The Crow

di Luna White
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

Paziente n° 54: Blue Ace


La dottoressa sfoglia la cartella dell'ennesima persona rinchiusa li.
-Mi dica Ace.Sa perché lei e qui?- Chiede,osservando la figura posta davanti a lei,aldilà del tavolo.In tutta risposta la ragazza alza lo sguardo,fissando i suoi occhi verdi e stanchi a causa del lavoro. Non accenna di aprir bocca,respirando solo lentamente.
La donna dal camice bianco continua la sua analisi, posizionando delle foto sul tavolo.
-Questo è Alan Cage. 43 anni. Sposato e aveva un figlio. E stato ritrovato nel seminterrato,legato ad una sedia.Aveva la bocca cucita così come gli occhi,quest'ultimi però privi del bulbo oculare,la lingua è assente ed infine,sull'addome,e stata tracciata una frase: "There is Evil in this World" incisa con il suo sangue. Ed è qui che l'abbiamo trovata.
Osserva attentamente le foto scattate con cura. Lei stessa poteva vedere il suo crimine commesso con le sue stesse mani. Quelle cuciture e quella frase gli fecero ricordare l'omicidio compito è organizzato poche ore prima.
-Sa dirmi perché lo ha fatto?- Continuó il suo interrogatorio,rivolgendosi di nuovo al suo interlocutore.
Distolse il suo sguardo da quelle immagini ancora vivide nella mente per poi accennarle un sorriso. -Se lo meritava.- pronunciò tranquillamente quelle parole.
-A quanto sappiamo,suo padre e scomparso mentre sua madre e stata violentata dalla vittima ed infine uccisa.La sua azione e stata di pura vendetta?-racconta chiaramente quel che accadde quella notte e di come mi fece diventare un mostro,sporcandomi così le mani di sangue.-Ma lei sa che non porta a niente se non all'odio concluse il discorso fin troppo chiarito per i suoi gusti.
-E con ciò?-Inclina il capo,sistemandosi meglio sulla sedia. La camicia di forza indossata gli dava fastidio ma era stata obbligata. Avevano detto di essere una "precauzione".
-Se venisse arrestato sarebbe giusto? Oh, no! Lui doveva pagarla per le colpe commesse.-sospira mentre il sorriso non sparisce dal suo volto.-Dottoressa! La ruota gira per tutti,se lo ricordi. Un passo falso e verremmo buttati fuori.- 
-Io sono qui per aiutarla- dice,ma di cui lei scuote il capo. 
-Si sbaglia. I pazzi non possono essere aiutati se no,si finisce per diventare come loro.- 
La seduta termina con il frastuono della sua risata,riecheggiando in quella stanza vuota. La donna richiama velocemente le guardie il quale, riportano la paziente nella sua cella e nella nuova casa in cui vivrà.

Io non sono pazza,
la mia realtà è solo diversa dalla vostra.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


LA FUGA


"Goditi ogni minuto del tuo tempo 
perché il tempo non ritorna. 
Quello che ritorna 
è solo il rimpianto di aver perso tempo."


***

Saranno passati giorni,mesi o persino anni da quando mi hanno rinchiusa nel manicomio di Asylum. Il posto della follia più pura. Della sanità mentale andata a farsi fottere. Dal ragionamento declinato nell'oblio più profondo. Ed è proprio qui che vengono rinchiusi centinaia di persone,incolpati di ogni crimine plausibile è sporco. Tutto ciò che ti evidenza con del sangue è un sorriso sulle labbra,si è destinato a vivere qui per il resto dei suoi miserabili giorni.
Io stessa,conscia dell'omicidio pianificato è commesso nel modo più atroce possibile,avevo rigirato le sorti come un tornaconto. E si sa,che prima o poi sarebbe giunta l'ora di pagarla con le proprie spese.
Non posso dimenticare quell'ubriaco maniaco,datogli l'aggettivo di bestia,appropriato alla sua figura. I miei occhi sono complici di visioni orrende. Il corpo segnato dalle sue torture. Diceva che amava giocare all'allegro chirurgo da piccolo ma non con figure inanimate, bensì con le proprie vittime e di cui io ho avuto il piacere di essere tra queste. Non potevo reagire nello stato pietoso in cui ero:Una ragazza indifesa,sognante è piena di speranze. Si era ritrovata ad avere il corpo in fiamme mentre l'aggressore si divertita a tracciargli dei segni con un ago rovente. Dio sa solo quante urle hanno provocato. Le pareti tremavamo mentre l'odore nauseabondo inondava quella stanza disastrata. Il pezzo forte era stato lasciato per ultimo. Aver visto con occhi arrossati e gonfi dalle lacrime la propria madre piena di lividi,venendo poi accoltellata ripetutamente dalla bestia. Aumentavano gli affondi mentre la risata dell'animale,si fondeva con le mie urla ad incitarli di fermarsi. Quel che sembrò un infinita di tempo,la donna da me tanto amata,mi guardava per un ultima volta lasciandomi solo un sorriso per poi esserle tolta la vita definitivamente.
All'ora,ero solo una ragazzina stupida e impreco ancora oggi del perché,invece di piangere,non lo avrei potuto pestato fino a farlo sanguinare. Anni trascorsi per pianificare la mia vendetta,sapendo bene che la dolce attesa ti lasciava appagare. Non era altro che un insulsa persona. Troppo viziata ed egoista da non trovare pietà nemmeno per un bambino mendicante e morente di fame. Indifferente lo aveva oltrepassato come un oggetto senza valore. Lo avevo ucciso e lo potevo ammettere. Certo,almeno si era levato un problema in meno. Un infame da sfamare. Un feccia da eliminare. Ed ho conquistato non solo la vendetta per la mia povera madre ma anche la gioia per tutti quelli che lo odiavano.

***

Vengo ributtata nella cella in cui vivo rigorosamente da cinque anni. "Impara a stare al tuo posto squallida donna."
Guardai truce il carceriere per poi essere rinchiusa in quelle quattro mura o per meglio dire tre,trattandosi delle sbarre come quarto supporto.
Mi porto una mano al labbro ancora sanguinante cercando di pulirmi dal liquido ancora rimanente. Il sapore metallico mi aveva ricordato dello "spiacevole" incontro avuto con una mia simile. Come si chiamava? Harley credo che fosse. Una insignificante biondina con le sue manie di protagonismo ma di cui la faceva sembrare solo una bambina infantile. Per sua sorte era stata così coraggiosa da provocarmi. Non reagivo per qualche offesa ma in qualche modo era riuscita a dire:"Secondo me è così banale da piangere per qualsiasi cosa."
In quel momento era stato quel impavido ricordo a riemergere nella mente da non rendermi ragionevole alle mani strette a pugno,scagliandosi contro di lei e provocandogli una guancia rossa e qualche graffio. Il tutto era incitato dalla folla accalcata tifante le due attaccanti,rendendola una vera e propria lotta. Quello scontro era finito in pochi minuti con l'arrivo delle guardie,finendo entrambe nei rispettivi alloggi.
Quel pomeriggio sarebbe rimasto come al solito. Avrei proseguito un altra giornata monotona, con indosso la solita camicia di forza a tenermi compagnia,nel totale silenzio regnante. Ma quella notte non fu così. Immersa nei miei pensieri,quest'ultimi vennero interrotti dal suono di una sirena. Sento le urla delle guardie che accorrono in fondo al corridoio allarmati, rimanendo alquanto confusa. Di solito non c'era questo trambusto se per sbaglio un paziente tentava di scappare,risolvendo con una botta in testa. Doveva trattarsi di qualcosa di più grande. A sorprendermi e la serratura della mia cella che si apre e le sbarre vengono aperte,così come tutte le altre. File di prigionieri sono intenti a scappare ed altri invece lottano contro le guardie. In quel momento rifletto se sia il caso di fuggire,costatando che questa, fosse l'unica possibilità per avere finalmente la libertà. Do un occhiata al corridoio prima di correre verso il portone principale. Le gambe si muovono veloci e le mani stringono il tessuto stretto.Dovevo trovare anche un modo di liberarmi da questo affare, così,dopo l'ennesimo incrocio, le mie speranze vengono esaudite,trovando un mio simile intento alla fuga.
"Ehi!"urlo. Quest'ultimo si volta guardandomi."Non e che potresti aiutare un tuo compare. Sai, questo coso da fastidio"accenno al vestiario dalle tante cinghie. Senza problemi mi aiuta accennandoli così un grazie. Sentendomi finalmente a mio agio,mi concentrai al mio obbiettivo:Uscire da li.
Era escluso l'ingresso principale visto le numerose persone poste nonché anche la polizia. Non conoscendo molto quel posto,una seconda uscita sarebbe stata esclusa, finendo solo con la stessa situazione di quella precedente. Cercai di trovare un altra possibile via e la mia attenzione ricadde su una grondai aperta. Sorridi, entrandoci velocemente. Sgattaiolando in quel condotto,potevo sentire alcune voci provenienti da fuori,parlando di un certo Joker. Non avendolo mai visto non potevo sapere di che persona fosse ma alcune voci mi avevano informato che fosse un tipo piuttosto strano. Ma chi non lo è d'altronde? Per mia grande fortuna dopo un paio di vincoli riuscì ad uscire,portandomi finalmente all'esterno. Da tempo non sentivo quell'aria inquinata e ammirare quel cielo scuro. Mi fiondai tra le siepi pe poi scappare da quel posto.

***

Le strade deserte ed isolate rendevano quel posto vuoto e oscuro. I lampioni come unica luce ad illuminare il freddo asfalto di cemento e ogni tanto passavano alcune macchine dirette verso casa. Ritrovandomi a camminare per quei vicoli bui e silenziosi,sentivo la brezza del leggero vento. Non sapevo dove andare, non avendo una casa e nemmeno un posto in cui stare. Osservai alcune case abbandonate alquanto sfasciate è mai ricostruite. Soffermandomi su una di queste decisi che sarebbe stata la mia nuova abitazione.Una casa migliore rispetto a quello schifo di posto.


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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


NUOVA CASA


"É naturale rischiare la vita per le persone che amiamo.
Il coraggio non c'entra".


***

Quella abitazione era tutto fuorché accogliente. L'esterno dava già l'anticipo di cosa bisognava aspettarsi: Crepe su crepe. Finestre rotte ed altre inesistenti. Alcune piante rampicanti si scagliavano lungo i muri da un tempo bianchi ed adesso quel colore pareva scomparso. Mancavano alcuni mattoni e questi, si presentavano sparpagliati lungo il marciapiede. Il grande portone scuro era malridotto. Una volta aperto si poteva vedere l'ampia scala,conducendo hai piani superiori. Da un lato invece, erano piazzate i contatori della luce ormai fusi e del tutto inutilizzabili.
Salivo le scale lentamente. Queste avevano il corrimano di un ferro arrugginito il che doveva essere sempre lucido prima dell'abbandono. Tutto quel silenzio mi provocava una scarica di brividi. Il respiro calmo e adagiato seguiva repentino i passi degli scalini che salivo. L'ambiente tetro ed insicuro dava modo di non essere un luogo rassicurante ma di cui non mi preoccupai. Giunta all'ultimo piano, guardai la porta riverniciata di nero,dalle piccole spaccature,rovinandolo.Il cigolio provocato dalla mia mano in cui si portava su di essa è spingeva in avanti, emetteva un suono agghiacciante,simile a quello dei film di paura. Sarebbe stata un ottima abitazione per quest'ultima. Un ampia stanza.Dai muri in mattoni rossi,in stile londinese. In alcuni punti si potevano scorgere qualche pezzo di intonaco bianco. Il tutto era sorretto da alcune colonne in marmo, donandogli per tocco di semplicità ma di eleganza. Quel che mi sorprese furono le vaste finestre poste hai lati. Questa,un tempo doveva essere un appartamento costoso a causa della grande ampiezza e luminosità predisposta. Accanto ad una finestra era stato lasciato un materasso lacerato in più punti,abbandonato su un pavimento di polvere e su quest'ultimo era presente ogni qual tipo di cosa: dai vetri rotti alle piume di un cuscino posto sopra l'ampio giaciglio.
Attenta a non calpestare qualche coccio tagliente, porto lo sguardo sulla finestra,lasciandomi sorpresa. Osservo una prospettiva del tutta diversa da quella malfamata di prima:le varie case erano disposte una accanto all'altra. Alcune avevano le luci accese rendendolo un gioco di colori contrastanti. Posti più lontane,alcuni grattaceli piuttosto alti,padroneggiano una visione che non avevo visto da molti anni.
Nonostante non ci fosse luce e la stanza era quindi nel penombra,grazie alle finestre affacciatosi su quel paesaggio cittadino e alle sue moltitudini di luci mi permisero di vedere.
Stanca da quella strana nottata di strani eventi e fughe improvvise, mi distesi su quel materasso.Non era scomodo ed era sempre meglio della brandina che mi aspettava ogni sera. Gli occhi si fecero più pensanti,osservai un ultima volta la finestra prima di scivolare nel lungo sonno privo di sogni.

***

I primi raggi del sole, diedero vita ad un nuovo giorno. A svegliarmi e il suono di qualche uccellino intento a cantare il che mi diede modo di poter sentire quel allegra melodia dopo tanto tempo. Stropicciandomi gli occhi, posso vedere al meglio il posto in cui mi trovo.Adesso,non sembra essere così tanto pauroso ma ben illuminato e dalla piacevole quiete. Decido di alzarmi ed uscire fuori,volemdo vedere se ogni cosa era rimasta uguale dalla mia "sparizione" o se fosse cambiato.Mi fermai davanti alla porta quando vidi il mio abbigliamento fuori luogo. D'altronde non potevo andarmene a spasso con un vestiario da paziente e di sicuro,avrebbe attirato non poco gli sguardi dei passanti e di qualche poliziotto li vicino. Mentre cerco una possibile soluzione,noto uno stendino posto fuori da un abitazione. Mi affaccio dunque per vedere meglio e con mia grande gioia si trova piuttosto vicino.Apro l'anta della finestra per poi uscire fuori. Appena dopo è presente un piccolo tetto il quale collega le due abitazioni e di cui mi ritrovo ad esserne grata. Stando attenta a non essere vista, con facilità, riesco ad afferrare un maglia azzurra ed un jeans.Rientro velocemente nel mio abitacolo per poi trionfare vittoriosa del mio bottino. Sapevo bene che rubare era ingiusto ma dopo le mie colpe, non trovavo niente di ingiusto nei miei confronti. Poi nessuno si faceva male se prendevo in prestito qualche vestito o sbaglio?
Mi sfilo di quei indumenti così odiati per poi ammirare il corpo segnato dalle innumerevoli ferite e lividi. La pelle bianca aiuta la cosa,rendendoli più visibili. Sul mio braccio destro e presente una lunga scia di cicatrici simili a cuciture,partendo appena sopra l'avambraccio e finendo al polso,sotto il palmo della mano. Lo stesso "disegno" è stato fatto alla gamba sinistra il cui finisce lungo la caviglia. Non so ancora come sia riuscita a sopportare tutta quella atrocità e riesco a percepire, pur se inesistente,il fuoco che bruciava mentre alcune macchie di sangue tingevano la pelle diafana.
Liberandomi da quei loschi pensieri,finisco per abbottonarmi il jeans, finendo il tutto con le scarpe indossate ancor prima di finire nel manicomio. I nuovi vestiti mi stanno bene,segno che in quella casa abita una ragazza con la mia possibile età.
Finalmente pronta posso uscire. Una volta fuori, osservo le varie macchine passare. Dirigendomi dunque in quelle vie,noto con mio sommo dispiacere che era rimasto tutto uguale:sui marciapiedi sono presenti persone su persone. Dalle divise scure ed eleganti,sinonimi di lavoratori. Chi con la ventiquattr'ore in una mano e chi a sbraitare al cellulare in un altra. Il modo in cui tutto era rimasto lo stesso,non mi sorprendeva d'altronde. Una città che si rispetti, brulica di gente ogni mattina a differenza della periferia. Moltitudini di persone proseguono una vita come tutte gli altri: monotona,noiosa e per nulla divertente. Sperai di non diventare come loro un giorno, troppo lavorativi e ripetitivi. Macchine che avevano un solo scopo nella vita,senza contare se si trattasse di essere felici o meno.
Si prospettava una giornata normale ma non tutto è sempre così. La mia vita dopo la scorsa notte sembrava essere stata travolta da una serie di eventi,neanche si fosse in un film d'azione,con sparatorie e tutto il resto. 

***

Un esplosione, un edificio in fiamme. Gente che urla. Sirene di ambulanze e di pompieri. Tutto ciò era assurdo. Come si poteva, in pochi minuti,fare tutto questo? Le persone accorrono vicino all'accaduto e c'è chi spegne le fiamme. Alcuni sono spaventati,altri sono feriti e vengono quindi portati via dalle ambulante. Distrattamente e il pianto di una donna ad avere la mia attenzione.
"Mio figlio...mio figlio è la dentro" disperata,indica ad un agente l'edificio in fiamme. Guardo prima lei e poi quest'ultimo mentre il fuoco si propaga sempre di più. La mia azione si muove senza ragionare. Oltrepasso il poliziotto conscia di aver fatto una stronzata ma se quelli non avrebbero mosso un dito, per il bambino non ci sarebbe stato scampo. Sento alcune urla,probabilmente a volermi fermare. Quando entrai all'interno mi portai una mano davanti alla bocca. Il fumo impediva di respirare e la temperatura saliva senza sosta. In quel momento però dovetti concentrarmi sul bambino. Cercai di sentire il suo pianto,il richiamare la madre. Riuscì a trovarlo in un angolo di una stanza."Non avere paura vieni con me. Ti porto dalla mamma."Cercai di essere il più convincente possibile ed il bambino accettò. Così piccolo lo presi in braccio, uscendo da lì. Per mia fortuna, una trave era cascata il quel punto e prima che finissi intrappolata in quel cumulo bruciato trovai la via d'uscita.
"Hai idea di cosa hai fatto? Potevi morire." mi sbraitò contro il poliziotto di prima ma io non badai a quello che disse,facendogli vedere piuttosto il bambino che avevo con me."Potevo morire ma ho salvato un vita a differenza di uno che sa solo urlare." L'uomo si stette zitto e io lo oltrepassai indifferente. Certa gente sapeva parlare tanto e poi non riusciva nemmeno ad agire. Una volta andata dalla signora questi mi guardò con le lacrime agli occhi,meravigliata. Lei e suo figlio si abbracciarono ed io mi ritrovai a sorridere. Benché sapessi delle mie azioni non potevo lasciarmi impassibile a questo. Fare qualcosa di giusto per una volta si era rilevata utile. In quel momento mi sentivo il dovere di fare qualcosa. Di fare del bene per una volta.
La donna mi guardo,sorridendomi."Tu hai salvato mio figlio. Come posso esserti riconoscente? Se c'è qualcosa che posso fare per te non dubitare a chiedere."
In quel momento riflettei sulla cosa. I vestiti che possedevo erano ormai inutilizzabili,ed avevo bisogno di una ripulita. Senza contare che non avevo n'è uno straccio di soldo ne l'acqua calda.
"Un modo ci sarebbe."

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