If We Only Die Once

di Apalapucian_HP
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Au Revoir ***
Capitolo 2: *** Apologize ***
Capitolo 3: *** Counting Stars ***
Capitolo 4: *** If I lose myself ***



Capitolo 1
*** Au Revoir ***


If we only die once







AN: questa fic sarà composta da 8 capitoli. Il prompt (da forstanakatic su Tumblr) è: “Lily viene attaccata perché sta con James dai puristi del sangue (mentre sono ancora ad Hogwarts), e sebbene non abbia mai pensato che le potesse dar fastidio, invece la ferisce, e viene risucchiata nell'opinione che la vita di James sarebbe più difficile con lei, e pensa di chiudere la questione in fretta così da non ferire nessuno, ma James lo scopre e s'infuria.”

E vi è nata un'intera storia. I titoli dei capitoli sono canzoni dei OneRepublic, e il titolo della fic è da “Something I need.”




One: Au Revoir

I don't love you anymore”



Ormai ha letto l'articolo quattro volte di seguito, ma gli occhi le rimangono incollati al giornale. Le sue dita non tremano. Strano. La mano sinistra non stringe nemmeno la tazza troppo forte. E dovrebbe, pensa, dovrebbe, giusto; dopo tutto, deve trovare qualche modo per canalizzare il... questo. Qualunque cosa sia. Ma che cos'è? Sembra... vuoto. Il suo corpo è diventato insensibile. È questo il limbo? Oh dio, si sta perdendo. Qualcosa sta iniziando a frullare nel suo cervello, qualcosa per cui ha lavorato molto per spegnerlo. Lo può sentire risuonare lentamente di nuovo in vita. Ha paura. Sa perché è lì, sa cosa sta dicendo, ed ha paura che alla fine vi cederà. Ma la sua paura sembra essersi abbattuta solo sul battito del suo cuore. Nessun tremito questa volta. Nessun agitarsi. Nessun mordersi il labbro per l'apprensione. Il suo cuore, solo il suo cuore, è diventato assolutamente irregolare, senza controllo. Si sta per scoppiare qui, ora; Merlino, è fragile, e fa freddo, e qualcosa... qualcosa sta cadendo dentro di lei, o cercando di uscire a morsi – ma allora perché tutto il resto è così fermo - ?

Evans?” Sirius la chiama dall'altro lato del tavolo.

Lei alza la testa un secondo troppo tardi perché passi per nonchalance. “Sì?”

Stai bene?”

Spettacolare.”

Sei un po' pallida,” Remus, alla sua destra, le dice.

No, sì, sto bene,” lascia cadere il giornale e prende un sorso di caffè. I suoi movimenti sono troppo precisi. I suoi occhi si spostano troppo spesso. Le sue dita troppo aggraziate. C'è un groppo nella sua gola che sta cercando di non ingoiare.

Smettila, Evans. Smettila. Non è -

Lily.” Di nuovo Sirius.

Sì?” suona sempre così lei?

Sirius, comunque, non risponde, quindi lei appoggia la tazza per sollevare un sopracciglio verso di lui. La sta guardando attentamente, corrucciandosi, mordendosi l'interno del labbro inferiore. Poi si volta verso Remus, che si agita nel suo posto e prende la parola per lui.

Lily, lo so cosa stai pensando,” inizia Remus, “ma devi sapere che il papà di James è da un po' che ha questi problemi di opposizione al ministero, e non è -”

No, lo so.” sorride ad entrambi. La spaventa la facilità con cui arriva l'espressione piacevole, quanto sia determinata a nascondere ciò da loro.

Sì?” domanda Sirius.

Lei annuisce. “Non preoccupatevi.”

Okay.”

Quindi... ci metteranno ancora molto?” lei chiede, controllando l'orologio. “Devo andare su presto e sgobbare un po' su alcuni dettagli per un tema di Incantesimi.”

Non sono sicuro. James ha promesso a Peter che l'avrebbe aiutato a parlare con la McGonagall riguardo quel suo compagno; gli hanno assegnato questo terribile Serpeverde per quel progetto a lungo termine, l'idiota ha un piano di vendetta contro... Evans, sei sicura di star bene?”

Lei ha iniziato a giocherellare col cibo con la forchetta, il silenzio che spinge il panico a raggiungerla. “Sto bene, Black. Solo... nervosa. C'è questo – erm, questo test più tardi, e non ho -”

Non sei tu, d'accordo?” dice fermo Sirius. “Questo-” si allunga per piantare un dito sul giornale “ - non sei tu.”

Già,” risponde lei. Può sentire addosso gli occhi di Remus. “Sì, lo so.”

Ma non lo sa. Ed è colpa sua.



Ho sentito che il papà del tuo amichetto ha perso la sua posizione al ministero, Evans – dove andrai a pescare i tuoi galeoni, ora?”

Lily alza lo sguardo dal lavandino fino al sorriso rosso sangue e beffardo di Demetria Greengrass. Le sue unghie sono smaltate e di un brillante scarlatto come le sue labbra, e la sua voce irritante è amplificata del triplo nel bagno vuoto. “Avresti dovuto scegliere Black, eh? Il ragazzo è stato un idiota a tranciare quelle radici, ma ho sentito che ha intascato un bel po' dall'eredità di quello zio morto...”

Lily si asciuga le mani con calma e passa le dita tra i capelli, gli occhi fermi e fissi sul suo riflesso. “Non hanno annullato il tuo fidanzamento con quel Malfoy, Demetria?” replica “Perché tuo padre è stato abbastanza stupido da fare associare il suo nome a quegli omicidi di Babbani della settimana scorsa?” Demetria sembra appena essere stata schiaffeggiata. Bene. “Non dovresti preoccuparti di quello?”

Demetria vacilla. Incrocia le braccia, fa un passo verso Lily. “Ripetilo?”

Lily incrocia i suoi occhi, altrettanto freddi. “Dove andrai tu a pescare i galeoni ora?”

L'ha fatta davvero infuriare. Demetria si erge in tutta la sua altezza e guarda Lily con odio, i riccioli neri che quasi tremano di rabbia. “Mio padre. È innocente.”

Lily si stringe nelle spalle. “Evviva.”

Dubito che possa dire lo stesso di te stessa.”

Scusami?”

Demetria piega un sopracciglio perfettamente delineato, guarda il suo riflesso sorpresa, poi ride. “Mi stupisco che non ti abbia ancora mollata.” Lily si irrigidisce, e l'altra se ne delizia. “E' colpa tua in fondo, non è vero? La tua... mera associazione con lui, con chiunque del rango dei Potter – porta loro l'inferno.”

Lily alza gli occhi al cielo, ma le sue mani diventano sudaticce e l'aria si è essiccata. “Smettila con la teatralità, Greengrass,” la rimprovera “Puoi provare a fare la cattiva da sogno con me quanto vuoi, e saresti comunque una disperata campagnola che vuole entrare nel club dei pazzi suprematisti del sangue.”

Il padre di James Potter ha perso il lavoro per causa tua,” l'altra sottolinea ancora, enunciando ogni sillaba come se ne derivasse chissà quale contorta gratificazione, come se Lily non l'avesse sentito abbastanza nella testa da quando il Profeta è uscito. “Quando imparerai a sgattaiolare di nuovo al tuo fetido posto, Evans? Chissà cos'altro lui perderà a meno che tu non la smetta di essere così dannatamente egoista?”

Non lo so, un paio di pantaloni?” replica Lily, encomiando il perfetto tono di finta incredulità. “Sicuramente non la prossima partita di Quidditch. Sembra che lui ti piaccia parecchio, perché non glielo vai a chiedere?”

Ma Demetria Greengrass è implacabile, convinta di aver puntato con successo un argomento scomodo. “Sei la persona peggiore per lui, e lo sai.”

Ehi, è quasi una preoccupata, amichevole chiacchierata serale questa!” Lily ribatte senza perdere un colpo “Vuoi essere invitata la prossima volta che Mary ne organizza una?”

Demetria la guarda con disgusto. Lily vorrebbe correre via, sente le viscere che balzano all'indietro; ma non può lasciare che la dannatissima Demetria Greengrass, tra tutti, sappia quanto la sta già facendo diventare matta anche senza che lei puntualizzi così caritatevolmente la cosa.

Come fai a vivere con te stessa?” sibila Demetria, e potrebbe benissimo aver innaffiato Lily con dell'acqua ghiacciata.

La rossa digrigna i denti, deve stringere la cinghia della borsa dei libri per fermare le dita dal tremolio. In ogni modo, i suoi freddi occhi induriti non disgelano sotto le forti accuse di Demetria. “Penso che sceglierei sempre e comunque una sporca mezzosangue (*) piuttosto che una groupie dei Mangiamorte.”

E poi se ne va da lì, perché davvero non è sicura di poter combattere l'irrefrenabile brama di farle una fattura.



E' tutta la sera che lui la guarda in modo strano. Lei incontra i suoi occhi, lui sorride, e poi il volto di lui cambia quasi subito quando lei si riconcentra sugli appunti. Lui pensa che lei non veda. La confusione. Il dolore.

Verso le undici, già da tempo terminati gli appunti di Trasfigurazione, lei gli chiede cosa c'è. Quasi se ne pente, spaventata da ciò che potrebbe dire. Ma lui si abbandona sulla poltrona, delibera per un secondo, e poi, “Niente.”

Stanotte, sono silenziosi. Il fuoco scoppietta nel caminetto, e loro raccolgono frammenti di conversazioni dalle poche persone rimaste in Sala Comune. Di solito, si attaccherebbero ad una e la renderebbero l'inizio di una propria. Chiacchiererebbero per ore. Lui la fa ridere tanto. Anche lei. Ma stasera c'è solo il fruscio delle pagine, la luce tremolante, la piuma di Lily che graffia contro la pergamena e le occhiate rubate di James che quasi pregano di essere catturate.

Più tardi, quando lei è ai piedi delle scale e lui sta raccogliendo le sue cose dal tavolo, lui la chiama in modo quasi disperato. Lily si volta – lui è in piedi, con il viso avvolto dall'indecisione, la smorfia tutto quello che vorrebbe ma non riesce a dire. Libri e note quasi gli scivolano dalle mani, gli occhiali stanno per cadere, la camicia è fuori dai pantaloni, la cravatta allentata. Lui sospira e le lancia un sorriso stanco che non raggiunge i suoi occhi, e Lily conclude, dal modo in cui vuole rubarlo così tanto da qui, dalle circostanze e dal sangue, dal tempo e da tutto quello che è sbagliato su di loro ora, che è semplicemente impossibile smettere mai di essere innamorata di questo scemo.

Stiamo bene, sì?” le chiede, e il cuore di lei si ferma.

Certo,” lei sorride. “Buonanotte, Potter.”



Undici giorni.

Undici giorni di tenersi per mano in modo apatico, undici giorni di spostare lo sguardo all'ultimo minuto che ormai lui raggiunge solo l'angolo della bocca di lei. Undici giorni di risate vuote e silenzi taglienti, di secche risposte e deboli scrollate di spalle, di colazioni mancate troppe volte. Undici giorni di fare coppia con Mary in tutto; di occhiate che si spostano e labbra strette. Undici dannati fottuti giorni di sorrisi tirati e mezzi sorrisi e tristi indugianti sorrisi – quelli probabilmente gli fanno più paura, gli ultimi, perché il più delle volte sembra che lei non sappia nemmeno che lui capisce.

Non gli ha voluto dire cosa c'è che non va. Ha continuato a dire che non è nulla. Lui sa cos'è, ma lei non lo vuole ammettere, e lui non vuole menzionarlo. A volte gli da il bacio della buonanotte e sembra tutto di nuovo giusto, o si avvicina di più a lui davanti al fuoco e lui pensa, oh, bene. Grazie a Merlino sei tornata.

Non lo è mai.



Si sente stupido, radicato in questo posto poco illuminato in biblioteca, le dita congelate sul dorso di un insignificante libro di Trasfigurazione riposto sul ripiano.

Lo lascio,” lei dice a Mary. La mano di James cade lungo i fianchi.

Dall'altra parte del tavolo, Mary boccheggia. “Lily -”

No, è okay. Io – io ci ho pensato. È per il meglio.”

Per il meglio.

Giusto.

Giusto.

Mary non risponde subito, ma quando lo fa, l'esasperazione riecheggia forte nella sua voce sommessa. “Lo è?”

Lily è silenziosa.

Undici giorni.

Lui ha pensato di essersi dimenticato qualche data importante. Ha pensato di aver detto qualcosa. Un sacchetto di calderoni di caramello è appoggiata sul suo comodino, una patetica offerta di pace per qualsiasi cosa abbia fatto di sbagliato.

Spinge forte il libro al suo posto e se ne va da lì.

Non lo so,” risponde Lily, la voce spezzata, ma James è già troppo lontano per udirla.



Nel momento in cui lo sente, tira fuori la bacchetta.

Sporca mezzosangue.

Come se fosse un incantesimo che lo costringe a farlo.

In un secondo la mano di lui ha lasciato quella di lei, la bacchetta già puntata al petto del responsabile, gli occhi fiammeggianti. Un Serpeverde del quinto anno, lei nota, e poi nient'altro, perché l'incantesimo sta già lasciando la lingua di James. Oggi è particolarmente adirato. Non è passata nemmeno metà giornata ed ha già tolto cinquanta punti a studenti casuali.

Lei si mette in silenzio tra loro due, e lui capisce subito.

Sospira, mormora “va bene”, e lascia cadere la bacchetta. Le prende la mano. Non... non è sembrato giusto, quello. È stato quasi come se – ci ha appena pensato due volte? Ad allungarsi verso di lei?

Lei lascia che le dita di lui si avvolgano sulle sue. Lo sa che non dovrebbe, e sta facendo un così ottimo lavoro ultimamente a controllarsi attorno a lui, ma dentro di sé si lascia andare nel sollievo del contatto. Solo per oggi, insiste. Non può evitarlo. Quel secondo di esitazione da parte di lui ha fatto male – è così che sarà quando lo lascerà andare per davvero? Sarà peggio?

Lui le stringe la mano più forte di quanto ha (permesso a se stesso) da un po' di tempo, e lei è così sollevata che si dimentica di tutto il resto tranne che delle dita che scorrono sul dorso della sua mano. Non le dovrebbe importare, non più, non con quello che ha intenzione di fare, ma lo fa. Diavolo, lui è qui accanto a lei e già le manca terribilmente.

James piega la testa da un lato per lanciare un'occhiataccia al Serpeverde. Non dice nulla, ma Lily vede la minaccia nei suoi occhi, sente il prurito di ricambiare nelle sue dita. Anche lo studente lo sente; corre via, lanciando a Lily un'ultima occhiata minacciosa quando è ad una distanza di sicurezza.

Lei non ci pensa due volte. Tutto ciò su cui si può concentrare è il modo in cui la mano di lui stringe rassicurante la sua, il modo in cui la guarda e sorride – è da un po' che i sorrisi di lui assomigliano di più ai tentativi incerti che lei gli rivolge, oppure lei lo sta notando solo ora? Lo sta ferendo altrettanto?

Tutto a posto?” le chiede, sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Lei non incontra il suo sguardo, scegliendo di sistemargli la cravatta come scusa. “Sì.”

Lui si sofferma sul suo volto, cerca qualcosa che lei spera non troverà.

Sa che non le crede. E non ha bisogno di chiederglielo per sapere che non sta bene.



Allora quando hai intenzione di dirmelo?”

Non la guarda. La voce di lui è debole, calcolata, e non la guarda. Continua a scartabellare documenti sul tavolo in movimenti rigidi e frettolosi.

Dal divano in cui è seduta con un libro di Pozioni aperto sulle gambe, Lily si raddrizza. “Cosa?”

Ma lo sanno entrambi che lei ha capito.

Ti ho sentita,” le dice James lo stesso “In biblioteca, l'altro giorno.”

Lei fa un respiro profondo ma non risponde. Il rumore delle carte che sbattono ripetutamente contro il tavolo la infastidisce.

Allora quando?” insiste lui.

Lily gira una pagina, testando quanto sia affilato il bordo con il dito indice. “Non lo so.”

Giusto.” lui sbatte i documenti sul tavolo e ne prende una pila nuova, gli occhi che scorrono su quello in cima, senza vedere. “Perché ho aspettato tutto ieri, sai. Ho provato a forse prepararmici:”

Lily si morde il labbro e cerca di respirare attraverso il forte peso che le schiaccia il petto. “Mi dispiace...”

Allora quando? La prossima settimana? Dopo i dannatissimi M.A.G.O.?”

Lei sospira e chiude il libro, lo ripone lentamente, come se potesse far qualcosa del tempo che ci vuole per alzarsi dal divano e raggiungerlo, come se potesse pensare ad un modo migliore per fare questo.

Lo avresti almeno fatto?” lei è a pochi metri e lui continua a non guardarla. “O pensavi che potevi essere distaccata e silenziosa e io mi sarei arreso?”

Non è quello che voglio.”

Perché non lo farò. Mai. E non dovresti nemmeno tu.”

James.”

Ed è stupido, questo. Qualunque cosa tu stia facendo.”

Lei gli prende la mano, gli toglie le carte e si aggrappa a lui. Sta tremando. “Fermati.”

No, tu fermati.” finalmente le lancia un'occhiata, e qualcosa in lui si ammorbidisce quando lei lo guarda di rimando. O si rompe. Ma lui non può rompersi, pensa Lily. Non ancora. “Credevo che l'avessimo superato,” le dice, e suona prosciugato. Undici giorni. È ora di finirla. “Possono marcire tutti all'inferno, Evans. Non importa nient'altro. Tu. Io. È tutto. Dovrebbe esserlo. Lo sai dannatamente bene che non me ne frega proprio un cazzo del sangue. Tu tra tutti dovresti saperlo. Pensavo... cosa, lascerai che ti convincano?”

No, non è quello,” i muri di lei sono alzati, e il suo cuore se n'è andato. Lo può fare. Deve. “Non è per loro. Non sto lasciando che nessuno-”

Allora cosa? Perché non puoi farla finire così! È tutto – questo è tutto adesso, Lily. Non mi stai lasciando soltanto perché qualche pazzo intollerante ti ha detto che tu non sei giusta per me.”

Per favore, James, non è.. quello. Okay? Ascolta, non funziona più, d'accordo? È per il meglio.”

Lui sbuffa arrabbiato. “Già. Già, ho sentito anche quello. Esattamente, come sarebbe rompere per il meglio? Fermerà la guerra? Farà in modo che i Serpeverde ti lascino in pace? Farà in modo che a me non importi più di-”

Stai capendo tutto sbagliato,” lei risponde sottovoce.

Smettila di mentirmi!” lui urla, togliendo la mano dalla sua.

Lei segue la sua mano con gli occhi; un pugno dalle nocche bianche stretto al suo fianco. Un distinto ricordo del perderlo in un secondo – quella profonda terrificante sensazione di essere un secondo troppo tardi per riportarlo indietro, la bacchetta già fuori, il sangue già ribollente, solo perché sporco mezzosangue è diventato il suo impulso per buttarsi – la ghiaccia sulla sua decisione oltre la redenzione. Il mondo là fuori non è il corridoio di una scuola. Le persone presidiano le prime linee, i coraggiosi puntano le loro bacchette, ma il nemico non si arrende. Alcuni muoiono. Alcuni perdono la ragione. Sporco mezzosangue è una sentenza di morte per i cittadini che si associano con loro, per coloro che altrimenti potrebbero ancora essere, almeno, intoccati da tutto ciò. Lei porta l'inferno. Lei potrebbe lasciarlo andare.

Hai vinto, vorrebbe gridare al mondo. Hai vinto tu.

Non ti amo più.”

Lui fa un respiro veloce, corto, la mascella che si allenta, gli occhi spalancati in un secondo di incredulità. Lei pensa di doverlo ripetere, e ci prova, ma non ci riesce.

No,” sussurra lui, e Lily quasi spera che lui continui a non crederci.

E'... non più.”

No.”

Ero curiosa-” su i muri, Lily. Su i muri. “Ci ho provato perché ero curiosa. Ecco tutto. Ma ora.. ora penso che sia finita. Non c'è più altro. E io-”

Sono stronzate, Evans.” la voce di lui è pericolosamente bassa, sono tornati gli spigoli sul suo volto, definito al limite della sua ferocia.

Sto con te solo perché pensavo...”

Mi hai dato una possibilità perché eri fottutamente curiosa?” lui scatta, incredulo “Ma ti ascolti?”

Non ti amo più. Io- io non penso di averlo mai fatto. Mi dispiace.”

Sta' zitta.” si massaggia gli occhi, spingendo in su gli occhiali, le dita che scorrono per strofinare la fronte. Stringe i denti e dice, “Non mi stai facendo questo.”

Mi dispiace,” perché davvero, cos'altro c'è da dire? “Mi dispiace tanto...”

Non è vero!” lui ringhia in completa frustrazione, voltandosi verso il tavolo e afferrando il bordo, il peso che gli cade sulle braccia. Gli occhi si fissano su un punto determinato del legno lucidato, senza muoversi, confusi. “E' un colpo basso, Evans. Non posso – non ci credo.”

E' vero,” risponde piatta Lily. “E mi dispiace, ma è così.”

Bel tentativo,” lui ride di una risata orribile, vuota, e poi si volta verso di lei con un'occhiata che è più dolorante che arrabbiata. “Bel tentativo. Fa uno stracazzo di male, ma lo sapevi. Lo so che lo sapevi, vero Lily?” si raddrizza “Be', che sfortuna. Io non me ne vado. Non vado da nessuna parte.”

Devi. Non c'è niente qui per te.”

Lui fa un passo avanti e le posa le mani sulle spalle, piegando la testa per guardarla negli occhi. “Tu,” la implora “Sei qui. E mi stai mentendo. Perché mi stai mentendo?”

Lei sposta lo sguardo. “Non è vero.”

Mio papà ha perso il suo posto al ministero, Evans. Non sono stupido. So di cosa si tratta.”

Di cosa si tratta, allora?”

Dimmelo tu, cazzo!” la sua presa si stringe, i suoi occhi si appannano. “Godric, per qualcuno di così brillante, puoi essere davvero idiota, lo sai? Non mi importa di nessuno di loro! Non mi importa da dove veniamo, o cosa dicano – Lily, io ti amo, ti amo da sempre, e non mollerò tutto ciò! Questo è stupido – lasciar andare tutto ciò sarebbe la cosa più inutile -”

Non mi rendi felice.”

Le sue mani la lasciano. “Cosa?”

Non riguarda te, non riguarda il lavoro di tuo padre, riguarda me. Non mi rendi felice.”

Una pausa – esitante, spezzata – e poi, “Battuta classica. Non ci casco. Stiamo bene, Evans, lo sai. Io combatterò per te. Sto combattendo per te, okay? Rimani. Non rinunciare a noi. Non lasciare -”

Non ti voglio. A combattere per me.”

Non-” si passa una mano tra i capelli, le unghie che affondano profonde, gli occhi che si stringono chiusi. “Non farlo. Lo so che stai facendo, e devi smetterla. Non lasciare che ti convincano. Per favore.”

La voce di lui si spezza, e Lily non ce la fa più. Vuole che passi, vuole che finisca, vuole andarsene. Voleva farlo in fretta per iniziare subito con tutta la faccenda del dimenticare, perché – perché è così che va, giusto? Lasci andare le persone, stai male, ti senti in colpa, dimentichi? Non vuole perdere lui. Ma non vuole nemmeno fargli del male. Chissà che altro perderà a meno che lei non la smetta di essere egoista? Perché lui non riesce a vederlo? Perché è così testardo?

Lo siamo?” lei domanda, alzando la voce. Frustata. Spaventata. Arrabbiata di essere forzata a fare questo, arrabbiata di essere stata convinta di questo distorto giudizio oltre il riparabile, arrabbiata di non potersi convincere di ritirare tutto. Di essere così pazzamente, disperatamente innamorata di lui, che è così dannatamente difficile continuare a ricordarsi, ogni secondo che rimane lì, a guardarlo lottare così tanto per lei, del perché lo sta facendo allontanare. “Siamo okay? Lo credi?”

Sì!”

Io no,” dice crudelmente. “Non sono felice con te.”

Lui si ferma, lascia che ciò venga assimilato. È così ferito, ed è così stanco, e lei vuole che finisca. Ma lui – non molla. “Lo stai solo dicendo.”

Non ti amo, James.” forse un giorno sarà vero. Forse un giorno dimenticherà come una volta lui doveva solo stringerle la mano ed erano invincibili – forse un giorno guarderà indietro e non le mancherà il modo in cui le parole si scioglievano quando la baciava, il calore della sua pelle sotto la maglietta tutte le volte che si premeva contro di lui, come si sentisse al sicuro tutte le volte che lui premeva le labbra contro la sua tempia. “Sono solo giusta.”

Queste persone ti stanno facendo dire queste cose,” James insiste, ma lei prova dolore al notevole cambiamento nella sua voce. È più disperata ora. Allora ce l'ha quasi fatta. Ancora un po' di bottoni da premere, ancora qualche colpo al cuore, e se ne sarà andato per sempre. Andato e al sicuro da lei. “Stai giocando nelle loro mani.” la implora. Sta convincendo se stesso tanto quanto sta convincendo lei ora. “Vogliono delle fratture, Lily, e questa è un gran diavolo di frattura che gli stai così generosamente fornendo, non lo vedi? Non lascerò che accada. Io non ti credo. Non ci casco. Sono pure, totali stronzate, e lo sappiamo entrambi.”

Ancora un po'. “James, ascoltami.”

Non ti lascio andare, Lily.”

Hai rovinato la mia amicizia con-”

Wow,” l'interrompe, aspramente. “Wow. Tu sei... è così brutto, eh? Usi questa carta contro di me? Davvero? Ti riduci a questo? Incredibile!

Ma Lily non si può fermare ora. Non quando ha quasi finito. “Stai rovinando la mia relazione con Tunia. E sono – apparentemente sono un inferno anche per la tua famiglia, quindi-”

Chi te l'ha detto?”

Io... nessuno.”

Perché non è vero, e giuro su Merlino che ucciderò chiunque ti stia facendo-”

Potresti smetterla ed ascoltare quello che ti sto dicendo?” lei reagisce brusca, asciugandosi in fretta le lacrime che traditrici le bagnano le guance.

Lui deglutisce, si lecca le labbra come quando è agitato. Si lascia scappare un sospiro tremolante mentre guarda verso il soffitto e sbatte rapidamente le palpebre.

Nessuno mi sta costringendo a dire delle cose,” dice fredda Lily. “Nessuno mi sta infastidendo, capisci? Sono io. Tutta io. E tu devi ascoltare.”Ancora un po'. Al sicuro da te. Per sempre. “Non ti amo. Ecco tutto. Forse l'ho fatto, ma non importa. Non vai bene per me. Non sono felice. Ho perso il mio migliore amico, ho perso mia sorella, ed io... non posso stare con te. E – e mi dispiace, per tuo papà, per tutto, mi dispiace davvero, ma non è quello, non solo quello, e io – io davvero...”

Quindi ti sto rovinando la vita,” lui dice. I suoi occhi riflettono il fuoco morente, ma non hanno mai guardato Lily in modo così depresso. “E' così?”

Lei non risponde.

Ecco. L'ha fatto. E... e lo sapeva che avrebbe fatto male, ma non pensava che avrebbe fatto così male, non pensava che qualcuno sarebbe stato capace di gestire un colpo del genere – è insopportabile, oh Dio; la sua voce fredda, morta, le sue dita che lentamente si sciolgono dai pugni stretti, tutto di lui che si sbriciola di fronte a lei, cedendo infine, il viso che si rilassa e perde ogni traccia di emozione.

E' così, Evans?” lui chiede inanimato. “Allora dimmelo. Guardami negli occhi e intendilo.”

Non mi rendi felice,” gli dice, guardandolo dritto negli occhi. “Non mi hai mai conosciuto come Sev. E... non penso che potrai mai.”

E' l'ultima carta. Se nient'altro funziona, questa sì. Lui forse potrebbe non credere al resto, ma quando si tratta di Severus Piton, per qualche ragione la certezza di lui vacilla. Solo di modesto grado, ma lo fa. Lei sa che lo fa. Che è una cosa idiota, vuole dirgli – ridicolo, James, sei così idiota – perché come potrebbe? Lui è la migliore persona che lei conosca. La miglior persona che lei mai conoscerà. È la persona che la conosce di più, la ama di più. L'unica. Per sempre.

È la cosa peggiore da dirgli, la cosa peggiore che potrebbe mai dirgli, e non è nemmeno vera.

Ma funzionerà. È tutto quello che importa ora, no?

E dal modo in cui lui apre la bocca per rispondere, due volte e niente viene fuori, dal modo in cui le sue mani si sollevano verso il suo viso per liberarsi le guance, per respirare tra le dita, dal modo in cui morde il labbro e sposta lo sguardo, dal modo in cui scuote la testa e lascia scappare una spezzata, tremolante risatina che torce la spina dorsale di Lily finché tutti i suoi nervi si spengono e lei non può più respirare, non può più sentire nulla – lei sa che ha funzionato. Che quello alla fine l'ha colpito.

D'accordo,” lui sospira, la voce roca e rotta e così sottile che lei quasi non l'ha sentito.

E poi è fuori dalla porta.








(*)Ve lo ricordate “l'errore” che avevano fatto nei primi libri traducendo half-blood e mudblood entrambi con “mezzosangue”? Ho ripreso quello perché purtroppo/per fortuna ho solo le primissime versioni dei romanzi e non so se la cosa sia stata corretta. Vale anche per le altre volte nel chap.

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Capitolo 2
*** Apologize ***


Two: Apologize

“I don't think there have ever been two people more in love.”

 

 

Nuovo giorno.

Il fruscio delle lenzuola rompe il silenzio del dormitorio mentre Lily rotola su un fianco, sospira, infila le mani sotto una guancia, unite come in preghiera. I suoi occhi attraversano il bordo della tenda scarlatta chiusa, oltre la vorticante danza dei granelli di polvere, senza direzioni e liberi nella luce del mattino. È sciocco, ma si ritrova ad implorare al Sole di riaffondare nell'orizzonte argenteo. Per favore. Almeno finché lei non sarà pronta per ciò che deve arrivare.

La colazione aspetta al piano di sotto. Le primissime conversazioni riescono a strisciare attraverso la sottile fessura tra la porta e il pavimento; fitte e vaghe da lontano, ma l'eccitazione è inconfondibile. Mary è già alzata. Anche Lily dovrebbe alzarsi, ma farebbe finire tutto questo troppo in fretta, e lei non può... non è ancora pronta.

L'estate le sta cadendo addosso. La casa vuota a Cokeworth, un ultimo viaggio sull'Hogwarts Express, una guerra incipiente.

Chiude gli occhi e fa un respiro profondo. Una certa parte del suo cervello persiste nel subentrare nella maggior parte dei suoi pensieri. Un certo ricordo. Molto recente. Potrebbe anche averlo sognato. Cerca di bloccarlo, riprende la sua inutile preghiera all'universo, ripercorre all'indietro l'alba nei suoi pensieri...

Ma il viso di lui schizza sulle sue palpebre in ogni modo, illuminato dalle torce e arrossato, e tutto il resto – le sue mani, la sua voce, tutto – esplode in colori abbaglianti con il Sole, si riversa caldo e delicati sui suoi palmi.

Lei apre gli occhi al nuovo giorno. Non si può fermarlo.

Nuovo giorno, ultimo giorno.

E ieri notte, possibilmente, è stata l'ultima volta in cui lei avrà mai parlato con lui.

 

 

James è sveglio e rifiuta esserlo.

Il Sole s'infiltra nella stanza, riluttante e silenzioso come un ladro che ci ripensa, rosso sangue nel buio dei suoi occhi nocciola chiusi. La sua mano scatta dalle lenzuola arrotolate e afferra il cuscino più vicino con un grugnito, coprendosi il viso e bloccando il ladro della primavera finché i suoi polmoni bruciano e le dita si arricciano in un pugno sopra le coperte. Spinge via il cuscino all'ultimo, la bocca aperta in un sospiro silenzioso, di nuovo delle stelle contro le sue palpebre. La copertura del suo baldacchino è un rosso più acceso quando alla fine apre gli occhi. Gli fa male alla testa.

Nuovo giorno.

Mette le gambe giù dal letto, le suole che sgridano il pavimento freddo. Con gli occhiali indosso ora, la spina dorsale arcuata e le spalle curve tese sotto la sottile maglietta bianca, passa entrambe le mani tra i capelli e considera l'alba con fiacco disprezzo.

Ultimo giorno.

Se non le parlerà ora, probabilmente non ne avrà altra occasione.

 

 

“Hanno...?”

“No, non credo.”

“No, voglio dire, parlato. Riguardo... loro. Così.”

Remus alza gli occhi al cielo: “Sì, è quello che intendevo io. Non penso l'abbiano fatto.”

“Dove? E perché eri lì?”

“Stavo andando da Silente.”

Davanti a loro, la mano di Peter si ferma a mezz'aria sopra il barattolo di marmellata. “Da Silente? Per cosa?”

Remus si schiarisce la gola. “Oh, ehm. Impiego.” Non guarda nessuno dei due.

“Giusto.”

Altre persone stanno scendendo ora in Sala Grande, e il chiacchiericcio intorno sta diventando più denso.

“Hai presente quella grande finestra ad arco al quarto piano?” domanda Remus, e continuano con le loro abitudini quotidiane come se non ci fosse mai stata una pausa. Sirius apre il barattolo di marmellata per Peter dopo che quest'ultimo ha faticato parecchio.

“Con la nicchia?” chiede Sirius.

“Di solito si incontravano lì,” ricorda Peter, facendo un cenno di grazie all'altro.

“Sì, esatto.”

“E l'altra sera, sono andati lì?”

“Apparentemente.”

Sirius mastica il suo toast, corrucciandosi verso il tavolo. “Si erano messi d'accordo per trovarsi lì? Sono passate settimane.”

“Non penso che l'avessero fatto.”

“Ti hanno visto?” chiede Peter.

“Spero di no.”

“Allora di che hanno parlato? Hai sentito niente?” domanda Sirius.

“No...” Remus ci rimugina “Non penso che siano rimasti molto. James era in Sala Comune nemmeno tre minuti dopo che ero tornato io, e non sono stato via tanto...”

“Moony, non pensi... pensi che siano tornati insieme?”

“Vi siete svegliati presto,” una quarta voce si intromette da dietro, e tutti loro sussultano.

 

 

“Lily, non vieni?” Mary la chiama dalla porta quando si rende conto che non si è mossa. Ora pronta e vestita, Lily non si alza. Studia il pavimento con un'inspiegabile livello di concentrazione.

“Abbiamo parlato ieri sera.”

Mary non deve chiedere chi; torna indietro e si siede subito vicino a lei. “Com'è andata?”

“E'... non lo so. Non ha detto molto.”

“Ne avete parlato?”

“Sì. No. Io... io non lo so. Circa.”

“D'accordo.” una pausa, esitante. Lily capisce la domanda prima che Mary gliela porga, gentilmente, lentamente. “Siete...?”

 

 

“No,” dice James, infilandosi un pezzo di toast in bocca. I suoi occhi sono determinatamente fissi sul tavolo di Corvonero “Non siamo tornati insieme.”

“Okay,” dice Sirius.

“Scusa se te l'abbiamo chiesto,” aggiunge Remus.

“Nah, va bene,” li rassicura lui a bocca piena. “Non è importante.”

Peter cerca qualcuno con cui scambiarsi un'occhiata a questo, ma sia Sirius che Remus spostano lo sguardo. Il silenzio è corto, ma strozzante. Peter lo infrange: “Certo che è importante,” una punta di incredulità è riconoscibile nella sua voce “E' Lily.”

Sirius gli lancia un'occhiata di avvertimento. Remus lo calcia sotto al tavolo, ma colpisce invece James.

“Ow.”

“Scusa.”

“Sentite, va tutto bene,” replica James, stizzito “Possiamo parlarne. Sono passate settimane. Ci riesco. Sto bene.”

“Davvero?” gli domanda cauto Sirius.

James lo guarda male, ignaro se sia apposta o meno. “.”

“Okay, allora, cos'è successo ieri sera?” insiste Peter, e gli altri due gli lanciano un'occhiata che è per un quarto afflitta, per tre quarti minacciosa. “Cosa? Ha detto che sta bene!”

“Sì, sto bene,” afferma James, la presa sulla forchetta che si stringe. “Abbiamo solo parlato. Ci siamo aggiornati. Stavo soffocando nella sala comune, volevo farmi una passeggiata, e lei stava-”

 

 

“Ero avvilita.”

“Eri avvilita.” Mary è imperturbabile.

“Sì. Sai, la tristezza dell'ultimo giorno. Era un momento perfettamente ragionevole di essere depressi.”

“Anche il momento perfetto per celebrare la fine dell'anno con del Whiskey Incendiario importato illegalmente, come il resto di noi.”

“Ho fatto anche quello,” Lily annuisce.

Mary sospira. “E James ti ha trovata?”

“Già. In qualche modo.”

“Ha usato la sua mappa?”

“Non lo so. Non l'ho vista.”

“Non hai chiesto?”

Lily fa una smorfia. “Mary, non credo che mi hai stalkerata con la tua mappa sarebbe stata una buona domanda.”

“Direi di no. Quindi che è successo? Che ha detto?”

Lei si morde il labbro, giocherellando con le dita in grembo. “Ehm, ha detto ciao.”

 

 

“Ciao?” domanda Peter.

“Sì. Cos'altro avrei dovuto dire?”

“Potevi andartene,” Sirius suggerisce con cautela.

“Lei ha visto me prima che la notassi.” spiega James “Non pensavo che sarebbe stato giusto scappare.”

“Penso che avrebbe capito,” dice piano Remus.

“Non volevo scappare, Moony.”

“Quindi hai detto ciao,” dice ancora Peter, e James alza gli occhi al cielo.

“Sì.”

“E?”

 

 

“Ed io ho detto ciao.”

“Grande,” replica Mary, annuendo in finto interessa “Per ora sembra un'ottima conversazione.”

La risata di Lily è vuota. “Non c'erano molte cose da dire, no? Gli ho chiesto come stava...”

 

 

“Ho detto che stavo bene.”

“Lo sei?”

Ora con irritazione: “Sì.”

 

 

“E poi mi ha chiesto come stessi io...”

Mary stringe gli occhi. “Per favore, dimmi che non gli hai detto che stai bene,” interviene velocemente “Che gli hai detto che sei stata meglio.”

“Gli ho detto che ero okay.”

 

 

“Prongs, amico, non stai bene,” dice Sirius. “Non stavi dannatamente bene quando abbiamo trovato il dormitorio distrutto quella sera, e non stai bene ora. Perché non gliel'hai detto? Dovrebbe saperlo.”

James si corruccia, la voglia di smentire che pizzica sulla punta della lingua. Pensa di dire che sono passate settimane e che non ha voglia di far scoppiare qualcosa ogni volta che sente quelle parole nella sua testa ora, grazie mille, ma alla fine decide che tutta la preoccupazione non ne vale la pena. È stanco. Questi sono i suoi migliori amici al mondo. E va bene, d'accordo, non sta bene. Ma starà bene. Sarebbe molto più semplice se si lasciasse semplicemente andare, se lasciasse che il corso naturale degli eventi – delle emozioni, quel che è – accadesse, portandolo dove dovrebbe essere, aspettando per la proverbiale fine del tunnel.

“Le dico che non sto bene e poi cosa?” dice alla fine, spingendo via il piatto, non più affamato. “Non avrebbe fatto molta differenza.”

 

 

“Lily, era la tua occasione! Avresti dovuto dirgli-”

“Non ho proprio il diritto di dirgli come mi sento però, giusto?” dice Lily, il debole sorriso sul suo viso un piccolo tentativo di scacciare l'esasperazione che trapela dalla sua argomentazione. “Voglio dire, l'avrebbe solo fatto sentire male, e penso di avergli già fatto quel favore abbastanza in una sera che gli basterà per la vita.”

“Mi hai detto che non lo intendevi,” le ricorda Mary “Hai pianto per giorni, Lil, eri distrutta, dannatamente inconsolabile, e lo sei ancora. Lui dovrebbe-”

“Lui non dovrebbe fare più nulla ormai,” le dice chiaramente Lily. “Gli ho spezzato il cuore più di quanto non abbia fatto con il mio. Se qualcuno ha da fare qualcosa, se qualcuno ha da aggiustare le cose, semmai, un giorno, quando tutto questo sarà finito e lui ancora... dovrei essere io. L'ho fatto io.”

“Stavo soltanto per dire che dovrebbe saperlo. Di tutto questo. Di cosa è realmente successo e come ti senti davvero.”

La voce di Lily è sottile quando domanda, “Pensi che sia sbagliato? Quello che ho fatto?”

Mary lo pensa, ma non lo dice. “Senti,” inizia, spostandosi sul letto così da guardare completamente Lily, “Capisco la... intenzione che c'è dietro. Davvero. E io- io so che le circostanze non sono esattamente state a vostro favore, e so che le cose non stanno andando in modo fantastico con la sua famiglia su cose che tu pensi girino intorno a te-”

“Non ho detto che giravano intorno a me, Mary. Non volevo che buttasse via la chance di vivere una vita pacifica dopo Hogwarts a causa mia.”

“Non credo che nessuno degli hobby di James Potter includa eventi pacifici. E tu?”

“Questo è diverso. Le persone muoiono. Stanno morendo là fuori mentre parliamo. Sono cacciate. Delle persone sono morte. Non posso sopportare il pensiero che qualcuno venga ferito perché è con me, o perché-”

“Pensi onestamente, onestamente, che quel ragazzo terrà quel suo naso impiccione fuori da tutto il casino ora che avete rotto?”

“Spero.”

“Sappiamo benissimo entrambe che non lo farà. Diamine, l'intero mondo sa che non lo farà.”

Lily deglutisce. “E' una sua scelta. Ho fatto quello che potevo. Gli ho dato una scelta.”

“No,” replica velocemente Mary, ferma. “Ti voglio bene, ma quello è esattamente l'opposto di quello che hai fatto. Quindi ti sto dicendo ora, Lily, dagli una chance di dare a te un'altra chance. Digli quello che è successo, digli che sei impazzita, digli che ti hanno dato alla testa e ti dispiace e non lo intendevi e che lo ami-”

Mary.

“ - perché lo ami. Lo sai.”

“Io... potrebbe essere troppo tardi.”

“Si merita di saperlo.”

 

 

Dal tavolo della colazione, qualche piano vuoto e scale semoventi più giù:

“Pensi che tu e Lily potrete mai...”

“No.”

“Perché no?”

La risposta gli fa ancora stringere la mascella, ancora gli toglie il colore dal viso, ma il mondo questa volta non si ferma. James fa spallucce, e la vita va avanti.

È qualcosa che si è detto molte volte a questo punto: “Perché lei non potrebbe mai essere felice con me.”

 

 

Sulla soglia della Sala Comune, Lily tira indietro Mary gentilmente, per l'ultima volta, per un'ultima domanda spezzata prima che lasci cadere il discorso. “Lo so che l'ho fatto nel peggiore dei modi, l'ho so che l'ho distrutto ed è stato orribile ed io sono orribile, e probabilmente lui non potrebbe mai perdonarmi, non dovrebbe, davvero, ma... ma se mai... se mai glielo dicessi, tutto, pensi che ci potrebbe essere la minima possibilità che lui...”

Mary sorride, avvolge un braccio attorno alle sue spalle e la conduce verso colazione. “Penso che non ci siano mai state due persone più innamorate.”

Non era un sì. Non ne sembrava neanche uno. Ma è abbastanza.

 

 

Gli studenti scendono dal treno in emozionati nugoli chiacchierini. Lily osserva quelli del primo anno che impazienti corrono dai loro genitori, gabbie e bauli troppo grandi per loro così piccoli, alcuni ancora con indosso l'uniforme. Un numero di quelli del settimo anno si è trattenuto in stazione, a scambiarsi saluti dell'ultimo minuto, a dispensare promesse qua e là, tutti troppo noncuranti delle parole che Lily è quasi certa si infrangano nel momento in cui scivolano dalle loro lingue. Non riesce a ricordarsi come si era immaginato che sarebbe stato, deve aver pensato a questo ultimo giorno ad un certo punto, ma il cuore le fa male alla vista di tutto ciò.

Mary la saluta con un abbraccio, promette che si terrà in contatto. Le sue lacrime si aggrappano alle sue lunghe ciglia, ma non cadono. Sorride a Lily, triste e sincera e sopraffatta – grazie di tutto, Lily, mi mancherai un sacco – prima che se ne vada. Lily la guarda scomparire attraverso la barriera con i suoi genitori. Per un momento si immagina andare dai Macdonald – dopotutto, l'hanno invitata come sempre – ma a parte non avere più Hogwarts a cui tornare quest'estate, Lily deve rimanere a Cokeworth quest'anno. Petunia le ha mandato un gufo qualche mese fa. Si sta trasferendo. La casa sarà vuota se Lily non ci torna, e sebbene anche lei abbia tutto il diritto di trovare un posto per sé ora, non sembra il momento giusto per andarsene. Ancora non sa che ne farà, di Petunia che cambia casa; non l'ha affrontato per niente mentre era ad Hogwarts. Ma ora ha tutto il tempo del mondo per crogiolarsi nel fatto che è da sola.

Trascina il suo baule e spinge tra la folla. È a pochi metri dalla barriera, a pensare a sua mamma – alle colazioni silenziose, al cucchiaio di suo papà che cozza contro i bordi della tazza di caffè – quando James attira la sua attenzione. È con sua madre. Sirius è appena arrivato da loro quando James si è guardato intorno e ha trovato lei, tra tutte le persone, forse per qualche distorto scherzo di un ordine superiore. La mano di lui trema, ma potrebbe benissimo essere solo l'immaginazione di lei. Gli fa nonostante tutto un debole cenno con la mano, incapace di andarsene senza qualche sorta di addio. Il suo cuore batte contro il petto come se fossero gli ultimi battiti. Sembra un po' come morire, lei pensa, affogando nei saluti e fievoli promesse ed essere individuata a quel modo senza preambolo dalla sua sfumatura preferita di occhi nocciola. Gli sorride, un sospiro più che altro, un groppo in gola e metà del suo cuore quasi in mano. Lui le sorride di rimando. Annuisce rigidamente. Poi sposta velocemente lo sguardo, irrequieto, abbastanza innaturale perché Sirius alla fine lo noti. Segue lo sguardo abbandonato di James e dà un'occhiata a Lily, ma non si sofferma a lungo. Riprende ad ascoltare l'animato discorso della signora Potter come se non fosse successo nulla.

Lily non si guarda indietro mentre attraversa la barriera per il mondo babbano.

 

 

E' sorpresa quando Sirius emerge poco dopo sul binario babbano, senza James e sua madre. La sorpassa; la testa alta, lo sguardo in avanti, la bocca stretta. Lily incrocia le braccia.

E poi inizia ad andargli dietro, non pensando davvero per paura di ritirarsi.

“Sirius?”

Nessuna risposta. È una faticaccia stare al passo con lui, ma non si ferma. Si ritrovano fuori e Sirius non la guarda nemmeno.

“Sirius...”

Lei fa per mettergli una mano sul braccio, ma lui si irrigidisce, finalmente si volta verso di lei con uno sbuffo impaziente e una mezza occhiata rigida; serio nel voler rendere evidente quanto davvero non voglia aver a che fare con lei. “Evans.”

Lily si sente rimpicciolirsi. “Senti, lo so che mi odi...”

Lui piega un sopracciglio. “Non ti odio.”

“E' un po' che non mi parli.”

“Perché sei un'idiota.”

“Lo so.”

“Lo sai, però?”

Probabilmente questa non è stata l'idea migliore. “Volevo solo dirti-”

“Sono io, davvero?”

“Scusami?”

“Sono io,” ripete lui, e benché la sua voce mantenga la sua inclinazione di acciaio, c'è una nuova tenerezza nel suo sguardo che raggiunge Lily e si aggiusta nel suo stomaco come senso di colpa. “Sono io davvero quello a cui vuoi dire delle cose?”

Lei deglutisce.

“Posso richiamarlo ora.”

“No, non farlo:” lei non sa se l'intendesse davvero, ma le è uscito prima che potesse fermarlo.

“D'accordo allora.” il ghiaccio nella voce di lui è tornato. “Che c'è?”

In verità, lei non lo sa. Non aveva una direzione particolare per la conversazione quando l'ha seguito. Cercando di non farlo vedere, setaccia il suo cervello velocemente per qualcosa e, quando la trova, è un sollievo sentirsene contenta. Sapere che lo intende con tutto il cuore: “Prenditi cura di lui, d'accordo?”

E' immediatamente chiaro che è stata la cosa sbagliata da dire. La mascella di Sirius si stringe. La sua espressione sboccia dall'inverno nei suoi occhi, freddi e grigi come solo un Black sa fare. Prima che lei lo sappia, troppo presto, lui si sta voltando di nuovo.

“Dovevo farlo,” dice lei disperata.

“No, già, hai già avuto questa conversazione con Moony,” replica lui sopra la propria spalla “L'ho capito la prima vola che me l'ha detto.”

“Sirius...”

“Cosa?”

“Mi dispiace tanto.”

Lui se ne sta andando. Lily non sa perché lo stia seguendo, ma la fatica nelle sue braccia mentre solleva il baule per stargli al passo è molto reale.

“Vattene, Evans.”

“Davvero non mi parlerai più? Mai?”

“Forse.”

“E' un peccato, sai.”

Lui si ferma, e Lily quasi vi si scontra. “Cosa vuoi?”

“Niente. Non lo so. Volevo dire scusa.”

“L'hai già fatto.”

“E non volevo andarmene là fuori dove probabilmente non vi rivedrò più senza... non lo so, volevo solo che tu mi parlassi, e … siamo qui.”

“Vuoi parlare?”

A dire la verità, Lily vacilla.

“Vuoi davvero parlare?”

Sottovoce, ed un po' troppo come se fosse una domanda: “Sì.”

“D'accordo, parliamo.” lui si volta del tutto. Trascina il suo baule in fronte a lui, una sfacciata barriera fisica, come se già non fossero separati abbastanza in altro modo. L'oggetto fa un acuto schiocco contro il pavimento, e Lily si prepara. “Non ti parlo perché non volevo dire delle cose che probabilmente poi avrei rimpianto, e non volevo ferirti più di quanto tu non sia già, perché lo so – lo so – che stai male, tu e Prongs potete essere quanto cazzo ostinati volete al riguardo, ma nessuno di voi mi prende in giro. Lo so che non puoi essere interamente una stronza crudele e senza cuore. E sai cosa, Evans? Voglio che tu lo sia. Vorrei che tu fossi una stronza crudele e senza cuore, davvero. Perché se tu lo fossi, sarebbe così conveniente, così più facile per me odiarti. Ma no. In realtà sei brillante – eri brillante – non sei nemmeno una cattiva compagnia, e forse mi manchi, forse lo facciamo tutti, cazzo, e… tutta questa cosa fa schifo. Il mio migliore amico è là fuori perfettamente, completamente convinto che ti abbia rovinato la vita, che ti abbia reso infelice, e sappiamo entrambi che ciò non è nemmeno un milione di universi vicino alla verità. Lui è ferito. Non so come hai fatto, come diavolo hai potuto farlo, ma è stata una mossa di merda. Non posso crederti. E io odio – fottuto Godric, sono terrorizzato, d'accordo, che noi potremmo non essere mai abbastanza per rimetterlo in sesto. E io sono in debito con lui. Gli devo tutto, Evans. Lo sai. E non posso fare nulla.”

Lei non pensa che nessuno abbia mai stretto qualcosa così tanto come lei sta stringendo ora il suo baule; i suoi palmi iniziano a fare male, le unghie e il manico le premono sulla pelle, ma lo ignora, si forza con tutta se stessa nel concentrarsi solamente sul non piangere, non lo farà, non ne ha il diritto – ma anche senza che sbatta le palpebre, le lacrime si raccolgono negli angoli dei suoi occhi e la deridono scherzosamente di cadere.

Ma non lo faranno. Lei non lo farà.

“Quindi se questo non è nient'altro che un benintenzionato promemoria d'addio di prendermi cura di lui,” termina Sirius, rallentando, spostando lo sguardo dopo aver notato l'espressione di lei, probabilmente odiandola per essa, “E' fottutamente non necessario. Ed offensivo, se devo essere onesto. Perdonami per esserne un po' insultato.”

Ecco. E' tutto, e Lily non sa cosa dire. Si sente orribile, ma non riesce a pensare a nessun insieme di parole specifiche ed abbastanza accurate per spiegargli quanto. C'è l'urgenza di dire di nuovo scusa, e lei apre la bocca – ma decide di non farlo. Lui ha ragione; questo non è altro che un debole tentativo di parlargli di James, ma non risolverà nulla. È inutile. Offensivo.

Perciò, annuisce. E poi se ne va come prima lui le ha ordinato, se ne va come dovrebbe.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note traduttrice: i soprannomi originali, perché sì. ^_^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Counting Stars ***


Three: Counting Stars

“What now? Plan B, that's what.”

 

 

Le nove in punto.

Petunia la va a trovare. È lunedì, è imbarazzante, e Lily le prepara della limonata. La maggiore delle Evans le fa appena un cenno per ringraziarla. Non c'è niente dopo quello, non per un po', perché Petunia non parla e Lily ha paura di chiedere. Non è nemmeno sicura di quale sia la domanda, ma ce n'è una. Lo sa.

Siedono in silenzio, anche Petunia trattiene le parole per una volta.

C'è una silenziosa fitta pulsante nel petto di Lily; lo stesso fremito di qualche dozzina di viaggi in treno fa, quando Lily è andata ad Hogwarts per la prima volta. Petunia ne è inconsapevole, ovviamente. O forse anche lei sta sedando i suoi piccoli demoni. È ancora amaro in bocca a Lily – il rimpianto, l'irreparabile verità che ormai sono troppo lontane nelle proprie vite – ma non è più qualcosa che entrambe non possono gestire. Non è un pensiero piacevole, ma è così.

Fissano entrambe il retro del divano davanti a loro, sedute sugli sgabelli al bancone della cucina. Lily appoggia il mento sulla mano, Petunia beve la sua bibita con la cannuccia. È quest'ultima che termina il silenzio. “Allora.” Lily alza la testa per ascoltarla. “Hai finito?”

“Ho finito?”

“La scuola.”

“Oh. Sì. Suppongo di sì.”

“E adesso?”

“Io...” Lily non lo sa, ad essere sincera. Non del tutto. Ci sono dei calderoni nella camera di riserva al piano di sopra, alcuni ancora accesi e bollenti mentre parlano. Ha appena avuto il tempo di pulire i fumi quando ha sentito il campanello. Lo dice a Petunia? Come fa ad iniziare a spiegarle?

E adesso? Il piano B, ecco cosa. E Lily non ha avuto idea di da dove iniziare il primo giorno a casa, come fabbricare un nuovo futuro attorno all'assenza di certe persone che ha sempre immaginato ci sarebbero sempre state. Non c'era niente quando si è allontanata da Sirius alla stazione. Ma la situazione è come è, e non c'è niente da fare tranne andare avanti con la propria vita. Fare qualcosa. Iniziare da qualche parte.

Ora c'è l'inventarsi un progetto investigativo di pozioni abbastanza rilevante da farla accedere al tirocinio al Ministero, qualcosa per cui Lumacorno le ha mandato un gufo qualche giorno fa, e poi guadagnarsi abbastanza riconoscimento per magari acciuffare una posizione al dipartimento di giustizia più in là. È un percorso lungo, ma... è qualcosa. “Sto lavorando per avere questo tirocinio,” dice Lily. “Non è retribuito, non ancora, ma mi darà passaggio. Mi prenderò un lavoro da queste parti mentre lo faccio, però, non preoccuparti. Per le bollette e tutto.”

Petunia è silenziosa. Prende un sorso misurato della sua bibita. È uno spreco di tempo cercare di rovistare la sua espressione per una traccia di approvazione, quindi Lily decide di fissare il suo cappello sempre immacolatamente appuntato sulla sua testa. “Non devi vivere qui, sai,” dice Petunia.

Lily non sa cosa si stesse aspettando, ma non era quello. “Lo so.”

“E adesso che hai finito con-”

“Tunia, non funziona così.”

“Vieni a vivere in Surrey con me,” esclama Petunia, le parole che le scappano velocemente come se così fossero più semplici da dire.

“Surrey?”

“Lasciamo Cokeworth. Vieni a vivere con noi. Non nella stessa casa, ma posso trovare degli accordi, e possiamo trovarti un lavoro – Vernon dice che sua sorella ha questo negozio carino in centro, e tu puoi-”

“Tunia...”

“Perché no?” la sua voce prende una nota più alta. Più tremante. “Hai finito, no? Hai sprecato sette anni di vita, Lily, ed è abbastanza. È tempo di crescere da tutto quel folle nonsenso di bacchette.”

“Questo è quello che sono.” Lily stringe i pugni. Era brutto quando era diventato evidente che Petunia non capisce, ma è peggio cercare di spiegarle mille volte, e ottenere lo stesso risultato. “Non è solo una fase che mi prende e poi ne esco.”

“Lo è se lo vuoi.”

Lily non vuole. È fuori questione. E quello è il problema. “Come sta Vernon?”

“Cosa?”

“Come sta Vernon? È il suo nome, giusto?”

Petunia appoggia il bicchiere, il tintinnio più rumoroso del solito, e Lily è sicura che sua sorella non chiederà più. “Sì. Vernon. Stiamo bene.”

“E' meraviglioso, Tunia.”

Petunia finisce la limonata, borbotta qualche fievole scusa per andarsene, poi si alza in fretta. Raggiunge la porta in lunghi passi, come se non possa sopportare essere lì. Come se la disgustasse. Sulla soglia, si volta. Lily, che l'ha seguita, infila le mani nelle tasche dei jeans. Stanno entrambe fissando lo stesso punto del pavimento di linoleum. Petunia delibera, spazzola dei fili inesistenti dal suo cappotto.

“Puoi cambiare chi sei, Lily,” dice. “E' quello che le persone saranno sempre in grado di fare. Cambiare.”

Lily non risponde. Petunia fa un respiro profondo, rassegnato, e si aggiusta il cappello con le dita veloci. “Rimaniamo qua fino a martedì.”

“E' nel mio sangue,” dice Lily, forte e chiaro, come se fosse l'ultima dannata volta che potrà mai dirlo a Petunia. E lo è, non è vero? È nel suo sangue. La magia. Un intero mondo nascosto. Ed anche quando, proprio ora, sembra che esserne parte significhi che lei sta se ne sta costantemente andando, o viene costantemente lasciata indietro, allora che sia così. Ma questo è chi lei è. Lei non è il problema. E lei combatterà per quello. Non sguscerà via di nuovo nel suo “fetido posto”, che sia Demetria Greengrass o sua dannatissima sorella a riportarcela.

C'è una orribile pausa prima che Petunia si giri e poi, freddamente, dica: “Allora forse non condividiamo lo stesso sangue.”

 

 

La villa dei Potter si alza sulla cima di una bassa collina, antica, orgogliosa e adornata dall'estate. Un sentiero di pietra si stende da una corta rampa di scalini lastricati da larghe pietre che portano all'alto portone doppio, gigli e giunchiglie come accoglienti sentinelle su entrambi i lati. Il sentiero si divide appena prima che finisca la discesa della collina; un ramo porta a High Street, l'altro ruota intorno a metà della collina, scompare in un boschetto, chiuso da un capanno a due piani che sbircia curioso dai rami aggrovigliati.

C'è un glorioso momento indisturbato, vedete, quando il vento spazza l'erba dalle punte argentate in un lungo e caldo sospiro dal sud. Luce ed ombra danzano sotto applaudenti foglie, e il lago lì vicino scintilla sotto un anello di pini e salici, come un agitato cielo illuminato dalla luna.

È pomeriggio, dello stesso Lunedì, poco dopo le tre.

Un cupo brontolio distante inizia a risuonare da nord, diventando ogni minuto più rumoroso, e il terreno vibra come per prepararsi.

Dentro, in cucina, il signore e la signora Potter alzano lo sguardo, riconoscendo il suono fin troppo familiare. Il signor Potter – Charlus – ridacchia tra sé e sé, e poi gira la pagina del libro come se niente fosse. La signora Potter, invece – Evangeline, la chiamano i suoi amici – scuote la testa ed alza gli occhi. “La quarta volta questa settimana!” Dopo un veloce movimento di bacchetta per pulire il lavandino, scende al piano di sotto. Il signor Potter sospira, ma rimane comunque seduto al suo posto.

Lassù in aria, su una motocicletta volante – perché cos'altro avrebbe potuto essere? - Remus sta imprecando. Ma nessuno lo può sentire da terra. Quello che c'è, se si presta abbastanza attenzione, è la risata simile ad un latrato di Sirius, il lungo grido acuto di James che si disintegra  in una risatina incessante, e le urla di Peter mentre James affonda velocemente, la scopa quasi verticale -

Si schiantano contro il capanno giusto mentre la signora Potter apre la doppia porta non lontano da lì. Marcia giù per le scale ed attorno alla collina, la bacchetta in mano, ciocche ricce di capelli bianchi che scappano dalla pettinatura. Quando raggiunge il boschetto, i quattro ragazzi sono già in fila, con l'aria mortificata – be', Remus lo è – e dietro di loro il capanno è stato incantato per tornare a com'era prima.

“E' stato davvero un incidente questa volta, te lo giuro,” le dice suo figlio nel momento in cui lei è a portata d'orecchio, ma sta ridendo. “Peter ha volato con me, ed eravamo troppo pesanti per...”

“Stasera pulirete la cucina,” annuncia la signora Potter, dopo aver ispezionato per bene il capanno. Sembra a posto. Sembra sempre a posto. Anche nelle notti di luna piena, anche quella volta in cui è esploso per qualunque cosa fosse che vi stavano facendo. “Niente elfi, niente bacchette. Sono stata chiara?”

“Sì, signora.” risponde Sirius.

“Ci dispiace davvero,” afferma Remus.

“Sì, ci dispiace.” aggiunge Peter.

“Mamma, possiamo almeno avere Zirk, voglio dire-”

“Chiudi la bocca, James.” sta già tornando dentro casa.

“Abbiamo decisamente vinto noi,” dice Remus nel silenzio successivo, e Sirius ricomincia a ridere. “Decisamente.”

“Oh, sta' zitto,” esclama Peter. “Abbiamo vinto noi.”

“Lascia perdere, Wormy,” risponde Sirius, avvolgendo un braccio attorno alle spalle di Peter e arruffandogli i capelli, per il dispiacere dell'amico. “La prossima volta voli con me.”

James alza gli occhi al cielo e chiama la sua scopa dal terreno ricoperto di rametti. “Non avete vinto, abbiamo colpito la finestra due secondi prima che-”

Il rumore di qualcosa di grande e pesante che si schianta al suolo, seguito da un sacco di altre cose che cadono continuamente, lo interrompe. Tutti e quattro si lasciano scappare le rispettive parolacce scelte, scattando verso il capanno per rimettere a posto l'incantesimo.

 

 

Una volta dentro, Sirius si appollaia sul davanzale della finestra mentre gli altri inizia a far levitare pezzi di legno scheggiato e vetri al loro posto, i più piccoli e insignificanti che finiscono in un alto tramezzo pericolante spinto maldestramente da parte. Il luogo è polveroso ed ammuffito, e puzza di vecchio legno e foglie bruciate, ma non sembra importare a nessuno. “Allora,” dice Sirius, “Adesso prendiamo a pugni Prongs?”

James, la bacchetta alzata, allunga il collo per guardarlo male e domanda: “Che?”

“Certo che non lo sa,” esclama Remus, concentrato nel levitare di torno un pezzo di metallo piegato. “Diglielo, Pete.”

“E' la ragazza,” spiega Peter a James con una punta di frustrazione. Lui si appoggia al muro dopo aver affrontato un ceppo particolarmente pesante, asciugandosi la fronte con il dorso della mano. “Del parco?”

“Quale ragazza?”

“Maglietta a righe rosse e bianche.” dice Sirius.

“Bei capelli,” aggiunge Remus “Fossette.”

“Fossette,” sottolinea Peter, annuendo entusiasta. “Le fossette erano molto carine.”

James abbassa la mano, girando la bacchetta tra le dita. Si lascia cadere a gambe incrociate sul pavimento e si appoggia all'indietro sulle braccia. “Di che parlate?”

“Qualcuno gli faccia una fattura,” esclama Sirius.

“James, dai,” dice Remus. Il pavimento ormai pulito, anche lui si avvicina alla finestra. “Le piaci. È sempre lì! Sta aspettando che la noti...”

“Voi tre l'avete notata. Forse le piace uno di voi,” segnala James. Non si ricorda. Ci prova – immagina il parco nella sua mente, ma ci sono sempre state solo persone. Niente righe bianche e rosse. Niente fossette. “Io nemmeno – dove sta? Chi diavolo è questa ragazza?”

“La ragazza al parco! La panchina dal lago delle papere.”

“A volte sotto l'albero.”

“Sempre da qualche parte attorno al laghetto delle papere.”

James guarda uno ad uno i suoi amici, confuso. “Non ho mai saputo che ci fosse una ragazza.”

Remus alza gli occhi al cielo. “Ora lo sai,” lo ammonisce “La prossima volta, fai qualcosa, okay? Fai uno sforzo.”

“Per cosa?”

“Per tenere a volume basso quel ridicolo cantare nella doccia; sembri un drago costipato,” s'intromette Sirius sardonicamente. Salta giù dal davanzale e mette le mani sui fianchi. “Cos'altro, Prongs? Piaci alla ragazza! Forse voi due potete-”

“Oh.” James sbuffa. Sposta lo sguardo e si aggiusta gli occhiali. “Oh, no. Non potete essere seri.”

Gli altri tre alzano le sopracciglia. “Cosa? Perché no?” chiede Peter.

“Volete che la inviti fuori? Seriamente?”

“Cosa c'è di sbagliato?” domanda Remus.

“Non la posso invitare a uscire. Non mi interessa se è Celestina Warbeck.”

“Non vorrei che tu uscissi con Miss Warbeck, Potter.” esclama Sirius, gli occhi stretti.

“Non è il punto, Sirius Black.”

“Perché?” la confusione di quest'ultimo è intrecciata ad un'avvertibile quantità di seccatura, ora. E sospetto.

Voi sapete il perché.”

Sono tutti silenziosi per un momento, e poi Peter dice: “Forse potrebbe aiutare...”

“Non lo farà,” insiste James. “E – potremmo fare del male a qualcuno. Tra parentesi, sto bene.”

Quando nessuno lo contesta, Peter aggiunge con imbarazzo: “Sì, okay, lo sei, ma non hai...”

“Cosa, superato Lily?”

Remus si schiarisce la gola. Peter sposta i piedi. Solo Sirius sembra indifferente, addirittura incrociando le braccia e sfidando James ad andare avanti.

James ride. Suona abbastanza genuino, d'accordo, ma salta in piedi e si avvicina al tramezzo, dando le spalle agli amici. Sirius sa che sta solo fingendo di fare qualcosa con le schegge. “Vedere altre persone non proverà niente, okay? Non sarà il nostro grandioso piano di riserva.” si volta lentamente per guardarli di nuovo, non incrociando il loro sguardo, ma nemmeno così depresso come Sirius ha anticipato. “Voglio dire, d'accordo, io ancora... è solo Evans. Lei è – lei è qualcosa. Ci vorrà un po'. Lo so. Ma sono okay, anche. Sto bene, davvero. Non voglio nessuno. Non adesso. Ma non vuole dire che non sono...”

La voce di James si affievolisce, confuso nei confronti di Sirius, che ora sembra trattenere un sorriso. Lui annuisce, scrocia le braccia per alzarle all'aria in un finto arrendersi. “Va bene. Capito.”

“Capiamo?” domanda Peter.

“Sì, capiamo.” annuisce Remus, un indizio di qualcosa di piacevole – orgoglio? - che si sistema nella vaga piega delle labbra.

Peter fa spallucce. “D'accordo. Allora inviterò io fuori la ragazza. Mi piacciono le sue fossette.”

 

 

Per Lily, la settimana è un'effimera successione di solitarie commissioni e distrazione nella forma di arretrate pozioni di guarigione.

Il loop si spezza solo venerdì, quando riceve una lettera. Arriva con la posta normale, quindi all'inizio assume che sia di Mary. Quando gira la busta, però, solo le sue iniziali e il suo indirizzo sono scritte in inchiostro verde. Nessun dettaglio di da chi o da dove venga.

Ritorna in casa e fissa la lettera per un po', sospettosa.

Non c'è molto da leggere quando infine la apre. È un invito, scopre, più che una lettera, e il mittente... la calligrafia la conosce, la riconosce senza un dubbio. E il modo in cui è stata scritta... forse una copertura?

Le ci vogliono ore per addormentarsi quella sera.

 

 

“E' solo una data e un indirizzo,” riflette Peter, steso sulla pancia sul pavimento della camera da letto di James il venerdì. “Domenica alle nove...”

“E' di Silente,” dice James dal letto, piegato sulla lettera a suo nome. Non è stato l'unico a riconoscere la grafia del loro ex preside. Sono tutti d'accordo che sia di Silente. Numero sette, Napoleon East, Cobalt Creek. “Ho come il presentimento che non dovremmo dirlo a nessuno.”

“Non c'erano gufi,” dice Sirius, l'unico che non è aggrappato alla sua lettera. È di nuovo sul davanzale della finestra, i piedi in alto e la schiena contro il bordo. “Erano lì. Potrebbero essere stati i tuoi genitori?”

“No, non tornano fino a stasera.”

“Ci andiamo?” domanda Peter, la voce soffocata con la guancia premuta contro le nocche.

“Certo che ci andiamo,” risponde James “E' Silente.”

“Per cosa pensi che sia?”

“Non lo so...”

“Io credo di sì,” s'intromette Remus, zitto per tutto il tempo sul divano vicino al camino. Sta ancora leggendo accuratamente la lettera, ma i suoi occhi marroni non vedono. Da' agli altri un sorriso smorto quando alza lo sguardo. “Dev'essere per l'Ordine.”

 

 

Domenica mattina, James è il primo ad uscire dalla sua camera.

Cammina per il corridoio, le scarpe da ginnastica ai piedi allenate al silenzio perfetto contro il tappeto. Si attarda sul pianerottolo del secondo piano, a qualche gradino dal grande scalone, le mani nelle tasche della giacca granata. L'ampio salone di ricevimento è vuoto sotto di lui. Un lampadario a scaglie di drago vi è appeso sopra, cento specchi a goccia che esplodono dal centro dell'alto soffitto. Può già sentire il mormorante traffico degli elfi domestici dalla cucina. Davanti a lui aldilà dell'ampio spazio, identiche alte finestre fiancheggiano le porte di legno a entrambi i lati; oltre loro i terreni della villa si allargano giù dalla collina, increspati e tinti attraverso il vetro, l'orizzonte lontano che appena si schiarisce. Nella scarsa luce, lui coglie il suo riflesso in più di una penzolante scaglia di cristallo. Fissa se stesso, sparsi James replicati, la mente che vaga alle cose che potrebbero potenzialmente, drasticamente cambiare durante il giorno.

Numero sette, Napoleon East, Cobalt Creek.

L'Ordine.

Se Remus ha ragione, e questa è una chiamata alle armi (più o meno), allora è possibile che un' importante decisione sia vicina. Per tutti. Cerca di concentrarsi su quello. Si convince che quello è ciò di cui è preoccupato, la guerra e tutto ciò che comporta, e non il fatto che... be', se è  un'organizzazione segreta principalmente occupata a fermare l'ascesa di Voldemort... allora lei dovrebbe aver ricevuto una lettera, giusto? È pazzo, lo sa. Il mondo sta andando a pezzi, per la barba di Merlino. E lui è nervoso per quello. Nervoso per lei.

I suoi pensieri si interrompono quando un movimento nella sua visione periferica lo fa sussultare, e non è finché il signor Potter è già di fianco a lui che capisce quanto fosse davvero pensieroso.

“Ci siamo alzati presto?” domanda Charlus Potter, appoggiandosi alla ringhiera con suo figlio.

“Oggi è un giorno impegnato.”

“E' domenica.”

“Io... sì. Sì, lo so....”

“Suppongo che tu comunque sia sempre stata una persona mattiniera.”

“Mhmm.”

“Non stai mai qui, però.”

James corruga la fronte quando guarda suo padre. “Sto qua?”

“Non di solito,” risponde Charlus pensieroso, un sorriso d'intesa sul viso. “Posso contare le volte sulle dita: Coppa del Mondo di Quidditch, primo giorno di Hogwarts, primo giorno del settimo anno – mio figlio Caposcuola... oh, e il primo giorno in cui sei tornato dal quinto anno, anche. Sai, quella non l'ho mai capita. Era un po' diversa dalle altre.”

“Di cosa stai parlando, papà?”

“Succede qualcosa di importante oggi?” lui domanda, e il silenzio di James gli rivela sempre abbastanza. “Quando deve succedere qualcosa di importante, vieni sempre qui, per prima cosa durante la giornata, ti guardi intorno per la casa come un direttore del ministero. Tutto... meditabondo. Penso che la mamma abbia una tua foto ad undici anni...”

“Papà...”

“Non ti chiederò di dirmi cos'è, ma ho la sensazione...”

“E' arrivata anche a te la lettera?” dice d'impulso James. Sta morendo dalla voglia di chiederglielo da quando ha letto la sua. Tra l'altro, suo padre sembra davvero già sapere...

L'espressione di Charlus è di calcolata deliberazione. Le rughe sul suo volto sembrano più vivide a James in qualche modo, ma attraverso tutto, ora più che mai, può rivedere se stesso nel suo volto – a pezzetti, come la forma degli occhi, il taglio della mandibola, il naso. C'è un rassegnato tipo di calma nei suoi occhi, però, qualcosa che James deve ancora ereditare negli anni che verranno. Risiede nella dolcezza del suo sguardo, negli angoli delle labbra sottili come carta. “Silente,” borbotta Charlus, allungando l'ultima sillaba. Scuote la testa con un sorriso triste. James non riesce a dire se sia approvazione, ma non sembra neanche l'opposto.

“Ti è arrivata, vero?” insiste James.

Charlus sospira. “James, tua mamma ed io... devi capire che date le circostanze, avrò già parecchie difficoltà a trovare una nuova occupazione, e -”

“No. Papà, no. Io non – non intendevo quello. Volevo solo onestamente sapere, ecco tutto.”

Charlus annuisce. “Le abbiamo ricevute, sì.”

James può ancora avvertire le scuse nella sua voce. Mette le mani sulle spalle di Charlus – è divertente come non abbia mai davvero notato di essere diventato più alto di lui – e gli fa un sorriso rassicurante. “Va tutto bene, te lo prometto.”

Charlus sorride di rimando. Più facilmente questa volta.

“Non vuoi che ci vada, vero?”

“No,” conferma Charlus senza mezzi termini. “Non penso che nessuno dei genitori dei tuoi amici vorrebbe.”

“Be', voglio dire, Sirius...”

Charlus ridacchia. “Se è Silente, allora specialmente Sirius, non pensi?”

James ride.

“Ma so anche che ciò non ti fermerà:”

A quello, James non sa bene come rispondere.

“Non fermerebbe nemmeno me,” continua Charlus “Non penso fermerebbe nemmeno Evangeline.”

James sorride al foyer vuoto. “Starò bene, papà. Lo sai.”

“Credo che però questo metterà in pausa i tuoi piani.”

James fa un sospiro profondo. “Non è che le cose abbiano seguito proprio i piani di recente...”

C'è una pausa riluttante da parte di suo padre, e poi, “Lily pensa ancora che-?”

“Sì,” risponde James un po' troppo velocemente. “Ma noi, ehm – va tutto bene. Probabilmente abbiamo bisogno di tempo da soli. Con tutto. È tutto molto caotico.”

“Okay. Mi dispiace davvero.”

“Non è colpa tua.”

“Peter ha menzionato che la mia-”

“Peter è un idiota. Non è davvero quello.”

“D'accordo,” il Sole ora è sorto. I giardini ancora stanno prendendo una forma nella luce del mattino, e James si sente più calmo che di quanto stava lì da solo. “Sei un Cacciatore, però.”

“Ehm. Sì, lo sono.”

“Tu cacci...”

James capisce, ma non pensa che gli piaccia molto. “Papà, onestamente, tu e Sirius avete il più terribile-”

Suo papà ride. “Sto solo dicendo – l'hai trovata! È là fuori. Lo sai che lo è.” si sposta, come se la sua agitazione si sia alzata con il sole “Sai, mi stupisce sempre – fai sempre le cose così velocemente. Sempre così veloce. Metti gli occhi su qualcosa, ci lavori, la prendi. Come se... tu fossi di fretta. Perché sei sempre di fretta?”

James fa spallucce. “Non lo so. La vita è corta?”

Charlus scuote la testa. “Sei peggio di tua madre. Davvero. Ma è diverso con... la partita non finisce mai quando sei Cacciatore. Non la chiudi tu. Non la puoi affrettare. Continui a giocare. E in una partita puoi perdere la Pluffa da una ad un milione di volte, ma poi la rivinci. Ritorni in gioco, e la riprendi.”

“E se stessi giocando la partita sbagliata? Se non fosse mia da vincere?”

“L'hai persa una volta sola. E certo, sembra che due bolidi siano arrivati. Ma una volta.”

Sono interrotti dal rumore di passi. Sirius zoppica dal corridoio di sinistra, sbadigliando, gli occhi ancora semi chiusi.

“Buongiorno, Sirius,” lo saluta Charlus con un sorriso affezionato e divertito.

“Buongiorno.” Sirius sembra non essere sicuro di essere del tutto sveglio. Sbadiglia ancora. “Moony e Wormy sono già svegli?”

“Ne dubito,” risponde James.

“Vado a svegliarli,” farfuglia l'altro, sorpassandogli e andando dall'altra parte del corridoio, dov'è la stanza di Remus e Peter. James sa che si ributterà a letto non appena gli si avvicinerà.

Prima che il signor Potter scenda le scale per il profumo della colazione che soffia dolcemente verso di loro dal piano terra, arruffa i capelli di James – qualcosa che non fa da una vita, e James è troppo stupito per protestare – e dice, “Mi rendi orgoglioso, James, lo sai?”

James alza gli occhi al cielo, riprendendosi molto in fretta. “Sta' zitto, papà.”

Charlus ride, ora è la più calda e la più fragorosa, e qualcosa dentro James si scalda e tira e si spezza quando realizza di non ricordarsi l'ultima volta in cui ha sentito suo padre ridere così.

“Prendetevi cura di voi stessi oggi, okay?” dice Charlus.

James sorride e gli fa il saluto militare.

 

 

Neptune Hollow, dove lei dovrebbe essere domenica mattina come ordinato nella lettera, in realtà non è nuovo a Lily, ed è colpita da un'inaspettata ondata di nostalgia quando scende dal bus. Non è lontano da Cokeworth; solo quindici minuti dalla fermata più vicina.

Ogni anno, una fiera con le giostre si ferma qui. Prima di Hogwarts, lei e suo papà ci andavano ogni estate.

Il bus riparte e Lily fa un respiro profondo, controlla il posto. La cattedrale è una vista familiare a qualche isolato di distanza, una torre solitaria tra casette basse. S'incammina per la via con memorie sparse di suo papà e lo stomaco annodato.

Il numero di palazzi è raddoppiato dall'ultima volta che è venuta. La strada, con blocchi di bungalow costruiti vicini, sembra più lunga di quanto si ricordi. I passanti scarseggiano.

Lily scopre presto che i numeri civici sono difficili da trovare. Non sono sulle porte, come a Cokeworth, ma non sono nemmeno inchiodati sulle colonne che sostengono i cancelli o saldati sugli stessi cancelli di ferro. Ogni singolo numero è fatto in maniera diversa. Sembra non esserci nemmeno uno schema distinguibile nell'ordine delle case.

Dopo un'ora o più di camminata senza meta, finalmente lo trova – il numero 18 – ma il palazzo a cui arriva sembra così abbandonato che lei pensa che forse non si ricorda l'indirizzo giusto. Non si è portata la lettera. Forse avrebbe dovuto. Guarda l'orologio – sono quasi le nove – e le prende il panico. La lettera diceva di essere lì alle nove. A Silente importerà del ritardo?

La casa sembra un vecchio convento. Due piani, una delle poche con più di un piano, fatta di grezza pietra grigia che appare spenta anche sotto la luce del mattino. Il cancello è talmente arrugginito che lei sa che le scaglie le cadrebbero in mano se decidesse di aprirlo. Una spessa e lunga catena è arrotolata nel mezzo come un serpente da guardia. Puzza di sangue. Il giardino è trasandato, le finestre sbarrate, le porte chiuse.

Decide di entrare. È un incontro segreto dopotutto. La facciata potrebbe essere un trucco, un'altra copertura...

Le sue dita sono a meno di un centimetro dal cancello quando avverte un movimento dalla casa a fianco al numero 18. E' allerta in un secondo – e vede un'anziana donna che la spia dalla finestra, attraverso una sottile fessura tra le tende fiorate. Sta guardando dritta Lily. La giovane strega sorride e le fa un cenno con la mano, incerta sul da farsi. Per sua sorpresa, la donna alza la mano davanti a lei, gesticolando al suo polso nudo. Confusa dall'intento ma capendo il significato, Lily controlla l'ora. Otto e cinquantotto.

Quando guarda di nuovo la signora, questa sta controllando la strada da sinistra a destra. Vedendo che è vuota, mima qualcosa con le labbra a Lily – il cancello? Ha detto il cancello? - e le fa cenno di guardare ancora l'orologio. Lily avvolge le dita attorno al lucchetto alla fine della catena, sentendosi un po' scema – e capisce immediatamente che c'è qualcosa di... sbagliato. Non riesce più a togliere la mano dal cancello. Cerca di non essere troppo allarmata quando vede che la donna sorride, quasi incoraggiante, e poi sparisce di nuovo in casa sua.

Adesso è sola. Manca solo un minuto.

Cerca di togliere ancora le dita, ma la piccola lastra di metallo e la sua mano sono in qualche modo diventate calamite. Guarda la strada. Dovrebbe usare la bacchetta?

Trenta secondi. Non c'è tempo di preoccuparsi di essere vista, pesca la bacchetta con la mano libera, ma poi fronteggia il problema di che incantesimo usare.

Diavolo.

Quando l'orologio ticchetta le nove, qualcosa la tira con forza in avanti, togliendole il respiro. Soffre di un violento mini-infarto quando pensa che stia per colpire di faccia il cancello arrugginito, ma poi esso scompare, tutto; il cancello e la terra sotto i suoi piedi, una scarica di adrenalina che la spinge a togliere le dita dal cancello che precipita invece in un caotico vortice di confusione, sorpresa, e panico – e attraverso tutto ciò la forza invisibile la tira inesauribilmente, le dita che mantengono il contatto con il chiavistello. Capisce cosa sia nel seguente uragano di colori sfumati, un leggero fischio nelle orecchie.

Quella donna dev'essere stata una sentinella.

Le sarebbe servito un po' di avviso, davvero.

Oh, Merlino, ha bisogno di chiudere gli occhi...

Cerca di riprendere controllo dei suoi piedi prima che si scontrino contro il suolo, ma inciampa comunque quando il viaggio finisce. Si alza, appoggiandosi al muro con una mano, nauseata.

Quando si riprende, controlla l'ambiente circostante. È in corridoio. Stretto, ammuffito, poco illuminato. Tappeti vecchi. Una porta in fronte a lei è semi-aperta, luce e tenui chiacchiere che fuoriescono dallo spiraglio.

“Non ti sei mai abituata nemmeno tu, eh?” qualcuno dice alle sue spalle, e lei salta. Mary è appoggiata al muro, mani sulle tempie, senza fiato. “Maledette Passaporta.”

Lily le corre praticamente incontro e l'abbraccia. “Oh mio dio, ciao.”

“Anche tu mi sei mancata, Lily,” le dice Mary “Ora andiamo. Sono le nove e un minuto.”

 

 

“Quindi quando hai detto che tu e Silente avete parlato di un impiego quella sera,” dice Peter, faticando a tenere il passo dei suoi tre amici “Vuoi dire che avete parlato di questo.”

“Non esattamente,” risponde Remus. “Mi ha offerto un posto in questo gruppo d'opposizione, ma niente dettagli. Solo che se avrò mai difficoltà... a cercare lavoro, posso invece lavorare per lui. Posso aiutarli.”

“Aspetta,” James si corruccia “Voi tre ne avete parlato? E io dov'ero?”

“A sognare,” provvede semplicemente Sirius, la sua attenzione totalmente su Remus “Cos'ha detto esattamente Silente? Ce lo puoi dire ora, giusto? Siamo tutti invitati adesso. Circa.”

“Suppongo di sì,” Remus cammina davanti e si volta, le mani alzate per fermarli. Hanno tutti un'espressione seria, per una volta tesa. Peter continua a mangiarsi le unghie. “Ha detto che c'è questa organizzazione segreta, che ha chiamato solamente l'Ordine. Ma potrei anche averlo capito male. Ma questo Ordine – stanno lavorando contro Voldemort. Ci sono delle spie al Ministero e tutto. Qualche altro reclutamento. Non lo so. Come ho detto, niente di specifico. Ma ora, ho pensato, se addirittura sono arrivati a invitare noi...”

“Freschi di Hogwarts. Devono essere disperati,” dice James, pensieroso. “Pensi che la guerra stia peggiorando?”

“Oppure noi dobbiamo essere bravi, miei allegri, positivi amici,” dice Sirius, alzando gli occhi al cielo “Perché Silente non l'ha detto anche a noi allora? Perché solo a te?”

Nessuno risponde. Remus ignora il suo sguardo. Quando ricomincia a camminare, la sua schiena stranamente s'irrigidisce e la sua camminata è più brusca. James e Sirius si scambiano un'occhiata, il primo fa spallucce e scuote la testa. Seguono Remus senza un'altra parola, Sirius corrucciato.

È Peter che ha la risposta questa volta. “Moony è diverso,” dice mentre camminano, la riluttanza del dar voce ai suoi pensieri evidente nella sua voce. Osserva Remus guardare a destra e a sinistra lungo Napoleon Street, cercando l'elusivo numero sette. “Tra di noi, è quello con minori scelte riguardo cosa fare dopo Hogwarts, no? Silente gli stava facendo un favore. Dandogli qualcosa da fare...”

James non risponde, ma controlla attentamente Sirius per la sua reazione. Peter ha ragione. Potrebbe aver ragione. Circa. James odia la cosa.

Sirius non dice niente all'inizio, e poi si velocizza, borbottando velenoso. “Sono stupidaggini,” ma non elabora il concetto. “Hey, Moony! Potresti aspettare, per favore?”

Peter cerca in James della rassicurazione, ma non la trova. L'altro controlla solo il suo orologio e cammina più veloce per riprendere. “Dobbiamo sbrigarci. Sono quasi le nove.”

 

 

“Iniziamo?” domanda un uomo alla destra di Alastor Moody. Lily sa il nome di Moody perché lui si è presentato non appena lei è entrata nella stanza. Un uomo grosso con una voce ruvida e più cicatrici di quante lei riesca a contarne. Ha quasi spaventato a morte lei e Mary. Ha detto che potevano iniziare benissimo con i nomi finché la riunione non fosse iniziata ufficialmente. Lily pensa di aver sentito Moody chiamare l'altro uomo Gid, quello che ha appena fatto la domanda, ma non ne è sicura. “Come fai ad iniziare...” borbotta Gid, guardando la stanza con notevole trepidazione.

Lily e Mary sono sedute vicino alla fine del tavolo – all'altro capo, quello posto accanto ad un caminetto antico. La porta è da un lato, ancora aperta, anche se nessuno è entrato dopo lei e Mary. La stanza è solo poco più illuminata del corridoio. Ci sono circa altre venti persone con loro, più o meno quanto la stanza può contenerne. Alcuni siedono attorno al tavolo, altri si appoggiano al muro freddo e sconnesso. Nessuno dice niente, nessuno tranne Gid, e la tensione curiosa è apparente negli occasionali movimenti bruschi. Sguardi sospettosi, dita agitate, labbra strette. Lily riconosce alcuni di loro, ne ha anche salutati alcuni quand'è entrata. C'è Cassandra Dame, prefetto di Serpeverde ad Hogwarts, Caposcuola quando Lily era al quinto anno; e Dorcas Meadows di un anno più grande, Corvonero, anche lei prefetto; Marlene McKinnon, Terrence Hunter, Jeanne Marchbanks...

Tutti di Hogwarts, tutti appena un po' più grandi di lei.

“Non ancora,” abbaia Moody in risposta a Gid. Anche lui sembra aver un ripensamento riguardo il gruppo di gente che hanno raccolto. Lily si chiede se andranno avanti visto che anche i superiori sono chiaramente dubbiosi... “Ce ne sono altri quattro. Le canaglie, direi.” Poi i suoi occhi sfarfallano in direzione di Lily e Mary, ma lei fa finta di non notarlo.

Può sentire anche gli occhi di Mary su di lei. Lei continua determinatamente a sorvegliare il luogo d'incontro.

Altri quattro. Ovvio che ci siano. E – quasi ride – ovvio che siano in ritardo.

Aspettano ancora un po', i nervi di Lily un intreccio ribollente nel suo stomaco.

 

 

“E' un negozio di fiori,” osserva neutro James, come se agli altri tre servisse. Dall'altro lato della strada, finalmente, c'è il numero sette, ma è un banchetto blu acceso con file e file di fiori, di tutti i tipi, in bouquet e vasi e secchi. “Siete sicuri che siamo nel posto giusto?”

In risposta, Sirius si volta verso Peter per chiedere, “Wormtail? Hai portato la lettera?”

“No – avete detto che nessuno avrebbe portato la sua!”

“Scusa, è che di solito tu non presti mai attenzione. È il momento sbagliato per iniziare.”

“No, era di sicuro il sette,” l'interrompe Remus, prima che Peter possa replicare. “E' il posto giusto. A meno che non ci siano altre Napoleon Street nei dintorni...”

“D'accordo,” dice James, già diretto al negozio “Andiamo a controllare allora.”

Quando lo raggiungono, saltano tutti all'indietro quando una donna rotondetta spunta fuori dal nulla – be, in realtà salta fuori all'improvviso da dietro al bancone, facendo cadere un paio di bouquet della prima fila. Li riconosce immediatamente, e non è contenta. “Siete in ritardo,” li guarda male. “Sono passate le nove.”

“Ci dispiace,” dice subito Remus, facendo un passo avanti. James, Sirius, e Peter gli lasciano volentieri lo spazio. “Ci siamo persi.”

“Pensate che mi interessino le vostre scuse?” scatta la donna. “Tutto questo sforzo per nulla...”

“Possiamo ancora andare, giusto?” domanda James, sospettoso. “Siamo ancora-”

“Non qua, ragazzo!” la donna urla in un sussurro, sporgendosi dal bancone per controllare se qualcuno nelle vicinanze abbia sentito. “Venite qua e scegliete un fiore.”

“Cosa?” dicono tutti e quattro. La nicchia dietro al bancone è piccola, e James pensa che non ci staranno tutti.

“Fatelo e basta, dannazione.” la donna è di nuovo piegata sugli scaffali, cercando chissà cosa.

Uno alla volta, perché una stretta apertura su un lato permette solo ad una persona di entrare nel ridotto spazio, i ragazzi entrano nel negozio. Stanno lì, scomodamente affollati, guardandosi attorno come bambini sperduti.

“Be', allora! Non abbiamo tutto il giorno, no?” dice la donna, esasperata. “Scegliete qualsiasi cosa!”

Tutti subito si affrettano per qualcosa. James prende d'istinto una rosa gialla – le preferite di Lily, qualcosa che non comprende interamente finché non nota gli altri tre guardarlo in modo strano.

Apparentemente, comunque, non hanno tempo di discutere di cose così frivole.

“Eccovi...” la donna si raddrizza nuovamente, la bacchetta stretta tra le dita. Si accerta di non alzare troppo in alto la mano in caso qualcuno dalla strada possa vedere. “Voi mocciosi sapete niente delle Passaporte?”

“Sì,” rispondono loro.

“Ne avete mai creata una?”

“Ehm, no.”

La donna rotea gli occhi. “Okay, okay. Datemi quei fiori... avrei dovuto saperlo che sareste stati in ritardo. Merlino, mi sarei divertita un po' con voi prima di mandarvi via, ma-”

“Cosa?” domanda Sirius.

“Sta' zitto, Arruffato.”

Arruffato?”

Lei lo ignora. “Tu. Potter. Dammi il tuo.”

James le passa la rosa gialla. La donna punta la bacchetta, la lingua tra i denti per la concentrazione. “Portus.”

La rosa si muove appena nella sua mano, un tremito che James potrebbe solo aver immaginato. Diventa di una pulsante tinta bluastra, ma prima che James la possa guardare per bene, la donna gliela sta ridando. Annuisce urgentemente verso la porta sul retro, nascosta quasi del tutto dal corpo di Peter. “Vai là. E veloce. Si attiverà in un minuto.” indica Sirius. “Arruffato, sei il prossimo.”

“Per favore, la smetta di chiamarmi così.” mormora Sirius mentre si fa avanti, ma la donna rotea solo gli occhi di nuovo.

Con sforzo, James riesce ad oltrepassare Remus e Peter, ed esce dal retro, dove c'è solo una piccola camera polverosa. Altri fiori, ed una pila di botti in un angolo.

Sirius sta aprendo la porta ed entrando nella stanza sul retro quando la rosa gialla tira James in avanti, e il mondo scompare da sotto di lui.

 

 

James arriva per primo. Appare dal nulla e atterra direttamente dentro la stanza, tirandosi su contro il muro più vicino, piegandosi per riprendere il fiato. Sta... sta stringendo una rosa gialla. Moody lo aiuta, in modo piuttosto rude, e Lily vede James sussultare di paura per un secondo prima che riconosca chi sia. “Hey, Moody,” lo saluta, e poi si spazzola dalla polvere.

Moody grugnisce solamente.

Sirius compare dopo, imprecando mentre inciampa dal vuoto di un viaggio in Passaporta, un'orchidea cinese viola che rotola sul pavimento dalle sue dita. Non si premura di raccoglierla.

Dieci secondi dopo, anche Remus e Peter sono nella stanza, imprecando anche loro, Remus con un girasole e Peter con un garofano – da dove diavolo vengono, esattamente?

“Sedete i vostri didietro in ritardo,” abbaia Moody. Sirius si siede accanto a Mary, dandole una gomitata e borbottando, “Hey.” Non considera Lily. Il resto dei ragazzi prendono i posti lasciati liberi attorno al tavolo, Remus che da un colpetto alla spalla di Lily mentre passa e le sorride. James finisce davanti a lei. Non la guarda finché non è seduto per bene, e a Lily sembra che non lo voglia nemmeno quando infine lo fa. Non sa se dovrebbe dirgli ciao.

Quando Remus e Peter allungano i loro fiori a Mary per liberarsene, James fa scorrere la rosa gialla verso Lily. Non sta esattamente sorridendo quando lei alza lo sguardo su di lui. Si stringe solo nelle spalle, non è chissà cosa, e poi dà tutta la sua attenzione a Moody.

Moody incombe su di loro, la bocca una linea stretta. “Bene, allora,” inizia, guardando una persona alla volta. “Benvenuti nell'Ordine della Fenice. Voi ragazzi siete stati chiamati in guerra.”

 

 

La spiegazione si presenta più corta di quanto Lily si aspettasse.

È un gruppo di resistenza, l'Ordine della Fenice, che fa tutto ciò che possono per fermare Voldemort e i suoi piani. I membri esistenti – fanno attenzione a non menzionare nessuno – sono occupati a cercare possibili infiltrazioni nel Ministero e ad accertarsi che gli gradi superiori dei dipartimenti siano protetti da persone dell'Ordine. Gli insider hanno svelato che l'ascesa di Voldemort continua nel suo ritmo, peggio di quanto avessero anticipato, ma scoprire ciò prima che gli scoppi tutto in faccia è un passo avanti dalla loro parte. L'Ordine è stato fondato da Silente – nessuna sorpresa – ed è responsabile per i più recenti arresti e processi di Mangiamorte. Non tanti, ma stanno facendo tutto ciò che possono. È sempre attraverso suggerimenti anonimi per loro fino a questo momento, e il gruppo rimane per ora nascosto.

L'incontro non è comunque più che un invito, pensa Lily, come la lettera. Niente di specifico o della massima importanza è divulgato. La pioggia di domande che segue dura di più della loro primaria iniziazione. Perlopiù concerne ciò che ci si aspetta da loro, cosa comprenda l'appartenenza, tutto il resto che a questo stadio possono sapere. L'ultima cosa si scopre non essere poi molto.

“Non ci aspettiamo che saltiate a bordo ora,” dice Gid, quando alla fine c'è una pausa dalle trepidanti mani in aria. “Vi daremo l'intera settimana per pensarci.”

“Non ci aspettiamo che neanche mai saltiate a bordo,” s'intromette Moody “Ed è importante che lo sappiate. Sono al corrente che alcuni di voi prudano dalla voglia di entrare in campo-” i suoi occhi si soffermano su James e Sirius e il gruppo “- ma voglio che ci pensiate tanto e a lungo. Considerate le vostre famiglie, i vostri piani, il fatto che un giorno potrete non tornare a casa, che potrebbe non esserci una casa a cui tornare. Perché succede. Non è una dannata vacanza, mettetevelo in testa, e non sarà un'avventura da favola. È una bocca dell'inferno da qui in poi. Abbiamo perso dei membri dalla formazione, nelle più orribili, inumane maniere, e non lo rinfacceremo contro chiunque dica di no.” si ferma, lascia che ciò venga assorbito. “Capito?”

Un collettivo mormorio di assenso si diffonde per la stanza.

“Altre domande?”

“Come facciamo a farvi sapere dopo una settimana?” domanda Mary.

“Oh, già – ci scrivete,” risponde Gid. “Speditela a me o Alastor o Silente. I gufi lo sapranno. Un sì o un no saranno sufficienti, tra l'altro. Nient'altro. Sì, Meadowes?”

“Assolutamente nessuna conseguenza per chi dice di no?” chiede Dorcas. È la prima volta che parla. Lily ricorda il modo in cui guarda le persone, e non è cambiato; è rimasto pericolosamente fermo, in qualche modo riuscendo a sembrare sia sonnolento e acuto dietro le palpebre. “Per qualche ragione faccio fatica a crederci.”

“Che vuoi dire?” dice Gid con le sopracciglia alzate. “Siete liberi di rifiutare.”

“Ma sapremmo di questo gruppo,” risponde Dorcas. “Il vostro segreto, nascosto Ordine. Dubito che ci lascereste andare via. La conoscenza stessa della vostra esistenza è rilevante, no?”

“Che stai dicendo?”

“Prewett,” chiama Moody prima che Gid – Prewett? - possa rispondere. Occhieggia curiosamente Dorcas. “Hai ragione. Non vi lasceremo andare via con quella informazione.”

Dorcas piega la testa da un lato e alza un sopracciglia perfettamente curvo.

“Condurremo modificati, selettivi incantesimi di memoria a coloro che dicono di no.”

La stanza erutta in scoppi di domande. Moody alza una mano e la stanza si acquieta. Lily e James si trovano nella fragorosa onda di obiezioni, entrambi accigliati.

“Rispettiamo completamente le vostre scelte,” risponde Moody sopra il rimanente chiasso. “Ma l'Ordine ha appena iniziato a raccogliere le informazioni che gli servono, ed è imperativo che rimaniamo nascosti finché abbiamo tutti i pezzi per iniziare a lavorare. E così sarà il caso finché Silente ritiene che sia il momento giusto, o finché non potremmo mantenerlo più segreto.” si spinge in avanti, le mani che sbattono contro il tavolo di legno, e passa il suo palpabile fervore a tutti. “Siete qui perché Silente confidava che voi sareste stati fortemente comprensivi della causa, che decidiate o meno di combattere la guerra con noi. Provate che lo siete e capite che è per il meglio.”

Non c'è più disaccordo questa volta. Almeno non ad alta voce. Dorcas si appoggia allo schienale della sedia e incrocia le braccia.

“Usate bene la settimana,” dice Moody. “Non ve lo si offrirà una seconda volta.”

 

 

Gli iniziati sono istruiti ad uscire dall'incontro di nuovo con le Passaporte. Non scoprono mai dove sono, perché le Passaporte sono già pronte e dentro la stanza quando l'incontro finisce. Vanno in gruppi, ed in qualche modo Lily finisce con i Malandrini e Dorcas Meadows. Quando cerca di richiedere leggermente di essere messa in un altro gruppo, quello di Mary, la sua amica scivola al suo fianco e l'assicura che va tutto bene, e che la verrà a trovare in settimana per discutere di tutto.

Lily si unisce al suo gruppo assegnato solo quando sono tutti pronti attorno alla Passaporta sul tavolo. È solo una bottiglia vuota di Whisky Incendiario questa volta, l'etichetta strappata e sbiadita. Sta tra Remus e Peter e cerca di non incrociare né lo sguardo di Sirius che quello di James. Sente la bottiglia tirare, e la rosa gialla sul tavolo è l'ultima cosa che vede prima che sia portata via.

 

 

Atterrano in un parco da qualche parte. Dorcas se ne va senza più che un cenno della testa per arrivederci.

“Spero di non dover mai lavorare con lei,” dice Sirius, guardandola andarsene. Remus e Peter mugolano il loro assenso.

James non toglie gli occhi da Lily. Lei ha fatto troppo in fretta a spostare lo sguardo quando ha incrociato il suo per un attimo nell'inciampare sul terreno erboso, e lui non può decidere se sia meglio lasciarlo così.

Segue i suoi movimenti mentre lei in silenzio raccoglie la bottiglia abbandonata e si avvicina ad un cestino. Si siede sulla panchina lì accanto, guardando la strada dove Dorcas sta girando l'angolo.

Le sue dita si arricciano involontariamente in pugni. Merlino. Gli manca più di quanto pensasse.

“Penso che quello sia un diner,” sta dicendo Remus, e James sposta lo sguardo da Lily in tempo per vederlo indicare una modesta costruzione sul lato opposto. “E sono affamato.”

“Anche io,” dice Peter, impaziente.

“Vieni, Potter?”

Potter.

James alza un sopracciglio verso Sirius, ma il bastardo ne alza solo uno indietro. Sirius lo chiama Potter – e in quel tono – quando è inquieto. Deve averlo visto guardare Lily.

“Un secondo,” risponde James, decidendo in quel momento, ignorando l'espressione di Sirius. “Aspettatemi, torno subito.”

Cammina verso Lily in lunghe falcate prima che possa ritirarsi.

 

 

“Hey,” dice, e Lily non riesce a credere che lui sia lì.

È venuto davvero lì. Oh, dio.

Lei sorride solo. Pensa che non riuscirà a far altro che gracchiare pateticamente se prova a parlare prima che possa.

Lui prende posto accanto a lei sulla panchina. Quando le loro braccia si sfiorano, lei lo avverte spostarsi discretamente un po' più lontano. “Non hai preso la rosa.”

Le ci vuole un momento per rispondere. Lui aspetta paziente. “Non ero sicura che fosse-”

“Certo che era per te. Tu le adori.”

“Sì, ma...”

“Era solo una rosa, Evans. Eravamo in un negozio, era una Passaporta, e a te piacciono. Ecco tutto.”

Lily sbatte le palpebre. “D'accordo. Scusami allora.”

Lui la guarda in modo strano, e poi mormora. “Dannazione.” Si lascia scappare una risatina sospirata che non dura a lungo. È nervoso. Non dovrebbe esserlo, ma lo è. “Scusa. Ehm, allora, comunque, tu lo...?”

Lei sa che quella è l'unica ragione sensata perché lui vada lì a parlarle. L'Ordine. Ecco tutto. Certo che è tutto. Nient'altro. Non ha assolutamente diritto ad essere delusa. “Non lo so.”

“Okay.”

Mary aveva ragione, pensa lei. Non sa perché deve capirlo per bene ora, ma lo fa, e Mary aveva dannatamente ragione. È impossibile per questo ragazzo starne fuori. Lei prova a raccogliere quella sensazione opprimente di convinzione, quell'orribile peso che l'ha guidata nel guidare lui lontano – la voce di Demetria che echeggia tra i muri del bagno, Charlus Potter menzionato in un titolo del Profeta. Ma lei vede solo il viso sofferente di James.

Nonostante tutto, lui è ancora qui, prontamente sulla soglia della guerra con lei, e... e se n'è andato e lei non può più giustificare la cosa. Non può rimangiarsela ora. Non può riprendere lui.

“Non lo so nemmeno io,” sospira lui. Piega la testa all'indietro e fissa il cielo. “Pensavo di essere certo. Ero così certo di tutto prima di entrare e... ora non lo so. Non lo sono. Io – wow, non so perché te lo sto dicendo.”

“Non devi farlo, sai.”

Lei ricorda Petunia, e la fa sussultare. Non devi vivere qui, sai. Non ha mai pensato che lei e sua sorella potessero suonare così simili. Non vuole pensare a lei, specialmente non adesso che c'è questo. Che c'è l'Ordine. Un Piano B che sarà una crepa ancora più grande tra di loro se lei decide di farlo, come se il patetico bollire pozioni come un eremita nella loro vecchia casa non sia abbastanza. Probabilmente non la vedrebbe nemmeno più.

Per fortuna, la crescente pausa dell'usuale rimprovero di James la distrae. Non arriva per niente. A Lily sembra di affogare; c'è troppo silenzio forzato tra lei e le persone che ama. “Vuoi dire che posso rifiutare di unirmi, sì?” dice finalmente James.

Lily si lascia sfuggire un respiro che non sapeva di aver trattenuto. Non riesce a capire il suo tono, e ciò la sconcerta. “Già.”

“Lo so.”

“E allora perché pensarci?”

“Tu pensi che sia stupido, vero?”

“No, è nobile.” lo guarda, ora che non sta guardando lei. Le suo obiezioni si sparpagliano alla sua vista, alla consapevole sensazione di lui così vicino. Lei afferra le parole prima che scompaiano nel debole prurito di desiderio sulla punta delle sue dita. Dagli una chance di dare a te un'altra chance, aveva detto Mary? Digli che ti hanno dato alla testa. “E' – è eroico da parte tua, veramente. Ma ritirata non vuol dire sempre che non sei una di quelle cose. Lo so che pensi di farcela, che non verrai ferito là fuori, ma non puoi rischiare. È troppo pericoloso.”

“Credo che abbiamo già fatto questo discorso, Evans,” dice lui, quasi sospira, così piano che lei quasi vorrebbe gliel'avesse urlato così da superare la colpa che le ghermisce il petto.

Giusto. “Scusa.”

“E' molto di più del solo perché penso di farcela.”

Lei non dice nulla. Digli che ti dispiace, ha detto Mary. Digli che non lo intendevi.

“Non sto buttando via le mie opzioni.” c'è un nuovo acume nella sua voce. Si raddrizza. “E' la mia unica opzione. Non posso scappare. Non lo farò. Solo il pensiero... non posso lasciarti. Tu e – Sirius, ecco. E Remus. Peter. Lo so che pensi che non ci sia nulla per me per cui combattere-”

“Non lo penso.”

“Lo pensi.” mormora lui. Il suo disappunto in lei lo lascia in una risatina vuota e balbettante. “E non c'è niente, suppongo. Posso andare. Ma non c'è nessun altro posto che avrebbe senso tranne che qui, Evans. Che è una stronzata, lo so, perché questo posto sta cadendo a pezzi, non è vero? Ma tu sei qui, però. Tutti sono qui. E se voi non potete andarvene, allora non ha senso che io me ne vada da qualche parte senza di voi.”

Sirius appare in quel momento, salvandola dal trovare una risposta. Ha impazienza scritta sulla fronte e da un riluttante cenno di saluto a Lily. “Stiamo andando. Tu.” indica James. “Tu hai dieci secondi.” e poi se ne va.

Accanto a lei, James mormora mentre si alza. “Onestamente, è come se tu avessi mollato lui...” lei sa che lui lo intendeva come un tentativo di rallegrare l'atmosfera, ma lei sembra esseresi dimenticata come si faccia a ridere. “Meglio che vada.”

Lei annuisce. Ha finito le parole. Vuole andarsene da lì, andarsene da lei stesse, ma più di tutto lei vuole disperatamente tornare indietro. Ad un quando e un dove con James, con lei che non deve mai dire addio.

Anche lei si alza, il suo respiro come piombo nei polmoni. Prima che possa trattenersi, fa un passo in avanti e lo abbraccia. Non troppo stretto, in caso non riesca poi a trovare la forza di lasciare andare. Ci sono un milione di cose che dovrebbe dire, ma non riesce a trovarne nessuna che riesca a dire. James è perfettamente immobile all'inizio, scioccato, silenzioso. Non la spinge via, ma la sua eventuale stretta è cauta. Come se la potesse rompere.

O forse è il contrario. Forse lui ha paura che lei possa rompere lui. Ancora.

Quando lei avverte le labbra di lui sulla sommità della testa, gentili e brevi, chiude gli occhi e stringe quanto a lungo ne ha il coraggio.

Digli che lo ami, ha detto Mary, e quello impenna il filo dei suoi pensieri, attraverso tutti loro con zelo inarrestabile. Esplode dentro di lei come fuochi d'artificio; ma può solo guardarlo, nonostante tutto, ancora troppo spaventata di poter bruciare entrambi se vi cedesse.

“Sii prudente,” le dice, lasciando andare per primo. Si volta prima che lei possa vedere il suo viso.

Lily rimane radicata lì anche molto dopo che lui se n'è andato.

 

 

Vicino.

Il suo respiro caldo le sfiora le labbra, e per un secondo lei dimentica il quasi in questo quasi-reale, perché lei non l'ha mai notato prima. Il calore.

Più vicino...

Se ne va prima che le labbra di lei trovino casa di nuovo nelle sue, ma lei apre gli occhi lentamente, come gli ha chiusi un momento fa, come accade tutto il tempo. Lei non si ricorda cosa stava succedendo prima che lui fosse lì.

Non lo fa ma. Solo che lui era lì, e lei stava quasi di nuovo bene.

Stringe gli occhi alla luce. È di nuovo mattina. Un po' dopo le otto, dice l'orologio sul muro.

Ancora troppo presto considerata l'ora in cui è andata a dormire, Lily scende dal letto. È un altro Lunedì, silenzioso e pensieroso, e più tardi lei si prepara il caffè.

Nessun ospite oggi. Nemmeno delle lettere.

Gira distrattamente la sua bevanda. L'Ordine richiede una risposta in una settimana. Petunia lascia Cokeworth domani. La domanda per il tirocinio è quasi finita.

La sua vita è un macello, e lei cerca di trovare la decisione giusta che potrebbe forse ripararla. Ma è distratta, perché ogni volta che chiude gli occhi sente il fantasma delle labbra di lui tra i suoi capelli e mani arrossate attorno alla sua vita.

Dio, non gli ha nemmeno chiesto come stesse...

 

Nove in punto, lunedì.

James torna dal suo compulsivo giro in scopa attorno al campo. È dannatamente esausto, ma è così che gli piace. Dopo esserci girato e rigirato per ore la notte scorsa, ha finito per prendere la scopa ed uscire alle tre e mezza del mattino. È ridicolo.

Sirius è alla porta del capanno quando lui va lì per rimettere a posto la scopa. Si appoggia contro il muro dilapidato, la testa abbassata e le braccia incrociate. Se non è troppo presto perché sia già in piedi – cosa che è – allora lo è decisamente perché appaia così tanto cupo. James si ferma davanti a lui con uno sbuffo, la scopa appoggiata ad una spalla.

“Be', buongiorno, Raggio di Sole.”

 

 

Nove e cinque.

Lily si alza per buttare via il caffè non terminato, diventato tiepido per la profondità dei suoi pensieri e il silenzio della casa. Quasi al lavandino, il manico scivola dalle sue dita, e la tazza cade e si rompe. Il rumore le fa fare una smorfia.

Le schegge sono brutte contro la macchia di caffè che si allarga sul pavimento, e lei mormora una parolaccia quando un pezzo le taglia il dito mentre lo raccoglie.

 

Sirius deglutisce. Quando alza la testa, i suoi occhi rimangono fissi sull'insignificante terreno del boschetto. Sbatte rapidamente le palpebre, occhi grigi fermi e tetri; come se la mattina stessa l'avesse offeso.

James sente il suo cuore battere più velocemente e il respiro che si ferma ancora prima che le parole escano: “Devi andare da tuo papà, James.”

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** If I lose myself ***


Four: If I Lose Myself
“I had to find you. Have to. Always.”
 
 
Alcuni frammenti mancherebbero. Un giorno, quando si chiederà a James come sia andata questa giornata, sarà come mettere insieme un puzzle con dei pezzi che lui ha già deliberatamente buttato via.
Ma così è come se lo ricorderebbe.
 
 
La mattina della sepoltura di Charlus Potter arriva con nuvole simili ad una marea sospesa in aria; argento pallido e tutt'uno con il lutto degli abitanti della casa che lui ha lasciato indietro.
Evangeline Potter è vestita e pronta alle sei in punto, impeccabile e non vedente davanti al suo specchio elaboratamente decorato. Ogni passo per la casa è un pesante piede sopra le schegge del suo cuore, ma lei continua a camminare.
Remus e Peter sono tornati a casa dalle rispettive famiglie ieri sera.
Sirius rimane. Nella prima mattinata trova James sul pianerottolo del secondo piano a guardare il foyer. Merlino sa quant'è rimasto lì. Non parla molto.
L'ultima volta che sono stati lì, Charlus ha chiesto a James che si prendessero cura l'uno degli altri. Come se avesse saputo che non si sarebbe svegliato il giorno dopo. A volte le cose sono così strane. Ma non lo sapeva, pensa James. Non poteva, perché Charlus non li avrebbe lasciati. Non ora. È solo che in questi giorni tutto ciò che tutti dicono sembrano le ultime parole di un uomo morente. Stanno morendo tutti in questi giorni, no? Tutti se ne vanno.
Prendetevi cura di voi. Ti amo. Sii prudente.
Sirius appoggia una mano salda sulla spalla di James, ma il giovane mago non alza lo sguardo. Continua a guardare in avanti, il viso impassibile. Sirius non se ne va. Finché James non se lo toglierà di dosso, cosa che non ha ancora fatto – non ha mai fatto, fortunatamente – lui sarà lì.
 
Il cimitero è pieno di gente, molte delle quali James non è contento di vedere. Presenti sono i vecchi colleghi di suo padre al lavoro; pomposi purosangue che è sicuro siano lì soltanto per dar mostra di sé. La loro imparzialità nel recente licenziamento di Charlus dal Ministero per opinabili motivi lo irrita molto. Per richiesta di sua madre, comunque, li saluta, con cortesi strette di mano e brevi cenni di riconoscimento. Anche Sirius acconsente a ciò. Quando si avviano verso il posto loro designato in fronte alla folla, a pochi metri dalla bara di marmo bianco decorata con un abbondante mare di fiori bianchi, James si sente come se non fosse davvero lì. Come se ciò non stia succedendo davvero. I suoi piedi lo spostano verso dove dovrebbe essere, la sua bocca dice le parole che dovrebbe dire – ma non riesce a tenere traccia di tutto ciò. Non riesce a tenere traccia di se stesso. Sembra un sogno.
Se lo è, è il lampo di rosso che cattura la sua attenzione e lo sveglia – Lily è ai bordi della folla con le dita che giocherellano con una borsa nera quanto il suo vestito. James la fissa. Tutto viene processato lentamente. Si volta curioso verso i suoi amici, tutti seduti accanto a lui in prima fila – ed è Sirius, sorprendentemente, che lo guarda in risposta, imbarazzato ma comunque non rincresciuto. James non commenta. In un giorno diverso, avrebbe detto qualcosa riguardo il suo migliore amico che finalmente ricomincia a parlare con Lily, ma adesso non riesce a scegliere il giusto sentimento o le giuste parole.
Evangeline chiama Lily prima che James riesca a trovare la voce. Mentre la giovane strega cammina verso di loro, Sirius si sposta per sedere accanto a Remus per farle spazio. C'è qualcosa lì, pensa James, qualcosa che non lo fa valere, ma non riesce a decifrarlo.
Sirius fa un cenno a Lily quando lei lo sorpassa, l'abbraccia di rimando quando lei lo stringe forte. Quando lei cammina piano verso James, esita. Evangeline le fa un cenno con un sorriso amabile, perciò Lily si alza sulle punte dei piedi e avvolge le braccia attorno a lui.
“Ehi.”
E' la voce di lei che taglia troppo facilmente i muri che lui ha costruito, e questo, proprio qui, James lo sa, è il perché Sirius le ha chiesto di venire.
Non c'è nulla di significativamente diverso dall'ultima volta che si sono abbracciati a parte i vestiti eleganti e la fottuta bara lì vicino, ma questa volta James non la lascia andare. “Ciao, Evans.”
“Tutto bene?”
Suona stupido. Ma lui si sente più leggero, e più se stesso ad ogni secondo. Lui mormora ed annuisce contro la sua spalla.
Quando il brusio inizia, quando le occhiate si fanno sfacciate attorno a loro, la stretta di lui si stringe solo attorno alla sua vita.
 
La cerimonia non dura molto.
Le parole volano dalla bocca dell'anziano ometto e atterranno in una maciullata, irriconoscibile poltiglia sulle ginocchia di James. Il suo cervello continua a spegnersi e riaccendersi ad intervalli random. Le uniche cose che sembra riuscire a percepire sono la mano di sua mamma nella sua destra e il calore di Lily nella sinistra. Si aggrappa a quello, alle persone che siedono con lui in prima fila, e nega tutto il resto.
Pensava di aver conosciuto per bene il dolore quando si è allontanato da Lily quella sera. In qualche modo, ha stupidamente pensato di aver superato l'obbligatoria iniziazione a questo genere di cose. Ma apparentemente l'universo non funziona così. Tra tutti – Sirius, Remus, Peter, e lui – lui è sempre stato quello coccolato, no? Il più sicuro. Il viziato. Come poteva prepararsi a questo? Come fanno gli altri? Sirius? Remus? E Lily. Anche Peter. Tutti coloro che ha visto maltrattati attorno a lui, ancora e ancora, tutti coloro che ha provato ad aiutare, ad aggiustare, ma senza mai essere davvero in grado di familiarizzare pienamente con il dolore che affrontano.
Ognuno ha il suo turno, vero? Questo è il suo. È solo giusto.
Ma come cazzo fanno le persone?
È anche oltremodo frustrante non avere nessuno da incolpare. Hanno combattuto tutti le loro piccole battaglie ad Hogwarts, e c'è sempre qualcuno dall'altro lato delle bacchette. Ma chi è da incolpare quando qualcuno semplicemente non si sveglia? Lui solo – Charlus ha solo smesso di vivere. C'è una guerra, porca troia, e un giorno lui decide che non si sveglierà più. Non è giusto, cazzo. A chi dovrebbe James... come dovrebbe affrontare – questo, questo dolore trasformato in furia che pulsa e si agita e lo butta giù, ma rimane incastrato dentro di lui, incapace di trovare una giusta via d'uscita?
Quando Evangeline si muove per alzarsi, James è distratto dai suoi pensieri e inconsciamente la tira giù in confusa sorpresa. Ma Lily, che non è una che si perde, è veloce ad afferrarlo e prende la sua mano tra le sue. Lui deglutisce e lascia andare sua mamma.
Evangeline Potter è un'immagine di grazia ed eleganza, composta come se fosse soltanto un altro incontro del Ministero. Le sue lacrime, singhiozzi e sospiri navigano attorno alle sue parole come il forte, gentile addio che sono, e tutti sono silenziosi in comprensione e ammirazione. Il suo discorso non è lungo, ma è abbastanza. Parla per tutti coloro che hanno mai amato lo scomparso Charlus Potter. Parla per James – specialmente per James – che ha deciso di non prendere il suo posto sul podio. Rimane in modo preoccupante zitto e fermo finché tutto non è terminato.
 
Quando Charlus è abbassato nel terreno, Remus e Peter appoggiano una mano su entrambe le spalle tremanti di Sirius. James avvolge un braccio attorno a sua madre, piangente, tira il suo fragile corpo a sé e le bacia la fronte segnata dalle rughe. L'altra mano si allunga per stringere quella di Lily, che stringe di rimando rassicurante, che è lì per lui e con lui finché il cimitero è nuovamente vuoto.
Lui non lancia giù la rosa bianca, ma piuttosto la lascia scivolare debolmente dalle dita. Non piange più, ma il suo viso si contorce ogni tanto, ed ogni volta, lui succede nel puntualizzarlo con respiri che sono corti e poco profondi, dolorosi contro al petto, stretti in gola.
 
 
C'è un rinfresco preparato alla villa per i partecipanti, e James dovrebbe aiutare sua mamma a prendersi cura degli ospiti che girovagano nella radura.
Lily nota la sua riluttanza a lasciarla andare. “Tua mamma ha bisogno di te,” gli ricorda, e lui annuisce. Guarda indietro verso di lei una volta mentre si avvia verso il suo compito. Lily riesce a produrre un piccolo sorriso. Osserva Sirius aiutare James ed Evangeline ad accompagnare tutti verso le Passaporte designate e i luoghi per smaterializzarsi. Remus e Peter si sono scusati poco tempo fa, offrendosi volontari per tornare prima alla villa e controllare che tutto sia in ordine.
Da sola in un angolo allora, un osservatrice straniera in una folla di purosangue che chiacchierano comodamente, discutendo di cose come il Ministero e le loro famiglie interconnesse – avrebbe dovuto sapere che è il momento perfetto perché Demetria Greengrass appaia.
Lily inizia ad andarsene non appena la vede, schifata, ma Demetria la raggiunge e le afferra il braccio finché non si volta. “Non scappare da me, Evans.”
Lily scuote il braccio per liberarsi. “Sto facendo la persona gentile, Demetria. Se non mi stai lontana, io-”
“Cosa, mi farai una fattura? Davanti a tutti? Voglio vederti provarci. Amerei vedere che tutti sappiano quanto rabbiosi voi sporchi mezzosangue possiate essere.”
“Non c'è niente al mondo che io voglio o ho bisogno di sentire da te.”
“Voglio sapere che ci fai qui. La faccia tosta – illudi il povero James?”
“Ma quale,” sibila furiosa Lily “E' il punto di tutto ciò? Ti piace? È tutto tuo. Ho finito con te.”
“Hai distrutto la mia famiglia, ecco cosa, e non lascerò che nessuno di voi se la scampi con il minimo boccone di felicità! Come osi essere qui?”
Io ho distrutto la tua famiglia? Scusami?”
“Le persone come te!”
“Ma quanto sei folle? Voi uccidete le 'persone come me'.”
“Non ci sono prove di quello.” dice Demetria, ma Lily ne è così dannatamente stanca “Il processo-”
“Non mi interessa,” ringhia Lily. “Né di quel killer di tuo padre, certamente non di te. Sparisci dalla mia vita.” fa per andarsene di nuovo, ma Demetria la riprende di nuovo per il braccio.
“Tu pensi di essere tutta importante e potente, Evans, ma la verità è che sei altrettanto egoista e senza cuore quanto dipingi noi altri.” le unghie di Demetria s'infilano nella pelle di Lily in una morsa di ferro che è ancora più stretta ora, se possibile, ma è la selvaggia, solida convinzione di sé negli occhi della Serpeverde che turba Lily. “Guardati. Tutta vestita bene. A mostrarti qui come se non gli avessi spezzato il cuore.”
“Taci,” suo malgrado, il senso di colpa di Lily riaffiora “Non osare.”
“Oh, non ti sto accusando, scema. Te lo sto ricordando.”
“Lasciami andare, Greengrass, o non mi importerà per niente che tutti ti vedano perdere la tua dannata faccia con l'incantesimo di una sporca mezzosangue.”
“Ti aspetti un tour della tua futura villa, vero?” E' come se non abbia nemmeno sentito. “Perché lo sai, che non importa quanto tu possa schiacciare il cuore di quel povero ragazzo con le tue sudice dita, lui tornerebbe correndo da te.”
“Continuo a non vedere il punto. Se non fosse così patetico, sarebbe quasi divertente quanto ti importi.”
“C'è qualche problema qui?” qualcuno s'intromette prima che Demetria possa rispondere. Sirius si ferma davanti a loro e incrocia le braccia. “Tua madre ti vuole, Greengrass.”
Demetria gli lancia un'occhiataccia, ma va da sua madre, muovendo i fianchi, il naso per aria. Sua madre, scopre Lily, è un'alta donna con lo stesso spietato, bellissimo volto. Una volta riunite, le due donne stanno insieme con espressioni poco contente in viso.
“Grazie,” borbotta Lily.
“No problem,” dice Sirius.
“Voglio dire, anche per – lo sai. Essermelo venuto a dire. Avermi chiesto di essere qua. Lo apprezzo davvero.”
Lui annuisce e poi si schiarisce la gola. “Sono quasi tutti assegnati e pronti ad andare adesso. C'è posto per una persona in più nel mio gruppo...”
Lily sposta lo sguardo. “Scusa, Sirius.”
Non l'ha pianificato. Non ci ha pensato – al dopo – ad essere sinceri, ed è così stupido che non l'abbia fatto. Ma non può andare. Si sente come se abbia involontariamente usato questo in qualche modo (egoista, senza cuore, cattiva come il resto degli altri...), come se abbia saltato troppo in fretta e facilmente all'occasione di essere di nuovo così con James. E non ha senso, perché ovvio che sarebbe stata qui, con loro insieme o meno; sono ancora amici, giusto? Più o meno? Ma – ma gli ha spezzato il cuore, giusto, e per una ragione? Ignorare quella ragione renderebbe inutile tutto il loro dolore, no? Ecco perché Demetria glielo ha ricordato.
La faccia tosta, davvero.
La cerimonia è finita. È tempo di andare a casa.
Sirius non sembra arrabbiarsi. Deve aver riconosciuto la sua espressione. O aver sentito il tono della sua voce. A volte Lily non può essere influenzata quando ha deciso già qualcosa. Sirius ora lo sa. Deve capirlo da sola, se una cosa sia giusta o meno. Non ha senso picchiettare sulle sue convinzioni.
“Okay,” le dice. “Dirò loro che dovevi andare.”
 
James sussulta quando sente l'inconfondibile schiocco della smaterializzazione. Arrivava da un piccolo boschetto poco lontano. Le punte degli alberi tremano, e un gruppetto di uccelli vola via in fretta. Non si sofferma su di loro; controlla immediatamente il luogo in cui ha lasciato Lily.
Non c'è nessuno lì.
Lily non è da nessuna parte.
Non sa cosa provare. C'è già così tanto in lui; il veloce cambiare delle sue emozioni da cattiva a peggiore si è attenuato in questo orribile, consistente ronzio.
Sirius sta camminando verso di lui da dov'era Lily, ma James sa già cosa sta per dire.
Prima che Sirius lo raggiunga, James si smaterializza a casa.
 
 
Il pomeriggio passa senza eventi.
La villa è riempita da abbastanza chiacchiere per farla respirare di nuovo. Gli elfi, almeno, sono più che contenti di dissipare la loro tristezza per un po' in dedicato servizio degli ospiti della loro padrona.
James ad un certo punto sparisce, mormorando a Remus, “Ho bisogno di aria,” e non ritorna. Un elfo domestico va da Sirius e gli dice che hanno trovato James nello studio di suo padre. Sirius alza lo sguardo a questa informazione, nella direzione della stanza riempita di libri attraverso soffitti e corridoi – ma sceglie di rimanere ed aiutare Evangeline.
Alle tre e mezza, tutti decisamente esausti, Sirius, Remus e Peter accompagnano fuori l'ultimo ospite attraverso il camino. Con sguardi stanchi e spalle curve, guardano le fiamme verdi danzare l'ultimo ballo nel focolare.
 
 
Sirius collassa su uno dei divani e fissa con stanchezza il soffitto.
“Ho bisogno di un drink,” sospira, pizzicandosi il naso e chiudendo gli occhi “Dov'è James?”
“Ancora rinchiuso,” risponde Remus.
Sirius si alza. “Merlino, non può solamente -”
“Credo che dovremmo lasciargli spazio ora,” consiglia Remus, anche se non in modo scortese, appoggiando una mano sulla spalla di Sirius per spingerlo gentilmente di nuovo al suo posto.
L'altro lo fissa a lungo, e poi si lascia sedere. Si massaggia la fronte, la mano che copre gli occhi. “Giusto,” mormora, la voce spessa. “Va bene.”
 
 
A sera finalmente piove, tutte quelle tristi nuvole di oggi che cedono. Il suono tranquillizza il silenzio aspro che si ferma sulla casa dopo che i visitatori se ne sono andati. La cena finisce senza James, e i tristi occhi di Evangeline occupano i posti vuoti attorno al tavolo.
“Grazie,” dice ai ragazzi che si sono invece uniti a lei, i suoi figli da un legame differente. Sirius, Remus e Peter condividono lo stesso sorriso in risposta. “James è ancora nello studio?”
“C'era l'ultima volta che abbiamo controllato,” risponde Peter, guardando Sirius per assenso. Sia lui che Remus annuiscono.
“Non è lì,” esclama una voce sottile. Zirk l'elfo domestico, che è accanto al tavolo, fa un passo avanti, le dita nervose e gli occhi grandi pieni di preoccupazione. “Scusate, no, Zirk voleva dire – Padron James, lui – il padrone se n'è andato – Padron James manca da ore...”
“Ma dov'è andato?” domanda Evangeline. I tre ragazzi si siedono più dritti, subito in allerta. “L'ha detto?”
“Ehm – ha detto – ha detto che doveva uscire per un attimo. Sembrava davvero distrutto...pensavamo lo sapeste! Pensavamo che fosse – aveva la bacchetta, e lui... ci dispiace tanto, Padrona!”
“Oh, Merlino, quel ragazzo...”
“Ci scusi,” dice Remus sopra il suono della sedia che gratta contro il pavimento. Sirius è già in piedi. Peter sospira, ma segue.
“Lo andiamo a cercare,” dice Sirius, andando da Evangeline per abbracciarla con un braccio prima che se ne vadano. “Tu riposati, okay?”
 
 
Lily è da sola a Cokeworth, che cerca di affogare i suoi pensieri in bevande calde e il suono della pioggia e le pagine di un libro che Remus le ha regalato a Natale. È quasi a metà, quasi finalmente perduta in esso, quando il telefono squilla.
“Lily?” domanda Mary dall'altro lato prima che lei riesca a dire pronto.
“Me ne devi una, Macdonald,” risponde Lily, facendo un orecchio alla pagina e mettendo giù il libro. “Mi hai fatta andare da sola oggi.”
“Mi dispiace davvero tanto, tanto, tanto, tanto,” risponde veloce l'altra “Non hai lasciato che i purosangue ti mangiassero, vero?”
“Ti sto parlando dai loro stomaci.”
“Oh, santo cielo.”
Lily rotea gli occhi, ma Mary è riuscita a farla ridere. “Nah, va tutto bene. Be', no. Dio, non lo è stato. Ma...” s'interrompe con un sospiro.
Il tono di Mary si addolcisce: “Come sta James? Sirius?”
“Terribilmente come te li aspetteresti. Mary, dimmelo onestamente, pensi che non avrei dovuto andarci?”
Lily può sentire gli occhi stretti di Mary anche attraverso la staticità. “Te l'ha detto qualcuno?”
“No,” dice Lily, un po' troppo sulla difensiva.
“Li affatturerò fino all'oblio! Senti, lui aveva bisogno di te oggi, okay? È solo giusto che tu sia andata, lo prometto. Avrei detto qualcosa se avessi dato buca.”
“D'accordo.”
“Ma, ehm, ehi. Allora, comunque, non – non è quello il motivo per cui ti ho chiamata, però.”
“Ah sì?”
“No, aspetta, certo che volevo anche sapere come stavi! Lo voglio. Ma – ho qualcosa di importante da dirti.”
“Okay.”
“Possiamo incontrarci domani? Da Chuckskate?”
Lily si corruccia. “Non puoi dirmelo ora? Mi servirebbe la distrazione.”
Mary ride nervosamente. “No, scusa. Brunch, d'accordo? Verso le dieci?”
“Okay. Ma stai bene? Sei un po' strana.”
“Sto bene. È – aspetta. Mia mamma – cosa c'è? Sto parlando con Lily!”
 
 
Remus fa un altro giro completo del parco, stringendo gli occhi tra la pioggia e accertandosi di non essersi perso nulla.
La presa sulla sua bacchetta si stringe quando uno schiocco spezza la notte – la pioggia è forte e il suono vi è affogato con facilità, ma è qualcuno che si materializza, ne è sicuro – solo quando si sforza di vedere, è Sirius. Lui sospira di sollievo e cammina verso di lui.
“L'hai trovato?” chiede Sirius sopra il temporale.
Remus scuote la testa. “Mi dispiace. E Peter?”
“Eravamo a Cokeworth. È andato a controllare da Mary.”
“James non è a Cokeworth quindi?”
“No. Peter ha controllato – come Wormy,” aggiunge Sirius, in risposta alla muta domanda dell'amico “Lei era da sola.” Estrae qualcosa dalla tasca dei pantaloni, spostandosi senza tante cerimonie una ciocca di capelli bagnati dall'occhio. “Dannazione – Prongs.” Lo specchio è fradicio in pochi secondi, e Remus osserva Sirius mormorare Prongs ancora e ancora come se fosse una parolaccia. Aspetta. Il vetro rimane vuoto, e Sirius impreca per davvero. “Lo ucciderò...”
“Sta bene,” lo assicura Remus. E se stesso. “Vuole solo star da solo.”
“Poteva dirmelo, cazzo.”
“Sta bene, Sirius,” ripete l'altro. “Comparirà. Dai, andiamo a controllare Hogsmead. Mi sto congelando.”
 
“Aspetta. Mia mamma -” Mary copre la cornetta con la mano libera “Cosa c'è? Sto parlando con Lily!”
“C'è un tuo amico di scuola,” le risponde sua mamma “L'ho fatto entrare-”
Mamma!” Mary si alza in un attimo, il letto che scricchiola sotto di lei “Lily, puoi aspettare un secondo?”
“Sì, certo,” dice Lily.
Mary mette giù il telefono e apre di scatto il cassetto della scrivania per prendere la bacchetta. Corre sul pianerottolo del secondo piano. “Sei matta?” ammonisce sua mamma, che la fissa dal piccolo salotto al piano inferiore “Non far entrare le persone così! Dov'è Tim?”
“In bagno,” la signora Macdonald fa una smorfia “E non fare così, tesoro; puoi sentirti, sai.”
“Chi è?”
“Peter, penso?”
“Minus? Peter, sei tu?” Mary si sporge di più dalla ringhiera e allunga il collo per vedere. La mano che stringe la bacchetta è tesa dietro la sua schiena.
Peter infine entra nel suo campo visivo, strofinandosi i capelli bagnati con un asciugamano che la mamma di Mary gli ha fornito. “Ciao, Mary. La pioggia è tremenda. Non mi ricordo l'incantesimo per asciugarsi.”
“Oh, buon Godric – sali!” Mary si affloscia visibilmente per il sollievo. “Sono al telefono con qualcuno – e mamma, non puoi lasciar entrare le persone così, d'accordo? Non in questi giorni!”
Sua madre l’asseconda con un cenno del capo, girandosi già per chiudere la porta. “Come dici tu, tesoro.”
La signora Macdonald ritorna in bagno e finisce di preparare il piccolo Tim Macdonald, di quattro anni, per la nanna, di cui si stava occupando prima del trambusto. Peter mormora un grazie e non ci mette molto ad entrare nella camera di Mary al piano di sopra. Si guarda intorno, curioso, aspettando sulla porta. Mary, intanto, è tornata al telefono. “Pronto? Ci sei ancora? Peter è qui per qualche motivo.”
“Non ci metterò molto,” esclama lui, ricordandosi cosa deve fare. Lily non risponde a Mary – infatti, l’altro capo è completamente silenzioso tranne che per la staticità. “James è sparito,” dichiara Peter, ignaro, e Mary è sufficientemente distratta. “E’ passato da qui? Hai qualche idea di dove possa essere?”
Mary corruga la fronte. “Che vuoi dire che è sparito?”
“E’ scomparso dopo il funerale. La sua mamma è preoccupata.”
“Dannazione. Cosa pensa? Ci sono stati nove attacchi solo la settimana scorsa!”
“Sirius ha già giurato di ucciderlo quando lo trova almeno un centinaio di volte.”
“Merlino. Io non – non è venuto qua, mi dispiace! Avete provato -?”
“Mary.” La ragazza sussulta quando la voce resa stridula dal telefono di Lily dall’altro capo li interrompe. Suona agitata. “Mary, scusa, devo andare.”
Mary alza una mano per zittire Peter, che stava per dire qualcosa. Riporta l’attenzione su Lily. “Stai bene?”
“E’ arrivato qualcuno,” risponde lei “Devo andare, scusa. È importante. Ci vediamo domani, okay? Da Chuckstate. Alle dieci.”
“Sì, okay. Sei sicura che vada tutto bene? Chi è?”
“Io – sì. È… sto bene. È tutto okay.” Lei sembra tutto tranne quello. “Ti racconto tutto domani.”
“D’accordo, ma chi –”
“Solo un vecchio amico. Scusa. Sono al sicuro, te lo prometto. Domani! Ti voglio bene, ciao.”
“Lily, aspetta – ” Ma la linea è morta.
Mary alza lo sguardo verso Peter, che la fissa perplesso. Lei è pensierosa; le labbra sono una linea sottile.
“Lily?” domanda Peter, facendo un cenno col mento verso il telefono. “La nostra Lily?”
Lei annuisce assente: “Che stavi dicendo?”
“James è sparito.”
Mary guarda con occhi disattenti il telefono che ritorna al suo posto. “Smettetela di cercare,” dice “Sono quasi certa che sia da Lily.”
 
 
“Lily? Puoi aspettare un secondo?”
“Sì, certo.”
C’è un rumore che Lily immagina essere un cassetto che viene aperto e richiuso, poi dei passi, e poi Mary che urla delle cose a sua madre, ma le sue parole sono attutite dalla distanza dal telefono. Lily ha la bacchetta fuori in caso Mary abbia bisogno che lei si materializzi, e la gira tra le dita intanto che aspetta.
Ma, come se fosse da segnale, c’è un bussare alla sua porta. Prima pensa di esserselo immaginato. La pioggia continua a cadere, e lei allunga le orecchie per un altro segno – e per accertarsi che Mary stia bene – ma non c’è niente da nessuna parte per un momento.
Poi – ecco. Tre bussi. Ancora.
Si alza in piedi e cerca di individuare delle figure fuori dalla finestra dal suo posto al bancone, ma non riesce a distinguere nulla. Mary non sembra essere nei guai – sta ancora discutendo con sua mamma, sembra – quindi Lily mette giù il telefono e va alla porta, la bacchetta stretta.
Si prepara per ogni tipo di cosa – ci sono stati nove attacchi la settimana scorsa, dopotutto, in quartieri di nati Babbani – ma ciò che vede fuori quando sbircia dalla finestra del salotto fa crollare velocemente il suo cuore.
Corre a disfare i lucchetti magici e apre la porta ad uno zuppo, tremante James Potter, le spalle arcuate, il respiro pesante.
Si fissano sopresi per tre secondi buoni.
“Ciao,” dice lui, la voce roca. Le mani sono strette a pugni ai fianchi. È completamente fradicio.
Lily mette via la bacchetta. “James, cosa –”
“Non lo so,” gracchia, il viso quasi contorto in una smorfia addolorata “Non so perché sono qui, non lo so, mi dispiace…”
Lei fa un passo avanti e lo tira giù a sé in fretta. Deglutisce e fissa la strada mentre lo stringe; bagnato e freddo e così tremante tra le sue braccia. Lo zittisce dolcemente quando inizia a mugolare scuse isteriche ancora e ancora contro la sua spalla
 
 
“Sei sicura che sia lì?” domanda Sirius, passandosi una mano tra i capelli. Sono tutti sulla soglia di Mary nella fioca luce arancione del porticato, perché si sono trovati lì non appena Peter ha diffuso l’informazione. “Solo un vecchio amico potrebbe voler dire chiunque. Cazzo, poteva dire anche Piton per quanto ne sappiamo.”
Mary lo fissa con sgomento: “Pensi davvero che farebbe entrare Severus, in questi giorni? Lily non è stupida.”
Sirius la fissa in ritorno, ma alla fine cede. “D’accordo allora. Torniamo indietro.”
“Okay,” dice Peter, infilandosi la giacca “Posso entrare e vedere velocemente…”
“Intendevo alla villa.”
“Non vuoi controllare?” domanda Remus curioso.
In risposta, Sirius chiede a Mary: “Sei sicura che sia lì?”
Mary incontra risoluta i suoi occhi. “Lo sono.”
Sirius annuisce. E poi, agli altri due, “Andiamo. Lui sta bene. Vorrebbe che rimanessimo comunque alla villa. Qualcun altro ha bisogno di noi… grazie, Mary.”
“Di nulla.”
Stanno scendendo dalle scalette quando Mary li richiama. Non dice nulla subito quando loro si girano, e poi, in una voce che sta ovviamente tentando di rimanere ferma: “Qualcuno di voi ha già spedito la propria risposta? Lo so che abbiamo avuto più tempo per rispondere, per il papà di James e tutto, ma… questo non cambia nulla?”
I ragazzi si guardano. È Remus a rispondere. “Diremo comunque sì. Tutti noi.”
Mary appare un po’ stressata da ciò. “Ovviamente,” dice. E poi sorride. È abbastanza convincente. Con sorpresa dei tre, li raggiunge e li abbraccia uno ad uno – Sirius per ultimo e più a lungo. “Mi dispiace davvero per il signor Potter,” mormora contro la sua maglietta fredda. “State attenti mentre tornate a casa.”
 
 
Asciutto e relativamente caldo, James siede nel salotto degli Evans, con un aspetto stanco e disorientato. Si muove appena quando Lily ritorna dalla cucina con due tazze di tè. Le appoggia sul basso tavolino. Quando gli si siede accanto, lui inizia a giocherellare con le proprie dita. Osserva il fumo mulinare dalle tazze e scomparire in vaghi ciuffi; Lily guarda lui furtiva.
“Evans, io – mi dispiace molto.”
Lily gli prende la mano. “Va tutto bene. Ma gli altri lo sanno che sei qua? Potrebbero essere preoccupati. Tua mamma…”
James deglutisce. Il suo viso si contrae ancora, ma lui fa un respiro profondo e riesce a ricomporsi. Apre la bocca per dare una spiegazione, ma non esce fuori nulla. Ci prova due volte.
Lily preme sulla sua mano e si fa più vicina. “Va tutto bene,” sussurra “Starai bene.”
Gli occhi di lui cadono sulle loro dita intrecciate, e per un secondo la sua mano si blocca, ma poi si rilassa di nuovo attorno a quella di lei. “So che non dovrei essere qui. Io non – non più. Lo so. Mi dispiace.”
Lei si appoggia a lui e mormora – ancora, perché anche lei continua a dimenticare, se dev’essere onesta. “E’ tutto okay. Te lo prometto.”
Sono silenziosi. James non tocca il suo tè. Lily nemmeno.
Quando il fumo che loro osservano finisce, Lily dice: “Ho qualcosa di più forte, se vuoi.”
“Cosa?”
“Del tè, intendo.”
“Sì, grazie.”
 
 
Evangeline è in piedi che li aspetta quando gli altri Malandrini ritornano alla villa.
Lei li incontra alla porta, lo scialle ad un sussurro dal caderle dalle spalle. Non piange più, ma è solo ora, per qualche ragione, che Sirius la vede per bene, e scopre che non può sopportare di vedere gli strati di tristezza sul suo viso. All’improvviso capisce il bisogno di James di scomparire. Se lui, Sirius, non può nemmeno guardarla, quanto dev’essere frustrato suo figlio?
“Dov’è?” chiede Evangeline, rivolgendosi ad ognuno. “L’avete trovato?”
“Sta bene, è al sicuro,” risponde Sirius, abbracciandola. Cerca di giustificarlo come un atto di conforto, e non perché così non dovrà guardarla più.
Anche Remus e Peter la rassicurano, annuendo dietro Sirius. “L’abbiamo trovato,” dice Peter. Conducono Evangeline dentro casa.
“Starà bene,” esclama Remus.
“Ma dov’è?”
“Tornerà presto,” risponde Sirius.
Rimangono tutti per la notte.
 
 
Una bottiglia intera. Una e mezza. Ancora contano, sperando di contare per sempre.
Lily dimentica il numero dopo l’undicesimo bicchiere. Dio, non stanno nemmeno usando i bicchieri giusti. Ce n’è uno per ogni tipo di alcol, vero? Non è lei la Purosangue. Non lo potrebbe sapere. Ma è qualcosa che un Purosangue saprebbe? Non è nemmeno certa di per quanto tempo l’alcol è rimasto conservato in cucina. L’ha visto quand’è tornata da Hogwarts, ma non l’ha mai toccato nonostante le molte notti che sembravano meritarsi un bicchiere o due.
Oh, cielo – Petunia impazzirà. E se fosse di loro padre? Lily l’ha appena dato via. Ad un mago. E si sta ubriacando con lui sul divano…
Petunia. Lily non l’ha mai seguita. È probabile che non siano nemmeno più a Cokeworth. Deve andarli a trovare presto. Dire addio. Avere un’ultima litigata. Solo vederla. Prima che Lily si unisca ufficialmente all’Ordine, cosa che farà. Ovvio che lo farà.
“Sì, anche io,” dice James, cogliendola di sorpresa. A quanto pare sta dicendo cose ad alta voce. Divertente. “Lo sai,” continua lui, aggrottando le sopracciglia, “Sono così… arrabbiato. Non so perché. Voglio dire – lo so. Lo so il perché. Ma è ingiusto.”
“Arrabbiato con me?”
“No… no, sì. Sì.” Ride e si appoggia al divano. Chiude gli occhi, si passa le mani sulle guance. Sono arrossate. Lily non può smettere di fissare. “Non lo so. Sono così arrabbiato.”
“Sei arrabbiato ora?”
Lui apre le mani – sono ancora sul suo viso – e la osserva attraverso le dita. Lei lo fissa di rimando. “Non penso di esserlo,” dice.
La notte passa lentamente. La pioggia non smette.
 
 
Remus esita troppo a lungo. Sette minuti. Sta in piedi sull’uscio aperto per tutto quel tempo, solo a deliberare, e quando decide di parlare Sirius si è ormai già stancato di aspettare.
“Non mordo, sai,” esclama Sirius, la schiena voltata verso l’amico. Non si è mosso, ma probabilmente ha udito Remus arrivare. È di nuovo sul davanzale. La sua silhouette è ancora più scura della notte fonda brillante di pioggia.
“Già, quello sono io,” dice Remus, entrando e salendo sull’altro lato della larga finestra. È stato un sacco di volte nella camera di James, ma non gli era mai apparsa così grande e vuota fino ad ora “Io mordo.”
Sirius ride. Offre la bottiglia di whiskey incendiario che sta coccolando, ma Remus scuote la testa. “Solo in caso ti scordassi da quale lato è la stanza di James.”
Lo fa ridere ancora. “Peter dorme?”
“Come un bambino.”
“Vorrei riuscirci.”
“Puoi provare.”
“Fatto.”
“Scusa.”
Sirius prende un sorso. La bottiglia è quasi vuota. “Hey, mi dispiace essermi arrabbiato oggi.”
“Non fa niente.”
“Moony.”
“Sì?”
“Perché sei qua?”
Remus si stringe nelle spalle. “Non lo so. Non riuscivo a dormire. Peter è esausto, quindi russa come un drago sofferente.” Si ferma, si appoggia alla finestra. “Ho pensato di lasciartelo a te. L’avrei anche fatto se tu non mi avessi battuto.”
“Ho notato,” Sirius guarda alla vasta estensione della tenuta dei Potter sotto di loro, ma non c’è altro che scure ombre di nero là fuori. “Pensi che James stia bene?”
Ci vuole un po’ perché Remus risponda. “Penso che lo starete tutti.”
 
 
“James.”
Niente. È mezzo sdraiato sul divano, la mano sul viso, gli occhiali storti.
“Ti sei addormentato?”
Magari sta dormendo. Muoversi sta diventando difficile. Lily si sforza di alzarsi, ma riesce solo a sollevare la schiena dal bracciolo del divano – e finisce per cadere sul fianco di James. Pensa di avvertirlo muoversi. “James,” borbotta, dandogli una gomitata, “Non puoi dormire qua. Portiamoti in un letto, okay? Puoi stare nella camera degli ospiti, è su questo piano…” anche lei sta spaparanzandosi giù, addossandosi del tutto a lui. “Dai. Pochi passi. Poi dormiamo.”
“Okay,” risponde finalmente lui.
“Stavi dormendo?” non sembrava che lo fosse.
“No.” Si aggiusta gli occhiali. Quando le guarda i capelli, scompigliati e più rossi che mai sulla sua spalla, il suo sbuffo viene fuori come una risatina.
Scendono dal divano e devono sostenersi ai tavoli e ai muri e all’altro nella strada verso la stanza degli ospiti.
“Eccoci,” dice Lily, mentre entrambi si fermano sull’uscio e si appoggiano ai lati opposti. Il loro corto viaggio dal divano a qui in qualche modo l’ha resa un po’ sobria; ha scosso l’indolenza che l’alcol le ha messo nelle ossa. Si sente all’improvviso timida alla vista dell’angusta camera. “E’ piccola, mi dispiace, ma c’è un letto e – solo poche ore fino al mattino in ogni modo… non che tu non possa dormire di più. Puoi. Io probabilmente lo farei. Io, ehm – sei sicuro che vuoi rimanere per la notte, però? Non ti lascio smaterializzarti da solo, ma posso chiamare Sirius… aspetta, ma almeno ce l’hai un dannato telefono?”
Lei alza lo sguardo perché James non sta rispondendo – e subito desidera di aver continuato a parlare. Lui la sta guardando… così, come così tante notti sotto stelle di venerdì quando ancora lui era suo, come forse lei gli manca tanto quanto lui manca a lei. E lei scosterebbe lo sguardo, avrebbe il buon senso di farlo se fosse un po’ meno inebriata.
“Questa è una cattiva idea, vero?” gli chiede. La sua voce è calata in un sussurro, come se alle parole stesse non piacesse essere dette.
“Forse.”
“Non dovremmo essere…” Qui. Insieme. Così vicini.
“Io non dovrei essere qui.” In qualche modo lui suona come se lui stesso non ci credesse.
“No.”
“Già.”
“James –”
“Dovrei andarmene, giusto?”
Lei non risponde.
“Evans…”
Lei si morde il labbro. Pensa che avrebbe dovuto portarsi una delle bottiglie con sé, giusto per qualcosa da fare mentre fissa.
Forse è un sogno. Forse si sono addormentati sul divano.
Alza una mano per toccarlo, solo per esserne certa, ma rimane sospesa sopra la guancia di lui, che continua solo a guardarla.
Sogno. Questo è un sogno.
La sua mano crea un contatto.
Lui è ardente. Tremante. Lei muove il pollice sopra il suo zigomo, e poi va giù; fa scorrere la mano lungo il suo braccio, lentamente, seguendola con gli occhi, le dita che lo sfiorano appena. La pelle di lui si riempie di pelle d’oca, e lui è così fermo e il cuore di lei sta battendo così in fretta che lei si chiede se riuscirà a baciarlo prima di prendere fuoco. Ha paura di guardarlo ancora negli occhi, ha paura di ciò che potrebbe trovarvi ora che è sicura di non stare sognando. Quindi si accontenta del petto coperto dalla maglietta. Caldo sotto la punta delle sue dita. Fissa ma non vede. Lascia che la sua mano raggiunga il polso di lui nella sua lenta conquista; lascia che rincorra il suo battito scatenato.
Non guardare. Solo sentire.
“Lily,” lui sussurra, ed è una supplica ed una domanda ed un’accusa tutte avviluppate in una, veleno e vino sulle labbra di lui “Io ancora…”
“Anche io,” conclude lei per lui. Vuole sentirlo tanto quanto non voglia. Si fa avanti, la fronte che si scontra con il suo petto, volendo nascondersi. Apre il palmo contro il suo, le punte delle dita di millimetri più corte delle sue, battito contro battito ma senza intrecciare le dita. Sciocco. Come se quello potesse rimediare per essere andati troppo in là in così tante cose oggi. Lei non lo merita. “Anche io, James.” Anche io, così tanto. Lui è caldo, ha lo stesso odore; ancora così, così tanto James sotto di lei che fa male.
Lui non si muove. Il suo petto si alza con respiri pesanti che sono uguali a quelli di lei. “Ma – ancora non possiamo essere, vero?”
Ora lei sta piangendo. “Mi dispiace. Sono qui. Sono qui ora.”
“Non posso perderti ancora, Evans. Non puoi essere mia stanotte ed andartene alla mattina.”
Lei si fa più vicina. Ora dovrebbe lasciarlo andare. Lui ha ragione. La sua mente non si è decisa, nonostante tutto, ed è così ingiusto che non lo sia, ma lei glielo deve di essere completamente onesta. Non può illudere. E lo ama – lo fa, ne è così certa che sta per esplodere – ma tutto è così un cazzo di disastro ora, e – e lei non può essere incerta dello stare insieme e rischiare di ferirlo ancora così –
Lei apre la bocca per parlare, frasi spezzate che si uniscono all’ultimo minuto sulla sua lingua, ma lasciano vetri rotti incastrati in molti angoli del suo cuore.
James la batte. “Io non ti manco.” dice.
Lily si fa indietro quanto basta per guardarlo. “Cosa?”
“Dimmelo,” insiste lui. Chiude le mani in pugni, scostandole le sue. “Che io non ti manco.”
Lei non può.
“Dimmi che non mi vuoi. Che vuoi che me ne vada. Che non hai bisogno di me. Non dovrei essere qui.”
Lei non può. “James…”
“Ne ho bisogno, Evans. Dimmelo di nuovo. Ho bisogno di sentirlo di nuovo.”
“Perché?”
“Perché quando oggi mi hai lasciato ho sentito come se anche io avessi lasciato me.” È così vicino ora. C’è solo un tot di distanza in un dannato uscio. “Perché ho dovuto trovarti così tanto. Devo. Sempre.” Le sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e lascia lì la sua mano, quasi quasi lì, ma senza toccare. Lei chiude gli occhi, e il calore familiare è tutto ciò che c’è per sapere che lui è così vicino. “Dimmelo ancora perché continuo a dimenticare le tue ragioni per andartene. Riesco solo sempre a capire perché dovrei tornare indietro.”
Lei non può.
Respirare è diventato difficile. Anche per lui, lei nota. Forse ecco perché, quando lei apre gli occhi infine e con loro gli dice cosa non riesce a fare, lui scuote la testa e lascia cadere la mano. Fa tutti i passi indietro. Ecco perché; perché non può più respirare, perché il suo cuore sta prendendo troppo spazio nella sua cassa toracica. Lei lo sa perché lo sente anche lei. Lui annaspa in un respiro tremante e inizi a voltarsi – via – e – e tutto attorno e dentro Lily sta girando e girando e lei pensa che lui dica qualcosa come “Non posso,” ma lei non può esserne certa perché non lo lascia finire –
Lo afferra per un braccio e lo tira indietro verso di sé, non spreca altro tempo. Sembra essere anche il punto di scatto di lui; quell’impulso che dura un battito. Le persone perdono la testa in guerra, no? Alcune? Be’, eccoli qui. James Potter e Lily Evans, perse ed imperfette anime a diciott’anni.
Non importa niente stasera.
Niente.
Solo le labbra di lui, sulle quali lei piomba per reclamarle, che lui cede di ricambio, forte e disperato e furioso. La bacia come se questa sia la loro guerra, proprio qua, come se sia il culmine di tutto – lei che perde la battaglia dello stare separati e lui che vince la sua dello stare insieme. Lui è suo, tutto suo stanotte, tutto. Mani e fianchi ed ogni calloso segnato dito che massaggia e affonda contro la sua vita, in sincronia con la sua bocca, in sincronia con tutto il suo fottuto corpo. Tutto di lui. Lui sta tremando. Anche lei. Lei fa scorrere i palmi lungo tutto quello che le sue mani riescono a raggiungere, non c’è più quella lenta cauta attesa ora – le sue spalle, le sue braccia, il suo petto che si alza quando si toglie la maglietta, frenetico; e lei non si ferma nemmeno quando colpisce la porta, quando lui inizia a tirare l’orlo della sua maglia, quando inizia a spingerla verso il letto. Entrambi sbattono contro tutto ciò che è in mezzo alla loro strada. Non si fermano quando lei cade sul letto, quando lui segue sopra di lei.
Non importa niente.
Solo labbra su battiti affrettati. Percorsi di dita sui fianchi di lui. Pressione sulle anche di lei. Morsi sulle spalle, sulle clavicole, su gemiti e nomi dell’altro. Questo è reale – attraverso il calore pizzicante che corre troppo velocemente verso l’inevitabile implosione, questo è ciò che lei si rammenta ancora e ancora. Che questo è reale. Questo è James. Che respira con lei, si muove con lei. Questo è svegliarsi e rimanere a ciò che dovrebbe essere, non il contrario.
Questo è reale. Questo – il mondo che si disintegra così, lei che crolla così.
Questo. Lui. Lei.
Nient’altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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