The gift

di RobertaShaira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Stiles era seduto accanto al letto del padre in ospedale, con il viso totalmente abbandonato sul bordo del letto, aspettando che l’uomo si risvegliasse.
Stava bene, gli avevano detto. Si sarebbe ripreso, lo rassicuravano.
Ma Stiles non sarebbe riuscito a darsi pace fin quando non l’avesse visto con i suoi occhi.
Era stato un periodo d’inferno. A stento riusciva a riconoscersi ogni volta che passava dinanzi ad uno specchio, cercava di evitare qualsiasi superficie che potesse riflettere quell’immagine di sé che non capiva più.
Era iniziato tutto la notte in cui Scott aveva ricevuto il morso, da quel momento le loro vite erano cambiate.
Licantropi, Alpha, Beta, Omega, cacciatori, Kanima, Banshee, Druidi, combattimenti mortali, il Nemeton, Kitsune, Nogitsune, Oni, Coyote mannari, liste di morte, Berserker, Dottori del Terrore, Chimere, segugi infernali. Niente era più stato lo stesso da quella famosa notte in cui Scott, il suo migliore amico, era stato trasformato.
“Il morso è un dono”, queste parole gli giravano in testa e non sapeva perché. In quel momento, in cui tutto sembrava tranne che un dono. Lui e il suo migliore amico stavano vivendo il periodo peggiore della loro vita, neanche quando era stato posseduto da uno spirito maligno erano stati così lontani. Ma ora c’era Donovan. E c’era Theo. E la chimera che aveva avvelenato il padre. Era tutto confuso, tutto triste, tutto nero. Poco prima aveva aggredito Scott nei corridoi, e se n’era già pentito. Ma il fatto che il suo migliore amico non avesse avuto fiducia in lui l’aveva ucciso dentro. Stiles si era lentamente allontanato da tutti, anche da Malia, nonostante lei gli avesse detto che non le importava quello che era successo con Donovan. Stiles, in realtà, era l’unico che non si perdonava per quello che aveva fatto. Sapeva che spiegando quello che era successo tutti l’avrebbero capito, giustificato. Suo padre, Scott, Lydia. Ma quell’immagine allo specchio, quella che lo guardava fisso, ogni volta lo riportava con la mente alla biblioteca e al corpo impalato della chimera che voleva sbranarlo vivo. Si era difeso, in fondo. Si era solo difeso. Eppure non bastava, tutto quello che si diceva per consolarsi non serviva.
“Il morso è un dono”. Di nuovo quelle parole in testa. Perché ci stava pensando adesso?
“Non avrei ucciso Donovan se fossi stato più forte, se fossi stato in grado di proteggermi, se fossi stato come Scott. Se fossi stato come Derek.”

Una mano gli sfiorò i capelli.
“E’ tutto ok figliolo. Sono ancora qui.” Si sentì dire improvvisamente. Alzò il viso, ancora frastornato, immerso nei pensieri, credendo quasi di aver immaginato quelle parole che aveva desiderato sentire così tanto. Gli occhi di suo padre lo stavano guardando con dolcezza e rassicurazione e si sentì subito al sicuro come non si sentiva da tanto. Da quando era piccolo, da prima che la madre si ammalasse. Il suo volto si diramò, suo padre era vivo davvero, stava meglio davvero, poteva tornare a respirare.
La mente di Stiles, però, era come una macchina in avaria, non riusciva a fermarsi neanche un attimo. Continuava a pensare a tutto quello che era successo quel giorno. Il suo migliore amico finalmente sembrava credere di nuovo in lui, gli aveva detto che potevano sopravvivere a qualsiasi cosa. Ma era davvero così? Per quanto tempo sarebbe riuscito ancora a cavarsela nel mondo sovrannaturale in cui era stato catapultato?
Era stato lui a rifiutare il morso, quando Peter glielo aveva proposto.
“Non voglio essere come te” gli aveva detto. Ed era vero, l’ultima persona che avrebbe voluto come Alpha era sicuramente un pazzo omicida come Peter. Stava bene con la sua umanità, stava bene con la sua vulnerabilità. Ma forse era stata quest’umanità a renderlo il bersaglio preferito del Nogitsune? Questa sua debolezza? La sua fragilità influiva sulla sua vita? Su quella di suo padre?
Avrebbe potuto fare qualcosa di più per proteggerlo, se non fosse stato solo umano?
Come se non bastasse, ora c’era Theo a rendere tutto più complicato. Si era insinuato nelle loro vite, e fin da subito Stiles aveva capito che c’era qualcosa che non andava in quel ragazzo. Eppure nessuno gli aveva dato retta, e ora si trovavano in quella situazione. Con Theo e il suo nuovo branco di chimere resuscitate. Una delle loro ultime conversazioni lo spaventava ancora. Theo voleva lo Stiles vuoto, il Nogitsune non c’era più eppure Theo era ancora attratto da Stiles, dall’oscurità in lui, dalle sue mani insanguinate.
Stiles si alzò dalla sedia e uscì dalla stanza dove suo padre si era nuovamente appisolato. Era stanco ma non riusciva a dormire. Prese un caffè ad una delle macchinette e si sedette fuori ad un terrazzino, aveva bisogno di un po’ d’aria. Diede un occhiata al telefono. Due messaggi e tre chiamate. Tutte di Scott.
“Tutto ok? Tuo padre si è svegliato?”
“Ok mia madre mi ha detto che tuo padre è definitivamente fuori pericolo. Volevo solo sentirti, arrivo appena posso. Chris è tornato.”
Un lieve sorriso si fece spazio tra le labbra di Stiles. Scott si preoccupava ancora per lui. Scott gli voleva bene. Scott voleva davvero sistemare le cose. E si ritrovò ad essere genuinamente felice del ritorno di Chris.
In fondo tutto era andato in rovina da quando si erano separati. Chris, Derek, da quando erano andati via si erano come persi anche loro. Il fronte unito che erano stati si era dimezzato improvvisamente.
Erano tutti diversi gli uni dagli altri, eppure si erano trovati, in un modo o nell’altro, a guardarsi le spalle l’uno con l’altro. Ad essere complici. Cacciatori che rischiavano la vita per salvare i licantropi, e viceversa. Licantropi e Coyote mannari che andavano d’accordo. E poi c’era lui. L’umano. L’umano che era stato posseduto da uno spirito maligno, ed era sopravvissuto. Tutti lo avevano perdonato come se non fosse successo niente. Eppure Allison era morta. Aiden era morto. E adesso Donovan. Guardò un attimo le sue mani che avevano ancora il bicchiere di caffè in mano. E le vide insanguinate. Delle vite gravavano sulla sua coscienza, e non avrebbe mai potuto tornare indietro.
Melissa si affacciò al balconcino. “Scott è qui, e non è da solo”. Disse con un lieve sorriso sul volto.
Subito dopo Scott, Malia e Chris si fecero spazio sul terrazzino dell’ospedale.
“Siamo venuti appena possibile”, si affrettò a dire Scott. Si avvicinò a Stiles e si sedette accanto a lui mettendogli una mano sulla spalla. Chris fece dei lunghi passi verso Stiles, gli strinse la mano e se lo trascinò per un abbraccio. “Sono contento che tuo padre stia bene figliolo.” Stiles si aggrappò a quell’inaspettato abbraccio, quasi gli uscì una lacrima, pensando ad Allison e a tutto quello che Chris aveva perso da quando era arrivato a Beacon Hills. Quelle parole di conforto, quel “figliolo” detto da un uomo che aveva perso sua figlia a causa sua, lo rendevano enormemente triste e grato allo stesso tempo.
“Sono contento che tu sia tornato” bofonchiò lui slegandosi dall’abbraccio e tornando a sedersi accanto a Scott.
Malia era rimasta sullo sfondo, ad osservare la scena. Sembrava in imbarazzo, come se si sentisse di troppo. Eppure era accorsa appena Scott le aveva detto che Stiles e suo padre avevano bisogno di tutto l’aiuto possibile. Voleva bene a Stiles, questo lui l’aveva sempre saputo. E le aveva voluto bene davvero. Le voleva bene davvero. Ma in quel momento, in quella situazione, non riusciva a pensarsi legato a nessuno, neanche a sé stesso.
“Grazie.” Le disse guardandola negli occhi.
“Figurati.” Sussurrò lei accennando un sorriso che sembrava quasi una smorfia.

Dopo l’operazione lo sceriffo si rimise in piedi quasi subito. Lo fecero tornare a casa due giorni dopo e Stiles si immerse in tutto e per tutto nella sua missione: prendersi cura di lui.
“Non c’è bisogno che stai qui con me 24 ore su 24 Stiles, esci, vai, distraiti.” Cercava di convincerlo ma Stiles non si sentiva tranquillo. Non si sentiva mai tranquillo. Con i Dottori del Terrore lì fuori, e Theo che quasi lo spaventava anche di più, riusciva solo a pensare a come poteva proteggere suo padre da quella vita in cui l’aveva trascinato.
Scott era passato sia all’ospedale che a casa più volte al giorno. Era caparbio nel far capire a Stiles che non si sarebbe stancato, che lo rivoleva con sé, che niente aveva senso senza di lui. Stava lì anche senza dire niente, seduto sulla poltrona per ore, a controllare Stiles e il padre, specialmente quando dormivano. Sapeva che così Stiles si sarebbe sentito al sicuro, si sarebbe sentito protetto, e Scott mai come in quel momento aveva bisogno che Stiles si sentisse protetto. Protetto da lui.

Stiles si svegliò nel bosco, accovacciato sul Nemeton.
“Come sono arrivato qui?”, pensò tra sé e sé. Si alzò di scatto e si guardò intorno. Non c’era niente, nessuno, neanche i corpi delle chimere morte. Scott gli aveva riferito che Hayden aveva portato la polizia fin lì facendo trovare tutti i corpi rimanenti. Cercò un attimo di fare mente locale. Era a casa sua. Con suo padre e Scott. Stavano parlando degli ultimi avvenimenti. Lydia catatonica, Theo con il suo nuovo branco, Parrish che se ne andava in giro in fiamme, Liam ancora con i sensi di colpa per quello che era successo nella notte della Superluna. Poi cosa era successo? Si era appisolato? Doveva essere un sogno, per forza.
Scese dal tronco e cercò di pizzicarsi. “Ahia” urlò e la sua voce riecheggiò nel bosco. Niente, era ancora lì. Se era un sogno, era uno di quelli dai quali non riusciva a svegliarsi. Improvvisamente sentì un urlo straziante e la riconobbe subito, era Lydia. La sua amica più cara, la sua anima gemella, la sua mente affine. Cominciò a correre verso quell’urlo, correva come un pazzo, senza sosta, sbattendo su rami sporgenti e cespugli invadenti.
Si fermò appena l’urlo smise di scoppiargli nelle orecchie. Si voltò per cercare un dettaglio, un indizio, una spiegazione.
Improvvisamente un ruggito spezzò il silenzio. Ricominciò a correre, seguendo quel richiamo. Stava morendo qualcuno? Qualcuno era in pericolo? Correva correva e l’ululato non si fermava. Lo chiamava a sé come una calamita. Poi tutto d’un tratto calò di nuovo il silenzio. Stiles si immobilizzò e lo vide. Un lupo dal manto nero che si avvicinava lentamente.
Lo fissava negli occhi, come per sfidarlo, o forse perché non riusciva a staccarsi da quello sguardo magnetico. Il lupo si avvicinava sempre di più, Stiles indietreggiò di qualche passo. Non sapeva cosa pensare. Non sapeva chi o cosa quel lupo fosse. Una speranza si affacciò nella sua mente. Era tornato? Era lui? Era davvero lui? Quando Stiles sbattè con la schiena contro un albero, il lupo si fermò, a pochissimi passi da lui.
Stiles assistette allo spettacolo quasi ammaliato, il lupo si stava lentamente trasformando. Il pelo nero diventava pelle liscia e chiara. Le zampe si allungavano in muscolose gambe e braccia possenti. Il muso diventava un viso dai tratti duri e delicati allo stesso tempo.
Mentre assisteva alla scena, ipnotizzato, la voce di Lydia tornò a risuonargli nella testa. Ma non stava più urlando. Sussurrava. “Il morso è un dono.”
L’ormai uomo d’avanti a lui lo stava fissando, con un sorriso accennato e le sopracciglia alzate in un espressione spavalda. Era lui. Era davvero lui. Derek era tornato. 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Stiles si sentì strattonare. Aprì gli occhi e trovò il faccione di Scott a fissarlo con aria interrogativa.
“Non volevo svegliarti, ma ansimavi e sudavi, iniziavo a spaventarmi!” si sentì dire.
Era un sogno, era tutto un sogno. Non era stato nel bosco, e non aveva visto Derek. Non sapeva bene perché ma da quando quest’ultimo se n’era andato pensava spesso a lui. Ripensava ai primi tempi, in cui addirittura ne era quasi spaventato. E ripensava a come erano cambiate le cose, a come quel ragazzo cupo, solo e scontroso si fosse trasformato in un amico. Una spalla su cui contare nei momenti di bisogno. Una sorta di porto sicuro in cui rifugiarsi quando si sentiva disperso. E ormai gli succedeva spesso.

Derek si era sempre comportato come se non avesse bisogno di niente e di nessuno, voleva apparire forte, costantemente. Eppure da quando Scott e Stiles erano entrati nella sua vita l’avevano cambiata, avevano cambiato lui, facendo scalfire pian piano la corazza di uomo solitario che aveva accuratamente creato negli anni. Che aveva creato da quando aveva perso Paige. Scott era riuscito a diventare un vero amico per Derek, un consigliere.
Stiles era qualcosa di diverso. Qualcosa di nuovo, di strano. Una figura presente ma non invadente, quasi un modello di come Derek sarebbe voluto essere, se fosse stato umano. Non lo dava molto a vedere, ma Derek aveva sempre ammirato quel ragazzino fastidioso e buffo che si metteva spesso in imbarazzo da solo. L’aveva ammirato per il suo coraggio, la sua forza interiore, per il modo in cui era stato accanto al suo migliore amico senza batter ciglio in una situazione che a molti sarebbe parsa impossibile. Ma lui no, lui c’era stato sempre, era sopravvissuto sempre, era stato forte nonostante le sue mille fragilità, o forse proprio grazie ad esse. Anche quando aveva paura restava in piedi, non si abbatteva, continuava, resisteva, lottava. Se fosse stato umano, Derek avrebbe avuto la stessa forza? Se l’era chiesto spesso, ma non riusciva mai a darsi una risposta. Avrebbe voluto un amico come lui, durante i momenti difficili della sua infanzia.

“Non preoccuparti Scott, era solo uno strano sogno.” Disse Stiles dopo essersi svegliato definitivamente.
Suo padre sembrava stare molto meglio, aveva ripreso il colorito di sempre e la ferita iniziava a rimarginarsi. Era seduto alla scrivania intento a leggere alcune carte, mentre Scott in cucina preparava il caffè. Stiles si avviò verso il bagno, si spogliò e si infilò sotto la doccia. Non riusciva a smettere di pensare a quello strano sogno. Cosa poteva significare? Prima l’urlo di Lydia l’aveva allontanato dal Nemeton, poi l’ululato di Derek l’aveva attirato a sé. E quelle parole che continuava a sentire… “Il morso è un dono.” Ci stava davvero pensando considerandolo, come se fosse una possibilità concreta? Il getto d’acqua lo accarezzava delicatamente, si stava rilassando come non faceva da un po’, e la mente tornò al sogno. Più precisamente a Derek. A Derek completamente nudo appena trasformato d’avanti a lui. Si sentiva ancora come schiacciato contro quell’albero, con la figura statuaria di Derek immobile di fronte a lui, con il suo solito sguardo accattivante che lo tratteneva come se fosse legato stretto da una corda invisibile.
Il corpo di Stiles si distendeva sotto l’acqua calda, e rabbrividiva al pensiero di quel ragazzo imponente e all’idea di un suo possibile ritorno. In realtà Stiles era sempre stato affascinato da Derek, anche quando lo temeva. Anche quando non lo capiva. E nonostante non avesse mai avuto esperienze fisiche con ragazzi non aveva mai negato la sua curiosità in merito. Soprattutto in merito a Derek. Era stato attratto da lui, e non solo dal suo aspetto fisico tremendamente affascinante, ma anche da quello che nascondeva dietro ogni sguardo, dietro ogni parola non detta, dietro ogni gesto fatto che palesava quanto in realtà ci tenesse a lui.
 Ma era stato solo un sogno, doveva smettere di pensarci e andare avanti.

Una volta rivestito si fermò d’avanti allo specchio. Indugiò per un attimo prima di guardarsi. Si vide per un secondo e spostò immediatamente lo sguardo. Prese lo spazzolino ed iniziò a lavarsi i denti, senza mai guardarsi allo specchio.
“Oh, andiamo, falla finita, non fare l’idiota.” Si rimproverò appena ebbe finito di sciacquarsi la bocca. Alzò il viso e si guardò davvero, per la prima volta dopo un bel po’ di tempo. Sembrava diverso, quasi invecchiato, stanco nonostante la dormita e la doccia rilassante. I capelli bagnati gocciolavano ancora sulle spalle, bagnando leggermente la maglietta che aveva indossato. Continuò a guardarsi scrutando l’immagine riflessa. “Ecco come sono diventato da quando non ci sei…” pensò per un attimo, ma distolse subito la sua mente da quel pensiero.
“Ecco come sono diventato dopo tutto quello che è successo”. Pensò subito dopo, quasi a volersi correggere, come se non volesse permettere alla sua mente di pensare ancora a Derek.
Accennò un sorriso. Voleva tornare a sorridere, disperatamente. Ne sentiva quasi il bisogno, l’esigenza. Ma lo specchio rispose rimandandogli indietro un immagine ambigua. Non poteva ancora sorridere, non fin quando Lydia era chiusa all’Eichen House. Ancora non si capacitava di come la madre di Lydia avesse potuto davvero credere che quello fosse un posto sicuro.
Non poteva sorridere, non finché il gruppo era frammentato. Liam si sentiva ancora tremendamente in colpa e in imbarazzo per quello che era successo tra lui e Scott. Malia… Malia era più silenziosa dal solito ormai da un po’ di tempo, e lui non era stato abbastanza presente per lei, per farle capire che non era sola, per capire cosa le passava per la mente. Kira era ancora fuori città per cercare di risolvere i suoi problemi. Parrish non era pienamente cosciente della sua vera identità e di come controllare quello che gli stava succedendo.
Era stato un periodo difficile per tutti, ma dovevano rimettere insieme i pezzi. Scott aveva già iniziato a farlo, toccava a lui.
Ora il ragazzo allo specchio aveva un’espressione diversa, non sorrideva ma sembrava fiducioso, sembrava speranzoso, sembrava credere che tutto fosse possibile, che potevano sopravvivere davvero a tutto, proprio come gli aveva detto Scott.
Ma non poteva ancora sorridere, non fin quando non fosse tornato Derek.

“Stiles, muoviti, devi tornare a scuola e non voglio sentire discussioni” sentì tuonare dall’altra stanza. La voce del padre, tanto diversa da quella di qualche giorno prima sul letto d’ospedale, ora si imponeva come suo solito. Era definitivamente tornato in forze, con grande gioia di Stiles. E aveva ragione, doveva tornare a scuola, doveva tornare in sella, doveva tornare a darsi da fare.
Lui e Scott si avviarono verso la moto, Stiles non sapeva ancora se la jeep sarebbe mai tornata in strada, era dal meccanico dall’ultima volta che l’aveva lasciato a piedi e ormai aveva quasi perso le speranze.
La mattinata trascorse abbastanza velocemente, Stiles cercò davvero di concentrarsi su quello che stava facendo, in fondo era l’ultimo anno e aveva bisogno che tutto andasse per il verso giusto. Se aveva ancora voglia di andare al college, di avere una vita, se fosse stato possibile averne una, allora voleva cominciare a lottare per avere le migliori possibilità di farcela. Eppure la vita vera si metteva di mezzo. Malia era distante, distratta, aveva palesemente qualcosa per la testa. Theo li guardava con aria di sfida, con l’aria di qualcuno che aveva ancora un piano in mente.
Scott e Stiles stavano camminando nei corridoi, quando improvvisamente Stiles parlò.
“Hai sentito Derek ultimamente?” chiese fingendo che fosse una domanda come tante.
“Ho provato quando ho chiamato Chris, per chiedergli aiuto. Ma non sono riuscito a mettermi in contatto con lui.” Disse Scott aprendo l’armadietto.
“Mi chiedo che fine abbia fatto.” Rispose Stiles quasi tra sé e sé.
“Tu non l’hai sentito?” replicò Scott mentre posava un libro e richiudeva il lucchetto.
“Io? No no non l’ho sentito…” si affrettò a rispondere.
“Mi manca un po’, sarebbe stato sicuramente tutto diverso con lui qui.” Disse Scott pensieroso.
“Già…” fu l’unica risposta che Stiles riuscì a dare.

La scuola era finita, i ragazzi erano andati tutti ognuno a casa propria. Si sarebbero incontrati più tardi per discutere della situazione di Lydia. Dovevano capire cosa potevano fare. Temevano che se avessero fatto qualcosa per farla fuggire, la Signora Martin li avrebbe marchiati a vita nella sua lista nera,  e avrebbe potuto allontanare davvero Lydia da loro. Già la scena vissuta in ospedale non prometteva niente di buono. Essere trascinato fuori dalla stanza di Lydia era stato per Stiles come un incubo. Aveva bisogno di vederla, di sapere come stava, di sapere se stava migliorando, se poteva migliorare, se lui poteva fare qualcosa per aiutarla. Aveva bisogno di sentirsi utile, di muoversi, di non restare con le mani in mano. Aveva amato Lydia con tutto sé stesso, e ancora l’amava. In modo diverso, in modo forse più maturo. Di quegli amori che diventano indelebili e si scavano un posto nel cuore. E restano lì, per sempre.
Sapeva che anche lei teneva a lui, forse non in egual misura, ma sapeva che con il tempo Stiles era riuscito a farsi spazio nell’anima di quella splendida ragazza intelligente e magica, ed era riuscito a diventare indispensabile per lei.
Ora, come mai prima, lo era ancora di più, lo era per davvero. Doveva salvarla, doveva aiutarla. Ma come fare?
Era seduto sul letto, poggiato allo schienale e con le gambe incrociate. Fissava la sua bacheca di vetro con tutte le annotazioni scritte precedentemente.
Chi è la Lupa del Deserto?
Come far uscire Lydia dall’Eichen House?
Quali sono i punti deboli dei Dottori del Terrore? Ne hanno?
Cosa vuole davvero Theo?
Quanto sono pericolose le Chimere tornate in vita?
Quanto è pericoloso Parrish? Possiamo aiutarlo?
Quanto è potente Derek ora che è un vero lupo? Dov’è ora?

Rileggeva le sue stesse domande e rimuginava sulle possibili risposte. Prese in mano il telefono e di getto scrisse un messaggio.
“Avremmo proprio bisogno di te.” Premette inviò quasi come se il suo dito facesse un gesto automatico e naturale.  Si trovò a fissare lo schermo del cellulare, ancora stupito da cosa aveva appena fatto.
La scritta - Messaggio inviato a Derek - scomparve lentamente dalla schermata mentre Stiles si passava una mano tra i capelli. L’aveva fatto davvero, e stavolta non era un sogno. 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Era passata una settimana, nessun segno di vita da Derek, nessuna risposta. Stiles non sapeva neanche se avesse letto il suo messaggio. A volte andava a controllare sul telefono se l’aveva inviato davvero, ed era lì tra i messaggi inviati.
La situazione era stranamente in stallo, i Dottori non stavano facendo nessuna mossa, Theo neanche. Questo poteva solo significare che il peggio stava per arrivare, che stavano vivendo la quiete prima della vera e inevitabile tempesta. Solo una cosa sembrava andare per il verso giusto, a quanto pare Hayden stava iniziando a capire che stare dalla parte di Theo poteva essere un grandissimo errore, e Liam stava facendo di tutto per convincerla ad allontanarsi da quel ragazzo pericoloso e cattivo.
 Anche tra Liam e Scott le cose stavano migliorando, Scott non ce l’aveva mai davvero avuta con lui. Era forse più deluso che arrabbiato, ma sapeva quanto potesse far effetto la Superluna su un beta creato da poco, a maggior ragione se in quel momento la ragazza che amava stava per morire e lui era solito soffrire di attacchi di rabbia incontrollata.
Liam iniziava a far pace con sé stesso, soprattutto grazie al suo Alpha che lo aveva perdonato ancor prima che lui perdonasse sé stesso.
Malia invece era ancora distante, sembrava quasi spaventata, sempre allerta. In nessun modo però erano riusciti a convincerla a dir loro quello che le stava succedendo. Scott ci aveva provato, le aveva chiesto di tornare, le aveva detto che ci sarebbe stato per qualsiasi cosa.
 “Devo fare una cosa che so per certo non accetteresti mai... ” si limitò a dire lei.
Intanto Stiles aveva provato in tutti i modi a mettersi in contatto con Lydia, non era ancora riuscito a vederla da quando era chiusa nell’Eichen House, e questo lo distruggeva. Fortunatamente avevano Parrish, che con il suo distintivo era riuscito a oltrepassare le porte di quel posto maledetto.
Parrish dal canto suo non si dava pace. Era riuscito a vederla solo attraverso un vetro, lei sdraiata ancora catatonica. Era sicuro che la stessero imbottendo di farmaci, che la stessero usando in qualche modo, ed era intenzionato a trovare il modo per portarla via di lì anche contro la volontà della Signora Martin.

Stiles era sdraiato a pancia in giù sul letto. Libri aperti, un quaderno pieno di appunti e diversi fogli erano sparsi accanto a lui. Stava tentando di concentrarsi sullo studio, ma ogni tanto controllava il cellulare con un gesto involontario e automatico. Sentì bussare alla porta, il padre si affacciò con un cenno di imbarazzo. “C’è Malia per te.”
Stiles si sollevò subito sulle ginocchia e rimase un attimo perplesso quando la vide entrare nella sua camera. Una cosa che aveva fatto tante di quelle volte e che non faceva da un po’. Ne aveva sentito la mancanza, in un modo che non riusciva a spiegarsi. Sentiva la mancanza di quella ragazza buffa e forte, fragile ed ironica. Sentiva la mancanza del suo calore corporeo quando di notte si trovava a dormire da solo. Si chiedeva se anche lei sentisse quel vuoto.
“E’ tutto ok papà, ci penso io.” Lo sceriffo indugiò per un secondo guardando entrambi i ragazzi, prima Malia poi Stiles, per uscire dalla stanza bofonchiando tra sé e sé “Chi li capisce i ragazzi di oggi.”
Malia si avvicinò al letto e poggiò la borsa sui libri sparsi di Stiles.
“Senti, sono qui solo perché ho un disperato bisogno di qualcuno che mi aiuti in matematica. Senza gli appunti di Lydia sono tornata a non capirci niente!” disse lei tutto d’un fiato.
 “E so che, come dire, non stiamo più insieme… ma ho pensato che magari se mi avessi aiuto tu avrei avuto qualche speranza di superare il test della settimana prossima.” Continuò fissando la bacheca di vetro.
 “Nessuna domanda però, al primo accenno di conversazione seria prendo e me ne vado.” Terminò risoluta.
Stiles accennò un sorriso amaro. Era contento che Malia si fosse rivolto a lui, ma la ragione che l’aveva condotta da lui erano tutt’altro che motivo di sorriso. Senza Lydia erano tutti un po’ persi. Anche nelle piccole cose. Era sempre più curioso di sapere cosa stava accadendo a Malia, cosa gli stava nascondendo. Ma non poteva pretendere che lei si aprisse quando lui era stato il primo a non farlo. Eppure ecco, se l’avesse fatto forse non si sarebbero ridotti così, forse qualcuno avrebbe potuto aiutarlo quando ne aveva avuto bisogno, se solo si fosse sentito in grado di parlarne. Forse lui poteva aiutare Malia in qualsiasi cosa le stesse capitando. Ma il fatto che fosse lì era già un passo avanti, e lui non voleva fare niente per compromettere quell’accenno di normalità che poteva dare il via ad un vero riavvicinamento tra Malia e il gruppo.
“Ok, ok. Nessuna domanda. Pensiamo solo a studiare!” rispose Stiles con una dolcezza e una comprensione che avevano atterrito Malia da sempre. Il modo di fare di Stiles era quello che aveva sempre fregato tutti. Perché a lui importava, importava davvero. Faceva sentire il suo profondo e sincero interesse per le persone che amava, la sua preoccupazione, il suo volerci essere, la sua capacità di esserci. Era stato un periodo difficile per lui, e proprio perché prima Stiles era stato sempre presente, la sua assenza, il suo essersi perso, aveva colpito al cuore ancora di più.
E’ più difficile perdere qualcosa dopo averne assaporato il gusto, dopo aver goduto di quella perfezione. Dopo essersi sentiti amati sentirsi abbandonati fa ancora più male. Malia si era allontanata anche per questo motivo, perché aveva subìto fin troppe perdite e l’essersi concessa di provare qualcosa di così importante e potente per Stiles l’aveva portata a soffrirne la mancanza quando le sue attenzione erano venute meno, per ragioni valide o non che fossero.
Lui iniziò a spiegarle alcune delle cose più complicate delle lezioni degli ultimi giorni, lei si applicava per prestare attenzione e cercare di capire almeno il minimo indispensabile.
Stiles stava cercando di essere il più chiaro possibile, voleva davvero aiutare Malia. Iniziando dalla matematica per passare, sperava, a qualsiasi altra cosa potesse esserle successa. Mentre cercava di farle fare un esercizio, prese nuovamente il telefono in mano per un secondo, giusto per controllare.
“Aspetti una chiamata?” chiese Malia curiosa ma con fare distaccato.
“No, no. Controllavo l’ora…” disse Stiles vago.
Malia lo guardò con una smorfia in viso, aveva sempre capito quando Stiles le mentiva. Soprattutto da quando aveva scoperto che le aveva tenuto nascosta la vera identità del padre.
“Ok… se non vuoi dirmelo non devi dirmelo. In fondo avevamo detto niente domande.” Rispose lei frettolosa e si mise l’estremità della matita in bocca, tornando a concentrarsi sul quaderno.
Stiles rimase in silenzio per qualche minuto. Cosa avrebbe dovuto o potuto rispondere? Aspettava una chiamata? Una risposta? Un messaggio? Un segnale di fumo? Un piccione viaggiatore? Qualsiasi cosa che lo avvertisse che Derek aveva ricevuto il suo messaggio? E poi avrebbe mai potuto dirlo a Malia? Dire che stava pensando a suo cugino, perché si Derek era suo cugino e questa cosa lo fece rabbrividire per un attimo, in modo costante da fin troppo tempo ormai?
Forse ne sentiva più l’assenza che la mancanza, per come erano andate le cose ultimamente. Forse era un insieme di fattori, forse non era veramente preso da Derek Hale. Cercava di convincersi.
“Ho scritto a Derek”. Si lasciò sfuggire. Malia si fermò e lo guardò con uno sguardo prima curioso, poi comprensivo.
“Non so neanche perché, non lo sento da quando è partito. Ma penso che probabilmente staremmo tutti meglio qui se ci fosse lui.” Continuò cercando di portare il discorso ormai aperto lontano dall’inevitabile deduzione a cui era arrivato. Voleva pensare che il tutto riconducesse all’effetto che l’assenza di Derek aveva portato al gruppo, ma in realtà il problema era l’effetto che l’essenza di Derek aveva avuto su di lui.
“Beh, ti ha risposto?” chiese Malia senza approfondire troppo.
“No, non so neanche se l’ha letto. Probabilmente avrà cambiato numero senza prendersi la briga di aggiornarmi. Oppure avrà deliberatamente ignorato il messaggio dello stupido ragazzo rompipalle che sono sempre stato.” Pensò ad alta voce Stiles.
“Io l’ho sentito, qualche settimana fa. Non ha cambiato numero, tranquillo.” Disse Malia non sapendo bene se fosse giusto parlarne. Si stava sbilanciando troppo e stava arrivando a parlare proprio di quello di cui non avrebbe voluto.
Stiles rimase inerme per un attimo. Non aveva cambiato numero, quasi ci aveva sperato visto che non aveva risposto. Invece aveva sicuramente ricevuto il messaggio. Stiles non sapeva se fosse il caso chiedere di cosa avessero parlato, moriva dalla curiosità ma si limitò a guardare Malia sforzandosi di sfoggiare un lieve sorriso.
“Oh bene, almeno è sicuro che è ancora vivo!” replicò lui. Passarono alcuni secondi. “Sta bene?” si azzardò a chiedere.
“Sta bene. Si. Sta seguendo la Lupa del Deserto.” Dire quelle parole liberò Malia di un peso che era sembrato insostenibile.  Stiles strabuzzò gli occhi e iniziò subito a farsi mille paranoie. La lupa del Deserto era uno dei misteri ai quali non era ancora riuscito a trovare una soluzione. E se fosse stato pericoloso? Sapeva che ormai Derek possedeva un potere che non aveva mai visto prima, un potere puro e primordiale. Ma non sapevano niente della Lupa, non sapevano cosa fosse in grado di fare.
 Malia non aveva ancora detto a nessuno, a parte Theo, che era stata sua madre a provocare l’incidente e non lei.
“La sta seguendo per me… perché lei mi sta cercando.” Si confidò finalmente Malia.
“Cosa? Ti sta cercando? E perché?” non riuscì a trattenersi più.
Malia gli raccontò tutto. Il ricordo dell’incidente, la scoperta che la madre era venuta a conoscenza che Malia era sopravvissuta e la sua intenzione di andare a concludere il lavoro. Deaton non si era più fatto sentire da quando la stava cercando. Braeden era riuscita a scoprire che la Lupa era sulle tracce di Malia. E Derek era riuscito a trovarla, ma Malia non sapeva bene come o cosa stesse facendo per fermarla.
Stiles rimase sconvolto. Non bastava tutto quello che stava già accadendo, ci mancava anche una lupa pazza intenta ad uccidere Malia!
“Avresti dovuto dircelo, potevamo aiutarti. Starti vicino…” Si precipitò a dire Stiles.
A quelle parole Malia lo fulminò con lo sguardo. Starle vicina? Come aveva fatto quando era sceso dalla macchina di fronte la stazione della polizia quando lei gli aveva offerto il suo appoggio? Il suo amore? 
Aveva capito perché Stiles l’aveva fatto, aveva capito lo stato d’animo in cui si era trovato in quei momenti di sconforto, ma lei non poteva permettersi il lusso di sperare che qualcuno al mondo avesse la voglia di starle davvero vicino.
“Avrei potuto… farmi perdonare.” Continuò Stiles.
Lo sguardo di Malia cambiò improvvisamente. Era stanca anche lei. Di perdere, di lottare da sola, di quelle situazioni impossibili.
“Io voglio ucciderla Stiles.” Disse tra i denti. “La ucciderò se necessario… E Scott non lo capirebbe mai. Non potevo dirvelo.”
Stiles non rimase sconvolto più di tanto a quelle parole. Malia aveva avuto la sfortuna di nascere dai due genitori peggiori che potessero capitarle. Peter si era dimostrato un pazzo assassino, la Lupa non era troppo diversa da lui.
Ma poteva lasciare che Malia si macchiasse di un crimine del genere? Sarebbe mai stata in grado di convivere con sé stessa, dopo una cosa del genere?
Avvicinò la mano al viso di Malia e la sfiorò delicatamente. Quella ragazza non era un assassina. Iniziava a capire un po’ meglio il punto di vista di Scott. Il suo migliore amico non voleva assolutamente che l’omicidio diventasse una possibilità perché togliere delle vite era sbagliato, ma soprattutto perché portare un peso del genere, compiere un atto simile, avrebbe cambiato chiunque nel profondo. Scott non avrebbe mai voluto che Stiles si sporcasse le mani di sangue tanto quanto Stiles non voleva che lo facesse Malia.
Purtroppo le circostanze erano quelle che erano. La loro vita era quella che era. Dovevano difendersi. Dovevano sopravvivere. Dovevano macchiarsi le mani quando necessario. Ma Stiles avrebbe fatto di tutto affinché Malia non passasse quello che aveva passato lui.
“Dobbiamo dirlo a Scott” disse lui ancora con la sua mano sul viso della ragazza coyote, accarezzandola con il pollice all’altezza della guancia. “Fidati di me, ti aiuteremo”.
Lei si rassegnò ad una realtà che le si palesò dinanzi agli occhi. Non era sola. Forse non avrebbe ucciso sua madre, ma grazie ai suoi amici poteva almeno sperare di rimanere viva.
“Devi farmi un favore.” Continuò lui abbassando la mano e lo sguardo. “Devi chiamare Derek per me”.
Stiles pensò che magari a lei avrebbe risposto. In fondo era sua cugina. In fondo stava facendo tutto questo per proteggere lei, per proteggere Beacon Hills da una pazza scatenata che aveva manie omicide.
Malia restò pensierosa per un attimo. Ormai il danno era fatto, aveva parlato. Non le restava che abbandonarsi all’idea che il gruppo poteva davvero aiutarla, e che l’unione potesse fare la forza. Si decise: “Ok. Chiamiamo Derek.”

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Derek sentiva qualcosa gocciolare da qualche parte fuori dalla camera blindata in cui era rinchiuso. Un rubinetto che perdeva, probabilmente, ma stava diventando il rumore più fastidioso che avesse mai sentito. Deaton lo guardava con espressione stanca.
Erano rinchiusi lì dentro da non sapevano più quanto tempo. Settimane, probabilmente un mesetto o due.
La Lupa del deserto li aveva catturati entrambi, e stava aspettando solo che Malia facesse il primo passo per farsi avanti. Voleva coglierla di sorpresa, usando Derek per arrivare a lei.
“Questo telefono non smette di squillare, sei una persona molto richiesta” sentì dirsi Derek dalla donna che stava dall’altra parte della porta. “Ma l’unica persona che deve chiamare non lo fa.” Sembrava stizzita. Aspettava una chiamata di Malia, si stava crogiolando nel suo piano perfido per ferire sua figlia, oltre che ucciderla.
“Hanno bisogno di te… che carini. Stanno freschi allora!” lo prendeva in giro la Lupa.
Derek rimaneva impassibile, non voleva darle alcuna soddisfazione, eppure pensare ai suoi amici in pericolo o bisognosi del suo aiuto lo faceva fremere dentro. La Lupa gli aveva letto tutti i messaggi che gli erano arrivati, e Derek era rimasto interdetto quando una settimana prima era arrivato quello di Stiles. Non se lo aspettava, e sapere che quel ragazzo gli aveva scritto una cosa del genere gli aveva fatto uno strano effetto. Era preoccupato, per un verso, ma col cuore caldo dall’altro.
Quanto era cambiata la sua vita da quando aveva conosciuto quei mocciosi, ragazzini che erano stati in grado di insegnargli e trasmettergli più di quanto avrebbe potuto mai immaginare. Si era sempre tenuto in disparte, perché non era più quel tipo di persona che si lasciava andare ai rapporti umani, non dopo Paige. Eppure Scott e Stiles erano riusciti ad entrargli dentro. Eppure Stiles con una mano su una spalla era riuscito a scavarsi un posto nel suo cuore. Era andato via anche per questo motivo, perché non capiva più cosa stava succedendo dentro di lui.
Ripensò al giorno fuori la chiesa in Messico, in cui credeva di stare per morire prima che si trasformasse in un vero lupo. Si era ormai arreso all’idea di morire a quei tempi, eppure era andato con i suoi amici a salvare Scott, perché non riusciva a pensare di potersene stare con le mani in mano mentre rischiavano di perdere il loro vero Alpha. E lì fuori quel rudere, lo sguardo di uno Stiles immobile lo aveva atterrito. Stiles avrebbe dato tutto per salvare Scott, eppure in quel momento in cui aveva visto Derek a terra ferito, si era fermato desiderando di poter andare da lui, desiderando di potergli stare vicino. E Derek l’aveva percepito, era bastato uno sguardo, occhi dentro occhi. Si erano detti tutto in quel singolo scambio di occhiate. Derek gli aveva fatto capire che sapeva che doveva andare a salvare Scott. Stiles gli aveva detto che avrebbe dato di tutto per poter restare anche solo un attimo lì a prendersi cura di lui.
Era sembrato un addio, ad entrambi, eppure non lo era stato. Derek era sopravvissuto, diventando un vero lupo, più potente, più forte, ma inerme dinanzi alla portata di quel singolo sguardo. Doveva allontanarsi da quel sentimento, da quella domanda che gli nasceva dentro, da quel dubbio. Non era pronto ad affrontarla, non era pronto nemmeno a riguardare quel ragazzo negli occhi. Doveva concentrarsi su altro, su qualcosa che potesse aiutare gli altri e forse anche sé stesso.
Pian piano nel tempo anche tutti gli altri erano diventati qualcosa di più per lui, diventavano amici. Perdere Boyd ed Erika era stato un duro colpo, e la partenza di Isaac non aveva migliorato le cose. Non gli restava che andar via portando nel cuore quella sorta di famiglia in cui si era trovato catapultato.
E proprio a causa di questa famiglia si trovava di nuovo in gabbia. Per Malia, ma anche per l’incolumità di Beacon Hills, si era messo alla ricerca della famosa e pericolosa Lupa del Deserto.
Non poteva sapere che lei era più potente di quanto immaginassero, ma soprattutto che facesse ricorso alla magia antica, grazie ad un alleato di cui non erano a conoscenza.
Quando era arrivato a New Orleans, Derek aveva sentito immediatamente che qualcosa di strano aleggiava nell’aria, ma non riusciva a capirne la provenienza. Fu solo quando percepì l’odore di Deaton che si ritrovò in trappola. Messo in una cella di cui le pareti erano intrise di Sorbo degli uccellatori.
La Lupa e il suo complice, un certo Matthew, non avevano mai aperto la porta della cella, non c’era stato modo neanche di provare a fuggire. Deaton era indebolito e quasi senza speranza. Nessuno sapeva dove erano, nessuno aveva idea di cosa stesse accadendo loro.
Derek d’altro canto quasi sperava che Malia non chiamasse, per ritardare il più possibile l’eventualità che il piano della Lupa si mettesse in moto. Voleva in tutti i modi trovare una soluzione. Erano settimane che con gli artigli stava scavando nel muro accanto alla porta. Lentamente, molto lentamente, perché il materiale di cui erano fatte le pareti lo ferivano e indebolivano ogni volta che le toccava, ma ci stava lavorando più che poteva.

Improvvisamente sentì squillare il suo telefono.
“Finalmente.” Sentì solo dire dall’altra parte della porta.
Il telefono continuava a squillare. Qual era il piano di quella donna? Aveva aspettato tanto che Malia si facesse sentire ed ora non rispondeva?
Dopo poco che il telefono aveva smesso di squillare, sentì digitare sulla tastiera.
“Ora scriveremo un bel messaggio… - Non posso parlare adesso, ma ho trovato tua madre. E’ a New Orleans! Raggiungimi qui prima che riesca a venire lei a Beacon Hills, la sto trattenendo. Non dire a nessuno dove stai andando, sarebbe pericoloso. - Sembra plausibile? L’avresti scritto così? Dovrei aggiungere una di quelle faccine che si usano tanto al giorno d’oggi?” La Lupa continuava a parlare quasi divertita mentre Derek si mordeva le labbra nella cella in cui era rinchiuso.
“Non rispondere. Non darle soddisfazione.” Sussurrò Deaton.
“Sta vincendo lei, sta ottenendo quello che vuole…” disse Derek sottovoce, con la rabbia che scoppiava nelle vene. Con la paura che Malia potesse davvero andare lì da sola e cadere nella trappola. O ancor peggio, che Malia si portasse dietro tutti mettendoli in grande pericolo.
“Bene, invio!” esclamò la donna tra una risata e l’altra.
Passarono poco più di cinque minuti quando il telefono trillò di nuovo.
“La tua cuginetta finalmente ha risposto.” Sentenziò lei. “-Presto sarò lì, credo che non ci sia modo di fermare Stiles e Scott dal venire con me…- Oh bene avremo anche degli ospiti, avete sentito? Speravo davvero che ne se rimanessero in quel buco di città, ma a quanto pare dovremo far fuori anche loro.” Deaton tentò di nascondere un briciolo di speranza che si era accesa nei suoi occhi sapendo che anche Scott sarebbe andato, mentre Derek strinse i pugni e colpì la parete proprio dove aveva scavato precedentemente, facendosi male da morire e non riuscendo ancora ad aprirsi un varco per uscire da quella maledetta gabbia.
Era arrabbiato, rassegnato, quasi triste. Non sopportava l’idea che a causa sua qualcuno potesse cadere in una trappola, non sopportava l’idea che per colpa del suo fallimento Malia, Scott e Stiles stavano andando incontro a morte quasi certa. Doveva rompere quel muro, doveva uscire da lì, doveva uccidere quello stregone o qualsiasi cosa fosse e distruggere la Lupa una volta per tutte.

“Avremmo proprio bisogno di te…” gli tornavano in mente quelle parole. Una frase così diretta, così semplice, basilare, eppure lui riusciva a leggerci mille altre cose. Stiles aveva bisogno di lui? Come poteva aver bisogno di lui quando lui stesso non riusciva a portare a termine una singola missione? Come poteva essere utile a Stiles, a chiunque altro, se il suo enorme potere non era bastato? Forse la vera forza stava nell’unione. Nel gruppo. Nel branco. Era da un po’ che ci pensava, ma pensava anche a quanto tutte le persone che gli erano state vicino in qualche modo erano state destinate a morire, o a finire male. Voleva evitare che succedesse anche agli altri, ma ormai era troppo tardi. Si era allontanato per salvarli, aveva finito per rischiare di ucciderli.
 “Avremmo proprio bisogno di te…” Cos’altro si nascondeva dietro quelle parole, dopo mesi di nulla? Dopo l’addio silenzioso che si erano scambiati in Messico? Erano in pericolo, questo poteva immaginarlo. Sicuramente qualche altra catastrofe si era abbattuta su Beacon Hills. Ma era tutto qui? Era solo bisogno della sua forza? O era bisogno di lui?
Si rimproverò per quello a cui stava pensando. Non era il momento, non era decisamente il momento. Doveva trovare il modo di uscire di lì. Doveva assolutamente evitare che la Lupa mettesse le mani sulle uniche persone al mondo per cui sarebbe davvero stato disposto a morire.
Ma era stanco, denutrito, debole, e demoralizzato.
Il telefono trillò di nuovo. Una luce si accese nei suoi occhi. Poteva essere Malia che rinunciava a seguirlo mandando a monte il piano della Lupa.
“Ed ecco di nuovo l’uomo più ricercato del pianeta. Seriamente Derek, dovresti assumere una segretaria.” Stavolta era Matthew a parlare. A quanto pare la Lupa era uscita per andare chissà dove. Matthew Sun era un ragazzo dall’aspetto giovane e affascinate, decisamente più potente di quanto l’apparenza potesse mostrare. Sembrava una persone come tante, ma racchiudeva in sé tutto il potere di un’antica stirpe che si pensava fosse estinta secoli prima. Deaton ne aveva sentito parlare, ma non pensava ci fossero ancora persone appartenenti alla famiglia Sun da ormai millenni.
“E’ di nuovo quel ragazzino, Scott.” Disse quasi indifferente. “Si chiede perché tu non gli abbia risposto e se va tutto bene. E dice che anche lui e Stiles verranno a New Orleans. Che premurosi che sono a venire fin qui per farsi uccidere.” Continuò beffardo.
Derek strinse i denti. Non poteva permetterlo.
“Ti chiami Matthew, giusto?” chiese non sapendo bene cosa fare ma cercando un qualsiasi appiglio per capire come uscire da lì, approfittando dell’assenza della Lupa. “Perché stai facendo tutto questo?” continuò.
“I miei motivi non ti riguardano vero lupo.” Rispose seccamente Matthew. “Piuttosto dimmi cosa rispondere a questo ragazzino e al suo amichetto.”
“Non è un semplice ragazzino, sai? E’ un vero Alpha.” Stava pensando a cos’altro dire. “E il suo amichetto, beh, ti stupiresti di cosa è capace di fare.”
Sentì Matthew digitare qualcosa sul telefono senza ricevere più alcuna risposta. Cosa gli aveva scritto? Odiava sentirsi così inerme, così impotente.
Continuava a scavare con gli artigli mentre una sola frase gli tartassava la mente. “Avremmo proprio bisogno di te…”
Doveva fare qualcosa. Doveva salvarsi. Doveva salvarli. Doveva essere l’uomo che Stiles aveva guardato negli occhi prima di entrare in quella chiesa. Continuò a scavare fin quando non percepì uno spiffero d’aria provenire dall’altra parte della parete. Ci stava riuscendo. Si stava finalmente liberando. Doveva solo aspettare il momento migliore per aprire definitivamente un varco e fare la mossa giusta per non cadere nuovamente vittima del potere di Matthew.
Stava facendo alcuni calcoli in mente, se i ragazzi fossero andati in macchina avrebbero impiegato almeno un giorno e mezzo. Aveva tutto il tempo di pensare ad un piano per evitare che Malia venisse uccisa. Per aiutare Scott. E per non deludere Stiles. 



Nota dell'autrice: Al personaggio di Matthew ho dato il volto di Matthew Daddario, per chiunque volesse immaginarlo fisicamente.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Scott era sotto la doccia, con le mani tra i capelli. Lentamente insaponò il torace, in cui ancora sovrastava la cicatrice della ferita infertagli da Theo nella notte della Superluna. Non stava guarendo, non come avrebbe dovuto, la ferita ancora sanguinava a volte dopo settimane. Ma non l’aveva detto a nessuno, non adesso che stava riuscendo a mettere lentamente le cose a posto. Non voleva infliggere ulteriore dolore al suo branco, non voleva che si preoccupassero per lui. Aveva provato a chiamare Deaton più e più volte ma il telefono continuava a squillare senza ricevere alcuna risposta. Era spaventato, per Deaton e per sé stesso. Per Derek scomparso, per Malia distante, per Lydia all’Eichen House, per Kira ancora lontana, per Theo che nei corridoi lo guardava con una smorfia beffarda senza fare alcuna mossa, per i Dottori del Terrore che erano improvvisamente spariti senza lasciar traccia meditando sicuramente di attaccare quando meno se lo sarebbero aspettati. A Scott non rimaneva che esorcizzare la paura tentando di riunire il gruppo e seguire il consiglio che Melissa gli aveva dato qualche tempo prima: “riprenditeli, dà loro quello di cui hanno bisogno dal loro leader, la speranza.”
Sentì il telefono squillare e uscì da quella spirale di pensieri. Si sciacquò velocemente, avvolse un telo attorno alla vita e corse in stanza a rispondere. Era Stiles.
“Amico, devi venire a casa mia. C’è Malia e… dobbiamo parlarti di una cosa.” Scott si asciugò velocemente, infilò un jeans, bendò il torace nel miglior modo possibile affinché la ferita non si notasse, mise una t-shirt e chiuse il giubbino di pelle.
Quando arrivò a casa di Stiles, quest’ultimo gli raccontò tutto. La storia della Lupa del Deserto, i dettagli sull’incidente di Malia, di Derek che era andato alla sua ricerca, e del messaggio che avevano appena ricevuto. Derek voleva che Malia andasse da sola a New Orleans perché aveva trovato sua madre.
Scott rimase basito per qualche secondo. Ecco perché Malia si era distaccata così tanto. Voleva uccidere sua madre, o almeno sarebbe stata disposta a farlo in caso si fosse rivelato indispensabile.
Si trovò a ragionare sulla questione. Il fatto che Derek avesse detto a Malia di andare da sola non lo convinceva, c’era qualcosa che non andava. Decise di scrivergli.
“Derek, amico, sono preoccupato per te. Come mai non mi rispondi da settimane? Tutto ok? Io e Stiles accompagniamo Malia a New Orleans! Ci vediamo domani.” Non ricevette alcuna risposta per minuti, poi sentì vibrare il telefono in tasca mentre Malia e Stiles organizzavano il viaggio.
“Scusa Scott non posso parlare. Non dovreste venire anche voi, qui la situazione è pericolosa. Ma se proprio dovete venire sbrigatevi, non so per quanto tempo riuscirò a trattenere la Lupa. Non posso più rispondere, ho la batteria scarica, fate presto.” A quel messaggio Scott non rispose più, dovevano prepararsi.
Dovevano partire per forza, non potevano lasciare Malia in balia di quella situazione da sola. Doveva parlarle, e già il fatto che si fosse finalmente aperta al gruppo gli diede buona speranza. Non era il momento migliore per lasciare Beacon Hills, ma Derek li aveva chiamati, non potevano non accorrere. Specialmente se la Lupa del Deserto era stata catturata. Dovevano capire cosa farne, e avevano poco tempo a disposizione.
Chiamarono subito Liam, avvertendolo della loro assenza e istruendolo sul da farsi in caso di pericolo. Doveva prendersi cura di Hayden, e chiamarli immediatamente in caso Theo o i Dottori si fossero fatti vivi.
Subito dopo chiamarono Parrish spiegandogli la situazione. Lui sarebbe rimasto a Beacon Hills a controllare Lydia.
In seguito chiamarono Argent. Volevano metterlo al corrente della situazione, e furono lieti di sentirsi dire che senza di lui non sarebbero andati da nessuna parte. Chris sarebbe andata con loro.
Infine parlarono con i rispettivi genitori spiegando la situazione, e ci volle molto tempo affinché il padre di Stiles si convincesse a lasciarlo andare, ma sapeva bene che combattere contro il figlio per queste cose era impossibile. Specialmente quando si trattava di Malia. O di Derek. E in questo caso si trattava di entrambi.

Chris passò a prenderli un oretta dopo. Era tutto pronto. Avevano pensato di andare in aereo ma nessuno di loro poteva permettersi un biglietto preso all’ultimo minuto, quindi l’unica soluzione fu l’auto di Chris. Tra le 24 e le 26 ore di viaggio avrebbero avuto modo di capire il da farsi, e di capire cosa stesse accadendo davvero.
Scott era seduto dalla parte del passeggero mentre Chris era alla guida, Stiles e Malia si sistemarono nei posti dietro.

Scott fu pensieroso per gran parte dei primi minuti del viaggio. Poteva davvero lasciare che Malia uccidesse sua madre nel caso fosse stato necessario? In teoria Derek aveva la situazione sotto controllo, ma Scott non ne era del tutto convinto. L’atteggiamento di Derek delle ultime settimane non l’aveva convinto. C’era decisamente qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire cosa potesse essere. Nel frattempo la medicazione sul torace iniziava a dargli fastidio, stare seduto per così tanto tempo non lo avrebbe aiutato.
“Malia, mi dispiace che tu sia costretta a vivere tutto questo.” Disse poi improvvisamente dopo minuti di silenzio. La guardò attraverso lo specchietto e le porse un lieve sorriso. “Andrà tutto bene, vedrai.”
Malia lo guardò con sguardo quasi interrogativo. Sapeva di potersi fidare ma non aveva idea di come sarebbero andate le cose. Era solo felice che anche Chris fosse andato con loro, perché sapeva che lui era il tipo di persona che poteva spingersi a tutto, anche ad uccidere, se necessario.

Intanto Stiles non aveva detto una parola. Era più pensieroso del solito. Da quando avevano ricevuto il messaggio di Derek aveva fatto di tutto per essere il più pratico possibile. Aveva chiamato Scott, l’aveva ragguardato sulla situazione, aveva organizzato il viaggio, parlato con suo padre, con gli altri, tutto pur di non pensare al messaggio di Derek e al fatto che avesse risposto sia a Malia che a Scott. E non a lui. Probabilmente aveva mille attenuanti. Sicuramente era stato impegnato con la ricerca della Lupa. Senza alcun dubbio c’era un motivo valido. Ma Stiles non riusciva a pensare ad altro che al suo stupido messaggio e a pentirsi di averglielo mandato.
Eppure anche a lui la situazione puzzava. C’era qualcosa che non quadrava nei messaggi di Derek. Era preoccupato, ansioso, continuava a muovere le mani nel suo solito modo frenetico di quando era agitato. Sentì una mano poggiarsi sulle sue, si voltò verso Malia che lo stava guardando con aria strana. A volte non riusciva a decifrare i pensieri di quella ragazza, probabilmente lei stessa aveva ancora problemi a capirsi dopo aver passato anni nei panni di coyote.
“Grazie” lei disse. E Stiles ricambiò con un sorriso sincero. Forse finalmente poteva sorridere, almeno un po’.
Stava aiutando Malia, era insieme a Scott e Chris, stavano per svelare il mistero della Lupa, e stavano andando da Derek. Si, sorrise.

Dopo cinque ore si fermarono in una stazione di servizio. Andarono a rinfrescarsi e comprarono qualche snack. Pausa breve solo per sgranchirsi le gambe e cambiare autista. Stiles si mise alla guida. Il resto del viaggio passò abbastanza tranquillamente. Cercavano di distrarsi, di non pensare a quello a cui stavano andando incontro. Stiles e Chris si scambiarono alla guida più volte ripetutamente ogni tot ore. Nel frattempo i ragazzi avevano portato anche alcuni libri di testo in vista delle tantissime ore di viaggio, non potevano fermarsi neanche per la notte, non potevano perdere tempo, dovevano arrivare il più presto possibile.
Scott ad ogni fermata andava in bagno a cambiare o aggiustare la fasciatura. Nascondere la ferita stava diventando difficile e stancante, ma avrebbe fatto tutto il possibile per evitare che gli altri ne venissero a conoscenza. Sapeva che non avrebbe potuto andare avanti in quel modo per sempre, ma sperava con tutto il cuore di riuscire a risolvere il problema senza che il suo branco ne venisse a conoscenza.
Erano passate più o meno venti ore, mancava sempre meno alla loro destinazione. Chris stava guidando, Malia si era seduta avanti perché infastidita dal continuo muoversi di Stiles.
Nei posti dietro, Stiles e Scott stavano parlando sottovoce per non svegliare Malia che si era appisolata.
“Cosa credi che troveremo, una volta arrivati?” chiese Scott.
“Non lo so Scott. Non lo so davvero. C’è qualcosa che non mi convince in quello che sta succedendo. E queste ore di viaggio non hanno fatto altro che far aumentare la mia ansia…” rispose Stiles. E la mia agitazione all’idea di rivedere finalmente Derek pensò.
“Sei preoccupato per Derek?” Questa domanda lo lasciò un attimo spiazzato. Ci pensò su prima di trovare le parole giuste per rispondere.
“Si, beh. Sono preoccupato per tutti. Per Liam e Hayden che sono rimasti senza protezione, per Lydia di cui sappiamo poco e niente, di Parrish che potrebbe infiammarsi da un momento all’altro, per Deaton che non si fa sentire, per Malia che vuole uccidere sua madre e si, anche per Derek che scompare e ricompare senza spiegazioni.” Disse tutto d’un fiato.
“Sono preoccupato anche io…” ribatté Scott. Per me e per questa ferita che non si rimargina pensò tra sé e sé. “Magari ci stiamo facendo mille paranoie e andrà tutto bene.” Continuò speranzoso.
Stiles lo guardò alzando il sopracciglio, “Quand è che ci va tutto liscio senza intoppi?” chiese tra l’ironico e il sarcastico.
“In effetti…” quasi risero entrambi. Una risata amara, ma ne avevano bisogno. Avevano bisogno di quegli attimi di spensieratezza, avevano bisogno di ricordare che erano degli adolescenti, che la loro vita non si riduceva a morte e distruzione.
Scott si appisolò appoggiandosi al finestrino.
Stiles tentò di addormentarsi visto che i suoi turni alla guida erano terminati.
La sua mente vagava come sempre. Guardava il panorama scorrergli d’avanti agli occhi. Stava pensando a tutti i suoi amici, a quello che stavano passando. Pensava a quanto odiasse la vita per aver creato le circostanze in cui si trovavano in quel momento. Man mano andavano avanti, cresceva in lui l’agitazione. Si stavano avvicinando a New Orleans. Avrebbero avuto a che fare con la Lupa. Avrebbe rivisto Derek. Era assurdo che in tutta quella situazione, con il caos che erano costretti a vivere, lui non riusciva a non pensare al momento in cui si fossero rivisti negli occhi. All’imbarazzo che avrebbe provato per il messaggio che gli aveva mandato in un momento di sconforto e libertà.
E il fatto che Derek avesse insistito affinché Malia andasse da sola lo metteva ancora più in crisi. Voleva tenerli al sicuro? O non voleva vederli? Erano diventati un peso per il lupo ora che aveva raggiunto la sua vera essenza, il suo pieno potere? Magari non erano altro che ragazzini per lui ormai. Probabilmente lui non era niente, per Derek, ormai. Chiuse gli occhi lentamente, cercando di dormire almeno per quelle tre ore di viaggio che erano rimaste.
Una lacrima scese sul suo volto. Tutto lo stress, l’ansia, l’agitazione, la paura, l’angoscia di quei pensieri erano racchiusi in quella lacrima, in quell’unico sfogo nascosto che Stiles si stava concedendo di avere.
Forse lui non era niente, per Derek, ormai. 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Era passata una notte intera e quasi tutta la giornata seguente da quando Derek aveva sentito lo spiffero d’aria nel muro. Nella camera blindata c’erano sia un water abbandonato che un lavandino mezzo rotto. Lavandino da cui bevevano e di cui si servivano per lavarsi, nonostante l’acqua scendesse con un flusso flebile e quasi inesistente. Nelle settimane in cui erano stati rinchiusi, sia lui che Deaton avevano cercato di capire dove si trovavano. Una vecchia prigione? Oppure il tutto era stato magicamente costruito da quel Matthew che la Lupa si portava dietro? Una minuscola finestrella con tanto di sbarre intrise di strozzalupo faceva capolino all’estremità alta delle lunga mura. Una luce opaca entrava dallo spiraglio, doveva essere quasi sera. Doveva essere quasi il momento, pensò Derek.
Deaton era sdraiato su un fianco e stentava a tenere gli occhi aperti, ma Derek cercava in tutti i modi di tenerlo sveglio. Erano denutriti e stanchi, e Derek temeva che Deaton non sarebbe sopravvissuto ancora per molto. Più il tempo passava più Derek era in apprensione. Da un lato non vedeva l’ora che i suoi amici arrivassero per mettere fine a quella tortura, in un modo o nell’altro. Dall’altro lato avrebbe voluto non arrivassero mai, perché non riusciva ad immaginare cosa avrebbe provato se tutto fosse andato in malora. L’eventualità di perdere Malia, Scott, o Stiles… era semplicemente impensabile per lui. E si era pentito di essersene andato, si era pentito di essersi allontanato. Si era pentito di non essersi dato l’opportunità di provare quello che avrebbe potuto provare, di non essersi dato l’opportunità di vivere davvero. Finalmente. Dopo tanto tempo.
Ormai quei ragazzi erano la sua famiglia. Erano parte di lui. Lui era parte integrante di quel branco speciale. Perché era scappato da tutto? Per proteggerli da sé stesso e dal pericolo che lo seguiva ovunque andasse, si era detto. Ah, già, e per scappare il più lontano possibile dagli occhi di Stiles.
Ma era stato tutto inutile, perché erano ancora lì. A fissarlo, a giudicarlo, a dargli quella forza che altrimenti avrebbe perso da tempo.
In quelle ore la Lupa e Matthew erano stati quasi sempre entrambi davanti la porta, solo un paio di volte la Lupa era andata da qualche parte fuori l’edificio ed era tornata dopo qualche tempo con qualcosa da mangiare. Derek aveva iniziato a pensare che se Matthew restava sempre lì doveva esserci un motivo. Forse controllava magicamente la porta, forse non poteva allontanarsi per necessità.
Aveva pensato bene, infatti. Non bastavano solo le pareti rafforzate con il Sorbo degli uccellatori, Matthew stava indebolendo Derek con un incantesimo da quando erano lì. Era anche per questo, forse, che ci aveva messo così tanto a scavare quel buco nel muro.
Doveva disfarsi di quello stregone, doveva fare in modo che la Lupa rimanesse da sola.
“Ehi, voi! Possiamo avere qualcosa da mangiare? Deaton sverrà sul serio se non mangia qualcosa.” Urlò per farsi sentire dall’altra parte.
Silenzio.
“Se vi siete presi la briga di tenerci prigionieri entrambi vuol dire che non ci volete morti, almeno per ora. Quindi sarebbe meglio dargli da mangiare, altrimenti non avrete più due ostaggi, ma uno.” Continuò.
“Ok, ok.” Sbuffò la voce femminile dall’altra parte della porta. “Vado a prendergli qualcosa da mangiare basta che stai zitto.” Disse uscendo dalla stanza.
Passò poco più di un minuto, Derek non sapeva bene cosa fare. Voleva spaccare il muro approfittando della solitudine del ragazzo dall’altra parte, ma non voleva rischiare che tutto il lavoro fatto andasse a rotoli in un attimo. Doveva capire con cosa aveva a che fare davvero. Rimase sorpreso quando fu Matthew a parlare.
“Dovresti stare buono e evitare di far danni, sai? Non è te che vuole. Lei vuole solo sbarazzarsi della figlia.” Disse il ragazzo pensieroso. “Non c’è bisogno di spargimenti di sangue. Fatti da parte quando sarà il momento. Finirà tutto in men che non si dica e noi ce ne andremo e non ci vedrai mai più.” Continuò.
Derek restò perplesso per un attimo. Poteva sicuramente trovare un appiglio a quelle parole. Era la prima volta che Matthew parlava con lui in assenza della Lupa.
“Si può sapere perché lo stai facendo? Perché la assecondi? Una madre che vuole uccidere la propria figlia?” chiese, quasi sinceramente curioso di sapere la risposta.
“E’ una donna che vuole correggere un errore. Una donna che non sopporta il suo passato e quello che ne è derivato. Malia ha avuto la sfortuna di essere il risultato del suo errore più grande. Peter.”
Derek sospirò sentendo quelle parole. In un modo o nell’altro, i suoi guai si riconducevano sempre a suo zio.
“Ti sembra giusto che una ragazzina debba pagare gli errori di due sociopatici?” si lasciò scappare Derek.
“Lei non è una sociopatica.” Rispose indispettito Matthew.
Grazie a quel tono Derek iniziò a capire perché Matthew la stava aiutando, ne era innamorato. Gli ricordava quasi lui da giovane, infatuato di una subdola Kate che non faceva altro che usarlo per i suoi sporchi scopi.
“E mi ha salvato la vita!” continuò Matthew. “I miei genitori sono stati uccisi da Peter.”
Disse con voce ferma e fredda. “Io ero un ragazzino, avevo solo undici anni. I miei genitori non erano dei maghi. La magia nella nostra famiglia può saltare anche generazioni intere, e non sappiamo mai quando nascerà il prossimo mago. I miei poteri si sono manifestati subito dopo la loro morte, ma quando morirono ero nient’altro che un bambino indifeso. Loro erano dei cacciatori, ed ebbero la sfortuna di scontrarsi con Peter. Riuscì ad avere la meglio su di loro e stava per raggiungere anche me, quando  Amelia lo trovò e lo mandò fuori strada, per poi portarmi in salvo. Le devo la mia vita.” Terminò in un sospiro.
Derek percepì tanta tristezza in quella confessione. Perché quel ragazzo si era sbilanciato a parlarne proprio adesso che mancava poco alla riuscita del piano? Forse c’era qualche speranza di uscirne vivi.
“La donna che ami, la donna che ti ha salvato quando eri poco più di un bambino, ha tentato di uccidere sua figlia quando aveva meno dell’età che avevi tu quando ti ha salvato. Ti ha cresciuto e ora ti sta usando. Non sei un suo complice, sei il suo burattino.” Rischiò Derek.
Matthew non rispose, ma Derek sentì chiari i battiti accelerare. Forse era stato troppo diretto, ma non aveva più tanto tempo. Doveva capire se poteva aprire uno spiraglio di umanità in quel ragazzo potente ma apparentemente inconsapevole di quello che stava davvero facendo.
“Puoi evitare che una ragazza innocente perda la vita. Amelia è andata a letto con l’uomo che ha ucciso i tuoi genitori. Sarà stato anche l’errore più grande della sua vita e di cui si è pentita, ma ciò non toglie che è stato un suo errore. Malia non c’entra niente. Proprio come tu non c’entravi niente con la scelta dei tuoi genitori di essere dei cacciatori.” Disse Derek tutto d’un fiato, cercando di convincerlo.
Improvvisamente si sentì più leggero, come se si fosse liberato da catene invisibili che l’avevano tenuto legato per tutto quel tempo. Matthew non stava più usando l’incantesimo debilitante su di lui. Derek chiuse gli occhi e tirò un enorme sospiro di sollievo. Almeno non sarebbe stato debole più del dovuto in un eventuale combattimento.
“Non so perché lo sto facendo.” disse Matthew. “Sono solo così stanco di combattere per battaglie in cui non credo…”
In quel momento entrò la Lupa nella stanza, spinse il cibo attraverso una piccola finestrella infondo alla porta.
“Tieni, fai mangiare il tuo amico.”
Derek notò con sconcerto che c’era a mala pena cibo per una persona in quel sacchetto. Ma Deaton ne aveva più bisogno di lui, lo prese tra le braccia e praticamente lo imboccò, affinché si riprendesse almeno un po’.
Seppur malnutrito e stanco, si sentiva molto meglio da quando Matthew aveva mollato la presa su di lui. E pian piano sembrava riprendere le forze, come se Matthew con quell’incantesimo avesse spento la sua forza, il suo potere, ed ora che l’incantesimo non c’era più il suo vero io si stava ricaricando sempre più.
Passò un’altra ora, quasi in silenzio. Derek non sentì altro che l’accelerare del battito del cuore di Matthew. Il ragazzo era palesemente confuso, combattuto tra quella che era sempre stata la sua vita e quella che avrebbe voluto o potuto essere. Era cresciuto con quella donna, era stata per lui tutto il suo mondo, come poteva vivere senza di lei? Ma poteva davvero continuare ad andare avanti in quel mondo di crudeltà che non gli apparteneva? Derek sperava che Matthew non cambiasse idea visto che ormai si sentiva nel pieno delle sue forze, tranne per l’enorme buco nello stomaco che, adesso che stava meglio, sentiva ancora di più. Era tremendamente affamato. Ma doveva resistere, non ci sarebbe voluto molto all’arrivo di Malia e degli altri ormai. Stava tutto per finire, in un modo o nell’altro.

Un rumore assordante accompagnato da una scossa colpì l’intera stanza all’improvviso. Amelia si alzò dalla sedia e con un sorriso si avviò alla finestra. “Comincia lo spettacolo”. Disse divertita.
La macchina di Chris era ferma proprio davanti l’edificio. Chris era accanto alla macchina, con un bazuca in mano appoggiato sul tetto dell’auto. Ma non c’era segno di Malia, né di Scott o Stiles.
Matthew aveva percepito la loro presenza in città già da un po’ ma non aveva detto niente, era per questo che i suoi battiti continuavano ad accelerare. Soprattutto perché grazie alla sua magia era riuscito a mandare una sorta di avvertimento alla ragazza che non aveva più intenzione di uccidere. Malia gli ricordava quello che era stato lui, un giovane senza nessuno al mondo. Ed ora che erano vicini al compimento del piano tutti i dubbi che infondo aveva sempre avuto erano risaliti a galla prepotenti.
Non poteva permettere che quei ragazzi perdessero la vita.
Derek si sentì avvampare tutto d’un tratto. Era arrivato il momento. Aiutò Deaton ad alzarsi mettendogli un braccio sotto la spalla e trascinandolo tra il lavandino e la parete. Voleva allontanarlo il più possibile dalla porta.
Percepì l’odore di Chris appena subito l’esplosione. Si stupì riconoscendo l’odore del cacciatore, magari i ragazzi erano stati furbi e avevano mandato solo lui. Cercò di fiutare la presenza di Malia, Scott e Stiles, ma non riusciva a sentire niente. Non erano andati? Davvero? Si stupì dal briciolo di delusione che si ritrovò a provare. Subito dopo si aprì la porta che era stata chiusa per tanto tempo. Matthew gli stava facendo cenno di stare zitto e di portare via Deaton da lì.
“Dobbiamo fare in fretta. Amelia è uscita a sistemare il tizio col bazuca. E a cercare Malia. Non riesce a percepirla, pensa non sia venuta e si sta dannando…” disse il ragazzo mentre li conduceva fuori, aiutando Derek a portare via Deaton di peso. “Ma sono io che ho celato la loro presenza a tutti gli esseri sovrannaturali, con un incantesimo. Sono qui fuori, dovete andare. Subito!”
Derek aveva il cuore a mille, stava succedendo tutto troppo in fretta. Era tutto reale, stava davvero uscendo da quell’inferno. Stavano sopravvivendo per l’ennesima volta. Mentre camminavano veloci sentirono un’altra esplosione, Chris aveva portato un intero arsenale per la causa. Un pezzo di parete gli cadde vicino colpendogli un fianco. Ma Derek continuò a camminare imperterrito finché finalmente, alla fine di un lungo corridoio che portava fuori dall’edificio, li vide. Malia e Scott allungavano le mani e gli facevano segno di correre. Poco dietro di loro, Stiles era al volante di una macchina che Derek non aveva mai visto.
Lo spazio tra loro diminuiva sempre più e Derek e Matthew trascinavano il pesante e quasi privo di sensi Deaton fin quando Scott non li raggiunse e li aiutò.
“Presto, salite!” sentì Derek provenire da fuori l’edificio. La voce di Stiles. Sembrava un sogno risentire quel suono dopo tutto quel tempo di prigionia. Come se fosse finalmente libero solo dopo aver sentito la sua voce.
Fu tutto veloce, misero Deaton nel posto dietro, Derek e Scott si misero vicino a lui, Malia salì nel posto avanti.
“Andate, correte via il più lontano e il più velocemente possibile!” gli urlò Matthew poggiando una mano sul finestrino aperto di Stiles.
“Non possiamo lasciarti qui” gli disse Derek sporgendosi verso i posti avanti, sentendo il calore della nuca di Stiles poco lontana da lui. “Vieni con noi.”
“Non posso. Ho una cosa da sistemare… Andate, non perdete tempo.” Rispose Matthew frettoloso.
Prima che Stiles potesse mettere in moto, lo catturò in uno sguardo.
 “Era lui ad aver bisogno di te” si sentì dire Stiles senza che Matthew avesse aperto bocca. Matthew gli aveva mandato una sorta di messaggio telepatico, qualcosa che Stiles non riusciva a capire. Il tutto durò appena un secondo ma a Stiles parve un tempo infinito.
“Metti in moto Stiles, andiamocene via di qui, presto!” gridò Scott affannato.
Stiles si staccò dallo sguardo magnetico di Matthew, che si allontanò veloce entrando nell’edificio che cadeva a pezzi, e mise in moto.
Erano riusciti a salvare Deaton e Derek. Stiles guidava senza una meta, più veloce che poteva. Si lasciò andare ad un veloce sospiro di sollievo e guardò per un attimo nello specchietto retrovisore. Lì, incontrò gli occhi stanchi di Derek Hale.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Matthew stava correndo nel corridoio. Doveva ritrovare Amelia e impedirle di uccidere il cacciatore, sperando che a quel punto fosse ancora vivo.
Ripensò a quello che era successo in quelle ultime ore. Aveva tradito l’unica donna che fosse contata per lui da tanti anni, aveva dato il via libera ad un pensiero che covava da sempre ma che non si era mai permesso di sfiorare. Aveva smesso di usare la magia su Derek, aveva mandato un messaggio mentale ai ragazzi per avvertirli del piano di Amelia, aveva addirittura aperto la porta della cella. Non poteva più tornare indietro, ormai. Aveva solo paura di cosa sarebbe successo quando Amelia avesse capito quello che lui aveva fatto. Quando arrivò dall’altra parte dell’edificio e si affacciò alla finestra per vedere come andavano le cose, restò stupito quando si accorse che la macchina non c’era più e che non c’era traccia né di Amelia né del cacciatore. Che fine avevano fatto? Cosa aveva escogitato Amelia stavolta? Concentrò tutte le sue energie in un incantesimo di localizzazione e iniziò a seguirne le tracce. Amelia si stava muovendo, probabilmente nella macchina del cacciatore. Poteva solo sperare che lui fosse ancora vivo, e doveva scoprirlo.

Stiles stava ancora guidando senza meta e senza sosta. Si era svincolato dallo sguardo di Derek immediatamente. Non riusciva proprio a pensarci, a metabolizzare che erano davvero nella stessa macchina e che erano riusciti a fuggire tutti insieme. Si stava ancora chiedendo chi fosse quel ragazzo che li aveva aiutati, ma in quel momento non era in grado di formulare alcuna teoria, o pensiero, o domanda. Non aveva ancora aperto bocca da quando erano partiti.
Scott nel frattempo stava cercando di contattare Chris. Il piano che avevano progettato non era dei migliori. Lasciare Chris da solo ad affrontare la Lupa era stato avventato e pericoloso, ma lui aveva insistito, e loro non avevano avuto scelta.
Era successo tutto in fretta, appena arrivati a New Orleans un messaggio gli era arrivato dal numero di Derek in cui gli veniva detto che in realtà era prigioniero. C’era scritto quello che dovevano fare, dove dovevano andare, e seppur avessero temuto fosse una trappola, non avevano scelta. Serviva un diversivo che distraesse la Lupa in modo che loro potessero scappare dall’altra parte dell’edificio, tranquilli per il fatto che Matthew avrebbe occultato la loro presenza. Chris si era subito proposto per fare da esca. I ragazzi si affrettarono ad affittare una macchina. Avevano dovuto fare tutto in fretta, ma ora si erano pentiti di aver permesso a Chris di andare da solo ad affrontare la Lupa.
“Dobbiamo tornare indietro” disse Scott mentre fissava il cellulare. “Dobbiamo trovare Chris”.
Stiles stava ripensando al messaggio che avevano ricevuto da Matthew, a quando aveva saputo che era una trappola, a quando aveva saputo che Derek e Deaton erano entrambi in pericolo. Si trattenne dalla voglia di sbirciare nuovamente nello specchietto per assicurarsi che davvero erano riusciti a portarli in salvo. Che davvero era riuscito a portare via Derek da quell’inferno.
Fermò la macchina in una strada deserta. Guardò Malia accanto a lui e scese velocemente senza voltarsi verso i sedili posteriori. Appoggiò entrambe le braccia al tettuccio e mise la testa tra le mani.
Deaton aveva lentamente ripreso conoscenza ma era ancora molto debole. Malia era seduta con la testa completamente abbandonata sul sedile come se fosse la prima volta che riusciva a rilassarsi un attimo da quando aveva scoperto che la Lupa la stava cercando. Scott scese dalla macchina e si avvicinò a Stiles. Derek, per un po’, rimase seduto accanto a Deaton, ancora frastornato. Poi scese dall’auto e raggiunse Scott e Stiles.
“Mi sei mancato amico” disse Scott abbracciandolo.
Ricambiò l’abbraccio. Derek si sentiva atterrito da tutto quello che era successo, e da quello che doveva succedere. Non erano ancora al sicuro, ne era certo. Ma il fatto che fossero insieme lo rassicurò. Ancora stretto in quell’abbraccio, posò lo sguardo su Stiles che era a pochi passi da lui. “Mi sei mancato anche tu” pronunciò sottovoce, guardando fisso negli occhi Stiles. Scott si sciolse dalla presa e si sistemò la maglietta.
Stiles rimase impietrito da quello sguardo, da quelle parole che non sapeva se fossero rivolte a lui. Un brivido lo colse quando Derek fece per avvicinarsi. Ma una voce lo riportò alla realtà.
“Che cosa facciamo adesso?” chiese Scott con tono preoccupato. “Non possiamo andarcene senza Chris!”

All’improvviso sentirono un auto avvicinarsi. Era la macchina di Chris. Si sentirono immediatamente sollevati, ma durò poco. All’avvicinarsi del veicolo si resero conto che al volante c’era la Lupa, e che Chris era svenuto nel posto accanto a lei.
Amelia fermò l’auto sgommando e scese velocemente, iniziando a sparare con uno dei fucili che aveva preso dallo scompartimento nascosto nel bagagliaio. Scott, Derek e Stiles corsero subito per nascondersi dall’altra parte della macchina, Derek si infilò nei sedili posteriori e prese Deaton facendolo abbassare, trascinandolo fuori, Malia scese subito e si buttò a terra spaventata. Non avevano speranze contro quella donna pazza, ora che era armata e si teneva a distanza. Scaricò quasi l’intero fucile riducendo la macchina in uno scolapasta.
“Datemi Malia, tutti gli altri possono andarsene!” gridò Amelia. Stiles e Scott si scambiarono uno sguardo complice, in qualsiasi caso non si sarebbero arresi, non avrebbero mai e poi mai consegnato Malia a quella sociopatica. Ma improvvisamente Malia si alzò, di scatto, e corse allo scoperto.
“Ok, mi hai presa, lascia andare gli altri.” Disse lei guardando per la prima volta sua madre negli occhi. Amelia abbassò il fucile. Si avvicinò allo sportello di Chris e lo trascinò fuori dall’auto buttando a terra il corpo privo di sensi.
“Malia, torna indietro!” Urlò Stiles invano. Ma era troppo tardi, Malia si stava avvicinando alla macchina di Chris, trovandosi ad un passo dalla madre.
Scott senza pensarci corse verso di loro, e Amelia lo colpì al petto con le ultime pallottole che erano rimaste nel caricatore.
Da quel momento il caos regnò sovrano. Stiles corse sul corpo caduto a terra di Scott. Malia aggredì Amelia, disarmandola e iniziando a lottare corpo a corpo. Derek lasciò cadere Deaton e si avvicinò a Scott, mettendogli una mano sulla spalla. Appena lo sfiorò la sua mano iniziò ad assorbire il dolore che Scott stava provando. Era messo male, stava soffrendo come mai prima di allora. Stiles alzò la maglia per cercare di capire dove fossero i colpi delle pallottole, e vide quel che rimaneva della fasciatura, tutta insanguinata. Rimase sconvolto quando capì che la ferita non si era mai rimarginata, e che Scott aveva sofferto per tutto quel tempo senza fargliene parola. A quel punto Stiles mise una mano su quella di Derek.
“Fa’ qualcosa, ti prego…” lo supplicò con le lacrime agli occhi. “Salvalo!”
Derek rimase immobile. Guardò Stiles e gli mise l’altra mano sulla sua. “Andrà tutto bene.” Riuscì a dire.
Nel frattempo Malia stava ancora lottando contro sua madre. Chris a terra riprese conoscenza e si alzò lentamente con la testa che pesava come un mattone.
Derek stava assorbendo tutto il dolore di Scott. Voleva fare quello che aveva fatto per Cora, e non gli importava di rischiare di perdere il suo status di vero lupo. Doveva aiutarlo, doveva salvare Scott, doveva farlo, anche per Stiles. Pian piano le ferite di Scott sembravano rimarginarsi, mentre Derek assorbiva sempre più dolorosamente tutto il male che gli era stato fatto.
“Devi fermarti!” gli urlò Stiles. “Finirai per ammazzarti! Ti prego fermati!”
Derek si appoggiò  su Stiles, senza lasciare la presa dalla mano di Scott, fin quando quest’ultimo ruggì aprendo gli occhi di un color rosso fuoco. Derek si accasciò totalmente su Stiles, non reggendosi più da solo, completamente senza forze.
Stiles lo guardò spaventato. “Derek! Derek!” gridò mettendogli le mani intorno al viso.
Derek aprì gli occhi e lo guardò. “Andrà tutto bene…” sussurrò.
A Stiles tornò in mente il mantra che lo aveva assillato negli ultimi tempi. “Il morso è un dono…” Mentre guardava negli occhi Derek, riuscì a pensare solo ad una cosa. Non c’era bisogno di ricorrere al morso per proteggere sé stesso, o suo padre, o i suoi amici. Non era il morso il dono.
“Tu sei un dono” sussurrò appena, non sapendo se Derek l’avesse sentito o meno.
In quel momento sentirono l’urlò di Malia. Amelia l’aveva fermata a terra con le mani alla gola. Stava per strangolarla. Chris tentò di fermarla ma ad Amelia bastò una mano per strattonarlo e spingerlo lontano. Stiles era inerme, con un Derek troppo debole anche per muoversi, tra le sue braccia. Scott si alzò da terra.
Era completamente guarito. Anche la vecchia ferita era scomparsa. Derek l’aveva salvato.
Per la prima volta in vita sua, Scott pensò seriamente che l’unica soluzione possibile per uscire da quella situazione fosse l’omicidio. Doveva fermare quella donna, doveva mettere fine a quell’incubo.
Si precipitò sulla donna scagliandola via da Malia che rimase immobile priva di sensi. Stiles poggiò lentamente la testa di Derek a terra e corse da Malia, facendole la respirazione bocca a bocca. Malia tossì e riprese conoscenza, guardandosi intorno spaventata. Scott stava lottando contro sua madre e Malia temeva il peggio.
Scott riuscì a tener testa alla Lupa, e proprio mentre stava infliggendole quello che sembrava sarebbe stato il colpo finale, entrambi caddero a terra con un forte mal di testa, quasi immobilizzati da una forza più potente di loro.
“Non è compito tuo!” La voce di Matthew tuonò da poco lontano. Era finalmente riuscito a localizzare la posizione precisa di Amelia. La donna lo guardò paralizzata, con un espressione stupita e sconvolta. Quasi spaventata.
“Ti ho permesso di andare troppo oltre…” disse Matthew una volta che le fu vicino. “Non farai più male a nessuno”.
Dopo quelle parole, Amelia chiuse gli occhi, sembrava essere caduta in un sonno profondo. Matthew cadde a terra stordito, come se avesse consumato gran parte del suo potere per fermare una volta per tutte la donna che era stata, in tutto e per tutto, la donna della sua vita.


 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Erano ancora tutti sconvolti per quello che era successo. Dovevano rimettersi in sesto, capire cosa fare.
Chris si era rialzato andando a controllare lo stato di Deaton. Stiles e Malia corsero a soccorrere Derek ancora steso a terra privo di sensi. Scott si precipitò ad aiutare Matthew che era rimasto senza forze.
“Che cosa le hai fatto? E’… è morta?” Chiese allo stregone.
“Si… l’ho uccisa…” rispose Matthew incredulo ma finalmente libero.
Derek respirava ancora, ma sembrava come in coma profondo, non rispondeva e non dava segni di vita.
“Ehi, tu!” urlò Stiles verso Matthew “Puoi fare qualcosa per lui?” chiese in una supplica.
Matthew si avvicinò e si abbassò su Derek. Poggiò una mano sul suo cuore e si concentrò.
“Sta bene.” Disse con voce calma. “Si riprenderà presto da solo, non dovete preoccuparvi.” Continuò rivolto verso Stiles e rassicurando gli altri che tirarono un sospiro di sollievo. Stiles si asciugò frettolosamente le lacrime che erano spuntate ai suoi occhi.

Matthew si presentò con il resto dei ragazzi, visto che prima non c’era stato modo. Deaton, finalmente in piedi, gli mise una mano sulla spalla.
“Grazie ragazzo, ci hai salvato la vita. A tutti noi” gli disse riconoscente. Matthew gli porse un sorriso sincero. Era ancora molto combattuto per quello che aveva fatto. Ma sapeva, adesso, di aver preso la giusta strada, di aver fatto la scelta giusta.
“Cosa ne facciamo di quella?” chiese Scott guardando la macchina distrutta dai proiettili.
“Potrei sistemarla…” disse Matthew imbarazzato. Era sempre titubante quando doveva mostrare la portata del suo potere. Era una cosa straordinaria, e fino a quel momento l’aveva usato solo per assecondare i piani malefici di Amelia. Pensare a cosa avrebbe potuto fare, a tutto il tempo sprecato, lo fece rabbrividire.
“Ci faresti un gran favore” rispose Chris sorridendo.
La macchina tornò come nuova in un istante. A quel punto dovevano decidere solo cosa fare. Con Derek in quelle condizioni non se la sentivano di partire immediatamente per Beacon Hills. Decisero di fermarsi in un motel.
Ma prima, Matthew doveva sbarazzarsi del corpo di Amelia.
“Sei sicuro di volerlo fare da solo?” gli chiese Malia. “E’ stata una madre più per te che per me… ma capisco che probabilmente sono io la fortunata in questo caso.” Continuò. “Ti accompagno, se vuoi…”
“Non preoccuparti. Se non ti dispiace, preferisco occuparmene da solo” rispose Matthew. “Mi dispiace di essere arrivato a questo punto, avrei dovuto fermarla molto prima.” Sussurrò con gli occhi bassi.
“Non scherzare, tu ci hai salvato la pelle!” disse lei volendolo rassicurare.
Matthew scomparì davanti ai loro occhi, portando con sé il corpo della Lupa. Prima di sparire però gli aveva dato l’indirizzo di un motel vicino.
Quando arrivarono, c’erano solo tre stanze disponibili: una tripla e due doppie.
Decisero di fare andare Chris e Deaton in una stanza; Derek e Matthew in un'altra e Scott, Malia e Stiles nella tripla.
Al momento dell’arrivo Derek non era ancora cosciente.
“E’ che… ha alzato un po’ il gomito!” disse Stiles al proprietario che li fissava curioso mentre loro trascinavano Derek di peso per la hall. Lo misero in uno dei due letti della sua stanza. Stiles iniziava a chiedersi quanto tempo ci sarebbe voluto prima che riprendesse conoscenza.
In quel preciso momento Derek aprì gli occhi, tentando di alzarsi frettolosamente.
“Ehi, ehi! Calmo, sta giù!” lo intimò Scott trattenendolo.
“Stai bene!” disse Derek quasi più a sé stesso che a Scott.
“Si, sto bene. Grazie a te. Mi hai salvato!” lo ringraziò.
Derek si guardò intorno, erano tutti lì. Stiles era proprio accanto a lui e lo guardava come se avesse un miracolo d’avanti agli occhi.
“Ho una fame da lupi” disse improvvisamente Derek, suscitando l’ilarità generale.
“Oh si, andiamo a mangiare vi prego” ribatté Deaton.
Derek si appoggiò a Stiles per alzarsi dal letto. Quel movimento spontaneo e naturale lasciò Stiles sorpreso per un attimo, ma subito dopo poggiò un braccio sotto la spalla di Derek e lo aiutò a percorrere la strada fino al ristorante del motel. Appena si sedettero, videro entrare Matthew dalla porta principale.
Il ragazzo era stranito, non sapeva neanche perché era tornato da loro. Sapeva solo che era solo al mondo e non aveva idea di dove altro andare.
“Sono passato solo per salutarvi” disse timido.
“Scherzi ragazzo? Ti abbiamo preso anche una stanza! Resti con noi per stanotte.” Si affrettò a dire Chris.
“Sempre se non hai di meglio da fare.” Continuò Derek porgendogli un sorriso.
Il viso di Matthew cambiò immediatamente espressione. Si rilassò e si avvicinò al tavolo, notando con piacere che avevano conservato un posto libero per lui tra Deaton e Derek.
La serata procedette in modo sereno. I ragazzi sembravano aver dimenticato, almeno per quelle pochissime ore, tutto quello che gli aspettava a Beacon Hills. Una volta finito di mangiare Chris e Deaton si ritirarono nella loro stanza, mentre Derek, Stiles, Scott, Malia e Matthew andarono tutti nella stanza tripla per continuare a parlare.
Matthew iniziò a raccontare la sua storia, si lasciò andare e si sfogò raccontando aneddoti su Amelia che avrebbero fatto rabbrividire chiunque. Si rese conto che era stato vittima della sindrome di Stoccolma per praticamente quasi tutta la sua vita.  Ad un certo punto della serata Derek decise di andare nella sua stanza. Era stanco morto e aveva bisogno di fare una doccia, di stendersi e dormire su un letto vero dopo le settimane passate in una cella. Non ce l’aveva con Matthew per quello che aveva fatto. Sapeva cosa significava stare alla mercé di una donna potente e manipolatrice, a maggior ragione se lei aveva rovinato la mente di quel ragazzo da quando era solo un bambino di undici anni.
Scott stava mandando un messaggio a sua madre e Malia parlava ancora con Matthew. Stiles nel frattempo mise il telefono sotto carica e appena lo accese trovò quattro chiamate perse da parte di Parrish. Nonostante l’ora tarda, decise di telefonargli per sapere cosa era successo.
“Stiles, diamine, vi ho chiamati  mille volte! State tutti bene??” chiese Parrish senza neanche salutare.
“Si, stiamo tutti bene! Cosa è successo”? replicò Stiles in ansia.
“Qualche ora fa Lydia ha urlato. Un urlo da Banshee.” Disse Parrish in preda all’amarezza. “Credevo che qualcuno di voi…”
“In realtà Scott è stato in pericolo, ma Derek l’ha salvato. E poi, la Lupa è morta!” rispose Stiles, non credendo ancora a tutto quello a cui erano sopravvissuti.
“Oh meno male. Sono stato nel panico più totale per praticamente tutto il giorno! Comunque Lydia sembra stare meglio. Per quanto possa stare meglio qualcuno in quel luogo infernale. Perlomeno non è più catatonica. Quell’urlo l’ha svegliata.” Disse tutto d’un fiato.
Stiles tirò un enorme sospiro mentre si passava una mano tra i capelli. “Grazie Parrish. Davvero.”
“E’ mio figlio quello con cui stai parlando al telefono?” sentì gridare dall’altro capo del telefono.
“Stiles, stai bene? State tutti bene?” chiese lo sceriffo afferrando il cellulare di Parrish dalle sue mani.
“Si, papà, stiamo bene! Ti avrei chiamato ma mi era morto il telefono! Abbiamo preso una stanza in un motel ma ripartiamo domattina!” rispose Stiles, rasserenato dalla voce familiare del padre.
“Oh figliolo. Mi farai venire un infarto prima o poi… Chiamami mentre siete in viaggio, tienimi aggiornato.”
“Si papà, tranquillo. E’ tutto finito. A domani, salutami Parri-“ ma non riuscì a terminare la frase visto che il padre aveva già riattaccato. Era ancora arrabbiato con lui per essere partito, lo sapeva, ma aveva dovuto farlo. Una prova del perché era a dormire nella stanza accanto.
Stiles tornò dagli altri e notò che stavano bevendo un tè, aggiornò Scott e Malia sulle novità di Lydia e fece per risedersi, quando Matthew lo fermò.
“Vai a vedere se Derek vuole un po’ di tè” gli disse. “Tieni, prendi la mia chiave”.
Stiles non discusse. Prese una tazza, la riempì e si avviò verso la stanza di Derek. Prima bussò piano, non ricevendo risposta aprì la porta con la chiave. Poteva sempre lasciargli il tè sul comodino, pensò.
“Derek, sei sveglio?” sussurrò piano. La stanza era quasi totalmente al buio, a parte le luci che provenivano dagli spiragli tra le tende della finestra.
Non ricevette nessuna risposta. Si avvicinò al letto in cui Derek era sdraiato, appoggiò la tazza sul comodino vicino e si avvicinò al ragazzo addormentato.
Gli mise una mano sulla fronte, voleva sentire se stava bene, dopo tutto quello che era successo.
Era bollente, poteva essere una cosa da lupo però.
“Sto bene Stiles.” La voce di Derek, bassa e profonda, riscaldò la stanza. Stiles si staccò immediatamente da quel contatto fin troppo intimo.
“Ti ho portato un po’ di tè” balbettò.
Derek si voltò guardando la tazza sul comodino, alzando un sopracciglio e sfoggiando un sorriso appena accennato.
“Grazie, ma non dovevi.” Gli disse.
“Oh, figurati, non è niente.” Rispose Stiles mettendosi una mano dietro la nuca.
“No, sul serio. Non dovevi. Non mi piace il tè.” Ribatté Derek ridendo.
Stiles rise abbandonandosi sul letto accanto a quello di Derek, diviso solo dal comodino in mezzo a loro.
“Volevo… volevo solo sapere come stavi. Mi hai spaventato da morire là fuori oggi.”
“Stavo facendo quello che tu mi avevi chiesto di fare…” disse Derek sistemandosi sul letto per sedersi con la schiena appoggiata allo schienale. “E poi, non potevo lasciare che Scott morisse.” Sentenziò.
Stava facendo quello che io gli avevo chiesto di fare…pensò tra sé e sé.
“E poi è andato tutto bene, no?” lo guardò Derek sorridendo.
Stiles rimase senza fiato per un attimo. Si soffermò a guardare quell’uomo d’avanti a lui. La barba più lunga di come l’avesse mai avuta, a causa delle settimane di prigionia. Gli occhi palesemente stanchi ma magnetici. Quegli occhi che non erano mai usciti dalla sua testa.
“Per fortuna, si.” Sussurrò Stiles.
Si sdraiò sul letto con entrambe le mani dietro la nuca. Non sapeva cosa dire ma non voleva uscire da quella stanza. Non avrebbe voluto uscire mai più.
“Sono contento che siamo riusciti ad uscirne tutti vivi.” Disse dopo qualche secondo di silenzio.
“Già, anche io. Stavo per perdere la speranza. E poi sapevo che anche voi avevate bisogno di me… di aiuto.” Il silenziò cadde per un attimo nella stanza.
Si riferiva al suo messaggio. Stiles arrossì, ma sperò che l’oscurità della stanza celasse il suo imbarazzo. A poco serviva, visto che Derek poteva percepire il suo cuore andare a mille.
“A proposito, cosa sta succedendo a Beacon Hills? Perché avevate bisogno di me?” chiese Derek cercando di ignorare il cuore di Stiles che gli batteva nelle orecchie come un martello pneumatico.
Stiles si voltò verso Derek, poggiando la testa sul cuscino. Iniziò a raccontargli tutto. Gli parlò dei Dottori del Terrore, di Theo, delle chimere, di quello che era successo a suo padre, della situazione con Malia, con Scott. E gli raccontò di Donovan.
“Ma è stato un incidente. Giuro. Non avrei mai voluto che andasse a finire così.”
“Ti credo.” Gli disse subito Derek, senza alcuna esitazione. Si sistemò con il viso sul cuscino proprio come aveva fatto Stiles. La stanchezza iniziava a farsi sentire, per entrambi. Stiles all’udire di quelle parole chiuse gli occhi per quello che gli sembrò un attimo, si rilassò completamente, come se parlare con Derek avesse dato un senso a tutto quello che era successo in quegli ultimi mesi. Come se avere la sua comprensione gli permettesse di perdonarsi, una volta per tutte.
“Lo pensi davvero?” disse Derek all’improvviso.
Stiles riaprì gli occhi, trovando Derek a fissarlo. Solo la distanza di un comodino li separava.
“Cosa?” chiese lui.
“Che sono un dono…” rispose Derek con voce bassa.
Stiles rimase di sasso. Non pensava che l’avesse sentito. Invece eccolo lì, a chiedergli se pensava davvero che quell’uomo splendido, forte, altruista e coraggioso fosse un dono.
“Lo penso… davvero.” quasi bisbigliò distogliendo lo sguardo per evitare l’imbarazzo. Ma ormai era troppo tardi. Rialzò gli occhi e trovò quelli di Derek ad accoglierli. Sembravano casa.
Derek rimase senza parole, e il solito Stiles sarcastico che aveva sempre la battuta pronta lasciò spazio ad uno Stiles nuovo, una Stiles che non aveva più parole da dire.
Rimasero in quel modo, in quella posizione, a guardarsi negli occhi finché non si addormentarono.

“Toc, toc, sveglia! Dobbiamo partire!” Stiles sentì una voce da fuori la stanza. Matthew aveva bussato velocemente e si era allontanato subito dopo.
Che ore erano, cosa era successo, si erano addormentati?
Stiles si alzò dal letto e vide la luce del sole filtrare dalla finestra. “Ehi, Derek. Svegliati. Dobbiamo prepararci, è ora di partire.”
Senti Derek ringhiare piano nel sonno mentre si contorceva nel letto. Gli mise una mano sulla spalla.
“Derek… svegliati” riprovò.
Derek aprì finalmente gli occhi. Guardò la mano di Stiles sulla sua spalla, poi lo riguardò negli occhi.
Stiles rimase a guardarlo per un attimo, gli sorrise come per ringraziarlo tacitamente per la serata prima, per averlo ascoltato, per averlo capito. Poi si allontanò per andare nel bagno della stanza.
Derek si sedette in mezzo al letto e rimase pensieroso per un attimo. “Si torna a Beacon Hills.” Disse tra sé e sé mentre Stiles apriva il rubinetto del lavandino.
Era il momento di tornare a casa.  

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Stiles lasciò Derek a prepararsi ed uscì dalla stanza, si avviò verso la camera tripla in cui avrebbe dovuto dormire.
Trovò Scott seduto sul letto che si allacciava le scarpe, mentre nel bagno qualcuno stava facendo la doccia.
“Ehi amico, che fine hai fatto ieri sera?” gli chiese Scott.
“Alla fine mi sono addormentato come un idiota in stanza di Derek” rispose Stiles sperando che Scott non indagasse oltre. Non che ci fosse qualcosa da nascondere, avevano passato la serata a parlare, ma per Stiles era stato un momento importante. Si sentiva più leggero, più vivo, come se tutto potesse andare meglio da quel momento in poi. Era stato semplicemente rigenerante.
“L’avevamo intuito!” sorrise Scott. “Vieni, ti aggiorno sulle ultime novità.”
Scott gli spiegò che Chris era già uscito per riportare la macchina che avevano noleggiato alla concessionaria. Matthew e Deaton, invece, erano andati a recuperare le auto di Derek e Deaton che, a detta di Matthew, Amelia aveva tenuto pensando di poterle rivendere e racimolarci qualche soldo, quando tutto quel casino sarebbe finito. “E Matthew ha deciso di venire con noi, almeno per il momento.”
“Oh bene, sono contento… e già mi stavo scervellando per capire come riuscire a viaggiare tutti insieme nella macchina di Chris” disse Stiles sedendosi su uno dei letti liberi. Sentì il rumore del getto d’acqua della doccia provenire dal bagno della stanza. “Lei come sta?” chiese sottovoce.
“Guarda che ti sento” sentì urlare da sotto la doccia. “Coyote mannara, ricordi?! Sto bene Stiles!” sentenziò.
Scott e Stiles si scambiarono uno sguardo sereno. Avrebbero avuto modo di parlare con Malia, ma sapevano che in un modo o nell’altro sarebbe stata bene, nonostante la morte della madre. Nonostante la lotta, nonostante il fatto che quella donna aveva provato a strangolarla.
Sarebbe andato tutto bene, Stiles ne era sempre più convinto. Sempre se fossero riusciti a sopravvivere ai Dottori del Terrore.
Derek bussò alla porta della stanza. “O partiamo immediatamente, o devo andare a comprare dei vestiti” disse sentendosi stanco di quella roba che aveva indossato fin troppo a lungo.
“C’è un negozietto quei accanto, Deaton ci è già passato e ti ha comprato un jeans e una t-shirt” gli disse Scott aprendo la porta e porgendogli gli indumenti con un sorriso.
“Potevi anche dirmelo prima!” ribatté Derek prendendo i vestiti e tornando nella sua stanza.
Quando tornò sembrava un uomo nuovo. La maglia era leggermente larga ma Derek era una visione, in ogni caso.
“Allora, siamo pronti?” chiese guardando gli altri.
In quel momento Malia uscì dal bagno, vestita e pronta per andare nonostante i capelli umidi.
“Stiamo aspettando Deaton, Chris e Matthew! Ho un ottima notizia per te, la tua macchina è ancora viva!” gli disse Scott dandogli una pacca sulla spalla e accompagnandolo fuori la porta. Stiles e Malia li seguirono.
I ragazzi aspettarono per una decina di minuti nella hall dell’albergo, pagarono il conto appena gli altri tornarono. Era ora di partire, c’era solo da capire come dividersi nelle varie macchine. Avrebbero dovuto fare delle soste più lunghe stavolta visto che fare i turni per guidare tre macchine era impossibile.
All’inizio Scott andò con Deaton, Matthew con Chris, Malia e Stiles con Derek.

“Grazie Derek” disse Malia dopo pochi minuti di viaggio. “Non riesco a credere a tutto quello che hai passato per catturare mia madre.” Continuò guardandolo dallo specchietto retrovisore.
Derek contraccambiò lo sguardo e sorrise. “Quella donna doveva essere fermata, anche se io alla fine ho fatto ben poco. Se non fosse stato per Matthew… E poi, sei pur sempre di famiglia, no?” le disse continuando a sorridere. Quella era la prima volta in cui Malia era davvero contenta di essere una Hale.
Stiles era seduto nel posto avanti, vicino a Derek. Si sentì quasi invadente in quel momento, come se stesse disturbando un momento intimo. E si sentì ridicolo, quando alle parole di Derek per Matthew provò un pizzico di gelosia. Si girò i pollici e guardò fuori dal finestrino.
“Sai, è un po’ grazie a te, o meglio ad un tuo messaggio mancato, che ti ho chiamato e poi è successo tutto.” Continuò Malia.
Oh no pensò Stiles.
“In che senso?” chiese Derek curioso.
“Eravamo in una zona grigia da giorni, non parlavamo più tra noi… poi sono andata a studiare a casa di Stiles e lui mi ha chiesto di te, era preoccupato perché non gli avevi risposto ad un messaggio… allora per rassicurarlo sul fatto che non avevi cambiato numero e che ti avevo sentito qualche settimana prima ho dovuto raccontare tutta la verità su dov’eri. Probabilmente saremmo ancora tutti a Beacon Hills senza sapere niente e voi sareste ancora prigionieri se non fosse stato per quella conversazione” finì lei.
Stiles si mangiò le mani. Grazie Malia pensò tra sé e sé.
Derek non disse niente per un istante. “Beh, dobbiamo ringraziare la paranoia di Stiles allora!” concluse nascondendo un sorriso.
Derek dopo un po’ accese la radio e lasciò sulla prima stazione che trovò.
“Seriamente?” lo guardò Stiles “musica country?”
“E’ la prima stazione che ho trovato Stiles” gli rispose Derek sbuffando.
“Allora non ti dispiacerà se cambio…” fece Stiles avvicinando la mano alla radio. Derek lo guardò in cagnesco e quasi ringhiò, il solito lupo rude e brontolone. Quanto gli era mancato.
“Ok ok, lasciamo il country” si ritirò Stiles sorridendo. “Ti facevo più tipo da metal rock depresso in stile emo” gli disse scherzando. Derek ringhiò di nuovo, ma soffocò una risata.
Il viaggio continuò tranquillo, tra le varie soste e le dormite di qualche ora in macchina. Stiles ad una delle varie fermate cambiò macchina per dare il cambio alla guida a Deaton, mentre Matthew prese il posto di Chris. Derek continuò a guidare per tutto il tempo, fortunatamente era difficile che si stancasse o perdesse lucidità dopo aver mangiato e dormicchiato durante le soste. Arrivarono a Beacon Hills quasi due giorni dopo, di sera. La prima tappa fu casa di Scott, dove si erano dati un punto di ritrovo in caso si fossero persi nell’autostrada.
Appena arrivarono d’avanti casa di Scott, rimasero tutti sconvolti dal trovare Theo seduto sulle scale del portico.
“Theo, che diavolo ci fai qui?” chiese Scott scendendo dalla macchina. “Dov’è mia madre?”
“Tranquillo, è di turno! Ero solo curioso di sapere quando sareste tornati, un uccellino mi ha detto che eravate di ritorno e volevo accogliervi come si deve.” Disse Theo con un sorrisino smorzato.
Derek scese immediatamente dalla macchina. Si fiondò su Theo e gli diede un pugno.
“Questo è per Stiles!”
Altro pugno, “Questo è per Lydia!”
“E questo è per Scott!”. Al terzo pugno Theo cadde a terra.
“Oh bene, abbiamo un nuovo giocatore in città” disse Theo divertito asciugandosi un rivolo di sangue che gli scorreva dal labbro. “Tranquilli, non sono qui per giocare, il tempo dei giochi è finito. Ora si fa sul serio. Volevo solo avvertirvi… E’ il caso che vi prepariate.” Concluse alzandosi e andandosene a passo veloce.
“Odio già quel ragazzino” sbruffò Derek. Tutti rimasero un attimo basiti dall’accaduto. Il tempo dei giochi era finito, questo significava che fino a quel momento Theo aveva giocato? Cosa aveva in mente ancora? Cosa li aspettava?
Non era il momento di pensarci, erano tutti stanchi, avevano bisogno di riposare. Scott chiamò sua madre per accertarsi che stesse davvero bene, e ne ebbe fortunatamente la conferma. Rientrò e salutò gli altri.
Deaton se ne andò a casa. Chris disse a Matthew che avrebbe potuto dormire a casa sua, e propose a Malia di accompagnarla.
Rimanevano Stiles e Derek. “Ti accompagno a casa?” chiese Derek mentre si avvicinavano alla macchina.
“Oh, ok.” Rispose Stiles seguendolo.
Mentre erano in macchina, Stiles chiamò il padre per avvertirlo che erano arrivati sani e salvi.
Il padre era alla stazione di polizia, aveva il turno di notte anche lui.
“Passo in centrale a salutarti?” chiese Stiles facendo cenno a Derek di rallentare per capire dove doveva accompagnarlo.
“No tranquillo, vai a casa a riposare. Se ti serve a stare più sereno, ti sveglio appena torno a casa.”
“Bene, a dopo allora.” Concluse la telefonata.
Appena svoltarono nel vialetto di casa, Stiles si illuminò. La jeep era parcheggiata di fronte a casa sua. Derek fermò la macchina e Stiles si precipitò fuori.
Aprì lo sportello e controllò se fosse tutto a posto. Sul cruscotto trovò un foglietto piegato, lo lesse subito.
“Volevo farti una sorpresa, è costata una fortuna e varrà come regalo di compleanno per almeno i prossimi dieci anni, ma sono riusciti a ripararla. Trattala bene. Papà.”
“Oh mio Dio non ci credo, avevo completamente perso le speranze!” esclamò Stiles abbracciando il manubrio.
Derek nel frattempo era sceso dalla sua macchina. Fissava Stiles sgomento. A volte dimenticava che era solo un ragazzino, un adolescente costretto ad affrontare cose più grandi di lui. E si meravigliava a vederne la gioia spontanea per una cosa così semplice. Era solo una macchina infondo, ma era speciale per Stiles, Derek l’aveva capito da sempre.
“Io… pensavo di averla persa per sempre.” Disse Stiles scendendo dalla macchina e guardando Derek che lo stava fissando. Si stava riferendo ad entrambi e nemmeno se ne rendeva conto. Preso da uno slancio d’entusiasmo, tese automaticamente le braccia e avvolse il corpo di Derek che rimase immobile, pietrificato per un attimo. Poi ricambiò l’abbraccio stringendogli le mani intorno alla vita.
Non c’è niente di male, è solo un veloce abbraccio, anche Scott l’ha abbracciato pensò Stiles.
“Mi sei mancato” si lasciò sfuggire con voce soffocata mentre la sua testa spariva tra la spalla e il collo di Derek.
“Mi sei mancato anche tu” rispose Derek, finalmente dicendo quelle parole alla persona a cui avrebbe voluto dirle fin dall’inizio.
“Sei tu il vero dono…” continuò infine con un filo di voce.
Stiles dopo aver sentito quelle parole si aggrappò a quell’abbraccio come mai avrebbe creduto di poter fare. Come se Derek fosse un porto sicuro e lui una nave in mare durante una tempesta.
L’avventura a New Orleans era finita, chissà cosa li aspettava a casa. Avrebbero dovuto avere a che fare con i Dottori del Terrore, con le chimere, con Theo. Avrebbero dovuto capire cosa fare per aiutare Lydia una volta per tutte.
Ma in quel momento scomparì tutto, solo per un minuscolo attimo.
Un attimo in cui c’erano solo loro due, in cui si abbandonarono e si persero.
Un attimo che era, per entrambi, sia una fine che un nuovo inizio.  

 

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