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Autore: Sweet_Lady    25/12/2015    3 recensioni
Il Natale è speciale, unisce le persone, scalda i cuori, ma a qualcuno non interessa e fa di tutto per rovinarlo e renderlo un giorno uguale agli altri. Punizioni, rivelazioni importanti, doveri, sorprese, amori struggenti, malattie, felicità e finalmente la libertà, il tutto davanti a quelle due persone speciali.
In questa storia troverete i giorni di Natale di Oscar e André da quando erano bambini, poi un po' più grandicelli fino a diventare vecchi e vedremo come cambia il loro modo di vedersi l'un l'altra.
Approfitto di questi capitoli per farvi gli auguri di Buon Natale e felice anno nuovo, baci a tutti!
Genere: Fluff, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'amour de Noël


25/12/1761
Era una mattina freddissima e buia e il vento correva tagliente tra le vie della città. A quell’ora tutti i bambini francesi dormivano, mentre l’uragano biondo di Palazzo Jarjayes era col nasino incollato alla finestra a guardare la neve scendere. Oscar François, quell’anno, era davvero felicissimo che fosse arrivato il Natale perché non era più costretto a passarlo da solo o assieme alle sue insopportabili e viziatissime sorelle, impegnate costantemente a parlare dei loro vestiti pieni di pizzi e merletti. Tutt’intorno cominciava a schiarirsi grazie al sole dietro le nuvole che lasciavano cadere la neve bianchissima e lui cominciava a sentire davvero freddo, visti i vestiti leggeri e i piedini nudi a contatto con il pavimento gelido. Si avvicinò al grande letto a baldacchino e prese la coperta che lo aveva tenuto caldo tutta la notte, se la mise sulle spalle e sulla testa e ritornò ancora davanti alla finestra. I giardini tutti intorno erano imbiancati e le fontane erano contornate da diamanti ghiacciati che scendevano dal cielo. Per un attimo Oscar si chiese se il suo amato cavallo, ricevuto in dono quell’estate, e il cavallo del suo migliore amico, stessero bene nelle scuderie oppure sentissero freddo come lui. Il sole ormai era sorto e lui non perse tempo: si lavò il visino salendo su una sedia per arrivare all’acqua del catino, si mise i pantaloni, la camicia e le calze, le scarpe e la giacca e corse giù, nella stanza dell’amico.
“André, André, André!! Svegliati! È Natale, è il mio compleanno e…”
Disse salendo nel letto con un salto e scuotendo l’amico che pensava addormentato, ma arrestò il fiume di parole che usciva dalle sue labbra sottili e rosa quando si accorse che stava piangendo, stringendo tra le manine un cavallo di legno.
“Ehi, André, che ti succede? Sei triste?”
Ma lui non rispose.
“Che bello questo cavallo…è un ricordo dei tuoi genitori?”
Annuì, il piccolo André, e finalmente lo guardò in volto.
“Ti mancano, vero?”
“Sì Oscar, mi mancano tantissimo. Questo è il primo Natale che passo senza di loro…”
Sospirò Oscar, sottraendo la mano dell’amico alla stretta del cavallo e prendendola tra le sue.
“Mi dispiace tantissimo, André. Ti va di raccontarmi che cosa facevate quando arrivava il Natale?”
Il piccoletto dai capelli bruni si girò nel letto, voltandosi completamente verso l’altro e tenendo stretta la sua mano.
“Mia madre e mio padre mi venivano a svegliare assieme e facevamo colazione, poi mi davano il mio regalo e la mia nonna, la madre di maman, e nonno, venivano a mangiare a casa nostra assieme agli zii e passavamo tutto il giorno a casa e alla sera, quando andavano via, io potevo dormire nel lettone”
Disse, interrompendo la frase con dei singhiozzi.
“Beh, anche oggi verranno i miei zii, i miei nonni non ci sono più, però passeremo una giornata tutti quanti assieme…”
“Non è la stessa cosa, io…io rivoglio la mia mamma e il mio papà!”
E dei grossi lacrimoni si affacciarono ancora a quei occhi verdi bellissimi.
“Se ti va possiamo andare a trovare i tuoi genitori al Campo Santo, così li saluti!”
L’energia di Oscar inevitabilmente contagiò anche André, il quale si asciugò gli occhi e, uscendo dalle coperte, chiese:
“Lo faresti davvero?”
Lui annuì convinto e poi disse:
“Facciamo così: io vado a prendere qualche cosa da mangiare alle cucine, tu intanto ti vesti e poi ti aspetto all’atrio. Prenderemo i cavalli e torneremo prima che arrivino i miei parenti. Attenzione a non farti vedere da nessuno, se lo viene a sapere mio Padre mi punirà sicuramente!”
“Non voglio farti finire in guai, Oscar. È un giorno importante oggi, magari ci andiamo domani…”
“Appunto perché è un giorno importante dobbiamo andare a salutare i tuoi genitori, e poi…se mio Padre mi punirà non mi importa. Tu sei il mio migliore amico, André, e sei importante, rischio volentieri”
“Non so come ringraziarti”
E si abbracciarono, come sempre, dolcemente, felicemente, esprimendosi così tutta la loro amicizia.
“Allora ti aspetto giù, fa attenzione!”
Oscar uscì furtivamente dalla stanza dell’amico, corse nella sua per prendere una sacca, guanti e mantello e poi si intrufolò nelle cucine che, anche se era molto presto, erano già operative. Le cameriere correvano frenetiche da una parte all’altra del salone per preparare il tavolo enorme posto al suo centro e le cuoche cucinavano tante cose alla volta, ritrovandosi a mescolare un due pentole contemporaneamente. Tutta questa agitazione aiutò il piccolo Oscar a non essere visto e poté tranquillamente sottrarre dalla dispensa due mele e due pagnotte e metterle dentro alla sacca. Fatto questo si diresse verso l’atrio guardandosi bene le spalle e si nascose dietro una colonna per aspettare l’amico. André, nel frattempo, si era lavato e cambiato d’abiti, aveva preso anche lui i guanti e il mantello, si era asciugato gli occhioni verdi, aveva raccolto i capelli in un’ordinata coda bassa ed aveva raggiunto Oscar.
“Ptss, sono qui, Oscar!”
Disse sottovoce per non essere scoperto. L’altro gli fece un cenno con la testa verso l’uscita e, camminando a ridosso del muro, uscirono all’esterno. Appena chiusero la porta il gelo di quella giornata di inverno li investì e loro si strinsero meglio nel mantello per cercare di contrastarlo.
“Corri!”
Esclamò il piccoletto biondo e si diressero alle scuderie più veloci che potevano, vista la neve alta che si era formata in giardino. Arrivarono con il fiatone e, non senza una certa difficoltà, vista la statura, sellarono i cavalli.
“Oscar, finiremo nei guai”
“Mi assumerò io la responsabilità, André, voglio che tu possa salutare i tuoi genitori. Ora andiamo, dobbiamo riuscire a tornare prima che arrivino gli zii”
I due salirono a cavallo, prima André aiutò Oscar mettendo le mani nelle staffe, in modo da dargli un sostegno in più, poi montò lui da solo, dandosi un forte slancio e aggrappandosi alla sella. Uscirono dalle scuderie lasciando il portone socchiuso e partirono al galoppo verso il cancello che fu aperto e in seguito chiuso da André.
“Il Campo è a Nord, giusto André?”
“A Est”
“Ah, sì, lo sapevo!!”
André ridacchiò e lanciò il cavallo al galoppo, subito seguito da Oscar e, in meno di mezz’ora, arrivarono al Campo Santo. L’aria sferzava gelida tra i loro capelli e sui loro volti, colorando le loro guance e i loro nasi di rosso e facendo sbiancare le labbra. Legarono i cavalli alla staccionata della chiesetta lì vicino e si avviarono a piedi alla ricerca dei coniugi Grandier.
“Eccoli, sono sepolti qui i miei genitori”
Disse il piccolo André sospirando e indicando le loro tombe. Entrambi fecero il Segno della Croce e unirono le mani per pregare.
“Ciao maman, ciao padre, vi presento Oscar, il mio migliore amico. È stato grazie a lui se oggi sono venuto qui a trovarvi, da solo non avrei mai avuto il coraggio. Avrei voluto portarvi dei fiori, magari le margherite, come preferivi tu, maman, ma il gelo ha ricoperto Parigi e Versailles e i prossimi boccioli li vedremo in primavera. Mi mancate tantissimo…”
André cominciò a singhiozzare e Oscar, rimasto due passi indietro rispetto a lui, gli si avvicinò e gli mise una mano nella spalla.
“Vorrei che voi foste qui con noi, ma io vi porterò per sempre nel mio cuore. Guarda papà, ho il cavallino che mi hai regalato tu, è il mio gioco preferito e assomiglia molto ad Alexander, il cavallo che mi ha regalato il Signor Generale Padre di Oscar. Io…io lo se che mi state guardando da Lassù e spero che siate orgogliosi di me. La Nonna mi dice sempre che mentre mi guardate sorridete perché sapete che in quello che faccio mi impegno e ci metto il cuore proprio come mi avete insegnato e mi dice anche che io non mi devo sentire solo. Qui con me c’è Oscar, lui non mi fa mai sentire solo, trova sempre il modo di farmi felice, come portarmi qui da voi”
Una folata di vento gelida accarezzò i loro volti, come se fosse una mano ruvida, e lui fu sicuro che i suoi genitori lo avevano sentito ed erano contenti di aver conosciuto Oscar.
“Le senti André le campane? Potremo andare in chiesa, non è molto tardi, infondo”
“D’accordo, Oscar, come desideri. Ora devo andare, miei cari genitori, ma vi prometto che verrò a trovarvi ancora”
I due si segnarono ancora e si diressero verso la chiesa. Videro altri cavalli e asini legati alla staccionata dove anche i loro sostavano e, quando entrarono nella chiesetta si accorsero che era piena di gente. Si intrufolarono tra le persone e cercarono di arrivare in una delle prime panchine per vedere meglio il prete ma, non trovando più posti liberi, rimasero in piedi per tutta la durata della messa. Riuscivano a sentire l’emozione e la gioia di ogni persona presente e anche la propria, ora che i loro cuori erano più felici dopo aver salutato due persone così care all’uno e rispettate per l’altro.
Uscirono dalla chiesa con qualche difficoltà, vista la massa, ma quando giunsero fuori non persero tempo a correre verso i cavalli. Il prete, dopo aver scambiato gli auguri con un paio di famiglie, si avvicinò ai due bambini, intenti a salire sul loro destriero.
“Ehi piccoli, dove sono i vostri genitori?”
Chiese, scambiandoli per fratelli.
“I miei sono a casa, siamo venuti qui per fare una visita ai suoi, ma ora dobbiamo andare prima che arrivino i miei zii”
“D’accordo, è stato un piacere conoscervi, ciao bambini”
“Arrivederci”
Risposero in coro e poi Oscar si girò verso André.
“Hai fame? Ho preso delle mele e del pane dalle cucine, se vuoi possiamo fermarci a mangiare”
Ma, proprio in quel momento, le campane suonarono mezzogiorno.
“Caspita, André! È tardissimo! Ci staranno cercando ovunque! Non c’è tempo per mangiare!”
Urlò Oscar.
“Hai ragione, sbrighiamoci a rientrare!”
Rispose l’altro e, dopo essere salito anche lui a cavallo, partirono a briglie sciolte.
Giunsero a Palazzo poco prima di mezzodì e mezzo e videro le carrozze e i cavalli nelle scuderie.
“Sono già arrivati tutti, bisogna entrare piano e di nascosto, André”
L’altro annuì convinto e in men che non si dica arrivarono alla porta d’ingresso ed entrarono pianissimo, ma qualcosa andò storto.
“Oscar! Si può sapere dove ti eri cacciato?! Sono due ore che tutti ti cercano!”
Urlò suo Padre andando verso di lui e colpendolo al viso con due schiaffi, facendolo rovinare a terra con il naso sporco di sangue. Il fiato gli si fece corto per il timore e André guardava quello che stava accadendo sentendosi terribilmente in colpa.
“Signorino Oscar, André! Oh santo cielo, meno male che vi abbiamo trovati!”
Esclamò la Nonna correndo verso di loro, ma subito si arrestò vedendo il piccolo Oscar a terra sanguinante, gli occhi infuocati del Generale e quelli bassi e tristi di André. Il piccoletto biondo si alzò e passò una mano sotto al naso per togliere quel liquido scarlatto  e caldo.
“Dove siete stati?!”
“…Padre, io…”
“Dove?! Voglio sapere dove!!”
Urlò in collera mentre una vocina impaurita gli rispondeva.
“…Al Campo Santo”
Gli occhi del Generale si sgranarono e passarono dal figlio all’amichetto, che ora piangeva silenziosamente con gli occhi bassi, mentre la Nonna lo guardava desiderosa di abbracciarlo e consolarlo. Sapeva perfettamente quanto il suo piccolo soffrisse ancora per la perdita dei genitori e capiva quanto ora lui si sentisse in colpa, visto che odiava quei momenti quando Oscar veniva picchiato dal padre.
Anche il Generale notò che André stava piangendo e sentì il cuore stringersi. Non era da lui farsi intenerire da un bambino, ma il piccolo, da quando era arrivato, era diventato per lui quasi come un figlio, il figlio maschio che Oscar non aveva saputo essere.
Il bambino mosse due passi incerti verso l’angusta persona davanti a lui, che gli prese un polso per attirarlo a se. Il Generale si abbassò alla sua altezza e, con una voce dolce che lui stesso non si era mai sentito usare, disse:
“Lo so che ti mancano, André, e so anche che stai male perché pensi che abbia punito Oscar per colpa tua. Quello che ha fatto questa mattina è stato un bel gesto, anche se potevate avvisare qualcuno e così facendo non ci avreste fatto fare una brutta figura con mio fratello e mia sorella, ma non importa, vi perdono. Ora andatevi a cambiare e scendete nella sala, vi stanno aspettando tutti”
Il Generale si alzò in piedi e, oltre a suo figlio, vide la moglie Marguerite a poca distanza da loro, con lo sguardo fisso sul biondino. Si scambiarono un’occhiata, ma François, negli occhi della moglie, lesse solo disprezzo. Questo gli fece ricordare di aver provocato due guance rosse e gonfie, nonché un grosso livido sotto all’occhio del figlio e anche sangue al naso.
“Ah, Nanny, vedi di dare una sistemata ad Oscar, non voglio che scenda ridotto così”
Se ne andò non guardandolo nemmeno in faccia, tanto velocemente da sentire appena Nanny  che rispondeva con un “Sì, Signor Generale”.
Marguerite era amareggiata, pensava che il marito potesse chiedere almeno scusa alla figlia, augurarle buon compleanno, invece non fu nemmeno capace di guardare il suo visino d’angelo pieno di lividi. Se ne andò anche lei e si intrattenne a parlare con la cognata, la quale, come lei e come Nanny, non condivideva affatto la scelta di allevare Oscar come un maschio. Suzanne, infatti, andava molto d’accordo con Marguerite e, con gli anni, le due erano diventate grandi amiche e confidenti. Lei le raccontava di  ogni volta che rimaneva incinta, di quanto pregava perché nascesse maschio e di quanto piangeva per aver dato alla luce un’altra bambina. Quando poi Suzanne venne a sapere della sorte meschina di Oscar, ritenne necessario parlare al fratello maggiore per cercare di farlo ritornare in senno, ma invano, visto che lui era convinto più che mai di quello che stava facendo.
Nanny, quando il Generale fu abbastanza distante, prese i due bambini per mano e li condusse nelle cucine, dove fece sedere Oscar su uno sgabello e con una pezza cominciò a togliere il sangue dal viso.
“Mi dispiace per quello che è successo, Oscar, è solo colpa mia. Se io non…”
“Era una cosa importante per tutti e due e io ti avevo detto che me ne sarei assunto la responsabilità, sapevo che mio padre mi avrebbe punito, ma a me non importa. La tua amicizia vale molto di più…ah! Nonna, brucia!”
Disse Oscar, prima interrompendo l’amico, e poi interrompendosi da solo quando la Nonna le posò il disinfettante nella ferita.
“Ti fanno male le guance?”
Chiese ancora il moretto, ma l’altro gli rispose semplicemente:
“Vai a vestirti, André, ti raggiungo appena posso”
Lui fece un cenno del capo.
“Aspetta André, chiamo qualcuno che ti prepari un bagno caldo, siete tutti sudati”
La Nonna e chiamò Brigitte, una donna più o meno della sua età che si era offerta di occuparsi di André quando lei era impegnata con Oscar che, ovviamente, in quanto figlia del Padrone, aveva la precedenza. Quando la donna arrivò, vestita con un abito blu di servizio, Nanny le spiegò quello che doveva fare e allora accompagnò André in camera, gli preparò la tinozza con l’acqua calda e gli preparò i vestiti nel letto, per poi lasciarlo solo mentre si lavava e si preparava. La stessa cosa fece Nanny con Oscar, a differenza che lei rimase per lavarlo, lo asciugò e cominciò a vestirlo con gli abiti più eleganti del suo armadio.
“È stato molto bello quello che hai fatto per André questa mattina, Oscar, è stato molto importante sia per lui, che per me, che non avrei potuto portarlo al cimitero perché impegnata qui a Palazzo”
“Sai Nonna, io sono contentissimo che sia arrivato André, prima ero sempre solo perché le mie sorelle se ne sono andate e mio Padre non mi fa frequentare la scuola d’armi, mentre ora è arrivato lui e io mi diverto tantissimo. Qualche volta si sente solo e a volte piange…io lo so che non è per debolezza, ma perché gli mancano veramente…volevo che oggi fosse felice!”
Concluse il bambino saltando giù dalla sedia dove la Nonna lo aveva messo per vestirlo con più facilità e lei intanto piangeva, commossa dalle parole di un bambino di solo sei anni. Oscar si avvicinò alla porta, ma venne fermata dalla Nonna.
“Oscar, vieni qui”
Gli disse e lui si avvicinò nuovamente. Nanny si inginocchiò a terra e lo abbracciò stretto.
“Buon compleanno, piccolo mio”
“Grazie Nonna! Ora vado da André e poi chiederò a mio Padre se posso mangiare il dolce assieme a lui!”
Esordì festante e corse via sotto lo sguardo commosso della donna, che pensava a cos’avesse fatto di tanto speciale il nipote per incontrare una bambina come lei…come lui.
“André! André, dove sei, André?”
Urlava Oscar correndo per il corridoio cercando il suo amichetto che sembrava sparito nel nulla. Ad un certo punto si fermò di colpo prima di andare a sbattere contro la persona che aveva appena svoltato l’angolo.
“Eccoti qua, è un bel po’ di tempo che ti cerco in giro per il Palazzo, ti rendi conto di che razza di figura mi stai facendo fare con gli ospiti?!”
Gli disse il Generale con tono severo e uno sguardo di pietra.
“Stavo cercando André, non so dove sia finito, appena trovato sarei sceso subito in salone per pranzare, ve lo assicuro, Padre…”
“A me non interessa niente di quello che avevi intenzione di fare! André sta mangiando nelle cucine e ora tu devi venire con me per salutare i tuoi zii e le tue cugine e passare con loro tutta la giornata!”
“Ma…Padre, io volevo rimanere con André!”
Disse mentre veniva trascinato al piano inferiore. Quando arrivarono la sorella del Generale, Marie-Suzanne, chiamata semplicemente Suz(1), corse incontro al suo nipotino e lo abbracciò, accarezzandogli dolcemente i capelli biondi.
“Come stai, Oscar? È tanto tempo che non ci vediamo, eh? Come sta il tuo amico André?”
“Io sto bene, zia, ma André è andato a mangiare nelle cucine e io non potrò vederlo per il resto del pomeriggio…”
Rispose irritato ma non osando guardare il Padre.
“Oh, mi spiace, ma dimmi, cosa sono questi lividi negli zigomi? Hai anche un taglietto nelle labbra…”
“Non è niente”
Disse rapido volgendo lo sguardo altrove. La donna invece guardò Marguerite, che rispose con uno sguardo arrabbiato e preoccupato. Odiava quando il marito picchiava la sua piccola Oscar. Aveva fatto fatica durante i nove mesi di gestazione, era stata male e verso la fine non riusciva nemmeno più a reggersi in piedi, ma quando, dopo sforzi e sforzi, Nanny le disse che era un’altra bambina, lei era felice, al contrario del Generale che fece di lei un burattino nelle sue mani. Ogni volta che la piccola veniva picchiata per stupidaggini lei sentiva come se una stiletta le venisse conficcata nel petto e le veniva da piangere, per questo passava sempre più tempo a Versailles in compagnia delle altre dame al posto di suo marito, in compagnia dei figli di altri al posto delle sue.
“Oscar, nipote mio, come stai? Dov’eri finito? Ci hai fatto preoccupare tutti quanti!”
Disse lo zio avvicinandosi e pizzicandogli le guance com’era solito fare. Oscar scansò il viso rapidamente per il dolore e Suz intervenne al posto suo:
“Caro, ma non vedi che grossi lividi ha Oscar? Non pizzicargli le guance!”
“Oh, mi dispiace, Oscar…ma dimmi, dov’eri finito?”
“Sono andato a fare una galoppata con il mio amico André, che attualmente non è qui con me e io non potrò stare con lui per tutto il pomeriggio!”
Rispose infastidito, visto che quella domanda gliel’avevano già posta. La zia lanciò un’occhiataccia al fratello, che la ricambiò con uno sguardo duro ma che non la fece intimorire. Marie-Suzanne aveva avuto due figli maschi dal marito Etienne-Antoine d'Agoult-Upaix, capitano al Royal-Roussillon in cavalleria, e aveva sempre voluto avere anche una femmina che purtroppo non arrivò, per questo era molto legata alle nipoti. Suo figlio maggiore aveva più o meno l’età di Anne-Marie de Jarjayes, la figlia maggiore del Generale, quindi lei e Marguerite avevano trascorso assieme il periodo di gestazione. Ricorda chiaramente la felicità del fratello quando gli annunciarono che era diventato padre di una bambina, ai tempi in cui non era ossessionato dal maschio. A lui non interessava che il cognato avesse già l’erede, perché lui amava veramente Marguerite e di sicuro avrebbero fatto altri figli, l’importante era soltanto formare una bella famiglia. Il suo secondi figlio, invece, aveva l’età di Hortense, la quarta figlia. Quando fu annunciato che era una bambina e, qualche mese dopo, a lei nacque il maschio, ricorda Marguerite che, giunta al suo Palazzo, piangeva perché il marito le aveva detto che non era in grado di dargli l’erede e che, se le gravidanze future non avessero avuto l’esito sperato, lei non sarebbe stata da brava moglie di cui tanto si vantava.
“Smettila di lanciare occhiate verso la porta, Oscar, André sta mangiando proprio come te, lo rivedrai domani!”
Lo rimproverò il Generale e questa volta Suz si arrabbiò.
“Cosa ci trovate di sbagliato in un bambino che vuole andare a giocare? Non è forse a questo che l’avete educato, visto che le altre vostre figlie femmine non hanno potuto farlo?”
“Marie-Suzanne, come vi permettete?”
“Mi permetto, mi permetto caro mio fratello. Guardate che cosa avete fatto…”
“Suz, ora basta, queste sono scelte personali”
Si intromise il marito per cercare di salvare quel poco di atmosfera natalizia che era rimasta nell’aria.
“No, sono scelte che nessuno dovrebbe fare perché qualcuno, da Lassù, le ha già fatte! Sbaglio o oggi è anche il suo compleanno? Perché dovete essere sempre così indisponente, François?”
“D’accordo, d’accordo, ora basta! Se lo desidera potrà raggiungere André dopo pranzo”
Lo sguardo trionfante di Suz non passò inosservato al Generale, che però fece finta di niente e abbassò lo sguardo sul suo piatto per continuare a mangiare.
Finito il pranzo portarono il dolce che Oscar aveva programmato di mangiare assieme al migliore amico, quindi chiese al Padre di potersi alzare, ma la risposta fu negativa.
“Avevamo pattuito che ti saresti potuto alzare solo dopo pranzo, ora sta seduto e mangia”
E quindi, al piccolo Oscar, non rimase che obbedire. Quando anche il dolce andò consumato, il biondino si alzò da tavola senza nemmeno chiedere il permesso e sgattaiolò nelle cucine.
“Oscar, sei qui finalmente!”
Disse André vedendolo correre verso di lui.
“Mi dispiace tanto André di non averti raggiunto subito come ti avevo detto, ma mio Padre mi ha impedito di muovermi da tavola fino alla fine delle portate. Menomale che zia Suz lo ha convinto a farmi trascorrere il pomeriggio qui con te”
“Per fortuna, però…io il dolce l’ho già mangiato”
“Anche io…”
I due ci pensarono un attimo e poi Oscar disse:
“Sai cosa facciamo? Ne mangiamo un’altra fetta assieme, era così buono il dolce al cioccolato!”
“È quello che abbiamo fatto io e mia Nonna, sai? Lo abbiamo fatto ieri sera”
“Non sapevo che fossi capace di cucinare”
“Infatti non sono tanto bravo, ma la Nonna mi ha aiutato”
In quel momento comparve Nanny dalla porta e camminò svelta lungo tutta quella stanza per raggiungerne un’altra, ma si fermò attirata dai due bambini.
“Signorino Oscar, per carità, che cosa fai qui? Dovresti essere ancora a tavola come tutti quanti! Non si sono ancora spostati nel salotto principale per trascorrere il pomeriggio!”
“Mio padre mi ha dato il permesso di trascorrere il pomeriggio qui, visto che è il mio compleanno!”
“È oggi il tuo compleanno, il giorno di Natale?”
Chiese André, del tutto all’oscuro su questo fatto.
“Sì, te l’ho detto anche questa mattina, ma probabilmente stavi dormendo”
La Nonna allora, tranquillizzata dal fatto che il Generale avesse dato il permesso al figlio di restare con l’amichetto, riprese la sua corsa per impartire ordini alle cameriere di Palazzo Jarjayes.
Oscar fu davvero contento che il padre avesse mantenuto la promessa di non disturbarlo più per tutto il pomeriggio e così i due piccini poterono inventare giochi nuovi, mangiare dolci e festeggiare il compleanno del biondino. La sera però Oscar dovette tornare a mangiare con i suoi zii e notò anche che erano arrivati i suoi due cugini e una delle sue sorelle, che gli corse incontro e lo abbracciò perché era tanto che non si vedevano. La cena finì prima rispetto al pranzo perché tutti erano pieni ancora da mezzogiorno, quindi Nanny fu incaricata di portare Oscar in camera sua, sistemarlo e metterlo a letto e di fare lo stesso con André. Ancora una volta chiese l’aiuto di Brigitte e, quando ebbe baciato Oscar sulla fronte, uscì dalla camera con il cuore commosso da quel piccoletto tanto generoso e affettuoso.
 Il Generale, dopo aver salutato gli ospiti e averli ringraziati per la loro presenza, salì al secondo piano, aspettando che Nanny finisse di sistemare suo figlio e uscisse.
“Oh, Signor Generale, non pensavo di trovarvi qui. Avete bisogno di me?”
“Sì, seguimi nel mio studio”
Nanny obbedì e seguì il Generale, stando un passo indietro come d’etichetta, e arrivarono nello studio, dove ad attenderli c’era anche Madame Marguerite.
“Vi ho convocate qui nel mio studio a seguito di quello che è successo oggi con mia sorella Marie-Suzanne. Lei soffre molto, come voi, della mia scelta di allevare Oscar come mio erede maschio nonostante la sua natura femminile. Ho deciso che lui deve venire a conoscenza di non essere un maschio il giorno in cui compirà dieci anni”
“Ma François, le rovinerai il Natale e il suo compleanno…”
Cercò di dire la moglie, ma lui rispose alzando il tono.
“Non mi interessa niente! Io lo sto addestrando come un uomo e ai veri uomini non interessa di rovinare il giorno del proprio compleanno, hanno ben altro per la testa”
“Peccato che vostra figlia non sia un vero uomo ma sia una bambina!”
“Adesso smettetela Marguerite! Voi e vostra figlia oggi mi avete imbarazzato con quei comportamenti, e lui è stato fortunato a non essere punito, come sarebbe successo in altri giorni!”
A questa esclamazione la donna abbassò il volto e il Generale si rivolse a Nanny, rimasta fino a quel momento in disparte.
“Sarete voi due a dirglielo e a spiegargli cosa avrebbe dovuto fare se gli fosse stato permesso di essere una donna, quindi matrimonio, gravidanze, eredi maschi”
E dicendo questo di voltò verso la moglie lanciandole uno sguardo colmo di risentimento.
“Dovrete dirgli che invece diventerà Colonnello, Capitano, Generale, e riempirà la famiglia Jarjayes di onori, come fece mio padre e come ho fatto io”
“Se mi permettete Signore, io credo che a dieci anni Oscar sia troppo piccola per capire come funzionano gravidanze ed eredi maschi”
“Bene, allora le direte solo che è una femmina. Quando ritenete che sia più opportuno allora parlarle della vita che non svolger ma che sarebbe suo consono?”
“Io credo quindici anni…”
“No! A quindici anni lui sarà già Colonnello”
“Signor Generale, io credo che…”
“Avete quattro anni di tempo per pensare a cosa dirgli e a come e se Marguerite non se la sentirà dovrai farlo tu da sola Nanny, siamo intesi? Per il resto i quattordici anni bastano e avanzano”
“D’accordo”
“Potete andare, io resterò qui ancora per un po’”
“Avete bisogno di qualcosa, Signore?”
“No”
Nanny quindi uscì dalla stanza e fece per tornare in cucina per sistemare, ma venne fermata dalle due voci dei padroni che sembravano litigare.
“Come potete fare questo a vostra figlia?”
“Siete stata voi che mi avete dato solo donne e io ho bisogno di un uomo!”
“Ricordatevi che i figli si fanno in due!”
E con questa frase Marguerite gelò l’atmosfera già pesante e fece sentire il marito gravemente offeso. Il Generale alzò una mano e colpì dritto alla guancia bianca e truccata della moglie. Lei voltò il viso dall’altra parte per la forza, ma quando ripuntò gli occhi su quelli del marito non poté che leggere vergogna.
“Perdonatemi Marguerite, giuro che non l’avrei mai fatto se voi…non avrei voluto, davvero”
“Vi dico soltanto che in tanti anni questa è la prima volta che mi pento di aver sposato un uomo come voi…un mostro come voi!”
Sibilò Madame e poi guadagnò l’uscita senza degnare il marito del più misero degli sguardi.
“Nanny…”
Disse Marguerite appena la vide fuori dalla porta.
“Oh Madame”
La donna si strinse alla governante in un abbraccio che le ricordava il calore di sua madre e venne accolta, così come vennero ascoltati i suoi pianti.
“Aiutami a preparare i bagagli, te ne prego Marie, ho bisogno di te”
“Dove volete andare Madame?”
“A Versailles. Io quell’uomo non lo conosco, non è lo stesso che ho sposato e che è stato fino a dieci anni fa. L’uomo di allora non avrebbe mai fatto una cosa del genere a sua figlia. Tornerò appena mi sentirò di farlo”
“Come desiderate”
“E mi raccomando, non dire niente a mio marito. Se dovesse chiederti dove sono digli che tu non sai niente e che i bagagli li ho preparati da sola senza aiuto alcuno…anzi, per questa notte andrò da Suzanne, è meglio, lei capirà”
Fu così che la Madre di Oscar abbandonò quella famiglia che, con gli anni, era diventata triste e priva di amore. Nel frattempo due bambini allegri, ignari di tutto quello che stava succedendo fuori dalla camera di André, leggevano un libro sotto le coperte grazie al chiarore di quattro candele accese, felici di quel giorno che, a loro parere, era stato magico.
 

(1) Il Generale, quello vero, aveva due sorelle di nome Suzanne, quindi una la chiamavano Suz o Marie-Suz 

Ciao a tutti/e!
per prima cosa vi faccio tantissimi auguri di Buon Natale e di buon anno nuovo! 
Questa storia è nata in un momento in cui, per non morire di noia mentre aspettavo il treno, ho pensato che sarebbe stato carino scrivere una storia in tema natalizio, quindi ho iniziato ad immaginare qualche scena et voila, questo è il risultato, o comunque una parte.
In questo capitolo siamo nel 1761 e nel prossimo viaggeremo di 4 anni, quindi arriveremo al 1765.
Ringrazio tutti/e coloro che leggeranno la mia storia, la recensiranno e la inseriranno nelle preferite/seguite/ricordate. 
Un bacione, Chiara.

 
   
 
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