Mai Più Noi di miss dark (/viewuser.php?uid=39059)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 (Ultimo) ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Mai Più Noi-Capitolo 1
CAPITOLO 1
Pioveva. Il cielo scuro si rifletteva nelle grosse
pozzanghere che, in due giorni di pioggia, si erano create in abbondanza.
Pioveva e lei correva. Correva veloce, come se
qualcuno la stesse inseguendo, e non si fermava mai. I piedi, ormai zuppi di
piccole gocce trasparenti, la sorreggevano ancora, unici suoi alleati in quella
maratona furiosa.
Pioveva e lei correva, e intanto piangeva.
Piangeva disperata, per quell’amore finito prima ancora di essere iniziato. Le
lacrime sottili le rigavano il viso già bagnato dal volere del cielo.
Un’auto distratta, passò sopra una grossa pozza
d’acqua e la bagnò ancora di più di quanto già lo fosse.
Si era fermata. Era arrivata alla sua
destinazione.
Volse i profondi occhi neri verso quel grande
balcone di pietra che, sopra di lei, la guardava severo.
La sua corsa era finita, era arrivata al punto di
partenza, al traguardo, sotto quella casa colma di ricordi allegri e di
delusioni. Sotto quella casa che li aveva visti ridere, domandare e litigare.
Sotto quella casa che era stata anche un po’ sua. Sotto quella casa che, ormai,
era di tutti e due.
Alzò lo sguardo, come a sfidare il maltempo, e si
asciugò le lacrime, per fare spazio a quelle nuove, che erano già pronte a
seguire il destino delle precedenti.
Girò la testa per guardarsi intorno. Non c’era
nessuno, era il momento giusto.
Non volle neanche sapere se era in casa o meno,
lei aveva corso, ed era il momento di dare un significato alla stanchezza che la
affliggeva.
Raccolse tutto il fiato che aveva in gola e sputò
quelle aspre parole che facevano male a lei, ma anche a colui che avrebbe dovuto
sentirle.
Era uno strano modo per dire addio a qualcuno, ma
lei aveva pensato che sarebbe stato molto meglio così, che per telefono.
Quella sentenza, quello strano punto e a capo al
termine di una storia durata troppo poco per essere chiamata tale, si era
dimenato tanto all’interno della mente di lei e ora aveva trovato la via adatta
per uscire.
Aspettò. Per diversi secondi che a lei, triste,
bagnata e stanca, parvero ore, ma niente, nemmeno una parola da qualche anziana
signora che tentava di dormire, nessuno le rispose.
Come? Tutto quello che aveva fatto era stato
inutile, nessuno l’aveva sentita, forse neanche lui. Quella fatica che le
sarebbe costata due settimane di punizione, non aveva prodotto alcun risultato.
Venne invasa da uno strano senso di sconforto,
come se tutta la sua vita, fino a quel momento, l’avesse vissuta solo per
arrivare ad un traguardo che non meritava quel nome.
Non era arrivata da nessuna parte. Quello che lei
per giorni aveva pensato l’avrebbe fatta di nuovo ridere, l’aveva fatta
diventare più insicura.
Si scostò i capelli fradici dalla fronte e si
lasciò cadere su quel marciapiede grigio, che la accolse con un abbraccio
gelido.
Ora non riusciva più a distinguere se piangesse
per la tristezza o ridesse per il nervoso che aveva addosso. Ognuna delle due
eventualità le dava fastidio al solo pensiero.
Perché era arrivata fino a lì?
Perché aveva fatto tanto sforzo per trovarsi sotto
quel palazzo?
Il perché non lo sapeva nemmeno lei. Veramente non
aveva mai saputo il perché di nulla di tutto ciò che aveva fatto nell’ultimo
mese.
Chiuse gli occhi. Li chiuse come ad accogliere
quel dolore lancinante che aveva tenuto dentro di lei per tutte quella
settimane.
Fra lo scroscio della pioggia che cadeva
imperterrita e la bagnava dispettosa, riconobbe, senza alcun dubbio, il rumore
di una finestra che si apriva.
Riprese quel minimo di speranza che le bastava per
alzarsi e volgere lo sguardo in direzione del suono.
Era lui. La stava guardando dall’alto della
finestra della sua camera. Da quell’alto che gli infondeva sicurezza. Non
era neppure sceso.
I loro sguardi si incrociarono e l’attesa che uno
dei due si arrendesse fu interminabile.
Nello sguardo di lei si leggeva chiaramente la
tristezza che, anche se voleva, era impossibile nascondere. Era una tristezza
forte, vera, che avrebbe lasciato qualsiasi essere umano senza possibilità di
provare rabbia nei suoi confronti.
Nello sguardo di lui, tutto il suo pentimento e la
sua insicurezza, erano ben lontani dal potersi leggere. Erano due occhi forti,
di un azzurro cielo che stonava in quella sera di novembre. Reggeva lo sguardo
sconsolato di lei e lo ricambiava con una carta più forte, spiazzante, ma
nessuno dei due aveva l’intenzione di mollare.
All’interno dei cuori di entrambi balenavano i
ricordi dei momento più svariati che avevano passato insieme.
Quei pochi, ma intensi minuti, sembravano non
voler scorrere.
La prima a cedere fu lei.
Non ce la faceva a guardarlo negli occhi senza
provare quel sentimento che aveva sorretto per due interi anni un’amicizia,
all’apparenza, interminabile.
Abbassò la testa, quasi vergognandosi di averlo
fatto.
Sentiva sulla sua pelle gli occhi di lui. La stava
guardando, ma non diceva niente.
Non rispondeva al suo ultimatum. Lo ignorava, come
se non fosse stato mai lanciato, e questo le dava molto fastidio.
Quando non ne potè veramente più, la ragazza alzò
di nuovo la testa. Le provocava ansia essere guardata senza guardare. La bocca,
quella stessa bocca che poco tempo prima aveva desiderato sfiorare le sue
labbra, era serrata. Aveva già svolto il suo compito, era stato difficile, ma
l’aveva fatto, aveva già parlato.
Ora toccava a lui. Era compito di quel ragazzo,
che si sentiva protetto sopra il suo balcone, parlare, ma lui non parlava, non
capiva che per lei era necessario sentirsi dire qualsiasi cosa, ma qualcosa.
O forse lo capiva, ma voleva farla soffrire.
Voleva ripagarla con la stessa moneta con cui lei lo aveva ferito:
l’indifferenza.
La ragazza si girò di scattò, inizio a camminare
lentamente per la strada sotto casa sua.
Sapeva che lui la stava ancora guardando e per
quello camminò ancora più lenta, come per dargli la possibilità, l’ultima, di
dirle qualcosa.
Non parlava. Stava zitto, forse sentendosi
superiore a lei.
La ragazza voltò l’angolo. Ora era finita per
sempre.
Il giorno dopo non avrebbe più accettato nemmeno
una parola. Aveva avuto la sua possibilità e non l’aveva sfruttata, per lei
voleva dire molto.
Continuava a camminare sotto la pioggia,
lentamente, senza rendersi conto del dolore che in quel momento regnava sovrano
all’interno del suo cuore.
Si fermò al semaforo e, solo in quel momento, capì
che era realmente, tutto finito, per sempre.
-*-*-
Chiuse la finestra. Ce l’aveva fatta, non era
scoppiato a piangere, aveva vinto.
Era riuscito a sostenere il suo sguardo triste,
sconfortato che, per un istante, aveva messo sconforto anche in lui.
Non aveva parlato, l’aveva fatta soffrire a fondo,
si era dimostrato superiore.
Ora, non avrebbe avuto più problemi, non avrebbe
più dovuto chiedersi se lei aveva letto l’ultimo messaggio che le aveva mandato,
se stava rispondendo, se stava provando quello che lui avrebbe voluto farle
provare.
Aveva messo a tacere, finalmente, quella storia.
Aveva dato una risposta definitiva a tutti i suoi
punti interrogativi.
Non si sarebbero più parlati, non avrebbe più
dovuto sostenere quei due occhi neri che l’avevano fatto innamorare.
Non avrebbe più avuto lei.
Si voltò verso la strada. Aveva vinto o
perso?
________________________________
E' il primo capitolo della mia prima
ff. Cercate di non essere troppo severi nel commentare,
please....
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Mai Più Noi- Capitolo 2
CAPITOLO 2
Il sole. Entrava prepotente di
spazio all’interno della stanza.
I raggi si spandevano
lentamente sopra i mobili. Uno, un po’ più temerario, iniziò la conquista del
letto. Dal copriletto salì alle lenzuola e da lì, al cuscino.
Lei strizzò gli occhi,
infastidita da quell’arrivo indesiderato.
Si voltò dall’altra parte.
Socchiuse gli occhi e incrociò quelli di sua madre.
Era lì, sull’uscio e la
guardava. L’aveva sentita rientrare tardi, la sera prima, ed ora la osservava
preoccupata.
Cos’aveva da un po’ di tempo
la sua bambina? Cosa le passava per la testa?
Non aveva mai trovato il
coraggio di chiederglielo e, la figlia, di
dirglielo.
Non si parlavano, non l’aveva
mai fatto.
Richiuse gli occhi. Mise la
testa sotto il cuscino e, protetta da quel fedele alleato
disse
- Oggi non vado a
scuola.
-
Perché?
- Perché non ne ho voglia, non
me la sento.
- Certo, è una settimana che
non te la senti. Cosa scriverai sulla giustifica “Non me la sentivo e non sono
venuta”
- Potrebbe essere un’idea,
grazie. Ora esci.
La madre non uscì. Non voleva
che la figlia saltasse un altro giorno di scuola. Voleva sapere perché non se la
sentiva di andare. Voleva sentirsi partecipe di quel mondo che lei stessa aveva
creato sedici anni prima.
- Spiegami perché non te la
senti, altrimenti ti alzi e vai a scuola.
Una guerra. Una guerra
continua. Una guerra fatta di sguardi, di gesti, di parole crudeli.
Ecco perché non se la sentiva.
Ma come poteva spiegarglielo?
- Non me la sento, non sto
molto bene.
- Non stai molto bene per
andare a scuola, ma per tornare tardi la sera stai benissimo,
vero?
- Ieri
sera....
Era quello il motivo percui
aveva sempre trovato insopportabile sua madre. Si ficcava negli affari di tutti,
pretendeva di sapere tutto, ma non sapeva niente.
- Ieri sera mi sentivo bene,
volevo andare a scuola, ma mentre ero fuori ha cominciato a piovere e ho preso
freddo.
Bomba sganciata, aveva
raccontato una mezza bugia. Una mezza verità.
- Certo. Perché tu non esci
mai col cappotto, non fai mai niente di quello che ti dico.
Quanto aveva ragione. Quanto
sapeva di aver ragione.
Quanto sbagliava ad imporle di
fare tutto quello che le si diceva di fare.
- Oggi tu andrai a
scuola.
Detto questo usci dalla
stanza.
Non aveva ribattuto. Sapeva di
aver torto.
Si alzò. Diede un’occhiata
alla sveglia, mai caricata da quando era su quel comodino, in quella
stanza.
Mise un piede per terra. Toccò
il pavimento gelido e rabbrividì.
Velocemente rimise il piede
sotto le coperte e si coricò nel letto.
Chiuse gli occhi. Non poteva,
non ce la faceva, solo all’idea aveva paura.
Rivederlo. Averlo davanti agli
occhi e non parlargli, non potergli dire tutto e
niente.
Con un balzò veloce scese
definitivamente dal letto.
Doveva farcela, non per lui,
non per sua madre, non per Sara, che ogni giorno le diceva di lasciarlo perdere.
Per nessuno di tutti quelli che conosceva, solo per la persona che conosceva di
meno e di cui aveva più paura: se stessa.
Solo per se stessa si vestì
velocemente, non fece colazione, scese in strada e corse come la sera prima.
Cartella in spalle, jeans e maglietta a maniche lunghe addosso e tristezza nel
cuore.
I gradini di pietra della
scuola si facevano sempre più vicini e il suo letto caldo sempre più
lontano.
Li salì fino all’ultimo, si
mise in piedi davanti all’entrata e fissò a lungo il suo gruppo di
amici.
Lui non c’era. Non era
arrivato puntuale, come poche volte. Forse non sarebbe neanche arrivato. Con
quell’ultimo pensiero in mente entrò nel lungo corridoio della scuola, salì le
scale e varcò la porta della propria classe.
La professoressa non era
ancora arrivata. Meno male. Prese posto nell’ultimo banco a destra, quello
vicino alla porta e aspettò. Aspettò con ansia che tutti i ragazzi della classe
fossero entrati, per poter tirare un sospiro di sollievo nel non vederlo varcare
quella porta verde.
Erano le otto e cinque quando
la prof. si sedette alla cattedra. Tirò fuori dalla borsa nera e logora il
registro e iniziò l’appello.
- Di Mari
Cristina?
-
Presente
- Donterre
Francesco?
-
Assente.
- Farletti
Giulia?
-
Presente.
- Finalmente abbiamo l’onore
di riaverla tra noi, signorina Farletti.
- Non mi sono sentita molto
bene in questi ultimi giorni.
- Vediamo la
giustifica.
Merda! La giustifica! Quella
benedetta giustifica. L’aveva lasciata sul comodino, accanto alla sveglia, e se
l’era dimenticata.
- Veramente l’ho dimenticata a
casa.
- Bene. Vuole una bella nota
dopo ben quattro giorni di assenza?
- Non la vorrei ma visto che
non ho la giustifica...
- Sarò buona Farletti.
Chiamerò sua madre per accertarmi che lei non mi stia dicendo
sciocchezze.
- Va bene, grazie
professoressa.
La porta si aprì lentamente.
Tutti si voltarono, compresa Giulia, che avrebbe
voluto non arrivasse mai quel momento.
Sara le mise una mano sulla
spalla. Lei sapeva.
Era lì sulla porta che
guardava la classe in cerca di lei. La trovò, incrociò il suo sguardo per un
attimo poi fu distratto dalla voce della prof.
- Signor Panasti, qual buon
vento la porta qui in classe con noi?
Lui non rispose, la stava
ancora fissando, come per chiederle se con quell’”addio” lei aveva inteso
veramente addio.
Lo scansò, gli rispose con
quel gesto. Lei non aveva scherzato, aveva inteso addio, e per
sempre.
Si diresse trafelato e
tristissimo verso il proprio banco. Aveva corso per avere quella risposta e ora
preferiva non averlo fatto.
- Domani voglio un colloquio
con sua madre.
Daniele non la stava
ascoltando. Era in corso, dentro di se, una battaglia di emozioni, uno scoppio
di sensazioni mai provate prima e solo lei, Giulia, lo vedeva.
Lo conosceva fin troppo bene
per non sapere quello che stava provando.
Voleva piangere ma doveva
trattenersi.
- Mi porti immediatamente il
diario, signor Panasti!
Federico, il suo vicino di
banco, nonché miglior amico, aveva intuito che era successo qualcosa, ma, non
capendo, portò il diario alla cattedra al posto di
Daniele.,
Perché? Perché erano dovuti
arrivare fino a quel punto? Perché per capire che le voleva troppo bene per
lasciarla andare era dovuto accadere quello che era
accaduto?
La prof. finì l’appello e
cominciò a spiegare la lezione di storia.
Giulia aprì il libro, ma
quando lo richiuse, al suonare della campanella, Sara non potè non notare che la
pagine lette erano macchiate di qualche lacrima disubbidiente, testimone di quel
dolore.
______________________________________
Beh...questo capitolo non mi è piaciuto
molto quando l'ho riletto, prima di pubblicarlo, ma è necessario per la storia e
poi, non è poi così tanto male...spero che vi piaccia e che
commentiate.
Passiamo ai ringraziamenti.
Lady vampire: grazie,
grazie, grazie...le mie storie sono tristi un po' come le tue...lo sai che ti
voglio bene anch'io! Spero che questo capitolo ti piaccia più del primo ^_^
Ciauuuu.
Mikiko: ecco il
proseguimento tanto sperato! Sono contenta che la storia ti piaccia e spero che
ti continui a piacere!
Miss_miky: anche a me
il primo capitolo è piaciuto tantissimo ^_^ e sono felice che sia piaciuto anche
a te.
Kia93: ciao Kia, la
tua sasà chan, la mia sà, mi ha parlato tanto di te e, come me ne ha
parlato, sono fiera del fatto che ti sia piaciuta, perchè, anche se non ti
conosco direttamennte, ti stimo. Mi auguro che anche questo capitolo
ti piaccia come il primo ^_^ Ciauuuuu!
Baci a tutte le persone che leggeranno
il capitolo e che continueranno a seguire la storia
la vostra affezionata
Miss dark
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Mai Più Noi- Capitolo 3
CAPITOLO 3
Ricordi.
Sono le sei del pomeriggio, un
citofono suona, una ragazza risponde e un’altra ragazza già
piange.
Daniele varca la porta, ma
capisce subito che il motivo per cui è stato chiamato non è dei
migliori.
A piangere è Giulia, la sua
Giugiù.
E’ seduta sul grande letto di
camera sua e lo guarda.
Lui non capisce il significato
di quella lacrime e non lo capirà mai fino in
fondo.
- Che
succede?
- Sei uno stronzo! Ecco che
succede.
Lui capisce ancora meno, ma la
ascolta.
- Perché? Dimmi solo il
perché!
- Di che
cosa?
Lei inizia ad
urlare.
- Non far finta di non capire.
Perchè sei uscito con lei, con quell’idiota di
Gloria?
Ora gli è tutto molto più
chiaro, ma non dice nulla, non si spiega quella
domanda.
- Perché non
parli?
- Noi due siamo solo amici,
vero Giulia?
- Certo, solo
amici!
Continua ad urlare e a
piangere. Lui si innervosisce.
- E’ quello che ci siamo
giurati vero?
- Piantala di fare domande e
di non rispondere alle mie!
Non ne può più di quelle urla.
Comincia ad urlare anche lui.
- Se non mi spieghi un cazzo
di quello che stai dicendo, non posso certo rispondere alle tue
domande!
Ha paura. Piange ancora più
forte.
- Perché
piangi?
Urla molto di più. Ora è
veramente arrabbiato.
- Perché tu
urli?
- Perché urlo? Ma tu ti
senti?
Non ragiona più.
- Dimmi perché piangi,
stupida.
Non risponde, ha paura, ha
paura di lui, di quello che le può fare, e lei sa che cosa può
fare.
- Dimmelo. Piangi perché sono
uscito con una ragazza?
Fa cenno di sì con la
testa.
Lui si calma, ma è ancora
arrabbiato. Perché non gliel’ha mai detto? Perché ha dovuto trascinare la storia
fino a quel punto?
-
Giulia!
Lei si vergogna. Sa di aver
sbagliato.
Daniele si siede accanto a
lei, le prende la mano, come ha sempre fatto quando lei piangeva e gliela
stringe.
Lei lo abbraccia forte. Non ha
più paura, lo ama.
Daniele la guarda negli occhi,
lei ricambia lo sguardo. È uno sguardo tenero, dolce, di
comprensione.
Rimangono così per pochi
secondi. Lui si alza, prende il cappotto che ha posato sul letto ed
esce.
Giulia capisce che era uno
sguardo d’addio. Si sdraia sul letto, chiude gli occhi e si immagina abbracciata
a lui, come pochi, meravigliosi ed intensi istanti
prima.
-*-*-
Scende le scale.
Non le potrà mai restituire
quello che lei prova per lui.
Decide di farla finita, di
troncare quell’amicizia bellissima. Non potrà mai renderla felice come lei
spera.
Glielo dirà domani. Almeno
pensa.
______________________________
Ecco il tanto atteso terzo
capitolo. Si capiscono tante cose della storia, e in seguito se ne capiranno
molte altre... questa storia inizia ad appassionare anche me... io l'ho scritta
qualche mese fa, in un momento in cui mi serviva tantissimo sfogare i miei
pensieri e sentimenti. Ok la smetto di annoiarvi con la mia triste vita...
^_^
Passiamo ai
ringraziamenti delle persone che hanno recensito.
Lady vampire:
non farai una brutta fine, ma mi sono ispirata abbastanza a te. Non
voglio fare anticipazioni, ma ti dico che ogni riferimento alla nostra amicizia,
non è sempre vero.... grazie di essere sempre la prima a recensire.... ti voglio
tantissimo bene!!!!
Kia93:
grazie, grazie, grazie... triplo commento, triplo ringraziemento ^_^ Ti
ringrazio di tutti i complimenti che mi fai, sono contenta che ti piaccia la mia
ff!!!!
Memole_88:
questa storia è molto vicina anche a me, ma credo che sia capitato a molte
ragazze di innamorarsi del proprio migliore amico e di non essere ricambiate ç_ç
comunque, fra qualche capitolo ci sarà un miglioramento morale... non molto
presto... va beh, la smetto... spero ti sia piaciuto anche questo capitolo...
ciauuuuuu!!!!
Grazie anche a tutte le
persone che hanno letto tutti i capitoli e che continueranno a seguire la storia
di Giulia, Daniele e Sara.... ^_^
Bacioni
la vostra
Miss dark
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Mai Più Noi Capitolo 4
CAPITOLO 4
Oggi. Corridoio della scuola.
Ora di matematica.
Giulia è uscita per prendere
una boccata d’aria da quell’interminabile susseguirsi di formule, teoremi e
calcoli. Non ha mai sopportato la matematica, nemmeno alle
medie.
Mette le cuffie alle orecchie,
decide di dedicarsi una canzone, per staccare del tutto la
mente.
“Notte prima degli esami,
notte di polizia...,” Venditti canta forte, in un concerto solo per
lei.
Raggiunge le scale, scende
qualche gradino e si siede sul penultimo. Si lascia cullare da quelle note
romantiche e quasi si addormenta.
La canzone finisce. Peccato,
avrebbe volentieri saltato qualche altro minuto di quella giornata squallida, ma
non può.
Si alza a malavoglia e si
dirige verso la classe. Passa davanti ai bagni, lo sgabuzzino dei bidelli, altre
due porte verdi, uguali a quella della sua classe, e poi è arrivata.
Tira un lungo respiro, poggia
la mano sulla maniglia e apre la porta.
Si siede veloce, come per non
farsi notare, ma non ce la fa.
- Farletti, stavo giusto
cercando un volontario per l’interrogazione di
oggi.
La prof. l’ha sempre odiata,
dal primo giorno del primo anno, ma che ci può fare lei, povera vittima
dell’interrogazione giornaliera.
- Io non sono una volontaria.
Anzi, farei volentieri a meno della sua
interrogazione.
- Molto divertente. Ora vieni
alla cattedra e vediamo come ti sei preparata.
Se vuole sapere come si è
preparata sarà un’interrogazione molto corta. Ieri sera ha avuto di meglio da
fare. O di peggio, dipende.
-
Allora.....
La prof. sta sfogliando
lentamente le pagine del libro di aritmetica col suo dito affusolato e
rugoso.
- Mi dica il primo teorema di
Euclide.
Bene! E chi sarebbe
quest’Euclide? Ci ragiona attentamente.
- Beh, stando al teorema di
Euclide si deduce che....
Si deduce che.... Non sa
neanche lei che cosa vuole dire.
- Farletti? Si
deduce....
La porta si spalanca. Il
bidello entra trionfante in classe, consapevole di aver salvato uno degli
alunni, probabilmente interrogato alla cattedra.
- Ci sarebbe un piccolo
problema. Il preside la desidera nel suo ufficio il prima
possibile.
-
Certo.
Lancia uno sguardo fulmineo a
Giulia, è lei quella salvata.
La professoressa esce
velocemente dalla classe, il rumore dei suoi tacchi si allontana sempre di più,
mentre quello delle urla degli alunni lo può sentire solo il
bidello.
Daniele si alza, va verso la
cattedra, vuole chiedere spiegazioni a Giulia.
Sara lo vede, fiuta aria di
guai ed è più veloce.
- Giulia, te la sei vista
brutta. C’hai un culo. Mancano dieci minuti e figurati se la prof. ci mette di
meno col preside!
Lascia un’aria di mistero che
solo l’amica può intendere.
Secondo Sara, la prof. di
matematica, Ghincetti, e il preside, hanno una storia d’amore, piena d’intrighi
e di passioni folli. Per lei, lo fanno sulla cattedra del preside, vicino alla
macchina del caffé e pure sui tavoli della mensa, ma Giulia la conosce troppo
bene, sa che alla sua fantasia, non ci sono limiti.
Daniele si allontana
sconsolato, ha capito che, almeno per oggi, non avrà
risposte.
La campanella dell’ultima ora
è quella che sembra non suonare, mai.
Però, dopo le preghiere di
tutti e ventiquattro i ragazzi della classe, con un flebile tintinnio, segna la
fine della giornata di scuola.
Anche oggi suona. Per Giulia,
ancora più in ritardo di tutti gli altri giorni.
Si catapulta fuori, seguita da
una ragazza ansiosa di trascorrere un pomeriggio con lei e rincorsa da un
ragazzo in cerca di disperate risposte.
Giulia e Sara fanno sempre la
strada insieme. Una volta la facevano anche con Daniele, ma da un mese no. Da un
mese, quel tratto di strada è più silenzioso, meno allegro e molto più
lungo.
Daniele sapeva come farle
ridere, come far dimenticare loro una brutta giornata o un’interrogazione andata
male; da quel pomeriggio, però, quella strada era colma di ricordi, di strane
emozioni, di malessere.
Le due amiche avevano cercato
un percorso alternativo, ma l’unico era molto più lungo e
stancante.
Immersa in questi pensieri,
Giulia era arrivata a casa, aveva salito le scale e si era sdraiata sul letto.
Aveva annullato l’incontro con
Sara con un semplice “Non mi sento molto bene” e ora era in camera sua, a
contemplare il soffitto.
La ragazza prese l’I pod, si
mise una cuffia nell’orecchio destro e attese l’inizio della sua canzone
preferita: “Domani”
Le venne in mente il giorno
del concerto.
L’aveva accompagnata proprio
lui. Erano arrivati sei ore prima del concerto e si erano presi un bel posto in
seconda fila.
Alle dieci e mezza di sera i
Finley avevano fatto la loro entrata sul palco e avevano iniziato a cantare il
primo brano del loro secondo disco. Che emozione sentirli cantare! Che emozione
cantare con loro! Che emozione stare abbracciata a Daniele per tutto il
concerto! A lui non era mai piaciuto quel gruppo, ma l’aveva accompagnata
volentieri, per vederla sorridere.
Giulia decise di scacciare in
fretta quel pensiero e di cambiare immediatamente canzone. Quella non era più la
sua preferita.
Chiuse gli occhi, aspettò che
la canzone seguente iniziasse e, poi, si
addormentò.
Sognò il momento mai arrivato
di dargli un bacio. Un momento magico, che lei sapeva non avrebbe mai
dimenticato, ma ora quella meravigliosa sensazione le dava fastidio. Pensare che
a lui non avrebbe fatto piacere, che non sarebbe stato molto importante, la
faceva stare troppo male. Preferiva dimenticare.
Sono le tre del pomeriggio,
Daniele e lì. Davanti alla scuola, proprio dove Mariangela gli aveva detto di
aspettarlo.
Quando lei gli aveva chiesto
se gli andava di accompagnarla a nuoto, non c’aveva pensato due volte. Era la
ragazza più bella di tutta la scuola e lui aveva avuto il privilegio di poterla
vedere in costume da bagno, come rifiutare.
Ora, però, dopo averla
aspettata per mezz’ora, si stava chiedendo se non fosse stato tutto uno scherzo
di pessimo gusto.
Era seduto su una delle
panchine nella piazza e guardava verso i gradini della scuola, nella vana
speranza di vederla arrivare, dirigersi di corsa verso di lui e scusarsi con un
bacio passionale.
Quella era stato il suo
desiderio sin dall’inizio. O prima o dopo, voleva baciarla, a lungo e con
intensità.
Chiuse gli occhi e s’immaginò
la scena. Che bello sarebbe stato! Se fosse stato.
Sentì vibrare il telefonino
nella tasca. Tirò fuori il vecchio modello di Nokia e, per pochi secondi, sperò
che fosse stata Mariangela a scrivergli un
messaggio.
Non era lei. Federico gli
chiedeva come stava andando con Marilena e perché quella mattina era così
rabbuiato.
Daniele non sapeva come
rispondere alla prima domanda e non voleva rispondere alla
seconda.
Accidenti a lui, non aveva
pensato a Giulia per tutto il pomeriggio e ora ci voleva quell’idiota a
ricordargli della sua esistenza.
Quella
stupida ragazza viziata che gli aveva rovinato metà anno scolastico. Veramente una stronza.
Subito dopo aver pensato
queste amare parole, si sentì un mostro orribile. Come poteva pensare così di
quella persona meravigliosa che gli era sempre corsa in aiuto, anche non sapendo
per quale motivo. Era stato lui lo stronzo.
D’altronde lei non aveva
nessuna colpa. Non si comanda all’amore. Non si può decidere per chi farsi
mancare il respiro, per chi dimenticarsi persino di mangiare. Giulia si era innamorata di Daniele, ma lui non
di lei, non al momento giusto. Pensarla a piangere sul suo comodissimo letto
tutto arancione e rosso gli provocava una stretta al
cuore.
Una tristezza nell’anima prese
a dilagarsi, anche un’incontro con Mariangela lo avrebbe tirato
su.
Il pomeriggio era rovinato.
Tanto valeva andare a casa.
_______________________________
Eccomi...sono tornata!!! Lo so, per pubblicare questo
cap c'ho messo una settimana, ma se sapeste cosa mi è successo in questi giorni,
credo che capireste.
In ogni caso...ecco il quarto capitolo della
storia. Per Daniele e Giulia si prevedono tempi duri,ma loro ce la
faranno...o no?!?
Che bello tenervi sulle spine ^_^ !!! No, scherzo,
cercherò di aggiornare presto, d'ora in poi, promesso!!!
Passiamo, come d'abitudine, ai
ringraziamenti.
Kia 93: sai...è veramente orribile!!!
anche perchè quando capisci che lui non prova lo stesso per te, ti senti
crollare il modo addosso ed è difficile trovare l'uscita dal pozzo buio in cui
si cade...W l'allegria ^_^ !!! Va beh...la smetto di deprimermi, grazie
ancora!!!
Cherie lily: questa storia sembra
così vera, perchè è vera, e non è altro che la mia storia!!! Magari le cose fra
me e il mio migliore amico non sono andate così per filo e per segno, anzi, sono
state più umilianti, ma il senso è lo stesso. Sono contenta che ti piaccia ^___^
!!!
Miss_miky: non hai idea di quanto ti
capisca!!! mi dispiace per te e il tuo amico, ma, se vuoi un consiglio, se i
tuoi sentimenti verso di lui sono veri e forti, non mollare, continua a sperare
in un suo interessamento. Se poi credi che lui provi le stesse cose, ma sia
timido, allora prova a fargleilo capire, che ti piace... bene, dopo questo
angolo dei suggerimenti, ti ringrazio del
commento!!!!
Lady vampire: grazie,
grazissime!!! Anche io ti voglio bene ^_^ !!! E magari il libro, fra qualche
anno, lo pubblicheremo veramente!!!!
Grazie anche a:
Francy94 e Bella.
Al prossimo capitolo,
la
vostra
Miss
dark
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Mai più noi-Capitolo 5
CAPITOLO 5
Ricordi.
È buio. Sotto il chiarore
lunare splendono le piccole onde del Po. Dal ponte si possono vedere tutti i
riflessi che giocano fra di loro in uno strano girotondo di luci e
colori.
Loro sono lì. Si guardano
fissi in faccia e cercano, entrambi, di trovare il coraggio per dire quello che
pensano.
Daniele non ce l’ha fatta a
parlarle il giorno dopo, davanti a tutta la classe e le ha chiesto di andare sul
ponte a discutere. È proprio su quel ponte che loro due si erano incontrati per
la prima volta, e dove ora avrebbero scritto le ultime parole di quell’amicizia
resistente a tutto tranne che al più sommo dei sentimenti: l’amore.
È quasi un controsenso dire
che l’amore aveva rovinato tutto. Quello stesso amore che ogni persona definisce
la cosa più bella del mondo, in quel momento, Giulia desiderava non averlo mai
provato, o, almeno, non per la persona che gli stava di fronte.
- Io non voglio che finisca
tutto.
Sono le prime parole che
vengono pronunciate. Giulia ha trovato il coraggio di
dirglielo.
- Sei troppo importante per
me, non posso perderti per sempre, non puoi finire
nell’oblio.
- Soffriresti
troppo.
- Lo so, ma io non posso
correre il rischio di non passare più le giornate al tuo
fianco.
- Tu credi che sarebbe la
stessa cosa?
- Io ti amo dal primo giorno
che ti ho visto. Non sono stati bellissimi questi due anni
insieme?
- Sono stati gli anni più
belli della mia vita, ma ora che so quello che provi per me, non riuscirei a
comportarmi come prima.
Gli occhi di Giulia si bagnano
di lacrime. Quei bellissimi occhi neri che riescono guardare nel profondo del
cuore della gente, iniziano a lacrimare, dando sfogo alla tristezza che per
tanto tempo è stata tenuta nascosta all’intero di quell’esile
corpo.
Daniele si avvicina, le prende
la mano, ma lei non lo vuole, lo respinge, gli tira uno schiaffo
.
- Vuoi arrivare in fondo a
questa storia o no?
- Giugiù, io ti voglio bene,
non posso vederti piangere.
- Mi vuoi bene? Sbaglio o sei
tu ad aver appena detto che a te non va bene che noi continuiamo a frequentarci
come amici e che dovremmo troncare questa storia? Se non mi lasci scelta, sono
d’accordo!
Fra mille singhiozzi e tanta
insicurezza è riuscita a dire quelle parole che non avrebbe mai voluto
pronunciare, che la sera prima l’avevano fatta star male e che ora riaprono
ferite ancora fresche.
Abbassa lo sguardo, per non
farsi vedere fragile. Si gira, se ne va.
È arrivata alla fine del
ponte, non si volta, ma da lontano, pronuncia una frase che lui non potrà mai
perdonare.
- Io non sono la tua
Giugiù!
Il mondo di Daniele si
infrange in mille e più pezzi, si sente pesante, come se una forza sovraumana
gli premesse in testa. Lei gli ha appena dimostrato che non gli vuole più
bene.
Sta correndo. Sta correndo
lontana da lui, gli sta scappando di mano, come l’acqua scappa da un fazzoletto.
Sparisce nell’oscurità della notte, per sempre, come mai lui avrebbe pensato
sarebbe successo.
Il ragazzo non riesce più ad
opporsi a quella forza che lo spinge per terra, si lascia cadere, su quel
lastricato che lui ha sempre odiato.
No, non può
lasciarla andare via, combatterà per farla tornare da lui. La cosa più preziosa che
aveva al mondo se n’era andata via e si era portata con se il suo cuore. Lui lo
riconquisterà, e con esso, anche lei.
_______________________________________________
-
Ecco qua il
tristissimo 5° capitolo!!!! Se posso dirlo, questo è il
mio capitolo preferito, finora...comunque ne verranno tanti altri dopo,
sceglierò alla fine... ^__^
-
A voi è piaciuto???? Spero
proprio di si!
Kia93:
ecco un altro frammento della vita della nostra amica Giulia! la
tristezza prevale ancora su tutti gli altri sentimenti, ma prima o poi,
l'allegria tornerà...ma chissà per quanto e fra quanto...ah ah ah ah!!! come
sono sadica ah ah ah ah!!!!! Va beh....ho capito che è arrivata l'ora di
smetterla di dire le mie cretinate ^________^ ... baci8
-
Lady vampire:
e fifty-fifty sia!!!!!! però i diritti d'autore li voglio io e solo
io!!!!!! si, si, si, si...la mia testa si sta fondendo
lentamente...lentamente......lentamente.........lentamente...........lentamente...............buuuuuuuuuu!!!
-
lo so, lo so, mi rinchiuderai
in un manicomio in cui marcirò per il resto della mia vita....ma abbi un po'
di pieta....sono la tua best!!!!! §_§ (questa faccina non so cosa rappresenti,
ma mi piaceva)...ciauuuuu
-
-
Grazie a tutti quelli che
leggono la mia storia....ops....la storia di Giulia e
Daniele....
-
Un
abbraccio....
-
la vostra
-
Miss
dark
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Mai Più Noi-Capitolo 6
CAPITOLO
6
Ancora
ricordi.
Daniele sta tornando a casa,
sono le tre del mattino e lui non è ancora andato a dormire. Per tutto quel
tempo, dalle undici alle due e mezza di notte, è rimasto seduto per terra, nel
luogo che qualche mese dopo avrebbe ricordato come il più infausto di tutta la
città.
Non pensava a niente. Non ne
aveva la forza. Sapeva che se avesse voluto pensare, prima o poi sarebbe
riaffiorato il suo ricordo, con tanta fatica seppellito in fondo al cuore, e lui
non voleva. Non voleva ricordarla, per nulla al mondo. Il suo ricordo lo faceva
star male, il suo amaro discorso gli faceva venire la pelle d’oca. Ci aveva
messo tre ore e mezza ad allontanarla del tutto da lui, non voleva rendere vano
quello sforzo.
Non voleva ricordarsi di lei,
di Giulia, non più la sua Giugiù.
Come poteva una ragazza
all’apparenza così dolce e gentile, farsi odiare tanto da una sola persona.
In realtà lui non la odiava,
come si può odiare un angelo, collegava, semplicemente, il suo ricordo con un
sentimento molto simile all’odio, ma diametralmente opposto, di cui lui non
conosceva il nome: l’amore.
Aveva iniziato ad amarla
quando più le era stata lontano, quando aveva sentito di più la sua
mancanza.
Era tardi ormai, lui lo sapeva
e per questo non la voleva ricordare, perché non era più il momento giusto per
amarla.
-*-*-
Giulia aveva una percezione
molto strana di quello che aveva fatto dopo essere corsa via dal ponte. Non
ricordava perfettamente cos’era successo, e neanche se era successo
veramente.
Molto confusamente ricordava
di essere entrata in uno strano locale, che puzzava di alcool e di sigaro. Si
era seduta ad un tavolo, in un angolo e poi aveva ordinato un bicchiere d’acqua.
Solo quello, solo un bicchiere d’acqua per due ore che era rimasta lì, seduta a
guardare persone che giocavano a biliardo nella sala
accanto.
Il barista le aveva chiesto
più volte se voleva ordinare altro, ma lei gli aveva sempre risposto che stava
bene così.
Quando uscì, il bicchiere
d’acqua era ancora pieno, ma lei si sentiva completamente
svuotata.
Giulia non era capace di non
pensare e, come per Daniele, pensare voleva dire
ricordare.
In quella serata, si ricordò
di tutto quello che avevano fatto nei due anni in cui erano stati amici, dalla
prima avventura che avevano vissuto insieme, all’ultima cretinata di cui si
erano parlati, fino a quella sera che lei collocava come inizio della fine.
Sapeva benissimo che la loro
storia non sarebbe finita così facilmente. Un’amicizia non basta buttarla nel
cesso e tirare lo scarico; bisogna riflettere almeno cento volte su tutto quello
che è accaduto, pensare al come e al perché è successo e poi, quando si ha una
concezione abbastanza chiara degli avvenimenti, si può dire che l’amicizia e
terminata.
Comunque, dopo essere uscita
dal bar era andata a casa di Sara. Aveva suonato sei volte il campanello del suo
appartamento, svegliando ogni componente della famiglia, ma poi era riuscita ad
entrare e ad essere ascoltata.
Disse a Sara tutto quello che
sentiva dentro, versò milioni di lacrime e poi si addormentò lì, tra le braccia
della sua migliore amica, che mai come in quel momento le aveva dimostrato di
esserlo.
Oggi, casa di
Giulia.
Giulia si svegliò di
soprassalto, guardo l’orologio: le quattro e mezza del
mattino.
Si strofinò con forza gli
occhi per essere sicura che ogni rimanente di quell’incubo se ne fosse
andato.
Si alzò in piedi ed andò in
cucina a prendersi un bicchiere d’acqua.
- Cosa ci fai i piedi a
quest’ora?
Suo padre aveva sempre avuto
un sonno leggero e lei, anche quella notte, era riuscita a
svegliarlo.
- Sono venuta prendere un
bicchiere d’acqua, adesso torno a letto.
Fece proprio così, tornò a
letto, me non riuscì a prendere sonno.
Erano ormai tre notti che si
svegliava in mezzo alla notte, sempre alle quattro e mezza del
mattino.
La situazione era alquanto
insopportabile perché Giulia, dopo essersi svegliata una volta, non si
riaddormentava più fino alla sera seguente.
Doveva capire perché le
accadeva tutte le notti e sempre alla stessa ora. Ci rifletté, ma non trovò
alcuna risposta plausibile, non ce n’era alcuna. In un primo momento aveva
pensato che, visti gli incubi che faceva, non era difficile stupirsi che lei si
svegliasse di soprassalto, ma in quel caso, non si sarebbe svegliata sempre alla
stessa ora. Decise che il giorno dopo avrebbe chiesto a Sara cosa ne pensava.
Immersa in questi pensieri non
si accorse del tempo che era passato e, quando si voltò per caso verso la
sveglia, si accorse che erano le sette meno dieci.
Si alzò, andò in bagno e si
sciacquò la faccia. Era stata una notte difficile, come tutte le ultime notti,
d’altronde.
Ritornò in camera, si mise il
primo paio di pantaloni e la prima maglietta che trovò nell’armadio e andò in
cucina per fare colazione con il resto della
famiglia.
La mamma, come sempre, era in
vestaglia ai fornelli, intenta a preparare le colazioni, il padre beveva una
tazza di caffé, leggendo il giornale e la sorella di dieci anni stava facendo un
disegno con i pastelli. Si sedette vicino a lei, le diede un bacio e si mise in
bocca un cornetto alla marmellata.
- C’è qualche problema,
Giulia?
Il padre aveva finito di bere,
Giulia di mangiare. Era arrivato il fatidico momento delle domande mattutine, le
peggiori, perché tu non sei ancora abbastanza sveglio per inventarti bugie
plausibili, e sei costretto a dire la verità.
- Nessuno papà, perché ce ne
dovrebbero essere?
Giulia era rimasta sul vago
anche se aveva capito benissimo doveva voleva arrivare con quella
domanda.
- Mi sembra strano che una
ragazza attiva della tua età trovi difficoltà nel dormire dieci ore filate tutte
le notti. Vista la tua situazione, ci deve essere qualche
problema.
Giulia non capiva perché il
padre fosse così fiscale con la propria famiglia. Lui faceva lo psicologo da
quindici anni e pensava, perennemente, che le figlie avessero dei
problemi.
- Probabilmente, adesso che
sono cresciuta, mi bastano meno di dieci ore, e così mi sveglio in mezzo alla
notte.
Anche lei stessa sapeva che
era una bugia grande come il mondo, ma, come ho già detto, era troppo difficile,
alle sette e mezza del mattino, inventare scuse
plausibili.
- Potrebbe anche essere, ma tu
non dormi neanche sette ore, mentre un adulto ne richiede minimo
otto.
- Non lo so papà, per me non
ci sono problemi.
- Non ci sono, o non me ne
vuoi parlare?
- Anche fosse? Io non sono una
tua paziente, non ti pago per farmi far dire delle cose, se non te le voglio
dire. Visto che non ti do la parcella, non te le
dico.
Amara e cruda verità. È questo
che il padre voleva e che Giulia gli aveva dato.
- Va bene. Io non ti volevo
obbligare, ma se non ti senti a tuo agio parlandomene, lasciamo
perdere.
Finalmente lei era riuscita a
dire quello che pensava e aveva ottenuto il risultato sperato. Il padre non si
sarebbe più intromesso nei suoi affari.
Si alzò rumorosamente dalla
sedia, come era suo solito fare, e si diresse verso l’uscio della porta di
casa.
- Oggi vado a pranzo da Sara;
non mi aspettate neanche per cena, forse usciamo.
Uscendo sbattè la porta e,
finalmente libera da tutto e da tutti, si diresse verso la fermata del tram, per
andare a scuola.
Quella mattina era iniziata
male e il resto della giornata si prospettava ancora peggio. Non ne poteva più
di quella vita monotona e triste, voleva novità, voleva essere felice e serena,
voleva lui.
Era triste ammetterlo, ma da
quando Daniele non faceva più parte delle sue giornate, si era rabbuiata, non
rideva quasi mai e, soprattutto, non riusciva più a godersi la vita. Doveva
risolvere anche questo problema.
____________________________________
Finalmente il sesto
capitolo!!!! Sì, lo so, è un capitolo molto, molto confuso, d'altronde, spiega
la confusione che Giulia ha in testa in questo momento difficile. E se adesso vi
sembra triste e confusa, vedrete il seguito......sono un po' crudele, lo so, ma
non ci posso fare niente, sono fatta così ^____^
Ora passiamo ai ringraziamenti
delle persone che hanno commentato lo scorso cap.
Kia93: ho già
risposto al tuo dubbio in questo capitolo, comunque Daniele si era innamorato di
Giulia, ma se n'è reso conto troppo tardi....non dire che è una cosa stupida,
perchè a un mio amico, non più tanto amico, è successa la stessa identica
cosa......Spero che anche questo cap ti sia piaciuto ^___^
Lady vampire:
ecco un cap che corrisponde alla tua richiesta. Fino ad adesso è il più
lungo si tutti, poi non so che cosa ne pensi tu.....Spero che continui a
piacerti....
Niis: lo so,
è molto triste, ma come tale a me piace....le cose allegre e che vanno sempre
bene non sono proprio nel mio genere. Per il lieto fine, ci spero anche io,
visto che non ho ancora deciso come far finire la
storia........
Linasyan:
ecco qua, aggioranto il prima che ho potuto....sono felicissima che la
mia ff ti piaccia!!!!!
Grazie anche a tutte le
persone che hanno messo la storia tra i preferiti e a quelli che l'hanno letta e
che continueranno a leggerla.....
Al prossimo
cap
la vostra
Miss dark
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Mai Più Noi-Capitolo 7
CAPITOLO 7
Lei era lì. Seduta a quel
tavolo, di fronte al suo.
Lei lo vedeva. C’erano anche i
suoi amici.
Lo osservava. Aveva ordinato
una birra ma non la beveva.
Ogni piccolo particolare. Quel
minimo movimento della mano; quegli occhi che guardavano, ma non vedevano, che
non erano con lui. Erano in un altro mondo, il suo, il
loro.
Continuava a fissarlo. Com’è
bello. Lo era sempre stato. Sempre avvolto da quell’alone di mistero che non lo
abbandonava mai.
E piano piano, con cautela e
con una lentezza quasi impercettibile, iniziarono la loro discesa piccole ed
indesiderate lacrime. Lei non le ferma. Non poteva, non voleva. Erano sintomo
del suo dolore, e lei stava terribilmente male.
Mascherarlo, fingere che non
era così, le faceva ancora più male.
Lei lo amava, ancora. Più di
prima.
Non averlo accanto, non
potergli più parlare, non poter più ridere con lui...
Era tutto così difficile, così
complicato!
- Sei ancora con noi,
Giulia?
-
Cosa?
Giulia non era più con loro.
Lei voleva essere con lui, al suo fianco e poterlo abbracciare. con affetto. Con
amore.
Quelle lacrime non smettono di
scendere
Lei soffriva troppo a stare
lì. A due passi da lui e non poterlo sfiorare.
- Io vado a
casa!
Giulia si alzò. Non avrebbe
voluto, ma correva. Non sapendo come era già fuori da quel
bar.
- Ma che c’ha Giulia in ‘sto
periodo?
Anche Sara si
alzò.
- Cazzi
suoi.
Non correva. Camminava
lentamente. Prima di uscire prese fiato.
Giulia era lì. Piangeva a
dirotto.
- Perché? Perché non mi lascia
in pace? Io non lo voglio! Lo odio!
Parlava. Parlava a vanvera
lasciando scaturire dalla bocca tutte quelle cose che aveva tenuto
dentro.
-
Calmati.
- Tu non capisci, non puoi
capire! Lui era lì! A un passo da me e io... perché! Perché proprio qui! Io...io
non ce la faccio più, voglio morire!
- Ti calmi per
favore.
- No, io non posso, non posso
stare così. sto di merda! Io non voglio ma è così! IO STO DI
MERDA!
Sara sentiva cha la situazione
stava peggiorando molto, anche perché tutta la gente che c’era per strada aveva
smesso di camminare e si avvicinava a quella ragazza che piangeva e urlava
disperata.
- Per favore, cerca di
controllarti, Giulia!
Giulia non parlava più. Le
lacrime e i singhiozzi le facevano morire le parole in
gola.
Sì, soffriva e
tanto.
- Si sente bene
signorina?
- Sì, sta benissimo, solo che
le è venuto un gran mal di testa e deve andare a
casa.
Giulia alza o sguardo. Lo
cerca, cerca il suo Daniele, ma non lo trova, lui non l’ha
vista.
- Ok...andiamo a casa.
Giulia chiuse gli occhi. Si
sentì debole, quasi inconsapevole di quello che stava facendo e in una maniera a
lei sconosciuta si ritrovò sdraiata sul suo letto, in una mattina di inizio
dicembre.
______________________________________
Scusate per il linguaggio un po'...emh...avete capito, ma mi serviva
per esprimere lo stato d'animo di Giulia...se lo trovate troppo pesante, fatemelo
sapere....
Questo cap è un po' più
corto degli altri perchè mi è venuto in mente mentre ero a scuola e la storia
era già sviluppata...ho dovuto inserirlo in mezzo alla storia perchè era troppo
bello.
Mi dispiace che sia così
breve, ma mi farò perdonare pubblicando il prossimo prestissimo, molto
prima di come ho pubblicato questo...sorry T_____T
Ora i
ringraziamenti
Akami:
sono contenta che la storia ti piaccia!!!! Spero che continui a
piacerti, ciauuuuu ^___^
Lady vampire:
eccoci qua con un'ennesimo cap corto, mi dispiace, ma non l'ho fatto
apposta...spero ti sia piaciuto lo stesso.... un baciotto, la tua
Nee-chan
Kia93:
un altro cap di depressione e dispiace anche a me, per la tua speranza, credo
che ci vorrà moltissimo tempo....speriamo che tu abbia la pazienza di
aspettare....grazie del commento...
bacioni, bacini,
bacetti..... ^x^
Francy94:
ho postato un po' in ritardo, scusa....magari, fra un po', la vita di
Giulia migliorerà, tocca a noi avere la pazienza di aspettare, un abbraccio, al
prossimo cap
Garzie a tutti quelli che
seguono la storia.
Alla
prossima
la
vostra
Miss
dark
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Mai Più Noi-Capitolo 8
CAPITOLO
8
- Abbiamo solo 16 anni, non
devi rovinarti la vita per il primo stronzo che capita, te lo vuoi mettere in
testa? Lui ti ha detto di no, tu hai lasciato perdere e ora lui ti rivuole,
credi che potrebbe tornare tutto come prima? Credi che staresti meglio o
peggio?
- Non lo
so.
- Se non lo sai tu, visto che
io non sono veggente, non possiamo trovare una soluzione! Sta diventando
insopportabile questa storia, te ne sei resa conto,
vero?
- Sì, ma non so cosa
fare!
Giulia stava per mettersi a
piangere. Sara aveva ragione, quella faccenda iniziava ad essere abbastanza
scocciante per tutti. Voleva trovarla una soluzione, doveva, ma, in quel
momento, non le era sufficientemente chiara.
- Devi lasciare le cose come
stanno, soffrirai ancora per molto tempo, ma piano piano, il dolore diminuirà
fino a scomparire e allora, finalmente, tu capirai che hai fatto la scelta
giusta e, soprattutto, non staremo più qui a farci queste domande dalle risposte
ovvie.
Sara le mise una mano sotto il
mento e le tirò su il viso irrigato da lacrime.
- Vedrai, si risolverà tutto e
la nostra vita tornerà migliore di prima. Te lo
prometto!
- Grazie, sei una vera
amica!
Giulia si asciugò le lacrime
con un fazzoletto di carta e accennò un piccolo e timido
sorriso.
- Bene, visto che abbiamo
risolto la parte teorica della faccenda più importante del momento, consiglierei
di andare a prenderci una bella cioccolata calda al Bar
dell’Angolo.
- Ci
sto!
Si allacciarono in fretta le
All Star nere, si misero i cappotti della Kappa e uscirono, golose di
divertimento.
-*-*-
La fievole luce di una piccola
lampada da scrivania illuminava la stanza buia. Un ragazzo chino sui libri era
seduto al piccolo tavolo, con le mani nei capelli.
- Non l’imparerò mai, è
inutile che io sprechi il mio tempo, sono un asino
ignorante.
Chiuse il libro, spense la
lampada ed uscì dalla stanza.
- Io esco, non prometto di
tornare per cena. Fate come se io non esistessi.
Era infuriato, sbattè la porta
d’entrata e fece tutte le rampe di scale di corsa, per
sfogarsi.
Salì sul motorino, ingranò la
prima e partì, nel silenzio della sera. Il vento gli sferzava la faccia,
spazzando via le lacrime che sgorgavano senza
ostacoli.
Era triste. Triste come non
era mai stato in vita sua. Avrebbe voluto fermare quelle lacrime disubbidienti
che gli rigavano la faccia, ma non poteva, le aveva tenute troppo dentro. Era
ora di piangere, di sfogarsi.
Frenò di colpo. Una signora
col passeggino e dalla faccia spaventata attraversò più velocemente che poteva
le strisce pedonali, imprecando contro quel ragazzaccio che la stava per
investire.
Restò lì, fermo, in mezzo alla
carreggiata. Non per lo spavento, non per le parole di quella povera signora,
per prendere fiato. Per prendere fiato dal mondo, dalle sue ingiustizie, dalla
tristezza che queste comportano.
Si guardò intorno, cercando di
raccapezzarsi. Era sotto casa sua. Non sapeva come ci era arrivato, per quale
motivo, ma era lì.
Non poteva salire come faceva
tutte le volte che aveva bisogno di parlare, non la poteva chiamare al cellulare
e dirle di scendere al volo per andare a fare un giro. Doveva arrendersi alla
verità, era finita. Se lo doveva mettere in testa che, oramai, non c’erano più
speranze, quell’amicizia era terminata e non avrebbe potuto mai più
ricominciare.
-*-*-
- Guarda che i miei mi
ammazzano se non torno per l’ora di cena, devo andare a
casa.
Giulia stava sussurrando alle
orecchie di Sara, per non farsi sentire dai due ragazzi che avevano offerto loro
la cioccolata.
- Dai, gli dici che resti a
cena da me, per favore.
- No, non mi piacciono ‘sti
due! Quello biondo continua a guardarmi in modo strano. Secondo me, hanno brutte
intenzioni.
- Va bene.
Sara aveva la voce delusa,
quello moro le piaceva e non trovava male neanche quello biondo, ma l’amica si
sentiva a disagio e lei veniva prima di qualsiasi
ragazzo.
- Noi dobbiamo andare,
ciao.
- Come! Non andiamo a cena
insieme? Noi ci tenevamo!
Giulia tornò a
sussurrare.
- Io te l’ho detto che le loro
intenzioni non erano uguali alle nostre. Anche volendo, tu non puoi andare a
cena con loro, sbaglio o il ragazzo tu già ce
l’hai?
Sara le rispose con uno
sbuffo.
- No, mi dispiace, ma la mia
amica non si sente molto bene e poi, io, ce l’ho già il ragazzo e lei esce da
una storia difficile, non è proprio il momento adatto,
credetemi.
Le due non aspettarono neanche
una loro risposta o un loro insulto, si girarono e si misero a correre come
delle forsennate verso la fermata dell’autobus, che stava giusto
passando.
Lo presero al volo. Per
fortuna trovarono due posti liberi e si poterono sedere a prendere un po’ di
fiato.
- Certo che quei due non erano
niente male!
- Secondo me erano solo dei
porci e non avevano neanche serie intenzioni, abbiamo fatto bene ad andare
via.
- Sarà, ma a me quello moro
piaceva un casino!
- Ma tu ce l’hai il ragazzo,
ed è pure bello e simpatico, come fai a pensare di
lasciarlo.
- Sono altruista, lo voglio
lasciare al resto del mondo, io me lo sono già goduto
abbastanza!
- Lo vuoi
lasciare?!?
La faccia di Giulia era a metà
strada tra il sorpreso e l’arrabbiato. Michele aveva sempre trattato bene Sara,
l’aveva sempre amata molto e le aveva anche lasciato tutta la libertà che lei
gli aveva sempre chiesto. Come poteva, Sara, desiderare un ragazzo migliore di
quello che aveva già adesso?
- Sì, mi sono stancata di lui.
Mi sta sempre troppo attaccato e poi, mi sa che lui mi ha già tradita con
un’altra.
- Ma figurati se Michele ti
farebbe mai un torto del genere!
- Tu come la interpreteresti
se vedessi il tuo ragazzo abbracciato alla ragazza più facile della
classe?
Giulia non sapeva che cosa
rispondere, non riusciva a credere che un ragazzo così buono avesse fatto un
tale torto alla sua fidanzata.
- Mi dispiace, non potevo
saperlo. Perché non me l’hai detto?
- Perché non ci ho dato troppo
peso, ho preso una decisione da sola e domani la metterò in atto, lo smerderò
davanti a tutti i suoi amici.
- Però potevi almeno
dirmelo!
- Sei già abbastanza triste
per i fatti tuoi, non volevo accollarti anche le mie
preoccupazioni.
- Ma fra amiche si fa così, ci
si aiuta a vicenda.
- Scusa, prometto che d’ora in
poi ti racconterò tutto, ma proprio tutto. Ora, però, scendiamo, è la nostra
fermata.
-*-*-
Daniele abbassò lo sguardo.
Non doveva piangere, doveva smetterla! Non era più il caso di piangere. Lui
avrebbe tanto voluto, ma non poteva, non poteva continuare piangere per un qualcosa di
irrisolvibile. Doveva convincersi di ciò che era successo e prenderne atto,
agendo di conseguenza.
Scese dal motorino, andò verso
la fontana nella piazzetta lì vicino, quella dove lui e Giulia si erano spesso
abbracciati per salutarsi, per dirsi che si sarebbero visti il giorno
dopo.
Bevve due sorsi d’acqua.
Questa sgorgò gelida nella sua gola, alleviando ogni sua preoccupazione e
rinfrescandogli non solo la bocca, ma anche lo spirito.
Si allontanò per andarsi a
sedere sul bordo di una fontana più grande, con tanto di giochi d’acqua e rocce
finte.
Era una bella serata. Il cielo
era sereno, quasi fosse stato dimenticato dalle
nuvole.
Le stelle splendevano luminose
su Torino, e la luna, sovrana di quello spettacolo mozzafiato, si stagliava
pacata sulle colline, illuminando tutte le vie, le piazze e i monumenti, a
partire dalla Mole.
Daniele era rimasto
meravigliato alla vista di quel panorama mozzafiato e si era completamente
dimenticato dei suoi problemi.
Chiuse gli occhi. Era stanco,
era stata una settimana lunga e difficile. Non era riuscito neanche a capire se
la persona che per lui contava di più al mondo, provasse ancora qualcosa per lui
o se avesse veramente inteso che non si sarebbero mai più visti, parlati,
salutati.
Aveva studiato tutto il
pomeriggio e, quando era uscito di casa per prendere un boccata d’aria, il
destino lo aveva portato davanti a casa sua, davanti a quel portone che aveva
segnato la fine della loro amicizia.
Daniele aprì gli occhi,
distolse la sua attenzione da quei pensieri tristi e ascoltò attentamente il
silenzio. Pochi secondi dopo, la sua intuizione si dimostrò fondata: da una
delle strade che finivano nella piazza, arrivavano delle risate.
Il ragazzo tornò speranzoso,
aveva un’altra possibilità per scoprire la verità che a tutti era ormai chiara,
tranne che a lui.
-*-*-
Giulia e Sara scesero dal
tram, in silenzio.
Camminarono abbastanza
velocemente per raggiungere il prima possibile casa di Giulia, per non farla
sgridare dalla madre.
- Certo che mi hai scioccata
dicendomi che Michele ti ha tradita per Marilena. È pure brutta, secondo
me.
- Beh, proprio brutta non
direi, ma non è certo tutta ‘sta gran bellezza che i ragazzi vogliono far
credere.
- Guarda che loro ci vanno
dietro solo perché l’ha già fatto più di una volta!
- Lo so, però se fosse un
cesso tremendo, non ci andrebbe dietro nessuno!
Giulia sorrise.
Ci fu qualche secondo di
silenzio.
- Te la vedi Marilena grassa,
piena di brufoli, con gli occhiali e l’apparecchio ai
denti?
Sara ci mise un po’ per
formarsi un’immagine nitida di quello che l’amica le aveva chiesto, ma appena le
venne in mente, scoppiò in una sonora risata, seguita da quella di
Giulia.
Arrivarono all’angolo e
sbucarono nella piazzetta della loro gelateria preferita. Alla fontana era
seduto un ragazzo dai capelli castani e con un giubbotto blu scuro,
inconfondibile.
Giulia lo riconobbe
all’istante e sentì tremare le gambe. Anche Sara, dopo qualche istante lo
riconobbe e, anche se non le tremavano le gambe, ebbe paura per l’amica. Era
tutto il pomeriggio che non aveva pensato a lui, e ora se lo ritrovava davanti,
non doveva essere molto piacevole!
- Cosa ci fai qui?
Chiese Giulia scocciata, era
chiaro che fosse infastidita dalla sua presenza.
Daniele non sapeva cosa dire,
non sapeva neanche lui per quale motivo fosse lì, figuriamoci se potesse
spiegarlo.
- Io avrei iniziato la
conversazione con un “ciao”, ma va bene anche così.
- Infatti io non voglio
conversare con te!
-
Ah...
- C’è un motivo per cui sei
qui o avevi solo voglia di darmi fastidio?
Daniele rimase con la bocca
aperta. Giulia non gli aveva mai parlato così, non era un buon segno, anzi,
tutto il contrario.
- Io non ti vorrei mai dare
fastidio, Giulia. Io non sono arrabbiato con te, sei tu che l’altro giorno sei
venuta a casa mia e mi hai detto addio, senza aspettare una mia
risposta!
Giulia sentì ribollire dentro
di se una rabbia che non aveva mai provato prima i vita sua, le bruciava dentro,
le faceva venire il mal di stomaco e, presto, anche il mal di
testa.
- Non ho aspettato una tua
risposta?!? Sono rimasta là sotto per un quarto d’ora prima che tu ti degnassi
di venire alla finestra. Se non te ne eri accorto, pioveva a dirotto e io ero
fradicia!
Giulia riprese fiato. Stava
urlando con odio nella voce, senza rendersene neanche
conto.
- Poi, io sono infuriata con
te! Non ti voglio mai più vedere, neanche da
lontano!
- Mi dispiace deluderti, mi
vedrai tutti i giorni a scuola, non posso
volatilizzarmi!
Anche Daniele stava alzando la
voce e Sara se ne era resa conto. Era finita nel bel mezzo di un ciclone e
sapeva benissimo che non poteva uscirne.
- Magari! Sarebbe il regalo
più bello che qualcuno potesse mai farmi!
Giulia rise forzatamente, era
a disagio, ma non lo voleva certo dare a vedere.
- Sei una stronza Giulia, lo
sai?
- Sì, me lo hai detto tu il
mese scorso!
Era vero, Daniele si era
lasciato trascinare dall’ira e, mentre stavano facendo la lezione di educazione
fisica, le aveva detto proprio che era una stronza.
-
Scusa.
- Direi che sei un po’ in
ritardo per scusarti, esattamente di tre mesi e
mezzo.
Era già passato così tanto
tempo da quella sera, su quel ponte, dove lui l’aveva allontanata per
sempre?
- Hai ragione, ma non credi
che potremmo ricominciare tutto daccapo, come se non ci fossimo mai visti, come
due estranei che vogliono scoprirsi e diventare
amici?
- Sei tu che non ci
credi.
Si girò. Per lei quella
discussione era finita, ognuno aveva detto quello che pensava e lui aveva avuto
le sue risposte. Era ora di dirgli che lei non ne voleva più sapere di lui e di
cominciare una rinascita, per stare meglio.
Si voltò di nuovo verso di
lui.
- Questa è la nostra ultima
discussione, io non ne voglio sapere più niente di te, per me è come se tu ti
fossi volatilizzato, come mi hai detto che avresti fatto se avessi
potuto.
Andò verso l’amica che le
battè un sonoro cinque sulla mano e se ne andò a casa, stanca di sentire gente
che urla.
- Addio
Giulia.
Sussurrò piano Daniele. Forse
non troppo piano, perché dagli occhi di Giulia uscì una piccola lacrima di
dolore.
____________________________________________________
Ufff....questo capitolo è
stato sudato, a suo tempo....mi ricordo anche di aver pianto un giorno,
rileggendolo....non è triste?
Vi faccio una promessa: ancora
il prossimo capitolo e poi ci saranno momenti di felicità e vera e propria
rinascita.....GIURO!!!!!
Passiamo ai
ringraziamenti prima di tutto delle persone che hanno messo la fic fra i
preferiti: Birri, Cry90, Francy94, Kia93, Linasyan, Mikiko,
Miss_miky, Neverwinter, Somoody, Sweetthings: Grazie veramente
tantissimo, vi adoro da impazzire!!!!!!!!!!!!
Linasyan:
questo capitolo è più lungo del precedente, ma altrettanto triste, a
mio parere...spero ti piaccia ^_^
Francy94: te
l'ho promesso nelle righe prima: fra pochissimi capitoli la vita di tutti
cambierà, e per qualcuno in meglio, molto meglio.....ti lascio sulle spine,
perchè ho già detto fin troppo.... ciauuuuuuu e tantissimi baci
^x^
Avrilmiki:
Tantissimi grazie per i tuoi complimenti, sono molto contenta che la
storia ti trasporti al suo interno, vedrai che, in seguito, vivrai avventure
molto positive!!! Ciao ^o^
Grazie a tutti quelli che
leggono e continueranno a seguire i nostri amici nelle loro vicende
amorose.
Al prossimo
cap
la vostra affezionatissima (mi
avete fatto innamorare di voi, miei carissimi lettori)
Miss dark
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Mai Più Noi-Capitolo 9
CAPITOLO
9
Erano le sei del mattino. Una
sveglia suonò e un ragazzo si alzò dal letto, contrariato dal dover andare a
scuola.
Si vestì lentamente, con
calma, come poche mattine. Si lavò la faccia e i denti e si fiondò in cucina per
fare colazione. La mamma non c’era, non c’era più da cinque anni precisi. Il
padre era già andato al lavoro e non gli aveva neanche preparato la colazione,
non l’aveva mai fatto. Da quando la mamma se ne era andata, Daniele non trovava
mai la colazione pronta.
Mise la caffettiera sui
fornelli e tirò fuori dalla dispensa una brioche confezionata. La addentò
affamato e la divorò del tutto prima ancora che la caffettiera
fischiasse.
Prese una tazzina e ci versò
dentro qualche goccia di quel caldo e amaro caffé appena uscito; lo bevve tutto
d’un fiato e uscì di casa, diretto verso la scuola.
Il cielo era ancora scuro e
non preannunciava una giornata di sole.
Mentre camminava, passando
davanti alla biblioteca civica si rese conto di quanto tempo era passato
dall’ultima volta in cui vi aveva messo piede e aveva letto un libro che non
fosse di scuola.
Era da quando aveva litigato
con Giulia che non aveva aperto un libro. Quando andava in biblioteca o ne
andava a comprare uno, ci andava sempre con lei che gli consigliava i suoi
preferiti.
Da quando avevano litigato,
lui aveva smesso di fare molte cose. Non perché non volesse, ma perché non le
trovava più interessanti. Senza di lei non lo erano
più.
Era da quando aveva preso atto
di questo particolare, quando si era reso conto che per lui, lei era troppo
importante, che aveva anche capito quanto l’amava.
Scacciò dalla testa qual
pensiero e camminò più veloce.
Mentre quasi correva sul
marciapiede scuro, lo stesso che lei aveva calpestato tre giorni prima, dopo
averlo lasciato solo, solo per sempre, gli venne in mente quella sera,
quell’orribile sera in cui lei si era messa sotto il suo balcone e gli aveva
urlato
- Addio! Per
sempre!
L’aveva vista fragile, avrebbe
voluto consolare le piccole lacrime che le rigavano il volto, ma quelle parole
lo avevano pietrificato del tutto, le sue orecchie non credevano che fosse
vero.
Anche quel pensiero era troppo
doloroso per i suoi gusti. Insomma, tutti i pensieri che gli venivano in mente
riguardavano lei.
Era arrivato a scuola, era
davanti al portone d’ingresso e stava lì, fermo.
Lei era davanti a lui, come la
sera prima, quando l’aveva incontrata alla piazzetta sotto casa
sua.
Lo guardava dall’alto in
basso, con un viso senza espressione, non ne dimostrava
alcuna.
Lui non parlò, non ce n’era
bisogno, i suoi occhi azzurrissimi parlavano da soli, incontrando quelli di lei,
neri come il carbone, oggi senza espressione, ma un giorno dolcissimi e
insicuri.
Lei non distolse lo sguardo
dal suo viso, lo guardava, come a cercare se le sue parole della sera prima
avessero lasciato qualche segno indelebile.
- Ciao Giuli, come
stai?
Giulia non rispose, era troppo
occupata per dare corda anche a Sara.
- Oh Giuli, che
c’hai?
Sara non si rese subito conto
che gli occhi della sua migliore amica erano rivolti verso quelli di
Daniele.
- Giulia, sei arrabbiata con
me? Dimmelo subito invece di fare ‘sta scenata
patetica!
Giulia non si voltò, ma le
disse
- Non con te, sto facendo
capire ad una persona, probabilmente troppo ottusa, che quello che dico, lo dico
seriamente e che deve, quindi, smettere anche solo di sperare che io gli
parli.
Solo quando ebbe terminato la
frase, si voltò verso Sara e le fece capire che era ora di entrare a
scuola.
-*-*-
Passi, passi sommessi
attraversano il corridoio, fino a raggiungere la camera da letto, la
sua.
- Sei arrivato, finalmente, ma
quanto ci hai messo?
- Scusa se ti ho fatto
aspettare, ma Sara rompeva, non voleva che me ne andassi prima delle
dieci.
Michele si avvicinò cauto a
quella figura dal profilo pronunciato.
- Perché non la lasci
quell’idiota?
Michele continuava ad
avvicinarsi.
- Mi sa che mi lascerà
lei.
- Ti vuoi far mettere i piedi
in testa dalla tua ragazza, se così si può dire?
Il ragazzo era arrivato alla
sedia su cui Mariangela era seduta con le gambe accavallate l’una
sull’altra.
- Chiudiamo il discorso, ok?
Ora sono qui con te, non ci pensiamo più.
- Va bene, ora
baciami.
Michele appoggiò le sue labbra
su quelle di Mariangela e poi fu lei a fare il
resto.
Michele sentì un brivido
percorrergli il corpo, Mariangela sapeva come farlo
emozionare.
- Promettimi solo che la
lascerai.
- Sei
gelosa?
I due erano rimasti immobili,
nella stessa posizione di prima, lei fra le braccia di lui e lui seduto sulla
sedia girevole della stanza da letto.
- Io non sono mai gelosa, lo
dico solo per te.
- Ti sei
offesa?
Mariangela si staccò da
Michele che la squadrò dalla testa ai piedi.
- Quando fai così sei proprio
stronzo!
Michele si alzò dalla sedia e
la raggiunse, in piedi nel bel mezzo della stanza.
- E tu li ami gli
stronzi?
- Se si sanno far
amare....
Michele la baciò di nuovo, con
passione.
-
Michele....
- Cosa
c’è?
Un trillo forte, quello delle
suonerie del cellulare, risuonò nella stanza.
Il ragazzo spostò le mani dal
corpo della ragazza alla sua tasca ed estrasse il
cellulare.
-
Pronto?
- Dove
sei?
Una voce forte, grintosa
proveniva dal piccolo telefonino.
- Cosa vuoi
Sara?
- Sapere dove sei! Sono tre
ore che ti chiamo a casa e nessuno mi risponde!
- Non avrò sentito il
telefono.
- Non mi dire stupidaggini,
Michele! Tanto lo so che sei a casa di quella stronza, magari nel suo letto,
vero?
Michele si pietrificò, come
poteva sapere?
- C’ho preso,
vero?
- Cosa vuoi,
Sara?
- Michele, voglio solo che tu
metta fine alla nostra storia, se non mi ami più come una
volta!
- Cosa devo
dirti?
- Che non mi ami più, se è
così. Che sei a casa di Mariangela e che mi stai tradendo con lei, se è la
verità.
Michele
sospirò.
- Sono a casa di Mariangela,
la sto baciando perché non amo più te, ma lei.
Per tutta risposta Sara gli
attaccò il telefono in faccia, dopo avergli detto che era uno
stronzo.
-*-*-
Sara scoppiò a piangere a
dirotto fra le braccia di Giulia, che non sapeva cosa dirle. Aveva sentito tutta
la telefonata ed era rimasta a bocca aperta.
-
Piangi.
Sara non aveva bisogno di
quell’ordine per farlo, ma Giulia glielo aveva detto per farle capire che le era
vicina.
La ragazza dai lunghi capelli
biondi pianse fino a che non ebbe più lacrime e, a quel punto, si addormentò.
Giulia la guardò. Come poteva
Michele averle fatto un torto simile, come poteva non aver provato niente nel
dirlo. Aveva avuto ragione, Sara, nel dirgli che era uno stronzo. Se lo meritava
proprio.
La abbracciò. Ora era Sara ad
aver bisogno del suo appoggio, e lei non glielo avrebbe
negato.
_____________________________________________________
Capitolo bollentino,
vero???
Adesso abbiamo tra le
mani un ragazzo disperato per la perdita della migliore amica, che ha scoperto
di amare, una ragazza superinca verso il ragazzo disperato, un'altra ragazza
disperatissima per essersi appena lasciata col ragazzo, che le ha fatto le corna
con la p*****a della scuola...ma
beeeeeeeeeeeeeeneeeeeeeee!!!!!!!
Dai...ve l'ho promesso
che tra poco saremo di nuovo tutti, più o meno, felici e
contenti.
Prima di passare ai
ringraziamenti, voglio farvi una domanda: qual è il vostro personaggio preferito
della storia????
Grazie a tutti quelli che
risponderanno e che commenteranno.
Ora, come da
copione, i ringraziamenti.
Lady vampire:
lo so, lo so, non hai le All Star nere: specifichiamo che Lady vampire,
Sara nella storia, non ha le All Star nere, ma ha quelle coi teschi. Ora dimmi
che sei contenta...ma lo sai che a volte sei impossibile...
*_*
Somoody:
grazieeeeeeeee...sei veramente gentile!!!! grazie per tutti i
complimenti, spero che la storia continui a piacerti e ad emozionarti. Un bisiu
^x^
Akami:
prossimo capitolo è arrivato e in fatto di tristezza ne porta una nuova
camionata...mi dispiace tanto per i protagonisti.
Ciauuuuuuuuuuu
Grazie anche a
Avrilmiki per aver messo la storia tra i
preferiti.
Al prossimo cap, che
pubblicherò presto, ve lo prometto,
la vostra affezionata
Miss
dark
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Mai Più Noi-Capitolo 10
CAPITOLO
10
Daniele era impalato davanti
alla vetrina del negozio di videogiochi, il suo preferito. Accanto a lui c’era
Federico. Erano rimasti incantati dalla novità del mese: Principe di Persia
III.
- Certo che la grafica è una
bellezza!
Dei maxi schermi proiettavano
alcune immagini del demo del videogioco che per mesi li aveva fatti sognare e
che finalmente era uscito, ma costava troppo per le loro tasche, riempite solo
dalle misere paghette.
- Direi che è pure più bella
di Mariangela!
Daniele si voltò verso
l’amico. Quella battuta se la poteva anche evitare, vista la buca di qualche
giorno prima.
- Dopo quello che mi ha fatto,
direi che è almeno sette volte migliore di lei.
I due non distolsero lo
sguardo dallo schermo, ma la loro attenzione fu attirata dalla voce cristallina
di una commessa che parlava all’altoparlante.
- A TUTTI COLORO CHE ANCORA
NON LO SANNO: SI INFORMA CHE QUESTO POMERIGGIO DALL ORE 15.30 ALLE ORE 18.00 SI
SVOLGERA’ IL TORNEO DI GIOCHI PER LA PLAY-STATION. IL VINCITORE
SI AGGIUDICHERA’, COME PREMIO, IL VIDEOGIOCO “NOVITA’ DEL MESE”. TUTTI COLORO
CHE SI VOGLIONO ISCRIVERE, SONO ATTESI ALLE CASSE, ENTRO LE ORE
15.00.
I due ragazzi si guardarono a
vicenda e si fiondarono verso le casse, illuminati dalla stessa, pazza
idea.
-*-*-
Giulia si svegliò. Sara
dormiva ancora, la sera prima aveva pianto troppo.
Si alzò. Si diresse verso la
cucina. Passando davanti alla camera da letto dei genitori, si accertò che
fossero tornati a casa dalla festa della sera
prima.
- Giulia, cosa ci fai tu
qui?
La mamma di Sara, Caterina,
era seduta su uno degli sgabelli della cucina, sorseggiando una tazza di caffé
amaro, come piaceva a lei.
- Sono venuta ieri sera, a
Sara serviva una spalla su cui piangere.
La donna la guardò perplessa,
magari ancora un po’ ubriaca per la sbronza della sera prima, e fece cenno di sì
con la testa.
Giulia prese il suo bicchiere
d’acqua e tornò in camera da letto.
- Che ore
sono?
Sara si era svegliata e ora
era seduta sul letto a gambe incrociate, come era suo solito fare appena si
svegliava.
- Le dieci e mezzo. Ti farà
piacere sapere che tua madre e tuo padre sono tornati ieri sera tardi, che tua
mamma è ancora mezza ubriaca e che sanno che sono
qui.
-
Certo.
-
Beh...
Giulia squadrò Sara dalla
testa ai piedi.
- Anche tu sembri
sufficientemente ubriaca!
L’amica non rise, non perché
non avesse capito la battuta o perché non l’avesse trovata divertente, perché
non aveva la forza di parlare, figuriamoci di
ridere.
- Vuoi che ti prepari la
colazione?
Giulia era tornata seria,
capendo la gravità della situazione in cui era piombata la ragazza che le dava
la schiena.
-Veramente non me la sento
proprio di mangiare.
- Devi, altrimenti come credi
di andare avanti?
- Non me la sento, non mi
forzare, per favore.
- Non devi rovinarti la vita
per il primo stronzo che capita! È un consiglio saggio, me l’ha detto un’amica e
ora io sto molto meglio.
Non era vero. Stava male
proprio come stava male prima che lei glielo dicesse, ma poteva servire per
tirare un po’ su Sara.
- Senti, ti ringrazio per
tutto quello che hai fatto per me, ma ora vattene, non mi servi più, ok?
Lasciami in pace!
- Davvero, vuoi che me ne
vada?
- Non sono scema, quello che
dico lo penso! Vattene via!
- Secondo me hai bisogno
ancora di una mano....da un’amica.
Giulia mostrò il più grande
sorriso che in quel momento potesse mostrare.
- Te ne stai andando,
stronza?
Il sorriso di Giulia si
spense, ma lei non mollava.
- Sara, non mi parlare così,
io sono tua amica, non te la prendere con me se ce l’hai con
Michele.
Sara prese fiato, si stava
preparando ad urlare come non aveva mai fatto.
- Vattene via! Io non ho
bisogno del tuo aiuto, né ora, né mai! Io non ti voglio più vedere, mai più. È
tutta colpa tua. Se io avessi trascorso più tempo con lui, ora non mi avrebbe
mollata. Io, invece, ho messo prima te e ora ho perso il più importante dei
due!
- Non ti preoccupare,
rimediamo subito. Facciamo che li hai persi tutti e
due!
Giulia si voltò ed uscì dalla
camera sbattendo la porta con forza.
Anche quello era un
addio.
-*-*-
- Nome, cognome, data di
nascita, indirizzo e telefono. Consegnatelo al banchetto là in fondo e buona
fortuna. Avanti il prossimo.
La commessa annoiata aveva
sventolato quell’iscrizione per venti minuti, spiegando loro le regole del
gioco, ora glielo aveva consegnato insieme ad una penna e aveva chiamato il
prossimo cliente della fila.
- Beh, chi dei due
partecipa?
Federico era in piedi, davanti
a Daniele.
- Tu sei molto migliore di me,
avresti maggiori possibilità di vincere.
-
Ok.
Il ragazzo iniziò a compilare
il foglio.
- Sai..., l’ultima volta che
sono venuto da Fnac ci sono venuto con...
- ...
Giulia!
Federico non aveva distolto lo
sguardo dall’iscrizione, ma aveva intuito quello che l’amico stava per
dire.
- Ultimamente non fai che
parlare di lei, è successo qualcosa? Intendo oltre quello che ti ha detto la
settimana scorsa.
- No, è che mi manca da
morire! Io non ce la faccio a stare senza di lei! È troppo importante per
me!
Una punta di dolore albergava
nella voce di Daniele.
- Pare che per lei non sia la
stessa cosa.
Affermò calmo Federico, che
nel mentre aveva terminato di compilare.
- Insomma, è lei che ti ha
detto “addio”, vero?
- Certo, che sono
scemo?
- No, mai
pensato!
Il ragazzo voleva cambiare
discorso e sapeva su cosa vertere.
-
Allora....
I due ragazzi si diressero
verso il banchetto che la commessa gli aveva indicato poco
prima.
- ... con Mariangela,
novità?
- Quella lì...figuriamoci se
mi richiamava, sono stato io stupido a credere che lo avrebbe
fatto.
- Quindi sia io che te, ora
siamo sulla piazza?
- Sì, dove vuoi andare a
parare?
- Stasera, io e te, andiamo in
discoteca!
- Se vinciamo, e se
perdiamo?
- Sempre in discoteca!
Dobbiamo o no trovarci un’altra ragazza?
-
Dobbiamo…
Daniele guardò
l’orologio.
- Spicciati, sono le tre e
venticinque.
Federico e Daniele presero
posto in una grande sala, al piano inferiore, piena di ragazzi, ma anche di
qualche adulto, pronti a sfidarsi in quella gara virtuale.
___________________________________________________
Capitolo 10,
fatto!
ce l'ho fatta, sono
riuscita a pubblicare....in effetti, avevo qualche timore a pubblicare questo
capitolo, il litigio tra due amiche, è una delle cose più brutte che ti possono
capitare...ti ritrovi sola a dover affrontare tutto il mondo che, piano piano,
ti senti cadere addosso.
nooooooooooooooooooooooooooo, non voglio che sara e giulia
litighino...ops...le ho fatte litigare proprio io....ma la tetazione era troppa,
farle litigare mi solleticava la mente, e, così, l'ho
fatto...
adesso che cosa aspetterà
tutti i nostri protagonisti, ma, soprattuto, come reagirà giulia, trovandosi
tutta sola? Sprofonderà in una depressione ancora più profonda della precedente,
o riuscirà reagire e ad uscire dal tunnel?????????
Se lo volete
sapere, non vi resta che leggere il seguito, e pregare nelle vostre
piccole camerette, mentre leggete il prossimo capitolo, o quello dopo ancora, o
ancora e ancora....come sono
sadica.....ahahahahahaahahahahahahahahahahahahahahah
Continuate a scrivermi i
vostri personaggi preferiti è molto rilevante per il finale della storia,
direi di vitale importanza!!!!!!!
Piccola
informazione di servizio: io e lady vampire abbiamo indetto un concorso
nel forum.....riguarda il tema: Uchihacest....per chiunque sia interessato, si
affretti ad informarsi ed iscriversi, perchè le iscrizioni terminano il 10
marzo.....
RINGRAZIAMENTI
Lady vampire:
iniziamo con: IO E TE NON LITIGHEREMO MAI, ASSOLUTAMENTE
MAI!!!!!!!
ora che abbiamo chiarito
questo piccolo punto, possiamo andare avanti col ringrazamento....sono felice
che tu sia felice che tu sei bionda, sono triste che tu sei triste che ti sei
lasciata col tipo e sono arrabbiata perchè sei arrabbiata perchè il tuo ragazzo
ti ha mollata per la p*****a della scuola.....in sintesi, sono felice che la
storia ti prenda come prende me quando scrivo...bacione
Akami:
triste anche questo, lo so, ma ti chiedo ancora pochissima pazienza e
poi si comincerà a ridere e a essere felici, giuro.....grazie per i
complimenti....
Linasyan:
grazie, grazie e ancora mille grazie, sei sempre molto gentile con me,
grazie.......
Somoody:
credo che se conoscessi colui che mi ha ispirato per questa ff, la
persona per cui ho pianto intere notti e infini giorni, saresti della stessa
idea, perchè è la perona più simpatica che io abbia mai consciuto.....abbiamo
fatto pace, è per questo che sono così ottimista.....comunque quando si mette
d'impegno, è veramente odioso, non gli perdonerò mai quello che mi ha fatto,
sono stata troppo male per lui, ed è per questo che non tornerò più ad
amarlo.....basta.....stop, la finisco di annoiarti con la mia vita, comunque
tantissimi grazie....
Un bacio a tutti voi,
recensitori e lettori,
alla prossima,
la vostra
superaffezionata
Miss
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Mai Più Noi-Capitolo 11
CAPITOLO
11
Diverse. Così diverse da
sembrare uguali; così diverse da sentirsi legate per sempre; così diverse da
pensare di avere tutto in comune.
Erano così. Diverse. Lo erano
sempre state e lo saranno per sempre.
La prima la classica ragazza
mondana che partecipa a tutte le feste, che va in discoteca ogni sabato sera e,
se le va, anche la domenica; la solita ragazza che cambia fidanzato ogni volta
che muta il tempo.
E l’altra, di umore variabile,
alla cui non si può decifrare che cosa le passi in mente; la ragazza perbene che
di ragazzo non ne aveva avuto neanche uno, o
quasi...
Come potevano essere state
amiche per così tanto tempo senza mai rendersi conto della propria
diversità?
Perché avevano avuto l’una il
bisogno dell’altra per scoprire insieme il mondo da angolazioni diverse. E ora,
che si erano rese conto del mare che le divideva e che le aveva sempre divise,
era finito tutto.
In pochi istanti tutto era
svanito, affogato in quel mare divisorio.
Non come con lui. Adesso lei
non aveva potuto scegliere; non aveva avuto in mano la situazione, aveva deciso
Sara di dare un taglio netto a quella lunga amicizia, e lei non aveva potuto
dire di no.
E adesso a Giulia cosa
rimaneva? Non aveva mai avuto l’amicizia con la madre e col padre e la
sorellina, Mirta, era ancora troppo piccola per instaurare un rapporto con la
sorella.
Ora come avrebbe fatto?
Ora che aveva perso ogni
persona che per lei era importante, come sarebbe andata
aventi?
Giulia era uscita di casa da
circa venti minuti, ma camminava così lenta che per arrivare a scuola gli
sarebbero servite due ore e mezzo. Meno male che ci aveva pensato ed era uscita
di casa un’ora e mezzo prima.
Ora era sola. Stava
cominciando una lunga battaglia da sola contro tutto il
mondo.
Pioveva. Anche quella mattina
pioveva a dirotto.
Erano ormai due giorni che il
cielo inondava il mondo con il suo pianto.
Le All Star di Giulia erano
ormai zuppe, ma lei aveva rifiutato di indossare gli stivali al posto delle sue
adorate scarpe.
Sorrise. A pensarci bene, era
strano il fatto, perché Giulia non sorrideva da ormai tre settimane, a parte il
giorno prima...ma quello non era proprio un
sorriso.
Scacciò velocemente quel
pensiero e si concentrò sul fatto che quella mattina, alla terza ora,
precisamente, avrebbe avuto il compito di Fisica e che lei non sapeva
assolutamente niente!
Se ci fosse stata Sara, si
sarebbero preparate i bigliettini insieme, dividendosi il lavoro, come avevano
fatto per tutte le precedenti verifiche, ma pensare di copiarsi tre interi
capitoli da sola, era una cosa da pazzi.
Non c’era soluzione, come non
c’era soluzione all’enigma della sua vita.
Giulia prese un gran respirò,
allungò lo sguardo e notò un piccolo bar che non aveva mai
visto.
Entrò, ordinò un cornetto alla
marmellata di albicocche e un cappuccino.
Si sedette ad un piccolo
tavolo, in un angolo del bar e si mise a leggere il giornale che avevano
appoggiato sull’allegra tovaglia a motivi floreali.
- Ecco il tuo cappuccino e la
tua brioche.
Un ragazzo alto e dai capelli
castani le aveva puntato addosso gli occhi verdi, nel servirle il vassoio della
sua colazione.
-
Grazie.
Lei si immerse nuovamente
nella lettura di un articolo di cronaca mondana che non le interessava
realmente, ma che leggeva per vezzo di farlo.
Consumò con molta calma il
cappuccino e divorò in men che non si dica la
brioche.
Si alzò dal tavolo e andò a
pagare il conto alla cassa.
- Quanto le
devo?
Il cassiere era sempre il
ragazzo che le aveva servito da mangiare e che la guardava con lo stesso sguardo
di prima.
- Tre euro e
venti.
Giulia aprì la tasca e ne
estrasse un simpatico portafoglio azzurro.
- Tre euro e venti,
ecco.
Regalò un sorriso al ragazzo e
si avviò alla porta d’uscita.
Era il secondo sorriso della
sola mattina, si preannunciava un gran giorno.
-*-*-
- Sai che continuo a chiedermi
come hai fatto ad essere così imbranato da perdere contro un bambino di undici
anni?!?
Daniele era passato a prendere
Federico sotto casa.
- Visto, era meglio se invece
di giocare io, giocavi tu!
- Però l’idea della discoteca
è stata tua, e anche quella non mi è sembrata una grande
conquista.
- Per te che non sai afferrare
al volo le opportunità.
I due ragazzi camminavano,
quasi correvano verso la scuola.
- Io non saprei afferrare al
volo le opportunità!
- Esattamente. Vedi me, per
esempio. Io ieri sera mi sono divertito un mondo con quelle due bionde, invece
te ti sei messo in un angolo e nessuna ti ha
filato.
- Appunto! Io non ho avuto
nessun’opportunità!
Federico si fermò
all’improvviso.
- Ti dico solo una cosa, Dani.
Se tu vuoi continuare a piangerti addosso per Giulia, io mi faccio da parte e ti
regalo una fornitura non-stop di fazzoletti. Ma devi capire che, colpa tua o
colpa sua, è FINITA! Anzi, non è mai iniziata!
Daniele riprese a
camminare.
- Va bene. La
smetto.
Federico non sembrava molto
soddisfatto dell’affermazione dell’amico.
- Che c’è? Non mi
credi?
- No...ti conosco, e so che
per te non sarà finita veramente finché vedrai davanti a te la possibilità di
riconquistarla, ma devi fartene una ragione. Queste sono le mie ultime parole
e...chi arriva per primo ha ragione!
Federico si mise a correre
velocissimo e Daniele lo seguì a ruota.
Avevano sedici anni e fra
qualche mese ne avrebbero compiuti diciassette, ma non potevano dimenticarsi di
essere del ragazzini, in fondo!
-*-*-
Sara era ancora seduta sul
bordo del letto, a gambe incrociate e con le lacrime agli occhi.
Ancora, nel senso che era
sveglia da circa cinque ore, ma che non riusciva a trovare la forza di alzarsi
da letto e di andare a scuola.
Prese in mano un paio di jeans
e fece per metterseli, ma mentre infilava la prima gamba, uscì da una delle due
tasche posteriori un foglietto con su scritto un numero di
telefono.
Sara lo prese tra le mani, lo
rigirò per qualche minuto e quando riuscì a ricordarsi quando dove avesse
ottenuto quel numero, prese il cellulare lo digitò velocemente sulla
tastiera.
-
Pronto?
- Ciao, forse non ti ricordi
di me, ma sono una delle due ragazze a cui hai offerto la cioccolata calda
qualche giorno fa.
- Sei Sara,
vero?
- Sì, ma
come...?
- La tua amica non avrebbe mai
richiamato, ma tu sì, e per me è anche meglio!
- Volevo chiederti se tu avevi
in programma di andare a scuola questa mattina...
Ci fu una breve pausa, in cui
Sara sentì bene il respiro quasi affannato del
ragazzo.
- Io non vado a scuola da
ormai due settimane.
- Bene, perché io avevo
qualche idea in mente...
-*-*-
- Di Mari
Cristina.
-
Presente.
- Donterre
Francesco.
-
Presente.
- Farletti
Giulia.
- Purtroppo
presente.
La prof. distolse per un
attimo lo sguardo aquilino dal registro e fissò Giulia, poi riprese a fare
l’appello, con la solita calma annoiata.
- Lionesi
Paola.
-
Assente.
- Mersi
Sara
-
Assente.
Giulia alzò gli occhi dal
libro di geografia.
Dov’era Sara? Che cosa stava
facendo in quel momento? Non sapeva perché, ma aveva un brutto
presentimento.
_____________________________
Prima di tutto, chiedo
umilmente scusa a tutti i lettori per il ritardo, ma avevo un po' perso la
voglia di pubblicare...sapete, è un periodo un po' giù della mia noiosa
vita...ma, su col morale...
insomma, diciamo pure che
questo capitolo non aiuta prorpio a sorridere...all'inizio...ma avete visto:
GIULIA HA TROVATO UN'...emh....come dire...UNA SPECIE DI
AMMIRATORE!!!!
e che ammiratore, voglio dire
un moro con gli occhi verdi dove lo trovi tutti i giorni????
io non lo so...ma mentre
scivevo il prossimo capitolo e quello dopo ancora stavo per sbavare parlando di
lui...oki...non esageriamo...
un ringraziamento particolare
a Lady vampire per aver recensito e a HarryEly:
sono felice di averti fatto emozionare, in fondo, è quello il mio
scopo, fare emozionare i lettori e, prima di tutto, far emozionare me stessa.
per me scrivere è la cosa più bella, dopo la pallavolo, per cui ormai sono
partita completamente...ma comunque è lo stesso uno dei piaceri delle mie
giornate...graze di aver recensito, spero che anche questo ti piaccia e che
ti faccia sorridere un po', come giulia, d'altronde...
un bacio a tutti, recensitori
e lettori!!!! commentate numerosi e datemi consigli per il finale, non l'ho
ancor scritto completamente, anche se ho già qualche ideuzza
^_^......
Alla
prossima
la vostra
affezionata
Miss dark
*_*
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Mai Più Noi-Capitolo 12
CAPITOLO
12
- Così hai rotto con la tua
amica?
Riccardo stava accarezzando i
capelli di Sara e la guardava negli occhi. Era veramente bella! Non aveva mai
visto una ragazza così attraente e dolce allo stesso
tempo.
- Sì! Si è comportata da
stronza e io l’ho scaricata.
A Sara stava scoppiando la
testa per quanto aveva pianto quella notte. Grazie ad un bel po’ di ombretto,
fondotinta e tanta buona volontà, era riuscita a nascondere le occhiaie e gli
occhi gonfissimi.
- Ah...e, se posso chiedere,
che cosa ti aveva fatto, di così grave?
Erano seduti. Lei sulle sue
gambe e lui su una panchina del parco vicino casa di
Sara.
- No, non puoi
chiedere.
Il ragazzo capì al volo che
non era il caso di insistere e che sarebbe stata una buona idea cambiare
discorso.
- Allora, dove vorresti
andare?
Sara si sentiva leggermente in
imbarazzo. Riccardo era il primo ragazzo con cui usciva dopo la rottura con
Michele e con lui sapeva come comportarsi, mentre ora era tutto nuovo, un mondo
da scoprire. Inoltre la ferita era ancora fresca ed ogni volta che il ragazzo le
toccava i capelli o la mano, sentiva un brivido salirgli la schiena e una fitta
al cuore, non proprio trascurabile.
- Non è che non voglia
parlartene...
Pnsava che il ragazzo avesse
preso male la risposta brutale che gli aveva rivolto
prima.
- ...ma io e lei eravamo molto
legate, erano più di otto anni che ci conoscevamo, ci eravamo anche promesse di
non litigare mai per un ragazzo, ma invece...
- Allora avete rotto per un
ragazzo, magari sono io...
Non era certo una delle
persone più modeste del mondo, pensava che ogni volta che si parlava di
qualcuno, lui centrasse in qualche modo.
- No, per il mio ex
ragazzo...
Riccardo sembrava esserci
rimasto male, e Sara lo aveva notato.
- Ti ha fregato il fidanzato?
Ma allora hai pienamente ragione a dire che è una
stronza!
Sara stava perdendo la
pazienza. Non ne aveva mai avuta molta. E quello non era uno dei discordi più
belli che si potessero fare.
- No! Non lo avrebbe mai
fatto, simpatizzava per lui, ma non ci si sarebbe mai messa insieme. Ha appena
litigato col suo migliore amico, è distrutta!
- Beh...mi dispiace…, ma se
non avete litigato perché si è messa con il tuo ragazzo, perché ora stai
tagliando da scuola con me e non con lei?
Sara sorrise a quella domanda,
avrebbe anche riso, ma oggi non era dell’umore
giusto.
- Oh...Giulia non taglierebbe
da scuola neanche se la ricattassero! Lei voleva consolarmi perché il mio
ragazzo mi ha mollata l’altro ieri, ma io le avevo chiesto di andarsene. Lei
continuava a fare stupide domande e io l’ho mandata a
cagare!
- Come mi
dispiace...
Riccardo avvicinò il suo viso
a quello della ragazza. Le loro labbra si sfiorarono, per la sesta volta in
mezz’ora.
- Senti, non è che non mi va
che tu mi baci, ma ti ho appena aperto il cuore, raccontandoti una cosa che non
ho detto a nessuno e tu mi dai un altro bacio dicendo solo “Come mi
dispiace…”!
- Ma che vuoi? Che mi deprima
anche io per te?
Sara si alzò in piedi, prese
la borsa e s’incamminò per il vialetto.
-
Oh...ferma!
Riccardo saltò giù dalla
panchina e le afferrò il braccio con una violenza
inopportuna.
- Con chi credi di avere a che
fare? Pensi di potermi mollare su una panchina solo perché non ti vanno le mie
parole?
- Tu mi stai solo prendendo
per il culo! Ma io non ci casco! Non mi faccio adescare da te, io me ne frego e
me ne vado via!
- “Adescare”?!? Ma che parola
è? In ogni caso, tu non te ne vai da nessuna parte!
Il ragazzo strinse ancora di
più la morsa delle sue mani.
- Mi fai male! Lasciami in
pace!
- Ti faccio male?! E così?
Strinse ancora più forte il
braccio che ormai era diventato viola.
- Ti prego lasciami, mi fai
male!
- No che non ti lascio. Se
“adescare” vuol dire quello che ti sto facendo...allora non avevi
ragione!
A Sara iniziarono a scendere
acide lacrime per il dolore. Non voleva farsi vedere debole, ma la morsa che le
mani forti del ragazzo creavano stringendoiol suo braccio, era talmente violenta
che non poteva fare a meno di soffrire.
- Per favore!!! Faccio tutto
quello che vuoi, ma lasciami, mi spezzi il braccio!
Un poliziotto che stava
facendo la ronda per il giardino si avvicinò.
- Ci sono dei problemi,
signorina?
Riccardo mollò subito la presa
e si allontanò correndo.
- Ma, lo sai, non finisce
qui!
Sara si accasciò a terra
tenendosi il braccio in mano, per il dolore che ancora
l’affliggeva.
- Sì, agente. Il mio problema
se ne sta andando non so dove!
Il poliziotto aiutò la ragazza
ad alzarsi da terra.
- Ho capito, le solite liti
tra fidanzati. Mi raccomando, dica la suo ragazzo di non stringerle troppo il
braccio, è viola!
L’agente di polizia si
allontanò.
In quel momento i pensieri di
Sara erano molto confusi: il primo era “Ma come ho fatto a provarci con quel
ragazzo?”, il secondo “Certo che gli agenti di polizia sono proprio dei
rimbambiti; ma ti pare che mentre due fidanzati litigano, quasi si amputano le
braccia?”
Si alzò lentamente dalla
ghiaia. Sbattè le mani sulla gonna
e sulle gambe, per liberarsi dalla terra di cui era completamente ricoperta, e
raccolse la borsa, che nel mentre era caduta per
terra.
- Ci mancava solo questa!
Rivolse il suo sguardo verso
uno dei manici della borsa, che si era rotto per il brusco atterraggio sul
suolo.
- Mo’ me la ricompra, quel
pezzo d’idiota.
Si allontanò spavalda dal
luogo della lite per avviarsi verso casa.
In fondo non le era andata nel
peggiore dei modi; se non altro, Riccardo non le aveva fatto troppo male, e ora
aveva un’intera mattina davanti per darsi al pazzo
shopping!
Sì, aveva deciso che avrebbe
sostituito il “ragazzo della sua vita”(che per lei voleva dire quello con cui
era stata per più di tre mesi) con tanti bei pantaloni firmati e qualche paio di
scarpe con il tacco alto.
D’altronde, ora non aveva più
spalle su cui piangere, e l’unica cosa che le veniva in mente per stare meglio
era accontentarsi di qualche effimero piacere.
Di tempo per piangere ne aveva
molto di fronte.
-*-*-
Michele era sotto il balcone
della sua Sara. Aspettava. Aspettava che lei tornasse a casa in modo da potersi
scusare.
Era stato proprio un
maleducato! Uno stupido maleducato! In fondo lei era la sua ragazza e lui
l’aveva tradita per una stupida diciannovenne, bocciata due volte in terza
liceo, che si atteggiava a poco di buono.
Sinceramente, non sapeva
neanche lui come avesse fatto ad innamorarsene e ad andarci a letto! Al solo
pensiero gli veniva male.
Ma ora non doveva più
pensarci. Lui era lì per il suo vero amore, per quella ragazza che gli aveva
fatto battere il cuore tante volte e che lo emozionava anche in quel momento,
nonostante fosse assente.
Sì. La amava. La amava
tantissimo e glielo voleva dire.
-*-*-
Daniele la osservava. Non si
sarebbe mai stancato di contemplare i suoi bellissimi, sognanti occhi neri. Quei
setosi capelli che le si riversano sulle piccole spalle fino a raggiungere
quella delicata schiena. E poi il suo sguardo sfiorò quelle parti del corpo
femminile che gli uomini non avrebbero mai compreso a fondo e ne rimase
ammaliato.
Quelle gambe, quelle lunghe
gambe scoperte.
-*-*-
Quel giorno Giulia, si era
messa la gonna.
Forse era questo il motivo per
cui quel barista così carino la stava guardando, lo stesso per cui Daniele
continuava a fissarla.
Sì, se ne era accorta, e giocò
fare la maliziosa.
Accavallava le gambe, faceva
cadere apposta le cose per poi raccoglierle. Giocava con quel ragazzo che tanto
l’aveva fatta soffrire e che ora le faceva tornare i sorriso.
Giocava con lui, ma intanto
pensava ancora a quel bel moro che le aveva servito la colazione.
Ha deciso, il giorno dopo
sarebbe tornata in quel bar e avrebbe messo di nuovo la gonna.
______________________________________________
*me s'inginocchia di fronte a
tutti i lettori imbufaliti che mi vogliono picchiare*
mi vergogno tantissimo!!! è
passato quasi un mese da quando ho aggiornato la volta scorsa, e mi rendo conto
che sia troppo...sono stata alle prese con due conocorsi e poi ho ricominciato
gli allenamenti di pallavolo, e il tempo diminuisce...
ve beh...spero che sappiate
perdonarmi e che continuiate lo stesso a leggere e
recensire...
allora...vediamo un po', che
cosa si può dire su questo capitolo...mah...Sara, tutto sommato, se l'è cavata
bene, ma chissà come andrà a finire con Riccardo, avrete capito tutti che le sue
intenzioni non erano limitate al semplice bacio sulla panchina...per Michele, a
me, personalmente, non fa per niente pena...non si può tradire la propria
ragazza e poi tornare da lei e chiederle scusa...ehm...io conosco una ragazza
che si è rimessa col suo ex solo perchè le ha regalato un paio di scarpe...ma
sorvoliamo e passiamo ai ringraziamenti...
HarryEly:
diciamo che qualche cazzata l'ha fatta, la nostra Sara, ma che comunque
l'ha scampata...per ora...mi scuso tantissimo per il ritardo, ma il tempo a mia
dispsizione è calato a picco e non ho potuto aggiornare
prima...allora...hai qualche suggerimento/preferenza per gli atti finali???
spero che tu continui a leggere e che la mia storia continui a
piacerti...baci8
Neverwinter:
ecco il nuovo capitolo, anche se in imbarazzante ritardo, ma è
arrivato...allora, sei più sollevata??? non prometto che i prossimi capitoloi
siano tutti rose e fiori, ma arriveranno, mi riprometto, un po' prima che
questo...grazie mille per aver commentato, mi fanno sempre molto piacere le
recensioni e spero che tu continui ad appassionarti alla
storia...bacione
Grazie, come sempre, anche a
tutte le persone che hanno letto e che conitunueranno a
farlo...
Alla prossima,
la vostra
affezionata
Miss dark
*_*
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Mai Più Noi-Capitolo 13
CAPITOLO 13
-
È
così bello chiudere gli occhi e sognare...sognare, appunto, non fare gli
incubi.
-
Finalmente anche Giulia riusciva a sognare.
-
Erano le sei e mezzo del mattino, Giulia era sveglia, ancora sdraiata
sotto le coperte calde del letto che la proteggevano in maniera stupenda dal
gelo dell’inverno, ormai cominciato.
-
Aveva le gambe accovacciate, le mani sotto la testa e gli occhi a
fissare il soffitto.
-
Quella bianca distesa d’intonaco, illuminata solo dalla fioca luce del
sole, che a stento riusciva a superare le nuvole, le rilassava gli occhi e la
faceva continuare a sognare.
-
Sorrideva. Era un buon segno, voleva dire che quella mattina sarebbe
stata una bella mattina perché se s’inizia la giornata con un sorriso, non può
che andarti bene...in effetti non l’aveva mai pensato, ma quel mattino era
veramente speciale, e voleva pensare positivo.
-
Pensava. Pensava ancora a quel ragazzo dalla bellezza rara che le aveva
servito la colazione e che gliel’avrebbe servita anche quel
giorno.
-
Sbattè un po’ le palpebre, accecata dal quel bianco acceso, ma aprì in
fretta gli occhi. Quella giornata si preannunciava troppo importante perché
lei stesse nel letto a poltrire.
-
Si
sedette sul bordo dello spazioso materasso e si stropicciò gli occhi.
-
Osservava la punta dei suoi piedi, ancora nudi, e rideva. Rideva perché
era felice. Non c’era un vero e proprio motivo, voleva ridere e
rideva.
-
Poggiò la pianta del soggetto delle sue risate sul pavimento gelato, ma
non saltò in aria e non si rituffò sotto le coperte. No, camminò svelta verso
l’armadio dei suoi vestiti e scelse accuratamente cosa
mettersi.
-
Tirò fuori un paio di gonne, tre o quattro magliette colorate e due
felpe.
-
Le
lanciò tutte sul letto e le osservò accuratamente, come se ognuna di loro le
dovesse comunicare un segreto importantissimo.
-
Aveva scelto. Avrebbe messo la gonna nera con la maglietta azzurra e la
felpa blu.
-
Si
vestì lentamente, con la testa tra le nuvole, sbagliando più volte
nell’allacciarsi le fedeli All Star.
-
Saltò su dal letto e s’incamminò verso la porta
d’ingresso.
-
Era
fuori, sul marciapiede della strada, con un bel sorriso stampato sulla faccia.
Si mise a correre. Aveva una fame tremenda e doveva fare assolutamente
colazione, proprio in quel bar, per osservare quel determinato ragazzo e
giocare con il suo sguardo, come il giorno prima aveva fatto con quello di
Daniele.
-
Aveva il fiato corto e le gambe le bruciavano, ma era arrivata al bar
scoperto il giorno prima.
-
Si
mise a posto i capelli, la gonna, il colletto della maglietta e cercò
qualcos’altro da aggiustarsi; ogni scusa sarebbe stata buona per rimandare il
suo ingresso. Ora il bruciore era dimenticato, ma le gambe le tremavano e
temeva di cadere.
-
Spinse la porta-vetro, facendo suonare uno di quegli odiosi campanelli
che si appendono sulle porte, ed entrò.
-
-
Buongiorno...
-
-
Salve!
-
Una
signora di una certa età le rivolse un luminoso sorriso e, con un gesto della
mano, la invitò a sedere.
-
Giulia camminò svelta verso il tavolo più vicino al bancone e si
sedette su una sedia impagliata. Abbassò lo sguardo per guardarsi le mani, che
non smettono di tremare per la paura di non rivedere quel bellissimo
ragazzo.
-
-
Cosa desideri da mangiare?
-
Una
voce cordiale e affettuosa, come quella di un amico, molto diversa da quella
della vecchietta dietro al bancone. E poi calda, come quella di un uomo sicuro
di sé.
-
Giulia alzò gli occhi e incontrò quelli di lui.
-
Stop.
-
Il
suo cuore non battè più. Avrebbe potuto svenire, ammaliata da quello sguardo
che sapeva di mare e di mistero.
-
Balbettò qualcosa di incomprensibile e di molto confuso.
-
-
Scusa, non ho capito...
-
E
ci credo che non hai capito, non aveva detto niente di senso compiuto!
-
Giulia cercò di respirare, nel vano tentativo di far riprendere al
cuore un battito regolare.
-
-
Un cappuccino e una brioche alla marmellata, per favore...
-
Ecco, ce l’aveva fatta. Aveva sussurrato, ma era riuscita ad ordinare
la colazione.
-
-
Potresti ripetere un po’ più forte, c’è un po’ di rumore e non ti ho
sentita.
-
Aveva sentito benissimo...ma desiderava farla arrossire...era così
carina quando le sue guance si coloravano di vita!
-
E
infatti Giulia arrossì. Stava facendo la figura della deficiente proprio
davanti al ragazzo che le piaceva...cavolo!
-
-
Un cappuccino e un brioche alla marmellata...
-
Scandì le parole, una per una, in modo da non dover ripetere una terza
volta.
-
-
...per favore.
-
Il
ragazzo sorrise soddisfatto e la guardò.
-
-
Io sono Lorenzo.
-
-
Giulia.
-
Lui
continuava a guardarla. Com’era bella! Come faceva una sola ragazza ad essere
così inimmaginabilmente bella? Corpo perfetto, occhi dolci e profondi, bocca
morbida e rossa accesa e capelli lunghi e setosi.
-
-
Lo sai che sei la ragazza più bella che abbia mai visto?
-
“Ecco...questo è un altro cafone! Ma come faccio
a trovarli tutti io?”
-
-
Non ti hanno insegnato l’educazione, a casa tua?
-
-
Certo, mi hanno insegnato che se apprezzo qualcosa, devo
dirlo.
-
Giulia arrossì di nuovo, ma non si lasciò intimidire.
-
-
Perché mi pigli per il culo?
-
Lorenzo guardò il suo viso che continuava a tingersi di tutte le
tonalità del rosa, fino a sfiorare il rosso.
-
-
Ecco! Ora che stai arrossendo, sei ancora più bella.
-
-
Piantala!
-
-
Come vuoi...ma se reagisci così ai complimenti, non voglio vederti quando ti
offendo...
-
-
Allo stesso modo!
-
Il
ragazzo sorrise con le labbra e col cuore.
-
Certo che anche lui era proprio bello!
-
-
Se io ti avessi detto che sei la ragazza più stupida che io abbia mai
incontrato, tu avresti reagito allo stesso modo?
-
Giulia scostò un po’ la sedia e si alzò.
-
Gli
era davanti, a pochi centimetri da lui, premuta contro il suo corpo,
visibilmente eccitato.
-
Alzò una mano. Lo guardò negli occhi e...gli tirò uno schiaffo dritto
in faccia.
-
-
Ecco come ti avrei risposto.
-
Lorenzo si sfiorò la guancia rossa e si voltò. Tornò dietro il bancone
e iniziò a preparare la colazione.
-
“ Quella è la ragazza che stavo aspettando per
avere una relazione seria...dolce, tenera, ma aggressiva se ha bisogno di
difendersi.”
-
“ Quel ragazzo è proprio uno di quei tipi stronzi
che poi ti fregano mostrandoti il loro cuore d’oro. Ma io non ci casco. Non mi
metterò mai con lui.”
-
Lorenzo prese un vassoio, ma prima di portare la colazione al tavolo,
afferrò un foglio e una penna e scrisse velocemente dieci
cifre.
-
-
Ecco la sua colazione, madame...
-
Giulia sorrise, quel ragazzo era anche simpatico.
-
-
Merci beaucoup, garçon.
-
Lei
gli aveva tirato uno schiaffo e lui continuava a scherzare.
-
Lorenzo si allontanò dal tavolino per lasciarle consumare in pace la
sua colazione. La osservò dal retro del bancone, con uno straccio in mano,
fingendo di pulirlo, ma non poteva fare a meno di rivolgere il suo sguardo
verso Giulia. Posò il panno in un angolo del lavandino, e si tolse il
grembiule.
-
Preso un grosso respiro, si avvicinò al tavolo dove, la ragazza, aveva
terminato di mangiare avida il suo croissant.
-
-
Posso...
-
Il
ragazzo indicò la sedia di fronte a Giulia. Il bar era ormai vuoto, e poteva
prendersi una pausa.
-
-
Veramente dovrei entrare a scuola fra cinque minuti...
-
-
Sarà per la prossima volta...
-
Giulia si alzò, ma notò un bigliettino posato sul
vassoio.
-
-
...facciamo per oggi pomeriggio alle tre...
-
La
ragazza, leggermente emozionata aprì il bigliettino.
-
-
...dammi poi conferma se per te va bene...possiamo incontrarci qua davanti per
quell’ora....
-
-
Ok.
-
-
Ok cosa?
-
-
Ok, ti darò conferma. Ok, in linea di massima ci sarò.
-
Lorenzo abbassò lo sguardo.
-
-
Bene!
-
Si
lasciò sfuggire una parola oltre il suo tono normale di voce, tradendo la sua
sicurezza.
-
-
Bene...ciao, ora vado.
-
Giulia raccolse la cartella e si diresse verso la scuola.
-
Lorenzo la guardò, rapito dal movimento ondulato del suo corpo, e non
poté che rimanere meravigliato alla vista di quella
bellezza.
________________________________________________
-
Ebbene sì,
sembra un miracolo, ma giuro che è vero, ho aggiornato...
-
mi sento
tanto uno schifo ad aggiornare così sporadicamente, ma, credetemi, non ho
avuto molto tempo per farlo.
-
poi mi sono
accorta, qualche giorno fa, quando volevo postare, che avevo sbagliato
tutti i tempi verbali...mi faceva pienamente schifo come era venuto il
capitolo e allora ho dovuto controllare tutto, e non è stato
facile...
-
non so se mi
sia venuto bene...
-
voi mi
potete perdonare...? please...prometto che il prossimo capitolo lo aggiorno la
prossima settimana...domenica prossima o sabato prossimo, potrete entrare su
EFP e vi accorgerete che Miss dark ha postato...ve lo giuro, mano sul
cuore!
-
Allora, che
ne dite del capitolo? Giulia, finalmente, ha ripreso possesso della sua vita e
sta reagendo...come andrà col suo Lorenzo??? ù_ù io non vi dico assolutamente
niente!!!!
-
-
ora voglio
ringraziare la mia unica recensitrice HarryEly: grazie mille
per continuare a leggere questa storia e anche a commentare!!! meno male che
ci sei tu, altrimenti sai che depressione ad aggiornare e non veder
nessuna recensione! io ci sto male, sul serio...comunque, non mi dire che
anche stanotte hai pensato a me e alla storia, altrimenti ti ingaggio come
indovina!!! che ne dici del capitolo? non ti intriga Lorenzo? a me sì!!! ho
descritto il mio ragazzo ideale...°ç°
-
-
Grazie anche
a tutte le persone che continuano a leggere la storia e anche a tutti quelli
che l'hanno messa tra preferiti...che ne dite di lasciare un
commentino...anche piccolo, così mi potete dare una mano per andar avanti,
visto che non ho ancora le idee molto chiare su come farla
finire...dai...
-
-
Bene...
-
Alla
prossima (Sabato o domenica, giuro!)
-
la vostra
affezionata
-
Miss
dark
-
*_*
-
-
-
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Mai Più Noi-Capitolo 14
-
CAPITOLO 14
-
-
Giulia era appena uscita dal bar. Percepiva appena le gambe, molli, la
gola era secca e lo stomaco in subbuglio.
-
-
Non pensavo che la cotta fosse così grave...
-
Sussurrò a se stessa, perché ormai non aveva più nessuno con cui
sfogarsi e a cui chiedere consigli.
-
-
Chissà come se la sta passando quella svampita di Sara...
-
Le
venne quasi da sorridere. D’altronde era felice, perché non lo fece? Non
sapeva, non riusciva a sollevare le labbra e a comporre quella strana smorfia
che desiderava assumere. C’era qualcosa che la fermava.
-
-
Chissà se oggi verrà a scuola...
-
Non
le veniva proprio più da ridere. Sara il giorno prima non era andata a scuola,
lei si era preoccupata e ora la sua domanda principale era “Come starà?”
-
S’incamminò verso la scuola, riappropriandosi dell’uso delle gambe.
-
Diede uno sguardo all’orologio che teneva al polso e, quando si accorse
di essere in ritardo, si mise a correre, infischiandosene dei complimenti per
nulla velati delle persone che osservavano la gonna svolazzare sotto l’effetto
del vento.
-
Arrivò. Percorse il più veloce possibile le scale esterne ed interne
che la dividevano dalla sua classe, ma si fermò davanti alla porta dell’aula.
Aveva il fiato corto, la gonna mezza sollevata e i capelli ridotti ad un
cespuglio informe.
-
Era
la seconda volta in una sola mattinata che si aggiustava l’aspetto.
-
Tirò un lungo respiro ed entrò in classe, conscia delle parole che la
professoressa le avrebbe rivolto entro meno di un secondo.
-
-
Farletti...siamo di nuovo in ritardo...
-
Abbassò lo sguardo e maledì sé stessa per essersi fermata a pensare a
quell’ingrata di Sara, che in quel momento era chissà dove, con chissà quale
ragazzo.
-
-
...è la terza volta, questo mese...
-
Si
diresse a passi svelti, ma cauti, verso il suo banco e aspettò la strigliata
della professoressa, furente di rabbia, ma, allo stesso tempo, soddisfatta di
poter sgridare quell’allieva che non aveva mai sopportato.
-
-
Giulia...
-
“Giulia?” non l’aveva mai chiamata con il suo
nome, lei, al suo cospetto, era sempre stata “Signorina Farletti”, quando
andava bene, e “Deficiente”, durante le sgridate.
-
-
Sì professoressa...
-
-
Potresti venire un attimo fuori dalla classe, ti dovrei
parlare.
-
-
Certo...
-
L’espressione di Giulia era molto perplessa. Era arrivata solo con
dieci minuti di ritardo, a meno che non si trattasse di qualcos’altro, non
avrebbe dovuto esserci motivo per cui la professoressa la richiamasse fuori
dalla classe, lontano dai suoi compagni.
-
A
questo punto, in situazioni normali, Giulia avrebbe cercato lo sguardo di
Sara, bisognosa di conforto, e avrebbe incontrato solo gli occhi sbalorditi di
una ragazza divertita dalla faccenda; ma quella non era una situazione
normale. Non c’erano più persone pronte ad accogliere il suo sguardo che
necessitava comprensione.
-
Lei
e la professoressa erano fuori dalla classe, una davanti all’altra.
-
La
prima era pronta ad uno scontro mortale, di cui sapeva già il vincitore, e
l’altra era calma, dopo aver assunto la normale aria severa ed
austera.
-
Gli
occhi facevano quasi raggelare il sangue nelle vene e il portamento, avrebbe
messo timore anche ad uno dei più coraggiosi guerrieri.
-
No,
magari detto così, sembra veramente uno scontro mortale, ma agli occhi di
Giulia, quella situazione era così strana, che la sua fantasia volò tra mille
diverse possibilità.
-
-
Giulia...lo so che questo è un periodo difficile per te...
-
“Un periodo difficile? Ma da dove lo tira fuori
il periodo difficile?! Chi è lei per poter sapere della mia
vita?”
-
-
...però volevo lo stesso chiederti un favore.
-
Adesso la faccenda si stava facendo sufficientemente grave da doversi
preoccupare sul serio.
-
- Un favore? - Sì, una cosa semplice, ma che
ci sarebbe molto d’aiuto.
-
Giulia deglutì sonoramente e temette che anche la professoressa
l’avesse sentita, ma andò avanti nel suo confuso colloquio.
-
-
Certo...
-
-
Come ti ho già detto, è una cosa abbastanza semplice. Si tratta della
signorina Mersi. Sono già due giorni che non si fa vedere a scuola, ma io mi
sono astenuta dal chiamare sua madre, non essendo la prima occasione. Però
questa volta non è come tutte le altre volte...
-
La
professoressa Ghincetti sospese il discorso per prendere fiato o per farlo
prendere alla sua interlocutrice. La ragazza aveva gli occhi spalancati e i
nervi a fior di pelle. Aveva pensato che si trattasse di qualcosa di poca
importanza, ma se si andava a parlare di Sara, la cosa non era mai di poca
importanza.
-
-
Cosa è successo?
-
Quell’attesa si stava facendo snervante. Perché non continuava il
discorso? Sta prof di merda...era sicuramente tutto uno scherzo di pessimo
gusto per fargliela pagare. Pagare cosa, poi? Giulia non aveva mai fatto
niente di personale alla professoressa, era sempre stata attenta alle sue
lezioni, non aveva mai sgarrato dalle regole, eppure ce l’aveva con lei.
-
-
Questa volta, la vostra amica, oltre a non presentarsi alle lezioni, non è
neanche tornata a casa, per due notti consecutive.
-
Il
sangue gelò nelle vene di Giulia.
-
-
Sara è in pericolo?!
-
Ora
era la Ghincetti ad essere in imbarazzo.
-
-
No, questo credo di poterlo escludere, ma non posso essere certa allo stesso
modo di dove ella si trovi,
-
“E perché lo viene a chiedere a me? Che c’entro
io in tutta questa storia?
-
-
Ma se sta bene, allora probabilmente tornerà presto...
-
-
Anche su questo particolare io non andrei troppo sul sicuro. Se non sappiamo
dov’è, non possiamo neanche sapere fra quanto potrebbe
tornare...
-
-
Scusi la domanda, ma io che cosa dovrei fare per tutto
questo?
-
La
professoressa sembrò indignarsi a quelle parole.
-
-
Signorina Farletti, io non voglio fare accuse di nessun tipo, ma desidero
essere spiccia con lei, perché so che siete una ragazza molto
intelligente...
-
-
Senta professoressa, non vorrei metterle fretta, ma io non capisco
niente...
-
-
Giulia, perché non vuoi ammettere di star nascondendo la tua
amica!
-
La
ragazza rimase immobile di fronte a quell’affermazione. Non sapeva che cosa
fare. Avrebbe voluto ridere, ma in quel caso non si sarebbe comportata molto
educatamente; in opposizione voleva anche piangere, perché era venuta a
conoscenza della scomparsa di una persona a lei molto cara.
-
-
Mmh...se ho capito bene, lei mi sta chiedendo di dirle dove si trova Sara in
questo momento, in modo che lo possa riferire alla madre che si fionderebbe
subito e la trascinerebbe a casa vietandole di uscire per tutta la sua vita e
mandandola dallo psicologo?
-
-
Beh, magari detta così sembra una cosa orribile, ma devi capire che la sua
famiglia è preoccupata, anche molto, per la sua
incolumità...
-
-
Se c’è una cosa che le posso garantire, professoressa, è che io e Sara siamo
state amiche per molto tempo. Detto questo posso metterla al corrente dei
fatti più recentemente accaduti.
-
La
Ghincetti tirò un lungo sospiro e ascoltò quello che Giulia stava per
comunicarle.
-
-
Io e Sara abbiamo litigato.
-
L’aveva detto, ce l’aveva fatta. Era riuscita a pronunciare quella
frase tanto amara che non voleva ammettere neanche a se stessa.
-
-
Quindi tu non sai dove lei possa essere?
-
-
No. Credo che potrebbe essere in molti posti, ma non andrò certo a
cercarla!
-
L’espressione della professoressa passò dal meravigliato all’indignato.
-
-
Lei sta scherzando, vero?!
-
-
Assolutamente no!
-
-
Forse lei non ha capito la gravità della situazione...
-
-
Forse è invece lei a non aver afferrato il concetto di quello che le ho
detto!
-
-
...veramente...
-
-
Non mi interrompa, mi lasci finire il mio discorso!
-
La
professoressa la squadrò dall’alto in basso e sembrò diventare sempre più
piccola, per poi sprofondare negli abissi della vergogna.
-
-
...
-
-
Io e Sara abbiamo litigato. Io e la mia migliore amica abbiamo litigato perché
quello stupido del suo ragazzo l’ha tradita!
-
-
...
-
-
Le ha fatto le corna, s’è fatto un’altra, l’ha mandata a
cagare...
-
-
Ho afferrato il concetto!
-
-
Ne sono molto compiaciuta. Adesso che ha capito l’antitesi, potrà anche capire
il perché vero e proprio della nostra scissione. Sara mi ha fatto
esplicitamente capire che lei non ne voleva più sapere niente di me. Ha anche
aggiunto che non avrebbe mai più avuto bisogno del mio aiuto.
-
Riprese fiato. Stava trattenendo a stento le urla. Le lacrime tentavano
di farsi spazio negli occhi per uscire e sgorgare fuori.
-
-
Ha detto che io per lei non valevo niente.
-
-
Signorina Farletti, io mi meraviglio del suo comportamento!
-
Giulia stava veramente urlando, ora. Urlava come una forsennata per i
corridoi del liceo, tanto da far uscire i professori delle altre aule.
-
-
Ecco perché io non aiuterò nessuno di quei bambocci della polizia nella sue
ricerche! Perché, tanto, Sara non ha bisogno di Giulia e Giulia non vuole
rompersi il culo per aiutare una ragazza che se ne fotte altamente degli altri
e che pensa sempre e solo a se stessa!
-
Si
voltò. Rientra in casse e si sedette al banco. Tutti i suoi compagni la
guardarono in silenzio, attendendo il ritorno della professoressa. Ognuno si
stava facendo molte idee sul conto di Giulia e le ragazze più pettegole
avevano già iniziato a dilagare per la scuola la notizia delle corna che erano
spuntate sulla testa della loro “amica” Sara. Che maledetta invenzione i
cellulari!
-
-
Signorina Farletti, sono costretta a chiederle di seguirmi dal
preside!
-
La
ragazza alzò lo sguardo.
-
Sara era davanti al suo viso. Le rideva in
faccia.
-
- Giuli, ci sei cascata! Non ci posso credere, come hai potuto
pensare che io e te potessimo litigare!
-
Un sorriso disegnato sulle labbra che illuminava un viso rigato da
lacrime. Allora era tutta finzione...meno male, non ne poteva più di tutte
quelle sensazioni che avevano iniziato a montarle
dentro.
-
-
Le sembra pure il caso di ridere! Lei è solamente una
maleducata.
-
Tornò alla realtà. Sara non c’era. Non le sorrideva e non l’aveva
rimproverata per essere cascata in un suo ennesimo scherzo.
-
Si
alzò dalla sedia e s’incamminò mesta verso la porta della
classe.
-
Meno male che doveva essere una giornata molto
positiva...
-
-
-*-*-
-
-
-
Tre birre e due piatti di pasta al pesto per il tavolo là in fondo...Lorenzo,
ci sei o dormi in piedi stamattina?
-
La
cuoca del bar richiamò l’attenzione del giovane, intento a vagare nei meandri
della sua mente.
-
-
Cosa...?
-
La
vecchietta sbuffò e lanciò i bicchieri e le birre lungo il bancone,
rovesciando parte del contenuto.
-
-
Ma che ti è preso? “Chi se ne frega se butto tutto per aria, tanto c’è Lorenzo
che pulisce e fa i miei comodi”...ma chi sono io?! Il cameriere o uno
sguattero?
-
-
Fa meno casino e servi le ordinazioni! È il primo giorno di ressa da tre
settimane, cerca di non farci perdere clienti per le tue lamentele da
bambino!
-
“Sempre stata simpatica la
proprietaria...”
-
Lorenzo prese le stoviglie riverse sul bancone e cercò di rendere il
loro aspetto un pochino più presentabile.
-
-
Ti sbrighi o ti dobbiamo fornire di un motorino per fare cinque metri di
bar?
-
“Adesso le urlo in faccia e me ne vado, tanto qui
mi rompo solo e la paga fa pure sufficientemente
schifo...”
-
-
Sarebbe un miracolo!
-
-
Piccolo ingrato che non sei altro, adesso vedi che i miracoli te li faccio
vedere...
-
Driiiiiiiiiin...driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin
-
Salvato dal telefono, il ragazzo si fiondò a servire il fatidico tavolo
“in fondo”.
-
-
Ecco le loro ordinazioni, signori.
-
- Thanks you boy…and…we need a
piece of information...how do we get to go to the Mole
Antonelliana?
-
“ Ci mancavano solo gli inglesi a complicarmi la
giornata...”
-
Lorenzo si allontanò un attimo e poi tornò al tavolo con una piccola
cartina della città.
-
- Mole Antonelliana is here...
-
I
turisti, senza neanche bisogno delle specificazioni del ragazzo,
s’impossessarono della cartina e iniziarono a consultarsi nella loro lingua.
-
“Che persone simpatiche...”
-
Si
allontanò.
-
-
Io vado a fumarmi una sigaretta, sostituiscimi un attimo tu,
Nicola...
-
Un
sorriso dell’amico ed uscì da un’entrata posteriore.
-
“Chissà se oggi verrà veramente
Giulia...però...niente male come ragazza...simpatica, dolce, decisa e neanche
troppo appariscente. Una ragazza su misura per
me!”
-*-*-
-
- Sono desolato nel ricevere notizie di questo genere, soprattutto se
riguardano una ragazza che, in precedenza, non aveva dimostrato alcuna
maleducazione simile a quella che mi è stata descritta oggi.
-
“Ma perché non mi tappo mai la
bocca?”
-
Giulia era in piedi di fronte al preside della scuola, seduto su una
comoda poltrona dietro un’antica scrivania di acero. La professoressa
Ghincetti era seduta di fronte alla figura impeccabile del direttore, su una
sedia imbottita.
-
-
Professoressa Ghincetti, io volevo rivolgerle le mie scuse, non so che cosa mi
sia preso prima, ma io non volevo certo offenderla con le mie parole...diciamo
che mi sono lasciata trasportare dalle emozioni e mi sono espressa con
vocaboli non consoni alla situazione...spero che...
-
-
La pianti con tutte queste moine...so perfettamente che a lei non gliene frega
proprio niente che io mi sia sentita o meno offesa dalle parole, senz’altro
maleducate che lei mi ha rivolto.
-
Il
preside incrociò le mani e osservò prima la professoressa poi me e, di nuovo
la professoressa.
-
Quello sguardo altalenante tra le due figure non era, certamente,
amichevole, ma, almeno, non assomigliava a quello della professoressa, che,
invece, sembrava desiderasse a tutti i costi bruciare viva la
ragazza.
-
-
Mah...a me sembravano scuse abbastanza convincenti...ma...
-
-
Grazie signor preside, posso giurare che non utilizzerò più simili parole
nell’ambito scolastico!
-
-
...MA...non gliela farò certo passare liscia! Lei non si doveva permettere di
rivolgersi in quel modo ad una professoressa.
-
“Ovvio, soprattutto se la professoressa in
questione è la sua amante segreta, giusto signor
preside?”,
-
Le
parole stavano per sfuggire al controllo della mente di Giulia, ma riuscì a
controllarsi, sapendo di non dover peggiorare la situazione.
-
-
Se posso fare una proposta, signor preside, direi che una giusta punizione
potrebbe essere farle seguire un corso supplementare alla mia lezione tutti i
martedì, compreso oggi stesso.
-
-
Mmh...corso supplementare di matematica...ma sì, potrebbe andare bene...per
due mesi, signorina Farletti, lei parteciperà ai suddetti corsi, senza fare
alcuna assenza. In questo caso, la punizione aumenterebbe a tre mesi, e così
via con l’incremento delle sue assenze...potrebbe andare bene,
professoressa?
-
Sul
volto della professoressa si dipinse un sorriso malefico.
___________________________________________________
-
Eh? Neanche
voi ci credete? Beh, ve l'avevo promesso e mi sono attenuta al mio giuramento,
ed ecco il 14 capitolo....
-
Piace? Io
non so se mi è venuto bene...mentre lo scrivevo non mi convincevo molto del
contenuto, ma mi sembrava importante per la storia, vedrete poi in seguito,
però, fatto sta, che non mi sembra venuto un granchè....voi che ne
dite?
-
Stronza la
prof, verò? E il preside?
-
Mah...leggerò il vostro parere, poi, dai commenti
-
-
Voglio,
prima di tutto, ringraziare tutti coloro che hanno inserito la fiction tra i
preferiti:
-
avrilmiky, B r o k e n, birri, blinkina, Cry90, Elly692,
francy94, HarryEly, key, kia93, kikikaulitz, linasyan, maecla, Mikiko,
miss_miky, Neverwinter, Somoody, swetthings. Un abbraccio fortissimo
a tutti voi, grazie mille, non avrei mai sperato che la fic piacesse a
così tante persone. Ancora tantissimi grazie! ^^
-
-
Grazie anche
a coloro che hanno recensito, perchè hanno permesso alla fic di
raggiungere quota 50 recensioni (per me è veramente un record!!!!! grazie!!!!
ç_ç *commossa*):
-
Miss_miky: sono molto contenta che la storia continui
a piacerti...com'è questo capitolo? ti ha appassionato? spero di sì...grazie
delle recensioni che mi lasci tutti capitoli, mi fanno veramente
molto piacere^^
-
HarryEly: ed eccoti accontentata! hai visto la nostra
povera Giulia? poveretta, veramente! stronzissima la prof, ma anche lei...va
beh...sta veramente male!!!!! Per il fatto che lei abbia dimenticato
Daniele...le cose non sono sempre come appaiono (dico solo questo, se no
sfocio nello spoiler)...lo so, Lorenzo è proprio stupendo!!!! mentre scrivevo
di lui, mi stava venendo da abbracciare il pc!!! °ç° Comunque, per il posto da
indovina, puoi ancora candidarti ^^ baci8
-
Kikikaulitz: mi dispiace veramente molto che tu ti sia
preoccupata, non era mia intenzione mettervi in ansia, ma, davvero, non avevo
tempo per postare...comunque, ti posso fare una promessa: non smetterò mai di
scrivere questa storia, finchè non l'avrò finita!!!! X3
-
_NovemberThree_: sono molto felice e lusingata dal
fatto che tu sia riuscita a leggere la storia tutta in una giornata!!! grazie
mille dei complimenti!!!! ^//////^ Comunque, non posso fare
nessun'assicurazione sui rapporti dei personaggi, neanche io so come farò
finire la storia (anche se una mezza idea ce l'ho già ù_ù). piaciuto
questo capitolo? spero proprio di sì! Bacio
-
Neverwinter: altrochè se ti credo!!!! anche io non
sono stata su EFP per un po' (un vero flagello) quindi capisco come ti
senti...comunque non ti preoccupare, l'importante è che la storia ti piaccia,
prima o poi lo troverai il tempo per leggerla, non c'è fretta!!! ^^ eh, già,
il triangolo è bello e formato!!!!! e che triangolo!!!! Per Riccardo e Sara,
non il prossimo, ma il capitolo dopo, un'intera parte sarà dedicata a loro e
al nostro quasi-dimenticato Michele!!!! bacioni grandissimi
-
-
Un
ringraziamento speciale anche a tutti coloro che hanno letto la
storia!!!!
-
Non so
quando riuscirò a postare il prossimo capitolo, perchè la settimana prossima
ho il fine settimana tutto impegnato da partite e compiti...se riesco (io ci
proverò, veramente), aggiornerò o il venerdì prima o il martedì della
settimana dopo...siggg...mi dispiace...
-
Alla
prossima
-
la vostra
affezionatissima
-
Miss
dark
-
*_*
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Mai Più Noi-Capitolo 15
CAPITOLO 15
-
-
GIULIA:
-
Scusa, oggi mi hanno incatenato a scuola,
-
non posso esserci, mi
dispiace...
-
Facciamo domani?
-
-
-
Come ho potuto essere tanto stupido da illudermi che quella ragazzina, facesse
sul serio con me...
-
Nicola si appoggiò allo stipite della porta metallica che dava su un
cortile interno e osservò stranito l’amico.
-
-
Hai detto qualcosa?
-
-
No, non a te
-
Anche Nicola uscì all’aria aperta.
-
-
Scusa, non ti avevo chiesto di coprire anche il mio posto...
-
Calmo, l’amico si portò una sigaretta alla bocca e porse la mano a
Lorenzo, a chiedergli l’accendino. L’altro glielo passò, e quando si fu acceso
la sigaretta si sedette su un mucchio di scatoloni contenenti
surgelati.
-
-
Barbara ha detto che posso fumarmene una anche io, giusto perché mi vede
nervoso, ma che devo spicciarmi.
-
Alitata una lunga colonna di fumo grigio e puzzolente, da impestare
l’aria, rivolse uno sguardo al ragazzo che, in piedi vicino a lui, digitava
veloce sulla tastiera del telefonino.
-
- A
chi scrivi? Alla “ragazzina”?
-
-
Se te ne dovesse fregare qualcosa ti risponderei...
-
Un
altro soffio di fumo fuoriuscì dalla bocca di Nicola.
-
-
Nervoso?
-
-
Incazzato, ti basta?
-
-
Se mi dici perché, potrebbe.
-
Lorenzo infilò il cellulare in tasca, e si sedette vicino
all’amico.
-
-
Una tipa, saremmo dovuti uscire insieme, oggi pomeriggio, ma lei mi ha
scaricato due minuti fa.
-
-
Capisco, ma, vedi, caro amico, si da il caso che io sia un professionista in
queste cose, potrei darti una mano...se vuoi...
-
Il
moro alzò gli occhi al cielo e poi prese a parlare lentamente, scandendo le
parole.
-
-
L’ultima volta che mi hai aiutato, la mia ragazza mi ha mollato e, se non
ricordo male, la volta prima, mi era andata ancora peggio! Vuoi veramente
aiutarmi?
-
Aveva fatto scendere lentamente lo sguardo e ora non fissava più le
nuvole, ma il rosso che gli stava a fianco. Lo squadrava con
un’espressione canzonatoria, ma allo stesso tempo seria e
confusa.
-
-
Sì, ti prometto che non farò casini, giuro...
-
Lorenzo fece roteare gli occhi e poi prese il cellulare dai panatloni e
ne osservò il display, in attesa di una risposta.
-
-
Era una domanda retorica, Nicola...non ti farei più intromettere nei i miei
affari, neanche se fossi l’unica persona sulla Terra in grado di
aiutarmi...
-
-
Cazzo Lore...non hai un minimo di fiducia in me!
-
-
Senti, io la fiducia te l’ho data più di una volta, in diverse occasioni, ma
il risultato è sempre stato più che disastroso...
-
La
porta grigia si aprì cigolando.
-
-
Vi ci vogliono dieci anni per fumare una sigaretta? Il bar è pieno, e voi ve
ne state a cazzeggiare fuori?
-
Senza neanche attendere una risposta, Barbara, sbattuta la porta,
rientrò nel locale, gremito di gente.
-
-
...lasciami provare da solo, questa volta.
-
-*-*-
-
-
“Giulia...in che casino ti sei cacciata,
stavolta?”
-
Appena Daniele di pose questa domanda, la porta verde della classe si
aprì e una ragazza furiosa e rossa in viso, fece la sua entrata nella
classe.
-
-
Giu...
-
Le
parole gli morirono in gola. Quel nome perì sulle sue labbra, secco come il
vento del deserto.
-
Non
poteva parlarle.
-
Il
silenzio forzato a cui era sottomesso, non glielo permetteva; le regole a cui
doveva sottostare, erano poche, semplici, ma troppo
dolorose.
-
Doveva imparare a stare zitto, non gli era concesso parlarle, anche se
lui avrebbe voluto immensamente farlo.
-
Ormai era un’ossessione per lui. Non poteva più sopportare quella
situazione a cui era stato costretto ad attenersi.
-
Non
riusciva più a rilassarsi. Ogni momento di silenzio, gli causava dolore.
-
Perché silenzio voleva dire pensare e pensare significava Giulia.
Soffrire. Non avrebbe voluto, ma doveva.
-
D’altronde era colpa sua. Lui l’aveva allontanata, per sempre. Non
l’avrebbe potuta mai più abbracciare o consolare.
-
Aveva recitato gli ultimi atti della sua commedia, ora la sua parte era
finita. Doveva prendersi i fischi o gli applausi e scendere dal palco. La sua
scena era terminata, toccava a qualcun altro prendere parte allo spettacolo,
al posto suo.
-
“E’ solo un bene!!!”
-
Ripetitelo, ripetilo fino a che la tua mente non si stancherà, finché
la tua lingua non sarà arsa dal sale che corona questa parola. Finché il tuo
palato non sarà disgustato dal sangue che scende lento da ogni sua
lettera.
-
Ripetilo fino a quando il dolore non ti avrà consumato fino all’osso.
-
Allora comincerai a pronunciare altre parole. Altrettanto dolorose,
perché ti sarai reso conto della realtà. Ma saranno altre.
-
Starai reagendo.
-
-*-*-
-
-
Intanto Giulia aveva preso posto al suo banco.
-
Aveva tirato fuori il cellulare dalla tasca della felpa e adesso stava
scrivendo a grandi lettere le parole che avrebbero composto un messaggio di
rifiuto.
-
Non poteva andare all’appuntamento. Doveva
rassegnarsi e assistere alla superba lezione della professoressa Ghincetti.
-
Finì di digitare il messaggio e dopo averlo inviato, aprì un libro a
caso e iniziò a scarabocchiare la prima pagina.
-
La
matita scorreva veloce sul foglio, disegnando i contorni sfocati di un volto.
-
Assomigliava terribilmente al viso di Lorenzo.
-
“Liceo artistico...carriera
mancata...”
-
Mentre si perdeva nei pensieri di quella che avrebbe potuto essere una
giornata perfetta, una giornata per ricominciare a vivere da capo, qualcosa
vibrò nella tasca.
-
Velocemente poggiò la penna sul foglio inchiostrato ed estrasse il
cellulare, più lentamente, per non attirare l’attenzione della professoressa,
ma, soprattutto, delle compagne curiose, che avevano notato un certo
cambiamento nel comportamento di Giulia, e che non attendevano altro che
pettegolezzi sulla sua vita.
-
Delle vipere. Ecco cos’erano. Vipere, come quelle che si attaccano alle
mammelle delle mucche e non si staccano più, finché c’è latte da succhiare.
Odiosi serpenti che fanno soffrire, senza pietà verso le loro prede.
-
Sul
display del cellulare, illuminato da una tenue luce blu, lampeggiava
l’immagine di una bustina gialla. UN NUOVO MESSAGGIO
RICEVUTO.
-
-
LORENZO:
-
Ok, ma non è che mi nascondi
qualcosa...
-
Sai com’è...
-
Potrebbe essere una scusa per non
vederci,
-
perché magari, non so,
-
non ti interesso...
-
-
Le
sfuggì una risatina innocente.
-
Nessuno la notò, tranne, ovviamente, chi non aveva mai smesso di
osservarla.
-
Daniele. Continuava a fissare ogni sua azione. Lei se n’era accorta,
certo, e le dava anche un certo fastidio.
-
Incrociò il suo sguardo e lo incenerì. Non pronunciò una parola, ma
quegli occhi neri bastarono a comunicare al suo interlocutore segreto, che
doveva smetterla.
-
Il
ragazzo distolse lo sguardo, come se non avesse l’avesse mai guardata e Giulia
prese a scrivere una risposta veloce.
-
-
GIULIA:
-
Sarebbe meglio che tu non mi facessi
ridere...
-
Sono a scuola e non vorrei mai beccarmi
un’altra punizione.
-
Comunque cosa credi,
-
che io dia appuntamento al primo ragazzo
-
che mi capita?
-
Stupido...
-
Domani, alle 3.30 davanti al tuo
bar...
-
Ciau! ^^
-
-
-*-*-
-
-
Lorenzo sentì la suoneria del cellulare squillare sul bancone.
-
Prese in fretta i soldi del conto di una coppia anziana di signori e si
congedò velocemente.
-
Lesse il messaggio e sorrise. Poi rispose velocemente, per non essere
notato.
-
-
LORENZO:
-
Punizione...?
-
Pensavo che fossero cose antiche le
punizioni...
-
Che hai combinato?
-
Comunque ok, per
domani...
-
-
Barbara gli urlò qualche ordine, ma lui non la sentì. La sua mente era
annebbiata dai pensieri della possibile risposta di quella ragazza che, dopo
tanto tempo, riusciva a farlo sorridere di gusto.
-
-
Lorenzo, ma ci sei oggi?
-
Il
ragazzo scosse la testa, per riprendersi dalla trance in cui quei pensieri lo
avevano trasportato.
-
-
Veramente mi sento un po’...non sto molto bene...
-
La
donna scosse violentemente la testa, ad indicare la seccatura che gli stava
procurando.
-
-
Senti...mi stai stancando! Ogni giorno che passa diventi più strano e non mi
serve un ragazzo che non ascolta neanche quello che gli dico...sai...forse
sarebbe meglio che ti prendessi una pausa dal lavoro...una piccola
vacanza...
-
Lorenzo spalancò gli occhi e osservò le rughe di compiacimento che si
stava dipingendo ai lati del viso dell’anziana.
-
-
Certo, e io sono nato ieri, vero Barbara?!
-
Lei
scoppiò in una fragorosa risata.
-
-
Bene, mi conosci abbastanza per capire il mio senso dell’umorismo, quindi ti
concedo il pomeriggio...tanto qui mi sei solo d’impiccio...chissà che c’avrai
oggi nella testa...
-
Lorenzo afferrò al volo l’affermazione della donna e si tolse
velocemente il grembiule.
-
-
Grazie, ma non sperare che domani lo recuperi...sai, ho un
appuntamento...
-
Senza neanche aspettare una risposta, si mise a correre verso la porta
d’uscita.
-
“Che ragazzo strano...fino a qualche giorno fa,
vederlo sorridere era un evento da segnare sul calendario, oggi, invece, non
faceva altro che scoppiare in risate contagiose...”
-
-
GIULIA:
-
Te lo spiegherò
domani...
-
Ciau!!!!
______________________________________________________
-
Io avevo promesso d'impegnarmi per postare, però non ho avuto il tempo,
così ho aspettato il fine settimana e oggi sono, finalmente, riuscita ad
aggiornare.
-
Se avessi voluto dare un titolo a questo capitolo, l'avrei intitolato
"SMS".
-
so che può sembrare strano come modo di darsi appuntamenti, o, almeno,
a me sembra così. per me le cose si dovrebbero dire in faccia, ma questo
capitolo mi è servito come "introduzione" al prossimo che sarà veramente lungo
e in cui i messaggi saranno parte integrante della storia.
-
D'altronde, io sto cercando di raccontarvi quello che è successo a me,
magari con qualche anneddoto in più, ma i messaggi c'entrano, eccome.
-
Allora, che ne pensate?
-
Vi ho deluso o vi piacciono le complicazioni?
-
Beh, era intuibile che l'appuntamento slittasse, ma non vi potete
immaginare che cosa capiterà nel prossimo...
-
Qualcuno si era chiesto che fine avesse fatto Daniele...eccolo
ritornato. Se devo essere sincera, la parte che lo riguarda è quella che mi
piace di più in assoluto del capitolo.
-
-
Aspetto i vostri commenti ed, intanto, ringrazio coloro che ne hanno
fatti per lo scorso capitolo:
-
kikikaulitz: ciauuuu....purtroppo all'appuntamenot,
Giulia, non è potuta andare, ma ha rimandato, al giorno dopo. per la relazione
tra il preside e la prof, mi hai fatto venire qualche ideuzza, ma non prometto
niente...comunque hai ragione, riguardo alla prof, è stata proprio una
stronza! Baci8
_NovemberThree_: sei stata l'unica a tenere in
considerazione anche Sara...è scappata, e nel prossimo capitolo si capirà un po'
meglio quello che ha fatto, ma non sperare in bene, te lo dio già...e purtroppo
Lorenzo non lo può vedere...situazione di merda, vero? Ciau, bacione
grandissimo.
_Ka: sono rimasta un po' colpita dalla tua recensione,
perchè questa storia non mi è mai sembrata macabra...mi piacerebbe conoscere il
tuo punto di vista...se ti va, lasciami un'altra recensione, per
chiarire...ciau
-
Grazie anche a coloro che hanno letto la storia e che continueranno a
farlo. Grazie, in particolare, a Veronica91, per aver
inserito la fic tra i preferiti.
-
Allora...prossimo aggiornamento, probabilmente, venerdì...dipende se ho
tempo per finire il prossimo capitolo, ma credo di sì, sono quasi alla
fine...
-
-
Alla prossima,
-
la vostra affezionata,
-
Miss dark
-
*_*
-
-
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Mai Più Noi-Capitolo 16
-
CAPITOLO 16
-
-
-
Sara, dove sei?
-
Nel
buio della stanza riecheggiò il suono di quella domanda.
-
-
Qui.
-
Il
corpo della persona a cui apparteneva la prima voce, seguì il suono della
seconda e, pochi secondi dopo, si trovò a stretto contatto con la ragazza.
-
I
suoi capelli, biondi, riflettevano quei pochi raggi di sole che le inferiate
della finestra lasciavano penetrare nella stanza.
-
-
Eccoti...
-
Prese a baciarle il collo, piano, con relativa dolcezza.
-
Poi
quei teneri baci si trasformarono in foga e desiderio.
-
-
Scusa, ma non mi va...non ora...non qui...
-
-
Qual è il problema?
-
Sara si oppose alla forte presa che le cingeva i fianchi. Tentò di
liberarsi, dimenandosi, nella ricerca di staccarsi da quel corpo troppo
voglioso, per i suoi gusti.
-
-
Non lo so, ma non mi pare il caso...
-
Il
ragazzo non le mollava le braccia, premendola contro di sé.
-
-
Ho capito...vuoi giocare un po’...
-
Sara si sentì mancare. Non voleva andarci a letto. Perché il loro
rapporto doveva spingersi molto oltre il bacio? Si conoscevano da appena due
giorni. Lei non provava niente nei confronti di quel ragazzo.
-
Non
voleva che la sua prima volta fosse in quel modo.
-
Non
in quella stanza d’albergo.
-
Non
dopo una giornata passata a bere in uno sporco bar nella periferia della
città.
-
Non
voleva, non doveva essere così.
-
-
No, per favore, voglio tornare a casa, almeno stanotte.
-
Già, la notte prima era stata terribile.
-
Un
misto tra alcol e canne.
-
Si.
-
Era
terribilmente depressa.
-
Odiava la sua vita.
-
Le
persone che la circondavano.
-
L’intero mondo.
-
Voleva evadere da esso, scappare lontano.
-
Morire.
-
E,
allora, che problemi c’erano a lasciarsi violentare da quel
ragazzo?
-
Non
vi erano motivi per cui lei lo respingesse.
-
Cosa voleva dalla vita? Niente, e, in ogni caso, niente avrebbe
ricevuto,
-
-
Anche stanotte in bianco?! No!
-
L’avvicinò a sé, con ulteriore veemenza.
-
Iniziarono a scendere caute ed inesorabili lacrime di
delusione.
-
-
Sì.
-
Ormai non aveva più niente per cui combattere.
-
Non
un amico.
-
Non
un amore.
-
Non
una famiglia che le volesse bene.
-
Anche i suoi sogni erano svaniti, lentamente.
-
Così come le sue ambizioni.
-
No,
non avrebbe opposto resistenza. L’avrebbe assecondato.
-
-
Brava...
-
E
mentre lui si faceva spazio tra i suoi vestiti, lei sentì il una terribile
fitta al petto.
-
Poi, per il resto della notte, più niente. Come se non avesse più un
cuore e dei sentimenti.
-
Non
avrebbe mai più ripensato a quella notte.
-
Ne
avrebbe vissute altre, una dopo l’altra, senza ricordarsi di amare sé stessa.
-
-
Michele era seduto su una comoda poltrona, nel salotto
dell’appartamento di Sara.
-
I
genitori non erano in casa.
-
Probabilmente non erano nemmeno al commissariato.
-
Di
sicuro, si erano presi una vacanza per dimenticare la “dolorosa” scomparsa
della loro primogenita.
-
Teneva stretta, tra le dita della mano, un
fotografia.
-
Non
ritraeva né lui, né lei.
-
Era
una stella cometa.
-
-
-Stanotte, sarà la notte più bella di tutta l’estate, Michele,
sai!
-
Il ragazzo strinse Sara al petto.
-
- Che cosa accadrà?
-
- Ma come?! Non ti ricordi? Stanotte è la notte di San
Lorenzo!
-
Lui la guardò stranito e sospirò.
-
Lei gli diede un bacio. Dolce e tenero.
-
- Stanotte- iniziò a spiegare la ragazza - E’ la notte delle stelle
cadenti, e io ne voglio vedere e fotografare una!
-
-
Una
lacrima prese la sua discesa lungo il viso contratto del ragazzo.
-
Erano passati solo pochi mesi da quel giorno, ma lui aveva rovinato
tutto il loro rapporto e, ora, lei era chissà dove con chissà chi.
-
Ricordava ancora molto nitidamente quello che avevano fatto.
-
-
- Ci sei quasi, Michele?
-
Il ragazzo caricò l’ultima valigia sulla macchina.
-
- Ecco, questa era l’ultima.
-
- Bravo!
-
Gli diede un bacio sulla guancia e lo
abbracciò.
-
- Stanotte, saremo solo io e te sulla
spiaggia...
-
Gli scoccò un altro bacio, sulla bocca, e fece per sedersi sul
sedile posteriore. Ma lui la prese per un braccio e la trascinò a
sé.
-
- Solo noi due...
-
Ora fu lui a baciarla, e stavolta non gli importava se c’erano i
suoi genitori a guardarli. L’amava e voleva dimostrarglielo.
-
Stavano insieme da appena tre settimane e ogni momento era perfetto
per consacrare il loro rapporto.
-
- Michele...vuoi salire in macchina?! Tuo padre sta per perdere la
pazienza.
-
La voce pacata ma, allo stesso tempo, angosciosa della madre del
ragazzo, fece sciogliere quell’affettuoso abbraccio.
-
- Eccoci, mamma!
-
Sottolineo con insofferenza l’ultima parola.
-
Salirono svelti sulla macchina, uno affianco all’altro, stretti in
un abbraccio più cauto.
-
Il viaggio iniziò.
-
Sarebbero andati, anche quell’anno, a Porto Fino, ma, quella volta,
c’era una novità: Sara.
-
Quello sarebbe stato il primo anno in cui le vacanze estive gli
sarebbero parse una liberazione e non una tortura.
-
Solitamente le passava con i vecchietti sulla spiaggia. Non aveva
mai avuto amici in quella località vacanziera.
-
- A cosa pensi?
-
La voce dolce e premurosa di Sara interruppe i suoi
pensieri.
-
- A quanto sono fortunato ad averti vicino a
me.
-
Il viso della ragazza si era illuminato di una luce nuova. Le si
poteva leggere negli occhi l’amore che provava verso di lui.
-
- Grazie, amore!
-
Si accoccolò ancora più stretta al suo petto.
-
-
Era ormai sera, stavano per arrivare.
-
- La nostra stella cometa si avvicina!
-
Quelle parole fecero sobbalzare leggermente Michele.
-
- Pensavo dormissi...
-
- Infatti dormivo.
-
Il ragazzo la guardò, apprensivo e sereno.
-
- Allora ben svegliata!
-
Le diede un leggero bacio sulla fronte.
-
Lei si sdraiò sulle sue gambe scoperte. Portava un paio di
pantaloncini corti e rossi. Glieli aveva regalati Sara quella stessa mattina,
appena lui era passato a prenderla nel suo appartamento.
-
- Mi stavo chiedendo una cosa, Michele...
-
Lui sospirò. Quando Sara aveva qualche idea, le cose non finivano
mai bene.
-
- Dimmi.
-
- Pensavo che si poteva invitare anche
Giulia...
-
- Perché?
-
La voce del ragazzo era incrinata da un leggero fastidio. La
biondina l’aveva notato subito e gli aveva tirato un piccolo schiaffo sul
petto.
-
- Perché è mia amica e mi dispiace un sacco pensarla da sola a
Torino...sai che depressione che le verrà!
-
- Ma non ha Daniele?
-
- Lo so...ma mi sembra che anche lui parta per le vacanze...credo
andrà a Malta...
-
Iniziò a spiegare la ragazza, mezz’assonnata, ma Michele la
interruppe.
-
- E non può andare con lei?
-
- ...con la sua ragazza.
-
Terminò Sara.
-
- Ah...pensavo stessero insieme. Da come me ne parli sempre, mi
erano parsi una coppia...
-
Sara alzò gli occhioni azzurri verso il viso rilassato, ma
incuriosito del ragazzo.
-
- E’ una storia veramente complicata...non te la sto a spiegare,
altrimenti ci perdi la testa. Però, la possiamo invitare, per
piacere...
-
- Non so, mia madre ha già fatto storie perché io ho insistito per
farti venire, non credo accetterebbe di buon grado un’altra
ospite...
-
La ragazza lo guardò immusonita e poi si rivolse alla madre.
-
- Signora, le dispiacerebbe se invitassimo un’altra ragazza? Sa,
sono tre anni che non fa vacanze e che sta sempre chiusa nel suo appartamento
a Torino, credo le farebbe un immenso piacere venire...
-
La donna ruotò gli occhi e poi rivolse uno sguardo interrogativo al
marito.
-
- Renzo?
-
L’uomo assunse un’aria spaesata, come se si fosse appena svegliato
dopo un lunghissimo letargo.
-
- Cosa, cara?
-
- Renzo! Perché non mi ascolti mai?!
-
- Scusa, ma ero soprappensiero...
-
In quel momento intervenne Sara.
-
- Signore...siete stati molto gentili ad accettare la mia visita e
vi ringrazio immensamente, ma mi era parsa un’idea molto carina invitare
un’altra ragazza che è tre anni che non fa vacanze estive. Pensavo potremmo
ospitarla nel nostro stesso albergo...ovviamente, io e lei, pagheremo la
nostra parte e non daremo eccessivo fastidio...
-
L’uomo, gli occhi fissi sull’autostrada che scorreva veloce e scura
sotto le ruote roventi della macchina, sospirò e poi assunse un’aria bonaria.
-
- Marta, credo sia proprio una buona idea,
sai...
-
In quel momento Sara si estraniò dalla conversazione e diede un
buffetto al ragazzo, che le sedeva accanto.
-
- Vedi, gli sembra una buona idea!
-
Michele sbuffò, infastidito dalla possibile presenza di Giulia.
Osservò la fidanzata sorridere, per convincerlo.
-
- Dai...le telefono domani. Stasera la passiamo solo io e te...e
anche le altre...
-
Il moro, accettò controvoglia. Non era incline al litigio e voleva
che quella vacanza fosse bella e serena, per tutti.
-
- Va bene...telefonale domani mattina, però...non credo che in
albergo accetterebbero se ci presentassimo in cinque anziché in quattro, come
da prenotazione...
-
Marta sorrise leggermente, nel pronunciare la frase.
-
- Grazie, siete veramente due persone
adorabili!
-
- Niente, cara...speriamo solo che nostro figlio si diverta
quest’anno...
-
Poi i due genitori ripreso a osservare la strada e ad ascoltare
l’autoradio.
-
- Grazie anche a te, amore...
-
Stavolta Sara sussurrò la frase.
-
Michele era ancora poco convinto ma ricambiò quel sorriso raggiante
con l’espressione più rilassata che potesse assumere.
-
- Niente.
-
Sara si sollevò dalle gambe del ragazzo e avvicinò le labbra alle
sue.
-
- Non vorremmo mai che ti annoiassi...
-
Sussurrò sulle sua bocca. Poi lo baciò. Delicata, ma maliziosa.
-
-
Michele si alzò dalla poltrona e si avvicinò al comodino da dove aveva
prelevato la fotografia.
-
La
riappoggiò, con cautela e premurosità.
-
Sapeva che quella era la foto preferita di Sara.
-
Sapeva che quella era l’estate che lui non avrebbe mai
dimenticato.
-
E
sperava che, anche per la sua ex fidanzata fosse la stessa cosa.
-
Ma
ora lei non c’era e lui era solo, in quel grande appartamento
vuoto.
-
Mosse incerto grandi passi verso la camera di Sara.
-
Spinse, leggero, la porta e davanti a lui si parò una scena
raccapricciante.
-
-
-
DANIELE:
-
Giulia...lo so, non mi vuoi
sentire.
-
Accetto il tuo desiderio, ma sto
veramente male.
-
Fammi almeno sapere se mi hai
perdonato.
-
Ti prego, Giulia...
-
Ho capito quanto tu sia importante per
me.
-
Ti amo!
-
-
Quasi non le cadde il cellulare dalle mani.
-
Stava infilandosi il pigiama, pronta a dormire per dodici ore filate,
poi era suonato il cellulare e il display segnalava l’arrivo di un nuovo
messaggio.
-
Quando ebbe letto il messaggio per circa dieci volte, si accasciò a
terra, in un angolo della stanza.
-
Il
pavimento gelido era a contatto con la pelle nuda delle cosce, ma lei non
percepiva alcun freddo.
-
Le
tremavano le mani, le gambe.
-
Sentiva che non sarebbe riuscita a spiccicare una sola
parola.
-
Boccheggiava nella vana ricerca di parlare a sé stessa, per dirsi di
calmarsi.
-
“Ti amo”.
-
C’era scritto proprio “Ti amo”.
-
Iniziò a piangere.
-
Singhiozzava freneticamente, come una bambina di cinque anni, ma non
gliene importava.
-
Quelle lacrime non scendevano dagli occhi, salivano dal cuore.
-
Da
quella remota parte del suo cuore che, con tanta cura, era stata arginata e
che, da pochi giorni, sopiva in uno stato di impasse.
-
Non
aveva più provocato dolore, ma ora palpitava e feriva le pareti della cassa
toracica come un martello impazzito.
-
Non
poteva fermarlo.
-
“Ti amo”.
-
Le
aveva scritto “Ti amo”.
-
Non
riusciva a schiarirsi la mente. Perciò soffriva.
-
Non
era in grado di ragionare.
-
Aveva perso l’istinto, qualunque ne avesse mai avuto.
-
Era
in uno stato di transito tra il meravigliato, il dispiaciuto, l’arrabbiato e
l’innamorato.
-
Piangeva, per sfogare quelle emozioni, così strane, tutte insieme.
-
Passarono alcuni minuti, anzi, probabilmente anche una mezz’ora, ma a
Giulia parvero ore veramente lunghe.
-
Riprese il cellulare in mano, dopo essersi passata una mano sulle
lacrime secche che rigavano il viso contratto e agitato.
-
-
Cosa devo dirgli?
-
Riuscì a sussurrare quelle tre parole e le parve una conquista.
-
Sentendo la propria voce, si calmò un po’ ed ebbe il coraggio di
digitare il messaggio che aveva in mente dall’inizio di quella crisi, da
quando aveva letto il messaggio.
-
-
GIULIA:
-
Sono io, Daniele che devo implorarti il
perdono.
-
Tu sei stato scusato, in qualche strana
maniera, dal mio subconscio.
-
Fra noi, sono riuscita a creare una
barriera, per non soffrire.
-
È alta.
-
Non posso scavalcarla.
-
Per me, ormai non sei più niente.
-
Soffro molto nello scriverti queste
parole, ma è così.
-
Scusa, Daniele.
-
-
Inviò il messaggio senza neanche rileggerlo, poi spense il cellulare e
lo poggiò sul comodino vicino alla finestra.
-
-
Scusa Daniele...
-
Era
vero.
-
Tutto ciò che aveva scritto era la pura ed inconfutabile verità.
-
Aveva sofferto tantissimo, durante quelle settimane senza di lui.
Talmente tanto, da non essersi resa conto che la sua mente aveva allontanato,
poco a poco, il ricordo di quell’amore.
-
Probabilmente, non era neanche così importante come lei aveva creduto,
quando l’aveva provato.
-
-
Scusami tanto...
-
Si
concentrò sui pantaloni del pigiama a righe che doveva indossare.
-
Tentò di allontanare ogni altro pensiero.
-
Pregava che quella breve discussione non avesse fatto scattare un
meccanismo di perverso dolore.
-
Si
sedette sul bordo del letto.
-
Osservò, mesta, il cellulare. Era abbandonato accanto alle chiavi di
casa e al portafoglio.
-
Cos’avrebbe risposto Daniele? Avrebbe risposto? Cosa stava provando, in
quel momento?
-
Sollevò il lenzuolo e le coperte e si coricò nel letto comodo.
-
Chiuse gli occhi, nel tentativo di addormentarsi, ma era tardi. Troppo
tardi.
-
Ormai, la sua mente aveva cominciato a macchinare.
-
Cominciarono a scorrerle davanti agli occhi, le immagini di tutto il
suo rapporto con Daniele.
-
Quella notte non sognò.
-
Ebbe una specie di incubo.
-
Ricordò ogni singolo momento della sua vita passata con quella persona
così speciale che, una volta chiamava “migliore amico” e che ora, per lei, non
rappresentava più nulla.
-
Il
peggiore fra tutti gli episodi che riaffiorarono alla sua memoria fu quello
dell’estate precedente.
-
-
- Ciao Giulia, come va?
-
Sara le aveva telefonato alle dieci di mattina dell’11 agosto, per
un motivo che, allora, le era sconosciuto.
-
- Bene...tu?
-
- Mah...prova ad indovinare...sono in vacanza col mio
ragazzo...potrebbe andare meglio?
-
Nelle pause inseriva o qualche sospiro o qualche risata, come in
tutte le sue telefonate.
-
- Capito, magnificamente bene...perchè mi hai
chiamato?
-
Sara si schiarì la voce, appesantita dal sonno di una notte passata
a contemplare il cielo, tra le braccia sicure di un ragazzo che l’amava
immensamente.
-
- Pensavo che potevi raggiungere me e Michele a Porto Fino...ti
va?
-
Giulia apparve confusa, ma anche imbarazzata.
-
- Sarebbe bellissimo, ma io sono a Malta...
-
- ...con Daniele?!
-
- Sì...si è mollato con la ragazza, non so ancora perché, e ha
invitato me...
-
- Ah...
-
- Non sei felice per me?
-
- Beh...
-
- Io sono felicissima...siamo arrivati tre giorni fa e mi sono già
divertita un sacco...qui, Daniele, non conosce nessuno, così passa tutta la
giornata con me...non hai idea di quanto stia bene tra le sue
braccia...
-
- Tra le sue braccia?
-
- Sì...
-
- Vi siete messi insieme?
-
- Ti pare?! Non sa neanche quanto mi piace, figurati se mi viene a
chiedere di metterci insieme.
-
- E allora?
-
- E’ che, proprio perché non sa quanto mi piace, mi abbraccia per
dimostrarmi quanto sia importante per lui...
-
- Eh?!
-
- ...come amica...
-
- Ah...mi dispiace...
-
- Perché?! Io mi diverto tantissimo, sto veramente bene con
lui...
-
- Ma non ti senti a disagio?
-
- No...ah...stasera mi porta in centro! Saremo soli, senza i suoi
genitori e saremo fuori dal villaggio vacanze...
-
- Capito...mi raccomando, non fare cose di cui potresti pentirti e
divertiti! Ora devo andare, si è svegliato anche Michele e voglio dargli un
benvenuto coi fiocchi...
-
- Ok...vai dal tuo bel principe!
-
- Ma che principe! Si è addormentato prima che vedessimo la stella
cadente, così ho espresso il desiderio da sola...devo fargli una strigliata di
quelle...
-
- Ok...vai dal tuo bell’addormentato! Ciau.
-
- Ciao, ci sentiamo domani, voglio tutti i particolari, mi
raccomando...Ehi, dove credi di andare, tu?
-
A quel punto Giulia riagganciò e si preparò per andare in spiaggia.
-
Mise il costume, ma, quando stava per uscire, qualcuno bussò alla
sua porta.
-
- Sto uscendo...aspetta un attimo...
-
Prese le chiavi della stanza e andò ad aprire la
porta.
-
- Daniele?!
-
- Scusa se ti ho spaventata, ma dovrei parlarti...possiamo rientrare
un attimo?
-
- Sì...che c’è?
-
Daniele si chiuse la porta alle spalle e si sedette su una poltrona
affianco al letto.
-
Aveva proprio una brutta cera. Sembrava che non avesse dormito per
tutta la notte. E pareva anche molto triste.
-
- Ha telefonato Giorgia.
-
Giorgia era la ragazza che l’aveva mollato, prima delle
vacanze.
-
Giulia attese che Daniele terminasse di spiegare, ma lui non lo fece
e si prese il viso tra le mani.
-
- E allora? Cos’ha detto?
-
- Niente di particolare, ma non sono riuscito a
dormire...
-
- Scusa, ma che ti ha detto per ridurti in questo
stato?
-
Giulia aveva preso il mento di Daniele con una mano ed ora il loro
visi erano troppo vicini.
-
Daniele fissò Giulia negli occhi, per un istante interminabile.
-
- Giulia...
-
- Si...?
-
Lui si avvicinò ancora di più al viso della
mora.
-
- Daniele...che fai?
-
Chiese Giulia, lottando contro il suo istinto che le diceva di
tenere la bocca chiusa e di lasciarlo fare.
-
Poteva sentire il respiro del ragazzo sulle sue labbra.
-
Lui non l’ascoltò e la baciò.
-
Era dolce.
-
Era cauto.
-
Era magico.
-
E lei stava terribilmente bene.
-
Gli cinse il collo con le braccia e lui la strinse a sé come non
aveva mai fatto prima.
-
Le loro labbra si univano e si staccavano ritmicamente e i loro
respiri si erano fusi in un unico fiato che alimentava quel primo bacio.
-
Giulia aveva perso la concezione di tutto ciò che le accadeva
intorno.
-
Era troppo felice e meravigliata per essere anche vigile, allo
stesso tempo.
-
Poi tutto terminò.
-
Lui si staccò dal corpo della ragazza, sciogliendo quel piacevole
abbraccio, e si allontanò dalla poltrona.
-
- Scusa Giugiù, ma non posso amarti.
-
-
Poi
Giulia si svegliò, turbata dal ricordo di quei momenti, riaffiorati alla
memoria dopo tanto tempo che erano stati allontanati da
essa.
-
Si
era sentita amata e desiderata e, un instante dopo, respinta e
amareggiata.
-
Era
stata un’esperienza terribile da un lato e bellissima dall’altro.
-
L’estate, però, era stata lo stesso magnifica.
-
Avevano deciso di mettere una pietra sopra quello che era accaduto e si
erano divertiti allo stesso modo.
-
Almeno così le era parso.
-
A
ripensarci, ora, tutto era cambiato.
-
Lui
non l’aveva più abbracciata e aveva cercato di evitare di stare da solo con
lei.
-
Da
quel giorno, anche quando erano tornati a scuola, uno strano meccanismo aveva
fatto scattare, in Giulia, l’idea che la trasformazione del suo rapporto con
Daniele fosse possibile e che, un giorno, avrebbe potuto baciarlo di nuovo,
senza essere respinta.
-
Non
era più riuscita ad essere semplicemente sua amica e ad accontentarsi di quel
sentimento. Lei voleva di più e, anche se sapeva che non lo avrebbe avuto mai,
sperava lo stesso di poterlo ricevere.
-
Non
era a conoscenza di quello che lui provasse, realmente, per
lei.
-
Aveva sofferto moltissimo, trascinata dalla corrente del
dubbio.
-
Poi
era esplosa e, la parte peggiore dell’inferno, le si era parata davanti.
-
Ora
aveva perso definitivamente tutto e, a quanto pareva, non aveva mai smesso di
soffrire.
-
Stanca di ricordare, si alzò pesantemente dal letto.
-
Il
suo unico desiderio era andare a scuola, fingere che niente fosse successo e,
tornata a casa, immergersi nei compiti, per non far riaffiorare ulteriori
immagini.
-
Mentre si dirigeva verso il bagno, per lavarsi la faccia e vestirsi, le
balenò in mente il ricordo di ciò che avrebbe dovuto fare quel pomeriggio.
-
-
Cazzo, Lorenzo!
-
Cambiò del tutto traiettoria e, invece di aprire la porta della propria
stanza, si fiondò alla finestra, per afferrare il cellulare e scrivere un
messaggio al ragazzo a cui aveva promesso un appuntamento.
-
Non
aveva alcuna voglia di restare da sola con lui.
-
Non
dopo una notte tormentata come quella.
-
Un’altra volta Daniele le aveva rovinato i piani.
-
-
Che stronzo!
-
Imprecò a fior di labbra.
-
Ricordò, all’istante, che se avesse acceso il cellulare avrebbe trovato
l’eventuale risposta di Daniele.
-
Non
voleva venire a conoscenza di una realtà tanto dolorosa.
-
Ma
doveva avvertire Lorenzo del cambiamento di programma.
-
Sbuffando, Giulia accese il cellulare.
-
Chiuse gli occhi, in attesa dello squillo della suoneria che l’avrebbe
avvertita di un nuovo messaggio.
-
Contò, mentalmente, i secondi e, dopo che ne furono passati ventisette,
il telefono le vibrò in mano e la suoneria le riempì le orecchie.
-
A
stento, riaprì gli occhi.
-
Erano arrivati due sms.
-
Daniele. Daniele.
-
-
Non si è perso d’animo, perlomeno.
-
Aprì il primo in ordine di arrivo.
-
-
DANIELE:
-
Se la scavalcassimo
insieme?
-
So che leggerai questo messaggio solo di
mattina.
-
Ti conosco troppo bene.
-
Per questo so di amarti
-
e so che anche tu mi ami, ancora.
-
Ti prego, Giulia,
-
dammi una possibilità!
-
-
-
Non posso, Dani! Non posso, lo vuoi capire!
-
Urlò a sé stessa.
-
-
Perché non vuoi capire? Perché sei così dannatamente
testardo?!
-
Prese un pupazzo appoggiato, inerte, sul letto e lo scaraventò contro
l’armadio dei vestiti.
-
Esso ricadde, immobile, sul pavimento, con un espressione allegra sul
viso da tigre.
-
-
Tu perché ridi, stupido tigrotto?!
-
Lo
prese e lo buttò sotto al letto, per non vedere più i suoi occhi di pezza,
rivolgerle uno sguardo divertito.
-
Si
sedette, nervosa e triste, sul pavimento, con la schiena appoggiata alla
testiera di legno.
-
Si
riappropriò del cellulare, dimenticato sul comodino, e aprì l’altro messaggio.
-
-
DANIELE:
-
Scusa.
-
Non dovrei essere così insistente,
-
ma tu mi hai cambiato.
-
Da quando ti conosco,
-
so di aver mutato comportamento.
-
È merito tuo se, adesso, sono un po’
migliore.
-
Grazie di tutto quello che tu hai fatto
per me.
-
So che non te la sentirai di rispondere.
-
Ti amerò in silenzio, d’ora in poi.
-
-
-
Stupido!
-
Esclamò, mentre il suo sguardo si velava di lacrime.
______________________________________________________________
-
Chiedo con
tutta l'umiltà possibile scusa a tutti coloro che leggono questa
fic.
-
Non è stato
corretto il mio comportamento, visto che avevo promesso di postare con
regolarità, e per questo mi dispiace molto.
-
posso solo
dire che di mezzo ci sono stati l'esame di terza media, due concorsi e tanti
problemi in famiglia e con gli amici.
-
-
Cosa ne dite
del capitolo?
-
E' in
assoluto il più lungo della storia, ma secondo me è molto
bello.
-
Anche perchè
si capisce qualcoa di più sul passato dei protagonisti e si comprendono alcuni
loro gesti del presente.
-
Che ne dite
di lasciare qualche recensione???
-
Così posso
sapere cosa ne pensate della fic...
-
Lo so, tutti
dicono questo, ma anche io ve lo voglio chiedere.
-
Perchè mi
servirebbe per crescere e migliorare.
-
Ringazio di
cuore:
-
_NovemberThree_: mi dispiace non aver aggiornato tanto
presto...però che ne dici di questo capitolo??? Secondo me, qui, la parte
migliore è quella di Giulia. Daniele si comporta proprio da stronzo, ma ti
asssicuro che a me è successo...un bacio!
Kikikaulitz: non posso promettere niente, perchè io sono
la prima a non sapere come finirà. Nel prossimo capitolo o in quello
dopo ci sarà una parte dedicata solo a Lorenzo...per scoprire n po' di più
sul suo conto. Anche a me dispiace per Daniele, come mi dispiaceva nella realtà
per il mio migliore amico...comunque grazie mille per la recensione!! Un
abbraccio!
-
Grazie mille
anche a chi ha letto la storia e continuerà a leggerla e ancora grazie a
coloro che mantengono la storia tra i preferiti.
-
Alla
prossima, e sarà presto
-
la vostra
affezionata
-
Miss
dark
-
*_*
-
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Mai Più Noi - Capitolo 17
CAPITOLO 17
- Che cazzo ci fai, tu, qui?!
Sbraitò Sara.
Michele era sdraiato sul letto della ragazza.
Aveva dormito lì, a casa sua, dopo aver ripulito per bene la sua stanza.
La sera prima, infatti, aperta la porta della camera da letto, l’aveva
trovata in soqquadro e, sapendo quanto Sara fosse maniaca dell’ordine, aveva
pensato di riordinarla.
- Te lo ripeto solo una volta. Che cazzo ci fai, tu,
qui?!
Il ragazzo si alzò dal letto e le si avvicinò.
Fece per abbracciarla, ma lei gli tirò uno schiaffo in piena guancia.
- Non ti azzardare a sfiorarmi, cretino!
Michele si allontanò da lei.
- Ieri sera...
- Non me ne frega, vattene!
- Posso spigare, almeno?
- Non m’importa! Vattene immediatamente o chiamo la polizia per
violazione di domicilio!
- Calmati, per favore.
- Io non mi calmerò finché tu sarai vicino a me.
Il moro sospirò, deluso.
Si mosse verso la porta, ma i singhiozzi sommessi di Sara, giunsero alle
sue orecchie e lui si voltò.
- Sara...dove sei stata?
- Non t’importa.
Continuava ad urlare, ma era meno offensiva. Le sua rabbia era stata
ingoiata dal pianto.
Lui si sedette sul letto, vicino alla ragazza e le prese una mano.
La strinse forte tra le sue e poi ne baciò le dita.
Lei lo lasciò fare, senza controbattere, ma il suo respiro si era fatto
irregolare e il battito era angosciato.
- Calmati.
Sussurrò lui, tranquillo, mentre le sfiorava una guancia.
- Perché sei qui?
Non urlava più. Sussurrava, quasi temesse di essere ascoltata da qualcun
altro.
- Perché pensavo ti avrebbe fatto piacere trovare qualcuno in casa,
quando saresti tornata.
- Sapevi che sarei tornata?
- Certo!
Allontanò il suo viso da quello di Sara, come se fosse indignato.
- Io ho sempre saputo che saresti tornata, ma la mia presenza non ha
sortito il risultato sperato.
Il ragazzo socchiuse gli occhi e sorrise. Un po’ per rasserenare la
ragazza, un po’ perché era veramente contento di
rivederla.
- Come...?
Iniziò a formulare una domanda, ma Michele la precedette e le rispose,
interrompendola.
- La signora delle pulizie non era ancora uscita, mi ha aperto lei.
Lei si alzò dal letto, pensierosa.
Raggiunse la finestra che dava sul giardino. Non c’erano fiori in quella
stagione. Fuori faceva molto freddo.
- Io odio l’inverno.
Michele si voltò, per osservare la sua schiena, ma rimase seduto sul
bordo del materasso.
- Lo so.
- Ovviamente.
Seguì qualche minuto di silenzio.
Sara stava piangendo.
Silenziosa, stava sfogando le sensazioni che aveva imprigionato dentro sé
stessa in quella terribile notte.
Il ragazzo sospirò di nuovo.
Delicato, si alzò e le sfiorò una spalla nuda.
Indossava un top grigio molto attillato e senza maniche, nonostante il
gelo che regnava fuori. Una gonna molto corta, nera e bianca, delle calze color
pelle e degli anfibi.
- Non hai freddo?
Le chiese, premuroso. Cercava di evitare l’argomento “Notte”, sapendo la
reazione che ne sarebbe scaturita.
Lei esitò, ma poi si voltò verso di lui.
Il trucco le era colato sulle guance e gli occhi erano rossi per il
pianto.
- Mi hanno violentata.
Michele s’irrigidì all’istante.
- E io ho acconsentito.
Il moro evitò il suo sguardo, sapendo di avere un’espressione tutt’altro
che pacata.
Inaspettatamente, lei gli si buttò tra le braccia.
Rimase impietrito.
Non mosse un dito, ma poi, percependo delle lacrime calde sulla pelle del
collo, ricambiò quell’abbraccio.
- Ti va di raccontare?
Sara scosse la testa.
Michele la strinse ancora più forte al suo petto e le sussurrò
dolce
- Ti proteggerò io.
Daniele scosse con veemenza la testa. Poi si diede uno schiaffo in
faccia.
- Idiota!
Urlò a squarciagola quella parola.
- Idiota!
Ripeté, con altrettanta forza.
- Idiota!
Una terza volta.
La madre si affacciò alla finestra.
- Tutto a posto, Dani?
- Vattene!
Sbraitò, senza neanche preoccuparsi di guardare chi
fosse.
Giulia gli aveva risposto.
GIULIA:
Mi fai stare male!
Perché non vuoi capire?
Perché ti ostini ad essere così egoista?
Anche io ti amavo, ma tu mi hai sbattuto in faccia la
realtà.
Perché, ora, dev'essere colpa mia?
Tieniti le tue scuse e le tue parole dolci.
E, fammi un favore,
almeno stavolta,
lasciami in pace!
Prese il cellulare tra le mani e lo sbatté violentemente contro la parete
a cui aveva appeso tutte le sue foto con Giulia.
Provava una rabbia incontenibile.
Odiava sé stesso per ciò che aveva fatto, quella mattina e la sera prima.
Dopo aver represso un grido, si avvicinò alla stessa parete e tirò un
pugno talmente forte da far staccare le puntine di alcune
foto.
Si strine il polso con l’altra mano.
Le nocche sanguinavano copiose, ma non gliene
importava.
Tirò un altro pugno, noncurante del dolore.
Aveva rovinato tutto.
Quelle minime possibilità che gli restavano di farsi perdonare da Giulia
erano andate in fumo nello stesso momento in cui aveva digitato la prima parola
del primo messaggio.
Prese lo zaino e uscì di casa senza neanche salutare la
madre.
Appena fu fuori dal condominio, si osservò le ferite che si era
procurato.
- Idiota!
Lo sussurrò a sé stesso.
- Che gli dico?
Giulia stava riflettendo su quello che avrebbe potuto scrivere a Lorenzo,
per spiegargli il motivo dell’improvviso rifiuto
dell’appuntamento.
Aveva appena mandato un messaggio a Daniele per mettere definitivamente
fine a quella dolorosa e muta conversazione.
Si erano parlati in silenzio.
Senza pronunciare una sola parola.
Lei non aveva visto le espressioni di Daniele mentre scriveva quelle
frasi dolci.
Non aveva potuto osservare i suoi occhi quando aveva detto “Ti
amo”.
E se avesse solo scherzato?
Se non avesse mai pensato neanche una di quelle parole tenere che lei
aveva letto?
O, peggio, se non fosse stato lui a
scriverle?
Il cuore le si strinse in una morsa.
Odiava Daniele.
Odiava quella situazione.
Odiava le persone che le avevano detto che tutto si sarebbe risolto in
fretta.
Ma, più di tutti, odiava sé stessa.
Come poteva volersi così male da pensare che lui provasse realmente
qualcosa per lei?
Che lui l’amava.
Odiava i ricordi che, piano, piano, riaffioravano alla sua mente stanca
di dover procurare tanta sofferenza.
Doveva allontanarsi definitivamente da lui.
Non doveva più pensarlo.
Lei meritava rispetto, da sé stessa prima di
tutti.
Era necessario che allontanasse dalla memoria tutti momenti belli, ma
anche e soprattutto, quelli brutti.
Ancora in pigiama, si tuffò sul letto
sfatto.
Sprofondò la testa nel cuscino per soffocare un urlo. I suoi occhi
lacrimarono.
- Perché? Perché sei così cattivo?
Urlava con la bocca premuta sulla morbida
spugna.
- Io ti amo.
Sussurrò piano. Se ne vergognava. Tantissimo. Ma era inutile mentire a sé
stessa.
Lo amava. Lo amava da sempre. Da quando, la prima volta, l’aveva guardata
negli occhi e le aveva chiesto se quel posto accanto a lei fosse
occupato.
- Scusa...quel posto è occupato, o posso sedermi a farti
compagnia?
Un ragazzo dagli occhi azzurri e dal sorriso contagioso aveva interrotto
i pensieri confusi di una moretta timida e rossa in viso per
l’imbarazzo.
Era la seconda settimana del liceo. Il primo giorno di
mensa.
Erano, ancora, tutti un po’ spaesati e senza un
amico.
- No...
- Ah...allora posso sedermi?
Sara, quel giorno, aveva deciso di marinare la scuola.
“Chissene frega...nessuno ti dice niente i primi giorni di scuola” aveva
detto prima di fuggire dagli sguardi curiosi dei ragazzi che aspettavano il
suono della campanella, fuori scuola.
- S-sì...
Daniele aveva preso posto, tranquillo e ancora sorridente, sulla sedia
davanti a lei.
- Calmati...non ti mangio mica...mi basta lo schifoso cibo della mensa
per saziarmi...
Lei aveva tentato di nascondere un sorriso, ma non c’era
riuscita.
Il ragazzo, visto che si era calmata le porse una
mano.
- Daniele...
Lei aveva alzato lo sguardo su di essa.
Poi aveva osservato lui e, infine, dopo molti tentennamenti, l’aveva
stretta, pronunciando fiera il suo nome.
Aveva, lentamente, preso coraggio, Daniele le infondeva calma e allegria,
distaccando i suoi pensieri dal resto della giornata e concentrandoli su ogni
sua singola parola.
- Come ti pare la scuola?
- Uno schifo...come tutte, credo...
Lui, che aveva appena addentato una forchettata di penne al sugo,
trattenne una risata.
- Giusto!
Aveva pronunciato, ancora a bocca piena.
La conversazione aveva preso un tono amichevole, niente di più, ma Giulia
sentiva, dentro di sé che lei non provava solo amicizia verso quel ragazzo.
Si era presa una cotta, ma non avrebbe mai pensato che si sarebbe evoluta
in un amore tanto sofferto.
Pensava, poi, che se un ragazzo si avvicina ad una ragazza, non desidera
solo un’amicizia.
- Però mi piacciono abbastanza i prof.
Aveva continuato, lei, mentre lui divorava tutto il primo
piatto.
Lo guardava incuriosita.
- Dicevi che ti faceva schifo il cibo delle mense, o
sbaglio?
- Lo so, ma è da ieri pomeriggio che non mangio niente...avevo una fame
che mi sarei mangiato...te!!
- Cretino!
Aveva esclamato lei, scherzosa.
- Idiota!
Urlò Giulia.
Era arrabbiata.
Perché continuava a ripensare a loro due?
Perché era così masochista?
Eppure lo amava.
Perché si complicava la vita?
Aveva sofferto troppo, per lui. Ecco perché si complicava la vita. Perché
il suo amore si era mescolato ad un eterno dolore.
Perché Daniele, ormai, rappresentava fonte di
male.
Sembrerà stupido, anche a lei pareva così, ma era la pura
verità.
Ed ogni ricordo era un nuovo addio.
Un nuovo passo verso il futuro.
Stava crescendo.
Piano e dolorosamente, come tutti.
Perché se non si soffre, la vita non acquista il valore che le
spetta.
E lei voleva vivere.
Per questo, timidamente, sorrise e sussurrò a fior di
labbra.
- Idiota!
Erano le cinque e mezzo del mattino.
Lorenzo doveva essere al bar entro le sette.
Non era per niente in ritardo, ma si sentiva agitato come se lo
fosse.
Si alzò dal letto, con apparente
tranquillità.
Osservò la sua immagine riflessa nello specchio sito di fronte al
letto.
Abitava in un piccolissimo appartamento.
Una cucina minuscola che fungeva anche da salotto e un bagno addossato
alla piccola camera da letto.
L’unica cosa che lo rendeva un appartamento piacevole, era un arioso
terrazzo, su cui lui curava numerosi vasi di fiori e piante
varie.
Ma era inverno, e non c’era nessun fiore d’annaffiare. Solo piante
rinsecchite e dalle foglie inesistenti, che necessitavano della loro dose
giornaliera d’acqua,
Con i soli boxer addosso, uscì all’aria aperta, per
bagnarle.
A quell’ora non rischiava di essere visto da molte
persone.
Nessuno, nel suo condominio, era tanto folle da alzarsi alle cinque del
mattino, senza un motivo.
Respirò una profonda boccata d’ossigeno e poi
sospirò.
- Chissà se verrà...
Si rivolse ad un nocciolo, in apparenza, privo di
vita.
- Magari annulla tutto all’ultimo momento...che ne
dici?
Osservò in attesa di una risposta l’alberello a cui aveva posto la
domanda.
- Sto diventando pazzo...mi metto pure a parlare con una pianta,
ora...
Un’alitata di vento mosse l’aria umida di
pioggia.
Lorenzo stava ancora guardando in direzione della pianta, i quali rami
erano stati mossi da quel soffio.
Sembrò, veramente, che stesse annuendo.
Almeno, a lui parve così.
- Sì, sto proprio impazzendo, mio caro
nocciolo!
Rientrò in casa, chiudendosi la porta-finestra alle
spalle.
“Figurati se rinuncia ad un appuntamento...è così
triste...”
Con quei pensieri in mente, raggiunse la cucina.
Mise del caffé macinato nella caffettiera arrugginita che aveva ereditato
dalla nonna.
Era morta undici anni prima, quando lui ne aveva solo
nove.
Mise l’oggetto sul fornello del cucinino, anch’esso, eredità della nonna,
e accese il fuoco.
“A pensarci...questa casa me l’ha “arredata” la
nonna...”
Sorrise e tornò nella camera da letto.
Con lentezza tale da poter far invidia ad un bradipo, prese i jeans che
aveva indossato la sera precedente, alla festa di compleanno di sua sorella, ed
estrasse una maglia pulita dal primo cassetto dell’unico mobile che arredava la
stanza altrimenti vuota, escludendo il letto.
Si allacciò con eccessiva tranquillità le Adidas bianche e andò in bagno
per lavarsi.
Di lavò la faccia e, mentre osservava allo specchio l’immagine del suo
viso bagnato, pensò di avere l’assoluto bisogno di un caffé.
- Cazzo, il caffé!!!
Corse nella piccolissima cucina.
Il caffé era uscito dal beccuccio e aveva sporcato tutto il
fornello.
- Cazzo!
Ripeté, seriamente irritato, mentre il caffé s’incrostava sulla
superficie del piano cottura.
Spense il fuoco e, senza utilizzare alcuna presina, afferrò il manico
della caffettiera.
Constatando il fatto che, essa, era bollente, si bruciò il palmo della
mano destra. Ma lui ci pensò dopo.
La poggiò velocemente sul tavolo e, con la mano sana, afferrò dalla
credenza una tazzina blu.
Vi versò dentro, velocemente, un po’ di quel liquido amaro e fumante e
poi si fiondò a mettere la mano sotto l’acqua corrente del rubinetto, ancora
aperto, del bagno.
Certamente, quella mattina non era cominciata con il piede
giusto.
Quando tornò in cucina, aveva riacquistato il suo solito
buonumore.
Bevve, lentamente, il caffè, poi prese a leggere l’articolo in prima
pagina del quotidiano del giorno prima.
Qualcuno di famoso, ricordò, aveva detto che “Se un giornale non si è
ancora letto, dice ancora delle novità”, o qualcosa del
genere.
Mentre si informava sui danni arrecati alle culture dal freddo invernale,
squillò il telefono.
Lo impugnò con estrema lentezza e lesse il nuovo
messaggio.
GIULIA:
Scusa, oggi non vengo...non posso spiegarti.
È un casino.
Tutto un enorme casino.
Mi dispiace.
Lorenzo alzò gli occhi verso il soffitto scrostato e poi rivolse uno
sguardo ammonitore alla pianta con cui aveva intrapreso una specie di
conversazione.
- Idiota!
Non si riferiva a sé stesso.
Parlava, ancora, con quello stupido nocciolo.
____________________________________________
Ragazzi,
ragazze
Signori
e signore
Uomini
ed animali
Lettori
e recensiotori
Sono
tornata. Si, finalmente soo riuscita ad emergere da ogni sorta di problema
pratico e sono tornata.
Devo
molte scuse ad ognuno di voi. Ad ognuno di coloro che ha avuto la pazienza di
aspettare e di leggere fino a qui.
Il
primo scoglio contro cui mi sono scontrata è stata la mancanza del mio
adoratissimo pc per una settimana, causa lavori in casa. Questi ultimi hanno
procurato un ulteriore rintardo, in quanto i miei "dolci docli" genitori, mi
hanno "dolcemente" spronata ad aiutare nell'imbiancatura -.-'
Ma
non è finita qui...terminata la più parte dei lavori, ecco che posso andare in
vacanza senza la minima possibilità di accedere ad internet o, anche solo, ad un
pc.
Aspetto
il ritorno a casa ed ecco ad attendermi i compiti delle vacanze e il termine dei
lavori XD
Nel
mentre, visto che tutto cià non basta, ecco che mi si cancella ogni dato dal pc
ed io, ovviamente, devo ravanare in ogni angolo dell'altro pc per trovare la
storia, travasarla nel nuovo (allelujah *_*) pc.
Arriva
il faitidico momento in cui potrei scrivere e pubblicare e arriva l'inizio della
scuola (glooom!!!)
Allora
attendo ancora qualche giorno e, dopo tutte queste interminabili per me e per
voi peripezie, eccomi a pubblicare!!
Non
mi aspetto un applauso e nemmeno il "perdono".
Volevo
solo essere chiara nello spiegare il motivo di un tale ritardo, in quanto, con
molto rammarico e dispiacere, ho visto la mia storia perdere qualche preferenza.
Mi
dispiace davvero moltissimo, in quanto sono molto affezionata a tutti voi
lettori e recensitori.
Credo
di essermi dilungata abbastanza.
Ringrazio
di cuore coloro che hanno mantenuto le loro preferenze, coloro che aggiungeranno
(forse) la mia storia tra i loro preferiti e, primi tra tutti, i ragazzi e le
ragazze che hanno recensito l'ultimo capitolo.
Siete
tutti davvero fantistici. Dedico questo capitolo ad ognuno di voi che l'ha letto
tutto e che ha potuto leggere anche questa parte.
Spero
vi sia piaciuto a me, sinceramente, moltissimo!
Vi
lascio con la promessa di continuare presto con le pubblicazioni e con
l'assicurazione di non caricarmi di un così madornale ritardo.
Un
bacione a tutti voi
mi
date la carica per scrivere, e ve ne sono grata.
Alla
prossima,
vostra
Miss
dark
*_*
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Mai Più Noi - Capitolo 18
CAPITOLO 18
Michele e Sara.
Razionalità e follia.
Profondità e apparenza.
Dolcezza e passione.
Uno l’opposto dell’altro.
Erano sempre stati fascinosamente diversi.
Si completavano, misteriosamente.
Ma, entrambi, erano complicati.
- Ehi...guarda che ti è caduto un
sacchetto.
Una bionda, estremamente bella e attraente, si voltò verso il ragazzo che
l’aveva fermata.
- Ah, grazie.
Accennò un sorriso, malinconico e vuoto.
Le passò il sacchetto in questione.
- Che cos’hai?
Non si conoscevano, ma Michele sentiva già una strana sensazione. Come se
fossero legati.
- Scusa, ma chi sei?
- A dir la verità, nessuno che tu conosca
direttamente.
Lei lo squadrò con espressione cupa.
- Ecco, appunto. Allora non ti deve importare che
cos’ho.
Il ragazzo rimase sbalordito dalla risposta, acida e
sprezzante.
- Pensavo che ti avrebbe fatto comodo una
spalla.
- Pensavi male, mi dispiace, ma la mia amica mi sta
aspettando.
Sara fece per allontanarsi, ma lui la tirò a sé per un
polso.
- Dimmi, almeno, come ti chiami...
- Giulia!!!
La mora, che si era tenuta a distanza per lasciarli soli, si avvicinò
veloce, sentendo la voce dell’amica incrinata dal fastidio e da una certa
inquietudine.
- Che c’è?
Domandò preoccupata, alla vista della scena, ambigua per un osservatore
esterno.
- ‘Sto stupido non mi molla.
Michele allentò la presa, in modo che la ragazza potesse
allontanarsi.
- Scusa...ti sarò sembrato certamente un
cafone...
- Appunto...ciao!
Le due ragazze mossero qualche passo verso l’uscita del centro
commerciale, ma la voce roca e profonda dello sconosciuto le frenò, di
nuovo.
- Aspetta!
- Mi stai rompendo! Che cazzo vuoi?!
- Esci con me, stasera?
- No!
- Domani sera? - No.
- La prossima settimana? - No. Mai!
- Perché?
- Perché sei un cafone!
Giulia si schiarì la voce, infastidita da quella conversazione serrata, a
cui lei non era permesso l’accesso.
- Devo andare.
- Non me la dai una seconda possibilità? -
NO!
- Aspetterò qui, finché non tornerai.
- Aspetterai per molto tempo, lo sai?!
- Non m’importa. Anche una vita.
- Meno male che, alla fine, sono venuta,
vero?!
Sara stava un po’ meglio.
Per tutta la mattinata era stata cullata dalle braccia forti e calde di
Michele.
Si sentiva al sicuro. Protetta anche da sé
stessa.
- Dove?
Chiese Michele, preso alla sprovvista.
- Al centro commerciale, la prima volta in cui tu mi hai
baciata.
- Ah...
La ragazza si voltò, per guardarlo negli
occhi.
- Ah...cosa?
- Dipende dai punti di vista...
Si tirò su, meravigliata da quella risposta.
- Per il tuo?
- Per me è stata una fortuna. Mi hai risparmiato una vita vissuta in un
centro commerciale.
Seguì un silenzio in cui le soppesò la risposta, attentamente,
analizzando il timbro di voce e le parole.
- Io non ti amo.
Michele spalancò gli occhi.
- Non ti amo più, lo sai?
- Che vuol dire?
- Che non ti amo più, Michele...
Il ragazzo si alzò dal letto.
Un’ espressione triste e spaesata sul viso.
- Mi dispiace...
- Non devi dispiacerti, non tu. Non hai fatto niente. Sono io che mi sono
illusa.
Michele sfilò il pacchetto di sigarette dalla tasca e ne prese una.
Se la infilò in bocca, ma non l’accese.
- Illusa?
- Credo di non averti mai amato, Michele.
Estrasse dai pantaloni un accendino nero e bianco. Glielo aveva regalato
suo cugino, quando la Juve aveva vinto il
derby.
Accese la sigaretta che aveva in bocca.
- Perché me lo dici ora?
Lei si avvicinò, ma lui la respinse, dolcemente. Era freddo. L’aveva
ferito.
- Perché tu non ti senta in colpa se io adesso ti caccio via e me ne vado
a scuola.
Lui sbuffò un soffio di fumo acre nell’aria.
- Perché mi dovrei sentire in colpa?
- Per quello che hai fatto con Mariangela.
Michele, calmo, si allontanò dal letto e aprì la
porta.
- Io non ho fatto niente, con quella
puttana!
- Certo che no, mi hai solo piantata in asso dicendomi che non mi amavi
più!
Aveva ricominciato ad urlare.
Era arrabbiatissima.
- Cazzo!
- Cosa vuol dire, cazzo?
- Vuol dire che sei una stronza, Sara!
- Ah...adesso sarei io la stronza?!
- Sì!
- Grazie! Io ti ho perdonato, e tu mi dici che sono una
stronza?!
- Lo sei! Perché tiri fuori Mariangela, ora?
- Perché non volevo che ti sentissi in colpa per quello che sto per fare.
Michele spense la sigaretta sulla parete viola della stanza. Poi si
avvicinò alla finestra e la buttò giù.
Si erano ribaltate le posizioni. Ora Sara era vicino alla porta e Michele
alla finestra.
Stavano lontani.
- E che cazzo staresti per fare?
- Piantala di dire parolacce, Michele!
- Dimmi cosa stai per fare.
Sara si fece coraggio e poi parlò.
- Ti lascio, Michele!
Lui si voltò, dandole le spalle e osservando le macchine che scorrevano
veloci, fuori dalla finestra.
- Lo sapevo che eri solo una bambina!
- Abbiamo solo due anni di differenza!
- Sei sempre stata una bambina, Sara!
- Mi dispiace...
- A me no. Io non ci perdo niente.
- Allora perché eri venuto qui?
Lo spiazzò.
Lui si girò e le si avvicinò.
Le prese il viso tra le mani.
Lo avvicinò al suo e, timidamente, la baciò.
Gli era mancata.
Tanto. Troppo.
Non poteva vivere senza di lei.
Ma ora, lo stava allontanando ed era giusto che lui si facesse da
parte.
Aveva sbagliato e lo sapeva.
Non voleva farla soffrire, ma continuò a baciarla, senza staccare le
labbra se non per respirare.
La stringeva a sé.
Per l’ultima volta, per sempre.
Quel giorno, Daniele, era il primo davanti alla
scuola.
Era arrivato alle sette e un quarto.
Non c’era nessuno per strada.
Era lui, solo.
Ma era stanco.
Non voleva più essere solo.
Lui voleva ricominciare. Avere una seconda possibilità. Ripartire da capo
con Giulia.
Voleva essere suo amico. Consolarla e abbracciarla senza malizia, senza
che lei pensasse che quell’abbraccio dimostrasse
amore.
Voleva che loro due fossero di nuovo Giulia e
Daniele.
Gli amici inseparabili che di dicevano tutto, senza peli sulla lingua.
Che correvano l’uno dall’altra ad ogni ora, solo perché uno dei due
soffriva.
Voleva che si potessero guardare di nuovo negli occhi senza leggervi solo
rancore e rimpianti.
Desiderava riavere la sua vita.
Perché, ora, non l’aveva più.
Stava solo resistendo.
Resistendo contro la corrente di dolore che gli si infrangeva addosso,
giorno e notte, senza preoccuparsi di quanto lui
soffrisse.
E ogni mattina arrivava a scuola a fatica, con gli occhi rossi e
cerchiati da occhiaie di tristezza.
No, non era quello che lui voleva dalla sua
adolescenza.
Agognava solo a un po’ più di felicità. Se non sua di
Giulia.
Che almeno lei ricominciasse a sorridere col
cuore.
Ma ormai le scuse non bastavano più.
Non erano più necessari gli sguardi e le
parole.
Doveva riacquistare la sua fiducia e, ciò, era
impossibile.
Doveva arrendersi.
Lasciarsi trasportare da quella corrente che, magari, si sarebbe rivelata
un’alleata.
Avrebbe cominciato da oggi.
Da ora.
Chiuse gli occhi e si lasciò invadere da quel sentimento che cercava di
arginare.
Strinse i pugni, sussultando.
Ma poi si lasciò andare.
Il cuore iniziò a piangere, gli occhi a
lacrimare.
Giulia non ce la faceva.
Lei non era abbastanza forte.
Aveva bisogno di un appoggio e non l’aveva.
Doveva tirarsi su.
Reagire.
- Mirta...
La sorellina di dieci anni si affacciò alla
porta.
Non era andata a scuola perché il giorno prima era stata poco bene e la
mamma aveva preferito lasciarla a casa, con la sorella più
grande.
- Che c’è?
Era la prima volta, da mesi ormai, che la maggiore la chiamava in camera
sua.
- Ti va di uscire, oggi?
La bambina assunse un’espressione
sbalordita.
- Davvero?! - Sì.
- Che bello! E dove andiamo?
Aveva iniziato a saltellare sul posto, felice di poter, finalmente, fare
qualcosa di divertente con sua sorella, la sua amica più fidata, in tempi
migliori.
- Al parco?
- Sì! Sì! Che bello!!!!!
Si avvicinò di corsa a Giulia, saltando sul letto per abbracciarla e poi
le sussurrò all’orecchio
- Ti voglio bene!
Uscì dalla stanza saltellando e raggiunse la propria camera, per
cambiarsi.
Giulia si prese la testa fra le mani.
- Ora sorridi, Giulia! Devi essere felice! Se non per te, per tua
sorella!
Si alzò dal letto, per vestirsi.
Tirò fuori dall’armadio un paio di jeans neri e un maglione bianco e
grigio, abbastanza pesante, adatto per la stagione
fredda.
Mentre s’infilava i calzini, le squillò il cellulare.
Non era l’avviso di un messaggio. Era una
chiamata.
Si precipitò a rispondere.
- Pronto?
Una voce, rotta da singhiozzi, rispose, all’altro
capo.
- Giulia, ho bisogno di te!
______________________________________________
Rileggendo
questo capitolo, mi rendo conto che la storia inizia a diventare monotona.
Forse
è solo una mia sensazione, non so.
A
voi continua a piacere? Cosa ne pensate di questo capitolo?
Ad
ogni modo, tra pochi capitoli, la storia di concluderà e potrete sapere cosa ne
sarà dei nostri "amati" personaggi.
Adesso
voglio passare ai ringraziamenti.
Grazie
di cuore a Neverwinter ed HarryEly: siete
fantastiche entrabe. Siete le uniche che continuano a commentare con costanza i
miei capitoli e, per questo, vi sono molto affezionata.
Anche
in questo capitolo c'è qualche flashback. spero di essere stata in grado di
eguagliare le vostre aspettative, ma forse è troppo presto per dirlo. Grazie di
cuore per i complimenti.
Un
grazie particolare anche a Mirkodancer che ha letto i primi
capitoli e che adesso, spero davvero, continuerà a leggere e commentare. Il tuo
parere è molto importante per me e, sapendolo positivo, mi arriva la carica per
andare avanti.
Grazie,
come di regola, a tutti coloro che hanno semplicemente letto e che hanno
inserito la storia fra i preferiti: alesssia, avrilmiki, B r o k e n,
Bella4, bella5, birri, Cry90, Elly692, HarrryEly, hunterxhunter, kia93,
kikaulitz, ladolcebabi, linasyan, lorella, maecla, mary85, miki18, Mikiko,
miss_miky, mora1992, Neverwinter, Sally_1408, Somoody, sweetthings, Tanny,
vero15star, Veronica91.
Al
prossimo capitolo, ragazzi.
La
vostra affezionata
Miss
dark
*_*
|
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Mai Più Noi - Capitolo 19
CAPITOLO 19
Giulia rimase immobile, nel bel mezzo della stanza, di fronte
all’armadio.
Il corpo coperto solo dalla biancheria.
Conosceva quella voce. Le era familiare come poche altre, forse come
nessuna.
- Giulia, ti prego!
- Cosa vuoi?!
Le uscì un grido. Un urlo represso nel cuore dolorante di una ragazza che
soffre e non si sfoga. La voce fu gelida e pungente, il tono cattivo, ma non
volontariamente. Era una difesa incondizionata.
- Devi venire!
- Perché dovrei, Sara?! Non eri tu quella che non avrebbe avuto bisogno
di me?
Giulia concluse la chiamata con quelle
parole.
Riagganciò il telefono e lo scaraventò sul letto, con una foga
indescrivibile.
Ma la suoneria del cellulare squillò di nuovo. Quel suono insistente e
perforante urtò le orecchie di Giulia, già infastidite dalle parole della
chiamata.
- Che vuoi?!
- Giulia, devi venire.
L’espressione della ragazza si ammorbidì nel sentir trapelare lacrime da
quella frase.
- Cos’è successo, Sara?
- Michele. Cioè, io. Cioè noi...
- Va bene…arrivo…
Indosso velocemente gli indumenti che aveva estratto dall’armadio e uscì
dalla propria camera.
- Giulia, mi aiuti a mettere il cappotto?
- Dopo Mirta...dopo usciamo...
Si chiuse la porta d’ingresso alle spalle.
La bambina rimase immobile nel corridoio con il cappotto in mano e il
viso graffiato da una smorfia di delusione.
Michele uscì dalla casa di Sara con un’ennesima sigaretta alla
bocca.
Non si voltò verso il palazzo.
Percorse qualche metro a piedi, le mani nelle tasche e lo sguardo vacuo
rivolto al cielo.
Continuava a pensare che fosse meglio per lui. Che aver detto addio a
Sara, per l’ultima volta, non sarebbe stata una grande
perdita.
“Quella stupida ragazzina...”
Ma mentre si convinceva di aver fatto la scelta giusta, l’immagine della
ragazza piangente, piroettava davanti a i suoi
occhi.
Si appoggiò ad un palo, vicino alla fermata del pullman, gettò la
sigaretta per terra e prese ad osservare le sfaccettature della luce
sull’asfalto.
Sara amava il sole.
Sarà amava tutto ciò che era allegro.
Ricordava tutto ciò che Sara amava, perché lui amava
Sara.
Ogni cosa che per lei era importante, in qualche modo lo era anche per
lui.
La conosceva perfettamente. Sapeva di lei ogni pregio e ogni pecca.
Era l’unica persona, dopo Giulia, con cui lei si riusciva a confidare
liberamente e lui amava anche questo privilegio.
Ma ormai aveva rinunciato ad ogni essenza di lei, e non poteva
pentirsene.
Non si può essere perdonati per due volte.
Il mondo che quella ragazzina aveva creato dentro di lui, stava sfumando
e, lentamente, Michele se n’era reso conto.
E aveva cominciato a soffrire. Forse per la prima volta, lui provava vero
dolore.
Daniele era seduto al suo banco.
Federico gli parlava. Raccontava di quello che succedeva a casa sua, di
come suo fratello avesse rotto la finestra del bagno e del perchè il criceto di
sua sorella fosse morto.
Ma lui non ascoltava.
Non gli importava assolutamente nulla del mondo che lo
circondava.
I suoi occhi non vedevano quello che lo circondava, come le sue orecchie
non sentivano gli stessi suoni.
Era come se si fosse estraniato dal mondo e, in fondo, quello era il suo
obiettivo.
Non pensava nemmeno, perchè era il dolore a farlo per
lui.
Si sentiva vuoto, arginato in un angolo nascosto del proprio
corpo.
E continuava ad annuire distrattamente, a fingere attenzione, a regalare
sguardi, seppur vacui.
- Allora, Panasti, cosa ne pensa?
Tutta l’aula si zittì e gli alunni si voltarono a guardare
Daniele.
- Oh, Dani, parla con te...
Sussurrò Federico all’orecchio dell’amico.
- Cosa?
La professoressa si alzò dalla propria sedia e si allontanò dalla
cattedra, per avvicinarsi alla finestra.
- Cosa devo fare con te, Daniele?
Volse il proprio sguardo oltre il vetro che la separava dall’aria gelida
di quella mattina di metà dicembre.
- Tu non ascolti. Non parli. Non guardi. Non sai le lezioni. Addirittura
non mangi, a mensa. Cosa ti succede?
La risposta al quesito era semplice quanto la domanda
stessa.
Lui era innamorato.
Lui era deluso; da nessuno in particolare, ma non si fidava più degli
altri.
Stava imparando a soffrire e a dialogare col proprio dolore. Stava
facendo amicizia con lo sconforto e con la delusione.
Provava a crescere, a modo suo.
- Mi lasci in pace. Ecco cosa deve fare!
Sollevò la testa, rispondendo pacato.
- Vuole sapere cosa mi succede?!
Si alzò in piedi.
- Perfetto, glielo spiegherò!
Salì sulla propria sedia, per fare in modo che tutti i suoi compagni di
classe lo vedessero.
- Daniele, scendi immediatamente da quella
sedia!
- Le voglio solo spiegare quello che succede, cara
professoressa!
La donna tornò alla cattedra, sconsolata e si sedette sulla propria
sedia, ad osservare quello spettacolo degradante. Si sfilò gli occhiali dal naso
e poggiò la testa sulla mano sinistra.
- Voi lo sapete! Voi, cari compagni di classe, lo sapete benissimo quello
che succede. Mi dispiace che oggi non ci sia Giulia o la sua amichetta Sara,
altrimenti avreste potuto chiedere anche a loro quello che succede.
I compagni di classe diressero i propri sguardi curiosi verso i banchi
delle due compagne appena menzionate da Daniele.
- Sì, è colpa di Giulia, dico io, e lei, ovviamente, direbbe che è colpa
mia. Forse ha ragione lei: è colpa mia se la amo, è colpa mia se vorrei essere
accanto a lei adesso ed in ogni istante. Però, ditemi, è colpa mia se anche lei
amava me? Ed è colpa mia se adesso lei non mi ama
più?!
- Dani, smettila, ti stai ridicolizzando...
Sussurrò piano Federico, per farlo
ragionare.
- Si, caro amico, mi sto ridicolizzando! Lo so, ma loro devono ridere!
Devono avere qualcuno da prendere in giro!
- Ha finito, signor Panasti?
Chiese la professoressa, vedendolo ammutolire di
colpo.
Di risposta, il ragazzo si risedette sulla propria sedia e si prese il
viso tra le mani.
La donna si avvicinò al ragazzo e, chinandosi sul banco, gli sussurrò
atona.
- Perfetto, Daniele. Ora seguimi in
presidenza.
Lorenzo stava preparando il cappuccino per un’anziana, seduta al tavolo
vicino alla finestra.
Pensava ancora al messaggio che Giulia gli aveva
mandato.
“Forse sto sbagliando tutto...in fondo, ci sono cinque anni di differenza
tra me e lei...”
- Ciao Lorenzo...scusa il ritardo, ma non mi è suonata la
sveglia!
Nicola era appena entrato nel locale e si stava mettendo il grembiule
rosso e bianco del locale.
- Certo...come tutte le mattine, Nicola!
L’amico ignorò la battuta.
- Ah...la piccoletta si è fatta sentire?
Lorenzo si maledisse mentalmente per avergliene parlato, qualche giorno
prima.
- Veramente sì...
Nicola si avvicinò al ragazzo per prendere la tazza che teneva in mano e
servirla alla cliente.
- E cosa dice?
Con un sorriso sul volto posò la tazza sul tavolino e tornò dietro al
bancone.
- Che oggi non può venire all’appuntamento.
- Perché?!
Il moro sbuffò e osservò il rosso che lo guardava con sguardo
curioso.
- Posso non dirtelo...sai, mi mette a disagio la tua
espressione...
- Che palle, Lore! Me lo dici o no?!
Lorenzo si voltò per prendere i soldi di un
cliente.
- Dice che ci sono casini da lei...
- ...che è dispiaciuta, ma che oggi non può. La solita vecchia
scusa...
Il ragazzo diede il resto al quarantenne e osservò innervosito
l’amico.
- Che ne sai che è una scusa?!
Nicola posò una mano sulla spalla dell’amico e lo guardò negli occhi con
fare esperto.
- Perché dicono tutte così!
Il ragazzo si scrollò la mano di Nicola di dosso e si voltò, per
preparare una spremuta.
- Insomma, Lore, come fai ad essere così ingenuo?! Non ti ho insegnato
niente?
Chiese canzonatorio il rosso.
- Senti, Nicola, ora basta! Mi hai stancato! Piantala di rompere, perché
io non sto proprio scherzando.
Lorenzo rimase immobile, con una metà d’arancia in mano, mentre Nicola
avvicinava il proprio viso al suo.
Socchiuse gli occhi, azzurri, e sentenziò
- Qui ci vuole una sigaretta!
Giulia correva per le strade di Torino. Era veloce come se qualcuno la
stesse inseguendo.
Imboccava le vie senza nemmeno sapere quali fossero i loro nomi; svoltava
esperta gli angoli senza guardarsi intorno.
Corse senza mai fermarsi, finché non giunse sotto il vecchio edificio
dove abitava Sara.
Si piegò sulle ginocchia e riprese fiato.
Inspirò profondamente, prima di citofonare al
campanello.
Una voce tremula e incrinata dal pianto domandò chi fosse a suonare, poi
il portone si aprì automaticamente e Giulia poté entrare nell’androne
luminoso.
Dalla parte opposta del portone d’ingresso vi era un’enorme vetrata
colorata e sulle pareti si susseguivano decine di lampade a forma di candela. Il
pavimento era di marmo, sul soffitto era affrescato un cielo azzurro ma coperto
da qualche nuvola bianca, su cui si rincorrevano le leggiadre figure di
angioletti sereni.
Giulia non vi prestò molta attenzione, ma salì svelta le scale, per
raggiungere l’appartamento dove l’amica abitava con la propria
famiglia.
- Giulia...sei venuta!
Sara corse incontro all’amica. L’abbracciò convulsamente, desiderosa
d’affetto e di attenzioni.
Giulia rimase immobile. Non sapeva come comportarsi. Dopo giorni che non
parlavano nemmeno, l’amica l’abbracciava con tanta
passione.
Alla fine ricambiò l’abbraccio e sussurrò
incerta
- Certo che sono venuta…cioè, mi sembravi davvero
disperata…
Sara sciolse l’abbraccio e Giulia vide le sue guance segnate dal pianto.
Il trucco dell’amica era colato sul viso, mescolandosi alle lacrime.
La bionda si allontanò lentamente, chinando il capo verso il
pavimento.
- Sono successe tante cose, sai…
La mora notò l’abbigliamento di Sara e tentò di trattenere uno sguardo di
disapprovazione.
- Ero molto preoccupata…perché non ti sei fatta sentire se ci sono stati
dei problemi?
L’altra ragazza alzò timidamente lo sguardo.
- Avevo paura, Giulia. Temevo che ti arrabbiassi con me per come ti avevo
trattata...
- Io sono arrabbiata, Sara…
La bionda trasalì, poi si lasciò cadere su una poltrona
dell’entrata.
- Lo so. E mi dispiace molto.
Prese a giocare con le proprie mani e sospirò
pentita
- Non penso davvero quello che ho detto, lo sai,
vero?
Giulia si avvicinò con un sorriso comprensivo sul volto e chinandosi
davanti all’amica disse
- Certo che lo so, Sara! Adesso non ti preoccupare di quello che è
successo tra noi. Parlami del perché mi hai
chiamata.
- Ho detto a Michele che non lo amo, che non l’ho mai amato, che lo
perdonavo per la storia che aveva avuto con Mariangela e poi l’ho lasciato. Lui
si è arrabbiato molto. Ha detto che sono una stronza e si è messo ad urlare. Io
mi sono spaventata e mi sono messa a piangere. Lui è uscito da casa e adesso non
so dove sia…
Giulia prese le mani dell’amica, che si era messa a
piangere.
- E comemai
Michele era a casa
tua?
- Ha messo a posto la mia camera, perché la polizia l’aveva
perquisita…
La mora interruppe l’amica.
- Ah…dove sono i tuoi genitori?
- Non lo so. Non hanno lasciato neanche un biglietto; probabilmente hanno
pensato che io non sarei mai tornata a casa e si sono presi una
vacanza.
Giulia squadrò Sara
- Eravamo tutti in pensiero. Io non ti vedevo a scuola e non ricevevo tue
chiamate. I tuoi genitori non ti avranno vista a casa e non facendo progressi
con le indagini della polizia si saranno preoccupati
molto.
La bionda si alzò innervosita. Le tramava la voce, ma aveva ancora la
forza di urlare.
- Perché, secondo te, i miei genitori erano dispiaciuti per la mia
scomparsa? Mia madre?! La stessa madre che mi voleva cacciare di casa? Mio
padre, che non ricordava nemmeno di avere una figlia? No, Giulia, io non credo
che i miei genitori fossero preoccupati. Semmai, avranno deciso di cominciare le
vacanze di Natale in anticipo.
- Io non credo…
- Io, invece, credo proprio di sì. E sai qual è la cosa bella? E’ che ci
sono così abituata che non mi dispiaccio nemmeno!
Giulia si avvicinò all’amica e l’abbracciò di nuovo. Quest’ultima cinse
la vita dell’altra con le sue esili braccia e la strinse forte a sé, cercando il
contatto di qualcuno che le dimostrasse vero
affetto.
- Tu non mi hai mai abbandonata, Giulia. Neanche in questa situazione: io
ti ho trattata malissimo quando tu hai cercato di aiutarmi, ma tu sei tornata lo
stesso, per offrirmi nuovamente il tuo supporto. E continui a sopportare le mie
lamentele. Devo essere una persona davvero terribile. Ma tu sei una ragazza
speciale. Una ragazza unica, una vera amica.
- Sara…anche tu sei una buona amica.
Si abbracciarono di nuovo.
Sulle guance di entrambe scesero delle lacrime.
Piccole e luminose lacrime di gioia in mezzo ad un mare di pianti di
dolore.
Ma quella era la loro forza: essere sempre insieme.
___________________________________________
Finalmente
ce l'ho fatta!
Sono riuscita a postare il
nuovo capitolo! L'ho riletto qualche volta e ho corretto gli errori di grammatica,
come mi avete consigliato...speriamo che adesso sia corretto!!
Allora,
che ve ne pare?
Questo
capitolo è incentrato, più che altro, su Sara e Giulia. E, forse, capita proprio
a pennello, visto che in questo periodo penso continuamente alla mia amica...ma
non soffermiamoci su di me.
Dunque,
sono molto affezionata a questo capitolo, perchè mi ispira speranza e
fiducia.
Ringrazio
tutte le persone che hanno letto il capitolo precedente e in particolare chi ha
commentato: Vampire Berry, Valentina78, Killer, HarryEly,
Neverwinter.
Vi ringrazio tantissimo, ragazze. Grazie dei complimenti e
della
forza che mi date. Mi fa sempre piacere leggere le vostre recensioni!!
Un
bacio a tutti voi,
al
prossimo capitolo
Miss
dark.
|
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Mai Più Noi - Capitolo 20
CAPITOLO 20
- Signor Panasti…il suo curriculum da studente è davvero immacolato,
quindi non capisco il motivo di questa sceneggiata di cui mi ha raccontato la
professoressa. Ci sono dei problemi in famiglia? O con i compagni di classe?
Il preside incrociò le mani sul petto e osservò Daniele con aria pensosa.
- A rifletterci bene, gli allievi della sua classe, professoressa Miceni,
si stanno dimostrando piuttosto irrequieti. Non è il primo studente della II B
che viene convocato in presidenza. Ciò mi fa presumere che il problema potrebbe
non provenire solo dagli alunni, ma, prima di tutto, dai
professori.
L’anziana signora assunse un’aria innocente e
mortificata.
- Beh…non saprei signor preside. Io non conosco bene questa classe. Sono
appena arrivata in questa scuola e non è facile allacciare rapporti con gli
adolescenti…
Il preside si alzò dalla propria poltrona e superò la cattedra per
raggiungere la finestra. Si affacciò poggiando i gomiti sul davanzale per
osservare gli alberi e il cielo greve.
- Capisco…fatto sta che questa classe non sta procedendo molto bene. Io,
come preside di questo liceo, mi devo impegnare a rendere la vita scolastica
serena per ogni studente. I fatti ultimamente accaduti mi danno molto da
pensare: si prospetta il bisogno di prendere seri provvedimenti. Si organizzerà
un’assemblea di classe, in modo che si possa discutere degli avvenimenti anche
con i genitori dei ragazzi.
Tornò a sedersi dietro l’antica scrivania e, rivolgendosi al ragazzo,
disse
- Adesso torni pure in classe. Ne riparleremo nel caso si ripeta un
evento del genere. Arrivederci anche a lei, professoressa
Miceni.
Daniele e la professoressa uscirono dalla presidenza e percorsero i
corridoi per arrivare alla classe senza rivolgersi la parola, ma, giunti
dinnanzi alla porta verde dell’aula, la donna si voltò verso il ragazzo e con
occhi infuocati gli sussurrò minacciosa
- Che sia l’ultima volta, ragazzo! Non ho intenzione di essere umiliata
un’altra volta di fronte al preside. Mi sono
spiegata?
Daniele osservò il dito affusolato della professoressa puntato vero il
suo viso indifferente.
- Come vuole, prof…
- Come ti permetti!! Pretendo rispetto da lei, signor
Panasti!!
Il ragazzo la superò ed entrò in classe.
Non gli interessavano le parole vuote del
preside.
Non gli suscitavano alcun timore le minacce della professoressa.
Né, tantomeno, gli provocavano imbarazzo gli sguardi irriverenti dei
compagni, che lo squadrarono dalla testa ai piedi finché non si fu seduto sulla
propria sedia.
- Dani, sei nei casini?
Federico era preoccupato per l’amico. Lo vedeva apatico ed indifferente a
quello che gli accadeva intorno, come mai in precedenza. Era sempre stato un
ragazzo irrequieto, ma mai si sarebbe permesso di mancare di rispetto ad un
professore: teneva troppo alla sua carriera
scolastica.
Eppure, eccolo lì. Seduto al suo banco con lo sguardo vacuo a contemplare
le nuvole grigie che si susseguivano svelte nel
cielo.
Non capiva quello che succedeva al suo amico. Non capiva il motivo di
tanto silenzio. Si erano sempre spalleggiati a vicenda nei momenti di bisogno e
Daniele non si era mai dimostrato tanto debole.
- Dani…voglio solo capire…
Daniele si voltò verso Federico e lo guardò negli occhi. Cercò di
comunicargli il tumulto che prendeva vita all’interno della sua mente. Cercò di
spiegarglielo con lo sguardo, perché non riusciva a descriverlo a
parole.
- Cosa succede, amico? Siamo sempre stati legati ed ora non mi racconti
il motivo della tua tristezza?
L’altro ragazzo sospirò e si voltò dall’altra parte, rivolgendo all’amico
le spalle.
- Non ti comprendo, sai. Sei cambiato moltissimo in così pochi giorni.
Non ti riconosco più…mi fai paura.
Daniele non rispose all’affermazione dell’amico.
Il trillo acuto della campanella dell’intervallo, fece sollevare la massa
di ragazzi dai loro banchi.
Anche Federico uscì dalla classe, per andare a prendere qualche merendina
al distributore nel corridoio. Daniele, invece, rimase in
classe.
“Non ti riconosco più…mi fai paura… Si, anche io mi faccio paura, Fede,
tanta…”
Scese una lacrima sul viso del ragazzo. Un’ennesima lacrima che
dimostrava un’ennesima ferita nel suo cuore già stanco.
- Sara, che ne dici di uscire? Stiamo fuori un paio d’ore, prendiamo un
po’ d’aria e tu ti tiri su. Ti va?
Sara era sdraiata sul suo letto, abbracciata al proprio cuscino, dava le
spalle all’amica, seduta su una piccola poltrona
verde.
- No, Giuli…non mi va tanto…
Giulia si alzò e si sedette sulla sponda del letto. Pose una mano sulla
spalla dell’altra ragazza e la fece voltare.
- Guardami negli occhi, Sara, e ascoltami, perché non lo ripeterò
un’altra volta.
La bionda tirò su col naso e osservò gli occhi neri
dell’amica.
- Michele non è l’unico ragazzo sulla Terra. Devi dimenticarlo. E’
difficile, anzi, è impossibile agli occhi di chi ancora soffre, ma devi capire
che non ti devi abbattere per così poco. Piangi perché hai perso una persona che
amavi. Piangi perché credi che sia tutta colpa tua. Piangi perché non riesci a
trovare una spiegazione logica a ciò che avviene attorno a te. Piangi perchè ti
senti inerme dinnanzi a questa situazione che vortica veloce davanti ai tuoi
occhi. Piangi e non è affatto sbagliato che tu pianga, ma non fare di queste
lacrime la tua barriera verso il mondo; non permettere al dolore di allontanarti
dalla realtà. Guarda il sole davanti a te. Trova la luce anche nelle giornate
più buie e sorridi. Sorridi con quel sorriso luminoso che splendeva sul tuo viso
irradiando la mia malinconia di gioia.
Giulia prese le mani dell’amica tra le sue
- So che ne sei ancora capace, Sara. Tu sei forte. Sei la persona più
forte che io abbia mai conosciuto. Guarda avanti e cammina sulla tua strada, non
pensare a ciò che accadrà, ma solo a quello che stai facendo.
Gli occhi dell’altra ragazza si riempirono nuovamente di lacrime. Erano
lacrime di sfogo. Lacrime di gratitudine, perché qualcuno l’aveva compresa
davvero.
- Mi hai capita?
Chiese ironica Giulia, dando un buffetto
all’amica.
Sara rifletté per qualche minuto sulle parole della ragazza. Soppesò ogni
affermazione ad occhi chiusi e poi, con fatica, si alzò dal
letto.
Compose sul suo volto una smorfia che voleva essere un sorriso e chiese
con la voce ancora tremante
- Allora…dove si va?
Nicola era seduto sugli scalini metallici davanti alla porta secondaria
del bar, quella che dava sul cortile interno.
Lorenzo era in piedi davanti a lui: sigaretta alla bocca e mani in
tasca.
- Allora? Non sai che risponderle?
Il moro lo fulminò con gli occhi, poi cedette e
rispose
- No…credo che non le dirò niente.
- Ah, come preferisci.
Disse l’altro, lasciando la frase in
sospeso.
Lorenzo sbuffò e, alzando gli occhi al cielo, fece una domanda che,
successivamente, si pentì di aver posto
- E, sentiamo, tu cosa le diresti?
Il rosso si alzò soddisfatto dalla sua posizione e si aggiustò il
colletto del maglione.
- Beh...sbaglio o tu mi avevi chiesto di farmi i fatti miei e di
lasciarti fare da solo?
Non attese nemmeno la risposta e procedette con il proprio, arrogante,
discorso.
- Ma io sarò buono e comprensivo. Mi rendo conto che tu ti trovi in una
situazione difficile da sostenere e capisco che tu abbia bisogno dell’aiuto di
un professionista in materia di corteggiamento. Dunque, ti svelerò qualche
segreto del mestiere.
Salì i pochi gradini di metallo.
- No, non mi ringraziare, amico. So di dare “perle ai porci”, ma mi
accontenterò. Se io fossi in te, non mi piegherei ai suoi futili capricci e mi
farei trovare sotto casa sua con una scatola di cioccolatini e le direi “Per
tirarti su il morale, ecco una punta di dolcezza!” Che te ne pare? E’ una buona
idea, no?
Nicola volse il proprio sguardo all’amico e attese una
risposta.
- Oh, Lore, ci sei?
Lorenzo sollevò il capo e osservo il rosso.
- Nico, scendi che sei ridicolo e, comunque, ho già
risolto.
_______________________________________
Mamma
mia che ritardo!!
Ragazzi
miei, sono proprio terribile con le pubblicazioni, scusatemi!! ^___^'
E'
che la scuola mi prende tanto nell'ultimo periodo e adesso che ho
finalmente avuto il tempo di rivedere il capitolo (già bello scritto e
tenuto al calduccio in un angolo del mio pc) eccomi qui a pubblicare!
Allora,
che ne pensate?
Personalmente,
lo trovo un po' bruttino. Non mi soddisfa molto, non quanto il prossimo che,
sinceramente, avrei pubblicato volentieri al posto di questo (a gran discapito
della trama, ma chi se ne frega!!).
Il
personaggio principale è, probabilmente, Daniele, anche se la parte che più
preferisco è quella del dialogo-monologo fra Nicola e Lorenzo (molto più fra
Nicola e Nicola, ma tralasciamo xD), perchè quei due mi fanno sempre sorridere.
Mi è
piaciuto molto anche il discorso che Giulia fa a Sara, perchè calza
perfettamente con quelli che mi faccio da sola nell'ultimo periodo ed è
straordinario vedere come, qualche settimana fa, fossi riuscita a comprendere
quello che mi sarebbe successo solo tempo dopo (spero che la consecutio temporum
non sia completamente sbagliata e, in tal caso, perdonatemi, ma la stanchezza si
fa sentire xD).
Bene
bene, finite le mie autocritiche (una minima parte: vi ho risparmiato tutti i
pareri sulla grammatica espressi prima della correzione, che spero sia decente,
eheh).
I
commenti sono sempre i benvenuti e mi pare anche stupido ripeterlo tutte le
volte.
Voglio
ringraziare tutte le persone che hanno letto il capitolo precedente, in
particolare
kiki4everhere
(da questo capitolo e dal prossimo potrai capire con chi sta Giulia. Per il
momento, la situazione è molto incerta, anche per me che sto scrivendo. Diciamo
che la fine verrà da sé...! ^^) Valentina78 (grazie per i
complimenti, sono contenta di essere riuscita a comunicare qualcosa, attraverso
la mia storia), VampireBerry
(ti è arrivata la mia risposta alla tua mail, vero? Grazie anche per le
parole che hai speso per questa storia, sei davvero un tesoro...!)
e Neverwinter
(credo tu sia l'unica persona che segue e commenta la storia dai primi
capitoli. Quindi, a te, un ringraziamento particolare e davvero sentito. Mi fa
un enorme piacere leggere il tuo nome blu nella pagina dei commenti ^^).
Grazie
anche a Dido88, che ha letto solo fino al quinto capitolo e che
ha promesso di leggere tutti gli altri (ci conto, eh! Sono contenta che la
storia ti piaccia, anche se trovo che si perda sempre di più, man mano che la
scrivo. Questo è uno dei motivi per qui rimangono pochissimi capitoli da
leggere...)
Un
bacio a tutti quanti,
al
prossimo capitolo (che verrà postato molto velocemente, visto che mi piace da
morire e che la storia è agli sgoccioli).
La
vostra
Miss
dark.
|
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
Mai Più Noi - Capitolo 21
CAPITOLO 21
Giulia e Sara camminavano per le vie del centro città, commentando i
vestiti delle vetrine.
Erano uscite da appena mezz’ora, ma Sara aveva già quattro sacchetti
nelle mani e aveva affidato all’amica il trasporto di un piccolo sacchettino
blu.
Si sfogava comprando: acquistava tanti bei vestiti, preziosi gioielli e
scarpe costose, li indossava una volta e poi li chiudeva in sacchi neri che si
accumulavano nel suo armadio. Rinchiudeva stoffe pregiate e cuoi ricercati in
grossi sacchetti che poi gettava nella spazzatura.
Questo, Giulia non lo sapeva. Non capiva dove finissero tutti gli oggetti
che l’amica comprava, ma non gliel’aveva mai chiesto.
Sapeva che la bionda non comprava per bisogno, ma per vezzo. Era il
difetto più grande di Sara. Un’abitudine malsana e consumista, che Giulia
detestava mutamente e a cui asseriva a fatica per mantenere un clima sereno
nella loro amicizia.
Ora, comunque, camminavano per le vie del centro; ognuna con i propri
pensieri in mente, entrambe con lo stesso discorso in bocca.
Parlavano tranquillamente di ciò che era successo a scuola da quando Sara
era scappata quando, ad un tratto, la bionda ammutolì e, osservando l’amica,
disse
- Me lo merito, Giuli.
La mora, che ancora sorrideva allegra, mutò la propria espressione in uno
sguardo interrogativo.
- Ti meriti cosa?
Sara arrestò il passo.
- Che Michele si sia arrabbiato con me.
L’altra ragazza sbuffò esasperata dagli eccessivi sensi di colpa
dell’amica.
- E perché mai lo meriteresti?
- L’ho tradito.
Giulia sobbalzò e la sua espressione divenne prima indignata e poi
delusa.
- Perché? Perché hai fatto una cosa del
genere?
- Io…io non me ne sono resa conto. Non capivo quello che mi accadeva
intorno ed ero tanto triste.
- Ma queste non sono motivazioni, diamine! Avevi un ragazzo stupendo e lo
hai tradito perché eri triste?
- Non ti arrabbiare con me Giuli…
- E con chi mi devo arrabbiare?!
- Va bene, sgridami per ogni singola cosa che faccio! Su, tirami uno
schiaffo!
Giulia poggiò il sacchetto che aveva tra le mani e si avvicinò a
Sara.
- Ogni singola cosa, Sara? Un tradimento non è “ogni singola cosa”!
Ricordi quanto sei stata male quando abbiamo telefonato a Michele e hai scoperto
che era a casa di Mariangela? Ricordi quanto hai
pianto?
- Si…me lo ricordo.
Giulia manteneva un tono di voce abbastanza alto, mentre Sara sussurrava
appena.
- Ecco! E allora perché hai voluto infliggere lo stesso dolore alla
persona che amavi?
- Mi hanno obbligata, Giulia…
Quell’affermazione spiazzò la mora.
- In che senso?
- Mi hanno violentata, Giuli…non so come sia successo. Non ricordo bene
quello che è accaduto quella sera.
L’amica non disse una parola e gettò le braccia al collo della
bionda.
- Scusami! Non dovevo arrabbiarmi in questo modo. Avrei dovuto restare
calma e ascoltare tutta la storia. Oddio, Sara! Ma ti rendi
conto?!
Sciolse l’abbraccio e la osservò negli
occhi.
- Cioè, conosci quello che potrebbe accadere dopo una cosa del genere?
- Si…lo so…
- Oh, Sara…
Si abbracciarono di nuovo.
- Andiamo a casa, per favore…
Mentre le due si avviavano per ritornare a casa di Sara, il cellulare di
Giulia vibrò nella sua borsa.
Lo estrasse e lesse l’avviso dell’arrivo di un nuovo
messaggio.
- …Dev’essere Lorenzo…
- Lorenzo? Chi è?
LORENZO:
Capisco, Giulia.
Capisco che nella tua vita ci sia sempre
un problema di troppo.
Capisco, anche, che fra di noi ci sarà sempre un
problema.
Se non sarà tuo, sarà mio.
Abbiamo età troppo diverse e vite opposte.
Forse s’incontreranno, un giorno, e diventeranno
parallele.
Attenderò quel giorno, ma, per ora,
è meglio così.
Non è un addio, ma un arrivederci
a presto, spero!
- Ehi…chi è?!
- Era qualcuno che avrebbe potuto aiutarmi a ricominciare, ma, ora, è
tutto finito. Di nuovo.
La campanella della fine delle lezioni squillò, vibrando con forza
maggiore di qualsiasi altra.
Daniele uscì dalla classe col capo chino verso il
pavimento.
Stava ancora pensando a lei.
A Giulia.
Pensava a lei giorno e notte.
Pensava ai momenti che avevano trascorso
insieme.
E più pensava a quello che avevano fatto insieme, più sentiva di
allontanarsi da lei.
Era esausto.
Sfiancato dal dover rimanere aggrappato ad un passato che lo faceva
soffrire e di non vedere un presente che lo
soddisfacesse.
Stava percorrendo i corridoi della scuola e ripercorse mentalmente le
ultime settimane trascorse all’interno di quelle
mura.
Erano stati giorni difficili, faticosi e dolorosi. Il pensiero di doverne
affrontare un altro l’indomani lo rendeva ancora più stanco ed
insoddisfatto.
L’idea di dover varcare quella soglia con la stessa malinconia pesava sul
suo animo più di qualsiasi altro macigno.
Quella vita, quel prototipo di verità che ogni giorno era costretto a
vivere, gli stava stretto, non conteneva tutte le sensazioni che lui provava.
Avrebbe desiderato crearsi una vita con le sue mani, per poterne essere
soddisfatto o, perlomeno, per sapere a chi reclamare la sua
insoddisfazione.
Era difficile sopravvivere al mondo e alle sue avversità.
Era complicato farlo con qualcuno affianco e risultava quasi impossibile
farlo da soli.
Non aveva nessuno che lo prendesse per mano e che lo guidasse verso una
nuova gioia.
Camminava per le strade di Torino e non era diretto a casa. Non era
diretto in alcun luogo. Stava, semplicemente, camminando, quando una mano amica
gli si posò sulla spalla.
- Ciao!
Daniele si voltò di scatto, preso alla sprovvista da una voce tanto
familiare quanto inaspettata.
- Fede?
- Certo! Chi altro avrebbe voglia di seguirti per tutta Torino, solo per
assicurarsi che tu non faccia pazzie?!
Daniele abbozzò un sorriso divertito.
- Hai ancora voglia di starmi dietro dopo il modo in cui ti ho trattato
oggi?
Federico rifletté sulla domanda che l’amico gli aveva appena
posto.
- Beh…oggi non avevo nulla da fare…
Daniele, preso da un impeto di irrefrenabile allegria, strinse l’amico in
un caloroso abbraccio.
- Ehi…Fede…grazie.
___________________________________________
Eccomi
qua. Finalmente, direte voi! Finalmente, lo dico anche io!
Ho
avuto il "coraggio" di prendere di nuovo in mano questa storia, che ormai va più
lenta di una lumaca ferma, e di scrivere un nuovo capitolo. Anche l'ultimo
capitolo, il finale, è già scritto. Non mi soddisfa per niente ed ero abbastanza
tendente al pubblicarlo assieme a questo, ma poi ho riveduto la mia idea e ho
pensato di pubblicarli uno vicino all'altro, magari a distanza di due o tre
giorni.
Dunque,
chiudiamo la parte sugli inutili preamboli, e passiamo al mio commentino piccino
picciò.
Bene,
devo dire che, rileggendo il capitolo, mi sono stupita molto nel vedere il mio
entusiamsmo riguardo ad esso calare a picco. Al fondo del capitolo precedente
avevo detto che mi aveva soddisfatto molto, mentre, adesso, non riesco a
ritrovare quei punti che tanto mi avevano reso orgogliosa di lui.
Ma
va beh, fa niente.
A me
piace molto il finale, mentre ho trovato abbastanza ripetitiva la parte iniziale
del pezzo di Daniele. Ed è proprio questo fattore, la ripetitività, che mi ha
spinta a scrivere subito anche l'ultimo capitolo, in modo da terminare,
finalmente, questa storia.
Nel
corso di essa ho visto un'evoluzione nella mia scrittura, ma non nella trama
e visto che l'ispirazione a riguardo è morta definitivamente, ho deciso di
darci un taglio.
Ma non importa,
rinviamo queste parole all'ultimo capitolo e passiamo ai
ringraziamenti.
Come sempre
ringrazio coloro che hanno recensito il precedente capitolo (Neverwinter
e Vampire Berry): grazie ragazze, ancora non mi avete abbandonato e ve
ne sono grata! Fra un po' porrò fine alle vostre agonie e questa storia avrà la
sua fine! Spero avrete la pazienza di attendere il mio sprint
finale...
Al prossimo capitolo, allora,
vostra
Miss Dark
|
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Capitolo 22 *** Capitolo 22 (Ultimo) ***
Mai PIù Noi - Capitolo 22 (Ultimo!!)
CAPITOLO 22
(Ultimo
capitolo)
La casa di Giulia era colma di ragazzi e di ragazze che ballavano
animatamente al ritmo di una musica quasi assordante. Le poche parole inglesi
dei cantanti rimbombavano contro le pareti dalle tonalità pastello del
salotto.
Giulia era piuttosto preoccupata per i possibili danni che la casa
avrebbe subito e di cui avrebbe dovuto rendere conto ai propri genitori, ma,
nonostante ciò, riusciva a godersi la festa con la dovuta
serenità.
Sara era in cucina e, muovendo la testa al ritmo delle note musicali che
fuoriuscivano dallo stereo in salotto, rovesciava le bibite fresche nei
bicchieri di plastica trasparente per poterli disporre, in seguito, su un
vassoio di carta plastificata.
Le feste natalizie erano
finalmente arrivate e la scuola aveva chiuso i battenti per due settimane, dando
la possibilità agli studenti di prendersi una pausa. Giulia, approfittando della
disponibilità della casa libera e del permesso incondizionato dei genitori,
aveva deciso di dare una festa perla Vigilia
di Natale.
Sara avrebbe ricominciato a frequentare il liceo all’inizio di gennaio e
la vita delle due amiche avrebbe ripreso a scorrere in tutta la sua
normalità.
Le due, infatti, avevano svolto il test di gravidanza per accertarsi che
Sara non avesse ricevuto spiacevoli sorprese dopo il fatto avvenuto il mese
precedente ed erano state rasserenate dal risultato
negativo.
Sara mostrò un grande sorriso entrando nel salotto gremito di gente e,
non appena ebbe posato il vassoio con i bicchieri sul tavolo, questi ultimi
vennero afferrati dai ragazzi, già assetati dopo le prime tre
canzoni.
Giulia si avvicinò all’amica e, cingendole la vita, la invitò a ballare
con lei. La traccia seguente del CD era piuttosto tranquilla e così le due
ragazze ebbero la possibilità di rilassarsi per qualche minuto, dopo aver
provveduto ai preparativi della festa per tutto il
pomeriggio.
- Non è uscita male, vero?
Gridò Giulia per sovrastare il rumore della
musica.
- No, tutt’altro, Giù. Addirittura mi stupisco! Non avevi mai organizzato
nessuna festa e, devo confessarti, ero piuttosto scettica della sua riuscita
però, come vedi, tutti si stanno divertendo.
- Dici che posso stare calma, non è che mi distruggono i
mobili?!
- Ma va! Non sono mica bestie!
Anche Daniele era stato invitato a prendere parte ai festeggiamenti
natalizi e lui e Giulia avevano avuto modo di
parlare.
Il pomeriggio precedente, infatti, la ragazza lo aveva invitato a
trascorrere qualche ora con lei ai giardini del quartiere, così da avere
l’opportunità per parlarsi con calma. Daniele era stato inizialmente freddo e
distaccato, ma quando aveva sentito la voce di Giulia allegra e serena, aveva
chiesto l’orario dell’incontro e l’aveva salutata con un po’ di titubanza.
Si erano dati appuntamento per le tre e mezzo davanti all’entrata
principale del parco giochi per i bambini, ma entrambi, ansiosi di ritrovarsi,
erano giunti al luogo con abbondante anticipo. Il primo impatto era stato
piuttosto imbarazzante, dato che era più di un mese che i due comunicavano con
sguardi astiosi e carichi di rancore, ma il resto del pomeriggio era trascorso
in tranquillità.
Avevano tentato di chiarire ciò che era accaduto tra loro e Giulia aveva
espresso il desiderio di ricostruire l’amicizia che avevano perduto. Daniele
aveva assunto un’aria entusiasta, come se avesse ricevuto la notizia più bella
del mondo e, preso dalla foga, aveva abbracciato colmo d’affetto
l’amica.
Qualche ora dopo, stancati dal freddo e dalla lunga passeggiata che
avevano compiuto lungo il Po, erano tornati ai propri appartamenti e Giulia lo
aveva invitato a festeggiare la
Vigilia di Natale con lei ed altri compagni di scuola. Daniele
aveva accettato senza esitazioni e aveva poi esteso l’invito a Federico.
Entrambi erano ora intenti a chiacchierare con un altro paio di compagni
di classe.
Passata la mezzanotte le persone cominciarono a sciamare finché la casa
non rimase deserta, fatta eccezione per Sara, Giulia, Daniele e Federico.
Erano tutti e quattro sdraiati sul divano e fissavano con espressione
sorpresa ed assonnata il disordine accumulatosi nel salotto e nelle altre camere
dell’appartamento.
Daniele ruppe il silenzio un po’ per evitare che tutti si addormentassero
e un po’ per accelerare le pulizie.
- Wow Giù…non ricordavo avessi una casa così grande…sicura che dobbiamo
pulirla tutta?
La mora si voltò lentamente verso di lui e gli fece una linguaccia poi si
alzò dal divano ed esordì con una frase carica di un’esagerata
eccitazione.
- Su ragazzi, prima cominciamo e prima
finiremo!
Lei e Sara si occuparono della cucina e del salotto, mentre Daniele e
Federico furono incaricati di riordinare il resto delle
stanze.
Dopo quasi un’ora e mezzo ebbero terminato il lavoro e Giulia rimase sola
nella casa vuota e piena di sacchi della
spazzatura.
Si diresse verso la propria camera e infilatasi il pigiama si avvicinò
alla finestra e prese ad osservare il cielo.
Pioveva. Sarebbe stato meglio se avesse nevicato, i fiocchi bianchi
avrebbero donato alla giornata un’atmosfera perfettamente natalizia, ma a Torino
non nevicava più molto e, anche fosse stato, la neve si sarebbe sciolta dopo
pochi giorni.
La ragazza chiuse le tende e si infilò sotto le coperte morbide e calde.
Quando stava per addormentarsi, il suo cellulare vibrò sul
comodino.
Controvoglia, Giulia lo afferrò e, sbloccata la tastiera, sul display
apparve un nuovo messaggio.
DANIELE:
Ehi
Giulia, è stata bellissima la festa e,
soprattutto,
è stato bellissimo rivederti.
Era
da tanto tempo che
non
ci divertivamo insieme!
Buonanotte,
Giù, ci vediamo a scuola!
^^
__________________________________________________
Eccomi
qua!!
Ho più o meno mantenuto la mia promessa di pubblicare il
prima possibile.
Diciamo che sono passati un po' più di due giorni, ma ho
voluto dare un'ultima occhiatina a questo capitolo, dato che si tratta
dell'ultimo di questa storia.
E' finita, sì, ed è come buttarsi alle spalle un piccolo
pezzo di me. Perchè, è vero, la storia non mi appassionava più e la trovavo
piuttosto lontana da quello che provo ora, ma mi ero molto
affezionata.
Parlava di una parte di me che adesso ho praticamente
perso. Parlava di un periodo che rimpiangono un po' per i dolori e un po' per le
gioie.
Ma non importa, non servono i sentimentalismi, non li
voglio!
Spero vi sia piaciuto, anche se trovo sia scritto in
maniera molto diversa da quella degli altri capitoli. Forse perchè l'ho scritto
troppo tempo dopo il capitolo 21, non lo so.
Mi aspetto vostre critiche, non solo gli apprezzamenti.
Vorrei che anche chi ha inserito la storia fra i preferiti la
commentasse, dato che non ho mai ricevuto un vero e proprio apprezzamento da
tutti voi.
Ringrazio tutti coloro che hanno commentato, che hanno
letto, che hanno preferito questa storia.
Ringrazio, insomma, tutti coloro che l'hanno seguita
apprezzandola o meno, perchè il vero piacere sta nell'essere letti, oltre che
nello scrivere.
Un grazie particolare ad HarryEly e a
Neverwinter che hanno seguito questa storia fin
dal suo principio. Spero, come nello scorso capitolo, di non aver deluso le
vostre aspettative (soprattutto tue,
Neverwinter, visto che aspetti da molto tempo
una conclusione all'"avventura" di Sara!)
Vi saluto, dunque.
Alla prossima, chissà dove?!
La vostra
Miss Dark
|
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