The only exception

di Sharon9395
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


The Only Exception

 

Capitolo I

 

<< Svegliati, Kat! >> urlò Clarke, strattonando l’amica << Su, dai, muoviti! >>.

<< Ancora cinque minuti >> rispose, girandosi dall’altro lato e buttandosi il cuscino sulla testa per cercare di ripararsi dalle grida.

<< Ma quali cinque minuti! Svegliati! Oggi inizia l’addestramento! >> continuò Clarke e tolse di colpo le coperte dal letto, nella speranza che si svegliasse.

<< Quale addestramento? Ma di che cavolo parli?! Lasciami dormire! >> ribattè.

 

Kat e Clarke erano amiche da quando entrambe avevano scelto di unirsi agli Intrepidi. Kat era stata una Candida, mentre Clarke una Pacifica. La prima aveva dei lunghi capelli rossi con una frangetta che le ricadeva dritta sui suoi grandi occhi castani e leggermente a forma di mandorla ( ricordava vagamente gli indigeni d’America ) con dei grandi occhiali. Lavorava nella Sorveglianza agli Esclusi. Era magra, ma anche muscolosa, così anche Clarke: gli allenamenti le avevano rimodellate.

Quest'ultima, invece, era bassina, con capelli lunghi, ricci e castani. Gli occhi erano azzurri e grandi. Lei era un’addetta alla Guardia della Recinzione.

 

All’improvviso si udì il campanello suonare, così Clarke si precipitò alla porta e aprì.

<< Ah… Siete voi. Entrate. >> .

Erano i loro migliori amici, Quattro e Zeke, conosciuti quando avevano solo 16 anni durante l’iniziazione. Erano entrambi molto alti e muscolosi. Quattro era nato tra gli Abneganti, ma aveva scelto di andarsene da lì, poiché il padre usava violenza contro di lui. I capelli erano castani e corti, mentre gli occhi erano di un blu simile a quello delle acque profonde del mare.

Kat si prese una cotta per lui a 16 anni, ma tutto finì per diventare un passato sul quale, ormai, scherzavano. Zeke, invece, era nato tra gli Intrepidi e vi era rimasto. Altissimo e anche lui era molto muscoloso. Aveva i capelli e gli occhi neri come la pece, e la pelle scura.

Se Kat si era presa una cotta per Quattro, Zeke ne aveva avuta una per Clarke. D’altra parte Clarke era molto corteggiata, ma non diceva mai di si. Aveva altri progetti in mente, e se prima non li avesse realizzati, l’amore poteva andare a farsi benedire.

 

I due ragazzi si buttarono sul divano e accesero la Tv.

<< Kat? E’ pronta? Non possiamo fare tardi, anche oggi >> chiese Zeke.

<< No. Non si alza. >> .

Allora, Zeke, amante degli scherzi, fin quando era lui a farli agli altri, si avviò verso la cucina e riempì una grossa tazza con dell’acqua gelida.

<< Cosa hai intenzione di fare?!>> gli intimò Clarke.

<< La sveglio, ovviamente>> rispose ridendo.

Si avvicinò al letto di Kat di soppiatto, e… d’un tratto tutta l’acqua si era riversata sul viso della ragazza che sobbalzò iniziando a maledire l’amico << Sei un emerito idiota!>>

<< Su. Alzati, dobbiamo andare… l’addestramento… primo giorno nella Squadra Speciale… ricordi? >>.

<< Addestramento? Squadra Speciale? >> domandò a se stessa ad alta voce.

Smise per un momento di interrogarsi ed esclamò a gran voce facendo spaventare Clarke e Quattro. << Oddio! Che stupida! Clarke, perché non mi hai svegliata?! >>.

<< Che sei stupida già lo sapevamo >> la schernì Zeke, continuando a ridere di gusto.

<< Come, scusa?! Io non ti ho svegliata?! E’ da un quarto d’ora che cerco in ogni modo di farti alzare, ma continui a rispondere “altri cinque minuti”! >> le urlò contro Clarke, indispettita.

Così, l’Intrepida, ancora mezza assonnata, si alzò dal letto, ormai bagnato fradicio, e si diresse verso il bagno.

 

<< Sapete quale Capofazione vi addestrerà o è una sorpresa?>> chiese Clarke.

<< Si sa… è… Eric…>> rispose Quattro, abbassando lo sguardo.

<< Eric? Ma Eric, Eric? >> continuò a chiedere Clarke non credendo alle parole dell’amico.

<< Si, proprio lui >> affermò Quattro.

 

 

Dopo 15 minuti, uscirono insieme da casa e si diressero verso la mensa per la colazione.

<< Sediamoci lì >> disse Kat indicando un tavolo infondo alla sala, isolato e tranquillo, proprio come piaceva a lei. Odiava essere osservata mentre mangiava.

Si accomodarono e cominciarono a gustare le loro colazioni.

<< Guardate chi sta venendo proprio qui >> disse Clarke. I tre si voltano e videro Eric con il suo “amico”, o meglio cagnolino da guardia, Luc.

Era un ragazzo, diciottenne come loro, con la differenza di essere stato nominato già Capofazione (il più giovane che fosse mai esistito). Aveva occhi grigi, glaciali e penetranti, come la sua voce fredda, profonda e distaccata, i capelli, invece, corti e biondi. Il collo e le braccia erano stati tatuati: delle righe di diverso spessore accompagnavano la forma del collo, mentre una sorta di labirinto si disegnava sugli avambracci. Era molto alto e muscoloso e…attraente; almeno per la maggior parte delle ragazze Intrepide che ci provavano, senza riuscirci.

Solo Kat non lo vedeva in quel modo. Per lei era un bastardo e nulla le avrebbe fatto cambiare opinione. E aveva le sue buone ragioni per considerarlo così.

<< Con tutti i tavoli che ci sono proprio vicino al nostro doveva venire?!>> bisbigliò Kat, pensando di non essere sentita.

<< Si, proprio qui >> disse il giovane Capofazione alle sue spalle.

<< Non credo sia un fastidio. Insomma… ora dovremo vederci tutti i giorni. Meglio che inizi a farci l’abitudine >> continuò Eric << a dopo >> sorrise maliziosamente, fissando la ragazza e allontanandosi.

Kat, infastidita, si alzò di scatto dal tavolo prendendo le sue cose. << Dove stai andando? >> le chiese Quattro afferandola per un braccio. << Ho finito e me ne vado >> rispose prontamente.

Si liberò dalla presa e uscì dalla mensa dirigendosi verso la palestra dove ci sarebbe stato l’addestramento.

Dopo qualche minuto Zeke e Quattro la raggiunsero ed entrarono tutti e tre insieme, impazienti di sapere chi fossero gli altri otto scelti per la Squadra Speciale.

Entrati, Kat esclamò a voce bassa << Wow. Sono l’unica ragazza, in mezzo ad un branco di bifolchi. Fantastico >>.

<< A volte dovresti ricordarti di tenere a freno la lingua. Ti sentono >> le ricordò Zeke, poiché tutti si erano voltati verso di loro, e lei, imbarazzata, si nascose dietro Quattro facendosi piccola piccola.

 

La porta si aprì ed entrò Max, il capofazione più anziano, seguito da Eric.

<< Buongiorno, intrepidi. E intrepide >> disse, rivolgendosi a Kat e sorridendole. Gli era sempre stata simpatica dal primo giorno in cui era arrivata. Nutriva per lei grandi speranze per un brillante futuro. Probabilmente era stato proprio lui ad insistere affinché proprio lei entrasse nella Squadra Speciale.

<< Siete stati convocati qui – cominciò l’anziano Capofazione - oggi, per iniziare un addestramento avanzato, poiché insieme costituirete la nuova Squadra Speciale, le cui finalità resteranno a voi sconosciute fino alla fine di questi 15 giorni. Lavorerete con Eric, giovane Capofazione, ma non per questo inesperto. Rendeteci fieri >>. Max salutò Eric e si allontanò dalla palestra.

 

Il giovane Capofazione ordinò immediatamente di fare 10 giri di corsa lungo il perimetro della città.

I ragazzi uscirono al suo seguito dalla stanza e Kat si fermò per legare i suoi lunghissimi capelli rossi.

<< Kat! >> urlò Eric, accorgendosi della sua assenza << Hai bisogno anche di uno specchio? Domani, quei capelli, voglio vederli corti. Se non li taglierai tu, lo farò io. Sei avvertita >>.

La ragazza osservò la sua coda e pensò fra sé che quei capelli non li avrebbe tagliati mai. E di certo non lo avrebbe fatto perché un presuntuoso gliel’avesse ordinato. Poi raggiunse il gruppo e si avvicinò all’amico Zeke.

<< Ehi, è uno stronzo, lascia stare >> cercò di consolarla.

<< Si, lo è. >> .

<< Sai, potresti andare da Tori. Insomma, di solito si occupa di tatuaggi, ma è bravissima anche con i capelli>> continuò Zeke.

<< Non li taglierò. >> decretò Kat.

<< Sei matta? Vuoi mettertelo contro già da adesso? Ora è il nostro Capofazione. Non possiamo ignorarlo >>.

<< Io lo ignorerò >> affermò con fermezza la ragazza continuando a correre.

 

Al quinto giro Eric si fermò e annunciò << Da adesso, alziamo il livello di difficoltà. Continueremo a correre. Non qui, a terra, ma saltando dal tetto di un palazzo all’altro. Se qualcuno o qualcuna –disse, fissando la ragazza – ritiene di non farcela o rimane indietro, lascerà la Squadra >>.

 

Kat era nervosa e arrabbiata più che mai, non avevano neppure iniziato e lui già la prendeva di mira. Aveva la sensazione che quei 15 giorni sarebbero stati molto lunghi. Raggiunse la testa del gruppo con il Capofazione, mantenendo il suo stesso passo. Lui aveva osato sfidarla. Pensava che lei non ce la facesse. Ma gli avrebbe dimostrato esattamente il contrario. “Potrà essere diventato anche un Capofazione, ma è pur sempre il solito arrogante Eric con la sua faccia da schiaffi” pensò.

Facevano lunghi salti a metri e metri di distanza dal suolo senza avere la minima paura di cadere giù. Kat, in effetti, come Quattro, temeva le altezze, ma entrambi avevano imparato a non guardare in basso e a concentrarsi su ciò che stava loro di fronte.

 

Alla fine della corsa tornarono in palestra ed Eric, che la aveva notata accanto a se durante il riscaldamento, disse << Bene, vedo che ci siamo ancora tutti. Ora ognuno di voi dovrà iniziare a lavorare sui suoi punti deboli. Tu – indicò Kat – devi lavorare sulle braccia. Sono troppo… delicate>>.

Mostrò a tutti i loro punti deboli e come lavorarci su. Poi si diresse verso la ragazza, portando con se dei pesi << Questi, devi metterli alle braccia e alle gambe. Poi farai un’ora e mezza di corsa intorno al nostro isolato. >>

Kat prese i pesi e li indossò senza dire una parola, ma fissandolo di bieco.

<< Ti verrò a controllare, ora inizia >> . Lei annuì e uscì fuori dalla palestra.

 

La giornata continuò tranquillamente, se non fosse stato per Eric che le ricordò di dover tagliare i suoi capelli dicendole di non essere ad una sfilata di moda e prendendola in giro di fronte a tutti, cosa che la indispettì ancora di più, tanto da portarla a ritirare il pensiero che dopotutto non era così stronzo come ricordava.

Prese ad urlare contro il Capofazione che in quel momento era girato di spalle << Eric! Sei un grandissimo bastardo! Ma chi ti credi di essere, eh? Solo perché sei stato nominato Capofazione non significa che tu sia migliore di noi. Chiaro?! >>

Uscì dalla palestra sbattendo le porte e Zeke e Quattro la seguirono per evitare che lei facesse qualche altra stupidata, come presentarsi a casa di Eric e distruggergli le finestre a sassate o a colpi di pistola.

 

I due ragazzi accompagnarono l’amica a casa, sperando che Clarke fosse tornata già dal suo turno di guardia, ma non trovarono nessuno. Kat aprì la porta, entrò e si buttò, esausta, sul divano. I due ragazzi la imitarono e accesero la Tv.

Nessuno di loro aveva voglia di parlare o di ascoltare davvero la televisione così restarono a fissare il vuoto e a sonnecchiare.

 

<< Ciao, ragazzi! >> esclamò Clarke appena arrivata << Com’è andato questo primo giorno? >>

I tre non risposero. Rimasero in silenzio. Probabilmente stavano tutti pensando alle frecciatine tra Kat e Eric conclusesi con il gran finale.

<< Uno schifo >> rispose Kat.

<< Come uno schifo? Cosa è successo? >>.

Zeke iniziò a raccontare la giornata e Clarke commentò con << E’ davvero un grandissimo bastardo>>.


Angolo autrice:
Salve a tutti!
Pubblicare la mia storia è stata una scelta difficile, quasi come quando devi scegliere tra cornetto al cioccolato e cornetto bigusto o quando hai davanti il menù con 40 tipi di pizze tutte diverse e sembrano tutte allo stesso modo fantastiche.
Questa è la mia prima FF, ammetto che non è un granchè come inizio, ma nei prossimi capitoli le cose inizieranno a movimentarsi. E niente, spero che vi incuriosisca almeno un po' e accetto suggerimenti ( anzi, li pretendo u.u ). Grazie a chi leggerà o recensirà (nella speranza che qualcuno lo faccia xD) e ciaooo!

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo II

 

<< Cammina! >>. Le urlò trascinandola, senza mostrare pietà, verso quella che sarebbe stata la sua fine.

Kat era terrorizzata. La paura l’aveva resa immobile, priva di ogni forza per reagire. Cercava un qualunque appiglio, qualcosa che potesse darle quella forza che le mancava. Ma sembrava non trovare nulla. Nessun pensiero per quanto felice poteva aiutarla. Fin quando, prima di perdere ogni speranza ripensò a quella famosa frase letta nel suo libro preferito “mi apro alla chiusura”.

Si, devo rassegnarmi, prendere coscienza che questa è la fine, solo così potrò, almeno, morire con dignità. In fin dei conti, per una mente ben organizzata la morte non è che una nuova, grande avventura ” pensò.

Iniziò, dunque, a camminare a testa alta, così come aveva fatto Harry, il protagonista di quel libro, liberandosi dalla forte stretta di Eric, verso il patibolo.

Le mise la corda intorno al collo e le sussurrò all’orecchio sfiorandolo con labbra gelide << E’ finita >>.

 

Si svegliò improvvisamente sudaticcia e spaventata. Aveva il fiatone.

Bevve un bicchiere d’acqua per calmarsi e, poi, prese Harry Potter e l’Ordine della Fenice. Un vecchio libro di un passato ormai quasi dimenticato che aveva rubato da bambina intrufolandosi in una biblioteca degli Eruditi. Era riuscita a recuperare tutta la saga, ma fu punita lavorando in quella biblioteca per circa un anno.

In quel periodo scoprì l’amore per la lettura e la punizione divenne un vero e proprio piacere. Quel libro era, come lo definiva lei, il suo “salvatore”. Ogni qual volta si sentisse giù e avesse bisogno di ritrovare la speranza iniziava a rileggerlo e tutto tornava ad andare per il verso giusto.

Pensava che avesse davvero qualcosa di “magico”, di speciale, altrimenti non si spiegava come potesse tranquillizzarla.

Clarke, intanto, che non si era accorta di nulla, continuava a dormire beatamente. Fin quando Kat non sbattè il gomito contro il muro.

<< Cosa diavolo stai facendo? >> le chiese.

<< Niente, mi sono fatta male il gomito >> rispose Kat.

Per qualche istante il piombò il silenzio, poi Clarke, vedendo che l’amica era presa dalla sua lettura, continuò << Perché non dormi? >>

<< Non ho sonno >>

<< Ma davvero? Non mi prendi in giro sai? Su, cosa è successo? >>

<< Un incubo, niente di rilevante >>

<< Racconta >>. Mise il segnalibro nella pagina che aveva appena finito di leggere e chiudendo il libro disse << Come sei pesante. Ho semplicemente sognato che Eric mi impiccava >>

<< Solo tu puoi sognare certe cose. Torna a dormire, domani c’è molto da fare >>.

<< Si, ora che finisco il capitolo >>.

Clarke guardò dolcemente l’amica e si riaddormentò, mentre Kat riaprì il libro e si immerse nuovamente nella lettura finché il sonno non prese il sopravvento.

 

Il mattino seguente, verso le 7, le due ragazze si svegliarono e andarono in mensa come al solito. Lì trovarono Zeke e Quattro.

<< Buongiorno! >> le salutò Zeke.

Clarke e Kat risposero con un cenno della testa, erano entrambe ancora stanche.

<< Che allegria. Sempre molto attive >>.

<< Taci, Zeke >> lo ammonì Kat, che non aveva voglia di sentirlo parlare.

Dopo la colazione si divisero: Clarke doveva andare alla recinzione, mentre gli altri tre si diressero verso la palestra, dove trovarono Eric con Luc. Erano da soli. Gli altri sette o non erano ancora arrivati o semplicemente si erano ritirati.

<< Kat, i capelli >> le ricordò Zeke, credendo che se ne fosse dimenticata.

<< E con questo cosa vorresti dire? >>

<< Dovevi tagliarli! Ora chissà cosa farà. Potrebbe cacciarti >>.

<< Lei ha la libertà di portarli come le pare >> intervenne Quattro.

<< Grazie >> rispose Kat.

 

Quando la Squadra fu al completo, Eric cominciò a parlare, esponendo il programma della giornata.

<< Oggi lavoreremo sulle armi da fuoco. Mettetevi alle vostre postazioni… Ah e… Kat, i capelli. Ti avevo avvertita. Luc, tienila ferma >>

Quattro, preso dalla rabbia, si parò di fronte all’amica sferrando un pugno al cagnolino.

Ma Eric era proprio dietro di lei: le afferrò la lunga treccia, la tagliò e la buttò ai suoi pedi con disprezzo.

Kat si voltò e, imitando, l’amico tentò di sferrargli un pugno, che, però, riuscì a fermare afferrandole la mano.

<< Eri stata avvertita. Cambio di programma. Oggi lavoriamo sul corpo a corpo >>.

 

Kat doveva sfidarsi contro Marcus, un ragazzo più grande. E non solo di età.

Quattro, invece, doveva sfidarsi contro Luc, e Zeke invece contro Ed, un ragazzino di 17 anni non molto alto e nemmeno muscoloso, ma particolarmente agile.

 

Iniziò la ragazza.

Manteneva la guardia. Non voleva attaccare per prima. Avrebbe studiato un po’ il suo avversario per capire la sua strategia e il suo modo di muoversi.

Marcus, però, non aveva una vera e propria strategia. Puntava tutto sulla forza e, infatti, cercava di colpirla con dei pugni, ma lei era abbastanza veloce da schivarli sempre con facilità.

Eric iniziò a stufarsi di vedere che i due non combattevano davvero, ma che temporeggiavano, così li fermò e disse << Basta, fermi. I Pacifici e gli Abneganti lottano meglio di voi. Kat, ora ti scontrerai me, magari impari qualcosa >>.

In quel momento la ragazza pensò “ Ecco, il sogno era un avvertimento. Oggi ti fa fuori.”

Lui le si parò di fronte e disse fissandola negli occhi << Avanti, colpisci >>.

Avanzò e provò a sferrargli un calcio, ma Eric riuscì, anche questa volta, ad afferrarle al volo la gamba, facendola cadere a terra. Lasciò la presa e le permise di rialzarsi.

<< Ho detto, colpisci >> disse il ragazzo in tono freddo e quasi annoiato.

Quattro e Zeke osservavano la scena attentamente in modo da poter intervenire nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno.

Kat provò, allora, a colpirlo un destro, mirando alla mandibola. Ma anche questa volta lui agguantò la mano portandole il braccio dietro la schiena. Il dolore era forte, sembrava quasi che le stesse sbriciolando le ossa, ma poteva resistere. Non voleva sembrare debole.

Eric la lasciò e le sferrò un pugno sull’occhio facendole cadere le lenti a contatto e poi ancora sul naso. Il sangue iniziava a grondare e lei cercava di difendersi rispondendo ai colpi, ma quando le tirò un calcio nella spina dorsale, perse l’equilibrio e cadde a terra svenendo.

Quattro e Zeke si catapultarono dall’amica cercando di risvegliarla a suon di schiaffi in faccia.

<< Portatela in infermeria >> gli ordinò Eric, i due, guardandolo torvo, presero Kat e la trascinarono fuori dalla palestra.

 

 

<< Mettetela qui >> disse l’infermiera.

<< Si rimetterà, vero? >> chiese Zeke preoccupato.

<< Sicuro, è nelle mie mani >>.

Uscirono dalla stanza e aspettarono all’ingresso, sperando che arrivassero subito buone notizie.

Ma siccome passò molto tempo Quattro decise di andare a casa di Kat per aspettare Clarke e informarla sull’accaduto; mentre l’altro restò in infermeria ad assistere l’amica.

Passarono oltre due ore prima di sapere cosa le era successo: l’infermiera informò che non era nulla di grave, che aveva solo perso i sensi per il troppo dolore e il troppo sangue perduto, ma poteva riportarla a casa anche subito, aveva bisogno solo di qualche giorno di riposo. Cosa che, Kat, non avrebbe di sicuro rispettato.

Poco dopo che la ragazza si era svegliata fecero ritorno a casa.

Trovarono Quattro e Clarke che le disse <> .

<< No, io voglio uscire. Sto bene. E poi un po’ di svago non può che farmi sentire meglio >> rispose l’infortunata.

<< Ma l’infermiera ha espressamente detto che devi riposare! >> le ricordò Zeke.

<< E secondo te io salto gli allenamenti? Secondo te io le do ascolto? >> rispose ridendo.

.

Dopo che i due amici se ne furono andati, Kat e Clarke si cambiarono. La prima indossò dei semplici jeans neri, una t-shirt nera ( il nero era il colore più usato tra gli Intrepidi) e la sua giacca di pelle. La seconda, anche, indossò dei blue jeans e una t-shirt nera con del rosso.

 

Prima di raggiungere le altre ragazze, fecero una sosta da Tori Wu per un tatuaggio: il primo di Kat da quando si trovava tra gli Intrepidi.

<< Dimmi, cosa vuoi che ti disegni? >> le chiese Tori.

<< Bhè, innanzitutto voglio rasarmi metà della testa >>.

<< Stai scherzando, vero? >> disse allibita Clarke.

<< No, assolutamente. Voglio rasarmi metà testa e tatuarci sopra dei… dell’edera. Si, l’edera >>

<< Smettila di dire minchiate. Eric ti ha colpita proprio bene >> rispose Clarke mentre rideva a crepa pelle con Tori.

<< Va bene. Faccio la seria. Voglio che mi tatui sulla parte posteriore della spalla sinistra la frase “Happiness can be found, even in the darkest of time, if one only remembers to turn on the light”>>

affermò seriamente questa volta.

<< Bellissima questa frase. Da dove l’hai presa? Aspetta non rispondere, dal tuo libro, ovviamente>> fece Clarke.

 

Dopo aver fatto il tatuaggio, le due andarono nel centro della città di Chicago, in un locale dove si incontravano e passavano il tempo ragazzi e ragazze di tutte le fazioni. A dire il vero gli Intrepidi non avevano particolari rapporti con gli altri, ma Kat e Clarke, invece, li avevano mantenuti lo stesso.

In quel posto si erano date appuntamento con altri loro amici: Pam, candida, non molto alta, grandi occhi verdi e lunghi capelli neri. Lei, come Kat, aveva letto quel famoso libro e ogni volta che si incontravano non potevano fare a meno di parlarne;

Julie, candida anche lei, di nascita e poi di scelta, era bassina, con i lunghi capelli ricci e neri, parlava sempre, non smetteva mai. Teneva tantissimo all’abbigliamento: aveva un vestitino bianco e nero (da perfetta candida qual era), dei tacchi neri non troppo alti e il suo solito rossetto fucsia/rosa che solo a lei poteva piacere.

Poi c’era Sarah, Pacifica di nascita, ma aveva scelto di schierarsi tra gli Eruditi, bassa, dai capelli corvini e corti. Riusciva a prendere in giro chiunque senza che questi se ne accorgesse, aveva un ottimo senso dell’umorismo e il sarcasmo era il suo pezzo forte.

 

<< Ehi! Siamo qui! >> urlò Julie facendo svolazzare la mano in aria per farsi notare.

<< Ciao, ragazze! Come va? Ma… Kat cosa hai fatto all’occhio? Guarda com’è nero. Hai fatto di nuovo a pugni? E guarda i capelli come sono corti, cosa è successo? >> . Nel giro di pochi secondi Julie era riuscita a tartassarla di domande come al suo solito.

<< Ehm.. durante l’addestramento… mi ha dato un pugno in faccia… e i capelli lunghi mi avevano scocciata >> disse Kat.

<< Chi? Chi ti ha tirato un pugno? >> chiese, prontamente, Julie.

<< Ehm… >>

<< Eric. >> rispose Clarke, prima che l’amica potesse iniziare la frase. << E’ stato Eric. Il nuovo Capofazione. E anche i capelli. Glieli ha tagliati perchè erano d’intralcio >>

Pam e Kat presero a parlare di Harry Potter discutendo su quanto fosse odiosa “faccia da rospo” e i suoi completini rosa, e di quanto, invece, fosse straziante la morte di Sirius ( uno dei loro tanti personaggi preferiti ).

<< E tu Julie, cosa mi racconti? >> chiese Clarke, cambiando argomento poiché non riusciva più a tollerare le due amiche ormai perse nella loro discussione da “Potterheads”, come amavano definirsi.

<< Bah, niente di che… Oddio una cosa c’è… un tipo, si chiama Oliver ci prova, ma non so se dargli retta, boh >> cominciò la Candida.

A fine racconto Sarah a gran voce disse << Basta parlare! Cosa prendiamo da bere? >>

<< Qualcosa di molto pesante. >> rispose Kat.

Julie e Pam non erano d’accordo, infatti ordinarono un succo di frutta.

<< Siete le solite guasta feste. Io prenderò un Jack e cola. Più Jack che cola. Grazie. Clarke, Sarah?>> chiese l’Intrepida.

 

Kat ci andò giù pesante, perché ne ordinò tre di seguito. Mentre beveva il terzo, era quasi alla fine, vide Eric in lontananza. Si alzò come una furia, mentre le altre rimasero immobili per una manciata di secondi senza capire perché si stesse comportando il quel modo.

Lo raggiunse e gli gridò alle spalle << Eric! Ciao! >>. Il ragazzo si voltò sorpreso.

<< Ma che piacere incontrarti di nuovo! Sai mi è venuto in mente che dovevo restituirti una cosa…ricordi?>> disse ridendo e si scaraventò contro di lui cercando di dargli quel maledetto pugno, finendo però a terra.

Lui era sopra di lei e stava per colpirla di nuovo se non avesse iniziato a fissarla negli occhi. Quel momento sembrò durare un’eternità. Kat non provava certo paura, era su di giri a causa dell’alcol e dell’adrenalina, ma percepì qualcosa di diverso. Qualcosa che non aveva mai provato. E sentiva che anche lui probabilmente lo percepiva.

Abbassò il braccio e la lasciò andare.

Clarke intervenne immediatamente per evitare che l’amica facesse qualcos’altro di stupido e insieme alle altre la portarono a casa.

 

<< Cosa ti è passato per la testa, eh Kat? >> le chiese Pam tenendole sulla fronte del ghiaccio.

<< Dovevo restituirgli quel pugno >>.

Sarah e Clarke portarono la ragazza nel letto e, poi, dopo aver chiacchierato un altro po' ognuna tornò nella propria fazione.


Angolo autrice:
Salve! Questo è il secondo capitolo: si capisce abbastanza che sono una Potterhead talmente tanto malata da inserire HP anche in un contesto dove non c'entra quasi nulla. Ma, perdonatemi, non riesco ad immaginare un mondo in cui nessuno conosca la genialità della Rowling u.u
Qui le cose iniziano a movimentarsi, ma la storia non è ancora entrata nel vivo: c'è ancora tanto da scoprire, soprattutto sul passato di questi personaggi. Un grazie a chiunque leggerà o recensirà.
Con la speranza che vi piaccia almeno un po', ci risentiamo al prossimo aggiornamento, un bacio <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo III,

 

P. O. V. ERIC

 

Eric, dopo l’ennesimo scontro con la ragazza, tornò a casa. Non aveva voglia di rimanere in quel luogo chiassoso. Aveva bisogno di silenzio e di solitudine. Doveva riflettere.

Casa sua, se casa la si poteva definire, era un ampio stanzone a piano terra. Aveva una piccola cucina che utilizzava raramente, un divano posizionato nel centro della stanza, un televisore non molto grande e un bagno separato da tutto il resto dell’appartamento. Il mobilio era tutto nero e grigio, e sulle pareti vi erano appese alcune armi. Tranne una. Un coltello. Posto in una teca, sporco ancora di sangue. Quell’ arma gli ricordava chi davvero fosse: un mostro.

 

Andò a farsi una doccia calda per provare a rilassarsi, cosa che, però, gli risultò alquanto difficile. Non riusciva a togliersi dalla mente quello sguardo. Da quando era entrato tra gli Intrepidi nessuno lo aveva mai guardato senza provare timore. Tranne lei. Non lo aveva mai temuto. Forse per questo era riuscita a vedere del buono in lui molto tempo addietro. Ma nessuno più riusciva a farlo, neanche Kat.

Si mise nel letto, provando a dormire: ogni sforzo era vano. I pensieri e il rimorso erano riaffiorati. Era bastata un solo sguardo diretto negli occhi di quella ragazza per rendere inutile il lavoro di quasi un anno e mezzo che lo aveva aiutato a costruirsi una corazza e a scacciare lontano da sé ogni sentimento “umano”.

La notte passò insonne e il mattino dopo si recò direttamente al poligono dove si sarebbe tenuto l’addestramento. Non aveva voglia di mangiare o vedere altre persone.

Il suo desiderio non si avverò: Kat era lì da sola che si esercitava con i coltelli. Decise che la cosa più semplice sarebbe stata ignorarla. Non era necessario parlarle, soprattutto dopo la scenata della sera precendente.

Quando anche il resto del gruppo arrivò, ordinò ad ognuno di trovarsi una postazione. Queste erano separate le une dalle altre da dei pannelli. Di fronte c’erano dei bersagli a forma d’uomo e proprio nel punto in cui si trovava il cuore c’era un punto rosso che lo segnalava. Dovevano mirare e colpire proprio lì. Erano, poi, segnati anche altri punti deboli, che di solito in battaglia erano scoperti, come il collo.

Avrebbero iniziato con semplici pistole a ripetizione semiautomatica.

Indossarono le cuffie e gli occhiali per riparasi e l’unico suono udibile, che aveva preso il possesso della stanza, era quello freddo e deciso della pistola. Rimbombava sulle pareti, riproducendosi come un’eco.

Eric notò che la ragazza se la cavava ancora bene, anzi meglio di come ricordava. Mentre, Ed, il più esile tra tutti, proprio non riusciva a mirare decentemente un solo colpo, cosa che lo fece uscire fuori di senno, pensando che avere un idiota che sa solo schivare calci e pugni non servisse a nulla e che fosse, al contrario, un peso per l’intera Squadra.

Gli si avvicinò senza preavviso facendolo sobbalzare, afferrò la sua pistola, lo fece posizionare davanti al bersaglio e gli puntò contro l’arma.

Questa era una “tattica”, come amava definirla, non gli avrebbe fatto davvero del male, almeno non troppo; la riteneva necessaria affinché capissero che se lui dava un ordine loro dovevano eseguirlo. E dovevano eseguirlo bene. Gli errori non erano concessi. Commettere anche un solo sbaglio in una situazione complicata avrebbe significato fallire miseramente.

Kat gli si buttò improvvisamente davanti per fermarlo. Stava per sparare, ma rimase bloccato e sorpreso, la ragazza disse << NO, FERMO! Vado io al suo posto >>. Quattro le afferrò la mano sussurrandole << Sei matta? Lascia stare >>. Lei si liberò dalla presa e cominciò ad avanzare con decisione.

Non è cambiata di una virgola” pensò. Quell’azione gli aveva riportato alla memoria il giorno della scelta quando, appena arrivati tra gli Intrepidi, dovevano lanciarsi nel vuoto e avevano chiamato lui, ma Kat si offrì al posto suo e finirono, così, per diventare amici.

La ragazza si mise davanti al bersaglio e lui cominciò a sparare. Uno, vicino alla parte destra del collo. Due, sotto la mandibola. Tre, le sfiorò l’orecchio destro. La scrutò per un attimo e di nuovo i loro occhi si incrociarono. Distolse subito lo sguardo e sparò sulla testa.

Lei non aveva paura. Sapeva, in cuor suo, che non le avrebbe fatto del male. Poteva pestarla a sangue o ferirla gravemente, ma niente di più.

Alla fine, Eric, rivolgendosi ad Ed, disse con tono orgoglioso << Così si spara >>.

I ragazzi rimasero in silenzio per un po’, mentre Kat lo stava fissando intensamente. L’aveva notata, ma preferì continuare ad ignorarla.

<< Beh, ricominciate! >> ordinò, e tutti tornarono alle loro postazioni.

Zeke si avvicinò all’amica << Stai bene? >> chiese, visibilmente preoccupato, e lei annuì.

 

Successivamente, ognuno dei membri della Squadra scelse un’arma sulla quale lavorare.

Kat scelse la sua preferita, la più raffinata, a suo dire: l’arco.

L’addestramento prevedeva degli ologrammi a forma di uomini armati che le venivano contro per attaccarla. Lo scopo era quello di difendersi e attaccare prevedendo le loro mosse.

La velocità aumentava di pari passo con la difficoltà.

Eric si appoggiò ad un pilastro osservandola incuriosito.

Un ologramma le stava venendo incontro da destra, così lei, abilmente, sfoderò la freccia dalla faretra e tirò, prendendolo in piena fronte. Un altro la stava attaccando munito di coltelli, invece, da sinistra contemporaneamente ad un altro ancora che invece si trovava dietro di lei con un fucile; li schivò entrambi facendoli scontrare fra loro.

Ricordò quei giorni in cui, ancora sedicenni, si allenavano insieme e Kat, scegliendo sempre l’arco, lo batteva con qualunque altra arma lui avesse scelto.

Il Capofazione, Max, aveva notato da subito questa sua straordinaria capacità tanto che la portava con sé ogni qualvolta c’era una missione di particolare difficoltà che richiedeva una mira perfetta anche a grandi distanze.

<< Bene, per oggi abbiamo finito. Potete andare >> li congedò.

 

 

P.O.V. Kat

 

Kat, tornata a casa, si fece una lunga doccia rilassante: quella non era stata una giornata senza adrenalina, ma di certo migliore delle precedenti.

Cominciò a pensare agli eventi di quegli ultimi giorni. Quegli strani sguardi… “No, non significano nulla. Niente di niente. Lui non è capace di provare certe cose. Non più, almeno”.

Clarke non era in casa, probabilmente si trovava ancora alla recinzione. C’era una lettera sul tavolo, era stata spedita per l’amica.

Non aveva voglia di stare dentro casa, ma nemmeno di vedere gente, così, dopo aver indossato i suoi grandi occhiali neri, andò allo Strapiombo.

Era un ottimo posto dove pensare e stare tranquilli in solitudine. Si trovava vicino alla palestra, quindi la gente era solo di passaggio. Era un posto a dir poco pericoloso: un profondo fosso, al quale, chiunque avesse un po’ di coscienza non si sarebbe mai avvicinato, ma, ovviamente, gli Intrepidi non erano il tipo di persona che dava ascolto alla propria coscienza, molti di loro, anzi, non ne avevano affatto.

La solitudine, però, non fu ciò che trovò.

C’era Eric seduto. L’aveva vista arrivare e la invitò ad avvicinarsi. “Chissà che vuole. Di certo non scusarsi per i capelli, per i pugni, per i calci e i coltelli. Mha” pensò fra sé.

<< Vuoi sederti? >> le chiese.

<< No, sto bene così >> rispose lei freddamente appoggiando la schiena contro il muro.

<< Scusa non volevo sparare a te. Non oggi, almeno >> disse sorridendo.

Kat, infastidita, ricambiò con uno sguardo torvo << Non avresti dovuto farlo lo stesso >>.

<< E perché? >>

<< Non siamo i tuoi giocattoli. Non puoi giocare con le vite degli altri. Evidentemente ancora non l’hai capito >> sbottò.

Lui rimase in silenzio.

<< Fammi sedere, và >> disse lei e si scostò facendole posto.

Passarono alcuni minuti in silenzio, senza nemmeno guardarsi.

Poi Eric prese a parlare con tono sfacciato << Tu non capisci. >>

<< Oh certo. Con te noi altri non abbiamo mai capito niente! Quando arriveranno gli iniziati farai lo stesso? Li terrorizzerai per avere il loro rispetto? >> gli rispose risolutamente.

<< Ovviamente >> rispose.

Non c’era niente da fare. Lui era così. Non poteva aiutarlo o cambiarlo, lo aveva capito bene dall’errore commesso in passato.

<< Io me ne vado, ciao >> lo salutò seccatamente.

 

 

Kat raggiunse i suoi amici alla mensa, dove avrebbe finalmente cenato; aveva parecchia fame.

Si sedette al loro solito posto dove c’era già Quattro.

<< Dove sei stata tutto questo tempo? >> le chiese.

<< Non a casa. Lì non c’eri >> intervenne Clarke.

<< Si, sono andata a… fare un giro… buono questo hamburger >> commentò con disinvoltura.

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo IV

 

P.O.V. ERIC

 

Dopo che la ragazza se ne andò, decise di recarsi anche lui in mensa.

Si sedette con Luc e altri ragazzi.

Parlavano di quanto fosse carina l’amica riccia di Kat.

<< Già te ne vai? Dai, resta un po’. Perché non ci dici il tuo parere su Clarke? >> chiese Luc, ridendo come un beota.

<< Non ho nessun idea >>. Infastidito da quei commenti idioti e dagli sguardi di alcune ragazze che non riusciva a capire come avessero fatto a superare l’iniziazione, si allontanò e prese la via di casa.

Una volta arrivato si gettò sul divano, osservò per un momento quel dannato coltello e poi decise di vedere qualcosa in Tv.

Nulla era di suo gradimento, ma lasciò un canale che mandava in onda un vecchio horror.

Tutto ciò che passava in Tv era vecchio, di un passato ormai diventato quasi una leggenda come i draghi o i folletti dei libri di Kat.

Non riusciva a dormire era sopraffatto dai pensieri, non capiva cosa gli stesse accadendo. Per molto tempo era riuscito a fare della sua arroganza e della sua freddezza il suo scudo protettivo. Guardò per un momento il coltello e ricordò il suo vero essere.

Il coltello gli raccontava una storia ogni volta che lo guardava, e quella storia era la sua.

 

Eric era un giovane erudita e viveva in una famiglia tranquilla: il padre Ron, la madre Emma e sua sorella minore, Jane.

I suoi genitori speravano che un giorno la sua passione per la tecnologia lo avrebbe portato a fare grandi scoperte. Ma lui si sentiva diverso. Non aveva voglia di passare la sua vita dedito allo studio e alla ricerca. Voleva una vita… spericolata, che gli facesse provare il brivido del rischio. Qualcosa che ogni giorno lo facesse sentire vivo.

Aveva un amico, Andrew, anche lui spericolato e anormale per essere il figlio di due puri eruditi.

I due ragazzini avevano pianificato che qualunque fosse stato l’esito del test attitudinale, avrebbero scelto gli Intrepidi. Perché lo sapevano, se lo sentivano: loro erano degli Intrepidi.

Eric durante il test era risultato un intrepido, proprio come previsto. Andrew, invece, non disse nulla. E pensò che fosse risultato un erudita o comunque di un’altra fazione e che per questo non avesse voglia di parlarne.

 

Il giorno della scelta arrivò presto.

La sala dedicata alla Cerimonia era enorme e divisa in tanti settori quante erano le fazioni. Ognuna di queste aveva colori ben precise e, infatti, tutti indossavano abiti del medesimo colore: gli Eruditi il blu, gli Intrepidi il nero, i Candidi il bianco ed il nero, gli Abneganti il grigio e i Pacifici vestivano di giallo e arancione.

Eric ed Andrew si sedettero in quello riservato agli Eruditi.

I loro posti erano esterni e quindi si trovavano vicino ai Candidi.

<< Guarda quella al tuo fianco >> sussurrò Andrew indicando una ragazza con lunghi capelli castano scuro, occhi a mandorla e vestita di bianco e nero.

<< Si… è carina >> rispose Eric a disagio.

Chiamarono “Stevens Kathleen” e proprio la ragazza loro vicina si alzò.

Andò sul palco rialzato. Non aveva dubbi, evidentemente, perché fu veloce: si procurò un piccolo taglio sulla mano e poi, fece cadere il suo sangue nella coppa che conteneva i carboni ardenti degli Intrepidi senza alcuna esitazione.

La ragazza si avviò verso il settore dedicato alla fazione da lei appena scelta e si sedette nei primi posti liberi.

Qualche nome più tardi fu il turno di Eric. Altezzoso e risoluto salì sul palco, anche lui si tagliò sulla mano facendo cadere il suo sangue nella coppa degli Intrepidi. In quel momento, ascoltando il suono del sangue che bruciava a contatto con i carboni ardenti, sentì una scossa percorrergli lungo la schiena. Si sentiva al posto giusto.

Sedette vicino a Kathleen. La ragazza si complimentò e gli chiese il nome stringendosi la mano. Quella fu la prima volta in cui i loro destini si incontrarono.

Fu poi il turno di Andrew, che scelse, anche lui, proprio come era stato deciso, gli Intrepidi.

 

Dopo la cerimonia, uscirono dalla sala e non ebbero neanche il tempo di salutare le loro rispettive famiglie.

Tutti gli Intrepidi iniziarono a correre verso un treno in movimento. In un primo momento i tre non capirono cosa stesse succedendo. Poi, un ragazzo gli si avvicinò e gli urlò << Dovete correre per prendere il treno! >>.

Così, anche loro iniziarono a correre il più velocemente possibile: Eric raggiunse presto il treno, seguito da Andrew. Kathleen, invece no, era rimasta indietro, stava per perderlo, ma lui allungò il suo braccio e la aiutò a salire.

<< Grazie >> disse la ragazza con il fiatone. << Non ero preparata a questo >>.

<< Nessuno lo è >> rispose ridendo un altro ragazzino, dagli occhi azzurri e i capelli castani.

<< Io sono Tobias >> si presentò.

<< Kathleen >> gli strinse la mano, << e questi sono miei due amici appena conosciuti Eric ed Andrew >>.

Tobias (che di lì a poco avrebbe scelto come nome “Quattro”) presentò loro una ragazza riccia con gli abiti di un arancio sgargiante. Si chiamava Clarke ed era nata tra i Pacifici.

 

Ad un certo punto gli altri Intrepidi cominciarono a saltare nel vuoto e Clarke notò che saltavano per poi atterrare sul tetto di un palazzo. Presero la rincorsa e si lanciarono nel vuoto. Per qualche istante restarono sospesi in aria a metri e metri dal suolo, cadendo, poi, sul tetto. Probabilmente quella era la cosa più pericolosa che tutti loro avessero mai fatto nella propria vita, fino a quel momento.

 

Eric e Kathleen, che cambiò il suo nome in “Kat”, legarono subito. Non si dividevano mai.

 

Si era formato un bel gruppo:

Kat, Eric, Tobias, Clarke, Andrew e Zeke. Quest’ultimo era un Intrepido vero e proprio. Era nato tra gli Intrepidi e vi era rimasto.

Spesso si vedevano con gli amici che avevano nelle altre fazioni nelle serate in cui non erano troppo stanchi a causa dei durissimi addestramenti.

Kat prese una cotta per Tobias. Chi non si sarebbe infatuata di uno come lui? Mentre Eric e Clarke divennero i suoi migliori amici.

 

Eric, spostò il suo pensiero su un altro evento del passato…

 

Una mattina di aprile, durante gli incontri con i famigliari, lui ricevette una visita del tutto inaspettata.

Jeanine, Capofazione degli Eruditi, era andata a fare visita a lui, un semplice soldato che lavorava al Comando.

 

<< Ciao, Eric. Immagino tu sappia già chi io sia. Devo chiederti un favore… sarò breve, arriverò subito al punto. Tra di noi, cittadini impegnati a svolgere il nostro dovere, si nascondono degli individui pericolosi per tutta la società. Li chiamiamo Divergenti >>.

 

Il ragazzo rimase impalato come uno stoccafisso e stupito, cos’ avrebbe dovuto risponderle? Non sapeva nulla di questi “Divergenti” e se anche avesse saputo qualcosa non vedeva come lui, un ragazzino di 16 anni e mezzo, potesse fare qualcosa… ma la mente di Jeanine era brillante… aveva bisogno di qualcuno che si sporcasse le mani al posto suo, e chi meglio di quel ragazzino?

 

<< I Divergenti –continuò con disinvoltura - sono coloro che al test che precede la scelta risultano idonei a più fazioni. Questa loro caratteristica.. particolare ed… - ci mise un po’ per trovare il termine adatto- innaturale, fuori dalla normalità, li rende un grosso pericolo per tutti noi, perché non hanno una collocazione precisa e, non potendo essere controllati, farebbero saltare in aria tutto il sistema che ha mantenuto la pace finora. Nessuno vuole una guerra civile, no? >> chiese ammiccando e sorridendo.

A fatica il ragazzino si fece coraggio e rispose << No, nessuno la vorrebbe… ma io cosa posso fare? Sono solo un soldato… >>.

<< Tu mi servirai, insieme ad altri, a scovare i Divergenti >>.

<< E poi? Una volta trovati? >> chiese con curiosità con l’ avidità tipica di chi vuole saperne sempre di più.

<< Non è funzionale al tuo lavoro, saperlo. – rispose come se fosse infastidita da quella domanda che oltrepassava i limit i- Conosci Andrew? Siete amici, giusto? >>.

<< Si, ma cosa c’entra lui? >> chiese nuovamente, mentre la voce gli tremava come quella di un ragazzino spaventato.

<> dichiarò con fermezza.

Eric, a quelle parole, rimase sbalordito, scioccato. Divenne di pietra. Non poteva crederci. Ma, recuperata la lucidità, capì immediatamente cosa Jeanine voleva chiedergli di fare. Voleva che se ne sbarazzasse.

<< Non lo farò. Dovrà cercare qualcun altro >>. Rispose sempre con la voce tremante, ma questa volta si sentiva nel suo tono anche il coraggio di chi non avrebbe mai tradito quello che considerava al pari di un fratello. Andrew era suo fratello. Non importava cosa gli avesse fatto. Poteva torturarlo o giustiziarlo, ma non avrebbe accettato mai.

<< Dovrai solo consegnarmelo, non altro … non gli farò del male >> disse, guardando verso la porta.

<< No. Non accetterò. >>

<< Sapevo che avresti risposto così… ti darò, allora, un incentivo per farlo >>.

Prese dalla sua valigia un arnese, simile ai vecchi Tablet di una volta, con la differenza che anche questo era un ologramma. Lo accese e partì un video, sembrava in diretta. Come se stesse avvenendo davvero in quell’istante. Le immagini inquadravano la sua famiglia… un dolore o meglio un senso di vuoto, un vuoto pesante, però, nello stomaco lo prese alla sprovvista, mentre capiva cosa quella donna gli stava facendo: minacciava di uccidere i suoi famigliari. Era disposta a tutto per ottenere ciò che voleva. Anche uccidere innocenti, se necessario.

<< Vedi, se non lo catturerai per portarlo da me, li farò saltare in aria >> disse Jeanine con un sorriso malefico stampato sul volto.

<< NO! NON PUOI FARE QUESTO! >> urlò Eric con la rabbia che lo pervadeva da capo a piedi, tanto che la vena sul collo iniziò a pulsare in modo innaturale ad un ritmo elevatissimo.

 

<< Invece, posso eccome – rispose con tranquillità, come se tutto fosse nella norma, probabilmente per lei minacciare innocenti era normale, se non…divertente. Si, si stava proprio divertendo ad inculcare paura, rabbia e ansia in quel ragazzo che sarebbe diventato la sua macchina da guerra- Guarda attentamente, noti qualcosa di strano vicino al televisore? >>

Era stata piazzata, proprio lì, una bomba. Se fosse scoppiata al momento giusto nessuno di loro si sarebbe salvato. Niente sarebbe più rimasto di loro. Neanche un dito.

Eric era in preda al panico, la rabbia salì ancora di più; era sul punto di scoppiare. Non sapeva cosa fare. Ma doveva scegliere. I nervi stavano per crollare. Non avrebbe resistito a tutta quella tensione. Intanto Jeanine era totalmente divertita da quella situazione. Era una donna sadica. La dilettava vedere le persone prese dal panico.

Lui non era un traditore. Però, pensò che non aveva parlato di uccidere Andrew, ma solo di catturarlo… probabilmente sarebbe sopravvissuto… mentre la sua famiglia no, se non avesse accettato, di sicuro non sarebbe sopravvissuta. Mentre per Andrew c’era speranza. Era sull’orlo del baratro.

<< Non hai molto tempo per decidere. O prendere o lasciare >> disse la donna, mettendogli ancora più ansia e più tensione di quanta non ne avesse già.

Era combattuto, non sapeva cosa fare. “Ma si, Andrew, sopravvivrà, non ha parlato di uccidere” pensò di nuovo. Senza ragionare, seguendo l’istinto disse urlando << E, VA BENE! LO FARO’! MA GIURA- le puntò contro il coltello che aveva estratto dalla tasca- CHE NON FARAI LORO DEL MALE E NEMMENO AD ANDREW>>.

<>.

 

 

Angolo autrice:

Buonasera! Sono tornata con due nuovi capitoli :) mi scuso per il terzo che è decisamente corto, ma serviva come introduzione a questo. Con il quarto si inizia a scoprire parte del passato di Eric, un passato che lo ha costretto a cambiare. Spero vi piaccia, un grazie a c hi legge, a chi recensisce ( in particolare ad Alex_001, primo recensore :D ), a chi la segue ecc ecc. Insomma, grazie. Un bacio e al prossimo capitolo :*

p.s. so che non combacia con il libro, ma mi sono basata essenzialmente sui film nell'attesa che i libri arrivino :)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo V
 
                                  
P.O.V. Kat
 
Una volta tornate a casa, Clarke notò sul tavolino del salotto una lettera. La afferrò e con curiosità iniziò a leggerla:
 
“ Alla signorina, Evans Clarke.
 
La informiamo, che lei è stata nominata Supervisore del Secondo Modulo di Addestramento per gli iniziati che avrà luogo il 22 settembre al “Centro di Addestramento”.
 
Le ricordiamo, infine, che non può rifiutare l’incarico, a pena l’espulsione dalla Fazione con recessione tra gli Esclusi.
 
Cordiali Saluti,
 
Il Capofazione
 
Fields Max ”
 
Rimase per qualche istante all’in piedi impalata.
 
<< Clarke, il formaggio è finito. Perché non l’hai preso? >> disse gridando Kat dalla cucina.
Non ricevette risposta.
<< Clarke? Clarke? Ma, insomma, mi senti? Clarke! >> . Andò in salotto << Ma mi vuoi rispon… -si bloccò, notò che l’amica era come pietrificata davanti al tavolino con una carta in mano- Oh la lettera! Cosa c’è scritto? >> chiese.
La ragazza si voltò verso Kat e con fare meccanico le disse tutto d’un fiato senza respirare << Mi hanno nominata supervisore al secondo modulo di addestramento >> .
Le passò la lettera e la lesse più volte.
Una volta presa coscienza della notizia, saltò addosso all’amica ancora paralizzata e l’abbracciò così forte da farle quasi male.
<< E’ una notizia grandiosa! Grande amì! >> continuò ad abbracciarla, Clarke si sciolse nell’abbraccio e qualche lacrima di gioia le righò il viso. Iniziarono a ridere e piangere contemporaneamente, erano felicissime.
<< Ora si festeggia!>> esclamò Kat, prendendo due birre dal frigo. Le stappò e ne offrì all’amica.
<< Alla nuova Supervisore! >> brindarono e continuarono a ridere dalla gioia.
 
Dopo aver “festeggiato” e mangiato qualche schifezza si misero a dormire serenamente. Quella fu una delle prime serate tranquille e gioiose dopo molto tempo.
Kat era orgogliosa della sua amica. E con quel pensiero felice si addormentò.
 
 
 
 
Quinto giorno di addestramento. Ore 7:00 del mattino, 26 agosto.
 
I ragazzi della Squadra Speciale si ritrovarono al Pozzo. L’addestramento si sarebbe svolto all’aperto: tra le macerie dove vivevano gli Esclusi.
Eric consegnò ad ognuno di loro armi a pallettoni e li separò in due gruppi:
Zeke, Luc, Ed, Devon e Kat;
Quattro, Marcus, Theo, Chris e James.
Il giovane Capofazione si aggiunse al primo gruppo che riteneva essere il più “debole”.
Si divisero: i primi andarono verso sud-ovest, mentre i secondi presero la direzione sud-est. Si sarebbero dovuti ritrovare lì tra due ore a partire da quel momento.
 
Eric, Zeke e Kat erano in testa al gruppo, mentre Ed e Luc gli coprivano le spalle.
<< Dove stiamo andando di preciso? >> chiese la ragazza spaesata, non avendo capito molto bene cosa fare.
<< Oggi uniamo l’utile al dilettevole: diamo la caccia a qualche escluso che combina cose non dovrebbe fare e, contemporaneamente, imparate ad agire sul campo, ovviamente >> rispose Eric con la sua solita arroganza.
<< Lui, ovviamente, non ha niente da imparare >> sussurrò Zeke, e Kat rise coprendosi la bocca, peccato che il giovane Capofazione li sentì.
<< Zeke, se fossi in te, non provocherei un Capofazione o aspiri a diventare un escluso? Ci faresti risparmiare tempo, ci troviamo già qui >> gli intimò.
I due smisero di ridere e tornarono seri e vigili.
 
<< Dovremo passare da sotto >> annunciò Eric, fissando un ammasso di macerie di fronte a loro.
<< Prima le donne? >> intervenne Luc, che aveva palesemente fifa di entrare lì sotto. Kat lo fulminò con uno sguardo e disse con tono sprezzante << Sei un codardo. Vado io per prima, aspettate qui. Se non ci sono pericoli entrate. Altrimenti, lasciatemi lì e mettetevi in salvo >>. Prima che chiunque altro potesse controbattere si mise a terra e iniziò a strisciare con i gomiti, tenendo saldamente nella mano sinistra la pistola.
Era angusto e buio e c’erano anche pezzi di ferro che spuntavano dai calcinacci. Quelle erano le sue rispettive seconda e terza paura: gli spazi stretti e il buio. Ma si fece coraggio e continuò a strisciare. Si procurò un graffio sulla pancia, ma nulla di grave.
Vide, finalmente una luce che segnava la fine del “tunnel”.
Altri 10 metri e sei fuori da questo tugurio” si ripeté in mente per tranquillizzarsi e restare lucida prima che la paura la sopraffacesse.
Riuscì ad uscire e gridò << Libero! Potete passare!>>.
Allora, i cinque attraversarono anche loro il piccolo e angusto tunnel.
Una volta fuori, Eric indicò loro verso quale direzione proseguire e si avviarono.
Ed e Luc erano impauriti, anche se il primo cercava di non farlo notare. Mentre Luc, che provava a fare lo spavaldo, continuava a ripetere che dopotutto sarebbe entrato anche lui per primo lì sotto se la “ragazza-maschio” (così l’aveva definita, facendo irritare Zeke e anche Eric, mentre Kat se la rideva) non si fosse offerta.
Scavalcarono macerie, si arrampicarono su muri mezzi caduti e pezzi di ferro e di altri metalli pericolanti.
<< Sei davvero così sicura di essere una donna? >> domandò Luc a Kat cercando di farla innervosire con il suo sorrisetto imbecille e odioso.
<< No, sai, penso davvero di essere uomo, o metà e metà, hai presente? Mentre tu, sei sicuro di essere un vero Intrepido, intendo un intrepido uomo – e caricò con particolare enfasi quella parola per essere il più fastidiosa possibile – insomma, a vedere da come strilli quando vedi una lucertola o dal tuo “prima le donne” sembri proprio una femminuccia >>. Con quella risposta aveva fatto glaciare tutti. Nessuno di loro si aspettava quelle parole. Zeke prese a ridere come un matto insieme ad Ed, anche Eric sorrise per un po’ dicendo all’amico << Mi dispiace, ma ti ha fregato questa volta>>.
Dopo un paio di chilometri, un altro ostacolo si presentò loro: un muro alto più o meno 15 metri. Dovevano valicarlo per potere continuare o trovare un’altra strada.
Eric era testardo, non voleva assolutamente cambiare itinerario.
<< Ci arrampicheremo >>.
Appoggiò il piede su un masso e cominciò ad arrampicarsi. Tutti lo imitarono. Kat ce l’aveva quasi fatta era arrivata in cima, ma d’improvviso il suo piede destro scivolò e si aggrappò ad un pezzo di metallo che sporgeva dal muro. Eric si voltò allarmato e le urlò << Tieni duro, sto arrivando >>. Prese ad arrampicarsi dall’altro lato del muro, mentre le mani le erano diventate umidicce a causa della sudorazione, sentiva che non ce l’avrebbe fatta, sarebbe caduta e probabilmente si sarebbe rotta qualcosa di più di un braccio. Ma proprio nel momento in cui la mano di Kat stava cedendo, Eric la afferrò tempestivamente e la aiutò a salire sul muro.
<< Tranquilla, ce l’abbiamo fatta >> disse. Avevano il cuore che batteva a mille. Scesero con cautela dal muro e anche questa volta la aiutò: la prese per i fianchi e la fece sedere a terra per controllare i danni.
Zeke si avvicinò, l’amica aveva un dolore tremendo alla caviglia << Probabilmente è slogata, fammi vedere >> disse il Capofazione.
Kat alzò la tuta all’altezza del ginocchio ed Eric iniziò farle muovere la caviglia.
<< Fa male? >> chiese, guardandola negli occhi come se volesse vedere oltre, capire cosa davvero stesse provando. Quello sguardo la sorprese, si perse quasi in quegli occhi.  Non pensava al dolore, ma al fatto che proprio lui, il bastardo, si stesse preoccupando per lei. Anche Zeke rimase perplesso.
<< Un po’, non è nulla. Posso farcela >> rispose. Non aveva voglia di essere il punto debole della Squadra. Era solo una distorsione, si sarebbe messa a posto da sola.
<< Sicura? >> chiesero in coro l’amico e il biondo dagli occhi grigi.
Lei annuì, si rimise in piedi e ripartirono con Eric e Luc davanti a tutti, mentre Zeke aiutava la ragazza a camminare.
 
 
<< Fermi! >> ordinò Eric. Avanzò piano di qualche passo silenziosamente, aveva notato delle ombre dietro un muro decrepito.
<< Abbiamo visite >>.
Gli si pararono davanti degli esclusi, uno di loro aveva un coltello da macellaio tra le mani, gli altri avevano, invece delle pistole.
<< Vi conviene seguirci di vostra spontanea volontà, se non vorrete fare una fine molto dolorosa >> disse Eric con tono minaccioso e distaccato.
<< Dateci le vostre armi e noi ce ne andremo >> rispose a tono il ragazzo con il coltello. Evidentemente lui era il “capo” e gli altri erano i suoi “scagnozzi”.
Eric, di poche parole, iniziò ad attaccare e anche il resto della Squadra lo imitò.
Kat caricò velocemente la sua pistola e sparò contro un escluso che stava attaccando l’amico, Zeke, alle spalle. L’adrenalina era alle stelle. “Finalmente un po’ di azione” pensò la ragazza, facendo un ghigno e dimenticando il dolore della caviglia.
Un altro cercò di attaccarla, ma lei come una furia, gli si scagliò contro,  scaraventandolo a terra e prendendolo a calci. Era talmente tanto violenta, che il ragazzo iniziò a sputare sangue. Ma non si fermava. Improvvisamente, sentì qualcuno che la aveva appena immobilizzata. Era il tipo con il coltello. Glielo aveva puntato alla gola. I suoi compagni si fermarono e anche gli esclusi.
<< Se le torci anche un solo capello, ti farò saltare in aria la testa >>. Così dicendo, Eric prese il suo fucile d’assalto a ripetizione automatica e lo puntò sulla fronte del ragazzo.
<< Lasciala >> ripetè, quasi sibilando.
Nel frattempo, Kat sfoderò lentamente dalla tasca sul ginocchio della tuta un coltello. Non avrebbe dovuto portarlo, perché durante gli addestramenti le armi da usare erano solo quelle loro consegnate, ma lei ne aveva sempre una a portata di mano…per sicurezza. Infilzò, con un gesto secco, la coscia dell’escluso in profondità fino a prendere l’arteria femorale. Era spacciato. Nessuno avrebbe potuto curarlo. La ferità iniziò a sanguinare copiosamente e il tipo si gettò a terra piegandosi in due dal dolore. Gli altri esclusi scapparono dalla paura ed Eric, però, infuriato sparò senza esitazione riuscendo a colpire tutti fatalmente.
I membri della Squadra rimasero esterrefatti. Il Capofazione aveva davvero perso il controllo. Avrebbe potuto farli scappare, non sarebbero ritornati. Ma no, li aveva uccisi a sangue freddo, senza mostrare pietà, in modo crudele.
<< Stanno per finire le due ore. Torniamo al punto di incontro >> ordinò.
 
 
Al ritorno dagli allenamenti, seppure ancora scossa per il comportamento del Capofazione, Kat decise di fare una sorpresa all’amica per festeggiare, ancora, la sua promozione.
Fece una doccia, si cambiò e poi si mise ai fornelli. Era parecchio tempo che non preparava dolci, ma quella era l’occasione perfetta per ritornare alle buone vecchie abitudini, almeno non avrebbe pensato molto a quello che era accaduto.
Prese uova, farina, latte, lievito ed altri ingredienti (compreso il cioccolato, amava il cioccolato, seppure ormai fosse una pietanza rara e costosa) che la sua amica Pacifica, Daphne, le regalava ogni qualvolta le andava a fare visita. Diceva che così almeno avrebbe mangiato qualcosa di più commestibile e salutare.
<<  Ciao! >> la salutò Clarke sospirando, era stremata. 
 Entrò in cucina e chiese << Cosa stai combinando? >>
<< Ah, beh…doveva essere una sorpresa, ma visto che sei arrivata già… è un dolce per te >>.
<< Davvero? Hai ripreso a fare dolci? Che novità >> disse ridendo << Siamo proprio di buon umore! >>
Ma notò la cicatrice sul collo di Kat, si avvicinò per scrutarla, << Come te lo sei fatta? Chi ti ha puntato un coltello alla gola?  Eric?>>
 << No, non è stato lui, questa volta. Beh, non è nulla di grave. Oggi durante l’addestramento tra le macerie un escluso ha tentato di accoltellarmi. Ma sono stata più veloce io >> rispose con un gran sorriso per tranquillizzare l’amica e non indugiare troppo sui particolari. Su un grosso particolare: Eric.
<< Cos’hai fatto alla recinzione oggi? >> chiese cercando di cambiare argomento.
<< Non mi freghi, Kat. Dimmi tutta la verità. Non smetterò fino a quando non parlerai. O devo chiederla a Zeke? >> rispose con tono minaccioso.
<< E va bene! Ora ti dico. Eravamo nella parte della città dove vivono gli esclusi ed Eric è stato particolarmente… gentile…>> disse Kat diventando tutta rossa in viso e iniziando a sudare.
Suonò all’improvviso il campanello.
<< Vai tu? >> chiese Kat, approfittando della situazione e continuando ad impastare come se nulla fosse.
Erano Zeke e Quattro. Kat li aveva informati della promozione di Clarke e loro avevano pensato bene di andare a congratularsi.
<< Ciao, Clarke! Complimenti! >> dissero in coro i due ragazzi, abbracciandola.
<< Grazie, ma potreste allentare la presa? Fate male, sapete? >> rispose con la voce strozzata.
Si accomodarono in salotto, iniziarono a parlare del nuovo incarico di Clarke e la cuoca fu grata e sollevata che l’argomento “Eric” fosse stato accantonato.
Infornò il dolce, pulì la cucina e poi raggiunse i suoi amici.
<< Oh, bene, il dolce dov’è, Kat? >> chiese Zeke.
<< L’ho mangiato. Tutto. Se vuoi ci sono le briciole che si danno agli animali >>, un attimo di silenzio s’impadronì della stanza e poi scoppiarono tutti in grasse risate.
<< La cuoca vi ha raccontato cosa è successo oggi? >> .
Oh, no. Sii maledetto, Zeke. Tu e la tua boccaccia impicciona” pensò Kat.
<< Giusto! Stavamo parlando di questo prima che arrivaste! – disse Clarke – su, dai, continua. Anzi ricomincia da capo >>.
La ragazza si arrese senza nemmeno provare a dissentire e  prese a raccontare << Come dicevo prima, siamo andati nella zona degli esclusi e un tipo mi ha puntato un coltello alla gola, ma io l’ho accoltellato alla coscia rompendogli l’arteria femorale, probabilmente. Fine della storia >>.
<< Eh, no, cara. Questa non è tutta la storia. Ora la racconto io >> disse Zeke.
Kat si portò la mano destra sulla faccia e andò a controllare il dolce. Una volta tornata, Zeke cominciò la narrazione. << Ci sono state un paio di cose strane oggi. La prima: c’era un muro particolarmente alto, e quindi iniziamo ad arrampicarci, ma quell’impacciata della nostra amata cuoca scivola, mentre noi tutti eravamo già tutti dall’altra parte del muro. Io stavo per salire, ma Eric, oh si, proprio lui, le urla qualcosa del tipo “tranquilla, resisti, sto arrivando”. Risale il muro al contrario e la aiuta. Però, la storia di cose strane non finisce qui, perché Kat zoppica. Lui, per “lui” intendo il nostro amato – e dicendo “amato” guarda con fare sospetto Kat – Capofazione, la aiuta, avete sentito bene, l’aiuta per una seconda volta – Clarke e Quattro avevano gli occhi sbarrati per l’incredulità – e le controlla la caviglia con fare PREOCCUPATO, si preoccupato! Ma non è ancora la fine. Perché si scambiano uno sguardo, e credetemi se vi dico che non era uno sguardo “normale”- Kat ancora più imbarazzata di prima e diventando sempre più rossa, corse in cucina a fare finta di controllare il dolce – sembrava… persa, non saprei spiegarlo. Sta di fatto che non era normale. >>
<< Quando il tipo ha preso Kat per la gola, Eric ha iniziato a dare di matto. E dopo che lei si era liberata, lui l’ha guardata e ha preso a sparare e non ha risparmiato nessuno. Credetemi, nessuno. Tutti morti. >>
Rimasero in silenzio per un po’. La ragazza era ancora in cucina, aveva appena sfornato il dolce e lo stava riponendo in un vassoio. Annunciò che da lì a pochi minuti lo avrebbero potuto mangiare. Ma non era questo ciò che gli interessava. Volevano sapere da lei cosa le stesse prendendo e se questi comportamenti insoliti erano a causa del pomeriggio precedente durante il quale era sparita senza dire niente a nessuno.
<< Kat, cosa succede? Davvero? C’è qualcosa tra te e lui? Sai chi è… cosa ha fatto… non è cambiato… lo sai… hai sofferto abbastanza a causa sua. Non commettere lo stesso errore >>
riprese Clarke.
<< Non c’è nulla. Ieri pomeriggio sono stata allo Strapiombo e c’era lui. Abbiamo parlato un po’ e poi, siccome aveva ricominciato a comportarsi da arrogante presuntuoso, l’ho mandato al diavolo e me ne sono andata >>.
<< Va bene, ti credo…>> e conclusero la discussione.
 
Tornò in cucina e Quattro la seguì. Era rimasto in silenzio fino a quel momento, voleva parlare da solo con lei.
Kat stava tagliando il dolce e cospargendo lo zucchero a velo sulla superficie.
<< Ehi… senti, io non voglio giudicarti accetterò le tue scelte, sempre. Ma questa cosa è…pericolosa. Sai di cosa è capace… lo ha ucciso, senza pietà. Ricordi? >> le chiese.
<< Si, lo so. Non è necessario che me lo ricordiate. E, ripeto, non c’è nulla. Non ci sarà mai nulla>>  rispose, impietrita e cercando di sembrare il più disinteressata possibile.
  << Devi ammettere, però, che questo atteggiamento era strano. Puoi ammettere almeno questo? >> alzò di colpo la voce stressato ed esasperato.
<< No. Non c’è niente di strano. Sono un membro della sua Squadra. Come te. Avrebbe fatto lo stesso anche per voi. >> rispose, ringhiando quasi.
Quattro la fissò negli occhi per qualche istante quasi come se la volesse pregare di essere ragionevole e di non ficcarsi in guai più grandi di lei, e poi le bisbigliò, prendendole il braccio affettuosamente << Stai attenta, non fare stupidate. Io sono qui, sempre >>.
Si diressero verso la cucina e iniziarono a mangiare. I due ragazzi, dopo mangiato se ne andarono, avevano stabilito che si sarebbero visti quella sera.
 Quelle parole avevano insidiato il dubbio in Kat: e se io non sapessi cosa è successo davvero ad Andrew? 


Angolo autrice:
Ciao a tutti! Sono tornata con un nuovo capitolo dopo una breve pausa: università, dico solo questo. In questo capitolo iniziano a comparire strani atteggiamenti da parte di Eric nei confronti della nostra pazzoide Kat. Starete pensando "Ecco, la solita storia. Tra poco si mettono insieme ecc ecc", beh, forse si, o forse no, boh (non dico nulla, sarebbe controproducente per me :P). Ma vi posso assicurare che cercherò di non essere banale e scontata, almeno spero. 
Grazie a chi legge, recensisce o segue e ci sentiamo al prossimo aggiornamento, ciao e un bacio <3

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo VI
 
 
 
Kat e Clarke decisero di fare visita alle loro amiche. Faceva caldo; si vestirono leggero e uscirono di casa per andare a prendere il treno. Corsero a più non posso e con un lungo salto salirono sul mezzo.
Quando arrivarono alla loro “fermata” si lanciarono dal treno e caddero a terra mantenendosi in equilibrio.
La casa di Julie era a due isolati dalla loro posizione. Bussarono alla porta e Julie, con un grande sorriso, le aprì.
<< Ciao! Che piacere. Entrate, entrate >> le fece accomodare su un divanetto nero non molto grande. L’intero appartamento era stato dipinto ed arredato in bianco e nero (i colori della fazione).
C’era anche Daphne, l’amica Pacifica che non vedevano da molto tempo. Si salutarono e poi la padrona di casa chiese << Cosa ci raccontate di bello? >>
<< Clarke è stata promossa a supervisore del secondo modulo di addestramento degli iniziati >>
rispose Kat.
<< Ma davvero? Complimenti! >>.
Offrì loro da bere in un vassoio molto elegante: aveva i manici a forma di rosa ed era anch’esso, come tutto il resto, bianco e nero.
<< Sta sera, cosa ne dite se usciamo tutti insieme? Senza fare a botte con nessuno, però – affermò gurdando Kat – e indossando qualcosa di… diverso? >>
Le due intrepide si scambiarono uno sguardo come a dire “cosa ha che non va il nostro abbigliamento?”
<< Dai, ragazze – riprese – guardatevi! Anche tu Daph. Sembrate due maschi e un arcobaleno! >>
Si diresse nella sua camera e tornò con due vestiti, una gonna e una T-shirt.
<< Ah, no! Tutto, ma questo no! >> esclamò Kat con tono scocciato.
<< Su, provalteli! >>.
<< Ma non ci entreranno mai! A Daph si, è come te, ma noi… guardaci, siamo quasi il doppio di te!>> le disse Clarke.
<< Non sono miei, infatti. Questi li ho presi tempo fa per voi. Ve li avrei fatti indossare al momento giusto e questo lo è >> rispose ammiccando e poi facendo gli occhioni dolci come un cucciolo di gatto per convincerle.
Le ragazze si arresero e provarono quegli abiti.
Per Kat lo aveva comprato nero, totalmente, perché pensava che le stesse bene e perché sapeva che non avrebbe mai accettato di indossare il bianco.
Era di un nero lucido, con le spalline larghe e la scollatura a barca. Era abbastanza corto, le arrivava poco più sopra del ginocchio ed aveva un’ampia scollatura a V sulla schiena.
Il vestito di Clarke, invece era totalmente bianco, a mezza manica, tutto ricamato e lungo anche questo sopra il ginocchio. Sul retro era chiuso da una cerniera.
A Daphne, infine, toccò una gonna nera a pieghe, lunga fin sopra il ginocchio, anche questa ricamata e una T-shirt bianca a manica corta, con scollatura a barca e una piccola apertura a forma di goccia sul retro.
Julie le osservò soddisfatta e disse << Finalmente, indossate qualcosa di femminile e – guardando Daph – di classe . Mancano soltanto le scarpe >>.
Tornò di nuovo in camera sua e prese: degli stivaletti neri per Kat (non avrebbe accettato di indossare tacchi), dei tacchi bianchi con l’occhiello per Clarke e, infine, delle ballerine bianche per la Pacifica.
<< Ora, mi piacete >>  decretò. << Sta sera, prima di andare, verrete da me così potrete cambiarvi senza rischiare di rovinare i vostri abiti con i saltelli che fate per arrivare fin qui ogni volta >>.
 
Le ragazze tornarono tra gli Intrepidi e andarono al Pozzo, dove le aspettavano Quattro e Zeke per la cena.
Si recarono alla mensa, fecero la fila per prendere i loro piatti e poi si accomodarono al solito tavolino isolato. Kat chiese ai due se volessero andare con loro quella sera. Chiacchierarono e si diedero appuntamento per le 21:30 davanti al binario per prendere il treno.
 
 
Arrivate a casa, si rilassarono per qualche minuto, poi, Clarke andò in camera sua a trovare qualche collana o qualcosa di simile da indossare, Kat la seguì. Rovistarono in tutti i cassetti per un buon quarto d’ora e trovarono rispettivamente, la prima un bracciale d’oro semplice che aveva un piccolo pendente a forma di foglia di alloro, la seconda una collana lunga con un ciondolo a forma di fiamma d’oro bianco. Se la ricordava benissimo. Gliel’aveva regalata lui, Eric, in nome della loro amicizia.
<< Cosa hai trovato? >> le chiese l’amica e gliela mostrò. Clarke capì immediatamente di cosa si trattasse. << E’ solo una collana, indossala, se ti piace. Non pensarlo >>. Kat ci pensò un po’ su e poi si convinse: era solo una stupida collana.
Dopo aver preso le ultime cose, si recarono alla fermata, dove trovarono i loro due amici ad aspettarle.
<< Ehi, andiamo diret…>> stava per chiedere Zeke, ma Clarke lo interruppe.
<< Ehm… no, dobbiamo andare prima da Julie…dobbiamo cambiarci >>
<< Ma se siete già vestite! >>
<< Si, ma non come dice lei…>> e dicendo ciò fece una smorfia.
Arrivarono nuovamente dai Candidi e si avviarono verso casa di Julie.
Lei era già cambiata: aveva un vestito ricamato in pizzo nero con sfondo bianco, la scollatura a cuore e  una fascia alla vita. I capelli li aveva raccolti in un’acconciatura alta dalla quale fuoriuscivano alcuni boccoli al lato del viso. Era perfetta. Molto brava, non lo si poteva di certo negare.
Le ragazze andarono a cambiarsi nella camera da letto e si sistemarono i capelli. Kat non poteva fare molto: Eric gliel’aveva tagliati. Perciò li fece un po’ mossi con della schiuma. Clarke, ovviamente, non cambiò di una virgola i suoi capelli: rimasero ricci.
Quando uscirono dalla stanza Quattro e Zeke rimasero stupiti: Kat indossava un vestito.
Erano bellissime, o meglio si sentivano bellissime e anche imbarazzate.
Julie le osservò soddisfatta e disse con un sorriso rivolgendosi ai ragazzi << Non ho fatto un ottimo lavoro, eh? >>
<< Eccome! Kat, finalmente, appare per quella che è: una ragazza. Luc non potrà più chiamarti “ragazza-maschio”>> rispose Zeke ridendo.
<< Una domanda: come le hai convinte? Le hai minacciate, per caso? >> chiese Quattro ridendo anche lui.
<< Siete due idioti. >> disse Kat, sempre più imbarazzata.
<< Oh, Kat, è meglio se non apri la bocca. Rovini il complesso >> continuò Zeke.
 
 
Camminarono a lungo prima di arrivare al locale. Lì trovarono Daphne, Sarah e Pam.
Presero posto e Pam esclamò << Intrepide, che fine hanno fatto le vostre tute? >>.
<< Ecco che ci risiamo >> fece Kat. Decise, in cuor suo, che non avrebbe mai più indossato un vestito. La fissavano tutti e troppo.
Ordinarono da bere e iniziarono a chiacchierare.
<< Allora, Julie, racconta: Oliver? >> chiese Clarke con tono malizioso.
<< Ma… nulla di che. E’ un bel ragazzo, ma non lo so ancora. Ci devo pensare >> rispose.
<< Non pensarci troppo! Altrimenti scapperà >> continuò a schernirla Clarke.
 
Mentre i suoi amici chiacchieravano, Kat notò che era arrivato Eric, e con una scusa si allontanò.
Aveva preso una decisione avventata: chiedergli riguardo la fine di Andrew. Aveva visto con i suoi occhi, ma poteva esserci qualche altra spiegazione a quel gesto. Qualcosa che lei non sapeva e che nessun altro oltre quel ormai vecchio amico conoscesse.
Eric si ergeva lì davanti a lei e girato di spalle. Messi a confronto Kat poteva sembrare un nano da giardino. Il cuore iniziò a batterle e il viso cominciò ad infuocarsi. Forse è meglio tornare indietro pensò.
Ma si fece coraggio e si avvicinò con le farfalle nello stomaco, lo chiamò e lui si girò. Per un attimo non la riconobbe. Era diversa dal solito. Vuole fare di nuovo a pugni? Si chiese sarcastico.
<< Ti devo parlare. Da soli. >> disse la ragazza.
Aveva gli occhi di tutti puntati su di lei.
Luc, l’idiota, le disse << Ciao, Kat. Hai ascoltato le mie parole? Quasi quasi ci faccio un pensierino su di te >> e rise con la sua solita espressione da ebete.
<< Taci, Luc >> lo ammonì Eric guardandolo torvo << Perché dovrei starti a sentire? >>
<< Perché si >> rispose stringendo i denti.
<< Okay, sentiamo cos’hai da dire >> fece lui, mettendola in imbarazzo più di quanto non lo fosse già.
<< Non qui, non davanti a loro >> disse lanciando una occhiataccia a Luc che continuava a ridere.
<< Qualunque cosa tu voglia dirmi, puoi dirla anche davanti a loro >>
Che faccia da schiaffi. Forse mi sbaglio, è tutto esattamente come sembra. Pensò, ormai arrabbiata.
<< Va bene, usciamo da qui >> le disse prendendole il braccio. Kat si liberò dalla presa << Conosco la strada, non ho bisogno di essere guidata >> fece quasi sibilando e lui alzò le braccia a mo’ di resa. 
I due si allontanarono camminando l’uno distante dall’altro e uscirono dal locale.
 
 
<< Se vuoi ringraziarmi, sappi che non devi. L’avrei fatto per qualunque altro membro della Squadra. Non farti strane idee >> cominciò lui.
<< Non sono qui per ringraziarti. Non ti devo nessun ringraziamento. >> lo fissò negli occhi. E non lo avesse mai fatto, perché la rabbia che provava scomparì per quei brevi istanti.
<< Ti ho salvata e questo è il tuo comportamento? La prossima volta ti lascio indietro a morire >> decretò glacialmente.
<< Me la sarei cavata, comunque, in qualche modo. Non ho bisogno di nessun aiuto >> ribattè e la rabbia tornò a prendere possesso del suo animo.
Continuarono a camminare, sempre distanti.
<< Va bene, ricordati di queste parole, quando sarai di nuovo in pericolo. Io non ti aiuterò >> rispose lui sibilando.
Si fermarono per un momento, poi Eric, abbassando leggermente lo sguardo, osservò la collana di lei, rimase quasi pietrificato. Si avvicinò, la prese in mano per osservarla meglio e vedere se fosse realmente quella collana.
<< Perché l’hai messa? >> chiese freddamente.
<< Perché non ne avevo altre che potessero andare bene >> rispose.
Ci fu un altro attimo di silenzio, poi lei ricominciò a parlare << Arriviamo al dunque: io sono qui perché ho dei dubbi. Ci sto pensando da un po’. Andrew… voglio sapere com’è andata. La vera storia >> disse senza pensarci.
Eric, invece, era sbigottito. Cosa voleva da lui? Perché gli aveva fatto questa domanda?
<< Lo sai, com’è andata. Hai visto. >>
<< No, forse non so tutto. Forse c’è una spiegazione a quello che ho visto >>.
Rigirò la collana tra le dita abbassando lo sguardo e con voce flebile continuò a dire << Voglio la verità. E solo tu la conosci >>.
Eric non sapeva cosa fare per convincerla che sapere quella storia non avrebbe cambiato le cose. Anzi, le avrebbe solo peggiorate.
<< Non ti servirà a nulla. E poi, cosa ti fa fidare di più delle mie parole che dei tuoi occhi? >> rispose impassibile.
<< Eric… - la voce le tremò così tanto da vergognarsene e farla diventare tutta rossa – sai che non me ne andrò e non ti lascerò in pace finché tu non mi racconterai la verità >>.
Non capiva cosa se ne fosse fatta della verità, ma prese coscienza che non si sarebbe arresa. Perché non l’aveva mai vista arrendersi.
<< Va bene… te la racconterò, ma non qui. Seguimi >>.
S’incamminarono.
 
 
Kat lo stava seguendo, non aveva ben capito dove stessero andando.
Sentì il rumore del treno in corsa << Stiamo tornando alla fazione? >> chiese. Il ragazzo annuì. Aspettarono dieci minuti prima che il treno successivo arrivasse. Presero velocità e saltarono su. Lei  ebbe bisogno di aiuto: lui le allungò il braccio e la ragazza afferrandolo salì su.
<< Maledetto vestito >> bofonchiò. Lui rise << Avrei dovuto lasciarti cadere >>.
<< Si, perché non l’hai fatto? >>
<< Avrei dovuto tenerti sulla coscienza! >> rispose.
<< Mi vuoi far credere che ne hai una? >> disse lei sarcastica.
Non volevano ammetterlo, ma dopotutto non era così male stare insieme dopo tutto quel tempo.
Il viaggiò durò poco. Si lanciarono sul palazzo che portava all’entrata degli Intrepidi: il famoso fosso in cui si buttarono anche il giorno dell’iniziazione.
La stava conducendo alle porte della fazione, dove aveva consegnato Andrew a Jeanine.
Era buio, solo un lampione mal funzionante illuminava a tratti quel posto e  la luna piena che splendeva nel cielo nero.
Kat alzò lo sguardo e per un attimo si perse nell’osservarla. Poi lui la richiamò alla realtà << Allora, cosa vuoi sapere di preciso? Così la finiamo in fretta >>.
<< Tutto. Cosa è successo e perché l’hai fatto >> rispose con tono serio.
<< Ho ucciso quello che era un fratello per me, perché era un Divergente e perché mi avrebbero promosso a Capofazione se avessi partecipato alla causa >> disse freddamente stringendo i denti e i pugni dalla rabbia.
Kat alzò nuovamente lo sguardo sbuffando << Questo lo sappiamo tutti. Io ti ho chiesto la verità, Eric. Non voglio più credere che tu, che tu…>>
<< Che io cosa? – la interruppe – che io sia davvero capace di uccidere un amico? Lo sono. L’hai visto >>.
La rabbia tornava a farsi sentire: perché doveva essere così testardo e orgoglioso? Gli stava dando una possibilità e lui la buttava via così?
<< No. Mi rifiuto di crederci >> sentenziò guardandolo fisso negli occhi.
Anche in lui la rabbia ormai aveva preso piede e le afferrò velocemente il viso avvicinandolo al suo << E’ questa la verità. Che ti piaccia o no: io sono un assassino >>.
<< Se fosse così, non saresti venuto fin qui! >> disse liberandosi dalla presa e provando a sferrare un pugno che Eric bloccò facilmente << Ancora che ci provi? >> disse ridendo e lasciandole la mano.
<< Non cambiare discorso >> sibilò Kat.
<< Perché? Perché ti interessa così tanto? Tu mi odi e fai bene ad odiarmi >> gridò lui furiosamente.
<< Perché tu eri mio amico! E si, io ti odio! Ma questo non significa che non ci sia un’altra spiegazione a quello che è successo! >> ribatté la ragazza gridando a sua volta e tirandogli un calcio inaspettato nello stomaco, lo fece piegare in due.
Eric si mise a ridere e rialzandosi si avvicinò a Kat, fissandola negli occhi, e la schiaffeggiò buttandola a terra.
<< Come ti permetti?! >> sibilò, ancora, a denti stretti e con la guancia dolorante.
Si mise in piedi e gli si scagliò addosso provando a spingerlo, ma lui rispose tirandole un pugnò sulla bocca. Kat si pulì con un gesto della mano il sangue che le scorreva dalle labbra e alzando velocemente la gamba destra in alto, lo colpì in pieno volto, facendolo sanguinare dal naso.
La rabbia si era impossessata dei due intrepidi che ormai ne erano totalmente accecati e continuarono a colpirsi, fin quando Eric recuperando un po’ di lucidità vedendola stremata e con la luce della luna che illuminava il viso infuriato, non la bloccò per i fianchi e gridò arrendendosi << Va bene! Ti dirò la verità, altrimenti sta sera ti rispedisco in infermeria! >>
Si guardarono intorno per un attimo: tutto era tranquillo, a parte loro; non c’era nessuno.
Eric osservò di nuovo la collana che aveva la ragazza: quella fiamma…gliel’aveva regalata il giorno prima di ricevere quella dannata visita di Jeanine. Pensava fosse perfetta per lei; Kat era come il fuoco: un incendio devastante.
Si sederono a terra e lui, concentrandosi sui ricordi del passato, cominciò a raccontare…
 
La visita di Jeanine e le suo parole lo avevano reso irrequieto.
 Cosa doveva fare? Come avrebbe fatto a rapire il suo migliore amico? A tradirlo?
Non ne aveva idea e non aveva nemmeno tanto tempo. Prima portava a termine il suo compito e prima sarebbe stato sicuro che la sua famiglia si sarebbe salvata. Non voleva parlare con nessuno. Uscito dalla stanza, però, trovò Kat << Ehi! Eric! Andiamo dagli altri insieme? >> gli chiese.
<< Va bene…>> rispose con un tono che non aveva mai sentito prima d’ora… era angosciato, spaventato e tremante.
<< Cosa succede? >> chiese nuovamente la ragazza preoccupata.
<< Nulla… tutto okay >>.
Stava mentendo spudoratamente. Se n’era accorta. Gli si avvicinò e appoggiò la sua mano sulla spalla.
<< Sfogati, puoi dirmi tutto >> lo incoraggiò.
<>.
<< Posso accompagnarti? >>
<< No >>. Il tono di voce era glaciale. Non era mai stato così freddo e… vuoto.
<< Va bene, vado, allora >> rispose con delusione, gli accarezzò il viso e se ne andò.
 
Eric sapeva che se ne avesse parlato si sarebbe sentito meglio e che i suoi amici gli sarebbero stati accanto, ma temeva che in quel modo anche loro potessero essere messi in grave pericolo.
Passeggiò senza meta per un po’ di tempo. Era amareggiato. Non voleva, ma doveva.
 
 Si recò al Pozzo dove c’erano tutti gli altri che da li a poco lo avrebbero sicuramente allontanato ed evitato, ma era meglio così: se poteva salvarli e tenerli fuori da tutta quella faccenda, lo avrebbe fatto a qualunque costo.
Zeke lo vide arrivare e gli fece cenno con la mano per fargli capire dove si trovavano.
<< Ciao, Eric. Sei venuto, allora >> disse Kat sorridendogli. << Tutto passato? >> gli bisbigliò all’orecchio. Lui annuì ricambiando il sorriso. Un sorriso finto, però, di quelli fatti forzatamente quando vuoi evitare che ti facciano altre domande.
 
<< Ehi, cosa ne dite di una sfida? Vediamo chi riesce a salire nel minor tempo possibile sulla ruota panoramica >> propose Zeke. Gli altri ragazzi Intrepidi si misero a gridare sovrastando gli uni la voce degli altri << Si >>, << Dai, facciamolo! >>. Anche Kat ed Eric accettarono, lei pensò che quello fosse il modo migliore per dimostrare che non aveva più paura delle altezze, lui, invece, che era il modo migliore per attirare Andrew e condurlo con una scusa qualunque alle porte dove si trovavano gli uomini di Jeanine che lo stavano aspettando.
Andarono al vecchio parco divertimenti e si accalcarono sotto la ruota.
<< Chi va per primo? >> chiese Zeke.
<< Io >>. Una voce femminile prevalse sulle altre con determinazione.
<< Kat, sei sicura? E’alto lassù >> le disse Eric afferrandole il braccio e sperando che evitasse di fare idiozie: avrebbe dovuto già perdere un amico, non voleva che a questi se ne aggiungesse una seconda.
<< Si, lasciami andare >>.
Si avviò verso la ruota e, appena appoggiò il piede sul sedile situato più in basso, Clarke fece partire il cronometro.
Saliva, passo dopo passo, sempre più in alto e contemporaneamente anche la tensione saliva. Aveva oltrepassato la metà, era quasi in cima. Sotto di lei il silenzio. Sapevano che era terrorizzata dalle altezze e quello era sicuramente uno dei gesti più valorosi che avessero mai visto fare a qualcuno.
 Il cuore palpitava così forte e velocemente da poterlo sentire in gola e la tempia, altrettanto, pulsava. Mancavano pochi metri, ancora qualche istante e ce l’avrebbe fatta: avrebbe potuto urlare al mondo di essere riuscita a superare la propria paura.
Un'altra arrampicata e… era in cima. Sì, era arrivata sulla cima.
Si mise in piedi, alzò le braccia al cielo e urlò a squarciagola. Si sentiva in capo al mondo.
Insieme a lei iniziarono a gridare anche tutti i compagni.
Eric la fissò per qualche istante e dimenticò per un po’ tutto. Era fiero di lei.
Andrew gli si avvicinò e quell’attimo di serenità svanì. Tornò lucido e pensò che quello era il momento adatto: con tutto quel chiasso, nessuno si sarebbe accorto di loro.
<< Ehi, vieni con me? Devo parlarti >> gli chiese. L’amico accettò e si incamminarono.
<< Dove stiamo andando? >> chiese il divergente.
<< Oh, da… nessuna parte. Voglio solo trovare un posto tranquillo dove dirti una cosa che nessun altro deve sapere >> improvvisò. Temeva che lui capisse quello che stava accadendo. Era terrorizzato, ma non lo dava a vedere. Stava imparando, già, ad essere freddo, distaccato, glaciale. Era l’unico modo per sopravvivere.
Il rimorso stava affiorando, pian piano. Come quando ti infilzano ma lo fanno talmente tanto lentamente che il dolore si moltiplica.
Erano quasi arrivati…
<< Se è per la tua cotta per Kat, so già tutto. La collana che hai preso, l’ho vista al suo collo >> disse ridendo e gli diede una pacca sulla spalla.
Oramai erano arrivati… Eric, stava per sentirsi male, non ce la faceva, non poteva credere che lo stava facendo davvero. Si rabbuiò, all’improvviso: aveva visto il furgoncino e gli altri uomini.
Caricò la sua pistola a pallettoni dietro la schiena, si sentì un “tac”. Andrew si allarmò, cominciava ad avere paura, vide dietro di se degli uomini << Eric, cosa succede? >> la sua voce stava tremando.
<< Perdonami >> gli disse, puntò la pistola contro l’amico che aveva capito tutto e sparò.
<< Non so perché lo stai facendo. Ma deve esserci una buona ragione. Addio >>. Andrew cadde a terra. Eric rimase in piedi impalato. Non pensava. Non sentiva niente.
Caricarono l’amico sul furgoncino, chiusero le porte e partirono. Lo stava fissando, finchè non sparì alla vista e si ritrovò a fissare il buio con la pistola tra le mani.
Arrivò Kat che li aveva seguiti, non aveva visto chi aveva sparato Andrew, ma era convintissima che non fosse stato il suo amico.
Corse verso di lui, lo strinse forte e appoggiò la sua testa sulla sua spalla. Lei iniziò a piangere. Era un pianto silenzioso. Lui fissava il vuoto, ancora.
 
 

Qualche giorno dopo ricevette un’altra visita. Non da Jeanine, ma da un suo vice. Kat era appena arrivata e vide quell’uomo vestito di blu. Si avvicinò alla finestra semi aperta e si mise ad origliare.
<< Questa sera dovrai recarti al Centro degli Eruditi. Per svolgere un altro compito. Se non verrai, sai già cosa ti aspetta >>.
La faccia di Eric divenne viola, la vena sul collo gli si gonfiò e gridò << Ho già fatto quello che mi avevate chiesto! Non farò nient’altro per voi >>.
<< Sicuro? Ricordi cosa ti ha fatto vedere Jeanine. Quelle bombe sono state disattivate, ma potremmo riattivarle. Tranquillamente. >> disse con tono pacato l’erudita.
Era di nuovo combattuto. Perché gli stavano facendo questo? Perché proprio a lui?
<< E va bene, verrò >>.
L’uomo fece un sorriso inquietante e uscì dall’appartamento.
L’Intrepido sbattè i pugni sul tavolino di vetro facendolo frantumare in tanti pezzetti e le mani cominciarono a sanguinare.
Kat era spaventata, cosa volevano dal suo amico? E cosa aveva fatto per loro? Improvvisamente capì. Quella dannata sera, Eric aveva consegnato Andrew agli Eruditi. Ma perché? Cosa aveva quel ragazzo di tanto speciale? “Che fosse anche lui un Divergente? E se fosse così, potrebbero scoprire anche noi altri” pensò la ragazza. Allontanando quei pensieri si fece coraggio ed entrò nella casa dell’amico infiltrandosi dalla finestra sapendo che non avrebbe aperto la porta.
<< Eric…cosa succede? Cosa voleva quell’ uomo da te? >> chiese con voce flebile.
<< Va via, Kat. Non è il momento >> rispose con un tono glaciale.
<< No. Resto >> gli si avvicinò, gli posò la mano sul viso e poi lo abbracciò. Lui non ricambiò l’abbraccio, non ce la faceva. Kat prese delle fasce in un cassetto di un mobiletto del bagno: pulì le ferite con del disinfettante e arrotolò le fasce intorno alle mani dell’amico.
 

 
La sera, lei decise che avrebbe seguito Eric. Doveva vedere cosa stava succedendo. Quattro l’accompagnò.
Quando l’aveva vista piangere di nascosto in un angolino allo Strapiombo quel pomeriggio si era fatto raccontare tutto e aveva deciso che sarebbero andati insieme. Temevano che gli Eruditi potessero prendere anche lui. Non immaginavano cosa in realtà gli stavano chiedendo di fare.
Presero il treno. Una volta arrivati entrarono nel palazzo degli Eruditi di soppiatto. Incontrarono in un lungo corridoio due ragazzi: un maschio e una femmina. “ Fortunati “ pensò Kat.
 Non volevano fargli del male, non troppo almeno. Giusto quanto bastava a farli svenire per qualche ora.
Li colpirono alle spalle, gli tolsero i vestiti e i documenti e li indossarono loro, nascondendo i corpi in uno stanzino lì vicino. Solo in questo modo sarebbero riusciti a passare inosservati. Anche se le ginocchia sbucciate, le ferite e i lividi sulle gambe di Kat erano abbastanza visibili da far capire a chiunque avesse un occhio più attento che di certo lei non era un’Erudita.
<< Non potrebbero indossare qualcosa di più comodo. Queste gonne sono… fastidiose >> si lamentò.
<< Stai zitta e cammina >> la ammonì Quattro.
Videro Eric passargli davanti. Era scortato da uomini armati e stavano entrando nella porta loro davanti.
I due Intrepidi aprirono quella porta con i pass rubati ai due eruditi e mantenendo un profilo basso seguirono l’amico. Si trovavano in una grande sala bianca, illuminata. Era quasi vuota se non fosse stato per una sorta di gabbia trasparente e dei computer-ologrammiavanti davanti ai quali si trovava Jeanine.
Fecero entrare Eric nella gabbia. Kat emise un gridolino che fortunatamente fu coperto dal rumore della porta di quella gabbia che si chiudeva.
Poco dopo arrivò anche Andrew. Era magro…smilzo. Aveva il viso incavato tanto che le orbite degli occhi sembravano uscire fuori. La pelle non aveva un colore normale, ma innaturale. Malsano. Era debole. Chissà a cosa lo avevano costretto a sottoporsi.
I due intrepidi ed Eric rimasero scioccati alla vista del loro amico ridotto in quelle condizioni disumane.
<< Eric, caro, sparagli >> disse Jeanine.
Il ragazzo guardò la pistola, poi l’amico e poi ancora la pistola. Stava impazzendo. Kat fremeva, non ce la faceva a rimanere immobile. Voleva fare qualcosa.
<< Fallo >> disse con una vocina Andrew. Non sembrava più lui. << Ti perdono, fratello. Saluta gli altri da parte mia >>. Un peso assurdo si mise sullo stomaco e nella gola dell’Intrepido, non ci riusciva. Non ne aveva la forza.
<< Se non lo farai, sai esattamente cosa accadrà >> lo minacciò l’Erudita.
Eric alzò il braccio, puntò la pistola verso l’amico, sussurrò << scusami >> e premette il grilletto. Il proiettile partì spedito e colpì in pieno il cuore dell’amico. Andrew si accasciò a terra con un sorriso sincero stampato sulle labbra.
Kat si portò le mani alla bocca. Quattro la condusse fuori dalla stanza: avevano visto troppo. Se si fossero accorti di loro sarebbe stata la fine.
Eric abbassò la pistola, cadde in ginocchio e delle lacrime gli sgorgarono dal viso. L’angoscia prese il possesso di lui. E il ragazzo spensierato, coraggioso e innamorato svanì per sempre.
 
 
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Questo capitolo è un po’ più lungo degli altri e finalmente ecco la storia di Eric. Ho pensato a lui come un personaggio dal passato burrascoso, un passato che lo avesse reso quel ragazzo freddo, indelicato, distaccato, un po’ “cattivo”. Perché nessuno nasce cattivo, ma si diventa. Tuttavia questo non significa che per lui non ci sia modo di cambiare; i cambiamenti richiedono, però, tempo. Non si cambia da u momento all’altro e c’è sempre bisogno di qualcuno accanto che sia disposto ad accompagnarti in questo viaggio. E Kat è l’unica persona che sembra volergli dare un’altra opportunità.
Jeanine è una stronza, vera e proprio. Ma sappiate che non è ancora finita: c’è qualcos’altro da scoprire ;)
Ho inserito, poi, anche qualche elemento un po’ più frivolo per non essere pesante, alleggerire la tensione e provare ad immaginare anche la vita quotidiana di questi personaggi.
Spero che la storia vi stia piacendo e ringrazio chi legge, chi recensisce e chi l’aggiunge tra seguite/preferite.
Al prossimo aggiornamento, un bacio <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo VII
 
Il racconto terminò e il silenzio tornò ad imperare. Fissavano dritto il vuoto e il buio davanti a loro, come se stessero rivivendo quel momento in cui Andrew fu portato via.
<< Sei soddisfatta, ora? >> chiese Eric a denti stretti e voltandosi a guardare il viso di lei: le lacrime, silenti, le stavano solcando le guance e la luna con la sua flebile luce continuava ad illuminarle il viso; non si aspettava quella reazione.
Kat sentiva il peso di un macigno nello stomaco: il senso di colpa; avrebbe dovuto costringerlo a parlare anni prima.
Si asciugò le lacrime e prese la mano di Eric tra le sue stringendogliela come se volesse aggrapparsi a qualcosa per non cadere. Anche questo gesto lo stupì.
Provò a far tornare lucida la sua mente offuscata e con voce sommessa disse << Scusa >>.
Non riuscì a dire nient’altro, solo le lacrime continuavano a scendere copiosamente nonostante tentasse di bloccarle con tutta la poca forza che le era rimasta.
Sapere che Eric era stato minacciato, sapere che era stato costretto cambiava le cose. Ma comunque aveva commesso un atto orribile: uccidere un innocente che per di più era suo amico. Ora capiva quella freddezza e quella rabbia costanti ed inesauribili. Erano la sua corazza, e lei come un’ottusa aveva scelto di credere a ciò che era più facile.
Il Capofazione ricambiò la stretta continuando a fissare davanti a se.
 
Kat, però, cominciò a pensare… il padre e la sorella di Eric non erano più vivi, ricordava che arrivò la notizia proprio in quei giorni che erano morti a causa di un incidente domestico… capì solo in quel momento che Jeanine gli aveva fatto ancora più male di quanto avesse mi creduto… Ma perché? Perché proprio lui? No, quella non era tutta la storia.
 
<< Ma la tua famiglia… >> cominciò a dire.
<< Si, li ha fatti saltare in aria. Nonostante mi avesse promesso che li avrebbe risparmiati. Se lo avesse fatto, però, non avrebbe avuto la sua… - esitò per un momento - vendetta. Non rimase nulla di loro. Nemmeno i cadaveri da piangere e seppellire dignitosamente >> .
Quelle parole suonavano amare, rabbiose…colleriche.
Kat non lasciò la presa. Si fissarono: gli occhi grigi e freddi di lui incontrarono quelli marroni e infuocati di lei.
Uno sguardo silenzioso, ma più efficace di mille parole che fu interrotto dalla ragazza << Perché tu?>>
Eric rimase spiazzato. Aveva sperato che non gli facesse altre domande. Ma voleva la verità e a quanto pareva la voleva per intero.
 
<< Mia madre e Jeanine erano… beh… erano sorelle. E’ una lunga storia >> rispose.
<< Ho tutto il tempo per ascoltarla >> sentenziò senza pensarci su.
<< Non qui. Non così. Domani sera vieni da me e ti dirò il perché. Ma prima devi dirmi tu perché vuoi sapere tutto di questa storia >> disse guardandola di nuovo negli occhi.
Kat abbassò lo sguardo e timidamente rispose << Perché noi eravamo amici >>.
S’incamminarono ed Eric disse quasi come se stesse dando un vero e proprio ordine
<< Non devi dirlo a nessuno. Neanche a Clarke. Inventa qualsiasi scusa, ma di questa cosa non devi parlarne con nessuno. Me lo prometti? >>
<< Perché non vuoi che la gente conosca la parte migliore di te? >> chiese con irriverenza.
<< Tu fallo e basta >> disse risolutamente.
Lei, semplicemente, annuì: Eric aveva tutto il diritto di voler apparire quello che non era veramente.
Continuarono a camminare fin quando non raggiunsero il Pozzo e Kat chiese << Io vado a casa… non posso tornare lì così. Mi farebbero un sacco di domande e non mi va di ascoltarli lamentarsi perché mi sono allontanata e ho fatto per l’ennesima volta a pugni con te. Quindi, puoi dire a Clarke che sono a casa? >>
<< Va bene. Vuoi una mano con la tua faccia? - disse notando che aveva un livido violaceo proprio sull’occhio sinistro e che il labbro inferiore era ormai gonfio – Sembra malconcia, sai? >>
<< No, sono capace di farlo da sola >> rispose.
<< Okay. Allora, io vado. Ciao >> la salutò e s’incamminò prima che lei potesse ricambiare il saluto.
Kat prese la via di casa. La strada era buia e luci andavano ad intermittenza. Aveva un sacco di pensieri nella testa, ma quello che più la preoccupava era il motivo per cui Jeanine volesse vendicarsi della famiglia di Eric con la quale, dopo tutto, era perfino imparentata.
Arrivò davanti la porta di casa, estrasse le chiavi dalla tasca del giubbotto di pelle e le inserì nella serratura aprendola.
Gettò le chiavi sul tavolino insieme al giubbotto e andò a sciacquarsi la faccia in bagno. Poi, si cambiò, afferrò il libro sul comodino e mettendosi nel letto e indossando gli occhiali cominciò ad immergersi nella lettura.
Clarke arrivò una mezz’ora dopo con l’aria arrabbiata ed esasperata.
<< Kat! >> urlò.
La ragazza sobbalzò e rispose << Sono in camera! Che c’è? >>. Clarke entrò come una furia buttando il suo cappotto sul letto con violenza.
<< Perché Eric è venuto a dirmi che tu eri a casa? >> chiese con veemenza.
Kat chiuse il libro e con calma chiese << Che cosa ti ha detto precisamente? >>
<< Che lui doveva parlarti per domani, che poi sei tornata a casa perché avete dovuto affrontare degli Esclusi che ti avevano ridotta ad uno straccio! >> disse.
“Per una volta fa una cosa intelligente” pensò con sollievo.
<< E’ vero. Mi doveva parlare di domani e degli Esclusi ci hanno attaccati e allora siccome ero piena di lividi e l’occhio mi faceva male sono tornata a casa e gli ho chiesto di informarti. Tutto qui>> spiegò noncurante.
L’amica sembrò abboccare alle parole di Kat e non chiese più nulla. Anche lei si cambiò e si misero entrambe a dormire.
 
 
 
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5 settembre, esami finali.
 
Il Capofazione Max si presentò di buon ora nella palestra dove erano riuniti tutti i futuri membri della Squadra Speciale per essere valutati.
L’esame consisteva in tre prove: simulazione di battaglia; test mentale; infine, la propria specialità.
Vennero scortati nel palazzo degli Eruditi. Dovevano attendere il loro turno in una stanzetta. Eric vide Kat che faceva su e giù, le si avvicinò e le disse << Paura, Steevens? >>.
<< Affatto >> rispose con sfacciataggine. Avrebbe voluto ringraziarlo per la sera prima, ma dopo quell’affermazione idiota le era passata la voglia.
Lui entrò nella sala seguito da Zeke. E all’amico seguirono, poi, tutti gli altri.
Dopo tanta attesa arrivò anche il suo turno: aveva il cuore in gola.
La stanza era divisa in due da un vetro: da un lato lei, dall’altro i suoi esaminatori. Eric la osservava preoccupato.
Per un attimo si sentì spaesata, poi lo scenario intorno a lei cambiò.
Si trovava tra le macerie, simili a quelle dove si era tenuto l’addestramento. C’erano fumi che le impedivano di vedere bene e si sentiva la puzza delle fognature. Iniziò a muoversi alla cieca, con sé aveva solo un coltello.
Sentì il rumore di passi che avanzavano verso di lei. Si trovò davanti un uomo armato. Questo le si scaraventò addosso e la buttò a terra. Era tutto finto, ma sembrava così reale. Ricordò che doveva affrontare quelle paure da Intrepida, doveva stare molto attenta alle sue azioni.
Si rialzò, impugnò il coltello e lo lanciò con forza verso la fronte dell’uomo. Lo prese in pieno. Questi si accasciò e lei estrasse l’arma dal corpo senza vita.
Avanzò cautamente di qualche metro più in là e si trovò di fronte gli ologrammi di Clarke, Quattro e Zeke, anche loro armati. Kat vide comparire ai suoi piedi un arco con tanto di frecce. Lo afferrò e dopo aver esitato per qualche istante si decise iniziando a tirare contro gli ologrammi che procedevano furiosamente verso di lei. Riuscì a colpirli tutti e tre. Un strano senso di vuoto si stava impossessando di sé, ma pensò che se non lo avesse fatto loro avrebbero ucciso lei e che dopo tutto era solo una…finzione.
Lo scenario cambiò di nuovo: era nei boschi, oltre la recinzione, immaginava. Uomini muniti di balestre erano appostati sugli alberi e aspettavano che lei passasse.
Impugnò l’arco, mirò e iniziò a tirare contro quelli che cadevano dagli alberi con peso morto dopo essere stati colpiti dalle frecce. Altri uomini iniziarono ad attaccarla alle spalle, ma lei prontamente si voltò e ne colpì uno con il coltello che aveva ancora in tasca e poi gli altri con l’arco.
Dopo averli abbattuti tutti, lo scenario svanì e tutto tornò normale.
Eric la portò in un’altra stanza. Questa volta più piccola. Era il momento del test mentale.
<< Siediti lì >> le disse.
<< Io volevo, beh, si, volevo ringraziarti >> disse tutto d’un fiato.
<< Per cosa? >> chiese mentre preparava la siringa.
<< Per aver detto a Clarke la storia dell’attacco degli Esclusi e tutto il resto >> rispose.
La guardò un attimo, poi, distogliendo lo sguardo e tornando sulla siringa disse << Okay >>.
Per quel test erano da soli. Non c’erano altri spettatori. Ma notò una telecamera appesa sulla parte superiore di una delle pareti. Guardò intorno a sé e ne vide altre quattro. erano sorvegliati. Sicuramente gli altri stavano assistendo allo spettacolo.
Le iniettò il siero nel collo e lei chiuse gli occhi.
Era su un elicottero che stava precipitando velocemente nel vuoto.  Kat era immobile e terrorizzata. La paura l’aveva bloccata. Non riusciva neanche a pensare.
Cercò di tranquillizzarsi e di ritornare lucida. Doveva esserci un modo per sopravvivere, qualunque cosa. Si guardò intorno e notò su un sedile un paracadute malconcio. “E’ l’unico modo” pensò.
Lo afferrò e lo indossò. Era sul ciglio dell’apertura dell’elicottero. Guardò in basso un paio di volte e poi, con il cuore a mille, si lanciò nel vuoto.
Atterrò in un pozzo buio e angusto. In un angolo vide delle cose strisciare e avanzare verso di lei: serpenti. Doveva trovare un modo per uscire di lì. Quegli esseri si avvicinavano sempre di più. Sibilavano. Non vedeva neanche bene non solo per il buio, ma anche perché era senza occhiali, senza lentine. Da miope non poteva fare granché. Strinse gli occhi: il pozzo era fatto da mattoni; poteva arrampicarsi. Era brava nelle arrampicate. Ma i serpenti la stavano seguendo anche sulle pareti. Aumentò il ritmo. Uno di questi la stava per mordere, ma lei con il coltello gli mozzò la testa. Così fece anche con gli altri che le si scaraventavano contro.
Uscì dal pozzo e si trovava davanti al Centro. C’erano tutti i suoi amici: la stavano fissando salire su un patibolo. C’era una ghigliottina. Eric la stava conducendo lì.
Tutti gridavano con veemenza << A morte! A morte! >>.
Lei deglutì. Con uno strattone si liberò dalla presa del ragazzo e gli diede un calcio nello stomaco facendolo sputare sangue. Iniziò a correre. Si diresse verso la sua vecchia casa tra i Candidi.
Ma questa stava bruciando e si sentivano le urla di un bambino dentro: suo fratello. Colta dalla paura, buttò con un calcio secco la porta a terra. Entrò: era tutto in fiamme. Si stava distruggendo tutto. Le urla la condussero nella cameretta del fratellino. Era rannicchiato in un angolino e davanti a lui c’erano delle travi infuocate e il lampadario che stava rischiando di cadere. Allora, si fece coraggio: scavalcò le travi cercando di non bruciarsi e raggiunse il bambino; lo prese fra le braccia. L’aria stava diventando irrespirabile. Correva il più velocemente possibile schivando le fiamme che occupavano ormai tutta la casa. Fece salire il fratello su una delle finestre e uscirono sani e salvi.
Si svegliò di colpo. Era affannata e la fronte tutta bagnata dal sudore.  Eric si avvicinò e le tamponò la fronte con un panno. << E’ finita >> la rassicurò.
<< Hai… hai visto tutto, vero? >> chiese Kat preoccupata.
<< Si… sto qui per questo >> rispose.
<< Okay… >> disse abbassando lo sguardo a terra.
<< Capisco che nelle tue allucinazioni ci sia io che provo ad ucciderti. Insomma, ti ho spedita parecchie volte in infermeria. E’ comprensibile >> e si mise a ridere. Lei, invece, lo guardò torvo.
 
Era arrivato il momento del modulo finale. Quello durante il quale dovevano dimostrare di saper fare qualcosa in particolare. Kat, ovviamente, scelse il tiro con l’arco.
Tornarono nella sala precedente, dove li aspettavano anche gli altri esaminatori. Tra loro c’era anche il Capofazione Max.
La ragazza prese il suo arco e cominciò a tirare contro i bersagli. Non ne mancò uno. Poi, per complicare le cose, lo scenario si riattivò. Questa volta, si trovava nel bel mezzo di una vera e propria battaglia. Era con i suoi compagni di Squadra. Un soldato stava per sparare contro un civile e Kat preparò la freccia, la fece scoccare e finì dritta nel petto di questi. Qualcuno la prese alla sprovvista da dietro puntandole una pistola alle tempie. Lei diede un morso sul braccio che la stringeva e si liberò dalla presa. Poi prese una delle sue frecce e gliela conficcò nella gola.
Lo scenario svanì. Fu accompagnata fuori dalla sala dove c’erano anche gli altri ragazzi che aspettavano i risultati.
<< Com’è andata? >> le chiese Quattro.
<< Boh… >> rispose.
Aspettarono per circa un’ora. Erano tutti stanchi e stremati. Poi uno alla volta furono chiamati nella sala dove gli sarebbe stato comunicato se erano entrati nella Squadra o meno.
 
Kat entrò per ultima. Davanti a lei c’erano quattro Capofazione degli Intrepidi (tra cui Eric e Max), due Eruditi sconosciuti e poi c’era quella donna: Jeanine. La osservava divertita. Kat provò la solita  strana sensazione nello stomaco e la vena sulla fronte cominciò a pulsare come ogni volta in cui la rabbia e la tensione si impadronivano di lei.
L’Erudita disse << Sono molto colpita. Tu e il tuo compagno Quattro avete avuto il punteggio più alto. Non avete incontrato nessuna difficoltà. Perché? >>.
<< Forse perché il nostro Capofazione ci ha addestrati bene? >> rispose con tono sarcastico e inviperito, la verità però, era ben diversa. Kat e Quattro non erano normali, e nessuno doveva saperlo.
Le mostrarono i suoi punteggi:
 
I modulo: 98/100
II modulo: 100/ 100
III modulo: 98/ 100
 
Era esterrefatta. Non se lo aspettava.
<< Con questo punteggio, ovviamente, sei ammessa >>. Si congratularono con lei, poi Jeanine disse << Avevi ragione, Max. Non abbiamo sbagliato a sceglierla >>.
Le permisero di uscire e lei insieme a Quattro e Zeke si avviarono verso il quartier generale. Erano affamati e sicuramente Clarke li stava aspettando proprio in mensa: anche lei doveva aver finito il turno pomeridiano in quel momento.
Stava calando la sera, erano le 19:30. Il cielo era di un tiepido azzurro che si stava trasformando pian piano in blu.
Camminavano lentamente senza parlare, non ne avevano le forze.
Kat sentì qualcuno da dietro gridare il suo nome: una voce che non poteva confondere con quella di nessun altro. Eric.
Si arrestò e si girò, mentre lui la stava raggiungendo.
<< Ti ricordi di…? >> chiese.
<< Si, mi ricordo >> lo interruppe. Preferiva che Quattro e Zeke non ne sapessero più di tanto.
Si salutarono e poi ognuno prese la propria via.
Arrivarono vicino al treno, quando Quattro cominciò a chiederle  con tono sospettoso << Allora, cosa devi ricordarti? >>
<< Che… che se non obbedisco agli ordini, la prossima volta gli Esclusi avranno un nuovo membro>> mentì.
<< Perché? Cosa hai fatto? >> continuò mentre la fissava interrogativo e curioso insieme a Zeke.
Kat ci pensò un po’ su e poi disse << Beh, perché non volevo che Eric mi sottoponesse alla seconda prova >>. Questa sembrava essere una scusa abbastanza plausibile secondo lei, ma non per i suoi amici che, però, decisero di non insistere poiché sapevano che avrebbe continuato a dire balle.
Il viaggio nel treno sembrò durare un’eternità a causa della stanchezza e Kat pensò che quella giornata per lei non sarebbe ancora terminata.
In mensa, dopo aver fatto la fila, trovarono Clarke come previsto al loro solito tavolo che li aspettava con il piatto ancora pieno. Era si un’Intrepida, ma la maleducazione continuava a non tollerarla.
<< Com’è andata? >> chiese.
<< Bene – rispose Zeke – siamo passati tutti >>.
Si concentrarono sul loro piatto e mangiarono tutto voracemente: la fame era troppa. Dopo cena uscirono dalla mensa e si fermarono un po’ al Pozzo quando Kat si accorse che stava per fare tardi.
<< Io vado… vado… vado in bagno. Non aspettatemi >> disse velocemente correndo via senza dare la possibilità ai suoi amici di replicare o chiedere spiegazioni.
Si diresse verso casa di Eric e pensando a cosa dovesse aspettarsi. Sicuramente qualcosa di assolutamente impossibile da prevedere. Dopo tutto non sapeva molto sulla sua famiglia. Sapeva che erano eruditi e che la madre, Emma, era morta in circostanze sconosciute qualche giorno dopo la sua entrata tra gli Intrepidi.
Arrivò davanti alla porta e bussò timidamente. C’era una luce che proveniva dalla finestra della cucina, probabilmente stava mangiando.
Poco dopo, Eric aprì e la fece accomodare.
<< Cos’è ti fa caldo? >> chiese Kat notando la canotta nera che aveva indosso.
<< Problemi? >> ribatté insolentemente il Capofazione.
Si sedette sul divano nel salotto come se fosse casa sua senza nemmeno chiedere il permesso, non voleva che pensasse che la intimoriva. Perché in effetti non le incuteva alcun timore.
Lui, invece, si accomodò sulla sedia davanti a lei e disse << Volevi sapere il perché, no? >>
<< Esattamente. Voglio sapere tutto >> rispose con risolutezza.
Eric la guardò con i suoi occhi azzurri e penetranti e le chiese << Toglimi una curiosità: dopo aver saputo tutto, cosa te ne farai della verità? >>
Kat resse lo sguardo con impertinenza << Questo interessa solo me >>.
Lui annuì e bevendo un sorso dalla bottiglia di birra, fece segno se ne volesse anche lei. Accettò e bevve più di qualche sorso << Inizia pure >> lo invitò.
Eric si fece serio e il suo volto si incupì << Come ti ho detto, loro erano sorelle e io ho scoperto questa cosa solo dopo che lei aveva ucciso mio padre e mia sorella perché venne a farmi le sue condoglianze di persona dopo quello che era stato mascherato come un incidente. Io le chiesi perché ce l’avesse così tanto con la mia famiglia e mi raccontò la sua storia. Quella di una sorella che si sentiva eclissata dalla luce della sorellina minore: mia madre >>.
 
<< Lei ha tutto. Ha una famiglia, ha un ottimo posto da ricercatrice e ora vorrebbe togliermi anche il ruolo di Capofazione? Perché crede che questi attacchi agli Abneganti e ai Divergenti siano inutili sprechi di forza. Ma non capisce, la natura umana è pericolosa. Avrei dovuto rivelare il suo segreto molto prima. E’ sempre stata la preferita da tutti, mentre io… beh, io no. Io ero l’arrogante, lei la gentile; io la cattiva, lei la buona >> disse come se stesse sputando velenorivolta  ai suoi fedelissimi.
<< Ma non può farvi niente. Siete voi che comandate ora, qui >> rispose tremando un omuncolo piccolo e tarchiato.
Jeanine si voltò a guardare attraverso la vetrata che dava sul resto della città e poi continuò << E invece, mio sciocco amico, non è così. Lei è un pericolo per il mio potere e per l’intero sistema. Lei è una Divergente che sta cercando di prendere sempre più consensi per spodestarmi. Devo impedirglielo e c’è un solo modo: ucciderla. Poi… beh… poi, penserò a distruggere la sua famiglia felice >>.
Un sorriso malefico si palesò sulle sue labbra. Odiava la sorella che tempo prima le aveva impedito di vivere felicemente con il suo amato perché questi era diventato un Escluso non essendo riuscito a passare il test finale d’ammissione tra gli Eruditi. La aveva convinta che era sbagliato vivere con una persona che ormai era emarginata dall’intera società e che avrebbe potuto avere di meglio.
Ma il meglio non arrivò mai per lei. Continuava la sua esistenza offuscata da Emma che veniva lodata per le sue doti da tutti. Ma quelli erano solo dei poveri idioti, lei era molto meglio di quella ragazzina e pensava che in lei ci fosse qualcosa di strano, così cominciò ad indagare, fin quando non scoprì, estorcendo con l’inganno la verità dalla sorella, che Emma era una Divergente. Non aveva mi usato quell’informazione, non prima che arrivasse il momento giusto: e quel momento, quello durante il quale sua sorella cercava di screditarla, era esattamente ciò che aspettava da sempre.
<< Emanerò un mandato di arresto per lei. Verrà processata dai Candidi che le somministreranno il siero della verità e lei si condannerà a morte da sola. Poi toccherà ai suoi cari >> disse con soddisfazione, sentiva che il suo piano avrebbe avuto successo. << Da oggi, la caccia ai Divergenti è ufficialmente aperta >>.
<< Ma come facciamo con il ragazzino? Lui, ormai è tra gli intrepidi >> disse l’omino tarchiato.
<< Per lui ho in riserbo un destino diverso. Lo sfrutterò dandogli più di quanto merita, e poi, quando non mi sarà più utile, farà la fine della madre >>.
 
 
Kat questa volta non provava né paura né rabbia, ma compassione. Quel ragazzo aveva vissuto per tutto quel tempo con quegli orrori.
Non lo biasimava per aver scelto la sua famiglia piuttosto che l’amico. Probabilmente lei avrebbe agito ugualmente.
<< Lei, poi, ha attuato il suo piano. Mia madre è morta per avvelenamento e lo fecero passare come un normale attacco cardiaco. Poi, trasformò me nel suo burattino e mi tolse tutti coloro che amavo di più >>
<< Lo ha fatto fare a te >> lo interruppe, mentre la rabbia s’impossessava del ragazzo. Così, Kat si alzò di scatto e gli si avvicinò chinandosi e afferrandogli il volto disse << Non è colpa tua. Tu hai fatto quello che chiunque altro avrebbe fatto >>.
Sperava che queste parole potessero aiutarlo. Ma i rimorsi e la rabbia che portava dentro di sé ormai erano radicati. Jeanine aveva davvero raggiunto il suo scopo: aveva distrutto sua sorella, aveva ucciso la sua famiglia e aveva reso suo figlio un mostro.
<< Io sono un assassino, Kat >> disse guardandola negli occhi con un briciolo di terrore.
<< E chi non lo è tra noi? >> disse. Dopo qualche istante si rese conto che aveva parlato a sproposito, non sapeva tenere la lingua a freno.
<< Voglio dire, tu non sei un assassino. Hai fatto il possibile e l’impossibile. Jeanine è troppo potente. Ma tu puoi mandare in aria il suo piano tornando ad essere l’Eric che io ho conosciuto tempo fa >>.
Eric si alzò e lei fece lo stesso. Lo seguì nella cucina dove prese altre due birre. Le stappò e ne offrì una a Kat che accettò volentieri.
Quando ebbero finito lui disse << Ora, vai. Domani ti devi alzare, c’è la Cerimonia della Scelta e arriveranno i marmocchi >>.
<< Si, e poi Clarke si starà chiedendo quanto tempo ci metto in bagno >> rispose pentendosi subito delle parole appena proferite.
<< Hai detto di andare in bagno? Sul serio? >> chiese tra lo stupore e il divertimento. Riusciva ancora a distrarlo, nonostante i loro rapporti non fossero più come quelli di una volta.
<< Eh beh, si. Non sapevo cosa dire. Quindi, si, devo andare. Ciao, a domani >> rispose balbettando senza prendere fiato e avvicinandosi alla porta. Eric la accompagnò e poi ricambiò il saluto.
 
Tornò a casa, era esausta e sapeva che non avrebbe retto un interrogatorio perciò sperava che Clarke dormisse già.
Ma così non era.
<< Dove sei stata? Di certo non in bagno >> disse arrabbiata.
<< Beh, ora ci vado, però >> rispose correndo verso il bagno.
Quando uscì, l’amica era pronta a farle ancora altre domande, così Kat si arrese e disse che era stata da Eric che voleva parlarle di quello che avrebbe dovuto fare il giorno dopo.
<< E non poteva dirtelo prima? Insomma è l’una di notte! >> urlò.
<< Ne parliamo domani, okay? Ora sono stanca >> dicendo ciò Kat si accasciò sul suo letto e dopo pochi minuti senza nemmeno aver indossato il pigiamo si mise a dormire pesantemente.
 
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti! Sono tornata dopo una lunga pausa. Qui ho cercato di spiegare le motivazioni di Jeanine. A primo impatto avevo pensato che forse la cosa di Eric e Jeanine imparentati poteva sembrare un tipico espediente alla “Beautiful”, ma spero, sinceramente, di non averlo reso tale.
Come avete potuto leggere, appunto, Jeanine soffre d’invidia nei confronti della sorella. Per questo mi sono ispirata a Zelina di OUAT, se c’è qualcuno che lo segue sa esattamente di cosa parlo. E’ stata quasi come un’illuminazione mentre guardavo la terza stagione xD
Spero vi sia piaciuto e ringrazio chiunque leggerà o recensirà.
Ciao, un bacio e al prossimo aggiornamento ;) 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo VIII
 
La luna era ancora alta quando Kat si svegliò. Aprì la finestra del salotto e fece entrare l’aria pungente all’interno dell’appartamento.
In cucina cominciò a preparare la colazione anche per Clarke che si svegliò poco dopo. Si accomodarono al tavolo e mangiarono dei biscotti che aveva portato Daphne e due tazze fumanti di caffè.
Kat quando finì si alzò dal tavolo e andò in camera per cambiarsi: indossò i soliti pantaloni neri con una maglia a manica lunga e gli scarponi.
<< Ciao, ci vediamo a pranzo >> salutò l’amica che stava ancora finendo molto lentamente la sua colazione.
<< Ciao >> rispose questa con la bocca impastata e stropicciandosi gli occhi.
Uscì di casa e l’aria fredda le graffiò il viso con violenza. Rientrò velocemente e afferrò al volo la giacca di pelle indossandola prima di uscire di nuovo.
Kat alzò gli occhi al cielo: era sereno e il sole stava sorgendo spuntando dai tetti dei palazzi ammassati l’uno sull’altro.
S’incamminò verso il Pozzo dove i Capifazione ed altri Intrepidi si dovevano riunire per prepararsi all’arrivo degli iniziati.
Era il giorno della Cerimonia della Scelta, si aspettavano che non più di dieci ragazzi sarebbero riusciti a superare la prima fase della selezione e infatti stavano trasportando nei dormitori dieci letti, dieci paia di lenzuola e dieci cuscini.
 
<< Kat, Lauren andate a prendere dei vestiti nel deposito, metteteli in questi sacchi e portateli nei dormitori >>  ordinò Max appena la vide arrivare.
Lauren aveva diciotto anni come lei, avevano fatto l’iniziazione insieme. Kat la seguì, stavano salendo sulle scale che si arrampicavano sulle pareti del Pozzo collegando diversi locali.
Entrarono in uno degli antri adibito come deposito. Presero dieci abiti da uomo e dieci da donna ficcandoli separatamente nei sacchi. Scesero nuovamente le scale. Nel dormitorio sistemarono i vestiti su un tavolo e una volta finito, tornarono al Pozzo.
Era arrivato anche Eric che stava, stranamente, parlando con Quattro. Entrambi fecero segno alle ragazze di avvicinarsi.
<< Allora, Lauren tu stai qui con Quattro e aspettate che arrivino per segnare i nomi. Tu, invece – disse rivolgendosi a Kat – vai con Sue a controllare gli iniziati sul treno e poi, con lui, fate fare il solito e stupido “giro turistico”. Tutto chiaro? >>
Lei annuì, anche perché se non avesse capito non avrebbe di certo ripetuto. Dopo continuarono con i preparativi: trasportarono una rete gigante sotto l’entrata della fazione per sistemarla.
Qualche ora più tardi Kat e Sue presero il treno e arrivarono al Centro un palazzo nero, il più alto della città, che alle estremità aveva due guglie quasi impossibili da notare se non si alzava la testa per osservarlo meglio. Qui ogni anno si teneva la Cerimonia della Scelta che doveva essere terminata siccome molti dei ragazzi Intrepidi stavano correndo verso il treno seguiti dai trasfazione.
Un ragazzino Erudito dai capelli rossi non riuscì a raggiungerlo e nonostante qualcuno cercasse di aiutarlo, questo restò indietro accasciandosi dalla disperazione sulle proprie ginocchia. Anche un’altra ragazzina vestita di bianco e nero non riusciva ad aggrapparsi al treno così Kat le allungò il braccio; odiava quel momento dell’iniziazione, molti rimanevano indietro: ricordò come anche per lei non fu semplice e che se non fosse stato per Eric, probabilmente in quel momento si sarebbe trovata tra gli Esclusi nella miseria.
A sua volta, la Candida, dopo aver ringraziato Kat, aiutò una ragazzina Abnegante dai capelli biondi a salire.
<< Dove stiamo andando? >> le chiese la Candida.
<< Al quartier generale >> spiegò Kat che si allontanò con Sue per controllare il resto degli iniziati.
La maggior parte erano figli d’Intrepidi, mentre solo 9 erano trasfazione: Eruditi, Candidi e un Abnegante. Nessun Pacifico.
 
Quando furono arrivati, iniziarono a buttarsi fuori dal treno; Kat e Sue furono le prime. Notarono che una ragazza era precipitata schiantandosi sul terreno, mentre un’altra si reggeva precariamente al cornicione ed un amico cercava di aiutarla disperatamente
Lei non poteva farci nulla, quella era prima fase della selezione. Una selezione crudele, ma necessaria. La vita tra gli Intrepidi non era fatta per i deboli di cuore, bisognava avere coraggio e riuscire a salvarsi da soli. Tra l’altro se l’avesse aiutata c’era anche Max che l’avrebbe sicuramente richiamata: loro non dovevano in alcun modo interferire con l’iniziazione; e Kat aveva già interferito abbastanza aiutando la Candida. Quindi voltò lo sguardo dall’altra parte e con Sue si posizionarono accanto al Capofazione.
 
<< Attenzione – li richiamò Max – sono uno dei capi della vostra fazione, mi chiamo Max. Diversi piani più sotto si trova l’entrata per le residenze. Se non avete la forza di buttarvi, questo non è il posto giusto per voi. Chi comincia? >>
Il silenzio imperava nell’aria. Avevano paura. Insomma era un grosso e oscuro buco nel pavimento del palazzo sottostante che era rimasto senza tetto e chissà quanto era profondo.
Gli iniziati sembravano preoccupati. I loro visi avevano cambiato colore.
<< C’è dell’acqua lì sotto? >> domandò una ragazza vestita di blu con l’aria preoccupata.
<< Lo scoprirete >> gli rispose inarcando il sopracciglio.
Continuavano a guardarsi tra loro, sperando che qualcuno avesse il fegato di offrirsi volontario. Poi, dopo un po’, si senti una voce femminile dire << Vado io>>. Era l’Abnegante.
Si avvicinò al ciglio e guardò in basso. Kat aveva rivisto in quel gesto se stessa due anni prima. La convinzione che sarebbe atterrata al sicuro la aveva spinta a proporsi e probabilmente per quella ragazzina fu lo stesso.
<< Entro oggi >> le mise fretta Max.
La ragazza si girò verso il Capofazione che con un gesto della mano la invitò a buttarsi. Si tolse il maglione grigio che aveva in dosso e un ragazzo, un Candido, a giudicare dagli abiti le gridò << Si Rigida togli pure! Anzi, no, rimetti, và >> e cominciò a ridere con i suoi vicini.
Kat lo fulminò con lo sguardo e lui tornò in silenzio.
L’Abnegante guardò di nuovo sotto di se e poi, senza pensarci ancora, si gettò nel vuoto.
Man mano tutti si fecero coraggio e saltarono. L’ultima fu una ragazza impostata, robusta, con capelli neri e corti e la frangetta lunga che le ricadeva sugli occhi, anche lei Candida.
Dopo il Capofazione se ne andò, mentre Sue e Kat si gettarono nel vuoto. Col passare del tempo era diventato perfino divertente buttarsi e librarsi nell’aria. Pensava che volare doveva essere la cosa più vicina alla libertà.
Quando furono giù, Kat accompagnò, insieme a Quattro, i trasfazione a fare il giro della quartier generale.
<< Di solito lavoro al centro di controllo, ma per quest’anno sarò il vostro istruttore insieme a Kat. Io mi chiamo Quattro >> iniziò a spiegare, mentre Kat rimaneva in silenzio, non era brava con le parole e poi l’amico incuteva molta più paura di lei.
<< Uno, due e tre erano già presi? >> chiese con insolenza la Candida.
Quattro fece finta di nulla e continuò la sua spiegazione << Vi porteremo al Pozzo, un posto a cui vi affezionerete con il tempo. E’…>>
<< Il Pozzo? Che nome arguto…>> lo interruppe di nuovo la Candida che strappò un sorriso anche a Kat. Quattro prima guardò torvo l’amica che si giustificò << Infondo non ha torto! >>, poi si avvicinò alla ragazzina e le chiese << Come ti chiami? >>
<< Christina >> rispose con un po’ d’esitazione.
<< Bene, Christina – continuò l’Intrepido – se avessi voluto sopportare l’impertinenza dei Candidi li avrei scelti. Perciò, qui, devi imparare a tenere a freno la lingua >>. Così dicendo cominciò a camminare in testa al gruppo con a fianco Kat alla quale disse << Anche tu devi ancora imparare a tenere a freno la lingua >>.
Continuarono a camminare fin quando non arrivarono di fronte ad un portone che l’Intrepido aprì con entrambe le braccia con fare teatrale.
<< Questo è il Pozzo >> spiegò Kat ammiccando  alla Candida che rispose << Oh, ora capisco >>.
<< E’ una caverna, come potete vedere. Sopra di voi si elevano metri e metri di pareti di roccia irregolari. Lì ci sono antri per le scorte di cibo, abiti, attrezzature e attività ricreative. Ognuno di questi è collegato da stretti canali e gradini scavati nella pietra >> continuò, mentre gli iniziati guardavano in alto con i volti illuminati dallo stupore.
<< Ma non ci sono protezioni >> osservò l’Abnegante.
<< No, infatti. Non ne avrete bisogno >> rispose tranquillamente.
Successivamente li guidarono verso lo Strapiombo.
<< Di qua – disse Kat facendoli spostare verso destra – attenti a dove mettete i piedi perché, beh, questo è lo Strapiombo >> . Davanti ai ragazzi si palesò un grosso burrone e nel silenzio imperante si sentiva lo scorrere del fiume provenire dal profondo burrone. << Questo ci ricorda che c’è una grande differenza tra coraggio ed idiozia – gridò Quattro facendo rimbombare la propria voce sulle pareti - Saltare da qui per gioco è un modo stupido di mettere fine alla vostra vita. E’ già successo e ancora succederà. Siete avvertiti. Ora andiamo in mensa >>. Li portarono dalla parte opposta del Pozzo attraverso un varco aperto nel muro roccioso.
Appena entrarono tutti gli Intrepidi si alzarono dai tavoli e gridando, applaudendo e battendo i piedi diedero il benvenuto ai nuovi iniziati che nel fracasso si accomodarono ai tavoli vuoti. Kat e Quattro raggiunsero il loro solito tavolo dove gli altri stavano aspettando proprio loro.
<< Lunga mattinata, eh? >>  chiese a Clarke.
<< Già >> rispose mentre tagliava l’hamburger nel suo piatto. Kat cominciò a mangiare, poi per fare conversazione, trovava imbarazzante quel silenzio, chiese  << Zeke, sei stato in perlustrazione?>>
<< Si, ma non è successo nulla di interessante. Le cose strane accadono solo quando ci sei tu. >> rispose lui.
Zeke, come Kat, lavorava nei gruppi di controllo degli Esclusi e avevano turni a dir poco stressanti. Spesso si imbattevano in ragazzini che usavano armi trovate per caso o rubate da qualche parte e che minacciavano i più deboli per aver in cambio un pezzo di pane.
Era un lavoro non solo di controllo, ma anche umano. Perché si veniva a contatto con una delle pecche più grandi della città e del sistema delle fazioni: emarginare chi non era adatto a nessuna di queste.
Al loro tavolo si aggiunsero degli iniziati, tra i quali vi erano sia la Candida che l’Abnegante. Quest’ultima si accomodò proprio vicino a Quattro. Stava fissando gli hamburger nel piatto al centro del tavolo con aria curiosa.
<< E’ di carne di manzo. Metti sopra questa: è più buona >> suggerì Quattro passandole la salsa, mentre Kat e Clarke si scambiarono un’occhiata divertita.
<< Che c’è? Non ha mai visto un hamburger ? >> chiese ridendo Christina.
<< No, a vedere l’ho visto. Non l’ ho mai mangiato, però >> rispose.
Poi, intervenì un ragazzo, spiegando che gli Abneganti mangiano solo cibi semplici e privi di grassi. Era stato sicuramente un Erudito.
La candida schernì anche lui dicendo << Quale manuale hai ingoiato? >> e scoppiarono a ridere.
<< Devi essere sicura di te per avere come amica una Candida >> rimandò l’erudita.
<< Perché cos’hanno di male i Candidi? >> intervenne Kat mettendolo, palesemente, in imbarazzo.
<< Beh non hanno peli sulla lingua, non hanno filtri. Noi Eruditi possiamo parlarle, ci basiamo sui fatti >> continuò il ragazzo.
Quattro, infastidito da quei discorsi li rimproverò, allora Tris fece la fatidica domanda << Tu sei un trasfazione come noi? >>
Lui lasciò cadere la forchetta nel piatto e pulendosi il labbro inferiore con un fazzoletto rispose
<< Cosa ti fa pensare che tu possa farmi delle domande? >>
La ragazza per un momento si zittì. Kat, Zeke e Clarke si scambiarono un’ altra occhiata d’intesa.
<< Magari, perché sei così disponibile >> disse lei.
Kat scoppiò a ridere insieme ai suoi amici, Quattro, invece, li guardò torvo e si rimise a mangiare.
<<  Lasciatelo perdere, è stressato – fece Clarke – come vi chiamate? Io sono Clarke, lei è Kat sicuramente la conoscete già, e l’idiota che sta divorando gli hamburger è Zeke >>.
Gli iniziati si presentarono a loro volta: Christina; l’abnegante, Tris; e i due ragazzi erano Al e Will.
All’improvviso si aprirono le porte e piombò il silenzio in tutta la mensa.
<< E dai! E’ solo Eric! – gridò Kat – Mi hanno sentita tutti, vero? >> fece rivolta a Zeke che le era accanto e che annuì con sguardo preoccupato.
Il Capofazione si diresse verso di loro e si sedette accanto a Quattro << Ciao. Si ti hanno sentita tutti >> disse.
Kat continuava a mangiare tranquillamente come se nulla fosse e quando finì il boccone rispose
<< Ciao, Eric. Come mai qui? I tuoi amici sono proprio all’altro tavolo >>. Avevano ricominciato a scambiarsi frecciatine, nonostante le sere precedenti. Si sedette tra Kat e Quattro e chiese cambiando argomento << Oh, ma appena ti ho vista dovevo venire a salutarti di persona. Perché non mi presentate i nuovi arrivati? >>.
Quattro, dopo avergli presentato i ragazzi, chiese << Non hai risposto alla domanda di Kat: perché sei qui? >>
<< Max ha detto che ti sta cercando per parlarti, ma tu non ti fai trovare mai >> rispose Eric curioso di sapere se i suoi sospetti fossero fondati: gli avevano offerto di nuovo un posto da Capofazione e lui sembrava continuare a rifiutare.
Quattro spostò lo sguardo sul piatto e poi guardando dritto negli occhi dell’altro ragazzo disse <>.
Eric sembrava stupito, nessuno rinunciava ad un incarico come quello per l’ennesima volta, o meglio nessuno vi aveva mai rinunciato.
<< Quindi mi vuoi far credere che non ti interessa? >> chiese con sarcasmo. Kat guardava nervosamente verso l’amico. Non riusciva nemmeno lei a capire pienamente perché si ostinasse a rifiutare l’incarico più ambito.
<< E’ da due anni che non mi interessa >> rispose senza batter ciglio.
Eric non sembrava soddisfatto della risposta, ma lasciò perdere e disse << Bene, speriamo lo capisca anche lui >>.
Guardò per un’ultima volta Kat che ricambiò e si allontanò.
Continuarono a chiacchierare finché, vedendo arrivare il Capofazione Max, presero a sbattere i bicchieri sui tavoli.
<< Iniziati- cominciò Max – in piedi. Avete scelto di unirvi alla fazione dei guerrieri a cui è affidata la difesa della città e dei suoi abitanti. Noi crediamo negli atti di coraggio ordinario. Nel coraggio che spinge una persona in difesa di un’altra. rispettate questo credo. Rendeteci fieri >>.
Così dicendo sparì con al seguito altri Intrepidi che erano arrivati con lui e il brusio delle voci che si affollavano le une sulle altre riprese.
Kat e Clarke, dopo aver finito la propria cena, salutarono i ragazzi e uscirono dalla mensa.
<< Io devo andare un attimo da… - esitò Kat prima di continuare – da Eric >>.
<< A fare? >> chiese curiosa l’amica.
Si passò la mano fra i capelli abbassando lievemente lo sguardo e disse << Non so. Me lo dirà, immagino >>. L’amica annuì senza chiedere ulteriori spiegazioni e se ne andò, mentre l’altra scrutando nella folla di gente, iniziò a farsi strada per trovare il Capofazione.
<< Ciao, Kat! >> la salutò Sue mentre le passava accanto << Eric ti stava cercando >>.
<< Davvero? E ora dov’è? >> chiese con fretta.
<< Lì – la ragazza indicava un gruppo di Intrepidi poco più avanti di lei – lo vedi? >>
Kat guardò nella direzione indicata dalla mano e allontanandosi la ringraziò. Era con i suoi antipatici “amici” e questo le metteva ansia: li detestava uno per uno, non avrebbe voluto averci a che fare; li considerava come la peste nera da evitare assolutamente se non si voleva essere contagiati.
Si avvicinò con il cuore a mille (quella era la reazione che le provocavano gli spiacevoli incontri) e lo chiamò quasi sussurrando << Eric >>. Lui non l’aveva sentita ne avvicinarsi ne parlare, perciò continuava discutere, ma Luc, invece, l’aveva notata e disse << Ehi, che piacevole sorpresa >>. Kat sentì l’imbarazzo che stava per palesarsi sul suo volto con il solito rossore che pervadeva le guance. Fece un respiro e poi rispose, mentre quello continuava a fissarla e gli altri si erano girati essendosi accorti della presenza della ragazza, e rispose << Taci. Non sono qui per te. Eric, che c’è? >>. Il Capofazione le afferrò il braccio e la allontanò dal gruppo.
<< Devi venire con me dai trasfazione >> disse.
<< Perché? >> chiese, non aveva molta voglia di restare da sola con lui ancora una volta.
<< Devo dare delle informazioni e li dobbiamo accompagnare ai dormitori >>.
<< E io a cosa servo? >> chiese con impertinenza.
<< E’ un ordine, non ti ho chiesto il permesso. Spieghi tu il resto delle cose, io non ho voglia di parlarci >> rispose in modo arrogante.
Kat si rassegnò, se era un ordine, non poteva farci più di tanto a meno che non volesse trovarsi nei guai.
Al centro del Pozzo si radunarono gli iniziati e li guidarono lungo i corridoi finché non arrivarono davanti alla porta d’ingresso dei dormitori. Si fermarono lì ed Eric cominciò a parlare con il classico tono di superiorità arricchito dalle solite arroganza e freddezza che intimorivano i suoi interlocutori   << Per chi non lo sa io sono Eric, uno dei cinque capifazione; lei, la conoscete già. Qui prendiamo  l’iniziazione molto seriamente, perciò mi sono offerto volontario come sovrintendete della maggior parte del vostro lavoro. Ora, Kat vi spiegherà il resto >>.
Kat fece un passo avanti, lei non aveva bisogno di incutere timore negli altri per farsi rispettare, era già simpatica alla maggior parte degli iniziati, per questo Eric le aveva chiesto di andare con lui, o almeno questa era la spiegazione apparente.
<< Ogni mattina dovrete farvi trovare pronti alle otto nei locali per gli allenamenti che dureranno fino alle sei di sera. Avrete una pausa pranzo e da dopo le sei potrete fare quello che vi pare. Potete uscire dai dormitori solo con un membro effettivo degli Intrepidi >> aveva appena terminato ed Eric continuò << Troverete dieci letti, ci aspettavamo che foste di più, ma, invece siete nove >>. Quella precisazione era necessaria affinché capissero che facevano sul serio e che non erano ammessi errori.
<< Ma eravamo dodici >> fece notare Christina.
<< C’è sempre qualcuno che non riesce ad arrivare qua - rispose inarcando il sopracciglio come se dovesse essere una cosa ovvia – domani mattina riceverete le altre direttive. Ora, potete andare >>.
Aveva deciso di mantenere la grande sorpresa per il giorno dopo. Nessuno ne sapeva niente eccetto lui e gli altri capifazione.
Gli iniziati entrarono nel dormitorio, mentre Kat ed Eric si allontanarono tornando al Pozzo. Stavano attraversando a ritroso i corridoi bui illuminati da qualche luce blu quando la ragazza chiese << Quali altre informazioni devi dare? E perché domani e non oggi? >>
<< Lo scoprirai >> rispose maliziosamente.
Non domandò altro, non le avrebbe risposto comunque e continuarono a camminare silenziosamente. Arrivarono al Pozzo dove gli amici di Eric erano ancora lì ad aspettare che ritornasse. Kat non aveva la minima intenzione di avvicinarsi nuovamente a quel gruppo così salutò Eric e si allontanò dirigendosi verso casa.
Il buio imperava nella notte e il cielo era coperto da grandi nuvolosi grigi. L’aria era umida e profumava di pioggia, infatti delle goccioline cominciarono a cadere e a bagnare Kat.
Quando arrivò a casa era bagnata fradicia, la lieve pioggia si era trasformata in un temporale. Trovò Clarke ancora sveglia sul divano che gustava una cioccolata calda.
<< Ciao >> la salutò Kat, mentre andava in camera sua ad indossare quello che lei chiamava pigiama, ma che in realtà era solo l’ennesima tuta nera con la solita felpa oversize.
Tornò in salotto e si accomodò sulla sua poltrona. Stava per cominciare a leggere quando Clarke le chiese << Cosa hai fatto? >>
Kat distolse lo sguardo dalle pagine e rispose << Abbiamo portato i trasfazione nel dormitorio >>. L’amica sembrava insoddisfatta, le sembrava che Kat fosse cambiata, che avesse comportamenti insoliti: spariva in continuazione con Eric.
<< Passi molto tempo con lui ultimamente. E’ solo per il fatto dell’iniziazione e della Squadra Speciale o c’è qualcosa che io non so? >> chiese nuovamente Clarke.
<< No, niente, lavoriamo insieme, non posso ignorarlo >> rispose.
<< Non mi convinci >> continuò insistendo. Clarke era brava a far parlare Kat, bastava assillarla tanto da farle desiderare di far finire la discussione che confessava tutto come un bambino colto durante una marachella.
<< Cosa dovrebbe esserci? Una relazione? Ma ti senti bene? >> fece infastidita.
<< No, ma magari vi state riavvicinando come amici >>
<< No. E’ solo lavoro. Credimi >>.
<< Va bene, niente più domande. Io vado a dormire. Buonanotte >>. Kat ricambiò e continuò la sua lettura, fin quando il sonno la vinse facendola mettere a dormire sulla poltrona con il libro ancora fra le mani.
 
Il mattino seguente la sveglia suonò alle sei. Kat aprì gli occhi e si accorse di essersi addormentata sulla poltrona. Raccolse il libro che era caduto a terra durante la notte e lo posò sul tavolino. Ancora assonnata si recò in bagno, dove si gettò ripetutamente in faccia dell’acqua gelida per svegliarsi dal torpore mattutino. Dopo essersi lavata e cambiata, uscì di casa per andare in mensa, non avendo voglia di preparare la colazione.
L’aria era anch’essa gelida, ma sperava che per il resto della giornata si riscaldasse, nonostante ci fosse qualche nuvola grigia ancora all’orizzonte.
Quando arrivò trovò Zeke seduto al tavolo e lo raggiunse, dopo aver preso un bicchiere di latte e una brioche.
<< Buongiorno >> la salutò con un gran sorriso.
<< Ciao, che fai già qui? >> chiese Kat.
<< Tra poco ho il turno >> spiegò.
La ragazza annuì e cominciò a mangiare. La mensa era quasi deserta, era ancora presto. Il pieno ci sarebbe stato tra le sette e le nove.
<< Sai se Clarke ha da fare sta sera? >> le chiese Zeke con non curanza, ma lei aveva capito perfettamente dove volesse andare a parare. L’aveva sempre saputo, solo Clarke sembrava far finta di nulla.
<< No, ma credo sia libera. Perché non glielo chiedi tu stesso? >> fece ammiccando.
<< Dai, non scherzare, lo sai che non mi vede in quel modo… >> rispose con un po’ di delusione nella voce.
<< Sono sicura che ti sbagli. Tu non hai mai provato a chiederle di uscire da SOLI >> e sottolineò quella parola per fargli capire che le solite uscite tra amici non contavano nulla.
<< Beh una volta gliel’ho chiesto e sai com’è andata a finire. Ho fatto un gran casino…>> Zeke abbassò lo sguardo sulla pancetta che aveva nel piatto.
<< Primo è stato due anni fa. Secondo c’era quella stupida che ti veniva dietro come un cane e ci provava in ogni occasione. E’ stata colpa della tipa se quella serata è andata male, non tua. Beh, un po’ anche tua, insomma ti sei lasciato baciare, mentre avevi invitato Clarke… ma sono cose che si possono superare >>
<< Questo non mi aiuta, Kat. Chiediglielo tu per me >> disse con l’espressione da disperato sul volto.
<< Cavolo! Sei un Intrepido e hai paura di una cosa così?! Oggi pomeriggio, dopo il turno va da lei e chiediglielo tu stesso! >> rispose alzando la voce.
Il ragazzo si arrese e disse << Si, hai ragione. Glielo chiederò. Ora, vado >>. Lo salutò e lo osservò mentre si allontanava con il sorriso stampatole sul volto.
Tornò alla sua colazione e quando ebbe finito uscì dalla mensa. Attraversò il solito varco e si trovò subito al Pozzo. Tutti gli allenatori erano lì. C’era anche Eric seduto su un masso con la solita cupa espressione da duro. Gli si avvicinò e disse << Ehi, ciao >>.  Le fece spazio per farla sedere accanto.
<< Ciao, Kat – le rispose – Quattro, va a svegliarli. Li voglio qui entro due minuti >>.
Quattro eseguì gli ordini e sparì nel corridoio che conduceva al dormitorio.
<< C’è qualcosa che non va? >> chiese.
Lui la guardò negli occhi per un momento e poi rispose << No, tutto apposto >>.
<< Bene. Qual è la sorpresa? >> chiese cercando di fare conversazione, anche se Eric non sembrava essere disposto a parlare.
<< Lo vedrai >> rispose secco.
<< Dai, che ti costa dirmelo? >> insistette.
<< Cosa ti fa pensare di poterti prendere tutta questa confidenza? >> domandò lui guardandola torvo.
<< Beh, innanzitutto, ad una domanda non si risponde con un’altra domanda, poi, io so alcune cose che tu mi hai detto, quindi penso di potermi prendere “tutta questa confidenza” >> rispose impertinente.
Eric alzò lo sguardo verso l’alto e disse << Sei assurda >>.
 
Poco dopo Quattro arrivò con gli iniziati e prese a spiegare loro come si sarebbe svolto l’addestramento. Ci sarebbero stati tre moduli: uno fisico, uno emotivo ed uno mentale.
Alla fine, dopo averli superati tutti, sarebbero stati assegnati o al Comando, o alla guardia della recinzione o alla sorveglianza degli esclusi.
<< E determinerà anche chi sarà eliminato e finirà tra gli esclusi >> disse Eric alzandosi dal masso e interrompendo Quattro.
I ragazzi, sbigottiti, come gli altri allenatori, cominciarono a vociare e bisbigliare tra loro.
Christina,la ex- Candida, chiese << E perché non ce l’avete detto prima? >>
<< E’ una regola nuova >> disse Eric.
<< Una regola nuova? Dovevate informar…>>.
Il Capofazione la bloccò << Perché così non avresti scelto noi? Per paura?- caricò quella parola di disprezzo – Se è così tanto vale che tu te ne vada subito. Se sei davvero un’Intrepida non ti importerà di fallire. Voi avete scelto noi. Ora, tocca a noi scegliere voi >>.
Chiuse il discorso lapidario e scortarono gli iniziati in palestra. Avrebbero cominciato con le armi. Erano appesi sul muro una serie di bersagli quadrati di compensato con un cerchio rosso che ne indicava il centro.
Quattro diede la prima dimostrazione: si posizionò davanti al bersaglio divaricando le gambe e stringendo con entrambe le mani la pistola; con un colpo deciso centrò in pieno il cerchio.
I ragazzi restarono muti, quasi sorpresi dalla precisione del colpo. Kat distribuì insieme all’amico le pistole agli iniziati che presero tutti il proprio posto. La maggior parte di loro stava fallendo miseramente, ma dopotutto era la prima volta che vedevano da vicino un’arma. Eric si avvicinò a Kat che stava appoggiata ad un muro mentre osservava gli iniziati e le disse << Ti ricordi il primo giorno? >>.
<< Sei diventato sentimentale? >> lo schernì.
<< Non usare quel tono con me >> rispose con superbia avvicinando troppo il suo viso a quello di Kat involontariamente. Distolsero gli sguardi e  restarono in silenzio per qualche secondo. Kat tornò in dietro nel tempo con il pensiero. Ricordò che lei fu l’unica a centrare il bersaglio al primo colpo. Aveva dimostrato una certa dote naturale con le armi.
<< Si, me lo ricordo >> rispose.
Notò una ragazzina che  non riusciva a far andare a buon fine nemmeno un tiro, così, allontanandosi da Eric,  andò da quello.
<< Come ti chiami? >> chiese.
<< Myra… io non ci riesco proprio… >> disse quella desolata e anche spaventata da Kat.
<< Prima di tutto, se vuoi sopravvivere qui, non devi mai e poi mai dire “non ce la faccio”. Secondo, sei in una posizione totalmente sbagliata. Dammi la pistola >>.
Myra gliela consegnò e l’Intrepida prendendo il suo posto cominciò a spiegarle come doveva impugnare l’arma e la giusta posizione del resto del corpo. Poi, con un colpo secco, centrò in pieno il bersaglio.
<< Ecco, prova tu, adesso >> disse porgendo la pistola alla ragazza. Questa si posizionò, divaricò le gambe e mantenne le braccia tese davanti a se.
<< Fissa l’obiettivo e non lasciarti distrarre da nient’altro >> la spronò Kat. Myra fissò il bersaglio per qualche secondo e poi sparò prendendo il quadrante.
<< Decisamente meglio. Almeno il colpo non è andato a vuoto. Continua >> le ordinò allontanandosi.
Stava facendo il giro della palestra fermandosi a guardare tutti gli iniziati. Nessuno ancora era riuscito a centrare bene il bersaglio, ma erano solo all’inizio.   
 
A fine addestramento, si recò insieme a Quattro in mensa, lì trovarono Clarke e Zeke che avevano già iniziato a mangiare. Si sederono anche loro e Clarke chiese << Com’è andato questo primo giorno? >>
<< Non male >> rispose Kat.
<< Non male, se Eric ci avesse informati delle nuove “regole” >> continuò Quattro che era decisamente infastidito. Spiegarono della classifica e della eliminazione di coloro che non sarebbero riusciti ad ottenere un determinato punteggio.
Dopo aver finito di pranzare ognuno tornò ai propri impegni: Clarke e Zeke tornarono insieme a casa – Kat sperò che l’amico si decidesse a chiedere a Clarke di uscire, invece di continuare a nascondersi – mentre Quattro tornò in palestra per continuare l’addestramento degli iniziati e Kat, invece andò a fare il suo turno di sorveglianza che proseguì tranquillamente per il resto del pomeriggio, così ebbe la possibilità di riflettere su alcune cose.
Com’è possibile che mi abbia chiesto se ricordavo del nostro primo giorno? Si sta comportando in modo insolito. Forse, è perché mi ha rivelato tutti quegli eventi del passato… o perché… nah, non può essere. Togliti questi strani pensieri dalla testa, Kat! Ordinò a se stessa. Non aveva intenzione di indugiarci troppo, così tornò a concentrarsi su quello che le accadeva intorno. Era nel gruppo con i suoi compagni. La giornata era soleggiata e la temperatura era tiepida, le nuvole si erano, ormai, dileguate. Nel silenzio si poteva ascoltare il frusciare del leggero vento e il cinguettare dell’uccello cardinale, un tipo di passero rosso e nero dal becco arancione.
Quando il turno terminò, Kat prese il treno di ritorno per casa. Clarke non era ancora tornata, così, dopo essersi lavata e cambiata, decise di preparare la cena.
Aprì la dispensa, afferrò un barattolo con della carne in scatola e versandola nella pentola la fece riscaldare. Apparecchiò la tavola e mentre stava controllando la carne, sentì la porta aprirsi. Clarke entrò in cucina guidata dal profumo del cibo e salutò l’amica.
Kat preparò i piatti e iniziò a mangiare, mentre l’altra era ancora in bagno a lavarsi.
Questa tornò in cucina con indosso un vestito e truccata con un filo di eye-liner. Kat sorridendole esclamò << A quanto pare si è deciso! >>. Clarke abbassò lo sguardo arrossendo e disse << Si… ma, un momento, tu come fai a saperlo? >>
<< Io so sempre tutto! – rispose – dove andrete? >>
<< Al Pozzo, credo… insomma  non ci sono molti posti dove andare >> così dicendo si sedette a tavola e cominciò a mangiare in silenzio.
<< Viene lui o vi incontrate da qualche parte? >> continuò a chiedere curiosa.
<< Viene lui… >> e Clarke diventò di nuovo rossa.
<< Bene. Devo farvi due raccomandazioni >> la prese in giro dandole una pacca sulla spalla. Quando terminarono la cena, entrambe andarono in salotto a guardare il televisore, mentre aspettavano l’arrivo di Zeke.
Dopo una buona mezz’ora questo arrivò. Lo fecero entrare e si sedette accanto a Clarke. Intanto Kat li stava fissando con l’espressione soddisfatta stampata sul volto.
<< Zeke, vuoi qualcosa? >> gli chiese.
<< No, no >> rispose imbarazzato.
<< Okay, andate. Aspettate il mio permesso? La mia benedizione? Avete entrambi. Su, andate >> disse ad entrambi cacciandoli di casa.
Quando chiuse la porta, spiò dalla finestra e li vide incamminarsi l’uno distante dall’altra. Ora fanno anche i timidi! Pensò.  
 
Kat decise di uscire anche lei, così dopo aver riordinato tutto, si cambiò e andò al Pozzo.
C’erano tantissimi Intrepidi che passavano il tempo insieme ai loro amici. Fece un giro incontrando molti visi conosciuti. Poi, andò in un piccolo bar e ordinò una birra. Mentre gustava la sua birra, sentì qualcuno avvicinarsi.
<< A quanto pare quei due ci hanno abbandonati >> disse Quattro sedendosi accanto a lei.
<< Già. Stanno proprio bene insieme >> rispose sorridendogli.
Un silenzio imbarazzante piombò fra loro due, mentre la musica continuava a suonare ad alto volume. Ordinarono altre due birre e uscirono da quel buco allontanandosi dal fracasso.
<< Oggi ho visto che parlavi con Eric. Cosa vi dicevate? >> le chiese.
<< Niente di che >> rispose bevendo un altro sorso dalla bottiglia.
Quattro non insistette più di tanto e Kat si sentì sollevata, non era in vena di dare spiegazioni.
<< Sai che ti dico? Mi faccio un tatuaggio >> esordì di punto in bianco la ragazza.
<< E cosa vorresti tatuarti? >>
<< Un’aquila che prende il volo spezzando delle catene >> spiegò con lo sguardo illuminato.
<< Bello >> commentò Quattro.
 
 
Da Tori trovarono Tris, Christina, Will e Al, così Quattro preferì aspettarla fuori. Kat li salutò e si scusò con l’ ex-abnegante per il comportamento di Eric << Sai, è solo che vuole farsi rispettare niente di più >> le spiegò.
Christina le domandò << Come mai una ragazza forte, determinata e simpatica come te sta con uno come lui? >>
Kat restò sorpresa da quella domanda e arrossì nuovamente << No, no. Non stiamo insieme. Lavoriamo insieme, tutto qui - rispose velocemente e gesticolando all’impazzata - Tris che tatuaggio vuoi farti? >> le chiese per cambiare argomento.
<< Quei tre corvi che volano >>.
<< Molto belli, davvero. Che ne dite di fare un allenamento extra? Non lo deve sapere nessuno, però - propose alle due iniziate che si scambiarono una veloce occhiata d’intesa – potreste migliorare tanto >>.
Si guardarono di nuovo e poi Christina rispose << Si, ma perché vuoi aiutarci? >>
<< Perché mi siete simpatiche >> disse sorridendo ad entrambe.
<< Okay, ci stiamo >> risposero in coro.
<< Perfetto, sta notte, alle 2:00 in palestra >> le salutò e raggiunse Tori che la stava chiamando.
Entrò nella stanza dove si trovava la tatuatrice, c’era una poltrona in un angolo dove si sdraiò e tanti altri attrezzi di cui ignorava l’utilità. Tori prese una sedia, si posizionò davanti a lei e le puntò addosso una luce a led.
<< Allora, cosa vuoi? >> le chiese. Kat spiegò, qual era la sua idea, mentre Tori aveva lo sguardo perso, ma la stava ascoltando. Stava solo focalizzando le parole e cercare di immaginare il disegno che la ragazza stava descrivendo.
<< Okay, ho capito. Sarai soddisfatta >> disse e cominciò a lavorare.
Sentiva un leggero fastidio come se qualcosa le pizzicasse la pelle. Quando terminò, Tori le mostrò ad uno specchio il tatuaggio; era esattamente come l’aveva immaginato: sulla clavicola c’era una piccola aquila che stava spiccando il volo, mentre rompeva le catene che aveva alle zampe.
<< E’ bellissimo. Grazie >> disse soddisfatta.
Pagò la tatuatrice e uscì dal locale.
Quattro era in piedi appoggiato al muro e Kat gli mostrò il nuovo tatuaggio. Scesero le scale e fecero un giro tra la gente accalcata nel Pozzo. C’era anche Eric, ma evitarono di avvicinarsi o di farsi notare da lui e decisero di tornare a casa. I due fecero la stessa strada per qualche metro fin quando non si divisero e si salutarono.
Arrivata a casa, si cambiò velocemente e impostò la sveglia per l’una e mezza, così non avrebbe rischiato di ritardare o addirittura di non svegliarsi affatto. Si infilò sotto le coperte e calò in un sonno profondo.
 
 
 
 
Angolo autrice:
Ciao! Eccovi il nuovo capitolo appena “sfornato”. Qui la storia di Kat inizia ad intrecciarsi con quella di Tris e degli altri personaggi. Finalmente è arrivato il libro, così posso essere più precisa. Spero vi piaccia, anche se non è accaduto nulla di eclatante, ma il prossimo riserverà alcune sorprese, quindi questo è una sorta di introduzione.
Ringrazio tutti coloro che leggono, recensiscono e aggiungono la storia alle preferite/ seguite.
Al prossimo aggiornamento, un bacio :)

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo IX
 
La sveglia suonò puntuale e Kat, lentamente senza far rumore si alzò dal letto e andò in bagno. Una volta sciacquata per bene la faccia per togliere i segni della stanchezza e del sonno, s’infilò i suoi jeans e la t-shirt nera e si recò alla palestra.
Era ancora presto, mancava un quarto d’ora all’arrivo delle ragazze, perciò iniziò a preparare i sacchi e un ring di fortuna.
Quando Tris e Christina arrivarono tutto era pronto. Aveva acceso solo due luci blu, in modo da non dare nell’occhio. 
<< Ciao, Kat >> la salutarono.
<< Ciao, ragazze. Tu sei Christina >> cominciò Kat che fu, però, interrotta dalla ragazza alta        << Christina Brown >>.
<< E tu Tris? >> chiese indicando la bionda.
<< Prior >> rispose lei.
Kat restò pensierosa per un po’, quel cognome le era famigliare, ma come poteva esserlo? Come poteva pensare di conoscere un’ abnegante? Lei non ci aveva mai avuto a che fare. Indugiò ancora un po’ e ritornò alla realtà.
<< Bene, io sono Kat Steevens. Iniziamo >>. Condusse le ragazze accanto ai sacchi e le fece posizionare.
<< Partiamo dalla base: come tirare un pugno. Allora, tenete una posizione comoda e stabile. Solo così riuscirete a sferrare pugni abbastanza forti e ad evitare i colpi. Il peso deve essere sostenuto sul piede posteriore. Gomiti verso l’interno, mani sollevate: sinistra sotto la guancia e destra sotto il mento. >>
Tris e Christina provavano ad imitarla senza successo.
<< Ah, e il viso sempre rivolto verso il basso >> precisò continuando a mostrare la corretta postura.
Si avvicinò a Christina e le sistemò le braccia.
<< Ora: la mano dominante portatela con un leggero movimento verso l’alto. La spalla vi aiuterà a dare forza al colpo – fece la mossa - Chiaro? >> chiese alle sue allieve. Loro annuirono e cominciarono a picchiare sul sacco.
Stavano facendo grossi progressi, anche se le nocche delle mani erano diventate rosse e doloranti.
Nel bel mezzo dell’addestramento, mentre erano totalmente concentrate, Kat sentì la porta aprirsi e chiudersi immediatamente. Corse per vedere chi fosse, ma affacciandosi e controllando a destra e a sinistra non trovò nessuno. Doveva essere stato il vento, pensò, e ritornò dalle ragazze che intanto si erano fermate.
<< Chi era? >> chiese Tris allarmata.
<< Il vento… spero >> rispose Kat. << Su, torniamo al lavoro >>.
Dopo una buona mezz’ora, si sentì nuovamente il rumore della porta. Questa volta Kat fu più veloce e correndo quasi non andò a sbattere contro Quattro.
<< Che ci fai qui? >> gli chiese spaventata.
<< Che fai tu qui? Con – guardò dietro di lei e notò due sagome – con loro? >> domandò di rimando l’amico avvicinandosi alle due ragazze.
Stupito chiese ancora << Le alleni? Sai che non potresti farlo? Se Eric lo scoprisse… a no, a te non direbbe nulla >>.
<< Non fare lo spiritoso. mi farei un altro giro in infermeria se lo scoprisse. Vuoi far vedere alle ragazze una dimostrazione pratica? >> rispose Kat.
<< Ti schiaccerò >> bofonchiò l’amico con un sorriso.
 I due si posizionarono al centro del ring improvvisato. Si fissavano girando su se stessi restando l’uno di fronte all’altra. Quattro sferrò un gancio che la ragazza evitò. Un ghigno compiaciuto si palesò sul volto di lei, che a sua volta gli si avvicinò velocemente e lo colpì sotto il mento.
Il ragazzo si fermò e disse sorridendo << Questa te l’ho lasciata fare >>.
Di nuovo si scagliò su di lei e le tirò un pugno sulla guancia che Kat massaggiò con la mano come a voler affievolire il dolore. Si avvicinò di nuovo e cercò di prenderlo per i fianchi per buttarlo a terra. Ma aveva previsto la mossa, così fu lui a farlo a lei.
<< Sei sicura di voler continuare? >> chiese porgendole il braccio per aiutarla a rialzarsi.
<< Si >> rispose con decisione. Kat violò regole: sfoderò un calcio basso con il dorso del piede facendo cadere l’amico.
<< Ehi! Non vale! Non stiamo facendo karate! >> la schernì.
<< Ti arrendi? >> lo punzecchiò parando i pugni davanti al viso.
<< Si, mi arrendo >> rispose lui che si alzò da terra passandosi una mano fra i capelli.
Misero a posto i sacchi e gli altri attrezzi, e tornarono ognuno a casa propria.
 
Il mattino seguente le due Intrepide, dopo essersi lavate e cambiate, andarono in mensa per la colazione. Al loro tavolo era seduto solo Zeke. Evidentemente Quattro era già al Pozzo.
Le salutò e chiese << Kat, cos’è quella faccia? >>. Il viso appariva stanco e segnato da profonde occhiaie violacee.
<< E’ andata di nascosto da qualche parte sta notte ed è tornata alle cinque. Si me ne sono accorta quando sei uscita di casa >> spiegò Clarke.
<< Ma davvero? E dove sei stata? Con Eric, vero? Dai, ammettilo. Stai arrossendo, come ogni volta che lo nominiamo >> la prese in giro Zeke, mentre Kat stava morendo dall’imbarazzo quando sbarrò gli occhi e vide che Eric era proprio dietro di lui.
<< Se fosse stata con me ci sarebbe qualche problema? >> tuonò il Capofazione.
Zeke fu preso alla sprovvista e rispose << Ciao, Eric. Non ti avevo sentito arrivare tutto bene? >>.
Kat voleva sparire in quello stesso istante. Non riusciva a sopportare la vergogna e l’imbarazzo. Era diventata paonazza.
<< Si. – rispose – Kat, vieni con me. E’ tardi. >>. La ragazza si alzò dal tavolo, mentre lui continuò beffardo << Ah, e si Zeke, è stata con me. E varrai anche sta sera, giusto? >>.
Se avesse potuto diventare ancora più rossa di sicuro lo sarebbe stata. << Ehm… E… Si? >> domandò esitante non sapendo esattamente cosa rispondere e perché lui la stesse coprendo.
Eric le appoggiò il braccio dietro la schiena e lei rabbrividì. La lasciò appena erano abbastanza lontani dai due amici.
<< Dove sei stata sta notte? >> chiese serio con fare sospettoso.
<< In giro. Non avevo sonno >> rispose.
Si fermarono per qualche momento e la fissò.
<< Mi stai mentendo >> sentenziò.
Kat ricambiò lo sguardo. Non poteva dirgli che aveva allenato in segreto due iniziate, le avrebbe torturate durante gli addestramenti.
<< Va bene. Sono stata in palestra, avevo voglia di tirare pugni a qualcosa >> confessò, sperando che se la bevesse.
Eric non era del tutto convinto di quella spiegazione, ma si accontentò e la prese per buona.
<< Perché hai detto che ero con te? >> chiese Kat.
<< Avevi bisogno di una scusa, no? >> rispose lui.
<< Okay… allora, grazie >>.
 
 
Quella mattina era libera, perciò decise di restare in palestra con Quattro ed Eric e aiutarli con gli addestramenti. Era il giorno del “corpo a corpo”. Avevano formato le coppie, solo Tris era rimasta fuori.
Christina doveva confrontarsi sul ring contro la ragazza-armadio, Molly.
Le due ragazze si posizionarono l’una di fronte all’altro e il combattimento cominciò. Il risultato era palese: Christina sarebbe stata sopraffatta, nonostante fosse alta e agile, Molly era davvero forte ed era il doppio di lei.
L’aveva buttata a terra più volte consecutivamente. Era stremata, non riusciva più a resistere ai colpi. Respirando affannosamente e ripiegata su se stessa chiese di potersi fermare. Aveva il sangue che le gocciolava da naso. Eric, stranamente, le concesse di arrendersi e addirittura la aiutò ad alzarsi. << Facciamo tutti una pausa >> annunciò il Capofazione.
Stava conducendo Christina fuori dalla palestra sul ponte che faceva da collegamento da un lato all’altro dello Strapiombo. Kat li seguì sospettosa insieme a Tris.
<< Stai meglio? >> le chiese lui con preoccupazione. La trasfazione annuì.
<< Bene >> disse e all’improvviso le prese il braccio e la scaraventò giù dal ponte facendola aggrappare.
Con un sorriso beffardo e sprezzante intimò << Se vuoi vivere e rimanere tra gli Intrepidi tieniti forte e resisti. Altrimenti arrenditi e vai tra gli Esclusi >>.
Kat restò senza parole, era spaventata per la ragazza. Dopo qualche minuto Eric ordinò di aiutarla a salire. L’istruttrice e Tris la presero al volo, prima che cadesse nel vuoto e la ragazzina si appoggiò alla spalla dell’amica.
<< Abbiamo finito per oggi >> li congedò il Capofazione sprezzante.
 
Kat era stufa di quei comportamenti da bullo che persisteva a mantenere. Rientrando nella palestra lo afferrò per il braccio con un stretta forte e violenta. Si girò e disse << Ah sei tu, che c’è? >>.
<< Cosa diavolo ti è venuto in mente? >> sbraitò.
<< Faccio il mio dovere. Tu dovresti fare il tuo >> rispose lui.
<< Tu li ammazzi così! >> disse con tono esasperato.
La fissò << So che stanotte hai aiutato le due iniziate! >>.
Kat lasciò la presa.
<< Cosa? Chi te l’ha detto? >> chiese nervosamente.
<< Sta mattina i  tuoi amichetti ti stavano tartassando di domande su dove tu fossi stata questa notte e, guarda il caso com’è strano, dopo un ragazzo viene a dirmi che avevi allenato di nascosto due iniziate! L’abnegante e la candida >> replicò, ormai furioso.
<< Quindi è per questo che hai quasi ammazzato quella ragazzina, prima? >> . Eric non rispose, ma si girò su se stesso e si allontanò dalla ragazza.
 
 
Tornò a casa sfinita: poteva rilassarsi e leggere un po’ per distrarsi dai mille pensieri.
Fece una doccia veloce, prese un succo dal frigo e poi si sedette in salotto sulla sua poltrona preferita e iniziò la lettura.
Passò un’ora prima che anche l’amica arrivasse. Aveva gli occhi violacei e i muscoli doloranti: dovevano aver avuto problemi con i soliti esclusi che tentavano di oltrepassare la recinzione nella speranza che una volta fuori dalla città potessero finalmente avere una vera vita.
Di certo non li si poteva biasimare: essere un escluso era una condanna vera e propria.
<< Com’è andata oggi all’addestramento? >> domandò gettandosi sul divano a Kat.
<<  Eric ha quasi ucciso Christina perché qualcuno gli ha detto che io ho allenato di nascosto le ragazze >> rispose nervosamente.
Clarke per un momento rimase spiazzata << Allenamento di nascosto? Scusa quando le avresti allenate sta notte eri co… ma certo! Era una bugia! Grazie al cielo non eri con lui! >> esclamò sospirando sollevata da quella notizia.
<< Ti dico che ha quasi ammazzato una ragazza per colpa mia e tu ti senti sollevata perché non ero con lui?! >> fece Kat.
L’amica le sorrise e socchiuse gli occhi.
Più tardi andarono a fare un giro al Pozzo. Entrarono in un piccolo locale e ordinarono da bere. A loro si aggiunsero Quattro e Zeke.
<< Il cognome Prior, ti dice qualcosa? >> chiese sottovoce Kat rivolta a Quattro.
Lui restò per un attimo in silenzio cercando di pensare a dove potesse aver sentito quel nome. Poi, come un’illuminazione, capì: Prior era il cognome del padre di Tris.
<< Si. Il padre di Tris che lavora nella gestione del governo della città. Perché mi fai questa domanda? >> rispose, non riuscendo a capire perché Kat gli avesse fatto quella domanda. Si allontanarono dagli altri due per poter parlare.
<< Questo cognome mi è famigliare. Io l’ho già sentito. Ma come posso conoscerlo se non ho mai avuto niente a che fare con gli Abneganti? >> disse la ragazza.
Il silenziò calò, mentre entrambi pensavano.
<< In realtà, una volta hai avuto a che fare con gli Abneganti: il giorno del test attitudinale >>. A quelle parole, Kat spalancò gli occhi dalla incredulità.
<< Come si chiama la madre di Tris? >> chiese.
<< Natalie Prior…>> rispose Quattro.
 

<< Ciao, Kathleen. Io sono Natalie… Natalie Prior >> chiese dolcemente una donna vestita di grigio facendola accomodare sulla poltrona.
<< Salve >> rispose la ragazza esitante..
L’Abnegante prese una siringa dal tavolo e si avvicinò alla giovane Kat.
<< Non ti farà male, tranquilla >> la rassicurò inserendo la siringa nel suo collo.
Chiuse gli occhi e sentì la voce della donna che la invitava a scegliere tra un cesto con del formaggio e uno con un coltello.
Kat non capiva perché doveva scegliere fra quei due oggetti così diversi. Afferrò il coltello e i cesti sparirono.
Si aprì una porta alle sue spalle dalla quale uscì un cane. Sembrava innocuo. Gli si avvicinò e lo accarezzò. Ma il cane cambiò repentinamente espressione. Cominciò a ringhiare e a mostrare i denti.
Dietro della ragazza c’era una bambina. Il cane le si stava scaraventando contro, allora prontamente si gettò davanti alla piccola e saltando sul cane lo bloccò. Non voleva ucciderlo.
All’improvviso aprì gli occhi e si ritrovò nella saletta. Era sudata e spaventata.
Natalie aveva il volto preoccupato. Si avvicinò lentamente alla candida e le disse << Il tuo risultato è… inconcludente >>
“Inconcludente? Sono un’Esclusa?” pensò Kat.
<< Sei Intrepida… ma anche Abnegante >>.
<< Cosa? E’ impossibile. Non si può essere due cose! >> rispose incredula.
La donna la guardò e disse << Kathleen… sei una Divergente. E non è una buona cosa. E’ pericoloso esserlo. Non dovrai dirlo a nessuno, neanche ai tuoi genitori. Ti consiglio di scegliere gli Abneganti, con noi sarai al sicuro >>.
<< Io… grazie >>.
<< Vai via. Dici che non sei stata bene, io penserò al resto. Okay? >> disse Natalie. La ragazza annuì e uscì dalla saletta, dirigendosi verso casa.

 
<< Perché quella faccia? >> chiese Quattro.
Kat abbassò lo sguardo e poi disse << Natalie Prior è la donna che mi ha aiutata il giorno del test attitudinale >>.
 
 
 
Angolo autrice:
Salve! Sono ritornata con un nuovo, seppure breve, capitolo dopo una pausa abbastanza lunga e per questo mi scuso, ma purtroppo il tempo è poco e lo studio è tanto xD
Ringrazio quanti leggono, recensiscono e seguono la storia.
Ebbene si, Kat conosce la madre di Tris. Questo legame tra le due porterà a degli sviluppi, spero, interessanti.
Aggiornerò il più presto possibile.
Grazie ancora, alla prossima :)

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


 
Capitolo X
 
Lancio dei coltelli. Questo è la tecnica su cui avrebbero dovuto lavorare. Era pomeriggio, si poteva scorgere il sole, velato e nascosto tra le nuvole.
Kat, come sempre, cercava di non intimorire gli iniziati spiegandogli i modi migliori per riuscire a fare un buon tiro.
Un ragazzo, però, Al, non riusciva a farne uno decentemente. Molti avevano, nei primi tempi, problemi, ma lui sembrava proprio un caso disperato. Così, l’intrepida, prima che Eric se ne potesse accorgere, si  avvicino per cercare di aiutarlo in qualche modo.
<< Al >> lo chiamò. Il ragazzino si girò ed aveva palesemente paura. << Stai tranquillo, non sono il Capofazione. Allora, vedi, tu sbagli nella posiz…>>.
 << Kat – la interruppe Eric facendola sobbalzare – non sprecare fiato. Con le buone maniere non capirà mai. Scostati >>.
 La ragazza si spostò guardando pietosamente Al mentre il giovane Capofazione gli si avvicinava minaccioso. Si posizionò accanto lui con le braccia conserte e le gambe divaricate.
<< Raccogli  il coltello >> ordinò con fermezza.
L’iniziato esitò << Mentre gli altri tirano? >>.
<< Perché? Hai paura? >> chiese beffardo.
<< Di essere infilzato da un coltello? Ehm…Si. >> rispose il ragazzino.
Eric non poteva sopportare che un semplice iniziato alzasse la cresta con lui.
<< Vai davanti al bersaglio! Quattro mi serve il tuo aiuto >> comandò.
Al obbedì.
<< Tu rimarrai lì, mentre lui ti lancerà i coltelli. Se ti vedo anche solo battere ciglio sei fuori >> decretò con arroganza.
Quattro stava per tirare, quando si sentì una voce << Fermi! >>. Era Tris, l’ex-abnegante,
<< Chiunque può stare davanti a un bersaglio. Non prova niente>> disse.
<< Allora, prendere il suo posto ti sarà facile >> la invitò Eric.
La ragazzina senza alcuna esitazione andò davanti al bersaglio e Quattro tirò il primo coltello: molto vicino alla testa.
Ma per il sadico Capofazione non era abbastanza << Avanti, Quattro, non mi deludere >>.
<< Le spunto un po’ i capelli? >> chiese l’istruttore.
<< Si, nella parte alta >> rispose Eric con un ghigno.
Quattro, allora, tirò un altro coltello proprio sulla testa della ragazza sfiorandole i poco i capelli.
Poi, avendo capito che non lo avrebbe fatto fermare fin quando non l’avesse ferita, mirò e tirò così vicino all’orecchio da procurarle un piccolo taglio.
<< Questo, vi serva da lezione: se io do un ordine, voi obbedite. Andate, abbiamo finito per oggi >> così dicendo iniziò ad allontanarsi.
Kat corse verso di lui e lo fermò gridando << ERIC! >>. Non si voltò solo lui, ma anche tutti quelli che erano ancora presenti.
Si avvicinò alla ragazza e disse << Vi ho detto di andarvene. Non avete niente da vedere qui >>.
Intimoriti, presero la via dell’uscita, mentre il Capofazione e l’istruttrice si appartavano in un angolo della palestra.
<< La prossima volta evita di urlare, okay? >> .
<< Ma cos’hai in quella testa?! Una cosa è stato lanciare coltelli addosso a me, non molto divertente, o qualche altro Intrepido, una cosa è terrorizzare dei ragazzini che sono qui per la prima volta e che ancora devono adattarsi a questa vita. Pensavo, pensavo…>> disse balbettando Kat.
<< Che fossi cambiato? Solo perché ti ho raccontato quella storia? Perché ti ho aiutata quando ne avevi bisogno? No. Non sono cambiato. E mai cambierò. E, comunque, devono abituarsi. Prima si adattano, come dici tu, e meglio è >>.
La ragazza sbiancò, si sentiva una stupida, una sciocca. Come aveva potuto davvero pensare che lui stesse cambiando? Perché le donne si ostinano a credere ciecamente di poter cambiare un uomo?
<< Sei un cretino. Non perderò più tempo con te. Ti avevo dato un’altra occasione, per tornare sui tuoi passi, pensando, addirittura, che avessi sbagliato ignorandoti ed odiandoti per tutto questo tempo. Ma, invece, no. Avevo ragione. Quattro ha ragione su di te >> si sfogò, riversando tutto quello che provava, tutto quello che le passava per la testa. Fin quando, mentre lei parlava e gridava insieme, lui appoggiò la mano destra dietro la testa di Kat facendola affondare nei folti capelli rossi, la portò a sé con il braccio sinistro attorno al fianco e, inaspettatamente, la baciò.
La ragazza per un momento cercò di resistergli: sentiva che c’era qualcosa di sbagliato. Ma, poi, si arrese a lui e si lasciò trasportare dalla magia che solo un bacio, uno vero, può farti assaporare.
Christina e Will stavano tornando in palestra perché avevano dimenticato le giacche: appena entrarono, intravidero Eric e Kat. Si nascosero subito, per evitare che i due li notassero.
Dopo che il Capofazione e l’istruttrice se ne andarono, lasciandosi con un timido saluto di lei e un freddo cenno del capo di lui, uscirono anche loro di soppiatto.
 
 
Kat si diresse al Pozzo, dove Clarke e gli altri la stavano aspettando.
<< Ehi! Perché ci hai messo così tanto? >> le chiese l’amica.
Rimase immobile per un po’, senza parlare, senza pensare. Aveva lo sguardo vagante e disperso.
<< Che hai? Ti vedo… strana >> continuò Clarke.
Kat si sedette, riprese coscienza e rispose << Ah niente, ho messo in ordine le ultime cose e sono stanca. Non ho fame. Vado a prepararmi per il turno >>.
Gli altri tre erano sbalorditi: Kat che non aveva fame? Una vera novità.
<< Aspetta, vengo anch’io. Così andiamo insieme >> fece Zeke.
 
Il turno cominciò alle nove. Con un furgone raggiunsero il punto in cui dovevano darsi il cambio.
Camminarono silenziosamente tra le abitazioni, ridotte in macerie, degli Esclusi.
Faceva freddo, le notti iniziavano ad allungarsi e l’estate volgeva al termine. Quelle persone avevano solo stracci e cartoni per coprirsi. Fuochi di fortuna erano accesi qua e là: compito degli addetti alla sorveglianza era anche quello di accertarsi che quei fuochi non divampassero in incendi.
Anche  i bambini vivevano lì. Se nascevi escluso non c’era modo di cambiare il tuo status sociale.
 
<< Kat, perché non hai mangiato? >> le chiese l’amico.
<< Non mi andava. Non ho fame >>.
La guardò e disse << Sai… prima di venire qui, dopo cena, Quattro era con Tris, e lei ha detto che Christina e Will hanno visto te ed Eric insieme. E non insieme normalmente, ma… proprio insieme…E’ vero? >>
La ragazza si bloccò di scatto. Restò in quel modo per una manciata di secondi prima di ritornare a quello stato di “mezza lucidità” che aveva prima della fatidica domanda.
Pensò attentamente a cosa dire prima di aprire bocca: optò per la verità.
<< Si. E’ vero. Lui mi ha – voltò la testa dall’altro lato essendo imbarazzata– baciata >> sussurrò.
Zeke lasciò la presa del fucile che aveva in mano sbalordito, non poteva credere a quelle parole. Il silenzio piombò, né l’uno ne l’altra sapevano cosa dire e Kat, soprattutto, non voleva parlarne più di tanto.
S’incamminarono per raggiungere gli altri che ormai erano molto lontani da loro.
<< E tu? Non mi hai detto com’è andata la serata con Clarke! >> disse Kat con un sorriso malizioso stampatogli sulla faccia e cambiando argomento.
<< Bene >> rispose intimidito.
<< Tutto qui? “Bene”. Dimmi di più! >>
<< Non ora. Dai, concentriamoci >> disse Zeke imbarazzato quasi quanto lo era stata pochi minuti prima l’amica.
 
 
Quando trovarono il resto della squadra si fermarono di colpo: seduti a terra c’erano due ragazzini, indossavano stracci e scarpe rotte, il più grande, sui quindici anni, teneva abbracciato a sé quello più piccolo, probabilmente di otto anni, infreddolito e tremante. Kat e Zeke si tolsero le loro giacche e gliele posarono sulle spalle dolcemente, poi, l’Intrepida chiese << I vostri genitori dove sono? >>.
Il ragazzino più grande con occhi vuoti indicò due cadaveri distesi lì vicino: un uomo e una donna. Erano stati uccisi da poco, perché i corpi erano ancora abbastanza caldi.
Gli altri membri della spedizione presero dei teli per coprirli e poi li misero in dei sacchi. Nel frattempo Kat e Zeke portarono i due bambini al centro dove venivano curati gli orfani. Erano stati fortunati, se non li avessero trovati la loro vita sarebbe stata destinata a finire precocemente.
<< Come si chiamano >> chiese la responsabile dell’orfanotrofio.
<< Non lo sappiamo. Li abbiamo trovati in mezzo alla strada con i cadaveri dei genitori al loro fianco >> rispose Zeke.
Il ragazzino più grande stava per restituire le giacche ai due intrepidi, ma gli concessero di tenerselo dicendogli che era un regalo e che magari un giorno si sarebbero rivisti perché anche loro sarebbero diventati Intrepidi. Il ragazzino sorrise e li ringraziò.
<< Troveranno una famiglia? >> chiese Kat.
<< E’ improbabile. Sono esclusi e per di più sono grandi >> disse la responsabile
<< E se gli trovassi io una famiglia? >>
<< Beh, in quel caso, sarebbero molto fortunati >>.
Uscirono  dall’orfanotrofio per tornare a casa propria. La notte era ormai calata e il buio imperava insieme al freddo.
Il treno per la fazione arrivò presto, saltarono su e si lasciarono cadere a terra esausti.
<< Cosa hai intenzione di fare con quei ragazzini? >> le domandò Zeke.
Kat lo guardò e disse << Chiederò ai miei di trovare qualcuno che se ne occupi. Non mi va che vivino lì dentro, senza una vera famiglia >>.
<< Okay… è ammirevole. Ma tu gli hai già salvato la vita, cosa ti importa del fatto che abbiano o meno una famiglia? >> chiese ancora cercando di capire il “senso di altruismo” dell’amica.
<< Se tu non avessi mai avuto una famiglia come saresti stato? >> chiese lei di rimando.
<< Okay. Ho capito. Spero solo che non ti caccerai nei guai. Anche se quella è la cosa che sai fare meglio >> la schernì arruffandole i capelli.
 
Finalmente arrivarono al quartier generale e salutandosi, si divisero per tornare ognuno a casa propria.
Qui, trovò Clarke ancora sveglia che con una tazza fumante di cioccolata e una calda coperta stava sdraiata sul divano.
<< Ehi >> la salutò sedendosi sulla sua poltrona. L’amica ricambiò.
<< Ancora non mi hai detto com’è andata con Zeke! >>
<< Bene >> rispose Clarke continuando a sorseggiare la cioccolata << ne vuoi anche tu? >> chiese.
<< E’ andata male! Dai, dimmi la verità >>
Clarke alzò gli occhi e disse << Non è andata affatto male! Siamo stati bene insieme. Abbiamo mangiato, siamo scesi al molo a fare una passeggiata e, come queste cose finiscono sempre, ci siamo baciati >>
Kat era abbastanza soddisfatta del resoconto << Perfetti. Siete perfetti insieme >> disse con un gran sorriso.
Si alzò dalla poltrona per andare ad indossare il pigiama, dopodichè, in cucina, si preparò anche lei una cioccolata calda.
Tornò nel salotto e si accomodò di nuovo sulla poltrona.
<< Tu, invece… devi dirmi qualcosa? >> le chiese Clarke.
<< No, nulla. Beh, in verità, sta sera, durante il turno, abbiamo trovato due ragazzini Esclusi a cui erano stati appena uccisi i loro genitori e con Zeke li abbiamo scortati all’orfanotrofio e siccome non troveranno mai una famiglia disposta ad adottarli, mi sono presa l’impegno di trovargliene una io >> rispose.
<< Per un attimo ho temuto che tu dicessi “voglio adottarli” – e rise – è un bel gesto da parte tua >> disse l’amica.
Per un attimo piombò il silenzio che però fu subito interrotto da Clarke << Ma io… intendevo altro>>.
Oh! Quel “altro”! Pensò Kat, che avrebbe voluto evitare l’argomento.
<< Lo sai già. Non serve che te lo dica io >> rispose risolutamente.
<< Volevo solo una conferma. E questo tuo comportamento lo è >> disse Clarke non insistendo più di tanto.
 
 
 
 
Il mattino seguente, Kat si svegliò verso le undici del mattino. Era stanchissima. La giornata precedente l’aveva resa esausta. Con lei in casa c’era anche Clarke, che sarebbe andata nel pomeriggio oltre la recinzione per il turno tra i Pacifici.
Fece colazione, si lavò faccia e denti, poi si buttò di nuovo sul divano con un tonfo e cominciò a leggere.
Passarono più di due ore, fin quando Clarke non la disturbò << Kat… non puoi stare lì tutta la giornata a leggere >>.
<< Lasciami in pace, non ho voglia di fare nulla >> rispose concentrata senza distogliere gli occhi dalle parole.
Clarke si sedette accanto a lei e continuò << Non puoi stare così per lui. E poi non è successo nulla di male: vi siete baciati! Non capisco perché tu faccia così! >>
<< Cosa ti fa pensare che io non abbia voglia di fare nulla per causa sua? >> domandò.
<< Sei turbata. Si vede in modo evidente che qualcosa ti preoccupa e non sono i due ragazzini. Almeno, non solo loro >> .
Kat distolse lo sguardo dal libro e fissò l’amica dritta negli occhi << quanto ti detesto, quando fai così! >> decretò stizzita. Clarke si alzò dal divano e con un gesto secco le tolse la coperta da sopra le gambe e appallottolandola gliela gettò in faccia.
<< Siete fatti l’uno per l’altra: siete entrambi spocchiosi e insensibili! >> disse.
<< Grazie! >> le urlò contro Kat, mentre l’altra andò nella sua camera sbattendo la porta con un fragoroso rumore.
Kat riprese la lettura e, dopo un po’ si sentì in colpa per aver trattato in quel modo l’amica che infondo voleva solo aiutarla. Così, si alzò e bussò alla porta della camera.
Non rispose nessuno. Kat riprovò a bussare, ma neanche questa volta rispose. Allora, aprì la porta che non era stata chiusa a chiave ed entrò.
Clarke era distesa sul letto a fissare il soffitto.
<< Che vuoi? >> le chiese.
<< Niente… hai ragione… >> disse Kat.
<< Grazie >> rispose Clarke, alzandosi e invitandola a sedersi accanto a lei.
<< Sei un’idiota. Lo sai? >> continuò Clarke.
Kat le sorrise << si >>.
Tacquero per un po’, l’una fissando le scarpe e l’altra mangiucchiandosi le unghie.
<< E se per lui non fosse significato nulla? Se fosse solo uno scherzo o se lo avesse fatto, così, per divertirsi? Cosa farei? >> cominciò Kat, esitando.
Clarke le prese la mano stringendola forte e la rassicurò << Se ha fatto una cosa simile, gliela faremo pagare cara. Andiamo a mangiare? Almeno mangi cibo vero e non le tue unghie >>.
<< E’ già ora di pranzo? >> chiese non essendosi accorta di tutto il tempo che aveva trascorso a poltrire sul divano.
 
La mensa era affollata, la musica ad alto volume  e il vocio di quelle persone rimbombavano nella testa di Kat come un martello pneumatico.
Eric era seduto nel tavolo vicino al suo e quando ebbe finito di mangiare, si alzò dirigendosi verso di lei.
<< Ehm, Kat. Sta sera ai binari, c’è lo Strappabandiera >> la informò e si allontanò anche lui imbarazzato quasi quanto la ragazza.
Clarke aveva il volto bloccato in un espressione carica di scetticismo, disse << Dopo averti baciata, questo è tutto quello che ha da dirti?!  >> .
 
 
Nel pomeriggio l’Intrepida andò tra i Candidi per visitare la sua famiglia. Quando arrivò il profumo di casa la inebriò facendola tornare di buon umore.
Suo padre non era in casa, ma c’erano la madre e il fratellino.
<< Tieni, assaggia questa. L’ho preparata sta mattina. Se mi avessi avvertita ti avrei fatto trovare qualcosa in più >> la rimproverò la madre.
<< Tranquilla, ma’. Non resterò a lungo sono passata per vedere come state e per farvi una proposta… >> rispose.
<< Dici >> la invitò a parlare.
<< Ora che torna papà. Non mi va di dire due volte la stessa cosa >>.
Durante l’attesa, fece qualche partita ai videogiochi con il fratello che le faceva in continuazione domande sulle sue missioni e sul suo lavoro.
Poi, quando arrivò, si accomodarono al tavolo per discutere.
<< Allora, ieri sera, durante il servizio di sorveglianza degli Esclusi, abbiamo trovato due ragazzini, uno di quindici anni e un altro di otto. Senza genitori. Ora sono all’orfanotrofio e siccome sono abbastanza grandi e sono Esclusi, hanno poche possibilità di essere presi in adozione da qualcuno. – fece una breve pausa per dare loro modo di comprendere la gravità di quella situazione, e poi ricominciò – Quello che vi chiedo è di trovare una giovane o vecchia coppia o chiunque altro che voglia prendersi cura di loro. Il più grande ha solo bisogno di qualcuno che lo prenda con se fino all’anno prossimo quando potrà decidere della sua vita, il più piccolo, invece ha bisogno di una sistemazione definitiva. Li prenderei con me, ma non sono capace di prendermi cura di due ragazzini >> spiegò Kat.
I genitori accettarono immediatamente senza pensarci su e promisero che se non avessero trovato nessuna famiglia disposta a prenderli, lo avrebbero fatto loro.
 
Erano le sette e mezzo, aveva solo mezz’ora per tornare tra gli Intrepidi. Prese al volo il treno come sempre e quando scese restò lì ad aspettare.
Una volta che tutti gli iniziati erano arrivati, Kat si avvicinò a Christina e Will e chiese
<< Dov’è Tris? >>
<< Eric le ha ordinato di battersi con Peter ed è finita in infermeria, e ha deciso che lei è fuori… Kat, comunque, noi non volevamo spiarvi… tu ed Eric… eravamo capitati lì…>> rispose la ragazza.
<< Tranquilla, non m’importa. Parlerò con Eric e sistemerò la faccenda. Mi dispiace non potervi allenare, ma qualcuno ha fatto la spia >> disse.
<< Si, Peter >> annuì Christina storcendo il naso alla pronuncia di quel nome.
 
Salirono sul treno che iniziò a mettersi in marcia.
Kat intravide Quattro allungare un braccio fuori dal vagone: era Tris, la stava aiutando a salire.
Anche il Capofazione la vide arrivare: con fare sprezzate si diresse verso l’iniziata e le chiese
<< Chi ti ha dato il permesso di venire? >>
Tris esitò per un attimo, ma, poi, rispose con disinvoltura << Nessuno >>.
Eric stava per cacciarla, quando Kat gli si avvicinò e lo guardò torva.
<< Bene >> acconsentì. Infondo, la ragazzina aveva avuto coraggio a presentarsi lì dopo che lui la aveva cacciata.
 
Quattro prese a spiegare quello che avrebbero fatto quella sera << Si chiama Strappabandiera. E’ una tradizione di noi Intrepidi. Ci divideremo in due squadre, ognuna delle quali dovrà cercare di conquistare la bandiera degli altri>> concluse.
Il Capofazione mostrò le armi che avrebbero usato: delle carabine di colore rosso, piccole e sottili, tanto da sembrare giocattoli.
<< E quella la chiama “arma” >> si lamentò una ragazza.
Sentendo queste parole, Eric le sparò diritto sulla coscia. Quella dal dolore, battè contro la parete del treno urlando.
<< Questo è un neurosimulatore. Provoca gli effetti e i dolori di una vera arma da fuoco per pochi istanti >>.
 
Quattro ed Eric composero le squadre, Kat, invece, non si prese nessun incarico: semplicemente li avrebbe aspettati e avrebbe controllato che nessun indesiderato interrompesse l’esercitazione. Scesero dal treno e si diressero verso il vecchio parco giochi. Le giostre c’erano ancora, tuttavia, erano del tutto inutilizzabili.
I gruppi si divisero e presero diverse direzioni: i primi verso la ruota panoramica,  gli altri verso il molo.
L’ Intrepida si sedette su un masso vicino ad una di quelle vecchie giostre con i cavalli che girava su stessa. Era combattuta non sapeva se fare finta di niente come lui oppure affrontarlo e andargli a parlare. “ E se mi deludesse? Se mi dicesse che per lui non ha avuto alcuna importanza? Avrei la forza di lasciar perdere e andare avanti?  Sarebbe meglio lasciar stare e aspettare che il tempo faccia passare anche questa. Preferivo quando i miei problemi con lui riguardavano le risse e non i… sentimenti. Eppure, se lasciassi perdere, me ne pentirei di sicuro, perché non saprei la verità. Resterò sempre con il dubbio. Magari anche lui prova quello che provo io. O magari no…”
I pensieri si accavallarono gli uni sugli altri. L’indecisione era troppa. Alzò lo sguardo verso la ruota panoramica e notò due figure che si arrampicavano. Sembravano Quattro e Tris. Quei due, avrebbe messo la mano sul fuoco, sarebbero finiti insieme. Gli sguardi che si scambiavano erano tanti e sempre più intensi. Finalmente, anche l’altro amico dal passato difficile aveva trovato qualcuna che fosse abbastanza forte, perché Tris era una ragazza forte, da stargli accanto. In quel momento si domandò se anche lei fosse abbastanza forte da sopportare una relazione con Eric. La verità era che non lo sapeva.
Si incamminò tra le giostre con il fucile sempre pronto alla difesa. Erano strane, “chissà come funzionavano, chissà cosa si provava ad avere una vita “normale”. Dove non sei costretto ad essere una sola cosa per tutta la vita. Doveva essere bello. Forse anche tra me ed Eric sarebbe stato più facile”.
Immaginò i bambini che scorrazzavano da una parte all’altra con le madri che gli ricordavano di stare attenti. Immaginava cosa potesse voler dire davvero essere felici, spensierati e speranzosi per un buon futuro. Un futuro che però non sarebbe arrivato.
Kat sentì delle grida di gioia provenire dal vecchio faro e si recò lì: il gioco era finito.
Trovò Eric a terra, lo avevano sparato.
Lo aiutò a mettersi in piedi, mentre gli iniziati se ne andarono. Quattro le chiese se volevano andarsene insieme, ma rifiutò: avrebbe accompagnato Eric e avrebbero finalmente parlato; avrebbero affrontato la cosa.
 
<< Perché vieni con me? Il dolore è finito. Puoi andartene >> le disse.
<< No. Io devo parlarti >> spiegò.
<< Ora? Qui? Per strada? >>
<< Ovunque. Devo parlarti >>
<< Okay, andiamo a casa >>.
Erano anni che non entrava in quell’appartamento. Non era affatto cambiato: il mobilio nero, le sue armi preferite ben curate e… quel coltello. Capì immediatamente di cosa si trattasse.
Le fece cenno di accomodarsi e di fare come se fosse a casa sua. E infatti, andò nella cucina e prese dell’acqua per lui e anche per sé.
<< Dovevi parlarmi. Allora, parla >> affermò il ragazzo.
Bevve un sorso d’acqua dal suo bicchiere e poi fece un respiro per prepararsi psicologicamente a discutere di quelle… cose.
<< Ehm… l’altro giorno, no, quando, beh quando >>
<< Quando ti ho baciata? >> la interruppe sorridendole maliziosamente.
<< Eh, si >> . La vergogna stava affiorando in lei pian piano. Le guance incominciarono ad infiammarsi. Odiava quell’ aspetto di sé. “Perché devo sempre arrossire?!” si rimproverò.
<< Beh si. Ora, adesso, cosa… cosa facciamo? >> chiese dandosi forza. “Oh, ma come diavolo parlo?!” pensò, non voleva sembrare impacciata, ma lo era.
Eric, appoggiò la schiena al divano e la fissò per un po’ e poi rispose << Niente, cosa vuoi che facciamo? >>
Lo sapeva. Se lo sentiva. Per lui non valeva niente. Eppure le era sembrato che anche lui provasse qualcosa per lei.
<< Facciamo finta di niente? Come se nulla fosse accaduto? >> chiese ancora.
Il giovane Capofazione alzò il sopracciglio e disse << E’ stato un errore, Kat. Non potrà mai esserci niente. E’ stato un gesto impulsivo, okay? Non ci possiamo permettere di farci sorprendere da sentimenti e dall’amore. Ci rendono deboli >>.
Non era d’accordo. Per nulla. Ma forse nel loro caso si, aveva ragione lui.
Con un pizzico di delusione nella voce rispose << Si… forse hai ragione. >>
Qualche minuto di silenziò seguì. Kat stava pensando, ancora.
Si alzò dalla poltrona con fare deciso e si sedette accanto a lui sul divano.
<< No. Hai torto. Tu hai paura di affrontare questa cosa >> decretò << e ti capisco. Nemmeno io so parlare di… queste cose. Sono continuamente impacciata e imbarazzata. Non ne so niente. Ma una cosa sola la so: questi… sentimenti – disse quella parola come se avesse un sapore orribile – non li posso ignorare. E nemmeno tu ci riesci! >>. “Wow, l’ho detto davvero? Devo sembrare patetica”.
Eric non se l’aspettava. Pensava che se ne fosse andata, e invece no, sarebbe rimasta lì a combattere fino alla fine, come faceva in qualunque situazione.
Si guardarono dritti negli occhi e nessuno dei due staccò lo sguardo dall’altro. Allora, si avvicinarono e accadde di nuovo. Quel bacio durò un’eternità E’ proprio vero che l’infinito si nasconde negli attimi più brevi e intensi. Perché è quell’intensità a diventare infinita, eterna.
Così come loro: erano eterni. Avrebbero trovato il modo per far funzionare le cose. Non importava di chi li avrebbe giudicati, di chi gli avrebbe detto che quello era il loro più grande sbaglio e che questo sbaglio li avrebbe portati verso la fine.
Kat abbassò il viso, era di nuovo imbarazzata.
<< No, hai ragione. Non possiamo fare finta di niente >> disse Eric sorridendole
<< Troveremo un modo >>.
Il ragazzo la invitò a restare: era troppo tardi per tornare da sola a casa anche se sapeva benissimo che si sarebbe difesa egregiamente senza alcun aiuto.
Lui dormì sul divano lasciando il letto alla ragazza.
 
 
 
Angolo autrice:
Buonasera! Ecco un altro capitolo… e beh… finalmente quei due si sono lasciati andare! Ma le cose non saranno così semplici, ci sono parecchie questioni che si metteranno fra di loro, ostacolandoli.
Ringrazio tutti, chi recensisce, chi segue e chi legge.
Al prossimo aggiornamento, ciao!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


 
 Capitolo XI
 
Il sole stava sorgendo e le prime luci entrarono dalla finestra nella camera da letto. Kat aveva perso il senso del tempo e dello spazio; non ricordava dove fosse. Poi, osservando meglio intorno a sé, le tornò in mente tutto quello che era accaduto e, soprattutto, il luogo in cui si trovava.
Si sentiva spossata e strana, davvero strana. Come avrebbe affrontato quella situazione in cui si era cacciata? Era stata brava con le parole, anche se si era sentita patetica, e con i fatti temeva di fallire miseramente. Non era mai stata innamorata o fidanzata, aveva solo avuto una cottarella passeggera e stupida per Quattro anni prima. Era sempre stata concentrata sul suo futuro e sulla sua famiglia. Quella situazione era del tutto nuova.
Eric era già sveglio e anche vestito, mentre lei si diresse verso il salotto ancora assonnata e con i capelli arruffati.
<< Ehi >> la salutò, mentre la ragazza rispose con un timido “ciao” fingendo di non vederci ancora bene a causa del sonno. Voleva scappare. “ Ma cosa mi è saltato in testa ieri? Potevo farmi gli affari miei?” pensò.
Andarono in mensa per la colazione. Erano arrivati insieme e tutti lo avevano notato. Eric le prese la mano: almeno la cosa era ufficiale e dovevano risparmiarsi di nascondersi e inventare scuse. Si scambiarono uno sguardo veloce e continuarono a camminare. Lei rimase stupita da quel gesto, non si aspettava una presa di posizione così… decisa.
<< Clarke, fammi indovinare, sta notte Kat non era con te >> sussurrò Zeke vedendoli arrivare.
<< No, non è tornata e credo che da adesso tutti sappiamo dove sia stata e con chi >> rispose la ragazza.
Kat si sedette al tavolo con i suoi amici, mentre Eric si allontanò.
La guardavano con curiosità come se fosse una strana creatura proveniente da un mondo lontano.
<< Allora – cominciò Clarke – racconta >>.
L’Intrepida prese il suo succo bevendone un po’ e poi disse << Beh, non c’è niente da dire. Credo sia chiaro già senza parole >>.
Si scambiarono un’occhiata e poi l’amica continuò << E’ chiaro che state insieme ed è chiaro che tu eri con lui. Non è altrettanto chiaro cosa tu abbia fatto lì >>.
Kat arrossì in viso velocemente, cosa diavolo pensavano? Non era certo il tipo di ragazza che si lasciava andare così alla prima occasione.
<< Ho dormito. E anche lui ha dormito. Io nel letto, lui sul divano. Non abbiamo fatto niente. Siete assurdi >> decretò con le guance che si infiammavano sempre di più.
Gli amici tirarono un sospiro di sollievo, avevano sperato di sentire quelle parole. Kat tornò alla sua ciambella alle mele mantenendosi lontana da qualunque discussione.
 
Era l’ultimo giorno del primo modulo di addestramento e il programma prevedeva il corpo libero. Kat passò accanto ai dormitori degli iniziati e vide di sbieco una figura… nuda che correva verso i bagni. La inseguì, fin quando la figura, che si rivelò essere Tris non si fermò. La ragazza si stava vestendo.
<< Che succede Tris? >> le chiese cercando di non metterla a disagio.
La ragazza non la riconobbe subito, così appena finì di vestirsi fece capolino da dietro un muro.
<< Niente… >> mentì Tris, uscendo allo scoperto. Sembrava arrabbiata e nervosa, gli occhi erano gonfi, come se stesse per scoppiare a piangere, ma la ragazza si trattenne.
<< Qualcuno ti ha infastidita? >> chiese Kat, cercando di comprendere per quale motivo correva nuda per i dormitori.
<< No… non mi entravano i pantaloni e sono dovuta andare a prendere qualcos’altro >> rispose.
Kat non fece altre domande, nonostante fosse convinta che quella non era la verità.
<< Okay. Così, però, non puoi fare gli allenamenti. Vieni, andiamo al Pozzo a prendere qualcos’altro >> le disse indicando la porta.
Uscirono dai bagni e camminando a passo sostenuto arrivarono al Pozzo. Salirono le scale che si arrampicavano lungo le pareti fino allo spaccio.
Si avvicinarono ad uno scaffale e Tris scelse il primo pantalone e la prima maglia che le era capitato di prendere tra le mani.
<< Vanno bene questi? >> le chiese.
<< Penso di si… provali >> rispose.
Tris entrò nel camerino e li misurò. Decise che quegli abiti potevano andare, pagò e uscirono dal negozio. Quando arrivarono in palestra, erano tutti lì e stavano ancora formando le coppie. Kat si avvicinò a Quattro che stava appoggiato ad una parete. Si salutarono con un cenno del capo e intanto gli incontri cominciarono. I primi furono Myra e Will, si spostavano avanti e indietro trascinando i piedi. I due intrepidi sbadigliarono annoiati.
Dopo fu il turno di Christina ed Al. L’incontro finì velocemente poiché Al si lasciò cadere subito come al solito senza rialzarsi e provocando evidente disapprovazione sul volto di Eric che scosse la testa.
<< E’ vero, quindi? >> le chiese Quattro distraendosi dall’incontro di Edward e Peter..
Kat si voltò verso di lui e annuì. Tornarono in silenzio: era palese che lui non approvasse per niente, ma dell’approvazione o del pensiero degli altri non le interessava minimamente; se stava sbagliando ne avrebbe pagato le conseguenze.
L’incontro finì e salirono sull’arena Tris e Molly. La prima aveva lo sguardo fisso e corrucciato. Kat capì che qualunque cosa fosse accaduta quella mattina era sicuramente legata a Molly: Tris la guardava torva e sembrava sul punto di perdere il controllo.
Cominciarono: Molly attaccò per prima, ma Tris riuscì ad essere più veloce a piantarle un pugno nello stomaco.
Vide Quattro accennare ad un sorriso e gli tirò una gomitata sul braccio.
<< Che c’è? >> disse lui.
<< Niente, niente >> rispose Kat guardandolo maliziosamente e tornando a concentrarsi sull’incontro.
Tris aveva decisamente perso il controllo: stava prendendo a calci furiosamente la sua avversaria nonostante fosse stesa a terra.
Quattro si precipitò su di lei e la afferrò per fermarla.
<< Hai vinto, basta >> le disse.
 
Kat lasciò la palestra di soppiatto per andare dai suoi genitori per avere informazioni sull’adozione; c’erano due notizie, una buona e una cattiva. La buona era che per il più piccolo, che avevano scoperto chiamarsi Harry, avevano trovato una famiglia, e precisamente i genitori di Julie. La cattiva, invece, era che per Jon, il più grande, non avevano trovato nessuno disposto a prenderlo, ma che, riflettendo, avevano deciso di prenderlo con se. Infondo, sarebbe rimasto solo per un anno e poi avrebbe continuato il suo percorso nella fazione che avrebbe scelto.
<< Domani dovrai portare il piccolo Harry dalla sua nuova famiglia e poi porterai qui Jon>> la informò il padre.
<< Benissimo. Avrei preferito se fossero rimasti insieme, ma è chiedere troppo. Basterà che i due riusciranno a mantenersi in contatto. Grazie, significa molto per me e per loro>>. Così dicendo li salutò e tornò al Pozzo, dove trovò ad aspettarla Eric per parlarle.
Era seduto sul solito masso da un po’ di tempo siccome lei era in ritardo.
Kat si scusò e si sedette accanto a lui.
<<  Oggi alle diciassette dobbiamo essere dagli Eruditi. Ci daranno istruzioni sulla prossima missione >> disse il Capofazione e la ragazza annuì. Il lavoro con la Squadra Speciale stava per avere inizio.
<< Dove sei stata? >>. Era indecisa: parlargli di tutte quelle visite fatte ai suoi genitori in quegli ultimi tempi o no? Si fidava,ma non completamente; lui restava uno dei capi legati al motto “la fazione prima del sangue”.
<< In giro. Comunque, come facciamo a venire Zeke ed io se oggi siamo di turno? >> disse cambiando discorso.
<< Il vostro turno è anticipato alle tredici >> rispose lui.
Kat guardò l’orologio e notò che era stava facendo ritardo anche per il turno.
<< Inizia tra dieci minuti! Perché nessuno mi ha avvisata prima? >> domandò stizzita.
<< Sono venuto da te, ma tu non c’eri. Eri “in giro” >>.
Corse a casa a prendere le armi e ad indossare la divisa e poi si recò al binario raggiungendo in tempo i suoi compagni.
Il turno passò tranquillamente, la situazione in quelle ultime settimane era fin troppo calma per essere una cosa normale.
Tornò a casa e mangiò un panino al volo e ritornò al binario per andare questa volta dagli Eruditi.
Zeke, Eric, Quattro e gli altri si trovavano già lì.
Kat nell’attesa si accomodò a terra incrociando le gambe. Zeke e Quattro la raggiunsero e si sedettero accanto a lei.
<< Cosa pensate che vogliano da noi? >> chiese Zeke interrompendo il silenzio.
Si scambiarono degli sguardi, << non ne ho idea. Ma la cosa non mi piace >>.
Quattro annuì.
<< Ha a che vedere con… i divergenti? >> mormorò Zeke.
Quattro e Kat si guardarono di nuovo.
<< Insomma, dai, esistono davvero… il fratello di Tori… And… >> continuò a bassa voce, senza riuscire a terminare la frase perché il treno arrivò in corsa, Kat fu grata che quella discussione fosse stata interrotta, e loro velocemente con lunghe falcate saltarono su. Scendere e salire da quel treno era decisamente la cosa più divertente che facesse quasi ogni giorno: una bella abitudine.
 
Jeanine, la Capofazione degli Eruditi, li stava aspettando in una sala bianca dove fluttuavano ologrammi con simboli e scritte che loro, essendo cocciuti Intrepidi, non capivano affatto.
C’era un lungo tavolo con delle sedie. Oltre ad Eric e alla Squadra, anche Max era lì presente con altri Eruditi.
La Squadra fu lasciata per una buona oretta al di fuori della stanza: loro dovevano solo eseguire gli ordini e perciò conoscevano lo stretto necessario. Una cosa sicura c’era: Eruditi e Intrepidi erano alleati contro qualcuno e come diceva Quattro, quel qualcuno erano gli Abneganti che amministravano e governavano l’intera città.
Un Erudita li chiamò per farli entrare. Jeanine aveva in mano una siringa con del liquido giallognolo all’interno.
<< Innanzitutto – cominciò la donna – voglio complimentarmi con voi che siete riusciti a formare questa eccellente Squadra. Vi sarete sicuramente chiesti perché fosse necessario istituirne una. E il motivo è che la nostra città è in pericolo, tutto il sistema delle fazioni rischia di decadere e con esso anche la pace. Voi dovrete affrontare delle particolari missioni mirate a scovare coloro che stanno silenziosamente minacciando la città. Sarete a capo di una spedizione tra gli Abneganti. Tra di loro si nascondono questi usurpatori, i Divergenti, e si nasconde anche un oggetto particolare che dovrete recuperare.
Questa contiene un siero particolare che verrà somministrato sia a voi sia al resto del gruppo che guiderete. Precisamente voi somministrerete il siero al gruppo e poi verrà somministrato anche a voi dai vostri Capofazione. Con questa siringa i vostri movimenti e quelli dei vostri compagni saranno controllati. Sapremo sempre dove vi trovate e cosa state facendo >>.  
Furono divisi in due gruppi da cinque, Kat e Zeke vennero separati, e ai due Capofazione degli Intrepidi furono consegnate delle valigette nere contenenti il siero e altre che contenevano armi a loro sconosciute.
Alla ragazza questa storia non piaceva per niente, pensava che Jeanine non avesse detto tutta la verità o che non l’avesse detta affatto.
Sulla strada del ritorno si avvicinò ad Eric e cominciò << Perché ci hanno tenuti fuori per tutto quel tempo? >>. Aveva una brutta cera, sembrava preoccupato. Da quell’espressione Kat dedusse che sicuramente Jeanine non aveva detto loro la verità.
<< Perché non avete bisogno di sapere i dettagli. Siete soldati. Dovete obbedire agli ordini dei vostri superiori e io ti ordino di farti gli affari tuoi e di un immischiarti in faccende più grandi di te>> rispose con decisione lui.
Ma la ragazza non si arrese facilmente, sul treno si riavvicinò cercando di riprendere
quell’argomento << Eric, lei non ha detto la verità, giusto? >>.
La guardò con occhi esasperati << Cosa delle parole “devi farti gli affari tuoi e obbedire agli ordini” non ti è chiaro? Non sei autorizzata a farmi domande solo perché stiamo insieme. Io sono prima e sempre il tuo capo e tu sei sempre un soldato. Okay? >> le disse freddamente stringendo i denti. Non voleva che rischiasse, doveva stare al suo posto e continuare a vivere come aveva sempre fatto.
<< Mmmh… no. Sta sera vengo da te. E questa non è una domanda. E sto parlando con Eric il mio ragazzo, oddio suona davvero strano, e non con Eric il Capofazione stronzo. Okay? >> rispose lei tra l’imbarazzo e la decisione.
 
 
Appena era entrata in mensa si sentì osservata dagli occhi di ogni persona presente.
Tutti sapevano della sua storia con il giovane Capofazione. Bisbigliavano al suo passaggio: nessuno si sarebbe mai aspettato che Kat potesse stare insieme a lui. Quel ragazzo con il quale si era portata per tanto tempo solo astio e odio.
Si accomodò con Zeke al solito tavolo e cominciò a raccontare di Jeanine, del siero, della missione contro gli Abneganti e di come pensava che l’erudita non avesse detto loro la verità.
Per Quattro non sembravano essere notizie nuove e scottanti, non era affatto sorpreso. Si era accorto di movimenti strani da quando gli Eruditi venivano troppo spesso tra gli Intrepidi. Credeva che stessero per attaccare gli Abneganti non perché fossero una reale minaccia, ma perché gli Eruditi avevano la presunzione di pensare di essere i più adatti al governo della città e per fare ciò avevano bisogno dell’appoggio della fazione dei soldati e dei guerrieri ovviamente. Necessitavano di un esercito.
<< E non hai chiesto ad Eric quale fosse la verità? >> le chiese Clarke.
<< Si, due volte. Ma mi ha ordinato di farmi gli affari miei. Sta sera vado da lui e proverò di nuovo ad estorcergli informazioni >> rispose.
<< Tu hai sicuramente molta influenza su di lui. L’hai sempre avuta. Anche quando vi picchiavate a sangue non ti finiva mai perché c’è qualcosa in te che lo faceva e lo fa bloccare. Saresti morta se tu fosti stata tu… e comunque, avevo ragione: andremo a caccia di divergenti >> disse Zeke.
Il discorso si chiuse e tutti tornarono nelle loro rispettive case.
Si tolse quei vestiti e si sciacquò velocemente.
La voce di Clarke che proveniva dal salotto le chiese << Io esco con… Zeke. Tu torni? >>.
<< Si, torno >> rispose.
Sentì il portone aprirsi e poi richiudersi; dedusse che Clarke era uscita. Dopo essersi cambiata anche lei se ne andò e arrivata davanti la porta, bussò. Eric la aprì: indossava solo i pantaloni e aveva un asciugamano appoggiata sulla spalla sinistra.
“Okay. Calma. E’ solo Eric. Solo Eric.” si disse. Ma la calma sembrò non voler restare e avvampò sulle guance; decisamente non se l’aspettava, voleva solo estorcergli qualche informazione, ma se non riusciva nemmeno a pensare o a fare un solo passo, la cosa diventava piuttosto complicata.
<< Sei a disagio! >> esclamò lui ridendole in faccia.
<< Idiota – abbassò lo sguardo – fammi entrare e vestiti >> disse lei in preda all’imbarazzo passando sotto il suo braccio che era appoggiato alla porta ed entrando in casa.
Si sedette sul divano e lui fece lo stesso.
<< Ti ho detto che devi vestirti. Sarai pure Capofazione, ma ora comando io. Quindi va a vestirti che non riesco a parlarti seriamente così! >> continuò con il viso sempre più in fiamme.
Ma Eric non la ascoltò << Meglio, così fai silenzio >> le si avvicinò lentamente fino a trovarsi su di lei e la baciò.
L’intrepida lo interruppe guardandolo torva <>.
<< Niente ti ferma, eh? >> le chiese con un sorriso malizioso.
<< No. Che cosa dobbiamo fare davvero? Cosa vuole Jeanine dagli Intrepidi? >> domandò la ragazza con tono deciso. Nemmeno Eric mezzo nudo la avrebbe fermata. Doveva sapere.
Il viso di lui si rabbuiò e si alzò anche dal divano ergendosi imponente davanti a lei.
<< Ti ho ordinato, da tuo superiore, di non immischiarti >> ribadì a denti stretti.
Lo fissò negli occhi intensamente, risoluta insistette << E io sto chiedendo al mio ragazzo di essere sincero con me, non al mio capo >>.
Avrebbe potuto prenderla a pugni in quel preciso istante ritornando ai bei vecchi e rissosi tempi. Ma non ci riusciva più. Si rimise sul divano e con aria seccata rispose << Kat, io vorrei poterti dire tutto, ma non posso. Lo faccio per te. Certe cose è meglio non saperle. Devi fidarti di me. Fidati di me e non ti accadrà nulla. E nemmeno ai tuoi amici. Posso solo dirti che Jeanine ha detto una mezza verità >>.
La ragazza non era soddisfatta della risposta, ma pensò che era meglio chiudere la discussione lì per quel momento, avrebbe ripreso con le domande in un secondo momento e si sedette accanto a lui accovacciandosi sul suo petto.
 
Quando tornò a casa era passata la mezzanotte, ma Clarke era ancora sveglia, sedeva sulla poltrona con un sacchetto di pop corn e un buon film.
<< Ciao >> la salutò Kat << Cosa guardi? >> .
L’amica si girò e masticando ancora, chiese << Ti ha detto qualcosa? >>
Si sedette anche lei e rubando qualche pop corn dalla ciotola rispose << No. Niente di rilevante. Solo che Jeanine non ha detto tutta la verità e che devo starne fuori. Ma, ovviamente, voglio capire. Dalla sua espressione la cosa mi puzza >>.
<< Non ti ha detto niente, in pratica! >> esclamò.
Clarke la guardò per qualche istante ancora e poi chiese << Ultima domanda: dopo aver parlato cosa avete fatto? Insomma sei stata lì altre tre ore >>
Kat si portò la mano sulla fronte coprendosi gli occhi e rispose << Niente. Perché dobbiamo sempre parlare di me? Tu piuttosto… che stai facendo? >>
<< Mangio. Non si vede? >> rispose eludendo la domanda.
<< Non fare l’idiota >> disse guardandola accigliata e passandosi una mano fra i capelli.
Allora, Clarke, arrendendosi, prese a raccontare della sua serata con il vocio della televisione come sottofondo.
Correva nella notte buia e nuvolosa per strade prive di illuminazioni e piene di macerie e calcinacci. Cercava di fuggire, ma quegli uomini erano alle calcagna: avevano l’ordine di catturarla perché era diversa dagli altri; essere “diversi” era un male, non poteva essere controllata; la sua mente ragionava con schemi imprevedibili e per questo lei risultava essere un pericolo per l’intera città... Aveva sempre saputo che prima o poi avrebbero scoperto il suo segreto e che anche chi le era più caro la avrebbe tradita e consegnata.
I Divergenti non potevano vivere come tutti gli altri. Erano considerati feccia.
Eric le stava dando la caccia insieme a quelli che erano stati i suoi amici. Avrebbe fatto la fine di Andrew.
Era esausta: stava correndo da molto tempo, tanto da non riuscire a ricordare neanche quando la sua fuga fosse cominciata. All’improvviso si trovò in un vicolo cieco. Non c’era via d’uscita. Davanti a lei si innalzava un muro altissimo, e quelli erano proprio dietro di lei. Cominciarono a spararle addosso e, di rimando, Kat fece lo stesso. Provò ad arrampicarsi: non era mai stata brava, ma questa volta doveva riuscirci. Era una questione di vita o di morte. Metteva cautamente un piede davanti all’altro aggrappandosi con le mani ad ogni sporgenza che poteva aiutarla sperando che le sue braccia sostenessero il peso, ma una mano cedette e lei cadde a terra. Un dolore simile al bruciore provocato dal fuoco si stava espandendo dal fianco destro. Teneva gli occhi chiusi nella speranza che pensassero fosse morta, ma quelli la circondarono e le legarono i polsi, intravide un ragazzo biondo con gli occhi grigi che la stava prendendo in braccio: Eric.
Continuò a fingere per tutto il tragitto aprendo sporadicamente uno dei due occhi per controllare dove la stessero portando.
Arrivarono in una grande sala bianca e vuota. Eric la scaraventò a terra e estraendo dalla giacca di pelle un pugnale glielo conficcò nel cuore sussurrandole << Mi hai mentito >>.
 
Kat si svegliò bruscamente respirando affannosamente e gli occhi sbarrati che sembravano cercare qualcuno nel buio. Passò la mano sugli occhi e poi sul cuore che batteva velocemente. La fronte era bagnata di sudore, e afferrò un fazzoletto da sopra il comodino per asciugarla. Il fiato pian piano tornò regolare appena prese coscienza che quello era stato solo l’ennesimo incubo.
La questione di Jeanine non le andava a genio, la preoccupava. Sapeva che siccome cercavano i Divergenti, avrebbero trovato anche lei prima o poi. E il destino si divertiva: faceva parte della stessa Squadra che dava la caccia a quelli come lei. Per di più, ora, come se niente fosse abbastanza, era fidanzata con il ragazzo che aveva già ucciso un divergente e che da quel dannato giorno aveva cominciato a detestarli tutti.
Avrebbe dovuto rivelargli il suo segreto? Poteva fidarsi fino a questo punto? O, forse era meglio tacere e fare finta di nulla?
Non ne aveva idea. Nessuno oltre Quattro conosceva la sua vera natura e avrebbe preferito che le cose restassero così.
 
 
 
Angolo autrice:
Salve!
Allora, in questo capitolo è ritornata la famosa “Squadra Speciale” (il nome non è un granché, lo so, spero me ne venga in mente uno migliore) che avevamo lasciato da un po’. Il ruolo di questo dipartimento sarà fondamentale per la storia e per il finale.
Jeanine non ha rivelato le sue vere intenzioni, ovviamente, ma Kat e i suoi amici lo hanno intuito, così cominceranno ad indagare.
Spero vi sia piaciuto, ringrazio chi legge e chi recensisce, al prossimo aggiornamento. Ciao!

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