L'amour de Noël

di Sweet_Lady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 25.12.1761 ***
Capitolo 2: *** 25.12.1765 ***
Capitolo 3: *** 25.12.1770 ***
Capitolo 4: *** 25.12.1780 ***
Capitolo 5: *** 25.12.1789 ***
Capitolo 6: *** 25.12.1790 ***
Capitolo 7: *** 25.12.1810 ***



Capitolo 1
*** 25.12.1761 ***


L'amour de Noël


25/12/1761
Era una mattina freddissima e buia e il vento correva tagliente tra le vie della città. A quell’ora tutti i bambini francesi dormivano, mentre l’uragano biondo di Palazzo Jarjayes era col nasino incollato alla finestra a guardare la neve scendere. Oscar François, quell’anno, era davvero felicissimo che fosse arrivato il Natale perché non era più costretto a passarlo da solo o assieme alle sue insopportabili e viziatissime sorelle, impegnate costantemente a parlare dei loro vestiti pieni di pizzi e merletti. Tutt’intorno cominciava a schiarirsi grazie al sole dietro le nuvole che lasciavano cadere la neve bianchissima e lui cominciava a sentire davvero freddo, visti i vestiti leggeri e i piedini nudi a contatto con il pavimento gelido. Si avvicinò al grande letto a baldacchino e prese la coperta che lo aveva tenuto caldo tutta la notte, se la mise sulle spalle e sulla testa e ritornò ancora davanti alla finestra. I giardini tutti intorno erano imbiancati e le fontane erano contornate da diamanti ghiacciati che scendevano dal cielo. Per un attimo Oscar si chiese se il suo amato cavallo, ricevuto in dono quell’estate, e il cavallo del suo migliore amico, stessero bene nelle scuderie oppure sentissero freddo come lui. Il sole ormai era sorto e lui non perse tempo: si lavò il visino salendo su una sedia per arrivare all’acqua del catino, si mise i pantaloni, la camicia e le calze, le scarpe e la giacca e corse giù, nella stanza dell’amico.
“André, André, André!! Svegliati! È Natale, è il mio compleanno e…”
Disse salendo nel letto con un salto e scuotendo l’amico che pensava addormentato, ma arrestò il fiume di parole che usciva dalle sue labbra sottili e rosa quando si accorse che stava piangendo, stringendo tra le manine un cavallo di legno.
“Ehi, André, che ti succede? Sei triste?”
Ma lui non rispose.
“Che bello questo cavallo…è un ricordo dei tuoi genitori?”
Annuì, il piccolo André, e finalmente lo guardò in volto.
“Ti mancano, vero?”
“Sì Oscar, mi mancano tantissimo. Questo è il primo Natale che passo senza di loro…”
Sospirò Oscar, sottraendo la mano dell’amico alla stretta del cavallo e prendendola tra le sue.
“Mi dispiace tantissimo, André. Ti va di raccontarmi che cosa facevate quando arrivava il Natale?”
Il piccoletto dai capelli bruni si girò nel letto, voltandosi completamente verso l’altro e tenendo stretta la sua mano.
“Mia madre e mio padre mi venivano a svegliare assieme e facevamo colazione, poi mi davano il mio regalo e la mia nonna, la madre di maman, e nonno, venivano a mangiare a casa nostra assieme agli zii e passavamo tutto il giorno a casa e alla sera, quando andavano via, io potevo dormire nel lettone”
Disse, interrompendo la frase con dei singhiozzi.
“Beh, anche oggi verranno i miei zii, i miei nonni non ci sono più, però passeremo una giornata tutti quanti assieme…”
“Non è la stessa cosa, io…io rivoglio la mia mamma e il mio papà!”
E dei grossi lacrimoni si affacciarono ancora a quei occhi verdi bellissimi.
“Se ti va possiamo andare a trovare i tuoi genitori al Campo Santo, così li saluti!”
L’energia di Oscar inevitabilmente contagiò anche André, il quale si asciugò gli occhi e, uscendo dalle coperte, chiese:
“Lo faresti davvero?”
Lui annuì convinto e poi disse:
“Facciamo così: io vado a prendere qualche cosa da mangiare alle cucine, tu intanto ti vesti e poi ti aspetto all’atrio. Prenderemo i cavalli e torneremo prima che arrivino i miei parenti. Attenzione a non farti vedere da nessuno, se lo viene a sapere mio Padre mi punirà sicuramente!”
“Non voglio farti finire in guai, Oscar. È un giorno importante oggi, magari ci andiamo domani…”
“Appunto perché è un giorno importante dobbiamo andare a salutare i tuoi genitori, e poi…se mio Padre mi punirà non mi importa. Tu sei il mio migliore amico, André, e sei importante, rischio volentieri”
“Non so come ringraziarti”
E si abbracciarono, come sempre, dolcemente, felicemente, esprimendosi così tutta la loro amicizia.
“Allora ti aspetto giù, fa attenzione!”
Oscar uscì furtivamente dalla stanza dell’amico, corse nella sua per prendere una sacca, guanti e mantello e poi si intrufolò nelle cucine che, anche se era molto presto, erano già operative. Le cameriere correvano frenetiche da una parte all’altra del salone per preparare il tavolo enorme posto al suo centro e le cuoche cucinavano tante cose alla volta, ritrovandosi a mescolare un due pentole contemporaneamente. Tutta questa agitazione aiutò il piccolo Oscar a non essere visto e poté tranquillamente sottrarre dalla dispensa due mele e due pagnotte e metterle dentro alla sacca. Fatto questo si diresse verso l’atrio guardandosi bene le spalle e si nascose dietro una colonna per aspettare l’amico. André, nel frattempo, si era lavato e cambiato d’abiti, aveva preso anche lui i guanti e il mantello, si era asciugato gli occhioni verdi, aveva raccolto i capelli in un’ordinata coda bassa ed aveva raggiunto Oscar.
“Ptss, sono qui, Oscar!”
Disse sottovoce per non essere scoperto. L’altro gli fece un cenno con la testa verso l’uscita e, camminando a ridosso del muro, uscirono all’esterno. Appena chiusero la porta il gelo di quella giornata di inverno li investì e loro si strinsero meglio nel mantello per cercare di contrastarlo.
“Corri!”
Esclamò il piccoletto biondo e si diressero alle scuderie più veloci che potevano, vista la neve alta che si era formata in giardino. Arrivarono con il fiatone e, non senza una certa difficoltà, vista la statura, sellarono i cavalli.
“Oscar, finiremo nei guai”
“Mi assumerò io la responsabilità, André, voglio che tu possa salutare i tuoi genitori. Ora andiamo, dobbiamo riuscire a tornare prima che arrivino gli zii”
I due salirono a cavallo, prima André aiutò Oscar mettendo le mani nelle staffe, in modo da dargli un sostegno in più, poi montò lui da solo, dandosi un forte slancio e aggrappandosi alla sella. Uscirono dalle scuderie lasciando il portone socchiuso e partirono al galoppo verso il cancello che fu aperto e in seguito chiuso da André.
“Il Campo è a Nord, giusto André?”
“A Est”
“Ah, sì, lo sapevo!!”
André ridacchiò e lanciò il cavallo al galoppo, subito seguito da Oscar e, in meno di mezz’ora, arrivarono al Campo Santo. L’aria sferzava gelida tra i loro capelli e sui loro volti, colorando le loro guance e i loro nasi di rosso e facendo sbiancare le labbra. Legarono i cavalli alla staccionata della chiesetta lì vicino e si avviarono a piedi alla ricerca dei coniugi Grandier.
“Eccoli, sono sepolti qui i miei genitori”
Disse il piccolo André sospirando e indicando le loro tombe. Entrambi fecero il Segno della Croce e unirono le mani per pregare.
“Ciao maman, ciao padre, vi presento Oscar, il mio migliore amico. È stato grazie a lui se oggi sono venuto qui a trovarvi, da solo non avrei mai avuto il coraggio. Avrei voluto portarvi dei fiori, magari le margherite, come preferivi tu, maman, ma il gelo ha ricoperto Parigi e Versailles e i prossimi boccioli li vedremo in primavera. Mi mancate tantissimo…”
André cominciò a singhiozzare e Oscar, rimasto due passi indietro rispetto a lui, gli si avvicinò e gli mise una mano nella spalla.
“Vorrei che voi foste qui con noi, ma io vi porterò per sempre nel mio cuore. Guarda papà, ho il cavallino che mi hai regalato tu, è il mio gioco preferito e assomiglia molto ad Alexander, il cavallo che mi ha regalato il Signor Generale Padre di Oscar. Io…io lo se che mi state guardando da Lassù e spero che siate orgogliosi di me. La Nonna mi dice sempre che mentre mi guardate sorridete perché sapete che in quello che faccio mi impegno e ci metto il cuore proprio come mi avete insegnato e mi dice anche che io non mi devo sentire solo. Qui con me c’è Oscar, lui non mi fa mai sentire solo, trova sempre il modo di farmi felice, come portarmi qui da voi”
Una folata di vento gelida accarezzò i loro volti, come se fosse una mano ruvida, e lui fu sicuro che i suoi genitori lo avevano sentito ed erano contenti di aver conosciuto Oscar.
“Le senti André le campane? Potremo andare in chiesa, non è molto tardi, infondo”
“D’accordo, Oscar, come desideri. Ora devo andare, miei cari genitori, ma vi prometto che verrò a trovarvi ancora”
I due si segnarono ancora e si diressero verso la chiesa. Videro altri cavalli e asini legati alla staccionata dove anche i loro sostavano e, quando entrarono nella chiesetta si accorsero che era piena di gente. Si intrufolarono tra le persone e cercarono di arrivare in una delle prime panchine per vedere meglio il prete ma, non trovando più posti liberi, rimasero in piedi per tutta la durata della messa. Riuscivano a sentire l’emozione e la gioia di ogni persona presente e anche la propria, ora che i loro cuori erano più felici dopo aver salutato due persone così care all’uno e rispettate per l’altro.
Uscirono dalla chiesa con qualche difficoltà, vista la massa, ma quando giunsero fuori non persero tempo a correre verso i cavalli. Il prete, dopo aver scambiato gli auguri con un paio di famiglie, si avvicinò ai due bambini, intenti a salire sul loro destriero.
“Ehi piccoli, dove sono i vostri genitori?”
Chiese, scambiandoli per fratelli.
“I miei sono a casa, siamo venuti qui per fare una visita ai suoi, ma ora dobbiamo andare prima che arrivino i miei zii”
“D’accordo, è stato un piacere conoscervi, ciao bambini”
“Arrivederci”
Risposero in coro e poi Oscar si girò verso André.
“Hai fame? Ho preso delle mele e del pane dalle cucine, se vuoi possiamo fermarci a mangiare”
Ma, proprio in quel momento, le campane suonarono mezzogiorno.
“Caspita, André! È tardissimo! Ci staranno cercando ovunque! Non c’è tempo per mangiare!”
Urlò Oscar.
“Hai ragione, sbrighiamoci a rientrare!”
Rispose l’altro e, dopo essere salito anche lui a cavallo, partirono a briglie sciolte.
Giunsero a Palazzo poco prima di mezzodì e mezzo e videro le carrozze e i cavalli nelle scuderie.
“Sono già arrivati tutti, bisogna entrare piano e di nascosto, André”
L’altro annuì convinto e in men che non si dica arrivarono alla porta d’ingresso ed entrarono pianissimo, ma qualcosa andò storto.
“Oscar! Si può sapere dove ti eri cacciato?! Sono due ore che tutti ti cercano!”
Urlò suo Padre andando verso di lui e colpendolo al viso con due schiaffi, facendolo rovinare a terra con il naso sporco di sangue. Il fiato gli si fece corto per il timore e André guardava quello che stava accadendo sentendosi terribilmente in colpa.
“Signorino Oscar, André! Oh santo cielo, meno male che vi abbiamo trovati!”
Esclamò la Nonna correndo verso di loro, ma subito si arrestò vedendo il piccolo Oscar a terra sanguinante, gli occhi infuocati del Generale e quelli bassi e tristi di André. Il piccoletto biondo si alzò e passò una mano sotto al naso per togliere quel liquido scarlatto  e caldo.
“Dove siete stati?!”
“…Padre, io…”
“Dove?! Voglio sapere dove!!”
Urlò in collera mentre una vocina impaurita gli rispondeva.
“…Al Campo Santo”
Gli occhi del Generale si sgranarono e passarono dal figlio all’amichetto, che ora piangeva silenziosamente con gli occhi bassi, mentre la Nonna lo guardava desiderosa di abbracciarlo e consolarlo. Sapeva perfettamente quanto il suo piccolo soffrisse ancora per la perdita dei genitori e capiva quanto ora lui si sentisse in colpa, visto che odiava quei momenti quando Oscar veniva picchiato dal padre.
Anche il Generale notò che André stava piangendo e sentì il cuore stringersi. Non era da lui farsi intenerire da un bambino, ma il piccolo, da quando era arrivato, era diventato per lui quasi come un figlio, il figlio maschio che Oscar non aveva saputo essere.
Il bambino mosse due passi incerti verso l’angusta persona davanti a lui, che gli prese un polso per attirarlo a se. Il Generale si abbassò alla sua altezza e, con una voce dolce che lui stesso non si era mai sentito usare, disse:
“Lo so che ti mancano, André, e so anche che stai male perché pensi che abbia punito Oscar per colpa tua. Quello che ha fatto questa mattina è stato un bel gesto, anche se potevate avvisare qualcuno e così facendo non ci avreste fatto fare una brutta figura con mio fratello e mia sorella, ma non importa, vi perdono. Ora andatevi a cambiare e scendete nella sala, vi stanno aspettando tutti”
Il Generale si alzò in piedi e, oltre a suo figlio, vide la moglie Marguerite a poca distanza da loro, con lo sguardo fisso sul biondino. Si scambiarono un’occhiata, ma François, negli occhi della moglie, lesse solo disprezzo. Questo gli fece ricordare di aver provocato due guance rosse e gonfie, nonché un grosso livido sotto all’occhio del figlio e anche sangue al naso.
“Ah, Nanny, vedi di dare una sistemata ad Oscar, non voglio che scenda ridotto così”
Se ne andò non guardandolo nemmeno in faccia, tanto velocemente da sentire appena Nanny  che rispondeva con un “Sì, Signor Generale”.
Marguerite era amareggiata, pensava che il marito potesse chiedere almeno scusa alla figlia, augurarle buon compleanno, invece non fu nemmeno capace di guardare il suo visino d’angelo pieno di lividi. Se ne andò anche lei e si intrattenne a parlare con la cognata, la quale, come lei e come Nanny, non condivideva affatto la scelta di allevare Oscar come un maschio. Suzanne, infatti, andava molto d’accordo con Marguerite e, con gli anni, le due erano diventate grandi amiche e confidenti. Lei le raccontava di  ogni volta che rimaneva incinta, di quanto pregava perché nascesse maschio e di quanto piangeva per aver dato alla luce un’altra bambina. Quando poi Suzanne venne a sapere della sorte meschina di Oscar, ritenne necessario parlare al fratello maggiore per cercare di farlo ritornare in senno, ma invano, visto che lui era convinto più che mai di quello che stava facendo.
Nanny, quando il Generale fu abbastanza distante, prese i due bambini per mano e li condusse nelle cucine, dove fece sedere Oscar su uno sgabello e con una pezza cominciò a togliere il sangue dal viso.
“Mi dispiace per quello che è successo, Oscar, è solo colpa mia. Se io non…”
“Era una cosa importante per tutti e due e io ti avevo detto che me ne sarei assunto la responsabilità, sapevo che mio padre mi avrebbe punito, ma a me non importa. La tua amicizia vale molto di più…ah! Nonna, brucia!”
Disse Oscar, prima interrompendo l’amico, e poi interrompendosi da solo quando la Nonna le posò il disinfettante nella ferita.
“Ti fanno male le guance?”
Chiese ancora il moretto, ma l’altro gli rispose semplicemente:
“Vai a vestirti, André, ti raggiungo appena posso”
Lui fece un cenno del capo.
“Aspetta André, chiamo qualcuno che ti prepari un bagno caldo, siete tutti sudati”
La Nonna e chiamò Brigitte, una donna più o meno della sua età che si era offerta di occuparsi di André quando lei era impegnata con Oscar che, ovviamente, in quanto figlia del Padrone, aveva la precedenza. Quando la donna arrivò, vestita con un abito blu di servizio, Nanny le spiegò quello che doveva fare e allora accompagnò André in camera, gli preparò la tinozza con l’acqua calda e gli preparò i vestiti nel letto, per poi lasciarlo solo mentre si lavava e si preparava. La stessa cosa fece Nanny con Oscar, a differenza che lei rimase per lavarlo, lo asciugò e cominciò a vestirlo con gli abiti più eleganti del suo armadio.
“È stato molto bello quello che hai fatto per André questa mattina, Oscar, è stato molto importante sia per lui, che per me, che non avrei potuto portarlo al cimitero perché impegnata qui a Palazzo”
“Sai Nonna, io sono contentissimo che sia arrivato André, prima ero sempre solo perché le mie sorelle se ne sono andate e mio Padre non mi fa frequentare la scuola d’armi, mentre ora è arrivato lui e io mi diverto tantissimo. Qualche volta si sente solo e a volte piange…io lo so che non è per debolezza, ma perché gli mancano veramente…volevo che oggi fosse felice!”
Concluse il bambino saltando giù dalla sedia dove la Nonna lo aveva messo per vestirlo con più facilità e lei intanto piangeva, commossa dalle parole di un bambino di solo sei anni. Oscar si avvicinò alla porta, ma venne fermata dalla Nonna.
“Oscar, vieni qui”
Gli disse e lui si avvicinò nuovamente. Nanny si inginocchiò a terra e lo abbracciò stretto.
“Buon compleanno, piccolo mio”
“Grazie Nonna! Ora vado da André e poi chiederò a mio Padre se posso mangiare il dolce assieme a lui!”
Esordì festante e corse via sotto lo sguardo commosso della donna, che pensava a cos’avesse fatto di tanto speciale il nipote per incontrare una bambina come lei…come lui.
“André! André, dove sei, André?”
Urlava Oscar correndo per il corridoio cercando il suo amichetto che sembrava sparito nel nulla. Ad un certo punto si fermò di colpo prima di andare a sbattere contro la persona che aveva appena svoltato l’angolo.
“Eccoti qua, è un bel po’ di tempo che ti cerco in giro per il Palazzo, ti rendi conto di che razza di figura mi stai facendo fare con gli ospiti?!”
Gli disse il Generale con tono severo e uno sguardo di pietra.
“Stavo cercando André, non so dove sia finito, appena trovato sarei sceso subito in salone per pranzare, ve lo assicuro, Padre…”
“A me non interessa niente di quello che avevi intenzione di fare! André sta mangiando nelle cucine e ora tu devi venire con me per salutare i tuoi zii e le tue cugine e passare con loro tutta la giornata!”
“Ma…Padre, io volevo rimanere con André!”
Disse mentre veniva trascinato al piano inferiore. Quando arrivarono la sorella del Generale, Marie-Suzanne, chiamata semplicemente Suz(1), corse incontro al suo nipotino e lo abbracciò, accarezzandogli dolcemente i capelli biondi.
“Come stai, Oscar? È tanto tempo che non ci vediamo, eh? Come sta il tuo amico André?”
“Io sto bene, zia, ma André è andato a mangiare nelle cucine e io non potrò vederlo per il resto del pomeriggio…”
Rispose irritato ma non osando guardare il Padre.
“Oh, mi spiace, ma dimmi, cosa sono questi lividi negli zigomi? Hai anche un taglietto nelle labbra…”
“Non è niente”
Disse rapido volgendo lo sguardo altrove. La donna invece guardò Marguerite, che rispose con uno sguardo arrabbiato e preoccupato. Odiava quando il marito picchiava la sua piccola Oscar. Aveva fatto fatica durante i nove mesi di gestazione, era stata male e verso la fine non riusciva nemmeno più a reggersi in piedi, ma quando, dopo sforzi e sforzi, Nanny le disse che era un’altra bambina, lei era felice, al contrario del Generale che fece di lei un burattino nelle sue mani. Ogni volta che la piccola veniva picchiata per stupidaggini lei sentiva come se una stiletta le venisse conficcata nel petto e le veniva da piangere, per questo passava sempre più tempo a Versailles in compagnia delle altre dame al posto di suo marito, in compagnia dei figli di altri al posto delle sue.
“Oscar, nipote mio, come stai? Dov’eri finito? Ci hai fatto preoccupare tutti quanti!”
Disse lo zio avvicinandosi e pizzicandogli le guance com’era solito fare. Oscar scansò il viso rapidamente per il dolore e Suz intervenne al posto suo:
“Caro, ma non vedi che grossi lividi ha Oscar? Non pizzicargli le guance!”
“Oh, mi dispiace, Oscar…ma dimmi, dov’eri finito?”
“Sono andato a fare una galoppata con il mio amico André, che attualmente non è qui con me e io non potrò stare con lui per tutto il pomeriggio!”
Rispose infastidito, visto che quella domanda gliel’avevano già posta. La zia lanciò un’occhiataccia al fratello, che la ricambiò con uno sguardo duro ma che non la fece intimorire. Marie-Suzanne aveva avuto due figli maschi dal marito Etienne-Antoine d'Agoult-Upaix, capitano al Royal-Roussillon in cavalleria, e aveva sempre voluto avere anche una femmina che purtroppo non arrivò, per questo era molto legata alle nipoti. Suo figlio maggiore aveva più o meno l’età di Anne-Marie de Jarjayes, la figlia maggiore del Generale, quindi lei e Marguerite avevano trascorso assieme il periodo di gestazione. Ricorda chiaramente la felicità del fratello quando gli annunciarono che era diventato padre di una bambina, ai tempi in cui non era ossessionato dal maschio. A lui non interessava che il cognato avesse già l’erede, perché lui amava veramente Marguerite e di sicuro avrebbero fatto altri figli, l’importante era soltanto formare una bella famiglia. Il suo secondi figlio, invece, aveva l’età di Hortense, la quarta figlia. Quando fu annunciato che era una bambina e, qualche mese dopo, a lei nacque il maschio, ricorda Marguerite che, giunta al suo Palazzo, piangeva perché il marito le aveva detto che non era in grado di dargli l’erede e che, se le gravidanze future non avessero avuto l’esito sperato, lei non sarebbe stata da brava moglie di cui tanto si vantava.
“Smettila di lanciare occhiate verso la porta, Oscar, André sta mangiando proprio come te, lo rivedrai domani!”
Lo rimproverò il Generale e questa volta Suz si arrabbiò.
“Cosa ci trovate di sbagliato in un bambino che vuole andare a giocare? Non è forse a questo che l’avete educato, visto che le altre vostre figlie femmine non hanno potuto farlo?”
“Marie-Suzanne, come vi permettete?”
“Mi permetto, mi permetto caro mio fratello. Guardate che cosa avete fatto…”
“Suz, ora basta, queste sono scelte personali”
Si intromise il marito per cercare di salvare quel poco di atmosfera natalizia che era rimasta nell’aria.
“No, sono scelte che nessuno dovrebbe fare perché qualcuno, da Lassù, le ha già fatte! Sbaglio o oggi è anche il suo compleanno? Perché dovete essere sempre così indisponente, François?”
“D’accordo, d’accordo, ora basta! Se lo desidera potrà raggiungere André dopo pranzo”
Lo sguardo trionfante di Suz non passò inosservato al Generale, che però fece finta di niente e abbassò lo sguardo sul suo piatto per continuare a mangiare.
Finito il pranzo portarono il dolce che Oscar aveva programmato di mangiare assieme al migliore amico, quindi chiese al Padre di potersi alzare, ma la risposta fu negativa.
“Avevamo pattuito che ti saresti potuto alzare solo dopo pranzo, ora sta seduto e mangia”
E quindi, al piccolo Oscar, non rimase che obbedire. Quando anche il dolce andò consumato, il biondino si alzò da tavola senza nemmeno chiedere il permesso e sgattaiolò nelle cucine.
“Oscar, sei qui finalmente!”
Disse André vedendolo correre verso di lui.
“Mi dispiace tanto André di non averti raggiunto subito come ti avevo detto, ma mio Padre mi ha impedito di muovermi da tavola fino alla fine delle portate. Menomale che zia Suz lo ha convinto a farmi trascorrere il pomeriggio qui con te”
“Per fortuna, però…io il dolce l’ho già mangiato”
“Anche io…”
I due ci pensarono un attimo e poi Oscar disse:
“Sai cosa facciamo? Ne mangiamo un’altra fetta assieme, era così buono il dolce al cioccolato!”
“È quello che abbiamo fatto io e mia Nonna, sai? Lo abbiamo fatto ieri sera”
“Non sapevo che fossi capace di cucinare”
“Infatti non sono tanto bravo, ma la Nonna mi ha aiutato”
In quel momento comparve Nanny dalla porta e camminò svelta lungo tutta quella stanza per raggiungerne un’altra, ma si fermò attirata dai due bambini.
“Signorino Oscar, per carità, che cosa fai qui? Dovresti essere ancora a tavola come tutti quanti! Non si sono ancora spostati nel salotto principale per trascorrere il pomeriggio!”
“Mio padre mi ha dato il permesso di trascorrere il pomeriggio qui, visto che è il mio compleanno!”
“È oggi il tuo compleanno, il giorno di Natale?”
Chiese André, del tutto all’oscuro su questo fatto.
“Sì, te l’ho detto anche questa mattina, ma probabilmente stavi dormendo”
La Nonna allora, tranquillizzata dal fatto che il Generale avesse dato il permesso al figlio di restare con l’amichetto, riprese la sua corsa per impartire ordini alle cameriere di Palazzo Jarjayes.
Oscar fu davvero contento che il padre avesse mantenuto la promessa di non disturbarlo più per tutto il pomeriggio e così i due piccini poterono inventare giochi nuovi, mangiare dolci e festeggiare il compleanno del biondino. La sera però Oscar dovette tornare a mangiare con i suoi zii e notò anche che erano arrivati i suoi due cugini e una delle sue sorelle, che gli corse incontro e lo abbracciò perché era tanto che non si vedevano. La cena finì prima rispetto al pranzo perché tutti erano pieni ancora da mezzogiorno, quindi Nanny fu incaricata di portare Oscar in camera sua, sistemarlo e metterlo a letto e di fare lo stesso con André. Ancora una volta chiese l’aiuto di Brigitte e, quando ebbe baciato Oscar sulla fronte, uscì dalla camera con il cuore commosso da quel piccoletto tanto generoso e affettuoso.
 Il Generale, dopo aver salutato gli ospiti e averli ringraziati per la loro presenza, salì al secondo piano, aspettando che Nanny finisse di sistemare suo figlio e uscisse.
“Oh, Signor Generale, non pensavo di trovarvi qui. Avete bisogno di me?”
“Sì, seguimi nel mio studio”
Nanny obbedì e seguì il Generale, stando un passo indietro come d’etichetta, e arrivarono nello studio, dove ad attenderli c’era anche Madame Marguerite.
“Vi ho convocate qui nel mio studio a seguito di quello che è successo oggi con mia sorella Marie-Suzanne. Lei soffre molto, come voi, della mia scelta di allevare Oscar come mio erede maschio nonostante la sua natura femminile. Ho deciso che lui deve venire a conoscenza di non essere un maschio il giorno in cui compirà dieci anni”
“Ma François, le rovinerai il Natale e il suo compleanno…”
Cercò di dire la moglie, ma lui rispose alzando il tono.
“Non mi interessa niente! Io lo sto addestrando come un uomo e ai veri uomini non interessa di rovinare il giorno del proprio compleanno, hanno ben altro per la testa”
“Peccato che vostra figlia non sia un vero uomo ma sia una bambina!”
“Adesso smettetela Marguerite! Voi e vostra figlia oggi mi avete imbarazzato con quei comportamenti, e lui è stato fortunato a non essere punito, come sarebbe successo in altri giorni!”
A questa esclamazione la donna abbassò il volto e il Generale si rivolse a Nanny, rimasta fino a quel momento in disparte.
“Sarete voi due a dirglielo e a spiegargli cosa avrebbe dovuto fare se gli fosse stato permesso di essere una donna, quindi matrimonio, gravidanze, eredi maschi”
E dicendo questo di voltò verso la moglie lanciandole uno sguardo colmo di risentimento.
“Dovrete dirgli che invece diventerà Colonnello, Capitano, Generale, e riempirà la famiglia Jarjayes di onori, come fece mio padre e come ho fatto io”
“Se mi permettete Signore, io credo che a dieci anni Oscar sia troppo piccola per capire come funzionano gravidanze ed eredi maschi”
“Bene, allora le direte solo che è una femmina. Quando ritenete che sia più opportuno allora parlarle della vita che non svolger ma che sarebbe suo consono?”
“Io credo quindici anni…”
“No! A quindici anni lui sarà già Colonnello”
“Signor Generale, io credo che…”
“Avete quattro anni di tempo per pensare a cosa dirgli e a come e se Marguerite non se la sentirà dovrai farlo tu da sola Nanny, siamo intesi? Per il resto i quattordici anni bastano e avanzano”
“D’accordo”
“Potete andare, io resterò qui ancora per un po’”
“Avete bisogno di qualcosa, Signore?”
“No”
Nanny quindi uscì dalla stanza e fece per tornare in cucina per sistemare, ma venne fermata dalle due voci dei padroni che sembravano litigare.
“Come potete fare questo a vostra figlia?”
“Siete stata voi che mi avete dato solo donne e io ho bisogno di un uomo!”
“Ricordatevi che i figli si fanno in due!”
E con questa frase Marguerite gelò l’atmosfera già pesante e fece sentire il marito gravemente offeso. Il Generale alzò una mano e colpì dritto alla guancia bianca e truccata della moglie. Lei voltò il viso dall’altra parte per la forza, ma quando ripuntò gli occhi su quelli del marito non poté che leggere vergogna.
“Perdonatemi Marguerite, giuro che non l’avrei mai fatto se voi…non avrei voluto, davvero”
“Vi dico soltanto che in tanti anni questa è la prima volta che mi pento di aver sposato un uomo come voi…un mostro come voi!”
Sibilò Madame e poi guadagnò l’uscita senza degnare il marito del più misero degli sguardi.
“Nanny…”
Disse Marguerite appena la vide fuori dalla porta.
“Oh Madame”
La donna si strinse alla governante in un abbraccio che le ricordava il calore di sua madre e venne accolta, così come vennero ascoltati i suoi pianti.
“Aiutami a preparare i bagagli, te ne prego Marie, ho bisogno di te”
“Dove volete andare Madame?”
“A Versailles. Io quell’uomo non lo conosco, non è lo stesso che ho sposato e che è stato fino a dieci anni fa. L’uomo di allora non avrebbe mai fatto una cosa del genere a sua figlia. Tornerò appena mi sentirò di farlo”
“Come desiderate”
“E mi raccomando, non dire niente a mio marito. Se dovesse chiederti dove sono digli che tu non sai niente e che i bagagli li ho preparati da sola senza aiuto alcuno…anzi, per questa notte andrò da Suzanne, è meglio, lei capirà”
Fu così che la Madre di Oscar abbandonò quella famiglia che, con gli anni, era diventata triste e priva di amore. Nel frattempo due bambini allegri, ignari di tutto quello che stava succedendo fuori dalla camera di André, leggevano un libro sotto le coperte grazie al chiarore di quattro candele accese, felici di quel giorno che, a loro parere, era stato magico.
 

(1) Il Generale, quello vero, aveva due sorelle di nome Suzanne, quindi una la chiamavano Suz o Marie-Suz 

Ciao a tutti/e!
per prima cosa vi faccio tantissimi auguri di Buon Natale e di buon anno nuovo! 
Questa storia è nata in un momento in cui, per non morire di noia mentre aspettavo il treno, ho pensato che sarebbe stato carino scrivere una storia in tema natalizio, quindi ho iniziato ad immaginare qualche scena et voila, questo è il risultato, o comunque una parte.
In questo capitolo siamo nel 1761 e nel prossimo viaggeremo di 4 anni, quindi arriveremo al 1765.
Ringrazio tutti/e coloro che leggeranno la mia storia, la recensiranno e la inseriranno nelle preferite/seguite/ricordate. 
Un bacione, Chiara.

 

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Capitolo 2
*** 25.12.1765 ***


L'amour de Noël

25/12/1765
“Oh bambina, quale compito orribile e crudele mi fu affidato quattro anni fa da tuo padre! Ma come faccio io a dirti che tutto quello che sei stata fin ora è stata una finzione, un’invenzione, una bugia bella e buona? Tu che hai fatto tanto per André, che lo hai accolto come un fratello…come faccio io a spiegarlo a lui, se non se n’è già accorto, che in realtà tu sei una femmina e che presto diventerà donna, la donna soldato di cui tuo padre si vanterà per la Corte riferendosi a te come ‘suo figlio’? Madame Marguerite se n’è andata, lasciando a me il compito più duro, più meschino e io non posso che obbedire…ma come faccio?”
Pensava Marie camminando avanti e indietro per la sua stanza con un rosario in mano e lo scialle nelle spalle. Il Generale, anni prima, era stato molto chiaro su quello che avrebbe dovuto fare: dire oggi ad Oscar che è una femmina e tra quattro anni spiegarle tutto quello che avrebbe dovuto sapere per diventare una buona moglie e madre, cose che, ovviamente,  non le sarebbero state concesse.
Stava misurando con passi corti e spicci la superficie della sua camera quando ad un certo punto arrestò la sua camminata furiosa perché aveva udito un lievissimo bussare alla porta, così andò ad aprirla, non immaginando chi avesse bisogno di lei a quell’ora.
“Oh, Madame…”
Marie, sorpresa, fece una perfetta riverenza quando vide che la donna davanti a lei, coperta in volto da un cappello ampio con il velo e un vestito blu notte, era proprio la padrona di casa.
“Mia cara Marie, quanto tempo che non ci vediamo…”
“È proprio vero, Madame, ma come state?”
“Il mio animo non si da pace, dopo quattro anni mio marito non ha ancora cambiato idea riguardo l’educazione della mia piccola Oscar. È venuto spesso a Versailles per cercare di riportarmi a casa, ma io tornerò solo quando la finirà di far soffrire mia figlia”
“Madame io…oggi devo dirle che è una bambina…”
“Lo so bene, Marie, ma io non posso restare qui. Quel giorno, nello studio del Generale, quando tu sei uscita, noi abbiamo discusso ed è arrivato a colpirmi al volto. Non si è mai pentito di quello che ha fatto e le poche volte che è venuto a cercarmi ha minacciato di riportarmi a casa con la forza. Io potrei anche perdonarlo per questo, ma non lo perdonerò mai per quello che ha fatto alla mia piccola. Pensare che…che ho faticato così tanto per metterla al mondo…”
Disse la donna scoppiando a piangere e Marie la abbracciò come faceva con le sue figlie. Sapeva bene che il rapporto che c’era tra lei e Marguerite era molto diverso rispetto a quello solito tra padrona e governante, ma la donna le era talmente legata da riuscire a vedere in lei la madre che non aveva mai avuto. L’anziana era presente al parto della Contessa e, in quel giorno di pioggia, pensava che sarebbe filato tutto liscio come alle altre gravidanze, ma in realtà si era presentato un problema per il quale il medico di Palazzo le disse che, se avesse avuto un’altra gravidanza, non l’avrebbe sopportata e sarebbe morta.  Ad un certo punto l’abbraccio si sciolse e Marguerite disse:
“So che le mie bambine sono tornate a casa dal convento qualche giorno fa”
“Certo, volete che vi accompagni da loro?”
“Te ne sarei molto grata”
Così le due donne si incamminarono verso il primo piano e girarono a sinistra, nell’ala del palazzo dove si trovavano gli appartamenti di tutte le sue figlie tranne Oscar, le quali stanze erano invece alla destra. Questa era un’altra decisione del Generale per farla crescere distante dalle sue sorelle femmine. Madame entrò nelle stanze di ognuna di loro e lasciò nella table da nuit una lettera con pochi semplici pensieri amorevoli, auguri per un Buon Natale, un pensierino e le accarezzò tutte mentre Marie la aspettava nella soglia della porta con il portacandele in mano, visto che il Palazzo era ancora immerso nell’ombra. Si diressero poi nella camera di Oscar, ma lei lì non c’era, così le due si guardarono e, senza dire una sola parola, andarono al piano della servitù e poi nella camera di André, dove videro una testina bionda e una mora spuntare dalla coperta pesante.
“Madame, io…”
Cercò di dire Marie per spiegare il perché sua figlia stava dormendo nello stesso letto di un servo, ma Madame la zittì sorridendo intenerita.
“No, Marie, non sentirti in colpa. Sono così dolci mentre dormono…”
Marguerite ricominciò a piangere e si avvicinò al letto.
“È il suo unico amico…l’unico con il quale le sia stato possibile crescere”
Si chinò sul letto e notò che il cuscino non era attaccato alla testata, ma era più distante e nello spazio vuoto c’era un libro ancora aperto, quindi capì che i bambini la sera prima stavano leggendo assieme ma alla fine avevano preso il sonno. Sorrise e sciolse i capelli di André che erano ancora legati dal nastro blu. Gli baciò una guancia e gli mise la sua lettera vicino al libro e poi fece il giro del letto, appoggiando lì anche quella di Oscar, decisamente più lunga rispetto a tutte le altre, e le accarezzò il viso.
“Amore mio, amore mio…quale crudele destino il tuo…spero che tu sia forte…to voglio tanto bene bambina mia”
Le sussurrò all’orecchio e baciò anche lei. Quando si alzò estrasse dalla borsetta dei pensierini anche per Oscar e André e poi uscì. Marie la ringraziò e lei, dopo averle augurato Buon Natale, uscì dal Palazzo e salì in carrozza velocemente per non essere vista.
Il sole era ormai alto quando Marie andò a svegliare i due piccoli che, appena aperto gli occhi, si scambiarono gli auguri di Natale e li fecero anche a lei. André abbracciò forte Oscar e le fece gli auguri di compleanno come succedeva sempre e poi anche la Nonna compì gli stessi gesti. Quando videro le lettere appoggiate al letto le presero curiosi e Oscar, vedendo il sigillo, chiese:
“Maman è stata qui?”
“Sì, mi ha detto di farvi tanti auguri da parte sua”
“E perché non è rimasta?”
“Magari c’è scritto nella lettera che ha lasciato…ora facciamo una cosa: io e te Oscar andiamo in camera tua e ti preparo e anche tu André ti fai un bel bagno”
“Dopo posso tornare qui per aprire la lettera con André, Nonna?”
“Certamente, ma ora andiamo”
Così Oscar, obbediente, scese dal letto e le diede la mano e assieme andarono al piano superiore. Quando la piccola fu pronta corse fuori senza aspettare Nanny ed entrò nella camera dell’amico, che nel frattempo stava finendo di chiudersi la giacca. La governante scosse il capo: dopo quello che le aveva da dire, le avrebbe anche sconsigliato di entrare così nella camera dell’amico maschio e, a questo punto, le avrebbe vietato anche di dormirci assieme.
“Ah Oscar, sei tu”
Disse André girandosi nella direzione della bambina e chiudendo l’ultimo bottone.
“Mi hai aspettato per leggere la lettera, vero?”
“Certamente”
Nel frattempo anche la Nonna era arrivata e aveva suggerito loro di sedersi nel letto.
“Ora possiamo leggerle?”
Chiese ancora Oscar, impaziente di sapere che cosa le aveva scritto la madre.
“Oscar, leggi prima la tua a voce alta”
Lei annuì col capo e aprì la lettera.
 
Mia cara Oscar,
 
“Ma Nonna…maman ha critto ‘mia cara’, si è sbagliata”
“Continua a leggere”
Disse mentre le lacrime si affacciavano ai suoi occhi. Stava per far soffrire la sua bambina come mai prima d’ora.
 
Inizio con il farti i miei più calorosi auguri di Buon Natale ed un felice compleanno.
Ti starai chiedendo perché all’inizio mi sono rivolta a te usando il femminile e magari stai pensando che io mi sia sbagliata, ma non è così. Tu Oscar, bambina mia, non sei un maschio come ti ha sempre detto tuo Padre, ma sei una femmina, proprio come le tue cinque sorelle.
 
Lesse Oscar un po’ impacciata e alzò ancora lo sguardo azzurrino verso la Nonna.
“Che cosa significa questo?”
Il suo tono era un po’ duro, differente da quello allegro che aveva usato fino ad ora. André se ne stava fermo immobile e non osava parlare, la guardava solamente e cercava di cogliere tutte le sue reazioni per saperla consolare, visto che prevedeva tempesta.
“Continua a leggere”
 
Forse sei un po’ piccolina per capirlo, ma tuo Padre ha sempre desiderato avere un erede maschio e, visto che non arrivava, ha deciso di farti crescere come se fossi tale.
 
“Non potevano fare un altro figlio?”
“Continua a leggere”
Rispose ancora, sentendosi in colpa più che mai.
 
È stato proprio lui a decidere di darti questa notizia il giorno del tuo compleanno perché sostiene che ai veri uomini non interessa rovinare un giorno importante, ma tu non sarai mai un vero uomo, per quanto brava potrai diventare a tirar di scherma, a sparare, a lottare…rimarrai sempre una donna, la mia bambina. Mi dispiace non poter essere lì per sostenerti, ma ho deciso di andarmene proprio perché non voglio vederti soffrire, sarebbe troppo per me.
Spero che questo giorno sia ancora bello per te e che, anche se sei triste, troverai conforto nel tuo Amico André.
Ti voglio tanto bene,
La tua mamma              
Marguerite de Jarjayes
 
“Tu!”
Urlò quasi Oscar volgendosi di scatto verso André, in preda ad una rabbia che non le era mai appartenuta.
“Tu lo sapevi”
Assottigliò gli occhi e abbassò la voce che, da squillante, era diventata minacciosa.
“Io…lo avevo semplicemente intuito”
Cercò di discolparsi l’altro, ma in un momento lei lo spinse giù dal letto e gli fu sopra, cominciando a riempirlo di calci e pugni e a urlargli dietro un mare di insulti.
“Avresti dovuto dirmelo! Pensavo di potermi fidare di te! Idiota! Quando aspettavi a dirmelo?! Pensavo che fossi il mio migliore amico!”
“Oscar…Oscar smettila, mi fai male!”
Anche André, che dapprima si era limitato a parare i suoi colpi, stava cominciando a difendersi e a colpirla, fino a quando fu lei ad essere sotto.
“Devi lasciarmi andare! Lasciami!!”
E fu ancora Oscar ad essere sopra, ma Nanny la prese per i fianchi e la tirò via da André.
“Che cosa stai facendo? Lasciami!”
Urlava e scalciava, mentre André si era tirato su e asciugava con la manica il sangue che usciva dal naso.
“Oscar, ti prego, fermati e parliamo, ragioniamo. Bambina, tuo Padre è stato così crudele con te…ma tua madre-”
“Non chiamarmi bambina, Nonna, io non sono una bambina! Lasciami!”
Con uno strattone si liberò di Nanny e si avvicinò di corsa alla porta.
“Hai tradito la mia fiducia, André, non pensavo potessi fare tanto”
E corse via, verso i suoi appartamenti, lasciando che il silenzio piombasse in quella stanza e li facesse sentire in colpa più che mai.
Il piccolo André si sedette pesantemente sul letto sfatto e cominciò a singhiozzare piano con la testa bassa.
“Bambino mio…”
Gli disse la Nonna mettendogli una mano nella spalla e gli alzò il mento con due dita.
“Ti fa male il viso? Stai sanguinando…”
“Non mi fa tanto male…ma Oscar…povero…povera Oscar”
“Ha gettato tutta la colpa a te, ma sappi che tu sei l’unico che qui non c’entra niente”
“Come posso aiutarla?”
Disse appoggiando il viso sul seno della Nonna che, commossa, cominciò a cullarlo.
“Devi starle vicino, ma essere discreto…rispettare i suoi tempi. Ora Oscar ha solo bisogno di riflettere, magari da sola, oppure avrà voglia di condividere le sue paure con te”
“Ma come faccio? Mi odia”
“Basta piangere, bambino mio…basta piccolino, ora lavati il viso e vai da lei, eh?”
Il piccolo annuì convinto e si alzò dal letto, riempì il catino con dell’acqua e si sciacquò il viso e le mani, anche quelle sporche di sangue, poi, sotto consiglio della Nonna, si cambiò anche la giacca sporca di sangue e salì lo scalone diretto ai suoi appartamenti.
“André!”
Si sentì chiamare un secondo prima che potesse bussare alla porta e, riconosciuta la voce, non la poté proprio ignorare.
“Sì, Signor Generale?”
Gli fece un inchino.
“Oscar non è in camera sua, l’ho visto andarsene qualche minuto fa”
“Come andarsene? È andata via da Palazzo?”
“Già, non so quando ritornerà, ma so  che lo farà”
Disse avvicinandosi a lui e abbassandosi alla sua altezza.
“Te li ha fatti lui questi lividi?”
“Sì, me li ha fatti lei”
Il Generale sembrò seccato dal fatto che André si fosse rivolto ad Oscar usando il femminile, ma, pensò, da ora in avanti avrebbe ordinato a tutta la servitù di farlo.
“Deduco quindi che tua nonna gli abbia detto che in realtà è una femmina”
“Sì”
“Bene, ragazzo, perfetto, ora vai ad aiutare tua Nonna nelle cucine, io andrò nel mio studio a leggere qualcosa”
André, a quel punto, non poté fare altro che obbedire, inchinarsi, scendere lo scalone e andare nelle cucine, dove la Nonna stava preparando il dolce al cioccolato, quell’impasto che poi sarebbe stato diviso in due e una parte l’avrebbero mangiata solo lui ed Oscar.
“Ti posso aiutare, Nonnina?”
“Oh, André caro, hai parlato con madamigella Oscar?”
Il piccolo storse un po’ il naso per come era stato chiamato il suo amico…cioè amica, ma comunque non lo fece notare a Nanny.
“Il Signor Generale mi ha detto di averla vista uscire e ha aggiunto che non sa quando tornerà”
“Come uscire? Oscar se n’è andata?”
“Da quello che mi è sembrato di capire è così…”
“E ha preso il suo cavallo?”
Chiese lei sempre più allarmata.
“Non lo so”
“Vai a vedere nelle scuderie, dai forza corri!”
Lo incitò la Nonna accompagnandosi con un gesto del braccio. André non se lo fece ripetere due volte e corse nelle scuderie per poi ritornare nelle cucine col fiatone.
“No, non c’è il suo cavallo”
“Allora ha proprio deciso di scappare, quella piccola peste!”
Dalla porta della cucina comparve Brigitte, una cameriera di Palazzo della stessa età della Nonna che, fin da quando erano giovani, era sempre stata la sua più cara amica.
“Che cosa sta succedendo, Marie? Perché ti agiti tanto?”
“Oscar è scappata via, questa mattina le ho detto che in realtà è femmina e si è sentita talmente umiliata da essersene andata…”
E scoppiò a piangere nella spalla di Brigitte.
“André, che ne diresti di farti un giretto nei luoghi dove, ipoteticamente, lei potrebbe essere andata? Magari dove c’è un letto dove possa trascorrere la notte fuori casa”
Suggerì allora la donna, ma Nanny disse:
“Ma con questo freddo, André…”
“No, Nonna, Brigitte ha ragione. Finisci di preparare la torta, così se la trovo gliela porto e magari anche qualcos’altro”
“Va bene, allora vatti a preparare”
Concluse infine la vecchina e il bambino se ne andò nella sua camera.
Non sapeva cosa fare nel tempo che sarebbe servito affinché la torta si cucinasse: era già vestito e gli sarebbe bastato indossare la giacca pesante, il mantello e i guanti per poter uscire. Si sedette alla scrivania e l’occhio gli cadde sulla penna d’oca e il calamaio, riposti precisamente e ordinatamente dopo aver composto qualche ipotetica lettera per esercitarsi nel migliorare la scrittura. Allungò la mano su un foglio e, dopo aver pensato un po’ a cosa scrivere, intinse la penna nell’inchiostro e disegnò svolazzi impacciati sulla carta.           
La lettera venne fuori molto lunga ma, secondo lui, le cose che aveva scritto erano anche troppo poche. Guardò fuori dalla finestra e si sentì un po’ sollevato nel vedere che né pioggia né neve scendevano dal cielo e quindi Oscar, dovunque fosse, non avrebbe sentito più freddo di quello che era già. Guardò le lancette dell’orologio e capì che era abbastanza tardi e che si doveva muovere, quindi infilò la giacca pesante che lo avrebbe tenuto caldo mentre correva a cavallo, strinse il mantello al collo e mise i guanti blu scuro, quindi aprì il suo armadio e, dall’angolo in basso a sinistra, estrasse due coperte pesanti che avrebbero dovuto ricoprire il suo letto quando quelle che c’erano su sarebbero state da lavare, e le mise in una sacca, facendole entrare con qualche difficoltà. Prese la lettera e la immerse tra le due coperte e, visto quello che le aveva scritto, ci mise anche una scatolina di cerini. Ritornò quindi in cucina con l’intento di rubare qualche biscotto perché non aveva nemmeno fatto colazione e aveva molta fame. La Nonna, stranamente, gliene concesse anche più di due e gli chiese se ne volesse portare un po’ con se, ma lui rifiutò e prese anche la sacca contenente del cibo per la migliore amica.
Quando arrivò nella stalla trovò Gerome, l’addetto alla cura dei cavalli, che gli stava sellando Alexander e poi lo aiutò a fissare i due sacchi nella parte posteriore della sella.          
Una volta uscito dai cancelli, André pensò a tutti i luoghi dove Oscar potesse essere andata a nascondersi e uno gli balenò subito in mente.
 
Oscar era furiosa, aveva sellato il suo cavallo in fretta e furia ed era corsa fuori dai cancelli. Lungo la strada per guadagnare l’uscita aveva incrociato suo padre che stava andando nel suo studio e non le aveva detto niente. Si sentiva come se a nessuno importasse di lei, che tutti l’avessero tradita, soprattutto André che, pur avendo “intuito” qualcosa, non le aveva detto niente. Corse per la strada che dal suo Palazzo conduceva a Parigi e poi la ripercorse a ritroso, tanto per scaricare un po’ la rabbia che le ribolliva nel sangue. Aveva deciso che avrebbe passato i prossimi giorni fuori casa e, prima di farci ritorno, avrebbe passato un giorno a Versailles negli appartamenti di sua madre, giusto per capire meglio quella situazione assurda che le era piombata addosso.
Corse fino a che arrivò ad uno dei tanti laghi nella terra dei Jarjayes, quello più lontano dove, nascosta da fitti alberi posti quasi a cerchio, si trovava una semplice casetta dove, in giorni di sole, amava andare a giocare con il suo amico.            
Era stato suo Padre a farla costruire molti anni prima per andare ad esercitarsi con la spada con i suoi compagni e, un giorno, aveva dato le chiavi a lei dicendole che sarebbe stato un posto perfetto perfino per correre con i cavalli. In effetti il prato che contornava il lago era davvero molto grande e, se avessero avuto voglia di fare una nuotata o comunque non correre con i cavalli, avrebbero potuto lasciarli pascolare o, se fossero entrati nella casetta per mangiare, li avrebbero potuti lasciare legati alla staccionata.                     
Quello che non aveva mai capito, però, era il motivo per il quale il Generale avesse dato ordine di costruire quella casetta: per esercitarsi a spade bastava solo il giardino, invece all’interno di quelle quattro mura c’era una piccola cucina, un tavolo e due sedie, una camera da letto, la salle du bain (1), e oggetti come piatti, coperte, un catino e anche tanta legna posta ordinatamente in un angolo vicino al camino. Tutte quelle stanze erano molto semplici: non c’erano quadri o arabeschi e gli unici decori o oggetti non strettamente necessari erano semplici e fatti in legno. Anche l’esterno non era vistoso e decorato, ma c’era semplicemente una staccionata e tanta legna riparata da una tettoia. Oscar entrò all’interno dopo aver legato César e si guardò intorno. Tutto era come lo aveva ricordato, ma faceva tremendamente freddo.
Erano circa dieci minuti che André galoppava più veloce che poteva e, quando arrivò al lago, sospirò di sollievo vedendo il bianco destriero dell’amica legato alla staccionata. Si avvicinò al passo e legò Alexander vicino a César in modo che, mentre scioglieva i nodi che tenevano legati i sacchi, lui non si muovesse. Appoggiò il sacco più grande davanti alla porta e poi pescò la lettera che aveva scritto, mise sopra anche quello più piccolo contenente il cibo e, in cima, appoggiò la lettera e, per non farla volare via, la fermò con un sasso. Si avvicinò alla finestra e si affacciò, rimanendo però nascosto in modo da non essere visto. La trovò dopo un po’ perché nascosta dall’ombra ed era tutta rannicchiata e infreddolita in un angolo. Sconsolato e intristito per la tormenta che si stava agitando dentro l’amica, andò verso i cavalli e diede qualche carota a César, poi prese Alexander, salì in sella, bussò alla porta e corse via per non essere visto.
Oscar trasalì quando sentì bussare e si diresse alla porta per aprire, ma non trovò nessuno, solo quello che le aveva lasciato André. L’occhio le cadde sulla lettera, quindi la prese tra le mani pronta per leggere, ma il freddo era talmente tanto che si sbrigò a prendere i sacchi e a chiudere la porta. Si sedette su una sedia e aprì la busta priva di sigillo.
 
Carissima Oscar,
io non so come ti senti perché non mi sono mai trovato in una situazione del genere, ma, visto che non vuoi vedere nessuno, ho pensato di scriverti una lettera per cercare di tirarti su il morale…o almeno tenerti compagnia.
André…avrebbe riconosciuto la sua scrittura ovunque. Oscar sorrise nonostante tutto e continuò a leggere.
Prima di continuare a leggere la lettera però aprì il sacco più grande e prendi le coperte e i cerini, so che fa freddo lì e tu non sai come accendere il fuoco, quindi leggi con attenzione: prendi la legna più piccola e mettila come a formare una stella, un rametto sopra l’altro, poi metti la legna grossa, accendi un cerino e buttalo in basso, quindi aspetta che prenda fuoco e muovi un po’ la legna con l’attizzatoio. Ora che il fuoco è acceso prendi qualche cosa da mangiare nel sacco piccolo, prendi una coperta e siediti nel letto, così stai comoda. Non stare a preoccuparti per César, gli ho dato io qualche leccornia.
Caro André, pensò, si preoccupa sempre per me anche se l’ho trattato male.
Ho saputo che te ne sei andata da tuo Padre il quale, anche se mi dispiace dirtelo, non si è interessato, limitandosi a dirmi che è sicuro che ritornerai. La Nonna è molto preoccupata per te e mi ha mandato a cercarti e mi ha dato del cibo da portarti, visto che non hai nemmeno mangiato.
Mi è dispiaciuto molto quanto hai saputo che tutti ti hanno mentito e soprattutto hai dato tutta la colpa a me. In realtà, quando sono arrivato a Palazzo, pensavo fossi un maschio come me, ma quando siamo cresciuti semplicemente  mi sono accorto che il tuo viso prendeva lineamenti diversi, la tua voce era comunque leggera e la tua bellezza era troppa per un maschio, quindi ho pensato che potessi essere una femmina, ma non ho mai parlato con nessuno di questi sospetti per paura di poterti offendere. La Nonna non mi ha mai detto niente e, quindi, io l’ho saputo questa mattina, proprio come te.                  
Io non posso dirti niente di più di quello che sai già, tuo Padre non ti permetterà mai di vivere come una donna, ma tu puoi decidere di ribellarti, Oscar, per essere veramente te stessa. Io non ti giudico, qualunque cosa tu decida di fare e di essere, ma una cosa devi sapere e la devi ricordare fino alla fine dei nostri giorni: tu rimarrai per sempre la mia migliore amica Oscar, per sempre!

Ti aspetto a casa per giocare assieme e ti abbraccio forte
               Il tuo amico André
 
Oscar ripiegò la lettera e pescò un biscotto dal sacchetto. Gli occhi le si erano fatti umidi e si era pentita di aver trattato così male André. Decise che quella lettera l’avrebbe conservata in un angolo sicuro della sua stanza e che l’avrebbe letta qualora si fosse sentita sola e triste. Mangiò ancora un altro poco e poi si coricò nel letto. Nella fretta non aveva portato niente con se per passare il tempo, quindi non le rimase che pensare a cosa avrebbe fatto ora.
Mio padre mi sta crescendo come un maschio e non mi ha mai detto la verità riguardo la mia vera identità, incaricando la Nonna di farlo al posto suo e non degnandomi nemmeno di una parola quando ha visto che me ne stavo andando. Ricordo che, durante gli allenamenti, mi ripete sempre che un giorno io sarò comandante e, se svolgerò il mio lavoro con coraggio e sarò devota ai sovrani, potrò aspirare anche al suo grado: quello di generale. Ma quello che non capisco, adesso, è come farò a diventare un soldato se sono donna…non si è mai vista una femmina tra i ranghi! E poi…tutte le donne grandi hanno il seno…quindi crescerà anche a me?! Diventerò così diversa da André, lui avrà la barba e la sua voce diventerà più profonda, tutte cose che credevo sarebbero successe anche a me, prima o poi, invece rimarrò sempre la stessa, sempre uguale. Ho bisogno di parlare con qualcuno che possa schiarirmi le idee, ma non voglio vedere nessuno, sono ancora arrabbiata con tutti, persino con le cameriere di Palazzo che si sono sempre riferite a me come un maschio…e anche le mie sorelle, tutte, tutte bugiarde!
I pensieri di Oscar correvano come il vento e si accavallavano e scontravano come le onde che si infrangono sugli scogli. Cosa ne sarebbe stato ora di lei? Come sarebbe cambiato il suo corpo? Ma soprattutto, André le avrebbe voluto bene lo stesso, nonostante l’avesse rassicurata nella lettera?
Guardò fuori dalla finestra e si accorse che era già buio. Nella casetta c’era anche un orologio sopra la mensola della cucina e le lancette segnavano dieci minuti alle otto. Aveva mangiato quasi tutto quello che le aveva portato André ma, nonostante questo, sentiva ancora fame(2). Quando sentì bussare alla porta corse più veloce che poteva per andare ad aprirla e cercare di scusarsi con l’amico, ma quando lei arrivò lui stava già galoppando via tenendo le redini anche di César. Questa volta le aveva portato qualche cosa da mangiare, un libro, delle candele, la camicia da notte e un’altra lettera. In effetti non aveva bisogno delle candele, visto che era riuscita a tenere il fuoco vivo e brillante aggiungendo legna di tanto in tanto e muovendola con l’attizzatoio proprio come vedeva fare all’amico, ma fu felice di vedere il libro che da pochi giorni aveva iniziato e la lettera: non si sarebbe annoiata per il resto della serata. Si sedette a tavola e aprì il sacco, dove trovò un panino col formaggio e una borraccia(3). Lesse mentre mangiava, in modo da potersi dedicare solo al libro prima di addormentarsi.
 
Cara Oscar,
spero che tu stia un po’ meglio e che qualche tua domanda abbia trovato una risposta dentro di te. Prima che ti preoccupi: ho portato via César perché lì fuori congela, povera bestia, quindi lo lascio nella stalla e gli do del cibo, ma domattina te lo riporto. La Nonna ti saluta e ti manda tanti abbracci e baci e spera che tu stia bene e non senta freddo, per questo, nella borraccia, ti ha portato del latte caldo che verserai in una tazza e metterai vicino al fuoco prima di berlo, in modo che rimanga tale. Spero che tu ritorni presto perché senza di te mi sento solo e il tuo Palazzo è vuoto e non ha nemmeno più senso.                    
Ti voglio tanto bene e ti auguro una buona notte

 Il tuo amico André
 
Si sentiva solo…André era solo e lei aveva giurato di non fargli mai sentire la mancanza di niente e di nessuno…era una pessima amica, e pure femmina! Non lo aveva accompagnato al Campo Santo come facevano ogni anno per salutare i suoi genitori e non aveva trascorso il Natale con lui a giocare e mangiare il loro dolce. Si sentiva un’idiota senza cuore: la pessima amica era lei e non lui, come lo aveva accusato la mattina. Qualche lacrima scese a bagnarle le guance: era talmente confusa da sentire la testa scoppiare. Prese la brocca che aveva riempito con l’acqua fredda del lago e ci sciacquò una tazza polverosa, quindi ci versò il latte ancora tiepido e lo mise vicino al camino. Decise di darsi una rinfrescata al viso e un po’ al corpo prima di indossare la camicia da notte e cercare di dormire, ma l’acqua era talmente fredda da farle venire i brividi. Scaldò anche quella e, una volta lavata alla bene e meglio, prese la tazza, il libro, e andò a letto. Ringraziò mentalmente André per tutte le sue premure, perché se non fosse stato per lui a quest’ora sarebbe stata affamata, infreddolita, triste, annoiata e sporca. No, decisamente non era più in collera con lui, nemmeno un poco. Il latte caldo l’aiutò ad addormentarsi, ma la sua fu una notte agitata e priva di sogno alcuno.
La mattina dopo, appena André le riportò il cavallo e anche la colazione, decise che avrebbe passato il giorno da sua madre, a Versailles, ma doveva avvertire in qualche modo il suo amico che, però, scappava via ogni volta che apriva la porta. Non avendo a disposizione carta e inchiostro, incise, col coltello che portava sempre dentro lo stivale, un messaggio breve su un pezzo di legno che lasciò depositato fuori dalla porta. Arrivò a Versailles di corsa e salì, accompagnata da una donna che non conosceva, negli appartamenti di sua madre.       
Appena la vide, Madame scoppiò in lacrime e passò tutto il giorno a cercare di fornire risposte alle mille domande della figlia. Inutile dire che, quando la riportò a casa il giorno dopo e vide André, i due si abbracciarono come se non si vedessero da anni e lei si sentì la donna più felice del mondo perché la figlia era accettata comunque dal suo amico che le aveva tenuto la mano silenziosamente per tutto quel lungo viaggio.
 
(1)Una volta non era così frequente trovarne una, si usava mettere il vaso da notte sotto il letto e basta, ma ho immaginato che i Jarjayes fossero ad un livello più alto di igiene rispetto alla norma di quel tempo, anche se so che non è possibile
(2)Molte di voi penseranno. “Ma Oscar non mangiava molto!” –o almeno così dicono nelle ff- ma credo che da bambina avesse avuto bisogno di molta energia che poi si è negata non mangiando per non far crescere le forme, quindi per questo si è ammalata
(3)Non so se sia giusto dire borraccia per intendere quei contenitori col tappo che usavano per portare il vino o altre bevande, quelle che si vedono anche nell’anime o nel film. Se sapete il nome esatto vi sarei riconoscente se me lo diceste


Ciao a tutti/e! Ecco a voi il secondo capitolo di questa storia di Natale! Inizio con ringraziare tutti coloro che hanno letto e recensito la storia e volevo informarvi che, per chi seguisse anche l’altra mia storia ‘Liberté Ègalité Fraternité!’, ritarderò la pubblicazione per scrivere questa qui, che di certo ha molti meno capitoli dell’altra, ma cercherò di andare avanti in tutto, nonostante il tempo sia poco perché i miei alunni devono fare il saggio di fine anno e sono tutti i giorni a scuola! Comunque, sorvolando, spero che la storia vi piaccia e vi anticipo che la prossima volta saremo nel 1770, quando Oscar compie 15 anni.
Vi mando un bacione
Chiara
 
 
 

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Capitolo 3
*** 25.12.1770 ***


L'amour de Noël
25/12/1770
Il muoversi continuo delle lancette dell’orologio aveva catturato la sua attenzione ormai da un po’. Era ancora presto per alzarsi, ma André non aveva dormito per tutta la notte e cominciava a sentire male alla testa.
Quella primavera, precisamente ad Aprile, Oscar, dopo aver ascoltato il discorso che la Nonna aveva da farle sul significato di essere donna e madre, aveva deciso di vivere da uomo e proteggere la nuova Principessa austriaca Maria Antonietta. Da quel giorno le loro vite avevano preso un altro ritmo: lui era diventato il suo attendente e doveva seguirla alla Reggia di Versailles e in tutti gli altri impegni che riempivano la sua giornata di Colonnello. Quello che gli dava tremendamente fastidio, oltre al fatto che lei non lo avesse ascoltato quando le aveva detto di vivere da donna e non da burattino, era che la loro amicizia non era più quella di una volta, di quando erano piccoli, ma cominciava a prendere certe formalità che una volta nemmeno tenevano in considerazione. Poteva capire, accettare, il fatto che non dormissero più insieme, lui era diventato un uomo e lei una donna, anche se faceva di tutto per nasconderlo, ma non sopportava non poterla più abbracciare e avere quella confidenza che li aveva sempre caratterizzati.
Era la mattina di Natale e ogni anno, da quando era arrivato a Palazzo, lui e Oscar andavano al Campo Santo a fare una visita ai suoi genitori, ma di sicuro quest’anno lei si sarebbe recata a Versailles con il Padre per omaggiare la Regina e salutare anche la madre, che, dopo lo “Scontro fra donne” tra la contessa du Barry e  Antonietta, era diventata la dama di compagnia di quest’ultima.
Qualche ora dopo sentì bussare alla porta che subito dopo si aprì senza che dicesse ‘avanti’.
“Buongiorno André, come stai?”
Chiese la Nonna spostando la tenda pesante dalla finestra facendo così entrare la luce calda del sole. André non rispose e si limitò a portarsi la mano davanti agli occhi e a mugugnare qualcosa.
“Allora, ti ho chiesto come stai?”
“Mi fa male alla testa”
“Davvero? Come mai? Sei stato forse sveglio tutta la notte?”
“No, certo che no”
Mentì, ma non seppe veramente se riuscì a convincere la Nonna.
“Bene, allora ascoltami: Madamigella Oscar e suo Padre si sono recati alla Reggia, quindi hai la mattina ‘libera’”
“Perché hai detto ‘libera’ in quel modo?”
Chiese, visto il tono della Nonna.
“Perché, naturalmente, tu mi aiuterai a preparare il pranzo per gli ospiti del Generale. Dopo tanti anni ci sarà anche Suzanne, la sorella di François, quindi dev’essere tutto pronto”
André sospirò.
“Nonna, io in realtà dovrei già fare una cosa…”
“Ah si?”
Si mise le mani nei fianchi e lo guardò con fare rimproveratorio, ma poi si addolcì quando ricordò l’impegno del nipote.
“Scusa, me ne ero dimenticata. Puoi andare, naturalmente, ma cerca di fare presto eh, che mi serve il tuo aiuto”
“D’accordo”
“E poi se continua a farti male alla testa potrai venire a riposarti un po’”
“Va bene…”
André si rigirò nel letto e scostò le coperte per alzarsi.
“Nonna, è tanto tempo che Oscar è uscita?”
“Non molto, perché?”
“Per sapere quando torna, di sicuro arriverà giusta per pranzo…”
“André, non aspettarla…vai da solo, lei ha delle mansioni da svolgere, è Capitano, ha degli obblighi, ora”
“Certo, certo, lo so bene”
Il ragazzo si alzò dal letto e prese i vestiti mentre la Nonna usciva.
“Ah, André”
“Dimmi Nonna”
“Devi chiamarla Madamigella Oscar”
Non le rispose perché lei chiuse immediatamente la porta, quindi poggiò i vestiti sullo schienale di una poltrona e riempì il catino di acqua per rinfrescarsi un po’.
Devo chiamarla Madamigella…
Pensava, mentre galoppava verso Est per arrivare dai suoi genitori.
Allora niente più dormite assieme, niente abbracci, gite che si riducono, non andiamo più a fare passeggiate ma solo galoppate in modo che non riusciamo a parlare quasi per niente, Madamigella, e poi? Qualcos’altro? Il nostro rapporto è cambiato, lei sta diventando sempre più fredda e taciturna e pensa solo a sottostare al Padre e alla Regina, io non ho più importanza ormai.
Era arrivato da un pezzo e se ne stava seduto il terra sopra il mantello per non sporcare le culottes. Aveva pregato e parlato ai suoi genitori e non aveva nessuna voglia di andare via, era come se stesse aspettando che qualcuno lo raggiungesse, ma la cosa era assai improbabile. Faceva molto freddo nonostante il sole fosse alto in cielo, ma solo al pensiero di tornare a casa e trovare lei ignara che doveva accompagnarlo in un luogo così importante per lui gli faceva provare un misto di tristezza e rabbia.
“Mi sa che non verrà, cari genitori. Io la ho aspettata, ma probabilmente si è dimenticata della promessa che mi ha fatto cinque anni fa, esattamente questo giorno…ha altro per la testa, è Comandante. Maman, padre, mi sento solo, anche se ormai ho sedici anni e sono grande, ma io credevo davvero che non mi avrebbe mai abbandonato. Ormai non le importo più”
Non piangeva André, ma il suo cuore era inondato dalle lacrime che non osavano bagnare il suo sguardo smeraldino. Udì in lontananza il suono delle campane arrivato a lui grazie al vento gelido che sferzava tra le croci piantate nel terreno. Quel suono gli portò un qualcosa di malinconico, erano le stesse che udì quel bianco e freddo Natale di cinque anni prima. Decise di andare in chiesa, anche se ormai era molto tardi, avrebbe inventato una scusa da rifilare alla Nonna in caso lo sgridasse. Quando la funzione finì André, dopo aver salutato lo stesso parroco che tempo prima gli aveva scambiati per fratelli, prese Alexander, legato tutto solo nella staccionata, e se ne andò a casa.
“Disgraziato! Ti avevo detto di fare presto!”
Gli urlò la Nonna appena lo vide varcare la porta del retro.
“Scusa Nonna…”
Rispose lui con aria afflitta.
“Io…avevo solo bisogno di starmene per conto mio…”
E ancora una volta Marie, alle parole del nipote, si addolcì, comprendendo bene il motivo per il quale era rimasto più tempo del previsto.
“Va bene, bambino mio, non ti preoccupare. Ma dimmi, hai ancora male alla testa?”
“Sì, e ho anche freddo”
“Ti sei coperto bene?”
“Certo, avevo la giacca pesante, i guanti e il mantello…”
“In effetti non hai una bella cera, vai in camera tua a cambiarti d’abito e poi torna qui che mi dai un aiuto a servire in tavola”
Lui annuì semplicemente con la testa e uscì dalle cucine imboccando il corridoio. Arrivò nella sua stanza e cominciò a spogliarsi per mettere gli abiti da servizio, ma faceva talmente freddo che dovette accendere il camino e sostarci un po’ davanti per cercare di scaldare le membra. Abbandonò a malincuore quel torpore per andare a servire gli ospiti.
Il salone era bellissimo, non c’era niente fuori posto e presto fu riempito da tutti gli invitati e dalle loro stoffe colorate che aleggiavano ad ogni passo. Quest’anno erano presenti tre sorelle di Oscar, le più anziane, Marie-Suzanne con figli e marito, il Generale e lei, vestita di bianco e d’oro quasi a parere un angelo.
Quando André portò i primi piatti in tavola, Oscar gli sorrise debolmente, ma lui non rispose, fino a quando dovette metterle davanti il suo.
“Ciao André”
Gli sussurrò con un sorriso più grande di quello precedente. Lui rispose sorridendo quasi fintamente e le disse solo:
“Buon compleanno”
Tornò ancora in cucina e portò gli altri piatti, non guardandola più. Non era arrabbiato, ma qualcosa di lei gli stava dando fastidio, eppure non era nel suo carattere.   
Il pranzo finì attorno all’ora d’abitudine per le feste a Palazzo Jarjayes, gli ospiti si congratularono col Generale per le ottime portate e la Nonna, rimasta ad ascoltare, non poté che dirsi soddisfatta.
“André, dove ti sei cacciato?”
Disse Marie cercando il nipote che da un po’ aveva perso di vista. Non ricevendo risposta cominciò a girare per le cucine e alla fine lo trovò seduto su una sedia con i gomiti puntellati sul tavolo a reggere la testa.
“Ma cosa fai qui?”
“Non mi sento tanto bene”
Rispose e la Nonna appoggiò le labbra alla sua fronte per sentire se era calda. Si staccò lasciandogli un bacio e gli accarezzò la guancia.
“Hai la febbre, André, è meglio che tu vada un po’ a riposare. Tra qualche minuto ti raggiungo, dammi il tempo di sistemare in giro”
Così André si diresse in camera sua e, dopo aver indossato gli abiti da letto e aver ravvivato il camino precedentemente acceso, si stese a letto e si coprì fin sopra la testa.
La Nonna fu di parola e arrivò poco dopo. Lo chiamò e lui riemerse dalle coperte, quindi prese dell’acqua e ci immerse una pezza, sistemandogliela poi nella fronte.
“Senti freddo?”
“Sì”
“Vuoi un’altra coperta?”
Annuì e Nanny gliela sistemò sopra l’altra.
“Ti ringrazio Nonna”
“Ora devo andare, più tardi avvertirò il Generale che ti sei ammalato e che non potrai accompagnare Oscar domani e nei giorni a seguire. Quando la pezza si asciuga bagnala e rimettila che dobbiamo far scendere la febbre”
Lo baciò su una guancia e lasciò la stanza.
Passò il pomeriggio e ormai fuori era tutto buio. André aveva preso il sonno da un paio d’ore dopo aver letto un libro e la Nonna si era affaccendata a preparare la cena.
Oscar era stata tutta la giornata in compagnia dei suoi cugini, arruolati uno col grado di Colonnello e l’altro come soldato semplice. Le aveva fatto piacere chiacchierare con loro, ma ora voleva restare un po’ con André. Si congedò promettendo di riprendere il discorso a cena e andò verso le cucine, dove sperava di trovarlo.
“Nonna ma...André?”
“È in camera sua”
“Grazie Nonnina”
“Aspetta, madamigella!”
Nanny non fece in tempo ad informarla che il nipote aveva la febbre perché lei era già corsa via.
André, che da poco si era svegliato, sentì bussare alla porta e, immaginando che fosse la Nonna, nemmeno rispose.
“Ma che modi sono? Non rispondi più nemmeno quando ti si bussa alla porta?”
“Mhh…Oscar, sei tu?”
“André, ma stai male? Hai la febbre!”
Disse mettendogli una mano alla fronte.
“E io che volevo accompagnarti al Campo Santo…”
Oscar si sedette nel letto vicino a lui.
“Adesso? Ora che è buio, Oscar? E che fa ancora più freddo?”
“Beh…prima non ne ho avuto il tempo…”
André sorrise amaramente mentre osservava la sua faccia desolata. Le sue ultime parole gli vorticavano in testa come una cantilena: non aveva avuto tempo, non per lui…e si sentiva solo.
“Mi dispiace che per colpa mia tu non abbia potuto andarci”
“Ci sono andato da solo”
Ad Oscar sembrò che in quelle parole ci fosse veleno, da quanto crudamente le aveva pronunciate. Ad un tratto le sembrò di rivivere un Natale di tanti anni fa, quando gli aveva promesso di non lasciarlo mai solo e poi quando se n’era andata nella casetta al lago, che era stato proprio lui a tenerle compagnia anche se non fisicamente, e ora lei lo aveva abbandonato in una cosa così importante.
Suo Padre le aveva detto che, ora che era diventata Capitano, doveva conoscere nuova gente, quanta più possibile, e passare molto tempo coi nobili, il che significa trascorrerne molto meno con André, che nel frattempo si doveva dedicare ad altre mansioni.
Oscar prese la pezza dal bordo del catino, la immerse nell’acqua fresca, la strizzò e gliela mise nella fronte, lasciandogli poi una carezza nella guancia.
“Mi dispiace molto di non essere potuta venire con te”
“Non ti dare pena Oscar, infondo io sono un servo, solo un servo”
E fu un attimo che quella carezza si tramutò in uno schiaffo forte e sonoro che gli fece girare la testa dall’altro lato.
“Smettila di dire queste assurdità, idiota!”
La testa di André pulsava per il dolore e lo stordimento della febbre, in più lo schiaffo e le sue urla gliela stavano facendo esplodere.               
Non osò controbattere, tanto sapeva che era perfettamente inutile. Era un servo e niente al mondo lo avrebbe mai cambiato ma lei, per qualche assurda ragione, si offendeva ogni volta che glielo ricordava.
“Scusa”
Oscar, capendo che aveva provocato dolore all’amico, si pentì di quello schiaffo, cosa assai insolita per lei.
“Non ti devi preoccupare”
Infondo sono solo un servo, pensò André, se solo lo volessi potresti farmi anche molto di peggio.
“A cosa pensi?”
“A niente Oscar, la testa mi fa troppo male anche solo per permettermi il più veloce dei pensieri”
“Vuoi che chiamo la Nonna, magari lei può prepararti qualcosa di caldo o darti una medicina”
“Non credo che esistano medicine per il male alla testa o per la febbre, sai?”
Lei si alzò ignorando le sue parole e mosse con l’attizzatoio la legna del camino per ravvivare il fuoco.
“Mi hai insegnato tu a farlo”
Gli disse e lui sorrise, ricordava perfettamente il giorno che scrisse quella lettera e lei, a sua insaputa, l’aveva conservata, così come l’altra.
“Quest’anno non abbiamo nemmeno mangiato la nostra torta, André…credo che la Nonna si sia dimenticata di prepararla”
“No invece, l’ha preparata eccome, ma sarà servita in tavola questa sera. Io non ho fame e tu non hai avuto tempo per mangiarla”
Oscar cominciava ad innervosirsi: da quando il suo amico era diventato così…indifferente?
“Potrei portarla qui per mangiarla, ora sì che ho tempo, che ne dici?”
“Ti ho detto che non ho fame!”
“Uffa André!!”
Urlò Oscar seccata, alzandosi dal letto di scatto e voltandosi verso di lui, che nel frattempo teneva gli occhi chiusi.
“Ho capito che sei arrabbiato con me per questa mattina e perché non siamo stati insieme oggi, ma io ho dei doveri e delle responsabilità ora, sono Capitano delle Guardie Reali e sono molto vicina alla Principessa, quindi dovevo per forza recarmi alla Reggia a renderle omaggio, a lei e al Delfino. Oggi c’erano i miei cugini e mio Padre ha voluto che trascorressi il pomeriggio con loro, non potevo fare altro”
“Ti sbagli, io non sono arrabbiato. Hai dei doveri, lo capisco benissimo, non ti voglio mica per me”
Non esisteva al mondo bugia più grande di quella. La voleva per lei, tutta, ogni singola sfumatura di lei, ma questo non era possibile perché lei era nobile e tra di loro esisteva una differenza, una barriera enorme quasi impossibile da abbattere.
“Ora, se non ti dispiace, vorrei riposare. Devo cercare di rimettermi in forze, devo lavorare, non posso stare a letto”
“Certo che puoi”
“Devo lavorare, altrimenti cosa ci sto a fare qui?”
“Va bene, me ne vado…Buon Natale eh!”
“Anche a te”
Oscar se ne andò da quella camera innervosita, arrabbiata e forse anche triste. Perché il suo amico l’aveva trattata così? Lei infondo non gli aveva fatto niente di male.
Per il corridoio incontrò la Nonna che stava portando un vassoio con una minestra calda ad André.
“Madamigella Oscar, sbrigati! Tra poco tutti si riuniranno nel salone per cenare”
“Sì, adesso vado Nonna, ma tu sai perché André è così…strano?”
“Ha la febbre bambina, è normale che sia stanco”
“Non era stanco, mi sembrava arrabbiato, seccato…era diverso”
“Non ti preoccupare madamigella, starà passando un brutto periodo”
“Mah, sarà come dici tu”
“Sicuramente”
Oscar continuò per la sua strada pensierosa e rimase in silenzio tutta la sera a pensare a cosa stesse succedendo al suo caro amico. La Nonna andò nella camera del nipote e appoggiò il vassoio sullo scrittoio.
“Bambino mio, sei sveglio?”
“Sì Nonna”
“Come ti senti?”
“Non molto bene”
“Ti ho portato una minestra calda, quella che ti piace tanto. Vedo che mi hai dato ascolto e hai tenuto la pezza bagnata”
André le avrebbe voluto dire che era stata Oscar a sistemargliela, ma di sicuro si sarebbe preso parole, quindi rimase in silenzio.
“Madamigella Oscar mi ha chiesto che cosa sta succedendo”
“E tu che cos’hai detto?”
“Che stai passando un brutto periodo, e in effetti è vero André, ma cerca di fartela passare perché voi siete diversi. Ho sbagliato a permettervi di crescere così uniti e vicini, avrei dovuto immaginare che un giorno tu ne avresti sofferto”
“Nonna, che cosa stai dicendo…”
“È la verità André e mi dispiace tanto, ma ora mangia e cerca di riposarti, il Generale ha detto che puoi rimanere a letto tutto il tempo che ti serve, ma tu non approfittarne”
Non parlò più André, non aveva più niente da dire. Dopo le parole della Nonna avvertiva come un vuoto dentro che sapeva di tristezza e di momenti che non torneranno indietro. Mangiò la minestra in compagnia della Nonna e poi cercò di dormire, ma Morfeo lo accolse nel suo mondo solo quando ormai cominciava ad albeggiare.
Oscar continuò ad essere sempre più fredda e distaccata, davanti a lei vedeva solo i giovani Delfini che un giorno avrebbero governato la sua amata Francia e André diventava sempre più silenzioso e pacato. La loro intensa amicizia si raffreddò, addormentata sotto una coltre pesante di neve, ma mai nessuno azzardò dire che non si sarebbe sciolta.

 Ciao a tutti/e! In questo terzo capitolo scopriamo come André sia diventato così calmo e Oscar così fredda e troviamo una profonda sofferenza da parte di lui, ma chi ha detto che sarà sempre così? Di sicuro, per arrivare alla Notte delle Lucciole, ne sono successe di cose! Aspetto come al solito i vostri commenti e avviso che nel prossimo capitolo saremo molto avanti negli anni: nell’ ’80! Ci vediamo presto
Un bacione, Chiara

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Capitolo 4
*** 25.12.1780 ***


Avvisi:
-Al carissimo amico troll che si diverte a inviare tutti i giorni la stessa recensione su il secondo capitolo di questa storia e su un altro di Liberté, Égalité, Fraternité! Cambiando il nome dell’utente, sarebbe pregato di smetterla e di andare a farsi un giro con gli amici, che di sicuro è molto più utile.
-Per chi segue anche l’altra storia: sono finite le vacanze di Natale e sto ricominciando ad essere super impegnata, quindi il prossimo capitolo arriverà tra circa una settimana forse, il tempo di scriverlo e correggerlo. Dico solo che questo capitolo l’ho scritto in cinque giorni e gli altri in uno…aiutooo!
-Nel prossimo capitolo saremo nell’ ’89, quindi faremo un altro salto nel tempo. In realtà ci sarebbe stato anche l’ ’83, ma mi sono ripromessa di finire
questa storia entro il 31 gennaio, quindi ho tagliato un capitolo
L'amour de Noël

25/12/1780
Oscar si era svegliata tardi quella mattina e si era preparata frettolosamente per giungere alla Reggia di Versailles in tempo per rendere omaggio al Re e alla Regina. In quegli ultimi anni Maria Antonietta era stata presa molto di mira da gente che aveva cominciato a disprezzarla e a reputarla un’estranea, tanto da chiamarla “L’Austriaca”. Quel novembre l’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, la madre della Delfina, morì e Antonietta, dal dolore, svenne e passò un terribile periodo in cui, grazie anche ai consigli di Oscar, il Sovrano, timido e impacciato di natura, le stette vicino come ogni marito fa con la moglie nei momenti di difficoltà.         
I due sovrani avevano anche avuto una figlia, disgraziatamente femmina, che nacque il 19 dicembre di due anni prima e che portò ad un altro gesto folle della madre, come quello di abbandonare Versailles e trasferirsi al Petit Trianon causando scandalo tra i cortigiani.
Oscar, nonostante il suo lavoro da uomo, aveva davvero un debole per la principessina, che la ricambiava totalmente come la madre e, appena aveva un po’ di tempo libero, lo trascorreva con Antonietta e con Maria Teresa, una splendida bambina dagli occhi e i capelli chiari come la madre.
Tornò a casa giusto il tempo per cambiarsi d’abito e raggiungere il Palazzo di alcuni amici di famiglia che avevano invitato tutti i Jarjayes, compresi i mariti, per una festa sfarzosa che sarebbe durata fino a tardi.
André quella mattina, invece, aveva deciso di raggiungere alcuni amici a Parigi per passare con loro il Natale. Aveva faticato a dirlo alla Nonna cercando di non ferirla, ma stranamente aveva accolto la notizia con gioia e gli aveva detto di non preoccuparsi per lei e che sarebbe rimasta a sistemare il Palazzo per il ritorno dei padroni.
Così adesso, dopo essersi rifatto il letto, rasato e lavato, stava sistemando i bottoni nei polsini della giacca verde scuro che lo avrebbe tenuto caldo tutto il giorno in quella locanda in cui avevano deciso di passale il Natale. Era una locanda pulita, con molti tavoli addobbati a festa ma comunque modesti e la gente del popolo che vi si recava, senza spendere però troppi soldi, era davvero cordiale.
Come tutti gli anni, prima di fare qualsiasi cosa, si era recato a salutare i suoi genitori, che giacevano sotto una coltre fine di neve, destinata però a crescere, visto che da poco aveva ripreso a nevicare. Legò come al solito Alexander alla staccionata e percorse quella via che lo aveva visto crescere anno dopo anno, ma si bloccò quando scorse una figura alta e magra davanti alle croci dei suoi genitori, e, non capendo di chi si trattasse, continuò a camminare.
“Oscar?”
“Oh, ciao André. È da un po’ che ti aspetto”
“Che cosa ci fai qui?”
Il cuore del ragazzo aveva cominciato a galoppargli in petto. Possibile che, nonostante lei fosse stata impegnata quella mattina e la loro amicizia non fosse più quella di un tempo, avesse comunque trovato un po’ di tempo per lui?
“Sono molti anni ormai che non ti accompagno più qui, ma come sai sono stata impegnata. Prima, quando sono arrivata a Palazzo ho detto a mio Padre che sarei andata dai nostri amici, ma mi sarei assentata per qualche tempo perché dovevo sbrigare delle faccende importanti, e quindi eccomi qua”
“Stai scherzando?”
Chiese, non sapendo se saltare di gioia o urlarle contro che suo Padre l’avrebbe rimproverata se si fosse trattenuta ancora molto. Decise però di rimanere zitto e si beò della sua voce che gli diceva che era una cosa importante.
“Ti avrei aspettati altri dieci minuti, poi me ne sarei andata perché mio Padre mi ha chiaramente detto di non fare tardi”
“Non c’era bisogno che venissi Oscar, non mi arrabbio se non puoi accompagnarmi più, lo capisco. Siamo grandi ormai”
Lei non rispose e si limitò a fare il Segno della Croce e pregò un po’ per quelle due anime che non aveva mai conosciuto e non aveva mai visto i loro volti eppure che sentiva così cari. André la imitò e rimasero del tempo ognuno immerso nei propri pensieri e preghiere.
“Si sta facendo tardi, io devo andare”
“Se vuoi ti accompagno, dove hai legato César?”
“Sono venuta a piedi, ho lasciato il cavallo nelle stalle, fa troppo freddo per portarlo qui”
“Ti do un passaggio allora, così arrivi prima”
“Mhh…va bene, ti ringrazio”
Rispose, non troppo convinta. Si diressero verso il cavallo e prima montò André e poi, tirandola su per i fianchi, fece salire anche Oscar, che sedette all’amazzone per comodità.
L’aveva stratta per tutto il tragitto, forse anche più di quello che sarebbe stato necessario, ma lei non ci fece caso e si abbandonò contro il suo petto, ascoltando il battere accelerato del suo cuore mentre galoppava seguendo le indicazioni che gli aveva dato per raggiungere il Palazzo dove si era riunita tutta la sua famiglia.  
Era strano tenerla così stretta a se, pensò André, e potere annusare l’odore della sua pelle e dei suoi capelli, l’alzarsi e l’abbassarsi regolare della pancia a tempo del suo respiro, erano anni che non stavano così vicini, in silenzio, appagati dalla sola vicinanza dell’altro.
Oscar non si sentiva a disagio così, in un cavallo che non era il suo ma a cui voleva molto bene, con un uomo che, certamente, non era il suo, ma a cui voleva bene e in una strada che non era quella che percorreva sempre, ma la faceva sentire come a casa solo alla semplice presenza silenziosa di André.
L’unico rumore che si udiva era lo scalpitare degli zoccoli nel terreno ghiacciato e André, ad un certo punto della corsa, si trovò costretto a rallentare l’andatura del cavallo per paura che potesse scivolare, visto il ghiaccio che si era formato. Così facendo la strada si allungò, anche se di poco, e loro poterono rimanere ancora da soli come da bambini.
“Hai freddo?”
Chiese André ad una Oscar tremante tra le sue braccia.
“No, non ti preoccupare”
Ma i denti che battevano, le mani screpolate e bianche e il tremore che le scuotevano tutto il corpo la contraddissero, così, senza dire niente, l’uomo prese un lembo del suo mantello e l’avvolse come se fosse una coperta, scoprendosi a sua volta un poco, ma rincuorato dall’averla riscaldata.
“Ti ringrazio”
Mi ringrazi? Da quando? Si chiese ironicamente André tra se e se, ma, in tutto questo, la strinse ancora di più e, dopo aver udito ancora la sua voce che gli dava indicazioni, svoltò alla destra, vedendo comparire davanti a loro un Palazzo che, man mano che procedevano, diventava sempre più grande e maestoso. Il cavallo si fermò ed Oscar dovette scendere, ma qualche cosa la trattene in sella, contro il petto di André, non seppe mai che cosa fosse, ma si ritrovarono a guardarsi negli occhi a pochi millimetri l’uno dal viso dell’altra e, dopo istanti in cui il loro fiato caldo solleticava la pelle dell’altro uscendo fuori come una nuvoletta bianca nell’aria, i loro sguardi caddero nelle labbra. Si fissarono ancora, occhi, labbra, ancora occhi, e poi labbra, ma poi Oscar girò il viso di lato e scese con un balzo dal cavallo, facendo quasi cadere André per lo strattone ricevuto quando lei si dimenticò di essere avvolta nel suo mantello. Il lamento dell’amico la fece destare da quel sonno ad occhi aperti in cui era caduta per tutta la durata del viaggio e si scusò prontamente.
“Non scusarti, non lo hai fatto apposta”
“D’accordo, allora ci vediamo, André e…grazie del passaggio”
“Di niente, Oscar, e buon compleanno. Spero che ti abbia una buona giornata…se avrai tempo domani la Nonna avrebbe piacere di festeggiare tutti assieme, io, te lei, sì insomma…come ai vecchi tempi”
“Certo, se sarò libera perché no?”
“Io ora vado, altrimenti gli altri dovranno aspettarmi”
“Sì, certo…ciao André”
“Ciao Oscar”
Il loro saluto suonava triste, come se fosse la nota stonata di una sonata quasi perfetta composta in una fredda mattina d’inverno. André si allontanò velocemente e non si voltò per guardarla mentre varcava la soglia del portone di quel Palazzo, come era suo compito fare, ma tenne lo sguardo fisso alla strada davanti a se, con l’unico intento di arrivare a Parigi e dimenticarla per tutto il resto del giorno. Il suo obbiettivo, però, sembrava assai arduo perché da qualche anno André aveva scoperto di amarla, lei, la sua Oscar, l’amica della vita, nonché la padrona. Si era ficcato in guai più grossi di lui perché il suo controllo sarebbe potuto  crollare da un momento all’altro, come era accaduto poco prima sul cavallo, quando l’aveva stretta in quel modo, guardata in quel modo…avrebbe certamente dovuto dimenticare quel forte sentimento e ridurlo in quella misera amicizia che provava lei per lui, non più splendente come una volta.
Arrivò a Parigi che i suoi amici erano riuniti fuori dalla locanda, congelati, che lo aspettavano. Non erano tutti, ma sapeva che di certo gli altri erano entrati per il troppo freddo. Riconobbe Martin, Louis e Gerard, i suoi amici più cari in quella compagnia, gli stessi che lo avevano portato ad inserirsi ad essa. Anche Gerard serviva una famiglia nobile, i de Laurent, i quali erano molto ricchi e numerosi, contando anche i mariti e le mogli dei figli, visto che in quella famiglia c’erano anche rampolli.
“Eccoti qui André! Pensavamo che avessi deciso di darci buca e di rimanere a Palazzo Jarjayes”
“No, no, non vi preoccupate, ho dovuto svolgere un lavoro per Oscar, anzi…chiedo perdono per il ritardo”
“Oscar eh? Ti fa lavorare anche il giorno di Natale!”
Era Louis che aveva parlato, di professione falegname, nonché studente, a cui di certo sfuggiva il fatto che i servi non conoscessero le feste. Era stato un caso, infatti, che sia lui che Gerard avessero avuto il tempo per pranzare e festeggiare con gli amici, ma di sicuro sarebbero rientrati molto prima rispetto alla compagnia, la quale non aveva obblighi verso i padroni ma lavorava per lo più in falegnamerie, panetterie e qualcuno presso avvocati o ragionieri, tanti per pagare gli studi, altri per mantenere la famiglia.
“Non lo sai che noi, che siamo al servizio di famiglie nobili, lavoriamo continuamente? André ha anche il posto di privilegio lì, quindi magari qualche ora libera in più di me ce l’ha…”
“Hai proprio ragione Gerard, sono fortunato ad essere l’attendente di Oscar, il mio lavoro non è mai pesante”
Rispose André finendo di sistemare Alexander dove c’erano tutti i cavalli.
“Andiamo dentro ora, qui si congela!”
Appena entrarono tutta la compagnia applaudì l’arrivo di André prendendolo in giro sul fatto che si facesse aspettare come le donne e facendolo accomodare in una delle sedie che avevano tenuto riservate per i quattro.
“Allora André, sempre in anticipo?”
Chiese uno.
“Già, se non fosti arrivato entro altri dieci minuti avremmo cominciato a mangiare senza di te!”
“Certo, avete ragione, chiedo scusa a tutti, amici!”
Rispose e poi si diresse alla cameriera e le chiese di elencar loro il menù.
Era una bella compagnia quella, ognuno cercava di aiutare gli altri come poteva e non c’erano mai litigi, ma quello che lo aveva colpito subito, la prima volta che uscì con loro, fu che i ragazzi che studiavano perché con più possibilità, spiegavano agli altri, altrimenti ignoranti, come si facevano determinati conti o come si doveva procedere in certe situazioni, discutevano di politica, della Francia e dei problemi di Versailles e con la Regina, parlavano di libri, arte, qualche volta anche musica, e quelli che non sapevano leggere avevano imparato a farlo grazie ai loro amici, che però non si sentivano superiori agli altri perché capaci. Aveva trovato questi gesti molto nobili e, paragonati a tutto quello che succedeva alla Reggia, riteneva che quello poteva essere definito come essere persone umane, con un cuore e tanti sentimenti differenti e contrastanti, pronte ad aiutare gli altri non aspettandosi niente in cambio. Così, pian piano, aveva cominciato ad integrarsi in quel gruppo, aveva conosciuto tutti, alcuni li aveva presentati anche alla Nonna quando li aveva incrociati per strada mentre la stava aiutando a fare la spesa al mercato, discutevano e si consigliavano, nonché prestavano, dei libri e i più colti spesso li leggevano a voce alta per facilitarne la comprensione anche a quelli che faticavano a leggere e, in tutto questo, non mancava mai il divertimento.
Oscar, come ogni Natale, ad un certo punto della festa aveva preferito ritirarsi, quest’anno usando la scusa di sentirsi poco bene. Sapeva di star dando pena a sua madre con quel comportamento e forse anche una delusione a suo Padre, ma tutte quelle chiacchiere frivole e quelle gonne enormi le stavano dando il voltastomaco. Quel Palazzo era davvero carino e, per allontanarsi un po’ dal salone principale, aveva seguito e ammirato i quadri lungo il corridoio che rappresentavano battute di caccia, paesaggi, nobildonne e nobiluomini vestiti a festa, i ritratti dei padroni di casa e dei figli e figlie e aveva notato anche che ogni quadro era firmato sempre con lo stesso nome, quindi probabilmente in quel Palazzo avevano il loro pittore di fiducia.      
Era arrivata a casa da un bel po’, aveva lasciato César nelle mani di Gerome ed aveva percorso i corridoi che portavano ai suoi appartamenti cercando di non essere vista da nessuno, in modo che non le avrebbero fatto domande sul perché fosse già di ritorno. Si era ritirata in camera sua, aveva tolto la giacca, lo jabot, le pietre che lo ornavano, la camicia e le culottes, calze e aveva indossato abiti decisamente più sobri e comodi, tanto non la doveva vedere nessuno. Si accomodò in una delle due poltrone vicino al fuoco, quella che era solito occupare André quando veniva invitato a prendere un sorso di vino assieme a lei, e aprì il libro che aveva precedentemente preso dalla sua libreria personale. Provò a leggere qualche riga, ma poi i suoi occhi correvano a scrutare un punto indefinito nella parete e, quando provavano ad andare avanti, rileggevano la stessa riga e successe ancora fin quando chiuse con stizza il libro e appoggiò la testa sulla mano.   
Quel pomeriggio era stato piacevole, ma vedere tutti i figli e le figlie dei loro amici che portavano al pranzo i loro bambini, che giocavano spensieratamente tra cugini, le aveva riempito la testa di domande.     
Era in età da marito, più o meno, anche se tante dame si erano sposate prima dei venticinque anni e avevano già figli, ma quello che ora la confondeva era…ma lei avrebbe mai sposato qualcuno o avuto figli? No, decisamente se suo Padre le avesse imposto una cosa del genere lei si sarebbe opposta con tutte le sue forze e, al limite, sarebbe andata via, in un’altra città, dove nessuno la conosceva e lì avrebbe ricominciato una nuova vita…
Ma da uomo o da donna?
Si chiedeva mentre lo sguardo veniva catturato da due bicchieri da vino vuoti e luccicanti posti dentro alla vetrina che affiancava il camino.     
Si alzò velocemente, maledicendo mentalmente tutti i dubbi sul suo futuro e riempì un bicchiere col brandy migliore dei Jarjayes, nonché preferito di André, e lo bittò giù tutto d’un fiato, quasi fosse acqua, e tornò a sedersi impugnando bottiglia e calice.
Bevve molto quella sera e, non ricordandosi nemmeno come, si ritrovò in braccio ad André, in un modo che decisamente non conviene, e non la smetteva di piangere.
André infatti era rientrato che da poco era calato il sole e, appena fuori dal cortile, vide la sua figura vagare barcollante in cerca, forse, di qualcosa. Consegnò le briglie di Alexander a Gerome come di consueto e corse verso di lei.
“Oscar!”
Chiamò a gran voce in modo che lei, nonostante lo stordimento, potesse sentirlo e girarsi verso di lui.
 “A…André…sei già tornato..?”
“Oscar è tardi, ma cosa ci fai qui fuori? Fa freddo e hai solo una camicia addosso!”
“Già, divertente vero”
Fu un attimo che lei, per cercare di raggiungerlo, mosse qualche passo falso e si ritrovò a terra, visto che André non fu abbastanza veloce per prenderla.
“Ma guarda come ti sei ridotta, idiota! Dovevi rimanere con tuo Padre”
“No…non lo voglio mio Padre…non lo voglio, devo scappare!”
“Ma che cosa farnetichi?”
Chiese alzandola da terra e sistemandosela tra le braccia, facendole cingere con le gambe la sua vita e con le braccia le spalle.
“Dove andiamo?”
“Dove credi che ti porti? In camera tua, così ti addormenti e non combini guai!”
“No, io devo andare via da qui”
“Ma perché? Che cosa è successo?”
E mentre tenevano questa conversazione un po’ impossibile, vista la bocca impastata dall’alcol della donna, André arrivò alla porta dei suoi appartamenti e, con un po’ di fatica, l’aprì.
“Ecco, adesso da brava vai a letto e dormi fino a domani”
“No, non puoi andartene! Non puoi!”
Due calde lacrime le solcarono le guance bianche di Oscar e André si ritrovò allucinato davanti a lei.
“Ci rivediamo domani mattina, adesso va a letto”
“No”
Si lamentò lei come una bambina capricciosa e gli si gettò fra le braccia.
“Oscar, che ti succede?”
“Sono sola,  André, non ho nessuno al mondo che mi voglia bene!”
Gli confidò sussurrando e singhiozzando contro il suo petto.
“Non è vero questo, e tu lo sai benissimo. Ci sono io, non te lo ricordi più?”
I suoi singhiozzi cessarono e alzò il volto bagnato verso quello dell’uomo, che la guardava con due occhi limpidi che avrebbero fatto calmare anche il mare in tempesta.
“Ci eravamo giurati di non far sentire mai solo l’altro, non te lo ricordi?”
Chiese dolcemente, ma in risposta ottenne che Oscar si allontanò, seppur barcollante, da lui e cercò appoggio nel muro.
“Quante volte ho mancato? Quante? Io devo seguire quello che dice mio Padre…l’amicizia non può più avere valore”
“Ma cosa dici? Non hai mai mancato, sei sempre stata perfetta e io non mi sono mai sentito solo”
Mentì lui, non riuscendo più a tener il conto delle volte che si era sentito abbandonato dal mondo.
“Ah sì? Anche negli ultimi quattro anni durante il giorno di Natale? Andiamo André, sarebbe meglio per tutti se me ne andassi da qui”
“Certo, proprio come stavi cercando di fare prima? Ubriaca come sei non riesci nemmeno a metterti a letto da sola!”
Si avvicinò velocemente a lei, che aveva cominciato a giocare con un fiore all’interno del vaso sulla petit table, e la prese per un braccio privo di ogni delicatezza che lo contraddistingueva. La trascinò letteralmente nella camera da letto e la fece sedere nel materasso, prendendole prima una gamba e poi l’altra per sfilarle gli stivali. Le prese poi entrambe le gambe e la trascinò in modo da farla stendere, poi gliele tenne sollevate per prendere la coperta sotto di lei e infine la coprì fino al mento.
“Perché?”
Chiese ancora con voce tremula mentre André stava per passare sotto l’arco per uscire finalmente da quel luogo.
“Perché sto perdendo la pazienza e tu sei una donna, non dovresti ridurti in quel modo solo perché ti senti sola, ma semplicemente potresti percorrere una rampa di scale e venire a cercarmi”
Lei si girò nel letto e si tirò le coperte fin sopra la testa.
“Lo farò”
E, una volta udito queste ultime parole, André lasciò la stanza, intristito dal comportamento di quella donna testarda.
La mattina dopo però, nonostante quello che Oscar gli aveva detto la sera prima, quando André le chiese come stava sia per la sbronza che per il morale, lei gli rispose semplicemente di dimenticare tutto quello che gli aveva detto perché era ubriaca e di sicuro non aveva fatto altro che sparare cavolate per tutto il tempo. Quella freddezza improvvisa ferì André che ancora una volta non perse le speranze e, come ogni anno, rinnovò la promessa di sciogliere quel manto gelato che ricopriva il suo cuore.
 

Ce la farà il nostro André? Nel prossimo capitolo avremo dei chiarimenti! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante abbia faticato per scriverlo a causa dei miei moltissimi impegni. Fatemelo sapere come al solito nelle recensioni!
Un bacione, Chiara.

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Capitolo 5
*** 25.12.1789 ***


L'amour de Noël
25/12/1789
“Oscar, sei sveglia?”
Chiese André mentre la guardava e l’accarezzava, tenendola stretta tra le sue braccia come ormai faceva tutte le notti.
“Oscar”
Riprovò e in risposta ottenne un mugugno e lei che si girò dall’altra parte.
“Andiamo Oscar, è il tuo compleanno, è Natale…svegliati!”
“André…ancora due minuti”
“Rosalie e Bernard ci staranno aspettando, Oscar”
“D’accordo…sono sveglia”
La donna si stese supina nel letto e André la sormontò col suo corpo e si chinò sulle sue labbra, baciandole dolcemente.
“Buongiorno amore, buon compleanno”
“Buongiorno a te, buon Natale!”
Si sorrisero e lei gli cinse il collo con le braccia, lasciandosi sollevare dal letto.
Quell’anno, in luglio, c’era stata la Rivoluzione perché il Popolo era stanco di tutte le ingiustizie che era stato obbligato a subire senza fiatare e loro due avevano deciso di rinunciare a tutto e di unirsi a quegli ideali che finalmente li avrebbero potuti vedere liberi, uniti e innamorati, perché anche Oscar ora ricambiava appieno i sentimenti del suo André. Se l’erano rischiata grosso tutti e due quell’ormai lontano luglio, prima André si era preso una pallottola nel braccio, il giorno dopo Oscar era stata colpita al fianco e alla gamba da una pioggia di pallottole, ma per fortuna, erano riusciti a salvarsi entrambi(1). Alla sera di quel giorno Bernard li aveva portati a casa propria e Rosalie li aveva curati amorevolmente, conducendoli così alla guarigione nel giro di qualche mese. Tuttora alloggiavano a casa loro perché la sola idea di tornare a Palazzo Jarjayes faceva rabbrividire entrambi.
Si erano ritrovati così a vivere l’amore nella stanza che era stata preparata per loro, piccola, calda e accogliente, del tutto differente da quella che ognuno di loro aveva a Palazzo.
Alain, quando poteva, li andava a trovare e portava sempre novità: qualche volta politiche, e si ritrovavano dunque a discuterne anche con Bernard, altre invece raccontava semplicemente come stavano i vecchi compagni di camerata o come passava la giornata.
Quella mattina, invece, avrebbero trascorso il Natale solo loro quattro perché Alain aveva detto che aveva da fare e probabilmente li avrebbe raggiunti solo verso il tardo pomeriggio.
André si alzò dal letto e mise in piedi anche lei, visto che gli era attaccata al collo.
“Dobbiamo prepararci per la colazione, Oscar”
“Non ho fame, anche se arriviamo un po’ più tardi non importa”
“A me sì, non senti come brontola il mio stomaco?”
Chiese e entrambi scoppiarono a ridere sentendo che, effettivamente, André era davvero affamato.
“Peccato…saremmo potuti rimanere ancora un po’ qui in camera”
Disse Oscar gettandosi stesa nel letto, casuale all’apparenza, ma aveva uno scopo ben preciso. Infatti, la gonna della camicia da notte le si alzò, lasciandole scoperte le gambe. André, intercettato il pericolo, si girò per non cadere in quella trappola…voleva stare con lei, ovvio, ma non potevano di certo rimanere chiusi tutto il giorno in camera mentre fuori Rosalie e Bernard li attendevano.
“Dai Oscar, alzati su”
“Sei sempre il solito antipatico, non mi fai nemmeno un po’ di compagnia…”
Si girò dall’altra parte del letto, dandogli le spalle che rimasero scoperte dai laccetti casualmente aperti.
André la guardò: non l’aveva mai trovata più bella e questo era assai buffo, perché gli succedeva ogni giorno di trovarla sempre più…donna. Le si avvicinò piano da dietro in modo da non essere visto e cominciò a riempirle di piccoli baci il collo, lasciato scoperto dai capelli che erano caduti di lato. Oscar quindi si girò e lo baciò con passione, cingendogli la vita con le gambe e aprendo i bottoni della camicia che aveva cominciato  chiudere per vestirsi.
André la spogliò velocemente e poi finì di togliersi i vestiti da se, per entrare nella sua carne che fremeva aspettando quel completamento.
Quando finirono di amarsi si abbracciarono stretti, André sotto e Oscar completamente stesa sopra a lui.
“Sei una strega…non riesco a resisterti”
Lei, per tutta risposta, lo baciò nelle labbra e gli accarezzò una guancia.
“Felice che i miei incantesimi funzionino!”
“Ora dobbiamo andare, che dici? Cerchiamo anche di muoverci!”
“Va bene”
Così i due si alzarono dal letto e cominciarono a vestirsi.
Quando arrivarono in salotto vennero subito accolti dai calorosi auguri di Rosalie e poco dopo anche da quelli di Bernard, che nel frattempo era uscito per dar da mangiare ai cavalli.
“Buon compleanno, madamigella!”
“Grazie Rosalie!”
“Venite, ho preparato la colazione per tutti!”
Così i tre seguirono la donna in cucina e cominciarono a mangiare quello che aveva preparato con tanto amore.
Il pranzo fu semplice, due portate e il dolce al cioccolato, preferito di Oscar, che mangiarono seduti sulle poltrone del salotto raccontandosi come passavano i giorni di Natale quando erano piccoli oppure che cosa facevano di speciale.
Ad un certo punto del racconto di André, in cui ricordava il ruolo fondamentale che aveva avuto la Nonna, Rosalie intervenne ricordando improvvisamente un impegno.
“Bernard, devo andare assolutamente in un posto, mi accompagni?”
“Ma Rosalie, non possiamo andare via così…inoltre aspettiamo anche Alain, non ha detto a che ora sarebbe arrivato”
“Ti prego, è davvero importante, me ne ero dimenticata”
L’uomo volse lo sguardo ad André per cercare un consenso…gli sembrava alquanto maleducato uscire così, anche se erano molto in confidenza, ma a pensare a togliere quell’imbarazzo dall’atmosfera ci pensò Oscar.
“Se voi andate non è un problema, vorrà dire che anche io e André andremo a fare un giro. Ci troviamo questa sera anche con Alain”
“Davvero Oscar non vi da fastidio? Rosalie avrebbe potuto anche fare in un altro momento quello che deve fare”
“No Bernard, è importantissimo”
Oscar rise.
“Non ti preoccupare, anzi, noi ci andiamo a preparare, eh?”
André fece cenno di sì col capo e i due si alzarono dalla poltrona per andare in camera propria a prendere i mantelli e i guanti.
“Oscar, dove vuoi andare?”
“Lo vedrai!”
Rispose sorridente la donna mentre allacciava il mantello al collo.
Rosalie nel frattempo aveva preso i piattini dal tavolo e li aveva riposti nel piano in cucina.
“Rosalie, cosa vuoi fare? Dove vuoi andare?”
“Lo vedrai!”
Rispose anche lei allo stesso modo dell’amica e, sorridente, corse in camera a prendere il mantello per uscire.
Oscar e André uscirono prima rispetto all’altra coppia e li salutarono affettuosamente, ribadendo loro di non preoccuparsi per quell’impegno improvviso.
La donna gli prese per mano, facendo intrecciare le loro dita e conducendolo verso vie che lui non ricordava.
“Dove mi stai portando?”
“Sei proprio impaziente…quasi peggio di me!”
“Ma dove andiamo? Non conosco queste strade!”
“Perché tu facevi quella esterna, ma per muoversi a piedi è più sicura questa!”
“Va bene, mia signora”
E così passeggiarono per le vie interne di Parigi, quelle che dovevano essere più sicure, visto gli ultimi avvenimenti che avevano seminato il terrore di uscire di casa perfino nelle periferie, e continuarono ad andare avanti fino a che, in lontananza, cominciò a vedersi una chiesetta col suo campanile. Il sole stava già ormai calando, ma le ultime luci di quel giorno rendevano chiaro come il volto di André si fosse illuminato.
“Ma…Oscar!”
Lei non rispose, ma unì la mano destra alla sinistra, trovandosi così a condurlo con tutte e due, e i suoi occhi brillavano e si mordeva leggermente il labbro.
“Siamo arrivati! Non credi che abbiamo qualche cosa da raccontar loro?”
Disse una volta ferma davanti alle due croci che si erano rovinate a causa della grandine e della pioggia di quegli anni.
“Beh, sì, tantissime direi! Non mi sarei mai aspettato che ci tenessi ancora a venire qui”
“Mi credi se ti dico che io, in realtà, qui ci sono venuta anche da sola?”
Lo sguardo della donna non si mosse un attimo dalle due tombe, mentre quello di André era fisso su di lei. Erano anni che non ci tornavano assieme e mai e poi mai si sarebbe aspettato una confessione  simile.
“Perché sei venuta qui?”
Le chiese tirandola dolcemente a se e accarezzandole una guancia.
“Perché è bello essere ascoltata senza essere giudicata, io credo che loro, in questi anni, abbiano udito le mie preghiere, le mie parole, le sofferenze…non ho mai parlato a mio Padre, né a mia Madre dei miei problemi, ma ai tuoi sì, anche se non li ho conosciuti di persona”
Fece una piccola pausa e lo guardò sorridente. André era davvero estasiato da lei, i suoi capelli oro le incorniciavano il viso splendente, gli occhi azzurro mare brillavano come diamanti e le labbra rosee, turgide, facevano uscire parole dolci  per lui come niente prima d’ora.
“Mi sono fatta raccontare dalla Nonna com’erano tua madre e tuo padre. Anne aveva gli occhi nocciola e i capelli neri come l’ebano, così come lo sono i tuoi”
E dicendo questo portò le dita ad intrecciarsi ai suoi fili scuri e giocò con i ricci.
“Era alta e magra, ma il suo corpo era florido e amava indossare vestiti attorno alle tonalità del verde e dell’azzurro. Tuo padre invece aveva i capelli castani, più chiari dei tuoi, come quelli che aveva la Nonna prima che le diventassero bianchi”
Una piccola e dolce risata increspò le loro labbra.
“E i suoi occhi erano verdi come i tuoi, così belli e profondi. Tuo padre amava leggere e cercava di imparare tutto quello che poteva: fu lui ad insegnare ad Anne a leggere e scrivere e, quando tu eri ancora nel suo grembo, tuo padre leggeva per lei fino a che si addormentava”
Ora due calde e brillanti lacrime sgorgavano dagli occhi di André, mentre abbracciava la sua donna. Aveva esattamente descritto, anche grazie ai racconti della Nonna, i suoi defunti genitori proprio come li ricordava lui: la madre col vestito verde e il padre che leggeva per loro durante la sera, quando era piccino e aveva paura di dormire da solo.
“Io la capisco sai…se hai ereditato il carattere da tuo padre, così dolce e premuroso, chi non si potrebbe innamorare? Loro si sono amati tanto André, io non lo posso sapere ma lo sento, e anche io ti amo tanto, e di questo ne sono certa”
Prese la mano di André che stringeva ancora tra le sue e se la portò al petto, all’altezza di quel cuore che batteva all’impazzata solo per lui.
“Io…io non ho parole, amore mio. Mi hai fatto commuovere”
Le diede un bacio nelle labbra, lento e passionale, tenendola stretta a se mentre le loro labbra si bagnavano di lacrime.
“Lo so che è importante per te, ma anche per me, tantissimo. Ogni volta che penso che la prima volta che siamo venuti qui io e te avevamo appena sei e sette anni, che ci hanno visto crescere, compiere le nostre scelte, giuste o sbagliate che fossero, e che ci vedono adesso così felici, André, io…davvero, io non…non trovo nemmeno le parole per dire quanto sia loro affezionata”
“Oscar, sei la donna della mia vita, ti amo talmente tanto che ti giuro ne potrei morire!”
Ancora un bacio, e un altro ancora, poi Oscar girò lentamente la testa verso quelle croci modeste e sorrise felice e innamorata, mentre André la cercava per un altro bacio.
“Che ne dici di andare? Si è fatto buio ormai, gli altri ci staranno aspettando e…io ho una sorpresa per te!”
“Davvero André?”
Chiese felice come una bambina. Lui annuì e, dopo essersi segnato davanti ai suoi genitori, la prese per mano e si diressero a casa lentamente, godendosi quegli attimi di tranquilla intimità stringendosi un abbraccio pieno di affetto.
Non avrebbero mai immaginato però che, appena entrati a casa, avrebbero trovato una sorpresa così bella e inaspettata da far commuovere tutti.
Bussarono alla porta e Rosalie, tornata a casa da un po’ assieme a Bernard, andò ad accoglierli. L’uomo stava accendendo il camino e un’altra donna vecchiotta, con indosso un abito semplice blu e una cuffietta in testa dava loro le spalle per guardare l’uomo al lavoro.
All’inizio parve un sogno ad entrambi, un miraggio, qualcosa di troppo bello per essere vero, ma quando Rosalie chiuse la porta si svegliarono entrambi dalla sorpresa iniziale e le corsero incontro.
“Nonna!”
Gridarono insieme andando ad abbracciarla proprio come quando erano piccoli. Lei alzò la testa per guardare entrambi, visto che erano più alti di lei di un bel pezzo, e scoppiò a piangere, seguita dalla piccola Rosalie.
“Bambini miei! I miei bambini! Oh, tesori, come state?”
“Bene Nonna, stiamo bene”
Rispose Oscar e si chinò a baciarle una guancia.
Bernard si alzò da terra, rimise l’attizzatoio al suo posto e si diresse verso la moglie, abbracciandola mettendole un braccio attorno alla vita.
“Era questo l’impegno urgente di Rosalie, voleva farvi una sorpresa e mi sa che ci è riuscita benone!”
“Sì Bernard, non potevate farci regalo migliore!”
Rispose Oscar anche per André, che nel frattempo continuava ad abbracciare la Nonna e le aveva chiesto se si sarebbe fermata a cena con loro, visto che erano cinque mesi che non avevano notizie l’uno dell’altra. Lei rispose che si sarebbe fermata solo se non fosse stato un problema per i padroni di casa, i quali avevano subito messo in chiaro che per loro sarebbe stato un onore avere come ospite una persona così importante.
Rosalie e la Nonna, dunque, si ritirarono in cucina e cominciarono a preparare la cena, parlando del più e del meno, della situazione a Parigi e di quella a Palazzo Jarjayes, come stavano le famiglie per le strade e come invece stava vivendo quel periodo la famiglia di Oscar.
Alain arrivò dopo circa mezz’ora. Si vedeva chiaramente che non aveva passato almeno tutto il pomeriggio in un luogo chiuso e caldo perché i suoi capelli erano umidi, come il mantello, e tremava.
“Ehi, Alain! Ma dove sei stato fino ad ora?”
Chiese André appena lo vide varcare la soglia della porta.
“In giro, ma credo proprio non sia stata un’idea geniale…sono congelato fino al midollo!”
L’uomo tolse il mantello e lo lanciò sull’appendiabiti, per poi piazzarsi davanti al camino e godere del calore che emanava il fuoco.
“Direi proprio di no…comunque Alain, ti presento mia Nonna, è in cucina”
I tre uomini, quindi, si diressero dove già si trovavano le donne e fecero le conoscenze.
La cena fu molto allegra: Alain intratteneva gli ospiti con battute e fatti divertenti accaduti nel corso della sua vita, censurando ovviamente le parti meno adatte al pubblico femminile, Bernard si complimentava con la Nonna per l’ottima cena che aveva preparato in così poco tempo, Rosalie e Oscar chiacchieravano di tanto in tanto e André…lui era molto nervoso! Solo poco prima aveva promesso una sorpresa ad Oscar, ma forse, ora che ci pensava, sarebbe stato meglio fargliela quando fossero stati soli: sapeva quanto era riservata la sua donna, ma conosceva anche la sua curiosità, quindi si decise e, cercando di contenere le mille emozioni che si agitavano dentro di lui, prese fiato e disse:
“Amici, vi chiedo un attimo di silenzio”
L’attenzione fu rivolta tutta a lui.
“Come voi sapete, tranne la Nonna, visto che non abbiamo avuto modo di poterci tenere in contatto…io e Oscar stiamo assieme da cinque mesi”
A sentir dire queste parole alla povera Marie prese quasi un colpo. Si sarebbe aspettata di tutto, ma mai una notizia del genere. Non aveva dato peso al fatto che i due fossero rientrati assieme, dopotutto lo facevano da una vita, ma nemmeno le loro occhiate e il clima sereno non erano stati per lei un indizio sufficiente.
“Inutile dire che sono stati i mesi più belli della mia vita e io desidero che questa felicità possa durare fino alla fine dei miei giorni, per questo…”
Si alzò dalla sedia e pescò un sacchettino dalla tasca destra e, solo quando si inginocchiò di fronte alla sedia di Oscar, fu finalmente chiaro a tutti ciò che aveva intenzione di fare. La donna, dal canto suo, era rimasta davvero sorpresa e senza parole, anche se non le aveva ancora detto nulla.
“Oscar, mio unico amore, vorresti rendermi l’uomo più felice del mondo diventando mia moglie?”
Una lacrima calda corse gemella nella guancia dei due e Oscar portò una mano alla bocca per non scoppiare a piangere. Aveva desiderato per mesi di diventare sua moglie, glielo aveva detto chiaramente quella sera di luglio, quando sembrava che la ferita di André non volesse smettere di sanguinare, e da allora aspettava impaziente il giorno di quella proposta.
“Sì, sì André! Voglio diventare tua moglie!”
I loro sorrisi vennero impressi per sempre in quel cerchietto bianco che André le mise al dito, quell’anello che era uno dei pochi ricordi di sua madre, che però calzava perfettamente ad Oscar.
L’uomo si alzò da terra e catturò le sue labbra, facendo imporporare quelle guance che tanto amava accarezzare dopo aver fatto l’amore. Gli applausi si liberarono e frasi di felicitazioni e gioia riempirono il silenzio che era calato per non rischiare di perdere anche il minimo sussurro.
Alain stappò la bottiglia di vino che era stata portata in cucina per essere bevuta durante la consumazione del dolce e la Nonna si alzò dalla sedia e corse incontro ai suoi piccoli tesori.
“Oh, bambini miei, mi farete prendere un colpo voi due! Sono così felice, finalmente avete realizzato il vostro sogno!”
Rosalie, rimasta in silenzio a piangere seduta sulla sua sedia, si alzò e abbracciò la sua madamigella Oscar, congratulandosi con lei e sussurrandole la sua felicità. Alain, nel frattempo, aveva sottratto André dalle braccia calde e amorevoli della Nonna e aveva cominciato a sfregargli le nocche sulla testa, alla sua solita maniera molto fine ed elegante. Bernard fu l’ultimo a congratularsi con loro, visto il traffico  che si era creato attorno ai futuri sposi, e disse che, già dal mattino seguente, avrebbe accompagnato André nella chiesa che preferiva per parlare col parroco.
Lasciare la Nonna fu triste, anche se sapevano perfettamente che ora l’avrebbero rivista sempre più spesso, e, quando la festa finì, ognuno si ritirò nelle proprie camere.
“André”
Sussurrò Oscar chiudendo la porta a chiave e lanciandosi tra le sue braccia.
“Grazie André, ti amo tanto”
Quello, di certo, fu per entrambi il Natale più bello vissuto fino ad allora.

(1) Ho ripreso l'altra mia storia Liberté, égalité, fraternité per non far morire i personaggi nell'episodio della Bastiglia Ciao a tutti/e! ecco qui il nuovo capitolo, che ho scritto il più velocemente possibile! In effetti è nato da un lavoro di venti minuti per quattro giorni più la correzione di oggi, visto che ormai il tempo a disposizione è poco e io a metà mese ho un esame!. Comunque, senza parlare delle mie rogne, in questo capitolo Oscar è decisamente più dolce, ma io credo che, dopo aver capito i suoi sentimenti, non possa far altro che dimostrarli! Finalmente anche la Nonna conosce il loro amore e, naturalmente, ne è felicissima, quindi, nel prossimo capitolo, scopriremo che cosa accadrà tra un anno!
PS: scusarmi per il ritardo è inutile, tanto ormai i miei aggiornamenti non hanno più una data, ma cercherò di scrivere un pezzo al giorno per massimo una settimana e pubblicare appena sono pronti. So che avevo detto che avrei finito la storia entro fine gennaio, ma così non è stato, quindi gli ultimi due capitoli arriveranno entro metà mese, almeno credo.
Con questo vi saluto e aspetto come sempre le vostre recensioni, che mi fanno un sacco piacere.
Un bacione, Chiara.

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Capitolo 6
*** 25.12.1790 ***


L'amour de Noël

25/12/1790
Era ancora buio fuori e faceva davvero freddissimo. Aveva nevicato tutta la notte ad Arras e il paesaggio era ormai celato da una coltre di neve. Il fuoco del camino era stato ravvivato da poco e giocava ad allungare e a far ballare gli oggetti in quella stanza che era diventato il loro piccolo mondo.
“Che dici…avrà freddo?”
Chiese André tenendo abbracciata Oscar da dietro che, a sua volta, stringeva il loro bambino al seno mentre lo allattava.
“No, sta bene”
Un sorriso e uno sguardo amoroso, quello di una madre, l’orgoglio di essere stata capace di aver creato qualcosa di così grande e misterioso e al contempo piccolo e indifeso.
“È bellissimo, ti assomiglia un sacco”
Sussurrò ancora André e Oscar alzò i suoi occhi.
“Non vedo l’ora che arrivino la Nonna, e Rosalie, e Bernard e Alain…è tanto che non passiamo un po’ di tempo con loro André…”
“Hai ragione, amore, ma non temere, saranno qui di prima mattina. Sono partiti presto da Parigi e io credo che per le otto forse arriveranno”
“Tra due ore, dici?”
“Sì, forse anche prima”
Le stampò un piccolo bacio sulla spalla e continuò a guardare il suo bambino che, con gli occhi aperti e lo sguardo sveglio, si nutriva di quel dolce nettare di Oscar.
Arras era sempre stato il sogno di entrambi. Quando si recavano lì, da piccoli, non erano più agli occhi degli altri come servo e padrona, ma semplicemente Oscar e André, i due bambini cresciuti assieme che non vedevano l’ora di allontanarsi dalle rigide regole a loro imposte per volare con le proprie ali.
Durante i primi mesi di quell’anno la Nonna si era occupata personalmente di organizzare il matrimonio di Oscar e André, impegnando fino all’ultimo minuto della sua giornata tra la preparazione dell’abito da sposa, che Oscar aveva tanto insistito per indossare, il vestito di André e anche delle decorazioni che poi sarebbero servite ad ornare la tavola del piccolo rinfresco che c’era stato alla fine della cerimonia.         
Quando era ormai tutto preparato, Oscar, André, Bernard e Alain, i quali fecero da testimoni al matrimonio, Rosalie e la Nonna, partirono alla volta di Arras per il matrimonio, che avvenne in una tiepida mattinata di marzo, e fu celebrato semplicemente proprio come avevano deciso gli sposi, con pochi invitati e tante rose bianche.
I mesi in quel luogo passavano veloci e André diventava ogni giorno più premuroso e dolce nei confronti della sua Oscar che, poco dopo il matrimonio, aveva scoperto di essere incinta.
All’inizio aveva pensato di essere ammalata: si sentiva gonfia, le girava sempre la testa e aveva sonno e, quando non dormiva, vomitava in continuazione. Aveva passato anche un pessimo periodo con questa convinzione e si era pentita amaramente per non aver capito prima i sentimenti che provava nei confronti del suo uomo, rendendosi così colpevole di tutto il tempo perso tra di loro.
Per fortuna però, appena qualche settimana dopo, la Nonna aveva deciso di far loro una sorpresa e li era andati a trovare senza preavviso. Il Generale e la moglie si erano trasferiti verso nord per degli impegni con una sorella di Oscar, quindi la vecchietta poteva godersi un po’ di riposo con i suoi bambini, ma quando vide la donna così sconvolta si preoccupò subito e si fece dire esattamente i suoi sintomi. Il risultato di tutti quei giorni di colpevolezza e malessere interiore fu che in realtà era in dolce attesa e questo non poteva che rendere felicissima e orgogliosa la Nonna, la quale rimase ad Arras per tutto il tempo della gestazione, rassicurando Oscar sul fatto che sarebbe stata con lei al momento del parto, che si presentò un po’ prima del previsto.
Dopo qualche settimana dalla nascita, però, la Nonna ricevette una lettera dal Generale in cui la informava che sarebbero ritornati a Parigi e che avevano bisogno di lei perché era l’unica persona a loro rimasta fedele e cara.
Da allora Oscar viveva a metà tra la felicità più completa e la nostalgia della sua cara Nonnina, anche se si tenevano sempre in contatto con delle lettere che arrivavano puntualmente ogni tre settimane.
A Palazzo Jarjayes nessuno sapeva niente della gravidanza della sesta figlia femmina, alla Nonna era stato categoricamente vietato di dirlo ad anima viva a Parigi e lei, sinceramente, non aveva più voglia di tenere a bada una sicura reazione negativa da parte del Generale, anche se sarebbe stata costretta a farlo in caso di necessità. Madame Marguerite aveva chiesto molto spesso notizie della figlia alla vecchia governante e le aveva anche detto di essere sicura che lei sapeva qualcosa, ma dalle poche, piccole informazioni che era riuscita a capire, sembrava che Oscar non stesse bene. Indubbiamente anche il Generale era venuto a conoscenza di questa malattia e, anche se ormai Oscar era ricordata come la ribelle, non poteva far altro per preoccuparsi per quella figlia alla quale aveva tolto tutto.
Passarono delle ore da quando il piccolo di Oscar e André si era addormentato dopo aver mangiato e i due, stanchi per tutte le notti insonni trascorse, si appisolarono in attesa di un altro campanello d’allarme, che arrivò non dopo molto e che li avvisava che il bimbo aveva fame.
André si alzò dal letto sfregandosi un occhio con la mano e prese il fagottino in braccio, per poi passarlo ad Oscar e sentire finalmente il silenzio che ritornava a riempire la camera.
“Io credo che mangi troppo spesso, André…non potrebbe tenere i nostri orari così noi ci riposiamo?”
Disse la donna con voce stanca e impastata dal sonno.
“Non ti so rispondere, forse ha solo fretta di diventare grande…”
Oscar ridacchiò.
“Vorrei rimanesse così per sempre, anche se piange e strilla”
Le loro risate furono interrotte dal rumore di zoccoli di cavalli e ruote sul terreno che provenivano dalla strada sotto casa loro, quindi André si alzò dal letto e andò a vedere se si trattava dei loro ospiti.
“Sono loro?”
Chiese impaziente la donna.
“Sì, però sono venuti con due carrozze. Una la guida Bernard e l’altra Alain, chissà come mai…”
“Perché due? Infondo sono in quattro…”
“Non lo so. Resta qui, io vado ad accoglierli, così vedo che cosa combinano”
Lei gli fece semplicemente un cenno del capo e tornò a guardare il suo bambino che ora teneva la manina appoggiata al seno e la guardava con quegli occhi ancora di un colore poco definito.
André si alzò dal letto e le andò davanti, stampandole un bacio nella fronte e accarezzando la testolina del figlio.
“Siete bellissimi”
Sussurrò prima di cercare le sue labbra, ma non fece a tempo a fare nulla che si udì bussare alla porta. In fretta indossò un paio di pantaloni e una camicia alla ben e meglio e scese le scale che lo condussero al piano terra.
Quando aprì la porta si trovò davanti la faccia felice e poco riposata del suo migliore amico e, a salutarlo, arrivò anche una ventata di gelo che lo fece rabbrividire.
“Alain!”
“Ehilà! Come sta il papino, eh?”
Chiese l’omone abbracciandolo di slancio e colpendogli ripetutamente una spalla.
“Bene, sto bene, e tu?”
“Io? Alla grande, grandissima! Ma dì un po’, come sta il Comandante?”
“Oscar sta bene, è stanca, come del resto anche io, ma siamo felicissimi!”
“E ci credo! Ma dimmi, dov’è il fortunato nipote che oggi avrà l’onore di conoscere zio Alain?”
“Sta mangiando, mi sa che dovrai attendere ancora un po’ per conoscerlo!”
E scoppiarono a ridere. Era tanto tempo che i due non si vedevano, quasi cinque mesi, perché Alain non aveva potuto raggiungerli quando nacque il piccolo perché non gli era stata concessa nessuna licenza.
Da lontano Bernard lo chiamò fischiando e gli fece cenno di andarlo ad aiutare con le valigie che dovevano appartenere alla Nonna e a Rosalie. Prima di andare, però, Alain si girò ancora verso l’amico e cercò di parlargli, ma André continuava a camminare per raggiungere gli altri e scambiare gli auguri di Natale.
“Ah, André…non so come la prenderai questa notizia, ma noi non siamo venuti da…”
Ma le sue avvertenze non servirono a niente, perché André si bloccò davanti alla seconda carrozza, riconoscendo le due persone che stavano scendendo.
“Soli…”
“Sì…sì me ne ero accorto…buongiorno Generale, Madame…”
Il sangue gelato nelle vene e il brutto presentimento che qualche cosa presto avrebbe sconvolto i loro piani…non si preannunciava per niente un buon Natale.
“Buongiorno a te, caro André, come stai?”
Chiese gentile Madame Marguerite, parlandogli come se fosse suo figlio, esattamente alla maniera in cui era sempre stato, ma non fece a tempo a risponderle che il Generale interruppe in maniera brusca.
“Dov’è mia figlia?”
Vedendo che la risposta tardava ad arrivare, l’uomo pose la domanda nuovamente e, nonostante André esitasse, questa volta la ottenne.
“È in casa”
“E perché non è qui ad accogliere gli ospiti?”
Ancora una volta la miglior cosa sarebbe stata tacere, ma col Generale c’era davvero poco da fare: testardo come la figlia, non si fermava davanti a niente.
Nel frattempo anche la Nonna e Rosalie erano scese dalla carrozza e si erano avvicinate all’altra, dove c’erano tutti.
“Perché sta…sta allattando, Signore”
I suoi occhi azzurro ghiaccio si sgranarono e la bocca si spalancò, il cuore per un momento cessò di battere e poi riprese in una folle corsa. Nessuno gli aveva mai detto che la sua sesta figlia, quella ribelle, dal sangue bollente, il suo orgoglio, quella che pensava malata e forse talmente grave da non riuscire nemmeno ad uscire per accogliere gli ospiti, in realtà aveva dato alla luce un bambino, magari femmina. Non ci pensò due volte e con uno scatto corse verso quella che aveva capito essere casa loro, una delle tante di quella via, ma fu prontamente seguito da Alain e André, che temevano in qualche gesto folle, conoscendo il tipo.
Oscar era tranquilla, era seduta sulla poltrona vicino alla finestra e aveva una coperta nelle spalle e una nelle gambe, con la quale copriva anche il figlio: André aveva lasciato la porta di entrata aperta e la casa si era raffreddata. Continuava a fissare quel pargolo infagottato tra le sue braccia: era così bello che non si sarebbe mai stancata di guardarlo.
Ad un certo punto sentì la porta spalancarsi di colpo e, pensando che fosse suo marito, chiese:
“Allora, erano loro amore?”
“Oscar, figlia mia”
Fu allora che alzò lo sguardo e lo vide: invecchiato, stanco e con un’aria disperata sul volto.
“Padre…”
Si accorse solo qualche momento dopo che, in effetti, non era proprio presentabile: indossava solamente i pantaloni e la camicia, diventata quasi trasparente a causa del latte che, uscendo, l’aveva resa zuppa, e il corpo del piccolo nascondeva solo in parte la sua femminilità spoglia. Cercò pudicamente di rimediare tirando la coperta che aveva sulle spalle davanti al seno e strinse ancora di più il bambino a se, il quale alzò gli occhietti, forse per controllare perché fosse diventata improvvisamente tesa.
“Figlia…”
Un sussurro il suo che aveva il suono del sollievo e della commozione. Dalla soglia della porta comparvero André e Alain, pronti a intervenire nel caso qualcosa fosse andato storto. Successe però quello che nessuno si sarebbe mai aspettato: il Generale cadde in ginocchio, piangente, al cospetto di quella figlia che aveva tanto temuto di perdere. Alain diede una pacca nel braccio all’amico e, assieme, chiusero la porta e se ne andarono: non c’era nessun pericolo.
“Padre, voi qui?...”
“Oh Oscar, Oscar…non hai idea di quanto io sia stato in pena per te. Pensavo fossi malata, che avessi lasciato Parigi per curarti…non avrei mai pensato di trovarti con un bimbo un braccio”
Un sorriso imbarazzato colorò le labbra della donna che spostò ancora di più le coperte.
“Non sono mai stata malata, Padre”
Lui si alzò dal pavimento e, barcollante, si diresse verso di lei. Una volta raggiunta le accarezzò i capelli e li baciò in un gesto d’affetto che non poteva contare precedenti.
“Tu…così sei diventata madre”
“Sì, a novembre”
“E come si chiama?”
L’aria titubante del Padre lasciava un po’ incerta Oscar…che cosa stava succedendo?.
“Lui è Maxime Jaques Augustin Grandier”
“Un maschio?”
In altre circostanze probabilmente Oscar sarebbe scoppiata a ridere: che affermazione era ‘un maschio?’…lei però sapeva che, dopo sei figlie femmine e nove nipotine, il vecchio Jarjayes ci aveva ormai perso le speranze.
“Sì, è un maschio”
Ci fu un attimo di silenzio in cui la donna credeva che il Padre sarebbe caduto a terra svenuto. Già da quando lo aveva visto entrare aveva notato la sua faccia stanca e l’aria trasandata, di certo non curata come quella di una volta, e aveva temuto in un mancamento, che però non si avverò mai. Il Generale si sedette sul letto ancora da rifare, di fronte a lei, guardandola con  gli occhi bagnati dalle lacrime mentre lei, sempre più in imbarazzo, cercava di coprirsi e non guardarlo spesso.
“Mi odi, Oscar?”
Domanda a bruciapelo la cui risposta era stata incisa sulla pietra, forte, incancellabile, che già una volta era stata esposta e forse sottovalutata.
“No, non vi odio, Padre. Come potrei farlo? È grazie a voi se ora ho una famiglia che amo con tutta me stessa e che mi ricambia completamente”
Un’accusa velata forse, ma sapevano entrambi che era così.
“Per causa mia tu non hai mai potuto vivere i piaceri che caratterizzano la vita delle altre donne, Oscar, e non hai mai saputo niente a riguardo. Hai partorito senza…sapere, forse…senza un’educazione adeguata…”
“Non ci vuole un’educazione per diventare madre, ma solamente amore. Sono felice di quello che so, delle mie conoscenze, e sono convinta che imparerò a fare di meglio. La Nonna mi aiuterà e naturalmente anche André, non ho nulla da temere”
“Certo, perdonami…forse mi sono spiegato male, intendevo che-“
“Ho capito quel che intendevate, Padre, ma io la penso diversamente da voi”
Il Generale sorrise appena fissando il pavimento. Non voleva discutere con lei, non ora che l’aveva ritrovata dopo più di un anno di pena, ma a porre fine a quel battibecco ci penso il piccolo Maxime, che, sazio, si staccò dal seno della madre.
Ora Oscar aveva bisogno di sistemarsi, ma con il Generale lì e senza l’aiuto di André la cosa pareva assai difficile.
“Ehm…Padre, io…”
Lui, capendo di averle imposto la sua presenza senza nemmeno preoccuparsi che la figlia si trovasse in un momento così intimo, si alzò dal letto e andò vicino alla finestra dell’altra parete, cominciando a fissare il paesaggio innevato fuori e lasciandole un minimo di intimità. Oscar avrebbe preferito che fosse uscito e per poi rientrare, ma non poteva certo mandarlo via e poi immaginava che volesse vedere il suo unico nipote maschio.
Cominciò così ad asciugarsi e fece digerire il bambino, mettendolo poi nella sua culla e cambiandosi la camicia completamente zuppa. Quando finì prese ancora in braccio il piccolo e si diresse verso il Padre, porgendoglielo non appena gli fu abbastanza vicina.
“Prendetelo”
Appena Maxime fu tra le sue braccia, il neo nonno sorrise a lui e poi anche alla figlia.
“Sono felice, Oscar. Pensavo di venire qui e trovarti stesa a letto morente, invece…mi hai reso davvero felice”
Lo cullò un po’ fino a che si addormentò e poi disse:
“Vorrei portarlo da tua madre, anche lei pensava che tu fossi malata…posso?”
Il Padre che le chiedeva il permesso le giungeva davvero nuova, ma fece ancora una volta finta di niente e fece un cenno d’assenso col capo.
Madame nel frattempo era in salotto con tutti gli altri, i quali erano davvero preoccupati per quello che sarebbe potuto accadere al piano superiore. La gioia che provò però nel vedere il marito col nipote in braccio, che aveva saputo essere maschio da André, era indescrivibile: finalmente, dopo figlie e nipoti, era arrivato anche lui. Era un brutto pensiero quello che stava facendo, ma l’unica figlia che aveva davvero saputo renderlo orgoglioso, sia nella carriera e sia per il figlio, era sempre stata solo la loro sesta figlia.
Oscar gli aprì la porta perché lui aveva tutte e due le mani impegnate e lo guardò scendere dalle scale tenendo quasi come un trofeo quel piccolino che non sapeva nemmeno che cosa avesse significato la sua nascita nella vita del nonno, come in quella di tutti.
Approfittò di quel momento di solitudine per darsi una rapida sistemata: chiuse la porta e si cambiò i pantaloni, mise una giacca sopra alla camicia e pettinò i capelli e scese immediatamente per controllare quello che stava accadendo.
Il Padre nel frattempo era sceso e aveva trovato tutti radunati in salotto. Si vedeva che erano chiaramente preoccupati e lui non poté far altro che chiedersi se fossero tutti in quello stato perché temevano che avesse fatto qualche cosa ad Oscar o al suo bambino. Non li biasimava però, sapeva di essere considerato da molti come un mostro e dava loro perfettamente ragione.
Madame gli si avvicinò: era stata anche per lei una sorpresa bella e buona sapere che la figlia aveva partorito e non vedeva l’ora di conoscere questa nuova vita.
“Guardate Marguerite, è…è un maschio”
“Maschio, sì…finalmente”
Disse con un tono di voce a metà tra l’infastidito e il desolato. Quando si sarebbero ritirati per la notte, gli avrebbe detto che quello non era certo suo figlio e non poteva scegliere per lui perché i genitori ce li aveva, ma era certa che lo sapesse già.
“Come si chiama?”
“Maxime”
Rispose André, rimasto in silenzio fino ad allora.
“Che bel nome, come mai avete scelto questo?”
“Piaceva a me e a Oscar…non c’è un motivo”
La donna sorrise e si voltò a sentire in rumore dei passi di Oscar che scendeva le scale.
Alain, con un’occhiata, fece segno a Bernard di andare, e a loro si unì anche Rosalie: inutile dire che ormai si sentivano di troppo. Oscar se ne accorse e ci rimase male perché erano mesi che non li vedeva e loro se ne stavano andando. André quindi le passò un braccio attorno alla vita per stringerla in un abbraccio non troppo intimo, vista la situazione.
Il Generale diede il bambino in braccio al padre, che lo prese e lo cullò come faceva tutte le sere per cercare di tranquillizzarlo e permettere ad Oscar di dormire un po’, impresa naturalmente impossibile, e la Nonna lo raggiunse per vedere come stavano nipote e pronipote.
“Io preferirei rientrare, cosa dite voi, Marguerite? Magari torniamo a trovarli domani, tanto noi ci fermeremo qui fino alla fine dell’anno”
“Certo caro”
Rispose la donna prima di avvicinarsi alla figlia e baciarle le guance per salutarla. Madame Marguerite e il Generale se ne andarono in carrozza verso la locanda che li avrebbe ospitati. Sarebbe stato educato invitarli a restare a pranzo o a soggiornare da loro, ma il bambino sapeva essere tremendo e poi ci sarebbe stato troppo imbarazzo.
“Beh, io direi che è ora di chiamare gli altri, sperando che siano rimasti qui nei paraggi. Mi è dispiaciuto vederli andare via”
Disse André e la Nonna gli andò vicino per prendere Maxime, così lui poté uscire.
“Allora bambina mia, come stai?”
“Nonna, mi sei mancata tanto”
Disse abbracciandola e stampandole un bacio nella guancia rugosa.
“Anche tu bambina, anche tu, ma dimmi, ti senti bene? Ti è venuta la febbre? Hai avuto qualche problema nel periodo in cui io sono stata lontana?”
“No Nonna, sono stata benissimo”
“Oh, bene, meglio così. Vedo che Maxime cresce bene”
“Beh, meno male!”
Oscar ridacchiò mentre la Nonna si andava a sedere sul divano.
“Sai, ho avuto paura prima, quando è venuto mio Padre. Ho pensato che volesse portarmi via Maxime, o mi rimproverasse per qualcosa. Non avrei mai pensato che scoppiasse a piangere”
“Tuo Padre è buono, Oscar, ha solo avut troppi fantasmi nella sua vita. Tutte figlie femmine, il senso di colpa per averti cresciuta come un uomo, la paura di perderti perché, non so il motivo, ma era convinto che tu fossi malata, e poi la gioia di avere un nipotino”
“Sarà di sicuro così”
In quel momento i tre amici, rimasti fuori fino a quel momento, entrarono in salotto. Rosalie corse subito incontro a Oscar e Alain e Bernard, nel frattempo, andarono vicino alla Nonna per vedere il piccolo.
“Madamigella Oscar, buon compleanno! Come state?”
“Bene Rosalie, e tu?”
“Anche io”
“Comandante!”
La chiamò Alain e le fece il saluto militare e tutti scoppiarono a ridere.
“Riposo, soldato Soisson, riposo!”
“Beh, faresti meglio a riposare tu Oscar…non so chi ha la faccia più distrutta tra te e André!”
“Ci tiene svegli”
Si giustificò André e Alain prese il piccolo tra le braccia, il quale, ormai sveglio per tutto il baccano, fece del fazzoletto rosso il suo nuovo gioco e cominciò a tirarlo.
“Non ci conosciamo nemmeno da un’ora e già questo marmocchio mi vuole strozzare? Un po’ di rispetto, soldatino!”
Forse quell’affermazione infastidì un po’ Oscar: avevano visto Maxime per pochissimo tempo e sia lui che il Generale avevano dato per scontato che da grande avrebbe fatto il soldato. André si accorse di questo impiccio e si sbrigò a rimediare.
“Chissà, magari da grande non vorrà seguire le nostre orme e diventerà un marinaio…cosa ne sai tu?”
“Eh già, un lupetto di mare…in qualsiasi caso, non per dire eh, ma noi veniamo da Parigi e nel frattempo si sono fatte le undici. Io propongo di mangiare qualche stuzzichino prima di pranzo, altrimenti svengo qui!”
Risero tutti ancora, spensierati e finalmente felici di essersi ritrovati.
La Nonna prese in mano la situazione e disse a Bernard e Alain di andare a prendere le valigie e sistemare carrozze e cavalli, ad André di andare a mettere Maxime nella culla, visto che dormiva, e poi raggiungere gli amici per aiutarli, Rosalie naturalmente l’aiutò a cucinare e Oscar aveva il permesso di andare in camera a riposare, ma lei, non volendosi sentire inutile, decise che avrebbe aiutato preparando la tavola e svolgendo lavori che non avrebbero procurato danni, tipo mettersi ai fornelli.
In effetti, da quando lei e André erano andati ad abitare nella loro casa e la Nonna era dovuta ritornare a Parigi, aveva imparato a preparare qualche cosa di commestibile, aiutata naturalmente anche da André, che di certo ne sapeva più di lei nell’arte casalinga, ma mettere a rischio il pranzo di Natale non era proprio il caso.
Quando gli uomini tornarono dentro trovarono qualche fetta di pane caldo col formaggio come antipasto e poi, quando furono tutti seduti a tavola, poterono gustare la magnifica cucina della Nonna.
Durante il pomeriggio Oscar si ritirò quando il suo bambino la reclamava o aveva fame e spesso era seguita da André, anche se riteneva che fosse maleducato lasciare da soli gli ospiti. Del resto gli altri avevano trascorso tutto il tempo chiacchierando e giocando a carte, vedendo vincitore prima Alain e poi la Nonna.
Arrivò la sera e Bernard e Rosalie si ritirarono in una locanda per la notte promettendo di tornare a trovarli il giorno dopo e la Nonna invece si fermò a casa loro.
“Allora bambini miei io vado a dormire che è tardi. Mi raccomando di non stare svegli e se ci sono problemi io sono di la, d’accordo?”
“Va bene Nonnina, a domani”
André le diede un bacio nella fronte e la salutò ridacchiando senza farsi vedere: possibile che facesse ancora le raccomandazioni come quando erano piccoli?.
“Oscar dimmi, che effetto ti ha fatto vedere tuo Padre? Avrei voluto rimanere con te, ma non mi sembrava proprio il caso…”
“Ti avrei voluto anche io vicino e ti giuro che ho temuto davvero che avesse cattive intenzioni e che non sarei riuscita a difendere nostro figlio”
L’uomo la raggiunse nel letto e l’abbracciò. Sapeva quanto le costava esternare le proprie paure, riservata com’era, eppure la fiducia che gli dava lo faceva davvero commuovere.
“Sono stata felice però che sia tornato e che non abbia cercato di rovinare la mia felicità, anche se poteva aspettare un altro momento per dirmi che era pentito…”
Disse arrossendo mentre ricordava l’enorme imbarazzo di quella mattina.
“Spero che sia un bravo nonno”
“Certo che lo sarà, e poi lui è già nonno”
“Di tutte nipoti femmine. Io non gli permetterò di fare di Maxime il suo soldato, come ha fatto con me, non se lui non vorrà”
“Non darti pene adesso, amore, è piccolino, ha un mese e di certo nessuno ce lo porterà mai via, vi difenderò anche con la mia vita e Maxime, in questa nuova Francia che sta nascendo, avrà il diritto di scegliere chi vorrà essere”
“Sì, sì André, hai ragione tu e noi lo sosterremo sempre”
I due si stesero e Oscar appoggiò stancamente la testa sulla sua spalla e lo cinse con un braccio e una gamba, abbracciandolo come faceva tutte le notti, e lui le passò un braccio sotto la testa e l’altro attorno alla vita, cullandola finché non la sentì addormentarsi. Una preghiera ai suoi genitori ormai molto lontani e li ringraziò per tutto quello che avevano fatto per loro, silenziosi e in ombra, li avevano protetti e condotti l’uno tra le braccia dell’altra, verso la felicità più completa.

Ciao a tutti/e! Questo è il penultimo capitolo della mia storia di Natale (finalmente…ormai siamo in febbraio!). Qui Bernard, Rosalie e Alain hanno avuto una parte decisamente superficiale, lo so, non “servivano” però volevo che fossero presenti anche per condurre i genitori di Oscar a casa loro. Non so ancora bene che cosa verrà fuori nel prossimo capitolo perché le idee non sono ancora chiarissime, visto che è la prima storia che concludo, ma in qualsiasi caso spero che lo apprezzerete!
Un bacione, Chiara.

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Capitolo 7
*** 25.12.1810 ***


Prima di lasciarvi al capitolo vi rubo qualche minutino per ringraziavi tutti per aver letto, recensito, seguito, preferito questa storia e aver atteso fino a metà febbraio per un tema natalizio!
Vorrei ringraziare in particolare le seguenti persone che mi hanno fatto sapere capitolo per capitolo che cosa ne pensavano e mi hanno consigliata e corretta affettuosamente:
Francoise14
Tetide
Pamina17
Onry81
…e il puntualissimo troll!
Infine vi auguro buona lettura e spero di ritrovarvi anche nell’altra mia storia e in quelle che seguiranno!

L'amour de Noël

25/12/1810
Erano passati vent’anni da quel lontano e freddo Natale in cui il Padre di Oscar finalmente le chiese scusa, riappacificando così la famiglia e facendo trascorrere a tutti momenti indimenticabili. Da allora successero moltissime cose: il Generale e Madame Marguerite si stabilirono definitivamente ad Arras e di tanto in tanto giungeva qualche sorella a far loro visita. La loro villa aveva ospitato molta gente povera sotto richiesta di Oscar che, dato il freddo e la grandine, non sopportava di vedere persone per strada senza un tetto sopra la testa, così li portava a casa, accendeva il fuoco e dava loro qualche cosa da mangiare. Fu anche per questo, quindi, che il Generale e la moglie non furono visti di cattivo occhio o attaccati, essendo nobili, ma vennero accettati e talvolta invitati alle feste del paese, come se fossero tutti parte di una grande famiglia.   
Due anni dopo Maxime nacque Anne, la seconda figlia, e, per l’immensa gioia di André e un po’ di indifferenza da parte del Padre di Oscar, questa volta era femmina.
“Perché sei così contento della bambina?”
Gli aveva chiesto Oscar qualche anno dopo, quando la piccola Anne cominciava a camminare sicura e a parlare bene, chiamando quasi sempre il padre.
“Perché è una femmina e quindi me la posso coccolare! Se prendo Maxime in braccio e lo riempio di baci lui, bravo com’è con la spadina, mi infilza!”
La risata di Oscar fu inevitabile ma, a distanza di anni, aveva constatato che André aveva proprio ragione: Anne amava suo padre, sin da bambina passava pomeriggi interi con lui, passeggiavano sottobraccio nei prati, curavano i cavalli e Oscar, quando poi la sua bambina diventò donna, la prese in giro sul fatto che non fosse corsa dal paparino appena accorta delle macchioline di sangue sulla gonna. Anne, in tutta risposta, oltre ad arrossire, le disse che voleva bene anche a lei e che non si doveva sentire trascurata perché non era così, ma lei non era gelosa di André e capiva perfettamente la figlia…come si poteva non amarlo?
Tre anni dopo Anne, invece, nacque un altro maschio, l’ultimo, Adrien Martin Grandier, un bambino moro dagli occhi blu che aveva fatto rimpiangere la tranquillità dei tempi di Maxime e Anne, perché, fin da quando era in fasce, era sempre stato turbolento.
André prendeva spesso in giro Oscar sul fatto che Adrien avesse preso il suo caratteraccio e lei, per alcuni versi, gli dava anche ragione!
La povera Nonnina aveva lasciato questo mondo felicemente quando il più piccolo aveva cinque anni, al cambiare del secolo. Oscar passò un anno infernale, non riusciva ad accettare che una persona tanto cara se ne fosse andata così, ma ora la ricordava sempre con André e spesso ridevano quando veniva loro in mente di tutte le mestolate che aveva ricevuto il povero ragazzo.
Anche André era stato malissimo, ma aveva cercato di far forza a tutti: alla moglie, che ne era rimasta devastata, e ai bambini, ai quali aveva cercato di spiegare nel modo più semplice possibile che la Nonna non c’era più. L’avevano sepolta a Parigi, vicino alle tombe del figlio e della cognata, esattamente dove si stavano recando ora.
Erano partiti quella mattina presto con due carrozze: una la guidava André e una Maxime, visto che i passeggeri non sarebbero stati comodi in una sola. A viaggiare con loro non erano solo i tre figli, ma anche Claudie, la moglie di Maxime, e Christian, il fidanzatino di Anne.
Claudie era una ragazza di diciannove anni con gli occhi e i capelli scuri che aveva conosciuto Maxime all’età di sedici anni in riva ad un fiume. Era caduta da cavallo e il giovane l’aveva riportata a casa in sella a Augustus, il frisone di André che successe Alexander quando, poco dopo César, morì di vecchia. La ragazza rimase subito colpita da Maxime: il suo carattere deciso e i modi gentili e galanti la fecero innamorare e dopo non molto fu pienamente ricambiata. Si sposarono nel 1809 e ora la cara Claudie aspettava un bambino che sarebbe nato a marzo, per questo ora viaggiava nella carrozza in compagnia solo di Oscar, così sarebbe stata tranquilla e per qualsiasi cosa avrebbe potuto chiedere a lei che, dopo tre figli, aveva fatto un po’ di pratica in ambito emergenze.
Nell’altra carrozza, invece, viaggiavano Adrien, Anne e Christian, un ragazzo dai capelli rossi che conosceva Anne da quando avevano quattro anni. Loro infatti frequentavano il catechismo nella stessa chiesa e, quando finiva, giocavano nella piazzetta fuori fino a che i loro genitori li andavano a prendere. Quando diventarono grandi, però, Christian dovette trasferirsi a Bordeaux per qualche tempo per problemi economici e al ritorno, avvenuto molti anni dopo, incontrò Anne, ormai donna, e fu subito amore. I due non parlavano ancora di matrimonio, stavano assieme da qualche anno ormai, ma ritenevano di essere forse troppo giovani.
“Allora, come ti senti?”
Chiese Oscar a Claudie che, per stare più comoda, aveva appoggiato i piedi lungo tutta la seduta, trovandosi così semidistesa.
“Bene, ma qui dentro qualcuno è nervoso…scalcia in continuazione!”
Oscar sorrise, ripensando a quanti ne aveva ricevuti lei, soprattutto quando André cominciava ad accarezzarle il ventre. Spostò le tendine e guardò fuori dal finestrino per controllare dove si trovassero, visto che le sembrava il momento di fare una pausa. Chiamò André battendo la parete che dava a cassetta e lui le rispose che si sarebbero fermati appena avessero trovato una locanda per fare colazione.
Giunti in prossimità di questa lasciarono le carrozze vicino alla stalla dei cavalli, ma decisero di non slegarli, visto che sarebbero tornati dopo poco. André aiutò Claudie a scendere e successivamente entrò per lasciare i guanti che aveva indossato durante il viaggio.
Quando scesero, sia lui che Oscar, si unirono agli altri, che nel frattempo si stavano dirigendo verso l’ingresso. Presero posto in uno dei tanti tavoli liberi e ordinarono del latte caldo, frutta e del pane.
“Adrien, sta seduto dritto!”
Lo rimproverò Oscar e lui, che aveva appoggiato la testa sulla mano e si era allungato verso il lato per stare più comodo, si vide costretto a mettersi composto.
“Hai sonno?”
Chiese André.
“Sì, volevo dormire in carrozza, ma Christian e Anne hanno parlato tutto il tempo e si sbaciucchiavano!”
La risatina comune fu inevitabile. Christian, di carattere un poco timido, abbassò lo sguardo accennando un sorriso, mentre Anne, prontamente, diede un piccolo schiaffo tra i capelli al fratellino e con fare divertito gli disse:
“Vuoi andare a fare festa con i tuoi amici e torni a casa tardi, ma poi hai sonno come tutti i bambini di cinque anni!”
“Ne ho quindici, e poi era la vigilia e avevo pure il permesso!”
“Ah, allora se avevi il permesso sei anche giustificato a stare seduto a tavola come  un…”
L’occhiata di André la zittì e lei capì che, se avesse continuato, la mamma le avrebbe dette anche a lei. Arrivò la loro colazione e la consumarono parlando poco e a bassa voce, godendo di quella tranquillità che aleggiava nella sala. Ripartirono dopo poco tempo e questa volta Maxime viaggiò in carrozza con la madre e la moglie, lasciando a Christian la cassetta e ad Adrien la possibilità di dormire.
“Quindi oggi che cosa facciamo, mamma?”
“Andiamo a trovare zio Alain, Bernard e Rosalie, e poi andremo a fare una passeggiata se non fa troppo freddo. Verso sera io e papà andremo al cimitero, non è necessario che voi veniate”
“A me farebbe piacere venire”
“Forse è meglio se resti con Claudie, il Campo è lontano e non  penso sia il caso che venga a piedi”
“Prenderemo una carrozza”
“Come preferite”
“Anche a me piacerebbe andare a trovare la Nonna, Oscar. Non la ho conosciuta, ma è una persona importantissima per tutti voi”
“Sei molto cara, Claudie”
Un po’ di tempo dopo André li avvisò che erano entrati a Parigi e che di lì a cinque minuti sarebbero arrivati a casa Chatelet.
La carrozza si arrestò con uno scossone e tutti quanti scesero. Bernard li andò ad accogliere sorridente e li invitò ad entrare a casa, dove vennero accolti dai sorrisi e gli abbracci di François e Louise, i gemelli Chatelet di diciotto anni.
“Dov’è Rosalie?”
Chiese Oscar, non vedendo la donna correrle in contro piangendo.
“Ha fatto un salto al mercato per prendere la frutta e poi andrà a chiamare Alain e Martine”
Rispose Bernard.
“Bene”
L’uomo chiese a tutti come stessero e come avevano passato quell’anno in cui non si erano visti, dicendo che li aveva trovati molto cresciuti dall’ultima volta.
Rosalie arrivò poco dopo e, alla vista di Oscar, come previsto da tutti, le corse incontro commossa.
“Oscar! Quanto tempo è passato! Sono felicissima di rivederti! E anche André e i bambini! Come siete cresciuti!”
Baciò i ragazzi uno ad uno e li invitò in salotto per riposarsi dal lungo viaggio.
“Ehi Alain!”
“André! Vecchio mio, come stai?”
“Bene, e voi?”
Chiese indicando la bambina di sette anni che l’amico teneva in braccio, la quale si sporse per andare da André e gli diede un bacio nella guancia.
“Anche noi tutto bene, Martine dovrebbe essere qui a momenti perché si è fermata a parlare con i genitori di un bambino”
“Amici di tuo figlio?”
“Sì, gente per bene, ma io son voluto venire a salutarvi”
“Che ne dici, raggiungiamo gli altri?”
“Certo”
Così i due uomini si unirono al resto del gruppo e parteciparono al loro discorso fino a quando arrivò anche la moglie di Alain, la quale salutò tutti molto calorosamente.
Alain e Martine si erano conosciuti quindici anni prima in una locanda, lei lavorava come cameriera e suo padre era il padrone e la madre la cuoca. L’uomo era solito recarsi lì per bere del buon vino, visto che ormai i suoi amici erano alle prese con due bambini e il terzo in arrivo. Andava spesso a pranzare e quando non c’era molta gente o lui arrivava quando non erano le ore del pienone, mangiavano assieme. Poco tempo dopo cominciarono le prime uscite a Parigi, passeggiavano sulle sponde della Senna, in città, e si raccontavano aneddoti della loro vita, parlavano di molte cose e pian piano sentivano che il legame che li univa si rafforzava sempre di più fin quando, in una tiepida giornata di primavera, si baciarono. Martine era molto felice, finalmente, dopo anni, aveva trovato l’uomo giusto, quello che la faceva sentire amata e sicura, mentre Alain si era trovato, per la prima volta in vita sua, disorientato e incapace di controllare la situazione. Non gli era mai capitato di amare una persona, lui era un tipo che le donne le voleva per una notte sola, e il senso di smarrimento crebbe ancora di più quando scoprì che Martine era vergine. Quando riuscì a fare un po’ di luce nei suoi pensieri, capì che però era lei la donna giusta e le chiese di sposarlo. Durante la prima notte di nozze era quasi più spaventato lui, abituato com’era ad un certo tipo di rapporto, per niente dolce e passionale. Aveva temuto di spaventarla, di farle credere qualche cosa di sbagliato, non sapeva nemmeno come prenderla per darle il piacere che alle altre non si era mai premurato di dare. Andò però tutto bene e dopo un po’ nacque Lucien, amato incondizionatamente da entrambi i genitori e dagli zii di Arras. Sei anni dopo arrivò anche Marie Diane, anche se la coppia aveva deciso di non avere altri figli perché stavano invecchiando e perché la carriera di militare e di cameriera non lasciava molto tempo libero. Alain, come André del resto, era molto geloso della sua bambina che, a soli sette anni, dimostrava già un carattere molto socievole e solare.
Il pranzo, quel Natale, fu consumato serenamente, come tutti gli altri anni, e Oscar si era ritrovata a pensare che, ormai una vita fa, il suo Natale era solo con André e la Nonna, solamente tre persone che veramente si amavano, ora invece nella sua famiglia erano in sette, presto otto, e ai suoi figli sommava anche gli amici e i nipoti acquisiti, che in tutto facevano sedici! Non poteva davvero esserne più felice e l’unica cosa che mancava per rendere perfetto quel Natale era solo una cosa.
La sera arrivò in fretta e Oscar informò tutti quanti che lei e André stavano andando a trovare delle persone speciali.
Davanti a quelle tombe, diventate tre ormai, non c’erano più quei due bambini tristi, quegli adolescenti in preda ai doveri, giovane uomo e donna non capaci di dare amore, persone poi innamorate e lontane, ma solo Oscar e André, genitori, presto nonni, orgogliosi di quello che avevano saputo creare con le loro mani e grazie al loro amore, aiutati e sostenuti dai loro amici, i quali avevano deciso di accompagnarli a trovare quella cara vecchietta che si era fatta tanto amare per i suoi modi di fare autoritari ma incredibilmente dolci.
Davanti a quelle tombe, avevano respirato la stessa aria di quando non erano liberi di volare verso quelle due stelle che li guardavano dall’alto e li proteggevano, verso le stelle dell’amore.
 

Ciao a tutti/e! Ecco a voi l’ultimo capitolo de L’Amour de Noel! Non avevo veramente idea di come concluderlo, visto che è la prima storia che finisco, ma mi sembrava bello farli tornare a quelle tombe in compagnia di tutte le persone veramente importanti che li hanno accompagnati per tutta la vita. I ringraziamenti li ho già fatti all’inizio, ma li ripeto ancora perché siete state davvero uno stimolo a scrivere e a cercare di trasmettere meglio possibile quello che dovevo dire. Ci vediamo alla prossima, vi aspetto!
Un bacione, Chiara

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