Being natural friends

di tonksnape
(/viewuser.php?uid=2765)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gli Weasley e il quidditch ***
Capitolo 2: *** Dolori e gioie ***
Capitolo 3: *** L'inizio del danno ***
Capitolo 4: *** Rientra in gioco Voldemort ***
Capitolo 5: *** La sfida ha inizio ***
Capitolo 6: *** Una amicizia a prova di profezia ***
Capitolo 7: *** Il primo scontro ***
Capitolo 8: *** Due eserciti si schierano ***
Capitolo 9: *** Battaglia ***
Capitolo 10: *** Il Principe Mezzosangue ***



Capitolo 1
*** Gli Weasley e il quidditch ***


Gli Weasley e il quidditch

 

“Harry..”

Ron si fermò lungo le scale creando notevoli problemi a tutti coloro che stavano facendo la stessa strada e guardò avanti, verso la nuca dell’amico che stava qualche gradino davanti a lui.

Harry si fermò e mentre gli sfilavano accanto numerosi compagni diretti verso le Sale Comuni, si girò e guardò Ron.

Era bloccato, un piede su un gradino e l’altro un gradino più in alto e aveva lo sguardo… folgorato.

“Cosa c’è?” chiese Harry

“Io gioco bene a quidditch!”

E mentre lo diceva gli comparve un sorriso sul volto.

Harry rispose con un identico sorriso.

“L’hai capito adesso?”

“Si. Cioè… no. Ci stavo pensando e … beh, sì. Ho ripensato agli ultimi giorni. Ho parato parecchi bolidi e neppure uno per sbaglio. Li ho proprio presi tutti!”

Ron riprese a salire le scale, appoggio la mano sinistra sulla spalla di Harry e proseguì con lui. Era decisamente allegro.

 

Continuarono a parlare di quidditch fino alla Sala Comune, interrompendosi solo per lasciare a Ron il tempo di dire la parola d’ordine per farli entrare.

Buttarono le borse a terra, più o meno vicino a dove andarono a sedersi, anzi quasi a sdraiarsi per proseguire, vicino al camino, nell’analisi della squadra di gioco del Griffondoro.

Sentivano, sottovoce, il richiamo dei libri di studio e dei compiti, Harry un po’ più di Ron, ma il suono della loro voce era sicuramente più alto di qualsiasi richiamo all’impegno scolastico.

 

Ron era effettivamente migliorato notevolmente nel gioco e stava diventando sempre più difficile per i compagni riuscire a far passare un bolide se lui era in porta.

Fred e George durante l’estate si erano impegnati molto per questo.

Per almeno tre sere a settimana, lasciato il loro negozio, che richiedeva molta dedizione, allenavano il fratello e la sorella nei prati vicino a casa.

Sostenevano che, vista la loro improvvisa partenza da Howargts, era fondamentale che la famiglia Weasley rimanesse un punto di riferimento per la squadra della loro Casa.

 

Per Ginny non avevano particolari obiettivi: era la prima Weasley femmina, giocava bene e ritenevano fosse suo compito creare un modello Weasley al femminile. Quindi tutto ciò che faceva veniva lodato perché era la prima donna a farlo.

Era evidente però che la sorella aveva obiettivi diversi.

Dopo aver visto giocare i 5 fratelli per tanti anni, dopo aver seguito i successi dei due maggiori attraverso i loro racconti e dopo aver visto direttamente lo stile vincente dei gemelli, voleva dimostrare di essere brava quanto loro.

Non le piaceva essere lodata perché era una donna, ma perché giocava bene!

 

Non aveva mai cercato la discussione con i fratelli per questo, neppure durante quella estate.

Ma sentiva, mentre Bill la guardava allenarsi a casa, che lui era compiaciuto solo della sua piccola sorellina, che riusciva a giocare così bene. Sentiva nei commenti di Fred e Gorge, la loro soddisfazione nel pensare ai Serpeverde battuti da una donna, da una donna Weasley.

 

Solo Ron la guardava con gioia mentre giocava, ma anche con invidia quando era lodata dai fratelli oppure con rabbia quando riusciva ad infilare il bolide tra le sue mani.

Però Ron era … la sua metà. Era il più vicino a lei per età, per esperienza, per amicizie, per interessi. A volte pensava a loro due come fossero quasi gemelli, come Fred e George. Non così uniti e complementari, ma molto legati.

Anche lei provava la stessa gioia e la stessa invidia nei confronti di Ron.

 

E Charlie… beh, Charlie era stato fantastico. Era quasi riuscito a superare Bill nella scala delle preferenze fraterne di Ginny.

Dopo una azione che aveva portato Ginny al gol, con l’aiuto dei gemelli e battendo Ron, Fred si era rivolto a Gorge e aveva detto:

“Lo immagini?”

“La faccia di Piton…” aveva aggiunto Gorge.

“Una griffondoro…” aveva detto Fred.

“Weasley…” aveva continuato Gorge.

“ E donna!!!” avevano concluso insieme.

E le aveva fatto un applauso complimentandosi con lei.

Avevano continuato a gongolare sull’argomento per almeno 15 minuti, mentre Ron, borbottando da solo, cercava di capire dove aveva sbagliato.

Ginny aveva guardato i gemelli con il volto corrucciato.

L’ultimo commento lo trovava stupido e inutile.

Il fatto che lei fosse una donna doveva essere importante per Dean. E avrebbe dovuto esserlo per Harry, aveva aggiunto una piccola e bassissima voce dentro di lei.

Ma non doveva esserlo per dei tifosi di quidditch.

Charlie le si era avvicinato, aveva messo un braccio attorno alle sue spalle, stringendola a sé, le aveva scompigliato i capelli e sorridendo le aveva detto:

“Bella azione Weasley! Per una novellina poi… neanche un anno e ti muovi così! La prossima volta però occhio a tutti e due i lati durante l’azione. Ogni tanto sembri dimenticarti che esiste anche il lato sinistro del campo.”

Ginny lo aveva adorato in quel momento. Era un commento tecnico, oggettivo e istruttivo.

 

Per Ron le cose erano molto più difficili.

Tutti i fratelli si impegnavano ad allenarlo, con la fretta dovuta alla scelta della famiglia e dell’Ordine di rientrare a Grimmauld Place quanto prima, ma la tensione che sentiva attorno e dentro di lui lo rendevano rigido nei movimenti e incerto nelle scelte di gioco.

Sapeva di dover almeno avvicinarsi ai fratelli come abilità e di non dover sfigurare di fronte alla sorella.

Per fortuna nessuno faceva paragoni con Harry.

Veramente nessuno, allora, era ancora certo del rientro di Potter in squadra, ma nel momento in cui sarebbe stato deciso, Ron non voleva farlo sfigurare o far pensare che se si trovava in porta era merito della loro amicizia e non della sua bravura.

Ron non accettava nessuna allusione al fatto che non avrebbe potuto rientrare o che non sarebbe stato il capitano. Zittiva qualsiasi osservazione dei fratelli o di altri membri dell’Ordine (Tonks in particolare, che discuteva con loro spesso del futuro della scuola) con commenti decisi e inappellabili quali: “Sarebbero pazzi a non farlo” oppure “ C’è già abbastanza incertezza in giro, non mi sembra intelligente aumentarla” fino al definitivo “Lo dico io e ho ragione”.

Effettivamente aveva avuto ragione e Harry era diventato Capitano.

Infatti tutti gli interventi “correttivi” della Umbridge erano stati cancellati dal rientro di Silente nella carica di Preside. Le squadre poteva allenarsi secondo i calendari stabiliti, le partite sarebbero riprese secondo il ritmo centenario di Howgarts, i gruppi di studio, lavoro o altro potevano riunirsi nel rispetto delle regole di Gazza.

Nel periodo dell’allenamento estivo di Ron, Bill gli era stato vicino più degli altri. Mentre Fred e George lo allenavano fisicamente e tatticamente fino allo sfinimento, e Charlie lo aiutava a minimizzare i momentini sconforto, Bill discuteva con lui della freddezza durante l’azione, di come mantenere la concentrazione o la migliore respirazione. Di ogni azione gli spiegava il positivo e il negativo e aveva insistito fin dall’inizio affinché non si concentrasse solo sulla palla che arrivava, ma anche sul giocatore che la accompagnava per prevedere, almeno in parte, la sua azione. Ron si sentiva sempre più razionale e sempre meno emotivo mentre giocava.

Adesso, dopo aver ripreso gli allenamenti a scuola, si era reso conto che tutti quegli sforzi cominciavano a dare i loro frutti. Non aveva ancora affrontato una squadra avversaria, ma aveva tenuto testa a tutti i suoi compagni.

Era stata davvero una folgorazione quella che aveva avuto salendo verso la Sala Comune.

 

Sdraiati sul divano Harry e Ron stavano lentamente esaurendo gli argomenti relativi agli allenamenti fatti (erano stati ancora pochissimi, quindi c’era poco materiale) quando si allungò, davanti a loro, l’ombra di un’altra persona che riconobbero dalla voce:

“Non avete ancora cominciato i compiti? Avrete tempo per parlare di quidditch quando comincerà il campionato.”

Hermione era arrivata.

Ron la guardò rassegnato, mentre Harry le sorrise.

Hermione sorrise ad entrambi, si sedette su una poltrona davanti a loro e prese tutto il necessario per i compiti, mentre i due amici, con lentezza, si avvicinarono alle loro borse e la imitarono.

 

Harry finì, in parte, i compiti previsti e, allungando le braccia sopra la testa, si girò verso una delle finestre della Sala Comune guardò la luna che stava salendo.

Quell’estate per fortuna l’aveva vista pochissime volte dalla casa degli zii Dursdley. L’Ordine lo aveva portato via da Private Street ai primi di agosto per proteggerlo dentro la casa di Grimmauld Place. Lì aveva passato giorni felici e semplicemente tranquilli anche se si era sentito a volte segregato per il fatto di dover chiedere sempre a qualcuno di accompagnarlo durante le uscite che desiderava fare.

Per la prima volta aveva avuto una festa di compleanno vera, con regali, torta, canzoni, risate e giochi insieme ad un mucchio di persone che erano arrivate per lui, solo per potergli fare gli auguri. E non perché era il Bambino Sopravvissuto. Proprio perché era Harry o perché era figlio di Lily e James o perché amico di Ron e Hermione.

Era stata una giornata semplice e perfetta.

La tristezza diventava più forte all’inizio e alla fine del giorno quando il ricordo di Sirus esplodeva più doloroso, ma questi erano sentimenti che ormai conosceva.

Anche la rabbia era ancora molto forte. A volte era verso Voldemort, a volte verso Bellatrix o Lucius Malfoy.

Ma a volte era anche verso Silente che non aveva trovato il modo di proteggere Sirius o di farlo tornare o verso i suoi amici che lo avevano seguito nel Ministero e non lo avevano fermato per chiedere aiuto.

Anche verso Nick Quasi-Senza-Testa che aveva osato dire che Sirius non sarebbe tornato. Pochi si salvavano da questa rabbia: Luna che aveva sofferto la perdita della madre, Ginny che gli aveva fatto capire che non era posseduto da Voldemort, Neville che provava la sua stessa frustrazione e impotenza.

La rabbia non esplodeva in modo incontrollabile. Ma si sentiva più irritabile, meno disponibile verso gli altri, insofferente, con un macigno dentro al cuore che non se ne andava.

Ron e Hermione sembravano aver capito come stavano le cose.

Lo lasciavano in silenzio, oppure lasciavano che buttasse fuori tutta la sua irruenza alzando la voce quando qualcosa non andava oppure lanciando libri o altri oggetti nei momenti di frustrazione oppure accettando i suoi commenti duri e cattivi anche verso di loro.

Si difendevano a vicenda però: se Harry rispondeva male a Ron, Hermione lo guardava dicendogli con di lasciarlo stare ed era arrivata anche a lanciargli sguardi “assassini” e se Harry rispondeva male ad Hermione, cosa che capitava molto di rado, Ron si girava di scatto e gli diceva “Smettila” senza mai alzare la voce, ma con un tono che non ammetteva repliche.

Harry sapeva che aveva raggiunto il limite in quei momenti, ma a volte quasi li sfidava per vedere fino a che punto loro lo avrebbero sopportato ed accettato.

Poco prima della partenza per Howgarts Harry aveva commentato in malo modo quello che Ron aveva detto a proposito di una azione di quidditch di una squadra del campionato ribattendogli con tono molto aspro e quasi cattivo:

“Smettila Ron. Parli, parli, parli di quidditch, ma voglio vederti poi in campo. Ti atteggi a gran esperto, ma non te la caverai come l’anno scorso all’ultimo momento!”

Harry sapeva quanto si fosse impegnato l’amico durante l’estate, non solo perché ne avevano parlato insieme, ma anche dai racconti dei fratelli Weasley. Sapeva che era migliorato e che poteva diventare ancora più bravo. Ma quel giorno aveva appena finito una lezione di Occlumanzia con Piton, aveva mal di testa ed era stanco e sfiduciato e la prima persona che aveva trovato per sfogarsi era stato l’amico.

Hermione non era presente, ma c’era Ginny che lo aveva guardato con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta per lo stupore. Non aveva mai visto i due amici litigare e non in modo così gratuito.

Ron si era bloccato mentre piegava alcune magliette da mettere nel suo baule, si era girato verso Harry e gli si era avvicinato in silenzio.

Harry era seduto sul letto e Ron lo sovrastava dall’alto con lo sguardo serio e la bocca tirata. Sembrava incerto tra il prenderlo a pugni e piangere per la delusione.

“Non sono il tuo sfogatutto amico. Anche se la giornata è da buttare nel cesso non ci mandare me, chiaro!? Alla prossima ti arriva un pugno.”

Poi era tornato verso il suo letto e aveva ripreso a mettere in ordine.

Ginny se ne era andata dopo aver guardato Harry con aria delusa e il fratello con un sorriso piccolo e dolce.

Harry era rimasto fermo sul letto. Non avrebbe chiesto scusa a Ron. Non sarebbe sceso così in basso, ma doveva farsi perdonare. Sapeva di aver tirato troppo la corda nel momento stesso in cui aveva finito la frase.

Dopo alcuni minuti di silenzio durante i quali nessuno dei due aveva guardato l’altro, Ron mise nel baule i guanti della divisa della squadra che aveva sgraffignato dagli spoglaiatoi l’anno prima.

Harry colse l’occasione per dire: “Ti porteranno fortuna anche quest’anno.” Intendendo dire all’amico che avrebbe giocato di nuovo e al meglio, portando la squadra alla vittoria.

Ma Ron doveva aver capito un altro messaggio perché si girò di scatto e guardando fisso l’amico gli disse, alzando la voce chiaramente adirata:

“Perché? Gioco bene solo se ho fortuna? Bell’opinione che …”

“ No, no Ron. “ lo interruppe Harry velocemente e alzando le mani per fermarlo“ Intendo dire che giocherai anche quest’anno. Che sarai un bravo portiere. Voglio vederti giocare e voglio vederti vincere, anche se solo dagli spalti…”

“Che cretinate. Sarai tu il capitano della squadra e giocherò con te. Al meglio” Ron abbassò la voce mentre lo diceva riprendendo il suo tono abituale.

“Grazie Ron.”

“Di cosa?” Ron lo guardò alzando le sopracciglia con una espressione tra il curioso e l’arrabbiato.

“Grazie” ripeté Harry sottovoce. Il cuore sembrava essere diventato più leggero e la testa meno dolorosa.

Ron accennò ad un leggero sorriso e riprese a fare i bagagli ed Harry lo imitò.

Dopo aver sistemato una parte dei bagagli il pomeriggio si era trascinato fino ad una lunga battaglia di cuscinate durante la quale erano “involontariamente sfuggiti” ad entrambi dei colpi duri, e quelli di Ron erano stati i più forti. Harry non si era lamentato…

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Dolori e gioie ***


Dolori e gioie

Gli incontri con Piton proseguivano regolari sia durante l’estate sia dopo l’inizio della scuola: interminabili, frustranti, irritanti e poco utili.

Harry sentiva ancora bruciare la cicatrice. A volte era solo un leggero pizzicare, altre aumentava più o meno velocemente. Non era mai arrivato a svenire o ad urlare dal dolore ed erano meno frequenti dell’anno precedente, ma non riusciva a controllarlo. Sapeva che il contatto tra lui e Voldemort c’era ancora, forte e indissolubile. Conoscere la profezia aumentava questa sua certezza.

Non ne aveva ancora parlato con nessuno.

Piton era inflessibile. Anche più del solito se possibile.

Harry non aveva capito come lo avessero costretto (convinto era impossibile!) a riprendere gli incontri con lui.

Doveva esserci stato l’intervento di Silente, anche se alcuni commenti di Lupin e di Tonks riportati da Hermione, lasciavano credere che tutto il gruppo dell’Ordine vedesse positivamente il ruolo di Piton e avesse sostenuto il suo ruolo di insegnante per Harry.

Harry aveva provato a chiedere a Silente, durante un suo soggiorno a Grimmauld Place, perché non poteva fare quelle lezioni con lui o almeno con Lupin,.

Silente lo aveva guardato velocemente e sorridendo:

“Ci vuole molta forza per contrastarlo Harry. Esercizio e costanza. Io non te li posso dare ora e non desidero metterti in pericolo facendo nuovamente di te un legame tra la mente di Voldemort e la mia. Piton ha dovuto usare l’Occlumanzia per andarsene dai Mangiamorte, l’ha sperimentata sulla sua pelle a lungo. Può darti tutta la conoscenza possibile per aiutare anche te a tenerlo fuori dalla tua vita. So quanto è difficile per te, ma ti sta offrendo aiuto. Lupin ti protegge, Piton ti costringe a proteggerti da solo.”

Pur avendo compreso il messaggio Harry viveva le lezioni come un obbligo e odiava Piton.

Anche dopo aver visto tutto quello che ricordava nel Pensatoio del professore, continuava a trovarlo completamente odioso.

Ron lo sosteneva del tutto: Piton era quanto di più intollerabile potesse immaginare per l’amico e per sé visto che, nonostante tutto, avrebbe dovuto sopportarlo per altri due anni a lezione.

Hermione, naturalmente, appoggiava Silente: Piton era insopportabile, ma indispensabile per Harry e la sua competenza in Occlumanzia era garantita dal Preside. Quindi niente discussioni!

L’arrivo dei risultati dei G.U.F.O. era stato uno dei momenti più difficili e gioiosi a Grimmauld Place.

Le lettere erano giunte subito dopo l’arrivo dei ragazzi nella casa di Sirius e contemporaneamente mentre erano seduti a cena con i gemelli, Ginny, i signori Weasley, Remus Lupin, Ninfadora Tonks, Mundungus e Kingsley Shacklebolt .

Tonks aveva sentito per prima i gufi e aveva urlato: “ Ohhhhh, ragazzi. Il verdetto.” Per l’occasione trasformò la chioma in una parrucca da giudice e si fece apparire degli occhialini tondi sul naso.

Sulla tavola era sceso il silenzio mentre tutti osservavano i tre gufi di Howargts posarsi gentilmente davanti ai tre ragazzi e depositare, con fare regale, le tre lettere, chiuse, silenziose e perfettamente uguali. Avevano immediatamente ripreso il volo.

Ron aveva sospirato e si era nascosto il volto tra le mani, spostando poi le mani tra i capelli e lasciando la sua chioma rossa dritta e spettinata come se fosse stato fulminato.

Aveva cercato di dimenticare quel momento e di non pensare al suo futuro dopo i voti.

Hermione aveva esclamato: “Finalmente!” e aveva cominciato ad aprirla.

Harry e Ron avevano girato lo sguardo verso di lei, rinviando volentieri il loro momento.

Almeno con l’amica andavano sul sicuro.

Hermione se n’era accorta e li aveva guardati a sua volta.

“Facciamolo tutti insieme.” E si era fermata.

“NO, no fai tu.” Aveva detto Ron spalancando gli occhi e annuendo con il capo. “ Noi aspettiamo.”

“Ronald!” La voce della signora Weasley aveva spezzato l’incantesimo. “ Noi stiamo tutti aspettando te! Anche voi, miei cari” aggiunse guardando Harry e Hermione, con voce molto dolce “Ma sono sicura che avete dato il meglio.”

“Grazie mamma! Io cosa ho fatto?” esclamò Ron adirato, girando la testa di scatto verso di lei.

“Eh, i risultati… brutto momento.” disse Fred

“Ti ricordi? Charlie e Bill avevano scommesso al ribasso.” Aggiunse George.

“ Cioè?” chiese Ginny

“Vinceva chi aveva azzeccato più S (scadente) o D (desolante) sommando i nostri voti”. Spiegarono insieme. “Niente Troll purtroppo…” sospirarono.

“Fred! George! Sto aspettando vostro fratello!” li zittì la madre.

Tutti avevano rivolto di nuovo lo sguardo sui tre studenti.

Lentamente Ron aveva preso la sua con una espressione funerea sul volto, seguito da Harry, altrettanto preoccupato e da una Hermione tesa e fremente.

Ognuno aveva aperto, spiegato e letto la propria lettera, mentre la signora Weasley e i gemelli spiavano sopra la spalla di Ron.

Alla fine Hermione era perplessa, Harry sorridente e Ron incredulo.

Mentre la signora Weasley abbracciava il figlio dicendogli che era orgogliosa di lui e Fred e George, con aria semplicemente sconvolta, cercavano di spiegare al fratello che era inutile aprirgli la strada con voti appena ammissibili, se poi lui rialzava in quel modo la media della famiglia, Harry e Hermione si guardarono l’un l’altro e, visto il sorriso dell’amico, Hermione gli chiese:

“Allora?”

“Ho superato tutti gli esami per arrivare ad Auror! Anche Pozioni. Non ci speravo!”

Hermione gli sorrise, allungando la mano sul tavolo e stringendogli la sua.

Harry la afferrò e la strinse a sua volta chiedendole emozionato: “E tu?”

“ Beh… sono tutti Oltre Ogni Previsione o Eccezionale. Ma non sono proprio quello che mi aspettavo.”

“Perché? Hai la media che scende sotto Eccezionale? Hermione, mi preoccupi!” le disse Ron , uscendo dall’abbraccio di sua madre dopo aver dato la lettera al padre affinché la leggesse.

“Scemo!” disse Hermione irrigidendosi e con lo sguardo cupo “Tu piuttosto cosa hai avuto?”

“ Ho passato Pozioni, Trasfigurazione, Difesa Contro le Arti oscure, e… tutto praticamente!! Beh, tranne Divinazione… quello no!” elencò sorridendo.         “ Roba da matti. Credo di dovervi dei ringraziamenti per questo ragazzi…”

Hermione riprese il sorriso, si allungò sopra il tavolo e, senza lasciare la mano di Harry, afferrò anche quella di Ron e gliela accarezzò. Il volto di Ron cominciò ad arrossire mentre Harry gli dava una manata su una spalla.

“Siamo insieme! Possiamo andare a lezione insieme!” esclamò.

Ginny si avvicinò ad Hermione, sorridendo a tutti e tre indistintamente. Lanciò un bacio al fratello e prese la lettera di Hermione.

“Fammi almeno vedere in anteprima come è fatta una lettera per i GUFO!” disse.

Il resto della tavolata si complimentò con tutti e tre.

Dopo parecchi minuti e dei bicchieri di burrobirra comparsi sul tavolo non si sa ad opera di chi (anche se Mundungus appariva soddisfatto di sé) per festeggiare, Hermione propose di sentire il resto del gruppo dei Griffondoro per conoscere i loro risultati e tutti e tre si dedicarono a scrivere lettere, lasciando a Ginny il compito di contattare Dean.

 

Le giornate a scuola si svolgevano nella più quieta normalità, C’era la sensazione che qualcosa stava cambiando, ma il ritmo quotidiano delle lezioni, dei compiti, del quidditch facevano passare tutto il resto in secondo piano.

C’erano segnali anche positivi di cambiamento: Draco passava le proprie giornate con lo sguardo teso e arrabbiato. Il padre era lontano da casa dall’ultimo attacco al Ministero della Magia, ma non c’erano informazioni sicure di dove fosse e Draco non ne parlava con nessuno.

C’erano informazioni ufficiose di una fuga e di un arresto, ma non si sapeva bene in quale ordine e se erano davvero avvenuti uno o tutti e due. Comunque a casa Malfoy il clima doveva essere molto irrequieto.

Il ruolo di leader di Draco non ne aveva risentito. Rimaneva il capo incontrastato della casa, anche se non aveva ricevuto la nomina a Caposcuola, e l’aurea di malvagità che lo circondava aumentava il timore in alcuni Serpeverde, l’ammirazione in altri e il desiderio, soprattutto nel dormitorio femminile, anche per l’aspetto fisico, così longilineo, scattante e snob.

Erano diminuiti gli attacchi verbali con le altre case, anche con San Potter, Lenticchia e gli altri. Nessuno di loro cercava il contatto.

Erano in attesa di vedersela sul campo di quidditch.

La cattedra di Difesa contro le Arti Oscure era stata presa da Shacklebolt .

La sua fama di Auror si era allungata sulla scuola, rendendolo gradito alla maggior parte degli studenti e il suo fare gentile, ma distaccato, molto imparziale lo rendevano inattaccabile anche da chi lo trovava troppo “schierato” nella difesa del Mondo della Magia. Harry, Ron e Hermione lo salutavano con molta cordialità, ma percepivano la necessità di mantenersi distanti da lui, per non alimentare i rischi di collisione tra la scuola e l’Ordine.

La sorpresa maggiore era il ruolo di tuttofare di Tonks.

Nessuno capiva bene cosa stesse facendo lì.

Aiutava sia Shacklebolt  sia la Mc Grannit nelle lezione, soprattutto per le parti pratiche, era stata segnalata come arbitro di quidditch per tutte le partite, veniva tiranneggiata da Piton per la preparazione degli ingredienti delle pozioni. Lei era sempre sorridente e riusciva a non farsi vedere da quest’ultimo, né dagli studenti, mentre lo sbeffeggiava in aula o durante gli incontri comuni degli insegnanti.

Solo Shacklebolt aveva degli improvvisi e immotivati attacchi di tosse quando le stava vicino, e doveva nascondere la faccia nella divisa di insegnante.

A ben guardare c’era un proliferare di aderenti all’Ordine della Fenice e di Auror nella scuola, ma nessuno sembrava notarlo.

D’altra parte non c’era stato alcun riconoscimento ufficiale dell’Ordine della Fenice.

Agivano per tacito assenso del Ministero della Magia, che però ufficialmente non li menzionava. Non c’erano contatti diretti, ma solo informazioni apparentemente casuali che i membri dell’Ordine inseriti nei vari Ministeri, riferivano alla gerarchia di comando per poter mantenere la sicurezza dell’Ordine stesso, della sede e di Harry e per poter intervenire allo scopo di neutralizzare i seguaci di Voldemort.

Proseguivano anche, con il tacito assenso di Silente, gli incontri dell’ Esercito di Silente.

L’organizzazione, i componenti e le modalità per rimanere in contatto erano rimaste le stesse. Non vi partecipava Marietta, ma era rientrata Cho.

Non era stata divulgata in alcun modo la notizia che esistesse questo gruppo e coloro che vi partecipavano usavano il massimo riserbo, evitando commenti o pubblicità nei corridoi, quasi percepissero il rischio che li circondava.

Per Harry stare vicino a Cho continuava ad essere difficile. Avrebbe voluto riprendere da dove si erano fermati, chiederle scusa (anche se non capiva ancora fino in fondo i motivi del litigio), sentirsi chiedere scusa per come lo aveva trattato a fine anno e a volte fantasticava su un eventuale nuovo appuntamento. Non erano giunte voci di una sua relazione attuale con qualcuno e Harry sperava di avere ancora la possibilità di concludere qualcosa. Con lei o … forse solo di concludere qualcosa!

Durante uno di questi voli di fantasia Ron, Seamus e Neville lo avevano trovato imbambolato alla finestra e in un momento di confidenze reciproche Harry si era sfogato.

“ Vorrei poterla portare a Hogsmade. Forse devo chiederle scusa? Oppure prendere qualcosa in uno dei pub Vorrei provare a trovare l’occasione per……, beh insomma……”

”Per parlare di libri? Esami? Compiti?” Seamus aveva pronunciato questa frase allungandosi nel letto di Harry dove erano tutti seduti o sdraiati, fino a trovasi faccia a faccia con l’amico che cominciava a ridere “Oppure di baci? Abbracci? Oppure di ……” e lasciò la frase sospesa.

Ron era scoppiato a ridere, Neville rideva vergognandosi un po’, mentre Harry cercava di negare scotendo la testa, ma stava sorridendo.

“Sesso!!” aveva esclamato Dean entrando in quel momento. “Grande argomento con una ragazza.”

“Ehi, cretino tu stai con mia sorella!” Ron era scattato sul letto in ginocchio, guardando arrabbiato l’amico.

“Ehi, ehi, ho detto parlare. E mi riferivo ad Harry.” Dean sembrava essersi reso conto solo in quel momento del rischio che poteva correre con una affermazione del genere davanti a Ron e si sedette in silenzio al bordo del letto.

“Stavo per dire la stessa cosa” concluse Seamus per fermare le reazioni di Ron. “ E ci pensava anche Harry”. Gli puntò il dito contro.

“Piantala scemo!” aveva risposto Harry ridendo.

“E dai Ron! Ci pensi anche tu! Chi è il soggetto?” lo provocò Seamus.

Ron trovandosi di colpo al centro dell’attenzione arrossì notevolmente dicendo “Non certo tu!”

“Almeno non hai negato.” rise Neville

Nell’ora successiva l’argomento era rimasto lo stesso, erano circolate numerose informazioni e ipotesi, era stata tirata in campo più volte l’esperienza dei 4 fratelli Weasley non presenti (tranne Percy la cui esperienza era per Ron un grande mistero), che rappresentavano la migliore enciclopedia a disposizione, oltre alle informazioni che Seamus aveva raccolto in diversi giornali che era riuscito a rubare vicino a casa sua.

L’esperienza era ancora estremamente limitata, la curiosità e il desiderio di conoscere praticamente illimitati.

Anche Ron era talmente preso dal suo ruolo di depositario del sapere, grazie alle informazioni più o meno casuali raccolte dai fratelli, che non si preoccupò mai della presenza e delle affermazioni di Dean, tranne quando si trovò da solo a letto a ripensare a quanto avevano detto. Ma al momento di addormentarsi i pensieri, che prima vagano tra diverse donne, più o meno reali, si erano concentrati su un’unica ragazza.

 

 

 

Grazie a Jenny88 e a Florinda. Spero vi piaccia anche il seguito.

A me fa molto piacere sapere il vostro parere. Continuate!!!!! Ciao

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** L'inizio del danno ***


L’inizio del danno

Durante una lezione di Pozioni, pochi giorni dopo, alla quale partecipavano ancora tutti e tre, Ron ed Hemione erano impegnati a seguire le istruzioni particolareggiate date da Piton lavorando sullo stesso calderone, mentre Harry, “casualmente” era stato chiamato alla cattedra per completare da solo il compito affidatogli, senza spiegazioni del perché.

Harry stava tentando di tagliuzzarle minuziosamente una radice di asfodelo quando la cicatrice cominciò a farsi sentire. Era almeno un mese che non accadeva e Harry non se lo aspettava.

Non erano giunte informazioni di nuovi attacchi da parte dell’ esercito nascosto di Voldemort, né di catture di Mangiamorte che potessero aver irritato l’Oscuro Signore.

Harry si tocco la fronte, sfregando la mano destra sulla cicatrice.

Il dolore aumentava.

Piton si trovava in fondo alla classe, e stava tornando verso la cattedra quando notò il movimento di Harry.

Lentamente continuò il suo cammino, gli avvicinò e gli disse:

“Bel lavoro Potter. Potresti prepararmene alcuni pezzi di riserva, così da non dimenticarti come si fa. Seguimi, ti mostro dove prenderli.” Senza rivolgergli uno sguardo si avviò verso la stanza dove teneva tutti gli ingredienti, dicendo al resto della classe: “ Se sento parlare o muoversi qualcosa avrete tutti dei compiti supplementari.”

Harry, sorpreso e irritato per quella che sembrava una ulteriore punizione e che lui non meritava, dato che non aveva fatto nulla, lo seguì lentamente vedendo lo sguardo irritato di Ron e sorpreso di Hermione.

“Siediti Potter” lo apostrofò a voce alta il professore indicandogli una seda dietro ad un tavolino sistemato in modo da non essere visibile dalla classe, nascosto dall’anta della porta.

“Ti ho visto toccarti la cicatrice. E’ Lui?” sibilò poi.

Harry non si aspettava la domanda e lo fissò imbambolato per alcuni secondi prima di rispondere: “Sì, ma non fa ancora molto male”.

“Meglio.” Sentenziò Piton. “Ti sarà più facile bloccarlo.”

Harry realizzò cosa stava facendo Piton.

Non gli era mai successo di usare l’Occlumanzia veramente, ma solo durante la lezione e solo contro Piton. Adesso non era pronto. Era ancora concentrato sulla pozione. Guardò il professore con gli occhi inespressivi, per non fargli capire che aveva paura.

Paura di sbagliare e quindi di farsi sentire da Voldemort e paura di fare un errore. Essere davanti a Piton aumentava il rischio.

Piton lo fissò intensamente, dritto negli occhi: “Svuota la mente, Potter. Svuotala. Togli sentimenti ed emozioni. Avanti”

Harry cominciò a concentrarsi sul buio, sul nulla, sul colore nero, immaginando di rinchiudere tutti suoi pensieri, le emozioni, i ricordi dei genitori, di Hogwarts, degli amici, il dolore per Sirius, la gioia di Grimmauld Place in un enorme sacco e lanciarlo, legato ad una corda, verso  un baratro del quale non percepiva la fine, per toglierlo dalle grinfie di Voldemort. Non sapeva se era la strategia giusta, ma non aveva nessuna indicazione utile.

Inoltre non capiva  perché dovesse opporsi a Voldemort, quando sarebbe stato importante sapere cosa stava provava e vedere quali fossero i suoi desideri.

In realtà stava opponendosi a metà.

Poi, lentamente il dolore aumentò e cominciò a delinarsi il volto di Voldemort: scarno, diafano, con gli occhi rossastri. Sogghignava. E il ghigno era verso…… di lui?

Lo stava guardando? Dentro Hogwarts?

Harry si concentrò di più, cercando di raggiungere il Nulla assoluto.

Intanto Ron ed Hermione, ormai al termine del lavoro, cercavano di veder cosa stesse accadendo, allungando il collo verso la stanza dove si trovava l’amico, ma la figura di Piton, ferma sulla soglia, rivolta alternativamente verso la classe e verso Harry, toglieva qualsiasi visuale sull’amico.

Poco dopo, quando terminò l’ora, Piton uscì e chiese alla classe di consegnare quanto fatto.

Anche i Serpeverde cercarono di spiare Potter, la maggior parte ridacchiando, ma Piton si trovava sempre tra i loro occhi e la stanza.

Hermione stava consegnando al professore la boccetta con la pozione sua e di Ron, quando quest’ultimo si avvicinò a Piton e disse:

“Aspetto Harry, professore. Abbiamo lezione insieme dopo.”

Piton si girò a guardarlo, lasciando per un attimo le pozioni che stava etichettando con i nome degli allievi e, stringendo gli occhi, rispose:

“Forse Weasley. Adesso decido.”

Si girò e andò verso la stanza accostando dietro di sé la porta.

Harry era accaldato e sudato, stringeva gli occhi e respirava regolarmente, ma con fatica.

Guardò il professore con occhi lucidi, sfinito.

La forza di Voldemort era aumentata.

Harry lo aveva sentito felice per un successo ottenuto. Aveva percepito il freddo dei Dissennatori attorno a Lui. Aveva sentito l’eco della voce di Bellatrix, un grido di trionfo.

Poi Harry aveva sentito lo sguardo dell’Oscuro Signore su di sé. Adesso lo stava veramente guardando.

Voldemort sapeva che Harry era in contatto con la sua mente e stava cercando di bloccarlo, entrando in lui, ma le barriere di Hogwarts gli impedivano di farlo con facilità e totalmente.

Nonostante questo Harry lo sentiva. Sentiva come se l’alito di Voldemort, leggerissimo e impalpabile, lo stesse circondando per bloccargli la vista, per impedirgli di tenere il contatto con lui.

Il legame tra la sua mente e quella di Voldemort c’era ancora e adesso tentava di costringerlo a cedere e ad abbandonare lo scontro.

Voldemort non voleva farsi vedere e sentire.

In questo ci era riuscito. Il ragazzo non percepiva nulla di quanto accadeva attorno all’Oscuro Signore, ma sentiva la sua forte presenza.

Harry cercava di mantenere con freddezza il contatto impedendo a Voldemort di irrompere dentro di lui.

Piton allungò un braccio e fece per appoggiare la sua mano sulla spalla di Harry, poi cambiò idea e la ritrasse. Senza mai togliere lo sguardo dal ragazzo, con un tono, che se non fosse arrivato da lui, poteva dirsi caloroso, disse:

“Resisti ancora qualche minuto. Concentrati.”

Piton usci e rivolgendosi ai due amici disse:

“Weasley, vada a chiamare il Professor Shacklebolt . Granger lei vada dal Preside. Dite loro che sta accadendo qualcosa di grave. Il vostro amico sta resistendo all’intrusione di Colui Che Non Deve Essere Nominato, ma non ce la farà ancora per molto. Filate!”

L’ultima parola l’aveva quasi sussurrata.

Ron e Hermione non si guardarono neppure. Si mossero verso la porta, uscirono e si divisero correndo lungo i corridoi pieni di studenti che raggiungevano le rispettive aule.

Hermione quasi si scontrò con la professoressa Mc Grannit che, troppo meravigliata di vedere la signorina Granger correre nel corridoio, non ebbe la prontezza di spirito di riprenderla per un comportamento tanto scorretto. Quando vide verso dove era diretta però, spalancò gli occhi e la seguì.

Hermione si fermò davanti alla statua che conduceva dal Preside e cominciò a cercare la parola d’ordine, pronunciando a casaccio sette o otto nomi di dolci e incantesimi.

La Mc Grannit la raggiunse, la bloccò , mettendole una mano sulla spalla, movimento che fece sobbalzare Hermione dalla paura, e pronunciò sottovoce: “Il Preside sta arrivando.”

Poi strinse la spalla di Hermione per comunicarle di aspettare.

Dopo neppure un minuto dalla loro sinistra videro arrivare Silente. L’espressione serena che abitualmente aveva, quando le notò, divenne uno sguardo incuriosito e penetrante.

“Harry, Signore. La cicatrice. Si trova con il professor Piton, a lezione.” Ansimò Hermione per la paura e per la corsa.

Senza dire una parola tutti e tre si diressero verso l’aula di Pozioni, quasi veleggiando tra la massa degli studenti che si spostavano nelle diverse classi.

Ron intanto era arrivato nell’aula di Difesa contro le Arti Oscure, dove stava prendendo posto il quinto anno dei Griffondoro. Ginny lo vide entrare trafelato con gli occhi rivolti verso la cattedra, mentre stava sedendosi nei primi banchi.

Anche Shacklebolt  lo vide. Percepì l’urgenza che trapelava da Ron che appariva affannato, teso, brusco.

“Il professor Piton la aspetta immediatamente nell’aula di Pozioni Professore”. Sentendosi come se avesse appena dato un ordine ad un suo superiore Ron aggiunse: “La aspetta quanto prima, signore.”

Shacklebolt  rimase fermo alcuni secondi, pensieroso, poi si rivolse alla classe dicendo:

“A quanto pare ho un momentaneo impegno da assolvere. Aprite il libro e cominciate a leggere il capitolo successivo a quello visto la scorsa lezione. Appena rientro chiederò una applicazione pratica di quanto scritto. Silenzio e impegno.”

Mentre pronunciava questo Ron si girò verso la classe e notò la sorella che lo guardava con gli occhi spalancati e interrogativi.

“Cosa c’è?” mimarono le sue labbra senza farne uscire la voce.

“Cicatrice. Poi ti dico.” Rispose il fratello nello stesso modo.

Ginny sentì i brividi lungo il corpo. Tu-sai-chi. Harry. Il dolore.

Stare lì ferma, a leggere, in attesa. No, era impossibile.

Il Professor Shacklebolt  le offri una involontaria via di fuga.

Mentre usciva dalla classe guardando davanti a sé disse:

“Weasley!” con l’intenzione di richiamare Ron, intento a guardare la sorella. Ron fece un cenno a Ginny e uscì seguendo il professore.

Tutta la classe guardò verso la compagna che non perse l’occasione.

Immediatamente si alzò e si diresse verso la porta.

In fondo aveva detto “Weasley” senza specificare quale o quanti. Quindi c’era anche lei.

 

Intanto Piton, in attesa dell’arrivo di Silente, stava osservando Harry che, rigido, aspettava che tutto passasse.

Aveva lo sguardo rivolto verso l’allievo, ma l’improvviso sbattere della porta lo fece sobbalzare.

Una coloratissima Tonks entrò nell’aula di Pozioni reggendo un numero spropositato di vasi di varie dimensioni, contenenti radici, foglie e animaletti striscianti.

Accennò ad un sorriso verso Piton, ma lui le fece cenno in modo brusco, con una mano, di portare tutto alla cattedra. Tonks si bloccò, irritata dal gesto scortese del professore.

“Beh, mi avete mandato voi a ……”

“ Zitta Ninfadora. Non ora.” La bloccò Piton con un tono autoritario.

A parte sua madre era l’unico che osava chiamarla per nome. Insopportabile. Stranamente attraente però.

Riusciva a pronunciarlo come fosse “Ninfa d’oro” (vedi commento) e sempre sottovoce, strisciandolo con un risultato decisamente molto più sensuale di quanto potesse fare sua madre.

Come altro ci fosse di sensuale o attraente in quell’uomo proprio non capiva, ma in fondo, in fondo, in fondo le piaceva. Era misterioso, silenzioso, dittatoriale e solitario. Da scoprire.

Kingsley ridacchiava ogni volta che lei gli spiegava queste cose, dicendo che il suo intervento di tuttofare, in fondo, veniva richiesto molto da Piton, molto più che da altri, quindi un po’ di interesse reciproco doveva esserci.

Tonks non aveva mai provato ad approfondire.

Mentre gli si avvicinava si rese conto che c’era qualcosa che stava preoccupando il professore, e dopo aver lasciato tutto sulla cattedra, girandosi nella sua stessa direzione, riuscì a vedere Harry seduto dietro ad un tavolino, che lentamente stava riaprendo gli occhi.

 

 

 

Commento Mi sono chiesta se trovare una assonanza inglese (con il vedo “to adore”), ma sarebbe risultato un po’ strano dato che è scritta in italiano e ho lasciato l’assonanza con “Ninfa” e “oro”. Suonava bene come piccolo segnale sentimentale di Piton…!

 

 

Per Marco e Maripotter: in realtà sono della fazione Ron/Hermione, ma non ho intenzione di arrivare a nessuna conclusione in questa FF! Penso anzi che non sia così chiaro cosa e chi desidera Hermione e spero di riuscire a rendere questa sua incertezza. Concordo su Cho!

 

Per Piropiro: credo anch’io che abbia ragione tu…

 

Per Daffydebby: e pensare che ho cominciato a unirne due degli originali per allungarli! Grazie per i complimenti.

 

Aspetto ancora i vostri commenti.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Rientra in gioco Voldemort ***


Rientra in gioco Voldemort

Il dolore se ne stava andando. Finalmente la vista era meno offuscata e le mani si stavano aprendo.

Sentiva ancora le stilettate lasciate di segni delle sue unghie nel palmo delle mani, mentre le stringeva a pugno, ma sentiva anche i muscoli del corpo rilassarsi.

Prima dello scontro per estrometterlo dalla sua mente Harry aveva udito Voldemort ridere e aveva percepito l’eco della sua voce disperdersi all’interno di un luogo enorme e rimbombare nella sua testa.

Voldemort era contento. Ma di cosa? E per merito di chi?

Harry guardò davanti a sé.

Piton era rigido, immobile con le mani dietro la schiena. Tonks, dietro di lui, con gli occhi socchiusi e il volto preoccupato era l’unica ad essersi accorta della tensione che attraversava tutto il corpo del Professore di Pozioni, nonostante l’apparente calma e l’apparente distacco. Fece un piccolo sorriso di incoraggiamento ad Harry.

Harry spostò lo sguardo su Silente, la Mc Grannit e Shacklebolt , in fila alla destra di Piton, tutti con il volto preoccupato e in attesa.

Vicino alla porta, immobili, c’erano Hermione, con gli occhi lucidi, e Ron che non appena lo vide rilassarsi gli si avvicinò e gli mise una mano sul braccio.

Una saetta luminosa.

Un dolore acuto e violento.

Entrambi si irrigidirono e si allontanarono di scatto l’ uno dall’altro.

Avevano entrambi gli occhi sbarrati dal dolore e dalla sorpresa.

Cosa era successo?

Silente si mosse verso di loro. Appoggiò una mano sulla spalla di Ron e guardò Harry.

“Quando non lo sentirai più fammi un cenno. Allora anche Ron potrà avvicinarsi a te”.

“Cioè?” chiese Ron allarmato “Cosa centro io con V… con Colui-che … insomma con Voldemort?”

Harry finalmente accennò un sorriso: Ron voleva dimostrarsi superiore e chiamarlo per nome, ma era ancora difficile per lui!

Silente disse: “Sono ancora le conseguenze del suo incontro al Ministero della Magia, signor Weasley. E’ ancora molto ricettivo delle emozioni e dei pensieri degli altri. Quelli del signor Potter sono ancora legati a quelli di Voldemort e quindi particolarmente forti e penetranti. Lasci passare un po’ di tempo e si attenueranno.”

Silente sorrise a Ron, che però si sentiva incerto nonostante la rassicurazione del Preside.

“Cosa ha sentito Potter?” chiese Piton con un tono secco.

Harry si concentrò su  quanto era accaduto.

“ E’ cominciato molto lentamente e poi il dolore è cresciuto. Quando ho cominciato a contrastarlo è come se si fosse accorto di me e cercasse di entrarmi dentro. Poi c’è stata una risata e il suo eco si è disperso in una stanza enorme. Poi basta.” Harry si stropicciò gli occhi.

Silente si girò verso Tonks dicendo:

“Avverta l’Ordine e dica a tutti che Voldemort ha ottenuto un successo di qualche tipo. Devono sapere quando e cosa è successo.”

Poi si girò verso Piton: “Ci vuoi provare anche tu?”

Piton fece un veloce cenno della testa per accettare l’incarico e uscì con Tonks dall’aula di Pozioni.

Shacklebolt fece per uscire e vide Ginny che stava osservando ancora Harry con uno sguardo serio e concentrato.

“Signorina Weasly! Lei dovrebbe essere in aula, non qui!”

“Mi scusi professore” disse la ragazza reagendo velocemente e arrossendo leggermente “Lei uscendo ha detto -Weasly- e io l’ho seguita.”

“Ginny…” sfuggì sospirando al professore mentre Silente e la Mc Grannit sorridevano. “Venga con me, avanti!”

Uscirono anche loro dalla stanza lasciando i due professori e i tre Griffondoro.

“Credo dobbiate tornare a lezione, ragazzi” disse la Mc Grannit. “Dove dovreste essere?”

Harry si alzò, ben fermo sulle gambe e ognuno riprese la sua strada.

Prima di uscire Silente gli si avvicinò e, facendo in modo che nessun altro sentisse, gli chiese:

“Hai raccontato a qualcuno della profezia, Harry?”

“No Signore.” rispose.

“Forse dovresti farlo. È un impresa difficile quella che ti aspetta Harry. E avrai molti amici ad aiutarti. Ma credo che i tuoi amici più veri non vogliano lasciarti solo in questo momento. Sono il sostegno e la forza maggiore che hai. Sono parte della tua vita. Anche nel dolore. Non li allontanare, fatti proteggere dal loro amore per te.”

 

La sera si ritrovarono attorno al tavolo per la cena. Harry si sentiva libero e tranquillo in quel momento. Non sentiva alcun dolore e sapeva che tutto l’Ordine si stava occupando di scoprire cosa fosse successo.

Stava ascoltando Seamus raccontare delle lezioni del pomeriggio e Ron commentare con Hermione, con tono molto sostenuto, i ritmi di studio che lei gli aveva proposto.

Ginny era immersa in una discussione poco piacevole con Dean. Lei aveva lo sguardo corrucciato e fissava il suo ragazzo con uno sguardo irritato. Lui stava spiegandole qualcosa e proseguendo nella discussione stava aumentando anche la sua irritazione.

Le loro voci erano coperte dal brusio generale degli studenti, ma le ultime frasi arrivarono in un momento di minor caos e i compagni più vicini le udirono bene.

“Non lo accetto, Dean. È stupido.”

“Allora credo che non ci siano altre cose da discutere.”

Ginny si fermò con lo sguardo determinato e gli occhi lucidi.

“Sei un cretino. Dillo, avanti”

“Sei tu che non capisci. Hai cominciato tu. Dillo tu”

“Bene! Certo… che non sia mai che prendi una decisione. Faccio io. È finita. Basta. Cercatene un'altra. Magari meno impegnata e che abbia più tempo per ammirarti.”

Ginny si alzò, appoggiando le mani sul tavolo e se ne andò dalla stanza, raccogliendo da terra la propria borsa con i libri. Il passo era deciso e veloce, forse un po’ troppo veloce.

Hermione guadò Dean, si alzò a sua volta e la seguì.

“Cosa?…” cominciò Neville

“Nulla. Lascia stare. È da un po’ che le ripeto che non ha mai tempo per me è sempre a studiare oppure ad allenarsi a quidditch, mi parla di azioni di gioco, di esami, di lezioni… mai che passi del tempo con me. Lascia stare.”

Dean aveva parlato con un tono rassegnato, come se avesse già deciso da tempo che non era più ai primi posti negli interessi della sua ex-ragazza. Sembrava triste quanto lei.

Il gruppo dei ragazzi, lentamente, riprese a discutere di argomenti neutri che non creassero disagio né a Dean né a Ron.

Quest’ultimo non sapeva bene cosa pensare. Non era mai stato entusiasta del rapporto Ginny-Dean, ma lui era pur sempre uno dei suoi amici di più lunga data ed era simpatico.

Avrebbe dovuto prendere le difese della sorella?

Beh, quello che aveva detto Dean non era poi così sbagliato. Se lei non aveva tempo per stare con il suo ragazzo di certo lui doveva esserci rimasto male. Se due stavano insieme era per “stare insieme”, passare del tempo insieme, non certo per parlare di altre cose. Certo il quidditch era importante e i G.U.F.O. della sorella pure. Ma con lei c’era Hermione e sicuramente era più adatta di lui a capirla.

Ron si sentiva di certo confuso. Mentre parlavano guardò Harry che gli rispose con una alzata di spalle. Non aveva opinioni particolari sull’argomento.

A lui dispiaceva per entrambi. Capiva la difficoltà di Dean: già era necessario sudare sette camicie per trovare occasioni, argomenti e il coraggio per parlare con una ragazza. Se questa non collaborava allora era impossibile. Però Ginny era una giocatrice molto brava, poteva vantarsene, e doveva mantenere la concentrazione nel gioco. Forse Dean non le piaceva più così tanto.

 

Nella stanza di Ginny intanto Hermione ascoltava e approvava lo sfogo dell’amica.

“È stato tutto perfetto fino all’inizio della scuola. Lettere ogni secondo giorno, complimenti, frasi dolcissime, promesse di giornate da passare insieme. Mi ha detto di essere felice quando gli parlavo dei miei progressi nel gioco. Era felice che io fossi felice! Lo ha detto lui!! Ha anche continuato a dirlo per la prima settimana qui! Poi però mi dice che non gli pare che lui mi interessi poi molto, dato che passo tanto tempo in biblioteca e in allenamento. Secondo lui trovo scuse per saltare gli appuntamenti, per non stare sola con lui. E mi chiede perché, chi altro c’è. Come se non fossi impegnata in nient’altro che stare con un ragazzo o cercarne un altro! E come se non avessi visto le occhiate che lancia a due ragazze del Tassorosso del mio anno!”

Ginny era seduta sul letto, con le lacrime agli occhi, delusa e arrabbiata. Hermione le era seduta accanto e le accarezzava ogni tanto i lunghi capelli, sorridendole con amarezza.

“Cosa dovrei fare? Lasciare il quidditch? Per lui? Ma è scemo?

“Dipende. Se trovi più soddisfazione a giocare o a stare con lui.”

L’ultima frase era di Luna, arrivata silenziosamente nella stanza, con il solito aspetto un po’ trasandato, un po’ alternativo.

“Ti ho visto uscire seguita da Hermione e ho capito che Dean aveva fatto danni. Sono gravi?”

“L’ho lasciato. Ecco, anche questa!” Ginny guardava alternativamente le due amiche con lo sguardo esasperato. “Ho dovuto lasciarlo io per una decisione sua. Lo prenderei a schiaffi!”

“Mi dispiace Ginny, davvero. Ma forse così sei meno stressata. È da un po’ che hai spesso lo sguardo triste quando sei con lui.” Hermione cercava di trovare i lati positivi della situazione. Pensava che in fondo stare con un ragazzo che non capiva le tue esigenze e i tuoi interessi fosse molto poco soddisfacente. Certo c’era tutto l’aspetto affettivo e fisico del rapporto, ma non aveva punti di riferimento personali. Anche Viktor, quando le scriveva, si complimentava per tutti i suoi successi scolastici e le diceva di pensare molto a lei, ma si trovava a chilometri di distanza e lei non si sentiva così disposta ad una relazione con lui. C’era qualcuno di più vicino, ma sicuramente molto più imbranato e non sicuramente interessato a lei, o almeno non più che ad altre ragazze della scuola.

Adesso però la persona più importante era Ginny.

Rimasero a discutere tutte e tre, a lungo, della situazione. Ginny non scese in Sala Comune quella sera e nessuno fece domande ad Hemione quando arrivò lì a studiare.

 

Quella sera uno scontro, dei tanti con Ron, mise in luce la tensione che sentivano per tutto ciò che accadeva attorno a loro.

“Ron! Non è possibile! Devi ancora completare il compito di Storia della Magia! Cosa aspetti?”

“Dai, non rompere. Non è per domani, devo consegnarlo tra due giorni. Ho tempo.”

“Non è vero. Domani abbiamo ancora Pozioni e Trasfigurazione. Sai che arriveranno altri esercizi. Non puoi accumulare tutto!”

Il tono delle voci si stava alzando. Harry chiuse gli occhi sospirando. Non era possibile. Non oggi. Ne aveva avute abbastanza.

“Smettetela, non è giornata.” disse sottovoce ad entrambi senza alzare il viso dal libro che stava tentando di studiare.

Ron si girò arrossendo. Non voleva aumentare la stanchezza dell’amico, ma … era peggio di un generale quella ragazza.

Hermione rimase in silenzio per un po’ poi riprese a scrivere il tema di Storia della Magia evitando di guardare verso il rosso.

Ron ricambiò la cortesia girandole le spalle per leggere il capitolo del libro necessario almeno ad iniziare il tema.

Harry chiuse di scatto il libro e si mise a guardare dalla finestra.

Nel silenzio della stanza si sentivano i ragazzi del quinto anno ripetere incessantemente, a piccoli gruppi le lezioni della giornata, alcuni dei più piccoli giocare.

Dopo più di mezz’ora di silenzio Hermione raccolse le proprie cose e si preparò a salire nel Dormitorio.

“Ciao Harry. Buonanotte.” Harry si girò a guardarla salutandola con la mano e Hermione gli sorrise.

Ad Harry fu sufficiente quel sorriso a togliere un po’ di sofferenza dal cuore.

La frase successiva migliorò ulteriormente la situazione

“Buonanotte Hermione.” disse Ron. “Sogni d’oro”. Se fosse stato possibile sarebbe arrossito anche il tono della voce. Per la timidezza e l’orgoglio.

Hermione si girò a guardare l’amico. Era seduto a terra con il libro di Storia della Magia aperto davanti a sé e la stava guardando, serio.

Lei gli sorrise come ad Harry. Con gli occhi poi indicò verso quest’ultimo, facendo cenno a Ron di mettergli una mano sulla spalla.

Ron assentì con la testa. Si alzò, si avvicinò ad Harry e gli disse: “A letto, amico?”

Harry si girò, raccolse con Ron tutto quello che avevano messo a terra per studiare e si avviarono verso il Dormitorio.

Arrivato alle scale Harry riuscì a vedere lo sguardo d’intesa tra i due amici.

 

 

Grazie a marco (poche informazioni come vedi…) e a Florinda (per Draco in questa FF c’è poco spazio, ma prendo il suggerimento per elaborarne anche un’altra!)

Aspetto vostri commenti/suggerimenti.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La sfida ha inizio ***


La sfida ha inizio

I Mangiamorte aveva attaccato Azkaban e liberato tutti i compagni catturati durante lo scontro al Ministero della Magia.

Erano di nuovo fuori. Tutti. E in azione.

E i Dissennatori non avevano distrutto le loro menti.

Non avevano partecipato attivamente alla loro evasione, ma si erano semplicemente fermati. Non avevano difeso la prigione, non avevano attaccato i seguaci di Voldemort anche se non lo avevano seguito e non avevano collaborato.

Questo rendeva ancora più incerta la situazione. Non si capiva a chi davano la loro alleanza.

Erano vittime di un incantesimo di Tu-Sai-Chi?

Erano d’accordo con Lui e il loro comportamento era un diversivo?

Non avevano ancora scelto?

Nessuno era in grado di trattare con loro. Non avevano espresso alcuna opinione con nessun incaricato del Ministero della Magia.

Da Azkaban erano fuggiti solo i Mangiamorte ancora attivi. Tutti coloro che avevano ricevuto il bacio erano stati lasciati all’interno della prigione, anche se vecchi alleati dell’Oscuro Signore.

L’esercito di Voldemort stava crescendo e la sua risata, echeggiata nella mente di Harry, aveva un significato macabro e pericoloso.

 

Il clima anche a Hogwarts era cambiato. La paura serpeggiava più forte e molti temevano attacchi verso le città o i villaggi inglesi dove vivevano le proprie famiglie.

La famiglia Weasley ad esempio era, per la prima volta, divisa.

Ron e Ginny erano al sicuro a Hogwarts. Molly e Arthur erano in Grimmauld Place da dove il padre si recava al lavoro ogni giorno sotto scorta di un Auror, Bill e Charlie erano in missione in luoghi diversi, conosciuti solo dai genitori con i quali tenevano i contati quando potevano, i gemelli erano in Diagon Alley con il loro negozio e vivevano lì. Tra le righe, nelle loro lettere, i due fratelli più piccoli avevano capito che anche loro avevano un ruolo, poco chiaro, per l’Ordine della Fenice. Percy lavorava ancora al Ministero della Magia. La caduta politica di Caramell aveva interrotto la sua carriera e le sue opinioni non erano molto chiare. Vedeva ogni tanto il padre.

Per molti alunni di Hogwarts la situazione era simile.

Per altri, con genitori babbani, c’era la difficoltà a spiegare il pericolo della situazione e a motivare la paura che sentivano.

Hermione era riuscita a spiegarlo ai suoi e pensava che la loro situazione fosse più sicura di tanti altri, dato che non erano coinvolti. Certo erano babbani, ma lei non era nessuno e quindi i suoi non erano importanti per il modo della magia quanto poteva esserlo un membro della famiglia Weasley, che era inoltre molto legata ad Harry.

Ron alternava momenti di tranquillità a momenti di tristezza e paura. Questi ultimi arrivavano spesso la sera, al momento di andare a dormire e li condivideva, anche solo con sguardi e sospiri, con Harry.

Ginny a volte si avvicinava al fratello, quando sentiva la paura arrivare, e lo abbracciava.

Harry avrebbe voluto potersi avvicinare a loro e condividere questo momento di sostegno  reciproco. Aveva paura per tutti loro. Ma non aveva mai trovato il coraggio di farlo.

Poche sere dopo l’annuncio della fuga da Azkaban, Ron e Ginny avevano letto, con lui e Hermione, una lettera dei loro genitori nella quale dicevano di aver avuto notizie positive dai fratelli maggiori.

Ron era seduto sul divano, Ginny alla sua destra e Harry a sinistra, mentre Hermione si era avvicinata a Ginny, sedendosi sul bracciolo. Terminata la lettera Ginny si era avvolta attorno al fratello, stringendosi al suo braccio, con la faccia appoggiata sulla sua spalla e le gambe piegate sul divano. Ron aveva sorriso e aveva appoggiato la testa sulla sua. Poi Ginny aveva allungato una mano, oltre il fratello, fino a toccare il braccio di Harry e lo aveva tirato a sè, costringendolo ad avvicinarsi all’amico che gli aveva messo un braccio attorno alle spalle. Contemporaneamente Ron aveva liberato l’altro braccio dalla mano della sorella, lo aveva allungato sulle sue spalle e aveva appoggiato la sua mano, con fare incerto, sulla mano di Hermione, mentre Ginny aveva allungato e appoggiato l’altra sua mano sulle loro.

Erano rimasti così per alcuni minuti, in silenzio, fino all’arrivo, esplosivo, di alcuni ragazzini del secondo anno che aveva rotto l’atmosfera.

 

Il clima nella Casa dei Serpeverde era decisamente diverso. Draco aveva ripreso tutta la sua sicurezza e il suo ruolo di leader. Alcuni commenti sull’importanza della fuga da Azkaban erano stati fatti addirittura ad alta voce. Sembrava ci fosse la certezza che qualcosa sarebbe accaduto ancora. Draco riceveva regolarmente lettere da casa, firmate dalla madre, che non faceva leggere a nessuno, neppure ai compagni della Casa.

Stava aumentando a sua arroganza e quando poteva allungava battute acide a coloro che gli arrivavano vicini.

 

Si stava avvicinando anche la prima partita della stagione: Griffondoro contro Serpeverde e la tensione era alta anche in questo.

Nonostante la situazione esterna ad Hogwarts era stato deciso di procedere con il quidditch per mantenere la normalità dell’anno scolastico.

Il tifo era tenuto sotto controllo per evitare commenti offensivi, ma tutto ciò che era inerente la partita non veniva in alcun modo commentato o limitato dagli insegnanti.

La mattina della prima partita il clima era acceso già dl momento della colazione.

Harry e Ron erano scesi insieme e avevano trovato Ginny e Hermione già lì con tutto il resto della squadra. Il ruolo di capitano di Harry richiedeva che fosse lui a mantenere alto il morale per cui salutò tutti cordialmente, facendo loro i complimenti per l’organizzazione, dando consigli, inutili, sulla colazione da fare e sorridendo sicuro a tutti.

Ron si sentiva pronto per un esame. Lo stomaco era ancora sottosopra e non sapeva cosa sarebbe potuto rimanere giù e cosa rischiava di cadere nel campo in un secondo momento se lo avesse ingerito. Alla fine si limitò ad un dolce, tanto per prendere calorie, ma la vista di tutto ciò che era liquido aumentava il senso di oppressione allo stomaco!

Ginny, stranamente silenziosa, appariva però rilassata.

Prima di andare verso gli spogliatoi Dean la chiamò per farle i complimenti. Da quando si erano lasciati i rapporti erano lentamente ripresi, ancora timorosi, ma amichevoli.

Ginny gli sorrise di rimando e accolse anche il sorriso e la strizzatine d’occhio di Hermione prima e poi di Luna, mentre usciva.

Hermione abbracciò Harry e Ron, baciando quest’ultimo sulla guancia.

“Grazie” gli rispose lui incerto.

“Fategliela vedere ragazzi!” sussurrò ad entrambi. “Voglio potervi abbracciare sorridendo anche dopo.”

All’ingresso in campo i Griffondoro si sentivano una squadra. Decisamente diversa dall’anno precedente, ma compatta.

Harry, cercatore e capitano, aveva confermato Ron in porta e Ginny come cacciatrice. Avevano fatto un po’ selezioni per sostituire Angelina e Kate . I risultati erano stati migliori dell’anno precedente e Ginny era stata affiancata da Colin Canon (si era allenato molto anche lui durante l’estate e mingherlino com’era, si muoveva velocemente) e da un cacciatore giovane, del suo stesso anno. Il ruolo dei Battitori era rimasto a Andrew Kirke e a Jack Scoper .

Furono accolti da boati provenienti dagli spalti dove, oltre ai Griffondoro, anche Tassorosso e Corvonero, urlavano inneggiandoli, contro i Serpeverde già presenti in campo.

La squadra di questi ultimi era rimasta la stessa.

Tonks a centro campo richiamò i capitani ricordando le regole di gioco, mentre le squadre si disponeva in campo, chiedendo gioco corretto ad entrambi.

Per l’occasione appariva normale. Anonima e severa.

Poi preparò i bolidi e fece partire il boccino dando inizio alla partita.

Harry sfrecciò immediatamente verso l’alto, ma il boccino prese il largo, senza farsi vedere né da lui né da Draco .

Sotto di loro stavano già andando al massimo. I bolidi non riuscivano ad avvicinarsi a nessun bersaglio perché venivano intercettati prima da veloci battitori, spinti al massimo della velocità in entrambe le squadre. I cacciatori si muovevano tra una serie di anelli e l’altra portando la Pluffa in giro per il campo.

La carica dei Serpeverde era massiccia. Si sentivano i padroni del mondo.

I Griffondoro apparivano più incerti, ma più scattanti.

Tra Ginny e Colin c’era una buona intesa e si spostavano la Pluffa l’un l’altro con buona precisione.

Mentre i tifosi, presi dal turbinio in campo, cominciavano a chiedersi quando qualcuno avrebbe cominciato a fare punti, Ginny comparve alla destra di Warrington gli intercettò la Pluffa e si allontanò verso la porta avversaria. I Battitori le furono a fianco velocemente bloccando i Bolidi che arrivavano dai Serpeverde, mentre Colin e Justin, leggermente in avanti cercavano di infastidire e bloccare i rispettivi avversari. Ginny arrivò da sola alla porta e infilò con forza la Pluffa alla destra del Portiere riuscendo a farla passare per un soffio.

Il boato dei Griffondoro si allungò sul campo. Ron fece una impennata verso l’alto e poi scese ad abbracciare la sorella. Harry le sorrise dall’alto, buttando le braccia al cielo.

Tonks era già pronta a far riprendere il gioco e ognuno riprese posizione.

Il match proseguì per almeno un’ora lasciando le squadre praticamente alla pari.

Guardando attentamente i Serpeverde erano più potenti e compatti, ma Ron svolgeva il suo compito a meraviglia e aveva notevolmente limitato i possibili danni legati alla poca esperienza dei suoi compagni. Era riuscito a bloccare almeno tre palloni pericolosi lanciandosi quasi dalla scopa. Quelli che erano passati lo avevano fatto proprio per sfortuna!

Harry era entusiasta dell’amico. Per la prima volta capiva come doveva sentirsi Ron quando era lui a mietere successi in campo. Era esaltante stare a guardarlo, esultare alle sue parate e incitarlo per dimenticare i punti subiti.

Il boccino si era dimostrato molto incostante. Era comparso due volte fino a quel momento e per brevi momenti. Entrambi i Cercatori si erano lanciati all’attacco mostrando di essere molto spericolati e aggressivi. La rabbia e la tensione di entrambi emergeva dal modo in cui si cercavano e si evitavano in volo: si sfioravano a pochi centimetri di distanza, allungavano il corpo per cercare aerodinamicità scrutandosi a vicenda, scartavano l’uno verso l’altro per provocare instabilità all’avversario. Pur senza toccarsi si stavano massacrando.

Era una lotta aperta tra Harry e Draco, ma dentro di loro sentivano la spinta anche del ricordo di Lucius e Sirius, di Silente e Voldemort.

Quando il punteggio era di 50 pari, grazie al significativo apporto di Ginny e Justin, il boccino ricomparve alla destra di Draco, vicino alla sua gamba. Harry lo vide. Draco intercetto il suo sguardo e si girò a guardare nella stessa direzione. Il Boccinio scattò verso il basso e entrambi si lanciarono all’inseguimento. Raggiunsero il campo sorvolandolo a pochi metri e scattarono, vicini, verso l’alto. Aggirarono due anelli e ridiscesero verso il basso. Paralleli l’uno all’altro avevano il boccino al centro. Entrambi allungarono la mano per prenderlo.

Dalla sinistra di Draco, veloce arrivò un Bolide che il Battitore dei Serpeverde intercettò lanciandolo verso l’alto affinché non colpisse il Cercatore. Lo spostamento d’aria fece oscillare leggermente Draco e Harry arrivò al Boccino, agguantandolo saldamente nella mano.

Alzò il braccio verso l’alto rallentando la corsa e Tonks decretò la fine dell’incontro.

Pochi secondi dopo si ritrovò avvolto nell’abbraccio di Ron che lo alzava da terra urlando di gioia. Harry lanciò un grido liberatorio. Aveva vinto da Capitano.

 

Per Marco e daffydebby: dovete aspettare il prossimo, ma spero che questo vi piaccia… per quanto riguarda le coppie non ci saranno decisioni definitive, ma solo delle idee. Pensavo a qualcosa dopo la fin di questa eventualmente. Ciao

Per Dany '91: grazie, grazie, grazie!!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Una amicizia a prova di profezia ***


Una amicizia a prova di profezia

Nella sala dei Griffondoro c’era un caos totale.

Ragazzini urlanti di varia età e sparsi un po’ dovunque inneggiavano ai giocatori della loro squadra. Dalle bacchette uscivano incantesimi per addobbare la stanza, per far arrivare bibite e dolci, per aumentare il volume della voce, per ricreare la telecronaca della vittoria. Ogni motivo di confusione era ben accetto.

I componenti della squadra si muovevano nella stanza raccogliendo complimenti, abbracci, pacche sulle spalle. Dispensavano sorrisi, racconti, commenti e anche qualche autografo, soprattutto tra i più piccoli.

In particolare Ron stava riscotendo un notevole successo tra le ragazze che gli lanciavano sguardi apparentemente casuali, ma prolungati.

Harry tentava di starsene un po’ defilato, osservando l’amico che, al centro dell’attenzione, sembrava proprio a suo agio. Non esagerava neppure tanto con i racconti!

Hermione si sentiva altrettanto felice del successo di Ron.

Al termine della partita si era precipitata in campo e aveva abbracciato Ginny, poi Harry e alla fine, volutamente alla fine, Ron. Gli aveva gettato le braccia al collo cercando di mostrare tutto il suo entusiasmo e neppure un po’ di timidezza. Ron aveva risposto d’istinto ricambiando l’abbraccio e alzandola leggermente da terra, ridendo e ripetendo : “ Hai visto questa volta, hai visto?!?!” Dopo un po’ di secondi si era irrigidito e le aveva fatto appoggiare nuovamente i piedi a terra, si era scostato leggermente e l’aveva guardata, con un leggero sorriso. Erano rimasti immobili, abbracciati ancora per un po’. Non avevano notato lo sguardo dolce di Harry. Il quale si era poi trovato sommerso dalle sorelle Patil, urlanti e dispensatrici di baci.

Dal momento del rientro non c’era stato modo di parlare insieme, erano troppo presi dai festeggiamenti.

Quando ormai la serata si stava concludendo e la maggior parte degli studenti era salito nei dormitori, un commento di Neville riaprì in Harry una profonda ferita.

“Adesso però, dovresti pensarci Harry!” gli aveva detto. “Perché diventare un Auror? È rischioso. Fai il cercatore di professione.”

Harry aveva sorriso, felice del complimento, ma poi si fece strada in lui il ricordo della profezia.

“…e uno dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive…

Da quando era a Hogwarts se ne ricordava solo ogni tanto, quando il pericolo della guerra diventava più forte! Che stupido! Era lui la guerra, era lui al centro di tutto questo. Che motivo c’era di festeggiare? Perché a lui? PERCHÉ?!

Che futuro c’era per lui? Che motivo aveva di programmare il suo lavoro futuro?

Lentamente si chiuse in se stesso e la maggior parte del gruppo non lo notò, ancora troppo coinvolto dalla gioia.

Hemione lo vide incupirsi e diventare silenzioso e cercò il suo sguardo per parlargli.

Harry guardò fuori dalla finestra, immobile, assorto in un futuro che non sapeva se poteva avere.

Quando il gruppo del sesto anno del dormitorio maschile di avviò verso il letto, chiamarono Harry che però disse di voler rimanere ancora un po’ giù.

Ron intercettò una occhiata di Hermione che lo bloccò vicino alle scale. Era lo stesso sguardo preoccupato che le compariva in volto quando Harry aveva i suoi momenti di rabbia contro tutto e tutti.

Guardò verso l’amico, ma vide solo la sua schiena. Si avvicinò ad Hermione.

“È così da un po’” gli disse lei.” Non capisco perchè.”

“Gli hai parlato?” chiese Ron

Hermione scosse la testa in segno di diniego.

“Vai tu.”

Ron si avvicinò ad Harry.

“Vieni a dormire?”

Harry non dava segni di aver sentito.

“Harry?” Ron alzò leggermente la voce con un tono titubante.

Harry si girò di scatto, meravigliato che ci fosse ancora qualcuno lì. Guardandosi attorno vide Ron, Hermione poco distante e Ginny vicina alle scale del suo dormitorio, rivolta verso di loro.

“Non mi ero accorto che fosse finito. Arrivo a dormire tra poco.”

“Harry, sei triste. Perché?” chiese Hermione, nel silenzio della stanza

“Nulla” tentò di sorridere l’amico. “Sono stanco”.

“Harry non è vero. Sei preoccupato per qualcosa.”

Il peso della sua paura, di quella dei suoi amici, la tensione della partita, il dolore della cicatrice che ogni tanto ricominciava, la consapevolezza della sua precarietà e della propria incapacità a contrastare Voldemort, la difficoltà a raccontare i suoi sentimenti e le sue paure gli fecero scatenare nuovamente la rabbia.

“Non è vero Hermione. Sono stanco. E basta” Il tono era secco, duro.

“Harry…” provò a continuare lei

“Piantala di tormentarmi e di volermi leggere dentro. Sono stanco, ok?!” la bloccò, mettendo le mani avanti quasi a volerla allontanare da sé, anche se erano distanti l’uno dall’altra..

Ron, inconsapevolmente, si avvicinò ad Hermione, mettendosi tra lei e Harry.

Ginny invece si avvicinò.

“Cosa ti sta succedendo? Stavi festeggiano con tutti fino a poco fa. Cosa è cambiato?”

“Accidenti a voi ragazze! NON HO NULLA.” Le ultime parole Harry le scandì una alla volta con un tono di voce normale, ma che risuonò dentro la stanza.

Il consiglio di Silente rimbombava nella sua testa, ma non sapeva come fare, cosa dire.

“Andiamo, Harry!” Rispose con altrettanta calma Ginny. “Non hai la faccia di uno che ha steso Malfoy, ma di uno che si è fatto stendere da qualcuno. Cosa c’è?”

Per un lungo momento risuonò un fortissimo silenzio nella stanza. Erano tutti immobili. Anche Luna e Neville erano nel Salone, lei diretta verso la porta e il suo dormitorio, lui vicino alle scale del proprio, che aveva ridisceso alla ricerca della sua sciarpa che gli era caduta.

Il silenzio divenne tensione, poi Harry si girò verso tutti loro con gli occhi lucidi.

Prese fiato. Sospirò.

“La profezia. Quella dell’anno scorso. Silente la conosce. Me l’ha detta.”

Silenzio… Dopo parecchi scondi…

“Cosa dice Harry?” chiese Ron sottovoce, come avesse letto nella mente di tutti gli amici la stessa domanda.

Harry recitò, lentamente, meravigliandosi di come fosse impressa nella sua mente:

“Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore…nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese… l’Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto… e uno dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive… il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore nascerà all’estinguersi del settimo mese…”

Il silenzio crollò nella stanza.

Rimasero in silenzio, ripetendo ognuno quella parte di profezia che gli era rimasta maggiormente scolpita nella mente.

“Sei tu Harry.” Ron non aveva fatto una domanda, ma una affermazione

“Sì.”

“E non puoi vivere se vive anche lui” disse Hermione

“Sì”

“Ti ha voluto lui come suo nemico” disse Neville

“Sì” Harry si sentiva sfinito solo per aver detto tre piccole sillabe.

“Come pensi di sconfiggerlo Harry?” chiese Ginny

“Con questo potere sconosciuto?” aggiunse Luna

Harry le guardò.

“Cosa vi fa credere che possa sconfiggerlo?”

“Beh, … tu.” disse Ginny “Lo hai già fatto. Lo fai da quando sei nato.”

Ginny riusciva a dire le cose più difficili nel modo più semplice. Riusciva a leggere ogni avvenimento in modo diverso dal suo, dandogli l’impressione di aver dimenticato un particolare importante per costruire le sue idee. Ma era così ingenua, così … semplice.

Le sorrise amaramente

“Non è così facile Ginny.”

“Perché? Cosa hai fatto negli ultimi sei anni?”

“Ho fatto ammazzare Sirius, ho fatto ammazzare Cedric, ho quasi fatto uccidere te, ho messo in pericolo Ron, Hermione, Luna, Neville, Silente, Lupin, un numero imprecisato di Auror, ho fatto entrare Voldemort a Hogwarts e nel Ministero della Magia. Ti pare sufficiente?” Harry continuò a fissarla mentre elencava tutto il dolore e la tristezza degli ultimi anni.

“Sei un cretino. Vedi tutto il mondo come se fossi tu al centro.” Ginny lo stava fissando a sua volta e aveva parlato con tono quasi neutrale.

Ron, che sentiva su di sé tutto il dolore dell’amico, fissò la sorella. Si annunciava battaglia.

Hermione, con le lacrime agli occhi, spostò lo sguardo da Harry a Ginny e poi a Ron. Lui stava quasi sorridendo. Aveva lo sguardo concentrato sulla sorella. Sembrava aspettarsi un commento del genere. Gli si avvicinò.

Neville aveva la bocca aperta. Luna ascoltava assorta.

“Ti ho appena detto che ho ammazzato tutta questa gente e TU MI DAI DEL CRETINO?!?”

Il tono di voce di Harry era aumentato fino a diventare un urlo represso, quasi fosse incapace di buttarlo fuori.

“Non hai ammazzato nessuno Harry.” Ginny spalancò gli occhi e le braccia. “Voldemort o i suoi seguaci hanno ammazzato, non tu! Non sei nella testa di nessuno, non puoi comandare nessuno. Tutti abbiamo scelto di nostra volontà di fare quello che abbiamo fatto e che faremo. Non puoi comandarci, non siamo burattini. Ti vogliamo bene. Sirius ti voleva bene. Lupin ti vuole bene. Silente ti vuole bene. E anche questa è una nostra scelta, non tua.” Ginny aveva contato sulle dita della mano le persone che nominava e stava guardando Harry, tesa con il corpo verso di lui.

“Sono anni che siete in pericolo a causa mia! Cosa devo fare allora per non farvi male? Odiarvi? Farmi odiare?!”

Che accidenti di consiglio gli aveva dato Silente? Quella era la sua maggiore forza? Quelli erano gli amici che gli volevano bene?

Guardò attorno a lui. Lo stavano fissando tutti.

“Credo sia vero.” disse Luna “ Potresti anche odiarci, ma se noi condividiamo le tue idee comunque ti aiuteremmo. Non puoi farci nulla. Devi accettarci come siamo.”

“Capisci Harry?” chiese Ginny

“No.” ammise sconfitto.

“Siamo amici tuoi Harry. Ti vogliamo bene. Vogliamo vederti vivo alla fine di …… tutto questo.” Ron gli riavvicinò parlando fino ad appoggiargli una mano sul braccio.

“Non devi sentirti in colpa per le scelte degli altri Harry. Non puoi decidere tu per noi. Lo facciamo da soli.” Hermione gli accarezzò l’altro braccio accennando un sorriso.

Harry li fissò. Si sentiva senza fiato. Si aspettava dolore, pietà, paura. Ma non capiva questo. Sembrava che lo stessero quasi allontanando da loro. Che non riconoscessero il suo dolore.

L’espressione del volto doveva riflettere in qualche modo questi pensieri, perché Ginny disse: “Non capisci il senso di quello che ho detto.”

“No.” ammise “Non vi capisco.”

“Quando sei arrivato a prendermi dal Basilisco e da Riddle, ho pensato che fossi invincibile. Mi avevi salvato, anche a costo della tua vita. Avevo 11 anni, credevo nelle favole, credevo che una persona da sola potesse salvare il mondo! Poi sono cresciuta, ti ho visto soffrire per Cedric e Sirius, chiederti cosa avresti potuto fare per loro. Ho capito che non potevi fare nulla di più di quello che hai fatto. Hai 16 anni, Harry! Neppure Voldemort riesce a vincere da solo. Si sta circondando di Mangiamorte, se li va a prendere da Azkaban. Perché tu dovresti fare tutto da solo? Lascia che chi ti vuole bene ti aiuti.”

“La profezia parla di me, non di voi. Sono morti in molti per me. E io non sono riuscito e forse non riuscirò…” Harry sentiva il dolore crescere, quasi alle lacrime.

“Ma noi siamo con te, Harry! Noi siamo parte di te, Harry!” esclamò Hermione “Non saremmo qui senza te, ma anche tu non ce l’avresti fatta senza di noi. Non so cosa dovrai fare, ma non lasciarci fuori. Non sentirti come se avessi costretto qualcuno ad aiutarti.”

Harry cominciava a capire, a ricordare quanto aveva detto Silente sul farsi proteggere da loro, sul fare affidamento su di loro. Poteva decidere quello che voleva fare contro Voldemort, ma non poteva costringere gli altri a non seguirlo. Doveva rispettare le loro scelte. Doveva accettare le loro decisioni.

Li guardò. Si erano avvicinati tutti a lui. Ron e Hermione al suo fianco, Ginny davanti, Neville e Luna, appena dietro a lei. Sembravano davvero una barriera. Uno scudo. E molti mancavano all’appello.

Non capiva fino in fondo quello che lo aspettava e anche gli altri avevano la sensazione di non aver colto il significato profondo della profezia.

Non riusciva ancora a capire il ragionamento di Ginny, ma sentiva tutta la forza di quel gruppo di persone attorno a lui. Li sentiva uniti, vicini.

Rimasero in silenzio per un lungo momento. Harry riuscì a vincere la lotta contro le sue lacrime, a ricacciarle indietro. Ron aveva gli occhi molto più lucidi dei suoi. Hermione stava piangendo apertamente, anche per lui.

Ginny gli accarezzò una guancia e Harry si sentì così simile a Ron o a Charlie in quel momento. Le sorrise. Se ce ne fosse stato bisogno si era appena sdebitata di quanto era accaduto nella Camera.

Luna mise un braccio sulle spalle di Ginny. Neville si avvicinò a Ron.

“Credo che ne abbiamo abbastanza tutti per oggi. Io vado” Luna salutò e uscì dalla Sala Comune. “Immagino che la profezia rimanga un segreto da non divulgare. Non accennerò nulla a papà.”

“Andiamo Harry. Dai, Neville.” Ron tenendo per il braccio Harry si avviò verso il Dormitorio.

Ginny e Hermione li imitarono.

Molte domande erano ancora senza risposta e sapevano che avrebbero discusso a lungo della profezia, ma quella sera erano tutti esausti.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Il primo scontro ***


Il primo scontro

Due giorni dopo il 6° anno di Griffondoro e Serpeverde (coloro che avevano superato i G.U.F.O.) si presentò a lezione di Pozioni. L’aula era vuota, silenziosa. Tutto in perfetto ordine.

Ognuno si sistemò come meglio pensava e attesero. Anni di esercizio li avevano portati ad aspettare il silenzio in quell’aula e così fecero.

Quando l’attesa cominciava a prolungarsi oltre il normale, la porta si aprì ed entro il Professor Lupin.

Nessuno se lo aspettava e un astratto, enorme punto interrogativo comparve sulla testa di tutti i presenti.

In sei anni non si erano sentite mai notizie di una assenza di Piton. Era… impossibile!

Si guardarono l’un l’altro finché Hermione alzò la mano. Lupin , ormai alla cattedra, si ricolse alla classe e disse:

“Adesso spiego i motivi della mia presenza. Se dopo non ho risposto alla sua domanda, signorina Granger, le darò la parola. Il professor Piton è impossibilitato a fare lezione. Lo so che lo immaginate intoccabile, ma anche lui a volte si ammala. Questa è una delle volte. Niente di grave o di prolungato. Lo sostituirò, come lui ha fatto con me, fino a nuove disposizioni.”

Hermione aveva già abbassato la mano. Ma i dubbi rimanevano. Mentre Lupin tentava di spiegare la lezione ad una classe sconcertata dalla situazione, Hermione cominciava a mettere insieme le informazioni che aveva e cercava un filo conduttore. Silenziosa e assorta non aprì il libro, non lo guardò, né prese in mano il necessario per scrivere. Harry e Ron, vedendola impegnata in qualcosa di diverso dal prendere appunti, si affrettarono a sostituirla, almeno per quella volta.

Al termine della lezione, mentre andavano a pranzare, Harry chiese ad Hermione: “Cosa hai capito?”

“Sto ancora riflettendo. Piton è stato mandato da Silente a cercare informazioni. Poi lo abbiamo visto?”

“Sì.” disse Ron “A lezione. Ma mi sono chiesto come mai non c’era sugli spalti durante la partita.”

“Giusto!” Hermione si bloccò poco prima della porta che conduceva al tavolo da pranzo “Strano. Questo non è da lui.”

Harry la sospinse verso il tavolo e si sedettero a mangiare.

L’argomento principale era l’assenza del Professore di Pozioni, argomento di domande e ipotesi in ogni casa.

Nel pomeriggio le informazioni che circolavano erano numerose, ma inconcludenti.

Qualcuno aveva visto Lupin arrivare dalla stanza di Piton nei sotterranei. Altri avevano notato Tonks aggirarsi preoccupata per la scuola. Qualcuno disse di aver visto anche Moody aggirarsi vicino all’ufficio del Preside. L’aula era perfetta e tutto era al suo posto, secondo la maniacalità del professore. Qualcuno parlava di malattia contagiosa. Altri di una pozione che lo avrebbe reso impresentabile. Il commento di Ron a quest’ultima ipotesi era stato che, mancando i gemelli, era difficile che qualcuno avesse giocato uno scherzo tale ad un professore come quello.

La sera il Preside si limitò a ripetere, quasi con le stesse parole, le informazioni date da Lupin, che però non sedeva al tavolo dei professori. Tonks arrivò a cena iniziata e a quel punto se ne andò Shacklebolt.

Harry guardò Ron. C’erano troppe stranezze. Ron acconsentì a quello che Harry stava pensando.

Il mantello dell’invisibilità. Dopo l’orario del coprifuoco.

Il dubbio era se coinvolgere Hermione. Sarebbe stata disponibile a fare una indagine così fuori dalle regole?

In realtà lei stessa, mentre studiavano, dopo cena, disse: “Pensate che potremmo starci in tre?”

Ron guardò lei e guardò Harry. Harry guardò Ron e poi lei.

Hermione aggiunse: “So che avete già pensato tutto. Quando uscite? Posso venire anch’io?” Tutto era stato detto con la faccia immersa in un libro di studio di notevoli dimensioni.

 

Quando tutti erano a letto si ritrovarono in Sala Comune.

Direzione: stanza di Piton. Idee su dove fosse: un po’ confuse. Nei sotterranei sicuramente.

Harry prese la Mappa del Malandrino e la mise in funzione. Si avvolsero nel Mantello dell’invisibilità e partirono. Harry teneva la mappa, Ron faceva luce e Hermione si trovava nel mezzo.

Arrivati in vicinanza della stanza nella quale, secondo la Mappa c’erano Piton Tonks e Shacklebolt, ne videro uscire quest’ultimo. Rivolto verso l’interno stava dicendo: “Se non ce la fai questa notte, chiamami. E’ la seconda ormai.”

E si chiuse la porta dietro le spalle.

Come entrare?

Si avvicinarono. Ron alzò leggermente il mantello con la mano libera, passando sopra la testa di Hermione e lo portò sopra la serratura. Lei si avvicinò e spiò.

“Vedo Tonks vicino ad un letto. E’ una normale camera mi pare.” Sussurrò Hermione.

Si spostarono alla sinistra della porta, in attesa di qualcosa.

Dopo una decina di minuti di attesa in silenzio Tonks aprì la porta e ne uscì, lasciandola spalancata. Subito e silenziosamente entrarono.

Al centro della parete di fronte c’era un letto a baldacchino, in legno scuro coperto da lenzuola bianche. A sinistra l’intera parete era ricoperta di una libreria zeppa di libri e c’era un tavolino vicino al letto, sullo stesso lato. A destra del letto c’era un caminetto acceso che riscaldava l’ambiente. Lungo la parete di destra c’era una porta socchiusa che portava forse al bagno. Vicino un cassettone in legno, chiuso, con appoggiato sopra un mantello nero e dei vestiti neri gettati alle rinfusa. A terra un paio di stivali logori.

Vicino alla porta un appendiabiti, pieno di vestiti.

Tutta la stanza era illuminata da candele che davano una luce soffusa, ma sufficiente a rendere tutto visibile.

Nel letto, disteso con gli occhi chiusi c’era il professor Piton. Era esangue. Bianco quanto le lenzuola che lo ricoprivano quasi interamente. Erano visibili solo le braccia, allungate sulle lenzuola e la parte superiore dello sterno. C’erano delle evidenti cicatrici rosso fuoco lungo un braccio e un’altra cicatrice, più profonda, cominciava da una spalla e segnava lo sterno verso il cuore, fino a dove era possibile vedere.

I ragazzi, rimasti a bocca aperta, sentirono rientrare Tonks e si misero tra la porta del bagno e il cassettone. Potevano vedere il professore respirare regolarmente e lentamente.

Tonks appoggiò una pila di garze in fondo al letto e poi mise una mano sulla fronte di Piton, come volesse sentire se c’era febbre. L’amica aveva il volto segnato dalla stanchezza, anche se appariva efficiente e vigile.

“Come sta?” Silente era entrato silenziosamente nella stanza.

“Sempre in lento miglioramento. Adesso non soffre più quando le lenzuola vengono appoggiate alle cicatrici. Sono riuscita a fargli prendere anche del cibo solido questa sera.”

Silente lanciò uno sguardo fugace esattamente nel punto in cui i ragazzi si trovavano, attentissimi a non farsi sfuggire nessuna informazione. Fissò quel punto per alcuni secondi, con una espressione prima incerta, poi leggermente infastidita.

“Perché Professor Silente? Perché arrivare a tanto?” chiese Tonks, con lo sguardo addolorato, rivolto prima a Piton poi a Silente.

“Per loro è un traditore. E come tale va punito. Non esistono messe misure Tonks. O con Lui o con noi. Da quando Piton ha scelto noi, sapeva quali potevano essere i rischi. Quando è arrivato, anni fa, poco prima della morte dei Potter, era ridotto molto peggio. Ci sono volute settimane di duro impegno da parte di Madama Chips per riuscire a farlo guarire nel fisico e anni per riuscire a farlo guarire dal senso di colpa.

“Era necessario che ci andasse? Che si facesse riconoscere?” chiese Tonks sottovoce.

“Era necessario dal suo punto di vista. La stessa inflessibilità che ha verso gli altri la dimostra verso se stesso: la scelta che ha fatto richiede la sua totale partecipazione. Ma non si fa riconoscere. Quando cerca informazioni non ha lo stesso aspetto che ha ora. Credo abbiamo cercato nel mucchio e questa volta lo hanno preso.”

“Angimagus?” chiese, curiosa, Tonks.

“Credo possa bastare Ninfadora.” Piton aveva sussurrato la frase senza aprire gli occhi, ma con tono chiaro e deciso. “Conosci anche troppo.”

Tonks, sollevata dal sentirlo parlare, ma stizzita dalla risposta, lo osservò mentre, appoggiate le mani sul letto, si metteva seduto, appoggiandosi allo schienale, con evidenti smorfie di dolore mentre piegava braccia e sterno. Il lenzuolo scese e la cicatrice divenne ancora più visibile e spaventosa. Si fermava sotto le costole, ma sembrava pulsare e diventare più scura con il movimento. Non sembravano graffi o tagli, ma un marchio impresso a fuoco.

“Bello spettacolo, ragazza?” le chiese, sostenuto, con gli occhi ridotti a fessure. I capelli neri e lunghi ricadevano a lato del viso.

“Niente di eccezionale se si riferisce a se stesso, professore. Molto brutto se parla della cicatrice” Il sollievo di vederlo attivo, unito ai commenti spiacevoli, la resero acida.

Prese delle garze, le bagnò dentro una bacinella alla sua destra contenente un liquido bluastro, e gliele porse. “Provi ad appoggiare queste, se non le da fastidio.”

Piton si appoggiò una garza sul petto, con un leggero sussulto per la fitta di dolore. Ne avvolse altre due lungo gli avambracci, sulle cicatrici.

“Dopo quello che vi ho riferito ci sono cambiamenti o novità?” chiese rivolto a Silente

“Ne parleremo con calma domani. Non è il momento. Posso solo dirti che ci stiamo lavorando”

“Mi pareva fossimo in troppi.” Anche Piton aveva percepito la presenza di qualcun altro nella stanza, pur non riuscendo a definirlo. “I ragazzi fanno di testa loro come il solito?”

“Esatto.”

Sotto il mantello i tre amici stavano sudando freddo. Hermione vedeva fioccare punizioni, Ron compiti di Pozioni impossibili da completare, Harry sentiva la rigidità di Silente per quello che stavano facendo.

Tonks pensava fosse un cambio di argomento assurdo. Cosa c’entravano gli alunni e le lezioni? Ma rimase in silenzio. Se doveva assistere il professore quella notte, non voleva trovarsi a discutere fin dall’inizio.

Silente salutò Piton e uscì dalla stanza lasciando la porta aperta.

I tre ragazzi ne uscirono qualche secondo dopo, approfittando della situazione.

 

Rientrati in Sala Comune si misero seduti vicino al caminetto per schiarirsi le idee.

“Allora.” cominciò Hermione “Ha cercato informazioni e lo hanno preso. Per caso, ma lo hanno ferito malamente.”

“E qualcosa deve aver saputo se ha chiesto a Silente se ci fossero novità dopo quello che aveva scoperto. Avrà riferito qualcosa e stanno cercando di confermarlo o di … beh, stanno decidendo una strategia. Se ci stanno lavorando significa che vogliono fermarli o tenerli sott’occhio.” aggiunse Harry.

“Che sia un Angimagus?” chiese Ron

“Non lo so. Non mi pare ci fosse nell’elenco che ho letto… forse usa altre magie…” Hermione era dubbiosa “Ma ha detto che hanno cercato nel mucchio. Nel mucchio di cosa?”

“Non credo si trasformi in un oggetto! Forse in qualche animale che si muove in gruppo.” Propose Ron

“Esatto.” Harry era concentrato su cosa fare ora “Silente ha detto che ne avrebbero parlato domani delle novità. Cosa facciamo?”

“Cerchiamo di saperne di più” propose Ron

“Però, pensando anche al discorso dell’altro giorno …” soggiunse Hermione “Noi facciamo parte di un gruppo, dobbiamo condividere con loro tutto questo. Non possiamo fare finta che coinvolga solo noi.”

“Convochiamo l’ES. Per domani pomeriggio e sentiamo cosa dicono gli altri” disse Harry

Hermione mise in funzione la procedura per comunicare a tutti che il giorno successivo l’ES si sarebbe riunito nella Stanza delle Necessità il pomeriggio prima di cena.

 

Il mattino successivo nella stanza del Professore di Pozioni una assonnata Tonks si stava risvegliando da un profondo sonno. Aveva passato al notte nella stanza, in una comoda poltrona arancione con girasoli rossi e foglie gialle che aveva fatto comparire per l’occasione dopo una breve litigata con Piton sulla necessità di rimanere a portata di voce nel caso fosse stato male durante la notte. La notte precedente si era svegliato urlando dal dolore per quanto aveva subito.

La risposta di Piton fosse stata molto secca: “Soffro da prima di conoscerti Ninfadora, anche se per punizioni diverse da questa, e ne sono sopravvissuto da solo. Non mi serve una balia, tu non sei infermiera e non voglio immaginarti mentre mi guardi mezzo nudo in un letto!”

Tonks, per ripicca, in silenzio aveva fatto apparire la poltrona sotto lo sguardo allucinato e schifato di Piton e vi si era accoccolata sopra dandogli le spalle.

“Eviterò di prendermi un choc guardandola allora. Se ha bisogno urli!”

Durante la notte aveva avuto un solo incubo, sufficiente a far passare ad entrambi una brutta mezz’ora tra il dolore fisico dato dal movimento continuo per proteggersi dal nemico sognato, e il dolore di vederlo agitarsi, urlando in silenzio, fino a strappare le lenzuola. Nessuno dei due aveva parlato del contenuto dell’incubo, neppure mentre Tonks lo medicava e lo aiutava a sistemare le lenzuola. Avevano fatto tutto senza guardarsi, veloci, efficienti (tranne due vasi rotti da Tonks movendo bruscamente un braccio).

Piton non aveva ringraziato.

Al risveglio Tonks sentì scorrere l’acqua del lavandino in bagno.

Mentre si alzava si rese conto che qualcuno, nella notte, aveva sistemato i cuscini dietro la sua testa e le aveva messo una coperta addosso. In tinta con i girasoli. Sorrise.

 

Grazie a Caillean e daffydebby: mi fa piacere sapere che sollevo tanto entusiasmo.. è lo stesso che provo scrivendo. Seguitemi, mancano tre capitoli oltre questo. Ciao e ancora GRAZIE!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Due eserciti si schierano ***


Due eserciti si schierano

Alla riunione dell’ES c’erano tutti.

Harry aveva chiesto di non parlare della profezia. Si sentiva ancora molto sensibile sull’argomento e, se poteva accettare certi commenti da Ginny, non li avrebbe accettati da altri.

Si ritrovarono nella stanza delle Necessità, seduti in cerchio, su delle sedie di legno apparse per l’occasione.

Ginny stava chiacchierando fitto fitto con Luna e Susan Bones, le sorelle Patil erano impegnate in una discussione con Cho e Lavanda riguardante qualcosa di raso rosso, Neville, Dean, Michael Corner e Terry Steval discutevano di quidditch ridendo, Hanna Abbot e Hermione parlavano di compiti di Storia della Magia, Ernie Macmillian, Justin Finch-Fletchley e Anthony Goldstein discutevano di ragazze, i fratelli Canon di fotografia. Zacharias Smith era da solo.

Harry e Ron si misero vicini. Harry era rigido sulla sedia, guardandosi attorno, Ron era a cavalcioni, con le braccia incrociate sullo schienale e, con un breve fischio, richiamò l’attenzione di tutti.

“Hermione… cominci tu.” disse dandole la parola.

Dato che non era stato deciso nulla del genere, Hermione non se lo aspettava, perciò pensò un attimo a cosa dire, lanciando mentalmente delle parolacce verso Ron.

“Finora ci siamo trovati per proseguire negli allenamenti, ma oggi abbiamo pensato ci convocare tutti per riferirvi cosa abbiamo scoperto Harry, Ron ed io e per decidere cosa possiamo fare. Continua pure Ron”. Almeno una rivincita immediata poteva permettersela.

L’amico la guardò sorpreso dalla richiesta, ma dato che si trattava solo di spigare cosa era successo non si risentì.

Ron raccontò di cosa avevano sentito nella stanza di Piton, descrivendo le ferite del professore, spiegando che non avevano capito da cosa erano state provocate, descrisse il lento miglioramento, il dubbio che fosse un Angimagus, ma che non avevano idea di quale sembianze avesse, oltre a quelle, comunque terrificanti, che aveva di solito, raccontò delle informazioni che Piton aveva portato e di come si sarebbero potute usare e per cosa,   raccontò della loro certezza che Silente sapesse quello che l’E.S. stava facendo in quel momento.

Il gruppo chiese informazioni sul modo in cui erano arrivati alla camera di Piton (con esclamazioni di giubilo da parte dei fratelli Canon di fronte alla Mappa del Malandrino), sul modo in cui si poteva utilizzare il Mantello dell’Invisibilità.

A quel punto ci fu una deviazione della discussione in un terreno meno serio.

I ragazzi tentarono di convincere un imbarazzato e sghignazzante Harry a prestare loro il Mantello per una visita nei dormitori femminili per scoprire i loro segreti, sollevando una ondata di arrabbiate proteste e di commenti poco gentili nei loro confronti da parte di tutte le ragazze, finché Ginny e Luna osservarono che in fondo a loro non sarebbe stato necessario in quanto potevano accedere ai Dormitori maschili quando volevano e il russare di alcuni di loro copriva qualsiasi rumore avessero fatto, rimanendo ad osservarli al buio.

Seguì un silenzio generale perché i ragazzi non capivano se stavano parlando di una ipotesi o di qualcosa già accaduto.

Hermione ne approfittò per dire:

“Credo che adesso dovremmo concentrarci su cosa fare. Piton ha portato delle informazioni che faranno intervenire sicuramente gli Auror e l’Ordine della Fenice. Si stanno preparando a qualcosa. Cosa facciamo noi?”

“Siete voi che l’anno scorso avete combattuto al Ministero della Magia. Siamo pronti a fare qualcosa secondo la vostra esperienza?” chiese Dean

Harry, Ron, Hermione, Ginny, Neville e Luna avevano ripensato a lungo quanto era successo, ma non avevano mai condiviso le loro riflessioni.

Harry era pronto alla battaglia. Era certo che né il padre, né Sirius si sarebbero tirati indietro in un momento come quello. Lo doveva a loro il coraggio che lo aveva portato nella casa dei Griffondoro. Forse sua madre avrebbe rifiutato l’idea che il figlio rischiasse la vita, ma … c’era troppo in ballo ora.

D’altra parte non voleva trascinare gli altri verso una sua decisione e rimase in silenzio, in ascolto.

Ginny si sentiva molto agguerrita perché pensava di essere poco attiva rispetto a quello che stava facendo il resto della famiglia. Anche Ron, per la forte amicizia che lo legava ad Harry, le sembrava più coinvolto di quanto lo fosse lei stessa.

C’era poi il dolore di Harry quando aveva parlato della profezia. Sapeva di aver un po’ esagerato con le sue affermazioni. Ma era convinta che Harry avesse la possibilità di sconfiggere Voldemort: aveva coraggio, tenacia, intelligenza e un forte legame di amicizia e di affetto con molte persone disposte a proteggerlo e ad aiutarlo. Non si sarebbe mai ritrovato da solo con l’Oscuro Signore, se non per la sua incoscienza e la sua rabbia che lo portavano ad agire in modo istintivo e disorganizzato.

Hermione si sentiva molto più impaurita. Condivideva il desiderio di vedere Voldemort sconfitto, credeva nelle capacità di Harry e di tutti coloro che lo stavano guidando e aiutando, ma conosceva il valore e la forza della magia e pensava che il rischio fosse molto grande. Aveva paura di perdere amici in battaglia, aveva paura di vivere il dolore della perdita, desiderava poter immaginare il futuro con la sua famiglia e gli amici, ma sentiva il pericolo dietro le spalle. Desiderava l’abbraccio di un ragazzo, a volte tanto da stare male, desiderava l’abbraccio di quel ragazzo e non sapeva come chiederlo e non voleva arrivare a capire che era troppo tardi per farlo.

Ron viveva giorno per giorno aspettando notizie da casa, concentrandosi sulla scuola o sul quidditch, anche nei momenti sbagliati. A volte lo attanagliava la paura di perdere qualcuno della famiglia. Soffriva per la lontananza di Percy e sentiva che non sarebbe riuscito a vivere un’altra notte come quella a Grimmauld Place quando il padre era stato ferito. Non accettava di pensare che Harry potesse non vincere: credeva in lui ciecamente, credeva nelle sue capacità. Si sentiva pronto ad accompagnarlo ovunque e a dare il meglio di sé. A volte muoveva qualche passo nel futuro, immaginando quale regalo fare a Natale (in particolare a lei) oppure alla prossima estate, dopo una battaglia. Una sconfitta era per lui un incubo a occhi aperti. Comunque allontanava pensiero in cui non fossero presenti Harry ed Hermione. Si sentiva anche responsabile per la piccola Ginny, anche se sapeva che ormai era molto sicura di sé.

Neville era arrabbiato e intimorito. Pensava di non essere all’altezza, ma non sarebbe rimasto a guardare l’assassina della mente dei suoi genitori. Doveva vendicarli. Si sarebbe ammazzato di allenamenti e di studio pur di poterla affrontare. Ma si sentiva inadeguato.

Luna credeva nell’amicizia e sentiva di essere parte di un gruppo lì dentro. Credeva nella libertà di ciascuno e nella possibilità di eliminare il male dovunque si trovasse. Pensava che fosse parte della vita di ciascuno battersi per le proprie convinzioni (suo padre lo faceva quotidianamente dal giornale) ed era ottimista per il futuro.

Ma tutti e sei erano perfettamente consapevoli che senza gli Auror, senza Silente e senza l’Ordine della Fenice non sarebbero usciti vivi dal Ministero della Magia. Non sarebbero stati lì a discuterne.

Ron e Hermione avevano ancora delle conseguenze fisiche da smaltire, Harry soffriva per una perdita che, in cuor suo, pensava ancora che avrebbe potuto evitare se fosse stato più prudente e avesse collaborato con Silente. Avevano avuto paura, tanta, in alcuni momenti.

Senza scendere nei particolari personali cercarono di spiegare tutte queste cose puntando l’attenzione soprattutto su quest’ultima cosa: non potevano farcela da soli, non erano pronti, ma non volevano stare a guardare. Non avrebbero accettato una decisione degli adulti che li costringesse a rimanere a guardare.

La maggior parte del gruppo si dimostrò d’accordo con loro sul non poter rimanere a guardare. Le loro stese famiglie si erano schierate con maggiore decisione a favore di Silente dopo quanto era stato divulgato dai giornali e i figli si sentivano autorizzati a essere i protagonisti di un cambiamento, anche se forse, chiedendo direttamente ai genitori, non era questo l’obiettivo che avevano per loro. Ma i figli non avrebbero chiesto alcun permesso per farlo.

In particolare Susan, Terry ed Hanna sembravano agguerriti.

Zacharias rimase in silenzio e disse che avrebbe partecipato alle esercitazioni, ma non ad altro.

Il gruppo accettò la decisione. Alcuni (Ron in particolare) con un evidente disprezzo.

La decisione finale, su proposta di Dean fu, per Harry, un po’ folle: avrebbero chiesto direttamente a Silente cosa stava succedendo e cosa avrebbero potuto fare loro per aiutare l’Ordine della Fenice. Se la decisione degli adulti fosse stata l’esclusione dalla battaglia, si sarebbero organizzati diversamente.

Il gruppo di ambasciatori sarebbe stato formato da Harry, Ron, Hermione e Susan (visti i legami altolocati che aveva).

Sarebbero andati subito a chiedere un colloquio con Silente.

 

Intanto nello studio di Silente si stava tenendo una riunione strategica ad alti livelli.

Occupavano tutta la stanza, seduti sulle sedie e sui tavoli.

Oltre al Preside erano presenti Minerva McGrannit, Malocchio Moody, Remus Lupin, Ninfadora Tonks, Kingsley Shacklebolt, Emmeline Vance, Hestia Jones, Elphias Doge, Sturgis Podmore, Dedalus Lux, il professor Severus Piton, la professoressa Caporal. Tutti gli altri insegnati erano impegnati nelle attività della scuola, ma erano in attesa delle decisioni che il gruppo avrebbe preso con la loro piena approvazione.

Silente stava spiegando:

“Credo che le informazioni ottenute così duramente da Severus ci permettano di circoscrivere il luogo del prossimo attacco dell’esercito di Voldemort. L’obiettivo è colpire vicino a noi. Dato che Hogwarts è inaccessibile, credo che Hogsmade rappresenti il luogo più significativo. Londra è un obiettivo inutile in questo momento. Non sono alla ricerca di un obiettivo che li mostri a tutto il mondo, ma di un obiettivo che gli permetta di colpirci al cuore. E’ corretto Severus?”

“Le indicazioni dell’Oscuro Signore erano chiare fino a quando le ho potute sentire: colpire lei Preside, e quello che lei rappresenta per il Ministero della Magia e per la scuola. Destabilizzarla. Malfoy ha chiarito che non doveva essere colpito suo figlio o altri Serpeverde. Credo che un attacco a Hogsmade durante un fine settimana degli allievi sia il più probabile.”

“Impedire agli studenti di andarci?” chiese Lux

“Sarà il minimo.” affermò la Mc Grannit, “ma ci saranno studenti che vorranno disubbidire e altri che andranno in panico. Dobbiamo pensare a come motivare la scelta.”

”Credo che sia importante..” aggiunse Lupin “ricordarsi che non ci sarà nessun attacco se non ci saranno studenti a Hogsamde e quindi che, togliendo l’obiettivo, li costringiamo a cambiare i piani e così non abbiamo alcuna indicazione di cosa potranno fare.”

“Non penserai di usare gli studenti come bersagli?!?” esclamò sorpresa Emmeline Vance.

“Certo che no, Emmeline! Stavo pensando alle conseguenze delle nostre decisioni.” replicò Lupin.

“Potremmo perdere il vantaggio e l’occasione per vincere una battaglia. Non erano sicuri che fossi lì, non mi hanno visto, non possono immaginare che siamo in loro attesa. Questo non possiamo dimenticarlo.” sussurrò, ansimando per il dolore, Piton.

“Ma ti hanno ferito, Severus. Come puoi sapere che non si sono resi conto della tua presenza e che puoi averli ascoltati?” chiese Moody, con entrambi gli occhi fissi sul professore, tanta era l’interesse per la risposta.

Anche Tonks e gli altri attendevano. Piton non aveva raccontato a nessuno quanto era successo. Anche Silente lo immaginava, ma non ne conosceva i particolari.

“Credo sia importante essere sicuri che non stiamo lavorando su informazioni deviate da Voldemort e dai suoi, Severus.” Lo incoraggiò il preside.

“Quando una delle guardie dei Mangiamorte mi ha trovato, ero a terra, stordito e senza la mia bacchetta che era caduta lontano da me. Ero entrato e avevo ascoltato con altre sembianze. Per caso avevano fatto uscire tutti quelli come me perché davamo fastidio, lanciandoci all’esterno con un incantesimo. Lui non mi conosce così bene da sapere chi sono e i vestiti strappati e logori gli hanno fatto pensare che fossi un vagabondo. Si è limitato a darmi alcuni calci. Solo quando è arrivata per caso Bellatrix e ha visto chi ero, sono passati alle maniere forti e mi hanno marchiato a fuoco. Pensavano che fossi svenuto e sono andati a chiamare l’Oscuro Signore e io ne ho approfittato per riprendere la via di Hogwarts il più velocemente possibile. Ma non mi hanno visto uscire dalla grotta. Pensavano che stessi entrando in quel momento. Bellatrix ha chiaramente detto a alla guardia che avrebbe avvisato il gruppo che stavo per entrare e quindi l’organizzazione della loro sorveglianza era scarsa. Sanno di aver rischiato grosso, ma non di essere stati ascoltati.” Mentre parlava, ansimando, con gli occhi semichiusi, sembrava che il naso, in quella faccia sempre più scarna, e tra quei capelli neri e lunghi, fosse diventato ancora più adunco.

Tonks aveva i brividi lungo la schiena. Piton non aveva parlato dei calci e erano state curate sono le feriti visibili. Quante ce c’erano di invisibili, fisiche ed emotive, ancora da sanare?

Shacklebolt disse, nel silenzio generale: “Hai un livello di sopportazione troppo elevato Severus. Dovresti arrabbiarti ogni tanto… e mostrare le tue emozioni.”

“Se lo facessi semineri morte Kingsley. Non intendo ritrovarmi ancora in quella situazione.” Il tono non era aggressivo, ma rassegnato.

Il silenzio che seguì era come ghiaccio.

“Cosa facciamo?” chiese Lupin “Oltre ad una corretta pozione ricostituente adatta a Severus, naturalmente. E’ nella mia stanza, poi te la porto.” aggiunse rivolto al collega che annuì.

“Ok.” disse Podmore “Sappiamo dove attaccheranno, non sappiamo quando esattamente, ma il giorno della gita degli allievi è quello più probabile. Ma senza gli allievi questo non sarà possibile. Idee per aggirare il problema?”

“Gli allievi del settimo anno? Sono maggiorenni, possono scegliere.” propose Moody.

“Non se ne parla. Siamo noi responsabili per loro. No. Per nessun motivo.” sentenziò la professoressa McGrannit rigidamente.

“Quando sarà la prossima uscita?”chiese Doge.

“Tra due settimane.” informò Piton

“Potremmo informare gli studenti che vista la grave situazione non è possibile garantire la sicurezza per tutti a Hogsmade per cui, in previsione del Natale, ogni Casa vi si recherà separatamente dalle altre, in quattro fine settimana consecutivi, accompagnati da un servizio di sicurezza garantito dagli Auror e dagli insegnanti. Cominceremo con la Casa dei Serpeverde che non sarà certamente aggredita vista la forte presenza di figli di seguaci di Voldemort.” propose Silente.

Aggiunse: “Faremo questo il primo fine settimana e ci prepareremo al successivo per un’altra Casa. Griffondoro direi, per aumentare la possibilità di un attacco verso Harry Potter. Ci organizzeremo fino alla partenza. Poi, solo all’ultimo momento, raduneremo tutti nella Sala Comune, per motivi di sicurezza e invieremo, al loro posto, un gruppo ristretto di Auror con le divise della Casa prescelta. Ci sarà comunque la preparazione all’attacco. Dovremo sorvegliare molto bene Hogsmade nei giorni precedenti con l’aiuto dei residenti e individuare i punti possibili dell’attacco. Poi dovremo aspettare la loro mossa.”

Ne discussero a lungo tutti insieme, ridefinendo i particolari, ma era una strategia che tutti approvavano. Individuarono altre persone da coinvolgere (i fratelli Weasley più grandi ad esempio e altri ex-allievi che avevano manifestato la loro simpatia e collaborazione a Silente) e si divisero i compiti per definire i tempi, le modalità, il materiale necessario e i mezzi di comunicazione.

Lupin impiegò molta della sua pazienza a convincere Piton a non essere parte attiva di quello scontro, date le sue condizioni, neppure in appoggio, anche se erano così vicini a Hogwarts.

Gli Auror dimostrarono tutta l’efficienza del loro addestramento elaborando un piano di controllo e di azione molto minuzioso nei compiti e nell’organizzazione.

 

Subito dopo cena Silente si ritrovò davanti Harry Potter che, insieme al signor Weasley, la signorina Granger e la signorina Bones, chiedevano un colloquio a nome dell’E.S.

C’erano dei momenti in cui il Preside si dimenticava, nonostante tutto, che collaborare con gli adolescenti non era mai semplice!

Grazie ai miei fedeli lettori (duffy e caillean in particolare... vi aspetto anche per questo capitolo...

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Battaglia ***


Battaglia

Il primo fine settimana dei Serpeverde ad Hogsmeade passò tranquillo e indenne.

Non ci furono situazioni di particolare interesse. Erano aperti tutti i negozi e i pub, c’erano in giro molti residenti, si respirava una iniziale aria di Natale, visto che in molti si erano dedicati alla ricerca dei regali con un certo anticipo.

 

La notizia della nuova organizzazione delle gite a Hogsmeade aveva provocato diverse reazioni negli studenti e nei professori.

Gli allievi erano, in maggioranza, infastiditi. Le gite ad Hogsmeade erano l’occasione per passare del tempo insieme a tutti gli altri, indipendentemente dalle case e si sentivano limitati. Desideravano poter uscire e divertirsi insieme, anche se erano consapevoli dei rischi che potevano esserci uscendo da Hogwarts.

Rimaneva sempre qualche incosciente (termine largamente usato dalla professoressa McGrannit e dal professor Vitious) che in quei giorni più tentava di unirsi al gruppo dei Serpeverde escogitando trucchi o travestimenti facilmente individuati dai professori.

Hermione passava molto tempo a rassicurare quelli del primo e secondo anno che non era possibile alcun attacco dentro le mura della scuola mentre Ron, di nascosto da lei, ma ben visibile da Harry o da chi fosse vicino a loro nella Sala Comune, la imitava nei gesti e nell’atteggiamento. Questo provocava una serie di risate, a volte dirompenti a volte represse, che rendevano il rapporto tra i due amici spesso infuocato.

 

L’incontro dell’E.S. aveva dato i risultati meno desiderati.

Harry, Hermione, Ron e Susan non avevano ottenuto praticamente nulla da Silente ed erano stati chiaramente avvertiti di non prendere alcuna iniziativa che potesse mettere in pericolo loro o i piani dell’Ordine.

Ron aveva tentato di controbattere che, non avendo informazioni in proposito, non sapevano se e quando avrebbero arrecato danni all’Ordine, ma si era preso una gomitata da Hermione e un sorriso ironico di Silente.

Ron aveva insistito.

“Harry è al centro dell’attenzione di Vol… Voldemort, Signore. Se sappiamo cosa intende fare, possiamo aiutare Harry.”

Ci mancava una baby-sitter, pensò Harry, ridendo tra sé e sé.

“Quello che intende dire Ron, Preside, è che si sentiamo pronti a sostenervi al meglio delle nostre possibilità. Sappiamo che non potete renderci partecipi di tutto, ma siamo anche noi in guerra, lo siamo direttamente dall’anno scorso e non riusciamo a metterci semplicemente da parte. Siamo sempre in allenamento e crediamo nella possibilità di offrire a noi stessi e al nostro futuro un mondo diverso e sicuro. Vogliamo impegnarci fino da ora per farlo.”
Decisamente Hermione riusciva a spiegarsi molto meglio di Ron, pensò Harry dopo aver sentito l’amica. Ron invece gli sussurrò:

“Dice quello che pensa lei come se lo avessi pensato io… come se mi interessasse ora un mondo da dare ai miei figli! Io voglio aiutare te e la mia famiglia, non la mia futura generazione! Non la sopporto quando diventa troppo intelligente.”

Silente aveva ascoltato tutte le loro obiezioni, comprese quelle di Susan che in quanto a parlantina, non era di molto inferiore a Hermione, ma l’unica frase interessante era stata:

“Anche se l’Ordine avesse elaborato delle strategie, non potrebbe condividerle con voi in quanto minorenni (maledetta parola… mancava un anno solo in fondo! - fu l’immediato pensiero di Harry). Potrebbe solo chiedere la vostra collaborazione nel combattere all’interno della scuola, ma sapete che un attacco qui è impossibile. Siamo pronti ad ogni altra eventualità.”

 

“Quindi” dedusse Harry il giorno dopo con i compagni dell’E.S. “una altra eventualità è stata prevista.”

“E visto che cambiano le modalità di uscita a Hogsmeade, lì sarà più probabile.” aggiunse Terry.

“E cominciano dai Serpeverde!” disse Neville.

“Ma è rischioso per gli studenti!” esclamò Cho.

“Non per i Serpeverde. Sappiamo dove tira il vento in quella casa…” argomentò Susan.

“Quindi loro escono e noi … noi forse no … noi … noi cosa?” si chiese Ginny guardandosi in giro.

Tutti si concentrarono su questo.

 

I professori furono tutti impegnati a tranquillizzare gli allievi più emotivi, a individuare coloro che avrebbero tentato di forzare le regole, a spiegare i motivi della scelta con tutte le varietà possibili di parole e di frasi, a controllare anche le proprie esclamazioni di frustrazione di fronte a chi voleva, ad ogni costo, spiegare perché la scelta era sbagliata.

Il giorno della prima uscita fu creata una rete di controllo a prova dei gemelli Weasley (termine creato dai professori per indicare qualcosa di inaccessibile) e nessuno riuscì a forzare la barriera protettiva fatta di presenze discrete di un professore ad ogni angolo conosciuto della scuola che permettesse di arrivare ad Hogsmeade.

L’E.S. aveva deciso che non avrebbero tentato di seguire i Serpeverde e si limitò a provare delle possibili soluzioni di uscita non autorizzata dalla scuola.

In particolare Neville fu incaricato, dato il suo aspetto insospettabile, di presidiare il passaggio usato da Harry il terzo anno, che portava direttamente a Hogsmeade. Nessuno doveva conoscerne l’esistenza dato che nessuno se ne curò durante tutto il giorno.

Quindi avevano trovato il modo di aggirare l’ostacolo più grande.

 

Gli Auror fecero una prova generale per controllare Hogsmeade. Vennero richiamati altri appartenenti all’Ordine della Fenice non impegnati in attività di coordinamento o di controllo. Si misero a intervalli regolari lungo la strada principale dalla stazione alla fine del paese, in particolare vicino ai negozi e ai pub. Scelsero gli angoli che permettevano una vista migliore verso la campagna circostante. Per fortuna non era ancora nevicato, ma questa eventualità avrebbe creato notevoli difficoltà. Lupin e Piton si assicurarono di chiudere il passaggio dal Platano Picchiatore alla Stamberga Strillante.

Per il fine settimana successivo erano stati richiamati dalla scuola una ventina di ex-allievi che avrebbero vestito le divise dei Griffondoro, mentre una quindicina di membri dell’Ordine della Fenice avrebbero difeso le diverse postazioni, mescolandosi ai cittadini del paese, elemento che valutarono durante l’uscita dei Serpeverde rendendosi per la maggior parte irriconoscibili per evitare fughe di notizie.

I cittadini di Hogsmeade sarebbero stati avvertiti da Silente, il giorno prima, del possibile rischio di un attacco.

Molti cittadini si erano resi disponibili per controllare la presenza di estranei nei dintorni e agli Auror vennero indicate una decina di “facce strane” da tenere sotto controllo, nessuna delle quali però risultò conosciuta.

 

La settimana successiva fu comunicato che la nuova uscita avrebbe coinvolto i Griffondoro.

L’E.S. entrò in piena attività.

Ci furono due riunioni infuocate: una di allenamento e una di organizzazione.

Per la seconda fu presa ogni possibile precauzione affinché gli insegnanti non si accorgessero di nulla.

La domanda fatta da Ginny era ancora senza risposta. Cosa sarebbe successo?

Le discussioni non avevano prodotto risultati. Ma era stato deciso che tutti gli appartenenti all’E.S., autorizzati o meno, avrebbero partecipato all’uscita per essere presenti in caso di necessità. La presenza di Harry Potter rendeva l’uscita particolarmente a rischio.

Harry era consapevole che molti lo stavano osservando. Troppo spesso dove c’era lui avvenivano combattimenti e il pericolo aumentava. Molti studenti si chiedevano se uscire o meno. Harry chiese direttamente se fosse necessario che lui rimanesse a scuola, ma fu rassicurato, in classe, di fronte a tutti, dalla professoressa Mc Grannit, che non c’erano rischi.

Tutti i preparativi proseguivano, ci sarebbero stati gli Auror e gli insegnanti a proteggerli.

 

Il giorno dell’uscita gli studenti del Griffondoro aspettavano nell’atrio.

I membri dell’E.S. delle altre case avevano appuntamento mezz’ora più tardi vicino all’uscita sorvegliata in precedenza da Neville e in quel momento da Justin, per raggiungere Hogsmeade e aspettare l’arrivo di Ron per poter uscire.

Quando mancavano pochi minuti alla partenza i Griffondoro videro il resto della scuola, tutte le Case al completo, raggiungerli vicino all’uscita, controllati da tutti gli insegnanti.

In mezzo al brusio di sorpresa generale Silente prese la parola:

“Mi spiace di dovevi informare che non sarà possibile la gita a Hogsmeade in quanto è arrivata notizia di un possibile attacco. Dobbiamo rinviare. Rimarrete qui sotto la protezione degli insegnanti.”

Harry e Ron si guardarono sorpresi. Cercarono Hermione che era dietro a loro con Ginny. E adesso? Saltavano tutti i piani… Cosa fare?

Cercarono tra la folla tutti gli altri e lentamente si spostarono verso un angolo buio dell’entrata. Il caos era tale da nascondere i loro movimenti.

“Non ho visto nessun Auror nella sala.” disse Susan.

“Dove sono?” chiese Ron.

“A Hogsamde.” affermò Hermione. “Sentite… era organizzato. Piton sapeva che l’obiettivo era quello e lo ha detto, ma non potevano mandare gli studenti per vedere se era vero. Così hanno fatto una prova con i Serpeverde, non rischiavano praticamente nulla e oggi hanno finto tutto fino all’ultimo per non fare insospettire nessuno.” Il tono della ragazza era concitato per l’emozione.

“Ma non attaccheranno mai se non ci siamo noi! Che senso avrebbe attaccare Hogsmeade? Harry non c’è!” esclamò Susan

“Già…” Hermione aveva lo sguardo concentrato.

“Ma se pensano che arriviamo, saranno pronti ad attaccare!” disse Dean

“Ma non entreranno in azione senza motivo…” puntualizzò Susan.

“Potrebbero mandare qualcuno al posto nostro… qualcuno che faccia finta di essere noi…” ipotizzò Harry.

“E chi hanno mandato al posto nostro? Gli Auror?” chiese Padma

“Sì, credo di sì” disse incerta Hermione.

“Alcuni di loro sono conosciuti, non passerebbero mai come studenti. No, c’è altro.” disse Luna.

“Sarebbero troppo pochi contro i Mangiamorte e Tu Sai Chi.” aggiunse Ginny. “Pensano che ci sia Harry oggi, ci sarà un attacco in massa, non possono rischiare di perderlo di nuovo. Devono essere tanti anche i nostri. I professori sono qui… tranne Shacklebolt mi pare… altri… chi potrebbe essere? … chi andrebbe in aiuto di Silente?…” continuò a ragionare ad alta voce.

Rimasero in silenzio.

“Allievi!” esclamarono contemporaneamente Ginny, Hermione e Susan.

“Chi è più fedele a Silente degli allievi? Ci saranno ex allievi…” finì Hermione

Ginny e Ron si guardarono e pensarono ai fratelli…

Harry intanto fremeva. Se c’era battaglia per lui, doveva esserci.

“Io vado” disse.

Tutti lo guardarono.

“Vado a vedere a Hogsmeade.” sentenziò.

“Ok. Andiamo.” disse Ron. Sarebbe rimasto con Harry e voleva vedere i fratelli.

“Chi viene?” chiese Hermione a tutti.

“Non sentitevi in obbligo. Qualcuno deve rimanere a controllare che non ci seguano i professori.” propose Harry. Non voleva sentirsi responsabile della scelta di nessuno.

Lentamente alzarono la mano Neville, Luna, Susan, Dean, Terry e Anthony.

Harry aggiunse:

“Justin, Ernie, Hanna, Michael fateci da palo e controllate l’entrata. Chi viene ad avvisarci se ci scoprono?”

Hanna alzò la mano.

“Tutti gli altri si muovano nella sala e se chiedono di noi dite che ci avete appena visto, o ci avete parlato e siamo appena andati in qualche altro punto della sala …o in bagno … o … inventate qualcosa. Ma lasciate intendere che siamo qui nella sala.” Ginny aveva dato indicazioni che sarebbero dovute arrivare da Harry, ma il tono era tale che nessuno fece obiezioni o pensò che avesse esagerato.

Velocemente il gruppetto si mosse verso l’ingresso segreto a Hogsmeade.

 

Intanto il gruppo degli ex-allievi era entrato nel paese e si stava avvicinando ormai al negozio di Mielandia senza che ci fosse stato alcun movimento sospetto.

Gli Auror erano rigidi e attenti in attesa nei posti definiti.

Il gruppo del finto Griffondoro cercava di dimostrarsi il più possibile affiatato e allegro. Molti di loro non si vedevano dalla scuola e riuscivano con molta naturalezza a dimostrare interesse e curiosità reciproca e a muoversi con sicurezza lungo il paese. Ma tutti avevano una parte del cervello concentrata sul dialogo e l’altra attenta ad ogni possibile movimento sospetto. In particolare, uno di loro, tenuto per sicurezza all’interno del gruppo, aveva capelli neri e la stessa altezza di Potter. Vicino si muoveva Bill Weasley il più somigliante a Ron e una ragazza della casa di Tassorosso con dei voluminosi capelli castani.

Mentre decidevano se entrare o meno nel negozio una violenta esplosione arrivò dalla loro destra, illuminando tutta la zona.

Mentre gli sguardi si giravano in quella direzione, dalla parte opposta, dall’interno di una casa apparentemente chiusa, uscì un numero sempre maggiore di Mangiamorte.

Il finto gruppo di Griffondoro sguainò le bacchette e si schierò pronto alla battaglia, mentre gli Auror, richiamati da un grido di Emmeline Vance, convergeva verso lo stesso punto.

In pochi secondi uscirono lampi di luce da ogni bacchetta, mentre i due schieramenti si ricomponevano e cercavano di fronteggiarsi, valutando le forze dell’avversario.

Dalla casa continuavano però ad uscire Mangiamorte, senza alcuna interruzione.

"Blocchiamoli!” urlò Lupin. “Sturgis, vieni con me! Charlie, Willy, Rose… fate scudo!!”.

Mentre gli ex-allievi chiamati da Lupin si toglievano dal gruppo e proteggevano gli Auror con una serie di incantesimi distraenti, Remus e Podmore si lanciarono verso la casa.

Elphias e altri due Auror concentrarono le forze verso l’ingresso della casa, bloccando l’uscita dei Mangiamorte, costretti a proteggersi e quindi a rallentare notevolmente la loro irruenza.

Lupin e Podmore crearono una barriera di massi vicino alla porta, bloccandola e, agendo dalle finestre, bloccarono parzialmente o totalmente tutti i Mangiamorte all’interno della casa, togliendo loro le bacchette e creando corde che li tenessero fermi.

In realtà ne erano rimasti molto pochi e riuscirono ad arrestare definitivamente il loro ingresso nel paese.

Lupin aveva intravisto Lucius, Bellatrix e Goyle nella mischia e molti altri dei quali non ricordava il nome.

Sulla strada intanto c’erano i primi caduti delle due parti.

Mentre però l’Ordine della Fenice continuava a portare i propri feriti da Madama Rosmerta dalla parte dei Mangiamorte nessuno di occupava dei feriti, lasciandoli per strada.

 

Il gruppo dell’E.S. intanto aveva raggiunto la cantina e poi il retro di Mielandia e cercava di capire cosa stesse succedendo, prima di uscire, spiando verso il salone e dalle finestre.

Si sentivano urla e comandi gridati da diverse voci, schiocchi di incantesimi e si vedevano lampi di luce dalla strada.

C’era in corso una battaglia.

“Ho visto Charlie…” sussurrò Ginny che si trovava su una scala e poteva vedere fuori da una finestra “Stava correndo verso l’altra parte della strada…”

Ron le si avvicinò, guardò nella stessa direzione, ma non riuscì più a vederlo.

Sospirò.

Harry allungò un braccio e gli strinse l’avambraccio. Luna strinse la mano di Ginny.

“Pronti?” chiese Harry al resto del gruppo.

“Come ci muoviamo?” chiese, di rimando Ron.

“Non credo dovremmo uscire per ora. Costringeremmo L’Ordine a stare attenti a noi, invece che combattere.” Hermione pensava alla battaglia al Ministero della Magia.

“Cerchiamo delle postazioni dalle finestre per lanciare incantesimi all’esterno e rimaniamo come retroguardia, uscendo se si spostano.” propose Ginny.

“Potremmo fare poco…” disse Harry.

“Ma non ci faremmo scoprire” concluse Terry.

Harry accettò di malavoglia, ma riconosceva che era la soluzione migliore.

Non voleva che si accorgessero di lui e fossero tutti costretti a salvarlo!

Uscirono in gruppo dal retro ed entrarono nella sala del pub.

C’erano alcuni feriti, curati velocemente da Madama Rosmerta e da una donna vestita con la divisa dei guaritori di San Mungo. In tutto c’erano tre feriti in quel momento, dei quali due si stavano già rialzando.

Madama Rosmerta li vide. Sul suo viso comparve la sorpresa, l’ esasperazione e infine un sorriso.

“Rimanete all’interno e non cacciatevi nei guai!”

“Aiutiamo dalle finestre intanto” disse Harry.

Presero posizione.

Ron a sinistra della porta, Harry a destra, dopo di lui Terry e Anthony ad una finestra, a quella successiva Neville e Susan e infine Dean e Luna.

Ginny intanto si stava guardando intorno, ma non riconobbe, nei feriti, nessuno dei fratelli.

Hermione si mise a fianco di Ron.

“Teniamolo d’occhio” disse accennando a Harry “ che non faccia di testa sua.”

“Sarà difficile… è teso come una corda di violino, guardalo… vuole solo uscire…”

Ron fece cenno con la testa verso l’amico, rigido e talmente rivolto verso l’esterno da sembrare pronto a balzare fuori.

Ginny sentite le loro osservazioni, si avvicinò a Harry e gli sfiorò gentilmente una spalla. Il ragazzo sussultò e si girò di scatto, guardandola infastidito.

“Fai lavorare il cervello e fai riposare il cuore adesso. Funziona meglio…”

Harry si rilassò, respirando a fondo. Le fece un piccolissimo sorriso di rassegnazione e poi le fece cenno di mettersi alla sua destra, più protetta dalle pareti.

Ginny si accoccolò al suo fianco, sbirciando dalla fessura tra due assi.

Ron prese Hermione per una manica del maglione e la portò dietro di sé.

“Non farmi preoccupare troppo per te” le disse, guardando all’esterno.

“Mi arrangio, grazie.” rispose l’amica, con tono risentito.

“Lo so, ma non voglio che ti faccia male. Ok?” parlando si girò a guardarla, serio. “Non saprei con chi litigare. Stai attenta…”

“Anche tu …” sussurrò Hermione imbarazzata.

“Allora stammi vicino: io controllo te e tu controlli me.” Si sorrisero.

Poi rivolsero gli sguardi all’esterno.

 

I Mangiamorte si ritiravano verso l’inizio del paese, combattendo e portando con sé l’Ordine della Fenice.

Erano sorpresi: cercavano Harry Potter e non lo vedevano.

 

Dall’interno del negozio i ragazzi videro la battaglia spostarsi lontano da loro.

Harry non resistette oltre.

“Li seguo” annunciò lanciandosi fuori dalla porta.

“Fermo!” lo raggiunse Ron. “Lascia almeno che ci sia qualcuno davanti a te. Non puoi presentarti per primo, sei quello che cercano!”

Harry sentiva fortissimo il desiderio di togliersi la mano di Ron da braccio e dagli una spinta per allontanarlo da sé.

Ron tenne lo sguardo fisso su di lui, fermo e deciso.

“Lo sai quello che è meglio per tutti, dai…” aggiunse.

Harry fece un lungo e profondo respiro.

Ron fece cenno agli altri di partire verso l’Ordine della Fenice e poi trascinò Harry con sé, dietro al gruppo.

 

_______________________________________________________________

Grazie a Caillean, Daffy e Jericho. Mi sento bravissima con i vostri commenti… e sono contenta di rendervi contente! Spero vi piaccia anche questo, anche se siamo alla fine. Il prossimo è l’ultimo.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Il Principe Mezzosangue ***


Siamo al termine del racconto… ma non è un finale vero e proprio. La storia ha una sua conclusione, ma rimane aperta la domanda principale: chi è il Principe Mezzosangue? Cosa accadrà d’ora in avanti? Io ho preso la descrizione di JKR e ecco quello che ho immaginato del 6 anno di HP. Arriverà un secondo punto di vista di questa storia, quello di Piton e Tonks. Quello che potrebbe succedere da Natale in poi ancora non lo so, ma spero di proporvelo… Ciao

 

Il Principe Mezzo Sangue

Gli Auror e i membri dell’Ordine della Fenice lottavano, superiori per numero e favoriti dalla sorpresa.

Lupin si muoveva senza sosta gridando ordini e consigli a tutti. Era preso dalla forza della battaglia.

Era preoccupato per Tonks colpita poco prima, che Emmeline stava portando dalla guaritrice nel pub, per le ferite aperte che mostravano Kingsley e Lux, per le ferite di molti degli ex allievi. Ma tutti stavano combattendo con estrema forza e coraggio.

Da lontano vide arrivare Dean e Luna.

Accidenti a loro! Non potevano starsene tranquilli! A mente fredda sapeva che stavano facendo esattamente quello che avrebbe fatto lui alla loro età , ma adesso sentiva tutto il peso di dover pensare a proteggerli.

E se c’erano loro, c’era anche Harry!  Doveva avvisare Silente.

Si materializzò nel negozio da Madama Rosmerta e vide Piton entrare dal retro.

“Cosa fai qui?”

“Ho trovato i ragazzi dell’E.S. che controllavano una entrata che non conoscevamo per Hogsmade. Harry e altri cinque sono qui.”

“Ho visto Dean e Luna. Volevo avvisare Silente.”

“Ho già mandato due ragazzi ad avvisarlo con la professoressa McGrannit che era con me.”

“Sta arrivando Tonks, E’ ferita. Pensaci tu.”

E Lupin si smaterializzò, ritornando nel pieno della battaglia a fianco dei compagni.

 

La battaglia si stava spostando verso la stazione, sempre più lontano.

I Mangiamorte erano in minoranza, colti di sorpresa da più persone di quanto pensassero.

Si erano trovati di fronte un vero esercito, non dei ragazzini urlanti con qualche Auror e qualche insegnate.

Erano attesi. Qualcuno aveva scoperto il loro piano.

Lucius Malfoy era infuriato. Come era stato possibile?

Il problema era certamente Piton.Cosa aveva sentito da fuori la grotta? Perchè quell’essere aveva scelto di rimangiarsi la sua fedeltà all’Oscuro Signore?

Rimase dietro i suoi, guardandosi attorno, per cercare di capire da dove arrivasse tutta quella gente.

Fermo, a lato di una casa, vide sfrecciare quattro ragazzini dell’età del figlio. Riconobbe la testa rossa degli Weasley.

Eccoli i marmocchi.

Stava per uscire quando, a distanza, sopraggiunse anche il giovane Potter e un’altra testa rossa Weasley.

Lo avrebbe preso. Questa volta avrebbe dato un regalo all’Oscuro Signore.

 

Bellatrix stava correndo verso il centro della battaglia. Un semplice, stupido incantesimo non poteva fermarla. Doveva dimostrare la sua forza e lealtà. Doveva dimostrare che sapeva essere fedele a Lui.

Per caso guardò dietro di lei e vide quattro ragazzini correre sulla strada.

Rise. Eccoli! Sempre in mezzo e pronti a farsi ammazzare. Uno di loro era il figlio dei Paciock e poi la nipotina della Bones e quella testa rossa era un Weasley. E un’altra ragazza. Niente Potter.

Beh, si sarebbe limitata ad ammazzarne quattro.

Alzò la bacchetta pronta a colpirli.

Mentre lo faceva i quattro amici si accorsero di lei.

Susan gridò: “Attenti. Ce l’ha con noi!!”

“Dietro la casa!” urlò Neville indicando una costruzione alla loro sinistra.

Hermione e Ron si infilarono nel vicolo. Neville e Susan raggiunsero il lato opposto.

Bellatrix si fermò e pensò a cosa fare. Non poteva perdere tempo a cercarli tutti e quattro. C’era bisogno di lei più avanti.

La casa. Poteva prenderli tutti e quattro con i sassi della casa.

Lanciò un incantesimo verso la casa e questa cominciò a sbriciolarsi mentre sassi e detriti volavano tutto attorno verso i ragazzi.

Bellatrix ridendo riprese la corsa verso il centro della battaglia.

 

La casa stava crollando verso di loro. Neville e Susan si spostarono d’istinto, ma una grossa pietra colpì la ragazza sul braccio. Il rumore del braccio rotto fece girare Neville verso di lei, mentre la polvere dei calcinacci lo investiva, graffiandogli il volto e strappando parte dei vestiti.

Susan cadde a terra urlando.

Harry arrivò verso di lei, mentre Neville si asciugava il volto dal sangue con la manica. Ginny rimase a distanza, guardando verso la battaglia.

Harry si inginocchio di fianco a Susan cercando di tranquillizzarla. Si era sicuramente rotto un osso dell’avambraccio e c’erano ferite anche più in alto. Neville gli si avvicinò dicendo:

“La accompagno io da Madama Rosmerta. Tu torna…”

L’urlo di Ginny fece girare entrambi. Lucius Malfoy era davanti a lei con la bacchetta alzata.

Harry scattò verso di loro urlando: “Protego!” con la bacchetta diretta verso l’amica.

Neville prese Susan, la fece alzare e corsero verso il rifugio da Madama Rosmerta.

 

Piton si avvicinò alla guaritrice e vide Tonks, distesa a terra con gli occhi chiusi e il respiro accelerato. La divisa era strappata lungo il fianco sinistro e si vedeva una lunga e profonda linea rossa sulla pelle.

"Un attacco riuscito a metà grazie all’intervento di Kingsley” lo informò.

Piton si inginocchio a terra, a fianco della sua collaboratrice, guardando la ferita con gli occhi socchiusi.

“Come sta?”

“Sicuramente non in pericolo di vita, ma non può tornare a combattere.” La guaritrice affidò l’Auror a Piton e andò ad occuparsi di Susan che stava entrando in braccio a Neville.

“Hanno bisogno di me, mettetemi in piedi!” chiese Tonks con la voce rotta

“Non se ne parla, ragazza!” esclamò Piton “Rimani qui. Distesa. E non ci sono obiezioni.”

Tonks lo guardò irritata. Cosa accidenti voleva? Decidere per lei?

“Non sono una vostra allieva! Penso io per me.”

“Non sei nelle condizioni di pensare per te. Sei stata schiantata a terra. Sei probabilmente svenuta. Hai bisogno di riprenderti, non di costringere gli altri ad aiutarti a sopravvivere lì fuori!”

Accidenti a quella specie di uomo! Sapeva essere irritante, indisponente e dittatoriale. Tonks tentò di alzarsi, appoggiandosi sulle mani, ma non riuscì a sorreggersi e crollò all’indietro.

Si senti prendere da Piton che le circondò le spalle con un braccio portandola verso di sé. La tenne stretta mentre tentava nuovamente ad alzarsi.

“Smettila Ninfadora. Stai male, fermati.” Il tono era diventato più sommesso, quasi gentile.

Tonks si lasciò andare contro il Professore. Si rese conto che si era irrigidito. Anche lui doveva sentire ancora molto dolore per le sue ferite, eppure non la lasciava. Lei si sentiva in realtà esausta e la ferita bruciava dannatamente. Le girava la testa, respirava male e il cuore batteva accelerato. Stava per svenire. Sapeva che le conseguenze di quello che aveva ricevuto l’avrebbero costretta a letto per giorni, ma le sembrava di abbandonare gli amici.

“Ti capisco, è difficile doverne stare fuori. Ma è necessario in alcuni momenti, per non compromettere tutto.”

Le accarezzo leggermente la fronte con la mano sinistra, poi la appoggiò nuovamente a terra. Prese delle garze imbevute di una pozione medica e la appoggiò sulla ferita, dandole sollievo. Tonks chiuse gli occhi, piangendo per la frustrazione. Piton la osservò, inerme, sentendosi inutile, anche per lei.

 

Mentre la casa crollava Hermione e Ron si trovavano dal lato opposto, incastrati tra la casa e le pareti dell’edificio vicino.

Ron prese Hermione per un braccio e la spinse davanti a sé mentre correvano verso il fondo della strada. Ron la spinse poi dentro una nicchia della casa alla loro destra e si mise davanti a lei facendole barriera con il proprio corpo.

Dei sassi lo colpirono alla spalla sinistra e alla schiena, strappandogli un urlo soffocato dai capelli dell’amica. Hermione urlò il nome di Ron mentre si aggrappava al suo maglione.

Quando il rumore del crollo finì Ron si scostò leggermente. Era pieno di polvere grigia dalle spalle ai piedi e i detriti, fermi sulla ferita, bruciavano. Ma era pienamente consapevole della ragazza che stava abbracciando. Ogni particolare, ogni centimetro che aveva incontrato con il suo corpo.

Hermione lo guardò preoccupata e intimorita. Lo voleva tenere ancora addosso a sé. L’odore del maglione, del suo sudore, del … dopobarba? … il respiro. Non poteva lasciarlo.

Ron allungò le braccia lungo i fianchi abbastanza velocemente, intimidito, impaurito dalla possibilità che lei capisse quanto desiderasse invece abbracciarla, mentre Hermione era ancora aggrappata al suo maglione. Facendo troppo bruscamente il movimento la ferita lo fece sussultare.

“Ron! Fammi vedere.”

“Non è nulla.” Ma girò la schiena verso di lei.

Effettivamente non c’era molto sangue, ma la ferita era lunga e si allargava su gran parte della schiena, brandelli del maglione erano rimasti attaccati alla pelle e alla ferita. C’erano graffi lunghi e profondi e i segni di parecchi lividi provocati dai sassi.

“Devi farti medicare!” gli sussurrò. Non osava toccarlo per non provocargli dolore.

“Dopo. Cerchiamo gli altri” tagliò corto Ron. Si girò verso di lei e la guardò.

Con attenzione, movendosi sui detriti, tornarono verso la strada principale e la battaglia.

 

L’incantesimo di Harry non era in realtà necessario e sfumò nel nulla. Malfoy aveva bloccato Ginny, durante la sua corsa verso il centro della battaglia, comparendole di fronte all’improvviso, ma non aveva lanciato nessun incantesimo verso di lei. Si limitava a sovrastarla e a tenerla sotto tiro della propria bacchetta. Ginny era immobile, seria. Lo guardava.

“Come sempre è facile richiamare la tua attenzione Potter. Hai tanti amici e molte occasioni per fare l’eroe ai loro occhi. Anzi mi pare che con questa piccola donnola rossa sia già la vostra seconda volta.”

Mentre parlava guardava alternativamente l’una e l’altro. Harry si era avvicinato all’amica ed era al suo fianco. Aveva provato a mettersi davanti a lei, ma Ginny l’aveva trattenuto leggermente da una manica. Il messaggio era chiaro: non fare tutto da solo.

Rimasero a fronteggiarsi.

Harry sentì improvvisamente bruciare la cicatrice. No, non poteva arrivare ora… Il dolore rimase sommerso, ma presente. Il suo respiro accelerò.

Malfoy urlò il nome di Goyle, sempre guardando i due ragazzi e, alla sua risposta, disse:

“Avvisa tutti che il ragazzino è qui. Poi vai da Lui.”

Ok. Volevano ancora lui. Era ancora lui la colpa di tutto quello che stava accadendo.

Harry si sentiva tremare dalla rabbia e dalla tensione. Doveva far qualcosa, non poteva mandare tutto all’aria. L’Ordine era in netto vantaggio in quel momento…

“Stai fermo.” Sembrava che l’uomo gli avesse letto nel pensiero. “Lui sta arrivando e deciderà cosa fare di te.”

Ron ed Hermione erano arrivati sull’altro lato della strada e si trovavano di fronte a loro, ma Malfoy non se n’era accorto.

Dean e Luna erano troppo avanti ormai, mentre Terry e Anthony avevano sentito la frase urlata da Malfoy e si trovavano qualche metro avanti, protetti da una casa.

Terry cercò lo sguardo di Hermione. Quando lo vide le fece cenno con la mano: prima indicò loro due, poi se stesso e Anthony e infine puntò il dito verso Harry e Ginny. Indicò la bacchetta. Hermione riferì a Ron quello che pensava potesse significare.

“Terry e Anthony sono poco dietro a Harry. Attacchiamo tutti e quattro Malfoy e facciamo scappare Harry.”

Ron volse lo sguardo verso gli amici e fece un cenno affermativo, segnalando che lui avrebbe tolto la bacchetta a Malfoy.

Nessuno si era ancora accorto di loro. Erano tutti e quattro protetti dai muri delle case.

Ron alzò tre dita della mano e cominciò a contare all’indietro per dare il via. Si concentrarono tutti sugli incantesimi.

 

Non appena Ron arrivò allo zero uscirono allo scoperto lanciando ognuno un incantesimo verso il Mangiamorte.

Malfoy, colto di sorpresa si ritrovò a terra, senza bacchetta. Era preso da movimenti inconsulti delle gambe, le braccia sembravano bloccate al terreno, tentava di parlare ma dalla bocca non usciva alcun suono. La bacchetta era lontana parecchi metri.

Harry e Ginny videro arrivare gli amici. Senza parlare Ron prese Harry per il braccio e lo trascinò verso il negozio, seguito dagli altri.

Una voce, dal nulla, come un tuono improvviso.

“Rieccoci, Potter.” Voldemort era arrivato immediatamente, chiamato dai suoi.

Si disinteressò totalmente del suo fedele seguace a terra, che si contorceva e rivolse tutta la sua attenzione a Harry.

Rimasero fermi per la  paura. Voldemort li osservò, uno a uno.

"Credo che possiamo fare a meno dei tuoi amici. Li allontani tu o ci penso io?” chiese.

“Andatevene.” disse Harry senza guardarli. “Veloci, via tutti.”

Voldemort fece un cenno con la testa verso la campagna circostante.

Ron prese il braccio di Hermione e la trascinò verso il vicolo alla loro sinistra. Terry e Anthony li seguirono.

 “No, la piccola Weasley… no. Non le parlo da almeno… quattro anni, credo.” Un ghigno simile ad un sorriso gli attraversò per un attimo il volto.

“Esatto.” La voce di Ginny era chiara e sicura.

Voldemort sorrise.

“Ho un bel ricordo di te, dei tuoi pensieri. Sono cambiate le cose in questi anni?”

Voldemort non aveva neppure alzato la bacchetta, ma c’era la percezione chiara che sarebbe stato sufficiente il movimento delle labbra per ucciderli.

“Molto.” Rispose Ginny. Harry le strinse la mano.

 

Hermione non capiva. Voleva abbandonare la sorella e il suo migliore amico?

Arrivati in fondo al vicolo Ron disse:

“Terry vai verso l’Ordine e spiega cosa sta accadendo. Hermione, torna a Hogwarts, avvisa gli altri e Silente. Subito. Io e Anthony stiamo qui.” Terry cominciò a correre.

“No, rimango io. Vai Anthony.”

Il tono autoritario era tale che Anthony eseguì l’ordine senza pensarci e partì.

“Sciocca!” sbottò Ron “Mettiti in salvo!” la guardava adirato.

“Io controllo te e tu controlli me. Questi sono gli accordi.” gli ricordò lei.

Ron la guardò. Hermione lo guardò. Non c’era tempo per dire nulla di più.

Ron le prese la mano, la strinse con uno sguardo esasperato e tornarono verso la strada.

 

Harry e Ginny erano ancora fermi davanti all’Oscuro Signore.

“Hai l’atteggiamento molto più sicura, ragazzina. Avresti potuto essere la mia rinascita… hai perso una occasione per diventare una persona importante.”

“Non credo di pensarla allo stesso modo.”

Harry era meravigliato dalla sicurezza di Ginny. Rispondeva senza apparente timore, con gli occhi diretti verso Voldemort.

“Sciocca. Adesso credo sia importante concludere qui quanto iniziato sedici anni fa. Sei pronto a morire Potter?”

La voce, leggera e calma, diventò per Harry una frustrata. Ginny sussultò e gli strinse la mano.

Cosa potevano fare ora? Come guadagnare tempo sperando in Ron e negli altri?

La profezia… forse poteva prendere un po’ di tempo…

“Cosa c’era nella profezia? Perché io?” provò a chiedere Harry.

“Silente non te ne ha parlato?” Voldemort aveva uno sguardo sospettoso.

“No, ha detto che sarebbe stato troppo doloroso.”

Ginny stava trattenendo il fiato. Non avrebbero saputo cosa fare per fermarlo. Ron ed Hermione poco lontano pensavano la stessa cosa.

“Quindi non ne sai nulla… sciocco Silente, pensa sempre di fare tutto lui. Credo di doverti uccidere comunque ragazzo… sei pericoloso per la mia vittoria.”

“Perché io?” insistette Harry.

“Perché avevi dei genitori troppo irruenti e che facevano scelte enormemente sbagliate… come il tuo padrino del resto. E quello sciocco lupo mannaro… Incapaci di vedere dove fosse la verità.”

“Non è vero! Sapevano cosa stavano facendo!” urlò Harry. Sentire denigrare i genitori, il suo padrino e gli amici lo faceva soffrire e arrabbiare ancora.

Ginny gli mise una mano sulla spalla.

“E tu? Rimani con lui?” Voldemort era indifferente alle sfuriate di Harry e guardò Ginny.

“Sì” rispose lei. Voldemort alzò le sopracciglia sorpreso.

“Vattene Ginny, vattene piccola…” sospirò Harry guardandola.

“E’ una mia scelta, ricordi?” gli rispose guardandolo. “Non decidere per me.”

“Vattene, non ottieni nulla stando qui.” provò a dire Harry, togliendosi la sua mano dalla spalla.

“Hai sentito Potter? Ha scelto. Uccidere due persone e non una per me è indifferente.”

“Qualcuna in più…” Ron uscì dal vicolo e si avvicinò a Ginny, stringendole la mano.

Hermione lo seguiva e si mise al suo fianco. Ron le mise un braccio intorno alla vita, stringendola a sé. Harry li guardò. Gli sorrisero. Prese la mano di Ginny nella sua.

“Che sciocchi ragazzini… pensate che servirà a qualcosa?”

“L’ultima volta che qualcuno si è intromesso per amore ci hai rimesso tu, Tom.”

Dalla strada, dietro Voldemort, stava arrivando Silente.

 

“Maledetto!!” Voldemort alzò la bacchetta.

“Non farlo.” Una voce, un ruggito, giunse dalla parte opposta.

Tutti si girarono. La maggior parte dell’Ordine della Fenice (compresi Dean, zoppicante, con Terry a fianco e Luna che si stringeva un braccio) stavano arrivando. Davanti a loro un uomo con i capelli fulvi, striati di grigio. Aveva degli occhialini tondi e zoppicava leggermente. Teneva lo sguardo su Voldemort.

Voldemort guardò il nuovo arrivato con lo sguardo stravolto.

Guardò di nuovo Silente.

E si smaterializzò.

 

Silente si avvicinò all’uomo con la chioma leonina sorridendo.

“Ben arrivato. In tempo.” L’altro sorrise. Con evidente stima e affetto si stinsero la mano e si abbracciarono.

Rivolto poi a tutto il gruppo Silente disse:

“Ritorniamo ad Hogwarts. Ho avvisato il Ministero della Magia per far arrestare i seguaci di Voldemort presenti. Qualcuno rimanga di guardia fino al loro arrivo. Radunate i feriti e rientriamo dalla strada che gentilmente i nostri amici dell’E.S. ci hanno mostrato.”

Fece cenno ad Harry di fare strada.

Mentre il gruppo dell’Ordine della Fenice si riorganizzava con i vari compiti, spuntarono le teste rosse di Charlie e Bill. Ginny urlò i loro nomi e saltò addosso a Charlie piangendo, cercando con un braccio anche Bill che le accarezzava la testa.

Ron si avvicinò un po’ più lentamente e dolorante, lasciandosi abbracciare con estrema dolcezza e attenzione visto lo stato della sua schiena, dal fratello maggiore e poi dall’altro.

Bill e Charlie riservarono un abbraccio anche a Harry, rimasto immobile a guardare i fratelli Weasley. Ginny sembrava avere difficoltà a staccarsi da loro, ma cercò la mano di Luna e poi la accompagnò verso l’infermeria da Madama Rosmerta. Dean si appoggiò a Lupin e Harry raggiunse Ron e Hermione.

Mentre risalivano la strada Harry si rese conto di essere, come aveva detto Ginny, solo uno dei tanti del gruppo, forse il più in pericolo di tutti, ma non da solo.

La cercò, guardando davanti a sé e la vide entrare nel negozio con Luna. Erano impegnate a parlare. Guardò di fianco di sé: Ron e Hermione, quasi camminavano a fianco parlando tranquilli, anche se la faccia dell’amico mostrava tutto il dolore che provava per la ferita alla schiena. Si appoggiava sulla spalla di entrambi gli amici e Hermione aveva allungato un braccio sul suo fianco.

“Avresti dovuto rientrare.” le stava dicendo Ron.

“Non sono Ginny.” Rispose Hermione intendendo dire che non doveva essere sempre protettivo. Ron la guardò arrossendo un po’ e lei ricambiò lo sguardo.

“Lo so, non vorrei che tu lo fossi. Ma non voglio rischiare di vederti ferita o...”

“Neppure io ti vorrei come fratello!” sentenziò. “E non voglio rischiare di perderti.” Sussurrò. Se possibile stava arrossendo anche lei.

Sentendosi osservati alzarono lo sguardo verso Harry e gli sorrisero.

Piton venne loro incontro con il volto stanco per la fatica e il dolore. Li guardò senza esprimere alcun giudizio (“stava davvero male” avrebbe poi detto Ron “per starsene zitto di fronte a quello che abbiamo fatto”), prese Dean e lo aiutò a entrare per le medicazioni. Fece cenno a Lupin che Tonks stava meglio. Ron e Hermione entrarono nel negozio.

Harry, con lo sguardo concentrato sulla faccia del professore, andò a sbattere contro Ginny che tornava verso di loro.

“Grazie” le disse. Alzò una mano, ma non sapeva cosa farci.

“Piccola?!” gli disse lei con gli occhi spalancati.

Harry sorrise. Decisamente prendeva la strada che voleva la mente di quella ragazza!

“Forse sto troppo insieme a Ron”

“Forse dovresti ricordarti che non sono tua sorella!”

“Questo lo so molto bene.” le disse accarezzandole i capelli esattamente come aveva visto fare molte volte a Bill. Ginny rispose con una smorfia.

Ultimi entrarono nella casa Silente e quello strano uomo che tanto aveva sconvolto Voldemort.

Solo allora Harry lo guardò e si chiese chi fosse.

 

GRAZIE A TUTTI!! Per quanto riguarda Ron, è una descrizione molto spontanea… non avevo pensato al fatto che apparisse troppo serio… ma è così che piace anche a me!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=33552