Greedy for love

di xSabryx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 
Capitolo 1

‘Quant’è bella giovinezza
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
del doman non c’è certezza.’

~ Lorenzo De Medici 


 
 
"Non so se venire con voi."
"Ti prego, non cominciare con questa storia." sentii dall'altra parte del telefono. La mia migliore amica sembrava alquanto esasperata dai miei continui cambiamenti d'idea.
"Magari dovrei rimanere a casa con i miei, lo faccio tutti gli anni." dissi, girandomi verso il comodino affianco al letto per leggere l'orario sul mio orologio digitale: 7:18.
"Invece proprio perché lo fai sempre, è arrivato il momento di cambiare Sel. Muoviti, io e mio fratello ti passiamo a prendere alle otto e mezza." E' esagerato dire che mi aveva chiuso il telefono in faccia? Che amica del cuore... Sapevo però che lo stava facendo per me, per non farmi restare a casa a fare la polvere come era mio solito durante le feste natalizie.
Ero distesa sul mio letto, e stavo pensando a cosa fare. Andare a ballare era quello che tutte le ragazze facevano l'ultima notte dell'anno. Stare a casa ascoltando musica e mangiando fino allo sfinimento era tutto quello che facevo io. Ma forse Marika aveva ragione. Dovevo cercare di uscire da quello status di 'asocialità' in cui mi ritrovavo ormai da qualche tempo. In fondo era una serata in discoteca con qualche amica (tra cui lei). E ci sarebbe stato anche il fratello Francesco, che sicuramente non avrebbe permesso che ci accadesse nulla. Potevo sempre fingere di sentirmi male e mi avrebbero riportato subito a casa. Insomma, dovevo smetterla di pensare a come svignarmela e cercare di fare una sola cosa: divertirmi.
Uscii dalla mia stanza, attraversai tutto il corridoio ed entrai nella cucina, sulla sinistra. Arrivava un ottimo odore da lì, e le mie convinzioni precedenti già cominciavano a vacillare. Cercai di non farci troppo caso. Mia madre era indaffarata a preparare il cenone per tutti i parenti che aveva invitato, come faceva da diversi anni ormai. Anche quando si trovava ospite di qualcuno, finiva sempre per dare una mano in cucina, quindi aveva deciso che se avesse dovuto cucinare lei, avrebbe voluto avere almeno il comfort di farlo a casa sua. Era un'ottima cuoca inoltre.
"Mamma, ho deciso di andare alla festa." le dissi distogliendola per qualche secondo dal suo lavoro.
"Non avevi cambiato idea?" chiese con aria interrogativa. Non credo se lo aspettasse.
"Sì, ma Marika mi ha chiamata e... mi ha convinta. Ha detto che dovrei 'cambiare' un po'." Marcai la parola 'cambiare' come aveva fatto la mia stessa amica per telefono.
"Forse ha ragione. Ma ricordati di stare attenta." Già cominciava con le sue mille raccomandazioni.
"Certo, mamma. Ci sarà anche Francesco quindi credo che sarà una cosa abbastanza tranquilla." le spiegai.
"Okay, mi sembra un ragazzo perbene. E cosa intendi mettere?" mi chiese mandandomi nel panico. Come avevo fatto a non pensarci? Semplice, fino a pochi minuti prima non dovevo nemmeno andarci a quella festa.
"Andrò a cercare qualcosa in camera, meglio che mi sbrighi!" le lasciai un bacio di sfuggita sulla guancia e corsi via.
 
Alle 8:50 suonò il campanello, e finalmente Marika comparve sul ciglio della porta. Erano già arrivati alcuni dei miei parenti in quei venti minuti di ritardo che avevano criticato o apprezzato il mio abbigliamento. Non riuscivo più a sopportarli, quindi accolsi la mia migliore amica come una salvatrice. Salutammo velocemente mia mamma e gli invitati e ci dirigemmo verso la macchina di Francesco che sembrava un po' nervoso per il ritardo della sorella. Non era mai stata puntuale, e nonostante anch'io ci avessi fatto l'abitudine, lui sembrava proprio non accettare quella caratteristica di Marika. Quando entrammo in macchina, la sorella gli stropicciò un po' i folti capelli ricci e biondi per fargli scomparire il muso. E ci riuscì. Lui mise in moto e ci avviammo.
"E Sofia? Non viene con noi?" chiesi alla mia amica vedendo che stavamo già prendendo la strada per il locale.
"Il ragazzo si è preso la patente subito dopo Natale quindi viene con lui." mi rispose un po' scocciata. Sapevamo entrambe cosa significava che Sofia venisse con il suo fidanzato. Semplicemente, niente Sofia per noi.
"Prevedo che non la vedremo molto allora stasera." dissi sbuffando. La mia amica colse esattamente il significato delle mie parole.
"Già" disse solamente, con una scrollata di spalle.
 
La sala era già pienissima alle dieci, cosa che spiegò anche i nostri abbondanti quaranta minuti di fila per fare il biglietto. ‘Selene, puoi farcela’ mi continuavo a ripetere. Non ero la tipa che amava molto il caos, preferivo i posti tranquilli e quieti. L’esatto contrario del posto in cui mi trovavo in quel momento. Marika si tolse il cappotto rivelando un vestitino rosso che le metteva ben in risalto le curve. Le feci i miei complimenti mentre il fratello guardava i ragazzi intorno a noi come un segugio. Tolsi anch’io il mio trench. Non avevo addosso nulla di particolare: un top con disegni geometrici bianchi e neri e un pantaloncino nero a vita alta. Avevo messo le scarpe basse in modo da potermi muovere senza soffrire di mal di piedi dopo le prime due canzoni. Francesco riconobbe alcuni dei suoi amici e andò da loro per salutarli. Anche Marika riconobbe le sue compagne di classe che io conoscevo più che altro di vista.
Ci avvicinammo a loro e queste si presentarono. Erano tutte magre, alte e bellissime. Mi sentivo veramente come un cane nella savana. Cosa ci facevo lì? Sperai almeno che non badassero a queste cose. Cercai intanto di trovare Sofia, ma non si vedeva. Non era proprio il perfetto inizio di serata.
 
Non ero mai stata una persona a cui piace bere, ho sempre trovato la cosa stupida e da incoscienti. Ed io volevo essere cosciente delle mie azioni.
Andammo al bar, io pensavo di prendermi una coca cola. Ma le altre quando sentirono la mia ordinazione scoppiarono a ridere. Ci rimasi davvero male perché credevano che stessi scherzando. Mi consigliarono di assaggiare un cocktail, di cui sinceramente non sapevo neanche gli ingredienti. Non ero mai stata a questo genere di feste quindi era per me un mondo nuovo. Sapevo che era alcolico, non ero poi così sfigata.. ma decisi di provare, contro tutti i miei principi.
A ogni sorso sentivo la gola bruciare, l’alcool era mischiato ad un sapore che mi ricordava vagamente la pesca, ma non ne ero certa. All’inizio sembrava tutto normale, anzi mi era pure piaciuto. In fondo non era male. Tornammo in pista per una nuova canzone. Ero leggermente più euforica del normale ma in fondo non era male la sensazione. A un certo punto i miei occhi si posarono su un gruppo di ragazzi. Li conoscevo bene e nonostante quel tocco di euforia del cocktail, li riconobbi. Erano alcuni dei miei compagni di classe che non vedevo dall’inizio delle vacanze. Erano insieme ad altri ragazzi di un’altra quarta. C’erano Claudio, Paolo e Leonardo e stavano parlando con delle ragazze che non avevo mai visto. Non so cosa mi passò per la testa in quel momento, ma decisi di avvicinarmi nonostante non avessi un gran rapporto con loro.
“Ragazzi! Anche voi qui?” Gridai loro. Stavo letteralmente urlando.
“Ehi, Selene. Wow.. ehm.. Non ci aspettavamo di vederti.” rispose Claudio, lasciandomi un po’ di amaro in bocca.
“Già, perché non sei a casa a far la nanna?” Paolo aggiunse. Lo detestavo, in classe era di sicuro quello che odiavo di più.
“Credi che io sia una bambina scusa?” c’ero davvero rimasta male. Non mi piaceva andare in giro per locali e discoteche ma questo non significava che ero una poppante.
“Ehi, ehi, calma. Paolo stava scherzando.” Cercò di chiarire Claudio.
“Ma io non stavo scherzando.” Disse ridendo l’altro, facendomi innervosire più del possibile. Girai i tacchi e me ne andai. Ma come mi era venuta in mente l’idea di avvicinarmi a quei tipi? Poi Paolo. Glie l’avrei fatta pagare questa.
“Sel!” Marika mi afferrò per il braccio. “Noi ci facciamo un altro giro di cocktail, ma se non ti va non ti preoccupare. Nessuno ti obbliga.” Lei era più abituata di me a bere e forse conosceva i suoi limiti. Io no, ma improvvisamente non me ne importava.
“Mi unisco a voi!” dissi pensando a Paolo. Vediamo ora chi è la bambina.


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Ciao a tutti!
Dopo una lunghissima pausa, sono tornata a scrivere,
e sono davvero entusiasta di iniziare una nuova fanfiction!

Mi presento comunque: sono Sabrina, ho 17 anni e adoro scrivere. Ti permette di spaziare con la mente ed è una cosa che personalmente faccio spesso, soprattutto per evadere da tutto.

Lasciando perdere me, di cui vi importerà poco magari, sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate di questo inizio. Ma come tale, ci sono ancora tante cose che potrete scoprire nei capitoli successivi. Cosa vi aspettate? Chi è il coprotagonista, che se la vedrà con Selene?

Aspetto recensioni!
Al prossimo capitolo (che è già pronto quindi potrei postarlo non appena leggo tre recensioni).
Baci xx
Sabry

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 
Capitolo 2

‘Se ho fatto una sola cosa buona nella mia vita,
me ne pento dal profondo del mio cuore.’

~ William Shakespeare
 
 
“Si sta svegliando.”
“Dai Sel, svegliati.”
Delle voci confuse ronzavano nella mia testa. Una o forse più voci ma non ne ero sicura. Aprii leggermente gli occhi, scorgendo un’intensa luce. Tuttavia non riuscivo ancora a realizzare nulla.
“Cosa..” prima che potessi dire alcunché sentii un peso schiacciarmi. Era Marika che mi abbracciava, e la distinsi per i suoi capelli tinti di color prugna. Come adorava quel colore.
“Selene Carbone, mi hai fatto venire un colpo!” dopo che lei si fu staccata da me realizzai di essere nel suo letto, nella sua cameretta. E di avere addosso i vestiti della sera precedente.
“Ma cosa è successo?” Ancora non riuscivo a focalizzare bene tutto. Dopotutto mi ero appena svegliata, e soprattutto dopo una festa. Una lampadina si accese: la festa.
“Diciamo che al terzo cocktail non hai retto e sei svenuta... Ho dovuto chiamare tua mamma e convincerla a farti dormire qui per evitare che si arrabbiasse con te.” Mi spiegò la mia amica.
“Ma tua madre mi avrà vista, e potrebbe raccontarle tutto. Ancora mi gira la testa, caspita.” Dissi massaggiandomi la parte dolorante.
“Tranquilla, mia madre è stata ad un veglione col compagno, è tornata più tardi di noi.” Disse scrollando le spalle.
“Perdonami, non avrei dovuto rovinare la serata. Lo dicevo che era meglio rimanere a casa.” Non credevo di voler ripetere l’esperienza in futuro.
“Ma no dai, è stata anche colpa mia che ti ho lasciato fare. Sapevo che eri alla tua prima bevuta e non avrei dovuto farti arrivare al terzo cocktail. Comunque vedi il lato positivo, hai conosciuto un ragazzo.” Quasi mi strozzai con la saliva quando disse quella cosa.
“Ma io non ricordo nessun ragazzo!” Volevo morire. Chi era costui?
“Purtroppo io non sono riuscita a vederlo in faccia, quindi non posso esserti d’aiuto, ma da lontano sembrava carino. Alto, magro… ” Mentre lei mi descriveva quel poco che riusciva a ricordare, io mi misi le mani sul volto. Sperai solo di non aver fatto nulla che da sobria avrei ritenuto sbagliato.
 
Marika mi raccontò meglio cosa era accaduto durante il resto della serata, della nostra fuga a casa sua e di come io fossi sprofondata nel sonno più profondo fino alle dodici di mattina. Cosa insolita per una mattiniera come me.
Decisi di cancellare quella serata, di cui cercai di evitare l’argomento con mia madre. Quando mi aveva chiesto com’era stata la festa, le avevo risposto con aria di sufficienza: ‘Bella’, i dettagli non erano disponibili neanche per me.
 
Finirono le vacanze e quel freddo venerdì 7 gennaio iniziai, come al solito, a camminare verso scuola. Il mio tragitto includeva un parco alberato, anche se la maggior parte degli alberi erano spogli, e una serie di palazzi di nuova costruzione. Mentre passavo proprio vicino a questi, vidi Paolo, sull’altro ciglio della strada, che aspettava Claudio, come tutte le mattine. Non ci salutavamo mai, era una persona insignificante per me. Forse la peggiore della mia classe. Con la sua aria di superiorità e il suo carismatico sorriso. Tutte sembravano morirgli dietro, ma a lui non erano mai interessate le storie serie. Povere illuse.
 
Fu così che mi ritrovai a fissarlo, e quando anche lui alzò la testa mi salutò con un cenno della mano. Io, del tutto sbalordita, ci misi qualche secondo prima di ricambiare il gesto. Intanto la mia mente si stava chiedendo cosa fosse cambiato: niente, per ciò che rammentavo. Addirittura l’ultima volta che ci eravamo visti, durante quella stupida festa, mi aveva umiliata e derisa (perché, ovvio, questo me lo ricordavo). Continuai a camminare, ascoltando Radioactive degli Imagine Dragons. Quella canzone mi dava una carica enorme, e ne avevo davvero bisogno per affrontare quella giornata.
 
Quando arrivai in classe, c’erano solo sette persone: come al solito io ero una delle prime. Poi c’erano i ritardatari per il traffico, che o provenivano da paesi o semplicemente partivano tardi da casa, e i ritardatari per scelta, che preferivano passare il minor tempo possibile a scuola. Credevo accadesse in tutte le classi comunque. Bianca e Alessandra, le due persone con cui sono sempre andata più d’accordo mi aspettavano in classe, curiose di sapere come avevo trascorso le vacanze. Bianca, la mia compagna di banco, mi raccontò di essere stata in Francia per dieci giorni presso sua zia che abitava lì da anni ormai; mentre Alessandra aveva trascorso le vacanze natalizie in famiglia. Quanto la invidiai. Io raccontai della mia terribile esperienza, omettendo qualche passaggio di cui andavo poco fiera. Ad esempio non raccontai del misterioso ragazzo conosciuto in quell’occasione, tanto sarebbe rimasto un’incognita per tutta la mia vita. C’erano così tante persone in quella sala che le possibilità erano troppe ed io non ricordavo nulla di lui.
Ben presto fummo tutti in classe, il professore mise due o tre ritardi ai soliti e poi iniziò la lezione di matematica. “Oggi parleremo di logaritmi, fate attenzione perché il compito che faremo a breve su quest'argomento sarà decisivo per il voto in pagella del primo quadrimestre.” Molti non gli diedero ascolto, in fondo a cosa serviva prendere un buon voto nel primo quadrimestre se poi nel secondo questo era azzerato? In realtà, a me importava. Ci tenevo a prendere bei voti e per fortuna c’era qualcun altro in classe che la pensava come me. Non ero una nerd, ma ci tenevo a fare il mio dovere.
La giornata procedette finché non arrivò la ricreazione. Eravamo un bel gruppo ammassato vicino la finestra, sotto la quale c’era il termosifone tanto reclamato a causa del freddo invernale. Tutti raccontavano delle loro vacanze con malinconia. Io ero invece contenta che fossero finite. Quella serata me le aveva rovinate.
“Ci siamo incontrati con Selene alla vigilia di Capodanno.” Disse Claudio, e sentii le mie guance arrossire. Diamine, perché ero così in imbarazzo? Okay, loro erano lì ma questo non significava necessariamente che mi avessero vista brilla.
“E’ stata una bella serata” mi limitai a dire, come se non fosse accaduto nulla di tanto straordinario.
“Una serata interessante direi.” Disse a quel punto Paolo, avvicinandosi al gruppo e fissandomi come mai aveva fatto. Ancora non mi era chiaro cosa gli fosse successo quel giorno.
“Non iniziamo con questa storia Paolo. Poi litighiamo e non mi va di fare una scenata.” In classe mia spesso capitava di assistere ai comici teatrini del gruppetto di galline. Io di certo non volevo essere una di loro.
“Dai che in fondo mi vuoi bene.” Ero sul serio senza parole.
“Non credo proprio, e penso di avertelo fatto capire anche quella sera.” Alle mie parole ci fu un ‘Uh’ generale di quegli stupidi di compagni che mi ritrovavo. Sospirai nella speranza che la campanella suonasse il prima possibile.
 
Ad ultima ora la mia testa cominciò a gridare aiuto. Era il primo giorno di scuola dopo le vacanze e già non ce la facevo più. La professoressa di latino entrò in classe, accompagnata dalla scia di quello che sembrava più un cattivo odore che un profumo. Dopo averci dato il buongiorno, posò la borsa e i libri sulla cattedra e tirò fuori un foglio che in controluce sembrava mostrare dei disegni. Eravamo tutti impegnati a fissarla nell’attesa che ci spiegasse le sue intenzioni. Poi iniziò a parlare.
 
“Ragazzi so che vi starete chiedendo cosa ho da dirvi. Prima delle vacanze si è riunito il consiglio di classe e abbiamo discusso un po’ dell’andamento generale." Una specie di ronzio cominciò a sentirsi in tutta l’aula. “Fate silenzio, non devo darvi una brutta notizia. O almeno, spero che non lo sia. Per evitare che in classe si crei il solito chiasso e per aiutare le persone con più difficoltà, abbiamo deciso di modificare i posti che occupate attualmente e sostituirli con una disposizione provvisoria. Sappiamo che siete grandi e vi abbiamo sempre dato la possibilità di scegliere, ma vorremmo provare a vedere se la situazione migliora cambiando la sistemazione dei banchi.” Alle parole della professoressa sorsero lamentele ovunque. La nostra classe non era molto unita, quindi cambiare posto poteva significare ritrovarsi accanto a qualcuno con cui non si andava d’accordo o peggio, vicino a qualcuno con cui non si parlava proprio. I professori forse non avevano tenuto in considerazione questo piccolo particolare.
La professoressa ci mostrò dunque il foglio che aveva in mano con i nostri nuovi posti. Ci avvicinammo alla cattedra per vedere dove e con chi eravamo capitati. Io che ero un po’ più bassa ero rimasta bloccata dietro a quelle ‘torri umane’ che erano i miei compagni, in un primo momento non riuscii a vedere nulla. Vidi Paolo allontanarsi con un sorriso soddisfatto e mi fece rabbia l’idea che a lui potesse essere andata bene. Finalmente arrivai ad ottenere un po’ di spazio per guardare il tanto cercato foglio. Mi fece piacere notare che ero ancora al quarto banco, almeno avrei potuto distrarmi come al solito senza essere ripresa. Ma sentii una fitta allo stomaco quando lessi il nome del mio nuovo compagno di banco: Paolo Cascina. Davanti a noi ci sarebbero stati Claudio e Bianca, e ringraziai il cielo che avrei potuto aver vicino almeno lei. Tornammo ai nostri posti, quelli che sarebbero rimasti tali solo per poco meno di un’ora ormai. Poi la lezione iniziò.
Guardai nella direzione di Paolo e anche lui mi stava guardando. Sbuffai, e lui per ripicca fece finta di mandarmi un bacio. Coglione.


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Hola!
Mi scuso tantissimo per il ritardo, vi prego di perdonare la mia disorganizzazione.
Vorrei ringraziare le persone che seguono la storia, coloro che l'hanno recensita e anche chi semplicemente la legge! Davvero siete tutti in my heart.

Spero che il secondo capitolo vi sia piaciuto, nonostante il suo tardo arrivo, e mi auguro di non aver deluso le vostre aspettative. Vi dico solo che.. siamo ancora all'inizio. Ma ora voglio sapere... cosa ne pensate di Paolo? Muoio dalla voglia di scoprire se la pensate come me su di lui.

Ma ci arriviamo a quattro recensioni? Prometto di pubblicare prima il prossimo capitolo.
Baci xx
Sabry

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



Capitolo 3
 
‘Non c’è nulla interamente in nostro potere,
se non i nostri pensieri.’

~ Renato Cartesio
 
Tornai a casa ancora amareggiata per la magnifica notizia ricevuta. Già la scuola era un carcere di per sé, ora avevo anche un pessimo compagno di cella. Guardai sul telefono la lista delle canzoni, pentendomi di non averne scaricate di nuove. Era da un po’ che non mi interessavo di musica nuova, la verità era che ciò che preferivo delle canzoni era il ricordo a cui le attribuivo. Ogni canzone mi faceva ripensare ad un particolare momento della mia vita. Così decisi di ascoltare ‘Counting Stars’ dei OneRepublic ricordandomi di quella notte stellata trascorsa durante l’estate precedente. Sorrisi al pensiero di me e le mie amiche distese sulla spiaggia di notte a guardare quei mille puntini luccicanti, con il rumore delle onde come sottofondo. E un improvviso senso di malinconia mi pervase. Pochi mesi, e forse avrei potuto rivivere un momento del genere.
Dopo pranzo mi catapultai in camera per ripetere gli ultimi argomenti di filosofia che avevo già studiato durante le vacanze. Il mio telefono vibrò e lo sbloccai per leggere il messaggio. Era Claudio.
‘Selene, scusa il disturbo. Potresti darmi una mano con filosofia?’
Era dall’inizio dell’anno che mi chiedeva i compiti, cominciai a domandarmi se avesse un diario. Non era possibile che non li scrivesse mai.
‘Certo. Vuoi solo le pagine dell’ultimo assegno o tutte quelle che servono per l’interrogazione?’
La risposta arrivò subito.
‘In realtà pensavo che potremmo vederci, se ti va. Ho davvero bisogno di prendere un buon voto. Dai, vieni a casa mia per le 4, ti offro una merenda con i fiocchi.’
Rimasi sconvolta per l’invito e sorrisi per l’offerta non poco invitante della merenda. Ma si, in fondo Claudio era un bravo ragazzo, a differenza del suo amichetto deficiente, quindi perché non aiutarlo.
‘L’offerta è molto allettante. Ci vediamo dopo!’
Cliccai invio e guardai l’orario sul mio orologio: 2.35. C’era tempo per un sonnellino.
 
“Prego, entra!” disse Claudio. Varcai la soglia di casa sua e rimasi esterrefatta. La casa era stupenda, in perfetto ordine. Il pavimento era in parquet e l’ambiente era grande ma confortevole. La signora Ceppi uscì da quella che pensai fosse la cucina e mi venne incontro per salutarmi.
“Molto piacere Selene, io sono la mamma di Claudio.” Disse porgendomi le mano che io strinsi delicatamente. La signora aveva un aspetto per così dire angelico, con i capelli biondi leggermente mossi e gli occhi color nocciola. Solo alcune rughe le segnavano il viso, ma non rovinavano per niente il suo aspetto. Anche il suo sorriso era confortevole, dava l’impressione di essere una persona con cui è piacevole trascorrere del tempo. Claudio aveva i suoi stessi occhi ma i suoi capelli erano neri come la pece, e anche la pelle era più scura.
“Piacere mio.” Risposi, poi Claudio mi fece togliere il giubbino e lo appese in un apposito appendiabiti per gli ospiti. Tutto lasciava pensare che la sua famiglia stesse abbastanza bene economicamente.
“Andiamo in camera mia, lì staremo più tranquilli.”
 
“Cogito ergo sum. Penso quindi esisto.” Spiegai per  la terza volta a Claudio. Cartesio proprio non gli piaceva.
“Ma che senso ha una cosa del genere? Cioè una persona esiste soltanto perché pensa? Non significa nulla!” replicò lui.
“Non puoi non pensare a qualcosa, quindi un senso ce l’ha. Comunque a te cosa importa se ha senso? Tanto devi dirlo così alla professoressa.” Risposi gesticolando un po’.
“Mi importa perché mi chiedo quale sia il motivo per il quale noi studiamo queste cavolate.” Forse aveva ragione. Improvvisamente il suo telefono squillò. Claudio lo prese e rispose.
“Ehi.. Lo so, lo so. La sto facendo anch’io. Una cosa impossibile.’ Parlava di filosofia supposi. ‘Casco, non so come aiutarti.”
“Casco?” mi venne spontaneo chiedere.
“E’ Paolo.” Rispose, e sentii un’altra fitta allo stomaco. Perché mi dava sempre quella sensazione il suo nome. “No Casco, non parlavo con te ovvio. Chi c’è con me? Selene.. Cosa?”
“Che dice?” chiesi curiosa. Ormai ero stata messa in mezzo.
“Vuole parlare con te.” Volevo morire. Poi pensai che non avevo nulla da temere. Con la mia acidità e la repulsione che provavo verso di lui non sarebbe durata molto la conversazione. Feci cenno a Claudio di passarmi il cellulare.
“Pronto?” dissi.
“Compagna di banco! Che onore!” Disse Paolo. Non capivo se fosse ironico o meno. Decisi nel dubbio di stare al gioco.
“L’onore è tutto mio. Allora, cosa desidera?” chiesi, ansiosa di concludere la chiacchierata, fin troppo amichevole per i miei gusti.
“Se avessi saputo che davi lezioni private, ne avrei prenotata una prima di quel coglione di Ceppi.” Disse. “Guarda che ti sento stronzo!” replicò l’amico. “Scusa tesoro!” risi alla sua risposta.
“Mi dispiace, troppo tardi.” Aggiunsi io.
“Non fa nulla, tanto ora avrò tutti i giorni per farmi aiutare, bambola.” La mia mente si soffermò solo e solamente su ‘bambola’.
“Bambola?” chiesi senza parole.
“Pensavo ti piacesse come soprannome.” Affermò serio. Ma era la prima volta che mi chiamava così.
“E quando te l’avrei detto che mi piace?” chiesi infastidita. Claudio intanto rideva ascoltandoci.
“Quindi tu.. niente, lascia stare. Ripassami Claudio che già mi sono stancato di parlare con te.” Un secondo prima mi aveva chiamata ‘bambola’ con una confidenza che non c’era mai stata tra noi, e poi mi scaricava così. Decisi di non alterarmi per non rovinarmi la serata.
“Subito.” Mi limitai a dire prima di passare il telefono al suo legittimo proprietario.
I due parlarono un altro po’ mentre io mi rileggevo gli schemi di filosofia senza dar loro molto conto. ‘Meglio pensare alle cose serie’ mi dissi, e di certo Paolo, o Casco come lo chiamava Claudio, non era né serio, né utile. Anzi era del tutto insignificante. Ma perché ci stavo ancora a pensare? Quando ebbero finito la chiamata Claudio si rivolse a me con un sorriso.
“Scusa. Che ne dici di fare merenda?”
“Non aspettavo altro.”
 
Il mattino seguente un timido sole mostrava qualche raggio tra le nuvole, anche se la sua presenza sembrava del tutto vana viste le basse temperature. La mia era una città di montagna fondamentalmente, e in fondo ci ero abituata. Arrivai velocemente a scuola, senza fare alcun incontro che avrei ritenuto in quel momento sgradevole. La serata con Claudio era andata bene, lui era simpatico e la madre gentilissima. Mi piaceva l’idea di frequentarlo anche più che come semplice compagno di classe.
Arrivata in classe, lasciai lo zaino vicino al mio ‘nuovo’ banco e fui contenta che almeno Paolo non fosse ancora lì. Sperai in realtà che non venisse affatto, in modo da risparmiarmi il primo giorno di tortura. Purtroppo dopo cinque minuti, il mio acerrimo nemico varcò la soglia della porta della classe, e io sospirai scocciata guardando Bianca. ‘Dai, ce la farai!’ mi aveva rincuorato, ricordandomi anche che lei sarebbe stata proprio davanti a me se avessi avuto bisogno.
Paolo si sedette affianco a me e mi diede il buongiorno, come se fossimo amici. Io risposi per educazione ma avrei voluto tanto dirgliene quattro per il suo comportamento.. di sempre.
Durante la mattinata non mi diede molto a parlare, anche perché ogni occasione era buona per entrambi per alzarci. Non sarebbe stato facile affrontare un intero anno in quel modo. Pesante davvero.
 
“Mi piacerebbe sapere cosa disegni su quei fogli.” La voce di Paolo mi sorprese. Stavo appunto facendo uno dei miei scarabocchi mentre la professoressa di arte cercava di spiegare qualcosa anche se nessuno la ascoltava.
“Nulla, sono solo dei ghirigori che faccio quando non ho voglia di seguire le lezioni.” Dissi minimizzando al massimo il mio lavoro.
“Fammi vedere.” Disse strappandomi i fogli di mano, senza chiedermi il permesso.
“Ridammeli!” gli urlai contro, ma senza alcun successo.
“Caspita Sel, sei veramente brava!” non c’era alcuna ironia nelle sue parole, solo ammirazione. Mi stupì.
“Grazie.” Risposi sentendo un leggero calore alle guance. Ero.. in imbarazzo.
“Hai mai pensato di farli vedere a qualcuno?” disse rivolgendo il suo viso di nuovo verso di me. Era proprio serio, come non lo avevo mai visto.
“No, è solo un hobby.” Gli spiegai, senza capire il suo intenso interessamento.
“Beh, per me dovresti bambola.” Ancora quel soprannome?
“La smetti di chiamarmi così?” chiesi, ma ridendo.
“No, sei la mia bambola ormai. Ho deciso.” Disse per poi tornare a guardare i miei disegni, lasciandomi letteralmente senza fiato.

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Ciao a tutti!
Sono (finalmente) tornata per un nuovo capitolo. Prima di parlare di quest'ultimo, vorrei ringraziare davvero di cuore chi ha recensito la storia e chi la legge. Vi adoro! Ho chiesto quattro recensioni e avete avverato il mio desiderio. Grazie mille!

Parlando invece della fanfiction, con questo capitolo scoprite un po' il personaggio di Claudio, migliore amico di Paolo anche se abbastanza diverso da quest'ultimo. Come si evolverà il rapporto di Selene con entrambi?
Al prossimo capitolo!
Baci xx
Sabry

P.S. Se arrivassimo a 5 recensioni, potrei postare immediatamente il prossimo capitolo ;)

 

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