Room 158 || Luke Hemmings.

di OcchidiNiall
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** College ***
Capitolo 2: *** Banana Girl ***
Capitolo 3: *** Chiudi quella ciabatta. ***
Capitolo 4: *** Luke Hemmings, vero? ***
Capitolo 5: *** Cosa dobbiamo piantare, Ashley? ***
Capitolo 6: *** Che guerra sia! ***
Capitolo 7: *** Si è... scusato? ***
Capitolo 8: *** Non la vedrai neanche. ***
Capitolo 9: *** Luke, tutto bene? ***
Capitolo 10: *** Ho bisogno d'aria. ***
Capitolo 11: *** Come scu... scusa? ***
Capitolo 12: *** Sì... loro... ecco... sono gay. ***
Capitolo 13: *** Sto tremando. ***
Capitolo 14: *** Eravamo un Luke e... ***
Capitolo 15: *** Oh merda... ***
Capitolo 16: *** Scommettiamo? ***
Capitolo 17: *** Che stronzo. ***
Capitolo 18: *** Sei bellissima anche in tuta. ***
Capitolo 19: *** Raiting: rosso. ***
Capitolo 20: *** Incompetente su questo piano. ***
Capitolo 21: *** Ti amo. ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** College ***




Room 158 || Luke Hemmings.

 


1.



«Stai pur certa che ti manderò in collegio, tanto tuo padre è abbastanza d'accordo sul da farsi» sbraitò la mia matrigna, aveva in pugno mio padre ormai. Da quando era morta mia madre, lui era come uno zombie vivente, cercavo di fargli capire che razza di persona avesse sposato ora ma nulla, lei prevaleva su di lui. La strega aveva un figlio di nome Michael, era un ragazzo un po' strano ma molto divertente. Aveva la mia stessa passione: tingersi i capelli. Ogni mese andavamo dal parrucchiere insieme, scegliendo l'uno per l'altra il colore che ci piacesse di più. Adesso lui li aveva neri, mentre io biondi. All'inizio tutti e due non eravamo molto aperti al dialogo, anzi, non ci degnavamo neanche di uno sguardo se non per mugugnare un "buongiorno" stentato la mattina e un "buonanotte" la sera. Poi però, fortunatamente, iniziammo a legare.
«Vuoi davvero mandarla in collegio?» domandò il figlio, sperando in un no come risposta.
«Sì. E ci manderò anche te!» continuò con il pugno fermo, «ormai mi hai stancato anche tu».
Roteai gli occhi al cielo, sbuffando e tentando di mantenere la calma, ma non appena lanciò uno schiaffo al mio fratellastro cominciai a sbraitare e a dirgliene di tutti i colori, «Sai che c'è? Sono felicissima che ci mandi in collegio! E sai perchè? Perchè sei una persona così presuntuosa e meschina che persino un angelo sceso in terra ti odierebbe!» continuai, «Quando troverò un lavoro metterò da parte qualche spicciolo per ricostruirti la faccia. Fidati, non ti si può guardare! - sbottai - non so cosa papà ci abbia trovato in te, forse il fatto che tu abbia le tette più grosse di qualunque altra persona. Ma fidati, la bontà e l'intelligenza il buon dio ancora non te le ha donate».
Rimase a bocca aperta, lasciandomi il lusso di continuare con il mio discorso «Sei un cesso sia dentro che fuori. Sapevo che l'amore fosse cieco, ma non fino a questo punto» feci un sorrisetto da stronza e mi recai in camera mia per fare le valigie.








«Mi dispiace...» sussurrò mio padre in un orecchio.
Scossi il capo e sospirai, «dovresti cacciare le palle, papà».
Non rispose, segno che forse aveva incassato il colpo, consapevole che la colpa alla fine, era solo sua. Se fosse stato più duro questa qui non avrebbe mai preso il sopravvento sulla nostra famiglia.
«Ciao papà, stammi bene» conclusi, prima di partire con in mano la mia valigia.




 
Michael's pov

 

«E ora dove andiamo?» domandai verso mia sorella. Lei al contrario, si morse un labbro e si guardò attorno, «proviamo a chiedere a quei ragazzi laggiù».
«Potresti dirci dove si trova la direzione?» le chiese, aspettando una risposta da un ragazzo piuttosto rincoglionito.
«Proseguite dritto, la prima porta a destra» rispose dopo un paio di secondi che sembrarono interminabili. Mia sorella non si preoccupò neanche di ringraziarlo, tant'è che mi trascinò con lei verso la porta della preside.
«Avresti potuto ringraziarlo» incalzai io, sperando in uno "scusa, hai ragione".
«Ringraziare le persone non è il mio forte, lo sai. E poi... l'hai visto? Come minimo non si sarà neanche accorto che ce ne siamo andati».
E aveva ragione, in viso aveva proprio un'espressione da pesce lesso.
Una volta arrivati a destinazione, la preside si presentò a noi e cominciò a dettarci le regole dell'istituto, «Benvenuti, sarò breve, io sono la preside McGrove, il coprifuoco è a mezzanotte massimo, le lezioni cominciano alle otto e la sveglia è alle sette».
Beh, direi che era stata più che breve.
La bionda al mio fianco la fissò interdetta, sospirando e sbottando per l'enorme casino in cui l'aveva - o meglio, ci aveva - cacciata mia madre.
«Le stanze ce le cerchiamo da soli o ci adattiamo dormendo per terra come dei barboni?» continuò ironica, «che ne pensa lei, preside McGrove?»
«Faccia poco la spiritosa, signorina. E comunque, non sono io l'adetta all'assegnazione delle camere, deve rivolgersi alla segretaria che troverete subito alla vostra sinistra, dopo essere usciti da questa porta».
Che allegria.
«D'accordo» dissi io, aprendo la maniglia e fiondandomi fuori, «buonanotte, allora».






«Cosa siete voi due?» domandò la signora, senza neanche fissarci.
«Non so, credo che io sia un cane parlante e lui, il mio fedele amico gatto» rispose pronta mia sorella, facendomi ridacchiare.
«Vedo che non ti manca l'ironia, signorina...?»
«Henderson» rispose.
«Ecco a voi le camere, sfortunatamente sono gli unici posti liberi che sono riuscita a trovare, penso che dovrebbe essere vuota. Buonanotte».
«Sì, vaffanculo» sentii blaterare alla bionda al mio fianco.







«Che merda di posto...» cominciò Jo, sbottando e guardandosi attorno. Il college in sé per sé non era poi tanto male. Era parecchio grande e ricco di enormi finestre da cui potevi intravedere qualsiasi cosa. Le pareti erano di un bianco latte nell'atrio e, nei corridoi di un rosso spento, quasi bordeaux. La nostra camera era la centocinquant'otto. Percorremmo i vari corridoi fino a trovarla, per poi posizionarci proprio davanti alla porta color nocciola.
«Tua madre è proprio una grandissima zocc-» disse, fermandosi appena in tempo. Sinceramente non mi dava granché fastidio, lo era per davvero. Fin da quando avevo pochi mesi, non si era mai preoccupata di accudirmi, tant'è che mia nonna materna fece tutto il lavoro che avrebbe dovuto fare lei. E anche mio padre che poverino, era sempre in viaggio, ogni tanto tornava a casa, rinfacciandole che era una pessima madre. Perciò sì, non potevo far a meno che concordare con le parole di Jo.
«Siamo davanti la nostra stanza, che facciamo?» chiesi.
Lei mi guardò, alzando un sopracciglio, «potremmo metterci a giocare a carte, che dici?»
Scoppiai a ridere, girando la chiave nella serratura e aprendo poi la porta.
«Ma chi cazzo è che entra senza bussare?» ringhiò una voce maschile, cercando di coprirsi con l'asciugamano bianca posizionata sul basso ventre.








Saaaaalve!

Allora, per chi non mi conoscesse, mi presento! Sono Chiara, una ragazza a cui piace scrivere. Beh, sono tornata con un'altra storia sui 5 Seconds of Summer. Per chi mi aveva seguita anche in "Problem" lo sapeva già.
Sinceramente non so cosa dire... questo è soltanto il prologo, perciò potete capire un po' cosa sta succedendo ai due ragazzi.
NON SIATE PRECIPITOSE, MI RACCOMANDO.
Le mie storie - e potete chiederlo anche alle ragazze che le leggono - NON SONO MAI SCRITTE E RISCRITTE.
Beh, ora scappo.
Fatemi sapere cosa ne pensate, va bene?

Un bacione grande, Chiara x

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Capitolo 2
*** Banana Girl ***


Room 158 || Luke Hemmings.
 


2.


Puntai subito lo sguardo su Jo che, fortunatamente, aveva sempre la battuta pronta «Senti amico, dovresti coprirti invece che sbraitare come un forsennato».
«E tu dovresti smetterla di entrare senza bussare» rispose a tono, incazzato nero.  
«Rivestiti e stai zitto che fai più bella figura» sbottò la ragazza al mio fianco, posando le sue valigie a terra e cominciando a mettersi comoda.
Sopprimetti una risata, la situazione era abbastanza comica e, conoscendo il carattere della mia dolce sorellastra, sapevo fin dall'inizio che questa convivenza non sarebbe stata affatto semplice.
«Io sono Michael, comunque» dissi, presentandomi e sciogliendo il ghiaccio creatosi tra i due.
«Luke» rispose, fissando prima me e poi Jo.
Vidi mia sorella sospirare e roteare gli occhi al cielo, «hai per caso bisogno di una foto?»
«Potrei spaventarmi. Come ti chiami?»
Jo lo cominciò a fissare senza alcuna espressione in viso, «mi chiamo Banana»
Doveva smetterla. Prima o poi sarei scoppiato a ridere in faccia al ragazzo. Mi morsi il labbro e mi girai di spalle, facendo finta di ordinare la mia roba. Cominciai a ridacchiare silenziosamente, continuando poi ad ascoltare la conversazione tra i due.
Lo sentii ridacchiare, per poi rispondere acido e freddo «io ti avrei chiamata più Limone»
«La banana è più gustosa» rispose a tono, ridendo di sbieco e fissandomi. «Mike, che combini?»
«Ehm... sistemavo la mia roba...», lei sembrò annuire per poi aprire la sua valigia.
Ormai ne ero certo: ci sarebbe stato da divertirsi.







La mattina seguente mi svegliai di pessimo umore. Svegliarsi alle sette di mattina non era sicuramente tra i miei piani, anche perchè non avevo chiuso occhio la scorsa notte visto che i due amiconi non la smettevano di litigare e prendersi per capelli, letteralmente.
«E smettila di messaggiare, la luce del telefono mi da fastidio. Non riesco a dormire» o, da parte del biondo, «sei appena arrivata e già rompi le palle. Sono qui da molto più tempo di te, perciò chiudi quelle fottute palprebe e dormi!»
Portai il palmo della mia mano sulla mia bocca per poi sbadigliare, «dov'è la divisa che ho lasciato sul mio letto?» domandò la bionda, gridando verso Luke e me.
Roteai gli occhi al cielo, dirigendomi in bagno, «non ne ho la più pallida idea. Io sto ancora dormendo».



 
Jo pov's

 

Luke non mi aveva fatta dormire per niente la notte precedente. Dovevo mettere subito le cose in chiaro, non volevo assolutamente che le cose precipitassero.
«Smettila di grattarti il culo, Luke. E' un orrore, specie se lo fai proprio di fronte a me!» sbraitai, mettendo a soqquadro la stanza.
«E tu smettila di mettere in disordine. E poi, se proprio ti da fastidio non guardarmi. Se mi fissi vuol dire che ti interessa» sorrise ebete.
Scossi il capo e respirai a pieni polmoni, «senti caro, vorrei soltanto farti presente che in camera non ci sono solo maschi, ma ci sono anch'io che sono una ragazza, quindi dovresti avere almeno il buon senso di coprirti!»
Lui rise, abbassando lo sguardo sulle sue gambe perfettamente snelle per poi rifissarmi, «sei tu che sei venuta qui».
«Non c'erano altre stanze disponibili nell'ala femminile» sbottai, raccogliendo la mia roba per terra.
«Oh e comunque... - continuai - non sono interessata alle tue chiappe!»
«Mia madre pagherebbe per potermele toccare» disse con tono orgoglioso.
Cominciai a ridere, avvicinandomi a lui con passo spedito e felpato, «Luke, solo tua madre pagherebbe. Le altre, secondo me, non ti si cagano per niente» aggiunsi, prima di chiudermi in bagno «e ricorda che preferirei buttarmi da un balcone piuttosto che fissarti il lato b».
Lui ghignò, scuotendo il capo e lasciandomela passare.


 
Luke's pov


Era troppo bello per essere vero, era troppo bello avere una camera tutta per sé senza nessuno a girarti intorno.
Beh, alla fine quel Michael non mi dispiaceva poi chissà quanto, anzi, lo ritenevo abbastanza simpatico, anche se era molto taciturno. Da quando aveva fatto ingresso nella mia stanza aveva solo detto quattro parole. Al contrario invece della ragazza bionda che mi urtava palesemente il sistema nervoso. Mi dava fastidio il fatto che, come me, avesse subito la battuta pronta. La ritenevo anche abbastanza isterica, a dire il vero.
Sbottai, prendendo la cravatta e infilandomela. «Michael, vieni a fare colazione?»
«Ehi! - azzardò la ragazza - io chi sono? Un carciofo?» domandò, facendo ridere il ragazzo al suo fianco.
«Non avevi detto che eri una banana?»
La vidi sbottare, per poi incrociare le braccia al petto «deve rimanere con me, in ogni caso».
«Oh ma andiamo! Cosa sei la sua guardia del corpo?»
Lei sembrò ignorarmi, tant'è che continuai «Michael, quando comincerai a pensare con la tua testa fammi un fischio».
«Sì Michael, fagli un fischio come per i cani, vedrai che ti risponderà subito abbaiando».
Sbuffai e aprii la porta, incurante dell'ultima frase della ragazza banana.
Camminai per qualche ala, fin quando non arrivaii alla mensa, dove i miei due migliori amici mi aspettavano seduti.
«Ehilà Robert, ti vedo abbastanza stanco» mi canzonò il moro, Calum, facendo ridere anche Ashton.
«Notte di fuoco?» domandò il riccio a sua volta.
«Macchè. Ragazzi, sono stanco perchè nella mia camera sono arrivati due nuovi» aggiunsi, «un ragazzo di nome Michael e un'altra ragazza, di cui non so il nome, credo si faccia chiamare Banana».
Ashton e Calum scoppiarono a ridere, portando poi i palmi delle loro mani sulla mia fronte, «è strano... non scotti».
«No Cal, quelli sono solo i postumi della sbornia» replicò il riccio, canzonandomi allegramente.
Sbottai e bevvi il succo, mangiando poi una brioches al cioccolato. «ragazzi, sono serio!»
«D'accordo. Ora però, devo scappare a filosofia» continuò il moro, prendendo la felpa e la tracolla, «ci vediamo dopo ragazzi».
Guardammo Calum dirigersi fuori dalla caffetteria per poi ricominciare ad ingurgitare i due cornetti che il moro aveva lasciato.
«Si può sapere perchè non hai dormito?»
«Ash, te l'ho appena finito di spiegare! - ingoiai il pezzo di cornetto - quella ragazza... Banana... non mi ha fatto dormire. E' una tale rompi coglioni...»
Il riccio riprese a ridere, sputacchiando anche qualche pezzo di ciambella alla nutella. Sbottai e anch'io, imitando i movimenti di Calum, mi alzai e mi diressi in classe senza di Ashton.
Che vada al diavolo anche lui.





Guardai il bigliettino attaccato al mio armadietto: Alla prima ora avrei avuto inglese. Beh, alla fine non mi era andata male, considerando che in quella materia eccellevo. Chiusi l'anta, ritrovandomi faccia a faccia con Michael e la biondina.
«Siete venuti a chiedermi aiuto, non è così?» domandai, ricevendo in risposta un "sognatelo" da parte della ragazza e un "sì, ti prego" da parte di Michael.
«Farò finta di non aver sentito ciò che hai detto» dissi riferendomi alla ragazza, poi aggiunsi «di cosa avete bisogno?»
«Dell'aula di inglese» rispose pronto Michael.
«Seguitemi, ho la vostra stessa lezione proprio ora».




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AHIEEEEEEAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH.


Sì, era particolarmente lungo il mio Ahieah. Beh, che dire, siamo al primo capitolo di questa storia. Come state? (innanzitutto).
Vi ringrazio tanto per le recensioni lasciate allo scorso capitolo, siete state dolcissimee!
Quindi, da come potete notare, il "misterioso" ragazzo nella camera era Luke, beh c'era da aspettarselo... o no? Ahaha.
Ah, ho letto che una ragazza mi ha scritto nelle recensioni che maschi e femmine non possano dormire insieme e, in parte ha ragione. Solo che... purtroppo non sarei potuta andare avanti se 'sti due non capitavano in stanza insieme, anche se penso che nel prossimo capitolo la nostra protagonista farà qualcosa per cambiare stanza. Secondo voi ci riuscirà? :)
Ah, che altro? Sì! I capitoli... sono troppo corti o li volete un po' più lunghi? Perchè per me non c'è problema, perciò ditemi che ne pensate!




Ora vi lascio,
baci Chiara x

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Capitolo 3
*** Chiudi quella ciabatta. ***





Room 158 || Luke Hemmings.
 


3.
 

Jo pov's

 

Quell'aria da so tutto io mi dava parecchio fastidio. Quel Luke sembrava così convinto di essere simpatico che quasi mi veniva voglia di sbatterlo fuori dalla camera. Nel pomeriggio vedrò di tornare dalla segretaria e di chiederle di spostarmi nell'ala femminile. Non avevo voglia di rivedere Luke in mutande, specie perchè non era Adam Levine. Beh, se lo fosse stato di certo non avrei obiettato, perchè insomma... sfido a trovare qualcuno a cui non piaccia. Anche se Luke non era male, aveva gli occhi di un azzurro ghiaccio, mentre le sue labbra erano così carnose che, se non fosse stato per il suo carattere così odioso, avrebbe già avuto delle ragazze appiccicate ad esse. Il suo fisico poi, non era neanche tanto male, aveva le gambe snelle, mentre il torace era pulito, senza neanche un tatuaggio che nascondesse la carnaggione chiara della sua pelle. Non avevo ancora avuto l'onore di vederlo sorridere anche se pensavo vivamente che il suo sorriso fosse qualcosa di molto carino. I capelli biondi erano sempre alzati in un ciuffo ben ordinato, sembrava non si muovesse mai. A passo veloce comunque, ci recammo in classe, trovando la professoressa già dietro la cattedra, pronta a fare l'appello.
«Benvenuti, siete i nuovi arrivati di cui mi parlava la Preside, non è così?»
Che genio.
«Sì, siamo noi» rispose mio fratello, sorridendole cordialmente.
A volte era per fino troppo educato a parer mio. Certo, non nascondevo che mi sarebbe piaciuto vederlo al mio fianco nella discussione contro Luke, ma... non si poteva avere tutto dalla vita, purtroppo.
«Prendete posto» commentò la donna. Mentre io e Michael ci facevamo spazio tra i vari banchi, notai alcune ragazze fissare mio fratello incessantemente, quasi come se volessero mangiarselo con gli occhi. Tutte quelle occhiatine mi davano molto sui nervi, tant'è che presi il braccio del ragazzo e lo avvicinai a me, tanto per far capire a quelle oche giulive che era solo mio. Ci accomodammo nel banchetto, proprio dietro al biondo che intanto, ci stava squadrando.
«Sei gelosa, a quanto ho notato» sussurrò, girandosi di poco.
«Chiudi quella ciabatta» risposi, sotto lo sguardo divertito del mio fratellastro.






Prima della fine della lezione, la professoressa ci lasciò cinque minuti per presentarci. Parlò prima Michael e poi, seguita dallo sguardo di alcune persone e della professoressa, parlai «Beh, non c'è molto da dire su di me, solo che mi chiamo Johanna Henderson, anche se tutti mi chiamano Jo e...»
Luke ridacchiò, alzando la mano per poi fissare la donna che annuì per fargli conferire parola «A me avevi detto che ti chiamavi Banana».
Lo squadrai da capo a piedi, notando come stesse uccidendo il piercing al labbro e come stesse comodamente spaparanzato sulla sedia, con le braccia incrociate al petto «'Sta zitto, carciofo».
E dopo alcune risatine, la campanella suonò, liberandoci finalmente. Michael sembrò tirarmi un braccio, sussurrandomi un "ho fame" che, ahimè, non potevo ignorare, poiché non avevamo neanche fatto colazione, perciò era comprensibile. Anche se alla fine, Michael era un pozzo senza fondo, mangiava ciò che gli capitava a tiro senza un limite. Senza di Luke, ci recammo a mensa, facendoci spazio tra i vari studenti che spingevano e fissavano dall'alto verso il basso. Sospirai e aggiustai la cravatta della divisa che ci avevano dato. Dopo poco arrivammo, dove trovammo subito alcuni ragazzi già seduti. Non appena mi avviai verso un tavolo vuoto, Michael mi bloccò, fissando Luke che era bellamente seduto con due ragazzi e una ragazza.
«Perchè non andiamo da loro?» continuò, «non mi va di stare solo».
Annuii e gliela diedi vinta, avviandomi a passo di bradipo al tavolo dei ragazzi.
«Ehi Luke, possiamo sederci?» chiese Michael, sfoderando un bellissimo sorriso.
«Tu sì» rispose, poi guardò me «Banana girl no».
«Oh andiamo, sei il mio amicone. Hai già dimenticato la nostra splendida amicizia?» dissi ironica.
«Nessuno mi chiama carciofo davanti a tutta la classe».
«Strano...»
«Perchè?» sembrò cascarci.
«Perchè secondo me il carciofo è nel tuo dna. Hai l'espressione di un rincoglionito, di un pesce lesso».
La ragazza di fianco al moro prese a ridacchiare, scuotendo il capo «beh, come darle torto».
«Ashley, smettila».
«Oh su Hemmings, ti ha battuto sul campo» continuò, «accomodati pure».
Scossi il capo e le feci un sorriso, accomodandomi di fianco a lei e di fianco al mio fratellastro.
«Io comunque sono Michael» si presentò ai tre ragazzi, «mentre lei è Jo».
I tre ci salutarono, sorridendoci e cominciando a parlarci del college e di come andavano le cose lì dentro. Risi molto insieme ad Ashton e gli altri  due ragazzi, il cinese e la ragazza rossa.
«Insomma... da dove vieni? Dal Giappone?» domandai al moro, che puntualmente mi fissò senza emettere un suono vocale.
«No, lui è neozelandese! Non dirgli mai più una cosa del genere, potrebbe offendersi...»  mi sussurrò la ragazza, mordendosi il labbro inferiore e fissando poi il suo amico. «Cal, non diceva sul serio, andiamo».
Il mio sguardo cadde di nuovo sul biondo che continuava a mangiare senza emettere un suono vocale, così colsi al volo l'occasione per stuzzicarlo «Hemmings, mh?» domandai retorica, vedendolo ignorarmi.
«Cos'è ti sei offeso?» risi, fissando poi Ashton trattenere una piccola risata.
«Jo, giusto?» chiese la rossa, e vedendomi annuire continuò, «non è abituato ad incassare i colpi, bisogna capirlo».
«Jo, smettila» aggiunse Michael, «ragazzi, io vado a lezione. E' stato un piacere conoscervi» disse in conclusione, alzandosi dal tavolo per uscire dall'enorme stanza.
«Che lezione hai tu, invece?» chiese ancora la rossa al cines... neozelandese, rivolgendo l'attenzione al suo amico.
«Letteratura, tu?»
«Ora di buco - continuò - ci vediamo più tardi allora?»
Il moro annuì, lasciando un bacio casto sulle labbra della rossa per poi salutare me, Ashton e il biondino.
«Sinceramente devo andare anch'io» dissi, alzandomi dalla sedia e fissando i due ragazzi. «Ho una questione importante da sbrigare»
Luke sembrò sorridere, guardandomi di sottecchi per poi alzare il suo sguardo «cos'è ti sei appena ricordata che oggi arriva tua sorella Ciliegia?» aggiunse poi, «Eh Banana Girl?»
Scossi il capo e sbottai, salutando solo la ragazza situata di fronte al biondo.
Direzione: Segreteria.





Appena arrivai nel corridoio della direzione, sentii il cellulare vibrare nei miei pantaloni. Sbloccai la tastiera, notando il nome di mio padre in sovraimpressione. Sicuramente mi stava chiamando per chiedermi com'era qui, se avevo mangiato... eccetera eccetera. Sbottai e chiusi la chiamata, non avevo alcuna intenzione di parlare con quello, specie perchè se avesse voluto seriamente tenermi con sé, non mi avrebbe mandata in questo postaccio. Era davvero strano, da quando mia madre non c'era più, quell'uomo era come diverso. Prima non era così, era forte, determinato e, soprattutto, non si faceva mettere i piedi in testa proprio da nessuno. Ed era proprio questa la cosa che ammiravo di lui, non si faceva abbindolare da nessuno, solo che poi... arrivò lei: la madre di Michael. Forse era meglio non pensarci, anche perchè ora ero qui, nessuno avrebbe cambiato il mio destino. Notai il mio cellulare vibrare ancora: mio padre non demordeva. Scossi il capo e lasciai squillare, sicuramente avrebbe capito poi che non avevo alcuna intenzione di parlargli. Bussai alla porta della segreteria per poi aprirla.
«Buongiorno, posso parlarle un secondo?» chiesi alla donna. Era la stessa persona che avevo incontrato ieri con Michael.
«Fai presto, non ho tempo da perdere. Non vedi che sto lavorando?» blaterò, bevendo dalla tazza bianca del caffé e togliendosi gli occhiali per squadrarmi meglio.
Avrei voluto dirle "Oh certo, si vede come lavora" ma forse era meglio se mi stavo zitta e l'assecondavo. Avevo bisogno di una camera lontano da quel Luke e l'avrei avuta.
«Ehm... sì, certo» continuai spedita «volevo sapere se c'erano altre camere libere... sa, io e mio fratello siamo in camera con un ragazzo e, considerando che sono una ragazza, non mi va che-»
La signora mi bloccò subito, masticando dei biscotti e bevendo l'ultimo sorso della sua bevanda calda «mi dispiace. Non posso aiutarti».
Rimasi interdetta, con gli occhi spalancati «m-ma... andiamo! Guardi almeno sul computer!»
Sbuffò, facendo finta di muovere le dita sulla tastiera, per poi fissarmi con un sorrisetto sarcastico e scuotere la testa.
Che stronza.
«Mi. Dispiace».
«Ma vaffanculo» me ne uscii, lasciando la stanza.  







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NOBODY NOBODYYY, NOBODY CAN DRAG ME DOOOOWN!

Buongiorno a tutte, eccomi qui con il nuovo capitolo di questa stupidissima storia!
ALLOOOORA, COME STATE?
Ho cercato di postarlo il prima possibile, giuro. Volevo anche ringraziarvi, come al solito, di lasciare ogni volta il vostro parere. Per me è davvero molto importante. Siete dolcissime, non  finirò mai di ripeterlo. Mh... allora, che ne pensate? Spero sia di vostro gradimento.
Ah, purtroppo domani alle undici parto, perciò se questo capitolo entro stasera o al massimo domani, riuscirà ad avere qualche recensione posterò il seguito, in modo tale da non lasciarvi con l'amaro in bocca.
BUONE VACANZE A TUTTI, VI ADORO.


Ci risentiamo domani (spero).

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Capitolo 4
*** Luke Hemmings, vero? ***


Room 158 || Luke Hemmings.



4.


Guardai il mio orario e vidi che fra pochi minuti avrei avuto storia. Sbottai e decisi di non andare, ero troppo annoiata per passare un'altra ora a sentire un professore parlare di guerre che erano avvenute tanto e tanto tempo fa. Sbloccai la tastiera del cellulare e mi ricordai delle chiamate perse da parte di mio padre. Non sapevo davvero che fare, forse dovevo chiamarlo... alla fine lui era sempre una delle persone più importanti per me, solo che quel suo menefreghismo nei confronti miei e di Michael mi mandava in bestia. Decisi quindi, di aspettare Michael e di decidere con lui sul da farsi. Gli inviai un messaggio con scritto "ti aspetto alla fine della lezione in camera" e bloccai di nuovo lo schermo, fermandomi con lo sguardo sulla finestra del corridoio per contemplare il paesaggio.






«Ehi, cosa è successo?» chiese mio fratello, sedendosi sul divano di fianco a me.
Mi rabbuiai, «papà... ecco, mi ha chiamata ma io non ho risposto».
«Oh...» sentii in un sussurro, per poi sentire il profumo di Michael invadermi le narici. Mi stava abbracciando, tenendomi forte a sé.
«Richiamalo, lui non è cattivo, è solo innamorato... - ridacchiò e aggiunse - di cosa non so, però».
Scossi il capo e seguii il suo consiglio, sbloccando la tastiera e componendo il numero di mio padre. Squillò per due volte e poi una voce metallica parlò, segno che aveva risposto.
-Papà... mi dispiace non averti risposto- dissi, mordendomi il labbro inferiore.
-Oh, tranquilla. Come è andato il viaggio? Michael è lì con te?-
Risi, -sì papà. Michael, saluta!-
Il ragazzo mi spinse delicatamente, prendendo in mano il cellulare e parlando al mio posto -ehilà! Qui è tutto okay. Mi prendo cura di mia sorella, abbiamo una stanza stupenda...-
Continuai -...e un compagno di stanza rompi coglioni-.
Michael rise, -stiamo bene, Greg...-
Mio padre ridacchiò, salutandoci e chiedendoci la cortesia di chiamarlo ogni tanto, giusto per fargli sapere come andavano le cose. Gli urlammo un "certo, tranquillo" e chiudemmo la chiamata.
All'improvviso, un Luke con un panino in mano fece il suo ingresso, sorridendo a Michael e salutandomi odiosamente, come suo solito.
«Ehilà Banana Girl».
«Ciao Carciofo».
Vidi Michael roteare gli occhi, «non cominciate a litigare che non vi reggo».
Alzai le spalle e mi diressi in bagno, spintonando il biondino accanto alla porta, «spostati, Hemmings».
Roteò gli occhi al cielo e ghignò, «altrimenti?»
«LUKE, PORCA TROIA, SPOSTATI E FALLA PASSARE CHE NON VI SOPPORTO» ringhiò mio fratello, stupendomi letteralmente. Non aveva mai perso così la pazienza. Sorrisi, entrando e chiudendo la porta a chiave dietro di me.





 
Luke's pov


La mattinata era già conclusa, ora eravamo tutti e tre in camera, io e Michael eravamo in procinto di mangiare schifezze e vedere un film, mentre Banana girl era ancora con la testa sui libri.
«Luke, qui vendono la pizza?» chiese ad un certo punto il ragazzo.
Io ridacchiai, «certo...» Michael sembrò sorridere, «...che no».
«Oh ma andiamo! Come no? - sbraitò - come diamine vivete qui? E soprattutto, come farò io a sopravvivere senza pizza?»
«Senti - cominciai - c'è proprio una pizzeria fuori città, dista anche poco...»
«Ma...?» mi intimò a continuare.
«Ma hai bisogno di un permesso firmato da parte della preside McGrove».       
Michael scosse il capo e si lasciò andare sul suo letto, sbuffando.
«Era troppo bello per essere vero, a quanto pare».
«Shh!» ci ammutolì la ragazza, trucidandoci con lo sguardo per poi aprire un altro libro.
«Sentite... un modo per avere la pizza c'è, ma dovremmo aiutarci, è pericoloso» mi morsi il labbro, giocando poi con il mio piercing.
«Oh ma sentitelo! Neanche fossi il paladino della pizza» mi schernì Johanna, ridendo di me e delle mie idee.
La ignorai, «chi è con me?»
«Io non di certo» disse la bionda, «non voglio cacciarmi nei guai. E poi, devo finire di studiare».
«Io ci sto, invece» esordì il ragazzo, sorridendo.





Dopo il "se non verrai con noi non mangerai neanche un pezzo della nostra pizza" di Michael, Johanna si convinse a venire e a rischiare la sospensione se solo ci avessero scoperti.
Il nostro piano era abbastanza semplice: Michael avrebbe finto un malore proprio davanti la Preside, la quale, preoccupandosi, l'avrebbe portato in infermeria, lasciando la presidenza vuota. A quel punto, io e Johanna saremmo entrati e avremmo preso dei permessi già firmati per uscire dal college.
«Dobbiamo ripassare il piano?» chiesi, guardando Jo e poi Mike.
La ragazza scosse il capo, «non siamo mica stupidi come te, Hemmings».
«Ma tu non riesci a stare neanche un secondo senza insultare le persone?» chiesi, aggrottando le sopracciglia e sbuffando.
«No se la persona in questione sei tu».
Scossi il capo e tornai con lo sguardo su Michael che, mentre noi litigavamo, era già davanti la porta della McGrove. Quel ragazzo era in gamba.
«Fra poco tocca a noi» sussurrai, giocando con il piercing al mio labbro.
Non appena vidi Michael uscire dalla stanza, seguito dalla preside, io e Johanna entrammo svelti in presidenza, cominciando a cercare i fogliettini firmati.
«Dove cazzo li avrà messi?» domandai retorico, mettendo un po' in disordine i cassetti.
«Zitto e cerca» aggiunse, «trovati! Ne prendo un po'».
Mi avvicinai a lei, guardandomi attorno, «perfetto, andiamo via».
"Ragazzi, andate a prendere la pizza, mi ci vorrà un po' qui" scrisse alla sorella, la quale sbuffò.
«Abbiamo i permessi, ora... - deglutì - come facciamo?»
«Seguimi».







«Tre pizze, per favore» dissi al cassiere, il quale ci sorrise «la mangiate qui?»
«No».
Dopo aver aspettato un po', tornammo al college con i vassoi di pizza in mano. Erano bollenti ma profumati. Appena aprimmo la porta notammo subito che Michael non era lì, tant'è che vidi la preoccupazione negli occhi della ragazza.
«Si è cacciato nei guai» cominciò, «me lo sento, lo so. Non dovevamo darti retta, porca troia!» urlò, girandosi e puntandomi il dito contro.
«Non sembravi poi così incazzata quando eravamo arrivati in pizzeria, o mi sbaglio?»
Sbuffò, «devo andare a cercarlo».
«Vedrai che arriverà fra poco, non è il tipo da far preoccupare la sua fidanzatina...» dissi in modo ironico, scorgendo un mezzo sorriso da parte della bionda.
«Henderson - iniziai - non gli succederà nulla. Andiamo!»
«Michael non è il mio...» ma venne subito bloccata dall'entrata in stanza del suo ragazzo che sorrise ad entrambi e si fiondò subito sul cartone della pizza «l'avete presa ai peperoni, vero?» continuò per avere conferma «Jo? Luke? Vero?»
Henderson annuì, aprendo il cartone e facendogliela vedere. Il ragazzo accese la tv e cominciò a mangiare, continuando a guardare un film che avevamo scelto insieme quel pomeriggio. Guardai anche la bionda che prese un pezzo di pizza e aprì i suoi libri, mangiando e scrivendo qualcosa. Sospirai e mi fiondai anch'io sul divano, seguendo l'esempio di Michael.
«Ma voi non fate i compiti di inglese?» ci sentimmo chiedere.
Io e Michael ci guardammo spaventati per poi fissare la bionda, «perchè, c'erano compiti?»






La mattina seguente, inutile dirlo, fu traumatica. I letti erano disposti in quest'ordine: Io, Michael e Jo. In mezzo ad ogni letto c'erano dei comodini, mentre proprio di fronte c'era un'unica scrivania. La stanza era abbastanza grande, dovevo ammetterlo. Il suono della sveglia, d'un tratto, rovinò i miei sogni, tant'è che sentii la voce della ragazza mugugnare un «spegnete quella dannata cosa». Ghignai e chiusi gli occhi, facendo finta di dormire per vedere come sarebbe proseguita la vicenda. Dopo cinque minuti, la sveglia continuava ancora a suonare, Michael era tra le braccia di Morfeo, mentre Henderson non faceva altro che borbottare cose insensate e dei «Hemmings ti ucciderò con un cuscino». Ridacchiai e, notando che la sveglia non suonava più, aprii un occhio, trovandomi proprio davanti Johanna. All'inizio cacciai un urlo che, seppur acuto, non servì a svegliare Michael che al contrario di noi, dormiva beato tra le coperte e con un enorme sorriso in viso.
«Lurido stronzo» esordì, socchiudendo gli occhi e posando le sue mani sui fianchi.
«Cosa c'è?»
«Eri sveglio! - continuò rossa in viso - e non hai spento la sveglia!»
Feci finta di pensarci, alzandomi con il busto e reggendomi con il gomito, «mh... e quindi?»
Alzò le braccia al cielo e si guardò attorno per poi gridare un «io ti ammazzo!»
Dopo poco ci ritrovammo sul mio letto in una battaglia di cuscini. Le piume svolazzavano per tutta la stanza, le nostre grida - mischiate a delle risate - rimbombavano nella camera, facendo svegliare finalmente Michael che ci guardò perplesso.
«Ehm...» mugugnò, strofinandosi l'occhio destro.
«Vado a lavarmi i denti» concluse, alzando le spalle e non curandosi minimamente di noi due che nel frattempo, avevamo le braccia intrecciate e le federe dei cuscini in faccia. Le piume erano cadute sui capelli della ragazza mentre altre, svolazzavano ancora.
«Pulisci a terra, stupido biondo» disse Henderson, per finire poi a ridere sguaiatamente come poco prima.
Alzai un sopracciglio, incrociando poi le braccia al mio petto «non sei credibile con quelle piume in faccia e nei capelli».  
Si morse un labbro e scosse il capo ignorandomi, «è tardi per la prima ora».






E così, io, Michael e Johanna ci ritrovammo in un bar - ovviamente del campus - a fare colazione. Avevamo deciso di saltare la prima ora poiché saremmo arrivati in ritardo.
Appena arrivati ordinammo un caffé ciascuno e delle brioches per accompagnarlo. Michael parlava a ruota libera, mentre io e la bionda lo assecondavamo. Non avevo dormito per niente. Anzi, a dire la verità non sapevo come Michael riuscisse ad essere così loquace a prima mattina, io mi riprendevo sempre verso le quattro del pomeriggio. Ieri sera ad esempio, dopo aver finito di guardare il film, Jo ci costrinse a fare i compiti di inglese che ci avevano assegnato. Forse, pensandoci, era proprio questo il motivo della stanchezza, li avevamo finiti alle tre passate.
«Mikey... - lo richiamò Henderson - smettila di essere così... così... te stesso».
«Per una volta sono d'accordo con la nana, Mike. Come diamine fai ad essere così a prima mattina? - aggiunsi, dopo aver bevuto la bevanda - ieri siamo andati a letto tardi!»
«Ragazzi, non ne ho la più pallida idea».
La bionda sbottò, «non sono una nana - disse alzandosi dalla sedia - sono un metro e sessantatré di bellezza».
Soffocai una risata e la imitai «in confronto a me, tesoro mio, sei molto più che nana».
«Ma vai a fanculo» disse in un sussurro, riaccomodandosi e finendo la sua colazione.
«Dovremmo sbrigarci ragazzi» incalzò ad un tratto Michael, guardando l'orologio sul cellulare «le lezioni cominciano fra poco».
Annuimmo.


 
Johanna's pov

 

Dopo essermi separata con mio fratello, mi ritrovai nell'aula di economia, dove il professore cominciò a parlare degli incrementi di non so che cosa. Mi sedetti di fianco ad Ashley e le sorrisi, dandole il buongiorno.
«Allora, tutto ok?» sussurrò, facendo attenzione a non farsi scoprire.
«Sì, anche se è stata dura alzarsi...»
«Ti capisco. In che stanza sei?» rispose, scarabocchiando qualche formula scritta sul libro.
«Centocinquant'otto»
Ridacchiò «Luke Hemmings, vero?»
Annuii sconsolata.





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SHEEEEE'S KINDAAAA HOOOOT.

Sono qui con la mia adorata sorellina, sveglie solo per voi alle 08:55 del mattino! Ahah, no scherzo... stiamo continuando a preparare i bagagli. Come state?
Allora, come promesso eccovi qui il capitolo ATTENZIONE, PIU' LUNGO DELLE ALTRE VOLTE.
Poi non ditemi che sono stronza, eh.  AHAHA.
Come vi sembra?
Spero vi piaccia. Io ora però devo scappare, un bacio e buone vacanze a tutte, riposatevi.


All the love,
Chiara x

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Capitolo 5
*** Cosa dobbiamo piantare, Ashley? ***


Room 158 || Luke Hemmings.

 

5.


Finita la lezione io e Ashley continuammo a parlare del più e del meno, incamminandoci verso gli armadietti per lasciare dei libri che ci ingombravano la borsa. Aprii l'anta color verde bottiglia, cominciando a metterci dentro qualche libro.
«Dovresti metterci qualcosa di tuo» esordì la rossa, spiandoci dentro.
Guardai il suo armadietto, addobbato con numerose foto sue e di Calum, mentre dentro, c'erano tutti i libri e qualche quaderno sparso qua e là.
Annuii, ritornando con lo sguardo sul mio. Effettivamente era vuoto, non c'erano foto, niente di niente.
Sbirciai nella borsa e trovai una foto mia e di Michael al concerto dei Green Day. Mi morsi un labbro e cominciai a pensare a quanto era stato difficile convincere mio padre a portarci. Tutto iniziò con un tweet da parte di Billie, il cantante del gruppo, nel quale scrisse che avrebbero fatto un'altra tappa a Sydney poiché gli sarebbe piaciuto visitare quella meravigliosa città. Appena io e Michael leggemmo quel tweet fummo subito entusiasti all'idea di poter andare dai nostri idoli. Corremmo  immediatamente da mio padre, il quale tentennò per un po' prima di dirci che non poteva accompagnarci, poiché i biglietti sarebbero costati un botto. E in parte, aveva ragione. Ogni giorno controllavamo Ticketone per vedere la disponibilità dei biglietti del concerto fin quando dal bagno uscì un Michael con l'accappatoio indosso. Cominciò a urlare che aveva trovato un lavoro in pizzeria per fare dei soldi facili e per prendere i biglietti del concerto che avevamo sempre desiderato. Fui subito felice, tant'è che contattammo la signora Wong (la proprietaria del locale) e le chiedemmo se due ragazzi senz'esperienza lavorativa potessero lavorare lì. Lei annuì e il giorno dopo ci recammo in pizzeria, pronti per cominciare il primo turno. Inutile dire che combinammo un casino in cucina, alla fine eravamo dei semplici camerieri che - sfortunatamente - sbagliarono quasi tutte le ordinazioni prese. Così, la proprietaria ci cacciò, dicendoci che eravamo praticamente banditi da quel locale. Il fascino di Michael però, riuscì a convincerla per tenerci un altro giorno e farle capire che potevamo davvero riuscire a servire delle stupide pizze. Il giorno dopo, nel pomeriggio, fummo cacciati di nuovo. Risi a questo ricordo, scuotendo il capo e continuando a ricordare. La signora Wong ci diede soltanto metà di ciò che avremmo dovuto avere, ma quello non bastava per coprire le spese dei biglietti. Avevamo ancora la metà della metà. Michael sbottava in continuazione, non riusciva ancora a credere che i suoi idoli sarebbero stati nella sua città e che non sarebbe andato a vederli. Fu lì che mi venne l'idea che ci fece sbancare. Dato che come camerieri non eravamo un granché, decidemmo di tornare a casa e di metterci a cucinare qualcosa di nuovo, che nessuno aveva mai provato. Da lì nacque l'hampizza, che in sostanza era un hamburger con dentro della carne al gusto di pizza fatta esclusivamente da noi. All'inizio non ci sembrava un'idea brillante, alla fine tutti erano capaci di fare un hamburger al gusto di pizza e di metterla in un panino con insalata, olive e altri condimenti... però, non si sapeva come, riuscimmo a fare soldi vendendolo dentro dei fast food piccoli, di media importanza. Il pomeriggio seguente, esauriti i panini, tornammo su Ticketone, comprando i biglietti per il concerto. Ci abbracciammo tanto, io e Michael. Ricordavo ancora com'eravamo felici all'idea di ascoltare dal vivo le loro canzoni e di condividere il momento con altri fan dei Green Day. Scossi il capo e attaccai quella foto proprio sull'anta interna, disegnandoci con un pennarello nero indelebile la data e un piccolo sorriso.
«Sembrate così felici...» incalzò la rossa, avvicinandosi un po' più a me per vedere meglio la foto. «Siete una bella coppia, complimenti».
Subito diventai rossa, scuotendo il capo e borbottando qualcosa simile ad un «è il mio fratellastro, non stiamo insieme».
«Oh... scusami! - ricominciò a parlare - è che... siete sempre insieme e così... pensavo... beh, sareste una bella coppia comunque».  
Sbiancai e le sorrisi, «anche tu e Calum lo siete».
«Ti ringrazio!» aggiunse «sai... fa tanto il duro ma è un cioccolatino».
Mi morsi il labbro per non ridere anche se l'espressione in viso della mia amica mi lasciò spiazzata, si vedeva che era innamorata del moro.
«Scusa... - le dissi - ma... sul serio... cioccolatino?»
Annuì, «ehi, lui insinua che io sia una carota!»
Scossi il capo e, «che ne dici se andiamo a pranzare? Tutto questo parlare di cibo mi ha fatto venire fame...»
Rise e mi assecondò, chiudendo al mio posto l'anta dell'armardietto.







Appena arrivammo in mensa, notammo subito Ashton sbracciarsi per farci capire che erano lì. Udii un «che cazzo fai, Ash» da parte di Luke che, dopo avermi guardata con uno sguardo spento, passò ad Ashley a cui sorrise. Alzai le spalle e salutai tutti, accomodandomi - come sempre - tra la rossa e mio fratello.
«Allora, com'è andata la giornata?» chiese il riccio, fissandomi «tu e Michael vi state trovando bene?»
«E' un posto di merda» parlò al mio posto, ed io d'altronde, non potei far altro che acconsentire perchè era ciò che pensavo anche io.
«Oh beh...» rispose Ashton, per poi far cadere lo sguardo su Calum e la rossa che continuavano ad imboccarsi a vicenda.
«Siete stomachevoli...» incalzò, fissando poi altrove e facendo finta di avere un conàto di vomito. Ridacchiai, seguita dal biondo e Mikey.
«Ashton, penso che siano assorti nei loro pensieri...» esordii, mordendomi il labbro inferiore e addentando un pezzo di mela rossa.
Il riccio a quel punto, mi fece un occhiolino per poi girarsi di spalle e far finta di essere Ashley, «oh sì, Caluuum» fece finta di baciarsi, mentre muoveva le sue mani lungo i suoi fianchi «di più, sì».
Il biondo cominciò a ridere, accodandosi al riccio che non intendeva fermarsi «Ashley, sei bellissima, carotina mia».
La rossa sembrò sentirli, tant'è che si allontanò di poco dal moro per sussurrare un «vi uccido se non la piantate» ai due ragazzi.
Ashton lanciò un'occhiatina complice all'amico, il quale capì subito «cosa dobbiamo piantare, Ashley?» chiese il biondo.
«UNA PIANTA!» urlò il castano, ridendo a crepapelle.
La battuta più che ridere faceva veramente piangere ma risi anch'io, seguita da Michael. La risata di Ashton era davvero coinvolgente, forse era questo il motivo per il quale ridevo senza che la battuta facesse ridere realmente.
La rossa gli accigliò, incrociando le braccia e parlando, «non capisco cosa ci sia da ridere, sinceramente».
Ashton e Luke sbottarono, roteando gli occhi al cielo. «Ashley, io e Fletcher ci rompiamo un po' le palle a spiegarti ogni volta una battuta».
«Se fossero belle non ci sarebbe il bisogno di farlo».
«La pianta... si pianta... no? - continuò il riccio - perciò, quando tu hai detto che dovevamo piantarla io e Luke ti abbiamo chiesto cosa dovessimo piantare visto che, come appunto ho detto prima, le piante si piantano».
Cercai di non ridere, anche perchè mi risultava davvero difficile. Michael mi fissò, facendomi capire che anche per lui la cosa non era affatto facile. Insomma, tutto quell'intreccio di parole non sarebbe servito proprio a nulla. Ashley non avrebbe capito comunque.
«Non capisco».
«Figuriamoci...» mugugnò il biondo, «è stato un piacere pranzare con voi ma ho una lezione fra poco, perciò vi saluto».
«Luke, vengo con te, ho inglese anch'io» disse Mike, salutando tutti.
Guardai l'ora e mi resi conto che anche per me si era fatto tardi, così corsi verso Luke e mio fratello, «aspettatemi, vengo con voi».








Dopo essere uscito di nuovo con un'asciugamano in vita, Luke mi diede le spalle per cercare i suoi boxer nei cassetti di un mobile accanto al suo letto. Cercavo in tutte le maniere di non fissarlo ma era davvero molto difficile. Presi un libro a casaccio e lo aprii, cominciando a nascondermi per fissarlo meglio: le sue gambe erano snelle, quasi le invidiavo. Salendo, notai quanto fosse bello anche solo con un'asciugamano indosso, cioè, non che normalmente non fosse affascinante, solo che... aveva qualcosa di eccitante così. Mi morsi il labbro e fissai il suo torace poco scolpito, mentre il suo ciuffo disordinato si adagiava quasi sulla fronte. Appena si girò sussultai, alzando il libro di matematica fin sopra la fronte e leggendo cose incomprensibili.
«Ho notato che ti piace ciò che vedi, non è così?» mi domandò ad un tratto, con un tono di voce divertito.
«Oh sì. Il libro di matematica è molto interessante».
Lui sembrò ridacchiare, «lo capisco infatti. Non sapevo sapessi leggere al contrario, sai?»
E fu proprio in quel momento che mi accorsi di aver fatto una colossale figura di merda. Deglutii pesantemente e mi apprestai a trovare una scusa plausibile «beh, cercavo solo di imparare a leggere al contrario».
«Sì come no, fai finta che io ci creda».
«Penso che non ti sia entrata ancora in testa l'idea che io non sia attratta minimamente da te» continuai dura, «dovresti renderti conto che il mondo non gira attorno a te, che per altro, non sei neanche il mio tipo».
Ghignò, «oh perchè tu davvero pensi che potrebbe interessarmi una come te che è perennamente mestruata? - giocò con il piercing - Se è così ti sbagli di grosso, Henderson».



 
Luke's pov


«Stavo pensando ad una cosa...»  cominciò ad un certo punto il moro, sdraiandosi sul suo letto.
«Spara» rispose il riccio, giocando a Call of Dudy.
«Fra poco arrivano le vacanze... che ne pensate di andare da qualche parte?»
Ashton sembrò acconsentire, «solo noi tre e Ashley?»
«No, mi piacerebbe invitare anche Michael e Johanna. - aggiunse, togliendosi la maglietta nera - Sarebbe una bella idea, magari per conoscerci meglio... quei due mi piacciono».
Passare tre giorni con Johanna? No, io mi rifiutavo completamente. Non ero ancora pronto. Certo, ci passavo ogni giorno in camera, ma... era diverso. Pensavo che avessimo passato questi giorni separatamente, non volevo averla tra i piedi. Anche se il lato positivo c'era: avrei potuto stuzzicarla come pochi attimi fa, quando l'avevo sorpresa a fissarmi. Era davvero imbarazzata, avrei potuto notarlo anche se fossi stato lontano da lei. E poi, tutte quelle scuse che aveva costruito non avevano retto.
«Per me va bene, io non mi oppongo» sentii dire da Ashton.
I due poi, portarono i loro sguardi su di me, tant'è che mi risvegliai «cosa c'è?»
«Che ne pensi? Sei stato zitto tutto il tempo».
Mi grattai la nuca, assumendo un sorrisetto sforzato «non mi va, sinceramente» continuai sbottando «per me Michael potrebbe anche venire, solo che... sul serio Johanna? Io non la voglio! E' già una rottura sopportarla tutto il giorno, pensavo che avremmo passato le vacanze - seppur durano solo tre giorni - da soli!»
Calum rise, fissando poi Ashton che ricambiò «non sembra, sinceramente».
«Cosa?» chiesi.
«Luke, non fare lo stupido. Appena è accanto a te o la scorgi da lontano, anche se fai finta di nulla, si vede come te la mangi con gli occhi».
Ashton prese poi parola, «non diciamo che tu debba ammetterlo perchè cazzo, sappiamo come sei, ma... diciamo soltanto che non crediamo alle tue parole».
Roteai gli occhi al cielo, «fate un po' come volete. Penso che voi stiate totalmente sbagliando».
«Certo, come no» concluse poi Hood.





Andiamo, non poteva davvero essere vero ciò che dicevano i miei migliori amici. Quando qualcuno mi piaceva ero il primo ad ammetterlo, solo che... con Henderson non trovavo tutto questo interesse, specie perchè non era certamente il mio tipo. Sbuffai e aprii il computer, mentre i due erano intenti a fare una partita a Fifa.
Andai su Twitter e, prima di aprire il profilo di quella persona guardai prima che i due non mi stessero spiando. Digitai un Johanna Henderson e attesi il profilo della ragazza.
Lessi tutti i suoi tweet, gli scleri su Adam Levine e su Niall Horan, il biondino dei One Direction. Mi morsi un labbro e diedi un'occhiata alle foto che aveva, c'erano alcune che la ritraevano ad un concerto con Michael, il suo ragazzo, sicuramente.
«E bravo al nostro Lukey!» disse Calum, lanciandomi uno schiaffo sulle spalle.
«Ragazzi smettetela, non provo interesse nei confronti di Henderson, bla bla» mi canzonò Ashton, imitandomi.
«Siete ridicoli. Stavo solo dando un'occhiata, e poi è fidanzata».
Ashton ghignò, «oh... il nostro piccolo ha avuto la sua prima delusione d'amore».
«Con chi?» chiese il moro.
«Michael».






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ECCOMI DI NUOVO Q... OH ASPETTATE... ecco, così va meglio.
Dicevo, eccomi di nuovo qui a rompervi le palle con i miei capitoliii! Yeeeeeeh.
Allora, vi ringrazio per le innumerevoli recensioni che avete lasciato allo scorso capitolo, vi ringrazio davvero tanto.
Spero di riceverne altrettante a questo! (:
Ora vi lascio, d'accordo? Un bacione.


Chiara x


I MIEI CONTATTI:


Wattpad:
michaelslaugh
Facebook: Nello il mafioso (la nostra pagina) e Thè Larry al Limone (il mio fake, dove sarò lieta di rispondervi).

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Capitolo 6
*** Che guerra sia! ***


Room 158 || Luke Hemmings.




6.




Ashley's pov

Io e Calum eravamo beatamente seduti sul divano, il mio ragazzo mi accarezzava il capo mentre mi sussurrava qualcosa di dolce all'orecchio. Ashton e Luke invece, trafficavano nell'armadio, sperando di trovare un maglione di Calum da indossare per le vacanze di quest'inverno.
«Alla fine avete deciso dove andremo?» chiesi, aspettando una risposta da parte dei tre.
Luke mi fissò e sbottò, lanciandomi un'occhiataccia aggressiva «non ne ho la più pallida idea, so solo che vuole invitare anche Michael e Banana girl».
«Come se non ti dispiacesse» sottolineai, sorridendo e facendogli un occhiolino.
Non stavo assolutamente affermando che a Luke piacesse Jo, ma non stavo neanche dicendo il contrario, insomma. Era evidente che c'era una specie di intesa fra loro, più che altro alchimia, dato che quando erano vicini finivano sempre per prendersi in giro, non riuscendosi ad ignorare. A dire la verità pensavo vivamente che queste vacanze sarebbero andate a loro favore. Luke non era un tipo di ragazzo donnaiolo, anzi, era tutto il contrario. Non dava mai confidenza alle ragazze, tranne a quelle dei suoi migliori amici, Ashton e Calum. L'unica ragazza che lo colpì veramente fu una certa Faith che purtroppo, lo respinse poiché non voleva rovinare l'amicizia che c'era tra loro. Faith era una ragazza a posto, mi era anche parecchio simpatica. Ricordavo ancora quando Luke non faceva altro che confessarmi l'amore che provava nei suoi confronti, mi chiedeva ogni giorno di aiutarlo, perchè non riusciva più a vivere con quell'enorme peso sul cuore. Così io, da buon cupido, dissi al biondino di confessarle tutto e lui ovviamente, seguì il mio consiglio. Faith e Luke non si parlarono più da quel momento. Lei era come spaventata, non voleva avere una relazione con Luke proprio perchè riteneva che non fosse il suo tipo ideale. Inutile specificare che ci rimase parecchio male, anche se riuscì a superarla grazie al nostro aiuto. Ero davvero molto legata a Luke, lo ritenevo una persona abbastanza in gamba e matura, anche se alcune volta la sua maturità lasciava a desiderare. Ma comunque, gli sarei stata accanto anche se avesse fatto la cosa più stupida del mondo.
«Ma che palle che siete, Michael non mi dispiace affatto. E' lei che mi urta».
Alzai le spalle, «lasciando stare questo piccolo particolare... avete deciso il posto in cui andremo?»
«Sinceramente ho visto che vicino al campus c'è un paesino che non abbiamo mai visitato... potremmo andare lì, che ne pensate?» domandò il riccio, prendendo il maglione per poi fare un sorrisetto compiaciuto «Cal, l'ho trovato».
«Io penso che ne dovremmo parlare anche con Mike e Jo» esordì il mio fidanzato, lasciandomi un bacio umido sulla fronte per alzarsi e chiudersi poi in bagno, «manca poco, perciò meglio proporglielo a cena.»



 
Johanna's pov

 
«E quindi vorreste andare in questo paesino...» incalzai, annuendo. In verità mi sembrava proprio una bella idea, mi piaceva visitare nuove città o in questo caso, paesi. Da quanto ne sapevo non ci ero mai stata perciò sarebbe stato carino.
«Beh, per noi va bene» confermò mio fratello, mettendomi un braccio attorno alla spalla. Notai Luke irrigidirsi e distogliere lo sguardo, per posizionarlo su Ashley che ridacchiò, «quindi cominciate a fare le valigie, partiamo domani pomeriggio».
Appena finimmo di cenare ognuno tornò nelle proprie camere, mentre io, Michael e Luke uscimmo un po' fuori per prendere una boccata d'aria fresca.
«Penso che ci divertiremo» esordì ad un tratto mio fratello, sorridendomi.
«Avevate altri programmi?» chiese Hemmings, appoggiandosi ad una colonna in marmo.
Presi parola, guardando prima Michael e poi Luke «a dire la verità volevamo passare qualche giorno in famiglia, ma... credo che stare con gli amici sia più divertente».
Non mi andava proprio di vedere quella strega, specie dopo che era riuscita a mandarci in questo college. Luke annuì, mordendosi il labbro inferiore e rabbrividendo «io entro, ho freddo».
Io e Mike annuimmo, lasciandolo fare «a domani» disse mio fratello.
Dopo averci lasciato, Michael estrasse una sigaretta dai pantaloni e me la passò, cominciando a fumare «a che pensi, Jo?»
Feci un tiro e sospirai, passando il testimone a mio fratello «a nulla... forse a come sta papà...»
Michael mi imitò, ispirando e buttando fuori il fumo «starà bene. Anche se mia madre è una stronza, non... non gli farebbe mai del male - si fermò, passandomi la sigaretta - intendo... male fisico» e ridacchiò, passando il suo enorme braccio sulle mie spalle.
Lo guardai allibita per un attimo, per poi sorridere «oh grazie, tu si che sai come tirare su il morale delle persone!»
«Lo so, piccola Henderson. Che ne dici, andiamo a dormire?»
Annuii, aspirando l'ultimo tiro per poi buttare il fumo e calpestare il mozzicone della sigaretta. Appena entrammo in camera notammo che Luke era nel mondo dei sogni, tant'è che, senza fare rumore, entrammo nei rispettivi letti.
All'improvviso però, mi venne un po' di malinconia. Provai un senso di tristezza, non sapevo il motivo ma avevo bisogno di sentire vicino Michael. Mi avvicinai al suo letto e, «posso dormire con te?»
Lui ridacchiò, prendendomi per i fianchi per farmi accoccolare accanto a lui, «notte».
Sorrisi, sentendomi protetta fra le sue braccia. Il nostro rapporto era davvero qualcosa di troppo forte per essere spezzato. Non avrei permesso mai a nessuno di portarmelo via, lui era mio, faceva parte di me.





«Spegnete quella cazzutissima sveglia!» urlò il biondo, girandosi poi dalla parte opposta del letto.
Feci un sorrisetto, continuando a far finta di dormire per vedere la sua reazione. In fondo dovevo pure vendicarmi per ciò che aveva fatto l'altra volta. Questo era il momento giusto.
La sveglia continuava a suonare testarda, segnando precise le sette del mattino. A quel punto, vidi Luke lanciare un cuscino proprio sul mio Iphone bianco, che automaticamente spense la sveglia.
Mi alzai innervosita e lo richiamai, «non l'abbiamo comprato insieme il cellulare, Hemmings».
«Zitta e dormi che è presto» lo sentii mugugnare.
Scossi il capo, sfilando dalla testa di Michael il cuscino, senza però farlo svegliare. Lo presi in mano e ghignai, lanciandoglielo proprio in testa. Dopo ciò, mi nascosi sotto le coperte, aspettando una sua reazione.
«Non ti sopporto» mugugnò ancora, togliendosi le coperte di dosso e avvicinandosi al mio letto ordinato.
Si grattò la nuca, guardandosi attorno «è possibile che hai già rifatto il tuo letto?» aggiunse, «dove sei?»
Ridacchiai, uscendo dal letto di Michael «Tadaa».
«Hai... dormito lì stanotte?» chiese, con un tono di voce un po' preoccupato, ma allo stesso tempo con un'espressione facciale terrorizzata e... schifata.
Annuii «non è che devo dare conto a te su ciò che faccio o meno».
«NON HO ASSOLUTAMENTE DETTO QUESTO» ringhiò, alzandosi la maglietta e fissandomi sott'occhio, come per dirmi "mi tolgo la maglia solo perchè so che ti da fastidio".
«Rimettiti la maglietta» dissi, mordendomi il labbro inferiore con prepotenza.
«Non è che devo dare conto a te su ciò che faccio o meno» mi imitò, abbassandosi anche i pantaloni e rimanendo in boxer bianchi.
Oh ma fanculo.
«Io me ne vado» esordii, aprendo la porta e chiudendomela dietro. Ci misi poco a realizzare: ero ancora in pigiama.
Mi girai dalla parte opposta e provai a bussare di nuovo in camera, visto che come un'idiota avevo dimenticato la chiave.
«Luke, apri!» continuai spaventata che passasse qualcuno «Hemmings se non apri giuro che butto giù la porta!»
«HEMMINGS!» gridai infine, non ricevendo risposta.
Sbottai.



 
Michael's pov


Appena aprii gli occhi notai Luke in boxer, tant'è che mi chiesi
dove fosse mia sorella, visto che accanto a me non c'era nessuno. Sperai con tutto il cuore di non averle dato fastidio, visto che alcune volte finivo sempre per russare o schiacciarla durante la notte. Mi guardai attorno e notai che non c'era. Trovai tutte le sue cose, dal cellulare buttato per terra alla divisa linda e pinta non indossata. Il pigiama però non era lì.
«Luke, dov'è Jo?» chiesi con il tono di voce ancora impastato dal sonno.
«E io che ne so, quando mi sono svegliato già non c'era» rispose, guardandosi allo specchio per poi abbottonarsi la camicia bianca che stava indossando. A dire la verità la divisa che ci avevano dato non era poi così elaborata o così meschina. Era molto carina, gonne a vita alta nere per le ragazze e pantaloni neri per noi ragazzi. E sopra, per entrambi i generi, camicia bianca con cravatta nera. Praticamente il nostro college si basava sul colore più scuro che esisteva. Annuii a Luke che intanto aspettava una mia risposta e mi catapultai in bagno per lavarmi i denti e vestirmi. Fortunatamente quel giorno non ci sarebbero state lezioni per via delle vacanze invernali.
«Mike, io vado a fare colazione. Ci vediamo lì?»
Annuii «certo. Se vedi Jo... beh, fammelo sapere».

 


Luke's pov


Appena aprii la porta notai che la bionda non c'era più, chissà forse era andata da Ashley anche se la cosa non era molto probabile visto che non conosceva il numero della sua camera. Chiusi la porta alle mie spalle e mi incamminai verso la caffetteria per vedermi con gli altri quattro. Ad un tratto, un braccio mi tirò nello sgabuzzino del bidello, chiudendo la porta a chiave e posando il palmo della mano sopra le mie labbra.
«Non ho soldi con me, non puoi derubarmi» continuai ironico «non ho neanche le mutande, sai... in caso volessi fare una sveltina».
La figura subito ritrasse la mano, mugugnando un "che schifo" e poi parlare. Sapevo che era Jo, riconoscevo il suo profumo ormai.
«Davvero non hai le mutand-» ma sembrò bloccarsi, scuotendo il capo, come se non volesse saperlo realmente.
«Porca troia, Luke. Perchè non mi hai fatta entrare?» aggiunse arrabbiata, «si può sapere che ti ho fatto?»
Alzai le spalle, «semmai che mi avete fatto».
Lei sembrò non capire, tant'è che mi lasciò il lusso di continuare la mia frase «senti, non è che perchè ieri dormivo come un angelo ed ero nel mondo dei sogni...-» mi fermò.
«Un angelo? Ma se sei la reincarnazione del diavolo in persona!?»
«Zitta e lasciami continuare. Dicevo... non è che perchè ieri dormivo ed ero nel mondo dei sogni voi potevate darvi alla pazza gioia in uno dei letti ACCANTO AL MIO. Non pensi?»
«Ma di che parli, scusa?»
«Oh su, Henderson. Non mi incanti... - provai a continuare - se vuoi la guerra per me non c'è alcun tipo di problema».
Notai il suo silenzio e all'improvviso, mi venne un lampo: i proverbi.
Chi taceva acconsentiva, no?
«Perfetto, che guerra sia allora. Ci vediamo in giro Banana girl in pigiama».
Ed uscii dalla porta, lasciandola sola.  





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Ehilà, come state? (:
Fortunatamente ho finito gli esami e... spero di essere andata bene, anche se aspetto i risultati, aiutooo.
Coomunque, cosa ne pensate del capitolo nuovo? Ci ho messo un po' per scriverlo, ma... aspettavo voi, veramente. Ho notato che l'ultimo capitolo ha ricevuto solo cinque recensioni e... ci sono rimasta un po' male, ecco. Ma d'accordo, spero di vedere qualcuna in più in questo! :) Che dire... Luke e Johanna sembravano essersi riappacificati e invece... ah, non mi uccidete! Ahahahaha. Ora devo scappare, mi raccomando, fatemi sapere che pensate!


Bacioni, Chiara x



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Capitolo 7
*** Si è... scusato? ***


Room 158 || Luke Hemmings.





7.


Appena arrivai in caffetteria vidi Ashley sorridermi, per poi farmi cenno di sedermi accanto a lei. Di solito quando faceva così era perchè voleva dirmi qualcosa, perciò l'accontentai. Salutai Ash e Calum e ordinai un caffé nero e una ciambella, come al mio solito, insomma.
«Ehi - cominciò il riccio - dove sono Jo e Mike?»
Alzai le spalle, cercando di nascondere un sorrisetto sghembo «beh... Michael era in camera, Henderson non so.»
«Luke, mi accompagni a prendere il caffé? L'ho finito e non voglio andare da sola, c'è troppa folla» disse la rossa, sorridendomi.
Annuii e la seguii, guardandomi dietro. La cosa bella di Calum era che non era assolutamente geloso dei suoi migliori amici. Non avevamo mai provato a rubare le ex e tanto meno, le ragazze tra di noi. Non era un comportamento che ritenevamo corretto, insomma. Per questo sapevo che con Ashley potevo parlare, abbracciarla e sorriderle, perchè tanto il mio amico non si sarebbe mai arrabbiato. Mi conosceva e sapeva che tipo di persona ero, e poi pur volendo, Ashley era pazzamente innamorata di Calum ed io ero troppo felice per loro. Stavano insieme ormai da due anni ed erano una coppia bellissima, anche se ogni tanto io e Ashton ci lasciavamo scappare qualche insulto simpatico nei loro confronti.
«Fammi capire - presi una tazza - il caffé non potevi venirtelo a prendere da sola?» aggiunsi schietto, «hai bisogno dell'accompagnamento?»
Lei in risposta mi lasciò un ceffone, scuotendo il capo e versando dentro la tazza la bevanda «quanto puoi essere stupido da dieci a dieci?»
«Non c'è una vera risposta a questa domanda, presumo...»
Annuì, «volevo parlarti di ieri. Ho notato che appena Mike ha abbracciato Jo hai subito guardato altrove... come mai?»
«Non c'è un perché, mi davano fastidio. Sai che detesto queste cose, queste... smancerie».
La vidi sorridere maliziosamente per poi arricciarsi un dito attorno al riccio rosso «sicuro? - si fermò - non c'è nient'altro?»
Annuii «sono fin troppo certo di ciò che dico. Sai che sono il primo ad ammettere quella cosa se mi capita».
«Ok, va bene. Ma se vuoi lo sai che io ci sono».
Le sorrisi e tornammo a sederci. Consideravo Ashley una sorta di migliore amica, non era cattiva con me, certo poteva sembrare stronza ma non lo era. Potevo definirla la più dolce tra noi quattro, aveva lottato tanto per conquistare Calum e ci era riuscita, non poteva ricevere di meglio il mio amico. Lei non era la solita ragazza stupenda che si vedeva nei film, con il fisico asciutto e modellato. Ashley aveva un fisico normale, con capelli ricci e rossi e due occhi azzurri che spiccavano. Il carattere era la cosa che contava di più, secondo me. E lei era dolce, simpatica e anche parecchio testarda. Se si metteva in testa qualcosa non distoglieva quel pensiero fin quando non ci riusciva. E io l'ammiravo molto, sotto quest'aspetto eravamo molto simili. Solo che io oltre che testardo ero anche orgoglioso, vendicativo, stronzo (solo con chi non sopportavo) e come se non bastasse, mi piaceva anche sfidare le persone. Sì, praticamente ero un caso perso.
«Ehi, ecco Mike!» annunciò il castano, salutandolo «Johanna?»
Deglutii, «sarà andata in classe.»
«Luke, oggi non ci sono lezioni» rispose il ragazzo dai capelli neri.
«Oh... giusto. Allora non so proprio» finsi, addentando un pezzo di ciambella.



 
Johanna's pov

 
Sinceramente non sapevo proprio cosa gli sia preso a quell'idiota. Mi aveva lasciata chiusa fuori dalla nostra camera. E poi, le cose che ancora mi risultavano strane erano quelle frasi che mi aveva detto nello sgabuzzino. Sospirai e mi guardai attorno, correndo veloce verso la segreteria. Speravo di trovare la segretaria di buon umore, così da darmi la chiave di sicurezza.
«Ehm... buongiorno.»
«Oh... addirittura in pigiama, ora? - aggiunse, masticando una cingomma alla fragola - questo college lo ritiene proprio casa sua, a quanto vedo...»
«No! Senta, non complichiamoci la vita, ok?» continuai, sbottando «purtroppo mi sono chiusa fuori, non... non è che avrebbe la chiave di riserva? Giuro che non capiterà più!»
Ci potevo scommettere una gamba. Non sarebbe più capitato perchè mi sarei vendicata.
«Ok, d'accordo. Riportamela entro la fine della giornata o ti ammonirò!»
Una segretaria poteva davvero farlo? Mh...
«Va bene! Grazie» ed uscii velocemente.



Dopo essermi cambiata e aver indossato la divisa scolastica, mi diressi in caffetteria, dove ero quasi sicura che si trovassero ancora i miei amici. Appena arrivai notai soltanto qualche ragazzo seduto qua e là, ma di Michael e gli altri nessun ombra. Provai quindi a mandare un messaggio a mio fratello, chiedendogli dov'erano.

A: Michael
Dove siete?


Subito ricevetti la risposta: "Nella stanza di Ashton e Calum, la 234"
A passo svelto cominciai a cercare la loro camera, guardando su ogni porta il numero. Dopo qualche corridoio, trovai la stanza e bussai, sperando mi venissero ad aprire immediatamente: dovevo parlare con Luke.
«Ben svegliata» mi sorrise la rossa.
«Dov'è quell'idiota?!» ringhiai, guardandomi attorno.
Ashton scosse il capo, capendo forse a chi mi riferissi «è in bagno».
«Soffre di incontinenza, per caso?» dissi visibilmente stanca, per poi dirigermi verso la porta «apri! Apri o butto giù la por-» ma venni interrotta dalla sua faccia da culo, presentatamisi proprio d'innanzi al viso.
«Chi è che soffre di incontinenza, Henderson?»
«Tu, Hemmings, tu!» esclamai, cercando di spintonarlo di nuovo dentro il bagno.
I quattro non accennarono neanche a muoversi, evidentemente scossi da ciò che stava succedendo. Qualcuno però, prese finalmente parola, e quel qualcuno era proprio Michael.
«Ok, smettetela! - continuò - Luke, finiscila di darle corda. E tu... Jo...»
«Mi ha chiusa fuori!» lo indicai, «non... non mi ha aperta!»
Michael poi, fissò il biondo con un po' di rabbia «Luke, mi avevi detto che non sapevi dove fosse!»
«Beh... avevo detto una bugia perchè voi... siete due idioti! Cazzo Michael».
Presi subito parola, cominciando a spintonarlo con più forza «tu non dici idiota proprio a nessuno, tanto meno a Michael, okay? Giuro che ti disintegro, Hemmings!»
A quel punto, prima che io potessi fargli realmente qualcosa, venni separata da Ashton che mi prese per il bacino e mi ritrasse dal biondo.
«Vieni con me, usciamo» mi sussurrò, facendomi rabbrividire.
«Mike!» esclamai, prima di uscire dalla stanza.





«Non ti ho mai vista così... agitata» cercò di ironizzare, anche se dal suo viso capii che si era spaventato.
«Scusami... ma quel ragazzo fa uscire il peggio di me. Mi aveva chiusa fuori e ho dovuto girare per il campus in pigiama, capisci?» continuai, prima che potesse parlare «e poi... ha insultato Michael, io non gliela faccio passare liscia, nessuno lo insulta».
Lui sembrò capirmi, tant'è che lo vidi annuire «finirà tutto bene. Conosco Luke e so che verrà a scusarsi...»
«Non voglio le sue scuse, voglio... altro».
Rise, «oddio Johanna, non pensavo fossi il tipo!»
Scossi il capo visibilmente rossa, «Ashton, non intendevo quello!»
«Ops... errore mio».




Non appena Ashton mi lasciò davanti la porta della mia stanza, si accertò di come stessi e se mi fossi calmata, parlare con quel riccio mi aveva fatta stare un po' meglio, anche se ero certa che non appena Hemmings mi si fosse presentato davanti avrei privato il mondo di un coglione.
«Ok, io allora vado... ehm... Johanna... non fare sciocchezze».
Annuii e gli sorrisi, aprendo la porta con la chiave di riserva. Trovai Michael seduto sul suo letto con in braccio il laptop bianco che ci eravamo portati. Mi fissò e mi sorrise, facendomi cenno di sedermi accanto a lui.
«Non mi sono mai sentito accettato per via dei continui insulti da parte di altri miei coetanei...» cominciò a parlare «poi ho incontrato te e la mia vita è cambiata... in meglio, certo. Ho cominciato a sperare che magari avrei potuto davvero piacere a qualcun'altro, forse perchè quel qualcun'altro eri tu che mi accetti così come sono, senza pregiudizi e altre cazzate. Mi hanno sempre considerato diverso per via dei miei continui cambi dei capelli, dei miei piercing e del mio carattere un po' da ribelle che faceva spaventare sempre tutti... era così che mi consideravano alle superiori... poi ho compiuto il diciottesimo anno di età e ti ho incontrata, mi hai subito sorriso, hai fatto tutto ciò che avrei sempre desiderato facesse una persona amica... mi hai insegnato che dovevo accettarmi così com'ero e che non dovevo dar importanza agli altri e in un certo senso io ti ringrazio davvero tanto perchè se sono così è perchè sono sicuro che qualcunque cosa io faccia tu rimarrai sempre al mio fianco...»
Deglutii e cercai di tirare su le lacrime, non mi aveva mai raccontato questa parte della sua storia, e ora che lo stava facendo mi sentivo davvero troppo in colpa per quello che era successo prima. Mi bagnai le labbra e annuii, anche se continuava pur sempre a non fissarmi «poi mia madre ci ha mandati qui e... non appena siamo arrivati non pensavo minimamente di potercela fare, solo che poi avevo realizzato che c'eri tu con me e... mi sono sentito subito meglio. Abbiamo incontrato e conosciuto Luke, Ashley, Calum e Ashton, quattro persone fantastiche... solo che oggi ho capito che sono rimasto ancora quel ragazzino stupido che non riesce a non fregarsene della gente, dei loro pareri, delle loro opinioni... quando Luke mi ha gridato in faccia che sono un idiota, ho subito rivissuto quei momenti orribili della mia vita e ci sono rimasto davvero male, anzi, malissimo... solo che poi ho ricordato cosa mi dicesti e mi sono subito sentito meglio... ecco perchè, Johanna Henderson, ti ho raccontato tutto questo. Volevo soltanto ringraziarti per ciò che hai fatto per me inconsciamente, perchè è solo grazie a te se io sono un Michael Clifford migliore».
Le lacrime ormai non accennavano a smetterla di fuoriuscire dai miei occhi, mi avvicinai e corsi incontro a Michael che, non appena sentì le mie mani aggrapparsi alla sua figura, mi tenne stretta a sé, poggiando la sua testa nell'incavo del mio collo. Respirammo i nostri profumi, rimanendo in quella posizione per circa cinque minuti. Continuavo a dargli dei baci innoqui sulla guancia, per poi ripetere ciò che sapeva, ovvero che sarei rimasta al suo fianco per sempre, anche se fosse successa una catastrofe.
«Mike, gli farò rimangiare ciò che ha detto, te lo giuro».
Scosse il capo «Jo, devi capire che è proprio grazie a lui se mi sono dato una nuova carica... se ho pensato di nuovo a te... e poi sono sicuro che Luke non lo pensa davvero, mi ha detto Calum che ormai mi considera parte del gruppo» continuò «non è cattivo, altrimenti non si sarebbe scusato quando te ne sei andata con Ashton...»
Rimasi allibita, non avevo minimamente pensato a quello. Ero troppo impegnata a trovare un modo per vendicarmi che avevo dimenticato che Luke e Michael erano rimasti nella stessa stanza dopo che Ashton mi aveva fatta uscire.
«Si è... scusato?»
Annuì.


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Ehilà dolcezze, come state?
Spero tutto bene! :)
Ok, finalmente eccomi qui con il nuovo capitolo, ho letto tutte le vostre recensioni e non sapete quanto io sia felice di ciò che ogni volta, mi scrivete. Mi date sempre una carica positiva ed io, mie care ragazze, devo ringraziarvi. Mi date quel pizzico di autostima che una scrittrice ha bisogno.
(Scrittrice, mo... diciamo che sono più una ragazza a cui piace la scrittura... ecco, sì)
Volevo soltanto dire che aspetto i vostri commenti, come al solito vi lascio i miei contatti!


Baci, Chiara.


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Capitolo 8
*** Non la vedrai neanche. ***


Room 158 || Luke Hemmings.



8.


Il giorno della partenza era arrivato, Luke non aveva fatto ritorno la notte precedente, tant'è che rimasi sollevata. Non avevo la benchè minima voglia di arrabbiarmi, specie perchè ero ancora in procinto di fare i bagagli.
«Johanna, non dobbiamo partire per sempre» ironizzò Michael, scuotendo il capo.
«Ma infatti, Mike. Ho solo una valigia, quindi penso che questa volta ho dato il meglio di me... di solito ne occupo di più».
Lui rise, «E Luke? Avrà preparato la sua valigia? Non l'ho più visto rientrare...»
«Sono fatti suoi, non intendo nominarlo e tanto meno parlare di lui».
Lui sospirò, «d'accordo».


 
Luke's pov
 

«Sei sicuro di non voler venire?» mi domandò Ashley, sbuffando per la mia decisione.
Annuii, non avevo intenzione di stare nello stesso posto in cui c'era Johanna. Non ne avevo la forza.
Lei sospirò, sedendosi accanto a me «Luke... magari questa vacanza potrebbe essere d'aiuto sia a te che lei... magari potreste instaurare un bel rapporto, no? So che in fondo vorresti venire, solo che sei orgoglioso... Fallo almeno per me, so che a me ci tieni...»
Guardai negli occhi azzurri di Ashley, «d'accordo, ma... vi avverto: non intendo parlarci con quella lì».
Lei sorrise e annuì, «non la vedrai neanche».






«Avevi detto che non l'avrei neanche vista!» esclamai, sbottando.
Lei sorrise, scuotendo il capo e salutando tutti. Avevamo deciso di andare con una sola auto, in fondo c'era posto per tutti. Ci distribuemmo così: avanti Ashton e Michael, dietro io e Calum e, dietro ancora Henderson e Ashley. Non ero disponibile al dialogo, o almeno non oggi. Ero ancora parecchio turbato e nervoso per la discussione avuta ieri con la bionda. Calum cercava in tutti i modi di farmi parlare ma i suoi tentativi risultarono vani. Sbottai e inserii nelle mie orecchie gli auricolari, per poi chiudere gli occhi e concentrarmi sulla musica. Il punto era che ora non avevo alcuna voglia di partire e di condividere la mia aria con certe persone. Avevo sbagliato a comportarmi in quel modo con Michael e me ne ero reso conto, chiedendogli subito dopo scusa. Sospirai e incrociai le braccia al petto, continuando ad ascoltare She dei Green Day.
Non appena arrivammo, Calum mi lasciò un buffetto sulla guancia, costringendomi ad aprire gli occhi e portare le valigie in albergo. Diciamo che più che un hotel era un bed&breakfast, ma non era maluccio. Provai a guardarmi attorno, notando le pareti color ciliegio che ci circondavano e il parquet. Davvero carino. Fissai poi Michael sorridere a Johanna, il che mi fece venire una specie di fitta allo stomaco, tant'è che girai subito lo sguardo, posizionandolo su Ashton che al contrario di me, sembrava davvero felice di essere lì.
«Ok ragazzi, le stanze sono tre - si prese una pausa il riccio, fissandoci - ci divideremo così: Calum e Michael, io e Luke ed infine, Ashley e Johanna».
Tutti annuirono, «allora andiamo a disfare le valigie e poi ce ne andiamo un po' in giro?» chiese la rossa, sorridendoci per poi prendermi a braccetto. «Mi accompagni di sopra?»
Annuii, capendo di non avere altra scelta. Notai Johanna fissarci, distogliendo poi lo sguardo non appena l'ebbe incontrato con il mio. La vidi scambiare qualche parolina con Ashton per poi sorridergli e prendere le proprie valigie.
«Dovresti fare pace... ho visto come vi guardate, Lukey».
Storsi il naso, sbottando «senti... io neanche volevo venirci! Perciò ti chiedo di non stressarmi. Io non le chiederò scusa, sia chiaro».
«Perchè sei diventato così freddo nei suoi confronti?» mi chiese d'un tratto, facendomi rabbrividire all'istante.
«Li ho trovati... - mi bloccai - okay senti, non è questo il punto. So solo che non la voglio tra i piedi, d'accordo?» aggiunsi, «ora, se hai bisogno di un aiuto con le valigie ben venga, altrimenti ci vediamo di sotto, più tardi».
«Ok, ciao... Lukey».





Mentre uscii dalla stanza, notai Johanna salire con una valigia e uno zaino. Era parecchio goffa, considerando che non riusciva neanche a tenerle su. Senza scendere, mi appoggiai allo stipite della porta della loro stanza e mi godetti la scenetta di lei mentre tentava di salire. La vidi sbottare, bofonchiare qualche parolaccia - sicuramente rivolta nei miei confronti - e poi arrivare finalmente a destinazione.
«Spostati.» mi disse semplicemente, senza insultarmi o meno.
Notai che non mi guardò neanche, era troppo impegnata a fissare le sue vans nere rovinate.
«Avrebbe potuto aiutarti Mike.» pronunciai veloce, senza rendermene conto. Stavo continuando a fissare il suo viso, le lentiggini poco accennate lo rendevano davvero fine e dolce. Non era una ragazza qualunque, forse se non avesse avuto quel carattere da vera stronza forse saremmo potuti andare d'accordo. Ma, dato che eravamo praticamente simili, questo non sarebbe potuto mai succedere.
«Io non mi faccio aiutare proprio da nessuno.» ringhiò, alzando finalmente lo sguardo per piantarlo proprio dentro il mio. Il colore delle sue iridi era diverso da quello del sottoscritto, in fondo, se proprio la si guarda bene, si poteva notare un accenno di verde bottiglia. Erano davvero belli. Ma questo non significava assolutamente nulla.
Mugugnai un «contenta tu.» e scesi, prendendo le mie valigie che erano rimaste accanto alla figura del riccio.
«Ce ne hai messo di tempo!» esclamò sorridente, lanciandomi il suo zaino blu scuro.
Alzai le spalle e sorrisi, cominciando a salire.


 
Johanna's pov


 «Io davvero non lo sopporto!» esclamai non appena fui entrata in stanza. Ashley era sotto la doccia, sentivo il getto d'acqua aperto. Lasciai le valigie accanto alla scrivania e mi distesi sul letto, sprofondando con la testa nel cuscino bianco. Respirai il profumo intenso, guardando poi la porta bianca che collegava il bagno con la stanza.
«Chi non sopporti, Jo?» chiese la rossa, non appena uscì.
Sbottai, sospirai e poi parlai «Hemmings, Ashley!» aggiunsi «è così dannatamente stronzo che... io non lo capisco!»
Lei ridacchiò scuotendo il capo. Si vedeva che neanche lei sapeva spiegare il comportamento del suo amico.





Appena scendemmo, dopo esserci cambiate, trovammo giù nella hall Ashton e Calum, mentre Michael e Luke erano ancora di sopra.
«Dove sono quei due?» chiesi, alludendo anche al biondo.
Ashton ridacchiò e mi prese a braccetto, cominciando a farmi camminare per lasciare i due fidanzatini da soli «Ha detto Cal che Michael è ancora nella doccia. E Luke dice che non vuole vederti.»
Sbottai, incrociando le braccia al petto «lo sai vero, che la colpa non è la mia, no?»
Lui annuì, «Mike è stato fortunato... si è scusato subito con lui. Ma... con te...» sospirò «non capisco perchè sia così ostinato.»
Io al contrario, alzai le spalle. Non volevo assolutamente passare la serata a parlare di quell'idiota biondo. Alla fine mi era andata anche bene, non avevo intenzione di avercelo davanti.


 
Michael's pov


Appena uscii dalla camera, trovai i miei cinque amici di sotto, tant'è che cominciai a scendere anch'io le scale, fin quando però, non realizzai che non c'era Luke. Forse mia sorella e il biondo avevano litigato ancora. Sospirai e mi decisi a bussare alla sua camera, sperando che avrebbe aperto.
«Luke, sei pronto?» domandai, aspettando che mi venisse ad aprire.
Una testolina comparve d'innanzi a me, ghignando «preferisco non uscire, oggi.»
«Oh, ma se è per Johanna, io... io posso cercare di farla zittire. Lei non è cattiva, Luke. Avete cominciato con il piede sbagliato, tutto qui...»
Il biondo sospirò ancora, aprendo la porta e facendomi entrare. La camera sua e di Calum era totalmente diversa, era molto disordinata, anche se mi sembrava strano che un tipo come Hood fosse così distruttivo. I letti erano sfatti mentre le sedie e i vestiti sparsi per la camera. Mi sedetti e attesi che Luke si vestisse.
«Faccio in fretta, prometto.»


 
Luke's pov


Quando fui pronto, io e Clifford scendemmo di sotto, trovandoci gli sguardi dei nostri amici sulle nostre figure. Michael abbracciò Johanna, mettendole un braccio attorno alla spalla ed io, guardandomi attorno, feci lo stesso con Ashley. Mi sentivo davvero uno stronzo a fare quello proprio davanti a Calum, ma... non so, mi uscì naturale.
«Calum non è geloso, Luke. Ma... dovresti almeno ammettere che un po' ti piaciucchia.» mi sussurrò schietta la rossa, sorridendomi e avvicinandosi un po' di più. Strinsi la presa e fissai Calum che al contrario, questa volta rimase un pochino più innervosito. Gli avrei presto spiegato che non cercavo affatto di rubarle la ragazza.
«Dove si va?» chiesi, allontanandomi da Ashley.
«Mmm... c'è una discoteca, che ne pensate?» propose Ashton, «non so voi ma io ho davvero bisogno di bere.»
Michael e Johanna annuirono, Calum e Ashley anche ed io, purtroppo, non potetti far a meno di aggregarmi alla loro combriccola. In realtà non mi andava molto ma dovetti accettare per non rimanere da solo. Ci avviammo e, dopo non molto, ci ritrovammo di fronte l'enorme struttura.
«Entriamo, su!» esclamò il riccio soddisfatto.
L'entrata era parecchio grande, nuvoloni di fumo ci avvolgevano completamente, mentre ragazze mezze nude ballavano vicino a dei pali, mostrandosi felici. Appena mi sedetti al bancone per ordinare qualcosa da mandare giù, mi si avvicinò una mora tutte tette e niente cervello. Odiavo troppo quelle ragazze, si mostravano per quello che non erano e, per di più, erano costrette a fare un lavoro che non gli piaceva. Oppure, nella peggiore dei casi, lo facevano per piacere. Forse ero l'unico ragazzo che ragionava così, considerando gli altri miei coetanei. Certo, non nascondevo che ogni tanto mi piaceva scoprire qualcosa di nuovo ma... erano davvero rare. E poi, se mi ubriacavo forse la pensavo diversamente. Sì, diciamo che ero parecchio strano. Luke Hemmings il re dell'indecisione. Appena la barista mi si avvicinò mezza nuda, ordinai una vodka liscia, aspettando il bicchierino per mandarla giù e dimenticare per una sera quella rompi palle di Johanna Henderson.
«Ecco a te, biondino.» e mi sorrise, guardandomi mandare giù l'alcolico.
«Buono, eh?» chiese ancora, aspettando una mia risposta che non tardò ad arrivare.
Annuii, «buono.»
Lei sorrise, «siamo di poche parole?» poi aggiunse, «scommetto che sei qui ad ubriacarti per dimenticare qualcuno.»
Sbottai, mordendomi il labbro inferiore e cominciando a giocare con il piercing «di un po', ti pagano anche per fare domande inappropriate ai clienti?»
Le rise e se ne andò, alzando le mani in segno di resa. Prima però, di sparire completamente, mi si parò ancora di fronte «io sono Jessica. Se hai bisogno di altro, chiedi pure.»
Sì, come no.
All'improvviso però, mi vennero in mente di nuovo quei due che cercavano di approcciarsi nel letto accanto al mio. Sentii la rabbia ribollire nelle vene e il nervosismo fare capolino nel mio cervello. Avevo bisogno di vendicarmi, anche perché avevo esplicitamente detto a Johanna Henderson che gliel'avrei fatta pagare. Sospirai e richiamai la barista.
«Senti, potrei chiederti un favore?»
Lei annuì, appoggiandosi con i suoi gomiti al bancone, in modo da farmi vedere le sue tette ben piazzate.
«Dimmi pure, carino.»





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DOMANI, DOMANIIIII. DOMANI CHIARA PARTEEEE.
(Leggetelo come se dovreste leggere "Nobody nobody, nobody can drag me down").
Sì, vado a Rimini con la scuola, yee.
Okay no.
Anche se non abbiamo raggiunto il massimo delle recensioni allo scorso capitolo, ho voluto postarlo lo stesso per non lasciarvi come delle carciofine(vi amo).
Fatemi sapere tutto ciò che pensate.

Un bacio, Chiara.


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Capitolo 9
*** Luke, tutto bene? ***


Room 158 || Luke Hemmings.




9.



Il fatto di aver incontrato quella deliziosa ragazza mi aveva reso un po' meno arrabbiato, almeno per quella sera. Stavo mandando giù il sesto bicchierino alcolico. Forse stavo esagerando e non poco. D'un tratto, riuscii a malapena a sorridere a Jessica per poi sussurrarle l'indirizzo del college e il numero della mia camera: ciò che sarebbe successo avrebbe fatto infuriare Johanna. Ghignai e, barcollando, raggiunsi i miei amici.
«Luke, tutto bene?» mi chiese il riccio, vedendomi un po' brillo.
Gli annuii e uscii fuori per prendere un po' d'aria fresca, dentro quella discoteca non si poteva avere un po' di pace e, ad essere sincero, la testa cominciava un pochino a girarmi e a farmi male. Mi sedetti accanto ad una figura e la squadrai, constatando un attimo dopo chi realmente fosse: Michael, perso nei suoi pensieri. Blaterai qualcosa di insensato per ricevere una sua occhiata e sorrisi, pensando alla litigata fatta l'altro giorno. Ero stato davvero uno stronzo a mettere in mezzo quel poveretto che, ahimè, non c'entrava assolutamente nulla. Sospirai e indicai la sigaretta che aveva tra le labbra, annuendo senza un motivo ben preciso. Lui la fissò, la rigirò e me la porse, dandomi agio di fare un tiro.
«Perché non sei con Johanna?» gli chiesi di getto, a dire la verità mi faceva un po' preoccupare il fatto che era lì da sola, con quella miriade di ragazzi che sicuramente, le sarebbero girati attorno. Insomma, lui era il suo fidanzato, che figura ci avrebbe mai fatto?
Portai il palmo della mia mano destra sulla fronte, costatando quanto fossero idioti i miei pensieri in quel momento. Mi stavo preoccupando per... Johanna Henderson? Ma che cazzo!
Lui ridacchiò, «non è che siamo sempre appiccicati, Luke.»
Annuii, non volendo approfondire il discorso.







La mattina successiva passò in un lampo, dopo aver fatto un giro tra i vari negozietti del centro, ci rintanammo nell'albergo per via di un temporale che continuava ad abbattersi impetuoso. Sbottai per l'ennesima volta, il dolore alla testa continuava ad essere sempre più forte ed io ormai, non sapevo più come calmarlo. Notai Ashley sorridere a Calum e, dopo aver cercato inutilmente lo sguardo della rossa, mi distesi sul letto. Eravamo tutti in una stanza, ridacchiavamo allegramente, mentre il volume della musica rimbombava nella camera. Non l'avevamo alzato molto altrimenti si sarebbero arrabbiati. Johanna continuava a ridacchiare con Ashton, mentre Michael fumava e Calum e Ashley si lanciavano tenere occhiate, come per far capire a tutti "ti sbatterei volentieri a terra se potessi". Disgustoso.
«Lukey, è tutto ok?» chiese la rossa, fissandomi.
Sbuffai, «in realtà... non molto, ecco.» aggiunsi «ieri ho bevuto tantissimo, quasi come una spugna. Sapete, ho conosciuto una ragazza niente male.» mi vantai, guardando di sottecchi Johanna che, per mia fortuna, continuava a trucidarmi con lo sguardo. Si poteva notare come fosse ancora arrabbiata con il sottoscritto. Quello che avrei fatto sarebbe stata la mia vendetta per tutto.
«Non vogliamo sapere chi ti sei scopato, grazie.» ringhiò decisa, ma allo stesso tempo con forza, come a voler far capire che quello non era l'argomento giusto da affrontare in quel momento.
«E se lo dicessi? In fondo non sto mica parlando con te.»
La vidi sbuffare e alzarsi in piedi, superandomi con una falcata molto veloce e prendendo la bottiglietta d'acqua che era sulla scrivania. Fu un attimo che me la ritrovai davanti con un mezzo sorrisetto sghembo e la bottiglia vuota, con il liquido versato su di me.
«Stai giocando con il fuoco, Henderson.»
«E tu con l'acqua, Hemmings.» sorrise, aprendo la porta e andando via.








«Secondo me, tra voi c'è una sorta di tensione sessuale.» pronunciò schietto Calum, stravaccandosi sul letto accanto al mio.
«Cosa?» continuai scettico «io non me la porterei a letto neanche se fosse Jennifer Lopez.»
«Alla fine non è brutta... intendo Johanna. E io credo che sotto sotto ti attizzi.»
Gli feci un dito medio, seguito da un mio bellissimo vaffanculo sonoro per poi alzarmi e recarmi in bagno per farmi una bella doccia calda. Fuori continuava a piovere, non accennava a smettere.





 
Johanna's pov


«Ashley, ma l'hai sentito?!» chiesi retorica alla mia amica, sbuffando in una maniera assurda. Non riuscivo più a tollerare quel suo comportamento così idiota.
«Jo, mia cara, posso dirti una cosa da buona amica?»
Annuii.
«Io penso che voi due abbiate bisogno di scopare.»
Per poco, al sentire di quella frase, non mi strozzai con la mia stessa saliva. Tossicchiai un po', dandomi dei colpetti sul petto per riprendere fiato ed evitare di picchiarla.
«COSA? MA SEI IMPAZZITA PER CASO?» urlai, alzandomi dal letto «io quello non lo porterei nel MIO letto neanche per tutto l'oro del mondo!» aggiunsi «sia chiaro!»
«E se vi prestassi il mio?» sentii in ultimo, prima di sbattere la porta del bagno.





Il getto d'acqua scendeva forte sulla mia pelle, facendomi rilassare e pensare ad altro. Non ero minimamente attratta da quella specie di carciofo e tanto meno, volevo esserlo. Mi sembrava il classico stronzetto che riusciva a provocare quelle come me. Cioè, alla fine io non volevo avere guai, quindi perché continuava a rompermi le palle? Sbottai e mi sciacquai il viso, portando i miei capelli dietro la schiena.
«Jo, sei lì dentro da un'ora... non è che stai pensando a Luke?»
Il mio viso all'improvviso avvampò, provocandomi un mezzo sorrisetto tra l'innervosito e il divertito. Scossi il capo e chiusi l'acqua, prendendo l'asciugamano dal lavandino e avvolgendomi attorno.
«No.» risposi poi.
«Ok, allora io torno subito... arrivo fra poco.» mi disse, sentendo poi la porta chiudersi. Lanciai un sospiro di sollievo e presi a strizzarmi i capelli, cominciando a pettinarli e a lasciare che cadessero sulle mie spalle ancora bagnate. Dopo aver costatato di aver fatto tutto, aprii la porta, trovando proprio lui.
«Che, porca troia, ci fai qui?» domandai, cercando di coprirmi il più possibile.
«No, che cazzo ci fai tu, qui!» rispose veloce, tentando di mantenere lo sguardo fisso nei miei occhi.
«E' la mia camera, razza di coglione.»
«Ashley mi ha chiesto di prenderle gli... assorbenti.» sussurrò un po' intimidito, arrossendo di colpo.
Quella stronza lo ha fatto apposta, pensai immediatamente.
«Esci immediatamente.»
«Senti» iniziò, regolarizzando il suo respiro e cominciando ad avvicinarsi a me «innanzitutto decido io quando uscire, seconda cosa, quella lì è la mia migliore amica quindi le porterò ciò che ha chiesto.»
Alzai gli occhi al cielo e lo sorpassai, «vaffanculo.»
«Dovresti coprirti, sai... Michael potrebbe arrabbiarsi.»
«Perché mai?»
«Sai... sei in camera con me, nuda, con un'asciugamano indosso... io farei due più due fossi in lui.»
Scossi il capo e non lo risposi, prendendo la mia roba per rintanarmi poi di nuovo in bagno.

 




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Chiedo venia.
No sul serio... sono terribilmente in ritardo e mi dispiace un casino, e per di più ho postato anche questo capitolo di cui non ne sono per niente soddisfatta, anzi è cortissimo e mi fa davvero schifo. Ragazze scusatemi... prometto che rimedierò con il prossimo, giuro.
Fatemi sapere tutto, mi raccomando.
Un bacione grande, Chiara xx

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Capitolo 10
*** Ho bisogno d'aria. ***


Room 158 || Luke Hemmings.
 


10.

 
Luke's pov


Il punto era che quei due giorni erano passati così velocemente che non ci volevo credere che l'ultima mattina fosse arrivata così in fretta. Certo, non potevo negare di essermi divertito, ma... beh... diciamo che non volevo tornare alla realtà di tutti i giorni. Sospirai e cominciai a mettere dentro la valigia tutti i vestiti che erano in giro per la stanza. Diedi un'occhiataccia a Calum che intanto, stava amoreggiando con Ashley, non preoccupandosi minimamente del sottoscritto. Se dovevo essere sincero alcune volte ero davvero invidioso di loro due, non che mi piacesse Ashley, anzi ero molto felice che i due stessero insieme, solo che... perché lui era felice ed io no? Insomma, non ero un ragazzo cattivo, ero solo un po' stronzo con chi lo era con me, ma questa comunque, era una cosa normale, no? Sbottai per le mie seghe mentali e chiusi la valigia, sedendomi su di essa per schiacciare i vestiti messi alla rinfusa.
«Avete intenzione di rimanere lì ancora per molto?» chiesi, sbuffando.
Il moro mi fissò, guardandosi attorno e facendo scendere la rossa dalle sua gambe «sì, ora... ora comincio a rimettere in ordine.»
Annuii e lo ringraziai mentalmente, aprendo la porta del bagno per poi fiondarmi dentro con un fogliettino bianco nella mano sinistra e il cellulare nell'altra.  
Digitai in fretta il numero sulla tastiera e attesi una risposta, sperando di sentire la voce metallica «pronto?»
Oh grazie a dio.
«Ehi, ciao. Sono... Luke, il ragazzo biondo... ti ricordi di me?»
Sentii una risatina, «certo che mi ricordo di te, come potrei dimenticarmene...» aggiunse, «dimmi tutto.»




 
Johanna's pov


Dopo aver messo in ordine le mie valigie, mi recai nella camera di Ashton e Michael, i quali erano beatamente distesi sul divano, con in mano un pacco di patatine e delle bibite. Appena entrai, il riccio posò il suo sguardo su di me, sorridendomi dolcemente e facendomi cenno di accomodarmi accanto a lui «fatto le valigie?»
Annuii, «sì. E voi?»
Michael mi abbracciò, lasciandomi un bacio umido su una tempia.
«Noi siamo pronti.»





La mattina passò in fretta, sinceramente non mi ero divertita granché, tra Ashley e Calum che non si staccavano un secondo e il biondo irritante che continuava a sbraitare contro di me per qualsiasi cosa... beh, non era stata la mia vacanza migliore. Sospirai e cominciai a portare goffamente le valigie di sotto, seguita dallo sguardo sospetto di Hemmings.
«Che diamine hai da guardare?» chiesi stufa del suo comportamento e dei suoi continui risolini.
Alzò le spalle, sussurrando una frasetta «lo vedrai...»
Sbottai di nuovo, passandogli accanto per portare i bagagli in macchina. In realtà, la persona con cui avevo legato di più era Ashton. In questi tre giorni era stato davvero molto gentile con me, si era dimostrato davvero molto carino al contrario di altri.
«Pronti per tornare alla realtà?» domandò il riccio, fissandomi di sottecchi dallo specchietto retrovisore.
Arrossii e annuii.
«Ash, metti in moto e parti.» disse in ultimo il biondo, dandogli una gomitata per tornare con lo sguardo sulla strada.


 

Michael's pov


Questi tre giorni mi erano serviti davvero tanto per conoscere meglio i quattro ragazzi, avevo imparato diverse cose sul loro conto. Ad esempio, avevo notato la gelosia di Calum non appena qualche sguardo maschile si posava sulle curve della sua ragazza, avevo conosciuto meglio Ashton, il quale si era rivelato un ragazzo davvero molto simpatico e alla mano, forse con il gomito un po' troppo alto per quanto riguardava gli alcolici, ma... alla fine era una cosa accettabile, considerando che anche io ero così. E poi... c'era Luke, che era un ragazzo... difficile. L'avevo visto parlare con la barista, sorriderle e poi scambiarsi i numeri di telefono. Sinceramente non sapevo cos'aveva intenzione di fare, visto che sapevo per certo che, anche se in minima parte, a Johanna piaceva quel tizio. Sicuramente la bionda non l'avrebbe mai ammesso e, conoscendola, se osassi dirle qualcosa mi prenderebbe anche a schiaffi, perciò... meglio che io ci vada cauto. Sospirai e misi le cuffiette nelle orecchie, chiudendo pian piano gli occhi.





«Mike, siamo arrivati...» continuò la bionda «sveglia.»
Aprii gli occhi, trovandomi faccia a faccia con Johanna, la quale mi sorrideva armoniosamente. Tolsi gli auricolari dalle orecchie e mi guardai attorno, chiedendomi per quanto tempo avessi dormito. Vidi Luke continuare a parlare al telefono, ridendo per ogni minima cazzata e camminare spedito verso la camera. Notai poi Calum e Ashton scambiarsi le valigie e, in ultimo, vidi Ashley aspettare mia sorella, la quale non la fece attendere più di tanto, visto che le corse incontro. Sospirai e, insieme ai miei amici, mi incamminai verso le camere.
«Ragazzi, sto morendo di fame.»
Calum e Johanna risero, scuotendo il capo «anche noi.»
Non appena fummo arrivati in stanza, ognuno di noi disfò le valigie, mettendo di nuovo tutto in ordine.
«Mikey, vieni a cenare con me?»
Fissai il biondo e poi fissai Jo, annuendo e lasciando la mia roba sul letto.
«La sistemerò domattina.» conclusi.






«Allora, vi siete divertiti?» ci chiese la professoressa Greenwich, la quale era sempre molto attenta a noi studenti. Dovetti ammettere che era davvero l'unica ad interessarsi alle nostre esigenze, visto che, da come avevo potuto osservare nei giorni precedenti, gli altri se ne infischiavano altamente. Presi una matita e cominciai a disegnare dei disegni macabri sul foglio, notando come lo sguardo di mia sorella mi bruciasse addosso.
«Figo.»
Girai lo sguardo, ridacchiando «i disegni, intendi?»
Lei annuì, togliendo la matita dalle mie mani e prendendo il foglio. Cominciò a disegnare una bambina con uno strano sorrisetto, con capelli rossicci e senza pupille. Le fece indossare poi un lungo vestito bianco, sporco sui gomiti e sul petto e, come tocco finale, ci aggiunse un orsacchiotto mezzo rotto tra le braccia.
«Ora è molto più bello.» sussurrò, riponendo il foglio d'innanzi alla mia figura.






In realtà era davvero da un po' che non ricevevo notizie da mia madre, non che mi mancasse, solo che... volevo sapere per lo meno come se la passava. O meglio, volevo sapere cosa stesse succedendo con George, il mio patrigno.
Digitai il numero sulla tastiera del mio Iphone nero e attesi la risposta da parte dell'uomo che, dopo due, tre squilli, rimbombò nelle mie orecchie.
«Michael, ciao, come stai?» domandò, risultando armonioso e contento.
«Bene, grazie. Lì?»
«Beh... me la passo bene, ecco. Diciamo che tua mamma non è facile da gestire...»

Non dirlo a me. Tu l'hai voluta sposare, nessuno ti ha obbligato.
Ridacchiai, «lo so.»
«Dov'è la mia Johanna? Non si fa più sentire...» aggiunse «ed io sinceramente non voglio disturbarla con le mie chiamate...»
Quel tono di voce mi risultò così triste, ma allo stesso tempo paterno. Era evidente che a George mancasse molto sua figlia, visto che se l'era vista strappare dalla sua ala da una donna senza cuore, alias mia madre. Ed io, non potevo dargli torto perché se fosse stato il contrario non l'avrei mai permesso. Capivo che lui era innamorato, ma... fino a quel punto no, io l'avrei mandata a cogliere le fragole, piuttosto che perdere mia figlia.
«Sono sicuro che le manchi molto... dovresti chiamarla, ogni tanto. George, sai anche tu che Johanna non cerca mai le persone...»
Sentii un sospiro, «avevo pensato di venirvi a trovare, mi mancate davvero molto...»
E lì non potetti far a meno di sorridere, «siamo qui, quando vuoi.»
«Ci vediamo presto, ve lo prometto. Salutami quella testona di Johanna, prenditi cura di lei... un bacio.»

E riattaccai.






«Dio, ho una fame che non ci vedo!» esclamò mia sorella, aggrappandosi al mio braccio per poi far sprofondare la sua fronte dentro il mio petto.
«Non so voi, ma io ho voglia di pizza.»
«Concordo con Calum!» esclamammo io e la bionda all'unisono, per poi guardarci in faccia e ridere senza un motivo ben preciso.
«Andiamo in mensa, forse nel menù di oggi c'è qualcosa di gustoso.» commentò finalmente la riccia, prendendo a braccetto Johanna e continuando a camminare.
Io e Calum rimanemmo indietro, cercando con lo sguardo Luke e Ashton, i quali non si erano fatti vedere per nulla dopo il nostro ritorno.
«Chissà dove sono finiti quei due terremoti...» sentii sussurrare al moro, sedendosi e sospirando.
«Vedrai che si faranno presto vivi, non preoccuparti.»
Lui mi rivolse un sorriso, «ma com'è che tu sei sempre così ottimista?»
Alzai le spalle, incapace di dargli una vera e propria risposta alla sua domanda così strana.
«Pizza per tutti!» esclamarono le due ragazze, portando al tavolo due vassoi di pizza al taglio.
Johanna non mi fece neanche parlare che, immediatamente, mi porse il pezzetto con i peperoni, ridendo «non potevo dimenticarti, lo sai.»
Ashley ci fissò, sorridendo ad entrambi per poi emettere un suono simile ad un "uhh", il che ci fece arrossire.
«Siete fatti l'uno per l'altra...» riprese il moro, addentando la pizza.
Io e Johanna, al contrario, ci guardammo in faccia per poi scoppiare a ridere e continuare ad ingerire cibo.







«Ora, credo di essere piena sul serio.» continuò toccandosi la pancia «non ho mai mangiato così tanta pizza in vita mia...»
Poi ci pensò su per un attimo, ridendo «ma che dico, le grandi abbuffate le ho fatte con te. Ti ricordi quando...» ma si bloccò non appena aprì la porta della nostra stanza. Le corsi incontro, guardando la scena che ci era apparsa davanti, spostai poi lo sguardo sulla bionda che parve come sorpresa ma allo stesso tempo innervosita da quella stupida scenetta.
«Io...» mugugnò senza alcun emozione «ho bisogno d'aria.»




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No, fortunatamente per voi non sono morta.
Lo so che mi odiate e che, se potreste, la prima cosa che fareste sarebbe lanciarmi un cammello in faccia, ma... CHIEDO VENIA.
E' che è cominciata la scuola (ma và?) e... con i compiti e cose varie non riesco più a postare in modo continuativo, mi dispiace davvero molto.
Spero comunque di finire questa storia perché mi ci sono affezionata tanto.
Comunque, ciò non toglie che leggo ogni vostra recensione con un sorriso perché ogni volta mi aiutate tantissimo.
GRAZIE, PERCIO', A TUTTE VOI.
Volevo anche informarvi che sto tentando di iscrivermi a dei concorsi di scrittori su internet, spero di riuscirci perché fare questo è davvero la mia passione e... sarei davvero fiera ed orgogliosa di me stessa. Inoltre, aspetto vostre opinioni.


Bacioni grandi.




 
I MIEI CONTATTI:

WATTPAD: michaelslaugh
FACEBOOK: Thè Larry Al Limone

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Capitolo 11
*** Come scu... scusa? ***


Room 158 || Luke Hemmings




11.


Rimasi senza parole, il mio sguardo era ancora fermo su un Luke nudo sotto le coperte, con una ragazza, sicuramente quella con cui si trovava l'altra sera. Erano intenti a baciarsi e a giocherellare l'uno con i capelli dell'altro, recandomi ancora più fastidio di quanto già tutta questa scenetta non avrebbe fatto.
«LUKE!» esclamai arrabbiato «ti pare questo il luogo per scoparti una ragazza?»
Lei sembrò non sentirmi, tant'è che scivolò sotto le coperte, sicuramente stuzzicando il punto debole di Luke.
Mi schifai mentalmente pensando a cosa stesse facendo ora, in questo momento, proprio di fronte a me.
 «Oh gesù, che schifo!» esclamai ancora, uscendo dalla porta sotto lo sguardo divertito del biondo.
Questa volta aveva davvero superato tutti i limiti, ero davvero incazzato. Provai a chiamare Johanna, lasciandole messaggi in segreteria e messaggi su Whatsapp, solo che... era tutto inutile.
Sospirai, pensando che forse - dopo quella scenetta insignificante - si sarebbe recata fuori nel cortile per prendere un po' d'aria così come aveva accennato lei pochi attimi prima.
D'un tratto la vidi, seduta su un muretto con in mano una sigaretta e un accendino nell'altra. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, come arrabbiato col mondo ma ancora di più con quel biondino. Mi avvicinai cauto, non volevo farla innervosire ancor più di quanto già non lo era.
Girò il capo nella mia direzione, sorridendomi distrattamente «ecco di cosa parlava, quindi...»
Io non capii, tant'é che stetti zitto.
 «Aveva detto che me l'avrebbe fatta pagare... ma io non capivo per cosa però e ti giuro, non lo capisco tutt'ora.»
Sospirai, facendo un balzo e sedendomi accanto a mia sorella «se può farti star meglio, gli ho urlato contro, prima.»
Alzò le spalle, annuendo «l'unica cosa che mi farà star meglio sarà la vendetta... e ti giuro, non vedo l'ora di metterla in atto.»
 «Cosa intendi fare?»
 «Lo vedrai, Mike. Lo vedrai...» concluse, buttando il mozzicone di sigaretta a terra.



 

Luke's pov

In fondo non ero stato così cattivo, no? Mi ero solo vendicato e quindi mi sentivo apposto con me stesso. Mi sollevai da sopra la ragazza che intanto, sorrideva, e le dissi di rivestirsi per poi ringraziarla.
«Sei stata davvero d'aiuto, grazie.»
Lei sorrise, abbassando lo sguardo sui lacci delle sue scarpe «è lei la ragazza per cui hai fatto tutto ciò?»
Annuii.
«Sei innamorato perso, allora...»
Presi a ridere, arrivando anche ad avere le lacrime agli occhi «cosa, scusa?»
«Oh su... è palese! Avresti mai fatto questa cosa per una ragazza che non ti interessava minimamente?» mi chiese, facendomi riflettere un po' su.
In realtà no, ma - per mia difesa - potevo solo dire che non l'avrei mai fatto se non avesse cominciato per prima, facendomi uscire fuori di testa.
Sospirai, scuotendo poi il capo «sei fuori strada... io non sono né attratto da lei, né tanto meno innamorato di lei. Ho altri prototopi.»
Rialzò il capo, prendendo la borsa ed aprendo la porta della camera «sarà. Ma io continuo a pensarla così... - rise - a presto, Luke.»
Alzai la mano in segno di saluto e la lasciai andare, ripensando all'espressione facciale di Johanna pochi minuti fa. Ero davvero soddisfatto di me stesso, e su questo non c'erano dubbi.



 
Johanna's pov


Ero decisa a parlargli questa volta, volevo sapere perché l'aveva fatto visto che mi aveva esplicitamente confessato che me l'avrebbe fatta pagare. Sì, okay... ma cosa?
Di fretta e furia raggiunsi la camera, sperando di trovarlo ancora lì e, in un certo senso era così. Aprii frettamente la porta, trovandomi per la terza volta Luke Hemmings in mutande. Immediata chiusi gli occhi, gridando un "Luke!" ben assestato e aspettando che si mettesse qualcosa indosso.
«Cosa c'è?» sbottò.
«Io e te dobbiamo parlare, quindi caro mio, indossa dei pantaloni.»
Lui emise una risata, sedendosi proprio difronte a me con un sorrisetto beffardo, «io non prendo ordini proprio da nessuno, scusami.»
Sbottai, «perché l'hai fatto?» aggiunsi, «insomma... avresti potuto farlo in altri luoghi, o almeno avresti potuto avvisarci... nessuno ti nega di non... fare quello, ma... esigo rispetto!»
Si leccò le labbra, stendendosi sul letto con gambe perfettamente distese e braccia dietro la nuca «io faccio ciò che voglio.»
Le mie labbra sorbirono molta pressione quel pomeriggio, non riuscivo - pur mettendoci tutta la volontà del mondo - ad essere serena.
«Non nella nostra stanza, Hemmings!» la mia tranquillità era andata a puttane.
Continuai, «ammettilo! Volevi vendicarti!»
«Complimenti, sei perspicace.»
Mi alzai, chiudendo i pugni «per cosa volevi vendicarti, Hemmings?» aggiunsi «dimmelo!»
Lui rise amaro, alzandosi e posizionandosi di nuovo difronte a me «vuoi proprio saperlo, Henderson?» scosse il capo «bene, te lo dirò allora. Tu e il tuo fidanzatino Michael...»
«Michael n-» ma mi bloccò.
«Lasciami finire...» riprese, «dicevo, avete dormito nello stesso letto l'altra notte... e... chissà cos'avete fatto! Mi sono sentito così stupido che ho pensato di vendicarmi per farvi provare ciò che ho provato io in quel momento e... beh, credo di esserci riuscito.»
Scossi il capo, terribilmente arrabbiata «ma tu sei uno stronzo!»
«Può darsi.» disse con non chalange.
«Mettiti, anzi, mettetevi in quella fottuta testa che io e Michael non siamo fidanzati, bensì siamo fratello e sorella!»
«Come scu... scusa?»
«Hai capito, coglione!» dissi, in preda ad una crisi isterica.
«Oh... sul serio?»
Alzai un sopracciglio, «ti sembra che io abbia voglia di scherzare?»
Scosse il capo afflitto, abbassando lo sguardo sui suoi piedi completamente nudi.
«Dovrei chiedervi scusa...»
«Già, dovresti.» ed andai via, chiudendo la porta della camera abbastanza incazzata.





«Gli hai fatto una bella scenata, Jo...» sussurrò Ashley che, vedendomi così afflitta e nervosa decise di chiedermi cos'era successo.
«Non mi importa.» sbottai, scribacchiando su di un foglio «sono così arrabbiata con lui che se potessi lo brucerei vivo!»
«Johanna... devi ammettere che i vostri comportamenti erano piuttosto equivoci...»
Le lanciai una brutta occhiataccia «Ashley non ti ci mettere anche tu, ti prego!»
Alzò le mani, indietreggiando.
«Avrei solo bisogno di trovare un altro posto in cui stare... qui... è libero, per caso?»
Scosse il capo, «mi dispiace, Jo. Purtroppo ho già una compagna di stanza, si chiama Jade.»
Sospirai e annuii, capendo la situazione.
«Comunque per adesso ignoralo, vedrai che funzionerà.»
Annuii.



 
Luke's pov


Giravo per i corridoi della scuola in cerca di Michael o Johanna, avevo intenzione di chiedergli scusa per come mi ero comportato. Forse, se solo loro avrebbero voluto, avremmo potuto ricominciare con il piede giusto, azzerando tutto ciò che era successo fino ad ora, compreso il mio comportamento da eterno coglione. Sì, sapevo riconoscere quando sbagliavo.
D'un tratto incontrai Calum, il quale mi chiese cosa fosse successo, visto che aveva visto Johanna cacciarlo letteralmente dalla stanza della sua ragazza. Scossi il capo e accennai un sorriso, facendogli capire che alla fine, la situazione non era poi così tanto grave. Ormai io e la bionda litigavamo per qualsiasi cosa, eravamo due ragazzi molto simili, con il carattere praticamente uguale. Non nascondevo di essere orgoglioso, testardo ed egoista, ma per qualche strana ragione, lei riusciva a cacciare il peggio di me, moltiplicando i miei difetti. Inoltre, era una ragazza che aveva sempre da ribattere, il che mi faceva incazzare. E parecchio.
Andai a sbattere contro Michael, il quale era di spalle. Aveva una sigaretta in mano, l'altro arto nella tasca e guardava dritto di fronte, con uno sguardo abbastanza perso. Avrei voluto dirgli che mi dispiaceva di averli trattati così male, ma le parole mi mancarono, tant'é che mi sedetti sul gradino, aspettando una sua mossa.
«Cosa vuoi?» mi chiese, abbastanza distaccato e freddo.
«Chiederti scusa...» continuai «mi dispiace aver fatto lo stronzo, ma... in realtà c'è stato un grosso equivoco. Pensavo che tu e Johanna foste fidanzati e, quando vi ho trovati nel letto insieme io... beh... credevo che...»
Accennò un piccolo sorriso, che appunto notai.
«Okay, ho capito.»
«Non volevo farti incazzare, lo sai che mi sei simpatico.» dissi in tutta sincerità.
«E' mia sorella che odi, non è così?»
Annuii «il termine "odiare" non è esatto. Diciamo più che altro che non mi trovo bene in quanto è una rompi coglioni.»
«Eppure però, non si sa come, non si sa perché, ti attrae.» rispose con un tono di voce di chi la sapeva lunga.
«Perché continuate a dire tutti la stessa cosa?» sbottai «scusa se te lo dico Mike, ma lei non è assolutamente il mio prototipo di ragazza.»
«Sarà.» concluse, buttando a terra il mozzicone per calpestarlo con l'anfibio nero pece che indossava.
«Stasera mi piacerebbe uscire...» mi fissò, aspettando una mia risposta.
Mi guardai attorno, «si potrebbe fare... i permessi rubati li abbiamo.»
«Perfetto, che problema c'è allora?»
Sorrisi.





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CHIEDO DAVVERO PIETA'.

So che sono sparita per davvero tanto tempo, ma... ho avuto una breve cotta e mi sono lasciata andare. Ma, per vostra fortuna, è finita così posso ricominciare a postare in fretta come facevo prima. Ho letto le numerose recensioni e siete state, come sempre, molto dolci.
Cercherò anche di recensire le storie che ho trascurato, perdonatemi.
Ora scappo a scrivere il continuo di questa storia così ho il capitolo già pronto, voi intanto, scrivetemi cosa ne pensate!

Bacioni, Chiara x


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Capitolo 12
*** Sì... loro... ecco... sono gay. ***


Room 158 || Luke Hemmings




12.


 
Johanna's pov


Appena rientrai in stanza, notai subito che i miei due compagni non erano presenti. Perciò potetti approfittare del momento per fare una doccia e poi leggere un libro che avevo portato da casa. Leggere era diventata ormai la mia passione più grande, amavo immedesimarmi nella protagonista e cercare di capire cosa le passasse per la testa. I libri che più amavo erano quelli gialli o ancora, d'horror. Mi piaceva trovare il colpevole che avesse ucciso la vittima o per lo meno, tentare di raccogliere indizi. Mi spogliai ed entrai in doccia, aprendo il getto d'acqua. Ogni tanto mi piaceva pensare che anch'io sarei potuta diventare una bravissima scrittrice, chissà forse anche di fama mondiale. Mi piaceva credere che i miei scritti sarebbero stati tradotti in molteplici lingue, dallo spagnolo al tedesco e così via. Sarebbe rimasto comunque un sogno nel cassetto il mio, dato che a parer di alcuni - tra cui anche il mio adorato padre - era irrealizzabile. Era strano come, sotto l'acqua calda, si riuscisse a pensare a tutto. Ad esempio, ora ripensavo al momento in cui avevo trovato quei due sotto le coperte. Odiavo anche solo il pensiero che in quella stanza ci fosse stato Luke con un'altra ragazza. Non capivo il motivo, ma mi dava un enorme fastidio. Sospirai e continuai ad immaginare i loro corpi strusciarsi sotto le lenzuola, ai loro gridolini di piacere... quasi mi venne rabbia. Mi sciacquai il viso ed uscii dalla doccia, arrotolandomi un'asciugamano attorno al corpo. Spazzolai i miei capelli biondi bagnati e li asciugai, mettendomi indosso l'intimo.
«C'è qualcuno qui?» domandò una voce maschile.
Subito mi guardai attorno, cercando di indossare un qualcosa che mi rendesse per lo meno presentabile.
«Ehm... sì, un secondo.» presi una maglia grigia e la indossai, non sapendo neanche di chi fosse.
Aprii la porta, trovandomi di fronte un uomo più o meno di trent'anni, «devo ispezionare la stanza. Come mai sei qui?» aggiunse entrando «lo sai che questa è l'ala maschile del dormitorio?»
Annuii «certo che lo so. La preside, dato che non c'erano altri posti disponibili nell'area femminile, mi ha inserito qui, assieme a mio fratello Michael e un certo Hemmings.»
«E... dove sarebbero questi due ragazzi?»
Deglutii, «in bagno.»
«Insieme?»
«Sì. Loro... ecco... sono... gay.»
Silenzio. L'uomo moro non accennava a rispondere. Solo dopo un paio di secondi si udì un «oh.»
«Allora aspetterò che escano.» e si sedette su una poltrona, squadrandomi da capo a piedi. Era un uomo abbastanza attraente, capelli tirati in su molto ordinati, fisico statuario e una barba incolta che incorniciava il suo viso mascolino.
«Posso sapere chi sei?» domandai.
Lui sorrise, «mi chiamo Jeoff, e sono il vostro supervisore... la preside mi ha detto di controllare se tutti i ragazzi sono nelle loro stanze, visto che manca poco al coprifuoco e così...» non finì la frase, lasciandomi intendere ciò che in fondo, voleva dire.
Merda.
«Oh, capisco.» continuai «comunque sarà meglio che vai a vedere gli altri per ora. Sai... ci impiegano davvero tanto tempo.»
Lui sembrò cascarci, tant'é che si alzò dalla poltrona ed uscì dalla porta, gridandomi un «torno tra poco.» e poi andar via.
Dovevo inventarmi assolutamente qualcosa, ora.





Cercai di inviare una marea di messaggi a Mike, sperando in una sua risposta. Purtroppo, anche le chiamate risultarono vane, visto che non accennava a rispondere. Sospirai e decisi di chiamare il biondo anche se, in quel preciso istante, mandai a puttane il mio dannato orgoglio.
«Pronto?»
Oh grazie al cielo.

«Senti, non perdiamoci in convenevoli. Tu non mi piaci ed io non piaccio a te, perciò... muovetevi a tornare ovunque voi siate, qui c'è Jeoff... è stat-» ma mi bloccai, sentendo il rumore dei passi dell'uomo. «Oh ma che te lo dico a fare, sbrigatevi a tornare!»
E chiusi la chiamata, sperando in un loro ritorno.




 
Luke's pov


«Cosa è successo a Johanna?» domandò Michael, abbastanza preoccupato.
Sbottai per la domanda, era la quarta volta che mi chiedeva la stessa ed identica cosa, ero stufo. Continuai a camminare a passo spedito verso l'auto, ignorandolo palesemente. Non avevo alcuna intenzione di risponderlo, specie perché non sapevo la risposta. Appena aprii la macchina mi fiondai dentro, misi in moto e aspettai che Michael si sedesse di fianco al sottoscritto.
«Luke, cazzo, mi vuoi rispondere o no?» sbottò incazzato, sbattendo lo sportello dell'auto.
«Mike, porca troia, non lo so!» aggiunsi «mi ha detto che c'è un certo Jeoff... e che dobbiamo sbrigarci a tornare! Non so altro.»
«Oh mio dio. E se questo Jeoff fosse uno stupratore seriale? E se le stesse facendo del male?» continuò, aprendo il finestrino «mi manca l'aria. Dov'è la mia Johanna?» poi prese il cellulare, sbloccando la tastiera «oh gesù, no! Mi ha chiamato quattro volte ed io a nessuna delle chiamate ho risposto! Sono un fratello irresponsabile... George mi ucciderà! Oh no...» inspirò e poi buttò fuori «sono uno stronzo... come ho potuto lasciarla da sola... di sicuro ora starà piangendo, magari quell'idiota è lì a torturarla ed io sono qui, con te, con le labbra ancora al sapore di pizza.»
«Ehi Luke, ma mi ascolti?» domandò ad un certo punto.
«Vuoi la verità o la bugia?» gli richiesi con un mezzo sorrisetto.
«E' più bella la verità o la bugia?»
«Dipende... tu, cosa vuoi sentire.»
«Io... credo... la... verità.»
«Okay. Allora no, non ti stavo ascoltando minimamente.» poi notai come abbassò lo sguardo, evidentemente dispiaciuto «vedrai che starà bene.»
«E se il maniac-» ricominciò.
«CAZZO MICHAEL, SMETTILA!»





Appena arrivammo in stanza, lessi il messaggio da parte della bionda, che recitava un "entrate dalla finestra, dovete far in modo di trovarvi in bagno. Fate come vi ho scritto, mi raccomando."
Anche se titubante seguii i suoi ordini, trovandomi così dentro il bagno della stanza. Cercammo di non fare il minimo rumore, tant'é che zittii Michael non appena cercò di chiudere l'enorme finestra. Risposi al messaggio di Johanna con un "siamo dentro e ora?"
"Spogliatevi ed indossate un'accappatoio, vi spiegherò tutto più tardi."
Tutto questo mi rendeva molto preoccupato. E se questa situazione facesse parte della famosa vendetta? Io non riuscivo a fidarmi, nonostante avessi dovuto.
«Allora? Ti vuoi spogliare?» mi chiese il moro, indossando l'accappatoio bianco perla.
Solo che... riflettendoci su non avrebbe avuto molto senso dato che ci sarebbe andato di mezzo anche Michael, in quanto suo fratello. Perciò, anche se ancora titubante, mi spogliai e lo indossai.
«Johanna, mi sto arrabbiando!» sentimmo, e lì Michael cominciò ad arrabbiarsi, aprendo la porta così violentemente che quasi la ruppe.
«Ma chi cazzo sei, eh? Cosa vuoi da mia sorella, coglione!?»
Lei scoppiò a ridere, scuotendo il capo e guardandomi sott'occhio.
«Mikey... è tutto okay. Lui è Jeoff, il supervisore dell'ala maschile. E' venuto qui per controllare se fossimo nelle nostre stanze.»
«Già. E... inoltre, mi dispiace aver interrotto la vostra doccia... ho saputo.»
Storsi il naso, non capendo «cosa?»
«Formate una bella coppia, voi due.» e salutò, constatando che - alla fine - fosse tutto in ordine.
«CHI FORMA UNA BELLA COPPIA, SCUSA?» gridai, girandomi poi verso la bionda.
«Luke... credo noi due.»
«Già. Michael, puoi dire a quel carciofo che vi ho salvato il culo? Grazie.»
«Luke, Johanna ha dett...-» ma lo bloccai.
«Mike, so cos'ha detto.» continuai, incrociando le braccia al petto «e tu puoi dirle cortesemente che non le avevo chiesto io di salvarmi il culo?»
Lo vidi sbuffare, «Jo, Luke ha detto ch-»
A sua volta, la bionda fermò il fratello «Mikey, so cos'ha detto. Potresti dirgli gentilmente, che l'ho fatto solo per te, mio caro fratello?»
«No, andate a fanculo entrambi.» concluse, recandosi in bagno e chiudendosi la porta dietro.






«DOVETE SMETTERLA!» esclamò Michael, sbottando per l'ennesima volta.
Eravamo distesi tutti e tre sul divano, con in mano dei pop corn e il telecomando. La stronza bionda si era installata sul cellulare l'app dei telecomandi universali, così da cambiare canale ogni volta che qualcosa non le piaceva. Ormai andavamo avanti così da mezz'ora o più, continuavamo a cambiare canale, da mtv passavamo alla bbc e così via.
«Quello che vede Hemmings a me non piace!» sbraitò, in risposta a suo fratello.
«Oh ma sentila! Come se i film che vedi tu fossero accettabili.»
«Ma vattene un po' a fanculo.» rispose, senz'alcuna emozione nel tono della voce.
«Dopo di te.»
Il moro al mio fianco sbottò, sequestrandomi il telecomando e togliendo il telefono alla sorella «ragazzi sul serio, non vi sopporto più. Io andrò a dormire da Calum e Ashton, non ce la faccio. Quando avrete fatto pace allora ritornerò.» dopo ciò, lasciò gli aggeggi sul divano e cominciò a mettere la sua roba dentro uno zaino, aprendo poi la porta per andar via.





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Ehilà! No, non sono morta, ahaha.
Sono tornata per postare un nuovissimo capitolo, yeey.
Come vi sembra? Beh, purtroppo Michael ha preso la sua decisione, secondo voi avrà fatto bene o le cose peggioreranno? Mhhh... sono ansiosa di sapere che ne pensate! Ahaha.


Ora devo scappare, ricordo come al solito che:


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Capitolo 13
*** Sto tremando. ***


Room 158 || Luke Hemmings




13.

 
Luke's pov
 

«Visto che hai combinato, cretino?» chiese retorica, sbottando e spegnendo lo schermo della televisione.
«Ma se hai cominciato tu!» esclamai di getto, buttandomi a peso morto sul mio letto.
«Voglio che Mike ritorni...» sussurrò, sdraiandosi anch'essa sul letto e aprendo un libro di Stephen King, "Revival".
«Perché non vai via anche tu? Così magari siamo tutti più felici!» sbraitai in preda alla rabbia, facendo poi una smorfia con le labbra. In realtà anch'io volevo che Michael tornasse, era una persona a cui mi ero affezionato ormai, lo consideravo quasi al livello di Calum, Ashton e Ashley. Non volevo che la nostra amicizia andasse a puttane per colpa di qualche litigio con sua sorella. Sospirai, preparandomi psicologicamente alla risposta di Henderson.
«Guarda, non ti rispondo 'che forse é meglio.» si alzò, posò il libro sul letto e cominciò a spostare la scrivania, togliendo dei cuscini dal divano per creare una sorta di separé che, se dovevo dirla tutta, non mi dispiaceva affatto. Almeno così non l'avrei vista neanche in faccia a quell'idiota.
«Almeno non vedrò la tua faccia da culo.» cominciai io, stuzzicandola e posizionando l'ultimo cuscino bordeaux sul mobiletto.
«Oh ma guarda un po', io non vedrò la tua faccia da pesce lesso, invece.»
Touché.






Era ormai una settimana che Michael continuava ad evitarci e che, io e la bionda non parlavamo. Avevamo deciso di ignorarci per far sì che la nostra convivenza risultasse più facile. Tutti se ne erano accorti che qualcosa non andava, Ashton aveva provato più volte ad avvicinarmi con la scusa di qualche uscita ma io, prontamente, avevo sempre rifiutato, inventandomi qualche scusa al momento. Henderson invece, era diventata totalmente asociale, mangiava da sola, leggeva e studiava in biblioteca da sola e si recava nelle aule da sola, sedendosi vicino ad uno sconosciuto diverso ogni giorno, che quasi sempre cercava di approcciare con lei. La vedevo, ogni mattina, quella sua faccia da culo, ed era più bella che mai. Certo, si notava perfettamente che era incazzata con me, con Michael... ma forse, non sapevo perché, non sapevo come mai, tutto quello non faceva altro che farmi divertire. Avrei dovuto chiederle scusa sin dall'inizio poiché in fondo avevo sbagliato io, lei non aveva fatto altro che salvarmi il fondoschiena, come d'altronde, aveva esplicitamente detto anche lei. Sospirai e addentai un pezzo di panino, abbassando lo sguardo non appena vidi Michael entrare in aula. Fortunatamente quella mattina avevo deciso di optare per un posto singolo, così da non avere nessuno tra i piedi. Avevo imparato a capire com'era fatto Mike giorno dopo giorno, avevo notato come si relazionasse con la gente e con le persone a lui importanti. Ad esempio, con Johanna era molto dolce, si vedeva che ci teneva tanto a lei, anche se forse non lo dava molto a vedere. Quella sua scenata, l'altra sera in macchina, mi fece capire quanto quella ragazza fosse importante nella sua vita. Se le fosse successo veramente qualcosa allora l'avrei perso completamente. Con me invece, era molto amichevole, cercava sempre di rimediare agli sbagli della sorella, cercando di farmi capire - con gesti e non con parole - che lei era fatta così e che non era cattiva come invece voleva far credere. Sospirai ancora e chiusi il panino nella carta, ormai era entrato il professore e se mi avesse visto mangiare qualcosa sarei stato nei guai. Aprì quindi il registro e cominciò ad interrogare.






Appena vidi Ashton cercai subito di cambiare strada, solo che purtroppo, il castano se ne accorse, prendendomi per un braccio e costringendomi a fermarmi.
«E no, ora basta. Mi avete rotto le palle voi tre. Che diamine succede?» sbraitò, incazzato come non mai.
«Ash, ho da fare un mucchio di cos-» ma mi bloccò sul nascere.
«Ah davvero? Quali cose? Ignorare me, Calum, Ashley, Michael e Johanna?» continuò, «io so cos'è successo, Mike mi ha raccontato... sul serio, non potete andare avanti così! Devi chiederle scusa.»
«Senti... so anche io che ho sbagliato, ma... il mio orgogl-»
«Il mio orgoglio me lo impedisce, giusto?» domandò, continuando al posto mio.
Sbottai, roteando gli occhi al cielo.
«Lo prenderò per un sì, d'accordo.» sospirò «ormai Johanna è completamente assente. Lo sai, no? Evita anche Ashley.»
Annuii «sì, la vedo ogni mattina...»
«Perché non provate a chiarire? Magari ne esce fuori qualcosa di positivo per entrambi...» sottolineò, e questo mi fece pensare ad una sola cosa: anche lui, come tutti gli altri, pensava che mi piacesse quella tizia.
«SENTI, JOHANNA NON MI PIACE!» esclamai incazzato, girandomi dalla parte opposta e cominciando a camminare con falcate molto veloci.
Lo sentii ridacchiare, «non ho assolutamente detto questo. Io intendevo qualcosa tipo l'amicizia, Luke!»
Certo, come no.





 
Johanna's pov


Se erano davvero convinti che io fossi tornata da Luke, beh... allora si sbagliavano di grosso. Stavo bene così, non avevo bisogno di amici, tanto meno di Michael. Certo, non potevo nascondere che mi mancava, solo che... il mio orgoglio mi impediva di chiedere scusa. E poi non ero io quella che era in torto, almeno non questa volta. Prese a squillarmi il cellulare, appena lo cacciai dalla tasca posteriore dei jeans lessi il nome di "papà" sullo schermo e così risposi.
«Pronto?» cercai di non farmi sentire scocciata, anche se la mia voglia di parlare con mio padre in quel momento era pari a zero.
«Johanna, ciao! Come stai?»
Incazzata nera.
«Ahm... bene, grazie. Tu?»

«Sto bene, ma lo sarò ancora di più dopo averti dato una splendida notizia!»
Oh merda. Questo voleva dire solo una cosa: la troia era incinta.
Allarme rosso, ripeto, allarme rosso.
«Ehm... senti papà, prima che tu poss-»
ma lui mi bloccò sul nascere, ridacchiando «tesoro di papà, questo fine settimana verrò a trovare te e Michael, non è bellissimo?»
Sospirai, rendendomi conto che questa sua visita non avrebbe portato a nulla di buono. Avevo paura al solo pensiero di mio padre nella stessa camera con Luke, perchè diciamocelo, il mio carattere l'avevo ereditato da lui e non da mia madre. Perciò, in quel momento sperai con tutta me stessa che se fosse venuto realmente, le cose sarebbero andate per il verso giusto.
«Oh... beh... ecco...» deglutii. In fondo non sapevo cosa dirgli, specie perché mi aspettavo altro. Fortunatamente però la stronza non era incinta così un altro sospiro di sollievo potevo tirarlo tranquillamente.
«Ti aspettiamo, allora...» e conclusi la chiamata.





A passo spedito mi recai nella mia camera, sperando di non trovare Luke in mutande come al suo solito. Guardai l'orologio sul cellulare e notai che erano le due precise, perciò era impossibile che il biondo stesse in stanza visto che a quell'ora c'era la lezione di matematica. Aprii la porta e, con grande stupore notai Ashton e Luke seduti entrambi sul letto.
«Merda.» sussurrai più a me stessa che a loro. Con molta velocità cercai di chiudere immediatamente la porta ma la mano del riccio mi fermò, prendendomi per il bacino e trascinandomi dentro.
«Forse voi due avete qualcosa da dirvi... o mi sbaglio?»
«Ti sbagli.» confermammo entrambi, io e Hemmings, trucidandoci poi con lo sguardo.
«Smettila di copiarmi, l'originalità dov'è finita?» chiese abbastanza divertito, fissandomi di sottecchi.
«Nel culo di tu-»
«Jo, basta! Luke, cazzo, smettila!» continuò abbastanza arrabbiato «siete peggio di due bambini! Minchia, avete diciotto anni!»
«E con ciò?» domandai, «insomma, io mi adatto al suo livello.»
«Ehi!» esclamò il biondo.
«Ragazzi, davvero, Michael è arrabbiato con voi... potreste almeno cercare di trovare una soluzione?»
Feci finta di pensarci, «ehi, io ce l'ho! Perché non continuiamo ad ignorarci? In fondo è andata bene fino ad ora.»
Ashton sbuffò, «fate perdere la pazienza per fino a me, fanculo.» e aprì la porta, fiondandosi fuori.
Cosa potevo fare io? Nulla. Era davvero inutile che Ashton se la prendesse con me, specie perché qui la vittima ero solo e solamente io. Hemmings si alzò dal letto, cominciando poi a togliere il separé e rimettendo tutto al suo posto. Io al contrario, lo guardavo abbassarsi e piegarsi per raccogliere gli oggetti, era davvero... spettacolare. Cioé, era un ragazzo davvero molto carino. Adesso, per esempio, i suoi capelli erano tutti scompigliati, il ciuffo ben curato che aveva fino a questa mattina era sparito. La barba era incolta ma allo stesso tempo gli stava bene, incorniciava meglio il suo viso. Il pircing al labbro veniva sempre bagnato dalla lingua che ogni tanto passava sopra. Mi sarebbe piaciuto giocarci, ma forse questa era solo una fantasia che avrei dovuto reprimere in qualsiasi modo. Non nascondevo il fatto che fosse davvero un gran bel ragazzo ma, come spiegai in precedenza a me stessa, era il suo carattere che mi innervosiva.
«Siamo due stronzi.» disse, interrompendo i miei pensieri.
«Perché?» chiesi, sbuffando ed alzandomi dal letto per aiutarlo.
«Perché stiamo facendo star male i nostri migliori amici...» rispose, fermandosi un pochino e parandosi di fronte alla sottoscritta.
«Se tu mi chiedessi scusa tutto questo finirebbe.»
«Perché io, Henderson?!» continuò, avvicinandosi a me «sei tu che devi chiedermi scusa!»
«Ma io non ho fatto nulla! Anzi, dovresti chiedermi scusa per almeno due volte, considerando che la prima ti ho trovato qui dentro con una sgualdrina, mentre la seconda ti ho salvato il culo e neanche mi hai ringraziata, anzi, mi hai anche aggredita dicendomi che non dovevo farlo!» sbraitai, togliendomi finalmente l'enorme peso che avevo sopra lo stomaco.
Vidi il suo viso rabbuiarsi, forse perché non si aspettava questo mio sfogo. Indietreggiò di qualche passo e scosse il capo, sedendosi sul letto «Già.»
Solo un... già? Solo questo?
«Cosa hai detto, scusa?» risi nervosa, non credendo alle sue stesse parole «sai dirmi solo un fottutissimo "già"? Nient'altro?»
Cominciò a fissarmi, per poi bagnarsi il labbro inferiore con estrema lentezza. Tutto quello mi faceva impazzire.
«Smettila.» affermai senza neanche pensarci.
«Di fare cosa?» sembrò capire, ma continuò lo stesso.
Stronzo.
«Di fare quello che stai facendo. Mi da... fastidio.»
Fu a quel punto che si alzò di nuovo dal letto e venne verso di me, circondami con le sue braccia «io faccio quello che voglio, Henderson.»
Deglutii pesantemente, mettendo poi le mie mani sul suo torace. Volevo spingerlo via ma non ci riuscivo, la forza nelle braccia mancava ora più che mai.
«Lo fai quando non ci sono, Hemmings.»
Rise, «cosa cerchi di fare? Vorresti davvero spingermi?»
Annuii.
«Ti propongo una cosa, un patto.»
«Ti ascolto.»
«Davanti agli altri ci comporteremo normalmente, mentre quando saremo da soli ci ignoreremo. Ci stai? E' l'unico modo per non farci rompere più i coglioni.»
Annuii sorridente, pestandogli un piede per poi dargli uno schiaffo.
«E questo... perché l'hai fatto?!» gridò, visibilmente incazzato.
«Per le scuse che mi dovevi.» continuai, «non abbassare mai la guardia Luke Hemmings. La mia vendetta è appena cominciata.»
«Sto tremando.» mi prese per culo.
«Fai bene.» e conclusi, uscendo dalla stanza.






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Haloa!
Come state?
Finalmente ho aggiornato, yuppi.
Certo, so che il capitolo non è lunghissimo però ho paura che farlo troppo lungo poi possa rompervi le palle, perciò... eccolo qui.
Cosa ne pensate?
Il capitolo è incentrato molto su Luke e Johanna, ah... riflettete molto sulla vendetta della bionda perché credo che nel prossimo capitolo ci sia già qualche bell'indizio. MUAHAHHA.

Ora devo scappare, fatemi sapere cosa ne pensate, eh!



Baci, Chiara x

 
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Capitolo 14
*** Eravamo un Luke e... ***


Room 158 || Luke Hemmings

 

14.

 
Michael's pov


Avevo davvero bisogno di Johanna, mi mancava terribilmente parlarle e fare insieme tutte quelle cazzate che ci avevano fatto diventare così uniti. Ogni giorno la vedevo dirigersi in classe per qualche lezione che, molto spesso, avevamo in comune. Come al solito non mi degnava neanche di uno sguardo, entrava in classe e si dirigeva al primo banco libero che trovava, con i suoi libri in mano e la cartella blu scuro in spalla. Tutto ciò non faceva altro che farmi male poiché, in fondo, io ero a conoscenza del perché non mi degnava di alcuna attenzione: non voleva darmi soddisfazioni. In questo momento ero a pranzo con Calum ed Ashley, quei due mi stavano aiutando davvero tanto, volevano che la situazione ritornasse presto alla normalità, specie perché ad Ashley mancava davvero molto parlare con mia sorella. I capelli rosso carota della ragazza cadevano morbidamente sulla sua spalla, mentre con la forchetta girava e rigirava il puré di patate nel suo piatto. I suoi occhi erano vuoti e spenti, forse anche perché le mancava quasi sicuramente Luke. E in un certo senso, anche Calum era in quello stato.
«Spero che questa situazione finisca al più presto.» esordì il moro ad un certo punto, alzando lo sguardo verso di me, come se volesse una reazione che rivoluzionasse la vicenda da parte mia.
«Luke mi manca troppo, e Johanna anche. Dovrebbero smetterla di pensare solo a loro stessi!»
Sospirai, in fondo Ashley aveva ragione.
«Ragazzi...» blaterai, fissando la porta d'ingresso della mensa aprirsi «ma quelli non sono Luke e Johanna?»
Ashley alzò immediatamente lo sguardo, girandosi dalla parte opposta per vedere con i propri occhi la scena. Storse un po' la bocca, evidentemente, come me e Calum, era ancora in fase di realizzazione.
«Ciao a tutti!» esclamarono all'unisono, sorridendosi a vicenda per poi sedersi uno di fronte all'altro.
«Volevam-» cominciarono di nuovo insieme, guardandosi con uno sguardo un po' strano, forse adesso era l'ora in cui sarebbero scoppiate le parolacce.
«Prego cara, comincia tu.» rispose cordiale il biondo, sorridendole e facendole cenno di continuare ciò che aveva iniziato.
Okay, cosa stava succedendo?
«Grazie Lukey. Dicevo... volevamo scusarci per il nostro comportamento nei vostri confronti... siamo stati due bambini e... niente, speriamo solo che voi possiate perdonarci.» concluse il tutto con un bel sorriso, il che fece ricredere Ashley che immediatamente l'abbracciò.
Io e Calum ci guardammo inebetiti, non avevamo la benché minima idea di cosa stesse succedendo in quel momento, specie perché quei due seduti con noi, al nostro tavolo, non erano i veri Luke e Johanna. Dov'erano finiti quelle due teste calde che litigavano per ogni motivo? Dov'erano finite le parolacce e gli insulti di Luke? E quelli di Johanna? Certo, tutto quello mi piaceva ma... capivo, anzi sentivo dentro di me, che quella non era la normalità. Più tardi avrei parlato con quello più ragionevole dei due.




 

Luke's pov

«Non permetterti mai più di parlare quando parlo io, hai capito?» domandai abbastanza nervoso alla bionda.
«Ah io?! Semmai sei tu che parli sopra la mia voce, pezzo di idiota!» continuò «oh gesù... quel sorrisetto da carciofo poi, si vedeva che era finto!»
Sbottai, presi un cuscino e glielo lanciai in faccia «tutto questo mi innervosisce! Anzi, tu mi innervosisci!»
«Tò, senti chi parla! Ora zitto che devo studiare.» cercò di finirla lì, ma il mio essere stronzo non glielo permise.
«Che studi a fare... tanto sempre voti bassi prendi.» e misi su un sorrisetto da sfottorio, per poi avvicinarmi di più a lei «che ne dici di questo sorriso? Si vede che non è finto?»
«Scappa.»
«Cosa?»
«HO DETTO SCAPPA, HEMMINGS.» gridò, alzandosi furiosa dalla sedia e cominciando a rincorrermi per tutta la stanza che, ahimé, non era molto grande per questo tipo di giochetto. Purtroppo inciampai su una scarpa, la quale mi fece cadere rovinosamente a terra e, sfortunatamente, come se tutto ciò non bastasse, mi cadde sopra anche Johanna. I nostri visi erano ad un centimetro di distanza, mentre sentivo il suo respiro diventare sempre meno regolare. Entrambi tentavamo di non guardare negli occhi l'altro, tant'é che cercavamo di guardare altrove, tentando in tutti i modi di liberarci l'uno dal peso dell'altro.
«Alzati, banana girl.» esordii ad un certo punto, sperando di non essere rosso in viso.
Lei non fiatò, al contrario fece come le dissi e si risedette sulla sedia, con in mano il libro di inglese.
«Io... vado a fare un giro.»
«Spero che tu cada dalle scale.» ricevetti come risposta, prima di chiudere la porta alle mie spalle con un piccolo sorriso.






Essere in stanza con Johanna era come avere a che fare con una scimmia perché era così maledettamente irritante, stupida, perennemente incazzata con il mondo e... dolce, quando voleva e soprattutto con chi voleva, che non riuscivo più ad immaginare la mia camera vuota, in perfetta tranquillità. Sorrisi ripensando a qualche secondo fa. I suoi occhi erano davvero belli. Al contrario dei miei, erano di un azzurro più scuro, quasi come il colore del mare in tempesta. Quella ragazza stava diventando il punto fisso dei miei pensieri e ciò non andava bene, considerando che ciò che pensavo sulla sua persona erano solo cose negative e non positive. Insomma, che futuro avrei avuto io con una persona del genere? Con una versione al femminile con esattamente il mio carattere? Ci saremmo come minimo uccisi, ed infatti era ciò che facevamo da quando era qui, quindi tutto quadrava.
«Luke, finalmente ti ho trovato!» esclamò Michael, venendomi incontro «ho girato quasi tutta la scuola.»
«Quindi presumo che tu mi abbia perdonato, non è così?» gli sorrisi maliziosamente, aspettando una conferma da parte sua.
«Tornerò nella nostra stanza quando mi dirai la verità e, dato che so che tra te e Johanna quello un po' più ragionevole sei tu... beh, eccomi qui.»
Alzai un sopracciglio, non capendo «Mike, abbiamo fatto pace. Cos'altro vuoi?»
«E' che... tutti quei sorrisi, oggi a pranzo, mi sembravano strani. Voi non siete così!» esclamò, come se stesse quasi per impazzire.
«Devi stare tranquillo, è tutto okay tra me e Hender-»
«Ah ahà!» disse, puntandomi il dito contro «perché continui a chiamarla in quel modo se ora avete fatto pace?»
Sospirai, «perché l'ho sempre chiamata così e non intendo cambiare... o preferisci che la chiami Banana girl?»
Si sbatté una mano in fronte, per poi trascinarla lungo il suo viso e sbottare ancora, come quasi se non volesse crederci.
«Cazzo sto impazzendo, ho bisogno di fumare.»
Annuii, «come vuoi amico. Allora... pace fatta?»
«Sì sì, pace fatta...» ed uscì, non degnandomi neanche di uno sguardo o di un saluto.




 

Johanna's pov

Dopo che Hemmings era uscito dalla stanza avevo riposto i libri e avevo cominciato a cercare nei vari cassetti ciò che mi serviva per la mia piccola vendetta contro il biondino. Presi la borsa e la svuotai sul letto, trovando poche cose che in quel momento, non mi interessavano minimamente. Svuotai anche il cassetto dell'intimo, forse, per non farmi scoprire, ciò che mi serviva lo avevo nascosto lì. Sbottai e mi sedetti per terra, cercando di ricordare dove avessi nascosto i lassativi. Appena mi venne il lampo di genio scattai verso il bagno ed aprii un mio cofanetto, trovandoceli lì in buono stato. Presi le chiavi della stanza e mi diressi al bar per comprare due caffé, uno per me e uno per lui. Nel frattempo che attraversavo il campus varie fantasie mi colpirono, come ad esempio un Luke Hemmings che correva in giro per il campus in cerca di un bagno o ancora, quella meno cattiva, un Luke Hemmings che fremeva dalla voglia di farla nel bagno della stanza. Sogghignai e acquistai i due caffé, pagando poi la commessa e ritornandomene in stanza. Sicuramente mi sarei divertita.





«Mi spiace per te ma non sono caduto dalle scale.» disse non appena aprì la porta.
Oh tesoro, non immagini cosa ti aspetta.
«Peccato.» continuai «sai cos'è davvero divertente?»
«Se è una qualsiasi battutaccia su di me, ti prego, risparmiatela.» rispose scocciato.
«Mi piacerebbe, ma... non lo è.» aggiunsi «dicevo, ci hanno portato in camera due caffé completamente gratis. Non so chi sia stato a pagarli, forse hanno sbagliato stanza. Tu che dici?» domandai, cercando però di trattenere le risate che fra poco, sarebbero uscite sguaiatamente dalle mie labbra.
«Dico che se ti offrono un caffé non bisogna mai rifiutarlo, perciò... dov'è?» chiese, guardandosi attorno e prendendo il mio bicchierone.
«NO!» esclamai, fermandolo giusto in tempo.
«Cosa c'è?»
«Quello è mio, il tuo è l'altro. Scusa ma... credo di essermi raffreddata e...» feci un finto colpo di tosse che fortunatamente fece lasciare il bicchiere al biondo.
«Ah... okay.» tolse il coperchietto e cominciò a bere, il tutto sotto il mio sguardo divertito. Dopo un certo punto, decisi di andare in bagno per occuparlo: il lassativo avrebbe fatto effetto tra pochi secondi.






«PORCA TROIA, CHE CAZZO C'ERA IN QUEL CAFFE'?» lo sentii gridare, sbattendo le mani contro la porta «esci, cazzo, esci!»
«Potrei... ma sono occupata, mi sto pettinando i capelli.»
«Non me ne frega un cazzo, io mi sto cagando sotto!» continuò «non pensarci, Luke, non pensarci... OH GESU'.»
Cominciai a ridere sguaiatamente, immaginando il viso del biondo fare smorfie per ciò che gli stava succedendo. Misi al suo posto la spazzola e decisi di farlo entrare, mi ero divertita abbastanza. Aprii quindi la porta, trovandomelo proprio di fronte, con le sopracciglia aggrottate e un'espressione in viso davvero incazzata.
«Sei stata tu, stronza!» esclamò, entrando poi in bagno e chiudendosi a chiave.
Ti avevo detto che me l'avresti pagata, cosa ti aspettavi?
«Ops.» dissi in ultimo, ridacchiando ancora e maledicendomi per non avergli fatto una fotografia che poi avrei attaccato dentro l'armadietto, con sotto una scritta in nero: Erano Luke e... un lassativo. (:

 

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Capitolo 15
*** Oh merda... ***


Room 158 || Luke Hemmings



15.


Ashton's pov

"E' in corso la mia vendetta..." ricevetti dalla bionda. Quella ragazza era un terremoto, ero davvero contento che alla fine avesse deciso di fargliela pagare. Luke andava trattato così, non volevo essere cattivo ma quella volta aveva davvero esagerato e si meritava una punizione. Speravo solo che dopo questa vicenda Luke stia bene, in fondo era solo del lassativo. Johanna Henderson era la tipica ragazza da non avere come nemica, se solo avesse voluto ti avrebbe calpestato e ridotto in mille pezzettini.
"Aspetto tue notizie x", le risposi.
Aprii pc e andai su Twitter, ritwittando qualche tweet qua e là. Calum mi guardava interdetto, a dire la verità non aveva detto ancora nulla e questo era alquanto strano. Insomma, non era da Calum Hood rimanere in silenzio per così tanto tempo.
«Ehi amico, è tutto okay?» domandai, distogliendo per un attimo lo sguardo dall'icona di un gruppo rock.
Lui scosse il capo, mordendosi poi il labbro inferiore e giocherellando con il libro che stava leggendo «secondo te Luke e Johanna hanno davvero fatto pace?» continuò perplesso, «cioè... oggi sembravano così... così... falsi che... cazzo, non sembravano loro!»
Sospirai e decisi di tenere la bocca chiusa, l'unico che sapeva di questa farsa ero solo e unicamente io e non volevo che Johanna perdesse la fiducia in me. Mi aveva spiegato tutto ciò che era successo tra loro ed io d'altro canto non potevo far altro che esserle vicino perché aveva delle ottime motivazioni. Certo, era pur vero che mi ero arrabbiato parecchio con loro l'altro giorno, ma il discorso rassicurante di Johanna e le sue ultime parole in cui mi promise che avrebbe fatto davvero pace con Luke mi rasserenarono. Io mi fidavo di quella ragazza.
«Devi avere pazienza, Cal. Secondo me quei due, alla fin fine, si vorranno davvero bene.» esprimetti la mia opinione, sogghignando.
In realtà era ciò che pensavo, ce li avevo sempre visti insieme, Luke e Johanna. Erano una coppia talmente esilarante ma allo stesso tempo forte che avresti amato per l'eternità. Il tipico comportamento da idiota da parte di Luke, le incazzature generali da parte di Johanna e il loro vendicarsi a vicenda rendevano il tutto, secondo me, ancora più emozionante. Ero contento che erano capitati in stanza insieme poiché ero fermamente convinto che un giorno, seppur non molto lontano, si sarebbero confessati ciò che l'uno prova per l'altro. Magari loro non se ne accorgevano, magari ai loro occhi poteva sembrare tutto negativo il sol fatto di rimanere da solo con l'altro, ma... agli occhi di un estraneo, in questo caso io, li vedevo completamente cotti. Luke di Johanna e Johanna di Luke.  
«In che senso?» mi chiese il moro, chiudendo il libro e avvicinandosi al sottoscritto.
Feci un sorrisetto di chi la sapeva lunga, «pazienta Calum, pazienta.»
«Ed ecco Ashton Fletcher Irwin: l'uomo filosofo.» scherzò il moro, dandomi una leggera pacca sulle spalle.





 
Johanna's pov

Le lacrime agli occhi scendevano impetuose, non riuscivo a smettere di ridere per l'espressione di Luke Hemmings. Quel ragazzo era davvero un idiota. Davvero pensava che ci avessero offerto due caffé? Oh mio dio.
«Sappi che sei una stronza.» mugugnò, aprendo le finestre del bagno per poi chiudere la porta dietro di sé.
Mi morsi il labbro maledettamente soddisfatta, «oh su... ti avevo detto che mi sarei vendicata!»
Alzò le braccia al cielo, sbuffando «non pensavo che l'avresti fatto davvero!» sbottò ancora «e soprattutto non pensavo che l'avresti fatto in questo modo!»
A quel punto alzai le spalle, incurante delle sue parole che non mi toccavano neanche nel profondo. Purtroppo però, il biondino sapeva quali erano i miei punti deboli, tant'é che cominciò a togliersi la maglietta e i pantaloni, lanciandoli poi chissà dove e sdraiandosi accanto a me, proprio sul divano.
«Amo vagare in stanza in totale libertà.» cercò di intraprendere un discorso, sogghignando e fissandomi di sottecchi.
Deglutii pesantemente, tentando in tutti i modi di non fissargli la parte inferiore del suo corpo. Tutto quello non faceva bene alla mia salute mentale, e lo stronzo lo sapeva.
Respirai e inspirai, cercando di mostrarmi tranquilla e sicura di me stessa «peccato che non posso farlo io, però.»
«E perché mai?»
«Perché sono una ragazza e poi non voglio rischiare che tu mi salta addosso.» ammiccai, sorridendogli.
«Oh se è per questo puoi stare tranquilla... non sono interessato.»
Mi aveva smontato, ora.
«Allora non ti dispiace se lo faccio, vero?» domandai, certa della sua negazione come risposta. Non avrebbe mai accettato, anche perché ero quasi sicura che se ci fosse stato Michael, si sarebbe arrabbiato, scontandosela con il biondino al mio fianco.
«Te l'ho detto, non ti salterò addosso. Anzi, forse qui, quella che freme dalla voglia di farlo sei proprio tu...» sussurrò, soffiando poi sul mio viso con fare da sfottorio. Ora ad esempio, era girato completamente verso di me, i suoi capelli perfettamente curati, quella barba ancora incolta e quel pircing lo rendevano ancora più bello di quanto già non fosse. Dovevo davvero trattenermi, non potevo permettermi di dargli soddisfazione, specie perché io ero una ragazza determinata, forte, che non si sarebbe mai fatta abbattere così facilmente.
«Oh beh, caro Hemmings, ti sbagli.» sussurrai a mia volta, portando i miei capelli biondi di lato a mò di coda e soffiandogli sul collo.
«Eppure sono così convinto...» aggiunse, giocherellando con il suo pircing.
«Hai una convinzione piuttosto sbagliata...» lasciai fuori uscire dalle mie labbra, avvicinandomi un po' di più al suo viso.
«Dici?» riprese, tenendo testa alle mie risposte e sorridendomi maliziosamente.
D'un tratto però, vidi il suo viso avvicinarsi sempre di più mentre le mie labbra erano ad un palmo dalle sue. I suoi occhi invece, erano di un azzurro chiarissimo e il sorriso che aveva messo su mi rasserenava talmente tanto che se avessi potuto, sarei rimasta lì a guardarlo per sempre, fin quando non mi avrebbero risvegliato da quel bellissimo sogno. Fu un attimo che le sue labbra furono sulle mie, morbide e piene che mi baciavano, facendomi sentire le cosiddette "farfalle" nello stomaco. Non mi rendevo neanche conto di cos'era successo, anche perché, se proprio dovevo essere sincera, non sapevo com'eravamo arrivati a baciarci. Fatto stava però, che continuavamo a baciarci con foga, come se le nostre labbra non volessero più staccarsi da quelle dell'altro. Ci allontanammo davvero di poco, giusto per riprendere un po' di fiato e sorriderci a vicenda, per poi ritornare con le lingue intrecciate in una danza. Solo dopo però, quando qualcuno tossicchiò, ci accorgemmo di cosa avevamo combinato.
«Oh merda.» esordimmo entrambi, fissando la figura della persona vicino lo stipite della porta.





 
Calum's pov

Rimanere solo con Ashley era un'impresa a dir poco difficile visto che molto spesso la mia camera era occupata da Ashton o Michael e invece, quella della rossa da Jessie, la sua compagna di stanza. Perciò, quelle poche volte in cui eravamo soli cercavamo di sfruttarle al meglio.
«Sono contenta di essere qui con te.» cominciò la mia fidanzata, allungando di poco il collo per baciarmi. Io le sorrisi, spostandole i capelli dalla spalla e allungandomi sopra di lei, giusto per mordicchiarla un po' nei punti dove le dava fastidio. Ashley era una ragazza davvero magnifica, adoravo il sol fatto di averla come fidanzata poiché era sempre dolce con il sottoscritto anche se ogni tanto, anche lei faceva le sue scenate di gelosia o altro. Ma non potevo darle torto perché anch'io come lei, lo avrei fatto, considerando che gran pezzo di figo ero. Sorrisi per il mio pensiero un po' stupido e mi riconcentrai su di lei, dandole le attenzioni che meritava. Cominciai a solleticarle il fianco, per poi accarezzarla dolcemente con il mio tocco caldo e rassicurante. Mi avvicinai ancora di più con fare dolce, per poi passarle il mio braccio sotto il suo bacino. Mi misi sopra di lei e iniziai a baciarla con passione, come se quelle sue labbra mi fossero mancate come l'aria. Iniziai anche a morderle il labbro inferiore, torturandoglielo. Il mio sguardo inoltre, cadde sulla sua camicetta leggermente aperta che mi fece sorridere istintivamente alla sol vista. Scesi con le labbra lungo il suo collo, fino allo spazio tra i due seni per poi sbottonarle l'indumento che aveva indosso e ripresi a baciarla, sfiorandole il seno destro. Poi però, ritornai sulle sue labbra, tant'è che le due si intrecciarono di nuovo e incominciarono ad esplorare l'uno la bocca dell'altro. Le accarezzai dolcemente i capelli, tenendomi sui gomiti per non pesarle troppo.
«Oh Calum...» soffocò tra le labbra, spingendo il bacino verso il mio, forse per farmi capire che voleva altro e che voleva di più.
Le sbottonai quindi il jeans, lanciandolo poi chissà dove, risalii sopra e giocai con il suo reggiseno, togliendolo poi una volta per tutte. Aveva il seno piu' sodo e piu' bello di ogni ragazza che avessi mai incontrato. Inarcò la schiena non appena poggiai le mie labbra sul capezzolo sinistro, iniziandolo a mordere e a succhiarlo, lasciandoci poi dei piccoli baci per alleviare il dolore. Diedi le stesse attenzioni anche a quello sinistro, palpandolo con la mano destra.
Scesi un po' più in sotto e con un gesto fulmineo le levai gli slip, lasciandola completamente nuda sotto il mio sguardo. La mia erezione stava crescendo nei miei jeans, dovevo liberarla subito o altrimenti, mi sarei bagnato come un quattordicenne alle prese con il primo orgasmo.
Iniziai a levarmi la maglia, fin quando non venni bloccato da Ashley che sussurrò sul mio petto, baciandolo «faccio... io» e detto ciò, iniziò a sbottonarmi anche i pantaloni con fare molto lento, facendomi soffrire ancora di più.
«Fa... in fretta, ti prego.» smorzai, respirando a fatica.
Lei mi guardò e sorrise, avvicinandosi alle mie labbra e avvicinando il mio petto al suo. Sapevo che lo stava facendo apposta, il suo seno fu praticamente spalmato sul mio petto e tutto ciò non fece altro che alzare il mio amico lì sotto.
«Ashley...» mugugnai sulle sue labbra. Lei al contrario, si lasciò sfuggire un risolino, per poi sfilarmi finalmente i pantaloni e i boxer. Liberò subito la mia erezione e non appena la vide, si chinò, baciandomi la punta e iniziando ad aprire la bocca. Le presi la testa, spingendola delicatamente contro il mio pube, sinceramente la voglia era tanta e vederla così indaffarata non faceva altro che alimentare questo mio desiderio sfrenato. Era strano, ma pur non avendo mai fatto queste cose con la mia ragazza, Ashley ci riuscì perfettamente, senza neanche recarmi dolore. Dopo un po', ero davvero certo di star lì per lì per raggiungere il mio orgasmo. Avvicinai poi il mio viso alle sue labbra, chinandomi su di lei e mettendomi sopra, iniziando a dare sfogo a ciò che preferivo farle. Allungai una mano sul suo seno e iniziai a stringerglielo forte, mentre con l'altra, mi feci spazio tra le sue gambe mettendole un dito dentro, e muovendomi in lei.
«Oh dio, Calum...» sussurrò, muovendosi leggermente sotto il mio tocco.
Sorrisi, tutto ciò mi rendeva fiero, voleva dire che alla fine, stavo facendo un buon lavoro. Liberai poi il dito e presi un preservativo dalla tasca dei pantaloni, per poi infilarmelo e chiederle se era pronta.
«Se ti faccio male ti prego di dirmelo, lo sai... Ash.» sussurrai, quella era la mia preoccupazione più grande. Odiavo il sol fatto di farla star male per opera mia.
Iniziai quindi con una spinta lenta, dolce, che la facesse abituare. Mentre ero in lei continuavo a fissarla allibito, come se quella donna fosse la cosa più preziosa che avessi mai trovato nella mia vita. E in un certo senso però, era davvero così. Mi aveva colpito così tanto che era diventata il mio punto fisso ogni minuto, ogni secondo. Amavo fissarla mentre parlava e ancora, adoravo quando si arrabbiava con me per poi finire sempre a far l'amore in modo passionale.
«Cal, amore mio, di più...» ansimò, graffiandomi con le unghie la schiena.  
Feci come mi disse e spinsi più affondo, facendola ansimare ancora, e facendole gridacchiare il mio nome.
«Ti... ti amo, giuro. Come mai non ho amato nessun altro...» sussurrò lei, come quasi a non volermi far sentire.
Uscii e mi avvinghiai al suo corpo, posando la testa su i suoi seni.
«Ah... piccola rossa...» sussurrai ancora, arrivando fino alle sue labbra per baciarla.
Rimanemmo così, beandoci l'uno del profumo dell'altro.






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Heilàààà! Come state?

Allora, mi scuso se questo capitolo è un po' corto ma... lo sapete ormai, tra impegni, palestra e scuola... mi è davvero impossibile scrivere. Ma non voglio ripetermi (anche se l'ho già fatto, hahah).
Mi scuso inoltre, per le scene a raiting rosso che ho inserito in questo capitolo. Anche se, se proprio devo dirla tutta, mi fanno VERAMENTE CAGARE. Insomma, è scritta in modo osceno e orribile... e mi sento veramente in imbarazzo a pubblicare una cosa del genere anche se la scena in camera di Calum l'ho immaginata veramente così.
Mi scuso, davvero.
E... niente, fatemi sapere cosa ne pensate! :)


Un bacio grande, Chiara x

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Capitolo 16
*** Scommettiamo? ***


Room 158 || Luke Hemmings


 

16.
 


 
Luke's pov

 
Non realizzavo ancora il fatto di aver baciato Johanna, figuriamoci realizzare che suo padre ci avesse visti così vicini.
Sospirai e tentai di spiegare qualcosa, sperando che non avesse frainteso.
«Ehm...» cominciò il padre, seguito da Michael che guardava tutto allibito, senza emettere parola.
«Stavamo provando una scena di uno spettacolo.» disse Jo, con estrema tranquillità. Si alzò poi dal divano e gli andò incontro, salutandolo con due baci sulle guance, con le stesse labbra che aveva usato per... baciare me. Dio, detto così era tutto strano, considerando che non mi piaceva per niente quella tipa.
«E quando lo metterete in scena?» domandò l'uomo brizzolato, sorridendomi e porgendomi la mano «io comunque sono George, mi dispiace aver interrotto le vostre prove.»
Deglutii pesantemente, sorridendogli e ricambiando la stretta di mano, «io... ehm... io mi chiamo Luke, piacere.»
«Papà, lascia perdere lo spettacolo. Tu come stai?» deviò l'argomento, facendolo accomodare e prendendogli nel frigo qualcosa da bere. Non sembrava affatto la stessa ragazza che poco prima, avevo baciato con foga, con passione. Sembrava così insicura di sé e timida che la Johanna Henderson che conoscevo io sembrava un'altra persona.
«Molto bene, ora che vi ho visto! Ah, ma questa quindi è la vostra stanza?» chiese, guardandosi attorno per poi bere un po' di caffé «è davvero bella, mamma mia!»
Lei sorrise, fissando prima Michael e poi me «...già.»
«Ah, Iris mi ha detto di dover pagare la retta per il collegio, vado e torno. Ok? Ci metto poco, so dov'è la segreteria, vi raggiungo tra un po'.»
Annuimmo e aspettammo che uscisse dalla stanza.
«Cosa diamine è successo? E di che spettacolo parlate? Qui non c'è un corso di teatro, Jo!» esclamò Michael, parlando per la prima volta da quando aveva messo piede in stanza.
«E' stata lei a baciarmi, sia chiaro! Io non volevo.» cominciai io, discolpandomi. Non volevo assolutamente che la colpa ricadesse su di me, specie perché era lei che mi aveva provocato e non il contrario.
«E tu? Non dici niente?» chiese, rivolgendosi alla ragazza.
«Sono tutte bugie, Mike! Lui mi ha baciata, io non lo bacerei neanche sotto tortura!»
«Oh ma sentila! Ma se prima le tue labbra chiedevano disperatamente le mie!» esclamai, scuotendo il capo e puntandole il dito contro.
Che bugiarda!
«Luke... e non ti vergogni neanche un po'?» continuò mezzo schifato «potevi per lo meno metterti una cazzutissima maglia!»
Realizzai il tutto pochi secondi dopo la frase di Michael. Era vero, era fottutamente la verità. Avevo conosciuto il padre di Johanna senza maglia.
«Mi dispiace, non ci ho fatto caso.» dissi immediatamente, scusandomi con i due per la brutta figura fatta. Anche se non pensavo minimamente che George si fosse fatto un grosso problema, visto che non gli era pesato il fatto che io non indossassi una maglia. Mi aveva trattato in modo davvero gentile, dovevo ammetterlo.
«Okay, d'accordo. E... per quanto riguarda quel... non-so-che-cosa, cercate di non farlo capitare più, o almeno se proprio dovete, cercate di capire cosa siete l'uno per l'altro!» e sbatté la porta, lasciandoci per la seconda volta allibiti per ciò che aveva detto e fatto.
Non aveva neanche accennato ad un suo possibile ritorno, non ci aveva neanche chiesto come stavamo, niente di niente. Stavo cominciando a pensare che forse, in quella stanza, saremmo rimasti per sempre io e Johanna.
D'un tratto però, mi rivolsi a lei, sorridendole maliziosamente ed avvicinandomi «perché devi sempre mentire?»
«Cosa?» chiese, facendo sicuramente finta di non capire.
«La cacca rosa.» risposi alzando un sopracciglio che, ahimé, le fece fare un risolino innoquo.
«Simpatico come un dito nel culo, credimi.»
«Hai mentito sul bacio, o quello che era. Hai detto che ero stato IO a baciarti, quando in realtà...»
Lei scosse il capo, sbottando «hai fatto tutto tu, cazzo! Ammetti di essere attratto da me, ok? Io invece, caro mio, non ti bacerei neanche se mi pagassero.» gridò, alzando le braccia al cielo per poi farle riscendere lungo il suo bacino.
Ci pensai su. Una soluzione a questo dovevo pur trovarla, no?
«D'accordo, vedremo chi avrà ragione, Henderson.» e mi liquidai così, proprio con questa frase. Aprii la porta e mi fiondai di fuori, ricordandomi solo un attimo dopo che avevo dimenticato di nuovo la maglietta.
Che testa!



 
Johanna's pov



Cosa pensava quel Luke? Davvero credeva che fossi attratta da lui? Scossi il capo e mi sedetti sul letto, ripensando di nuovo alle sue labbra, così soffici e piene che si incastravano perfettamente con le mie. Sospirai e appoggiai il gomito sul ginocchio, poggiandoci poi la testa mentre continuavo a pensare. Come poteva essere così sbagliato, per noi, se era stato un bacio così... strano ma allo stesso tempo meraviglioso? Ero anche pronta a rifarlo, a risentire di nuovo quelle labbra, le labbra di Luke Hemmings.
D'un tratto la porta si aprì e, in un primo momento pensai fosse Luke, ma la figura era più imponente, segno che mio padre era tornato.
«Ehi, dove sono Luke e Michael?»
Alzai le spalle indifferente, guardandomi attorno «non lo so, io ero in bagno. Forse Luke è andato al bar, non saprei. Michael... forse in cortile.»
Lui annuì, accomodandosi di fronte a me, proprio sul puffo blu.




 
Michael's pov


Camminavo da circa una mezz'oretta attorno al cortile, con una sigaretta in mano e con il vento freddo a penetrarmi nella pelle. Quel clima mi piaceva davvero tanto, mi rendeva così tranquillo che non sapevo neanche descrivere il mio stato d'animo in quel momento. Purtroppo però, ripensavo di nuovo a ciò che era successo tra Jo e Luke, non volevo che mia sorella si prendesse una cotta per quel tipo senza che quest'ultimo ricambiasse. Certo, io non dovevo intromettermi però... sentivo, dentro di me, che quella storia non sarebbe andata a buon fine. Dopo quel bacio (perché io l'avevo fottutamente visto), ero convinto che le cose si sarebbero complicate, facendo soffrire uno dei due. Sospirai e inspirai il fumo della sigaretta, buttando poi fuori per poi fare un altro tiro. Guardai in alto e notai qualche goccia di pioggia poggiarsi piano sulla mia guancia, tant'é che sorrisi a quell'impatto così gelato che mi fece rabbrividire.
«Sta cominciando a piovere...» affermai, fissando ancora il cielo che pian piano, stava diventando sempre più scuro. Calciai una pietrolina e mi avvicinai alla porta di ingresso del college, aprendola e fiondandomici dentro.
D'un tratto vidi Johanna e il mio patrigno avvicinarsi «George, come hai passato la giornata?»
Lui sorrise guardandoci, «molto bene. E poi ora che so che siete qui, insieme e felici... beh, io sto molto meglio. Mi dispiace davvero tanto per avervi allontanato dalla vostra casa... non sapete come io mi senta in colpa...»
Jo lo abbracciò, portando il suo viso sul petto del padre e accucciolarsi proprio accanto a lui, tra le sue braccia, quelle braccia che l'avevano fatta sentire sempre protetta, che - a detta sua - non l'avrebbero abbandonata mai. Ed io, in un certo senso, sorrisi d'innanzi a quella scena poiché erano così legati che nessuno avrebbe potuto spezzare il loro legame, neanche mia madre che ahimé, non mi aveva neanche cercato per chiedermi come me la stavo passando e se ero ancora vivo.
Johanna guardò i miei occhi persi e mi sorrise, facendomi segno di avvicinarmi a loro, per abbracciarli e stare in quella posizione per un po'.
«Vi voglio bene, piccoli miei.» disse con un tono paterno, lasciandoci un bacio sul capo. Poi però, riprese a parlare «fuori il tempo sta peggiorando ed è meglio che io vada... ci sentiamo presto. Salutatemi Luke.» e aprì la porta, fissandoci un'ultima volta e sorridendoci ancora. Aveva gli occhi stanchi, forse era stressato per via del lavoro e di mia madre che, come tutti erano al corrente, non era facile da sopportare. Sospirai e abbracciai Johanna, la quale si rannicchiò tra le mie braccia e chiuse gli occhi, ispirando il mio profumo «mi erano mancati questi momenti, Mike...» si lasciò scappare.
Io le sorrisi e la tenni più stretta, cercando di aprire un nuovo discorso che sicuramente, non le sarebbe piaciuto.
«Jo... ho preso una decisione.» sospirai e continuai «fin quando tu e Luke non vi tratterete come persone civili e normali, cercando anche di capire cosa l'uno prova per l'altro, io... io rimarrò da Ashton e Calum.»
Lei subito aggrottò le sopracciglia, sbattendo un piede a terra e liberandosi dal mio abbraccio «dimmi che stai scherzando e che non parli seriamente. TI PREGO DIMMELO.»
Scossi il capo, «mi dispiace, Jo...»
«Ma porca troia, Mike! Io e Luke siamo...» deglutì, spostando il suo sguardo sulle sue converse nere «siamo quel che siamo, ma non c'entra con te! Michael, io ed Hemmings non ci siamo baciati perché lo volevamo, cioè... è capit-» ma la fermai.
«Johanna, guardati... non sai neanche tu ciò che stai dicendo. Tutti hanno capito che tra voi c'è una forte tensione, che sia sessuale o meno. Cercate di capire cosa provate l'uno per l'altra. E' un consiglio che dovreste seguire.»
Ricevetti in risposta un "fottiti" borbottato, mentre mia sorella a passo svelto, si dirigeva chissà dove per sbollire la rabbia. Sapevo che l'avevo fatta arrabbiare ma lo facevo solo per loro, così magari si sarebbero aperti l'uno con l'altro.




 

 Luke's pov


Se Johanna pensava realmente di passarla liscia aveva davvero sbagliato persona. Avrei avuto la mia dolce vendetta, l'avrei provocata fin quando non avrei avuto di nuovo le sue labbra sulle mie, confermando una volta per tutte che provava qualcosa per me e che era stata lei a baciarmi.
«Dov'è il mio libro?» chiese, mettendo a soqquadro la stanza.
«Ed io cosa ne so?» le risposi a mia volta, sorridendole.
Alzò gli occhi al cielo e continuò a cercare, mentre io iniziavo a togliermi la maglia e il pantalone.
«Spero non ti dia fastidio.»
Lei si girò pian piano, posizionando poi lo sguardo sul mio fisico e arrossendo a vista d'occhio «Luke, copriti perché per come sono nervosa adesso potrei fare di tutto, per fino reggerti il gioco.»
«Non ci riusciresti, cara.»
La vidi spazientirsi, togliersi le scarpe e cominciare a spogliarsi, lanciando poi la sua roba chissà dove in stanza «Luke, non sei l'unico che gioca qui.» mi disse con voce dannatamente sensuale, facendomi eccitare ancora di più di quanto già non fossi.
«Tesoro, ti dimostrerò che sei tu quella attratta da me, riceverò un altro tuo bacio perché la verità è che muori dalla voglia di sentire di nuovo le mie labbra sulle tue.»
Lei scosse il capo, sorridendomi maliziosamente «scommettiamo?» 




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LA DOMANDA CHE SI PONGONO TUTTI E':
MA 'STI DUE COGLIONI FINIRANNO MAI DI PROVOCARSI A VICENDA?

AAAAAHH.

 
Sono così insopportabili!, vero?
Mi scuso se ho aggiornato solo ora ma ho troppi impegni e non riesco a scrivere e postare. Volevo inoltre avvisarvi che ho deciso che scriverò il sabato e la domenica posterò il capitolo.
E' l'unico modo per aggiornare in modo veloce la storia.
Ahm... che altro dire? IL NUOVO ALBUM DEI ONE DIRECTION, MADE IN THE A.M E' FANTASTICO.
Avete una canzone tra i preferiti? Io sì, History, la amo.

Ringrazio come al solito tutte coloro che ogni volta, capitolo per capitolo, mi supportano. Grazie!


A presto!



I MIEI CONTATTI:

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Twitter: @tostapayne__

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Capitolo 17
*** Che stronzo. ***



Room 158 || Luke Hemmings




17.




I giorni continuavano a passare veloci, ed io e Johanna non facevamo altro che provocarci a vicenda. Eravamo arrivati al punto di camminare per la stanza in modo disinvolto e totalmente in biancheria intima. Cercavamo entrambi di provocare l'altro, ottenendo però, l'esatto contrario. Lei, ogni tanto, o per meglio dire, il più spesso delle volte, indossava della biancheria di pizzo nero, oppure, se proprio doveva osare, indossava dei reggiseni davvero "scomodi" per il mio essere maschile. Come adesso che, ad esempio, continuava a piegarsi in continuazione, con il sedere rivolto verso il sottoscritto e il perizoma che diamine, le mostrava tutto. Non appena si alzò e bevve, fece scendere una goccia d'acqua per bagnarsi il petto ed il seno, facendo ovviamente finta che l'acqua fosse caduta lì per caso. Non ce la facevo davvero più, avevo necessità di sfogare tutta la tensione sessuale che mi si era accumulata, avevo bisogno di mandarla fuori perché sarei scoppiato di lì a poco, cedendo e servendole la vittoria su un piatto d'argento. Continuavo a fissare il suo reggiseno che mostrava ciò che non avrebbe dovuto, anche se alla fine, Johanna aveva un seno non molto prosperoso, forse era nella normalità, con una parte inferiore altamente sensuale. Lei non era una modella, era più una persona normale, con un fondoschiena per niente male. Diamine, che pensieri perversi che mi attraversavano in quel momento. Il mio amichetto laggiù avrebbe voluto tanto farle fare un giro, magari facendole gridare anche il nome del sottoscritto che, cazzo, continuava a fare questi pensieri ridicoli e stupidi. Dovevo ideare un modo per contraccambiare, e dovevo farlo anche in fretta.
«Cosa c'è, Hemmings, ti sei imbambolato per caso?» mi schernì, parandosi di fronte a me con un sorrisetto abbastanza malizioso.
«No, stavo pensando che forse dovresti coprirti.»
Lei parve avvicinarsi al mio viso, e lì giurai di sorridere di sbieco, forse perché pensavo che quello che sarebbe successo avrebbe portato finalmente la mia vittoria «e perché?» mi sussurrò, soffiandomi sul naso, «perché sai di non poter resistere?» continuò, avvicinandosi sempre di più e cominciando a baciarmi e a succhiare ogni parte del mio collo. Le sue labbra parvero ancora più calde e carnose del solito, le sentivo mentre continuava a farmi un succhiotto veloce, ma al tempo stesso aggressivo, quasi a volermi provocare ancor più di quanto già non fossi. Cercai di spingerla un po' verso il muro, forse per ribaltare la situazione, ma ahimé, ero così assente in quel momento, che l'unica cosa che avrei voluto realmente fare era baciarla con foga e con disperazione, sbattendola su un letto per farla diventare mia. Perchè diamine, Johanna Henderson ormai mi apparteneva, e non poco. Non nascondevo di provare qualcosa per lei, perchè ormai era davvero palese la cosa, ma non l'avrei mai ammesso a nessun'altro, specie a lei stessa. Johanna ora era intenta a fissarmi negli occhi, e in quel momento, il mio cervello mi diede la spinta necessaria per capovolgere il tutto, facendo sì che questa volta controllassi io la situazione e non il contrario.
«Ora sono io che mi diverto.» le sussurrai all'orecchio, baciandole il lobo chiaro e pallido per poi scendere sempre di più verso il basso, arrivando a colpi di baci alla clavicola e al di sopra del seno. Cominciai a morderle il lembo di pelle, succhiando e accarezzandole il fianco con la mia mano destra. Sentivo che moriva dalla voglia di ansimare, o almeno di sospirare, ma non appena aprii un occhio notai come si stesse trattenendo per non darmi la vittoria che tanto bramavo. Quella ragazza era assurda, non faceva altro che istigarmi e cazzo, quanto mi piaceva. Le lasciai il fianco e smisi di baciarla, avvicinandomi poi alle sue labbra, forse per darle la stessa illusione che poco prima, mi aveva dato lei.
Parve sorridere, «che stronzo.»
«Ho imparato dalla migliore, mia cara.» ricambiai.







La sera andammo tutti a cena in una pizzeria non molto distante dal campus, la preside ci aveva dato la serata libera a patto che l'indomani saremmo stati puntuali alle lezioni.
«Avete deciso cosa ordinare?» chiese la cameriera rossa, sorridendoci cordialmente.
Io e Johanna ci guardammo, scambiandoci occhiatine poco consone al tipo di luogo in cui eravamo. La stronza mi stava fottutamente provocando.
«Io ho deciso cosa prendere.» esordì, passandosi la lingua in mezzo alle labbra.
«Mi piacerebbe assaggiare la vostra pizza con wustel e pancetta, grazie.» concluse, sorridendomi maliziosamente e chiudendo il menù.
Aspettai che Michael decidesse cosa ordinare e poi diedi uno sguardo veloce al libretto, sperando di trovare anch'io qualcosa che ricambiasse la sua malsana idea.
«Pizza con patatine, grazie.» ma al contrario, io non la guardai, mi limitai solo ad ammiccare alla cameriera e a porgerle gentilmente il menù.
«Io prendo una coca-cola e una pizza margherita.» disse Calum, imitando Johanna e guardando la sua ragazza e il riccio.
«Stessa cosa.» esordirono entrambi.






La serata passò in totale tranquillità, tant'é che sia io che gli altri ci stupimmo. Certo, ovviamente non mancavano le frecciatine e i doppi sensi da parte di Johanna ma quello fortunatamente, era un giochino che sapevo mantenere.
«Avrei bisogno davvero di un qualcosa di caldo. Fa così freddo!» esclamò Ashley, abbracciando Calum.
Johanna si morse il labbro e sorrise, «hai ragione, magari qualcosa che ti faccia sentire in modo diverso.»
«In che senso?» azzardò il riccio, ed io a quella domanda, mi misi una mano sul viso. Era chiaro dove voleva andare a parare, cazzo.
«Magari potrei farti sentire io in modo diverso.» ammisi, facendo girare i miei amici dalla mia parte. Era chiaro: gli sguardi mostravano ciò che le parole non dicevano.
«Oh per l'amor di dio, perché non vi prendete una camera e scopate come conigli?» consigliò Michael, facendo ridere tutti.
«Non ne sarebbe capace, Mike.» cercò ancora di provocarmi, ricevendo da parte di Ashton una risata gracchiata.
«Chiedilo alla ragazza con cui ero l'altra volta, lei non la pensa come te.» e mi alzai, rubando dal pacchetto di Michael una sigaretta e l'accendino.
Notai che la bionda mi seguì con lo sguardo mentre uscivo per fumare, solo che poi, non appena mi girai per ammiccarle, scostò il viso, tornando a parlare con Ashley e Calum.







«Luke, ti conosco dalle elementari, non sapevo fumassi!» esclamò il moro, avvicinandosi a me pian piano e con le mani in tasca.
Io ridacchiai, annuendo «ho cominciato da poco, Cal. E poi lo faccio solo quando sono un po' nervoso...»
Lui sembrò capire, tant'é che riprese a parlare «Io so cosa sta succedendo, Luke. E so anche che vi siete baciati... Michael ci ha raccontato... io... io credo che forse dobbiate smetterla e confessarvi ciò che provate.» sospirò e poi continuò «tutto questo non fa bene ne a te, ne a lei. Siete due ragazzi molto simili, ed io credo che se il primo passo non lo farai tu allora non lo farà neanche lei...»
Scossi il capo, «Calum, lei non mi attrae. O almeno, ho un'attrazione fisica, ma non caratteriale. La odio, è troppo insopportabile e rompi palle.»
«Mi ricorda tanto un mio caro amico...» e sorrise, facendomi capire che quel suo amico ero proprio io.
«Sono serio. Magari... potrei soltanto continuare a divertirmi, no?»
«Mmmh... succederà che ti innamorerai, anche se lo sei per metà, secondo me.»
«No, Calum. Più che altro sono divertito da questo giochetto che abbiamo messo in pratica... voglio davvero vedere chi perderà, e sono sicuro che quello non sarò io.» presi un ultimo tiro e spensi, buttandola sul marciapiede per poi spegnerla con la punta dei miei Dr. Martens neri.
«Va bene, va bene. Ma poi non dire che non te l'avevo detto.» finì il discorso, mettendomi un braccio attorno alla spalla e dandomi un caldo abbraccio fraterno «sai che se ti dico queste cose è solo perché a te ci tengo, quindi non me ne volere.»
Annuii, sorridendo per poi dargli una pacca sulla spalla e rientrare.








Guardai l'orario che segnava le undici e pensai: in fondo il coprifuoco era a mezzanotte perciò potevamo rimanere un altro po' in giro.
«Ragazzi, vi va di fare qualcosa di assolutamente azzardato?» chiesi, rivolgendomi ai miei amici.
Ashton pensò sembrarci su, poi annuì «cosa vorresti fare?»
«Conosco una piscina privata... è al chiuso... che ne pensate se andiamo lì?» aggiunsi «solo che... non dobbiamo farci scoprire. E... abbiamo un'ora per tornare in tempo al collegio, poi.»
Fissai Michael che, nonostante fosse sempre contrario a queste pazzie, si lasciò andare, annuendo e sorridendomi, come per farmi capire che era un sì. Calum ed Ashley si fissarono, annuendo all'unisono e... Johanna, beh, Johanna mi fissò e sorrise maliziosamente, acconsentendo alla mia idea. Chissà, forse aveva qualche idea per divertirsi con il nostro giochetto. Ricambiai quindi il sorriso e, «perfetto, andiamo!»







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No, non sono morta, almeno... non ancora!
Alloooraaaaa, come state? Finalmente sono riuscita a postare anche quest'altro capitolo!
Diamine, qui si va sempre peggio, non è così?
Ahia, ahia.
Mmmh... avevo deciso che avrei postato ogni domenica, ma... dato che non ci sarò per tutta la giornata avrei slittato a lunedì ma, dato che ci sarebbero stati i colloqui, allora avrei spostato a martedì e quindi... sarebbe stato troppo lontano e vi avrei fatto aspettare tanto.
Ovviamente, inutile scriverlo, posterò il prossimo domenica prossima.
MANCANO 33 GIORNI ALLE FESTE NATALIZIE.
NO RAGAZZE, IO STO SCLERANDO, NON VEDO L'ORA!



Ora però, devo scappare.
Toh, guarda un po', sto usando proprio i colori di Natale, ahaha. Coincidenze? Io non credo.

Un bacione a tutte, grazie per esserci sempre, davvero.



Chiara x



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Capitolo 18
*** Sei bellissima anche in tuta. ***


Room 158 || Luke Hemmings



18.



«Sei sicuro che non ci scopriranno? Io ho un po' fifa...» confessò la rossa, stringendosi al mio braccio e, al tempo stesso, a quello di Calum.
«Ma ti vuoi calmare? Non è la prima volta che vengo qui.» ammetto, guardandomi attorno per poi scavalcare la rete per entrare nel giardino. Ogni volta quel posto mi stupiva sempre di più, era così curato che mi piaceva immensamente. C'era molta tranquillità la sera, anche perché era praticamente deserto. La piscina poi, era al chiuso e l'acqua calda e rilassante ti faceva dimenticare tutto, compreso il tuo nome. E quello per me era davvero grandioso. Vidi Michael e Johanna abbracciarsi e distolsi lo sguardo, non capace di fissarli mentre amoreggiavano. Certo, era pur sempre amore fraterno ma, vederla abbracciare e coccolare un altro mi recava un po' di fastidio. Sospirai e feci segno di stare per un po' zitti, non avevo alcuna intenzione di farmi scoprire.
«D'accordo capo.» disse Ashton, sorridendo.






«Ragazzi, ma... non abbiamo i costumi.» rifletté Ashley, facendo labbruccio al suo Calum, il quale l'abbracciò e le baciò il capo.
Johanna subito parlò, ponendosi di fronte al sottoscritto «e che problema c'è? Abbiamo l'intimo, no?»
Ashley sorrise e le fece l'occhiolino, capendo, forse, le sue vere intenzioni.
Cominciò a spogliarsi con estrema calma e disinvoltura, mentre con la coda dell'occhio continuava a fissarmi e ad istigarmi con i soli movimenti del corpo. Mi fissava e si mordeva il labbro inferiore, per poi spostare i suoi capelli biondi sulla spalla e togliersi la maglia che aveva indosso. Pensai quindi, che era arrivata la mia ora e che, ovviamente, non poteva divertirsi soltanto lei, anch'io dovevo avere le mie soddisfazioni.
Lentamente, cominciai a togliermi la maglia, sfoderando il mio bel fisico semplice, senza alcun ombra di tatuaggi. Le sorrisi e mi tolsi i pantaloni, appoggiandoli su di una sedia per poi gettarmi finalmente in acqua.
La vedevo quella sua faccia soddisfatta e allo stesso tempo maledettamente eccitata, si capiva perfettamente che aveva la mia stessa voglia di baciarmi e assaporare di nuovo le mie labbra. Lo ammettevo, a me stesso, che sentire il suo corpo vicino al mio mi recava un nonsoché di piacere diverso, quasi... strano. Amavo sentire il suo petto stringersi al mio, e ancor di più, amavo quando mi toccava la nuca per baciarmi poiché la consideravo una cosa estremamente dolce. Sospirai ancora e la invitai a buttarsi.
«Non vieni?» domandai, sotto lo sguardo attento degli altri tre che guardavano il tutto divertiti.
«Mmmh... sì, arrivo.»






La serata passò in quel modo, io e Johanna che ci stuzzicavamo, Ashley e Calum che facevano delle foto e Ashton e Michael che si sfidavano a chi faceva il tuffo più bello. Il tempo scorreva veloce, perciò non potevamo rimanere ancora, dovevamo tornare in collegio.
«Ragazzi, avete preso tutto?» chiese il moro, guardandosi attorno per poi aspettare le nostre risposte. Quando queste non tardarono, ci avviammo verso l'uscita.
«E' stato divertente, dovremmo rifarlo.» esordì ad un certo punto la bionda, stringendosi per un po' al mio braccio. A quel contatto rimasi interdetto, non sapendo realmente cosa fare. Ero abituato a tutte quelle provocazioni che non avevo mai pensato ad una cosa del genere, ad una cosa alquanto diversa. Lei se ne accorse, tant'é che si allontanò di poco, togliendo il braccio e camminando diritto, senza dir nulla sull'accaduto.
Avrei voluto confessarle che quei piccoli contatti mi piacevano, che non doveva scostarsi poiché era una cosa piacevole averla vicina, solo che... il mio orgoglio me lo impedì, facendomi rimanere in silenzio per tutto il resto del tragitto. Non appena fummo arrivati ognuno tornò nelle proprie stanze, felici di non aver fatto eccessivamente tardi e di aver rispettato il coprifuoco. Io e Johanna tuttavia non ci parlammo, ma ci concentrammo nel spogliarci e metterci nel letto. O almeno, io mi avvolsi nel piumone, lei era ancora sveglia e in piedi davanti alla scrivania.
«Cosa fai? Non dormi?» le chiesi sinceramente, appoggiando la testa al cuscino.
Lei ridacchiò, e con voce altamente sensuale, disse «sì, il tempo che mi tolgo di dosso i vestiti bagnati.»
Oh porca troia, no...
Pensavo si sarebbe fermata all'intimo ma, non appena vidi ciò che stava per succedere la mia eccitazione salì alle stelle, costringendomi a deglutire pesantemente e a pregare pur di non alzarmi e andare lì per baciarla e farla mia in quell'istante. Essendo di spalle non potetti vedere proprio tutto, ma la sua schiena era nuda e mi bastava sapere questo.
Si tolse solo il reggiseno nero, buttandolo alle sue spalle per poi poggiare le sue mani sui suoi seni e girarsi proprio di fronte al sottoscritto, «ti dispiacerebbe passarmi l'altro reggiseno?»
Sì, mi dispiacerebbe.
Rimasi inebetito, incapace di guardare altrove se non lì, proprio dove aveva le mani poggiate, proprio dove non si vedeva assolutamente nulla. Eppure però, il mio essere maschile continuava ad implorarmi di mandare a puttane il mio orgoglio e baciarla, perché non ne poteva davvero più.
«Porca troia, Jo!» continuai «questo è scorretto, cazzo!» e quelle parole mi uscirono talmente spontanee che a lei scappò un sorrisetto malizioso, tant'è che inclinò il capo, facendo scendere i suoi capelli sulla sua spalla destra.
«Cosa è scorretto, Lukey?» chiese, facendo il finto angelo e con voce sexy, fin troppo per i miei gusti. Quella ragazza sapeva come attizzare un ragazzo.
«Questo.»
«Non sto facendo niente di male, ti ho solo chiesto di passarmi il reggiseno...» mugugnò, prendendo da sola l'intimo e infilandoselo, ovviamente girandosi di spalle.
«Lo fai per provocarmi, ammettilo!» le puntai il dito, aggrottando le sopracciglia e avvicinandomi a lei, proprio dietro le sue spalle.
«Mmmh... anche tu non sei da meno, non è vero, Lukey?»
Dovrebbe smetterla di chiamarmi in quel modo.
«Potrei farti implorare da un momento all'altro una semplice frase, Johanna.» dissi sicuro di me, sorridendole e passandole le mie dita ghiacciate sulla sua pelle calda e soffice.
Rabbrividì, ma tuttavia non si arrese «illuminami, Hemmings.»
«Voglio baciarti...» le sussurrai all'orecchio, lasciandole lievi bacini sul lobo e scendendo pian piano, solo per farle capire che potevo giocare anche io e forse potevo farlo addirittura meglio di lei.
«Luke...» mugugnò, aggrappandosi alla mia maglia e inclinando il capo, forse perché voleva di più.
Io le sorrisi malizioso, allontanandomi da lei di poco «eh no principessa, se vuoi altro sai cosa dirmi.» e andai a dormire, facendole l'occhiolino prima di spegnere il lumino che era riposto sul comodino.





 
Johanna's pov


Ormai stava diventando una gara a chi faceva impazzire prima l'altro. E davvero, averlo così vicino e non poter far nulla mi mandava in escandescenza. All'inizio ero così convinta che avrei vinto questo stupido gioco che non mi rendevo conto a cosa andavo incontro. Questo ragazzo era la testardaggine fatta persona, e il punto era che sentivo di star per cedere poiché volevo sentirlo vicino, volevo sentire le sue labbra sulle mie e ancora di più, volevo sentire i nostri corpi unificarsi e prendere l'uno il calore dell'altro. Sospirai e chiusi gli occhi, riaprendoli per guardare l'orario: 07:45.
Era fottutamente tardi.
Girai lo sguardo e notai che Luke non era a letto, bensì aveva lasciato un foglietto che recitava:
Non appena leggerai questo messaggio saprai che sono al bar e che ho preso la tua uniforme, voglio proprio vedere come uscirai dalla stanza.
Se vuoi giocare, mia piccola Henderson, giochiamo.
Baci, Lukey.


«Che stronzo.» dissi, stracciando il post-it giallo.
Era ormai risaputo che non potevamo uscire dalle nostre stanze senza indosso la nostra divisa scolastica. Ovviamente però, il week-and era escluso. 'Sta volta ero davvero nella merda fino al collo, se solo fossi uscita con i miei vestiti normali mi avrebbero come minimo sospesa per un giorno. Certo, non era una cosa così eclatante, però la preside più che arrabbiarsi con noi per non aver indossato una stupida divisa, ci teneva a far imparare a noi, poveri stupidi (a detta sua), il rispetto delle regole, che era il motivo principale per cui eravamo tutti qui dentro. Sospirai e mi guardai attorno, forse qualcuno aveva lasciato qualche divisa, anche se il mio pensiero in quel momento era alquanto stupido. Inviai quindi un messaggio ad Ashley con scritto: Ash, sono in grossi guai... Luke ha rubato la mia divisa scolastica e ora non so come uscire dalla stanza. Ti prego, aiutami.
Poco dopo ricevetti presto la sua risposta, con una piccola emoticon triste e un "non posso aiutarti, sto per entrare in aula".
Vaffanculo, Ashley.

Beh, qualcosa avrei dovuto inventarmi, di certo non sarei stata con le mani in mano. Indossai quindi la tuta del collegio e cominciai a camminare in modo molto veloce tra i corridoi della scuola, sperando di arrivare presto al bar. Non appena aprii le porte, un profumo alquanto invitante attraversò le mie narici, facendomi brontolare ancor più il mio stomaco che richiedeva disperatamente del cibo.
«TU!» continuai «guarda come mi hai fatta conciare!» esclamai, fissando lo stronzo che se la rideva bellamente al suo tavolo, con Ashton che mi guardava preoccupato.
«Sei bellissima anche in tuta, non preoccuparti.» disse di getto, evidentemente senza pensarci, infatti arrossì visibilmente abbassando lo sguardo sui suoi cornetti. Ashton, a quel punto, abbandonò il tavolo, dileguandosi con la stupida scusa di aver dimenticato il libro di chimica e che doveva andare a riprenderlo prima dell'inizio delle lezioni.
Sorrisi istintivamente e mi sedetti accanto a Luke, «davvero?»
«Eh? Cosa?» rise innervosito, «no, ti... ti stavo prendendo solo per culo.»
E così, senza neanche pensarci più di un secondo, lanciai il palmo della mia mano sul suo viso, facendogli fare un mini giro.
«Grazie.» dissi, con poca calma, in risposta a ciò che aveva affermato poco prima.




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HALOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOA.

Allora, eccomi qui, non sono morta, fortunatamente!
Ho deciso di pubblicare prima il capitolo poiché anche questa domenica non sarò a casa e quindi non avrei potuto aggiornare.
Ma, spero, il prossimo capitolo, lo pubblicherò domenica.
Mmmh... volevo farvi inoltre sapere che fra poco anche questa storia sarà completa, credo manchino meno di cinque capitoli, non voglio farne di più.
Ho in mente di pubblicare qui su Efp un'altra mia storia che si intitola "Single da contratto" e mi piacerebbe sapere se qualcuno di voi ha intenzione di leggerla.
Bene, detto ciò, spero di leggere cosa ne pensiate!

Un bacio, Chiara.



Ps. Grazie a tutte quelle ragazze che hanno sempre recensito questa storia e che l'hanno inserita tra le ricordate o preferite.


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Capitolo 19
*** Raiting: rosso. ***


Attenzione:
In questo capitolo sono presenti scene a raiting rosso, se non sei propensa a leggerle, torna indietro.
Io ti ho avvertita, eh!



Room 158 || Luke Hemmings



19.



Essere a contatto con Luke faceva di me una vera e propria incoerente. Un attimo prima dicevo a me stessa che lui era un ragazzo stupendo, che magari mi sarebbe potuto piacere e poi, dopo neanche qualche secondo, mi ripetevo che non mi sarei mai fidanzata con quel gorilla proprio perché, come aveva fatto notare prima, mi avrebbe trattato di merda tutto il tempo. Sospirai e rientrai in camera, aspettando quel coglione riportarmi la mia divisa linda e pinta. Se non lo avrebbe fatto me ne sarei andata veramente da questo fottuto collegio.
Sbottai, presi la mia tracolla e ci infilai libri, per poi avere un piccolo lampo di genio. Pensandoci, prima, sul post-it, Luke aveva scritto che gli piaceva giocare, o almeno, lo aveva fatto intendere, no? Bene, questa volta avrei vinto io, facendolo cadere ai miei piedi una volta per tutte.
Abbassai le tapparelle della finestra e accesi due, tre candele, giusto per dare l'atmosfera giusta. Presi poi dall'armadio un piccolo completino nero in pizzo e lo indossai, aspettandolo sdraiata, a pancia in giù, sul suo letto. Questa volta questo stupido giochetto sarebbe finito con la mia vittoria.
Non appena entrò, notai il suo sguardo posarsi direttamente sulle mie natiche, con uno strano sorrisetto uscitogli involontariamente.
«Co-cosa stai facendo?»
«Non si vede? Ti aspettavo...» dissi con voce assolutamente sensuale, colpendo addirittura me stessa.
Mi avvicinai quindi alla sua figura e lo trascinai dentro, chiudendo la porta a chiave e infilandomela nel reggiseno, per poi sorridergli di gusto «se vuoi uscire da questa stanza, sai cosa fare.»



 
Luke's pov


Mi ero ripromesso di lasciarla stare, di non avvicinarmi a lei perché inutile, avrei vinto io la scommessa. Ma ora, vederla in quel completo sexy, con i capelli scompigliati e il viso voglioso, cazzo, mandava a puttane tutti i miei pensieri. Mi morsi il labbro inferiore e la sbattei violentemente al muro, cominciando a succhiare la sua pelle, partendo dal collo e poi arrivare all'angolo della bocca. Aspettavo così tanto quel dannato momento che non mi sembrava vero. Certo, nei miei sogni colei che aveva perso era lei, non di certo il sottoscritto, ma... non me ne curai. Ora ero lì, ad un centimetro dalle sue labbra, con le mani sui suoi fianchi e il respiro affannato. Poggiai subito le mie sulle sue, dando il via al secondo bacio più desiderato di sempre. Cercai la sua lingua come quando, ogni volta, cercavo il suo sguardo in classe, in mensa, dappertutto. Avevo la parola Johanna stampata in testa. Da quando era entrata nella mia vita non avevo fatto altro che pensarla ogni fottuto momento, ogni secondo. Adoravo quelle labbra così soffici e così delicate che sentivo, mi aspettavano, desideravano le mie tanto quanto io volevo le sue. Con le mie mani scesi sul suo completino, strappandoglielo velocemente di dosso, senza neanche far piano. Avevo bisogno di sentirla mia, di farla mia una volta per tutte.
Sussurrò un «ho vinto.» e poi si lasciò andare, consapevole che quella mia voglia era anche una sua voglia. Strinsi il suo corpo al mio, per poi rafforzare la mia presa sul suo fianco. Sfiorai poi, con le dita il suo collo per poi risalire al viso per tracciarne delicatamente il contorno delle labbra. Lei al contrario, era sotto il mio controllo, si lasciava toccare e respirava a fatica. Era il mio orgoglio, quello. Leccai poi il pollice e lo posai sul suo labbro inferiore molto lentamente per poi avvicinarmi molto lentamente mentre assaporavo le sue labbra leggermente ruvide.
Annuii soddisfatto nel fissare il suo viso e, soprattutto la sua espressione. Con un gesto scaltro portai le mani sul suo seno, cercando poi i suoi occhi e sfoggiando quel mio sorrisetto malizioso e perverso che, sapevo, Johanna amava così tanto. Afferrai poi, il suo mento con due dita, sollevandole il viso con forza. Johanna era distesa sul mio letto, i suoi occhi chiedevano pietà, aveva bisogno di ciò di cui avevo necessità anch'io. Sapevo cosa voleva, ma non gliel'avrei data così facilmente.
«Voglio che tu grida.» le sussurrai esplicito, mordendole il labbro inferiore e facendola rabbrividire, tanto che inarcò la schiena, spingendo il suo bacino verso il mio.
«Non c'è fretta, mia piccola Johanna.» dissi ancora, chinandomi su di lei per mordicchiarle i capezzoli del seno, duri a causa mia.
Sentivo ora, più del dovuto, che quella ragazza stava diventando del sottoscritto e che non l'avrei lasciata andare perché certo, poteva sembrare un'emerita stronza, ma dio, quello che ti faceva provare mandava me, Luke Hemmings, in delirio totale. A quel punto, sollevò le gambe, allacciandole al mio bacino, muovendo i piedi fino a riuscire ad abbassare i pantaloni che indossavo. Me ne liberai frettolosamente, riportando poi le mie labbra su di lei, riprendendo quel percorso sul suo collo che avevo iniziato. Johanna continuava a gemere e, cavolo, non c'era un suono migliore. Sorrisi per poi lasciarle un bacio sulla tempia e premere il bacino contro il suo, con le sue gambe ancora allacciate attorno alla mia vita.
Notavo Jo chiedere di più, ma non ero ancora pronto a darle quella soddisfazione, non dopo tutto quello che mi aveva fatto passare.
«Non ora, piccola, non ora.» mi lasciai sfuggire, sussurrandoglielo al suo orecchio sinistro. Le presi poi, di nuovo il viso, premendo le mie labbra in un bacio aggressivo e desideroso, prima di posare le mie dita in lei, affinché aprisse le gambe per ospitarmi.
La bionda non ebbe il tempo nemmeno di replicare, poiché le mie dita trovavano quei suoi punti più sensibili, quei punti che le facevano mordere le labbra così forte da farle assaporare il gusto del suo sangue. Vidi i suoi occhi chiudersi, scuotendo la testa mentre il suo bacino spingeva in un movimento sempre più forte contro le mie dita.
«Luke... s-sono... vicina. T-ti pr-prego...» ansimò, cercando di convincermi a sbrigarmi. Ma non ancora, non ero ancora soddisfatto.
«No, Johanna.» dissi duro, liberandola velocemente e lasciandola vuota, con un orgasmo che desiderava d'uscire.
La baciai di nuovo, portando le mie labbra sul suo collo, per poi scendere lungo la clavicola, fino di nuovo al suo seno. Leccai i suoi capezzoli, portando poi lo sguardo su di lei, per vederla gemere. Con le poche forze che le rimanevano, mi tolse i boxer, vedendo la mia erezione che pompava nel precedente tessuto. Lei sorrise e l'accarezzò, sperando che questo suo gesto mi diede la spinta necessaria per farla arrivare al culmine del piacere. Decisi quindi di accontentarla, entrando in lei con una spinta secca, così forte che Johanna urlò, portando la testa indietro.
Solo adesso, mi rendevo conto quanto mi piaceva quella ragazza, quanto mi mandava fuori di testa.
Mi avvicinai al suo orecchio e, «sei unica, Johanna Henderson.»
Lei sorrise, prendendo il mio viso tra le mani e baciandomi appassionatamente, facendo ricongiungere le nostre lingue, come se si desiderassero ancora, senza aver smesso per un secondo di volersi.
«Luke, mi piaci.» si lasciò sfuggire, mentre continuavo ad entrare in lei, dandole qualche spinta, questa volta, più dolce e calma.
Le sorrisi, uscendo dalla sua intimità per poi accovacciarmi accanto a lei, abbracciandola per sentirla ancora più vicina, per non lasciarla andare.






Ci svegliammo con il rumore della suoneria del cellulare di Jo, mischiata al mio che continuava a ricevere messaggi. Le lasciai un bacio umido alla tempia e mi alzai, prendendo il cellulare per dirigermi in bagno.
«Dove cazzo siete finiti?!» lessi, era un messaggio da parte di Calum, il quale era preoccupato per la nostra incolumità. Forse pensava che ci eravamo sbranati l'un con l'altra e, in certo senso, era stato proprio così.
Sorrisi al ricordo di quella mattina e scrissi la risposta, «diciamo che... abbiamo "parlato".»
«COSA?» lessi ancora, sorridendo ebete e bloccando la tastiera del cellulare. Non avevo intenzione di rispondergli, specie perché ero ancora inebriato dal ricordo di quella mattina, dal suo corpo spalmato sul mio e dalle sue labbra così soffici ma al tempo stesso ruvide.



 
Johanna's pov


Non era un sogno.
Io e Luke avevamo davvero... insomma, sì. Lo avevamo fatto.
E, cosa peggiore, gli avevo esplicitamente detto che mi piaceva, che ero attratta da lui. Dovevo scappare, andare in qualche posto dove lui non poteva trovarmi perché se solo mi avrebbe rivista sarebbe scoppiato a ridermi in faccia, dicendomi che mi vedeva solo come un'amica con cui attuare quegli stupidi giochetti. Mi guardai attorno per cercare la mia biancheria intima e mi vestii velocemente, prendendo al volo le uniche cose che mi sarebbero potute servire. E... no, il cellulare non era tra quelli. Aprii la porta e sparii dalla circolazione, portando con me un permesso firmato dalla preside.




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OH MIO DIO, CE L'HO FATTA, YEEEEEEEEEEEEEEEEEY.

Scusate davvero tanto la mia assenza, ma come ho già scritto precedentemente la scuola mi occupa davvero tanto.
Spero che questo capitolo vi piaccia e mi scuso in anticipo se è un po'  corto ma, se proprio volete sapere TUTTA la verità è che sto studiando diritto per l'interrogazione di giovedì.
Scusate anche per le scene a raiting rosso, spero che non siano uscite proprio di merda.
E niente, fatemi sapere cosa ne pensate.

Baci, Chiara.


 

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Capitolo 20
*** Incompetente su questo piano. ***




Room 158 || Luke Hemmings
 



20.



Come diamine avevo potuto andare a letto con Luke Hemmings? Come?
Sospirai e guardai il fogliettino bianco con la firma della preside, forse fuggire dalla situazione non era la cosa migliore da fare, considerando che non ero una persona che scappava dai propri problemi. Solo che, sicuramente, non appena ci fossimo incontrati, mi avrebbe cominciato a rinfacciare il fatto che son stata io a cedere e non il contrario. E quindi poi avremmo ricominciato a litigare, senza cercare di capire il vero motivo per il quale l'avevamo fatto. E poi, io per lui ero soltanto una scommessa. Come del resto anche lui lo era per me. Quindi... tutto ciò non aveva un grandissimo senso. Forse dovevo provare a parlarne con la persona che mi avrebbe capita nonostante tutto, e questa persona poteva essere solo Ashton, quel ragazzo che con la sua simpatia e dolcezza mi aveva colpita sin dall'inizio. Dopo Luke, ovviamente. Scesi di corsa le scale, attraversai il lungo corridoio e arrivai finalmente alla camera di Ashton, Michael e Calum. Era così strano tutto quello che non potevo ancora crederci. Fino a qualche settimana fa ero così sicura di riuscir a vincere la scommessa ed era così buffo che ora, invece, ero palesemente spaventata.
«Jo?» chiese Ashton, visibilmente stupito di trovarmi lì.
Annuii e gli feci segno di uscir fuori, forse aveva già capito.







«Tutto okay?» mi chiese, sospirando e guardando al di là del cancelletto del collegio.
«In realtà... no.» continuai «e, Ashton, senz'offesa ma... non fare il finto tonto. Secondo me sai già qualcosa...»
Lui ridacchiò e annuì, estraendo il cellulare dalla tasca posteriore e scavando tra i messaggi. Mi porse l'aggeggio e lessi ciò che vi era scritto: "Non posso crederci di esserci andato a letto, Ash. Sarei dovuto essere freddo e distaccato ma, cazzo, quando l'ho trovata lì, davanti a me, io... credo che io mi sia innamorato di lei."
Porca troia.

Soffocai una risata isterica e gli ridiedi il telefono, «cosa ne pensi?» mi chiese allora, bloccando la tastiera e dandomi attenzioni.
Era come se il mio cervello si fosse fermato al "mi sono innamorato", non riuscivo ancora a realizzare il tutto. Insomma, come diamine poteva essersi innamorato di me? Davvero, Luke?
Rimasi un po' interdetta e poi cercai di rispondere, sperando di risultare tranquilla, anche se l'impressione che Ashton ebbe di me fu quella di una pazza.
«Innamorarsi...» ridacchiai nervosa «cioè... è una parola un po' grande... n-no?»
Il riccio sembrò sospirare «qual è il problema, Johanna?»
Sbottando misi le mie mani nei capelli, cercando di tirarmeli per cercare una risposta alla sua domanda. Non sapevo che diamine mi stesse succedendo, non sapevo nulla in quel momento.
«I-io... non lo so.» cominciai il mio monologo, sperando che Ashton mi capisse «senti, io non so davvero cosa provo nei suoi confronti. E... non voglio risultare stronza, ma...»
«Io credo che forse sia meglio che voi due parliate.» mi troncò subito, «non fraintendermi, non è che non voglio ascoltare ciò che ti turba, ma credo che la cosa migliore da fare sia parlarne col diretto interessato.»
Aveva ragione, ancora.
Annuii.






Non era che non volevo fidanzarmi o altro, anche a me piaceva Luke, e tanto anche. Ma... avevo paura di una possibile relazione perché, alla fine, non ero una persona adatta per quello. Johanna Henderson era una ragazza che amava essere libera, senza alcun peso.
Okay, parlare in terza persona non mi porterà a nulla.
Ashton, comunque, aveva ragione, avevo bisogno di parlare con Luke, solo io e lui, senza nessun'altro attorno.
Mi ripetei in mente mille discorsi per cominciare, ma nessuno di quelli che avevo in testa era buono per un possibile inizio.
Tutti cominciavano con un "io e te... insieme?" o "Luke, non possiamo stare insieme, io sono un'idiota"
Non andava di certo bene così. Forse dovrei lasciar fare al mio cuore, ciò che sarebbe successo mi sarebbe andato più che bene. Aprii la porta e me lo ritrovai davanti, con il volto illuminato ed un piccolo sorriso a contornargli quella barbetta incolta che amavo tanto.
«Luke...» sussurrai, borbottando qualche parolina insensata.
«Dimmi.» rispose, venendomi di poco incontro.
Lo vidi avvicinarmisi di nuovo e pensai alla mattina precedente, ai nostri corpi avvinghiati e alle nostre labbra unite. Eravamo così contenti e così eccitati che il resto non ci sarebbe importato. Forse avevo solo paura che lui potesse tradire la mia fiducia e che avrei sofferto per colpa sua o chi sà, anche per colpa mia. Sospirai e mi lasciai scivolare lungo la porta, portando le ginocchia al petto e la testa abbassata. Non avevo il benché minimo coraggio di guardarlo negli occhi.
«Johanna... se hai qualcosa da dire, dimmela.»
Non osavo rispondere, le mie labbra erano come sigillate e la mia voce era come scomparsa.
«Ehi, è tutto okay?» chiese, accarezzandomi il capo e accovacciandosi quasi sul pavimento.
Scossi il capo, facendogli capire che nella mia testa, in quel momento, c'era solo confusione e nient'altro.
«Io non voglio vederti star male.» continuò, «se c'è qualcosa che devi dirmi, qualsiasi cosa... puoi farlo senza timore, senza paura.»
E fu quella benedetta frase che fece sussultare il mio cuore, facendomi capire che Luke Hemmings non era quello stronzo che mi si era presentato davanti tutti i giorni precedenti, Luke Hemmings, quello vero, era quel ragazzo che ora era dinanzi a me, preoccupato per la sottoscritta. Alzai, quindi, lo sguardo e gli sorrisi leggermente, sospirando.
«E' tutto okay.» e si lasciò andare, avvolgendomi in uno dei suoi meravigliosi abbracci. Il mio cuore veniva lanciato su e giù nella cassa toracica, le mille farfalle nello stomaco si erano liberate ed ora svolazzavano qua e là, libere di andare dove gli pareva. Sorrisi istintivamente e mi accoccolai ancor di più, per inspirare il suo profumo carnale. Sentii poi la sua calda mano accarezzarmi la guancia e, cavolo, quel piccolo gesto mi fece rassicurare tanto da cercar di cominciare il discorso che, nel mio cervello, stavo ormai costruendo.
«Io non voglio fidanzarmi... non sono pronta per cominciare una relazione, io...»
Lui ridacchiò, «non lo sono neanch'io, Johanna. Tu... mi piaci, e tanto anche, ma... non credo di essere pronto. Non so nulla a riguardo, sono...»
«Incompetente su questo piano.» rispondemmo entrambi, guardandoci poi l'uno negli occhi dell'altro per poi scoppiare in una fragorosa risata.
Sospirai, «sono contenta che anche tu la pensi come me, insomma Luke, io... non volevo farti star male...» aggiunsi «sai... non voglio neanche perderti perché mi... piaci.» sussurrai l'ultima parola, sperando che avesse capito e che non me la facesse ripetere un'altra volta.
Lui sorrise malizioso e scosse il capo, «non ho capito, scusami, puoi ripetere?»
Gli feci un terzo dito e avvicinai il suo viso al mio, cercando di baciarlo.
«Avrai il mio bacio quando mi dirai cos'hai sussurrato.» e si alzò, ridacchiando.
Che, forse, anche io mi sto innamorando di te...







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CHIEDO VENIA.

Seriamente, perdonatemi.
Ho avuto un casino di impegni e diamine, non sono neanche sicura che questo capitolo sia uscito bene, perciò fatemi sapere cosa ne pensate.
Inutile dirvi che fra poco si concluderà anche questa storia... mi piange il cuore. Sembrava ieri quando ho cominciato a scriverla.
Beh, che dire?
Spero che vi piaccia e perdonatemi se nel capitolo precedente non ho soddisfatto tutte.
E' solo che, purtroppo, ho dovuto mettere "raiting rosso" perchè c'è stata una ragazza (di cui non farò nomi per privacy, credo) che mi ha detto che, siccome la storia è aperta a tutti (ovvero non ha il raiting rosso, ma arancione) sono dovuta a mettere, per regolamento, un piccolo avviso.

Io ora scappo, vi lascio un bacione grande.


Chiara xxx



 

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Capitolo 21
*** Ti amo. ***


Room 158 || Luke Hemmings




21.


 
Luke's pov


Non pensavo sarebbe finita veramente così. O meglio, la vicenda l'avevo immaginata leggermente in modo diverso. Avevo pensato che Johanna, una volta avermi confessato ciò che provava nei miei confronti mi avrebbe baciato, dicendomi che le sarebbe piaciuto provare a stare insieme. E poi, avevo immaginato il sottoscritto sorriderle e farle la fatidica proposta...
Sospirai e guardai il cibo che era dinanzi a me per poi girare la pasta con la forchetta e bere un sorso d'acqua. Avrei dovuto recarmi in biblioteca per prendere alcuni libri ma non ne avevo la forza e tanto meno la voglia. Alcune volte la mia convinzione del "Johanna Henderson non fa per me" si intensificava ancor di più, fino a farmi credere ciò che la mia vocina interiore mi gridava. Insomma, lei non voleva storie serie, mentre io... io le avevo mentito. Le avevo detto che anche per me era la stessa cosa quando, in realtà, non era affatto così. Io, Luke Hemmings, ero perdutamente innamorato di lei, di Johanna Henderson. Quel piatto di pasta ormai si era raffreddato, perciò decisi di alzarmi e andare via, forse avrei potuto recarmi finalmente in biblioteca perché se sarebbero finiti i libri che mi servivano allora sarei stato nella merda. Con ancora la bottiglietta d'acqua in mano, buttai via il vassoio e mi incamminai verso la porta d'ingresso.
«Luke, finalmente ti ho trovato!» esclamò un Ashton preoccupato. Mi fissò negli occhi e sospirò, aggrappandosi al mio braccio sinistro.
Gli feci un segno come per dirgli che poteva parlare, ma lui non capì.
«Cos'hai Ash?» chiesi visibilmente scocciato e annoiato.
«Johanna...-» ma lo bloccai non appena udii il suo nome.
«Cosa le è successo?» continuai scosso «avanti, racconta, Ashton! Non farti tirare le parole di bocca!»
Il riccio alzò un sopracciglio e scosse il capo, «se magari mi fai parlare...»
Annuii.
«Johanna e Michael... insomma... loro... ecco, sì...»
«PORCA TROIA, VUOI PARLARE, SI O NO?» gridai arrabbiato, guadagnandomi varie occhiatacce da parte degli studenti che erano lì o per mangiare o per fare i comodi loro.
«Vieni con me...» sussurrò.






 

Johanna's pov



Continuavo a parlare al cellulare con mio padre, cercando di spiegargli la situazione. Non riusciva a sentir ragioni, continuavo invano a parlargli, sperando che potesse cambiare idea, anche se, d'altronde sapevo com'era fatto. Sapevo che se lui decideva che andava fatta qualcosa allora non si sarebbe discusso su quell'argomento. Testardo fino al midollo, avrebbe affermato mia mamma.
«Papà, ormai qui abbiamo una vita, degli amici che ci vogliono bene... e... non voglio andar via.» continuai a spiegare le mie ragioni, pur sapendo la sua risposta ovvia.
«Johanna, devi capire me, invece. E' per lavoro, io non posso far rimanere qui le persone che amo, capisci? Voglio che stiano con me e l'unico modo per farlo è portarvi in Italia.»
«Io non voglio venire con te.» aggiunsi arrabbiata, «e neanche Mike!»
Guardai poi mio fratello annuire e venire ad abbracciarmi. Aveva capito in che situazione ero e il perché non volevo andar via. Qui c'era Ashley, c'erano Ashton e Calum e poi... c'era Luke Hemmings.
Michael ad un certo punto, mi prese il cellulare e sospirò, cercando di parlare con mio padre e farlo ragionare. La sua tranquillità e la sua calma avevano sempre mandato a quell'uomo reazioni positive. Lasciai fare e aspettai che richiuse la porta, mentre continuavo a fissare le valigie che erano riposte sul mio letto. Guardandomi attorno mi accorsi della felpa nera lasciata da Luke, la presi e ne odorai il profumo, chiudendo gli occhi e ispirando. Volevo che quel suo odore mi rimanesse impresso nella mente e nel naso, così da non poterlo dimenticare più. La strinsi a me e mi accasciai a terra, appoggiandomi al comodino color ciliegio che era presente in camera. Anche quella stanza, la numero centocinquant'otto, sarebbe rimasta per sempre nella mia mente, fissa nei miei pensieri. Avrei ricordato il mio primo giorno, di quando avevo trovato Luke con indosso soltanto un'asciugamano e di quando mi aveva sorriso presentandosi. Sarebbe rimasta impressa la lotta con i cuscini e le nostre varie cazzate fatte nel corso di questo tempo. E ovviamente poi, sarebbe rimasto nel mio cuore il nostro primo bacio.
Il mio sguardo cadde sulla porta che si aprì, mostrandomi Luke e non Michael. Il biondo sarebbe stata l'ultima persona che avrei voluto vedere in questo momento, non ero ancora pronta a spiegargli ciò che stava succedendo e, altrettanto, non ero ancora pronta a sorbirmi la sua arrabbiatura nei miei confronti.
Continuavo a fissarlo senza emettere neanche un suono vocale, non sapevo cosa dirgli e questa era la seconda volta che mi capitava.
«Cosa sta succedendo?» mi chiese, quindi.
In tutta risposta abbassai lo sguardo, fissando le mie converse nere ormai rovinate. In quel momento tutto mi sembrò più interessante, anche quella piccola macchiolina di vernice bianca sul pavimento della stanza.
«Questa è la tua risposta?» domandò retorico, «non riesci neanche a parlarmi ora?»
«Non è colpa mia.» dissi in un sussurro.
«E allora vuoi spiegarmi che diamine succede? Davvero, Johanna, io non sto capendo nulla...» continuò «dieci minuti fa è venuto Ashton in mensa preoccupato, dicendomi che tu e Michael...» sospirò «tu e Michael, qualcosa. Non mi ha detto altro.»
E questa volta mi alzai in piedi, parandomi difronte a lui com'era giusto che fosse «forse dovrò partire e andare in Italia.» sputai, senz'alcuna emozione.
Lui cominciò a ridere, scuotendo il capo e avvicinandosi di più a me «cosa? Dimmi che è uno scherzo, una cazzata inventata sul momento.»
Continuai a guardarlo intensamente e poi capì, «allora... è vero.»
Deglutii, annuendo «ora Mikey è di là per cercare di fargli cambiare idea, ma... non so se ci riuscirà.»
«In... Italia?» ridacchiò innervosito «e perché lì?»
«L'hanno trasferito e lui... non vuole averci lontano. E d'altrocanto lo capisco, le persone che si amano non le si vogliono lontane.» risposi, cercando di lasciargli intendere quella mia frase. Era ovvio che mi stessi riferendo a lui, ma ovviamente non capì.
«E... non... non ti mancherò, vero?»
Sbottai, «come puoi pensarlo?»
«Lo penso e basta, Jo...» continuò «tu mi mancherai tanto.»
Gli andai incontro e lo abbracciai forte, lasciando cadere per sbaglio la felpa ai nostri piedi. Il profumo che aveva era uguale a quello della felpa e, questo piccolo particolare, mi fece commuovere. Io non volevo allontanarmi da lui, Luke era la persona che desideravo ci fosse per sempre nella mia vita. Deglutii, lasciando che le mie lacrime gli lasciassero delle piccole macchie sulla maglietta. Poi alzai lo sguardo e tentai di baciarlo, per sentire un'ultima volta quelle labbra che mi sarebbero mancate per sempre.
«Non so se poi sarò in grado di lasciarti andare, Jo... ne sei sicura?»
Annuii, sorridendogli amaramente.
«D'accordo.» e dopo ciò, le nostre labbra si unirono nuovamente, facendomi riprovare quelle dannate sensazioni che odiavo ma che allo stesso tempo amavo perché provenivano dal nostro bacio. Le sue mani tentarono in tutti i modi di riscaldare il mio corpo ormai ghiacciato, mentre continuava a stringermi a sé, come se volesse proteggermi da tutto e tutti. Ed io, mentalmente, continuavo a ringraziarlo.
«Johanna, io ti amo.» sussurrò infine, lasciando che io gli mordessi il labbro inferiore.  









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ANGOLO AUTRICE:


Buongiorno a tutte e buone feste fatte! Come state, tutto okay?
Ah, io sono piena di cibo, manca poco che mi metto a rotolare. Solo che, in tutto questo, ho perso due kg. Non sapete come son contenta, ohohohoh.
Alloooora, parlando del capitolo, finalmente è successo qualcosa, non è così?
Dunque, Johanna e Michael forse partiranno e andranno in Italia, a causa del lavoro di George, il padre. Cosa ne pensate che uscirà da questa storia?
E Luke, invece? Come ne uscirà? Devastato?
Spero che come al solito, questo capitolo vi sia piaciuto e nulla, aspetto vostre notizie.
Volevo soltanto avvisarvi che questo capitolo è l'ultimo e che il prossimo sarà l'epilogo.
Quanto mi dispiace che sia giunta al termine... ahhh!
E vabbé, ora io scappo, un bacione e, se riesco a postarlo prima allora ci faremo anche gli auguri per Capodanno.



Un bacio, Chiara.


Piesse: non dimenticate la nuova storia che pubblicherò, "Single da contratto"

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Capitolo 22
*** Epilogo ***


Room 158 || Luke Hemmings




Epilogo.




Quando tornò Michael, io e Luke eravamo ancora avvinghiati. Io avevo quasi gli occhi lucidi, mentre il biondo difronte aveva un piccolo sorrisetto stampato in viso, anche se si riusciva a capire che era dispiaciuto. Rimanemmo ancora per un po' in quella posizione, fin quando mio fratello non tossicchiò.
«Johanna...» cominciò il suo discorso, costringendomi a guardarlo negli occhi.
«Quel tono... no...» cominciai a ridacchiare innervosita.
«No, no... NO!» urlai, capendo subito dove volesse andare a parare.
Non potevo davvero credere che fosse finito tutto, non così... almeno. Andai svelta accanto a Michael, gli presi la mano e gliela strinsi, questa volta però piangendo. Luke era dietro di me, immobile dov'era prima, dov'eravamo noi prima. Non osava muoversi o parlare, se mi fossi girata avrei potuto notare ancora il suo sguardo inchiodato a terra o forse sui suoi anfibi. Guardai, dunque, negli occhi di Michael e, d'istinto, lo abbracciai.
«Ti giuro che ho fatto davvero il possibile...» continuò «dice che gli manchi molto e... non vuole lasciarti qui, da sola.»
Lasciarmi da sola? Questo era davvero il colmo. Dopo che mi aveva portata qui dentro, infischiandosene e dandogliela vinta a quella donna, lui aveva il coraggio di dire che gli ero mancata? Avevo solo una grande rabbia nei suoi confronti. Non potevo davvero pensare che un uomo come mio padre potesse farmi una cosa del genere. Per lui ero sempre stata la sua piccola principessa, quella bambina a cui dava sempre tutto con un sorriso in viso, quella bambina, e ora ragazza, a cui non aveva fatto mancare nulla quando morì una delle persone a lei più care. Tirai su le lacrime e strinsi ancor di più Michael che, vedendomi così giù, cominciò ad accarezzarmi i capelli.
«Mi dispiace...» aggiunse, «per entrambi, intendo. Cioé, ora che sapete cosa provate siete costretti a...-»
Ma Luke lo interruppe «non continuare, Mike. E'... è già difficile così.»  
Mio fratello annuì, «vado a preparare le valigie, vi... vi lascio soli.»




 
Luke's pov


Appena Michael uscì, il silenzio calò in stanza. Nessuno dei due era propenso ad aprire un'argomento o addirittura, quell'argomento. Eravamo fermi a fissarci, con gli sguardi persi negli occhi dell'altro. Ognuno, credo, pensava a ciò che sarebbe successo dopo, quando ci saremmo allontanati per sempre. Johanna sarebbe partita per l'Italia, forse lì avrebbe trovato il suo ragazzo ideale, un lavoro e, chissà, anche una famiglia. Perchè lei se lo meritava... era una ragazza apposto, una ragazza che sapeva come comportarsi in ogni situazione e diamine quanto mi sarebbe piaciuto confessarle prima ciò che provavo... forse avremmo avuto qualche attimo in più. Sospirai e decisi di abbracciarla, volevo sentire il suo corpo a contatto con il mio un'ultima volta prima di lasciarla partire e non rivederla per un lungo tempo. Appena avvolsi le mie braccia attorno al suo bacino, Johanna sussultò, rimanendo immobile.
Era ancora scossa, era chiaro.
«Potremo comunque rimanere amici...» cercai di sdrammatizzare, ma mi accigliò.
«Amici, Luke? Sul serio?» rise nervosa, con il trucco colato e le lacrime che continuavano a scenderle lente «mi hai detto che mi ami... io... ricambio e che fai ora? Vuoi... essere mio amico?» continuò ancora, «e poi quando ci sentiremo o vedremo via Skype di cosa mi parlerai? Della ragazza che hai conosciuto in mensa di cui ti sei innamorato perdutamente?»
«Credi che sia facile per me, Jo? Volevo cercare di non farti pesare la situazione ma, porca puttana, è difficile! Avrei voluto che tutto questo fosse accaduto prima, così almeno avremmo potuto goderci quei pochi momenti di coppia.» sospirai, baciandole il capo dolcemente.
«Siamo sfortunati...»
«Lo siamo tanto...» disse infine.
«Potremmo... goderceli, intendo, quei pochi momenti.» esordii, facendomi venire una brillante idea.
«Eh? E come?»
«A che ora hai il volo?» domandai, in attesa di una risposta.
«Sei di questo pomeriggio, credo...»
«Perfetto, fatti trovare nel cortile, io arriverò fra poco.» e conclusi, asciugandomi un po' gli occhi e correndo dai miei amici per raccontare loro la mia brillante idea.






Continuavo a raccontare cosa avrei fatto ad Ashton, Calum e Ashley. Loro, intanto, mi ascoltavano sorridenti, dandomi ragione su ogni cosa che dicevo. In parte, ero contento. La mia idea era far vivere quei giorni di coppia a Johanna, ma in uno solo e, ovviamente, prima delle sei di questo pomeriggio.
«Ditemi l'orario.» esordii duro, continuando a camminare per cercare Michael.
«Sono le tre, signore.» scherzò la rossa, strizzandomi una guancia in modo veloce e guardando dritto difronte a sé «è un'idea bellissima comunque, Luke.»
Annuii e le sorrisi, fermando finalmente Michael che andava di fretta e furia «Luke! Johanna è pronta? Come sta, meglio?»
«Michael, ho bisogno del tuo aiuto...» dissi, ignorando le domande precedenti.






Appena arrivammo nel cortile del collegio, trovammo Johanna seduta sul muretto, come sempre. Guardavo la bionda fumare una sigaretta con molta tranquillità, anche se sapevo perfettamente che dentro di lei c'era un enorme tempesta nei confronti di George, suo padre. Sapevo anche che avrebbe voluto sfogarsi con qualcuno, o forse proprio con il diretto interessato. E d'altrocanto non le si poteva dar torto, visto che era normale fosse arrabbiata. Mi avvicinai cauto e le misi una mano sopra la coscia sinistra, accarezzandogliela e sorridendole non appena i suoi occhi ebbero incontrato i miei.
«Allora? Cosa c'è?» chiese, con un tono di voce spezzato e afflitto.
Evidentemente aveva pianto ancora.
«Johanna, devo dirti una cosa importante.»
Buttò via il mozzicone della sigaretta e scese preoccupata dal muretto, con uno sguardo forse un po' rilassato «avete convinto mio padre?»
«Ehm... no.» continuai, vedendola abbassare il capo «devo dirti che mi sono innamorato di te, Johanna, che sei la ragazza che, forse, ho sempre aspettato e che non si è mai presentata. Hai un carattere forte, sei determinata e cavolo, a letto sei una tigre. Forse questa non è la dichiarazione più dolce che ti saresti mai aspettata, ma... spero che tu abbia capito che mi piaci, Jo, che mi piaci da impazzire.»
La vidi sorridere, per poi parlare «mmh... cosa significa questo?»
«Che, se tu sei d'accordo, possiamo passare direttamente a quando ti invito ad uscire.»
Annuì, mettendosi le mani sopra le labbra per non ridere imbarazzata «dove mi porti, signor. Hemmings?»
«Oh beh... in uno dei più belli ristoranti del campus. La... caffetteria!»
E fu a quel punto che scoppiò in una grassa risata, appoggiandosi a me e lasciandomi un bacio umido sulla guancia sinistra. Ci avviammo verso il luogo previsto e aspettammo Ashley fare la sua comparsa.
«Buon pomeriggio, spero che gradiate ciambelle e caffé. Buona merenda!» esclamò, dileguandosi velocemente, non prima però di aver fatto un'occhiolino a Jo.
«Tu sei pazzo...» sussurrò, bevendo un po' della bevanda calda.
«Giusto un pochino.» continuai sorridendole «Johanna, voglio baciarti.»
La vidi arrossire, scuotere il capo e lasciarmi un bacio sull'altra guancia.
«Dopo. Voglio scoprire cos'hai inventato ora.»
Annuii e decisi di accontentarla, «seguimi.»
A passo svelto ci recammo in palestra, dov'era stato montato un piccolo schermo con due poltrone. Il film che avevamo deciso di riprodurre era "Innamorarsi a Notthing Hill", scelto e consigliato da Ashley, la quale era una grande romanticona. Calum, quindi, ci porse i pop corn e poi, anche lui, si dileguò.
«Questo film... racconta un po' noi» le passai un braccio attorno alla spalla «solo che noi ci siamo innamorati in uno stupido collegio, passando prima dall'odio, fino ad arrivare ad ora.»
Johanna non emise suono vocale, passò soltanto la sua mano sulla mia e la strinse, avvicinando, poi, il suo viso sempre di più al mio. Sentii per poco le sue labbra, solo che il tempo stringeva ed io non potevo perderlo.
«Dopo. Abbiamo poco tempo, Jo!» esclamai, facendole fare una piccola risata accondiscendente.
Guardai l'orologio sul cellulare: le cinque.
Avevo una sola ora per portarla al concerto dei suoi idoli e farla tornare in tempo al collegio. Lasciammo la palestra e ci recammo nell'auditorium, dove fortunatamente c'era un palco ben piazzato. Lì erano disposti Ashton e Michael con, il primo, batteria e, il secondo chitarra e microfono in mano.
«Ovviamente non sono i Green Day ma, credimi, sono molto bravi.» le sussurrai, lasciandole un bacio sul lobo dell'orecchio e dando il via ai due ragazzi.
Suonarono una canzone, Little girl, e poi fummo costretti ad andar via. Mentre ripercorrevamo tutto il campus, vedevo i suoi occhi illuminarsi mentre la mia mano era avvolta nella sua. Si notava come fosse felice e d'altronde, questa era la cosa che mi rincuorava e che mi rallegrava. Avevo fatto tutto quel casino solo per poterla rendere un po' più felice e meno triste. Avrei fatto davvero di tutto per quella piccola donna che era al mio fianco.
Johanna, però, si fermò di scatto il che mi fece subito voltare. Aveva ancora quel sorriso amaro sulle labbra e sentivo, anzi ne ero certo, che stava per scoppiare di nuovo in un pianto isterico.
«Ti amo, Luke, ti prego non dimenticartelo. Non ti obbligo a ricordarti di me perché è chiaro, ti rifarai una nuova vita, ma... non dimenticare che ti amo perché è sincero ciò che provo nei tuoi confronti. Sei... una persona stupenda e davvero, renderai la tua futura ragazza una donna fortunata.» mugugnò, singhiozzando e asciugandosi le lacrime con il suo maglioncino.
«Se piangi rendi tutto più difficile.»
«Lo è già, Luke.»
«Ti amo anch'io, Johanna. E... no, non lo dimenticherò e non ti dimenticherò.» conclusi, lasciando che mi baciasse.
Finalmente le nostre labbra erano di nuovo unite in un bacio che, se fosse stato per me, non avrebbe avuto una fine.




 
Johanna's pov



 La mattina dopo fui costretta a lasciare la stanza, la befana e mio padre erano già fuori al cancello principale ad aspettarci con le valigie. Luke era accanto a me mentre mi aiutava a portare i bagagli di fuori, cosa che Michael aveva già fatto. Mio fratello era intento a salutare Ashton e Calum, mentre Ashley aspettava il suo turno. Appena mi vide, mi sorrise, lasciandomi poi, un bacio sulla guancia veloce, e sussurrandomi un "mi mancherai".
Salutai anch'io il riccio e il moro, lasciandogli tutti i contatti necessari per risentirci. Ci eravamo ripromessi di rincontrarci e di non perderci di vista. Purtroppo però, arrivò anche il turno di Luke e, come da copione lo baciai di nuovo, lasciando si che le mie lacrime bagnassero il suo meraviglioso volto.
«Non riesco ad immaginare la nostra camera senza di te.» mi sentii sussurrare.
Incosciamente sorrisi, annuendo e ripetendogli ancora una volta che, forse, quello non sarebbe stato un addio ma solo un arrivederci.
«Ci rivedremo presto, spero.» li salutò Mike, salendo in macchina e chiudendo la portiera anche per conto mio.







Appena arrivati all'areoporto ci dissero che il nostro volo per l'Italia era in partenza e che di lì a poche ore saremmo arrivati a destinazione. Non avevo emesso suoni vocali per tutto il viaggio e tanto meno avevo intenzione di cominciare ora. Arrivati in aereo ci disponemmo secondo i nostri quattro posti: Michael e la stron... ehm, la mia matrigna e George ed io dietro.
«Ho visto come vi siete salutati tu e il biondino, sai?»
Ed ora di cos'aveva bisogno? Di un applauso?
«Johanna, rispondimi.»
«Cosa vuoi che ti dica? Che mi hai rovinato la vita? Papà, sul serio, prima mi hai mandata in quella merda ed ora, che mi ero ambientata, mi porti di nuovo via. Dio, deciditi!»
Sospirò «ti capisco... hai ragione, non lo metto in dubbio. Però, tesoro, cerca di capire anche tuo padre... Sydney è davvero lontano e non volevo lasciarti sola con...» indicò il posto dov'era seduta la mia matrigna «lei.»
A quel punto mi lasciai scappare un sorriso «avrei fatto la fine di Cenerentola.»
«Esattamente.» ironizzò, «il punto è che ho bisogno di passare del tempo con te, con mia figlia. Ti prego, non avercela con me... ti prometto che ritorneremo di nuovo in Australia quanto meno te lo aspetti.»
Purtroppo ora il danno era fatto, Luke ed io eravamo lontani ma ero pur sempre ottimista, forse un giorno ci saremmo rivisti e avremmo cominciato la nostra vita da zero. Non sapevo di certo cosa mi avrebbe riservato il futuro, ma di una cosa ero sicura: sarei tornata presto in Australia e avrei rivisto tutti, compreso lui.
Prima di partire presi il cellulare per spegnerlo, solo che notai un messaggio:

Da: Luke
Appena uscirò di qui, ti prometto che verrò a cercarti, Jo. Non mi arrendo.
Ti amo,
tuo Luke.


Sorrisi e spensi l'aggeggio, riponendolo in tasca per cercare di dormire. Luke Hemmings sarebbe per sempre rimasto nel mio cuore per il motivo che tutti ormai sapevano: mi aveva insegnato ad amare senz'alcun timore.








STO PER PIANGERE.

Non posso pensare che siamo giunti all'Epilogo.
Oh mio dio, sembrava ieri quando ho cominciato a postarla e a scriverla... sono così contenta che siate rimaste fino alla fine che quasi non riesco ad esprimermi.
Vorrei abbracciarvi tutte perché, ormai lo so sono ripetitiva ma frega n'cazzo, mi aiutate a migliorare con il vostro supporto e i vostri consigli.
Come promesso, questo è l'epilogo, spero che sia stato di vostro gradimento, fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!
Ora devo scappare, appena posso pubblico il prologo della prossima fanfiction: Single da contratto.


DOMANDA IMPORTANTE:

Chi vuole leggerla può scrivermi nella recensione un "avvisami" così poi appena posterò il prologo vi scrivo.

Un bacio, Chiara x

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