatamente affascinato. Essendosi informato sulla tecnica utilizzata per quel genere di stampe, gli venne naturale chiedere se delle incisioni non avrebbero ovviato al loro problema, spiegando in breve il procedimento da seguire e il motivo per cui sarebbe stata la tecnica più veloce.

"Sono sicuro che offendereste il Re, e non poco!" Rispose Vinculus. "Insomma, se si mostra così volubile quando nulla gli provoca alcun problema non oso immaginare di cosa sia capace se guidato dal desiderio di vendetta personale."

"E questo cosa significa?" Chiese Childermass.

"Dovete sapere che il Re Corvo ha - che parole ha usato? - ecco, dei canoni estetici per ogni forma d'arte prodotta nei suoi regni. Egli ha conquistato Agrace sconfiggendo Lucifero e ha imposto regole opposte a quelle del Re degli Inferi; per suo ordine, ogni forma d'arte deve nascere per creazione e aggiunta perché, al contrario, Lucifero preferisce un'arte che deriva dall'assenza e dalla distruzione. Voi state proponendo delle incisioni, e oltretutto fatte con dell'acido, per fissare la memoria delle sue parole. Non credo che apprezzerebbe l'ironia."

Segundus sbuffò con aria sconfitta e si lasciò cadere di peso su una sedia. "Più ne sento parlare e più assomiglia al giovane nobile viziato di cui mi parlò Lady Pole mentre si trovava sotto le nostre cure e il cui passatempo preferito era rendere la vita dei suoi servitori un inferno."

Questa volta Childermass gli lanciò un'occhiata sorpresa e leggermente divertita. Avrebbe potuto sentirsi oltraggiato, ma sentire delle critiche così palesi rispetto a una figura per cui tutti serbavano timore reverenziale con le medesime parole che lui stesso, fino a quel momento, aveva solo osato pensare, gli ricordò il motivo per cui considerava la compagnia di Segundus e le loro lunghe serate di conversazione sempre molto gradevoli.

Dal canto suo, Segundus era l'unico veramente oltraggiato. Dopo tutto ciò che aveva vissuto e sopportato per favorire il ritorno della magia in Inghilterra, avere in dono un po'di tranquillità da parte del Re per cui così duramente stavano lavorando gli sembrava il minimo. La scomparsa del suo caro amico di penna, nonché mago eccellente, Jonathan Strange e del signor Norrell non era avvenuta di certo a causa sua, ma pur sempre in nome di tutto ciò che egli rappresentava. Segundus non si aspettava, certo, una ricompensa, ma sentiva di avere tutto il diritto di ricevere un riconoscimento, così come era diritto di Childermass e di chiunque altro fosse stato coinvolto negli eventi degli ultimi dieci anni. Il lato misterioso della faccenda continuava a intrigare il povero mago, eppure, avendoci costantemente a che fare, egli era diventato sempre più stanco dell'imperscrutabilità che caratterizzava le opere del Re Corvo. Ci vollero dieci anni, continui impedimenti da parte di Norrell che l'avevano messo in ridicolo di fronte a Childermass rendendo sempre più ambigui i sentimenti che provava nei suoi confronti, l'incantesimo di un abitante di Faerie che gli fece perdere la facoltà di parola e la scomparsa dei due maghi migliori dell'Inghilterra per rendersene conto. Sebbene non si volesse arrendere alla tentazione di abbandonare l'interpretazione del Libro del Re Corvo, aveva iniziato a provare una certa frustrazione nei confronti di tutto ciò che minacciava di rallentarne il processo. Fortunatamente, però, l'entusiasmo silenzioso che guidava ogni azione di Childermass votata al ripristino della magia diventava un rumore assordante quando Segundus riusciva a leggerlo nei suoi gesti e, immancabilmente, gli ricordava che dal loro successo sarebbe dipesa la felicità dell'intera nazione.

Nel silenzio più totale Childermass inspirò con una tale forza che Vinculus sobbalzò per lo spavento, mentre Segundus avvertì quasi fisicamente l'istante in cui, nella mente del mago, era apparsa un'idea a cui avrebbe potuto dare fiducia.

"Lady Pole! Il ricamo! Non ricordo dove, ma ho letto che è il modo in cui il Re preferisce essere rappresentato. E non comporta una scrittura vera e propria."

"Vinculus, ti prego - disse Segundus, tentando di mantenere la calma - dimmi che il Re Corvo non ha intenzione di fare sparire anche il filo da cucito."

Vinculus alzò le spalle e si rivolse a loro mantenendo un atteggiamento falsamente distaccato. "Non saprei. Nessuno ha mai accennato al cucito prima d'ora."

Segundus guardò Childermass con un'espressione che non riusciva a mascherare completamente la sua gratitudine. "Per il momento sembra l'unica alternativa, ma penso che nessuno di noi abbia mai ricamato prima d'ora."

"E allora perché non scrivete direttamente a Lady Pole?" Chiese Vinculus con fare supponente.

"Al momento si trova a Venezia con Arabella Strange. Se le inviassimo una lettera non arriverebbe in tempo. E anche se richiedesse meno di cinque giorni... se poi non accettasse?" Gli rispose Segundus sconfortato, ma Childermass, ormai, aveva smesso di prestare attenzione ad ogni obiezione. "Mi sarei aspettato più ottimismo! Starecross Hall ha molti specchi intatti, o mi sbaglio?"

Segundus capì all'istante le sue intenzioni. Alzatosi con impeto, lo guidò verso lo specchio più grande della casa e gli chiese di controllare che fosse adatto prima di correre a cercare il foglio con l'incantesimo che li avrebbe aiutati a oltrepassarlo.

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Capitolo 3
*** Come un faro nella nebbia ***


2. Come un faro nella nebbia

Segundus, per timore del risultato più che per mancanza di fiducia nelle proprie capacità, non aveva ancora osato valicare il semplice confine che separava il mondo degli uomini dai regni governati dal Re Corvo, ma sapeva che Childermass era solito usare quelle strade in caso di estrema necessità e si affidò ciecamente alla sua esperienza. Senza proferire parola decisero che sarebbe servita la presenza di entrambi, sia per rendere il viaggio più sicuro, sia per poi convincere Lady Pole a spostarsi con gli stessi mezzi e venire in loro soccorso.

Childermass dimenticò quanto reputasse fondamentale la solitudine nel portare a termine ogni compito - cosa che gli era capitata sempre più spesso da quando aveva iniziato a collaborare con Segundus - e si convinse che l'aiuto del mago avrebbe potuto essere cruciale.

"Come, ve ne andate tutti e due?" Disse Vinculus temendo che gli potesse succedere qualcosa durante la loro assenza.

Segundus usò quel sorriso poco convincente che era solito mostrare ai membri della Società di Maghi di York quando riusciva a percepire l'odore delle critiche prima ancora di spiegare la conclusione delle tesi che, di volta in volta, voleva dimostrare.

"Mi dispiace davvero. Viaggiare assieme è una semplice precauzione, ma saremo di ritorno il prima possibile".

Vinculus, poco convinto della risposta, ribattè: "E nel frattempo io cosa dovrei fare? Stare qui, tutto solo a chiedere perdono a Dio? Dubito che i pochi giorni che mi restano possano bastare."

Childermass borbottò qualcosa di incomprensibile tra sé, molto più cosciente che se avesse prestato attenzione a ogni minima lamentela di Vinculus avrebbe inesorabilmente frenato il corso delle loro azioni. Per il bene della magia inglese non c'era tempo da perdere.

Come previsto, egli gettò solo una breve occhiata al foglio per poi liberarsene e concentrarsi sull'incantesimo, ma non prima di avere ricordato all'altro mago l'importanza del contatto fisico che avrebbero dovuto mantenere per potersi ritrovare uniti anche dall'altra parte dello specchio. Non ce ne sarebbe stato bisogno se Segundus avesse compiuto a sua volta la magia, ma la paura di un errore dettato dalla fretta e dall'angoscia l'aveva convinto ad abbandonarsi nelle mani di Childermass. Imbarazzato più per la richiesta del mago che per la palese dimostrazione di inesperienza, si limitò ad appoggiare la mano sulla sua spalla, ma questi, convinto che il legame non fosse abbastanza stabile e che Segundus avrebbe potuto lasciarlo all'ultimo secondo con conseguenze catastrofiche, lo avvolse con un braccio all'altezza della vita e assieme vennero catapultati attraverso il vetro.



La mattinata veneziana era stata decisamente meno lugubre di quella Inglese e i raggi del sole, benché indeboliti dall'atmosfera invernale, avevano penetrato gli infissi svegliando Emma con la solita dolcezza. Dopo aver trascorso le prime ore del giorno scrivendo lettere a diversi librai e testate giornalistiche, la nobildonna si era diretta verso il suo caffè preferito dove sperava di leggere il giornale e informarsi sui più recenti fatti di cronaca. Dopo qualche minuto, però, scoprì che avrebbe appreso più dettagli da un capannello di persone formatosi nella piazza. Tre di loro si erano sedute a un tavolo accanto al suo e avevano continuato a parlare di qualunque cosa stesse creando quei divertiti passaparola.

Il pettegolezzo riguardava "un signore inglese di bell'aspetto, con abiti puliti e di buona fattura ma gualciti e un servitore che indossava una marsina del secolo precedente, rozzo come un cane. Sembra proprio che sia il cane a portare a passeggio il padrone e non il contrario. Lo vorrà impressionare per farsi comprare degli abiti nuovi."

I tre risero di gusto, le due dame nascondendo le labbra dietro mani guantate.

"Magari sono usanze inglesi..."

"Dovreste vederli con i vostri occhi, vi dico. Sono totalmente spaesati e non sanno una parola nella nostra lingua. L'ultima volta che ne ho sentito parlare giungeva voce che il bell'inglese stesse comunicando in latino con il vicario." Disse una delle donne.

L'uomo accanto a lei precisò "Però non si sa ancora chiaramente cosa stessero cercando, né per quale motivo."

"Saranno certamente venuti a trovare il lord che vive a palazzo Mocenigo e fa il bagno nel canale." Tentò di ragionare la più giovane delle dame, non riuscendo a nascondere il tono sognante dell'affermazione. "Ma lui non si fa mai portare a spasso dai quattordici cagnolini che ha come servitori."

Emma, che fortunatamente era stata spinta da sua madre a studiare la varietà veneta dell'italiano - per quanto lo trovasse ancora in gran parte incomprensibile - colse all'istante le parole chiave della conversazione e si rivolse al gentiluomo per sapere dove i suggerimenti della folla stessero indirizzando i due inglesi, convinta di essere l'unica che avrebbe potuto aiutarli.

Fu un piccolo particolare, un sostantivo lanciato al vento, che le diede l'impressione di conoscere gli uomini di cui ormai tutta Venezia stava parlando. La cosa la divertiva e insospettiva contemporaneamente.

Pagato il conto e ringraziati i suoi informatori, si avviò attraverso le calli dove stava iniziando a calare una nebbia fitta che portava con sé il gelo e l'odore dell'Inghilterra. Ogni tanto si ricordava di fermare qualche passante per avere nuove notizie degli inglesi e a ogni nuova domanda si accorgeva di aver camminato inutilmente.

Fu un'anziana signora a prenderla in disparte e ad avvisarla che i due, spuntati improvvisamente da un canale, erano stati scaraventati su una barca in modo talmente violento che avevano rischiato di farla finire sott'acqua. Inutile dire che l'ignaro pescatore, con cui la donna aveva parlato pochi minuti prima, era ancora scosso. Più che della loro comparsa insolita, non riusciva a capacitarsi di come qualcosa di appena uscito dall'acqua potesse risultare completamente asciutto. Credendolo un lavoro del diavolo, aveva remato fino alla chiesa più vicina per chiedere un parere al vicario, ma non aveva avuto il tempo di spiegargli la situazione; l'uomo più giovane si era subito lanciato in un monologo latino interminabile, interrotto solo dalle pause che gli servivano per prendere fiato. Alla fine il prete aveva scribacchiato una mappa improvvisata su un pezzo di carta, indicando loro la via più breve per raggiungere l'unica inglese che frequentava regolarmente quella chiesa. Al momento, quindi, i due si stavano dirigendo verso lo stesso palazzo dove Arabella aveva trovato alloggio.



Inutile dire che Segundus catturò il cuore di ben undici dame e qualche gentiluomo nel breve arco di tempo che trascorse tra i palazzi della città, cosa di cui nemmeno Lord Byron si sarebbe potuto vantare. Sicuramente il suo sguardo a metà tra lo sperduto e il meravigliato contribuì a conferirgli quell'aria di infantile entusiasmo che ne rendeva i tratti ancora più piacevoli.

Una simile reazione era comprensibile di fronte all'incredibile scena che si presentava ai suoi occhi. Il mago non solo non aveva abbastanza fondi per compiere viaggi, ma i suoi unici significativi spostamenti erano avvenuti sul suolo inglese ed egli non conosceva qualcosa di diverso dalle strade grigie e asfissianti di Londra o dalla brughiera che minacciava di penetrare il cuore delle città del nord. Nel tempo, però, aveva sviluppato un gusto particolare per i luoghi più caratteristiche della penisola italica grazie ad alcune illustrazioni trovate in libri di seconda mano. Ciò non fece altro che amplificare il senso quasi oppressivo della ricchezza artistica in cui era immerso.

Childermass era abituato a viaggiare a dorso del suo fidato Brewer, aveva attraversato la Gran Bretagna in lungo e in largo, si era spinto verso i maggiori porti europei durante la sua adolescenza da marinaio e ultimamente stava imparando a conoscere il fascino delle strade del Re, eppure non aveva mai visto nulla che riuscisse a togliergli il fiato come Venezia, nemmeno i luoghi più impregnati di magia.

Benché non potessero permettersi di pensare ad altro che a risolvere il problema contingente, la bellezza della città continuava a catturare con prepotenza i loro pensieri. Segundus aveva iniziato a camminare più lentamente, costringendo Childermass a riportarlo alla realtà più di una volta.

"Signor Segundus, vi prego, l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento è di fermarci ad ammirare la città."

All'espressione colpevole e dispiaciuta di Segundus, Childermass si sentì in obbligo di aggiungere: "Devo confessare che sono colpito da questo luogo almeno quanto lo siete voi. Se tutto andrà per il meglio, torneremo qui in modo da goderne appieno. È una promessa"

Segundus non fece in tempo a sorridere alla prospettiva di un futuro abbastanza tranquillo da consentire loro dei periodi di riposo che, svoltato l'angolo, notò una figura femminile al di là di un piccolo ponte in legno. Il suo profilo parzialmente celato dalla nebbia era ricurvo e si muoveva al ritmo di un respiro ansimante. Dopo pochi istanti, però, la donna riprese una normale posizione eretta e si voltò con decisione nella loro direzione. I due maghi furono molto sorpresi quando la videro attraversare il ponte correndo, cosa che le rese molto difficoltoso pronunciare quattro semplici parole.

"Signor Segundus! Signor Childermass!"

"Lady Pole! Finalmente!" Esclamò Segundus trattenendo a stento il sollievo che lo colse quando si accorse che la loro ricerca era giunta a termine.

"È incredibile, non siete cambiati di una virgola da quando vi ho lasciati. Immagino che sia il gelo a conservare l corpi giovani! Ma cosa fate qui? E poi, il modo in cui siete arrivati... I cittadini avranno di che disquisire per mesi!"

A Childermass, che ricordava solo i momenti peggiori nell'agonia Lady Pole, dispiacque cancellare dal suo volto quell'aria divertita e spensierata, ma le circostanze non gli lasciavano altra scelta. "Forse è meglio ripararsi dal freddo. Venite con noi."

Emma si stupì che nessuno dei due avesse risposto alle sue domande. In un attimo si trovò trascinata in un'osteria dove la compagnia non era delle più sofisticate, ma il legno delle pareti risultava l'antidoto migliore per quel clima.

Le bastò un attimo per percepire il clima angoscioso che circondava i maghi.

"Allora è me, e non Arabella, che stavate cercando?"

Segundus si permise di appoggiare una mano sul suo avambraccio, come per prepararla alla notizia. "Vedete, mi dispiace disturbare la vostra calma e coinvolgervi di nuovo nella nostre assurde questioni di magia, ma abbiamo un disperato bisogno del vostro aiuto. Siamo giunti fin qui grazie alle strade del Re, ma questo non è importante. Sareste disposta a seguirci a Starecross?"

Contrariamente alle aspettative di Segundus, la menzione della magia non le provocò tanto una reazione dettata dalla paura o dal disgusto quanto un forte desiderio di conoscere i dettagli del problema. L'ultima cosa che si sarebbe aspettata una volta lasciata la residenza di Starecross era, infatti, la nascita di nuove difficoltà, dal momento che la scomparsa dell'essere fatato responsabile delle sue disgrazie aveva liberato l'Inghilterra da qualsiasi minaccia legata al regno di Faerie. O almeno tutti vi speravano. Una lettera inviata di recente dal signor Segundus, poi, non aveva lasciato minimamente presagire un cambiamento così drastico nella sua quotidianità di interprete; Emma riconosceva che il compito era estremamente gravoso, soprattutto perché dietro i segni incomprensibili di cui aveva avuto notizia c'era tutta la possibilità che si celasse una nuova profezia.

"Dipende dal motivo per cui state chiedendo aiuto a me e a nessun altro."

"Non c'è motivo di preoccuparsi per la magia, quella c'entra solo in parte e non ha nulla a che fare con il compito che abbiamo intenzione di affidarvi" aggiunse Childermass per il timore che potesse rifiutare. "Stiamo semplicemente facendo appello alle vostre capacità di ricamatrice."

Segundus si sentì in dovere di spiegarle brevemente della comparsa del Re Corvo che aveva intenzione di vanificare ogni loro sforzo. Più parlava, più era faticoso continuare a celare la rabbia e la frustrazione che gli opprimevano il petto e che, sicuramente, avrebbero messo in agitazione anche la nobildonna, già trasfigurata dall'incredulità.

"Ci stiamo rivolgendo a voi perché siete l'unica persona che conosce la situazione. Non potremmo mai coinvolgere qualcuno che non sia in grado di mostrare serietà e non abbiamo nemmeno tutto il tempo necessario a spiegare le nostre motivazioni. Vi prego, abbiamo bisogno di una risposta."

Finalmente, dopo minuti di silenzio, Emma iniziò a mostrare la sua solita caparbietà.

"Tentar non nuoce - o almeno si spera. Nella peggiore delle ipotesi sprecheremo una manciata di giorni e perderemo il frutto del nostro lavoro, ma da quanto ho capito il Re Corvo non prevede ripercussioni. Se non c'è pericolo non vedo il motivo per cui non dovrei aiutarvi come avete già fatto voi con me."

"Allora muoviamoci" Esclamò Childermass, indicando l'uscita e facendosi largo tra i tavoli assiepati. "Dobbiamo trovare uno specchio. Non ho nessuna intenzione di gettarmi in un canale, tanto più che l'incantesimo potrebbe smettere di funzionare da un momento all'altro."

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Capitolo 4
*** Un'opera d'arte ***


3. Un'opera d'arte

Il vantaggio delle strade del Re è che offrono una comoda scorciatoia ai viandanti capaci di orientarsi tra le mille scalinate e tra i boschi immersi in una semioscurità quasi perenne. Lo svantaggio delle strade del Re è che leggono nel cuore dei viandanti e tanto più rallentano il loro cammino quanto più rifiutare di provare umani desideri in nome di un'integrità che non ha fondamento rallenta il raggiungimento della felicità. Le strade del Re aborrono la disonestà verso gli altri, ma ancora di più verso sé stessi. Sono la casa di esseri potenzialmente eterni, ma che hanno coscienza dell'esistenza della morte e del nulla a cui vanno incontro, e sono abbastanza saggi da non negarsi qualsiasi esperienza abbiano l'occasione di accumulare, non perché possa servire nel sonno eterno, ma perché nel sonno eterno non ne avranno più l'occasione.

John Childermass aveva salito gradini e calpestato muschio umido di rugiada e attraversato specchi decine di volte dopo il ritorno della magia e a ogni passo il cammino si era fatto più tortuoso e ingannevole come la strada che portava alla verità in lui nascosta. Sarà stato quel gesto brusco, ma tanto agognato e svanito in un istante, quel braccio attorno alla vita del signor Segundus mosso senza lasciare spazio a ripensamenti, quel contatto già cercato e non assaporato nel tentativo di proteggere la sua caduta.

Fu così che Childermass rimase stupito dalla celerità del viaggio di andata e, nel momento in cui si fermò a rifletterci, compromise la celerità del viaggio di ritorno. Fu anche il primo a provare quel panico che avrebbe condiviso con i suoi compagni, unito a sensi di colpa vecchi di vent'anni e dall'odore di salsedine.

Non si erano propriamente persi. Segundus ricordava perfettamente ogni punto di riferimento su cui aveva fissato l'attenzione quando aveva percorso la strada in senso contrario e non provava nulla che lo avvisasse di una falla nel suo impeccabile senso dell'orientamento. Iniziò a temere che trovarsi troppo a lungo oltre lo specchio avrebbe potuto avere una cattiva influenza su lady Pole, già notevolmente impallidita e tremante, ma era ancora più scosso dal cambiamento di Childermass. L'entusiasmo che aveva dimostrato non poco tempo prima aveva lasciato spazio a un atteggiamento da cui non traspariva altro che impotenza. Il suo passo si faceva sempre più esitante, come se si stesse abbandonando ai pensieri che gli offuscavano la mente, e Segundus, notandone i segni tangibili ma indecifrabili, iniziò a provare lo stesso tipo di fastidio che lo riempiva durante i tentativi di lettura di Vinculus.

In quel momento, però, si sentì avvolgere da una sensazione opposta che proveniva dall'atmosfera circostante e decise di lasciare che si impossessasse di lui. Era così piacevole e lui era così stanco. Avrebbe accettato di perdere Vinculus, le carte dei suoi studi, il sogno di aprire una scuola di magia, la sua stessa umanità pur di smettere di pensare e provare emozioni.

Dopo un numero incommensurabile di minuti, ore, forse giorni, Emma si accorse del silenzio. Il loro dialogo era fatto unicamente di sguardi intrecciati o evitati o fissi nel vuoto che da una parte riempivano il momento di significato, ma dall'altra lo lasciavano cadere a terra senza che ci fosse la possibilità di svelarne la natura. Era il silenzio, pensò Emma, che li aveva cristallizzati nello spazio e nel tempo. Sarebbero bastate poche parole dette ad alta voce, oneste e ben scandite sui perché dei loro pensieri, ma nessuno osava aprire bocca o alzare un dito, nemmeno lei.

Il tempo, come una dea dalle numerose braccia, da una parte li cullava sollevandoli da ogni contingenza e dall'altra continuava a fare ruotare il globo e a spostare le lancette su ogni orologio d'Inghilterra. Si assopirono una, due, tre volte, continuando a camminare per la stessa identica via che avevano conosciuto uno, due, tre giorni prima.

Childermass era paralizzato in un'espressione allucinata. Per gli ultimi tre giorni, o almeno quelli che erano trascorsi nel mondo da cui proveniva, aveva guardato i suoi desideri negli occhi e intrapreso un lungo monologo interiore con il pretesto di ammonirli, ma con il vero obiettivo di affermare la propria volontà in modo abbastanza rumoroso da coprire le loro parole tentatrici. Aveva guardato anche Segundus entrare sempre di più a far parte del mondo che li stava tenendo prigionieri con un abbandono insopportabile; un atteggiamento completamente opposto all'enfasi con cui Emma tentava di liberarsi. Ma era anche vero che Segundus, a differenza loro, non era mai stato legato da catene a cui non ci si può assuefare, non conosceva il tormento di un'identità che forze interne ed esterne tentano di annullare e forse era convinto che la scelta posta davanti a lui avesse lo stesso peso di quella che prendeva ogni mattina, quando diversi tipi di confetture di frutta gli venivano presentati al tavolo della colazione. Eppure, chi era lui per dirgli di non accettare una condizione che sicuramente non l'avrebbe reso felice? Chi era lui per dire cosa l'avrebbe reso o meno felice? Bene, se l'obiettivo di Segundus era quello di abbandonare il suo desiderio più grande per entrare a far parte di un mondo senza fatiche e sacrifici allora non avrebbe fatto nulla per fermarlo.

Nessuno specchio apparve alla sua decisione.

Solo Emma si convinse che, se non fossero riusciti a parlare, almeno avrebbero potuto comunicare con i gesti. Ovviamente si sbagliava sulla distribuzione delle responsabilità, ma ciò non impedì al suo disperato tentativo di ribellione di avere un esito positivo. Per prima cosa si mise di fronte a Segundus appoggiando le mani sulle sue spalle, aggrappandosi saldamente in modo da potergli essere da conforto, e attese che l'apatia sul suo volto sparisse per lasciare spazio alla risolutezza. Grazie al contatto con Emma, Segundus riuscì a ricostruire pezzo per pezzo la coscienza di essere un corpo umano e non un frammento di magia perso in un universo fatato che sembrava avere tutte le intenzioni di inglobarlo. Poi fu la volta di Childermass. Emma gli prese il volto tra le mani, un volto che avrebbe preso a schiaffi pur di uscire dalle strade del Re il più velocemente possibile, lo costrinse a guardarsi attorno e a concentrarsi su quello che c'era fuori dalla sua mente come se volesse dirgli che quella non era l'Inghilterra, che c'era bisogno di tornare a casa, che lei era lì per un motivo e che quel motivo era sembrato estremamente urgente quando l'avevano messa al corrente dei loro problemi.

Prima capire tutto questo Childermass si accorse che Segundus era tornato in sé. Non riuscì a sopportare la vista di quegli occhi grigi da cui trasparivano tutti i suoi timori. Le lacrime iniziarono a scorrergli sulle gote scarne, a perdersi nella barba incolta e a raccogliersi ai suoi piedi in una roccia cava dove si trovava già dell'acqua. La pozzanghera emanò per qualche secondo una luce azzurra per poi mostrare quella che aveva tutta l'aria di essere la stanza di Starecross Hall da cui erano partiti.



Quando riuscirono a passare dall'altra parte dello specchio Vinculus non si mosse dalla sua posizione fetale nell'angolo più nascosto della stanza. Il fuoco del camino si era spento senza consumare l'ultima legna e il gelo divenne subito insopportabile. L'unico rumore che veniva dall'uomo era una serie di singhiozzi, rantoli e parole incomprensibili.

Ci mise un attimo a capire che quelle davanti a lui non erano più le stesse allucinazioni degli ultimi due giorni, ma tre persone in carne e ossa che procedevano a tentoni e, a differenza di quelle nella sua immaginazione, erano riuscite a ripristinare un po'di luce e calore.

"Mi ero sbagliato, signori. Ho già finito di dire le mie preghiere eppure sono ancora in vita" disse Vinculus senza nemmeno provare ad aprire gli occhi o a sollevare la testa dal pavimento. "E voi, voi siete un branco di idioti e di illusi."

In qualsiasi altro momento una simile affermazione avrebbe avuto delle pesanti conseguenze. Vinculus si irrigidì aspettando una reazione da parte dei due uomini, ma non li conosceva abbastanza da capire che nessuno tra quelle mura aveva intenzione di colpirlo per avere sentito la verità sfuggire dalle sue labbra. In compenso si sollevò con uno sforzo immane alle prime parole gentili che sentiva da tempo.

"Vinculus - sussurrò Emma inginocchiandosi accanto a lui - per quanto possa valere, vi capisco perché sono già stata nella vostra posizione e mi dispiace immensamente. È grazie ai maghi come voi che si è mantenuto vivo il ricordo della magia negli anni più bui. Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto"

Il mago avrebbe voluto risponderle che, onestamente, non aveva scelto lui di portare una profezia scritta sul suo corpo, né tantomeno aveva avuto buoni rapporti con il ritorno della magia - come poteva dimostrare la sua attuale situazione - ma decise di fare silenzio e accettare i ringraziamenti. In fondo venivano da una donna che conosceva la morte e non potevano che essere sinceri.

Non pensò nemmeno per un attimo di chiederle cosa avrebbe trovato nell'aldilà, in parte per paura di rimanere deluso, in parte perché sapeva che il sentiero imboccato dalla sua anima sarebbe stato profondamente diverso da quello che aveva già percorso quella di Lady Pole.

"Non posso fare altro che lasciarvi il mio corpo." Rispose Vinculus accennando un sorriso malizioso.

Nel frattempo Childermass stava tentando di dare un ordine ai numerosi documenti e Segundus aveva trovato un ago e del filo che erano appartenuti a Emma e aveva conservato per riparare eventuali strappi nei pochi abiti che avrebbe dovuto conservare in ottimo stato almeno fino ai primi mesi dopo l'apertura della scuola.

"Non ci serve il tuo corpo. L'abbiamo già studiato abbastanza." Disse Childermass, sperando che il mago avrebbe smesso all'istante di importunare la gentildonna.

"Illusi e pure tonti. Ha! Credete davvero di riuscire a ricamare della carta? E in due giorni?"

Childermass si accorse che la risata di Vinculus nascondeva qualcosa di tragico, un' allusione a cui non avrebbe creduto se non l'avesse sentita con le proprie orecchie. "Cosa staresti suggerendo?" Chiese in tono preoccupato.

"Serve che il lavoro sia fatto bene e velocemente, no? Avete ancora del laudano? Spero basti a tenermi addormentato fino alla fine perché quando sarò ricoperto di sangue e con metri di filo sotto la pelle il dolore sarà tale che tenterò di fermarvi. E voi non volete che questo accada."

"Cosa?" Segundus aveva sentito distrattamente le parole di Vinculus mentre si occupava di inserire il filo nella cruna di uno degli aghi e sperò di avere capito male, ma non ebbe nemmeno il tempo di ribattere che il mago gli si avvicinò, risvoltò una manica della lurida giacca che indossava, strappò l'ago dalle sue mani e cucì un punto nel proprio avambraccio seguendo le linee del Libro.

"Ecco cosa."

Segundus provò a fermarlo con la forza, ma Vinculus era agile e non aveva intenzione di arrendersi. Solo una voce tonante riportò la calma.

"Adesso basta. Mi dispiace dirlo, ma Vinculus ha ragione. Può rivelarsi veramente l'unica possibilità che abbiamo di salvare la nostra conoscenza. Lady Pole..." Childermass si voltò verso la donna in cui aveva già riposto tutta la sua fiducia e non fu deluso dalla reazione che ottenne.

Emma era fissa in una posizione statuaria, con le braccia lungo i fianchi, il capo chino e delle lacrime che non si sarebbero fermate se si fossero liberate dalla gabbia delle ciglia, ma stava annuendo quasi impercettibilmente. Aveva capito fin troppo bene quello che le veniva chiesto e, per quanto si fosse sforzata di proporre delle alternative, non era riuscita a trovarne. Sarebbe stata dura, sicuramente più per loro che per Vinculus.

"Mi servono degli stracci e dell'acqua pulita."

Vinculus mostrò per l'ultima volta i denti marci in un sorriso inebetito. "Avete sentito? Siamo tre contro uno, signor Segundus! Ho sempre saputo che era una fanciulla sveglia da prima che tentasse di piantare una pallottola in corpo a Norrell. Mi ricorda la mia amata moglie..."

Childermass abbandonò la conversazione per dirigersi verso la propria stanza. Trovò la boccetta che cercava dove l'aveva lasciata pochi giorni prima. Era piena per due terzi.

Stesero Vinculus sul tavolo e quando si addormentò lo privarono di quasi ogni vestito. Emma mostrò ai due maghi come agire con una precisione quasi scientifica e divise il lavoro a seconda della difficoltà.

Il primo punto non fu facile per nessuno dei tre. Erano passati i tempi in cui Childermass avrebbe fatto del male a qualcuno senza ripensamenti, ma era pervaso da un senso di colpa che non riusciva a spiegarsi pienamente e si sentì in dovere di iniziare. Quando vide che Vinculus non dava nessun segno di dolore, prese coraggio e finse di non esserne profondamente inquietato. Dentro di lui i segreti più grandi lasciarono spazio all'ennesima dissimulazione.

Emma riuscì a procedere solo perché aveva ricamato tante volte, ma era comunque difficile fingere che sotto le sue dita ci fosse del tessuto al posto della carne che era costretta a ripulire costantemente dal sangue. Sapeva già che in futuro non avrebbe più osato prendere tra le mani un telaio da cucito per paura di essere ossessionata dalle immagini del fluido cremisi impresse nella sua mente.

L'ultimo ad agire fu Segundus. Cominciò per imitazione e continuò per inerzia, tentando di dissociarsi il più possibile dalla situazione tanto che, dove gli altri stavano tentando il più possibile di provocare un danno solamente superficiale, spesso affondò l'ago fino a sentirne la punta a contatto con le ossa. Solo quando Vinculus, sempre dormendo, sospirò più rumorosamente, egli fu costretto a prendere atto di ciò che stava realmente succedendo e corse in giardino dove fu colto da conati di vomito. Per qualche attimo venne costretto da Childermass a sedersi accanto al tavolo, a controllare lo stato di coscienza di Vinculus e a portargli alla bocca delle gocce di laudano prima che la dose precedente perdesse il suo effetto, poi il senso del dovere diventò un impulso più forte di quelli che lo stavano trattenendo e tornò all'opera.

Diventò impossibile ripulire ogni goccia di sangue. Quello lasciato fluire liberamente andò a imbrattare il tavolo e a coagularsi accanto ai chiodi di ferro che tenevano assieme le assi. L'aria era pregna di un odore nauseabondo.

All'alba del secondo giorno si resero conto che stava diventando sempre più difficile controllare lo stato di agitazione di Vinculus. Stava chiaramente soffrendo in maniera indicibile, ma l'oppio gli impediva ogni reazione, soprattutto considerando le dosi che era stato costretto ad assumere. Aprì spesso le palpebre in uno stato di dormiveglia e ogni volta qualcuno glie le richiuse per evitare che assistesse al triste spettacolo oltre che farne parte.

Nel primo pomeriggio del secondo giorno Emma annodò l'ultimo filo. Contemporaneamente a Vinculus venne somministrata l'ultima dose di laudano e, dopo un'ora, l'ammasso di carne e ossa iniziò a dimenarsi nello stesso modo in cui si muovono i pesci quando vengono tolti dall'acqua.

Fu compito di Emma tenergli la mano attraverso gli ultimi orribili momenti che gli restavano da vivere, sempre che quella potesse essere chiamata vita. Childermass avrebbe voluto fumare del tabacco, ma vide Segundus seduto in poltrona, tremante e singhiozzante, con le mani nei capelli e con grandi lacrime che andavano a creare macchie circolari sulle ginocchia delle sue brache.

Finalmente, dopo essersi dimenato emettendo rantoli angoscianti più a lungo di quanto possa essere umanamente sopportabile, Vinculus si calmò, inspirò profondamente e poi si irrigidì con il suo solito sorriso beffardo sulle labbra.

Sul tavolo rimasero decine di fogli bianchi, ma i ricami non sparirono.

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Capitolo 5
*** All'ombra del platano ***


5. All'ombra del platano

Nonostante tutto Emma e Segundus riuscirono a dormire, ma solo a causa della stanchezza. Childermass, abituato com'era a trascorrere notti insonni, li trovò ancora addormentati su un vecchio sofà nella stanza più lontana dal cuore della casa, seduti l'uno accanto all'altra come a cercare un contatto umano nella desolazione del crepuscolo, coperti da un misero panno di lana. Segundus teneva le mani della donna tra le sue come aveva fatto tante volte negli anni precedenti, ma in questo caso più per cercare conforto che per donarne.

Per troppo tempo aveva conservato un’ingenuità infantile nei confronti di ciò che la vita avrebbe potuto riservargli, convinto come molti che ciò che non si nomina non possa esistere e ferire; un atteggiamento tanto diffuso tra gli esponenti della sua classe sociale quanto deleterio. Childermass lo guardava e ringraziava ogni tassello del destino che aveva portato il giovane mago lontano dalla strada già intrapresa da Gilbert Norrell, ogni decisione che lo aveva reso più resiliente di quanto non fosse all’epoca del loro primo incontro, ogni esperienza che lo aveva modellato in un uomo in grado di affrontare, benché con qualche comprensibile esitazione, momenti come quello della notte precedente.

Avrebbe dovuto chiamare un prete per dire addio a Vinculus nel modo più dignitoso possibile, anche se dubitava che l’uomo avesse qualcosa a che fare con una religione diversa dal culto del Re Corvo. Childermass avrebbe trovato una scusa plausibile che spiegasse il tumulo sormontato da una croce improvvisata, una mezza verità che rendesse comprensibile il suo gesto di fronte a uno spettacolo macabro senza spiegarne pienamente la natura. L’avrebbe invitato in casa per un tè evitando la stanza che conservava ancora un odore metallico e stagnante, il camino da cui brandelli di pelle ricamata ad arte pendevano fissati su cordicelle color amaranto sempre più scuro, il tavolo ancora coperto di sangue secco e raggrumato.

Iniziò a sentire la sua maschera sgretolarsi sotto il peso di azioni che nessun essere umano dovrebbe mai essere costretto a compiere. E poi iniziarono i brividi e la nausea e non poté fare altro che combattere le vertigini appoggiandosi alla parete e lasciandosi andare fino a ritrovarsi seduto a terra con gli occhi fissi nel vuoto, perché le poche ore di pace che aveva conquistato sottraendole di nascosto a un medico erano state donate a Vinculus per risparmiargli inutili sofferenze.

Segundus si svegliò avvertendo la presenza di Childermass nella stanza nello stesso modo in cui riusciva ad avvertire la sua magia. Per un attimo la sua coscienza rimase come in ammollo nella pace garantita da un sonno senza sogni, ma tutto il dolore, il disgusto e la rabbia tornarono prima ancora che avesse avuto il tempo di parlare e lo gettarono di nuovo in uno stato di profondo smarrimento. La prima cosa che vide furono i capelli di Emma vicino alla sua guancia. Districò le mani dalle sue e tentò di alzarsi senza svegliarla, disponendo meglio la coperta sulle sue spalle nude che in qualsiasi altro momento - in un'altra vita - gli avrebbero dovuto provocare pensieri ben diversi. Solo in un secondo momento notò e si mise a contemplare la massa oscura appoggiata contro il muro, le ginocchia piegate a supporto di una testa che non riusciva più a formulare pensieri, i capelli sciolti che sembravano il velo funebre di una vedova.

Ciò che rimaneva della forza di Childermass poteva essere raccolto e cullato nel palmo di una mano e fu esattamente ciò che Segundus decise di fare. Gli si avvicinò senza timore, sapendo che non avrebbe mai voluto farsi vedere in quello stato, ma che un aiuto era necessario e forse Segundus era proprio la persona da cui l'avrebbe accettato senza fiatare.

Inginocchiatosi al suo livello gli sollevò il viso sussurrando "la signorina Emma ha bisogno di riposare ancora, andiamo in camera".

Childermass lo guardò di traverso come un animale sorpreso nel letargo, mentre ansimava con sempre maggiore frequenza e gli occhi gli diventavano lucidi per la vergogna e per la riconoscenza. Una volta usciti dalla porta, Segundus si trovò a rispecchiare la reazione dell'altro uomo e le lacrime iniziarono a scendergli copiose mentre sorreggeva buona parte del suo peso e gli faceva coraggio passandogli una mano sulla schiena con movimenti circolari. Childermass si sedette sul letto con un tonfo. Era stanco, ma sapeva che addormentarsi avrebbe significato arrendersi agli incubi. Tentò di combattere ogni tentativo di Segundus che lo sollecitò più volte a distendersi e dormire senza una parola, prima scomparendo alle sue spalle per rivoltare le coperte, poi chiedendo altrettanto silenziosamente il permesso di guidare il suo busto in posizione orizzontale.

Fu il brusco rifiuto che gli fece alzare lo sguardo sul volto di Segundus, dove le lacrime ancora fresche avevano disegnato cascate lungo le gote pallide. La sua mente non conservava altra volontà che quella necessaria a farlo sopravvivere in quel momento. Impulsivamente afferrò Segundus attirandolo in un abbraccio, tentando di confortarlo come aveva fatto lui.

Segundus si irrigidì per la sorpresa di un gesto così inaspettato, ma presto si rese conto di quanto entrambi avessero bisogno di sentire la vita pulsare in qualcuno, il battito di un cuore che poteva nutrire ancora speranza. E poi le lacrime diventarono un torrente quando si rese conto che, ormai da molti anni, si sentiva incredibilmente solo.

Se ne accorse improvvisamente e solo perché ciò che gli era successo negli ultimi tempi gli aveva offerto un metro di paragone. Il modo in cui Vinculus se n’era andato, la sua ineluttabilità, non solo lo avevano fatto sentire impotente di fronte a una magia molto più grande, ma lo costrinsero a riflettere su come tutto ciò che aveva costruito con fatica potesse essere spazzato via da un momento all’altro.

Il rapporto di amicizia che aveva coltivato con Childermass era stato il frutto di un lungo travaglio costellato da scontri e ambiguità che nascondevano, in realtà, un profondo rispetto reciproco. Nella sua vita non aveva mai avuto una persona che contasse così tanto su di lui e di cui, a sua volta, si potesse fidare ciecamente, qualcuno che non giudicasse follia i suoi tentativi di riportare la magia al suo antico splendore, qualcuno di così intellettualmente stimolante da lasciarlo spesso a bocca aperta o da fargli desiderare una vicinanza umana sempre maggiore. L’idea di perdere anche lui si incastonò dolorosamente tra le sofferenze recenti.

Si staccò lentamente da Childermass con l’intenzione di contemplarne i tratti, di memorizzare il peso della sua presenza nella stanza, facendosi avvolgere dalla magia che non aveva smesso di pulsare nell’aria nonostante sembrasse completamente perduto, ma un corpo indebolito seguì il suo movimento rivelando che l’uomo aveva pianto fino allo sfinimento. Aiutarlo a distendersi sul materasso fu più semplice di quanto non si fosse aspettato.

Il semplice atto di rimboccargli le coperte e asciugargli il sudore dalla fronte corrucciata fece emergere in lui un affetto a lungo negato e talmente perturbante da fargli credere che l’unica reazione possibile in quel momento fosse appoggiare debolmente le labbra sulle sue. Più che un bacio fu un sigillo, un tentativo di legare indissolubilmente il loro futuro, quasi una promessa di matrimonio amaramente non condivisa. Segundus ebbe il coraggio di andarsene solo quando il respiro di Childermass divenne più profondo e regolare.



“Bernard Ainsworth” furono le prime parole che Emma rivolse a Segundus porgendogli una ciotola con del brodo caldo e del pane vecchio di un paio di giorni fatto abbrustolire sul fuoco “è il nome dell’uomo che ha interpretato il vecchio libro del Re Corvo.”

Segundus ci mise più del necessario a capire il senso dell’offerta e delle parole. In parte era ancora disorientato dalle proprie azioni, ma fu anche sorpreso dall’ammirevole costanza della giovane donna che, come dimostrava il libro aperto sul tavolo alle sue spalle, aveva già ripreso le ricerche preferendo concentrarsi sui successi futuri piuttosto che sulle immagini che le ingombravano la mente in modo ossessivo.

“Childermass me ne ha parlato, ma non ha mai accennato al nome. So solo che è morto almeno da quarant’anni”, rispose Segundus accettando il cibo e mettendosi a sedere. “C’è altro che dovrei sapere?”

“Tre giorni fa sono rimasta sola con lui per qualche minuto mentre voi eravate occupati con i preparativi. Mi ha raccontato brevemente del viaggio che ha fatto quando era giovane alla ricerca dell’ultimo uomo che potesse interpretare il Libro. Si è spinto fino in Cumbria.”

Emma spinse il volume verso Segundus. Si trattava di un manoscritto di poche pagine che conteneva alcuni degli incantesimi più importanti trascritti dal libro di Jonathan Strange.

“Nonostante molti credano che fosse un essere fatato, in realtà era umano quanto lo sono io. È morto poco dopo avere incontrato Vinculus e ha ricevuto una sepoltura cristiana da qualche parte nella contea”.

Lo sguardo di Segundus cadde sulla scrittura tonda ed elegante che identificò come quella di Emma. Si trattava dell’incantesimo di resurrezione che Jonathan aveva praticato per l’esercito, ma in una versione ricca di annotazioni e raccomandazioni alla cautela.

“Non credo sia il caso…”

“Abbiamo alternative?”

Lo sguardo di Emma si addolcì notando la reazione preoccupata di Segundus alla sua risposta. “Può diventare pericoloso, i risultati possono essere imprevedibili, ma ci siamo spinti fino a qui e non me la sento di abbandonare tutto senza fare quest’ultimo tentativo.”

Segundus avrebbe voluto dirle che in ogni caso non le avrebbe mai permesso di viaggiare assieme a loro, che si trattava di un’impresa poco adatta a una giovane aristocratica, ma sapeva che ogni suo tentativo di proteggerla per non mandare in fumo i sacrifici che lui stesso aveva dovuto fare per tenerla in vita fino a quel momento sarebbe stato recepito come un’offesa. E se, adottando un’onestà disarmante, le avesse confidato di tenere a lei come a poche altre persone, Emma avrebbe sicuramente fatto leva su quell’affetto per ottenere ciò che voleva.

“Ne parleremo quando Childermass sarà sveglio” si risolse a rispondere Segundus e affondò i denti nel pane ammollato per celare il suo disappunto. “Come vi sentite?” chiese dopo un attimo di silenzio.

“Avrei tanto bisogno di un incantesimo che mi faccia perdere la memoria in modo selettivo. Se avessi in me anche solo un briciolo di magia ci starei già lavorando” rispose Emma, sorridendo mestamente per non spaventare ulteriormente Segundus.



Il funerale di Vinculus fu celebrato all’ombra di un platano nel retro di Starecross Hall. Fortunatamente il parroco, un uomo rubicondo che sembrò meno interessato alle circostanze del decesso che al chiaretto offerto da Childermass, non presentò nessun tipo di problema e riuscì a portare a termine la funzione inciampando nelle proprie parole, cosa che gli fece proporre spontaneamente un piccolo sconto in cambio di un altro bicchiere di vino.

Su consiglio di Segundus, Emma decise che fosse necessario aspettare prima di parlare della sua decisione a Childermass. Era ancora troppo indebolito, tanto psicologicamente quanto fisicamente, per lanciarsi subito in una nuova sfida che non avrebbe esitato ad accogliere all’istante e questo perché, oltre ad essere alla loro portata, un successo avrebbe potuto significare tanto la fine dei loro problemi quanto l’inizio di un futuro in cui la magia avrebbe raggiunto nuove vette.

Dopo avere trascorso un po’di tempo in silenzio contemplando la croce disadorna decisero di tornare in casa. Emma e Segundus si accomodarono davanti al camino discutendo dei pasti futuri per tentare di trovare una distrazione.

Childermass rimase in piedi accanto alla finestra fumando la terza pipa dal suo risveglio e guardando le sagome che si muovevano nel riflesso del vetro. Sembrava essere l’unica cosa in grado di calmare la sua irrequietezza e di distrarlo dall’istinto che gli diceva di non perdere tempo, di tornare in quella stanza, di riprendere le ricerche da dove le aveva lasciate, dai brandelli che erano l’unico scopo della sua esistenza.

Segundus, ignaro del fatto che Childermass potesse vedere ogni suo movimento e lo stesse guardando altrettanto attentamente, si voltò più volte verso di lui pensando a cosa avrebbe potuto fare per aiutarlo tentando di reprimere la tentazione di correre verso di lui e abbracciarlo e baciarlo come era successo quella mattina, magari in circostanze diverse in cui le lacrime avrebbero lasciato spazio alle risa e Childermass avrebbe risposto con entusiasmo colmando il vuoto che il suo gesto aveva solo contribuito ad allargare.

A Segundus bastò abbassare lo sguardo per un attimo di troppo per sentire lo scatto di un catenaccio. Quando la sua attenzione tornò alla finestra, Childermass era sparito.

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Capitolo 6
*** Fiumi d'inchiostro ***


6. Fiumi d'inchiostro

Capitava raramente che Segundus riuscisse a guardarsi allo specchio. A differenza delle grandi case nobiliari, i cui proprietari non badavano a spese quando si trattava di commissionare manufatti in vetro ai migliori artigiani europei, Starecross Hall ne era quasi completamente sprovvista. I pochi esemplari impolverati che recavano ancora le tracce di chi li aveva mossi dal loro appiglio si trovavano in un’ala poco accessibile della casa ed erano coperti da vecchi teli per evitare spiacevoli contatti con il mondo fatato. L’unico specchio disponibile, lasciato nel cuore della casa, era abbastanza grande da riflettere l’intera sagoma di due persone, ma dopo avere contribuito al viaggio dei maghi a Venezia era subito stato coperto da una nuova patina opaca così che, pur abbandonandoci distrattamente lo sguardo, nessuno avrebbe colto i dettagli più sottili della propria figura.

Eppure in quel momento Segundus avrebbe voluto avere un piccolo specchio tutto suo per accertarsi che il biancore apparso di recente tra i suoi capelli non fosse peggiorato nei due giorni di silenzio che Childermass aveva trascorso rinchiuso nella stanza, uscendo solo per rispondere alla fame nella sera del secondo. Considerando lo stato in cui l’aveva trovato la mattina dopo la morte di Vinculus non riusciva a non essere ossessionato dal fatto che, trovandosi da solo, potesse sentirsi mancare in qualsiasi momento senza potere accettare un aiuto che la sua testardaggine e il suo orgoglio sfacciato non gli consentivano di chiedere. Eppure l’aveva visto nel suo momento più fragile e Childermass non solo aveva accettato il suo aiuto, ma aveva chiesto di più stringendolo tra le sue braccia, come se stesse pregando di non essere abbandonato.

Emma aveva continuato imperterrita a studiare i suoi appunti come se nulla fosse, ma nei momenti di pausa che trascorrevano parlando di qualsiasi altro argomento riusciva a leggerle nello sguardo il desiderio di riprendere il confronto con il mago al più presto. Entrambi sapevano quanto fosse fondamentale il suo contributo.

L’umore di Childermass stupì entrambi quando si fece vivo chiedendo qualcosa di bollente e saporito da mettere sotto i denti. La sua aria flemmatica degli ultimi tempi era stata spazzata via da un entusiasmo insolito, probabile frutto dei suoi progressi che presentò loro sotto forma di un fascicolo particolarmente ordinato con fogli di pelle candida su cui risaltava il filo dei ricami. Entrando nella stanza, Segundus notò che durante il ritiro si era premurato di renderla di nuovo vivibile, ma non poté fare a meno di rabbrividire per il misto di gelo e umidità e si affrettò ad accendere il fuoco con i rimasugli di legna secca abbandonati accanto al camino.

Durante la cena Emma parlò di Venezia, della luce del tramonto che creava così tante ombre da dare l’illusione che i palazzi si moltiplicassero prima di sprofondare nelle tenebre, delle immagini restituite dall’acqua che creavano un regno capovolto, perturbato solamente dalle barche e dai bambini che si divertivano a lanciare pietruzze nei canali e privo di quella sensazione orribile che il solo pensiero di Lost Hope le provocava.

Childermass rimase rapito dalla descrizione delle librerie preferite dalla nobildonna e confessò con malinconia il desiderio di tornare in quel luogo così ricco di storia e curiosità. Nel suo cuore si univano la speranza di salvezza per le lettere del Re e il timore di scontrarsi con qualunque cosa ci fosse al di là dello specchio, ma per un momento abbandonò la fantasia e pensò a quali meraviglie umane avrebbe potuto assistere nascosto nell’ombra di un vicolo.

La stanchezza non tardò a impossessarsi delle sue membra e, finito il pasto, si ritirò nelle sue stanze pensando che il giorno seguente avrebbero dovuto decidere come trovare e riportare in vita Bernard Ainsworth. I resoconti di ciò che Strange aveva fatto in tempo di guerra erano giunti anche alle sue orecchie e non erano confortanti quanto la prosa scorrevole del suo manoscritto.

Non era da Segundus restare in silenzio durante una piacevole discussione, ma quella sera non gli riuscì di fiatare fino a quando non si rese conto che Childermass era finalmente al sicuro nelle sue stanze. A ogni parola o sorriso accennato del suo compagno di sventure aveva provato la stessa sensazione di sollievo che gli provocava la fine di ogni incantesimo e più volte si era soffermato a fissarlo per cogliere ogni minimo segno di dolore a cui era convinto di poter porre rimedio meglio di chiunque altro.

L’apprensione, però, gli aveva provocato uno stato tale di agitazione che fu costretto a richiedere un noioso manoscritto da leggere per conciliare il sonno anche se sapeva che avrebbe potuto sortire l’effetto contrario. Tutti i fogli rimasti intatti dopo la visita del Re Corvo erano tenuti in ordine da una serie di nastri ed erano stati riposti in un cassettone vuoto che si trovava nella stanza di Emma.

Mentre stava rovistando nell’angolo più profondo del mobile, il polsino della camicia iniziò a risalirgli il polso con cui, nella fretta degli ultimi giorni, doveva avere sicuramente urtato dell’inchiostro non ancora asciutto. La conferma gli venne dallo specchietto di un carillon finemente cesellato appoggiato davanti alla finestra. Forse a causa della lunghezza dei capelli, o per la gentilezza dei presenti, nessuno gli aveva fatto notare che era sporco d’inchiostro anche sulla tempia che era solito sfiorare quando si trovava in meditazione.

Provò un po’di disgusto ricordandosi che non si era dedicato alla propria igiene per giorni e in quel momento non riuscì a pensare a nulla di meglio di un bagno caldo per rilassarsi e sconfiggere l’insonnia. Avrebbe potuto benissimo consultare il manoscritto dalla comodità della tinozza. La pelle d’oca era un piccolissimo prezzo da pagare per potere ammirare la luce tremula del fuoco riflessa dall’acqua sulle pareti nella penombra della piccola cucina.

Segundus iniziò a ritrovare un po’di pace in quel silenzio che poco prima avrebbe considerato maledetto e, per sua stessa sorpresa, si mise a mormorare una di quelle melodie che la cuoca era solita cantare tra sé mentre rimestava la zuppa per ore. Per un attimo si convinse quasi che la bontà dei suoi piatti fosse frutto di qualche incantesimo celato nelle aspre consonanti gaeliche o nei nodi dei suoi capelli ramati e mentre versava l’acqua si ripromise che le avrebbe garantito più giornate libere.

Senza l’ingombro della servitù Segundus non si preoccupò di chiudere la porta a chiave, appoggiò un’asse di legno a cavallo della tinozza e iniziò finalmente a liberarsi dalla costrizione di diversi strati di vestiario.

Fu un semplice stupore che lo colpì quando si rese conto che i tratti grigio topo dell’inchiostro si spingevano ben oltre il previsto. Risvoltando una manica per controllare la temperatura dell’acqua, infatti, si rese conto che la china percorreva tutto l’avambraccio e i segni si facevano più fitti a ogni centimetro di pelle esposta. Passò un panno bagnato sulla pelle per evitare di sporcare eccessivamente l’acqua della vasca senza porsi troppe domande, ma senza risultati se non un panno ugualmente candido e un inchiostro perfettamente intatto.

Un po’spazientito, iniziò a sfregare con sempre maggiore energia e più sfregava più la pelle iniziava a bruciare per la frizione.

Ovunque guardasse c’erano scritte. Comparvero occhi d’inchiostro sul braccio sinistro, segni indecifrabili su un fianco, dei simboli a spirale su un ginocchio.

Si immerse completamente nell’acqua della vasca sprofondando fin sopra ai capelli per non farsi prendere dal panico e per un po’si fece cullare dal rumore ovattato della legna che scoppiettava nel camino. Non era strano che la forza della magia gli provocasse delle allucinazioni. Doveva solo smettere di pensare e riprendere il controllo. Provò a dimenticarsi della sua situazione permettendo alla mente di viaggiare nell’universo mondano.

I cavoli del giardino non erano mai stati così rigogliosi. Da almeno un mese la porta della sua stanza aveva iniziato a cigolare. Si chiese da quanti anni nessuno si prendeva cura della canna fumaria. Alla prima occasione avrebbe chiesto di poter cavalcare Brewer nonostante Childermass l’avesse avvertito del suo carattere volubile.

Solo quando i polmoni e la gola iniziarono a dolorare per la mancanza di ossigeno ebbe la forza di sollevare il capo dall’acqua e ci volle ancora molto prima che trovasse il coraggio di aprire gli occhi.

Uscì dalla vasca con urgenza, non curandosi dell’acqua rovesciata né delle piante dei piedi a contatto con le pietre ghiacciate del pavimento. Nella foga riuscì a urtare una ciotola appoggiata accanto al bordo del tavolo che si schiantò a terra andando in mille pezzi. Si mise a rovistare tra le stoviglie finché non riuscì a trovare una pentola pulita quanto uno specchio e solo allora, solo vedendo l’intera estensione del suo corpo deformato dalla curvatura del metallo, riuscì a rendersi conto del peso della situazione.

***

Childermass scese le scale correndo nel buio e rischiando urtare spigoli a ogni gradino o angolo svoltato. Quando spalancò la porta della cucina, l’acqua stava ancora brillando per l’incantesimo con cui Segundus l’aveva chiamato a sé dopo che il terrore gli aveva paralizzato le corde vocali. Il mago se ne stava seduto con la testa tra le mani, quasi completamente avvolto nel telo di lino della vasca nell’inconscio tentativo di preservare il ricordo del corpo che conosceva.

“Signor Segundus, John, cosa succede? Ho sentito dei rumori, ma credevo fosse…” chiese Childermass precipitandosi accanto a lui “insomma, non ho avvertito nessuna magia che avrebbe potuto recarvi disturbo. C’erano dei ladri? Siete ferito?”. A parte i frammenti di ceramica a terra non c’erano segni che potessero indicare un’aggressione.

Segundus, con una lentezza insopportabile, lasciò scivolare un braccio fuori dal telo e lo protese quasi faticosamente verso Childermass continuando a fissare un punto indefinito di fronte a sé. In controluce i segni si notavano appena, ma sul viso di Childermass si dipinse immediatamente un’espressione di più assoluta incredulità.

Alla sua reazione Segundus si incupì ulteriormente.

“Quindi li vedete anche voi? Non li sto immaginando?”

“Se sono un’illusione potremmo usare Ormskirk…”

“Credete che sia un’illusione?”

Se non fosse stato per la forza con cui Childermass lo afferrò per le spalle, Segundus non si sarebbe mosso dalla sua posizione per giorni.

In un attimo si trovò su una sedia davanti al fuoco, avvolto in un panno asciutto e con Childermass ai suoi piedi, a una certa distanza, che fremeva visibilmente dalla voglia di vedere e capire, ma si trovava nel peggiore degli imbarazzi.

“Non voglio che vi venga un malanno. Quando avrete smesso di gocciolare potremo parlare di qualsiasi cosa sia successo o provare un incantesimo.”

“La fate così semplice, ma non siete voi quello conciato come Vinculus. Avete già dimenticato cosa è successo per colpa del Libro?”

“No, non sono io quello in difficoltà e no, ho lavorato e sofferto con voi negli ultimi giorni, ma non voglio che sia una polmonite a uccidervi prima che decida di farlo il Re Corvo.”

Lavorando per Norrell, Childermass era sempre stato abituato a nascondere i propri veri sentimenti fino al momento in cui aveva deciso di abbandonarlo, ma nulla l’aveva preparato a gestire allo stesso tempo la curiosità di ispezionare un libro, l’impulso di risolvere un mistero legato al Re Corvo e l’imbarazzo di non poter fare nulla per soddisfare immediatamente i propri desideri perché, per studiare il libro in questione, avrebbe dovuto chiedere a un mago estremamente pudico di mostrargli la propria pelle.

“Scusate, non volevo essere scortese” si affrettò ad aggiungere notando lo sguardo spaventato del mago. “Non credo che quella sia l’intenzione del Re. Se i segni non sono uno scherzo di qualche essere fatato sicuramente sono stati destinati a voi perché vi ha ritenuto degno di portarli.”

“Come può essere lo stesso Libro? Riconosco alcuni simboli, ma è tutto diverso…”

“È possibile che abbia deciso di cambiare ospite perché è cambiato il contenuto. Quando la magia è tornata in Inghilterra probabilmente si è avverato tutto ciò che era scritto. Questa sarà una nuova profezia.”

“O un libro di ricette…” provò a scherzare Segundus.

“Se il libro vi dà lo stesso senso dell’umorismo di Vinculus il problema è peggiore del previsto!”

Entrambi riuscirono finalmente ad accennare un sorriso, ma la tensione non se ne andò.

Childermass prese coraggio e si avvicinò al mago schiarendosi la gola per l’imbarazzo. Solo soddisfare la propria curiosità gli avrebbe permesso di dormire tranquillamente.

Afferrò l’orlo del panno avvolto attorno al collo di Segundus e, al suo cenno di assenso, lo fece scivolare poco alla volta dalle spalle illuminandosi alla vista di segni familiari che seguivano la linea delle clavicole.

“Sono certo che la lingua sia la stessa. Forse l’idea di risvegliare dai morti l’uomo che li sa leggere non è poi così assurda. Ecco, se posso…”

Childermass rigirò più volte Segundus verso la luce e il calore del camino finché non fu abbastanza soddisfatto, ossia finché non pensò che scendere oltre le clavicole avrebbe peggiorato l’imbarazzo provato dal povero mago.

Intanto Segundus conservava il nodo allo stomaco, ma iniziò a temere che non si trattasse più di paura, e continuava ad avere un’insistente pelle d’oca, ma iniziò a temere che non fosse solo colpa della temperatura.

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