SINAPSI

di Sanae77
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 08 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 09 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - parte prima ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - parte seconda ***
Capitolo 16: *** BETAGGI EXTRA DA RIDERE ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 ***


Istruzioni per l’uso:

Si consiglia di ascoltare almeno ‘quella’ trentina di volte Firestone Kygo feat. Conrad, anzi forse lo suggerisco come sottofondo di lettura, così uno si cala nell’atmosfera.
Ecco il link https://www.youtube.com/watch?v=9Sc-ir2UwGU

Questa storia nasce dopo aver visto il video di questa canzone, che ha come acceso una lampadina nella mia testa bacata.

E visto il suggerimento di Mari74 nella recensione a Kiss The Rain, di fare un prequel della one shot, ho pensato a lungo. Ma su Sanae e Tsubasa è stato scritto così tanto e anche bene, vedi Butterfly di Only Hope, che fare qualcosa di decente sembra davvero impossibile. Mari74, perdonami il prequel non ce l’ho fatta, ma ne ho creata una totalmente nuova che spero ti piaccia e ti soddisfi ugualmente.

Allora mi sono detta, posso provare a fare qualcosa di ‘particolare’ e grazie al video di Firestone mi è venuta l’ispirazione per questa long, che sì, è un po’ stramba, ma vi assicuro che ci sarà una spiegazione a tutto… alla fine. (sghignazza dall’angoletto)

Specifico che i fatti raccontati sono un mix tra il manga, l’anime e la mia mente, quindi segue un po’ quello che vuole in realtà, e qualcosa deve pur esser successo tra loro. Ecco io mi sono immaginata quel qualcosa a modo mio, mescolandolo con fatti ‘reali’ dell’anime e del manga.

Quindi fine del BLA BLA BLA e buona lettura, ma un minimo di presentazione stavolta ci voleva.

PS= Il numero della neuro è già in mano alla mia Beta non temete XD

Sanae77

 
***


Capitolo 01 Introduzione  

Tsubasa
Apro gli occhi sono disteso su qualcosa di morbido, mi sollevo sui gomiti e guardo intorno, di fronte a me una porta in metallo con una finestrella di vetro al centro, è chiusa. La stanza è rettangolare, fredda, grigia; alle mie spalle in alto una finestra con delle sbarre, il tutto è illuminato da un asettico neon. Il letto mi ricorda quello delle prigioni: che diavolo ci faccio qua?!
Volto lo sguardo verso destra c’è un'apertura, mi metto seduto sul letto, adesso che osservo meglio, le lenzuola sono bianche candide e sanno di pulito, tutto sembra estremamente perfetto e disinfettato, il mio naso ne avverte l’odore persistente. Mi sollevo e vado verso l’apertura, è un'altra stanzetta in miniatura della stessa forma, mi affaccio e scopro che è il bagno. A destra il wc, di fronte il lavabo con sopra uno specchio, mi avvicino per riflettermi, voltando più volte il viso e destra e poi a sinistra… decisamente ho avuto un aspetto migliore, sono pallido. Nel riflesso dello specchio vedo passare un'ombra, mi volto, ma non c’è nessuno. Un brivido percorre tutta la mia schiena.
 
Prendo un profondo respiro e torno nella prima stanza, svolto a destra e arrivo alla porta, afferro la fredda maniglia, la premo verso il basso e dopo strattono, ma capisco subito che è chiusa.
Batto forte sul vetro chiedendo a gran voce: “C’è nessuno?”.
Passano interminabili minuti, quindi provo nuovamente, ma nessuno risponde alla mia richiesta. Alla sinistra sulla parete grigia un tastierino quadrato bianco, con i numeri e un display, mentre un led in basso a destra della plastica bianca lampeggia di rosso, vicino un altro led verde, spento. È una porta con apertura numerica, senza il codice non si apre. Batto due pugni al vetro, e quando chino la testa mi rendo conto di essere vestito in modo strano, ho un paio di pantaloni larghi grigi di cotone, e una maglia sempre in cotone dello stesso colore, eppure nel pomeriggio non ero vestito così.
 
Pomeriggio? Aspetta ero con Sanae e… cerco, scavo, ogni angolo, ogni anfratto di memoria, ma non ricordo nulla: merda! Dove diavolo è Sanae?
“SANAEEE!!!” lo grido a gran voce, ma niente, nessuna risposta.
Torno al bagno e apro l’acqua, fredda, voglio lavarmi il viso, mi sento così frastornato. Giro il rubinetto dove c’è la borchia con il colore blu, simbolo dell’acqua fredda, ma non esce nulla, sollevo un attimo lo sguardo e ancora quell’ombra nello specchio, mi volto mentre sento il sudore freddo formarsi sulle mie tempie, ma anche stavolta non c’è niente.
Apro l’acqua calda e questa per fortuna esce. Congiungo le mani, le riempio di liquido quindi lo porto al volto. È calda, ma meglio di nulla.
L’acqua si fa sempre più calda tanto da far salire il vapore, tento di chiuderla, ma un sussurro mi dice: “Non chiuderla.”
Mi giro di scatto, ma non c’è nessuno. Eppure avrei giurato di sentire il soffio leggero accanto all'orecchio, ancora quel maledetto brivido mi accappona la pelle, come se fossi in una stanza al gelo.
Il vapore sale, mentre vedo comparire dei numeri sullo specchio, per l’esattezza quattro numeri 1110. Il mio sguardo si allarga, mentre la mente fa uno più uno e capisco che forse posso uscire di qua.

Praticamente mi precipito al tastierino, inserisco la sequenza, la luce rossa si spegne e si accende la verde. Il suono di un'apertura metallica mi fa sobbalzare, mentre la porta cigolando si apre di un centimetro, afferro la maniglia tiro e discosto quel tanto che basta da far passare la testa. Non ho idea di che cosa ci sia dall’altro lato, meglio essere prudenti.

Guardo a destra, poi a sinistra, in entrambe le direzioni ci sono molte porte uguali alla mia, tutto è avvolto dalla luce bluastra dei neon, che adesso vedo posizionati al centro del lungo corridoio fatto di porte. Le mie pupille percepiscono un movimento alla mia destra, mi giro e vedo una figura minuta vestita di bianco; è di spalle e si sta dirigendo verso una porta, si volta un secondo, mi sorride ed entra: è Sanae!
Il vestito la segue come una dea greca, la stoffa sembra aria, cielo, nuvole, pare impalpabile, ha una leggera cinta sotto il seno, che dona al vestito uno stile impero, in testa una coroncina di fiorellini celesti, è semplicemente stupenda: “Aspetta” le grido, mentre esco di corsa e cerco di raggiungerla.

La porta si è richiusa al suo passaggio, sono titubante, ma so, devo seguirla quindi afferro la maniglia ed entro.

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 ***


Tsubasa
Ho già visto questo luogo.
Un argine del fiume, una palla che parte e colpisce il ragazzino sulla bicicletta, lui che cade nell’acqua e che crede di affogare. È lì, la prima volta che l’ho vista. Una bambina con tenuta da maschiaccio; la fascetta rossa in testa, un viso fiero e battagliero, mi ha subito incuriosito sin dal primo istante che l’ho notata.
Sono qua che sto osservando la scena che si compie di fronte ai miei occhi, è come se stessi vedendo il film della mia vita, poi qualcosa di indefinito al mio fianco, volto leggermente la testa: è Sanae!
“Quando Manabu mi ha detto che eri stato tu a colpirlo con la palla, stentavo a crederci Tsubasa. Mi sembravi così piccolo che non potevo immaginare, una tale potenza nelle tue gambe, la prima volta che i nostri occhi si sono incrociati, mi hai subito incuriosito, ho provato subito qualcosa per te, ero troppo piccola per capire, ma quello che realmente sentivo l’ho compreso soltanto dopo” espone lei continuando a fissare la scena che continua a svolgersi di fronte ai nostri occhi.
“Sanae, dove ci troviamo? Perché siamo vestiti così? Perché ci sono tutte queste porte? Perché ripercorriamo la nostra vita?” chiedo con una punta di angoscia e con una curiosità che mi corrode lo stomaco, sono preoccupato.
Si volta, il suo viso magnifico come illuminato, è davvero bella il mio amore, mi sorride dopo parla: “Non lo so Tsubasa.”
Improvvisamente si allontana da me, si gira, come a invitarmi a seguirla, mentre afferra la maniglia di una porta la apre e scompare al suo interno.
Corro per non perderla di vista, la porta è chiusa, tra le mani la maniglia che pare non cedere ma con un po’ di forza e insistenza riesco.
Finalmente passo dall’altro lato, un altro luogo, un altro posto che riconosco.
 
Un campo da calcio, io che palleggio e parlo da solo con il pallone, so perfettamente che cosa gli sto dicendo, gli sto chiedendo il massimo appoggio per la sfida che ho lanciato al più grande portiere che io abbia mai avuto l’onore d’incontrare, quello che poi è diventato uno dei miei più cari amici: Genzo!
Chissà che cosa hanno pensato i ragazzi di me che parlavo da solo con il mio migliore amico? Lei ancora al mio fianco.
“Eri buffo Tsubasa, così minuto, ma dallo sguardo fiero, il tuo parlare con la tua adorata sfera, il tuo palleggiare. Mi hai come ipnotizzata, ti guardavo, e più ti osservavo e più m’incuriosiva il tuo modo di fare. La tua sicurezza, la tua padronanza, il coraggio nello sfidare quello spocchioso di Wakabayashi, insomma eri strano” mi dichiara.
“Già, invece io ho sempre pensato: che cosa ci fa una bambina da sola con tutti questi ragazzi? Vestita da maschio e con uno sguardo deciso? Anche tu in versione Anego mi hai sempre incuriosito” ammetto guardandola di sottecchi.
Restiamo come due spettatori a osservare la scena che si compie, io che sorrido e parto, riesco a percepire nettamente ancora le sensazioni provate in quell’istante. Sento l’adrenalina che mi scorre nelle vene come in quell’esatto momento, in cui, uno dopo l’altro, ho eluso tutti gli avversari che Genzo mi ha messo come prova prima di arrivare a lui.
Lui lo vedo come il dolce proibito, la sfida impossibile, la ciliegia in alto sulla torta, devo riuscire a batterlo e ogni giocatore che affronto, che supero, è una barriera che abbatto.
Uno dopo l’altro li affronto, li sorpasso e arrivo a lui, parte il primo tiro, ma niente, non riesco, poi qualcuno rimette la palla in gioco e io compio il mio dovere, il mio destino, quello di fare goal a lui e che mi consentirà, con lui, di giocare per il nostro paese. Quel tiro che mi ha concesso di far parte della nazionale giapponese. A quei giorni non sapevo che quello era solo l’inizio della mia brillante carriera.
Mi volto e a bordo campo sempre lei che mi guarda orgogliosa.
Cerco Sanae al mio fianco, ma è scomparsa, guardo a destra e a sinistra, ma non la vedo, in lontananza un'altra porta, che lentamente si sta chiudendo, mi alzo di scatto e inizio a correre per raggiungerla, questa però sembra più lontana delle altre, i miei muscoli si tendono mentre affretto il passo per avvicinarmi, ho come l’impressione che si stia allontanando da me.
Corro, non provo fatica, come sempre sono instancabile, arrivo alla barriera la spalanco velocemente e passo dall’altro lato.
Lo stesso corridoio dove sono entrato attraverso la prima porta che ho imboccato dopo aver visto Sanae.
Le luci bluastre infastidiscono i miei occhi, la cerco, mi giro osservo, ma non la scorgo, poi in fondo al corridoio un movimento, dei candidi veli che volteggiano per poi scomparire dietro l’angolo, corro un'altra volta a perdifiato, svolto a sinistra di fronte a me subito una parete, mi appoggio con le mani per non sbatterci contro e svolto ancora nella stessa direzione seguendo lo stretto corridoio, lei in fondo come una dea, mi soffermo, si volta: è eterea!
Sorride, si è fermata, afferra la maniglia e apre un'altra porta. Allungo velocemente il passo per raggiungerla spingo la barriera che ancora non si è completamente richiusa ed entro.
 
 
Sanae
Lui mi segue, mentre apro una nuova porta, e vedo me stessa bambina che cuce l’adorata bandiera simbolo del nostro primo contatto. Lui arriva alle mie spalle, non mi tocca, lo sento però parlare: “Ti sei impegnata tanto per quella bandiera, è semplicemente stupenda” sussurra al mio fianco adesso.
“Già, non avevo pensato di farla così grande, in realtà, facevo addirittura fatica a tenerla in mano e sventolarla, ma era venuta così bene che non ho mai pensato di ridurla e – mi volto per fissarlo negli occhi – quando dopo la partita sei venuto sotto gli spalti per ringraziarmi, ti ho visto arrossire e portarti la mano ai capelli, sei così tenero quando compi quel gesto Tsubasa, il mio cuore è esploso di gioia, credo di essere arrossita pure io in quell’istante”
 
Ricordo
La partita, l’adrenalina, la vittoria, lui che lascia perdere tutto e tutti e arriva vicino a me. Sono in alto rispetto a lui sugli spalti, s’inchina e mi ringrazia per il mio sostegno, e io esplodo, sento il fuoco ardere sulle mie gote, tanto da farmi portare le mani alla faccia, per timore che si possa vedere.
È arrivato qua solo da pochissimi giorni, ma il mio cuore ogni volta che lo vede non fa altro che perdere battiti importanti, credo che potrei morire, se continua a guardarmi e a ringraziami così. Inoltre, ha apprezzato la bandiera che con tanta fatica ho cucito per lui.
 
“Sì, Manager sei decisamente arrossita” sorride, è bellissimo. Mi afferra una mano e la porta al suo cuore, dopo esclama: “Senti il mio cuore batte ancora per te come quel giorno” un tum tum flebile viene da sotto la stoffa dove è posata la mia mano. Chiudo gli occhi e assaporo il suo ritmo, la sua vita, il suo amore. Il luogo intorno a noi inizia a girare; la scena cambia mentre la mia mente vaga ancora tra i ricordi.
 
Ricordo
… che fatica tutte queste divise, ho la cesta dei panni sporchi tra le mani quando improvvisamente ne avverto la leggerezza, alzo lo sguardo e incontro quello del Capitano. “Ti aiuto, fai sempre così tanto per noi”, involontariamente le nostre mani si sono sfiorate, entrambi arrossiamo, ho ritratto la mano come se avessi toccato il fuoco.
In quel momento la sua mano mi sembrava fuoco, per l’esattezza.
“Grazie, stavo andando alla lavanderia” esclamo.
“Allora lascia che ti aiuti a portare questo peso, ti accompagno” mi risponde.
Ed è così che, ogni volta che poteva, il Capitano mi aiutava a portare i panni in lavanderia …
 
… campo da calcio pausa degli allenamenti, sono tutti seduti a terra prendo le salviette e inizio a distribuirle, ovviamente la prima la riservo a lui. Ryo come sempre mi prende in giro: “Manager, cosa sono questi favoritismi eh?! Lui è sempre il primo, va beh che è il Capitano, ma quando lo ero io non mi trattavi così, allora che c’è sotto?” sghignazza divertito.
“Piantala Ryo” dico tirando la salvietta sul suo volto. Mi volto stizzita e vedo Tsubasa rosso come un peperone appena i nostri sguardi s’incrociano volge gli occhi a terra. È troppo carino, arrossisco anch’io e mi volto per non essere vista…
 
… corridoio della scuola, corro con i libri in mano arrivo all’angolo e sbatto contro una mia compagna, ovviamente quello che ho in mano cade al suolo, quindi mi chino a raccogliere i libri. Mentre sto prendendo tutto un'ombra mi sovrasta… dopo dolcemente parla: “Aspetta ti aiuto” è il Capitano lo riconosco dalla voce. Sollevo la testa e lo guardo mentre invece lui si china, abbiamo scelto i tempi sbagliati perché adesso i nostri volti sono pericolosamente vicini, lui avvampa, io discosto il volto e cado indietro, finendo miseramente con il sedere a terra.
Ci guardiamo e, dopo un secondo, scoppiamo a ridere, raccogliamo gli oggetti caduti e più volte le nostre mani si sfiorano, ma le lasciamo fare, consapevoli del fatto che questo contatto fugace sia bellissimo.
Si solleva e tende la sua mano verso di me, io l’afferro, è calda, salda, sicura, verrò con te ovunque Ozora, penso tra me, mentre mi aiuta a tornare in piedi…
 
… poi un giorno è arrivato quello strano ragazzino, che nel bel mezzo di una partita, come piovuto dal cielo, ha iniziato a giocare nella nostra squadra. Ryo aveva subito un infortunio durante la partita con Genzo e lui dal nulla lo aveva sostituito, facendo capire immediatamente a tutti, la sua classe innata.
Taro. Dolce, timido, riservato, sempre con il sorriso sulle labbra, e con la stessa grande, immensa, passione per il pallone.
Un bravo ragazzo che da quel giorno in avanti è sempre stato al fianco di Tsubasa, il loro gioco perfetto, millimetrico, un’intesa profonda, viscerale.
Nessuno è mai riuscito a eguagliare l’artista del campo nel gioco con Tsubasa.
Quando la Golden Combi entra in campo, nessuno ha più scampo. Loro giocano e si divertono, loro amano il calcio e ne hanno bisogno come l’aria che respirano.
Ed è proprio grazie a questo che ne è nata una profonda amicizia. Che si è protratta nel futuro…
 
Finalmente tutto si ferma e compare una strada, Ryo che rincorre Tsubasa e noi due che ci salutiamo mentre lui scappa, siamo più grandi, più cresciuti, siamo alle medie, un anno dopo è partito per il Brasile. “Eri molto più femminile dopo le elementari” afferma lui con la mia mano ancora sul cuore, mentre annuisco e sento anche salire calore alle guance, si avvicina “Ti ho mai detto che sei molto carina quando arrossisci?”.
 
Ricordo
… la punizione, siamo stati bloccati un intero pomeriggio in classe a fare compiti extra, per colpa di un ritardo mattutino. Io, per aver perso tempo con le divise, Tsubasa, per aver fatto tardi in infermeria; come al solito ieri durante una partita ha fatto una rovesciata e cadendo ha sbattuto la medesima spalla.
Con noi anche il professore, guardo più volte Tsubasa, che fuori dalla finestra osserva gli altri giocare, tra le sue gambe il suo adorato pallone, lo sta muovendo avanti e indietro, lo vedo che non ne può più, ma il rigore della nostra scuola non ci permette di fare altrimenti, dobbiamo sottostare al volere del professore.
Improvvisamente arriva il custode che parla al nostro carceriere, annuisce abbassa gli occhiali e dopo ci richiama all’ordine “Ozora, Nakazawa, devo andare dal preside, voi invece finite i compiti che vi ho assegnato, alle 17 potete alzarvi e andare a casa, controllerà il custode che non bariate sull’orario, quindi, prima di uscire, passate ad avvisarlo che andate via; così domani potrà riferire se siete stati ligi al dovere, - c’è un attimo di pausa – e che non si ripeta più un ritardo del genere… siamo intesti?!”
Ci alziamo entrambi in segno di rispetto e annuiamo all’unisono, e dopo lo salutiamo con un inchino.
Appena fuori sento sbuffare Tsubasa, mi scappa da ridere. “Ti faccio ridere Manager?” chiede incuriosito.
“Un po’ sì, non ho capito se sei più dispiaciuto di dover fare i compiti, oppure di saltare l’allenamento” dico prendendolo un po’ in giro, visto che, il pallone è la sua vita.
Porta la mano dietro la testa, quanto amerò quel gesto!? Amerò? Ma che cosa vado pensando, sento caldo alle guance.
“A proposito, mi sono distratto posso copiare i tuoi compiti?” Ammette imbarazzato.
“Immaginavo” rispondo facendo scivolare il quaderno lungo il banco, lui allunga la mano e le nostre mani si sfiorano, solleviamo lo sguardo incrociandoci, mentre sento le mie guance andare a fuoco, e osservo le sue che non sono da meno. Non ritiriamo le mani, mentre lui con gli occhi puntati nei miei mormora un flebile: “Grazie”. La prima volta che ho visto il suo rossore così da vicino è stato proprio in quell’occasione…
 
Con la mano metto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre una sua accarezza la mia guancia. “Ero felice di vederti tutte le mattine” continua. Annuisco mentre prosegue nel medesimo gesto.
Punto le mani al suo petto e mi discosto, perché ho visto un’altra porta dietro alle sue spalle: è come se mi stesse chiamando, intreccio la mia mano con la sua e lo trascino in direzione di questa. La varchiamo e vedo, noi dal medico dopo l’infortunio in campo, lui non sa quanto quel giorno avrei voluto passeggiare insieme, come tutti gli altri al parco…
Ma anche in quell’occasione il calcio ha preso il sopravvento ed è fuggito via da me per andare a vedere la partita, davvero aveva solo il calcio in testa o per lo meno così io pensavo invece poi… la scena cambia nuovamente.

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Capitolo 3
*** Capitolo 03 ***


Sanae
Un locale io seduta, ricordo perfettamente questa cosa, eccome se la ricordo. “Beh Tsubasa! Questa come la spieghi?”
“A già, sì – farfuglia è arrossito – con Kumiko ci siamo incontrati per caso e abbiamo fatto la strada insieme, niente di che, non sapevo che ci avevi visto!”
“Già, vi ho visto!” affermo un po’ imbronciata. Ricordo ancora cosa avevo provato, un misto di gelosia mescolata a invidia.
Sì, invidia perché Kumi era molto più spigliata di me.
La scena tramite un vortice cambia intorno a noi, ci aggrappiamo l’uno all’altro, perché tutto questo senso di spostamento fa avvertire una strana sensazione come se mancasse la terra sotto i piedi, come se la gravità non esistesse.
E vedo quello che io non ho mai saputo, Kumiko e Tsubasa a bordo del campo che stanno parlando, lei ha le lacrime agli occhi, non si sfiorano, ma avverto comunque un senso di fastidio.
“E questa?” la voce mi esce con un ottava un po’ troppo alta, si passa il palmo della mano su tutto il volto.
“Non agitarti vieni” m’invita, quindi ci avviciniamo ai due che stanno parlando e non posso credere alle mie orecchie mentre sento Kumiko dichiararsi a Tsubasa, e lui dopo un attimo di smarrimento le dice chiaro e tondo che è innamorato di me.
Questo non lo sapevo, resto a bocca aperta per un bel po’ visto che il Capitano a un certo punto mi fa voltare verso di lui e guardandomi dritto negli occhi esclama: “Ho sempre amato solo te”.
Inoltre mi tornano in mente le parole di Kumiko quando un giorno in strada mi ha detto che voleva dichiararsi a Tsubasa, ma che contro di me la partita era persa in partenza, ora capisco: lui le aveva già detto che gli piacevo io.
“Perché non me lo hai detto?” Chiedo improvvisamente, perché se non fosse stato per Kanda non si sarebbe mai dichiarato.
“Non volevo impegnarti prima di partire, sapevo che dovevo stare via tanto tempo e volevo che tu facessi la tua vita, Manager.”
Scuoto la testa molte volte. “Sei stato uno sciocco sai? Potevamo stare insieme molto prima, invece abbiamo perso tempo e ci siamo fatti del male a vicenda.”
“Dopo Kanda non potevo tardare ancora, ero troppo geloso” ammette.
Annuisco, perché se non fosse stato per il pugile forse ci staremo ancora cercando; e se quel giorno quando sono andata a casa sua non fossimo stati interrotti…
 

Sto camminando e ripensando a quello che mi ha detto Kumiko, è vero che parte, ma forse è giusto che sappia quanto io tenga a lui.
Sono arrivata di fronte alla sua abitazione, sto indugiando, quando sua madre esce. Mi sorprende con un sacco di chiacchiere che neppure capisco bene, perché sono sopraffatta dall’emozione, chiude la porta di casa e mi lascia sola dicendomi che il Capitano è in camera sua.
Arrivo di fronte alla porta e busso un paio di volte, ma non arriva nessun suono dal suo interno, con mano tremante afferro la maniglia e apro, lui sta dormendo, il sole lo illumina; è meraviglioso! Osservo il suo corpo che tanto mi ha fatto penare per lo scontro subito con Hyuga, per fortuna non ha riportato danni permanenti.
I miei occhi si posano sul suo piede ancora fasciato, povero il mio Capitano penso, mi avvicino silenziosamente e mi metto seduta in prossimità del letto. Lui ancora dorme pesantemente, continuo a passarlo in rassegna siamo soli e posso osservarlo in tutta tranquillità, senza che l’idiota di Ryo mi prenda in giro.
Il mio corpo si muove da solo mentre prendo la caviglia ferita tra le mani e inizio a massaggiarla, è un gesto talmente abitudinario che non me ne sono resa neppure conto ma questo lo fa destare, mi scuso e avvampo voltandomi leggermente per non farmi vedere.
Scambiamo due chiacchiere, sto quasi per dirgli tutto, ma si alza per accendere la luce, mi sollevo pure io arrivando dietro di lui. Lo afferro per la manica della camicia a maniche corte che indossa, è di spalle.
“Aspetta” gli mormoro, non si muove, siamo maledettamente vicini il suo profumo m’inebria. ‘Ti prego voltati e baciami, Tsubasa … baciami’ è come una preghiera mentale la mia, restiamo un attimo così, finché il suono di quel maledetto telefono non c’interrompe.
 
“Sai che il giorno che ti sei svegliato e io ero nella tua camera volevo dirti che mi piacevi?” lo butto fuori così senza pensare.
“Quando mi hai preso la manica della camicia?” domanda.
“Sì, allora avevi capito qualcosa?!” dico fissandolo negli occhi.
Annuisce. “Volevo voltarmi e prenderti tra le mie braccia, ma non volevo impegnarti a me mentre ero via, sapevo che sarei stato lontano tanto tempo, e non mi sembrava giusto. È stato solo per Kanda che ho dovuto dichiararmi e… dovrei essergliene grato altrimenti chissà che fine avremmo fatto”
“Allora dovremmo ringraziarlo” sorrido ripensando al duro scontro avuto, in quell’occasione ho capito che per Tsubasa non esisteva soltanto il calcio, ma esistevo anche io, ed ero più importante, visto che era pronto a rinunciare a tutto solo per me, alla sua carriera, a tutto.
Si è battuto e mi ha confessato il suo amore.
Mi distacco e lo allontano. “Dove vai?” mi chiede.
“Non lo so” e vengo attratta da un'altra porta.
 

Tsubasa
Non capisco dove dobbiamo andare e a fare cosa, la nostra vita sta scorrendo dietro ognuna di queste porte, sembrano vani, scomparti, sarei curioso di capire se dietro ognuna si sussegue sempre la stessa scena, oppure cambia via via che progrediamo in avanti nel tempo. Così mosso dalla curiosità afferro la porta da cui sono appena uscito, la strattono e non si apre, sbuffo un sorriso pensando che devo soltanto andare avanti.
Percorro ancora il corridoio illuminato dalla triste luce blu, l’odore di pulito è sempre più pungente, ma quando afferro la maniglia dov’è entrata Sanae l’odore che m’investe non è dei più gradevoli, anzi. Storco il naso, mentre mi sposto a sinistra per permettere alla porta di richiudersi, lei è appoggiata al muro. Riconosco il nostro spogliatoio maschile, ma è vuoto. Non capisco in che tempo ci troviamo perché ci sono stato talmente tante volte dentro a questo spogliatoio.
Improvvisamente entra lei con la cesta per raccogliere le divise… oddio adesso ricordo.
Sono esattamente cinque giorni dopo che mi sono battuto con Kanda e che mi sono dichiarato a Sanae, ricordo ancora il profondo imbarazzo, perché oltre ad aver confessato il mio amore a lei, non avevo avuto il coraggio di toccarla, soltanto sulla via del ritorno verso la scuola ero riuscito a intrecciare le mie mani con le sue.
 

Ho ancora il cuore che batte veloce, lei mi ha curato le ferite, come sempre, come nella più antica delle tradizioni, lei sempre al mio fianco. Stiamo tornado verso la scuola le nostre mani più volte si sfiorano, finché, dopo aver calcolato il tempo riesco finalmente a bloccarne una nella mia. Non ci diciamo niente, siamo troppo timidi e imbarazzati, ma guardandola di sottecchi vedo che sorride, mentre le nostre dita si sfiorano in riservate e tenere carezze.
Arriviamo dagli altri, che ci guardano sbalorditi, oppure sollevati, finalmente abbiamo compiuto la nostra scelta, abbiamo fatto il nostro passo e anche se tra pochi mesi partirò per il Brasile, so che posso contare anche su di loro per affrontare la lontananza che ci dividerà.
So che loro le staranno vicino, so che loro involontariamente aiuteranno anche me, con una telefonata, con un messaggio, con un'e-mail, qualsiasi cosa che mi faccia ricordare quanto la loro amicizia sia importante. E so perfettamente che la lascio in splendide mani, spero solo che l’aiutino a superare il duro periodo di separazione che ci aspetta.
Arriviamo e tutti ci accolgono con estrema gioia; mentre come al solito Ryo ci sta prendendo in giro, e per la prima volta credo di non essere arrossito, perché adesso Sanae sa, adesso lei è parte di me.
 
Sanae è entrata negli spogliatoi, quasi grida: “C’è qualcuno?”. Nessuno risponde, e io so anche il perché, sono rimasto soltanto io, ma lei non lo immagina. La doccia aveva coperto il suono della sua voce e quando sono uscito dalla stanza, per arrivare all’area dove ci sono i vestiti, per fortuna avevo indossato l’asciugamano in vita, mentre con un altro mi stavo frizionando la testa. Spesso e volentieri usciamo anche nudi.
Vedo me stesso svoltare l’angolo e restare come pietrificato, alla vista di lei con la cesta in mano e una divisa appena raccolta da terra a mezz’aria.
La cesta le cade e io ancora mi smarrisco nei ricordi…
 

Svolto l’angolo e un tonfo sordo mi fa riscuotere, sollevo l’asciugamano dal volto e Sanae è in mezzo agli spogliatoi che mi osserva imbambolata. No, decisamente non credeva che io fossi qua. Avvampo e vedo che lei non è da meno, si volta immediatamente balbettando: “Sc… Scusa Ca… Capitano, ho chiesto se c’era qualcuno, ma non ho sentito risposta e ho creduto…”
La vedo di schiena sta quasi tremando, mi avvicino, non so che fare quindi mi affretto a dire: “Non importa, aspetta che mi metto qualcosa” afferro i boxer, i jeans, la maglietta e corro dietro la parete, con due mosse mi vesto e torno da lei.
“Scusa, non volevo metterti in imbarazzo” dico arrivando alle sue spalle.
“No, scusa tu Tsubasa, io non credevo…” la mia mano sulla sua spalla, preme leggermente perché si volti, mentre la mia voce più calda del solito, la sento uscire a stento mentre pronuncio: “Adesso puoi voltarti sono presentabile.”
Si volta, il colore della brace sulle sue guance, la mia mano sinistra ancora sulla sua spalla, deglutisco a fatica, lascio scendere la mano lungo il suo braccio, vedo la sua pelle incresparsi, ma continuo, piano, lentamente scivolo lieve lungo la sua pelle sfioro il gomito, scendo ancora e arrivo alla sua mano che intreccio con la mia.
China la testa verso il basso, non ce la fa a sostenere il mio sguardo, come io del resto, ma non so cosa mi sta succedendo mentre involontariamente la mano destra si alza fino al suo viso, il respiro è corto, non ho mai toccato il suo volto, e lei, il mio lo ha toccato soltanto in occasione di qualche infortunio, non certo in un'occasione come questa.
Ma ho caldo, e non è certo dovuto alla doccia, sfioro leggero la sua mascella fino ad arrivare al suo mento, con due dita posizionate sotto, faccio una leggera pressione affinché i suoi occhi tornino a guardare nuovamente i miei.
Il gesto si compie con naturalezza, il suo sguardo nel mio, vengo come attratto però dalle sue labbra. Bellissime, come i suoi occhi, così profondi, potrei perdermi nel suo sguardo.
Le avevo mai viste così da vicino le sue labbra?
No, non le avevo mai viste, altrimenti avrei già fatto quello che il mio corpo mi chiede di fare. Mi muovo verso di lei, mentre la vedo chiudere gli occhi, la mano che prima aveva sollevato il suo viso, adesso sta seguendo la linea della mascella fin dietro l’orecchio, incontro i suoi capelli, sono seta tra le mie dita.
Le mie labbra trovano il loro posto, sulle sue.
Sono morbide.
Sono calde.
Sono umide.
Ho chiuso gli occhi, come lei, per assaporare il momento, per concentrare tutto sui sensi che sembrano impazziti improvvisamente.
Il sangue pompa velocemente in tutto il corpo, sento lei rabbrividire, non so perché, ma io sto letteralmente andando a fuoco.
Adesso avverto le sue mani, adagiate sul mio petto, una in particolare è posizionata sul cuore, forse non riuscirà a stare per molto in quella posizione, batte talmente all’impazzata che la farà volare via da lì.
Mi discosto un secondo da lei appoggiando la fronte con la sua, i nostri nasi si sfiorano, la sento sorridere sulle mie labbra, mi allontano ancora di più e a questo punto i nostri occhi tornano a guardarsi.
Ci leggo amore in quei magnifici occhi nocciola, ma come prima vengo attratto di nuovo da quelle labbra, comincio a pensare che sia una droga.
La presa dietro la nuca si fa più decisa, e nuovamente l’attiro a me. E ancora le nostre labbra s’incontrano, e stavolta sembra che non vogliano più lasciarsi.
Continuano in piccoli e prolungati baci, finché spinto dall’istinto non dischiudo le mie. Sento le sue titubare un attimo prima di accogliermi. La mia lingua audace s’intrufola prima tra le sue labbra, dopo cerca e trova la sua amata compagna, e una volta congiunte, danzano. Ballano la stessa musica, suonano la stessa melodia, si muovono allo stesso ritmo, con lo stesso tempo. Ma la cosa che mi stordisce di più non è tanto il bacio: è il sapore.
Sanae ha un buon sapore, un gusto, che ha solo lei. La sua bocca è calda, è morbida, è fatta per me. Il bacio prosegue, non mi rendo neppure conto da quanto tempo ci stiamo baciando, so soltanto che non vorrei più smettere.
Lo sbattere della porta all’ingresso ci fa sobbalzare, ci stacchiamo all’istante entrambi rossi in volto, stiamo ansimando vistosamente. Raccoglie la cesta da terra e con quella, una divisa alla rinfusa, la butta dentro, mormora un “Scusa”, credo riferito a quando sono uscito dalla doccia. Si volta, inciampa nella panca, io sorrido di soppiatto, e si dirige verso l’uscita. Faccio appena in tempo a dirle: “Mi aspetti fuori che voglio accompagnarti a casa?” prima che la porta si chiuda, la vedo girarsi, il suo volto ancora accaldato compare sulla soglia mentre sussurra: “Va bene Capitano”.
È il nostro primo bacio e ho tutta l’intenzione di ripeterlo appena la lascerò sulla soglia di casa, il solo pensiero fa rimbombare il mio cuore nelle orecchie.
 





Allora dopo incontro con la mia Beta e dopo il suo consiglio essendo questa una storia un po' stramba.
Seguo la sua idea di pubblicare due volte a settimana per tenere il lettore dentro la storia.
Quindi aggiornerò la Domenica e il Giovedì, eccetto questa settimana che aggiorno oggi (lunedì) in quanto ieri non mi è stato possibile farlo.
Quindi ringraziate lei per le due pubblicazioni ;-)
Grazie mille
Sanae77

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Capitolo 4
*** Capitolo 04 ***


Sanae
Il nostro primo bacio.
Resto ancora imbambolata a vedere la scena che si compie di fronte ai miei occhi e le emozioni provate in quell’istante mi travolgono come l’acqua di una diga che si frantuma, è un argine che si spezza, mentre sento un'onda di imbarazzo, eccitazione e stupore travolgermi durante la sua corsa; ancora adesso.
Imbarazzo totale per lui che mezzo nudo compare così ai miei occhi all’improvviso, all’inizio sono talmente incredula che ho fatto addirittura fatica a voltarmi. Il suo torace, la sua pelle imperlata di minuscole goccioline, non mi ha ancora visto perché l’asciugamano utilizzato per tamponare i capelli dall’acqua è calato sui suoi occhi. Avvampo all’istante nel vedere le sue gambe così sode e il petto così ben delineato, ma quando solleva il telo, e i nostri sguardi s’incontrano, all’istante avverto una lucidità improvvisa e mormorando delle scuse mi volto. Certo, non è la prima volta che lo vedo a torso nudo, ma essere soli negli spogliatoi maschili, m’imbarazza dalla punta dei piedi a quella dei capelli.
Faccio fatica a riprendere fiato, mentre sento che lui si sta avvicinando per raccogliere i suoi indumenti. Torna sui suoi passi e dopo pochi istanti avverto nuovamente la sua presenza alla mie spalle. Deglutisco a vuoto perché credo che la saliva sia tutta finita. Poi la sua mano sulla mia spalla che m’invita a voltarmi.
Quando mi giro però non riesco a sostenere il suo sguardo, e dopo aver intrecciato una mano con la mia, con l’altra mi fa sollevare il volto.
Gli occhi, non li avevo mai visti così da vicino, quel nero così intenso…
E la bocca?! Vogliamo parlare della sua bocca… non riesco a pensare ad altro che a quelle labbra. Sorride… vogliamo parlare anche di questo?
Il suo sorriso: magnifico!
E quando capisco e quando comprendo che sto per baciare Tsubasa, il mio Capitano, chiudo gli occhi per assaporare ogni istante di questo primo bacio. Leggero, incandescente, timido, riservato, casto.
Questo penso del nostro sfiorarsi.
Sorridiamo entrambi, poi qualcosa cambia, sento la stretta sulla nuca farsi più decisa, un brivido mi attraversa, mentre le sue labbra cercano e trovano nuovamente le mie. Questo bacio non è come il primo, questo è il BACIO. Quello che raccontano le mie amiche che hanno già provato, quello con cui condividi qualcosa con l’altra persona, una parte del tuo corpo.
Quando parlavano di farfalle nello stomaco adesso ne comprendo a pieno il significato, perché ne ho milioni che danzano libere in questo momento.
Quando sento cambiare la pressione, quando vengo investita dal suo odore, dal suo sapore, so perfettamente che adesso anch’io ho avuto il mio primo bacio e l’ho fatto con la persona che amo.
Il tempo passa, il bacio non cessa, le mie mani sui suoi pettorali, altre volte l’ho sfiorato, toccato, medicato, ma mai, mai così. Il suo cuore, lo sento forte e potente sotto le mie dita.
I nostri tocchi sono intimi adesso, la nostra pelle si cerca, noi ci cerchiamo.
Un rumore, l’incanto si spezza, mi volto di scatto, credo che il colore rosso di un tramonto di fuoco sia meno incandescente del mio volto. Afferro la cesta, qualche completo, inciampo pure nella panca, impreco mentalmente qualcosa mentre schizzo verso la porta; se ci sorprendono così, ci canzoneranno a vita. Poco prima di chiudermi la porta alle spalle, mi chiede se può accompagnarmi a casa, e io come al solito acconsento.
 
“Il nostro primo bacio Tsubasa” mormoro al mio uomo qua al mio fianco.
“Sai che sento ancora rimbombare il cuore nelle orecchie” dichiara candido.
“Buon segno allora” rispondo sorridendo.
“Buonissimo” dichiara soddisfatto.
“Ricordi anche la volta della stanza dei cancellini a scuola?” chiedo tutto in un fiato, perché credo sia il momento in cui avrei voluto una grossa pala per poter scavare una fossa istantanea e calarmi dentro a vita.
Si passa una mano a palmo aperto direttamente sul volto, per poi esclamare: “Se quel cretino di Ryo invece di starnazzare come un'oca sgozzata, fosse stato zitto, non avremmo avuto mezza scuola che ci vedeva uscire dalla stanza” dichiara arrossendo ancora.
 
Sanae
Il professore in aula invita il Capitano ad andare nella stanza dove sono raccolti i gessi, perché sono finiti. Pochi istanti dopo, mi chiama: “Nakazawa, ho scordato la cimosa, vada a prenderla per favore!”
Quindi esco dall’aula e arrivo alla stanza, Tsubasa sta prendendo i gessi dalla scatola, mi avvicino. “Prendi anche la cimosa, il professore ha scordato di dirtelo” la porta si chiude alle nostre spalle. Mi volto e provo ad aprire, la serratura è bloccata.
“Cavolo” esclamo.
“Che succede?” Domanda Tsubasa raggiungendomi da dietro. Strattono la maniglia, ma niente, affranta dico: “Si è incastrata”
“Fa provare me” esordisce spostandomi delicatamente di lato. Strattona la porta in più modi, ma proprio non riesce.
“Questa non ci voleva” aggiunge poi.
Ci guardiamo un attimo smarriti, prima di realizzare che: siamo soli!
Sono appoggiata alla porta adesso, mentre lo vedo andare avanti e indietro nell’angusto spazio. Sembra un leone in gabbia.
“Dai prima o poi verrà qualcuno a prendere un gesso, un panno, una cimosa, una scopa, qualcosa insomma!” chiarisco agitando le mani.
“Certo qualcuno verrà e quando apriranno la porta saremo sulla bocca di tutti Sanae, sai che non amo mettere in mostra la nostra vita privata.”
“Lo sanno tutti che stiamo insieme da due mesi oramai.”
“Appunto, pensa cosa potrebbero inventarsi” dichiara rassegnato.
“Allora diamogli motivo di parlare” non mi capacito di come posso aver detto queste parole, mentre vedo lui voltarsi prima con lo stupore sul volto, che ben presto si tramuta in un'espressione maliziosa.
Si avvicina sensuale, posa entrambe le mani alla porta imprigionandomi a questa. “Non la facevo così audace Manager” sorrido birichina mentre adagio le mie mani al suo collo e lo attiro a me. Dopo gli spogliatoi, ci sono stati molti altri baci, dopotutto, perché non approfittarne?
Mi bacia, chiedendo subito l’accesso alla mia bocca, la nostra passione per ora sfocia soltanto in questo, mentre i nostri corpi si sfiorano sempre più insistentemente, ma siamo talmente impacciati e timidi che per il grande passo temo ci vorrà ancora tanto tempo. Anche se, ogni volta che ci baciamo, si aggiunge una nuova esperienza, per esempio adesso avverto una mano che più audace dell’altra, sta cingendo la vita. Adoro questo progredire di tocchi, di nuove sensazioni inesplorate da scoprire insieme. Amo quando mi stringe, quando i nostri corpi si sfiorano cercandosi sempre più.
Qualcosa non torna, mentre improvvisamente sento come mancare la porta dietro le mie spalle e malamente cado all’indietro; con Tsubasa che fa di tutto per non schiacciarmi inesorabilmente sotto di lui.
Sono a terra, sotto il Capitano per l’esattezza. Dopo pochi attimi sento prima la voce di Kumiko che esclama: “Non posso crederci.” Seguito a ruota da Ryo che letteralmente inizia a urlare: “Ragazzi, ho trovato il Capitano… e anche Anego sono nella stanza dei cancelliniii…” la voce è stridula e canzonatoria, so già cosa ci aspetterà per i molti giorni avvenire.
Tsubasa si affretta ad alzarsi, mi porge una mano l’afferro, quindi, mi solleva con urgenza, mi lascia immediatamente e si para di fronte a Ryo. “Ishizaki piantala di gridare, non è necessario che lo sappia anche il caldaista!”
“Capitano, cosa ci facevi con la Manager nella stanza dei ‘baci’ eh?” continua imperterrito canzonandoci. Già, la stanza dei baci, soprannominata così perché le coppiette si rifugiano tutte lì, beh non è il nostro caso, anche se ne abbiamo decisamente approfittato.
“Siamo rimasti chiusi dentro, non riuscivamo più ad aprire” tenta di spiegare Tsubasa.
Ma Ryo non cede, con un gomito picchietta il fianco di Tsubasa e avvicinandosi lo sento mormorare: “Allora, come bacia quel maschiaccio lì?”
Non resisto oltre, afferro la scopa che era caduta con noi e gli mollo il manico in testa.
“Ahia, ma sei scema?” mugugna massaggiandosi la testa.
“Così impari a prendermi in giro” ammetto imbronciata, anche se in realtà mi scappa da ridere. Tsubasa mi sta guardando, i suoi occhi traboccano riconoscenza, non ama solo Sanae, ma anche Anego.
Veniamo interrotti dal professore che è accorso per vedere che fine avevamo fatto. Per giorni siamo stati additati come gli ultimi ‘beccati’ nella stanza dei baci.
 
Rido ricordando ancora i giorni seguenti, dove ogni persona che ci vedeva, ci indicava come gli ultimi usciti dal luogo di ‘perdizione’. Tsubasa, per un periodo aveva anche smesso di tenermi la mano, giusto il tempo di ventiquattro ore, poi mentre camminavamo fianco a fianco gli ho sentito sussurrare: ‘Ma che parlino’ e le nostre mani si sono unite nuovamente.
 
Non so dove andremo, quali porte della nostra vita apriremo, ma tre anni sono lunghi e ne sono accadute di cose e lui non sa proprio tutto… tutto. I dubbi iniziano ad assalirmi mentre adesso è lui che mi trascina verso una nuova porta, forse dovevo dirgli che Kanda quando lui è andato via ha insistito molte volte perché uscissi con lui.
 
 
Tsubasa
Corro verso la porta successiva, ho come urgenza di finire, perché ho come l’impressione che arrivando a termine succederà qualcosa. Se quello era il primo bacio, la stanza dei famosi cancellini, dopo circa tre mesi sono partito… di eclatante non mi pare sia accaduto nient’altro, quindi se non erro dovrebbe esserci la mia partenza.
Ho le mani intrecciate a quelle di lei, mentre mi rendo conto che questa porta è differente dalle altre, il colore non è più di un metallo grigio, ma molto più scuro, mi soffermo un attimo prima di afferrare la maniglia, alle mie spalle Sanae parla: “Perché ti sei fermato?”
“Questa porta è diversa dalle altre, non capisco perché… è più scura.”
Lei si avvicina, la tocca e prova a guardare dalla piccola finestrella posta all’altezza degli occhi, è in vetro.
“Peccato non si vede niente di quello che si trova dall’altro lato” afferma con tono affranto.
“Credo di sapere che cosa ci sia” dichiaro stancamente.
“Anch’io Tsubasa, la tua partenza per il Brasile.”
“Già, da quel giorno le nostre vite si sono separate e anche se abbiamo continuato a essere una coppia, abbiamo vissuto per molto tempo distanti.”
Sospira.
Afferriamo insieme la maniglia e i ricordi ci assalgono… adesso conosceremo l’uno la vita dell’altro, durante tutta la nostra separazione, durante tutto il tempo trascorso distanti.

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Capitolo 5
*** Capitolo 05 ***


Ricordo
 
Tsubasa
Afferro il telefono, devo dirglielo, dopotutto stiamo insieme da cinque mesi, non posso partire senza farle sapere niente.
Ho fatto il suo numero di casa, il telefono squilla, squilla… sembra che squilli da un secolo, ma forse è solo la tensione.
Finalmente il ricevitore viene sollevato. “Pronto?” la sua voce, calda, bellissima.
“Ciao, sono Tsubasa”
“Ciao”
“Senti… volevo dirti che domai… beh domani parto per il Brasile” esclamo tutto in un fiato, l’urgenza di dirlo in fretta sembra che faccia scomparire il dolore che sento, ma è solo un'impressione e l’assenza di suoni dall’altro lato me ne da la certezza.
… silenzio
“Sanae, ci sei?” chiedo in un soffio.
“Sì, scusa è che non me lo aspettavo, quindi è arrivato il momento” il suo tono è cambiato; lo avverto, è triste.
“Già”
“Ci saranno tutti a salutarti?”
“Preferirei di no, mi farebbe solo star male, ma… non potevo partire senza dire niente a TE”
… silenzio, poi un sospiro, sento tirare sul con il naso.
“Sanae, non piangere, sai che sono felice di partire, che è il mio sogno.”
“Sì, però… staremo anche tanto tempo senza vederci.”
“Ci sentiamo per telefono, per e-mail… ok?”
… ancora nessuna parola da lei per qualche attimo, poi un profondo respiro come per farsi coraggio.
“Ok, Capitano”
“Perfetto Manager, a presto”
 
Ma lei non aveva seguito la mia richiesta, ed era venuta ugualmente alla fermata del bus per salutarmi.
 
Siamo l'una di fronte all’altro, avrei un'infinita voglia di stringerla a me, di baciarla, di toccare la sua pelle, di sentire il suo profumo, ma non siamo nell’intimità di casa, di una via nascosta, o degli spogliatoi, o perché no… nell’imbarazzante stanza dei cancellini.
Siamo in strada e decisamente non si può.
Di fronte a me, con un pacchetto in mano, un dono da portare con me, lo apro e vedo dei magnifici scarpini nuovi, spero proprio che mi porteranno fortuna in Brasile.
 
 
Sanae
Il momento tanto temuto è arrivato, da soli a una fermata del pullman. Cerco di reprimere le lacrime che sento premere all’angolo degli occhi, sorrido perché ha aperto il pacco e vedo la felicità scorrere nel suo sguardo, ci fissiamo per un attimo, e sì Tsubasa, anch’io avrei voglia di baciarti, ma so già che non lo faremo, perché siamo in strada.
Un rumore ci distrae, il mezzo che lo porterà via da me sta arrivando, il suo sguardo cambia, con una mossa solleva il suo migliore amico e lo fa arrivare alle sue mani, poi me lo porge, io lo afferro ringraziandolo, so perfettamente cosa significa, è il suo pegno d’amore per me.
Si volta e s’incammina verso il bus, stringo forte il pallone a me, come se stringessi lui, come se salutassi lui.
Non resisto lo chiamo: “Tsubasaaa”, si volta e io proseguo: “Realizza il suo sognoooo” con un saluto militaresco mi sorride, annuisce e sale sul mezzo senza voltarsi mai indietro, ed è lì che non riesco più a trattenere le lacrime, mentre veloce sto correndo con il pallone tra le braccia verso casa.
E da quel preciso momento la mia vita si è trasformata, ho capito cosa volesse dire le parole lontananza, tempo, attesa.
Tutto è cambiato, la percezione del tempo è modificata; da quel giorno in avanti il tempo è scandito da ritmi precisi. Alla fine ho deciso di togliere anche l’orologio dal polso, perché non sopporto più di vedere questo tempo che passa così lento, così immobile.
Da quando è partito, soltanto un messaggio, ‘sono arrivato tutto bene’ mi ha scritto. Da quel messaggio sono passati altri dieci giorni e di lui nessuna notizia, ho immaginato che all’inizio avrebbe dovuto organizzarsi, ma adesso che devo fare?
Non chiedo tanto, un messaggio la sera, che so ‘sto bene, mi manchi’.
Tu sai quanto mi manchi Capitano? Lo sai? No, non lo immagina, perché lui ha il suo adorato pallone.
Sono in camera, qua con me il suo ‘pegno d’amore’ che sto facendo rotolare avanti e indietro sotto la pianta del piede, mi verrebbe quasi voglia di prenderlo a pedate, chissà magari facendo due tiri scarico pure io tutta questa rabbia e frustrazione.
Decido così di andare fuori, forse mi aiuterà a superare questa giornata.
Prendo la palla sotto braccio ed esco, non faccio altro che rimuginare, e senza accorgermene raggiungo il campo di allenamento, è tardi, è quasi il tramonto ed è vuoto. Cammino trascinando i piedi e una volta arrivata al centro, mi metto seduta a gambe incrociate con la palla in mezzo.
Mi manca, come l’aria, come l’acqua che da vita, mi manca come il sangue che scorre nelle vene. Una prima goccia si deposita sulla mia gamba, con la mano tento di asciugare le lacrime, ma non stanno sgorgando dai miei occhi, alzo lo sguardo, è il cielo sopra di me che sta piangendo.
“Perfetto” mormoro a me stessa, mentre mi lascio avvolgere dalla pioggia, anche se adesso piango, nessuno se ne accorgerà.
La pioggia scende fredda lungo tutto il mio corpo, non me ne curo, è caldo, è estate e francamente è il mio ultimo pensiero.
Non capisco perché, ma improvvisamente l’acqua non cade più, alzo lo sguardo al cielo e vedo un ombrello sopra di me, mi volto e incontro il dolce sguardo di Yukari: “Sanae ti ammalerai così, vieni ti accompagno a casa” mi dice.
“Non importa, ti ringrazio, voglio stare ancora un po’ qua; da sola.”
Si china vicino a me posando un ginocchio al suolo, mentre una mano adesso la sento sulla mia spalla. “Non poi stare così finché non torna, lo sai che il Capitano non vorrebbe vederti in queste condizioni!” Mi suggerisce lei.
“Lo so, ma non posso farne a meno, vedrai che con il tempo mi abituerò… adesso è troppo presto per altro.”
Mi afferra per un braccio e mi tira su. “Forza alzati, non ti lascio qua a prendere un broncopolmonite” mi intima con decisione.
Quindi, come un automa la seguo mentre mi riaccompagna a casa. Esattamene non ricordo come sono finita a letto lavata e vestita, so soltanto che da quel giorno la mia amica mi è sempre stata vicina, coinvolgendomi in tutte le sue attività e cercando di farmi partecipare a ogni evento possibile.
 
Tsubasa
Sono arrivato da circa quindici giorni, sono stato talmente preso che non ho potuto contattare Sanae. Sono giorni che mi riprometto di farlo e invece; finalmente sono solo in camera da letto, riesco ad accendere il PC e collegarmi alla posta elettronica, una serie di messaggi mi accoglie insieme a una miriade di pubblicità.
Scorro veloce i nomi e di lei neppure l’ombra, inclino la testa pensando che dev’essere molto arrabbiata. Un nome però mi colpisce dopo che ho eliminato tutte le pubblicità: è Yukari.

Apro subito l’email e inizio a leggere:

Caro Capitano,
Spero che il viaggio sia andato bene, la squadra si sta allenando anche in tua assenza, e si sta impegnando tantissimo. Quando tornerai saranno molto preparati, non temere. Anche noi Manager ci stiamo impegnando, in questo momento sto sostituendo Sanae (Sta sostituendo? Aspetta, perché? È forse malata? La mia mente elabora delle ipotesi, mentre tento di capire perché mi sta scrivendo Yukari e non Anego) … non so come dirtelo Capitano … ma chiamala.
Yukari
 
Lo sapevo, lo sapevo, fisso l’orologio, non ricordo neppure se posso chiamare o no a quest’ora. Sono troppo agitato per riuscire a fare un conteggio decente del fuso orario, mi sollevo di scatto e raggiungo il telefono, lo afferro, e compongo il numero, non importa che ore sono dall’altro lato, devo sentirla.
“Pronto?” la sua voce, avevo scordato quanto fosse calda, morbida, avvolgente, mi lascio cullare un secondo dal suo suono prima di parlare.
“Sanae, ciao”
… il suo respiro è spezzato, deglutisce, poi finalmente riesce a dire qualcosa.
“Tsubasa, come va?” ma lo sento la sua voce trema impercettibilmente.
“Scusami” mi affretto a dire.
“Non preoccuparti” mi rassicura.
“No! Sono stato imperdonabile. Solo che qua è tutto così diverso e Roberto non mi molla un attimo, i primi giorni sono stati i più difficili, non hai idea della fatica che ho fatto per farmi accettare nella squadra.”
“Non preoccuparti, scommetto che sei entrato” adesso mi sembra di vederla sorridere, e il solo pensiero è bellissimo.
“Certo Manager, anche grazie a te”
“Non ho fatto niente…” dolce, il suo tono è tremendamente dolce, un improvviso dolore alla bocca dello stomaco, mi manca, mi manca da impazzire, sono stato così preso che fino a questo istante, per fortuna, non me ne ero reso conto, ma la mancanza è totale.
“Mi hai sempre sostenuto e questo è già un enorme incoraggiamento, avere la fiducia della persona che tiene a te… è tutto” il mio tono di voce tradisce l’emozione che sento nel parlare con lei, dei miei sentimenti.
“Sempre al tuo fianco no?”
“Già, sempre al mio fianco… come stai?”
“Me la cavo, a scuola tutto bene, e Yukari non mi lascia un attimo in pace”
(Yukari, dovrei ringraziarla, invece le dico quello che non avrei mai immaginato)

“Mi manchi, Sanae”
“Anche tu” ammette con voce incrinata, spero solo che non si metta a piangere, altrimenti la voglia di prendere il primo aereo per raggiungerla sarà insormontabile.
Per fortuna riesco a spostare la conversazione su un paio di cose buffe che mi sono accadute appena sono arrivato in Brasile. La sento sorridere attraverso questa cornetta del telefono che stringo tra le mani, ma non è certo come avere lei, tra le mie braccia.
Tra un sospiro e l’altro, una risata interrotta e ripresa, riusciamo a salutarci con la consapevolezza che il tempo e la lontananza saranno i nostri peggiori nemici.

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Capitolo 6
*** Capitolo 06 ***


Tsubasa
“Non hai idea di quanto mi dispiaccia per come mi sono comportato i primi giorni lontano da te Sanae” ammetto stancamente perché adesso che ho visto come a sofferto mi sento tremendamente in colpa.
“Tsubasa ho sempre creduto che tu avessi avuto delle difficoltà nei primi momenti, quando dovevi farti accettare dai tuoi compagni. L’ho sempre immaginato, non preoccuparti davvero, oramai è tutto passato” risponde con un sorriso.
“Certe volte quando mi trovavo in Brasile ero assorto nel mio obiettivo che non mi rendevo neppure conto del passare del tempo. Inoltre Roberto mi ha massacrato ben bene con gli allenamenti e la sera ero talmente distrutto che crollavo nel letto. Ho impiegato un mese buono per abituarmi ai ritmi imposti e alle abitudini brasiliane. Per questo è stato così difficile mantenere un rapporto costante anche con te, mi dispiace”
Sorride. “Perdonato Capitano, è passato così tanto tempo che non voglio più neppure pensarci.”
E dopo questa frase le immagini tornano a scorrere.
 


Sanae
Sono passati già cinque mesi da quando il Capitano è partito, regolarmente mi telefona ogni quindici giorni, circa, ogni volta stringo il suo pallone tra le braccia per sentire il suo calore, ma la fredda gomma non riesce a darmi la sensazione sperata. Altre volte lo guardo silenziosa, come se fossi in attesa che accada qualcosa, come se questa sfera potesse collegarci, anche se la distanza che ci separa è enorme.
Il tempo, ho iniziato a capire cosa sia.
È attesa, pazienza, ordine, ritmo costante.
Le giornate tutte uguali, la scuola, i compiti, gli amici. Certi giorni sono meglio, altri peggio, ma alla fine tutti portano allo stesso pensiero, a lui.
Lui in terra straniera, senza nessuno, lui che comunque è là per il suo sogno, è felice, ma non ha nessuno. Io del resto qua sono piena di amici e un modo di passare questo maledetto tempo tento di trovarlo. Lui immagino starà dando anima e corpo per il calcio, per imparare il più possibile e tornare presto al suo paese, da me.
“A cosa stai pensando?” Chiede Yukari destandomi dai miei pensieri. Stiamo camminando in direzione dell’aula, tra poco suonerà la campanella per l’ingresso.
“Niente” rispondo vaga.
“Mh, un niente di cognome Ozora immagino” dice picchiandomi una gomitata al fianco; il suo tono è leggero, mi sta prendendo in giro.
Sorrido canzonandola leggermente. “Piantala,- l’ammonisco, poi proseguo - e tu a cosa pensi? A un niente di nome Ryo?”
“Mah chissà!” mi risponde birichina.
Mi volto spalancando la bocca. “C’ho preso, ah non posso crederci!”
“Senti un po’ prima manager, stasera con gli altri andiamo al cinema… che ne dici di unirti a noi?”
“Preferisco stare a casa” rispondo rapida, davvero non ho voglia.
“Sì, certo, a struggerti sul pallone, stasera passo a prenderti verso le nove fatti trovare pronta chiaro?!” Non mi da tempo di controbattere che è già infilata nella sua aula per la lezione.
“Chiaro” mormoro arrivando a lenti passi alla mia porta. Yukari è un’ottima amica, capisce che ho bisogno di distrazione e cerca sempre di coinvolgermi in tutto. Ma certe volte davvero vorrei semplicemente starmene in casa in santa pace.
 
Le mattinate scorrono placide e tranquille, i pomeriggi lo studio, il campo di allenamento e l’attesa di lui che telefona, o scrive, raramente.
Forse ha ragione la mia amica, dovrei uscire un po’ con loro, almeno questo tempo forse scorrerà più in fretta.

 
Sono a casa, mi sto preparando, mi osservo di fronte allo specchio, jeans e maglioncino attillato celeste, scarpe da tennis basse, un velo di rossetto e sono pronta per uscire.
Vorrei tanto che ci fosse Tsubasa a prendermi e non la mia amica.
Suonano al campanello e correndo giù per le scale grido a mia madre: “È Yukari, andiamo al cinema, ci vediamo più tardi.”
“Va bene, mi raccomando fatti portare a casa dopo, non venire da sola” mi risponde dalla cucina.
Afferro la maniglia ed esco. Lei in fondo al cancello mi aspetta insieme a Kumiko, Taro, Ryo, Yuzo, Mamoru e Teppei, Taki è malato.
Finalmente dentro al cinema sorridiamo come dei bimbetti piccoli osservando qualche coppietta che si sta appartando nelle ultime file.
“Se ci fosse stato il Capitano anche la nostra Anego sarebbe andata in ultima fila” mi dice con voce maliziosa e canzonatoria Ryo.
Scatto in avanti, mi allungo e mollo un sonoro scappellotto dietro la sua nuca, mentre lui tenta di scappare, mi sbilancio e finisco addosso a un ragazzo travolgendolo.
Sto per cadere quando due mani mi afferrano saldamente, sollevo lo sguardo e incrocio quello di Kanda: non posso crederci!
“Scusa” mormoro abbassando lo sguardo.
“Non importa Sanae, anche tu al cinema?”
“Ehi lasciala stare” esclama Ryo alle mie spalle.
“Ishizaki, stavolta non ho fatto nulla, è lei che è finita addosso a me” la sua voce è già alterata. Meglio intervenire.
Mi volto, prima che succeda l’irreparabile, quindi mi affretto a dire ai miei amici che si sono schierati dietro.
“È colpa mia, mi sono sbilanciata” strattono un attimo le spalle per far sì che lui molli la sua presa.
“Nakazawa, dov’è il tuo ragazzo? Ah già, è a tirare due calci dietro a un pallone in un altro continente – si avvicina al mio orecchio e inizia a sussurrare – lasciandoti oltretutto qua… da sola!” dopo si allontana abbandonandomi lì, come un’ebete.
Sento le guance calde, solo Tsubasa si era avvicinato così al mio volto, solo che con lui avevo provato una sensazione gradevolissima, piacevole; con Kanda, ho avvertito soltanto fastidio.
“Dai, andiamo a sederci” dice Kumi prendendomi per un braccio e tirandomi via da lì, sono rimasta come paralizzata.
Passato l’imbarazzo finalmente tutti sediamo per goderci il film.
Il primo tempo passa velocissimo, e alla fine, noi ragazze andiamo a fare rifornimento di pop-corn. Appena preso tutto torniamo dai nostri amici, ma sono costretta a deviare per il bagno, perché non resisto più.
“Mi fermo un attimo alla toilette, ragazze” dichiaro rivolta alle mie amiche.
“Vuoi che ti teniamo compagnia?” Chiede Yukari.
“No, no; non importa, farò prestissimo non perdete il film, arrivo subito” rispondo mentre mi sto già dirigendo verso la scritta verde WC.
“Ok” mi rispondono in coro.
Entro in bagno, faccio molto veloce, non voglio perdere il film, appena fuori mi lavo le mani e una volta uscita dall’antibagno, vedo Kanda appoggiato al muro di fronte, con braccia incrociate e piede ripiegato sulla parete, mi sorride un po’ strafottente.
Si dà un piccolo slancio e inizia a camminare verso di me. Appena è di fronte, si blocca e inizia a parlare: “Visto che adesso siamo soli, posso finalmente continuare il mio discorso”
“Non abbiamo niente da dirci” affermo mentre tento di scattare a destra per liberarmi dal suo ingombro di fronte. Lui però è più veloce e me lo trovo nuovamente davanti. Arretro di un passo, altrimenti finisce che sbatto ancora contro di lui.
“Quanto starà via il TUO Capitano Sanae, un anno, due, tre? Se va bene? Sei giovane e carina, lo aspetterai in eterno?” allarga le braccia come a invocare qualche santo chissà dove.
Punto le mani ai fianchi e sbotto: “Se fosse necessario anche in eterno, che cosa interessa a te?!”
Si avvicina ancora, retrocedo, ma lo spazio è finito, perché adesso le mie spalle avvertono il muro, cerco di farmi il più sottile possibile mentre il suo volto è pericolosamente vicino al mio.
“Pensi davvero che in Brasile il tuo ragazzo ti rimarrà fedele? Hai presente, le brasiliane? Altra cultura, calciatore, feste, sai quante gli moriranno dietro, e sai perfettamente che a quest’età… beh gli ormoni ci fanno abbastanza tribolare, quindi ti ripeto: sei sicura di voler aspettare chi forse non ti rispetterà? Io sono qua, tutti i giorni, possiamo andare al cinema, a ballare, dove vuoi, esci con me!” dichiara risoluto.
Metto le mie mani sui suoi pettorali, devo aumentare questa maledetta distanza e spingo con tutte le mie forze.
“Tsubasa è un bravo ragazzo, rispettoso, sono certa che saprà comportarsi, inoltre non sono cose che ti riguardano” e finalmente ce la faccio a fuggire, ho le lacrime agli occhi mentre torno dai miei amici.
Come se non avessi già tanti pensieri per la testa, mi ci mancavano anche le insinuazioni di Kanda. Il problema è che sono consapevole del fatto che non abbia tutti i torti.

 


Tsubasa
“Per quanto è durata questa storia di Kanda?” chiedo amareggiato.
“Un po’”
“Lo disintegro” dichiaro. La mia compagna inizia a ridere di gusto.
“Tsubasa, questo è il passato, nel futuro ci siamo noi, non credo sia necessario aprire una porta oramai chiusa… giusto?”
“Giusto, ma lo odio ugualmente!” ammetto stizzito.
“Beh questo nessuno può impedirtelo” risponde con un alzata di spalle e sorridendo della mia gelosia ancora ben presente.

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Capitolo 7
*** Capitolo 07 ***


Tsubasa
Il Brasile, così diverso, così lontano dal mio mondo, sia culturalmente, che in fatto di distanze. La vita è totalmente differente dalla mia, anche se grazie al calcio ho potuto mantenere saldo almeno qualcosa di quello che conosco.
Inoltre, il mio carattere timido, certo, non aiuta in questo paese, di persone così espansive e gioviali. Per fortuna ho una personalità solare, e sono riuscito a legare almeno con Pepe, che all’inizio mi era ostile, ma dopo, scoprendo la stessa passione per il pallone, ci siamo avvicinati tantissimo.
Adesso giochiamo nella stessa squadra, è il mio fidato compagno, scattante e veloce, ho una buona intesa con lui, certo non come la mia metà: Taro Misaki, ma dopotutto di Golden Combi ne esiste una sola.
Stiamo giocando la partita finale di campionato, mi volto a cercare Sanae sugli spalti, ma lei non c’è. Faccio finta d’immaginarla a bordo del campo con la sua bandiera e la fascetta in testa. Questo mi permette di sentire meno la sua mancanza, anche se quella che sento maggiormente è non poterla toccare, vedere, percepire il suo odore, udire la sua voce senza il suono metallico del telefono.
Ho deciso che appena finirà il campionato la raggiungerò, anche se per pochi giorni, ho proprio la necessità di tornare a casa. In Giappone.
Nel mio paese, da lei.
Mi sento chiamare da Pepe, cavolo, mi ero distratto pensando a lei; sì, decisamente ho bisogno di incontrarla, osservo il pallone che improvvisamente mi ritrovo tra i piedi, parto in volata verso la porta e memore dell’ultimo pensiero, mi elevo in aria ed effettuo una rovesciata segnando un goal strepitoso.
Il pubblico esplode in un fragoroso grido, sollevo lo sguardo verso gli spalti, voglio dedicarlo a lei… poi ricordo, lei non c’è.
Sì, ho davvero bisogno di staccare dal Brasile e tornare nel mio paese.
Improvvisamente mi sento travolgere, i miei compagni di squadra mi sono addosso, pochi attimi dopo sento fischiare l’arbitro, è finita… è finita.
Siamo i vincitori di quest’anno, da oggi si aprono i festeggiamenti.
 
 
“Allora stasera verrai alla festa della società?” è Pepe a parlarmi, mentre ci stiamo vestendo per raggiungere il mister in sala stampa.
“Non credo, Pepe, voglio cercare un volo per il Giappone e partire quanto prima, voglio approfittare di questa settimana premio per la vittoria; ho davvero bisogno di tornare a casa …”
“Chi ti aspetta?” Chiede lui all’improvviso.
“I miei genitori, i miei amici …”
“E?”
“E cosa?”
“Tsubasa, non credere che non mi sia accorto che ogni volta il tuo sguardo vaga tra gli spalti, chi ti aspetta a casa?”
“Sanae” dichiaro, inutile nascondere qualcosa a Pepe, è da quando sono arrivato che praticamente vedo più lui di chiunque altro, mi conosce troppo bene ormai.
“Siamo innamorati eh?!” mi canzona tirandomi un asciugamano e prendendomi in pieno. Lo restituisco al mittente intimandogli un “Piantala: Pepe!” mi sa che devo essere arrossito perché lo vedo sghignazzare.
“Voglio conoscerla, se ha fatto perdere la testa al grande e posato Ozora, devo conoscerla, ma… stasera festa; tanto non credo tu possa trovare un volo immediato per il Giappone” esclama avvicinandosi e prendendomi per il collo, dopo avermi strattonato un po’ in segno di affetto.
 
Sono in camera mi sistemo: abbigliamento comodo e informale; per fortuna! Indosso quindi jeans e maglietta bianca. Accendo il PC e prenoto il volo, voglio fare una sorpresa a Sanae, non le dirò nulla. Fortuna vuole che per domani pomeriggio ce ne sia uno disponibile, quindi mi affretto a fissarlo e pagarlo.
Suonano al campanello, chiudo tutto e scendo di sotto, apro, è Pepe che ha deciso di passarmi a prendere, dietro di lui una ragazza, stesso incarnato, stesse fattezze, inclino la testa curioso, ma è il mio compagno di squadra che chiarisce subito. “Ciao Tsubasa, questa è mia sorella maggiore Yemaya”
“Piacere io sono Tsubasa, compagno di squadra di tuo fratello” dico allungando una mano, ma lei per tutta risposta si avvicina e prima bacia la mia guancia destra e dopo la sinistra, avvampo, solo dopo ricordo che è il classico saluto Brasiliano.
“So perfettamente chi sei, non solo mio fratello parla sempre di te, ma anche tutti i giornali in zona, quindi sono onorata di conoscerti” risponde risoluta.
Yemaya, resto un attimo incantato da tanta sicurezza e bellezza, è davvero una ragazza molto attraente, questa pelle così ambrata quegli occhi neri e profondi.
“Ti ringrazio, sai la stampa spesso esagera” mi affretto a dire prima che l’imbarazzo s’impossessi di me.
“Dai andiamo o faremo tardi – interviene Pepe distraendoci – hai trovato il volo?” prosegue poi.
“Sì, per domani pomeriggio, sono stato fortunato” affermo soddisfatto.
“Dove vai di bello?” mi chiede lei.
“Torno al mio paese” rispondo girandomi nella sua direzione per osservarla meglio.
“Ti mancano molto le tue abitudini?” domanda.
“Sì, anche se adoro il vostro modo di fare così solare e spigliato, potrei abituarmi al vostro mondo” esclamo convinto.
 
Siamo arrivati alla festa, è stata organizzata in una villa in riva a una splendida spiaggia. Pepe si dirige subito verso i nostri compagni, seguito da sua sorella, invece io vado al tavolo delle bibite e mi faccio fare un drink. Ho voglia di scaricare la tensione accumulata durante il campionato.
Non sono abituato a bere alcolici, ma non credo che per una sera una bevuta possa uccidermi, quindi lo afferro e mi dirigo verso il terrazzo. Sono appoggiato alla balaustra quando avverto una figura alle mie spalle, mi volto e una ragazza mi porge un altro bicchiere invitandomi a brindare con lei.
“No, grazie, ho già questo” dico sollevando il drink e facendo tintinnare il ghiaccio sul vetro. Mi appoggio alla balaustra incrociando le braccia al petto, dopo aver posato il bicchiere in bilico su questa. Una leggera brezza arriva dal mare, facendomi sentire il salmastro sulla pelle e dentro le narici, è così buono questo profumo.
“Sei Tsubasa Ozora vero?” chiede mettendosi nella mia stessa posizione. Il leggero spostamento d’aria adesso mi fa giungere il suo profumo, sa di vaniglia, buonissimo.
“Sì, e tu saresti?”
“La nipote del vostro mister, sono stata invitata a festeggiare la vostra vittoria, complimenti … ah dimenticavo io sono Maria” lei mi porge la mano, ma io cerco di evitarla facendo altro, quindi…
“Piacere” rispondo afferrando nuovamente il bicchiere, non so perché ma questa ragazza mi mette a disagio.
“Avete fatto un ottimo campionato” continua.
“Già, veramente” rispondo brevemente.
Non ho molta voglia di conversare per la verità.
“Sei un tipo di poche parole, non racconti mai niente di te, neppure alla stampa, non esci mai, sempre agli allenamenti, insomma integerrimo, senza scheletri” espone in tutta tranquillità. Mi volto e sollevo un sopracciglio, pensando a cosa diavolo voglia questa da me, avevo avvertito subito un certo fastidio.
“Gioco, mi alleno, tanto basta, non ho bisogno di altro!”
“Neppure di una ragazza?” chiede avvicinandosi e strusciando il suo corpo al mio braccio, lo ritraggo, ma da quando le ragazze sono così audaci, non me lo aspettavo.
“Tsubasa, tutto bene?” la voce di Yemaya mi riscuote.
“Sì, beh io…” sono imbarazzato lei si avvicina e l’altra si discosta.
“Mio fratello ti sta cercando, vieni” dice porgendomi il braccio.
“Scusa, ma devo andare” esclamo rivolto a Maria. Lei sbuffa un attimo e cambia subito obiettivo.
“Grazie” sussurro alla sorella di Pepe. Adesso è al mio fianco che si appoggia al mio braccio. Si avvicina voltandosi nella mia direzione, così che possa comprendere le sue parole. “Dal tuo imbarazzo e comportamento ho immaginato che tu non conoscessi il soggetto vero?”
“Mi hai scoperto” rispondo divertito, sorrido.
“Ho visto giusto, è famosa per le sue fiamme, tutte calciatori ovviamente, e immagino avesse puntato la sua prossima preda” espone inflessibile senza esitazione.
“Hai immaginato giusto” rispondo sollevato.
“Che ne dici di andare giù in spiaggia? Questa festa è alquanto noiosa” e lo dice in una tale semplicità che mi lascio coinvolgere dall’alone che emana.
“Va bene, ci sto, almeno evito altre figurette!” affermo divertito.
Lascia il mio braccio e intreccia le sue dita alle mie, ma che diavolo… penso questo dopo che scalza si dirige velocemente verso la spiaggia, le scarpe con i tacchi sono state abbandonate in fondo al cancello della villa, dove ho lasciato anche le mie.
Stiamo camminando verso la riva, la notte è calda, la brezza che prima sentivo è quasi cessata del tutto, la luna argentea si riflette nel mare, vorrei che Sanae vedesse tutto questo un giorno.
Sanae, cavolo! Sono da solo con una ragazza sulla spiaggia; che cosa sto combinando?! Tsubasa calma, non è detto che succeda per forza qualcosa, due chiacchiere non hanno mai ucciso nessuno. Si siede in riva al bagnasciuga, m’invita con la mano a fare altrettanto, quindi mi accomodo vicino a lei.
 
Alle nostre spalle la festa continua, ne sento gli schiamazzi, il parlottare e la musica che arriva a tratti. È tutto così surreale, non mi capacito ancora di cosa ci sto facendo qua, sento la testa leggera, molto probabilmente l’alcol ha fatto il suo effetto, ma sto bene.
 
“Il tuo nome significa qualcosa?” improvvisamente dal silenzio si leva questa domanda.
Mi volto verso di lei incuriosito, poi rispondo:“Sì, significa Ali”
“Beh direi che nome più azzeccato non poteva esistere, in campo pare davvero che tu abbia le ali” sorride divertita.
“E il tuo ha un significato particolare?” chiedo incuriosito dalla piega che sta prendendo questa conversazione.
“Sì, in Brasile, dove è conosciuta come Yemanja o Imanje, è la madre che porta i pesci ai pescatori, e la luna crescente è il suo simbolo.
Protegge le navi che viaggiano per mare, e in alcune parti del Brasile viene onorata quale Dea degli oceani e festeggiata nel solstizio d’estate, infatti con quella data coincide anche il mio compleanno, per questo mi hanno chiamata così” si volta, sorride, penso che sia davvero una bella ragazza, e parlare con lei è molto piacevole.
“Certamente molto più interessante del mio, sembri quasi una Dea” ammetto compiaciuto dalla scoperta.
Ho le mani posate a terra, sono seduto con le gambe distese e accavallate, le braccia leggermente indietro, mi sto sorreggendo su queste. Sento le sue dita sfiorare le mie. Ci guardiamo per un istante, mentre avverto le sue dita risalire la mia mano per raggiungere il braccio, scivolano lente risalendo il percorso, mentre con il busto si sta protraendo in avanti.
I suoi occhi brillano, i boccoli neri ricadono a incorniciarne il volto, non faccio in tempo a parlare che le sue labbra delicate le sento adagiate sulle mie, le sfiora, si ritrae un secondo e dopo preme nuovamente.
Resto come pietrificato, ho baciato soltanto Sanae e adesso… Quando sento che cerca l’accesso alla mia bocca mi discosto all’istante e spalanco gli occhi, vedo i suoi aprirsi lentamente, poi sorride.
“Non hai mai baciato nessuna?” domanda dolcemente, la sua mano si fa sempre più intraprendente mentre passa dietro al mio collo e sento che preme per farmi avvicinare.
“No, sì cioè… sì però” balbetto, basta! Le guance non le controllo più, per fortuna è buio.
“Allora qual è il problema?” chiede.
Mi allontano e faccio in modo che la sua mano torni al suo posto, poi parlo.
“Scusami, se non te l’ho detto prima, ma non credevo che tu… insomma ho la ragazza in Giappone” esclamo deciso.
“Ah capisco, credi che lei ti stia aspettando? O credi che si stia divertendo?”
Il solo pensiero di Sanae con Kanda che ci prova, sento la rabbia crescere come quando mi sono scontrato con lui. Spero vivamente che lei non subisca altre pressioni da lui. Un pensiero fisso, la bocca della mia ragazza sulle mie labbra, solo le mie, sono geloso, me ne rendo conto adesso che sono qua con un’altra, che diavolo sto combinando, e se lo facesse anche lei? No, devo smettere subito.
“Perdonami, ma non sono cose che ti riguardano!” dichiaro stizzito, mi alzo e le porgo la mano, lei l’afferra e dopo si solleva, poi proseguo.
“Scusa, ma è meglio se rientriamo!”
“Scusa tu, non credevo fosse una cosa seria” ha la testa bassa, credo sia dispiaciuta davvero.
“Sì, è una cosa seria, e domani prenderò il volo per raggiungerla; è quasi un anno che non ci vediamo”
“Ti manca?”
“Sì, non avrei immaginato che mi sarebbe mancata così tanto”.
E sulle parole di quest’ultima frase, torniamo verso la festa, sto pensando che sono proprio stato un ingenuo, non devo trovarmi in questo tipo di situazioni. Le nostre mani si sfiorano spesso, ma non s’intrecciano più, penso solo a Sanae e alla sua pelle, lei mi fa provare certe sensazioni, certi brividi, nessun’altra può riuscirci.
 
Una volta incontrato Pepe, mi congedo con la scusa di un forte mal di testa improvviso e mentre vado verso casa, non vedo l’ora che sia domani.

 
Sanae
“Ma bene Ozora… e questa come la spieghi?” chiedo con la collera nel cuore, ha baciato un’altra, lo uccido.
“Dare la colpa all’alcol non regge vero?”
“Tsubasa!” lo rimprovero.
“Sanae, mi ha colto alla sprovvista, non avevo immaginato che lei si stesse interessando a me, scusami, ti assicuro che non è accaduto più niente da questo episodio” ammette dispiaciuto.
“Tsubasa… ti salvi soltanto perché ho sentito quello che hai detto e ho visto come ti sei comportato. Ho sempre avuto fiducia in te e ora me lo hai dimostrato.”
Ci fissiamo un attimo prima di scambiarci un tenero bacio.

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Capitolo 8
*** Capitolo 08 ***


Sanae

Ho appena finito di lavorare sono le cinque del pomeriggio. Ho trovato questo posto come cameriera, così da poter mettere via un po’ di soldi. Il mio obiettivo sarebbe quello di raggiungere Tsubasa, in Brasile, per qualche giorno. È già passato un anno dalla sua partenza, è nuovamente l’estate, e con questo lavoro a conti fatti prima del prossimo anno non credo di poter riuscire a permettermi un viaggio così oneroso.

Sbuffo al pensiero che passeranno due anni prima che possa rivederlo.

Allora sei pronta?” irrompe Kumiko nel retro bottega. Mi sto cambiando per poter uscire con loro, oggi andiamo tutti al luna-park.

Sì, Kumi sono pronta arrivo” rispondo alla mia amica.

Usciamo dal locale e gli altri sono già fuori che parlottano, mi stavano aspettando. A piedi ci dirigiamo al parco del paese dove è stata allestita la struttura. Chissà se Tsubasa ha vinto, so’ che ieri avevano la finale di campionato. Stasera appena rientro a casa, mi collegherò per controllare.

Con questo pensiero arriviamo a destinazione e ci mettiamo subito in fila per la ruota panoramica. Sollevo lo sguardo al cielo e osservo quanto sia alta, sento una strana eccitazione all’idea di andare così in alto da sola.

Il tornello fa passare due persone alla volta, improvvisamente mi sento afferrare per un braccio e tirare indietro, mentre vedo passare in avanti un ombra che affianca la mia amica, volto lo sguardo verso il mio sequestratore e mi muore il sorriso in gola quando Kanda è vicino a me.

Torno a guardare Kumi, ma oramai è troppo tardi perché è dall’altro lato della barricata già pronta a salire con l’eterno amico di Kanda, non posso crederci ci hanno fregato.

Non faccio in tempo a ragionare sull’accaduto che lui mi spinge in avanti e superiamo il tornello, mentre l’uomo della giostra c’inviata a sederci.

Non provarci neppure” sibilo tra i denti. La sua presa si fa più salda mentre quasi mi obbliga a mettermi seduta sulla poltrona della ruota.

Non fare la bambina” mi intima.

Siamo soli quando seduti uno al fianco dell’altro, vedo la sbarra chiudersi di fronte a noi. Incrocio le braccia al petto e mi volto dall’altro lato.

Ho dovuto escogitare un modo per parlarti, sei sempre insieme a quel branco di calciatori” dichiara improvvisamente.

Mi volto, sono livida. “IO, non ho niente da dirti, non ti è bastata la lezione che ti ha dato Tsubasa?!” sarò stronza, ma meglio fargli ricordare che cosa era accaduto in quell’occasione; casomai avesse intenzione di superare ogni qualsivoglia… limite.

Sì, ma adesso non è qua e… - fa finta di pensarci dopo prosegue – a conti fatti in un anno non è che si sia visto molto da queste parti; vieni a cena fuori con me stasera” lo sputa fuori così, come se fosse la cosa più normale del mondo.

Scordatelo” ringhio tra i denti mentre i rumori della ruota stridono come la mia voce. Il vento prodotto dallo spostamento dell’aria mi scompiglia leggermente i capelli, più volte passo la mano per rimetterli al loro posto dietro l’orecchio, o forse è solo la crescente tensione. Lui si sta avvicinando, e io non ho via di fuga.

Afferra le mie spalle e si avvicina alla mia bocca e prima che possa dire qualcosa si avvicina fino a sfiorarla per poi esclamare: “Scommetto che Ozora non ti ha mai baciata così” e lo fa.

Le sue labbra toccano le mie, sento la brace che saetta sulle mie guance. Punto i pugni al petto e cerco di allontanarlo, ma non ci riesco, è forte, dopo avverto la sua lingua che cerca di farsi strada nella mia bocca, serro ancora di più le labbra e finalmente ce la faccio a voltare il viso di lato, riuscendo nuovamente a prendere respiro. Mi lascia, e io ne approfitto mollando un ceffone da manuale che rimbomba insieme alla giostra che adesso si è fermata. La sbarra si apre e io schizzo fuori, ma lui è dietro, mi afferra nuovamente per un gomito e mi tira verso di lui.

Poi quella voce, la SUA voce per l’esattezza; che gli intima: “KANDA LASCIALA NON MI SEMBRA CHE SANAE GRADISCA LE TUE ATTENZIONI!!!”

Mi volto è Tsubasa, che diavolo ci fa qua? Ho le lacrime agli occhi mentre velocemente vedo arrivare tutti gli altri, perché Tsubasa è livido e si sta avvicinando un po’ troppo velocemente, poi capisco e con uno strattone mi metto tra i due, spero solo di aver fatto in tempo.

 

 

Tsubasa

Sono arrivato all’aeroporto, appena uscito dal Gate vedo la mia famiglia tutta in attesa del mio arrivo, forse avrei potuto chiamare anche Sanae, almeno potevamo già vederci, scuoto la testa pensando che no, le farò una sorpresa e sarà felicissima.

La mamma mi abbraccia stretto, seguito a ruota da mio padre, poco dopo aggrappato alla mia gamba, sento strattonare la stoffa, giro lo sguardo verso il basso e mio fratello richiede la mia attenzione, quindi mi chino e lo sollevo da terra: “Dachi, come sei cresciuto!”

Anche tu fratello mio sei tanto alto” dice buttandomi le braccia al collo. Lo abbraccio stretto, sa di buono, sa di casa, sa di mamma, sa della mia famiglia, sì, mi sono mancati anche loro.

Tutti insieme andiamo verso l’auto pronti a sfrecciare verso casa, giusto il tempo di posare i bagagli e dopo voglio andare da lei.

Il viaggio mi permette di soddisfare tutte le domande di mia madre.

Una volta varcata la soglia di casa, lascio veloce le valigie, mi affaccio sulla soglia di cucina e dico alla mamma. “Non aspettatemi per cena”

Tsubasa Ozora, sei appena arrivato e già sparisci nel nulla?” mi rimprovera, non ha tutti i torti, ma io devo stare con lei.

Incasso le spalle per parare il rimprovero, dopo mi porto una mano dietro la nuca e arrossendo fino alla punta dei capelli esclamo: “Voglio portare Sanae a cena fuori è un anno che non la vedo… per favore mamma.”

Si volta, i suoi occhi a cuoricino, non sa che stiamo insieme, non ho mai avuto occasione di dirglielo, ma adesso non potevo certo esimermi, e so per certo che dopo questa uscita mi concederà ogni giorno libero… adora Sanae.

Va bene, ma domani a pranzo stai con noi!”

Promesso mamma!” Faccio un accenno di uscita, ma lei mi blocca il braccio. “Se domani a pranzo vuole venire anche Sanae?!”

Avvampo, mi libero dalla sua stretta e balbetto un: “Ma… Mammaaa” ed esco di corsa dalla porta diretto a casa Nakazawa.

 

Disdetta! Sua madre mi ha detto che appena finito il turno di lavoro, le amiche sarebbero passate a prenderla per andare al luna-park.

Infatti adesso a grandi falcate sto seguendo la strada per raggiungerla, in realtà sto quasi correndo, ma tanto sono più che allenato.

Vedo Taro, Ryo, Mamoru sotto la ruota panoramica sembra che stiano aspettando qualcuno, quindi li raggiungo velocemente, evidentemente le ragazze sono ancora sopra. Appena mi vedono, la loro espressione cambia, solo Ryo mi viene incontro abbracciandomi con calore.

Beh, che succede?” chiedo appena arrivo dagli altri.

Abbiamo un problema, Kanda – dice Taro indicando un punto verso l’alto della ruota – non so com’è riuscito a salire con Sanae.”

Alzo lo sguardo e vedo che stanno discutendo, poi i vari bracci della ruota mi offuscano a tratti la visuale. Volevo farle io una sorpresa e da quello che vedo forse è lei che l’ha fatta a me. Era meglio se l’avvisavo del mio arrivo, ma non posso credere che stia uscendo con un ragazzo. No, non posso crederci!

Prima di tirare conclusioni affrettate decido di indagare.

Com’è questa storia?” chiedo continuando a guardare i due e aspettando una spiegazione dai miei amici.

Semplice, Tsubasa, tu non ci sei; e lui non si arrende” espone Taro.

Adesso mi sente” sibilo tra i denti.

Stai calmo e non fare cavolate” mi consiglia Ryo.

 

Appena la ruota si blocca e le sicurezze si aprono, vedo lei schizzare fuori come se stesse fuggendo; sento la gelosia scorrere nelle mie vene, mentre le mie gambe in automatico si stanno muovendo nella sua direzione .

L’argine però si spezza quando vedo Kanda afferrare il suo braccio poco delicatamente e strattonarla indietro, non mi hanno visto ma io praticamente inizio quasi a correre. Non voglio che la tocchi, vedo perfettamente che lei NON VUOLE ma visto che sono ancora troppo lontano da poter impedire ogni contatto mi metto a gridare: “KANDA LASCIALA, NON MI SEMBRA CHE SANAE GRADISCA LE TUE ATTENZIONI!”

 

Lei si volta il nostro sguardo s’incrocia per un secondo, e quando si rende conto che ho perso la ragione per paura di un nuovo scontro si mette tra di noi.

Alle mie spalle sento dei passi concitati e delle braccia che mi afferrano.

Sono Taro e Mamoru che mi stanno trattenendo, continuo nel mio monologo, perché il mio rivale è talmente scioccato nel vedermi che è rimasto ammutolito.

Pensavo di essere stato chiaro l’altra volta Kanda, o la lezione non ti è ancora bastata eh? SPARISCI!” L’ultima parola viene gridata, la mia voce vibra, come il mio corpo, il respiro è veloce e corto. Non è certo dovuto alla corsa appena fatta, questo respiro così affannato. La gelosia s’impossessa di me, sto per perdere la ragione.

Adesso Sanae è di fronte a me, le sue mani appoggiate al mio petto, ho la maglietta, ma avverto comunque che sono gelide, è tesa, ha gli occhi smarriti, mentre il suo esile corpo cerca di trattenermi.

Nel frattempo Ryo si è portato di fronte a Kanda, lo sento parlare pacatamente, forse è l’unico che sta mantenendo un certo contegno.

Kanda, ti è già stato spiegato più volte che Sanae non gradisce le tue attenzione ti prego di desistere.”

Il mio sguardo incollato a quello del ragazzo che importuna Anego, finalmente parla, ma quello che esce dalla sua bocca non mi rassicura per niente. “Va bene, va bene Ozora finché starai qua non preoccuparti nessuno te la tocca.”

 

Si volta indietro e sparisce dalla nostra visuale, anche se gli grido dietro: “Fa che non sappia che le hai dato fastidio quando non ci sono, perché quando tornerò non ci saranno i miei amici a trattenermi ricordatelo.”

 

Sento i miei compagni mollare la presa sulle mie braccia, le lascio scendere lungo i fianchi, mentre lei è ancora aggrappata alla mia maglietta. Non la sfioro, mi sembra impossibile che sia qua di fronte a me, avevo immaginato il nostro incontro totalmente differente.

Dai lasciamoli soli” è Taro a parlare, adesso sono sopraggiunte anche Yukari e Kumiko, che dopo aver esclamato un: “bentornato Capitano” hanno seguito gli altri.

 

Adagio le mani sulle sue spalle, ha un fremito, siamo soli, metto le mie labbra sui suoi capelli e le regalo un delicato bacio. “Ehi, tutto bene?”

Da lei un grande respiro e poi un sussulto, “Adesso sì” la sento rispondere con voce stentata. L’abbraccio, l’avvolgo , cerco di trasmetterle un po’ di sicurezza, ma anche il mio corpo è agitato per quello che è appena accaduto quindi decido di cambiare strategia.

Faccio scendere le mie mani fino a prendere le sue. Ne intreccio una e me la tiro dietro. “Andiamo a prendere qualcosa da bere, così parliamo con calma.”

 

 

Sanae

 

Non riesco a credere di essere appoggiata al petto di Tsubasa, il momento non è dei migliori, ma il suo profumo, oddio il suo profumo, temo di averlo dimenticato in questo lungo anno, in cui ho praticamente abbracciato soltanto il suo amato pallone.

Tutto bene? Sì, adesso è tutto perfetto, perché ci sei tu, perché mi sento completa, perché mi sento appagata, soddisfatta. Mi abbraccia, il suo corpo, il suo calore, sento male al petto per quanto mi è mancato. Sento intrecciare un amano alla mia e trascinarmi da qualche parte, dice qualcosa, che francamente non ascolto neppure, non m’importa, è qui; tanto basta.

Arriviamo a un piccolo chiosco mi fa accomodare, non riesco a togliere gli occhi da lui, dal suo corpo che tanto mi è mancato, dal suo calore, dal suo odore.

È di spalle sta ordinando due bibite, lo osservo attentamente, è cambiato tantissimo, è più grande, più a uomo, le spalle si sono allargate, è alzato, ed è abbronzato.

Il mio stomaco non vuole sentir ragioni, continua a svolazzare e a mandarmi chiari messaggi.

È un languore che lento sale mentre osservo quello che è il mio ragazzo da un anno e mezzo a questa parte.

Ha finito, si volta e mi raggiunge, si mette seduto di fronte a me mi porge la bibita, l’afferro con entrambe le mani dopo aver mormorato un: “Grazie”.

Ci guardiamo ogni tanto arrossendo a turno, poi prendo coraggio e parlo. “Capitano che cosa ci fai qua?” chiedo con un sorriso, finalmente sono più rilassata, l’agitazione per Kanda sta svanendo piano piano.

 

Abbiamo vinto il campionato e visto che ci hanno concesso una settimana di vacanza premio, ho deciso di tornare a casa, - si ferma un secondo poi mi fissa negli occhi, allunga una mano sul tavolo, io lascio la bibita e intreccio le sue dita con le mie, dopo continua – da te… mi sei mancata Anego” i suoi occhi nei miei.

Non li ricordavo così profondi, così… così , innamorati.

Mi guarda e improvvisamente arrossisce.

Inclino la testa con fare curioso “Che c’è?”

Sei… sei come dire, cambiata, non mi aspettando di trovarti così diversa, sei cresciuta”

Abbasso lo sguardo, chissà se le mie guance sono andate a fuoco e non le sento più.

Per togliermi dall’impiccio dico: “Anche tu sei cambiato moltissimo in questo anno, stentavo a riconoscerti” ammetto.

Le nostre dita giocano intrecciate l’une alle altre.

Cosa mi racconti del Brasile Tsubasa?” cerco di portare la conversazione in altri lidi, visto che ci siamo incantati sui nostri reciproci corpi cambiati e cresciuti da questo tempo trascorso lontano.

Tutto un altro mondo, Sanae, mi piacerebbe portarti un giorno, il mare è bellissimo, e la cultura brasiliana è totalmente differente dalla nostra, sono così solari, espansivi… e tu? La scuola? Il lavoro? Come va? Come passi le tue giornate?”

Sempre la solita vita, scuola, lavoro e le amiche che non mi lasciano un attimo sola”

Sono contento” dichiara.

Di cosa?”

Che non ti lasciano mai sola. Senti, c’è da preoccuparsi per Kanda? Oppure pensi che la smetterà?” mi chiede con una punta di preoccupazione.

 

Avvampo, ancora Kanda, adesso che non ci pensavo più. Mi affretto a rispondere: “Io spero che dopo oggi si arrenda e che se ne faccia una ragione, sono stata piuttosto chiara, comunque non temere, cercherò di evitarlo come la peste.”

Annuisce, poi sorride “Argomento chiuso!” sentenzia.

Argomento chiuso” ribadisco.

Le bibite sono finite, lui si alza, le nostre mani ancora intrecciate, camminiamo fianco a fianco, per mano.

Avevo pensato di andare a cena fuori; se non hai altri impegni stasera” mi chiede.

Dovevo andare con gli altri, ma sono felicissima di rinunciare.”

Se vuoi andiamo tutti insieme, come preferisci.”

Mi blocco, lui si gira adesso siamo di fronte.

Sollevo lo sguardo e incrocio il suo.

Voglio passare ogni istante con te Tsubasa, gli altri ho tutto il tempo che voglio per vederli, con te ho solo una settimana prima che tu parta nuovamente” il mio tono si fa più triste, anche se non voglio.

Annuisce, si china e mi sfiora la fronte con un tenero bacio. Quelle labbra sulla mia pelle, così morbide, così calde, chiudo gli occhi e assaporo il momento.

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Capitolo 9
*** Capitolo 09 ***


Tsubasa

Il pomeriggio è trascorso tranquillo, alla fine siamo andati a mangiare tutti insieme, una volta che ci siamo ricongiunti al gruppo è stato praticamente impossibile eludere la loro compagnia e le loro domande. Tornare a casa, rivedere gli amici, il mio paese, LEI: è bellissimo!

Sono felice, immensamente felice, ho ancora una settimana di fronte e ho tutta l’intenzione di vivere ogni momento al massimo.

La cena si è conclusa e sto riaccompagnando Sanae a casa. Siamo soli finalmente, è tutta la sera che la osservo, è davvero diventata uno splendore.

Quando la sua bocca sorride mi perdo il quel semplice gesto.

Sono stata benissimo.” Ammette improvvisamente distogliendomi dai miei pensieri.

Mi dispiace solamente che non sono riuscito a liberarmi degli altri.”

Non importa, sono i nostri amici, è anche giusto così, poi scusa, volevi perderti Ryo mezzo ubriaco che ballava sul tavolo?”

Sorrido al pensiero di quel pagliaccio.

No, assolutamente no, ma toglimi una curiosità: da quando s’interessa a Yukari?”

Lo hai notato anche tu?” ammette maliziosamente.

Beh, difficile non notarlo, le è stato incollato tutta la sera…”

Già, sono troppo buffi e… credo che a lei non dispiaccia affatto.”

Sono contento per loro.”

Tra una chiacchiera e l’altra siamo arrivati al perimetro del muro che circonda il suo giardino, poco prima del cancello d’ingresso lontano da occhi indiscreti la blocco.

Mi avvicino, con due dita sollevo il suo mento e sulla sua bocca sussurro: “Allora ci vediamo domani?”

Annuisce, le sue braccia intrecciate dietro il mio collo, il suo corpo contro il mio, attraverso la stoffa sento il suo seno e no, lo scorso anno non era davvero così.

Sospiro, mentre le mie braccia le cingono la vita sottile. Facciamo due passi indietro, mi volto tirandola a me, adesso sono spalle al muro, il nostro abbraccio prosegue, le nostre bocche si sono finalmente trovate, è tutto il giorno che aspetto questo momento.

Non ricordavo che la mia Sanae fosse così buona, così profumata, così morbida, tenera, calda.

Questa maledetta distanza mi ha fatto dimenticare i suoi baci, mi torna in mente il bacio della sorella di Pepe e NO, decisamente no, adesso ne ho la certezza, quello che il mio cuore prova con lei, non lo prova con altre.

Il mio stomaco è in subbuglio, mentre sento crescere il calore dentro di me, ho caldo, tremendamente caldo.

Non riesco a tenere ferme le mani, mentre passo in rassegna la sua schiena con una mano, mentre con l’altra faccio scorrere le dita su e giù lungo il fianco.

Non mi era mai accaduto prima, perché prima il suo corpo non era così, non l’avevo toccata così, risalendo ho incontrato le rotondità del suo seno. Imbarazzato mi discosto da lei e tolgo subito la mano mormorando sulle sue labbra un: “Scusa”. Stiamo ansimando vistosamente.

Sorride. “Non mi ha dato fastidio…” lascia cadere la frase, mentre mormora queste parola sulle mie labbra e NO, decisamente non le ha dato fastidio.

La bacio nuovamente, poi mi distacco e le auguro la buonanotte dandole appuntamento a domani.

 

Sanae

Non riesco a capacitarmi del perché quando siamo insieme il tempo tiranno scorra così velocemente.

Domattina partirà di nuovo, abbiamo trascorso questa settimana in perfetta simbiosi, recuperando tutto il possibile, le cene, il cinema, le feste, la spiaggia, le gite. I baci, le carezze, le coccole.

Siamo in riva al mare seduti sul patino di salvataggio, stiamo osservando il tramonto, non parliamo, sono i vari sospiri e sbuffi a parlare per noi.

Domani è il fatidico giorno” mormoro piano.

Arriva sempre troppo in fretta” dichiara, si avvicina e passa un braccio intorno alle mie spalle facendomi aderire a lui. Mi sento al sicuro tra le sue braccia, contro il suo corpo, sempre più grande e forte, siamo cresciuti insieme e questi cambiamenti spesso ci imbarazzano.

Adoro sentirmi protetta da lui, vorrei che restassimo per sempre abbracciati come stasera, invece so, che non è possibile, ci rivedremo tra un anno, se tutto va bene. Se riesco a risparmiare sufficientemente da permettermi il viaggio.

Un anno, non è poi tantissimo, specialmente se siamo impegnati” ammetto, anche se non ci credo affatto.

Il segreto è trovare sempre qualcosa da fare e… io mi allenerò tanto, così riduco il tempo di permanenza in Brasile, non vedo l’ora di concludere e trovare una buona squadra.”

Sono sicura che ce la farai.” asserisco convinta, ho una fiducia totale nel mio capitano.

Hai sempre creduto in me.”

E continuerò a farlo.”

Ci guardiamo, ci abbracciamo, le mani sempre più audaci, mentre le nostre bocche si esplorano. La sua pelle è calda e liscia sotto le mie dita che si sono intrufolate sotto la sua maglia.

Sento le sue mani forti sfiorare il mio ventre, vengo percorsa da brividi inesistenti, ma che lui sa donarmi.

Inizio a capire sempre di più certi discorsi delle mie compagne di classe, che spesso mi fanno arrossire, ma che piano piano inizio a comprendere.

Il bacio cessa, le nostre fronti si sorreggono a vicenda, mentre i respiri non li controlliamo più.

Meglio andare.” esclama alzandosi e aiutandomi.

Già, meglio rientrare.”

Sulla porta di casa i baci non si sono risparmiati, visto che la prossima volta ci rivedremo tra circa un anno, se tutto va bene.

 

 

Tsubasa

Quattro mesi.

Sono già passati quattro mesi, da quando sono venuto via dal Giappone, da quando sono venuto via, da lei.

Fisso il computer nell’intento di farmi un minimo di coraggio nello scrivere a Ryo, per sapere se Kanda, ha più infastidito Sanae, ma spero vivamente che dopo il nostro colloquio si sia arreso.

Perché prima di venire via, nessuno lo sa ovviamente, ma sono passato dalla sua palestra per parlare con lui. So, che quel giorno ho rischiato grosso, ma dovevo subito mettere in chiaro le cose, non potevo partire e lasciare lei in balia di lui.

Quindi sono andato a cercarlo. Quando la porta della palestra si è chiusa alle mie spalle tutti si sono voltati a fissarmi. Certo non sono uno di loro.

Lui sul ring che si sta allenando.

Mi avvicino al quadrato circondato da corde, lui non si è voltato, anche se so, che mi ha visto dallo specchio che ha di fronte. Arrivo alle sue spalle, le altre persone hanno smesso d’interessarsi a me e sono tornate a fare i loro esercizi.

Ci guardiamo attraverso lo specchio, lui si ferma ed esclama: “Riprendo dopo l’allenamento, faccio una pausa” si toglie il casco, i guantoni e con un balzo esce dal ring.

Mi passa vicino, le nostre spalle si urtano, mentre quasi mi ringhia un: “Seguimi.”

Gli vado dietro, da uno stretto corridoio arriviamo a una porta di sicurezza, la spalanca deciso, la oltrepassa, io lo seguo deciso.

Arriviamo in un piccolo cortile interno tutto circondato dai palazzi, il rumore del motore dei condizionatori, mi infastidisce, più di quanto non lo sia già.

Cosa vuoi?” Mi chiede improvvisamente parandosi di fronte.

Incrocio un’altra volta le braccia al petto, devo tenere ferme le mani se non voglio passare subito dalla parte del torto, voglio cercare di farlo ragionare.

Vorrei capire le tue intenzioni, Kanda!”

Nessuna intenzione.”

Continui a infastidire Sanae, però; lo sai che è la mia ragazza, da molto tempo ormai.”

Se conti il ‘tempo’ – dice virgolettando con le dita la parola che tanto odio - che avete trascorso insieme, si riduce a una manciata di giorni.” Conclude in fretta.

Sento il mio corpo vibrare, vorrei saltargli letteralmente alla gola, ma non posso, devo riuscire a stringere una specie di accordo, per cercare di stare tranquillo e per riuscire a tenerlo lontano da lei.

Il problema è che quello che ha detto è la verità.

Non sono cose che ti riguardano, noi siamo felici così, devi lasciarla stare.”

Hai mai visto quando non ci sei com’è? L’hai mai vita la tristezza sul suo volto? La malinconia? Io, non posso vederla così, le voglio bene, caro Capitano e non posso vedere che soffre per colpa tua; che sei andato in Brasile dietro a un pallone.” Spiega risoluto.

Hai ragione da vendere, io non so com’è quando non ci sono, però so per certo che l’espressione sul suo volto quando è con te, non è certo di piacere. Con me sorride, con te è impaurita. Vuoi far paura a Sanae, se tieni tanto a lei, perché vuoi farle paura?”

Voglio farle aprire gli occhi, ha me, qua, adesso! Non prenderò un fottuto aereo tra due giorni, per poi abbandonarla per chissà quanti altri mesi.”

Io non l’abbandono, io sto raggiungendo il mio obiettivo, e dopo… e dopo lei farà parte della mia vita, tu non infastidirla, e se avrà un minimo di ripensamento la lascerò libera, non voglio certo vederla soffrire, la amo troppo.”

Mi blocco, le parole mi sono uscite con impeto, con foga. Ho appena detto che la amo, neppur a lei ho confessato questi sentimenti.

Kanda mi guarda stranito.

L’ami davvero?” Chiede fissandomi.

I miei occhi nei suoi, non sbatto neppure le palpebre, mentre sento che per la prima volta le guance non si colorano di rosso, poi rispondo: “Sì, la amo, più di ogni altra cosa al mondo.” Con voce alta, fiera, sicura.

Annuisce.

Si volta e io lo seguo, il nostro colloquio è terminato, spero di essere riuscito a convincerlo che i miei sentimenti sono seri.

***

Torno a guardare lo schermo e inizio l’email. Ma decido di non scomodare Ryo, per non farlo preoccupare, lui poveretto ha già preso la sua dose di botte, meglio non far degenerare la cosa.

Quindi decido l’unica cosa possibile, scrivo a lei, direttamente.

 

Mittente: Tsubasa Ozora

Destinatario: Sanae Nakazawa

Buongiorno,

Oggi è una splendida giornata, sto per andare a correre in spiaggia. Spero che l’interrogazione di ieri sia andata bene. Tra pochi giorni inizia il campionato, e sono davvero in forma per le partite che dovrò disputare, mi sento davvero bene.

Mamma mi ha detto che sei passata a trovarla, Daichi era molto contento, spero non ti abbia fatto ammattire. Ora è già tardi, leggerò l’email in serata, se Roberto non decide di massacrarmi e non sarò costretto ad arrivare al letto strisciando.

Una domanda: Kanda? Spero che non ti abbia più infastidito e se lo ha fatto… me lo diresti vero?

Vorrei tanto che tu fossi qua, mi manchi.

Tsubasa

Invio, spengo il PC e vado a correre.

Per tutta la giornata ho cercato di scaricare la profonda agitazione che aleggiava sul mio corpo. Ogni volta le immagini di Kanda, si ripropongono facendomi ribollire il sangue. Quel braccio, tirato indietro malamente, no! No, non deve permettersi di sfiorala in quel modo. Se le ha dato ancora fastidio prendo il primo volo e lo affronto una volta per tutte.

Non so perché, ma oggi proprio questa cosa non vuole uscire dalla mia testa, cavolo. Eppure sono passati già tanti mesi, allora perché solo ora?

Riesco anche a capire perché, sono notti che mi sveglio ripercorrendo all’infinito quel sogno, lui, lui che l’afferra in malo modo, e non mi piace, per niente.

Nel pomeriggio ancora allenamenti, sono distrutto quando varco la soglia di casa, mi butto sul letto, sto per addormentarmi, quando il cellulare, che avevo lasciato a casa, lampeggia indicando un'email.

Quindi accendo il PC e mi metto a leggere.

 

Mittente: Sanae Nakazawa

Destinatario: Tsubasa Ozora

Ciao,

Qua piove invece, immagino che il clima laggiù sia molto più favorevole. L’interrogazione è andata benissimo, ho preso un bel nove. Sono molto contenta che tu sia in forma per il campionato, ricordati che anche se non posso vederlo, mi tengo costantemente informata, quindi… non deludermi Capitano.

Daichi… Tsubasa, mi preoccupa… non credevo potesse esistere uno fissato con il pallone più di te. Invece, beh, tuo fratello è la prova vivente, sai che mi ha messo in porta e pretendeva che parassi come Genzo, ma ti pare possibile?

Spero che tu riesca a vedere questa email, prima di strisciare nel letto.

Kanda, è scomparso, più visto per fortuna e anche se lo avessi visto, gli sarei stata mooooolllttoooo lontana.

Sì, Tsubasa te lo direi non temere.

Mi manchi, è riduttivo, conto i giorni che ci separano facendo delle enormi X sul calendario.

Sanae

Sorrido, il tono dell’email mi sembra rilassato e abbastanza divertente. Riesco davvero a capire che cosa prova solo attraverso quello che scrive?.

No, è difficile, ma… voglio illudermi che sia così. Malinconia, l’ho avvertita solo nell’ultima frase, mi manchi… anche a me Sanae da morire.

Rispondo, spengo il computer e mi butto sul letto. Otto mesi e poi forse ci rivedremo, il calendario? L’ho gettato, non segno le X come lei.

Le imprimo direttamente nella mia testa.

Sento che il sonno sta per avvolgermi, la penso, la penso intensamente. Spero di sognarla, e spero che almeno in sogno possa toccarla, mi manca sentire la sua pelle e certe volte il sogno mi regala la sensazione del contatto, capisco dopo che non è vero, ma per ora me lo faccio bastare. Per ora anche solo immaginare avere la sensazione di… è bellissimo.

 

Sanae

“Tsubasa! Adesso capisco tutto! Ti sei incontrato con Kanda, non posso crederci!” sbotto guardandolo dritto negli occhi. È visibilmente imbarazzato.

“Amore, non potevo permettere che continuasse con questa storia, dovevo assicurarmi che non ti desse più fastidio.”

“Quindi hai pensato bene di affrontarlo di nuovo?” indago.

“Ehm, sì.” è paonazzo, sa perfettamente che non avrei mai acconsentito ad una cosa del genere. E se fosse degenerata come l’altra volta?

“Sei impazzito? Se avesse iniziato a picchiarti di nuovo? Eravate da soli in un vicolo senza scampo, Tsubasa… ti sei bevuto forse il cervello? Chi ti avrebbe aiutato? Forza dimmelo!” insisto.

“Sanae, l’avevo già battuto una volta, se fossimo arrivati alle mani un’altra volta sono certo che la rabbia per il suo comportamento nei tuoi confronti, sarebbe bastata per qualsiasi scontro!” ammette risoluto.

“Potevi farti male!” quasi gli grido.

“Ma non è successo, inoltre ha smesso d’infastidirti… e ricorda per te… questo e altro.”

E mi bacia come se fosse la prima volta, e io mi dimentico di tutto mentre ricordo soltanto il suo amore.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


… otto mesi dopo

Sanae
Finalmente ho risparmiato abbastanza soldi da potermi permettere il volo per il Brasile, Tsubasa sa del mio arrivo, sono emozionata come la prima volta che ci siamo baciati, è da quella famosa settimana di un anno fa che non ci vediamo, quella settimana che ha visto i nostri corpi più maturi, più cresciuti, l’idea di toccarlo nuovamente di stare tra le sue braccia mi fa struggere lo stomaco. La sensazione che sento non è certo dovuta alla fame, anzi, ho un enorme groppo proprio al suo ingresso che non vuol saperne di scendere o salire, è lì, bloccato a metà strada.
In quella splendida settimana che abbiamo passato praticamente sempre insieme come a voler colmare la distanza e il tempo che ci hanno separato per molti mesi, ci siamo cercati e sfiorati più volte, anche se siamo restati sempre i soliti timidi e impacciati, un po’ di audacia in più c’è stata, più volte le mie mani si sono insinuate birichine sotto la sua maglia, e hanno toccato quella pelle ambrata liscia, calda.
Spesso le mie dita si sono spinte fino ai suoi addominali scolpiti, spesso ho baciato e lambito il suo collo come lui il mio, ma la settimana è finita e con essa le nostre prime esperienze.

Un'altra settimana ci aspetta, domani ci sarà la finale di campionato, anche quest’anno sono arrivati in fondo, resta solo l’ultima partita per decretare il vincitore.
Stavolta ci siamo accordati che lo avrei raggiunto io, mi ha promesso di farmi visitare il Brasile, sarà la nostra, prima, piccola vacanza insieme. Non mi capacito ancora di come posso aver accettato di essere ospite a casa di Roberto.

Inizia la discesa per l’aeroporto di San Paolo, il mio cuore subisce un improvviso contraccolpo, non capisco se per la perdita di altitudine o per l’emozione di rivedere Tsubasa, penso sia più dovuto alla seconda ipotesi, mi sudano le mani, ho improvvisamente caldo, un caldo eccessivo vista l’aria condizionata del velivolo.

Finalmente i mie piedi toccano il suolo brasiliano, muovo i miei primi passi in direzione dell’uscita, spero solo di riuscire a vederlo in mezzo a tutte queste persone.
Arrivo all’uscita del Gate con il trolley tra le mani, sto torturando la maniglia, mi fermo un attimo e guardo intorno se riesco a vederlo, ma c’è troppa gente, quindi mi blocco e attendo; inutile spostarsi in giro, rischiamo soltanto di rincorrerci a vicenda.
Ho la gola secca prendo l’acqua della bottiglietta e ne sorseggio un po’, nel farlo mi volto leggermente e i miei occhi si fissano su una persona vicino alla colonna che a braccia incrociate al petto mi sta fissando. Lascio perdere la bottiglietta la ripongo e abbasso gli occhiali da sole che avevo indossato prima di scendere, è un ragazzo alto con jeans e una camicia celeste con maniche arrotolate fino ai gomiti, molto abbronzato, mi sorride. Anche lui compie il mio stesso gesto, abbassa gli occhiali da sole e solo adesso lo riconosco, è Tsubasa. Per tutti gli dei, ma quanto è cresciuto?


Tsubasa
L’attesa è finita finalmente l’altoparlante ha annunciato il VOLO, il SUO volo. Sono appoggiato alla colonna vicino all’uscita del gate, ho indossato gli occhiali da sole per non essere riconosciuto, perché comincio a essere un personaggio piuttosto in vista dopo l’esordio e le vittorie del San Paolo.
Spero di riconoscerla, è passato un altro anno e posso solo immaginare come dev’essere cambiata.
Poi la vedo arriva con passo spedito dal corridoio dell’aereo, tra le mani il trolley, lo percorre fino alla fine e poi si ferma lì. Ha un paio di pantaloni corti di jeans un po’ strappati, sopra una semplice maglietta di cotone rossa, ai piedi delle zeppe color cuoio intrecciate sul polpaccio come i sandali degli schiavi.
Deglutisco a fatica, perché la mia Sane si è trasformata in una donna, una splendida donna. Si è fermata e ha preso la bottiglietta dell’acqua per bere, ed è quando solleva lo sguardo per portare l’acqua alla bocca che i nostri occhi s’incontrano, dopo aver calato entrambi gli occhiali.
Non resisto, affretto il passo e in poche falcate la raggiungo, lei ha lasciato andare tutto quello che aveva tra le mani e adesso sta letteralmente volando tra le mie braccia. Appena siamo vicini ci guardiamo un attimo prima di abbracciarci. Lei mi ha messo le mani al collo, e io l’ho stretta per i fianchi, immagino che se qualcuno ci stesse guardando, possiamo ricordare quelle scene dei film americani.
Il suo volto incastonato tra la spalla e il collo, le sue lacrime sulla mia pelle, la sua bocca vicino all’orecchio che mormora: “mi sei mancato tanto Capitano”.
“Anche tu Sanae, anche tu” rispondo con il cuore impazzito che sembra uscire dal mio petto.
Le sue braccia su di me, il suo corpo che aderisce al mio, il suo profumo di loto che va vibrare ogni cellula. C’è troppa gente per una qualsivoglia forma d’affetto. Finita l’emozione del momento l’adagio a terra intrecciando una mano con la sua, raccogliamo i bagagli e in silenzio ci dirigiamo al taxi.
Una volta all’interno, mi avvicino e poso un flebile bacio sulle sue labbra “Benvenuta a San Paolo” esclamo. Le brillano gli occhi, è come avere al mio fianco una bambina, è felice, e spero in questi giorni di renderla ancora più contenta.

“Allora, ti illustro il programma per oggi, se per te va bene ovviamente?” indago.
“È tutto così strano qua, c’è tantissima gente ed è così grande” esclama con voce emozionata, mentre la vedo sbirciare fuori dal finestrino.
“Già, anch’io appena arrivato sono rimasto imbambolato dalla frenesia. Per oggi avrei pensato: prima tappa casa per depositare i bagagli, dopo stadio, sai, oggi pomeriggio ho un allenamento pre-partita, domani c’è la finale, e se vinciamo stasera per forza ci sarà la festa della squadra.”
“Ottimo programma Capitano – si volta afferra le mie mani – ovviamente do per scontato una vittoria!” afferma convinta.
“Ovviamente” rispondo sorridendo.

Scendiamo sotto casa, prendo i bagagli e faccio strada. Appena varcata la soglia l’accompagno subito alla camera riservata agli ospiti: “prego entra” la invito, mentre ho sistemato le sue valigie alla base del letto matrimoniale.
“Allora quella porta – dico indicando la parete a destra- porta al bagno che è in comune con il mio, infatti la mia camera è dall’altro lato, io vado di sotto a preparare il pranzo, se intanto vuoi farti una doccia?” sono imbarazzato, io e lei da soli in questa casa, Roberto tornerà soltanto stasera, ho avuto come l’impressione che volesse lasciarci soli, ma forse adesso avrei preferito che fosse qua con me.
Si avvicina, le sue mani sul mio petto, solleva le punte dei piedi e mi regala un bacio, non resisto la prendo per la vita e la bacio, davvero.
Le nostre bocche si trovano e si esplorano come non facevano da un anno a questa parte, ma non hanno certo dimenticato, come non hanno scordato le nostre mani, sono soltanto rimaste in sospeso in attesa l’uno dell’altra.
L’assaporo, la bacio, ancora e ancora, ci tocchiamo, ci esploriamo, i respiri sempre più affannati le bocche sempre più affamante, il suo corpo preme sul mio, un attimo di lucidità mi fa separare da lei, le nostre fronti si congiungono, mentre regalandole teneri baci sulle labbra carnose le dico: “Vado a fare il pranzo.”
“Ok” risponde, anche se entrambi non riusciamo a sciogliere l’abbraccio.
Lentamente ci allontaniamo, e prima di uscire dalla camera le parlo di nuovo. “Ti aspetto di sotto, se hai bisogno chiama pure.”
“Ok, grazie” mi risponde.


Sanae
Lo guardo uscire dalla porta e non riesco a distogliere lo sguardo che dalle sue spalle scende ai suoi glutei, i brividi allo stomaco non li controllo più ne ho perso la facoltà, come il mio cuore che galoppa impazzito, decido di andare a fare questa doccia per cercare di calmare tutte queste emozioni.
Vado al bagno mi spoglio e mi dirigo sotto il getto dell’acqua, fa molto caldo e la doccia decido di farla quasi fredda. Mi avvolgo nel morbido telo che vedo ripiegato sulla sedia messa appositamente per questo. Tsubasa è perfetto, ha curato ogni cosa nei minimi dettagli. Solo al pensiero del suo nome, la bocca dello stomaco decide di andare per i fatti propri.
Mi asciugo e dalla valigia tiro fuori un leggero abitino a spalline sottili; è color panna con dei fiorellini provenzali cesti, lo faccio scivolare sul corpo, è molto leggero, mi regala una sensazione di freschezza, scollo a V attillato fino ai fianchi, per poi scendere morbido fin sopra il ginocchio, ho fatto bene a portare cose fresche.
Scendo al piano di sotto e soltanto adesso mi rendo conto che quest’abitazione è praticamente in riva al mare, vado verso la sala che tramite balcone si affaccia sull’oceano brasiliano.
Mi appoggio alla ringhiera assaporando il profumo del mare, non credevo che abitassero in un posto tanto bello, inoltre credo sia molto comodo per gli allenamenti avere la spiaggia così vicina. Sono sovrappensiero e non mi accorgo della figura alle mie spalle, soltanto quando due labbra morbide sfiorano il mio collo cingendomi da dietro, vengo investita dal suo odore.
“Bello vero?” esclama stringendomi al suo petto e scostando i miei capelli.
“Bellissimo” rispondo inclinando un po’ il collo.
“Il pranzo è pronto; se ti va mangiamo qua in terrazza, così ci godiamo la vista.”
“Non potevi avere un idea migliore, non credevo che Roberto abitasse in un posto tanto meraviglioso.”
“Sono rimasto colpito anch’io quando sono arrivato qua, è il posto perfetto per allenarsi.”
Sorrido.
“Che hai da ridere?” chiede curioso.
“Ho pensato la stessa cosa, tra noi scorre il pallone, da sempre” ammetto divertita.
“Già, se non fosse stato per il calcio non ci saremo mai conosciuti.”
“Allora dobbiamo ringraziare questo magnifico sport.”
“Mhmhm” mugugna regalandomi un altro bacio.
Restiamo ancora un altro po’ in contemplazione del mare, poi insieme apparecchiamo sul terrazzo e mangiamo le deliziose pietanze, che mi ha confessato aver comprato alla rosticceria in paese.
Passiamo il tempo a colmare le lacune di questo anno passato lontano, non ci rendiamo conto dello scorrere delle ore.
Vedo Tsubasa osservare l’orologio, scattare in piedi afferrare la mia mano e imboccare la via dell’uscita quasi urlando: “È tardissimo corri”, faccio giusto in tempo ad afferrare la borsa prima che la porta si chiuda.
Nel vialetto d’ingresso mi ritrovo di fronte a uno scooter, con lui che mi porge un casco, lo vedo afferrare la borsa degli allenamenti dal garage e salire sul mezzo. Tanta è la frenesia che mi lancio dietro e mi stringo a lui mentre sfrecciamo per le strade velocissimi per raggiungere lo stadio.


Tsubasa
Lei dietro a me, i suoi seni premuti sulla mia schiena, è una tortura, non riesco a toglierle non solo gli occhi di dosso, ma ogni volta che le sono vicino è difficile tenere a freno la voglia di baciarla, di toccarla. Per fortuna il vento che sento sul mio volto raffredda anche i miei pensieri.
Arriviamo allo stadio, faccio giusto in tempo a indicarle la tribuna da dove può guardare, mentre io mi precipito negli spogliatoi, non mi era mai capitato di arrivare in ritardo, ma oggi ho davvero perso la cognizione del tempo.
Appena entro il mister mi guarda male, mentre lo sento sbottare: “Ozora, spero che domani sarai più puntuale, altrimenti la finale te la scordi.”
“Scusi Mister, non si ripeterà più” dico inchinandomi in segno di rispetto.
“Cambiati e vai a scaldarti con gli altri” mi incita.
“Subito Mister” rispondo pronto, mentre mi sto praticamente vestendo, perché con la coda dell’occhio ho visto i miei compagni uscire dagli spogliatoi.
Esce lasciandomi solo, e pochi istanti dopo sono dietro di lui, lo supero e raggiungo velocemente i mie compagni di squadra, è Pepe il primo a raggiungermi: “Ehi che combini Ozora? Non avevi mai fatto tardi in tutti questi mesi.”
“Sono andato a prendere Sanae all’aeroporto e non mi sono reso conto del tempo che passava, scusate.”
“Ah l’Ozora preso da una ragazza, ragazzi domani festeggiamo anche questa, il fuoriclasse è capitolato tra le braccia di una donna” la voce è canzonatoria e divertita mentre a turno mi danno pacche sulle spalle, credo che il rosso non s’intoni alla maglia dell’allenamento.
“Piantala Pepe!” lo ammonisco.
Ma lui non demorde e continua: “allora dove hai messo la fortunata donzella?” mi chiede.
“È là, sugli spalti” dico indicando un punto preciso, dove ho detto a Sanae di aspettarmi, e appena volto lo sguardo la vedo in piedi alla balaustra che guarda nella mia direzione, alzo un braccio in segno di saluto, e pochi attimi dopo vedo lei fare altrettanto.
“Carina” mormora piano il mio compagno.
“Bellissima altro che, sarà difficile in questi giorni starle vicino.”
“Perché difficile? Dovresti essere contento no?”
“Sì, lo sono” non aggiungo altro perché altrimenti andiamo a parlare di cose per le quali ne sono certo m’imbarazzerebbero fino all’osso. Purtroppo conosco Pepe e la sua ultima occhiata non lascia presagire nulla di buono.
“Quant’è che state insieme?” chiede.
“Circa due anni e mezzo” rispondo a monosillabi, in attesa della DOMANDA, so già che me la farà; lui non ha la mia cultura e il mio carattere, non si fa problemi a parlare di sesso.
Stranamente tace, e mi osserva di soppiatto mentre stiamo correndo intorno al campo, pochi istanti dopo mi sento strattonare per un braccio, restiamo indietro rispetto ai nostri compagni, mi va voltare verso di lui.
Con sguardo tra sconvolto e meravigliato esclama con faccia incredula: “non posso crederci non avete ancora fatto sesso!”
Sento le gote fondere mentre velocemente mi passo una mano sul volto, anche peggio di quello che temevo, cavolo! Almeno ha avuto l’accortezza di far procedere i nostri compagni.
“Pepe, non sono cose che ti riguardano!” vorrei essere più incisivo nel tono, ma sento uscire quasi una voce rassegnata all’evidenza.
“Non avete mai fatto sesso, oddio, non posso crederci” dice afferrandomi per le spalle.
“Piantala!” adesso sto quasi ringhiando, e scuoto le spalle per togliermelo di dosso.
Molla la presa con faccia ancora sconvolta e mentre prendo a correre di nuovo, prima che il mister ci sgridi, lo sento sghignazzare al mio fianco.
“Poi voglio i dettagli” dice picchiando un gomito nel mio fianco.
“Ma neanche per idea, e… non avrei intenzione di far nulla per l’esattezza.”
“E perché mai?”
“Ma … io … al diavolo non lo so, non vorrei affrettare i tempi”
Parte quasi un urlo dal mio amico, ride sguaiatamente.
“Tsubasa due anni e mezzo ti assicuro che sono un tempo più che consono”
“Non abbiamo un rapporto normale in questi due anni ci siamo visti sì e no per dieci giorni.” Ammetto stancamente al pensiero di quanto sia difficile un rapporto a distanza.
Si zittisce, ci riflette, poi esclama: “Avete tutto il tempo di rimediare no!?” e ride.
“Sei impossibile” la tensione si è sciolta, Pepe ci riesce sempre, poi aggiunge “Guarda che anche lei potrebbe voler approfondire la questione che credi? Magari aspetta solo una tua mossa”
Lo guardo di traverso e mi metto a riflettere su questa possibilità, sull’ammissione di Sanae quando per sbaglio le avevo sfiorato il seno. Arrossisco ancora al ricordo. E con un tarlo nuovo in testa, riprendo a correre… forse anche lei.

Finalmente gli allenamenti finiscono, e dopo una doccia veloce presento Sanae ai miei compagni. Tutti la salutano un po’ troppo calorosamente, ma sono perfettamente cosciente che il saluto di questa terra è molto più espansivo del nostro, più volte vedo lei arrossire, lo so, non è abituata a tutti questi contatti, all’inizio anch’io ero in difficoltà.
Pepe non fa altro che complimentarsi con me, mentre insiste sul fatto che devo presentargli un amica della mia ragazza.
Sanae cerca di essere socievole e cordiale con tutti, ma la vedo che è in difficoltà; quindi finiti i convenevoli salutiamo tutti e torniamo verso casa.
Dopo il breve viaggio in motorino arriviamo e troviamo Roberto in sala intento a sorseggiare un te freddo.
Appena entriamo ci accoglie con grande calore, quindi ci sediamo a tavola e tra un boccone e l’altro sorridiamo dei vari aneddoti e vicende accadute in Giappone, a partire dalla sfida lancia a Genzo, alla finale contro Hyuga che per poco non ci rimetto un piede e una spalla.
Finita la cena ci ritiriamo nelle nostre stanze, il viaggio è stato molto lungo, e la vedo, è davvero stanca.
Quindi la bacio e la lascio libera di andare a dormire.
Mi trovo disteso sul letto, sto fissando il soffitto, domani per la prima volta tra gli spalti ci sarà lei, lei che farà il tifo per me. Domani non dovrò soltanto immaginare che ci sia. Lei sarà lì, lì per me.





BUONE FESTE A TUTTI
SANAE77

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Sanae
Il posto d’onore, sopra la panchina del San Paolo in occasione di una finale, il fragore dello stadio m’investe, forse non ero mai stata in uno stadio tanto grande.
Sugli spalti varie coreografie tutte colorate, e molte delle quelli riportano il nome di colui che ho tifato fin da piccolissima, Tsubasa Ozora.
Sto sudando e non per il caldo, l’emozione è palpabile, l’adrenalina è alle stelle, la tensione e l’emozione delle persone è talmente tanta che ho la sensazione di poterla tagliare con il coltello.
Tutto tace per un istante, per poi esplodere nuovamente all’ingresso in campo delle due squadre. Ho la netta impressione di aver avvertito lo spostamento dell’aria emesso dal boato del pubblico.
Ne sono quasi tramortita, frastornata, mentre sento il mio cuore battere fuori dal petto, e aumenta il ritmo, quando lo vedo, bello, bellissimo con la divisa del San Paolo.
Lo avevo visto soltanto in TV, e devo dire che non rende per niente giustizia al corpo del mio Capitano.
Dopo le foto di rito e il lancio della monetina l’arbitro decreta il fischio d’inizio.
Lui s’impossessa subito della palla e seguito da Pepe vola in porta come un fulmine.
Capisco subito che non sono le partite delle elementari o i campionati Giapponesi, lo intuisco immediatamente dopo che viene atterrato per due volte consecutive.
Per entrambi gli interventi l’arbitro non si scompone, nel frattempo però io mi sono scomposta eccome, alzandomi in piedi e portando più volte le mani alla bocca per coprire il mio stupore e il mio sgomento.
Ho davvero paura che gli facciano del male, dalla TV, non si capisce certo che questi interventi sono così duri e al limite della regolarità.
Ma il suo viso è rilassato, si rialza tutte le volte e prosegue nel suo intento.
La sua costanza viene premiata a sedici minuti dall’inizio, con uno splendido goal in rovesciata, su passaggio di Pepe.
I compagni fanno per raggiungerlo, ma lui scatta sotto la tribuna e una volta arrivato vicino, prima bacia il pugno e dopo lo solleva verso di me. La sua bocca mima un: “per te.”
Mi aggrappo alla balaustra con le nocche che fanno male da tanto che stringono. Mi ero totalmente dimenticata che cosa volesse dire guardare una sua partita e sapere di essere al centro dei suoi pensieri, nonostante tutti pensino che sia dedito soltanto al pallone.
Mi porto la mano al petto, raccogliendo il bacio che mi ha lanciato da basso. Vengo investita da molti flash, ma francamente in questo istante sono l’ultimo dei miei pensieri.
L’adrenalina è a mille e se potessi scavalcherei questa dannata barriera per raggiungerlo e baciarlo, nel frattempo i compagni lo hanno sommerso con i loro complimenti.
La partita prosegue, nel secondo tempo è Pepe a dare spettacolo della sua bravura e velocità. Su splendido assist di Tsubasa mette a segno una magnifica rete. Il San Paolo conduce per 2 a 0, e siamo già a metà del secondo tempo.
Purtroppo quando mancano due minuti alla fine della partita la difesa del San paolo si fa sorprendere con un errore enorme, che permette agli avversari di accorciare le distanze, ma questo non è sufficiente, perché è troppo tardi, infatti, poco dopo, arrivano i tre fischi che decretano la fine dell’incontro.
 
Come un razzo scendo di sotto, ho il cartellino dei visitatori, quindi sono ammessa a zone precluse ad altri, resto in attesa fuori dagli spogliatoi, in attesa di lui che mi ha appena dedicato un goal, un goal che lo ha esposto a tutti, adesso i giornalisti ci riempiranno di domande.
Mi guardo intorno, e sì, sono decisamente pronta a diventare ufficialmente la ragazza di Tsubasa Ozora, dopotutto questo è sempre stato il mio sogno.
 
 
Tsubasa
Lei, mi volto è lì tra gli spalti, finalmente. Il mio sguardo è due anni che la cerca tra la gente e non la trova, ma adesso c’è, è lì per me, per sostenermi, per amarmi.
Quando segno la prima rete perdo il controllo, mi precipito ai suoi piedi e baciando il pugno lo indirizzo al suo cospetto.
Vorrei saltare le gradinate e correre a sollevarla e farla ridere felice di questa vittoria. Vedo già centinaia di flash che la inondano, già immagino i titoli di domani. Il serio e posato Ozora ha donato il suo cuore a una misteriosa sua connazionale. Non m’importa, voglio che tutti sappiano, che sono felicemente fidanzato, non voglio scocciature nella mia vita.
La partita finisce ci siamo fatti fare un goal agli ultimi minuti, ma la vittoria è nelle nostre mani, con un'euforia, che sfiora la follia, andiamo negli spogliatoi, immagino che lei stia scendendo di sotto per attendermi, dopo ci sarà il bagno di fotografie e giornalisti, sono pronto, decisamente pronto.
 
Appena finita la doccia esco, lei è lì, come immaginavo, arrivo al suo fianco e le cingo la vita, centinai di flash c’investono, mentre molti microfoni compaiono di fronte ai nostri volti, scosto un attimo Sanae da un lato per non farle subire troppe pressioni, intanto il primo giornalista parla, ma io alzo una mano e cala il silenzio.
Sanae è ancora dietro di me quando io parlo con una disinvoltura che non avrei mai immaginato. “Immagino che tutti vi starete chiedendo chi sia questa deliziosa signorina al mio fianco – dico tutto d'un fiato – nessun mistero, è la mia fidanzata da due anni e mezzo, e… ci conosciamo praticamente da una vita, dalle elementari per l’esattezza, quando io mi sono trasferito nella sua città per giocare a pallone, lei è tuttora la prima Manager della squadra locale, nonché manager della Nazionale Giapponese, ovviamente anche la mia ragazza” espongo sorridendo e posando un delicato bacio sulla sua guancia, dopo intreccio le mie dita alle sue e me la tiro dietro sottraendola agli avvoltoi.
Che altro c’è da aggiungere è una cosa talmente semplice e naturale, che non vedo il motivo di altre domande e spiegazioni.
Il mio gesto deve averli stupiti perché per la prima volta me ne vado tra il silenzio generale. Mentre odo soltanto qualche CLICK delle macchinette fotografiche.
“Sei impazzito?” mi domanda Sanae mentre mi segue in questa specie di fuga alle mie spalle.
Mi blocco, lei sbatte contro di me, non c’è nessuno nel corridoio che porta all’uscita riservata solo a noi.
Quindi sussurro sulle sue labbra: “Sì, sono pazzo di te, perché ti amo.”
I suoi occhi si fanno lucidi mentre sento le sue braccia intorno al collo che mi cingono con forza e passione, quella che sta mettendo in questo bacio rubato nei corridoi di uno stadio, e come la prima volta che l’ho baciata, un altro passo importante avviene sotto gli occhi del mio amato pallone.
Il mio ‘ti amo’ è venuto proprio dentro le sue fondamenta, tra i suoi corridoi.
 
 
 
Sanae
 
Per fortuna in valigia avevo messo un vestito da sera, avevo immaginato la vittoria e una possibile festa, al fianco di Tsubasa stiamo facendo ingresso in questa maestosa hall di un hotel extra lusso, preso appositamente dalla società.
La macchina che ci è venuta a prendere ci fa scendere di fronte al marciapiede dov’è stato allestito un tappeto con gli stessi colori della squadra del San Paolo.
Il Capitano apre la portiera e dopo mi porge una mano, l’afferro felice perché faccio fatica a camminare con i tacchi e questo vestito nero lungo a sirena che fascia il mio corpo. Raccolgo un gran respiro ed esco.
Lui, i suoi occhi incollati a me ardono. Quando si avvicina al mio orecchio il suo soffio è caldo mentre mi sussurra: “Sei stupenda Anego!”
Annuisco regalandogli un sorriso, se solo sapesse quanto è STUPENDO lui in abito scuro.
Mi conduce lungo il tappeto offrendomi il braccio, mentre i flash illuminano il nostro percorso, la festa scalmanata è già stata fatta oggi per le strade della città, adesso tocca alla società.
Entriamo e vengo subito accolta dal calore e da Pepe, che al suo fianco ha una graziosa ragazza, forse è la sua fidanzata penso, ma vengo subito smentita quando la presenta come sua sorella, Yemanja. Sento Tsubasa irrigidirsi per un attimo al mio fianco, ma forse è solo la mia impressione, perché adesso sorride e si salutano tranquillamente, forse mi sono sbagliata.
 
“Vado a prendere due tartine” dico rivolto a Tsubasa che adesso sta chiacchierando con Pepe.
“Ok, un attimo e ti raggiungo” risponde il mio Capitano.
“Aspetta ti accompagno” esclama Yemanja, mi volto, le sorrido e annuisco, mentre incontro lo sguardo preoccupato del mio ragazzo. Non capisco questa espressione però.
Arriviamo al tavolo e inizio a passare in rassegna i vari vassoi, sono tutti molto colorati, li osservo e non conoscendo il cibo non so decidermi, ma la sorella di Pepe viene in mio soccorso.
“Questo è tutto pesce della zona cucinato in maniera semplice, credo che possa piacerti” asserisce convinta.
Quindi afferro una tartina e la mangio. “Mh, sì, è davvero ottimo” dichiaro mentre ne prendo un’altra.
“È molto che state insieme?” mi giro scandalizzata, una domanda così da una quasi perfetta sconosciuta, mi imbarazza e non poco, ma poi mi ricordo della differenza culturale dei nostri paesi e cerco di rispondere nel modo più educato possibile, anche se la domanda poteva benissimo risparmiarsela.
“Abbastanza, sono due anni e mezzo.”
“Immagino sia dura stare lontani?”
Che vuole questa? Dove vuole andare a parare? Perché Tsubasa aveva quello sguardo? Ma prima che possa insospettirsi della mia NON risposta, mi affretto a dire: “Certamente non è una passeggiata, ma siamo destinati, e sono sicura che ce la faremo, ormai manca poco, dopo tornerà in Giappone.”
“Mh, di solito chi esce dal Brasile, poi entra in qualche squadra europea, non credo che possa tornare in Giappone.”
Abbasso lo sguardo su buffet pensando alle sue parole, non c’avevo davvero pensato. E certamente non ho intenzione di farlo adesso, stasera, e rovinarmi la serata, accidenti a lei!
“Vedremo al momento opportuno, scusami, ma torno da Tsubasa” mi ha stufato e voglio andarmene, tra le mie mani però adesso ho un alcolico, e ho tutta l’intenzione di berlo in fretta, non ho voglia di pensare, cavolo!
Butto giù il liquido, in un fiato, e prima di arrivare dal Capitano, ne afferro un altro.
Inizio a sorseggiare anche quello mentre veniamo fatti accomodare ai tavoli per la cena.
 
 
Tsubasa
Osservo il suo corpo adagiato sul letto, ancora non mi capacito di come sia riuscita a bere senza che me ne sia accorto, per fortuna l’ho vista andare al bagno a fine cena con passo incerto.
Per fortuna ho deciso di seguirla, per fortuna ero lì, quando me la sono trovata praticamente dormiente tra le braccia.
In auto ha bofonchiato frasi senza senso sull’Europa, mentre l’autista ci riaccompagnava a casa.
Ho suonato il campanello, tra il viso divertito di Roberto e il mio imbarazzato sono riuscito a portarla di sopra, ovviamente in collo, visto che dormiva molto pesantemente.
È distesa sul letto, indossa ancora il vestito, forse dovrei toglierlo? Intanto afferro le scarpe e le adagio sul pavimento, mi passo una mano sul volto perché so che devo toglierle almeno l’abito.
Spengo la luce della camera e accendo quella del bagno in comune, almeno non sarà tutto così visibile come la luce diretta.
Torno dal lei, la faccio rotolare sul fianco e tiro giù la cerniera del vestito, dopo la metto nuovamente a pancia in su e sospiro prima di afferrarla per le spalle e sfilare la parte alta dell’abito. Una volta compiuta questa impresa, lo faccio scendere fino alle gambe e la libero dall’ingombro.
Ha della biancheria intima nera, distolgo lo sguardo, anche se non è facilissimo, e con un gesto afferro il lenzuolo e la copro, arrivo vicino alla sua nuca la bacio e augurandole: “Buonanotte Anego”
“Notte capitano” mi risponde biasciando le parole, poi si volta dall’altro lato e il suo respiro si fa pensate. Sta dormendo, quindi raggiungo camera mia per fare altrettanto, sono davvero stanco.
 
 
Sanae
Un raggio di sole illumina la stanza, apro un occhio, ma lo copro subito con una mano, inoltre la testa mi pulsa da morire, che diavolo è successo?
Mi guardo smarrita, sollevo il lenzuolo e sotto ho soltanto la biancheria intima, ma come diavolo ci sono arrivata qua?
Poi una lucina in fondo al buio della memoria. Certo, la testa che esplode, che gira… sono stata una sciocca, ho bevuto troppo, adesso ricordo qualcosa, per colpa di quella sorella, non ben definita, che mi ha parlato di Europa… Europa, come se non avessi già altre preoccupazioni in testa.
Scuoto la testa sollevandomi: pessima idea! Quindi torno a sdraiarmi, guardo l’ora sono solo le otto, decisamente posso dormire un altro po’.
 
Dopo un tempo che non so calcolare, avverto il materasso piegarsi sotto il peso di qualcosa, apro un occhio e Tsubasa è seduto sul mio letto, con una mano sento che mi sta accarezzando la testa, dopo parla: “Ehi dormigliona tutto bene?”
Mi sento in profondo imbarazzo, sto tenendo il lenzuolo arpionato al petto, mentre mormoro: “Scusa, scusa, non mi sono resa conto di aver bevuto così tanto.”
Lo sento sorridere. “Anego, non è che tu abbia bevuto così tanto in realtà, mi sa che non lo avevi mai fatto e il tuo fisico ha ceduto prima del previsto, non preoccuparti, può succedere.”
“Che figura!”
“Ah piantala; piuttosto, te la senti di andare al mare? Sono già le undici.”
“Le undici?” dico sollevandomi di botto a sedere sul letto, il lenzuolo scivola, ma lo afferro al volo. La testa regge e non gira, per fortuna.
“Calma, calma, il mare non scappa, possiamo stare fino a stasera se vogliamo, abbiamo tutto il giorno libero da impegni.”
“No, no, voglio vedere il mare e magari fare un bagno; mi sistemo, indosso il costume e andiamo” mi affretto a rispondere, ho già perso troppo tempo a dormire, e di tempo purtroppo ne abbiamo pochissimo, non posso certo sprecarlo così.
“Ok allora, ti aspetto di sotto.”
“Perfetto!”
 
Quindi come un fulmine vado al bagno mi rendo un minimo presentabile, indosso il costume blu nuovo appositamente comprato per venire qua, e dopo aver messo anche il vestito scendo di corsa, il capitano è giù che mi aspetta con gli asciugamani già pronti.
 
 
Tempo attuale
Sanae
Stiamo guardando la scena insieme, come se fossimo sospesi sulle nuvole e noi dall’alto guardiamo verso il basso. Non posso crederci; provo ancora il profondo imbarazzo di quella mattina, quando mi sono trovata mezza nuda nel letto.
“Oddio, allora sei stato tu a togliermi i vestiti?” esclamo sorpresa dalla scoperta.
“Beh, non potevo chiamare Roberto” risponde sorridendo divertito.
“Scemo, io credevo di essere riuscita a toglierli da sola” dichiaro un po’ imbronciata.
“Ma dai! Se non sei neppure riuscita a salire le scale da sola” mi canzona tirandomi un colpetto al braccio.
“Hai sbirciato quella volta Ozora! Confessalo!” lo stuzzico.
“Anego… ero ancora innocente a quei giorni, infatti, scemo; ho pure spento la luce e acceso quella del bagno. Mi fosse accaduto adesso avrei sbirciato eccome” risponde birichino mentre vedo comparire un sorrisetto a lato della bocca.
“Avresti approfittato di una povera ragazza sbronza” esclamo in tono sarcastico e teatrale.
“Ma dai non reggi un bicchiere di alcol, non farmi ripensare, ho dovuto portarti in braccio quella sera.”
“Oh che fatica, povero il mio Capitano” lo sfotto un po’.
“Per la mia Manager questo e altro” risponde annuendo soddisfatto.
La nebbia si dissolve e la scena continua a compiersi sotto di noi.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Tsubasa
Ieri la vittoria, la festa, la sbronza di Sanae: mi scappa da ridere; stamattina ci siamo svegliati tardi e con molto ritardo siamo arrivati in spiaggia.
Vedo Sanae stendere l’asciugamano e depositare la borsa in alto sopra di questo, dopo con gesti fluidi e decisi si toglie il leggero vestito celeste lasciando scoprire piano piano il suo splendido fisico sbocciato in questi anni.
Ha un bikini blu, che risalta sulla sua pelle diafana, cerco di distogliere lo sguardo perché appena i miei occhi si sono depositati su tutta quella superficie di corpo scoperto ho letteralmente perso il controllo del mio. Togliendo in fretta e furia la maglia, decido di andare subito a fare un bagno, per trovare un po’ di pace nell’acqua fredda dell’oceano.
Lancio la maglia sopra la borsa ed esclamo: “Vado a fare un tuffo, oggi fa caldo” e schizzo via prima che lei possa rispondere.
Mi volto un secondo e vedo che ha inclinato la testa con fare curioso, forse non capisce il mio comportamento, e non ha tutti i torti ma avevo decisamente bisogno di un bagno. L’acqua fresca, su tutto il corpo, mi fa ritrovare un po’ di ragione, mentre decido di uscire e raggiungerla, praticamente l’ho abbandonata.
Esco dall’acqua e arrivo vicino a Sanae, afferro l’asciugamano e lo stendo in prossimità del suo.
Lei è sdraiata a pancia in alto, si solleva un po’ sui gomiti, abbassa gli occhiali da sole e mi guarda; pochi istanti dopo parla: “Si sta bene in acqua? È calda?”
“Magnifica” rispondo sdraiandomi al suo fianco e scuotendo la testa. Questo gesto la bagna leggermente, perciò mi ammonisce subito dicendo: “Piantala, mi schizzi!” e picchiando un leggero pugno sul mio braccio.
“Ah non fare la noiosa, andiamo a fare il bagno dai?” chiedo avvicinandomi.
“Già le gocce mi sembrano fredde, no davvero!” risponde rabbrividendo.
Mi avvicino e faccio aderire il mio torace con parte del suo. “Oddio sei freddissimo, stammi lontano” esclama puntando le braccia al petto e provando ad aumentare le distanze trai nostri corpi.
L’afferro per le braccia e la faccio alzare, dopo la imprigiono e la sollevo caricandola sulle spalle, scalcia, ride e urla mentre mi minaccia, ma non mi faccio intimorire e una volta arrivato in acqua, la scaravento giù senza tanti complimenti, seguendola a mia volta.
Riemerge con fare incazzato e braccia sui fianchi, le gote gonfie di rabbia, pochi istanti dopo è di fronte a me che sta tentando di affogarmi per le spalle.
Il suo corpo scivola sul mio, la sento vibrare, e non riesco a capire se per l’acqua fredda o per il contatto tra noi.
Quando arriva di fronte al mio viso però qualcosa cambia, i respiri si spezzano, afferro i suoi fianchi e la faccio aderire a me, i suoi seni li sento premente sul mio torace, le nostre labbra s’incontrano, mentre un bacio passionale ci coinvolge e sconvolge.
Per fortuna è un giorno infrasettimanale e all’ora di pranzo in spiaggia c’è poca gente, così da poter godere di questa piccola intimità immersi nell’acqua.
 
 
Sanae
Siamo arrivati ed è scomparso nel mare, ho fatto a mal fatica in tempo a vederlo di spalle, ma l’ho visto anche troppo bene quando è uscito dall’acqua, con quella pelle abbronzata dal sole brasiliano, e quelle gocce che risplendevano sul suo corpo. Ho preferito stendermi per non farmi beccare a fissarlo, ho un’immensa voglia di toccarlo.
 
Poi non capisco come, mi ha schizzato e mi sono trovata in acqua sollevata di peso, quindi per vendetta tento di affogarlo, ma quando scivolo su di lui, lo sento che qualcosa cambia, la sua stretta sulla mia vita è salda sicura, e nonostante l’acqua sia fredda, dannatamente fredda, ho un caldo pazzesco.
Le nostre labbra s’incontrano e prendono a danzare, i nostri corpi sempre più stretti, nessuno può vederci siamo con l’acqua fino al collo.
Continuano i baci e le carezze, le nostre mani si fanno sempre più audaci, poi sento, sento lui su di me, la sua eccitazione, sul mio corpo.
Le mie guance non le controllo più, mi distacco da lui, mi fissa, dopo abbassa lo sguardo mormorando: “Scusa”
“Non … non, non importa – bacio la sua bocca un’altra volta poi parlo di nuovo – torno all’asciugamano ok?”
“Ok, arrivo tra un attimo” mi risponde, e posso anche immaginare il perché, sorrido al pensiero mentre sto tornado alla base, ho bisogno di riflettere, perché il bisogno di un contatto più intimo con Tsubasa si fa sempre più insistente.
 
Abbiamo passato uno splendido pomeriggio in spiaggia, adesso al calare del sole abbiamo deciso di tornare a casa per farci una doccia e uscire fuori a cena.
Sono in bagno,Tsubasa ha già fatto la doccia ed è andato in camera sua. Dalla sua stanza sento sopraggiungere della musica, è la canzone di Breaking Dawn, sono andata a vedere il film con tutti gli altri.
“Bella questa canzone” urlo dal bagno, sento dei passi avvicinarsi dietro la porta.
 
Heartbeats fast
Colors and promises
How to be brave
How can I love when I'm afraid to fall
But watching you stand alone
All of my doubt suddenly goes away somehow
One step closer
 
Il cuore batte veloce
Colori e promesse
Come essere coraggiosi?
Come posso amare se ho paura di cadere?
Ma guardandoti stare da solo
Tutti i miei dubbi all’improvviso
svaniscono in qualche modo
Un passo più vicina...

 
“Sei andata a vedere il film?” mi chiede.
“Sì, con Ryo e gli altri” rispondo.
“Ti è piaciuto?” domanda.
“Moltissimo, è una bella storia d’amore” esclamo al ricordo del film.
“Sanae ti dispiace se entro un secondo? Sei vestita? Ho scordato la maglia” mi domanda.
“Sì, sì, vieni pure” dichiaro.
Sento aprire la porta e il sorriso mi muore in gola visto che indossa soltanto i jeans, oggi l’ho visto in costume ok, ma questi pantaloni gli donano particolarmente e quel torace… deglutisco a fatica mentre torno a guardare la mia immagine riflessa allo specchio.  Intanto la canzone prosegue immagino che abbia messo il brano a ripetizione… dopotutto ho detto che mi piaceva…
 
I have died everyday waiting for you
Darling don't be afraid I have loved you
For a thousand years
I love you for a thousand more
 
Sono morta ogni giorno aspettandoti
Tesoro, non aver paura
Ti ho amato per mille anni
E ti amerò per altri mille

 
Mentalmente sto cercando di concentrarmi sulle mie spalle che sono molto arrossate, se avessi messo la protezione adesso non sarei in queste condizioni, cavolo!
Tsubasa passa dietro e arriva alla sedia, afferra la maglia, lo vedo grazie al riflesso dello specchio. “Haia” borbotto rivolta allo specchio.
Il Capitano si ferma dietro di me inclina la testa e domanda: “Che ti succede?”
“Niente, mi sono scottata, dovevo mettere la protezione e l’ho scordata.”
Si sporge, afferra una crema da sopra l’armadietto, sfiora la mia spalla e me la porge: “Metti questa fa miracoli”
“Grazie” rispondo prendendola mentre continuiamo a fissarci dallo specchio, lui ancora fermo; dietro di me.
 
Time stands still
Beauty in all she is
I will be brave
I will not let anything take away
What's standing in front of me
Every breath
Every hour has come to this
One step closer
 
Il tempo resterà fermo e
la bellezza resterà in tutto quello che lei è
Sarò coraggiosa
Non lascerò che nulla porti via
Quello che adesso ho davanti a me
Ogni respiro, ogni ora che ha portato a questo
a farmi essere un passo più vicina...

 
Metto un po’ di crema sulla mano e faccio scivolare la spallina del vestito, poi quella del reggiseno del costume, i suoi occhi fissi nei miei.
“Se… se vuoi ti aiuto” balbetta.
“Sì, grazie, non arrivo dietro” la voce è rotta anche se ho cercato di parlare tranquillamente. Le note della canzone continuano a saturare un'aria forse già carica delle nostre sensazioni.
 
 
Tsubasa
La mia mano trema leggermente mentre delicatamente cerco di passare la crema sulla sua spalla destra, brucia, arde, scotta.
La vedo chiudere gli occhi, mentre continuo a massaggiarla, credo che sia piacevole il contatto con la sua pelle, visto che il prodotto è molto fresco.
Deglutisco a mal fatica, tentando di mantenere il controllo. La mia mano continua ad accarezzare la sua spalla in lenti massaggi.
La crema viene assordita tutta, tanto che adesso avverto resistenza contro la pelle, quindi mi distacco afferro la spallina del suo reggiseno e la tiro su.
I suoi occhi si spalancano, come se avessi interrotto un incanto. Mi fissa, poi la sua mano sinistra si porta sulla spalla destra bloccando la mia mano.
E in questo preciso istante mi tornano in mente le parole di Pepe “Guarda che anche lei potrebbe voler approfondire la questione che credi? Magari aspetta solo una tua mossa.”
Penso che lei abbia fatto la sua mossa, adesso tocca a me.
La mia mano segue la sua, riportando il laccio del reggiseno sul braccio. Dove torna a penzolare come prima.
Lascia la mia mano e stende nuovamente il braccio lungo il fianco, ed è qua che dopo aver preso un profondo respiro, sollevo la mano sulla spalla sinistra e faccio scendere la spallina del vestito, che perso l’ultimo appiglio cade a terra, lasciandola con il costume da mare.
Continuo a fissarla attraverso lo specchio del bagno, mentre faccio scendere anche l’altro spallino del reggiseno, mi chino leggermente e inizio a baciare il suo collo, e pochi attimi prima di chiudere gli occhi, vedo i suoi già serrati.
 
I have died everyday waiting for you
Darling don't be afraid I have loved you
For a thousand years
I love you for a thousand more
 
Sono morta ogni giorno aspettandoti
Tesoro, non aver paura
Ti ho amato per mille anni
E ti amerò per altri mille

 
La mia mano scivola fino a congiungersi con la sua, smetto di baciarla e la conduco nella sua camera, siamo l’uno di fronte all’altra ci sorridiamo un poco imbarazzati; poi quel gesto, mette la mano dietro e slaccia il reggiseno, mentre con l’altro braccio sorregge il pezzo, per impedire che finisca a terra.
La mia mano trema mentre raggiunge il suo braccio e compie una leggera pressione per far si che il sopra del costume sparisca dalla mia visuale.
E senza troppa resistenza, lei si lascia andare, ed è a quel punto che la mia mano esitante trova il suo posto, mentre sfioro il suo tenero seno.
Le nostre labbra s’incontrano nuovamente, ogni imbarazzo scompare.
Il letto ci accoglie tra le sue stoffe.
 
Sanae è morbida, la sua pelle mi fa impazzire.
Sanae è calda, il suo corpo risveglia il mio.
Sanae è amore, da sempre e per sempre.
Sanae è perfetta per me, i nostri incastri sono millimetrici, mentre insieme ci muoviamo in sintonia.
Sanae respira, per me, con me.
Sanae è calore, che arde dentro di me.
Sanae è piacere, quello che stiamo provando insieme per la prima volta.
I nostri corpi si fondono mentre sento l’amore esplodere dentro e raggiungere il suo.
 
And all along I believed I would find you
Time has brought your heart to me
I have loved you for a thousand years
I love you for a thousand more
 
One step closer
One step closer
 
E per tutto il tempo ho creduto
Che ti avrei trovato
Il tempo ha portato il tuo cuore da me
Ti ho amato per mille anni
E ti amerò per altri mille
 
un passo più vicina...
un passo più vicina...

 
Siamo accaldati, sudati, mentre sto fissando i suoi occhi che brillano dentro ai miei, la bacio, ancora e ancora prima di tornare al suo fianco.
I nostri corpi sono nudi, celati dalle lenzuola; sento lei respirare tranquilla accovacciata tra le mie braccia, la sua schiena sul mio petto, la mia mano che distrattamente sta passando sulla sua spalla, è ancora accaldata dall’amore appena vissuto. Le note continuano la loro melodia.
 
I have died everyday waiting for you
Darling don't be afraid I have loved you
For a thousand years
I love you for a thousand more
 
Sono morta ogni giorno aspettandoti
Tesoro, non aver paura
Ti ho amato per mille anni
E ti amerò per altri mille

 
“Vorrei che il tempo si fermasse a questo momento” sussurro respirando tra i suoi capelli.
“Anch’io, non vorrei andare più via da te” risponde con voce rotta.
“Non pensiamoci, dobbiamo resistere un altro anno e saremo di nuovo insieme” esclamo vicinissimo al suo orecchio.
“Un anno” dice in un soffio.
“Già, un anno” affermo convincendomi che non sia tanto, ma dopo quello che abbiamo condiviso pochi minuti fa, adesso mi sembra tutto più difficile, come farò a stare senza il suo profumo? Senza, la sua pelle? Senza, il suo calore? Come?
E come se mi avesse letto nel pensiero parla: “Sarà difficile starti lontano dopo che ho fatto l’amore con te Tsubasa” si avvolge su se stessa e io trovo quei magnifici occhi nocciola puntati nei miei. Nel frattempo la musica fa sentire ancora le sue note.
 
And all along I believed I would find you
Time has brought your heart to me
I have loved you for a thousand years
I love you for a thousand more
 
E per tutto il tempo ho creduto
Che ti avrei trovato
Il tempo ha portato il tuo cuore da me
Ti ho amato per mille anni
E ti amerò per altri mille

 
La bacio sul naso, prima di esclamare: “Abbiamo ancora tanti giorni per fare scorta di amore no?!”
“Capitano!” mi ammonisce, poi sorride e sulla mia bocca risponde: “Sì, tanti giorni” e la sua mano mi fa capire subito che forse è già iniziato il momento di far tesoro di questa idea. La musica sfuma mentre i nostri corpi si uniscono nuovamente, per poi venire travolti dalla stanchezza e dal sonno.
 
Apro gli occhi, è buio, mi guardo un po’ intorno, cavolo sono nella stanza di Sanae, precisamente nel suo letto, per l’esattezza abbracciato al suo tenero corpo, che cosa stiamo combinando?
Cercando di fare meno rumore possibile, mi allontano, afferro la mia biancheria, la indosso; osservo l’orologio e segna le ventiquattro. Cavolo abbiamo passato il tardo pomeriggio e un pezzo di notte a fare l’amore.
Mi volto la osservo e penso che non ho mai speso meglio il mio tempo.
Ho fame, vado a preparare qualcosa di sotto e ne porto un po’ anche a Sanae, immagino che quando si sveglierà, ne avrà bisogno, come ne ho io.
Esco dalla porta e la chiudo piano per non svegliarla, mi volto e trovo Roberto sulle scale che sta andando il camera sua.
Arrossisco di botto, come un bambino che è stato sorpreso con le mani nel barattolo di marmellata.
Lui mi guarda con un sorrisetto malizioso a lato della bocca, dopo parla: “Ma quella non è la camera di Sanae?!”
Mi porto una mano dietro la nuca e prendo a toccare i capelli, come faccio sempre quando solo al limite dell’imbarazzo.
“Beh sì, sai, noi…” non riesco a comporre una scusa decente, che cosa posso dire se non: ci siamo amati tutto il giorno.
Per fortuna è direttamente lui a togliermi dall’imbarazzo. “Hai fatto un'ottima partita ti sei meritato questo periodo di riposo ed è giusto che tu lo passi con la tua ragazza, ho visto la dichiarazione in TV, hai fatto benissimo, sono fiero di te.”
“Grazie, Roberto, per tutto” ammetto al mio mentore.
“Dovere” risponde avvicinandosi e scompigliano con una mano i miei capelli già incasinati.
Lui prosegue verso la sua camera, mentre io vado in cucina, con l’intento di portare a termine il mio piano: mangiare!



Bene, anche il 2015 ce lo siamo tolto dalle scatole.
Senza volerlo l'ultimo capitolo di questo anno è il capitolo che un po' tutte aspettavate.
Spero di avervi accontentato anche se il rating di questa storia è giallo XD
Che altro dirvi, auguro a tutte voi un fantastico, anzi strepitoso 2016 e che porti tutto ciò che desiderate.
..... e una piccola anticipazione.
Ho preparato il seguito, la seconda parte di Quarto di Secolo, perciò state pronte a iniziare una nuova avventura.
E' stata un po' la mia sfida personale affrontare quell'argomento tanto spinoso... spero di soddisfare le vostre aspettative.
Un abbraccio a tutte.
Sanae77

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Sanae
Il microfono annuncia il volo, questa settimana è passata talmente in fretta, è volata. Lui di fronte a me, mi sta stringendo a più non posso, le mie lacrime bagnano la sua camicia che adesso non è più perfetta come prima, adesso è stropicciata dai miei pugni che l’hanno stretta per tanto tempo.
Sto imprimendo nella mia mente il suo odore, il suo calore, so già che saranno le cose che mi mancheranno di più quando saremo lontani.
Il telefono, le email, la sola voce, non possono compensare il tatto, la vista, l’olfatto.
No, non possono e noi abbiamo cercato di farne scorta, ma so già che appena salirò su quel dannato aereo, la mancanza sarà totale.
“Ci vediamo presto!” mormora tra i miei capelli.
“I nostri presto, sono un po’ ambigui” ammetto tentando un sorriso.
“Già, - sospira con due dita fa alzare il mio mento, deposita un bacio sulle mie labbra, poi continua – chiamami appena arrivi.”
“Sarà notte fonda” dico fissandolo con amore.
“Non importa, tu chiamami, voglio sapere che stai bene” annuisco e mi sciolgo dal suo abbraccio, per dirigermi verso il mio paese, lasciando lui un’altra volta al suo amato pallone, so che ci tiene tantissimo, ma io inizio a odiarlo.
Aereo, volo, secondi, minuti, ore, giorni, mesi. Tempo, una sola parola che le raccoglie tutte, quello che lontano da lui scorre con un lentezza disarmante.
 
 
 
Sanae
Tempo che passa, tempo che scorre, la scena cambia di nuovo e ricordo molto bene questo momento, rivedo me stessa stesa sul letto al telefono, con il Capitano ovviamente, il suo pallone sempre fedele tra le mie mani che fa avanti e indietro. Come da sei mesi a questa parte le nostre telefonate si sono intensificate, la lontananza fisica si fa sentire, dopo quello che abbiamo condiviso durante il mio soggiorno in Brasile. M’immergo nel ricordo di quelle parole, perché dopo aver parlato del più e del meno, delle nostre giornate solitarie e così cariche d’impegni, lui mi spiazza con una frase.
 
… ricordo
“Allora ci vediamo presto, tra cinque mesi inizia il word yuong. Immagino sarete contattate come manager tu e Yukari.”
“Oddio, siamo già ai preparativi?” chiedo curiosa.
“Certo, amore” la sua voce mi avvolge quando mi dice così, e mi scalda il cuore.
“E quanti giorni staremo insieme?”
“Credo non meno di una settimana” il tono cambia è davvero contento.
“Che bello e dopo?”
“Dopo torno in Giappone per un’altra settimana, poi dovrò partire di nuovo per il Brasile.”
“Staremo lontani ancora per molto vero?” domando con un filo di tristezza, perché è vero che ci vedremo per quindici giorni filati, ma dopo…
“Vedremo, dipenderà da molte cose” nel suo tono avverto uno strano stato di agitazione.
“Tutto bene Tsubasa? Da cosa dipende scusa?” questa conversazione ha preso una piega strana, non capisco che cosa abbia in mente.
“Non temere niente di grave, saprai a tempo debito, ci sentiamo tra qualche giorno, adesso devo scappare” conclude rapidamente.
Resto un attimo imbambolata a guardare prima la cornetta, dopo il pallone, e dopo aver salutato il mio interlocutore, osservo la sfera di gomma e improvvisamente le domando: “Che diavolo ha in mente il tuo padrone?”
 
 
Quella domanda mi ha tartassato per mesi, fino al campionato per l’esattezza, soltanto alla fine di questo ho scoperto che cosa avesse in mente.
… ricordo
Sanae
Siamo tutti al ritiro, il Capitano finalmente è arrivato dal Brasile, ha fatto talmente tardi che di volata si è cambiato ed è fiondato in campo, appena in tempo perché le squadre stavano entrando.
Lo vedo mi cerca, quindi dagli spalti mi sollevo e lo saluto, annuisce e sorride con un cenno della testa, non vedo l’ora di abbracciarlo.
La partita, una gioia per gli occhi, dopo un inizio sofferto hanno preso a giocare come sanno fare loro, Tsubasa è eccezionale, si vede che l’allenamento in Brasile lo ha trasformato, quant’è che non ci vediamo? Un anno? Sì, un anno circa, il suo corpo si è fatto a uomo. Vibro al pensiero di un nuovo contatto tra di noi dopo tanto tempo.
Finalmente il triplice fischio, indica la fine dell’incontro, corro di sotto, voglio vederlo. Appena scende, mi precipito di fronte a lui, ci fissiamo, ma la gente è davvero troppa.
“Bentornato Capitano” mormoro, la voce rotta dall’emozione.
Si avvicina per parlare in privato “Mi sei mancata Anego, ho voglia di stare con te” il suo braccio ha cinto la mia vita, il mio corpo adagiato sul suo.
“Alloggio nella stanza 245, ti aspetto” sussurro con voce rotta dall’emozione.
I sui occhi brillano nei miei, mentre mi libera e va a farsi la doccia, intanto io mi avvio verso la camera che divido con Yukari, ma so per certo che lei è impegnata per almeno due ore, quindi decido di approfittarne all’istante.
Non ascolto nessuno di quelli che mi stanno chiedendo dove diavolo sto correndo, non m’importa, ho così voglia di stare con Tsubasa che tutto il resto non m’interessa.
 
 
Tsubasa
Ancora non mi capacito di quello che le ho detto, senza quasi salutarla, ma nei suoi occhi nocciola ho letto lo stesso desiderio, la stessa voglia, la stessa necessità, e quando mi ha sussurrato il numero della camera, non ho avuto più alcun dubbio.
 
Riesco a eludere le interviste, il mister, i compagni, dando la colpa al jet leg.
Soltanto Ryo si avvicina e piano mi dice: “Un jet leg di nome Anego immagino!” Intanto ha afferrato la mia testa e mi sta scompigliando i capelli ancora umidi di doccia.
“Piantala Ryo, sono stanco.”
“Comprensibile, va, ti aspetta! Tu sparisci, lei scomparsa, non siamo scemi!”
Annuisco con un sorriso e fuggo da lei.
Il corridoio mi sembra così lungo mentre vedo scorrere le porte delle camere a destra i numeri pari, a sinistra quelli dispari.
È un bel hotel in stile classico, 241… continuo a camminare 243… ci siamo.
245, mi fermo di fronte a questa porta chiusa, raccolgo un profondo respiro e busso.
“Avanti” mi giunge dal suo interno.
Apro e lei illuminata dal sole del pomeriggio, è alla finestra che sta guardando fuori, si volta, i contorni scuri fanno risaltare la sua bellezza, è proprio una donna adesso.
“Chiudi, non vorrei che arrivasse Yukari, è impegnata per le prossime due ore, ma meglio non rischiare” ammette calma. Non capisco come faccia a parlare così tranquillamente, è un anno che non tocco il suo corpo e la voglia mi sta uccidendo.
Eseguo e faccio scattare la serratura, a lenti passi ci avviciniamo, i suoi occhi nei miei, deglutisco a fatica, mentre l’afferro per la vita, facendola aderire a me.
Ho bramato il suo calore, il suo odore, la sua pelle, la sua morbidezza.
Adesso è qua per me.
Non riesco a capire cosa sia successo, cosa sia cambiato dal momento che ci stiamo spogliando con foga reciprocamente. La lontananza, fa vibrare i nostri corpi, che hanno preso il sopravvento sulla ragione e su noi stessi.
 
E mentre la adagio sul letto, penso che fare l’amore con lei, riequilibri tutta la fatica, tutta la pazienza avuta finora, tutto il tempo passato lontano.
Compensa, tutto.
 
 
Sanae
La bramosia dell’attesa, lui che arriva e io calma che gli dico di chiudere la porta. Tutta l’ansia dell’attesa è scomparsa da quando lui ha messo piede in questa stanza. L’emozione è papabile, sembra quasi che una coperta ci avvolga al suo interno, mi volto, mi avvicino, siamo vicinissimi , ma non ci tocchiamo.
Poi quel gesto, nessuna parola, solo il corpo che parla, la ragione che cessa e finalmente lui dentro di me. Un anno, tanto, troppo, ma la sensazione che sa donarmi compensa l’attesa.
Forse l’attesa ha reso ancora più bello questo istante, come quel giorno in Brasile, come la nostra prima volta, come se oggi fosse una seconda prima volta.
Tsubasa è forte, mentre lo sento su di me.
Tsubasa, la sua pelle è tesa, liscia, calda; le mie mani non smettono di passare in rassegna il suo corpo che si adagia su di me.
Tsubasa è amore, lo avverto attraverso i pori della sua pelle, i nostri odori si mescolano, rilasciando una fragranza comune, dell’amore che stiamo consumando.
Tsubasa, mi cerca, le sue mani su di me, sono calde, forti, premono, mi vogliono come io voglio lui.
E quando finalmente i nostri corpi si uniscono, il calore emanato da entrambe è quasi insopportabile, mentre insieme raggiungiamo il piacere.
Nudi, abbracciati sotto le lenzuola, che sanno di pulito e della nuova fragranza del nostro amore. Non abbiamo ancora parlato, sento la sua mano passare distrattamente lungo tutto il mio fianco, l’ho immaginata ogni notte, questa mano che mi accarezza. Non ho idea da quanto tempo siamo così immobili. Ho perso la percezione del tempo. Quando sono con lui il tempo scompare, anche se so che continua a passare e che la sua partenza si avvicina nuovamente.
La mia testa appoggiata sul suo petto, che tranquillo si abbassa e si alza, il TUM TUM del suo cuore mi culla. Sento che raccoglie aria, infatti dalla sua bocca finalmente esce un suono. “Lo sai che ti amo?”
Volto il viso verso l’alto e vedo la sua mascella in controluce, poco più in la il profilo delle sue labbra; proprio quello che cercavo, mi allungo e bacio quella carne così tenera, per poi esclamare: “Diciamo che nell’ultima ora l’ho immaginato.”
“Scema!” risponde in un sorriso.
Torno seria, lo fisso intensamente, prima di esclamare: “Ti amo anch’io Tsubasa, da impazzire!
 
Ed è così che è iniziato il nostro personale campionato, solo che ancora non immaginavo che cosa sarebbe accaduto di lì a pochi giorni. Perché la frase a metà, ha trovato la sua collocazione esattamente dopo la festa della vittoria del Word Young.
 
Abbiamo lasciato tutti a festeggiare, domani partiamo per tutti il Giappone, e per altri dieci, forse quindici giorni, potremmo stare insieme come una normale coppia, dopo… vedremo come ha detto Tsubasa.
“Non ti sono bastate tutte le partite che hai giocato in questi giorni?”
Chiedo alle spalle di Tsubasa che sta passeggiando per il prato del campo da calcio, dove si è disputato il torneo. Sta palleggiando con il suo amico, ma lo conosco troppo bene, è nervoso, tremendamente nervoso.
“Pensavo!” risponde secco.
“Beh questo lo avevo capito, è circa quindici minuti che la palla non tocca terra, a cosa pensavi?” sorrido.
Si blocca stoppa la palla a terra e la trattiene sotto al piede, mi fissa, mi avvicino.
La sua mano sposta una ciocca dei miei capelli portandoli dietro all’orecchio.
“Dicevo, pensavo, che un altro anno sia davvero un periodo troppo lungo.”
“Tsubasa, non è che ci siano molte alternative.”
Le sue mani prendono le mie, i suoi occhi brillano mentre lo sento esclamare: “Sposami! Diventa la signora Ozora e parti con me, non ci saranno più distanze, più attese… insieme, per sempre, al mio fianco come da piccoli, mi hai sempre sostenuto in tutto, Sanae non ce la faccio a stare senza di te, ti amo!”
Lo dice così, tutto in un fiato, neppure il tempo di ragionare, il mio cuore corre via impazzito, gli occhi pizzicano mentre sento delle lacrime rigare il mio volto.
Ed è il mio cuore, più che la ragione a parlare per me.
“Sì, Tsubasa ti seguirò ovunque, ti amo!” e mi bacia, con la stessa passione del primo giorno che ci siamo rivisti. Il campo da calcio ci seguirà per tutta la vita, visto che le parti più importanti del nostro amore sono state vissute al suo interno.
 
 
“Certo potevamo completare l’opera facendo l’amore sul campo” esclamo guardando la scena conclusa.
“Effettivamente questa ci manca, il primo bacio, la prima volta che ti ho detto ‘ti amo’ e dove ti ho chiesto di diventare mia moglie, sì, questa manca alla nostra collezione d’amore dentro un campo da calcio” risponde divertito.
“Scemo, –sorrido, poi aggiungo- magari quando usciamo di qua?” annuisco divertita, ma mi muore il sorriso sulle labbra mentre penso, come diavolo usciamo di qua?
“Già, magari” anche il suo tono adesso si è rattristato.
Improvvisamente come era già accaduto in precedenza il terreno prende a vorticare velocemente, ci abbracciamo l’uno all’altro, per sostenerci, mentre si susseguono immagini veloci.
 
 
Tsubasa
Vedo come passare le immagini, il giorno del matrimonio, lei stupenda solare e felice, io al settimo cielo e con la consapevolezza che non partirò più da solo, che al mio fianco ci sarà lei, che sugli spalti ci sarà lei. Vedo la nostra vita scorrere di fronte a noi come un registratore mandato a tutta velocità.
Il nostro soggiorno il Brasile, Roberto che mi dice che non ha più niente da insegnarmi e che sono pronto per il calcio europeo.
Io che torno a casa carico di gioia e dico a Sanae che adesso possiamo partire alla volta dell’Europa, dove sceglierò la squadra dove giocare.
Festeggiamo insieme questo primo traguardo, ho realizzato parte del mio sogno; andare in Brasile e diventare un calciatore, adesso mi aspetta l’Europa per affermarmi come professionista.
Noi che partiamo, noi che decidiamo insieme di restare a Barcellona.
Poi le prime difficoltà, io che vengo messo nel Barcellona B, la mia rabbia, la mia frustrazione, e poi lei. Lei che mi sostiene, lei che ha fiducia in me, lei sempre al mio fianco.
La nostra vita insieme, in un paese straniero, noi in visita alla città, noi in cerca del nostro nido d’amore. Siamo felici, innamorati e felici.
Io che accetto la sfida dei dieci goal e dei dieci assist. La promozione, il passaggio nel Barcellona A, sono un professionista e gioco al fianco dei più grandi giocatori, e anche se in un primo momento Rivaul, si era dimostrato ostile, dopo è diventato uno dei miei amici; adesso il Barca ha due fantasisti.
Io e lei, sempre vicini, lei nella tribuna d’onore, lei che tifa per me, io che le dedico i miei goal. Anche se vedo le scene susseguirsi velocemente di fronte e me, assaporo ancora ogni sensazione, ogni ritorno a casa, ogni sua accoglienza. La nostra vita da sposini novelli. Non c’è più niente della malinconia che avevo visto fin’ora negli occhi dei ragazzi che ogni volta si salutavano in aeroporto.
La scelta di vivere insieme, di sposarsi è stata la più sensata, non credo che un rapporto possa durare tanto a lungo senza logorarsi. Il tempo, l’attesa, la lontananza ci stavano distruggendo, ho fatto davvero bene a farle la proposta di matrimonio.
 
Improvvisamente tutto si blocca, un enorme porta ROSSA con la scritta EXIT compare di fronte a noi.
Afferro la sua mano e faccio per afferrare la maniglia, ma lei s’impunta.
Mi volto, non capisco “Andiamo dai è l’uscita”
“Solo per te, Tsubasa, io non posso superare questa porta”
“Perché?”
“Qualcosa me lo impedisce, non posso proseguire, ma tu puoi farlo, va, devi andare è la tua occasione vai…”
“Non ti lascio qua Sanae” affermo con tono deciso.
Improvvisamente una forza ci stacca, io vengo trascinato verso la porta e lei immobile con le braccia protese verso di me viene sospinta indietro, ha le lacrime agli occhi, mentre io sto letteralmente piangendo mentre le grido: “Tornerò a prenderti, fosse l’ultima cosa che faccio!”
La porta si chiude con un tonfo sordo è tutto buio, non capisco dove sono.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - parte prima ***


… Quattro mesi prima

Taro
Quello che sto leggendo su questo giornale non può essere vero, non è possibile. Lancio il pezzo di carta sul divano di casa, vado in camera mentre afferro il telefono per chiamare Genzo, intanto inizio a fare la valigia, dopo due squilli il portiere mi risponde: “Hai letto?”
“Sì, sto partendo.”
“Anch’io, ci vediamo là”
“A dopo”

GRAVE INCIDENTE STRADALE PER IL FANTASISTA DEL BARCA
GRAVISSIMI TSUBASA OZORA E SUA MOGLIE COINVOLTI

I due coniugi si stavano recando a un importante ricevimento, quando un camionista ha perso il controllo del mezzo investendo in pieno l’auto dei due giovani. Immediati i soccorsi, ma subito le condizioni dei due sono apparse gravissime, tanto da indurre entrambi in coma farmacologico. Ci uniamo al dolore della famiglia e speriamo in una pronta ripresa dei due coniugi Ozora… prosegue.


Con Azumi, salgo sul primo aereo che conduce a Barcellona nella speranza che il giornale come al solito esageri la notizia, intanto cerco di telefonare a Ryo che certamente sarà già in viaggio, visto che mi dice che il telefono è spento.

Dopo poche ore di viaggio arriviamo all’hotel nei pressi dell’ospedale, depositiamo i bagagli e dopo aver chiamato un taxi ci facciamo portare direttamente nel luogo dove sono ricoverati i due nostri amici.
Azumi è seduta al mio fianco con sguardo teso e concentrato all’esterno, e mentre vedo correre le immagini dal finestrino penso alla metà della Golden Combi e spero che possa ancora esistere.

Fuori dalla stanza non c’è nessuno, ovviamente abitando in Francia sono quello più vicino, prendo un profondo respiro ed entro, mentre sento la mia donna che praticamente mi sta stritolando la mano.
L’odore di disinfettante m’investe, tanto da fami storcere il naso, la stanza è illuminata da una debole luce, vedo due letti singoli con due corpi distesi immobili, sono bianchi come cadaveri, ma i BIP insistenti degli allarmi mi fanno capire che ancora batte un cuore e che c’è vita.

L’infermiera ci viene incontro. “Siete parenti?” chiede.
“No, sono un suo compagno di squadra giochiamo nella nazionale Giapponese insieme, come stanno?” rispondo.
“Se non siete parenti non posso parlare delle loro condizioni, mi dispiace” espone contrita.
Le prendo le mani tra le mie e con la massima calma e convinzione tento il tutto per tutto. “Senta, siamo le persone più vicine che adesso possono raggiungerli, i genitori sono tutti in Giappone e prima che siano qua, passeranno almeno due giorni, adesso arriverà a breve anche un altro compagno di squadra, staremo noi con loro finché non arriveranno i parenti; la prego, ci dica che cosa possiamo fare.”

Scuote la testa, si gira verso i nostri amici, li guarda, dopo torna a fissare i miei occhi poi esclama: “Non potrei, ma in questo caso… sono gravi, fisicamente non hanno riportato grossi danni, la ragazza ha una gamba rotta, mentre il ragazzo un braccio, i danni maggiori sono alla testa, entrambi sono in coma farmacologico, perché il dolore sarebbe stato troppo grande da sopportare, il problema è che mentre lui ha un elettroencefalogramma che da segni evidenti di attività celebrale, lei… beh lei ne ha pochissimi, e più passa il tempo meno ne notiamo, quindi parlatele. Parlatele tantissimo, credo sia l’unico sistema per non farla andare via.” Vedo una lacrima sbucare dall’angolo dei suoi occhi, deglutisco vistosamente per le parole appena udite, non posso credere a quello che ho appena sentito.

Al mio fianco sento dei singhiozzi sommessi, è la mia ragazza che sta piangendo, mentre a lenti passi, nella luce soffusa, la vedo dirigersi verso Sanae e sottovoce iniziare a raccontare cose di vita quotidiana.

“Grazie” dico rivolto all’infermiera, lei annuisce ed esce dalla stanza lasciandoci soli.
“Facciamo i turni Taro, affittiamo un appartamento, chiedi se puoi allenarti qua; magari senti l’allenatore di Tsubasa, sono certa che non te lo negherà vista la situazione, non possiamo lasciarli in queste condizioni.” La sua voce è rotta dai singhiozzi, quindi mi avvicino e poso una mano sulla sua spalla affermando: “Ok Azumi, cercherò di organizzare tutto per restare qua, parlerò con la mia squadra e li raggiungerò per le partite, spero che possano darmi il benestare”.

Mi avvicino a Sanae, le tocco una guancia: è gelida. La testa è completamente fasciata, mi chino e deposito un flebile bacio sulle fasciature mentre sussurro: “Forza Manager, non puoi arrenderti così, sono certo che ce la farai non ti sei mai arresa neppure con quel testone che adesso è tuo marito, quindi non pensare di lasciarci da soli con un Capitano che stressa solo noi! Siamo intesi?” il mio tono cerca di essere scherzoso, ma quando mi rendo conto che mi viene da piangere mi allontano velocemente per riprendere il controllo, non voglio che percepisca la mia disperazione.

Faccio il giro del letto e arrivo da Tsubasa, gli prendo una mano e la stringo più che posso, dopo mi avvicino al suo orecchio e parlo: “Capitano, non ti sei mai arreso in vita tua e hai vinto tutte le partite che abbiamo giocato. Bene, questa è la più importante di tutte, ti voglio combattivo e forte come lo sei quando scendi in campo; ci conto Tsubasa, mi hai capito?!” nessun movimento dal mio compagno, quindi mi discosto ed esco dalla stanza per iniziare il giro di telefonate che mi permetterà, spero, di soggiornare qua finché i due coniugi non si saranno ripresi.

Dopo circa un’ora arriva S.G.G.K., lancia una borsa in un angolo e a braccia conserte si posiziona ai piedi del letto di Tsubasa, poi quasi tuona: “Allora che è successo?”
Gli racconto tutto, lo vedo ascolta, spesso incurva la bocca, sbuffa, si contrae in una smorfia, ma quando vedo allungare la mano per togliersi il cappellino, e passarsi stancamente una mano sul volto: capisco che ha perfettamente recepito il messaggio.

Sicuro che abbia capito tutto, gli illustro il nostro piano. “Ottima idea Misaki, ma bisogna fare altro, qua ci vuole anche un fisioterapista, non ho idea di quanto dovranno restare a letto, ma qualcuno deve mantenere il tono muscolare, altrimenti Ozora chi lo sente quando si sveglia.” Il tono è serio e deciso, anche se in controluce vedo scendere una lacrima sul suo volto, che immediatamente fa sparire con il palmo della mano, poi prosegue: “A questo ci penso io” dichiara mentre a grandi falcate esce dalla stanza. Fa il duro, il grosso, il forte, ma lo vedo che ha accusato duramente il colpo, vedere i nostri amici in queste condizioni è terribile per ognuno di noi.


È così che abbiamo appreso la notizia, è così che con i genitori dei nostri amici, tutti i giorni, da quattro mesi a questa parte, non facciamo altro che alternarci in questa maledetta stanza d’ospedale, parlando ininterrottamente a entrambi.
Per non cancellare la loro memoria e per far sentire che noi ci siamo, noi, e tutti i membri della nazionale, che alternandosi a settimane, spesso ci hanno aiutato dandoci il cambio. Tutti, sono venuti, tutti!


Genzo
Quattro mesi e nessuna ripresa. Sono appena entrato nella stanza dando il cambio a Azumi, è distrutta, credo sia quella che ha passato più tempo con loro.
Mi posiziono nella solita sedia posta nel mezzo ai due letti, mi tolgo il cappellino e lo metto sul letto di Tsubasa, hanno già tolto il gesso circa due mesi e mezzo fa, come le bende, a vederli adesso sembra che stiano dormendo, hanno anche interrotto il coma farmacologico, ma entrambi non si sono più ‘svegliati’, sembra che stiamo bene dove sono; hanno delle facce così rilassate.
Mi avvicino al Capitano e lo osservo, ha sempre quel volto da ragazzino felice, mi fa quasi rabbia, sento salire il nervoso per questo stallo che si è creato.

“Tsubasa, mi sono rotto i coglioni di parlarti e tu che non mi rispondi, hai capito pezzo di idiota! Adesso basta devi condurre la squadra ai mondiali, non pensare di star lì a fare il bello addormentato siamo intesi?!” il mio tono è alterato, me ne rendo perfettamente conto, ma chi se ne frega, questi due continuano a dormire, i toni dolci per me sono finiti.
“Ozora adesso basta devi giocare con noi!” lo prendo per un braccio e lo scuoto leggermente. Nel frattempo l’altra mano batte un pugno sul materasso, ho una terribile rabbia repressa per quello che è accaduto ai miei amici.

Dal suo corpo proviene un mugugno.

Sgrano gli occhi e spalanco le orecchie. “Ehi, hai detto qualcosa?”
“Non gridare Genzo ti sento.” La voce di Tsubasa è bassa, ma chiara.
La mia bocca è spalancata: “Come hai detto?”
“Non gridare!” mi ripete.

Lo afferro per le spalle, mentre sento scendere delle lacrime dagli occhi, non posso crederci è qua e parla. Allungo la mano verso il comodino e premo il pulsante rosso, in meno di un minuto arriva l’infermiera: “Si è svegliato!” le grido, e quando vede il Capitano con gli occhi semiaperti, fa retromarcia mentre la osservo letteralmente correre lungo il corridoio.

Odo molti passi concitati provenire dall’esterno, pochi istanti dopo una squadra di dottori è vicino a Tsubasa, io mi discosto e aspetto, mentre lo stanno visitando e chiedendo varie cose, lo sento è smarrito e sta insistentemente chiedendo di sua moglie, pochi istanti dopo entra anche sua madre, che è già attaccata al telefono per chiamare il padre; l’ho intuito dalle prime parole che ha detto al suo interlocutore.

La vedo abbracciare il figlio e piangere, ma lui non si arrende, continua a chiedere di Sanae, nessuno osa rivelargli la verità. Adesso il suo sguardo è fisso nel mio, so cosa cerca, annuisco e mi avvicino, poi da lui una voce ferma e decisa: “Fuori tutti, voglio parlare solo con Genzo”.

Non immagina che sua moglie è più vicina di quanto immagini, è proprio lì, alla sua sinistra, solo che ci sono talmente tante persone che ancora non può averla vista. Il medico prova a replicare: “Ma signor Ozora, si è appena svegliato…” mentre fa un cenno con la testa di portare via il letto di Sanae, ma io li blocco.
“No, ci penso io!” impongo con tono di voce autoritario, lo sguardo del Capitano è incollato al mio, sa perfettamente che non gli mentirei mai.
Dopo proseguo: “Lasciateci soli”.


Tsubasa
Dopo che ho visto quella grande scritta EXIT a caratteri cubitali bianchi impressi su quella porta rosso vermiglio, ho capito subito che tutto era finito, che il gioco era cessato e che dovevo tornare alla realtà. Ho afferrato la maniglia deciso e ho premuto, Sanae mi aveva detto che lei non poteva venire, io le ho giurato che sarei tornato a prenderla, e così farò. Il nostro ultimo sguardo però non mi è piaciuto per niente, sapeva di addio.

Dopo che ho varcato la soglia e la porta si è richiusa ho come sentito una forza risucchiarmi verso l’alto, poi una voce, che ho subito riconosciuto essere quella di Genzo; perché diavolo sta gridando così cavolo!
Il sonno è finito, il senso di spossatezza è passato, sento la mente leggera, mentre prima la sentivo piena di cose da fare, da risolvere, di ricordi da vivere, di Sanae che tutte le volte pareva fuggire da me.
Adesso sono circondato da dottori, mia madre piange, e io non capisco, Genzo è in fondo alla vetrata, mi guardo un attimo intorno e capisco di essere in ospedale, sono consapevole che è accaduto qualcosa. Dopo varie domande a cui non ottengo risposta le mie pupille s’incollano all’unica persona che non mi mentirebbe mai; ci conosciamo da troppo tempo, c’è troppo rispetto tra di noi perché lui mi menta, lui è l’SGGK, la persona più onesta e leale che io conosca.

Infatti intuisce subito i miei bisogni e liquida tutti, ma appena restiamo soli, il suo sguardo si sposta di lato, e io la vedo.
Vedo lei nel letto a fianco del mio, lei, il mio amore è disteso che dorme, o così sembra, sento Genzo sospirare, poi si avvicina, afferra la sedia e si mette al mio fianco tra me e Sanae, mentre io esclamo: “Che cosa è successo Genzo?” continuando a fissare mia moglie, che non accenna nessun movimento.
“Speravo vivamente che non toccasse a me questa parte, ma nel mio cuore sapevo che sarei stato io quello che doveva darti la notizia…” con un gesto afferra un giornale e me lo porge, dopo che ho letto il titolo, le mie mani iniziano a tremare, mentre mi volto a osservare Sanae, che dorme.
“Tsubasa, ci sono ancora due cose che devo dirti, oggi è il 30 settembre …” afferro nuovamente la carta che prima avevo lasciato andare, e osservandola meglio, mi rendo improvvisamente conto di quanto sia stropicciata, poi i miei occhi mettono a fuoco la data 3 Giugno, quattro mesi.
Sono passati quattro maledetti mesi. Prendo a respirare velocemente, Genzo si avvicina e posa una mano sulla mia stingendola, mentre con voce ferma m’invita a calmarmi.

Respiro profondamente, così riesco in pochi attimi a riprendere il controllo. La mano del mio amico non mi molla mentre sento che mi dice: “Guarda Sanae, osservala bene, non noti niente?”
Che cosa dovrei notare? A parte il fatto che è distesa in un letto di ospedale e sembra stia dormendo placidamente, mi sciolgo dalla sua stretta e cerco di sollevarmi sui gomiti, ma sono debole, quindi lui si alza va ai piedi del letto e tramite il meccanismo fa sollevare leggermente il mio busto così che io possa vedere, e quello che vedo mi fa mancare il respiro.

Il mio sguardo sale dai piedi fino alle gambe per poi arrivare al suo busto, per l’esattezza al suo ventre, e quello che vedo non può essere vero, non è possibile, quella sporgenza può essere soltanto una cosa, una cosa a cui avevamo pensato e progettato, ma che ancora non sapevamo.
Sento il mio labbro tremare, mentre singhiozzo un: “non è possibile!”
“Tsubasa, i dottori hanno detto che è un miracolo, i bambini sono sopravvissuti all’incidente, perché per fortuna Sanae non ha riportato ferite eccetto la testa e una gamba rotta, sono due maschi Capitano, congratulazioni.”
“Du… due maschi” esclamo mentre il mio volto viene invaso dalle lacrime.
“Già, due bei maschietti, e ora veniamo alla parte difficile.”
“Più di questa?”
“Sì, Tsubasa, l’elettroencefalogramma di Sanae è quasi piatto, non hanno dato molte speranze di ripresa, la tengono in vita soltanto per i bambini, mi dispiace.” Lo dice tutto in un fiato, mentre vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime e dopo rigare il suo volto, per un attimo, prima che la mano passi veloce a nasconderle, dopo continua: “Adesso è di cinque mesi, immagino che al momento dell’incidente non sapevate della gravidanza, ha detto il dottore che si sono salvati proprio perché era all’inizio e protetti da tutto.”

Sgrano gli occhi e inizio a piangere, mentre sento le braccia di Genzo stringermi forte intanto che mormora parole di conforto, dopo un tempo che non so calcolare gli sussurro che voglio restare da solo, e lui mi lascia con il mio dolore e con Sanae che continua a dormire.

Faccio uno sforzo sovraumano cercando di mettermi seduto, dopo sposto di lato le gambe e finalmente sento i miei piedi toccare terra. Afferro con una mano la sedia e la posiziono di fronte a me, così da poterla utilizzare per raggiungere lei.

Con non poca fatica e imprecazioni riesco ad arrivare, mi metto vicino a lei, mi chino, l’abbraccio poi le parlo: “Quando mi hai mostrato tutta la nostra vita questa cosa non me l’hai mostrata Sanae, perché non la sapevi vero? Perché non sapevi che stavamo per diventare genitori?! Dio amore saresti così felice… non ti permetterò di perderti questo della nostra vita, io torno a prenderti e ti porto via da lì; mi hai capito Sanae! Torno a prenderti non ti lascio fare come vuoi, sei mia, anzi nostra, devi stare con noi è chiaro?!” Neppure mi rendo conto che sto quasi urlando, sento la porta alle mie spalle aprirsi, non mi volto.

“Tsubasa…” mi chiama, è mia madre.
“Lasciami solo!” Sono aspro; so che non è colpa sua, ma adesso sono incazzato nero con il mondo, con tutto questo e non voglio vedere nessuno, la mia mano compie un gesto che non mi aspettavo, tolgo il lenzuolo che la copre, lo abbasso fino a scoprire il suo ventre, dopo le alzo la maglia e poso un leggero bacio sulla sua pelle diafana, dove sotto c’è il frutto, anzi i frutti, del nostro amore.

La sua pelle è liscia, proprio come la ricordavo, è calda, è morbida, è profumata, sa di lei, sa di noi, del nostro amore, avverto un movimento sotto le carezze che sto donando ai miei figli. “Vi riporterò la vostra mamma, ve lo prometto” sussurro sotto la pelle che s’increspa, la vita si muove in questo corpo addormentato, piango mentre il suo ventre si bagna delle mie lacrime, dopo il buio.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 - parte seconda ***


Taro
È passata una settimana dal risveglio di Tsubasa, si sta ristabilendo del tutto, per fortuna Genzo aveva pensato alla fisioterapia, è stata davvero la manna dal cielo, il Capitano si sta riprendendo velocemente, è taciturno da giorni, mentre continua a fissare la moglie di sottecchi.

“Non mi piace quello sguardo Ozora, che cosa hai in mente?” chiedo perplesso, perché sono giorni che sta studiando qualcosa ne sono, anzi ne siamo, certi, c’è anche Genzo qua adesso e siamo qui proprio perché Tsubasa ci ha detto che ci deve parlare. Wakabayashi è alla finestra a braccia conserte che guarda fuori, ma alla mia domanda posta al Capitano si è voltato, poi a lenti passi si è avvicinato.

Tsubasa si solleva sul letto e si mette seduto, poi parla “Ho bisogno del vostro aiuto.” Io e l’S.G.G.K. ci guardiamo stupiti, ma lui prosegue.

“Quello che sto per dirvi può sembrare assurdo, pazzo, folle, ma non me ne frega niente, io devo farla tornare da me.” Ci guardiamo sempre più perplessi, ma nessun timore leggiamo nei suoi occhi mentre continua a parlare.
“Mentre ero in coma, con me c’era anche Sanae, mi sono svegliato in una stanza grigia, dalla quale sono uscito digitando i numeri delle nostre maglie in nazionale Taro, 1110, una volta uscito ho trovato lei, vestita come una dea, ho subito capito che c’era qualcosa di storto in tutto questo, ma l’ho seguita, per tutte le porte che ha varcato, e solo adesso ho capito essere le porte della mia mente, o forse anche della sua, questo non lo so.
So soltanto che il profondo sentimento che ci lega ci ha fatto incontrare anche durante il coma, lei mi ha mostrato tutta la nostra vita da quando eravamo bambini, finché non siamo diventati marito e moglie. A proseguire la vita matrimoniale. Credo che fosse una prova, alla quale mi ha sottoposto la mia testa per riuscire a uscire dal coma, dopo che ho trovato la porta rossa con la scritta EXIT, ho iniziato a sentire la tua voce Genzo, ma Sanae mi ha detto fin dal principio che lei non poteva venire con me.
Non capisco se questo è perché era lei nella mia mente e quindi non poteva uscire dalla mia, oppure semplicemente perché da sola non ce la può fare; forse le sue ferite sono più gravi delle mie, questo non lo so, ma… voglio farmi indurre nuovamente al coma e andare a prenderla!” La sputa lì, come fosse la cosa più semplice del mondo.

Io e il portiere ci guardiamo in pieno panico, è Genzo a sbottare: “Sei impazzito, Tsubasa, tutti sappiamo che durante il coma, molte persone hanno raccontato cose strane e assurde, ma non sono vere, non puoi farlo, non puoi dire sul serio!” Lo rimprovera.
“Genzo! Non sono mai stato tanto serio in vita mia” risponde secco, deciso.
“Capitano pensaci per favore…” il mio tono è morbido supplichevole, voglio farlo ragionare, ma lui mi guarda fisso per poi riprende a parlare: “Ditemi voi, con due figli in arrivo, una madre che forse non li vedrà mai, se pensate di lasciare le cose così, ditemelo!? Oppure tentereste il tutto per tutto? Il mio cuore mi dice che è la strada giusta… vi prego aiutatemi!”

I suoi occhi saettano tra i nostri sguardi prima all’uno, poi all’altro, incontro lo sguardo di Wakabayashi, e non so davvero che pensare, dopo lo sento parlare e quello che odo non può essere vero: “Va bene Tsubasa, ti aiuterò che cosa devo fare?”
I due mi guardano, adesso sono io in netta minoranza, quindi sospiro e mentre annuendo esclamo: “Ok, ti aiuterò Golden!”

Finalmente lo vedo sorridere, mentre ci espone il suo piano.
 
 
Genzo
È passata un'altra settimana, oggi è il fatidico giorno, Tsubasa sta per essere indotto nuovamente al coma, dopo una serrata lotta tra avvocati, e dottori di parte ce l’abbiamo fatta, tutti i documenti necessari sono stati compilati e i medici specializzati in questo sono pronti, tutti hanno assicurato che sono capaci di risvegliarlo senza danni o problemi.

Ho deciso di aiutarlo perché l’ho visto così sicuro, così deciso, come quando scende in campo, lui se gioca lo fa per vincere e non per partecipare, quindi se fa questo è convinto di riportarla tra noi.
È sera, la stanza è illuminata da una flebile luce, l’odore di disinfettante è sempre pungente, esattamente come il primo giorno che sono entrato, molte persone sono radunate vicino al letto del Capitano, lui pare rilassato, immagino non veda l’ora di andare da Sanae, sempre a patto che davvero la trovi.
 
Attaccano le flebo, il suo sguardo si sposta tra me e Taro, mentre sulle sue labbra si forma la parola Grazie. Taro gli dice: “Riportaci la nostra prima Manager.”
“Sarà fatto Golden” sorride e dopo si addormenta… il conto alla rovescia parte, gli hanno concesso solo sette giorni, spero siano sufficienti.
 
 
Tsubasa
Dove diavolo sono?
Intorno a me il vuoto, il nulla, è tutto così… offuscato, inizio a gridare a gran voce SANAEEE, ma non odo risposta.
È tutto ovattato, non ci sono rumori, il bianco, il nulla mi aleggiano intorno.
Inizio a spostarmi, anche se la nebbia mi avvolge e non mi fa rendere conto del luogo e dello spazio, non riesco a capire dove devo andare, inizio ad avere anche freddo, quindi a passo più deciso mi sposto in avanti, allungo le mani che spariscono nella nebbia, continuo a camminare, ma non arrivo a niente, è passato tempo, tanto tempo, ma non ho concluso alcunché.

Mi fermo e mi siedo a terra, dove pensare ragionare, mentre una sensazione di nausea misto a panico mi avvolge, credo sia dovuta alla nebbia, che non facendomi percepire le profondità il luogo e lo spazio mi da questa sensazione di vomito persistente.
Chiudo gli occhi e faccio un profondo respiro.
Tocco il suolo, solo adesso mi rendo conto essere d’erba, ne strappo un pezzetto e la porto vicino agli occhi, ma non riesco a vederla, quindi per esserne certo l’annuso, tramite l’olfatto ho la certezza che sia erba, la mia mente vola subito a un campo da calcio. Che sciocco dopotutto l’inizio è stato qua, come ho potuto non capire.

Già, il calcio quello che ci ha sempre unito, ma certo sono dentro la sua mente adesso e magari lei mi sta cercando, non parlo, non grido, penso soltanto a lei intensamente e incondizionatamente, ho ancora gli occhi chiusi, mentre penso al nostro primo bacio, pochi mesi prima che io partissi per il Brasile.
Avverto del calore sulla mia pelle, apro gli occhi e un timido raggio di sole filtra tra la nebbia che adesso non è più così fitta, finalmente riconosco il luogo è il campo da calcio della nostra città natale.
Mi sollevo di scatto, anche se ancora non vedo benissimo, so perfettamente dov’è la struttura degli spogliatoi, è qua che si è svolta tutta la nostra vita.

Quindi correndo raggiungo lo stabile ed entro, per fortuna all’interno non c’è nebbia.
Arrivo allo spogliatoio maschile e lei è lì che ripone le divise. “Sanae, ti ho trovata finalmente” le dico, lei si volta sgranando gli occhi.
“Scusa Capitano, non sapevo che tu fossi ancora qua.” abbassa lo sguardo e arrossisce, mi sembra di essere tornato indietro nel tempo.
“Amore vieni andiamo via da qua.” Le dico allungando la mano.
Mi guarda esterrefatta come se avessi appena bestemmiato mentre ripete balbettando: “Am … Amore? Hai davvero detto quella parola?”

La guardo di traverso, che diavolo sta dicendo?! Quindi entro e mi avvicino, le prendo la mano e l’attiro verso di me, ma lei punta le mani al petto e si discosta.
Poi sbotta: “Tsubasa Ozora, che cosa sono queste confidenze?” dopo porta le mani alla vita nella sua classica posa dove emerge l’Anego che è in lei.
Mi fa sorridere era un po’ che non la vedevo fare così; già, perché adesso lo fa?

“Sanae, siamo sposati da un anno ormai, certe confidenze me le sono prese da un pezzo” sorrido dolcemente, mentre lei avvampa.
“Capitano non dire cavolate, non siamo neppure mai usciti noi due, figuriamoci poi sposati, tu pensi soltanto al pallone!” mi rimprovera.

Le mie orecchie non si capacitano di quello che stanno sentendo, lei non sa davvero nulla e ora come faccio a spiegarle tutto?!
Intanto decido di indagare: “Quanto tempo è che sei qua dentro Sanae?” La vedo ci pensa, si guarda intorno smarrita, non capisce, dopo parla.
“Tutte le volte che ho provato a uscire c’era così tanta nebbia che sono sempre tornata indietro, e tutte le volte ci sono sempre le vostre divise da mettere in ordine, non capisco, e … non lo so” abbassa la testa.
Continuo con le domande, perché deve rendersi conto da sola che non è la realtà. “Hai mai mangiato in tutto questo tempo?”
“No!” ammette dubbiosa
“Sei mai andata al bagno?” indago.
“Tsubasa che domande!” mi ammonisce.
“Rispondi Sanae, ci sei mai andata?” insisto.
“No.” Il suo sguardo è sempre più preoccupato.
“Credi che tutto questo sia reale allora o che ci sia qualcosa che non torna?” domando convinto.
“Io… io non lo so, è che fuori fa così freddo, inoltre non c’era più nessuno, il telefono non funzionava e io non sapevo che fare, quindi sono rimasta qua, ma ho perso la cognizione del tempo e dello spazio, non so più dove, come, e quando – mi fissa negli occhi – aiutami Tsubasa…” e mentre lo dice si getta tra le mie braccia.
“Sono venuto appositamente per questo, solo per questo, per portarti via con me.” Piange, sento la mia maglia inumidirsi, con due dita le sollevo il mento mentre le distanze si accorciano, le nostre labbra sempre più vicine, i respiri si confondono.

Le mie labbra sulle sue, finalmente il suo calore, il suo odore, è salata, le sue lacrime hanno un buon sapore sulle mie labbra. La sua bocca si dischiude per accogliermi, era tanto che non baciavo mia moglie, che non la baciavo veramente, lei non sa, lei ignora, ma il nostro amore supera tutto. Il bacio prosegue, ci scalda, mentre le mie mani sentono il suo corpo che da tanto, troppo tempo, non fondo con il mio, ho voglia di lei, ma non è certo il momento, devo portarla via di qua, devo dirle dei bambini.

Ci dividiamo ansimando, lei mi guarda rossa in volto come un peperone, neppure la prima volta che ci siamo baciati era così rossa, improvvisamente ricordo che con la ragazza che ho di fronte, praticamente non ha ancora fatto niente, lei non sa che siamo marito e moglie, e che siamo intimi già da tempo.
Sorrido e le poso un bacio sulla testa, mentre la invito a sedersi sulla panca degli spogliatoi…

“Vediamo Sanae, da dove inizio…” e con questa frase le racconto tutto. dell’incidente, del coma, di come lei mi ha aiutato a uscirne, di come mi ha fatto rinascere, di come l’ho trovata vicino a me nel letto dell’ospedale.
Non so esattamente quanto tempo passa mentre le racconto la nostra intera vita, poi arriva il momento di dirle dei bambini.
Lei ha ascoltato tutto, non ha proferito parola, mentre annuiva convinta.
“Quindi questo è tutto; c’è solo un'ultima cosa che mi resta da dirti…”
 
 
Sanae
Tutto quello che mi ha detto Tsubasa è incredibile, quindi questa non è la realtà, comincio a esserne convinta, visto che da tempo me lo stavo domandando e visto che lui è qua ne ho la certezza.
Siamo sposati… mi sembra un sogno.
Dopo poco succede qualcosa nella parete dello spogliatoio vedo formarsi un vortice, il Capitano si volta impaurito, si sta tenendo alla panchina, sta lottando, ma inesorabilmente viene trascinato al suo interno, io non avverto l’energia che lo sta risucchiando.

Con tutte le sue forze si aggrappa a ogni oggetto, allungo la mia mano e lui l’afferra mentre mi grida: “Non mollarmi mai hai capito?!” Annuisco, ma sono terrorizzata, volta il viso verso il vortice e inizia a gridare “ASPETTATE È TROPPO PRESTO, ADESSO L’HO TROVATA, ASPETTATE NON SVEGLIATEMI!”

Le nostre mani perdono la presa via via, mentre sento che non ce la faccio a trattenerlo, invece qualcosa trattiene me e non posso seguirlo, mi viene da piangere.

Tsubasa mi guarda terrorizzato. “Corri da me!” mi dice.
“Non posso, non riesco a muovermi!” Sto piangendo, mentre lui si allontana sempre di più.
Il vortice è sempre più vicino, il suo sguardo nel mio. “LA NEBBIA SANAE NON AVERNE PAURA, VIVILA, E RICORDA IL NOSTRO AMORE, TI HO ACCAREZZATO IN OSPEDALE E LA TUA PELLE SI È INCRESPATA, QUINDI TU MI SENTI, DEVI SCONFIGGERE LA TUA MENTE HAI CAPITO? SCONFIGGI LA TUA MENTE E TORNA DA NOI: TI AMO!” lo urla a gran voce prima di scomparire al di là del muro, in pochi attimi tutto torna come prima.
 
Sto tremando e sento un gran freddo invadermi, dalle mie labbra in ritardo esce un: “Ti amo Capitano” ma lui non può sentirmi, non più.
Resto a piangere per un tempo indefinito. Mi sollevo in piedi, mi asciugo le lacrime e cerco di seguire il suo consiglio, afferro la maniglia e la apro, percorro le scale di corsa e finalmente sono alla porta che conduce al campo, la spalanco con entrambe le mani e la nebbia mi avvolge il corpo, sento la paura circolare nelle mie vene, ma non mi arrendo.
A passi spediti affronto la nebbia, conosco il luogo come le mie tasche non devo averne paura, chiudo pure gli occhi, tutta questa nebbia mi dà più fastidio del buio delle palpebre.

Le sue parole:
ricorda il nostro amore… e il mio cuore sobbalza…
ti ho accarezzata… e la mia pelle s’increspa…
torna da noi… perché da noi e non da lui?
Ed ecco che il muro s’infrange, che si sgretola, che cade miseramente al suolo.
 
Flash back
Sono in una farmacia della zona, ho appena comprato un test di gravidanza, lo sto tenendo tra le mani mentre a passi veloci raggiungo l’auto e salgo.
Il mio volto riflesso nello specchietto sorride felice, ho un ritardo di soltanto un giorno, ma sono troppo curiosa, non resisto.
Metto in moto e percorro la strada di casa, parcheggio scendo di corsa e salgo in ascensore, arrivo al piano, scendo, ed entro in casa nostra. Chiudo la porta alle spalle e prendo un gran respiro. Poso la borsa sulla console e con la scatolina tra le mani mi dirigo al bagno, leggo tutte le istruzioni e dopo due minuti sono seduta a terra in bagno che sto ridendo come una cretina, pensando al modo più bello per comunicarlo al mio amato Capitano.
Così decido d’impacchettare il test e farglielo trovare sul cuscino, lo noterà subito appena stasera verrà a casa per cambiarsi per la cena di gala.
 
Passa il tempo, ma Tsubasa non torna, sento squillare il cellulare e corro a rispondere…
“Ciao amore.” mi dice lui dall’altro capo del telefono.
“Ciao Tsubasa” rispondo.
“Senti, ho fatto troppo tardi, fatti trovare pronta, non salgo. Ti faccio uno squillo quando sono sotto casa, scusami” dichiara.
Guardo il test impacchettato e sollevo le spalle, pensando che lo vedrà quando torneremo dal galà.
“Va bene, mi faccio trovare pronta.”
“A dopo Manager.”
“A dopo Capitano.”
Quindi circa un’ora dopo ricevo la sua telefonata e scendo di sotto, salgo in auto di fretta, mentre finisco di darmi un velo di lucidalabbra.
“Sei bellissima” dice mio marito.
“Anche tu sei niente male Ozora…” rispondo divertita, sono elettrizzata vorrei subito dargli la notizia, ma preferisco farlo stasera nell’intimità della nostra camera da letto.
“Ti brillano gli occhi, Sanae, hai passato una bella giornata?” mi chiede.
“Stupen…” ma non finisco la frase perché è l’ultimo ricordo che ho di quel giorno.
Fine Flash back
 
Quindi sono incinta, per quello ha detto Torna da noi.
Apro gli occhi, la nebbia è quasi scomparsa, e adesso finalmente ricordo tutto, la nostra vita, tutto, anche quello che lui ha scoperto dopo, segno che la mia testa adesso è connessa “Sono incinta…” esclamo.
“Sono incinta!” ripeto, mentre cado in ginocchio sul campo da calcio della nostra città e inizio a piangere.
 

Genzo
Stanno svegliando il Capitano, ma appena lo vedo cosciente inizia a sbraitare come un pazzo, che lo hanno svegliato troppo presto che l’aveva trovata, e che non è riuscito a portarla via; adesso piange, io mi avvicino a lui facendomi spazio tra i dottori, mi siedo a fianco del letto, lui mi guarda, nei suoi occhi la disperazione mi afferra per la maglia e inizia a strattonarmi, lo lascio fare, qualcuno tenta di calmarlo, ma io grido un: “Fuori tutti!”

Rimangono solo Taro e la sua ragazza, restiamo noi ad affrontare la sua disperazione. Continua a stropicciare la mia maglia, lo afferro per i polsi e lo blocco in un abbraccio, pochi istanti dopo lo sento piangere come un bambino contro il mio petto.
Siamo così concentrati su Tsubasa che non mi rendo conto del debole suono che proviene dalla mia sinistra.
La cantilena prosegue, è una nenia, una melodia, sono incinta, ripete, sono incinta.

Il Capitano smette di piangere e si solleva dal mio petto, i nostri sguardi si incollano e si voltano nello stesso istante, l’immagine che abbiamo di Sanae, ha qualcosa di diverso dal solito, il braccio che possiamo vedere non è steso dritto come sempre, ma è posato sul suo ventre ingrandito dalla gravidanza.
Torniamo a guardaci smarriti, mentre sento dei passi avvicinasi al letto della Manager, è Azumi: “Sanae?” le chiede.
Adesso notiamo anche il leggero movimento della mano, che liscia debolmente la pancia e una lacrima sgorga dagli occhi ancora chiusi.
Tsubasa si solleva, io mi alzo e lo aiuto a fare altrettanto, intanto Taro è dall’altro lato del letto di Sanae.
Ozora la raggiunge e si mette al suo fianco, le prende la mano posata sulla pancia e inizia a parlare: “Sanae amore, mi senti?” ma niente.

Abbassa il lenzuolo, e solleva la sua camicia, in un gesto di pudore, mi viene da voltarmi, ma per poco, sono troppo curioso di sapere se quel pazzo ce l’ha davvero fatta.
Le accarezza il ventre e la pelle della sua donna s’increspa dopo le parla: “Lo vedi amore che riesci a sentirmi? Resta con noi ti prego!” si china e le bacia le labbra, appoggia la sua fronte alla sua e continua a darle dolcissimi baci, mentre accarezza i suoi figli e sua moglie.

Mi sale un improvviso groppo in gola, sto per piangere ne sono certo, anzi una lacrima è già sfuggita, ma la nascondo cancellandola subito con la mano.
 
 
Tsubasa
Sono sicuro di aver sentito la sua voce, ne sono certo, e poi la mano, non è mai stata posizionata così. Aiutato da Genzo la raggiungo, le parlo, la sfioro, la bacio, voglio farle sentire che io sono qua con il suo corpo, deve solo ricollegare la sua mente. “Sanae, torna da noi, non posso farcela da solo!” sussurro sulle sue labbra.
Sento le sue muoversi debolmente, discosto la bocca e avvicino l’orecchio per sentire, esce un soffio e finalmente capisco: “Ho sconfitto la nebbia Capitano, ho ricordato tutto, sono incinta, non ho fatto in tempo a dirtelo quella sera.”
Il mio cuore lo sento balzare fuori dal petto, è di nuovo con me, è di nuovo con noi. Le afferro il volto e la bacio, ancora e ancora, sulle guance calde, sul naso sugli occhi, la amo, la amo da impazzire, mentre mi volto e inizio a gridare: “SI È SVEGLIATA, SI È SVEGLIATA”.
 
 
… tre anni dopo.
 
Sanae
“Hayate, Daibu dobbiamo andare, papà ha finito venite.” Grido ai miei figli che si stanno rincorrendo per tutto il Camp Nou con un pallone a testa, sembrano due Tsubasa miniaturizzati, quando mi sono svegliata dal coma sapevo di essere incinta, questo sì, ma quando una settimana dopo mi hanno detto che erano due, ho rischiato di caderci nuovamente in coma: per lo shock.

Ovviamente il resto della gravidanza ho dovuto passarlo a letto e ho dovuto fare un taglio cesareo, il mio fisico era davvero troppo provato per affrontare un parto naturale, anche se i bambini erano in posizione perfetta, ho provato a convincere i dottori, ma tutti hanno talmente gridato al miracolo, che i due bambini fossero sopravvissuti all’incidente, che non me la sono sentita né d’insistere, né di rischiare nuovamente.
Perché è vero, loro sono un miracolo, loro hanno continuato a vivere, loro mi hanno riportato dal mio amore, perché è ricordando il test di gravidanza e la gioia provata che la mia mente ha trovato la sua strada e il suo posto.

Vedo arrivare Tsubasa dalla scalinata degli spogliatoi, si è cambiato, ha già fatto la doccia, domani è festa e abbiamo deciso di portare i bambini a un parco giochi. I figli appena lo vedono gli corrono incontro, lui li accoglie tra le sue braccia e li solleva entrambi regalando baci a destra e a sinistra.
Mi avvicino e lo aiuto prendendo Daibu in braccio.

“Non devi fare sforzi amore, se ti dà fastidio venire al campo ci possiamo trovare fuori” dice.
Scuoto la testa e parlo: “Tsubasa, non sono di porcellana, sto bene, i bambini non mi pesano e il campo non mi dà fastidio, anzi lo adoro, perché è proprio grazie al campo, e al calcio che ci siamo rincontrati nuovamente.”
“Hai ragione Sanae, ma sai che da quel giorno …”
“Da quel giorno sei una cozza Tsubasa, non mi lasci respirare, non mi lasci fare niente, ti amo, ma ti assicuro che sto bene e che non mi rompo, ok?!”
“Ho temuto di perderti, lo sai!”
“Lo so, ma non è una scusa per soffocarmi in tutto!” lo rimprovero bonariamente.
“Agli ordini ANEGO!” mi sfotte facendo un saluto militare.
“Piantala di prendermi in giro o torno a mettermi la fascetta rossa!” lo minaccio.
Si avvicina e sussurra al mio orecchio dopo che entrambi abbiamo adagiato i bambini a terra che sono tornati a correre sull’erba verde. “Se indossi solo quella per me va benissimo…” il tono è mieloso e malizioso.
Avvampo, mentre lui si allontana e sghignazza, con una mano picchio un finto pugno sul braccio, lui mi afferra e mi attira a sé.

Ci fissiamo per un attimo mentre sento le sue labbra imprigionare le mie, il bacio è caldo e passionale, come tutte le volte che le nostre lingue si trovano.

Ci stacchiamo ansimando. “Te l'ho detto oggi che ti amo?” mormora sulle mie labbra.
“No, oggi mi sembra di no” rispondo altrettanto accaldata.
“Ricordi cosa ti ho detto durante il coma?” mi chiede.
Lo guardo curiosa, perché sinceramente adesso non ricordo molto bene.
“Abbiamo stabilito che manca qualcosa da fare dentro allo stadio…” il tono è allusivo e malizioso.
Spalanco la bocca con stupore ricordando esattamente che cosa manca alla nostra collezione di eventi all’interno di uno stadio: fare l’amore.
“Sei un pazzo!” ammetto.
“Sì, sono pazzo e innamorato di te, ti amo Manager.”
“Ti amo Capitano, grazie di avermi riportato a voi.”

 

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Capitolo 16
*** BETAGGI EXTRA DA RIDERE ***


Mi giro di scatto, ma non c’è nessuno. Eppure avrei giurato di sentire lo spostamento dell’aria dovuto alla fuoriuscita delle parole, (ecco qui io direi 'Eppure avrei girato di sentire il soffio leggere accanto all'orecchio', spostamento d'aria per la fuoriuscita delle parole, mi sembra un po' eccessivo...)  ancora quel maledetto brivido mi accappona la pelle, come se fossi in una stanza al gelo. (E comunque qui da incubo!!! sente parlare, vede ombre... ma poverino!)
 
“Sanae dove siamo? Perché siamo vestiti così? Perché ci sono tutte queste porte? Perché ripercorriamo la nostra vita?” chiedo con una punta di angoscia e con una curiosità che mi corrode lo stomaco, sono preoccupato. (una cosa alla volta! Ma santo cielo!)
 
Un campo da calcio, io che palleggio e parlo da solo con il pallone, so perfettamente che cosa gli sto dicendo, gli sto chiedendo il massimo appoggio per la sfida che ho lanciato al più grande portiere che io abbia mai avuto l’onore d’incontrare, quello che poi è diventato uno dei miei più cari amici: Genzo! (occhi che sfavillano! Genzomio!!!!)
 
Lui lo vedo come il dolce proibito, la sfida impossibile, la ciliegia in alto sulla torta, devo riuscire a batterlo e ogni giocatore che affronto, che supero, è una barriera che abbatto. (la prendo io la ciliegina Genzo se permettete!)
 
svolto ancora nella stessa direzione seguendo lo stretto corridoio, lei in fondo come una dea, mi soffermo, si volta: è bellissima! (abbiamo capito che è bellissima... trova un sinonimo ' è incantevole' 'è eterea' ... suvvia capitano è la tua donna, sei innamorato, ma non farci venire il diabete)
 
In quel momento la sua mano mi sembrava fuoco, per l’esattezza. (fuoco liquido!!!! a no scusa è un'altra cosa...)
 
Ed è così che, ogni volta che poteva, il Capitano mi aiutava a portare i panni in lavanderia …
(ma quando mai!!!!!)
 
 
Si solleva e tende la sua mano verso di me, io l’afferro, è calda, salda, sicura, verrò con te ovunque Ozora, penso tra me, mentre mi aiuta a tornare in piedi…
(certo! In Brasile, a Barcellona, nel tuo letto, sul tavolo della cucina, sulla lavatrice mentre centrifuga!)
 
“E questa?” quasi ringhio sui suoi occhi (no beh dai adesso... ringhia sui suoi occhi? Non sono alti uguali, ringhia sulla sua faccia, sulle sue labbra... ringhia sl suo pipino... no troppo in basso), si passa il palmo della mano su tutto il volto.
 
“Perché non me lo hai detto?” Chiedo improvvisamente, perché se non fosse stato per Kanda non si sarebbe mai dichiarato. (Kanda santo subito!)
 
I miei occhi si posano sul suo piede ancora fasciato, povero il mio Capitano penso, (oh cucciolino lui... ma saltagli addosso!) mi avvicino silenziosamente e mi metto seduta in prossimità del letto. Lui ancora dorme pesantemente, continuo a passarlo in rassegna siamo soli e posso osservarlo in tutta tranquillità, senza che l’idiota di Ryo mi prenda in giro. (so io cosa stai guardando te zozzona!)
Il mio corpo si muove da solo mentre prendo la caviglia (si chiama caviglia adesso?) ferita tra le mani e inizio a massaggiarla, è un gesto talmente abitudinario che non me ne sono resa neppure conto, ma questo lo fa destare, mi scuso e avvampo voltandomi leggermente per non farmi vedere.
 
Annuisce. “Volevo voltarmi e prenderti tra le mie braccia, ma non volevo impegnarti a me mentre ero via, sapevo che sarei stato lontano tanto tempo, e non mi sembrava giusto. È stato solo per Kanda che ho dovuto dichiararmi e… dovrei essergliene grato altrimenti chissà che fine avremmo fatto” (ma vaffanculo Tsubasa! E dai! Ma poverina e glielo dici pure che volevi prenderla tra le braccia!?)
 
 
 
Sanae è entrata negli spogliatoi, quasi grida: “C’è qualcuno?”. Nessuno risponde, e io so anche il perché, sono rimasto soltanto io, ma lei non lo immagina. La doccia aveva coperto il suono della sua voce e quando sono uscito dalla stanza, per arrivare all’area dove ci sono i vestiti, per fortuna avevo indossato l’asciugamano in vita, mentre con un altro mi stavo frizionando la testa. Spesso e volentieri usciamo anche nudi. (mmmm interessante)
 
“No, scusa tu Tsubasa, io non credevo…” la mia mano sulla sua spalla, preme leggermente perché si volti, mentre la mia voce più calda del solito, la sento uscire a stento mentre pronuncio: “Adesso puoi voltarti sono presentabile.” (ma abbracciala da nudo! Come fa Genzo mio con Lisa nel comparto... a no è un'altra cosa...)
 
Il gesto si compie con naturalezza, il suo sguardo nel mio, vengo come attratto però dalle sue labbra. Bellissime, come i suoi occhi, così profondi, potrei perdermi nel suo sguardo. (negli occhi di sanae ci affoghi se non stai attento.. sante parole delle da Tsubasa a Genzo prima della cupola...)
Il sangue pompa velocemente in tutto il corpo, sento lei rabbrividire, mentre non so perché, ma io sto letteralmente andando a fuoco. (e te lo spiego io perché!)
 
È il nostro primo bacio e ho tutta l’intenzione di ripeterlo appena la lascerò sulla soglia di casa, il solo pensiero fa rimbombare il mio cuore nelle orecchie.
(ma che dolce!!!!)
 
E la bocca?! Vogliamo parlare della sua bocca … non riesco a pensare ad altro che a quelle labbra. Sorride… vogliamo parlare anche di questo? Il suo sorriso: magnifico! (ma parliamone!)
 
Si avvicina sensuale, (sensuale? Tsubasa? OOC) posa entrambe le mani alla porta imprigionandomi a questa.
 
“Non ho fatto niente…” dolce, il suo tono è tremendamente dolce, un improvviso dolore alla bocca dello stomaco, mi manca, mi manca da impazzire, sono stato così preso che fino a questo istante, per fortuna, non me ne ero reso conto, ma la mancanza è totale. (oddio che bella immagine!!!!! piango!!!!)
 
Afferro la maniglia ed esco. Lei in fondo al cancello mi aspetta insieme a Kumiko, Taro, Ryo, Yuzo, Mamoru e Teppei, Taki è malato. (Oh Yuzo e Mamoru al cinema al buio... che faranno gli zozzini!?)
 
Adesso giochiamo nella stessa squadra, è il mio fidato compagno, scattante e veloce, ho una buona intesa con lui, certo non come la mia metà: Taro Misaki, ma dopotutto di Golden Combi ne esiste una sola. (la sua metà.... che romanticone... maglione rosa, tour eifell... ammmmmooooreeee profondo! Amore ritorna le colline sono in fiore, e io amore sto morendo di dolore....)
 
Stiamo giocando la partita finale di campionato, mi volto a cercare Sanae sugli spalti, ma lei non c’è. Faccio finta d’immaginarla a bordo del (via) campo con la sua bandiera e la fascetta in testa. (perfetto ha anche le visione poverino... sta messo male! la immagina con fascetta e bandiera? Non a gambe aperte? No eh...)
 
Ho deciso che appena finirà il campionato la raggiungerò, anche se per pochi giorni, ho proprio la necessità di tornare a casa. In Giappone. Nel mio paese, da lei. (a ciularla! No eh! Che palle!)
HA POCA PAZIENZA LA MIA BETA VUOLE ARRIVARE SUBITO AL SODO…
 
Yemaya, resto un attimo incantato da tanta sicurezza e bellezza, è davvero una ragazza molto attraente, questa pelle così ambrata quegli occhi neri e profondi. (SANAE! RICORDI? HAI PRENOTATO ADESSO UN VOLO! SANAEEEEE!)
 
 
“Sì, per domani pomeriggio, sono stato fortunato” affermo soddisfatto. (oh te va se lo ricorda!)
 
 
“Sì, anche se adoro il vostro modo di fare così solare e spigliato, potrei abituarmi al vostro mondo” esclamo convinto. (non troppo Ozora!)
 
 
“Sei un tipo di poche parole, non racconti mai niente di te, neppure alla stampa, non esci mai, sempre agli allenamenti, insomma integerrimo, senza scheletri” espone in tutta tranquillità. Mi volto e sollevo un sopracciglio, pensando a cosa diavolo voglia questa da me, avevo avvertito subito un certo fastidio. (ti faccio un disegnino su cosa vuole?)
 
“Mi hai scoperto” rispondo divertito, sorrido. (cazzo sorridi! traditore!)
 
Stiamo camminando verso la riva, la notte è calda, la brezza che prima sentivo è quasi cessata del tutto, la luna argentea si riflette nel mare, vorrei che Sanae vedesse tutto questo un giorno. (un giorno... non stasera vero? Meglio quella lì)
Sanae, cavolo! Sono da solo con una ragazza sulla spiaggia; che cosa sto combinando?! (eh ce lo domandiamo tutti! Cretino!)
Protegge le navi che viaggiano per mare, e in alcune parti del Brasile viene onorata quale Dea degli oceani e festeggiata nel solstizio d’estate, infatti con quella data coincide anche il mio compleanno, per questo mi hanno chiamata così” si volta, sorride, penso che sia davvero una bella ragazza, e parlare con lei è molto piacevole. (non se la tira mica tanto, ma noooooo due ore per spiegare un nome, tzè)
“Certamente molto più interessante del mio, sembri quasi una Dea” ammetto compiaciuto dalla scoperta. (dalle corda vero? uomini!)
 
E sulle parole di quest’ultima frase, torniamo verso la festa, e sto pensando che sono proprio stato un ingenuo, non devo trovarmi in questo tipo di situazioni. Le nostre mani si sfiorano spesso, ma non s’intrecciano più, penso solo a Sanae e alla sua pelle, lei mi fa provare certe sensazioni, certi brividi, nessun’altra può riuscirci. (un ingenuo? Ma nooooooooooooooooo cosa te lo fa pensare tesorino della zia... ma fottiti Ozora!)
 
Sono Taro e Mamoru (bello Mamoru... dov'è Yuzo?!) che mi stanno trattenendo, continuo nel mio monologo, perché il mio rivale è talmente scioccato nel vedermi che è rimasto ammutolito.
 
Nel frattempo Ryo si è portato di fronte a Kanda, lo sento parlare pacatamente, forse è l’unico che sta mantenendo un certo contegno. (Ryo? Non Taro? E le Taro pastiglie?)
 
Non riesco a credere di essere appoggiata al petto di Tsubasa, il momento non è dei migliori, ma il suo profumo, oddio il suo profumo, temo di averlo dimenticato in questo lungo anno, in cui ho praticamente abbracciato soltanto il suo amato pallone. (che puzza di cuoio)
Tutto bene? Sì, adesso è tutto perfetto, perché ci sei tu, perché mi sento completa, perché mi sento appagata, soddisfatta. (oddio ti manca un pezzo di lui fondamentale tesoro !)
 
Arriviamo a un piccolo chiosco mi fa accomodare, non riesco a togliere gli occhi da lui, dal suo corpo che tanto mi è mancato, dal suo calore, dal suo odore.(non ti è mancato il suo corpo! Non l'hai visto nudo ancora!)
 
Annuisce, si china e mi sfiora la fronte con un tenero bacio. Quelle labbra sulla mia pelle, così morbide, così calde, chiudo gli occhi e assaporo il momento. (sulle labbra no eh? Uffa che noiosi! Vi comunico che farete un figlio che di noioso non ha una mazza proprio!)
 
Quando la sua bocca sorride mi perdo il quel semplice gesto. (ma perditi su altro.. allora?! Cane che piange disperato!)
 
 
La bacio nuovamente, poi mi distacco e le auguro la buonanotte dandole appuntamento a domani.
(ma buttala a pecoreeeeeella sul prato!)
 
Perché prima di venire via, nessuno lo sa ovviamente, ma sono passato dalla sua palestra per parlare con lui. So, che quel giorno ho rischiato grosso, ma dovevo subito mettere in chiaro le cose, non potevo partire e lasciare lei in balia di lui. (oh mio eroe!)
 
Sento il mio corpo vibrare, vorrei saltargli letteralmente alla gola, ma non posso, devo riuscire a stringere una specie di accordo, per cercare di stare tranquillo, e per riuscire a tenerlo lontano da lei. Il problema è che quello che ha detto è la verità. (e tu ti fidi di lui? Oddio Ozora!!!)
 
un po’ di audacia in più c’è stata, più volte le mie mani si sono insinuate birichine sotto la sua maglia, e hanno toccato quella pelle ambrata liscia, calda. (io mi sventolo... non so tu cara...)
 
L’attesa è finita finalmente l’altoparlante ha annunciato il VOLO, il SUO volo. Sono appoggiato alla colonna vicino all’uscita del gate, ho indossato gli occhiali da sole per non essere riconosciuto, perché comincio a essere un personaggio piuttosto in vista dopo l’esordio e le vittorie del San Paolo. (e gli occhiali fanno una differenza micidiale nevvero? Ma va là!)
 
 
Non resisto, affretto il passo e in poche falcate la raggiungo, lei ha lasciato andare tutto quello che aveva tra le mani e adesso sta letteralmente volando tra le mie braccia. (hai le zeppe vai piano! Va che cadi!)
 
Lentamente ci allontaniamo, e prima di uscire dalla camera le parlo di nuovo. “Ti aspetto di sotto, se hai bisogno chiama pure”
“Ok, grazie” mi risponde.
(appena fuori lei urla “Tsubasa? Mi lavi la schiena?” e via...)
Nel vialetto d’ingresso mi ritrovo di fronte a uno scooter, con lui che mi porge un casco, lo vedo afferrare la borsa degli allenamenti dal garage e salire sul mezzo. Tanta è la frenesia che mi lancio dietro e mi stringo a lui mentre sfrecciamo per le strade velocissimi per raggiungere lo stadio. (lo scooter per il capitano mi mancava, giuro!)
 
“E perché mai(? - oddio ricominciamo a dimenticare i punti di domanda come in FL!!!!!!)”
 
Lo guardo di traverso e mi metto a riflettere su questa possibilità, sull’ammissione di Sanae quando per sbaglio le avevo sfiorato il seno. Arrossisco ancora al ricordo. E con un tarlo nuovo in testa, riprendo a correre… forse anche lei. (e sì forse... ma ciao! Io ero già a gambe aperte sul ring.....)
 
Lo avevo visto soltanto in TV, e devo dire che non rende per niente giustizia al corpo del mio Capitano. (mmm tocchiamolo!!! non sulle spalle cara... in mezzo alle gambette!)
 
I compagni fanno per raggiungerlo, ma lui scatta sotto la tribuna e una volta arrivato vicino, prima bacia il pugno e dopo lo solleva verso di me. La sua bocca mima un: “per te.” (occhi che luccicano felici!!!!)
 
Che altro c’è dal aggiungere è una cosa talmente semplice e naturale, che non vedo il motivo di altre domande e spiegazioni. (quanti particolari capitano! Bastava dire che era la tua ragazza! Che uomo: o non parla o dice tutto!)
 
Annuisco regalandogli un sorriso, se solo sapesse quanto è STUPENDO lui in abito scuro. (eh già parliamone!)
 
 
Quando arriva di fronte al mio viso però qualcosa cambia, i respiri si spezzano, afferro i suoi fianchi e la faccio aderire a me, i suoi seni li sento premente sul mio torace, le nostre labbra s’incontrano, mentre un bacio passionale ci coinvolge e sconvolge. (caldo caldo caldo ! cazzo!!!!)
 
Ho preferito stendermi per non farmi beccare a fissarlo, ho un’immensa voglia di toccare quella pelle. (anch'io! Tu che puoi muoviti! Uffa....)
 
Sento aprire la porta e il sorriso mi muore in gola visto che indossa soltanto i jeans, oggi l’ho visto in costume ok, ma questi pantaloni gli donano particolarmente e quel torace… deglutisco a fatica mentre torno a guardare la mia immagine riflessa allo specchio.  (eh cara! Tu non sai... ma vorrei farti notare che Mr. Grey aveva i jeans nella camera rossa, e per tutto il libro mi hanno tormentato “quei jeans” perché ogni tanto dice “indossa quei jeans”... “ha quei jeans” DIO li voglio anch'io quei jeans!!!!)
 
(ODDIO ADORO QUESTA CANZONE!!!!!!!)
 
E come se mi avesse letto nel pensiero parla: “Sarà difficile starti lontano dopo che ho fatto l’amore con te Tsubasa” si avvolge su se stessa e io mi (via) trovo quei magnifici occhi nocciola puntati nei miei. Nel frattempo la musica fa sentire ancora le sue note.
(cazzo però se va ancora la canzone è stato molto veloce il capitano... non puoi dire che ha messo la ripetizione? No dai lo devi dire per forza! La sentono e sono in bagno, fanno l'amore, passano pochi minuti sono abbracciati e la canzone va ancora... non dura mezzora...)
INFATTI POI HO AGGIUNTO CHE E’ STATA MESSA A RIPETIZIONE.
 
Il telefono, le email, la sola voce, non possono compensare il tatto, la vista, l’olfatto. (soprattutto il tatto! Oh come ti capisco!)
 
No, non possono e noi abbiamo cercato di farne scorta, ma so già che appena salirò su quel dannato aereo, la mancanza sarà totale. (non parlar male dell'aereo... e se poi per ripicca cade???)
 
“Non importa, tu chiamami, voglio sapere che stai bene” annuisco e mi sciolgo dal suo abbraccio, per dirigermi verso il mio paese, lasciando lui un’altra volta al suo amato pallone, so che ci tiene tantissimo, ma io inizio a odiarlo. (eh cara, da mo' che lo odiamo noi!)
 
Resto un attimo imbambolata a guardare prima la cornetta, dopo il pallone, e dopo aver salutato il mio interlocutore, osservo la sfera di gomma (gomma??? ma dai! Cuoio! Cosa le ha regalato quelle che tiri giù dalle macchinete?) e improvvisamente le domando: “Che diavolo ha in mente il tuo padrone?”
(mi sorge un dubbio, c'è un motivo per cui non metti i punti?)
 
mentre mi libera e va a farsi la doccia,(ecco vediamo di non puzzare)
 
“Chiudi, non vorrei che arrivasse Yukari, è impegnata per le prossime due ore, ma meglio non rischiare” (brava così autoritaria: chiudi e spogliati! Su non ho mica tempo da perdere io!) ammette calma.
 
Tsubasa è forte, mentre lo sento su di me. (Tsubasa è turgido. Tsubasa è rigido. Tsubasa è eretto. Tsubasa è DURO MARMOREO GRANDE, forse troppo per me, ma per me nooo mandalo qui!)
 
Le prendo le mani tra le mie e con la massima calma e convinzione tento il tutto per tutto. “Senta, siamo le persone più vicine che adesso possono raggiungerli, i genitori sono tutti in Giappone e prima che siano qua, passeranno almeno due giorni, adesso arriverà a breve anche un altro compagno di squadra, staremo noi con loro finché non arriveranno i parenti; la prego, ci dica che cosa possiamo fare.” (vai Taro pastiglie!)
 
Dal suo corpo proviene un mugugno. (IO QUI HO I BRIVIDI SAPPILO!)
 
Sento il mio labbro tremare, mentre singhiozzo un: “non(Non) è possibile” (dai che palle! Ma non farmi correggere! Sono tutta unbrivido continuo, cazzo e dire che so come finisce!)
 
La sua pelle è liscia, proprio come la ricordavo, è calda, è morbida, è profumata, sa di lei , sa di noi, del nostro amore, avverto un movimento sotto le carezze che sto donando ai miei figli,(punto) “Vi riporterò la vostra mamma, ve lo prometto(punto)” sussurro sotto la pelle che s’increspa, la vita si muove in questo corpo addormentato, piango mentre il suo ventre si bagna delle mie lacrime, dopo il buio.
(qui è dove io ho pianto! Inondando la tastiera di lacrime!!!!! guarda ora come ora non sto piangendo solo perché già so!)
“Genzo! Non sono mai stato tanto serio in vita mia” risponde secco, deciso. (vai capitano! Mostraci i coglioni! Mostrali letteralmente poi ci pensiamo noi...)
“Sarà fatto Golden” sorride e dopo si addormenta… il conto alla rovescia parte, gli hanno concesso solo sette giorni, spero siano sufficienti.
(FORZA CAPITANO!!!! ODDIO HO I BRIVIDI!)
 
“Io… io non lo so, è che fuori fa così freddo, e poi non c’era più nessuno, il telefono non funzionava e io non sapevo che fare, quindi sono rimasta qua, ma ho perso la cognizione del tempo e dello spazio, non so più dove, come, e quando – mi fissa negli occhi – aiutami Tsubasa(punto)” e mentre lo dice si getta tra le mie braccia. (BRIVIDI BRIVIDI BRIVIDI!)
 
Il bacio prosegue, ci scalda, mentre le mie mani sentono il suo corpo che da tanto, troppo tempo, non fondo con il mio, ho voglia di lei, ma non è certo il momento, devo portarla via di qua, devo dirle dei bambini. (eh beh vorrei vedere zozzone! Però credo che una ciulata in coma non esista sai... potresti fare da apripista!)
SU QUESTA HO RISO MEZZORA…. ED HO RIFLETTUTO A LUNGO SIA MAI CHE FACCIO QUALCOSA DI NUOVO…
 
“Non posso, non riesco a muovermi!” sto piangendo, mentre lui si allontana sempre di più. (oddio piango anch'io!)
 
Continua a stropicciare la mia maglia, lo afferro per i polsi e lo blocco in un abbraccio, pochi istanti dopo lo sento piangere come un bambino contro il mio petto.(il mio capitano!!!! aaaaaaaaaaaaaaaaaaaa)
 
Mi sale un improvviso groppo in gola, sto per piangere ne sono certo, anzi una lacrima è già sfuggita, ma la nascondo cancellandola subito con la mano.
(oddio genzo vieni qui che ti abbraccio io!)
 
Ci fissiamo per un attimo mentre sento le sue labbra imprigionare le mie, il bacio è caldo e passionale, come tutte le volte che le nostre lingue si trovano.(occhi a cuoricino! Vai Tsubasa metti in cantiere manami! Fa niente se li fai al contrario sto giro!)
E LA BETA CADE IN TRANCE SOSPIRANDO FELICE PER I CONIUGI OZORA, MENTRE CONTINUA A STRINGERE GENZOSUO IN UN ABBRACCIO CONSOLATORIO CHE DURA DA TRE ANNI... MA DEL RESTO C'E' TANTO DA CONSOLARE!


BENE BENE BENE.
ANCHE QUESTA è FINITA.
CHE DIRE SONO CONTENTA CHE VI SIA PIACIUTA ANCHE SE UN PO' PARTICOLARE.
LA MIA BETA OVVIAMENTE NON SI SMENTISCE MAI... LA STIMISSIMO!
E... CI VEDIAMO GIOVEDI' PROSSIMO (21-01-2016) CON QUARTUCCIO.
GRAZIE A TUTTI, CHI HA RECENSITO CHI NON LO HA FATTO, CHI SI E' ARRABBIATO E CHI HA PIANTO.
INSOMMA GRAZIE PER LEGGERE.
CIAO A PRESTO
SANAE77

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