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Autore: RobertaShaira    12/01/2016    0 recensioni
E' la prima volta che scrivo una storia Sterek, e che scrivo una storia con più capitoli. Ho provato a restare più in carattere possibile, cercando allo stesso tempo di dare del mio e di metterci il cuore. Spero di essere riuscita a trasmettere quello che provo per questi matti perché Teen Wolf mi ha devastato l'anima :D
Genere: Azione, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Argent, Derek Hale, Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Stiles era seduto accanto al letto del padre in ospedale, con il viso totalmente abbandonato sul bordo del letto, aspettando che l’uomo si risvegliasse.
Stava bene, gli avevano detto. Si sarebbe ripreso, lo rassicuravano.
Ma Stiles non sarebbe riuscito a darsi pace fin quando non l’avesse visto con i suoi occhi.
Era stato un periodo d’inferno. A stento riusciva a riconoscersi ogni volta che passava dinanzi ad uno specchio, cercava di evitare qualsiasi superficie che potesse riflettere quell’immagine di sé che non capiva più.
Era iniziato tutto la notte in cui Scott aveva ricevuto il morso, da quel momento le loro vite erano cambiate.
Licantropi, Alpha, Beta, Omega, cacciatori, Kanima, Banshee, Druidi, combattimenti mortali, il Nemeton, Kitsune, Nogitsune, Oni, Coyote mannari, liste di morte, Berserker, Dottori del Terrore, Chimere, segugi infernali. Niente era più stato lo stesso da quella famosa notte in cui Scott, il suo migliore amico, era stato trasformato.
“Il morso è un dono”, queste parole gli giravano in testa e non sapeva perché. In quel momento, in cui tutto sembrava tranne che un dono. Lui e il suo migliore amico stavano vivendo il periodo peggiore della loro vita, neanche quando era stato posseduto da uno spirito maligno erano stati così lontani. Ma ora c’era Donovan. E c’era Theo. E la chimera che aveva avvelenato il padre. Era tutto confuso, tutto triste, tutto nero. Poco prima aveva aggredito Scott nei corridoi, e se n’era già pentito. Ma il fatto che il suo migliore amico non avesse avuto fiducia in lui l’aveva ucciso dentro. Stiles si era lentamente allontanato da tutti, anche da Malia, nonostante lei gli avesse detto che non le importava quello che era successo con Donovan. Stiles, in realtà, era l’unico che non si perdonava per quello che aveva fatto. Sapeva che spiegando quello che era successo tutti l’avrebbero capito, giustificato. Suo padre, Scott, Lydia. Ma quell’immagine allo specchio, quella che lo guardava fisso, ogni volta lo riportava con la mente alla biblioteca e al corpo impalato della chimera che voleva sbranarlo vivo. Si era difeso, in fondo. Si era solo difeso. Eppure non bastava, tutto quello che si diceva per consolarsi non serviva.
“Il morso è un dono”. Di nuovo quelle parole in testa. Perché ci stava pensando adesso?
“Non avrei ucciso Donovan se fossi stato più forte, se fossi stato in grado di proteggermi, se fossi stato come Scott. Se fossi stato come Derek.”

Una mano gli sfiorò i capelli.
“E’ tutto ok figliolo. Sono ancora qui.” Si sentì dire improvvisamente. Alzò il viso, ancora frastornato, immerso nei pensieri, credendo quasi di aver immaginato quelle parole che aveva desiderato sentire così tanto. Gli occhi di suo padre lo stavano guardando con dolcezza e rassicurazione e si sentì subito al sicuro come non si sentiva da tanto. Da quando era piccolo, da prima che la madre si ammalasse. Il suo volto si diramò, suo padre era vivo davvero, stava meglio davvero, poteva tornare a respirare.
La mente di Stiles, però, era come una macchina in avaria, non riusciva a fermarsi neanche un attimo. Continuava a pensare a tutto quello che era successo quel giorno. Il suo migliore amico finalmente sembrava credere di nuovo in lui, gli aveva detto che potevano sopravvivere a qualsiasi cosa. Ma era davvero così? Per quanto tempo sarebbe riuscito ancora a cavarsela nel mondo sovrannaturale in cui era stato catapultato?
Era stato lui a rifiutare il morso, quando Peter glielo aveva proposto.
“Non voglio essere come te” gli aveva detto. Ed era vero, l’ultima persona che avrebbe voluto come Alpha era sicuramente un pazzo omicida come Peter. Stava bene con la sua umanità, stava bene con la sua vulnerabilità. Ma forse era stata quest’umanità a renderlo il bersaglio preferito del Nogitsune? Questa sua debolezza? La sua fragilità influiva sulla sua vita? Su quella di suo padre?
Avrebbe potuto fare qualcosa di più per proteggerlo, se non fosse stato solo umano?
Come se non bastasse, ora c’era Theo a rendere tutto più complicato. Si era insinuato nelle loro vite, e fin da subito Stiles aveva capito che c’era qualcosa che non andava in quel ragazzo. Eppure nessuno gli aveva dato retta, e ora si trovavano in quella situazione. Con Theo e il suo nuovo branco di chimere resuscitate. Una delle loro ultime conversazioni lo spaventava ancora. Theo voleva lo Stiles vuoto, il Nogitsune non c’era più eppure Theo era ancora attratto da Stiles, dall’oscurità in lui, dalle sue mani insanguinate.
Stiles si alzò dalla sedia e uscì dalla stanza dove suo padre si era nuovamente appisolato. Era stanco ma non riusciva a dormire. Prese un caffè ad una delle macchinette e si sedette fuori ad un terrazzino, aveva bisogno di un po’ d’aria. Diede un occhiata al telefono. Due messaggi e tre chiamate. Tutte di Scott.
“Tutto ok? Tuo padre si è svegliato?”
“Ok mia madre mi ha detto che tuo padre è definitivamente fuori pericolo. Volevo solo sentirti, arrivo appena posso. Chris è tornato.”
Un lieve sorriso si fece spazio tra le labbra di Stiles. Scott si preoccupava ancora per lui. Scott gli voleva bene. Scott voleva davvero sistemare le cose. E si ritrovò ad essere genuinamente felice del ritorno di Chris.
In fondo tutto era andato in rovina da quando si erano separati. Chris, Derek, da quando erano andati via si erano come persi anche loro. Il fronte unito che erano stati si era dimezzato improvvisamente.
Erano tutti diversi gli uni dagli altri, eppure si erano trovati, in un modo o nell’altro, a guardarsi le spalle l’uno con l’altro. Ad essere complici. Cacciatori che rischiavano la vita per salvare i licantropi, e viceversa. Licantropi e Coyote mannari che andavano d’accordo. E poi c’era lui. L’umano. L’umano che era stato posseduto da uno spirito maligno, ed era sopravvissuto. Tutti lo avevano perdonato come se non fosse successo niente. Eppure Allison era morta. Aiden era morto. E adesso Donovan. Guardò un attimo le sue mani che avevano ancora il bicchiere di caffè in mano. E le vide insanguinate. Delle vite gravavano sulla sua coscienza, e non avrebbe mai potuto tornare indietro.
Melissa si affacciò al balconcino. “Scott è qui, e non è da solo”. Disse con un lieve sorriso sul volto.
Subito dopo Scott, Malia e Chris si fecero spazio sul terrazzino dell’ospedale.
“Siamo venuti appena possibile”, si affrettò a dire Scott. Si avvicinò a Stiles e si sedette accanto a lui mettendogli una mano sulla spalla. Chris fece dei lunghi passi verso Stiles, gli strinse la mano e se lo trascinò per un abbraccio. “Sono contento che tuo padre stia bene figliolo.” Stiles si aggrappò a quell’inaspettato abbraccio, quasi gli uscì una lacrima, pensando ad Allison e a tutto quello che Chris aveva perso da quando era arrivato a Beacon Hills. Quelle parole di conforto, quel “figliolo” detto da un uomo che aveva perso sua figlia a causa sua, lo rendevano enormemente triste e grato allo stesso tempo.
“Sono contento che tu sia tornato” bofonchiò lui slegandosi dall’abbraccio e tornando a sedersi accanto a Scott.
Malia era rimasta sullo sfondo, ad osservare la scena. Sembrava in imbarazzo, come se si sentisse di troppo. Eppure era accorsa appena Scott le aveva detto che Stiles e suo padre avevano bisogno di tutto l’aiuto possibile. Voleva bene a Stiles, questo lui l’aveva sempre saputo. E le aveva voluto bene davvero. Le voleva bene davvero. Ma in quel momento, in quella situazione, non riusciva a pensarsi legato a nessuno, neanche a sé stesso.
“Grazie.” Le disse guardandola negli occhi.
“Figurati.” Sussurrò lei accennando un sorriso che sembrava quasi una smorfia.

Dopo l’operazione lo sceriffo si rimise in piedi quasi subito. Lo fecero tornare a casa due giorni dopo e Stiles si immerse in tutto e per tutto nella sua missione: prendersi cura di lui.
“Non c’è bisogno che stai qui con me 24 ore su 24 Stiles, esci, vai, distraiti.” Cercava di convincerlo ma Stiles non si sentiva tranquillo. Non si sentiva mai tranquillo. Con i Dottori del Terrore lì fuori, e Theo che quasi lo spaventava anche di più, riusciva solo a pensare a come poteva proteggere suo padre da quella vita in cui l’aveva trascinato.
Scott era passato sia all’ospedale che a casa più volte al giorno. Era caparbio nel far capire a Stiles che non si sarebbe stancato, che lo rivoleva con sé, che niente aveva senso senza di lui. Stava lì anche senza dire niente, seduto sulla poltrona per ore, a controllare Stiles e il padre, specialmente quando dormivano. Sapeva che così Stiles si sarebbe sentito al sicuro, si sarebbe sentito protetto, e Scott mai come in quel momento aveva bisogno che Stiles si sentisse protetto. Protetto da lui.

Stiles si svegliò nel bosco, accovacciato sul Nemeton.
“Come sono arrivato qui?”, pensò tra sé e sé. Si alzò di scatto e si guardò intorno. Non c’era niente, nessuno, neanche i corpi delle chimere morte. Scott gli aveva riferito che Hayden aveva portato la polizia fin lì facendo trovare tutti i corpi rimanenti. Cercò un attimo di fare mente locale. Era a casa sua. Con suo padre e Scott. Stavano parlando degli ultimi avvenimenti. Lydia catatonica, Theo con il suo nuovo branco, Parrish che se ne andava in giro in fiamme, Liam ancora con i sensi di colpa per quello che era successo nella notte della Superluna. Poi cosa era successo? Si era appisolato? Doveva essere un sogno, per forza.
Scese dal tronco e cercò di pizzicarsi. “Ahia” urlò e la sua voce riecheggiò nel bosco. Niente, era ancora lì. Se era un sogno, era uno di quelli dai quali non riusciva a svegliarsi. Improvvisamente sentì un urlo straziante e la riconobbe subito, era Lydia. La sua amica più cara, la sua anima gemella, la sua mente affine. Cominciò a correre verso quell’urlo, correva come un pazzo, senza sosta, sbattendo su rami sporgenti e cespugli invadenti.
Si fermò appena l’urlo smise di scoppiargli nelle orecchie. Si voltò per cercare un dettaglio, un indizio, una spiegazione.
Improvvisamente un ruggito spezzò il silenzio. Ricominciò a correre, seguendo quel richiamo. Stava morendo qualcuno? Qualcuno era in pericolo? Correva correva e l’ululato non si fermava. Lo chiamava a sé come una calamita. Poi tutto d’un tratto calò di nuovo il silenzio. Stiles si immobilizzò e lo vide. Un lupo dal manto nero che si avvicinava lentamente.
Lo fissava negli occhi, come per sfidarlo, o forse perché non riusciva a staccarsi da quello sguardo magnetico. Il lupo si avvicinava sempre di più, Stiles indietreggiò di qualche passo. Non sapeva cosa pensare. Non sapeva chi o cosa quel lupo fosse. Una speranza si affacciò nella sua mente. Era tornato? Era lui? Era davvero lui? Quando Stiles sbattè con la schiena contro un albero, il lupo si fermò, a pochissimi passi da lui.
Stiles assistette allo spettacolo quasi ammaliato, il lupo si stava lentamente trasformando. Il pelo nero diventava pelle liscia e chiara. Le zampe si allungavano in muscolose gambe e braccia possenti. Il muso diventava un viso dai tratti duri e delicati allo stesso tempo.
Mentre assisteva alla scena, ipnotizzato, la voce di Lydia tornò a risuonargli nella testa. Ma non stava più urlando. Sussurrava. “Il morso è un dono.”
L’ormai uomo d’avanti a lui lo stava fissando, con un sorriso accennato e le sopracciglia alzate in un espressione spavalda. Era lui. Era davvero lui. Derek era tornato. 
   
 
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