La Regina di ghiaccio - Wolves and Dragons

di starmars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sguardo ***
Capitolo 2: *** Espediente ***
Capitolo 3: *** Incontri ***
Capitolo 4: *** Ghiaccio ***
Capitolo 5: *** Curiosità ***
Capitolo 6: *** Promessa ***
Capitolo 7: *** Famiglia ***
Capitolo 8: *** Mostro ***
Capitolo 9: *** Ramsay Bolton ***
Capitolo 10: *** Regards ***
Capitolo 11: *** Roose Bolton ***
Capitolo 12: *** Spettro ***
Capitolo 13: *** Sete ***
Capitolo 14: *** "Bear Island knows no king, but the King in the North, whose name is Stark." ***
Capitolo 15: *** Frey ***
Capitolo 16: *** Aerys ***
Capitolo 17: *** Ombra ***
Capitolo 18: *** Cyvasse ***
Capitolo 19: *** Caccia ***
Capitolo 20: *** Prigionia ***
Capitolo 21: *** Accordi ***
Capitolo 22: *** Lady Chestwick ***
Capitolo 23: *** Il dono ***
Capitolo 24: *** Confronto ***
Capitolo 25: *** Delta delle Acque ***
Capitolo 26: *** Calma ***
Capitolo 27: *** Nebbia ***
Capitolo 28: *** Voragine ***
Capitolo 29: *** Ricordati ***
Capitolo 30: *** Maegor ***
Capitolo 31: *** Fuoco e sangue ***
Capitolo 32: *** Ritorno ***
Capitolo 34: *** Mare (33) ***
Capitolo 37: *** Aria (34) ***
Capitolo 38: *** Cersei (35) ***
Capitolo 39: *** Spezzato (36) ***



Capitolo 1
*** Sguardo ***


 

**Questi personaggi non mi appartengono ma sono proprietà di George R.R. Martin. La storia invece è frutto della mia fantasia e qualsiasi pubblicazione della stessa in altri siti è vietata, previa mia autorizzazione ©.

La storia non è stata scritta a scopo di lucro.**



Si accorse di lui.

Fu un attimo quando la vide voltare leggermente la testa e scrutarlo di profilo. Poi la sua curiosità ebbe la meglio e si voltò completamente a ricambiare lo sguardo. Non era che una ragazza qualunque, a giudicare dai suoi abiti. Non aveva niente che gli facesse pensare a qualcosa di interessante. Nemmeno il suo volto era bellissimo, allungato, un po' spigoloso, niente di particolare. Aveva visto donne di ogni tipo, belle e brutte, ma lei non apparteneva a nessuna delle due categorie. Giudicandola così su due piedi, era una ragazza più che normale. Eppure aveva qualcosa nello sguardo che riusciva a catturare la sua attenzione. I suoi occhi non erano molto comuni, avevano una tonalità sfumata di grigio scuro, e oltre a quel particolare colore, fu la forza che trasmettevano ad incuriosirlo.

Aveva sempre pensato che nessuna donna potesse mai reggere il suo sguardo, era troppo intimidatorio, troppo ambiguo, almeno così l'avevano giudicato in molti. Timore, era il sentimento comune a tutti quelli che osavano incrociare i suoi occhi.

Ma i suoi occhi, quelli della ragazza, sembravano immutabili, fissi su di lui, autorevoli e distaccati. Non un solo muscolo del volto reagiva a quello strano incontro e niente, nemmeno il vento che le tirava indietro i capelli sembrava stuzzicarla.

Provò allora ad accennarle un sorriso, divertito da quella situazione, singolare e rara. Si aspettava un ricambio o lo sguardo intimidito che si ritraeva. Invece lei dall'altra parte abbassò leggermente il mento e inarcò il suo sopracciglio guardandolo con un'aria stranita. Mai si sarebbe aspettato quell'atteggiamento, era più che evidente che la ragazza non sapesse con chi avesse a che fare. Tutti con quell'aria di rispetto, di reverenza che si deve ad un principe del suo calibro. Nessuno che osasse intrattenere un atteggiamento di sfida nei suoi confronti. Era forse questo, quello che la ragazza stava cercando di intraprendere? Una sfida nei suoi confronti? Non era possibile, non avrebbe osato, era chiaro come il sole che splendeva quel giorno, che lei non sapeva affatto chi fosse lui.

Così mentre rimuginava sul suo strano atteggiamento, la ragazza ruppe il filo degli sguardi e senza proferire parola si voltò, sparendo dietro la tenda della balconata. Lui la guardò allontanarsi con il suo sorriso divertito, e si stupì di essere incuriosito non solo dal pensiero di quello che era appena accaduto, ma anche da una ragazza qualunque, che si era permessa di fissarlo in quel modo.


Andarsene da quella balconata le era sembrata la decisione più giusta, la situazione stava diventando ridicola.

Era uscita fuori per distrarsi dalla noia di quel giorno. Non era facile accompagnare Daario Naharis nei suoi incontri con la regina argentea anche se questa volta pensò seriamente che per lei ci sarebbe stata una qualche utilità nella missione. Era ormai un'assassina professionista e le capitava spesso di seguire generali o comandanti per delle attività speciali, ma come al solito, anche quel giorno, quando si presentarono entrambi al cospetto di Daenerys Targaryen, quest'ultima l'aveva congedata per richiamare il suo guerriero in una conversazione in privato. Arya sapeva benissimo di che genere di conversazione privata si trattasse, Daario non aveva fatto altro che ricordaglielo per tutta la mattinata: “Scopare con la Regale Madre dei Draghi” .

Rimasta sola anche questa volta e avendo ormai esplorato la maggior parte delle sale di quel palazzo, si decise ad uscire fuori, una volta scoperta una finestra che dava su una balconata. C'era una bellissima vista, da lì riuscì bene a vedere il porto di Braavos e in lontananza il titano, che salutava l'ingresso delle navi. Nell'entroterra, si trovavano le case ammassate tra i canali tortuosi, attraversati dalle piccole imbarcazioni. Riuscì persino ad intravedere la sua casa. Casa, se così la poteva definire, era la casa del bianco e del nero, per lei era stata una piacevole dimora in quei lunghi anni. Lì era stata addestrata a combattere e uccidere. Aveva imparato a covare tutto l'odio dentro di sé, trattenendosi dalla sua voglia di tornare nel continente, per vendicarsi. Si ripeteva sempre che era troppo presto e che lei era ancora troppo impreparata per affrontare i suoi demoni.

Aveva avuto pazienza e nel frattempo erano passati dieci anni da quella volta che aveva bussato alle porte bianche e nere della casa del Dio dei Mille volti. Su quella balconata presa dai suoi pensieri, si sentì improvvisamente addosso uno sguardo disturbante. Aveva subito capito che, vicino a lei si era affacciato un qualcuno a cui non era riuscita a dare un volto. Infastidita dall'insistenza di quello sguardo e, dovette ammetterlo, incuriosita, si voltò appena per riuscire ad intravedere quell'uomo. Scoperto lo strano individuo, si voltò del tutto. Si limitò a fissarlo di rimando, cercando di capire cosa gli passasse per la testa in quel momento. Le parve un tipo strano in effetti, aveva una specie di tunica grigia, ma non le riuscì collocarlo in un preciso ordine gerarchico.

Il volto del suo osservatore era decisamente singolare. Spigoloso, liscio, privo di peli, non aveva barba, né baffi, come invece portavano la maggior parte degli abitanti dell'Essos. Lo sguardo dell'uomo convinse Arya della singolarità con cui si stava misurando.Aveva degli occhi blu intensi, freddi, ed intimidatori. Lei cercò solo di rimanere impassibile e non assunse alcun tipo di espressione. Fu solo quando lui dall'altra parte, le accennò uno dei più improbabili sorrisi ambigui, che Arya gli lanciò un'occhiata fulminante. Infine si voltò, tornando a gran passo nel corridoio.




**Note dell'autrice: Se siete qui a leggere questo primo capitolo, vi ringrazio. Non sono nuova del sito, ma sono da sempre stata un'avida lettrice di varie FF. Questa qui è la mia prima prova da scrittrice, inutile dire che ho paura che non piaccia, ma vorrei sapere nelle vostre recensioni il più possibile, "cosa non va", "Cose migliorabili", "Cose che vi piacciono"...etc. Se notate orrori di ortografia, grammatica, sintassi, non fatevi problemi a farmeli presenti. Sono aperta alle critiche e pronta a correggere gli sbagli. Non è una storia improvvisata, come viene viene, ma il racconto c'è ed estiste in parte nel mio computer, e lì si sta formando piano piano. Pubblico i primi tre capitoli insieme perchè possiate avere un quadro generale migliore e anche perché questo primo capitolo è più un prologo, un breve episodio che per adesso sembrerà non avere peso nella storia. In realtà è importante, il ragazzo è importante. non sarà una storia smielosa, diabetica o piena di romanticismo. Ci sarà Arya in tutta la sua brutalità e insieme a lei ci saranno anche altri personaggi. Vediamo come va! **

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Capitolo 2
*** Espediente ***


 

Aprì la porta della sua stanza con una certa aggressività, tanto che Tyrion, che in sua assenza si era appisolato nella poltrona, sussultò dallo spavento. “Buongiorno, ben tornata. Di buon umore come sempre vedo.” la salutò, appena il piccolo uomo si fu ripreso. Arya tirò diritta nella stanza fino ad arrivare al letto, lì si sedette sbuffando, lanciando un'occhiata carica di fastidio alla battuta ironica di Tyrion. “L'inutilità della mia presenza mi rallegra ogni volta.” commentò acida, dopo che lui si fu alzato per andare a prendere un calice di vino. “Non capisco come mai mi debba convocare e tediarmi della sua presenza, quando alla fine io non gli servo a nulla.”

Tyrion si voltò verso Arya sospirando. Ammiccò con un certo sorrisetto alla ragazza. “Ancora non hai capito che il suo obbiettivo è far ingelosire la sua regina? Ogni volta che vai con lui si diverte a vederla diventare viola. Devi ammettere che la tua sola presenza al suo fianco, fa emergere qualche dubbio”.

Bevve tutto d'un fiato il vino nel bicchiere e Arya notò anche quanto di quel vino in realtà andò a finire nella sua barba. Era da mesi ormai che non se la radeva, incominciava a pensare che la stesse tenendo sempre per la paura di essere riconosciuto. Anche se erano passati tanti anni, la taglia voluta dalla sua cara sorella sulla sua testa, era sempre presente.

“È ridicolo, io non vado certo con lui per far ingelosire quella stupida regina. Io sono un'assassina, non un oggetto da mostra.” 

 “Occhio a come parli” Tyrion la guardò sempre con un sorrisetto divertito, mentre Arya si alzò per avvicinarsi al tavolo dove si trovava lui. Iniziava a sentire un certo languorino e il tozzo di pane rimasto lì sopra l'attirava come il canto di una sirena.

“Perchè dovrei stare attenta a quello che dico? Lei non sa chi sono. Anzi, a dire il vero non lo sa nemmeno Daario Naharis. Quindi non vedo il motivo dei tuoi ammonimenti.”

Prese il piccolo pezzo di pane e incominciò a mangiarlo con gusto, forse sarebbe stata la sua unica cena quel giorno. Tyrion sospirò, ritenendo inutile stare a discutere con lei, ormai aveva imparato a convivere con la sua cocciutaggine e il suo carattere ostinato.

“Vedi, Arya, c'è un motivo per cui Daario vuole far ingelosire Daenerys Targaryen.” versandole un po' di quel vino rimasto. “ ...e sarebbe?” fece lei biascicando con fare poco interessato.

“I Targaryen hanno deciso di partire, perciò di qui a pochi giorni se ne ritorneranno nel continente occidentale. Daario non ha alcuna intenzione di seguire la sua Regina al di là del mare stretto, specialmente dopo l'annuncio del suo fidanzamento. È per questo che sta inutilmente tentando di convincerla a non partire con altri mezzi. Mossa devo dire, alquanto stupida. Ma che ci vuoi fare? Noi uomini sappiamo ragionare solo con quello che abbiamo tra le gambe, e a quanto si dice, ormai Daenerys ne ha già visti abbastanza per restare ancora.”

La regina aveva ormai perso nella campagna di salvataggio, nella vicina baia degli schiavisti. Molti padroni, a quanto aveva sentito, e i figli dell'Arpia si erano definitivamente ribellati. Grazie all'aiuto di vari eserciti e compagnie di mercenari dalle città di mercanti alleate, avevano rovesciato la sua democratica reggenza. Dopo aver subito perdite innumerevoli al suo esercito degli immacolati, e aver perso varie battaglie per questo, si era decisa finalmente ad abbandonare la baia e a dirigersi verso le città libere. Poteva contare anche sulla forza di un solo drago, gli altri due si diceva fossero scappati lontani, nelle terre più antiche.

Ora se ne stava, insieme ai pochi sopravvissuti e alleati, rintanata dentro il palazzo del consiglio della città, facendo finta di essere la regina di un qualche paese. Da lì, probabilmente aveva rincominciato a guardare verso Westeros e senza navi e senza un notevole esercito aveva desiderato tornare a conquistarlo.

“ Come pensa di fare? Arrivare nel continente e raccogliere alleati per la strada. La gente non la conosce, non l'ha mai vista. Come può sperare che sia disposta a combattere per la sua causa?” fece una pausa aspettando che Tyrion le rispondesse in qualche modo, ma lui si limitò a fissarla divertito.

“Sopratutto ora, che un clima di pace sembra essersi ristabilito?” chiese nuovamente. Ma Tyrion stava sempre zitto guardandola con l'aria di uno che ne sapeva molto di più.

A quel punto lei si alzò dalla sedia, guardandolo sospettosa. “Avanti dillo. Qual è l'espediente che ha trovato Daenerys? Non fare finta di non ne sapere nulla, che sei alquanto fastidioso!” gli puntò il dito contro il petto punzecchiandolo.

Dopo pochi minuti, Tyrion finalmente si levò quel suo sorrisetto.

“Oh sì, la cara regina argentea ha un espediente per andarsene da qui e portare il suo culo regale al di là del mar stretto. Eccome se ce l'ha! La risposta però è più semplice di quella che credi, Arya. Dorne. È questa la risposta a tutte le tue domande.”

Lei lo guardò, curiosa di saperne di più su quella storia. “Come sarebbe a dire, Dorne?”

“Il regno di Dorne ha concesso un prezioso aiuto ai Targaryen. Un'alleanza più che strategica. Sono anni che i Martell vogliono togliere di mezzo la reggenza dei Lannister e i Baratheon. Ammettiamolo le loro pacifiche intenzioni sono state nuovamente stroncate quando la Montagna ha schiacciato la testa alla Vipera, anche se un po' di merito di quel che accadde fu in parte mio. Il punto però, Arya, è che Daenerys e Dorne sono diventati amici stretti ed insieme possono sperare di rovesciare re Tommen e i suoi alleati.” fece una pausa studiando l'espressione concentrata della ragazza, che ormai si era rimessa a sedere davanti a lui, ascoltandolo in un silenzio contemplativo.

“Ma c'è un motivo ancora più semplice, che ha convinto Doran Martell ad accettare l'alleanza con i Targaryen.” riprese Tyrion. “ Quale motivo migliore se non un matrimonio e una discendenza assicurata nell'antica casata dei Draghi.”

“Matrimonio? Pensavo che Daenerys si fosse decisa a sposare suo nipote Aegon ? Ha cambiato idea, scegliendo Doran Martell? Deve essere proprio disperata per farlo.”

Tyrion si alzò dalla sedia di fronte a lei, e ridacchiando cominciò a camminare per la stanza. “Ti manca un piccolo particolare Arya. È vero Daenerys ha deciso di sposare suo nipote. Quello più grande, però.” alzò gli occhi verso di lei e attese che la notizia fluisse nella sua mente, perché si accorgesse dell'effettivo piccolo particolare.

“Aerys!” Esclamò Arya, appena ebbe capito. Sorrise a quell'idea tanto semplice, a cui non era arrivata subito “ La regina ha due nipoti. Aegon il più grande ed Aerys il più piccolo. Lei sposerà Aegon, ma che fine farà fare all'altro?”

Sapeva, da quanto le aveva raccontato Tyrion una volta, che Varys il ragno di corte, all'epoca del massacro di casa Targaryen fece di tutto per salvare la discendenza dei Draghi.

Rhaegar aveva tre figli con Elia Martell. Aegon era il primogenito, Aerys e Rhaenys i due gemelli venuti alla luce pochi anni dopo. La notte dell'assedio ad approdo del re, Aegon aveva poco più di quattro anni e Aerys e Rhaenys due. Arya sapeva di quella storia. Sapeva cosa fosse successo quella notte. La montagna, ser Gregor Clegane irruppe nelle stanze reali e sotto ordine di Tywin Lannister uccise i due principini e la piccola principessina, fracassando loro il cranio. Tutto sotto gli occhi di Elia Martell, sconvolta e atterrita. Fino a che non toccò a lei, stuprata massacrata e uccisa.

Una fine terribile, quella che si raccontava in giro, ma non del tutto vera.

Varys, l'astuto eunuco, era riuscito a comprare due orfani piuttosto somiglianti ai due principi maschi, sostituendoli con Aegon ed Aerys. Così, mentre la montagna fracassava la testa a due anime innocenti, i due giovani Draghi scappavano insieme al ragno e a Jon Connington, l'ex primo cavaliere del Re Folle.

Rhaenys la piccola principessa non fu salvata. Il motivo di questa scelta, che le spiegò in seguito Tyrion fu: “ A causa di questioni pratiche.” Ma lei non le capì mai queste questioni pratiche e si ritrovò a pensare che anche un eunuco potesse essere sessista.

I due principi passarono anni nascosti, insieme alla protezione di Lord Connington, fino a quando non si riunirono alla loro zia. Il pretesto, a quanto si diceva in giro, era quello di un matrimonio tra Aegon e Daenerys, ad onore della vecchia tradizione dei Targaryen. Ma anche se entrambi fossero piuttosto attraenti, e sebbene avessero la stessa età, la regina non accettò mai fin da subito quell'alleanza.

Arya pensò fosse solo una questione di orgoglio, tanti anni vissuti ottenendo rispetto come regina e come donna, per poi trovarsi a dover cedere tutto a suo nipote, fino a prima sconosciuto. Di certo lei non la biasimava, potendo capire benissimo quel motivo di orgoglio.

Un giorno, però, Daenerys decise di accettare la proposta di Aegon e forse avrebbero celebrato il matrimonio una volta giunti a Westeros.

“Quindi Aerys, il nipote e per ora, secondo erede al trono, sposerà la figlia di Doran giusto? Arianne Martell, che a quanto pare non ha fatto mai maritare con nessuno.”    Il giovane Targaryen avrebbe sposato la principessa di Dorne, così da assicurare una ragionevole discendenza ai Martell, e Doran il re, avrebbe dato un esercito, navi e tutto il necessario affinché quella discendenza divenisse regale.

Arya comprese perfettamente dove finiva tutta quella storia. Daenerys ed Aegon avrebbero di nuovo portato i Targaryen sul Trono di Spade.

A quel punto Tyrion le si avvicinò, tanto da permetterle di sentire cosa le stesse sussurrando “ Tu cosa hai intenzione di fare invece?”

Arya lo fissò accigliata. “ Cosa pensi che faccia? Mi dovrei alleare con i Targaryen, sperando di avere un posto d'onore nel vedere la tua famiglia rovesciata?” si alzò e iniziò a girovagare per la stanza.

Tyrion la osservò, riuscendo ad intuire perfettamente i suoi pensieri. No, l'idea di stare a guardare non l'allettava per niente. Aveva passato anni a preparasi per una vendetta e un'adeguata ricompensa all'odio personale. Non poteva starsene lì rintanata a Braavos solo come spettatrice. La vide sbuffare e camminare nervosamente, come mai l'aveva vista fare prima. Poi si fermò di colpo e alzò la testa verso Tyrion. “ No, voglio divertirmi anche io.” sorrise, un sorriso complice che lui ricambiò, sapendo cosa intendesse.

Prese la sua cappa ed infilandosela, si diresse verso la porta. Tyrion la seguì dopo essersi coperto adeguatamente anche lui.

Insieme uscirono dalla stanza e dalla casa del bianco e del nero, dirigendosi verso una taverna nel centro della città.

 

 

**Note dell'autrice: Lo so, questo secondo capitolo è lunghetto, ma c'era bisogno di una buona introduzione agli eventi. Poi vi chiederete cosa ci faccia Tyrion con Arya a Braavos, beh lo scoprirete ;D. Nel frattempo ho introdotto il nuovo personaggio, mai esistito nemmeno nella fantasia più segreta di Martin, ma necessario per la mia storia. :D Buona lettura e grazie se siete qui a leggere!!**

 

Note postproduzione: vi parlo dal lontano capitolo 16, vengo dal futuro! Insomma ho scoperto grazie alla recensione di una ragazza che Rhaenys non è affatto la più piccola della cucciolata Targaryen, purtroppo questo errore non potrò cancellarlo perché altrimenti dovrei cambiare tutta, TUTTA, la storia. Mi dispiace, chiedo umilmente perdono.

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Capitolo 3
*** Incontri ***


 

 

Non era di certo la sua birra preferita, ma in quella taverna la facevano con una speciale miscela al doppio malto, per questo non gli dispiacque ordinarle due o tre, nell'attesa. Arya ordinò invece una zuppa calda da mettere nello stomaco dopo il misero tozzo di pane che aveva mangiato nella sua stanza. Lui beveva, lei mangiava, aspettavano entrambi il momento giusto.

Per chiunque li osservasse quei due potevano sembrare veramente una strana coppia, un nano barbuto e mal messo e una ragazza giovane dall'aria vaga e sospetta.

Strano era anche il modo in cui loro due si erano ritrovati a passare quegli anni insieme.

Tyrion, dopo essere fuggito dalla baia degli schiavisti, ebbe modo di trovare un passaggio verso Braavos. Nemmeno lui seppe il perché, ma di quella cittadina ne aveva sentito tanto parlare. Libera, priva di schiavi, di re o di guerre. Solo mercanti e puttane. Pensò che fosse la scelta migliore da fare, visto le scarse opzioni che aveva di fronte in quel periodo.

Non si sarebbe mai immaginato però di trovare anche Arya Stark tra gli abitanti, una rifugiata nella città portuale di Braavos.

Non la riconobbe subito, ma osservandola giorno per giorno si ricordò a chi appartenessero quegli occhi grigio scuro e quei capelli castani. Non fu difficile incrociarla nuovamente, Arya infatti doveva girovagare per tutta la città per delle missioni di addestramento, che il vecchio della casa del Dio dei mille volti le assegnava.

Lei, invece lo riconobbe al primo sguardo. Non che Braavos fosse priva di nani, anzi, erano tantissimi i giullari che si intrattenevano in città, nella speranza di guadagnare qualche soldo dalla gente libera. Però Arya lo seppe fin da subito chi fosse quella persona.

Il loro vero primo incontro avvenne in strada alla luce del sole, stavano camminando l'uno nel verso opposto all'altro, e quando si trovarono vicini, incrociarono gli sguardi. Da quel momento fu come stretto un tacito accordo tra i due, che li fece fingere di non sapere niente della presenza di uno o dell'altro. Ma Tyrion era curioso, voleva scoprire cosa ci facesse la ragazzina Stark dall'altra parte del mare stretto. Così fu lui ad avvicinarsi sempre di più ad Arya. Non fu certo facile, lei era sempre schiva, rude e indisposta al dialogo, ma mesi e mesi di tentativi favoriti da incontri casuali per strada, portarono i due a parlare. Poco per volta, Arya non fu più infastidita dalla presenza di Tyrion a Braavos, e cominciò a parlargli del perché si trovasse lì, e cosa ancora più rara per lei, iniziò a fidarsi del nano.

Per lui invece, non fu facile capirla all'inizio e avere a che fare con il suo carattere burbero lo mandava su tutte le furie, tanto che più volte aveva pensato di lasciar perdere e di vivere la vita serenamente lì in città, da solo. Però il tempo passò e Arya da ragazzina tredicenne acerba divenne una donna matura. Fu così che cominciò a sopportare e comprendere, i suoi modi bruschi e a volergli bene. Mai niente però che andasse al di là delle sue fantasie, perché alla fine Arya, era diventata l'unica vera amica in tanti anni di vita.

Non erano stati male gli anni a Braavos, inizialmente sì, un po' duri ma poi con il tempo, l'atmosfera della città divenne accogliente. Arya però, aveva sempre lo sguardo oltre il mare, non aveva dimenticato cosa si trovasse al di là di quel muro d'acqua. Sapeva quanto il suo desiderio di vendetta fosse forte e presente, e quanto la spingesse ogni volta a desiderare di tornare in un posto, che poteva definire veramente casa sua.

Per questo aspettavano lì in quella taverna, sapevano entrambi che di lì a poco sarebbero entrati una donna e il suo scudiero.

 

Li notarono un pomeriggio qualunque, passeggiando nel mercato centrale. Aveva messo gli occhi su delle succosissime mele verdi, quando Tyrion la chiamò dietro di lei. Arya appena si voltò notò che stava guardando qualcosa a poche bancarelle di distanza.

Seguendo il suo sguardo, si accorse che in realtà quel qualcosa era qualcuno, due persone. Una donna molto alta, che non passava di certo inosservato, capelli biondi e viso mascolino, accompagnata da un ragazzo di più bassa statura, moro e impacciato all'apparenza. Stavano parlando con un mercante di stoffe, entrambi davano loro le spalle e non potevano vederli.

Arya non ebbe dubbi, aveva riconosciuto subito quella donna mastodontica.

“Quella è Brienne di Tarth, la donna che uccise il Mastino.” sussurrò piano a Tyrion, in modo che la sentisse solo lui. “Come? Ma non mi avevi detto di averlo fatto fuori tu il Mastino?” la guardò ma lei tenne lo sguardo fisso sui due, per controllarli.

“No, mi dispiace, non sono stata io. Avrei voluto tanto averne merito, ma la realtà è che fu quella donna a scaraventarlo giù da una scarpinata. Credimi quella ha la forza di una montagna.”

Brienne di Tarth, Tyrion l'aveva già conosciuta ovviamente, fu quando ancora era un Lannister ad Approdo del Re.

La guerriera tornò da un lungo viaggio insieme a suo fratello Jamie, che si presentò con una mano di meno.

“E quello è Pod” rivelò ad Arya indicandolo con un gesto. “ Chi scusa?”

“Podrick! Era il mio scudiero prima che mia sorella e mio padre decidessero di accusarmi di regicidio e condannarmi a morte.”

Ora che lo osservava meglio, riconobbe il ragazzo che accompagnava la guerriera anche quel giorno, il giorno in cui il Mastino fu ucciso.

Arya ad un tratto si voltò, dirigendosi nella direzione opposta a dove si trovavano Brienne e Podrick.

Tyrion era ancora impegnato ad osservarli, quando si accorse di essere rimasto solo. Si guardò intorno per trovarla e quando intravide la sua figura poco più indietro, si affrettò a seguirla.

“Che ti è preso? Perché scappi?” a gran voce, allungando il passo per starle dietro. Non era molto più alta di lui, nonostante fosse una ragazza normale, ma riusciva ugualmente a distaccarlo sempre di qualche metro.

“Non sapevo avessi bisogno di uno scudiero. Anzi non sapevo nemmeno fossi un cavaliere. Ser Tyrion suppongo?” lo stuzzicò Arya voltando la testa, per farsi sentire dal mezzuomo, che la inseguiva poco dietro.

“Come scusa?” chiese con affanno.

“ Lo scudiero. Hai detto che Pod era il tuo scudiero. Quindi tu eri un cavaliere?” si fermò, evidentemente erano arrivati sufficientemente lontani e fuori vista.

Tyrion si rallegrò nel vedere che si era decisa a non avanzare oltre, anche perché ormai erano usciti dal mercato ed erano giunti a delle stradine deserte. Arya lo osservò, sorridendo ironica.

“ Non sono mai stato un cavaliere, anche se qualche anno fa mi è capitato di montare sopra un porco e di lottare per il mio onore contro un altro cavaliere sopra un cane. A parte quel breve episodio di prodezza, no, non sono mai stato cavaliere, ma ero un Lord un tempo. Forse tu non lo ricorderai, ma io sì. Ricordo anche di aver guidare l'esercito contro quello di Stannis, determinando la sua sconfitta alle acque nere, ma il mio integerrimo padre si prese il merito di quella vittoria e gentilmente ringraziandomi, mi nominò maestro del conio. Ma no, mai cavaliere. Non gli ho mai potuto dare questa soddisfazione!”

Ripresero a camminare, più lentamente. Arya lo ascoltò parlare, scansando le pozze d'acqua nei viottoli della città. “Sei sempre lì a vantarti per quella storia eh?” sghignazzò una volta raggiunto il porto.

“Ma sì, in fondo è stato l'unica impresa onorevole che ho compiuto. Ah no! Aspetta. Non dimentichiamoci il presunto regicidio e far morire mio padre con le brache calate.”

Arya sbuffò e incentrò di nuovo il discorso verso quei due del mercato. “Pensi che abbiano finalmente capito dove mi trovo?”

Tyrion non capì, in effetti come poteva sapere. Arya non glielo aveva mai detto che la missione di Brienne era quella di riportarla a casa. Così all'espressione un po' perplessa dell'uomo, spiegò le sue motivazioni.

“Non so cosa credere. Quello che so è che Pod non è certo un ragazzo sveglio. Ma chissà forse insieme hanno fatto una quasi decente coppia di ricercatori, e un sussurro ad ovest ed una parola ad est, magari sono arrivati fino qui a Braavos. Non sei invisibile, per quanto in realtà ti piacerebbe avere questo dono.”

Forse era così. Alla fine, dopo tanti anni, Brienne era riuscita a seguire le sue tracce ed arrivare fino a lei. Fino alla città libera.

La notizia non la sconvolse più di tanto, in cuor suo sapeva che prima o poi sarebbe dovuta tornare, e che prima o poi l'avrebbero trovata.

Da allora, li osservò per giorni, seguendoli senza mai essere notata. Anni di addestramento le erano serviti per diventare invisibile, infatti Tyrion si sbagliava, lei quel dono ce l'aveva, anche se non nel modo in cui intendeva lui.

Passarono settimane e quella strana coppia formata da una donna guerriero e il suo scudiero, rimasero in città. Evidentemente erano sicuri di essere giunti ad un punto di svolta.

Quel giorno che Tyrion gli rivelò i piani di Daenerys Targaryen, pensò che fosse finalmente giunto il momento di presentarsi a loro. Per questo erano lì in quella taverna. Lui beveva, lei mangiava, aspettando.

Sapeva che prima o poi sarebbero entrati. Giorni e giorni ad osservali e quasi tutte le sere si ritrovavano lì proprio dove erano loro. Probabilmente era la taverna più economica e di miglior qualità in città.

Passarono alcune ore e l'impazienza di Tyrion stava mettendo di mal umore Arya, fino a che, eccoli. La donna gigante e il suo accompagnatore, come previsto. Andarono ad un tavolo poco lontano, senza notarli.

Arya, ormai finita la zuppa da un paio di ore, bevve un sorso d'acqua. Lanciò un'occhiata a Tyrion e lui comprese. Era il momento di agire.

Si alzarono entrambi, dirigendosi verso il loro tavolo. Si accomodarono indifferenti insieme a loro, tutto sotto lo sguardo sbigottito di Podrick e quello in allerta di Brienne.

“Avete bisogno di qualcosa?” chiese la donna con un tono che non lasciava dubbi sulla inospitalità del suo atteggiamento.

“Mio signore...” Podrick parlò ancora prima che Arya potesse replicare.

Era inevitabile che lo scudiero riconoscesse Tyrion. Nel momento in cui pronunciò quella frase Brienne si voltò verso il ragazzo, il quale se ne stava con la bocca spalancata dallo stupore. Poi voltò lo sguardo verso il mezzuomo.

“Lord Tyrion” sussurrò la donna. “Esatto, Lady Brienne, sono io. Anche se un po' barbuto, con i capelli un po' più lunghi, e con una faccia che non si può annoverare tra le più belle che avete visto, ma sono io. Però mia cara Signora, non credo di essere più un Lord, come mi definisci tu. Ti ringrazio lo stesso per avermi ricordato di quando io ero un signore e Pod il mio fedele scudiero. A proposito, ti vedo bene mio caro amico e un po' più grasso per fortuna. Noto anche che non ti dimentichi mai di affiancarti sempre alle compagnie più strane, prima un Lord Folletto e ora la Grande Brienne di Tarth.” Sorrise compiaciuto al ragazzo. “ Mio fratello ti ha fatto sicuramente un grande favore affiancandotelo.” rivolgendosi poi a Brienne.

Ma l'attenzione della donna si concentrò verso Arya. La osservò per qualche secondo, mentre lei rispondeva con un sorrisetto arguto.

“Non è possibile...” la riconobbe, e forse, pensò Arya, non era possibile per Brienne, che lei una Stark si accompagnasse a Tyrion Lannister.

“Brienne cosa ci fate qui? Cosa siete venuta a fare?” scandendo decisa per assicurarsi che la donna afferrasse il concetto che con lei non valeva mentire.

“Lady Arya siamo giunti fino qui a Braavos, dopo aver ripercorso il vostro viaggio. Voci e sussurri mi hanno parlato della vostra possibile presenza qui, in questa città portuale. Ci sono voluti anni per rimettere insieme questa pista, ma ora finalmente vi ho ritrovato mia Lady.” assunse un tono fiero, con la gioia nel cuore per essere riuscita a completare la missione che le era stata affidata da sua madre molti anni prima. Anche il sorriso della donna fece intendere quanta di quella felicità adesso stava trattenendo dentro di sé. Però l'espressione della ragazza Stark non mutò e analizzò Brienne. Sapeva quando una persona mentiva, lo poteva intuire dal tono della voce, dall'espressione. Semplicemente osservando in silenzio le persone si potevano capire molte cose sulle loro intenzioni.

Arya fu certamente sicura della lealtà della donna a sua madre, ma aveva imparato nella sua vita che non fidarsi così a primo impatto, era sempre meglio. “ Suo fratello Jamie sa che siete arrivata fino a qui da me? Sa che sono ancora viva? Perché se vi trovate ancora sotto la sua protezione, è quasi certo che lui sappia esattamente dove mi trovo.”

Ancora una volta usò il suo tono più deciso e l'espressione dura per far intendere a Brienne che avrebbe fatto meglio a parlare e bene altrimenti lei se ne sarebbe andata via di nuovo.

Fu a quel punto che la donna si fece seria e impettendosi assunse un atteggiamento sicuro. “ Mia Lady, non è ser Jamie Lannister che mi ha condotta fino a voi. Sono anni ormai che non sono più sotto la sua protezione. È stata Lady Sansa vostra sorella a chiedermi di ritrovarvi per riportarvi indietro.”

Arya fu stupita dalla risposta, di certo non se l'aspettava, era pronta a giurare che Sansa come lei non si sarebbe mai fatta trovare da nessuno, da quando al matrimonio di Re Joffrey scappò senza lasciare traccia.

Brienne l'aveva trovata, Sansa sua sorella. A sentire quel nome le ripiombò addosso tutta l'infanzia passata a Grande Inverno e quell'anno ad Approdo del Re. Tornò dentro di lei il ricordo del disprezzo che provava verso la sorella maggiore. Una Lady a tutti gli effetti, una graziosissima ragazzina, altezzosa nei modi ma che per Arya era solo una piccola donna stupida, con delle idee stupide sul suo futuro.

Però un brivido le percorse la schiena in quell'istante e si rese conto che ora da ragazza adulta qual era provava un forte desiderio di rivederla. Negli anni a Braavos non si era soffermata molto a pensarla, ma le era capitato di domandarsi che fine avesse fatto e se quella sua incoscienza si fosse finalmente trasformata in arguzia.

Ora Sansa desiderava che tornasse, aveva saputo che sua sorella Arya era viva e la rivoleva con sé. Non era rimasta sola in quel mondo, ma erano in due. Con questi pensieri, Arya abbatté il muro di diffidenza nei confronti di Brienne e le sorrise sincera. Tyrion osservando la scena comprese cosa fosse necessario fare.

“ Come torniamo al continente? Avete una nave?”

Brienne distolse lo sguardo soddisfatto dalla sua Lady ritrovata e si voltò verso Tyrion parlando seria.

“Sì. Abbiamo potuto comprare una piccola nave con il denaro che Lady Sansa ci ha concesso. Con quella potremmo tornare nel continente occidentale in meno di una settimana.”

“Oh bene, anche se piccola sono sicuro che ci entreremo. Io non ingombro molto, riesco ad entrare anche dentro una botte di vino. E per quanto riguarda la mia amica, beh lei è di certo molto esile. Non appesantiremo il carico.”

Sorrise compiaciuto guardando la ragazza. “Portatemi a casa.” pronunciò con il cuore leggero Arya. Sarebbe tornata, avrebbe finalmente compiuto la sua vendetta.

 

 **Note dell'autrice: Bene, questo è il terzo e ultimo capitolo che pubblicherò prima di aver ricevuto un qualche riscontro. Ne pubblicherò altri se mai questa storia avrà un seguito. Mi scuso se magari la lunghezza di questo capitolo vi è sembrata eccessiva, ma come sempre non è facile ridurre la trama di una storia così complessa e articolata come lo è quella del trono di spade. Se deciderete di immergervi in questa avventura, spero di non deludervi. Come forse avrete capito questa FF mi è molto cara, ci lavoro da anni con la fantasia e da un anno la sto scrivendo al computer spinta dalla curiosità di sapere se possa effettivamente piacere o meno a qualcuno. 

Vi ringrazio ancora se siete arrivati fino a qui, Buona lettura a presto!**

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Capitolo 4
*** Ghiaccio ***


Aveva già preparato la sua borsa. Non che avesse molte cose da portarsi dietro in effetti, ma per sistemare tutto impiegò appositamente un po' di tempo. Tyrion già pronto, l'avvertì che l'avrebbe aspettata al porto con gli altri due.

Rimasta sola nella sua stanza, prese Ago nascosto tra le varie cianfrusaglie e la estrasse. Non l'aveva mai persa e mai l'aveva gettata via, come gli impose il vecchio del tempio. Non poteva abbandonare l'ultimo regalo di suo fratello Jon Snow.

Per i primi anni, avevano cercato di imporle l'idea che lei non dovesse essere più Arya, ma nessuno.

Come assassina dei mille volti dovette accettare di non poter avere più un'identità, e quindi interpretò e vestì i panni di molte persone, Beth la cieca, Thira la fornaia, Fria la pescivendola e altri ancora.

Era di notte che ritrovava se stessa. Sognava steppe e praterie, boschi nebbiosi e lupi che li abitavano. Attraverso gli occhi di una di quelle fiere selvagge riusciva a provare sensazioni intense, odori freschi, selvatici, sapori metallici che le rimanevano in bocca anche una volta sveglia. Poteva sentire il Nord sotto le sue zampe, la terra umida e solida della sua casa.

La realtà era che lei non aveva mai accettato veramente di perdere se stessa, il suo passato. Non poteva gettare la sua identità, come non poteva sbarazzarsi di Ago, che era tutto per lei, un collegamento con quello che era, con quello che non sarebbe più stato.

Non voleva essere qualcun altro. Lei era Arya Stark, figlia di Eddard Stark Lord di Grande Inverno e in suo onore e in quello di sua madre e dei suoi fratelli non doveva, non poteva dimenticare chi fosse.

Il Nord non dimentica, e di certo non l'avrebbe fatto lei. Si era fortemente ribellata all'idea di cambiare e aveva smesso una volta per tutte di essere un'altra. Il vecchio del Tempio l'aveva punita a lungo per questo suo atteggiamento ostinato. Non le erano state risparmiate frustate, digiuni prolungati, e cecità. Tutto per farla piegare di nuovo all'idea di dover essere nessuno.

Le avevano ripetuto che sarebbe stata libera di ritornare Arya Stark e andarsene da lì per sempre. Ma lei non aveva ceduto. Era stata una prova dura, ma necessaria, una sfida contro se stessa e contro tutti, per testare la sua forza d'animo.

Dopo anni, l'uomo gentile, trovò una nuova via per quella ragazza dalla volontà infinita e smise di costringerla all'estraneazione. La vera forza la doveva trovare rimanendo Arya Stark e nessun altro. Iniziò a portare Ago con sé ovunque, fiera e senza nasconderla più. Una compagna fedele, che le ricordava sempre quale fosse la sua vera missione.

Sorrise ripensando a tutto quello che aveva passato e in un attimo gettò alle sue spalle la sua vita a Bravoos. Si alzò dalla poltrona e ripose la piccola spada al suo fianco legandola alla cintura. Prese tutte le cose che aveva preparato e abbandonò la stanza. Senza più voltarsi indietro.

 

Il viaggio sarebbe durato qualche giorno. Brienne era stava veritiera, la nave era piuttosto piccola, aveva giusto la cambusa e due cabine abbastanza spaziose da ospitare qualche membro dell'equipaggio.

I quattro viaggiatori dormivano tutti insieme nella stanza più piccola. Ammassati in brandine basse e poco comode.

“Vi chiedo scusa per queste condizioni di viaggio mia Lady Arya.” continuava a ripeterle Brienne in quei giorni, ma Arya non era certo una ragazza sofisticata e schizzinosa come ebbe modo di far notare alla donna. Quella bagnarola le andava bene. Sopratutto per quello a cui serviva, riportarla nel continente.

I primi quattro giorni di viaggio, il tempo fu clemente, il vento sembrò agevolare la navigata e il mare fu piatto come una tavola. L'umore generale, allegro e sereno. Arya e Tyrion passarono le mattinate a leggere o giocare a cyvasse.

La cambusa era ben fornita. I pasti che venivano preparati a bordo erano tra i più buoni che Arya avesse mai mangiato in quegli anni a Braavos. C'era anche abbondanza di vino per la gioia di Tyrion.

La sera si intrattenevano con quei pochi marinari presenti nella nave. A lei piaceva ascoltare le loro storie di mare raccontate in stretto braavosiano, una lingua ormai tanto familiare alle sue orecchie. Tyrion invece si divertiva a raccontare le sue avventure, e sebbene Arya le avesse già sentite un milione di volte, rideva di gusto insieme agli altri tanto era la capacità del mezzuomo di intrattenere la gente.

Uno di quei pomeriggi di tranquillità, Brienne venne a parlarle. Le raccontò del suo viaggio per ritrovare sua sorella Sansa e poi lei. Le parlò della promessa fatta a sua madre e di come si fosse impegnata in tutti i modi per mantenerla.

“Vostra madre era una donna coraggiosa. Provava per ciascuno di voi figli un amore estremo, davvero ammirevole.”

“Già, era una donna forte e una madre straordinaria. Peccato che quello stesso amore che provava nei nostri confronti abbia più volte offuscato il suo giudizio e il suo buon senso.”

Brienne la guardò incredula. Non si aspettava quelle parole dure da lei. “Siete ingiusta Lady Arya. Il primo pensiero e unico scopo nella vita di una madre è proteggere la vita dei propri figli. Vostra madre fece solo quello che ritenne giusto fare.”

Arya sospirò. “Brienne, vi potrei elencare numerose azioni compiute da mia madre al solo scopo di proteggere la nostra vita, e che al contrario, l'hanno messa in pericolo. Ma voi siete una donna troppo buona e troppo leale per credere ai suoi errori.”

Dopo di che le sorrise cordialmente e se ne andò, stufatasi di intrattenere quella conversazione.

Il giorno successivo, il tempo mutò. Si fece più ventoso, il mare più mosso, e la nave, piccola com'era non perdonava. Ogni onda che si infrangeva sulla sua chiglia veniva risentita da tutti come una gigantesca.

Presto sotto coperta divenne insostenibile sostare. Tyrion che mal sopportava il mare mosso, si era messo a bere qualsiasi goccia di vino disponibile nella cambusa. Dopo nemmeno un giorno puzzava di vomito e di alcool. Arya non lo poteva più sopportare e il penultimo dì, decise di passarlo esclusivamente nella prua della nave, scrutando l'orizzonte per riuscire ad intravedere il continente.

“Non manca molto mia Lady, ma è ancora troppo presto per riuscire a vedere la sagoma di Westeros.” Brienne l'aveva raggiunta nel ponte. Si avvicinò con fare rispettoso e poiché Arya mal sopportava l'idea di dover stare a discutere di nuovo con la guerriera non le disse nulla.

Rimasero in silenzio in piedi l'una di fianco all'altra. Il vento era piuttosto forte e i capelli di Arya continuavano a finirle davanti agli occhi nonostante avesse fatto una treccia approssimativa per tenerli fermi. Si strinse nella sua cappa per proteggersi dalle improvvise gelate che le arrivavano.

“Mia Lady, c'è una cosa che mi sento in dovere di darvi.”

Fu Brienne ad interrompere quel silenzio. Arya si voltò verso di lei, con un'espressione interrogativa. La osservò mentre estraeva la sua spada dal fodero e le si inginocchiò di fronte, con le mani alzò l'arma verso di lei, orizzontalmente.

Riconobbe subito quella spada. Era la stessa che Brienne usò il giorno che uccise il Mastino.

“Oro Lannister, Brienne. Non credo mi possa interessare un simile dono.” cercò di dirlo nel modo più cordiale possibile, ma le sue parole seppero più di disgusto che di dispiacere. La donna però, non si scompose.

“No, mia Lady. Lo posso capire ma dovete sapere che questa arma è stata forgiata dalla spada di vostro padre.”  Le rivelò.  “Era così grande che Twin Lannister ordinò di fare due spade da essa. Una fu donata al Re Joffrey Baratheon, l'altra a ser Jamie Lannister. Fu quest'ultimo, a sua volta, a donarla a me, perché mi aiutasse nella missione.” A quel punto la donna si alzò in piedi di fronte a lei, sempre con l'arma nelle mani. Era davvero un gigante di donna e in confronto lei sembrava una bambina.

“Lady Arya.” Continuò con un tono che non ammetteva repliche e con lo sguardo luccicante di fierezza.

“Non posso più tenere questa spada, vi ho trovate. Ho trovato voi e vostra sorella, sane e salve. Non posso più riportarvi da vostra madre, ma permettetevi di servirvi e accettate questo dono come atto della mia lealtà.”

Arya rimase perplessa dalle parole della donna. Aveva inseguito lei e sua sorella per anni solo per mantenere la promessa fatta a sua madre molto tempo prima. Doveva ammetterlo, era davvero una donna determinata e fuori dal comune.

“Ghiaccio.” disse quasi in un sussurro, prendendo la spada dalla parte dell'impugnatura dorata. Brienne sorrise ma con un'espressione incerta. “Come?” le chiese.

Arya osservò l'arma, l'acciaio di Valirya risplendeva, sprigionando autorevolezza e forza.

“Era il nome della spada di mio padre, Ghiaccio” rispose senza staccare gli occhi di dosso dal suo dono. “ Era davvero grande, come hai detto tu. Alta più di me e molto pesante. I miei fratelli, Jon e Robb, la guardavano sempre con ammirazione e speravano un giorno di averla nelle loro mani.” Sorrise malinconicamente a quel pensiero e così fece comprensiva Brienne.

“Come si chiama adesso la spada?” le chiese Arya.

“Giuramento, ma voi potete rinominarla come meglio credete.”

“Credo che Giuramento possa andare bene”.

Brienne non replicò alla sua scelta, ma ne fu al contrario soddisfatta. Sapeva che Lady Arya sarebbe stata perfettamente in grado di usare quell'arma.

Fu l'ultima conversazione che ebbero sul ponte.

Presto il giorno si tramutò in notte. L'ultima notte, prima di arrivare a destinazione.

 

 

*Note dell'autrice: Ebbene sì, mi sono decisa ad andare avanti, grazie all'incoraggiamento e all'interesse che ho ricevuto. Devo perciò ringraziare:

Aliss01, Beccaccino91, twilight95, per avermi inserito tra le storie seguite e per aver recensito, grazie anche a GALVANINA78.

LadyEloredane, Slania, Beccaccino91, per avermi inserito tra le storie preferite. 

Un abbraccio a tutti!! **


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Capitolo 5
*** Curiosità ***


Sbarcarono nel porto di padelle salate, lo stesso villaggio da cui era partita dieci anni prima.

Arya mise i piedi nel molo barcollando. Una settimana in mare le avevano dato un senso di ubriachezza.

Camminò lungo il pontile con gli altri tre che la seguirono, scansando a fatica le persone che incrociava lungo la via. Una volta giunta in prossimità della fine del molo, istintivamente si fermò per togliersi gli stivali. Tyrion ancora scombussolato dal viaggio la guardò con un'espressione sbigottita come se invece dei calzari si fosse levata il vestito.

Scese da lì ed entrò in contatto con la terra sottostante, i piedi nudi nel terriccio fresco e umido. Chiuse gli occhi e assaporò la sensazione di avere di nuovo il continente sotto di lei. Annusò l'aria che sapeva ancora di mare ma che già presentava odore di erba e foreste bagnate.

“Mia lady” Le si avvicinò Brienne dopo poco “ Dobbiamo raggiungere vostra sorella a Nido Dell'Aquila, al più presto.”

Aprì gli occhi e guardò la donna che presentava un'aria piuttosto agitata. Interruppe l'armonia stabilita con il terreno e si infilò gli stivali.

Nido dell'aquila non era molto lontana da lì. Uno o due giorni di viaggio con dei buoni destrieri.

Cercarono nel villaggio qualcuno da cui poter comprare tre cavalli sani e abbastanza veloci. Tyrion si rammaricò nel sapere che non si sarebbe potuto risposare dopo il lungo viaggio in mare e a malincuore dovette salire subito nel cavallo che avevano preso per lui. Un po' troppo alto di certo e per niente calmo.

Fu Brienne a mettersi in cima al gruppo così da poter indicare la via.

Seguirono la guerriera per un lungo tragitto da padelle salate fino a percorrere i primi boschetti che si affacciavano alla costa. Quando il cielo si imbrunì furono tutti d'accordo sul fermarsi ed accamparsi per la notte anche se la meta oramai pareva vicina. Fu un suggerimento dato dalla stessa donna che sconsigliava un viaggio notturno in quelle zone, che sebbene fossero sotto la protezione dei lord della valle c'era il rischio di incappare in briganti e banditi, che erano sempre in agguato.

Acceso il fuoco mangiarono un po' di zuppa che erano riusciti a recuperare dalla cambusa e un po' di pane. Quando la cena fu consumata e la pancia piena fecero per dormire.

Brienne scelse ovviamente di stare di guardia ed Arya accettò la sua offerta senza discutere, la stanchezza si faceva sentire anche per lei.

Podrick già dormiva da molto quando la donna iniziò la sua guardia notturna, mentre Arya e Tyrion stettero ancora un po' attorno al fuoco in silenzio.

Lei si incantò a studiare le fiamme con espressione assente.

“Sembri preoccupata, e conoscendoti direi che non è da te.” le disse Tyrion distraendola. Lei lanciò un arbusto nel fuoco e lo osservò divampare tra le scintille. “Sansa...non avrei mai immaginato di rivedere proprio lei.” sussurrò piano, ma abbastanza forte da farsi sentire da lui.

“Avrei una domanda da farti.” Tyrion, si alzò sedendosele vicino.

“Non eri stanco per il viaggio?” gli rispose guardandolo.

“Si ma il silenzio mi annoia, e la noia non mi fa dormire sonni tranquilli.”

“Bene, allora..” alzò le spalle in segno di resa “Dì pure” .

“Sansa non è la persona che avresti desiderato di più rincontrare non è vero?”

Lei si irrigidì udendo quelle parole. Si voltò di scatto verso di lui, dopo aver lanciato l'ennesimo rametto in mezzo alle fiamme.

“E questa domanda ti sembra la più appropriata per poterti addormentare per quale motivo?” assunse un tono duro, quello dell'attacco, il tono che usava per intimidire le persone.

Ma Tyrion aveva imparato. Continuare a fissarla mantenendo il sorriso malizioso l'avrebbe fatta arrabbiare ancora di più, e avrebbe gettato lui tra le fiamme al posto del prossimo rametto.

Abbassò lo sguardo e si voltò verso il fuoco. “Lo dico solo perché non sembri molto entusiasta di rivedere tua sorella. È solo una mia curiosità, una domanda del tutto innocente.”

Arya respirò rumorosamente e si alzò sbuffando. Guardò Tyrion con occhi fulminanti.“Tu non sai cosa significa perdere la propria famiglia. Tu odiavi la tua!” Abbassò lo sguardo, colpevole.  "Certo, forse Sansa è l'ultima persona che mi sarei mai aspettata di rivedere, ma non per questo ne sono meno felice. Sono un po' confusa, incerta sul mio da fare qui ora, ma non delusa. È pur sempre mia sorella.”

Si allontanò dal fuoco e da lui, che nel frattempo aveva preso a stuzzicare le fiamme con un ramoscello. Si sentiva un po' in colpa per quella domanda, ma la sua curiosità aveva avuto la meglio. Quando la vide coricarsi poco lontano da lui, decise che era giunto il momento di dormire.

Non appena fu l'alba, i quattro viaggiatori si levarono e ripresero il loro cammino montando a cavallo.

L'aria che si respirava di mattina era fresca e frizzante.

Per le prime ore, la ragazza, rimase in silenzio, guardinga. Cercando di mantenere le distanze da tutti se ne stava dietro, a chiudere la fila. Ripensava alla domanda di Tyrion consapevole di non essere stata del tutto sincera e dopo che ebbero superato un ponticello in pietra, si avvicinò a lui in maniera indifferente.

Il suo amico faceva molta fatica a stare in equilibrio su quella sella, tra il cavallo poco mansueto e la sua abilità nel guidarlo in una strada ciottolosa. Stette comunque buono in silenzio, aspettando che Arya gli parlasse. Non voleva commettere di nuovo l'errore di irritarla con il suo sarcasmo.

“Hai ragione, Tyrion, devo ammetterlo. Avrei desiderato rivedere Jon, se fosse stato ancora vivo.” disse malinconica.

Tyrion percepì tutta la tristezza in quelle parole. Sapeva che in fondo, la morte del fratello bastardo fosse il suo tormento più grande. “Avrebbe fatto piacere anche a me, era un ragazzo sveglio e intelligente.” Cercò di consolarla con un sorriso a cui però Arya non rispose.

“Non ho accettato la morte di nessuno dei miei familiari, né quella di mio padre, né di mia madre o dei miei fratelli, e quella di Jon non è stata da meno.” Guardò in avanti per scorgere Brienne e Podrick che li precedevano di qualche metro, voleva essere sicura che non sentissero i lori discorsi.

“ Ma, non lo so...” continuò a bassa voce. “Quando seppi della sua morte, fu davvero il mondo che mi crollò addosso.” Sentì quel dolore afferrarle il petto, con una morsa fitta.

“Fin dall'inizio sarei voluta andare da lui, fin dall'inizio di questa assurda storia. Poi per un motivo o per un altro mi sono allontanata sempre di più da quell'idea. Speravo e mi dicevo che prima o poi l'avrei rivisto, anche se fossero passati anni, lui sarebbe rimasto lì alla barriera, al sicuro e vivo....” interruppe con un filo di voce il discorso, i suoi occhi si fecero lucidi e tornò in silenzio.

“Grazie per avermelo detto.” le disse affettuosamente Tyrion.

Arya gli accennò un sorriso “Grazie per avermi fatto piangere”.

“Non posso sempre farti ridere, no?” Invece lei accennò una risata a quella frase, come se il dolore per un attimo

fosse ritornato nel profondo insieme all'odio e al suo eterno desiderio di vendetta.

 

 

** Note dell'autrice: Ho deciso di pubblicare anche questo quinto capitolo per chiudere quella che rappresenta la premessa a tutta la storia. Dal prossimo capitolo inizieremo a conoscere più interessanti sviluppi della vicenda. (Finalmente eh? ;D)

La vostra opinione rimane importante per me, e se ci sono cose che non vi piacciono e che vi lasciano perplessi non esistate a farmelo presente. Lo stesso vale anche in caso contrario! :D        

Andare avanti con una storia significa anche rischiare, e come ho già detto in precedenza, spero sempre di non deludere le vostre aspettative. 

Buona lettura a tutti quanti e grazie come sempre per essere arrivati fino a qui. A presto! **

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Capitolo 6
*** Promessa ***


La porta insanguinata si ergeva sopra le loro teste, proprio lì dove l'ultima volta se l'era trovata davanti insieme a Sandor Clagane.  Uomini armati puntarono verso di loro le frecce quando li videro arrivare a piedi da lontano in quella gola stretta e tortuosa. Avevano lasciato i cavalli ad una locanda vicina, tanto non sarebbero serviti per la scalata verso il castello inespugnabile di Nido dell'aquila.

 Appena si fermarono, un silenzio scese nella compagnia interrotto solo dal rumore del vento che si incanalava attraverso quella gola.

“Chi arriva di fronte alla porta insanguinata? Parlate!” fu l'uomo in piedi vicino ad un masso appuntito ad intervenire, la sua bella armatura rifletté i raggi del sole.

“Sono Brienne Di Tarth.” facendo un passo avanti per farsi riconoscere “ ...e questa è Arya Stark, sorella di Sansa Stark, la Lady che si trova ora sotto la protezione del Lord della Valle.” indicandola con il braccio.

Poi si voltò verso Tyrion e Podrick e accennò loro un sorriso.  “Questi sono i nostri scudieri. Ser, Vi prego di farci passare affinché possiamo raggiungere la cima entro stanotte.” Parlò come sempre con il suo tono solenne e fiero e l'uomo sebbene la guardasse con qualche perplessità, dovuta più all'aspetto della donna che altro, non ebbe dubbi sulla loro buona fede. “Passate pure mie Ladies, il Lord di Nido dell'Aquila vi attende.”

Avanzarono con passo incerto, in soggezione sotto gli occhi vigili delle guardie sopra la radura.

Brienne le aveva parlato, nel corso del viaggio che l'attuale Lord della valle era Robin Arryn, l'unico figlio di Jon Arryn. Arya ne aveva sempre sentito parlare da suo padre e sua madre come un ragazzino dalla salute cagionevole e viziato.

Si chiese come avesse potuto sopravvivere tutti quegli anni da solo, e la risposta le era arrivata da Brienne quando le confidò che un certo Lord Petyr Baelish aveva sposato Lysa Arryn prendendo quindi la nomina di tutore del piccolo Lord.

Cosa strana, pensò Arya che poco tempo dopo il matrimonio, sua zia morì in un incidente. Nessun dubbio che Ditocorto adesso non fosse più ufficialmente il Lord della valle, ma fu comunque convinta del fatto che dietro le quinte di ogni decisione o mossa di Robin Arryn ci fosse la sua ombra.

Rabbrividì all'idea che sua sorella fosse finita tra le mani di un uomo così subdolo e viscido, poi pensò divertita come avrebbe reagito Ditocorto nel vedere che lei, Arya Stark, non era tanto avvezza alle manipolazioni.

Insieme alla scorta di alcuni cavalieri, riuscirono a percorrere la salita verso il forte in breve tempo. Arya si divertì a stuzzicare Tyrion in evidente difficoltà e disagio sopra i muli che venivano usati per il percorso. Inoltre sapeva benissimo che l'ultima volta che era stato lì aveva rischiato di volare giù per la porta della luna grazie a sua madre, e alla follia di sua zia. Tra un'imprecazione e l'altra e dopo averla mandata a farsi fottere per le prese in giro, appena arrivati in cima Tyrion sudato e mal disposto si voltò verso il gruppo “Questa è l'ultima volta che salgo fin quassù, quant'è vero che tu possa essere maledetta se provi di nuovo a trascinarmici” rivolgendosi ad Arya che rispose con un sorriso beffardo e divertito.

Uno degli uomini di scorta gli si avvicinò minaccioso. “Voi scudiero, come osate parlare così alla vostra Lady?”

“State indietro Ser.” gli intimò decisa Arya. “Il mio scudiero sa benissimo che se mi offende, rischia la lingua, e questo non è stato il caso.” e sotto il suo sguardo autoritario il cavaliere indietreggiò con un piccolo inchino.

Si voltò verso Tyrion, strizzandogli l'occhio, e lui si rilassò al quel gesto.

 

Il castello era semi deserto. Si sentivano solo fruscii di foglie e vento. Alcuni uomini si aggiravano indaffarati nei giardini antistanti alla porta di ingresso, ma per il resto nessuno che appartenesse alla corte si fece vivo.

Gli uomini della loro scorta li fecero accomodare nella sala principale, dove Arya poté ammirare per la prima volta la famosa porta della luna. Un enorme buco sul pavimento da cui si scorgeva uno dei più terrificanti dei panorami. Si affacciò cauta per poter intuire l'altezza a cui si trovava il primo masso sottostante ma un cavaliere l'afferrò per il braccio e delicatamente la riportò indietro. “È molto pericoloso mia Lady fare quello che stavate facendo poco fa, molti uomini e donne hanno perso la vita in quella porta.”Abbassò lo sguardo contrito “Anche vostra Zia Lady Lysa”.

Arya annuì rispettosa tornando dagli altri al centro della sala. Poco dopo rimasero soli nella stanza, con la promessa che il giovane Lord si sarebbe presentato a breve.

Furono attimi interminabili per lei. Cominciarono a tremarle le gambe per l'agitazione e per non darlo a vedere si dovette sedere su una panca. Cercò di respirare e di calmare il suo corpo. Dopo anni di addestramento e di autocontrollo non si aspettava questa reazione dal suo fisico.

Analizzando la situazione, in effetti era molto tempo che non rivedeva una persona appartenente anche solo lontanamente alla sua famiglia. L'unica persona amica e familiare che aveva avuto accanto era Tyrion, che però per quanto lo smentisse, era pur sempre un Lannister.

L'ultima volta che si era trovata così vicino a dei suoi parenti fu il giorno delle nozze rosse. I Frey uccisero suo fratello Robb, la sua consorte e sua madre, così come tanti uomini del nord persero la vita in quell'avvenimento folle.

Frey....pensò, un altro nome aggiunto alla sua lista, e praticamente ricopriva l'intera dinastia.

Calmatosi il tremolio si rialzò dalla panca emettendo un sonoro sospiro. Brienne la guardò con espressione comprensiva e stava per parlarle quando udirono dei passi provenire dai corridoi.

Il cuore le incominciò a battere di nuovo. Quelli che sentivano erano più passi, di più persone. Sansa!

Il pensiero le illuminò il viso e un sorriso le tirò gli angoli della bocca, dandole un'espressione euforica.

I passi si fecero vicini, ma all'ingresso del salone si rivelò la presenza di due uomini. Un ragazzo di media statura dall'aspetto scialbo e un uomo anch'egli di altezza media con uno sguardo da furetto vispo. Il sorriso di Arya sparì all'istante dalla sua bocca non appena lo vide.

Ditocorto.

Petyr Baelish entrato nella stanza, studiò attentamente i presenti. I suoi occhi guitti saltarono da Brienne a Podrick. Si fermarono sorridenti a fissare Tyrion e Arya notò come un velo di stupore li attraversò, mentre la piega della bocca si allungò in uno strano sorrisetto.

Fu quando posò lo sguardo su di lei che il sorriso di fece ancora più accentuato. Indugiò molto nell'osservarla con quegli occhi che tutto sanno e tutto intuiscono e lei rispose a quell'attenzione con uno sguardo diffidente e poco amichevole.

“Mio Lord” Brienne spezzò il silenzio di truce nella sala, inginocchiandosi a Robin Arynn. Il ragazzo, si fece avanti cercando di mantenere un' aria altezzosa, ma risultò goffo e impacciato.

“Lady Brienne avete compiuto la vostra missione e avete riportato mia cugina Arya Stark nel continente.” La voce stridula che uscì da quel corpo minuto poco si addiceva ad un Lord della valle. Tyrion lanciò un'occhiata di intesa ad Arya che ricambiandolo con uno sguardo scettico si dovette trattenere dal ridere. “ Mie Signore, sarà stato un viaggio lungo per voi, è meglio che vi faccia accompagnare nelle vostre stanze.” e con un gesto fece cenno di seguirlo nel corridoio da dove erano venuti.

“Cugino, vi ringrazio per avermi accolta qui nel vostro castello ma prima di potermi rinfrescare, desidero vedere mia sorella.” Arya non si mosse di un passo al cenno di Robin che si voltò a guardarla con un'espressione di disappunto. “Mia signora ci sarà tempo per questa cerimonia” fu Ditocorto a parlare. Il suo tono di voce non era cambiato in quegli anni, aveva sempre quella nota di ironia fastidiosa.        “Non vi preoccupate per vostra sorella è in buone mani.” continuò sempre con quel sorrisetto storto sulle labbra “Vi accompagnerò io stesso alla vostra stanza.” le si avvicinò e inaspettatamente le pose la mano dietro alla schiena sfiorandola.

Le stava intimando di muoversi da lì senza discutere. Arya lo guardò torva ma non replicò né al gesto né alle parole di Baelish e fingendosi arrendevole si fece trasportare dalla sua mano guida.

Salutò con un cenno di capo Tyrion, il quale dal suo sguardo capì che non avrebbe lasciato perdere tanto facilmente.

Hai trovato pane per i tuoi denti Baelish. Pensò il folletto tra sé e sé augurandosi che la sua amica riuscisse davvero a togliergli quel sorrisetto dalle labbra. Conoscendola, non aveva dubbi che sarebbe accaduto presto.

 

Camminarono per quei lunghi corridoi deserti. Nessuno dei due rivolse la parola all'altro per un bel po'.

Arya era disgustata dalla sua presenza, l'odio che provava nei confronti di Petyr Baelish era spesso e tangibile, ma cercava di non esprimerlo troppo per non indurre sospetti.

Quel disprezzo non era nato dal caso, sapeva benissimo cosa avesse fatto Ditocorto a suo padre. Lo aveva tradito, ingannato e condotto con la mano verso la morte. Glielo raccontò Tyrion una mattina di dolce far niente. Se ne saltò fuori con una confidenza fattagli da Varys, il ragno di corte. Gli rivelò che il giorno in cui morì Robert Baratheon e suo padre fu nominato protettore del reame, quest'ultimo chiese a Petyr Baelish di portare le cappe dorate dalla sua parte, così da riuscire a destituire Joffrey, l'illegittimo re, essendo in realtà figlio di Cersei e Jamie. Il giorno però dell'ascesa al trono di quel folle bastardo, Ditocorto non solo non aiutò Ned Stark, ma lo tradì rivelando il suo piano alla regina e al re.

Fu principalmente colpa sua se suo padre si ritrovò umiliato e con la testa su una picca.

Il silenzio fu interrotto dal Lord Baelish quando con un sorriso malizioso fece degli apprezzamenti ad Arya su i suoi cambiamenti. “Eravate solo un piccola bambina l'ultima volta che vi ho visto, guardatevi ora, siete una donna bell'e fatta.”

Arrivarono davanti alla soglia di una stanza grande e luminosa mentre lei cercò di non vomitare di fronte a quelle inutili lusinghe.

“I vostri genitori sarebbero sorpresi dal vostro aspetto” continuò lui, facendogli cenno di entrare dentro la camera.

“Sarebbero sorpresi di molte cose. Se fossero ancora vivi.” rispose acida guardandolo severamente e non accennando il minimo sorriso di cordialità.

Ditocorto fece finta di non aver udito quelle parole e salutandola rispettosamente si voltò per andarsene.

“Fermo” gli intimò Arya. Lui si irrigidì sulla soglia per il tono che aveva usato nei suoi riguardi ma la guardò sempre mantenendo quel suo sorrisetto di circostanza “Avete bisogno di qualcosa mia Lady”.

Lei gli si avvicinò con sguardo truce ed espressione minacciosa sul volto. Sentiva la testa ribollirle dalla collera, ma cercò di trattenersi nel non strozzarlo. “ Dov'è mia sorella, Baelish? E non dirmi che non è il momento adatto per incontrarla. Voglio vederla, subito! O non varcherai questa soglia ancora tutto intero.” i suoi occhi grigi lo guardarono fissi con astio mentre il sorriso di lui svanì in un istante.

“É per caso una minaccia?” le disse severo.

“No, al contrario. È un prezioso consiglio.” assumendo un tono sarcastico mentre nelle piega delle labbra si delineò un sorriso compiaciuto.

“Siete una donna bell'e fatta Arya, come ho appena detto, ma vedo che le buone maniere continuano a non appartenervi.” sprezzante si voltò, cercando di varcare la soglia, però lei lo bloccò afferrandogli il braccio.

“È vero le buone maniere non mi si addicono, ma vi garantisco che ho altre maniere per esprimere la mia opinione." Sostenne il suo sguardo con leggero divertimento. Poi continuò quasi minacciosa. “Sappi che con me non funziona la tua lingua velenosa, Baelish. So benissimo cosa hai fatto a mio padre. So che è anche colpa tua se è stato giustiziato!” gli lasciò il braccio disgustata. 

“Oh certo, colpa mia! Non sono certo stato io a calare la spada sul collo di Ned Stark” la canzonò lui. “ Ma se non sbaglio fu un Lannister a farlo ed è un Lannister quello che vi portate dietro con tanta fedeltà e che ora se ne sta buono buono nascosto sotto la vostra gonna. O dovrei dire pantaloni, visto che voi non la indossate nemmeno una gonna. Se non sbaglio, anche la spada che portate è fregiata con oro Lannister. Quindi mia Lady, mi chiedo perché ve la prendiate tanto con me. Solo perché fui furbo al contrario di vostro padre? Cercai solo di mantenermi amici potenti. Invece voi siete del tutto contraddittoria nelle vostre azioni. Almeno io riesco a mantenere un certa coerenza!”

Sorrise. Ancora. Arya non ci vide più. La sua collera a quelle parole le ribollì il sangue, le mani le fremettero dalla voglia di infilzarlo con Ago ma sapeva che se avesse fatto qualcosa a quell'uomo meschino si sarebbe ritrovata nei guai con il Lord della Valle.

Cercò mentalmente di calmarsi e si allontanò da Ditocordo di due passi all'indietro sempre fissandolo in volto. “Ognuno è responsabile delle proprie azioni e prima o poi pagherai per le tue. Ci puoi scommettere. Non è una minaccia ma una promessa.”.

Dette queste parole riuscì a calmarsi tornando ad assumere il suo solito atteggiamento autorevole, come se la conversazione di prima non l'avesse minimamente toccata.

 “Con tutto questo ciarlare ti sei dimenticato di rispondere. Hai forse scordato la mia domanda Lord Petyr Baelish?” scandì il suo nome con tono ironico e il sorriso tra i denti. “Dov'è mia sorella?”

Ditocorto annuì divertito da quel comportamento e le si avvicinò sfacciato. Il suo viso era a tiro di naso da quello di Arya, tanto che lei riusciva a sentire l'odore del suo alito, così disgustata ritrasse il volto.

“Ebbene, è in buone mani come vi ho assicurato. Conoscete bene Gendry Waters, giusto?”

Lui rise osservando l'espressione di Arya tramutarsi in puro stupore. “Sono scesi al paese poche ore fa, vostra sorella desiderava farvi un vestito per regalo. State buona, torneranno a breve.” si voltò verso la porta definitivamente. “ E voi le avete rovinato la sorpresa!” lo sentì vociferare, scomparendo a grandi passi nel corridoio.

Arya rimase lì ferma in piedi dove l'aveva lasciata. Ci mise un po' per ricollegare i pezzi di quello che gli aveva appena riferito.

 Gendry...?

 

* *Note dell'autrice: Eccomi qua molto presto dall'ultimo aggiornamento, ma volevo lasciarvi con un piccolo ovetto prima di pasqua. ^^ Ero molto indecisa, nello scrivere questo capitolo, su quale nome mettere al Lord della valle, se utilizzare quello della Serie tv, ovvero Robin, oppure quello dei libri, Robert. Alla fine ho pensato fosse meglio seguire quello della serie televisiva e così farò con gli altri nomi cambiati rispetto ai libri.    

Mi dispiace, Sansa ancora non c'è, ma vi prometto che il prossimo capitolo... (beh....):D e lo pubblicherò a breve, tra un'abbuffata e l'altra. 

Ringraziamenti: le vostre recensioni sono sempre incoraggianti e vi adoro per questo! :D 

Grazie ad Arya Rossa per avermi inserito tra le sue storie seguite. 

Buona Lettura, Buona Pasqua e Buon abbuffata a tutti!!!**

 

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Capitolo 7
*** Famiglia ***


Si fece sera ed era ormai l'ora di cena. Un uomo basso e tarchiato le bussò alla porta.

Arya dopo essersi fatta un bagno e ripulita da tutte le fatiche del viaggio, si sentiva più rilassata e disposta al dialogo. L'ira contro Ditocorto le era scivolata via come la polvere dalla braccia, ma riservava ancora quel giusto rancore che serviva per tenere la sua fiamma viva.

“Mia signora, mi dispiace disturbarla, ma è attesa nella sala principale.” le disse l'uomo grassoccio. La sua voce era roca e il tono era scorbutico.

Lei non rispose ma fece solo un cenno con la mano che stava a significare che presto sarebbe arrivata.

Prima di uscire dalla sua stanza si guardò allo specchio. In un istinto di vanità si era pettinata i capelli e se li era lasciati sciolti lunghi oltre le spalle, come un mantello spesso e solido. Dentro di lei c'era qualcosa che le suggeriva di essere presentabile di fronte a Sansa. Si era anche decisa a mettere il vestito con gonna che le aveva procurato sua sorella come omaggio. Per fortuna, non era troppo pomposo ma semplice e di colore azzurro.

Le sembrava di essere goffa con quel nuovo abito, non abituata a portare spesso le gonne, ma pensò comunque che non fosse male a guardarlo.

Lo specchio le rimandava indietro l'immagine di una donna sconosciuta. Non era mai stata attratta dalla sua figura e aveva sempre pensato che fosse l'ultima cosa di cui dovesse preoccuparsi.

Aveva dato per scontato con gli anni i cambiamenti del suo fisico, e quando si immaginava, le ritornava in mente la cantilena di sua sorella e della sua amica Jeyne Poole. “Arya faccia di cavallo” la chiamavano e se avesse o meno veramente quell'aspetto, non si era mai posta il problema.

Gli specchi nella Casa del Bianco e del Nero a Braavos erano pochi, e anzi nella sua camera erano assenti.

Aveva finito per dimenticare come fosse il suo aspetto. Lei si vedeva ancora bambina, ancora piccola, maschile, e poco attraente agli occhi degli altri.

Ma la figura che le regalava lo specchio dal riflesso limpido non era quello che aveva immaginato nelle sue aspettative. Provò a pensare cosa avrebbe detto sua sorella, se perfino lei era sorpresa del suo cambiamento, probabilmente lo sarebbe stata anche Sansa.

Si sistemò la chioma dietro la schiena e sorrise a se stessa complice di quella nuova e inconsapevole vanità.

Voltò le spalle alla sua immagine e si diresse verso il corridoio da cui era venuta con Petyr Baelish.

 

 

 

Lungo il corridoio non si sentivano voci.

Solo i suoi passi svelti e decisi e il vento che ululava fuori dalle mura del castello l'accompagnarono per il breve tragitto. Dopo poco svoltò in direzione della sala della porta della luna seguendo la luce che da lì proveniva. Appena varcata la soglia però si bloccò improvvisamente. Il suo battito accelerò nel silenzio di quella stanza, si sentiva le gambe cedere, la forza che aveva avuto fino a prima nel percorrere fiera il corridoio la stava abbandonando.

C'era una donna di fronte a lei. Voltata di spalle, aveva la testa verso quella specie di trono che si trovava sopra il precipizio.

I capelli erano lunghi, ramati raccolti in un'acconciatura intrecciata lungo la schiena. Non si voltò subito non essendosi accorta del suo arrivo. Fu solo quando fece un passo in avanti verso di lei che la donna si girò.

Arya si paralizzò di nuovo quando i suoi occhi incontrarono quelli di Sansa, non si mosse e non disse nulla alla sorella, fino a quando lei dall'altra parte della stanza non allungò le labbra in un sorriso pieno e rassicurante.

I suoi occhi brillarono di felicità e di stupore mentre si avvicinava lentamente ad Arya.

Prese a camminare anche lei verso la sorella, un passo alla volta, indecisa, nervosa.

Man mano che procedeva verso di lei, poteva cogliere nuovi particolari dalla sua figura. Era sempre alta, certo, non che con il tempo una persona si potesse abbassare. Non le poteva vedere a causa della pesante gonna che portava, ma era certa che avesse delle gambe molto lunghe. Fu il volto a colpirla in pieno, aveva il viso di una donna consapevole dai lineamenti fini e delicati, una pelle bianca che sicuramente sarebbe stata morbida al tatto.

Anche Arya aveva la pelle bianca, ma il suo candore era più dovuto ad una noncuranza del suo aspetto che una qualità naturale di bellezza.

Quando furono vicine e solo un passo le divideva, notò anche i suoi occhi, di un azzurro sereno e splendente. Nel suo sguardo la felicità, ma inaspettatamente intravide maturità e una celata malinconia fregio delle tragiche avventure passate negli anni. Si fermarono l'una davanti all'altra e mentre Sansa continuava ad avere l'espressione allegra, Arya si sentì arrossire in un atteggiamento inaspettato. Con lo sguardo intimidito dalla figura slanciata e nobile di sua sorella parlò con voce esile “Sei bellissima....” e le sorrise nervosamente mentre Sansa la guardò e senza rispondere a quella frase l'abbracciò improvvisamente.

Arya rimase per il momento sopraffatta da quell'istintivo gesto d'amore e ci mise un po' per realizzare cosa stesse avvenendo. Sua sorella, dopo dieci anni la stava abbracciando come mai aveva fatto nella loro infanzia. Rispose stringendola a sé ricambiando quel bisogno di certezza. Sì era vero, erano vive e adesso potevano parlarsi vedersi, toccarsi. Era reale, non era un sogno.

 

 

 

Non è un sogno. Pensò Sansa mentre si stringeva alla sorella. Anni e anni di ricerche, esausta , esasperata di essere sola, rivoleva indietro la sua famiglia e la sua unica speranza era quella di ritrovare Arya. Ora era lì tra le sue braccia che la teneva forte rispondendo al suo abbraccio. A quel punto si lasciò andare in uno sfogo di pianto. Lacrime piene di tutta quella vita passata nell'ombra in attesa a trattenere l'angoscia, in attesa di una svolta ed eccola lì. Loro di nuovo insieme. Non era più sola.

Appena aveva sentito i suoi passi provenire dall'ingresso della sala il suo cuore si era fermato. Per un momento che le era sembrato lunghissimo non si era voltata nel silenzio di quell'atmosfera sospesa. La verità era che aveva paura, non era mai stata di nuovo vicino ad un suo familiare da tanto tempo, e l'improvviso pensiero che tutto quello non potesse essere reale l'aveva paralizzata. Poi aveva sentito il passo avanzante della donna dietro di lei e allora si era decisa a voltarsi per vedere.

Era rimasta stupita da quello che si era trovata davanti. Certo non poteva immaginarsi una bambina varcare la soglia, ma per un attimo era proprio quello che si era figurata di trovare alle sue spalle. Invece davanti a lei c'era una donna. Minuta, più bassa di lei, ma era una donna con un vestito azzurro, l'aspetto curato, i capelli lunghi castani che le cadevano a ciocche oltre le spalle, quel volto allungato che non era più simbolo di presa in giro, ma era bello ed enfatizzato da zigomi alti e sopracciglia spesse. Uno sguardo fiero ma timoroso. Quando scorse la donna che era diventata la sua sorellina le venne naturale sorridere. La gioia si era diffusa attraverso il suo corpo e la teneva stretta con calore. Era pronta per vederla da vicino così le era andata incontro e quando se l'era ritrovata davanti non aveva potuto non notare il suo sguardo vivo. I suoi occhi grigio ferro che la studiavano. Erano troppo simili a quelli del Lord loro padre e la riportarono indietro nel passato quando erano una famiglia numerosa, e spensierata, signori del Nord, con la loro casa ancora in piedi. Grande inverno.

Quando Arya aveva parlato, era stata mossa dalla tenerezza e dalla malinconia. Tutto quello che restava del loro passato era lì, loro due sole, in un mondo che le aveva desiderate morte entrambe, così l'aveva abbracciata per ritrovare quel contatto, per assicurarsi che fosse vera, presente.

 

 

 

 La sentì piangere sopra la sua spalla e fu come uno schiaffo di risveglio. Si tolse di dosso tutto il nervosismo e la timidezza che l'avevano sopraffatta fino a quel momento e ritornò ad essere se stessa, ferma e decisa. Prese le spalle di sua sorella e molto delicatamente la discostò da lei, aveva il volto contorto in un pianto delirante e liberatorio ma quando Arya la fissò avvennee come un incantesimo e Sansa smise di versare lacrime.

“Sono qui. Sono qui ora.” il tono della sorellina fu rassicurante e sicuro, seguito da un sorriso altrettanto incoraggiante.

Gli occhi dell'altra divennero più sereni. Rossi e un po' gonfi, ma sempre belli e caldi.

Camminarono per un po' fuori nel giardino. La cena stava per essere servita agli altri ospiti, ma loro due non si accomodarono subito nella sala per mangiare, vollero passeggiare insieme all'esterno.

Sansa aveva ancora gli occhi segnati dal pianto e quello era uno dei motivi per cui non le andava di rientrare.

L'aria fresca serale le colse impreparate, entrambe prive di una cappa o un pesante cappotto per coprirsi, ma si abituarono presto a quel clima e dopo un attimo di silenzio, ricordarono insieme la loro casa.

Le foreste brune che circondavano il castello, le radure verdi che si espandevano oltre l'orizzonte, le maestosi torri di Grande Inverno, le gelide giornate che facevano da contorno, le risate e il parlare degli abitanti dalla piazza principale, la vita che che attraversava quei corridoi, chi con un mucchio di fogli in mano, chi correva in cucina con delle provviste, chi camminava conversando allegramente, e poco fuori dalle mura il giardino con il maestoso albero diga, il lago, quante volte con Bran e Rickon si divertiva a giocare nei ruscelli delle foreste, e lei Sansa con la sua amica Jeyne passeggiavano felici parlando con la spensieratezza di due fanciulle ingenue.

I ricordi erano tanti, il dolore per aver perso quel tempo era forte, Arya riuscì a sentirsi in sintonia con la sorella, quello che riuscivano a provare entrambe per il passato.

“Non dobbiamo dimenticare cosa è stato fatto alla nostra famiglia, Sansa. Non dobbiamo dimenticare cosa è accaduto al Nord, alla nostra casa, agli uomini che vi abitavano. Ricorda, il Nord non dimentica, e nemmeno noi dobbiamo farlo.”

Sansa fu colpita dalle parole della sorellina, ricordava la sua testardaggine e il suo carattere ribelle dell' infanzia. Quando erano piccole le dava fastidio il suo modo di atteggiarsi a ragazzino, la sua ostinata voglia di stare con i fratelli e non dover adempiere ai doveri di una giovane Lady, come faceva lei. La mandava in bestia, la guardava come se fosse un piccolo scoiattolo impazzito con cui non voleva avere niente a che fare. Lei era al di sopra di tutto, lei era una vera Lady, e sarebbe stata lei a sposare il più bel lord, o principe.

Ah quanta ingenuità i sogni di una ragazzina disillusi e ritrovarsi faccia a faccia con quella realtà le avevano fatto cambiare prospettiva, adesso era contenta di vedere come Arya avesse mantenuto quel suo atteggiamento fermo e deciso.

Ne aveva bisogno, aveva bisogno di lei, della sua forza.

“Hai ragione, non dobbiamo. Il Nord ci aspetta Arya.” prese le mani della sorella tra le sue che nel frattempo la guardava sorpresa. “Cosa intendi?”

“Petyr Baelish ha mandato dei corvi ai Lords che sapeva fossero intenzionati a rovesciare i Bolton. Sai ora sono loro i protettori del Nord e a quanto pare, molti Signori non ne sono contenti.”

Sansa aveva ripreso a camminare e il tono fiducioso fece intendere ad Arya che Petyr Baelish si era dimostrato anche troppo furbo nei confronti di sua sorella.

"...e cosa intende fare Baelish con questi Lords?” era scettica, mal si fidava di Ditocorto, ma era comunque curiosa di sapere il suo piano.

Sansa si fermò vicino ad un albero di pesco, rinsecchito. Ne staccò un ramoscello, provocando un suono forte e secco.

“Siamo noi, Arya le legittime Ladies del Nord.” La sua espressione era quella di una donna nobile, fiera delle sue origini. “Certo, non ci sono dubbi. Ma siamo rimaste in due e i Bolton non si faranno da parte tanto facilmente.” continuò ancora scettica.

“Ma Arya non c'è bisogno che si facciano da parte” le si avvicinò entusiasta “I Lords che Petyr ha contattato sono dalla nostra. Rivogliono gli Stark al potere, non quei traditori dei Bolton”. Poi Sansa assunse un'espressione seria “Ti devo dire una cosa che non ti piacerà Arya.” Lei la guardò accigliata senza proferir parola, scosse la testa e fece intendere alla sorella di continuare.

“I Bolton e i Lannister naturalmente sapevano che non sarebbe stato facile per loro tenere il Nord, senza uno Stark al fianco.” fece una pausa per studiare l'espressione della sorella, ancora intenta al silenzio.

“Hanno pensato bene che l'unico modo per Ramsay Bolton, il bastardo di Roose Bolton, di diventare legittimo Lord di Grande inverno fosse quello di sposare una Stark!” ancora pausa, ma Arya era lì in silenzio, sembrava si aspettasse quello che le stava per rivelare. “Arya!” la scosse con una mano “Ti hanno dato in sposa a Ramsay Bolton capisci?”

Fu allora che Arya scoppiò a ridere. “Oddio, quindi sono sposata e non me ne sono mai resa conto, devo essere proprio una cattiva moglie!”

Anche Sansa accennò un sorriso, ma senza esagerare per far intendere che la situazione era più seria di quanto pensasse lei. “Sicuramente hanno preso una ragazza che ti poteva somigliare un po' e l'hanno spacciata per te, nessuno in fondo a parte noi qui a Nido dell'aquila, sapeva dove fossi. La maggior parte delle persone era convinta che tu fossi ancora ad Approdo del Re prigioniera dei Lannister.”

Arya ascoltò concentrata la sorella, in effetti la situazione era un po' più complicata di come se l'era immaginata.

“I Lords che ha contatto Baelish? Non credono in questo matrimonio?”

“Beh, no Arya, li ho incontrati uno ad uno in questi anni, presentandomi a loro con il mio vero nome e facendoti da testimone, io sapevo che non eri tu quella ragazza. Se ti avessero fatto sposare con un traditore lo avresti infilzato la prima notte di nozze, ne sono sicura!” risero entrambe a questa frase. Ad Arya fece piacere notare come la sorella non si fosse dimenticata con chi fosse imparentata, ed era quello che avrebbe fatto in effetti, infilzarli tutti con la spada una volta passata la prima notte di nozze.

Solo che lei non si era sposata con Ramsay Bolton, quindi doveva trovare un altro modo per toglierli di mezzo.

Un'idea in un istante le balenò in testa. Ecco sapeva cosa dovesse fare. Non vedeva l'ora in effetti di farlo. Aveva sognato anni quel momento, la vendetta, il sangue dei traditori sulle proprie mani. Sì finalmente, i Bolton sarebbero stati i primi.

“Vieni andiamo dentro.” Arya si era voltata e sorridendo a denti stretti con un'euforia pulsante si stava dirigendo verso la sala della cena. “Aspetta!” Sansa la rincorse da dietro e quando la raggiunse vide la sua espressione. I suoi occhi sapevano di follia pura. “Arya, ma che ti prende?”

“Oh Sansa lo vedrai, c'è un solo modo per togliere i Bolton di mezzo e ho un piano per farlo.”

“Dovresti parlarne con Baelish.” L'euforia della giovane lupa si trasformò in disgusto. “Cosa? Non pensarci non posso trascinarmi a parlare di quello che penso di fare con Ditocorto!”

Sansa si bloccò dalle parole dure della sorella, abbassò la testa pacatamente, afflitta.. “Non ti fidi di lui...” disse in un filo di voce.

“No” rispose secca Arya “ e non dovresti farlo nemmeno tu! Quell'uomo....quell'uomo mi disgusta!” nel dire quelle parole i suoi occhi sputarono fiamme e collera. Sansa si innervosì a quel comportamento, non ricordava quanto fosse difficile parlare ragionevolmente con sua sorella. Trasse un profondo respiro e guardandola con il suo più deciso degli sguardi parlò con un tono convincente. Almeno così a lei pareva “ Quell'uomo Arya, mi ha salvato la vita. È grazie a lui se adesso posso parlare con te. So che può sembrare una persona spregevole...”

La sorellina sbuffò “ ….so che può sembrare spregevole? Sansa svegliati, lo è. Lui...”

Stava per dirglielo. Sì, era sul punto di farlo. Stava per vomitare parole di odio nei riguardi di Baelish, ma lo sguardo triste della sorella al suo atteggiamento le fece cambiare idea. Pensò in quell'istante che non voleva rovinare l'opinione che lei aveva di Ditocorto. Era ovviamente un fatto che andava tutto a suo vantaggio, Baelish doveva sentirsi protetto e al sicuro da Sansa, doveva credere che Arya si fosse ammansita nei suoi confronti, e un giorno avrebbe abbassato la guardia, lasciandola libera di agire.

Tagliò corto l'argomento cambiando espressione e allungò la mano verso la sorella grande. “Andiamo dai. C'è una persona che è tanto ansiosa di rivederti” sorrise ironica a quell'affermazione. Sansa la guardò non capendo, poi gli occhi le si allargarono e rise. C'era ovviamente Tyrion di là nella sala, il suo precedente marito. Per fortuna il matrimonio con il folletto le era stato annullato da un sacerdote, non essendo stato mai consumato.

Dette la mano ad Arya ancora sorridente ed insieme si avviarono. “Anche per te c'è qualcuno sai. Gendry non ha fatto altro che parlarmi di te, e di come avete passato quell'anno insieme al vostro amico...come si chiamava?”disse portandosi una mano alle labbra per pensare.

“Frittella!” le rispose Arya. Risero spensierate per quel nome buffo e sparirono insieme agli altri nella sala ricevimenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

**Nota dell'autrice: Finalmente eccola qui. Sansa. La bella e attesa Sansa Stark. Voglio dirvi che ce l'ho messa tutta per rendere al meglio questo loro primo incontro, e davvero vorrei sapere da chiunque avesse un'opinione al riguardo (sempre positiva o negativa che sia), leggendo questo capitolo, di farmela presente. So che era uno di quei punti della trama ad aver creato più aspettative e...aiuto!!! :D Spero che vi sia piaciuto, dico sul serio. Perchè se siete ancora qui a seguire questa storia, non si torna più indietro ^^. Ormai si va avanti con questa avventura senza voltarsi più.

Ringraziamenti: a chi arriva fino a qui a leggere cosa questa mia mente malata mi dice di scrivere ;D.

Grazie a Pendragon_AM per avermi inserito sia tra le storie preferite sia tra quelle seguite.

e grazie grazie a tutti per le recensioni meravigliose, a volte divertenti che mi lasciate ogni volta!!

Buona lettura, buon rientro dalle feste e alla prossima. Baci:* **

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Capitolo 8
*** Mostro ***


Passarono solo pochi giorni dal loro primo incontro ma Arya e Gendry tornarono a parlare come facevano prima. Tutto fu estremamente naturale per entrambi, come se il tempo non fosse mai passato. Come se dieci anni non li avessero mai divisi.

Certo è che quando lui la vide alla cena ne rimase ipnotizzato, se la ricordava piccola e bambina, non sviluppata. Il ricordo non era paragonabile al confronto con l'originale, era diventata una donna.

Arya, si divertiva a prenderlo in giro per essersi fatto crescere la barba, le sembrava un omaccione muscoloso e alto. Gendry le faceva domande su Braavos, e come fosse riuscita a sopravvivere tutti quegli anni da sola.

Sansa li osservava poco lontano e ogni tanto scambiava qualche parola con Tyrion ridendo alle sue battute.

Si notava comunque, ad Arya sembrò così, che provasse un certo sentimento di gelosia nel vedere sua sorella e Gendry così amici e complici ancora dopo tanto tempo.

“Sansa è davvero bella stasera vero?” le chiese per testare la sua reazione. Lui sorrise cercando di nascondere un certo imbarazzo, ma lei vide benissimo le sue guance assumere un colorito più roseo. “Non è solo stasera, Lady Sansa è meravigliosa sempre”.

Per quanto cercasse di nasconderlo, Arya capì subito dal tono e dalla postura che aveva assunto il suo vecchio amico, che tra lui e sua sorella ci dovesse essere un interesse.

“Sì hai ragione. Sicuramente è sempre una donna bellissima.” lo disse con un filo di ironia, sempre per voler stuzzicare Gendry, e infatti riuscì subito a provocare un sorriso timido nel suo viso.

 

Partirono una mattina molto presto, la destinazione era il castello di Lord Deene, uno dei tanti signori disposto ad aiutare le Stark. Per raggiungerlo dovevano passare inosservati e senza destare sospetti tra le terre che ora appartenevano ai Bolton, per questo secondo il parere di Baelish era necessario andare con pochi uomini di scorta.

Era l'alba e fecero i bagagli più in fretta che poterono. Robin Arryn rimase a Nido dell'aquila mentre tutti gli altri scesero fino alla valle.

Nel loro gruppo c'erano ovviamente Petyr Baelish, Sansa, Tyrion, Gendry, Brienne, e Podrick. Insieme a loro altri dieci cavalieri che li seguivano come scorta. Arya aveva insistito affinché nemmeno quei pochi soldati li accompagnassero, se la sapeva cavare benissimo anche senza scorta, poi c'era Brienne, che sicuramente sarebbe bastata per altri quindici cavalieri messi insieme. Non le avevano creduto. Il suo corpo minuto e il fatto di essere una Lady non l'aiutava nel far valere la propria posizione. Solo Tyrion, e forse anche Brienne sapevano benissimo che era perfettamente in grado di combattere e di usare le due spade che si portava dietro.

Avrebbe dimostrato il suo valore come guerriera prima o poi e tutti si sarebbero resi conto di che pasta fosse fatta la cara Lady Arya.

 

Lungo il tragitto passarono per i confini meno controllati dai Bolton per giungere alle terre del Nord.

Arrivarono dopo un po' di giorni al castello del Lord Jonathan Deene, una magione piuttosto piccola in confronto a tanti altri castelli visti da Arya, e con pochi uomini ad abitarlo. Il Lord era un uomo corpulento con una lunga e folta barba. Due erano i figli che si presentarono al cospetto delle Ladies. Un giovane diciassettenne Lord Harton Deene e un venticinquenne Lord Branden Deene. Sorridenti e audaci fecero i loro saluti di cortesia alle due ragazze Lupo e fu quando Branden si avvicinò baldanzoso a sua sorella Sansa per baciarle la mano che scorse nello sguardo di Gendry un filo di rabbia.

Dopo la cerimonia del pane e del sale offerto agli ospiti si portò avanti Petyr Balish a parlare per tutti. “Vi ringrazio Lord Deene per averci accolto nel vostro castello. Ve ne saremo grati” . Quel ve ne saremo grati fece salire un brivido ad Arya lungo tutta la schiena.

“Dovere, Lord Baelish.” e ordinò che si portassero vino e pietanze per gli ospiti. Poi si rivolse alle due Stark. “Mie Ladies, vi darò tutti gli uomini disponibili per togliere di mezzo quei cani traditori dei Bolton. Così faranno anche i miei Lords alleati. Viva gli Stark del Nord!” il suo tono di voce fu alto e solenne, una grancassa che risuonante nella sala del castello. Alla sua frase si alzò un boato tra gli uomini presenti alla cerimonia e tutti brindarono alle ragazze Lupo.

 

 

“È chiaro che non mi stai ascoltando...” pronunciò Tyrion esasperato.

Erano lui ed Arya dentro la camera che le aveva concesso gentilmente Lord Deene. Spaziosa, ampia, c'era posto anche per sua sorella, ma lei aveva preferito un'altra stanza, nello stesso corridoio. “Come fai a dirlo? Ti sto ascoltando da almeno un'ora, da quando sei entrato. Potrei recitarti tutte le tue parole a memoria!” lo schernì sarcastica e prese uno stivale accanto al letto per metterselo.

Si stava vestendo con degli abiti che non le appartenevano. Una gonna un po' trasandata, un corpetto ancora più scialbo, calzari rovinati e stinti. Tutto faceva parte del suo piano. Era semplice, ma Tyrion continuava a non aver fiducia in lei.

Si era decisa a parlarne con Ditocorto, la sua idea per togliere di mezzo i Bolton, ma anche lui era stato scettico al riguardo e non le aveva dato tanta importanza. Arya dal canto suo aveva cercato di convincere almeno Tyrion, ma sembrava più cocciuto del solito.

“No invece. So che non mi stai ascoltando! Vedi, non ti importa delle mie parole e procedi a fare di testa tua.” alzò leggermente la voce per attirare la sua attenzione mentre si sistemava gli stivali ai piedi del letto. Quello che ottenne però fu uno sguardo di ghiaccio da parte di Arya. Lo fulminò dall'altra parte della stanza.

“So che credi di avere sempre tutto sotto controllo...” continuò l'amico più pacatamente “ Ma questa volta è diverso. Ramsay Bolton è veramente un mostro. Un mostro capisci? Scuoia le persone vive!” le si avvicinò con lo sguardo preoccupato ma lei continuò nel suo silenzio di indifferenza e alzandosi dal letto si allontanò allo specchio per sistemarsi i capelli.

“Sai le piace cacciare le donne che non lo soddisfano più.”

“Cacciare?” parlò scettica Arya davanti allo specchio, osservando Tyrion nel riflesso.

“Sì cacciare. Me l'hanno riferito gli alfieri dei Deene. Ramsay Bolton caccia le donne con dei cani. Alla fine le fa sbranare da loro. E sai cosa è successo a Theon Greyjoy? Lo sai vero? Gli ha tagliato via l'uccello, dopo averlo torturato per mesi! Ti sembra una cosa divertente?!”

Arya aveva incominciato a ridere voltandosi verso di lui. “Beh credo se lo sia meritato. Ha ucciso i miei fratelli ed è il minimo che possa capitare ad una feccia del genere. Per quanto riguarda il taglio dell'uccello, non correrò rischi!” rise ancora divertita dalla sua battuta, ma Tyrion non rise affatto, anzi continuò a guardarla serio e preoccupato.

“E come pensi di fare per ucciderlo? Sentiamo? Hai forse un piano, visto che dovrai andare lì senza nemmeno un coltellino da carne?! Lui invece avrà guardie, armi e la forza di un uomo incazzato e....”

“BASTA TYRION” gli urlò e lui tacque d'improvviso. Ora lei non stava ridendo più, era affranta e arrabbiata con lui. “Perché non hai fiducia in me? Da Baelish me lo posso aspettare, quel lurido uomo spera tanto che io crepi. Ma tu Tyrion. Tu che mi conosci più di tutti, più di mia sorella, sono stanca di sentirti parlare.”

Lui la guardò, i suoi occhi erano segno di rassegnazione. L'unica via che aveva imparato con Arya, darle fiducia. Sì doveva perché non sarebbe riuscito a pensarla morta dopo così poco nel continente.

“Ho fiducia in te, più di chiunque altro. È solo che non voglio vederti scuoiata viva appesa alle mura del castello...ci tengo alla tua pelle.” le sorrise dolcemente sperando di pacare la sua rabbia nei suoi confronti.

“Ma che pensi? Anche io tengo alla mia pelle! Non sono un'idiota suicida!” poi allungò una mano e accarezzò la testa di Tyrion sogghignando. “Ma che fai?” le disse irritato.

“Si dice che porti fortuna accarezzare la testa di un nano!”scherzosamente e rise.

“Io sapevo che porta ancora più fortuna succhiargli l'uccello.” controbatté lui beffardo. Calò nel silenzio e Arya lo guardò corrucciata. “Allora preferisco affidarmi alla mia di fortuna. Grazie.” se ne andò sentendo l'amico scoppiare a ridere forte da solo nella stanza.

 

 

**Note dell'autrice: Non mi uccidete vi prego! [Corre a nascondersi dentro un armadio] So che con questo capitolo ho messo giù l'incontro Gendry/Arya davvero molto brevemente. Il punto è che loro, come ho scritto, si sono rivisti e si sono riparlati con estrema naturalezza. Non è stato un incontro da fiaba. No, decisamente. Nei miei piani mentali, è così che doveva andare, e...sì...Gendry ha adocchiato Sansa. Questo forse vi deluderà più di ogni altra cosa, me ne rendo conto. Ma la realtà è che ho altri progetti per Arya, molto più complessi e difficili. Gendry, c'è e ci sarà e come personaggio sarà fondamentale, senza di lui non potrei andare avanti. (amara consolazione? Forse...).

Vi lascio con la conclusione però del capitolo, che è la premessa a quello che per me sarà uno dei miei momenti preferiti.

Pensieri? Parole? Opinioni? Devo prepararmi al linciaggio?! ':D

Dato che questo capitolo è stato piuttosto corto, il prossimo ci sarà domani l'altro. Stay tuned!

 

ps. chiedo venia, nel capitolo precedente ho avuto un lapsus pauroso e ho scritto il nome di Ramsay, RamsEy...in più ho fatto un erroraccio grammaticale che ho corretto troppo tardi, già molti di voi avevano visualizzato/letto il capitolo. Scusate. **

 

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Capitolo 9
*** Ramsay Bolton ***


Nella cucina si trovavano sempre quattro persone. Il cuoco, le due cameriere e Cleer. La ragazza aiutava le due donne a sistemare le stoviglie nella credenza. Poi spazzava, riassettava la cucina e saliva su nelle stanze del Lord e signora quando le veniva richiesto.

“Vai a mettere legna nel camino, forza sbrigati mica vorrai muoiano di freddo” .

Quando saliva le scale con i ceppi di legno sulle braccia, c'era sempre qualche bel giovane che si fermava per darle una mano. Una volta arrivati all'interno delle stanze Cleer li salutava gentilmente e sistemava il camino dei Signori.

Poi si metteva a spazzare i pavimenti delle sale grandi e dei corridoi. Sentiva il gelo che attraversava le pareti e quando poteva si avvicina alle torce che si trovavano accese lungo le mura interne del Forte Terrore per riscaldarsi le mani.

All'ora dei pasti preparava le tavole insieme ad altri servi del castello, poi metteva le sedie, le posate e i piatti accuratamente.

Nonostante fosse sempre molto silenziosa, schiva e non desse confidenza se non a quelli più vicini a lei come mansioni, già tutti l'avevano notata. Persino il Lord di Forte Terrore si era accorto di lei. Si diceva fosse originaria di Volantis, ma aveva la pelle troppo chiara e quando parlava le poche volte non si capiva mai il suo accento. In ogni caso quella nuova presenza femminile nel castello grigio e freddo era come veder spuntare un fiore in mezzo alla neve.

L'unica persona che la guardava con diffidenza era Reek, il cane di Ramsay Bolton. Ogni volta che le passava accanto, lui si ritraeva e la osservava con distanza e timore.

Un giorno le si avvicinò con quell'espressione da uomo bastonato, chiamandola con voce roca e profonda.

“Cleer, il signore vuole che tu le porti asciugamani puliti, adesso.” Lei lucidava degli stivali seduta sopra una panca. Alzò gli occhi e s'incantò a guardarlo. Lo osservò come si osserva un insetto che cammina sul tavolo da pranzo, con disgusto. Reek si sentiva sempre sotto quello sguardo, era così che tutti lo scrutavano. Ormai di lui non era rimasto niente che assomigliasse vagamente ad un essere umano, raramente il suo odore era vicino a qualcosa di profumato. Non aveva più tanti capelli in testa, e quelli che gli erano rimasti erano diventati grigi e bianchi. Non aveva denti per sorridere e per mangiare, non che facesse l'una e l'altra cosa così spesso. Mani e piedi erano mutilati e camminava sempre gobbo zoppicante. Era normale che lo guardassero a quel modo. Ci aveva fatto il callo ad essere giudicato così, e la maggior parte delle volte non faceva caso ai loro sguardi inquisitori.

“Subito” sibilò Cleer, ghignando, un sorriso che lui trovò terrificante. Con uno sguardo avido negli occhi, la ragazza si alzò dalla panca lasciando gli stivali a terra e se ne andò in direzione delle stanze dei Signori.

Quegli occhi...

Erano di colore grigio scuro, intensi e profondi come l'acqua dell'oceano. Non aveva visto in vita sua altri occhi simili a quelli, ma la memoria le riportò indietro l'immagine di una bambina, e un nome.

 

                                                                                                          Arya Stark

 

Un fremito di paura gli scrollò le spalle paralizzandogli il resto del corpo. Non era possibile. No non era vero. Non può.....

 

 

 

Salire le scale con la frenesia in corpo e apparire calma le sembrò un compito molto difficile, sopratutto quando incontrava per le scale persone che correvano in direzione dell'incendio che era scoppiato nell'altra ala del castello.

Lo aveva appiccato lei.

Sperava funzionasse come diversivo, per tenere gli uomini impegnati per i prossimi minuti. Doveva cercare di mantenere la sua solita indifferenza, quindi camminava tranquilla portando in mano dei teli nuovi e freschi come richiesto.

Arrivò nel corridoio vuoto del Forte Terrore dove alloggiavano il Lord e la sua signora.

La sera stava facendosi avanti e le pochi luci erano rappresentate da ampie torce che la accompagnavano verso la stanza di Ramsay Bolton. Passo dopo passo il suo cuore batteva sempre più forte. Si impose di non cedere all'euforia, di dimostrarsi adatta alla situazione e di non gettare al vento tutti quegli anni di addestramento a Bravoos.

Una volta arrivata davanti al portone bussò delicatamente. Una voce profonda e indistinta la invitò ad entrare. Ritrovò la sua calma stoica e la sua freddezza assoluta e con fare dimesso si fece avanti nella stanza padronale.

Si guardò intorno ma lui nella stanza non c'era. Un letto, un armadio e uno specchio enorme che si trovava quasi al centro della camera erano gli oggetti di arredamento.

La voce che l'aveva invitata ad entrare proveniva dalla saletta vicino dove vi era collocata una tinozza da bagno.

Ramsay Bolton stava lì immerso, dandole le spalle con i fumi dell'acqua che lo circondavano dandogli un'aurea spettrale. Lei restò ferma con i teli tra le braccia a guardarlo.

“Su vieni, ma quanto ci metti.” le fece cenno con la mano di avvicinarsi e lei gli stese il telo davanti coprendosi la vista dal suo corpo nudo che fuoriusciva dalla tinozza. “Credo di essermi pulito abbastanza per la mia Signora.”.

Si avvolse il tessuto bianco intorno ai fianchi lasciandosi il petto nudo scoperto. Lei abbassò gli occhi cercando di dimostrare riverenza e rispetto, ma lui lo colse con un atto di timidezza.

“Che c'è hai paura di un uomo nudo?” emise una risata fredda e spezzata che le fece alzare gli occhi a fissare quelli del Lord.

“No mio signore, stavo solo portando rispetto nei confronti della vostra Signora Arya Stark” il suo tono insolente destò il levarsi di un ghigno prepotente nel viso di Ramsay Bolton.

La guardò intensamente con quei i suoi occhi spiritati, cercando di comprendere meglio quali fossero le sue intenzioni. Poi d'un tratto si diresse verso il camino per asciugarsi.

“Svuota la vasca.”

Lei rimase lì e un secchio alla volta levò l'acqua ormai tiepida per gettarla fuori dalla finestra.

“Dicono tu sia di Volantis, ti chiami Cleer giusto?”

“Sì, mio signore, mi chiamo Cleer, ma non vengo da Volantis. Sono originaria di una terra molto più vicina.” Strofinò la vasca per levare le ultime sporcizie depositatosi sul fondo, sentendosi gli occhi di Ramsay puntati addosso.

“La maggior parte delle ragazze di questo castello sono sguattere. Non fanno altro che parlare e parlare e fanno di tutto per ottenere i miei favori e quelli della Lady mia Signora. Tu invece, dicono sia una serva discreta e riservata. Ti fa onore sai?”

Ormai aveva finito di sistemare la vasca. Si alzò sistemandosi la gonna stropicciata e si avvicinò a Bolton che se ne stava ancora in piedi davanti al camino con solo il telo addosso.

“Grazie mio Signore, qui avrei finito se non vi dispiace...” fece una piccola e incerta riverenza e si girò per uscire dalla stanza, ma la mano di Ramsay Bolton le afferrò il braccio e la rivoltò violentemente verso di lui. “Non ti ho detto che te ne devi andare” la trasse a sé con violenza e lei sentì sotto il telo la sua eccitazione. Tentò di baciarla. Lei cercò di divincolarsi ma questo non fece che esaltare il suo desiderio. Riuscì a ficcarle la lingua in bocca e a trattenerla ferma con le mani.

Lei decise che la strategia migliore sarebbe stata quella di cedere alle sue mosse, quindi assecondò per un istante il suo approccio avvicinandosi passo per passo al grande specchio presente nella stanza. Lui le stava per alzare la gonna, sentì la sua mano scivolare lungo la sua gamba, ma lei gli prese la testa con entrambe le mani e gli batté violentemente il viso contro il vetro dello specchio. Fu talmente forte l'impatto che tutto andò in frantumi. Si allontanò di qualche passo osservando Ramsay Bolton gridare dalla rabbia. Si augurò che nessuna delle guardie fosse nelle vicinanze, e che l'incendio non fosse già stato spento.

“Puttana, vile puttana!” si voltò a guardarla con un'espressione assassina, il volto ricoperto del suo sangue, i capelli impiastrati di quel liquido rosso vivo. Andò vicino ad un cassetto e da lì estrasse un coltello lungo e affilato. “Adesso mi divertirò a squarciarti in due con questo.” la bruciò con gli occhi e le si avvicinò minacciosamente.

“No. Lo farò io” le parole le uscirono con una tale freddezza metallica che Ramsay si fermò a guardarla stupito prima di attaccarla con l'arma che aveva in mano. Lei riuscì a scansarsi e ad afferrargli il braccio nel tentativo di disarmarlo. Gli storse il polso con forza e riuscì a fargli cadere il coltello. Allora lei tentò di prenderlo con l'altra mano ma lui le diede un pugno nella pancia tanto forte da farle venire un conato di vomito. Tra i due iniziò un forte scontro, e molti degli oggetti che si trovavano nella stanza, vasi o libri, caddero in terra rompendosi e facendo rumore. Lui cercava di strozzarla con le sue mani, o di colpirla a sangue con calci e pugni. Ma Arya lo affrontò con accanimento e senza dare segni di cedimento. Ramsay si ritrovò accecato dalla rabbia, ma stupito.

“Lo devo ammettere Cleer, sei piccola ma forte. Ciò non cambia il fatto che ti farò a pezzi.” e le tirò un altro pugno destinato alla faccia. Lei lo scansò con una mano e rispose con un altro pugno diretto.

“Non mi chiamo Cleer, lurido bastardo.” gli disse con disprezzo prendendolo in pieno volto e facendolo indietreggiare. Ne approfittò per fargli perdere completamente l'equilibrio e stenderlo a terra. Si mise a cavalcioni sopra di lui ormai nudo ed esausto. Gli afferrò le braccia e le allargò sopra la sua testa, riuscì a tenerlo immobile mentre si divincolava ancora furente. “Chi sei, puttana? Chi SEI?” le urlò in faccia.

A quel punto le scappò una risata forte e selvaggia. “Ma come? Non riconosci tua moglie?” e osservò l'espressione furente di Ramsay trasformarsi in incomprensione. Poi nell'attimo in cui capì sgranò gli occhi. Stava per gridare qualcosa ma Arya fu più veloce e preso il coltello che si trovava lì al fianco, glielo conficcò con forza nella gola. Emise un rantolio strozzato e un fiotto abbondante di sangue spruzzò fuori dai vasi del collo ricoprendola di rosso dalla faccia al busto. Ramsay ancora cosciente cercò di togliersela di mezzo, ma lei gli squarciò di netto il collo uccidendolo all'istante.

La testa mezza staccata cadde all'indietro di peso. Arya lo guardò con un sorriso soddisfatto. L'odore ferroso della vittoria e della vendetta la pervase con calore e le diede un'euforia inaspettata.

Tutta macchiata di sangue sembrava un demone accovacciato sopra quell'uomo. Respirò con calma prima di rimettersi in piedi e agire. Dopo aver frugato nella stanza, trovò una spada lì nascosta sotto il letto e senza pensarci un attimo finì di staccare la testa a Lord Bolton.

L'avvolse nel telo che aveva indossato lui e se la sistemò con un nodo alla cintura della vita. Prese con sé anche la spada nel caso ne avesse avuto bisogno.

Il cuore le batteva forte e l'eccitazione era tanta ma andò verso l'uscita della stanza rapida e silenziosa.

 

Il corridoio era sempre vuoto, ma sentiva in lontananza le grida concitate degli uomini al lavoro per spegnere l'incendio. A quanto pare nessuno si era accorto di nulla, e nessuno adesso si sarebbe accorto di lei.

La testa di Ramsay Bolton gocciolava sangue attraverso il telo che da bianco era diventato rosso porpora, ma Arya continuò a camminare come se niente fosse, verso l'uscita del castello. Era rimasta lì abbastanza a lungo da conoscere tutte le vie più rapide per fuggire senza essere vista. Arrivò ad una porta secondaria che sbucava dietro le mura, proprio dove si trovava la stalla. Si avvicinò tranquilla ad un cavallo e dopo averlo sellato a dovere, lo portò fuori per le redini camminando pacatamente. Fu quando arrivò nei pressi di una stradina, che nel buio intravide un ombra zoppicante e incerta avvicinarsi a lei.

Reek, aveva capito chi fosse quella donna e l'aveva spiata di nascosto mentre scappava con quel fagotto sanguinante legato alla vita. Dopo pochi passi se lo ritrovò davanti e lo fissò con astio.

“Vattene Theon, gira i tacchi e sparisci dalla mia vista o ti taglio la testa, proprio come ho fatto al tuo amato padrone.” lui parve indietreggiare di paura ma rimase ostinatamente davanti a lei cercando di balbettare qualcosa.

“Sono Reek, non Theon. Reek, Reek!” la voce gli si spezzava in gola mentre pronunciava il suo nome e sembrava stesse per scoppiare a piangere da un momento all'altro.

Arya gli si avvicinò sguainando la spada e puntandogliela contro. “Tu sei Theon Greyjoy, quell'infame codardo che ha tradito mio fratello Robb e ucciso i mie fratelli Bran e Rickon. Te lo ricordi eh? THEON!” urlò il suo nome con ferocia e l'altro si allontanò di qualche passo. Cadde in ginocchio, maldestramente, pronunciando parole di supplica e lamentandosi della sua vita sofferente. “Perdono...perdono...” lo sentì pronunciare con un filo di voce.

Lei lo guardò dall'alto con lo stesso disgusto con cui lo aveva sempre osservato in quei giorni. Si trattenne da non calare la spada sul suo collo e gli intimò di alzarsi.

“ Vattene, sparisci dalla mia vista! Torna da tua sorella nelle isole di ferro, vai dove ti pare! Ma sparisci da qui, va via da queste terre e da me!”gli sputò rabbia e collera addosso e Arya vide nei suoi occhi il terrore, la paura. Si alzò sempre con riverenza e timore, tentando di biascicare qualcosa. “Ti...devo dire...una cosa, io non ho...”

“Sparisci!” sibilò ancora con forza Arya “Se non te ne vai, giuro che ti prenderò con me e ti tratterò peggio di come ha fatto Ramsay in questi anni, allora rimpiangerai il fatto di avermi seguito fin qui per chiedermi scusa!”

A quelle parole Theon, Reek, chiunque fosse quell'uomo, si voltò in preda alla disperazione e sparì nel buio urlando di terrore poco più avanti.

Sapeva in cuor suo che si sarebbe sentita meglio ad ucciderlo per vendicare i suoi fratelli, ma gli uomini e le donne del castello le avevano raccontato i dieci anni di torture che aveva subito da Bolton. Anche Tyrion e Baelish gliene avevano parlato, e solo quando lo aveva visto per la prima volta, aveva capito.

Non c'era nient'altro che potesse fare a quell'uomo, la morte sarebbe stata solo un piacere.

 

 

 

 

**Note dell'autrice: Salve a tutti! Come promesso ecco qui il capitolo 9, a mio avviso uno dei miei preferiti. Non lo nascondo, potrei rileggermelo mille volte senza stancarmi. Arya finalmente si è rivelata per quello che è: un demone vendicativo, una specie di Beatrix Kiddo (chi è??? Andate di corsa a vedere Kill Bill!!!) del medioevo che non aspettava altro da anni. Io ho sempre amato l'Arya della serie tv perché cela perfettamente la sua oscurità. Ma quando la rivela al mondo non ha pietà per nessuno. Nessuno, nemmeno Theon, infatti vi prego di non prenderla come un atto di bontà quella sua mancata uccisione, come la pensa Arya è chiaro: la morte sarebbe stato un dono troppo prezioso per un infame come lui. Una cosa però è certa nella sua cieca furia, si è lasciata sfuggire le scuse di Theon e qualche particolare sui suoi fratelli che le sarebbe stato utile.

Vi lascio così, con qualche giorno di pausa. Da noi purtroppo la sessione estiva inizia a maggio e ahimè devo iniziare a studiare. Tranquilli però, da lettrice accanita quale sono, so quanto sia frustante leggere un capitolo dopo giorni/mesi, quindi cercherò in tutti i modi di conciliare lo studio alla scrittura per non deludervi.

Io amo il trono di spade, adoro parlare della mia storia (non si era capito eh?) quindi vorrei davvero che ci fosse dibattito, dialogo con voi che leggete. Per queso vi invito ogni volta ad esprimere un'opinione in merito, non siate timidi :D mi fa sempre piacere sapere come la pensate.

Ringraziamenti: grazie a tutti quelli che leggono questa storia, dico sul serio. Anche se non recensite, vedere comunque che i capitoli vengono ogni giorno visualizzati/letti mi riempie di gioia. ^^

Grazie a Ssara02 e Diomache che hanno iniziato a seguire la storia. 

Un abbraccio a tutti! Alla prossima!!**

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Capitolo 10
*** Regards ***


“Cos'è?” chiese Petyr Baelish indicando il fagotto rosso.

Era tornata al castello di Lord Deene, chiedendo di vedere Ditocorto con urgenza.

La sua figura ricoperta ancora del sangue di Bolton aveva fatto rabbrividire le persone che incontrava lungo la via e nessuno aveva osato fermarla e rivolgerle la parola.

Appena entrata nelle stanze di Lord Baelish, aveva scaraventato il fagotto sopra la scrivania in mezzo alle tante scartoffie che si era preparato.

“Aprilo e vedrai.” lo guardò con sfida e sprezzante mentre lui a sedere e con l'espressione a metà tra lo sbigottimento e il disgusto se ne stava immobile a fissare il lenzuolo rigonfio.

Allungò le mani con la delicatezza che si deve quando è temuta una sorpresa imprevista, e quando ebbe tolto i primi lembi zuppi di sangue vide un volto tormentato da un'espressione ancora furente e contorta.

“Ramsay Bolton?!”

“No, tecnicamente, è la sua testa.”

Petyr la guardò incredulo. Com'era possibile che fosse riuscita ad ucciderlo, senza essere vista, scoperta, come?

“Come ti ho gia accennato, ho altre maniere per far valere le mie ragioni. Ebbene questo è il mio metodo, che ti piaccia o meno.”

Arya era molto calma, tutta l'adrenalina che aveva avuto fino a poche ore prima era svanita dandole un senso di serenità inaspettato.

“Non credo che a Roose Bolton piacerà la cosa....” disse Ditocorto dimostrandosi furente nel pronunciare quelle parole. Richiuse il fagotto con la testa di Ramsay e lo spinse in avanti lontano da lui nella scrivania.

“La mia idea non era scendere a patti con quell'uomo, se era questo il tuo piano Baelish. Non ho intenzione di risparmiare nessuna sofferenza a dei traditori come loro.” fece una pausa osservando ancora l'espressione di disappunto sul volto di Ditocorto. Se fosse stato per lui, si sarebbe trovato un modo per ottenere una tregua con i Bolton, per evitare la guerra e magari lui avrebbe ottenuto qualcosa in cambio.

Arya dalla scrivania prese un foglio di carta e una piuma con dell'inchiostro porgendola a Baelish. “Sebbene la diplomazia non mi sia cara tanto quanto lo è a te, voglio che tu scriva delle lettere.”

“Lettere? E a chi, se mi è concesso saperlo?” il suo tono tagliente non nascose la sua impazienza.

“A tutti i Lords che supportano la nostra causa. Dovrai comunicare loro che gli Stark li chiamano in guerra contro Bolton.”

“Perché non lo fate voi” gli restituì il foglio e la penna, scaraventandoli sopra la scrivania.

“Perché...” disse Arya respingendo gli oggetti verso Ditocorto con ostinazione “...Perché sei l'unico che conosce esattamente tutti i nomi dei Lords che sono dalla nostra parte, e perché sei l'unica persona con cui sono venuti in contatto in questi anni. Per quanto mi pesi ammetterlo, se scrivi tu quelle lettere saranno più portati a credere alle parole scritte, più di quanto possano fare se gli scrivo io, una persona che non hanno mai visto né conosciuto.”

Sogghignò soddisfatta della sua spiegazione e osservò Petyr arrendevole prendere in mano la penna e iniziare a scribacchiare sulla carta quello che gli era stato richiesto.

“È tutto mia signora?” sibilò ironicamente alzando la testa dalle scartoffie per guardarla.

“No. Voglio che tu invii anche questo fagotto a Roose Bolton, come dono da parte mia e di mia sorella.” gli occhi di Baelish si sgranarono a sentire quelle parole. Quelli di certo non erano i suoi metodi e si meravigliò della decisione e della risolutezza che aveva nel pronunciare quelle parole.

“Non ho finito. Scrivigli anche: Gli Stark ti mandano i loro saluti.” detto questo sorrise compiaciuta e si accomodò su di una sedia lì vicino.

Ditocorto che ancora la guardava incredulo, si rese conto che non se ne sarebbe andata fino a che non avesse finito di scrivere. Avrebbe controllato tutto, e quindi in segno di rassegnazione cominciò il suo compito.

 


Solo pochi giorni, e la voce si sparse per le terre del Nord. Il bastardo di Roose Bolton era stato ucciso e ora le sorelle Stark rivendicavano il loro diritto sul Nord.

I vari Lords che ricevettero le lettere di Ditocorto e di Arya risposero con entusiasmo alla chiamata in guerra.

I vesilli si radunarono al castello di Lord Deene che in quei giorni sembrava sempre più entusiasta della battaglia imminente. 

Di quanti uomini disponesse Bolton per proteggere la sua pretesa sul Nord, ancora non era dato sapere. C'era chi sosteneva che i Lannister avrebbero mandato rinforzi da Sud e che quindi ci si doveva aspettare un attacco alle spalle. Ma Tyrion e Arya non erano proprio convinti di quella diceria, i Lannister non avrebbero di certo sacrificato i loro uomini per correre in aiuto a un signorotto che se ne stava troppo al Nord per i loro interessi.

Tra le fila del loro esercito, Arya contava ben dieci Signori, ciascuno dei quali aveva portato più di mille uomini pronti per la battaglia. Più di diecimila soldati o quasi, sarebbero stati sufficienti per fronteggiare l'esiguo esercito di Roose Bolton.

Arya era sicura che l'impresa sarebbe andata a buon fine e che presto sarebbero tornate a Grande Inverno.

Si fece conoscere subito da tutti i Lords presenti, ringraziandoli uno a uno. Tra loro c'era anche Lord Umber, di cui suo padre le aveva spesso parlato bene. “Spediremo tutti i Bolton e i suoi uomini a calci in culo sotto terra, mia Lady, ci potete contare.” Arya aveva sorriso a quell'omaccione e gli aveva stretto energicamente la mano, non come si fa tra una signora e un Lord, ma come si fa tra due uomini di pari livello. Questo sembrava essere piaciuto a Lord Umber che pochi istanti dopo era pronto a giurare ai suoi uomini che in vita sua “...nessuna donna mi ha stretto così forte la mano e con tale risolutezza, neanche mia moglie” facendo ridere chi lo ascoltava.

La presenza di Arya in mezzo a tutti quei soldati inizialmente non era ben vista, alcuni continuavano a ripeterle che non era posto per una Lady o per una qualsiasi donna, ma lei era pronta a rispondere che sapeva benissimo quale fosse il suo posto e che gli altri avrebbero fatto meglio a conoscere il proprio. Così fu che pochi giorni passati nelle file dell'esercito bastarono a farsi riconoscere per quello che era, una ragazza con un inaspettato carisma a cui tutti si rivolgevano con rispetto e stima.

Cominciarono a trattarla come una di loro, avendo sì, sempre la riverenza e la dimissione che si usa di fronte a una donna, ma con lei molti si sentivano molto più liberi di esprimere i propri pareri riguardo alla guerra o alle armi necessarie, degli uomini che sarebbero serviti e delle strategie.

Arya non voleva che la vedessero come una una ragazzina esile e triste messa in mezzo ad eventi che la trascinavano involontariamente, ma come una guerriera consapevole e capace.

Nessuno quindi, si stupì il giorno in cui Arya comunicò che avrebbe partecipato alla battaglia. I Lords accolsero questa sua offerta con entusiasmo e le proposero di comandare un piccolo battaglione.


“Sanno che ho ucciso io Ramsay Bolton, per questo lo fanno, perché hanno capito di che cosa sono capace.” parlò a Gendry in confidenza, mentre insieme si avviavano verso il piccolo villaggio limitrofo.

“Pensi di fare paura per questo?” insinuò lui non allontanando troppo il cavallo da quello di Arya per poter continuare a parlarle da vicino.

“No, non è questo. Credo sia più per lo stupore di sapere che una donna è stata in grado di uccidere un osso duro come quel bastardo.” fece spallucce come a dire che ci posso fare .

“Sarai allora contenta di combattere, in fondo è quello che volevi, no?”

“Certo, non me ne starò rintanata al castello di Lord Deene insieme a mia sorella mentre gli altri combattono per me. Non è una cosa che posso accettare. Io devo combattere. Io voglio combattere.”

La tenacia che usò nel pronunciare le ultime parole fece sorgere un sorriso sul volto barbuto di Gendry.

“Lo so. Non sei cambiata molto da quando ti ho conosciuta. Anche allora, eri la più coraggiosa del gruppo!”

“Non c'era altra scelta. Uno eri tu, l'altro Frittella, per esclusione, dovevo essere io!” esclamò, ridendo all'amico che ricambiò felice.

“Beh, stai dicendo che non sono coraggioso quanto te?” sogghignò Gendry.

Arya scese da cavallo, lasciando quella domanda senza risposta. Erano ormai arrivati al villaggio, e chiesero indicazioni per il fabbro più vicino.

“Non capisco perché vuoi rivolgerti a un'altra persona, sai benissimo che posso fare anche io quello che vuoi.” la criticò un po' offeso.

“Non sei il mio servo, non devi farmi un'armatura solo perché sono io. Lo chiederò a questo uomo e lo stesso farò anche per te.” replicò Arya e senza che potesse dire o fare niente Gendry la vide entrare dentro la fucina.

Ordinarono due armature, e lei richiese che fosse fatta su misura apposta per lei. Voleva fosse leggera e poco ingombrante che non le impedisse i movimenti nel combattere.

Richiese anche una nuova cintura in grado di sorreggere il peso di Giuramento e di Ago insieme e che anche questa si adattasse ai suoi movimenti.

Il fabbro promise loro almeno cinque giorni per realizzare il tutto e non ci fu bisogno di pagarlo lautamente. “Non preoccupatevi Signora, è un piacere contribuire al ritorno degli Stark.”

 

Tornati al castello Arya pensò di passare un po' del suo tempo con la sorella, che in quei giorni aveva visto poco spesso. Così insieme passeggiarono tutto il pomeriggio e riposarono sui muretti al sole caldo chiacchierando del più e del meno.

“Tu e Gendry...è come se il tempo non fosse passato per voi.” sospirò ad un tratto Sansa con un filo di voce.

“Se un'amicizia è vera può durare nel tempo, e poi non penso di essere cambiata molto dall'ultima volta che ci siamo visti. Intendo di carattere.” fece un pausa per studiare l'espressione della sorella. Era del tutto concentrata in pensieri nascosti nella sua mente.

“Sansa...” continuò cercando di attirare la sua attenzione che sembrava smarrita chissà dove. “Senti, chiedimelo e basta!”

Ma lei scosse la testa facendo orecchie da mercante e persistette con lo sguardo perso nel vuoto.

Arya cercò di trovare tutta la pazienza di cui disponeva per non essere brusca con lei. “Gendry è solo un amico.” usò il tono più amorevole e gentile che riuscì a tirar fuori. 

Sansa la guardò seria con occhi speranzosi e lucenti. “Davvero?” le chiese.

“Certo, lui è un amico, come lo è Tyrion. Tutto qua.” a quel punto il suo sguardo si illuminò e sfoggiò uno dei suoi sorrisi più raggianti.

“Bene, sono contenta di saperlo.” rimase in silenzio per pochi secondi e prima di iniziare a parlare di nuovo trasse un profondo respiro. “Ci siamo baciati. Non una volta, ma molte volte...”

Arya rivide in lei quella ragazzina piena di speranze e sogni, la voglia di comunicare i suoi bisogni, il suo amore, quello che le faceva battere il cuore. Ma lei detestava tutto quello. “Ferma.” la zittì la sorellina. “Se stiamo per entrare in uno di quei discorsi da donne, sappi che non voglio ascoltare oltre.” e si alzò precedendo Sansa di qualche passo per distanziarla.

“Ma Arya, se non con te, con chi mi potrei confidare.” il suo tono di voce era talmente afflitto che ancora una volta lei non poté dimostrarsi dura con sua sorella. Sapeva di cosa avesse bisogno, semplicemente di qualcuno con cui parlare e così si arrese a quella richiesta.

“E va bene, parlamene pure. Ma non ti azzardare a descrivere baci, carezze, abbracci o ogni sorta di smanceria che può essere capitata, per favore!” Era seria e sperava che capisse che non faceva dell'ironia con quella richiesta, ma sua sorella sorrise felice e la prese a braccetto per iniziare con entusiasmo tutta quella storia che si era tenuta dentro fino ad allora.

 Gli raccontò inizialmente cose che già sapeva, Gendry era un ragazzo nato e cresciuto nel fondo delle pulci di Approdo del Re. Altruista, buono, leale. Figlio bastardo di Robert Baratheon e ormai unico figlio vivente.

Aveva incontrato Brienne e Podrick mentre vagava senza meta nelle terre dei fiumi e lì con loro aveva iniziato la ricerca delle due sorelle Stark. Quando trovarono Sansa dopo qualche anno inizialmente si dimostrò un ragazzo timido e remissivo nei suoi confronti, non aveva certo assunto l'atteggiamento amichevole che aveva con Arya. Sansa era infatti quasi una sua coetanea e in lei spiccava molto più il carattere da Lady del Nord. Quando Brienne e Podrick partirono alla ricerca della sorellina, lei rimase sola con Ditocorto e Gendry.

Fu grata della presenza del ragazzo e tra loro nacque una profonda amicizia, poi un giorno nel giardino di Nido Dell'Aquila, lì dove diede uno schiaffo a Robin Arryn e dove Petyr Baelish l'aveva baciata pochi anni prima, fu Gendry a baciarla.

Le diede il suo primo vero bacio in tutti quegli anni. Da quel momento ce ne furono altri e altri ancora.

“Per i sette inferi! Aspetta, ti avevo detto di non parlarmi di queste cose....” La interruppe Arya guardandola torva.

“Sì lo so, ma era necessario che te lo dicessi. Come avresti capito altrimenti quello che c'è tra me e lui?” parlò sempre con quella sua aria sognante da ragazzina e gli occhi lucidi.

“Si capisce lo stesso, credimi.” tagliò corto lei.

Si sedettero su una panca all'interno del castello, in una delle sale maestose che vi si trovavano. Il pomeriggio fuori si era tramutato in sera ed era ormai buio.

Sansa se ne stava in un silenzio impaziente e confuso, non aveva idea di come continuare a raccontarle la sua storia se non le era permesso di dire ciò che voleva. Poi si illuminò di nuovo e guardando intensamente sua sorella sorrise.

 “Non ho avuto mai la possibilità di scegliere in vita mia. Hanno sempre scelto gli altri per me, prima Joffrey, poi Tyrion, poi Robin scelto dalla zia Lysa.” fece una pausa osservando Arya che la guardava con espressione neutra.

 “Gendry è la mia possibilità di scelta. Ecco cosa è lui per me, capisci?” finì il suo discorso tornando ad avere uno sguardo estremamente serio.

“Sansa, secondo la mia modesta opinione, tu sei libera di fare quello che ti pare. Ma sappi che se deciderete di sposarvi tu perderai ogni diritto sul Nord.” intervenì arrivando al sodo, senza mezzi termini.

Il suo sguardo era di ghiaccio, mentre pensava dentro di sè che Sansa avrebbe rinunciato a diventare la Lady protettrice del Nord solo per stare con lui.

“Lo so, lui è un Waters, un bastardo e sposandolo perderei il mio diritto, e i miei figli non potranno avere eredità o pretese. Lo so Arya.” rispose brusca, con un atteggiamento scocciato e distaccato nei suoi confronti.

“Ma io penso, penso di amarlo. Non credo rinuncerò a lui tanto facilmente!” si alzò decisa e senza che Arya potesse risponderle se ne andò di fretta per scappare dal giudizio e dagli occhi inquisitori di sua sorella.

Lei ancora a sedere sulla panca la guardò andarsene incredula e con la bocca spalancata fino a che non si decise ad alzarsi anche lei da lì. “Sei una pazza!” le urlò contro, ma non ottenne risposta perché Sansa si era già dileguata dai paraggi.

 

Arrivò il giorno della battaglia.

Gli esploratori che erano stati mandati per verificare la presenza di Roose Bolton in quelle terre, confermarono quello che ormai tutti aspettavano da giorni.

“Sono qui!”

“Quanti sono?”

“Non si sa, ma sono tanti forse sugli ottomila uomini”

Dove aveva trovato Bolton tutti qui soldati. Mercenari? Probabilmente era stato costretto dalle avversità a pagare dei guerrieri per fronteggiare quella guerra.

La cosa curiosa però fu l'arrivo della notizia di uno schieramento a est e uno a ovest delle terre di Deene.

“Ci vuole dividere è ovvio.” sostenne Arya, all'incontro organizzato di tutta fretta tra i Lords del Nord.

“Quindi cosa facciamo? Attacchiamo entrambe le fazioni prima che sia lui ad attaccare noi?” intervenì Lord Deene che se ne stava in mezzo agli altri a confabulare concitatamente.

“Penso che sia solo un espediente per ridurci di numero. Sono fermamente convinta che il grosso del suo esercito se trovi al di là della foresta ombrosa aspettando di attaccare.”

Arya indicò nella mappa un mucchietto di alberi disegnati che se ne stavano a pochi chilometri dal castello di Deene, aldilà di quella piccola foresta era presente una valle ideale per tenere battaglia o, come pensava lei, per tenere migliaia di uomini nascosti.

“Come fate ad esserne sicura mia Signora?” fu Lord Uber a parlare dall'altra parte del tavolo.

“Semplicemente perché nessuno dei tre esploratori che abbiamo inviato in quella zona è più tornato indietro. Mi sembra più che evidente che ci sia qualcosa nascosto ad aspettarci.” detto questo, tutti gli uomini presenti incominciarono a parlare approvando quell'idea. Uno a uno inziarono a proporre strategie per fronteggiare l'esercito.

“Miei Lord.” parlò lei, forte, per farsi sentire da tutti. “ Se siete d'accordo, la soluzione migliore sarà quella di mandare mille soldati a est da qui e mille a ovest per fronteggiare quelle poche linee che ci circondano su questi fronti. Gli altri ottomila uomini attaccheranno contemporaneamente l'esercito di Bolton che si trova dopo la foresta.”

“Ma così faremo il suo gioco, non vi pare Lady Arya?” Ditocorto, che fin'ora era stato presente in silenzio a quella riunione parlò con il suo tono ironico e guardandola con quegli occhi da furetto che tanto la facevano arrabbiare

“Sì faremo il suo gioco, o almeno glielo faremo credere. Impegneremo quelle due fazioni con pochi dei nostri uomini, mentre, come ho già detto, attaccheremo in contemporanea il grosso del suo esercito, con il resto dei nostri soldati. Non penso se lo possa aspettare.” si fermò sorridente mentre tutti i Lords annuivano alla sua proposta. “È tutto chiaro Baelish? O forse una donna come me deve continuare a darti lezioni di guerra?”

A quel punto tutti scoppiarono a ridere e Petyr Baelish divenne livido dalla rabbia.

Per l'umiliazione fece sparire il suo viscido sorrisetto dalla bocca. “Ma certo mia signora, tutto chiaro.” sibilò offeso e senza aggiungere altro si alzò lasciando la riunione.

“Bene miei Signori, ora che tutti si sono schiariti le idee, possiamo cominciare.” concluse Arya e tutti i Lords gridarono euforici e carichi “Per il Nord!” .

 

 

**Note dell'autrice: Eccoci qui di nuovo! Salve a tutti! Allora questo capitolo non è uno dei migliori, lo devo ammettere. Non ha nemmeno una trama centrale, ma tanti piccoli frammenti di storia che si collegano tra loro nel quadro generale. Il titolo mi ha fatto penare. Alla fine ho optato per "Regards", saluti, in inglese. (Perchè mettere "Saluti" in italiano mi avrebbe inevitabilmente portato sempre a pensare al Gioca Jouer).

Non so quale sia l'effettiva regola nel caso in cui una Lady sposi un uomo di origini bastarde, ma sinceramente la mia interpretazione della cosa mi sembrava la più plausibile.

Ringraziamenti: Grazie per le recensioni e per tutti quelli che silenziosamente leggono la mia storia. :D

Grazie ad Alpha_Wolf_Bite per avermi inserito tra le storie preferite.

Alla prossima gente! ^^ **

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Capitolo 11
*** Roose Bolton ***


“Cosa hai intenzione di fare?” Arya si rivolse a Tyrion che parve prepararsi per la battaglia.

“Vengo a combattere con voi!” affermò deciso muovendo lo sguardo tra lei e Gendry, nel mentre che anche loro due si sistemavano l'armatura.

Il fabbro del villaggio gliene aveva fatta una davvero bella, argentea e lucente con il simbolo della sua casata sulla pettorina, una testa di meta-lupo. Quella di Gendry invece aveva un toro in posizione di carica.

“Non penso proprio Tyrion. Dovrai rimanere qui al castello per controllare Baelish e mia sorella, insieme a Podrick.” il suo tono perentorio non ammise repliche e l'amico sbuffando contrariato accettò di buon grado il compito che gli era stato assegnato.

Risolta la questione, Arya e Gendry insieme a Brienne prepararono i cavalli. Tutti e tre avrebbero fatto parte dell'esercito pronto ad attaccare direttamente Lord Bolton al di là della foresta.

Prima di partire con i soldati Arya osservò sua sorella scrutarli da una finestra. Le fece cenno con la mano, un saluto, un gesto impercettibile a cui rispose con una lieve inclinazione del capo. Non sarebbe stata affatto l'ultima volta che si vedevano. Almeno di questo Arya era convinta.

 

I Lords la lasciarono al comando di tremila uomini.

“Andremo avanti noi, faremo da spartiacque. Voi seguirete con il resto dell'esercito poco dopo.” pronunciò con una fermezza da comandante ai Signori a cavallo vicino a lei.

Così con i guerrieri alle sue spalle e Gendry accanto guidò quei suoi uomini attraverso la foresta. Con cenni e gesti ordinò che si disponessero il più possibile lungo tutta la linea della boscaglia in orizzontale. Nel frattempo da lontano si udirono le grida dei soldati impegnati nelle battaglie già iniziate contro le pedine di sorpresa di Roose Bolton.

Un silenzio surreale invece, era calato tra i cavalieri intorno a lei. Tutti in attesa di un suo gesto, di un segnale che avrebbe dato il via alla guerra.

L'adrenalina le scorreva veloce nel sangue. Il cuore le faceva sentire ogni battito. Respirò profondamente, svuotando la sua mente da tutti i pensieri e si concentrò in un punto invisibile davanti a lei.

Al di là della foresta ci sarebbe stata la morte per molti di quei soldati, sarebbe stato inevitabile. Ma c'era anche speranza di vittoria.

Si voltò a guardare Gendry che la osservava con un'espressione di sostegno. Le fece segno di assenso e Arya finalmente tirando su la mano destra gridò forte a tutta la sua avanguardia. “PER IL NORD” e spronando il suo cavallo partì al galoppo. Fu seguita dalle urla di battaglia degli altri uomini che la affiancarono galoppando sempre più veloce.

Attraversarono la foresta ombrosa e la luce li colpì in pieno. Davanti a loro un esercito in attesa con migliaia di uomini schierati, che non appena li videro sbucare fuori dagli alberi, sistemarono le lance puntate verso di loro.

Aumentò l'andatura del galoppo finendo in testa a tutti gli altri, creando una sorta di punta. Quando fu abbastanza vicina estrasse la spada che le aveva donato Brienne e da quel momento ci fu il caos.

Saltò con il cavallo sopra ad un gruppo di uomini scansando le loro lance. Infierì con la spada i soldati che le si ritrovarono sotto. Gli altri cavalieri che riuscirono come lei a fare lo stesso, continuarono in avanti spezzando le prime linee dell'esercito di Bolton.

Il terreno era molle e accidentato, ma lei combatté come se non avesse fatto altro nella vita. Uno dopo l'altro i soldati con cui si misurava cadevano ai suoi piedi abbattuti dalla sua freddezza misurata.

Sfruttò tutta l'adrenalina che le scorreva in corpo per sferrare colpi sempre più letali e precisi, fino a che non smontò da cavallo per intraprendere scontri corpo a corpo. Squarciò gole, tagliò arti e infilzò addomi. L'armatura prima lucente e nuova di zecca ora si riempì di sangue e fango. Urla e morte non la distrassero dal suo compito.

Combatté con tutta la ferocia che possedeva e ogni tanto lanciava occhiate intorno per controllare Gendry e Brienne. Li vide combattere poco lontano da lei, ancora vivi e salvi. Questo la rassicurò e le diede la spinta giusta per continuare.

Roteò lo sguardo tutto intorno al campo di battaglia, in uno dei suoi piccoli momenti di ripresa, quando ecco che i suoi occhi si posarono su una figura poco più indietro.

Roose Bolton, se ne stava riparato dalle file di soldati pronti per essere lanciati in battaglia, osservando la scena sopra il suo cavallo.

Fu allora che Arya decise di far intervenire il resto dell'esercito. Prese uno stendardo con l'uomo scuoiato e gli diede fuoco con l'utilizzo di una torcia gettata nella fanghiglia. Lo sventolò con forza, sopra la sua testa in direzione della foresta e sentì di risposta migliaia e migliaia di urla avanzare tra gli alberi.

Quando il resto dei soldati con a capo i Lords del Nord invasero il campo di battaglia, Bolton diede il via alle fila davanti a lui. Gli uomini che erano rimasti dei tremila di Arya, risposero all'attacco prontamente incitati dalla giovane Lupa che gridava. “Resistete! Non cedete!”, così riuscirono a farli retrocedere, e quando si aggiunsero anche gli altri Lords, quello che rimase delle migliaia di guerrieri di Bolton fu solo cadaveri e feriti mutilati.

Un uomo steso a terra accanto a lei, portava ancora in una mano una freccia non scoccata e l'arco nell'altra. Non ci pensò due volte e li prese da quel corpo senza vita. Individuò di nuovo la posizione di Roose Bolton, e poi si portò nelle sue vicinanze avanzando verso di lui. A piedi, tra gli uomini morti, nella terra melmosa. La furia nei suoi occhi di fuoco a sfidarlo. Senza elmo, o una qualsiasi altra protezione per il capo, lui la riconobbe.

La giovane Lupa si ergeva sopra ai corpi esanimi mutilati dei soldati che si azzardarono a scontrarsi con lei. Il volto macchiato dal fango e dal sangue, i capelli legati in una coda che venivano sbattuti dai suoi movimenti e dal vento.

Roose Bolton galoppò improvvisamente verso di lei sguainando la spada. La sua espressione di odio, la stava già trafiggendo da lontano.

Arya, con la sua calma precisa, fece proprio come le avevano insegnato nella Compagna senza vessilli, scoccando la freccia subito dopo aver preso la mira, solo gli occhi a guidarla. Colpì in pieno la testa del cavallo, in mezzo alla fronte. Il destriero cadde rovinosamente nella terra fangosa e Lord Bolton rotolò appena vicino ai piedi della giovane Stark.

Minacciosa si mosse per colpirlo, ma quello ebbe il tempo per rialzarsi e parare in un soffio un fendente diretto. Tanto violento era stato l'impatto, che Giuramento vibrò emettendo un suono acuto e metallico.

Roose indietreggiò velocemente scansando un altro colpo che Arya non gli risparmiò. Lo guardò con un sorriso tagliente e feroce.

“Avete gradito il dono che vi ho fatto consegnare, Lord Bolton?”

Lui si avvicinò di risposta attaccandola con la spada, furente. “Quando vi avrò tolto di mezzo, non mi sarà difficile uccidere anche vostra sorella. Allora sì, la casata degli Stark sarà finalmente estinta!” la colpì con una gomitata imprevista in faccia. Arya sentì subito il sapore bruciante e ferroso scendere da sopra il palato.

Sputò in terra il sangue raccoltosi in bocca e ancora più decisa si scagliò contro di lui. Fedente dopo fedente si sentiva sempre più stanca ma non demorse nemmeno per un secondo. Riuscì infine a colpirlo al braccio, ferendolo gravemente.

Lui di risposta, emise uno spaventoso grido di dolore mentre involontariamente lasciò cadere la sua spada a terra.

Tutto intorno a loro la battaglia andava a scemare, stavano vincendo e ormai gli uomini sopravvissuti, che come avevano intuito erano per la maggior parte mercenari, si stavano ritirando in una fuga disperata.

Arya lo guardò, mentre cercava disperatamente di riprendersi dal dolore della profonda ferita. La tenacia di Roose si dimostrò quando cercò di afferrare la spada con l'altro braccio e tentò di colpirla invano.

“Basta, lurido traditore!” gli sputò il sangue addosso che le usciva ancora dalla bocca, colpendolo in piena faccia. Non gli diede il tempo di reagire. Lo colpì al collo, proprio come aveva fatto con il figlio bastardo. Sangue, tanto sangue uscì dal corpo di Roose Bolton mentre si inginocchiava morente ai suoi piedi.

Fu un attimo e Arya gli tagliò di netto la testa. Questa cadde, lasciando il busto spaventosamente immobile in posizione genuflessa, con il collo in vista.

La prese in mano per i capelli e in un grido di euforia si rivolse agli uomini del suo esercito. “Vittoria!”

Tutti le risposero urlando esaltati, anche Gendry poco lontano da lei, gridò per la gioia.

“STARK, STARK, STARK!” furono le parole che si levarono a gran voce tra gli uomini.

Incrociò lo sguardo con quello di Brienne che alzò la spada sopra la sua testa in segno di vittoria.

Arya le sorrise.

Ce l'avevano fatta. Il Nord sarebbe stato di nuovo sotto la protezione della sua famiglia.

 

 

 

 

La sera stessa ci fu una festa sontuosa al castello di Lord Deene.

Fuori tutti gli uomini dell'esercito festeggiavano e brindavano, cantando felici. I più ubriachi si gettavano a terra sprofondando nel sonno mentre tutto intorno a loro un tumulto di soldati rideva a squarciagola.

Dentro, i saloni erano decorati con stendardi delle varie casate, anche se era quello del metalupo a farla da padrone, più grande e centrale rispetto a tutti gli altri. I festeggiamenti erano più pacati ma non meno spensierati.

I vari Lords e i loro più vicini sottoposti erano stati fatti accomodare in lunghe tavolate di legno. Bevevano il vino più pregiato che si fosse trovato in zona, accompagnando pasti pantagruelici da far invidia ad un matrimonio reale. Tra quei tavoli erano seduti anche Brienne, Podrick, Gendry e Tyrion, quest'ultimo non si fece scappare l'occasione di assaggiare quanti più bicchieri di vino fosse in grado di ingerire.

Le due sorelle Stark dovettero sedersi accanto ai due giovani Lords Deene che felici ostentavano carinerie nei loro riguardi.

Branden il più giovane sedeva vicino ad Arya e provava in tutti i modi di conversare amabilmente con lei. Lo stesso faceva Harton con Sansa. Nel frattempo Gendry li osservava dal loro tavolo con astio, anche se ogni tanto per fortuna, era distratto dalle conversazioni da ubriaco di Tyrion. Ma lo sguardo che ogni tanto andava assumendo non lasciava dubbi, sarebbe stato sicuramente pronto ad infilzare il primogenito di Lord Deene se mai avesse provato a toccare sua sorella.

Dopo l'abbuffata generale, la maggior parte dei Lords e Dame si alzarono per le danze. La musica era allegra e favoriva balli ritmici e frenetici.

“Volete farmi l'onore di ballare con me, Lady Sansa?” le si rivolse Harton Deene porgendole la mano.

“Oh, beh, d'accordo.” gli rispose impacciata lei, accettando l'invito. Si alzò dalla sedia lanciando un'occhiata verso Gendry, imbarazzata e colpevole. Poi si voltò per cercare supporto nello sguardo della sorellina, ma Arya la guardava divertita con un sorrisino malizioso.

Se ne andò in mezzo agli altri danzando con il giovane Lord, e lei notò come spiccasse in mezzo a tutte le altre dame presenti nel castello, con i suoi capelli ramati e quel vestito dorato.

“Volete danzare anche voi con me, mia Signora?” intervenne Branden distraendola dalla scena.

“No, grazie. Sono una pessima ballerina e non vorrei togliervi tutto il divertimento nel cercare di starmi dietro con i passi. Andate pure a cercare una ragazza più in gamba di me.” non era vero. Arya era brava a danzare, sia con i piedi che con la spada ma non aveva la minima voglia di mettersi a fare la Lady posata e cortese.

Gli sorrise gentilmente e alzandosi anche lei dal tavolo lo lasciò lì con l'espressione ebete.

Si avvicinò svelta ai suoi amici. Podrick si era addormentato rovinosamente sopra il tavolo per quanto fosse ubriaco.

“Questi Deene sono più appiccicosi del previsto, se non me ne fossi andata subito, le sue chiacchiere mi avrebbe rintontita.” disse rivolgendosi agli altri. Tyrion rise euforico, colpa del vino e del calore generale. “Ma Arya, è normale. Ora siete le Ladies del Nord, chiunque proverà a sposarvi.”

Gendry diventò livido in volto e si scolò un' intera caraffa di birra per nasconderlo.

“Tu non sai quanto ci debbano provare." sorrise ironicamente, guardando il suo amico bastardo. "Almeno con me.” 

“Allora, un brindisi a te e a Sansa Stark, le vere Ladies di Grande inverno. Possiate avere una vita più lunga e più fortunata dei vostri predecessori.” esclamò Tyrion emettendo un sonoro rutto che sconcertò la giunonica Brienne.

“Questa sicuramente è una frase che può costarti la lingua. Meglio se vai a dormire.” lo rimproverò Arya, con l'espressione dura. Ma lui prima di poterle rispondere cadde all'indietro generando ilarità tra i presenti.

“Siete stata un grande esempio di comandante Lady Arya” le confidò Brienne cambiando discorso, la stava guardando con occhi orgogliosi e lei ricambiò con un sorriso fiero “Grazie Brienne.”

 

La festa finì dopo qualche ora e tutti si ritirarono nelle loro stanze. Arya e Gendry fecero la strada verso le camere insieme, parlando.

“Brienne ha ragione, sei stata brava in battaglia. Sono convinto che potresti essere un ottimo generale dell'esercito.”

Attraversarono lunghi corridoi vuoti, era tardi e non c'era più nessuno in giro.

“Non voglio esserlo. Voglio solo che tutto questo finisca presto e che tutte le persone che ci hanno fatto del male abbiano quello che si meritano.” era sempre convinta di quello che diceva e la sua tenacia non lasciava dubbi sul fatto che prima o poi ci sarebbe riuscita.

“Ti riferisci ai Frey e ai Lannister?”

“Già loro. Togliere di mezzo i Frey non sarà un gioco da ragazzi, hanno l'appoggio dei Lords dei fiumi e in più sono tantissimi, generazioni su generazioni. Per quanto riguarda i Lannister, spero di arrivare prima che si facciano avanti i Targaryen.”

Erano ormai arrivati all'ala dove si trovava la sua stanza. Gendry la guardò stupito. “I Targaryen?”

“Daenerys Targaryen e nipoti. Staranno arrivando a Dorne, e non tarderanno a mettere a ferro e fuoco il Sud.”

Lui si accigliò non capendo e scosse la testa.

“Lascia stare. Capirai quando ci saremo vicini, tanto non passerà molto prima che si accorgano anche di noi” lo rassicurò e si avviò verso la sua stanza.

“Bene allora buonanotte, Arya.” la salutò sbadigliando con un cenno della mano.

“Gendry aspetta.”

Lui si fermò e la osservò stranito. “C'è qualche problema?”

“A dire il vero sì. Mia sorella.” il suo tono di voce fu abbastanza alto e la parola sorella rimbombò lungo le mura del corridoio.

Gendry si fece avanti, visibilmente assonnato e scocciato. Le si avvicinò tanto da poterle sussurrare leggermente infastidito. “Cosa vuoi dire con questo? Spiegati.”

Arya alzò la testa per osservarlo, era più alto di lei, aveva sempre quei suoi occhi azzurro marino e la barba incolta da uomo tutto d'un pezzo.

“Che intenzioni hai? Ti sei avvicinato a lei per la sua posizione per caso?” furono parole dure da pronunciare, sapeva che gli avrebbero fatto male, ma erano necessarie. Lui si offese e si allontanò di qualche passo da lei scuotendo la testa incredulo.

“Che cosa vai blaterando Arya? Pensi che possa approfittarmi di Sansa? Come puoi pensarlo?”parlò alzando la voce così forte, che Arya temette che qualcuno potesse aver sentito la loro conversazione.

“Come ha detto Tyrion, ora siamo le ladies del Nord, chiunque proverà a sposarci. Perché dovresti essere diverso?” cercò di mantenere la calma e il tono di voce normale e tranquillo ma risultò solo agitata.

“Sei proprio un'idiota a credere una cosa simile. Un'idiota! Se anche fosse, lo sai benissimo che sposandomi, Sansa perderebbe ogni suo diritto sul Nord!” scoppiò puntandole il dito contro tremante di rabbia.

“Lei è innamorata di te, Gendry. Non lo capisci vero?” gli disse con più delicatezza e vide la furia negli occhi dell'amico svanire nel nulla a quelle parole.

“Lo so.” rispose abbassando la testa. “È per questo che non è mia intenzione ingannarla.”

“Quindi hai davvero voglia di sposarla, è così?”

“Sì.” fermo e deciso fissò Arya, che ricambiò quello sguardo ostinato.

Sbuffò arrendevole e si voltò per tornare alla porta della sua camera. “Se osi abbandonarla, tradirla, ferirla...Gendry...”

“Sì, capisco.” la interruppe e le sorrise, sentendo tutta la rabbia svanire dal suo corpo. “È bello da parte tua...” pronunciò prima di andarsene.

“Cosa?” lo fermò lei.

“Preoccuparti così per tua sorella.” e sorridendole un'ultima volta se ne andò verso le sue stanze.

 

 

**Note dell'autrice: “Così presto questo capitolo?!” Sì mi dispiace ^^ dovete subirvi di fila anche l'11 capitolo. Allora il punto è questo. Ieri pomeriggio ho visto il trailer della sesta stagione, e niente mi è partito il pallino e sono stata tutta la sera a scrivere. Ero così entusiasta del capitolo che non mi andava di aspettare un altro giorno per pubblicarlo. Così ho deciso di anticipare la mia scadenza settimanale. :D Inoltre abbiate pietà di me, questa è la prima volta che descrivo una battaglia e davvero non so nemmeno io cosa ho combinato! 

“Ah già, a proposito di Targaryen? Ma ci sono? Esistono nella tua storia o era solo un pretesto per attirarci qui?” Forse è questo, quello che alla pubblicazione dell'11 capitolo pensate tutti. Ebbene ci sono. Esistono, e vi dirò di più: ho anche pronto e fresco il capitolo a loro dedicato, ma prima devono accadere delle cose... Delle voci mi hanno riferito che sono ancora in navigazione verso Dorne, e penso che a nessuno interessi leggere di loro che se ne stanno a bivaccare nella barca.

Ringraziamenti: A tutti, come sempre, a chi legge e a chi recensisce.

Alla prossima...ma non ci fate l'abitudine a pubblicazioni così veloci eh ;D **

ps. A volte il vostro silenzio mi inquieta....:D

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Capitolo 12
*** Spettro ***


L'inverno era ormai alle sue ultime battute, ma tutto intorno alle mura del castello la neve era compatta e alta. Da lontano si vedevano le sue torri emergere da tutto quel bianco come in un sogno.

Non erano mai state così vicino a Grande inverno da molti anni, e vederlo a poche miglia da quella altura fece inevitabilmente commuovere Sansa.

Arya invece se ne stava ferma in silenzio a fissare quella visione. Non avrebbe mai immaginato di rivederla ancora, casa sua. Casa, quelle terre appartenute a suo padre, e a suo nonno, e a molti altri prima di loro e ora senza più un Lord, impostore o legittimo quale fosse, che le dominasse.

Scesero da là con il cuore che pulsava sempre forte ad ogni loro passo. Sua sorella non smetteva di ridere, piangere e poi di nuovo ridere. Sembrava in preda ad un attacco di isterismo. Arya invece era più calma, ma solo all'apparenza, dentro di sé moriva dalla voglia di ripercorrere quei corridoi, di entrare in quelle sale dove un tempo si riunivano con tutta la famiglia e di salire su nelle torri dove scherzava con Jon e i suoi fratelli.

Marciarono a rilento in quella neve alta. I Lords dopo aver mandato i soldati reduci a casa dalle loro famiglie, l'avevano seguite. Ora non erano tanto numerosi, ma quel piccolo gruppo di uomini e di tre donne incuriosì gli abitanti della città d'inverno, che presto uscirono dalle case. Li guardarono con sguardi straniti, e timorosi si ritraevano alla vista di quei cavalieri armati. Solo quando videro lo stemma con il metalupo, la loro incertezza svanì nel nulla e con passo deciso e fiero si fecero avanti per salutare. “Gli Stark!” “Bentornati miei signori!” “Che i Sette Dei vi benedicano!”

Le parole colme di rispetto che si levarono al loro passaggio riempirono Arya di gioia. Nessuno aveva mai voluto i Bolton, loro erano sempre stati i Signori di quelle terre. Loro e nessun altro avrebbero avuto il tanto rispetto di tutta quella gente del Nord.

A Grande Inverno la notizia del loro ritorno era arrivata prima del previsto e già da fuori si potevano vedere gli stendardi degli Stark sventolare al vento e dello stemma dell'uomo scuoiato dei Bolton non vi era più traccia.

Tutto il corteo entrò dentro la piazzetta del castello, accolto da gente gremitasi lì intorno.

Alcuni mossi dalla felicità applaudirono timidamente al loro ingresso, altri si inchinarono, altri ancora con espressione sorridente ed entusiastica si fecero avanti per stringere loro la mano.

Molti risultarono essere dei volti nuovi per le due giovani Lupo ma altri invece erano facce amiche e familiari. I cuochi, le domestiche del castello e alcuni stallieri, erano quelli che sorridevano più di tutti.

Non c'erano più quelle persone di un tempo, maestro Luwin, il buon Hodor che girovagava per il giardino, e ser Rodrick, erano tutti morti, scomparsi anni prima.

Dopo le cerimonie di rito e le presentazioni con i cavalieri del castello, accompagnarono le due Stark all'interno.

Nessuno parlò mentre le ragazze varcarono la soglia. Sansa vide la sala principale e i suoi occhi tornarono lucidi, la sorella invece avanzò più veloce di lei all'interno. La luce tenue che passava dalle finestre le accarezzò dolcemente il viso. Le sue mani sfioravano lievemente le mura, poi gli oggetti presenti, come per assicurarsi che tutto ciò che si trovava di fronte fosse reale. Rivide tra i raggi di luce persone defunte che le camminavano incontro. Prima sua madre che la guardava con quello sguardo amorevole e severo allo stesso tempo, poi suo padre che le sorrideva orgoglioso. La sua mente vacillò tra il sogno e la realtà, svuotandosi di ogni determinazione.

Poco dopo furono accompagnate alle loro stanze. Sansa se ne andò sognante e taciturna nella sua vecchia camera, lasciando da sola la sorella.

Solo Tyrion seguì Arya a passo stretto per poterle parlare e arrivarono insieme alla stanza.

Lei entrò dentro quel luogo che le apparì antico e misterioso, tutto le parve essere rimasto com'era e tutto le parve essere cambiato. Il suo letto, i suoi libri nello scaffale, il tavolino, la finestra da dove vedeva il giardino con l'albero diga. La polvere si era accumulata in ogni punto di quella stanza, nessuno ci aveva messo più piede da allora.

Il caminetto era l'unica cosa viva, acceso e luminoso, emanava calore scoppiettando i ceppi tra le fiamme.

“Bentornata a casa...” le disse all'improvviso Tyrion osservandola toccare tutto e studiare qualsiasi cosa si ritrovasse di fronte.

Lei non rispose, rimase in un silenzio contemplativo mentre nella sua memoria riaffiorava l'immagine dell'ultima volta che era stata lì. Jon aveva varcato la soglia per farle i saluti, per dirle addio. Le aveva donato Ago e dopo averla abbracciata era sparito nel corridoio per sempre.

“Non so se resisterò a lungo qui.” spezzò il muro di silenzio alzando gli occhi verso Tyrion che se ne stava ancora in piedi a fissarla.

“Che vuoi dire? È casa tua Arya.” cercò di sollevarla dandole una pacca nel braccio ma la sua espressione non mutò.

Parlò con un velo di malinconia negli occhi e la voce monocromatica.

“Ci sono troppi ricordi. Tutte le volte che camminerò in ogni angolo di questo castello mi torneranno in mente tutti i momenti con la mia famiglia, con i miei fratelli. È molto doloroso per me. È come se in questa piccola parte di terra tutto fosse rimasto sospeso tra due mondi, il passato e il presente, e vedere nella mia memoria piccoli sprazzi di quello che era...” si interruppe chiudendo gli occhi, per nascondere a Tyrion la tristezza che riaffiorava. “...dei fantasmi che camminano nel castello.” sospirò riaprendoli.

“Dov'è finita tutta la tua forza? Da quando siamo entrati qui dentro ti ho visto svuotata di ogni tua ambizione, camminavi tra queste mura come se tu fossi il fantasma. Ma ricordati Arya, tu sei viva e non puoi permetterti di dimenticarlo.” la incitò severo ma allo stesso tempo parlò con l'espressione amorevole in volto. Non l'aveva mai vista così afflitta.

“Lo so. Non voglio dimenticare che sono qui, che cammino e che respiro. Sto solo dicendo che non credo di poter vivere a lungo in questo mondo sospeso.” ritrovò colore nelle parole, e i suoi occhi grigi si ravvivarono.

Tyrion le sorrise. “Beh dovrai trovare un modo per adattarti a tutto questo. Sai che presto tua sorella si sposerà e sarai tu la Lady del Nord.”

Arya sbuffò e scosse la testa scocciata ancora da quella notizia.

“Credo che me ne andrò a fare due passi se non ti dispiace.” lo avvertì mentre si avviò verso la soglia.

“Oh certo. Io rimarrò qui al calduccio davanti a questo caminetto. Il sedere mi si è letteralmente gelato in sella.”

 

La cripta era esattamente come se la ricordava. Buia, tetra, umida e fredda. I suoi passi rimbombavano nei labirintici corridoi di quel luogo sotterraneo, mentre la luce della torcia sottolineava un arco rosso sulle mura al suo passaggio.

Anche se erano anni che non visitava quelle tombe, ricordava perfettamente come arrivare a destinazione. Quando erano piccoli, lei e Bran si divertivano a giocare tra quei luoghi silenziosi e a fingersi esploratori di un mondo sommerso e antico. Riconosceva ogni angolo, ogni mattone.

Entrò nello spazio in cui si trovavano le statue dei suoi parenti più prossimi, e lì incontrò sua sorella Sansa, che accendeva candele per i defunti.

“Sapevo saresti arrivata anche tu.” le disse mentre continuava a mettere le piccole fiammelle ai piedi delle statue.

Arya avanzò verso di lei guardandosi attorno. C'erano tutti o quasi. Lyanna Stark, Branden Stark, Rickard Stark e ora c'era anche suo padre. Fissò quell'imponente statua ad altezza naturale osservando l'espressione di pietra che che gli avevano scolpito. “Non credo gli somigli molto sai...” le si rivolse in tono scanzonato.

“Nessuna di queste statue sarà mai uguale all'originale Arya.” pose l'ultima candela accesa ai piedi di Eddard Stark e rimase a fissarla anche lei. “Però hai ragione, questa in particolare, non gli somiglia affatto.” le sorrise dolcemente mordendosi le labbra. Stava ancora una volta trattenendosi nel dirle qualcosa.

“Gendry ti ha detto che gli ho parlato al castello di Lord Deene, giusto?” indovinò Arya con espressione smaliziata.

“Sì...” timidamente abbassò lo sguardo dalla sorella e la luce delle candele e delle torce le illuminarono il viso con il colorito rosso che aveva assunto.

“Fate pure come volete.” continuò Arya “Basta che tu sia consapevole delle tue scelte.”

“Certo che lo sono, mai quanto ora.” le rispose decisa Sansa, non nascondendo però un certo riguardo nel pronunciare quelle parole.

“Bene, tanto io ho altre cose a cui pensare adesso, quindi mettiamo subito in chiaro che non voglio sentire parlare di questo matrimonio troppo spesso.”

Offesa Sansa la guardò con un'espressione di rimprovero “E quali sarebbero queste altre cose più importanti del matrimonio di tua sorella?”

Arya la guardò incredula, avrebbe tanto voluto sbatterle la faccia sul muro se questo le fosse servito per farle ritrovare il buon senso. A volte si meravigliava di come Sansa potesse tornare ingenua e ragazzina in meno di un battito di ciglia.

“Tu sei...” si trattenne dall'offenderla e respirando a lungo riprese la calma di sé. “Siamo noi le protettrici del Nord ora, e per prima cosa dobbiamo pensare a come saper gestire una terra così vasta e grande. Seconda cosa, tu lasci volontariamente a me il compito di essere la Lady signora del Nord, ma non resterò qui a lungo. Ho un conto in sospeso con i Frey e dovranno pagarlo presto.” chiuse il discorso con sguardo severo e sua sorella sembrò capire che era meglio non replicare, così le porse la mano in segno di pace. “Vieni usciamo, non dovremmo litigare davanti a lui.” indicò con lo sguardo la statua silenziosa del Lord loro padre e Arya fece spallucce in segno di resa.

“D'accordo. Comunque non ne rimarrebbe impressionato.” commentò ironica, poi le afferrò la mano e la seguì nella via di ritorno verso l'esterno.

 

 

 

Camminava con passo svelto nella foresta. La sua presenza era avvertita solo per la neve che scricchiolava sotto le sue zampe. Un silenzio spettrale dominava tra gli alberi ed un buio pesante l'accompagnava nella sua escursione.

Un corvo volò tra gli alberi e ne percepì il movimento. Drizzò le orecchie per sentire meglio altre presenze notturne lì intorno ma solo le fronde agitandosi accompagnate dal vento, emettevano un leggero fruscio.

Si mosse di qualche altro passo seguendo un sentiero tra i cespugli. La neve era alta e le sue zampe vi affondavano dolcemente. La sua vista permetteva di vedere lontano oltre gli alberi e oltre il buio ma fu il suo fiuto a essere più di aiuto. Annusando l'aria sentì l'odore forte e pungente di un animale selvatico. Non doveva essere tanto lontano, con il vento a suo favore sarebbe stata la sua preda perfetta.

Seguì la scia di muschio e di erba bagnata emanata da quella bestia che stava cacciando, passando silenziosamente tra i rami aggrovigliati di un arbusto piuttosto basso. Pochi metri più avanti scorse una figura nera che si aggirava tra i rovi pieni di bacche. Era una femmina di cervo che si nutriva in solitaria. Con aria guardinga controllava ogni tanto intorno a lei per assicurarsi di essere sola, le orecchie dritte per captare ogni minimo movimento. Non sentì tuttavia il suo cacciatore che si mosse impercettibilmente e svelto. Quando lo vide, era ormai troppo tardi.

Le sue zanne le trafissero il corpo e il cacciatore sentì penetrargli tra le fauci il sapore ferroso di sangue e di carne fresca.

Scaraventò a terra la preda macchiando la neve di rosso fuoco. Sbranò le membra di quella cerva più in fretta che poteva, prima che il corpo si congelasse per il freddo e prima di rendere impossibile quell'operazione.

Lo stesso corvo che prima gli era svolazzato accanto, adesso assisteva alla scena, aspettando in ansia il momento migliore per poter approfittare di quel succulento banchetto. Ma finché il cacciatore rimase lì a mangiare, lui non si mosse, rispettoso.

Quando pensò di essersi cibato a sufficienza lasciò il cadavere inerme e congelato della cerva, abbandonandolo nella neve rossa. Fu solo allora che il corvo gracchiando in segno di ringraziamento volò dritto sopra le carni, iniziando a beccare freneticamente per strapparne piccoli pezzi.

Ritornò nel fitto della foresta, camminando con più foga di prima. La cerva le aveva dato l'energia sufficiente per percorrere le miglia mancanti.

Oltre le ultime fila di alberi vide l'alba farsi avanti e la luce del sole sorgente illuminò le torri del castello. Non mancava molto alla sua meta, così aumentò il suo passo sempre di più.

 

 

 

Arya spalancò gli occhi nel suo letto, all'interno della sua camera.

Sapeva che il sogno che aveva appena fatto non era affatto un sogno nel vero senso della parola. Conosceva bene quelle immagini e quelle sensazioni. La caccia, il sapore del sangue ancora in bocca.

A Braavos le capitava spesso la notte di essere un lupo nelle terre del continente, e si era immaginata di poter essere Nymeria, la sua metalupa.

Questa volta però non era stata la stessa cosa di sempre. Era un lupo, certo, ma era molto vicino a dove si trovava lei. Aveva chiaramente intravisto attraverso i suoi occhi la sagoma di Grande Inverno stagliarsi oltre la foresta.

Guardò fuori dalla finestra pensierosa, l'alba era già avanzata, ma nel castello non si sentiva ancora nessun rumore.

La foresta del lupo.

Grande Inverno si trovava ad oriente di quella immensa raccolta boschiva oscura e affascinante. Da piccola ci si era avventurata a cavallo o a piedi da sola, nonostante glielo avessero proibito, perché era un luogo pericoloso e pieno di misteri.

Non ci pensò più un attimo e vestitasi in fretta prese Ago e uscì a grandi passi dalla sua stanza. Cercando di fare meno rumore possibile sgattaiolò fuori dal castello dirigendosi verso gli alberi maestosi della foresta.

La neve alta la rallentò nei movimenti e quando giunse in prossimità del fitto bosco il sole si era già fatto più alto dell'orizzonte. Tutto era calmo, di quella tranquillità che solo i luoghi ricoperti di nevi sanno trasmettere, bianchi e silenziosi. Avanzò all'interno guardandosi intorno ma niente e nessuno sembrava essere nei paraggi.

Poi un corvo gracchiò in un albero vicino e lei sussultò per il suono improvviso. Guardò in direzione di quell'uccello disturbatore ma quando lo individuò il suo cuore smise di battere.

Oltre l'albero del corvo e oltre alti abeti poche decine di metri da lei, una figura poco distinta la stava osservando. Era sicuramente un uomo, di questo ne era certa, era alto e portava dei pesanti indumenti neri. Non riuscì a distinguerne i lineamenti del volto, ma anche così da lontano poteva riconoscerlo. Le mancò il respiro, cercò di ragionare per non essere sopraffatta dalle emozioni, ma nessun pensiero razionale riuscì a fermare quel suo tumulto interiore. Lei lo vedeva chiaramente, per quanto riuscisse ad identificare i contorni di quella figura in lontananza, ma lo vedeva, sapeva chi fosse. Trasse un respiro profondo mentre si trattenne nel non cedere con le gambe. Si avvicinò piano, passo dopo passo ma l'uomo in nero si mosse e si tirò più indietro. A quel punto sparì ogni sua coscienza razionale e iniziò a corrergli incontro.

 

“JON!” urlò quel nome che pensava le si fosse congelato in gola. Ma suo fratello non si fermò a quel richiamo forte e disperato e anzi cominciò a correre più in fretta di lei.

Arya cercò con tutte le sue forze di stargli dietro e di non perderlo di vista. La neve alta la faceva inciampare e perdere tempo per ristabilire l'equilibrio. Sentiva l'affanno gravarle addosso.

“Jon, ti prego! Fermati!” era disperata non sapeva perché stesse scappando da lei, non sapeva nemmeno se tutto quello fosse reale, ma la vista le si sbiadì, diventando appannata e opaca. I suoi occhi iniziarono a piangere copiosamente, cercando sempre tra i singhiozzi di mantenere il passo.

Riusciva ancora a distinguere a qualche metro da lei il nero dei suoi vestiti pesanti, ma la figura stava rapidamente svanendo. Accelerò con tutto il fiato che aveva in corpo, ma fu tutto inutile. Una volta arrivata in mezzo ad un cerchio di alberi suo fratello svanì nel nulla. Con il fiatone e con le lacrime che le appannavano la vista si guardò disperatamente intorno per ritrovarlo, solo dopo pochi minuti si rese conto che non vi erano nemmeno tracce del suo passaggio, nemmeno un'impronta nella neve.

Stava incominciando a credere di essere diventata pazza. Essere tornata a Grande Inverno l'aveva fatta scivolare nella follia e vedeva fantasmi ovunque, nel castello, nelle cripte e ora nella foresta. Eppure sembrava così reale. Così vivo questa volta.

Persa nei suoi ragionamenti fu distratta da un improvviso scricchiolio. Qualcuno o qualcosa stava camminando avvicinandosi a lei nella neve ma non riuscì ad intravedere niente. Istintivamente portò la mano all'impugnatura di Ago pronta per un possibile attacco. Non sentì più nulla nei successivi secondi e pensò fosse l'ennesima illusione ma poi lo vide e tutto le fu chiaro.

Un metalupo, maestoso e albino entrò nel cerchio di alberi, fermandosi proprio davanti a lei.

Arya lo riconobbe subito. Quello era il metalupo di suo fratello, Spettro. Ora capì il sogno, e le fu chiara anche l'apparizione di Jon in quella foresta.

Si lasciò andare, inginocchiandosi in lacrime davanti alla magnifica bestia e si ritrovò proprio a fissare dritta quegli occhi rosso sangue. Lui le si avvicinò ancora e l'avvolse con il calore umido del suo fiuto. Allungò una mano sicura che non le avrebbe fatto alcun male e accarezzò delicatamente quel suo morbido pelo bianco candido.

“È bello rivederti...”

 

**Note dell'autrice: Salve a tutti quanti!! Allora il protagonista indiscusso di questo 12° capitolo è ovviamente lui. Spettro. Non poteva esserci un racconto su Arya Stark, una vera Stark, senza un vero metalupo al suo fianco. “Perchè non Nymeria? La sua metalupa?” allora Nym è lontana nella terra dei fiumi e come mi capiterà di spiegare più avanti, è ormai diventata selvaggia e autonoma. Ho scelto Spettro per due motivi: primo, il più importante, Arya per ora ha pianto e si è disperata solo in una precisa occasione, non so se ci avete fatto caso. Ogni volta che pensa a Jon. Sì la sua morte le ha strappato via l'anima dal corpo e io volevo restituirgliela. Quindi come ho spiegato una volta in risposta ad una recensione: Tyrion è la sua ragione, Sansa il suo cuore, Spettro...la sua anima. Secondo motivo per il quale ho scelto lui: io amo Spettro. Occhi rosso sangue, silenzioso, metodico. Il compagno perfetto per Arya.

Bene se ci sono cose che come al solito non vi tornano fatemelo presente!

Ringraziamenti: Grazie a Celtica, per avermi inserito tra le storie seguite.

Grazie a tutti voi che leggete silenziosamente. (Silenziosi un po' come Spettro.)

Grazie per le recensioni :D

Un bacio alla prossima!!! **

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Sete ***


Si presentò al mattino presto, sudata e con quella nuova compagnia al fianco. Si mise al tavolo della colazione insieme a sua sorella, Tyrion e Gendry come se niente fosse. Tutti e tre la guardarono increduli ma lei non accennò niente, neanche a Sansa sulla sua escursione mattutina.

“Ti sei trovata un animale da compagnia per caso?” la canzonò Tyrion che se ne stava seduto lontano, mangiando del pesce affumicato.

Arya non lo guardò e bevve un bicchiere di latte con del pane secco.

“Un metalupo non è un animale da compagnia.” commentò tranquilla.

Sansa osservando quella creatura che se ne stava serena accanto a sua sorella parlò in un sussurro. “Non dirmi che questo è... Spettro!” spalancando gli occhi incredula.

“Chi è spettro?” intervenì Gendry che assistette a quella scena senza sapere cosa dire o fare di fronte a quella bestia.

“Il metalupo di nostro fratello Jon.” gli rispose Arya sempre con quel tono immutabile.

“Ma come e dove l'hai trovato?” continuò Sansa, ma sua sorella la ignorò e chiese a Tyrion di passarle un po' del pesce affumicato che stava mangiando.

“Vorrei comunicare ai Lords, della guerra contro i Frey.” biascicò mentre ne masticava un pezzo.

Tyrion guardò accigliato Arya, dall'altra parte del tavolo “Non credo che tutti i Lords del Nord vorranno partecipare a questa battaglia. Non è un affare che li riguarda di persona. I Frey hanno tradito e ucciso tua fratello certo, ma è successo molti anni fa. I Bolton invece oltre ad aver tradito gli Stark hanno preso possesso del Nord, ed è stata una questione riguardante tutti. Quindi a parere mio, farai fatica ad ottenere soldati da loro, per andare contro Walder Frey.” chiuse il discorso bevendosi un boccale di birra tutto intero.

“Troverò un modo per convincerli o non accetterò che dei vigliacchi facciano parte del Nord.” pronunciò pacatamente, senza nascondere la durezza di quelle parole.

“Vuoi inimicarti anche i tuoi alleati per caso? Cosa speri di ottenere con questo tuo atteggiamento?” la rimbeccò Tyrion. Gendry e Sansa l'uno accanto all'altro si scambiarono delle occhiate silenziose per essersi ritrovati in mezzo a quella discussione.

“Non si tratta di una questione di simpatia o meno. Se vogliono tornare ad essere dei signori del Nord, favoriti dalla nostra casata devono riconquistarsi la nostra fiducia. È anche per colpa loro se le nostre terre sono cadute in mano ai Bolton, non hanno mai avuto le palle per ribellarsi!” parlò un po' meno calma e con voce più alta di prima.

“Arya, il linguaggio!” la rimproverò sconvolta la sorella maggiore, ma bastò una sua occhiata severa per non farla più intervenire in quella discussione.

“Non molti anni fa, c'era un Re, con delle salde pretese al trono. Era conosciuto da tutti per il suo carattere severo, e proprio per questo suo atteggiamento che i suoi giorni finirono...”

“Stai parlando di Stannis per caso?” lo interruppe saccente Arya.

“Sì esatto. Bruciò vive molte persone che si opposero a lui o solo per far funzionare la magia della donna rossa. Di sicuro questo attirò su di se molte noie e il disappunto da parte dei suoi alleati.” sorrise smaliziante alla ragazza.

“Dove vuoi arrivare?” tagliò corto lei.

“Alla fine accade, molti suoi uomini ammutinarono, metà del suo esercito, in disaccordo con le sue maniere severe e poco ortodosse, lo lasciò. Finché un giorno venne tradito da uno di quegli alfieri rimasti.”

Sì, sapeva di quella storia. Uno dei suoi cavalieri più fidati fu comprato dai Lannister in cambio di terre e possedimenti. Avrebbe dovuto uccidere Stannis Bartatheon prima della campagna contro i Bolton, fu così che lo passò a fil di ferro, una notte bloccati dalla neve e dal freddo.

Quei pochi uomini rimasti, si ritirarono senza il loro re, dalla pretesa al trono, e della sacerdotessa rossa non si seppe più nulla.

“Se inizierai a risultare antipatica e mal vista da questi signorotti, potresti fare la fine di quel re. Guardati bene le spalle. Sopratutto sapendo che c'è già qualcuno che desidera toglierti di mezzo.” fece un lieve cenno con la testa indicando sua sorella. “Cosa?” esclamò Sansa scioccata.

Ma Arya capì chi fosse in realtà la persona a cui si stava riferendo Tyrion, Petyr Baelish. “É già nella lista. Non mi sottovalutare ancora.” fissando l'amico con sguardo truce e un sorrisetto spocchioso.

“In ogni caso....” li interruppe all'improvviso Gendry. “Dovrai parlare con i Lords solo dopo il nostro matrimonio. Saranno più propensi ad ascoltarti se diventerai la legittima Protettrice del Nord.”

“Il ragazzo ha ragione. Meglio aspettare.” fece eco Tyrion guardandola convincente.

Arya annuì calma. “Va bene aspetterò.”

 

A Grande Inverno quella nuova presenza selvaggia, camminava silenziosa tra gli abitanti. Il lupo albino spaventava chiunque incontrasse con quegli occhi rossi e quel fare da spietato killer. Osservava le persone indaffarate nelle piazzole e all'interno delle varie fortezze.

Quando passava vicino alle stalle, i cavalli diventavano inquieti cominciando a scalciare e nitrire. I pochi cani sopravvissuti a quel lungo inverno non avevano il coraggio di stargli di fronte quando li fissava con quelle sfere color sangue.

“Dovresti tenerlo più vicino a te, spaventa le persone e le rallenta nei preparativi.” Sansa si stava provando un vestito sfarzoso dai colori argento e nero, molto vicini a quelli della loro casata.

Arya fu costretta a passare il pomeriggio in sua compagnia. Tyrion si era rinchiuso in biblioteca, mentre a Brienne fu dato l'incarico di addestrare i più giovani ragazzi a combattere. Sarebbe piaciuto anche a lei poter assistere la donna mentre insegnava le sue tecniche e si sarebbe divertita a sfidarla in un duello per mostrare alle leve come due donne possano combattere meglio di un uomo. Sua sorella però aveva insistito fino allo sfinimento che lei le facesse compagnia, era sola, dato che Gendry non poteva partecipare a queste prove e non aveva nessuno con cui conversare.

“Come ho già detto a Tyrion, un metalupo non è un animale da compagnia. Quindi se ne può andare in giro dove vuole e quando vuole.” seduta su una poltrona, si annoiava a guardare le ancelle di Sansa addobbarla con ogni sorta di gioiello i capelli e il collo.

Spettro stava con lei il tempo necessario. Di notte le dormiva accanto al letto come una fedele guardia, mentre durante il giorno se non stava con Arya, passeggiava in giro dove gli capitava. Lo aveva visto sparire anche per un po' di giorni e poi aveva scorto la sua figura bianca e quasi invisibile, tornare dai pressi della foresta del lupo.

Quel giorno nemmeno lui probabilmente, sopportò l'idea di assistere Sansa nella prova dell'abito e chissà dove si era cacciato.

Arya giocherellava con le ciocche del suoi capelli ammazzando così il tempo, prestando poca attenzione a quello che le ragazze si dicevano. Se ne stava concentrata ad ascoltare il rumore delle spade che provenivano dal cortile principale, dove Brienne allenava i ragazzi. Ogni tanto udiva delle urla e delle risate. Quanto avrebbe voluto correre da loro. Le ricordava quando era ragazzina e lei era costretta a delle noiosissime lezioni di cucito insieme a sua sorella e Jeyne Poole, mentre i suoi fratelli invece si divertivano a combattere tra di loro e a tirare con l'arco. Non avrebbe mai dimenticato le loro risate spensierate, e le loro voci provenire da fuori le mura, quanta vita scorreva ancora pulsante dentro di loro.

“Come ti sembro?” Sansa si voltò verso di lei, distraendola per un attimo dai suoi pensieri. Le ancelle l'avevano riempita di ogni sorta di gingillo e gioiello prezioso, mani, capelli, collo e orecchie. “Sono sicura che accecherai Gendry appena poserà gli occhi su di te. Se è questo il tuo intento...” la schernì.

Sansa offesa si guardò di nuovo allo specchio e scosse la testa. “Che cosa vuoi dire?”

Arya rise, mentre le ancelle la riempirono di complimenti per consolarla. “Niente. Solo che sembri un candelabro, così addobbata”.

Sua sorella la fulminò con lo sguardo. “Non è divertente Arya.” così lei di tutta risposta si alzò dalla poltrona.

“Hai ragione, scusa, non è divertente. Infatti non è divertente stare a guardarti provare lo stesso abito una decina di volte e non è divertente starvi sentire parlare d'altro che di gioielli e di acconciature. Meglio che me ne vada.”

“Prima di andartene, dimmi almeno come mi sta l'abito!” fece una piroetta davanti al suo sguardo impaziente e aspettò con occhi speranzosi. Il vestito le stava d'incanto, la fasciava in vita e poi si snodava in intrecci e ricami in una gonna ampia e voluminosa. I gioielli anche se eccessivi le risaltavano la carnagione chiara e gli occhi azzurri. I capelli raccolti e una piccolo fermaglio in testa la facevano sembrare una regina.

“Ti sta bene.” Sorridendole “Come le altre dieci volte.”

“Aspetta, Arya!” la richiamò prima che lei potesse andarsene.

“Cosa c'è ancora?”

Sansa prese frettolosa da un cassetto, una pergamena arrotolata e ancora sigillata.

“È arrivata stamani, ma non volevo aprirla senza prima aver sentito un tuo parere.”

Arya osservò attentamente quel sigillo nero e ne vide chiaramente il simbolo impresso sopra. I guardiani della notte.

Dopo aver aperto e srotolato la pergamena lesse il messaggio, a voce alta.

 

“All'attenzione della Lady Sansa Stark di Grande Inverno, ora protettrice del Nord. Una minaccia proveniente dal più profondo nord sta per abbattersi sulla barriera e noi non possediamo abbastanza uomini per poterla fronteggiare. Vi prego di aiutarci inviandoci nuovi confratelli, quanti più Vi è possibile.

 Il Lord Comandante, Allister Thorne.”

 

Chiuse il foglio e guardò severa sua sorella, che spalancò la bocca incerta.

“Invia cento dei nostri prigionieri, e che ogni Lords a sua volta ne invii una cinquantina, penso possano bastare.” le porse il messaggio, ma Sansa era sbigottita, da lei, dal suo comportamento. “Arya, loro hanno...” sussurrò piano per non farsi sentire dalle ancelle.

“Lo so cosa hanno fatto, ma ora abbiamo bisogno che loro siano presenti alla barriera per fermare qualsiasi minaccia, sopratutto se si tratta degli Estranei.”

Sansa riprese quel messaggio in mano e lo rilesse, ma Arya scomparve nel corridoio. Quando se ne rese conto le corse dietro con quel pesantissimo e ingombrante vestito.

“Dimenticherai così, senza fare niente?” Raggiungendola, dopo poco.

Ma il suo sguardo emanava una luce folle e selvaggia. Aveva già visto quegli occhi a Nido dell'Aquila.

“Ho aspettato dieci anni per vendicarmi dei Bolton, tra poco farò lo stesso con i Frey e con i Lannister.

A Bravoos, più il tempo passava e più il mio odio nei loro confronti cresceva. Mai soddisfazione è stata più grande che fare fuori Roose e il suo bastardo. Pensi che questi anni di vita che sto concedendo ai guardiani della notte siano un atto di misericordia? Di perdono?”

Sansa la osservò pensierosa. “No...”Sussurrò.

“No” le fece secca Arya. “Hanno ucciso Jon. Auguro loro di essere uccisi dagli Estranei, perché quello che accadrà ai guardiani della notte quando li raggiungerò, se saranno ancora vivi, sarà molto peggio.”

Se ne andò, lasciando a Sansa il compito di inviare quegli uomini su alla barriera, dirigendosi alla piazzola degli allenamenti. Doveva distrarsi da tutto, doveva cercare di calmarsi. Quando aveva letto quel nome, Allister Thorne sulla pergamena, una scarica di adrenalina l'aveva assiderata. Aveva sete, aveva voglia di correre alla barriera e ucciderli tutti, quei bastardi. Le avevano tolto la possibilità di riabbracciare suo fratello, di rivederlo. Il sorriso di Jon... un groppo alla gola le tolse il fiato. No, non ci devo pensare, ora è necessario concentrare le forze altrove. Arriverà il momento, arriverà.

 

Brienne era un'ottima maestra. Era paziente, ma severa, non sorrideva se qualcuno sbagliava ma lo guardava attentamente e lo correggeva con precisione.

Nel cortile erano presenti dieci giovani ragazzi che la osservavano spiegare le sue mosse. Prima si destreggiava in un duello insieme a Gendry come dimostrazione e poi li divideva a due a due per esercitarsi in quello che avevano appena visto. La donna bionda giunonica, passava tra le coppie di duellanti attenta e appena era necessario fermava i giovani per correggerli. Parlava sempre con tono calmo, ma la sua aurea da guerriera trasmetteva su quelle giovani leve un senso di rispetto dovuto. Nessuno osava contraddirla, nemmeno Gendry che le dava una mano. Ogni tanto anche lui passava tra i giovani per correggerli e mostrava loro come eseguire un certo movimento. Arya si era messa ad osservare quella scena in piedi ai margini del cortile non volendo disturbare la lezione. Il suo amico le passò accanto sorridendole e davanti a lei si fermò per parlare con due ragazzi, uno moro abbastanza robusto e uno rossiccio con delle sottili braccia.

“Dovresti stare più sul fianco. Mi pare di avertelo già detto una volta.” intervenne Arya nel mentre che dimostrava un'azione al giovane rossiccio.

Gendry le rivolse uno sguardo di rimprovero perché lo aveva interrotto davanti ai suoi allievi.

“Vuoi venire a farci una dimostrazione tu?” le domandò con un leggero sorriso ironico.

“Vorrei, ma non posso rovinare il tuo bel visino a pochi giorni dal matrimonio. Sarà difficile sopportare mia sorella poi.” commentò sarcasticamente levando anche lei un sorriso spocchioso.

“La temibile Arya Stark non può sottrarsi ad una sfida.” le porse la spada dalla parte dell'impugnatura guardandola con ostinazione.

Nel frattempo tutte le persone presenti lì intorno a loro smisero di duellare o di parlare e si erano voltate a guardarli, persino l'imperturbabile Brienne li osservava con un'espressione di attesa.

Senza parlare accettò la sfida prendendo la spada da addestramento che le stava porgendo e dopo essersi posta al centro del cortile lo attese con un sorrisino beffardo.

Gendry la raggiunse subito e tutte le persone si disposero ai margini per lasciare loro spazio.

“Bene, potete cominciare” li esortò Brienne.

Arya attese la mossa dell'amico che non tardò ad arrivare. Fece alcuni passi in avanti, deciso verso di lei.

La colpì con un fendente che lei parò solo con la spada in una mano. Era forte e veloce ma inaspettatamente per Gendry, Arya aveva le braccia resistenti. Rispose con fermezza e decisione attaccandolo svelta. Il suono delle lame che si scontravano rimbombò nel silenzio che si era creato intorno a loro. I ragazzini li osservarono affascinati. La giovane Lupa si muoveva agile e leggera per sferrare gli attacchi e per riceverli, al contrario il ragazzo bastardo usava tutta la sua forza bruta per disarmarla.

Brienne pure osservò con ammirazione. Arya Stark le ricordava lei quando era più giovane, determinata e forte al pari di un uomo. Aveva avuto già modo di osservarla nella battaglia contro Roose Bolton, ma poiché con la sua concentrazione era impegnata nello scontro non poté vederla bene come ora. Aveva le movenze leggere e decise di una ballerina ma invece di muoversi al ritmo della musica, danzava a suon di colpi di spada con quello sguardo vivo e risoluto fisso sull'avversario.

Dopo diversi minuti la fatica di Gendry si fece sentire. Usare tutta quella forza contro quella ragazza esile che non si era piegata né minimamente sforzata a respingerlo, lo stava consumando.

Vacillò in un ultimo tentativo di colpirla alla mano, ma Arya rispose con un violento fendente secco al torace che in quel momento era scoperto. Gendry indietreggiò annaspando e con il fiatone in gola, alzò le mani in segno di resa e un boato si levò dalla piccola folla. Applaudirono entusiasti la Lady mentre lei si avvicinò all'amico porgendogli la mano. “Te l'avevo detto che devi stare più di fianco.” lo criticò con sorriso ironico.

“Si penso di aver capito la lezione.” afflitto strinse la mano all'amica e riconsegnò le armi a Brienne.

La lady di Tarth le si avvicinò con uno sguardo pieno di orgoglio. “Lady Arya dove avete imparato a combattere così?”.

Lei le fece cenno di seguirla dentro, poiché ormai il sole stava già iniziando a calare e il freddo dell'inverno si faceva sentire con le sue morse gelide.

“Fu Syrio Forel per primo. Mio padre me lo affidò come maestro ad Approdo del Re.” le rispose camminando verso l'ingresso. “Era il miglior spadaccino di Bravoos, almeno così mi disse lui. Con una spada di legno mi insegnò le basi del duello. Mi mostrò come muovermi agile e veloce come una donnola e come colpire decisa l'avversario.” Brienne l'ascoltava incantata. “Ma come ti ho spiegato quelle erano solo le basi. Fu a Bravoos che mi insegnarono cosa significhi realmente combattere per uccidere. Mi fecero capire fin dall'inizio che essendo una donna non avrei mai potuto eguagliare la forza di un uomo, per questo motivo avrei dovuto imparare ad usare questa.” si puntò il dito alla fronte per indicare la sua mente. Brienne annuì approvando quel concetto.

“Da lì ho capito che non basta essere agili o sapere bene usare la spada, devi anche conoscere il tuo avversario. Solo osservandolo puoi capire come batterlo. Se lo capisci bene puoi anche prevedere le sue mosse e ucciderlo prima del previsto, il che rendeva tutto più semplice ai miei scopi.”

“Pensavo che agli uomini senza volto fosse proibito avere uno scopo per uccidere una persona. Uccidono solo per dovere di condurre alla morte. Come siete riuscita ad andare oltre questa mentalità?” erano arrivati all'interno della sala principale dove i ragazzi di prima stavano ancora raccontandosi il duello a cui avevano appena assistito.

“Non ci sono riuscita. Ho solo finto per anni che ciò non m'importasse, e all'inizio era anche vero, le persone che uccidevo non significavano niente per me. Poi ho capito che uno scopo io a differenza degli altri uomini senza volto ce l'avevo, non dovevo far altro che nasconderlo all'evidenza.”

Brienne la guardò un po' perplessa a quella affermazione e non le rispose.

“Pensi che sia sbagliato Brienne? Uccidere per imparare, uccidere per sopravvivere, e per vendetta?” intervenì Arya osservandola.

“No mia Lady. Uccidere senza un perché come fanno gli assassini senza volto è molto peggio.”

“Sarei un male minore quindi?” la sfidò con un sorrisetto affilato, fermandosi ad ammirare i suoi rari occhi blu.

“Voi non siete il male, ma è il male che vi ha condotta a tutto questo.”

“Male, Bene. Brienne alla fine se tu guardi attentamente conducono entrambe allo stesso finale.” si voltò per andarsene lasciando la donna giunonica con espressione stupita. “...la morte.” sussurrò poi rendendosi conto della risposta lasciata in sospeso dalla sua Lady.

 

**Note dell'autrice: Salve a tutti!! Un altro capitolo di calma prima di un'enorme tempesta ^^ non c'è molto da dire o da spiegare su quanto è stato scritto, ma in questi giorni forse ho capito che non sono stata chiara per quanto riguarda un punto. Jon Snow. Molti forse avranno letto le risposte alle recensioni che ho dato quindi risulterò ripetitiva. In ogni caso, Jon in questa storia non è realmente morto, semplicemente non è presente. Solo Arya, e ovviamente gli altri, pensano che sia morto. Altrimenti sarebbe ingiustificato tutto il suo odio verso i guardiani della notte. Un giorno forse saprà la verità (e forse anche noi...).

Non voglio creare troppa attesa ma vi annuncio solamente che mancano due capitoli all'arrivo dei Targaryen, e che da qui in poi si fa sul serio. Non che ora siamo andati per il sottile, ma insomma siamo sempre calmi e troppo tranquilli :D

Grazie sempre a tutti per le recensioni, o anche se leggete senza esprimervi. Un abbraccio :**

Ps. come accennai poco tempo fa, andare avanti con una storia significa anche rischiare di deludere le aspettative dei lettori, spero che con voi, ancora non sia così**

 

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Capitolo 14
*** "Bear Island knows no king, but the King in the North, whose name is Stark." ***


Petyr Baelish accompagnò Sansa verso Gendry all'altare. Era il loro parente più prossimo, il loro zio acquisito e l'unico che potesse adempiere a quel compito.

Lei era meravigliosa, lo stesso vestito che aveva provato quel pomeriggio la faceva risplendere in tutta la sua bellezza. I suoi capelli ramati raccolti finemente a ciocche in un'acconciatura fissata con fermagli e gioielli, il collo candido risaltato da una collana splendente. Lo sguardo di tutti i presenti si posarono incantati al suo passaggio e Arya colse negli occhi del suo amico la felicità affiorare sempre più ad ogni passo che compiva verso di lui. Lei e Tyrion sedevano lì, vicino allo sposo in agitazione gustandosi ogni attimo. Ditocorto consegnò la mano di sua sorella a Gendry , dopo averla baciata sulle guance, e Arya notò come un certo dispiacere, affiorò impercettibilmente sul volto del Lord. La sua chiave del Nord che svaniva in un attimo.

Il rito cominciò, ma all'inizio non ci fu nessuno scambio di mantelli, non essendo Gendry appartenente a nessuna casata.

“È più probabile che io mi sieda sul trono di spade che tu stia in piedi all'altare.” commentò sottovoce Tyrion rivolgendosi ad Arya. “Se è per questo allora, è ancora più probabile che tu diventi più alto...” Rispose anche lei sottovoce per non disturbare l'atmosfera, accennando un sorrisino divertito.

La cerimonia si concluse pochi attimi dopo, fu in effetti abbastanza breve e in un attimo Sansa divenne la moglie del suo amico. Sì festeggiò con un banchetto nuziale che allietò gli ospiti nella lunga sala della fortezza principale. Tavoli imbanditi, stendardi degli Stark ovunque, musica e un gran chiacchiericcio, per l'atmosfera da festa.

Al tavolo principale erano seduti gli sposi, allegri felici e spensierati, si baciavano, si guardavano e ridevano tra di loro. Arya li osservò con un velo di malinconia sul volto. Pensò se mai fosse potuta accadere a lei, una felicità di quel genere con un uomo accanto che l'avrebbe capita per quello che era, che avesse accettato la sua oscurità. Ma dov'era quell'uomo? Nessuno avrebbe osato impegnarsi con una ragazza del genere, testarda, dal carattere mascolino e priva di ogni grazia. Scrollò la testa tra sé e sé e sbuffò, reputandosi ridicola per aver avuto certi pensieri. Si alzò dal tavolo prima che avvenisse la messa a letto dei due sposi e si diresse verso l'esterno, aveva bisogno di aria e di riflettere.

Nel cortile dove la neve era stata smossa dal passaggio delle persone, Tyrion se ne stava in un angolino in piedi intento ad urinare. “Che piacevole serata fresca. Non trovi?” gli si avvicinò una volta che ebbe finito con i bisogni. Aveva la faccia rossa dal freddo e gli occhi lucidi per le sferzate di gelo. “Voi al Nord considerate questo freddo una cosa piacevole? Io dico che è un miracolo che non mi si sia staccato l'uccello.” commentò acido.

“Tyrion...” lo chiamò prima che potesse rientrare all'interno delle mura. L'amico si fermò e aspettò pazientemente che parlasse di nuovo.

“Quanti Frey pensi che ci siano alle due torri?” domandò guardando riflessiva di fronte a sé.

“Non saprei...un centinaio. Un migliaio. Gli Dei solo sanno quanti di quei bastardi popolano questo mondo.” la raggiunse di nuovo al centro del cortile. “Non avrai mica intenzione di ucciderli tutti?”.

Lei rimase in silenzio e solo un ghigno fu la sua risposta.

“È meglio se tieni gli uomini pronti per combattere contro i Targaryen piuttosto.” le consigliò Tyrion.

“Cosa intendi?” chiese guardandolo curiosa.

“Non penserai forse che i signori dei Draghi lasceranno in pace il Nord e non lo vorranno annettere al loro regno vero? Rammenta, Stark e Targaryen hanno anni e anni di conflitti e odio reciproco alle spalle. Ora che avete ripreso possesso del Nord sarà solo una motivazione in più per farvi guerra.” le spiegò pragmatico.

“A loro ci penserò non appena avrò finito con i Frey.”

“La vendetta prima di ogni cosa vero?” domandò retorico e ormai sfinito dal freddo pungente che dominava l'esterno insieme al buio e al silenzio, tornò dentro al caldo, lasciandola lì tra i suoi pensieri.

Quando rientrò anche lei, la cerimonia della messa a letto era già stata fatta e molti ormai si erano ritirati a dormire, alcuni però insistevano nei festeggiamenti bevendo e canticchiando tra le panche semivuote.

 

 

 

Seduti a quel grande tavolo i Lord attendevano di sapere il motivo della loro convocazione l'indomani mattina del matrimonio. Quando entrò la loro Lady Arya si alzarono in piedi per salutarla.

“Grazie per essere qui miei Lords.” fece loro cenno che potevano sedersi. A quel desco mancava Ditocorto, il quale non aveva ritenuto opportuno chiamare per un simile affare.

“Miei signori, stamane vi ho convocato per una questione che a me preme particolarmente.” iniziò a parlare e calò il silenzio tra gli uomini. “I Bolton sono stati sconfitti e il Nord è di nuovo libero dai traditori.”

“Aye!” esclamò Lord Umber e gli altri gli fecero eco.

“Ma il nostro regno ha ancora un conto in sospeso da far pagare. Anni fa voi avete scelto un Re nel Nord. Il suo nome era Robb Stark, mio fratello. Anni fa quello stesso Re fu tradito e ucciso in occasione di un evento di pace, un matrimonio. Non fu solo la mano di Roose Bolton a determinare la sua morte ma anche la vigliaccheria e l'infamia di Walder Frey.” osservò tutti gli uomini che aveva di fronte, la stavano osservando con occhi attenti e vigili.

“È tempo che anche i Frey paghino per l'offesa recata al Nord. Dobbiamo dar battaglia alla casa delle due torri. Siete con me miei Lords?”

Si levò un vociare incontrollabile, fermato solo dal gesto di uno di loro. “Mia signora, per quanto possiamo ammettere la terribile onta commessa da Walder Frey e i suoi uomini, non c'è più niente che si possa fare. Il signore del guado ormai alleato con i Lannister è prossimo alla morte e molti dei suoi figli si sono uniti all'esercito dei Leoni.” spiegò Lord Fraise e tutti gli altri annuirono in segno di consenso.

Arya respirò a fondo cercando di trattenere la rabbia che certa omertà le provocava, chiuse gli occhi un istante per riflettere e quando li riaprì ebbe tutti gli sguardi ammutoliti su di lei.

“Mia signora...” intervenne Lord Umber. Ma lei lo bloccò con una mano. “Mi deludete miei Lords. Il Nord è una terra sgraziata, dura e fredda ma ci appartiene, l'amiamo nonostante le sofferenze che ci causa. Il rispetto e l'onore sono gli ideali del nostro regno e rispetto e onore ci siamo sempre dati reciprocamente. Nonostante non avessimo niente a che vedere con le terre soleggiate e accoglienti del Sud abbiamo sempre dovuto sottostare ai loro domini. Un giorno infine, avete scelto mio fratello. Avete scelto un Re. Miei Lords, voi lo avete fatto, avete deciso di essere liberi di nuovo, lontano dalla sottomissione e dal gioco del trono che al nostro regno non è mai interessato.” fece una pausa scrutandoli tutti uno ad uno, per imprimere nella sua testa quei volti, per carpirne i pensieri.

“Volete forse farmi credere che non oserete muovere un dito di fronte ad un'offesa che non è solo stata recata a me, in quanto sorella del Re, ma anche a voi. Hanno ucciso la vostra scelta di libertà e hanno ucciso molti uomini del Nord, piegandoci di nuovo al loro dominio e tutto questo per colpa di Walder Frey. Voi starete fermi ancora a farvi insultare. Dove avete lasciato l'onore e il rispetto che avete per voi stessi e per il Nord? Volete che tutti intendano che agli uomini del Nord, come agli Stark è giusto colpirli in faccia, perché capaci di porgere sempre l'altra guancia, come cani arrendevoli? Il Nord non dimentica. Mai.”

Si guardarono l'un l'altro con aria colpevole, in silenzio, lo sguardo della ragazza li trafiggeva in attesa di una loro reazione.

Poi Lord Umber si alzò di nuovo in piedi e gli altri fecero lo stesso. Sorrise alla sua Lady, che si sentì sollevata nel vedere che il suo discorso aveva evocato lo stesso rancore che lei provava nei confronti dei Frey e dei Lannister.

“Avete ragione. Avevamo scelto vostro fratello come nostro Re. Con la sua morte ci hanno privato della possibilità di essere un regno indipendente.” parlò al di sopra di tutti i Lords, dopodiché sguainò la spada e si rivolse agli altri intorno lui.

“ Come allora, sono sempre convinto che non dobbiamo niente ai regni del Sud o al trono di spade. Che si tengano il loro Re, o la loro Regina dei Draghi. Per quanto mi riguarda il Nord ha già la sua Regina ed è seduta qui, di fronte a noi, a rimproverarci e a spronarci come una vera sovrana.” andò ad inginocchiarsi di fronte a lei e ad Arya sembrò che il tempo si fermasse in quell'istante.

“La Regina del Nord! Lunga vita ad Arya Stark!” gridò porgendole la spada in segno di lealtà.

Lord Mormont, il più anziano nipote di Lyanna Mormont, si fece avanti carismatico e solenne. “L'isola dell'orso non riconosce altro Re se non il Re del Nord, il cui nome è Stark.* Non vedo perché non debba essere lo stesso per una Regina.” Non ci fu incertezza né ci furono sguardi confusi, e a quelle parole anche gli altri signori seguirono il gesto dei due Lords inginocchiandosi di fronte a lei. Un attimo prima era la Lady protettrice del Nord, e ora la Regina che loro avevano scelto. Non avrebbe potuto rifiutare o sarebbe stata una contraddizione a tutto quello che lei stessa gli aveva rimproverato. Così con la testa pesante di un nuovo fardello e lo sguardo grigio e fiero si alzò dalla sedia accettando quel compito.

 

Sua sorella scossa dalla notizia la raggiunse velocemente nella sua stanza. “Vostra maestà.” le si rivolse non appena entrò, facendo una piccola riverenza

Arya la guardò cinica. “Ti prego Sansa. Non ho bisogno di tutte queste cerimonie.” se ne stava seduta su una sedia di fronte all'enorme finestra della sua camera. Fuori aveva incominciato a nevicare molto forte e dei fiocchi grandi e spessi cadevano in una pioggia bianca e continua. Incantata da quel fenomeno ripensava a quello che era accaduto poco prima. Gli uomini del Nord l'avevano scelta come loro Regina, e ancora non ci credeva. Era nata per diventare una Lady ed era cresciuta rifiutando il suo destino fatto di lezioni di cucito, di canto e ballo, un destino che l'avrebbe portata all'altare di fronte ad un signore scelto non per amore ma per convenienza per le due casate, un destino da moglie, da madre. Aveva seppellito tutto quello che non le apparteneva e adesso era diventata una Regina. Una sovrana di un regno con delle responsabilità. Doveva cedere tutto quello che aveva di sé al destino del suo regno, perché ora era sposata con il Nord, era diventata la madre del suo popolo, e ad esso doveva tutta se stessa.

“Arya...” la richiamò sua sorella che le si era avvicinata silenziosa. “Tutto bene?” le poggiò una mano nella spalla premurosamente.

Spettro quel giorno se ne stava buono in sua compagnia sdraiato sopra il suo letto, osservandola placidamente.

“Pensi che possa essere in grado di fare la regina, Sansa?” le domandò guardando ancora la cascata di fiocchi di neve all'esterno delle mura. Al chiarore della finestra la pelle candida della sorella risplendeva di luce propria e ad Arya parve per un secondo il suo angelo custode venuto a consigliarla, ma lei se ne stava in silenzio guardando a sua volta il candore scendere dal cielo. “Non sono nemmeno in grado di fare la Lady, tu saresti stata molto più adatta.” sospirò e il suo sguardo grigio si fece lucido.

Sansa si abbassò quasi in ginocchio davanti a lei. Per una volta fu lei ad essere la sua guida, a farle da sorella maggiore come avrebbe sempre dovuto. Le prese le mani tra le sue e la guardò con i suoi occhi azzurri. Ad Arya sembrò in quel momento di guardare sua madre, tanto era la loro somiglianza e per la prima volta dopo molto tempo si sentì fragile.

“Sei una Stark. Appartieni al Nord quanto esso appartiene a te. Non ci sarà sovrano migliore e più meritevole, sono convinta che riuscirai a rendere onore a nostro padre e a nostro fratello Arya.” le accarezzò sorridente la guancia sempre fissandola negli occhi. “Tu sei la Regina di cui il popolo del Nord ha bisogno, credimi. Nessuno può esserne più capace. Io ho fiducia in te.” le sorrise ancora dolcemente come solo lei sapeva fare, ma quell'atmosfera sospesa venne interrotta da qualcuno che bussò alla porta. Entrò la giunonica Brienne e non appena la vide si inginocchiò sull'ingresso.

“Vostra Grazia. Mia signora.” le salutò e quando Arya le fece cenno, si avvicinò a loro.

“Brienne, grazie per essere venuta, come forse hai sentito, stiamo per partire verso la terra dei fiumi. Vorrei che tu rimanessi qui a proteggere mia sorella.” Sansa a quelle parole si alzò guardandola con stupore, gli occhi fino a poco tempo prima sereni si fecero confusi.

“No Arya, io voglio venire con te, non posso rimanere sola, qui.” scosse la testa incredula.

“Sansa, non dire sciocchezze, non puoi venire in guerra con noi. Non sarai sola, tuo marito resterà qui con te e e Brienne sarà più che felice di farti compagnia, non è vero?” guardò la donna guerriero sorridendo. “Ma certo. Mia lady, vostra maestà ha ragione, non potete andare in un luogo di battaglia. Sarete più al sicuro qui a casa.” la rassicurò, ma sua sorella non fu del tutto convinta e ancora con lo sguardo titubante chiese a Brienne di lasciarle sole un attimo. Arya le annuì e la Lady di Tarth eseguì senza discutere, fece nuovamente riverenza a loro e si congedò fuori dalla stanza.

“Non puoi lasciarmi sola. Ti prego. Sono rimasta sola per tutta la vita e ora...” le rivelò non appena Brienne se ne fu andata. I suoi occhi si fecero acquosi e ora fu lei ad essere in dovere con sua sorella e a consolarla. In meno di un minuto la situazione si era capovolta. “Sansa, so cosa intendi.” Si alzò e andò a parlarle più da vicino. “Ma lo sai, dev'esserci sempre uno Stark a Grande Inverno. Io non posso rimanere, la guerra non è finita e non finirà presto.”

Sua sorella la guardò avvilita, abbassò il capo osservando indifferente il pavimento e dopo un attimo compì una piccola riverenza. “Come desiderate Vostra maestà.” e senza guardarla in volto se ne andò dalla stanza.

Arya sapeva perfettamente ciò che provava sua sorella in quel momento, sapeva che non sarebbe stato facile per lei rimanere di nuovo da sola, anche se a casa e al sicuro.

“E tu cosa faresti?” chiese al metalupo silenzioso e mite guardandolo diritto in quegli occhi rosso sangue.

 

Una settimana dopo stava sistemando le sue cose sopra al cavallo che aveva preparato per il viaggio. Gli uomini erano lì pronti per partire e le donne del castello all'esterno per salutarli. Uno dei cavalieri la raggiunse sopra un nero destriero. “Mia Signora, possiamo andare.” Arya si guardò intorno, lasciava di nuovo Grande Inverno, ma questa volta con la consapevolezza che sarebbe tornata lì non molto tardi.

Petyr Baelish radunò i suoi uomini della Valle e insieme a loro uscì dalle mura. Sapeva perfettamente che averlo intorno sarebbe stata una tortura, ma aveva bisogno dei suoi uomini non per combattere contro i Frey, ma per una futura guerra contro i Targaryen. D'altra parte poteva stare sicura che lui non avrebbe osato fare i suoi giochetti, lo aveva avvertito che per lei sarebbe stato facile ucciderlo senza che nessuno sapesse mai qualcosa, ora come ora non potevano di certo incolpare la Regina del Nord per un simile delitto.

Poco lontano da lei, Gendry stava portandosi al cavallo più vicino per montarci sopra. “Cosa stai facendo?” gli domandò andandogli incontro.

“Sto montando, non lo vedi?” e salì con l'armatura indosso.

“Gendry, ti sei da poco sposato, tu devi rimanere qui con mia sorella, scendi subito!” gli imperò con decisione ma lui sembrò sordo alla sua sua richiesta e la fissò dall'alto dell'animale. “Ne abbiamo parlato, io e Sansa, e come uomo devo fare il mio dovere, scenderò in battaglia per combattere per il Nord. Ora è la mia terra e devo difenderla come tutti gli altri. Se non ti sta bene dovrai tirarmi giù di qui con la forza.” le rispose perentorio e spronando il cavallo si avviò con gli altri verso l'uscita del castello. Arya lo osservò allontanarsi sconvolta.

“Arya.” la distrasse la voce di sua sorella, che l'aveva da poco raggiunta per salutarla. Si ritrovò avvolta dalle braccia di Sansa e lei non poté far altro che rispondere a tanto calore. L'abbracciò forte, in un breve ma sentito momento. Non ebbero il coraggio di dirsi niente, né un addio né un arrivederci. Nella loro famiglia avevano imparato presto che era meglio non pronunciare parola in questi casi.

Dopodiché salì in sella anche lei. “Stai vicino a Brienne, lei saprà aiutarti.” e Sansa annuì rassegnatasi al fatto che non avrebbe avuto la compagnia di nessun altro da allora in poi.

Arya aspettò che Tyrion la raggiungesse con il suo piccolo destriero, e infine si avviarono insieme al galoppo in testa all'armata, con il metalupo albino sempre al fianco.

 

**Note dell'autrice: Salve a tutti!! Allora partiamo dal titolo, è una citazione (lunghetta lo so :D) direttamente dalla serie tv e dal libro. Vi ricordo il momento. Stannis è su alla barriera, sta parlando con Jon, ma in mano ha un biglietto che poco dopo legge ad alta voce. Ecco qui, da lì capisce che non potrà contare sull'isola dell'Orso troppo fedele agli Stark. (Lyanna Mormont rules!) *Traduzione quasi fedele.

Penso che quasi tutti avessero capito dove volessi andare a parare con il matrimonio di Sansa, e lasciare campo libero alla più giovane Stark. Ma sarà una Regina capace? Riuscirà a fare onore alla sua famiglia. Questo è tutto da vedere.

Volevo dirvi che ho preparato una piccola sorpresa per voi (One-shot =D)che però pubblicherò più avanti, dopo qualche capitolo. Vi riporto solo una parte del titolo: “Meanwhile in...”

Stiamo cominciando a fare sul serio come avevo detto perciò vi ringrazio per essere giunti con me fino a qui a leggere!

Grazie per le recensioni, sono il motivo per cui ogni volta trovo la spinta necessaria per scrivere ^^

Grazie a Rospolo per aver iniziato a seguirmi e a Virbinella22 per aver inserito la storia tra le preferite!

Alla prossima! **

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Capitolo 15
*** Frey ***


Arya portò la neve con sé vicino alla terra dei fiumi. Una nevicata leggera, ma che durò diverse settimane, là in quelle terre in cui il freddo dell'inverno aveva lasciato il posto a temperature più miti e prati verdi stavano affiorando timidamente tra le coltri di neve in scioglimento. Lo strano fenomeno in concomitanza con l'ascesa al trono della giovane Stark, le valse un nuovo soprannome tra i Lords e i loro cavalieri. La Regina di ghiaccio, la chiamavano, non solo perché fosse del Nord, e perché sembrasse portare l'inverno ovunque andasse, ma anche per l'inaspettata freddezza dimostrata di fronte alla morte, di fronte alla guerra. Non era che una ragazza ventenne agli occhi di chi non la conosceva bene, ma la sua tenacia e la sua furia si nascondevano sotto quell'aspetto giovane ed innocente.

Per i Frey, non ebbe nessuna pietà, alla fine della guerra del Guado, le due torri, simbolo della casata, vennero rase al suolo, lasciando al loro posto solo rovine e mura distrutte. Il nome Frey, venne cancellato con orgoglio dalla sua lista nera insieme a molti membri di quella famiglia.

 

Tutto cominciò quando avvistato l'esercito del Nord poco lontano dal guado, Walder Frey, in accordo con il suo primogenito Edwyn, decise di inviare dei messaggeri di avvertimento, due giovani cugini Frey, accompagnati da degli scudieri di altre casate alleate. Li avvistarono in vicinanza dell'accampamento, al galoppo e fieri portavano lo stemma delle due torri con delle lunghe aste.

“Mia signora, abbiamo visite. A quanto pare sono due dei tanti cugini Frey.” la informò Petyr Baelish non appena furono visti.

“Dovresti prenderli come tuoi ostaggi, come un avvertimento al Lord Frey.” suggerì Tyrion.

Arya li guardò entrambi stoica prendendo la sua faretra e l'arco per poi raggiungere il piccolo contingente di messaggeri. “Non ci saranno mai ostaggi tra i Frey.” commentò sentenziosa, non appena fu davanti agli uomini.

Tutti i soldati del Nord caddero in un silenzio teso, con le armi in pugno, attendendo solo un cenno da parte della loro regina per agire. Spettro la seguì e la sua presenza agitò i cavalli che iniziarono a nitrire e scalciare, i due signorotti seduti sopra a fatica ripresero controllo delle redini.

“Arya Stark. A nome di Walder e Edwyin Frey, Signori dei Guado, vi impongo di ritirare il vostro esercito e di ritornare al Nord, o questo accampamento di soldati, sarà considerato come una dichiarazione di guerra.” parlò il più anziano tra i due cugini, era moro, e la pelle di un colorito stinto, un uomo insignificante ai suoi occhi.

“Non avete frainteso affatto le nostre intenzioni. Questo esercito è qui per una guerra, non per frescheggiare all'aria aperta.” rispose sarcastica con un ghigno, e delle risate emersero tra i soldati dietro di lei. Il cugino più giovane si fece avanti con il cavallo e le si rivolse con espressione preoccupata.

“Noi non vogliamo la guerra, qualsiasi accordo può essere raggiunto...”

“Ma certo, fare la guerra non è mai stata una qualità innata nei vostri Signori. No infatti, preferiscono organizzare matrimoni di sangue per il loro divertimento” lo interruppe facendosi avanti minacciosa. “Per quanto riguarda l'accordo, queste sono le mie condizioni, e voglio che le riportiate fedelmente al vostro Lord. Walder Frey e tutti i suoi figli e nipoti dovranno uscire da quelle torri, privi di armi, soldati di scorta o di qualsiasi altro aiuto. Dovranno camminare a testa bassa fino ad arrivare di fronte a me. A quel punto uno ad uno dovranno inginocchiarsi ai miei piedi scongiurandomi pietà, e chiedendo perdono per il loro vile tradimento. Se faranno così la loro morte sarà rapida, anche se non otterranno mai veramente il mio perdono.”

Li guardò con occhi famelici e infuocati. Il silenzio nell'accampamento, faceva da perfetto sfondo a quella situazione tesa e complicata. I due Frey insieme ai loro soldati si agitarono sopra ai loro cavalli. “Non ho finito.” prima che potessero aprire bocca per replicare. “ Se queste condizioni non saranno accolte, il mio esercito provvederà a radere al suolo le due torri e quanti più soldati manderete avanti per difenderle, in più alla fine della battaglia, Walder Frey e tutti i suoi figli e nipoti, verranno giustiziati e di certo non otterranno una morte rapida. Non dimenticatevi anche di riferire, che a sud del Guado, il Lord Robyn Arryn, mio cugino, ha già preparato il suo esercito per l'attacco e che quindi in ogni caso, siete circondati.” terminò con un sorriso compiaciuto mentre Tyrion la scrutò accanto soddisfatto.

“Voi siete pazza, pagherete questo affronto dinanzi alle due torri!” gridò collerico uno dei Frey. “Alla fine di questa battaglia sarete voi ad inginocchiarvi di fronte al mio signore e i suo figli e nipoti e dopo aver succhiato l'uccello a tutti loro, passerete all'esercito e solo dopo aver soddisfatto le nostre esigenze verrete uccisa come una cagna.” gli uomini intorno a lei si fecero avanti sguainando le spade pronti a rispondere a quell'insulto, ma un gesto da parte sua li bloccò prima che potessero agire. Il metalupo albino cominciò ferocemente a digrignare i denti e i cavalli spaventati indietreggiarono.

“Certamente queste sono tutte parole a vuoto, offensive, ma prive di fondamento.” prese calma una freccia dalla faretra e la puntò verso il Frey che l'aveva offesa e prima che lui potesse capire cosa stesse per succedere lo colpì diritto al cuore. Quello cadde come un sacco privo di vita dal suo destriero che in un attimo partì al galoppo. Gli altri uomini cominciarono la fuga verso le due torri veloci e rapidi. Anche l'altro Frey, quello più anziano, tentò la ritirata ma non raggiunse i dieci metri di distanza, che Arya uccise anche lui con una freccia.

“Le mie non sono parole a vuoto.”

 

Quella che seguì non fu una guerra, ma un massacro. Ogni contingente di uomini i signori del Guado provavano a mandare contro l'esercito del Nord, finì per essere macellato sotto la numerosità e l'unita forza dei soldati di Arya Stark.

Piano piano, gli uomini della terra dei fiumi accorsi in soccorso dei Frey si ritirarono, e quelli che desistettero, si ritrovarono prima contro i soldati del Lord della Valle, che controllava i confini a Sud. Presto i Frey rimasero da soli a difendere quelle quattro mura, perfino ogni tentativo di comunicare con i Lannister fu vano, gli uomini della regina Stark, uccidevano qualsiasi messaggero o corvo che venisse da loro inviato.

“I Frey sono tanto stupidi quanto odiosi” Tyrion si divertiva, di tanto in tanto, a leggere i messaggi che intercettavano dalle due torri. “ Anche se mio zio Kevan o il re Tommen ricevessero questi messaggi dubito che sarebbero entusiasti di rispondere alla richiesta di aiuto.”

Passate due settimane, la neve intorno alla fortezza dei Frey si fece alta e impenetrabile. Senza rifornimenti e con l'improvviso freddo, Lord Walder e Edwyin Frey avrebbero facilmente ceduto ad ogni sua richiesta, ma Arya non era paziente e di certo non avrebbe ascoltato nessuna delle presunte proposte di pace che le avessero mai sottoposto. Quindi dopo giorni di attesa, ordinò agli uomini di preparare le armi e un ariete da sfondamento. Avrebbero abbattuto le porte dei cancelli delle mura esterne, entrando facilmente all'interno per uccidere gli ultimi Frey rimasti.

Aspettarono notte fonda, tutto sembrava silenzioso e tranquillo. Le stesse guardie dagli alti torrioni avrebbero giudicato quella sera una delle più tranquille di tutte, il vento era basso e placidamente soffiava tra le fronde degli alberi. La neve almeno per quella notte aveva smesso finalmente di cadere e la visibilità era alta. Non c'era niente di cui potessero preoccuparsi.

Nel silenzio però, all'improvviso sentirono i cavalli nitrire e ad agitarsi dalle stalle. In alto tra le guardie si sentì un rumore secco e due soldati caddero all'indietro privi di vita. Frecce invisibili stavano arrivando dal basso, e una ad una abbatterono gli uomini della sentinella.

Arya scoccò quelle frecce nel buio della notte profonda. A Braavos, aveva imparato ad agire nella cecità ed uccidere nell'oscurità totale. Con il lupo albino accanto pronto ad attaccare, quando ebbe colpito quasi tutti gli uomini su nel torrione fece cenno ai suoi soldati di avanzare con l'ariete. Dall'alto quelle poche sentinelle rimaste in vita videro l'armata degli uomini Stark, illuminati dalle torce abbattersi con violenza contro le porte del cancello. Cercarono in tutti i modi di fermarli, utilizzando frecce infuocate, o pietre e per alcuni dei soldati del Nord non ci fu speranza. Quei pochi non riuscirono a pararsi in tempo con lo scudo, perciò caddero morti abbandonando l'ariete.

Gli altri che resistettero dopo due, poi tre colpi ripetuti con forza, fecero breccia nelle alte porte, ma dovettero prepararsi subito a ricevere il contrattacco di un centinaio di soldati che lì dietro avevano atteso.

Arya inviò altri uomini e poi ancora fino a che quella piccola resistenza non fu abbattuta. Quando il passo fu libero da ostacoli cominciarono l'invasione interna. La regina e Spettro si portarono avanti a tutti. Sapeva perfettamente dove la stesse attendendo Walder Frey e per arrivarci si aprì la strada tra soldati e cavalieri che ancora resistevano all'attacco.

Insieme ad alcuni dei suoi, arrivò finalmente davanti all'ultima barriera che la separava dalla sua vendetta. Quel portone spesso e imponente fu sfondato con delle semplici spallate e una volta dentro il salone, furono costretti a battersi con gli ultimi rimasti a difendere il Lord Frey. Quando alla fine non ci furono più altri ostacoli rimasero lì in silenzio di fronte ai figli e nipoti, tutti rintanati insieme a lui.

Il vecchio rattrappito la osservava sprezzante dall'alto del suo misero scranno, mentre lei con l'arma insanguinata gli si faceva avanti. Gli altri membri della casata ammutoliti dalla scena si stringevano l'un l'altro impauriti. Gli uomini del Nord insieme a Spettro si fermarono più indietro, aspettando ogni suo ordine.

“Ecco la puttana del Nord.” l'accolse con il sorriso sdentato il Lord del Guado e il suo primo figlio Edwyn, la sfidò sguainando la spada.

“Ferma non avanzare oltre.” le intimò, ma ad Arya bastò un passo più avanti per colpirlo nel ventre. L'acciaio di Valyria di Giuramento penetrò così fluidamente da far sembrare quell'armatura fatta di acqua. Una cascata rossa di budella e visceri si riversò sul pavimento e il primogenito cadde a terra spiaccicando il suo volto su quella pozza viscida e coagulata di fronte allo sgomento di tutti. Delle grida di angoscia si levarono dalla piccola folla lì intorno. Alcuni dei più giovani Frey provarono a battersi contro si lei, ma come dei pupazzi privi di vita caddero uno dopo l'altro, sotto la sua furia. Uno di loro fu colpito in mezzo ad un occhio, ma con orrore, dopo aver estratto la spada, lo vide roteare il corpo in giro per la sala come un manichino guidato a casaccio, fino a che uno dei suoi soldati non lo attraversò con la lama nel petto, ponendo fine a quello spettacolo macabro.

“Mia signora...”la chiamò Deaver, un cavaliere del suo esercito, lei si voltò a guardarlo e notò la sua espressione di attesa, aspettava un suo ordine, qualsiasi cenno per mandare gli uomini a massacrare quei pochi Frey rimasti.

“Uccideteli tutti.” pronunciò freddamente. Non c'era onore, né gloria in quello che fece, ma non se ne pentì mai. Assaporò quell'attimo con il cuore pieno di orgoglio verso se stessa, su quello che era riuscita a fare. La sua vendetta tanto attesa ora se la stava gustando in prima fila, guardava cadere sotto le armi dei suoi soldati uno ad uno i membri della famiglia delle due Torri, non ebbe pietà nemmeno per le ragazze più giovani, colpevoli solo di portare quel nome e di trovarsi lì in quel momento. Era come quando Spettro cacciava le sue prede e il mattino dopo riusciva a sentire ancora il sapore di sangue nella sua bocca, anche adesso lei da spettatrice di quel massacro lo sentiva, lo assaporava.

Quando non ci fu più nessuno da uccidere, e solo corpi martoriati tappezzavano il pavimento della sala, rimase Walder Frey sopra la sua sedia signorile, inorridito e sconvolto, ma Arya dovette ammetterlo per un attimo ammirò la tempra di quell'uomo. Trovò la forza ancora di insultarla di chiamarla schifosa sgualdrina, bastarda, figlia di vigliacchi. “Farai anche tu la fine degli altri Stark, ti staccheranno la testa o ti sgozzeranno e io godrò della scena dall'alto. Oh sì se godrò come una puttana in calore.” le urlò isterico. Arya le si avvicinò quel tanto che bastò per riuscire a sussurragli vicino. “Non oggi.”

Ago, la spada che le regalò suo fratello, la sua piccola e fedele compagna, sempre al suo fianco in tutti i momenti della sua vita, anche ora avrebbe fatto la sua parte. Colpisci con l'estremità appuntita. La sfoderò davanti allo sguardo arrendevole di Walder Frey, inerme seduto sul suo scranno. Gli conficcò la punta in gola, guardando con avidità quel fiotto di sangue sgorgargli dal collo, e quella poca vita che gli era rimasta, scorrergli via.

Pulì la sua stretta lama alla gamba dei suoi pantaloni e si voltò di nuovo verso i soldati. “Fate sparire questo posto.” ordinò severa.

“Vostra grazia, le due torri...” cercò di spiegare uno di loro. Le due torri erano un passaggio importante per il Guado, sarebbero state molto utili e uno dei Lords del Nord avrebbe potuto diventare il loro nuovo signore.

“Non esistono più le due torri.” affermò perentoria e gli altri soldati accettarono di buon grado quella decisione.

Fuoco, picche, arieti e catapulte, il tutto fu necessario per abbattere e radere al suolo quelle mura, ma quando fu l'alba, le due torri non esistevano più.

 

 

**Note dell'autrice: “Let it go, let it go. Can't hold you back anymore!” No, cioè vi prego. So che la “Regina di ghiaccio” come appellativo potrebbe essere facilmente frainteso. Ma Arya non ha i capelli biondi fluenti e non spruzza ghiaccioli dalle mani, quindi niente Elsa. ^^'

Comunque a parte questa piccola premessa...Salve a tutti! Questo capitolo non è lungo come mi sarei aspettata ma è ricco di molta azione. Arya e il Nord finalmente sono riusciti ad ottenere vendetta, finalmente Robb può riposare in pace per questo.

Adesso manca solo una famiglia della sua lista: i Lannister, ma prima di arrivarci dovrà fare tanta, ma tanta strada. Ci si metteranno di mezzo quelli che tanto aspettate :D e sì il prossimo capitolo (ripeto IL PROSSIMO) è tutto per loro.

Ringraziamenti: grazie a tutti per le recensioni, sono state istruttive e mi piace quando siete così critici!

Grazie a Joanna Snow per aver inserito la storia tra le seguite, ricordate e preferite.

Grazie a Nekomata, Lady_Hope_la_stronza e Alec_VanDerWoodsen per aver iniziato a seguirmi.

Grazie a tutti quelli che ancora leggono e tengono duro...perchè il finale è ancora lontano :D

C'è una felicità immensa dentro di me nel vedere come questa storia stia andando bene! *.*

Alla prossima**

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Capitolo 16
*** Aerys ***


 

Caldo e sabbia erano le due cose che detestava più di Dorne, non che non fosse abituato a l'una o l'altra cosa, nell'Essos il clima non era di certo più mite, ma lì in quella striscia di terra al limite del continente vi era un'afa quasi insopportabile.

Passava spesso il suo tempo a passeggiare lungo i Giardini dell'acqua, ma le giornate lo annoiavano e perfino la compagnia non era delle migliori, anzi molto spesso passava il tempo da solo, a leggere.

Aegon, se ne stava tutti i giorni dietro alla regina Argentea, ora che erano diventati marito e moglie sperava che la sua opinione e presenza valesse più di prima. Quanto era sciocco, suo fratello. Non si rendeva conto di essere solo un re fantoccio, senza terra, senza uomini che lo osannassero. La sua, era una corona fatta di alluminio, tanto fragile, quanto finta. Lui aveva capito subito che Daenerys non sarebbe mai passata in secondo piano, in fondo lei era la madre dei draghi, la distruttrice di catene, la non bruciata e molti altri nomi che faceva fatica a ricordare ogni volta. Ma ad Aegon sembrava non importare, e da quando era diventato re lo detestava per le arie che si dava e per quella sua spocchia.

Detestava anche più di ogni altra cosa, le decisioni che avevano preso al posto suo, per la sua vita. Avrebbe dovuto sposare la figlia di Doran Martell appena riconquistato il trono di spade. Odiava suo fratello per aver ignorato la sua opinione e per aver agito di nascosto senza avergli rivelato i suoi piani. “Non capisco di cosa ti lamenti” lo aveva rimproverato una volta, con il suo tono altezzoso. “Sposerai la principessa ed erede al trono di Dorne, diventerai un re.”.

Ma certo, un re, un re di una terra che non sopportava, maritato con una donna che non le interessava. Come pretendevano che accettasse senza fiatare quella decisione, lui era un principe, un Targaryen, non potevano permettersi di trattarlo con tanta leggerezza, nemmeno Aegon.

“Sempre a leggere in solitaria?” Daenerys lo raggiunse nei giardini da sola. Portava uno di quegli abiti dorniani leggeri e velati, di colore azzurro, trasparente giusto quel tanto che permetteva di mostrare alcune sue nudità. Sarebbe stata una bella moglie, se io fossi stato il primogenito e se non fosse così piena di sé come Aegon. Pensò mentre la osservava avvicinarsi.

Lei gli si sedette accanto, con i capelli argentati mossi dal vento, e lo guardò sorridente.

“Allora come mai sei sempre solo, la compagnia della tua promessa non ti allieta abbastanza?”

“Ti sbagli, al contrario. È la mia futura consorte che preferisce allietarsi con altre compagnie...diciamo più provinciali.” commentò sorridendo sarcastico. Tutti sapevano quanto Arianne Martell passasse il suo tempo con un certo cavaliere, giunto da Approdo del re qualche anno prima.

Dany lo guardò severo, a giudicare dalla sua espressione sembrava avesse offeso lei invece di un'altra persona. “Non si conquista una donna standosene seduti tutto il giorno a leggere.”

Aerys indurì il volto, offeso. “Conquistare? Non ho nessuna voglia e intenzione di fare la corte ad una donna che non voglio, per giunta mentre voi vi divertite a fare la guerra contro i signori del continente. Sono un Targaryen tanto quanto voi, e non è così che intendo consumare la mia vendetta.”

Daenerys sospirò. La sua espressione si fece più dolce, appoggiò una mano sulla sua e l'accarezzò. Tra i suoi due nipoti, Aerys d'aspetto, era molto più simile a suo zio Viserys che a suo padre Rhaegar, tutto il contrario di Aegon, ma aveva un carattere più forte e autorevole. Sapeva fosse il più meritevole a regnare, sarebbe stato un re più fermo e giusto, ma la discendenza non gli dava quel diritto. Poteva comprendere la sua rabbia nell'essere secondo e avere le mani legate al destino scelto da altri. Lo sapeva, era stata anche lei nella sua stessa situazione.

“So che è difficile. Quando mio fratello mi vendette a Drogo per ottenere in cambio il suo esercito di dothraki, mi sentivo usata come un oggetto. Soggiogata al mio destino avevo perso la speranza di poter far valere la mia voce, ma il tempo ha cambiato le cose. Vedrai che capiterà anche a te.”

L'espressione del principe non si addolcì ma si fece più truce e cupa. “Vuoi dire che solo perché sono il secondogenito sono destinato ad essere schiavo delle vostre decisioni? A meno che Aegon non muoia. Perché ti ricordo mia Daenerys che sei qui solo perché Khal Drogo ha ucciso Viserys, non per la tua destrezza.”

La regina argentea si alzò di colpo come se fosse stata punta da qualcosa, le parole di Aerys erano state più lapidarie che mai e lo guardò con quegli occhi viola infuocati. “Ti consiglio di smetterla con questa tua rimostranza, e incominciare ad accettare la tua sorte, perché non stiamo giocando a fare la guerra. Quelle che ci attendono saranno battaglie dure e lunghe e avremo bisogno di tutto l'appoggio di Dorne.”

“Ma tu hai un drago, Madre dei draghi, o forse hai fatto volare via anche Drogon?” commentò sprezzante le sue critiche, ricambiando il suo sguardo.

“Un drago non può bastare contro i due regni che andremo ad affrontare.”

Lui la osservò confuso. “Due?”

Dany sfilò da sotto un velo del vestito, un piccolo pezzo di carta. “Ti conviene leggere questo. Forse capirai che la situazione è più complicata del previsto.”

Aerys afferrò il foglio, prima che la regina gli voltasse la schiena offesa per andarsene. Tutto spiegazzato e malridotto sembrava avesse attraversato un campo di battaglia per arrivare alle mani di Daenerys, ma la scritta era chiara e leggibile:

I lupi sono tornati al Nord e ora hanno la loro Regina.

 

 

Bussò alla porta con violenza, dopo la terza volta senza risposta. Alla fine sentì dei passi dall'altra parte. Qualcuno si era avvicinato per aprire. Laren, l'ancella, apparì alla soglia fissandolo sbigottita come se avesse visto un fantasma. Aveva i capelli neri arruffati e il vestito con le spalline calanti. “Ebbene, hai intenzione di farmi entrare o vuoi fissarmi ancora con quegli occhi da animale impagliato.”

La ragazza scossa dalle parole di Aerys, scrollò la testa mormorando le proprie scuse e quando entrò dentro, la vide scappare oltre una tenda di corsa, intimorita dalla sua presenza.

“Finalmente ti fai vivo fratello, credevo di doverti mandare un invito scritto per farti venire qui.” scherzò Aegon apparso da dietro una colonna. Portava una tunica leggera che gli lasciava scoperto il petto. Sempre il solito esibizionista. Pensò guardandolo torvo.

“Invece di divertiti con le ancelle di tua moglie, forse potresti avvertirmi su quello che succede. Oppure devo sempre essere l'ultima ruota del carro?” rispose sprezzante porgendogli il biglietto che Daenerys gli aveva consegnato.

Suo fratello lo lesse con un ghigno supponente per poi lanciarlo sulla scrivania. “Sono solo voci. Lascia perdere, niente che debba preoccuparci.”

Aerys esitò un attimo sbigottito dalla sua reazione. “Solo voci? Non sembrerebbero solo voci a giudicare dalla preoccupazione di Daenerys. Chi le ha consegnato il messaggio?”

“Lord Connigton ha ricevuto un corvo dalla terra dei fiumi. Pare che abbia ancora alcune conoscenze tra i loro signori. Anche se fossero vere queste notizie, non cambia assolutamente la nostra posizione.” affermò deciso e Aerys sorrise tagliente.

“La tua preoccupazione di fronte a certi fatti mi sconvolge, dico davvero.”

Aegon lo ignorò e si sedette a mangiare uva da una cesta sopra al tavolo. “Se non lo sai, gli Stark hanno sempre avuto un potere ed un'influenza enorme sul Nord. Leggi bene.” insisté Aerys afferrando il biglietto stropicciato. “I lupi sono tornati al Nord e ora hanno la loro Regina. Questo significa solo una cosa, che il Nord è perduto, non possiamo sperare di annetterlo alla nostra pretesa se hanno già scelto di essere indipendenti e sotto la guida di una Stark.” appallottolò il piccolo pezzo di carta per poi gettarlo con violenza in un braciere. Suo fratello rise, biascicando i chicchi di uva tra i denti. “Hanno una regina! Quanto può essere pericolosa e determinata?”

“Ti ricordo che anche noi abbiamo una regina ed è comunque più pericolosa e determinata di te.” pronunciò Aerys, sferzante.

Aegon esitò mentre la sua faccia divenne rossa dalla rabbia. “Bada a come parli. Sei mio fratello, questo è vero, ma sei sempre di fronte al tuo Re!” prese un altro chicco d'uva dal cestino con ostinazione e lo masticò forzatamente.

Un re di nome, ma a conti fatti...cercò di ritrovare la calma e la pazienza nelle parole, che sapeva usare contro la sua cocciutaggine ed ignoranza.

“Come Re dovrai prendere una decisione. Cercare un accordo con il Nord sembrerebbe la via più adatta.”

Lui lo guardò con il colorito in volto tornato naturale, sospirò e si alzò in piedi girellando per la sua stanza in silenzio.

“Sai cosa hanno fatto gli Stark alla nostra famiglia?" chiese poi retorico. "Eddard Stark, il loro Lord, tradì nostro nonno e si alleò con l'Usurpatore Robert Baratheon, che uccise nostro padre, e per colpa di quella puttana Stark di cui s'invaghì, nostra madre e nostra sorella sono morte, rammenti?” lo osservò con attesa in piedi in mezzo alla stanza.

“Sì rammento. Lo rammento sempre.” affermò serio.

“Bene, allora capirai che per me e per la regina, la tua via più adatta è di fatto, inconcepibile. Stark, Lannister, e tutti quelli che li seguono, saranno trattati allo stesso modo, senza alcuna pietà, se oseranno opporsi.”

Era del tutto inutile continuare a discuterne con lui, forse nemmeno con Daenerys avrebbe trovato un briciolo di buonsenso. Non capivano, non lo volevano vedere, che lottare contro gli Stark sarebbe stato diverso che combattere contro i Lannister. Lui sapeva che il popolo del Nord aveva scelto la libertà dal resto del continente, non era una questione di legittimità o di casate. Che loro fossero i sovrani con diritto di nascita al Trono di Spade, per i Lords dei lupi non avrebbe significato nulla.

“Fra una settimana esatta partiremo per la terra dei fiumi con i soldati dorniani. Probabilmente riusciremo ad avere sostenitori in quel luogo, senza ricorrere alle maniere forti.” gli comunicò il Re con fermezza, Aerys a quel punto annuì con sorriso incerto.

Così andremo proprio in mezzo ai Leoni e ai Lupi.

 

 

“Vi mancherò mentre sarete via?” gli sussurrò all'orecchio la sua futura consorte. Arianne Martell pareva una dea con quel vestito d'oro fatto di veli e ricami preziosi. I capelli lunghi e neri sciolti nella schiena, e quel corpo sinuoso e sensuale disegnato dalle linee del tessuto sottile. Ma allora perchè oltre a quello non c'era niente in quella principessa che lo stimolasse?

“Tanto quanto mancherò a voi.” le sorrise con sarcasmo e poi si avvicinò baciandole la guancia con fare indifferente.

Camminarono per un po' insieme per i giardini dell'acqua, fingendo di essere una bella coppia, parlando e scherzando.

“Ho sentito dire che questa regina del Nord sia inesorabile.” colse una rosa da un cespuglio e se la pose frivola tra i capelli.

Lui la guardò in silenzio. “Non avete saputo cosa è successo ai signori del Guado?” gli domandò cercando di attirare la sua attenzione accarezzandogli i capelli.

“Intendete i Frey?” colto da un brivido che gli percorse la schiena a quel contatto, si allontanò leggermente da lei. Dopotutto anche se non gli interessava come donna, lui era pur sempre un uomo.

Arianne le sorrise maliziosa intuendo i suoi pensieri e gli si avvicinò per stuzzicarlo. “Li ha sterminati tutti, cancellati e la loro dimora è stata rasa al suolo.” la sua voce era calda, sensuale, mentre lo diceva, sembrava stesse parlando di altro.

“Che motivo aveva di tutta questa furia?” chiese confuso dallo sguardo nero e profondo della donna. “Non avete mai sentito parlare delle nozze rosse?” ma Aerys la fissò incerto in silenzio.

“Voi non lo sapete, è vero. Anni fa il Nord si dichiarò indipendente proclamando come re Robb Stark, fratello dell'attuale Regina. Non so bene i fatti nel dettaglio, ma a quanto pare il giovane lupo, così veniva chiamato, promise di sposare una delle figlie di Walder Frey, signore del Guado.” raccontò prendendo la rosa tra i capelli, giocherellando con i suoi petali mentre lo osservava negli occhi. “ Ma il re venne meno alla parola data sposando un'altra donna. Fu così che il Lord decise di prendere accordi con i Lannister e organizzare un matrimonio farsa, a cui parteciparono gli uomini del Nord, il loro Re e sua madre. Fu una strage, li uccisero tutti nell'inganno, violando il sacro vincolo dell'ospitalità. È per questo che la Regina del Nord ha massacrato i Frey. Si è vendicata.”

Aerys la osservò, affascinato da quella storia, ma allo stesso tempo pensò che non sarebbe stato affatto facile, anche volendo, scendere a patti con una donna del genere. Non avrebbe facilmente mollato la presa sul Nord, per quanto suo fratello Aegon lo sperasse.

“Una donna piena di risorse.” commentò tra sé e sé.

Arianne gli si avvicinò pericolosamente al viso, sempre con quel suo sorriso ambiguo.

“Non è l'unica donna al mondo così, sapete...” e quando i suoi occhi gli furono così vicini da non distinguerli più, la baciò intensamente.

Dentro di lui divampò il desiderio di un uomo verso una donna bella e accattivante. Almeno di quello, non avrebbe potuto lamentarsi e si baciarono come due amanti che si dicono addio per l'ultima volta.

 

 

 

**Note dell'autrice: BOOOM!!!!! Ciao a tutti!! ecco finalmente il capitolo sui Targaryen.

Allora...di questo capitolo c'è molto da dire. Prima di tutto: ho molta paura. Paura perché le mie carte sono state scoperte prima fra tutte, Aerys Targaryen, se ancora non lo avete capito, è lui il “nuovo personaggio”. Sì perché lui non esiste nei libri e quindi è tutto di mia inventiva. La paura che provo nel presentarvelo sta nel fatto che sarà lui a fare da portavoce ai Targaryen. È il fratello gemello di Rhaenys (morta e non salvata come i due pricipini), e fratello minore di Aegon. Entrambi nipoti di Dany.

Volevo fare qualcosa di diverso, qualcosa che non considerasse Daenerys e basta come unico personaggio centrale. Poi ve lo confesso, io lo adoro, me lo immagino camminare e parlare nella mia mente come se fosse reale e ha tutte le carte in regola per essere un buon Targaryen. È a questo punto che mi chiedo, che cosa vi frulla in testa? È una vera delusione? Oppure ne siete entusiasti? Se voi lo odiate...aiuto O.O sarà stato tutto inutile.

Per Daenerys, ho sempre avuto sentimenti contrastanti su di lei, una volta ti aspetti che spacchi il mondo con i suoi draghi e la volta dopo la vedi che fa la scema con Daario, o se ne sta seduta per giorni interi a Meereen invece di pensare ad andare nel Westeros. Ma adoro anche lei, sia chiaro.

Aegon, sarà il personaggio del caos, quello che mi darà una mano a smuovere un po' le acque e anche lui, dato che non si è mai visto sullo schermo, è stato scritto tutto di mia inventiva. Perciò spero che apprezziate anche lui, per quanto lo abbia reso odioso.

Mi rendo conto di aver fatto una mossa azzardata nel non aver scelto Daenerys come principale protagonista...staremo a vedere.

Nel frattempo ho pubblicato un intermezzo “Meanwhile in Skagos” con Osha e Rickon (E a proposito grazie a Virbinella22 e Beccaccino91 per averla inserita tra le preferite :D) spero apprezziate anche quello ^^**

Note post-produzione: Scusate, e dico davvero, ultimamente sono fuori di melone e non vado d'accordo con le date di nascita o con le età dei personaggi. La sessione estiva si avvicina e io sono già in un altro mondo, tant'è che ero fermamente convinta (come gli uomini del medioevo lo erano sulla piattezza della terra o sulla teoria geocentrica) che Rhaenys fosse la pià piccola. (in realtà nei libri e nelle serie tv è la più grande O.o). Grazie a Joanna Snow che ha notato questo particolare. Ora purtroppo, la situazione deve rimanere così, altrimenti la storia va in ciccia ':D Perdonatemi, mea culpa. *Va a fare harakiri per punizione* 

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Capitolo 17
*** Ombra ***


Il tempio di Baelor è lì di fronte a lei. Nella sua piazza si trova un massa di persone, eccitate, in attesa, parlano tra di loro, ma lei non sente quello che dicono, non le ascolta. Lei cerca solo di vedere oltre quel muro di individui, ma non ce la fa, sono troppo alti. Si guarda intorno per trovare una soluzione, e la vede, la statua del Benedetto, lì in mezzo a quella folla. Lei ci si arrampica sopra, adesso da lì ha una visuale migliore. Sopra a tutti, vede in piedi sua sorella, la regina Cersei e Joffrey. Osserva Sansa che ha gli occhi pieni di ansia, ma cerca con le mani giunte in preghiera di darsi forza. Guarda il re sorridere beffardo alla massa di persone venute ad assistere. Poi ecco d'un tratto il loro parlare si fa più forte, si levano urla e insulti. Alla sua destra si è aperto un varco. Stanno facendo passare qualcuno.

Suo padre. Lo vede, la vede.

Lei lo guarda preoccupata, lui cerca di apparire indifferente alla vista di sua figlia, ma non ce la fa a sostenere il suo sguardo, abbassa gli occhi e segue le guardie arrendevole verso il re. Arriva di fronte a quel gregge di pecore, venute ad assistere all'umiliazione del lupo. Lo sente pronunciare la sua confessione. Sì, ha tradito il re, ha complottato per detronizzarlo alle sue spalle, mentre il corpo di suo padre, a cui aveva giurato fedeltà giaceva ancora caldo. Bugie, tutte bugie, che le fanno male. Ogni frase che lui tira fuori, è una coltellata che le arriva in pieno petto, ma le pecore gridano, urlano. È un traditore, un infame, non merita la grazia del Re, ma Joffrey afferma di essere misericordioso. Sorride ancora, a sua sorella e a sua madre, poi chiede ad Ilyne Payne di portargli la testa di Ned Stark.

Il nulla, il tutto. Dentro la sua mente si scatena l'inferno. Sua sorella comincia a urlare, Cersei fa lo stesso, vengono bloccate dalle guardie mentre Payne si avvicina a suo padre. Scende di corsa dalla statua, spinge con forza le persone. Deve passare, deve sbrigarsi. Passo dopo passo riesce ad avanzare ma la folla è in tumulto e la strattonano rallentandola. Non manca molto, può farcela, lo deve fermare. Una mano dal nulla le afferra il braccio. La stringe, la respinge indietro. È il guardiano della notte. Cerca di spiegargli che deve lasciarla andare, deve in tutti modi fare qualcosa, ma lui non sente, è troppo tardi. Non guardare.

La stringe forte a sé, lei cerca di divincolarsi, ma è troppo confusa, troppo debole. Le tremano le gambe, sente oltre le spalle dell'uomo, sua sorella urlare straziante, chiede pietà, chiede misericordia. Lei cerca ancora di scappare da lui. Poi il silenzio improvviso cala come un'ascia nella folla. Sansa ha smesso di gridare. Nessuno parla più. Il suo cuore si ferma, la sua mente diventa buia. Il gelo del dolore l'attraversa in un istante. Alza gli occhi verso il cielo e vede uno stormo di uccelli in volo.

 

 

Spalancò gli occhi all'improvviso, con il respiro affannoso. Si tirò a sedere sulla sua branda con la voglia di vomitare. Cercò un secchio nell'oscurità della stanza, allungando le mani alla cieca. Quando ne toccò i contorni ruvidi di legno lo afferrò velocemente e poco dopo fu un sollievo potersi liberare lo stomaco da quel peso. Accese una candela vicino a lei illuminando il muso di Spettro, che le dormiva accanto, la stava osservando con i suoi occhi di sangue. Sembrava cercasse di dirle qualcosa, come se sapesse cosa le era appena capitato.

La morte di suo padre non l'avrebbe mai dimenticata, ma nell'ultimo periodo stava diventando un incubo ricorrente. Da quel giorno era iniziato tutto, lei era cambiata, così come era cambiata la sua vita. Il dolore forte e straziante echeggiava ancora nel suo petto, con un bruciore insopportabile. Si toccò la fronte, madida di sudore e se l'asciugò passandoci sopra il braccio.

Sospirò forte, nel vuoto silenzio, cercando di scacciare via quella sensazione e liberandosi di tutto, poi si levò dal suo letto per andare ad aprire la finestra. Doveva assolutamente prendere un po' d'aria. Controllò fuori, spalancando le inferriate, ma ancora era buio e non si sentivano rumori dall'esterno nell'accampamento del suo esercito. Tutti dormivano molto meglio di lei, questo era certo. Il gelo del primo mattino presto le diede una sferzata nella fronte, proprio dove poco prima era umida per il sudore. Questo sembrò risvegliarla dal tepore e dall'intorpidimento dell'incubo, così si voltò a guardare il metalupo albino che ancora la osservava silenzioso.

“Andiamo.”

Lui drizzò le orecchie e quando aprì la porta, la seguì veloce. Uscirono da quel piccolo fortino, che avevano occupato ormai da un mese. Dopo che i Frey erano stati cancellati dalla sua lista, e dal mondo, molti uomini del suo esercito si erano lamentati perché avrebbero voluto tornare a casa, ma lei sapeva che dovevano avere pazienza e aspettare lì l'arrivo dei Targaryen. Erano al confine con il Nord e dovevano proteggerlo impedendo qualsiasi avanzata verso le sue terre più interne.

All'esterno l'aria era gelida e pungente, e il terreno ancora ricoperto di neve, alta e morbida. Camminò nel silenzio notturno, insieme al suo compagno bestiale, dirigendosi verso l'interno di una fitta boscaglia. Lui la seguiva attento, con le orecchie in allerta. Arya non aveva portato nemmeno un'arma con sé, quando aveva accanto Spettro non ne sentiva il bisogno.

Percorse uno dei tanti sentieri che aveva imparato a conoscere in quelle notti insonni. Tra le ombre scure delle fronde degli alberi, sopra, il cielo appariva sereno e la luce della luna la guidava nella sua passeggiata. Non c'erano più segreti per lei, nella terra dei fiumi. A Braavos, di notte entrava nella mente di Nymeria, che esplorava e cacciava proprio in quei territori. Sperava con tutto il cuore di potersi riunire a lei un giorno, ma sapeva fosse diventata la capobranco del suo gruppo di lupi e ora quello era il suo regno e lo dominava selvaggia e temuta. Esattamente come lei.

Ogni metalupo posseduto dagli Stark, era cresciuto prendendo la forma dello spirito di ognuno di loro, quindi lo conosceva e lo sentiva, lo spirito di Jon Snow, emanarsi attraverso gli occhi rossi di Spettro.

Dopo poco l'atmosfera sospesa e silenziosa della notte fu interrotta dal rumore scrosciante dell'acqua. Osservò il metalupo allontanarsi per seguire quel suono e lei gli corse dietro.

Un ruscello non molto grande, aveva trovato la libertà tra i blocchi di acqua gelata e si immetteva ritmicamente in un laghetto. La spettacolarità di quel luogo era racchiusa tutta in quello specchio ghiacciato. La luna veniva riflessa alla perfezione dalle lastre lisce e trasparenti e quello scroscio del piccolo torrente pareva una sinfonia rilassante.

Spettro si avvicinò presso un spazio privo di ghiaccio, e bevve l'acqua fresca del lago. Arya fu attirata da quel luogo, e come se non ci fosse altro modo per trovare la giusta tranquillità dentro di sé, senza pensarci un attimo si tolse i vestiti di dosso.

Nuda, con la pelle sottoposta ai colpi di freddo, si sentì come una scarica di energia percorrerle il corpo. Mise un piede all'interno dell'acqua, ma il contatto la colse impreparata, il lago era ancora più gelido dell'aria circostante. Presa da tutta la determinazione, entrò anche con l'altro piede, poi scese nell'acqua poco per volta. Inizialmente fu come ricevere tante pugnalate attraverso i visceri e le venne in mente che forse non era stata esattamente la più geniale delle idee, però poco dopo, quei colpi feroci divennero meno violenti. L'acqua cominciò ad accarezzarle la pelle tiepididamente, abbracciandola e invogliandola ad andare sempre più in basso, fino a che Arya non sentì più niente. Il suo corpo diventò un tutt'uno con il ghiaccio. Affondò la testa sott'acqua, rimanendo in apnea, sentendo se stessa completamente unita a quell'elemento. Un'altra persona al posto suo sarebbe morta in un istante, il suo cuore si sarebbe fermato, e avrebbe preso parte alla composizione gelata della natura. Lei si sentiva più viva che mai. Il suo incubo notturno era scomparso, la negatività dei suoi sentimenti di vendetta erano altrettanto svaniti, sarebbe potuta rimanere lì sotto per tutta la vita, alienatasi da quel mondo esterno che l'aveva resa così tormentata e inumana.

Riemerse assaporando ogni attimo di quel bagno gelato, e quando la sua mente si fu svuotata, chiuse gli occhi.

Adesso vedeva se stessa dentro quello specchio d'acqua, sospesa in un altro mondo. Sentiva il calore della pelliccia avvolgerla completamente e il suo fiuto umidificare l'aria, fumante. Si allontanò dal lago, lasciando il suo corpo lì immerso nell'acqua ghiacciata, e costeggiando le sponde si inoltrò nuovamente nella foresta. Arrivò a percorrere un altro sentiero, ritrovandosi sola, in mezzo al silenzio. Attraverso quegli occhi rossi, vide la luce dell'alba rischiarare l'ambiente. Il cielo divenne azzurro e arancione, poi la luna scomparve. La mattina portò con sé il canto degli uccelli e aria più calda che sciolse piccoli pezzi di neve, che caddero dai rami degli alberi. Seguì la luce del sol levante, giungendo velocemente ai confini di quella foresta, in prossimità di una radura.

Un'ombra improvvisa oscurò il tutto sopra di lei, macchinando il terreno di nero e di buio, ma quando cercò di alzare gli occhi al cielo per controllare, Arya perse il contatto.

Tornò con la mente nel lago gelato, ancora lì nuda, immersa in un bagno impossibile. In fretta e furia fuoriuscì dall'acqua per rivestirsi. Divorata dalla curiosità di vedere e di sapere, seguì correndo il percorso compiuto insieme a Spettro, fino a che non lo raggiunse nella radura. La sua figura albina appena si distingueva dal bianco della neve. Notò che stava osservando qualcosa di scuro e grande nel cielo poco lontano da loro.

Arya non avrebbe mai creduto che in vita sua le potesse capitare di vedere una simile creatura.

Invece era lì, che volava alto nel cielo, tra i colori dell'alba. Il drago dei Targaryen era un esemplare enorme, come una nuvola, pareva un'anomalia scura nell'azzurro del cielo. Le sue ali erano lunghe e immense, almeno il doppio del suo corpo, ogni volta che sbattevano, il loro rumore rimbombava nella radura. Non aveva visto il metalupo albino che si confondeva con il terreno bianco, ma vide lei.

Lo osservò preoccupata prepararsi per una picchiata nella sua stessa direzione. “Merda!” esclamò, ritirandosi velocemente all'interno della foresta. Spettro la seguì correndole al fianco e sentirono sopra di loro, al di là degli alberi, il drago sorvolare la zona per individuarla.

Si nascose sotto un cespuglio spesso, coperto di neve e poco dopo la creatura alata sembrò rinunciare all'impresa. Videro la sua ombra nera scomparire dalle loro teste. Lei si rimise in piedi con ancora un po' di fiatone, scrutando il cielo oltre le fronde.

Allungò una mano, per accarezzare il manto morbido del lupo fedele, intrecciando le sue dita con i peli lunghi e bianchi. Sorrise.

“Sono arrivati, finalmente.”

 

**Note dell'autrice: Salve a tutti! Questo capitolo è troppo corto, lo so, ma doveva essere solo una specie di collante tra gli Stark e i Targaryen, un breve episodio prima del loro definitivo arrivo. Quindi tranquilli, non sono di nuovo spariti nel nulla, da ora in poi ci saranno sempre.

Qui scopriamo come Arya sia ossessionata dalla morte di suo padre. Infatti è stata la prima e unica morte di un suo famigliare, a cui ha assistito veramente e quella immagine la tormenterà sempre.

Scopriamo anche un'altra cosa importante, Arya può entrare nella mente di Spettro, ma si sapeva, lei è una metamorfa, un po' più arrugginita rispetto a Bran o Jon, ma lo è eccome. Inoltre come può essere una vera Regina del Nord -aka Regina di ghaccio- senza che sia in grado di sopportare temperature proibitive per un qualsiasi altro essere umano. Qui ho voluto prendere spunto dalla capacità di Daenerys di fare il bagno nell'acqua bollente. Lei è la non bruciata, Arya la non assiderata ^^  battute sceme a parte, vorrei anche farvi notare come lei non abbia sempre avuto questa capacità di resitere al freddo e al gelo, ma è si è rivelata solo con l'arrivo del metalupo (proprio come da tradizione Stark, quando si ha accanto un metalupo vengono fuori capacità oltre il normale.)

Ringraziamenti: Vorrei ringraziare infinitamente chi mi lascia le recensioni. Sono uno dei motivi per cui questa storia va avanti, perché mi incoraggiano e spronano. Vedere che c'è gente interessata a leggere questa storia è una gioia continua.

Grazie anche a  _Daughter of Hermes_  per avermi inserito tra le seguite, preferite e ricordate e Breedadi1 che ha inserito la storia tra le preferite.

Grazie ovviamente a chi legge in silenzio, perché vedo che siete molti, (solo l'ultimo capitolo sui Targaryen ha letteralmente fatto BOOM!) quindi grazie. Se un giorno avrete tempo di farmi sapere anche la vostra opinione, sarò sempre felice di ascoltarla-leggerla.

ps. sto incominciando piano piano a correggere i primi capitoli, levigare le imperfezioni per così dire.

Alla prossima gente!! **

 

 

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Capitolo 18
*** Cyvasse ***


La voce dell'arrivo dei Targaryen si sparse in tutta fretta tra gli uomini del Nord. Il drago nero veniva avvistato spesso nelle vicinanze, sorvolava i cieli spaventando i contadini e gli abitanti della zona. I Lords dell'esercito sapevano che era giunto il momento di dar loro battaglia, ma quella creatura maestosa riusciva ad intimorire anche loro.

Solo due giorni dopo dal suo incontro con il drago, Arya ricevette un messaggio dai Targaryen che la invitavano ad andare da loro. Il motivo era semplice, volevano la sua resa.

“Qualcuno dovrà venire con te. Prendi uno o due dei tuoi Lords, loro sono in tre e non potrai far sentire le tue ragioni se parti svantaggiata.” le consigliò Tyrion, presente in quel momento insieme a Petyr Baelish, entrambi pronti a dar voce alla loro opinione. Arya si preparò, ascoltando impassibile le loro parole, solo chiacchiere inutili per lei. Indossò la sua armatura splendente con il metalupo sul petto, una cappa grigio scura con della pelliccia nera a proteggerle il collo, e i capelli lunghi sciolti, adornati da due trecce che le lasciavano il viso scoperto. Ditocorto si fece avanti dietro di lei. Osservò la sua figura riflessa attraverso lo specchio, mentre si sistemava le allacciature del suo abbigliamento. “Vostra grazia, Tyrion ha ragione. Andare da sola in mezzo al covo di draghi non porterà nulla di buono. Potrei accompagnarvi io stesso, se me lo concederete.”

Finito di sistemarsi, si voltò a scrutarlo con viso arcigno. “Non ho bisogno di una scorta, tanto meno della tua. Andrò solo accompagnata da Spettro, non mi serve nessun altro per rifiutare una richiesta di resa.” Lo scansò e presa la sua spada, fece cenno al metalupo albino di seguirla.

“Cosa speri di ottenere andando da sola?” la rimproverò Tyrion, poco prima che lei potesse andarsene.

Arya Stark si bloccò sulla soglia delle sue stanze, sorridendogli sicura. “La guerra, o la loro ritirata. Nient'altro.” Poi voltò di nuovo lasciandoli entrambi con l'espressione insoddisfatta.

Insieme a Spettro attraversò il suo accampamento, e preparato il cavallo, i soldati del suo esercito la videro andare via, sola, senza scorta, diretta verso l'insediamento dei Targaryen.

 

Da lontano vide una distesa di tende e uomini in armatura, a cavallo o a piedi. I colori sgargianti dell'esercito di Dorne, contrastavano perfettamente con l'atmosfera fredda e invernale. Anche la serietà dell'armature nere e semplici degli immacolati, discordava con l'idea di gelo percepito in quel momento. Scoperti com'erano, quegli uomini, parevano non provare freddo, fuori con la neve e la temperatura gelida del vento che tirava in quella distesa di terra.

Si avvicinò cauta all'ingresso, con Spettro che la fiancheggiava guardingo, ma lì dove si trovavano le prime tende dell'accampamento, appena la videro degli uomini di Dorne la fermarono puntandole contro delle lunghe lance. “Non avanzate oltre!” le intimò uno dei cavalieri e lei si fermò davanti a quel gruppo di soldati che la controllavano minacciosi. Il metalupo li sfidò in un silenzioso digrigno e alcuni di loro parvero indietreggiarono intimoriti.

“Sono Arya della casa Stark. Sono venuta per incontrare i vostri signori Targaryen.” scese da cavallo con le mani alzate e l'espressione sicura.

“Lasciatela passare.” un uomo alto, con i capelli grigi e la barba incolta, dall'aspetto molto rude, si fece avanti.

“Mi chiamo Jon Connington, Lady Stark. Il Re e la Regina vi attendono, venite.”

Gli uomini abbassarono le armi e le aprirono un varco per lasciare che seguisse il Lord all'interno dell'accampamento. Passarono in silenzio tra la moltitudine di soldati che si fermarono per osservarla. Era una rarità per loro, poter ammirare una donna in un'armatura così splendente, ma fu Spettro, ad attirare maggiormente la loro attenzione curiosa. Sebbene fossero abituati alla presenza di un drago, che svolazzava di tanto in tanto sopra le loro teste, quell'enorme lupo bianco dagli occhi rossi riuscì a incutere loro timore. Spettro sempre con il suo fare stoico, ignorò le loro attenzioni, seguendo Arya fino a un'enorme tenda allestita proprio in mezzo al campo. Lord Connington la invitò ad entrare, mentre lui rimase all'esterno, come di guardia.

Appena messo piede in quell'ambiente regale e sfarzoso, notò subito la presenza di sei persone. Il doppio rispetto a quanto aveva pensato Tyrion. Constatò Arya.

In piedi più vicino a lei c'era una donna dalla carnagione scura, che suppose essere la stessa ancella che soleva vedere in compagnia di Daenerys a Braavos. Ancora accanto, un uomo armato di lancia, con un pettorina di pelle scura, sicuramente un immacolato, e poi un altro soldato con la divisa colorata di arancione e il simbolo del sole di Dorne.

Al centro della tenda invece, si trovavano i tre Targaryen, Daenerys era nel mezzo e i due fratelli ai suoi lati, uno dei quali se ne stava in piedi a fissarla sorridente.

Lui...

Si bloccò appena posati gli occhi su quest'ultimo. Lo osservò per un po' di secondi, incredula nel vedere che quell'uomo altri non era se non lo stesso che a Braavos aveva visto sulla balconata. L'immagine improvvisa di quell'incontro insolito, le attraversò la mente. Ricordava molto bene quegli occhi blu e freddi che l'avevano scrutata con attenzione, lo stesso sembravano fare anche ora. Lui parve riconoscerla subito, giacché nella sua bocca si era delinato un sorriso tagliente, non appena incrociato il suo sguardo. Non avrebbe mai immaginato che quell'uomo potesse essere un Targaryen, non aveva niente che ricordasse i tipici colori della casata. Non aveva gli occhi viola, né la capigliatura bianca dorata che invece caratterizzava l'aspetto del re e della regina, che se ne stavano seduti uno accanto all'altro. Suppose, a quel punto, di trovarsi di fronte al fratello minore, Aerys.

Il promesso sposo di Arianne Martell prese nota, ricordandosi quello che le spiegò Tyrion quel giorno.

Osservando meglio quei due fratelli, poté appurare quanto di poco ci fosse in comune tra i due. Il re era muscoloso, dalla stazza importante, capelli e occhi Targaryen e una barba incolta da uomo tutto d'un pezzo sul suo viso tondo. Il principe in piedi era alto, ma dal fisico asciutto e longilineo, portava i capelli lunghi e corvini, gli occhi di ghiaccio, e un viso spigoloso, pulito, con la carnagione chiara. Non potevano essere più diversi di così, il giorno e la notte. Come lei e Sansa.

Come accadeva di solito, anche lì, il lupo albino che le stava affianco attirò l'attenzione incuriosita dei presenti, ma lui placidamente si accomodò seduto vicino ai suoi piedi.

L'ancella, dopo poco, interruppe il silenzio, parlando solennemente presentandole i sovrani.

“Vi trovate in presenza del Re Aegon Targaryen, sesto del suo nome, re e protettore dei sette regni, re degli andali, dei Rhoynar e dei primi uomini, e della Regina Daenerys Targaryen, prima del suo nome, nata dalla tempesta, madre dei Draghi, distruttrice di catene...”

“So chi ho di fronte, grazie.” la interruppe improvvisamente Arya, scatenando su di sé gli sguardi fulminanti dei presenti. La lista dei nomi e dei titoli pareva non finire più e lei non aveva tempo da perdere.

“Se lo sapete, come mai vi siete proclamata Regina del Nord?” la interrogò accusatoria la regina argentea. La guardava, studiandola con molta attenzione, pareva non essere del tutto sicura di averla già incontrata precedentemente.

“Vi sbagliate, io non mi sono proclamata regina. Mi hanno scelta, cosa che non è capitata a voi.” Arya li fissò entrambi con il suo sguardo grigio, non si lasciò impressionare dalla solennità della loro presenza e mantenne un atteggiamento distaccato, privo di riverenza e di riguardo. In fondo lei non li riconosceva come suoi sovrani, non più ormai.

Aegon Targaryen si scompose sul suo scranno provvisorio. “Qui ci sono solo i sovrani dei sette regni, non c'è nessuna Regina del Nord per quanto mi riguarda. Arrendetevi e sottomettevi pacificamente, altrimenti per voi non ci sarà altro che guerra e morte.”

Arya fece un leggero passo avanti sorridendo melliflua, i due soldati presenti la fermarono puntando le armi. Spettro si alzò sulle quattro e lunghe zampe, ponendosi davanti a lei per proteggerla.

“Fermi, è sotto protezione degli accordi, ritirate le armi.” comandò Daenerys e quelli ubbidirono all'istante. Il metalupo li osservò attentamente prima di essere certo che la situazione fosse tornata sicura per lei.

Arya Stark continuò a mantenere il suo sorriso e si avvicinò a loro un altro po'. “Dunque siamo già arrivati alle richieste di resa. Bene, sovrani dei sei Regni, vi rispondo che io non cederò il Nord e il Nord non cederà a voi, quindi se ci tenete tanto a far valere il vostro presunto diritto a comandarlo, dovrete arrivare alla guerra. Allora sì, non ci sarà altro che morte. Ma non sarà la mia.”

Lapidaria e fredda li guardò entrambi senza cedere di un passo, ma Aegon Targaryen si alzò in piedi furioso. “La vostra è una scelta stupida e priva del buonsenso che si deve a una persona che tiene alla sua vita. Uscite subito di qui, altrimenti per voi non vi sarà più alcuna protezione!” la sua voce roca e baritonale, tuonò all'interno di quella stanza, ma Arya non indietreggiò. Sorrise ancora ambigua, alla minaccia del Re. “Spero tanto di ritrovarvi in battaglia, e spero che dimostrerete di avere la stessa risolutezza che dimostrate qui con la voce grossa. Altrimenti, quando io non avrò nessuna pietà nei vostri confronti, ne rimarrò delusa profondamente. Un Drago che ruggisce, ma che non sputa fuoco.”

Daenerys la guardò sbigottita, sgranò gli occhi viola e rimase senza parole. I due soldati furono interdetti dal loro precedente ordine quindi non seppero come reagire di fronte ad una simile minaccia. Spettro rimase silenzioso, sempre in piedi per controllare ogni loro singola mossa, se avessero fatto un passo in avanti verso di lei, li avrebbe uccisi all'istante.

Aegon serrò la mascella rigido e fumante di rabbia. L'unico che pareva divertito da quella situazione era Aerys, che la osservava attento e in silenzio con quel suo sorriso affilato.

Arya prese la situazione tesa, come il momento migliore per potersene andare. Solo dopo aver lanciato un'occhiata accigliata al giovane principe, voltò le spalle indifferente ai sovrani Targaryen.

Uscita da quella tenda, si ritrovò tutti gli sguardi dei soldati addosso, evidentemente avevano sentito la voce forte del loro sovrano. Con il metalupo albino sempre al fianco, abbandonò soddisfatta quell'accampamento. Il suo obiettivo era stato raggiunto.

Mai inchinarsi. Se i Targaryen desideravano davvero il Nord, avrebbero dovuto ucciderla e non sarebbe stato facile, questo era certo.

 

 

“Una guerra contro i Targaryen è pura follia. Anzi no, è l'idea più stupida che ti sia venuta in mente.”

Tyrion la stava rimbeccando, seduto al tavolino in sua compagnia. Stavano giocando a cyvasse all'interno della sua stanza, per Arya era una scusa per distrarsi e concentrarsi un po' sulle sue mosse, mentre per lui era il momento migliore per insegnarle a come fare quelle mosse.

“Il loro esercito è debole. I soldati di Dorne non sono abituati a questo clima rigido, non riusciranno a combattere. Per quanto riguarda gli immacolati, la loro dimostrazione di forza nella baia degli schiavisti è stata una vera delusione.” portò avanti la sua pedina, sperando di non far capire al suo avversario la sua strategia, ma fu tutto inutile.

“Arya, dimentichi il Drago.” la statuetta con la forma della creatura alata si mangiò ben tre delle sue pedine e avanzò nel suo spazio di gioco. Questa mossa tuttavia lo portò in una posizione scoperta e vulnerabile, in cui lei poté benissimo attaccare.

“Vorrà dire che dovrò ucciderlo.” si portò via grazie all'intervento della regina, quella preziosa statuetta, ma nonostante questo, la vittoria era ancora lontana.

“Devi ponderare bene un'altra strategia. Cerca di pensare più in grande. Fa come me, o come Baelish.” con le dita mosse il re vicino alle sue statuette più scoperte e attese.

“Pensare come Ditocorto potrebbe causarmi un eccesso di ego, mentre pensare come te...potrebbe portarmi solo mal di testa.

In ogni caso non ho alternative, o la resa, o la guerra.” guardò attentamente il tavolo da gioco con tutte quelle pedine. Mi sta tendendo una trappola, me lo sento. Si trovò costretta ad avanzare con la sua regina verso il re.

“Cerca un'alleanza con loro. Ti porterebbe portare molti vantaggi che ora tu non vedi.” Tyrion portò uno dei suoi cavalieri nelle vicinanze delle torri appartenenti al terreno di gioco di Arya, lasciando stare il re e la sua regina avanzante.

Cosa ha in mente? Rimuginò guardando la mano di Tyrion muovere la pedina.

“Ad esempio, la tua guerra e vendetta contro i Lannister potrebbe essere più semplice con l'aiuto dei Targaryen, in fondo avete questo in comune. L'odio nei confronti della mia famiglia. Seconda cosa, a te non importa chi siede sul trono di spade, e questo è vero, ma se sconfiggerai i Draghi e poi i Leoni, a chi lascerai il comando del resto dei regni? A quel punto dovrai essere tu a gestire una tale situazione caotica e non penso tu ne abbia voglia, e nemmeno lo spirito giusto...”

“Potrei mettere te, sul trono di spade.” lo interruppe sardonica, proteggendo la torre con uno dei suoi cavalieri.

“Non se ne parla, io non accetterei mai e i tuoi Lords del Nord non vorrebbero che tu scegliessi me. Un'altra pessima idea.” Trovando un varco dal nulla, a cui Arya non aveva dato peso, Tyrion riuscì a conquistare la sua torre e il suo cavaliere.

“Bene allora, continua...” sbuffò sonoramente, tornando a concentrarsi sulla sua regina, la pedina più importante insieme al re dello cyvasse.

“Come ti stavo spiegando, dato che non ci sarà nessun re da mettere su quella comoda sedia, tanto vale che tu appoggi i Targaryen. Pensa! Loro si alleano con te, riconoscono il Nord libero e te come Regina. Con loro sul trono di spade nessuno avrà mai da ridire.”

“Certo, mi sembra tutto molto bello e molto logico. Dimentichi però che loro non vogliono la nostra alleanza. Quindi come posso sperare di ottenere il loro favore?”

Tyrion avanzò minacciosamente contro la sua regina, usando il suo re per attaccare.

“C'è un modo. Devi costringerli a cedere alle tue richieste. Ti basterebbe solo una piccola esca.” la sua pedina ormai era vicina e non c'era modo per proteggere la sua regina. Ma Tyrion guardò sorridente Arya, poi con la mano indicò il suo re.

“Un grosso drago ad esempio...”

Arya notò solo in quel momento come avesse lasciato di proposito scoperta la sua pedina di punta, vulnerabile e prendibile. A quel punto avanzò con la regina, contrattaccandolo. Catturato il re, in un attimo conquistò il suo terreno di gioco, vincendo di fatto la partita. Fu una cosa rara, e solo perché Tyrion l'aveva lasciata vincere per farle capire che doveva agire diversamente nei confronti dei Targaryen.

Osservò la pedina del re che si era conquistata, stringendola nella mano. Basterà prendere un Drago. Uno solo.

 

**Note dell'autrice: Salve a tutti!! che sorpresa questo capitolo così, dopo soli tre giorni vero? Beh non avevo scelte, questo weekend non potevo pubblicare niente, e la prossima settimana sono impegnatissima (sempre con questa benedetta sessione estiva) quindi dato che il capitolo era quasi pronto e non volevo fare ritardi illegali, ho deciso magnanimamente ^^ di pubblicarlo. Allora arriviamo al dunque, LUI, Aerys dal punto di vista di Arya. Scopriamo che no, non è biondo ma è moro. Ma questo si poteva facilmente intuire, infatti essendo lui il gemello di Rhaenys, ed essendo lei descritta nei libri come una bambina mora...due più due :D. È alto, snello, un bel fisico e non ha nemmeno gli occhi viola! [Devo confessarvi una cosa, per il suo personaggio mi sono ispirata ad un altro personaggio, sia per l'aspetto, sia per il carattere di Aerys. Sta a voi indovinare chi sia costui ^^. Magari più in là ve lo dirò] Insomma come poteva Arya pensare che lì a Braavos si era ritrovata di fronte un principe Targaryen. Primo capitolo: Sguardo. Il loro sguardo, quello che si sono scambiati per la prima volta, ignari di chi avessero di fronte. Ecco perché quel primissimo capitolo che molti avranno pensato fosse inutile, era invece importante!.

Grazie a Tyrion e ai suoi insegnamenti alternativi, Arya ha capito cosa sia necessario fare. Speriamo che riesca nel suo intento, alla prossima puntata!!

PS. non ho idea di come si giochi a cyvasse, né di come si giochi a scacchi, quindi per tutti gli amanti di questo gioco chiedo perdono, ma sono andata a caso. ':D

Fatemi sapere se notate errori, di qualsiasi genere. Sono stanca e nonostante abbia riletto tutto mille volte, può capitare qualche svista.

 

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Capitolo 19
*** Caccia ***


 

La Regina di ghiaccio ordinò alle sue truppe di prepararsi per la battaglia imminente. Non avrebbe impiegato tutti i suoi uomini, non ce ne sarebbe stato alcun bisogno. Così alle rimostranze presentate dai suoi Lords, dovette informarli del suo delicato piano. Tutto doveva andare per il meglio, in modo tale da limitare le perdite. Era necessario solamente tenere impegnati i Dorniani e gli immacolati così che lei avrebbe potuto agire indisturbata per catturare la sua preda.

La mattina presto prima dell'alba, meno della metà dell'accampamento del Nord si destò armandosi, sotto quella neve che riprese a cadere fitta. La loro regina si vestì con la sua ormai fedele divisa da combattimento, le sue due armi accanto, Ago e Giuramento e i capelli legati in una treccia stretta e spessa.

Con quella pioggia bianca che scendeva dal cielo era difficile distinguere i volti delle persone che si incontravano all'esterno, e Arya attraversò quei viottoli tra figure nere e indistinte fino a che non arrivò da Gendry.

Stava affilando la sua spada e da bravo fabbro qual era, la controllava con cura per assicurarsi il meglio da quell'arma. “Dobbiamo a te la costante presenza di questa neve?” le chiese non appena se la vide arrivare davanti.

“Non lo so, devo ancora decidere.” sorrise lei ironica. Nonostante Arya fosse diventata una regina, c'era sempre quella confidenza innata tra i due. “Gendry, ti devo parlare.” si avvicinò ancora, osservandolo impegnarsi con la sua spada. “Questa sarà una battaglia fasulla, non è necessario che tu combatta.”

Gendy sorrise. “Ancora con questa storia. Prima mi chiedi di rimanere a Grande Inverno con Sansa, ora non vuoi che io combatta. A cosa devo tutta questa tua preoccupazione nei miei confronti?” Posò la spada e la invitò ad entrare nella tenda. “Vieni, dentro fa più caldo che qua fuori, per parlare.”

“Io non ho freddo.” replicò Arya, ed era vero, sembrava che orami le temperature gelide non la influenzassero più. Sulla pelle sentiva sempre una strana sensazione di tepore che non apparteneva al clima invernale, ma senza insistere ancora lo seguì dentro. “La mia preoccupazione è più rivolta a mia sorella, che a te.”

Il braciere acceso all'interno emanava calore e luce rossa, illuminandogli il viso barbuto. Fuori la neve e il vento, si abbattevano violentemente nel piccolo alloggio, muovendo pericolosamente la sua struttura.

“Sansa sa benissimo quale sia il mio dovere. Devo combattere per proteggere lei e la gente del Nord.”

“Sansa è sola, e la nostra famiglia non è estranea alle tragedie. Finirai per farle del male.” insisté Arya severa, ma il suo amico sembrava sordo davanti a quella dimostrazione di premura. Le si avvicinò con un sorriso dolce che non gli era appartenuto spesso.

“Non morirò, se è questo ciò che ti da tormento.” le appoggiò una mano sulla spalla osservandola, ma lei rimase fredda e austera, fissandolo sicura. “Non fare promesse che non puoi mantenere. Valar Morghulis, tutti gli uomini devono morire.”

“Io non morirò Arya, non oggi.”

 

 

La tormenta di neve diede finalmente una piccola tregua, e proprio in quel momento si schierarono le truppe ai bordi della radura, dove dalla parte opposta si trovava l'esercito dei Targaryen. Dalla loro posizione si vedevano chiaramente i colori cangianti dei Dorniani e le divise nere degli immacolati. Non resisteranno a questo freddo, non lo sopporteranno. Quello che sperava è che il gelo li rallentasse e che la sua impresa si compisse il più presto possibile.

“Non riesco a vedere il drago.” Gendry le venne accanto con il cavallo, scrutando il cielo. Un drago è come un metalupo, altrettanto selvaggio e indomito, sarebbe intervenuto nella battaglia se e quando gli sarebbe sembrato opportuno e necessario. Spettro invece era lì accanto a lei. Lo ringraziava sempre mentalmente per la sua costante presenza in quei momenti, avrebbe avuto bisogno di lui, perché lei cacciasse indisturbata la sua preda.

“Mia signora, l'esercito nemico sta schierando le sue file, attendiamo un vostro ordine.” Lord Mormont, con quella pelliccia grossa e marrone, era uno dei comandanti scelti per guidare l'assalto quel giorno.

“Avanzeremo non appena vedremo il re Aegon apparire.”

Dopo la sfida che gli aveva presuntuosamente lanciato, era certa che non si sarebbe tirato indietro. Alla fine era un Targaryen, ed era un uomo, non avrebbe lasciato correre un'umiliazione così plateale da parte di una donna.

Sembrarono attimi interminabili. Dei leggeri e solitari fiocchi di neve continuavano a cadere nei suoi capelli castani sciogliendocisi sopra, mentre qualcun altro le cadeva in viso accarezzandolo dolcemente.

Tra le fila del suo esiguo esercito non c'era rumore o voce, erano tutti concentrati ad osservare lo schieramento davanti al loro, quello dei nemici. Avevano tutti il brutto presentimento e una paura celata, che da un momento all'altro potesse giungere in soccorso dei sovrani il grande drago nero. La loro regina era però stata molto chiara, nessuno doveva ritirarsi fino a quando non lo avesse ordinato lei. Chiedeva forse troppo a quegli uomini, sfidare un nemico della stessa specie era facile e alla portata di tutti, ma cercare di rimanere calmi di fronte ad una maestosa e terrificante creatura, era caratteristica di pochi e richiedeva un'immensa forza d'animo.

La quiete apparente prima della battaglia svanì non appena dinanzi all'esercito del nemico, il re prese posizione. Bene così, sapevo non avrebbe rinunciato a combattere.

Fu solo allora che la regina diede il segnale e le sue truppe avanzarono, spronando con forza i cavalli. Si lanciarono veloci, scontrandosi con l'esercito dorniano e non passò molto perché si creasse una battaglia pressoché uniforme in tutti gli angoli di quella radura, in cui gli uomini in lotta si confondevano tra di loro.

Come Arya aveva sperato, i nemici erano lenti, infreddoliti dalle gelide temperature. Cadevano sotto le armi del Nord con incredibile facilità, nonostante fossero di numero nettamente superiore.

La regina si impegnò a muoversi più in fretta possibile tra quella folla, cercando con lo sguardo la chioma argentea del re Targaryen. Era facile distrarsi, lì al centro del tumulto, e le capitò più volte di essere salvata in tempo dal pronto agguato del metalupo albino, che saltava mordendo e lacerando la carne dei suoi aggressori. Il manto bianco del suo compagno fedele si tinse presto di rosso porpora, sempre più scuro ad ogni attacco che compiva.

Doveva sbrigarsi, i suoi uomini, sebbene fossero avvantaggiati dal clima, sarebbero divenuti facile preda del drago se mai avesse deciso di presentarsi in battaglia.

Poi finalmente lo vide, Aegon Targaryen. La sua figura corpulenta si muoveva veloce, abbattendo i suoi uomini con una destrezza innata. Si avvicinò a lui correndo tra i cadaveri, la neve macchiata di sangue e di fango raggiungendolo.

“La Regina del Nord, pensavo non vi faceste viva per paura di sfidarmi.” l'attaccò con un colpo potente, e il clangore dell'acciaio di Valyria vibrò nell'aria appena bloccò la spada del re.

“Voi invece mi avete sorpreso, avete avuto il coraggio di rispondere ad un'offesa, anche se lanciata da una donna.” contrattaccò cercando in tutti i modi di disarmarlo. Era forte, veloce e molto abile. Riuscì a scansare la maggior parte dei fendenti e la colpì duramente più volte.

L'impresa parve essere più difficile del previsto e Arya sentì piano piano la stanchezza assalirla, ma cercò con tutte le sue forze e la sua furia di resistere. Aegon invece sembrava stesse combattendo con la stessa energia dell'inizio della battaglia. Lei non poteva cedere, e non se lo sarebbe permesso, era stata addestrata per anni a resistere alla fatica di una lotta, anche contro avversari più forti di lei, perciò non avrebbe abbandonato tutto quello che le era stato insegnato proprio in quel momento. Con un urlo feroce scansò la spada di Aegon Targaryen e con un colpo diretto, riuscì a ferirlo sul fianco scoperto.

Il re indietreggiò di qualche metro sconcertato, posando una mano nel punto sanguinante e impalato fissò il suo palmo tingersi di rosso. Fu come se non si rendesse conto della battaglia che stava ancora perseverando intorno a loro.

Arya pensò di approfittarne, non solo per riprendere fiato, ma anche per cercare di colpirlo con l'elsa della spada in testa. Lo avrebbe tramortito, così avrebbe potuto catturarlo facilmente.

Si avvicinò alzando Giuramento, puntando l'impugnatura contro il re, che ancora incredulo fissava il suo stesso sangue, quando con la coda dell'occhio vide arrivarsi addosso una freccia, diretta alla sua faccia. Riuscì a scansare il volto appena in tempo ma una tagliente sensazione di bruciore emerse dalla sua guancia sinistra. L'avevano sfiorata ma tanto era bastato per ferirla. Si voltò in cerca del suo aggressore, colui che si era intromesso impedendole di porre fine alla sua caccia.

Aerys Targaryen se ne stava lì in piedi, poco distante, con il sorriso compiaciuto e il suo arco in mano.

Cercando di ignorare la rabbia che le stava crescendo dentro tornò a concentrarsi sul re, ma quest'ultimo preso dal panico e dal dolore della ferita che gli aveva provocato, si stava ritirando di corsa verso l'accampamento. “Vigliacco!” le urlò dietro ma lui sembrò essere ormai immune alle sue offese e scomparve tra la massa di uomini in combattimento.

Follia. Era il sentimento che prese possesso della sua ragione, mentre stringendo forte l'impugnatura di Giuramento, raggiunse il principe. Aveva ancora il sorriso spocchioso, ma quando la vide arrivare con quei suoi occhi furiosi, si preparò con la spada, parando a malapena un colpo che poteva essergli fatale.

Non era forte quanto suo fratello, ma aveva un'agilità sorprendente e nonostante la furia con cui infieriva Arya, lui riusciva a scansare e difendersi facilmente.

Lei urlò per gli sforzi, per la rabbia, grida che si confusero con il clamore circostante. Con l'espressione di un demone degli incubi, si sfogava contro Aerys, ma lui sembrava non esserne intimorito, riuscendo a mantenere quel suo viso duro e freddo.

Distratta ormai dalla sua voglia di rivalsa e di vendetta, non vide arrivarle un colpo inaspettato dall'alto. Per fortuna i suoi riflessi le permisero di pararlo, ma a fatica. Scivolò rovinosamente nella neve e nel fango, perdendo la spada e si ritrovò a pensare che no, non poteva finire così per lei, non per mano sua, non in quella battaglia fasulla.

Cercò mentalmente di concentrarsi per un disperato e ultimo aiuto, mentre il principe Targaryen riprese a sorridere soddisfatto.

“È davvero un peccato...” le disse levando la spada verso di lei con il braccio destro teso.

La fissò negli occhi, e lo vide pronto con la sua ferma convinzione. Poi come aveva sperato e pregato, il metalupo albino spuntò all'improvviso dalla massa di uomini saltandogli addosso. Arya rimase ferma in terra osservando Spettro e il principe agitarsi nella fanghiglia. Aerys urlava, cercando disperatamente di afferrare la spada, ma l'animale lo morse voracemente al braccio ferendolo gravemente. Emise un gridò così agghiacciante di dolore, che lei pensò glielo avesse staccato.

“Spettro, basta!” lo richiamò. Non doveva ucciderlo, non sarebbe servito a niente da morto. La bestia bianca si scansò da sopra l'uomo che oramai faticava a rimettersi in piedi. Lo guardò abbandonarsi, le sue energie svanirono lentamente, sciogliendo i muscoli in tensione. Si accasciò a terra, svenendo, con gli occhi chiusi e quel braccio che sanguinava copiosamente.

 

 

“Quello non è il re”. Commentò Ditocorto non appena portarono il corpo svenuto del principe all'interno del loro insediamento.

“Davvero molto perspicace Baelish.” Arya aveva ordinato la ritirata immediatamente dopo la cattura di Aerys. Molti uomini erano morti, e per cosa? Quello non era un drago abbastanza grande per poter pretendere degli accordi.

Lo portarono subito dal guaritore del campo, il braccio non gli si era staccato come aveva pensato, ma presentava solo dei solchi profondi e neri, lasciati dalle affilate zanne di Spettro.

Dorheos, il maestro di Lys, esperto in arti curative la raggiunse velocemente, dopo essere stato avvertito. “Siete ferita mia signora.” guardò la sua guancia sanguinante, avvicinandosi preoccupato. “È solo un taglio, occupatevi del prigioniero.”

Gli ordinò di guarirlo e di rimetterlo in forze, non doveva morire. Lo osservò mentre medicava la ferita con unguenti e liquidi dagli odori sgradevoli, accostandosi alla branda dove Aerys ancora se ne stava incosciente. “Non morirà. È una ferita profonda e ha perso molto sangue, ma ho visto di peggio.” la rassicurò Dorheos.

Fissò quel volto dagli occhi chiusi, che non le apparve rilassato, c'era un velo di dolore che teneva in tensione i muscoli. La bocca si aprì, sussurrando qualcosa, Arya si avvicinò ancora per capire cosa stesse cercando di dire in quello stato catatonico, ma appena gli fu davanti spalancò gli occhi.

Non parlò, non emise alcun suono, mentre Dorheos, continuava a pulirgli la ferita al braccio, ma concentrò il suo sguardo su quello della ragazza. Era in collera e si vedeva, se avesse potuto emanare frecce da quelle sue pupille sarebbero state tutte dirette alla sua testa.

Arya si stupì quando vide in quelle iridi qualcosa che non aveva notato prima, non essendogli mai stata così vicino come in quel momento. Delle sfumature violacee si intersecavano tra gli spazi blu e profondi di quegli occhi. Un piccolo ed impercettibile seme Targaryen.

“Non otterrete mai la resa da parte nostra” le disse finalmente con il tono sdegnoso, ma impastato dalla fatica.

Lei sorrise melliflua a quelle parole. “Allora, sarà davvero un peccato...”

 

 

Ad Aegon e Daenerys Targaryen:

Forse vi sarete accorti di come alla fine della battaglia, mancasse qualcosa di prezioso e inestimabile. Se ci tenete ad avere nella vostra causa ancora tre teste di drago, vi consiglio vivamente di accettare il nostro accordo di pace e di alleanza.Vi assicuro che il principe avrà tutte le cure e le premure necessarie nel suo periodo qui tra noi. Sebbene ogni tentativo di salvataggio, o di attacco al nostro insediamento, sarà considerato come un netto rifiuto alle nostre richieste, e vi assicuro che il soggiorno del nostro ospite diventerà alquanto breve e spiacevole. Confido nella vostra totale saggezza nel considerare come valide queste parole, non solo vane e mere minacce.

Arya Stark, Regina e Protettrice del Nord.

 

 

 

**Note dell'autrice: Eccomi finalmente! Sono riuscita a trovare un momento di respiro e ho pensato bene di pubblicare questo capitolo. Le cose per Arya non si fanno facili, e certamente nemmeno la situazione di Aerys è una delle migliori, chissà come riusciranno ad arrivare a un accordo :D

Spero di riuscire a scrivere presto anche il prossimo capitolo. (POV Aerys ^^)

Ringraziamenti: grazie a barbaramente che ha iniziato a seguire la storia!

Grazie per le recensioni sempre così ricche di opinioni e di spunti ^^

Alla prossima!!

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Capitolo 20
*** Prigionia ***


La cella era buia e stretta, sapeva di umidità, di muschio e di fango. La fredda aria invernale penetrava attraverso le pareti nere di sporco e fuliggine. La poca luce che c'era proveniva dalla finestrella a più di due metri di altezza dal suolo, a cui lui non poteva arrivare per osservare l'esterno. Poteva ammirare tutti i giorni lo stesso cielo bianco, fiocchi di neve che cadevano prima fitti, poi dolcemente, alcuni attraversavano le sbarre e ricadevano all'interno, su quel logoro pavimento. Il tempo non sembrava passare mai, e le giornate si susseguivano tutte uguali, senza un cambio nella routine. La mattina, il periodo in cui si svegliava dal suo ammasso di paglia, si sentiva intirizzito come se un'intera cavalleria gli fosse passata sopra pestandolo a morte. I suoi muscoli erano deboli e a fatica riusciva a rimettersi in piedi. 

Prima dell'arrivo del cibo, si svuotava dei suoi bisogni in un secchio che magnanimamente gli era stato concesso. Poi passi e luce di fuoco da una torcia si avvicinavano alla cella. Un uomo, dalla fisionomia insignificante e dalle caratteristiche indifferenti per lui, gli lasciava una scodella con del pane e della zuppa, anche una brocca d'acqua che riponeva poi nelle vicinanze dell'ingresso e scompariva, senza rivolgergli la benchè minima parola, così com'era arrivato.

Le pietanze erano insapori e orrende all'odore ma non aveva altra scelta per ottenere energie e forze, doveva mangiare. Riusciva a prendere il cibo solo con la mano sinistra, non era riuscito ancora a riprendere del tutto la sensibilità sulla destra. La ferita era la sua compagnia più sgradevole. Gli bruciava di continuo, come un tizzone sempre acceso. Sentiva ancora quelle zanne affilate penetrargli la carne e colpirgli l'osso in profondità. Vedeva le sue bende diventare sempre più rosse e porpora ad ogni movimento che cercava di fare. Ma anche quello era un'agonia, se stringeva la mano, sentiva dei coltelli attraversargli i muscoli.

Dorheos il maestro guaritore, veniva un giorno sì e un no a cambiargli le fasce e a medicargli le ferite. Ogni volta che levava le bende lo spettacolo non sembrava migliorare. I buchi erano stati ricuciti, ma si presentavano sempre neri gonfi e i punti cedevano di tanto in tanto. L'uomo lo rassicurava che di lì a qualche settimana quell'orrenda immagine sarebbe scomparsa e il braccio avrebbe ripreso il suo colorito normale, allora avrebbe potuto riprendere la sua sensibilità. Ma Aerys era scettico, anche se cercava di non pensare all'idea di una possibile amputazione che aleggiava nel volto del suo guaritore.

Quando andava a dormire il suo primo pensiero erano quegli occhi rossi, del metalupo albino che lo fissavano nel buio. Poi l'immagine della sua mente sbiadiva e prima di cedere al sonno, rivedeva quello sguardo grigio della ragazza Stark.

Ancora non era venuta a controllarlo, né si era preoccupata di fargli sapere come procedeva la sua trattativa con suo fratello e Daenerys.

Era stato uno sciocco a pensare di salvare Aegon, e ora ne pagava le conseguenze. Se magari Arya Stark lo avesse ucciso, suo fratello si sarebbe sicuramente liberato di un peso. Era talmente accecato dalla sua pretesa al trono che chi mai fosse rimasto indietro per lui, sarebbe dovuto rimanere indietro. Aerys, era rimasto indietro, ed era sicuro che lì lo avrebbero lasciato, si augurava che i suoi giorni in quella cella passassero velocemente e che potesse giungere il momento della sua fine. In realtà tutto continuava ad essere immutato, lui che si svegliava dolorante, la ferita purulenta, il carceriere con il cibo e Dorheos il guaritore.

Guardando fuori dalla finestra, su verso il cielo plumbeo, il tempo si confondeva con la ragione.

Una mattina, non seppe dire se la settima o la quindicesima, sentì il lento procedere di passi leggeri e solitari. Non erano i rumori pesanti e ansanti dell'uomo che gli portava il cibo e gli svuotava il secchio con gli escrementi. La luce dalla torcia si fece sempre più vivida e presente, fino a che non si fermò davanti al portone della sua cella. Una figura snella e minuta entrò nella piccola stanza buia portando con sé una gelida ventata di aria.

“Speravo di vedervi presto. La vostra visita significa solo due cose, o siete venuta a fare il vostro dovere o avete delle notizie per me finalmente.” la sua voce uscì flebile e impastata.

Arya Stark si mostrò alla luce della finestra avvicinandolo di qualche passo. Aveva in viso la ferita oramai incrostata che gli aveva provocato con una freccia. La guardò bene, i capelli castani sciolti, le mani prive di guanti, i vestiti leggeri, non sembrava provasse freddo come tutti gli uomini di quella terra.

“Nessuno dei due motivi. Mi volevo solo assicurare di persona del vostro stato di salute.”

“Certo. Non vi hanno ancora risposto, non è così?” il silenzio che seguì a quella domanda gli fece capire che aveva azzeccato il punto. “Mio fratello non accetterà mai di arrendersi, nemmeno se in cambio potesse ottenere la mia vita. Sarete costretta ad uccidermi.”

“Costretta?” lo guardò severamente come se fosse stata punta dalle sue parole.

“Come Stark, avete l'onore dalla vostra e ciò vi impedisce di compiere azioni sbagliate.” le sorrise stirando le sue guance paralizzate dal freddo.

“Non voglio uccidervi, questo è vero. Ma è altrettanto vero che voi non siete nulla per me e condurvi alla morte sarà un atto necessario se la vostra famiglia si ostina nelle sue intenzioni.”

Un potente brivido lo attraversò ascoltandola pronunciare le sue parole, fredde, sincere. Non mentiva, non avrebbe avuto nessun problema a condannarlo, ciò gli avrebbe impedito di aggrapparsi ad un qualsiasi appiglio per salvarsi la pelle.

“Ma uccidendomi, non otterrete comunque nulla.” tentò. Il sorriso della ragazza si levò tagliente. “Ci sarà un Targaryen in meno a cui pensare.”

“Così toglierete di mezzo anche l'unico Targaryen che avrebbe acconsentito alla liberazione del Nord.” insistette, provando a convincerla in qualche modo, ma lei non sembrò smuoversi dalla sua freddezza.

“Non siete voi ad avere voce in capitolo sugli affari della vostra stessa famiglia, siete solo un principe.”

A quelle parole a fatica si levò in piedi a dimostrazione del suo orgoglio. Tentò di non barcollare, tanto le facevano male le gambe, gelide e tramortite dal pavimento umido. “La regina non ha ancora avuto un figlio. Dunque io sarò anche principe, ma legittimo erede al trono.” serrò la mascella in un morsa contrita, il volto duro, che ormai aveva perso il suo aspetto glabro, incorniciato da una folta barba.

La fissò negli occhi come aveva sempre fatto, con sfida e fierezza, ma la luce nello sguardo della ragazza era più forte, puro metallo che lo trafiggeva senza indugio.

“Avreste dovuto farvi da parte. Non eravate voi il mio obiettivo.”

“E lasciarvi uccidere mio fratello?”

“Non era la mia intenzione...” Lasciò le parole cadere nel vuoto e lui la guardò comprendendo adesso di essere stato la vittima della sua stessa impulsività.

Non avrebbe ucciso il Re, lo avrebbe preso prigioniero, come aveva fatto con lui. Tutto sarebbe stato più semplice, e le decisioni sarebbero ricadute su Daenerys, ma lui sapeva di aver una certa influenza sulla sua regina.

L'avrebbe facilmente convinta a dichiarare la resa, per ottenere in cambio la vita del suo sposo e l'alleanza del Nord, e forse si sarebbe sbrogliato da quel suo matrimonio combinato.

O forse chissà, avrebbe lasciato che le cose prendessero un'altra piega, cosicché suo fratello sarebbe stato ammazzato, e lui avrebbe preso sua zia, diventando re.

Eccole lì, le opportunità che avrebbe potuto sfruttare, una a una le vedeva svanire nella sua mente.

“Vedo che avete molto a cui pensare. Io ho delle faccende da sbrigare” commentò Arya, interrompendo il suo lungo silenzio. Riprese in mano la sua torcia e si avviò verso la porta della cella in fretta.

“Vi conviene parlare con Daenerys.” sibilò lui. Aveva intuito perfettamente quali faccende avrebbero occupato la ragazza Stark, e sorrise osservandola andare via.

 

Qualche giorno dopo, o almeno così parve a lui, il cielo incominciò a rischiararsi. Il muro bianco che aveva occupato il suo sguardo verso l'esterno lasciava lo spazio al colore azzurro del sereno. Pochi e timidi raggi di sole penetravano dalla sua finestra e lui fu lieto di mettersi con gli occhi chiusi lì sotto a riscaldarsi, perché sebbene la neve avesse cessato di cadere, le gelide ventate erano sempre presenti e l'umidità penetrava nelle sue ossa.

Dorheos continuava a fargli visita e nonostante non ci fossero miglioramenti ben visibili, riusciva comunque a sentire meno dolore, e meno bruciore. Il viola e il nero dei buchi ricuciti si erano attenuati e i punti non cedevano più con i movimenti.

Qualcosa era cambiato, non solo perché il suo braccio fosse sulla via della guarigione, ma anche per la qualità della sua vita lì.

Il cibo che gli lasciava il suo carceriere aveva un sapore diverso, meno liquefatto e più profumato. Una volta gli portò anche una grande tinozza con dell'acqua calda per lavarsi e un rasoio per rifarsi la barba.

“Dubito voi mi state abbellendo per il patibolo.” disse alla ragazza Stark. Era venuta appositamente per portargli degli abiti puliti da indossare.

“Non ne siate così certo, può darsi che vi renda più presentabile per un minimo di decenza comune.” rispose beffeggiandolo.

Lui però fu quasi sicuro che fossero solo parole al vento, e provocazioni di scherno. “La decenza non è di questo mondo, dovremmo forse rispettarla nel momento della morte?”

“Cambiatevi e lo scoprirete.” gli lanciò il vestiario e lo lasciò solo per permettergli di sistemarsi. Si muoveva sempre con fatica con unico braccio sano, ma cercò comunque di sbrigarsi per non dare a vedere di essere in difficoltà.

Appena finito bussò al portone per avvertire e due uomini armati lo scortarono all'esterno, ma solo dopo averlo ammanettato.

Per un attimo il pensiero della sua testa staccata dal corpo lo attraversò, ma si controllò per non cedere all'ovvio della situazione. Mi hanno legato per precauzione, tutto qui.

Fuori da quel fortino l'aria fresca e pulita, lo colpì dolcemente e lui ne respirò tutto il contenuto. Strizzò inizialmente gli occhi per riabituarsi ad una più ampia visuale del giorno. Quanto era stato in cella? Due settimane? Tre? Un mese? Non avrebbe davvero saputo dirlo. Davanti a lui Arya Stark sopra ad un cavallo lo attendeva con altri dieci uomini di scorta. “Ce la fate a cavalcare?” non era un tono di preoccupazione, ma più di scherno, accompagnato dalle risate dei suoi cavalieri.

“Potrei montare anche all'incontrario se questo servisse a portarmi il più lontano da quella cella.”

A fatica, ma senza impiegarci troppo prese posizione nel destriero che avevano scelto per lui. “Bene allora. Andiamo.”

Spronarono tutti i cavalli, la ragazza Stark gli stava accanto per controllarlo e altri uomini dietro a chiudere la fila.

La destinazione non era certa, ma sicuramente non l'avrebbe portato al patibolo.

 

 

**Note dell'autrice: Salve a tutti! POV Aerys: bene, come avevo già annunciato ci saranno ogni tanto dei capitoli di questo tipo, con il suo punto di vista. Almeno possiamo capire cosa gli passa per la testa.

Chissà che cosa avrà fatto Arya dopo essersene andata dalla cella...lo scoprirete nel prossimo capitolo :D

Grazie a Minerva6 per avermi inserito tra le seguite e Lungoartiglio per aver inserito la storia tra le preferite e seguite.

Come sempre ringrazio anche chi lascia una sua opinione, un consiglio, un aiuto. Questa storia non avrebbe senso senza delle persone con cui condividerla :D

un abbraccio, alla prossima settimana sicuramente ^^ Ps. scusate per il capitolo corto, ma a volte preferisco non mettere troppe scene insieme, si perderebbe un po' il senso di tutto.**

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Capitolo 21
*** Accordi ***


La sera, quella che sopraggiunge presto nelle prime ore del pomeriggio accorciando le giornate, era buia e silenziosa. In alto, il profondo nero del cielo stellato, un sereno privo di nuvole e di vento e una gelida aria statica che pungeva le parti scoperte degli uomini, per quelli che non erano abituati.

I Dorniani non sostavano piacevolmente al di fuori di quelle tende, calde, accoglienti, li notava correre da un posto ad un altro per non rimanere troppo sotto le morse gelate. Persino gli immacolati, che facevano da guardia ai sovrani, parevano non gradire quell'atmosfera fin troppo invernale, e li osservava muoversi tremolanti di tanto in tanto, sotto gli scossoni dei brividi.

Le luci nell'accampamento erano quasi tutte spente, non si sentivano rumori, né il parlare dei soldati. I suoi passi in quel silenzio, venivano attutiti dalla morbidezza della neve. Nessuno notò l'ombra scura che impercettibilmente si fece strada nel loro insediamento, non che ci fossero molti uomini in giro fuori nel freddo.

Arrivò alla tenda della regina Targaryen e da lì poté osservare due immacolati di guardia all'ingresso. Due sentinelle, due frecce. Veloci, una dopo l'altra, affinché quello ancora in vita non desse l'allarme e in un attimo, entrambi furono a terra.

Si affrettò a entrare con l'arco carico di un'altra freccia sentendo il grande calore dell'interno invaderla. La luce rossa di ben tre bracieri accesi e scoppiettanti le bruciarono la vista, tanto era forte la loro fiamma.

Daenerys era seduta su di una sedia a leggere, mentre l'ancella le stava acconciando i capelli, lunghi argentei. Appena la videro, la regina si alzò in piedi, e la ragazza indietreggiò.

“Non urlate, non date l'allarme, altrimenti uccido la madre dei draghi. Sono venuta qui solo per parlare.”

La donna Targaryen fece un cenno con la mano alla giovane fanciulla, che si allontanò dall'altra parte della tenda.

Daenerys la fulminò con i suoi occhi viola. “Avete molto coraggio per venire da sola nel covo dei draghi.”

“E voi ne avete altrettanto per lasciare il vostro principe nel covo dei lupi.” abbassò l'arco rimanendo distante per non intimorire troppo le due donne, almeno l'ancella, perché la regina argentea si sedette nuovamente, assumendo un atteggiamento ostentatamente rilassato e indifferente.

“Immaginavo che prima o poi l'impazienza nel non ricevere alcuna risposta, vi avrebbe portata a compiere qualche azione.”

“Un'azione atta a portare la pace tra le nostre casate.” rispose decisa.

“Pace. Non c'è mai stata tra i Targaryen e gli Stark. Perché dovrebbe esserci ora? Voi siete la figlia del cane dell'Usurpatore, un traditore che uccise mio fratello, e determinò la morte di mio padre. Perché mai dovrei allearmi con voi?” uno sguardo indaco scuro e tagliente la osservò risoluta. L'ancella ancora in silenzio, sembrò una statua con il fiato sospeso, attenta ad ogni mossa.

“Vostro padre, Aerys il re folle, vi ricordo che uccise mio nonno e mio zio, in modo atroce e inumano. Non so se ve l'hanno mai raccontata, la fine di Rickard e Brandon Stark. Ora secondo i precedenti della vostra famiglia, dovrei essere io stessa a non dovermi fidarvi di voi e uccidervi all'istante, come dovrei fare con vostro nipote, così da evitare al mondo la sofferenza nell'avere un altro sovrano pazzo.”

“Non biasimo le azioni di mio padre, era caduto nella paranoia e nella follia. Non intendo seguire la sua politica. Se lui era pazzo o meno, non significa che lo debba essere anche io.”

Arya sorrise melliflua alla regina a sedere. “Bene allora, siamo entrambe d'accordo che i precedenti della nostra famiglia non debbano influenzare l'argomento della nostra conversazione. Giusto?”

Daenerys la osservò in silenzio, un attimo in difficoltà con quelle premesse. “Sono d'accordo, cosa volete allora?”

“Ve l'ho detto, la pace, un'alleanza. Io vi appoggerei pienamente per la pretesa al trono di spade, a me non interessa affatto quel genere di potere che bramate tutti. In cambio, come patto, il Nord dovrà essere libero, fuori dai vostri domini.”

A quel punto la Regina si alzò avvicinandosi alla ragazza Stark. “Chiedete molto, e pretendete troppo. Io sono Deaenerys Targaryen, il sangue di drago. Io sono la regina dei sette regni, non sei, il loro dominio è mio per diritto di nascita. Ciò comprende anche il Nord.” studiò attentamente la sua espressione con il suo sguardo, ma Arya aveva un aspetto sereno e controllato.

“L'uomo o la donna che afferma, Io sono il Re, Io sono la Regina, non è né Re, né Regina.” Era stato Tyrion a insegnarglielo una volta divenuta sovrana del Nord. Gli aveva confidato che suo padre Tywin Lannister aveva rimproverato Joffrey con quelle stesse parole. Quanto avrebbe dato per essere stata presente in un momento del genere.

Un silenzio raggelante folgorò la donna Targaryen che fece qualche passo indietro con il volto furente e la bocca socchiusa. “Come osate...”

“Avete il diritto di nascita, questo ve lo concedo” La interruppe alzando una mano, ferma. “...ma avete anche la brutta abitudine di arrogarvi la nomina di regina in regni che non vi considerano tale.”

“Che cosa intendete?”

“Meereen, la città degli schiavisti. Avete già provato l'esperienza di dominare un luogo che non vi ha mai voluto come regina. Vi assicuro che sarà la stessa storia se ci proverete con il Nord.”

Il suo volto contrito ebbe l'espressione incerta, come se non sapesse più cosa rispondere. “Io ho liberato la baia degli schiavisti!” disse poi a denti stretti, come un cane che tenta disperatamente di tenere l'osso.

“Il Nord è già stato liberato, non ha bisogno di altri conquistatori.”

A quel punto la regina argentea aprì la bocca per parlare e per replicare nuovamente, ma Arya la interruppe ancora.

“Daenerys!” pronunciò il suo nome, tuonando con la voce, paralizzando l'ancella già in posizione statica e in ombra.

Le si avvicinò comprensiva lasciando cadere l'arco in terra. Non voleva più discutere, sapeva che prima o poi avrebbe capito anche lei.

“Il popolo e i Lords mi hanno scelta. Mi hanno dato il pesante compito di essere la loro Regina, e io mi impegnerò fino alla morte per proteggerli, difendendo i loro diritti. Non vogliono voi, non vogliono un Targaryen, perché il Nord è sempre stato fin dai tempi dei primi uomini, sotto la protezione di uno Stark.”

Daenerys la guardò con quelle iridi viola, meno collerica, più attenta. “Non vi arrenderete mai vero?” chiese la donna.

Arya riafferrò l'arco che aveva lasciato cadere tornando verso l'ingresso. La osservò per l'ultima volta.

“So che siete una donna più intelligente e saggia di quanto questa conversazione abbia dimostrato. Contro di noi e contro di loro. O con noi, contro di loro. Scegliete bene.”

 

 

Rilesse quella piccola lettera più volte come se le parole non le si fossero bene impresse in mente. Quella robusta e decisa calligrafia richiamava le fattezze del signore dei draghi. Un minuscolo foglio di carta, ma con un enorme peso sopra.

 

Ad Arya Stark.

Accettiamo l'accordo di alleanza. Riconsegnate il principe Aerys in condizioni buone di salute.

 Aegon Targaryen, sesto del suo nome e legittimo Re dei sette Regni.

 

Aveva definito se stesso ancora una volta “Re dei sette regni”. Arya lo sapeva che non sarebbe stata una battagli facile, il sovrano Targaryen non avrebbe ceduto alla sua pretesa su tutto il Westeros, ma a lei bastò questo per ora. Una pace con i Draghi, era già una buona cosa. Daenerys era riuscita ad intercedere sul re e a convincerlo a trovare una via d'accordo.

In un modo o nell'altro la vera sorpresa fu l'aver dato fiducia al principe. Era stato lui a consigliarle di andare a parlare direttamente con la regina. 

 Aerys, un uomo con cui non si era posta il problema se mettere o meno in discussione le sue parole. Si fidava di lui, innaturalmente, c'era qualcosa sotto quello sguardo che non l'avevano mai fatta dubitare. Eppure Arya non era una stupida, sapeva di dover tenere gli occhi ancora più aperti e le orecchie sempre diritte per captare ogni minimo passo falso.

Le condizioni di salute del principe, dopo quasi un mese di prigionia, non erano buone, ma potevano migliorare, per questo aspettò qualche giorno prima di riconsegnarlo. Ordinò al cuoco di preparare pasti più decenti, a Dorheos di visitarlo più spesso e con più cura e infine chiese che gli fosse concesso un bagno caldo. Molto più di quello che un normale prigioniero meriterebbe.

Quando gli portò degli abiti puliti lo vide ancora con quel suo viso privo di barba con i lineamenti duri e spigolosi.

Lo rilasciarono a pochi chilometri dal suo accampamento dove dei cavalieri di Dorne lo aspettavano per fare da scorta. Il re non c'era, come se non potesse presenziare ad una tale umiliazione. “Mio fratello non sarà affatto felice. Il prezzo per la mia liberazione è stato troppo alto.” commentò dopo essere arrivati sul luogo dell'incontro.

“Nessun prezzo sarà mai troppo alto per salvare la vita di mia sorella. Voi Targaryen, avete uno strano modo di rapportarvi con i vostri famigliari.”

Lui la osservò sorridendo, la sua pelle aveva ripreso un colorito più roseo dopo la cavalcata all'aria aperta. “Per questo voi vi chiamate Stark, e io no.”

Lo fissò in silenzio mentre i Dorniani si avvicinarono per riprendere in custodia il loro principe. “Ci vedremo ancora mia Regina del Nord” e se ne andò in difficoltà con il suo braccio dolorante, cavalcando veloce insieme alla sua scorta per allontanarsi il più possibile dagli uomini del Nord.

Però, prima che potesse scomparire dalla sua vista, lo vide rallentare per poi voltarsi ancora verso di lei, assumendo quello stesso sorriso ambiguo che gli mostrò a Braavos nel loro strano incontro, un sorriso a cui Arya stavolta rispose inconsapevolmente.

 

 

**Note dell'autrice:  E come ogni settimana ecco a voi il nuovo capitolo! scusate se sto rallentando con la pubblicazione ma devo assolutamente stare dietro allo studio c:

Qui finalmente scopriamo che Arya si è messa in testa di andare a parlare con Daenerys. Perchè noi tutti sappiamo che anche se è orgogliosa come mai, è l'unica tra i due Targaryen sovrani ad avere un briciolo di buon senso. Per fortuna! L'accordo si è raggiunto ma come previsto Aegon non sarà tanto malleabile...

Il prossimo capitolo sarà con un POV particolare, ma dovrete aspettare la prossima settimana come sempre ^^

Ringrazio onmelacholyhill per aver inserito la storia tra le ricordate e Spady96 per averla aggiunta tra le preferite!

Grazie come sempre a chi legge, recensori e non!

Ciao ciao, un abbraccio a tutti!! Ps. anche questo capitolo è piuttosto corto, mi scuso davvero, prometto che dal prossimo ci saranno più situazioni. Anche perchè con questo non potevo fare altrimenti essendo una chiusura a quello precedente. **

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Capitolo 22
*** Lady Chestwick ***


 

Petyr Baelish se ne stava seduto sempre al suo tavolo a leggere e scrivere tra le mille scartoffie provenienti da tutto il continente. Ogni pergamena possedeva un sigillo diverso, una casata diversa, per ogni relazione intrattenuta dal Lord di Harrenhal. Tra di quelle anche una lettera chiusa dal simbolo dei leoni. Scriveva e scriveva con il capo chino e sorrideva ogni tanto compiaciuto dalla sua stessa astuzia.

Il suo piano era stato semplice all'inizio, ma aveva richiesto delle modifiche e un enorme sforzo e pazienza.

Aveva sostenuto il ritorno degli Stark inviando contemporaneamente informazioni ai Lannister su ogni loro mossa. Se fossero riusciti ad uccidere le ultime due Stark lui avrebbe ottenuto il Nord, sotto il controllo del re Tommen.

Purtoppo avrebbe preferito agire diversamente sopratutto nei confronti di Sansa, se non si fosse sposata con quel bastardo a quest'ora l'avrebbe chiesta in moglie e sarebbe stato lui il Protettore del Nord. Ma ciò non era accaduto e per quanto bene volesse a quella donna così somigliante a Catelyn, non poteva dimenticare le sue ambizioni.

Poi alla fine si era intromessa anche sua sorella Arya. Come avevano fatto quegli stupidi Lords a sceglierla come loro regina? Era del tutto inappropriata, impulsiva, dura e poco malleabile. Non era stata mai incline al dialogo, non era semplice come parlare con Sansa. Ogni volta che aveva provato a rivolgerle la parola, lei lo aveva guardato con quel suo sguardo di ferro assassino con cui faticava a misurarsi. Pensava ogni giorno a come poterla eliminare da quel gioco del trono, ma ogni volta gli si presentava una difficoltà.

Arya non si fidava pressoché di nessuno, tranne che di sua sorella, di Gendry e di quel folletto che le gironzolava sempre intorno, quindi era impossibile fare affidamento su una sua distrazione.

Se avesse ordinato a uno dei suoi uomini di ucciderla come un sicario, avrebbe subito attirato tutte le attenzioni su di sé e il popolo del Nord lo avrebbe condannato e linciato per un simile atto abominevole.

Finalmente però con l'arrivo dei Targaryen e con la loro alleanza era riuscito a trovare una soluzione, tutto grazie all'ambizione del re. 

Sapeva, come sospettavano tutti, che Aegon Targaryen non avrebbe mai rinunciato alla presa sul regno del Nord. Per questo aveva pensato di poter contare sul suo odio nei confronti di Arya Stark per eliminarla del tutto dai giochi.

Era pronto per compiere le sue mosse, per manipolare il re. Avrebbe perso l'appoggio dei Lannister, questo era vero ma avrebbe ottenuto quello del futuro sovrano e in cambio avrebbe sempre governato il Nord in sua vece. Alla fine le sue macchinazioni gli avrebbero portato qualcosa di buono.

Scrisse un'ultima lettera prima di uscire da quella sua stanza indirizzata a Lady Chestwick. Era la signora che controllava uno dei possedimenti della valle, una delle zone più influenti e importanti per i mercati di Westeros, era anche stata scelta per accudire e istruire il Lord della Valle Robin Arryn, infine era anche una delle sue informatrici più fedeli in quanto tratteneva rapporti d'affari con più della metà del continente.

Aveva ricevuto qualche giorno prima un suo messaggio, doveva incontrarlo il prima possibile per parlargli di una cosa talmente urgente e pericolosa da non poter affidare le sue parole ad un corvo. Aveva deciso il loro luogo d'incontro e gli stava rispondendo prontamente, morso da dentro dalla curiosità per la notizia misteriosa.

 

Bussò alla stanza della Regina di Ghiaccio pronto a ricevere una delle sue occhiatacce maligne, ma quando dall'altra parte sentì solo la voce di Tyrion Lannister, si rilassò.

Il Folletto se ne stava seduto su di una poltrona intento a leggere un libro di importanti dimensioni.

“Stavo cercando nostra grazia” disse Baelish avvicinandosi al nano.

“Come puoi vedere con i tuoi stessi occhi, non è qui.” alzò leggermente lo sguardo dal libro con un sorrisetto e poi tornò a leggere senza dar peso alla sua presenza.

“E dov'è che posso trovarla?”

“Mi ha chiesto di dirti, se mai fossi venuto a cercarla, che non sono affari tuoi.” chiuse il libro e lo guardò compiaciuto.

“Peccato avevo delle informazioni importanti da confidarle, ma dato che non sono affari miei...” sorridendo ipocrita di rimando. “Ti culli con piacere tra le grazie della nostra regina, non è così Tyrion?”

“Non tutti hanno questo privilegio.”

“Oh, certo, la regina mi odia, questo non è un mistero. Ma cosa farai tu quando deciderà di sterminare la tua famiglia? Perché è evidente che te ne stai qui tranquillo a leggere sulla sua poltrona, senza minimamente preoccuparti del fatto che presto rimarrai l'ultimo Lannister in vita. Ucciderà tuo fratello, e persino i tuoi nipoti. Questo non suscita nessun risentimento in te?”

Ci fu un silenzio con gli sguardi sospesi tra i due, poi Tyrion fece una piccola smorfia, per scacciare chissà quale pensiero e pose delicatamente il libro sopra ad uno sgabello.

“La mia famiglia. La mia famiglia decise di condannarmi a morte, ma anche prima di questo fatto potevo contare sulla fiducia e l'amore di pochi componenti di essa. Poi dopo aver ucciso mio padre, non c'è stato più posto per me tra i Lannister. Io ho scelto la mia famiglia. Dieci anni fa, quando ho deciso di rimanere a Braavos con Arya e mai e poi mai quello che farà potrà deludermi, nemmeno se deciderà di sterminarli tutti.”

“Commuovente, ti sei affezionato troppo alla ragazza. Ma ricorda è pur sempre una Stark e si sa, nella sua famiglia chi ha cercato morte, ha ottenuto morte.”

“In questi anni, ho solo imparato che chi cerca di mettersi contro di lei, o chi le fa un torto, ottiene sempre ciò che si merita.”

Lo vide osservarlo con uno sguardo predittivo, chiaro segno che con quelle parole si stesse riferendo a lui. Un piccolo brivido gli percorse la mano sinistra e strinse il pugno per non darlo a vedere. Era solo una ragazzina, non c'era niente, per quanto gridasse forte per minacciarlo, che potesse fargli. Lui era ormai diventato uno dei Lord più importanti della valle. Se gli avesse fatto del male sarebbe stato un atto tutto a suo svantaggio, solo lei poteva rimetterci.

Solo che non era molto sicuro delle sue convinzioni, Arya aveva un carattere diverso da tutti gli altri Stark con cui si era misurato, era severa e decisa come suo padre, impulsiva come suo fratello e implacabile come sua madre, ma c'era dell'altro in quella ragazza che non era riuscito a decifrare. “Tutti a questo mondo meritiamo di essere puniti e tutti meritiamo di ottenere giustizia.”

Tyrion non rispose e lo osservò ancora mentre si voltò per andarsene.

“Buona lettura Tyrion, ci rivedremo.” parlò aprendo il pesante portone della stanza.

“Forse...” biascicò di risposta il folletto.

Petyr lo guardò severo. “Perdonami?”

“Oh niente. Buona giornata Baelish.”

 

Il paesino di Toll era quasi deserto. Con il gelo e la neve che preannunciavano un inverno più lungo del previsto molti di quegli uomini che era tornati alle loro case speranzosi dal profondo Sud, avevano fatto presto marcia indietro. Era un posto sicuro in cui ricevere la Lady Chestwick, pochi occhi indiscreti e nessun uomo della regina nei paraggi.

Da lontano vide arrivare la signora a piedi, da sola. Risultò una cosa abbastanza strana poiché conosceva la sua prudenza e sapeva che non sarebbe mai venuta senza una scorta di cavalieri personale, ma ritenne dopo un po' che anche quella fosse una precauzione per evitare voci inutili.

“Mia signora, ben arrivata nella terra dei fiumi.” l'accolse con uno dei suoi soliti sorrisi di circostanza e lei rispose con un altrettanto sorriso svelto, tirato da sottili labbra, circondate da solchi e rughe in una pelle bianca ma macchiata dalla vecchiaia. Sebbene fosse una donna ormai avanti con l'età era conosciuta in tutti e sette i regni per la sua tenacia e la sua astuzia negli affari.

“Lord Baelish, quanto tempo. Il gelo del Nord ti ha invecchiato.” commentò con voce roca e vibrante.

“Invece voi non sembrate cambiata di un giorno mia signora. Venite dobbiamo discutere di una questione abbastanza urgente.”

“Per te tutte le occasioni sono buone per parlare di cose che ti sembrano altamente importanti.”

Camminarono fino a una locanda. Non c'era nessuno dentro solo l'oste e una ragazza minuta e magrolina che spazzava il pavimento discretamente.

“Stiamo per attraversare uno dei momenti di crisi del regno più terribili di tutti i tempi. I lupi e draghi si sono alleati per fronteggiare l'esercito dei leoni e delle rose. I sette regni cadranno in una terribile guerra.” Cercò di spiegare alla sua signora con tono serio e greve.

“Ho sentito di questa sciagura. Presto ci sarà il caos ovunque e le terre saranno sconvolte da morti e da eserciti in combattimento. Dopo anni e anni di pace non posso immaginare una simile tragedia.” fece cenno all'oste di portarle del vino e poco dopo fu la ragazza minuta a servire i due signori. Li osservò con curiosità mentre versava il liquido rosso limpido in dei calici, ma quando Baelish la guardò storto subito si ritirò timorosa a spazzare di nuovo il pavimento.

“Un modo per fermare tutto questo c'è mia signora.” continuò a spiegare con voce più bassa. “La maniera migliore sarebbe favorire la guerra verso una delle casate.”

“Tu intendi i Lannister, Baelish, ma la casa Arryn non appoggerebbe mai simili persone.”

“No, non intendevo loro. Intendo una casata da poco risorta e che ha alleanze fino nel più profondo estremo del continente.”

Sorrise sottilmente alla sua interlocutrice che sgranò gli occhi afferrando quel concetto.

“E come pensi di fare? Gli Stark si sono appena alleati ai Targaryen. In che modo puoi favorire la loro ascesa e pretesa in tutti i sette regni.”

“Vedete, la Regina di Ghiaccio ha una notevole influenza sui Lords e il popolo del Nord, ma una volta tolta dai giochi, sarà più semplice per tutti.”

“Baelish, i Lannister hanno dalla loro un esercito di più di cinquantamila uomini. I Targaryen saranno delle formiche senza l'appoggio del Nord.”

“Ma mia signora, loro hanno un drago, e la valle degli Arryn sarà più che felice di concedere tutto l'aiuto necessario ai nuovi pretendenti. Voi avete un ascendete molto forte sul giovane Lord, se lo convincerete, magari entrambi potreste avere un posto d'onore nel nuovo concilio ristretto.”

Seguì un silenzio contemplativo, osservò la Lady anziana rimuginare bene sulle sue possibilità future. La sua casata non era mai stata una delle più importanti del continente e ora la vedeva pensare a quella nuova occasione di poter portare luce al suo nome.

“D'accordo Petyr Baelish, farò come mi stai chiedendo, ma la questione sulla eliminazione della ragazza Stark spetta solo a te. La nobile casa Arryn non vorrà avere niente a che fare con tutto questo.” strizzò i suoi occhietti neri slanciandosi piano verso il Lord “Anche se proprio sono curiosa di sapere come riuscirai a farlo.”

Baelish stirò di nuovo le sue labbra in un sorriso affilato. “Prima o poi tutti si distraggono, lo farà anche lei. Abbasserà la guardia e la sua muraglia di sicurezza verrà a meno. Sarà allora che agirò. Come e quando, non vi deve preoccupare, mia signora. Mi avevate detto in un messaggio che c'era una questione urgente di cui discutere. Di che si tratta?”

Lady Chestwick scrollò la testa. “Oh non è più importante adesso, le pedine hanno cambiato posizione nella scacchiera e non è più una cosa da riferire o da dire. Adesso se non vi dispiace vorrei tornare al più presto da Robin Arryn cosicché possa cominciare a tessere le nostre reti.”

Si alzarono entrambi lasciando delle monete per l'oste, ma prima di andarsene Baelish si avvicinò alla ragazzina minuta.

In silenzio la osservò attentamente, come se sotto quel volto potesse nascondersi qualcun altro, ma la timida giovane si ritirò piano piano lontano da lui, sentendosi molto in soggezione e a disagio. Aveva dei sospetti, gli era stato riferito da una delle sue spie, come Arya Stark fosse in grado di mutare il suo volto e di divenire qualcun altro. Che fosse quella ragazzina?

Lasciò perdere attirato all'esterno dall'impazienza di Lady Chestwick che aveva già ripreso la via del ritorno.

L'accompagnò verso il suo cavallo che aveva lasciato prudentemente poco lontano dalla locanda. “ Bene mia signora, ci rincontreremo sicuramente, fate buon viaggio.”

La Lady sorrise, annuendo. “Buona permanenza tra gli Stark.”

Baelish la osservò un'ultima volta poi fece per andarsene, ma una mano lo afferrò energicamente per il braccio. Si voltò velocemente giusto in tempo per vedere un lungo pugnale penetrargli in pieno petto. Una forza che non poteva appartenere all'anziana donna lo trascinò dentro una fitta boscaglia e lì lo scaraventò a terra. Ansimante e con un dolore profondo e bruciante che gli pervase il torace osservò la donna sorridere terrificante.

“Cosa...?” riuscì solo a dire in un fievole sospiro di voce.

La Lady gli si avvicinò e accovacciatasi accanto a lui gli sussurrò nell'orecchio con una voce nuova, giovane, una voce che già aveva sentito molte volte. “ Hai ragione Baelish, prima o poi tutti si distraggono, abbassano la loro muraglia di fiducia.”

La guardò tornare davanti ai suoi occhi e un gelo improvviso gli percorse tutto il corpo quando vide il volto dell'anziana signora scivolare via come una foglia trascinata da un fiume.

Arya Stark lo stava fissando con uno sguardo folle e demoniaco, degli occhi dall'antico sapore di odio e vendetta.

Non riuscì a pronunciare alcuna parola, tutta la sua forza d'animo, tutta la sua voglia di vivere e di ambizione svanirono non appena si rese conto di essere spacciato. La ragazza lupo afferrò la lunga daga ancora dentro il suo petto e la estrasse lentamente con gusto, provocandogli ancora più dolore. Gridò più forte che poté ma lì intorno parve non esserci nessuno.

“Questo è per mio padre.” disse Arya con voce profonda e ferma. Poi dall'alto vide arrivare la morte in pieno volto, fu l'unica cosa che notò prima di chiudere gli occhi per l'ultima volta.

 

**Note dell'autrice: Salve!! ho deciso di pubblicare velocemente questo capitolo perché sfortunatamente non potrò scrivere fino alla prossima settimana (causa studio :C)e quindi per non lasciarvi all'asciutto per ben 15 giorni ho deciso di darmi una mossa prima!

Il POV particolare che nessuno avrà intuito, è proprio quello di Petyr Baelish, qui lo salutiamo con caloroso abbraccio per sempre^^...Arya non poteva certo portarselo dietro ancora per molto, e in più non aveva dimenticato quello che aveva fatto lui a suo padre. È intervenuta appena in tempo per fermare ogni sua macchinazione- e menomale!!- altrimenti avrebbe dovuto far fronte ad altre mille difficoltà (come se ora non ne avesse abbastanza!)

Quindi con questa parentesi dalla storia principale, possiamo vedere come Arya riesca a mantenere sempre quel suo potere che per dieci anni gli hanno insegnato in quella setta degli uomini senza volto. Ma a differenza loro, lei può essere qualcun altro, rimanendo sempre Arya Stark. (per favore se avete visto l'episodio 6x07 non fate spoiler anche se l'ho già visto, rispetto per gli altri che leggono e lo devono ancora vedere!)

Le cose con questa storia si fanno sempre più complicate e mi sto scervallando per rendere più giustizia possibile a questa Fanfiction con un discreto seguito ormai, spero come sempre di non deludere le vostre aspettative perché in primis deluderei me stessa, essendo la mia prima storia pubblicata qui. Quindi come sempre se c'è qualcosa che vi preme dire, scrivete pure! Anche in messaggio privato se vi vergognate :D

Grazie a irongirl per aver inserito la storia tra le preferite e seguite!

Alla prossima settimana e oltre! Un abbraccio!**

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Capitolo 23
*** Il dono ***


“Allora, com'è andata?”

Tyrion passeggiava con Arya tra le fila dell'accampamento. Molti alfieri giocavano a cyvasse altri a carte, alcuni per ammazzare il tempo bevevano e mangiavano raccontando storie tra loro. C'era un gran chiasso, un'enorme massa di vita, e quando la vedevano passare, gridavano brindando in suo onore o semplicemente esclamavano “La Regina del Nord!”

Arya cortesemente sorrideva a tutti ascoltando Tyrion parlare.

“Cosa? La caccia?” chiese vagamente, distratta dai Lords che la chiamavano. “Molto bene, Spettro ha ucciso due cervi. Li ha squartati con i suoi artigli e ne ha divorato le interiora.”

“Non mi riferivo a quello.” insisté il piccolo Lannister.

“Io ho preso una preda più grossa. Se è questo quello che ti interessa.” gli sorrise e poi tornò a salutare gli uomini che incontrava.

“Dicono di aver visto Lady Chestwick con Petyr Baelish l'ultima volta ancora in vita. Strana cosa che la signora dei mercanti sia morta pochi giorni prima del loro incontro. Cosa ne pensi?” usò quel tono ironico che sapeva ad Arya desse fastidio, sopratutto in quelle occasioni, ma lei si limitò a rispondere con una voce priva di colore o di nessuno sentimento di dispiacere nei confronti del Lord di Harrenal.

“Penso che qualunque cosa sia mai successa, Ditocorto ha avuto quello che si meritava.”

Tyrion sospirò. “Dovrai mandare una lettera di condoglianze a tuo cugino Robin Arryn, dopotutto lo ha cresciuto come un padre. Poi dovrai scrivere a tua sorella. Anche lei ne sarà rammaricata. Teneva molto a quell'uomo che le salvò la vita.”

La sentì sbuffare e una nuvola bianca fuoriuscì dalla sua bocca. Il freddo ancora non aveva dato una tregua e l'atmosfera era più gelida che mai. “D'accordo. Lo farò.”

Arrivarono dopo la camminata dentro il fortino e all'interno il tepore delle mura riscaldò il corpo di Tyrion che si sentì frizzare di una strana sensazione di formicolio quando la circolazione incominciò di nuovo a fluire alle sue estremità.

“Ho un dono per te.” parlò mentre percorrevano il corridoio che conduceva alla saletta principale, dove la ragazza Stark teneva le riunioni di guerra. Lei rise nell'udire quelle parole. “Un dono? Non mi hai mai fatto regali in tutti questi anni, perché ora? È il mio compleanno?”

“Non lo so, lo è?”

Arya rispose scrollando le spalle e con una smorfia alla bocca. “Non lo so nemmeno io.”

“In ogni caso, un dono te l'ho fatto in tutti questi anni. La mia presenza non ti è forse risultata gradevole?” rise e si accomodarono al tavolo grande nel centro della sala. Un uomo snello e barbuto portò da bere a entrambi, due pinte di birra e un po' di stufato di maiale da mettere nello stomaco.

“Questa cosa la devo solo a tua sorella, dovrei forse ringraziarla?” chiese sardonica la ragazza.

“Come sei ingrata. Non meriti le mie storie né la mia arguzia.” scherzò sorridendo.

“Allora torna da tua sorella ad Approdo del Re, sono certa che lei gradirà molto di più la tua presenza. Specialmente la tua testa. Non anela altro da anni. Me la immagino passare la notte ad accarezzarla come fosse una bambola.”

Tyrion scrollò le spalle con un improvviso brivido. “Inquietante. Non avevo mai pensato di passare le notti con Cersei così come dici tu. Comunque bando alle chiacchiere. Messere!” chiamò l'uomo che li aveva serviti e lui arrivò con un bauletto in ferro quadrato e privo di ogni simbolo.

“Aprilo, è il tuo dono.”

Arya allungò le mani per avvicinare a sé il piccolo scrigno. Incuriosita dalla sorpresa, svelta con un colpo di dita sollevò il coperchio, che scricchiolando rivelò al suo interno una piccola meraviglia di maestria artigianale. Spalancò la bocca incredula di fronte a quell'oggetto.

“Questa è...”

“Una corona.” Concluse Tyrion per lei. “Ho letto molti libri con descrizioni al riguardo. Dovevo essere sicuro che il fabbro più abile fosse in grado di creare il modello originale della corona di un vero re del Nord. Prima che Torrhen Stark si inginocchiasse ad Aegon Targaryen, il Nord fu un regno indipendente governato da sovrani che indossarono questa stessa corona. Ora tu sei la regina, mi sembrava adatto fartene fare una. In ferro, niente gemme o pietre preziose come da tradizione.”

Arya rimase in silenzio contemplandola tra le mani. Era piuttosto pesante e solida, fatta di puro metallo splendente. Un anello contornato da spade irte e con davanti una testa di metalupo.

“Non ti piace?” chiese l'uomo vedendola senza parole.

“Non avevo bisogno di una corona.” Non era delusa, né amareggiata da quel dono, solo che lei non era fatta per queste ostentate dimostrazioni di potere.

“Forse tu no, ma il tuo popolo sì. Fra poco il Nord scenderà in battaglia e non per punire dei traditori ma per conquistarsi l'indipendenza e avrà bisogno di un simbolo, di te, come loro Regina.”

“Lo sono già, e una corona non fa di un uomo un sovrano.” ripose quel pesante e magnifico oggetto di ferro all'interno del bauletto.

“È vero, le corone non ti danno il potere, ma danno sicurezza a chi le guarda. Se indosserai quella corona, i tuoi Lords, i tuoi alfieri sapranno che tu sei e resterai con loro come loro Regina qualsiasi cosa accada. So che lo faresti anche senza...” la interruppe prima che potesse replicare. “Ma gli uomini devi capirli Arya, cercano simboli, cercano la fede. Quella corona darà loro queste cose.”

La ragazza lo guardò, poi osservò ancora quel dono così pesante, così importante. “La indosserò solo in battaglia, non ho voglia di portamela tutti i giorni.”

“Ti peserà comunque anche senza che tu la indossi.” Tyrion le sorrise compiaciuto e bevve un sorso prima di parlare di nuovo. “Ho un'altra cosa per te e stavolta non ti piacerà davvero.”

Lei lo guardò leggermente infastidita. “Ovvero?”

Prese un rotolo di pergamena dalle tasche e lo porse ad Arya ma prima che potesse leggerne il contenuto riconobbe il sigillo, un marchio nero con un drago a tre teste rosso.

“Aegon Targaryen ha mandato questo messaggio, mentre eri impegnata nella caccia.” Spiegò l'uomo nel frattempo che lei la srotolava.

“Vuole che tu mandi diecimila alfieri sotto il suo comando, in cambio manderà anche lui degli uomini.”

“Perchè?” domandò irritata.

“Avete stretto un'alleanza e vuole assicurarsi che tu rispetti l'accordo.”

Arya appallottolò quel pezzo di carta e lo lanciò furente dall'altra parte del tavolo. “È lui che dovrebbe rispettare l'accordo. Si fa chiamare ancora re dei sette regni!” respirò profondamente alzando gli occhi al cielo. “Ho letto i messaggi che Ditocorto scambiava con i Lannister. Devo ammettere che tuo zio Kevan sta facendo onore a tuo padre. Sta radunando un'armata di quasi centomila uomini sotto Zanna Dorata e io dovrei mandare diecimila uomini ad Aegon? Lui quanti ne manda? Non l'ha specificato. Siamo già in pochi così. Mentre lui sarà impegnato a mettere a ferro e fuoco l'ovest, noi dovremmo impegnarci a riconquistare le terre bagnate dal Tridente e Delta delle Acque. Ho bisogno di quegli uomini!” si alzò dal tavolo iniziando a bofonchiare tra di sé, imprecando come non l'aveva mai sentita fare, quasi ebbe timore di continuare a riferirle le notizie.

“Non è tutto....” intervenne cauto. Arya si voltò a guardarlo confusa. “C'è dell'altro?”

Tyrion annuì. “Gli uomini che manderà non saranno comandati da uno dei tuoi Lords.”

“Cosa? E da chi?”

Lui la guardò con l'espressione più significativa di tutte, la ragazza capì e sospirò rumorosamente pronunciando quel nome.

“Aerys Targaryen.”

“Già proprio lui.” fece Tyrion perplesso.

“Non ci credo, manda un principe a comandare nel mio esercito. Va bene, se ci tiene a farlo, che venga pure. Ma non invierò diecimila uomini a queste condizioni, ne avrà meno e Lord Mormont andrà con loro per guidarli in battaglia.”

“Tu tiri la coda al drago Arya.” l'ammonì con sguardo preoccupato.

“Loro non devono tirarla troppo al lupo se per questo.” i suoi occhi di ferro lo fissarono decisa e Tyrion capì che anche se avesse fatto di testa sua, non avrebbe mai potuto deludere le aspettative del Nord.

 

 

“Questa idea è una cretinata.” Gendry osservò l'armata di uomini scorrere davanti a loro diretta verso l'accampamento dei Targaryen. “Mandare via seimila uomini, e in cambio di cosa? Uomini di Dorne che non sono in grado di combattere con questo freddo.”

Arya accanto a lui guardò seria i suoi alfieri abbandonare il campo, controllati uno ad uno da Lord Mormont. “Hai maledettamente ragione, ma non ho avuto altra scelta.”

“Dovrai chiedere a tuo cugino Arryn di mandarti aiuti per la guerra.” suggerì lui.

“Ho già mandato un messaggio a Robin. Si impegnerà a mandare quanti più soldati possibili, ma so per certo che comunque non saranno abbastanza.” Arya era amareggiata da quella constatazione. Stava per iniziare una delle guerre più importanti e sanguinose del continente e non aveva abbastanza braccia armate per farlo. Poteva perdere, lo pensava sempre più costantemente, ma non avrebbe permesso che ciò potesse accadere. Avrebbe stretto i denti e insistito in onore della sua famiglia.

“Perchè non chiedi anche alle isole di ferro di mandarti uomini e navi?” continuò Gendry, ma al solo sentire quel consiglio Arya fu scossa da un fremito di rabbia. “Per me tutte le isole di ferro e i suoi abitanti possono bruciare negli inferi!”

I Greyjoy sono dei traditori, dei voltagabbana, mai fidarsi di loro. Prese a mente quelle sue parole e se le ripeté per imprimersele bene nella memoria.

“Potresti concedere loro il perdono in cambio di un intervento in guerra. Con gli ultimi avvenimenti di questi anni e con il tradimento di Theon sono stati isolati sia commercialmente che politicamente. Penso che siano abbastanza disperati da cedere a ogni tua richiesta.” insisté l'amico, ma lei scrollò il capo. “Theon Greyjoy, o chiunque sia quell'essere cane di Ramsay Bolton, non avrà mai il mio perdono, così vale per tutti gli altri uomini di ferro.” mostrò tutto il suo disprezzo con quelle parole e ripensò ancora allo sguardo acquoso che aveva Reek prima di lasciarlo andare supplicante. Avrei dovuto ucciderlo, non meritava la mia pietà.

“Yara Greyjoy controlla le isole di ferro, è signora degli uomini fedeli al Dio abissale. Dicono sia una donna estremamente coraggiosa e saggia. Pensaci bene.”

“Non ho bisogno di pensarci Gendry. Se ti fai fregare una volta, può darsi che tu abbia avuto una svista. Ma se ti fai fregare due volte, allora sei proprio un coglione.” Si scostò da lui, stufa di sentirlo vaneggiare su presunte e impossibile alleanze e si avvicinò a Mormont in sella al suo cavallo.

“Vostra maestà, quasi tutti gli alfieri sono in marcia, è tempo di salutarvi.” abbassò il capo e allungò una mano, Arya la strinse energicamente sorridendo fiera.

“Conto su di voi per far valere il Nord sull'ovest.”

“Non vi deluderò.” detto questo spronò il destriero e al galoppo raggiunse la cima dell'armata in cammino.


**Note dell'autrice: Ciao a tutti!! scusate davvero per la lunga attesa, sono stati giorni pesantissimi ma per fortuna è andato tutto bene e quindi per rilassarmi un po' mi sono rimessa a scrivere. 

Ci eravamo lasciati con la morte di Lord Petyr Baelish, pace all'anima sua, e con la nuova alleanza Targaryen-Stark. Aegon si rivela ogni volta più subdolo e sempre meno incline a lasciare che sia Arya a decidere delle sorti del suo regno, per questo dico sempre che non sarà affatto facile per lei da ora in poi. Era meglio tornare al Nord e lasciare i sette regni a loro, piuttosto che iniziare questa guerra che non lascerà certo ricordi piacevoli? Staremo a vedere...

Stiamo di nuovo rientrando nel vivo dell'azione, nonostante il capitolo corto. I Greyjoy per ora sono fuori gioco, a causa dell'orgoglio di Arya, ma chissà forse qualcun altro riuscirà a farla ragionare. 

Arriveranno battaglie, arriveranno morti, arriverà sangue, brace yourselves!

Grazie a tutti per recensioni e letture! c'è stato un calo delle visite negli ultimi capitoli, forse perchè essendo una long molto lontana dalla conclusione vi sta venendo un po' a noia? Fatemi sapere, cercherò di accorciare i tempi se questo vi potrà tranquillizzare. 

Grazie a Breathofthesea_22 per aver inserito la storia tra le seguite!

Valar Morghulis, alla prossima!!**

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Capitolo 24
*** Confronto ***


 

Cinquemila erano gli uomini che Aegon le aveva concesso e cinquemila dorniani si riversarono tra le tende dell'accampamento del Nord, portando un fiume colorato in mezzo ai tanti colori grigi.

Anche se fossero stati di più, quegli uomini le erano utili quanto un esercito di bambini infreddoliti, Gendry aveva ragione, non erano abituati a quel clima. Noi però dobbiamo andare a Sud. Ma sapeva con un certo presentimento, che ovunque andassero lei e il metalupo albino, sarebbe arrivata la morsa gelida del freddo con le sue nevicate implacabili.

Alla testa di quell'armata, Aerys Targaryen sempre con quel suo sguardo fiero e congelante. Notò come il braccio stesse molto meglio dall'ultima volta che l'aveva visto, riusciva ad afferrare bene le redini con entrambe le mani senza fare smorfie di dolore.

“La Regina di ghiaccio, di nuovo ci incontriamo. Per fortuna in circostanze più amichevoli.” le si avvicinò con quel suo sorriso subdolo che spesso si era vista mostrare. Spettro quando lo vide tutto baldanzoso e sicuro diretto verso Arya, si fece avanti mostrando silenziosamente le zanne. “Non sa che sono qui in veste di alleato?” domandò con uno sguardo attento al metalupo.

Lei gli accarezzò la testa grattandolo dietro a un orecchio e l'animale si calmò all'istante. “Lui sa solo quando qualcuno è pericoloso o meno. Non gli importa molto della distinzione alleato o nemico.”

“E secondo voi io sarei una persona pericolosa?” era molto più alto di lei, tanto che Arya dovette alzare il mento distendendo il collo per osservarlo meglio negli occhi. Aveva avuto anche modo di vedere in battaglia quanto fosse agile e veloce, più di lei, ma tutto ciò non la spaventava.

“Affatto.”

Gli alfieri del Nord passarono accanto a lui osservandolo torvi, incuriositi e diffidenti. Non a molti era andata a genio quell'alleanza e cosa aveva portato con sé.

“Perché vi chiamano così?” riprese ignorando quella troppa attenzione.

“Così, come?” fece lei confusa.

“La Regina di Ghiaccio. Me lo sono sempre chiesto.”

“Dovreste domandarlo a chi mi chiama così. Io non ne ho idea.” ribatté indifferente e cominciò a camminare tra quelle file dorate e arancioni studiando bene quei suoi nuovi compagni d'arme.

Molti avevano l'atteggiamento distaccato, altri quando lei passava davanti, mostravano un piccolo cenno di riverenza, quasi impercettibile.

“Il Folletto, è un soprannome ovvio a primo impatto.” insisté divertito il principe Targaryen.

“Lui odia quell'appellativo, eviterei di pronunciarlo davanti a lui, e davanti a me.”

“Beh, d'accordo, anche se lo trovo divertente.”

Lei lo fulminò con lo sguardo e di nuovo quel sorriso subdolo si mostrò stirando le labbra di Aerys.

“Devo forse dedurre dal vostro soprannome che avete un cuore di ghiaccio? O siete semplicemente una donna frigida, austera?”

Arya si fermò di colpo, parandosi davanti a lui. “Ho sentito dire che vi chiamano il Drago moro, ma a parte i vostro colore di capelli, non vedo draghi intorno a voi.” questa volta fu lei a sorridere, mentre lui divenne rigido.

“Non sono qui, ma non vuol dire che non ci siano.” scandì le parole molto lentamente e con una calma fredda.

“Sono a miglia e miglia di distanza, e anche se tornassero mai indietro, non sarebbero vostri. Il vostro re è molto avido.”

“Avrò ciò che mi spetta.” insisté lapidario.

“Non ne dubito.”

Il silenzio di marmo che seguì indicò la fine di quella discussione, e così si incamminarono entrambi al fortino, all'interno della stanza dei concili di guerra.

Lì tutti e quanti i Lords li attendevano per discutere della prossima battaglia. C'era anche Tyrion tra loro e vide posare ad Aerys lo sguardo su di lui, con le labbra che si delinearono nuovamente in un sorriso. Sta pensando a quella parola. Folletto.

“Vostra maestà stavamo per l'appunto parlando della situazione a Delta delle Acque.” la informò Lord Umber, una volta seduti entrambi, ai due capi opposti del tavolo. Nessuno aveva preferito lasciare un posto accanto a sé per il nuovo ospite così l'avevano obbligato a sedersi dall'altra parte, a capotavola, isolato.

“So per certa che Lord Clifford Lannister controlla ora quelle terre. Non è forse uno dei tuoi tanti cugini?” domandò Arya rivolgendosi a Tyrion.

“Una volta l'ho visto al concilio di guerra di mio padre, ma non mi sembrava un tipo molto sveglio.”

“Beh sveglio o no, ha sotto il suo comando alfieri e soldati inviategli direttamente da Lannisport e pattugliano costantemente le sponde del tridente.” intervenì Lord Deene.

“I miei uomini possono occuparsi delle armate lungo il fiume, mentre voi vi preoccuperete di riconquistare Delta delle Acque.”

Aerys parlò, con la sua voce affilata e lo sguardo fisso su di lei, il silenzio piombò di colpo.

“I miei Dorniani...” continuò in mezzo agli uomini improvvisamente taciturni. “ ..non sanno combattere con questo freddo, è vero, ma possono cavarsela egregiamente con le imboscate. Un compito per loro, un pensiero in meno per voi.”

Arya sospirò. “È deciso.” e tutti si voltarono attoniti su di lei. “Come? Vostra maestà...” cercò di intervenire Lord Umber ma lei lo bloccò con lo sguardo. “Questa riunione si è conclusa, vi prego di lasciarmi sola con il principe Aerys.” sentenziò decisa e gli altri non poterono fare a meno di obbedire. “Il concilio di guerra più breve a cui mi sia mai capitato di assistere.” commentò sarcastico Tyrion, l'unico che potesse permettersi battute di fronte a lei, ma Arya non rispose e lo osservò andare via.

Una volta soli, Aerys tornò a sorridere. “Desideravate tanto stare con me da mandare via tutti i Lords?”

“I vostri uomini...?” .

Il principe la guardò confuso.

“I vostri uomini? I vostri Dorniani?” ribatté di nuovo lenta e laconica.

“Sono comandati da me...”

“Ho inviato seimila uomini del Nord a vostro fratello e lui cosa fa? Mi insulta mandandomi in cambio soldati Dorniani con voi al loro comando. Se pensate però che siate voi a decidere per le loro sorti vi sbagliate. Fanno parte del mio esercito e sono io colei che deve comandarli.”

Arya era furiosa, cercando di parlare con il tono più controllato e fermo possibile le tremavano le mani.

“Quegli uomini sono stati affidati a me dal re!” insisté Aerys sferzante.

“Io non vedo nessun re, voi lo vedete? Io vedo solo una regina, e pretendo di essere rispettata. Voi sarete anche stato affidato al mio esercito con il ruolo di comandante, ma ogni vostra singola azione sarà decisa da me e a me dovrete riportare ogni vostra mossa.”

Fece una pausa osservandolo serrare la mascella e indurire il volto. La stava di nuovo fulminando con quei suoi occhi blu violacei.

“ Se non vi stanno bene queste condizioni, siete libero di ritornare dal vostro amato fratello.”

Aerys Targaryen si alzò in piedi battendo violentemente il palmo della mano del braccio sano sulla superficie del tavolo, producendo un rumore sordo e forte. “Come osate.” strinse i denti parlando dapprima con un tono di voce basso poi urlando furioso. “Come osate? Io sono il principe di casa Targaryen, non sono venuto qui a farmi insultare da una ragazzina presuntuosa come voi.”

“Badate a come vi rivolgete a me. La vostra precedente stanza potrebbe riottenere il suo caro occupante.” rispose calma riferendosi alla prigione umida e fredda che precedentemente aveva ospitato Aerys Targaryen. Lui sembrò impercettibilmente riacquistare la misura della sua voce. “ Siete brava con le parole. Ma se vi dovessi di nuovo sfidare in combattimento, non credo avrete la fortuna di essere salvata dal vostro metalupo.”

Si voltò per andarsene con l'andatura pesante e passi rumorosi, collerico e fumante.

“Io non credo invece che voi avreste il coraggio di tornare da vostro fratello.” lo fermò prima che potesse uscire. “ Avete troppa paura di risultare una delusione.”

Lo aveva capito, sapeva in fondo che essere secondogenito, gli era sempre sembrata una condanna, anche se lui era troppo orgoglioso per ammetterlo, e come se un'ombra gli fosse passata davanti, la sua espressione divenne malinconica.

“Non sono io tra noi due, quello pronto per deludere un intero regno.” e senza sorridere come sempre faceva lui alla fine di una sua frase provocatoria sparì da quella stanza, lasciandola in silenzio. Aveva ragione, l'aveva capita anche lui. Era lei quella ad aver paura di deludere tutto il regno. Si portò una mano tra i capelli toccandoseli nervosamente. Si era sfogata su Aerys, quando sapeva benissimo che la colpa di quella situazione non era la sua, ma solo di Aegon. Non è con lui che devo discutere, non è Aerys il mio nemico.

 

 

Attese il giorno dopo, per motivi di orgoglio, prima di presentarsi all'improvvisato campo di addestramento.

Lì Aerys Targaryen si allenava lanciando frecce contro bersagli mobili, nel mentre che soldati dorniani combattevano tra di loro con le braccia e il torso scoperto. “Lo fanno per cercare di abituarsi a questo gelo. Spero per loro che non muoiano prima della battaglia per assideramento.” commentò Gendry, osservandoli.

Il principe non sbagliava mai un colpo, riusciva sempre a prendere esattamente il centro dei suoi bersagli. Nonostante il suo braccio precedentemente ferito e straziato, non importava quanta distanza li separasse o a quale velocità le carrucole li facessero muovere, la sua mira era formidabile. Mai quanto la mia, io riesco a farlo anche con gli occhi bendati.

Si avvicinò lenta e furtiva alle spalle dell'uomo, cercando di non distrarlo. “Vorrei parlarvi.”gli disse, ma lui continuò a tirare frecce come se non l'avesse sentita. Arya gli andò più vicino usando un tono di voce più forte ma lui imperterrito la ignorò, così lei decise di parlargli comunque. “Mi dispiace per le parole che vi ho rivolto ieri. Vi chiedo perdono.”

A quel punto Aerys si bloccò e si voltò a guardarla. “Non mi aspettavo le vostre scuse.” fece con tono sorpreso.

“Non sono la donna così austera e fredda che pensate voi. Poi non è così che pensavo di comportarmi nei vostri confronti.”

Un uomo di Dorne accanto a loro cadde a terra a contatto con neve e ghiaccio, tremante e infreddolito. Un altro gli portò subito una coperta per poi trascinarlo dentro. “Come pensavate allora di comportarvi?”

“Più civilmente.” sorrise sperando di aver scoperto il cielo di collera che si era instaurato tra loro due e così dopo poco venne ricambiata. “Anche io.”

“Siete stato voi a convincere questi soldati ad allenarsi in queste condizioni estreme?” chiese guardandosi intorno.

“Certo, se vogliono sperare di sopravvivere tra l'esercito della Regina di ghiaccio devono abituarsi al gelo.”

Arya osservò quei toraci nudi impalliditi dal clima e tormentati dalle sferzate di vento.

“Accetterò le vostre scuse solo se risponderete a una mia domanda sinceramente.” la guardò serio e Arya annuì.

Lo vide sorridere con quella sua solita linea sottile tra le labbra. “ Cosa ci facevate a Braavos?”

La colse del tutto impreparata, ma d'altronde era più che inevitabile che un giorno glielo avrebbe chiesto, senza tanti giri di parole.

“Per lo stesso motivo per cui voi eravate lì. Sopravvivevo.”

Aerys sembrò apprezzare quelle parole, perché il suo sorriso si allargò ulteriormente e il suo sguardo si fece comprensivo.

“Avete la mia parola che tutto quello che ordinerò a questi uomini di fare, passerà prima sotto la vostra attenzione.” le promise e Arya si sentì stranamente sollevata.

“Grazie.”

Le venne così, spontaneamente, un grazie ad una cosa che fino al giorno prima avrebbe considerato un suo diritto. Ma ormai aveva capito, che quello che aveva davanti non era uno dei suoi Lord, né un suo amico. Era un principe Targaryen e la cautela sarebbe dovuta essere la sua prima arma.

 

**Note dell'autrice: Buongiorno (o buonasera se le leggete di sera) a tutti!! sono tornata presto questa volta perché il capitolo era già pronto, aveva solo bisogno di un'aggiustatina.

È un capitolo ricco di dialogo, come gli altri precedenti, anche io come forse qualcuno di voi adoro molto più gli introspettivi, e ce ne saranno ancora tranquilli. Già dal prossimo, titolo: Delta delle Acque.

Parlando del capitolo, Arya e Aerys hanno tra loro una naturale ostilità, come biasimarli, lei è offesa dalla sua presenza a causa di Aegon, per Aerys invece non sarà stato facile accettare questo compito di comandante in un esercito non “suo”.

Le cose sembrano migliorare però, vedremo come si comporteranno entrambi. Testardi, orgogliosi, ambiziosi.

Ringraziamenti: Grazie a fantasia, EmmelineFW, lamalinconiadiroberta per aver inserito la storia tra le seguite e lamalinconiadiroberta anche tra le preferite.

Grazie a tutti che leggete e recensite, mi ero fatta prendere un po' dallo sconforto, ma sono rinsavita ^^

p.s. capitolo corto anche questa volta, scusate davvero, mi farò perdonare con il prossimo :D

Alla prossima, buona lettura!!**

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Capitolo 25
*** Delta delle Acque ***


 

Quanta altra neve e quanto altro gelo potranno mai sopportare ancora. Pensò il principe osservando gli uomini Dorniani riversi in quel terreno duro nel loro riposo, tra un'imboscata e un'altra.

Si concedevano il tepore di piccoli fuocherelli accesi, a cui Aerys si convinceva di non sentire il bisogno di avvicinarcisi. Era il sangue di drago, lui aveva le fiamme che gli scorrevano lungo le vene, non aveva bisogno di riscaldarsi. O almeno questo era quello che credeva, perché i brividi del freddo gli percorrevano comunque la pelle facendogli scuotere i muscoli e di tanto in tanto senza dare troppo nell'occhio si avvicinava a quei fuochi accesi per riscaldarsi. Era così piacevole, il calore delle fiamme, e senza accorgersi della distanza che teneva tra le sue mani e il fuoco, gli capitava spesso di avvicinare troppo la pelle. Appena se ne rendeva conto, ritraeva subito la mano, non perché sentisse scottarsi la carne, ma per puro istinto. Poi si guardava i palmi e non c'erano segni di bruciature.

Era lui il sangue di drago, non suo fratello, ma potevano mai due fiammelle toccate con la mano provare che fosse effettivamente lui. Anche le septe spegnevano le candele con i polpastrelli delle dita senza scottarsi. Non voleva dire niente e lui non aveva avuto ancora il coraggio di provare a entrare in una pira infuocata come sua zia fece molto tempo prima.

Aerys era bravo a studiare le strategie ma non era un uomo coraggioso. Per questo aveva preferito mandare l'esercito del Nord ad assediare Delta delle Acque, mentre lui, dopo aver diviso i suoi soldati in squadroni, li inviava riversati lungo le sponde del tridente per eliminare qualsiasi uomo dai colori differenti dai loro.

I suoi uomini, di Arya Stark. Non i miei. Quella regina era molto più cocciuta e testarda di Daenerys, una ragazza impudente che si divertiva a massacrare i suoi nemici e chi le si parava davanti. Eppure, eppure c'era qualcosa. Lo vide quel giorno a Braavos attraverso quei suoi occhi grigio ferro, e lo vide ancora quando dall'altro capo del tavolo del concilio di guerra si era posta così duramente con lui. C'era forza, c'era fierezza, sostenute entrambe dalla paura di fallire. Se suo fratello o Daenerys avessero perso quella guerra non avrebbero deluso nessuno se non loro stessi. Ma Arya, la Regina di ghiaccio, aveva un popolo intero che contava su di lei, e il peso della memoria dei suoi familiari defunti. Se avesse fallito, avrebbe deluso tutti, prima di deludere se stessa.

Riusciva a vedere questo in lei, quella sua sottile malinconia e ardente voglia di rivalsa, la notò ancora una settimana prima, quando la osservò partire per l'assedio alla casa che era appartenuta alla famiglia Tully, quella di sua madre. La corona di ferro in capo, pesante e scomoda. L'armatura lucente, i capelli raccolti e il vento gelido che non la scuoteva minimamente.

Non prova freddo come tutti i comuni mortali. Ma era solo una supposizione, come lo era anche la sua idea di essere il sangue di drago.

La notte il suo braccio ardeva come se la ferita fosse ancora aperta, come se non si fosse rimarginata e non fosse del tutto guarita. Le fiamme scorrono dentro di me, nel mio sangue, ma lei ha il ghiaccio nelle vene ed esso brucia tanto quanto un fuoco vivo. Si ritrovava a pensare osservando quelle cicatrici strane e circolari.

 

Dopo sette giorni dalla partenza dell'esercito del Nord, ancora nessuna notizia da Delta delle Acque. Corvi però pieni di messaggi gli arrivavano direttamente da Lannisport. Suo fratello Aegon Targaryen era riuscito a mettere in fuga l'esercito dei leoni grazie ai Dorniani, agli uomini del Nord e al suo drago. Quei messaggi dicevano che Kevan Lannister aveva preso il grosso dei suoi alfieri e l'aveva ritirato più a Sud, verso Approdo del Re rinunciando così a proteggere ulteriormente l'ovest e a prepararsi per un assedio alla capitale. Così suo fratello era stato più abile di lui. Aerys a guidare le imboscate agli uomini Lannister, Aegon a vincere battaglie. Se fossero mai riusciti a prendere Approdo del Re sarebbe salito sul trono di spade e sarebbe stato ricoperto di gloria. Sono io il vero drago, dovrei esserci io al suo posto. Ma ripeterselo non migliorava il suo stato d'animo.

 

Una mattina, l'aria era statica, sempre con quella sfumatura frizzante e gelida, ma ferma e immobile. Tutto era stranamente silenzioso, tranne il fiume vivo gorgogliante, che scorreva proprio lì accanto a dove avevano fissato il loro campo base.

Ma c'era qualcosa nell'odore di quella mattina che non lo convinceva. Il solito olezzo che caratterizzava ogni esercito impegnato in una guerra, era sormontato da quello di qualcosa che bruciava in lontananza.

“Cadaveri mio principe. Li stanno bruciando giù a Delta delle Acque.” lo avvertì un suo soldato, appena tornato dal pattugliamento.

“Quale tipo di cadaveri?” chiese, ma fu sorpreso da se stesso quando sentì una sensazione di timore insinuarsi nella sua mente e in un lampo rivide per l'ultima volta gli occhi grigi della regina Stark che lo fissavano.

“Leoni, vostra maestà. Questa notte l'esercito degli Stark ha riconquistato i territori di Delta delle Acque.”

Sospirò impercettibilmente e poi si preparò per montare subito a cavallo. Ordinò a metà degli uomini di sgomberare il campo provvisorio, l'altra metà sarebbe rimasta a pattugliare le sponde del fiume e le foreste vicino, nel caso altri uomini Lannister si fossero fatti vivi.

Cavalcò più in fretta che poté quei chilometri sentendo aumentare quell'odore di carne bruciata accompagnato da del fumo nero e denso che si insinuava nell'atmosfera.

 

 

                                                                                                             * *

 

 

Quel fuoco alto e denso riscaldava l'aria e scioglieva la neve del terreno. Non aveva mai sentito odore tanto sgradevole, un puzzo di carne umana in fiamme che si era rivelato peggiore delle volte in cui a Braavos sentiva ardere dai residenti poveri o dai padroni delle locande più sudice, topi o gatti randagi. La loro puzza in confronto non era affatto male, ricordava più un arrosto di maiale, mentre quello che sentiva adesso era una tortura per l'olfatto.

Ma tutto quello era necessario.

Una settimana era servita per conquistare di nuovo i territori dei Tully. Gli uomini al servizio di Clifford Lannister erano numerosi e la presa del castello si era rivelata molto più difficile del previsto. Erano stati sette giorni di battaglie, di morti, di sangue, di urla, di dolore. Arya si sentiva sfinita, aveva perso validi uomini in combattimento, ma per fortuna Gendry e molti dei suoi Lords più fedeli erano ancora in vita.

Dopo due giorni dall'inizio di quell'assedio si era presentato un uomo anziano, dall'aspetto burbero e la tempra forte. Brynden Tully suo prozio, come lei si era nascosto per anni, solo che invece di varcare il mare stretto, si era limitato a vagare senza nome per le terre del Sud. Appena saputo del ritorno della sua pronipote si era fatto in quattro per raggiungerla in battaglia. Avrà avuto una settantina di anni, ma la capacità di combattere si era rivelata sorprendetemene intatta e non scalfita dall'età avanzata.

“Perché li bruciate?”

Erano lì a guardare quell'enorme pira dal fumo nero e alto, mentre i suoi alfieri gettavano continuamente dentro uno dopo l'altro i corpi degli uomini dei Lannister morti in battaglia.

“Non voglio che marciscano sotto la tomba di mia madre.” rispose sistemandosi meglio quella corona che ancora teneva in capo. Durante la battaglia, riusciva bene a muoversi, a controllare le sue frecce e la sua spada, quasi si scordava di possederla. Ma adesso terminato tutto, passata l'adrenalina di quei giorni, sentiva eccome quel peso sopra di lei. Gli alfieri e i soldati si erano montati di orgoglio quando l'avevano vista passare tra di loro con quel pesante oggetto di ferro, e questo ad Arya fece piacere, per lo meno il dono di Tyrion non era stato inutile.

“Ma il corpo di vostra madre non è qui.” fece notare il pesce nero, con rammarico. “Lo so, ma avrebbe dovuto esserci.”

Sua madre era morta, sgozzata dai Frey e dai Bolton, gettata senza un minimo di rispetto in un fiume, lasciata a gonfiare e putrefare nelle acque come una qualsiasi contadina.

“Così come vostro fratello avrebbe dovuto essere a Grande Inverno, insieme a vostro padre e ai vostri avi. Ma la vita non ci dona sempre le più gradevoli delle morti. Catelyn era mia nipote e Robb il mio re. Comprendo il vostro dolore.”

Il metalupo che aveva partecipato con lei a quella lunga battaglia si portò nelle loro vicinanze, aveva l'aspetto stanco ma sempre quella aurea fiera e misteriosa che lo aveva da sempre caratterizzato.

Brynden osservò Spettro avvicinarsi a loro due. Si guardarono quieti e il vecchio burbero ricambiò con un certo stupore. L'animale era cresciuto tanto negli anni, era diventato grande e alto, arrivando con la groppa a superare la vita di Arya Stark, e con la testa quasi poteva sfiorarle la fronte.

“L'ultimo metalupo che ho visto è stato quello di vostro fratello, ma questo è un esemplare magnifico.” allungò una mano cercando di accarezzarlo e Spettro non si mosse di un solo centimetro né mostrò di esserne infastidito, mentre Brynden Tully gli passava le dita delicatamente tra i peli della testa.

“Se siete d'accordo, rimarrete qui a comandare Delta delle Acque, così noi riprenderemo la via per il sud.”

“A sud? E cosa sperate di trovare?” chiese lo zio sorpreso e allo stesso tempo con il minimo tono di rimprovero.

“Lannister, la regina, il re, e molti altri che mi devono la loro vita.” Arya cercò di mantenersi tranquilla, ma quando parlava delle persone a cui doveva una visita da parte del Dio dei mille volti, la sua voce si incrinava in un timbro più cupo e duro.

“Uno Stark che va ad Approdo del Re non si è mai visto tornare. Siete sicura di voler rischiare anche voi? Vostro padre e vostro fratello avrebbero a questo punto rinunciato a mettere a ferro e fuoco il sud e avrebbero pensato a tornare a Grande inverno, per guidare la loro gente.” insisté più severamente.

“Io non sono mio padre, non sono mio fratello né mia madre. Io non posso seguire quelle che erano le loro idee, perché sono state quelle che li hanno portati alla fine. Marceremo verso Approdo del Re e voi starete qui a Delta delle Acque.”

Questa volta non fu una richiesta ma una chiara presa di comando nei confronti di Brynden Tully, che non poté fare a meno di inclinare la testa in un'espressione di rinuncia. “Ho sentito dire che vi siete alleata con i Targaryen, ci si può fidare di loro? Non mi sono mai piaciuti quei tipi con i capelli biondi e stoppacciosi come paglia, dagli occhi viola. Non mi sono mai sembrati degli essere umani. Poi sapete come si dice,  quando nasce un Targaryen gli dei lanciano una moneta e il mondo trattiene il fiato per vedere su quale faccia cadrà.”

Arya sospirò ed esattamente in quel preciso momento sentirono dietro di loro dei cavalli avanzare con velocità.

I colori dei Dorniani, ora macchiati dal fango e dal sangue si riversarono di fronte al castello di Delta delle Acque con in testa Aerys Targaryen.

“Speriamo che alla nascita di questo qui, sia uscita la faccia giusta.” fece lei ironicamente a Brynden Tully, ma lui sembrò non capire la battuta.

“Zio, vi presento Aerys della casa Targaryen.” lo introdusse nel mentre che l'uomo a cavallo si portò alle sue vicinanze.

“Regina Stark. Avete vinto la battaglia e riconquistato Delta delle Acque, vi faccio le mie congratulazioni.” scese dal suo destriero e guardò incuriosito l'anziano signore accanto a lei.

Abbiamo vinto la battaglia. È anche merito vostro se le truppe di Clifford non hanno ricevuto altro aiuto necessario.” pronunciò Arya richiamando la sua attenzione. “Quello che state osservando con tanta curiosità è mio zio Brynden della casa Tully. Detto anche il pesce nero.”

Suo zio lo guardò invece diffidente. “Non credevo di vedere ancora un Targaryen in carne ed ossa in vita mia. Voi siete diverso dal solito.”

Aerys sghignazzò a quell'affermazione. “Non è il colore di capelli che fa di me un Targaryen, Lord Tully.”

“Meglio così, non mi sono mai piaciuti quelli con la tinta strana.” ribattè suo zio. “Bene è stato interessante conoscervi. Ora se permettete vado a mettere qualcosa tra i denti. Con permesso vostra grazia.” fece un breve e impacciato inchino ad Arya e si allontanò da loro.

“Tipo singolare vostro zio.” constatò il principe.

“Non saprei dire. Lo conosco tanto quanto voi.” rispose ma Aerys fu distratto dall'enorme fuoco vicino a loro, come se ne fosse accorto solo in quel momento. Si accostò di poco a quella pira incandescente.

Starà forse pensando di poterlo attraversare senza bruciarsi. Pensò lei, e sperò per un momento che lo potesse fare, così che avrebbe assistito a quell'evento straordinario. Ma lui poco dopo aver osservato le fiamme tornò da Arya con il volto serio.

“Mio fratello è a Lannisport, fra non molto partiranno per Approdo del Re.”

“Lo so, ho ricevuto i corvi. Avremo bisogno della flotta di vostro suocero per l'assedio.”

Lui la guardò infastidito da quelle parole, cosa che colse Arya impreparata. “Non è mio suocero.”

“Il principe di Dorne, è il vostro futuro parente, chiamatelo come vi pare. La sua flotta ci serve comunque. Dovrete inviare al più presto un corvo per avvertirlo. Dovrà portare le sue navi a Sud della capitale.”

Aerys pensava ad altro, si vedeva, i suoi occhi blu-viola erano spenti, assenti fissanti il vuoto. “Mi state ascoltando?” lo scosse con una mano toccandolo impercettibilmente e fu allora che quello sguardo si ravvivò. La osservò fissa così intensamente che Arya credette che gli si potessero bruciare gli occhi a quel contatto visivo così insistente.

“È stata una settimana lunga per entrambi. Abbiamo bisogno di una tregua. Vai pure a riposare.” gli consigliò serafica.

“Certo hai ragione.” il principe Aerys gli sorrise dolcemente, non glielo aveva mai visto, quel tipo di sorriso. Poi si allontanò anche lui, come suo zio prima, dietro l'enorme pira in fiamme, e solo quando vide la sua figura alta e snella, sfocata e mossa dalla luce del fuoco che si rese conto che per la prima volta si erano dati del tu e che ad Arya quella cosa piaceva.

 

**Note dell'autrice: Buonsalve! Con questo caldo e la forza mentale di un'ameba vi lascio il venticinquesimo capitolo!

C'è un POV misto, prima quello di Aerys e poi quello di Arya e non sarà la prima volta che capiterà, magari succederà anche con altri personaggi. L'assedio a Delta delle acque l'ho voluto saltare e parlarne in maniera diversa (spero vi sia piaciuto questo particolare approccio), possiamo apprendere due cose: la prima è che Aegon è riuscito a vincere la battaglia a Lannisport e che tutto l'esercito Lannister si è ritirato. La seconda è che la flotta di Doran Martell si preparerà per scendere in battaglia. Qualcuno di voi penserà: “Ma ad Arya va sempre tutto bene!! è o non è il trono di spade?” Ecco, in effetti non vorrei aver insinuato in voi l'idea che sia una guerriera invincibile e intoccabile, vorrei infatti ricordarvi che si tratta di GOT, nessuno è mai realmente al sicuro...quindi staremo a vedere. ^^ Altro quesito che sorge: Aerys è o non è il vero sangue di Drago? Anche questo non ci è dato sapere per ora.

Spero che per chi sta affrontando la sessione estiva come me, stia andando tutto bene e spero che chi ha dovuto affrontare la maturità questa settimana abbia fatto scintille! Forza ragazzi!!

Alla prossima...se non mi sciolgo sopra la tastiera e se non mi si fonde il computer.**

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Capitolo 26
*** Calma ***


La cicatrice sulla guancia era leggermente spessa e lineare, così chiara che a malapena si distingueva in quella sua pelle già pallida e priva di colore. Toccandosela, la superficie risultò rugosa e ruvida, una piccola imperfezione sul suo volto. Eppure a lei non dispiaceva, non aveva mai curato il suo viso per vanità e quella linea diritta a metà tra lo zigomo e il resto della guancia le sembrava una traccia importante della sua battaglia. La faceva sentire più guerriera, più fiera di se stessa. Poi guardandola allo specchio non poteva non ripensare agli occhi eterei del principe Targaryen.

Che stupida. Si diceva quando ci pensava. Non aveva intenzione di vaneggiare sugli uomini come faceva sua sorella Sansa, anche se, doveva ammetterlo quello non era un uomo qualunque.

“Anche se Doran Martell portasse le sue navi a sud di Approdo del Re, devi tenere sempre conto che Tommen ha a disposizione una flotta ben fornita, grazie anche ai Tyrell.” Una considerazione che Tyrion non mancava mai di farle presente. Lei se ne stava in piedi vicino a uno specchio appeso alle mura della stanza principale di Delta delle Acque, scrutandosi in volto mentre lui al tavolo leggeva delle enormi carte che aveva recuperato nella biblioteca del castello.

“Tu dovresti essere esperto di assedi ad Approdo del Re. In più conosci la città e i suoi territori intorno meglio di chiunque altro.” distaccandosi dalla sua immagine si avvicinò al tavolo osservando le carte che aveva trafugato Tyrion. Mappe e descrizioni di tutti i possedimenti dei Tully erano riportati con disegni e annotazioni puntigliose. Una lettura noiosa perfino per lei, ma lui sembrava esserne più che mai interessato. “ Io ho difeso la città da un assedio, non sono certo la persona più adatta a cavarne fuori qualche piano di attacco.” alzando gli occhi per ribattere solo un istante.

“Ma conosci i punti deboli e le zone meno protette.” insisté Arya e a quel punto Tyrion la guardò seria e preoccupato.

“Potrebbero giocarci lo scherzetto dell'altofuoco. Mia sorella ha già ordinato una volta agli alchimisti la produzione di migliaia di ampolle di quella sostanza malefica. Se lo avesse fatto ancora, la flotta di Doran Martell sarebbe spacciata. Drago o no, via mare in quel caso avremmo poche possibilità, e non ci sono molte speranze di prendere la città attraverso le sue mura affacciate sulla terra ferma.”

La ragazza si gettò afflitta e pensierosa nella sedia poco distante dalla sua e iniziò a picchiettare nervosamente le dita nel tavolo di legno massiccio, lì dove un tempo si era seduto suo fratello Robb insieme a sua madre.

“I Lannister e i Tyrell, sono le due famiglie più forti e potenti del Westeros, hanno appoggio e soldi per permettersi una guerra come questa...” commentò mormorando, parlando più con se stessa che con Tyrion.

“Non mi sembra che tu e i Targaryen abbiate meno possibilità.”

Ma Arya stava continuando sempre a mormorare parlando tra sé e sé, non udendo una sola parola di conforto da parte sua.

“Se io muoio...non ci sarà più nessuna possibilità. Non ho eredi, e mia sorella non è certo in grado di vincere una guerra.”

Il mezz'uomo scosse la testa. “Non capisco, vuoi dirmi che ora intendi sposarti? E con chi?”

La regina improvvisamente si voltò verso di lui con lo sguardo deciso e serio. “Potrei sposare te. Sei l'unica persona che mi conosce meglio di chiunque altro, e sei anche l'unica di cui sopporti veramente la presenza.”

Una grossa risata uscì dalla bocca di Tyrion nel sentire quelle parole e Arya lo guardò quasi confusa. “Perchè ridi? Pensi sia una cosa divertente?”

“Lo è! Lo è!” rispose continuando a ridere tra una frase e l'altra. “È proprio perché ti conosco meglio di tutti che eviterò appositamente di accettare questa strana richiesta di matrimonio. Ti voglio bene ma...scordatelo.”

“Fottiti” Arya si alzò in piedi offesa, ma con un mezzo sorriso nelle labbra, mentre lui ancora si stava sbellicando dalle risate tenendosi la pancia.

 

Seduta sul prato innevato adiacente al fiume, osservava Spettro correre avanti e indietro nelle sponde di quel lungo e agitato specchio d'acqua.

Non l'aveva mai visto così attivo, ma probabilmente affamato dalla settimana trascorsa a combattere, aveva messo gli occhi sui bei pesci grossi che popolavano il Tridente.

Ripensava a quello che le aveva detto Tyrion, pensierosa e incantata. L'altofuoco avrebbe cambiato le regole del gioco, e loro avrebbero dovuto puntare tutta la loro forza verso l'attacco via terra. Non che non ci avesse già pensato lei, ma sperava che il suo amico non desse voce alla sua piccola ipotesi. Un drago poteva essere d'aiuto, ma più di centomila uomini avrebbero potuto ucciderlo con facilità, in fondo era pur sempre un animale. Devo davvero chiedere l'aiuto dei Greyjoy? Si pose questa domanda ma repentinamente scrollò il capo e si diede dell'imbecille per aver solo pensato una cosa simile.

Il metalupo d'improvviso si fermò e si voltò verso di lei osservando la persona che le stava arrivando alle spalle. Attento e fermo in una posizione che a tutti avrebbe fatto pensare a una fiera quieta e serena, ma Arya sapeva che era pronto ad attaccare. Sapeva già chi stesse arrivando, lo aveva percepito dai leggeri passi e dal particolare odore di menta che sprigionava. Fissò Spettro per cercare di calmarlo e lui dopo poco si convinse.

“Pensavo facesse troppo freddo per fare delle camminate all'aperto.”

Si alzò osservando il principe Targaryen raggiungerla sorridente. Le scrutò con espressione curiosa l'abbigliamento poco adatto a quel clima, il vestito privo di maniche e un leggero mantello intorno alle spalle. “La Regina di Ghiaccio non prova freddo. Non è così?” commentò quasi soddisfatto della sua constatazione.

“No. Il gelo non mi tange tanto quanto un fuoco non brucia un vero Drago.” la sincerità le uscì fuori spontanea e priva di sfumature.

“Lo immaginavo.”

Si guardarono divertiti, in un silenzio affatto imbarazzante, mentre Spettro riprese la sua caccia ai pesci del fiume ghiacciato.

“Ho mandato un corvo a Dorne, come mi avevi chiesto. Il principe Doran Martell metterà immediatamente la flotta a sud di Capo tempesta.” le riferì con accuratezza.

Arya annuì e lui continuò. “Mio fratello ha preso buona parte del suo esercito e vuole che ci uniamo a lui a Nord di Approdo del Re.”

Lei annuì di nuovo senza proferire molte parole a quelle affermazioni.

“La mia Regina di Ghiaccio è turbata. Non ti ho mai sentito così priva di opinione da quando ti ho incontrata. Perché?”

A quel punto Arya fu come illuminata da una luce tutta nuova. Sul suo volto riaffiorò la speranza della pace, della vittoria.

“I draghi...” sussurrò e stavolta fu Aerys a guardarla in silenzio e confuso. “Dove sono gli altri due draghi. Mi dicesti che molto probabilmente sarebbero tornati. Come fai ad esserne così sicuro?”

“Cosa c'entrano i draghi?” chiese ancora sopraffatto dallo stupore delle parole di Arya.

“Come fai ad esserne sicuro?” insisté decisa lei, come se non le importasse di sembrare scontrosa.

Lui scosse la testa incerto. “Daenerys me lo ripete sempre. Dice che Rhaegal, Viserion e Drogon sono fratelli, che lei è la loro madre e anche se hanno subito un torto, è sicura torneranno. Dice che i draghi riescono a comunicare tra di loro, anche se sono distanti, in più loro sentiranno i tumulti e le battaglie che si stanno fronteggiando qui nel Westeros. Questo più di ogni altra cosa li attirerà di nuovo qui, e sarà allora l'occasione per lei per riconciliarcisi.”

Arya guardò distratta il metalupo albino, ascoltando le sue parole. Dovevano tornare, altrimenti avrebbero perso o avrebbero rischiato molto in quella guerra.

“L'altofuoco, se hanno provveduto a fabbricarlo, distruggerà la flotta di Doran Martell costringendoci ad agire via terra. Drogon potrà aiutarci. Ma non sarà sufficiente.”

“Per questo vorresti che anche gli altri due draghi fossero presenti?” Il silenzio di Arya fece da conferma.

“I draghi non sono metalupi, non rispondono ai loro padroni.”

“Non sono la padrona di Spettro!” rispose stizzita. “Non puoi capire...”

Aerys la guardò pensando che no, non poteva capire il profondo legame che si instaura tra una creatura selvaggia come quella e un essere umano. Ma l'idea del ritorno dei draghi lo afferrò ferocemente. Se fossero tornati, uno di loro avrebbe potuto essere suo.

“Domani mattina partiremo per Harrenhal, è meglio che vada ad organizzare le ultime cose.” Arya interruppe i suoi pensieri, e la vide andare via dalla sponda del fiume, lui le accennò un sorriso salutandola. Spettro rinunciò alle sue prede e la seguì fedele dentro il castello.

 

 

 

 

**Note dell'autrice: Buondì! Questo è l'ULTIMO capitolo in questo modo ( corto e privo di trama solida), non è una promessa ma una certezza assoluta. Da ora in poi ci saranno capitoli consistenti e ricchi di avvenimenti, per questo motivo impiegherò più tempo del solito per scriverli, quindi vi prego di avere pazienza. Non ve ne pentirete. È un capitolo che mi piace definire di “respiro”. Perché ora c'è un apparente calma che già dal prossimo vedremo svanire nel nulla. (ah sì il prossimo è già pronto quindi tranquilli non vi lascio a bocca asciutta con questo corto per più di una settimana, datemi solo due o tre giorni per sistemarlo al meglio!!). Non parlerò dell'ultima puntata di GOT, anche se è stata E.P.I.C.A.

In più una considerazione su queso capitolo, se Cersei dovesse realmente utilizzare l'altofuoco, sarebbero tutti spacciati, visto quello che può fare. Quindi spero che qualcuno, tipo Jamie, la fermi.

Grazie per le tante persone che leggono la storia, sto pensando che sarebbe bello se ci fosse una sorta di rappresentazione grafica delle scene più clou. Ma io sono una pippa a disegnare...quindi se tra le persone che regolarmente leggono la storia ce ne fosse una brava e interessata a fare qualche fanart, sarò ben felice di metterla insieme ai capitoli. Fatemi sapere anche per messaggio privato! ^^

Grazie nuovamente a HarryLouyear per aver inserito la storia tra le preferite!

A prestissimo :D**

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Capitolo 27
*** Nebbia ***


Si trova al centro di un campo enorme, diviso ai lati da quei muretti costruiti dai contadini per spartirsi i possedimenti di terra.

Due colline, una davanti e una dietro di lei, oscurano l'orizzonte, quindi non può rendersi conto di dove sia in quel momento. Non è spaventata, ma il silenzio innaturale che vola insieme al vento tra i fili d'erba macchiati dalla neve, le crea disagio. Spaesata e confusa da quella situazione, azzarda un passo in avanti, sentendosi sotto i piedi, nudi e scalzi, la neve fresca scricchiolare. Avanza un altro po', anteponendo un passo dopo l'altro e dopo aver percorso abbastanza terreno si ritrova ai piedi della collina davanti a sé. Improvvisamente vede avanzare ai suoi lati due blocchi di nebbia fitta. Così spessa e così veloce, da sembrare un'entità viva, un muro bianco che sta per schiacciarla.

Corre sopra la collina che si fa sempre più ripida, tanto che alla fine deve salire con l'aiuto delle mani, quasi a quattro zampe, come un vero lupo. Arrivata sulla piccola vetta smussata, può finalmente osservare il nulla, da sopra quell'immenso mare bianco che copre ogni cosa.

Dell'altro piccolo promontorio davanti a lei, non ne riesce a distinguere più la base.

Che posto è mai questo? Pensa di essersi persa nella marcia verso il sud. Eppure lì intorno non sente nessuno. Né cavalli né uomini.

Finisce per urlare a gran voce i nomi dei suoi amici, Tyrion, Gendry. Urla anche il nome di Aerys, ma non ottiene nessuna risposta, da nessuno di loro. Si sente improvvisamente sola e persa. Fuori dal suo branco e in un mondo surreale.

Si mette a sedere con le gambe incrociate, pensando razionalmente al perché sia finita lì, perché dovesse esattamente trovarsi lì. Ma quando cerca di sforzarsi per ottenere una risposta dentro la mente, non ricorda nemmeno il percorso che ha fatto per arrivarci, come se vi fosse stata catapultata all'improvviso. Sconsolata si limita a fissare il manto d'erba tra le sue gambe.

Un lupo ulula sotto di lei. Arya alza la testa, e guarda in basso sgranando gli occhi per cercare di individuare quella figura selvaggia. Non sente più niente per i successivi minuti interminabili, così decide di rispondere, ululando anche lei come un vero lupo. Così che a rispondere al suo richiamo non è un solo animale, altri seguono come un eco. Un branco, a giudicare dai suoni, composto da molti elementi. Arya non sa se averne paura o fidarsi. Io sono un metalupo, non posso avere paura di semplici lupi selvatici.

Si chiede seriamente se sia il caso di scendere dalla collina per raggiungerli, ma non è sicura di quello che le possa capitare.

Mentre rimugina sul da farsi, sente ancora altri suoni, questa volta però non sono ululati, ma dei ruggiti, forti e potenti.

Leoni! Senza chiedersi del perché dei felini come i leoni si trovino in mezzo a quel paesaggio desolato e freddo, resta ancora una volta ad ascoltare. Sente i lupi reagire a quei versi e in un attimo, sotto quella collina, si scatena un caos di suoni animaleschi che rimbombano nel silenzio bianco. Non sa cosa fare, se intervenire per aiutare i lupi oppure scappare dall'altra parte della collina.

I versi che provengono da dentro quel banco di nebbia impenetrabile sono terribili. Sembra una battaglia tra soldati, una battaglia sanguinolenta che avrebbe generato un massacro di belve.

Si alza in piedi ancora incerta sul da farsi, ma quando tenta un passo verso il basso, un'ombra gigantesca la blocca dall'alto.

Una nuvola oscura immensa che cala a picco tra la nebbia sferzando quel pallore, che scosso si muove in tutte le direzioni, creando delle lingue bianche.

È l'ultima cosa che può vedere, perché poi, tutto quello che ha intorno a sé svanisce lentamente, fino a ritrovarsi nel nulla.

 

 

Si svegliò scossa di soprassalto nella branda. Respirò a fondo per recuperare un po' di lucidità ma dentro la tenda si era generato un calore umido e asfissiante, perciò sudata e mal disposta per quel sogno insolito si avviò fuori, con la sola camicia lunga che utilizzava per dormire.

Ancora era notte fuori, e Spettro non era rientrato dalla sua caccia notturna. Sola e cercando di raffreddarsi i nervi camminò tra l'accampamento silenzioso, al buio. Erano passati tre giorni dalla partenza da Delta delle Acque, dove aveva lasciato suo zio Brynden, lì al castello per proteggerlo, insieme a qualche uomo dei suoi perché potesse farlo al meglio.

Nel frattempo, da Nido dell'Aquila e dalla valle, suo cugino Robin Arryn, le aveva inviato gli alfieri necessari a rimpolpare le perdite subite durante l'assedio del Tridente. Così viaggiava quell'esercito variopinto alla volta del Sud, dove avrebbero dovuto riunirsi alle truppe di Aegon Targaryen, e anche le sue. Perché non aveva dimenticato i suoi seimila uomini comandati da Lord Mormont, che aveva concesso al re.

Camminava ormai da qualche minuto, e si sentì ripresa da quell'aria gelida che le accarezzava la pelle. Dovette rinunciare all'idea di andare a svegliare Tyrion perché le facesse compagnia in quella notte insonne, sapeva che il giorno dopo gliel'avrebbe fatta pagare con le sue lamentele per la mancanza di sonno.

Arrivò al confine dell'accampamento, sperando di intravedere Spettro emergere dalla fitta boscaglia, ma niente pareva muoversi nel buio.

Quello che sentì poco dopo fu la prova che qualcuno di sveglio era invece presente nel cuore della notte. Erano i suoni che fanno le frecce scoccate e infilzate a un albero. Qualcuno stava allenandosi a quell'ora.

Cercò di seguire lo schiocco facendo il meno rumore possibile, con un passo felpato e silenzioso. Arrivò davanti ad uno degli spiazzi dell'accampamento, vicino a dove venivano fatti riposare i cavalli. Aerys se ne stava lì in mezzo, solo, a lanciare frecce in maniera del tutto naturale.

Indecisa se unirsi o no a lui rimase nascosta dietro una catasta di legna, ad osservarlo.

“Fatti vedere e non ti accadrà niente di male.” Aerys continuò a scoccare frecce imperturbabile, ma la sua voce con il filo di ironia le arrivò come una sassata in testa.

Come diavolo ha fatto a vedermi?

Avanzò verso di lui piano e sempre guardinga come se avesse dovuto rimproverarla di qualcosa. “Perché devo pensare che possa accadermi qualcosa di male?”

“Perchè mi stai spiando, e odio essere osservato di nascosto.” rispose schiettamente, sorprendetemente quasi offeso.

“Non ti stavo spiando. Almeno non sono venuta qui con l'intento di farlo, la mia passeggiata notturna avrebbe già dovuto concludersi se non mi fossi accorta di qualcuno che tirava frecce nel mio accampamento nel cuore della notte.” il suo tono imperioso lo fece voltare verso di lei con sguardo titubante, ma sorrise tagliente.

“Non è permesso allenarsi di notte nel tuo avamposto, mia Regina?”

Arya sbuffò e dalla sua bocca uscì una nuvoletta di respiro congelato. “A un principe è concesso tutto.”

Lo guardò con l'espressione di sfida, ma lui non sembrò voler rispondere a tono alle sue provocazioni. “Non riesci a dormire Regina di Ghiaccio? L'idea delle battaglie imminenti ti mette agitazione?”

“No, sono i sogni che faccio che mi tormentano.”

Il principe era ricoperto di una folta pelliccia al collo, calda e morbida sulla quale erano appoggiati i suoi capelli mori. Un mantello nero e sotto una spessa tunica di lana rosso porpora e grigia, lo tenevano al caldo. Per questo quando si trovavano di fronte lui la osservava sempre in modo strano, come se avesse davanti qualche cosa di innaturale. Lei con il suo solo vestito da notte, leggero in cotone e con dei calzari che sarebbero andati bene per stare comodi dentro un ambiente caldo e accogliente. Anche ora nonostante quello che gli avesse detto, sembrava più interessato a studiarle l'abbigliamento. Ma dopo passato qualche secondo, accortosi del silenzio improvviso che aveva generato, ritornò sulla sua frase. “ I sogni sono solo immaginazione, niente di quello che vedi dovrebbe preoccuparti.”

 

 

La mattina dopo ripartirono, smontando alle prime luci dell'alba tutte le tende, preparando i cavalli e armandosi a dovere.

Tyrion si era svegliato come al solito, con quel suo alone grigio in volto. Si vedeva che era stanco di quel girovagare, del freddo, e delle battaglie. Tuttavia Arya non poteva fare a meno di lui e questo il mezz'uomo lo sapeva. Era il suo consigliere e amico più fidato e abbandonarla sarebbe stata un'ignominia.

La raggiunse ai bordi di un sentiero dove insieme a Spettro, al principe Aerys, e a Gendry, controllava l'avanzata dei soldati a cavallo e a piedi. Dopo le iniziali radure e distese di terra vaste, dovettero procedere in file strette appena raggiunta la zona più boschiva. “Di questo passo non raggiungeremo mai in tempo mio fratello.” commentò Aerys, scocciato nel vedere la lentezza con cui si muovevano i soldati, quasi in fila indiana.

“Portate pazienza principe, se ci muoviamo lentamente significa solo che siamo in tanti e questa è un'ottima cosa.” parlò Tyrion appostatosi accanto ad Arya.

“ E se tuo zio Kevan venisse a sapere della nostra lentezza nello spostarci? Potrebbe benissimo approfittarne per una bella trappola.”si insinuò con voce fredda la regina tormentata dal suo sogno costantemente. Non ne era riuscita ancora a coglierne il significato, ma al solo pensarci le veniva in gola un groppo di presentimento che solo certe situazioni ti sanno trasmettere.

“Vostra maestà, Lord Lannister si è rintanato al Sud. Questo è certo. Siamo al sicuro.” intervenne molto formalmente Gendry, cercando di utilizzare un tono rassicurante.

“Per ora...” mormorò Arya e Aerys la guardò come se avesse intuito esattamente quello che stava rimuginando nella sua testa.

Sì esatto Aerys, i miei sogni. I miei sogni non mentono mai, perché sono sogni di metalupo. Pensò ricambiando il suo sguardo e fu come se davvero lui avesse percepito quel suo pensiero perché lo vide scuotere la testa sbuffando. “Kevan Lannister o meno, dobbiamo darci una mossa, altrimenti sarà mio fratello da solo a conquistare Approdo del Re” se ne andò spronando il cavallo non appena vide arrivare i suoi Dorniani, e si unì alle loro file mettendosi a discutere con il loro primo capitano.

“Non vuole regalare la gloria ad Aegon. Questa è l'unica cosa che sembra interessargli al momento.” costatò Tyrion, e Arya pensò che avesse ragione, ma non commentò, non potendo dare al principe Targaryen tutti i torti. Poco dopo cominciarono anche loro a ritornare in fila, mestamente e con impazienza.

Arrivarono dopo ore di cammino ad una radura sconfinata, dove dei piccoli fili d'erba si facevano spazio tra la neve che piano piano cominciava a sciogliersi. Era davvero un paesaggio surreale, dove una leggera nebbiolina aleggiava qua e là nell'aria, contribuendo ancora di più a quella sensazione strana.

Fermatasi a lato di quella carovana di soldati e di Lords a cavallo, non potè fare a meno di pensare come in realtà tutto quello le sembrasse estremamente familiare. Incominciò ad insinuarsi in lei quel piccolo seme del tormento che aveva alimentato il suo animo in quei giorni successivi al sogno.

Aerys le si avvicinò, aveva lo sguardo fisso su un qualcosa di lontano e invisibile. “Cos'è quella cosa?” domandò sempre con gli occhi puntati nell'orizzonte. Arya cercò in tutti i modi di intravedere tra quella nebbia che si faceva più fitta, la cosa che lui aveva notato, ma con insuccesso.

Poi in un attimo la tranquillità che abitava nel cuore di quei soldati si fece da parte per lasciare spazio al peggior degli incubi.

L'invisibile nulla attaccava ai loro lati, senza che la nebbia potesse far scorgere quello che stava succedendo. Gli alfieri morivano, in urla tremende e atroci. “Fermi, combattete!” gridava Arya a quei pochi vigliacchi che scappavano, ma come poteva biasimarli, nessuno si rendeva conto di quello che stava accadendo, fino a che non si vide più niente. La nebbia ricoprì ogni cosa. Arya tremò per un attimo ascoltando con l'espressione terrorizzata le urla dei suoi compagni d'arme.

Poi riacquistò la sua fermezza e cominciò ad urlare con quando fiato aveva in corpo. “GENDRY!” ma ancora grida da uomini ignoti e rumori di spade e ferro si confondevano in quel bianco muro. Una mano dietro di lei tentò di afferrala ma Spettro gettò a terra quell'uomo sbranandolo, nel mentre che Arya si azzuffò a occhi ciechi con una figura estranea che stava tentando di ucciderla. Nemica? Amica? Chi poteva saperlo in quella confusione della mente. Lei lo atterrò e lo infilzò con Giuramento con tutta la frustrazione che possedeva in quel momento in corpo. “Leone....” fissò con disgusto e orrore il simbolo dei Lannister nella sua armatura di metallo. E così quel sogno era divenuto reale. I Leoni stavano sbranando i Lupi in un'ignobile imboscata. Come aveva potuto ignorare quel monito così chiaro che le era stato mostrato di notte. La sua stupidità ora gravava su quelle urla nella radura nebbiosa.

“TYRION!” tentò ma nessuno rispose a quell'appello e lei pregò un dio non conosciuto, inesistente alle forze della natura e al destino degli uomini che lui fosse ancora vivo e che rimanesse vivo fino alla fine di quella indecente giornata.

Concentrandosi sul suo dovere primario, cioè rimanere con i piedi saldi a terra e la mente lucida, fece ricorso alle sue capacità di assassina dell'oscurità. La nebbia in fondo anche se bianca nascondeva come il nero della notte e lei aveva imparato già da tempo a combattere con gli occhi chiusi.

Avanzò così letteralmente alla cieca tra le urla e gli uomini con i colori porpora che la attaccavano. Nessuno riuscì minimamente a scalfire la sua corazza e abbattere quel suo muro di difesa, di calma e tenacia che si era imposta. Fino a che non sentì chiamarsi da lì vicino. “Arya!”

Il principe Targaryen apparve alla sua sinistra in mezzo a quella nuvola bianca come in una visione ultraterrena, ma coperto di sangue e fango come un combattente infernale. Gli occhi sgranati e l'espressione di sollievo nel vederla illesa la incantarono per un secondo fino a che lui non le si avvicinò parlando con la voce decisa. “Sta arrivando, dobbiamo andarcene.”

Arya fu confusa da quell'affermazione strana. “Di chi stai parlando?”

“Mio fratello e Drogon, lo sento, sono qui vicino.” Lei continuava a non capire, come un alleato come Aegon e il drago potesse spaventarla in una situazione del genere. Poi capì. Avrebbero attaccato indistintamente ovunque avessero trovato i colori Lannister spuntar fuori dalla nebbia, e se li vicino ci fossero stati anche uomini Lupo sarebbero stati uccisi indistintamente.

Scapparono senza meta cercando di gridare alla ritirata e avvertire così i suoi uomini. Più di ogni altro era preoccupata per Tyrion e per Gendry, dei quali ancora non aveva sentito la voce. Spettro? Dov'era il metalupo albino? Anche di quella creatura fedele aveva perso le tracce.

Pochi minuti dopo, come Aerys aveva previsto, una massa nera si fece avanti sopra le loro teste e una luce rosso viva spruzzò il vapore della nebbia lontano. Ancora urla, questa volta se possibile, più strazianti e Arya con il volto contrito in un'espressione disperata veniva oramai trascinata ai margini di quel campo infernale da Aerys che le urlava qualcosa, che lei non riusciva a sentire. Le sembrò che il mondo si muovesse a rallentatore, che tutto assumesse una sfumatura più opaca e l'unica cosa che riusciva a tenerla incollata alla realtà era quell'odore nauseabondo di carne bruciata.

“No, NO!” Gridò opponendosi alla resistenza del principe Targaryen che cercava di metterla al sicuro.

“Smettila, non puoi fare niente adesso” la rimproverò scuotendola per le spalle, e per la prima volta lui la vide con le lacrime agli occhi, disperata come non lo era mai stata davanti a un estraneo. Aerys mutò espressione, la sua furia di preoccupazione si addolcì.

“Fa qualcosa...fermalo.” mormorò lei quasi impercettibilmente con lo sguardo assente. Lui non le disse niente la guardò solo, capendo chissà cosa in un momento del genere e poi lo osservò sparire lontano, indietro in quella nebbia ormai rossa che occupava la sua mente.

 

 

 

 

**Note dell'autrice: eccoci qui come vi avevo assicurato questo capitolo lo pubblico presto presto! Però come vi avevo già annunciato i capitoli saranno più lunghi da scrivere proprio perché densi di avvenimenti quindi dovrete avere più pazienza del solito e aspettare. ^^ prometto che non saranno attese proibitive.

Allora passiamo al capitolo. Arya ha la sua dose di difficoltà, e d'ora in poi dovrà affrontare il dolore, ritrovare se stessa, e avere la forza per poter andare avanti di nuovo. Questa “imboscata” le darà una bella batosta che le lascerà un segno profondo.

La prima parte era ovviamente il sogno premonitore. Solo Bran per ora (almeno mi sembra) ha avuto questo preziosissimo dono e per Arya è stata la prima volta. Non poteva sapere cosa significasse in quel momento.

Fatemi sapere cosa ne pensate. Per ora non ho altro da dire :D magari ne discuterò meglio con voi.

Vorrei ringraziare le moltissime persone che stanno leggendo questa storia. (siete tanti *.*)

Ringrazio poi Lestrange_88 per aver inserito la storia tra le preferite!

Alla prossima, passate dei bei giorni di caldo estivo :D**

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Capitolo 28
*** Voragine ***


Il sole pallido di un mattino freddo e oscuro gli accarezzò la pelle. Sentiva tutto il brivido e la freschezza di una giornata che stava per arrivare. Ma non era una giornata che poteva essere considerata di gioia.

I Lannister il dì precedente avevano attaccato l'esercito della Regina di ghiaccio di sorpresa e già lì poteva essere considerata una tragica disfatta. Poi era arrivato suo fratello. Baldanzoso e spavaldo sopra Drogon, che i sette Dei solo sapevano come avesse fatto per convincere quell'enorme ombra nera a farsi domare. Sopra le loro teste, aveva fatto strage di tutti indistintamente. Erano riusciti ad avvertire i generali del suo esercito e molti uomini degli Stark e di Dorne si erano salvati.

Arya Stark...quei suoi occhi grigi e spenti li osservava fissare il vuoto orizzonte, seduta poco più avanti di lui su quel campo di cenere e di brace ardente che il fuoco del drago aveva generato. Il fedele lupo albino ritrovato salvo e incolume, le si sedeva accanto immobile come una statua, un custode segreto del suo dolore.

Non l'aveva mai assaporata la sconfitta, ma non quella di una battaglia, quella che si insinua dentro l'animo, la pura sconfitta morale.

“Gendry è morto.” aveva mormorato con una voce priva di colore e un'espressione assente alla fine di quel caos. Avevano ritrovato il suo corpo carbonizzato, steso, ammassato insieme a quelli di molti altri, dai colori diversi e dai colori uguali.

L'aveva vista allontanarsi da tutto e da tutti senza che nessuno avesse osato disturbarla nella sua quiete distorta, nemmeno il folletto suo amico si era prodigato a rintracciarla per rinforzare il suo animo.

Era in collera con lui? Con suo fratello o odiava se stessa? Nessuna delle tre opzioni poteva in qualche modo piacergli.

“Perchè stai li impalato a fissarmi?” Gli disse finalmente dopo un lungo periodo di silenzio. Aerys accennò un passo verso di lei, che immobile ancora sedeva nelle ceneri.

“Vattene” pronunciò imperiosa, ma lui sordo tentò ancora un altro passo. Non durò molto questa sua breve dimostrazione di spavalderia, Spettro si voltò abbaiando e digrignando i denti rabbioso mentre lei urlò ancora. “Vattene!”

Aerys indietreggiò, abbassò la testa e si allontanò da Arya senza riuscire a dirle niente.

 

 

 

“Non c'è niente di meglio che l'odore di Lannister carbonizzato la mattina per colazione.” Il re Aegon Targaryen sedeva al tavolo della sua tenda, allestita in fretta e furia. Sgranocchiò del pane imbevuto di vino insieme a dei grossi pezzi di cervo cacciato pochi giorni prima. Aerys lo osservava, a sedere di fronte a lui, con un' espressione di disgusto.

 Biascicante e irriverente, l'altro sorrise. “Che cosa c'è fratellino? Non sei contento che sia riuscito finalmente a cavalcare quel drago?” 

“Mi chiedo solo come abbia fatto a sopportare il tuo peso, tra la tua spocchia e la tua infinita arroganza.” rispose per niente divertito.

Ma Aegon rise. “Sei solo invidioso. Non hai un drago, non hai un regno, se non all'estremo Sud di questo paese. Anche se Dorne non sarà tua fino a che non riuscirai a sposare quella loro principessa dai facili costumi.”

 Aerys strinse i pugni sentendo dentro di sé una rabbia incontrollabile. Non ce la fece più a trattenersi. “IDIOTA!” gridò in preda all'ira. “Hai ucciso uomini del Nord e di Dorne e solo per questa tua bravata sono morti a migliaia!”

L'espressione di suo fratello si fece dura e cupa. Si alzò in piedi avvicinandosi a dove si trovava lui seduto. “Come hai osato chiamarmi?” gli parlò a denti stretti. Aerys, il giovane drago moro sembrò imperturbabile. “Idiota. È un appellativo più che appropriato per un re che agisce senza pensare. Esattamente come hai fatto tu.”

Il re lo prese all'improvviso con una mano alla veste, afferrandolo vicino al collo. Lo alzò dalla sua sedia di peso e Aerys reagì stringendogli il polso più forte che potè. “Come fai a provare pietà per queste persone? Hai forse dimenticato che gli Stark sono nostri nemici? Quella puttana può forse proclamarsi come loro regina, ma il Nord rimane mio e più uomini faccio fuori più riuscirò ad indebolirla e toglierla di mezzo.” lo lasciò andare sorridendo nuovamente a denti stretti mentre il principe Targaryen lo guardava con ancora più odio nello sguardo.

“Come mi sembra di averti già detto, Arya è la loro Regina. Non stiamo parlando di un popolo qualunque. Fai loro del male e loro te ne faranno il doppio.” fece per andarsene voltandogli energicamente le spalle, ma sentì Aegon parlare ancora.

“Arya Stark è un problema. Ti stai infatuando di una nostra nemica e non va bene. Presto dovrò prendere provvedimenti.”

 

 

Camminò a lungo per quell'accampamento semi deserto con l'aria gelida che gli penetrava nelle ossa. I pochi soldati che si avventuravano all'esterno non gli rivolgevano il ben che minimo saluto.

Mio fratello ha bruciato i loro compagni non posso biasimarli.

Sperava di incontrarla per le viuzze scavate nella neve, insieme al suo fedele metalupo. Di lì a poco infatti ci sarebbe stata una cerimonia per commemorare i morti e sopratutto il suo amico Gendry.

Passato qualche minuto però decise che la cosa migliore sarebbe stata andarle a parlare di persona senza che l'incontro sembrasse semplicemente casuale. Si avvicinò piano alla sua tenda disposta un po' ai margini dell'accampamento e sentì da dentro le voci di Tyrion e di Arya discutere animatamente.

“...senza uomini a sufficienza è praticamente impossibile sbaragliare le difese di Approdo del re nemmeno con una flotta consistente.” diceva il piccolo folletto.

“Non mi arrendo solo perché c'è stata una lieve difficoltà nel percorso. Arriverò alla capitale con quello che ho dell'esercito e a costo di abbattere le mura con le mani, andrò lì.”

“Mio zio Kevan non lascerà così facilmente la città a voi, un drago o anche un mostro marino, potrebbero intervenire in battaglia ma lui persevererà nella difesa.”

“Bene allora io farò in modo che la sua perseveranza venga meno infilandogli una spada nella pancia.”

“Non puoi agire sempre d'istinto, devi ragionare prima di fare una mossa qualsiasi, specialmente con un Lannister. Arya non fare l'errore di tuo fratello Robb di sottovalutare la situazione, ti prego.”

Ci fu un breve silenzio dopo la frase di Tyrion, dei piccoli passi si avviarono all'esterno. Aerys fece appena in tempo a scansarsi dall'entrata che il piccolo Lannister se lo ritrovò davanti. “Ma guarda un Targaryen alla porta che origlia, pensavo che voi signori dei draghi aveste di meglio da fare.”

“Toglietevi di mezzo folletto, devo parlare con la Regina.” lo scansò ed entrò all'interno lasciando Tyrion di sasso fuori dalla tenda.

 Fu accolto dallo sguardo gelido di Arya, seduta davanti ad un pasto caldo. Si guardò intorno con circospezione, ma non rilevando affatto la presenza del metalupo albino. “Non mi sembrava di averti detto che potevi farmi visita.”

Aerys ignorò la sua infida accoglienza e si fece avanti, portandosi più vicino a lei. “La tua idea sarebbe quella di continuare la guerra verso Approdo del re?” lo pronunciò forse in maniera troppo dura e sarcastica perché lei si irrigidì e lo guardò se possibile ancora più rabbiosa. “Perché? Vuoi che mi ritiri e che lasci tutto a voi? Onore e gloria ai Targaryen, fate passare i Signori dei Sette regni!” scansò il piatto che stava mangiando e si alzò. “Non tornerò indietro, non mi tiro indietro. I Lannister hanno un grosso debito da pagarmi e stai sicuro che non la passeranno liscia per questo.” si tolse con foga il mantello con la pelliccia di lepre, lanciandola nell'unica poltrona presente, rimanendo solamente vestita di leggera stoffa, con delle maniche che stranamente le coprivano anche le braccia.

“Non riesci a capire che qui la faccenda si sta facendo più complicata del previsto.” insisté Aerys ma Arya non aveva orecchie per quelle parole.

“Capisco perfettamente invece. Capisco che tuo fratello voglia in tutti i modi farmi fuori di qui per avere finalmente il controllo sul Nord. Per i sette inferi! Al diavolo l'accordo vero? Non è molto meglio distruggere quasi tutto l'esercito della regina con un drago piuttosto che doverla fronteggiare in futuro?” il suo tono di voce si incrinò sempre di più, si lasciò andare all'isterismo della situazione, con il principe che la guardava con uno sguardo apparentemente stoico.

Le si avvicinò ancora afferrandola per le braccia, così minuta in quel momento le appariva e così fragile quella donna che aveva su di sé un peso enorme. “Non volevo che accadesse questo.” le disse quasi sussurrando, e lei sembrò calmarsi. La sentì rilassare la tensione dei muscoli e abbassare lo sguardo verso il basso.

“Ma è accaduto. I miei uomini sono morti, Gendry è morto. E ora Sansa è di nuovo sola per colpa mia....io l'avevo visto!” interruppe il principe Targaryen prima che potesse replicare. “L'avevo visto in quel sogno e io non l'ho capito.”

Sempre vicino a lei, la vide voltare il viso cercando con lo sguardo qualcosa alla sua destra e lì nello zigomo vide la cicatrice biancastra che le aveva procurato lui quel giorno. Sembravano passati anni, anche se erano solo passati mesi da quella battaglia. Invece era un anno, un anno e poco più da quel giorno a Braavos, dove l'aveva vista per la prima volta su quel balcone con quei suoi occhi fieri e l'atteggiamento forte. Si rese conto solo in quell'istante di quanto le fosse sembrata sempre bella.

In quel momento provò un calore inspiegabile dentro al suo petto, e levando la mano verso la sua guancia le accarezzò la cicatrice.

Arya lo guardò sorpresa a quel gesto e senza proferire. Poi come se il tempo si fosse fermato, vide piano piano il volto della ragazza avvicinarsi al suo. Fu talmente lento ed incerto quel movimento che nemmeno si rese conto di quello che stava accadendo. Solo il calore improvviso delle labbra morbide sulle sue lo risvegliò e allora dentro si sentì accendere qualcosa, una forza nuova che lo spinse ad afferrare il suo viso e a cercare sempre più insistentemente un contatto con un bacio.

 

 

                                                                                                           **

 

 

Non si pose nessun problema su quello che stava facendo. Dal momento che Aerys le aveva accarezzato la guancia con quel gesto così sovrannaturale per lei, la sua mente si era svuotata completamente.

 Non c'erano più battaglie, né guerre all'esterno di quella tenda. Quello che le importava era solo la presenza di Aerys lì con lei in quel momento. Lo baciò incerta, quasi titubante, perché mai lo aveva fatto volontariamente. Anche se lo sapeva dentro di sé, quello è il genere di cose che si fanno spontaneamente, senza averne mai provato l'esperienza. Si alzò lievemente in punta di piedi e fu allora che sentì la spinta necessaria che le veniva da dentro, per premere le sue labbra sulle sue. Non ci volle molto affinché Aerys prendesse l'iniziativa di quel nuovo gesto.

La baciò con voglia e sempre più con la voracità di un lupo affamato, le assaggiò le labbra cercando un contatto con lei e la sua lingua.

Lo percepì, il suo desiderio che cresceva sempre di più. Arya già sentiva la voglia di provare con lui quella vibrante sensazione di piacere che le donne del suo mondo in genere provano alla prima notte di matrimonio e così senza pensarci, tra un bacio caldo e l'altro, le loro mani si cercarono. Esplorarono frettolosamente i loro corpi, fino a che sentì Aerys spingerla piano verso il tavolo. Senza mai mancare dal calore delle loro labbra, la prese per i fianchi e facendo poi scivolare la mano sul vestito, le alzò la gonna scoprendole le gambe bianche e lisce. Arya cercò di armeggiare con la fibbia dei suoi pantaloni ma si sentiva talmente tremolante ed incerta, come mai lo era stata in nessun'altra situazione che fu Aerys alla fine a fare per lei.

Si sentì una bambina ingenua ed impacciata, ma lui la consolò baciandola nel collo. La guardò poco dopo con occhi fermi, si scambiarono quello sguardo complice, come se lui le stesse chiedendo un cenno, anche solo un piccolo gesto per poter andare avanti senza fermarsi. Arya ne era certa, non avrebbe voluto mai fermarsi proprio in quel momento e lo baciò come a voler confermare la sua decisa intenzione. Fu allora che Aerys delicatamente si insinuò in lei.

Arya strinse forte le sue spalle per il dolore improvviso poi piano piano naturalmente si lasciò andare, appoggiò la schiena su quel tavolo e lui l'avvolse con il calore del suo corpo. Per un breve momento si guardarono di nuovo e lei si sentì sprofondare nel blu dei suoi occhi come in una voragine da cui non avrebbe fatto più ritorno. Appoggiò la sua fronte sulla sua spalla in quella clavicola sporgente. Senza baciarla, lui si mosse sempre più ritmicamente e lei cadde nel piacere. Si confusero i loro sospiri, e i suoi gemiti lo incitavano come un violento sussurro all'orecchio. La sua mente vacillò tra l'oblio e la ragione mentre sentì come un fuoco sempre più forte e sempre più intenso pervaderla. Infine entrambi raggiunsero l'apice, stringendosi forte, con il respiro affannoso, come a non voler sciogliere più quell'abbraccio che aveva generato tanto calore.

 

 

 

**Note dell'autrice: Eccomi qui! Salve a tutti! Bentornati a leggere un nuovo capitolo.

Questo qui, il ventottesimo è stato difficile da scrivere. Per prima cosa, non sapevo come fare per “uccidere” qualcuno. Chi uccidere poi? Tyrion, Spettro, o Gendry? Ovviamente è su l'ultimo che ho deciso alla fine. Mi è costato molto dover prendere questa decisione, come se dovessi strappare un pezzo di anima ad Arya, così infatti è accaduto.

La seconda parte difficile è stata quella del rapporto con Aerys, non solo in senso fisico, parlo anche del loro rapporto mentale. Arya in questa sua forma a metà tra la disperazione e la determinazione che ancora non sembra voler cedere, si ritrovata spaesata per la sua prima volta e fa qualcosa che forse non avrebbe dovuto fare. Cedere alle sue emozioni e sentimenti. Già si era esposta troppo con Aerys nel capitolo precedente piangendogli davanti, rivelando una se stessa conosciuta a pochi, ma adesso si è davvero fatta trascinare in fondo. In una “voragine” da cui deve assolutamente risalire.

Il rapporto mentale tra i due è pericoloso per Arya tanto quanto lo è quello fisico. Le minacce di Aegon, la guerra ad Approdo del re che sta per arrivare, non devono essere prese sotto gamba dai nostri due protagonisti.

Aerys, però, da parte sua ha fatto quello che si sentiva di fare già da un po'. Arya non è solo la Regina del Nord impavida e forte, ma è anche la sua possibilità di scelta. Una donna diversa che non lo fa più sentire come il secondo in tutto.

Vorrei dirvi con tutto questo ciarlare, che non c'è un romanticismo da diabete tra i due, ci sono decisioni difficili, una caduta in picchiata. Ma uno dei due dovrà aprire gli occhi. Chi sarà a farlo?

Il rapporto fisico. È stato molto più difficile del previsto poterlo rendere come me lo immaginavo, senza prima di tutto sembrare una pervertita o una scrittrice porno. Martin non lascia tanto spazio alla fantasia quando descrive certe scene e ci va giù brutale come può. Io spero di aver trovato una via più soft. Lo ammetto non è da me descrivere certe cose. Preferisco le battaglie cruente ^^

Fatemi sapere cosa ne pensate. Questa volta, più di ogni altra volta ne ho bisogno.

Ringraziamenti : Grazie a Zoe di Angelo per aver inserito la storia tra le preferite. Grazie a BurnTheCandle per averla inserita nelle ricordate e grazie a kamura88 per aver iniziato a seguirla.

Alla prossima, un bacio a tutti! **

 

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Capitolo 29
*** Ricordati ***


Torna da me, torna da me ti prego.

Sansa.

 

La leggera calligrafia di sua sorella fece esplodere quelle parole all'interno della sua mente. Guardò quella richiesta disperata che aveva ricevuto in mattinata, mentre di fronte a sé l'immenso fuoco ardeva nella pira dedicata a Gendry.

Le fiamme fluttuavano nel cielo plumbeo e bianco, dando la sensazione che fosse lui a muoverle con tanta energia.

Tutti gli uomini dell'accampamento erano lì vicino a lei. Così come Tyrion e Spettro silenziosi e grigi nello sguardo. Nessuno aveva voglia di parlare in quel momento.

I Targaryen non si erano presentati, nessuno dei tre signorotti ebbe il fegato di mostrare la faccia di fronte al popolo del Nord che avevano appena dilaniato.

Non ebbe cuore di rileggere ancora quelle parole strazianti e d'imploro di sua sorella. Con lo sguardo perso nel calore accecante della pira allungò la mano e lanciò il foglietto spiegazzato. Prese fuoco all'istante e la cenere volò via nel vento.

In un attimo pensò a cosa avesse perso per quella guerra, un amico. Uno dei suoi più cari amici. Le rimbalzava nei ricordi la risata spensierata che aveva spesso sentito uscire dalla sua bocca, e quei suoi occhi sempre vivi e pieni di lealtà.

Quanto sarebbe stato giusto continuare ancora per quella strada? Doveva davvero tornare al Nord da sua sorella, rinunciare alla libertà? Chi sarebbe stato il prossimo?

Osservò di sbieco Tyrion accanto a lei e una morsa fitta le afferrò il cuore e le bloccò il respiro in gola al sol pensiero che avrebbe potuto esserci lui in mezzo a quelle fiamme.

Il suo orgoglio la allontanò frettolosamente da tutti, le lacrime le stavano per affiorare prepotentemente agli occhi. Fece appena in tempo a rimanere sola, via dall'accampamento che iniziò a piangere. Un pianto liberatorio e silenzioso che durò solo qualche istante. Il tempo di riprendere fiato e alzare lo sguardo. Di fronte a lei la Regina argentea la stava guardando con apprensione.

“Condoglianze per il vostro amico.” intervenne con un filo di voce, incerta dopo esserle avvicinatasi.

Arya la guardò bruciante di rabbia. “Pagherete per questo un giorno.” le parole le uscirono involontariamente dalla bocca contrita dalla disperazione. Senza attendere una sua controbattuta la scansò e scomparve alle sue spalle. Andò fino dentro al fitto di una foresta. Non aveva nessuna voglia di incontrare un altro Targaryen, chiunque egli fosse. Nemmeno lui.

Lui. Che cosa le era capitato in quell'istante, si era sentita talmente al sicuro immersa in quei suoi occhi, che non aveva pensato alle conseguenze. Si era sempre fidata di Aerys, innaturalmente, c'era qualcosa tra loro due che era nato così spontaneamente che ancora non era dato sapere il nome di questo qualcosa.

Ma lei respinse dentro di sé anche solo l'accenno di quell'idea. Quel genere di distrazione era un male per lei. Ricordati di Robb tuo fratello. Ricordati di Lyanna Stark.

Tutti morti, tutti, e per cosa? Avevano entrambi portato al disfacimento di un regno per quello.

“Padre...” mormorò a un albero di fronte a lei. Quella parola si tramutò in vapore fuori dalla sua bocca. Con gli occhi pieni di acqua e le labbra tremolanti pronunciò ancora. “Padre.”

Non esistevano più gli alberi diga al di sotto dell'Incollatura. Erano tutti stati abbattuti per volere dei nuovi Dei, ma in quel momento pensò che anche un tronco di albero qualsiasi sarebbe stato utile per quello che stava per fare. Una supplica, una preghiera, non al Padre dei sette dei, ma a suo padre, Eddard Stark.

“Padre. Aiutami, devo trovare la forza di decidere per la giusta via. Voglio essere all'altezza di questo compito. Come regina, come tua figlia, come Stark. Non voglio abbandonare la mia promessa. Ho giurato di vendicarvi, perché io non ho mai dimenticato...” Lo sguardo di Ned Stark in quel momento le affiorò nella mente. Incrociato per l'ultima volta in mezzo a quella folla urlante di pecore che lo volevano morto. “Aiutami, stammi vicino. Perché non mi sono mai sentita così sola...”

Sentì accanto al lei il calore umido del fiuto di Spettro che la circondò come in un rassicurante abbraccio. Il metalupo l'aveva raggiunta silenzioso e rispettoso. La guardò così comprensivo con i suoi occhi sanguinolenti e Arya capì. Non era sola. Non lo era mai stata.

 

Il consiglio di guerra che si tenne il giorno dopo, fu in realtà un incontro tra la Regina di Ghiaccio e il Signore dei draghi.

Il Re aveva espressamente richiesto che nessun altro fosse presente, né Daenerys, né suo fratello Aerys. Avrebbe affrontato quella donna da solo, come solo un vero sovrano sapeva fare.

Il coppiere in piedi accanto ad Aegon gli versò il vino in silenzio e con una precisione che nemmeno lei avrebbe saputo fare quando ebbe lo stesso compito con Tywin Lannister.

Arya sedeva poco lontana da lui con un calice vuoto. Fece cenno al ragazzo di non versarle niente. “Rifiutate il mio vino, Stark?” disse l'uomo con disprezzo, con quella sua voce baritonale. Lei lo ignorò del tutto. “Posso sapere il motivo di questo incontro? Come mai non sono stati convocati anche i miei Lords?”

Aegon si scolò un altro sorso di vino prima di parlare.

“In battaglia si è rivelata palese la vostra inefficienza al comando di un esercito.” sorrise sprezzante di fronte all'impassibile reazione di Arya. “ Erano solamente poche manciate di uomini Lannister, e vi siete fatta fregare come una donnicciola. Ritengo sia opportuno comunicarvi che non reputo affatto necessario il vostro intervento nelle prossime battaglie, potrete ritirarvi al Nord, con quello che rimane del vostro seguito.”

Seguì il silenzio. La regina si impose un'insolita calma e una piena consapevolezza di sé che finirono per fuoriuscire dallo sguardo divertito che rivolse ad Aegon Targaryen a quelle parole.

“Trovate divertente la vostra situazione?” domandò confuso.

“Trovo divertente il fatto che voi crediate davvero di avere anche solo una minima possibilità di farmi retrocedere. Devo ammetterlo siete stato furbo ad approfittare del caos generale per uccidere molti dei miei uomini. Mi sono disperata è vero, un mio carissimo amico è morto, e anche generali dell'esercito validi condottieri hanno perso la vita a causa vostra, ma voi dimenticate sempre chi avete di fronte.” socchiuse gli occhi ammiccante trafiggendo lo sguardo visibilmente sempre più infastidito del re. Alzò una mano al coppiere e si fece avanti per versare indifferentemente il vino.

“So chi ho di fronte. Una regina del Nord che farebbe bene a fare marcia indietro per il bene del suo popolo.” Aegon la osservò attentamente dopo la frase in un silenzio carico di astio, ma Arya non cedette la calma.

“Vi sbagliate. Come sempre.” rise sprezzante di fronte alla faccia barbuta e sconvolta del Re Targaryen.

“Io sono una Stark, sono Arya Stark, figlia di Eddard Stark. Ho visto morire la mia famiglia, ho visto l'ingiustizia prendersi tutto quello che di buono c'era in me. Ora mi è rimasta solo la determinazione, e state pur sicuro che ne ho fin troppa per rinunciare per così poca cosa, come la perdita di qualche uomo nell'esercito.”

Aegon cacciò via malamente il coppiere e si alzò in piedi dimostrando irrequietezza. “Avrete anche la determinazione ma se io decidessi di rompere l'alleanza con voi, avreste ben poche possibilità di conquistare la vostra meritata libertà.” puntò il dito indice contro di lei, appoggiandosi con il suo peso nel tavolo in legno. Ma Arya sorrise ancora.

“Fatelo, rompete l'alleanza.” pausa, il re spalancò gli occhi e socchiuse la bocca, poi lei continuò. “Io ucciderò Daenerys Targaryen, e voi.”

Se ci fosse stato un improvviso calo di temperatura dentro quella tenda, l'atmosfera non sarebbe potuta essere più fredda di quel momento. Arya tenne alto il suo sguardo tagliente come la lama di una spada, era stata così precisa e diretta nel dire quelle parole che Aegon Targaryen non seppe come reagire, rimanendo immobile di fronte a lei. “Osate pormi così una chiara minaccia.” affermò infine l'ovvio con voce greve.

“Chi pensate abbia ucciso Petyr Baelish, o Lady Chestweek? Pensate che uccidere Ramsay Bolton mi abbia procurato una qualche difficoltà?” chiese retorica, ma la risposta non venne mai data, aleggiò improvvisamente nel consapevole sguardo viola del re e mentre sembrò volesse aggiungere qualcosa Arya posò sul tavolo una moneta di ferro che a contatto con il legno provocò un rumore sordo. “Siete vissuto abbastanza a lungo nell'Essos e nelle città libere per sapere che cosa significhi questa moneta.” con le dita delicatamente la fece strisciare davanti al lui, che adesso possedeva un viso a metà tra lo sgomento e l'incredulità.

“Siete brava a mentire ve lo concedo. Questa...” prendendo in mano quel cerchio di metallo forgiato malamente. “ Questa può essere posseduta da qualsiasi persona.”

“No.” disse secca ma allo stesso tempo con un tono morbido, fintamente accogliente. “Sapete benissimo che quella particolare moneta, non può appartenere a chiunque. Sapete bene cosa significhi possederla. Valar Morghulis Aegon Targaryen.”

Il re balzò con gli occhi dal conio di metallo a lei, fino a che non la vide alzarsi ed ebbe un impercettibile sussulto che fece sorgere nelle labbra della regina un sorriso agghiacciante. “Preparate il vostro esercito e il vostro Drago, domani all'alba partiremo per Approdo del Re. Io chiamerò altri alfieri da altre terre per nuovi aiuti. Questa storia deve finire, ma a modo mio.”

Non ebbe il tempo di vedere o sentire Aegon Targaryen cominciare a imprecare contro gli Dei come un pazzo perché Arya già aveva voltato lui le spalle e aveva lasciato sicura la tende del re.

 

 

Incontrò Aerys al ritorno da quell'insolito consiglio, camminava svelto in mezzo ai soldati Dorniani che lo lasciarono passare senza esitazione. Appena incrociò il suo sguardo le si parò davanti.

“Pare tu abbia fatto arrabbiare il re” sorrise alzando il sopracciglio e indicando con gli occhi la tenda da cui provenivano le urla e le minacce di Aegon Targaryen.

Arya non gli rispose, lo guardò e basta. Ancora non aveva deciso come comportarsi con lui dopo quello che era successo.

“Devo partire.” disse Aerys cercando di ottenere una reazione da lei. “Alcuni messaggeri mi hanno riferito la presenza di un numero abbastanza alto di soldati poco vicino alla strada del Re. Dicono siano dei Tyrell. Ieri ne ho parlato con Daenerys ed è d'accordo sul fatto che vada avanti per fronteggiarli.”

Arya sospirò. “Bene così. Vai pure.” fu così fredda e schietta nel pronunciare quelle parole che il principe la guardò torvo e perplesso.

“Non ti importa niente di quello che è capitato tra noi vero?” intervenne così all'improvviso rompendo la sua diffidenza. Ma lei lo osservò ancora più rigida. “Non sono problemi che mi interessano al momento.”

Aerys ghignò sprezzante, cercò di allungare il braccio per afferrarla alle spalle ma si fermò rendendosi conto che lei aveva impercettibilmente scansato quel gesto. “Sei davvero la Regina di ghiaccio.” con lo sguardo blu violaceo, contraddistinto ora da una celata malinconia si allontanò da lei per dirigersi alla tenda del re. “Addio allora.” le disse un'ultima volta.

Arya lo osservò incerta andarsene via da lei, con l'espressione più impassibile che riuscì ad ottenere sul suo volto. Ma dentro di sé sentì un macigno pesante e doloroso che le premeva contro il petto.

Avrebbe voluto richiamarlo, portarlo con sé in battaglia, nella foresta, nella sua tenda, nella sua vita, ovunque. Ma rimase lì ferma. Ricordati di Robb, ricordati di Lyanna.

 

 

**Note dell'autrice: Bentornati a leggere questa storia!! Partiamo subito col parlare di questo capitolo. È stato molto difficile scriverlo, dico emotivamente. La prima parte volevo renderla molto vera e volevo che si sentisse tutto lo spaesamento della nostra Stark. Sansa la implora di tornare da lei a Grande Inverno per poter condividere con lei tutta la solitudine in cui adesso si è ritrovata. Ma Arya come può retrocedere? Non può, semplicemente. Ha troppe responsabilità, non solo verso il popolo del Nord ma anche verso la sua famiglia e verso se stessa.

Quindi “Aegon, fatti da parte che adesso tocca a me!” in sostanza. Troverà un giorno il tempo di vendicarsi veramente per quello che le è stato fatto, ma adesso i Targaryen le servono ed è stata necessaria una minaccia bella e chiara per poter far mettere la testa a posto al re. Avrà delle conseguenze? Certamente...ma non ve le starò a dire certo ora ^^ eheh...

L'ultima parte è stata altrettanto dura, perché insomma mi sono affezionata ad Aerys e fargli ricevere un rifiuto così duro e netto mi ha spezzato il cuore. Non è stato facile nemmeno per Arya, ma come al solito, essendo una Stark, essendo una Regina del Nord, le responsabilità devono venire prima.

Come sempre non trovo altro da dire, se volete discuterne con me, sarò felice di approfondire come al solito il capitolo.

Ringraziamenti: Grazie infinite volte tutti! Questa storia è entrata a far parte delle più popolari della sezione del Trono di Spade e  lo devo a voi!!!

Grazie a edvige_everdeen e 25112000 per aver iniziato a seguire la storia!

 

Alla prossima, ma vi avverto già da ora, forse ci saranno dei ritardi, devo chiudere la sessione estiva e non so quando avrò il tempo di scrivere! Ps. Ci sarà un POV a sorpresa. Sto anche pensando che in realtà non mancheranno poi tanti capitoli alla fine. Cioè per lo meno non un'altra trentina ecco... :O **

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Capitolo 30
*** Maegor ***


Neve, ancora neve.

La regina argentea scrutava con il suo sguardo viola la cascata bianca, fuori dalla finestra opaca della fortezza. Le mura nere di Harrenhal sciolte dal fuoco dei draghi, macchiate da quel candore, si stagliavano per centinaia di metri.

Aveva sentito parlare di quel posto da bambina, un castello enorme, con stanze capaci di accogliere al loro interno più di mille uomini tutti in una volta. La maestosa sala dei cento focolai, così come la cucina grande quanto una piazza da mercato, le stalle che potevano ospitare più di un migliaio di cavalli. Nella sua immaginazione quel luogo era un posto vivo, un centro nevralgico in piena attività, un punto di riferimento importante per tutto il Westeros.

Per Daenerys fu una totale delusione appurare quanto di quella sua idea fosse sbagliato. Harrenhal non era affatto viva, era invece un posto nefasto, silenzioso e cupo, tristemente noto come il rifugio degli spiriti e dei fantasmi.

Un luogo che le metteva i brividi e non solo per il freddo che, nonostante le stanze fossero ben riscaldate dai camini e dalle stufe, si continuava a percepire dai mille spifferi delle pareti crepate.

Arriverò a rimpiangere la desolazione rossa se questo gelo non smetterà di tormentarmi. Si strinse forte alla cappa rinforzata di pelliccia di orso cercando di richiamare a sé tutto il caldo che il suo corpo riusciva ad assorbire.

Era rimasta sola in quella stanza, Aegon stava discutendo con i suoi generali sulle prossime battaglie nella sala al piano di sotto. Lo vedeva, era più nervoso e più supponente del solito, non aveva potuto nemmeno parlargli quella mattina che si era congedato in fretta e malamente da lei. Potrò mai amarlo? Forse un giorno, avrebbe capito quell'uomo così forte e di bell'aspetto, ma con un carattere troppo superbo e viziato. Non era come Khal Drogo, non era la fierezza dell'uomo selvaggio, ricco dei suoi più antichi valori, non sarebbe mai potuto essere come lui.

Si allontanò pensierosa dalla finestra avvicinandosi al loro letto. Giaceva tutte le notti con lui, ma ancora non aveva potuto dargli un figlio. Finchè il sole non sorgerà ad ovest, e non tramonterà ad est. La sua maledizione non glielo avrebbe più permesso, e i Targaryen non avrebbero mai più avuto una discendenza pura come Aegon desiderava. Lei glielo aveva detto, pochi giorni prima di quell'incursione sopra Drogon.

Erano lì stretti, nella branda della loro tenda. Il re era stato preso da uno dei suoi rari momenti di amore nei suoi confronti e lo osservava accarezzarle la nuda pelle al chiarore della candela. “Nostro figlio si chiamerà Maegor come il re crudele, avrà i tuoi capelli argentanti e sarà il sovrano più spietato che il mondo abbia mai conosciuto. Nessuno oserà opporsi a lui, e alla nostra dinastia. Mai più.” Il suo sguardo viola e fiero nel dire quelle parole, avevano toccato Daenerys come una punta di ago in piena pancia. Avrebbe voluto vederlo anche lei un figlio forte così, ma non sarebbe potuto accadere.

“Aegon, una strega mi ha maledetto, non potrò mai avere un figlio.” le parole le erano sgorgate fuori senza che la sua mente avesse potuto mettere un freno alle sue labbra. In un attimo aveva visto l'incertezza del suo re affiorare sul suo volto. Lo aveva visto alzarsi per allontanarsi da lei. Aveva preso silenziosamente la sua solita tunica, color rosso e nero e aveva continuato titubante a fissarla. “Sono solo le sciocchezze da ignorante Dothraki che ti fanno parlare così. Non esistono le maledizioni.” Aveva poi pronunciato, ma con quella sua voce ormai non più tanto sicura di quello che stava dicendo. Daenerys aveva scosso la testa, molto cauta. “Purtroppo non lo sono.”

 

Pensava avesse preso quelle sue parole poco seriamente. Infatti dapprima non le aveva creduto, e le giornate scorrevano come sempre senza che lei notasse qualcosa di diverso in quel suo carattere già difficile. Poi una mattina lo vide sparire insieme al drago, che come aveva fatto a convincerlo a farsi cavalcare lei non lo aveva ancora scoperto, ma sta di fatto che quello che fece dopo quella volta la turbò più di ogni altra cosa.

Aveva bruciato e sterminato non solo Lannister e loro alleati, ma anche Dorniani e uomini del Nord. Aveva cominciato a pensare che fosse stata solo colpa sua e di quella notizia, alla quale Aegon alla fine aveva ceduto nel credere.

Guardò la tunica rossa e nera, abbandonata sopra ad una sedia, gli sfiorò le maniche sempre pensando a quella sera e al nome di un suo figlio mai nato Maegor, quando dal risvolto di tessuto cadde in terra qualcosa di metallico che fece dei piccoli rumori acuti rimbalzando.

Si abbassò per vedere da vicino cosa fosse quell'oggetto tondo e lucente che teneva il re così vicino a lui ed eccola lì, una moneta Braavosiana. I suoi occhi viola si spalancarono dallo stupore, per un attimo confusa, le ritornò in mente cosa fosse esattamente e quale fosse il suo significato. Ora ricordava, ora le fu tutto chiaro. La strinse forte tra le dita e senza altro ormai a cui pensare, uscì dalla sua stanza con un solo obiettivo in mente. Devo trovare Arya Stark.

 

 

Alle armerie tutti si voltarono a guardarla. Era una presenza strana lì in mezzo a tanti uomini intenti ad affilare le proprie armi o ad addestrarsi tra loro. Gli occhi che si posarono su di lei erano impreziositi da piccoli bisbigli e impercettibili inchini al suo passaggio, questo perché lì, la maggior parte dei soldati indaffarati erano uomini del Nord. Così stringendosi sempre più al suo mantello folto e con la testa alta, camminò all'interno di quell'imponente struttura, in cui l'unico rumore che si poteva sentire era il clangore dell'acciaio delle spade, e i colpi di martello. Ancora sguardi diffidenti, altri di apprezzamento, privi di rispetto nei riguardi della sua persona, tutti la osservarono passare. Tutti, tranne lei.

Arya Stark se ne stava seduta in uno sgabello traballate con in mano quella lunga spada di acciaio di Valyria che tanto Aegon le invidiava. Anche lei come gli altri uomini la stava curando come se avesse in mano un gioiello prezioso e sacro. Concentrata com'era con la testa piegata a fissarne la lucentezza e a pulirla da qualsiasi macchia maniacalmente, non la degnò di uno solo sguardo. Daenerys dovette attirare la sua attenzione, schiarendosi la gola fintamente.

Fu a quel punto che la vide alzare leggermente la testa e fissarla con quei suoi occhi stranamente inquietanti. Lei non aveva il colore viola dei Targaryen, né un azzurrino pallido che potesse caratterizzarle lo sguardo, ma da quando era intervenuta dentro la sua tenda per convincerla alla tregua, non poteva fare altro che pensare che quel grigio metallico delle sue iridi fosse più che sufficiente per darle un aspetto particolare.

“Mi ricordo di voi.” le disse improvvisamente Dany, trattenendo lo sguardo violaceo sul suo. “Eravate a Braavos, insieme a Daario Naharis voi venivate a palazzo quasi tutti i giorni.”

Arya sorrise con le labbra serrate, quasi fosse infastidita dal ricordo di quel periodo. “Era l'ora.” pronunciò ironica.

“Eravate troppo impegnata a guardare il vostro scialbo amante, anziché pensare a chi avesse accanto.”

Daenerys aggrottò le sue sopracciglia, irritata dalle sue parole. “Ora so benissimo chi avesse accanto. Eravate un'assassina senza volto. Non è così?” Le si avvicinò decisa ed estrasse da sotto il mantello la moneta che aveva rubato dalla tunica di suo marito. Gliela teneva alta davanti ai suoi occhi ma Arya continuava indisturbata a fissare lei.

“Lo sono ancora, un'assassina, non si smette mai di essere ciò che si è imparato a essere per anni. Dove l'avete presa?” riferendosi al conio in metallo.

“Ce l'aveva Aegon, e sto incominciando a chiedermi perché. Credo abbia ricevuto delle minacce da parte vostra.” affermò sicura. Ci aveva rimuginato per tutto il tragitto dalla sua stanza a lì, fino a che non l'aveva trovata. Perché mai suo marito il re, doveva possedere quella moneta che sapeva potesse solo appartenere ad una persona e quella persona non l'avrebbe data a lui per un favore personale. No, di certo Arya Stark non era in combutta con Aegon per compiere qualche crimine.

“È solo un monito per tenere a freno le mosse azzardate del vostro stupido re.”

“Non vi permettete di insultare così Aegon.” Strinse i pugni con un il tono di voce incrinato dalla rabbia. La vide sbuffare, niente altro. Incredibile era come riuscisse a mantenere il controllo di fronte a lei.

Dopo poco la tensione che la teneva rigida e immobile in piedi davanti ad Arya si sciolse. “Valar Morghulis” le disse improvvisamente. La Regina di ghiaccio la guardò accigliata inizialmente ma poi sorrise, un sorriso così criptico ed ipnotico.

“Valar Dohaeris.”

Dany prese uno sgabello li vicino alla fonderia, lo mise accanto a lei, sedendosi, scrutandola di profilo.

“Voi chi state servendo Arya Stark?” le chiese parlando Valyriano. Voleva essere sicura, voleva capire.

Ma da parte sua non ci fu alcuna esitazione e come se le avesse parlato nella lingua comune, così lei fluentemente e con un Valyriano naturale alle sue orecchie le rispose. “Io servo il mio popolo, Daenerys nata dalla tempesta, a esso devo tutta la mia determinazione.”

La regina argentea ne rimase colpita, adesso sapeva che poteva parlarle tranquillamente senza che nessun altro potesse capire o sentire. Così sempre usando la sua lingua madre continuò a discutere con lei. “Anche io servo il mio popolo, un popolo fatto di figli e figlie che io non potrò mai avere.” abbassò lo sguardo impercettibilmente, vergognandosi un po' di quello che le stava confessando. Ma doveva farlo, doveva farle capire quali fossero sempre state le sue intenzioni.

“Non capisco cosa intendete con questo.” ripose la sua spada nel fodero e terminò così ogni sua azione concentrandosi totalmente su di lei. Intorno a loro, gli uomini del Nord tentarono di ignorarle per non mancare di rispetto alla loro sovrana, ma si vedeva come cercassero inevitabilmente di ascoltare e carpire le loro parole. Purtroppo per loro, nessuno riusciva a parlare perfettamente Valyriano o nessuno così bene da riuscire ad intendere anche le parole appena sussurrate dalle due regine, confuse in quel baccano di acciaio e schiamazzi delle armerie.

“Una maegi mi inflisse un maleficio quando tentai di salvare il mio Khal.” cominciò stendendo la fronte guardandola con intenzione. “Era prima che divenissi regina di Meereen. Queste le sue parole: Quando il sole sorgerà ad Ovest e tramonterà ad Est, quando i mari si asciugheranno e le montagne voleranno via come foglie al vento. Quando il tuo ventre si muoverà ancora e tu porterai un figlio vivo. Allora egli tornerà, e non prima. Da allora io non ho mai potuto generare un figlio. Non sono destinata a diventare madre. Aegon non è destinato a diventare un padre.”

Silenzio. Arya Stark non pronunciò alcuna parola a quelle affermazioni ma la osservò socchiudere la bocca e spostare lo sguardo in un punto imprecisato davanti a lei. Si alzò poco dopo, ancora con quel suo lungo silenzio. Forse stava incominciando a capire quale fossero sempre state le sue intenzioni, fin dall'inizio di quella loro storia. Voltata com'era di spalle non potè più guardarla in volto ma la sentì parlare finalmente sempre in quel suo Valyriano innaturalmente senza alcun accento.

“Aegon non avrà eredi. Lui lo sa? Ma certo che sì.” scosse la testa convincendosi della sua idea, si voltò, la guardò spalancando gli occhi come se avesse avuto un'illuminazione. “Voi glielo avete detto prima che ci raggiungesse. Lo ha saputo e ha pensato bene di approfittare del trambusto dell'imboscata per attaccarci tutti indistintamente. Voleva uccidere Aerys, non ero io il suo obbiettivo. Anche se, già che c'era avrà pensato che qualche uomo del Nord in meno non sarebbe stato un male.”

Incredibile...lo ha capito. Sì lo aveva fatto, aveva visto fuoriuscire dalle labbra della ragazza Stark quella verità che non avrebbe potuto rivelarle apertamente. Ma non era tutto, a questo punto doveva riuscire ad ammettere tutto su quella sua profonda idea, una semplice idea che aveva preso piede fin da quando i suoi due nipoti si erano presentati a lei.

“Sì. Mi dispiace, io non pensavo potesse compiere un simile atto abominevole, non pensavo potesse arrivare a pensare di uccidere Aerys.” sospirò malinconica. “Ero sicura che Aegon non fosse un uomo adatto per diventare il re dei sette regni” continuò sempre sentendosi addosso quel macigno che l'aveva spinta a tenere nascosto tutto quello. “La discendenza gli dava quel diritto, però io potevo scegliere. Avevo almeno una scelta, Arya...”

“Quale?” ma appena quella domanda fu posta dalla Regina di ghiaccio, trovò risposta nel silenzio stranamente intimidito di Daenerys, così lei capì ancora, senza che lei spiegasse nulla. “Aerys, la sua discendenza. Avete lasciato che lui potesse continuare la stirpe dei Targaryen, mentre Aegon, un uomo, un re, che non stimate non avrebbe avuto questo diritto.”

A quelle parole, finalmente si sentì libera. Libera di non dover più tenere quel suo piano tutto per sé. Era folle, questo era vero, ma lei non avrebbe mai permesso che non si attuasse. Ora doveva arrivare la parte più difficile da confidarle, e ancora come se quel piccolo momento di sollievo fosse sparito di nuovo, una pressione le schiacciò la pancia.

“Geskr Aerys lotun tash, Arya.”* pronunciò sospirando nel suo Alto Valyriano.

La ragazza lupo rimase in un silenzio di marmo. Ma poté sentire come se dentro sé si stessero contorcendosele le budella. Qualcosa a cui Dany non aveva pensato, forse anche lei era già arrivata a quella conclusione prima di lei.

“Avete detto di servire il Nord, di desiderarlo libero e indipendente. Ma voi siete una regina e se volete che tutto questo possa accadere, dovrete stargli lontano.”

Gli occhi di Arya si strinsero in una fessura, la mandibola le si irrigidì. “Non avreste dovuto avvertirmi. So benissimo da sola quale sia il mio compito.”

L'aveva offesa, ma d'altronde era stato inevitabile, come poteva non poterle dire liberamente quello che aveva sempre pensato e sospettato. Non riuscì più a pronunciare altro. Si alzò in piedi con il mento alto, fissandola negli occhi e poi sentendosi ancora addosso l'attenzioni di tutti gli uomini presenti se ne tornò all'esterno dell'armeria.

 

 

                                                                                                     **

 

 

 

A Yara Greyjoy,

Chiedo udienza immediata con voi. Raggiungetemi nel nostro avamposto ad Harrenhal il prima possibile.

Arya Stark, Regina e Protettrice del Nord.

 

Guardò quel pezzo di pergamena con la bocca spalancata nel mentre che il coppiere le versava del vino. D'improvviso, la fame le era svanita. Continuava silenziosa incredula, a fissare quelle parole, ignorando l'odore speziato e fumante della sua cena.

“Devi solo mettere la firma e il tuo sigillo.” intervenne Tyrion. Era seduto con Arya lì accanto nello stesso tavolo, e lui non sembrava affatto aver perso l'appetito dato che si stava gustando piacevolmente il pudding di montone da poco servito.

La ragazza non gli concesse nemmeno uno sguardo. “Sei impazzito per caso?”

Lo sentì masticare tranquillo il suo boccone e con lenta quiete si sciacquò poi la bocca con del vino. “No. Ma mi chiedo se sia tu quella ad essere impazzita ultimamente.”

Si voltò, trattenendosi nell'urlare qualche insulto spiacevole con rabbia e provò a stare al suo gioco. Mostrando la stessa finta calma. “Perchè? Cosa ho fatto per essere così disperata per chiedere aiuto ai Greyjoy, sentiamo!”

“Niente. Non hai fatto niente.”

Si guardarono in silenzio dopo la sua frase e Tyrion alzò le sopracciglia con supponenza. Arya non parlò. Serrò la bocca in un volto indurito.

“Non hai fatto niente quando i Lannister hanno massacrato i tuoi uomini e non hai mosso un dito quando anche i Targaryen lo hanno fatto.” Continuò tranquillo osservandola. “In più, da quando siamo arrivati qui ad Harrenhal da due settimane, oltre a chiedere aiuto a tuo cugino Robin Arryn non ti sei minimamente preoccupata di come poter affrontare un assedio alla capitale.”

A quel punto la rabbia le scivolò tra le dita e sbatté violentemente la mano nel tavolo schiacciando quella pergamena. Il coppiere li osservò titubante, incerto se poter ancora restare ad assistere o se congedarsi rispettosamente.

“Secondo te pianificare un assedio, organizzare le truppe, preparare le armi e la cavalleria è fare niente?” gli urlò addosso. “E la tua soluzione a tutti i miei problemi sarebbe inviare aiuto a quegli infami dei Greyjoy?”

Tyrion posò il suo bicchiere, chiamò il ragazzo coppiere con un gesto e si fece portare via il piatto della cena. Era come se stavolta volesse essere immune di fronte alla sua sua testardaggine. “Basta Arya.”

Lei spalancò la bocca e sgranò gli occhi. “Cosa?”

“Manderai quella lettera a Yara Greyjoy e la smetterai di fare l'orgogliosa ostinata.” alzò una mano zittendola dato che stava per replicare nuovamente. “Non è il momento di pensare alla vendetta e alla rabbia. È il momento di usare la testa. I Targaryen hanno una flotta mentre tu non hai niente. Ci ho pensato bene e uno dei modi per prendere Approdo del Re è poterla attaccare sia via terra che via mare. Ma Arya, non puoi permetterti di lasciare che metà dell'opera sia compiuta da Aegon e da Doran Martell. Quindi hai bisogno della flotta dei Greyjoy.”

Si alzò improvvisamente da tavola e lei lo osservò con astio. “Non guardarmi così, non è colpa mia se siamo arrivati a questo punto. Non dimenticare che se Doran viene a sapere della tresca segreta di Aerys Targaryen potrebbe anche rinunciare a dargli la flotta.”

Arya spalancò gli occhi a quella frase. “Non c'è nessuna tresca. Ho chiuso con i sentimentalismi.” affermò sicura, ma Tyrion fece una smorfia. “Ne sei certa?” le passò una penna e visto che continuava a non volerla prendere in mano l'appoggiò accanto alla pergamena. “Dicono che Yara Greyjoy abbia un'inclinazione per le donne, chissà magari puoi provare anche con lei.” rise ironico.

“Non è affatto divertente.”

“No, non deve esserlo. Per questo ho deciso che se non cerchi di prendere la loro flotta, io me ne andrò.”

 

*Traduzione dal Valyriano: “Aerys prova qualcosa per voi, Arya.”

 

 

**Note dell'autrice: Eccoci qua, prima di quanto previsto. Sono riuscita a chiudere la sessione di luglio e a completare questo complesso capitolo.

Partiamo dall'inizio, Daenerys e il suo piano. Già vi avevo accennato al fatto che anche la nostra regina dei draghi avesse un piano, molto complesso ma fattibile. Lei ha un solo obiettivo in mente. Far continuare la dinastia ad Aerys perché se lo merita a differenza di Aegon, e a questo Dany aveva già pensato appena scoperto di non essere sola al mondo ma di avere due nipoti. Per questo sebbene più testardo e superbo lei aveva scelto il primogenito per il matrimonio, perché lei non potrà mai più avere figli.

Ora riguardo la serie o i libri, non so se questo potrà mai accadere ma qui è così. Aegon sa del suo destino, e allora vi chiederete come mai non la lasci o non sposi qualcun altro. Beh insomma stiamo parlando di Daenerys Targaryen, gli immacolati sono suoi, il drago è ancora suo fino a prova contraria, tutti gli uomini del suo esercito sono fedeli a lei. Nell'eventualità che Aegon provi a lasciarla per così dire, perderebbe non pochi alleati.

Aerys ancora non sa niente di tutto questo e non sa che quell'attacco con il drago compiuto da suo fratello era proprio per lui.

Se avete delle domande, dubbi o opinioni su questa parte non esitate a chiedere.

Altra cosa Dany si fida di Arya, sa che anche lei ha un ruolo importante per il suo popolo, per questo l'avverte. Pensate un po' a cosa potrebbe accadere se Aerys finisse seriamente con Arya, la lotta di indipendenza del Nord non avrebbe più senso e questo lei lo ha capito benissimo.

POV Arya. Tyrion come sempre cerca di metterle un po' di sale in zucca. Perché sì ok provare odio verso i Greyjoy ma le servono. Non può ragionare più come un'assassina vendicativa, deve pensare come una regina, avere delle strategie.

Quindi....ne vederemo delle belle.

Colgo l'occasione per dire che ad agosto non sarà facile scrivere, sono in vacanza e forse ci sarà un altro capitolo e poi una bella pausa fino a settembre :( mi dispiace. Ora comunque ci penso su. Anche perché i capitoli si fanno sempre più complessi e ho bisogno di testa e di tempo per poterli scrivere al meglio.

Ringraziamenti: grazie a blu_bea per avermi inserito tra le preferite e a Armidia per aver iniziato a seguire ^^

Ultima considerazione: a volte capita che qualcuno smetta di seguire. Ci sta è una long, che a volte può non rispecchiare le aspettative. Però sarebbe bello ricevere comunque un'opinione, una ragione per la quale si è deciso di smettere. Anche in messaggio privato, per capire cosa non va e cosa va. L'ho detto e ripetuto mille volte che sono aperta alle critiche e non mangio nessuno :D

Alla prossima gente!!!( ho scritto anche troppo) **

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Capitolo 31
*** Fuoco e sangue ***


 

Era oramai passata una settimana e stranamente avevano attraversato i territori oltre Harrenhal indisturbati. Le terre isolate ricoperte qua e là dagli ultimi residui di neve, villaggi desolati abbandonati, distrutti e dati alle fiamme. Tutto di quel paesaggio gridava guerra in arrivo.

Possibile che ci stiano tenendo un'altra trappola. Rimuginò Aerys. Erano giunti in prossimità dei confini delle vaste foreste che delimitavano l'area di dominio di Approdo del re. Lui e i suoi tremila uomini.

Forse avranno paura di un altro intervento con il drago. Il silenzio di quelle radure gli metteva i brividi, e muoversi avanti e indietro per quei territori con il suo battaglione non avrebbe avuto più un senso se fossero improvvisamente stati scoperti.

“Groleo vieni qui.” chiamò il generale di quei soldati dorniani e lui ubbidiente, si distaccò con il cavallo dagli altri.

“Mio signore. Pare che le sentinelle non abbiano ancora avvistato niente.” lo informò ma Aerys scrutò l'orizzonte attento con gli occhi semi chiusi a fessura, per scorgere in lontananza anche il minimo movimento.

“Dovremo andare in avanscoperta noi. Sono stufo di stare ad aspettare. Cosa c'è al di là di questa radura?”

Il generale lo osservò per un attimo titubante, non sapendo ancora quali fossero le intenzioni del suo principe. “Vostra grazia, al di là di questo campo d'erba ci aspettano altre foreste e qualche villaggio disseminato nel sentiero, fino ad arrivare alla strada del re.” spiegò ancora incerto.

Aerys annuì, ma quello che gli frullava in quel momento in testa non aveva preso ancora bene una forma precisa.

Si voltò verso i primi dorniani dietro di lui. “Se non ci vedrete tornare indietro prima dell'arrivo della notte, vi ordino di venire a cercarci.” comandò imperante e uno dei cavaliere annuì. “Sì, vostra maestà!”

“Andiamo.” disse poi Aerys a Groleo, e con il cavallo grigio prese il sentiero che lo avrebbe condotto oltre quel manto infinito di erba.

Alla fine era stato un bene andarsene dal resto dell'esercito di suo fratello, Daenerys glielo aveva detto molto chiaramente, che sarebbe stato utile per lui cambiare aria, specialmente dopo quello che era capitato proprio con Aegon. Se avesse anche solo lontanamente sospettato quello che lui provava per la Regina di ghiaccio avrebbe cercato di ucciderla. Che cosa provo però realmente per lei? Non lo sapeva ancora con certezza, e dopo averla vista comportarsi così freddamente nei suoi confronti non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato un così duro colpo per lui. Per lo meno quella sua missione sarebbe stata una valida distrazione.

Se Doran Martell fosse venuto a conoscenza di una sua possibile debolezza nei confronti di Arya Stark, non sarebbe più stato incline a perorare la loro causa. Forse era meglio così alla fine, quel suo atteggiamento era stato come uno schiaffo in pieno volto, che lo aveva riportato alla realtà. Lui non avrebbe mai potuto scegliere.

Accanto al suo cavallo, silenzioso ma attento il comandante dei Dorniani lo seguiva ubbidiente. All'improvviso sentirono dei rumori in lontananza e si fermarono entrambi di colpo. “Sarebbe saggio lasciare i cavalli qui, vostra grazia e andare a vedere più cautamente.” parlò Groleo a bassa voce, come se qualcuno nei paraggi potesse sentirli.

“D'accordo.” fece Aerys scendendo dal suo destriero, e lo precedette incamminandosi in quella che sembrava essere l'inizio di una fitta boscaglia. La luce di colpo sembrò affievolirsi molto, tanto folte erano le fronde in alto degli alberi, e procedettero nel più totale silenzio. Solo il vento portò con sé ancora echi e rumori provenienti da una zona che sembrava essere nascosta internamente. Aerys si voltò a guardare il comandante e gli fece cenno indicando davanti a lui. Groleo annuì ed entrambi estrassero le loro spade.

Facendo attenzione a calpestare con meno rumore possibile arbusti o foglie, si presentò presto di fronte a loro un primo insieme di tende. Fecero appena in tempo a nascondersi alla meglio dietro dei tronchi spessi di albero che videro fuoriuscire da una di quelle degli uomini in armatura.

Il Drago moro ne osservò bene i simboli, erano stemmi e colori di casate alleate dei Tyrell e dei Lannister. Si erano nascosti bene nel fitto di quella foresta oscura e impenetrabile nonostante avessero un esercito ben numeroso. Era stato un buon nascondiglio almeno fino a che Aerys non li aveva scoperti.

Comunicarono tra loro due a gesti uno di fronte all'altro. Il comandante aveva un'espressione seria, preoccupata, mentre cercava di far intendere al principe che era meglio andarsene al più presto da lì se non volevano essere scoperti.

Ma Aerys, come se non avesse capito dai cenni e dalle mute parole che boccheggiavano dalle labbra del suo compagno, si acquattò furtivo e procedette all'interno dei confini di quell'accampamento. Groleo cercò di seguirlo sempre tenendo con sé una considerevole dose di preoccupazione, ma con il volto concentrato osservò il suo sovrano entrare dentro una di quelle tende rosse e oro.

Una volta assicuratosi della mancanza di uno qualsiasi dei soldati dei nemici, Aerys iniziò a curiosare lì intorno, perlustrando ogni centimetro.

“Mio signore, cosa volete fare?” chiese il dorniano una volta raggiunto il suo principe.

“Voglio trovare informazioni. Sulle truppe, sul numero dei soldati. Voglio sapere se da qui in avanti troveremo altri avamposti che ci ostacoleranno il passaggio verso Approdo del re.” rispose quasi distrattamente nel frattempo che era impegnato a rovistare in uno dei contenitori che si trovavano sopra ad una scrivania.

Sentì dietro di lui Groleo seguirlo nei gesti, vedendolo di tanto in tanto controllare anche lui gli oggetti più strani, in cerca di chissà quale notizia.

“Principe Aerys guardate.” lo richiamò, e quando il drago ebbe modo di voltarsi per osservarlo, notò che in mano stava tenendo qualcosa. Gli si avvicinò velocemente strappandogli di mano quella pergamena giallastra. “Questo è il simbolo della banca di Braavos.” constatò passando con il pollice sopra i contorni ruvidi del marchio grigio e rotto di quel foglio.

Srotolò quello che sembrava essere un resoconto dei costi di forniture militari.

“La banca di Braavos sta appoggiando l'esercito nemico?” Lo sentì chiedere quasi ingenuamente.

“No Groleo, i banchieri appoggiano chiunque possa dare indietro loro del denaro. Ma la cosa curiosa non è questa.” rispose scrollando la testa. “Ma questa, guarda. Cento mila dragoni d'oro, per allestimento della flotta e per rinforzo delle difese militari.” indicò uno dei punti interessanti e il comandante lo osservò attentamente.

“Rinforzo militare? Non significherà forse che hanno ingaggiato anche mercenari per difendersi dall'assedio ad Approdo del Re?” ma il dorniano sapeva già la risposta ancor prima di aver posto quella domanda.

“La flotta dei Tyrell è stata sconfitta sotto Capo tempesta da quella di Doran Martell, e il fatto che abbiano bisogno di soldati di fortuna per l'esercito significa solo che non possiedono poi così tanti alfieri per ostacolare il nostro attacco.” pronunciò Aerys sicuro delle sue deduzioni. “Adesso dobbiamo solo capire se sono stati collocati altri avamposti. Vieni andiamo, troveremo forse qualcosa una volta sbarazzatoci di tutti questi uomini.”

Era necessario tornare in fretta a dove aveva lasciato l'esercito per poter completare le sue ricerche, che fino adesso si erano rilevate piuttosto utili.

Cercarono di uscire da quella tenda, in silenzio proprio come erano entrati ma appena scostarono i lembi del tessuto rossastro, si ritrovarono di fronte cinque uomini con delle frecce incoccate, puntate esattamente verso di loro. Un sesto soldato gli si parò davanti. “Bene, signori, oggi abbiamo un soldato dorniano e uno Targaryen tra noi.” disse agli altri osservando gli stemmi delle armature di Aerys e di Groleo. “Gettate le spade.” gli ordinò e loro due in un attimo inermi fecero cadere le loro armi.

“Sono sicuro che avranno voglia di far una bella chiacchierata con noi. Portateli al centro dell'accampamento.” L'uomo di media statura con il volto sporco di fango ma i capelli rossi stranamente in ordine gli sorrise sottilmente e in quel momento il drago moro, pensò che fossero entrambi spacciati, ma aveva sempre qualcosa che poteva volgere a suo favore. Non sanno chi sono, pensano solo che io sia un soldato di pattuglia.

Vennero strattonati così malamente che Aerys quasi inciampò, sempre tenuti sotto tiro dagli alfieri dei Tyrell e dei Lannister.

Attraversarono le tende di quel nascondiglio con gli sguardi divertiti dei soldati nemici. Alcuni di loro iniziarono ad applaudire per schernirli. “Bravi, benvenuti nel nostro accogliente accampamento” ridevano, sghignazzando forte.

Aerys cercò di trattenere la rabbia per non rompere la sua unica speranza di salvarsi. Nemmeno quando un alfiere con l'armatura dei leoni gli si avvicinò per sputargli in pieno volto, lui non reagì.

Vide Groleo accanto camminare lì in mezzo a tanta umiliazione cercando di rimanere ugualmente impassibile.

Con gli occhi pieni di odio e di rammarico per aver preso una decisione che adesso gli sembrava tanto stupida, osservò quello che doveva essere finalmente il centro dell'accampamento. Un cerchio di uomini intorno ad uno spazio vuoto e fangoso, nel quale i due vennero fatti inginocchiare.

Lo stesso uomo rossiccio di prima, adesso con una spada in mano iniziò a camminargli davanti. “Pensavamo di esserci nascosti abbastanza bene, qui in mezzo a questo fitto bosco oscuro. Peccato per voi averci scoperto. Chi siete?”

Groleo guardò di sottecchi il suo principe, ma entrambi rimasero assolutamente muti.

“Non avete forse capito che non rispondendo, non migliorerà la vostra posizione?” parlò l'uomo in piedi, e gli si avvicinò di più. “Ho detto, chi siete?”

“Siamo stati mandati da Harrenhal per pattugliare i dintorni. Siamo semplici soldati di fanteria.” rispose infine Aerys, tenendo lo sguardo fisso su quello del rossiccio di modo da sembrare più convincente possibile. Poi si ricordò che persino quella dimostrazione di spavalderia avrebbe potuto tradirlo. Gli occhi, potrebbe notare il viola nascosto nei miei occhi. Così un attimo dopo riabbassò il capo, fissando umilmente il terreno.

“Cosa dovrebbe risparmiarvi dal non essere uccisi in questo stesso momento?” chiese sempre l'uomo e i soldati intorno che li fissavano incominciarono a mormorare trepidanti, come se non vedessero l'ora di assistere allo scorrere del sangue.

Groleo, rimase sempre in silenzio lasciando che fosse sempre Aerys a parlare di nuovo.

“Possiamo darvi informazioni. Cose che il vostro comandante Kevan Lannister ancora non sa.” le parole ebbero un sapore quasi amaro mentre gli uscirono dalla bocca.

“NO!” sentì urlare Groleo. Aerys lo guardò improvvisamente scuotendo la testa, capendo solo in quel momento che per lui non ci sarebbe stata nessuna possibilità.

“Ebbene il vostro compagno a quanto pare non è molto d'accordo.”sghignazzò e il principe ancora osservando quel cerchio di soldati vide negli occhi di ciascuno di loro l'impazienza. “Ora io mi chiedo, quante persone ci vogliono per avere informazioni?” sibilò il soldato ed Aerys ebbe un sussulto mentre lo osservò alzare la spada. In un attimo pensò che non sarebbe riuscito a sopravvivere, e non avrebbe mai potuto entrare vittorioso ad Approdo del Re. Sarebbe stato ricordato così, come l'eterno secondo, un principe morto come un qualsiasi soldato o alfiere, come prigioniero. L'angoscia gli bloccò la gola, ma vide poi come quel colpo non fosse destinato a lui.

Il rossiccio prese in pieno il collo del suo comandante dorniano, e lo sentì gorgogliare, come un fiume che scorre tra le rocce. Lo osservò con un'espressione di sgomento, mentre dalla folla lì intorno a lui si levò un grido di esultanza. Il corpo di Groleo cadde in avanti non appena il soldato estrasse la spada tutta insanguinata.

Aerys cominciò a respirare forte con la bocca socchiusa, come se avesse appena affrontato una corsa in salita, gli occhi annebbiati incantati a fissare in basso, la mente confusa che cercava di riorganizzare i pensieri inutilmente. Poi il freddo del metallo ancora sporco del rosso sangue gli toccò il mento. Il soldato Lannister gli appoggiò la spada sotto la testa, costingendolo a ritornare alla realtà. Gli si avvicinò quasi inginocchiandosigli davanti “Avanti parla adesso, nessuno ti interromperà più. Bada bene di avere informazioni utili altrimenti il tuo corpo si accascerà accanto a quello del tuo compagno. Se quello che dirai sarà soddisfacente, potremmo anche pensare di tenerti come prigioniero.” lo guardò fissandolo con la bocca a pochi centrimentri dalla sua, tanto che Aerys ne percepì il profondo odore marcio e acido tipico di chi beve sempre troppo vino.

Quali informazioni avrebbe potuto dare perché fossero credibili e utili nella mente di un Lannister? Doveva inventare, perché da quando aveva lasciato suo fratello Aegon e Daenerys non era riuscito più a sapere nient'altro sulle loro mosse future. Tanto meno poteva immaginare quali fossero state quelle di Arya Stark che aveva finito col non rivolgergli nemmeno uno sguardo da quello che era successo. Inoltre doveva trovare qualcosa che fosse in grado di alimentare la curiosità di quegli uomini, di modo tale da poter giungere fino all'arrivo della notte, sperando in un attacco improvviso del suo esercito. Ma come poteva sapere quando era finalmente arrivato il tramonto se dagli alberi sopra di loro, non si percepiva la minima luce solare.

“Si stanno organizzando per un assedio ad Approdo del Re sia per via terra che per via mare.” tentò di tastare il terreno, cercando di capire quanto effettivamente quegli alfieri dei Leoni sapevano.

Vide la mano del rossiccio stringersi in un pugno che Aerys temette potesse giungergli in pieno volto, ma poi quello si alzò cominciando a vagare di fronte a lui.

“Queste sono cose che già sappiamo, sarebbero queste le informazioni di cui Kevan Lannister non è a conoscenza? Sappiamo già che la flotta di Doran Martell si sta avvicinando.”

“No aspetta!” provò con un tono fintamente disperato e convincente. “Non ci saranno solo i Martell.”

Adesso aveva attirato tutta la sua curiosità, lo vide, lo stupore e l'espressione di sorpresa che distese i lineamenti sporchi del suo interrogatore. “Di chi stai parlando?”

Chi? Già di chi sto parlando? Si chiese provando a ricollegare tutto quello che aveva sentito, captato in quelle settimane nell'esercito del Nord. Chi è ancora che non è entrato in guerra e a cui Arya non vuole ancora chiedere aiuto? Chi ha una flotta abbastanza consistente da potersi permettere un assedio?

“I Greyjoy!” esclamò convinto più parlando con se stesso che rivolgendosi alle persone lì intorno ad osservarlo.

“Ah i Greyjoy” fece eco ironicamente il soldato rosso. “Quei voltaggabana non sono mai scesi in guerra per nessuno perchè dovrebbero farlo per voi?”

“Hanno stretto un'alleanza con la Regina Stark, questo è quello che so.” rispose sempre sicuro osservando velocemente in alto, sperando di vedere la luce del sole scomparsa ormai dalla volta celeste, ma le cime degli alberi gli preclusero questa soddisfazione.

“Aspetta un momento Meryn!” una voce di un uomo nascosto dal cerchio di soldati si levò nell'improvviso silenzio e tutti si voltarono a guardarlo. Aveva anche lui l'armatura tipica di un alfiere Lannister, con quei colori rossi e oro che si incontravano nel grigio del metallo.

Anche l'interrogatore Meryn lo osservò, mentre Aerys trattenne per un attimo lo sguardo ancora oltre le fronde per scorgere anche il minimo segno dell'arrivo della notte. “Cosa c'è Arthon?”

Arthon Gardall, si fece strada tra gli altri soldati avvicinandosi al principe ancora inginocchio. Lo osservò da vicino e Aerys ebbe un brivido improvviso, una sensazione strana, il presagio che non fosse più al sicuro sotto copertura.

“So chi è questo qui!” disse infine indicandolo e guardando il rosso. “Questo è Aerys Targaryen!”

Quando quel nome fu pronunciato tutti, nessuno escluso, cominciarono a parlare come a voler dire la sua. Non c'era più il silenzio.

NO pensò il drago moro e trattenne il fiato in attesa.

“Come fai ad esserne certo?” prese a parlare sopra il vociare degli altri, il soldato Meryn il rosso.

“L'ho visto nei pressi del Tridente.”

No, non è possibile.

“Stavo pattugliando insieme ai miei uomini le sue sponde quando quei bastardi dei dorniani ci hanno attaccato.”

No.

“Al loro comando c'era questo qui che ordinava di ucciderci tutti. Ma non sono riusciti ad uccidere me. Mi hanno infilzato con la spada sono caduto a terra, sono solo svenuto grazie agli Dei.”

Impossibile, dovevano essere tutti morti!

“Mi sono risvegliato poco dopo e con i sensi ancora in disordine ma stando bene attento a non farmi beccare, ho sentito quelli là chiamarlo principe Aerys. Ne sono altamente sicuro. É lui!” finì quella frase e il silenzio tornò all'improvviso, poi come per ripareggiare i conti, sferrò un pugno al prigioniero ormai smascherato in ginocchio, che perdendo l'equilibrio anche per le gambe ormai indolenzite dalla posizione, cadde di lato.

“Fermo! Se è veramente chi dici che sia, dobbiamo portarlo immediatamente da Kevan Lannister!” lo rimproverò allarmato Meryn, preoccupato adesso per le sue condizioni di salute.

Aerys con ora la faccia pulsante di dolore caldo rimase ancora un secondo in ginocchio, poi ripresosi dalla botta sputò con tutto il disgusto che potè sul volto di Arthon. “Avrei dovuto bruciarvi tutti!” sprezzante oltre la sua logica, perse a quel punto ogni tipo di pensiero che gli aveva imposto la calma di fronte all'umiliazione fino a quel momento, e si alzò in piedi, davanti al soldato con la faccia coperta ora dalla sua saliva vischiosa. Questo lo stava guardando con un odio profondo con la mano sull'impugnatura nella spada, mentre gli altri intorno li osservavano attoniti. Solo Meryn il rosso si avvicinò svelto al suo compagno bloccandogli il braccio.

“Ti ho detto che deve essere portato da Kevan Lannister incolume!” gli diede uno strattone allontanandolo da Aerys.

“E tu cosa pensavi di fare? Combattere a mani nude? Molto regale e molto stupido da parte tua.”

Ma il principe lo guardò furioso, come se si fosse scatenato un inferno dentro di lui. Per un attimo vide negli occhi del suo interrogatore il timore e la paura, che solo lo sguardo truce e fisso di Aerys sapeva provocare in certe situazioni. “Portatelo in una tenda.” Ordinò Meryn dopo poco, quasi incerto. Due uomini lo bloccarono per le braccia, che lui teneva rigide ai lati del corpo. Lo strattonarono con forza, cercando di farlo muovere, ma Aerys sembrò una roccia. “Avanti spostati, adesso sei un nostro prezioso prigioniero!” disse con adesso più sicurezza il rosso, ma lui non si sbloccò, continuandolo a fissare con astio.

Poi all'improvviso la terra sotto di loro parve iniziare a tremare perché tutti gli uomini dell'accampamento si agitarono irrequieti. Da lontano tutti sentirono arrivare delle urla di battaglia, gli zoccoli di cavalli al galoppo pronti alla carica, rami spezzati, spade che venivano sguainate, acciaio che attraversava le foglie e le fronde più basse, scudi che picchiavano strusciando contro i tronchi, corni che suonavano sempre più forte.

Senza che nessuno potesse prepararsi al peggio l'intera cavalleria di Aerys Targaryen invase di schianto l'accampamento dei Lannister travolgendo tutto quello che si fosse trovato nel loro cammino.

Il principe vide i primi uomini sbalzati dall'impatto con quei destrieri lanciati a grande velocità, macellati dalle spade, trafitti dalle lance dei suoi dorniani. Accadde tutto in un attimo come se un fiume avesse rotto gli argini e avesse straripato così i suoi uomini invasero quel piccolo angolo di foresta.

Arthon non ebbe modo di vedere dietro sé un cavallo alla carica che lo prese in piena testa, schiacciandolo poi con tutto il suo peso, riducendolo di fatto ad un corpo con della poltiglia.

Meryn invece non si accorse che Aerys aveva trovato il tempo in quel trambusto improvviso di trovare una spada. Così in un attimo gli attraversò il collo proprio come lui aveva fatto con Groleo e lo fece cadere a terra senza vita guardandolo soddisfatto.

A quel punto nella dispersione più totale, dove cavalli e uomini si intrecciavano e si affrontavano, lui iniziò a vagare, scontrandosi con gli alfieri nemici, uccidendoli senza pietà. Tutta l'umiliazione che aveva dovuto subire, gli stava ora muovendo una rabbia incontrollata. Li avrebbe finiti senza dare loro la possibilità di sopravvivere come Arthon era riuscito a fare a Delta delle Acque.

Sicuro di non voler lasciare nessun uomo illeso, affondava con voracità quella spada fino all'elsa, e poi ripetutamente pugnalava chi gli si parava davanti, in pieno volto.

Concentrato nella sua personale vendetta non sentì sopra di lui un violento sbattere di ali. Cosa che invece altri soldati percepirono.

“Mio signore!” lo chiamò uno dei suoi, ed Aerys dovette fermarsi per dargli ascolto. “Avete udito? Sembrerebbe il drago di vostro fratello.”

Quella frase in un altro momento sarebbe costata cara al dorniano, avendo sottolineato il fatto che Drogon appartenesse ad Aegon, ma fu distratto invece da un ruggito particolare, come se ci fosse stato un eco a ripeterlo.

“Non è Drogon.” affermò con voce greve e ancora quel suono si ripresentò. Ma non era solo un unico rumore terrificante. Erano due. Due uno dopo l'altro a farsi compagnia, così come gli sbattiti delle ali, erano troppo violenti per appartenere ad un solo animale. “Sono due draghi.”

Il mondo sotto le fronde si fermò. Tutti gli uomini ancora in vita alzarono la testa attirati da quell'avvicinamento insolito, e poi di nuovo, il panico si diffuse, prendendo possesso anche dei cavalli e dei soldati del suo esercito quando due figure gigantesche abbatterono sopra di loro i rami, scoprendo il cielo ormai notturno.

I due draghi, Viseryon e Rhaegal, Aerys non li aveva mai visti ma li riconobbe subito non appena atterrarono lì in mezzo alla gente in fuga. Lui invece rimase lì a fissarli incantato. Non sentì niente in quel momento, né l'uomo dorniano di prima che cercava di smuoverlo, né le urla degli altri che venivano bruciati dalle fiamme che sputavano quelle creature.

Tutto nella sua testa si fermò, il suo respiro si affievolì, le sue braccia si rilassarono lungo i fianchi e le sue mani lasciarono scivolare via la spada, mentre i suoi piedi rimasero come incollati al terreno. Sentì solo il calore bruciante dell'incendio divampato lì nel bosco intorno a loro. Uomini e animali che emettevano suoni spaventosi, una volta divenuti delle fiaccole in movimento.

Una forza sovrannaturale gli impediva di muovere le gambe, trattenendolo davanti a quelle maestose creature in avvicinamento. Riuscì solo a distinguere le squame lisce luccicanti per le fiamme che vi si riflettevano, fino che Viseryon il drago dorato spalancò la bocca, e sentì il fuoco vivo avvolgerlo completamente.

 

 

 

 

 

 

 

**Note dell'autrice: POV Aerys, il nostro preferito :D

Bene eccomi qui dopo una meritata vacanza. Sono riuscita a completare il capitolo giusto prima della fine della settimana.

Questo è uno dei miei capitoli preferiti, le situazioni con Aerys rappresentano sempre una bella sfida per me.

Allora...Aerys il curioso, è riuscito a scoprire che l'esercito nemico non è poi così fornito come pensavano che fosse. Ci sono mercenari tra di loro e sarà dunque ancora più facile prevedere una loro sconfitta.

Aerys e le sue supposizioni tanto giuste. Sì Arya cercherà di chiedere aiuto ai Greyjoy, ma ancora non sappiamo se accetteranno o meno un'alleanza. 

Quello che però forse interesserà sapere a tutti voi è l'ultima parte. Il tanto attesissimo ingresso degli altri due draghi. Come avranno fatto ad arrivare? Bene, Aerys una volta in un capitolo più indietro spiegò ad Arya che sarebbero stati presto attirati dalle guerre che si sarebbero combattute, sono arrivati proprio lì vicino a dove si trovano Drogon e Daenerys perché il loro legame non si è mai realmente spezzato. Ora, bisogna vedere se il nostro principe riuscirà a cavarsela, o se ne uscirà fuori un bel arrosto di Targaryen. ^^

"Avrei dovuto bruciarvi tutti!" eccoti accontetato Aerys. Per saperne di più dovrete aspettare settembre. Eh sì, dopo aver visto la scarsa attenzione che ha interessato l'ultimo capitolo, ho capito che sarebbe stato meglio mettere tutto in pausa. Sono capitoli estremante importanti e sarebbe un peccato se non ricevessero il giusto riscontro. Ma capisco che è estate, fa caldo e siamo tutti in vacanza, benissimo!

Detto questo. Come al solito dopo aver scritto così tanti avvenimenti mi ritrovo senza nient'altro da dire quindi ne discuterò con voi ben volentieri.

Ringraziamenti: con questo caldo e la voglia di mare, grazie a chi trova piacevole leggere la storia come un vero e proprio passatempo :D

Grazie a Yekatarina per aver inserito la storia tra le preferite!

Alla prossima, a settembre, buone vacanze!!!!!!

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Capitolo 32
*** Ritorno ***


Il fantasma di Harrenhal era da sempre stato lei. Un'entità misteriosa che sia nell'oscurità della notte sia nelle ombre del sole di mezzogiorno, aveva incusso timore anche nelle menti più fredde e misurate degli alfieri dei Lannister. La realtà era che Jaquen H'ghar faceva tutto il gioco sporco in sua vece. Lei era solo quella che pronunciava i tre nomi dell'odio di quel momento, nient'altro. Ora le piaceva pensare che essere tornata lì con Spettro fosse un segno, il destino aveva voluto che riprendesse ciò che di diritto era suo. La fama di spirito vendicativo le apparteneva più che mai, ed entrare nella mente di quel lupo albino era diventata un'abitudine. Girovagava con quelle zampe lunghe e bianche, leggere e silenziose tra le mura di quella fortezza decaduta da tempo, con lo sguardo rosso sempre attento, e sebbene molti di quei soldati fossero abituati alla vista di quella creatura, c'era ancora chi vedendolo provava la paura più pura, che lei riusciva a fiutare con estrema facilità.

Finì un giorno per dimenticare di essere nel corpo del metalupo, tramutandosi ancora una volta come un fantasma che vaga irrequieto nel castello. Non era solita entrare dentro nei corridoi sui quali si affacciavano le stanze degli uomini dei Targaryen, ma quella mattina finì per mettere le zampe nell'ingresso umido e freddo di uno di quegli alloggi. Con quel suo naso percepì subito un forte odore di incenso che intrise presto l'aria costringendola a indietreggiare tanto le dava fastidio, poi un sussurro appena pronunciato attirò la sua attenzione. Con dei movimenti guardinghi e miti si avvicinò alla stanza della Regina Daenerys e lì quel sussurro si fece più forte.

“Non ci sono molti sopravvissuti.” captò quelle parole in Valyriano stretto che amaramente pronunciò la voce candida della donna. Si affacciò appena osservandola seduta di fronte al camino scoppiettante. Un'ombra alta e corpulenta appartenente al re oscurò per un attimo la luce provenire dall'interno. Lo sentì sospirare rumorosamente. “Allora è vero che li hanno visti apparire?”

Dany annuì. “L'intera foresta è andata in fiamme. Non ci è giunta nessuna notizia di Aerys.”

Aegon abbassò la testa con aria stanca, sbuffando. Aveva una preoccupazione in volto che rifletteva i dubbi della sua regina. Perdere il fratello per lui non sarebbe stato un grosso peso, ma perdere migliaia di Dorniani, quello si che sarebbe stato un guaio, sopratutto in vista della guerra più importante.

“Ho visto Drogon partire stamani all'alba, è andato dai suoi fratelli.” continuò con una cadenza laconica Daenerys.

“Dovremmo raggiungerlo, così scopriremo che fine ha fatto Aerys.”

“Vuoi lasciare Harrhanal e portarti dietro tutti gli uomini?”

“Se devo proprio dirti la verità, non ho mai avuto nessuna intenzione di stare qui in attesa insieme a quei lupi. In attesa di cosa poi? Di un avviso, un messaggio? Da parte di quello stupido di mio fratello che si è fatto uccidere molto probabilmente.” la rabbia, mista ad una certa soddisfazione, sfumò dalle parole del re, e Arya vide attraverso gli occhi di quel metalupo, la regina argentea sobbalzare. “Come puoi dire questo? Aerys non era...non è stupido. Sono certa che abbia trovato una soluzione per sfuggire al massacro.” i suoi occhi viola brillavano di una speranza cieca di fronte a quel focolare caldo e dalle fiamme frenetiche.

Aegon sogghignò. “Vorrei poter vedere la stessa preoccupazione velare i tuoi occhi, anche quando si tratta di me.”

Non la lasciò ribattere, tanto che lei rimase a bocca aperta, priva di commenti, quando il re si voltò per andarsene.

Ci fu un attimo in cui rimase tra il perplesso e il disgustato quando vide la figura albina del metalupo appena dietro l'angolo, mentre Spettro silenzioso come sempre lo fissava. Arya lo stava fissando, sfidandolo attraverso quel rosso sangue dei suoi occhi. Aegon zittito dall'improvviso incontro attirò l'attenzione di Daenerys che alzatasi dalla sedia lo raggiunse all'esterno della stanza. “Pensi che ci abbia sentito?” domandò la regina quasi sussurrando. L'uomo la guardò sbalordito. “Sei impazzita per caso? È solo una bestia, cosa può aver capito?” Allungò una mano spavaldo facendo gesti all'animale. “Sparisci!” gli intimò, ma Spettro non si mosse di un passo e rimase impassibile.

“Sparisci ho detto!” ripetè con ancora più forza il re.

“Basta smetti!” lo afferrò per il braccio Dany che cercava di calmarlo inutilmente.

Spettro a quel punto, mosso dalla volontà di Arya fece un passo verso di lui, fermo e calmo. Aegon come un codardo che grida senza poter nuocere veramente, si fece indietro lasciando che fosse Daenerys a doversela vedere con quella bestia.

“Perdonalo ti prego” pronunciò dolce. Era come quando parlava con Drogon, solo lei riusciva a farsi capire realmente da quelle creature mitiche.

Il lupo ovviamente non disse niente, ma nello sguardo sprigionò tutta la sua paziente comprensione nei confronti della regina, fino a che non voltò le spalle ad entrambi e svanì nel buio del corridoio.

 

 

 

Quando Arya scese nel cortile principale quella sera, le luci delle fiaccole dell'esercito in partenza illuminavano tutto come se fosse giorno. Sembravano tutti in preda dell'urgenza, tanto erano veloci i loro movimenti nel sistemare i cavalli e i carri sui quali riponevano le loro cose.

Evidentemente Aegon aveva fretta di incontrare questi due draghi che dicevano si fossero fatti vivi all'estremità della Strada del Re.

Chissà se riusciranno a ritrovare Aerys. Sgranocchiò una mela appoggiandosi al muro del loggiato osservando apparentemente quieta quella scena, ma dentro di sé nascose una leggera fitta che le stava punzecchiando lo stomaco, come se ci fosse qualcosa in quel pensiero che non le andasse bene. L'ultima volta che aveva visto il principe Targaryen non si era accomiatata da lui con gentilezza, e davvero in quel momento non le era importato. L'unica cosa che contava realmente era allontanarlo da lei, da quello che le stava facendo senza rimorsi e senza ripensamenti. Eppure ripensando a quegli occhi blu tristi e malinconici il dolce succo della mela, assunse improvvisamente un tono molto amaro nella sua bocca.

CRUNCH, affondò i denti nella polpa e un rigagnolo le bagnò il mento. Avvertì la presenza improvvisa di Tyrion farsi strada dietro di lei per affiancarla.

“Questa storia ha dell'incredibile non trovi? Proprio ora che stiamo per entrare in battaglia contro Approdo del re, ecco che spuntano i due draghi perduti della regina. Devo ammetterlo, il tempismo è schiavo dei Targaryen.”

Arya si pulì la faccia con il dorso della mano prima di poter rispondere.

“Sembri quasi deluso da questa notizia. Pensavo ti piacessero i draghi.”

L'amico ricambiò il suo sguardo scrollando le spalle. “A volte desiderare troppo una cosa, vuol dire esserne sommersi. Un po' come quando ti viene voglia di pudding alle noci, ne mangi in quantità e poi non ne puoi più, ti viene quasi da vomitare.”

“Sono tre draghi, e sono più utili di un dolce alle noci. Forse sono la nostra speranza di vittoria.” sospirò e mise in bocca anche l'ultimo pezzo di mela.

“Non puoi più fare affidamento sui Targaryen. Non dopo quello che è successo. Aegon non mi piace, ha la stessa prontezza mentale di Joffrey, quando si tratta di fare qualcosa di stupido.”

Arya sorrise a quella constatazione. Nel frattempo già metà degli immacolati e dei Dorniani stava mettendosi in ordinate file per poter poi lentamente uscire dalle mura di Harrenhal.

In cima a tutti all'imboccatura del primo portone principale, si era piazzato Aegon Targaryen con la sua armatura dai colori rossi e neri sgargianti. Anche da lontano non si poteva non notare l'impazienza che lo agitava da sopra il destriero.

“Se il principe Aerys non è riuscito a sopravvivere a quell'inferno di fuoco...” continuò Tyrion, e Arya sussultò leggermente a quella frase. “Dovremmo a quel punto avere a che fare con Aegon, contrastato solamente dall'infinita pazienza di Daenerys.”

La ragazza lupo non disse nulla, continuò fingendo indifferenza a scrutare davanti a sé, come fosse concentrata a contare gli uomini in partenza. Tyrion sogghignò a denti stretti osservandola mascherare con insuccesso l'interesse che invece provava per quella faccenda.

“Beh, un Targaryen in meno non è certo la nostra preoccupazione principale, non trovi?” disse infine Arya con un malizioso sorriso.

“No, infatti. Abbiamo altro a cui pensare. Vieni andiamo, sai che siamo attesi nella sala dell'est.”

La sala dell'est a cui si riferiva Tyrion era una saletta, piccola ma accogliente che si trovava al secondo piano, per l'appunto all'estremo est di quel labirinto di muri e corridoi. Era lontano da quel trambusto che i signori dei draghi avevano generato e lontano da qualsiasi altra distrazione. Una stanza perfetta per poter parlare di affari indisturbati, ed è lì che avrebbero ricevuto Yara Greyjoy quella sera.

Prima che potesse voltare le spalle per seguire l'amico che già aveva intrapreso la salita della scalinata che portava al piano superiore, Arya notò la figura argentata della Regina Daenerys avanzare a cavallo verso il portone esterno. Non seppe come né perché ma in quel momento desiderò che si voltasse verso di lei per farle un cenno o anche solo un assenso con il capo, per rassicurarla che l'avrebbe avvertita per qualsiasi cosa avessero scoperto. Invece, il suo volto non si mostrò lasciando ad Arya la vista della sua chioma ondeggiante sopra il destriero fino a che si confuse con gli altri oltre le mura.

 

 

Yara Greyjoy non era certo una donna che si potesse immaginare. Non aveva un fisico femminile, né un volto bello roseo, ma macchiato dal sole, contornato da capelli posticci rovinati dal sale del mare e dal vento delle isole di ferro. I suoi occhi piccoli e di un impercettibile blu la stavano osservando con un'attenzione tutta nuova, come se ritrovarsi davanti una ragazza così giovane come Arya Stark, Regina del Nord, fosse l'unica cosa curiosa che avesse visto in tutta la sua vita.

Accanto a lei, c'era chi invece era impegnato a non incrociare il suo sguardo, Theon Greyjoy. Capo chino e mani dietro la schiena, intimorito o rispettoso quale fosse la sua intenzione, la sua sola presenza lì non aveva fatto che irritare Arya non appena entrata nella sala dell'est. Nemmeno Tyrion sembrò entusiasta all'idea di ritrovarselo davanti per le trattative, come se potesse complicare o rovinare tutto.

“Grazie per aver ricevuto la nostra richiesta Lady Greyjoy ed essere venuta qui.” intervenì subito Tyrion rompendo il silenzio surreale che si era frapposto tra i quattro.

“La lettera l'ho ricevuta da Lady Stark, non da voi...” rispose rimanendo con la faccia interrogativa Yara, cercando di ricordare quale fosse il nome del nano.

“Tyrion Lannister.” Concluse con una voce stranamente solida e forte suo fratello. Alzò a malapena gli occhi verso di lui sempre attento a non sfidare Arya che non appena sentì le sue parole, lo fulminò.

“E io sono la regina Stark, non una Lady qualsiasi. Che ci fa lui qui? Pensavo di aver richiesto la vostra sola presenza.”

“Mio fratello è il mio consigliere, ho ritenuto giusto farlo venire per assistermi, come Lord Tyrion fa con voi.” nella sua voce non c'era la minima traccia di insicurezza. Uno sguardo talmente fiero e privo di ogni malizia li scrutava da quei piccoli occhi blu.

Tyrion annuì, sorridendo sardonico. “Un consigliere piuttosto taciturno. Non sembravi tanto privo di parole e opinioni quando mi vedesti per la prima volta a Grande Inverno, Theon Greyjoy. Eri un giovane spocchioso con la testa sempre alta e le spalle protette da Ned Stark. Che fine ha fatto la tua lingua? Ramsay ti ha tagliato via anche quella?”

Arya rise leggermente osservando Yara con la faccia stralunata. Non capiva ancora quali fossero le sue intenzioni, perché mai avesse accettato con tanta leggerezza quell'invito, e come sopratutto aveva pensato di portarsi dietro quell'uomo a cui aveva risparmiato la vita, ma che tanto odiava da non sopportarne la vista.

“Ho imparato molto negli anni. A come tacere e riflettere. Ma sopratutto ho imparato quale sia la mia reale posizione, Lannister.” rispose guardandolo diritto negli occhi, con una sicurezza che non osava intrattenere con Arya.

“Avresti dovuto imparare prima tutte queste cose. È grazie a me che ora ti ritrovi qui in piedi a parlare e questo di fatto ti rende per l'ennesima volta debitore di uno Stark. Il problema che mi pongo però, è che dare fiducia a te è come regalarla ad un vecchio ladro.” Ora dentro di lei non c'era più la ragazzina vendicativa e collerica, si sentì decisa come una vera regina e per la prima volta Theon la guardò negli occhi. Acquoso, era sempre quello lo sguardo che le riservava. Pietoso.

“Non sarò mai in grado di ripagare gli infiniti debiti che ho verso di voi o verso la vostra famiglia, e non vi chiedo di porre fiducia nella mia persona. Ma se avete bisogno dei Greyjoy, Yara, mia sorella è la donna più leale che esista, su di questo credetemi non avrò mai alcun dubbio.”

La discussione sembrò cadere così, com'era nata, tra un sorriso ironico di Arya alla Lady Greyjoy e uno sbuffo di Tyrion che scrollò le spalle. “È evidente che questa è l'era delle donne. Se gli uomini sono rappresentati solo da nani ed eunuchi...”

“Regina, se mi spigate il motivo della vostra richiesta, io cercherò di fare il possibile per aiutarvi.” riprese a parlare Yara.

“Ovvio che lo farete, siete stati isolati, sia commercialmente che politicamente, non vi rimane molto.”

Tyrion la guardò male cercando di incitarla al chiarimento e non ad una nuova discussione.

“Ebbene...” continuò lei sospirando. “La guerra ad Approdo del Re a cui ci stiamo avvicinando richiede una certa supremazia navale. Cosa della quale attualmente sono sprovvista.”

Yara la stava ascoltando con molto interesse e il suo amico, finalmente la guardò soddisfatto.

“La flotta di Doran Martell è molto forte, sta avanzando lungo la costa orientale riportando una vittoria dopo l'altra. Purtroppo, non è sotto il mio comando, ma segue le direttive del re e della regina Targaryen. Come Regina di un regno indipendente non posso permettermi di fare affidamento su delle forze esterne al mio controllo. Per questo vi chiedo, quante navi avete a disposizione?”

Lady Greyjoy le sorrise. “Novantasette, con tutti uomini validi a governarle.” compiaciuta dalla sua risposta la osservò sicura, ma fu Tyrion a sbuffare.

“La casa Lannister e Tyrell ne conta quasi il quadruplo.”

Yara incrociò le braccia sopra il petto, stizzita da quell'affermazione, e al suo posto Theon ribattè guardando sia lui, che Arya.

“Una sola nave delle Isole di ferro ne vale dieci di quelle delle altre flotte. La nostra esperienza in fatto di mare non ha eguali.”

Perché deve sempre rispondere. Si irrigidì ancora al suono della sua voce, e lo ignorò continuando a parlare con la donna di fronte a lei.

“Novantasette navi sono più che sufficienti. Se sarete disposta a metterle sotto il mio comando, naturalmente sarete voi a dirigerle. Gli uomini di ferro sono rozzi, ma per lo meno sono in grado di seguire il loro leader. Prima di rispondere lasciate che vi ponga alcune condizioni...” Ancora una volta Yara la guardò interrogandosi con uno sguardo tutto curioso nei suoi confronti.

“Condizioni?”

“Sì, condizioni. Innanzitutto, quale che sarà il risultato finale, al termine di questa guerra riprenderete a commerciare con il Nord se lo vorrete e se gli altri Lords lo accetteranno, ma non con Grande Inverno. La casa degli Stark non avrà più alcun rapporto con voi. Questo ci porta alla seconda condizione. Io sono la vostra Regina ora, in guerra, ma quando tutto sarà finito, le Isole di ferro non entreranno a far parte del nostro regno.”

La donna la guardò sconcertata e con la bocca socchiusa, stava per rispondere ma Arya continuò. “Sì sarete indipendenti. O se vorrete, potrete inginocchiarvi alla regina Daenerys, per quanto mi riguarda, non saranno affari miei.”

Le navi le servivano, doveva affrontare quella guerra armata con tutto ciò che poteva, ma non riusciva a sopportare l'idea di dover vedere ancora un Greyjoy gironzolare per il Nord tranquillo e beato.

“Mi sembra una richiesta più che ragionevole mia Regina.” Yara le allungò la mano pronta a stringere l'accordo con lei, ma la ragazza non si mosse e la squadrò ferma. “Non ho finito. Le mie non sono richieste, ma condizioni, che se non verranno rispettate saranno pagate a caro prezzo. L'ultima è più un avvertimento.”

Ci fu una pausa nella quale si sentì Tyrion come trattenere il fiato e Theon balzò con lo sguardo tra lei e sua sorella.

“ Se un uomo di ferro, mettendo piede nelle terre del Nord si proclamerà padrone anche di un solo misero sasso, la casata dei Greyjoy verrà estinta.”

Ancora silenzio e Yara sempre con la mano a mezz'aria sorrise. Un sorriso largo e rassicurante, come se avesse capito tutto di quella ragazza, una regina con cui era meglio mettere pace anziché guerra.

Arya si avvicinò ed energicamente ricambiò la stretta di mano. Poi d'improvviso il volto sicuro della Lady Greyjoy scomparve e si fece più serio. “A questo punto, vostra altezza, c'è una cosa che mio fratello deve dirvi.”

La regina staccò velocemente la mano dalla donna e tornò indietro con un volto quasi indignato. Tyrion accanto a lei spalancò la bocca.

“Cosa?” pronunciò Arya, insicura, sospettosa, come se avesse improvvisamente paura che Theon muovesse la lingua per parlare.

Lo guardò mentre lentamente portò le mani davanti a lui incrociandole come a pregare qualcuno, infine deglutì piano e alzò i suoi occhi verso di lei.

“Quando anni fa presi Grande Inverno, feci cose terribili ai suoi abitanti. Arrivai ad uccidere anche ser Rodrick per arroganza.”

“Theon, smetti!” perché lo stava facendo, perché davanti a lei rivangava un passato che avrebbe potuto compromettere la sua vita e persino la neonata alleanza, ma lui non si fermò e inginocchiandosi davanti a lei i suoi occhi cominciarono a piangere.

“No, vi prego ascoltatemi! Ti prego Arya ascoltami. Feci appendere i corpi di due ragazzini, dopo averli uccisi e bruciati per renderli irriconoscibili.”

BASTA, erano Bran e Rickon, tu li hai uccisi!”

“No, non erano loro, erano i figli di un contadino e io li spacciai per loro, ma non so come i tuoi fratelli riuscirono a fuggire durante la notte, non li ho mai ritrovati, nessuno li ha mai ritrovati.”

Il silenzio, la faccia sconcertata di Tyrion, Yara che la guardava comprensiva, il suo cuore che batteva come un tamburo rimbombandole in testa, le mani che improvvisamente cominciarono a tremare, la voce che le uscì fuori con un lieve sussurro.

Come?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sansa,

le parole che sto per scriverti ti faranno perdere la ragione. So che dovrei avere più cura e cautela nel rivelartele, ma la fretta e gli impegni uccidono ogni mio riguardo.

Bran e Rickon sono vivi. Sono qui, nel mondo da qualche parte. I nostri fratelli sono ancora vivi!

Ti prego di prendere queste parole per vere e non perdere altro tempo nel chiederti il come e il perché.

Manda qualcuno sulle loro tracce, fa qualcosa, dobbiamo ritrovarli e riportarli a Grande Inverno. Se lo riterrai necessario manda Brienne e Podrick. Sono riusciti a ritrovare me.

Con affetto,

Arya.

 

 

 

 

 

Non riuscì a prendere sonno quella notte. Si rigirò tra le lenzuola così tante volte da ritrovarsi intrappolata al letto, incastrata.

Scostò tutto, infastidita, e stanca si alzò girovagando e sbuffando. Spettro la osservò con la testa inclinata stranito, ma sempre in silenzio e rispettoso.

Avrebbe voluto essere lei a dover ritrovare i suoi fratelli. Il suo posto era lassù con loro, non lì, in mezzo ad una fortezza all'estremo sud del continente. Sono una regina e sono in guerra.

Quelle parole se le ripeteva da un'ora ormai ma non facevano altro che aumentarle l'insofferenza. Bran, avrebbe dovuto esserci lui al suo posto. Lui era di diritto il re adesso. Uno storpio, non può guidare un esercito in battaglia, non può combattere.

Rickon, e Rickon, chissà che aspetto aveva ora. Un uomo alto, rossiccio, se lo immaginava così sempre con quell'aria selvaggia e ribelle nello sguardo.

Non posso...doveva rimanere lì, aveva promesso a se stessa e ai suoi uomini che sarebbe rimasta fino alla fine per guidarli e vincere, perché doveva vincere così da poter ritornare finalmente a casa un giorno.

Se ne andò improvvisamente dalla stanza, lasciando Spettro che aveva ripreso a sonnecchiare, stufo forse di osservarla fare avani e indietro.

Scalza come sempre camminava a contatto con quel pavimento freddo e umido, guidata dalla sua voglia di pace e anche dalla fame. Svoltò per molti corridoi prima di poter arrivare nella sala da pranzo che era stata riservata solo a lei, ma era vuota senza un briciolo di pane nei paraggi.

Il suo sguardo vagò per tutti gli angoli fino a che non si posò in una pallina accartocciata accanto al candelabro. Gli si avvicinò cauta come se dovesse essere scoperta a far rumore nel cuore della notte, quando tutto fuori era silenzio e neve che cadeva dal cielo.

Era un piccolo pezzo di carta che a malapena riuscì a ridistendere, ma una volta aperto la scrittura le fu chiara.

 

A. è vivo.

D.

 

 

 

“Ti ho svegliato nel cuore della notte è vero, ma non devi necessariamente tenere quella faccia scura con me.”

Appena letto quel messaggio, Arya era corsa in camera di Tyrion che a differenza sua dormiva meglio di un sasso, e l'aveva trascinato giù nelle stalle con forza.

“Prendi è un avviso da dare a tutti i Lords domani mattina, appena si saranno levati.” tese la mano con la pergamena e lui la guardò storto.

“Non potevi farlo direttamente tu?” rispose con la voce impastata, ma con un tono stizzito.

“Sto andando dai Targaryen, non posso...” lasciò in sospeso quella frase e di tutta fretta preparò il suo cavallo. Tyrion la guardò stralunato.

“Cosa devi fare? Ti hanno per caso scritto un messaggio con una richiesta di aiuto? Ah no aspetta...non credo proprio. Credo che questo abbia a che fare più con il principe o mi sbaglio?”

La osservò salire in sella con un balzo. “Domani mattina dai quel messaggio ai Lords, per favore.” gli sorrise e senza aggiungere altro partì al galoppo oltre le mura di Harrenhal.

 

Quando arrivò al campo che avevano provvisoriamente installato i signori dei Draghi, era ormai l'alba. Nessuno in vista, tutti ancora dormivano placidi dentro le loro tende. La luce fredda del mattino illuminò tutto intorno un paesaggio devastato, arido, con roghi di fiamme ancora visibili. La neve ovviamente, lì dove prima era alta anche più di un metro, non c'era, più lasciato il posto a della terra bruciata, che puzzava di morte e braciere.

Da sopra il cavallo tutto ciò che poteva vedere erano tende e fumo nero. Ma nel cielo si nascondeva ben altro. Due figure, quasi delle minuscole nuvole, volteggiavano in alto controllando quella che ora era la loro terra. Anche così da lontano potè riconoscerne i colori, il nero di Drogon e il verde smeraldo di Rhaegal, di cui tanto aveva sentito parlare.

La mancanza dell'ultimo drago la mise in agitazione e con gli occhi tentò invano di rintracciarlo nel blu e nel rosa del cielo, e mentre era lì attenta e concentrata si sentì arrivare da dietro una fortissima folata di vento. Il cavallo la disarcionò partendo senza preavviso in una disperata fuga e lei si ritrovò con la schiena per terra. Dolorante, svelta si rialzò in piedi e quello che si trovò davanti la lasciò senza fiato né parole.

Viserion la osservava con una calma e una profondità che non avrebbe saputo riconoscere in nessun'altra creatura, tranne che in Spettro. Respirò piano e cauta abbassò lo sguardo evitando quel contatto visivo singolare, e indietreggiò con il cuore che le batteva all'impazzata. Il drago non si mosse, ma rimase fermo e solido sulle sue quattro maestose zampe.

“Non ti attaccherà a meno che non ti riterrà pericolosa.” quella voce inconfondibile, con il solito familiare tono sardonico le fece sollevare il volto e così osservò Aerys Targaryen scendere dal drago con un elmo nuovo sopra la testa. “A lui non importa molto della distinzione nemico o alleato.” continuò guardandola.

Arya sorrise sentendosi felice e serena, con la mente libera priva di altri pensieri, quegli stessi pensieri che l'avevano attanagliata nei giorni successivi a quello che era accaduto tra loro.

“Credo di aver già sentito questo avvertimento. Anzi credo di averlo pronunciato io stessa.”

Lo vide ricambiare quel sorriso e lo guardò mentre con entrambe le mani si tolse l'elmo, fu allora che Arya con la spontaneità di cui fu capace, rise.

“Ti sembra un atteggiamento rispettoso da tenere nei confronti del signore dei Draghi?” la canzonò sempre con lo sguardo divertito.

“Sei completamente calvo...”

“Già, è quello che ti capita quando esci indenne da un inferno di fuoco.”

Arya tornò seria e gli si avvicinò. “I Greyjoy metteranno la loro flotta sotto il mio comando.”

“Lo immaginavo.” i suoi occhi si erano fatti ancora più luminosi, ora che nessun tipo di capello contornava il suo viso.

La battaglia era vicina, e Arya si sentì invadere da una nuova forza. I suoi fratelli erano vivi da qualche parte, Aerys era vivo e avevano a disposizione tre Draghi per l'assedio ad Approdo del Re.

“La guerra, quella decisiva, sta per cominciare.” pronunciò guardandolo sicura.

“Ti senti pronta?”

Sorrise di nuovo, questa volta, le uscì un sorriso più caldo e complice. “Adesso sì.”

 

 

 

 

 

**Nota dell'autrice: CIAO!!!!!!!! Bentornati, che bello pubblicare di nuovo un capitolo su questo sito, ne sentivo la mancanza.

Le vacanze, almeno per me sono ufficialmente finite e ora incominciano i guai ;D

Bene parliamo subito brevemente del capitolo: c'eravamo lasciati giustamente con un bel cliffhanger, ed eccoci tornati con mille situazioni, che culminano tutte nella fase prima della grande battaglia. Eh già perché dal prossimo inizierà la lunga sequenza ad Approdo del Re...ma basta anticipazioni! Aerys è sopravvissuto, e Viserion (Che lasciatemi dire ancora non ho capito se si scriva Viserion, Vyserion, Viseryon.) dopo avergli buttato addosso fuoco e fiamme lo ha infine ritenuto degno, e così il nostra principe è riuscito a cavalcarlo.

Sì purtroppo è privo di capelli, ma era normale sopratutto perché anche Dany nel libro lo è ogni volta che entra in una pira di fuoco.

Se la scena dell'incontro con Yara vi sembra di averla già vista, ebbene sì ho preso spunto da quella accaduta realmente nella serie tv, solo che al posto di Dany troviamo Arya, che è decisamente meno propensa a fare accordi con i Greyjoy.

Arya è diventata forte sicura, così sicura che si riapre ad Aerys che temeva in fondo di aver perduto.

 

Devo fare alcune scuse in generale. In questo mese ho riletto un po' qua e là alcuni capitoli e sono diventata rossa per la vergogna di alcuni errori che ci ho trovato, a volte tempi verbali a caso o frasi disconnesse. Ho corretto dove ho visto e potuto, ma vi prometto che finita la storia ci ripasserò sopra più attentamente per togliere quelle oscenità.

vorrei ringraziarvi tutti ancora perché nonostante le vacanze la storia ha ricevuto un sacco di visite e mi ha fatto molto piacere e ancora di più mi ha invogliato a tornare a scrivere!

Grazie a Rottlaika per aver inserito le storie tra le ricordate.

 

Mi dispiace dirvi che non saranno molto puntuali le pubblicazioni come lo erano prima, tra gli impegni che mi soffocano e tra la storia che richiede sempre più accuratezza, temo che impiegherò più tempo per scrivere. Ma come al solito non temete, non finirà nel 2020. :D

Alla prossima, un bacio a tutti!

VALAR MORGHULIS**

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Capitolo 34
*** Mare (33) ***


[DA qui in poi ci saranno problemi con la numerazione dei capitoli. Seguite l'ordine che vi do io. ]

CAPITOLO 33

 

Scese da cavallo e si massaggiò le gambe doloranti dopo mezza giornata di viaggio.

Aveva seguito i Lords e cavalieri del Nord verso la costa orientale, dove finalmente, dopo settimane di attesa era giunta la flotta dei Greyjoy. Aveva rivisto il mare dopo mesi sulla terra ferma. Mosso, agitato dal vento e con le onde alte impenetrabili, dove le navi delle isole di ferro dondolavano senza un freno e subito gli era salito il suo solito senso di nausea che l'accompagnava ad ogni viaggio in mare aperto.

Delle piccole tende che resistevano alle raffiche del vento, davano alloggio a quei pochi uomini sbarcati dalle scialuppe. Insieme a Lord Grave e Lord Mormont, si fece strada nell'insidiose dune di sabbia in cui con non poca fatica riuscì camminare.

Le sue gambette arcuate procedettero incerte fino ad arrivare davanti a quella che sembrava essere la tenda di Lady Yara, con due uomini corpulenti davanti a fare da guardia. Vedendolo passare lo squadrarono con un certo disgusto come se sulle loro isole non si fosse mai visto un nano. Entrò solo lui mentre i due Lords si attardarono al di fuori osservando le varie navi.

“Lord Tyrion, è un piacere rivedervi.” lo accolse con una voce sorprendentemente compiaciuta la donna di ferro. Di Theon questa volta non c'era traccia. Era sola all'interno di quel piccolo spazio riparato dal vento. “Mi aspettavo di vedere la regina Stark.”

“Ha deciso di rimanere con il re e la regina Targaryen per preparare al meglio il piano d'assedio. Di fatti sono qui solo come portavoce.”

“Siete qui per contare le navi? Per vedere se sono realmente novantasette?” rise tra i denti Yara.

“Non dubiterei mai della parola di un Greyjoy, non dopo le chiare difficoltà in cui siete incappati in questi anni.”

Ci fu un breve silenzio, e la donna lo guardò con un occhio più attento e serio, come se si fosse accorta solo in quel momento di chi si trattasse.

“Quindi Lord Lannister, quali sarebbero le disposizioni per la battaglia?”

“Raggiungerete la flotta Martell, e insieme vi disporrete nelle acque di fronte alla capitale. Fra tre giorni dovrete essere pronti ad attaccare dopo aver ricevuto il segnale dal re Targaryen.”

Una fortissima scossa di vento si abbatté nella piccola tenda e Tyrion si distrasse per un secondo ad osservare i lembi di stoffa che si agitavano incontrollati.

“Quale sarà questo segnale che dovremmo attendere?” richiamò la sua attenzione la Lady.

Il Lord Lannister scosse le spalle. “Un grosso drago in volo, suppongo.”

La vide alzare il mento perplessa, preoccupata, come se l'idea di vedere un drago, anzì tre, le mettesse più agitazione di un imminente assedio. “Ebbene se quello che dite è vero, dovremmo raggiungere immediatamente la flotta Matell, con questo vento riusciremo ad arrivare anche in meno di tre giorni.”

Fece per andarsene, ma prima di uscire dalla sua tende si voltò nuovamente verso di lui. “Perchè vi ha mandato fino qui per riferirmi un messaggio così semplice? Avrebbe potuto risparmiare tempo, inviandomi un corvo.”

A quel punto Tyrion sospirò, poi la guardò sorridendole, sicuro che lo stupore avrebbe nuovamente fatto capolino nell'espressione di Yara Greyjoy.

“Rimarrò con voi. Ecco perché.”

 

 **

 

 

Stavano sempre insieme. Ogni volta che li vedeva, si sorridevano e di nascosto come a stare attenti che nessuno li osservasse, si davano dei piccoli baci. Veloci, furtivi, silenziosi.

Li aveva già scorti più di una volta, uscire dalla tenda di uno o dell'altra, in fretta, con le vesti raffazzonate, alle prime luci dell'alba, a volte anche prima che il sole sorgesse, quando ancora nessuno se ne stava a girovagare nell'accampamento.

Ma lui era sempre lì.

La battaglia che stava per arrivare, e anche solo l'idea di dover mettere di nuovo piede ad Approdo del re dopo tutti quegli anni, gli toglieva il sonno e sempre meno era il tempo che passava nel suo letto e più quello che lo vedeva in giro camminando solitario. Si ritrovava a pensare al viso di suo fratello, se avesse avuto la possibilità di rivederlo ancora una volta, che cosa gli avrebbe detto?

Gli avrebbe chiesto scusa per essere stato un patricida e lui lo avrebbe mai perdonato? Lo aveva sicuramente odiato e detestato, ma era pur sempre suo fratello. Jaimie avrebbe capito.

Poi c'era il viso di Cersei. Una strega malvagia il cui volto lo tormentava come un incubo anche quando per quelle poche ore riusciva a chiudere occhio. In quel caso sperava davvero che Arya potesse riuscire a compiere la sua vendetta su di lei, anche se per un attimo avrebbe voluto farlo lui stesso, con le sue stesse mani.

Mille erano i pensieri che lo tenevano occupato nelle sue ore insonni, poi li vedeva. Arya e Aerys, come due amanti segreti.

Avrebbe dovuto essere felice per lei, sicuro che anche così non le sarebbe capitato niente. Lei non aveva cambiato di una virgola il suo atteggiamento. Sembrava che quella nuova ventata di sentimenti che l'aveva avvolta, non l'avesse distratta. Quando parlava con i Lords, quando dava ordini era una vera e propria regina, era Arya come sempre l'aveva vista e conosciuta. Non avrebbe dovuto avere dubbi su di lei.

Ma quando gli capitava di trovarsi per sbaglio ad osservarli, non poteva non avere un tarlo in testa, che scavava con insistenza insinuando timore e preoccupazione.

Doveva vincere una guerra, e adesso aveva acquisito un punto debole, uno di cui Tyrion non avrebbe mai immaginato di doversi occupare. Aerys.

Non sapeva se dovesse o meno parlare dei suoi dubbi con Arya, ma intuiva già anche senza pensarci un attimo che l'avrebbe liquidato con un parola messa male o con uno sguardo che non gli avrebbe permesso di poter proferire altro in sua presenza.

Si era arrovellato il cervello, per ottenere una soluzione per trovare la calma anche di fronte a tanta sicurezza, provava a leggere libri inutilmente, sfogliando le pagine piene di scritte e di nomi, non riuscendo con la testa piena di voci e pensieri a capire neanche una frase di quelle che vedeva.

Decise un giorno che per non avere più così tante titubanze, per lui sarebbe stato meglio allontanarsi. Non assistere e non essere più tormentato.

“Ho insistito io per avere i Greyjoy dalla tua parte, e nessuno migliore di me può affiancarli nelle acque nere. Conosco ogni centimetro di quella sponda e so bene dove poter passare per far breccia nelle mura di Approdo del Re.” la sua voce fu piuttosto convincente, ma Arya in piedi davanti a lui lo guardò accigliata in silenzio.

“E poi...” continuò non sicuro che quello che stava per dire potesse o meno rassicurarla. “Avrai un occhio amico che controlla la flotta.”

La vide aprire la bocca, ma da lì non le uscì nulla. Solo uno sbuffò, poi si voltò dall'altra parte.

“Arya...”

“Hai quasi perso la faccia nella battaglia delle Acque nere.” intervenne alla fine la ragazza.

Tyrion sorrise sollevato da quel suo tono per niente collerico, ma preoccupato.

“All'epoca, ero dalla parte sbagliata.”

“Perché questa volta credi di essere da quella giusta?” gli sorrise sottile osservandolo attentamente.

“Qualsiasi risposta la prenderesti come una presa in giro.” fece una pausa guardandola sereno. “Ma devo ammettere che la presenza di tre draghi mi tranquillizza più di tutto.”

Inaspettatamente quella frase la rese più morbida e così la vide sciogliersi in una risata cristallina. “Che ingrato...sì faresti meglio ad andare con i Greyjoy, so bene quanto tu preferisca il mare alla terra ferma.”

“Odio stare in una nave.” rispose cupo, nonostante avesse capito perfettamente il tono ironico con cui Arya aveva pronunciato quella frase. “Ma è necessario che io vada.”

“Sono d'accordo con te, per una volta.” concluse infine senza tante altre sfumature. “Solo una cosa...”

Questa volta Tyrion non seppe cosa aspettarsi e trattenne il fiato davanti al volto immobile della ragazza.

“Cerca di restare vivo.”

 

 

 

 

La nave delle Tre guerriere era un'imbarcazione solida, costruita con del legno grezzo, ma resistente, marrone scuro, quasi nera e perfettamente modellata per potersi infrangere senza indugio anche nelle più insidiose onde.

Yara gli aveva raccontato che quel nome era stato scelto da lei personalmente, in onore delle tre sorelle del suo bisnonno.

Hela, Gaya e Freya le tre condottiere Greyjoy, leggendarie quanto famosa era la loro tenacia e bravura nel governare navi.

La loro storia era conosciuta in tutto il continente e Tyrion ricordava di aver letto di loro nelle pagine di un libro puzzolente e ingiallito nella biblioteca di Castel Granito, quando ancora i suoi problemi più grandi erano compiacere suo padre e ignorare le perfidie di sua sorella. Le tre Greyjoy al pari della regina Nymeria, erano forti e valorose, combatterono in battaglia sempre unite e sempre insieme, e unite e insieme morirono in una delle guerre più sanguinose che il mare avesse mai visto.

Più ripensava alla famiglia e alle donne di ferro, più guardando Theon, non poteva far altro che chiedersi come un simile personaggio, debole e vile fosse potuto nascere da un lignaggio così alto.

Lo osservava dondolarsi nella prua della nave e fissare l'orizzonte, il suo sguardo vago e incantato trasmetteva solo un sentimento, paura. Perché Yara avesse voluto lui al suo fianco, non lo avrebbe mai compreso, sta di fatto che per non doversi misurare ancora con Tyrion, non gli rivolse mai più di quelle due o tre parole di rito. “Buona giornata” “Oggi il vento è forte, il mare è piatto” e così via.

Tanto in quei momenti il piccolo Lannister aveva ben altro a cui badare. La sua maledetta nausea.

Il primo giorno, il mare gli concesse un intero pomeriggio di calma, ma i due giorni successivi dovette passare la maggior parte del suo tempo fuori, tormentato dal forte mal di stomaco.

“Il mare non è amico dei Lord arricchiti, Lannister.” lo rimbeccò Yara quando lo vide con la faccia sprofondata all'interno di un secchio di fortuna.

“È la natura in generale che non mi è amica, però ho imparato a conviverci, riuscirò a resistere anche a questo.” ma l'aver alzato anche solo per un attimo la testa gli fece affiorare un nuovo conato, così con una smorfia dovette rinunciare a parlare con la donna, tornando a vomitare.

“Sapete qual è il punto debole della flotta nemica?” chiese Yara ignorando lo stato fisico del suo interlocutore, e dato che Tyrion non poté minimamente risponderle continuò lei. “La carena larga e bassa.”

“Come potrebbe essere questo un punto a nostro favore?” riuscì a domandare con una smorfia della bocca e gli occhi socchiusi per non incorrere nuovamente in un altro conato.

“Mi avete rivelato, pochi giorni fa che il problema principale delle Acque nere è la presenza di grosse secche che sono insidiose e nascoste dall'oscurità del mare.”

Tyrion la guardò incantato come se stesse per ricevere un'illuminazione. “Se riuscissimo a portarci sopra le navi della flotta Lannister, potremmo bloccarle.”

La donna di ferro sorrise compiaciuta. “Esattamente, a meno che loro non sappiano dove si trovano queste secche.”

Lui di risposta scrollò la testa. “Non sono mai state documentate a dovere, solo le navi mercantili e i pescatori sanno esattamente dove sono posizionate. Durante una battaglia non credo si preoccupino delle condizioni del mare.” conclusa la frase, fece per tornare con la faccia sprofondata nel secchio, vomitando quello che ancora inspiegabilmente si trovava nel suo stomaco.

“Prendete.” Yara estrasse dalla tasca un mazzo di comunissimi fili di erba verde scuro, che gli porse sicura. “Sono erbe mediche che crescono tra gli scogli delle nostre isole, se masticate sono molto potenti contro il mal di mare. Di solito si usano con i bambini che per la prima volta devono affrontare un lungo viaggio in mare.” con queste ultime parole gli sorrise ironica.

“Avete atteso molto prima di darmele.” allungò la mano afferrando quelle erbette che adesso gli apparivano come qualcosa di sacro.

“Avevo scommesso con gli uomini dell'equipaggio. C'è chi diceva che vi sareste gettato in mare pur di ritornare sulla terra ferma. Io volevo solo vedere quale sarebbe stato il vostro limite, solo ora mi sono resa conto di non volerlo capire affatto.”

 

 

 

**

 

 

 

Anche da lontano, Approdo del re era sempre splendida. Incagliata sulla collina di Aegon si stagliava la Fortezza rossa e da lì come in una grossa scalinata che scende sul basso tutte le case e le magioni, popolate dai più abbienti cittadini. Le alte torri del tempio di Baelor, a malapena riuscì a distinguerle dato il riverbero della luce dell'alba.

Era sì una città degna del nome di capitale, ma Tyrion sapeva bene come dentro potesse apparire disgustosa e marcia.

Da anni non era mai stato a così pochi passi da sua sorella e da Jaimie, e l'effetto che gli fece guardare di nuovo quell'ammasso di case disordinate ma perfettamente sinuose con il paesaggio, fu del tutto strano. Era come se gli fosse tornata improvvisamente la nausea, nonostante le decine e decine di erbette mediche che aveva sapientemente masticato notte e giorno. Si preparò per l'arrivo del vomito avvicinandosi al secchio, ma a quanto pare era solo una sensazione e non un vero e proprio malessere.

“La flotta dei Martell sta arrivando.” gli comunicò Yara accostandosi al bordo della nave. Si alzò anche lui allungando il collo più che poté e da lì la vide. La leggendaria flotta del sud.

Delle vele dorate avanzarono verso di loro, illuminando l'orizzonte, dei soli in movimento che li accecarono momentaneamente la vista. Fila di navi da guerra che sembravano in realtà imbarcazioni di lusso, occuparono in breve tempo la costa a nord di Approdo del Re.

La nave più grande si accostò a poco a poco alla Tre Guerriere, e tre individui si mostrarono sul ponte opposto.

“Chi è il comandante del vostro equipaggio?” chiese uno di questi, un uomo dalla tunica verde e nera, pelle scura come pece e occhi bianchi lucenti.

Osservò Yara portarsi davanti a loro con passo fiero. “Sono io, Yara Greyjoy, comando io queste navi.”

L'altro annuì muovendo il capo. “E io sono l'ammiraglio Vanente Othar e questi al mio fianco sono i generali, Lotus e Fadar Sand.”

Quelli che aveva presentato, erano due gemelli, quasi certamente due bastardi delle nobili famiglie di Dorne, visto il cognome che portavano, avevano due facce pulite, mulatte, con i capelli lunghi neri legati in coda, e delle divise scintillanti, oro e argento.

“Chiediamo di poter parlare con voi comandante Lady Greyjoy.” pronunciò ancora Vanente e con un gesto indicò agli uomini della sua nave di calare un piccolo ponte di collegamento così che lei potesse attraversarlo per raggiungerli.

Yara guardò Tyrion e quest'ultimo sistematosi meglio faccia e capelli, si preparò ad accompagnarla.

“Theon, bada alla nave mentre siamo di là.” chiese imperiosa al fratello, un attimo prima di salire sul pontile stretto di legno che era stato sistemato, e lui annuì due o tre volte prima di risponderle. “Certo, sorella.”

Yara arrivò nella nave dell'ammiraglio Othar con pochi passi, lunghi e decisi, quando poi toccò a Tyrion si sentì improvvisamente il silenzio e non poté fare a meno di constatare quanto tutti lo stessero osservando.

“Lui chi è?” sentì chiedere ad uno dei gemelli Sand.

“Sono Tyrion Lannister.” Riuscì a rispondere e camminare a piccoli passi lungo l'attraversata. Nella nave dei dorniani quel nome scatenò un certo chiacchiericcio e quando arrivò anche lui sulla solida imbarcazione Fadar lo squadrò con insistenza.

“Un Lannister? Pensavo dovessimo uccidere dei leoni non accoglierli”

“Sono il consigliere della regina Stark, e credetemi se lei stessa non ha ritenuto necessario se non strettamente inutile, tagliarmi la testa, potete stare tranquilli e fidarvi di me.” sorrise leggermente beffardo, ma nessuno dei tre uomini si trattenne a rispondergli.

“Venite all'interno, dobbiamo discutere di alcune cose importanti prima di quest'assedio.” Vanente fece strada ai due nuovi arrivati nelle interiora di quella magnifica nave. Se da fuori aveva più l'aspetto di una magione signorile, dentro tutto gli ricordava sfarzo esotico e antico, sapore di frutta matura e dolce, incensi accesi e luce tenue di candele modellate su delle forme eleganti. Si sentì momentaneamente catapultato in un altro mondo, lontano dal freddo del Nord, dal mare insidioso e dalla guerra che per quei mesi lo aveva reso suo malgrado un sopravvissuto.

“E così il Nord è ora un regno indipendente.” esordì l'ammiraglio distraendolo dal suo sguardo incantato verso ogni oggetto presente dentro quella cabina.

“Certamente. Guidato da Arya Stark, la regina e protettrice del Nord.” pronunciò con orgoglio e Yara intervenne. “Ci è stato detto di attendere il segnale del re Aegon Targaryen per poter procedere all'attacco. Abbiamo pensato ad una strategia per poter mettere in ginocchio la flotta nemica e anche ad una via facile per poter far breccia sulle mura di Approdo del re”

Ma Othar sembrava preoccupato ancora della precedente questione, perché non ascoltò una sola parola pronunciata dalla donna e continuò a guardare Tyrion, sereno ma metodico.

“La regina Daenerys e il re non erano d'accordo sull'indipendenza, quando ancora erano a Dorne. Dovevamo combattere contro di voi, e ora eccoci qui a discutere da alleati nella stessa nave.”

“Il Nord è un regno duro e incontrollabile, i vostri sovrani hanno preso la giusta decisione lasciando ad altri il suo dominio.” ribadì il Lord Lannister con insistenza.

“Anche il regno del Sud non è da meno, e a quanto deciso dal nostro Doran Martell, appena il principe Aerys sposerà la principessa Arianne, chiederemo la nostra indipendenza dai sette regni, o meglio sei. Il nostro per così dire, aiuto, non è disinteressato, e per un'azione se ne esige un'altra come pegno. A meno che non ci sia qualche strano impedimento affinché ciò avvenga.”

Il silenzio che calò strinse Tyrion in una morsa, e quei due occhi bianchi come la neve nel nero del suo viso lo trafissero come una lancia in pieno petto. Eppure lui riuscì a rimanere esternamente impassibile fino a che non fu di nuovo la donna di ferro a parlare. “Signori, siamo qui per discutere di guerra non di politica.”

Vanente prese la palla al balzo, sorrise e scoprì nei suoi denti un rubino splendente. “ Mia lady Greyjoy, la guerra è politica.”

Yara sembrò leggermente stizzita da quelle parole e fece una piccola smorfia accompagnata da uno sbuffo poco elegante. Tuttavia nessuno dei presenti dimostrò di voler continuare su quell'argomento e così finalmente Tyrion e la Lady di ferro parlarono del loro piano di attacco.

Vanente e i suoi generali rivelarono di essersi liberati di un consistente numero di navi nemiche nel loro avanzamento verso Nord e che l'idea di intrappolare la flotta nelle secche era un'idea ben pensata.

La seconda parte del piano prevedeva di risalire dalla foce delle Rapide nere e di arrivare fino alla Porta del fiume attraverso il mercato del pesce.

“È la porta più debole di Approdo del re, non ci sono le postazioni necessarie per rispondere ad un assedio, dato che spesso si prevede di respingere la flotta nemica ancora prima che si possa avvicinare alle mura esterne.” intervenì Tyrion nel tono più convincente che possedeva, e così fu deciso. I dorniani avendo le navi più veloci e robuste sarebbero risaliti lungo il fiume, le navi degli uomini di ferro più piccole ma con la carena adatta a passare sopra le secche avrebbero attirato lì la flotta nemica.

 

 

**

 

 

 

 

Quando la sera giunse portò con sé le prime urla, i primi lampi di fuoco, le prime preoccupazioni.

Tutti sulle navi alleate sapevano che l'assedio era già cominciato e calò un surreale silenzio sovrapposto al rumore proveniente dalla terraferma.

Tyrion respirò a fondo, cercando di rintanarsi nella sua parte più razionale e lucida. Era a conoscenza del fatto che il Nord si sarebbe occupato del primo attacco, e di conseguenza anche Arya avrebbe fatto la prima mossa. Quindi sentendo quelle grida di battaglia non lontane da loro, si immaginò la ragazza lupo, regina del Nord combattere con tutta la sua determinazione.

Non era il momento giusto per lasciare spazio ai suoi dubbi, doveva concentrarsi per quello che di lì a poco sarebbe avvenuto anche per loro.

Yara, Theon e l'equipaggio attesero tutti l'inevitabile, con sguardi pronti e fieri, quando dall'altra parte la flotta reale cominciò a disporsi al di sotto delle alte mura. Vanente Othar aveva ragione, non erano molte quelle che erano riuscite a sopravvivere alla falce dorniana ma comunque erano sempre di più di quelle dei Greyjoy messe insieme.

Quando poi all'unisono alzarono gli occhi al cielo, lo spettacolo si fece terrificante. L'immenso drago nero, si era alzato in volo insieme a quello bianco e al fratello verde, e appena sopra le mura della città sputarono fuoco vivo.

Il Lord Lannister osservò delle parti di muro rosso incandescente sciogliersi come burro, ma non ebbe tempo di vedere altro che sentì dietro di lui Yara gridare alla battaglia. “Liberate le ancore, giù quelle vele!”

Era infine giunto il momento, e in un attimo vide avanzare accanto a loro più velocemente, quelle splendide navi dorniane.

“Cercheranno di farle avanzare verso le secche dove noi saremo pronti ad attenderli.” gli spiegò la donna di ferro e poi gli porse un arma a lui tanto familiare. “Tenete, vi servirà quando andremo a combattere sulle loro imbarcazioni.”

Tyrion afferrò saldamente l'ascia che gli era stata donata e capì in quell'istante che avrebbe combattuto dopo anni.

Se fosse stato uno spettatore incosciente, quello che gli si stava presentando davanti agli occhi sarebbe stato altamente stupefacente.

I cannoni del generale Vanente con degli scoppi rimbombarono nella baia colpendo con mirata precisione la flotta nemica, che come poté, rispose con altrettanta aggrressività.

Altre navi si frapposero nel mezzo delle Acque nere e in un attimo non si riuscì più a capire nulla.

Si ricordò improvvisamente quando da piccolo nella spiaggia di Lannisport faceva galleggiare dei giunchi di legno immaginando che fossero delle navi da guerra. Si divertiva a farle affondare, sotto il sottile velo di acqua, quell'immagine si frappose la scena di quel momento. Vide pezzi di legno scaraventati in aria, battelli smembrati precipitare nel buio e urla di disperazione e di forza.

“Arrivano!” gridò qualcuno, e la Lady di ferro diede il segnale affinché tutta la sua flotta si preparasse al piano d'azione.

Tyrion strinse le mani più forte che poté nella presa dell'ascia, come se di lì a poco dovesse affrontare qualcuno.

Le navi che riuscirono a scampare alla violenza di Vanente e generali, vennero costrette ad avanzare verso di loro vicino al mare aperto, e nascoste in quei punti, si sarebbero trovate le secche alleate.

Il mare era una misteriosa tavola nera, che non lasciava intravedere nulla al di sotto della sua superficie, si potevano solo percepire lo le onde che si infrangevano con forza contro la prua.

Quando arrivarono vicino al punto che Tyrion aveva indicato come luogo ideale, Yara fermò le Tre Guerriere e vicino molte altre navi la imitarono. Attesero.

Osservò sullo sfondo ancora una volta Approdo del re in pieno assedio, con i tre draghi in volo. Si chiese per assurdo se mai fossero potuti intervenire insieme a Stannis Baratheon, quando lui si trovava al suo posto, avrebbero mai resistito all'altofuoco?

Secondo le leggende il drago rimane immune a qualsiasi tipo di fuoco, quindi per lui e per la città all'epoca non ci sarebbe stata nessuna speranza di vittoria.

“State pronti con le cime!” gridò ad un certo punto Yara Greyjoy, vedendo ormai le navi Lannister vicine alla loro postazione.

“Le cime?” fece eco sconcertato Tyrion. Dovevano preparare i cannoni, non cime e spade. Ma ancora, prima che lei rispondesse aveva già intuito con orrore quale fosse in realtà il suo piano.

“Bloccati come saranno, sarà facile e divertente affrontarli corpo a corpo.”

Divertente. Solo da Arya avrebbe potuto sentire una parola del genere in riferimento ad un combattimento con le spade.

“Sarà un suicidio.” mormorò di risposta, ma la donna sentì ugualmente la sua lamentela.

“Gli uomini di ferro sono pirati, hanno bisogno di sentire la lama che affonda nella carne. Se volevate stare al calduccio e al sicuro, sareste dovuto andare in una delle navi dei dorniani.”

Non c'era altro da dire, o da fare, come una nuvola che si lascia trasportare dal vento, lui seguì senza più discutere Yara al bordo della Tre guerriere e quando finalmente videro le navi incagliarsi in una delle secche nascoste, un boato scosse la flotta alleata.

Si lanciarono in un loro assedio personale, fatto di navi di legno, rampini, corde, spade e lance.

Dal parapetto, assisté in prima linea alla tecnica di guerra degli uomini di ferro che consisteva essenzialmente nell'avvicinare la nave nemica, bloccarla con cime e corde e passare all'attacco diretto.

La Tre guerriere scelse la sua vittima e si prepararono in un istante ad assaltarla.

Yara aveva ragione. Gli uomini di ferro non erano combattenti comuni, erano predoni e pirati abituati a saccheggiare le coste e le navi dei poveri pescatori. Qualità che in quell'attimo si rivelarono utili. La donna con un abile balzo saltò da un bordo all'altro e così la seguirono altri dopo di lei. Tyrion rimase bloccato, come Theon vicino a lui sul ponte.

Il fiato corto e la bocca aperta con gli occhi sbarrati sulla scena in movimento che gli si propose davanti.

Yara era brava quasi quanto Arya, era meno aggraziata nei movimenti, meno fluida ma aveva una forza e un'aggressività che potevano benissimo essere paragonati a quelle della sua amica.

Poteva leggere nelle facce nemiche l'espressione di paura e di smarrimento, una volta capiti di essere in trappola. Fu un bagno di sangue ma ancora non si diedero per vinti, con le ultime navi a disposizione cominciarono a bersagliare le alleate con i cannoni, e per poco Tyrion non venne sbalzato da un violento urto che colpì la fiancata della loro barca.

Se voglio avere una possibilità devo andare dall'altra parte. Cercando di rimanere sopra il loro ponte insistentemente prima o poi si sarebbe preso una palla di cannone in pieno e per ovviare a questo, prese una cima con una mano che trovò abbandonata vicino a lui e con l'altra strinse forte l'ascia e come facevano gli eroi corsari nei racconti di avventura che aveva potuto leggere nelle calde giornate della sua giovinezza, si lanciò con un balzo trattenendo il fiato.

Cerca di restare vivo le diceva Arya nella sua mente, mentre con un piede riuscì ad atterrare sul bordo dell'altra nave.

Non ebbe tempo di rendersi conto del come e del perché, ma un uomo nemico gli si avvicinò impaurito e aggressivo con la spada sguainata.

I riflessi, che pensava di non possedere gli permisero di scansare immediatamente quell'attacco fatto alla sprovvista e con rabbia ed esasperazione, gli puntò l'ascia nelle gambe, all'altezza dell'inguine.

Sentì un forte rumore di ossa spezzate e vide il sangue che subito uscì senza un freno, era riuscito a colpire un punto vitale, e difficilmente quell'uomo sarebbe sopravvissuto.

Dopo aver compiuto questa, per sua sorpresa, azione con successo, cercò con lo sguardo Yara, anche solo per vedere se ancora la donna fosse viva. Infatti eccola là più avanti circondata da tre uomini che tentavano di disarmarla.

Intorno a lui vedeva cadaveri a terra, mutilati e mal messi, un odore di salsedine che si mescolava a quello del sudore e della morte che gli penetrò nel naso portandogli altra nausea.

Si fece coraggio ancora una volta e avvicinò alla Lady Greyjoy, cercando di esserle di aiuto. Alzò la sua arma oltre la testa prima di prendere la mira nella schiena di uno dei suoi malcapitati e quando fu pronto la scagliò con tutta la forza che aveva in corpo. L'uomo emise un urlo straziante mentre anche Yara lo trafisse dall'altra parte per mettere fine alla sua vita.

Tyrion cercò di riprendere l'arma, in fretta e malamente, strattonandola dalla schiena del cadavere, quando nel frattempo un altro avversario cercò di avvicinarlo. Si sentì spintonare violentemente, e scivolò di lato nel ponte di legno. Erano state le mani della donna di ferro. Riuscì a salvarlo allontanandolo e squarciando di netto il ventre del suo aggressore.

Intanto qualcuno lì vicino a lui fece cadere una torcia e il ponte prese lentamente fuoco. La loro comandante gridò alla ritirata, ormai tutti i nemici erano stati abbattuti e solo la nave restava da distruggere, come di consueto nelle loro usanze.

Cominciò a guardarsi intorno febbrilmente cercando la via di fuga più facile da raggiungere. Abbandonò l'ascia che ancora si trovava incastrata nella schiena di quell'uomo e con passi veloci scansò le fiamme in crescita.

Vide Yara arrivata prima di lui sopra al parapetto che teneva in mano una cima, pronta per balzare di nuovo nelle Tre guerriere.

“Tyrion forza, andiamo!” lo incitò mentre lui si districava tra i cadaveri ammassati e le fiamme.

Cerca di restare vivo. La voce di Arya gli rimbombava come un tuono nella testa. “Devo restare vivo!” si disse e se lo ripetè altre due volte prima di riuscire a raggiungere finalmente Yara.

Afferrò con decisione la corda che lo avrebbe riportato alla salvezza, e per un attimo, un istante come un battito di ciglia credette davvero che tutto quello fosse finito, ma un boato fece esplodere la nave in mille frantumi.

Non vide che Yara fu fiondata via, lontano. Non vide gli uomini che erano rimasti ancora per poco sopra il ponte sparire nel nulla come se non fossero mai esistiti. Sentì solamente un ronzio assordante alle orecchie, l'acqua fredda del mare che lo abbracciava trascinandolo a fondo e la superficie illuminata di un verde intenso e forte. In quel momento ebbe un unico pensiero. L'altofuoco. Non seppe mai rispondere al come avessero fatto a mettere quella sostanza così pericolosa nelle loro navi, rischiando di uccidere i loro stessi uomini.

Venne trascinato sempre più a fondo, con i sensi spenti, come un corpo inerme su cui ormai non aveva più controllo.

Cerca di restare vivo.

 

 

**Note dell'autrice:

Non so questa volta da dove cominciare. Mi sento terribilmente in colpa per avervi fatto aspettare così tanto, e vi chiedo immensamente scusa. Non avevo previsto così tanto tempo per scrivere il capitolo, infatti non avevo messo in conto settembre. Un mese che io odio e che dimentico sempre quanto sia impegnativo.

Quindi scusate ancora, cercherò con il tempo che ho di non essere più così in ritardo, ma ho imparato che è meglio non fare promesse. Non mi odiate :'C

Bene ora vi rivelerò una cosa. Questo è il primo dei tre capitoli che faranno muovere le nostre pedine nel campo di battaglia.

In questo modo potremo vedere tre diverse “angolazioni”.

La prima: il mare. POV inaspettato, Tyrion grazie suo punto di vista abbiamo la battaglia con la flotta. Caotica, scombussolante e forse finita male.

Mi dovete graziare questa volta...non so praticamente niente di navi o di manovre o figuriamoci (!) di tattiche di guerra navale.

No, non ho mai giocato a battaglia navale :D

Non voglio aggiungere altro, nessuna anticipazione per gli altri due, altrimenti tolgo tutto il divertimento.

Spero che l'attesa sia valsa la pena e che vi sia piaciuto. Come sempre mi auguro che possiate esprimere liberamente i vostri giudizi.

Devo ringraziare un po' di gente questa volta : Grazie a valepassion95, Lilian Akashi, Allice_rosalie_blak per aver iniziato a seguire la storia.

Grazie a Angels97mar per aver inserito la storia tra le preferite e infine grazie a m0nica per aver inserito la storia tra le seguite, ricordate e preferite.

Grazie anche a voi che leggete silenziosamente ogni giorno :*

Con questo passo e chiudo.

Alla prossima!! **

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Capitolo 37
*** Aria (34) ***


CAPITOLO 34


 

Si svegliò di colpo, come se fosse stato preso da qualcosa in pieno petto. Una sensazione di oppressione e mancanza di respiro, una fatica per lui anche solo compiere un breve sospiro.

Sognava di continuo la stessa cosa, e tutte le volte cercava di ripetersi che in realtà non era affatto possibile. Un drago in fiamme volava nella sua mente.

Non può essere vero. Un drago per definizione non può prendere fuoco, né essere minimamente scalfito da esso. Eppure tutte le notti appena chiudeva occhio rivedeva quella creatura in agonia, in atroci sofferenze che bruciava in un cielo nero.

“È la preoccupazione per la guerra.” gli ripeteva Daenerys, ma lui non era in ansia. Tre draghi non avrebbero fatto venire a nessuno la voglia di scoraggiarsi.

Arya, lo guardava con quei suoi grigi profondi nelle notti che passavano insieme, gli accarezzava il viso, con quella dolcezza sorprendentemente innaturale per lei, dopo che lui si risvegliava, sudato e pietrificato nel respiro.

“Può voler significare qualsiasi cosa, non necessariamente significa una sconfitta. Ti era mai capitata una cosa del genere?” gli sussurrava consapevole. Arya era solita fare quei sogni, che potevano essere presagi o consigli, ma per Aerys erano una novità e questo lo spaventava. “È da quando sono venuto in contatto con Viserion che mi capita.”

Esattamente quando si era connesso così spiritualmente e mentalmente con il drago, Aerys era cambiato. Era divenuto più consapevole, meno superficiale nelle azioni che compiva. Perfino con Arya sapeva perfettamente cosa dovesse fare. Avrebbe deciso alla fine di quella guerra di mandare a monte il patto con i Martell. Arianne avrebbe sposato qualcun altro. Non lui. Lui non sarebbe diventato un re subordinato ad Aegon, e avrebbe rotto quel legame così oppressivo con il fratello.

Si era legato alla ragazza lupo, la sua regina di ghiaccio e con lei sarebbe tornato a Grande inverno, e forse con il tempo sarebbe diventato re di qualcosa di più importante e vasto come lo era il regno del Nord.

Ma quel drago in fiamme nei suoi sogni continuava a tormentarlo. Era un monito? Un avvertimento su quello che avrebbe dovuto fare? O una chiara immagine di una sconfitta imminente?

Avrebbe voluto parlarne meglio con Daenerys, ma era sempre più impegnata a tessere le reti per l'assedio ad Approdo del re. Suo fratello non se occupava più di tanto. Da quando lo aveva scoperto vivo, vegeto e con un drago tutto suo, si era allontanato sempre di più, alienandosi dalla sua famiglia, rimanendo estraneo alle strategie del suo esercito. Daenerys dal canto suo, prima di oscurarlo completamente, aveva tentato più volte di coinvolgerlo, imbastendo persino delle cene che avrebbero dovute essere di riconciliazione tra loro tre, e invece, Aegon se ne stava sempre in disparte, cupo silenzioso.

All'inizio Aerys prese quel suo atteggiamento come una sorta di resa, poi qualcosa cambiò.

Arya lo teneva d'occhio. Di nascosto da tutti, senza che il re se ne accorgesse, studiava ogni sua minima mossa, e quando anche Spettro cominciò a mostrare comportamenti bizzarri nei suoi confronti, il principe cominciò a preoccuparsi.

“Hai intenzione di ucciderlo?” lo chiedeva ironicamente, sperando di ottenere una qualche reazione da lei, ma ogni volta Arya sorrideva silenziosa, fine ed efficace come una lama che si inchioda al petto. Fino a che una sera gli rispose enigmatica senza che lui gli avesse come al solito posto la sua domanda. “Aegon sta rimuginando su qualcosa. È pericoloso quando pensa. Qualcuno dovrà farlo smettere prima o poi.”

“Cosa pensi che possa accadere se lo lasciamo fare? Credi che abbia a che fare con il drago in fiamme dei miei sogni?”

“Non lo so. Spero solo che quel drago sia lui.”

Non parlarono più di suo fratello dopo quella volta e Aerys lasciò perdere l'argomento. Aveva quasi timore a pensare a quello sarebbe potuto succedere, così nei giorni successivi si allenò con Viserion, e con le sue armi.

Daenerys gli aveva insegnato come fare se avesse mai voluto attaccare. “Parla con lui in Valyriano, capirà ogni cosa tu voglia che faccia.”

Vola, vira, atterra, comunicare con quella creatura magnifica si rivelò sicuramente più facile del previsto.

Dracaris era la parola preferita. “Con te e con i tuoi fratelli potremmo ridurre Approdo del re in cenere.” gli disse nel linguaggio comune e Viserion lo guardò con quei suoi occhi ambrati come incuriosito. Allungò una mano accarezzandogli il collo, liscio lucente e color oro sporco. Era più piccolo di Rhaegal e a confronto con Drogon sembrava una lucertola con le ali. Ma era il più agile e il più veloce dei tre, con un piccolo seme di orgoglio ad Aerys piaceva constatare quanto fosse il più simile a lui. “Sta arrivando la guerra caro mio, e noi due ne sono sicuro, ce la caveremo benissimo.”

 

 

 

**

 

 

La mattina della battaglia, Aerys si lavò la faccia e guardandosi allo specchio notò che i suoi capelli stavano lentamente tornando a ricoprire il suo capo. Poi passò con un velo d'acqua le sue braccia, accarezzandosi con un tocco leggero le cicatrici quasi circolari nella sua pelle. Ogni tanto se chiudeva gli occhi riusciva a sentire le zanne di Spettro affondare con forza nella carne e i suoi muscoli potevano tremare ancora per il dolore.

Prese i suoi vestiti, indossò la sua armatura, con il drago a tre teste in rilievo sul petto, e con l'elmo sotto braccio uscì dalla tenda.

Fuori oramai tutti erano già pronti, sia i dorniani che gli uomini del Nord e tra il silenzio e le facce cupe di alcuni e il chiacchiericcio che tentava inutilmente di smorzare l'atmosfera tesa, si incamminò verso Arya, che poco più in là stava preparando il suo cavallo.

La vide di schiena con quei suoi lunghi capelli castani raccolti in una coda, le sue due spade fissate al suo fianco e la corona in testa. Le si avvicinò affiancandola, ponendole la mano delicatamente sulle spalle richiamando la sua attenzione.

La guardò sorridendole. “Quella corona non ti peserà durante la battaglia?”

La osservò sfiorarsi la testa con le dita. “Tu non sai quanto.”

Studiò il suo volto, come se quella fosse l'ultima occasione per poterlo guardare e i suoi occhi tornarono ancora a fissare la cicatrice diritta e bianca sulla guancia. Quel loro avvicinamento nella tenda, quel loro primo incontro che li aveva uniti nell'animo. Non poteva davvero pensare di esserle vicino per l'ultima volta. Se solo potessi baciarla anche qui davanti a tutti.

Arya gli sorrise, come se avesse capito i suoi pensieri e tornò con lo sguardo a concentrarsi sulla sella del cavallo, il silenzio surreale tra loro due lo fece sentire come avesse un macigno pesante sullo stomaco.

“Devo dirti una cosa.” Le sussurrò come se qualcun altro potesse sentirlo. “Arya...”

“No.” lo interruppe con uno sguardo che lo gelò in un istante. “Non dire niente. Non c'è alcun motivo che tu mi dica niente.” gli appoggiò la mano al petto e con un sorriso che le stirò mezza bocca gli diede una pacca amichevole.

Rimase di stucco per un brevissimo momento prima di rendersi conto che lei aveva già finito di sistemare le sue cose e senza più guardarlo né rivolgergli altre parole si allontanò con il cavallo al suo fianco.

Non lo voleva ammettere, e non glielo avrebbe mai detto, ma anche lei temeva di non ritrovarlo più alla fine della battaglia. Non lo esprimeva con le parole perché Arya Stark non era di certo la donna che gli sussurrava frasi romantiche, lei era quella che urlava la sua paura con lo sguardo e con i gesti, gli stessi che lo avevano inebriato nelle loro notti precedenti.

Sospirò un attimo, scrollandosi di dosso ogni dubbio e timore prima di decidere che era giunto finalmente il momento di prendere in mano la situazione e dare il via a quell'assedio.

“Aegon!” lo chiamò appena gli passò davanti e con una camminata svelta lo raggiunse. Suo fratello sbuffò impercettibilmente appena lo vide, ma Aerys non sembrò voler cedere. “Su non è il momento di battibeccare fratello, abbiamo una città da conquistare.” lo stuzzicò mettendogli una mano sulla spalla. L'improvvisa tensione di quella mattina gli diede un sorta di euforia che riuscì a scaricare tramite sorrisi e battute che sapeva benissimo potessero dare noia al re.

“Il tuo entusiasmo, Aerys, riserbalo per combattere non per mettermi in un inutile stato di allerta.” lo guardò strizzando i suoi occhi viola, serrando la mascella, così che tutto il suo volto sembrò divenire di marmo.

“Va bene, volevo solo comunicarti l'intenzione di prendere la mia parte di esercito e dirigermi verso la Porta degli Dei. Posso consigliarti di dividere gli uomini tra Porta Vecchia e Porta del Drago? So che lo stesso farà Arya tra la Porta del Re e e Porta del Leone. In questo modo avremmo tutte le entrate di Approdo del re sotto il nostro controllo, considerando che la flotta si occuperà invece della porta rimanente sul fiume.”

Aegon lo osservò cauto come se dentro di lui stesse ribollendo un pensiero profondo, radicato con delle radici solide, difficili da estirpare. È pericoloso quando pensa. Si ripeté le stesse parole con la voce della regina Stark, mentre il re insisteva nel suo silenzio.

“Daenerys rimarrà qui al sicuro all'accampamento. Credo di averla finalmente convinta a non gettarsi in battaglia sulla schiena di Rhaegal.” continuò sperando di farlo riuscire a parlare.

Intanto intorno a loro, l'esercito del Nord si stava incamminando spostando neve e fango, come un fiume lento e inesorabile. In un breve momento pensò di riuscire a rivedere Arya tra la folla ma di lei non c'era più traccia. Non la rivedrò mai più. Constatò con malinconia, ma scrollò la testa e tornò a concentrarsi sul fratello che aveva ripreso a camminare ma che d'un tratto lo fermò con un braccio. “Va. Non avevi detto di aver intenzione di dirigerti verso la Porta degli Dei?”

Sorrise sottilmente. Vuole liberarsi di me, il prima possibile. “E il mio consiglio?”

“Ci avevo già pensato. Non ho avuto bisogno che Arya Stark me lo suggerisse nella notte.” gli diede la schiena con il suo solito fare arrogante, dimostrando ancora una volta quanto poco gli importasse della sua sorte.

L'ultima volta aveva cercato di ucciderlo con Drogon, ma dopo aver scoperto la sua reale natura di Targaryen, forse sarebbe stato meno avventato.

Sono io il vero drago, fratello, e se non ti rivedrò più, sarà molto meglio per te.

 

 

 

**

 

 

Quando in un'aria fredda e silenziosa della sera, Aerys sorvolò il suo esercito per arrivare davanti alla sua postazione, vide in lontananza la flotta dei Greyjoy essere raggiunta da quella dei Martell.

Ed ecco di nuovo arrivargli un groppo in gola, quel suo senso di responsabilità che non lo avrebbe mai perdonato.

Sono qui a causa mia.

Viserion virò improvvisamente nascondendogli la vista delle navi in posizione, come se nella sua mente gli fosse arrivato un messaggio.

Non doveva distrarsi, doveva concentrare le sue energie in qualcosa di più serio di un patto sciolto con i signori di Dorne, Rimanere in vita, controllare le mosse del fratello e riuscire a rompere le difese nemiche, queste le uniche cose su cui doversi impegnare di più.

Atterrò alzando un polverone bianco di neve fresca e leggera, e rimase lì a poche centinaia di metri dal confine di Approdo del re, aspettando i suoi uomini.

Tutto sarebbe partito qualora Aegon avesse deciso il momento più giusto. Osservò molto bene quella porta. Solida alta, di un pesante legno, ferro resistente, tenuta in piedi da mura ancora più spesse e imponenti.

Per un qualsiasi altro esercito, sarebbe stato impossibile sperare di conquistare una città del genere. Troppe porte su cui poteva contare la difesa, troppo esteso il suo perimetro. Per non parlare della Fortezza rossa, che da dove si trovava lui in quel momento non era visibile se non per le vette delle torri più alte. Si trovava esattamente alla sua parte opposta, ma in fondo alla capitale. Per arrivarci avrebbe dovuto attraversare a piedi la strada principale che si inerpicava per chilometri su fino all'estremità della collina di Aegon.

È lì che si sarebbe diretta Arya. Ogni notte la sentiva sussurrare prima di sprofondare nel sonno, come se stesse recitando una preghiera. Una litania breve e costante, fino a che una volta era riuscito a distinguere due nomi, pronunciati flebilmente dalle sue labbra. “Cersei, Meryn Trant.” Lei lo aveva guardato cupamente dopo la terza ripetizione, aspettandosi una domanda da parte sua, ma Aerys era rimasto in silenzio, senza chiedere mai il perché. Lui conosceva già la risposta.

La regina Cersei, la sua guardia Meryn Trant, sarebbero stati la sua ricompensa alla fine di quella battaglia. Ma per raggiungerli, sarebbe dovuta arrivare fino alla Fortezza rossa.

“Mio Signore.” interruppe il filo dei suoi pensieri il secondo comandante, quello che aveva preso il posto di Groleo.

Lausi gli si era avvicinato, seguito dalle migliaia di uomini che ordinatamente si disposero dietro di lui. “Tutti i fronti di attacco sono pronti per l'assedio.”

Aerys annuì, guardando in alto in cerca di un segnale. Viserion cominciò a percepire l'attesa innervosendosi sotto di lui. Anche per il principe tutto divenne infinito e snervante.

Poi il drago color crema emise un suono terrificante, stridulo, che costrinse la maggior parte dei soldati che si trovavano lì vicino a coprirsi d'istinto le orecchie.

Dapprima Aerys non capì, poi con la coda dell'occhio vide Drogon alzarsi in volo nel buio della notte, seguito dal più piccolo Rhaegal, privo di guida. Era quindi giunto il momento di agire.

Andiamo!” pronunciò in Valyriano e fece un cenno veloce ai suoi cavalieri, affinché stessero pronti per poter attaccare.

Il battito d'ali rumoroso e potente lo portò al di sopra delle mura, un punto in cui potè osservare le migliaia e migliaia di uomini che i Lannister avevano disposto intorno per protezione.

Inizialmente spaventati dalla vista dei tre draghi, i soldati non reagirono, ma qualcuno tra i comandanti nemici cominciò a gridare al fuoco. Mai ordine fu più azzeccato, dopo aver evitato le prime inutili frecce che a malapena scalfirono la sua dura corazza, arrivò il contrattacco. “Dracarys” scandì lentamente compiaciuto da quello che stava per succedere.

Avvertì il corpo di Viserion tremare, divenire caldo e incandescente, e con un suono quasi un ruggito, lo vide spalancare le fauci e sputare fuoco con tutta la potenza che possedeva.

La stessa cosa fece suo fratello e i due draghi sotto il suo comando lanciarono un getto di fuoco a loro volta.

Aveva sentito molte volte parlare della potenza delle fiamme di un drago. Sapeva che se abbastanza grande, una creatura del genere era in grado di poter sciogliere la roccia più spessa. Ma vedere con i suoi occhi, le colate fuse dei mattoni delle mura, scivolare come delle cascate di lava fu eccitante e spaventoso allo stesso tempo. Si sentì invincibile quando anche l'euforia lo pervase, fino a fargli tremare le mani.

Quando riprese controllo del suo corpo, si accorse che la difesa delle mura era oramai ceduta, voltandosi appena, sobbalzante per il violento battito di ali, fece avanzare a tutta forza il suo esercito.

Sotto di lui vide non più mattoni, ma una massa di persone, uomini in armatura, con scudi e lance pronti a ricevere l'afflusso dorniano in avvicinamento.

Pensò velocemente a risolvere anche quell'ostacolo, gettandosi in picchiata con il drago verso di loro. Qualcuno finì con l'essere schiacciato altri vennero colpiti dalle sue codate, e dai piccoli getti di fuoco che riusciva ancora a fabbricare. Non si riusciva più a distinguere tra l'odore di carne bruciata e l'odore nauseabondo del sangue. Aerys, fece la sua parte scoccando frecce e così in breve il passaggio fu di nuovo libero.

Arrivarono i suoi uomini, lo superarono andando a scontrarsi violentemente con altri soldati in arrivo.

Aerys in quel momento ripensò a quanto aveva letto nella tenda dell'accampamento Lannister, prima di essere sorpreso da Meryn il rosso. La maggior parte dell'esercito nemico era composta da mercenari. Un leggero senso di pena lo accolse vedendo quante di quelle persone non avrebbero mai ricevuto il giusto compenso.

La distrazione momentanea, e il suo sentirsi al sicuro sopra Viserion fu un suo punto debole quando lì mezzo al trambusto, a livello degli altri dovette scansare all'improvviso una freccia diretta alla sua testa. Rinsavì subito dal suo indugiare e si rialzò in volo velocemente.

La scena si fece se possibile ancora più cruenta. A sinistra suo fratello insisteva con il fuoco, fino a far sfiancare Drogon, già se la immaginava con la sua espressione di pura follia e onnipotenza che avrebbe segnato il suo volto. A sinistra Rhaegal aveva raggiunto la porta su cui era impegnato l'assedio della Regina di ghiaccio e vide come anche lì le mura erano crollate in una colata incandescente, lasciando passare l'immenso esercito del nord. Da lassù sembravano tanti piccoli puntini che formavano un enorme sciame.

Si sentivano i colpi dei cannoni provenienti dal mare, dalle navi invisibili sulla nera superficie dell'acqua, fino a che un violento boato non scosse anche la costa. Una luce verde accecante illuminò il cielo e delle urla strazianti popolarono il mare.

Altofuoco. La sostanza che imitava il fuoco di drago. Allora era reale, eppure aveva pensato che ci potesse essere solo una remota possibilità che la regina Cersei e il re Tommen potessero nuovamente fabbricarla.

Così Aerys rimase come impietrito dinnanzi a tale violenza e sperò per Arya, che il nano si fosse salvato. Ancora una volta il suo senso di colpa per la responsabilità mancata si fece sentire e in cuor suo sapeva di essere complice della morte dei marinai dorniani.

Ma una cosa ancora più terrificante dell'Altofuoco lo distrasse e sentì nuovamente uno stridulo intenso e assordante, anche se questa volta non era stato Viserion ad emetterlo.

Ci fu un attimo in cui non poté credere ai suoi occhi quando osservò il drago verde in atroce agonia, cadere violentemente in mezzo ai palazzi. Cosa è successo?  Ma la risposta gli venne subito in mente intravedendo tra le ali accartocciate di Rhaegal una lunga e spessa lancia che gli aveva perforato il petto. Qualcosa, o meglio qualcuno era riuscito chissà come a sferrare un colpo così preciso tale da prendere in pieno il drago.

Si affrettò a individuare il luogo da cui avrebbero potuto scagliare nuove lance di quel genere, ma prima che potesse vedere l'uomo responsabile di tutto ciò, fece appena in tempo a intravedere nel buio arrivarne un'altra proprio in direzione di Viserion. La virata fu veloce tanto che rischiò di perdere l'equilibrio e cadere.

Era troppo fitta la notte, nonostante i fuochi di battaglia e nonostante il riverbero della luce verde che ancora aleggiava nel cielo come un'aurora, perché si potesse vedere qualcosa, e in un attimo realizzò che i draghi sarebbero stati in pericolo.

Raggiunse immediatamente Drogon, appollaiato sopra un alto torrione.

“Dobbiamo portare i draghi lontano da qui!” gridò Aerys al re Targaryen, ma quello lo ignorò e colpì con una freccia un soldato sotto di loro. “Hai visto cosa è successo a Rhaegal, se esitiamo ancora potrebbero non esserci più vie d'uscita” continuò, ma Aegon si alzò in volo avvicinandosi minacciosamente a lui.

“Questi sono draghi, senza di loro è come se avessimo già perso. Tu scappa se vuoi io resto qui a fare il re!”

“Fratello, tu non ragioni. Questi sono gli ultimi draghi, se non li portiamo via sub...” la sua frase fu stroncata a metà da un violento urto, un altro grido di dolore, e questa volta fu Viserion. Osservò con sgomento suo fratello allontanarsi in fretta da lui, senza prestargli alcun aiuto, e vide accanto a sé la lancia macchiata di sangue trapassata attraverso un'ala del drago.

Per quanto cercasse di rimanere ancora in volo debolmente, Aerys finì con l'essere sbalzato via.

Cadde per decine di metri, fissando il suo drago volteggiare sempre più alla rinfusa e in agonia. Chiuse un attimo gli occhi prima di sentire sotto di lui la casa su cui si schiantò. Un urlò forte gli uscì dalla bocca al violento dolore che lo avvolse, fu un momento confuso, che affrontò sempre con gli occhi serrati, e di cui difficilmente avrebbe avuto in seguito memoria, e poco dopo si ritrovò a contatto con la terra sporca di una delle vie della città.

Respirava a fatica, il petto gli bruciava come se dentro sentisse il fuoco ardere i polmoni, il suo braccio sinistro si era spezzato, probabilmente durante uno dei suoi tentativi di fermare la caduta. Con lo sguardo appannato osservò pietrificato l'osso uscirgli a metà gomito. Si accasciò di lato e vomitò per il dolore. Devo rimanere lucido. Cercò piano di rimettersi in piedi, almeno le gambe non avevano subito danni. Si toccò la testa, ma ancora aveva l'elmo saldo che lo aveva protetto dalla caduta.

Strappò un lembo di tessuto dalla tunica che portava sotto l'armatura, e con l'altro braccio si fasciò quello spezzato. Tra smorfie di dolore e il respiro affannoso, riuscì a non svenire e a tenere saldo l'osso.

La testa gli girava vorticosamente ma con fermezza richiuse nuovamente gli occhi fino a che tutto tornò ad avere il giusto equilibro.

Si guardò subito intorno cercando le sue armi. Trovò il suo arco, ma si era rotto nell'impatto, non gli rimaneva che la spada che afferrò con la mano ancora utilizzabile.

Si incamminò cauto tra quelle strade misteriosamente deserte, e di tanto in tanto si dovette fermare per riprendere fiato, anche se ad ogni respiro gli sembrava di inalare cenere rovente. Se vedeva dei soldati passare, non si chiedeva se fossero nemici o amici, nelle condizioni in cui era non poteva certo affrontare un combattimento in solitaria, così si nascondeva dove poteva tra le mura delle case.

In un primo momento alzò lo sguardo al cielo per riuscire a intravedere Viserion, ma di lui non c'era più traccia, solo lo strazio del non sapere se fosse ancora vivo o meno era più doloroso di quello che provava fisicamente.

Dopo poco, sopra di lui Drogon passò volando ancora integro. Fu un sollievo solo a metà, in parte si rammaricò di pensare come sempre lui fosse a subire le conseguenze della cattiva sorte.

Suo fratello sopra di lui era riuscito ad individuare la fonte delle loro sciagure, una torretta nascosta bene dalla notte vicino al tempio di Baelor, e lì aveva scagliato tutta la potenza di fuoco che solo un drago enorme come Drogon poteva generare. Tutto finì in una violenta colata incandescente che si riversò nelle strade, la loro ripidità non fece che favorire il dilagarsi di quella lava, e Aerys osservò molte delle persone che ancora si trovavano nelle vicinanze del tempio per pregare essere investite, e in una scena brutale vennero sepolte vive. Quando la rimanenza delle colata arrivo ai suoi piedi il tutto si esaurì solidificandosi in pochi attimi.

“Principe Aerys!” si sentì chiamare e quando si voltò per vedere chi fosse rimase per un attimo imbambolato nel vedere che altri non era che Lord Umber. Nel suo stato di semi coscienza non riuscì a capire inizialmente cosa ci facesse un uomo del Nord nella sua parte di città assediata, quando si rese conto di essere caduto vicino al tempio di Baelor, esattamente quella che era la zona di Arya.

“La regina Stark.” disse flebilmente, non aveva ancora scoperto quanto fosse straziante pronunciare anche solo poche parole ma il Lord lo fissò senza pronunciarsi.

Aerys insisté alzando la voce. “La REGINA? Dov'è?” lo osservò scuotere la testa, anche lui confuso. Idiota, eppure tu non sei caduto da un drago. “Lascia stare.” fece per andarsene quando Lord Umber lo afferrò bloccandolo.

“L'abbiamo persa poco fa...” sussurrò greve.

Quanto dolore poteva contenere una persona dentro di sé, quanto avrebbe potuto sopportarne ancora?

Ebbe un'altra improvvisa voglia di vomitare, la sua testa tornò a girare mentre lui cercava insistentemente di richiamare alla sua memoria l'immagine del suo viso, l'ultima volta che lo aveva guardato, quando Lord Umber parlò ancora. “Credo sia andata verso la Fortezza rossa da sola.”

Avrebbe voluto infilzarlo con la spada in un istante per quanto gli importava, ma si trattenne e senza dire altro si incamminò piano verso il castello.

“Dove andate?” gli gridò dietro il Lord, ma Aerys non lo ascoltava più era già stato preso dalla sua decisione.

 

Un passo dopo l'altro, strada dopo strada i soldati si facevano sempre più abbandonanti e fu difficile per lui nascondersi ancora tra le mura delle case.

Attraversò più in fretta che poté una piazzetta che gli sembrò inizialmente deserta, ma si ritrovò bloccato da un gruppo di uomini Lannister armati.

Se li vide addosso in un attimo, e per quanto cercasse di controbattere e difendersi, il dolore del suo corpo lo rallentò e finì per cadere a terrà colpito da uno di loro.

Ebbe ancora una volta lo sguardo confuso, la mente annebbiata non riuscendo a capire cosa gli capitasse intorno, e perché non fosse già morto. Si rialzò piano, davanti a sé il suo comandante stava porgendogli la mano. “Mio signore state bene?”

“Che ci fate da questa parte?” chiese stralunato.

“Vi abbiamo visto cadere dal vostro drago, così io e un centinaia di uomini ci siamo fatti strada all'interno verso questo lato. State bene?”

Aerys guardò i dorniani che ancora una volta gli avevano salvato la vita, e di nuovo il senso di colpa lo lacerò sulla coscienza.

Non rispose, ma capì che Lausi gli stava fissando il braccio dal momento che la sua espressione divenne sgomenta. “Principe, voi dovete...”

“Lausi.” lo interruppe deciso, dopo aver ripreso improvvisamente la sua lucidità. Gli parlò trattenendo il dolore scoppiante nel torace. “Prendi i tuoi uomini. Andiamo verso la Fortezza.”

 

 

 

 

**Note dell'autrice: Salve a tutti!!

Ho combattuto contro la mia forza di volontà e contro il tempo per cercare di finire questo capitolo.

Non riuscivo ad entrare nella mente di Aerys, era come se si fosse creato un muro. O se volete chiamarlo meglio: un blocco da scrittore.

Poi finalmente ha deciso di parlarmi ed eccolo qua. Aria (e non ArYa). Questo è il capitolo dedicato all'attacco via aerea e per quanto abbiamo visto, nemmeno i draghi sono invincibili. Se la scena della lancia vi sembra familiare è perché ho preso spunto deliberatamente da "lo Hobbit", con la “lancia del vento nanica.” 

Mi sembrava una bella idea in fondo.

Per il resto spero possiate apprezzare questo capitolo che mi è risultato difficile nonostante si trattasse del mio personaggio preferito e nonostante si trattasse di una scena di guerra. Non volevo che Aerys diventasse un romanticone e infatti inizialmente avevo scritto di lui che pensava sempre ad Arya, ecco...l'ho ridimensionato. È un principe Targaryen sempre orgoglioso e sempre con degli obiettivi. Che non vi sfugga infatti che il matrimonio con Arya sarebbe assai vantaggioso per lui. Nulla togliere però all'amore che prova per lei.

Come sempre se avete voglia di condividere con me la vostra opinione sarò felice di leggerla, altrimenti buona lettura. L'ho riletto mille volte ma gli errori e le frasi a casaccio sono sempre in agguato. Mi scuso in anticipo. 

 Grazie infinite se siete ancora qui a leggere dopo tanti capitoli e tanta attesa.

ps. spero davvero che dopo tutte le scosse che ci sono state in questo mese stiate tutti bene. Da me tutto ok.

Un bacione a tutti con il cuore.

 Alla prossima **

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Capitolo 38
*** Cersei (35) ***


 CAPITOLO 35

Il pavimento tremò sotto i suoi piedi e sentì il tintinnio acuto dei calici e delle caraffe di vino sopra al suo tavolo. Si resse istintivamente con le mani al muro trattenendo il respiro. Chiuse gli occhi fino che tutto non fosse finito. Di nuovo la stanza tornò ferma e trasse uno sbuffò di sollievo.

Colse l'occasione per allungare di vino il calice che già presentava un sottile velo rosso sul fondo, bevve un lungo e pieno sorso avvicinandosi alla finestra della sua stanza.

Era calma mentre osservava fuori il buio della notte illuminato solo dalle torce dell'esercito, era calma mentre ascoltava in lontananza le grida delle armate sotto le mura, l'acqua della baia agitarsi sotto l'avanzare delle navi della flotta e i corni di battaglia. Ma la bocca le si spalancò involontariamente alla vista di tre draghi che si alzarono in volo. Aveva sentito parlare spesso dei tre cuccioli della regina argentea, voci le avevano riportato storie che aveva creduto fossero solo fantasticherie del popolo al di là del mare stretto.

Solo tre lucertole con le ali. Aveva pensato spesso sentendo quel vigliacco di Varys prima che fuggisse insieme a suo fratello. Mostro.

Delle lucertole avevano solo le scaglie, per il resto era come osservare degli incubi giganti e maestosi volteggiare in alto.

Rimase ancora calma, stranamente, come se stesse osservando una rappresentazione teatrale, una di quelle più noiose, ma con i risvolti inaspettati, mentre quelle creature scioglievano le mura di Approdo del Re come se fossero fatte di ghiaccio.

La notte venne improvvisamente svegliata con tutta quella luce incandescente, mentre lei ancora beveva calma un sorso di vino.

“Vostra grazia.” La voce di Meryn Trant fece capolino da dietro il portone appena aperto della sua stanza e lei fece segno per farlo entrare. “Vostra grazia, le armate sono riuscite a far breccia sulle mura, la resistenza sta cedendo, i mercenari se la danno a gambe sotto i draghi e dalle Acque nere non giungono notizie migliori.”

Sapeva cosa avrebbe aggiunto alla fine di quella frase ma Cersei lo guardò accigliata. “Non mi rinchiuderò di nuovo nei sotterranei in attesa di qualche lieta o triste notizia. Voglio starmene qui a guardare.”

“Ma signora...” continuò, la frase cadde nel vuoto e lei tornò ad osservare la città tra le fiamme. “Permettetemi di rimanere allora al vostro fianco per proteggervi.”

“Anche di questo non ho bisogno.” rispose fredda e una massa oscura imponente e rumorosa con un'armatura sferragliante, fuoriuscì allo scoperto. Non ho bisogno di nessun altro quando c'è lui qui con me. Quel lui avrebbe dovuto essere Jaime in altre circostanze, ma suo fratello aveva preferito allontanarsi e scortare il re e la regina lontano da Approdo del re. Una morsa fitta la paralizzò, come sempre accadeva quando i suoi pensieri tornavano a lui.

No. Ora quel lui era Ser Gregor, la Montagna, un mostro rimesso in vita, un uomo silenzioso, la sua ombra gigantesca. Così alla sua vista Meryn Trant non poté fare a meno che indietreggiare e inchinarsi rispettosamente.

“Con il vostro permesso...tornerò ad organizzare nuovamente la difesa della fortezza.”

Cersei non si voltò per guardarlo andare via ma sentì i suoi passi veloci e stretti raggiungere il corridoio.

Jaime avrebbe dovuto occuparsi anche di quello, ma lui l'aveva abbandonata, sola in quella città fetida.

Un'esplosione verde invase le sue finestre ad est, quelle che si trovavano affacciate sul mare. Ancora urla, e lei sorrise, bevendo un altro sorso di vino.

 

 

**

 

 

“La sicurezza del re Tommen è la nostra priorità. Pertanto, ritengo sia opportuno seguire i consigli del Lord Tyrell e trasferirlo prima della battaglia verso Alto Giardino. Naturalmente lo stesso vale per la regina Margaery.”

Appena Lord Stafford finì di parlare il silenzio cadde sopra di lei, insieme agli sguardi in attesa. Cersei si gingillò con le dita accarezzando le rughe del tavolo di legno, all'interno della sala del consiglio.

“Se il re lascia la capitale che messaggio daremo al popolo? Che siamo già sconfitti?” chiese sottile e i suoi occhi verdi si posarono su Qyburn che aveva preso il posto ormai da tempo di Pycelle.

“Potremmo sempre fare in modo che la gente non venga a sapere. Organizzare una partenza rapida e discreta.”

“Io sceglierò la sua scorta, solo gli uomini più fidati e valorosi.” Jaime era seduto al suo fianco e parlava come capo della guardia reale e in qualità di primo cavaliere del re.

Smise di accarezzare il tavolo e osservò tutti uno ad uno. Tutti credevano di saperla meglio di lei. L'unica donna di quella stanza, ma spesso l'unica che riuscisse in più occasioni a mostrare le palle.

“Uscite, lasciatemi sola con ser Jamie.” fu perentoria, e lapidaria, nessuno si azzardò a replicare. Si alzarono quasi all'unisono, Lord Stafford, il Maestro Qyburn e il Lord Tyrell, muovendo le pesanti sedie sul pavimento e in un attimo furono soli.

“Cersei...” Jaime le afferrò delicatamente con l'unica mano il braccio, ma lei lo scansò rapidamente.

“Non permetterò che mio figlio lasci la città senza di me.” era poco più che un sussurro, ma uscì come un sibilo tagliente e diretto.

Suo fratello gemello la guardò inclinando il capo come se stesse osservando un cucciolo di cane. “Perché non vai anche tu con loro?” cercò di trasmettere tutta la sua dolcezza con quelle parole, ma Cersei lo guardò strizzando gli occhi, bruciante di rabbia.

“Sei impazzito forse? Andare ad Alto Giardino significherebbe ammettere la sconfitta della nostra casata e dichiarare i Tyrell ormai sovrani potenti e incontrastati.” picchiò i pugni sul tavolo stringendosi le dita tanto da potersi fare male da sola. “MAI!”

“Tornerete non appena tutto si sarà risolto.” ribatté Jaime ancora controllato

“Pensi che sarà facile rientrare in città come legittimi sovrani una volta abbandonata la nave? Ma come ragioni Jamie! Ti sei rammollito a forza di sentire le frasi disconnesse di quel grassone ingordo di Lord Tyrell e di quella maledetta decrepita che si porta sempre appresso. La sua mammina Oleanna, e poi lei...lei quella sgualdrina!”

Jaime le prese di fretta la mano, bloccandola. “Smetti, o ti sentiranno!”

“Che cosa sentiranno? È la verità. Margaery non ha fatto altro che affondare i suoi artigli sempre più su mio figlio da quando è arrivata e adesso lo ha pure convinto ad allontanarsi. Io speravo che almeno tu, almeno tu Jamie riuscissi a comprendere. Come puoi lasciare che se ne vada.” pronunciò l'ultima frase con la dolcezza e la sensibilità che sapeva potessero far breccia su suo fratello. Accarezzò delicatamente la sua guancia e gli spostò il ciuffo biondo dagli occhi. Si sporse dischiudendo la bocca appoggiandola poi sulle sottili labbra di Jamie Lannister. Lui rispose appena e per un brevissimo istante, scostandosi d'impeto come se fosse stato punto e vide nel suo sguardo quella consapevolezza che lo aveva in quegli anni allontanato sempre più dal suo letto.

“Non mi lasci altra scelta...” la guardò serio senza alcun rimorso quasi provasse piacere a vedere la sua espressione sgomenta e sorpresa a quella frase.

“Cosa vuoi dire?” le labbra le cominciarono a tremolare per la collera ancora prima di sentire cosa stesse per dire, perché Cersei già sapeva.

“Lo accompagnerò di persona. Non posso lasciare che il re vada senza un'adeguata scorta. Se è questo il tuo volere rimarrai qui ad Approdo del re.” detto questo Jaime si alzò in piedi quasi di scatto. Nella stanza vuota quelle parole risuonarono forte, poi tornarono come un eco dentro la sua testa. Una condanna pronunciata dalla lingua dell'uomo che un tempo amava più di ogni altra cosa al mondo. Solo i suoi figli erano al suo pari.

“Chi sei tu? Chi sei tu infido serpente traditore!” sibilò e si alzò in piedi davanti a lui cominciandolo a spintonare con rabbia e frustrazione. Chi era quell'uomo in piedi davanti a lui? Prima si sarebbe battuto, avrebbe ucciso per stare al suo fianco. Mentre adesso l'avrebbe lasciata sola senza suo figlio, senza il loro figlio, in una città pronta per ricevere un assedio.

Jaime la bloccò alzando la sua mano dorata, fredda e ferma davanti al suo petto, scansando uno schiaffo in arrivo. Mancò di un soffio la sua guancia, alterando sempre più la sua collera. Gli urlò in faccia con il volto contrito e prima di poter sentire altro, pronunciato dal ser della guardia reale, si allontanò accompagnata solo dai suoi passi svelti e pesanti.

 

 

 

Quanti uomini nel mondo avrebbero voluto sedersi esattamente dove si trovava lei in quel momento? Un trono fatto di spade fuse tra di loro, le spade dei nemici di Aegon il conquistatore. Non erano affilate, ma mai una persona poteva permettersi di sedercisi comodamente, rischiava in ogni caso di recarsi ferite profonde.

Stette lì ad aspettare quello che sapeva potesse arrivare come inevitabile nel suo destino. Lei lo avrebbe affrontato con orgoglio e mai abbassando la testa. Io non scappo. Se fosse stata lei la sovrana indiscussa dei Sette regni non avrebbe pensato di fuggire dalla capitale. Che razza di sovrano era uno che abbandonava una città in assedio se non un uomo ormai imbambolato dalle parole infide di quella regina Tyrell. Lei non è la regina, non lo sarà mai più adesso.

Ricordava ancora l'ultima volta che era stata lì seduta ad attendere che Stannis entrasse da quel portone, aveva da una parte suo figlio, ancora un piccolo cucciolo sulle sue ginocchia e dall'altra aveva in mano il veleno che avrebbe ucciso entrambi. Anche allora sarebbe stata disposta a morire per mano sua e ad uccidere lei stessa il suo amore più grande, piuttosto che essere trattata da prigioniera peggio di qualsiasi schiava o puttana.

Qualcosa apparve al centro del salone interrompendo il filo dei suoi ricordi. Con un rumore ottuso rotolò fino a sbattere ai piedi della scalinata del trono. Meryn Trant la osservava con gli occhi sgranati, rossi di sangue, la bocca spalancata in un ultimo grido al mondo e il collo tagliato di netto come se fosse rimasto fermo di fronte alla morte.

La sua testa mozzata non gli fece il minimo effetto lì per lì, poi deglutì e con la forza di una leonessa urlò nel vuoto della stanza.

“Fatti avanti bestiolina, so che sei qui.” i suoi occhi vagarono alla sua ricerca mentre il cuore involontariamente cominciò a palpitare così forte che alla fine sentì batterlo dentro le sue orecchie.

Si staccò dall'ombra di una colonna come se fosse appartenuta ad essa e da lì avesse preso vita. Da quanto tempo stava ad osservarmi. Rabbrividì vedendola alla luce tremolante di una delle fiaccole.

Arya Stark aveva la faccia dipinta di sangue, i suoi occhi la stavano fissando senza battere ciglio. Vestita come una guerriera, l'armatura di ferro in cui tra sporcizia e spruzzi di rosso non si riusciva più a distinguere quella che avrebbe dovuto essere una testa di metalupo. Al fianco una spada sottile, poco più spessa di un ago, e nella mano, come se fosse il prolungamento del suo braccio un'altra più grande, più robusta, forgiata in acciaio di Valyria, anche quest'ultima color porpora come se avesse infilzato solo uomini per tutta la notte.

“Sei cambiata. Adesso non sei più una bestiolina. Ma sempre bestia selvaggia rimani.” sorrise melliflua osservandola dall'alto del trono, ma lei non rispose, ne mutò la sua espressione di ghiaccio.

“Quella che hai è la spada di Jaime Lannister. Come mai è nelle tue mani?” continuò puntando con gli occhi l'elsa dorata con il loro simbolo, il leone forgiato sopra. La vide finalmente cambiare volto, strizzare gli occhi e rimettere la spada nel fodero velocemente.

“Era la spada di mio padre, ma voi l'avete distrutta come molte altre cose che vi sono capitate a tiro.” non ricordava la sua voce, ne tantomeno ricordava che aspetto avesse, ma quando parlò rimase sorpresa di quanto fosse misurata priva di accenti, o di sfumature. Non era la voce limpida e squillante di una donna, ma sembrava parlasse con un tono più profondo, e fu allora che le venne dentro un po' di timore, come se davanti si ritrovasse un essere oscuro e sovrannaturale. Si calmò di nuovo, lasciando una pausa con il silenzio irreale che si era creato. Arya Stark sembrò aver capito e sorrise in una smorfia tagliente che trasformò il suo volto coperto di sangue in qualcosa di grottesco.

“Dove hai lasciato il corpo di Ser Trant?” le chiese all'improvviso, come se la cosa le importasse, ma in realtà voleva solo tornare a parlare per distrarsi e distrarla dal fissarla insistentemente come stava facendo.

“Se ne sta occupando Spettro.”

Cersei non comprese e dischiuse la bocca, confusa. “Che vuoi dire?”

La ragazza sorrise ancora. “Spettro, il metalupo, se lo sta divorando.”

Non fu tanto la notizia in sé a farle venire una botta allo stomaco ma fu la chiara visione del suo corpo divorato da un lupo, a spaventarla davvero.

“Che cosa ci fai qui Stark? Quella là fuori non è la tua guerra. Combatti per i signori dei draghi ma questo trono non sarà mai tuo.” continuò a farle domande come se nulla fosse. Voleva allungare il tempo, ma voleva anche sapere. Era curiosa, ed era stranita da come potesse realmente interessarle parlare con lei. La sua rabbia e il suo orgoglio prendevano il sopravvento sulla paura.

“Hai perfettamente ragione. Non è la mia guerra...quella là fuori. Infatti non è per quello che sono qui.”

Di nuovo un silenzio ancestrale si frappose tra loro due, mentre nella sua mente riaffiorò con prepotenza l'immagine di Ned Stark e di come la sua testa fu tagliata via dal corpo senza che lei avesse potuto farci niente.

Strinse le mani sul ferro freddo del trono, sentendo le lame levigate sprofondarle nel palmo sudato.

“Sei in cerca di una vendetta dopo più di dieci anni? Sei un'illusa se speri ancora di poter affibbiarmi la responsabilità di quel che accadde. Mio figlio Joffrey è morto. Torna a giocare fuori con i tuoi amichetti.” il collo si inarcò portandole in alto la testa, indicando con quel gesto il portone che avrebbe dovuto attraversare.

“Non ho atteso tutto questo tempo, fatto una guerra lunga mesi, per venire qui ad Approdo del re e sentire che ti scrolli da ogni responsabilità. Cersei. Cersei.” la vide chiudere gli occhi e stringere le labbra come se stesse assaporando un dolce. “Il tuo nome è stata la mia preghiera, la mia ninna nanna prima di coricarmi per oltre dieci anni.”

“E così sarei la tua ossessione.” constatò con una certa soddisfazione, l'essere stata il suo tormento più grande le fece godere del momento.

“No, non la mia ossessione. Solo che io non dimentico tanto facilmente. Sono qui per te Cersei.”

A quel punto sentì ribollire qualcosa dentro di sé che risalì con forza fino su, alla sua bocca. “Stolta ragazzina anche io non dimentico, cosa credi? Che non sappia che con te nella guerra era intervenuto anche quel mostro informe? Sapevo avrebbe fatto parte della flotta, così gli ho preparato una bella accoglienza. Spero ti sia piaciuto, ho sempre trovato l'altofuoco intensamente affascinante.” un calore di rabbia e risentimento le ustionarono la faccia ma trovò davanti a sé una persona impassibile che ancora le teneva testa con quegli occhi di sangue e vendetta.

“Tyrion è vivo.”

“Cosa...?” sibilò Cersei.

“È nato per sopravvivere, nessuno riuscirebbe a mettermi il dubbio sulle sue capacità di rimanere in vita. Nemmeno tu che sbraiti dall'alto di quel trono.” La osservò mentre sicura fece qualche passo avanti verso di lei, attraversando la luce gialla delle torce di volta in volta, apparendo e scomparendo in quella lunga camminata, fino a che non se la ritrovò lì sotto.

“Lo sai che questo è il momento, sii donna e scendi da lì, vieni a difendere la tua vita, cerca di sopravvivere anche tu.”

La mente le trasferì simultaneamente un centinaio di pensieri, tutto le ricordò di Jaime che avrebbe dovuto essere lì. 

Tu dovevi stare con me fino alla morte! Urlò dentro la sua mente contro il volto impassibile del gemello. Avrebbe dovuto combattere per lei e per la sua vita. Quella per cui un tempo avrebbe attraversato un oceano di fuoco.

Le venne in mente Joffrey, il suo figlio più amato ma un re poco capace, le cui azioni l'avevano condotta fino a quel momento, si chiese cosa sarebbe successo se effettivamente Eddard Stark avesse ricevuto la sua grazia e fosse stato spedito alla barriera come gli era stato promesso. Suo padre non avrebbe iniziato una guerra contro Robb Stark, sarebbe ancora vivo, tutti forse sarebbero ancora vivi e lei non sarebbe lì in quella situazione, ma ancora felice tra le braccia colme di amore di suo fratello Jaime.

Tyrion è nato per sopravvivere. Quel mostro informe, che uccise sua madre, aveva davvero la capacità di rimanere in vita nonostante tutto e nonostante tutti. Ma era pur vero che lei Cersei Lannister, non era una donna qualunque e anche lei era dotata della stessa abilità. Quante altre donne al suo posto si sarebbero lasciate andare facilmente al destino? Essere donna era una condanna ben peggiore dell'essere nani in quel mondo. All'ultimo posto nella catena di potere. Ma non lei. Lei era arrivata in alto, oltre suo padre e oltre tutto quello che un re sarebbe riuscito a fare.

Anche lei era nata per sopravvivere.

“Parli come se la situazione ti risultasse scontata, bestiolina.” pronunciò riprendendo controllo delle sue emozioni tornando ad essere una fiera leonessa. Si alzò improvvisamente in piedi sistemandosi con molta tranquillità l'abito lungo. Osservò lo stupore, finalmente una reazione, affiorare nel volto rosso di Arya Stark che la fissava, fino a che dei passi metallici si presentarono alle spalle del trono. La scena si fece ancora più piacevole guardando la ragazza distogliere l'attenzione da lei per portarla su ser Gregor, che entrando ebbe lo stesso effetto che possedevano le statue silenziose ma imponenti sotto le quali ti senti inerme e piccolo.

“Ser, vorrei che ti occupassi di questa gentilissima ospite. Io me ne andrò nelle mie stanze.” L'uomo montagna non pronunciò una parola ma si portò vicino alla ragazza che già aveva indietreggiato sfoderando la spada in guardia.

“Stark, mi auguro che la compagnia possa allietarti.” le sorrise sottilmente scendendo i gradini e con un ultimo sguardo al suo godé dell'incertezza che riuscì a carpire.

Abbandonò la sala del trono appena sentì il primo scontro sferragliante di spade.

 

 

 

 

**

 

 

 

 

Quell'essere che la stava osservando non era umano. L'aveva capito subito percependone l'odore. Non era odore di uomo, non era odore di vita. Quella cosa era morta ma camminava davanti a lei come una marionetta senza fili.

Sfoderò la spada alta distanziandosi da lui. Non aveva espressione o meglio, non aveva anima che potesse permettergliene una. Allora le venne in mente una sola domanda. Come uccidere una cosa che è già morta?

Negli anni aveva affrontato demoni ben più pericolosi e grossi di quello che ora la stava sfidando ma era da molto, da quando aveva rimesso piede nel continente, ripreso possesso della sua vera identità, che non la sentiva. La paura. Quella che spingeva gli uomini a scappare, a tradire, a cercare diversivi. Quella che immobilizzava rendendoli inermi di fronte al destino, la stessa che aveva bloccato Meryn Trant poco prima di morire.

Controllò il respiro, pensando più in fretta che poté osservando Ser Gregor sguainare la spada.

Non esiste il coraggio senza paura. Diceva sempre suo padre e chissà come, dopo anni passati a vivere e sopravvivere, solo ora ne concepì realmente il senso. Solo ora con Giuramento e il suo acciaio di Valyria sola senza nessun altro, né Spettro, né Aerys, né il suo esercito, nessuno a frapporsi tra lei e quel gigante.

Lo sentì muovesi sotto il metallo dell'armatura e fare un passo avanti verso di lei. La spada del suo avversario calò senza indugio alcuno, senza che ci fosse un pensiero razionale a compiere quel dato movimento.

Arya rispose come meglio poté, con quelle sue braccia esili facendo affidamento sulla resistenza. Perché lei non era forte, non lo era mai stata, ma se c'era una cosa che sapeva e che l'aveva sempre salvata era che lei era agile, veloce e sicuramente con un essere privo di pensieri o di mente come quello, avrebbe potuto essere più intelligente.

Il peso con cui gravava la Montagna con la sua arma contro la sua la costrinse ad un certo punto a scansarsi per evitare di esserne schiacciata. Reagì subito colpendolo al fianco, tirando un grido di sfogo. Ma niente, come se avesse preso con la spada una roccia, così lui non si mosse. Vide arrivarle un'altra sferzata dall'alto e il suo corpo si mosse ancora prima dell'arrivo del pensiero scansandolo, percepì solo il vento tagliente colpirle la faccia.

Non ebbe tempo di riprendersi, e nemmeno di riprendere il fiato e ricomporre i pensieri, che quel mostro la colpì di nuovo, questa volta parò a fatica e sentì il braccio ripiegarsi verso di lei con debolezza.

Cadde all'indietro contro la sua schiena, la sua armatura vibrò all'urto. Ma ancora, neanche il tempo di riaprire gli occhi dopo il breve impatto che sempre l'avversario, provò a colpirla. Svelta rotolò di lato e ancora più volte, ma un colpo andò quasi a segno. La spalla destra subì un tagliò profondo.

Un urlo le partì dalla bocca, giusto il tempo di riuscire con l'altra mano sinistra e Giuramento a spostargli il braccio. Si liberò dalla presa tornando a rotolare fino a che gli si trovò abbastanza lontana da permettersi di rialzarsi. Lungo il braccio scese un luminoso e abbondante rivolo di sangue sgocciolando per terra.

Non era colpendolo fino allo sfinimento che avrebbe prevalso, nemmeno ora che la spalla aveva ceduto al dolore. Era come abbattersi contro la pietra. Non era scappando che sarebbe riuscita a vivere. Osserva. Non aveva molte zone scoperte dall'armatura. Solo il collo e le caviglie. Ma raggiungere uno di quei due punti sarebbe stato un suicidio, sarebbe stato come buttarsi tra le braccia della morte, senza reagire.

Le fiaccole brillavano senza sosta lungo il salone divenuto ora lo scenario della sua battaglia decisiva e sotto la loro luce l'acciaio di Valyria della sua spada splendeva accecante.

Un pensiero la trafisse. Era una piccola minuscola idea ma illuminava la sua mente come un enorme fuoco. La luce delle fiaccole, non sarà difficile.

Sarebbe bastato premerle contro il pavimento per poterle spegnerle. Il buio avrebbe dominato e lei avrebbe avuto un'arma potente a suo favore. Erano tre per ogni lato, ma molto distanti tra di loro, le studiò velocemente, pensando al percorso più rapido da fare, mentre ser Gregor, la raggiungeva a grandi passi.

Le prime di cui occuparsi erano sicuramente quelle alle spalle della Montagna. Quindi veloce, sgusciando come una donnola evitò un altro colpo di spada dal nemico e si ritrovò dietro di lui in un attimo.

Corse verso la prima sulla sua sinistra, con la spalla che ad ogni movimento perdeva sempre più sangue e con il dolore che cercava di rallentarla. Non ci sei, non sei il mio ostacolo. Il dolore per una ferita era sopportabile, e doveva esserlo perché lei potesse sopravvivere. Rinfoderò la spada e agilmente saltò non appena si ritrovò sotto la colonna, prendendo con la mano la fiaccola. Constatò con amarezza come Ser Gregor potesse essere molto veloce nonostante la stazza e il peso della sua armatura perché fu un attimo che se lo ritrovò a due passi. Lo allontanò agitandogli il fuoco davanti e riuscì così a creare un po' di distanza. Lo scansò di nuovo e sempre con la torcia accesa raggiunse la seconda dall'altra parte. Prima di poterla afferrare premette la prima contro il pavimento estinguendola, e così potè agguantare l'altra.

Fece così anche le volte successive, spegnendole e allontanando l'uomo quando gli era possibile. Ma il giochino durò solo fino all'ultima delle torce. Nella mente del suo nemico infatti sembrava essersi aperto un piccolo spiraglio di consapevolezza, e sembrava così essersi reso conto della trappola a cui stava per andare in contro.

Così Arya si ritrovò a doverlo affrontare con in mano una fiaccola e con l'altra la sua spada. La fatica ormai stava per prendere possesso del suo corpo, e il dolore della ferita riaffiorava ad ogni colpo che cercava di scansare. Fino a che non finì nuovamente con la schiena per terra, un affondo violento dalla Montagna aveva urtato pesantemente contro Giuramento e si sentì sbalzata oltre il suo volere pochi metri più indietro.

Non doveva perdere quell'occasione. Una caduta non doveva significare per forza di cose una sconfitta, perciò con la prontezza di cui era capace, si accovacciò in ginocchio premendo la torcia contro il pavimento.

Ser Gregor che la sovrastava ancora con la sua spada possente fu l'ultima cosa visibile. Tutto divenne buio e nell'oscurità tutto si fermò. Non sentì arrivarle addosso il colpo e non percepì alcuna mossa dal suo nemico. Che fosse rimasto paralizzato per l'improvvisa assenza di luce?

Si rialzò lentamente silenziosa trattenendo perfino il suo respiro, per timore che potesse sentirla in qualche modo. Con passo felpato si mosse quando ecco che Ser Gregor cominciò ad agitarsi. Sentiva la sua armatura sferragliare e i fendenti della spada tagliare l'aria con violenza. Lui non ci vedeva più, non l'avrebbe più sentita. Ma lei era cresciuta come assassina dell'ombra, e come guerriera aveva imparato dalla sua cecità per anni. Si portò dietro di lui, sapendo perfettamente dove si trovasse la sua schiena, e mente la Montagna continuava ad accanirsi contro il nero del buio, lei gli si arrampicò nelle spalle.

La sentì sopra di lui e come un cavallo selvaggio cominciò a sgroppare impazzito cercando di disarcionarla. Arya era decisa a porre fine a quella battaglia, così ancor prima che potesse capire che poteva benissimo riuscire ad afferrarla con le mani per le gambe, gli infilzò il collo con tutta la forza che teneva in riserva e subito avvertì lo spruzzo di sangue addosso. Si paralizzò per un secondo, sentendo sulla sua pelle, non il suo tipico calore vischioso, ma il freddo.

Nemmeno per quel motivo, ser Gregor poteva essere considerato vivo. Scese immediatamente dopo, sentendolo cedere alla gravità del suo peso e urtare con un forte rumore il pavimento.

Era un mostro, un uomo forse, ma privo di anima, e per quanto definito inattaccabile, nessun essere avrebbe mai potuto resistere ad un colpo così feroce al collo.

Ascoltò soddisfatta gli ultimi grugniti di una vita non vita che se ne andava, gli unici versi che avrebbe potuto mai emettere.

Senza più fiato né forze, seguì il suono dei suoi passi fino a dietro il trono. Tastò con la mano la porta, e aprendola la colpì la luce che seppur debole, la accecò per un istante dal corridoio. Adesso sarebbe stata solo per lei.

Cersei.

 

 

 

 

Le scale della fortezza rossa erano ripide e strette. Percorrerle tutte le costò un'enorme forza di volontà. Era stremata e tutto quello che avrebbe voluto in quel momento era accasciarsi a terra e chiudere gli occhi, abbandonarsi al piacere di un lungo sonno riposante, dopo tutta quella guerra. Ma ciò che le impediva di farlo era quel tarlo di nome Cersei Lannister, a cui non avrebbe concesso un altro minuto di vita.

Niente più chiacchiere, solo la sua spada che finalmente poneva fine alla sua vendetta.

Non sarebbe più riuscita ad incantarla ancora con le sue miserabili parole di rabbia, nemmeno se avesse pregato in ginocchio la sua pietà, cosa che da una certa prospettiva sarebbe stata deludente.

Era da anni che non percorreva le mura di quel castello, eppure la sua memoria, anche nella più esile forza di concentrazione riuscì a condurla attraverso i suoi corridoi labirintici, fino a che con un cuore che inizió a ribattere per l'eccitazione, arrivò dinnanzi alle stanze della regina. Sapeva che si sarebbe trovata lì. Troppo orgogliosa per nascondersi nei sotterranei, troppo testarda per scappare via. Poggiò la mano sulla porta, delicatamente, come se nella sua mente si fosse creato un certo rispetto per quel momento.

Il legno massiccio scricchiolò tradendola, così che una volta apertesi la stanza ai suoi occhi, Cersei sapeva già del suo arrivo. La vide lì alla finestra con un bicchiere in mano, si mosse appena, porgendole uno sguardo di stupore e allo stesso tempo di consapevolezza. Come se avesse sempre sospettato che in fondo ce l'avrebbe fatta a raggiungerla. Non le rivolse la ben che minima parola, nel mentre che Arya varcò la soglia entrando nella sua camera.

Fu un suo ultimo sguardo di sfida, a far emergere nella ragazza lupo un certo senso di stima. Quella era una donna da cui non avrebbe mai voluto prendere esempio, eppure si rese conto che era esattamente come lei. Una sopravvissuta. La osservò per un breve istante, pronta ad avvicinarcisi per ucciderla, ma Cersei la precedette con i movimenti.

Fu tutto così veloce ma allo stesso instante fu come se fosse stata spettatrice di una scena a rallentatore. La regina estratto dalla sua manica una boccetta contenente un liquido chiaro e puro. Aveva versato tutto il contenuto in un bicchiere di vino e in un sorso lo aveva ingurgitato.

NO!” fu l'unica parola che uscì ad Arya, gridandogliela contro, mentre la osservava cadere a terra.

La raggiunse con il fiato pesante, abbandonando la spada. Con la mano le prese il volto, girandolo verso di lei. Ma i suoi occhi ormai anche se spalancati erano spenti, il suo respiro non la smuoveva più. Cersei Lannister aveva deciso di avvelenarsi, piuttosto che lasciarsi uccidere dalla ragazza.

Alla fine aveva vinto lei.

Sul suo viso affiorarono con prepotenza calde lacrime amare, lavandole il rosso del sangue ormai rappreso. Cersei, la regina. Pensò. “Cersei, la regina.” sussurrò per l'ultima volta nella sua preghiera e si accasciò di lato, stremata, distrutta, abbandonando le forze, lasciando che gli occhi potessero chiudersi.

 

 

Fu Aerys a ritrovarla così, ricoperta di sangue, distesa a terra, all'alba del nuovo giorno. Per un attimo pensò di averla definitivamente persa, poi avvicinandosi con fretta e timore, il suo animo si tranquillizzò. Vide il suo volto disteso in una serenità sconosciuta, e sentì il suo respiro muoversi delicatamente.

Stava dormendo nella sua nuova pace.

 

 

 

 

 

**Note dell'autrice:

Mi odiate, lo so. Anche se a Natale dobbiamo essere tutti più buoni :D

Invece di mettermi a guardare maratone di film natalizi stamani mi sono decisa a finire il capitolo. Così mi levo la paura di trovare qualche messaggio minatorio da parte vostra ogni volta che controllo la mia pagina :P. si scherza eh!!

Allora non voglio dire molto su questo capitolo, perché penso parli da solo. Io non amo Cersei, ma come Arya in un certo senso la rispetto e ho voluto darle una fine dignitosa. Come solo lei poteva permettersi.

Ho notato che negli ultimi capitoli scrivo molto nelle note e quindi per questo non voglio essere prolissa, vi lascio così.

 

Ringrazio infinitamente tutti per la vostra estrema pazienza, ma devo confessare che avevo poca voglia di scrivere e quando manca la voglia, inutile buttare giù roba a casaccio.

Ringrazio Vivienne Bowen per aver iniziato a seguire la storia!

Buone feste, buon Natale, buon anno!! **

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Capitolo 39
*** Spezzato (36) ***


CAPITOLO 36

Una chiazza verdastra e luminescente ancora galleggiava nell'acqua come un'alga alla deriva. Erano le minime tracce dopo la battaglia durata tutta la notte.

Ho sempre trovato l'Altofuoco intensamente interessante. La voce soddisfatta di Cersei Lannister rimbalzava come un'eco, mentre il mare calmo e silenzioso non le dava alcuna risposta.

Era tardo pomeriggio, il sole arancione, e una tiepida luce rischiarava le stradine ormai quiete quando Arya si era messa a passeggiare da sola per Approdo del re senza avere una meta precisa. Le persone stremate dalla lunga notte e in attesa della nuova alba non la consideravano nemmeno al suo passaggio, erano come fantasmi di una città distrutta, quella che i draghi avevano risparmiato dal fuoco.

Era passata di fronte a quello che fu il tempio di Baelor senza avere un briciolo di pensiero, con la mente libera dagli incubi e dai ricordi, quell'ultima battaglia era come se l'avesse finalmente liberata dalla sua oscurità.

Anche se c'era ancora qualcosa di cui preoccuparsi.

Tyrion.

Era vero che il suo amico nano aveva sempre avuto la straordinaria capacità di sopravvivere nonostante le numerose avversità, ma anche dopo essersi presentata decisa e convincente davanti all'imperturbabile Cersei circa la sua sorte, ancora riusciva a covare un piccolo dubbio. Se quella fosse stata la volta definitiva per lui? Non l'aveva visto ritornare trascinandosi con gli stracci zuppi, su per le strade di Approdo del Re come molti altri soldati, né così era stato per Yara, né per Theon. Perché lui avrebbe dovuto essere diverso? Perché avrebbe dovuto essere uno dei pochi fortunati a vivere?

Perché lui lo merita.

Sospirò con rimorso a quel pensiero. L'idea che adesso sarebbe finalmente potuto essere libero, ritornare ad essere un vero Lord, ora che la regina non lo teneva appeso ad una condanna e ora che il re Tommen aveva preferito la via dell'esilio, quell'idea la stava lacerando. Scrollò la testa chiudendo gli occhi, oscurandosi la vista da quella melma verde luminescente.

Tu devi essere vivo.

Delle campane in alto dietro di lei suonarono e con un rimbombo acuto e pieno invasero la capitale e la baia delle Acque Nere. Aegon Targaryen stava per essere incoronato nella sala del trono, ma non aveva lo spirito per potervi assistere. Il richiamo alla cerimonia continuò per altri minuti, disturbando il silenzio di lutto che permeava le strade della città.

“Dovresti venire anche tu.” la voce limpida e serena di Aerys la raggiunse alle sue spalle.

Arya si voltò stupita, guardandolo con quella punta di felicità che le colpiva la mente ogni volta che incrociava i suoi occhi.“Come sapevi dove trovarmi?”

Il principe aveva l'espressione distesa in un viso deturpato dalla guerra, i capelli radi e neri pronti a ricadere lunghi ancora sopra al suo collo, e nonostante la posizione eretta e fiera, tentava di dissimulare ad ogni respiro il dolore per un corpo stremato dagli acciacchi. Quella caduta dal drago poteva essergli stata fatale.

“Tutto ciò che ti rimane da fare adesso è fissare il mare in cerca di qualcuno. Potevi essere solo qui, lontano dal gran chiasso della Fortezza rossa.”

Arya gli sorrise dolce e sincera, allungò la sua mano sfiorandogli con delicatezza il viso. Un gesto che finalmente compiva con estrema naturalezza. “Ed è qui infatti che voglio rimanere, lontano da tutto.”

Le campane ripresero a suonare, annunciando l'inizio della cerimonia, ma tutto quello che avrebbe voluto in quel momento era restare lì in pace, a fissare il mare fino alla notte, con lui al suo fianco.

“Non puoi lasciarmi andare da solo.” pronunciò forte, cercando di farsi sentire al di sopra delle campane.

“Ma non sei solo, tuo fratello e tua zia sono sul trono adesso.” l'ironia di quella risposta andò forse a pungerlo un po' troppo perché come sempre capitava riportando alla luce quell'argomento, la malinconia offuscò il suo sguardo. Così Aerys per un attimo non si mosse, poi come se fosse tornato dal profondo dei suoi pensieri, le afferrò la mano. “Dico davvero.” la guardò, lasciando trapelare attraverso il blu dei suoi occhi quello che non riusciva a esprimere con le parole.

Arya, allora, incrociò le sue le dita con quelle del principe, in un incastro perfetto. “ Andiamo.” e lo accompagnò piano fin su alla fortezza.

 

 

 

 

 

 

Dalla quiete della baia, alla bolgia all'interno della sala del trono, fu come ritrovarsi in battaglia di nuovo. Spintonati dagli incuranti aristocratici e borghesi di Approdo del re giunti ad assistere all'incoronazione dei famosi Targaryen, assordati dalle grida di dissenso e malcontento, generate solo per l'incertezza di un nuovo avvenire e per le loro sorti.

Passarono faticando a rimanere vicini, tra i corpi stretti e ammassati, ignorati da tutti. Non era più interessante guardare la regina del Nord e un principe Targaryen qualunque, quando di fronte a loro c'erano i due sovrani dai capelli argentei.

Qualcuno con voce profonda e forte richiamò i sudditi alla calma e al silenzio, ma non bastò, servirono una trentina di soldati e un altro forte grido perché tutto si facesse improvvisamente quieto.

Arya da dietro delle persone riusciva a vedere solo attraverso gli spazi tra le loro spalle. Un gruppo di immacolati formavano una barriera compatta tra gli spettatori e il trono di spade. In piedi al di sotto degli scalini il generale dorniano dalla pelle scura e Lord Connington. Accanto all'imponente scranno di ferro, era stato posizionato un altro più piccolo, ma rifinito con ricami dorati e rossi.

Aerys, che avrebbe dovuto stare lì in piedi davanti a tutti, osservava invece vicino a lei la scena con estrema attenzione, come se non volesse perdersi un singolo passaggio. Aveva lo sguardo talmente concentrato che nemmeno chi spingeva dietro di lui per riuscire a vedere meglio, poteva distrarlo.

Se in quella sala ci fosse stato anche il minimo brusio o chiacchiericcio, quando i leggeri passi della regina Daenerys risuonarono, si spense e come appartenenti a un unico corpo gli aristocratici di Approdo del re si voltarono a guardare l'ingresso della donna argentea. Indossava un vestito inusuale per le sue solite abitudini, di color avorio era lungo e pesante dal taglio tipico di un'aristocratica occidentale. Passò tra la folla con il mento alto e lo sguardo fisso sul trono, Arya ebbe la sensazione che stesse camminando verso il patibolo. Ma fiera rimase anche quando saliti gli scalini, attese il suo consorte in piedi davanti al piccolo scranno dorato.

L'espressione di Aerys, da concentrata e imperturbabile si fece cupa e tesa, i suoi occhi blu violacei si posarono sul portone d'ingresso, dove insieme al levarsi di un pesante brusio, si mostrò il re Targaryen. Vide Aegon farsi strada tra gli spettatori sudditi, veloce e visibilmente infuriato, mentre tutti intorno a lui cominciarono a urlargli contro. Dietro Arya un blocco di persone la spintonarono in avanti e per poco non si ritrovò schiacciata. Aerys la trascinò in fretta lontano da quella bolgia.

Prima che il re potesse raggiungere Daenerys sopra la scalinata, gli immacolati si infiltrarono nella folla, per cercare di sedare gli animi. Un uomo tirò qualcosa in testa a uno dei soldati e improvvisamente il tumulto si intensificò.

Arya e Aerys indietreggiarono ancora fino a trovarsi con le spalle al muro, ma nessuno dei dei due sembrava minimamente preoccupato. La regina Stark si sentì divertita dalla situazione, nemmeno i cittadini di Approdo del Re avrebbero voluto vedere Aegon in quel trono, come se già vedendolo in volto avessero capito che razza di sovrano sarebbe stato. Il principe accanto a lei, osservava tutto con un sorriso che gli stirava le guance da una parte all'altra, quasi a voler trattenere una grossa risata per la scena.

Il tutto durò purtroppo molto poco, la grande presenza di Daenerys Targaryen si rivelò per quello che era. Scese di nuovo gli scalini con calma e posatezza e nel mentre che questo accadeva le persone abbandonavano la rissa per osservarla in silenzio. Si pose al centro del salone, con Aegon che ormai giunto a sedere sul trono, la guardava infastidito.

Non una sola anima si azzardò a fare rumore quando Dany cominciò a parlare.

“Fratelli e sorelle di Approdo del Re. Abbiamo passato una notte tremenda insieme, di morte e di distruzione. Abbiamo entrambi perso tante vite e con loro sono andate perdute molte speranze. Capisco i vostri sentimenti nell'assistere a due sovrani che giungono nuovi sul trono del vostro regno e comprendo il vostro desiderio di pace. Credetemi, non c'è fine più alto che io possa perseguire in questo momento. Pace, prosperità e ricchezza, per un regno che merita più dell'avidità e dell'ignoranza. Io sarò molto di più che la vostra regina. Il re sarà molto di più che il vostro sovrano. Noi saremo la vostra guida, così che non abbiate più timore per la vostra sorte.”

Un piccolo e timido applauso si fece sentire, tra le frasi sempre più incoraggianti della regina argentea.

“Le vostre case saranno ricostruite, e il cibo e i vostri averi vi saranno restituiti!” gridò con grande entusiasmo e fu allora che tutto il salone del trono si riempì di un rimbombo assordante, uno scroscio di urla e applausi che invasero la fortezza. Molti di loro le andarono intorno per renderle finalmente i dovuti omaggi.

Nel mentre che questo accadeva, Aegon non si era mosso di un solo millimetro dal suo trono e solo con un lieve sorriso si rivolgeva a quei borghesi che si erano fatti strada per inchinarsi dinanzi a lui.

Dopo pochi minuti tra i ritrovati sorrisi e gli animi allietati, videro l'arrivo dell'unico septon sopravvissuto all'attacco del tempio di Baelor e lì sotto il loro sguardo ammirato, incoronò il re Aegon VI della casa Targaryen, signore dei sette regni.

Il sovrano di una dinastia risorta, da quel momento in avanti rinominato il Rinato.

 

**

 

La sera arrivò portando con sé aria di festa. Fuori dalle mura della fortezza, nei giardini addobbati e illuminati, erano in corso i banchetti per i nuovi regnanti. Arya sedeva accanto ai suoi generali, in un tavolo lontano da quello dei signori dei draghi, che era posizionato proprio più in alto degli altri. Aegon beveva ogni boccale con avidità mentre accanto a lui Daenerys intratteneva il generale dorniano Vanente Othar.

Quella stessa sera era riuscita a intervenire ai festeggiamenti perfino Arianne Martell, una donna bellissima, dall'aspetto provocante e particolare, che colpiva subito gli uomini che su di lei posavano lo sguardo. Sedeva accanto al suo promesso consorte, Aerys. Gli appoggiava la mano delicatamente nel braccio e con l'espressione compiaciuta gli si avvicinava per sussurrargli qualcosa all'orecchio. Il principe non ne sembrava affatto infastidito o imbarazzato, anzi appariva divertito sotto lo sguardo di Arya Stark che di tanto in tanto, tentando invano di non dare peso a quel comportamento, si voltava verso di loro.

Le posate accanto al suo piatto erano lisce ed affilate, le accarezzò non curante e sovrappensiero. Basterà un solo colpo diritto in fronte. Prese mentalmente la mira, sul volto di Arianne poi come se fosse tornata improvvisamente in sé scrollò la testa, scacciando ogni pensiero.

Se Tyrion fosse qui riderebbe delle mie sciocchezze.

“Vostra maestà.” la chiamò distraendola Lord Mormont e Arya lasciò andare la sua attenzione dal tavolo dei sovrani per riporla su di lui.

“Vostra maestà, non so se questo sia un buon momento o meno per chiedervelo. Ma vedete, gli altri Lords con i loro alfieri pensavano fosse il caso di tornare al Nord il prima possibile. È troppo tempo che siamo via.”

Gli occhi dei suoi generali si posarono all'istante su di lei, nessuno più al suo tavolo mangiava, in attesa di risposte.

Era vero, erano passati mesi, quasi un anno dalla loro partenza da Grande Inverno, anche a lei mancava casa, come mai le era capitato in quei lunghissimi anni a Bravoos, e sorprendendosi con se stessa, pensò subito a sua sorella, in ansia e in attesa del suo ritorno e di quello dei suoi fratelli. Bran, Rickon. Quei due nomi le scaldarono il cuore, riempiendola di nostalgia.

“Comprendo pienamente i vostri sentimenti. So bene quanto sia dura starsene lontano dalla propria casa. Ebbene la nostra guerra è finita, siate liberi di ritornare al Nord quando ne avrete l'occasione.”

Mormont di fronte a lei le sorrise soddisfatto e così anche altri come lui levarono il calice di vino e brindarono in suo onore.

“Ad Arya Stark, Regina del Nord!”

Anche lei bevve un sorso di quella dolce bevanda e poi asciugandosi la bocca tornò seria a parlare di fronte a loro. “Io non me ne andrò di qui finché non otterrò il documento scritto e firmato dal re, che dichiara l'indipendenza del nostro regno. Potrebbe richiedere alcuni giorni, viste le difficoltà in cui si trovano ora i sovrani.”

“Mia signora permettetemi allora di restare qui insieme ai miei uomini a farvi da scorta fintanto che tutto non si sarà concluso.” Lord Deene accanto a lei, la guardò con ammirazione, e Arya annuì a quella richiesta. “E sia, vi ringrazio.”

Continuarono con il banchetto, sempre più chiassosi e sempre più allegri ora che sapevano di poter fare ritorno a casa come e quando volevano. Facevano a gara con gli uomini delle Isole di ferro a chi beveva e mangiava di più, mentre i dorniani e i signori di Approdo del re sedevano composti ai loro tavoli infastiditi dalle grida.

Quando più tardi, molti si erano già ritirati nelle loro stanze, altri avevano preso a ballare. Aegon danzava impacciato con la principessa Arianne, mentre Aerys con una sorprendente eleganza conduceva Daenerys fluidamente seguendo le note della musica. Al tavolo della regina Stark erano rimasti solo pochi ubriachi e alcuni di quei Lords avevano tentato inutilmente di chiederle un piccolo ballo, ma lei sempre molto gentilmente aveva declinato.

Non era più dello spirito per rimanere oltre, si sentiva estranea a quell'atmosfera di festa e di sfarzosità, si alzò facendo attenzione a non disturbare gli altri e con passo veloce si diresse all'estremità di quel giardino. La musica sembrava solo un lontano ronzio, l'unico rumore piacevole che le rimaneva da ascoltare era l'infrangersi delle onde contro le rocce della fortezza.

Nel buio di quel piccolo angolo di oscurità rifletté ancora sulla possibilità di potersene finalmente andare via da lì. Era pronta, non vedeva l'ora di scorgere in lontananza le alte torri di Grande inverno, di camminare nella neve in mezzo alla foresta del lupo, far visita ai corvi della barriera una volta per tutte. Ma c'era anche un pensiero che la intrappolava, che le impediva di compiere quella spinta necessaria per allontanarsi definitivamente dal Sud di Westeros e fu solo allora che si rese conto di essere diventata come non avrebbe mai voluto essere. Legata ad un uomo, così profondamente da essere impedita nelle scelte più facili e razionali.

Si sedette su di una panca di marmo freddo, stropicciandosi il vestito lungo color azzurro scuro, l'ultimo regalo di sua sorella e sbuffò nel rendersi conto di quanto fosse lontana dall'essere se stessa. I capelli acconciati, l'abbigliamento elegante, le occhiate di gelosia, i sospiri di incertezza. Tyrion riderebbe di me. Constatò ancora una volta e con una nota malinconica sussurrò tra e sé e sé. “Riderei anche io di me.”

Un leggero soffio di vento spostò le foglie ingiallite di fronte ai suoi piedi e accompagnò passi felpati. Si voltò pensando di vedere gli occhi rosso rubino del metalupo, ma ebbe invece un piccolo sussulto nel vedere che in realtà altri non era se non Aerys, che abbandonata anche lui la festa l'aveva raggiunta nel buio silenzioso.

“Stufo di volteggiare insieme a regine e principesse?” lo accolse con un sorriso mellifluo mentre lo osservava sedersi accanto a lei.

“Presumo sia gelosia questa.” la stuzzicò sorridendole sardonico a sua volta.

Gelosia. Arya fu come colta da un' improvvisa agitazione interiore la stessa che la afferrava poco prima di uccidere qualcuno. Si alzò di scatto in piedi, furiosa. “Gelosa io? Di grazia, di chi dovrei essere gelosa? Di te Aerys?”

Si mise in piedi anche lui, di fronte alla ragazza, il sorriso era scomparso dal suo volto e ora la guardava serio e contrito.

“No, aspetta.” lo interruppe ancora prima che potesse ribattere. “Chi credi che io sia Aerys?” chiese calma, ma fredda come il marmo su cui si era seduta poco prima. “Credi che io sia la principessa dal vestito elegante e i capelli acconciati pronta a fare due giri di ballo con il suo bel principe?”

Lui la guardò ancora più infastidito, come se non arrivasse a capire da cosa era nata tutta quella ostilità. “So chi sei. Tu sei la regina del Nord. Se volessi avere a che fare con una principessa qualunque, non sarei qui a parlare con te. Non sarei qui a chiederti di farmi venire con te, a Grande inverno.”

Quell'ultima frase lasciò Arya di stucco, spalancò lievemente la bocca nello stupore e rilassò il volto. Lo guardò con apprensione sapendo quanto di quello che aveva detto gli era costato nell'orgoglio. Aerys se ne stette in silenzio, lasciando che quelle parole le fluissero bene in testa, che le elaborasse per la schiettezza con cui erano state pronunciate.

“Vorresti venire con me.” non era una domanda, Arya se lo ripeté come a volerselo confermare, ma il principe annuì comunque. “Sì. Ovviamente se non hai niente in contrario.”

Il fastidio, i dubbi e le paure svanirono dopo quella frase nel nulla. Una punta di emozioni la trascinò con il volto vicino a lui e senza pronunciare altro, lo baciò nelle sue labbra sottili, assaporandone il sapore di vino. Aerys la strinse a sé, rispondendo delicatamente con un schiocco dietro l'altro e poi sempre più con desiderio si abbandonò in quell'intreccio di calore.

Si allontanarono poco dopo aver sciolto il loro abbraccio nell'oscurità dei giardini, attenti a non essere scoperti da nessuno.

 

 

Vanente Othar era un generale dorniano appartenente a quelle casate di spicco nell'estremo Sud del continente, ma nonostante fosse abituato allo sfarzo e al luccichio delle feste, si era sentito stanco. Salutata con garbo la principessa Arianne, si era congedato da lei, inoltrandosi poi nei giardini del palazzo, in cerca di un po' di pace e tranquillità, ben lontano dal chiacchiericcio inutile.

Era stato allora che, nel silenzio pesante, aveva sentito delle voci trasportate dal vento. In una di quelle non appena si era avvicinato abbastanza, aveva riconosciuto quella del principe Targaryen. Nel buio due figure appena distinguibili si stavano trattenendo in un bacio lungo e desiderato. Aveva rilevato presto la loro vera identità.

Vanente Othar era un generale dorniano, un uomo dai più alti e sani principi. Una persona a cui erano molto care le promesse e gli accordi, sopratutto se fatte in nome del suo stimato principe Doran.

Non aveva avuto altro in mente, dopo aver assistito a quel tradimento, se non guerra.

 

 

**

 

 

Passarono alcuni giorni prima che Arya si presentasse al portone di legno massiccio che chiudeva le stanze private del re Targaryen. Bussò prima svogliatamente, solo l'idea di dover fronteggiare ancora una volta Aegon sull'annosa questione dell'indipendenza del suo regno, la faceva stare peggio che avere un mal di stomaco.

Nessuno dall'altra parte rispose, così sempre più forte batté il suo pugno. Era tornata a indossare i suoi abiti comodi quelli con cui si sentiva se stessa. Pantaloni in cuoio e una casacca morbida che le ricadeva sopra ai fianchi. I capelli sciolti, un po' spettinati. In questo modo si presentò di fronte al sovrano di Westeros quando finalmente le aprì la porta.

“Stark, non avete niente di meglio da fare oggi che venire ad importunarmi?” la accolse con il suo solito cipiglio scontroso e saccente, non spostandosi di un millimetro dall'ingresso per farla passare.

“Sapete bene perché sono qui. Avanti fatemi entrare, Aegon.”

Il re insistette nella sua posizione, osservandola dall'alto in basso come se avesse di fronte un'estranea. “Vostra maestà.”

Arya lo fissò sbigottita. “Come prego?”

“Vostra maestà, non Aegon. Sono il re, Stark, non un vostro amico.” ripeté con fermezza.

Per fortuna, non lo è davvero.

“Se è proprio questo, quello che vi interessa di più, anche io sono la regina Stark e non ci tengo ad esservi amica. Adesso fatemi entrare.” lo scansò con un gesto veloce, intrufolandosi nelle sue stanze di scatto.

Il re chiuse arrendevole la porta dietro di lui e la raggiunse al centro della sua camera. “Regina certo. Ma non mi pare di avervi firmato ancora nessun documento che possa approvare tale cosa.”

Arya lo guardò severa con l'espressione di sfida, avrebbe potuto metterlo a tacere in un secondo, non gli servivano armi, solo una mossa repentina e gli avrebbe potuto spezzare il collo. Tuttavia rimase impassibile per il momento. La posta in gioco era alta, non poteva rischiare di rovinare tutto, solo per la sua rabbia.

“È per questo che sono qui. Vi ho dato abbastanza tempo per poterlo scrivere e firmare, il documento che dichiara il Nord indipendente dai vostri domini. Un patto è un patto, re Aegon e voi alleandovi con me in guerra avete deciso di sottostarvi. Non potete tirarvi indietro.”

Il sovrano scoppiò in una risata che colse Arya del tutto impreparata. Era finta e forzata, come a voler rimarcare la ridicolezza delle sue parole. Lo osservò in silenzio bruciandolo con gli occhi, mentre quello si teneva la pancia tra le grosse sghignazzate. 

“Patto!” disse infine riprendendo compostezza. “Mi parlate di patti, quando siete stata proprio voi a mandare all'aria quello che avevo stretto con i Martell.”

“Non vedo come questo possa centrare con me.”

Stavolta il re non rise ma le si avvicinò pericolosamente al viso. Minaccioso, la sormontava con tutta la sua stazza e Arya dovette stirare il collo per continuare a mantenere un contatto visivo. “Siete stupida forse? O credevate davvero che noi tutti, compresi i dorniani, potessimo essere ciechi di fronte all'evidenza.” sentenziò lapidario, mantenendo la minima distanza di fronte a lei. “Mio fratello ha deciso di fottersi una donna del Nord, anziché sposarsi con una del Sud.”

Ci fu un gelo improvviso dopo quella frase. Arya deglutì serrando la mandibola più forte che poté. Si trattenne così tanto dal tirargli un pugno che le sue mani strette le ferirono i palmi.

Fece un passo indietro, respirando. “Aerys è un principe Targaryen e un uomo libero. Può decidere da solo il suo destino.” le parole le uscirono con calma forzata, ma impercettibili, quasi stesse tenendo la bocca a denti stretti.

Vide il sovrano alzare le braccia al cielo e indietreggiare anche lui fino alla poltrona di velluto rosso, accanto alla finestra.

In quel momento le vennero in mente le parole di Daenerys e quello che le aveva rivelato ad Harrenhal. Lei non avrebbe mai potuto avere figli, Aegon non avrebbe mai avuto eredi da lei. Il primo che doveva temere era Aerys. Solo lui avrebbe potuto prendere il suo posto. Ma non se viene al Nord con me e diventa il re di un regno indipendente.

Quella verità le attraversò la mente molto rapida, perché subito dopo la seguì l'incertezza.

Allora perché Aegon non vuole cedere?

“Mi sta bene.” pronunciò il re interrompendo il filo dei suoi ragionamenti. “Aerys viene con voi al Nord, fa di voi quello che vuole. Sua moglie, la sua puttana. Non mi interessa. Ma voi non vi scrollerete così di dosso le vostre responsabilità. Doran Martell saputo dell'accaduto, ha subito dichiarato guerra al regno. Vogliono diventare indipendenti anche loro, a quanto pare.”  Giocò sull'ultima frase con ironia, guardandola pungente.

Ecco spiegato tutto.

“Avete due draghi e una manciata di immacolati. Potete benissimo occuparvene anche voi.”

No!” gridò forte sbattendo la mano sul bracciolo della poltrona. “È qui che vi sbagliate. Non ho un vero esercito, Rhaegal è morto durante la battaglia e Viserion sembra essersi particolarmente attaccato a mio fratello, quindi mi resta un solo drago. Infine non ho una flotta e sappiamo entrambi quanto questo significhi contro Dorne.”

Arya incrociò le braccia e lo osservò impaziente. “Fatemi capire. Voi non mi concederete l'indipendenza se non vi aiuto a combattere contro i Martell? È lì che volete arrivare!”

“Bene allora non siete stupida.” applaudì con scherno, mentre lei ancora se ne stava in piedi, pietrificata dalla rabbia.

“No.” fece secca.

“No, cosa?”

“No, questo è un problema vostro. Siete stato voi a stringere questo patto con Doran Martell, coinvolgendo Aerys a sua insaputa. Siete stato voi a non trovare un'alternativa che avrebbe potuto giovare alla pace nel vostro regno. Sono stanca di combattere per una causa che non mi appartiene. Vi ho aiutato a riottenere il trono di spade. Adesso datemi il Nord.”

Seguì ancora un gelido silenzio. Aegon scrollò la testa abbassando lo sguardo, poi si rivolse di nuovo a lei con un sorriso compiacente. “Fottiti Stark.”

Quelle parole la colpirono all'improvviso, rischiando di farla cedere alla rabbia. Si sentì tremare, perché trattenersi non era da lei. Fece uno sforzo enorme per tornare a parlargli con estrema calma.

“A quanto pare avete dimenticato molto facilmente con chi state parlando. Ve lo rammenterete molto presto.”

Fu la sua ultima parola, si voltò per uscire di lì prima che potesse accadere qualcosa, ma Aegon la richiamò ancora per poco.

“Siete voi, che non avete mai imparato chi sono io.”

 

 

Dopo quell'incontro, calpestò i ciottoli che separavano il corridoio dal porticato che l'avrebbe condotta fino all'uscita.

Ribolliva di rabbia come mai le era capitato.

Non avrebbe fatto un'altra guerra, non avrebbe più acconsentito agli ordini di quel re. Voleva tornare a casa, voleva il Nord libero. In quel momento in cui la mente le risultò più annebbiata che mai, le affiorò una sola soluzione da mettere in atto e fu così che quando la sera incontrò Aerys gli comunicò molto esplicitamente la sua intenzione.

“Preparati a rimanere solo in famiglia.”

Furono poche semplici parole, che lasciarono il principe con l'amaro in bocca, senza sapere come poterle interpretare.

 

 

 

 

**

 

 

Cercò tutta la notte di dormire quieta tra le braccia di Aerys e in un certo senso il suo respiro profondo che gli muoveva il petto in un ritmo regolare, le rasserenò l'animo.

Le venivano però mille pensieri in mente. Dopo quello che gli aveva comunicato, il principe Targaryen non aveva assunto alcuna posizione. Non le era apparso preoccupato o felice. Impassibile come l'acqua di un torrente dopo che qualcuno ci getta dentro un sasso. Perché alla fine era quello che Arya aveva da poco fatto. Aveva gettato un macigno tra loro due non sapendo come lui avrebbe potuto prenderla.

Ma Aerys era lì con le sue braccia avvolte intorno alle sue spalle, il viso di fronte al suo, disteso dal sonno.

Si districò lentamente dall'abbraccio, scivolando via dalle lenzuola. Doveva pianificare la sua prossima mossa e una camminata fuori nella capitale sarebbe riuscita a distrarla. Vestitasi con quello che poté trovare al buio abbandonò la loro stanza velocemente, accompagnata dal fedele metalupo albino che si era prontamente svegliato. Poi nel corridoio la luce delle torce e il silenzio notturno che dominava nel castello, la guidarono verso l'esterno.

Rallentò il passo una volta giunta sulla strada principale, Spettro la superò trotterellando in discesa sulla collina di Aegon. Svoltò dopo molti metri sulla sinistra, scomparendo nei vicoli più stretti. Arya cercò di stargli dietro, allungando l'andatura e si ritrovò dopo poco a correre nella notte, tra case distrutte e pozze d'acqua.

Arrivarono alla Porta del fiume, un posto immerso nell'odore nauseabondo del mercato del pesce. Spettro affamato, si mise alla ricerca di scarti su cui poter affondare i denti, mentre Arya si allontanò passeggiando verso la riva.

Il fiume delle rapide nere era ricoperto dal legno delle imbarcazioni distrutte durante la battaglia e sotto probabilmente galleggiavano nascosti i corpi dei caduti, che non erano stati ancora recuperati.

Un rumore la distrasse all'improvviso. Proveniva da una delle piccole bagnarole appoggiate sulla spiaggetta. Ci si avvicinò lentamente cercando di distinguere una qualche figura. Forse era un animale, o forse un uomo. L'unica sagoma che riuscì a individuare era quella di un'ombra nera bassa e tozza.

Il cuore le mancò un battito per qualche secondo mentre lei rimaneva in attesa. Tyrion! Pensò subito, ma era solo un pensiero irrazionale, generato dalla voglia di rivederlo. Infatti, quella piccola figura si rivelò presto essere un bambino robusto in cerca di scarti. Scattò al di fuori della barca di legno, scappando verso Approdo del re, non appena vide Arya osservarlo.

La delusione e la consapevolezza che forse non avrebbe più rivisto il suo amico la indebolirono e con l'amaro sentimento in corpo, si sedette sulla sabbia.

Poco dopo fissò Spettro bere nell'acqua del fiume con la bocca sporca del sangue di pesce.

Sarebbe potuta entrare nel corpo del metalupo e azzannare Aegon, ma sarebbe stato troppo evidente un suo coinvolgimento. Perché non avvelenarlo? Una morte indiretta, difficile da ricollegare a lei, ma non era nei suoi desideri, e non avrebbe ottenuto di certo la soddisfazione che cercava. Aegon sa quali sono i miei metodi. La conosceva, sapeva chi fosse. Un'assassina senza volto. Per questo non poteva contare nemmeno sulla sua ignoranza, avrebbe certamente fatto di tutto per stare alla larga da facce sospette, che potessero in realtà nascondere quella della ragazza Stark.

Come si uccide un drago? E le tornò in mente che la maggior parte dei Targaryen nella storia, erano morti cercando di provare a loro stessi e agli altri di poter resistere al fuoco.

Lui non è un vero drago. Ma come? Co...

Delle campane suonarono rumorosamente nel cuore della notte. I suoi pensieri si interruppero in quell'istante.

Sia lei che Spettro si voltarono di scatto con lo guardo verso la Fortezza rossa dove il frastuono aveva alzato stormi di uccelli in volo.

Le attraversarono la testa mille dubbi e mille supposizioni, ma solo uno tra questi la fecero correre all'impazzata di nuovo su per la collina di Aegon.

Aerys!

 

 

 

Quando arrivò con l'affanno per la corsa e per l'ansia davanti all'ingresso della camera, dentro non vi trovò più nessuno.

Non c'erano corpi distesi, cadaveri insanguinati, niente di quello che aveva immaginato nel suo percorso a ritroso.

Eppure dentro, le rimaneva sempre una sensazione di sconforto che le appesantiva il petto.

“Che ci fai qui?”

Aerys le apparì come una visione da dietro la porta. Era sano, era vivo, ma non aveva niente nel suo sguardo che rasentava la felicità nel vederla. Era come se fosse disgustato dalla sua presenza.

“Che cosa fai tu qui?” le ripeté ancora più lapidario.

“Ho sentito le campane e sono corsa indietro appena ho potuto. Cosa è successo?” pronunciò tra un respiro e l'altro, mantenendo lucidità, di fronte a quel suo comportamento ostile.

Aerys non rispose e l'afferrò fortemente per un braccio, trascinandola fuori dalla camera. “Vattene.” disse laconico, ma Arya non obbedì, nemmeno quando si districò dalla sua presa.

Dietro di lei sentì arrivare Spettro, che tra un digrigno di denti e un feroce abbaio, lo fece vacillare.

Il principe Targaryen osservò quella bestia con lo stesso disgusto e disapprovazione che stava riservando ad Arya, il suo sguardò si soffermò sulla bava rossa di sangue che pendeva dalle sue fauci. “Che cosa hai fatto?” domandò, con un tono di chi sapeva già la risposta.

Continuava a rimanere imbambolata di fronte a quell'uomo che le appariva come un estraneo. Cosa stava capitando? Un attimo prima erano nel letto abbracciati in una serenità che sembrava potesse essere infinita.

“Io non capisco. Cosa è successo? Dimmelo!”

Sembrava un gioco, uno scherzo. Entrambi si facevano domande, a cui nessuno dei due voleva rispondere, in una lotta continua.

Poi la risposta finalmente arrivò e il mondo di Arya Stark si sgretolò sotto ai suoi piedi.

“Daenerys è morta. È stata uccisa. TU l'hai uccisa!”

Vide nella sua mente la regina dalla pelle candida e dai capelli argentati ricoperta di sangue, priva di vita. Non ci poteva credere, una donna così forte che lei ammirava, era stata assassinata.

“Credimi, io non c'entro niente.” riuscì a dire con una voce flebile, ma ritrovò di fronte un muro d'uomo, una pietra irremovibile nelle sue convinzioni e nello sguardo con cui aveva creato un profondo legame, un odio assoluto.

“L'hai detto tu, che sarei rimasto l'ultimo Targaryen.”

Avrebbe voluto strapparsi la lingua a morsi per quella frase, pronunciata in un momento di estrema rabbia. “Non intendevo...”

BASTA!” urlò il principe e vide Spettro frapporsi con un balzo tra loro due, minaccioso e feroce. Il muso che lo sfidava direttamente negli occhi, quella forza che Arya non riusciva a trovare, lui la stava esprimendo in tutta la sua bestialità.

Aerys indietreggiò lentamente, mentre in lontananza si sentivano arrivare concitati i soldati armati.

“Vattene da qui, torna al tuo Nord.” rimarcò con più calma, con un velo di tristezza gli oscurava il volto.

“Perchè non lasci che mi mettano in prigione, se pensi che sia stata io?”

La fissò negli occhi con assenza, come se dentro di lui non ci fosse più nessuno. “Perchè io e Aegon verremo a cercarti per ucciderti.”

Solo l'essere trafitta da più spade, le avrebbe fatto più male. Le gambe cominciarono a tremarle e così le labbra, cercando di tirare fuori una qualche spiegazione. Ma quale?

I soldati si facevano sempre più vicino e Aerys gli voltò le spalle per andare loro incontro.

“Aspetta...” disse ma fu interrotta dal metalupo che la colpì in pancia, riuscendo a farla cadere sopra di lui. D'istinto si aggrappò al suo pelo folto e morbido e quando fu sopra il suo dorso ferma e salda, Spettro partì correndo verso l'uscita.

Arya tornò a guardarsi indietro più e più volte sperando di scorgere la figura alta e snella del principe Targaryen, mentre fuggivano verso la collina di Aegon in direzione della Porta del re, ma dovette constatare l'amara verità e di lì a poco chiuse gli occhi abbandonandosi a un pianto nervoso, bagnando il pelo albino.

 

 

 

Note dell'autrice: Ciao a tutti! Potrei cominciare questo messaggio con le mie solite scuse, perché davvero questa volta ve le meritate. Ho fatto molto ritardo, lo so. Purtroppo è stato un periodo difficile. Per non dire di m***a. Ho perso qualcuno di molto importante nella mia vita e ho subito una battuta di arresto, sia nello scrivere, sia nello studio. Questa settimana ho cercato di ritrovare la forza per rimettermi in pista e così mi sono rimessa al computer.

È un capitolo lungo, molto “tranquillo”, quasi privo di azione ma necessario per gli eventi futuri. Vi comunico che manca davvero poco, forse due capitoli alla fine. 

Spezzato. Come l'animo di Arya, come i sentimenti di Aerys, come i patti che erano stati fatti e forse come lo sono stata io in questo periodo.

Non mi dilungo oltre, vorrei solo che possiate esprimere un vostro giudizio, magari anche alla vera fine su tutto quanto.

Se avete trovato il cap noioso, brutto, o bello, se ci sono errori, fatemelo sapere. Accetterò volentieri ogni consiglio.

Ringrazio i “nuovi” arrivati: air, uri, celler per aver iniziato a seguire la storia.

VeVe92, hola1994 per aver inserito la storia tra le ricordate.

James Percy Holmes per aver inserito la storia tra le preferite.

Davos per aver inserito la storia tra le preferite e seguite.

Per avermi aggiunto agli autori preferiti Minerva6 e ancora Davos.

Grazie per il supporto che date a questa storia.

Un bacio, Valar Morghulis.

 

p.s. il sito continua a darmi un po' di problemi per quanto riguarda la numerazione dei capitoli, appena finisco la storia vedo di metterci le mani, ora ho paura di combinare un casino.

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