Diavolo, Perce!

di Rowena
(/viewuser.php?uid=1880)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Diavolo, Perce! ***
Capitolo 2: *** 1. Si salvi chi può, Perce! ***
Capitolo 3: *** 2. Povero Perce! ***
Capitolo 4: *** 3. Fuggi Perce! ***
Capitolo 5: *** 4. Siamo con te, Perce! ***
Capitolo 6: *** 5. Sei nelle peste, Perce! ***
Capitolo 7: *** 6. Provaci ancora, Perce ***
Capitolo 8: *** 7. Fuori dai piedi, Perce! ***
Capitolo 9: *** 8. È ora di cambiare, Perce! ***
Capitolo 10: *** 9. Ho un'idea, Perce! ***
Capitolo 11: *** 10. C'era una volta, Perce ***
Capitolo 12: *** 11. Sei un tiramolla, Perce! ***
Capitolo 13: *** 12. Lezioni di tanga, Perce! ***
Capitolo 14: *** 13. Non ci posso credere, Perce! ***
Capitolo 15: *** 14. Ti ha mai baciato nessuno, Perce? ***
Capitolo 16: *** 15. Non puoi ritirarti, Perce! ***
Capitolo 17: *** 16. Servizio in camera, Perce! ***
Capitolo 18: *** 17. Bel colpo, Perce! ***
Capitolo 19: *** 18. Beh, che c'è di nuovo, Perce?


Capitolo 20: *** 19. Sigh... Perce! ***
Capitolo 21: *** 20. Tocca a te, Perce! ***
Capitolo 22: *** 21. Buon Natale, Perce! ***
Capitolo 23: *** Epilogo: Giorni di gloria, Perce! ***



Capitolo 1
*** Prologo: Diavolo, Perce! ***


Note: I personaggi, neanche a dirlo, appartengono alla Rowling. Audrey Ruston, anche se di nome appartiene sempre a mamma Row, è un mio personaggio. Non ve ne appropriate, o scoprirete il Lupo Mannaro che è in me.

Il titolo della storia e dei capitoli sono ispirati a quelli dei volumetti di Charlie Brown, che amo e venero (quelli che ho in casa sono edizioni degli anni '70, è un amore di famiglia). Percy in fondo è un po' Charlie Brown, quando vuole.
Buona lettura, Rowi.



Fin dall’adolescenza, era chiaro a tutti che Bill Weasley perdeva raramente la pazienza. Gli anni passati in Egitto a cercare tesori nascosti nella profondità delle tombe più buie gli avevano insegnato a mantenere la calma e a focalizzarsi sull’obiettivo piuttosto che sugli impedimenti che incontrava, e la guerra aveva fatto il resto: il risultato era un mago adulto coscienzioso e attento, per quanto amante degli scherzi, che adorava il suo lavoro e, soprattutto, la famiglia.
Per questo l’arrivo in fretta e furia del suddetto Bill Weasley alla Tana in un pomeriggio d’estate lasciò i genitori di stucco.
«Bill, che ti succede? Sembri posseduto», commentò Arthur nel vedere il suo primogenito, mettendo via la Gazzetta del Profeta che stava sfogliando. Non aveva bisogno di cercare i risultati delle ultime partite di Quidditch per sapere che la sua squadra preferita, i Cannoni di Chudley, avevano riportato un’altra deludente sconfitta. Era la forza dell’abitudine, e della rassegnazione ormai, che lo portava a tifare ancora per quei disperati.
Dall’altra parte del salotto, Molly stava per cominciare il solito interrogatorio sulla sua bellissima nipotina, come se non la vedesse da un paio d’anni, quando lo sguardo truce del figlio la fermò.
«Convoca la riunione di famiglia, presto!» disse Bill con rabbia, quasi urlando; la sua voce sembrava sintomo d’isteria. I suoi genitori si alzarono all’unisono, preoccupati: non avevano mai visto il mago in quello stato.
«Ma si può sapere che ti è preso?» domandò ancora la madre, adesso piuttosto allarmata. Perché quella richiesta così improvvisa?
La riunione di famiglia era un avvenimento eccezionale; almeno, i Weasley si trovavano tutti alla Tana con consorti e fidanzati ogni domenica per il pranzo, come minimo, ma occorreva un motivo davvero critico se Molly o uno dei suoi figli richiedeva di chiamare all’improvviso gli altri senza un’occasione particolare per decidere insieme come affrontare al meglio il problema.
Tra gli annali si ricordava un raduno senza precedenti in occasione dell’imminente partenza per la Romania di Charlie, a cui la madre era tanto contraria al punto di chiedere un consiglio perfino a Zia Muriel pur di trattenere il figlio in patria.
Ormai un evento simile non avveniva da parecchio tempo, segno della pace e della tranquillità conquistate dal mondo magico con la fine della seconda guerra, per questo Molly era così ansiosa di conoscere perché il suo primogenito avesse tanta fretta: dalle sue condizioni, sembrava imminente una catastrofe a livello mondiale.
La risposta di Bill fu semplice, rapida e laconica. Anche piuttosto esasperata, a parere di Arthur. «Percy».
Questo spiegava molte cose. «Oh», esclamò il padre senza aggiungere altro, mentre con la moglie scambiava uno sguardo pieno d’intesa: il momento tanto temuto era dunque giunto, alla fine. «D’accordo, dacci dieci minuti e avvisiamo via camino i tuoi fratelli».
Mentre sua moglie si metteva in moto per chiamare a raccolta i ragazzi, il signor Weasley fece cenno al figlio di seguirlo in cucina per offrirgli una Burrobirra, dandogli una pacca sulla spalla con fare comprensivo. Aveva fatto bene a rivolgersi a loro: certe questioni andavano affrontate in famiglia.



Eccomi qua, con una nuova storia! Lo so, il prologo è corto corto, ma spero che abbia stuzzicato il vostro interesse! Audrey, che ancora non ha fatto la sua comparsa, è il nome segnato come *moglie di Perce* nell'ormai famoso schemino che la Rowling ha disegnato durante un'intervista, mettendo figli di qua figli di là come Puffi a quasi tutti gli affascinanti fratelli dai capelli rossi. È un peccato che ci siano tutti questi buchi tra la fine della saga e l'epilogo più misero e odioso del mondo, perciò... Ecco la mia versione!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1. Si salvi chi può, Perce! ***


La prima ad arrivare fu Ginny, con i capelli arruffati e l’aria di chi era stato buttato giù dal letto durante il più meraviglioso dei sogni. «Uffa, si può sapere il perché di tutta questa fretta?»
Si era Materializzata direttamente in salotto, piombando quasi in braccio a Bill che sedeva scomposto sul divano; prima che Molly potesse rispondere alla figlia, tuttavia, la voce di uno dei ragazzi seguì l’apertura della porta in cucina. «Noi avevamo un impegno culturale d’alto livello! Angelina voleva portarmi al cinema dei Babbani» strepitò George dalla soglia del soggiorno, prima di lasciar passare la sua compagna.
Angelina salutò tutti i presenti con enfasi: era entusiasta per la sua prima riunione di famiglia Weasley, che considerava un grande evento.
«Credimi, Angelina, tra dieci minuti vorrai scappare di qui» le assicurò Ginny, stranamente scontrosa.
Molly la fissò, cercando di comprendere come mai la figlia fosse tanto di cattivo umore: erano passate le dieci, eppure la strega più giovane aveva l’aria di chi era stato buttato giù dal letto in malo modo. «Che hai tesoro? Sembra che tu ti sia appena svegliata». Forse la sua chiamata via camino, un po’ troppo enfatica perfino per i suoi parametri, aveva qualcosa a che fare con la sua luna storta, ma che colpa ne aveva? Bill aveva richiesto tutti i fratelli, escluso Percy, alla Tana, e lei aveva gridato nella cappa fino a che Harry non si era degnato di risponderle. Da parte sua, non credeva possibile che qualcuno potesse rimanere a letto fino a quell’ora, per lei era davvero improponibile con una casa da mandare avanti.
La figlia le dedicò un’occhiata tanto truce da impedirle di proseguire le sue indagini su cosa stesse accadendo al numero dodici di Grimmauld Place, evento più impossibile che raro. «Tecnicamente io mi sono appena svegliata!» rispose quasi rabbiosamente Ginny, massaggiandosi le tempie con due dita. «Ieri sera il dopo partita è stato allucinante: capisco che abbiamo quasi il campionato in tasca, ma non mi sembrava il caso di esagerare a quel modo».
Chiunque aveva meno di cinquant’anni nella stanza sentì odore di scusa e cominciò a sghignazzare.
«Di quale dopo partita stai parlando, quello con tutta la squadra o quello a porte chiuse a casa con Harry?» chiese George con aria innocente. Stuzzicare la piccola di casa e il suo fidanzato sulla loro vita sessuale in presenza dei genitori era diventato da poco uno dei suoi hobby preferiti, soprattutto poiché l’eroe del mondo magico era perfino più divertente di Ronnino Piccolino, quando annaspava su certi argomenti.
Fortunatamente, Molly stava accogliendo proprio Ron, che era apparso da solo nel camino del soggiorno, e non si accorse di nulla. Ginny fece una boccaccia al fratello. «Il secondo, ovviamente».
Prima che il mago senza un orecchio potesse rispondere, il fratello di mezzo salutò tutti con un caldo sorriso. «Salve a tutti: Hermione si scusa ma proprio non può venire, nel suo ufficio è il putiferio».
La strega a quelle parole lasciò perdere i suoi tentativi di incenerire George con lo sguardo. «Ah, Harry, invece, dovrebbe arrivare tra poco, mamma; abbiamo pensato che l’invito fosse esteso anche a lui».
«Ma certo che era esteso anche a lui: anche se non ancora formalmente», e qui una lunga occhiata obliqua da parte della madre travolse la strega più giovane, «fa parte della famiglia».
Come un piccolo silenzio poteva contenere molte più allusioni di mille frasi. Molly Weasley avrebbe potuto scrivere dei veri trattati su una simile arte.
«Ancora? Per il momento non abbiamo fissato una data, te l’ho detto: più che altro, se Harry non si decide a farmi la proposta, temo che non ci sarà alcun matrimonio» spiegò Ginny sospirando.
Bill, per la prima volta da quando i fratelli l’avevano salutato, si concesse una risata all’idea. «Questa volta che è successo?»
«Ha inciampato nei suoi stessi piedi prima ancora di cominciare il preambolo» rispose lei sospirando ancora più forte.
I fratelli sghignazzavano: era da quasi un anno, ormai, che l’Eroe del mondo magico girava con un anello in tasca da regalare alla sua ragazza per chiederle di sposarlo, ma stranamente non riusciva mai a completare l’arduo compito. La ragazza in questione aveva già capito da tempo quali erano le intenzioni di Harry, ma era decisa a non semplificargli le cose: in fondo, perché non aveva diritto a ricevere una proposta fatta come si deve?
«Fossi in te non riderei in quel modo, Ron: non ho ancora visto alcun anello al dito di Hermione, eppure siamo andati insieme più di un mese fa dal gioielliere a scegliere quello giusto per lei, mi sembra».
Il fratello chiamato in causa diventò prima rosso e poi verdognolo, segno della fifa, e bofonchiò che non aveva ancora trovato il momento giusto. George e Bill ridacchiavano: la sorellina era cresciuta e aveva tirato fuori gli artigli, questo era sicuro.
«Ad ogni modo, posso sapere perché mi avete buttata giù dal letto a quest’ora?»
«Tra un minuto, stavo provando a contattare Charlie, ma non mi risponde» rispose la madre distrattamente. Se il figlio non avesse risposto in meno di un paio di secondi, avrebbe cominciato una delle sue solite tirate sugli intoppi creati dalla lontananza.
«Lascialo stare, mamma, sono sicuro che ha molto da fare al lavoro: la crisi non è ancora così grave da richiedere la famiglia al completo». Bill sorrise in difesa del fratello, l’unico dei Weasley che viveva all’estero era il bersaglio preferito della mamma, che voleva vederlo tornare a casa al più presto. «Ho chiesto io la riunione, Ginny: il problema è Percy».
«Oh, Percy». Il tono della strega era lo stesso che la madre aveva usato poco prima, a dimostrazione di quanto fosse grave il problema. Bill aveva ragione, dovevano trovare una soluzione una volta per tutte.
«Paga, Ron: ho vinto io» esclamò George tendendo una mano verso il fratello minore, «abbiamo scommesso su chi avrebbe perso per primo la pazienza con Percy, e io ho indovinato!»
Ron era incredulo. «Come hai fatto? Cosa ha fatto lui? Bill non perde mai la pazienza, con nessuno».
Il diretto interessato sbuffò; da quando lo credevano così prevedibile? «Dipende».
«Dipende da cosa?» incalzò il fratello.
«Ad esempio, è difficile tollerare un certo nessuno, quando si presenta ad ogni ora del giorno per offrirsi come baby-sitter per la sua nipotina; sai com’è, la mia pazienza tende a sparire».
I fratelli si misero a ridere. «Percy baby-sitter? Ma se non ha mai voluto neanche occuparsi di noi! Quando Ginny era piccola non le si avvicinava per paura di doverle cambiare i pannolini».
«Ti rendi conto del perché non lo voglio a casa mia a occuparsi di Victoire, allora. E poi è appiccicoso, Fleur ed io non riusciamo più ad avere un momento d’intimità».
«Allora è questo il problema» ridacchiò Ginny. Ne sapeva qualcosa, visto che ormai si era in pratica trasferita in pianta stabile a Grimmauld Place per riuscire a conquistare proprio quel genere d’intimità: voleva bene ai suoi, ma sapeva che non erano pronti per essere messi al corrente di cosa combinava con Harry senza attendere il vincolo del matrimonio. E meno male che erano riusciti a trovare quella sorta di convivenza per risolvere i problemi di logistica: viste le difficoltà mostrate dal suo ragazzo nel chiederle una buona volta di sposarlo, consumare l’unione sarebbe diventato un traguardo irraggiungibile.
In realtà, Ginny aveva pensato alla possibilità di mandarlo in bianco finché non avesse ricevuto una proposta in piena regola, ma per amor proprio aveva rinunciato al progetto quasi subito.
George rincarò la dose. «Di questo dovremmo ringraziarlo: non vorrete mica scodellarci un’altra piccola Veela dai capelli rossi così presto, vero?»
Bill ghignò, assicurando che Fleur non ne aveva la minima intenzione, almeno per un paio d’anni, anche se si stavano comunque mantenendo in esercizio.
I fratelli risero in coro, mentre Molly arrossiva come una ragazzina sostenendo di non aver mai insegnato ai suoi figli a essere così volgari.
«Ehi, ragazzi, che succede? Sono venuti a cercarmi in laboratorio perché sembrava che la Tana andasse a fuoco!» Charlie. Poveraccio, si era appena Materializzato in salotto con una Passaporta d’emergenza. Il maggiore dei suoi fratelli gli spiegò la situazione in poche parole, scusandosi per averlo riportato in Inghilterra senza motivo.
«Scherzi? È questione di vita o di morte: quel pazzo vi ha riferito che è riuscito a comparire esattamente nel nido di una femmina di Ungaro Spinato, l’altro giorno? Non ho idea di come abbiamo fatto a tirarlo tutto intero di lì, ma posso assicurarvi che, se ci riprova, lo lascio dove lo trovo».
Percy di recente era, infatti, diventato un tantino troppo onnipresente, così aveva commentato Molly pensando che quello strano attaccamento ai parenti fosse una dimostrazione d’affetto particolarmente espansiva; diverso era il pensiero dei fratelli del mago, secondo cui il figliol prodigo aveva soltanto trovato un modo diverso per comportarsi da gran stracciaballe, come faceva quand’erano tutti molto più giovani. Quasi sicuramente non lo faceva con cattive intenzioni o volontariamente, ma rimaneva il fatto che era ovunque: si presentava a casa di questo o quel fratello alle ore più strane senza avvisare in anticipo, richiedeva di essere coinvolto in ogni attività, dall’occuparsi degli Gnomi nel giardino della Tana a convincere Victoire a fare il ruttino dopo pranzo.
Aveva perfino chiesto a Ginny se le serviva un allenatore personale per il Quidditch, provocando alla sorella un attacco di risate isteriche senza precedenti. I fratelli capivano che si sentiva solo, in un certo senso, ma era anche insopportabile.
Quella riunione di famiglia sembrò a tutti più che giusta, ora che sapevano qual era il problema da affrontare: la questione Percy doveva essere risolta al più presto, per il bene e la sanità mentale di tutti i suoi parenti.



Grazie a chi ha recensito il prologo, Elaintarina, LeLia_CuLLen_95, HermioneForever92, hermione616, fleacartasi, erigre!
Di questi tempi i fratelli Weasley sono tra i miei burattini preferiti, mi diverto un sacco a giocare con loro... Spero vi piaccia anche questo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 2. Povero Perce! ***


L’obiettivo era stato fissato, il consiglio riunito: i membri del clan Weasley convocati si spostarono in cucina, dove la padrona di casa cominciò a offrire biscotti, tazze di tè e molto altro ancora. «Sarà sicuro, però, occuparcene così, alla luce del sole? Potrebbe tornare a casa da un momento all’altro» obiettò Molly.
Bill allargò le braccia, come a sottolineare di aver toccato il fondo: del resto, aveva chiesto quel raduno di teste rosse prima di macchiarsi di fratricidio. Percy non gli stava così antipatico e non voleva fargli del male. Per ora, almeno. «Quella santa martire di mia moglie» e qui volarono molti commentini tra i fratelli sulla santità di Fleur che il mago volutamente ignorò, «si è offerta di tenerlo a Shell Cottage per almeno un paio d’ore».
Le qualità sovrannaturali della bella francesina furono subito riconsiderate: d’accordo essere in parte Veela e sembrare bellissima anche all’uscita della sala parto, cosa che a Fleur era riuscita senza problemi con gran scorno di tutte le altre streghe presenti in ospedale, ma prestarsi a impegnare lo scomodo cognato per così tanto tempo da sola, mettendo in mezzo anche la sua primogenita, era una scelta da vera e propria martire. Bisognava non sprecare il suo stoico sacrificio.
La discussione si aprì ripercorrendo gli ultimi anni, dal voltafaccia di Percy in favore del Ministero al suo ritorno in famiglia durante la battaglia finale per poi passare al suo comportamento successivo.
Molly sospirò, poco convinta. «Percy sembra stare bene adesso, non trovate?»
«Beh, è uscito dalla fase della depressione da tradimento», iniziò a elencare Ginny, «poi ha superato il periodo da miserabile in cerca di perdono…»
«E quello dedicato al sospetto, per convincersi che fosse ben accetto in famiglia». Ricordò Ron in un sospiro; come dimenticare gli appostamenti in corridoio di Percy per cogliere i fratelli o i genitori di sorpresa e sentire se davvero davvero erano felici di riaverlo con loro?
Aveva davvero davvero rischiato di finire a pezzetti, raccolto in una scatola di fiammiferi.
«Perciò sì, ora sta bene».
Un grugnito da parte di Bill sembrò mettere in discussione quell’ultima frase pronunciata dalla madre: come poteva dire che era tutto a posto, visto il comportamento tenuto da Percy?
«Dovresti vederlo al negozio di scherzi, mamma, è diventato un gran burlone». Cinque paia d’occhi si fissarono sbigottiti su George, che fece spallucce. «Beh, è vero: non vorrei esagerare, ma credo che finalmente la sua anima Weasley si sia risvegliata».
«Buon per lui».
«Comunque, mamma, qualcosa in particolare ti preoccupa?»
Il maggiore dei cinque fratelli presenti allargò le braccia con aria irritata, sentendosi preso in giro dal suo stesso sangue. «No, qualcosa preoccupa me: possibile che non abbia nulla da fare dopo il lavoro?»
Ron ripeté il gesto compiuto da Bill, come a giustificarsi. «È sempre da solo…»
Era vero: Percy non frequentava amici al di fuori dei familiari, mai. I suoi compagni di scuola sembravano ricordi di un’altra vita, e non aveva interesse a rivedere i colleghi dei tempi del Ministero. In effetti, Perce era solo come un cane.
«Non mi stupisce: ha voltato le spalle ai pochi amici che aveva e ha anche piantato quella santa di Penelope», rincarò Ginny con aria seria chiamando con la bacchetta un’altra tazza di caffé nella speranza di svegliarsi un po’.
«Quella pazza di Penelope, vorrai dire» borbottò Ron in risposta.
«Ron!» esclamò con enfasi Molly portandosi una mano alla bocca: perché i suoi figli non potevano crescere? Sembravano sempre eterni adolescenti!
L’interpellato allargò le braccia, come a giustificarsi: che colpa ne aveva lui se suo fratello era così strano? «Mamma, ho ragione: quale donna sana di mente uscirebbe volentieri con lui?»
Nessuno si prese il coraggio di rispondere a una simile domanda: quante e quali ragazze aveva frequentato il povero Percy oltre a Penelope? In fondo, se Ginny non avesse beccato quei due a pomiciare in un’aula vuota, probabilmente il ragazzo non avrebbe parlato nemmeno di lei.
«Forse dovremmo trovargli un’attività alternativa, un hobby» disse meditabondo Charlie: ma cosa piaceva a suo fratello, oltre ai libri barbosi e i piani per dominare il mondo? Conoscendolo, non aveva ancora messo da parte i suoi sogni di diventare Ministro e cambiare la storia; peccato che Kingsley svolgesse da anni il suo lavoro al meglio, occupandosi delle proprie mansioni per creare un mondo magico più forte e unito.
Percy era strano: finché era stato a Hogwarts non aveva fatto altro che studiare, studiare e studiare, e non appena diplomato si era buttato a capo chino sul lavoro. I suoi studi sui fondi di calderone erano ancora un ottimo aneddoto familiare da usare con gli ospiti a Natale o in occasione di un compleanno.
«Bene», esclamò George battendo le mani, «lo iscriviamo ai traditori anonimi?»
«George!» Quegli urli così simili agli ultrasuoni erano la specialità di mamma Weasley, tanto che prendevano ancora di sorpresa i suoi figli. Il povero George si massaggiò il suo unico orecchio, facendo finta di essere stato assordato.
«Che c’è? Insomma, non sono molte le persone che vanno ancora d’accordo con Percy. Magari in un’associazione simile troverebbe da qualche amico…»
L’idea di Percy in riunione con qualche Mangiamorte pentito, in testa i Malfoy padre e figlio, e chissà che altro genere d’individui fece sogghignare tutti e cinque i fratelli presenti. Avrebbero formato una compagnia divertente, oh sì.
«Dovremmo convincerlo a ricominciare a uscire e guardarsi intorno, gli farebbe bene», suggerì timidamente Angelina.
George fissò la sua ragazza con tenerezza: che anima candida, solo lei avrebbe potuto credere Percy così evoluto, lei, la sola fortunata ad aver avuto un semplice assaggio della stranezza del mago senza essere costretta a conoscerlo troppo a fondo.
«Perché, quando mai avrebbe cominciato a uscire e guardarsi intorno, esattamente? Se lui e Penelope non si fossero scontrati in corridoio, probabilmente Percy sarebbe ancora un casto verginello».
La vita sessuale del fratello assente cadde nel silenzio, segno che nessuno, per quanto nella stanza fossero tutti ex-Grifondoro, avesse il coraggio di affrontare un simile argomento. Non erano affari loro, del resto.
«Siete talmente volgari che non mi prendo più neanche la briga di correggervi» sospirò Molly, che non riuscì ad aggiungere altro. In fondo, George aveva ragione secondo lei, però come madre non poteva fare certe dichiarazioni… Aveva una dignità di adulto serio e responsabile da difendere, per Merlino!
Si fermarono a pensare a Penelope, che ormai nessuno di loro vedeva da un secolo; Percy non aveva mai spiegato chiaramente i problemi che li avevano portati a separarsi, forse per amor proprio e per incapacità ad affrontare la cosa, ma da quel poco che aveva raccontato, probabilmente la strega si era rifiutata di rimanere con un simile voltafaccia, quando le aveva spiegato di aver detto addio a tutta la sua famiglia.
«Soltanto lui poteva incontrare una ragazza in questo modo» commentò infine Charlie scuotendo il capo con aria rassegnata. Suo fratello era un esperto delle situazioni improbabili.
«Il punto è che dovremmo fare davvero qualcosa» ribadì ancora una volta Bill, più scocciato che mai. «Per il bene di Percy», aggiunse poi con aria seria ma ugualmente poco persuasiva.
Gli occhi di George s’illuminarono, mentre il mago assumeva un’aria preoccupante: erano anni che la famiglia non lo vedeva così, dalla morte del gemello per l’esattezza. Sembrava essere tornato ai bei vecchi tempi, quando metteva in scena uno scherzo e nel frattempo ne progettava altri cento. «Qualcosa… come combinargli un appuntamento?»




Grazie a chi mi ha recensito! Anche io, come hermione616 adoro la famiglia Weasley e in questi ultimi tempi mi diverto molto a scrivere di loro. La mia Tana sembra un po' un circo a tre piste, in effetti, però spero che piaccia come cerco di rendere tutti questi personaggi. Mi affascinano di più i fratelli lasciati un po' in disparte dalla Row, come si è già capito, anche perché lasciano molta più libertà d'azione. erigre, sono contenta che questa storia ti piaccia anche se il genere non è tra i tuoi preferiti! =)
Grazie anche a HermioneForever92 e a Chiaretta Puffetta: Molly è un mondo di comicità premurosa e maga dei fornelli, per me!
Sto tirando per le lunghe questa riunione, lo so, ma mi diverto troppo a fare queste congreghe con piani malvagi. Al prossimo capitolo selezioneremo la vitt... la dolce donzella da far incontrare a Perce! A presto

Rowi

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 3. Fuggi Perce! ***


I presenti si scambiarono un’occhiata incuriosita e sorpresa: combinare un appuntamento a Percy? Che diavolo aveva in mente George?
La mamma obiettò con un filo di voce in difesa del figlio assente. «Sarebbe molto cattivo da parte nostra».
«No, sarebbe maledettamente divertente», ribadì il mago, «e poi se si trovasse una ragazza non avrebbe più tempo per importunarci ad ogni secondo».
Molly sembrava scettica, ma George strizzò l’occhio in direzione dei fratelli e pronunciò le parole magiche. «Pensa solo a questo, mamma: se Percy si sistemasse, in poco tempo potresti avere un altro nipotino da coccolare…»
Aveva fatto centro. La dedizione con cui la neononna si occupava della piccola Victoire aveva un qualcosa di mistico, come se la bambina avesse origini divine. L’attaccamento di Molly faceva sogghignare i figli, che avevano ribattezzato la possibilità di avere dei figli come una causa umanitaria, nota agli adepti come Dona anche tu dei nipoti a nonna Molly.
Era nato tutto come uno scherzo, ma la madre sembrava desiderare altri pargoli in giro per la Tana all’istante, quando nessuno dei suoi figli aveva intenzione di diventare genitore in tempi brevi; per quanto riguardava Bill, in particolare, lui aveva appena contribuito alla causa e si riteneva esonerato almeno per un paio d’anni.
Le paroline di George ebbero più effetto di un incantesimo e Molly cambiò subito opinione. «Va bene, ci sto. Chi avete in mente?»
Ognuno iniziò a pensare alle sue conoscenze: Charlie si ricordò della sua migliore amica ai tempi di Hogwarts. «Che ne pensate di Hestia?»
Bill storse il naso, deluso; dal suo fratellino preferito si sarebbe aspettato qualcosa di più. «Non lo tollerava ai tempi della scuola, figurati adesso», gli ricordò con disappunto.
Fratelli e genitori provarono a fare qualche suggerimento più interessante. La prima a venire in mente a tutti fu la commessa di George, una ragazza carina e simpatica che tutti i Weasley adoravano. «Che ve ne pare di Verity?»
Il proprietario dei Tiri Vispi Weasley scosse il capo. «Troppo tardi, ha cominciato a vedersi con Lee».
«Alicia, o Katie?» azzardò Angelina in ricordo della vecchia squadra di Quidditch di Grifondoro. Stranamente, il più contrario a questa proposta fu proprio il suo fidanzato. «No, una Cacciatrice dal braccio imbattibile basta e avanza in famiglia. Pardon, Ginny», corse a correggersi appena in tempo George, smettendo per un attimo di fare gli occhi dolci alla propria ragazza. «Due Cacciatrici alla Tana sono sufficienti: dovremmo rifare le squadre per le nostre partitelle di nuovo da capo, e sapete quanto ci abbiamo messo a trovare il giusto equilibrio».
Prima che la sorellina potesse agire, Angelina gli tirò un bel pizzicotto sghignazzando.
«Hai ragione, e poi Percy detesta il Quidditch» aggiunse mentre il mago si lamentava per l’ingiusto trattamento che era costretto a subire.
«Altre idee, voi pivelli?» domandò Bill in direzione di Ron e Ginny.
«Qualcuna», rispose subito la strega, «ma non credo che Percy uscirebbe con una ragazza più giovane di lui di quattro o cinque anni. Conoscendolo, all’idea si fustigherebbe dandosi del maniaco».
Per Merlino, pensarono tutti: che fratello complicato avevano!
«Però sarei curioso di vederlo insieme a Luna: potrebbe scoccare la scintilla tra loro due» commentò l’altro fratello con aria maliziosa.
«Tu prova a combinare un affare del genere e vedi che ti succede», minacciò Ginny, che detestava le battutacce di Ron sulla sua migliore amica. Angelina schioccò le dita: «Ma certo, perché non ci ho pensato prima? C’era quella Grifondoro dello stesso anno di Percy, te la ricordi, George? Al secondo anno non facevate che prenderlo in giro perché non le staccava gli occhi di dosso».
Questo spiegava il motivo per cui Percy aveva tenuto segreta la sua storia con Penelope.
George ridacchiò al ricordo di gioventù. «Come fai a ricordartene? Sei peggio del computer di Hermione».
L’artefatto babbano, mostrato dalla ragazza qualche settimana prima, aveva sconvolto tutti gli abitanti della Tana, in particolare Arthur, ovviamente, che si era detto disponibile a coprire tutte le spese del matrimonio tra la strega e il suo ultimo figlio maschio, il giorno che Ron si fosse deciso a farle quella benedetta proposta, pur di convincerla a prestarle la macchina.
Inutile dire che Hermione, mentre il suo fidanzato era andato a annegarsi nello stagno delle rane dietro casa, aveva declinato l’offerta: conoscendo il suo quasi suocero, dopo un giorno del computer non sarebbero rimaste che le briciole.
Angelina arrossì come un peperone. «Che scemo che sei: mi è rimasto impresso solo perché Charlie si è unito a voi due», spiegò.
Oh, allora la sua memoria aveva un senso: tutti alla Tana sapevano che aveva avuto una cotta per il talentuoso Cercatore di casa, finché questo non si era diplomato. Ah, beata innocenza!<
«Ti ricordi anche come si chiamava?» chiese George glissando sulla storia appena rivangata. Del resto, si sapeva che tutti i ragazzi Weasley avevano fascino ed era difficile resistere loro. Tutti… tranne Percy, guarda caso.
«No, assolutamente» rispose Angelina con aria dispiaciuta; insomma, lei aveva tenuto a mente i dettagli principali, come la partecipazione alla presa in giro di quello che ai tempi era il suo marito ideale!
Non era ancora arrivato il momento di scoraggiarsi, tuttavia. Charlie iniziò a riflettere, ricordando quei tempi lontani dei suoi ultimi anni di scuola. «Mm, sicuramente Percy l’avrà scritto nel suo diario».
Quella si che era una rivelazione interessante!
«Percy tiene un diario?» domandò curiosa Ginny.
«Ora non più» sghignazzò George prima di sparire su per le scale per andare a cercarlo.
Angelina le spiegò che i gemelli l’avevano trovato per caso e, dopo qualche lusinga, erano riusciti a convincerlo a mostrarsi, per poi declamare i segreti del fratello nella Sala Comune.
«Ma che cattivi!» Accidenti, erano riusciti a scandalizzare perfino Ginny, che come gli altri fratelli non aveva mai trovato nulla da dire sugli scherzi fatti subire a Percy. Quella però era una violazione della privacy molto seria, se l’avessero fatto a lei avrebbero trovato i resti dei Weasley incriminati in una scatola di fiammiferi.
«Suvvia, avrebbero potuto fare di peggio» tergiversò Charlie in difesa dei due terremoti. «Avrebbero potuto leggerlo in Sala Grande, davanti ai Serpeverde: quello sì che sarebbe stato crudele».
Quei momenti alla Tana erano davvero preziosi, sembrava che Fred fosse ancora tra loro. Era stato difficile riprendersi dalla sua morte, ma alla fine erano tornati tutti a parlare di lui con dolcezza, come se fosse semplicemente in viaggio. George tornò in salotto trionfante, stringendo tra le mani quello che in tempi migliori poteva essere stato un diario dalla copertina di pelle.
«L’ho trovato: quell’imbecille non solo l’ha conservato, ma lo tiene nel primo cassetto del comodino e… accidenti!»
Come si era visto fare soltanto al Libro Mostro dei Mostri, il diario prese vita e tentò di azzannargli una mano. «Ok, si è fatto un pochino più furbo negli anni, ma questo non basterà a fermarci».
Prese la bacchetta e minacciò il libricino delle più atroci torture, dal fuoco magico inestinguibile all’apparizione di ratti divoratori di pergamena, se non gli avesse permesso di leggere il suo contenuto; l’oggetto magico si spaventò a morte e si aprì senza fare altre storie, permettendo al mago di cercare le pagine relative al periodo appena rievocato. «Ecco qui, Audrey Ruston».

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 4. Siamo con te, Perce! ***


Per quanta enfasi George avesse messo nella propria voce per la grande rivelazione, il nome della ragazza non fece né caldo né freddo ai presenti. Soltanto Ron era rimasto a bocca aperta e, ora che i fratelli lo stavano guardando, lo aveva preso uno strano tic all’occhio.
«Miseriaccia, quella Audrey Ruston?» domandò allibito, come se non riuscisse a credere alle proprie orecchie. «Quella che lavora nell'ufficio di Kingsley?»
Il fratello con ancora il diario in mano fece spallucce: «E io che ne so? Non la vedo da quando si è diplomata!»
La madre s'interpose con foga, ansiosa di sapere se il suo bambino aveva idea di chi fosse questa Audrey. Da Percy non l'aveva mai sentita nominare, ma se i gemelli lo avevano sbeffeggiato a quel modo era più che comprensibile. «Perché, la conosci?» domandò aggrappandosi quasi al colletto di Ron, che boccheggiò.
«Non personalmente, mamma, ma chi lavora al Ministero l'ha di certo notata: è l'impiegata più carina che si sia mai vista lì dentro».
Arthur strabuzzò gli occhi e annuì piano, ora che aveva capito di chi stava parlando il suo ragazzo; non poteva certo confessarlo davanti a Molly, che l'avrebbe fatto a fette seduta stante, ma anche lui si era accorto della bella ragazza che seguiva Kingsley come un'ombra. «È l'assistente del Ministro, vero Ron?»
Il figlio batté le mani: «Esattamente. Siete sicuri che un tale schianto sarebbe disposto a uscire con Percy? Potrebbe avere qualsiasi mago ai suoi piedi, se volesse!»
Ginny sbuffò annoiata: quant'era superficiale suo fratello! «Meno male che Hermione non c’è, o ti darebbe una bella tirata d’orecchi» commentò acida, iniziando a progettare una bella spifferata alla sua quasi cognata preferita sulla conversazione in corso. Hermione sarebbe impazzita per i commenti sulla bellezza di Audrey fatti dal suo ragazzo, oh sì.
Come a spezzare il silenzio, si sentì un leggero pop provenire dalla cucina, segno che qualcuno si era appena Materializzato: Ron si fece piccolo piccolo, temendo che la sua fidanzata avesse sentito le orecchie fischiare e avesse deciso di controllare come stava procedendo la riunione di famiglia.
Gli era andata bene.
«Eccomi qua!» un Harry Potter con i capelli ancora bagnati apparve sulla soglia. «Cosa mi sono perso?»
Weasley più Angelina salutarono il nuovo arrivato con calore, contenti di vederlo.
«Stiamo cercando una ragazza con cui far uscire Percy» riassunse al volo un Bill ancora piuttosto irritato. Continuava a guardare l'orologio, temendo che Fleur cedesse alla follia di Percy ben prima del previsto e lo cacciasse da Conchiglia Cottage prima che loro fossero arrivati a un punto definitivo.
Harry ridacchiò, interessato all'idea di sistemare il fratello più strano dei sei Weasley. «Oh, sembra divertente: chi avete in mente?»
«Audrey Ruston» ripeté George lanciando il diario, che stava di nuovo provando ad azzannargli le dita, contro la parete. Il libriccino mugugnò qualcosa d'incomprensibile e andò a nascondersi sotto il divano, offeso.
«Quella Audrey Ruston?» ripeté il Prescelto con la stessa aria incredula e stupita del suo migliore amico. «Ma non sarà troppo carina per tuo fratello?» domandò poi vedendo lo stesso Ron annuire con enfasi, come a sottolineare l'assurdità della cosa.
Ron gongolò nel vedere Ginny diventare rossa come un peperone, ma per la rabbia. «Chi è che si merita una bella tirata d’orecchi, adesso?» chiese con aria maliziosa.
«Tu sta’ zitto» sibilò lei al fratello prima di voltarsi verso il fidanzato, «e per quanto ti riguarda, regoleremo i conti più tardi».
Bill, Charlie e George si guardarono allibiti: ma dove aveva imparato la loro tenera, dolce, cara e adorabile sorellina a essere così inquietante? Si segnarono mentalmente di fare attenzione a non offenderla mai da quel momento in poi, per la propria sicurezza personale.
Ron, d'altro canto, ridacchiò trionfante. In genere quello strapazzato era lui, ormai abbonato alle tirate d'orecchio della sua amata Hermione, ma anche il suo migliore amico non se la passava male. «Uh uh uh, prevedo tuoni e fulmini su Grimmauld Place per stasera!»
«Non potremmo tornare a Percy?» mormorò flebilmente Harry, iniziando a sudare freddo; poi i Weasley si chiedevano perché avesse tante difficoltà nel chiedere a Ginny di sposarlo: lui l’avrebbe anche fatto, ma ogni volta una vocina nella sua testa gli gridava quanto fosse folle una simile idea, al punto da fargli perdere ogni certezza e condannandolo automaticamente alla figuraccia perpetua.
Molly lo appoggiò subito, divisa tra la curiosità per la possibile futura nuora e la pietà per quello che considerava un figlio adottato. Forse aveva insegnato troppo bene alla sua settimogenita come trattare gli uomini... «Sì, infatti: volete spiegare anche a me chi sia questa ragazza?» domandò subito per sviare la conversazione.
Ron si alzò e recuperò la Gazzetta del Profeta del giorno precedente dal portariviste e cercò un articolo su Kingsley e i suoi prossimi impegni. «Eccola qua», commentò indicando una fotografia sul giornale.
Nell’immagine, tutti i dipendenti che lavoravano gomito a gomito con il Ministro della Magia si affacciavano sorridendo con orgoglio, tutti tranne uno: era una ragazza molto carina, che però sembrava non voler essere fotografata a tutti i costi.
George si avvicinò fino a sfiorare la pagina del giornale con il naso, prima di esclamare saltellando: «Sì sì, è proprio lei: cavolo, era già carina ai tempi di Hogwarts, ma ora è perfino meglio!»Quando tutti i presenti si avvicinarono per osservarla meglio, la piccola Audrey usò lo stesso Kingsley come scudo umano per nascondersi dagli sguardi indesiderati, mentre il gigante dalla pelle scura rideva a crepapelle.
Perfino Ginny dovette ammettere che la ragazza era davvero bella, concedendo di lasciar cadere le minacce di tortura nei confronti di Harry.
«Ribadisco, però», aggiunse Ron con aria d'esperto, «che una strega del genere secondo me non uscirebbe mai con Percy: non è affatto il suo tipo, e poi nessuna donna sana di mente s'immolerebbe volontariamente a questo modo».
Molly iniziò a sgridarlo e ad elencare tutti i pregi e le qualità del suo bambino incompreso, ma i suoi cari figlioli la ignorarono
«Bella e sfuggente? Mi sembra fatta apposta per Percy». Il commento di Bill cadde nel silenzio: in effetti, con la voglia che aveva di liberarsi del fratello, le sue opinioni non erano molto obiettive. «Allora, come la avviciniamo? E, soprattutto, come possiamo convincerla a uscire con Percy?»
Quella era la parte più difficile del piano. Non incontrarla, anche perché tre dei cospiratori l'avevano conosciuta di persona e potevano avvicinarla senza destare sospetti particolari, ma farle accettare un appuntamento con il più strambo Weasley che si fosse mai visto!
Ron si propose volontario per la missione. «Io e Harry la incrociamo per i corridoi del Ministero quasi ogni giorno, possiamo farlo noi se volete!»
Harry, chiamato in causa, stava già sentendo sul collo la gelosia di Ginny, ma la streghetta di casa si mise a ridere di gusto, lasciando sia lui che il suo migliore amico a bocca aperta.
«Voi due vi considerate le persone giuste per questa sfida? Ma fatemi il piacere!» e ricominciò a sghignazzare senza ritegno. «Ci andremo io e Angelina, tanto per assicurarci che la povera vittima del nostro intrigo non rimanga traumatizzata».
I due non osarono ribattere, pur ritenendosi offesi per quella mancanza di fiducia. George si grattò il capo, perplesso. «Pensavo che la vittima fosse Percy... Non importa: domani si mette in scena il piano, parte uno: trovare il sistema per convincere Audrey ad aiutarci!»
Tutti si trovarono d'accordo e sospirarono di sollievo al pensiero di liberarsi di Percy e della sua invadenza, primo fra tutti Bill.
Fu proprio in quell'attimo che il malcapitato inconsapevole e invadente mago occhialuto si Materializzò in salotto facendo saltare tutti i presenti per la sorpresa. «Ma che ci fate voi qui?» domandò confuso.
Gli ospiti della Tana si dileguarono in un secondo netto: Charlie s'infilò nel camino, Ginny e Harry si Smaterializzarono decisi a tornare alle coccole del buongiorno nel loro letto a Grimmauld Place, George biascicò qualcosa sul cinema e corse fuori tenendo per mano la fidanzata, mentre Bill... Bill scomparve per evitare il fratricidio.
«Mi sono perso qualcosa d'importante, mamma?» chiese nuovamente Percy senza capire un accidente.
Molly arrossì, sperando di essere convincente e facendosi forza per non insultare Arthur che si era prontamente impegnato nella lettura del giornale.
«No, caro, assolutamente», esclamò incrociando due dita dietro la schiena. «Hai fame, vuoi che ti prepari qualcosa?»
I giochi stavano per cominciare.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 5. Sei nelle peste, Perce! ***


Note:Non chiedetemi cosa voglia dire essere nelle peste, non lo so. Ma mi sembrava abbastanza minaccioso... XD
Vi presento la mia Audrey.


Sopravvissuto alla seconda guerra, al periodo di governo filo-Mangiamorte e alle altre follie che avevano seguito la salita al potere di Voldemort, il Ministero era tornato al suo solito aspetto. La tranquillità che regnava nei suoi saloni sembrava negare la storia, con tutti gli impiegati che si muovevano tra i vari piani e i piccoli messaggi volanti che si spostavano da un ufficio all'altro.
Tutto normale, dunque, forse perfino troppo. Audrey Ruston si era alzata di ottimo umore quella mattina, ragion per cui aveva deciso di andare al lavoro a piedi e usare l'ingresso per visitatori. Fu una fortuna per certe due streghe a noi fin troppo note, che si erano nascoste vicino alla finta cabina telefonica per aspettare la malcapitata ragazza.
«Non staremo esagerando, Ginny?» chiese un'imbarazzata Angelina alla sua compagna di appostamento. «Insomma, non dobbiamo mica rapirla».
«Dici? E se non volesse vedere Percy? Dobbiamo tenere aperte tutte le possibilità» ribatté distrattamente la strega dai capelli rossi fissando con attenzione la possibile fidanzata del suo fratello rompiscatole. «Accidenti, quei due avevano ragione».
In effetti, neanche a prima vista riusciva a negare che quella Audrey fosse davvero carina: aveva i capelli neri molto corti, pettinati in modo sbarazzino, e grandi occhi scuri dallo sguardo intelligente. Aveva un bel sorriso, e sembrava una persona molto solare.
Angelina comprese a cosa stava pensando la sua amica. «Allora, come ti sembra?»
«Carina, molto carina. Ma stasera li sistemo io, ci puoi giurare» sibilò riferendosi ovviamente al suo ragazzo e a Ron.
La strega di colore ridacchiò, come al solito sorpresa da quella specie di gelosia incontrollabile che ogni tanto vinceva Ginny. Povero Harry, si era innamorato di un vero peperino. «Rimane da chiedersi se uscirebbe con Percy o no», commentò una volta tornata seria.
Le due guardarono l'inconsapevole Audrey sparire sottoterra e attesero un tempo ragionevole per seguirla senza farsi beccare; dopo aver fatto registrare le bacchette – e firmato una foto a Eric Munch, che si scoprì fan sfegatato delle Harpies e di Ginny in particolare – entrarono nel Ministero.
«Gli uffici del Ministro e dei suoi stretti collaboratori sono di là, se non mi sbaglio» indicò Ginny oltre la Fontana dei Magici Fratelli, restaurata recentemente grazie a una generosa donazione dei Malfoy. Cosa non avrebbero fatto pur di evitare il carcere...
E i processi erano ancora in corso per loro e molti altri, dopo più di due anni dalla battaglia finale! Angelina si distolse da quei cupi pensieri e seguì il dito dell'amica. «E tu come fai a saperlo?»
La strega dai capelli rossi scrollò le spalle. «Sono venuta una volta a parlare con Percy, subito dopo che se n'era andato di casa. Volevo provare a convincerlo a cambiare idea, ma è stato tempo sprecato» spiegò con voce mesta.
Mortificata per aver fatto ricordare all'amica un periodo tanto cupo, la ragazza si affrettò a cambiare argomento. «Se non sono troppo sfacciata, posso chiederti cos'è successo a Grimmauld Place dopo la riunione di famiglia?»
Ginny si riprese all'istante e sghignazzò in modo inquietante, proprio come il giorno prima. «Nulla di che, credimi. Certo, Harry si è svegliato con il mal di schiena per la notte passata sul divano, ma così impara».
Le due donne ripresero a camminare ridendo di gusto all'idea del mago più famoso del momento tutto dolorante. Se non era quello un colpo della strega...
«Prima di entrare a torturare la nostra martire, ti spiace se faccio un salto a salutare Kingsley? Con tutti i suoi impegni di Ministro è un secolo che non passa più alla Tana» chiese gentilmente Ginny, tornata ad essere la persona tranquilla e socievole che tutti conoscevano.
Angelina pensò che era un bene che il suo lato oscuro venisse fuori solo quando aveva a che fare con Harry, mentre le rispondeva che per lei non c'erano problemi.
Fecero per bussare su una porta ornata dalla scritta Ufficio del Ministro Shacklebolt, quando qualcuno le chiamò. Era la loro vittima sacrificale, Audrey Ruston, che sorrideva ignara di cosa avevano in serbo le due sconosciute che le stavano di fronte.
«Avete un appuntamento con il Ministro, signore?»
Ginny e Angelina si trattennero dal rispondere a tono come avrebbero voluto al sentirsi chiamare signore, considerando che la fanciulla era più vecchia di entrambe. «No, volevo solo salutare il mio vecchio amico Kingsley, ma sono sicura che è troppo impegnato al momento» rispose la prima, piccata. «Ma, in effetti, volevamo parlare anche con te. Noi non ci conosciamo, anche se sicuramente hai conosciuto qualcuno dei miei fratelli. Sono Ginevra Weasley».
Era impossibile non conoscere almeno un Weasley e avere meno trent'anni, secondo Angelina, che stava rapidamente iniziando a preoccuparsi. Quell'impulsiva della sua quasi cognata non voleva mica chiedere a Audrey direttamente se le interessasse uscire con Percy, vero?
«Io sono Angelina Johnson, ti ricordi di me? Sono entrata a Hogwarts quando tu eri al terzo anno, ero Grifondoro come te».
Audrey fissò entrambe in volto e s'illuminò: «Ma certo, tu sei una delle tre Cacciatrici che ci hanno portato a vincere la prima Coppa di Quidditch dopo sette anni di sconfitte, non è vero? E tu» aggiunse rivolta a Ginny «tu giochi con le Holyhead Harpies! Io ti adoro, faccio sempre il tifo per voi».
Un'appassionata di Quidditch? Percy poteva trovare interessante una persona del genere?
Però, se Ginny ci pensava bene, il suo fratello occhialuto al settimo anno aveva perfino scommesso sulla vittoria della sua Casa! Doveva riconoscere che era un impedito sulla scopa, ma perfino lui era un grande tifoso. Certo, se Perce non avesse condiviso l'amore paterno per i Cannoni di Chudley, proprio come Ron, sarebbe stato meglio, ma non si poteva avere tutto dalla vita.
Più che altro, le due streghe erano sorprese dal calore della bella Audrey: ma era la stessa persona che non voleva farsi fotografare?
«Ah, io sono Audrey Ruston, tanto piacere. Ma avete detto che volevate parlarmi?»
Oh sì, tesoro, anche se dopo non sarai più tanto felice di averci incontrate, pensò Ginny prima di mostrare un sorriso a trentadue denti. «Sarà meglio che andiamo a sederci, però: ti va un caffè?»
Cinque minuti dopo erano tutte e tre sedute al chioschetto del Ministero, davanti a tre tazze di caffè nero e fumante e un piatto di biscotti al cioccolato, tutto offerto dalla piccola Weasley come piccolo accomodamento. Iniziava a sentirsi in colpa, in un certo senso.
«Allora, di cosa volete parlare?» chiese ancora Audrey, che da parte sua cominciava ad avere la sensazione di star andando a cacciarsi in una trappola. Da dove erano uscite quelle due ragazze tanto care e gentili e, soprattutto, perché la trattavano in quel modo?
Sentiva puzza di bruciato, e una vocina nella testa le consigliava di bere il caffè in un sorso solo e tornare al volo in ufficio.
Ginny guardò l'amica, che stava morendo di vergogna, e si decise a vuotare tutto il sacco, raccontando di Percy, di come era diventato insopportabile e del bisogno familiare di trovargli un hobby. «Certo, non vogliamo che tu diventi il suo hobby, ma magari uscire con una ragazza, soprattutto se carina come te, potrebbe aiutarlo a mettere di nuovo il naso fuori di casa e a cercarsi qualcosa da fare che non porti nessuno dei suoi parenti all'omicidio di fratello lagnoso».
Più schietta di così... Angelina si servì di un biscotto e rimase con lo sguardo basso, incapace di aggiungere qualcosa. Forse sarebbe stato meglio mandare Ron e Harry, viste le cose.
Audrey si era rapidamente impietrita. «Percy Weasley? Lo stesso che era a Hogwarts con me?» domandò con voce gelida.
«Il solo ed inimitabile» rispose Ginny. E per fortuna, pensò. Un Percy era già più che sufficiente, secondo lei. «Guarda, siamo disposti a tutto: abbiamo pensato a te perché... Beh, abbiamo letto anche noi il diario di mio fratello. Se accetti ti farò avere i biglietti in tribuna d'onore per ogni partita delle Harpies, te lo prometto».
Era pronta alla corruzione, pur di non ricevere un no, e quell'offerta avrebbe dovuto conquistare qualunque tifosa della sua squadra; Audrey, tuttavia, non sembrava colpita da quella generosa offerta.
Aveva una faccia da funerale, ora che la strega dai capelli rossi la guardava meglio, e sembrava davvero arrabbiata. «Non sarà necessario» disse poi con un ghigno inquietante. «Mandami un gufo con data e ora dell'appuntamento, ci sarò».
Angelina tirò una manica della veste di Ginny, sentendo aria di tempesta nell'aria: quella ragazza aveva accettato troppo rapidamente per non esserci sotto qualcosa. Non potevano mandare Percy ignaro di tutto a incontrarla, chissà che aveva in mente!
«Perfetto», disse però la sua amica senza prestarle attenzione, «allora ci sentiamo presto. Buona giornata, Audrey».
La strega salutò e tornò a sorridere come prima, diventando sempre più sinistra. Quando fu rientrata in ufficio, le due ragazze sospirarono profondamente.
«Avremo fatto bene? Quella non mi convince neanche un po'» mormorò Angelina prendendo un altro biscotto. Si sentiva molto in colpa: e se a Percy fosse successo qualcosa di male?
Ginny fece di nuovo spallucce. «È sopravvissuto a mesi di stretto contatto con la Umbridge e Caramell, che può succedergli?»
Del resto, nessuno dei suoi fratelli sarebbe stato felice se fossero tornate alla Tana senza la promessa di un appuntamento per quel noioso di Perce.
Finì il caffè pensando che forse sarebbe passata da Harry per dirgli che quella notte avrebbe potuto dormire nel loro lettone; visto il tipo, non aveva proprio motivo di preoccuparsi...
Non per il suo fidanzato, almeno.




E come ogni domenica eccomi di nuovo qui... Beh, che ne pensate di questo tipetto? La considero mia, visto che la Row le ha solo dato il nome, e sono molto orgogliosa di lei. E poi mi diverto troppo a scrivere di lei con Perce, specie quando sono in giro devo contenermi, quando scrivo, perché mi viene da scoppiare a ridere come una matta. XD
Detto questo, grazie a chi ha letto, a chi segue la storia (vista la nuova funzione del sito), e soprattutto a chi ha commentato. @HermioneForever92: Oh sì, non sai quaaaaaaante risate. Al prossimo capitolo! ^_^
@Flea: Spazio alle donne per queste cose... Ma Harry e Ron magari potrebbero comunque avere un'occasione per dimostrare il loro valore... Non si sa mai! *ghigno diabolico*
@erigre: Forse Audrey ha un asso nella manica... Chi lo sa? Io adoro le riunioni Weasley, infatti le infilo spesso nelle mie storie. Quindi chissà, potresti ritrovarne un'altra molto molto presto! ^_^

A domenica prossima con il sesto capitolo: Provaci ancora, Perce!
In cui Audrey dimostra di che pasta è fatta e Percy torna a casa piuttosto... nero.
Ciao ciao,

Rowi

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 6. Provaci ancora, Perce ***


Passarono due settimane e la bella Audrey non cambiò idea. Ginny le scrisse come d'accordo e ricevette una conferma dell'impegno, perciò il piano rimase in piedi fino al giorno fatidico.
Quanto a Percy, convincerlo a presentarsi all'appuntamento fu più facile del previsto: il compito toccò a Bill e George, che usarono qualche semplice trucchetto psicologico sul fratello per arrivare allo scopo.
Riuscì fin troppo bene, visto che quello in meno di dieci minuti arrivò a pensare che l'idea di farsi organizzare un'uscita fosse stata completamente sua e si preparò in un lampo per non fare tardi.
Per l'occasione i Weasley si erano riuniti un'altra volta, perfino Charlie aveva fatto una visita spinto dalla curiosità di sapere cosa sarebbe successo quel giorno.
Sotto l'occhio disapprovante di Molly, nella cucina della Tana si tennero scommesse sull'esito dell'appuntamento e su come Audrey avrebbe mandato a spigolare l'insopportabile Perce.
Quello che nessuno dei presenti si sarebbe aspettato era veder ricomparire in giardino Percy dopo neanche mezzora dalla sua partenza; soprattutto, era assurdo il modo in cui era conciato. Perché era nero dalla testa ai piedi e grondava vernice dai capelli mal tagliati? E perché aveva in viso quell'aria omicida?
Era talmente spaventoso che solo Molly si arrischiò ad affrontarlo impedendogli di entrare in casa e spedendolo in garage prima di armarsi di catino e sapone magico per aiutarlo a togliersi la vernice di dosso.
I fratelli del malcapitato rimasero dove si trovavano, confusi, tentando di comprendere cosa fosse successo. «Avete visto? È come se qualcuno gli avesse rovesciato in testa un barattolo di vernice» notò Bill.
George rideva come un matto: sapeva benissimo che quel tipo di vernice richiedeva giorni e giorni per toglierla del tutto, e si immaginava il trattamento a cui la madre avrebbe sottoposto Percy pur di lavarlo.
Un Weasley nero, quella sì che era un'assoluta novità alla Tana! Al proprietario dei Tiri Vispi la ragazza scelta come martire dal clan cominciava a piacere proprio tanto, e non vedeva l'ora di conoscerla meglio. Decise su due piedi che quella era la donna giusta per Perce e che la famiglia non doveva lasciarsela scappare per nulla al mondo.
«Tu non hai idea del motivo che può averla spinta a tanto, George?» domandò Ginny asciugandosi le lacrime provocate dalle risate convulse di cui era stata preda fino a un attimo prima.
L'interpellato ci pensò su, per poi battersi una mano sulla fronte: ma certo, come aveva fatto a non pensarci prima?
Decise di spiegare la situazione. «Abbiamo fatto uscire Perce... con la sua unica vittima in materia di scherzi».
La rivelazione era scioccante: Percy aveva fatto uno scherzo in vita sua? Sul serio, la cosa sembrava pura fantascienza!
Tutti i presenti pretesero di saperne di più, divorati dalla curiosità, ma prima George fece promettere loro di non ripetere quella storia. «Sapete, non vorrei mai che la mamma mi facesse la predica con dieci anni e passa d'interessi su quanto sia sbagliato traviare il suo bambino perfetto» spiegò scuotendo il capo con aria schifata.
Sghignazzando, i suoi fratelli giurarono sulla testa di Percy che avrebbero mantenuto la promessa. Non era un impegno tanto convincente, ma a George bastò.
«Dunque, è successo dopo qualche giorno la nostra celebre lettura del diario di Perce in Sala Comune: lui era molto, molto frustrato, tutti lo prendevano in giro e anche Audrey, che ovviamente era stata presente, lo guardava con compassione perciò, dato che gli avevamo bruciato ogni possibilità con lei, il nostro stupido fratellino decise di farle uno scherzo per dimostrare che quello che aveva scritto sul diario non era vero. Nella sua inesperienza, le gettò addosso un secchio della stessa vernice, mentre andava a lezione», ridacchiò, «tanto che la poverina è rimasta tutta nera per più di una settimana».
Charlie alzò lo sguardo al soffitto grattandosi la testa, nello sforzo di ricordarsi quell'episodio. «Cavolo, è vero» esclamò all'improvviso, come illuminandosi. «La McGranitt voleva farlo a pezzetti, e Percy l'ha pregata in ginocchio di non farlo sapere alla mamma. E per quello scherzo ha scontato l'unica settimana di punizione che ha ricevuto in sette anni a Hogwarts».
Miseriaccia, perché non era venuto in mente a nessuno prima di combinare quell'incontro? A Audrey l'occasione doveva essere sembrata più che ghiotta per prendersi la giusta rivincita dopo tanti anni!
Ginny scosse il capo. «Ecco perché ha accettato subito. Angelina mi aveva consigliato di lasciar perdere, ma io non le ho dato retta».
Bill le diede un buffetto e le disse di non sentirsi in colpa; anche se non era quello l'effetto sperato, Percy si era meritato una vendetta del genere. Se non per il vecchio scherzo, almeno per tutto quello che stava facendo passare ai suoi familiari!
«Che sfortuna, però», commentò ancora la strega, «anche se un po' riluttante, Percy mi sembrava contento della nostra trovata; scommetto che non ha mai dimenticato del tutto Audrey e che gli faceva piacere rivederla. Ora ci toccherà ricominciare da capo» sbuffò infine.
I suoi fratelli erano amareggiati quanto lei; era un peccato, quella ragazza era carina e aveva un caratterino niente male. Sembrava, insomma, proprio il tipo adatto per mettere in riga Percy. Conoscendo, però, quella talpa di biblioteca, era praticamente certo che non avrebbe più voluto rivederla, non dopo una simile figuraccia.
«Trovare un'altra donna così che voglia uscire con Perce sarà una vera impresa» commentò George interpretando i pensieri di tutti.
«E chi ti dice che io voglia vedere un'altra donna?»
Momento di panico: senza che nessuno si fosse accorto di lui, Percy era entrato in cucina e aveva ascoltato i discorsi dei fratelli, arrabbiandosi, se possibile, ancora di più.
George, Ginny, Charlie e Bill si voltarono all'unisono verso di lui, indecisi se era il caso di ridere a crepapelle o di cominciare a correre: Perce era maledettamente ridicolo, a torso nudo, con la pelle arrossata per l'uso senza remore della spazzola di ferro da parte di mamma Molly e i capelli ancora neri come la pece.
In particolare, il suo viso sembrava quello di un panda, perché gli occhiali gli avevano protetto una parte della faccia dalla secchiata di vernice, lasciandogli come il segno di una mascherina. Le lenti, che il mago teneva in mano, erano completamente sporche: era un miracolo, perciò, se era riuscito ad arrivare dal garage alla cucina senza uccidersi in stile Tonks, inciampando in ogni oggetto contundente sul suo cammino.
D'altra parte, l'espressione di pura ira sul suo volto lasciava ben poco spazio alle parole.
«Augh, fratello Perce!» esclamò con una mano alzata George, cercando di sdrammatizzare. «Sembri un pellerossa: possiamo darti un nome indiano, che so, Tonto Verniciato?»
Se la cucina non esplose per le risate, fu solo per lo sguardo gelido del nuovo arrivato. I fratelli Weasley erano letteralmente basiti: da quando Percy sapeva mettere tanta paura?
Era una fortuna che non avesse tirato fuori quel talento anni prima, o decine di scherzi storici sarebbero rimasti un sogno!
«Allora», abbaiò il mago color aragosta, «eravate in combutta con lei per farmi questo bello scherzetto?»
Erano tutti dannatamente nei guai. Accidenti a Bill, non poteva sistemarlo da solo?
«Te lo giuro, Perce, nessuno di noi voleva farti questo. Abbiamo semplicemente pensato che potesse farti bene uscire di nuovo» disse il maggiore, sentendosi il responsabile dell'intera faccenda. Per Morgana senza trucco, non avrebbe mai pensato di sollevare un simile vespaio chiedendo aiuto alla famiglia!
«Con una ragazza, per di più» aggiunse George incapace di stare serio perfino in quella situazione; e che diamine, aveva scherzato pure con i Mangiamorte durante la battaglia finale! «E ci è tornata in mente la tua vecchia cotta, le abbiamo chiesto di collaborare e lei ha accettato. Di quel secchio di vernice ne sappiamo quanto te».
Percy agitò le braccia, sempre più stizzito; dalla tasca anteriore dei jeans faceva pericolosamente capolino la sua bacchetta magica, pronta all'uso se necessario.
«Se mi aveste detto con chi mi avevate organizzato l'incontro mi sarei preparato, quella ha giurato vendetta secoli fa! Ma no, voi vi siete dovuti impicciare e mi avete buttato nelle fauci del drago».
«Veramente quello l'hai fatto da solo, idiota» mormorò a denti stretti Charlie, che non l'aveva perdonato. Insomma, Norberta ancora non aveva superato il trauma!
«Non ci ricordavamo dei vostri precedenti» si giustificò George «altrimenti avremmo pensato a qualcun'altra» finì incrociando le dita dietro la schiena.
Bugia, se gli fosse venuta in mente prima quella storia avrebbe sostenuto quell'appuntamento ancora con più entusiasmo.
«Ormai non ha più importanza» sentenziò Percy con lo sguardo perso nel vuoto.
Per Merlino, cosa stava architettando? C'era da temere per tutti quelli che avevano partecipato al complotto, prima tra tutti Audrey. «Chi di voi ha il suo indirizzo?» chiese infine con aria minacciosa.
Ginny alzò subito la mano, sapendo che suo fratello non avrebbe accettato un no come risposta. «Perché? A che ti serve?» domandò però, sentendosi davvero in colpa questa volta. In quel momento lo credeva davvero capace di tutto, anche di presentarsi a casa della strega per fargliela pagare.
«Non temere, voglio solo scambiare due paroline con la cara dolce Audrey». Percy ormai aveva una luce strana negli occhi e l'aria faceva presagire uno scontro epocale.
I fratelli Weasley si guardarono tra loro, maledettamente preoccupati.




Eh eh... Scommetto che non ve l'aspettavate. Grazie a chi legge, a chi segue e a chi favva, soprattutto a chi recensisce. ^_^


Prossimo capitolo... Fuori dai piedi, Perce!, in cui si ha il secondo round tra gli improbabili piccioncini. Alla prossima!

Rowi

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 7. Fuori dai piedi, Perce! ***


Eccomi qua, un po' in ritardo... Perdonatemi, ma ieri ero a Modena da amici per una manifestazione chiamata Magnalonga... Ossia, dieci chilometri di marcia con una tappa gastronomica (annaffiata dal lambrusco) a ogni chilometro. Pensavo che il cotechino a metà mi avrebbe uccisa, ma purtroppo per voi sono ancora qui! XD



La mattina dopo, Audrey Ruston si svegliò gonfia di un senso di vittoria e soddisfazione; quasi non era riuscita a dormire, per l'eccitazione che la dominava!
Generalmente era una persona tenera e buona, ma le erano rimasti alcuni conti in sospeso sullo stomaco che si era ripromessa di saldare alla giusta occasione; il più grosso era quello stupido scherzo ad opera di Percy Weasley. Che diavolo, la strega poteva comprendere che non era facile sopportare le prese in giro dei due fratelli minori, matricole del primo anno, ma che colpa ne aveva lei se quei demonietti gli avevano rubato il diario su cui le aveva dedicato un’ode e un sacco di pagine melense?
Nessuna, davvero nessuna, si ripeté mentre versava le crocchette per i suoi gatti, Briciola e Artiglio. Lo scherzo che aveva subito, dunque, era immeritato e pertanto aveva fatto bene a rendergli la pariglia. Certo, erano passati tanti anni, ma certe offese per Audrey non si potevano dimenticare.
Ora che anche quella storia era chiusa, alla giovane mancava solo un vecchio spasimante brufoloso che le aveva dato buca dopo averla tartassata per mesi per convincerla a uscire con lui. Dopo aver sistemato Percy, comunque, aveva risolto la faccenda più spinosa.
Quasi non era riuscita a credere che la sorellina dell’odiato ideatore di scherzi le avesse proposto di uscire con lui!
Non c’è da stupirsi, perciò, se quella mattina arrivò in ufficio particolarmente di buon umore, pronta a recuperare la mezza giornata di ferie presa il giorno prima per presentarsi all’appuntamento; ridacchiò, ormai nell’Atrio del Ministero, ripensando alla faccia sconvolta che aveva fatto Percy nel riconoscerla e nel pallido tentativo di sottrarsi alla sua giusta vendetta!
Audrey era stata smistata a Grifondoro, ma non si era sentita abbastanza stupida da rimanere insieme al mago dopo la secchiata di vernice; non aveva idea di come quell’antipatico avesse reagito, e francamente non le importava neanche un po’. Capitolo chiuso, finalmente.
Il suo entusiasmo si smorzò soltanto una volta arrivata sulla soglia del proprio ufficio vedendo uno sconosciuto seduto alla sua scrivania e intento a sbirciare tra i documenti che aveva lasciato sul piano di lavoro il giorno prima. Ma chi diavolo era?
«Bene, bene, bene», ghignò lo sconosciuto dopo aver notato il suo arrivo, «ti sembra questa l’ora di presentarsi in ufficio?»
Finalmente, inorridendo, Audrey realizzò: aveva di fronte Percy Weasley, inconfondibile sebbene avesse ancora i capelli neri, unico segno della burla subita. La strega rabbrividì: perché era andato a cercarla e che voleva? «Che diavolo vuoi, Weasley?» sbottò aggressiva, sperando di riuscire a farlo scappare con la coda tra le gambe come accadeva ai tempi di Hogwarts. «Non lavori più alle dipendenze del Ministro, perciò non hai motivi di stare qui».
Pensò di aggiungere un esplicito Vattene, ma alla fine si contenne; insomma, con Percy era acida eppure non aveva voglia di passare per una zitella precoce! Tuttavia, il mago non sembrò impressionato mentre si grattava la punta del naso, ancora piuttosto arrossato.
«Come siamo di buon umore, Ruston», anche lui la chiamò per cognome, proprio come a scuola, «e pensare che sono passato apposta per salutarti!»
Certo, come no, e lei era un gufo impagliato. Era senz’altro una casualità se, proprio il giorno dopo il suo piccolo scherzetto, quella specie di lampione con gli occhiali si presentava nel suo ufficio!
«Scommetto che stai architettando un modo per farmela pagare, ma voglio ricordarti che io ho solo rimesso le cose in pari: non hai nulla per cui lamentarti, credimi. Io sono stata presa in giro per anni per essere stata l’unica vittima di un tuo scherzo, chi mi rimborsa di questo?»
Percy sospirò, facendo finta di non aver sentito quello che gli aveva appena detto. Lui aveva subito ventiquattro anni di prese in giro per essere il Weasley più atipico della famiglia, anche peggiore del cugino Magonò e ragioniere, dai suoi stessi parenti! Che poteva esserci di peggio?
«Vorrei finire il discorso di ieri: niente secchiate di vernice, siamo troppo grandi per queste sciocchezze».
Questo lo credi tu, pensò Audrey; le vecchie armi si erano rivelate più che efficaci giusto il giorno prima, perché abbandonarle? La faccia di Percy tinto di nero era stato uno spettacolo senza pari…
«A parte il fatto che non abbiamo iniziato alcun genere di discorso e, di conseguenza, non c’è niente da finire… Si può sapere che vuoi davvero? Non mi raccontare altre storie».
E va bene, non c’era motivo per girarci ancora intorno. «Voglio un altro appuntamento» disse il giovane mago più serio che mai.
Audrey sbuffò, sorpresa dalla banalità del suo coetaneo; beh, in fondo non ricordava un solo giorno su sette anni passati a scuola in cui fosse riuscito a stupire gli altri, vernice magica a parte, perciò . «Lo fai per vendicarti di me, non è vero? Non sai quanto sei prevedibile, Weasley…»
Doveva sembrare proprio un’ingenua se Percy credeva che potesse cascarci. Sua mamma l’aveva detto per anni che aveva un faccino da angelo e un pessimo carattere e che sarebbe stata benissimo a Serpeverde.
La reazione del ragazzo, tuttavia, fu davvero inaspettata; allargò le braccia ridacchiando, come se lo stesse divertendo molto. «Senti, lasciamo stare la storia della vendetta: ti sto solo chiedendo di uscire, sul serio questa volta, senza secondi fini».
Per nascondere la confusione che stava provando, Audrey scoppiò a ridere forzatamente: cos’era ora quella richiesta? La vernice magica aveva agito da afrodisiaco?
«Sai spiegarmi un motivo valido che escluda la pazzia e che dovrebbe portarmi ad accettare?»
«Perché ti senti in colpa per quello che hai fatto ieri?» azzardò il mago indicando i propri capelli.
La giovane sentì che la sua mascella stava per crollare a terra, eppure riuscì a contenersi: ma diavolo, quello scherzava o era diventato ancora più stupido col passare degli anni?
Sghignazzò al ricordo della faccia di Percy tinta di nero: era una delle scene più belle a cui avesse assistito in vita sua, perché avrebbe dovuto pentirsene? 
«Ritenta, Weasley, sarai più fortunato» rispose avvicinandosi alla scrivania. Fino a quel momento era rimasta sulla soglia, eppure cominciò a sentirsi più sicura: quello era il suo ufficio, in fondo, il suo territorio, dove non aveva niente da temere. Doveva solo farlo sparire il prima possibile e poi tornare a occuparsi sull’agenda del Ministro Shacklebolt.
Percy la fissò negli occhi, e in quel momento la ragazza seppe che era determinato quanto lei a non cedere. Sarebbe stata una gran bella battaglia, oh sì. «Perché, in fondo, non sono un brutto tipo e potrei meritarmi un’uscita», riprovò.
La strega lo squadrò da capo a piedi, mordendosi un labbro per non ridere a crepapelle: dalla consegna del diploma, ossia dal ruolo di secchione petulante e spocchioso dal curriculum impeccabile, il ragazzo era diventato il leccapiedi numero uno di Cornelius Caramell, tenendo stretto con le unghie il suo posto anche sotto l’amministrazione di Scrimgeour e, addirittura, con quel burattino di O’Tusoe.
Audrey ai tempi del Torneo Tremaghi era appena stata assunta nella Commissione per gli Incantesimi Sperimentali, seguendo la sua passione per le magie nuove e complicate; allora il suo ufficio, una specie di loculo verticale in realtà, era ben lontano da quello del Ministro e dei suoi collaboratori più stretti, eppure ricordava bene la storia della rottura tra Percy e la famiglia per questioni d’idee. Le era sembrato impossibile che un mago con tanto cervello, un Weasley per di più, si schierasse con Caramell!
Per quello che la riguardava, pur essendo una dipendente del Ministero della Magia non aveva mai messo in discussione la parola di Albus Silente, legata com’era al buon ricordo dell’anziano Preside. Non le importava molto che Percy avesse ritrovato la retta via al momento cruciale, durante l’ultima battaglia: che razza d’uomo poteva tradire i propri cari nella speranza di fare carriera?
E che carriera, c’era da ricordare.
No, ci sarebbe voluto un miracolo perché quello che riteneva il più grande idiota del mondo potesse avere un’altra chance con lei. «Ancora acqua, Weasley: ultima possibilità per convincermi».
In quel momento, Perce fece la cosa più sbagliata del mondo: si allungò sulla bella poltrona della strega e posò i piedi sulla scrivania, più esattamente sui documenti precisi e ordinati che lei aveva stilato la mattina precedente. Il tutto sorridendo in modo strano, strafottente, tanto che Audrey dovette fare violenza su se stessa per non mettergli all’istante le mani intorno al collo.
«Se proprio vuoi saperlo, sono venuto anche per salutare il mio buon amico Kingsley, il Ministro» enfatizzò il mago per dare peso alle proprie conoscenze. «Sai, è stato così buono da offrirmi il mio vecchio posto di lavoro, come suo segretario e assistente».
«Mi faresti licenziare?» strillò la ragazza scandalizzata, ormai davvero pronta a menare le mani: per la cellulite di Morgana, gli avrebbe fatto vedere il fatto suo!
Percy scosse il capo, molto molto felice di essere finalmente riuscito a catturare la sua attenzione. «Oh no, non sia mai: diventerei invece tuo collega e pari, e lavoreremmo insieme ogni giorno gomito a gomito» spiegò sorridendo beffardo. «Anzi, probabilmente aggiungerebbero una scrivania per me proprio in quest’ufficio».
No, questo non l’avrebbe mai permesso!
«Non ci credo neanche un po’: non sarei la sola nel caso a protestare, non sei più benvisto in questo posto».
«Rimane che io sono un eroe di guerra e anche un’ottima fama di topo d’archivio; non c’è persona più adatta di me per questo lavoro, ammettilo» rispose subito zittendo la ragazza. «E poi… ho sbagliato, non lo nego, ma Shacklebolt sa bene che ho voglia di lavorare e di dimostrare che non sono una cattiva persona, per questo si è detto più che felice di farmi rientrare in squadra».
Quello era un discorso tipico del Ministro: non era un caso se aveva sì castigato e punito aspramente tutti i Mangiamorte riconosciuti, ma creando anche programmi di recupero e integrazione per chi si era macchiato solo di crimini minori, evitando di sovraffollare le celle di Azkaban.
Forse a Audrey conveniva capitolare… In fondo si trattava di un semplice appuntamento, qualche ora da sacrificare alla compagnia di quel saccente rompiscatole e poi sarebbe stata di nuovo libera come l’aria. «D’accordo, ci sto: se accetto di uscire con te eviterò lo strazio di vederti ogni giorno qui in ufficio?»
«Esattamente» confermò Percy, fiero di sé. La sciocca ci stava cascando senza neanche sospettare l’inganno…
«Questo a casa mia si chiama ricatto» precisò lei, irritata. Aveva perso il match, e la cosa la mandava in bestia, ma aveva troppo da perdere rifiutando l’offerta.
«Io lo considererei più un favore che mi devi dopo lo scherzetto di ieri».
L’idea di essere in debito con quello lì la metteva ancora più di pessimo umore, ma il tempo stringeva: si voltò verso la porta in vetro opaco dell’ufficio del Ministro, di fronte a quella della stanza dove si trovavano in quel momento, e riconobbe l’imponente sagoma di Kingsley che si stava avvicinando. Doveva sbrigarsi ed evitare la catastrofe!
«Va bene, va bene: dove e quando?»
Percy si alzò e la raggiunse dal suo lato della scrivania: «Passo io a prenderti a casa tua domani sera, alle otto».
Non permetteva repliche, né possibilità di trattative. Non aveva scelta, purtroppo; Audrey annuì e gli tese la mano destra a siglare l’accordo.
«Ok, allora sta bene così: se passa il Ministro, digli che sono andata a prendermi un caffè e che torno subito, devo schiarirmi le idee» sospirò lei sentendo davvero il bisogno di una pausa. Per Merlino, non si sarebbe mai aspettata una rappresaglia così serrata. Forse avrebbe dovuto lasciar cadere quella vecchia storia, per la prima volta dubitava di aver agito bene. Non era tagliata per sopportare simili stress, disse a se stessa scompigliandosi i corti capelli scuri.
Percy non fece storie, anche perché doveva evitare che la strega scoprisse subito il suo piccolo bluff; Kingsley non lo aveva ancora visto, infatti, né gli aveva offerto un posto alle sue dirette dipendenze. E anche nel caso, lui non era ancora pronto per tornare: aveva idealizzato il Ministero e il lavoro svolto in quell’edificio come qualcosa di puro e intoccabile, ma la guerra aveva spezzato quella stupida illusione. Forse un giorno avrebbe ripreso il suo vecchio impiego, ma per lo meno sentiva di dover abbandonare il sogno di diventare il più giovane Ministro della Magia nella storia.
«Miss Ruston, avrei bisogno che… Oh, ciao Percy» disse il mago di colore appena apparso sulla soglia, sorpreso al trovarlo lì, al posto della sua affascinante assistente. «Che ci fai qui, hai bisogno di qualcosa?»
«Oh no, sono venuto a salutare una vecchia amica». Meglio evitare di fornire spiegazioni, per il momento, la piccola Ruston non doveva sospettare di nulla fino alla sera seguente.
Kingsley ridacchiò, certo di aver capito come stessero le cose: «Parli della nostra Audrey? Stai attento, ha un bel caratterino dietro a quel faccino angelico».
Il mago più giovane si morse la lingua prima di lasciarsi scappare quanto il carattere da peperino della ragazza gli piacesse; in fondo, lui era Percy Weasley e in famiglia ricopriva il ruolo del fratello barboso che non s’interessava alle donne…
Beh, le cose stavano per cambiare.
 





Prevedete burrasche? Prevedete scene turche? Eh eh... Non sapete quello che vi aspetta!
Grazie a chi continua a seguire, leggere e recensire questa piccola follia... Ne vedrete delle belle!
Prossimo capitolo: È ora di cambiare, Perce!, dove Perce si prepara all'appuntamento... E nomina un consigliere d'eccezione! A presto!

Rowi

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 8. È ora di cambiare, Perce! ***


Quel giorno Percy lasciò il Ministero pienamente soddisfatto di sé e si presentò al lavoro senza raccontare a nessuno dei suoi fratelli e, soprattutto, ai suoi genitori cosa aveva combinato. Non gli avrebbero creduto, in ogni caso, e conoscendo l’esperienza di Bill, Charlie e George sapeva che era meglio non annunciare una prima uscita con una ragazza, sempre che non si volesse attivare mamma Molly per i preparativi di un matrimonio; anche con tutto il bene che le voleva, ed era davvero tanto, il mago non era pronto a farsi prendere le misure per l’abito da cerimonia e tutto il resto.
Era stato sincero con Audrey, almeno su quelli che erano i suoi intenti, e non desiderava altro che godersi l’appuntamento in tutta serenità, eppure in poche ore la baldanza con cui si era recato a trovare la ragazza e aveva recitato la sua ottima sceneggiata per convincerla a uscire si spense di colpo.
Nella mattinata che seguì all’incontro al Ministero, Percy si convinse di essere stato troppo precipitoso, di essersi lasciato dominare dalle emozioni senza ragionare a fondo sulla questione, che se la strega era stata così antipatica era molto probabile che non avrebbe più voluto vederlo e, per finire, che desiderare un'altra uscita con lei era un sintomo di tendenze all’autolesionismo.
In breve, Perce tornò a essere Perce e a comportarsi da Perce. Peccato, la breve parabola era stata divertente.
Fu quasi tentato dal mandare un gufo alla bella Audrey spiattellando tutta la verità e pregandola di perdonarlo e di dimenticare il suo invito, ma alla fine l’orgoglio Weasley prevalse e si rifiutò di strisciare ai piedi della donna che lo aveva verniciato per bene.
Passò comunque la notte a rimuginare su tutta la storia, chiedendosi anche se fosse il momento giusto per lasciarsi davvero alle spalle la sua storia con Penelope, senza risultati concreti.
L’ansia cresceva vertiginosamente con l’avvicinarsi dell’appuntamento, tanto che, alla fine, decise di chiedere consiglio al fratello più vicino, quello che al momento era anche suo coinquilino e datore di lavoro. George.
Doveva davvero aver fuso il cervello, commentò poi in seguito lo stesso Percy, se era arrivato tanto in basso: George era l’ultima persona che in uno stato mentale relativamente normale avrebbe interpellato per un parere, soprattutto in campo amoroso. In effetti, era assurdo, quasi irreale, anche perché i due avevano passato più tempo a litigare che a fare altro, nei ventidue anni di vita del fratello minore.
Tuttavia era la scelta migliore, soprattutto considerando che Bill era arrabbiato con lui, Charlie era ancora furibondo per la storia del nido di drago – che permaloso – Ginny gli avrebbe rinfacciato la cosa per sempre e Ron… beh, chiedere a Ron un consiglio del genere sarebbe stato anche più autolesionista che invitare Audrey a cena.
Percy decise di approfittare della pausa pranzo: si offrì di occuparsi della cucina, cosa che tra l’altro gli riusciva piuttosto bene, e cercò di viziare George il più possibile nella speranza di corromperlo a puntino; purtroppo per lui, quella era una tecnica inventata e collaudata ampiamente dai gemelli.
«Sputa il rospo, Perce», esclamò, infatti, il fratello a metà del gustoso pasticcio di carne preparato dal mago, «di cosa hai bisogno?»
Beccato. Non si poteva fare fesso il maestro della truffa, in fondo. «Di un consiglio. Si tratta di Audrey».
Era riuscito a dirlo senza arrossire? No, le orecchie erano in fiamme, lo sentiva benissimo. Accidenti, Perce, è ora di tirare fuori le unghie!
Senza accorgersi delle riflessioni del fratello, George si pulì la bocca con il tovagliolo e scosse il capo, deciso. «Se ti serve una mano per architettare una vendetta pari al suo scherzo, Tonto Verniciato, ti dico subito di no: la ragazza mi sta simpatica».
«No, niente del genere» rispose Percy offeso da questa tendenza generale di vederlo così vendicativo. «Io… le ho chiesto di uscire. Uscire davvero, come una coppia».
L’attenzione del fratellino fu subito riconquistata, che si girò un poco, in modo da rivolgere il solo orecchio verso l’altro così da non perdere una sola parola. «Oh oh oh, allora è un problema di cuore! E sei hai deciso di confidarti con me, proprio con me?»
Era un evento straordinario, incredibile, leggendario, ma gli apprezzamenti di George e la sua generosità in aggettivi spropositati per celebrare quella conversazione cominciarono ben presto a seccare il Weasley occhialuto.
«Dacci un taglio, su, e dimmi cosa ne pensi. Credi che dovrei vederla di nuovo?»
E lui, anche se divertito dal nuovo ruolo di esperto in problemi di cuori, scrollò le spalle: che ne poteva sapere? Certo che spingere Percy a frequentare una donna non era una brutta idea, poteva salvare il piano strampalato che aveva messo in piedi con i fratelli e i genitori, riparando così alla geniale trovata di Audrey che aveva per un po’ infranto le loro speranze di liberarsi del Weasley più pedante nella storia del clan.
«Male non può farti, Perce» rispose quindi George con calma, sapendo che avrebbe dovuto contrastare tutti i motivi assurdi che il fratello si sarebbe inventato di lì a poco pur di auto convincersi a non andare. «Scusa la franchezza, ma la tua vita sociale… Ah, dimenticavo che tu non hai una vita sociale».
La battuta gli era sembrata carina, ma la smorfia annoiata di Percy gli diceva che non era stata gradita neanche un po’. «Quanto sei spiritoso, George, il pubblico chiede il bis!»
«Dai, era uno scherzo: per la miseria, fratello, sei davvero permaloso. Allora, spiegami perché secondo te non dovresti uscire con questa Audrey».
Sconsolato, Percy scosse il capo e iniziò a contare sulle dita. «Ma è ovvio, perché è bella, intelligente, brillante…»
«E perché tu sei chiaramente cotto di lei!» esclamò l’altro cercando in tutti i modi di trattenere le risate. Miseriaccia, quanto era buffo!
No, questo non era possibile: aveva avuto un debole per Audrey anni prima, sì, ma non era possibile che fosse ancora tanto preso da lei dopo tutto quel tempo.
Però, a pensarci bene… Quando aveva chiesto l’indirizzo di Audrey a Ginny, la sua idea era solo quella di renderle lo scherzo e dimenticarla, ma dopo averla rivista gli era venuta voglia di conoscerla meglio e di uscire con lei. Merlino, ma che gli stava succedendo?
Quella secchiata di vernice doveva contenere anche un qualche filtro d’amore, o una pozione del coraggio, non aveva dubbi, perché da due giorni si sentiva diverso, come se si fosse appena risvegliato da un lungo sonno. Poi la logica cercava di tenerlo a bada, d’accordo, ma per la prima volta della sua vita aveva solo voglia di lasciarsi andare e seguire l’istinto, per quanto la cosa lo spaventasse. «Io… Sì, no, forse, non lo so! Non riesco a capire, altrimenti non sarei di certo qui a prostrarmi per avere il tuo aiuto».
La situazione aveva dell’incredibile, ma in fondo con Percy nulla era da dare per scontato.
«Beh, per come ti conosco, deve piacerti davvero tanto se per strapparle un altro appuntamento hai inventato una simile balla. Voglio dire: tu, Perce, l’uomo eticamente contrario a qualunque forma di burla, scherzo e presa in giro, l’hai fregata in pieno con uno stile incredibile! Se continui così dovrò considerarti il mio principale, temo».
«Avrei fatto di tutto pur di convincerla ad accettare, e uno scherzo mi è sembrato l’ideale per renderle la pariglia».
«Allora non capisco dove sia il problema» commentò distratto George alzandosi da tavola e cominciando a sparecchiare.
«Il problema, George» rispose Percy strappandogli di mano i piatti, mettendoli nel lavello e agitando la bacchetta perché sapone e spazzola si occupassero da soli della loro pulizia, «è che sono solo come un cane da quasi quattro anni, ormai».
Freddo, preciso, sbalorditivo. Tanto che il fratello rimase per un attimo a bocca aperta, prima di ricomporsi e ricacciare indietro quelle due o tre pessime battutacce sulla grande rivelazione che aveva appena udito che gli stavano salendo alle labbra.
«Vuoi dire che non esci con una donna da quando hai rotto con Penelope?» domandò per una conferma. Meglio evitare spiacevoli equivoci, conoscendo la follia latente in Percy.
Il fratello annuì, triste e sarcastico. «Hai scelto un modo molto elegante per non dire che mi ha scaricato, ma sì, le cose stanno così».
«Allora posso capire il panico» disse George con aria comprensiva, serio per una volta. «Vuoi che ti presti la Bibbia degli appuntamenti che mi ha scritto Angelina? Giuro che funziona, tanto che sto cercando di convincerla a pubblicarla perché farebbe una montagna di Galeoni!»
Percy fischiò, incredulo: la storia delle prima uscite tra il più matto dei Weasley e la bella Cacciatrice dalla pelle di cioccolato era diventata leggenda alla Tana, al punto che era arrivato a considerarla una leggenda, una bella favoletta inventata, una sorta di grande barzelletta.
Insomma, quale uomo si fa acchiappare da una donna, un’amica, che lo ha sfidato a sostenere tre appuntamenti con i suoi consigli? Angelina era stata davvero grande, agli occhi di Perce, tanto che avrebbe voluto copiarla, certo avendo una donna da conquistare... La solitudine in fondo cominciava davvero a pesargli.
«Mi basta un suggerimento per un posto dove andare» disse alla fine, preferendo lasciar cadere ciò che aveva appena sentito; George non aveva commentato una sua confessione ben più tragica, quindi poteva sorvolare l’occasione di prendere in giro il fratello burlone.
«Dunque, il suggerimento basilare di Angelina comporta la scelta di un posto che parli di te, non troppo formale – puntare troppo in alto al primo appuntamento può essere fatale – ma neanche da due soldi. Regola fondamentale per corteggiare una donna» recitò l’esperto in materia con il tono che avrebbe usato il presentatore di una di quelle televendite babbane.
Malgrado stesse prendendo mentalmente appunti, Percy non resistette e si mise a ridacchiare. «Allora è vero che Angelina ti ha ammaestrato a puntino».
Per nulla offeso, George fece spallucce.
«Visto quanto sei malmesso, dovrebbe addestrare anche te, Perce». Colpito e affondato.
Sospirando, il fratello maggiore tornò a sedersi a tavola. «Mi sto comportando come un vero idiota in questi ultimi giorni» commentò ripensando alla follia che aveva commesso nel presentarsi da Audrey e strapparle con l’inganno un appuntamento. Merlino, l’avrebbe ucciso una volta scoperta la verità, altro che vernice…
«In questi ultimi giorni? Macché, sei affetto da sindrome Weasley acuta e, finalmente, ti stai comportando come uno di noi lentigginosi dai capelli rossi!» ribatté George assegnandogli una sonora pacca sulla spalla. «Meno male, sospettavo da tempo che mamma e papà avessero portato a casa il pargolo sbagliato».
«Ecco, meno male che si può sempre contare sulla famiglia» sbottò Percy, per poi mordersi subito dopo la lingua; se c’era uno che non poteva lamentarsi della lealtà tra parenti, quello era proprio lui, con il suo stupido comportamento, quella specie di fuga da casa e tutto il resto. «Ad ogni modo, è vero che mi comporto diversamente in questi ultimi giorni» tentò di recuperare aggiustandosi gli occhiali.
Il fratello non replicò acidamente sul suo tradimento, come forse si sarebbe meritato, ma si limitò ad osservare che, con il suo nuovo modo di comportarsi, sembrava semplicemente più umano. «Hey, Perce, posso farti una domanda?»
L’espressione maliziosa apparsa sul volto di George non prometteva nulla di buono, ma l’altro si limitò a sospirare. «Temo te e quello che stai pensando, ma dimmi pure».
In fondo gli aveva appena fatto un grosso favore, e sarebbe stato meglio ingraziarselo subito perché quel discorso tra uomini non fosse riportato a terzi, soprattutto agli abitanti della tana.
«Ecco, è un po’ che me lo chiedo… Ma tu e Penny avete mai concluso?»
«Cosa intendi, prego?»
Sì, quello era veramente Perce; George cancellò in un istante tutti i propri dubbi, nessun altro avrebbe potuto essere così tardo. Certo che quello scherzo gli aveva fatto un ottimo effetto… Doveva provarci anche lui, così forse sarebbe riuscito a cancellare una volta per tutte le stranezze del suo bizzarro fratello! Non s’illudeva minimamente di rimpiazzare Fred con Percy, era fuori discussione, ma avrebbe ottenuto un risultato incredibile se quel pomposo topo di biblioteca avesse imparato a lasciarsi andare e a prendere la vita con un po’ di sano umorismo.
«Non mi dire che devo cominciare dalla storiella delle api e del polline, ti prego» ridacchiò nel registrare l’espressione confusa del fratello maggiore. «Sto parlando di sesso, Percy: allora, sei stato con Spilungona Light o vi siete fermati ai focosi baci nelle aule deserte?»
Finalmente arrivato a cosa intendeva George, Percy diventò rosso fuoco, tanto che l’altro temette che cominciasse a uscirgli il fumo dalle orecchie. E meno male che era stato beccato solo a baciare Penelope, altrimenti sì che avrebbe traumatizzato la sua sorellina. Perché quella definizione poteva essere stata coniata solo da Ginny, che a quei tempi aveva anche provato a ricattarlo perché mantenesse il silenzio sui nuovi sviluppi della sua vita amorosa. Come sembravano lontani quei tempi…
Tornando al presente, tuttavia, Percy ispirò profondamente, sperando di aver già ripreso un colore più umano, e fissò il fratello dritto negli occhi. «Puntualizzando che non sono affari tuoi, George… La risposta corretta è la prima» replicò con una tranquillità che non gli apparteneva.
A George cadde la mascella per la sorpresa: accidenti, non solo Perce aveva una vita sessuale, ma non si faceva neanche troppi problemi a parlarne! Per Merlino, quella Audrey era un vero toccasana per il fratello bacchettone.
Se non altro, pensò il proprietario dei Tiri Vispi Weasley, avrebbe riscosso dieci Galeoni da Charlie grazie a quello che aveva scoperto. E dire che aveva accettato la scommessa solo per gioco, sicuro di perdere perché convinto che il fratello fosse incapace di commettere atti osceni!
Mm… forse avrebbe potuto ricattarlo per un po’, minacciando di raccontare tutto alla mamma.
Le  vecchi abitudini, si sa, sono davvero dure a morire.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 9. Ho un'idea, Perce! ***


Dall’ora di pranzo alle sette e trenta di quella sera, il tempo si dilatò senza confini, innervosendo più che mai il povero Percy: per non insospettire la madre e i fratelli – George era l’unico a sapere del secondo appuntamento – il mago si era tenuto lontano dalla Tana e si era fatto una doccia e cambiato nell’appartamento sopra il negozio di scherzi, dove ormai si poteva considerare ospite fisso o inquilino vero e proprio.
Certo che era ironico essere dipendente e subaffittuario del proprio fratello minore…
Alla fine, a forza di scervellarsi, a Perce era venuto in mente il posto perfetto per quell’uscita: stava perfino gongolando per l’acume dimostrato, mentre si preparava e indossava i vestiti che aveva scelto per l’occasione.
Il suo pensiero continuava a tornare ad Audrey, ai suoi capelli corti e a quell’espressione combattiva che tirava fuori ogni volta che aveva a che fare con lui; a scuola aveva sempre tenuta una lunga frangia che quasi le nascondeva gli occhi, questo se lo ricordava bene, ed era molto schiva. Forse era stata quell’incredibile timidezza a colpirlo, Percy era rimasto sorpreso scoprendo che esisteva una persona più chiusa di lui!
Non era riuscito a conoscerla meglio, però, perché l’arrivo a Hogwarts dei gemelli aveva rovinato tutto, e dopo quella storia dello scherzo Audrey lo aveva sempre ignorato, se non in classe, quando cercava di gareggiare con lui a rispondere alle domande dei professori. La ragazza evidentemente sentiva il bisogno di riscattarsi e di fargli capire che era al suo livello se non perfino più brava…
Nessuno dei due, inoltre, aveva mai amato i grandi eventi sociali, durante i quali si nascondevano in biblioteca, facendo però molta attenzione a sedersi a tavoli mooooolto distanti.
Forse, pensò Percy mentre finiva di abbottonarsi la camicia, era meglio così: avrebbe potuto dedicare la serata a conoscerla meglio, rimediando a quei sette anni di ostilità, anche se sapeva già che, per quanto lo riguardava, non sarebbe riuscito a evitare una trafila di domande sulle sue scelte, il voltafaccia alla famiglia, per non parlare della fedeltà al Ministero inattaccabile anche dopo la presa di potere di Voldemort. Ah, quante cose avrebbe dovuto spiegare…
In fondo, se lo meritava e, se dopo due anni veniva ancora trattato così, doveva prendersela soltanto con se stesso. Cieco, stupido e orgoglioso, suo padre aveva avuto ragione a definirlo così, molto tempo prima, e da parte sua poteva solo rammaricarsi di non aver capito prima quanto vi fosse di vero in quella descrizione.
E Audrey non gli avrebbe fatto nessuno sconto, su quello non aveva dubbi, visto l’assaggio che aveva avuto di quel caratterino!
Sebbene quelle premesse avrebbero scoraggiato persone ben più audaci di lui, Percy riuscì ad accantonare i cattivi pensieri mentre finiva di rimirarsi allo specchio: mah, secondo il suo gusto era perfino carino! Così, dopo essersi scervellato per ore, il mago si sentiva addirittura di buon umore, intanto che si preparava ad asciugare i fiori che aveva messo a bagno in un vaso nel lavello della cucina, quando ovviamente si presentò George a rovinare il suo stato allegro e speranzoso.
Il fratello, infatti, stava giusto rientrando dal negozio, in tempo per smontare tutta la sicurezza dell’occhialuto, tenero, ipersensibile e molto altro Perce.
«Non starai davvero pensando di uscire così, vero?» furono le poche, lapidarie parole sufficienti a bocciare senza possibilità d’appello l’abbigliamento del mago. Primo strike, avrebbe detto Lee Jordan, che da qualche tempo si era appassionato al baseball, complice una breve relazione con una strega americana..
Offeso, Percy chiese per quale motivo dovesse mai cambiarsi, ottenendo solo un’altra battuta gelante.
«Perché sembri scappato dal funerale di zia Muriel, ecco perché!» la rapida e secca risposta di George. Secondo strike, incassò il fratello maggiore.
A Perce caddero le braccia: «servirebbe a qualcosa ricordarti che zia Muriel è ancora viva e vegeta?»
Quella vecchia befana, infatti, sembrava intenzionata a seppellire tutti i suoi parenti; in tanti anni non era cambiata di una virgola, con quella voce terribile e i commenti acidi su tutto ciò che aveva a che fare con la famiglia Weasley.
«Vorresti dirmi che tu non hai da parte un abito buono per il grande evento, sperando che porti fortuna e acceleri le cose? Devi essere l’unico di noi, anche mamma ne ha uno in naftalina, lo ha messo via per il funerale ancora prima che nascesse Ron, da quello che mi ha detto papà» commentò George, tetro: in genere era l’ultimo ad augurare la morte a qualcuno, ma se si trattava di quella megera… «Ma perché stiamo perdendo tempo a parlare dell’acida Muriel? Se non sbaglio, non porti lei fuori».
«Per Merlino, certo che no!» ribatté scandalizzato Percy: ecco, a quel punto avrebbe davvero toccato il fondo e sarebbe stato davvero pronto al suicidio. «Allora, spiegami perché i miei vestiti non andrebbero bene».
«Senza cattiveria, Perce», replicò il minore dei due, «ma un quacchero oserebbe di più dovendo uscire per una serata galante».
Terzo strike, eliminato!
Forse, in effetti, il maglione made in Weasley era un pochino fuori luogo… Color melanzana, con un’enorme e sgargiante P gialla sul davanti.
Eppure, anche sapendo di essere la persona meno esperta al mondo in materia d’appuntamenti, Percy tentò di ribattere, offeso. «Consigliami tu allora cosa indossare, Mister So-tutto-io-perché-la-mia-ragazza-mi-ha-addestrato-alla-perfezione!»
«Prima dimmi dove hai intenzione di portarla» ribatté serafico George, deciso a non perdersi neanche un istante di quello spettacolino. Occasioni divertenti come quella non capitavano tutti i giorni, dopotutto…
A quella richiesta, il fratello parve più taciturno del solito, quasi che temesse di portarsi iella, ma alla fine bisbigliò qualcosa nell’unico orecchio dell’altro.
«Ma che bella idea» commentò questa volta lui, sorpreso. «Davvero, hai ottime possibilità di fare centro. È necessario modernizzarti un po’, secondo me, anche perché con quella maglia potresti fare luce in piena notte!»
«E cosa proporresti?» un sempre più scocciato Perce aveva il sentore di stare andando a cacciarsi in un guaio gigantesco, anche perché il fratellino non poteva essere così amichevole nei suoi confronti per troppo tempo, dargli addosso era un suo istinto naturale.
George lo fissò con aria molto inquietante: «L’ultima moda è l’abbigliamento babbano, tra i maghi, perciò faresti un’ottima figura se ti adeguassi un po’».
«Ma io ho solo vestiti normali, da casa o le tuniche da ufficio…»
«Vieni con me». Deciso come in poche occasioni, il più giovane dei due maghi guidò l’altro nella propria stanza e con un colpo di bacchetta aprì le ante di un armadio bloccato da una grossa catena. Là c’era tutta la roba di Fred, che il suo gemello ancora non era riuscito a buttare o a dare via.
«Sapevo che un giorno sarebbero serviti di nuovo» mormorò più a se stesso che al fratello, prima di cominciare a tirare fuori pantaloni, magliette ben e molto altro ancora, tutta roba ben più moderna di quella indossata da Percy.
Dopo aver spogliato parecchi appendini, George scelse, ovviamente senza chiedere opinioni all’interessato, un paio di jeans dalla vita molto meno ascellare di quelli indossati dal mago con gli occhiali, una camicia più casual e un maglione non troppo pesante con quella strana chiusura dei Babbani, la tanto decantata da suo padre zip.
Iniziando a preoccuparsi, o per meglio dire a sudare freddo, Perce cercò di farsi valere. «Non mi andranno mai bene» obiettò debolmente non sapendo come fermare il fratello, «Fred era molto più basso di me…»
«Per la miseria, Percevald, siamo maghi o pipistrelli?» esclamò subito George, che non voleva assolutamente sentire ragioni. Se c’era ancora qualche possibilità di non far scappare via Audrey, lui non aveva la minima intenzione di permettere al terribile Perce di rovinare tutto: agitò ancora la bacchetta, e i vestiti adagiati sul letto si restrinsero per magia e si allungarono un po’.
Non essendo sicuro di aver azzeccato le misure, il proprietario dei Tiri Vispi costrinse il fratello a provarsi gli abiti di fronte a lui, e quando questo li ebbe indossati, per qualche strano motivo Percy era terribilmente in imbarazzo, finì il lavoro con l’incantesimo Taglia e Cuci. Qualcosa aveva ben dovuto imparare, lasciando il nido materno!
Dopo aver finito la vestizione, George pretese pure di sistemargli i capelli, eliminando la minuziosa riga nel mezzo per cui aveva perso più di un quarto d’ora.
«Ecco, così non sembrerai un totale imbranato come tuo solito, occhiali a parte» fu il soddisfatto giudizio finale.
Percy ingoiò il rospo senza fare tante storie, anche perché in fondo ciò che vedeva nello specchio non gli dispiaceva neanche un po’. Grazie George, se non si conta sui fratelli…
«Allora… Io vado» mormorò senza riuscire a esprimere riconoscenza verso il fratello ad alta voce. I fiori, non doveva dimenticarli!
«Ancora una cosa, fratellino».
Se ne sarebbe pentito amaramente, oh sì. «Dimmi pure» sospirò ugualmente, sperando che non ci volesse molto.
Un colpo di bacchetta e avvenne il fattaccio: Percy sentì sparire gli slip non propriamente alla moda che indossava – e che spuntavano di un bel pezzo dai jeans a vita bassa – e si voltò a guardare il fratello con aria indemoniata.
«Ma che diavolo hai fatto?» saltò su, sentendosi in imbarazzo come non mai. Una cosa era dargli del quacchero scappato dal funeriale dell’odiosa Muriel, ma quello era veramente troppo!
George scrollò le spalle, per nulla spaventato: «Una semplice Trasfigurazione, ora indossi mutande conformi al secolo in cui viviamo».
Era vero, sentiva i boxer intorno alle cosce… Ma non si sarebbe comunque dovuto permettere!
«Non mi sembra proprio il caso…»
Il fratello si scocciò, come se non volesse più saperne di quelle lamentele. «Avanti, potevo fare molto peggio, se ci pensi bene».
Sebbene fosse terrorizzato al pensiero di George in azione, Percy osò domandare che cos’altro aveva in mente.
«Oh, le possibilità sono molte, fratellino» sghignazzò l’altro con aria diabolica. «Per esempio, potevo semplicemente fartele sparire, o trasformarle in un provocante perizoma di pizzo, oppure incantarle in modo che si animassero e tentassero di morderti le chiappe o, ancora meglio, i gioielli di famiglia, ma anche…»
«Basta così» urlò Percy con voce un pochino – ma appena appena – alterata. Meglio non sapere che altri scombinati piani avesse in serbo il fratello, sì, meglio scappare subito e andare a godersi la serata. Sempre che Audrey non avesse già scoperto il suo trucco, perché altrimenti sarebbe stato quasi meglio farsi incantare le mutande.
Quando si Smaterializzò, sotto lo sguardo di un George ormai pronto a scoppiare nella più fragorosa delle risate, il mago era diventato tanto rosso da sembrare completamente ustionato. Ma perché doveva avere un parente tanto degenerato? E non era l’unico, in famiglia…
Ricomparve proprio davanti al palazzo in cui si trovava l’appartamento di Audrey e, dopo aver preso un lungo respiro per calmarsi un poco, suonò alla ragazza. Meno male che c’era solo una targhetta che recitava Ruston! Col citofono, infatti, Perce non se la cavava male, ma ci mancava solo la figuraccia di disturbare qualche parente o, peggio, i genitori stessi, e quello non era proprio il miglior modo per cominciare la serata!
Stava pregando perché fosse la ragazza a rispondere, quando come ad accontentarlo il marchingegno babbano cominciò a gracchiare: «Percy, sei tu? Scendo subito».
Incapace di rispondere, il mago inghiottì a vuoto: il momento tanto atteso era arrivato, dunque; cercò di concentrarsi sul portone, sulla sua fattura e su qualunque altra cosa che non fosse il conto alla rovescia del tempo mancante all’apparizione di Audrey.
Gli stava venendo il panico, tipico in situazioni del genere: dannazione, ancora due minuti e non avrebbe avuto scampo, doveva scappare prima che…
No, una simile bassezza era troppo anche per lui, senza contare che, se avesse osato tanto, la ragazza si sarebbe di certo trasformato in una Banshee per tormentarlo fino al giorno della sua morte. Già c’era da sperare che non gli facesse la pelle per lo scherzo dell’altra mattina, oh sì.
Quelle considerazioni, però, non lo aiutarono per niente: alla faccia della sua anima Grifondoro, era quasi sul punto di voltarsi e scappare, quando finalmente Audrey comparve in cima all’ultima rampa di scale.
Tutti i pensieri che gli erano girati per la testa fino a quel momento scomparvero in un secondo, per lasciare posto allo stupore: lei era bellissima, neanche a dirlo, e incredibilmente elegante, con un tubino nero e i tacchi alti.
«Oh… Miseriaccia!» riuscì a mormorare a fatica Percy, certo che dopo una simile visione avrebbe anche potuto morire in pace.
La ragazza lo raggiunse quasi volando, scendendo gradino dopo gradino con naturalezza. Se avessa avuto un’aria meno funerea, sarebbe stata davvero meravigliosa.
«Ciao, Weasley» salutò lugubre, senza il minimo entusiasmo, per poi squadrarlo da capo a piedi. «Ma sei vestito casual! Dannazione, ed io che ho messo in piedi tutta questa sceneggiata».
Una sceneggiata davvero stupenda, pensò Percy senza però osare dirlo ad alta voce. «La colpa è mia, non ti ho detto in anticipo dove saremmo andati» si scusò subito, sperando che non si fosse arrabbiata troppo. «Mi dispiace, ma fino all’ultimo sono stato indeciso».
«Allora invitarmi a uscire di nuovo dev’essere stato un gesto impulsivo e non programmato» commentò asciutta Audrey, decisa a non prestarsi neanche un po’ per far andare bene le cose. «Accidenti, ma tu sei sicuro di essere Percy Weasley?»
Una domanda che di recente si facevano in molti… Il ragazzo cercò di non rispondere a tono, sapendo che altrimenti avrebbero passato tutta la sera a discutere ancora davanti a casa della strega.
«Il solo e inimitabile, come direbbero i miei fratelli. Bene, se vuoi andare a cambiarti io aspetto, tranquilla».
Lei scrollò le spalle, per nulla toccata dalla gentilezza. «Figurati, abbiamo la magia o no?»
Con un colpo di bacchetta trasfigurò il suo bel vestito in un paio di jeans scuri e un maglioncino lilla. «Inoltre, i miei gatti non amano gli estranei, e tu hai già avuto abbastanza guai questa settimana per colpa mia» continuò, rendendosi conto solo in quel momento che Percy, mentre lei si cambiava, si era coperto gli occhi con le mani. Che bambino…
«Ho fatto, scemo. Bene, dove si va dunque? Dimmi il posto, così mi Smaterializzo e ci vediamo là».
Ripresosi dallo shock – i cambi d’abito quella sera risultavano tutti traumatici, per il povero Perce – il mago si risistemò gli occhiali e scosse il capo. «È una sorpresa, ancora non devi saperlo».
E nel dire così, allargò le braccia, come a sottintendere che avrebbe pensato lui a spostare entrambi. Audrey sospirò: una Materializzazione congiunta richiedeva più contatto fisico di quello che era disposta a tollerare, ma era inutile perdere altro tempo a discutere. Si avvicinò al mago che, dopo averle chiesto se era pronta, completò la magia.
In fondo, era veramente curiosa di scoprire cosa potesse avere in mente un tipo come Percy per un appuntamento.






Ih ih... Se prima di questo capitolo pensavate che fossi crudele... Non avevate capito niente! XD
Grazie a chi ha recensito, scusatemi ma sono di corsa, devo tornare sui libri (gli esami incombono, sigh!)... Alla prossima!

Rowi

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 10. C'era una volta, Perce ***


Domenica è sempre domenica, cantava qualcuno, ed eccomi di nuovo con un altro capitolo di Perce... Ma prima, le risposte alle mie fedeli lettrici, una volta che ho tempo! ^_^
@Ernil: Grazie per i complimenti, Percy concorda con te e dice che sono troppo cattiva (ma le sue lamentele non hanno alcun peso, no?), mentre George si diverte un sacco insieme a te.
@flea: guarda, io ho chiesto a George se mi dava una mano per decidere come uscire oggi, ma lui dice che si occupa solo dei casi disperati che può sbeffeggiare. Anche lui pensa che i maglioni alla Weasley dovrebbero essere messi solo nella settimana delle feste e poi dimenticati nell'armadio, meno che mai per uscire con una donna... Meno male che c'è lui ad aiutare Perce! Vediamo se l'idea che ha avuto il nostro occhialuto preferito ti piace...
Grazie a tutte e due per le recensioni, e anche a chi continua a leggermi. Io continuo a divertirmi molto a scrivere questa storia, e credo che andrò molto oltre i quindici capitoli che avevo messo in conto quando ho scritto il prologo. Il che è una normalità di questi tempi, viste le mie ultime storie, con i capitoli mutanti e roba del genere, perciò... Restate su questo canale! ^_^




Quando la forte stretta alla pancia scomparve e la terra tornò solida sotto i loro piedi, Percy rimase ancora un attimo ben stretto alla ragazza, che non era per niente dello stesso parere.
«E togliti!» lo scansò infatti Audrey, sentendo quell’abbraccio opprimente; ma che, il mitico Weasley senza macchia e senza paura osava approfittare della situazione? «Siamo arrivati, no?»
Il mago sembrava imbambolato, come se la situazione lo avesse stranito più del solito: lei profumava di sapone e di pulito, e averla avuta tra le braccia gli era piaciuto tantissimo.
«Puzzi ancora di vernice» commentò invece la strega, come a rovinare quel momento, avvertendo un vago senso di colpa per la seconda volta in due giorni.
Quell’osservazione, fatta senza sarcasmo, riuscì a far tornare Perce sulla Terra. «Chissà come mai» mugugnò sarcastico risistemandosi la giacca.
Decisa a non concedergli nulla, Audrey ridacchiò soddisfatta; in fondo lei era stata presa in giro da buona parte del dormitorio di Grifondoro per più di un mese, perciò per quale motivo lui avrebbe dovuto meritarsi la sua compassione?
Piuttosto, era curiosa di scoprire dove si trovavano: a una prima occhiata, sembrava una ordinaria via da periferia inglese, molto simile a quella in cui lei stessa era cresciuta. Non sembravano esservi locali nei dintorni, né ristoranti. Qualcosa non quadrava.
«Si può sapere dove mi hai portato?» domandò scettica, iniziando a credere che Percy il più che perfetto potesse aver sbagliato destinazione.
Il sorrisetto sarcastico sul viso della ragazza non sfuggì al mago, che subito gonfiò le piume, offeso. «Per tua informazione, siamo nel posto giusto: questa è la casa in cui ho vissuto per più di due anni, quando ho lasciato la mia famiglia».
«La casa…» Questa era una vera sorpresa! Però che aveva in mente quello lì? Le cose non quadravano ad Audrey. «Cos’è, stiamo saltando la cena? Guarda che io non mi concedo tanto facilmente».
Solo una persona che conosceva al minimo Perce avrebbe potuto insinuare una cosa del genere, una persona appunto come lei. La reazione del ragazzo fu straordinaria, perché arrossì al punto di fare luce nella notte: ma con chi si credeva di avere a che fare, con un pervertito?
Tuttavia, il mago cercò di trattenersi e di non ribattere al volo per difendere il proprio onore, ferito dalle accuse di bassa moralità della ragazza. «Saltare la cena? Hai detto un’eresia per qualunque Weasley, perfino per uno strano come me!» esclamò con la voce più divertita che riuscì a fingere.
Per Morgana, lui non era così, non ci aveva neanche pensato un istante…
Ripescò le chiavi dalla tasca della giacca e aprì la porta del villino: l’ingresso era buio, così come il resto della casa, fatta eccezione per la fioca luce che proveniva da una stanza laterale.
Curiosa, Audrey si voltò a guardarlo con un sorriso ancora molto malizioso. «Percevald Weasley, cos’hai architettato?»
«Il nome per intero è davvero troppo, neanche mia madre mi chiama così» le fece notare noncurante lui, divertito. «La maestra del perfetto appuntamento – la ragazza di George, per intenderci – ha suggerito di portarti in un posto che parlasse di me, che non fosse troppo banale né pretenzioso, e non mi è venuto in mente niente di meglio che portarti qui, nella casa che ho affittato dopo aver lasciato i miei genitori e in cui ho vissuto per due anni».
Percy continuò a spiegare che nonostante avesse riallacciato i rapporti con la famiglia, poco tempo prima aveva deciso di comprare il villino, e che aveva intenzione di trasferirsi di nuovo lì non appena suo fratello minore avesse trovato il coraggio per chiedere alla sua ragazza di sposarlo.
«Sai, penso di essere troppo cresciuto per vivere ancora con mamma e papà» finì guidando la ragazza nel salotto: il pavimento era coperto da un enorme tappeto e tutti i mobili erano spariti, con eccezione di un tavolino basso letteralmente coperto di confezioni di diversi ristoranti takeaway. Candele sparse ovunque, a creare un’atmosfera soffusa.
Tutte scelte che non Audrey non avrebbe mai neanche immaginato: aveva un’idea di Percy completamente diversa, lo ricordava come un bacchettone incapace di divertirsi e di andare contro le regole. Che gli era successo?
«Cucina dal mondo?» domandò tanto per non lasciare che cadesse il silenzio.
Percy annuì, deciso a non mentire. «La mia salvezza per molto tempo», confessò, «in verità non sono capace di cucinare neanche un uovo».
Immaginarlo ai fornelli, magari impiastricciato di uovo e di farina e, dulcis in fundo, con un grembiule imbarazzante era uno spettacolo impagabile. «Tu come tutti gli uomini, specialmente i maghi» ridacchiò soddisfatta la ragazza. «È una bella idea, adoro la cucina etnica».
Sperando di non farsi beccare, il mago sospirò di sollievo: era stata un’idea un po’ matta, e aveva dovuto comprare tutto con anticipo e poi riscaldarlo con fiamme sempiterne perché il cibo non fosse immangiabile al loro arrivo, anche se non avrebbe mai pensato che portare la sua ospite nella casetta che aveva comprato per sé avrebbe scatenato in lei pensieri così strani.
«Beh, mettiamoci comodi» la invitò Percy sistemandosi a un lato del tavolino.
Una sorpresa dietro l’altra. «Tu, seduto per terra?» chiese la ragazza, incredula: non avrebbe mai creduto possibile, il Weasley che lei conosceva ai tempi della scuola non l’aveva mai fatto. L’unica occasione in cui l’aveva visto comportarsi in modo poco serio era stata la prima vittoria della Coppa di Quidditch da parte di Grifondoro, finalmente conquistata dopo più di sette anni di sconfitte e delusioni. «Wow, forse dovevo tirarti addosso una secchiata di vernice molto tempo fa».
Frecciatina. La prima di una lunga serie, di certo. «Ti ringrazio, Audrey» rispose con una vocetta molto più acida, questa volta, «posso considerarmi fortunato se ho ancora tutta la pelle su di me: quando ha visto il disastro che hai combinato, mia madre mi ha strigliato con la spazzola di ferro».
«Oh, ecco perché eri così rosso il giorno dopo» lo canzonò lei, cercando di reprimere il senso di colpa. In realtà, la prima sensazione che aveva provato era la voglia di ridere a crepapelle di fronte a una dichiarazione così semplice e imbarazzante. «In fondo, avevo promesso che mi sarei vendicata, o sbaglio? Quando tua sorella è venuta a pregarmi di uscire con te, non ho saputo resistere e ho preso la palla al balzo».
Audrey aprì il primo pacchetto, bianco con simboli cinesi. Pollo alle mandorle, buono.
Meglio non fare parola dei biglietti delle Harpies, almeno per il momento: la tifosa che era in lei, infatti, si era rifiutata con tutte le sue forze di restituire il compenso offerto dalla stellina della squadra, abbonamento per due recapitato da un gufetto tutto matto. Ginny le aveva anche scritto di stare in guardia dalle possibili rappresaglie, dopo che lei si era presa gioco del suo strano fratello, ma l’aveva anche ringraziata per la risata che tutta la famiglia si era fatta alle spalle di Perce.
Per lei era strano che fratelli e genitori s’immischiassero fino a quel punto pur di aiutare un parente a sbloccarsi, perché certo loro avevano detto di volersi liberare di Perce, ma era chiaro che sotto sotto tutti erano preoccupati per lui; a lei piaceva tenere per sé quel genere di cose, senza intrusioni da parte della famiglia, specie quando cominciava a uscire con un uomo… Ma Audrey era figlia unica, e quindi era tutto molto più facile.
Seguì qualche altro scambio di battute meno brillante, poi entrambi impugnarono le bacchette e cominciarono a mangiare in silenzio; era caduto l’imbarazzo, proprio come il mago aveva temuto.
Sentiva la curiosità della ragazza palpabile, come se non aspettasse altro che porgli tutte le domande che il mondo si faceva riguardo a Percy Weasley ma in qualche modo si trattenesse per non fare brutte figure. Tanto valeva eliminare il problema alla radice, e togliersi il fastidio.
«Ascolta, tu muori dalla voglia di scoprire cosa ho combinato davvero in questi anni ed io lo so», sospirò finendo la sua porzione di riso al curry, «mentre, d’altra parte, io non ho idea di cosa hai fatto tra il diploma a Hogwarts e il giorno in cui mia sorella ti ha rintracciato, perciò… Giochiamo: venti domande, cominci tu, ti rispondo e poi ne faccio una a te».
Almeno poi si sarebbe tolto il pensiero.
Sorpresa da quella proposta, Audrey lo fissò negli occhi. «E giuri di dire la verità, solo la verità e nient’altro che la verità?»
«E tu?» le domandò di rimando lui, avvertendo la cosa come un gioco, per la prima volta da quando si era posto il problema.
La ragazza alzò le spalle, prima di cercare un tovagliolino di carta per pulirsi la bocca con aria indifferente. «Io non ho fatto niente di cui potrei vergognarmi, non vedo perché dovrei mentirti».
In effetti… A meno che non lo dicesse per sviarlo, ma Percy immaginò di stare diventando troppo macchinoso.
«Piuttosto», continuò la strega, che ai suoi occhi sembrava ancora più carina con uno sbaffo di salsa su una guancia, «non ci sono regole, ho capito bene? Domande su qualsiasi cosa ci interessa?»
Era molto probabile che se ne sarebbe pentito amaramente, il ragazzo ne era consapevole, ma almeno avrebbe avuto un’occasione per riscattarsi. La nomea che si era fatto in giro non era granché, visti i precedenti tra loro doveva avere la possibilità di svelare alla bella Audrey chi era davvero.
«Niente regole, ma le domande pesanti valgono due, l’altro avrà diritto a un doppio giro dopo aver risposto» rispose pacatamente. «Comincia tu».
«Non voglio metterti a disagio, Weasley» disse però lei ritornando all’uso del cognome. «In fondo, questo dovrebbe essere un primo e ultimo appuntamento, e tu non sei tenuto a raccontarmi tutto della tua vita. Ti racconterei una balla se negassi quanto m’interessa sapere cosa ti ha portato a fare un simile colpo di testa, ma non devi giustificarti con nessuno, meno che mai con me, che sono quasi un’estranea».
Era stato un discorso molto gentile e rispettoso, eppure Percy se ne dispiacque. Perché stava mettendo simili distanze tra loro? Era vero, il loro era un primo appuntamento, ma perché non avrebbe potuto ripetersi?
Svelarle che lui sperava di rivederla ancora era fin troppo patetico, però, e lui aveva già fin troppi punti da recuperare. «Io non mi giustifico, né cerco il perdono o la compressione di nessuno», spiegò, raddrizzando le spalle, «e tuttavia so che sono in molti a pensare male di me. Vorrei che tu sapessi come sono andate le cose, prima di giudicarmi».
E magari che cambiassi opinione su di me e volessi ripetere la serata, ma questo pensiero lo tenne per sé.
La cena ormai era quasi finita, avevano spazzolato tutto senza ritegno. «Va bene, se proprio ci tieni a farti massacrare» commentò Audrey, sempre piuttosto fredda. «Allora, spiegami perché sei scappato da casa per metterti al guinzaglio di Caramell».
«Io non mi sono messo…» pur sentendosi offeso, il mago si fermò a metà, pensieroso; in fondo, quel modo poco delicato della ragazza spiegava chiaramente in tre parole quello che aveva fatto qualche anno prima. «È iniziato tutto in modo molto stupido, in realtà, con un litigio senza precedenti tra me e mio padre, una brutta discussione che ci è del tutto scappata di mano e che mi ha portato andarmene dalla Tana» , cominciò a raccontare, tornando indietro nei ricordi dei suoi diciott’anni. «A scatenare la scenata, è stata la mia promozione a Segretario Junior del Ministro Caramell».
Come dimenticarsene, lui e suo padre non erano mai stati così in disaccordo… Non avevano mai litigato prima di allora, a pensarci bene.
Con voce dura e amareggiata, Percy svelò la frustrazione che aveva in quel periodo, dopo la fine del Torneo Tremaghi. «Anche prima, quand’eravamo ancora a scuola, ti sarai accorta che non ero mai contento. Non ci riuscivo, perché sentivo di non essere molto apprezzato in famiglia né di godere della stima dei miei due fratelli maggiori. Perfino i gemelli e gli altri hanno sempre risaltato più di me, ma competere con Bill e Charlie era veramente impossibile».
E come avrebbe potuto, uno era stato Caposcuola e diplomatosi con il massimo dei voti in tutte le materie era stato subito assunto alla Gringott come Spezzaincantesimi, a lavorare in una terra esotica come l’Egitto, mentre l’altro – che non aveva mai particolarmente brillato per i voti, anche se era un bravo studente – era stato capitano della squadra di Quidditch e Cercatore, quindi un po’ a sorpresa aveva deciso di lasciare la Gran Bretagna e di trasferirsi in Romania, dove aveva trovato un impiego in una prestigiosa riserva per draghi. I grandi lucertoloni erano sempre stati la sua passione, e neanche la loro madre era riuscita a fermarlo o a disapprovare la sua decisione.
«Poi, dopo due fratelli così in gamba e popolari, sono venuto io» commentò Percy: si erano distesi sul tappeto, dopo aver fatto Evanescere le scatole vuote del takeaway, e ora una discreta fiamma brillava nel camino. «I miei voti erano altissimi, ma non ho fatto niente più di Bill; per giunta, al momento di cercare lavoro mi sono fatto assumere sì al Ministero come anche mia madre desiderava, ma in un ufficio noioso di nomea, dove avrei trovato solo grosse grane a cui porre un rimedio».
Così avevano commentato i gemelli, quando era tornato da Londra tutto orgoglioso del suo nuovo impiego, e seppur con rammarico lui stesso doveva dare ragione a quelle pesti.
«Le tue relazioni sui fondi di calderone risalenti a quel periodo sono diventate una leggenda», commentò ridacchiando Audrey, come a sdrammatizzare.
In effetti, anche a Percy sembrava una barzelletta quella storia. Ancora non riusciva a credere di essere così cambiato in pochi anni, eppure quasi non si riconosceva.
A pensarci con attenzione, quei dannati pentoloni troppo sottili e a rischio sicurezza erano stati il primo passo verso la sua rovina e, quasi tre anni dopo, la sua rivalsa e il ritorno a casa.
La giovane strega si tolse le scarpe per stare più comoda, certa che quella sarebbe stata una lunga storia.





Scusate per il taglio netto, ma si stava allungando troppo... A domenica prossima per la seconda puntata di questo appuntamento, con qualche altarino sul passato di Audrey, dicerse confessioni di Perce e un finale... Che vi lascerà di stucco! XD

Rowi  

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 11. Sei un tiramolla, Perce! ***


Ciao a tutti, eccomi di nuovo qua con la seconda parte del'appuntamento... Non aspettavate altro, neh? XD
Allora, prima di andare avanti rispondo alle fedelissime!
@flea: Sì, anche dando per scontato che Percy passasse più di 12 h al giorno alla scrivania in un ufficio, da qualche parte deve pur aver vissuto... XD
@Ernil: Hehe, spero che quest'altra parte ti soddisfi... Anche Audrey deve svelare qualcosa, no?
@hermione616: Sono stata crudele, dici? Aspetta di vedere cosa ti combino adesso! Non pensavo che si allungasse tanto la parte dell'appuntamento, a dir la verità, ma ogni tanto la storia mi prende la mano... Sarebbe venuto troppo lungo. E poi devo fare in qualche modo per tenere alta la vostra attenzione, no? XD
@eigre: Ciao cara! Ma tranquilla, qui nessuno è munito di frusta... Non per le lettrici, almeno, anche se Perce qui tende a precisare che lui invece è torturato ingiustamente... Che esagerato, non trovi? No, l'appuntamento fortunatamente è andato male... Eravamo preparato a molto peggio, ma per ora va tutto bene, per ora... Muahahah!
Grazie a tutte per le vostre recensioni, e anche a chi continua a seguirmi in questa folle avventura: non crediate che sia finita qui, ne vedremo ancora delle belle!


Dieci minuti dopo, Audrey si stava ancora divertendo a prendere in giro il mago che l’aveva invitata a uscire per i suoi amati fondi di calderone, una storia che aveva girato per tutto il Ministero e che era stata per lungo tempo la storiella più nel primo Dipartimento dove lei aveva lavorato.
Percy l’ascoltò tentando con tutte le sue forze di non arrabbiarsi, compito anche abbastanza semplice perché trovava la ragazza maledettamente adorabile quando rideva in quel modo. Era un bel peperino, in fondo.
Quando finalmente poté riprendere il racconto, cercò di ribattere in modo dignitoso: «Sì, beh, mi tuffai a capo chino tra le pratiche dell’ufficio: ero sicuro che mi avrebbe portato lontano, in fondo anche Crouch era arrivato vicinissimo ad essere eletto come Ministro».
«Erano tempi diversi, quell’uomo era una leggenda vivente della Prima Guerra» gli ricordò severamente la ragazza, che qualche tempo prima aveva trovato diversi verbali risalenti ai processi del Wizengamot di quel periodo. Erano così tante le persone spedite in carcere con un processo sommario o senza nemmeno una vera sentenza, che anche a distanza di vent’anni si era sentita ribollire il sangue per lo sdegno. Credeva che fosse una fortuna che la nomina a Ministro di Crouch fosse sfumata, a dir la verità; forse un motivo c’era se il figlio di quell’uomo era diventato un Mangiamorte e aveva permesso a Voldemort di fare ritorno.
Prima di lanciarsi in una polemica, il mago tornò rapidamente a parlare di sé: «Comunque sia, ero disposto a tutto pur di fare carriera, e mi sono così concentrato su quelle noiose pratiche da perdere di vista perfino cosa mi succedeva intorno».
Col senno di poi, si sentiva un vero idiota: aveva idolatrato il suo principale per mesi, quando si trattava di un uomo che non aveva mai imparato il suo nome, né aveva saputo collegarlo al suo caro amico Arthur Weasley nonostante la somiglianza fosse spiccata.
La morte di Bartemius Crouch – raccontò – e ciò che era emerso sui suoi ultimi mesi di vita lo avevano portato a un’inchiesta, oltre che a una breve sospensione per accertarsi che la responsabilità dell’accaduto non fosse sua. Eppure non era mai stato uno stupido, perché non aveva neanche lontanamente sospettato che al suo capo fosse successo qualcosa, quando aveva cambiato così di colpo da un giorno all’altro? Forse era stato per interesse, credendo di poter approfittare delle sue assenze per mettersi in luce. Grosso errore.
«A questo punto, tutti mi vedevano come un topo d’archivio incapace di occupare una posizione di responsabilità. Non mi aspettavo la promozione che mi offrì Caramell, non avrei mai pensato che dovendo scegliere un nuovo segretario pensasse proprio a me».
Gli era sembrata una manna scesa dal cielo, spiegò a un’attenta Audrey, che non si perdeva una parola, un incredibile atto di fiducia per permettergli di riscattarsi. «Ero così felice, non puoi neanche immaginare quanto, ma in meno di due ore le cose precipitarono», disse con tristezza e rammarico.
Ora si sentiva uno stupido, perché se non fosse stato tanto orgoglioso avrebbe capito da solo che Caramell doveva avere per forza un secondo fine, vista la sua scarsa esperienza e l’incapacità dimostrata, ma in quel momento aveva avuto davvero bisogno di credere di meritarsela ampiamente.
«Ma mio padre subito mi disse che dovevo rinunciare e mantenere il mio vecchio posto, perché il Ministro stava sicuramente cercando di comprarmi così da ottenere una spia alla Tana, già in quel periodo ritenuta luogo di ritrovo del clandestino Ordine della Fenice», continuò Perce, «ma io persi completamente le staffe: la presi come un’offesa personale, come se non avessi avuto le capacità per ambire a una posizione così importante, come se mi stesse dando del fallito».
E in quindici minuti scarsi, dopo una sua violenta replica in cui accusava Silente di essere un vecchio pazzo con manie di protagonismo, la discussione era degenerata al punto che suo padre lo aveva cacciato di casa, sordo alle suppliche della moglie, che aveva assistito impotente alla scena; a quel punto era tardi, e orgogliosamente Percy aveva preso la porta a testa alta, sordo ai richiami materni, deciso a non piegarsi un’altra volta e a pensare esclusivamente a se stesso.
«Mi stai dicendo che hai fatto tutto quello che hai fatto solo per orgoglio?» domandò una scettica Audrey, senza capire.
«Stupido, non è vero?» fu la replica amareggiata del mago: se avesse potuto, sarebbe tornato indietro nel tempo per correggere quella giornata di follia. «Da lì, ho cominciato a mostrarmi sempre più fedele a Caramell, a fare dichiarazioni da suo… cagnolino al guinzaglio, come dici tu».
Ma non era stato solo per quello: Percy non sapeva spiegare l’ideale di ordine e di luce che aveva incarnato il Ministero, nella sua testa. Non aveva vissuto la Prima Guerra, ma i racconti dei genitori erano bastati per radicare in lui un profondo terrore per tutto ciò che aveva a che fare con la Magia Oscura: per questo non aveva potuto accettare neanche la minima possibilità che Colui-che-non-deve-essere-nominato – ancora non riusciva a chiamarlo per nome, eppure era morto e sepolto da un pezzo! – potesse essere davvero tornato.
Si tolse gli occhiali e si passò una mano sugli occhi, mentre cercava di rendere alla ragazza almeno l’idea di quello che aveva provato dopo il tragico epilogo del Torneo Tremaghi. «La teoria del Ministero non sembrava neanche tanto debole, allora, e la Skeeter aveva portato avanti la sua opera di distruzione dell’immagine di Harry Potter con caparbietà, tanto che mi sembrava incredibile che mio fratello Ron fosse tanto amico di un simile squilibrato».
Povero Harry, ci avevano messo del tempo per tornare in rapporti decenti. Quella lettera che aveva scritto a Ron anni prima doveva averlo ferito molto; come dargli torto, in fondo, era stato uno stupido a credere a quella stupida piuttosto che ricordare quello che aveva conosciuto del Prescelto, della sua forza e del desiderio di dare il meno nell’occhio possibile, soffrendo per la popolarità ottenuta grazie al sacrificio dei suoi genitori.
Audrey recuperò un cuscino dal divano e se lo mise sotto la testa, incapace di guardarlo in faccia. «Hai… hai perso qualcuno, nella Prima Guerra?»
Percy annuì. «Due zii di cui non ho alcun ricordo, ero troppo piccolo quando sono stati uccisi dai Mangiamorte. Bastava l’espressione disperata che aveva mia madre parlando di loro, per farmi tremare di paura all’idea di un altro conflitto del genere. Ora la morte di Fred mi ha fatto capire quanto davvero fosse profondo il suo dolore».
Ecco, non sapeva rispondere adesso; la ragazza si maledì, chiedendosi per l’ennesima volta per quale motivo era così insopportabilmente curiosa. Odiava la morte, e odiava doverla affrontare in quel modo.
«Mi dispiace per la tua perdita», ed era sincera fino in fondo, «non sono mai andata d’accordo con i gemelli, ma non…» le morì in gola la voce, senza sapere come continuare.
Percy si spostò un poco e le prese la mano, come a farle capire che andava tutto bene. «Lo so, io mi sono scontrato con loro per anni, ma avrei dato volentieri la mia vita per salvarlo. Non sono stato abbastanza veloce, purtroppo».
Non avrebbero dovuto arrivare a simili discorsi, Audrey lo sapeva benissimo, ora aveva una voglia incredibile di abbracciarlo forte: il dolore del giovane era tangibile in quella stanza, e non sapeva neanche cosa dire.
«Dopo la fine della guerra, ho fatto quanto potevo per aiutare George: da due anni vivo con lui a Diagon Alley, nessuno di noi si sentiva di lasciarlo a stare da solo in quell’appartamento, e ora le cose vanno molto meglio, anche grazie ad Angelina, la sua ragazza».
«L’ho conosciuta, e a prima vista mi sembra una persona molto dolce» lo interruppe lei ricordando la giovane strega dalla pelle scura che aveva accompagnato Ginny a negoziare un’uscita con l’insopportabile della famiglia.
Percy sorrise: «È meravigliosa, credimi, ha salvato la vita di mio fratello. Ora George vuole chiederle di sposarlo; quando lo farà, io tornerò a stare qui per lasciare loro la giusta intimità».
Curioso: Audrey pensava che non volesse più vivere da solo, visto che non aveva più motivi per tenersi lontano dalla famiglia. «Ah, non vuoi più stare dai tuoi?»
La smorfia che fece il mago la fece ridere a crepapelle. «No, ho imparato ad avere i miei spazi e mi piace così». E poi, cercare di avere una relazione sentimentale abitando ancora alla Tana sarebbe stato impossibile, ma ancora una volta Perce tenne il pensiero per sé. «Allora, dopo questo giro di domande senza fin direi che è arrivato il mio turno: che cosa hai fatto in questi anni, prima di essere scelta da Shacklebolt come sua assistente?»
«Beh, ho conservato fino all’estate del ’97 il mio posto nella Commissione per le Magie Sperimentali, adoro studiare nuovi incantesimi», gli ricordò Audrey con un sorriso, «ma dopo la morte di Silente decisi che era arrivato il momento di cambiare aria: spiegai la situazione ai miei genitori, che sono entrambi Babbani, e li convinsi a lasciare la Gran Bretagna prima che le cose precipitassero».
Era stata saggia, perché due settimane dopo che li aveva accompagnati all’aeroporto il Ministro era stato assassinato e i Mangiamorte avevano instaurato quel regime del terrore che aveva imperversato per quasi un intero anno.
«Ma tu sei rimasta? Perché non sei andata con loro?» domandò Percy, sorpreso.
La ragazza scosse la testa. «No, anche se avevo molta paura: sapevo già che avrei dovuto nascondermi al più presto, così chiesi aiuto all’unico Auror di cui mi fidassi, Kingsley Shacklebolt».
Le rivelazioni non sembravano essere finite. «Conoscevi già Kingsley?»
«Per puro caso, i primi giorni dopo la mia assunzione mi perdevo di continuo, e una volta sono finita nel suo ufficio; mi ha aiutata a ritrovare la via del mio dipartimento, e poco tempo dopo mi ha chiesto di uscire. Non ha funzionato, io sono troppo terribile per lui, ma siamo rimasti molto amici».
Percy rimase a bocca aperta: ecco perché il Ministro gli aveva dato quei consigli riguardo ad Audrey, perché ci era già passato!
Senza fare altri commenti sulla loro breve relazione, la ragazza raccontò di come lo aveva supplicato di trovarle un luogo adatto per nascondersi, e di come alla fine avevano finito per dividere l’appartamento di Kingsley. Lei non avrebbe potuto essere di alcuna utilità all’Ordine della Fenice – un Vermicolo sarebbe stato più bravo di lei a duellare – ma in cambio dell’ospitalità si offrì di occuparsi delle faccende e di aiutarlo in ciò che poteva.
«In un certo senso gli ho salvato la vita» si vantò alla fine «perché quando sono arrivata da lui c’era il caos in quella casa: carte e pergamene ovunque, anche i documenti dell’Ordine, e non ci si capiva niente. In pochi giorni gli ho sistemato quel casino, rimettendo a posto di tutto, e per questo mi ha voluta come sua assistente. Credimi, non hai idea della confusione che può creare quel soggetto in meno di dieci minuti!»
Con quelle ultime precisazioni, sembrava aver percepito il leggero sospetto che era venuto a Percy sentendo della relazione che aveva avuto con il Ministro, ossia che fosse stata messa a quella scrivania così, per un piacere personale.
Eppure, il mago appariva ancora abbastanza turbato. «E mentre ti ha ospitato a casa sua, voi non avete mai…»
Alla faccia del Grifondoro, non aveva neanche il coraggio per completare le sue allusioni.
Audrey si tirò su a sedere di scatto e gli tirò un pugno alla spalla, che fece più male di quanto lui si sarebbe aspettato. «Ma come siamo maliziosi, signor Weasley, non ti avrei mai detto così impiccione! Comunque no, eravamo già abbastanza grandi per capire che non era il momento adatto per fornicare. Non che la cosa ti riguardi» specificò poi rapidamente. «Visto che siamo in tema, che fine ha fatto la spilungona con cui uscivi al sesto e al settimo anno?»
Se Percy avesse aperto ancora un po’ la bocca dalla sorpresa, la mascella gli sarebbe caduta sul pavimento. «E poi sarei io l’impiccione?»
Adesso Audrey rideva apertamente, tenendosi la pancia, divertita come non mai dalla sua goffa reazione. «Avanti, tu mi hai chiesto se sono stata a letto con Kingsley: così ci rimettiamo in pari!»
Il mago sbuffò, abbastanza restio a parlare di Penelope. Anche George gli aveva chiesto di lei il giorno prima, ma lui aveva solo voglia di dimenticarla.
«Non lo so, a dire la verità» ammise poi, seccato. «Tollerava poco la mia dedizione al lavoro, quando ancora ero alle direttive di Crouch, e in seguito mi ha piantato un paio di mesi dopo la promozione avuta da Caramell».
Visto il comportamento che aveva tenuto in quei mesi, non se n’era neanche stupito. Solo, non si sarebbe mai aspettato che per lasciarlo Penny avrebbe riversato su di lui tanto veleno; non aveva idea che fosse stata tanto male, in quegli anni, a causa sua.
«Cos’è, non tollerava le tue scelte di vita?»
«Mah, della politica non si è mai interessata tanto, e la sua famiglia era Purosangue, anche se non aveva nulla a che fare con i Mangiamorte, perciò non aveva nulla da temere. Per i primi tempi non le dispiaceva che vivessi da solo, non è mai voluta venire alla Tana. Eravamo una famiglia troppo numerosa e confusionaria, per lei, forse non aveva capito che prendendo un Weasley ti arrivano anche gli altri otto in omaggio».
Bella battuta, riconobbe Audrey. Non aveva mai conosciuto quel lato sarcastico di Percy. Probabilmente fino a qualche tempo prima neanche Percy lo conosceva. Mentre la conversazione andava avanti, si rendeva conto che il mago con cui aveva a che fare non era per niente quel ragazzetto spocchioso che aveva sopportato a Hogwarts; non avrebbe mai pensato che potesse cambiare a tal punto.
«Beh, i tuoi fratelli non sono poi così male, anche se sui tuoi genitori non mi posso esprimere visto che non li ho mai incontrati» commentò con dolcezza, «ma da quel poco che mi ha raccontato Kingsley devono essere eccezionali anche loro».
Lo erano per Percy, che sorrise. «Sei gentile, ma forse per Penelope era un po’ troppo. Per una figlia unica deve essere uno shock ritrovarsi a contatto di un clan così numeroso».
«Vuoi scherzare?» ribatté subito Audrey, sorpresa dalla sua indulgenza. «A me sarebbe piaciuta una famiglia così, e anch’io sono figlia unica. Hai dei parenti straordinari, e lei avrebbe dovuto essere felice di poterli conoscere».
Colpito, il giovane si ritrovò ad arrossire come un adolescente. Lei era così, sapeva lasciarlo di stucco con poche parole. Penny, invece, non gli aveva mai fatto un simile effetto in quasi quattro anni di fidanzamento.
«Possiamo considerare finito l’interrogatorio incrociato?» domandò la ragazza riscuotendolo da quel confronto che stava facendo tra la sua ex e la splendida strega che aveva davanti. «I miei gatti mi terranno il muso per una vita se non torno subito a casa, guarda che ora abbiamo fatto!».
Ripetendo a se stesso ancora una volta quanto la trovasse adorabile, Percy si ritrovò a sorridere come un ebete, anche se era consapevole che la serata era arrivata alla fine.
Due minuti dopo erano già sotto il palazzo in cui abitava Audrey, giusto per vivere uno dei momenti più imbarazzanti della storia, la buonanotte.
Il mago tossicchiò. «Beh, non ci siamo uccisi a vicenda, è già un buon risultato».
La ragazza scosse il capo, sconsolata: «Piantala, scemo, sono stata bene, molto meglio di quanto avrei mai immaginato».
In effetti, l’uscita era stata molto piacevole, e anche i discorsi cupi avevano aiutato a conoscersi meglio. Aveva già recuperato le chiavi di casa dalla borsetta che aveva con sé, eppure sembrava piuttosto restia ad aprire il portone.
«Allora buonanotte, Audrey, e non verniciare altri poveri ragazzi» farfugliò Percy prima di Smaterializzarsi, lasciando così una basita strega a fissare il vuoto.
Che cretino, pensò furibonda, indispettita più che altro da se stessa, per essere rimasta così male per aver aspettato un saluto un po’ più caldo che non era arrivato. Certo che anche lui era un soggetto degno di studio antropologico!
Doveva fargli domanda in carta bollata per avere un bacio?
Forse era un altro modo per vendicarsi del suo scherzo…
No, si disse in ascensore, era folle anche per un tipo del genere. Semplicemente Perce era quello che era, anche se aveva imparato a camuffarsi bene.
Diavolo, non poteva credere di essere così delusa per non essere stata baciata da Percy Weasley!




Che ne dite? Sono stata troppo cattiva? Qualcuno si è già lamentato perché non c'è stato nessun bascio... Ma io sono cattiva, che ci volete fare? Alla prossima, con un consiglio malvagio ad ascoltare la recensione dell'appuntamento da uno spaesatissimo Perce! A domenica!

Sempre vostra, Rowi  

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 12. Lezioni di tanga, Perce! ***


Salve a tutti, la Rowi è di nuovo qui! Vi avviso, questo capitolo è pressoché inutile, ma a me serviva davvero per farmi una buona risata... E sì, è da quando ho cominciato a scrivere questa storia che non aspettavo altro che usare questo titoletto (adoro Piperita Patty e i suoi strafalcioni, e poi dormivo con la stessa classe a scuola XD)!
@Ernil: Io crudele? naaaaaaah, ti stai sbagliando con qualcun'altra... No, è verissimo! XD Mi spiace, mi diverto tantissimo a essere cattiva (come già avrai notato) e ancora non hai visto niente... Qui mi sono superata, oh sì!
@hermione616: Lo so che volevate il bacio, ma gliele rendiamo così facili le cose a Perce? Insomma, deve ancora scontare di essere stato un deficiente totale... Il bacio arriverà presto, promesso! ^_^
Capitolo dedicato a Freddymercury, che mi sprona sempre a continuare con costanza e che mi ha informata sulle abitudini (abbastanza schifose) delle Puffole Pigmee... Grazie cara





La mattina dopo, Percy dormiva della grossa dopo l’intensa serata. Aveva faticato a prendere sonno, dopo il suo brusco saluto di cui almeno in parte, forse, si era un pochino pentito, ma alla fine la stanchezza aveva prevalso, e ora il giovane mago russava sommessamente nel letto troppo corto che era stato di Fred.
Non era lo stesso per suo fratello, che si stava appostando fuori dalla sua camera facendo fatica a non tremare per l’eccitazione: per George Weasley la mattina di Natale era arrivata con due mesi d’anticipo, solo che non c’erano regali da scartare, ma qualcosa di molto più intrigante.
Il bacchettone della famiglia reduce da un appuntamento, ecco quello che aveva sotto mano, pronto per essere interrogato e torturato. Pronto… Doveva solo essere svegliato e placcato in modo che non potesse opporre resistenza.
La sua prima idea fu di saltare sul letto di Percy e svegliarlo a cuscinate, ma in fondo era una trovata puerile, riconobbe George: molto meglio, pensò, era scendere un attimo in negozio, recuperare la gabbia delle Puffole Pigmee e portarla fino nella camera del fratello, per poi aprire lo sportellino.
Una dozzina di pallette di pelo rosa e viola ballonzolarono sul povero mago ancora addormentato, molto entusiaste dell’uscita: Percy resistette stoicamente per un paio di minuti, ma quando una Puffola riuscì a infilarsi sotto il copriletto e cominciò a fargli il solletico sul collo cominciò ad agitarsi come un indemoniato. Sperò che il movimento improvviso fosse sufficiente a spaventare quegli esserini che gli avevano invaso il letto, ma un’altra palletta pelosa, forse un po’ scocciata per il suo comportamento maleducato, si fece strada tra le lenzuola fino a raggiungere il suo viso, e iniziò a leccargli il naso, infilando la sua morbida linguetta nella narice sinistra.
Fu troppo, e Perce scattò su a sedere come se avesse preso la scossa. «Questo è diabolico anche per te, George!» boccheggiò una volta ripreso fiato.
«Che ci vuoi fare, fratello, devo combinarne per due, adesso» commentò con noncuranza l’altro, prima di emettere un fischio acuto e sottile: in un istante, tutte le adorabili bestioline accorsero tra le sue mani e si lasciarono rimettere in gabbia senza fare storie.
Ormai il sonno era andato a farsi benedire, purtroppo per Perce, che pur essendo ancora mezzo addormentato aveva una certa idea di cosa lo stava aspettava. Aveva visto perfino l’algido Bill crollare agli interrogatori dei gemelli sulla riuscita degli appuntamenti, e Charlie…
Beh, Charlie aveva vissuto solo per vantarsi delle sue conquiste amorose, nel periodo necessario perché anche il cervello si sviluppasse in proporzione al resto: con lui Fred e George non si erano mai divertiti in quel modo, visto che potevano ritenersi fortunati che il fratello non avesse mai messo i manifesti in giro solo per paura della reazione materna che avrebbero provocato.
«Suppongo che tu voglia un resoconto della serata», sospirò Percy massaggiandosi il collo: gli occhiali erano ancora sul comodino, ma visto l’argomento che doveva affrontare era meglio evitare il più possibile lo sguardo di George.
Il fratello annuì, ghignando in maniera molto sinistra: «Con dovizia di particolari, Perce, non pensare di scamparla!»
Percy non replicò. La possibilità di cavarsela senza quell’interrogatorio non gli era proprio passata per la mente, sapendo di cos’era capace quel pericolo pubblico. Cercò le parole giuste, ancora un poco restio a parlare, ma in un attimo si trovò a raccontare tutto quanto, passando per l’idea che aveva avuto per l’appuntamento, la follia commessa decidendo di svelare i segreti del suo periodo nero, per arrivare al saluto sotto il portone di Audrey e la sua rapida fuga a Diagon Alley.
Riassumendo, Percy credeva di essere stato molto bravo: aveva azzeccato la giusta prima uscita, era riuscito a parlare con la ragazza di quello che aveva passato evitando che lei lo giudicasse un cretino senza speranze, e poi si erano salutati in modo che non eliminava del tutto la possibilità di un altro incontro.
Era stato coraggioso, e si era comportato molto bene, nella sua ottica!
La faccia di George, tuttavia, sembrava dire il contrario. «E te ne sei andato via così?»
Silenzio per nulla rassicurante. Il fratello non sapeva come rispondere.
«Quindi, non l’hai baciata» continuò il mago sempre più incredulo.
Di nuovo, Percy non proferì parola.
«Ma sei un idiota!» sfuggì a uno sconvolto Weasley, che con il suo scatto fece squittire di paura le Puffole Pigmee.
Quel commento non piacque molto all’altro, che cercò a tentoni gli occhiali e se li mise subito per mettere a fuoco il petulante fratello minore. Insomma, già era stato svegliato prestissimo, in una maniera orrenda per di più, ora doveva pure sentirsi insultare? Non era per niente giusto!
«Cos’altro avrei dovuto fare, saltarle addosso?», sbottò spazientito.
«Ragioni sempre per estremi, tu?», lo rimbeccò George scuotendo il capo. Nellie, Puffola rosa confetto, lo imitò in quel movimento, scuotendo tutto il suo lungo e morbido pelo.
Chissà se a Audrey piacerebbe una palletta del genere…
La voce del fratello riportò Percy alla realtà. «Potevi cominciare con un bacio, tanto per essere normale, e poi vedere se riuscivi a rimediare un invito a salire a casa sua».
«Perché sarei dovuto salire?»
Merlino, non poteva averlo detto davvero: George credeva di essere ancora nel mondo dei sogni e di star vivendo un incubo. Tentò di far ragionare il bell’addormentato, che evidentemente aveva ancora il cervello in letargo, viste le stupidaggini che uscivano dalla sua bocca.
E dire che il giorno prima gli era sembrato così baldanzoso, così sicuro di sé, per non dire dell’aspetto e dell’atteggiamento così diversi rispetto al solito barboso e morigerato Perce… La tunica, però, non fa il mago, e George dovette riconoscere di essere stato stupido pensando di poter cambiare il fratello con un paio di jeans e una riavviata ai capelli.
Sospirando, si fece raccontare la storia ancora una volta: Percy sbuffò, poi decise di alzarsi e di ricominciare il resoconto mentre si preparava la colazione.
Era già seduto a tavola davanti a una tazza di latte e cereali, quando l’altro lo fece fermare su un dettaglio preciso. «Frena, hai detto che ha tirato fuori le chiavi di casa, senza però aprire subito la porta, giusto?»
«Si», borbottò il fratello, senza capire dove volesse andare a parare. «Sembrava aspettare qualcosa».
Promemoria, pensò George, al prossimo appuntamento fare in modo che Perce abbia un suggeritore competente. «Certo, scemo, voleva essere baciata!», esclamò poi come a spiegare per quale motivo gli asini non volano.
La sua arroganza non fece altro che innervosire ancora di più Percy, che sbuffò briciole di biscotti secchi ovunque. «E tu come fai a esserne sicuro?»
Non era vero. Non poteva esserlo. Suo fratello non poteva essere così disperato, neanche nei suoi pensieri più malevoli George l’aveva immaginato capace di tanto. «Come sarebbe a dire, come faccio a saperlo: ha fatto la mossa, no?»
Sembrava un dialogo tra un Goblin e una Sirena. Percy non riusciva a capire: di che accidenti parlava quel pazzo?
D’altro canto, George sembrava paralizzato. Uno strano tic all’occhio era comparso in un istante, mentre il giovane mago farfugliava, incredulo. Agli occhi del fratello, sembrava sull’orlo di una crisi nervosa.
«Merlino, questo è un incubo…» riuscì finalmente a borbottare. «Allora, ragioniamo con calma: ha tirato fuori le chiavi, però non ha aperto la porta».
Sì, questo l’aveva già detto, Perce non aveva problemi di memoria. Tuttavia, non riusciva proprio a comprendere in che modo una simile informazione potesse essere rilevante: se Audrey non si fosse messa a farle tintinnare, probabilmente non si sarebbe ricordato un simile dettaglio. «Sinceramente continuo a non capire».
Era troppo per un uomo solo, George lo sapeva; per questo prese il barattolo della Metropolvere, si recò al camino e chiamò i fratelli maggiori. Quando Percy ebbe il sentore dell’orribile scena che stava per interpretare e si mise a correre dietro all’altro, era già troppo tardi: Bill, ormai, si stava pulendo le spalle dalla cenere, e la testa di Charlie ghignava tra i tizzoni ardenti.
«Che succede?» domandarono in coro i nuovi arrivati.
Senza badare a loro, Perce tentò di prendere per il collo il fratello minore. «Mi avevi promesso che tutta questa storia sarebbe rimasta tra noi!», ringhiò furibondo.
«Sì, ma io pensavo che non fossi a livelli così disperati», tossì in risposta George una volta che Bill riuscì a salvarlo. «Serve un consiglio di guerra, credi a me. Non conosce la mossa delle chiavi sulla porta di casa», spiegò poi indicando Perce, che tremava dalla rabbia, a due confusi fratelli.
Fu Charlie a fare due più due, con un sorriso sempre più ampio e preoccupante: «Ti vedi con una donna, fratellino?»
«Audrey, esci con lei», capì infine anche il maggiore del quartetto, «ecco perché non è uscito nessun necrologio sulla sua tragica dipartita causata da un vendicativo topo di biblioteca!»
Tutto ciò era esattamente quello che Percy aveva sperato di evitare dal momento in cui aveva convinto Audrey a uscire sul serio con lui.
Come gli era successo la sera prima, sotto casa della ragazza, il suo cervello gli consigliò di battere in ritirata: George da solo era sopportabile, anche nella versione più maliziosa e svergognata, ma quella triade era qualcosa di letale, ai suoi occhi.
«Allora, Perce, cominciamo dall’abc», cominciò Charlie con un tono da professore in cattedra. «Contrariamente a quello di solito si pensa sulle donne, sul loro bisogno di romanticismo e di conferme prima di concedersi al partner, nella maggior parte dei casi anche loro abbiano in mente di concludere un buon appuntamento come vorrebbe l’uomo».
Passò a fargli entrare in zucca l’evidente verità della mossa delle chiavi: «Se non vuole un bacio, che poi sarà un importante indizio per capire come potrebbe essere la nottata, apre subito la porta ed entra a casa, no? Invece, Audrey è rimasta sulla soglia a chiacchierare, in attesa. Secondo te cosa voleva, che tu ti offrissi di rimboccarle le coperte o di leggerle una favoletta?»
Ci mancava la spiegazione su come nascono i bambini usando come esempio le api e il polline dei fiori, argomento imbarazzante che sua madre rossa come un peperone aveva tentato di spiegargli diverse volte, l’ultima quando era stata informata della sua relazione con Penelope Light.
Esasperato, Percy sospirò: «Va bene, ma anche volendo darti ragione», e qui gli altri due protestarono assicurando che la mossa delle chiavi era una verità indiscutibile, «ieri sera non potevo approfittarne».
Oh, no. Bill, George e Charlie si guardarono con aria disperata: l’incomprensibile codice etico e morale di Percy Weasley stava per entrare in azione.
«E perché ne sei così convinto?», domandò il fratello maggiore aspettandosi chissà quale folle risposta.
Tre paia d’occhi lo fissavano, sebbene George conoscesse già la risposta; lasciare che fosse il diretto responsabile a raccontare la verità sarebbe stato molto più soddisfacente.
«Perché l’ho ingannata per convincerla a uscire con me, ecco perché», spiegò alla fine Percy, sentendosi messo alle strette, e narrò brevemente come avesse deciso di agire dopo la secchiata di vernice e il piccolo trucco che aveva usato per spingere Audrey a concedergli un secondo appuntamento.
Definire Bill e Charlie davvero sotto choc sarebbe stato limitativo: che era successo al loro fratello bacchettone? Chi era quel tizio che si spacciava per lui con il suo orrendo pigiama?
«Davvero hai combinato tutto questo da solo?», fischiò alla fine il maggiore con aria scossa. «Noi abbiamo pensato direttamente alla corruzione, per convincerla: una volta di queste, fatti portare a vedere le Harpies, visto che ha ottenuto un abbonamento per due valido per tutta la stagione».
Charlie fu semplicemente molto più entusiasta: «Sono commosso, Perce, da te non mi sarei mai aspettato tanto!»
Sorpreso dal complimento, Percy tremò: ricevere un simile apprezzamento da lui in materia di donne, non poteva essere un buon segno.
Anche George, che si riteneva principale ispiratore degli eventi degli ultimi giorni, volle dire la sua. «Non è fantastico?», domandò commosso, gli occhi che brillavano. «Se ancora serviva qualche prova della sua idoneità a lavorare nel mio negozio, questa mette fine a ogni dubbio. Sono fiero di lui!»
«Va bene, ma qui bisogna prendere la situazione in mano», osservò Percy. Durante la serata, aveva cercato l’occasione giusta per rivelare la verità a Audrey, senza trovarla. Aveva paura che, se avesse scoperto che in realtà Kingsley non gli aveva offerto un lavoro, lei lo avrebbe piantato senza possibilità di spiegare.
A pensarci bene, erano altre le cose che temeva, conoscendo il carattere vendicativo di quella ragazza, ma al momento avrebbe preferito essere torturato piuttosto di perderla.
Un momento. Era la prima volta che realizzava un simile pensiero. Si stava innamorando, di nuovo? Dopo Penny, dopo tutto quello che c’era stato…
Sospirò ancora una volta, spiegando anche ai fratelli i suoi dubbi sul svelare la menzogna a Audrey o no.
Ancora una volta, fu chiamato in causa Charlie l’esperto: «Secondo me dovresti rivelarle il trucco».
«Così, direttamente? Quella mi spellerà vivo, pretenderà la mia testa, o peggio!»
«Io concordo con Charlie: se lo verrà a sapere da te ti farà fuori con un po’ più di delicatezza, no? Pensa se scoprisse tutto chiedendo a Kingsley».
Un brivido freddo di puro panico corse lungo la schiena di Percy.
L’uomo dei draghi annuì, d’accordo col fratello maggiore. «E poi, è meglio aspettare le situazioni davvero critiche per cominciare a mentire».
George e Bill squadrarono il suo viso incandescente, impietriti. «Non gli mettere in testa idee strane, per favore!», sibilò il più piccolo.
«Ma è così, insomma: non sapete quante cene di presentazione a genitori, zii, nonni e parenti serpenti ho evitato tenendomi le bugie per il momento giusto».
«Percy, ignora questo bastardo poligamo e stai a sentire noi».
Dal camino, Charlie borbottò che non era una colpa non volersi accasare a ventotto anni, che lui era uno spirito libero e che viveva per il suo lavoro, ma nessuno dei tre gli diede retta.
«Va bene, le dirò la verità alla prima occasione», decise Percy senza trovare altre motivazioni per opporsi a quella che poteva essere l’ultima azione della sua vita. «E contando che in quel momento sia particolarmente di buon umore e decida di non uccidermi subito, quale dovrebbe essere la prossima mossa?»
«Prima ancora che firmare la tua condanna a morte, comincia a farti desiderare», lo istruì Bill. «Tu hai organizzato l’uscita e l’hai invitata, quindi ora ha lei la Pluffa in mano. Se vuole rivederti, si farà sentire presto».
Quel se mandò in agitazione Percy: «E se non volesse rivedermi?», domandò con un’aria da pulcino bagnato. Per un secondo, a George fece un’incredibile tenerezza.
«Da come hai descritto il suo comportamento una volta tornati a casa sua, sono pronto a scommettere che ti manderà un gufo molto presto».
Il padrone di casa scosse il capo, dubbioso. Anche Angelina avrebbe trovato quel consiglio una sciocchezza, e se Perce avesse rinunciato a uscire con Audrey per una questione di orgoglio e di palle da Quidditch in mano a lei, sarebbe stato veramente un idiota.
E lui non se lo sarebbe mai scrollato da casa! «Io credo che questa storia della Pluffa sia una stupidaggine, se vuole rivederla è inutile che perda tempo…»
«Taci, uomo plagiato dalla Bibbia degli appuntamenti», lo interruppe il fratello maggiore. «Charlie sarà pure il maestro delle relazioni lampo, ma qui l’esperto sono io».
George annuì lentamente, pronto a scoccare un’altra frecciata: «Infatti, quando hai cominciato a uscire con Fleur non facevi più straordinari dei Goblin pur di lavorare nei suoi stessi turni, sarà stata un’assoluta coincidenza», sibilò.
Lo avevano preso tutti in giro sulla sua accanita presenza al lavoro da quando la francesina era entrata negli uffici della Gringott, tutti e sei i fratelli.
Come allora, Bill divenne tutto rosso, punto sul vivo. «Era una strategia diversa!»
«Certo, quella del pesce lesso», aggiunse Charlie d’accordo col fratellino.
Dimentichi di Perce, che assisteva sconvolto alla discussione che era nata tra gli altri tre, voltò le spalle e se ne tornò in cucina per finire la sua colazione. Con aiutanti così, era veramente arrivato alla frutta.
Il consiglio di Bill di farsi attendere, però, gli sembrava sensato: stava bene con Audrey, ma non voleva essere troppo insistente come suo solito. Decise di aspettare per una settimana, dieci giorni al massimo, e se la ragazza non si fosse fatta sentire alla fine di quel periodo sarebbe andato a trovarla di nuovo in ufficio, per salutarla.
Mentre riscaldava il suo caffè con un colpo di bacchetta, sperò ardentemente che lei gli scrivesse il prima possibile.




Ecco, se pensavate prima che io fossi crudele... Siete liberi di insultarmi e di farmi la predica, basta che non mi tirate le orecchie perché sono delicate. Alla prossima domenica!

Rowi



Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 13. Non ci posso credere, Perce! ***


Il piano dunque era semplice: aspettare che Audrey si facesse sentire, sperare che volesse un nuovo appuntamento e mettersi d’accordo per uscire una seconda sera e trovare in quell’occasione il momento giusto per confessare la bugia che aveva raccontato per convincerla a concedergli una seconda occasione.
A Percy sembrava abbastanza sensato, nonostante fosse stato ideato dai suoi fratelli, e si mise in attesa cercando di far passare la mattinata al negozio di scherzi il più rapidamente possibile. Sì, in fin dei conti era un buon piano.
Quello che Percy ignorava, però, era che, proprio mentre Bill e Charlie in versione di fiamma cercavano di convincerlo a seguire i loro consigli, Audrey stava per scoprire da sola la sua bugia. Anzi, Audrey stava per acquisire tutte le informazioni possibili e reperibili su come Percy aveva trascorso gli ultimi anni.
Come? Molto semplice: non essendo una sprovveduta, Audrey aveva ritenuto opportuno sapere tutto il possibile sulla vita di Perce prima di verniciarlo, così da essere preparata in caso di rappresaglie, e aveva ingaggiato una sua vecchia amica per stargli alle costole.
L’amica si chiamava Jenna Strike, e di mestiere faceva appunto l’investigatrice privata. Era una strega e le due si erano conosciute a Hogwarts, ma dopo il diploma aveva deciso di non scegliere alcuna carriera nel mondo magico. I professori rimasero perplessi: Jenna era una brava strega, aveva voti molto buoni in tutte le materie, eppure preferiva tornare tra i Babbani.
Non che non si sentisse adeguata, o abbastanza brava, ma al momento dei M.A.G.O. si era chiesta quale lavoro potesse essere davvero remunerativo con i poteri che aveva a sua disposizione. Fare l’investigatrice privata per i Babbani rendeva molto bene, visti i trucchi che poteva usare a proprio vantaggio per mettere insieme le informazioni richieste dai clienti in tempi brevissimi – dato che le faceva meritare ogni volta degli extra davvero interessanti.
A dire la verità, Audrey non era particolarmente amica di Jenna, ma dovendo scegliere una persona da mettere sulle tracce di Perce non aveva avuto dubbi; la tranquillità che aveva stava nella sua conoscenza di un segreto dell’investigatrice, segreto che le permetteva addirittura di chiedere uno sconto; per quella vecchia storia, Jenna avrebbe svolto il lavoro per lei gratis, avrebbe fatto di tutto purché l’altra non andasse a raccontarla in giro!
In fondo, una rapida indagine su Percy Weasley non era poi un incarico così pesante, meno che mai pericoloso… Sarebbe potuto capitarle di peggio, doveva riconoscerlo.
Almeno, era ciò che Jenna continuava a ripetersi mentre nel suo tailleur aspettava Audrey al caffè del Ministero: era il loro primo incontro dopo che la terribile vendicatrice l’aveva assunta per quel piccolo lavoretto, e sul tavolo di legno scuro aveva posato i frutti della sua fatica.
«Un fascicolo piuttosto magro, direi», osservò una voce alle spalle della strega. La giovane Ruston ridacchiò e andò quindi a sedersi di fronte all’amica, soddisfatta dell’effetto sorpresa che era riuscita a ottenere.
«Tu vuoi farmi morire!», si lamentò Jenna, piccata. «Cosa ti aspettavi da Percy Weasley? È il tipo più abitudinario e noioso che io conosca, non ho ancora capito che gli sia successo qualche anno fa per portarlo ad andarsene di casa per seguire Caramell».
Questo Audrey lo sapeva già, e in più aveva sperimentato alcune delle capacità nascoste del mago, ma non disse nulla. Non ricevendo risposte, la strega investigatrice si fece più coraggiosa e osò porre la fatidica domanda: «Allora, l’hai verniciato per davvero alla fine?»
Quanto si poteva fidare di Jenna? Se non altro per paura che rompesse la sua promessa, Audrey si convinse di potersi confidare in tutta sincerità. Non voleva coinvolgere altre persone prima che quella storia strana e folle prendesse una piega più rassicurante, e lei era già in ballo…
Raccontò tutta la storia, dal pomeriggio in cui aveva tirato il secchio di vernice addosso al mago fino al resoconto della serata precedente, cercando tuttavia di non apparire troppo delusa per non aver ricevuto il bacio della buonanotte. Fu una storia molto gustosa, soprattutto grazie al suo tono drammatico degno di un’attrice; in realtà non aveva chiuso occhio per tutta la notte, interrogandosi su quanto fosse caduta in basso per essere così desiderosa di un bacio da parte di un soggetto del genere. La cosa più agghiacciante che l’aveva tenuta sveglia era la consapevolezza di non volersi fermare al semplice bacio…
Bleah, lei e Percy Weasley in una situazione intima? Orrore orripilante!
Quando finì il racconto, Jenna ridacchiò: «Chi l’avrebbe mai detto, tu e quel Weasley! Se non ricordo male, eri tra le fanatiche che sbavavano dietro a suo fratello Charlie».
Ah, il campione del Quidditch… Nonostante le sue prese meravigliose Grifondoro con lui non era mai riuscito a vincere il Torneo, eppure solo il fatto che giocasse rendeva più belle anche le sconfitte. Per Merlino, quanto si poteva essere stupide in balia degli ormoni adolescenziali!
«C’eri anche tu, se non ricordo male», rimbeccò tuttavia l’amica, «con la differenza che io non ho svezzato Percy in materia di baci, né mi sono mai appartata con lui in uno sgabuzzino».
Jenna arrossì fino ala punta dei capelli e si abbassò temendo che qualcuno avesse sentito. «Fossi in te urlerei ancora un po’ più forte, Audrey!», rispose sconsolata.
Niente da fare, l’avrebbe sempre tenuta in pugno con quella vecchia storia: maledetto il giorno in cui da stupida quindicenne aveva deciso di confidarle quel terribile segreto!
Malgrado la sua vergogna, Jenna si era accorta che la sua amica aveva tentato di minimizzare il finale dell’appuntamento, come se non le fosse importato di non aver ricevuto un bacio… Il suo intuito, però, le diceva che qualcosa non quadrava in quel racconto. Oh, accidenti!
«Non volevi che la serata finisse così, vero? Volevi di più… Ah, ti ho smascherata!»
Questa volta toccò a Audrey vergognarsi e tacere, frustrata; con quella rivelazione, avevano pareggiato i conti. «Allora, mi dicevi che non hai trovato granché?»
Jenna aprì la cartelletta che si era portata dietro e tirò fuori foto, documenti, immagini magiche di un Percy piuttosto confuso. «Per il momento non esce con nessuno, vive con suo fratello George e lo aiuta al suo negozio di scherzi. La perdita del gemello deve avere scioccato il burlone, e il fratello ha preferito non lasciarlo solo».
Bene, con quelle parole Jenna aveva appena confermato tutto ciò che Percy le aveva raccontato la sera prima. La sincerità pagava sempre, per Audrey.
«E l’incantesimo di cui ti ho parlato ha funzionato bene?», domandò curiosa.
L’investigatrice annuì: «Gliel’ho gettato nel negozio di scherzi, mentre mi faceva vedere non so che prodotto… Non mi ha neanche riconosciuta!»
Ovviamente, con Percy c’era da andare tranquilli. «E la tua bacchetta si è illuminata?»
«Due volte: la prima è stata un paio di giorni fa, e uno sbuffo di fumo ha preso la forma del Ministero, mentre ieri sera è apparso il tuo palazzo, credo», raccontò tranquilla. «Non ti ho avvisato perché ero sicura che non fosse pericoloso».
Trattandosi di Percy Weasley sì, aveva ragione, nonostante un Percy Weasley vendicativo la preoccupasse molto.
«Beh, pensavo di doverti passare informazioni che ti avrebbero aiutato a combatterlo, ma a quanto pare i recenti sviluppi non ne hai più bisogno. Posso considerare il mio lavoro terminato?»
Audrey annuì con un sorriso: «Sì, non c’è più bisogno di pedinarlo o di fare indagini. Da qui in poi me la cavo da sola».
Le due si salutarono con una stretta di mano, un augurio da parte di Jenna per la nuova relazione con il mago più strambo del mondo – augurio condito con un sacco di risatine divertite – e la promessa di non lasciar passare altri cinque anni prima di rivedersi.
Audrey finì di sorseggiare il suo caffè e si avviò verso l’ufficio del Ministro, rimuginando sul fascicolo che le aveva consegnato Jenna; l’indagine non era stata particolarmente interessante, non era uscito nulla d’insolito, preoccupante o spaventoso, soprattutto sembrava che Percy non le avesse mentito. Meglio così, altrimenti gli avrebbe fatto passare la voglia di riprovarci. Nascose i documenti in un cassetto della sua scrivania e bussò alla porta di Shacklebolt.
«Avanti!», tuonò il vocione profondo e rassicurante del Ministro della Magia, e la ragazza non si fece aspettare oltre.
«Ti vedo particolarmente soddisfatta stamattina», la salutò Kingsley alzando lo sguardo dai documenti che stava leggendo con attenzione.
La ragazza sorrise e annuì, prima di togliergli di mano i fogli e rigirarli: «Sai, se li tieni per il verso giusto sono più facili da leggere».
Bel Ministro della Magia… Doveva spedirlo da un oculista a farsi la sua prima montatura, prima che si rendesse protagonista di qualche figuraccia internazionale.
Shacklebolt scoppiò in una risata profonda e le diede una pacca sul braccio. «Come farei senza di te, piccola matta?»
«Ti compreresti un paio d’occhiali e impareresti a tenere in ordine le tue cartacce da solo, una buona volta», lo rimbeccò lei ridacchiando a sua volta. «A proposito, so che l’anno ancora non è terminato, però…»
«Però il tuo capo ti ha mandato un gufo raccontandoti che razza di piaga è il suo ultimo stagista che ha dovuto sopportare, e ti prega di rientrare al tuo vecchio lavoro il prima possibile», completò per lei il mago. «Lo so, ha scritto anche a me».
Certo, in fondo lei era la segretaria del Ministro della Magia… Prima di lasciare il suo posto aveva bisogno del permesso del grande capo!
Si sedette dall’altro lato della scrivania, sospirando. In fondo, le dispiaceva abbandonare il suo lavoro con Kingsley: la loro storia era finita da un pezzo, non c’erano dubbi o ripensamenti su questo, eppure riuscivano a fare un ottimo lavoro di squadra. «E a te non dispiace?»
Scuotendo il capo, il mago le sorrise con quella sua aria rasserenante.
«Beh, anche se mi fa molto piacere avere a che fare con te, questo periodo come mia assistente era solo un favore che ti ho chiesto per risistemare questo posto: con la guerra e O’Touse, avevo proprio bisogno di una persona sistematica come te».
Era vero, senza contare che subito dopo la battaglia di Hogwarts alcuni Mangiamorte in fuga avevano tentato di distruggere ogni prova della loro opera di distruzione, fortunatamente senza successo; il risultato era stato il caos più totale e un mucchio di documenti distrutti, ma molte delle persone che in qualche modo si erano trovate a collaborare con il governo fantoccio al soldo di Voldemort avevano fatto in modo che i colpevoli fossero puniti come meritavano.
Audrey, che di quel periodo preferiva ricordare il meno possibile, si era limitata a cercare le copie dei documenti, registri, e di organizzare le varie incombenze di Kingsley, senza però occuparsi della questione giudiziaria. Aveva assistito ai processi solo perché il suo lavoro lo richiedeva, altrimenti si sarebbe tenuta ben lontana dalle aule del Wizengamot.
«Ma non sono indispensabile, giusto?», domandò. Era una richiesta sciocca, perché sapeva benissimo che molti altri avrebbero potuto svolgere senza difficoltà il suo lavoro, eppure le sarebbe dispiaciuto sentirsi mettere da parte da un amico come Kingsley.
«Tu vuoi fare un’altra cosa, lo sappiamo benissimo entrambi, perciò è sciocco rimandare ancora; ti avevo chiesto un anno perché credevo che sarebbe stato necessario per ristabilire l’ordine, e non parlo solo di quest’ufficio. Ora che siamo arrivati a questo punto, non c’è più bisogno che t’impegni in questo lavoro».
«Sono contenta di sentirtelo dire», gli disse Audrey sorridendo. «In effetti, mi manca la bolgia che c’è in quel sotterraneo: creare e verificare nuovi incantesimi è divertente, e poi i miei colleghi sono incredibili».
Un branco di matti a dire la verità, ma per lei non ci sarebbe potuto essere un team migliore. «Anche se tremo all’idea di lasciarti qua dentro da solo», aggiunse con aria più sarcastica, «ti do tempo un mese, prima di far tornare questo posto un totale disastro!»
Per nulla sorpreso, Kingsley si passò una mano sulla testa rasata, prima di dire qualunque altra cosa. La sua espressione aveva un che di diabolico. «E io invece scommetto che non esiste persona più in gamba di te a svicolare da un argomento spinoso», sogghignò guardandola di sottecchi, «ma di questo ne parleremo dopo. Piuttosto, a cosa lavorerai? Immagino che avrai qualche progetto rimasto in sospeso».
Audrey annuì, pronta a spiegare; nessuno le chiedeva mai del suo lavoro, di quello vero. Per la maggior parte dei suoi conoscenti, essere al fianco del Ministro, per quanto, di fatto, fosse un incarico irrilevante, era il massimo a cui si potesse puntare. «Prima dello scoppio della guerra, stavamo lavorando a un nuovo tipo di traccia, che possa essere attivata e disattivata a piacimento e che faciliti il lavoro degli Auror».
Una specie di segnale sempre rintracciabile, continuò a raccontare; i sospetti di crimini gravi o i criminali recidivi sarebbero stati così sempre raggiungibili. «In particolare, cercavamo il modo di inserire nella formula il nome di un luogo o anche due, così che se il soggetto si fosse avvicinato ai posti prescelti sarebbe scattato un allarme dalla punta della bacchetta di chi aveva recitato l’incantesimo. Non so se riesco a spiegarmi bene», aggiunse vedendo la strana faccia dell’amico.
«No, è chiaro», rispose Kingsley guardandola negli occhi, «ma non è propriamente legale, Audrey. I Babbani la chiamerebbero violazione della privacy».
«I Babbani usano anche le intercettazioni telefoniche, se lo ritengono necessario», gli ricordò lei, «e, inoltre, sarebbe applicabile solo sulle persone pericolose. Pensa se tutti i condannati ad Azkaban fossero stati messi sotto una traccia per seguire i loro movimenti, l’evasione di Mangiamorte sarebbe stata sventata nel giro di un’ora».
«Forse, ma tu tieni tutto segreto fino a che non avrai raggiunto risultati soddisfacenti. T’immagini Malfoy che viene a lamentarsi perché lo teniamo sotto controllo?»
La spocchia dei Malfoy non era più molto gradita al Ministero, dopo la seconda guerra, e i due scoppiarono a ridere come se fosse una barzelletta.
«Scommetto che hai anche già trovato una cavia, per testare questo incantesimo», commentò il mago.
Il ghigno di Audrey si fece più largo, mentre si metteva comoda sulla sedia e accavallava le gambe. «Lo sta provando proprio in questo momento, a dire la verità, anche se non si può proprio definire volontaria. Stamattina ho avuto i primi riscontri positivi».
«A proposito, ho visto che parlavi con Jenna, prima. È lei la vittima, magari in virtù di quel misterioso segreto per cui puoi farle fare ciò che desideri?»
In linea di massima sì, Kingsley aveva indovinato, eppure la ragazza sapeva che non sarebbe riuscita a mentirgli. «Non esattamente…» bofonchiò, sperando che non la sentisse. Errore.
L’uomo cominciava a preoccuparsi. «Non esattamente? Che cosa significa?»
«Beh, te lo spiego un’altra volta, tra poco hai quell’appuntamento con i responsabili dei vari dipartimenti…» se la cavò Audrey, cercando a tutti i costi di svicolare. Raccontare a Kingsley tutta la storia di Percy, partendo dalla verniciata subita al terzo anno per arrivare alla piacevole serata passata con lui, sarebbe stato davvero troppo imbarazzante. «Comunque, se io me ne vado potrai assumere Percy Weasley», osservò curiosa.
Kingsley non capiva, non aveva idea di cosa volesse dire: aggrottò le sopracciglia e chiese spiegazioni a un’assistente sempre più perplessa.
«Ma come, Percy due giorni fa è stato qui e mi ha detto che gli avevi offerto il posto», pigolò iniziando lentamente a capire, «e che l’unico modo che avevo per evitarlo era uscire con lui…»
«Percy non desidera affatto tornare a lavorare qui, Audrey», le spiegò pazientemente il Ministro, cercando di trattenere le risate. Accidenti, il Weasley più noioso del mondo l’aveva fregata per bene! «Anzi, l’altro giorno l’ho visto solo dopo che aveva parlato con te. Non ho ancora cercato candidati per sostituirti».
L’occhio destro della ragazza fu improvvisamente vittima di uno strano tic. Fece due più due, inspirò e gridò con tutte le sue forze ogni insulto che le venne in mente sul momento.
Kingsley la lasciò sfogare, insonorizzando la stanza e facendo apparire due tappi per le orecchie per se stesso.
«Maledetto bastardo, ma io questa gliela faccio pagare!» tuonò alla fine Audrey stringendo i pugni avanti a sé.
Percy Weasley avrebbe fatto meglio a nascondersi, e molto in fretta, pure.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 14. Ti ha mai baciato nessuno, Perce? ***


Come già è stato detto, Bill Weasley era noto in famiglia per la sua capacità di mantenere la calma anche di fronte ai momenti più critici. Anche Percy e la sua incredibile flemma, però, non erano da meno: solo Fred e George avevano da sempre avuto l’innata capacità di mandarlo fuori dai gangheri, e anche ora che si trovava da solo il fratello minore sapeva bene quali tasti premere per farlo imbufalire.
A dieci giorni dal primo appuntamento, tuttavia, Audrey Ruston riuscì a raggiungere i gemelli nella scala dei sistemi per far saltare i nervi a Perce con un metodo di tortura davvero crudele. Percy in sua compagnia aveva già sperimentato le farfalle nello stomaco e una vasta gamma di sensazioni altrettanto interessanti, tutte provocate dalla vicinanza della ragazza, ma ciò che gli toccò quel pomeriggio rischiava di portare il malcapitato mago a risposte ben più spiacevoli.
«Un altro giro?» lo provocò Audrey con un ampio sorriso dall’altra parte del tavolo a cui erano seduti; avida di vendetta, aveva tirato fuori tutta la sua cattiveria per punire lo sventurato che aveva osato prenderla in giro con tanta leggerezza, e ora si aspettava di vederlo crollare miseramente.
All’idea di ricominciare, il giovane scosse debolmente il capo, pallido come non mai e sudato dalla testa ai piedi; cercò di distrarsi, concentrandosi sul bicchierino che aveva davanti, e bevve tutto il contenuto in un sorso, per poi rabbrividire per il sapore disgustoso nella sua bocca. Non osò lamentarsi solo per paura di un’altra presa in giro, di cui la ragazza quel pomeriggio era particolarmente generosa. Per quanto lo riguardava, la giornata poteva dirsi finita lì; si asciugò il volto con la manica del giubbotto, ringraziando che almeno la terra avesse smesso di roteare così vorticosamente intorno a lui com’era successo fino a circa dieci minuti prima.
«Vuoi arrenderti così presto?», lo canzonò Audrey senza mostrare pietà, decisa a continuare ancora per un po’; la sua lenta rivincita si stava consumando senza che la sua vittima se ne fosse accorta, convinto com’era Percy di stare passando un normale pomeriggio da Babbani. Era ancora molto arrabbiata, non riusciva – né del resto voleva farlo – a togliersi di dosso tutta quella stizza per essere stata giocata da uno dei peggiori bugiardi della storia.
Ripensando all’accaduto, il notevole colorito verdognolo che lui aveva assunto sembrava molto soddisfacente: ben gli stava, a quel fetente! Se aveva pensato che avesse raggiunto il suo massimo livello di cattiveria con la vernice… Beh, allora Percy si era sbagliato di grosso.
Stava pensando a tutto questo, quando il malcapitato osò aprir bocca per la prima volta da quasi un quarto d’ora: era ormai senza voce, e sembrava distrutto. «Se salgo ancora là sopra», e nel dire questo indicò un punto alle spalle della ragazza, «ti assicuro che darò di stomaco».
Non molti uomini si sarebbero arresi così incondizionatamente senza paura di fare una brutta figura, Audrey lo sapeva e proprio per questo pensò che forse era meglio smettere: un conto era farlo soffrire, ma non voleva sul serio che stesse male… Anche perché sarebbe toccato lei assisterlo e aiutarlo a ripulirsi, e l’animo da crocerossina proprio non faceva parte nel suo carattere.
Forse, a pensarci bene, aveva esagerato un po’: in effetti, un intero pomeriggio di montagne russe, passando per tutte le giostre spaventose nei paraggi, era una dura sfida, a cui anche molti dei ragazzi che conosceva tra i Babbani difficilmente avrebbero resistito. Lei era abituata, i suoi cugini erano dei patiti della velocità, del brivido e di tutte queste sciocchezze, e l’avevano sempre trascinata a fare i giochi più pericolosi con loro. Anche la sua prima magia era capitata su un carrellino delle montagne russe, lei aveva dieci anni ed era terrorizzata, così involontariamente aveva fermato tutto il treno prima del doppio giro della morte; i gestori erano accorsi temendo un’avaria, ma misteriosamente non avevano trovato nessun problema nelle rotaie…
Negli anni poi aveva imparato a divertirsi su quegli affari, e a dare del filo da torcere a quei pazzi dei suoi cugini. «Andiamo», sussurrò allungandosi sul tavolo verso il mago, «ancora un giro… Me lo devi».
Perché, fu la sola parola che attraversò la mente di Percy: il comportamento di Audrey era strano, era molto sulle sue e non si era aperta nemmeno un po’, come se fossero tornati molto indietro rispetto al loro primo appuntamento; in più, a ogni giro su quelle giostre della morte la ragazza sembrava ridacchiare e lanciargli strane occhiate oblique, come se si aspettasse qualcosa da lui. Poteva anche non essere la persona più perspicace del mondo, ma in quella strana situazione perfino lui aveva chiaro che per un qualche motivo lei si comportava una pazza.
Per un attimo gli sembrò di aver capito: lei sapeva
Non era possibile, non l’aveva detto a nessuno, a parte quei fratelli degenerati che si ritrovava, però aveva tirato in ballo pesantemente Kingsley nella sua bugia, e un semplice chiarimento con il Ministro avrebbe smascherato il suo bluff in meno di un istante. Aveva sperato che Audrey gli credesse senza fare domande, temendo soprattutto conferme da parte del suo ex sul possibile reinserimento nell’ufficio del precedente assistente, ma alla fine era stata più coraggiosa di quanto aveva immaginato: con il suo spiccato senso di vendetta, o come lei lo chiamava di giustizia, inquadrare il terrificante pomeriggio con una specie di nuova punizione aveva molto più senso.
«Audrey… No», rispose seccamente, cercando d’imporsi con più forza, «non me la sento, e non è nemmeno divertente». In ogni caso stava gettando la spugna, che la pregasse di fermarsi o che si rifiutasse di continuare; non aveva importanza, a prescindere dalla figura poco virile, o qualunque altro balordo aggettivo che avrebbe potuto usare George: sarebbe stato comunque meglio che vomitarle addosso. Per Merlino, che pomeriggio da incubo!
«Avanti, soltanto un’altro», fu il commento imperterrito di Audrey, che indicò una giostra, «quella ancora non l’abbiamo provata!»
E per fortuna, perché a vedere le rotazioni e la velocità con cui quello strumento di tortura si muoveva Percy si sentì male; osservò i ragazzini che vi erano saliti mentre a molti metri d’altezza il gioco si rovesciava vorticosamente, e si domandò se gli urletti che si udivano da lassù fossero di semplice divertimento o di puro terrore. Se fosse stato costretto a farlo, lui di certo sarebbe stato nel panico più totale.
«È per qualcosa che ti ho fatto? Ti ho contrariata in qualche modo l’altra sera ed è il tuo modo per punirmi?» domandò, sentendosi ormai messo all’angolo; avrebbe confessato qualunque cosa pur di non salire su quella trappola di morte, anche crimini mai commessi.
La ragazza non rispose subito, presa dallo sforzo che le richiedeva non confessare la sua frustrazione per quel bacio mai arrivato. «Se non lo sai tu, Weasley… Hai la coscienza sporca?», borbottò.
Se prima aveva avuto un sospetto, ora Percy era sicuro che lei davvero sapesse: si fece forza e si decise a vuotare il sacco, seguendo il consiglio di Charlie. Almeno la prima parte, perché se quella era la rappresaglia standard per una piccola e innocente bugia tanto per strapparle un appuntamento, non osava neanche pensare cosa sarebbe successo se le avesse mentito ancora. «Non è vero che Kingsley mi ha proposto di tornare a lavorare al Ministero come suo assistente», rivelò dopo un profondo sospiro, «anche se credo che lo sapessi già. Ci ha provato subito dopo la conclusione della guerra e la sua nomina, ma io ero ancora sconvolto per quello che era successo e la mia famiglia aveva bisogno di me, perciò ho rifiutato, e da allora non ne abbiamo più parlato».
«Ti avevo chiesto di essere sincero con me, e invece…»
«L’ho fatto solo per convincerti a uscire con me: se ti avessi invitata e basta tu avresti rifiutato senza nemmeno lasciarmi finire, e ti sfido a negarlo!»
Audrey ci provò, ma sarebbe stata una balla. «Tu al mio posto che avresti fatto? Era legittimo pensare che si trattasse di una scusa per vendicarti del mio scherzo», cercò di giustificarsi alzando le spalle.
«Ma se neanche un anno passato nel negozio di scherzi di George mi ha reso un tipo da scherzi! Tu hai avuto un’esclusiva, ai tempi; per quanto mi riguarda, per un po’ c’è stata la voglia di prendermi una bella rivincita, ma mi è passata quasi subito: mi sono arrabbiato, questo sì, e in particolare per il coinvolgimento dei miei familiari in questa storia…», oh, se si era arrabbiato, e ancora doveva pensare a un qualche modo di rendere il favore ai suoi parenti impiccioni, ma non era quello il momento per pensarci. «Alla fine, però, ho deciso che era meglio sfruttare tutta questa storia per avere una seconda possibilità con te: per questo ho mentito, ma l’ho fatto solo perché ero sicuro che saresti stata pronta a tutto pur di evitare che finissi a lavorare di fronte a te».
Vero, innegabilmente vero. Audrey annuì, e riconobbe che era stato un ottimo piano. «L’hai pensata proprio bene, devo ammetterlo», riconobbe appunto pur controvoglia. «Mi avresti raccontato di questa storia prima o poi, se non ti avessi smascherato e trascinato sulle montagne russe?»
«Pur in una maniera assurda, mio fratello Charlie me l’ha consigliato giusto ieri, e quindi… Sì, prima o poi forse sì. E ora te lo prometto: niente più bugie, te lo giuro su quello che vuoi», e le tese la mano a sigillare il patto.
«Bene, perché se dovesse accadere di nuovo posso assicurarti che ne penserò una molto più terribile di questa, te lo assicuro», commentò a denti stretti lei ricambiando la stretta. «In ogni caso, potresti ottenere davvero quel posto se volessi».
«Eh? Cosa intendi?», domandò un confuso Percy.
Audrey incrociò le braccia sul petto, rammentandogli in quale ufficio aveva messo piede dopo il diploma a Hogwarts. «Il mio impegno come assistente di Kingsley ormai è quasi finito… Presto tornerò al mio lavoro serio, non sono una baby-sitter di alte cariche dello Stato a tempo pieno!», gli ricordò quasi offesa. «Solo, vorrei andarmene con la sicurezza di avere una persona affidabile al mio posto: ho impiegato una vita a creare un sistema organizzativo in ciò che restava di quell’ufficio, e non voglio veder buttato alle ortiche tutto il mio lavoro».
Giusto, la proverbiale tendenza al caos di Kingsley, pensò il mago. «Credevo che esagerassi, riguardo a lui, ma a sentire mio padre sembra essere il terrore di tutto il Ministero», commentò ridacchiando, senza però esprimere pareri sull’idea di Audrey. Era pronto a tornare al lavoro serio, come diceva la ragazza? E George, lui se la sarebbe cavata da solo?
Scherzi e le trappole create dal fratello minore non erano materia adatta a un topo di biblioteca come lui, ma ormai iniziava ad apprezzare quella specie di parco giochi che chiamavano negozio…
«L’altra sera non te l’ho detto», continuò, «ma comunque trovo bello che tu e Kingsley siate rimasti così amici».
Audrey rise apertamente, sorpresa. «Mamma mia, quanto sei falso! E mi hai appena giurato di non mentirmi più…»
Aggiunse che ora il Ministro usciva con una strega top model, e che di certo non sentiva la sua mancanza, affermazione che lasciò stranito Percy: non solo Audrey era una bella ragazza, ma aveva un’intelligenza fuori dal comune, oltre a un carattere… forse anche troppo vivace. Come si poteva preferirle qualcun’altra?
Non disse nulla, tuttavia: nemmeno lui era così stupido da cercare di spingere la ragazza che gli piaceva verso il suo ex!
Improvvisamente, mentre ancora cercava le giuste parole con cui continuare la conversazione, Audrey disse che iniziava a sentire freddo, e in più sarebbe dovuta rientrare a casa per servire la cena ai suoi gatti. Quelle due belve sembravano essere davvero viziate, o forse le cose non erano andate così bene come la prima volta, così temette Perce, e lei li usava come scusa per chiudere lì l’appuntamento.
«Va bene», disse un pochino deluso prima di sfilarsi il giaccone e posarlo sulle spalle della ragazza. «Vuoi che ti riaccompagni a casa?»
Sperava che la risposta fosse sì, così avrebbe potuto verificare se la famosa storia delle chiavi che i suoi fratelli gli avevano raccontato era vera. Audrey disse di sì, ma che prima voleva fare ancora una giostra prima di andare: la richiesta provocò il panico.
«Cosa? E perché, un’ulteriore dimostrazione di quanto sai essere crudele?»
«Per niente, vedrai: sono sicura che questa ti piacerà», rispose lei con un sorriso, e gli afferrò un braccio per convincerlo a seguirla. «Non hai freddo, vero? Non voglio che ti prenda un malanno per causa mia».
Il mago tuttavia disse di no. «I maglioni di mamma Weasley terrebbero caldo anche al Polo, fidati», spiegò indicando la grossa P in lana gialla su campo rosso che trionfava sul suo petto, «se resisterai abbastanza, potresti riceverne anche tu uno per Natale, sai».
Splendida prospettiva, pensò lei, che si strinse di più a lui accusando il freddo. La giostra che aveva in mente era una ruota panoramica, banale e romanzata fino alla nausea, ma perfetta per loro due: almeno così Perce avrebbe avuto un ricordo decente del lunapark dove l’aveva trascinato… E poi lì quel bacio che non era arrivato sul suo portone sarebbe stato perfetto.
Per Merlino, da quando era così romantica? Al secondo appuntamento poi! Percy le faceva uno stranissimo effetto, e proprio non riusciva a spiegarsi perché.
Quando arrivarono alla ruota, Percy rabbrividì. «È alta», commentò laconicamente, sperando che Audrey lo stesse nuovamente prendendo in giro.
«Sì, ma procede piano, non come le altre: vedrai, quando saremo in cima ci gusteremo un magnifico panorama» fu la risposta della ragazza, che stranamente non servì a calmarlo. Poteva anche essere magnifico come diceva lei, questo panorama, ma per uno che soffriva di vertigini come lui… Tortura su tortura.
«Dici che va su piano, davvero?», pigolò sperando di trovare un qualche modo per figurarsi il giro meno spaventoso del previsto.
«Te lo giuro, e se ti sto raccontando una bugia puoi vendicarti a tuo piacimento», gli assicurò Audrey, che cominciava a divertirsi. Aveva ragione a diffidare di lei, dopo il pomeriggio di terrore che gli aveva fatto passare.
«D’accordo», acconsentì il mago con un sospiro, «ma sappi che sarò veramente crudele se mi stai prendendo in giro!» Come no, se tutto ciò che desiderava era confessarle quanto la trovava adorabile e baciarla…
Si misero in coda per la ruota, e dopo pochi minuti si sedettero sul piccolo guscio appeso alla grande struttura di metallo: Audrey assicurò la sbarra di protezione e gli garantì che nessuno dei due sarebbe caduto, ma con una dolcezza che era mancata per il resto del pomeriggio. Aveva detto frasi simili ogni volta che erano saliti su queste o quelle montagne russe, per spaventarlo a morte, perciò Percy non sapeva se fidarsi. Cominciarono a sollevarsi, in effetti con una velocità ridicola rispetto ai giochi da tortura che avevano fatto prima, eppure per lui era già fin troppo; chiuse gli occhi e si rifiutò di riaprirli finché non sarebbero tornati a terra.
Audrey rise: «Avanti, guarda! Ti stai perdendo uno spettacolo meraviglioso, fifone».
Era vero, il sole stava ormai tramontando sul mare e dalla ruota il panorama mozzava il fiato; si era alzato il vento, però, e la navicella dondolava troppo per la resistenza di Perce, che subito se ne lamentò, spaventato, e strinse convulsamente la sbarra davanti a loro. «Sei crudele, Audrey!»
Ancora una volta, la ragazza si sentì intenerita a quella vista, ma questa volta non provò colpevolezza. La ruota non era pericolosa, e se quello sciocco avesse aperto gli occhi se ne sarebbe accorto di persona.
Se avessero continuato così, quel maledetto bacio non sarebbe mai arrivato… A meno che lei non avesse preso l’iniziativa, cosa che in genere si guardava bene dal fare. In quel momento, tuttavia, le sembrò la cosa più naturale del mondo.
«Scommetti che ora la renderò un’esperienza indimenticabile?» domandò con un sorriso sornione al ragazzo, che scosse il capo con energia. «Non è possibile, non ci riuscirai mai!»
Ormai lanciata, Audrey gli passò un braccio sulle spalle, si avvicinò un poco e posò le labbra su quelle di Percy, che smise immediatamente di lamentarsi di quella che aveva ormai definito ruota della tortura postmoderna. Rimasero per un istante così, appena in contatto come per paura che succedesse qualcosa di orribile, poi il mago mandò al diavolo la sua paura dell’altezza e dei giochi babbani e approfondì quel bacio. Audrey non si sottrasse, aveva sospirato troppo per quel momento, e per Merlino se era valsa la pena di aspettare! Chi mai si sarebbe aspettata che un simile bacchettone sapesse baciare così? Lei no di certo… temeva che pur con tutta la buona volontà sarebbe stata una cosa imbarazzante, o pessima, ma qualunque sua ipotesi era stata cancellata in pochi istanti.
Anche a Percy la cosa sembrava piacere molto, tanto che entrambi si lasciarono trasportare al punto da non accorgersi che la ruota aveva ripreso a muoversi, e stavano tornando a terra.
«Allora, figlioli, vogliamo scendere?» mugugnò dopo qualche minuto il giostraio, «C’è gente che aspetta qui!»
Infastiditi da quell’interruzione poco opportuna, i due scoppiarono a ridere. Non andarono molto lontano, però: il tempo di allontanarsi dallo spazio della ruota e ripresero là dove erano stati fermati. Un bacio così non poteva essere sprecato per una mera questione di biglietti.
«A sapere che sarebbe andata così, ti avrei verniciato molto tempo fa!», sospirò lei in un attimo di pausa per riprendere fiato.
Percy sorrise, felice: quello era un’emozione, una carica di adrenalina che nessuna dannata trappola dei Babbani avrebbe potuto dargli. «A sapere che sarebbe andata così, avrei fatto meno storie a farmi torturare per tutto il pomeriggio», ribatté facendole il verso.
«Zitto e baciami, scemo!»



Eccomi di nuovo qua! Scusate se ci ho messo più del previsto, ma mi ero davvero bloccata... Spero che l'attesa sia almeno servita!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 15. Non puoi ritirarti, Perce! ***


Questo è per Freddy... Buon compleanno! 


Dopo quello strano pomeriggio al lunapark, Audrey e Percy si diedero appuntamento un paio di giorni dopo, per una partita delle Harpies a cui la ragazza non voleva assolutamente rinunciare, e ancora la settimana seguente per un aperitivo in uno dei locali più curiosi dell’intera zona di Diagon Alley; Percy in quell’occasione ordinò il drink dal nome più rassicurante, a suo parere, dato del tutto fuorviante vista la fiammata che sputò al primo sorso, degna di un vero drago. Quando gli fu riferito l’episodio, Charlie rise come un matto, esattamente come Audrey, e assicurò al fratello che per lui un posto alla riserva in Romania sarebbe sempre stato disponibile.
Stavano bene insieme, e poi l’amore per i libri li portava spesso a perdere diverse ore al Ghirigoro in ricerche di tomi rari e curiosi… Senza contare che il negozio offriva moltissimi spazi angusti e ombrosi tra uno scaffale e l’altro in cui nascondersi. I due avevano scoperto che baciarsi come era accaduto sulla ruota panoramica era un’attività ben più interessante dei volumi di incantesimi sconosciuti ai più o dimenticati, e molto spesso si dimenticavano dei libri che stavano cercando per abbracciarsi e scambiarsi effusioni di quel genere.
Audrey aveva riferito a Jenna che era stata un’ottima insegnante in materia di baci, e che poteva essere fiera di sé, commento che fece saltare dalla sorpresa l’amica investigatrice, che purtroppo non riuscì a scoprire molto di più; che carogna la Ruston, stuzzicarla con un’informazione confidenziale di quel genere e poi non raccontarle il resto!
Stava andando tutto bene, e Bill poteva ritenersi soddisfatto dei risultati ottenuti considerando la pace che si respirava adesso a Shell Cottage, tanto che Audrey dopo neanche due settimane annunciò che voleva presentarlo in famiglia.
«Cosa? Non ti sembra un po’ presto? E poi se mia madre lo venisse a sapere pretenderebbe lo stesso trattamento, e credimi, tu non lo vuoi», fu la risposta di Percy, che pur essendo un formalista in piena regola temette di impelagarsi troppo seriamente in quel rapporto; così alla leggera le cose andavano in maniera splendida, perciò perché rischiare di rovinare tutto?
Tuttavia, la ragazza stava per sorprenderlo ancora: «Ma che hai capito? Io volevo solo invitarti a cena da me, così da farti conoscere i miei gatti!» E scoppiò a ridere senza ritegno. «Sono importanti per me, e voglio essere sicura che tu vada a genio a Briciola e Artiglio prima di continuare questa storia».
George, che continuava a costringere il fratello maggiore a tenerlo aggiornato sulla sua relazione, ebbe un attacco di ridarella che durò per ore, per poi commentare che erano meglio i gatti dei genitori, e che Charlie sarebbe stato d’accordo.
«Ma a te sembra normale presentare il proprio ragazzo a due gatti?» si lamentò con lui Perce, che non aveva avuto il coraggio di contrariare Audrey; non riusciva a dirle di no, gli piaceva troppo baciarla per correre il rischio di perdere un simile privilegio.
«Te la sei scelta così», sillabò George, ormai col mal di pancia per le risate, «e ora te la tieni».
Per la serie: arrangiati!
Così, qualche sera dopo Percy si Materializzò sotto casa di Audrey, come per il loro appuntamento, e suonò il citofono. «Quarto piano, vieni su!», gli gridò la voce della ragazza dal microfono, e lui non si fece ripetere l’invito due volte; era così contento di vederla di nuovo che non perse nemmeno tempo a fare le scale, e si smaterializzò per comparire sul pianerottolo prima ancora che la padrona di casa avesse aperto la porta.
Come c’era da aspettarsi, Audrey sussultò nel trovarselo già davanti. «Ma sei scemo? Qui vivono tutti Babbani, cosa sarebbe successo se ti avessero visto?», si lamentò dandogli uno schiaffetto sul braccio. «Che fine ha fatto il Percy Weasley iperprudente, calcolatore e sempre attento a non violare le leggi sulla sicurezza?»
«È andato a spasso nel momento in cui l’hai baciato la prima volta, e non tornerà tanto presto», commentò lui con un sorriso strafottente prima di prenderla tra le braccia e stringerla forte a sé. «Quindi è tutta colpa tua, a ben vedere».
Audrey non si lasciò andare. «Dannato, non puoi rigirare ogni cosa a tuo favore!» Tuttavia, anche lei moriva dalla voglia di uno di quei superbaci che mai si sarebbe aspettata da un mago così noioso, e smise immediatamente di fare l’offesa quando il mago si chinò verso il suo viso.
Sarebbe stato un momento perfettamente romantico, più di quanto la ragazza avesse mai sognato, se Artiglio proprio in quel momento non avesse deciso di partire all’attacco del nuovo arrivato: arrivò in sordina, scivolando vicino alla sua padrona e a quello strano spilungone che al momento concentrava ogni sua attenzione, lo annusò un poco e poi, senza indugio, si appese alla sua caviglia sinistra.
Percy si mise a gridare, sorpreso dal dolore alla gamba, e guardò in basso per capire cosa stava succedendo; Audrey, stupita quanto lui, cominciò a scusarsi e prese il gatto in braccio per allontanarlo dal mago. «Quello non è un gatto da appartamento, è una tigre in miniatura!» accusò lui, sconvolto.
«Mi dispiace, non si comporta mai così», balbettò mortificata la padrona di casa, prima di sgridare il suo animale domestico, che sembrava impenitente. Quelle caviglie gli erano sembrate molto interessanti, e le aveva salutate a modo suo, tutto lì.
«Mi avevi detto che i tuoi gatti non amano gli estranei, ma non credevo che si trattasse di questo genere di benvenuto…»
«In genere si nascondono sotto un mobile e soffiano in modo inquietante finché l’intruso non se ne va, credimi. Artiglio, ma che ti è preso?»
Artiglio, un nome che era tutto un programma, pensò Perce, incredulo quando poi Audrey gli spiegò la provenienza di quel nome: il micio era appena arrivato a casa sua, aveva solo qualche settimana ed era un fifone come pochi animali che la ragazza avesse mai incontrato. Un giorno era suonato il telefono e Artiglio era scappato fuori dalla stanza, era arrivato in salotto e aveva risalito la tenda fino ad arrivare in cima, appeso per le unghie, dove poi si era trovato in trappola e aveva cominciato a miagolare disperato perché la padrona corresse in suo aiuto.
Te lo giuro, non si comporta mai così», ripeté Audrey per l’ennesima volta, davvero mortificata, «altrimenti te l’avrei detto prima di invitarti!»
Percy stava soffrendo atrocemente, almeno così avrebbe detto se avesse avuto intorno altre persone, ma anche nel dolore riuscì a rendersi conto che continuando a comportarsi come un bambino rischiava di rovinare la serata: bastava guardare Audrey per capire che era davvero sconvolta, perciò toccava a lui rassicurarla e mettere fine a quella terribile scenetta.
Doveva mostrarsi superiore a quella bestiaccia, si disse, e smise subito di lamentarsi.
«Non fa niente», riuscì a mugolare cercando di apparire stoico, «mi ha solo preso alla sprovvista, tutto qui. E Briciola, l’altro gatto, dov’è?»
«Lui», sempre tenendo Artiglio in braccio per paura che provasse un secondo attacco, fece strada fino al salotto, «ha rispettato il solito copione».
Da sotto il divano, infatti, proveniva un miagolio che sembrava davvero disperato; Percy s’inginocchiò fino a guardarci sotto e incontrò solo per un istante lo sguardo di una palla di pelo fulvo che tremava, poi Briciola si ritirò e sparì sotto un altro mobile.
«Ho già deciso quale dei due è il mio preferito», commentò con un sorriso.
Audrey non trovò la battuta altrettanto divertente: «Lo stai spaventando a morte, poverino, tirati su!»
Con una nonchalance incredibile per lui, Percy ubbidì all’istante. Non si limitò, tuttavia, a rimettersi in piedi: senza dire una parola recuperò un piattino pulito sulla credenza, quindi aprì quello strano affare che generava freddo, il fridorifrego, cercando un cartone del latte; non aveva studiato Babbanologia a scuola, eppure ne sapeva abbastanza da orientarsi nella cucina della ragazza. E poi suo padre aveva portato una macchina simile alla Tana, poco tempo prima, così il giovane mago sapeva come funzionava e poteva mostrarsi sicuro di sé. Già se avesse avuto a che fare con un forno a microorme sarebbe stato più dubbioso.
«Questo dovrebbe dargli un buon motivo per uscire», commentò semplicemente un attimo prima di posare il piattino pieno di latte poco distante dal divano. Non aggiunse che quella era la stessa tecnica che i suoi fratelli maggiori avevano usato con lui quand’era bambino, e si rinchiudeva nella sua stanza per sfuggire alle prese in giro, o a qualche brutto scherzo; Bill o Charlie sapevano di cos’era goloso lui, e ne approfittavano per convincerlo a fare pace.
Audrey lo guardava ammirata. «Potrebbe funzionare», gli concesse generosa, «ma lascialo stare; con un pezzetto di carne, invece, potresti conquistarti l’amicizia di Artiglio».
Meglio non domandare di che genere di carne avesse voglia quella specie di demonio travestito da gatto, visto l’attacco di poco prima: Percy si limitò a puntare la bacchetta in direzione dei propri piedi e a Trasmutare i suoi calzini in spessi calzettoni di spugna, così da rendere innocui eventuali nuovi attacchi.
Solo allora si diede un momento per osservare la casa. «Il tuo appartamento è bellissimo», commentò.
Audrey ringraziò, contenta: era soddisfatta del suo appartamento, molto colorato e creativo. Aveva preferito prendere mobili chiari e caricare di toni allegri e vivi le pareti, i tappeti, le tende, e l’effetto totale era molto fresco, divertente. La sua zona preferita era il salotto, dove trascorreva la maggior parte del suo tempo a casa a leggere sul divano o a guardare qualche programma in tv, che da brava figlia di Babbani aveva comprato. Certo alcuni show fantasy o incentrati sulla magia le sembravano sciocchi, se osservati con l’occhio di strega, ma alcune cose le facevano compagnia la sera, o mentre faceva colazione.
La massima follia l’aveva raggiunta in cucina, doveva aveva tinteggiato un intero muro di nero per usarlo come enorme lavagna: si appuntava lì la lista della spesa, le cose da fare, ma anche ciò che le capitava di bello, qualche fotografia a cui teneva particolarmente… I gessetti colorati erano in un cassettino della credenza.
Percy, tuttavia, fu colpito da un’altra cosa in salotto: «Per essere una persona che odia farsi fotografare, sei davvero incongruente», ridacchiò indicando il muro che stava alla sua destra.
«Ma quella non sono io», esclamò Audrey sghignazzando dopo aver capito che cosa aveva sconvolto Percy. «Quella è un’attrice famosa del passato! Si chiama Audrey, come me… Per meglio dire, io mi chiamo come lei: andava in voga quando i miei erano giovani, mia madre l’adorava e quando ha visto che ero una femmina non ha avuto dubbi su quale nome darmi».
La ragazza raccontò anche che per lei quella donna era un’icona di eleganza, e che aveva sempre fatto il possibile per assomigliarle, copiando anche i suoi tagli di capelli… Anche certi vestiti erano ripresi da film che aveva interpretato quest’altra Audrey, ma Percy ascoltò solo a metà; l’aria felice e quasi estatica che aveva lei sul viso l’aveva completamente rapito.
«Ehi, ma mi ascolti?», si lamentò Audrey dopo un po’, notando il sorriso beato che il mago aveva.
Percy si riscosse, sapendo che non sarebbe riuscito a cavarsela. «Veramente no, sei così bella… Mi sono distratto!»
Stupita dal complimento, la ragazza arrossì, ma questo non bastò a impedire che Percy si beccasse un pugno sul braccio. Lo sapeva, Audrey non era una che si lasciava blandire con così poco. «Ahia! Allora, questa cena?»
«Menu meno esotico di quello che mi hai proposto… Ma buono», rispose lei ancora un po’ ostile, ma soprattutto concentrata a non mostrare quanto il complimento le fosse piaciuto.
Per quanto riguardava il cibo, Percy non aveva di che preoccuparsi: malgrado Audrey non spiccasse per talento in cucina, si era fatta aiutare da una vicina di casa per preparare il miglior arrosto della sua vita, che ora era in forno a rosolare per bene.
Un delizioso profumino si spandeva per la casa, e il mago si stava già leccando i baffi.
Audrey fece strada in cucina, mostrò la sua parete della fantasia, dove Percy individuò uno schizzo a colori di una ruota panoramica, e lo invitò ad accomodarsi.
«Il tuo odio per le fotografie è sempre da imputare al me e al mio scherzo con la vernice?», domandò il mago osando non poco.
Sorpresa, la ragazza sembrò arrabbiarsi, ma alla fine sorrise. «Non ruota tutto intorno a te, sai Weasley? È stata mia nonna», confessò, «quando ero piccola amava vestirmi come una bambolina e portarmi dal fotografo per uno scatto da mandare a qualunque nostro parente sulla faccia della Terra. Odiavo quei pomeriggi, prima mi torturava per prepararmi, poi quelle sessioni in posa… Foto spaventosamente innaturali, la più orrenda con un cigno impagliato che mi fece una paura folle».
«Ed esiste qualche prova cartacea di questa tortura fotografica?», domandò ancora Percy, divertito. Audrey così combattiva che si lasciava spaventare da un volatile impagliato!
«Non le avrai mai, neanche passando sul mio cadavere», ringhiò lei. Era di nuovo la Audrey combattiva e orgogliosa… Come sapeva cambiare in pochi istanti.
Percy ridacchiò, trovandola adorabile: «Se ti consola, mia zia Muriel ha sempre cercato di farci vestire secondo la moda magica del secolo scorso, in confronto gli abiti in stile marinaro erano comodi e pratici… E per niente imbarazzanti».
«E di questo esistono prove fotografiche?», chiese di rimando Audrey, improvvisamente interessata.
«Dovrai passare sul cadavere mio e dei miei fratelli, siamo sempre stati ritratti in gruppo», fu la risposta di Percy, assolutamente tranquillo.
In quel momento il timer del forno suonò, la ragazza si armò di presine e tirò fuori la teglia con il magnifico arrosto. Il mago si offrì di tagliare la carne al posto suo, ma declinò: era suo ospite, non esisteva farlo lavorare. «Buon appetito», augurò quando ebbe fatto con due colpi di bacchetta.
La cena fu deliziosa: Audrey continuò a raccontare del suo omonimo mito e Percy in cambio la fece ridere con aneddoti sulla sua famiglia. «Quindi, è un bene che mia madre non sia arrivata a chiamare Celestina, in onore della sua cantante preferita, la sua unica figlia femmina. Ginny ringrazia spesso per aver scampato un simile nome».
«Sarebbe stato un pessimo modello di vita», commentò Audrey dopo essersi pulita la bocca nel tovagliolo, «le canzoni di quella donna sono così melense…»
«Pensa cosa avrebbe potuto combinare in quel caso! Ti ricordi il suo primo e unico tentativo di scrivere una poesia?»
Entrambi scoppiarono a ridere all’idea di quel tragico San Valentino firmato Gilderoy Allock: che incubo, tra quei nani travestiti da cupidi e i coriandoli piovuti per tutto il giorno dal soffitto della Sala Grande!
«Hai rischiato che mi vendicassi, in quell’occasione», ammise lei visto che si stava ricordando l’occasione, «avevo in mente di scrivere un componimento ancora più imbarazzante di quello pensato da tua sorella, e fartelo recapitare a nome di Mirtilla Malcontenta… Ma alla fine non trovai il tempo, e poi sono negata con le parole».
«Sono contento che tu non l’abbia fatto».
«Perché, sarebbe stato troppo mortificante per il perfetto Perce?», domandò lei improvvisamente offesa. Forse se avesse messo in atto quel piano avrebbe rovinato la relazione del mago con Penelope, era per questo che lui era felice?
«No, perché se fosse andata così tu non avresti mai accettato di incontrarmi ancora… Non mi avresti verniciato, e ora con buone probabilità non saremmo qui. Sono felice che tu abbia deciso di vendicarti solo adesso».
Quella risposta spiazzò completamente Audrey. Era meglio di un ti amo, era meglio di qualunque dichiarazione avesse mai ricevuto da un ragazzo. Non riuscì neanche a trovare le parole per rispondere, sebbene condividesse quel sentimento: incredibile, aveva pensato a una piccola ripicca da niente ed ecco in cos’era coinvolta!
In quel momento, un miagolio offeso si sentì da sotto il tavolo: Percy prese con due dita l’ultimo boccone di arrosto e allungò la mano verso il basso, così da offrire la carne al gatto. Sotto lo sguardo di Audrey, che si era chinata per assistere alla scena, Artiglio si avvicinò diffidente al mago, annusò discretamente ciò che gli veniva proposto e in un lampo si avventò a mangiare. Finì per leccare con gusto le dita dell’uomo, che si lasciò sfuggire un risolino per il solletico. Dopo qualche secondo il micio scomparve di nuovo a nascondersi chissà dove, ma il progresso fatto era incredibile.
«Successo su tutta la linea», commentò felice Audrey, prima di iniziare a sparecchiare. «Molto bravo».
Percy sorrise e mosse la sua bacchetta per anticipare Audrey, che aveva cominciato a lavare i piatti a mano. «Lascia, faccio io».
Lei sorrise e propose di vedere un film della sua attrice preferita, così da fargli capire meglio perché l’adorasse tanto; non ci trovò niente di male, in fondo ampliare un poco la sua conoscenza del mondo babbano non poteva certo nuocergli…
Audrey scelse Colazione da Tiffany, fece partire il dvd e si accoccolò con Percy sul divano, prima di abbassare l’intensità delle luci.
Rimasero in silenzio per tutta la durata della pellicola, tempo in cui il ragazzo poté apprezzare la vicinanza della strega; si sentiva bene con lei come da tempo non gli capitava spesso, ed era una sensazione davvero piacevole. «Non è stato meraviglioso?», commentò estasiata alla fine del film, cercando un segno di commozione in Perce.
«È una bella storia, credo», disse il mago, poco abituato a sentir parlare di certe signorine, «e lei è proprio brava».
Audrey sembrò poco convinta. «Lo dici solo per non farmi arrabbiare, non ti è piaciuto».
«Non è vero! Non ti mentirei mai, non più almeno», rispose lui prima di lanciarsi a farle il solletico.
Con troppa enfasi, forse.
«Dannazione, Perce, non devi mica placcarmi», esclamò infatti lei. «Hai deciso di giocare a rugby domestico senza informarmi?»
improvvisamente, però, Audrey si zittì e interruppe le sue lamentele: con la mossa poco delicata di Perce, adesso i due erano sdraiati uno sull’altra, a distanza ravvicinata da bacio. Distanza che venne rapidamente eliminata. In una maniera decisamente molto interessante.
Quando la ragazza riaprì gli occhi e riprese fiato, tuttavia, notò che Percy stava guardando l’orologio.
«Vuoi andare via?», chiese spiccia, un po’ delusa. Perché quello scemo doveva sempre comportarsi da bravo bambino? Ok, disse a se stessa, non proprio sempre… Ma comportarsi come se avesse il coprifuoco era sciocco!
Percy non la guardò, indeciso. «Io…»
«Perché io non voglio che tu te ne vada».
L’aveva detto. E forse non era arrossita come se fosse lei una bambina. Il suo ragazzo taceva.
«Perce?»
«Fermami, prima che il mio cervello trovi un motivo idiota per tornare a casa», rispose Percy. Era arrossito fino alla punta dei capelli.
Audrey sorrise. E lo fece.




Eccomi di nuovo qua... Mi spiace per averci messo tanto, ma mi è venuto un po' di blocco su questo capitolo... Un blocco lungo, ma spero che sia passato. Ho già in cantiere il prossimo. Alla prossima! ^^

Rowi

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 16. Servizio in camera, Perce! ***


Equilibrio, era tutta una questione di equilibrio.
Percy entrò nell'appartamento di George facendo attenzione a evitare le assi del pavimento che scricchiolavano, con le scarpe in mano per essere ancora più silenzioso.
Era quasi mattina, e le sue possibilità di infilarsi nel proprio letto senza farsi notare dal fratello erano sempre più scarse, purtroppo: doveva assolutamente evitare di essere scoperto, se non voleva passare la giornata peggiore della sua vita… Perché sì, George non gli avrebbe reso niente facile se avesse intuito cos’era successo e Perce non poteva permettergli di rovinare un momento così speciale.
Era stato benissimo, con Audrey. Forse come mai gli era capitato, sebbene non fosse sicuro di avere sufficiente esperienza per simili paragoni. Inutile dirlo, però: si era sentito felice, per davvero, e non si pentiva di niente.
Scivolò lungo il corridoio con un’agilità che mai avrebbe pensato di possedere; aveva escluso la possibilità di Materializzarsi direttamente nella sua stanza, ma George aveva l’orecchio estremamente sensibile per certi rumori e in più, ora che aveva lasciato in ingresso scarpe e giacca, avrebbe potuto giustificarsi in qualche modo nel caso il fratello l’avesse beccato in giro per casa a quell’ora.
Aprì lentamente la porta della sua stanza e, felice, ci si fiondò dentro: ce l’aveva fatta, era in salvo, pensò soddisfatto, quando una voce proveniente dalla sua sedia lo gelò sul posto.
«Ti sembra questa l’ora di tornare a casa, Percevald Ignatius Weasley?»
Oh no. No no no. Sua madre?
Percy era sconvolto, non riusciva neanche a replicare: possibile che George si fosse abbassato al punto di chiamare la mamma non vedendolo rientrare? I due erano ancora al buio, e il ragazzo non si sentiva pronto ad affrontare lo sguardo accusatorio della donna, né a spiegarle perché avesse fatto così tardi.
«Mamma… Che ci fai qui?»
«Che cosa ci faccio qui?», ripeté la donna, abbastanza incaponita, «Tuo fratello, si è preoccupato molto, è spuntato a casa nostra chiedendo di te perché non sapeva dove fossi a quest’ora indecente: ti sembra il caso di farlo spaventare in questo modo?»
Il ragazzo aveva iniziato a sudare, disperato. Possibile che una serata così bella dovesse finire una maniera tanto orribile? «Calmati, per favore, non è come sembra…»
«Di tutti i miei figli sei l’ultimo da cui mi sarei aspettato una simile sciocchezza, Perce! Voglio sperare che tu faccia sul serio con quella povera ragazza, e che la chiederai in moglie il prima possibile».
Povera ragazza. Audrey. Per fortuna la madre non aveva potuto raggiungerlo a casa della suddetta povera fanciulla, altrimenti avrebbero dato uno spettacolo che avrebbe cambiato idea molto rapidamente sull’innocenza del suo terzogenito e della ragazza che aveva così orribilmente circuito. Si sentì le orecchie andare in fiamma, al ricordo di cosa avevano fatto, ma cercò di controllarsi.
«Chiederla in moglie? Non ti sembra un po’ prematuro, mamma?»
Insomma, tu eri già incinta di Bill quando sei convolata a nozze… Lo sapevano tutti, in famiglia, eppure, quando si parlava dei suoi figli, Molly Weasley sapeva diventare particolarmente conservatrice.
Sua madre, tuttavia, parve non sentirlo. «Domani voglio assolutamente conoscerla, sia chiaro, non accetterò alcuna scusa da parte tua, Perce!»
No, doveva inventarsi qualcosa per impedire un simile incontro, o la sua relazione sarebbe andata al diavolo… Un momento, sua madre che lo chiamava Perce ben due volte? Ma se odiava storpiare il nome del suo terzogenito!
Un orribile sospetto s’insinuò tra i suoi pensieri. Impugnò la bacchetta e pensò intensamente la formula di uno degli incantesimi proibiti che, suo malgrado, aveva imparato a Hogwarts. Levicorpus.
Sentì il movimento provocato dalla sua magia, la madre che si ribaltava e finiva a mezz’aria. «Come ti permetti di comportarti così con tua madre? Sono davvero delusa, Percevald!»
Prima che potesse continuare la frase, Perce usò ancora la bacchetta per accedere in un colpo solo tutte le candele: aveva visto giusto, a guardarlo a testa in giù, appeso per la caviglia, non c’era la madre, c’era George. «Oh… Ciao, Perce», salutò con aria colpevole ancora parlando con una voce non sua.
«Ma che diavolo ti sei messo in testa? Ti sembrano scherzi da fare? E smettila di imitare la mamma, mi hai fatto prendere un colpo!»
«Per questo dovrai aspettare domani mattina, la mia nuova invenzione è a lunga durata», rispose sornione il fratello, «caramelle cambia voce, ne mastichi una e pensi intensamente a una persona per parlare con la sua voce; devo ancora pensare un nome… Qualche idea?»
«Chiamare il San Mungo perché t’internino insieme ad Allock così che possiate scambiarvi le figurine delle Cioccorane, ecco la mia idea!»
«Suvvia, tu hai fatto tardi e io ho pensato di approfittare dell’occasione per fare una prova: l’effetto era davvero realistico, non trovi anche tu?»
Altroché, ammise con se stesso Perce, deciso lo stesso a non dare soddisfazioni al fratello. Lo liberò dall’incantesimo: «Spero che tu sia contento, ora io voglio dormire. A domani!»
George non era certo disposto a farsi liquidare così: poteva aver imitato la madre, ma non si sarebbe certo fatto sfuggire questa occasione per torturare il fratello. «Eh no caro, ora voglio sapere tutto: che è successo da farti tornare a casa così tardi?»
«Non sono affari tuoi, hai già avuto i resoconti di tutte le nostre uscite, è il momento giusto per iniziare a essere un po’ più discreto».
«Se è questa l’occasione giusta vuol dire che è successo qualcosa… Avanti, sputa il rospo!»
Perce si sentì arrossire di nuovo, ma s’impose di tacere. Non gli avrebbe permesso di rovinargli la serata. «È successo quello che è successo, ma tanto non te lo dico, perciò lasciami stare».
Il fratello minore tentò di convincerlo ancora, ma Percy era davvero ostinato e non aveva intenzione di cedere. Provò di nuovo con il solletico, ma senza attacco di Puffole Pigmee a tradimento fu facile per il maggiore bloccarlo, provò a fare un incantesimo a tradimento, ma ancora fu fermato. Accidenti, non aveva mai visto il suo occhialuto fratello così ostinato!
«Se vuoi comincio a fare un elenco e tu annuisci quando indovino», propose alla fine George, pronto a raggiungere un nuovo picco di sadismo. Aveva già molte idee abbastanza perverse che gli passavano per la testa, ma Percy si rifiutò di stare al gioco.
«No, adesso basta», esclamò abbastanza irritato, «io non ti ho dato tanto fastidio quando hai iniziato a uscire con Angelina, perciò ora tu esci dalla mia stanza e la smetti con tutte queste sciocchezze. È stato divertente per un po’, ma ora devi smetterla».
«Avanti, Perce, non prendertela così… Volevo solo scherzare. Se non vuoi dirmi che è successo va bene, tienitelo per te», replicò un po’ mogio George, sembrando pronto ad accontentarlo, finalmente.
Il momento di resistenza di Perce si sgonfiò subito. «Non voglio che tu scherzi, è stata una serata molto importante», spiegò con tono più morbido.
La stanza era spoglia, senza decorazioni se non alcune foto di famiglia, e George fece attenzione a non ricambiare gli sguardi dei parenti immortalati: sicuramente lo avrebbero biasimato per la sua pessima condotta. Non ci poteva fare niente, era più forte di lui: Percy stava diventando grande e lui non poteva esentarsi dal prenderlo in giro.
Vedere il fratello così, tuttavia, lo fece sentire strano, in qualche modo, un intruso in quel momento così importante per l’altro, che lo fece desistere, questa volta sul serio, senza abbassare semplicemente il tono per convincerlo a farlo parlare.
«Va bene, allora è meglio che tutti e due andiamo a dormire, soprattutto tu, che ti sei dato alla pazza gioia», commentò con un sorriso sornione, «vorrei solo sapere una cosa».
«Ti avviso che non risponderò a domande stupide o volgari, sappilo», disse Perce per mettere le mani avanti, conoscendo di cosa poteva essere capace suo fratello.
«Quando la rivedrai?»
Oh, solo questo? Sembrava fin poca cosa… Doveva esserci una strana macchinazione dietro, eppure non riusciva a trovarla. «Domani mattina», rispose dunque, «visto che sono scappato come un ladro da casa sua, facciamo colazione insieme al Ministero». Le orecchie gli diventarono rosso fiamma, imbarazzato. «Perché?»
«Mi sembra chiaro, perché io verrò con te!», rispose George con semplicità, mostrando uno dei suoi soliti ghigni diabolici. «Visto che questa signorina ti rende così felice, mi sembra giusto che io la conosca».
«E chi saresti tu, mia madre?»
«A quanto pare…»
Perce cercò di ribattere ed evitare così l’impossibile, terrorizzato alla semplice idea che Audrey incontrasse di nuovo George, s’infuriasse e mandasse al diavolo lui e il fratello che stava frequentando. I suoi timori non era infondati, a pensarci bene: se la ragazza aveva ricambiato la secchiata di vernice alla prima occasione che le si era presentata dopo tanti anni, cosa avrebbe mai fatto a George?
Non voleva pensarci.
Il mattino dopo, dunque, Audrey vide ben due teste rosse invece che una avvicinarsi al suo tavolino della caffetteria del Ministero. Una era decisamente di troppo per i suoi gusti, soprattutto perché anche da lontano aveva riconosciuto il ghigno sarcastico proprio dei gemelli. Tra tutti i parenti di Percy, proprio George le doveva capitare?
Se Perce si fosse portato Bill, o Charlie perfino, l’incontro sarebbe stato imbarazzante ma controllabile, mentre con il re degli scherzi non c’era da stare tranquilli.
«Vedo che ti sei portato dietro lo chaperon», commentò quando i due la raggiunsero, proprio mentre il suo ragazzo si stava avvicinando per darle un bacio. Percy arrossì immediatamente e andò a sedersi mogio, senza dire una parola.
«È colpa mia, mi dispiace: non è riuscito a liberarsi di me, per quanto ci abbia provato fino all’ultimo», rispose George ridacchiando e allungando una mano verso di lei. «Vuole tenerti tutta per sé, questo è sicuro».
«Perché le persone normali in genere scappano, quando hanno a che fare con la nostra famiglia», brontolò Percy, «soprattutto se si tratta di te».
Non era la colazione che i due piccioncini avevano immaginato, neanche un po’: Audrey aveva acconsentito che il mago tornasse a casa la sera prima, nonostante non fosse d’accordo, per non destare sospetti nell’essere demoniaco che in quel momento le sedeva di fronte. Avrebbero dovuto gustarsi il caffè in santa pace, sereni, loro due soli.
Anche Percy iniziava ad arrabbiarsi con se stesso per l’ansia della sera prima: se avesse saputo che sarebbe finita così, si sarebbe fermato a dormire a casa di Audrey senza pensarci due volte!
Notando l’espressione corrucciata che aveva messo su il fratello, George cercò di scherzare. «Avanti, non fare il bambino: non sono poi così terribile, quando mi conosci bene».
«No, peggio!», disse Perce, ancora arrabbiato. «Sbaglio o hai fatto scappare l’ultima ragazza di Charlie a gambe levate, quando l’ha portata a casa per presentarla a mamma? Se ha resistito mezz’ora alle tue prese in giro è tanto».
«Sbaglio o Charlie l’ha portata alla Tana proprio perché nel conoscerci lei prendesse il volo?», fu la risposta di George, con lo stesso tono usato dal fratello. «Non voleva essere lui a rompere la storia e ha usato questo trucchetto. Caffè?»
Quest’ultimo scambio non piacque per niente ad Audrey, che li guardò in cagnesco. «Quindi vi siete presentati in coppia solo per scaricarmi?»
«Oh no, certo che no», replicò alla svelta George, osservando con la coda dell’occhio suo fratello che rischiava di strozzarsi col caffè; gli batté la schiena un paio di volte, finché l’altro non prese a tossire, paonazzo, e continuò a parlare con la ragazza come se niente fosse. «Volevo solo incontrarti: Perce è così felice e sereno negli ultimi tempi, specie da ieri sera… Volevo conoscere l’autrice del miracolo».
Audrey diventò tutta rossa, ancora. «Ma come parli? Sembri sua madre…»
«Se preferisci un incontro direttamente con lei non hai che da chiedere», rispose George senza neanche lasciarle il tempo di imbarazzarsi, «ti avverto, però, è ancora convinta che Perce abbia una qualche virtù da tenere in fresco per il matrimonio, perciò non fare scivoloni».
Ecco, questo avrebbe potuto essere il colpo finale, per entrambi i piccioncini. La ragazza ringraziò mentalmente i genitori per non averle mai regalato un fratellino, mentre Percy si domandò, per l’ennesima volta, perché non era potuto nascere figlio unico.
Intanto, il terzo incomodo continuava a dare spettacolo, godendosi i risultati del proprio irresistibile charme. «Non voglio sconvolgerti, ma nostra madre è davvero certa che arriveremo tutti all’altare in bianco», ridacchiò, «credo lo pensasse anche di Bill che, insomma, non è certo un modello di castità… Almeno per Charlie ha gettato la spugna, ma è molto improbabile che Charlie si sposi, quindi evita di porsi il problema». E aggiunse che, visto quanto la signora Weasley teneva a queste cose, fino a quel punto nessuno si era mai anche solo sognato di illuminarla su come stessero davvero le cose.
Percy annuì, questa volta d’accordo col fratello. «Bisognerebbe essere folli per rivelarle una cosa del genere», sbuffò, «e, francamente, posso immaginare almeno dieci modi meno dolorosi per cercare il suicidio».
Questa volta, la battuta piacque anche ad Audrey, che scoppiò a ridere e iniziò a rilassarsi. Forse quell’incontro non era una brutta idea; i Weasley erano un vero e proprio clan e, da quello che aveva capito, non era possibile avere a che fare solo con uno di loro. Non che le dispiacesse, doveva solo… abituarsi all’idea. E se superava la prova con George, che forse era il membro della famiglia che più sapeva innervosirla, il gioco era fatto.
Lo disse. «Quindi questa è la prova del nove, George?», domandò con un sorriso sarcastico, «Se sopravvivo oggi, sarò a metà…»
Strabuzzò gli occhi all’improvviso e non finì la frase, sentendosi improvvisamente strana, come se fosse nel posto sbagliato. Come se avesse pronunciato le parole sbagliate.
Nell’ultimo periodo, prevedendo che prima o poi avrebbe incontrato George – anche se mai si sarebbe aspettata una simile imboscata – si era ripromessa di stare attenta a non usare frasi che potessero ricordargli l’assenza di Fred; parole come due, metà, perdita… Non ci aveva proprio pensato, maledizione!
Chinò il capo, rossa, sentendo lo sguardo di Percy che non capiva il suo strano cambiamento d’umore.
«Sarai a metà dell’opera, Audrey», finì per lei George, la voce calma e serena, senza drammi. «È passato il periodo in cui andavo in panico per le frasi fatte, tranquilla».
La ragazza, tuttavia, non disse nulla, e il giovane mago domandò al fratello se, per cortesia, poteva andare a prendere le ciambelle e un’altra caraffa di caffè; Percy sembrò voler ribattere, ma improvvisamente si sentì di troppo e, pur infastidito da quella percezione, si alzò e li lasciò soli. Del resto, sapeva che si sarebbe parlato di Fred… E lui preferiva rimanere fuori portata, vigliaccamente.
George attese qualche secondo, quindi ricominciò a parlare. «Allora, prima regola se vuoi frequentare mio fratello: non devi farti problemi con me per queste sciocchezze. Sul serio, dico davvero: ci sono state già troppe parole vietate, troppe scene come questa, sperando di non ferirmi, di non urtare la mia sensibilità… Sono stato male molto a lungo, è vero, ma non vivo in una bolla».
«Mi dispiace, io mi sono sentita inopportuna…»
«Ti sei persa quel periodo, a dir la verità, quando scattavo per ogni piccola parola, quelle sciocchezze dette senza pensare che io potessi collegarle a Fred», ribadì George sorridendo. «Tutti mi trattano con le pinze, quando cominciano a conoscermi, ma vorrei saltare questa fase con te, se non ti dispiace».
«È che…», Audrey non sapeva come spiegarsi. «Ero abituata a vedervi sempre insieme!»
George si sfregò le dita sulla nuca, continuando a ridere. «A chi lo dici, sorella. Sai… Non è stato come perdere una parte del corpo, come pensano in molti, sono senza un compagno. Non un innamorato, sia ben chiaro, ma qualcuno con cui condividere tutto. Ancora adesso, a volte mi giro per chiedergli un parere. È un bene che ci sia Perce a rispondermi».
Questa volta fu la ragazza a sorridere, chiedendosi se i due fratelli avessero mai avuto uno scambio del genere. «Percy non ne parla spesso. Non che debba farlo per forza, sia chiaro».
Entrambi guardarono Percy mentre avanzava con la coda verso la cassa.
«È rimasto molto turbato dalla morte di nostro fratello», disse George senza distogliere lo sguardo, «e da una cosa che gli ho detto io».
Audrey capì. «Mi ha accennato a quella volta…», lo anticipò, per evitare che si sentisse costretto a ripetere una cosa tanto orribile e sentirsi in colpa una volta di più. Perché che George fosse sconvolto a quel pensiero era evidente.
Vorrei che fossi morto tu! Anche se non aveva fratelli, Audrey capiva benissimo perché i due ancora fossero bloccati da una frase del genere, anche se detta in un momento di rabbia.
«Il punto è che anche Percy lo pensa».
Anche questa era sconvolgente. La strega fissò negli occhi il ragazzo, leggendovi solo tristezza. «Cosa?»
«O almeno, così pensava fino a poco tempo fa», si corresse George. «Nei primi tempi, quando si è trasferito da me, pensava di dovermi tenere d’occhio. Io l’ho ferito e lui ha cominciato a deprimersi; ci siamo tenuti d’occhio a vicenda, alla fine, e forse è stato meglio così. Abbiamo evitato che l’altro commettesse una sciocchezza, e siamo qui».
«Non è proprio la versione che mi ha raccontato Percy», commentò Audrey, abbastanza in agitazione. Non riusciva a crederci…
George tornò serio. «Non è certo una storia da primo appuntamento, non trovi? Si vergogna molto, se sapesse che te l’ho raccontato mi ucciderebbe», disse. «Sai perché l’ho fatto?»
La ragazza scosse il capo, senza sapere che rispondere. Per una volta, di certo lo scopo non era deridere il fratello.
«Perché da qualche tempo Percy è di nuovo felice, ed è merito tuo. E anche mio, visto che ho proposto questa trovata…»
«Adesso non ti montare la testa», esclamò Audrey, quasi dispiaciuta che quel momento serio fosse al termine. «Io non credo di aver fatto poi molto, insomma, l’ho anche portato sulle montagne russe sapendo che soffre di vertigini!»
George rise di gusto; il resoconto di quell’episodio l’aveva divertito come poche cose al mondo, in effetti. «Scherzi? Lo hai reso un Weasley, finalmente. Si è liberato dai suoi freni, o meglio, lo sta facendo. Potrebbe finire l’opera tra qualche millennio, vista la sua velocità, ma è già qualcosa». Poi tornò serio, tutto di colpo. «Io e Perce siamo strani, lo so benissimo, ma ti do un avvertimento: fagli del male e dovrai cambiare nazione per sentirti al sicuro dalla furia dei Weasley».
Oh, una minaccia in pieno stile da fratello preoccupato? Questa proprio non se la sarebbe aspettata da George! Tuttavia, Audrey rimase tranquilla.
«Io non ho alcuna intenzione di fargli del male. Non l’avrei mai detto, ma anche io mi sento felice insieme a lui».
«Era quello che speravo di sentire», commentò George con un sorriso.
Proprio in quel momento, Percy ricomparve al tavolo con tre ciambelle al cioccolato. «Il caffè ce lo portano subito», disse sedendosi di nuovo accanto alla sua ragazza. «Che mi sono perso?»
I due si guardarono e immediatamente decisero di mantenere il segreto. «Niente, assolutamente niente».




Lo so, ci ho messo moooolto più del previsto... Sono un po' incasinata tra tutte le cose che sto facendo, tra università, lavoro ecc ecc... Spero di metterci meno la prossima volta, sto producendo! ^^

Grazie a Sklupin, Yuff, Ernil, BAbyDany94 e Cicciolgeiri che hanno recensito lo scorso capitolo! Sklupin, il mio sadismo... Eheheh, sono fatta così (e poi, visti i miei tempi da dinosauro, come faccio sennò a tenermi i lettori? XD)! Ernil, sono contenta che tu stia rivalutando il personaggio: secondo me Percy ha molto potenziale, come soggetto, e bisogna rivalutarlo un po'... Poi è naturalmente molto comico, si presta a un sacco di cose. Io mi diverto molto a scrivere di lui (se non si fosse capito! XD)! Ti ringrazio per i complimenti. È un peccato che come coppia non decolli, secondo me c'è così tanta carta bianca su cui lavorare... Che è la migliore delle situazioni, per me, puoi fare tutto quello che vuoi!
Al prossimo capitolo,

Rowi

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 17. Bel colpo, Perce! ***


Angoletto dell'autrice: Tadan! Anche per Perce capitolo nuovo, poi per un po' dovrò concentrarmi solo sullo studio, purtroppo, se voglio dare gli esami che mi sono prefissata. Spero piaccia, anche se la nostra coppiettina qui sarà presente solo per poco. Grazie a chi ha recensito!
@Ernil: Guarda, non pensavo che fosse così facile divertirsi con Perce, invece si presta molto bene! Forse sembra difficile perché è un personaggio diverso dagli altri, diciamo, ha un carattere più particolare che richiede molto tatto... Però secondo me uscendo dallo stereotipo del secchione e della persona seria fino alla nausea, è davvero spassoso. Per i nodi... Volevo affrontare la morte di Fred da quando ho letto il settimo libro, però evitando le cose facili; mi interessava soprattutto come superare questo dramma, come avrebbero reagito le persone intorno, oltre a George, che ovviamente è rimasto sconvolto. Sono contenta che ti piaccia come ho sistemato le cose.
@Sklupin: Ciao, eccomi qua! Beh, se ti è piaciuto tanto lo scorso capitolo... Dovrebbe interessarti molto anche questo!
@BabyDany94:Ti ringrazio, spero che ti piaccia anche questo!
@JuliaWeasley: Oh ciao, ben trovata! ^^ Beh, che mi piacciano i personaggi praticamente ignoti si sa... Volevo dare un bel peperino a Percy, per una storia d'amore bella ma senza i soliti cliché... Sono soddisfatta del risultato! XD E sono contenta che piaccia, ormai mi sono affezionata un sacco a Audrey... Sullo stile, è un periodo che sono fissata coi manga, in particolare con la capacità che hanno i loro autori di mescolare scene totalmente deliranti e demenziali con situazioni serie e profonde, in un mix meraviglioso. L'idea è quella, in salsa potteriana! Spero che ti piaccia anche questo.
Buona lettura!


L’incontro non si protrasse a lungo: George, soddisfatto dal modo in cui Audrey gli aveva risposto, si fermò qualche minuto ancora a mettere in imbarazzo Percy, tanto per far sapere alla ragazza che nulla sarebbe cambiato dopo la loro chiacchierata, e infine levò le tende ricordando che lui lavorava, che aveva un negozio da aprire e che se suo fratello avesse sgarrato l’orario lo avrebbe punito severamente. Il tutto ridendo, perciò i due innamorati non sapevano se prenderlo sul serio.
Ad ogni modo, George salutò la coppietta felice e sparì in uno schiocco.
«Non ti ha dato fastidio, vero?», domandò Percy dopo qualche istante di silenzio, «Voglio dire, che sia venuto con me. Se avessi potuto lasciarlo a casa, giuro che l’avrei fatto».
Era infastidito e lo lasciava intendere apertamente; George avrebbe dovuto essere rinominato Cavallo Pazzo, in certe occasioni!
Audrey, tuttavia, scosse il capo. «Affatto: temevo peggio, se devo essere sincera, ma alla fine è stato un incontro piacevole. In fondo, siete una confezione formato famiglia, no?», disse riprendendo la battuta che il mago aveva fatto al loro primo appuntamento, riuscendo così a strappargli un sorriso.
Gli fece bene: Percy cominciò a rilassarsi, sebbene fosse pieno di vergogna per altri motivi, tipo la sera precedente, o meglio, la sua conclusione, ma in fin dei conti era felice di vedere Audrey a proprio agio con la sua famiglia. Ora che era stato riammesso nel clan, non se ne sarebbe separato per nulla al mondo. «E riguardo a ieri?»
 «Riguardo a ieri… cosa?», lo stuzzicò la ragazza, divertendosi un sacco.
Poteva anche essere successo qualcosa di fantastico la sera precedente, ma certo non significava che avrebbe perso le buone abitudini! E visti i ritmi di presa in giro sostenuti da George, doveva darsi da fare per rimanere in pari.
Percy arrossì: «Tutto bene, no? Non ti ha dato fastidio che me ne sia andato dopo… Ti prego, non sono ancora abbastanza Weasley per parlarne esplicitamente in un luogo pubblico!»
«Che scemo», esclamò la ragazza ridendo. «Comunque sì, non mi ha provocato alcun trauma emotivo non aver dormito insieme; anche se visto il numero di poco fa, potevi anche evitare di fuggire da casa mia come un ladro».
Non me ne parlare, fu il pensiero del mago, e devo considerarmi fortunato visto che George ha avuto il buongusto di non tirare fuori la storia delle caramelle cambia voce!
Finalmente soli, si alzò e andò a sedersi di fronte alla ragazza, dove prima stava suo fratello, così da poterla guardare per bene in viso. «Ci tenevo solo a farti capire che io avrei davvero voluto rimanere…»
«Lo so, Perce, l’hai ripetuto almeno un milione di volte anche ieri sera!» disse Audrey interrompendolo, ancora molto divertita. «Dovresti aver capito che io non sono una di quelle donne che hanno bisogno di tenere il proprio fidanzato per mano in ogni momento del giorno, o di dormire abbracciati stretti stretti fino a morire soffocati, perciò rilassati».
In realtà, le coccole in posticipo le piacevano molto, ma si sarebbe sempre rifiutata di confessarlo, primo perché non le voleva per cortesia – dovevano essere spontanee – e poi perché non desiderava mostrarsi troppo dolce e fragile.
Dopo che il ragazzo se n’era andato, aveva dormito con i suoi gatti, e probabilmente Briciola e Artiglio avevano avvertito la malinconia che le era venuta, perché si erano lasciati carezzare e tenere stretti per tutta la notte. Tuttavia, Audrey non lo avrebbe mai rivelato, neanche sotto tortura: erano stati bene, perciò avrebbero avuto altre occasioni anche per dormire insieme.
«E quindi che ha combinato quel matto, quando sei rientrato?» domandò curiosa, vedendo che Percy cominciava già a sudare freddo.
Oh no, non poteva averlo chiesto davvero… Percy giocherellò con il cucchiaino rimestando lo zucchero che aveva versato nel caffè, prima di decidere se parlare o no; in fondo, aveva già sperimentato cosa poteva capitargli per aver detto alla ragazza una bugia, poteva sempre limitarsi a modificare un pochino la realtà e sembrare un po’ meno disperato di com’era stato quella notte.
La ragazza si mise comoda, pregustando che la storia le sarebbe piaciuta; puntò i gomiti sul tavolino e posò il mento sulle palme aperte, sorridendo. Se poi Perce ne fosse uscito davvero male, avrebbe sempre potuto ricompensarlo in qualche modo.
Percy cominciò a raccontare, sentendosi mortificato, e la chiacchierata dei due andò avanti per un’altra mezzoretta – troppo poco, per la strega – perché lei doveva presentarsi nell’ufficio del Ministro, vista l’ora.
Il bacio con cui salutò il mago, prima di entrare al lavoro, per Perce bastò a ripagarlo per la brutta figura, la comparsata di George e, sì, anche del colpo al cuore che aveva preso la sera prima rientrando a casa.
Si misero d’accordo per vedersi qualche sera dopo, visto che stava per arrivare una delegazione di varie Creature Magiche per discutere una nuova carta dei diritti più aperta e tollerante nei loro confronti. Kingsley e il suo staff sarebbero stati presto sommersi dal lavoro, gli spiegò Audrey, lei compresa.
«Vorrei tanto vedere la faccia della Umbridge in questa occasione, giuro», sghignazzò il ragazzo all’idea. La megera non lavorava più per il Ministero – anche se era stata sotto l’influsso negativo del medaglione maledetto da Voldemort, la sua posizione non era stata difendibile, e inoltre chiunque era convinto che la possessione era riuscita così bene perché la donna era già incline a certe idee, specie la tortura.
Audrey ridacchiò, della stessa idea. «Ma non stare troppo a rimuginare su quello che è successo, Perce», gli disse ammiccando, «perché vorrò presto un bis!»
Percy arrossì di nuovo come uno scolaretto e si gelò sul posto, senza neanche riuscire a salutarla, ma quando la strega entrò negli uffici del Ministro sorrise, felice. Che demonietto!
Tutto eccitato – ma da quanto tempo non si sentiva così? – uscì dal palazzo e si diresse verso Diagon Alley, senza però correre; doveva andare al lavoro, certo, ma non aveva la minima fretta di arrivare a destinazione, dove George sicuramente aveva già preparato tutta una serie di nuovi commenti e battute per commentare l’incontro con Audrey. Tuttavia, per la prima volta a pensarci bene non gli importava affatto: che poteva mai dire suo fratello da rovinargli una giornata così bella?
Nulla, assolutamente nulla! Si sentiva leggero e felice da essere intoccabile, in quel momento.
Era qualcosa di nuovo, per lui: aveva sempre cercato la perfezione e con ciò aveva ottenuto in cambio solo scherzi e cattiverie, anche sul lavoro. E non parlava del negozio di scherzi.
Doveva davvero sciogliersi, finalmente l’aveva capito; prima con George, ricostruendo con fatica il loro rapporto, poi con Audrey…
Quand’era con lei, Percy lasciava che gli eventi seguissero il loro corso e il risultato finora era davvero ottimo. Con questo spirito, avanzò deciso verso il numero 96 di Diagon Alley, per scoprire che la serranda era ancora abbassata.
Il negozio era chiuso e di George non vi era alcuna traccia.
Perce entrò in casa e controllò l’appartamento, quindi scese in laboratorio e in magazzino alla ricerca del fratello, ma nulla.
Ghignando, alzò le spalle e girò sui propri tacchi: al Ghirigoro doveva essere arrivato un suo ordine, perciò s’incamminò senza curarsi dell’assenza del suo capo; mezza giornata dedicata ai libri, dopo la notte precedente, era davvero il massimo.
Evidentemente l’amore aveva accecato il suo giudizio, perché in circostanze normali avrebbe notato che perdere ore di lavoro e quindi di guadagno proprio non era tipico di suo fratello e quindi, se I Tiri Vispi era ancora chiuso, doveva esserci sotto qualcosa.
Appena uscito dal Ministero, infatti, George si era Materializzato in casa di Bill, cogliendolo in flagrante con la sua bella mogliettina.
«Ma che diavolo, mi libero di un fratello inopportuno e tu ne prendi subito il posto?», tuonò il fratello maggiore dopo essere ruzzolato dietro il divano; Fleur invece si era direttamente Smaterializzata – probabilmente ricomparendo dritta in camera da letto per indossare qualcosa e apparire presentabile. «Non potevi andare alla Tana e richiamarci tutti lì come l’altra volta?»
«No, non è il caso; ci sono delle novità che è meglio non far sapere a mamma», ghignò George cercando di imprimersi la scena nella memoria: avrebbe avuto materiale per prendere in giro suo fratello per un sacco di tempo! «novità molto simili alla vostra ginnastica mattutina».
Nonostante l’ilarità della scena, fu così buono da recuperare pantaloni e maglietta di Bill e passarglieli oltre il divano; l’altro si ricompose e si mise a sedere, scocciato.
«Non capisco tutta questa fretta, credevo che tu e Angelina foste andate ben oltre la prima volta, onestamente», disse ridacchiando, già meno nervoso; avrebbe potuto andare peggio, in fondo, avrebbe potuto comparire sua madre con un assaggio di qualche dolce o piatto prelibato fatto in casa. «Insomma, siete grandi e vaccinati, non vi serve mica l’applauso».
«Ma no, idiota, che hai capito? Mica parlavo di me, ma di Perce, è lui che ha fatto…»
«Perce? Nostro fratello Percivald Ignatius Weasley, proprio lui?», domandò più volte Bill, incredulo. «No, voglio delle prove audio video che documentino… No, a pensarci bene non le voglio assolutamente, grazie».
George ridacchiò, ma non col gusto che si sarebbe aspettato: ora che l’aveva detto al fratello, che gli aveva raccontato cos’era successo, si sentiva quasi in colpa. E pensare che fino a poco prima aveva intenzione di contattare tutta la banda di fratelli e cognati e spargere la lieta notizia!
Forse perché era consapevole di come fosse faticoso per Perce tornare a frequentare una ragazza, aprirsi con una donna…
«Certo che dopo Penelope e tutto quello che è successo dopo, non mi aspettavo che arrivasse a questo punto così in fretta», disse Bill come se gli leggesse nel pensiero.
Così in fretta. Erano passati quattro anni dalla rottura con Penelope! Era tutto il resto, piuttosto, che gravava sulle spalle di Perce… Quello sì che poteva segnare per un periodo così lungo. «Ad ogni modo, ieri è rientrato molto, molto tardi; gli ho fatto prendere un bello spavento, sai?»
Il maggiore dei sette Weasley scosse il capo, incredulo.
«Perché continui a fargli scherzi pesanti, George? Un po’ lo capisco, con Percy è impossibile evitare di prenderlo in giro, ma continui a comportarti come quando eravamo dei ragazzini».
Perché è il solo modo che ho di confrontarmi con lui senza istigarlo a farsi del male; ho paura di potermene uscire un’altra volta con una frase orrenda che lo convinca di non meritare la vita, ecco perché.
Tuttavia, George non tentò neanche di esprimere questo groviglio di emozioni che gli si agitava nel petto: alzò le spalle e cercò di sembrare normale, pur sapendo che suo fratello avrebbe potuto beccarlo con molta facilità. «Non lo so, mi viene spontaneo, tutto qua. Forse voglio davvero tornare a qualche anno fa, quando ognuno aveva un suo ruolo ben definito e tutto era chiaro».
«Percy sta cercando di crescere, non ha più quindici anni, finalmente», gli fece notare Bill con un sorriso, mentre cambiava posizione sul divano. «Forse è il momento che lo faccia anche tu».
«Sono stato costretto a crescere, se non ti ricordi», rispose con durezza George, inclinando un poco la testa mentre aspettava la continuazione del suo gemello. Dannazione.
«Lo so, George, ma intendevo che dovresti capire che puoi avere un rapporto con lui più sano del senso di colpa che vi unisce adesso. Passa oltre e comportati da adulto».
Questa poi! Non riusciva a credere al suo orecchio. «Prima dillo a Charlie, non sono io a comportarmi come il più bel Cercatore che Hogwarts abbia mai conosciuto, pur avendo finito la scuola da dieci anni».
Per Morgana, a volte sembriamo davvero una famiglia di casi umani.
«Continuare a punirti per una cosa detta in un momento di rabbia e di scarsa lucidità non porterà a niente, fratello».
Bill non disse nulla su Charlie: sapeva quale fosse il problema alla base del rifiuto di Charlie di comportarsi da persona seria, che mandava al manicomio la madre – l’idea che uno dei suoi figli non avesse la minima voglia di accasarsi e procreare le sembrava inconcepibile – ma non l’avrebbe rivelato per tutto l’oro della Gringott, neanche a George. Perdere un amore, anche se non corrisposto e neanche mai rivelato, era una cosa terribile.
Non stava a lui giudicare, in ogni caso, né al fratello minore, ma non era il momento giusto per ripensare a quella vecchia storia.
Gli premeva di più fare quel poco che era in suo potere per appianare il malessere che si nascondeva tra i due, sempre latente, come una muffa che consumava le fondamenta di una casa. «Cerca solo di non esagerare, va bene? Neanche con la ragazza, non vorrei che scappasse via come l’ultima palla al piede di Charlie».
«Scherzi? Audrey ed io siamo già in ottima sintonia!», esclamò George cambiando subito registro.
«Davvero?», domandò poco convinto Bill.
«Certo, abbiamo già scoperto di avere un hobby in comune: torturare psicologicamente Perce».
«Davvero?», ripeté il maggiore, questa volta incredulo.
George annuì ridacchiando, quindi aggiornò il fratello su cos’era successo negli ultimi tempi alla coppietta felice.
«Un lunapark? Beh, è un pelino più sadica di quanto pensassi», fischiò Bill alla fine; forse Audrey era più Weasley dello stesso Perce, a conti fatti. «E dici che ieri sera loro due…»
«Io non dico, Bill, io so: Percy ha confessato subito credendo che fossi la mamma», disse il più piccolo con l’aria del saputello, tanto da ricordare inquietantemente Hermione.
«E per quel che mi riguarda, è più che sufficiente come informazione, non ti addentrare nei particolari».
Non disse che solo l’idea di George nei panni della madre gli dava i brividi, meglio evitare di mostrare il fianco più di quanto non avesse già fatto; evidentemente, però, gli era sfuggita una smorfia strana, perché il fratello ricominciò a ridacchiare.
«I mezzi non sono importanti, no? È meglio aspettare che sia Perce a chiacchierare o avere notizie fresche?» chiese, strafottente. «E poi oggi ho incontrato Audrey: l’ho messa in guardia da cosa potrebbe succederle se maltrattasse Percy».
«E a te cosa dovremmo fare, demonio?»
«Niente, proprio niente: come faresti ad avere i migliori pettegolezzi sulla novità del momento, senza di me? In fondo sei stato tu a voler organizzare tutto questo, no? I risultati sono decisamente migliori del previsto, dovresti essere contento!»
Un fratello dichiarato incurabile che cominciava ad aprirsi alla vita e George che sembrava anche lui stare molto meglio. Sì, riconobbe Bill, i risultati erano certamente inaspettati.
«Tu cerca solo di non esagerare, capito? Abbiamo forzato le cose e ci è andata bene», gli rispose con calma, ripensando al pomeriggio in cui Percy era tornato completamente dipinto di nero, «potrebbe non ripetersi, la fortuna».
E se Percy avesse perduto l’occasione di essere felice a causa loro, non avrebbero potuto mai perdonarsi. Senza contare che l’avrebbero avuto tra i piedi per ancora molti, molti anni, pensò con una punta di egoismo!
«Mi occupo solo di impedire che si adagi, tutto qua, anche se forse Audrey basta e avanza».
Ecco, appunto.
«Allora non t’impegnare troppo, e pensa piuttosto alla tua ragazza, prima che diventi gelosa del tempo che dedichi a sapere i fatti di quella di tuo fratello».
«Nah, Angelina sa che Percy… È come una faccenda in sospeso, per me».
Non potrei pensare davvero a me senza sapere che lui è a posto, pensò. E in ogni caso, finché suo fratello non se ne fosse andato da casa sua, le sue possibilità per fare un passo serio con la ragazza che amava sarebbero state congelate.
Bill inclinò la testa: ormai cominciava ad aver bisogno degli occhiali, ma era buffo vedere come suo fratello sapeva essere cieco. «Tu sai che Percy ha tenuto il villino che aveva affittato quando è scappato dalla Tana, no?»
E questo ora cosa voleva dire, si domandò George. «Non lo sapevo fino a quando non l’ha nominata parlando del primo appuntamento con Audrey, ma sì».
«E riesci a immaginare perché lo ha fatto?»
«Cosa vuoi che ne sappia di quello che gli frulla in testa!», rispose allargando le braccia.
«Percy ha intenzione di alzare i tacchi da casa tua non appena farai la domanda ad Angelina, George».
No, non era possibile! «Domanda? Che domanda?», ripeté cercando di fare l’indifferente.
«Avanti, lo sappiamo tutti che Ron e Harry non sono i soli a girare con degli anelli in tasca in attesa del momento giusto», rispose Bill, e questa volta era lui a sghignazzare.
«Oh…», George era incredulo: da quando era così trasparente? «Se è così, dovrò darmi subito da fare!»
E detto questo sparì, si Smaterializzò senza aggiungere altro. Bill continuò a ridere a mezza voce, divertito: i suoi fratelli erano strani e sapevano essere davvero inopportuni, ma gli rendevano la vita davvero spassosa.
«Certo che George è davvero diventato gronde», commentò una voce proveniente dalle scale.
Il mago si voltò verso quella direzione: «Credevo che dopo tutto questo tempo non ti facessi più problemi a mostrarti ai miei parenti meno che perfetta».
«Passi tua madre che ha voluto assistermi durante il parto, ed è anche riuscita a lamentarsi perché non sembravo così provata come si aspettava», replicò Fleur, divertita, «ma per il resto è sempre meglio non perdere le vecchie abitudini».
Il sorriso di Bill si fece più ampio, mentre la moglie compariva alla sua vista, bella come prima che George li interrompesse: si era infilata la sua vestaglia e i capelli biondi erano ancora scarmigliati, ma anche lei sembrava piuttosto allegra. Sentire George comportarsi da persona quasi adulta era una gioia per tutti, effettivamente.
«Quei due riusciranno a perdonarsi, e a perdonare loro stessi? Sapete essere davvero ostinati, voi Weasley».
«Altrimenti avrei rinunciato a te la prima volta che hai rifiutato il mio invito, cara», rispose lui con dolcezza. «Quei due continueranno a cozzare una testa contro l’altra fino a che non capiranno quanto tutto questo è inutile, per il resto noi possiamo solo aspettare».
Era vero, anche Fleur lo sapeva. Si sedette accanto al marito, guardando in basso: a poco a poco, tutta quella strana famiglia le era diventata cara, anche se spesso non lo mostrava.
Bill cambiò espressione: «Ora che le visite inaspettate sono finite, che ne dici di riprendere dove siamo stati interrotti?»

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 18. Beh, che c'è di nuovo, Perce?


 Con molta sorpresa di Bill e soprattutto di Percy, George mantenne i patti e lasciò un certo spazio al fratello, chiedendo solo di quando in quando di portare i suoi saluti a Audrey e impicciandosi quel tanto che bastava per sembrare normale.
Era un intreccio di giochi, quello che George aveva scoperto parlando con il fratello più grande, che non si sarebbe mai aspettato: lui aveva deciso di attendere che Perce fosse più sereno e con una relazione abbastanza positiva per chiedere ad Angelina di sposarlo, e quel tonto nel frattempo si era tenuto casa con l’idea di trasferirsi non appena lui avesse fatto la fatidica proposta. Ma si poteva essere più idioti, tra tutti e due?
Del resto, per quello che poteva vedere la storia dei due piccioncini proseguiva senza troppi problemi; la coppietta tubava come colombi, e forse l’episodio più imbarazzante era capitato quando George era tornato a casa da una cenetta romantica con la sua ragazza e, cercando di entrare nel palazzo di Diagon Alley, si era trovato la via sbarrata da Perce e Audrey che si baciavano come se nessuno dei due avesse mai visto un paio di labbra da dieci anni.
George aveva cercato di trattenersi, davvero, in fondo avrebbe potuto Smaterializzarsi e ricomparire direttamente al piano di sopra, ma l’idea di disturbarli – soprattutto perché li aveva chiamati più volte senza ottenere risposta, impegnati com’erano – era prevalsa: il mago aveva fatto una scappata in negozio, aveva preso una trombetta da stadio babbana, ovviamente modificata a modo suo, e aveva dato spettacolo in mezzo alla strada.
Lo strumento era stato pensato in modo da assorbire le solite urla del ritratto della Signora Black, che Harry Potter con sudore e fatica era riuscito a staccare dalla parete del salotto e aveva sbattuto in cantina, in precedenza insonorizzata, dove sperava che la muffa e i ratti lo distruggessero una volta per tutte. Inutile aggiungere che i due innamorati avevano fatto un salto degno degli atleti delle Olimpiadi, che George aveva imparato ad apprezzare grazie alla televisione babbana, e avevano perso almeno dieci anni di vita ciascuno.
«Poteva andarvi peggio», si era giustificato il colpevole quando Percy gli aveva puntato la bacchetta alla gola, dopo essersi ripreso. «Se vi avessero fatto una multa per atti osceni in luogo pubblico – e, credimi, avrebbero avuto tutto il diritto di farla! – che figura ci avreste fatto? Audrey, poi, che è la segretaria del Ministro! Dovrebbe essere un esempio di moralità, non credi?»
A parte quel piccolo incidente, le cose erano andate per il meglio. Anzi, quando la madre aveva radunato tutti i suoi figli – tranne Perce, ovviamente – per capire come mai il suo terzogenito era passato dall’essere onnipresente a non farsi mai vedere alla Tana… Beh, George era stato quello che più di tutti si era prodigato per eliminare anche il più piccolo sospetto dai pensieri di Molly.
«Ti assicuro, mamma, Perce non ha niente che non va: non hai di che preoccuparti, è solo che finalmente ha capito che stare troppo addosso a tutti noi non gli procurerà nulla di buono», recitò con voce pacata sentendo che la madre voleva indagare sulla vita di Percy per scoprire se qualcosa lo turbasse.
«Ti sembra normale che in così poco tempo sia cambiato così tanto?», chiese Molly con voce stucchevole. «Non a me, George; e se avesse capito che eravamo infastiditi da lui? Forse si è offeso…»
O forse ha trovato qualcosa di meglio da fare che assediare i parenti. Oh, se l’ha trovato!
Con i fratelli, George e Bill erano stati chiari: non accennare minimamente alla possibilità che Percy si fosse trovato una ragazza. Era arrivato il momento di far entrare la pecora nera della famiglia negli accordi fraterni degli altri cinque, che riguardavano anche la protezione reciproca della privacy.
«Avanti, mamma, ti lamentavi quanto noi che la presenza di Perce stava diventando soffocante: adesso finalmente possiamo respirare, no?», sbottò Ginny cercando di tagliare corto. «Non si può essere sempre scontenti, su».
Con questa e molte altre obiezioni al bisogno materno di indagare negli affari di Percy, Molly si lasciò convincere che non doveva essere così preoccupata e si quietò abbastanza in fretta, gustandosi piuttosto le gioie dell’essere nonna e tornando a tormentare Bill perché si desse una mossa a ripetere quel piccolo miracolo che era Victoire.
Salvato dai sospetti della madre, Percy continuò la sua relazione con gioia e soddisfazione, rendendo sempre più serio il rapporto con Audrey.
La ragazza, nel frattempo, prese il definitivo congedo dalla segreteria del Primo Ministro e salutò con piacere il vecchio amico.
Ne parlò perfino la Gazzetta del Profeta, e una vecchia, acida giornalista si domandò quale torbido segreto si potesse nascondere nelle stanze del Ministero perché una ragazza giovane, bella e molto capace potesse preferire un ufficio semisconosciuto a uno dei posti di maggior spicco nell’organizzazione Shacklebolt.
Audrey rispose con una bella letterina indirizzata al giornale in cui consigliava in maniera educata e cordiale la signora Skeeter perché si facesse gli affari propri e spiegava il suo amore per le magie sperimentali, il desiderio di creare nuovi incantesimi per semplificare ma anche per rendere più interessante la vita, il tutto condito da una sottile acredine che fece ridacchiare Percy, leggendo il quotidiano, e molti altri maghi in tutta la Gran Bretagna.
Alla sua uscita dagli uffici del Ministro, Audrey salutò i colleghi con molto affetto, poiché si era trovata molto bene con loro, e strinse caldamente la mano a Kingsley, fingendo di mantenere un contegno formale.
«Buona fortuna, Audrey, cerca di non far chiamare il pronto intervento troppo spesso».
La ragazza ridacchiò: «Nessun problema, capo, farò in modo che le esplosioni siano contenute nel nostro settore».
Rientrata nel sotterraneo in cui si provavano gli incantesimi sotto sperimentazione, la strega si rimise immediatamente al lavoro; mise da parte gli appunti su cui si era concentrata prima della caduta del governo e della sua decisione di nascondersi, promettendo a se stessa di ritornarci al più presto – anche sull’incantesimo tracciante che aveva provato su Perce e che aveva poi sciolto quando avevano cominciato a fare sul serio – per concentrarsi su un progetto nuovo, tutta contenta.
Percy notò con piacere come il cambio di ufficio incise in maniera positiva su Audrey: da qualche tempo era sempre contenta, anche se magari tornava a casa con il viso sporco di polvere e i capelli arruffati, oppure i vestiti strappati sulle ginocchia. Non che gli importasse, il sorriso della ragazza era meraviglioso anche se su una faccia da lavare.
Si vedevano sempre più spesso nella villetta di Perce, che stava diventando il loro rifugio, oppure a casa della ragazza, ora che anche Artiglio aveva deposto le armi notando come la sua padrona fosse più di buon umore con quello strano umano: cenavano insieme e lui si faceva raccontare com’era andata la giornata, imparando a riconoscere i suoi colleghi nei simpatici aneddoti che narrava, che stranamente sembravano tutti scappati dal reparto delle vittime di magia accidentale del San Mungo.
C’era Theobald Prencer, ad esempio, un mago particolarmente basso e particolarmente miope che non faceva altro che dimenticarsi gli occhiali in giro e lavorare alla cieca, rischiando dunque di fare il tiro al bersaglio con i suoi colleghi. Audrey aveva commentato “In confronto, Perce, potresti guidare un jet militare a occhi chiusi”, il che perfino per le scarse conoscenze del mondo Babbano che aveva Percy suonava come una grossa presa in giro.
Sapeva poi che il capo del reparto per le Magie Sperimentali era un uomo nevrotico, che purtroppo era rimasto sotto shock per la guerra e stava pensando al prepensionamento.
La notizia aveva colto di sorpreso la strega appena tornata in servizio e l’aveva buttata giù di morale, visto che il vecchio Bob era per lei come una seconda figura paterna. Era buffo, diceva lei, perché in genere il lavoro gli permetteva di sfogare tutta la sua nevrosi e di rilassarsi per almeno una mezzora di tranquillità ogni giorno. Il tempo di tornare a casa, stando alla sua signora, e il benefico effetto dello scagliare incantesimi esageratamente potenti su manichini e oggetti inanimati era svanito.
Ma dalla guerra, però, Bob Sullivan era uscito profondamente turbato: i Mangiamorte erano entrati nella sua casa e avevano portato via sua moglie, che non poteva vantare genitori dotati di magia. Era stata semplice fortuna se la loro figlia, che non aveva poteri magici, era lontana per l’università, all’estero per un’esperienza di studio, e l’uomo ancora non riusciva a immaginare cosa sarebbe potuto accadere se avessero trovato anche lei.
La signora Sullivan aveva resistito a torture e diversi giorni di prigionia, non era stata Baciata solo perché nel frattempo Harry Potter era ricomparso e a Hogwarts la guerra era terminata, ma Bob non riusciva a darsi pace per non essere stato capace di proteggerla. Di recente aveva cominciato a sviluppare una specie di rifiuto, di avversione alla magia, e cominciava ad avere problemi anche con gli incantesimi già comprovati da secoli. Da questi problemi, era nata l’idea della richiesta per il prepensionamento.
Dannata guerra, aveva pensato Perce sentendo quella storia, quando avrebbe smesso di gravare su tutti loro?
L’unico fattore che si poteva definire positivo, in quella triste vicenda, era che come prima candidata per il posto di responsabile della Commissione per gli Incantesimi Sperimentali era stata nominata la stessa Audrey. Bob, a quanto pareva, non aveva dubbi su chi dovesse succedergli.
«Diventerai una donna in carriera e non ti curerai più di me», aveva scherzato Percy quando Audrey gli aveva comunicato la notizia. Lei aveva replicato con un semplice scemo, prima di abbracciarlo e la discussione era finita lì, eppure il ragazzo da qualche tempo stava pensando alla sua vita e a cosa farne.
Il negozio di scherzi andava a gonfie vele e ci si trovava davvero bene, molto più di quanto avrebbe mai supposto all’inizio, eppure sapeva che non era il suo destino; tornare al Ministero… No, neanche lì sarebbe stato felice, ormai quella era una strada già percorsa che, per quanto potessero essere cambiate le cose con Kingsley, non faceva più per lui.
Doveva reinventarsi, in qualche modo, e decidersi una buona volta a diventare adulto.
Dubbi esistenziali di Perce a parte, la sua storia andava a gonfie e vele, come George aveva potuto constatare con i suoi occhi. Tutto volgeva per il meglio, ai suoi occhi.
Ciò che non poteva sapere, tuttavia, è che suo fratello cominciava a domandarsi il motivo di tanta felicità nella sua vita. Avrebbe dovuto aspettarselo, visto il carattere di Perce, ma vedendo quanto gli faceva bene la relazione con Audrey il mago aveva creduto che in quell’occasione avrebbero potuto evitare certi problemi inesistenti.
Capitava a tutti, specie dopo un lungo periodo d’incertezza e depressione com’era stato il loro, di rimanere increduli per una cosa esageratamente bella, inaspettata, tanto da non riuscire ad accoglierla con serenità; Percy, però, stava cominciando a dubitare su tutta la storia con Audrey. Era davvero possibile che una ragazza del genere fosse interessata a lui? E perché, non aveva niente di bello o fantastico da offrirle…
Perce faceva sempre buon viso, non voleva esternare le sue paure, eppure da qualche giorno non riusciva a pensare ad altro. Tuttavia, non aveva detto nulla, nemmeno a George. Soprattutto a George.
Per il creatore di scherzi, dunque, fu uno spettacolo inaspettato vedere il fratello maggiore rientrare a casa sbattendo la porta e con un’espressione funesta, anzi, davvero furibonda.
«Buonasera anche a te, fratellino, la cena è quasi pronta», gli trillò dietro, cercando di non dare peso al suo atteggiamento scontroso.
«Non ho fame!» gridò di rimando Perce, prima di chiudersi nella sua stanza.
Qualcosa non andava e George voleva vederci chiaro: aveva promesso a Bill di non esagerare, certo, ma questo non gli impediva d’indagare. Seguì il fratello e aprì la porta, per vedere come stava.
Percy si era buttato sul letto vestito senza neanche togliersi le scarpe e aveva nascosto la testa sotto il suo cuscino. «Vattene» mugugnò da là sotto senza neanche voltarsi.
Sorpreso per essere beccato così facilmente, George si sedette ai piedi del letto e cercò un modo per far parlare il fratello. «Come sai che sono dietro di te?»
 «Perché non riusciresti a farti gli affari tuoi neanche durante un’invasione di spiritelli carnivori» borbottò l’altro da sotto il cuscino.
Perce non voleva intrusioni: era già stata una giornata pesante senza che suo fratello si mettesse in mezzo e buttasse tutto sul ridere com’era suo solito, perché quello che aveva visto era abbastanza grave senza che la situazione peggiorasse.
Si sentiva un idiota, un povero stupido che si era lasciato prendere in giro. Avrebbe dovuto pensarci, com’era possibile che una ragazza così in gamba, bella e intelligente volesse stare con lui? Il Weasley mancato, il traditore della famiglia… Era una nullità fatta e finita.
Erano sensazioni così spiacevoli, quelle che provava! Ancora non riusciva a capacitarsene: aveva pensato di andare a prendere al lavoro Audrey, e di fargli una sorpresa, quando passando per Diagon Alley, dopo aver chiuso il negozio, l’aveva vista entrare da Madama McClan sottobraccio a Kingsley.
Lì per lì non aveva preso la cosa seriamente, sapeva che erano rimasti buoni amici, ma quando aveva fatto per seguirli dalla vetrina aveva visto non solo che il mago stava provando un completo elegante, ma che dopo aver preso le misure aveva abbracciato Audrey con eccessivo trasporto, al punto che gli era venuta una strana fitta allo stomaco.
Quando poi la signora McClan aveva posto quello che sembrava inequivocabilmente un velo da sposa alla ragazza, che si era messa a ridere, felice, Percy non aveva più retto ed era scappato via. Aveva camminato a vuoto un paio d’ore, senza una meta precisa, cercando di smaltire la rabbia, ma come risultato aveva ottenuto solo una sensazione anche più sgradevole, pungente e nauseante.
Aveva pensato di passare la notte nella villetta, ma non vedendolo arrivare, George si sarebbe preoccupato e non aveva bisogno di altri colpi di testa per quel giorno. Aveva sperato di salvarsi dall’interrogatorio per non dover ammettere di essere stato preso in giro, eppure sapeva in cuor suo che suo fratello gli avrebbe dato il tormento fino a scoprire la verità e, forse, era tornato a casa anche per sfogarsi.
Da solo, infatti, riusciva soltanto a darsi addosso e a prendersela con se stesso. Tuttavia, sentendosi messo all’angolo per l’ennesima volta dal fratello, cambiò idea e deciso di tenersi tutto per sé, in attesa di trovare una soluzione e vedere come dimenticare tutta quella brutta faccenda.
Forse scivolare via dalla vita di Audrey era la cosa più semplice: non voleva affrontarla, non voleva sentirsi dire tutto ciò che gli stava passando per la mente dalla ragazza che amava.
Sarebbe stato facile, non avrebbe risposto alle lettere e si sarebbe tenuto ben lontano dal Ministero; in fondo, se lei e Kingsley stavano per sposarsi davvero, non avrebbe notato la sua mancanza.
«Perce?», lo chiamò ancora George, cercando di scatenare un minimo di reazione. Nulla, suo fratello sembrava deciso a vegetare senza spiegargli cos’era successo.
Capendo che in quel modo non avrebbe cavato un ragno dal buco, il mago lasciò la stanza e tornò in cucina, spense il fuoco sotto le pentole per evitare un disastro e decise quale fosse la mossa migliore.
Una manciata di Metropolvere e ficcò la testa nel camino, chiamando la sorella.
«Ginny, ci sei? Ho bisogno del tuo aiuto».


Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** 19. Sigh... Perce! ***


Qualcosa non andava, Audrey riusciva a percepirlo nettamente. Non aveva sangue di Veggente – non aveva neanche mai preso in considerazione di seguire le lezioni della Cooman, un po’ per cinico scetticismo e un po’ perché sapeva che vi sarebbe stato Percy – eppure aveva un dono nel prevedere i problemi. Soltanto nell’occasione quella della secchiata di vernice e da allora aveva imparato a farsi furba.
Erano passati tre giorni dall’ultima volta che aveva visto Perce. No, cinque, ragionò meglio: era stata molto presa dal lavoro e dai vari disastri che lei e i suoi colleghi avevano combinato – non avrebbero mai e poi mai dovuto provare un incantesimo esplosivo in un sotterraneo – tanto che sulle prime non vi aveva badato, ma alla fine i conti non tornavano.
Percy aveva capito subito che non era adatta a un rapporto di coppia troppo appiccicoso, eppure non era da lui nemmeno sparire in quel modo. In genere cercava di andare a prenderla al lavoro quando gli capitava, il che voleva dire quasi ogni giorno, vista la vicinanza tra il Ministero e Diagon Alley, e quando non poteva la avvisava per tempo,così da non farle perdere un minuto ad aspettarlo. E ora, all’improvviso, spariva in quel modo.
Audrey non sapeva spiegarsi questo cambiamento: aveva provato a contattarlo via gufo, ma non aveva ricevuto risposta. Perché quella novità improvvisa?
Non le sembrava di aver fatto nulla di male…
Inoltre, da un paio di giorni le sembrava di essere seguita mentre andava al lavoro, ma se si voltava non vedeva nessuno alle proprie spalle. Forse stava diventando paranoica?
La donna entrò nel Ministero e cercò di togliersi di dosso quella sensazione tanto sgradevole, ignara che in realtà c’erano davvero due spioni che la stavano osservando.
«Secondo me questa storia del pedinarla è inutile, George», sbuffò Ginny togliendosi un paio di enormi occhiali scuri. «Tanto fin qui non possiamo vedere nulla, se se la fa con Kingsley… consumeranno negli uffici, no?»
Il fratello si morse un labbro prima di rispondere, molto mesto. «A dire la verità, io spero di scoprire che lei non se la faccia con Kingsley, sarebbe una vera delusione».
«E la storia dell’abito da sposa?», ribatté la ragazza arricciando il naso.
«Ci possono essere altre spiegazioni, forse, non mi fido del giudizio di Percy. Stava cercando da qualche tempo un motivo per far naufragare la cosa, me ne sono accorto, e questo episodio è capitato al momento giusto». Erano state piccole cose, commenti poco sicuri su dettagli insignificanti che secondo lui, forse, dovevano portarlo a interrompere la loro relazione. «Perce è molto, molto insicuro, lo sai. Quando ha qualcosa di bello per sé, si convince di non meritarlo davvero, o che una cosa così stupenda non possa durare».
Era lo stesso motivo per cui Percy negli ultimi mesi era diventato così appiccicoso e petulante nei confronti dei fratelli, pensò Ginny, come se fosse incapace di credere che i rapporti tra loro si fossero davvero appianati. Sospirò: «Cosa dobbiamo fare? Detesto questi sotterfugi».
«Io direi di parlare con Audrey: è una persona sveglia, ma se davvero si sentisse colta sul fatto… Tu te ne accorgeresti?»
«Non annuso le bugie, se è questo che intendi, ma non mi sembra una persona così brava a mentire. Quando le abbiamo proposto di uscire con Perce ci era sembrata strana, con Angelina, ma non sapendo dei suoi trascorsi con quell’idiota non vi ho dato peso».
Era abbastanza per George, che sentiva davvero il bisogno di chiarire la faccenda: Perce sembrava in lutto ed era sempre più lugubre, tanto che gli aveva concesso una settimana di ferie. Una persona così depressa non poteva lavorare in un negozio di scherzi!
Percy non ne aveva approfittato, però; si era buttato a letto e per un paio di giorni non si era nemmeno alzato. Era uno stato tale che il fratello gli aveva revocato le vacanze, obbligandolo a stare al lavoro per tutta la giornata così da essere sicuro che quello stupidone non si annegasse sotto la doccia, quando usciva per controllare la ragazza e verificare quanto ci fosse di reale nelle allucinazioni di Perce.
«Andiamo, voglio vederci chiaro», ribadì alla sorella, facendo segno di seguirla. Dovevano chiarire tutto, anche perché aveva promesso alla ragazza che le avrebbe fatto passare le pene dell’inferno se avesse fatto soffrire Perce. E stava accadendo, perciò se la responsabilità era di Audrey… La ragazza avrebbe fatto meglio a scappare il più lontano possibile, per il suo bene.
Scesero fino agli scantinati del Ministero, là dove si provavano gli incantesimi sperimentali, decisi a fare una bella sorpresa alla ragazza di Percy.
«Anch’io spero che non sia vero, sai?», disse Ginny mentre uscivano dall’ascensore. «Era da tanto che non vedevo Percy così felice… Forse non lo è mai stato, addirittura. Se Audrey davvero lo sta ingannando, potrebbe non riprendersi più».
«E perché non dovrebbe riprendersi mai più?», li gelò una voce alle loro spalle.
Audrey. I due Weasley si fissarono a vicenda per un attimo: la donna era uscita come loro dall’ascensore, e non si erano accorti della sua presenza! Effettivamente, forse Percy era davvero loro fratello…
«Allora, com’è che starei ingannando Perce? Spiegatevi». Audrey sembrava sul piede di guerra, aveva un aspetto più tirato del solito, come se non avesse dormito molto.
«Qui le domande le facciamo noi», ribatté con baldanza Ginny, mentre George cercava di mantenersi serio nonostante ormai cominciasse a credere che si trattasse di un gigantesco equivoco, ovviamente causato solo da Perce. «A che gioco stai giocando con mio fratello?»
«Quale dei tanti? Il qui presente vorrebbe farmi da allibratore scommettendo sulle tue sportive… Per il resto, è Percy che è sparito, io non ne so niente».
«E se ti dicessi che sappiamo benissimo che ci sono fiori d’arancio in arrivo?»
Audrey spalancò la bocca, shockata, e i due inquisitori si convinsero per un attimo di avere la vittoria in pugno. «No, vi prego: non ditemi che la Skeeter se ne è uscita con un altro dei suoi articoli!»
Non era questa la risposta che i Weasley si aspettavano. «Cosa?», domandarono infatti all’unisono.
«Quella vecchia megera», sbottò la ragazza scuotendo il capo, «sta cercando da un pezzo di tornare alla ribalta con qualunque mezzo. Sapete, no? Dopo che è stata sconfessata per tutte le bugie nel libro di Silente, per non parlare della vergognosa linea che ha tenuto nei suoi articoli sotto il regime dei Mangiamorte, nessuno l’ha più voluta pubblicare, poiché non la ritengono credibile…»
Audrey spiegò che la Skeeter era così ossessionata dal bisogno di tornare sulle prime pagine che era disposta a tutto pur di avere uno scoop sulle sordide relazioni – sordide secondo lei, almeno – che correvano tra il Ministro e la sua ormai ex-assistente. «Una volta l’ha seguito fino a casa e… Ma non siete qui per questo, a giudicare dalle vostre facce».
Ginny si stava stufando, ormai, tutte quelle chiacchiere non e piaceva, e le sembrava di essere sviata dalla vera storia. «Audrey, poche storie: Percy ti ha visto con Kingsley mentre provavate degli abiti da matrimonio!»
Si erano aspettati di tutto, dal panico alla confessione in lacrime, ma nemmeno George avrebbe potuto immaginare di scatenare una risata isterica come quella in cui scoppiò la ragazza. Audrey continuò a sghignazzare per diversi minuti, tanto che nel frattempo fece comparire una sedia su cui appoggiarsi, ormai troppo provata da stare in piedi sulle proprie gambe.
«Ma dico, siete ammattiti? Non stiamo neanche insieme e dovremmo sposarci così di punto in bianco, lo credete davvero? Lo crede quell’idiota?» domandò con un tono di voce più acuta, riferendosi indubbiamente a Percy. I due fratelli lo sapevano, era lo stesso modo in cui si alzava il timbro a Bill quando parlava del terzogenito Weasley.
«Lo ritenevamo credibile… Almeno fino a quando non hai fatto l’imitazione di una iena. Accidenti, Audrey, posso registrarti in qualche modo? Una risata del genere dovrebbe venirmi utile per la nuova linea di scherzi che sto creando».
Ginny gli tirò una gomitata nelle costole, infastidita: non avevano già abbastanza grattacapi?
L’inquisita intanto cercava di asciugarsi le lacrime senza sbavare quel filo di trucco che aveva messo per mascherare un minimo le sue occhiaie. «Kingsley effettivamente sta per sposarsi, ma di certo non con me. Siamo buoni amici, come lo devo dire? Non siamo fatti per stare insieme, siamo troppo diversi: impazzirei dietro al suo disordine, neanche i miei gatti combinano tanti guai!»
«Ma Perce ti ha visto con il velo addosso, lui…»
«Lui è il re degli stupidi, quando vuole! Ecco perché avevo quella sensazione sgradevole da un po’», sibilò Audrey. «Quella cretina della commessa non voleva credere che non fossi la fidanzata e mi ha messo il velo in testa. Ho accompagnato Kingsley nel negozio per scegliere il suo completo, come ogni testimone di nozze dovrebbe fare».
Testimone? Ora le cose cominciavano a essere più chiare. In effetti, aveva molto più senso che fosse il testimone ad accompagnare lo sposo in quel genere di commissioni che la sua promessa…
Per George fu troppo: fu il suo turno di scoppiare a ridere come un matto, mentre Ginny si chiedeva sempre più disperata se fosse finita al circo, o allo zoo. «Lo sapevo, io lo sapevo che era tutta colpa di Perce».
«È ridicolo, se penso che volevo dire a Percy quella sera stessa dell’invito al matrimonio…», aggiunse Audrey con voce amara. «Volevo suggerirgli di mettere un vestito, visto che io sarò in smoking per distinguermi dalle damigelle della sposa, che saranno travestite da bomboniere giganti».
Ed ecco anche Ginny presa dalle risate come una matta, improvvisamente leggera. «Allora è tutto a posto…»
«Un corno, quell’idiota è seriamente convinto che lo tradisca con un ex che ormai per me è come un fratello e si rifiuta di parlarmi. Cosa devo fare?», domandò la disperata strega, che era incredula a tutta quella assurda situazione.
Era possibile che Percy si fosse augurato di trovare qualcosa che non funzionasse nella loro relazione, per convincersi che le cose non andassero così bene come credevano? Le era sembrato che non credesse di meritarsi nulla di buono, perciò…
George le posò una mano sulla spalla. «Andiamo in negozio, adesso. Non potrà scappare: è il suo turno di lavoro, se prova ad andarsene lo licenzio e lo sbatto fuori di casa».
Audrey alzò un sopracciglio: «In un altro momento ti chiederei da quanto aspettavi una scusa per mettere in piedi questa minaccia, ma ora posso solo ringraziarti. Aspettate un minuto che avviso i colleghi… Vi conviene salire fino all’atrio, qui rimbalzano sempre incantesimi vaganti».
Era un’esperienza che nessuno dei due voleva provare, perciò, dopo un’occhiata, i due fratelli decisero di seguire il consiglio e tornare di sopra.
«Mi sento molto meglio», sospirò Ginny quando furono soli in ascensore, «ora il problema sarà far tornare Percy in sé, ma sono felice che questa brutta storia sia solo un parto della sua mente malata».
George decise di concedere qualcosa al fratello: «Forse anch’io avrei travisato, al suo posto. Si sente molto in soggezione nei confronti di Kingsley, ed effettivamente se Angelina fosse uscita con lui prima di me… È un paragone pesante, insomma!»
I due arrivarono nell’atrio e si guardarono intorno. Ginny sembrava ancora poco convinta.
«Perce però deve cominciare a concedere la sua fiducia alle persone che gli vogliono bene, e questo vale sia per Audrey che per noi: pensa a come ci è stato addosso in questi mesi, non è un segno del fatto che non crede di essere stato davvero perdonato?»
«Allora non ha problemi solo con me», commentò Audrey, che era comparsa dall’altro ascensore, prendendoli di nuovo di sorpresa. «Mm… dovremo togliergli il vizio lavorando tutti insieme, ma la prima passata è mia».
Si era tolta lo spesso grembiule in pelle di drago e gli occhialoni protettivi, e in abiti civili sembrava più rassicurante, se non fosse stata per la sua espressione spietata.
«Oh, eccoti qua, Audrey: andiamo?», domandò George sforzandosi almeno un minimo di non sembrare felice come un bambino a Natale.
Il terzetto riemerse a livello della strada e uscì dalla cabina, quindi si diresse nel primo vicolo e si Smaterializzò all’ingresso del negozio di scherzi.
Percy li notò soltanto troppo tardi, quando ogni via di fuga era ormai tagliata. Pensò a sparire nel nulla, ma suo fratello ripeté la minaccia del licenziamento in tronco e quindi si trovò bloccato in quella sgradevole situazione.
«Ciao», mugugnò sentendosi in trappola. «Cos’è, una spedizione punitiva?»
Audrey stava per esplodere, ma tentò di controllarsi, quanto meno per non fare scenate in pubblico. Inoltre, dal discorso che aveva sentito fare ai fratelli Weasley, la semplice ramanzina non avrebbe risolto nulla. Eppure, se Perce non fosse riuscito a fidarsi di lei, sapeva benissimo quale sarebbe stato il finale. «Dimmelo tu, c’è qualcosa per cui dovrei essere arrabbiata?»
«Vi lasciamo un pochino di privacy», suggerì Ginny strattonando il proprietario del negozio, che sembrava molto scontento. Quando gli sillabò che avevano sempre le Orecchie Oblunghe, George sembrò tirarsi un pochino su di morale, ma i due piccioncini gemettero.
Pace e privacy? Come no.
Quando i due si nascosero dietro lo scaffale delle Merendine Marinare, Audrey respirò profondamente. «Sai, se hai delle accuse da fare, dovresti parlarmi».
«Mi pare che tu abbia la coda di paglia», rispose Percy con astio, come se si rifiutasse di chiarire, «e poi non ho avuto bisogno di chiedere, ho visto tutto con i miei occhi!»
«Hai visto quello che volevi vedere, idiota: non mi sto per sposare con Kingsley» esclamò la ragazza innervosendosi.
«Cosa?» Il mago si sentì improvvisamente più leggero, ma non voleva dargliela vinta tanto in fretta. Avrebbe ascoltato cosa aveva da dire, valutato se era sincera e deciso cosa avrebbe fatto poi. Anche se aveva soltanto una volta tremenda di abbracciarla e dimenticarsi tutta quella brutta storia.
«Se tu fossi venuto a cena come previsto, ci saremmo risparmiati questo casino!» e gli spiegò tutta la storia, con Kingsley che era sceso fino al sotterraneo per annunciarle le nozze imminenti e chiederle di fargli da testimone.
In quel momento era entusiasta al punto da trascinarla direttamente nel negozio di abiti per scegliere il suo completo di nozze. Audrey si era intenerita molto, contenta di vedere il suo amico così felice.
L’idea che i sospetti di Perce potessero guastarle quel momento la infastidivano non poco, ma doveva essere matura abbastanza. Non le fosse importato della loro storia, avrebbe mollato quello sciocco per molto meno… Ma non era così: il Weasley meno Weasley della storia si era ricavato uno spazietto nel suo cuore da cui difficilmente sarebbe stato difficile sbatterlo fuori.
«Allora sposa la modella?», domandò quel testone rifiutandosi di capire l’ovvio.
La ragazza scosse il capo, ormai sentendo che la sua arrabbiatura stava scemando. «E chi, sennò? Io di certo non lo voglio».
«Ma io ho visto…»
«Capisco che potesse sembrare una situazione ambigua, però ammettilo: hai subito pensato il peggio senza concedermi nemmeno un briciolo di fiducia».
Era un’accusa pesante, lanciata senza mezzi termini, eppure Audrey voleva sapere la verità: non era sicura di poter continuare una storia con una persona che non si fidava di lei, era una situazione che a lungo andare logorava chiunque.
Si avvicinò al bancone, aspettando la risposta di Percy, che era rimasto immobile al suo posto ponderando la risposta corretta. Poteva tacere, poteva negare come un idiota, o poteva ammettere che gli avvenimenti degli ultimi anni avevano minato il suo già scarso amor proprio. In genere avrebbe taciuto, piuttosto che aprirsi a tal punto, anche se con la ragazza aveva già parlato di molte cose che in genere si teneva per se, eppure…
«Non è così, credimi. Se ti dicessi che mi fido di te e che ora che mi hai spiegato la situazione mi sento un idiota sembrerei ipocrita, non è vero?»
A un cenno affermativo della giovane strega, Percy decise che era arrivato il momento di affrontare i suoi dubbi e le paure che lo prendevano spesso nei momenti più impensabili.
Audrey ne valeva la pena. Audrey era quella giusta, la persona con cui avrebbe voluto stare per tutta la vita. Era una sensazione che aveva sempre avuto fin dai tempi della scuola, ma che allora aveva considerato una considerazione legata alla sua folle cotta.
La sua reazione all’idea che lei gli stesse mentendo, invece, gli aveva aperto gli occhi su quanto si fosse affezionato a lei in così poco tempo.
Sì, per Audrey valeva la pena di esporsi e mettersi a nudo, sperando che quello che aveva da dire le bastasse per perdonare la sua immensa stupidità.
«Te l’avranno detto anche i miei fratelli, io…», sospirò, prima di sputare fuori la verità. «Io ho sempre paura che le persone a cui tengo, le cose belle della mia vita spariscano così, senza preavviso. Anche se razionalmente so che è stupido, in un certo senso sento di non meritarmi nulla di buono, mi vergogno di come mi sono comportato in passato e ora non credo di essere degno di qualunque cosa mi renda felice».
La strega sembrò sconvolta da quel fiume di parole, quella chiara ammissione di stupidità e quel malessere che comunque si avvertiva. «Devi smettere di punirti, Perce, perché ti stai rovinando la vita. Hai così tanti parenti che ti vogliono bene e tu rischi di perdere tutto con questo atteggiamento insensato. Hai sbagliato, è vero, ma non puoi continuare così: devi perdonarti», sbottò alla fine, sentendo una lacrima all’angolo dell’occhio sinistro.
Il modo in cui Audrey riusciva a leggergli dentro spaventò Perce: era davvero così semplice comprenderlo nel profondo? Non riusciva a crederci.
«Perdonarmi per cosa?» domandò cercando di scappare, in qualche modo.
«Per aver voltato le spalle alla tua famiglia, per non aver voluto ascoltare la voce della ragione… Per la morte di Fred», concluse lei abbassando drasticamente il tono della voce, come se avesse paura a pronunciare quel nome nel negozio che il defunto aveva contribuito a creare e a renderlo incredibile.
Percy sgranò gli occhi dietro le spesse lenti che portava sul naso, senza riuscire a replicare, e Audrey seppe di aver colpito nel segno. «Non è stata colpa tua», proseguì, «perciò smetti di continuare a punirti come se dovessi espiare qualcosa. Non fai del bene a nessuno privandoti dell’opportunità di essere felice».
Era un discorso molto delicato, anche se andava affrontato, con cui rischiava di giocarsi tutto. La storia che George le aveva raccontato, sul ruolo reciproco che i due fratelli avevano assunto controllandosi ed evitando di commettere sciocchezze irreparabili, le aveva permesso di avvicinarsi di più alla comprensione di certi atteggiamenti tenuti da Perce, ma questo non le diceva quanto lui avrebbe tollerato una simile intromissione.
Stavano insieme da pochi mesi, in fondo, e non si erano visti per molti altri: poteva sembrare pretenziosa, ne era consapevole, o semplicemente impicciona, ma voleva aiutarlo a ogni costo.
Percy stava boccheggiando, forse per contenere il nervosismo, forse per evitare di dire cose che non pensava e che avrebbero potuto allontanare la ragazza per sempre.
«Tu non lo puoi sapere, avrei potuto…»
«Fargli da scudo col tuo corpo? Deviare in qualche modo l’incantesimo che l’ha ucciso? Non è detto che ce l’avresti fatta comunque».
Era brutale, ma Percy ne aveva bisogno. A quel punto, come per sostenerla, George comparve da dietro agli scaffali e le diede ragione. «Sai che è così, Perce, smetti di punirti. Sono riuscito io a superarlo, perciò devi farlo anche tu. Ti vogliamo bene, quindi basta stupidaggini».
Alle sue spalle, Ginny aveva gli occhi lucidi ma annuiva con energia, senza riuscire a parlare.
Il mago cercò di replicare ancora, ma di fronte a così tanto affetto tutti i suoi dubbi, i sensi di colpa e le ansie per non meritarsi quell’amore si sciolsero. Inghiottendo a vuoto, abbracciò Audrey, che ricambiò quella stretta soffocante con la stessa forza.
«Sono un idiota, perdonami», biascicò Percy.
Osservandoli, George pensò all’anello che aveva nascosto nella cassaforte al piano di sopra: era arrivato il momento per separarsi da Perce, almeno come coinquilini.
Erano entrambi pronti a crescere e a camminare da soli, e con due streghe così intelligenti, forti e comprensive nulla sarebbe potuto andare storto.



Ed eccomi di nuovo qua, è stato un aggiornamento più faticoso del solito, anche per il momento di dipendenza da contest che mi ha preso negli ultimi mesi e che mi ha lasciato poco tempo per aggiornare le longfics... Chiedo venia. ^^"
Comunque sono molto soddisfatta di questo capitolo e spero che piaccia anche a voi. Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!

Rowi

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** 20. Tocca a te, Perce! ***


Dopo quegli avvenimenti, Perce si rilassò. Avvenne un poco alla volta, anche per la forza con cui aveva cementato certe abitudini, ma nel giro di un paio di settimane tutti i suoi fratelli e anche i genitori notarono il cambiamento.
Qualche sera dopo il loro chiarimento, Audrey lo convinse a uscire in quattro con Kingsley e la fidanzata, così da dissolvere definitivamente quel brutto equivoco e voltare pagina. Era palpabile la gioia del Ministro all’idea del matrimonio con la sua compagna, così com’era evidente la differenza tra il modo che aveva di relazionarsi con lei rispetto a come scherzava con l’amica.
Erika era molto bella, Percy lo ammise alla prima occhiata, ma una volta di più si domandò come fosse possibile preferirla al fascino più discreto ma caldo ed elegante della sua Audrey. Riteneva Kingsley un vero sciocco, ma ovviamente si guardò bene dall’esternare simili commenti: meglio per lui, in fondo!
Quando la futura sposa, però, cercò di convincere il testimone del suo fidanzato perché le permettesse di scegliere un abito più adatto alla cerimonia – non le andava proprio giù che Audrey si vestisse da uomo, la trovava una bizzarria senza motivo – il mago s’intromise commentando che la sua ragazza sarebbe stata bene perfino in un sacco di patate, anzi, perfino con la veste da ballo di suo fratello Ron, per cui non l’avrebbe fatta sfigurare. Rimase sorpreso quando gli altri tre scoppiarono a ridere a quella sua uscita, come se avesse detto una sciocchezza.
«Ma è vero…» tentò di giustificarsi, confuso, ma venne subito fatto tacere da Audrey con un bacio.
«È bello che il tuo fidanzato sia così generoso nei complimenti, Kingsley nota a malapena cosa mi metto», commentò Erika con un sorriso, per quanto la frecciatina al fidanzato fosse evidente.
L’altra strega ridacchiò: «Non stento a crederlo, a volte non riesce nemmeno a capire da che lato vadano lette le pergamene che deve firmare!»
Tra le due donne c’era un bel rapporto, nonostante avessero caratteri molto diversi. Percy e Kingsley, pur essendo nella stessa situazione, erano più guardinghi e si osservavano con circospezione, come se ancora non avessero deciso come comportarsi. Audrey scuoteva il capo: Perce diceva di non sentirsi all’altezza nel paragone con il Ministro della Magia, cosa assolutamente ridicola ai suoi occhi, mentre il grande Auror sembrava sorpreso che quello strano ragazzo, con i suoi dubbi esistenziali e le sue manie, fosse riuscito a rendere felice la sua ex. Eppure non la vedeva così contenta da quanto tempo, pensò Kingsley? Forse non gli era mai successo.
Di lì a poco, si celebrò il matrimonio più chiacchierato dell’anno, una piccola funzione privata malgrado i riscontri diplomatici che una cerimonia grandiosa con una marea d’invitati illustri avrebbe potuto portare alla carica del Ministro Shacklebolt. Kingsley dichiarò che aveva sempre voluto tenere gli affetti della sua vita al riparo dai media e così fece anche nell’occasione delle sue nozze, con grande scorno di personaggi come Rita Skeeter.
Quel matrimonio in novembre sembrò ispirare molti, come se l’ex Auror avesse dato l’ispirazione ai suoi amici: George solo pochi giorni dopo trovò il coraggio e fece la proposta ad Angelina, mentre Neville Paciock, carico di entusiasmo per il suo ingaggio a Hogwarts come professore di Erbologia al pensionamento della Sprite, pose la stessa domanda ad Hannah Abbott, con cui si frequentava da circa un anno.
Ginny raccontò ai fratelli che anche Harry sembrava volersi esporre in quel modo, eppure l’aveva visto rinfrancarsi quando una sera a una cena la ragazza aveva espresso il suo desiderio di rimandare qualunque pensiero sul matrimonio e simili almeno fino a quando non avesse vinto minimo tre campionati con le Harpies.
«Me lo deve chiedere perché ne è convinto», spiegò la strega a Percy un pomeriggio in cui lui l’accompagnò agli allenamenti, «non perché lui e Ron sono, come sempre, gli ultimi a decidersi e ad agire».
Il fratello annuì, anche se in quel momento stava pensando ad altro. Era quasi sorpreso della maturità di sua sorella, nonostante sapesse già che non fosse frivola, e allo stesso tempo si domandava cosa pensasse la sua ragazza riguardo al futuro. Chissà se aveva mai riflettuto sul matrimonio… E lui? Che cosa voleva per sé, davvero?
Percy si crogiolò nell’idea della cerimonia, della sua attesa all’altare, della donna che amava che compariva in uno splendido abito bianco, ma accantonò in fretta quel pensiero prima che diventasse troppo tangibile nella sua mente. No, era troppo presto per lui per arrivare a un simile passo. Con il casino che aveva combinato di recente, Audrey gli avrebbe riso in faccia sentendosi rivolgere una proposta di matrimonio, e a ragione.
Aveva scatenato una situazione spiacevole quanto una Mandragola appena colta per un malinteso, ne era consapevole, e la sua ragazza non era certo la classica personcina che non vedeva l’ora di sposarsi fin da quando era in fasce. Era meglio continuare a godere della loro relazione senza impegnarsi in discorsi troppo importanti prematuramente.
In fondo, aveva un trasloco a cui pensare: non appena George gli comunicò che lui e Angelina avevano intenzione di sposarsi, infatti, Percy gli fece le congratulazioni e decise che era giunto il momento per tornare a vivere da solo, anche per dare tempo ai colombi – come li chiamava lui per il gusto di veder arrossire il fratello – di preparare il nido.
«Non ti sembra di correre troppo, però?» gli domandò Audrey, che si era offerta volontaria per dargli una mano e passare così quel tempo insieme, un pomeriggio di dicembre. La prima neve era caduta e l’aria aveva un profumo pungente che le metteva allegria. «Hanno detto che vogliono fare con calma, non l’hanno nemmeno annunciato in famiglia!»
 «Questo perché far sapere certe notizie a mia madre prima che sia necessario può equivalere alla morte», spiegò Percy ridacchiando. «Bill ha avuto fortuna, perché sua moglie ha subito preso in mano il comando dell’organizzazione e mamma ha dovuto rincorrerla tutto il tempo per far sentire le proprie idee, ma solo una mezza Veela potrebbe riuscire in una simile impresa».
Oh, a quanto pare la cognata era brava a gestire mamma Weasley. «Ma davvero?» domandò con aria sorniona, cercando di capire quanto Perce apprezzasse davvero la parente acquisita.
Il mago fiutò il pericolo di una trappola: le donne della famiglia – e non solo, a quanto pareva – tendevano a invidiare Fleur, anche se senza motivo per lui. Insomma, sua madre aveva messo al mondo sette figli e si era sempre assicurata che stessero bene e in salute, con abiti caldi e tutto il resto, sua sorella era una stella del Quidditch e stava con Harry Potter, la ragazza di Ron era la mente più brillante che avesse mai conosciuto e Audrey…
Oh, Audrey era assolutamente perfetta, ai suoi occhi.
Nonostante questo, aveva già capito che dimostrare troppa simpatia per la parte francese della famiglia poteva essere pericolosissimo, per cui si lanciò subito a mediare.
«Beh, io non ho assistito, ma pare che Fleur sia bravissima a ignorare mia madre: non si sopportano, mamma l’ha accettata solo perché ha capito che ama mio fratello come nessun’altra potrebbe fare. Non ha mai messo in discussione il matrimonio, neanche dopo che quel mostro…» Si zittì, cercando di non farsi prendere dalle emozioni. «Basta sensi di colpa, abbiamo detto. Io non c’ero e Bill sta bene, fine della storia».
Era difficile perdere il modo di pensare a cui era abituato. Si era perso così tanto della sua famiglia ed era stato assente così a lungo… Gli ci sarebbe voluto più tempo per smettere di sentirsi davvero in colpa, ma almeno ora poteva cercare di combattere quella sensazione che gli avvelenava il cuore.
Audrey capì e lo abbracciò: «Secondo me con quelle cicatrici ha ancora più fascino, anche se non dovrei dire certe cose» mormorò per far ingelosire Percy e deviare la sua attenzione. «Comunque non capisco perché tutta questa fretta: abbiamo portato qui tutta la tua roba in un viaggio solo!»
«Beh, dato che c’era da fare il trasloco, ho pensato che fosse venuto il momento anche per un altro lavoro che rimando da un po’», le spiegò mostrandole una stanza in cui aveva ammucchiato un sacco di scatoloni. «Questa casa è mia… Ma non lo è. Vorrei che lo diventasse, una buona volta».
Non aveva il coraggio di spiegare che aveva scelto i mobili, ai tempi della sua fuga da casa, in linea con i gusti di Caramell con l’idea di compiacere il Ministro di allora alla prima cena di lavoro che avrebbe dato. Quella era la casa di un Percy Weasley pomposo e ossessionato dal potere che non esisteva più, per cui doveva cambiare.
Gettare via gli arredi che non gli piacevano, i libri della Skeeter e altri tomi vergognosi, i vestiti troppo seriosi e non di suo gusto: non voleva più nulla di quelle cose nella sua dimora, era tempo di ricominciare e quel gesto, anche se simbolico, per lui voleva dire molto.
Tirare fuori le parole giuste per far comprendere anche alla sua ragazza quel concetto non fu semplice, ma quando finalmente capì, Audrey fu pienamente d’accordo.
«Cosa vuoi fare, rivenderli o…» indicando i mobili avvolti nei lenzuoli.
«No, mi basta che spariscano: il denaro non è un problema, George mi ha sempre pagato bene. Forse c’era anche qualche extra per insultarmi a piacere, a dire il vero» rispose con un sorriso il mago.
«Allora facciamoli Evanescere e via. Cosa vuoi salvare?» disse Audrey cominciando a scoprire la credenza della sala da pranzo. «Uh, che brutta!»
Effettivamente, era un pezzo di antiquariato mal riuscito, con quelle vetrinette istoriate e i riccioli di legno su ogni lato. Percy la fissò per un attimo e poi con un tocco di bacchetta la fece sparire. «Ecco, andata. Mi piacerebbe una casa più colorata, più divertente, più…»
«Più simile alla mia?» concluse la ragazza per lui. «Io non sono un’arredatrice, ma questo posto può diventare molto bello. Ci vedrei un salotto con la parete principale coperta da un’unica libreria, così da metterci su tutti i tuoi libri e avere spazio per quelli che comprerai più avanti. Un bel divano comodo, davanti al camino, per leggere in tranquillità, e poi hai il camino! Che spreco non usarlo».
Non era anche quello un modo per fare progetti per il futuro? Percy si prefissò di non interpretare lo sguardo sognante di Audrey e la chiarezza d’idee che aveva per trasformare la casa come un segnale di qualcos’altro. Non poteva permettersi altre figuracce, lo sapeva bene.
Buttarono via molta roba, anche se in realtà la sensazione fu data dalla povertà degli arredi, e la ragazza chiese di poter bruciare il libro su Albus Silente firmato da Rita Skeeter – proprio autografato! – come favore personale. Perce acconsentì in cambio che lei non ridesse nel vedere gli abiti da lavoro che aveva ancora nell’armadio al piano di sopra.
Fu un bene che gli fosse venuta in mente quella proposta, perché gli bastò aprire le ante del mobile e tirare fuori le prime tuniche che Audrey cominciò a sussultare per le risate represse.
«Non sto sghignazzando, te lo giuro, devo starnutire» cercò di scusarsi quando il mago le fece notare che aveva le lacrime agli occhi. «Ma anche tu… Hai un cravattino abbinato alla bombetta di Caramell!»
Fu la prima cosa che scomparve dall’armadio, mentre le orecchie di Percy diventavano rosso fuoco. «Era proprio quello che temevo, che ti prendessi gioco di me in questo modo», borbottò.
Audrey si sedette sul bordo del letto, rimasto sfatto dopo la loro più recente visita, e allargò le braccia verso di lui. «Non ti offendere, dai. È che mi rendi le cose facili, però!» cercò di scusarsi abbracciandolo. «Avanti, facciamo fuori tutta questa roba».
Il ragazzo sembrò essersi subito dimenticato della presa in giro e la obbligò a stendersi. «Non così in fretta…»
«Bestia! Dillo, che era tutta una scusa per portarmi a letto» esclamò lei ridendo, prima di baciarlo.
«Oh, a dire il vero non pensavo mi servisse una scusa» rispose lui con un sorriso molto Weasley, prima di infilare le mani sotto il suo maglione.
 
Mezzora dopo, Audrey lo incitò a rivestirsi: «Andiamo, non vorrai mica restare in questo letto per ore!»
«Perché, non sarebbe bello?» mugolò il mago rintanandosi sotto le lenzuola e fingendosi offeso. Era così splendido avere un po’ di tempo tutto per loro, lontano dai parenti e dai gatti della ragazza.
«Fa freddo in questa casa, dovrò assicurarmi che ti riallacci alla linea del gas».
Ossia fare domanda, stipulare un contratto, maneggiare soldi dei Babbani… Percy sospirò rassegnato: ora che era passata alle formalità pratiche, non c’era modo di riportare la ragazza sotto le coperte. «E perché? L’hai detto tu, c’è il camino».
«Non basta certo per tutti gli ambienti! E poi hai voluto vivere tra i Babbani? Allora goditi un po’ anche le loro invenzioni: così farai contento tuo padre, quando verrà in visita» disse Audrey con aria da esperta. Non aveva mai incontrato i Weasley senior, ma dai racconti del fidanzato sapeva che Arthur si sarebbe eccitato tantissimo nello scoprire che il suo terzogenito aveva un impianto di riscaldamento babbano in casa.
Con una ragazza così determinata, non c’era niente da fare. «Va bene, va bene… Ora che vuoi fare?»
«Abbiamo buttato ciò che non vuoi tenere, per cui andiamo a fare compere!» disse entusiasta.
Aveva già in mente il posto perfetto per trovare mobili a basso prezzo ma perfetti per le esigenze di Perce, un luogo che faceva paura a molti Babbani, figuriamoci a maghi che avevano poca dimestichezza con l’altro mondo che li circondava!
Con qualche moina, e la promessa di fermarsi per la notte – salvo un breve passaggio a casa per dare da mangiare ai suoi mici – Audrey riuscì a convincere il ragazzo a lasciare il letto e a seguirla nel grande magazzino nella periferia di Londra.
Come previsto, nel vedere la loro destinazione Percy ebbe dei dubbi. «Sicura che in questo posto abbiano ciò che fa per me?» domandò squadrando il grosso edificio blu e l’enorme nome in giallo che campeggiava sulla facciata. «I… Ai… Come si legge?»
«È svedese, non ti scervellare: qui hanno un sacco di mobili a prezzi convenienti. Li scegli, compri i pezzi e te li monti a casa» spiegò lei ridendo.
Per qualche strano motivo, il mago non fu particolarmente entusiasta di quella notizia: lui non era portato per il fai da te, si sarebbe incollato all’armadio nuovo! «Cosa? Devo montarli io? E se mi sbagliassi… Io non so leggere le istruzioni in svedese».
«Chissà perché, infatti, le hanno fatte illustrate. Fidati, sono a prova d’idiota» lo rassicurò Audrey, che aveva arredato in quel modo tutto il suo appartamento ed era ormai pratica. «Ti aiuto io, comunque, e vedrai che ci divertiremo un sacco».
Se Percy voleva diventare una persona normale – e rispetto a come lo ricordava ai tempi della scuola aveva già fatto enormi passi avanti – doveva anche conoscere la cultura dei Babbani e diventare un mago capace di destreggiarsi nei due mondi: aveva comprato un villino in un quartiere frequentato da persone senza poteri, doveva poter passeggiare per strada senza sembrare strano ed essere additato dai vicini. E se si fosse sciolto, anche con i parenti avrebbe potuto avere un rapporto più vero e sereno.
Era un obiettivo importante per lui, ma anche per Audrey: aveva visto come George fosse legato al fratello, e Ginny pure era pronta a farle la festa perché credeva che avesse preso in giro Perce… Una famiglia così compatta si meritava un po’ di felicità e di tranquillità, dopo la guerra e il loro lutto. Ma non era il solo motivo per cui insisteva tanto: la verità era che voleva vedere se era in grado di adattarsi al suo stile di vita.
Era presto? Sì, probabilmente, ma la strega aveva un modo di giostrarsi tra il mondo della magia e quello dei Babbani che era parte del suo essere: era nata senza sapere di avere dei poteri ed era abituata alla televisione, alle auto, ai negozi del centro di Londra…
Amava allo stesso modo girare per Diagon Alley, inventare nuovi incantesimi e usare i gufi per sentire le sue vecchie compagne di scuola, anche se a ogni lettera doveva stare attenta che Artiglio non acchiappasse il vecchio barbagianni di Doris. Era una strega ed era anche un po’ Babbana, e il suo futuro compagno doveva essere in grado di fare altrettanto.
Certo non doveva mettere fretta a Percy, né cominciare a fare progetti frettolosi sul loro domani, ma era una cosa molto importante per lei.
Entrarono nel grande negozio e il ragazzo iniziò subito a sentirsi male per quanti colori, cose e persone c’erano in un solo posto: lui era abituato alle piccole botteghe di Diagon Alley, non a quella confusione.
«Prendi fiato, Perce», gli disse con dolcezza la strega, «e dimmi da dove vuoi cominciare. Per forse il salotto sarebbe il punto migliore, è quello su cui hai le idee più chiare».
Lui annuì e si lasciò portare nel settore delle librerie, dove cominciò a sentirsi meglio nel vedere degli scaffali così grandi e ampi, adatti a contenere centinaia di volumi. «Ce ne sono così tante…»
«Scegli lo stile che ti piace, poi vediamo i colori. Io mi terrei su una tinta neutra, piuttosto ci divertiamo con gli arredi e la tappezzeria alle pareti» suggerì Audrey vedendo che cominciava a divertirsi.
«Lo stile che mi piace? Devo ancora decidere cosa mi piace e cosa no!»
Fu più difficile del previsto, ma il mago si divertì molto una volta che prese confidenza con l’organizzazione del negozio: studiò con cura quale dei design moderni presentati nel salone fosse il più adatto e decise come arredare la stanza nuova con calma e attenzione, tanto che Audrey dovette intervenire solo per impedire che comprasse un enorme divano in pelle che era davvero troppo.
Dopo un paio d’ore, tornarono a casa con un furgoncino noleggiato dal negozio e tutti i loro acquisti. Guidò la ragazza, che non mancò di lamentarsi: «Dovrai prendere la patente, Perce, non c’è scampo. So che c’è riuscito pure tuo fratello Ron, al Ministero hanno messo dei manifesti di congratulazioni per aver passato l’esame senza dover Schiantare l’esaminatore!»
«Lo so, è stata un’idea di Ginny e io ho aiutato ad appenderli», replicò lui scendendo e afferrando il primo scatolone dal retro. Avrebbero avuto da montare per ore, ma la cosa non gli dispiaceva affatto. «Domani ti andrebbe di accompagnarmi a comprare un po’ di vestiti? Dalle tue risatine direi che ho bisogno di un guardaroba nuovo» propose alla ragazza con un sorriso.
«Ma guarda… Domani non posso, ho un impegno: i miei tornano a casa, finalmente. Vado a prenderli in aeroporto».
«Davvero? Perché non me l’hai detto prima?» domandò Percy un po’ sorpreso. Era una notizia fantastica, avrebbe voluto che la sua ragazza la condividesse con lui…
Audrey comprese che doveva fare attenzione alle parole, per non ferirlo senza motivo. «Non ti offendere, ma è una cosa di famiglia: siamo stati per tanto tempo e vorrei vederli da sola, per ritrovarci. Avrai tutto il tempo di conoscerli, come mio fidanzato, non ti preoccupare».
Suonava un po’ come una minaccia… A quel proposito, Percy aveva ancora qualcosa da dire.
«Va bene, non c’è problema. Saresti libera giovedì sera, però?»
«Sì, perché?»
Prese un bel respiro e si preparò a porle l’invito: «Mia madre dà una cena alla Tana, una delle tante a cui riunisce tutti i figli, le nuore… e Harry Potter» aggiunse ricordando il più celebre degli invitati in veste di fidanzato di Ginny. «Sarebbe la prima volta, per me, per presentarmi con qualcuno».
«Vuoi presentarmi alla famiglia?» domandò Audrey, non essendo sicura di aver capito bene. In fondo era lui ad averle raccontato peste e corna dei parenti, specialmente riguardo alla madre…
Percy annuì: era arrivato il momento giusto e, se la ragazza fosse sopravvissuta, i suoi dubbi sulla loro relazione. In ogni caso poteva usare il fidanzamento ufficiale di George per deviare l’attenzione materna, no?


Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** 21. Buon Natale, Perce! ***


Era stato un gesto di grande forza e sicurezza invitare Audrey a conoscere i genitori e i fratelli che ancora le mancavano, un gesto virile e coraggioso…
Peccato che quel giovedì Percy fosse sull’orlo di una crisi di nervi: che cosa diavolo gli era venuto in mente?
«Respira, Perce, la faccia blu non s’intona molto con i capelli dei Weasley» gli suggerì George, che invece se la godeva un sacco. Suo fratello non si era innervosito fino a quel punto nemmeno per il suo primo appuntamento con Audrey, ma era comprensibile che fosse così agitato: incontrare mamma Molly era un’esperienza che non tutte le streghe erano in grado di reggere.
Per fortuna – o sfortuna – del mago, però, la ragazza gli mandò un gufo a qualche ora dalla famigerata cena scusandosi per dover disdire. Aveva avuto un’emergenza al lavoro e aveva dovuto portare un collega al San Mungo per un brutto colpo in testa: probabilmente non sarebbe risultato nulla di grave, ma in quanto possibile futura responsabile doveva dimostrare di avere a cuore il benessere e la sicurezza di tutti i maghi che lavoravano nel suo dipartimento.
A Percy non sembrò vera quella possibilità di procrastinare il tanto temuto incontro, ma si dimostrò dispiaciuto e comprensivo quant’era logico per non infastidire la strega. Tanto più che non aveva avvertito la madre della possibile ospite in più – anche se non sarebbe mai mancato da mangiare alla Tana – e così l’inconveniente passò senza conseguenze.
L’incontro fu rimandato di due settimane, ma questa volta fu Perce a beccarsi una brutta influenza che lo costrinse a letto con un febbrone da Ippogrifo e una tosse degna di un Troll.
«Inizio a pensare che tu non voglia davvero presentarmi tua madre, sai» commentò Audrey una sera che passò a trovarlo. «Non è che hai fatto una maledizione perché ti sei pentito del tuo invito?»
«Dod dire stubidaggini» borbottò il malato dal fondo del suo letto.
«Secondo me si è fatto venire la febbre per la paura di presentarti alla mamma», suggerì George comparendo in camera con un paiolo fumante di un liquido denso e scuro non meglio identificato. «Sai, sei la prima fidanzatina che porta a casa… Per questo è agitato, povero piccolo Perce».
Audrey cercò di non ridere, per affetto al suo ragazzo, nemmeno quando il mago recuperò un enorme mestolo di legno e cominciò a spargere sul petto di Percy il suo mirabolante decotto fatto in casa, e si ritirò prima che la scena diventasse troppo imbarazzante. Non che l’uomo della situazione potesse aspirare a un particolare amor proprio, non con un fratello del genere, ma doveva difendere la sua vita notturna con le unghie e i denti. Maschi, così sensibili alle umiliazioni…
A quel punto, per un motivo o per l’altro, l’invito finì per estendersi alla cena della Vigilia. Passare il Natale alla Tana poteva essere splendido o rappresentare un vero incubo, a seconda delle occasioni, considerò Perce: sua madre ci teneva in particolare, era la grande serata per dimostrare che guerra o no, perdite e tutto erano ancora tutti uniti e stavano bene.
Il primo Natale dopo la guerra era stato un vero disastro, perché nessuno ancora aveva voglia di festeggiare. L’anno seguente era stato meglio, e quello doveva rappresentare l’occasione del rilancio.
Un Percy redivivo dall’influenza era ancora indeciso sul caso di presentare la fidanzata proprio quella sera. «Sicura che non ti dispiaccia? I tuoi sono appena tornati, magari preferisci…»
La strega lo fermò prima che potesse continuare la frase: «Che, scherzi? Vanno dai parenti, mancano da casa da una vita! Non vorrai mica che finisca a posare per la foto con il cigno impagliato, di nuovo? Mia nonna ha sempre la fissa per gli scatti orrendi».
Quello che il mago non aveva calcolato è che Audrey davvero voleva incontrare sua madre. La cosa peggiore era sapere di essere il colpevole: lui le aveva dato l’idea, lui ne avrebbe subito le conseguenze. Si prospettava una lunga serie di domande imbarazzanti – soprattutto sul perché avesse taciuto per tanto tempo su quella relazione – a cui non era sicuro di voler rispondere.
Dopo tanto tempo passato a cercare l’approvazione della famiglia, improvvisamente Percy sentiva il bisogno di difendere la propria indipendenza e l’intimità che aveva raggiunto con la ragazza. Sì che il tempismo non era mai stato il suo forte, ma così…
Inoltre, lo spaventavano tutte le possibili reazioni di Audrey allo show materno: come si sarebbe comportata sentendo subito l’interrogatorio riguardo alle sue idee sul matrimonio, alla sua volontà di avere dei figli o meno, sul suo lavoro, che la madre avrebbe di certo ritenuto troppo pericoloso!
«Avanti, Perce», lo incoraggiò lei stesa sul nuovo tappeto del salotto, «hai montato tutti i mobili che abbiamo acquistato senza ucciderti, cosa vuoi che sia questa serata?»
Era l’opinione di una folle che non aveva idea del mostro che andava a incontrare, pensò il mago, ma alla fine capitolò e decise che, in fondo, era arrivato il momento di uscire allo scoperto con la famiglia: anche perché tutti i fratelli o quasi erano al corrente del suo stato di fidanzato, ma si divertivano molto a metterlo in difficoltà su quell’argomento di fronte ai genitori… Doveva prendere la situazione nelle sue mani.
L’atmosfera natalizia fece il resto: Perce non era né il Grinch né l’appassionato per antonomasia delle feste, ma l’eccitazione che era nell’aria lo convinse che non aveva nulla da temere.
Ed eccoli, la sera di quel 24 dicembre, a presentarsi alla Tana sulla piccola utilitaria di Audrey, che rideva come una matta: «Lo sapevo che non dovevo lasciarti guidare, lo sapevo!»
«Pensavo che fosse più facile» tentò di giustificarsi Percy, che sembrava effettivamente provato dall’esperienza. «Ma c’è la neve e la strada è dissestata…»
Non era successo niente di che, non erano finiti fuori strada né avevano tamponato nessuno – più che altro perché non avevano incrociato anima viva – ma quegli ultimi tre chilometri in cui il mago aveva chiesto di poter provare a guidare erano stati davvero un incubo.
La ragazza scosse il capo e si fece restituire le chiavi, chiudendo poi entrambe le portiere. «Che pretendevi? Non s’impara a guidare in pista, ma sulle stradacce come questa, così si è preparati in qualunque situazione. Ora entriamo, su!»
Qualunque cosa si fosse aspettata Audrey, lo spettacolo che le si presentò davanti quando Percy aprì la porta fu sicuramente migliore: l’ingresso della Tana era stato decorato con rami d’abete coperti di neve, nastri di ogni colore, pigne dorate… Era forse lo scenario natalizio più bello dai tempi di Hogwarts, pensò la strega commossa.
«Non vorrai scioglierti per così poco, non è vero?» la prese in giro il ragazzo, prima di prenderle la sciarpa e il cappotto e appenderli vicino ai propri. «Andiamo, saranno tutti in salotto».
Arrivare in auto era stata in realtà una scusa per entrare in casa tranquillamente, senza che la famiglia fosse ad attenderli, e Percy prese l’ultimo respiro profondo prima di entrare nella stanza e salutare tutti i familiari.
Pur sapendo che i Weasley erano tanti e che tutti ostentavano i proverbiali capelli rossi, fu quasi sconvolgente fare capolino in salotto e vederli lì tutti insieme, almeno per Audrey. Eccoli lì, i genitori, i cinque fratelli, e tra loro i capelli biondi della moglie di Bill, il volto scuro di Angelina e i celebri capelli ribelli di Harry Potter. Accanto a lui sedeva Hermione Granger, che la ragazza incrociava spesso nei corridoi del Ministero.
Un soggiorno effettivamente affollato, proprio come le era stato descritto da Percy.
«Percy, eccoti qua finalmente» esclamò entusiasta la madre, accogliendo il terzogenito con due sonori baci sulle guance. «E chi è la tua ospite?»
La ragazza si trattenne dal ridere: sapeva che le sue foto erano state ben squadrate alla Tana da tutta la famiglia, quando si era complottato per trovare una ragazza a Perce, per cui trovava strano che la signora Weasley fingesse di non conoscere la sua faccia. Probabilmente lo trovava di gusto migliore, ma alle sue spalle i figli sghignazzavano e scuotevano il capo.
«Mi chiamo Audrey Ruston, signora, sono la ragazza di Percy» si presentò porgendo una mano verso la donna. «Sono davvero felice di conoscerla».
«Chiamami Molly e dammi del tu, cara» rispose quella con un sorriso, prima di scostare il suo saluto formale per abbracciarla come se fosse già di famiglia: era un classico, Percy l’aveva vista accogliere in quel modo tutte le ragazze che Charlie aveva portato a casa, nella speranza che finalmente avrebbe messo la testa al posto, e perfino la stessa Angelina, una volta inquadrata come fidanzata del suo figlio più pazzo e non più come semplice amica.
La preoccupazione del mago era che la madre potesse dimostrarsi troppo appiccicosa o desiderosa di conoscere i loro progetti, così da allontanare la ragazza… Ma Perce non poteva fare altro che fidarsi della donna che amava e sperare che gli volesse abbastanza bene da sopportare le attenzioni di Molly Weasley a caccia di una nuova nuora.
Dopo che la padrona di casa si fu presentata, tutti gli altri membri della famiglia fecero lo stesso, creando una strana processione in cui Audrey occupava il posto d’onore. Nell’insieme la cosa la spaventò un poco, per non parlare dell’imbarazzo a stringere la mano di Charlie, del quale era stata una grande fan ai tempi della scuola, ma quando George arrivò a presentarsi con un ghigno diabolico in volto riuscì a rilassarsi un poco. Angelina e Ginny l’accolsero con calore, complimentandosi per aver resistito così tanto e della tranquillità ostentata nel gestire quel fiume di quasi parenti, e Fleur la salutò con una strana espressione in francese che alle orecchie di Audrey, poco allenate con quella lingua, sembrò un vivo ringraziamento per aver restituito a lei e a suo marito l’intimità della loro casa. Forse aveva capito male…
Fu felice di conoscere la piccolina di casa, Victoire, anche se non era proprio un talento naturale con i bambini; ammirò la bellezza della bambina, che aveva preso molto dell’aspetto da Veela materno, ma riconobbe che, anche se era ancora così piccola, Vic aveva la classica espressione dei Weasley.
Molly s’intenerì vedendo che la ragazza riusciva a far ridere la sua nipotina, che in genere piangeva in braccio a estranei, e si convinse che fosse già pronta ad avere dei figli, un enorme punto a suo favore agli occhi materni della strega.
«Se ho già pensato a mettere su famiglia?» ripeté Audrey cercando di controllarsi quando le venne posta quella domanda del tutto inaspettata. Con la coda dell’occhio notò che Percy si stava strozzando con uno stuzzichino, preso alla sprovvista quanto lei, ma s’impegnò a rispondere con serietà, evitando di guardare George e Bill che la prendevano in giro. «Per il momento no, in realtà: sono in lizza per ricevere una promozione e dirigere il mio Dipartimento, per cui in questo momento sono più che altro concentrata sul lavoro. Non mi dispiacerebbe avere dei figli, un giorno… Con la persona giusta» concluse facendo l’occhiolino al proprio fidanzato, che stava ancora cercando di non soffocare con un’oliva e che era arrossito fino alla punta dei capelli.
Rabbonire Molly e far prendere un colpo a Percy contemporaneamente… George, Charlie e Bill si guardarono tra loro con la sensazione di aver trovato una sorella mancante. Senza badare alla strana reazione del figlio, la strega annuì ma decretò che non si doveva aspettare troppo, prima di perdere la giovinezza e… Per fortuna il suo sproloquio fu interrotto da Arthur: «Per l’amor di Morgana, tesoro, la ragazza è poco più che una bambina! Non spaventarla» disse sorridendo ad Audrey, che si sentì salvata da una china pericolosa. «Piuttosto, a che punto è la cena?»
Conquistarsi il mago fu facile come previsto da Percy, considerò la giovane mentre si spostavano a tavola: non appena seppe che la giovane era figlia di Babbani, infatti, il signor Weasley cominciò a tempestarla di domande su tutti gli oggetti tecnologici che aveva a casa e che usava quotidianamente, proprio com’era successo anni prima con Harry e Hermione. La differenza era che la ragazza di Perce era quella che forse era riuscita a trovare il miglior connubio tra i due mondi cui si sentiva di appartenere.
Per Harry, infatti, pensare ai Babbani equivaleva a ricordare i suoi zii e suo cugino, un affare non molto piacevole, mentre la sua migliore amica in quel momento era un po’ in crisi con i genitori, che erano ancora sconvolti per essere stati spediti dall’altra parte del mondo dopo aver subito quello che loro chiamavano il lavaggio del cervello. Anche se la ragazza l’aveva fatto esclusivamente per il loro bene, per i signori Granger non doveva essere molto gradevole vivere con la consapevolezza di essere così facilmente manipolabili nelle mani della loro unica figlia.
«Ti capisco, anch’io ho messo i miei genitori su un aereo non appena ho capito quanto fosse brutta la situazione» raccontò Audrey con voce comprensiva, quando Hermione le spiegò cosa fosse accaduto e il motivo della sua tristezza. «Mi è bastato spaventarli un po’: hanno sempre temuto la magia, perché sfugge alla loro comprensione, ed esagerando sui rischi che correvano rimanendo – ma neanche troppo – sono riuscita a convincerli. Io non ho combattuto in prima linea, però, e in quel caso nemmeno loro mi avrebbero lasciato a cuor leggero».
Hermione sospirò. Di certo quella storia non le faceva bene, specie ricordando le emozioni che aveva provato nel prendere quella dolorosa decisione e cancellarsi dalle menti dei propri genitori. «I miei trovavano la magia affascinante. L’unica volta in cui li ho visti arrabbiati è stato quando ho approfittato di un incantesimo andato storto per sistemarmi i denti. In quel caso, secondo loro non ho avuto rispetto per la loro professione».
Mai mettersi contro un dentista, figuriamoci due! Audrey le augurò di riuscire a instaurare con loro un rapporto nuovo, più adulto e completo. Per chi, come i loro genitori, non aveva che un’idea sublimata e fatata del mondo magico, affrontare la guerra era stato davvero difficile.
«Io ho fatto così bene il mio mestiere che mia madre e mio padre non sono tornati in Gran Bretagna fino a qualche settimana fa… Ed è inutile dire che ancora mi guardano storto: cosa credete penserebbero se sapessero che il mio lavoro consiste nel provare nuovi incantesimi bombardando manichini e altri oggetti?»
Percy la guardava in silenzio. Non aveva parlato con lui del disagio che provava verso la propria famiglia… Forse aveva pensato che sarebbe apparsa debole ai suoi occhi? Non capiva. Forse pensava che lui non avrebbe compreso, abituato com’era a vivere tra maghi come lui.
Prima che potesse risponderle, però, Harry disse la sua ricordando i suoi zii – al che tutta la tavolata rumoreggiò – che avevano sempre odiato e temuto la magia… Finché non avevano vissuto con dei maghi per quasi un anno intero: nessuno aveva tentato di ucciderli, per cui un pochino si erano ricreduti. «Certo non riuscirò mai a perdonarli del tutto, ma almeno adesso c’è un minimo di civiltà, nelle nostre rare conversazioni».
Proprio in quel momento, Molly comparve brandendo un immenso tegame di arrosto e la chiacchierata deviò su argomenti più piacevoli per tutti. Bill si offrì di tagliare la carne e presto si formò una lunga fila di piatti da riempire, mentre Fleur si scusava per dare da mangiare alla piccola, cosa che preferiva fare in un’altra stanza per comodità e perché riteneva che quel gesto fosse una sorta di rituale intimo tra lei e la figlia, da tenere nascosto agli occhi del mondo.
«La mia Victoire è la bimba più bella che si sia mai vista al mondo», sospirò Molly guadagnandosi una certa dose di rimbrotti da parte dei figli. «Hai mai pensato a sposarti, cara?»
Audrey ebbe i brividi: non era certo la sola nubile seduta a tavola, ma non c’erano dubbi. Toccava a lei rispondere. Scambiò un rapido sguardo con Hermione e Angelina, altre due ospiti della Tana, che sembrarono dirle sì, anche noi ci siamo passate.
«Onestamente no, nessuno dei miei precedenti fidanzati mi ha mai suggerito l’idea che le cose potessero farsi così serie» spiegò cercando di rimanere sul vago. «Diciamo che vorrei poter distinguere mio marito da eventuali figli, e nessuno degli uomini con cui sono uscita in passato mi ha dato questa sicurezza».
Era una risposta molto diplomatica – ma anche divertente, pensando che nelle sue grinfie era passato pure l’attuale Ministro della Magia – eppure lasciava aperto uno spiraglio pericolosissimo: il confronto dei suoi ex con Percy.
«Ma il mio Percy, qui…» cominciò infatti a risponderle la strega.
Il figlio sentì che aveva bisogno di un diversivo e cercò nella sua mente una qualunque frase che potesse distoglierla dal torturare in quel modo la sua fidanzata: sfortunatamente per lui, fu la cosa peggiore che potesse dire.
«Mamma, te l’ha detto George che si sposa?»
Caddero forchette nei piatti, e con esse un pesante silenzio: i fratelli Weasley si voltarono tutti a fissare Percy, consapevoli dell’enorme errore che aveva commesso, tanto che le congratulazioni materne furono sommerse dalla serie d’improperi che George cominciò a urlare, furibondo.
«Come hai potuto, avevi detto che avresti tenuto la bocca chiusa… Traditore!» gridò prima di provare a lanciarsi alla gola del fratello, che stava già cercando di allontanarsi, terrorizzato.
Si lanciò sulla tavola, incurante di bicchieri e bottiglie cadute al suo balzo, brandendo un coltello, quando Charlie ebbe la rapidità di disarmarlo – la posata volò a infilzare lo stipite della porta – e di sollevarlo a mezz’aria per impedire che colpisse Percy.
«Vedi, mamma, che lavorare con i draghi serve a qualcosa, nella vita?» riuscì a gongolare vantandosi dei suoi ottimi riflessi. Il resto della tavolata non sapeva che pensare: i fratelli avrebbero voluto vedere quello scontro epico, atteso forse da tutta la vita, Perce tratteneva ancora il fiato, Audrey lo fissava con aria strana e Angelina… Angelina era andata a tirare giù il fidanzato, in un pallido tentativo di calmarlo.
«State per sposarvi? Perché non me l’hai detto, George?» domandò Molly, rimasta imperturbabile dalla baruffa, focalizzata sulla notizia importante.
«Perché volevamo organizzare tutto con calma e senza… Senza mettere in moto la macchina organizzatrice che hai messo su per il matrimonio di Bill» rispose quello cercando le parole giuste e dedicando un’occhiata torva anche al maggiore dei suoi fratelli, che con le sue nozze aveva messo in testa alla madre che tutte le cerimonie alla Tana sarebbero state sempre più fastose e imponenti. «Vogliamo qualcosa di semplice, una giornata di festa con i nostri amici intimi e i parenti vicini. Il che significa evitare di avere quella piattola di Zia Muriel tra le Pluffe, ad esempio».
Tutti quanti a quell’ultima obiezione sembrarono ragionevolmente d’accordo, il che fece pensare ad Audrey che ancora si fosse persa il peggio della famiglia Weasley.
«Tenere una cosa del genere nascosta alla propria madre… Che sciocchezza! Come se poi io avessi voluto organizzare tutto quel circo» mentì spudoratamente la strega, negando di aver discusso, controbattuto e comprovato ogni decisione di Fleur. L’aveva detta così gigantesca che Bill ridacchiava in un angolo; Ginny pure era incredula a sentire certe cose, rabbrividendo al solo pensiero di quale terremoto era stata la Tana in quei mesi che avevano preceduto il matrimonio dell’anno.
«Sono stata io a chiederlo, Molly» disse Angelina per evitare che la discussione tra madre e figlio degenerasse. «Ho preferito iniziare a guardare per ogni cosa da sola, al massimo aiutata da Katie e Alicia, che mi faranno da damigelle, per non sentire pressione. Nemmeno i miei genitori lo sanno, ancora».
In realtà, la signora Johnson aveva già notato il nuovo anello che compariva alla mano sinistra della figlia, ma non aveva detto nulla, limitandosi a gongolare come chi conosce un segreto e si diverte a non rivelarlo ad altri. Probabilmente preferiva attendere che fosse la futura sposa a parlarne… La sua mamma era un bijou di riservatezza e le voleva molto bene per questo!
A sentire che aveva un vantaggio sui genitori della sposa, Molly sembrò molto più contenta. «Bene, se volete fare tutto da soli, non sarò certo io a mettere becco nelle vostre decisioni» affermò con aria seria, tanto che perfino Arthur alle sue spalle si mise una mano davanti alla bocca, molto divertito. «Sappiate che sarei molto felice se la cerimonia si tenesse di nuovo qui alla Tana».
George fece per dire qualcosa, poi si voltò a guardare un punto indefinito alle sue spalle, prima di tirare su la sedia dal pavimento e rimettersi a tavola. «Non vorrei che avvenisse in nessun altro posto, lo sai, mamma».
La cena aveva preso una piega inaspettata e Audrey iniziava a sentirsi un po’ a disagio. Immaginò che, se fosse uscita in giardino e avesse guardato nella direzione verso cui si era incantato George, avrebbe visto la tomba del suo gemello: era una situazione familiare intima, in cui lei ancora si sentiva un’intrusa. Cercò lo sguardo del suo fidanzato e solo a quel punto si accorse che Percy era sparito.
Charlie capì cos’era accaduto e le disse di salire al secondo piano, dove sicuramente si era rintanato il fratellino. «Vai a stanarlo» le consigliò facendole l’occhiolino.
Audrey annuì e si diresse verso le scale: al primo piano sentì la voce di Fleur che cantava una ninnananna in francese e la intravide con la piccola Victoire in braccio, attraverso lo spiraglio della porta socchiusa di quella che doveva essere stata la camera di Bill. Quella scena rubata le fece molta tenerezza, ma la ragazza proseguì per non sembrare impicciona.
Una rampa di scale più su e si trovò davanti alla stanza di Percy. Non bussò nemmeno, entrò decisa a scovare il ragazzo, che era seduto sul suo vecchio letto con aria molto triste.
«Sono un idiota» mormorò.
La strega scosse il capo e andò a sedersi vicino a lui. «Su questo non ci sono dubbi, ma non è un buon motivo per sparire così».
«George mi ucciderà… Gli avevo promesso di non dire niente, e l’ho gettato in pasto ai lupi per salvarmi».
Probabilmente nemmeno Audrey sarebbe riuscita a dormire sonni tranquilli sotto lo stesso tetto di George, nello stato in cui era. Tuttavia, Percy non poteva rimanere nascosto nella stanza della sua infanzia per sempre! «Non era certo il regalo di Natale che tuo fratello si aspettava, ma dovrai affrontarlo comunque: siete pur sempre coinquilini!»
Il mago mugolò e si lasciò cadere all’indietro: era corso fin lassù più per abitudine che per trovare in quella stanza una qualche forma di conforto. In un certo senso, detestava ricordare il periodo della sua adolescenza, in cui aveva vissuto più tempo nascosto in quella cameretta che con la sua famiglia. Era cambiato parecchio da allora…
«E dire che volevo chiedergli di farmi un grosso prestito», si lamentò ridendo amaramente, al pensiero improvviso dei piani che stava architettando da qualche tempo.
«Un prestito? Per cosa?» domandò la ragazza con curiosità. Quella storia le suonava del tutto nuova.
Percy temporeggiò, indeciso se confidarsi o se rimangiarsi quello che aveva detto. Accidenti alla sua boccaccia!
Alla fine optò per parlare, sebbene avesse pensato di fare una sorpresa alla sua fidanzata a cosa fatte: «Un po’ di tempo fa abbiamo parlato di cosa voglio fare della mia vita, ora che George si sta ben indirizzando e che non desidero restare per sempre nel negozio di scherzi, sebbene sia un’attività molto divertente», le ricordò con un mezzo sorriso. «La settimana scorsa sono andato a ritirare dei libri al Ghirigoro e il proprietario si stava lamentando della sciatica e di come ormai voglia ritirarsi in pensione. I suoi figli non sono interessati alla sua attività e parlano di venderla, per cui…»
Alla faccia, quello era un progetto incredibile: un bel passo avanti per un mago che fino a qualche tempo prima sembrava non sapere in quale campo lanciarsi, dato che gli scherzi non erano la sua specialità e che ormai sembrava aver messo una pietra sopra qualunque genere di carriera nel Ministero.
«Vuoi comprare il Ghirigoro?» domandò Audrey incredula: di questo passo, i fratelli Weasley avrebbero creato un monopolio sulle attività di Diagon Alley! «Sei consapevole che dovresti vendere i libri, e che non potresti tenerli tutti per te?»
«Potrei sempre richiedere una copia in più per la mia biblioteca personale» suggerì Percy ridacchiando. «Ho pensato a tutto quello che mi piace fare, e i libri sono la mia passione. Potrei fare delle grandi cose con quel negozio».
La ragazza ne era sicura: con l’amore che aveva per i libri e la sua conoscenza… Se fosse riuscito a rinnovare il locale in modo da farlo sembrare meno polveroso e antico, avrebbe creato un posto incredibile. Lei ci avrebbe messo anche una caffetteria, ma forse era troppo abituata alle librerie babbane. Gli avrebbe comunque suggerito l’idea e, anche se non fosse stato dello stesso parere, l’avrebbe appoggiato in tutto.
«Per comprarlo ti serve un prestito?»
Percy annuì: «Ho fatto alcune domande e ho scoperto che la cifra è troppo alta per me. Non posso comprare il negozio da solo e, parlando di denaro, George di certo è messo meglio di tutti in famiglia, ma chiederò alla Gringott».
Indebitarsi con i Goblin poteva non essere la migliore delle idee, Audrey lo sapeva: il prestito sarebbe stato regolato dalla banca, ma quelle creature sapevano essere perfide, quando si trattava di riscuotere gli interessi a loro dovuti.
«E se ti prestassi io i soldi che ti occorrono?» gli propose stendendosi con lui.
«È una grossa cifra», ribadì subito Percy, che non si aspettava di sentire una simile offerta. «Non potrei mai accettare una somma del genere da te».
Ed ecco la tartaruga che si rintanava nel guscio! La ragazza sospirò: se lo aspettava, Perce aveva subito pensato di rivolgersi alla famiglia o alla banca, scelte ovvie e sensate, ma che lo mettevano al sicuro dal fallimento. Beh, a pensarci bene i Goblin gli avrebbero tolto anche la pelle di dosso, pur di recuperare il proprio denaro…
«Siamo troppo grandi e razionali per permettere che un prestito rovini la nostra relazione», gli disse schioccandogli un bacio sulla guancia, «e non ti offrirei questi soldi se non potessi permettermi questa soluzione. L’altra mia nonna, non quella del cigno impagliato, è morta un paio di anni fa e mi ha nominato sua unica erede, ho ricevuto una bella sommetta e anche una casa gigantesca che devo decidermi a vendere. Farò un favore a entrambi, liquidando quella proprietà».
Audrey non voleva certo obbligarlo, per cui gli ripeté che aveva un’impressione troppo positiva di entrambi, per credere che quel prestito avrebbe potuto avvelenare il loro rapporto. «Me li ridarai nel tempo, non c’è problema. Possiamo siglare un accordo davanti ai Goblin, se preferisci, così rimarrà tutto nero su bianco, ma secondo me non dovresti farne un problema. Io ho fiducia in te, come ne ho in noi».
«Ci penserò su» rispose semplicemente Percy, che era rimasto impreparato a una simile soluzione. «Ora che si fa?»
Audrey rise: se era un suggerimento per una proposta indecente, era la più candida che avesse mai sentito. «Non possiamo rimanere nascosti qui per sempre, scommetto che tua madre sta già cercando un volontario per assicurarsi che non stiamo facendo cosacce», fece notare, «ma se non ti senti di affrontare adesso la tua famiglia, posso fingere un malessere a tua scelta per andarcene prima del previsto: torniamo a casa tua, aspettiamo la mezzanotte e ci scambiamo i regali, solo noi due. Avrò tempo per conoscere meglio i tuoi parenti: del resto, qualcuno mi ha detto che ne prendi uno e hai in regalo la confezione famiglia».
Percy si rilassò nel sentir ripetere la battuta che aveva fatto al loro primo appuntamento serio parlando di Penelope. Com’era diverso il loro rapporto dalla sua prima relazione… Scosse il capo, per una volta determinato a finire quello che aveva iniziato: «No, ti ho invitato come mia ospite e non sarebbe giusto farti scappare in questo modo. E poi ti perderesti l’eggnog di mia madre, un must delle feste a casa Weasley, per cui torniamo giù».
«Ne sei sicuro?» domandò Audrey. «Guarda che una volta che siamo lì, non possiamo sparire».
Prendendo un bel respiro, Percy annuì, quindi le tese una mano e si alzò con lei. Forse la prova non era scoprire se la ragazza sarebbe sopravvissuta all’incontro con sua madre, bensì scoprire se lui fosse in grado di sopportare quella situazione. E lui voleva esserne in grado.
«Devo smettermi di farmi problemi, no? È il mio regalo di Natale per noi», sussurrò prima di baciarla. Sembrò durare all’infinito, in un abbraccio tenero e delicato.
«Buon Natale, Perce» gli augurò Audrey quando si staccò di prendere fiato, sorridendo felice. Se qualche mese prima le avessero detto che si sarebbe sentita così appagata ed entusiasta perché stava con Percy Weasley, non ci avrebbe mai creduto. Eppure, sembrava proprio così.
La coppia tornò in cucina con l’animo rinfrancato e una nuova voglia di ottenere l’approvazione di mamma Molly: la strega era visibilmente preoccupata di quello che potevano aver combinato di sopra, ma quando vide che abiti e capelli erano a posto si rinfrancò e li accolse facendo sapere che stava per servire il dessert.
Più difficile fu incrociare lo sguardo di George, che era ancora abbastanza arrabbiato, ma Audrey attese che avesse bevuto tre o quattro bicchieri di liquore natalizio per fargli promettere che non avrebbe tentato di ledere il suo fidanzato fisicamente o psicologicamente o in qualunque altro modo. Il ragazzo era abbastanza alticcio da non rendersi conto di quello che diceva, così si fregò con le sue stesse mani, cosa che fece rispettare ancora di più la strega agli occhi dei Weasley.
Alla fine dei conti, l’ultima ospite aggiunta al clan decise che era stata la miglior vigilia di Natale che le era capitata da parecchio tempo: il calore familiare che regnava alla Tana la fece sentire a casa, una volta superato il problema della soffiata fatta da Perce, e la serata passò in un lampo. Non ci furono regali, anzi, molti dei ragazzi si scusarono perché non avevano pensato a un dono per lei, non sapendo che sarebbe stata presente, ma a lei non importava.
 Era già passata la mezzanotte da un pezzo quando, dopo l’ultimo brindisi, Audrey si rimise al volante della sua macchina con Percy sul sedile del passeggero.
«Potete rimanere a dormire qui, se volete» tentò di suggerire Molly, che era uscita col marito per augurare loro la buonanotte. «In camere separate, s’intende, ma qui alla Tana c’è tanto posto… Non è pericoloso mettersi alla guida a quest’ora?»
«Non si preoccupi, signora, io non ho bevuto quasi niente, a differenza di questo qui» rispose dando un buffetto al suo fidanzato, che grugnì qualcosa d’incomprensibile. Aveva seguito George fino al sesto giro di eggnog, con conseguenze disastrose. In altre serate, Audrey non gli avrebbe mai permesso di salire sulla sua auto, ma sapeva che per Perce sarebbe stato peggio dover affrontare le conseguenze della sbronza davanti a sua madre…
«Troviamo un compromesso: lascia qui l’auto e tornate a casa con la Polvere Volante. Potrai tornare a prendere la macchina nei prossimi giorni» suggerì Arthur che forse pregustava già la possibilità di fare un giretto in sua assenza.
Appuntandosi mentalmente di chiudere la macchina con l’antifurto e di portarsi via le chiavi – avrebbe fatto anche un incantesimo extra, per evitare brutte sorprese – Audrey acconsentì: guidare un paio d’ore con accanto uno zombie con la nausea la notte di Natale non era il massimo… Uno sbuffo di polvere verde e si ritrovò a casa di Percy con il mago sotto braccio.
«Andiamo di sopra, avanti» gli propose faticando non poco su per le scale. «Accidenti, Perce, sei pesante!»
Finirono tutti e due sul letto e la ragazza ebbe la forza giusto per togliere a entrambi le scarpe e la giacca, prima di sistemarsi al calduccio sotto le coperte al fianco del mago.
«Sai, Audrey, non dovrei dirtelo in questo stato… Ma credo di essermi innamorato di te» biascicò Percy prima di crollare nel mondo dei sogni.
«Ma non mi dire» sospirò lei, sperando di essersi sognata la dichiarazione per la stanchezza e l’effetto dell’eggnog. O che almeno Perce avrebbe avuto il buon gusto di ripeterla da sobrio la mattina dopo, perché ci teneva a sentirla fatta decentemente.
Sarebbe stato il regalo più bello, per quel Natale.



Angoletto dell'Autrice: È un bel capitolo corposo, lo so... È uscito così!
Siamo quasi alla fine, manca ancora un capitolo in realtà. Mi fa strano dire ci siamo, così come mi fa strano essere riuscita ad attenermi al piano pensato per questa storia, anche se con tempi di aggiornamento migliorabili... Spero che sia stato di vostro gradimento. Alla prossima, per l'ultimo capitolo di questa storia...

Rowi

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Epilogo: Giorni di gloria, Perce! ***


Passarono alcuni mesi e arrivò il giorno scelto da George e Angelina per il loro matrimonio.
Il tempo fu clemente – una fortuna, vista la cerimonia in giardino – e lo scambio delle promesse nuziali fu un momento davvero adorabile, che fece piangere come una fontana Molly e sorridere molti altri ospiti, specie per il tocco personale a cui lo sposo non aveva saputo rinunciare.
«Un brindisi!»
Ormai erano tutti a tavola, a gustarsi i manicaretti della padrona di casa, e il più era fatto. George non vedeva l’ora di porre fine alla festa e ritirarsi a casa con la sua mogliettina, per terminare al meglio quella giornata. Aveva già il calice alzato per annunciare il brindisi del testimone, quando si accorse che la seconda sedia alla sua sinistra non era occupata.
«Aspettate, dove sono Percy e Audrey? Non possiamo brindare senza di loro» sbuffò prima di alzarsi per andare a cercarli. Perché, ovviamente, toccava a lui farlo, anche se era il suo giorno.
Senza sapere che la loro assenza era subito stata notata, intanto, i due piccioncini stavano passeggiando in un’altra zona del giardino, ancora infestata dai soliti Gnomi, per smaltire le portate principali di quel pranzo nuziale.
Tra Audrey e Perce le cose andavano al meglio: da quella sera di Natale, diverse cose erano cambiate, molte migliorate.
La ragazza si era divertita qualche giorno a torturare il mago per quella dichiarazione sotto gli effetti dell’alcool, ma era stata più che felice sentendola ripetere da una versione del suo fidanzato decisamente più lucida, a Capodanno. Non aveva risposto allo stesso modo immediatamente solo per il gusto di tenerlo un po’ sulle spine, ma il sentimento era lo stesso per lei e fu davvero bello poterlo esprimere senza paura di essere rifiutata.
Percy aveva accettato il prestito offertogli da Audrey dopo appena una settimana, e per un mago del genere prendere una simile decisione valutando in così poco tempo tutti i pro e i contro insiti nell’indebitarsi con la propria fidanzata… Beh, era quasi incredibile. Era anche riuscito a mercanteggiare un poco il prezzo chiesto dalla famiglia, perché a quanto pareva nessun altro era interessato a comprare il Ghirigoro, così da poter mantenere un discreto budget per i cambiamenti che voleva apportare.
Aveva in mente dei grandi lavori di ristrutturazione entro l’estate, così da riaprire con un nuovo lustro in tempo per gli acquisti scolastici. Il vecchio proprietario, liberatosi da tutte le incombenze che gli gravavano sulle spalle da troppo tempo – conti, rimborsi, fornitori, distributori poco onesti, tipografi sempre in ritardo con le consegne e via dicendo – aveva ricominciato a trovare gusto per il proprio lavoro, di nuovo più attento ai contenuti dei libri che all’angoscia di non chiudere il mese in pari. Percy aveva deciso che sarebbe potuto rimanere come dipendente fino a quando non avesse voluto ritirarsi, acquistando così un valido aiuto per imparare a gestire non solo i settori e i vari scaffali, ma tutto quanto stava dietro alle vendite e che era sconosciuto ai clienti.
Ad Audrey quella nuova versione di Perce piaceva molto: sembrava davvero convinto di aver finalmente trovato il proprio sogno, e sguazzava felice come un bambino tra tutti quei titoli che non aspettavano altro che essere letti. Quello che era rimasto meno contento era George, forse perché non aveva avuto il tempo di architettare la solenne vendetta per la soffiata che suo fratello si era lasciato sfuggire con la madre. Aveva pensato di sfogarsi sul lavoro, approfittando della sua posizione di boss, ma Perce si era licenziato prima che potesse escogitare una ripicca degna della sua fama di burlone. Il terzogenito dei Weasley si era sentito rinfrancato di ciò e aveva cominciato a occuparsi del suo nuovo negozio con entusiasmo, felice di essere nuovamente autonomo per quanto riguardava il lavoro e la propria abitazione.
«Gli altri non si accorgeranno della nostra assenza? Ormai dovrebbe essere arrivato il momento del testimone» fece notare la ragazza evitando una buca nel terreno, probabilmente il nascondiglio di uno Gnomo.
In realtà, non aveva la minima voglia di tornare alla festa: si stava così bene in quel piccolo angolo di mondo, tra i fiori di mamma Molly e le sue rigogliose piante verdi. Le rane nello stagno gracidavano in coro, coprendo i suoni dei festeggiamenti, lontani.
Percy, che camminava a due passi da lei, si fermò per rimirarla meglio: era vestita con un bell’abitino color borgogna ed era davvero elegante, malgrado procedesse con passo incerto per via del terreno dissestato. Tacchi alti e tane di Gnomi non erano una bella combinazione…
Era incredibile il modo in cui la strega si era inserita nella sua famiglia, imparando a sopportare i piccoli difetti dei suoi parenti e ad amare i loro grandi cuori. Da parte sua, sapeva che la sua complessa personalità non avrebbe aiutato i genitori di Audrey ad apprezzare di più la magia, ma almeno erano parsi contenti di vedere che la loro unica figlia era felice con lui.
Lei aveva decretato che probabilmente avrebbero sempre sperato che rinsavisse e sposasse un ingegnere, ma che il ragazzo non doveva prenderla sul personale. «È come affrontare la famiglia di Purosangue più reazionari e chiusi alle novità, solo senza magia», aveva detto con un’espressione mista a fastidio e amore. «Anche noi Babbani abbiamo gente come i Malfoy, che credi?»
Era logico, in un certo senso: Audrey viveva tra due mondi, saltellava tra la magia e la tecnologia con l’aria di una bambina felice e spensierata. Non era semplicemente una realtà a cui Percy doveva adattarsi per stare con lei, era uno stile di vita che voleva adottare anche per se stesso: dopo le feste, ad esempio, il mago aveva cercato una scuola guida vicino a Diagon Alley e si era iscritto cercando di non offendersi ai commenti della proprietaria, una signora dallo stranissimo accento che aveva trovato davvero curioso che un giovanotto così affascinante della sua età ancora non si fosse munito di un’auto.
E se passare il corso di teoria era stato uno scherzo – aveva macinato l’intero libro in un paio di giorni e passato il resto della settimana a memorizzare ogni concetto, sotto lo sguardo impressionato di Audrey – le lezioni di pratica con l’istruttore si erano rivelate l’incubo peggiore della sua vita.
In realtà, Percy aveva creduto di aver guidato male per i commenti canzonatori della sua fidanzata, quella sera di Natale, e per il brutto tempo, ma la sua ansia aveva raggiunto livelli spaventosi quando Arnold, il suo istruttore, si era seduto in macchina: un omone gigantesco, tanto che aveva dovuto abbassare al minimo il sedile del passeggero e mandarlo tutto indietro solo per stare comodo.
Probabilmente quel Babbano era la persona più buona e mansueta della Terra, ma aveva la capacità di mandare in agitazione il povero Perce anche solo con il suo respiro, che era pesante e dava un’idea di disapprovazione alle orecchie del mago.
Nonostante ciò, dopo tre mesi di severe lezioni e di sgridate Percy aveva imparato a guidare e a destreggiarsi nel traffico senza paura. Alla fine anche l’esame era stato una vera formalità, e non aveva dovuto neanche Confondere l’uomo della motorizzazione seduto sul sedile posteriore che aveva valutato la sua prova.
Percy si mise una mano in tasta e, sentendo un certo cerchietto metallico sotto le dita, si decise a mettere in atto il piano che aveva studiato da settimane: ci aveva pensato a lungo e aveva capito che era il momento adatto per una simile proposta, e si augurava che Audrey ne sarebbe stata felice. Era incredibile, se solo un anno prima avesse pensato di arrivare a quel punto con una donna…
«Audrey, ti volevo chiedere una cosa», esordì con un certo imbarazzo, mentre la ragazza, che si era allontanata un poco per annusare il profumo delle rose selvatiche, si voltava. «È una cosa importante e spero che non la giudicherai affrettata, perché io sto davvero bene con te e credo che sia arrivato il momento per fare un passo del genere».
Alla strega mancò il respiro: possibile che Perce volesse… No. Era troppo presto. Si frequentavano da sei mesi scarsi, nemmeno, era impossibile che fosse davvero pronto a fare quello che lei temeva. Non il compassato, razionale e metodico Percy Weasley!
«Aspetta» provò a ribattere, ma il mago sembrava ormai partito per la tangente e non aveva intenzione di interrompersi, non dopo aver finalmente trovato il coraggio di parlare.
«No, fammi finire, ti prego: mi sembrava giusto che avessi la tua copia delle chiavi di casa mia, ormai sei sempre da me», spiegò tirando fuori i doppioni che aveva fatto creare da un fabbro qualche settimana prima. «E… Sarei onorato se un giorno volessi trasferirti da me, certo, quando tu e i tuoi gatti sarete pronti».
Se Audrey aveva rischiato l’infarto, in quel momento provò soltanto un acuto desiderio di strangolare il proprio fidanzato. Come si permetteva quell’idiota di mimare le classiche proposte da matrimonio per poi scadere in una cosa così ovvia e banale?
Senza contare che si era già procurata un mazzo di chiavi di riserva in occasione di un’altra influenza di Perce, per andare a soccorrerlo senza però comparire dal camino senza invito, cosa che lei trovava detestabile. Che stupido!
Era pur sempre Percy, si disse cercando di prenderla in ridere… Effettivamente, forse entro i successivi dieci anni il ragazzo avrebbe trovato il coraggio per farle una simile domanda, ma solo dopo attenta e severa riflessione.
La cosa strana, però, era che com’era accaduto al loro primo appuntamento, Audrey si era sentita prima terrorizzata all’idea che i suoi timori si concretizzassero e poi delusa perché il mago si era tirato indietro. E come per quella serata in cui si era scoperta triste per non aver ricevuto un bacio, la ragazza si sconvolse realizzando che lei avrebbe davvero voluto che Perce le facesse la proposta. Possibile?
«Ehm, Audrey… Sono stato troppo precipitoso, per caso?» domandò Percy, preoccupato da quell’assenza di reazione nella strega.
«Precipitoso?» ripeté la fidanzata senza più riuscire a trattenere le risate. «Se rallentiamo ancora un po’, sarò vecchia e decrepita prima di fare il vero grande passo!»
E lei lo voleva davvero, capì sempre più incredula, lo voleva davvero. Ancora stordita per la rivelazione, decise che era il momento di prendere la situazione in mano e non permettere al mago di tornare a essere la solita tartaruga: poco importava se non era ortodosso o se la maggior parte delle sue coetanee avrebbe storto il naso alla sua trovata, doveva approfittare del coraggio che si sentiva in quel momento prima di avere il tempo per cambiare idea.
Perce tentò di dire ancora qualcosa, ma la ragazza lo bloccò: «So che dovrei mettermi in ginocchio per fare le cose per bene, ma non rovinerò questo vestito macchiandolo di fango, perciò accontentati. Percy Weasley, vuoi sposarmi?»
Nel dirlo, Audrey era già pronta a fare un Wingardium Leviosa al povero Perce, temendo che svenisse per l’emozione, eppure il giovane sembrò reagire meglio del previsto. Almeno, non stramazzò a terra per la sorpresa, ma rimase imbambolato là dove stava, come se la domanda della fidanzata l’avesse pietrificato.
«Stai dicendo sul serio?» chiese piano, come se avesse bisogno di una conferma.
«Secondo te potrei scherzare su un argomento del genere?» ribatté la ragazza quasi scandalizzata. Ma che razza di fidanzato era andata a pescare? Ah, già. «Certo che sto dicendo sul serio!»
A dispetto delle sue parole, però, Perce sembrava sempre più felice: forse Audrey non era la sola ad aver già fatto quel tipo di pensieri… Il mago si cincischiava con le chiavi, senza smettere di guardarla, come se non trovasse le parole per spiegarle a tutti i costi quel che provava. «Perché… Io non volevo correre, né che mi credessi matto».
«Tu sei matto, Perce, ma non ho mai detto che questo sia un problema» rise lei, avvicinandosi un poco. Il matrimonio di George ormai sembrava una storia di mille anni prima.
«Però, insomma… Non ci abbiamo riflettuto abbastanza, forse sarebbe meglio aspettare».
«Metti da parte il cervello e comportati da Weasley, per una volta» lo esortò Audrey, con la voce che rischiava d’incrinarsi: aveva una paura matta che Percy le dicesse di no. Non sapeva come avrebbe reagito, in quel caso.
D'altro canto, il mago era combattuto: se l'era sentito ripetere per tutta la vita, quel consiglio. Comportarsi da Weasley.
Lui era un Weasley, dannazione, eppure gli riusciva così difficile non ascoltare la voce della ragione! Tuttavia, prese un bel respiro e abbracciò la ragazza e la strinse a sé con tutta la forza che aveva: «Se tu ne sei davvero convinta, e se sei sicura che non avrai ripensamenti… Sì, certo che ti voglio sposare», esclamò ridendo felice.
Audrey gli passò le braccia intorno al collo e sorrise, prima di scuotere il capo. «Puoi contarci: non avrò ripensamenti, anche solo per non concederti il lusso di tirarmi fuori per prima da questa storia!» scherzò prima di baciare il mago e abbandonarsi nella sua stretta.
Forse l’idillio del momento, forse la commozione all’idea di essersi appena impegnati per la vita, ma i due fidanzati erano così presi l’uno dall’altra che non si resero conto del cespuglio che sussultava poco distante.
Sarebbe stato meglio accorgersene in tempo, ma George, che aveva trovato il testimone disperso già da un pezzo, ringraziò la sua buona stella e sgattaiolò indietro in silenzio senza disturbare i piccioncini.
Per la barba di Merlino, con tutto quello che aveva passato e l’età che aveva, non credeva che sarebbe rimasto così sconvolto nel vedere il fratello esibirsi in certe abilità in cui la lingua c’entrava assai poco con l’incredibile quantità d’idiomi che aveva parlato Bartemius Crouch senior e che Perce aveva sentito anche solo di sfuggita nel corso del suo breve lavoro sotto il mago deceduto. E meno male che era stato lui a beccarli, se fosse andata la mamma a cercarli…
George tornò indietro ancora di qualche passo e cominciò a fare rumore prima di avvicinarsi di nuovo alla coppietta, fingendo di non essere ancora stato lì, e li salutò con una delle sue smorfie dissacratorie.
«Allora, vogliamo sbrigarci qui?» domandò con quell’aria strafottente che gli era così naturale. «Mi spiace disturbarvi, ragazzi, ma sarebbe il mio matrimonio e manca giusto il testimone dello sposo per fare il discorso».
Audrey e Percy arrossirono come scolaretti, il che non fece altro che compiacere il burlone. «Ah, davvero?», tentò di sviare la ragazza, «Ci siamo allontanati per non esplodere, vostra madre deve sempre sfamare un esercito…»
L’abbondanza delle porzioni alla Tana non era certo una novità, del resto, e anche Perce continuò a scusarsi. «Quanto tempo è passato? Non ci sembrava di essere venuti via da tanto».
«Come no» ridacchiò George sempre più divertito. «Andiamo, su».
Quello scoop colto per caso era il regalo più bello che il giovane potesse ricevere per le proprie nozze: già di norma sarebbe stata una notizia eccezionale, da usare al meglio contro Percy, ma dopo che il fratello aveva usato l'annuncio del suo imminente matrimonio per salvarsi in corner dall’interrogatorio materno, a Natale… Erano passati mesi da allora, ma si era davvero legato alla bacchetta quella storia.
Camminando davanti alla coppia, che si teneva per mano come per prolungare il romanticismo del momento – anche se, per quello che aveva visto, Percy si era dimostrato il solito fesso – George tornò fino alla tavolata, dove il loro arrivo fu accolto nell’entusiasmo generale.
«Eccovi qui, finalmente» esclamò Molly con una nota di rimprovero nella voce. «Si può sapere dove vi eravate cacciati? Non avrete mica…»
«NO!», la interruppe Perce, già rosso come una Pluffa, «Qualsiasi cosa tu stessi pensando, no».
«Abbiamo fatto solo due passi», Audrey tossicchiò, anche lei imbarazzata, e finse di non sentire il successivo commento di quella che ormai poteva chiamare suocera su quanto fosse importante preservarsi per il matrimonio, con conseguente sghignazzata collettiva.
Persino Arthur ridacchiava visto che, in fondo, loro erano stati i primi a non rispettare le tradizioni, e tutti i loro figli sembravano aver seguito le loro orme.
La sposa aveva ormai le lacrime agli occhi, ma quando George le sussurrò cos’era accaduto si fece seria e poi sorrise felice.
«Beh, allora… Possiamo procedere con il brindisi?» suggerì Bill, che non vedeva l’ora di assaggiare la torta. La mamma si era superata, aveva fatto un dolce a più strati con una splendida glassa rosa e verde le cui decorazioni richiamavano gli interni dei Tiri Vispi, un piccolo omaggio all’attività del figlio, a cui la donna si era ormai rassegnata.
«Certamente», concordò George, gongolando per l’attesa. «Quando vuoi, Perce».
Il mago si alzò e prese il suo bicchiere a calice in mano: il suo sguardo si soffermò sulla sedia vuota alla sua destra, prima di concentrarsi sui due sposini. Una leggera fitta di dispiacere lo avvinse al pensiero che quel discorso avrebbe dovuto tenerlo un altro…
Ma il buon ricordo di Fred avrebbe protetto quella giornata di gioia e la vita del suo gemello, che appariva radiosa.
«Oh beh… Non c’è molto da dire», cominciò un po’ indeciso, mentre Charlie e Bill ridevano e Molly li guardava storto, tossicchiando per farli tacere. «Io e George abbiamo avuto bisogno del nostro tempo per capirci a fondo e accettarci a vicenda, ben più di quello che due normali fratelli probabilmente impiegano».
E se non era vero… George lo guardò e annuì, pur sentendosi gli occhi lucidi. Pensando a tutto quello che avevano passato insieme, quasi si pentiva di tutte le cattiverie che aveva combinato al fratello maggiore insieme – e non solo – a Fred. Quasi, eh!
«Al contrario, Angelina non ha avuto difficoltà a comprenderlo. Ha visto il meglio e il peggio di George e ha saputo stargli accanto in un momento in cui perfino i suoi fratelli erano del tutto inutili. L’ammiro e la ringrazio ogni giorno per questo, e sono fiero che George sia riuscito a farle la proposta rimanendo serio. Conoscendolo, temevo che Angelina la interpretasse come un pesce d’aprile fuori stagione e lo mandasse al diavolo!»
«Grazie tante, Perce» brontolò lo sposo mentre la tavolata scoppiava di nuovo a ridere.
Ormai Percy ci aveva preso gusto: sollevò il suo bicchiere e invitò gli altri a fare altrettanto. «A George e ad Angelina, dunque: siate felici!»
Un augurio semplice, ma che valeva più di sciocchi inviti a generare un’orda di pargoli dai capelli rossi – tema che era già stato largamente usato per il matrimonio di Bill e Fleur, per quel che ne sapeva, che avevano già cominciato a darsi da fare e che s’impegnavano a mantenersi in allenamento per il prossimo piccolo Weasley.
Tutti svuotarono i calici di champagne – un gentile regalo di Fleur per il matrimonio, che se l’era fatto spedire direttamente dalla Francia – e Molly avvicinò il carrello su cui si trovava la torta al tavolo, così che gli sposi potessero tagliare la prima fetta.
«Solo un secondo, mamma», si scusò George prima di riempirsi di nuovo il bicchiere. «Famiglia, signori Johnson, amici: c’è un altro importante fatto che è avvenuto non meno di un quarto d’ora fa e che merita di essere celebrato come si deve».
Sentendo un oscuro, terrificante presentimento, Percy si fece terreo e cercò di sottecchi lo sguardo di Audrey, che sembrava altrettanto spaventata: non intendeva mica… No, non poteva aver sentito!
«Che cosa, George? State forse per regalarmi un altro nipotino?» domandò speranzosa Molly, che in quel momento aveva giusto in braccio Victoire, che fissava lo zio con uno sguardo molto serio.
Ginny borbottò che era proprio ipocrita, visto che giusto un attimo prima aveva commentato che tutti i suoi figli sarebbero dovuti arrivare illibati al matrimonio… Ah già, il suo desiderio di nipoti in giro per la Tana vinceva sul senso della morale!
«No, mamma, non ancora, almeno. A meno che Angelina non mi abbia tenuto segreto qualcosa. Che ne dici, cara?»
La sposa scoppiò a ridere e negò: c’era tempo, disse tanto tempo per quello, e lei aveva un provino la settimana seguente per le Harpies. Voleva disperatamente tornare a giocare a Quidditch, la vita da ufficio non faceva per lei, e fare coppia con Ginny in attacco sotto le direttive di Gwenog Jones sarebbe stato fantastico.
«Ok, c’è mancato un pelo!» scherzò George fingendo di asciugarsi il sudore dalla fronte. «Credo che la notizia ti piacerà ugualmente, però, mamma cara: io e Angelina sappiamo quanto ti sia dispiaciuto non poter organizzare queste nozze in grande stile» disse fingendosi rammaricato, quando entrambi avevano cercato a tutti i costi di accelerare i tempi per impedire alla signora Weasley di mettere il becco nei loro affari.
Nel frattempo, Percy si stava chiedendo quanto sarebbe stato sgarbato Smaterializzarsi a metà dei festeggiamenti per le nozze di suo fratello… Probabilmente per sua madre sarebbe stato uno sgarbo peggiore perfino della sua fuga di qualche anno prima. Audrey stringeva le mani sul bordo del tavolo, terrorizzata quanto lui.
«Per cui, credo sarai entusiasta di sapere che presto celebreremo un altro matrimonio in famiglia. Perce, vuoi dire qualcosa?» suggerì George, che aveva notato l’angoscia dei due e si stava godendo ogni singolo istante.
«Veramente no», riuscì a pigolare l’interpellato, prima che sua madre sovrastasse qualunque commento e si profondesse in un’esplosione di giubilo esagerata perfino per lei.
«Cosa? Sul serio? Oh, Perce, sono così felice! Quando è successo? Avete già fissato una data?»
«È appena successo, non abbiamo avuto il tempo di pensare a nulla» mormorò Audrey, sentendosi ormai spacciata. «Ma non dovremmo parlare di noi, no? Oggi è il giorno speciale di George e Angelina…»
Troppo tardi: Molly quasi non si accorse del taglio della torta, cosa che invece non sfuggì agli altri ospiti, che pur essendo già satolli furono felici di gustare quello splendido manicaretto, e continuò a programmare impegni, dettagli, incontri.
Entro la fine della settimana voleva incontrare i signori Ruston, cosa che desiderava moltissimo anche Arthur – avrebbe conosciuto due nuovi Babbani, che gioia! – per non parlare di tutti i preparativi che si ponevano prima delle nozze.
Ed era così felice, disse, temeva che il suo Perce sarebbe rimasto solo!
«Grazie mille, mamma» sibilò il diretto interessato, sconvolto dalla vendetta di George. Lo sposo stava ghignando soddisfatto, tra una forchettata di dolce e l’altra, fiero di sé: guardò un attimo Bill, che stava scuotendo il capo, ma che con la faccia sporca di panna non sembrava poi molto convincente, e scoppiò a ridere.
Di certo, il maggiore dei fratelli Weasley non avrebbe mai pensato di mettere in piedi tutta quella bagarre – parola imparata dalla sua amabile mogliettina – chiedendo l’aiuto della sua famiglia per tenere impegnato Percy, neanche un anno prima.
Di certo, ora il suo fratellino non avrebbe più avuto neanche un minuto libero per piombare a Villa Conchiglia a tradimento. Troppe cose, per lo più messe in piedi da quella generalessa della loro madre, lo avrebbero assorbito e portato all’esaurimento, perché Perce non sarebbe riuscito a delegare tutto alla sua sposina per la cerimonia. Oh no: col suo caratterino, Audrey avrebbe preteso che fosse coinvolto quanto lei! Com’era giusto, in fondo.
Beh, pensò il mago, mentre il fratello ormai in trappola cercava di sprofondare sotto il tavolo per scampare a quella tortura, forse se l’era cercata.
E che diavolo, Perce!


F I N E






Angoletto dell'Autrice:
O Santo Merlino, ho davvero spuntato la casellina "Completa?". Sul serio. Mi risulta difficile crederci, anche se sono in uno stato di grazia da ieri sera, quando ho realizzato che avevo finito. Non mi ricordo il giorno esatto di aprile 2008 in cui ho iniziato questa storia (e la mia tendenza a scrivere millemila storie insieme su quaderni misti, passare ogni tot da file separati per capitolo a malloppi unici, ritardi nel postare nella pia illusione di riuscire a mantenere degli aggiornamenti più o meno costanti... Beh, tutto questo non aiuta), ma sono passati ormai tre anni e quasi quattro mesi circa. Accidenti.
23 capitoli, 92 pagine, più di 57000 parole. Tante lacrime, tanta frustrazione per i blocchi che mi sono venuti nel corso di questo lunghissimo periodo, ma anche tante risate. Tanta soddisfazione per aver fatto più o meno da subito un piano sul numero di capitoli che questa storia avrebbe dovuto avere e cosa sarebbe dovuto succedere e per essere riuscita a mantenere la pianificazione prevista (e chi mi legge, sa che è tanta roba! XD).
È una delle storie che mi hanno divertita di più in assoluto nella sua stesura, e spero che sia stato lo stesso per chi l'ha letta.
Era cominciata come una storiellina comica, poi ho voluto incorporare anche più spazio per il rapporto tra Percy e George, perché penso che loro due avessero bisogno di recuperare qualcosa, più degli altri. Mannaggia, mi sento davvero in crisi per questa parola FINE.
Per ora non mi sbilancio su futuri progetti, ho troppe storie in corso per farlo, ma vorrei dedicare una storia tutta per George e Angelina e poi chissà, la famosa fic sulle vacanze in Egitto che rimando da secoli.
Grazie a tutte le persone che hanno letto questa storia, a chi l'ha recensita, a chi l'ha messa nei preferiti o nelle seguite (e nelle ricordate, mi dimentico sempre la terza lista!).
Grazie alle mie polle che hanno pazientemente sopportato i miei sfoghi, i miei blocchi, hanno letto quello che producevo in diretta rassicurandomi sul senso delle mie idee, hanno evitato strafalcioni alluncinanti, mi hanno pungolato perché finissi. Love yah <3
E non mi rimane che augurarmi di ritrovarvi presto, se non su altre storie sulle mirabolanti avventure del Weasley meno Weasley della storia, che di certo non finiranno qui. Alla prossima.

Rowena

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=336328