Mai Più Noi

di miss dark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 (Ultimo) ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Mai Più Noi-Capitolo 1

CAPITOLO 1


Pioveva. Il cielo scuro si rifletteva nelle grosse pozzanghere che, in due giorni di pioggia, si erano create in abbondanza.

Pioveva e lei correva. Correva veloce, come se qualcuno la stesse inseguendo, e non si fermava mai. I piedi, ormai zuppi di piccole gocce trasparenti, la sorreggevano ancora, unici suoi alleati in quella maratona furiosa.

Pioveva e lei correva, e intanto piangeva. Piangeva disperata, per quell’amore finito prima ancora di essere iniziato. Le lacrime sottili le rigavano il viso già bagnato dal volere del cielo.

Un’auto distratta, passò sopra una grossa pozza d’acqua e la bagnò ancora di più di quanto già lo fosse.

Si era fermata. Era arrivata alla sua destinazione.

Volse i profondi occhi neri verso quel grande balcone di pietra che, sopra di lei, la guardava severo.

La sua corsa era finita, era arrivata al punto di partenza, al traguardo, sotto quella casa colma di ricordi allegri e di delusioni. Sotto quella casa che li aveva visti ridere, domandare e litigare. Sotto quella casa che era stata anche un po’ sua. Sotto quella casa che, ormai, era di tutti e due.

Alzò lo sguardo, come a sfidare il maltempo, e si asciugò le lacrime, per fare spazio a quelle nuove, che erano già pronte a seguire il destino delle precedenti.

Girò la testa per guardarsi intorno. Non c’era nessuno, era il momento giusto.

Non volle neanche sapere se era in casa o meno, lei aveva corso, ed era il momento di dare un significato alla stanchezza che la affliggeva.

Raccolse tutto il fiato che aveva in gola e sputò quelle aspre parole che facevano male a lei, ma anche a colui che avrebbe dovuto sentirle.

Era uno strano modo per dire addio a qualcuno, ma lei aveva pensato che sarebbe stato molto meglio così, che per telefono.

Quella sentenza, quello strano punto e a capo al termine di una storia durata troppo poco per essere chiamata tale, si era dimenato tanto all’interno della mente di lei e ora aveva trovato la via adatta per uscire.

Aspettò. Per diversi secondi che a lei, triste, bagnata e stanca, parvero ore, ma niente, nemmeno una parola da qualche anziana signora che tentava di dormire, nessuno le rispose.

Come? Tutto quello che aveva fatto era stato inutile, nessuno l’aveva sentita, forse neanche lui. Quella fatica che le sarebbe costata due settimane di punizione, non aveva prodotto alcun risultato.

Venne invasa da uno strano senso di sconforto, come se tutta la sua vita, fino a quel momento, l’avesse vissuta solo per arrivare ad un traguardo che non meritava quel nome.

Non era arrivata da nessuna parte. Quello che lei per giorni aveva pensato l’avrebbe fatta di nuovo ridere, l’aveva fatta diventare più insicura.

Si scostò i capelli fradici dalla fronte e si lasciò cadere su quel marciapiede grigio, che la accolse con un abbraccio gelido.

Ora non riusciva più a distinguere se piangesse per la tristezza o ridesse per il nervoso che aveva addosso. Ognuna delle due eventualità le dava fastidio al solo pensiero.

Perché era arrivata fino a lì?

Perché aveva fatto tanto sforzo per trovarsi sotto quel palazzo?

Il perché non lo sapeva nemmeno lei. Veramente non aveva mai saputo il perché di nulla di tutto ciò che aveva fatto nell’ultimo mese.

Chiuse gli occhi. Li chiuse come ad accogliere quel dolore lancinante che aveva tenuto dentro di lei per tutte quella settimane.

Fra lo scroscio della pioggia che cadeva imperterrita e la bagnava dispettosa, riconobbe, senza alcun dubbio, il rumore di una finestra che si apriva.

Riprese quel minimo di speranza che le bastava per alzarsi e volgere lo sguardo in direzione del suono.

Era lui. La stava guardando dall’alto della finestra della sua camera. Da quell’alto che gli infondeva sicurezza. Non era neppure sceso.

I loro sguardi si incrociarono e l’attesa che uno dei due si arrendesse fu interminabile.

Nello sguardo di lei si leggeva chiaramente la tristezza che, anche se voleva, era impossibile nascondere. Era una tristezza forte, vera, che avrebbe lasciato qualsiasi essere umano senza possibilità di provare rabbia nei suoi confronti.

Nello sguardo di lui, tutto il suo pentimento e la sua insicurezza, erano ben lontani dal potersi leggere. Erano due occhi forti, di un azzurro cielo che stonava in quella sera di novembre. Reggeva lo sguardo sconsolato di lei e lo ricambiava con una carta più forte, spiazzante, ma nessuno dei due aveva l’intenzione di mollare.

All’interno dei cuori di entrambi balenavano i ricordi dei momento più svariati che avevano passato insieme.

Quei pochi, ma intensi minuti, sembravano non voler scorrere.

La prima a cedere fu lei.

Non ce la faceva a guardarlo negli occhi senza provare quel sentimento che aveva sorretto per due interi anni un’amicizia, all’apparenza, interminabile.

Abbassò la testa, quasi vergognandosi di averlo fatto.

Sentiva sulla sua pelle gli occhi di lui. La stava guardando, ma non diceva niente.

Non rispondeva al suo ultimatum. Lo ignorava, come se non fosse stato mai lanciato, e questo le dava molto fastidio.

Quando non ne potè veramente più, la ragazza alzò di nuovo la testa. Le provocava ansia essere guardata senza guardare. La bocca, quella stessa bocca che poco tempo prima aveva desiderato sfiorare le sue labbra, era serrata. Aveva già svolto il suo compito, era stato difficile, ma l’aveva fatto, aveva già parlato.

Ora toccava a lui. Era compito di quel ragazzo, che si sentiva protetto sopra il suo balcone, parlare, ma lui non parlava, non capiva che per lei era necessario sentirsi dire qualsiasi cosa, ma qualcosa.

O forse lo capiva, ma voleva farla soffrire. Voleva ripagarla con la stessa moneta con cui lei lo aveva ferito: l’indifferenza.

La ragazza si girò di scattò, inizio a camminare lentamente per la strada sotto casa sua.

Sapeva che lui la stava ancora guardando e per quello camminò ancora più lenta, come per dargli la possibilità, l’ultima, di dirle qualcosa.

Non parlava. Stava zitto, forse sentendosi superiore a lei.

La ragazza voltò l’angolo. Ora era finita per sempre.

Il giorno dopo non avrebbe più accettato nemmeno una parola. Aveva avuto la sua possibilità e non l’aveva sfruttata, per lei voleva dire molto.

Continuava a camminare sotto la pioggia, lentamente, senza rendersi conto del dolore che in quel momento regnava sovrano all’interno del suo cuore.

Si fermò al semaforo e, solo in quel momento, capì che era realmente, tutto finito, per sempre.

-*-*-

Chiuse la finestra. Ce l’aveva fatta, non era scoppiato a piangere, aveva vinto.

Era riuscito a sostenere il suo sguardo triste, sconfortato che, per un istante, aveva messo sconforto anche in lui.

Non aveva parlato, l’aveva fatta soffrire a fondo, si era dimostrato superiore.

Ora, non avrebbe avuto più problemi, non avrebbe più dovuto chiedersi se lei aveva letto l’ultimo messaggio che le aveva mandato, se stava rispondendo, se stava provando quello che lui avrebbe voluto farle provare.

Aveva messo a tacere, finalmente, quella storia.

Aveva dato una risposta definitiva a tutti i suoi punti interrogativi.

Non si sarebbero più parlati, non avrebbe più dovuto sostenere quei due occhi neri che l’avevano fatto innamorare.

Non avrebbe più avuto lei.

Si voltò verso la strada. Aveva vinto o perso?

________________________________

E' il primo capitolo della mia prima ff. Cercate di non essere troppo severi nel commentare, please....

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Mai Più Noi- Capitolo 2

CAPITOLO 2

Il sole. Entrava prepotente di spazio all’interno della stanza.

I raggi si spandevano lentamente sopra i mobili. Uno, un po’ più temerario, iniziò la conquista del letto. Dal copriletto salì alle lenzuola e da lì, al cuscino.

Lei strizzò gli occhi, infastidita da quell’arrivo indesiderato.

Si voltò dall’altra parte. Socchiuse gli occhi e incrociò quelli di sua madre.

Era lì, sull’uscio e la guardava. L’aveva sentita rientrare tardi, la sera prima, ed ora la osservava preoccupata.

Cos’aveva da un po’ di tempo la sua bambina? Cosa le passava per la testa?

Non aveva mai trovato il coraggio di chiederglielo e, la figlia, di dirglielo.

Non si parlavano, non l’aveva mai fatto.

Richiuse gli occhi. Mise la testa sotto il cuscino e, protetta da quel fedele alleato disse

- Oggi non vado a scuola.

- Perché?

- Perché non ne ho voglia, non me la sento.

- Certo, è una settimana che non te la senti. Cosa scriverai sulla giustifica “Non me la sentivo e non sono venuta”

- Potrebbe essere un’idea, grazie. Ora esci.

La madre non uscì. Non voleva che la figlia saltasse un altro giorno di scuola. Voleva sapere perché non se la sentiva di andare. Voleva sentirsi partecipe di quel mondo che lei stessa aveva creato sedici anni prima.

- Spiegami perché non te la senti, altrimenti ti alzi e vai a scuola.

Una guerra. Una guerra continua. Una guerra fatta di sguardi, di gesti, di parole crudeli.

Ecco perché non se la sentiva. Ma come poteva spiegarglielo?

- Non me la sento, non sto molto bene.

- Non stai molto bene per andare a scuola, ma per tornare tardi la sera stai benissimo, vero?

- Ieri sera....

Era quello il motivo percui aveva sempre trovato insopportabile sua madre. Si ficcava negli affari di tutti, pretendeva di sapere tutto, ma non sapeva niente.

- Ieri sera mi sentivo bene, volevo andare a scuola, ma mentre ero fuori ha cominciato a piovere e ho preso freddo.

Bomba sganciata, aveva raccontato una mezza bugia. Una mezza verità.

- Certo. Perché tu non esci mai col cappotto, non fai mai niente di quello che ti dico.

Quanto aveva ragione. Quanto sapeva di aver ragione.

Quanto sbagliava ad imporle di fare tutto quello che le si diceva di fare.

- Oggi tu andrai a scuola.

Detto questo usci dalla stanza.

Non aveva ribattuto. Sapeva di aver torto.

Si alzò. Diede un’occhiata alla sveglia, mai caricata da quando era su quel comodino, in quella stanza.

Mise un piede per terra. Toccò il pavimento gelido e rabbrividì.

Velocemente rimise il piede sotto le coperte e si coricò nel letto.

Chiuse gli occhi. Non poteva, non ce la faceva, solo all’idea aveva paura.

Rivederlo. Averlo davanti agli occhi e non parlargli, non potergli dire tutto e niente.

Con un balzò veloce scese definitivamente dal letto.

Doveva farcela, non per lui, non per sua madre, non per Sara, che ogni giorno le diceva di lasciarlo perdere. Per nessuno di tutti quelli che conosceva, solo per la persona che conosceva di meno e di cui aveva più paura: se stessa.

Solo per se stessa si vestì velocemente, non fece colazione, scese in strada e corse come la sera prima. Cartella in spalle, jeans e maglietta a maniche lunghe addosso e tristezza nel cuore.

I gradini di pietra della scuola si facevano sempre più vicini e il suo letto caldo sempre più lontano.

Li salì fino all’ultimo, si mise in piedi davanti all’entrata e fissò a lungo il suo gruppo di amici.

Lui non c’era. Non era arrivato puntuale, come poche volte. Forse non sarebbe neanche arrivato. Con quell’ultimo pensiero in mente entrò nel lungo corridoio della scuola, salì le scale e varcò la porta della propria classe.

La professoressa non era ancora arrivata. Meno male. Prese posto nell’ultimo banco a destra, quello vicino alla porta e aspettò. Aspettò con ansia che tutti i ragazzi della classe fossero entrati, per poter tirare un sospiro di sollievo nel non vederlo varcare quella porta verde.

Erano le otto e cinque quando la prof. si sedette alla cattedra. Tirò fuori dalla borsa nera e logora il registro e iniziò l’appello.

- Di Mari Cristina?

- Presente

- Donterre Francesco?

- Assente.

- Farletti Giulia?

- Presente.

- Finalmente abbiamo l’onore di riaverla tra noi, signorina Farletti.

- Non mi sono sentita molto bene in questi ultimi giorni.

- Vediamo la giustifica.

Merda! La giustifica! Quella benedetta giustifica. L’aveva lasciata sul comodino, accanto alla sveglia, e se l’era dimenticata.

- Veramente l’ho dimenticata a casa.

- Bene. Vuole una bella nota dopo ben quattro giorni di assenza?

- Non la vorrei ma visto che non ho la giustifica...

- Sarò buona Farletti. Chiamerò sua madre per accertarmi che lei non mi stia dicendo sciocchezze.

- Va bene, grazie professoressa.

La porta si aprì lentamente. Tutti si voltarono, compresa Giulia, che avrebbe voluto non arrivasse mai quel momento.

Sara le mise una mano sulla spalla. Lei sapeva.

Era lì sulla porta che guardava la classe in cerca di lei. La trovò, incrociò il suo sguardo per un attimo poi fu distratto dalla voce della prof.

- Signor Panasti, qual buon vento la porta qui in classe con noi?

Lui non rispose, la stava ancora fissando, come per chiederle se con quell’”addio” lei aveva inteso veramente addio.

Lo scansò, gli rispose con quel gesto. Lei non aveva scherzato, aveva inteso addio, e per sempre.

Si diresse trafelato e tristissimo verso il proprio banco. Aveva corso per avere quella risposta e ora preferiva non averlo fatto.

- Domani voglio un colloquio con sua madre.

Daniele non la stava ascoltando. Era in corso, dentro di se, una battaglia di emozioni, uno scoppio di sensazioni mai provate prima e solo lei, Giulia, lo vedeva.

Lo conosceva fin troppo bene per non sapere quello che stava provando.

Voleva piangere ma doveva trattenersi.

- Mi porti immediatamente il diario, signor Panasti!

Federico, il suo vicino di banco, nonché miglior amico, aveva intuito che era successo qualcosa, ma, non capendo, portò il diario alla cattedra al posto di Daniele.,

Perché? Perché erano dovuti arrivare fino a quel punto? Perché per capire che le voleva troppo bene per lasciarla andare era dovuto accadere quello che era accaduto?

La prof. finì l’appello e cominciò a spiegare la lezione di storia.

Giulia aprì il libro, ma quando lo richiuse, al suonare della campanella, Sara non potè non notare che la pagine lette erano macchiate di qualche lacrima disubbidiente, testimone di quel dolore.

______________________________________

Beh...questo capitolo non mi è piaciuto molto quando l'ho riletto, prima di pubblicarlo, ma è necessario per la storia e poi, non è poi così tanto male...spero che vi piaccia e che commentiate.

Passiamo ai ringraziamenti.

Lady vampire: grazie, grazie, grazie...le mie storie sono tristi un po' come le tue...lo sai che ti voglio bene anch'io! Spero che questo capitolo ti piaccia più del primo ^_^ Ciauuuu.

Mikiko: ecco il proseguimento tanto sperato! Sono contenta che la storia ti piaccia e spero che ti continui a piacere!

Miss_miky: anche a me il primo capitolo è piaciuto tantissimo ^_^ e sono felice che sia piaciuto anche a te.

Kia93: ciao Kia, la tua sasà chan, la mia sà, mi ha parlato tanto di te e, come me ne ha parlato, sono fiera del fatto che ti sia piaciuta, perchè, anche se non ti conosco direttamennte, ti stimo. Mi auguro che anche questo capitolo ti piaccia come il primo ^_^ Ciauuuuu!

Baci a tutte le persone che leggeranno il capitolo e che continueranno a seguire la storia

la vostra affezionata

Miss dark

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Mai Più Noi- Capitolo 3

CAPITOLO 3

Ricordi.

Sono le sei del pomeriggio, un citofono suona, una ragazza risponde e un’altra ragazza già piange.

Daniele varca la porta, ma capisce subito che il motivo per cui è stato chiamato non è dei migliori.

A piangere è Giulia, la sua Giugiù.

E’ seduta sul grande letto di camera sua e lo guarda.

Lui non capisce il significato di quella lacrime e non lo capirà mai fino in fondo.

- Che succede?

- Sei uno stronzo! Ecco che succede.

Lui capisce ancora meno, ma la ascolta.

- Perché? Dimmi solo il perché!

- Di che cosa?

Lei inizia ad urlare.

- Non far finta di non capire. Perchè sei uscito con lei, con quell’idiota di Gloria?

Ora gli è tutto molto più chiaro, ma non dice nulla, non si spiega quella domanda.

- Perché non parli?

- Noi due siamo solo amici, vero Giulia?

- Certo, solo amici!

Continua ad urlare e a piangere. Lui si innervosisce.

- E’ quello che ci siamo giurati vero?

- Piantala di fare domande e di non rispondere alle mie!

Non ne può più di quelle urla. Comincia ad urlare anche lui.

- Se non mi spieghi un cazzo di quello che stai dicendo, non posso certo rispondere alle tue domande!

Ha paura. Piange ancora più forte.

- Perché piangi?

Urla molto di più. Ora è veramente arrabbiato.

- Perché tu urli?

- Perché urlo? Ma tu ti senti?

Non ragiona più.

- Dimmi perché piangi, stupida.

Non risponde, ha paura, ha paura di lui, di quello che le può fare, e lei sa che cosa può fare.

- Dimmelo. Piangi perché sono uscito con una ragazza?

Fa cenno di sì con la testa.

Lui si calma, ma è ancora arrabbiato. Perché non gliel’ha mai detto? Perché ha dovuto trascinare la storia fino a quel punto?

- Giulia!

Lei si vergogna. Sa di aver sbagliato.

Daniele si siede accanto a lei, le prende la mano, come ha sempre fatto quando lei piangeva e gliela stringe.

Lei lo abbraccia forte. Non ha più paura, lo ama.

Daniele la guarda negli occhi, lei ricambia lo sguardo. È uno sguardo tenero, dolce, di comprensione.

Rimangono così per pochi secondi. Lui si alza, prende il cappotto che ha posato sul letto ed esce.

Giulia capisce che era uno sguardo d’addio. Si sdraia sul letto, chiude gli occhi e si immagina abbracciata a lui, come pochi, meravigliosi ed intensi istanti prima.

-*-*-

Scende le scale.

Non le potrà mai restituire quello che lei prova per lui.

Decide di farla finita, di troncare quell’amicizia bellissima. Non potrà mai renderla felice come lei spera.

Glielo dirà domani. Almeno pensa.

______________________________

Ecco il tanto atteso terzo capitolo. Si capiscono tante cose della storia, e in seguito se ne capiranno molte altre... questa storia inizia ad appassionare anche me... io l'ho scritta qualche mese fa, in un momento in cui mi serviva tantissimo sfogare i miei pensieri e sentimenti. Ok la smetto di annoiarvi con la mia triste vita... ^_^

Passiamo ai ringraziamenti delle persone che hanno recensito.

Lady vampire: non farai una brutta fine, ma mi sono ispirata abbastanza a te. Non voglio fare anticipazioni, ma ti dico che ogni riferimento alla nostra amicizia, non è sempre vero.... grazie di essere sempre la prima a recensire.... ti voglio tantissimo bene!!!!

Kia93: grazie, grazie, grazie... triplo commento, triplo ringraziemento ^_^ Ti ringrazio di tutti i complimenti che mi fai, sono contenta che ti piaccia la mia ff!!!!

Memole_88: questa storia è molto vicina anche a me, ma credo che sia capitato a molte ragazze di innamorarsi del proprio migliore amico e di non essere ricambiate ç_ç comunque, fra qualche capitolo ci sarà un miglioramento morale... non molto presto... va beh, la smetto... spero ti sia piaciuto anche questo capitolo... ciauuuuuu!!!!

Grazie anche a tutte le persone che hanno letto tutti i capitoli e che continueranno a seguire la storia di Giulia, Daniele e Sara.... ^_^

Bacioni

la vostra

Miss dark

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Mai Più Noi Capitolo 4

CAPITOLO 4

Oggi. Corridoio della scuola. Ora di matematica.

Giulia è uscita per prendere una boccata d’aria da quell’interminabile susseguirsi di formule, teoremi e calcoli. Non ha mai sopportato la matematica, nemmeno alle medie.

Mette le cuffie alle orecchie, decide di dedicarsi una canzone, per staccare del tutto la mente.

“Notte prima degli esami, notte di polizia...,” Venditti canta forte, in un concerto solo per lei.

Raggiunge le scale, scende qualche gradino e si siede sul penultimo. Si lascia cullare da quelle note romantiche e quasi si addormenta.

La canzone finisce. Peccato, avrebbe volentieri saltato qualche altro minuto di quella giornata squallida, ma non può.

Si alza a malavoglia e si dirige verso la classe. Passa davanti ai bagni, lo sgabuzzino dei bidelli, altre due porte verdi, uguali a quella della sua classe, e poi è arrivata.

Tira un lungo respiro, poggia la mano sulla maniglia e apre la porta.

Si siede veloce, come per non farsi notare, ma non ce la fa.

- Farletti, stavo giusto cercando un volontario per l’interrogazione di oggi.

La prof. l’ha sempre odiata, dal primo giorno del primo anno, ma che ci può fare lei, povera vittima dell’interrogazione giornaliera.

- Io non sono una volontaria. Anzi, farei volentieri a meno della sua interrogazione.

- Molto divertente. Ora vieni alla cattedra e vediamo come ti sei preparata.

Se vuole sapere come si è preparata sarà un’interrogazione molto corta. Ieri sera ha avuto di meglio da fare. O di peggio, dipende.

- Allora.....

La prof. sta sfogliando lentamente le pagine del libro di aritmetica col suo dito affusolato e rugoso.

- Mi dica il primo teorema di Euclide.

Bene! E chi sarebbe quest’Euclide? Ci ragiona attentamente.

- Beh, stando al teorema di Euclide si deduce che....

Si deduce che.... Non sa neanche lei che cosa vuole dire.

- Farletti? Si deduce....

La porta si spalanca. Il bidello entra trionfante in classe, consapevole di aver salvato uno degli alunni, probabilmente interrogato alla cattedra.

- Ci sarebbe un piccolo problema. Il preside la desidera nel suo ufficio il prima possibile.

- Certo.

Lancia uno sguardo fulmineo a Giulia, è lei quella salvata.

La professoressa esce velocemente dalla classe, il rumore dei suoi tacchi si allontana sempre di più, mentre quello delle urla degli alunni lo può sentire solo il bidello.

Daniele si alza, va verso la cattedra, vuole chiedere spiegazioni a Giulia.

Sara lo vede, fiuta aria di guai ed è più veloce.

- Giulia, te la sei vista brutta. C’hai un culo. Mancano dieci minuti e figurati se la prof. ci mette di meno col preside!

Lascia un’aria di mistero che solo l’amica può intendere.

Secondo Sara, la prof. di matematica, Ghincetti, e il preside, hanno una storia d’amore, piena d’intrighi e di passioni folli. Per lei, lo fanno sulla cattedra del preside, vicino alla macchina del caffé e pure sui tavoli della mensa, ma Giulia la conosce troppo bene, sa che alla sua fantasia, non ci sono limiti.

Daniele si allontana sconsolato, ha capito che, almeno per oggi, non avrà risposte.

La campanella dell’ultima ora è quella che sembra non suonare, mai.

Però, dopo le preghiere di tutti e ventiquattro i ragazzi della classe, con un flebile tintinnio, segna la fine della giornata di scuola.

Anche oggi suona. Per Giulia, ancora più in ritardo di tutti gli altri giorni.

Si catapulta fuori, seguita da una ragazza ansiosa di trascorrere un pomeriggio con lei e rincorsa da un ragazzo in cerca di disperate risposte.

Giulia e Sara fanno sempre la strada insieme. Una volta la facevano anche con Daniele, ma da un mese no. Da un mese, quel tratto di strada è più silenzioso, meno allegro e molto più lungo.

Daniele sapeva come farle ridere, come far dimenticare loro una brutta giornata o un’interrogazione andata male; da quel pomeriggio, però, quella strada era colma di ricordi, di strane emozioni, di malessere.

Le due amiche avevano cercato un percorso alternativo, ma l’unico era molto più lungo e stancante.

Immersa in questi pensieri, Giulia era arrivata a casa, aveva salito le scale e si era sdraiata sul letto.

Aveva annullato l’incontro con Sara con un semplice “Non mi sento molto bene” e ora era in camera sua, a contemplare il soffitto.

La ragazza prese l’I pod, si mise una cuffia nell’orecchio destro e attese l’inizio della sua canzone preferita: “Domani”

Le venne in mente il giorno del concerto.

L’aveva accompagnata proprio lui. Erano arrivati sei ore prima del concerto e si erano presi un bel posto in seconda fila.

Alle dieci e mezza di sera i Finley avevano fatto la loro entrata sul palco e avevano iniziato a cantare il primo brano del loro secondo disco. Che emozione sentirli cantare! Che emozione cantare con loro! Che emozione stare abbracciata a Daniele per tutto il concerto! A lui non era mai piaciuto quel gruppo, ma l’aveva accompagnata volentieri, per vederla sorridere.

Giulia decise di scacciare in fretta quel pensiero e di cambiare immediatamente canzone. Quella non era più la sua preferita.

Chiuse gli occhi, aspettò che la canzone seguente iniziasse e, poi, si addormentò.

Sognò il momento mai arrivato di dargli un bacio. Un momento magico, che lei sapeva non avrebbe mai dimenticato, ma ora quella meravigliosa sensazione le dava fastidio. Pensare che a lui non avrebbe fatto piacere, che non sarebbe stato molto importante, la faceva stare troppo male. Preferiva dimenticare.

Sono le tre del pomeriggio, Daniele e lì. Davanti alla scuola, proprio dove Mariangela gli aveva detto di aspettarlo.

Quando lei gli aveva chiesto se gli andava di accompagnarla a nuoto, non c’aveva pensato due volte. Era la ragazza più bella di tutta la scuola e lui aveva avuto il privilegio di poterla vedere in costume da bagno, come rifiutare.

Ora, però, dopo averla aspettata per mezz’ora, si stava chiedendo se non fosse stato tutto uno scherzo di pessimo gusto.

Era seduto su una delle panchine nella piazza e guardava verso i gradini della scuola, nella vana speranza di vederla arrivare, dirigersi di corsa verso di lui e scusarsi con un bacio passionale.

Quella era stato il suo desiderio sin dall’inizio. O prima o dopo, voleva baciarla, a lungo e con intensità.

Chiuse gli occhi e s’immaginò la scena. Che bello sarebbe stato! Se fosse stato.

Sentì vibrare il telefonino nella tasca. Tirò fuori il vecchio modello di Nokia e, per pochi secondi, sperò che fosse stata Mariangela a scrivergli un messaggio.

Non era lei. Federico gli chiedeva come stava andando con Marilena e perché quella mattina era così rabbuiato.

Daniele non sapeva come rispondere alla prima domanda e non voleva rispondere alla seconda.

Accidenti a lui, non aveva pensato a Giulia per tutto il pomeriggio e ora ci voleva quell’idiota a ricordargli della sua esistenza.

Quella stupida ragazza viziata che gli aveva rovinato metà anno scolastico. Veramente una stronza.

Subito dopo aver pensato queste amare parole, si sentì un mostro orribile. Come poteva pensare così di quella persona meravigliosa che gli era sempre corsa in aiuto, anche non sapendo per quale motivo. Era stato lui lo stronzo.

D’altronde lei non aveva nessuna colpa. Non si comanda all’amore. Non si può decidere per chi farsi mancare il respiro, per chi dimenticarsi persino di mangiare. Giulia si era innamorata di Daniele, ma lui non di lei, non al momento giusto. Pensarla a piangere sul suo comodissimo letto tutto arancione e rosso gli provocava una stretta al cuore.

Una tristezza nell’anima prese a dilagarsi, anche un’incontro con Mariangela lo avrebbe tirato su.

Il pomeriggio era rovinato. Tanto valeva andare a casa.

_______________________________

Eccomi...sono tornata!!! Lo so, per pubblicare questo cap c'ho messo una settimana, ma se sapeste cosa mi è successo in questi giorni, credo che capireste.

In ogni caso...ecco il quarto capitolo della storia. Per Daniele e Giulia si prevedono tempi duri,ma loro ce la faranno...o no?!?

Che bello tenervi sulle spine ^_^ !!! No, scherzo, cercherò di aggiornare presto, d'ora in poi, promesso!!!

Passiamo, come d'abitudine, ai ringraziamenti.

Kia 93: sai...è veramente orribile!!! anche perchè quando capisci che lui non prova lo stesso per te, ti senti crollare il modo addosso ed è difficile trovare l'uscita dal pozzo buio in cui si cade...W l'allegria ^_^ !!! Va beh...la smetto di deprimermi, grazie ancora!!!

Cherie lily: questa storia sembra così vera, perchè è vera, e non è altro che la mia storia!!! Magari le cose fra me e il mio migliore amico non sono andate così per filo e per segno, anzi, sono state più umilianti, ma il senso è lo stesso. Sono contenta che ti piaccia ^___^ !!!

Miss_miky: non hai idea di quanto ti capisca!!! mi dispiace per te e il tuo amico, ma, se vuoi un consiglio, se i tuoi sentimenti verso di lui sono veri e forti, non mollare, continua a sperare in un suo interessamento. Se poi credi che lui provi le stesse cose, ma sia timido, allora prova a fargleilo capire, che ti piace... bene, dopo questo angolo dei suggerimenti, ti ringrazio del commento!!!!

Lady vampire: grazie, grazissime!!! Anche io ti voglio bene ^_^ !!! E magari il libro, fra qualche anno, lo pubblicheremo veramente!!!!

Grazie anche a: Francy94 e Bella.

Al prossimo capitolo,

la vostra

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Mai più noi-Capitolo 5

CAPITOLO 5

Ricordi.

È buio. Sotto il chiarore lunare splendono le piccole onde del Po. Dal ponte si possono vedere tutti i riflessi che giocano fra di loro in uno strano girotondo di luci e colori.

Loro sono lì. Si guardano fissi in faccia e cercano, entrambi, di trovare il coraggio per dire quello che pensano.

Daniele non ce l’ha fatta a parlarle il giorno dopo, davanti a tutta la classe e le ha chiesto di andare sul ponte a discutere. È proprio su quel ponte che loro due si erano incontrati per la prima volta, e dove ora avrebbero scritto le ultime parole di quell’amicizia resistente a tutto tranne che al più sommo dei sentimenti: l’amore.

È quasi un controsenso dire che l’amore aveva rovinato tutto. Quello stesso amore che ogni persona definisce la cosa più bella del mondo, in quel momento, Giulia desiderava non averlo mai provato, o, almeno, non per la persona che gli stava di fronte.

- Io non voglio che finisca tutto.

Sono le prime parole che vengono pronunciate. Giulia ha trovato il coraggio di dirglielo.

- Sei troppo importante per me, non posso perderti per sempre, non puoi finire nell’oblio.

- Soffriresti troppo.

- Lo so, ma io non posso correre il rischio di non passare più le giornate al tuo fianco.

- Tu credi che sarebbe la stessa cosa?

- Io ti amo dal primo giorno che ti ho visto. Non sono stati bellissimi questi due anni insieme?

- Sono stati gli anni più belli della mia vita, ma ora che so quello che provi per me, non riuscirei a comportarmi come prima.

Gli occhi di Giulia si bagnano di lacrime. Quei bellissimi occhi neri che riescono guardare nel profondo del cuore della gente, iniziano a lacrimare, dando sfogo alla tristezza che per tanto tempo è stata tenuta nascosta all’intero di quell’esile corpo.

Daniele si avvicina, le prende la mano, ma lei non lo vuole, lo respinge, gli tira uno schiaffo .

- Vuoi arrivare in fondo a questa storia o no?

- Giugiù, io ti voglio bene, non posso vederti piangere.

- Mi vuoi bene? Sbaglio o sei tu ad aver appena detto che a te non va bene che noi continuiamo a frequentarci come amici e che dovremmo troncare questa storia? Se non mi lasci scelta, sono d’accordo!

Fra mille singhiozzi e tanta insicurezza è riuscita a dire quelle parole che non avrebbe mai voluto pronunciare, che la sera prima l’avevano fatta star male e che ora riaprono ferite ancora fresche.

Abbassa lo sguardo, per non farsi vedere fragile. Si gira, se ne va.

È arrivata alla fine del ponte, non si volta, ma da lontano, pronuncia una frase che lui non potrà mai perdonare.

- Io non sono la tua Giugiù!

Il mondo di Daniele si infrange in mille e più pezzi, si sente pesante, come se una forza sovraumana gli premesse in testa. Lei gli ha appena dimostrato che non gli vuole più bene.

Sta correndo. Sta correndo lontana da lui, gli sta scappando di mano, come l’acqua scappa da un fazzoletto. Sparisce nell’oscurità della notte, per sempre, come mai lui avrebbe pensato sarebbe successo.

Il ragazzo non riesce più ad opporsi a quella forza che lo spinge per terra, si lascia cadere, su quel lastricato che lui ha sempre odiato.

No, non può lasciarla andare via, combatterà per farla tornare da lui. La cosa più preziosa che aveva al mondo se n’era andata via e si era portata con se il suo cuore. Lui lo riconquisterà, e con esso, anche lei.

_______________________________________________

Ecco qua il tristissimo 5° capitolo!!!! Se posso dirlo, questo è il mio capitolo preferito, finora...comunque ne verranno tanti altri dopo, sceglierò alla fine... ^__^
A voi è piaciuto???? Spero proprio di si!

Kia93: ecco un altro frammento della vita della nostra amica Giulia! la tristezza prevale ancora su tutti gli altri sentimenti, ma prima o poi, l'allegria tornerà...ma chissà per quanto e fra quanto...ah ah ah ah!!! come sono sadica ah ah ah ah!!!!! Va beh....ho capito che è arrivata l'ora di smetterla di dire le mie cretinate ^________^ ... baci8

Lady vampire: e fifty-fifty sia!!!!!! però i diritti d'autore li voglio io e solo io!!!!!! si, si, si, si...la mia testa si sta fondendo lentamente...lentamente......lentamente.........lentamente...........lentamente...............buuuuuuuuuu!!!
lo so, lo so, mi rinchiuderai in un manicomio in cui marcirò per il resto della mia vita....ma abbi un po' di pieta....sono la tua best!!!!! §_§ (questa faccina non so cosa rappresenti, ma mi piaceva)...ciauuuuu
Grazie a tutti quelli che leggono la mia storia....ops....la storia di Giulia e Daniele....
Un abbraccio....
la vostra
Miss dark

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Mai Più Noi-Capitolo 6

CAPITOLO 6

Ancora ricordi.

Daniele sta tornando a casa, sono le tre del mattino e lui non è ancora andato a dormire. Per tutto quel tempo, dalle undici alle due e mezza di notte, è rimasto seduto per terra, nel luogo che qualche mese dopo avrebbe ricordato come il più infausto di tutta la città.

Non pensava a niente. Non ne aveva la forza. Sapeva che se avesse voluto pensare, prima o poi sarebbe riaffiorato il suo ricordo, con tanta fatica seppellito in fondo al cuore, e lui non voleva. Non voleva ricordarla, per nulla al mondo. Il suo ricordo lo faceva star male, il suo amaro discorso gli faceva venire la pelle d’oca. Ci aveva messo tre ore e mezza ad allontanarla del tutto da lui, non voleva rendere vano quello sforzo.

Non voleva ricordarsi di lei, di Giulia, non più la sua Giugiù.

Come poteva una ragazza all’apparenza così dolce e gentile, farsi odiare tanto da una sola persona.

In realtà lui non la odiava, come si può odiare un angelo, collegava, semplicemente, il suo ricordo con un sentimento molto simile all’odio, ma diametralmente opposto, di cui lui non conosceva il nome: l’amore.

Aveva iniziato ad amarla quando più le era stata lontano, quando aveva sentito di più la sua mancanza.

Era tardi ormai, lui lo sapeva e per questo non la voleva ricordare, perché non era più il momento giusto per amarla.

-*-*-

Giulia aveva una percezione molto strana di quello che aveva fatto dopo essere corsa via dal ponte. Non ricordava perfettamente cos’era successo, e neanche se era successo veramente.

Molto confusamente ricordava di essere entrata in uno strano locale, che puzzava di alcool e di sigaro. Si era seduta ad un tavolo, in un angolo e poi aveva ordinato un bicchiere d’acqua. Solo quello, solo un bicchiere d’acqua per due ore che era rimasta lì, seduta a guardare persone che giocavano a biliardo nella sala accanto.

Il barista le aveva chiesto più volte se voleva ordinare altro, ma lei gli aveva sempre risposto che stava bene così.

Quando uscì, il bicchiere d’acqua era ancora pieno, ma lei si sentiva completamente svuotata.

Giulia non era capace di non pensare e, come per Daniele, pensare voleva dire ricordare.

In quella serata, si ricordò di tutto quello che avevano fatto nei due anni in cui erano stati amici, dalla prima avventura che avevano vissuto insieme, all’ultima cretinata di cui si erano parlati, fino a quella sera che lei collocava come inizio della fine.

Sapeva benissimo che la loro storia non sarebbe finita così facilmente. Un’amicizia non basta buttarla nel cesso e tirare lo scarico; bisogna riflettere almeno cento volte su tutto quello che è accaduto, pensare al come e al perché è successo e poi, quando si ha una concezione abbastanza chiara degli avvenimenti, si può dire che l’amicizia e terminata.

Comunque, dopo essere uscita dal bar era andata a casa di Sara. Aveva suonato sei volte il campanello del suo appartamento, svegliando ogni componente della famiglia, ma poi era riuscita ad entrare e ad essere ascoltata.

Disse a Sara tutto quello che sentiva dentro, versò milioni di lacrime e poi si addormentò lì, tra le braccia della sua migliore amica, che mai come in quel momento le aveva dimostrato di esserlo.

Oggi, casa di Giulia.

Giulia si svegliò di soprassalto, guardo l’orologio: le quattro e mezza del mattino.

Si strofinò con forza gli occhi per essere sicura che ogni rimanente di quell’incubo se ne fosse andato.

Si alzò in piedi ed andò in cucina a prendersi un bicchiere d’acqua.

- Cosa ci fai i piedi a quest’ora?

Suo padre aveva sempre avuto un sonno leggero e lei, anche quella notte, era riuscita a svegliarlo.

- Sono venuta prendere un bicchiere d’acqua, adesso torno a letto.

Fece proprio così, tornò a letto, me non riuscì a prendere sonno.

Erano ormai tre notti che si svegliava in mezzo alla notte, sempre alle quattro e mezza del mattino.

La situazione era alquanto insopportabile perché Giulia, dopo essersi svegliata una volta, non si riaddormentava più fino alla sera seguente.

Doveva capire perché le accadeva tutte le notti e sempre alla stessa ora. Ci rifletté, ma non trovò alcuna risposta plausibile, non ce n’era alcuna. In un primo momento aveva pensato che, visti gli incubi che faceva, non era difficile stupirsi che lei si svegliasse di soprassalto, ma in quel caso, non si sarebbe svegliata sempre alla stessa ora. Decise che il giorno dopo avrebbe chiesto a Sara cosa ne pensava.

Immersa in questi pensieri non si accorse del tempo che era passato e, quando si voltò per caso verso la sveglia, si accorse che erano le sette meno dieci.

Si alzò, andò in bagno e si sciacquò la faccia. Era stata una notte difficile, come tutte le ultime notti, d’altronde.

Ritornò in camera, si mise il primo paio di pantaloni e la prima maglietta che trovò nell’armadio e andò in cucina per fare colazione con il resto della famiglia.

La mamma, come sempre, era in vestaglia ai fornelli, intenta a preparare le colazioni, il padre beveva una tazza di caffé, leggendo il giornale e la sorella di dieci anni stava facendo un disegno con i pastelli. Si sedette vicino a lei, le diede un bacio e si mise in bocca un cornetto alla marmellata.

- C’è qualche problema, Giulia?

Il padre aveva finito di bere, Giulia di mangiare. Era arrivato il fatidico momento delle domande mattutine, le peggiori, perché tu non sei ancora abbastanza sveglio per inventarti bugie plausibili, e sei costretto a dire la verità.

- Nessuno papà, perché ce ne dovrebbero essere?

Giulia era rimasta sul vago anche se aveva capito benissimo doveva voleva arrivare con quella domanda.

- Mi sembra strano che una ragazza attiva della tua età trovi difficoltà nel dormire dieci ore filate tutte le notti. Vista la tua situazione, ci deve essere qualche problema.

Giulia non capiva perché il padre fosse così fiscale con la propria famiglia. Lui faceva lo psicologo da quindici anni e pensava, perennemente, che le figlie avessero dei problemi.

- Probabilmente, adesso che sono cresciuta, mi bastano meno di dieci ore, e così mi sveglio in mezzo alla notte.

Anche lei stessa sapeva che era una bugia grande come il mondo, ma, come ho già detto, era troppo difficile, alle sette e mezza del mattino, inventare scuse plausibili.

- Potrebbe anche essere, ma tu non dormi neanche sette ore, mentre un adulto ne richiede minimo otto.

- Non lo so papà, per me non ci sono problemi.

- Non ci sono, o non me ne vuoi parlare?

- Anche fosse? Io non sono una tua paziente, non ti pago per farmi far dire delle cose, se non te le voglio dire. Visto che non ti do la parcella, non te le dico.

Amara e cruda verità. È questo che il padre voleva e che Giulia gli aveva dato.

- Va bene. Io non ti volevo obbligare, ma se non ti senti a tuo agio parlandomene, lasciamo perdere.

Finalmente lei era riuscita a dire quello che pensava e aveva ottenuto il risultato sperato. Il padre non si sarebbe più intromesso nei suoi affari.

Si alzò rumorosamente dalla sedia, come era suo solito fare, e si diresse verso l’uscio della porta di casa.

- Oggi vado a pranzo da Sara; non mi aspettate neanche per cena, forse usciamo.

Uscendo sbattè la porta e, finalmente libera da tutto e da tutti, si diresse verso la fermata del tram, per andare a scuola.

Quella mattina era iniziata male e il resto della giornata si prospettava ancora peggio. Non ne poteva più di quella vita monotona e triste, voleva novità, voleva essere felice e serena, voleva lui.

Era triste ammetterlo, ma da quando Daniele non faceva più parte delle sue giornate, si era rabbuiata, non rideva quasi mai e, soprattutto, non riusciva più a godersi la vita. Doveva risolvere anche questo problema.

____________________________________

Finalmente il sesto capitolo!!!! Sì, lo so, è un capitolo molto, molto confuso, d'altronde, spiega la confusione che Giulia ha in testa in questo momento difficile. E se adesso vi sembra triste e confusa, vedrete il seguito......sono un po' crudele, lo so, ma non ci posso fare niente, sono fatta così ^____^

Ora passiamo ai ringraziamenti delle persone che hanno commentato lo scorso cap.

Kia93: ho già risposto al tuo dubbio in questo capitolo, comunque Daniele si era innamorato di Giulia, ma se n'è reso conto troppo tardi....non dire che è una cosa stupida, perchè a un mio amico, non più tanto amico, è successa la stessa identica cosa......Spero che anche questo cap ti sia piaciuto ^___^

Lady vampire: ecco un cap che corrisponde alla tua richiesta. Fino ad adesso è il più lungo si tutti, poi non so che cosa ne pensi tu.....Spero che continui a piacerti....

Niis: lo so, è molto triste, ma come tale a me piace....le cose allegre e che vanno sempre bene non sono proprio nel mio genere. Per il lieto fine, ci spero anche io, visto che non ho ancora deciso come far finire la storia........

Linasyan: ecco qua, aggioranto il prima che ho potuto....sono felicissima che la mia ff ti piaccia!!!!!

Grazie anche a tutte le persone che hanno messo la storia tra i preferiti e a quelli che l'hanno letta e che continueranno a leggerla.....

Al prossimo cap

la vostra

Miss dark

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Mai Più Noi-Capitolo 7

CAPITOLO 7

Lei era lì. Seduta a quel tavolo, di fronte al suo.

Lei lo vedeva. C’erano anche i suoi amici.

Lo osservava. Aveva ordinato una birra ma non la beveva.

Ogni piccolo particolare. Quel minimo movimento della mano; quegli occhi che guardavano, ma non vedevano, che non erano con lui. Erano in un altro mondo, il suo, il loro.

Continuava a fissarlo. Com’è bello. Lo era sempre stato. Sempre avvolto da quell’alone di mistero che non lo abbandonava mai.

E piano piano, con cautela e con una lentezza quasi impercettibile, iniziarono la loro discesa piccole ed indesiderate lacrime. Lei non le ferma. Non poteva, non voleva. Erano sintomo del suo dolore, e lei stava terribilmente male.

Mascherarlo, fingere che non era così, le faceva ancora più male.

Lei lo amava, ancora. Più di prima.

Non averlo accanto, non potergli più parlare, non poter più ridere con lui...

Era tutto così difficile, così complicato!

- Sei ancora con noi, Giulia?

- Cosa?

Giulia non era più con loro. Lei voleva essere con lui, al suo fianco e poterlo abbracciare. con affetto. Con amore.

Quelle lacrime non smettono di scendere

Lei soffriva troppo a stare lì. A due passi da lui e non poterlo sfiorare.

- Io vado a casa!

Giulia si alzò. Non avrebbe voluto, ma correva. Non sapendo come era già fuori da quel bar.

- Ma che c’ha Giulia in ‘sto periodo?

Anche Sara si alzò.

- Cazzi suoi.

Non correva. Camminava lentamente. Prima di uscire prese fiato.

Giulia era lì. Piangeva a dirotto.

- Perché? Perché non mi lascia in pace? Io non lo voglio! Lo odio!

Parlava. Parlava a vanvera lasciando scaturire dalla bocca tutte quelle cose che aveva tenuto dentro.

- Calmati.

- Tu non capisci, non puoi capire! Lui era lì! A un passo da me e io... perché! Perché proprio qui! Io...io non ce la faccio più, voglio morire!

- Ti calmi per favore.

- No, io non posso, non posso stare così. sto di merda! Io non voglio ma è così! IO STO DI MERDA!

Sara sentiva cha la situazione stava peggiorando molto, anche perché tutta la gente che c’era per strada aveva smesso di camminare e si avvicinava a quella ragazza che piangeva e urlava disperata.

- Per favore, cerca di controllarti, Giulia!

Giulia non parlava più. Le lacrime e i singhiozzi le facevano morire le parole in gola.

Sì, soffriva e tanto.

- Si sente bene signorina?

- Sì, sta benissimo, solo che le è venuto un gran mal di testa e deve andare a casa.

Giulia alza o sguardo. Lo cerca, cerca il suo Daniele, ma non lo trova, lui non l’ha vista.

- Ok...andiamo a casa.

Giulia chiuse gli occhi. Si sentì debole, quasi inconsapevole di quello che stava facendo e in una maniera a lei sconosciuta si ritrovò sdraiata sul suo letto, in una mattina di inizio dicembre.

______________________________________

Scusate per il linguaggio un po'...emh...avete capito, ma mi serviva per esprimere lo stato d'animo di Giulia...se lo trovate troppo pesante, fatemelo sapere....

Questo cap è un po' più corto degli altri perchè mi è venuto in mente mentre ero a scuola e la storia era già sviluppata...ho dovuto inserirlo in mezzo alla storia perchè era troppo bello.

Mi dispiace che sia così breve, ma mi farò perdonare pubblicando il prossimo prestissimo, molto prima di come ho pubblicato questo...sorry T_____T

Ora i ringraziamenti

Akami: sono contenta che la storia ti piaccia!!!! Spero che continui a piacerti, ciauuuuu ^___^

Lady vampire: eccoci qua con un'ennesimo cap corto, mi dispiace, ma non l'ho fatto apposta...spero ti sia piaciuto lo stesso.... un baciotto, la tua Nee-chan

Kia93: un altro cap di depressione e dispiace anche a me, per la tua speranza, credo che ci vorrà moltissimo tempo....speriamo che tu abbia la pazienza di aspettare....grazie del commento...

bacioni, bacini, bacetti..... ^x^

Francy94: ho postato un po' in ritardo, scusa....magari, fra un po', la vita di Giulia migliorerà, tocca a noi avere la pazienza di aspettare, un abbraccio, al prossimo cap

Garzie a tutti quelli che seguono la storia.

Alla prossima

la vostra

Miss dark

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Mai Più Noi-Capitolo 8

CAPITOLO 8

- Abbiamo solo 16 anni, non devi rovinarti la vita per il primo stronzo che capita, te lo vuoi mettere in testa? Lui ti ha detto di no, tu hai lasciato perdere e ora lui ti rivuole, credi che potrebbe tornare tutto come prima? Credi che staresti meglio o peggio?

- Non lo so.

- Se non lo sai tu, visto che io non sono veggente, non possiamo trovare una soluzione! Sta diventando insopportabile questa storia, te ne sei resa conto, vero?

- Sì, ma non so cosa fare!

Giulia stava per mettersi a piangere. Sara aveva ragione, quella faccenda iniziava ad essere abbastanza scocciante per tutti. Voleva trovarla una soluzione, doveva, ma, in quel momento, non le era sufficientemente chiara.

- Devi lasciare le cose come stanno, soffrirai ancora per molto tempo, ma piano piano, il dolore diminuirà fino a scomparire e allora, finalmente, tu capirai che hai fatto la scelta giusta e, soprattutto, non staremo più qui a farci queste domande dalle risposte ovvie.

Sara le mise una mano sotto il mento e le tirò su il viso irrigato da lacrime.

- Vedrai, si risolverà tutto e la nostra vita tornerà migliore di prima. Te lo prometto!

- Grazie, sei una vera amica!

Giulia si asciugò le lacrime con un fazzoletto di carta e accennò un piccolo e timido sorriso.

- Bene, visto che abbiamo risolto la parte teorica della faccenda più importante del momento, consiglierei di andare a prenderci una bella cioccolata calda al Bar dell’Angolo.

- Ci sto!

Si allacciarono in fretta le All Star nere, si misero i cappotti della Kappa e uscirono, golose di divertimento.

-*-*-

La fievole luce di una piccola lampada da scrivania illuminava la stanza buia. Un ragazzo chino sui libri era seduto al piccolo tavolo, con le mani nei capelli.

- Non l’imparerò mai, è inutile che io sprechi il mio tempo, sono un asino ignorante.

Chiuse il libro, spense la lampada ed uscì dalla stanza.

- Io esco, non prometto di tornare per cena. Fate come se io non esistessi.

Era infuriato, sbattè la porta d’entrata e fece tutte le rampe di scale di corsa, per sfogarsi.

Salì sul motorino, ingranò la prima e partì, nel silenzio della sera. Il vento gli sferzava la faccia, spazzando via le lacrime che sgorgavano senza ostacoli.

Era triste. Triste come non era mai stato in vita sua. Avrebbe voluto fermare quelle lacrime disubbidienti che gli rigavano la faccia, ma non poteva, le aveva tenute troppo dentro. Era ora di piangere, di sfogarsi.

Frenò di colpo. Una signora col passeggino e dalla faccia spaventata attraversò più velocemente che poteva le strisce pedonali, imprecando contro quel ragazzaccio che la stava per investire.

Restò lì, fermo, in mezzo alla carreggiata. Non per lo spavento, non per le parole di quella povera signora, per prendere fiato. Per prendere fiato dal mondo, dalle sue ingiustizie, dalla tristezza che queste comportano.

Si guardò intorno, cercando di raccapezzarsi. Era sotto casa sua. Non sapeva come ci era arrivato, per quale motivo, ma era lì.

Non poteva salire come faceva tutte le volte che aveva bisogno di parlare, non la poteva chiamare al cellulare e dirle di scendere al volo per andare a fare un giro. Doveva arrendersi alla verità, era finita. Se lo doveva mettere in testa che, oramai, non c’erano più speranze, quell’amicizia era terminata e non avrebbe potuto mai più ricominciare.

-*-*-

- Guarda che i miei mi ammazzano se non torno per l’ora di cena, devo andare a casa.

Giulia stava sussurrando alle orecchie di Sara, per non farsi sentire dai due ragazzi che avevano offerto loro la cioccolata.

- Dai, gli dici che resti a cena da me, per favore.

- No, non mi piacciono ‘sti due! Quello biondo continua a guardarmi in modo strano. Secondo me, hanno brutte intenzioni.

- Va bene.

Sara aveva la voce delusa, quello moro le piaceva e non trovava male neanche quello biondo, ma l’amica si sentiva a disagio e lei veniva prima di qualsiasi ragazzo.

- Noi dobbiamo andare, ciao.

- Come! Non andiamo a cena insieme? Noi ci tenevamo!

Giulia tornò a sussurrare.

- Io te l’ho detto che le loro intenzioni non erano uguali alle nostre. Anche volendo, tu non puoi andare a cena con loro, sbaglio o il ragazzo tu già ce l’hai?

Sara le rispose con uno sbuffo.

- No, mi dispiace, ma la mia amica non si sente molto bene e poi, io, ce l’ho già il ragazzo e lei esce da una storia difficile, non è proprio il momento adatto, credetemi.

Le due non aspettarono neanche una loro risposta o un loro insulto, si girarono e si misero a correre come delle forsennate verso la fermata dell’autobus, che stava giusto passando.

Lo presero al volo. Per fortuna trovarono due posti liberi e si poterono sedere a prendere un po’ di fiato.

- Certo che quei due non erano niente male!

- Secondo me erano solo dei porci e non avevano neanche serie intenzioni, abbiamo fatto bene ad andare via.

- Sarà, ma a me quello moro piaceva un casino!

- Ma tu ce l’hai il ragazzo, ed è pure bello e simpatico, come fai a pensare di lasciarlo.

- Sono altruista, lo voglio lasciare al resto del mondo, io me lo sono già goduto abbastanza!

- Lo vuoi lasciare?!?

La faccia di Giulia era a metà strada tra il sorpreso e l’arrabbiato. Michele aveva sempre trattato bene Sara, l’aveva sempre amata molto e le aveva anche lasciato tutta la libertà che lei gli aveva sempre chiesto. Come poteva, Sara, desiderare un ragazzo migliore di quello che aveva già adesso?

- Sì, mi sono stancata di lui. Mi sta sempre troppo attaccato e poi, mi sa che lui mi ha già tradita con un’altra.

- Ma figurati se Michele ti farebbe mai un torto del genere!

- Tu come la interpreteresti se vedessi il tuo ragazzo abbracciato alla ragazza più facile della classe?

Giulia non sapeva che cosa rispondere, non riusciva a credere che un ragazzo così buono avesse fatto un tale torto alla sua fidanzata.

- Mi dispiace, non potevo saperlo. Perché non me l’hai detto?

- Perché non ci ho dato troppo peso, ho preso una decisione da sola e domani la metterò in atto, lo smerderò davanti a tutti i suoi amici.

- Però potevi almeno dirmelo!

- Sei già abbastanza triste per i fatti tuoi, non volevo accollarti anche le mie preoccupazioni.

- Ma fra amiche si fa così, ci si aiuta a vicenda.

- Scusa, prometto che d’ora in poi ti racconterò tutto, ma proprio tutto. Ora, però, scendiamo, è la nostra fermata.

-*-*-

Daniele abbassò lo sguardo. Non doveva piangere, doveva smetterla! Non era più il caso di piangere. Lui avrebbe tanto voluto, ma non poteva, non poteva continuare piangere per un qualcosa di irrisolvibile. Doveva convincersi di ciò che era successo e prenderne atto, agendo di conseguenza.

Scese dal motorino, andò verso la fontana nella piazzetta lì vicino, quella dove lui e Giulia si erano spesso abbracciati per salutarsi, per dirsi che si sarebbero visti il giorno dopo.

Bevve due sorsi d’acqua. Questa sgorgò gelida nella sua gola, alleviando ogni sua preoccupazione e rinfrescandogli non solo la bocca, ma anche lo spirito.

Si allontanò per andarsi a sedere sul bordo di una fontana più grande, con tanto di giochi d’acqua e rocce finte.

Era una bella serata. Il cielo era sereno, quasi fosse stato dimenticato dalle nuvole.

Le stelle splendevano luminose su Torino, e la luna, sovrana di quello spettacolo mozzafiato, si stagliava pacata sulle colline, illuminando tutte le vie, le piazze e i monumenti, a partire dalla Mole.

Daniele era rimasto meravigliato alla vista di quel panorama mozzafiato e si era completamente dimenticato dei suoi problemi.

Chiuse gli occhi. Era stanco, era stata una settimana lunga e difficile. Non era riuscito neanche a capire se la persona che per lui contava di più al mondo, provasse ancora qualcosa per lui o se avesse veramente inteso che non si sarebbero mai più visti, parlati, salutati.

Aveva studiato tutto il pomeriggio e, quando era uscito di casa per prendere un boccata d’aria, il destino lo aveva portato davanti a casa sua, davanti a quel portone che aveva segnato la fine della loro amicizia.

Daniele aprì gli occhi, distolse la sua attenzione da quei pensieri tristi e ascoltò attentamente il silenzio. Pochi secondi dopo, la sua intuizione si dimostrò fondata: da una delle strade che finivano nella piazza, arrivavano delle risate.

Il ragazzo tornò speranzoso, aveva un’altra possibilità per scoprire la verità che a tutti era ormai chiara, tranne che a lui.

-*-*-

Giulia e Sara scesero dal tram, in silenzio.

Camminarono abbastanza velocemente per raggiungere il prima possibile casa di Giulia, per non farla sgridare dalla madre.

- Certo che mi hai scioccata dicendomi che Michele ti ha tradita per Marilena. È pure brutta, secondo me.

- Beh, proprio brutta non direi, ma non è certo tutta ‘sta gran bellezza che i ragazzi vogliono far credere.

- Guarda che loro ci vanno dietro solo perché l’ha già fatto più di una volta!

- Lo so, però se fosse un cesso tremendo, non ci andrebbe dietro nessuno!

Giulia sorrise.

Ci fu qualche secondo di silenzio.

- Te la vedi Marilena grassa, piena di brufoli, con gli occhiali e l’apparecchio ai denti?

Sara ci mise un po’ per formarsi un’immagine nitida di quello che l’amica le aveva chiesto, ma appena le venne in mente, scoppiò in una sonora risata, seguita da quella di Giulia.

Arrivarono all’angolo e sbucarono nella piazzetta della loro gelateria preferita. Alla fontana era seduto un ragazzo dai capelli castani e con un giubbotto blu scuro, inconfondibile.

Giulia lo riconobbe all’istante e sentì tremare le gambe. Anche Sara, dopo qualche istante lo riconobbe e, anche se non le tremavano le gambe, ebbe paura per l’amica. Era tutto il pomeriggio che non aveva pensato a lui, e ora se lo ritrovava davanti, non doveva essere molto piacevole!

- Cosa ci fai qui?

Chiese Giulia scocciata, era chiaro che fosse infastidita dalla sua presenza.

Daniele non sapeva cosa dire, non sapeva neanche lui per quale motivo fosse lì, figuriamoci se potesse spiegarlo.

- Io avrei iniziato la conversazione con un “ciao”, ma va bene anche così.

- Infatti io non voglio conversare con te!

- Ah...

- C’è un motivo per cui sei qui o avevi solo voglia di darmi fastidio?

Daniele rimase con la bocca aperta. Giulia non gli aveva mai parlato così, non era un buon segno, anzi, tutto il contrario.

- Io non ti vorrei mai dare fastidio, Giulia. Io non sono arrabbiato con te, sei tu che l’altro giorno sei venuta a casa mia e mi hai detto addio, senza aspettare una mia risposta!

Giulia sentì ribollire dentro di se una rabbia che non aveva mai provato prima i vita sua, le bruciava dentro, le faceva venire il mal di stomaco e, presto, anche il mal di testa.

- Non ho aspettato una tua risposta?!? Sono rimasta là sotto per un quarto d’ora prima che tu ti degnassi di venire alla finestra. Se non te ne eri accorto, pioveva a dirotto e io ero fradicia!

Giulia riprese fiato. Stava urlando con odio nella voce, senza rendersene neanche conto.

- Poi, io sono infuriata con te! Non ti voglio mai più vedere, neanche da lontano!

- Mi dispiace deluderti, mi vedrai tutti i giorni a scuola, non posso volatilizzarmi!

Anche Daniele stava alzando la voce e Sara se ne era resa conto. Era finita nel bel mezzo di un ciclone e sapeva benissimo che non poteva uscirne.

- Magari! Sarebbe il regalo più bello che qualcuno potesse mai farmi!

Giulia rise forzatamente, era a disagio, ma non lo voleva certo dare a vedere.

- Sei una stronza Giulia, lo sai?

- Sì, me lo hai detto tu il mese scorso!

Era vero, Daniele si era lasciato trascinare dall’ira e, mentre stavano facendo la lezione di educazione fisica, le aveva detto proprio che era una stronza.

- Scusa.

- Direi che sei un po’ in ritardo per scusarti, esattamente di tre mesi e mezzo.

Era già passato così tanto tempo da quella sera, su quel ponte, dove lui l’aveva allontanata per sempre?

- Hai ragione, ma non credi che potremmo ricominciare tutto daccapo, come se non ci fossimo mai visti, come due estranei che vogliono scoprirsi e diventare amici?

- Sei tu che non ci credi.

Si girò. Per lei quella discussione era finita, ognuno aveva detto quello che pensava e lui aveva avuto le sue risposte. Era ora di dirgli che lei non ne voleva più sapere di lui e di cominciare una rinascita, per stare meglio.

Si voltò di nuovo verso di lui.

- Questa è la nostra ultima discussione, io non ne voglio sapere più niente di te, per me è come se tu ti fossi volatilizzato, come mi hai detto che avresti fatto se avessi potuto.

Andò verso l’amica che le battè un sonoro cinque sulla mano e se ne andò a casa, stanca di sentire gente che urla.

- Addio Giulia.

Sussurrò piano Daniele. Forse non troppo piano, perché dagli occhi di Giulia uscì una piccola lacrima di dolore.

____________________________________________________

Ufff....questo capitolo è stato sudato, a suo tempo....mi ricordo anche di aver pianto un giorno, rileggendolo....non è triste?

Vi faccio una promessa: ancora il prossimo capitolo e poi ci saranno momenti di felicità e vera e propria rinascita.....GIURO!!!!!

Passiamo ai ringraziamenti prima di tutto delle persone che hanno messo la fic fra i preferiti: Birri, Cry90, Francy94, Kia93, Linasyan, Mikiko, Miss_miky, Neverwinter, Somoody, Sweetthings: Grazie veramente tantissimo, vi adoro da impazzire!!!!!!!!!!!!

Linasyan: questo capitolo è più lungo del precedente, ma altrettanto triste, a mio parere...spero ti piaccia ^_^

Francy94: te l'ho promesso nelle righe prima: fra pochissimi capitoli la vita di tutti cambierà, e per qualcuno in meglio, molto meglio.....ti lascio sulle spine, perchè ho già detto fin troppo.... ciauuuuuuu e tantissimi baci ^x^

Avrilmiki: Tantissimi grazie per i tuoi complimenti, sono molto contenta che la storia ti trasporti al suo interno, vedrai che, in seguito, vivrai avventure molto positive!!! Ciao ^o^

Grazie a tutti quelli che leggono e continueranno a seguire i nostri amici nelle loro vicende amorose.

Al prossimo cap

la vostra affezionatissima (mi avete fatto innamorare di voi, miei carissimi lettori)

Miss dark

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Mai Più Noi-Capitolo 9

CAPITOLO 9

Erano le sei del mattino. Una sveglia suonò e un ragazzo si alzò dal letto, contrariato dal dover andare a scuola.

Si vestì lentamente, con calma, come poche mattine. Si lavò la faccia e i denti e si fiondò in cucina per fare colazione. La mamma non c’era, non c’era più da cinque anni precisi. Il padre era già andato al lavoro e non gli aveva neanche preparato la colazione, non l’aveva mai fatto. Da quando la mamma se ne era andata, Daniele non trovava mai la colazione pronta.

Mise la caffettiera sui fornelli e tirò fuori dalla dispensa una brioche confezionata. La addentò affamato e la divorò del tutto prima ancora che la caffettiera fischiasse.

Prese una tazzina e ci versò dentro qualche goccia di quel caldo e amaro caffé appena uscito; lo bevve tutto d’un fiato e uscì di casa, diretto verso la scuola.

Il cielo era ancora scuro e non preannunciava una giornata di sole.

Mentre camminava, passando davanti alla biblioteca civica si rese conto di quanto tempo era passato dall’ultima volta in cui vi aveva messo piede e aveva letto un libro che non fosse di scuola.

Era da quando aveva litigato con Giulia che non aveva aperto un libro. Quando andava in biblioteca o ne andava a comprare uno, ci andava sempre con lei che gli consigliava i suoi preferiti.

Da quando avevano litigato, lui aveva smesso di fare molte cose. Non perché non volesse, ma perché non le trovava più interessanti. Senza di lei non lo erano più.

Era da quando aveva preso atto di questo particolare, quando si era reso conto che per lui, lei era troppo importante, che aveva anche capito quanto l’amava.

Scacciò dalla testa qual pensiero e camminò più veloce.

Mentre quasi correva sul marciapiede scuro, lo stesso che lei aveva calpestato tre giorni prima, dopo averlo lasciato solo, solo per sempre, gli venne in mente quella sera, quell’orribile sera in cui lei si era messa sotto il suo balcone e gli aveva urlato

- Addio! Per sempre!

L’aveva vista fragile, avrebbe voluto consolare le piccole lacrime che le rigavano il volto, ma quelle parole lo avevano pietrificato del tutto, le sue orecchie non credevano che fosse vero.

Anche quel pensiero era troppo doloroso per i suoi gusti. Insomma, tutti i pensieri che gli venivano in mente riguardavano lei.

Era arrivato a scuola, era davanti al portone d’ingresso e stava lì, fermo.

Lei era davanti a lui, come la sera prima, quando l’aveva incontrata alla piazzetta sotto casa sua.

Lo guardava dall’alto in basso, con un viso senza espressione, non ne dimostrava alcuna.

Lui non parlò, non ce n’era bisogno, i suoi occhi azzurrissimi parlavano da soli, incontrando quelli di lei, neri come il carbone, oggi senza espressione, ma un giorno dolcissimi e insicuri.

Lei non distolse lo sguardo dal suo viso, lo guardava, come a cercare se le sue parole della sera prima avessero lasciato qualche segno indelebile.

- Ciao Giuli, come stai?

Giulia non rispose, era troppo occupata per dare corda anche a Sara.

- Oh Giuli, che c’hai?

Sara non si rese subito conto che gli occhi della sua migliore amica erano rivolti verso quelli di Daniele.

- Giulia, sei arrabbiata con me? Dimmelo subito invece di fare ‘sta scenata patetica!

Giulia non si voltò, ma le disse

- Non con te, sto facendo capire ad una persona, probabilmente troppo ottusa, che quello che dico, lo dico seriamente e che deve, quindi, smettere anche solo di sperare che io gli parli.

Solo quando ebbe terminato la frase, si voltò verso Sara e le fece capire che era ora di entrare a scuola.

-*-*-

Passi, passi sommessi attraversano il corridoio, fino a raggiungere la camera da letto, la sua.

- Sei arrivato, finalmente, ma quanto ci hai messo?

- Scusa se ti ho fatto aspettare, ma Sara rompeva, non voleva che me ne andassi prima delle dieci.

Michele si avvicinò cauto a quella figura dal profilo pronunciato.

- Perché non la lasci quell’idiota?

Michele continuava ad avvicinarsi.

- Mi sa che mi lascerà lei.

- Ti vuoi far mettere i piedi in testa dalla tua ragazza, se così si può dire?

Il ragazzo era arrivato alla sedia su cui Mariangela era seduta con le gambe accavallate l’una sull’altra.

- Chiudiamo il discorso, ok? Ora sono qui con te, non ci pensiamo più.

- Va bene, ora baciami.

Michele appoggiò le sue labbra su quelle di Mariangela e poi fu lei a fare il resto.

Michele sentì un brivido percorrergli il corpo, Mariangela sapeva come farlo emozionare.

- Promettimi solo che la lascerai.

- Sei gelosa?

I due erano rimasti immobili, nella stessa posizione di prima, lei fra le braccia di lui e lui seduto sulla sedia girevole della stanza da letto.

- Io non sono mai gelosa, lo dico solo per te.

- Ti sei offesa?

Mariangela si staccò da Michele che la squadrò dalla testa ai piedi.

- Quando fai così sei proprio stronzo!

Michele si alzò dalla sedia e la raggiunse, in piedi nel bel mezzo della stanza.

- E tu li ami gli stronzi?

- Se si sanno far amare....

Michele la baciò di nuovo, con passione.

- Michele....

- Cosa c’è?

Un trillo forte, quello delle suonerie del cellulare, risuonò nella stanza.

Il ragazzo spostò le mani dal corpo della ragazza alla sua tasca ed estrasse il cellulare.

- Pronto?

- Dove sei?

Una voce forte, grintosa proveniva dal piccolo telefonino.

- Cosa vuoi Sara?

- Sapere dove sei! Sono tre ore che ti chiamo a casa e nessuno mi risponde!

- Non avrò sentito il telefono.

- Non mi dire stupidaggini, Michele! Tanto lo so che sei a casa di quella stronza, magari nel suo letto, vero?

Michele si pietrificò, come poteva sapere?

- C’ho preso, vero?

- Cosa vuoi, Sara?

- Michele, voglio solo che tu metta fine alla nostra storia, se non mi ami più come una volta!

- Cosa devo dirti?

- Che non mi ami più, se è così. Che sei a casa di Mariangela e che mi stai tradendo con lei, se è la verità.

Michele sospirò.

- Sono a casa di Mariangela, la sto baciando perché non amo più te, ma lei.

Per tutta risposta Sara gli attaccò il telefono in faccia, dopo avergli detto che era uno stronzo.

-*-*-

Sara scoppiò a piangere a dirotto fra le braccia di Giulia, che non sapeva cosa dirle. Aveva sentito tutta la telefonata ed era rimasta a bocca aperta.

- Piangi.

Sara non aveva bisogno di quell’ordine per farlo, ma Giulia glielo aveva detto per farle capire che le era vicina.

La ragazza dai lunghi capelli biondi pianse fino a che non ebbe più lacrime e, a quel punto, si addormentò.

Giulia la guardò. Come poteva Michele averle fatto un torto simile, come poteva non aver provato niente nel dirlo. Aveva avuto ragione, Sara, nel dirgli che era uno stronzo. Se lo meritava proprio.

La abbracciò. Ora era Sara ad aver bisogno del suo appoggio, e lei non glielo avrebbe negato.

_____________________________________________________

Capitolo bollentino, vero???

Adesso abbiamo tra le mani un ragazzo disperato per la perdita della migliore amica, che ha scoperto di amare, una ragazza superinca verso il ragazzo disperato, un'altra ragazza disperatissima per essersi appena lasciata col ragazzo, che le ha fatto le corna con la p*****a della scuola...ma beeeeeeeeeeeeeeneeeeeeeee!!!!!!!

Dai...ve l'ho promesso che tra poco saremo di nuovo tutti, più o meno, felici e contenti.

Prima di passare ai ringraziamenti, voglio farvi una domanda: qual è il vostro personaggio preferito della storia????

Grazie a tutti quelli che risponderanno e che commenteranno.

Ora, come da copione, i ringraziamenti.

Lady vampire: lo so, lo so, non hai le All Star nere: specifichiamo che Lady vampire, Sara nella storia, non ha le All Star nere, ma ha quelle coi teschi. Ora dimmi che sei contenta...ma lo sai che a volte sei impossibile... *_*

Somoody: grazieeeeeeeee...sei veramente gentile!!!! grazie per tutti i complimenti, spero che la storia continui a piacerti e ad emozionarti. Un bisiu ^x^

Akami: prossimo capitolo è arrivato e in fatto di tristezza ne porta una nuova camionata...mi dispiace tanto per i protagonisti. Ciauuuuuuuuuuu

Grazie anche a Avrilmiki per aver messo la storia tra i preferiti.

Al prossimo cap, che pubblicherò presto, ve lo prometto,

la vostra affezionata

Miss dark

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Mai Più Noi-Capitolo 10

CAPITOLO 10

Daniele era impalato davanti alla vetrina del negozio di videogiochi, il suo preferito. Accanto a lui c’era Federico. Erano rimasti incantati dalla novità del mese: Principe di Persia III.

- Certo che la grafica è una bellezza!

Dei maxi schermi proiettavano alcune immagini del demo del videogioco che per mesi li aveva fatti sognare e che finalmente era uscito, ma costava troppo per le loro tasche, riempite solo dalle misere paghette.

- Direi che è pure più bella di Mariangela!

Daniele si voltò verso l’amico. Quella battuta se la poteva anche evitare, vista la buca di qualche giorno prima.

- Dopo quello che mi ha fatto, direi che è almeno sette volte migliore di lei.

I due non distolsero lo sguardo dallo schermo, ma la loro attenzione fu attirata dalla voce cristallina di una commessa che parlava all’altoparlante.

- A TUTTI COLORO CHE ANCORA NON LO SANNO: SI INFORMA CHE QUESTO POMERIGGIO DALL ORE 15.30 ALLE ORE 18.00 SI SVOLGERA’ IL TORNEO DI GIOCHI PER LA PLAY-STATION. IL VINCITORE SI AGGIUDICHERA’, COME PREMIO, IL VIDEOGIOCO “NOVITA’ DEL MESE”. TUTTI COLORO CHE SI VOGLIONO ISCRIVERE, SONO ATTESI ALLE CASSE, ENTRO LE ORE 15.00.

I due ragazzi si guardarono a vicenda e si fiondarono verso le casse, illuminati dalla stessa, pazza idea.

-*-*-

Giulia si svegliò. Sara dormiva ancora, la sera prima aveva pianto troppo.

Si alzò. Si diresse verso la cucina. Passando davanti alla camera da letto dei genitori, si accertò che fossero tornati a casa dalla festa della sera prima.

- Giulia, cosa ci fai tu qui?

La mamma di Sara, Caterina, era seduta su uno degli sgabelli della cucina, sorseggiando una tazza di caffé amaro, come piaceva a lei.

- Sono venuta ieri sera, a Sara serviva una spalla su cui piangere.

La donna la guardò perplessa, magari ancora un po’ ubriaca per la sbronza della sera prima, e fece cenno di sì con la testa.

Giulia prese il suo bicchiere d’acqua e tornò in camera da letto.

- Che ore sono?

Sara si era svegliata e ora era seduta sul letto a gambe incrociate, come era suo solito fare appena si svegliava.

- Le dieci e mezzo. Ti farà piacere sapere che tua madre e tuo padre sono tornati ieri sera tardi, che tua mamma è ancora mezza ubriaca e che sanno che sono qui.

- Certo.

- Beh...

Giulia squadrò Sara dalla testa ai piedi.

- Anche tu sembri sufficientemente ubriaca!

L’amica non rise, non perché non avesse capito la battuta o perché non l’avesse trovata divertente, perché non aveva la forza di parlare, figuriamoci di ridere.

- Vuoi che ti prepari la colazione?

Giulia era tornata seria, capendo la gravità della situazione in cui era piombata la ragazza che le dava la schiena.

-Veramente non me la sento proprio di mangiare.

- Devi, altrimenti come credi di andare avanti?

- Non me la sento, non mi forzare, per favore.

- Non devi rovinarti la vita per il primo stronzo che capita! È un consiglio saggio, me l’ha detto un’amica e ora io sto molto meglio.

Non era vero. Stava male proprio come stava male prima che lei glielo dicesse, ma poteva servire per tirare un po’ su Sara.

- Senti, ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me, ma ora vattene, non mi servi più, ok? Lasciami in pace!

- Davvero, vuoi che me ne vada?

- Non sono scema, quello che dico lo penso! Vattene via!

- Secondo me hai bisogno ancora di una mano....da un’amica.

Giulia mostrò il più grande sorriso che in quel momento potesse mostrare.

- Te ne stai andando, stronza?

Il sorriso di Giulia si spense, ma lei non mollava.

- Sara, non mi parlare così, io sono tua amica, non te la prendere con me se ce l’hai con Michele.

Sara prese fiato, si stava preparando ad urlare come non aveva mai fatto.

- Vattene via! Io non ho bisogno del tuo aiuto, né ora, né mai! Io non ti voglio più vedere, mai più. È tutta colpa tua. Se io avessi trascorso più tempo con lui, ora non mi avrebbe mollata. Io, invece, ho messo prima te e ora ho perso il più importante dei due!

- Non ti preoccupare, rimediamo subito. Facciamo che li hai persi tutti e due!

Giulia si voltò ed uscì dalla camera sbattendo la porta con forza.

Anche quello era un addio.

-*-*-

- Nome, cognome, data di nascita, indirizzo e telefono. Consegnatelo al banchetto là in fondo e buona fortuna. Avanti il prossimo.

La commessa annoiata aveva sventolato quell’iscrizione per venti minuti, spiegando loro le regole del gioco, ora glielo aveva consegnato insieme ad una penna e aveva chiamato il prossimo cliente della fila.

- Beh, chi dei due partecipa?

Federico era in piedi, davanti a Daniele.

- Tu sei molto migliore di me, avresti maggiori possibilità di vincere.

- Ok.

Il ragazzo iniziò a compilare il foglio.

- Sai..., l’ultima volta che sono venuto da Fnac ci sono venuto con...

- ... Giulia!

Federico non aveva distolto lo sguardo dall’iscrizione, ma aveva intuito quello che l’amico stava per dire.

- Ultimamente non fai che parlare di lei, è successo qualcosa? Intendo oltre quello che ti ha detto la settimana scorsa.

- No, è che mi manca da morire! Io non ce la faccio a stare senza di lei! È troppo importante per me!

Una punta di dolore albergava nella voce di Daniele.

- Pare che per lei non sia la stessa cosa.

Affermò calmo Federico, che nel mentre aveva terminato di compilare.

- Insomma, è lei che ti ha detto “addio”, vero?

- Certo, che sono scemo?

- No, mai pensato!

Il ragazzo voleva cambiare discorso e sapeva su cosa vertere.

- Allora....

I due ragazzi si diressero verso il banchetto che la commessa gli aveva indicato poco prima.

- ... con Mariangela, novità?

- Quella lì...figuriamoci se mi richiamava, sono stato io stupido a credere che lo avrebbe fatto.

- Quindi sia io che te, ora siamo sulla piazza?

- Sì, dove vuoi andare a parare?

- Stasera, io e te, andiamo in discoteca!

- Se vinciamo, e se perdiamo?

- Sempre in discoteca! Dobbiamo o no trovarci un’altra ragazza?

- Dobbiamo…

Daniele guardò l’orologio.

- Spicciati, sono le tre e venticinque.

Federico e Daniele presero posto in una grande sala, al piano inferiore, piena di ragazzi, ma anche di qualche adulto, pronti a sfidarsi in quella gara virtuale.

___________________________________________________

Capitolo 10, fatto!

ce l'ho fatta, sono riuscita a pubblicare....in effetti, avevo qualche timore a pubblicare questo capitolo, il litigio tra due amiche, è una delle cose più brutte che ti possono capitare...ti ritrovi sola a dover affrontare tutto il mondo che, piano piano, ti senti cadere addosso.

nooooooooooooooooooooooooooo, non voglio che sara e giulia litighino...ops...le ho fatte litigare proprio io....ma la tetazione era troppa, farle litigare mi solleticava la mente, e, così, l'ho fatto...

adesso che cosa aspetterà tutti i nostri protagonisti, ma, soprattuto, come reagirà giulia, trovandosi tutta sola? Sprofonderà in una depressione ancora più profonda della precedente, o riuscirà reagire e ad uscire dal tunnel?????????

Se lo volete sapere, non vi resta che leggere il seguito, e pregare nelle vostre piccole camerette, mentre leggete il prossimo capitolo, o quello dopo ancora, o ancora e ancora....come sono sadica.....ahahahahahaahahahahahahahahahahahahahahah

Continuate a scrivermi i vostri personaggi preferiti è molto rilevante per il finale della storia, direi di vitale importanza!!!!!!!

Piccola informazione di servizio: io e lady vampire abbiamo indetto un concorso nel forum.....riguarda il tema: Uchihacest....per chiunque sia interessato, si affretti ad informarsi ed iscriversi, perchè le iscrizioni terminano il 10 marzo.....

RINGRAZIAMENTI

Lady vampire: iniziamo con: IO E TE NON LITIGHEREMO MAI, ASSOLUTAMENTE MAI!!!!!!!

ora che abbiamo chiarito questo piccolo punto, possiamo andare avanti col ringrazamento....sono felice che tu sia felice che tu sei bionda, sono triste che tu sei triste che ti sei lasciata col tipo e sono arrabbiata perchè sei arrabbiata perchè il tuo ragazzo ti ha mollata per la p*****a della scuola.....in sintesi, sono felice che la storia ti prenda come prende me quando scrivo...bacione

Akami: triste anche questo, lo so, ma ti chiedo ancora pochissima pazienza e poi si comincerà a ridere e a essere felici, giuro.....grazie per i complimenti....

Linasyan: grazie, grazie e ancora mille grazie, sei sempre molto gentile con me, grazie.......

Somoody: credo che se conoscessi colui che mi ha ispirato per questa ff, la persona per cui ho pianto intere notti e infini giorni, saresti della stessa idea, perchè è la perona più simpatica che io abbia mai consciuto.....abbiamo fatto pace, è per questo che sono così ottimista.....comunque quando si mette d'impegno, è veramente odioso, non gli perdonerò mai quello che mi ha fatto, sono stata troppo male per lui, ed è per questo che non tornerò più ad amarlo.....basta.....stop, la finisco di annoiarti con la mia vita, comunque tantissimi grazie....

Un bacio a tutti voi, recensitori e lettori,

alla prossima,

la vostra superaffezionata

Miss dark

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Mai Più Noi-Capitolo 11

CAPITOLO 11

Diverse. Così diverse da sembrare uguali; così diverse da sentirsi legate per sempre; così diverse da pensare di avere tutto in comune.

Erano così. Diverse. Lo erano sempre state e lo saranno per sempre.

La prima la classica ragazza mondana che partecipa a tutte le feste, che va in discoteca ogni sabato sera e, se le va, anche la domenica; la solita ragazza che cambia fidanzato ogni volta che muta il tempo.

E l’altra, di umore variabile, alla cui non si può decifrare che cosa le passi in mente; la ragazza perbene che di ragazzo non ne aveva avuto neanche uno, o quasi...

Come potevano essere state amiche per così tanto tempo senza mai rendersi conto della propria diversità?

Perché avevano avuto l’una il bisogno dell’altra per scoprire insieme il mondo da angolazioni diverse. E ora, che si erano rese conto del mare che le divideva e che le aveva sempre divise, era finito tutto.

In pochi istanti tutto era svanito, affogato in quel mare divisorio.

Non come con lui. Adesso lei non aveva potuto scegliere; non aveva avuto in mano la situazione, aveva deciso Sara di dare un taglio netto a quella lunga amicizia, e lei non aveva potuto dire di no.

E adesso a Giulia cosa rimaneva? Non aveva mai avuto l’amicizia con la madre e col padre e la sorellina, Mirta, era ancora troppo piccola per instaurare un rapporto con la sorella.

Ora come avrebbe fatto?

Ora che aveva perso ogni persona che per lei era importante, come sarebbe andata aventi?

Giulia era uscita di casa da circa venti minuti, ma camminava così lenta che per arrivare a scuola gli sarebbero servite due ore e mezzo. Meno male che ci aveva pensato ed era uscita di casa un’ora e mezzo prima.

Ora era sola. Stava cominciando una lunga battaglia da sola contro tutto il mondo.

Pioveva. Anche quella mattina pioveva a dirotto.

Erano ormai due giorni che il cielo inondava il mondo con il suo pianto.

Le All Star di Giulia erano ormai zuppe, ma lei aveva rifiutato di indossare gli stivali al posto delle sue adorate scarpe.

Sorrise. A pensarci bene, era strano il fatto, perché Giulia non sorrideva da ormai tre settimane, a parte il giorno prima...ma quello non era proprio un sorriso.

Scacciò velocemente quel pensiero e si concentrò sul fatto che quella mattina, alla terza ora, precisamente, avrebbe avuto il compito di Fisica e che lei non sapeva assolutamente niente!

Se ci fosse stata Sara, si sarebbero preparate i bigliettini insieme, dividendosi il lavoro, come avevano fatto per tutte le precedenti verifiche, ma pensare di copiarsi tre interi capitoli da sola, era una cosa da pazzi.

Non c’era soluzione, come non c’era soluzione all’enigma della sua vita.

Giulia prese un gran respirò, allungò lo sguardo e notò un piccolo bar che non aveva mai visto.

Entrò, ordinò un cornetto alla marmellata di albicocche e un cappuccino.

Si sedette ad un piccolo tavolo, in un angolo del bar e si mise a leggere il giornale che avevano appoggiato sull’allegra tovaglia a motivi floreali.

- Ecco il tuo cappuccino e la tua brioche.

Un ragazzo alto e dai capelli castani le aveva puntato addosso gli occhi verdi, nel servirle il vassoio della sua colazione.

- Grazie.

Lei si immerse nuovamente nella lettura di un articolo di cronaca mondana che non le interessava realmente, ma che leggeva per vezzo di farlo.

Consumò con molta calma il cappuccino e divorò in men che non si dica la brioche.

Si alzò dal tavolo e andò a pagare il conto alla cassa.

- Quanto le devo?

Il cassiere era sempre il ragazzo che le aveva servito da mangiare e che la guardava con lo stesso sguardo di prima.

- Tre euro e venti.

Giulia aprì la tasca e ne estrasse un simpatico portafoglio azzurro.

- Tre euro e venti, ecco.

Regalò un sorriso al ragazzo e si avviò alla porta d’uscita.

Era il secondo sorriso della sola mattina, si preannunciava un gran giorno.

-*-*-

- Sai che continuo a chiedermi come hai fatto ad essere così imbranato da perdere contro un bambino di undici anni?!?

Daniele era passato a prendere Federico sotto casa.

- Visto, era meglio se invece di giocare io, giocavi tu!

- Però l’idea della discoteca è stata tua, e anche quella non mi è sembrata una grande conquista.

- Per te che non sai afferrare al volo le opportunità.

I due ragazzi camminavano, quasi correvano verso la scuola.

- Io non saprei afferrare al volo le opportunità!

- Esattamente. Vedi me, per esempio. Io ieri sera mi sono divertito un mondo con quelle due bionde, invece te ti sei messo in un angolo e nessuna ti ha filato.

- Appunto! Io non ho avuto nessun’opportunità!

Federico si fermò all’improvviso.

- Ti dico solo una cosa, Dani. Se tu vuoi continuare a piangerti addosso per Giulia, io mi faccio da parte e ti regalo una fornitura non-stop di fazzoletti. Ma devi capire che, colpa tua o colpa sua, è FINITA! Anzi, non è mai iniziata!

Daniele riprese a camminare.

- Va bene. La smetto.

Federico non sembrava molto soddisfatto dell’affermazione dell’amico.

- Che c’è? Non mi credi?

- No...ti conosco, e so che per te non sarà finita veramente finché vedrai davanti a te la possibilità di riconquistarla, ma devi fartene una ragione. Queste sono le mie ultime parole e...chi arriva per primo ha ragione!

Federico si mise a correre velocissimo e Daniele lo seguì a ruota.

Avevano sedici anni e fra qualche mese ne avrebbero compiuti diciassette, ma non potevano dimenticarsi di essere del ragazzini, in fondo!

-*-*-

Sara era ancora seduta sul bordo del letto, a gambe incrociate e con le lacrime agli occhi.

Ancora, nel senso che era sveglia da circa cinque ore, ma che non riusciva a trovare la forza di alzarsi da letto e di andare a scuola.

Prese in mano un paio di jeans e fece per metterseli, ma mentre infilava la prima gamba, uscì da una delle due tasche posteriori un foglietto con su scritto un numero di telefono.

Sara lo prese tra le mani, lo rigirò per qualche minuto e quando riuscì a ricordarsi quando dove avesse ottenuto quel numero, prese il cellulare lo digitò velocemente sulla tastiera.

- Pronto?

- Ciao, forse non ti ricordi di me, ma sono una delle due ragazze a cui hai offerto la cioccolata calda qualche giorno fa.

- Sei Sara, vero?

- Sì, ma come...?

- La tua amica non avrebbe mai richiamato, ma tu sì, e per me è anche meglio!

- Volevo chiederti se tu avevi in programma di andare a scuola questa mattina...

Ci fu una breve pausa, in cui Sara sentì bene il respiro quasi affannato del ragazzo.

- Io non vado a scuola da ormai due settimane.

- Bene, perché io avevo qualche idea in mente...

-*-*-

- Di Mari Cristina.

- Presente.

- Donterre Francesco.

- Presente.

- Farletti Giulia.

- Purtroppo presente.

La prof. distolse per un attimo lo sguardo aquilino dal registro e fissò Giulia, poi riprese a fare l’appello, con la solita calma annoiata.

- Lionesi Paola.

- Assente.

- Mersi Sara

- Assente.

Giulia alzò gli occhi dal libro di geografia.

Dov’era Sara? Che cosa stava facendo in quel momento? Non sapeva perché, ma aveva un brutto presentimento.

_____________________________

Prima di tutto, chiedo umilmente scusa a tutti i lettori per il ritardo, ma avevo un po' perso la voglia di pubblicare...sapete, è un periodo un po' giù della mia noiosa vita...ma, su col morale...

insomma, diciamo pure che questo capitolo non aiuta prorpio a sorridere...all'inizio...ma avete visto: GIULIA HA TROVATO UN'...emh....come dire...UNA SPECIE DI AMMIRATORE!!!!

e che ammiratore, voglio dire un moro con gli occhi verdi dove lo trovi tutti i giorni????

io non lo so...ma mentre scivevo il prossimo capitolo e quello dopo ancora stavo per sbavare parlando di lui...oki...non esageriamo...

un ringraziamento particolare a Lady vampire per aver recensito e a HarryEly: sono felice di averti fatto emozionare, in fondo, è quello il mio scopo, fare emozionare i lettori e, prima di tutto, far emozionare me stessa. per me scrivere è la cosa più bella, dopo la pallavolo, per cui ormai sono partita completamente...ma comunque è lo stesso uno dei piaceri delle mie giornate...graze di aver recensito, spero che anche questo ti piaccia e che ti faccia sorridere un po', come giulia, d'altronde...

un bacio a tutti, recensitori e lettori!!!! commentate numerosi e datemi consigli per il finale, non l'ho ancor scritto completamente, anche se ho già qualche ideuzza ^_^......

Alla prossima

la vostra affezionata

Miss dark

*_*

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Mai Più Noi-Capitolo 12

CAPITOLO 12

- Così hai rotto con la tua amica?

Riccardo stava accarezzando i capelli di Sara e la guardava negli occhi. Era veramente bella! Non aveva mai visto una ragazza così attraente e dolce allo stesso tempo.

- Sì! Si è comportata da stronza e io l’ho scaricata.

A Sara stava scoppiando la testa per quanto aveva pianto quella notte. Grazie ad un bel po’ di ombretto, fondotinta e tanta buona volontà, era riuscita a nascondere le occhiaie e gli occhi gonfissimi.

- Ah...e, se posso chiedere, che cosa ti aveva fatto, di così grave?

Erano seduti. Lei sulle sue gambe e lui su una panchina del parco vicino casa di Sara.

- No, non puoi chiedere.

Il ragazzo capì al volo che non era il caso di insistere e che sarebbe stata una buona idea cambiare discorso.

- Allora, dove vorresti andare?

Sara si sentiva leggermente in imbarazzo. Riccardo era il primo ragazzo con cui usciva dopo la rottura con Michele e con lui sapeva come comportarsi, mentre ora era tutto nuovo, un mondo da scoprire. Inoltre la ferita era ancora fresca ed ogni volta che il ragazzo le toccava i capelli o la mano, sentiva un brivido salirgli la schiena e una fitta al cuore, non proprio trascurabile.

- Non è che non voglia parlartene...

Pnsava che il ragazzo avesse preso male la risposta brutale che gli aveva rivolto prima.

- ...ma io e lei eravamo molto legate, erano più di otto anni che ci conoscevamo, ci eravamo anche promesse di non litigare mai per un ragazzo, ma invece...

- Allora avete rotto per un ragazzo, magari sono io...

Non era certo una delle persone più modeste del mondo, pensava che ogni volta che si parlava di qualcuno, lui centrasse in qualche modo.

- No, per il mio ex ragazzo...

Riccardo sembrava esserci rimasto male, e Sara lo aveva notato.

- Ti ha fregato il fidanzato? Ma allora hai pienamente ragione a dire che è una stronza!

Sara stava perdendo la pazienza. Non ne aveva mai avuta molta. E quello non era uno dei discordi più belli che si potessero fare.

- No! Non lo avrebbe mai fatto, simpatizzava per lui, ma non ci si sarebbe mai messa insieme. Ha appena litigato col suo migliore amico, è distrutta!

- Beh...mi dispiace…, ma se non avete litigato perché si è messa con il tuo ragazzo, perché ora stai tagliando da scuola con me e non con lei?

Sara sorrise a quella domanda, avrebbe anche riso, ma oggi non era dell’umore giusto.

- Oh...Giulia non taglierebbe da scuola neanche se la ricattassero! Lei voleva consolarmi perché il mio ragazzo mi ha mollata l’altro ieri, ma io le avevo chiesto di andarsene. Lei continuava a fare stupide domande e io l’ho mandata a cagare!

- Come mi dispiace...

Riccardo avvicinò il suo viso a quello della ragazza. Le loro labbra si sfiorarono, per la sesta volta in mezz’ora.

- Senti, non è che non mi va che tu mi baci, ma ti ho appena aperto il cuore, raccontandoti una cosa che non ho detto a nessuno e tu mi dai un altro bacio dicendo solo “Come mi dispiace…”!

- Ma che vuoi? Che mi deprima anche io per te?

Sara si alzò in piedi, prese la borsa e s’incamminò per il vialetto.

- Oh...ferma!

Riccardo saltò giù dalla panchina e le afferrò il braccio con una violenza inopportuna.

- Con chi credi di avere a che fare? Pensi di potermi mollare su una panchina solo perché non ti vanno le mie parole?

- Tu mi stai solo prendendo per il culo! Ma io non ci casco! Non mi faccio adescare da te, io me ne frego e me ne vado via!

- “Adescare”?!? Ma che parola è? In ogni caso, tu non te ne vai da nessuna parte!

Il ragazzo strinse ancora di più la morsa delle sue mani.

- Mi fai male! Lasciami in pace!

- Ti faccio male?! E così?

Strinse ancora più forte il braccio che ormai era diventato viola.

- Ti prego lasciami, mi fai male!

- No che non ti lascio. Se “adescare” vuol dire quello che ti sto facendo...allora non avevi ragione!

A Sara iniziarono a scendere acide lacrime per il dolore. Non voleva farsi vedere debole, ma la morsa che le mani forti del ragazzo creavano stringendoiol suo braccio, era talmente violenta che non poteva fare a meno di soffrire.

- Per favore!!! Faccio tutto quello che vuoi, ma lasciami, mi spezzi il braccio!

Un poliziotto che stava facendo la ronda per il giardino si avvicinò.

- Ci sono dei problemi, signorina?

Riccardo mollò subito la presa e si allontanò correndo.

- Ma, lo sai, non finisce qui!

Sara si accasciò a terra tenendosi il braccio in mano, per il dolore che ancora l’affliggeva.

- Sì, agente. Il mio problema se ne sta andando non so dove!

Il poliziotto aiutò la ragazza ad alzarsi da terra.

- Ho capito, le solite liti tra fidanzati. Mi raccomando, dica la suo ragazzo di non stringerle troppo il braccio, è viola!

L’agente di polizia si allontanò.

In quel momento i pensieri di Sara erano molto confusi: il primo era “Ma come ho fatto a provarci con quel ragazzo?”, il secondo “Certo che gli agenti di polizia sono proprio dei rimbambiti; ma ti pare che mentre due fidanzati litigano, quasi si amputano le braccia?”

Si alzò lentamente dalla ghiaia. Sbattè le mani sulla gonna e sulle gambe, per liberarsi dalla terra di cui era completamente ricoperta, e raccolse la borsa, che nel mentre era caduta per terra.

- Ci mancava solo questa!

Rivolse il suo sguardo verso uno dei manici della borsa, che si era rotto per il brusco atterraggio sul suolo.

- Mo’ me la ricompra, quel pezzo d’idiota.

Si allontanò spavalda dal luogo della lite per avviarsi verso casa.

In fondo non le era andata nel peggiore dei modi; se non altro, Riccardo non le aveva fatto troppo male, e ora aveva un’intera mattina davanti per darsi al pazzo shopping!

Sì, aveva deciso che avrebbe sostituito il “ragazzo della sua vita”(che per lei voleva dire quello con cui era stata per più di tre mesi) con tanti bei pantaloni firmati e qualche paio di scarpe con il tacco alto.

D’altronde, ora non aveva più spalle su cui piangere, e l’unica cosa che le veniva in mente per stare meglio era accontentarsi di qualche effimero piacere.

Di tempo per piangere ne aveva molto di fronte.

-*-*-

Michele era sotto il balcone della sua Sara. Aspettava. Aspettava che lei tornasse a casa in modo da potersi scusare.

Era stato proprio un maleducato! Uno stupido maleducato! In fondo lei era la sua ragazza e lui l’aveva tradita per una stupida diciannovenne, bocciata due volte in terza liceo, che si atteggiava a poco di buono.

Sinceramente, non sapeva neanche lui come avesse fatto ad innamorarsene e ad andarci a letto! Al solo pensiero gli veniva male.

Ma ora non doveva più pensarci. Lui era lì per il suo vero amore, per quella ragazza che gli aveva fatto battere il cuore tante volte e che lo emozionava anche in quel momento, nonostante fosse assente.

Sì. La amava. La amava tantissimo e glielo voleva dire.

-*-*-

Daniele la osservava. Non si sarebbe mai stancato di contemplare i suoi bellissimi, sognanti occhi neri. Quei setosi capelli che le si riversano sulle piccole spalle fino a raggiungere quella delicata schiena. E poi il suo sguardo sfiorò quelle parti del corpo femminile che gli uomini non avrebbero mai compreso a fondo e ne rimase ammaliato.

Quelle gambe, quelle lunghe gambe scoperte.

-*-*-

Quel giorno Giulia, si era messa la gonna.

Forse era questo il motivo per cui quel barista così carino la stava guardando, lo stesso per cui Daniele continuava a fissarla.

Sì, se ne era accorta, e giocò fare la maliziosa.

Accavallava le gambe, faceva cadere apposta le cose per poi raccoglierle. Giocava con quel ragazzo che tanto l’aveva fatta soffrire e che ora le faceva tornare i sorriso.

Giocava con lui, ma intanto pensava ancora a quel bel moro che le aveva servito la colazione.

Ha deciso, il giorno dopo sarebbe tornata in quel bar e avrebbe messo di nuovo la gonna.

______________________________________________

*me s'inginocchia di fronte a tutti i lettori imbufaliti che mi vogliono picchiare*

mi vergogno tantissimo!!! è passato quasi un mese da quando ho aggiornato la volta scorsa, e mi rendo conto che sia troppo...sono stata alle prese con due conocorsi e poi ho ricominciato gli allenamenti di pallavolo, e il tempo diminuisce...

ve beh...spero che sappiate perdonarmi e che continuiate lo stesso a leggere e recensire...

allora...vediamo un po', che cosa si può dire su questo capitolo...mah...Sara, tutto sommato, se l'è cavata bene, ma chissà come andrà a finire con Riccardo, avrete capito tutti che le sue intenzioni non erano limitate al semplice bacio sulla panchina...per Michele, a me, personalmente, non fa per niente pena...non si può tradire la propria ragazza e poi tornare da lei e chiederle scusa...ehm...io conosco una ragazza che si è rimessa col suo ex solo perchè le ha regalato un paio di scarpe...ma sorvoliamo e passiamo ai ringraziamenti...

HarryEly: diciamo che qualche cazzata l'ha fatta, la nostra Sara, ma che comunque l'ha scampata...per ora...mi scuso tantissimo per il ritardo, ma il tempo a mia dispsizione è calato a picco e non ho potuto aggiornare prima...allora...hai qualche suggerimento/preferenza per gli atti finali??? spero che tu continui a leggere e che la mia storia continui a piacerti...baci8

Neverwinter: ecco il nuovo capitolo, anche se in imbarazzante ritardo, ma è arrivato...allora, sei più sollevata??? non prometto che i prossimi capitoloi siano tutti rose e fiori, ma arriveranno, mi riprometto, un po' prima che questo...grazie mille per aver commentato, mi fanno sempre molto piacere le recensioni e spero che tu continui ad appassionarti alla storia...bacione

Grazie, come sempre, anche a tutte le persone che hanno letto e che conitunueranno a farlo...

Alla prossima,

la vostra affezionata

Miss dark

*_*

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Mai Più Noi-Capitolo 13

CAPITOLO 13


È così bello chiudere gli occhi e sognare...sognare, appunto, non fare gli incubi.
Finalmente anche Giulia riusciva a sognare.
Erano le sei e mezzo del mattino, Giulia era sveglia, ancora sdraiata sotto le coperte calde del letto che la proteggevano in maniera stupenda dal gelo dell’inverno, ormai cominciato.
Aveva le gambe accovacciate, le mani sotto la testa e gli occhi a fissare il soffitto.
Quella bianca distesa d’intonaco, illuminata solo dalla fioca luce del sole, che a stento riusciva a superare le nuvole, le rilassava gli occhi e la faceva continuare a sognare.
Sorrideva. Era un buon segno, voleva dire che quella mattina sarebbe stata una bella mattina perché se s’inizia la giornata con un sorriso, non può che andarti bene...in effetti non l’aveva mai pensato, ma quel mattino era veramente speciale, e voleva pensare positivo.
Pensava. Pensava ancora a quel ragazzo dalla bellezza rara che le aveva servito la colazione e che gliel’avrebbe servita anche quel giorno.
Sbattè un po’ le palpebre, accecata dal quel bianco acceso, ma aprì in fretta gli occhi. Quella giornata si preannunciava troppo importante perché lei stesse nel letto a poltrire.
Si sedette sul bordo dello spazioso materasso e si stropicciò gli occhi.
Osservava la punta dei suoi piedi, ancora nudi, e rideva. Rideva perché era felice. Non c’era un vero e proprio motivo, voleva ridere e rideva.
Poggiò la pianta del soggetto delle sue risate sul pavimento gelato, ma non saltò in aria e non si rituffò sotto le coperte. No, camminò svelta verso l’armadio dei suoi vestiti e scelse accuratamente cosa mettersi.
Tirò fuori un paio di gonne, tre o quattro magliette colorate e due felpe.
Le lanciò tutte sul letto e le osservò accuratamente, come se ognuna di loro le dovesse comunicare un segreto importantissimo.
Aveva scelto. Avrebbe messo la gonna nera con la maglietta azzurra e la felpa blu.
Si vestì lentamente, con la testa tra le nuvole, sbagliando più volte nell’allacciarsi le fedeli All Star.
Saltò su dal letto e s’incamminò verso la porta d’ingresso.
Era fuori, sul marciapiede della strada, con un bel sorriso stampato sulla faccia. Si mise a correre. Aveva una fame tremenda e doveva fare assolutamente colazione, proprio in quel bar, per osservare quel determinato ragazzo e giocare con il suo sguardo, come il giorno prima aveva fatto con quello di Daniele.
Aveva il fiato corto e le gambe le bruciavano, ma era arrivata al bar scoperto il giorno prima.
Si mise a posto i capelli, la gonna, il colletto della maglietta e cercò qualcos’altro da aggiustarsi; ogni scusa sarebbe stata buona per rimandare il suo ingresso. Ora il bruciore era dimenticato, ma le gambe le tremavano e temeva di cadere.
Spinse la porta-vetro, facendo suonare uno di quegli odiosi campanelli che si appendono sulle porte, ed entrò.
- Buongiorno...
- Salve!
Una signora di una certa età le rivolse un luminoso sorriso e, con un gesto della mano, la invitò a sedere.
Giulia camminò svelta verso il tavolo più vicino al bancone e si sedette su una sedia impagliata. Abbassò lo sguardo per guardarsi le mani, che non smettono di tremare per la paura di non rivedere quel bellissimo ragazzo.
- Cosa desideri da mangiare?
Una voce cordiale e affettuosa, come quella di un amico, molto diversa da quella della vecchietta dietro al bancone. E poi calda, come quella di un uomo sicuro di sé.
Giulia alzò gli occhi e incontrò quelli di lui.
Stop.
Il suo cuore non battè più. Avrebbe potuto svenire, ammaliata da quello sguardo che sapeva di mare e di mistero.
Balbettò qualcosa di incomprensibile e di molto confuso.
- Scusa, non ho capito...
E ci credo che non hai capito, non aveva detto niente di senso compiuto!
Giulia cercò di respirare, nel vano tentativo di far riprendere al cuore un battito regolare.
- Un cappuccino e una brioche alla marmellata, per favore...
Ecco, ce l’aveva fatta. Aveva sussurrato, ma era riuscita ad ordinare la colazione.
- Potresti ripetere un po’ più forte, c’è un po’ di rumore e non ti ho sentita.
Aveva sentito benissimo...ma desiderava farla arrossire...era così carina quando le sue guance si coloravano di vita!
E infatti Giulia arrossì. Stava facendo la figura della deficiente proprio davanti al ragazzo che le piaceva...cavolo!
- Un cappuccino e un brioche alla marmellata...
Scandì le parole, una per una, in modo da non dover ripetere una terza volta.
- ...per favore.
Il ragazzo sorrise soddisfatto e la guardò.
- Io sono Lorenzo.
- Giulia.
Lui continuava a guardarla. Com’era bella! Come faceva una sola ragazza ad essere così inimmaginabilmente bella? Corpo perfetto, occhi dolci e profondi, bocca morbida e rossa accesa e capelli lunghi e setosi.
- Lo sai che sei la ragazza più bella che abbia mai visto?
Ecco...questo è un altro cafone! Ma come faccio a trovarli tutti io?”
- Non ti hanno insegnato l’educazione, a casa tua?
- Certo, mi hanno insegnato che se apprezzo qualcosa, devo dirlo.
Giulia arrossì di nuovo, ma non si lasciò intimidire.
- Perché mi pigli per il culo?
Lorenzo guardò il suo viso che continuava a tingersi di tutte le tonalità del rosa, fino a sfiorare il rosso.
- Ecco! Ora che stai arrossendo, sei ancora più bella.
- Piantala!
- Come vuoi...ma se reagisci così ai complimenti, non voglio vederti quando ti offendo...
- Allo stesso modo!
Il ragazzo sorrise con le labbra e col cuore.
Certo che anche lui era proprio bello!
- Se io ti avessi detto che sei la ragazza più stupida che io abbia mai incontrato, tu avresti reagito allo stesso modo?
Giulia scostò un po’ la sedia e si alzò.
Gli era davanti, a pochi centimetri da lui, premuta contro il suo corpo, visibilmente eccitato.
Alzò una mano. Lo guardò negli occhi e...gli tirò uno schiaffo dritto in faccia.
- Ecco come ti avrei risposto.
Lorenzo si sfiorò la guancia rossa e si voltò. Tornò dietro il bancone e iniziò a preparare la colazione.
Quella è la ragazza che stavo aspettando per avere una relazione seria...dolce, tenera, ma aggressiva se ha bisogno di difendersi.”
Quel ragazzo è proprio uno di quei tipi stronzi che poi ti fregano mostrandoti il loro cuore d’oro. Ma io non ci casco. Non mi metterò mai con lui.”
Lorenzo prese un vassoio, ma prima di portare la colazione al tavolo, afferrò un foglio e una penna e scrisse velocemente dieci cifre.
- Ecco la sua colazione, madame...
Giulia sorrise, quel ragazzo era anche simpatico.
- Merci beaucoup, garçon.
Lei gli aveva tirato uno schiaffo e lui continuava a scherzare.
Lorenzo si allontanò dal tavolino per lasciarle consumare in pace la sua colazione. La osservò dal retro del bancone, con uno straccio in mano, fingendo di pulirlo, ma non poteva fare a meno di rivolgere il suo sguardo verso Giulia. Posò il panno in un angolo del lavandino, e si tolse il grembiule.
Preso un grosso respiro, si avvicinò al tavolo dove, la ragazza, aveva terminato di mangiare avida il suo croissant.
- Posso...
Il ragazzo indicò la sedia di fronte a Giulia. Il bar era ormai vuoto, e poteva prendersi una pausa.
- Veramente dovrei entrare a scuola fra cinque minuti...
- Sarà per la prossima volta...
Giulia si alzò, ma notò un bigliettino posato sul vassoio.
- ...facciamo per oggi pomeriggio alle tre...
La ragazza, leggermente emozionata aprì il bigliettino.
- ...dammi poi conferma se per te va bene...possiamo incontrarci qua davanti per quell’ora....
- Ok.
- Ok cosa?
- Ok, ti darò conferma. Ok, in linea di massima ci sarò.
Lorenzo abbassò lo sguardo.
- Bene!
Si lasciò sfuggire una parola oltre il suo tono normale di voce, tradendo la sua sicurezza.
- Bene...ciao, ora vado.
Giulia raccolse la cartella e si diresse verso la scuola.
Lorenzo la guardò, rapito dal movimento ondulato del suo corpo, e non poté che rimanere meravigliato alla vista di quella bellezza.

________________________________________________

Ebbene sì, sembra un miracolo, ma giuro che è vero, ho aggiornato...
mi sento tanto uno schifo ad aggiornare così sporadicamente, ma, credetemi, non ho avuto molto tempo per farlo.
poi mi sono accorta, qualche giorno fa, quando volevo postare, che avevo sbagliato tutti i tempi verbali...mi faceva pienamente schifo come era venuto il capitolo e allora ho dovuto controllare tutto, e non è stato facile...
non so se mi sia venuto bene...
voi mi potete perdonare...? please...prometto che il prossimo capitolo lo aggiorno la prossima settimana...domenica prossima o sabato prossimo, potrete entrare su EFP e vi accorgerete che Miss dark ha postato...ve lo giuro, mano sul cuore!
Allora, che ne dite del capitolo? Giulia, finalmente, ha ripreso possesso della sua vita e sta reagendo...come andrà col suo Lorenzo??? ù_ù io non vi dico assolutamente niente!!!!
ora voglio ringraziare la mia unica recensitrice HarryEly: grazie mille per continuare a leggere questa storia e anche a commentare!!! meno male che ci sei tu, altrimenti sai che depressione ad aggiornare e non veder nessuna recensione! io ci sto male, sul serio...comunque, non mi dire che anche stanotte hai pensato a me e alla storia, altrimenti ti ingaggio come indovina!!! che ne dici del capitolo? non ti intriga Lorenzo? a me sì!!! ho descritto il mio ragazzo ideale...°ç°
Grazie anche a tutte le persone che continuano a leggere la storia e anche a tutti quelli che l'hanno messa tra preferiti...che ne dite di lasciare un commentino...anche piccolo, così mi potete dare una mano per andar avanti, visto che non ho ancora le idee molto chiare su come farla finire...dai...
Bene...
Alla prossima (Sabato o domenica, giuro!)
la vostra affezionata
Miss dark
*_*

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Mai Più Noi-Capitolo 14
CAPITOLO 14

Giulia era appena uscita dal bar. Percepiva appena le gambe, molli, la gola era secca e lo stomaco in subbuglio.
- Non pensavo che la cotta fosse così grave...
Sussurrò a se stessa, perché ormai non aveva più nessuno con cui sfogarsi e a cui chiedere consigli.
- Chissà come se la sta passando quella svampita di Sara...
Le venne quasi da sorridere. D’altronde era felice, perché non lo fece? Non sapeva, non riusciva a sollevare le labbra e a comporre quella strana smorfia che desiderava assumere. C’era qualcosa che la fermava.
- Chissà se oggi verrà a scuola...
Non le veniva proprio più da ridere. Sara il giorno prima non era andata a scuola, lei si era preoccupata e ora la sua domanda principale era “Come starà?”
S’incamminò verso la scuola, riappropriandosi dell’uso delle gambe.
Diede uno sguardo all’orologio che teneva al polso e, quando si accorse di essere in ritardo, si mise a correre, infischiandosene dei complimenti per nulla velati delle persone che osservavano la gonna svolazzare sotto l’effetto del vento.
Arrivò. Percorse il più veloce possibile le scale esterne ed interne che la dividevano dalla sua classe, ma si fermò davanti alla porta dell’aula. Aveva il fiato corto, la gonna mezza sollevata e i capelli ridotti ad un cespuglio informe.
Era la seconda volta in una sola mattinata che si aggiustava l’aspetto.
Tirò un lungo respiro ed entrò in classe, conscia delle parole che la professoressa le avrebbe rivolto entro meno di un secondo.
- Farletti...siamo di nuovo in ritardo...
Abbassò lo sguardo e maledì sé stessa per essersi fermata a pensare a quell’ingrata di Sara, che in quel momento era chissà dove, con chissà quale ragazzo.
- ...è la terza volta, questo mese...
Si diresse a passi svelti, ma cauti, verso il suo banco e aspettò la strigliata della professoressa, furente di rabbia, ma, allo stesso tempo, soddisfatta di poter sgridare quell’allieva che non aveva mai sopportato.
- Giulia...
Giulia?” non l’aveva mai chiamata con il suo nome, lei, al suo cospetto, era sempre stata “Signorina Farletti”, quando andava bene, e “Deficiente”, durante le sgridate.
- Sì professoressa...
- Potresti venire un attimo fuori dalla classe, ti dovrei parlare.
- Certo...
L’espressione di Giulia era molto perplessa. Era arrivata solo con dieci minuti di ritardo, a meno che non si trattasse di qualcos’altro, non avrebbe dovuto esserci motivo per cui la professoressa la richiamasse fuori dalla classe, lontano dai suoi compagni.
A questo punto, in situazioni normali, Giulia avrebbe cercato lo sguardo di Sara, bisognosa di conforto, e avrebbe incontrato solo gli occhi sbalorditi di una ragazza divertita dalla faccenda; ma quella non era una situazione normale. Non c’erano più persone pronte ad accogliere il suo sguardo che necessitava comprensione.
Lei e la professoressa erano fuori dalla classe, una davanti all’altra.
La prima era pronta ad uno scontro mortale, di cui sapeva già il vincitore, e l’altra era calma, dopo aver assunto la normale aria severa ed austera.
Gli occhi facevano quasi raggelare il sangue nelle vene e il portamento, avrebbe messo timore anche ad uno dei più coraggiosi guerrieri.
No, magari detto così, sembra veramente uno scontro mortale, ma agli occhi di Giulia, quella situazione era così strana, che la sua fantasia volò tra mille diverse possibilità.
- Giulia...lo so che questo è un periodo difficile per te...
Un periodo difficile? Ma da dove lo tira fuori il periodo difficile?! Chi è lei per poter sapere della mia vita?”
- ...però volevo lo stesso chiederti un favore.
Adesso la faccenda si stava facendo sufficientemente grave da doversi preoccupare sul serio.
- Un favore?
- Sì, una cosa semplice, ma che
ci sarebbe molto d’aiuto.
Giulia deglutì sonoramente e temette che anche la professoressa l’avesse sentita, ma andò avanti nel suo confuso colloquio.
- Certo...
- Come ti ho già detto, è una cosa abbastanza semplice. Si tratta della signorina Mersi. Sono già due giorni che non si fa vedere a scuola, ma io mi sono astenuta dal chiamare sua madre, non essendo la prima occasione. Però questa volta non è come tutte le altre volte...
La professoressa Ghincetti sospese il discorso per prendere fiato o per farlo prendere alla sua interlocutrice. La ragazza aveva gli occhi spalancati e i nervi a fior di pelle. Aveva pensato che si trattasse di qualcosa di poca importanza, ma se si andava a parlare di Sara, la cosa non era mai di poca importanza.
- Cosa è successo?
Quell’attesa si stava facendo snervante. Perché non continuava il discorso? Sta prof di merda...era sicuramente tutto uno scherzo di pessimo gusto per fargliela pagare. Pagare cosa, poi? Giulia non aveva mai fatto niente di personale alla professoressa, era sempre stata attenta alle sue lezioni, non aveva mai sgarrato dalle regole, eppure ce l’aveva con lei.
- Questa volta, la vostra amica, oltre a non presentarsi alle lezioni, non è neanche tornata a casa, per due notti consecutive.
Il sangue gelò nelle vene di Giulia.
- Sara è in pericolo?!
Ora era la Ghincetti ad essere in imbarazzo.
- No, questo credo di poterlo escludere, ma non posso essere certa allo stesso modo di dove ella si trovi,
E perché lo viene a chiedere a me? Che c’entro io in tutta questa storia?
- Ma se sta bene, allora probabilmente tornerà presto...
- Anche su questo particolare io non andrei troppo sul sicuro. Se non sappiamo dov’è, non possiamo neanche sapere fra quanto potrebbe tornare...
- Scusi la domanda, ma io che cosa dovrei fare per tutto questo?
La professoressa sembrò indignarsi a quelle parole.
- Signorina Farletti, io non voglio fare accuse di nessun tipo, ma desidero essere spiccia con lei, perché so che siete una ragazza molto intelligente...
- Senta professoressa, non vorrei metterle fretta, ma io non capisco niente...
- Giulia, perché non vuoi ammettere di star nascondendo la tua amica!
La ragazza rimase immobile di fronte a quell’affermazione. Non sapeva che cosa fare. Avrebbe voluto ridere, ma in quel caso non si sarebbe comportata molto educatamente; in opposizione voleva anche piangere, perché era venuta a conoscenza della scomparsa di una persona a lei molto cara.
- Mmh...se ho capito bene, lei mi sta chiedendo di dirle dove si trova Sara in questo momento, in modo che lo possa riferire alla madre che si fionderebbe subito e la trascinerebbe a casa vietandole di uscire per tutta la sua vita e mandandola dallo psicologo?
- Beh, magari detta così sembra una cosa orribile, ma devi capire che la sua famiglia è preoccupata, anche molto, per la sua incolumità...
- Se c’è una cosa che le posso garantire, professoressa, è che io e Sara siamo state amiche per molto tempo. Detto questo posso metterla al corrente dei fatti più recentemente accaduti.
La Ghincetti tirò un lungo sospiro e ascoltò quello che Giulia stava per comunicarle.
- Io e Sara abbiamo litigato.
L’aveva detto, ce l’aveva fatta. Era riuscita a pronunciare quella frase tanto amara che non voleva ammettere neanche a se stessa.
- Quindi tu non sai dove lei possa essere?
- No. Credo che potrebbe essere in molti posti, ma non andrò certo a cercarla!
L’espressione della professoressa passò dal meravigliato all’indignato.
- Lei sta scherzando, vero?!
- Assolutamente no!
- Forse lei non ha capito la gravità della situazione...
- Forse è invece lei a non aver afferrato il concetto di quello che le ho detto!
- ...veramente...
- Non mi interrompa, mi lasci finire il mio discorso!
La professoressa la squadrò dall’alto in basso e sembrò diventare sempre più piccola, per poi sprofondare negli abissi della vergogna.
- ...
- Io e Sara abbiamo litigato. Io e la mia migliore amica abbiamo litigato perché quello stupido del suo ragazzo l’ha tradita!
- ...
- Le ha fatto le corna, s’è fatto un’altra, l’ha mandata a cagare...
- Ho afferrato il concetto!
- Ne sono molto compiaciuta. Adesso che ha capito l’antitesi, potrà anche capire il perché vero e proprio della nostra scissione. Sara mi ha fatto esplicitamente capire che lei non ne voleva più sapere niente di me. Ha anche aggiunto che non avrebbe mai più avuto bisogno del mio aiuto.
Riprese fiato. Stava trattenendo a stento le urla. Le lacrime tentavano di farsi spazio negli occhi per uscire e sgorgare fuori.
- Ha detto che io per lei non valevo niente.
- Signorina Farletti, io mi meraviglio del suo comportamento!
Giulia stava veramente urlando, ora. Urlava come una forsennata per i corridoi del liceo, tanto da far uscire i professori delle altre aule.
- Ecco perché io non aiuterò nessuno di quei bambocci della polizia nella sue ricerche! Perché, tanto, Sara non ha bisogno di Giulia e Giulia non vuole rompersi il culo per aiutare una ragazza che se ne fotte altamente degli altri e che pensa sempre e solo a se stessa!
Si voltò. Rientra in casse e si sedette al banco. Tutti i suoi compagni la guardarono in silenzio, attendendo il ritorno della professoressa. Ognuno si stava facendo molte idee sul conto di Giulia e le ragazze più pettegole avevano già iniziato a dilagare per la scuola la notizia delle corna che erano spuntate sulla testa della loro “amica” Sara. Che maledetta invenzione i cellulari!
- Signorina Farletti, sono costretta a chiederle di seguirmi dal preside!
La ragazza alzò lo sguardo.
Sara era davanti al suo viso. Le rideva in faccia.
- Giuli, ci sei cascata! Non ci posso credere, come hai potuto pensare che io e te potessimo litigare!
Un sorriso disegnato sulle labbra che illuminava un viso rigato da lacrime. Allora era tutta finzione...meno male, non ne poteva più di tutte quelle sensazioni che avevano iniziato a montarle dentro.
- Le sembra pure il caso di ridere! Lei è solamente una maleducata.
Tornò alla realtà. Sara non c’era. Non le sorrideva e non l’aveva rimproverata per essere cascata in un suo ennesimo scherzo.
Si alzò dalla sedia e s’incamminò mesta verso la porta della classe.
Meno male che doveva essere una giornata molto positiva...
-*-*-
- Tre birre e due piatti di pasta al pesto per il tavolo là in fondo...Lorenzo, ci sei o dormi in piedi stamattina?
La cuoca del bar richiamò l’attenzione del giovane, intento a vagare nei meandri della sua mente.
- Cosa...?
La vecchietta sbuffò e lanciò i bicchieri e le birre lungo il bancone, rovesciando parte del contenuto.
- Ma che ti è preso? “Chi se ne frega se butto tutto per aria, tanto c’è Lorenzo che pulisce e fa i miei comodi”...ma chi sono io?! Il cameriere o uno sguattero?
- Fa meno casino e servi le ordinazioni! È il primo giorno di ressa da tre settimane, cerca di non farci perdere clienti per le tue lamentele da bambino!
Sempre stata simpatica la proprietaria...”
Lorenzo prese le stoviglie riverse sul bancone e cercò di rendere il loro aspetto un pochino più presentabile.
- Ti sbrighi o ti dobbiamo fornire di un motorino per fare cinque metri di bar?
Adesso le urlo in faccia e me ne vado, tanto qui mi rompo solo e la paga fa pure sufficientemente schifo...”
- Sarebbe un miracolo!
- Piccolo ingrato che non sei altro, adesso vedi che i miracoli te li faccio vedere...
Driiiiiiiiiin...driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin
Salvato dal telefono, il ragazzo si fiondò a servire il fatidico tavolo “in fondo”.
- Ecco le loro ordinazioni, signori.
- Thanks you boy…and…we need a piece of information...how do we get to go to the Mole Antonelliana?
Ci mancavano solo gli inglesi a complicarmi la giornata...”
Lorenzo si allontanò un attimo e poi tornò al tavolo con una piccola cartina della città.
- Mole Antonelliana is here...
I turisti, senza neanche bisogno delle specificazioni del ragazzo, s’impossessarono della cartina e iniziarono a consultarsi nella loro lingua.
Che persone simpatiche...”
Si allontanò.
- Io vado a fumarmi una sigaretta, sostituiscimi un attimo tu, Nicola...
Un sorriso dell’amico ed uscì da un’entrata posteriore.
Chissà se oggi verrà veramente Giulia...però...niente male come ragazza...simpatica, dolce, decisa e neanche troppo appariscente. Una ragazza su misura per me!”

-*-*-

- Sono desolato nel ricevere notizie di questo genere, soprattutto se riguardano una ragazza che, in precedenza, non aveva dimostrato alcuna maleducazione simile a quella che mi è stata descritta oggi.
Ma perché non mi tappo mai la bocca?”
Giulia era in piedi di fronte al preside della scuola, seduto su una comoda poltrona dietro un’antica scrivania di acero. La professoressa Ghincetti era seduta di fronte alla figura impeccabile del direttore, su una sedia imbottita.
- Professoressa Ghincetti, io volevo rivolgerle le mie scuse, non so che cosa mi sia preso prima, ma io non volevo certo offenderla con le mie parole...diciamo che mi sono lasciata trasportare dalle emozioni e mi sono espressa con vocaboli non consoni alla situazione...spero che...
- La pianti con tutte queste moine...so perfettamente che a lei non gliene frega proprio niente che io mi sia sentita o meno offesa dalle parole, senz’altro maleducate che lei mi ha rivolto.
Il preside incrociò le mani e osservò prima la professoressa poi me e, di nuovo la professoressa.
Quello sguardo altalenante tra le due figure non era, certamente, amichevole, ma, almeno, non assomigliava a quello della professoressa, che, invece, sembrava desiderasse a tutti i costi bruciare viva la ragazza.
- Mah...a me sembravano scuse abbastanza convincenti...ma...
- Grazie signor preside, posso giurare che non utilizzerò più simili parole nell’ambito scolastico!
- ...MA...non gliela farò certo passare liscia! Lei non si doveva permettere di rivolgersi in quel modo ad una professoressa.
Ovvio, soprattutto se la professoressa in questione è la sua amante segreta, giusto signor preside?”,
Le parole stavano per sfuggire al controllo della mente di Giulia, ma riuscì a controllarsi, sapendo di non dover peggiorare la situazione.
- Se posso fare una proposta, signor preside, direi che una giusta punizione potrebbe essere farle seguire un corso supplementare alla mia lezione tutti i martedì, compreso oggi stesso.
- Mmh...corso supplementare di matematica...ma sì, potrebbe andare bene...per due mesi, signorina Farletti, lei parteciperà ai suddetti corsi, senza fare alcuna assenza. In questo caso, la punizione aumenterebbe a tre mesi, e così via con l’incremento delle sue assenze...potrebbe andare bene, professoressa?
Sul volto della professoressa si dipinse un sorriso malefico.

___________________________________________________

Eh? Neanche voi ci credete? Beh, ve l'avevo promesso e mi sono attenuta al mio giuramento, ed ecco il 14 capitolo....
Piace? Io non so se mi è venuto bene...mentre lo scrivevo non mi convincevo molto del contenuto, ma mi sembrava importante per la storia, vedrete poi in seguito, però, fatto sta, che non mi sembra venuto un granchè....voi che ne dite?
Stronza la prof, verò? E il preside?
Mah...leggerò il vostro parere, poi, dai commenti
Voglio, prima di tutto, ringraziare tutti coloro che hanno inserito la fiction tra i preferiti:
avrilmiky, B r o k e n, birri, blinkina, Cry90, Elly692, francy94, HarryEly, key, kia93, kikikaulitz, linasyan, maecla, Mikiko, miss_miky, Neverwinter, Somoody, swetthings. Un abbraccio fortissimo a tutti voi, grazie mille, non avrei mai sperato che la fic piacesse a così tante persone. Ancora tantissimi grazie! ^^
Grazie anche a coloro che hanno recensito, perchè hanno permesso alla fic di raggiungere quota 50 recensioni (per me è veramente un record!!!!! grazie!!!! ç_ç *commossa*):
Miss_miky: sono molto contenta che la storia continui a piacerti...com'è questo capitolo? ti ha appassionato? spero di sì...grazie delle recensioni che mi lasci tutti capitoli, mi fanno veramente molto piacere^^
HarryEly: ed eccoti accontentata! hai visto la nostra povera Giulia? poveretta, veramente! stronzissima la prof, ma anche lei...va beh...sta veramente male!!!!! Per il fatto che lei abbia dimenticato Daniele...le cose non sono sempre come appaiono (dico solo questo, se no sfocio nello spoiler)...lo so, Lorenzo è proprio stupendo!!!! mentre scrivevo di lui, mi stava venendo da abbracciare il pc!!! °ç° Comunque, per il posto da indovina, puoi ancora candidarti ^^ baci8
Kikikaulitz: mi dispiace veramente molto che tu ti sia preoccupata, non era mia intenzione mettervi in ansia, ma, davvero, non avevo tempo per postare...comunque, ti posso fare una promessa: non smetterò mai di scrivere questa storia, finchè non l'avrò finita!!!! X3
_NovemberThree_: sono molto felice e lusingata dal fatto che tu sia riuscita a leggere la storia tutta in una giornata!!! grazie mille dei complimenti!!!! ^//////^ Comunque, non posso fare nessun'assicurazione sui rapporti dei personaggi, neanche io so come farò finire la storia (anche se una mezza idea ce l'ho già ù_ù). piaciuto questo capitolo? spero proprio di sì! Bacio
Neverwinter: altrochè se ti credo!!!! anche io non sono stata su EFP per un po' (un vero flagello) quindi capisco come ti senti...comunque non ti preoccupare, l'importante è che la storia ti piaccia, prima o poi lo troverai il tempo per leggerla, non c'è fretta!!! ^^ eh, già, il triangolo è bello e formato!!!!! e che triangolo!!!! Per Riccardo e Sara, non il prossimo, ma il capitolo dopo, un'intera parte sarà dedicata a loro e al nostro quasi-dimenticato Michele!!!! bacioni grandissimi
Un ringraziamento speciale anche a tutti coloro che hanno letto la storia!!!!
Non so quando riuscirò a postare il prossimo capitolo, perchè la settimana prossima ho il fine settimana tutto impegnato da partite e compiti...se riesco (io ci proverò, veramente), aggiornerò o il venerdì prima o il martedì della settimana dopo...siggg...mi dispiace...
Alla prossima
la vostra affezionatissima
Miss dark
*_*

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Mai Più Noi-Capitolo 15

CAPITOLO 15


GIULIA:
Scusa, oggi mi hanno incatenato a scuola,
non posso esserci, mi dispiace...
Facciamo domani?

- Come ho potuto essere tanto stupido da illudermi che quella ragazzina, facesse sul serio con me...
Nicola si appoggiò allo stipite della porta metallica che dava su un cortile interno e osservò stranito l’amico.
- Hai detto qualcosa?
- No, non a te
Anche Nicola uscì all’aria aperta.
- Scusa, non ti avevo chiesto di coprire anche il mio posto...
Calmo, l’amico si portò una sigaretta alla bocca e porse la mano a Lorenzo, a chiedergli l’accendino. L’altro glielo passò, e quando si fu acceso la sigaretta si sedette su un mucchio di scatoloni contenenti surgelati.
- Barbara ha detto che posso fumarmene una anche io, giusto perché mi vede nervoso, ma che devo spicciarmi.
Alitata una lunga colonna di fumo grigio e puzzolente, da impestare l’aria, rivolse uno sguardo al ragazzo che, in piedi vicino a lui, digitava veloce sulla tastiera del telefonino.
- A chi scrivi? Alla “ragazzina”?
- Se te ne dovesse fregare qualcosa ti risponderei...
Un altro soffio di fumo fuoriuscì dalla bocca di Nicola.
- Nervoso?
- Incazzato, ti basta?
- Se mi dici perché, potrebbe.
Lorenzo infilò il cellulare in tasca, e si sedette vicino all’amico.
- Una tipa, saremmo dovuti uscire insieme, oggi pomeriggio, ma lei mi ha scaricato due minuti fa.
- Capisco, ma, vedi, caro amico, si da il caso che io sia un professionista in queste cose, potrei darti una mano...se vuoi...
Il moro alzò gli occhi al cielo e poi prese a parlare lentamente, scandendo le parole.
- L’ultima volta che mi hai aiutato, la mia ragazza mi ha mollato e, se non ricordo male, la volta prima, mi era andata ancora peggio! Vuoi veramente aiutarmi?
Aveva fatto scendere lentamente lo sguardo e ora non fissava più le nuvole, ma il rosso che gli stava a fianco. Lo squadrava con un’espressione canzonatoria, ma allo stesso tempo seria e confusa.
- Sì, ti prometto che non farò casini, giuro...
Lorenzo fece roteare gli occhi e poi prese il cellulare dai panatloni e ne osservò il display, in attesa di una risposta.
- Era una domanda retorica, Nicola...non ti farei più intromettere nei i miei affari, neanche se fossi l’unica persona sulla Terra in grado di aiutarmi...
- Cazzo Lore...non hai un minimo di fiducia in me!
- Senti, io la fiducia te l’ho data più di una volta, in diverse occasioni, ma il risultato è sempre stato più che disastroso...
La porta grigia si aprì cigolando.
- Vi ci vogliono dieci anni per fumare una sigaretta? Il bar è pieno, e voi ve ne state a cazzeggiare fuori?
Senza neanche attendere una risposta, Barbara, sbattuta la porta, rientrò nel locale, gremito di gente.
- ...lasciami provare da solo, questa volta.

-*-*-
Giulia...in che casino ti sei cacciata, stavolta?”
Appena Daniele di pose questa domanda, la porta verde della classe si aprì e una ragazza furiosa e rossa in viso, fece la sua entrata nella classe.
- Giu...
Le parole gli morirono in gola. Quel nome perì sulle sue labbra, secco come il vento del deserto.
Non poteva parlarle.
Il silenzio forzato a cui era sottomesso, non glielo permetteva; le regole a cui doveva sottostare, erano poche, semplici, ma troppo dolorose.
Doveva imparare a stare zitto, non gli era concesso parlarle, anche se lui avrebbe voluto immensamente farlo.
Ormai era un’ossessione per lui. Non poteva più sopportare quella situazione a cui era stato costretto ad attenersi.
Non riusciva più a rilassarsi. Ogni momento di silenzio, gli causava dolore.
Perché silenzio voleva dire pensare e pensare significava Giulia. Soffrire. Non avrebbe voluto, ma doveva.
D’altronde era colpa sua. Lui l’aveva allontanata, per sempre. Non l’avrebbe potuta mai più abbracciare o consolare.
Aveva recitato gli ultimi atti della sua commedia, ora la sua parte era finita. Doveva prendersi i fischi o gli applausi e scendere dal palco. La sua scena era terminata, toccava a qualcun altro prendere parte allo spettacolo, al posto suo.
E’ solo un bene!!!”
Ripetitelo, ripetilo fino a che la tua mente non si stancherà, finché la tua lingua non sarà arsa dal sale che corona questa parola. Finché il tuo palato non sarà disgustato dal sangue che scende lento da ogni sua lettera.
Ripetilo fino a quando il dolore non ti avrà consumato fino all’osso.
Allora comincerai a pronunciare altre parole. Altrettanto dolorose, perché ti sarai reso conto della realtà. Ma saranno altre.
Starai reagendo.

-*-*-
Intanto Giulia aveva preso posto al suo banco.
Aveva tirato fuori il cellulare dalla tasca della felpa e adesso stava scrivendo a grandi lettere le parole che avrebbero composto un messaggio di rifiuto.
Non poteva andare all’appuntamento. Doveva rassegnarsi e assistere alla superba lezione della professoressa Ghincetti.
Finì di digitare il messaggio e dopo averlo inviato, aprì un libro a caso e iniziò a scarabocchiare la prima pagina.
La matita scorreva veloce sul foglio, disegnando i contorni sfocati di un volto.
Assomigliava terribilmente al viso di Lorenzo.
Liceo artistico...carriera mancata...”
Mentre si perdeva nei pensieri di quella che avrebbe potuto essere una giornata perfetta, una giornata per ricominciare a vivere da capo, qualcosa vibrò nella tasca.
Velocemente poggiò la penna sul foglio inchiostrato ed estrasse il cellulare, più lentamente, per non attirare l’attenzione della professoressa, ma, soprattutto, delle compagne curiose, che avevano notato un certo cambiamento nel comportamento di Giulia, e che non attendevano altro che pettegolezzi sulla sua vita.
Delle vipere. Ecco cos’erano. Vipere, come quelle che si attaccano alle mammelle delle mucche e non si staccano più, finché c’è latte da succhiare. Odiosi serpenti che fanno soffrire, senza pietà verso le loro prede.
Sul display del cellulare, illuminato da una tenue luce blu, lampeggiava l’immagine di una bustina gialla. UN NUOVO MESSAGGIO RICEVUTO.

LORENZO:
Ok, ma non è che mi nascondi qualcosa...
Sai com’è...
Potrebbe essere una scusa per non vederci,
perché magari, non so,
non ti interesso...

Le sfuggì una risatina innocente.
Nessuno la notò, tranne, ovviamente, chi non aveva mai smesso di osservarla.
Daniele. Continuava a fissare ogni sua azione. Lei se n’era accorta, certo, e le dava anche un certo fastidio.
Incrociò il suo sguardo e lo incenerì. Non pronunciò una parola, ma quegli occhi neri bastarono a comunicare al suo interlocutore segreto, che doveva smetterla.
Il ragazzo distolse lo sguardo, come se non avesse l’avesse mai guardata e Giulia prese a scrivere una risposta veloce.

GIULIA:
Sarebbe meglio che tu non mi facessi ridere...
Sono a scuola e non vorrei mai beccarmi un’altra punizione.
Comunque cosa credi,
che io dia appuntamento al primo ragazzo
che mi capita?
Stupido...
Domani, alle 3.30 davanti al tuo bar...
Ciau! ^^

-*-*-
Lorenzo sentì la suoneria del cellulare squillare sul bancone.
Prese in fretta i soldi del conto di una coppia anziana di signori e si congedò velocemente.
Lesse il messaggio e sorrise. Poi rispose velocemente, per non essere notato.

LORENZO:
Punizione...?
Pensavo che fossero cose antiche le punizioni...
Che hai combinato?
Comunque ok, per domani...

Barbara gli urlò qualche ordine, ma lui non la sentì. La sua mente era annebbiata dai pensieri della possibile risposta di quella ragazza che, dopo tanto tempo, riusciva a farlo sorridere di gusto.
- Lorenzo, ma ci sei oggi?
Il ragazzo scosse la testa, per riprendersi dalla trance in cui quei pensieri lo avevano trasportato.
- Veramente mi sento un po’...non sto molto bene...
La donna scosse violentemente la testa, ad indicare la seccatura che gli stava procurando.
- Senti...mi stai stancando! Ogni giorno che passa diventi più strano e non mi serve un ragazzo che non ascolta neanche quello che gli dico...sai...forse sarebbe meglio che ti prendessi una pausa dal lavoro...una piccola vacanza...
Lorenzo spalancò gli occhi e osservò le rughe di compiacimento che si stava dipingendo ai lati del viso dell’anziana.
- Certo, e io sono nato ieri, vero Barbara?!
Lei scoppiò in una fragorosa risata.
- Bene, mi conosci abbastanza per capire il mio senso dell’umorismo, quindi ti concedo il pomeriggio...tanto qui mi sei solo d’impiccio...chissà che c’avrai oggi nella testa...
Lorenzo afferrò al volo l’affermazione della donna e si tolse velocemente il grembiule.
- Grazie, ma non sperare che domani lo recuperi...sai, ho un appuntamento...
Senza neanche aspettare una risposta, si mise a correre verso la porta d’uscita.
Che ragazzo strano...fino a qualche giorno fa, vederlo sorridere era un evento da segnare sul calendario, oggi, invece, non faceva altro che scoppiare in risate contagiose...”

GIULIA:
Te lo spiegherò domani...
Ciau!!!!

______________________________________________________

Io avevo promesso d'impegnarmi per postare, però non ho avuto il tempo, così ho aspettato il fine settimana e oggi sono, finalmente, riuscita ad aggiornare.
Se avessi voluto dare un titolo a questo capitolo, l'avrei intitolato "SMS".
so che può sembrare strano come modo di darsi appuntamenti, o, almeno, a me sembra così. per me le cose si dovrebbero dire in faccia, ma questo capitolo mi è servito come "introduzione" al prossimo che sarà veramente lungo e in cui i messaggi saranno parte integrante della storia.
D'altronde, io sto cercando di raccontarvi quello che è successo a me, magari con qualche anneddoto in più, ma i messaggi c'entrano, eccome.
Allora, che ne pensate?
Vi ho deluso o vi piacciono le complicazioni?
Beh, era intuibile che l'appuntamento slittasse, ma non vi potete immaginare che cosa capiterà nel prossimo...
Qualcuno si era chiesto che fine avesse fatto Daniele...eccolo ritornato. Se devo essere sincera, la parte che lo riguarda è quella che mi piace di più in assoluto del capitolo.
Aspetto i vostri commenti ed, intanto, ringrazio coloro che ne hanno fatti per lo scorso capitolo:
kikikaulitz: ciauuuu....purtroppo all'appuntamenot, Giulia, non è potuta andare, ma ha rimandato, al giorno dopo. per la relazione tra il preside e la prof, mi hai fatto venire qualche ideuzza, ma non prometto niente...comunque hai ragione, riguardo alla prof, è stata proprio una stronza! Baci8

_NovemberThree_: sei stata l'unica a tenere in considerazione anche Sara...è scappata, e nel prossimo capitolo si capirà un po' meglio quello che ha fatto, ma non sperare in bene, te lo dio già...e purtroppo Lorenzo non lo può vedere...situazione di merda, vero? Ciau, bacione grandissimo.

_Ka: sono rimasta un po' colpita dalla tua recensione, perchè questa storia non mi è mai sembrata macabra...mi piacerebbe conoscere il tuo punto di vista...se ti va, lasciami un'altra recensione, per chiarire...ciau

Grazie anche a coloro che hanno letto la storia e che continueranno a farlo. Grazie, in particolare, a Veronica91, per aver inserito la fic tra i preferiti.
Allora...prossimo aggiornamento, probabilmente, venerdì...dipende se ho tempo per finire il prossimo capitolo, ma credo di sì, sono quasi alla fine...
Alla prossima,
la vostra affezionata,
Miss dark
*_*

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Mai Più Noi-Capitolo 16
CAPITOLO 16

- Sara, dove sei?
Nel buio della stanza riecheggiò il suono di quella domanda.
- Qui.
Il corpo della persona a cui apparteneva la prima voce, seguì il suono della seconda e, pochi secondi dopo, si trovò a stretto contatto con la ragazza.
I suoi capelli, biondi, riflettevano quei pochi raggi di sole che le inferiate della finestra lasciavano penetrare nella stanza.
- Eccoti...
Prese a baciarle il collo, piano, con relativa dolcezza.
Poi quei teneri baci si trasformarono in foga e desiderio.
- Scusa, ma non mi va...non ora...non qui...
- Qual è il problema?
Sara si oppose alla forte presa che le cingeva i fianchi. Tentò di liberarsi, dimenandosi, nella ricerca di staccarsi da quel corpo troppo voglioso, per i suoi gusti.
- Non lo so, ma non mi pare il caso...
Il ragazzo non le mollava le braccia, premendola contro di sé.
- Ho capito...vuoi giocare un po’...
Sara si sentì mancare. Non voleva andarci a letto. Perché il loro rapporto doveva spingersi molto oltre il bacio? Si conoscevano da appena due giorni. Lei non provava niente nei confronti di quel ragazzo.
Non voleva che la sua prima volta fosse in quel modo.
Non in quella stanza d’albergo.
Non dopo una giornata passata a bere in uno sporco bar nella periferia della città.
Non voleva, non doveva essere così.
- No, per favore, voglio tornare a casa, almeno stanotte.
Già, la notte prima era stata terribile.
Un misto tra alcol e canne.
Si.
Era terribilmente depressa.
Odiava la sua vita.
Le persone che la circondavano.
L’intero mondo.
Voleva evadere da esso, scappare lontano.
Morire.
E, allora, che problemi c’erano a lasciarsi violentare da quel ragazzo?
Non vi erano motivi per cui lei lo respingesse.
Cosa voleva dalla vita? Niente, e, in ogni caso, niente avrebbe ricevuto,
- Anche stanotte in bianco?! No!
L’avvicinò a sé, con ulteriore veemenza.
Iniziarono a scendere caute ed inesorabili lacrime di delusione.
- Sì.
Ormai non aveva più niente per cui combattere.
Non un amico.
Non un amore.
Non una famiglia che le volesse bene.
Anche i suoi sogni erano svaniti, lentamente.
Così come le sue ambizioni.
No, non avrebbe opposto resistenza. L’avrebbe assecondato.
- Brava...
E mentre lui si faceva spazio tra i suoi vestiti, lei sentì il una terribile fitta al petto.
Poi, per il resto della notte, più niente. Come se non avesse più un cuore e dei sentimenti.
Non avrebbe mai più ripensato a quella notte.
Ne avrebbe vissute altre, una dopo l’altra, senza ricordarsi di amare sé stessa.

Michele era seduto su una comoda poltrona, nel salotto dell’appartamento di Sara.
I genitori non erano in casa.
Probabilmente non erano nemmeno al commissariato.
Di sicuro, si erano presi una vacanza per dimenticare la “dolorosa” scomparsa della loro primogenita.
Teneva stretta, tra le dita della mano, un fotografia.
Non ritraeva né lui, né lei.
Era una stella cometa.

-Stanotte, sarà la notte più bella di tutta l’estate, Michele, sai!
Il ragazzo strinse Sara al petto.
- Che cosa accadrà?
- Ma come?! Non ti ricordi? Stanotte è la notte di San Lorenzo!
Lui la guardò stranito e sospirò.
Lei gli diede un bacio. Dolce e tenero.
- Stanotte- iniziò a spiegare la ragazza - E’ la notte delle stelle cadenti, e io ne voglio vedere e fotografare una!

Una lacrima prese la sua discesa lungo il viso contratto del ragazzo.
Erano passati solo pochi mesi da quel giorno, ma lui aveva rovinato tutto il loro rapporto e, ora, lei era chissà dove con chissà chi.
Ricordava ancora molto nitidamente quello che avevano fatto.

- Ci sei quasi, Michele?
Il ragazzo caricò l’ultima valigia sulla macchina.
- Ecco, questa era l’ultima.
- Bravo!
Gli diede un bacio sulla guancia e lo abbracciò.
- Stanotte, saremo solo io e te sulla spiaggia...
Gli scoccò un altro bacio, sulla bocca, e fece per sedersi sul sedile posteriore. Ma lui la prese per un braccio e la trascinò a sé.
- Solo noi due...
Ora fu lui a baciarla, e stavolta non gli importava se c’erano i suoi genitori a guardarli. L’amava e voleva dimostrarglielo.
Stavano insieme da appena tre settimane e ogni momento era perfetto per consacrare il loro rapporto.
- Michele...vuoi salire in macchina?! Tuo padre sta per perdere la pazienza.
La voce pacata ma, allo stesso tempo, angosciosa della madre del ragazzo, fece sciogliere quell’affettuoso abbraccio.
- Eccoci, mamma!
Sottolineo con insofferenza l’ultima parola.
Salirono svelti sulla macchina, uno affianco all’altro, stretti in un abbraccio più cauto.
Il viaggio iniziò.
Sarebbero andati, anche quell’anno, a Porto Fino, ma, quella volta, c’era una novità: Sara.
Quello sarebbe stato il primo anno in cui le vacanze estive gli sarebbero parse una liberazione e non una tortura.
Solitamente le passava con i vecchietti sulla spiaggia. Non aveva mai avuto amici in quella località vacanziera.
- A cosa pensi?
La voce dolce e premurosa di Sara interruppe i suoi pensieri.
- A quanto sono fortunato ad averti vicino a me.
Il viso della ragazza si era illuminato di una luce nuova. Le si poteva leggere negli occhi l’amore che provava verso di lui.
- Grazie, amore!
Si accoccolò ancora più stretta al suo petto.

Era ormai sera, stavano per arrivare.
- La nostra stella cometa si avvicina!
Quelle parole fecero sobbalzare leggermente Michele.
- Pensavo dormissi...
- Infatti dormivo.
Il ragazzo la guardò, apprensivo e sereno.
- Allora ben svegliata!
Le diede un leggero bacio sulla fronte.
Lei si sdraiò sulle sue gambe scoperte. Portava un paio di pantaloncini corti e rossi. Glieli aveva regalati Sara quella stessa mattina, appena lui era passato a prenderla nel suo appartamento.
- Mi stavo chiedendo una cosa, Michele...
Lui sospirò. Quando Sara aveva qualche idea, le cose non finivano mai bene.
- Dimmi.
- Pensavo che si poteva invitare anche Giulia...
- Perché?
La voce del ragazzo era incrinata da un leggero fastidio. La biondina l’aveva notato subito e gli aveva tirato un piccolo schiaffo sul petto.
- Perché è mia amica e mi dispiace un sacco pensarla da sola a Torino...sai che depressione che le verrà!
- Ma non ha Daniele?
- Lo so...ma mi sembra che anche lui parta per le vacanze...credo andrà a Malta...
Iniziò a spiegare la ragazza, mezz’assonnata, ma Michele la interruppe.
- E non può andare con lei?
- ...con la sua ragazza.
Terminò Sara.
- Ah...pensavo stessero insieme. Da come me ne parli sempre, mi erano parsi una coppia...
Sara alzò gli occhioni azzurri verso il viso rilassato, ma incuriosito del ragazzo.
- E’ una storia veramente complicata...non te la sto a spiegare, altrimenti ci perdi la testa. Però, la possiamo invitare, per piacere...
- Non so, mia madre ha già fatto storie perché io ho insistito per farti venire, non credo accetterebbe di buon grado un’altra ospite...
La ragazza lo guardò immusonita e poi si rivolse alla madre.
- Signora, le dispiacerebbe se invitassimo un’altra ragazza? Sa, sono tre anni che non fa vacanze e che sta sempre chiusa nel suo appartamento a Torino, credo le farebbe un immenso piacere venire...
La donna ruotò gli occhi e poi rivolse uno sguardo interrogativo al marito.
- Renzo?
L’uomo assunse un’aria spaesata, come se si fosse appena svegliato dopo un lunghissimo letargo.
- Cosa, cara?
- Renzo! Perché non mi ascolti mai?!
- Scusa, ma ero soprappensiero...
In quel momento intervenne Sara.
- Signore...siete stati molto gentili ad accettare la mia visita e vi ringrazio immensamente, ma mi era parsa un’idea molto carina invitare un’altra ragazza che è tre anni che non fa vacanze estive. Pensavo potremmo ospitarla nel nostro stesso albergo...ovviamente, io e lei, pagheremo la nostra parte e non daremo eccessivo fastidio...
L’uomo, gli occhi fissi sull’autostrada che scorreva veloce e scura sotto le ruote roventi della macchina, sospirò e poi assunse un’aria bonaria.
- Marta, credo sia proprio una buona idea, sai...
In quel momento Sara si estraniò dalla conversazione e diede un buffetto al ragazzo, che le sedeva accanto.
- Vedi, gli sembra una buona idea!
Michele sbuffò, infastidito dalla possibile presenza di Giulia. Osservò la fidanzata sorridere, per convincerlo.
- Dai...le telefono domani. Stasera la passiamo solo io e te...e anche le altre...
Il moro, accettò controvoglia. Non era incline al litigio e voleva che quella vacanza fosse bella e serena, per tutti.
- Va bene...telefonale domani mattina, però...non credo che in albergo accetterebbero se ci presentassimo in cinque anziché in quattro, come da prenotazione...
Marta sorrise leggermente, nel pronunciare la frase.
- Grazie, siete veramente due persone adorabili!
- Niente, cara...speriamo solo che nostro figlio si diverta quest’anno...
Poi i due genitori ripreso a osservare la strada e ad ascoltare l’autoradio.
- Grazie anche a te, amore...
Stavolta Sara sussurrò la frase.
Michele era ancora poco convinto ma ricambiò quel sorriso raggiante con l’espressione più rilassata che potesse assumere.
- Niente.
Sara si sollevò dalle gambe del ragazzo e avvicinò le labbra alle sue.
- Non vorremmo mai che ti annoiassi...
Sussurrò sulle sua bocca. Poi lo baciò. Delicata, ma maliziosa.

Michele si alzò dalla poltrona e si avvicinò al comodino da dove aveva prelevato la fotografia.
La riappoggiò, con cautela e premurosità.
Sapeva che quella era la foto preferita di Sara.
Sapeva che quella era l’estate che lui non avrebbe mai dimenticato.
E sperava che, anche per la sua ex fidanzata fosse la stessa cosa.
Ma ora lei non c’era e lui era solo, in quel grande appartamento vuoto.
Mosse incerto grandi passi verso la camera di Sara.
Spinse, leggero, la porta e davanti a lui si parò una scena raccapricciante.


DANIELE:
Giulia...lo so, non mi vuoi sentire.
Accetto il tuo desiderio, ma sto veramente male.
Fammi almeno sapere se mi hai perdonato.
Ti prego, Giulia...
Ho capito quanto tu sia importante per me.
Ti amo!

Quasi non le cadde il cellulare dalle mani.
Stava infilandosi il pigiama, pronta a dormire per dodici ore filate, poi era suonato il cellulare e il display segnalava l’arrivo di un nuovo messaggio.
Quando ebbe letto il messaggio per circa dieci volte, si accasciò a terra, in un angolo della stanza.
Il pavimento gelido era a contatto con la pelle nuda delle cosce, ma lei non percepiva alcun freddo.
Le tremavano le mani, le gambe.
Sentiva che non sarebbe riuscita a spiccicare una sola parola.
Boccheggiava nella vana ricerca di parlare a sé stessa, per dirsi di calmarsi.
Ti amo”.
C’era scritto proprio “Ti amo”.
Iniziò a piangere.
Singhiozzava freneticamente, come una bambina di cinque anni, ma non gliene importava.
Quelle lacrime non scendevano dagli occhi, salivano dal cuore.
Da quella remota parte del suo cuore che, con tanta cura, era stata arginata e che, da pochi giorni, sopiva in uno stato di impasse.
Non aveva più provocato dolore, ma ora palpitava e feriva le pareti della cassa toracica come un martello impazzito.
Non poteva fermarlo.
Ti amo”.
Le aveva scritto “Ti amo”.
Non riusciva a schiarirsi la mente. Perciò soffriva.
Non era in grado di ragionare.
Aveva perso l’istinto, qualunque ne avesse mai avuto.
Era in uno stato di transito tra il meravigliato, il dispiaciuto, l’arrabbiato e l’innamorato.
Piangeva, per sfogare quelle emozioni, così strane, tutte insieme.
Passarono alcuni minuti, anzi, probabilmente anche una mezz’ora, ma a Giulia parvero ore veramente lunghe.
Riprese il cellulare in mano, dopo essersi passata una mano sulle lacrime secche che rigavano il viso contratto e agitato.
- Cosa devo dirgli?
Riuscì a sussurrare quelle tre parole e le parve una conquista.
Sentendo la propria voce, si calmò un po’ ed ebbe il coraggio di digitare il messaggio che aveva in mente dall’inizio di quella crisi, da quando aveva letto il messaggio.

GIULIA:
Sono io, Daniele che devo implorarti il perdono.
Tu sei stato scusato, in qualche strana maniera, dal mio subconscio.
Fra noi, sono riuscita a creare una barriera, per non soffrire.
È alta.
Non posso scavalcarla.
Per me, ormai non sei più niente.
Soffro molto nello scriverti queste parole, ma è così.
Scusa, Daniele.

Inviò il messaggio senza neanche rileggerlo, poi spense il cellulare e lo poggiò sul comodino vicino alla finestra.
- Scusa Daniele...
Era vero.
Tutto ciò che aveva scritto era la pura ed inconfutabile verità.
Aveva sofferto tantissimo, durante quelle settimane senza di lui. Talmente tanto, da non essersi resa conto che la sua mente aveva allontanato, poco a poco, il ricordo di quell’amore.
Probabilmente, non era neanche così importante come lei aveva creduto, quando l’aveva provato.
- Scusami tanto...
Si concentrò sui pantaloni del pigiama a righe che doveva indossare.
Tentò di allontanare ogni altro pensiero.
Pregava che quella breve discussione non avesse fatto scattare un meccanismo di perverso dolore.
Si sedette sul bordo del letto.
Osservò, mesta, il cellulare. Era abbandonato accanto alle chiavi di casa e al portafoglio.
Cos’avrebbe risposto Daniele? Avrebbe risposto? Cosa stava provando, in quel momento?
Sollevò il lenzuolo e le coperte e si coricò nel letto comodo.
Chiuse gli occhi, nel tentativo di addormentarsi, ma era tardi. Troppo tardi.
Ormai, la sua mente aveva cominciato a macchinare.
Cominciarono a scorrerle davanti agli occhi, le immagini di tutto il suo rapporto con Daniele.
Quella notte non sognò.
Ebbe una specie di incubo.
Ricordò ogni singolo momento della sua vita passata con quella persona così speciale che, una volta chiamava “migliore amico” e che ora, per lei, non rappresentava più nulla.
Il peggiore fra tutti gli episodi che riaffiorarono alla sua memoria fu quello dell’estate precedente.

- Ciao Giulia, come va?
Sara le aveva telefonato alle dieci di mattina dell’11 agosto, per un motivo che, allora, le era sconosciuto.
- Bene...tu?
- Mah...prova ad indovinare...sono in vacanza col mio ragazzo...potrebbe andare meglio?
Nelle pause inseriva o qualche sospiro o qualche risata, come in tutte le sue telefonate.
- Capito, magnificamente bene...perchè mi hai chiamato?
Sara si schiarì la voce, appesantita dal sonno di una notte passata a contemplare il cielo, tra le braccia sicure di un ragazzo che l’amava immensamente.
- Pensavo che potevi raggiungere me e Michele a Porto Fino...ti va?
Giulia apparve confusa, ma anche imbarazzata.
- Sarebbe bellissimo, ma io sono a Malta...
- ...con Daniele?!
- Sì...si è mollato con la ragazza, non so ancora perché, e ha invitato me...
- Ah...
- Non sei felice per me?
- Beh...
- Io sono felicissima...siamo arrivati tre giorni fa e mi sono già divertita un sacco...qui, Daniele, non conosce nessuno, così passa tutta la giornata con me...non hai idea di quanto stia bene tra le sue braccia...
- Tra le sue braccia?
- Sì...
- Vi siete messi insieme?
- Ti pare?! Non sa neanche quanto mi piace, figurati se mi viene a chiedere di metterci insieme.
- E allora?
- E’ che, proprio perché non sa quanto mi piace, mi abbraccia per dimostrarmi quanto sia importante per lui...
- Eh?!
- ...come amica...
- Ah...mi dispiace...
- Perché?! Io mi diverto tantissimo, sto veramente bene con lui...
- Ma non ti senti a disagio?
- No...ah...stasera mi porta in centro! Saremo soli, senza i suoi genitori e saremo fuori dal villaggio vacanze...
- Capito...mi raccomando, non fare cose di cui potresti pentirti e divertiti! Ora devo andare, si è svegliato anche Michele e voglio dargli un benvenuto coi fiocchi...
- Ok...vai dal tuo bel principe!
- Ma che principe! Si è addormentato prima che vedessimo la stella cadente, così ho espresso il desiderio da sola...devo fargli una strigliata di quelle...
- Ok...vai dal tuo bell’addormentato! Ciau.
- Ciao, ci sentiamo domani, voglio tutti i particolari, mi raccomando...Ehi, dove credi di andare, tu?
A quel punto Giulia riagganciò e si preparò per andare in spiaggia.
Mise il costume, ma, quando stava per uscire, qualcuno bussò alla sua porta.
- Sto uscendo...aspetta un attimo...
Prese le chiavi della stanza e andò ad aprire la porta.
- Daniele?!
- Scusa se ti ho spaventata, ma dovrei parlarti...possiamo rientrare un attimo?
- Sì...che c’è?
Daniele si chiuse la porta alle spalle e si sedette su una poltrona affianco al letto.
Aveva proprio una brutta cera. Sembrava che non avesse dormito per tutta la notte. E pareva anche molto triste.
- Ha telefonato Giorgia.
Giorgia era la ragazza che l’aveva mollato, prima delle vacanze.
Giulia attese che Daniele terminasse di spiegare, ma lui non lo fece e si prese il viso tra le mani.
- E allora? Cos’ha detto?
- Niente di particolare, ma non sono riuscito a dormire...
- Scusa, ma che ti ha detto per ridurti in questo stato?
Giulia aveva preso il mento di Daniele con una mano ed ora il loro visi erano troppo vicini.
Daniele fissò Giulia negli occhi, per un istante interminabile.
- Giulia...
- Si...?
Lui si avvicinò ancora di più al viso della mora.
- Daniele...che fai?
Chiese Giulia, lottando contro il suo istinto che le diceva di tenere la bocca chiusa e di lasciarlo fare.
Poteva sentire il respiro del ragazzo sulle sue labbra.
Lui non l’ascoltò e la baciò.
Era dolce.
Era cauto.
Era magico.
E lei stava terribilmente bene.
Gli cinse il collo con le braccia e lui la strinse a sé come non aveva mai fatto prima.
Le loro labbra si univano e si staccavano ritmicamente e i loro respiri si erano fusi in un unico fiato che alimentava quel primo bacio.
Giulia aveva perso la concezione di tutto ciò che le accadeva intorno.
Era troppo felice e meravigliata per essere anche vigile, allo stesso tempo.
Poi tutto terminò.
Lui si staccò dal corpo della ragazza, sciogliendo quel piacevole abbraccio, e si allontanò dalla poltrona.
- Scusa Giugiù, ma non posso amarti.

Poi Giulia si svegliò, turbata dal ricordo di quei momenti, riaffiorati alla memoria dopo tanto tempo che erano stati allontanati da essa.
Si era sentita amata e desiderata e, un instante dopo, respinta e amareggiata.
Era stata un’esperienza terribile da un lato e bellissima dall’altro.
L’estate, però, era stata lo stesso magnifica.
Avevano deciso di mettere una pietra sopra quello che era accaduto e si erano divertiti allo stesso modo.
Almeno così le era parso.
A ripensarci, ora, tutto era cambiato.
Lui non l’aveva più abbracciata e aveva cercato di evitare di stare da solo con lei.
Da quel giorno, anche quando erano tornati a scuola, uno strano meccanismo aveva fatto scattare, in Giulia, l’idea che la trasformazione del suo rapporto con Daniele fosse possibile e che, un giorno, avrebbe potuto baciarlo di nuovo, senza essere respinta.
Non era più riuscita ad essere semplicemente sua amica e ad accontentarsi di quel sentimento. Lei voleva di più e, anche se sapeva che non lo avrebbe avuto mai, sperava lo stesso di poterlo ricevere.
Non era a conoscenza di quello che lui provasse, realmente, per lei.
Aveva sofferto moltissimo, trascinata dalla corrente del dubbio.
Poi era esplosa e, la parte peggiore dell’inferno, le si era parata davanti.
Ora aveva perso definitivamente tutto e, a quanto pareva, non aveva mai smesso di soffrire.
Stanca di ricordare, si alzò pesantemente dal letto.
Il suo unico desiderio era andare a scuola, fingere che niente fosse successo e, tornata a casa, immergersi nei compiti, per non far riaffiorare ulteriori immagini.
Mentre si dirigeva verso il bagno, per lavarsi la faccia e vestirsi, le balenò in mente il ricordo di ciò che avrebbe dovuto fare quel pomeriggio.
- Cazzo, Lorenzo!
Cambiò del tutto traiettoria e, invece di aprire la porta della propria stanza, si fiondò alla finestra, per afferrare il cellulare e scrivere un messaggio al ragazzo a cui aveva promesso un appuntamento.
Non aveva alcuna voglia di restare da sola con lui.
Non dopo una notte tormentata come quella.
Un’altra volta Daniele le aveva rovinato i piani.
- Che stronzo!
Imprecò a fior di labbra.
Ricordò, all’istante, che se avesse acceso il cellulare avrebbe trovato l’eventuale risposta di Daniele.
Non voleva venire a conoscenza di una realtà tanto dolorosa.
Ma doveva avvertire Lorenzo del cambiamento di programma.
Sbuffando, Giulia accese il cellulare.
Chiuse gli occhi, in attesa dello squillo della suoneria che l’avrebbe avvertita di un nuovo messaggio.
Contò, mentalmente, i secondi e, dopo che ne furono passati ventisette, il telefono le vibrò in mano e la suoneria le riempì le orecchie.
A stento, riaprì gli occhi.
Erano arrivati due sms.
Daniele. Daniele.
- Non si è perso d’animo, perlomeno.
Aprì il primo in ordine di arrivo.

DANIELE:
Se la scavalcassimo insieme?
So che leggerai questo messaggio solo di mattina.
Ti conosco troppo bene.
Per questo so di amarti
e so che anche tu mi ami, ancora.
Ti prego, Giulia,
dammi una possibilità!

- Non posso, Dani! Non posso, lo vuoi capire!
Urlò a sé stessa.
- Perché non vuoi capire? Perché sei così dannatamente testardo?!
Prese un pupazzo appoggiato, inerte, sul letto e lo scaraventò contro l’armadio dei vestiti.
Esso ricadde, immobile, sul pavimento, con un espressione allegra sul viso da tigre.
- Tu perché ridi, stupido tigrotto?!
Lo prese e lo buttò sotto al letto, per non vedere più i suoi occhi di pezza, rivolgerle uno sguardo divertito.
Si sedette, nervosa e triste, sul pavimento, con la schiena appoggiata alla testiera di legno.
Si riappropriò del cellulare, dimenticato sul comodino, e aprì l’altro messaggio.

DANIELE:
Scusa.
Non dovrei essere così insistente,
ma tu mi hai cambiato.
Da quando ti conosco,
so di aver mutato comportamento.
È merito tuo se, adesso, sono un po’ migliore.
Grazie di tutto quello che tu hai fatto per me.
So che non te la sentirai di rispondere.
Ti amerò in silenzio, d’ora in poi.

- Stupido!
Esclamò, mentre il suo sguardo si velava di lacrime.

______________________________________________________________

Chiedo con tutta l'umiltà possibile scusa a tutti coloro che leggono questa fic.
Non è stato corretto il mio comportamento, visto che avevo promesso di postare con regolarità, e per questo mi dispiace molto.
posso solo dire che di mezzo ci sono stati l'esame di terza media, due concorsi e tanti problemi in famiglia e con gli amici.
Cosa ne dite del capitolo?
E' in assoluto il più lungo della storia, ma secondo me è molto bello.
Anche perchè si capisce qualcoa di più sul passato dei protagonisti e si comprendono alcuni loro gesti del presente.
Che ne dite di lasciare qualche recensione???
Così posso sapere cosa ne pensate della fic...
Lo so, tutti dicono questo, ma anche io ve lo voglio chiedere.
Perchè mi servirebbe per crescere e migliorare.
Ringazio di cuore:
_NovemberThree_: mi dispiace non aver aggiornato tanto presto...però che ne dici di questo capitolo??? Secondo me, qui, la parte migliore è quella di Giulia. Daniele si comporta proprio da stronzo, ma ti asssicuro che a me è successo...un bacio!

Kikikaulitz: non posso promettere niente, perchè io sono la prima a non sapere come finirà. Nel prossimo capitolo o in quello dopo ci sarà una parte dedicata solo a Lorenzo...per scoprire n po' di più sul suo conto. Anche a me dispiace per Daniele, come mi dispiaceva nella realtà per il mio migliore amico...comunque grazie mille per la recensione!! Un abbraccio!

Grazie mille anche a chi ha letto la storia e continuerà a leggerla e ancora grazie a coloro che mantengono la storia tra i preferiti.
Alla prossima, e sarà presto
la vostra affezionata
Miss dark
*_*


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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Mai Più Noi - Capitolo 17

CAPITOLO 17

 

- Che cazzo ci fai, tu, qui?!

Sbraitò Sara.

Michele era sdraiato sul letto della ragazza.

Aveva dormito lì, a casa sua, dopo aver ripulito per bene la sua stanza.

La sera prima, infatti, aperta la porta della camera da letto, l’aveva trovata in soqquadro e, sapendo quanto Sara fosse maniaca dell’ordine, aveva pensato di riordinarla.

- Te lo ripeto solo una volta. Che cazzo ci fai, tu, qui?!

Il ragazzo si alzò dal letto e le si avvicinò.

Fece per abbracciarla, ma lei gli tirò uno schiaffo in piena guancia.

- Non ti azzardare a sfiorarmi, cretino!

Michele si allontanò da lei.

- Ieri sera...

- Non me ne frega, vattene!

- Posso spigare, almeno?

- Non m’importa! Vattene immediatamente o chiamo la polizia per violazione di domicilio!

- Calmati, per favore.

- Io non mi calmerò finché tu sarai vicino a me.

Il moro sospirò, deluso.

Si mosse verso la porta, ma i singhiozzi sommessi di Sara, giunsero alle sue orecchie e lui si voltò.

- Sara...dove sei stata?

- Non t’importa.

Continuava ad urlare, ma era meno offensiva. Le sua rabbia era stata ingoiata dal pianto.

Lui si sedette sul letto, vicino alla ragazza e le prese una mano.

La strinse forte tra le sue e poi ne baciò le dita.

Lei lo lasciò fare, senza controbattere, ma il suo respiro si era fatto irregolare e il battito era angosciato.

- Calmati.

Sussurrò lui, tranquillo, mentre le sfiorava una guancia.

- Perché sei qui?

Non urlava più. Sussurrava, quasi temesse di essere ascoltata da qualcun altro.

- Perché pensavo ti avrebbe fatto piacere trovare qualcuno in casa, quando saresti tornata.

- Sapevi che sarei tornata?

- Certo!

Allontanò il suo viso da quello di Sara, come se fosse indignato.

- Io ho sempre saputo che saresti tornata, ma la mia presenza non ha sortito il risultato sperato.

Il ragazzo socchiuse gli occhi e sorrise. Un po’ per rasserenare la ragazza, un po’ perché era veramente contento di rivederla.

- Come...?

Iniziò a formulare una domanda, ma Michele la precedette e le rispose, interrompendola.

- La signora delle pulizie non era ancora uscita, mi ha aperto lei.

Lei si alzò dal letto, pensierosa.

Raggiunse la finestra che dava sul giardino. Non c’erano fiori in quella stagione. Fuori faceva molto freddo.

- Io odio l’inverno.

Michele si voltò, per osservare la sua schiena, ma rimase seduto sul bordo del materasso.

- Lo so.

- Ovviamente.

Seguì qualche minuto di silenzio.

Sara stava piangendo.

Silenziosa, stava sfogando le sensazioni che aveva imprigionato dentro sé stessa in quella terribile notte.

Il ragazzo sospirò di nuovo.

Delicato, si alzò e le sfiorò una spalla nuda.

Indossava un top grigio molto attillato e senza maniche, nonostante il gelo che regnava fuori. Una gonna molto corta, nera e bianca, delle calze color pelle e degli anfibi.

- Non hai freddo?

Le chiese, premuroso. Cercava di evitare l’argomento “Notte”, sapendo la reazione che ne sarebbe scaturita.

Lei esitò, ma poi si voltò verso di lui.

Il trucco le era colato sulle guance e gli occhi erano rossi per il pianto.

- Mi hanno violentata.

Michele s’irrigidì all’istante.

- E io ho acconsentito.

Il moro evitò il suo sguardo, sapendo di avere un’espressione tutt’altro che pacata.

Inaspettatamente, lei gli si buttò tra le braccia.

Rimase impietrito.

Non mosse un dito, ma poi, percependo delle lacrime calde sulla pelle del collo, ricambiò quell’abbraccio.

- Ti va di raccontare?

Sara scosse la testa.

Michele la strinse ancora più forte al suo petto e le sussurrò dolce

- Ti proteggerò io.

 

Daniele scosse con veemenza la testa. Poi si diede uno schiaffo in faccia.

- Idiota!

Urlò a squarciagola quella parola.

- Idiota!

Ripeté, con altrettanta forza.

- Idiota!

Una terza volta.

La madre si affacciò alla finestra.

- Tutto a posto, Dani?

- Vattene!

Sbraitò, senza neanche preoccuparsi di guardare chi fosse.

Giulia gli aveva risposto.

 

GIULIA:

Mi fai stare male!

Perché non vuoi capire?

Perché ti ostini ad essere così egoista?

Anche io ti amavo, ma tu mi hai sbattuto in faccia la realtà.

Perché, ora, dev'essere colpa mia?

Tieniti le tue scuse e le tue parole dolci.

E, fammi un favore,

almeno stavolta,

lasciami in pace!

 

Prese il cellulare tra le mani e lo sbatté violentemente contro la parete a cui aveva appeso tutte le sue foto con Giulia.

Provava una rabbia incontenibile.

Odiava sé stesso per ciò che aveva fatto, quella mattina e la sera prima.

Dopo aver represso un grido, si avvicinò alla stessa parete e tirò un pugno talmente forte da far staccare le puntine di alcune foto.

Si strine il polso con l’altra mano.

Le nocche sanguinavano copiose, ma non gliene importava.

Tirò un altro pugno, noncurante del dolore.

Aveva rovinato tutto.

Quelle minime possibilità che gli restavano di farsi perdonare da Giulia erano andate in fumo nello stesso momento in cui aveva digitato la prima parola del primo messaggio.

Prese lo zaino e uscì di casa senza neanche salutare la madre.

Appena fu fuori dal condominio, si osservò le ferite che si era procurato.

- Idiota!

Lo sussurrò a sé stesso.

 

- Che gli dico?

Giulia stava riflettendo su quello che avrebbe potuto scrivere a Lorenzo, per spiegargli il motivo dell’improvviso rifiuto dell’appuntamento.

Aveva appena mandato un messaggio a Daniele per mettere definitivamente fine a quella dolorosa e muta conversazione.

Si erano parlati in silenzio.

Senza pronunciare una sola parola.

Lei non aveva visto le espressioni di Daniele mentre scriveva quelle frasi dolci.

Non aveva potuto osservare i suoi occhi quando aveva detto “Ti amo”.

E se avesse solo scherzato?

Se non avesse mai pensato neanche una di quelle parole tenere che lei aveva letto?

O, peggio, se non fosse stato lui a scriverle?

Il cuore le si strinse in una morsa.

Odiava Daniele.

Odiava quella situazione.

Odiava le persone che le avevano detto che tutto si sarebbe risolto in fretta.

Ma, più di tutti, odiava sé stessa.

Come poteva volersi così male da pensare che lui provasse realmente qualcosa per lei?

Che lui l’amava.

Odiava i ricordi che, piano, piano, riaffioravano alla sua mente stanca di dover procurare tanta sofferenza.

Doveva allontanarsi definitivamente da lui.

Non doveva più pensarlo.

Lei meritava rispetto, da sé stessa prima di tutti.

Era necessario che allontanasse dalla memoria tutti momenti belli, ma anche e soprattutto, quelli brutti.

Ancora in pigiama, si tuffò sul letto sfatto.

Sprofondò la testa nel cuscino per soffocare un urlo. I suoi occhi lacrimarono.

- Perché? Perché sei così cattivo?

Urlava con la bocca premuta sulla morbida spugna.

- Io ti amo.

Sussurrò piano. Se ne vergognava. Tantissimo. Ma era inutile mentire a sé stessa.

Lo amava. Lo amava da sempre. Da quando, la prima volta, l’aveva guardata negli occhi e le aveva chiesto se quel posto accanto a lei fosse occupato.

 

- Scusa...quel posto è occupato, o posso sedermi a farti compagnia?

Un ragazzo dagli occhi azzurri e dal sorriso contagioso aveva interrotto i pensieri confusi di una moretta timida e rossa in viso per l’imbarazzo.

Era la seconda settimana del liceo. Il primo giorno di mensa.

Erano, ancora, tutti un po’ spaesati e senza un amico.

- No...

- Ah...allora posso sedermi?

Sara, quel giorno, aveva deciso di marinare la scuola.

“Chissene frega...nessuno ti dice niente i primi giorni di scuola” aveva detto prima di fuggire dagli sguardi curiosi dei ragazzi che aspettavano il suono della campanella, fuori scuola.

- S-sì...

Daniele aveva preso posto, tranquillo e ancora sorridente, sulla sedia davanti a lei.

- Calmati...non ti mangio mica...mi basta lo schifoso cibo della mensa per saziarmi...

Lei aveva tentato di nascondere un sorriso, ma non c’era riuscita.

Il ragazzo, visto che si era calmata le porse una mano.

- Daniele...

Lei aveva alzato lo sguardo su di essa.

Poi aveva osservato lui e, infine, dopo molti tentennamenti, l’aveva stretta, pronunciando fiera il suo nome.

Aveva, lentamente, preso coraggio, Daniele le infondeva calma e allegria, distaccando i suoi pensieri dal resto della giornata e concentrandoli su ogni sua singola parola.

- Come ti pare la scuola?

- Uno schifo...come tutte, credo...

Lui, che aveva appena addentato una forchettata di penne al sugo, trattenne una risata.

- Giusto!

Aveva pronunciato, ancora a bocca piena.

La conversazione aveva preso un tono amichevole, niente di più, ma Giulia sentiva, dentro di sé che lei non provava solo amicizia verso quel ragazzo.

Si era presa una cotta, ma non avrebbe mai pensato che si sarebbe evoluta in un amore tanto sofferto.

Pensava, poi, che se un ragazzo si avvicina ad una ragazza, non desidera solo un’amicizia.

- Però mi piacciono abbastanza i prof.

Aveva continuato, lei, mentre lui divorava tutto il primo piatto.

Lo guardava incuriosita.

- Dicevi che ti faceva schifo il cibo delle mense, o sbaglio?

- Lo so, ma è da ieri pomeriggio che non mangio niente...avevo una fame che mi sarei mangiato...te!!

- Cretino!

Aveva esclamato lei, scherzosa.

 

- Idiota!

Urlò Giulia.

Era arrabbiata.

Perché continuava a ripensare a loro due?

Perché era così masochista?

Eppure lo amava.

Perché si complicava la vita?

Aveva sofferto troppo, per lui. Ecco perché si complicava la vita. Perché il suo amore si era mescolato ad un eterno dolore.

Perché Daniele, ormai, rappresentava fonte di male.

Sembrerà stupido, anche a lei pareva così, ma era la pura verità.

Ed ogni ricordo era un nuovo addio.

Un nuovo passo verso il futuro.

Stava crescendo.

Piano e dolorosamente, come tutti.

Perché se non si soffre, la vita non acquista il valore che le spetta.

E lei voleva vivere.

Per questo, timidamente, sorrise e sussurrò a fior di labbra.

- Idiota!

 

Erano le cinque e mezzo del mattino.

Lorenzo doveva essere al bar entro le sette.

Non era per niente in ritardo, ma si sentiva agitato come se lo fosse.

Si alzò dal letto, con apparente tranquillità.

Osservò la sua immagine riflessa nello specchio sito di fronte al letto.

Abitava in un piccolissimo appartamento.

Una cucina minuscola che fungeva anche da salotto e un bagno addossato alla piccola camera da letto.

L’unica cosa che lo rendeva un appartamento piacevole, era un arioso terrazzo, su cui lui curava numerosi vasi di fiori e piante varie.

Ma era inverno, e non c’era nessun fiore d’annaffiare. Solo piante rinsecchite e dalle foglie inesistenti, che necessitavano della loro dose giornaliera d’acqua,

Con i soli boxer addosso, uscì all’aria aperta, per bagnarle.

A quell’ora non rischiava di essere visto da molte persone.

Nessuno, nel suo condominio, era tanto folle da alzarsi alle cinque del mattino, senza un motivo.

Respirò una profonda boccata d’ossigeno e poi sospirò.

- Chissà se verrà...

Si rivolse ad un nocciolo, in apparenza, privo di vita.

- Magari annulla tutto all’ultimo momento...che ne dici?

Osservò in attesa di una risposta l’alberello a cui aveva posto la domanda.

- Sto diventando pazzo...mi metto pure a parlare con una pianta, ora...

Un’alitata di vento mosse l’aria umida di pioggia.

Lorenzo stava ancora guardando in direzione della pianta, i quali rami erano stati mossi da quel soffio.

Sembrò, veramente, che stesse annuendo.

Almeno, a lui parve così.

- Sì, sto proprio impazzendo, mio caro nocciolo!

Rientrò in casa, chiudendosi la porta-finestra alle spalle.

“Figurati se rinuncia ad un appuntamento...è così triste...”

Con quei pensieri in mente, raggiunse la cucina.

Mise del caffé macinato nella caffettiera arrugginita che aveva ereditato dalla nonna.

Era morta undici anni prima, quando lui ne aveva solo nove.

Mise l’oggetto sul fornello del cucinino, anch’esso, eredità della nonna, e accese il fuoco.

“A pensarci...questa casa me l’ha “arredata” la nonna...”

Sorrise e tornò nella camera da letto.

Con lentezza tale da poter far invidia ad un bradipo, prese i jeans che aveva indossato la sera precedente, alla festa di compleanno di sua sorella, ed estrasse una maglia pulita dal primo cassetto dell’unico mobile che arredava la stanza altrimenti vuota, escludendo il letto.

Si allacciò con eccessiva tranquillità le Adidas bianche e andò in bagno per lavarsi.

Di lavò la faccia e, mentre osservava allo specchio l’immagine del suo viso bagnato, pensò di avere l’assoluto bisogno di un caffé.

- Cazzo, il caffé!!!

Corse nella piccolissima cucina.

Il caffé era uscito dal beccuccio e aveva sporcato tutto il fornello.

- Cazzo!

Ripeté, seriamente irritato, mentre il caffé s’incrostava sulla superficie del piano cottura.

Spense il fuoco e, senza utilizzare alcuna presina, afferrò il manico della caffettiera.

Constatando il fatto che, essa, era bollente, si bruciò il palmo della mano destra. Ma lui ci pensò dopo.

La poggiò velocemente sul tavolo e, con la mano sana, afferrò dalla credenza una tazzina blu.

Vi versò dentro, velocemente, un po’ di quel liquido amaro e fumante e poi si fiondò a mettere la mano sotto l’acqua corrente del rubinetto, ancora aperto, del bagno.

Certamente, quella mattina non era cominciata con il piede giusto.

Quando tornò in cucina, aveva riacquistato il suo solito buonumore.

Bevve, lentamente, il caffè, poi prese a leggere l’articolo in prima pagina del quotidiano del giorno prima.

Qualcuno di famoso, ricordò, aveva detto che “Se un giornale non si è ancora letto, dice ancora delle novità”, o qualcosa del genere.

Mentre si informava sui danni arrecati alle culture dal freddo invernale, squillò il telefono.

Lo impugnò con estrema lentezza e lesse il nuovo messaggio.

 

GIULIA:

Scusa, oggi non vengo...non posso spiegarti.

È un casino.

Tutto un enorme casino.

Mi dispiace.

 

Lorenzo alzò gli occhi verso il soffitto scrostato e poi rivolse uno sguardo ammonitore alla pianta con cui aveva intrapreso una specie di conversazione.

- Idiota!

Non si riferiva a sé stesso.

Parlava, ancora, con quello stupido nocciolo.

 

____________________________________________

 

Ragazzi, ragazze

Signori e signore

Uomini ed animali

Lettori e recensiotori

Sono tornata. Si, finalmente soo riuscita ad emergere da ogni sorta di problema pratico e sono tornata.

Devo molte scuse ad ognuno di voi. Ad ognuno di coloro che ha avuto la pazienza di aspettare e di leggere fino a qui.

Il primo scoglio contro cui mi sono scontrata è stata la mancanza del mio adoratissimo pc per una settimana, causa lavori in casa. Questi ultimi hanno procurato un ulteriore rintardo, in quanto i miei "dolci docli" genitori, mi hanno "dolcemente" spronata ad aiutare nell'imbiancatura -.-'

Ma non è finita qui...terminata la più parte dei lavori, ecco che posso andare in vacanza senza la minima possibilità di accedere ad internet o, anche solo, ad un pc.

Aspetto il ritorno a casa ed ecco ad attendermi i compiti delle vacanze e il termine dei lavori XD

Nel mentre, visto che tutto cià non basta, ecco che mi si cancella ogni dato dal pc ed io, ovviamente, devo ravanare in ogni angolo dell'altro pc per trovare la storia, travasarla nel nuovo (allelujah *_*) pc.

Arriva il faitidico momento in cui potrei scrivere e pubblicare e arriva l'inizio della scuola (glooom!!!)

Allora attendo ancora qualche giorno e, dopo tutte queste interminabili per me e per voi peripezie, eccomi a pubblicare!!

Non mi aspetto un applauso e nemmeno il "perdono".

Volevo solo essere chiara nello spiegare il motivo di un tale ritardo, in quanto, con molto rammarico e dispiacere, ho visto la mia storia perdere qualche preferenza.

Mi dispiace davvero moltissimo, in quanto sono molto affezionata a tutti voi lettori e recensitori.

 

Credo di essermi dilungata abbastanza.

Ringrazio di cuore coloro che hanno mantenuto le loro preferenze, coloro che aggiungeranno (forse) la mia storia tra i loro preferiti e, primi tra tutti, i ragazzi e le ragazze che hanno recensito l'ultimo capitolo.

Siete tutti davvero fantistici. Dedico questo capitolo ad ognuno di voi che l'ha letto tutto e che ha potuto leggere anche questa parte.

Spero vi sia piaciuto a me, sinceramente, moltissimo!

 

Vi lascio con la promessa di continuare presto con le pubblicazioni e con l'assicurazione di non caricarmi di un così madornale ritardo.

Un bacione a tutti voi

mi date la carica per scrivere, e ve ne sono grata.

 

Alla prossima,

vostra

Miss dark

*_*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Mai Più Noi - Capitolo 18

CAPITOLO 18

 

Michele e Sara.

Razionalità e follia.

Profondità e apparenza.

Dolcezza e passione.

Uno l’opposto dell’altro.

Erano sempre stati fascinosamente diversi.

Si completavano, misteriosamente.

Ma, entrambi, erano complicati.

 

- Ehi...guarda che ti è caduto un sacchetto.

Una bionda, estremamente bella e attraente, si voltò verso il ragazzo che l’aveva fermata.

- Ah, grazie.

Accennò un sorriso, malinconico e vuoto.

Le passò il sacchetto in questione.

- Che cos’hai?

Non si conoscevano, ma Michele sentiva già una strana sensazione. Come se fossero legati.

- Scusa, ma chi sei?

- A dir la verità, nessuno che tu conosca direttamente.

Lei lo squadrò con espressione cupa.

- Ecco, appunto. Allora non ti deve importare che cos’ho.

Il ragazzo rimase sbalordito dalla risposta, acida e sprezzante.

- Pensavo che ti avrebbe fatto comodo una spalla.

- Pensavi male, mi dispiace, ma la mia amica mi sta aspettando.

Sara fece per allontanarsi, ma lui la tirò a sé per un polso.

- Dimmi, almeno, come ti chiami...

- Giulia!!!

La mora, che si era tenuta a distanza per lasciarli soli, si avvicinò veloce, sentendo la voce dell’amica incrinata dal fastidio e da una certa inquietudine.

- Che c’è?

Domandò preoccupata, alla vista della scena, ambigua per un osservatore esterno.

- ‘Sto stupido non mi molla.

Michele allentò la presa, in modo che la ragazza potesse allontanarsi.

- Scusa...ti sarò sembrato certamente un cafone...

- Appunto...ciao!

Le due ragazze mossero qualche passo verso l’uscita del centro commerciale, ma la voce roca e profonda dello sconosciuto le frenò, di nuovo.

- Aspetta!

- Mi stai rompendo! Che cazzo vuoi?!

- Esci con me, stasera?

- No!

- Domani sera?
- No.

- La prossima settimana?
- No. Mai!

- Perché?

- Perché sei un cafone!

Giulia si schiarì la voce, infastidita da quella conversazione serrata, a cui lei non era permesso l’accesso.

- Devo andare.

- Non me la dai una seconda possibilità?
- NO!

- Aspetterò qui, finché non tornerai.

- Aspetterai per molto tempo, lo sai?!

- Non m’importa. Anche una vita.

 

- Meno male che, alla fine, sono venuta, vero?!

Sara stava un po’ meglio.

Per tutta la mattinata era stata cullata dalle braccia forti e calde di Michele.

Si sentiva al sicuro. Protetta anche da sé stessa.

- Dove?

Chiese Michele, preso alla sprovvista.

- Al centro commerciale, la prima volta in cui tu mi hai baciata.

- Ah...

La ragazza si voltò, per guardarlo negli occhi.

- Ah...cosa?

- Dipende dai punti di vista...

Si tirò su, meravigliata da quella risposta.

- Per il tuo?

- Per me è stata una fortuna. Mi hai risparmiato una vita vissuta in un centro commerciale.

Seguì un silenzio in cui le soppesò la risposta, attentamente, analizzando il timbro di voce e le parole.

- Io non ti amo.

Michele spalancò gli occhi.

- Non ti amo più, lo sai?

- Che vuol dire?

- Che non ti amo più, Michele...

Il ragazzo si alzò dal letto.

Un’ espressione triste e spaesata sul viso.

- Mi dispiace...

- Non devi dispiacerti, non tu. Non hai fatto niente. Sono io che mi sono illusa.

Michele sfilò il pacchetto di sigarette dalla tasca e ne prese una.

Se la infilò in bocca, ma non l’accese.

- Illusa?

- Credo di non averti mai amato, Michele.

Estrasse dai pantaloni un accendino nero e bianco. Glielo aveva regalato suo cugino, quando la Juve aveva vinto il derby.

Accese la sigaretta che aveva in bocca.

- Perché me lo dici ora?

Lei si avvicinò, ma lui la respinse, dolcemente. Era freddo. L’aveva ferito.

- Perché tu non ti senta in colpa se io adesso ti caccio via e me ne vado a scuola.

Lui sbuffò un soffio di fumo acre nell’aria.

- Perché mi dovrei sentire in colpa?

- Per quello che hai fatto con Mariangela.

Michele, calmo, si allontanò dal letto e aprì la porta.

- Io non ho fatto niente, con quella puttana!

- Certo che no, mi hai solo piantata in asso dicendomi che non mi amavi più!

Aveva ricominciato ad urlare.

Era arrabbiatissima.

- Cazzo!

- Cosa vuol dire, cazzo?

- Vuol dire che sei una stronza, Sara!

- Ah...adesso sarei io la stronza?!

- Sì!

- Grazie! Io ti ho perdonato, e tu mi dici che sono una stronza?!

- Lo sei! Perché tiri fuori Mariangela, ora?

- Perché non volevo che ti sentissi in colpa per quello che sto per fare.

Michele spense la sigaretta sulla parete viola della stanza. Poi si avvicinò alla finestra e la buttò giù.

Si erano ribaltate le posizioni. Ora Sara era vicino alla porta e Michele alla finestra.

Stavano lontani.

- E che cazzo staresti per fare?

- Piantala di dire parolacce, Michele!

- Dimmi cosa stai per fare.

Sara si fece coraggio e poi parlò.

- Ti lascio, Michele!

Lui si voltò, dandole le spalle e osservando le macchine che scorrevano veloci, fuori dalla finestra.

- Lo sapevo che eri solo una bambina!

- Abbiamo solo due anni di differenza!

- Sei sempre stata una bambina, Sara!

- Mi dispiace...

- A me no. Io non ci perdo niente.

- Allora perché eri venuto qui?

Lo spiazzò.

Lui si girò e le si avvicinò.

Le prese il viso tra le mani.

Lo avvicinò al suo e, timidamente, la baciò.

Gli era mancata.

Tanto. Troppo.

Non poteva vivere senza di lei.

Ma ora, lo stava allontanando ed era giusto che lui si facesse da parte.

Aveva sbagliato e lo sapeva.

Non voleva farla soffrire, ma continuò a baciarla, senza staccare le labbra se non per respirare.

La stringeva a sé.

Per l’ultima volta, per sempre.

 

Quel giorno, Daniele, era il primo davanti alla scuola.

Era arrivato alle sette e un quarto.

Non c’era nessuno per strada.

Era lui, solo.

Ma era stanco.

Non voleva più essere solo.

Lui voleva ricominciare. Avere una seconda possibilità. Ripartire da capo con Giulia.

Voleva essere suo amico. Consolarla e abbracciarla senza malizia, senza che lei pensasse che quell’abbraccio dimostrasse amore.

Voleva che loro due fossero di nuovo Giulia e Daniele.

Gli amici inseparabili che di dicevano tutto, senza peli sulla lingua. Che correvano l’uno dall’altra ad ogni ora, solo perché uno dei due soffriva.

Voleva che si potessero guardare di nuovo negli occhi senza leggervi solo rancore e rimpianti.

Desiderava riavere la sua vita.

Perché, ora, non l’aveva più.

Stava solo resistendo.

Resistendo contro la corrente di dolore che gli si infrangeva addosso, giorno e notte, senza preoccuparsi di quanto lui soffrisse.

E ogni mattina arrivava a scuola a fatica, con gli occhi rossi e cerchiati da occhiaie di tristezza.

No, non era quello che lui voleva dalla sua adolescenza.

Agognava solo a un po’ più di felicità. Se non sua di Giulia.

Che almeno lei ricominciasse a sorridere col cuore.

Ma ormai le scuse non bastavano più.

Non erano più necessari gli sguardi e le parole.

Doveva riacquistare la sua fiducia e, ciò, era impossibile.

Doveva arrendersi.

Lasciarsi trasportare da quella corrente che, magari, si sarebbe rivelata un’alleata.

Avrebbe cominciato da oggi.

Da ora.

Chiuse gli occhi e si lasciò invadere da quel sentimento che cercava di arginare.

Strinse i pugni, sussultando.

Ma poi si lasciò andare.

Il cuore iniziò a piangere, gli occhi a lacrimare.

 

Giulia non ce la faceva.

Lei non era abbastanza forte.

Aveva bisogno di un appoggio e non l’aveva.

Doveva tirarsi su.

Reagire.

- Mirta...

La sorellina di dieci anni si affacciò alla porta.

Non era andata a scuola perché il giorno prima era stata poco bene e la mamma aveva preferito lasciarla a casa, con la sorella più grande.

- Che c’è?

Era la prima volta, da mesi ormai, che la maggiore la chiamava in camera sua.

- Ti va di uscire, oggi?

La bambina assunse un’espressione sbalordita.

- Davvero?!
- Sì.

- Che bello! E dove andiamo?

Aveva iniziato a saltellare sul posto, felice di poter, finalmente, fare qualcosa di divertente con sua sorella, la sua amica più fidata, in tempi migliori.

- Al parco?

- Sì! Sì! Che bello!!!!!

Si avvicinò di corsa a Giulia, saltando sul letto per abbracciarla e poi le sussurrò all’orecchio

- Ti voglio bene!

Uscì dalla stanza saltellando e raggiunse la propria camera, per cambiarsi.

Giulia si prese la testa fra le mani.

- Ora sorridi, Giulia! Devi essere felice! Se non per te, per tua sorella!

Si alzò dal letto, per vestirsi.

Tirò fuori dall’armadio un paio di jeans neri e un maglione bianco e grigio, abbastanza pesante, adatto per la stagione fredda.

Mentre s’infilava i calzini, le squillò il cellulare.

Non era l’avviso di un messaggio. Era una chiamata.

Si precipitò a rispondere.

- Pronto?

Una voce, rotta da singhiozzi, rispose, all’altro capo.

- Giulia, ho bisogno di te!

 

 

______________________________________________

 

Rileggendo questo capitolo, mi rendo conto che la storia inizia a diventare monotona.

Forse è solo una mia sensazione, non so.

A voi continua a piacere? Cosa ne pensate di questo capitolo?

Ad ogni modo, tra pochi capitoli, la storia di concluderà e potrete sapere cosa ne sarà dei nostri "amati" personaggi.

 

Adesso voglio passare ai ringraziamenti.

Grazie di cuore a Neverwinter ed HarryEly: siete fantastiche entrabe. Siete le uniche che continuano a commentare con costanza i miei capitoli e, per questo, vi sono molto affezionata.

Anche in questo capitolo c'è qualche flashback. spero di essere stata in grado di eguagliare le vostre aspettative, ma forse è troppo presto per dirlo. Grazie di cuore per i complimenti.

 

Un grazie particolare anche a Mirkodancer che ha letto i primi capitoli e che adesso, spero davvero, continuerà a leggere e commentare. Il tuo parere è molto importante per me e, sapendolo positivo, mi arriva la carica per andare avanti.

 

Grazie, come di regola, a tutti coloro che hanno semplicemente letto e che hanno inserito la storia fra i preferiti: alesssia, avrilmiki, B r o k e n, Bella4, bella5, birri, Cry90, Elly692, HarrryEly, hunterxhunter, kia93, kikaulitz, ladolcebabi, linasyan, lorella, maecla, mary85, miki18, Mikiko, miss_miky, mora1992, Neverwinter, Sally_1408, Somoody, sweetthings, Tanny, vero15star, Veronica91.

 

Al prossimo capitolo, ragazzi.

La vostra affezionata

Miss dark

*_*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Mai Più Noi - Capitolo 19

CAPITOLO 19

 

Giulia rimase immobile, nel bel mezzo della stanza, di fronte all’armadio.

Il corpo coperto solo dalla biancheria.

Conosceva quella voce. Le era familiare come poche altre, forse come nessuna.

- Giulia, ti prego!

- Cosa vuoi?!

Le uscì un grido. Un urlo represso nel cuore dolorante di una ragazza che soffre e non si sfoga. La voce fu gelida e pungente, il tono cattivo, ma non volontariamente. Era una difesa incondizionata.

- Devi venire!

- Perché dovrei, Sara?! Non eri tu quella che non avrebbe avuto bisogno di me?

Giulia concluse la chiamata con quelle parole.

Riagganciò il telefono e lo scaraventò sul letto, con una foga indescrivibile.

Ma la suoneria del cellulare squillò di nuovo. Quel suono insistente e perforante urtò le orecchie di Giulia, già infastidite dalle parole della chiamata.

- Che vuoi?!

- Giulia, devi venire.

L’espressione della ragazza si ammorbidì nel sentir trapelare lacrime da quella frase.

- Cos’è successo, Sara?

- Michele. Cioè, io. Cioè noi...

- Va bene…arrivo…

Indosso velocemente gli indumenti che aveva estratto dall’armadio e uscì dalla propria camera.

- Giulia, mi aiuti a mettere il cappotto?

- Dopo Mirta...dopo usciamo...

Si chiuse la porta d’ingresso alle spalle.

La bambina rimase immobile nel corridoio con il cappotto in mano e il viso graffiato da una smorfia di delusione.

 

Michele uscì dalla casa di Sara con un’ennesima sigaretta alla bocca.

Non si voltò verso il palazzo.

Percorse qualche metro a piedi, le mani nelle tasche e lo sguardo vacuo rivolto al cielo.

Continuava a pensare che fosse meglio per lui. Che aver detto addio a Sara, per l’ultima volta, non sarebbe stata una grande perdita.

“Quella stupida ragazzina...”

Ma mentre si convinceva di aver fatto la scelta giusta, l’immagine della ragazza piangente, piroettava davanti a i suoi occhi.

Si appoggiò ad un palo, vicino alla fermata del pullman, gettò la sigaretta per terra e prese ad osservare le sfaccettature della luce sull’asfalto.

Sara amava il sole.

Sarà amava tutto ciò che era allegro.

Ricordava tutto ciò che Sara amava, perché lui amava Sara.

Ogni cosa che per lei era importante, in qualche modo lo era anche per lui.

La conosceva perfettamente. Sapeva di lei ogni pregio e ogni pecca.

Era l’unica persona, dopo Giulia, con cui lei si riusciva a confidare liberamente e lui amava anche questo privilegio.

Ma ormai aveva rinunciato ad ogni essenza di lei, e non poteva pentirsene.

Non si può essere perdonati per due volte.

Il mondo che quella ragazzina aveva creato dentro di lui, stava sfumando e, lentamente, Michele se n’era reso conto.

E aveva cominciato a soffrire. Forse per la prima volta, lui provava vero dolore.

 

Daniele era seduto al suo banco.

Federico gli parlava. Raccontava di quello che succedeva a casa sua, di come suo fratello avesse rotto la finestra del bagno e del perchè il criceto di sua sorella fosse morto.

Ma lui non ascoltava.

Non gli importava assolutamente nulla del mondo che lo circondava.

I suoi occhi non vedevano quello che lo circondava, come le sue orecchie non sentivano gli stessi suoni.

Era come se si fosse estraniato dal mondo e, in fondo, quello era il suo obiettivo.

Non pensava nemmeno, perchè era il dolore a farlo per lui.

Si sentiva vuoto, arginato in un angolo nascosto del proprio corpo.

E continuava ad annuire distrattamente, a fingere attenzione, a regalare sguardi, seppur vacui.

- Allora, Panasti, cosa ne pensa?

Tutta l’aula si zittì e gli alunni si voltarono a guardare Daniele.

- Oh, Dani, parla con te...

Sussurrò Federico all’orecchio dell’amico.

- Cosa?

La professoressa si alzò dalla propria sedia e si allontanò dalla cattedra, per avvicinarsi alla finestra.

- Cosa devo fare con te, Daniele?

Volse il proprio sguardo oltre il vetro che la separava dall’aria gelida di quella mattina di metà dicembre.

- Tu non ascolti. Non parli. Non guardi. Non sai le lezioni. Addirittura non mangi, a mensa. Cosa ti succede?

La risposta al quesito era semplice quanto la domanda stessa.

Lui era innamorato.

Lui era deluso; da nessuno in particolare, ma non si fidava più degli altri.

Stava imparando a soffrire e a dialogare col proprio dolore. Stava facendo amicizia con lo sconforto e con la delusione.

Provava a crescere, a modo suo.

- Mi lasci in pace. Ecco cosa deve fare!

Sollevò la testa, rispondendo pacato.

- Vuole sapere cosa mi succede?!

Si alzò in piedi.

- Perfetto, glielo spiegherò!

Salì sulla propria sedia, per fare in modo che tutti i suoi compagni di classe lo vedessero.

- Daniele, scendi immediatamente da quella sedia!

- Le voglio solo spiegare quello che succede, cara professoressa!

La donna tornò alla cattedra, sconsolata e si sedette sulla propria sedia, ad osservare quello spettacolo degradante. Si sfilò gli occhiali dal naso e poggiò la testa sulla mano sinistra.

- Voi lo sapete! Voi, cari compagni di classe, lo sapete benissimo quello che succede. Mi dispiace che oggi non ci sia Giulia o la sua amichetta Sara, altrimenti avreste potuto chiedere anche a loro quello che succede.

I compagni di classe diressero i propri sguardi curiosi verso i banchi delle due compagne appena menzionate da Daniele.

- Sì, è colpa di Giulia, dico io, e lei, ovviamente, direbbe che è colpa mia. Forse ha ragione lei: è colpa mia se la amo, è colpa mia se vorrei essere accanto a lei adesso ed in ogni istante. Però, ditemi, è colpa mia se anche lei amava me? Ed è colpa mia se adesso lei non mi ama più?!

- Dani, smettila, ti stai ridicolizzando...

Sussurrò piano Federico, per farlo ragionare.

- Si, caro amico, mi sto ridicolizzando! Lo so, ma loro devono ridere! Devono avere qualcuno da prendere in giro!

- Ha finito, signor Panasti?

Chiese la professoressa, vedendolo ammutolire di colpo.

Di risposta, il ragazzo si risedette sulla propria sedia e si prese il viso tra le mani.

La donna si avvicinò al ragazzo e, chinandosi sul banco, gli sussurrò atona.

- Perfetto, Daniele. Ora seguimi in presidenza.

 

Lorenzo stava preparando il cappuccino per un’anziana, seduta al tavolo vicino alla finestra.

Pensava ancora al messaggio che Giulia gli aveva mandato.

“Forse sto sbagliando tutto...in fondo, ci sono cinque anni di differenza tra me e lei...”

- Ciao Lorenzo...scusa il ritardo, ma non mi è suonata la sveglia!

Nicola era appena entrato nel locale e si stava mettendo il grembiule rosso e bianco del locale.

- Certo...come tutte le mattine, Nicola!

L’amico ignorò la battuta.

- Ah...la piccoletta si è fatta sentire?

Lorenzo si maledisse mentalmente per avergliene parlato, qualche giorno prima.

- Veramente sì...

Nicola si avvicinò al ragazzo per prendere la tazza che teneva in mano e servirla alla cliente.

- E cosa dice?

Con un sorriso sul volto posò la tazza sul tavolino e tornò dietro al bancone.

- Che oggi non può venire all’appuntamento.

- Perché?!

Il moro sbuffò e osservò il rosso che lo guardava con sguardo curioso.

- Posso non dirtelo...sai, mi mette a disagio la tua espressione...

- Che palle, Lore! Me lo dici o no?!

Lorenzo si voltò per prendere i soldi di un cliente.

- Dice che ci sono casini da lei...

- ...che è dispiaciuta, ma che oggi non può. La solita vecchia scusa...

Il ragazzo diede il resto al quarantenne e osservò innervosito l’amico.

- Che ne sai che è una scusa?!

Nicola posò una mano sulla spalla dell’amico e lo guardò negli occhi con fare esperto.

- Perché dicono tutte così!

Il ragazzo si scrollò la mano di Nicola di dosso e si voltò, per preparare una spremuta.

- Insomma, Lore, come fai ad essere così ingenuo?! Non ti ho insegnato niente?

Chiese canzonatorio il rosso.

- Senti, Nicola, ora basta! Mi hai stancato! Piantala di rompere, perché io non sto proprio scherzando.

Lorenzo rimase immobile, con una metà d’arancia in mano, mentre Nicola avvicinava il proprio viso al suo.

Socchiuse gli occhi, azzurri, e sentenziò

- Qui ci vuole una sigaretta!

 

Giulia correva per le strade di Torino. Era veloce come se qualcuno la stesse inseguendo.

Imboccava le vie senza nemmeno sapere quali fossero i loro nomi; svoltava esperta gli angoli senza guardarsi intorno.

Corse senza mai fermarsi, finché non giunse sotto il vecchio edificio dove abitava Sara.

Si piegò sulle ginocchia e riprese fiato.

Inspirò profondamente, prima di citofonare al campanello.

Una voce tremula e incrinata dal pianto domandò chi fosse a suonare, poi il portone si aprì automaticamente e Giulia poté entrare nell’androne luminoso.

Dalla parte opposta del portone d’ingresso vi era un’enorme vetrata colorata e sulle pareti si susseguivano decine di lampade a forma di candela. Il pavimento era di marmo, sul soffitto era affrescato un cielo azzurro ma coperto da qualche nuvola bianca, su cui si rincorrevano le leggiadre figure di angioletti sereni.

Giulia non vi prestò molta attenzione, ma salì svelta le scale, per raggiungere l’appartamento dove l’amica abitava con la propria famiglia.

- Giulia...sei venuta!

Sara corse incontro all’amica. L’abbracciò convulsamente, desiderosa d’affetto e di attenzioni.

Giulia rimase immobile. Non sapeva come comportarsi. Dopo giorni che non parlavano nemmeno, l’amica l’abbracciava con tanta passione.

Alla fine ricambiò l’abbraccio e sussurrò incerta

- Certo che sono venuta…cioè, mi sembravi davvero disperata…

Sara sciolse l’abbraccio e Giulia vide le sue guance segnate dal pianto. Il trucco dell’amica era colato sul viso, mescolandosi alle lacrime.

La bionda si allontanò lentamente, chinando il capo verso il pavimento.

- Sono successe tante cose, sai…

La mora notò l’abbigliamento di Sara e tentò di trattenere uno sguardo di disapprovazione.

- Ero molto preoccupata…perché non ti sei fatta sentire se ci sono stati dei problemi?

L’altra ragazza alzò timidamente lo sguardo.

- Avevo paura, Giulia. Temevo che ti arrabbiassi con me per come ti avevo trattata...

- Io sono arrabbiata, Sara…

La bionda trasalì, poi si lasciò cadere su una poltrona dell’entrata.

- Lo so. E mi dispiace molto.

Prese a giocare con le proprie mani e sospirò pentita

- Non penso davvero quello che ho detto, lo sai, vero?

Giulia si avvicinò con un sorriso comprensivo sul volto e chinandosi davanti all’amica disse

- Certo che lo so, Sara! Adesso non ti preoccupare di quello che è successo tra noi. Parlami del perché mi hai chiamata.

- Ho detto a Michele che non lo amo, che non l’ho mai amato, che lo perdonavo per la storia che aveva avuto con Mariangela e poi l’ho lasciato. Lui si è arrabbiato molto. Ha detto che sono una stronza e si è messo ad urlare. Io mi sono spaventata e mi sono messa a piangere. Lui è uscito da casa e adesso non so dove sia…

Giulia prese le mani dell’amica, che si era messa a piangere.

- E comemai Michele era a casa tua?

- Ha messo a posto la mia camera, perché la polizia l’aveva perquisita…

La mora interruppe l’amica.

- Ah…dove sono i tuoi genitori?

- Non lo so. Non hanno lasciato neanche un biglietto; probabilmente hanno pensato che io non sarei mai tornata a casa e si sono presi una vacanza.

Giulia squadrò Sara

- Eravamo tutti in pensiero. Io non ti vedevo a scuola e non ricevevo tue chiamate. I tuoi genitori non ti avranno vista a casa e non facendo progressi con le indagini della polizia si saranno preoccupati molto.

La bionda si alzò innervosita. Le tramava la voce, ma aveva ancora la forza di urlare.

- Perché, secondo te, i miei genitori erano dispiaciuti per la mia scomparsa? Mia madre?! La stessa madre che mi voleva cacciare di casa? Mio padre, che non ricordava nemmeno di avere una figlia? No, Giulia, io non credo che i miei genitori fossero preoccupati. Semmai, avranno deciso di cominciare le vacanze di Natale in anticipo.

- Io non credo…

- Io, invece, credo proprio di sì. E sai qual è la cosa bella? E’ che ci sono così abituata che non mi dispiaccio nemmeno!

Giulia si avvicinò all’amica e l’abbracciò di nuovo. Quest’ultima cinse la vita dell’altra con le sue esili braccia e la strinse forte a sé, cercando il contatto di qualcuno che le dimostrasse vero affetto.

- Tu non mi hai mai abbandonata, Giulia. Neanche in questa situazione: io ti ho trattata malissimo quando tu hai cercato di aiutarmi, ma tu sei tornata lo stesso, per offrirmi nuovamente il tuo supporto. E continui a sopportare le mie lamentele. Devo essere una persona davvero terribile. Ma tu sei una ragazza speciale. Una ragazza unica, una vera amica.

- Sara…anche tu sei una buona amica.

Si abbracciarono di nuovo.

Sulle guance di entrambe scesero delle lacrime.

Piccole e luminose lacrime di gioia in mezzo ad un mare di pianti di dolore.

Ma quella era la loro forza: essere sempre insieme.

 

 

___________________________________________

 

Finalmente ce l'ho fatta!

Sono riuscita a postare il nuovo capitolo! L'ho riletto qualche volta e ho corretto gli errori di grammatica, come mi avete consigliato...speriamo che adesso sia corretto!!

Allora, che ve ne pare?

Questo capitolo è incentrato, più che altro, su Sara e Giulia. E, forse, capita proprio a pennello, visto che in questo periodo penso continuamente alla mia amica...ma non soffermiamoci su di me.

Dunque, sono molto affezionata a questo capitolo, perchè mi ispira speranza e fiducia.

Ringrazio tutte le persone che hanno letto il capitolo precedente e in particolare chi ha commentato: Vampire Berry, Valentina78, Killer, HarryEly, Neverwinter.

Vi ringrazio tantissimo, ragazze. Grazie dei complimenti e della forza che mi date. Mi fa sempre piacere leggere le vostre recensioni!!

 

Un bacio a tutti voi,

al prossimo capitolo

Miss dark.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Mai Più Noi - Capitolo 20

CAPITOLO 20

 

 

- Signor Panasti…il suo curriculum da studente è davvero immacolato, quindi non capisco il motivo di questa sceneggiata di cui mi ha raccontato la professoressa. Ci sono dei problemi in famiglia? O con i compagni di classe?

Il preside incrociò le mani sul petto e osservò Daniele con aria pensosa.

- A rifletterci bene, gli allievi della sua classe, professoressa Miceni, si stanno dimostrando piuttosto irrequieti. Non è il primo studente della II B che viene convocato in presidenza. Ciò mi fa presumere che il problema potrebbe non provenire solo dagli alunni, ma, prima di tutto, dai professori.

L’anziana signora assunse un’aria innocente e mortificata.

- Beh…non saprei signor preside. Io non conosco bene questa classe. Sono appena arrivata in questa scuola e non è facile allacciare rapporti con gli adolescenti…

Il preside si alzò dalla propria poltrona e superò la cattedra per raggiungere la finestra. Si affacciò poggiando i gomiti sul davanzale per osservare gli alberi e il cielo greve.

- Capisco…fatto sta che questa classe non sta procedendo molto bene. Io, come preside di questo liceo, mi devo impegnare a rendere la vita scolastica serena per ogni studente. I fatti ultimamente accaduti mi danno molto da pensare: si prospetta il bisogno di prendere seri provvedimenti. Si organizzerà un’assemblea di classe, in modo che si possa discutere degli avvenimenti anche con i genitori dei ragazzi.

Tornò a sedersi dietro l’antica scrivania e, rivolgendosi al ragazzo, disse

- Adesso torni pure in classe. Ne riparleremo nel caso si ripeta un evento del genere. Arrivederci anche a lei, professoressa Miceni.

Daniele e la professoressa uscirono dalla presidenza e percorsero i corridoi per arrivare alla classe senza rivolgersi la parola, ma, giunti dinnanzi alla porta verde dell’aula, la donna si voltò verso il ragazzo e con occhi infuocati gli sussurrò minacciosa

- Che sia l’ultima volta, ragazzo! Non ho intenzione di essere umiliata un’altra volta di fronte al preside. Mi sono spiegata?

Daniele osservò il dito affusolato della professoressa puntato vero il suo viso indifferente.

- Come vuole, prof…

- Come ti permetti!! Pretendo rispetto da lei, signor Panasti!!

Il ragazzo la superò ed entrò in classe.

Non gli interessavano le parole vuote del preside.

Non gli suscitavano alcun timore le minacce della professoressa.

Né, tantomeno, gli provocavano imbarazzo gli sguardi irriverenti dei compagni, che lo squadrarono dalla testa ai piedi finché non si fu seduto sulla propria sedia.

- Dani, sei nei casini?

Federico era preoccupato per l’amico. Lo vedeva apatico ed indifferente a quello che gli accadeva intorno, come mai in precedenza. Era sempre stato un ragazzo irrequieto, ma mai si sarebbe permesso di mancare di rispetto ad un professore: teneva troppo alla sua carriera scolastica.

Eppure, eccolo lì. Seduto al suo banco con lo sguardo vacuo a contemplare le nuvole grigie che si susseguivano svelte nel cielo.

Non capiva quello che succedeva al suo amico. Non capiva il motivo di tanto silenzio. Si erano sempre spalleggiati a vicenda nei momenti di bisogno e Daniele non si era mai dimostrato tanto debole.

- Dani…voglio solo capire…

Daniele si voltò verso Federico e lo guardò negli occhi. Cercò di comunicargli il tumulto che prendeva vita all’interno della sua mente. Cercò di spiegarglielo con lo sguardo, perché non riusciva a descriverlo a parole.

- Cosa succede, amico? Siamo sempre stati legati ed ora non mi racconti il motivo della tua tristezza?

L’altro ragazzo sospirò e si voltò dall’altra parte, rivolgendo all’amico le spalle.

- Non ti comprendo, sai. Sei cambiato moltissimo in così pochi giorni. Non ti riconosco più…mi fai paura.

Daniele non rispose all’affermazione dell’amico.

Il trillo acuto della campanella dell’intervallo, fece sollevare la massa di ragazzi dai loro banchi.

Anche Federico uscì dalla classe, per andare a prendere qualche merendina al distributore nel corridoio. Daniele, invece, rimase in classe.

“Non ti riconosco più…mi fai paura… Si, anche io mi faccio paura, Fede, tanta…”

Scese una lacrima sul viso del ragazzo. Un’ennesima lacrima che dimostrava un’ennesima ferita nel suo cuore già stanco.

 

- Sara, che ne dici di uscire? Stiamo fuori un paio d’ore, prendiamo un po’ d’aria e tu ti tiri su. Ti va?

Sara era sdraiata sul suo letto, abbracciata al proprio cuscino, dava le spalle all’amica, seduta su una piccola poltrona verde.

- No, Giuli…non mi va tanto…

Giulia si alzò e si sedette sulla sponda del letto. Pose una mano sulla spalla dell’altra ragazza e la fece voltare.

- Guardami negli occhi, Sara, e ascoltami, perché non lo ripeterò un’altra volta.

La bionda tirò su col naso e osservò gli occhi neri dell’amica.

- Michele non è l’unico ragazzo sulla Terra. Devi dimenticarlo. E’ difficile, anzi, è impossibile agli occhi di chi ancora soffre, ma devi capire che non ti devi abbattere per così poco. Piangi perché hai perso una persona che amavi. Piangi perché credi che sia tutta colpa tua. Piangi perché non riesci a trovare una spiegazione logica a ciò che avviene attorno a te. Piangi perchè ti senti inerme dinnanzi a questa situazione che vortica veloce davanti ai tuoi occhi. Piangi e non è affatto sbagliato che tu pianga, ma non fare di queste lacrime la tua barriera verso il mondo; non permettere al dolore di allontanarti dalla realtà. Guarda il sole davanti a te. Trova la luce anche nelle giornate più buie e sorridi. Sorridi con quel sorriso luminoso che splendeva sul tuo viso irradiando la mia malinconia di gioia.

Giulia prese le mani dell’amica tra le sue

- So che ne sei ancora capace, Sara. Tu sei forte. Sei la persona più forte che io abbia mai conosciuto. Guarda avanti e cammina sulla tua strada, non pensare a ciò che accadrà, ma solo a quello che stai facendo.

Gli occhi dell’altra ragazza si riempirono nuovamente di lacrime. Erano lacrime di sfogo. Lacrime di gratitudine, perché qualcuno l’aveva compresa davvero.

- Mi hai capita?

Chiese ironica Giulia, dando un buffetto all’amica.

Sara rifletté per qualche minuto sulle parole della ragazza. Soppesò ogni affermazione ad occhi chiusi e poi, con fatica, si alzò dal letto.

Compose sul suo volto una smorfia che voleva essere un sorriso e chiese con la voce ancora tremante

- Allora…dove si va?

 

Nicola era seduto sugli scalini metallici davanti alla porta secondaria del bar, quella che dava sul cortile interno.

Lorenzo era in piedi davanti a lui: sigaretta alla bocca e mani in tasca.

- Allora? Non sai che risponderle?

Il moro lo fulminò con gli occhi, poi cedette e rispose

- No…credo che non le dirò niente.

- Ah, come preferisci.

Disse l’altro, lasciando la frase in sospeso.

Lorenzo sbuffò e, alzando gli occhi al cielo, fece una domanda che, successivamente, si pentì di aver posto

- E, sentiamo, tu cosa le diresti?

Il rosso si alzò soddisfatto dalla sua posizione e si aggiustò il colletto del maglione.

- Beh...sbaglio o tu mi avevi chiesto di farmi i fatti miei e di lasciarti fare da solo?

Non attese nemmeno la risposta e procedette con il proprio, arrogante, discorso.

- Ma io sarò buono e comprensivo. Mi rendo conto che tu ti trovi in una situazione difficile da sostenere e capisco che tu abbia bisogno dell’aiuto di un professionista in materia di corteggiamento. Dunque, ti svelerò qualche segreto del mestiere.

Salì i pochi gradini di metallo.

- No, non mi ringraziare, amico. So di dare “perle ai porci”, ma mi accontenterò. Se io fossi in te, non mi piegherei ai suoi futili capricci e mi farei trovare sotto casa sua con una scatola di cioccolatini e le direi “Per tirarti su il morale, ecco una punta di dolcezza!” Che te ne pare? E’ una buona idea, no?

Nicola volse il proprio sguardo all’amico e attese una risposta.

- Oh, Lore, ci sei?

Lorenzo sollevò il capo e osservo il rosso.

- Nico, scendi che sei ridicolo e, comunque, ho già risolto.

 

 

 

_______________________________________

 

Mamma mia che ritardo!!

Ragazzi miei, sono proprio terribile con le pubblicazioni, scusatemi!! ^___^'

E' che la scuola mi prende tanto nell'ultimo periodo e adesso che ho finalmente avuto il tempo di rivedere il capitolo (già bello scritto e tenuto al calduccio in un angolo del mio pc) eccomi qui a pubblicare!

 

Allora, che ne pensate?

Personalmente, lo trovo un po' bruttino. Non mi soddisfa molto, non quanto il prossimo che, sinceramente, avrei pubblicato volentieri al posto di questo (a gran discapito della trama, ma chi se ne frega!!).

Il personaggio principale è, probabilmente, Daniele, anche se la parte che più preferisco è quella del dialogo-monologo fra Nicola e Lorenzo (molto più fra Nicola e Nicola, ma tralasciamo xD), perchè quei due mi fanno sempre sorridere.

Mi è piaciuto molto anche il discorso che Giulia fa a Sara, perchè calza perfettamente con quelli che mi faccio da sola nell'ultimo periodo ed è straordinario vedere come, qualche settimana fa, fossi riuscita a comprendere quello che mi sarebbe successo solo tempo dopo (spero che la consecutio temporum non sia completamente sbagliata e, in tal caso, perdonatemi, ma la stanchezza si fa sentire xD).

Bene bene, finite le mie autocritiche (una minima parte: vi ho risparmiato tutti i pareri sulla grammatica espressi prima della correzione, che spero sia decente, eheh).

I commenti sono sempre i benvenuti e mi pare anche stupido ripeterlo tutte le volte.

 

Voglio ringraziare tutte le persone che hanno letto il capitolo precedente, in particolare

kiki4everhere (da questo capitolo e dal prossimo potrai capire con chi sta Giulia. Per il momento, la situazione è molto incerta, anche per me che sto scrivendo. Diciamo che la fine verrà da sé...! ^^) Valentina78 (grazie per i complimenti, sono contenta di essere riuscita a comunicare qualcosa, attraverso la mia storia), VampireBerry (ti è arrivata la mia risposta alla tua mail, vero? Grazie anche per le parole che hai speso per questa storia, sei davvero un tesoro...!) Neverwinter (credo tu sia l'unica persona che segue e commenta la storia dai primi capitoli. Quindi, a te, un ringraziamento particolare e davvero sentito. Mi fa un enorme piacere leggere il tuo nome blu nella pagina dei commenti ^^).

Grazie anche a Dido88, che ha letto solo fino al quinto capitolo e che ha promesso di leggere tutti gli altri (ci conto, eh! Sono contenta che la storia ti piaccia, anche se trovo che si perda sempre di più, man mano che la scrivo. Questo è uno dei motivi per qui rimangono pochissimi capitoli da leggere...)

 

Un bacio a tutti quanti,

al prossimo capitolo (che verrà postato molto velocemente, visto che mi piace da morire e che la storia è agli sgoccioli).

La vostra

Miss dark.

 

 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Mai Più Noi - Capitolo 21

CAPITOLO 21

 

Giulia e Sara camminavano per le vie del centro città, commentando i vestiti delle vetrine.

Erano uscite da appena mezz’ora, ma Sara aveva già quattro sacchetti nelle mani e aveva affidato all’amica il trasporto di un piccolo sacchettino blu.

Si sfogava comprando: acquistava tanti bei vestiti, preziosi gioielli e scarpe costose, li indossava una volta e poi li chiudeva in sacchi neri che si accumulavano nel suo armadio. Rinchiudeva stoffe pregiate e cuoi ricercati in grossi sacchetti che poi gettava nella spazzatura.

Questo, Giulia non lo sapeva. Non capiva dove finissero tutti gli oggetti che l’amica comprava, ma non gliel’aveva mai chiesto.

Sapeva che la bionda non comprava per bisogno, ma per vezzo. Era il difetto più grande di Sara. Un’abitudine malsana e consumista, che Giulia detestava mutamente e a cui asseriva a fatica per mantenere un clima sereno nella loro amicizia.

Ora, comunque, camminavano per le vie del centro; ognuna con i propri pensieri in mente, entrambe con lo stesso discorso in bocca.

Parlavano tranquillamente di ciò che era successo a scuola da quando Sara era scappata quando, ad un tratto, la bionda ammutolì e, osservando l’amica, disse

- Me lo merito, Giuli.

La mora, che ancora sorrideva allegra, mutò la propria espressione in uno sguardo interrogativo.

- Ti meriti cosa?

Sara arrestò il passo.

- Che Michele si sia arrabbiato con me.

L’altra ragazza sbuffò esasperata dagli eccessivi sensi di colpa dell’amica.

- E perché mai lo meriteresti?

- L’ho tradito.

Giulia sobbalzò e la sua espressione divenne prima indignata e poi delusa.

- Perché? Perché hai fatto una cosa del genere?

- Io…io non me ne sono resa conto. Non capivo quello che mi accadeva intorno ed ero tanto triste.

- Ma queste non sono motivazioni, diamine! Avevi un ragazzo stupendo e lo hai tradito perché eri triste?

- Non ti arrabbiare con me Giuli…

- E con chi mi devo arrabbiare?!

- Va bene, sgridami per ogni singola cosa che faccio! Su, tirami uno schiaffo!

Giulia poggiò il sacchetto che aveva tra le mani e si avvicinò a Sara.

- Ogni singola cosa, Sara? Un tradimento non è “ogni singola cosa”! Ricordi quanto sei stata male quando abbiamo telefonato a Michele e hai scoperto che era a casa di Mariangela? Ricordi quanto hai pianto?

- Si…me lo ricordo.

Giulia manteneva un tono di voce abbastanza alto, mentre Sara sussurrava appena.

- Ecco! E allora perché hai voluto infliggere lo stesso dolore alla persona che amavi?

- Mi hanno obbligata, Giulia…

Quell’affermazione spiazzò la mora.

- In che senso?

- Mi hanno violentata, Giuli…non so come sia successo. Non ricordo bene quello che è accaduto quella sera.

L’amica non disse una parola e gettò le braccia al collo della bionda.

- Scusami! Non dovevo arrabbiarmi in questo modo. Avrei dovuto restare calma e ascoltare tutta la storia. Oddio, Sara! Ma ti rendi conto?!

Sciolse l’abbraccio e la osservò negli occhi.

- Cioè, conosci quello che potrebbe accadere dopo una cosa del genere?

- Si…lo so…

- Oh, Sara…

Si abbracciarono di nuovo.

- Andiamo a casa, per favore…

Mentre le due si avviavano per ritornare a casa di Sara, il cellulare di Giulia vibrò nella sua borsa.

Lo estrasse e lesse l’avviso dell’arrivo di un nuovo messaggio.

- …Dev’essere Lorenzo…

- Lorenzo? Chi è?

LORENZO:

Capisco, Giulia.

Capisco che nella tua vita ci sia sempre

un problema di troppo.

Capisco, anche, che fra di noi ci sarà sempre un problema.

Se non sarà tuo, sarà mio.

Abbiamo età troppo diverse e vite opposte.

Forse s’incontreranno, un giorno, e diventeranno parallele.

Attenderò quel giorno, ma, per ora,

è meglio così.

Non è un addio, ma un arrivederci

a presto, spero!

- Ehi…chi è?!

- Era qualcuno che avrebbe potuto aiutarmi a ricominciare, ma, ora, è tutto finito. Di nuovo.

 

La campanella della fine delle lezioni squillò, vibrando con forza maggiore di qualsiasi altra.

Daniele uscì dalla classe col capo chino verso il pavimento.

Stava ancora pensando a lei.

A Giulia.

Pensava a lei giorno e notte.

Pensava ai momenti che avevano trascorso insieme.

E più pensava a quello che avevano fatto insieme, più sentiva di allontanarsi da lei.

Era esausto.

Sfiancato dal dover rimanere aggrappato ad un passato che lo faceva soffrire e di non vedere un presente che lo soddisfacesse.

Stava percorrendo i corridoi della scuola e ripercorse mentalmente le ultime settimane trascorse all’interno di quelle mura.

Erano stati giorni difficili, faticosi e dolorosi. Il pensiero di doverne affrontare un altro l’indomani lo rendeva ancora più stanco ed insoddisfatto.

L’idea di dover varcare quella soglia con la stessa malinconia pesava sul suo animo più di qualsiasi altro macigno.

Quella vita, quel prototipo di verità che ogni giorno era costretto a vivere, gli stava stretto, non conteneva tutte le sensazioni che lui provava. Avrebbe desiderato crearsi una vita con le sue mani, per poterne essere soddisfatto o, perlomeno, per sapere a chi reclamare la sua insoddisfazione.

Era difficile sopravvivere al mondo e alle sue avversità.

Era complicato farlo con qualcuno affianco e risultava quasi impossibile farlo da soli.

Non aveva nessuno che lo prendesse per mano e che lo guidasse verso una nuova gioia.

Camminava per le strade di Torino e non era diretto a casa. Non era diretto in alcun luogo. Stava, semplicemente, camminando, quando una mano amica gli si posò sulla spalla.

- Ciao!

Daniele si voltò di scatto, preso alla sprovvista da una voce tanto familiare quanto inaspettata.

- Fede?

- Certo! Chi altro avrebbe voglia di seguirti per tutta Torino, solo per assicurarsi che tu non faccia pazzie?!

Daniele abbozzò un sorriso divertito.

- Hai ancora voglia di starmi dietro dopo il modo in cui ti ho trattato oggi?

Federico rifletté sulla domanda che l’amico gli aveva appena posto.

- Beh…oggi non avevo nulla da fare…

Daniele, preso da un impeto di irrefrenabile allegria, strinse l’amico in un caloroso abbraccio.

- Ehi…Fede…grazie.

 

 

 

___________________________________________

 

Eccomi qua. Finalmente, direte voi! Finalmente, lo dico anche io!

Ho avuto il "coraggio" di prendere di nuovo in mano questa storia, che ormai va più lenta di una lumaca ferma, e di scrivere un nuovo capitolo. Anche l'ultimo capitolo, il finale, è già scritto. Non mi soddisfa per niente ed ero abbastanza tendente al pubblicarlo assieme a questo, ma poi ho riveduto la mia idea e ho pensato di pubblicarli uno vicino all'altro, magari a distanza di due o tre giorni.

 

Dunque, chiudiamo la parte sugli inutili preamboli, e passiamo al mio commentino piccino picciò.

Bene, devo dire che, rileggendo il capitolo, mi sono stupita molto nel vedere il mio entusiamsmo riguardo ad esso calare a picco. Al fondo del capitolo precedente avevo detto che mi aveva soddisfatto molto, mentre, adesso, non riesco a ritrovare quei punti che tanto mi avevano reso orgogliosa di lui.

Ma va beh, fa niente.

A me piace molto il finale, mentre ho trovato abbastanza ripetitiva la parte iniziale del pezzo di Daniele. Ed è proprio questo fattore, la ripetitività, che mi ha spinta a scrivere subito anche l'ultimo capitolo, in modo da terminare, finalmente, questa storia.

Nel corso di essa ho visto un'evoluzione nella mia scrittura, ma non nella trama e visto che l'ispirazione a riguardo è morta definitivamente, ho deciso di darci un taglio.

 

Ma non importa, rinviamo queste parole all'ultimo capitolo e passiamo ai ringraziamenti.

Come sempre ringrazio coloro che hanno recensito il precedente capitolo (Neverwinter e Vampire Berry): grazie ragazze, ancora non mi avete abbandonato e ve ne sono grata! Fra un po' porrò fine alle vostre agonie e questa storia avrà la sua fine! Spero avrete la pazienza di attendere il mio sprint finale...

 

Al prossimo capitolo, allora,

vostra

Miss Dark

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 (Ultimo) ***


Mai PIù Noi - Capitolo 22 (Ultimo!!)

CAPITOLO 22

(Ultimo capitolo)

 

 

La casa di Giulia era colma di ragazzi e di ragazze che ballavano animatamente al ritmo di una musica quasi assordante. Le poche parole inglesi dei cantanti rimbombavano contro le pareti dalle tonalità pastello del salotto.

Giulia era piuttosto preoccupata per i possibili danni che la casa avrebbe subito e di cui avrebbe dovuto rendere conto ai propri genitori, ma, nonostante ciò, riusciva a godersi la festa con la dovuta serenità.

Sara era in cucina e, muovendo la testa al ritmo delle note musicali che fuoriuscivano dallo stereo in salotto, rovesciava le bibite fresche nei bicchieri di plastica trasparente per poterli disporre, in seguito, su un vassoio di carta plastificata.

Le feste natalizie erano finalmente arrivate e la scuola aveva chiuso i battenti per due settimane, dando la possibilità agli studenti di prendersi una pausa. Giulia, approfittando della disponibilità della casa libera e del permesso incondizionato dei genitori, aveva deciso di dare una festa perla Vigilia di Natale.

Sara avrebbe ricominciato a frequentare il liceo all’inizio di gennaio e la vita delle due amiche avrebbe ripreso a scorrere in tutta la sua normalità.

Le due, infatti, avevano svolto il test di gravidanza per accertarsi che Sara non avesse ricevuto spiacevoli sorprese dopo il fatto avvenuto il mese precedente ed erano state rasserenate dal risultato negativo.

Sara mostrò un grande sorriso entrando nel salotto gremito di gente e, non appena ebbe posato il vassoio con i bicchieri sul tavolo, questi ultimi vennero afferrati dai ragazzi, già assetati dopo le prime tre canzoni.

Giulia si avvicinò all’amica e, cingendole la vita, la invitò a ballare con lei. La traccia seguente del CD era piuttosto tranquilla e così le due ragazze ebbero la possibilità di rilassarsi per qualche minuto, dopo aver provveduto ai preparativi della festa per tutto il pomeriggio.

- Non è uscita male, vero?

Gridò Giulia per sovrastare il rumore della musica.

- No, tutt’altro, Giù. Addirittura mi stupisco! Non avevi mai organizzato nessuna festa e, devo confessarti, ero piuttosto scettica della sua riuscita però, come vedi, tutti si stanno divertendo.

- Dici che posso stare calma, non è che mi distruggono i mobili?!

- Ma va! Non sono mica bestie!

Anche Daniele era stato invitato a prendere parte ai festeggiamenti natalizi e lui e Giulia avevano avuto modo di parlare.

Il pomeriggio precedente, infatti, la ragazza lo aveva invitato a trascorrere qualche ora con lei ai giardini del quartiere, così da avere l’opportunità per parlarsi con calma. Daniele era stato inizialmente freddo e distaccato, ma quando aveva sentito la voce di Giulia allegra e serena, aveva chiesto l’orario dell’incontro e l’aveva salutata con un po’ di titubanza.

Si erano dati appuntamento per le tre e mezzo davanti all’entrata principale del parco giochi per i bambini, ma entrambi, ansiosi di ritrovarsi, erano giunti al luogo con abbondante anticipo. Il primo impatto era stato piuttosto imbarazzante, dato che era più di un mese che i due comunicavano con sguardi astiosi e carichi di rancore, ma il resto del pomeriggio era trascorso in tranquillità.

Avevano tentato di chiarire ciò che era accaduto tra loro e Giulia aveva espresso il desiderio di ricostruire l’amicizia che avevano perduto. Daniele aveva assunto un’aria entusiasta, come se avesse ricevuto la notizia più bella del mondo e, preso dalla foga, aveva abbracciato colmo d’affetto l’amica.

Qualche ora dopo, stancati dal freddo e dalla lunga passeggiata che avevano compiuto lungo il Po, erano tornati ai propri appartamenti e Giulia lo aveva invitato a festeggiare la Vigilia di Natale con lei ed altri compagni di scuola. Daniele aveva accettato senza esitazioni e aveva poi esteso l’invito a Federico.

Entrambi erano ora intenti a chiacchierare con un altro paio di compagni di classe.

Passata la mezzanotte le persone cominciarono a sciamare finché la casa non rimase deserta, fatta eccezione per Sara, Giulia, Daniele e Federico.

Erano tutti e quattro sdraiati sul divano e fissavano con espressione sorpresa ed assonnata il disordine accumulatosi nel salotto e nelle altre camere dell’appartamento.

Daniele ruppe il silenzio un po’ per evitare che tutti si addormentassero e un po’ per accelerare le pulizie.

- Wow Giù…non ricordavo avessi una casa così grande…sicura che dobbiamo pulirla tutta?

La mora si voltò lentamente verso di lui e gli fece una linguaccia poi si alzò dal divano ed esordì con una frase carica di un’esagerata eccitazione.

- Su ragazzi, prima cominciamo e prima finiremo!

Lei e Sara si occuparono della cucina e del salotto, mentre Daniele e Federico furono incaricati di riordinare il resto delle stanze.

Dopo quasi un’ora e mezzo ebbero terminato il lavoro e Giulia rimase sola nella casa vuota e piena di sacchi della spazzatura.

Si diresse verso la propria camera e infilatasi il pigiama si avvicinò alla finestra e prese ad osservare il cielo.

Pioveva. Sarebbe stato meglio se avesse nevicato, i fiocchi bianchi avrebbero donato alla giornata un’atmosfera perfettamente natalizia, ma a Torino non nevicava più molto e, anche fosse stato, la neve si sarebbe sciolta dopo pochi giorni.

La ragazza chiuse le tende e si infilò sotto le coperte morbide e calde. Quando stava per addormentarsi, il suo cellulare vibrò sul comodino.

Controvoglia, Giulia lo afferrò e, sbloccata la tastiera, sul display apparve un nuovo messaggio.

 

DANIELE:

Ehi Giulia, è stata bellissima la festa e,

soprattutto, è stato bellissimo rivederti.

Era da tanto tempo che

non ci divertivamo insieme!

Buonanotte, Giù, ci vediamo a scuola!

^^

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Eccomi qua!!

Ho più o meno mantenuto la mia promessa di pubblicare il prima possibile.

Diciamo che sono passati un po' più di due giorni, ma ho voluto dare un'ultima occhiatina a questo capitolo, dato che si tratta dell'ultimo di questa storia.

E' finita, sì, ed è come buttarsi alle spalle un piccolo pezzo di me. Perchè, è vero, la storia non mi appassionava più e la trovavo piuttosto lontana da quello che provo ora, ma mi ero molto affezionata.

Parlava di una parte di me che adesso ho praticamente perso. Parlava di un periodo che rimpiangono un po' per i dolori e un po' per le gioie.

Ma non importa, non servono i sentimentalismi, non li voglio!

Spero vi sia piaciuto, anche se trovo sia scritto in maniera molto diversa da quella degli altri capitoli. Forse perchè l'ho scritto troppo tempo dopo il capitolo 21, non lo so.

Mi aspetto vostre critiche, non solo gli apprezzamenti. Vorrei che anche chi ha inserito la storia fra i preferiti la commentasse, dato che non ho mai ricevuto un vero e proprio apprezzamento da tutti voi.

Ringrazio tutti coloro che hanno commentato, che hanno letto, che hanno preferito questa storia.

Ringrazio, insomma, tutti coloro che l'hanno seguita apprezzandola o meno, perchè il vero piacere sta nell'essere letti, oltre che nello scrivere.

Un grazie particolare ad HarryEly e a Neverwinter che hanno seguito questa storia fin dal suo principio. Spero, come nello scorso capitolo, di non aver deluso le vostre aspettative (soprattutto tue, Neverwinter, visto che aspetti da molto tempo una conclusione all'"avventura" di Sara!)

Vi saluto, dunque.

Alla prossima, chissà dove?!

La vostra

Miss Dark 

 

 

 

 

 

 

 

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