Supermassive Black Hole

di Ladynotorius
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Incontro ***
Capitolo 2: *** 2. Scontro ***
Capitolo 3: *** 3. Accidenti a lei! ***
Capitolo 4: *** 4. Non farei mai una cosa del genere ***



Capitolo 1
*** 1. Incontro ***


  Dedicata alla mia Patata che è triste.
Su col morale che se non ci sei tu...
Quà moriamo.

Supermassive Black Hole

 

We have no sympathy for the lost souls
We've chosen the path of disgrace
We give this life to our children
And teach them to hate this place!

Apocalyptica feat Lauri Ylonen -  Life Burns

 

 

Ora che ci pensava, era stata proprio una pessima idea.
Cioè... lo sarebbe stata se fosse stata intenzionale.

Cosa che non era.

 Si... uscire di sera a Berlino, senza macchina, senza portafoglio e senza Bodyguard è stata una cazzata non c’è dubbio. 

Aveva con se 5 euro, monete sparse nelle venticinque tasche che c’erano in quei stramaledettissimi pantaloni rubati al fratello, le chiavi della sua Cadillac senza macchina nei paraggi quindi inutili, e un paio di occhiali da sole.
Tutta roba utilissima in quel frangente.

 Vagava senza meta, perché ovviamente si era perso e non sapeva esattamente cosa fare e come farla.

 Aveva litigato con il fratello fino a quando non si era rotto ed era uscito e ora si ritrovava a vagabondare per le strade di Berlino con un paio di pantaloni non suoi, una felpa enorme bianca col cappuccio calato sugli occhi e, grazie a Dio, un cappotto di quelli pesanti. Non sapeva di chi fosse, ma era utile. 

Vicino alla fermata per la metro di Bellevue, Tom finalmente si decise a guardarsi intorno e porsi, giustamente, qualche domanda. 

Chiamare un taxi sarebbe stato l’ideale, ma senza cellulare era difficile. Fermarne uno in strada sarebbe stato bello, se non fosse che in mezz’ora di camminata non ne aveva visto manco mezzo. 

Avrebbe preso la metro se non fosse stato matematicamente certo del fatto che: 

a)      sarebbe stato pieno di gente
b)      sarebbe stato pieno di gente di sesso femminile
c)      sarebbe stato pieno di gente di sesso femminile che al 90% era fan dei Tokio Hotel

Poi, c’era anche da considerare quel piccolo particolare di irrilevante importanza che lo portava ad essere incapace di USARE la metro.

Innanzitutto, che linea prendo?
La S o la U? 

E poi, come si saliva su una metro? Si buttava giù la porta? Bisognava chiedere al conducente di aprirla?

Gli do un calcio e chi si è visto, si è visto?

Inoltre quando si era dentro, come si faceva a prenotare la fermata? Non si ricordava se c’erano i pulsantini rossi con su scritto STOP, ma gli pareva di no. E comunque, in quel caso, cosa faceva? Sfondava di nuovo la porta? 

E poi, la cosa che più lo lasciava sconcertato è che se lui voleva andare, che so... allo Zoolischer Garten... Perché diavolo non c’era scritto Zoolischer Garten come destinazione? 

Era entrato per pura curiosità per vedere ma aveva visto come destinazioni una certa Wannsee e una certa Ahrensfelde. 

Ovviamente, manco a dirlo, non sapeva dove fosse una e dove l’altra, quindi si ritrovava punto e accapo.
Cos’è, se uno voleva andare allo Zoolischer Garten doveva per forza andare in uno di questi posti? 

Perfetto. 

Assodato che non era capace di prendere la metro, provò a vedere se poteva prenderne una lo stesso e vedere le fermate intermedie. Male che andasse sarebbe sceso alla prima e avrebbe preso quella in senso opposto.

Ovviamente dando per scontato che lui avrebbe capito di essere sulla metro sbagliata.
Il che non era certo cosa sicura, ma la speranza è sempre l’ultima a morire.

Perciò, fermamente intenzionato a prendere la metro cercando di evitare i vagoni sovraffollati si accinse a comprare il biglietto.

E qui sorse un altro enorme, insormontabile e difficilissimo problema.

 Quella macchinetta infernale gli chiedeva di zone A - B - C, ma lui nella sua completa ignoranza andava cercando la Z per la Zoolischer Garten o al massimo cercava di aggiungere le lettere mancanti. Tipo D - E - F e via dicendo. 

Schiacciò un pulsante a caso e una bellissima scritta rosso fuoco gli comparve con la richiesta “Compra la Berlin Welcome Card”. 

Giustamente lui, di ‘sta Berlin Welcome Card non se ne faceva niente, anche perché 27 euro non li aveva con se e doveva arrabattarsi con 5 stramaledettimi euro. 

Con molta nonchalance schiacciò i tasti a caso (dopo cinque minuti buoni occorsi per capire che doveva toccare lo schermo e non cercare i pulsanti sotto) fino a che non gli comparve la scritta “Biglietto ordinario”.
Costo: 2.10 €
Ora, considerando che lui aveva 5 euro, tutti penseranno che lui non avesse problemi. Se non fosse che di tutte le macchinette che c’erano nella U- Bahn lui aveva preso l’unica che accettava SOLO ed esclusivamente carta di credito. 

Dannato Bill, pagherai anche questa!

 
***

Dopo aver cercato una biglietteria automatica ed essersi arreso all'idea che non ce ne fosse una degna di essere definita tale, Tom, giusto per non confondere chi pensava che fosse un imbecille fatto e finito, partì alla ricerca di un edicola.

Alle undici di notte.

Per fortuna vide una fila lunghissima ad una macchinetta e avvicinandosi il più cautamente possibile riuscì a fare due più due.

 
E finalmente ebbe in mano il suo biglietto... più altri due euro e novanta di moneta che ovviamente mise nella prima tasca possibile, senza cercare di fare lo sforzo di accumulare tutto in una sola. 

Certo, prima di prendere il biglietto dovette cercare per due minuti buoni, convinto com’era che il biglietto uscisse da dove si inseriva il bancomat quando alla fine un'anima pia si rese conto che quel ragazzo era un imbranato di prima categoria e lo aiutò, ma tant’è. 

L’importante è mantenere l’anonimato. 

E per ora ci riusciva abbastanza bene. 

Poi, senza timbrare il biglietto ovviamente, entrò nella prima metro possibile trovandosi ad hauptbahnhof.
Naturalmente, la direzione opposta a quella che doveva prendere lui. 

Si rese conto che qualcosa non tornava quando si ritrovo dopo pochi minuti a Warschauer Strasse. 

Un anima pia lì di passaggio, (quella di prima) capì che quel ragazzo non era proprio messo bene e lo aiuto un'altra volta.
Iniziò tutto con una tattica di avvicinamento piuttosto banale e alla fine, l’uomo di mezza età si ritrovo seduto vicino al ragazzo, che più che un uomo sembrava un delinquente, così nascosto dal cappuccio e dagli occhiali da sole (Che attiravano l’attenzione il doppio). Infine con un sospiro rassegnato parlò.

- Mi scusi... ma lei ha mai preso una metro? -

Tom sussultò preso di sprovvista, e sbianco rendendosi conto che una persona gli aveva chiesto qualcosa.

Per paura che la domanda che non aveva sentito fosse “Sei uno dei Tokio Hotel?” iniziò la manovra di discesa dalla metro ma ben presto si ritrovò l’ometto di mezza età davanti e non potè più ignorarlo.

- Non so chi tu sia ragazzo mio, ma andare in metro senza sapere esattamente Dove si è diretti è piuttosto pericoloso. Perché non mi dici che destinazione hai, che magari posso aiutarti io? - 

Il tutto sussurrato... almeno quello Tom riuscì a percepirlo. 

Siamo messi bene... un anziano che spiega a me come si prende la metro... anche questa pagherà Bill.

 - Veramente sarei diretto verso lo Zoolischer Garten. Ma ammetto di non aver mai preso una metro da sette anni a questa parte, quindi mi ritrovo un po’ a corto di ingegno. -

 Per non dire che non so dove cazzo sbattere la testa. 

- Oh Poffarbacco! Ma stai andando nella direzione sbagliata! Scendi subito! -

Grazie per la precisazione dopo non meno di 4 fermate me ne potevo rendere conto anche da solo...
Ma poi... Poffarbacco?!?

 

- Ragazzo mio non posso accompagnarti, ma ora tu scendi, sali su, giri a destra sali le altre scale, poi giri a sinistra, vai dall’altra parte rispetto a questa e aspetti il prossimo treno. Ah! Prima che mi dimentichi... il biglietto lo devi timbrare... - 

Tom guardò il suo biglietto, poi il suo interlocutore, (che un po’ si sentì in soggezione davanti a quel metro e novanta di ragazzo) fece un sospiro rassegnato e uscì dalla metro, ricordandosi all’ultimo di ringraziare l’ometto. 

Non appena mise piede fuori dal treno capì che qualcosa non quadrava.
Perché diamine è così buia questa metro?

 Andando alla cieca, raggiunse delle scale (in cui stava brillantemente inciampando) e le salì cautamente... mica che poi cadeva sul serio e si ritrovava in una metro che non conosceva, ad un ora impossibile, con il femore rotto. 

Arrivato su, scoprì con suo orrore che:

  • l’illuminazione di quel posto richiedeva un tecnico adeguatamente sobrio;
  • Ma soprattutto... 

Dove diavolo mi ha detto di andare quel signore?!? 

Con un gemito si diede mentalmente del coglione patentato e si ripromise che appena tornato a casa (Sempre se non veniva trovato morto prima di allora) avrebbe dapprima fustigato il fratello... E poi gli avrebbe raccontato la versione modificata di quella sua avventura. 

Ad esempio:

Mica gli avrebbe detto che erano già le undici e mezza e lui non sapeva dove fosse... gli avrebbe detto che con molta nonchalance, aveva preso la metro due minuti prima di tornare a casa e che nella sua immensa intelligenza (che di diritto spettava a lui e non al porcospino) non aveva sbagliato né la direzione, né la fermata.

Certo... se fosse tornato da lì a cinque minuti a casa... ma di quell’andazzo sarebbe arrivato a casa vivo solo il giorno dopo. 

Prendendosi in giro da solo per la sua mancata capacità di essere un comune mortale capace di prendere una banalissima metro, si avviò verso la sua sinistra (la direzione opposta a quella che il simpatico ometto gli aveva detto) e si mise davanti al cartellone con le linee S e U. 

Inutile... non ci capisco un cazzo.

Puntando il dito sulla fermata in cui aveva capito di essere sceso cercò di comprendere quale fosse la linea giusta da prendere... Ma lì c’erano ventimila colori, una illuminazione che, lo ribadiva, faceva schifo e gli occhiali da sole in quel frangente di certo non aiutavano...

Sconsolato, si preparò a chiedere informazioni a qualcuno per non arrivare veramente il giorno dopo a casa quando sentì un bel po’ di trambusto alle sue spalle. 

Si girò pronto a correre i duecento metri come neanche “Com’è che si chiamava quel tipo?” - Vabbè l’uomo che ha vinto le olimpiadi... quello che ha il nome del cane della Disney di cui proprio gli sfuggiva il nome... - quando vide un lampo di capelli color platino sfrecciare lontano da lui e un paio di tipi che inseguivano quello che presumeva fosse un ragazzino molto, ma molto piccolo. 

Accantonò subito l’accaduto, tutto ciò che non gli girava attorno non era utile, e cercò qualcuno di appetibile a cui chiedere informazioni senza correre il rischio di ritrovarsi una fan aggrappata al cappuccio, o peggio, ai suoi capelli.

 Aveva appena intercettato una signora di non meno di quarant’anni dall’aspetto abbastanza innocuo quando una voce molto femminile, molto acuta e soprattutto molto incazzata gli giunse alle orecchie. 

- Spostati che non vedo il cartellone. - 

Quando si voltò per vedere chi avesse parlato, incontrò il vuoto e si domandò se, per caso, il connubio tra ora tarda e metro sconosciuta portasse alla pazzia.

 - Sono qua sotto, e piantala di fare il figo alto un metro e novanta che incontra solo persone della sua altezza perché ti abbasso di venti centimetri prima di subito. Mi stai intralciando, ti sposti o ti devo fare lo sgambetto? - 

Tom abbassò lo sguardo per incontrare quello di una manticora impazzita dai capelli color platino con degli assurdi ciuffi scuri e che, in una scala da uno a dieci, incuteva paura come una formica.

 - Come scusa? - 

Ma guarda se mi dovevo beccare anche la pazza...
 

- Oh ma... mi pare un concetto semplice. Accidenti a te... - grosso sospiro da parte della psicopatica -  Senti, spostati per favore. Devo prendere il primo treno per Wannsee e non ho ancora capito da che parte devo andare. Io sono alta un metro e un tappo, tu sei un gigante... mi pare logico che non ho la vista a raggi x. Che ne diresti di farmi dare un occhiata a quel tabellone? - 

Sembrava essersi calmata quella pazza psicopatica alta un metro e un coriandolo, quindi senza più guardarla si spostò.
 Fece per andarsene ma lei lo fermò ancora. 

- Tu dove sei diretto? -

Tom la guardò abbastanza allucinato.

 Prima mi attacchi e poi mi chiedi dove sono diretto? Cosa vuoi fare, buttarmi sulle rotaie?

 - Sicuramente nella direzione opposta alla tua.  -
La bionda alzò lo sguardo indispettita.

 - Bene allora sei dalla parte opposta a quella che devo prendere io... Meno male che lo Zoolischer è bello lontano almeno mi riprendo quel tanto che basta per non rompere qualcosa! Stronzo! -

 Come, come, come? Zoolischer? Cosa Odono le mie orecchie? 

La vide scendere i gradini e senza pensarci più di tanto le andò dietro. 

- Ripensandoci non devo andare esattamente all’opposto di dove vai tu. -
La bionda alzò lo sguardo al cielo e continuò per la sua strada.

 Tom faceva più fatica perché cercava di seguire la ragazza e contemporaneamente di nascondersi agli occhi altrui, ma alla fine la raggiunse.

 - Se dovevi andare allo Zoolischer mi spieghi come mai eri dall’altra parte? Già da qui mancano otto fermate, chissà dove finivi prendendo quella metro... Come minimo ti svegliavi all’aeroporto... -
Perfetto... stavo andando esattamente nello stesso luogo in cui sarei finito nella metro di prima...
Ormai è appurato che io e la metro viviamo in un mondo diverso.
 

Salì insieme alla bionda che lei non gli aveva più rivolto la parola e scesero insieme che lei continuava ad ignorarlo.
Lui la seguì fino a fuori e lì si fermo. 

***

 Era nervosa, incazzata e sicuramente se si fosse ritrovata la persona sbagliata davanti avrebbe iniziato più che volentieri una rissa.

 Era stata seguita di nuovo da quei rompicoglioni che stazionano sempre di fronte al bar dove lei lavora e rifiutandosi per l’ennesima volta di concedere loro un appuntamento se li era tirati dietro praticamente da sola. 

Ma questa per lei non era una buona motivazione.
Poi, come se non bastasse, si era ritrovata quel tipo davanti alla stazione che non le permetteva di vedere il tabellone. 

Insomma... una giornata da dimenticare.
Al più presto. 

Certo... fino a quando aveva alzato lo sguardo e aveva riconosciuto il profilo di Tom Kaulitz. 

Che cazzo ci fa, lui qui?
Se avesse avuto il coraggio di iniziare una conversazione glielo avrebbe chiesto, ma cazzo! Lo aveva praticamente aggredito e senza fare tanti complimenti, come se le fosse una cosa dovuta.

Certo che le era dovuta, da tutto il mondo come minimo, ma non da Tom Kaulitz.
Perché il mondo si sa, comprende tutti meno che Loro. 

I quattro tedeschi dalle uova d’oro, quelli che quando toccano qualcosa lo fanno diventare materiale da vendere, quelli che hanno così tanti soldi da potersi comprare tutta Berlino, quelli che avevano fatto aumentare il turismo in maniera esponenziale.

Quando loro erano a casa, Berlino veniva invasa da fan.

 E lei per quanto amasse profondamente quei quattro crucchi, non voleva essere come le altre.
Non voleva aggrapparglisi al collo. 

Anche perché alta com’era gli sarebbe occorsa una sedia, ma tant’è.
Restava comunque che lei era una fan, lui l’idolo nei casini.

 Uscita dalla metro fece per andarsene ma con un sussulto di coscienza (più le grida scandalizzate che dalla sua mente si propagavano a tutto il corpo che dicevano “Cazzo! È Tom Kaulitz! Fermati e chiedigli un autografo! Un numero di telefono, un brandello di felpa!”) si bloccò dov’era e si voltò per vedere dove fosse finito. 

Con un sospiro lo guardò che alzava lo sguardo al cielo per cercare chissà cosa. 

- Scusa se mi faccio gli affari tuoi Tom - lo vide sussultare e mettersi sull’attenti - non c’è bisogno che ti agiti, ti ho riconosciuto da prima e non ti ho ancora spaccato i timpani... Mi spieghi come mai tu eri su una metro, stavi andando in direzione opposta a questa e ora sei fermo in mezzo alla strada come un ebete a guardare il cielo? Se stai aspettando la grazia divina, sappi che oggi me la sono presa tutta io... e poi non è neanche così utile come sembra. -

 Lo guardò dall’alto in basso e lui per la prima volta si rese conto che qui ciuffi scuri che aveva intravisto in metro erano color fucsia e che sparavano dritti verso l’alto come se dalla vita non avessero chiesto altro. 

- Se ti spiego tutto, tu ti sentiresti in dovere di accompagnarmi, per non dire che mi ci porteresti di peso, così io avrei l’intero staff contro, tu saresti una fan pazza con il mio indirizzo e vissero tutti felici e contenti. No grazie. - E fece per voltarsi.

 - Vabbè. Arrangiati. Io me ne torno a casa, al caldo, alla doccia e al mio piumone. Adieu.- 

E così come era arrivata, se ne andò.

Tom la guardò andare via e ritornò a guardare il cielo. 

Perfetto. E ora che faccio?

 

If you were dead or still alive
I don't care, I don't care.


Apocalyptica feat. Adam Gontier - I don’t Care.

 

****

E Fu così che la Lady decise di fare un incontro stupido anche per Tom... 
Che Dio me la mandi buona X°D
Il titolo sembra non azzeccarci niente... ma si capirà^^
Grazie in anticipo a chi leggerà, a chi lascerà un commento scrauso... a tutti^^

Ladynotorius aka La Str***a vendicativa. Tu mi hai capita, VERO?


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Capitolo 2
*** 2. Scontro ***


Dedicato a:
la mia principessa chi mi stressa da giorni per avere l'aggiornamento.
la mia patata che ogni tanto fa qualcosa che mi commuove.
la mia pazzoide preferita che mi ha betato il capitolo
E infine ad Erika per la sorpresa di ieri...

2. Scontro

Arrivata a casa accese tutte le luci, avviò il riscaldamento e si stravaccò sul divano. Allungò le gambe per rilassarsi quel tanto che bastava, poi con noncuranza accese la televisione. 

Non l’avrebbe guardata, ma il sottofondo le avrebbe fatto compagnia... certo se fosse riuscita a portarsi a casa quel figo da pau... 

No! Assolutamente no! Non ci penso, non so chi sia, non l’ho mai incontrato. 

- Certo che è proprio scemo. -

 Si alzò dal divano e dopo essersi avvicinata al frigo, cominciò a tirare fuori il latte e il cioccolato.

Da una mensola pericolosamente alta prese le bustine per preparare le cioccolata e, dopo aver messo a bollire il latte, aspettò. 

La casa era ben riscaldata e il contrasto fra il fuori e il dentro era considerevole. Berlino in quel periodo era ricoperta di neve, mentre casa sua era un tripudio di colori e combinazioni più che discutibili.

Ma a lei piaceva così, con il camino pieno di riviste, la legna dentro la cesta di suddette riviste, i poster attaccati vicino all’unico quadro che si era concessa (un dipinto astratto i cui colori l’avevano folgorata e obbligata a spendere quasi tutto il suo stipendio) e lampade a forma di fiore che illuminavano il più sobrio dei divani.

 Una casa di contrasti, ma tutto sommato originale. 

La televisione continuava a borbottare parole che lei neanche sentiva mentre versava il contenuto della cioccolata nel bollitore. 

Poi prese due tazze, diede una grattugiata di cioccolato fondente sul fondo, aspettò che la bevanda si facesse più densa e la versò al loro interno. 

Solo quando si accinse a bere il contenuto della sua tazza si rese conto di quel che aveva fatto. 

E perché diavolo ho preparato due tazze di cioccolata?! 

***

 Niente da fare. Aveva messo un cartone animato e si distraeva, aveva messo un thriller e si distraeva, aveva messo un romantico e si demoralizzava, quando arrivò al giallo che non capiva comprese che era il caso di fare due più due.

 Doveva tornare indietro.

Non poteva, non esisteva, non era umanamente possibile lasciare Tom Kaulitz al freddo di Berlino sapendo che non sarebbe riuscito neanche a prendere un taxi. 

Sbuffando come una caffettiera prese i suoi stivali imbottiti, augurò ogni male al chitarrista e uscì di casa.

 Se ti trovo bene, se non ti trovo meglio. In qualsiasi caso i sensi di colpa non potranno assalirmi, la mia coscienza non si potrà lamentare, il mio IO di fan sfegatata non potrà suicidarsi e vissero tutti felici e contenti.

Tornò alla stazione della metrò borbottando ad ogni passo che faceva e quando si accorse di essere arrivata senza trovar traccia del ragazzo sbuffò più sonoramente. 

Se ne andava o lo cercava in zona?

 Metteva a tacere le urla isteriche da fan che arrivavano dal profondo del suo essere o seguiva le istruzioni che quella mentecatta le faceva arrivare dritte al cervello? 

Ovviamente seguì le istruzioni, sperando con tutta se stessa che dopo dieci minuti la lasciassero in pace e si arrendessero all’evidenza, e cercò tutt’intorno alla stazione. Scese pure fino alle rotaie e controllò ogni panchina libera, ma niente.

Tom non c’era. 

Fermamente decisa a tornare a casa, uscì dalla metropolitana e decise di tentare la strada opposta a quella di casa sua. 

Per fare questo doveva passare davanti al negozio di scarpe, al negozio di biancheria, al venditore ambulante di kebab e al museo dell’erotismo. 

Pensò che, se lei fosse stata sola e senza un riparo, si sarebbe messa sotto quella galleria per evitare quantomeno la neve.

Ma neanche lì c’era. 

Decisa a far suicidare la sua coscienza di fan, fece dietrofront e tornò indietro.

Giusto in tempo per notare un barbone seduto su un giornale per terra che somigliava stranamente al ragazzo che stava cercando. 

Doverosamente incazzata per tutto il tempo che aveva speso a cercarlo, gli si avvicinò e gli mollò un calcio sullo stinco, beandosi del gemito neanche tanto soffocato che Tom produsse.
- Ma io dico! Sei famoso? Sei ricco? Sei tedesco? Come diavolo hai fatto a perderti e ad essere seduto qui per terra come un patetico bimbo che ha perso la mamma? Alza le chiappe, muovi le gambe e sbrigati a venire con me, che ho freddo, ho fame e ho dovuto interrompere la mia liaison col televisore per te. - 

Quello che seguì non fu proprio uno scambio di convenevoli adatti ad un pubblico di minorenni, il cui sunto più o meno era riconducibile a:
Ma chi diavolo sei, cosa vuoi da me, chi ti ha chiesto niente, e scadeva sempre più nel triviale.

 Data la sua scarsa pazienza, Arc tirò fuori tutta la mamma chioccia che c’era in lei e col tono più ragionevole che era riuscita a trovare disse:
- Senti, Tom, non sono una maniaca, ma una fan normale. Tu sei qui fuori, al freddo, senza sapere come tornare a casa e deduco anche senza cellulare e senza soldi. Se vuoi venire da me per trovare una soluzione al tuo problema, ok. Se non vuoi, va bene lo stesso, ma io indietro non torno, quindi decidi in fretta, che io non ho nessuna intenzione di rimanere al freddo un momento di più. 

Tom la guardò dall’alto del suo metro e novanta. Stava valutando i pro e i contro quando lei si girò, lo salutò e iniziò ad incamminarsi fino a casa sua. 

A lui non restò altro che seguirla.

***

- Vedi di togliere le scarpe dal mio divano! - con malagrazia Arc prese le gambe di Tom e le spostò dalla sua parte di divano.

- Ma sono scomodo e mi fanno male le gambe! - la guardò male Tom come risposta. 

Arc non lo ascoltò nemmeno e porgendogli la tazza di cioccolata si sedette nel piccolo spazio che i vestiti di Tom lasciavano libero.

Si era messa il pigiama e andava in giro con i calzini, quindi si acciambellò e attese che quel debosciato accettasse la tazza che gli offriva.

 Tom guardò con aria di sufficienza. - Cos’è? - 

Arc alzò gli occhi al cielo e con tono acido gli rispose. - Veleno misto a cioccolata. Secondo te cos’è, pane e nutella? - E continuò a disquisire sull’evidente poca materia grigia del ragazzo.

- Va bene, va bene! Stai zitta che la bevo! - 

Tutto, basta che smetti di parlare! 

Sorseggiò la cioccolata calda che gli era stata offerta e occhieggiò la ragazza. Lei rimaneva seduta impassibile sul divano guardando la televisione.

Sembrava dimentica del fatto che aveva in casa nientemeno che Tom Kaulitz.

 Cioè. 

Lui era Tom Kaulitz. Il chitarrista più figo della Germania, il più conosciuto in Europa, il SexGott!
Non riusciva a capacitarsi di aver trovato una persona di sesso femminile che sapeva chi fosse e non gli saltasse addosso.

 Inconcepibile. 

- Oh, finalmente inizia “L’isola delle donne” - la ragazza lo distolse dalla sua autocelebrazione, giusto in tempo per vedere dieci donne, una più figa dell’altra, in un’isola deserta.
Quello si che era interessante.
- L’hai mai visto? - maliziosamente gli pose questa domanda prendendolo in contropiede. 

- No, cazzo, che non l’ho mai visto. Chi sono queste gnocche da paura? -
Arc rise come una pazza.

-Dieci donne che comandano a bacchetta dodici uomini. Loro parlano, i maschi obbediscono. -
Fu così che il sogno erotico di Tom si spense come una candela al vento.

- Che vorresti dire? - domandò preoccupato.

- Voglio dire che in questa isola comandano le donne e gli uomini, se vogliono vincere il montepremi di duecentocinquantamila dollari, devono per forza obbedire. Mica male come idea, eh? - 

Arc se la rideva neanche troppo sotto i baffi, mentre la faccia di Tom mutava dall’esaltato all’inorridito. 

- Donne... che comandano a bacchetta degli uomini? -  Come se l’idea fosse l’annuncio dell’apocalisse.

 Arc annui distrattamente, mentre la pubblicità la informava che poteva farsi una doccia lampo prima che il vero programma iniziasse. 

- Io vado a farmi la doccia. Non farti idee strane, non uscirò da quel bagno nuda come mamma mi ha fatto. Sentiti pure come se fossi a casa mia, il che significa che non devi urlare, sporcare, demolire, curiosare ecc ecc. Tutto quello che faresti nella casa dei tuoi probabili suoceri, come pulire e riassettare, è consentito. -

Pulire e cosa?! 

Tom la vide sparire oltre la porta che dava sul corridoio e sfrecciare da una camera (presumeva fosse la stanza da letto della ragazza) fino a quello che poteva essere il bagno. 

Sentì il rumore dell’acqua che scendeva e avvertì che la ragazza cantava sotto la doccia.

Esattamente dopo cinque minuti era di ritorno con un pigiama semi distrutto e un asciugamano in testa. 

Neanche io sono così veloce! 

- Oh, che brava che sono! Ha appena ripreso. - si acciambellò di nuovo sul divano e non lo degnò di uno sguardo. 

Continuava a passarsi l’asciugamano sui capelli e le rare volte che la sua capigliatura fuoriusciva la ciocca fucsia catturava la sua attenzione.

Inoltre non stava un attimo ferma.

Prima dimenava gli alluci da dentro i calzini. Poi muoveva tutto il piede. Poi cambiava posizione. Poi si strofinava di nuovo i capelli. Poi alzava il volume della televisione. Poi...

Troppi poi.
- Non riesci a stare ferma un attimo? - completamente dimentico di non essere in casa sua Tom sbuffò sonoramente, aspettandosi come minimo delle scuse da parte della ragazza. 

- Senti, palla al piede, sono a casa mia e mi muovo quanto caspiterina mi pare e piace! - Che non arrivarono.

Palla al pi…

- Senti testa bicolore, non so se hai recepito, ma tu al momento... - 

- Sono in compagnia di un buzzurro, cafone E maleducato, che sto ospitando a casa mia e non si è ancora degnato di ringraziarmi. Se non vuoi finire per direttissima fuori dalla finestra ti conviene fare silenzio e non stress... - 

E la pancia di Tom decise che quello era il momento più opportuno per farsi sentire. 

Arc sbiancò.

 Dopo qualche minuto di imbarazzatissimo silenzio, La domanda.

- Tu hai fame? - pose la domanda con lo stesso tono con cui si chiede al proprio ragazzo se ti ha tradita. 

Tom la guardò male. Stava per annunciarle che, sì, aveva fame, e che, no, lei non era una buona padrona di casa, quando lei lo prese per il braccio e lo trascinò di peso in cucina. 

- Accidenti a te, Tom, dovevi dirmelo che avevi fame. Io non ci ho minimamente pensato. Lavoro in una tavola calda e il cibo è l’ultimo dei miei pensieri, soprattutto a quest’ora, in cui, per inciso, si ingrassa, perché tutto ciò che mangi lo assimili, ma di certo la tua costituzione ti permette di fare questi spuntini fuori pasto a questi orari impossibili. Allora, dimmi subito cosa ti posso dare da mangiare, perché sebbene la mia persona desideri con tutta se stessa andare a letto, il mio IO di fan mi impone di non farti venire i crampi per la fame. -

 Tom assistette allibito a quello sproloquio di parole, di cui riuscì a capire soltanto l’ultima parte, poi vide la ragazza alta un metro e un fagiolo cercare di arrivare ai ripiani in cui palesemente non sarebbe arrivata neanche con un trapianto di gambe e si spostò per aiutarla. 

- Stai cercando di prendere questo? - le domandò, cercando forse di fare il gentile.
Le porse un pacco di pasta integrale che guardò con faccia palesemente schifata ma lei lo prese e senza degnarlo di uno sguardo lo poggiò sul ripiano della cucina.

- Niente pasta integrale, messaggio ricevuto. Se Sua Altezza si degnasse di dirmi cosa vorrebbe mangiare, risparmio un po’ di fatica. - 

Sua alt…

- Oltre che ti aiuto, mi tratti pure male? - lo sguardo che le rivolse era puro odio.
- Oltre che ti preparo da mangiare, hai pure le pretese? - lo rimbeccò piuttosto facilmente lei. 

Si guardarono in cagnesco per qualche minuto, poi Arc si calmò e con voce più pacata gli chiese se preferisse dolce o salato. 

- Allora, pertica, mi dici cosa vuoi mangiare, si o no? Dolce o salato? Complicato o semplice? Caldo o freddo? MUOVITI e dammi qualche dritta, che voglio andarmene a letto! -

 Pert… 

- Senti un po’, dannatissima ragazzina, ho un nome! Vedi di usare quello e non nomignoli improbabili. Se non vuoi che ti chiami... -
E, finalmente, si rese conto che lui non sapeva il nome della nanerottola. 

- Guarda, sei impallidito. Ti sei, per caso, reso conto che non sai ancora come mi chiamo e che in tutto questo tempo non ti sei degnato minimamente di interessarti a me? - 

Brutto stronzo che non sei altro! 

Ma questo non glielo disse.
Il suo ego le imponeva di mantenere un certo stile. Il suo IO di fan urlava indignato. 

- Quanto la fai lunga... avanti, dimmi come ti chiami, se ci tieni tanto! -

Incrociò le braccia al petto con un’aria da tedio assoluto. 

Arc si guardò intorno alla palese ricerca di qualcosa di pesante da tirargli addosso e stava per agguantare una pentola, quando Tom gliela prese da sotto il naso.

- Tregua, tregua! Mi dispiace essere stato così scorbutico e hai ragione. Non ti ho neanche chiesto come ti chiami. Rifacciamo tutto daccapo - lasciò la pentola sul ripiano e le porse la mano - piacere Tom Kaulitz, chitarrista famoso, rocker a tempo pieno, Sexgott per vocazione. - 

Arc gli scoppiò a ridere in faccia. Poi lasciò da parte i suoi intenti omicidi e strinse la mano al ragazzo.
- Piacere Tom Kaulitz, io sono Archana Schmitt, cameriera sconosciuta, linguista a tempo pieno, rompiballe per vocazione. - 

Me n’ero reso conto...

 - Dai, non l’avrei mai detto! - Tom continuò a tenerle la mano. 

- Che sono una cameriera? - domandò con genuina curiosità la ragazza. Effettivamente non si era curata molto delle necessità del ragazzo.

- No, che sei una rompiballe per vocazione. - aggiunse lui serio.

Il sorriso di Arc si accentuò. 

- Oh, non sai quanto. Sono contenta che tu te ne sia reso conto. Almeno... - prese la pentola e la riempì d’acqua - non potrai dire di non essere stato avvisato. -
Buttò la testa all’indietro e gli disse guardandolo dal basso:
- Posso farti un po’ di pasta al sugo, con sugo italiano, oppure preferisci altro? Devi dirmelo adesso, perché io sono veramente morta dal sonno e voglio andarmene a letto. 

Tom finse di pensarci su.
- Va bene la pasta, ma se ti fidi e mi dici dove sono le cose, posso fare io. - Tom si congratulò con se stesso. Un perfetto gentiluomo. Neanche Bill avrebbe potuto dirgli niente. 

- Ti ringrazio per l’offerta, ma quando vorrò vedere la mia cucina in fiamme ti avviserò. Prima di allora mi arrangio io. - lo demolì la ragazza come se nulla fosse.

 Tom si offese tantissimo.
- Guarda che Io cucino una pasta fantastica! -

 Arc si girò e lo guardò dal basso verso l’alto mettendolo in soggezione.

- Disse colui che nella pasta mette il ketchup. Guarda, apprezzo lo sforzo, ma lascia stare. Se vuoi puoi grattugiare il formaggio mentre io faccio la pasta. - 

Tregua finita.

***

Chi non muore si rivede vero?

Susu, niente lacrime di giUoia lo so che vi sono mancata (?)
Ringrazio brevemente:
layla the punkprincess per avermi lasciato la prima recensione
_Princess_ per la seconda recensione (dai che ora ti sta piacendo di più eh!)
egoioegoio che mi ha fatto la sorpresona...

A presto.

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Capitolo 3
*** 3. Accidenti a lei! ***


Dedicato a:
Elisa che è appena stata operata e non legge neanche sta storia
Vibeke, per avermi esasperata insieme ad Elisa a Cannes
Alla patata... che ogni tanto compare.
E ai tokio Hotel... per tutto quello che danno quotidianamente.


 Accidenti a lei!
Lass die Hunde los
Ich warn dich ...
Hunde -  Tokio Hotel


- Senti, animale, o mangi come Dio comanda o ti defenestro seduta stante. Stai sporcando tutto nel raggio di un metro!
Lo sguardo che ricevette come risposta la ragazza era fuoco liquido.
- E non farmi gli occhi assassini che con me non attaccano! E MUOVITI che ho sonno! -
Tom contò fino a dieci e poi decise, per sicurezza, di continuare fino a cento.
Lui e quella ragazza impossibile non sarebbero mai potuti diventare amici, poco ma sicuro.
- Ma la mamma non ti ha mai insegnato a non rompere l’anima a chi mangia? -
Archana gli versò un bicchiere d’acqua e con noncuranza gli rispose:
- Assolutamente no, mi ha insegnato a non sporcare, soprattutto in casa di altri. -
E gli fece una linguaccia.
Tom rimase perplesso. Non era abituato agli spaghetti ed effettivamente aveva fatto un po’ di casino, ma erano le due del mattino, era stanco, era depresso, era frustrato e non aveva idea di come tornare a casa, poteva pure non essere così pignola la nanerottola col ciuffo fucsia.
 
Però era stata gentile. Gli aveva preparato una pasta fantastica, gli versava l’acqua e aveva anche tirato fuori la coca cola senza che lui gliela chiedesse.
Se avesse avuto un carattere decente l’avrebbe ringraziata.
Se aves-... gli venne da ridere per la battuta che aveva fatto.
Se quella aveva un carattere decente, lui era un santo sceso in terra per diffondere la lieta novella.
 
Dannazione a lei, neanche il suo sguardo assassino funzionava.
Ci doveva essere un modo per renderla innocua.
Se le faceva gli occhi dolci come minimo gli rideva in faccia... non che lui avesse intenzione di fare gli occhi dolci ad una simile vipera... se ci provava , come minimo, lo castrava...
Forse l’unica alternativa che davvero aveva era quella di scusarsi.
 
Lui.
Che si scusava.
Doveva raccontarla a qualcuno, avrebbe sicuramente fatto ridere tutti.
 
- Se ti prometto che pulisco tutto, mi lasci mangiare in pace? -
Lui che chiedeva scusa a quell’arpia. Neanche se gli avessero regalato la nuova Lamborghini presentata al salone dell’auto a Francoforte l’avrebbe fatto.
Un compromesso.
 - Si certo, così trovo sporco anche le pareti. -
Che lei ovviamente gli ridusse in cenere.
- Ma non ti va mai bene niente! Hai qui davanti a te Tom Kaulitz, e non sono non ci provi! cosa di per se fantascientifica, ma lo stressi per un po’ di sugo sul tavolo. E quando Tom Kaulitz, no dico, Tom Kaulitz, ti propone di pulirti la cucina, tu che fai?! Lo smonti! Ti dovrei dare in pasto alle mie fans!
Archana sentendo il discorso al primo Tom Kaulitz mise gli occhi in gloria, al secondo sospirò e al terzo gli rise in faccia.
- ragazzo mio, aspetta un secondo, vado ad aprire tutte le finestre di casa, hai un ego così grande che il mio umile appartamento non lo può contenere tutto. E ricordati, faccia da buzzurro, che io sono una tua fan. -
Tom sbuffò.
- Non si direbbe. -
Archana si alzò e prese un bicchiere per se che riempì generosamente di acqua. Poi fece gli occhi da civetta e si sporse verso di lui.
- Piccino, volevi che ci provassi con te? Dovevi dirmelo subito che ti accontentavo! - Fece per sporgere le labbra e quando vide la faccia terrorizzata di Tom, come era prevedibile, gli rise in faccia e gli depose un castissimo bacio sulla fronte.
- Quanto sei scemo! Se non fossi così cuccioloso ti avrei sbattuto fuori di casa, Tom Kaulitz o non Tom Kaulitz. Ti salvi per quegli occhioni dolci che hai e perché sei troppo scemo per essere sbattuto fuori da un qualsivoglia posto. Senti, vado a lavarmi i denti... finisci in tutta tranquillità, ma per cortesia non metterci una vita, che sto veramente morendo dal sonno. -
Si alzò e lo lasciò da solo a rimuginare sui fatti della vita.
Che fan strana.
L’aveva trattato bene, anche se non come l’avrebbero trattato certe altre.
Forse era quello a renderla strana. Non gli era caduta ai piedi, cosa che un po’ gli faceva piacere e un po’ lo faceva incazzare.
Gli aveva preparato da mangiare, ma lo aveva ripreso spesso e volentieri.
Gli aveva versato l’acqua ma l’aveva guardato male.
La sentì uscire dal bagno ma non la vide tornare in cucina, anzi... la sentiva bestemmiare a più riprese su un qualcosa di troppo grande per lei. Stava per uscire dalla cucina e sentire quale problema avesse creato ora stando in cucina quando la vide planare a terra, con un tuffo esemplare che lui non riuscì a frenare del tutto.
Non era neanche sicuro che quella fosse la nanerottola perché vedeva solo un mucchio di coperte  e un cuscino che gli era finito in faccia, quando un epiteto irripetibile arrivò alle sue orecchie.
Si. Decisamente quella era Archana .
Con uno sguardo di tedio assoluto la aiutò a districarsi da un paio di lenzuola e un piumone grande tre volte lei.
- togliti quella espressione da schiaffi che hai sulla faccia perché ti lego a ‘mo di salsiccia con questo coso e ti metto a prendere aria fuori, renditi utile e aiutami a portare sta roba sul divano.-
Ovviamente il tutto condito da occhiate assassine e sbuffi fatti a regola d’arte.
- e perché dovrei? - gli domandò Tom, deciso più che mai a farle perdere le staffe.
- perché queste, demente che non sei altro, sono le tue coperte per stanotte. A meno che tu non voglia tornare a stazionare davanti all’Erotik museum, cosa che al momento mi renderebbe più che felice, alza le tue regali chiappe e le tue possenti (?) braccia e portati sta roba nella tua cuccia. -
Come riuscì a rendere sarcastico quel possenti, è un mistero che sono Archana potrebbe spiegare e di cui tutt’ora Tom non sa capacitarsi.
Se le occhiate potessero uccidere... probabilmente la sua gli sarebbe rimbalzata indietro, considerando la faccia incattivita di Archana.
Prese il piumone, che fra le cose pesava due tonnellate, e lo portò al divano, realizzando solo in quel momento che:
a)      gli aveva dato implicitamente del cane
b)   era riuscita a fargli fare quello che voleva
c)   ... lui avrebbe dovuto dormire sul divano.
 
- Hey! Non vorrai farmi dormire sul divano! - 
- Se preferisci il bagno è già libero.
E come se nulla fosse, fece dietrofront e vi si diresse.
- Frena, frena! Non ci starò mai su quel divano! È la metà di me! E cosa stai facendo nel bagno ora?! -
La faccia di Archana comparì giusto quei due secondi necessari per far sentire Tom un’idiota.
- Ti cerco uno spazzolino e degli asciugamani, casomai volessi farti una doccia. Sia ben chiaro, non ho vestiti maschili in questa casa e dovresti metterti di nuovo le tue cose... anche se forse ho ancora in casa il costume da bagno di mio padre... ti starà dieci volte, ma questo per te non è un problema suppongo, considerando che hai dei tendoni da circo come vestiti.-
Tom si arrese. Non ce l’avrebbe mai fatta contro quella ragazza.
Si diresse verso il bagno, conscio del fatto che se arrivava sano e... basta, al giorno dopo, lo avrebbe dovuto ad una pupattola alta un metro e un fagiolo e controllò cosa stesse facendo.
Mica che poi aggiungeva detersivo al bagnoschiuma.
 
La trovò intenta ad aprire una confezione di doccia schiuma.
Guardandola meglio non era così male.
Aveva gli occhi stanchi e si notava, (come avesse fatto lui ad accorgersene solo in quel momento rimaneva un mistero) ma continuava a stare sveglia per rendergli confortevole il suo soggiorno in quella casa.
 
- Tom non ho nient’altro di meglio da offrirti dello shampoo al miele dell’erborista... -
Tom le sorrise.
- Tranquilla andrà ben...-
- Quindi fattelo andar bene. - concluse lei senza farlo finire di parlare.
Poi si alzò dal wc dove si era seduta, recuperò un barattolo di crema che guardò sconsolata, e rimettendo al suo posto suddetto barattolo aggiunse:
- Non ce la faccio... sono troppo stanca. Gli asciugamani li lascio qua, se vuoi farti la doccia, arrivo subito con il costume da bagno di mio padre... ah, il phon è lì dentro e... credo di averti detto tutto. Ah no! Se durante la notte hai fame o sete, serviti pure da solo... l’unica cosa che ti chiedo è di non metterti a cucinare niente se non sei più che sicuro di farcela senza distruggere la mia cucina... sai com’è mi è costata un botto di soldi. Ci vediamo domani mattina. Buonanotte Tom.-
E si dileguò.
 
Tom la guardò camminare a passo lento verso la sua stanza e riuscire pochi secondi dopo col costume da bagno più brutto che avesse mai visto. Verde con delle banane disegnate sopra. Roba da far venire un colpo a suo fratello.
 
Quasi quasi le chiedo di vendermelo...
 
***
 
 
Le aveva provate tutte.
A pancia in giù non riusciva, il bracciolo del divano gli faceva sollevare troppo la testa e gli veniva torcicollo, a pancia in su gli davano fastidio i capelli, sul fianco destro non riusciva a stare perché odiava dare le spalle al vuoto e sul fianco sinistro non sapeva dove mettere il braccio che non gli dava tregua.
I piumoni erano caldissimi, niente da ridire, ma non aveva avuto cuore di usare il phon per asciugarsi i capelli, conscio del rumore che avrebbe fatto, col rischio di svegliare quella semi arpia che lo ospitava, quindi si sentiva i capelli umidicci e pesanti.
In più tutto quel caldo gli stava facendo venire sete, ma se si toglieva le coperte di dosso come minimo si gelava.
Come un sonnambulo alla fine decise di alzarsi per vedere se riusciva a trovare un compromesso accettabile per se e per la sua schiena e con le coperte strette addosso andò in cucina.
Prese il bicchiere che aveva usato per la cena, la riempì di acqua e mentre beveva si domandò se la psicopatica stava già dormendo alla grande, come lui non riusciva a fare.
Non che avesse cattive intenzioni eh!
 
Ci manca solo che vado a fare il filo ad una mia fan che mi ha trattato malissimo e non mi ha coccolato come doveva e non mi ha permesso di fare il gentile con lei.
 
Guardò a lungo il lavello, decidendo il da farsi.
Poi si rese conto che quello che faceva era inutile, lasciò li il bicchiere e con passo felpato, perfettamente udibile anche dai vicini di casa, si diresse verso la camera da letto che la psicopatica gli aveva mostrato.
 
Mentre si avvicinava si rese conto che Archana aveva lasciato la porta aperta... quindi si inventò sui due piedi una balla qualsiasi per giustificare il fatto che era alla sua porta, nel malaugurato caso si fosse svegliata.
Entrava un po’ di luce dalla finestra, quindi riuscì a distinguere un enorme letto matrimoniale, che sarebbe andato bene per lui, mentre la ragazza ci stava altre sei volte, un enorme pupazzo a forma di orso polare ai piedi del letto (o almeno... gli sembrava un orso polare, ma non ne era certo)... tutto il resto si perdeva perché lui aveva gli occhi stanchi, non c’era abbastanza luce e lui, purtroppo, voleva dormire.
Stava per fare dietrofront quando la voce di Archana gli fece venir un colpo.
 
- Scommetto che non hai resistito al mio fascino e hai deciso di fare una capatina in camera mia per vedere se dormivo veramente o se anche io ero insonne sapendo che al di là del muro ho Tom Kaulitz stravaccato sul mio divano.-
Tom scoppiò a ridere.
- Veramente volevo vedere se trovavo un modo per disturbarti anche mentre dormivi, visti che io, su quell’aggeggio infernale, non riesco a chiudere occhio. Sai com’è, sono abituato ad altri tipi di stanze, ad altri tipi di comfort... ad altri tipi di compagnie...-
Archana accese l’abat-jour, si appoggiò alla testiera del letto e con sguardo assonnato gli rispose:
- Sei anche abituato a girovagare per Berlino senza sapere dove andare? Giusto per saperlo,sai,  se vendo l’informazione a qualche giornale posso campare per il resto dell’anno senza problemi. Ah no, è vero. Tu sei Tom Kaulitz... tu non girovaghi. Tu ti perdi direttamente, senza passare dal via. E dimmi... perché non hai chiamato quelle compagnie di cui ti vai vantando per passare una notte infuocata sotto le lenzuola?-
Colpito e affondato.
... ucciso letteralmente.
 
- Un giorno di questi, uno solo, riuscirò a chiuderti quella boccaccia da vipera che ti ritr..-
- Un giorno di questi tu non ti ricorderai neanche chi sono, quindi piantala di fare l’offeso. Tu domani ti sveglierai, troverai il modo di tornare a casa, magari racconterai a tuo fratello quello che è successo, magari ti inventerai qualcosa per non far sembrare patetica la serata appena passata... ma di una ragazza di nome Archana... non ti ricorderai neanche l’esistenza. Quindi, Tom Kaulitz, qual è il problema che ti affligge per  cui non riesci a dormire?
 
Tom sembrò quasi toccato dal suo discorso. Poi ritornò il solito bambino troppo cresciuto in altezza e con spavalderia rispose:
- Guarda... sono sicuro che se mi sforzo un po’ troverò il modo di ricordarmi di te! ...-
- Non usare il poco cervello che hai per inezie come queste... per inciso, la parola inezie la trovi sul dizionario. - sbadigliò annoiata Archana... quello che per lui era un evidente sforzo, per lei era un giochetto da ragazzi.
- Vaffanculo! So cosa significa inezie! E per la cronaca non riesco a dormire perché il tuo divano è troppo scomodo!
- Ringrazia di avere un divano su cui dormire e non il pavimento! E poi il mio divano è comodissimo- iniziava ad alzare la voce. Brutto segno.
- è comodissimo per te, ma per me che sono alto tre volte te è uno strumento di tortura!
- Quindi adesso è colpa mia che sono bassa?!
- Non sto dicendo questo, sto solo... Ahhhh, basta, ne ho abbastanza! Torno a dormire sul divano, spero che avrai gli incubi, arpia! -
E se ne andò sbattendo i piedi come i bambini piccoli.
Non si può parlare con una stronza del genere!
 
***
 
Vai da lui, prendilo di peso e portalo in camera tua.
Non diciamo cazzate.
Subito!
Ma piuttosto divento monaca di clausura!
Lo sei già in pratica, quindi vai subito da lui e chiedigli scusa!
Sogna, sogna.
Io sono la tua coscienza di fan sfegatata. O vai da lui, O non ti darò pace per tutta la notte.
Fai pure, ormai ci sono abituata.
Cazzo Archana, è Tom Kaulitz! È in casa tua! Non riesce a dormire perché è un bestione che pesa venti chili per due metri.
Fatti suoi! Che imparasse ad essere più gentile!
Tu non sei stata di certo un esempio per lui!
Perché lui è un ingrato!
E tu sei una bisbetica
Cazzi suoi! Almeno ha un tetto sopra la testa per stanotte.
Archana, porco Kaulitz, vuoi che si ricordi di te come “quella stronza che l’ha aiutato ma gli ha reso la serata impossibile?”
Lui non si ricorderà di me! Cazzo!
 
La sua coscienza tacque.
 
Era ora!
 
Tesoro mio bello adorato, potevi dirlo subito che era questo che ti rodeva! Lui non si ricorderà di te!
Sant’iddio... parlare a voce alta da soli è grave, non riuscire a dormire perché la tua coscienza ti rompe i coglioni è da ospedale psichiatrico! Piantala!
Sei una cretina! In questo letto ci starebbero tutti i Tokio Hotel tanto è grande!
Credi che questo non lo sappia?!
E allora se lo sai vallo a prendere per i capelli!
Adesso come adesso se andassi da lui mi prenderebbe a schiaffi!
... Archana... ma sul serio pensi che quel cretino riuscirebbe ad alzare le mani su di te? Tralasciando che non lo farebbe mai... nel malaugurato caso uscisse fuori di testa, lo ribalteresti come un calzino in tre secondi netti.
Oh, GRAZIE! Finalmente dici qualcosa di apprezzabile sulla mia persona!
Potrei dire ben altro se non ti alzi!
Poi prometti di stare zitta? Nessun suggerimento su come impalmarlo, nessuna rottura di coglioni sul rubargli un bacio? Prometti di stare zitta?
Giurin giurello!
E va bene! Ma è l’ultima volta che ti do ascolto! Accidenti a te, guarda in che situazione mi sono cacciata!
 
***
Hauch mir deine Liebe ein
Ich will endlich bei dir sein
Hauch mir neues Leben ein
Hörst du meine Seele
Schreien
Alien -  Tokio Hotel
 
Dava le spalle alla camera di Archana, come un bimbo capriccioso, e sebbene se ne rendesse conto non aveva nessuna intenzione di girarsi. Tanto non sarebbe comunque riuscito a dormire.
Quella stronza antipatica!
Sotto le coperte si stava incredibilmente bene, ma lui non riusciva quasi a rendersene conto. Era troppo incazzato.
Ok, va bene, mi ha ospitato, mi ha preparato la pasta più buona di questo mondo, quel sugo era la cosa più meravigliosa che mani umane potessero creare... ma è sempre stata bisbetica e antipatica... accidenti a Bill, appena torno a...
- Tom?
Ecco. Ci manca solo che sento la sua voce dentro la mia testa!
- Tom... Ti sei addormentato?
...ok. non me la sto immaginando.
Si girò riluttante, pronto a dirgliene quattro, ma quando se la trovò cosi vicina gli venne un colpo.
Archana.
Vicino a lui.
Con un’espressione dispiaciuta.
... Sto sognando.
- Che ca...- no! Coglione, no! - ..spiterina ci fai tu qui?
Archana sospirò.
- Mi spiace per essere stata scorbutica. Quando sono stanca sono generalmente anche peggio ma non è una scusante. Dimmi qual è il problema di questo divano... -
Se mi fanno una foto adesso, la faccia dell’uomo di Munch nell’”urlo” sembrerà sicuramente un dilettante. Chiudi la bocca cretino.
- Non ti preoccupare... non sono un ospite tranquillo neanche io. Il divano non ha niente, sono io troppo grande. - adesso si sveglia e mi fa la sua battutina sarcastica, io capisco che il mondo torna a girare dalla parte giusta e...
Altro sospiro dall’altra parte.
- Non te l’ho detto prima perché sapevo cosa avresti pensato... ma se vuoi possiamo dividere il letto. Quella mostruosità è grande abbastanza per quattro persone e come una persona mi ha comunicato a più riprese ci starebbe tutta la band più me...
Questa nanerottola mi sta proponendo di andare a letto con lei!? Mi sta offrendo il suo letto!?
- ... Sia ben chiaro. Io devo dormire. Non ho mire su di te - bugia - e non voglio saltarti addosso - bugia - e ti posso assicurare che quando dormo sto zitta - credo - quindi... se vuoi, possiamo dormire insieme su quel letto. Altrimenti, mi spiace Tom, ma non ho intenzione di rinunciare per te ai comfort della mia casa - bugiarda - prendere o lasciare.
... Dio, se esisti, GRAZIE!
- ...Sei sicura che non mi vuoi saltare addosso? Sai com’è ho una reputazione da difen...-
Gli scoppiò a ridere in faccia un’altra volta.
- Tesoro mio adorato... la reputazione da difendere ce l’ho io. Sei il primo uomo che entra in questa casa... se domani esci di qui con la faccia sbattuta -che sarebbe uguale alla mia, causa: coscienza sporca - sai cosa penseranno di me? - non che me ne fregherebbe qualcosa - Al limite di te potrebbero dire che hai buon gusto! - il tutto condito con un aria di sufficienza fatta ad arte.
- Buon gu... donna! Sai che gnocche mi sono fatto da che mi sono reso conto di essere un uomo?
- E da quando sei un uomo?! - faccia scandalizzata e risata trattenuta.
Ora capisco come si è sentito Bill quando ha conosciuto Aíbell.
- Poi scusa... stai insinuando che io non sono gnocca?
Tom fece finta di pensarci su.
- No. Certo che no. Lo sto proprio affermando!
Uno a... duemila. e non per me.
- ringrazia che sono le tre e io sto dormendo in piedi. Domani ti tiro per i capelli. Appena sveglia! Su alzati! -  lo prese per la felpa e lo obbligò ad alzarsi, portandolo come si fa con i bambini in camera sua.
Lo fece entrare gli disse dove poggiare la felpa se se l’avesse voluta togliere, poi si infilò sotto le coperte.
Lui, non si fece pregare e in un attimo le era accanto.
Le lenzuola dalla sua parte erano gelide, quindi si avvicinò alla sua parte di letto.
- cosa diavolo stai facendo si può sapere?!
- Uff... dalla mia parte le lenzuola sono fredde! Mi si ghiacceranno anche i piedi! -
Archana sbuffò per l’ennesima volta, ma gli andò incontro.
- Adesso mi starai appolpato tutta la notte? -
- Solo se avrò freddo, tranquilla. Prima che io salti addosso ad una nanerottola come te gelerà l’inferno! -
- Non per deludere le tue (Scarse) conoscenze letterarie, ma secondo un certo libro uno dei gironi infernali è coperto di solo ghiaccio... non ti sforzare di ricordare che libro è, sono sicura che non l’hai mai letto. -
Tom le si avvicinò di più... alla fine le poggiò il petto sulla schiena.
...però, è morbida.
- Ce la farò mai ad avere l’ultima parola con te, nanerottola? -
La sentì ridacchiare.
- Certo che no, sbruffone. Ora taci e dormi. Se hai ancora freddo in quell’armadio ci sono le coperte... se le vuoi, TI ALZI e te le prendi.
Tom fece un sorriso pigro che Archana non vide.
- No tranquilla... per ora sto bene cosi. Buonanotte strega!
- Buonanotte scemo! -
 
E mentre Tom si addormentava praticamente istantaneamente Archana nel dormiveglia formulò un pensiero.
 
Se c’è qualcuno li sopra che ascolta, GRAZIE!
..E certo! Ringrazia il cielo e non la tua coscienza... ingrata!
 
Menschen suchen Menschen
Jeder sucht für sich allein
Menschen brauchen Menschen
Wir wollen nicht alleine sein
 
Menschen suchen Menschen  -  Tokio Hotel
 
***
Si sono in ritardo
no, non ho una buona scusa
si, Ovvio che vi amo tutti!
Più tardi ringrazio tutti bene per le recensioni^^

La Lady, sempre più stanca.
 

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Capitolo 4
*** 4. Non farei mai una cosa del genere ***




Capitolo dedicato interamente alla Trottolina.
Grazie per avermi ceduto il tuo posto al concerto.


4. Non farei mai una cosa del genere

 
Quando si svegliò la prima cosa di cui si rese conto fu che qualcosa di estremamente pesante le bloccava le gambe.
Erano solo le otto e lei aveva ancora troppo sonno per stare ad analizzare ogni singolo dettaglio. Certo era che il braccio che aveva posato sulla pancia non era di certo suo.
Pronta ad eliminare fisicamente il chitarrista che sicuramente le stava facendo uno scherzo - Eccerto! Non badare a dettagli come il fatto che lui a quest’ora generalmente sta andando a dormire, furba - girò la testa giusto in tempo per aprire la bocca e dir...
Oh.
Mio.
Dio.
 
...
 
Porco Kaulitz.
 
***
 
Che lei fosse una fan sfegatata, lo dimostrava il suo studio (che si era premurata di chiudere a chiave) e che fosse dotata di occhi con cui -mangiarsi fino all’ultimo fotogramma - notare la bellezza dei quattro angeli dell’apocalisse era ovvio, scontato e banale.
Certo era che neanche nei suoi sogni più arditi poteva anche solo avvicinarsi ad immaginare la perfezione di Tom Kaulitz mentre dormiva.
Era rivolto verso di lei, gli occhi chiusi - e meno male che sono chiusi, altrimenti moriresti, ammettilo - la curva perfetta del suo naso illuminata appena da quel poco di luce che riusciva a penetrare dalle tende, ti invogliava a morderlo - che pensieri fai? - e le treccine nere erano perfettamente allineate, come se un artista avesse voluto sistemarle prima di immortalarlo così com’era.
Bellissimo.
Fagli una foto.
Si certo. Se vuoi poi, già che ci sono, me lo porto a letto!
Te lo sei già portato a letto.
‘Mazza, che due coglioni che sei. Intendevo dire che...
Lo so cosa volevi dire, furba! Sono la tua coscienza di fan, non la prima sconosciuta.
...
Comunque, nel caso, avresti la mia approvazione.
Non avevo dubbi.
E ci mancherebbe! Non ci si accontenta della prima bistecca che passa, ma se si parla di Tom Kaulitz...
La pianti una buona volta?
...ce l’hai a due centimetri da te come minimo devi baciarlo.
Cosa ne è stata della tua promessa di ieri? NIENTE idee pericolose. No. Punto. E fine.
... Che pizza.
Mai quanto te! Taci e non rompere le palle che adesso devo inventarmi una scusa per trattarlo male, e dopo che l’ho visto addormentato me ne devo inventare una BELLA grossa per essere convincente.
 
Lo fissò un’altra volta.
Cazzo se me la devo inventare grossa.
 
Sentiva il peso della gamba di Tom fra le sue e tentò di muoversi piano per non farlo svegliare.
Per cosa poi? Era così dannatamente perfetto anche mentre dormiva che solo Dio sapeva perché quel ragazzo si dovesse svegliare.
Dovrebbe essere dichiarata fuori legge una bellezza così sfacciata e priva di fronzoli. Dannazione a lui!
Era quasi riuscita a disincastrarsi senza che quel dannato imbecille si svegliasse quando quest’ultimo, giusto per intossicarla ancora di più, aprì di scatto gli occhi.
Ecco posso pure morire ora, già che ci sono.
 
- Ma che diav...- fece per iniziare lui, ma Archana si riprese piuttosto in fretta.
- Ma che diavolo lo dico io, accidenti a te, non so dove tieni nascosto tutto quel peso ma sappi che non mi sento più le gambe grazie a te. Levati di mezzo! -
Tom alzò la testa e controllò che ora fosse sul soffitto, poi si ricordò che non era a casa sua con la sua sveglia puntata verso l’alto e si girò di nuovo verso la ragazza.
- Scusa, non sono abituato a dormire con qual...- troppo tardi si rese conto dell’errore fatto.
Archana scoppiò a ridere.
- Il SexGott che non è abituato a dormire con qualcuno. Tu lo sai che se non fossi una vostra fan potrei sbugiardarti a mezzo mondo? - però la gamba continuava a rimanere fra le sue.
Tom si accoccolò meglio.
- Fai pure. Uno in più, uno meno. Posso tornare a dormire? -
C’era un qualcosa di sgradevole e rassegnato in quell’affermazione. Uno più, uno meno. Come se fosse successo così tante volte da essere diventato una normalità.
Quella cosa le fece venire il voltastomaco e la portò a parlare prima di riflettere.
- Non farei mai una cosa del genere Tom. - si portò la mano alla bocca per bloccare parole che erano già state dette, ma tutto quello che le rispose fu un sommesso russare.
Si era riaddormentato.
... dovrei incazzarmi, ma abbiamo dormito solo cinque ore, tanto vale aspettare a dopo e rosolarmelo a fuoco lento.
Lasciò perdere e si accomodò più vicino. Tanto, si disse, non ha tolto neanche la gamba.
Si riaddormentò subito.
 
Non farei mai una cosa del genere Tom...
 
***
 
Quando si svegliò per la seconda volta il braccio continuava a pesarle sullo stomaco e la gamba continuava a rimanere intrappolata fra le sue.
Con gli occhi in gloria controllò per la seconda volta che ora fosse.
 11.09
Decisamente accettabile.
 
Fregandosene altamente di non svegliare l’ospite che continuava a rimanerle attaccato si staccò, condendo ogni sua mossa con termini sempre più fantasiosi, e quando poggiò il piede per terra, si rese conto che si, quel dannato barbone, le aveva fatto addormentare le gambe.
Si alzò con fatica, barcollò verso il bagno e con un calcio si chiuse la porta alle spalle.
Aveva paura di guardarsi allo specchio, per paura di scoprire di sembrare la sorella brutta di Dolores Umbridge ma alla fine non se ne curò più di tanto e si lavò la faccia.
Truccati e fatti gnocca!
Arc ignorò la sua voce interna pensando che se forse la lasciava parlare a vuoto sarebbe stata zitta.
E non pensare di potermi ignorare! Ti canto tutto il tempo Komm mettendoci il nome di Tom!
Sei una rompipalle te l’ha mai detto nessuno?
... ti ricordi si, che siamo la stessa persona?
Si che lo so... Dio, sto parlando con me stessa dandomi pure delle risposte! Devo farmi curare!
Su questo non c’erano dubbi, considerando che hai dormito tutta la notte con Tom abbracciato a te e tu non l’hai neanche baciato!
Come te lo devo dire che non posso baciarlo?
Ma perché no?
... come perché!? È Tom Kaulitz non il primo sfangato!
...e quindi?
Se non ci arrivi da sol-... ancora che mi do risposte da sola. TACI!
 
La sua coscienza tacque.
 
Riordinando le idee tornò in camera da letto, giusto per infartare di nuovo sul viso di Tom che continuava a dormire beato sotto le lenzuola.
Non potè esimersi dal poggiarsi allo stipite della porta e guardarlo.
Avrebbe voluto fare delle foto... ma se le avesse fatte e lui se ne fosse accorto sicuramente avrebbe pensato che voleva fregarlo... quindi evitò.
Anche perché se poi fosse andata a portare le foto a sviluppare qualche scatto sarebbe sicuramente finito in mani sbagliate e lei non poteva permetterlo.
Per lei, certo, ma soprattutto per lui.
 
Falla col cellulare.
...
No dai seriamente! Se la fai col cellulare e togli la suoneria e il flash non se ne accorgerebbe neanche se gli facessi un intero servizio fotografico.
 
Per tutta risposta si allontanò dalla causa di tutti i suoi discorsi mentali e andò in cucina.
Trovò il bicchiere con cui aveva bevuto Tom e prima di fare qualcosa di incredibilmente stupido come bere dallo stesso punto in cui lui aveva poggiato le labbra (sicura che se l’avesse fatto, lui sarebbe arrivato proprio in quel momento facendole fare la più brutta figura di merda di tutta la sua vita) lo mise a lavare.
Fai la foto!
Ti prego, ti prego... non darmi questi suggerimenti idioti. Hai idea di cosa succederebbe se mi sgamasse?
No. Ho idea di cosa ti farò io se non lo fai.
Ma perché!
Senti cerebrolesa! Hai Tom Kaulitz nel tuo letto, che cazzo di motivazione ti serve?!?
...
Prendi il cellulare -  prese il cellulare - togli la suoneria - tolse la suoneria - apri lo sportellino della cam - aprì lo sportellino della cam - E togli il flash. - tolse il flash.
Senza ulteriori indicazioni della sua coscienza di fan andò con passo felpato in camera da letto, si accertò che il ragazzo dormisse veramente e dopo un minuto di esitazione in cui la sua cam andò in stand by si decise.
 
Era ancora girato di lato con la mano vicino al viso e la bandana, che non si era tolto, un po’ spostata di lato. Non molto, segno che aveva dormito fermo quasi tutta la notte.
Gli fece la foto in quella posizione, una e una soltanto, solo per ricordarsi almeno lei che quella notte aveva dormito con Tom Kaulitz.
Poi fuggì dalla stanza.
 
Brava.
Grazie.
 
Per evitare di deprimersi con pensieri funesti chiuse lo sportellino del cellulare, lo mise in ufficio, chiuse a chiave la stanza che provava al mondo intero quanto fan una ragazza potesse essere e andò a recuperare i suoi vestiti in camera da letto pensando alle cose più impellenti da svolgere.
Ossia andare a recuperare i croissant al bar.
 
***
 
A svegliarlo fu l’assoluta certezza di essere solo nel letto. Non avvertiva più il caldo provato tutta la notte e anche se percepiva le coperte che lo avvolgevano, sapeva che la sua fonte di calore personale non era più presente.
 
Aprì gli occhi e constatò che per una volta aveva ragione.
Era solo in camera. Non sentiva rumori dietro la porta chiusa e si domandò, non senza panico, se la nanerottola l’avesse lasciato da solo in casa sua.
 
Quello sarebbe stato un problema pari alla metropolitana.
Tanto per iniziare: come ci tornava a casa? E poi... come faceva con l’abitazione della ragazza? Di sicuro l’arpia non gli aveva lasciato le chiavi.
Ma poi lei... dov’è che abitava?
Se le fossero entrati i ladri in casa perché lui se n’era andato senza chiudere bene non se lo sarebbe mai perdonato.
 
Oh bhè, non esageriamo. Le ricomprerei tutto e si sistemerebbe la situazione.
 
Eppure era sicuro che la piccoletta non l’avrebbe perdonato così facilmente e a buon mercato.
 
Decise di alzarsi, tanto i suoi standard erano stati già ampliamente superati quando si era svegliato quella mattina alle otto e mentre controllava se Archana fosse in una delle stanze la sentì rientrare.
 
- Non puoi entrare lì dentro, è chiuso a chiave. E comunque non si curiosa in casa altrui. -
 
Ecco... mi mancava proprio la predica.
 
- Buongiorno anche a te nanerottola. -
- Non sforzarti di ricordare il mio nome, sono sicura che già l’energia che hai impiegato per usare le buone maniere ha prosciugato quel poco di cervello che hai. Comunque, nonostante tu sia un così evidente buzzurro, ho una sorpresa per te! - continuò lei senza neanche starlo a sentire.
- Ti hanno detto che sono Tom Kaulitz e che mi devi trattare bene e hai deciso di provare questa nuova esperienza? -
- No, ma figurati, con i miracoli neanche ci tento. Stiamo parlando di te, non sei un essere umano che va trattato bene. Al limite posso evitare di prenderti a frustate. Comunque, se vuoi vedere la sorpresa, vieni con me in cucina! - lo liquidò lei con un’alzata di spalle.
- Hai deciso di avvelenarmi con una tazza di latte? - si informò educatamente lui.
- Sei matto? Non si spreca il cibo, il latte men che meno! Al limite potrò farti svenire facendoti ingoiare una pallina intera di salsa wasabi. Magari ti annebbierà quel tanto che basta il cerv-...
- No, è impossibile, più annebbiato di così non è umanamente possibile. Siediti! -
Per l’ennesima volta Tom si ritrovò ad ubbidire senza riuscire a rispondere alle frecciatine della ragazza. La vide prendere un vassoio, tirare fuori qualcosa da un sacchetto e prima che potesse chiederle cosa stesse facendo si ritrovò davanti un enorme piattino con cinque croissant allineati e la faccia tutta contenta di Archana carica di aspettativa.
- ... -
- Non sapevo cosa preferissi. Allora le ho prese di tutti i tipi. -  spiegò pazientemente lei, neanche stesse parlando con un bimbo di cinque anni.
A quel punto Tom aveva una sola domanda da porre.
 
(Ti reputi sana di testa Per caso?)
 
- Le posso mangiare tutte? -  e sfoderò gli occhioni dolci.
Archana rise.
- Si. Le puoi mangiare tutte. Vuoi una tazza di caffelatte? O preferisci il tè? Ho anche il succo di frutta se vuoi!
- Quello che prendi anche tu a me va bene. -  e dirottò la sua attenzione sui croissant.
Ora si poneva un dilemma non da poco.
...
Con quale iniziava?
 
***
 
Archana lo guardò divertita mentre faceva fuori uno dopo l’altro i croissant che aveva preso e gli riempiva il bicchiere con succo all’ace.
Lei era diventata drogata di quella bibita, avrebbe potuto berne tutto il giorno senza mai stancarsi e le faceva piacere constatare che anche lui non ci andava leggero.
- Vuoi anche un caffè? -
Tom alzò lo sguardo e fece un cenno di diniego.
- No grazie, l’ace va più che bene. Non tollero molto bene il caffè mi rende nervoso -
Arc si rimangiò la battutaccia che stava per fargli.
Erano sicuramente le ultime ore in sua compagnia, sperava che almeno si ricordasse che aveva fatto lo sforzo di essere gentile con lui.
- Mi aspettavo una battuta sarcastica e invece niente, devo preoccuparmi? -
Bhè... se sei tu che me le tiri fuori è un altro discorso.
- Tu che ti preoccupi? Sai fare anche questo? Ma sei sicuro? - la faccia stupita di Archana era tutto un programma.
- No in realtà sono un mostro insensibile a cui non gliene frega niente della gente, sai com’è, ci tengo alla mia reputazione, è che non è da te stare zitta quando te la servo su un piatto d’argento... -
Gli scoppiò a ridere in faccia.
- Tu sei un cosa? Aspetta, dopo questa mi sa che devo far aprire anche il portone del condominio. -
Tom la guardò sospettoso.
- In che senso scusa? - sembrava quasi che gli stesse dicendo che non era un mostro insensibile, ma questo non era possibile trattandosi di Archana.
Che, invece,lo stupì.
- Tu sei un cucciolo troppo cresciuto in altezza, con gli occhi da cerbiatto ferito e il naso più bello del mondo, non saresti minimamente in grado di vedere qualcuno ferito e non fermarti a chiedere se serve una mano. No bhè, dai, così è esagerato. Non riusciresti a vedere qualcuno ferito e a non mandare qualcuno a verificare che stia bene. Fra le tante cose sei anche culopeso. -
Tom ghignò.
- No, ti prego, non pensare troppe belle cose di me, poi mi eccito! - sospiro dall’altra parte.
- Poi però ti ricordi che sei Tom Kaulitz il chitarrista rompicoglioni e torni a fare l’idiota, cosa che, se mi posso permettere, ti viene fin troppo bene. - ma Tom non ristette.
- Dai, DILLO! Dillo che sei innamorata di me e che tenti di nasconderlo in tutti i modi! - la sbeffeggiò.
- Senti gallo dalle uova d’oro, ora che io ammetto una cosa del genere fai prima a sposarti e avere figli. - e inarcò un sopracciglio.
- Non voglio darti una brutta notizia, nanerottola, ma i galli non fanno uova. -
- ... Mi contesti le uova e non il fatto che ti ho dato del gallo. Avrò di che riflettere per i prossimi cinque minuti! - chiaramente divertita dallo scontro, impari, Archana continuava quel gioco di botta e risposta.
- Non ti sforzare troppo - la redarguì lui fingendosi preoccupato.
- No tranquillo, già mettermi al tuo livello mi occupa troppe energie, se poi dovessi preoccuparmi anche di te e delle tue cazzate farei corto circuito in men che non si dica. Sai, in questo sei un asso!
- Nel mandare in corto circuito le ragazze? -  si informo lui, gasandosi per quello che le sembrava un accenno di complimento.
- No, nelle continue cazzate che dici. -
Tom non ce la fece più. Era troppo per lui.
Con un grossissimo sospiro la guardò in faccia e... scoppiò a ridere.
- Dio Archana, se non ci fossi ti dovrebbero inventare! Sai che sei la prima, e spero anche ultima, che mi risponde così? -
Archana, che si aspettava un commento acido, rimase spiazzata nel vedere Tom così rilassato e così allegro.
Un po’ le si scaldò il cuore, abituata com’era a vederlo ridere solo col fratello e con gli amici, nel rendersi conto che quella risata era scaturita per lei.
 
Finirà tutto molto presto.
 
Questo pensiero improvviso e alquanto molesto le attraverso la mente in un lampo.
E la fece tornare seria.
 
- Allora Tom. Ti andrebbe di spiegarmi cosa ci facevi ieri alla metropolitana e come mai non sei ancora stato ripreso e riportato alla base? -
 
***
- Ti giuro che un coglione grande come te e deficiente quanto te non l’ho mai visto e ringrazio i cieli per questo! Come può una star internazionale del tuo dannatissimo livello uscire di casa senza il cellulare, senza bodyguard, senza soldi, senza portafoglio e sperare di NON perdersi quando non sa usare neanche la metropolitana?! - lo scoppio d’ira della ragazza lo lasciò dapprima basito e poi infastidito.
- Non credo che siano affari tuoi! E comunque, di sicuro non ho pianificato tutto questo. Volevo solo uscire un po’ e fare quattro passi! -
- Quattro passi!? Dalle informazioni che ho io tu dovresti avere la casa dall’altra parte di Berlino! Come diavolo ti è saltato in mente di fare due passi a quell’ora di notte senza neanche sapere dove ti stavi girando!? E cosa più importante, come cazzo è possibile che a memoria non ti ricordi neanche mezzo numero di cellulare?! Non hai mai chiamato tuo fratello? -  cominciava ad avvertire una forte emicrania pulsarle nel cervello e quello non era un buon segno.
- Furba! Se sono sempre con lui, che motivo ho di chiamarlo al cellulare? Senza contare che ho sempre il mio con me, dovrei cercare solo il suo numero nella rubrica, a questo ci hai pensato? -  gli urlò dietro di rimando.
La vide irrigidirsi un attimo e poi sciogliere le spalle.
- E’ vero. Immagino però che tu sappia qual è il tuo numero di telefono. A quante donzelle l’hai rifilato? -  lo guardò attentamente. - Non l’hai dato in giro a quanto sembra. Mi fa piacere saperlo.-
 
E non sai quanto!
Zitta, che la situazione qui è tragica.
 
- ok. Non ti ricordi nessun numero? Neanche quello di casa? - provò a farlo ragionare.
- Ma ti pare? Sai quante volte hanno dovuto cambiare il numero di telefono di casa? Sono sempre riuscite a trovare il numero e a dare il tormento ai nostri genitori. - suonava amareggiata la sua risposta. Archana sentì l’impulso di chiedergli scusa.
- Mi spiace. Ciò non toglie che è lo stesso un casino bello grande per noi. Fammi pensare... e se chiamassimo la Universal? -
Tom si illuminò a giorno.
- Certo! Perché non ci ho pensato io? -  la faccia di Archana gli diede la risposta. Preferì tacere.
- Hai per caso internet? Troviamo il numero della Universal, gli diamo la via di casa tua, che per inciso non so quale sia e mi vengono a recuperare! -
Archana non lasciò che finisse che andò nello studio. Tom la seguì a ruota ma quando fece per entrare lei lo bloccò e gli chiuse la porta in faccia. Successivamente si sentì il rumore di una serratura che si chiudeva.
Ma per quanto Archana fosse stata veloce, Tom era riuscito a vedere uno squarcio della camera e quello che aveva visto l’aveva lasciato abbastanza basito.
Solo due poster gli erano rimasti impressi e sfortunatamente in tutti e due lui era presente.
È veramente una nostra fan.
Due minuti dopo sentì che Archana stava riaprendo, ma prima che potesse infilarsi nella stanza lei lo fulminò con un’occhiata raggelante.
- Provaci, e ti rado a zero. - dallo sguardo sinistro c’era da fidarsi.
Prese il cordless e lo diede a Tom.
- Questo è il numero. Chiama. Io vado a sistemare in cucina.
 
***
 
Quando tornò, lei aveva finito di lavare piatti e bicchieri e si apprestava a mettere sul tavolo le sedie per passare l’aspirapolvere.
 - Tutto risolto? - si bloccò quando lo vide arrivare.
Sbadiglio colossale dall’altra parte. - Si. Mi hanno fatto una lavata di capo e ho tagliato corto. L’unica cosa è che dovrei aspettare il pomeriggio. Per te sarebbe un problema? Per che ora devi essere al lavoro? -
Lei lo guardò interrogativa. - Per le 20. Perché? -
- Mi domandavo se potevo restare qui fintanto che loro non arrivavano a prendermi. Purtroppo mio fratello ha dato il tormento a tutti stanotte e a quanto pare è crollato solo stamattina. Vorrebbero venirmi a prendere con lui presente, ma per ora lo lasciano dormire... - si passò le mani sugli occhi - Ciò significa che forse, se sono fortunato, per stanotte mio fratello avrà smesso di sbraitare dopo che saranno venuti a prendermi. -  la guardò speranzoso - posso restare qui permanentemente? Così non lo sento per qualche giorno prima che vengano a cercarmi. -
- Non ho capito. Ti vengono a prendere nel pomeriggio perché tuo fratello vuole essere presente e fin qui ci siamo. Ma dove, lo sanno? - Archana aveva una faccia sempre più perplessa.
- A dire il vero no. Volevo prima sentire se tu eri d’accordo affinché rimanessi qui in casa tua. Nel senso, se per te non era un problema. -
- Ah. Bhè si, puoi restare qui, se prima delle 19 vengono a prenderti. -
- Se fossi una persona polemica ti farei notare che il tono che hai usato era troppo sorpreso per i miei gusti. - le fece osservare lui con un accenno di broncio. Ecchediamine aveva fatto le cose per bene e lei lo smontava?
- Sai com’è sono abituata al Tom idiota, non pensavo che ci saresti arrivato al fatto che dovrei andare al lavoro... -  liquidò il discorso lei.
- La prossima volta vedrò di ricord-...
Archana non resistette. Una volta poteva passare, ma due erano già troppe.
- NON CI SARA’ UNA PROSSIMA VOLTA, OK? -  sbraitò.
La voleva capire si o no, che lei sapeva che non l’avrebbe più rivisto o doveva fargli il disegnino?
- Te l’ha mai detto nessuno che per le crisi di nervi ci sono i calmanti? -  la rimbeccò lui.
- E a te l’ha mai detto nessuno che se parli con una fan non le puoi sventolare ipotesi come se niente fosse!? Non mi sembra tanto difficile da capire. - andò in sala, accese la televisione e fanculo alle pulizie per quel giorno.
 
Vaffanculo a te, a quel demente di tuo fratello e a tutta la vostra cricca di maledetti tedeschi rompicoglioni. Quanto mai sono venuta a recuperarti! E STAI ZITTA COSCIENZA DI MERDA CHE SONO GIA’ ABBASTANZA NERVOSA PER I FATTI MIEI!
Hai fatto tutto tu.
 
Tom la raggiunse e incrociando le braccia le chiese - Hai per caso le tue cose? -
Archana lo incenerì con lo sguardo.
- Tu... proprio non capisci. - si alzò dal divano su cui si era scaraventata pochi secondi prima. - tu non hai mai avuto degli idoli che per te era un sogno incontrare. Al massimo hai avuto idoli per cui hai detto “sicuramente lo vedo al prossimo party e gli chiedo un autografo. Anzi, magari lo chiederà lui a me”. Sai che c’è Tom? Non sono un giocattolo. Quindi piantala o ti scaravento sul pianerottolo. -
- Sembra quasi che per te sia importante che io mi ricordi di te. -  la interrogò lui.
Occhi al cielo dall’altra parte. - No guarda, non me ne frega niente. Ora cortesemente, fai la ripetizione di chiamata e avvisa che puoi rimanere qui. Io abito in Schwartzstrasse numero 9, il campanello è... vediamo, come faccio di cognome? - lo mise alla prova.
- Schneider! - andò a botta sicura lui.
- Sbagliato, Schmitt.- lo distrusse Arc.
- E che ho detto io? - cercò di smorzare la tensione Tom e parzialmente gli riuscì.
Archana lo lasciò fare, andò in camera da letto per lasciargli un po’ di privacy e si mise a sistemare il letto.
Neanche se mi pagano le metto a lavare 'ste lenzuola oggi.
Poi scostò le tende, aprì un filino la finestra per far cambiare l’aria e... sbatté contro Tom che l’aveva raggiunta.
- Accidenti, potresti annunciarti in questi frangenti! Ieri notte ti hanno sentito anche nello Zimbabwe!-
-... No niente è solo la mia fan che ha ingoiato cianuro. È da ieri che mi tratta male, pensa un po’... Senti Arc, non è che mi daresti il numero di casa? Nel caso ci fossero problemi e dovessero avvisarmi. -
Lei, avvertendo una profonda desolazione, abbassò gli occhi.
- Deficiente, è scritto sul cordless il numero. - come, come, COME aveva fatto ad arrivare alla sua età senza che qualcuno lo ammazzasse?
-... hai sentito? E adesso è in buona! Cioè, non oso immaginare che arma di distruzione di massa è quando è incazzata. - un tic all’occhio destro della ragazza lo avvertì che era molto vicino a vedere dal vivo suddetta arma.
- Bene, ti lascio, ho idea di dovermi nascondere in bagno per tornare a casa sulle mie gambe... -
Archana prese un pettine antico che teneva sul cassettone.
- Non era alle gambe che pensavo. - lo informò dolcemente lei.
- ... Si, decisamente devo andare in bagno... prendi nota velocemente il numero è... - ed elegantemente se la diede a gambe.
Arc scoppiò a ridere poi, cercando di riprendere un briciolo dello sguardo cattivo che aveva prima, peraltro riuscendoci benissimo, tornò in sala.
- Demente, esci fuori. Quel pettine si romperebbe con lo sguardo, figuriamoci se lo userei per i tuoi capelli. -
- non mi fido di te! - le rispose da dietro la porta.
- Oh grazie! Mi fa piacere che tu ci sia arrivato da solo!- Partì con voce zuccherosa -  Però ti informo che le porte di casa mia hanno bisogno tutti della stessa chiave.- Continuò con voce più bassa -  Ci metto mezzo minuto ad aprire quella porta e a prenderti a calci, quindi vedi di venir fuori. - finì abbaiando.
Ci fu un attimo di silenzio poi la serratura della porta scattò e Tom uscì fuori.
- Per la cronaca mi son lavato i denti. Non mi stavo nascondendo da te. - puntualizzò subito.
- Credici. Ora... come impieghiamo il tempo prima che i rinforzi arrivino?

***

La Lady Informa che è troppo stanca per tutto.
Domani correggerò eventuali errori ecc, prima di allora... scusate, non ce la fo proprio...
Ma grazie a tutti per le bellissime recensioni!
Vi amo!

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