Ognuno è artefice del proprio destino di Vavi_14 (/viewuser.php?uid=405550)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La prima impressione è quella che conta ***
Capitolo 3: *** Distanze ***
Capitolo 4: *** Presenze indesiderate ***
Capitolo 5: *** Per noi ***
Capitolo 6: *** Di pugnali, lenzuoli sospetti e niente da perdere ***
Capitolo 7: *** Peggio di così non può andare (o forse sì?) ***
Capitolo 8: *** Sguardi divergenti ***
Capitolo 9: *** Cose che non sai ***
Capitolo 10: *** Un peso può essere condiviso? ***
Capitolo 11: *** La nascita di un assassino ***
Capitolo 12: *** Colpevole ***
Capitolo 13: *** A volte ritornano ***
Capitolo 14: *** Di furti e saponette ***
Capitolo 15: *** Limite umano ***
Capitolo 16: *** Un inferno per due ***
Capitolo 17: *** In bilico ***
Capitolo 18: *** Aiutami ***
Capitolo 19: *** Accettazione ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Il
pomeriggio è il momento della giornata che più
detesti,
specialmente quando il responsabile ha la luna storta e decide di
togliervi anche quell'ora d'aria che ormai avevi iniziato a
considerare come una benedizione. Non c'è neanche uno
stralcio di
finestra in quella maledetta cella, solo due sudici futon, un
tavolino rettangolare, un bagno alla turca e quattro libri impilati
l'uno sull'altro che non hai mai osato aprire. Qualche volta hai
lanciato loro occhiate curiose, pensando che forse avresti potuto
provare a leggerne uno, ma la verità è che
preferisci rimanere con
i piedi per terra, ancorato a quella realtà che infondo
credi di
esserti meritato.
Togli
una mano da sotto il cuscino per afferrare un piccolo ritaglio di
fotografia che tieni nascosto sotto il materasso, lontano da occhi
indiscreti e dalle male lingue. Incroci le iridi azzurre con quelle
chiarissime di lei, osservi quel sorriso timido ma
innamorato
che ti appare quasi ogni sera prima di andare a dormire e infine
studi i capelli scuri, potendone quasi sentire la morbidezza sotto i
polpastrelli. Accanto a lei, guancia a guancia, c'eri tu, ma quella
metà è stata strappata; non vuoi più
guardare negli occhi il
ragazzo che eri prima di entrare lì dentro, desideri
scontare i tuoi
crimini anche se lei ti ha sempre difeso e creduto innocente.
Il
rimbombo di due passi in lontananza ti distoglie dai tuoi pensieri e
di scatto nascondi la foto, mettendoti a sedere sul materasso. Non
è
il momento delle visite, né hai fatto qualcosa di male negli
ultimi
giorni, eppure la guardia sembra venire proprio verso di te.
«Uzumaki»
dice, infilando distrattamente la chiave nella serratura e aprendo le
sbarre con uno strattone.
Gli
vai incontro, scrutando un fascicolo sospetto che tiene per le mani.
«Che
succede?» domandi, leggermente sulla difensiva.
L'uomo
distende gli angoli della bocca in un ghigno che vorrebbe essere
rassicurante.
«Da
oggi avrai un compagno di stanza»
Spalanchi
le palpebre, per poi aggrottare le sopracciglia. «È
proprio
necessario?»
La
guardia ti fulmina con lo sguardo, facendoti deglutire.
«La
tua cella è l'unica libera, Uzumaki, perciò
starai con un detenuto
di un altro penitenziario»
«Come?!»
«Uchiha
Sasuke, ti dice qualcosa?»
Rimani
a bocca aperta, prendendoti qualche secondo per riflettere.
«Mai
sentito» ti arrendi poi, sbuffando appena.
«Perché è dentro?»
Dall'espressione
eloquente della guardia capisci che quella era l'unica
domanda che non avresti mai dovuto fare.
Ti
batte una mano sulla spalla non troppo dispiaciuto. «Pluriomicidio»
****
Ma Buonasera!
Inutile dire che le idee vengono sempre al momento sbagliato. Sto avendo un periodo un po' nero ultimamente, perciò sono poco in vena di scrivere cose leggere, ecco. Diciamo che questo è un po' il modo di sfogarmi. Comunque, si tratterà di un'altra raccolta (l'ennesima, sì), i cui protagonisti saranno sempre loro, Naruto e Sasuke, in veste di detenuti stavolta.
Credo si alterneranno flash a one (io e limiti di parole non andiamo d'accordo), nelle quali verranno poi spiegati tutti i dettagli man mano che si prosegue con la storia.
Mi sono informata un po' sia sulle prigioni americane che su quelle giapponesi, perciò farò un mix di entrambe, dato che non ci troviamo in un luogo specifico. In ogni caso vi spiegherò tutto qui sotto volta per volta.
Probabilmente comparirà qualche altro personaggio, ma solo a fare da sfondo.
Spero che questo esperimento possa interessarvi e niente... se vi va fatemi sapere cosa ne pensate! :)
Ps. La tastiera del mio PC è defunta, perciò al momento sono in crisi mistica e credo che per un pò non potrò pubblicare. Troverete comunque un avviso anche sulla mia pagina... purtroppo la sfiga mi perseguita. In ogni caso cercherò di essere presente dal cellulare almeno per le recensioni. Ovviamente il capitolo è stato scritto prima della tragedia e pubblicato grazie ad un altro PC che ho potuto usare stasera. Spero di trovare presto una soluzione.
Pps. Dimenticavo... il raiting potrebbe salire a rosso!
NB. Il banner è stato realizzato da me, ma le immagini sono di proprietà degli artisti che le hanno disegnate. Lo sketch di Naruto è opera di Lori M Lee, mentre Sasuke è stato realizzato da Sasufan71 (potete trovare la sua galleria su Deviantart).
Vavi
|
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Capitolo 2 *** La prima impressione è quella che conta ***
La
prima impressione è quella che conta
Non una
parola. Dal momento in cui è entrato in quella
cella sono
passati circa cinque giorni, eppure non accenna a voler tentare un
approccio con gli altri detenuti, né tanto meno con te.
Sei rimasto
sorpreso quando al posto dell'uomo barbuto con gli occhi vitrei che
ti eri immaginato è comparso un ragazzo pallido,
più o meno della
tua età, qualche ciuffo nero sul volto a nascondere dei
lineamenti
delicati e due pupille scure nelle quali l'unica cosa che hai
percepito è stato un nauseante senso di vuoto; non un'altra
emozione
sembrava animare il suo cuore.
Si tiene
alla larga dalle risse, cammina a testa bassa e ha lo sguardo perso
chissà dove; talvolta si dimentica di indossare la camicia
azzurra
che vi identifica come prigionieri, preferendo quasi sempre una
maglia grigia a maniche lunghe, che fuori facciano quaranta gradi o
si geli dal freddo.
C'è un
unico momento in cui sembra finalmente tornare umano
ed è
quando si concede quei cinque minuti di relax sdraiato sul futon,
poco prima del turno pomeridiano di lavoro. Chiude gli occhi ma non
dorme, forse è sempre lontano, in una dimensione non
accessibile ad
altri, eppure sembra tranquillo, i muscoli facciali rilassati e il
respiro stranamente regolare.
«Che
diamine hai da guardare?»
Salti sul
materasso come se ti fossi appena seduto su un chiodo appuntito.
Impieghi qualche secondo per capire che a parlare è stato
proprio il
tuo compagno di cella.
Ti fissa
con un occhio aperto e uno chiuso, rimanendo immobile nella sua
posizione. Sul momento l'unica cosa che ti viene in mente è
la
certezza che non sia affetto da mutismo.
«Ecco,
tu...» ti gratti la nuca, potresti inventarti qualsiasi cosa,
ma
alla fine decidi di rivelare quello che ti passa per la testa. Che
poi è uno dei motivi per cui puntualmente ti ritrovi in
infermeria
un giorno sì e l'altro pure. «...sei
strano» butti lì,
senza guardarlo.
Aspetti un
qualche tipo di reazione, ma ottieni solo un sospiro indifferente
come risposta.
«Però,
insomma...- ti fai coraggio, dopotutto se avesse voluto pestarti lo
avrebbe già fatto - non sembri per niente un
assassino»
Forse è
solo una tua impressione, ma dopo quell'affermazione il silenzio
della cella ha iniziato a farsi sempre più pesante. Guardi
nervosamente oltre le sbarre, chiedendoti perché diavolo
quegli
sciagurati dei tuoi compagni abbiano deciso di schiacciare tutti un
pisolino proprio in quell'esatto momento.
Quando,
ancora titubante, torni a guardarlo, ti accorgi che ha sollevato
entrambe le palpebre e dall'espressione stranita capisci che sta per
dirti qualcosa.
«Tu
invece sembri proprio un idiota»
Alzi
un sopracciglio, intenzionato ad approfondire il
discorso, ma
lui si gira dalla parte opposta dandoti le spalle, come a voler dire
che per quel giorno la conversazione sarebbe finita lì.
Sbuffi
sonoramente, cercando di resistere all'impulso di tirargli un destro,
e ti copri il volto con due mani, sperando che due palmi siano
sufficienti per contenere tutto lo sdegno che avresti voluto sfogare.
È
appena arrivato e già lo detesti.
****
Eccomi anche qui!
Nell'incertezza del futuro (?) volevo regalarvi questo primo approccio tra i due protagonisti. Andrò con i piedi di piombo, perciò dovrete attendere un pochino prima di conoscere nel dettaglio la situazione. Spero possa piacervi! :)
Vavi |
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Capitolo 3 *** Distanze ***
Distanze
Mancano
appena cinque minuti al suono dell'allarme che vi richiama nelle
vostre celle e lui ancora non si è fatto vedere. Lo hanno
assegnato
al gruppo del giardinaggio, un settore disdegnato dalla maggior parte
dei detenuti, ma che tu hai sempre ritenuto una manna dal cielo:
profumo di terriccio bagnato, erba, aria pulita,
tranquillità. Il
paradiso in confronto al caos frenetico della cucina, dove ogni
giorno sei costretto a lavorare tra i vapori e il via vai di chi
è
addetto a servire il pasto agli altri detenuti. Saresti disposto a
pagare pur di chiedere un trasferimento, ma difficilmente qualcuno
riesce a far entrare dei soldi lì dentro e nel tuo caso
preferisci
obbedire evitando di creare problemi.
Per quanto
riguarda il tuo compagno, lui sembra aver preso la notizia del nuovo
impiego alla solita maniera: totale indifferenza. Fa
quello
che gli viene chiesto, niente di più, niente di meno.
Sembrerebbe
svogliato a guardarlo mentre lavora le zolle, ma la verità
è che
nulla di ciò che lo circonda gli interessa veramente, sembra
quasi
che stia continuando a vivere perché qualcuno glielo ha
ordinato. A
volte ti spaventa.
«Ehi,
Uzumaki!»
È
una voce profonda a destarti dai tuoi pensieri e sfortunatamente non
appartiene a Sasuke. Alzi il capo per guardare in faccia l'uomo che
ha parlato: ha i capelli color carota, è alto quasi due
metri e
porta una canottiera bianca che lascia intravedere degli strani
simboli neri tatuati sul braccio destro.
«Che
vuoi?»
Parli senza
dargli troppa corda, ormai le celle verranno chiuse a momenti e non
sarebbe saggio iniziare una discussione.
«Mi dicono
che tu hai la roba», si appoggia con il gomito al bordo delle
sbarre e ti lancia uno sguardo eloquente.
«Io non ho
niente, lasciami in pace», speri che l'arrivo di una guardia
in
lontananza basti per farlo desistere, ma il detenuto non sembra voler
andare via a mani vuote; ti afferra per il colletto della camicia e
ti solleva sfruttando una forza disumana. Juugo il titano,
lo
chiamano.
«Non fare
il finto tonto con me, so bene cosa facevi prima di entrare qui
dentro e ora vuoi farmi credere che...»
«C'è
qualche problema?»
Stavolta lo
riconosci, un timbro basso ma pulito. Sasuke ti affianca lentamente e
non sembra gradire la presenza dell'ospite.
«E tu che
cavolo vuoi?» Juugo lo guarda sprezzante, come se ai suoi
occhi non
fosse nient'altro che una piccola pulce. «Sto parlando con lo
stronzetto biondo, quindi vedi di non...»
«Sparisci».
Ci voleva
del coraggio per interrompere il titano due volte
nell'arco di
pochi secondi. Deglutisci, cercando di avvertire il tuo compagno che
sta rischiando grosso, ma quello non non ti degna di uno sguardo e
continua a trafiggere Juugo da cima a fondo.
«Cosa hai
detto?» l'uomo ti lascia andare per fronteggiare il moro,
sovrastandolo di parecchi centimetri. Sasuke ovviamente non si
scompone, rimanendo immobile.
«Sei sordo
forse? - quel tono sarcastico ti fa rabbrividire, facendoti
prospettare una tragedia imminente – Ho detto... sparisci».
A giudicare
dal colore delle orecchie di Juugo, parecchia collera sembrava
ribollire in quel corpo possente. La fortuna volle che la guardia
passò di lì appena in tempo per trascinarlo a
forza nella sua
cella, con la minaccia di chiuderlo in isolamento se avesse
continuato a gridare.
Imponi al
tuo cuore di rallentare i battiti e lanci al tuo compagno di stanza
un'occhiata di disapprovazione.
«Ma lo sai
chi era quello?!» sibili a denti stretti, mentre lui va ad
accomodarsi sul futon come se nulla fosse successo.
«Non mi
interessa» dice solo, sistemando meglio il cuscino.
Sollevi gli
occhi al cielo e raggiungi il tuo materasso, sedendoti pesantemente
sul bordo.
«Se non
fosse arrivata la guardia ti avrebbe fatto a pezzi».
Lo vedi
alzare le spalle. «Può darsi».
Quelle sue
risposte evasive ti fanno andare il sangue al cervello. «Devi
restare fuori da questioni che non ti riguardano».
«Stava
creando problemi nella mia cella».
«La tua
cella?!» ti guardi in giro e per un attimo pensi di
lanciargli il
tavolino con tutti gli utensili sopra, ma poi prendi un bel respiro e
ti ripeti che litigare con lui peggiorerebbe soltanto le cose.
«Non ti
sopporto» borbotti, voltandoti dalla parte opposta nella
speranza di
riuscire a prendere sonno.
«Spaccio
di droga, eh?»
Quella
domanda ti coglie alla sprovvista, rendendoti incapace di
rispondere.
«Quindi è per questo che ti hanno
sbattuto al fresco».
«Non sono
affari tuoi» ribatti, deciso a chiudere la questione. Ti
stringi nel
cuscino, sperando che la finisca di interrogarti.
Lo senti
trafficare con la coperta, probabilmente ha deciso di andare a
dormire.
«Come
vuoi» sussurra, non troppo deluso.
Sospiri e
chiudi gli occhi, pregando che gli incubi ti lascino riposare.
Buonsalve!
Eccomi qui, munita di tastiera esterna e pregando che il PC non si blocchi ogni due per tre! XD Se tutto va bene ad inizio settimana lo porto in assistenza e speriamo non mi diano brutte notizie! Nel frattempo mi arrangio, non riesco proprio a stare senza scrivere... e senza di voi! *.* Grazie di tutto, davvero! :)
Ps. Scusate per la punteggiatura... nello scorso capitolo Lemonguess mi ha giustamente fatto notare che anche a fine discorso diretto va aggiunto un punto o una virgola, perciò sto cercando di capire le varie correnti di pensiero sulle virgolette a sergente... nel frattempo abbiate pazienza! (lo so, lo so, vi sta finendo XD).
Vavi |
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Capitolo 4 *** Presenze indesiderate ***
Presenze indesiderate
Dopo l'ultima, brevissima, discussione nella quale gli dichiari il tuo odio incondizionato, Sasuke ricomincia ad ignorarti esattamente come il primo giorno che ha fatto il suo ingresso nella cella. Dalle rare occhiate che ti lancia capisci che ti considera alla stregua di un soprammobile: completamente inutile. Fa come se non esistessi, vive in quel buco pensando solo a se stesso; se non altro lava i suoi indumenti e li stende nella sua parte di corda, occupando esattamente lo spazio che avete concordato all'inizio, al contrario della maggior parte dei detenuti che hanno condiviso la cella con te.
Girano parecchie voci su di lui all'interno della prigione: c'è chi ti consiglia di essere prudente, chi lo definisce uno psicopatico da cui stare alla larga, chi invece lo considera un pivello innocente travestito da presunto assassino. Tu in genere ascolti, a volte annuisci, ma non dai troppo adito a quello che dice la gente, perché preferisci valutare con i tuoi occhi la persona che hai di fronte, affidandoti quasi esclusivamente all'intuito.
Mentre sistemi il tuo futon, ringraziando i Kami di aver trascorso la giornata in relativa tranquillità, ecco che un presagio di tempesta appare proprio dinanzi ai tuoi occhi, mandando in frantumi quella piccola bolla protettiva da cui eri riuscito a farti avvolgere nonostante la presenza irritante di Sasuke.
Il moro ti guarda un attimo, percependo dal tuo atteggiamento che qualcosa non va, dopodiché rivolge le iridi all'ingresso della cella, incrociando quelle gialle ed inquietanti di un uomo sulla cinquantina, i cui capelli neri e bisunti ricadono proprio ai lati del viso allungato, proseguendo nella loro discesa fin sotto ai gomiti.
Per una lieve frazione di secondo giuri di aver percepito un fremito anche nel corpo di Sasuke.
«Naruto caro» esordisce con voce roca e spaventosamente melliflua, avanzando con a seguito un ragazzo albino dall'aspetto inquietante e il Titano che hai dovuto fronteggiare pochi giorni prima. «È scortese non presentare agli amici il tuo nuovo compagno di cella».
Sussulti alla parola amici, reprimendo un brivido di disgusto; vorresti saltargli al collo e strangolarlo con tutta la forza che hai, per poi far fuori anche quei due imbecilli al suo seguito, eppure non riesci a far nulla, se non starlo a guardare col terrore negli occhi, come se ogni muscolo fosse vittima di una grave paralisi.
Sasuke si alza di scatto, lasciando i suoi vestiti accanto al futon, e scruta l'uomo con circospezione mentre lo vede avvicinarsi lentamente a lui.
«Ora capisco perché lo tenevi nascosto» sibila l'uomo rivolgendo a Naruto un'occhiata eloquente. «Dimmi, Suigetsu, non ti sembra una bambolina?» afferra il mento di Sasuke e lo alza per scrutarlo meglio, mentre il tipo smilzo dai capelli bianchi gli risponde con un ghigno divertito.
Tu nel frattempo hai smesso di respirare, sperando che l'orario pomeridiano faccia desistere quell'individuo da qualsiasi malsano proposito gli fosse passato per la testa. Dal giorno in cui rifiutasti di entrare a far parte del suo gruppo, Orochimaru - quello era il suo nome - non aveva fatto altro che spedirti minacce intimidatorie tramite i suoi subordinati, per poi presentarsi di tanto in tanto nella tua cella, giusto per farti sapere che non si era dimenticato dell'affronto che avevi osato fargli.
Sasuke capisce che non è il caso di scherzare, ma quel tocco indesiderato lo fa scattare e finisce per scostare malamente le dita affusolate dell'uomo, provocando in lui un moto di perplessità.
«Non devi toccarmi» sussurra, apparentemente sicuro di sé.
«Che caratterino» replica Orochimaru, quasi divertito dalla situazione. «Forse a te potrebbe interessare entrare a far parte del mio piccolo seguito» accenna, indicando con un gesto della mano i suoi adepti. «Sai, sono molto rispettato qui dentro e potrei offrirti protezione».
Il moro squadra tutti e tre in modo circospetto e il suo sguardo si fa ancora più duro.
«Non ci tengo ad essere una delle tue puttane, né ho bisogno di protezione. Ora sposta quel tuo viscido culo da qui o giuro-»
Neanche il tempo di finire la frase che Juugo scatta in avanti e con un gesto deciso gli schiaccia una guancia sulla parete, mentre con l'altra mano gli tiene entrambi i polsi fermi dietro la schiena.
«Ehi!» ti sblocchi all'improvviso, non vuoi di certo assistere ad una rissa lì dentro, ma Suigetsu ti fa capire che è meglio non intromettersi.
Orochimaru si avvicina a Sasuke tanto da sfiorargli il naso e mormora con voce pacata, mentre Juugo continua a premergli la guancia sul muro sino a sfregiarla.
«Col tempo capirai che metterti contro di me è peggio che inimicarti tutti i detenuti di questo penitenziario».
Mai come in quel momento desideri che il tuo compagno si trattenga dal fare qualsiasi mossa azzardata, anche se le tue spalle sono scosse da impercettibili tremori provocati dall'ira per quell'essere immondo.
Sasuke respira in modo affannoso, ma non reagisce. Ad un'occhiata di Orochimaru, Juugo lo lascia andare e torna docilmente al suo seguito accanto a Suigetsu.
«Ci rivedremo presto» dice poi a mò di saluto, avviandosi con i due ragazzi verso la propria cella.
****
Buonsalve!
Un aggiornamento non premeditato quello di oggi.
Se non altro ho buone notizie sul fronte tecnologico: a breve potrò riavere il mio PC con tanto di hard disk nuovo di zecca (e ci manca pure, con quello che ho speso! -.-), mentre per la tastiera dovrò aspettare ancora un po', nel frattempo mi arrangerò con quella preistorica.
In questo capitolo vediamo apparire la Gang di Orochimaru, preannuncio già che non sarà l'ultima volta in cui sentirete parlare di loro; diciamo che la visita non ha avuto il solo scopo di “conoscere” Sasuke.
Per il Serpentello avevo pensato ad un reato ben specifico, ma non so se lo espliciterò o meno nella storia, perché potrebbe essere difficile affrontare l'argomento. In ogni caso si può anche intuire.
Forse è un capitolo un pò di transizione, visto che non abbiamo un vero e proprio sviluppo della trama, però si tratta di un incontro che avrà le sue conseguenze.
Okey, ora mi dileguo prima di dire altre fandonie.
Un bacio e grazie a chi sta seguendo questa storia! :*
Vavi
|
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Capitolo 5 *** Per noi ***
Per
noi
La spiacevole visita
di Orochimaru ha stranamente posto un freno alle vostre litigate
quotidiane, anche se il livello massimo di socializzazione che avete
raggiunto è stato scambiare qualche monosillabo la mattina e
la sera, principalmente sull'organizzazione della cella, sulla pulizia
del bagno e altri questioni che si tengono strettamente alla larga
dalla sfera privata. Ogni tanto ti sei lasciato scappare qualche
cattiveria su Orochimaru e la sua banda, beccandoti il solito
rimprovero da Sasuke.
Non fa altro che
ripetere: «Ti preoccupi troppo», come se nulla
potesse scalfirlo, ma tu sei fermamente convinto che
quell'atteggiamento, prima o poi, lo porti a cacciarsi in qualche guaio.
In realtà
però, osservandolo, ti sembra che la sua sia un'attitudine
al rifiuto verso il mondo, piuttosto che qualcosa indirizzata a te
soltanto. Dopotutto non lo biasimi; pur non sapendo cosa ha dovuto
passare lì fuori, infondo anche tu pensi che in giro ci sia
più feccia che brava gente, e che la metà di
quella feccia stia gironzolando a piede libero quando invece
meriterebbe di essere sbattuta in prigione tanto quanto voi.
«Metanfetamina».
Lo sussurri
più a te stesso che a Sasuke, anche se a giudicare dal
respiro non sembra che stia dormendo. Come immaginavi non segue nessuna
reazione, perciò continui a parlare.
«Si tratta
di roba buona, viene dall'America. Vendi tre dosi di quella e puff, ti ritrovi con
milioni di yen da spendere come cazzo ti pare». Ti viene
quasi da ridere e scuoti la testa. «Oppure in prigione con
tre anni di pena da scontare».
Rimani qualche secondo
in silenzio per poi sistemarti meglio dentro il lenzuolo. È
stata una pessima idea quella di mettersi a parlare da solo.
«Te l'ho
detto che sei un'idiota».
Non solo l'aveva fatto
sentire lo zimbello della situazione, ma come al solito aveva aperto
bocca solo per offendere. «Per uno che non ha mai spacciato
droga, la MET non è certo la scelta più
azzeccata. Il controllo sul traffico di metanfetamina in Giappone
è uno dei più alti al momento, ma suppongo che tu
non abbia mai letto un giornale».
«Come fai a
sapere che non ho mai spacciato prima?»
Ti giri a fissarlo,
sinceramente sorpreso da quella constatazione che ha appena fatto.
Sasuke sembra quasi
compatirti, quando si volta nella tua direzione. «Basta
guardare quella faccia da bravo ragazzo che ti ritrovi».
«F-faccia da
bravo ragazzo?» Non riesci a capire se ti stia prendendo in
giro o meno. Forse cercava solo una scusa per motivare
quell'affermazione che in realtà aveva fatto sulla base di
sue supposizioni.
«Tu non sai
niente di me», ti limiti ad aggiungere, visto che Sasuke non
sembra voler continuare a parlare. Tiri di nuovo il lenzuolo fino al
mento, intenzionato a prendere sonno una volta per tutte, ma la voce
del tuo compagno ti costringe a riaprire gli occhi.
«Erano per lei i soldi
della MET?»
Inarchi le
sopracciglia, confuso. «Per lei?»
«La ragazza
che guardi ogni sera prima di dormire».
Così ora
faceva anche finta che niente lo sfiorasse quando invece era riuscito a
beccarti con quella fotografia in mano, nonostante avessi sempre preso
tutte le accortezze necessarie a non farti scoprire.
D'istinto infili una
mano sotto il materasso e lentamente scopri il ritaglio alla debole
penombra delle luci di corridoio. Sorridi appena nel ritrovare quel
volto così familiare, il tuo punto di partenza per riuscire
a cambiare, il tuo punto di arrivo in una nuova esistenza fuori da
lì.
«Per noi.»
rispondi, sistemandola di nuovo al suo posto.
****
Buonasera e buon inizio di settimana!
E' appena lunedì è già sono esaurita... ma come si può? Comunque, meglio lasciar stare vicissitudini personali e spendere due paroline su questo capitolo.
Naruto e Sasuke continuano a comportarsi da quasi-estranei, ma la verità è che Naruto si sta facendo una precisa opinione su di lui e così una sera finisce per confessargli qualcosa in più sul suo passato, visto che Juugo lo aveva già fatto uscire allo scoperto. Per chi conosce il telefilm Breaking Bad, la metanfetamina è un tipo di droga che ho preso in prestito proprio da lì - i telefilm mi stanno condizionando l'esistenza (non bastavano i manga -.-). In ogni caso ciò che afferma Sasuke è pura fantasia, perchè ovviamente non so neanche se la MET sia effettivamente in circolazione in Giappone, nè quanto controllo ci sia sulle sostanze stupefacenti. Passatemela così com'è, insomma.
Essendo un capitolo un pò corto credo di fare il bis questa settimana.
Visto che tanto siamo più o meno sempre i soliti, preannuncio che vorrei cercare di tornare anche su Nakushite, dato che mi sono momentaneamente arenata.
Grazie, come sempre, a tutti coloro che continuano a seguirmi e, soprattutto, alle personcine speciali che mi lasciano sempre un loro pensiero! :)
Ps. Prossimamente darò qualche dettaglio in più sulle età dei personaggi e sul tempo che hanno già trascorso in prigione. Per quanto riguarda gli anni che sono stati dati a Naruto non mi metterò ad indagare la questione dal punto di vista legale; la legge italiana può dare dai 6 ai 20 anni per spaccio, ma dipende dai diversi casi ovviamente, c'è anche chi ha avuto poco più di due anni o solo qualche mese agli arresti domiciliari. Qui ci troviamo in Giappone e in tutta sincerità non ho trovato materiale attendibile per poter fare ipotesi certe... quindi anche qui ho fatto di testa mia, scegliendo una via di mezzo. In ogni caso i dettagli del reato compiuto da Naruto saranno indagati più avanti, tramite flashback, e lo stesso vale per Sasuke. Anche se di lui non si sa ancora quasi nulla *faccia melfica*.
Ok, ora tolgo il disturbo!
Un bacio!
Vavi |
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Capitolo 6 *** Di pugnali, lenzuoli sospetti e niente da perdere ***
Di
pugnali, lenzuoli sospetti e niente da perdere
Anche se cerchi di
convincerti che vada tutto bene, ti è quasi impossibile
ignorare gli sguardi intimidatori di Orochimaru e la sua banda,
sopratutto durante l'ora d'aria, nel momento in cui siete meno
controllati e tu ti senti più vulnerabile. Sasuke in genere
se ne sta su una panca in legno accanto alla recinzione e forse anche
lui si è accorto delle loro occhiate insistenti, ma
ovviamente non lo dà a vedere. Cammini con le mani in tasca, senza una
meta precisa, percorrendo l'intero perimetro del cortile una decina di
volte, fino a quando una voce nell'altoparlante vi comunica che
è ora di rientrare.
Terminato il turno
serale in cucina sei andato via senza mangiare, desideroso di fiondarti
quanto prima sul tuo adorato, seppur scomodo futon, chiudere gli occhi
e non pensare a niente. Entri senza dire una parola e ti getti
letteralmente sul materasso, facendo tremare il tavolino accanto e
guadagnandoti un'occhiataccia da Sasuke. Nel distendere i piedi senti
qualcosa di fresco solleticarti l'alluce e lì per
lì non gli dai molta importanza, pensando si tratti di
qualche oggetto rimasto sepolto per chissà quanto tempo
sotto il materasso.
Un grande sbadiglio e
sei già quasi nel mondo dei sogni, se non fosse per
un'illuminazione improvvisa che ti fa scattare seduto: l'ultima
perquisizione delle celle risale a due giorni prima e ricordi benissimo
di aver messo tutto in ordine per non dover discutere con le guardie.
Hai quasi timore nel
chinarti a vedere di cosa si tratta e quando scorgi un'impugnatura
argentata per poco non rischi di collassare. Le mani iniziano a sudare
freddo e all'improvviso lasci andare l'oggetto come se fosse una bomba
sul punto di esplodere.
«Merda!», imprechi cercando di non farti sentire e cominci a guardarti intorno in
preda al panico.
Senti Sasuke sbuffare
ed alzarsi facendo leva sui gomiti. «Che ti prende?»
«Merda!», imprechi di nuovo, tirando un calcio a quell'arnese per farlo sparire e
infili entrambe le mani tra i capelli, incapace di elaborare
un ragionamento lucido.
Sasuke ti si para
davanti e ti stringe le spalle con presa salda.
«Sto
aspettando una risposta! - sbotta, a voce bassa, guardandoti negli
occhi – Stai attirando l'attenzione di metà
braccio, dannazione!»
Lo fissi spaesato e
apri la bocca per dire qualcosa ma non riesci ad emettere alcun suono.
Lui ti lancia un'ultima occhiata furiosa, scruta di sfuggita gli
sguardi curiosi degli altri detenuti e poi si dirige verso il tuo futon
cercando di rimanere calmo. Lo segui con lo sguardo più
confuso che mai, fino a quando lo vedi appropriarsi del tuo lenzuolo
per legarlo alle estremità delle sbarre ormai chiuse della
vostra cella, in modo da oscurare completamente la visuale.
«No,
ehi...». Riacquisti un po' di lucidità e ti
avvicini a lui mentre si premura di stringere il secondo nodo.
«Che stai facendo?»
I suoi movimenti sono
più scattosi del solito e a giudicare dagli occhi chiusi a
fessura sembra essere decisamente di pessimo umore.
«Ehi, mi hai
sentito?! - insisti, seguendolo con lo sguardo mentre si va a sedere sul
suo letto – Lo sai che significa quello che hai appena
fatto?!». Fai un'enorme sforzo di volontà per non
urlarglielo contro con tutto il fiato che hai in gola.
Sasuke chiude gli
occhi, respira a fondo e nasconde il volto dietro le dita incrociate.
«Significa
che devi darti una calmata immediatamente e spiegarmi che cazzo sta
succedendo».
«No, invece!
Per gli altri detenuti quel dannatissimo lenzuolo significa che noi due
ce la stiamo spassando!». Indichi il telo incriminato con
l'indice tremante e Sasuke reagisce nell'immediato afferrandoti per il
bavero e schiacciandoti la nuca contro il muro.
«Se non la
finisci di urlare ti spacco la testa, razza di idiota!». Parla
a volume bassissimo ma senti il suo tono di voce vacillare.
«Vuoi risolvere la questione senza dare nell'occhio, oppure
preferisci fare tutto al chiaro di luna per difendere qualche sorta di
reputazione che ti sei fatto qui dentro?»
Digrigni i denti e gli
tiri un calcio su uno stinco per farlo allontanare. Massaggi le
palpebre con due dita, prima di lasciarti cadere a terra strusciando la
schiena alla parete.
Ti ci vuole qualche
minuto per riprendere a respirare, dopodiché lanci
un'occhiata a Sasuke e per la prima volta scorgi nei suoi occhi
qualcosa che assomiglia vagamente ad un istinto omicida. Scuoti la
testa cercando di non pensarci e, senza dire niente, afferri il piccolo
oggetto colpevole della reazione isterica che hai avuto poco prima, per
poi passarlo a Sasuke.
Lui se lo rigira tra
le mani e si accomoda sul pavimento freddo, poggiandosi alla parete
opposta.
«Non
è roba tua, immagino», commenta sospirando, mentre
ti restituisce l'arnese.
«Un
pugnale», biascichi, senza forze. «Deve averlo
lasciato quel bastardo di Suigetsu quando è venuto a farci
visita assieme ad Orochimaru… continuava a guardarci come se
fossimo appena caduti in una sua trappola. Immagini cosa
può succedere se le guardie ci beccano con questo?»
Sasuke abbassa lo
sguardo, sembra stia pensando a qualcosa.
«Dobbiamo
disfarcene immediatamente. Potremmo trasferirlo nella cella di qualcun
altro senza che se ne accorga», proponi riprendendo un po' di
colore.
«No», esordisce il moro, categorico. «Trasportarlo è
troppo pericoloso. Lo terremo nascosto».
«E dove
vorresti nasconderlo?!», domandi esasperato, gesticolando per
indicare quel buco di cella in cui vi trovate.
Sasuke afferra l'arma
e ne infila l'impugnatura sottile in un calzino, coprendo poi la lama
con il pantalone blu scuro.
«Per ora lo
terrò io. Se non gli darò motivo di perquisirmi
resterà al sicuro, almeno fino a quando non ci
verrà un'idea migliore».
«Ma
perché vuoi rischiare così tanto?»
Inizialmente non
comprendi il motivo di quella decisione, ma bastano poche parole per
far sì che la spiegazione ti sia più chiara.
«Perché
io non ho niente da perdere, Naruto».
Buonsalve!
Stasera sarò breve, anche perchè ultimamente non me ne va bene una, quindi evito di tediare anche voi con i miei problemi. Mi dispiace di non essere riuscita a portare avanti Nakushite come avrei voluto; diciamo che so cosa devo scrivere ma non riesco a metterlo nero su bianco. So che potete capirmi, quindi passo oltre.
Lo stratagemma del lenzuolo è un'altra chicca che ho preso da "Prison Break": a quanto pare davanti ad un lezuolo tirato davanti alle sbarre neanche le guardie fanno molte storie e preferiscono lasciare i detenuti alla loro "intimità". XD Comunque Naruto non ha apprezzato il fatto che Sasuke lo usasse solamente per nascondere il suo momento di escandescenza, anche se alla fine si è arreso e gli ha esposto il problema senza fare troppe storie. Come vi dicevo Orochimaru non li lascerà in pace tanto facilmente - vi anticipo già un pò di movimento nel prossimo capitolo.
Ps. Quando Sasuke parla di "braccio", intende la parte di carcere in cui sono rinchiusi entrambi; possiamo considerarla come una "sezione" della prigione con un determinato numero di celle.
Io non so se davvero sto riuscendo a portare avanti questa storia come vorrei... è nata in un momento difficile, forse anche un pò come sfogo. In ogni caso vi ringrazio, perchè state continuando a farmi sentire il vostro appoggio ed è questo che mi spinge a continuarla! ^^
Un bacio e alla prossima! :)
Vavi |
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Capitolo 7 *** Peggio di così non può andare (o forse sì?) ***
Peggio di così non
può andare (o forse sì?)
Generalmente eviti di farti vedere insieme a lui in cortile, visto che
quel ragazzo sembra avere una predisposizione
ad attirare guai, eppure quando decide di accomodarsi sulla panchina
riservata ai detenuti della cella quarantasei e quarantasette
l’istinto di sopravvivenza ha la meglio e ti avvicini per
intimargli di andarsene quanto prima.
«Sono su un suolo
pubblico» replica Sasuke distrattamente,
poggiando i gomiti sulle ginocchia e portandosi avanti col busto.
Sfili le mani dalle tasche e ti avvicini di qualche passo.
«Quei tizi sono qui da molto prima di noi e se ti azzardi a
contraddirli ti pesteranno a sangue facendo i turni!»
«E anche se fosse? A te cosa importa?»
Rimani con la bocca spalancata, sempre più sorpreso dalle
uscite del tuo compagno.
«Non hai un briciolo di amor proprio!» sbotti poi,
alzando le mani al cielo. «Comunque non voglio entrare in
merito alla faccenda. Sanno che siamo nella stessa cella e ci ho
già avuto a che fare in passato, perciò
potrebbero anche decidere di prendersela con me. Quelli sono fuori di
testa».
«Me la vedrò io» conclude Sasuke,
lasciandosi andare sullo schienale e guardando nella direzione opposta
alla tua. «Tra l’altro ho anche un’arma
per difendermi».
«Ma sei matto?!»
Ti avvicini di scatto e l’istinto è quello di
mettergli le mani al collo e strozzarlo per impedirgli di aggiungere
un’altra parola. «Non devi mai parlarne quando ci sono
gli altri» sibili, guardandoti furtivamente attorno.
«E poi avevamo detto di non usarlo per nessun mot-»
Ti fermi all’istante, inorridito, quando vedi aprirsi sul suo
volto un ghigno che somiglia molto ad un sorriso sghembo.
«Che… che c’è di tanto
divertente?»
Hai il fiato corto e le orecchie rosse per l’agitazione.
Sasuke sospira e scuote il capo, poi ti riserva un’occhiata
insistente e a quel punto capisci che l’oggetto della sua
ilarità sei proprio tu.
Gli rispondi con un’occhiata di fuoco ed inizi ad
allontanarti, stufo di essere sempre preso per i fondelli. Fai pochi
metri, quando senti un vociare dall’aria familiare
avvicinarsi e d’istinto ti volti a guardare la panchina; sono
loro, un gruppo di cinque detenuti dall’aria poco
raccomandabile, gli sguardi persi e la mente ancora stordita
dall’effetto di chissà quali sostanze. Gli si
avvicinano lentamente, studiandolo ad ogni passo, e una volta appurato
che l’intruso non ha intenzione di andarsene decidono di
attaccare bottone. Vorresti allontanarti e far finta di niente, ma
qualcosa ti tiene bloccato lì, anche se sai che non potrai
intervenire in alcun modo.
«Guarda chi si vede».
Uno di loro si siede accanto a Sasuke, circondandogli il collo con un
braccio, mentre gli altri lo accerchiano tanto da oscurarti
parzialmente la visuale.
«Tu sei quello nuovo» continua l’uomo,
gesticolando con la mano libera. «L’assassino».
A quella parola fa una smorfia che dovrebbe spaventare, provocando
risate roche nei suoi compagni. «Non sarebbe in grado di
uccidere neanche una mosca» aggiunge poi, unendosi al coro.
Sasuke dapprima rimane in silenzio, ma poi gli rivolge
un’espressione di sfida che l’altro non si lascia
sfuggire. «Vogliamo provare?»
Il sorriso sul volto dell’uomo scompare
all’improvviso, per lasciare spazio ad un cipiglio indignato.
«Ripetilo se hai coraggio».
Assottigli le palpebre e riesci a scorgere tra due corpi la sagoma di
Sasuke, all’impiedi. Tiri un sospiro di sollievo, pensando
che si sia deciso finalmente a lasciar perdere, ma per poco non ti
viene un colpo quando lo vedi caricare un destro e piantarlo dritto sul
naso dell’uomo seduto.
Quello che succede dopo si esaurisce in una frazione di secondo: Sasuke
è a terra, con la testa immobilizzata dal piede di un
detenuto, mentre gli altri gli gridano i peggiori insulti, aspettando
che la loro guida si riprenda dal colpo ricevuto poco prima.
«Razza di bastardo infame!» sibila, cercando invano
di tamponare il sangue con la manica della camicia blu.
«Spezzategli le ossa, qui, subito».
All’ordine dell’uomo i detenuti iniziano a tirargli
calci nei fianchi e sulle giunture, accompagnando il tutto con le
solite risate sguaiate.
Se in un primo momento hai pensato che infondo Sasuke se la sia andata
a cercare, ora quei suoi lamenti sommessi ti lacerano i timpani come
fossero urla disumane. Cominci ad ansimare dinanzi a quello spettacolo
raccapricciante e la consapevolezza di non poter essere
d’aiuto fa più male che il pensiero di ricevere
uno di quei calci in pieno volto.
Respiri profondamente e sai che te ne pentirai, ma devi almeno
provarci; questa volta però non è più
la paura a bloccarti, ma il suono di una voce pacata che si insinua tra
i detenuti come fosse una serpe alla ricerca della sua preda.
«Cosa succede qui?»
Gli uomini riconoscono il timbro di Orochimaru ed interrompono la zuffa.
«Stiamo solo insegnando l’educazione ad un
ragazzino maleducato» risponde il capo del gruppo, cercando
di non sembrare arrogante.
Orochimaru si fa largo tra gli uomini con un semplice gesto della
mano, poi si china accanto a Sasuke, chiuso a riccio e con
entrambe le braccia incrociate davanti al volto per attutire i colpi.
«Quattro contro uno» sussurra, afferrando il
ragazzo per un polso ed invitandolo a rialzarsi. «Fossi in
voi mi vergognerei».
Gli altri si scambiano sguardi perplessi e un po’ intimoriti,
trovando nell’espressione stupita del loro capo quello stesso
terrore che prendeva il sopravvento al solo sentir nominare Orochimaru.
«Sasuke caro» continua poi, porgendogli un
fazzoletto per tamponare la ferita sul labbro inferiore.
«Perdona questi degenerati per essere stati scortesi con
te».
Il ragazzo è ancora a terra con una gamba stretta tra le
mani, gli occhi chiusi e il respiro che non vuole saperne ti tornare
regolare.
«Ti prometto che se verrai con me potrai vendicarti di loro
ogni volta che vorrai» gli sussurra ad un orecchio,
scostandogli un ciuffo di capelli impregnato di sudore.
«C-come sarebbe?» balbetta un uomo più
basso degli altri, decisamente spaventato. Tutto ciò che
ottiene in risposta è il riflesso delle iridi
violacee di Suigetsu, che gli mostra i caratteristici denti aguzzi con
i quali si dice abbia morso a sangue parecchi detenuti.
«Sarai rispettato – continua Orochimaru –
esattamente come lo sono io. Basta solo che tu mi dica… sì».
Inconsapevolmente ti sei fatto più vicino, stando sempre
attento a non dare nell’occhio, così da dove sei
puoi scorgere Sasuke aprire lentamente le palpebre, mentre una lacrima
di dolore gli solca la guancia sinistra, abbandonando
l’occhio gonfio e tumefatto.
«Fottiti»
mormora, la voce attutita dai troppi dolori che gli invadono il corpo.
Ti porti le dita tra i capelli, tormentando le ciocche bionde nella
speranza di farti venire qualche idea.
Orochimaru però, al contrario di ogni previsione, si lascia
andare alla solita risata gracchiante, facendo leva su un ginocchio per
tornare in piedi.
«Sei un tipo interessante, Sasuke», dice quasi con
soddisfazione. «Suppongo tu sia troppo sconvolto per
ragionare a mente lucida, adesso, ma immagino tu sappia che ad un mio
cenno questa gente potrebbe continuare a picchiarti sino a ridurti in
fin di vita. Prendi questa mia gentilezza come un regalo e rifletti
bene sul da farsi».
Si volta dal lato opposto, pronto a scomparire così
com’era venuto. «E voi, fuori dai piedi»
dice agli altri detenuti, invitandoli a lasciare Sasuke da solo. Quelli
annuiscono e si dileguano all’istante.
Ti avvicini lentamente, mentre adocchi Orochimaru confabulare con una
guardia; di sicuro nessuno verrà punito, come ogni volta che
c’è lui di mezzo.
«Che figlio di puttana» imprechi,
avvicinandoti piano a Sasuke. Ti chini su un ginocchio e lo osservi
mentre fa leva sul braccio per mettersi seduto.
«Ce la fai a camminare da solo?» gli chiedi,
porgendogli il fazzoletto di stoffa che gli aveva lasciato Orochimaru.
Lui lo prende in malo modo e sbuffa leggermente.
«No» mormora, visibilmente scocciato.
«D’accordo. Ti accompagno in infermeria».
Sasuke fa un grugnito strano, ma poi lascia che siano le tue spalle a
fargli da perno per alzarsi. Senti il peso del suo corpo adagiarsi e
lasciarsi guidare dalla presa salda con la quale gli sostieni il
braccio dietro il tuo collo.
«Non aspettarti che sia il medico a prendere provvedimenti.
Se c’è di mezzo quel viscido pedofilo sta sicuro
che nessuno verrà mandato in isolamento. L’aspetto
positivo è che l’hai scampata anche tu e non
è roba da poco, visto che sei stato il primo a
cominciare».
Sasuke guarda avanti e continua a camminare ignorando le occhiate
stralunate degli uomini che si trovano nelle vicinanze.
«Credo ti abbia preso di mira» aggiungi poi con
tono grave, riferendoti ad Orochimaru.
«Ma non mi dire» risponde lui con un filo di voce,
incrociando per un breve lasso di tempo lo sguardo di
quell’essere il cui nome ha cominciato a farti salire la
nausea.
Una guardia poggiata allo stipite del portone d’entrata
scruta Sasuke e poi ti osserva in modo insistente come a voler chiedere
spiegazioni ma tu scuoti la testa e continui per la tua strada, tanto
sai che non servirà a niente. In quell’agglomerato
di cemento armato che vi tiene prigionieri non c’è
spazio per le persone di buon cuore, è la supremazia a
vincere sempre su tutto.
Senti il tuo compagno scostarsi leggermente da te, per provare a
camminare da solo, ma una fitta lancinante al ginocchio gli fa perdere
l’equilibrio e finisce per affidarsi nuovamente al tuo aiuto.
«Siamo nella merda» sibili a denti stretti,
continuando a guardare avanti.
Il respiro pesante di Sasuke ti spinge a voltarti verso di lui e quello
in cui ti imbatti è uno sguardo carico d’ira
pronta ad esplodere da un momento all’altro.
Ehilà!
Scusate se mi tratterò poco ma oggi sono un pò di fretta!
Dunque, avevo promesso di pubblicare Let it be questa settimana, ma tempo per scrivere ne ho avuto poco e niente, perciò ho deciso di aggiornare quest'altra raccolta, visto che avevo già pronto il capitolo! Sono oberata di studio ma non riesco a stare lontana da voi per tanto tempo! ;)
Quindi niente, vi mando un bacio grande e spero tanto che vi piaccia! :*
Vavi |
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Capitolo 8 *** Sguardi divergenti ***
Sguardi divergenti
Due settimane di
riposo, un polso lussato, il labbro incerottato e una gamba fasciata;
questo è quello che ha avuto in cambio della sua arroganza.
Mentre lo guardi far leva sulla stampella che gli hanno prestato in
infermeria, non sai se essere più incazzato con lui o con le
guardie della prigione, cieche e sorde dinanzi ogni ingiustizia,
purché di mezzo sia coinvolto Orochimaru.
Sasuke si è
fatto sempre più taciturno, ti guarda in cagnesco quando ti
avvicini per chiedergli se ha bisogno d'aiuto e non fa altro che
dormicchiare sul suo futon, talvolta saltando anche i pasti. In un
primo momento credevi che sarebbe andato ugualmente a sbrigare i suoi
turni di lavoro, zoppicante o meno, ma evidentemente c'era qualcosa che
lo bloccava e di certo non era il dolore.
Hai come l'impressione
che stia rimuginando su qualcosa; ti da sui nervi il fatto che non
spiccichi parola neanche se interpellato, ma ormai hai capito che
quand'è così c'è poco da fare, anche
se per principio vorresti almeno uno stralcio di spiegazione.
Forse pretendeva che ti
immischiassi per andare ad aiutarlo? No, non sembra il
tipo.
Infondo sapeva a cosa andava incontro nel momento in cui ha deciso di
rimanere su quella panchina.
Magari ha avuto dei problemi con
il dottore, oppure sta solo pensando a come cavarsi d'impiccio dalla
questione con Orochimaru. Probabile, ma allora
perché avercela con te? Dopotutto camminate sulla stessa
lunghezza d'onda e, sebbene non ti stia poi granché
simpatico, anzi, sarebbe decisamente meglio collaborare per venirne a
capo, proprio come avete fatto con il pugnale, se non altro per
questioni di sopravvivenza.
Nascondi il viso sui
palmi delle mani, sospirando. Dovresti pensare a comportarti bene per
uscire da lì il prima possibile, visto che ormai
è questione di pochi mesi, ma da quando quel ragazzo
è entrato nella tua cella sembra tutto decisamente
più difficile.
Potresti lasciarlo
lì a rodersi l'animo facendoti i cavoli tuoi – è o non è
un assassino? - eppure ti senti coinvolto tanto quanto
lui.
Tu
sei come una spugna, Naruto. Assorbi i problemi degli altri per farli
anche tuoi e condividi le loro sofferenze.
La voce di Hinata ti
ricorda che difficilmente si può andare contro la propria
natura e in momenti come questo pensi di essere fatto in modo
sbagliato, perché alla fine sei sempre tu a pagare il prezzo
più alto.
«Ehi»
tenti di nuovo, magari è la volta buona.
Sasuke non muove un
muscolo ma lo senti sospirare. «Che vuoi?»
«Si
può sapere che problema hai?»
Lo chiedi in modo
tranquillo, anche se ormai la tua pazienza è quasi esaurita.
Silenzio.
Rotoli giù
dal futon, inginocchiandoti tra i vostri materassi. «Voglio
sapere perché continui a evitarmi peggio della peste,
dannazione. Non mi frega un cazzo di essere tuo amico, ma se
c'è una cosa che non sopporto è la cattiveria
gratuita».
«Lasciami in
pace».
Sono di nuovo parole
sprezzanti, quasi crudeli, dette a fior di labbra. Tu rimani immobile,
in attesa che aggiunga qualcosa, qualsiasi cosa che ti convinca a non
rompergli anche l'altra gamba. Sasuke si volta ed anche alla penombra
della cella riesci a scorgere i suoi occhi stanchi, due fessure color
pece che ti guardano e sembrano
implorare.
«Non me ne
faccio niente del tuo aiuto, Naruto. E tieniti anche la tua fottuta
compassione, riservala per qualcuno che la merita davvero».
«Compassione?!»
Sei parecchio confuso
e fatichi a seguirlo.
«Smettila di
far finta che ti importi qualcosa di come sto, perché qui
dentro ognuno pensa
solo a se stesso, è così che
funziona».
Inarchi le
sopracciglia e stai per replicare, ma lui ti vince sul tempo.
«Non devi
starmi addosso, hai capito?»
«D’accordo!»
sbotti all'improvviso, senza riuscire a controllare il volume della
voce. «Se è questo che pensi di me va bene,
facciamo come vuoi!» non sai perché ma ti senti
ferito, quasi insultato da quelle parole. Sasuke continua a fissarti,
forse è rimasto stupito dalla tua reazione improvvisa, fino
a quando non rompi il contatto visivo tornando sul tuo letto e
voltandoti su un fianco, dalla parte del muro.
«Ognuno per
sé» ripeti meccanicamente, alludendo alle parole
dette da lui poco prima.
Sasuke chiude gli
occhi, ma rimane a pancia sopra.
Ti risponde con un
sospiro.
Buonsalve carissimi!
Oggi vi propongo un capitoletto senza troppe pretese, giusto per farvi capire come il nostro caro Sasuke sta vivendo la situazione; prometto che nell'arco di due, massimo tre capitoli inserirò il suo flashback, avete aspettato anche troppo! ;)
E poi... che ne pensate del banner? :3 Ormai ci sto prendendo gusto! Stavolta l'ho realizzato con Gimp... dai sto facendo passi avanti! Dopo tremila tentativi con caratteri e colori diversi, questo è ciò che ne è uscito. Volevo fosse semplice ma d'effetto. Per le immagini devo ringraziare una mia amica che ha frugato nella sua "collezione" in lungo e in largo fino a trovare queste due splendide fanart. Naruto è disegnato in modo particolare, forse non sembra neanche lui, ma a me è sembrato molto adatto per questa fan fiction; e poi anche i piercing fanno parte del gioco...!
Come ho specificato anche nel primo capitolo, entrambe le immagini sono di proprietà degli artisti che le hanno disegnate: Naruto è uno schizzo di Lori M Lee, mentre Sasuke è stato realizzato da Sasufan71.
Ps. Quasi dimenticavo! Volevo spendere due paroline sulle età dei protagonisti. Dunque, ho immaginato che Naruto fosse entrato in carcere a ventidue anni e che attualmente ne avesse quasi venticinque, perciò, come afferma lui stesso nel capitolo, ormai ha quasi scontato interamente la sua pena. Sasuke invece è stato incarcerato di recente, questione di tre/quattro mesi, anche se in precedenza risiedeva in un altro penitenziario. Attualmente anche lui ha sui venticinque/ventisei anni e, a differenza di Naruto, non sa ancora quale pena decideranno per lui; il suo caso è ancora in corso, insomma.
Non sono stata molto precisa perché non è essenziale ai fini della storia, ma qualche riferimento dovevo pur darvelo. Almeno vi fate un’idea!
Un bacio e alla prossima!
Vavi |
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Capitolo 9 *** Cose che non sai ***
Cose che non sai
Dall’incidente
nel cortile della prigione sono passati più di dieci giorni.
Orochimaru
è momentaneamente impegnato in questioni che riguardano il
suo scagnozzo migliore, Juugo; il ragazzo infatti, dopo
l’ennesima crisi di schizofrenia avuta durante il turno di
lavoro, è stato trasferito nel reparto psichiatrico, a pochi
metri di distanza dal vostro. A quanto ne sai verrà tenuto
in osservazione per un po’, dopodiché decideranno
se reintegrarlo nel vostro braccio oppure no. Hai preso più
volte in considerazione la possibilità che Orochimaru
intensifichi le sue mire su di te e su Sasuke per cercare di
rimpiazzare la perdita, ma Juugo era un alleato importante - pochi
lì dentro hanno la sua stazza e la sua prestanza fisica -
perciò sei sicuro che la Serpe faccia tutto ciò
che è in suo potere per riaverlo.
Sasuke è
stato di nuovo ammesso nel settore del giardinaggio, visto che nessun
detenuto ha dato la sua disponibilità a sostituirlo. Ora
cammina abbastanza bene e si rifiuta di portare il tutore che
l’infermiere gli ha assegnato al posto delle stampelle. Ti
sembra che si stia risollevando poco a poco, anche se
quell’episodio pare aver smosso qualcosa in lui che lo rende
più scostante del solito. Non che a te importi
più di tanto, s’intende, ma doverci condividere
una cella quasi ventiquattrore al giorno non è esattamente
una passeggiata.
«Naruto?»
La voce flebile e
tranquilla di Hinata ti risveglia dai troppi pensieri che ti scuotono
ultimamente. Incroci le tue dita con le sue, stringendo un poco, e le
sorridi quel tanto che basta per farla tranquillizzare.
«Scusa,
Hinata».
Ti rendi conto di non
aver udito neanche una parola di ciò che ha detto negli
ultimi cinque minuti e questo ti fa sentire un dannatissimo stronzo. A
volte pensi che il padre di Hinata abbia ragione e che lei meriti molto
di più che uno spacciatore fallito senza neanche
l’ombra di un misero yen in tasca. Ma poi ti basta guardarla
per sentire il cuore battere di nuovo nel petto e solo l’idea
di lasciarla andare per la sua strada ti distrugge dentro come neanche
anni ed anni in quella prigione saprebbero fare.
«È per il tuo nuovo compagno di
cella, vero?» domanda lei preoccupata, gettando
un’occhiata alla vostra sinistra ed alludendo al tuo
atteggiamento distante.
La segui con lo
sguardo e ti accorgi che a pochi metri da voi è seduto
Sasuke, intento a parlare con un uomo distinto in giacca e cravatta che
non hai mai visto prima d’ora. Probabilmente è la
prima visita che riceve da quando lo hanno spostato nel vostro
penitenziario.
«Ne parlano
tutti i giornali, Naruto – riprende Hinata, attirando di
nuovo la tua attenzione – pare che i suoi bersagli siano
stati due uomini d’affari parecchio in vista nel mercato
giapponese. Il suo crimine non passerà
inosservato».
Sai bene che anche i
famigliari di Hinata, gli Hyuuga, hanno un’influenza non
indifferente in quanto a scambi commerciali nella nazione e di sicuro
suo padre non si sarà fatto sfuggire l’occasione
per raccontarle qualche macabro dettaglio sull’omicidio.
«A me non
importa» menti, sapendo che quello non è il
momento per parlarne. Vi restano poco meno di tre minuti e vorresti
chiederle come sta andando il suo nuovo lavoro, ma lei ti precede anche
stavolta e quando le palpebre si assottigliano nascondendo parte di
quelle iridi chiarissime che hai sempre amato, capisci che sta tornando
sull’argomento.
«Promettimi
che starai attento, Naruto».
«Ma certo
– rispondi nell’immediato, un po’
perplesso – guarda che non devi preoccuparti per Sasuke,
lui-»
«Forse non
è quello che credi» ti interrompe lei, mentre la
sua voce si riduce ad un sussurro e le sue dita stringono le tue con
più foga.
«Sasuke
Uchiha è accusato anche di un terzo omicidio, oltre ai due
uomini d’affari».
Inarchi le
sopracciglia e ti avvicini a lei, chinando il busto per ascoltare il
resto.
«Quello di suo
fratello».
Buon pomeriggio!
Dunque, un capitolo piuttosto corto, seppur con qualche dettaglio in più riguardo al crimine di Sasuke. Non vorrei pronunciarmi, dato che il prossimo riguarderà sia un breve confronto tra Sasuke e Naruto che - principalmente - l'atteso(?) flashback su Sasuke, per cui sarà davvero mooolto lungo rispetto ai precedenti, con una dose di angst non indifferente. Penso di cambiare il raiting prima di pubblicarlo, ma ci penserò su ancora un pò. Vi chiedo quindi di prendere questo momento di transizione in vista di uno molto più importante ai fini della storia.
Grazie a tutti coloro che mi stanno seguendo! Vi adoro! <3
Un bacio,
Vavi
|
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Capitolo 10 *** Un peso può essere condiviso? ***
NdA: Avevo promesso di pubblicare il flashback su Sasuke, ma il confronto tra lui e Naruto che avrebbe dovuto precederlo è venuto più lungo del previsto, perciò ho dovuto dividere il capitolo in due parti. Vi chiedo scusa, ma ho fatto male i calcoli; in ogni caso pubblicherò il flashback in settimana, subito dopo questo. Ultimamente mi sono dedicata quasi solo a questa storia, perciò ci tengo davvero a fare un buon lavoro. Perdonatemi per l’inconveniente, spero possiate apprezzarlo in attesa del prossimo! Colgo l’occasione per avvertirvi che anche nel flashback userò il tu onnisciente, ma dal punto di vista di Sasuke (esclusivamente per quel capitolo, ovviamente).
Un peso può essere
condiviso?
«Uzumaki! Vuoi dormire in cucina stasera? Avanti, muovi quel
culo e torna in cella!»
In effetti la guardia non ha tutti i torti: forse preferiresti davvero
passare la notte tra le pentole e gli strofinacci piuttosto che in una
stanza assieme a lui.
Non c’è stato nessun cambiamento rilevante da
quando hai parlato con Hinata, ma per quanto cerchi di convincere te
stesso che il passato di Sasuke non è affar tuo, la sua
presenza è diventata sempre più difficile da
sopportare senza che tu non ti faccia prendere da una valanga di dubbi
e interrogativi, magari destinati a rimanere senza risposta. Sai che
lì dentro c’è gente peggiore, un
omicidio non è poi una novità
all’interno di un penitenziario; inconsapevolmente potrebbe
essere colpa della prima impressione che hai avuto su di lui, un
semplice sguardo con cui hai creduto di poterlo inquadrare senza alcuna
base certa. Timore? Delusione?
Ancora non ti è chiaro.
Lo trovi accovacciato sul suo futon, mentre si srotola un calzino,
scoprendo la lama che nasconde al suo interno. Un brivido ti percorre
la schiena al solo vedere il pugnale ed associarlo al suo proprietario:
un altro problema che avete momentaneamente lasciato in sospeso
approfittando della lontananza di Orochimaru.
Afferri il denitrificio, ma non ti è sfuggita
l’abrasione che ha Sasuke sulla caviglia, né il
fatto che stia cercando di tamponarla con della semplice carta
igienica, quando invece avrebbe bisogno di farsela disinfettare in
infermeria.
«Dovreshti cambiargli pohsto» mugugni, strofinando
lo spazzolino sui denti.
Non che ti senta particolarmente in vena di fare conversazione, ma una
ferita dolorante ed infettata peggiorerebbe solo la situazione.
«Già» borbotta lui, riponendo
l’arma sotto al materasso. «Dovrei infilarlo nelle
mutande».
Sputacchi nel lavandino e sospiri, sciacquandoti la bocca. Ma che glielo
hai detto a fare?
«Posso tenerlo io per un po’».
Ora ti guarda come se avessi appena dichiarato di essere l'imperatore giapponese in persona.
«Sei talmente goffo che al primo passo falso ti infilzeresti
la caviglia» mormora scuotendo la testa, e a dire la
verità ti sembra quasi uno di quei rimproveri che ti
rivolgeva il vecchio Jiraya, prima che l’alcool lo consumasse
fino a farlo uscire di senno.
Cerchi di reprimere un groppo all’altezza dello stomaco e ti
stendi anche tu sul materasso, senza replicare.
Sasuke ti guarda di sottecchi, probabilmente stupito dalla tua mancata
risposta, poi si volta dal lato opposto infilando un braccio sotto al
cuscino, intenzionato a prendere sonno.
Fissi il soffitto con le mani incrociate al petto, tiri un respiro
profondo e finalmente prendi una decisione.
«Era il tuo avvocato quello che è venuto la scorsa
settimana?»
Una domanda piuttosto diretta, buttata lì senza mezzi
termini.
Sasuke non muove un muscolo. «Perché dovrebbe
interessarti».
Neanche si degna di porlo come un interrogativo, semplicemente crede
che tu non debba saperlo. Ancora una volta però, il silenzio
che fai seguire alla sua affermazione lo lascia sorpreso e forse lo
invoglia a tentare un approccio diverso.
«Non tutti i detenuti hanno qualcuno che li aspetta al di
fuori di qui» si limita ad aggiungere, con tono serio.
Ti giri dalla sua parte, anche se lui è ancora voltato verso
il muro. «Hinata mi ha raccontato del tuo caso».
Sei deciso ad andare avanti, non sai fino a dove, ma ormai desideri
avere delle informazioni in più.
«La tua ragazza non era presente quel giorno –
replica a denti stretti, quasi stesse reprimendo la voglia di esplodere
dalla rabbia – né tantomeno il mio avvocato, i
giornalisti, o il giudice al quale è stato sottoposto il mio
caso. Nessuno
sa com’è andata».
«Ma tu lo sai» reagisci quasi d’impulso,
non appena ha terminato di parlare.
Trattieni il respiro, attendendo un qualche tipo di reazione nel tuo
compagno di cella. Il rischio che si chiudesse di nuovo in se stesso
era alto, ma prima o poi ci avresti provato comunque, perciò
meglio togliersi il pensiero il prima possibile.
«L’ultima cosa che voglio è farmi
giudicare da uno come te, Naruto».
In altre circostante avresti sicuramente preteso di sapere cosa volesse
insinuare con l’espressione “uno come
te”, ma al momento l’unica cosa importante
è che Sasuke ha
capito, ha percepito il tuo bisogno di ricevere qualche
dettaglio sul suo passato, sebbene non sembri ancora intenzionato a
volerne parlare apertamente.
«L’ultima cosa che voglio è giudicarti,
Sasuke».
Sei sincero quando lo dici e il tuo compagno lo percepisce, ma attende
qualche minuto prima di farsi di nuovo avanti.
«È una storia lunga che non vorresti sentire. Che
nessuno vorrebbe sentire» tenta ancora, prova a dissuaderti,
anche se infondo sembra sia lui il primo ad aver bisogno di esternare,
di condividere un peso forse troppo pesante da portare da solo.
«Tu prova. Di tempo ne abbiamo».
Non sono certo le parole più incoraggianti che potessi dire,
eppure Sasuke cambia posizione, lentamente, fino a girarsi su un lato,
quello che gli permette di incrociare il tuo sguardo anche
nell’oscurità; schiude le labbra e, in un
sussurro che solo tu puoi sentire, inizia a raccontare la sua storia,
quando tutto ha avuto inizio, quando l’incubo è
divenuto realtà.
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Capitolo 11 *** La nascita di un assassino ***
La nascita di un assassino
Avvolgi la garza
bianca attorno al polso sinistro, leggermente dolorante dopo una
schiacciata venuta male nell’ultimo allenamento. Infili i
polsini neri e impugni la racchetta, pronto per un’altra
serie di colpi che sferrerai concentrandoti al massimo delle tue
possibilità. Ricevi la prima palla con un rovescio che la
spedisce a pochi centimetri dalla linea bianca che delimita il campo: è
dentro.
Solitamente preferisci la precisione alla potenza dei colpi, ma al
momento senti il bisogno di sfogare una strana sensazione di nervosismo
che non ti ha lasciato in pace neanche per un secondo dal preciso
istante in cui hai sentito la sveglia suonare. I tendini delle braccia
si stendono e si accorciano con sorprendente ritmicità,
seguendo i movimenti della racchetta, assecondando la straordinaria
potenza che stai riponendo in ogni palla colpita.
Tutto procede liscio
finché un giramento di testa ti costringe ad interrompere
l’allenamento. Non hai mai rinunciato neanche ad una giornata
trascorsa in quel campo, che fossi al massimo della forma o con la
febbre alta. Eppure ti senti strano e assieme al pulsare delle tempie
un fastidioso aggrovigliarsi all’altezza dello stomaco ti
convince a mollare tutto e tornare negli spogliatoi. Il tuo compagno ti
segue preoccupato, chiedendoti se stai bene: non è da te
abbandonare una partita per un insulso mal di testa. Annuisci e ti
scusi, ma l’unica cosa che desideri fare in quel momento
è tornare a casa, sdraiarti sul letto e solo più
tardi cenare assieme a tuo fratello.
Mentre lasci il centro
sportivo, con la borsa in spalla, cerchi di dare una spiegazione a
ciò che ti sta accadendo, ma per la prima volta dopo tanto
tempo senti di dover seguire l’istinto, accantonando le
giustificazioni della ragione. Percorri la strada del ritorno a passo
veloce, non hai voglia di aspettare i mezzi, c’è
sempre troppa gente che spinge per entrare e l’attesa ti
farebbe innervosire maggiormente.
Non appena scorgi il
vostro appartamento hai come un moto di sollievo nell’animo
ed il sorriso gioviale di tuo fratello, assieme ad un morbido futon,
sono tutto ciò che desideri in quel preciso momento.Sali le
scale a due a due e suoni il campanello in modo insistente, poggiando
la sacca a terra. Aspetti qualche secondo per poi farti sfuggire un
leggero sbuffo e cominci a frugare nelle tasche alla ricerca delle
chiavi.
«Nii-san,
accidenti, quando la smetterai di recluderti in quella maledetta stanza
a suonare» borbotti a bassa voce, mentre combatti con la
serratura che per qualche motivo sembra diversa rispetto al solito. Ti
chini a guardare meglio e scorgi una leggera ammaccatura che ti
costringe a forzare la chiave per aprire.
Entri silenziosamente,
notando un leggero barlume dalla cucina. La camera insonorizzata di tuo
fratello ha la luce spenta.
Ti chiudi la porta
alle spalle ed un moto di angoscia comincia ad appesantirti il respiro.
«Nii-san»
lo chiami, alzando un po’ la voce, magari sta facendo una
doccia e non ti ha sentito entrare.
Non appena molli la
borsa sul divano, il silenzio assordante di quella casa rafforza i tuoi
dubbi precedenti e la certezza che lì dentro sia davvero
successo qualcosa. Fai per attraversare il corridoio, quando due ombre
veloci catturano la tua attenzione, facendoti pietrificare sul posto;
le hai viste dalla finestra del bagno, quindi, con ogni
probabilità, ora saranno dietro di te, brandendo qualche
utensile affilato che minaccia la tua gola.
Quando ti
volti scorgi effettivamente due uomini, entrambi vestiti
eleganti, ma completamente disarmati. Uno di loro ha un piede che
avanza verso la porta, l’altro ha le mani avanti e ti guarda
piuttosto agitato.
«Chi cazzo
siete?» sbotti col fiato corto, tastando in giro per trovare
un qualsiasi oggetto che ti permetta di difenderti.
«Sta
calmo» dice il primo, facendo un passo nella tua direzione.
Un raggio di luce
lunare che filtra dalle serrande gli illumina le mani e solo in quel
momento scorgi che le ha avvolte in guanti di silicone, leggermente
macchiati di rosso.
In risposta
indietreggi, cercando di ignorare il battito del tuo cuore che rimbomba
nelle orecchie.
«Vi ho
chiesto chi cazzo siete!» cerchi di urlare, ma la voce ti si
spezza in gola.
Ora sono entrambi
davanti a te e stanno bloccando il passaggio che conduce al salone
principale e alla cucina. Quello che si è avvicinato per
primo, un uomo di mezza età con la calvizie appena
accennata, sta per rispondere alla tua domanda, ma un altro
interrogativo prende il sopravvento sul primo e stavolta è
un sussurro flebile ad uscire dalle tue labbra.
«Dov’è
mio fratello?»
L’uomo
sospira e si massaggia le tempie. «Non saresti dovuto
tornare».
Senza pensarci due
volte corri loro incontro, li scansi in malo modo spingendoli ad un
lato e ti dirigi verso l’unica luce accesa della casa, in
cucina. Scorgi un tagliere con delle verdure appena affettate ed una
ciotola di riso lì accanto, piena sino all’orlo.
In un cartoccio c’è del pesce fresco, il cui odore
ti assale le narici facendoti salire la nausea. Al di là del
tavolino, sui tatami in legno, giace una sagoma di un uomo, con gli
occhi ancora aperti, vuoti, a fissare il soffitto. Un rivolo di sangue
gli cola dalla bocca e un’altra macchia color cremisi si
espande all’altezza della spalla sinistra, rivelando un foro
profondo causato da un proiettile.
A quella vista il tuo
respiro si ferma, il cuore sembra smettere di pulsare e le ginocchia
tremano sino a toccare terra con un tonfo.
Vorresti chiamarlo ma
senti la salivazione scomparire e riesci solo ad allungare una mano
verso il suo collo, tastandolo per cercare un battito che ormai non
esiste più. Ti chini ad ascoltare il petto, ma anche quello
ti restituisce solo l’eco del tuo respiro. Sbatti le
palpebre, delle macchie di luce ti annebbiano la vista – stai
perdendo conoscenza -, ma il pensiero di quegli uomini penetrati in
casa tua ti dà la forza di restare lucido.
«Avevamo
studiato con zelo tutti i tuoi orari» sussurra uno di loro, e
la sua voce ora sembra più ferma e decisa. Forse vederti
lì a terra inerme gli ha dato la convinzione di avere la
situazione in pugno. «Alle sei in punto raggiungi il campo di
allenamento a pochi isolati da casa tua e ci rimani fino alle
otto».
Senti i passi
dell’uomo avvicinarsi e d’stinto stringi i pugni.
«Sono mesi
che ti osserviamo, Sasuke. Sei un tipo metodico e, a dirla tutta, non
pensavamo che avresti mai saltato un allenamento. Siamo stati poco
previdenti».
Hai lo sguardo basso,
muovi le iridi a destra e a sinistra alla ricerca di un’idea,
ma hai la mente vuota, non riesci a pensare, fino a quando scorgi un
arnese nero metallizzato accanto alla gamba di tuo fratello.
È una pistola.
L’uomo si
accorge che hai notato l’arma ed abbassa le palpebre.
«Quell’arma è intrisa del tuo DNA,
Sasuke. Abbiamo cancellato ogni traccia del nostro passaggio,
perciò quando arriveranno le forze dell’ordine,
tra – gettò un’occhiata veloce
all’orologio – venti minuti circa, troveranno te
sul luogo del delitto, tuo fratello morto e le tue impronte digitali
sulla pistola. In poche parole, un biglietto di sola andata per il
carcere a vita».
Ti porti due mani tra
i ciuffi neri, incapace di dare un senso a quelle parole. La vista del
corpo martoriato di tuo fratello ti sta tormentando sino alla pazzia e
soltanto l’idea che possano incolpare te di un simile crimine
basta per farti salire un groppo alla gola che sembra volerti
soffocare. I polmoni si accartocciano, come stretti da due mani
possenti che minacciano di schiacciarli, la tachicardia ti provoca un
dolore lancinante al petto e in quel preciso istante ti sembra di
morire. Non hai mai avuto un attacco di panico in vita tua, ma ora sei
in grado di riconoscerlo; non appena riacquisti il controllo di te
stesso, quel peso allo stomaco risale verso l’esofago e
rigetti sul pavimento della cucina, aggrappandoti ad una gamba del
tavolo lì accanto.
«Non
prenderla come un fatto personale» riprende l’uomo,
gettando un’altra occhiata all’orologio.
« Si tratta semplicemente di ordini, tutto qui».
Senti che le forze ti
stanno abbandonando, ma ora che ti sei liberato dal quel peso,
l’arma lì accanto sembra luccicare davanti ai tuoi
occhi come unica via d’uscita. Probabilmente è
stata caricata con un solo proiettile, quello usato per uccidere tuo
fratello, ma c’è un’esigua percentuale
che non sia così, perciò il tuo braccio si muove
di scatto per agguantarla, senza pensare minimamente a ciò
che avresti fatto dopo. L’uomo calvo capisce le tue
intenzioni e si fionda anche lui verso l’arma, ma tu sei
più veloce ed ora la tieni puntata verso di lui con entrambe
le mani.
«Non ti
avvicinare» sibili, a denti stretti.
L’altro alza
le mani, getta un’occhiata al suo compagno ed indietreggia.
La pistola è carica.
Se si fosse trattato
di un telefilm avresti sicuramente riso in barba
all’incapacità di quelle persone, così
poco attente a dettagli importanti che sarebbero potuti costare loro la
vita. Sfortunatamente, quella a cui stai assistendo non è
finzione, ed incapaci o meno, quegli uomini hanno appena tolto la vita
a tuo fratello. Non puoi
lasciarli andare.
«D’accordo,
ma stai calmo, ragazzo… non vorrai mica peggiorare la tua
situazio-»
«Sta zitto!
– esclami, e stavolta la voce esce senza barriere –
Ora sono io a fare le domande. Voglio sapere chi cazzo siete e
perché avete ucciso mio fratello» .
Ti stupisci della
fluidità con la quale riesci a pronunciare quelle parole.
Ogni traccia di disperazione sembra essersi momentanamente oscurata,
per lasciar spazio ad una rabbia accecante che chiede vendetta.
«Non siamo
tenuti a rispondere» dice il primo, alterato, ma il secondo,
un ragazzo giovane dai capelli a spazzola, non sembra della stessa idea.
«Itachi
Uchiha ha intralciato le mire del nostro capo nel momento in cui ha
accettato la promozione ad un livello superiore nell’Azienda
in cui lavora».
L’altro gli
lancia un’occhiata carica d’odio. «Vuoi
stare zitto razza di idiota, ma cosa ti viene in mente di
dire?»
Il ragazzo lo guarda
allarmato. «Ci sta puntando una pistola addosso, che cosa
dovrei fare?»
«Se vuole
ucciderci lo farà comunque, quindi vedi di tenere chiusa
quella fogna, codardo che non sei al-»
Questa volta
è un proiettile che gli perfora la testa ad interrompere la
parlantina dell’uomo calvo. Il suo compagno sobbalza,
inciampando nelle proprie gambe e gattonando all’indietro per
cercare di scappare. Gli vai dietro e lo blocchi poco prima che possa
toccare la maniglia della porta.
«Non ci
provare neanche» gli dici con rabbia, avvicinando
l’arma alla tempia del ragazzo. Questo strizza gli occhi e
inizia a tremare, mentre tu rinforzi la presa sulla pistola,
completamente ignaro di come si debba impugnare in modo corretto.
Dovevi certamente ringraziare la goffagine dei due assalitori se ora ti
trovavi in posizione di vantaggio.
«Dimmi che
è il tuo capo e ti lascerò vivo», menti.
«N- non puoi
fare niente contro di lui» balbetta l’altro.
«E poi io non l’ho mai visto, so solo che alcuni
suoi sottoposti lavorano nella stessa Azienda di Itachi Uchiha e che
sono stati surclassati da quest’ultimo per il posto
più alto nella gestione
dell’attività» continua tutto
d’un fiato, neanche lo avesse imparato a memoria.
Scuoti la testa, tutta
quella situazione ti sta mandando in frantumi il cervello e non riesci
a comprendere nulla di ciò che ti viene detto.
C’è solo una cosa che vuoi fare, solo una cosa che
in quel momento hai la forza per mandare avanti. Forse non vuoi
più sentire spiegazioni, è inutile continuare a
fare domande delle quali non puoi – e non vuoi –
comprendere le risposte.
«Probabilmente
non sei stato tu ad uccidere mio fratello» sussurri,
resistendo al mal di testa che ha ricominciato a tormentarti.
«Ma non posso fare altrimenti».
Scorgi un unico
spiraglio di terrore negli occhi del ragazzo e poi premi il grilletto,
prendendoti anche quell’altra vita, seppur consapevole che
nemmeno mille anime basteranno per colmare quel vuoto lasciato da
Itachi.
Ti trascini di nuovo
verso la cucina, le orecchie che fischiano per il rumore assordante
degli spari, i muscoli che lentamente ti abbandonano. Lasci che il tuo
corpo si adagi accanto a quello di tuo fratello e gli passi una mano
sul volto, chiudendogli le palpebre.
«Questo non
è quello che tu avresti voluto» sussurri
prendendogli una mano. «Mi dispiace».
Getti
un’ultima occhiata alla pistola, ponderando di usarla per
porre fine alle tue sofferenze, ma un tonfo assordante ti impedisce di
agire; decine di poliziotti hanno fatto irruzione nella cucina, ognuno
armato di pistola e casco protettivo. Ti senti afferrare da dietro, ti
schiacciano la testa a terra e ti tengono le mani ferme per apporre le
manette. Non fai resistenza, non c’è
n’è bisogno ormai. Non hai più niente
da perdere.
Guardi
un’ultima volta il viso di tuo fratello, così
vicino al tuo, e lasci che tutte le lacrime trattenute fino a quel
momento ti bagnino le guance, finalmente libere di uscire.
«Mi
dispiace» sussurri un’ultima volta, prima che ti
trascinino via da quella casa, dove di te non rimane altro che qualche
goccia salata sul pavimento, accanto a quel lago di sangue che
segnerà per sempre la tua vita come quella di un assassino.
Buon pomeriggio chéries!
Ebbene, finalmente riesco a pubblicare 'sto benedetto flashback! XD Anche stavolta non vorrei pronunciarmi molto… se ci sono alcune cose non dette, verranno probabilmente chiarite nel capitolo successivo, dove di nuovo troveremo un confronto diretto Naruto – Sasuke. Vorrei solo dire che questa storia è stata pensata più come un’analisi psicologica che altro, per questo a volte rimango sul vago per quanto riguarda alcuni dettagli (il presunto Boss, l’azienda nella quale lavorava Itachi, e simili), ma questo non vuol dire che non possa approfondirli in seguito, qualora lo ritenga necessario per la trama. L’importante è che tutto abbia una sua coerenza.
Dunque, vi lascio sperando che questo capitolo sia riuscito a trasmettervi qualcosa e che non abbia deluso le vostre aspettative. Non so perché ma scrivere scene particolarmente drammatiche mi coinvolge sempre troppo e l’effetto finale non mi convince mai del tutto… come al solito, a voi l’ardua sentenza! :P
Grazie di cuore! <3
Vavi
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Capitolo 12 *** Colpevole ***
Colpevole
Hai sempre pensato che
il silenzio della cella fosse oltremodo opprimente, ma mai prima di
quella sera avevi sentito l’eco del tuo respiro e il battito
del tuo cuore rimbalzare su quelle mura e diffondersi
nell’aria circostante con tanta veemenza, distruggendo la
totale assenza di suoni senza farsi scrupoli. Le pulsazioni rimbombano
nelle orecchie dandoti le vertigini; stringi il materasso con la mano
sinistra, cerchi un qualcosa che ti impedisca di sprofondare, di
seguirlo in quel buco nero dal quale probabilmente non è mai
riemerso.
Hai le labbra
semichiuse, eppure ti è impossibile anche solo pensare di
dar voce alle corde vocali. Sei confuso, spiazzato, forse sorpreso, per
la prima volta non riesci ad interpretare con precisione gli stati
d’animo che ti arrovellano lo stomaco.
Tra tutte le immagini
e le parole che ti bombardano la mente, ci sono degli interrogativi che
pian piano iniziano a prender forma, dubbi che diventano certezze,
certezze che si tramutano in inspiegabili moti d’angoscia,
domande che forse non potranno mai esser soddisfatte.
Ci sono mille cose che
vorresti chiedere, altre mille che non vorresti sapere.
Il tuo compagno di
cella, dopo interminabili minuti durante i quali ti chiedi se abbia
continuato a respirare, si alza lentamente dal futon, dirigendosi verso
le sbarre. Le afferra con presa salda, quasi potesse scardinarle da un
momento all’altro, poi vi poggia il capo fissando in basso,
permanendo nella sua muta sofferenza, sempre così
impenetrabile.
Ma stavolta qualcosa
è andato in modo diverso, stavolta è riuscito ad
aprirsi quel tanto che basta per darti la possibilità di
iniziare a comprenderlo un po’ di più.
«Sasuke…»
Tre sillabe a fior di
labbra è tutto ciò che sai tirar fuori.
Lui scuote la testa,
prima che tu possa continuare. «Sto bene»,
sussurra, ma il tono vacilla e sa anche lui che non è vero,
che se non fosse per la tua presenza probabilmente sarebbe crollato di
nuovo, come quel maledetto giorno accanto al corpo di suo fratello.
Sollevi il busto,
restando seduto, un gesto che Sasuke non tarda ad interpretare nel modo
giusto, vincendoti ancora una volta sul tempo.
«Non
serve» mormora, con lo stesso tono di voce spento.
«Qualsiasi cosa tu dica… ti garantisco che non
serve».
Guardi le ginocchia
con i pugni chiusi e un’irrefrenabile voglia di ribattere, ma
ancora non trovi la forza per farlo. Infondo ha ragione, quale parola
potrebbe mai essergli di conforto, in un momento come quello? Nulla
cambierà il passato, e se ti fermi un attimo a riflettere,
comprendi che ben poco potrai fare per cambiare il futuro.
«Perché?»
chiedi allora, maledicendoti un secondo dopo per non esser
riuscito a tenere la bocca chiusa.
Lui stranamente si
volta, e sussulti ad incrociare quello sguardo che trasuda sconfitta,
per poi tornare sul suo materasso, sedendosi sul bordo con innaturale
lentezza, come se quel gesto gli procurasse dolori muscolari in tutto
il corpo. Non lo hai mai sopportato da quando ha messo piede in quella
cella e raramente si è prodigato per farti cambiare idea,
eppure guardarlo mentre si sgretola in balia dei ricordi ti
dà la sensazione di finire in pezzi allo stesso modo.
«Già,
perché. Me lo chiedo tutti i
fottutissimi giorni».
Sospiri mentre lui si
passa le mani nei capelli, aggrappandosi ai ciuffi neri. Raccogli un
po’ di coraggio e decidi di indagare la questione con
cautela.
«Il tuo
avvocato sembrava di buon umore, l’altro giorno. Hai degli
indizi, qualcosa che possa ricondurre al
colpevole?».
Alza il capo e ti
fissa con le sopracciglia aggrottate. Se non fosse per
quell’aria stanca, diresti che ha un’espressione
incredula dipinta sul volto.
«Ti ho
appena detto di aver piantato una pallottola in testa a due uomini nel
giro di pochi minuti e tu chiedi se ci sono prove che possano
ricondurre al colpevole? Sono io il colpevole, dannazione!».
Ha alzato di poco il
tono di voce, ma tu non rinunci a tenergli testa.
«No, non lo
sei! – ribatti deciso – Cioè, voglio
dire… ».
Uccidere due persone
è un reato ignobile, nessuno ha il diritto di decidere per
la vita degli altri, ma cosa avresti fatto tu, in una situazione del
genere? Come avresti reagito alla vista del cadavere della persona che
più hai amato nella tua vita? Non lo sai, è
difficile rispondere, ma non puoi fare a meno di pensarci. Lo spavento
diventa dolore, il dolore diventa rabbia, la rabbia diventa pazzia e
non c’è razionalità che tenga.
Sasuke sospira
rumorosamente, quasi leggendoti nei pensieri.
«Non
funziona così, Naruto».
Poggia i gomiti sulle
ginocchia e ti guarda con gravità. «Ai giudici non
interessa il legame che avevo con quella persona, o il mio stato
d’animo in quel preciso momento. A loro servono prove. E le prove sono tutte a
favore della mia condanna, ovviamente».
Non poteva davvero
finire in quel modo.
«Ma il tuo
avvocato, lui… »
«Stanno
riesaminando il mio caso» ti blocca, ormai al limite della
sopportazione. Sai di essere stato invadente, di esserti spinto anche
troppo oltre con le tue considerazioni, ma non riesci a credere che sia
tutto perduto. Non sarebbe giusto. «Sono state trovate molte
incongruenze sulle dinamiche di quella notte, – continua-
specialmente per quanto riguarda l’omicidio di mio fratello.
L’avvocato crede di riuscire a farmi scagionare almeno da
quell’accusa».
Percepisci un leggero
sollievo nel suo tono di voce, ma basta un attimo perché si
incupisca di nuovo.
«È
inutile far affidamento su mere illusioni, Naruto. Il mio caso rimane
invischiato con la mafia, perciò la miglior pena alla quale
potrei auspicare è senza dubbio
l’ergastolo».
«So che in
presenza di attenuanti alcuni avvocati riescono a far diminuire gli
anni da trascorrere in prigione» butti lì, anche
se non sei molto esperto di legislazione e burocrazia.
Sasuke scuote di nuovo
la testa. «Ma ti
senti?»
borbotta, con uno strano ghigno stampato in faccia. «Si
può sapere che razza di concezione hai della colpevolezza,
Naruto? Sono un assassino, merito di stare qui dentro».
«Sì,
ma loro hanno ucciso tuo fratello!»
Gli urli in faccia la
cosa più ovvia del mondo e ti senti un emerito idiota, ma
forse lo hai fatto per te stesso, per rafforzare le tue convinzioni.
Lui rimane un attimo
in silenzio, con le pupille incatenate alle tue, ad osservare quella
irruenza che ti solca i lineamenti del volto, così contratti
in quella assurda determinazione.
Si stende a pancia
sopra, chiudendo gli occhi. «Non sono tutti come te, Naruto.
Il mondo gira diversamente».
Volta il fianco dal
lato del muro, ponendo fine alla conversazione e, con
quell’ultima frase, intende ringraziarti a suo modo, per aver
creduto in lui nonostante tutto.
A volte ritornano, per così dire.
Scusate se ultimamente ho trascurato un pò questa storia, ma la verità è che lo sto facendo con tutte le fan fiction che ho in corso, dato che questo è proprio un periodo nero. Ci tengo solo a ringraziare tutti voi che mi state seguendo dall'inizio o che avete iniziato da poco a leggere: cercherò di completare questa storia nel migliore dei modi, esattamente come mi ero prefissata, anche se questo potrebbe voler dire allungare un pochino i tempi. Spero serete pazienti! XD
Un bacio grande,
Vavi |
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Capitolo 13 *** A volte ritornano ***
A volte ritornano
Osservi distrattamente
la bottiglia di birra mezza vuota, mentre sbirci con la coda
dell’occhio i movimenti di un gruppo di persone appena
entrate nel bar. Sono in tre: un uomo sulla cinquantina, un ragazzo
piuttosto alto dall’aria austera ed una ragazza della tua
stessa età, tutti con i medesimi capelli corvini dai
riflessi bluastri e gli occhi chiarissimi.
«Quando la
smetterai di fantasticare su quella tipa?»
Il tuo amico Shikamaru
appare da dietro il bancone, mentre asciuga distrattamente una tazza da
caffè, sperando che suo padre non lo richiami al dovere
nell’arco dei successivi dieci secondi. Alzi lo sguardo dalla
bevanda e in risposta sospiri, indugiando un’ultima volta sui
lineamenti dolci di quella creatura troppo bella per essere umana.
«Fantasticare
non costa nulla» replichi scolando l’ultimo sorso
di birra, ancora una volta offerta dalla casa.
Shikamaru ti rivolge
un’occhiata rassegnata e un po’ malinconica. Se non
fosse per lui, non ti saresti mai potuto permettere una consumazione in
quel bar al centro della città.
«Magari se ti
togliessi dalla faccia tutti quei piercing… »
butta lì, cercando di tirarti su il morale come meglio
crede. Nel frattempo finge di svuotare la lavastoviglie, pur di non
tornare a sgobbare alla macchina del caffè accanto alla
nuova barista bionda che ha assunto suo padre nell’ultima
settimana.
Tu ridi amaramente,
scuotendo la testa.
«Come potrebbe
una come lei interessarsi ad uno come me?»
Mordi istintivamente
l’anello che ti cinge parte del labbro inferiore, come a
voler dire che, nonostante tutto, non cambieresti mai per diventare
qualcuno che non sei.
Non lo hai mai fatto per
nessuno, dopotutto.
In quel momento, mentre
stai per alzarti dallo sgabello, hai come la sensazione che lei abbia
ricambiato quel tuo sguardo timido è un po’
impacciato che le rivolgi di solito, per poi voltare rapidamente la
testa in direzione del ragazzo slanciato che l’accompagna.
Chiudi gli occhi e ti massaggi le palpebre, ridendo di te stesso:
figuriamoci se davvero quella donna così sofisticata possa
aver dato attenzione ad un tipo trasandato ed alternativo con nove
orecchini a bucargli la pelle.
**
«Lo conosci quello?»
Sasuke afferra le sbarre con una mano e vi guarda attraverso cercando
di non dare nell’occhio. Ti avvicini non troppo interessato e
segui con lo sguardo l’uomo a cui si riferisce il tuo
compagno. Stai per replicare che no, non lo hai mai visto in vita tua,
quando due spalle possenti sovrastate da un cespuglio arancio carota
assorbono tutta la saliva che hai in bocca, togliendoti la
facoltà di emettere qualsiasi suono. È il Titano.
In quelle due settimane che aveva trascorso nel reparto psichiatrico,
tirava stranamente un’aria più tranquilla tra i
detenuti del braccio Sette; a quanto pare avevi cantato vittoria troppo
presto.
«Sembra sia un dottore, o qualcosa del genere»
continua Sasuke, alludendo probabilmente al camice bianco che indossa
l’uomo.
Ha i capelli di un biondo albino e due occhiaie scure che contrastano
fortemente con il verde smeraldo degli occhi. Sembra piuttosto smilzo,
sebbene il camice ne nasconda parte del fisico.
«È il nuovo tutore di Juugo» si
intromette una guardia che stazionava lì vicino, attirando
la vostra attenzione.
Incredibile come dei
funzionari pubblici possano talvolta risultare peggiori delle comari di
paese, pensi provando un moto di disgusto verso quella
gente che finge di lavorare con serietà.
«Tutore?» ripete Sasuke, interdetto quasi quanto te.
L’altro annuisce, incrociando le braccia. «Pare che
il ragazzone abbia avuto non pochi problemi nel reparto dove era stato
trasferito… così alla fine hanno deciso di
reintegrarlo qui, a patto che fosse sotto stretta sorveglianza di un
esperto psichiatra».
«Che stronzata» sbotti, adocchiando Juugo
confabulare sottovoce con il suo presunto tutore. Sasuke ti guarda
senza chiedere nulla, ma sembra comprendere ciò che stai
pensando. Se il Titano è tornato, può esserci una
sola persona in grado di architettare un simile stratagemma.
Come a confermare i vostri dubbi, una sagoma lunga e snella si staglia
proprio dietro i due ragazzi, gli occhi gialli e vispi puntati sulla
sua migliore conquista, ora di nuovo alle sue dipendenze. Lo guarda
attraverso le sbarre con aria soddisfatta e si schiarisce la gola per
scambiare anch’egli due parole col dottore.
Poco dopo si volta e un sorriso sinistro gli incurva le labbra
nell’incrociare i vostri sguardi, entrambi tesi e ostili.
«Non c’è modo per toglierselo di
dosso» borbotti, con tono leggermente irato.
Sasuke incatena le iridi scure a quelle serpentine di Orochimaru,
ricambiando l’espressione inquietante dell’uomo con
un ghigno altrettanto spaventoso.
«Beh, un modo ci sarebbe».
Fissi il tuo compagno esterrefatto, sperando di aver inteso male le sue
parole. «Stai scherzando? Non vorrai per
caso…»
L’altro alza le spalle, raggiungendoti accanto ai futon.
«Cosa vuoi che cambi per me? Ormai sono dentro. E quel tipo
mi sta facendo incazzare parecchio».
«Lascia stare» replichi sbrigativo, sempre
più convinto che quell’idea non avrebbe portato a
niente di buono. «Forse hai fatto degli sbagli, ma non devi
per forza recitare la parte dell’assassino».
Sasuke ti riserva un’occhiata sfuggevole, ma non replica alla
tua considerazione. Sa cosa pensi di lui e in fondo te ne è
grato, anche se non corrisponde all’opinione che ha di se
stesso.
«E poi è impossibile avvicinarlo senza dare
nell’occhio» continui, cercando di dissuaderlo
facendo leva su aspetti più pratici.
Sasuke si stende, piegando in due il cuscino e poggiandovi sopra il
capo. «Basta entrare nelle sue grazie».
Di nuovo lo guardi a bocca aperta, sollevando i palmi delle mani verso
l’alto, per poi lasciarli ricadere sulle ginocchia.
«Questa è davvero la cosa più assurda
che abbia mai sentito», commenti scuotendo la testa.
«Sappi che io non voglio averci niente a che fare, tra poco
uscirò da qui e non intendo-»
«Non ho mai detto di volerti coinvolgere» ti
interrompe dandoti le spalle, quasi ad erigere di nuovo quel muro che
lentamente ti eri illuso di aver scalato, rincorrendo la vana speranza
di riuscire a comprendere i pensieri celati di quel ragazzo tanto
complicato.
Un piccolo flashback a inizio capitolo su Naruto e Hinata, quando ancora i loro incontri si limitavano ad occhiate fortuite in un bar del centro.
Juugo è tornato, per somma gioia di Orochimaru; Sasuke è apparentemente mosso da istinti omicidi verso l'uomo-serpente, ma sarà davvero disposto ad entrare nel suo giro e arrivare a tanto? (modalità telenovelas attivata XD).
Auguro a tutti una buona domenica, sperando che la vacanze di Natale mi concedano qualche attimo libero in più per dedicarmi ai lavori che ho in corso.
Un bacio grande a tutti coloro che stanno seguendo questa storia. :*
Vavi
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Capitolo 14 *** Di furti e saponette ***
Di furti
e saponette
Sono
due giorni che il ritaglio con il volto sorridente di
Hinata è scomparso.
Lo
tieni sempre sotto al cuscino, facendo attenzione a
tirarlo fuori solo al riparo da occhi indiscreti, oppure lo infili
nella tasca
dei pantaloni, quando devi star via per molto tempo e
c’è il rischio che la
cella venga perquisita in tua assenza.
Mentre
aspetti con impazienza il tuo turno di fare la
doccia, cerchi di ricordare gli avvenimenti delle ultime ore,
identificando le
possibili occasioni in cui potresti averla persa, o peggio, in cui te
l’avrebbero potuta rubare. Ormai hai imparato come funzionano
le cose lì
dentro: una fotografia è di certo un oggetto prezioso da
poter utilizzare come
merce di scambio.
Cerchi
di convincerti che ormai manca poco, che presto
potrai di nuovo rispecchiarti nei suoi occhi chiari, sentire il suo
profumo solleticarti
le narici, eppure quella fotografia ti ha accompagnato per molto tempo,
è stato
il tuo unico appiglio nei momenti di sconforto, una dolce ninna nanna
che ti
cullava prima di dormire, proteggendoti da orribili incubi. Per mesi
hai
creduto di poter percepire ancora il profumo di lavanda sulla carta
fotografica, per mesi sei rimasto a guardarla con insistenza, come se
potesse
materializzarsi davanti a te da un momento all’altro.
Specialmente ora che ha
un nuovo lavoro, riesci a vederla sempre di meno, perché il
suo datore è restio
a concederle permessi tutti i mercoledì del mese in modo che
possa venire a
trovarti. Tu ogni volta la tranquillizzi, le dici che non importa, che
ti basta
anche solo parlarle per qualche minuto, perché sai che ha
cercato
quell’impiego con tutte le sue forze, l’ha fatto
per te – per voi e il vostro
futuro – rinunciando a terminare gli studi universitari.
Vedi
Sasuke uscire dal bagno con un asciugamano avvolta
attorno alla vita. Prima di andare a recuperare i suoi vestiti, si
avvicina
alla porta dove attendi con impazienza e ti consegna un oggetto
scivoloso con
poca grazia.
«L’acqua è gelata» borbotta a
bassa voce, e la sua pelle
d’oca sembra mostrare ancora le conseguenze del getto freddo.
Non ti stupisci, la chiamano “doccia calda”, ma la
verità è
che se sei fortunato puoi usare l’acqua tiepida, altrimenti
ti arrangi,
indipendentemente dalla stagione e dalla temperatura che
c’è fuori. Senza
contare che ve la lasciano utilizzare solamente una volta a settimana,
costringendovi ad attingere al lavandino della cella per i giorni
restanti.
Ciò che ti lascia perplesso, invece, è la
saponetta che
Sasuke ti ha appena consegnato. Possedere un simile agio non
è da tutti, lì
dentro. Tu non hai nessuno che ti rimpolpi il libretto mensilmente, a
parte
qualche aiuto da Hinata che puntualmente rifiuti; solo una volta, mesi
prima,
eri riuscito a comprarne una con i risparmi del lavoro in carcere, ma
dopo
mezz’ora era già sparita nelle grinfie di qualche
detenuto più furbo di te.
«Muoviti, altrimenti perderai il turno».
Sasuke ti risveglia bruscamente dai tuoi pensieri,
allontanandosi e lasciandoti con quel piccolo trofeo nelle mani.
*
Quando rientri in cella, d’istinto, stiri entrambe le
braccia verso l’alto e ti getti di peso sul futon. La coperta
odora ancora di
polvere e muffa, ma almeno la pelle sa di pulito, ed è una
sensazione che
adori. Prima di entrare lì dentro non eri mai stato un
patito dell’igiene e
della pulizia, ma ora che quei privilegi ti sono stati tolti, senti sempre la mancanza di
quel piccolo box
doccia che avevi nell’insulso monolocale alla periferia di
Tokyo.
Ora, a
confronto con la cella, la tua vecchia abitazione ti sembra una reggia.
«Grazie»
mormori ad un Sasuke intento nella lettura,
restituendogli il sapone avvolto in un panno di stoffa. Non gli chiedi
come
l’ha avuto, perché sebbene tu non sappia ancora
molto su di lui, sei quasi
certo che la sua condizione economica sia di almeno dieci spanne
superiore alla
tua. Il fatto che suo fratello fosse a capo di un’azienda non
fa che confermare
la tua ipotesi.
L’altro afferra distrattamente la saponetta, riponendola in
una busta di plastica a capo del letto.
«Almeno la smetti di puzzare come una capra».
«Ehi! »
Ti pareva strano che ancora non avesse tirato qualche
frecciatina: Sasuke non sapeva nemmeno cosa fosse la bontà
gratuita.
«Non è colpa mia se c’è
umidità qui dentro e comunque non
penso che il tuo sudore profumi di muschio
e pino selvatico!».
Sasuke storce il naso e si sfila le scarpe, pronto per una
breve dormita prima del turno di lavoro pomeridiano. In
quell’esatto momento ti
rendi conto che il pugnale non è più
all’interno del suo calzino, né accanto al
cuscino o in qualsiasi altro luogo dove lo nasconde di solito.
Inizi a sudare freddo.
«Che fine hai fatto fare alla lama?» biascichi
inginocchiandoti accanto al suo futon.
Lui apre gli occhi di scatto, come si fosse ricordato di una
cosa importante. Fruga nella tasca dei pantaloni e, invece di tirar
fuori un
coltello scintillante, con tua estrema sorpresa, ti rende il ritaglio
di foto
che avevi perduto. Nel rivederlo per
poco non ti viene un infarto.
«Co-come cavolo… - glielo prendi dalle mani, quasi
strappandoglielo – dove l’hai trovato?
Perché ce l’hai tu?»
Sasuke sospira, riservandoti uno sguardo compassionevole.
«Dovresti avere più cura delle tue cose, dobe.
Lo avevano preso i detenuti della cella in fondo al braccio, ed
è meglio che
non ti ripeta quali osservazioni stavano facendo sulla tua ragazza,
quando mi
sono accorto di loro».
«Ma come ho fatto a perderlo? – ti lamenti,
rigirandolo tra
le mani – Forse nell’ultima rissa in cortile,
oppure in cucina… » cerchi di
fare mente locale per evitare di compiere due volte lo stesso errore.
Improvvisamente, però, ti rendi conto di una cosa:
escludendo il fatto che
Sasuke possa essersi azzuffato con un gruppo di detenuti due volte
più grossi
di lui, è chiaro che per ottenere quel ritaglio sia stato
costretto a
contrattare. E allora tutto torna: il
pugnale.
«Hai barattato l’arma con la fotografia?»
chiedi con
titubanza, sperando di aver capito male.
«Stava cominciando a diventare
d’intralcio» replica Sasuke,
senza scomporsi. «La caviglia sta peggiorando e darla a te
non era una opzione
possibile».
«Ma avremmo potuto nasconderla! – berci con i palmi
in aria
– Che ne sai che quei brutti ceffi non la consegnino alle
guardie incolpando
te? O che la usino contro di noi, un giorno di questi?»
L’altro sospira, come se parlare con te equivalesse ad avere
a che fare con un bambino troppo cresciuto.
«Sei qui dentro da più tempo di me e ancora non
hai capito i
meccanismi, Naruto? Quando entri in possesso di un oggetto in prigione,
quello
diventa tuo, non importa come lo hai avuto. Le guardie non credono ai
detenuti,
non sono così stupide. Non avrebbe senso per loro incolpare
me, perché nessuno
darebbe loro retta».
Rimani con la bocca aperta, ma non parli.
«Inoltre avrai notato che le perquisizioni sono aumentate
nell’ultimo periodo. È meglio non avere oggetti
passibili di punizione per le
mani, non adesso».
Certo che, messa così, pareva avere un senso logico.
«E poi mi pareva di aver capito che tenevi molto a quella
fotografia, no? Un semplice grazie sarebbe bastato». Lo dice
con tono
irriverente, ma un piccolo ghigno simile a un sorriso gli solleva
l’angolo
sinistro della bocca.
Guardi di nuovo il volto della tua amata e ogni turbamento
d’animo sembra placarsi. Non hai troppa voglia di
ringraziarlo apertamente,
perché vorrebbe dire aver fatto la figura dello scemo
davanti ai suoi
ragionamenti, ma dentro di te gli sei profondamente grato. Rispondi a
quel
mezzo sorriso, convinto che basti per trasmettergli il tuo stato
d’animo.
«Ma con Orochimaru come la mettiamo? – cambi
bruscamente
argomento, abbassando di più la voce – Non avevi
detto che…».
«Da quando Kimimaro gira intorno alla sua cella è
difficile
studiarne i movimenti. Dubito
che abbia
perso l’interesse, ma in ogni caso è meglio
aspettare che sia lui a fare la
prima mossa. Poi deciderò il da farsi».
Annuisci non troppo tranquillo, allontanando Orchimaru dalla
tua mente; non gli permetterai di rovinarti quei brevi attimi di
felicità che
ti scaldano il cuore per aver recuperato una cosa a te tanto cara.
Buonsalve carissime/i!
Sono di frettissima perché sommersa da libri e appunti in vista di un esame alle porte! -.-
Solo qualche chiarimento: per quanto riguarda le docce ho immaginato fossero comuni, di numero inferiore ai detenuti (ovviamente) e quindi che bisognasse fare la fila per potersi lavare.
In genere i detenuti hanno un libretto sul quale tengono dei soldi e spesso sono i familiari a fornirglieli: Naruto, non avendo parenti in vita, può beneficiare solo dell’aiuto di Hinata e di quei miseri spiccioli che si guadagna in prigione (si tratta di pochissimi centesimi l’ora, parlando in euro). Con questi soldi i detenuti possono comprare alcuni oggetti, come appunto le saponette, i fazzoletti, le sigarette o le carte da gioco. Ho immaginato che Sasuke stesse bene dal punto di vista economico e che quindi potesse permettersi anche questo tipo di agi (ma senza esagerare, perché secondo me non gradirebbe molto essere additato come uno dei privilegiati).
Per il resto, spero tanto vi sia piaciuto! Scusatemi ancora per la fretta, non vedo l’ora che questa sessione/incubo finisca! Un in bocca al lupo a tutti per la scuola, l’università e i vari impegni!
Un bacio,
Vavi
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Capitolo 15 *** Limite umano ***
Limite umano
Rassegnazione.
Sofferenza. Disagio. Tristezza. Una giostra di emozioni che
è tutto e niente. Qualche mese fa, forse,
l’avresti chiamata indifferenza, ma ora quel volto pallido e
smagrito dalla miseria della prigione sembra voler urlare mille
sfumature che solo in pochi riescono a cogliere.
Hai appena salutato
Hinata e stai aspettando che la guardia finisca di discutere con un
altro prigioniero per poi riaccompagnarti alla tua cella. In quel
frangente ne approfitti per osservarlo: un uomo giovane, forse poco
più che trentenne, quello che Sasuke ha definito il suo
avvocato. Eppure oggi sembra diverso dal solito; discute in modo
concitato, si sporge verso di lui, cerca di richiamarlo
all’attenzione pronunciando il suo nome e poi, alla fine, gli
stringe entrambe le spalle, come a volerlo rassicurare. Sasuke a volte
annuisce, raramente lo guarda; rimane a testa bassa nascosto dietro i
palmi delle mani, qualche monosillabo accompagna diversi sospiri. Gli
occhi di quell’uomo sembrano vivi, quasi brillano di una
speranza che Sasuke ha perduto da tempo e non sembra intenzionato a
voler ritrovare, nemmeno sotto l’influsso di una voce
così conciliante e familiare.
Quando rientra in
cella sembra ancora più spossato del solito, come se la
conversazione avuta poco prima lo avesse prosciugato del tutto.
Nonostante ti abbia raccontato di come il suo avvocato stia cercando in
tutti i modi di scagionarlo dall’accusa di omicidio del
fratello, Sasuke è sempre restio a volerlo incontrare. Una
volta, tempo addietro, disse alla guardia di essere malato e tu non
osasti intervenire nella discussione, anche se raramente ti capitava di
assistere al rifiuto del colloquio
del mercoledì da parte di un detenuto.
D’altronde
Sasuke era sempre stato un tipo strano, perciò preferisti
lasciar correre senza fare domande.
«Se ritrovo
un’altra volta i tuoi calzini ai piedi del mio futon giuro
che te li faccio ingoiare».
Mormora senza troppa
enfasi e ti lancia malamente quei due pezzi di stoffa sudici. Li prendi
al volo senza replicare, al momento non hai voglia di iniziare
l’ennesimo battibecco inutile.
Sasuke si volta,
stupito dalla tua mancata risposta. «Hai capito, dobe?» rincara con una
punta di acidità nella voce, giusto per rimarcare la sua
indignazione.
«Lo conosci
bene quell’uomo, vero? L’avvocato».
Rispondi con
un’altra domanda, conscio che quel comportamento
provocherà il disappunto di Sasuke. Il ragazzo, infatti, si
irrigidisce inarcando le sopracciglia, mentre finge di dedicarsi alla
sistemazione del lenzuolo pur di non guardarti negli occhi.
«Sarebbe
strano se non lo conoscessi, visto che si occupa del mio
caso» replica con stizza, sperando che quella risposta idiota
ti faccia capire che non ha nessuna intenzione di affrontare
l’argomento.
Sospiri, ignorando
spudoratamente la sua tacita richiesta. «Sembra che tu lo
conosca da molto tempo… mi ha dato l’idea che
fosse un tuo familiare».
A quel punto Sasuke
interrompe bruscamente ciò che sta facendo e ti lancia
un’occhiata di fuoco. Rispondi con sguardo fermo, non hai
nessuna intenzione di demordere. Lo vedi passarsi una mano sulle
palpebre e scompigliarsi stancamente i capelli. «Non ho
voglia di parlarne» ammette finalmente, pensando che chiarire
in quel modo possa bastare. O almeno lo spera.
Ti dispiace deluderlo,
ma stavolta vuoi sapere di più: come può una
persona sopravvivere lì dentro se si chiude in se stessa?
Anche se lo conosci da appena qualche mese e spesso ti ha trattato
male, non lascerai che crolli sotto i tuoi occhi. Non finché
condividete la stessa cella.
«Invece devi
provarci» lo incoraggi. «Puoi anche rispondere
sì o no, non c’è bisogno che mi
racconti tutta la storia».
Alza le iridi e
sospira di nuovo, probabilmente vorrebbe chiederti perché ti
interessa così tanto saperlo, ma ormai sembra essersi
rassegnato alla tua indole incline a volersi accollare i problemi degli
altri.
«Era il
migliore amico di mio fratello».
Sembra che quella
confessione gli costi sette vite, tanto è basso il tono di
voce che usa. «Ma lui… noi, lo consideravamo uno di
famiglia».
Te lo aspettavi,
sebbene inizialmente fossi convinto che Sasuke non avesse nessuno al di
fuori di quelle mura. Con un attimo di ritardo ti accorgi che il tuo
compagno sta parlando al passato e vuoi approfondire la questione.
«Ora non
è più così?» chiedi.
«Non lo
è più da quando ha iniziato a girare il mondo per
lavoro ed è sparito dalla circolazione».
«Se
è un avvocato importante farà parte della sua
carriera, no?»
Sasuke scuote la
testa. «Promise di gestire l’Azienda Uchiha assieme
a mio fratello, dopo che-» si bloccò
all’improvviso, frenando la pericolosa inclinazione che la
sua voce stava per prendere.Forse si rende conto che hai intuito il
finale della frase, però decide di sorvolare.
«Rimase con
noi per un anno, dopodiché mio fratello comprese che non era
quello che il suo amico desiderava fare del suo futuro e gli
intimò di seguire la sua strada. Così Shisui
completò gli studi di giurisprudenza e divenne un
avvocato… uno dei migliori».
Si lascia scappare un
sorriso amaro. «Chi l’avrebbe mai detto che si
sarebbe trovato a dover difendere proprio me» dice con
sdegno, come se il solo pensiero potesse dargli il voltastomaco.
«Capisco la
tua delusione, ma a me sembra che tuo fratello abbia fatto la scelta
migliore. Dopotutto se Shisui non avesse intrapreso la carriera
giuridica, a quest’ora non potresti averlo dalla tua
parte».
«Invece non
capisci».
Si sdraia a pancia
sopra, con un ginocchio piegato. «Sarebbe dovuto rimanere
assieme a mio fratello. Lui ne aveva bisogno».
Solo
lui, Sasuke?
È la domanda che vorresti porgli, ma non
è necessario. Da come ne parla comprendi perfettamente
quanto la partenza di quella persona possa aver destabilizzato Sasuke,
in un momento in cui le cose non dovevano andare troppo bene. Eppure
dietro quell’immensa sofferenza si annida ancora un affetto
profondo, lo stesso affetto che percepisti nei gesti e negli occhi di
quell’uomo durante l’ultimo colloquio. Non hai idea
di chi sia Shisui, ma sei quasi convinto che Sasuke lo abbia preso come
un torto personale, aggravando la questione più del dovuto.
Eppure non si tratta
solo di questo.
«Si
impegnerà anima e corpo per ottenere dei risultati, Sasuke,
ne sono sicuro. Forse dovresti cercare di pensare al presente,
adesso».
«Io non
voglio vederlo».
Si volta dal lato
opposto e, per la prima volta da quando siete lì dentro, ti
sembra di scorgere un debole riflesso che si impiglia tra le ciglia
nere di Sasuke.
«Doverlo
incontrare ogni settimana è una condanna peggiore
dell’ergastolo».
Preme le mani sul
volto e sospira. «È l’illusione di
afferrare qualcosa di incorporeo… qualcosa che non
tornerà più».
Shisui rappresenta
tutto ciò che non potrà mai riavere indietro. Un
volto amichevole, una famiglia, un posto in cui tornare. Simbolo di un
legame incrinato, si ripresenta prepotentemente come unico affetto
tangibile ma ormai non più afferrabile.
Pensi ad Hinata. Pensi
a quanto potrebbe far male doverla incontrare con la consapevolezza di
non poterla mai più vivere davvero, lasciandola libera
di costruirsi il suo futuro, un futuro senza di te.
Sasuke è
ancora in attesa di condanna, ma non ha mai creduto di sfuggire
all’ergastolo: la sua vita è segnata e per questo
non vuole stringere alcun tipo di legame. Eppure, lì dentro,
voi non siete soltanto compagni di cella. Eppure, quell’uomo
continua a volerlo proteggere in tutti i modi e lui, anche se cerca di
negarlo, soffre per quel sentimento di amicizia che ancora lo incatena
a Shisui, che gli ricorda ogni volta il suo passato, suo
fratello.
Dopotutto Sasuke
è umano. Lo siete entrambi.
So che è difficile non immaginare Shisui come un Uchiha, ma il grado di parentela mi avrebbe creato delle complicanze dal punto di vista prettamente "giuridico", perciò qui lo troviamo in veste di avvocato e migliore amico.
Questo capitolo non era preventivato in realtà, ma tanto ormai lo sapete che questa raccolta nasce giorno per giorno. Spero tanto vi sia piaciuto!
Un bacio grande, ringrazio tutti coloro che mi stanno ancora seguendo e i nuovi arrivati. Grazie di cuore! <3
Vavi |
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Capitolo 16 *** Un inferno per due ***
Un inferno per due
Alle
dodici e mezza in cucina è il finimondo; urli a destra
e a sinistra, pentole che sbattono, cibo che finisce in terra, piedi
calpestati
e aria viziata dal fumo e dal sudore. Quel giorno, però, sei
stato fortunato,
visto che ti hanno relegato al banco a servire i detenuti: certo, ogni
tanto capita
di ricevere qualche insulto se sei troppo lento o se il piatto non
è riempito
fino all’orlo, ma è sempre meglio che starsene
lì dietro a morire dal caldo. Sei particolarmente di buon
umore quando servi la zuppa ai
tuoi compagni, peccato che bastino due iridi fluide di colore giallo
per
capovolgere la situazione; per poco non ti fai sfuggire il piatto,
quando te lo
ritrovi davanti con quell’aria spaventosamente tranquilla,
fatta di falsi
sorrisi e pugnalate alle spalle.
«Da cuoco a cameriere, Uzumaki» commenta bonario,
scrutandoti
mentre gli servi il pasto del giorno.
«Erano a corto di personale» rispondi gelido,
porgendogli la
sua porzione.
Orochimaru la afferra lentamente, stando attento a non
versare il brodo. Persino il quel gesto così banale ti
sembra disgustoso. «Ho
visto il tuo amichetto in cortile, poco fa. Sembra si sia intrattenuto
con un
detenuto del nostro braccio, quello della cella in fondo»
butta lì prima di
andarsene, con il solito sorrisetto ad increspargli le labbra.
Non hai il tempo di chiedere spiegazioni perché la Serpe si
allontana e devi darti subito da fare per servire il prossimo detenuto.
In
effetti Sasuke non è ancora tornato dal turno di lavoro
mattutino. Sai che alcuni gruppi si intrattengono di più
rispetto ad altri, ma
lui è sempre il primo a presentarsi a mensa; mangia qualcosa
al volo e si
ritira subito in cella per concedersi qualche minuto di relax in totale
silenzio - guai a te se osi fiatare, sarebbe capace di soffocarti con
il
cuscino.
Ci
vuole poco perché un groppo alla gola ti blocchi la
deglutizione; è stato proprio un detenuto del vostro braccio
a ricevere la lama
da Sasuke e subito hai pensato che fosse stato un gesto rischioso,
soprattutto
in relazione ad Orochimaru. Di sicuro quel brutto ceffo aveva qualcosa
a che
fare con lui, il quale, ovviamente, non si è lasciato
sfuggire l’occasione per
tormentarvi ancora. Lasci improvvisamente il mestolo della zuppa,
borbottando
che hai mal di pancia e devi scappare in bagno; approfittando della
confusione
generale, invece di dirigerti alla toilette, ti disfi del ridicolo
grembiule
bianco fiondandoti all’uscita sul retro.
Come pensavi ad accoglierti c’è una
guardia: fortunatamente una delle più stupide.
«Dove credi di andare?» chiede svogliatamente,
accompagnando
il tutto con uno sbadiglio, come se fino a quel momento avesse dormito
in
piedi, invece che perlustrare i dintorni.
«Ho scordato di chiudere la porta dello
sgabuzzino». È la
prima cavolata che ti passa per la testa pensando agli attrezzi che
utilizzano
gli “addetti” al giardinaggio.
«Ci penserà qualcun altro per te»
replica pronto quello,
cercando di mandarti via.
«No! – esclami mettendo le mani avanti –
sono io l’ultimo
del mio gruppo ed è compito mio riporre tutto al posto
giusto. La prego, mi-».
«D’accordo, datti una mossa» concede
finalmente la guardia,
già stufo di starti a sentire.
Ringrazi chinando il capo e ti fiondi in una ricerca
disperata del tuo compagno. Alcuni detenuti stanno ancora lavorando, ma
è
questione di minuti e tutti lasceranno ciò che stanno
facendo per andare a
mangiare. Solo i più lenti o i più meticolosi
sono rimasti: Sasuke solitamente
non è tra quelli.
Dopo aver perlustrato metà perimetro, senti dei rumori
sommessi
provenire dal retro della prigione, dove si trovano le zolle lavorate,
ormai
deserte e illuminate dal sole. Ti avvicini lentamente e, dietro una
colonna, lo vedi. Si sta dimenando,
mentre tenta
di opporre resistenza ad un braccio possente che spinge la lama dritta
verso il
sul collo. Ogni vena del corpo di Sasuke sembra pulsare assieme al suo
cuore,
ogni muscolo si comprime al limite della sopportazione per evitare un
colpo che
potrebbe costargli la vita.
Non
hai idea di cosa stia succedendo, ma una cosa ti è
chiara: il tuo compagno è evidentemente in
difficoltà. Ti porti le mani nei
capelli, scompigliandoli nervosamente, scuoti la testa come per gettar
via il
nervosismo ed afferri veloce una pietra massiccia da terra:
l’unica cosa che
puoi fare, in quel momento, è aiutarlo, dopo penserai a
farti spiegare tutto. Con
uno scatto fulmineo sei già dietro ai due combattenti, ma
non dai tempo a
Sasuke di aprir bocca, perché in un attimo, senza pensarci,
picchi il sasso sul
capo dell’uomo e subito dopo lo vedi accasciarsi a terra
stordito, mentre il
coltello ricade sull’asfalto ed un finissimo rivolo di sangue
solca la tempia
della tua vittima.
Sasuke è immobile, con le braccia sospese per aria, le
pupille dilatate ed incastonate alle tue, in un misto di terrore e
stupore. I vostri
respiri si fondono in un affanno che abbassa e solleva il diaframma
troppo
velocemente per poter essere controllato.
«Che ti è saltato in mente?» mormora con
un filo di voce,
cercando invano di mantenere la calma.
Ti bagni le labbra, rimaste asciutte per la troppa tensione.
«Cercavo di evitare che quello ti accoltellasse, teme». Rispondi come se avessi
appena fatto il gesto più ovvio del
mondo.
Sasuke finalmente si ricompone, massaggiandosi una spalla.
Guarda prima te e poi il corpo inerme del detenuto che ha attentato
alla sua
vita. «Sei un cretino» sentenzia chinandosi sulle
ginocchia e premendo due dita
sul collo dell’uomo per controllarne il battito. Trattieni
per un attimo il
respiro, rendendoti finalmente conto del rischio che hai deciso di
correre.
«Come diavolo sapevi che ero qui? Volevi forse allungare la
tua permanenza in carcere?» domanda Sasuke in maniera
retorica, e dal suo tono velatamente
più tranquillo comprendi che l’uomo è
ancora vivo. Un omicidio sulla fedina
penale sarebbe stato la tua rovina.
«Ho agito d’impulso» cerchi di
giustificarti, eludendo la
prima questione e rimanendo un po’ sulla difensiva; in fondo
tutta quella
faccenda riguarda anche te e se non fossi stato così
distratto da farti rubare
la fotografia di Hinata, Sasuke non sarebbe stato costretto ad
effettuare lo
scambio. O magari lo avrebbe fatto lo stesso, ma questo tu non puoi
saperlo.
«D’accordo, genio,
ora cosa pensi di fare?» insiste Sasuke, risvegliandoti dalle
tue congetture.
A sentire il modo in cui te lo chiede avresti voglia di
colpire anche lui con quel sasso. Possibile che non riesca a mostrare
un minimo
di riconoscenza neanche in situazioni del genere? Sbuffi, passandoti
una mano
sul volto. Se non fosse che lo hai appena salvato da un epilogo
piuttosto
doloroso, sbatteresti la testa al muro in preda al panico per il casino
in cui
hai messo entrambi. Fortunatamente siete in un angolo isolato della
prigione,
ma dovete pensare in fretta: tra pochi minuti il turno di lavoro
mattutino finirà
anche per i ritardatari e nei cortili si riverseranno centinaia di
detenuti
diretti verso la mensa.
Scruti con diffidenza il corpo inerme dell’uomo ai vostri
piedi; probabilmente ha urgente bisogno di cure mediche, anche se,
fosse per
te, lo lasceresti lì a terra privo di coscienza. Il primo
pensiero che ti
balena in testa è quello di nasconderlo da qualche parte, ma
nessuno vi
garantisce che prima o poi non si svegli e decida di raccontare tutto
alle
guardie: in quel caso sareste fottuti.
«Sasuke…»
«Zitto».
Stavi per dirgli di fuggire, anche se avreste rischiato
ugualmente, quando il tuo compagno tende l’orecchio in
ascolto ed anche tu
percepisci un crepitio di passi sul terreno.
«Merda! Qualcuno sta venendo a controllare»
imprechi sotto
voce, agitandoti. «Che cazzo facciamo?»
Sasuke è apparentemente calmo, ma una goccia di sudore gli
solca la guancia, tradendone lo stato d’animo.
«Vattene!» esordisce poi, facendoti segno con la
mano.
«Allontanati da qui» il suo tono di voce
è talmente basso che stenti a
percepirlo.
«Cosa?! Perché??»
Ti avvicini di più a lui, cercando di capire cosa gli stia
passando per la testa. Pensa forse di risolvere tutto prendendosi la
colpa e
finendola lì?
«A mala pena mi sono accorto del tuo arrivo, Naruto, il
detenuto non ti ha neanche visto in faccia. Dirò di essermi
difeso e in qualche
modo me la caverò».
Oh no, non di nuovo. Non gli permetterai di coprirti le
spalle un’altra volta.
«Non se ne parla, io-»
«Sparisci, cazzo!»
Sasuke ti dà una spinta e il rumore di passi si fa sempre
più
vicino. Riprendi l’equilibrio, lo guardi a bocca aperta, vuoi
urlargli contro
qualcosa ma non c’è più tempo. Fai come
ti dice e corri via nel giro di un
secondo.
*
Ti rigiri nervosamente nel futon infilando una mano sotto
al
cuscino. Le dita sfiorano un ritaglio di carta ed in modo istintivo
afferri la
fotografia, chiudendo gli occhi alla vista di quel volto
così sereno e
sorridente.
«Scusa Hinata. Ti avevo promesso che sarei cambiato qui
dentro, ma la verità è che sto facendo un
casino».
«Parli
da solo, Uzumaki?»
La
voce di una guardia ti fa scattare seduto, mentre infili
il ritaglio sotto al futon, spiegazzandone
gli angoli. Borbotti mentalmente qualche improperio contro
l’arrivo improvviso
di quell’uomo e cerchi di ricomporti.
«Stavo solo-»
«Ho una bella notizia per te» continua la guardia,
ignorandoti. Non riesci a capire se fa sul serio oppure ti sta solo
prendendo
in giro. Si appende alle sbarre e ti rivolge un sorriso
raccapricciante, fatto
di carie e denti gialli. «Stasera avrai la cella tutta per
te! Il tuo compagno è
stato sbattuto in isolamento». Lo esclama gracchiando, mentre
ridacchia tra sé
e sé come se avesse detto qualcosa di molto divertente. Di
sicuro lì dentro
quel brutto ceffo è uno dei funzionari meno professionali
che tu conosca.
«Come?» Aggrotti le sopracciglia, al solito
parlando senza
pensare. Avresti dovuto immaginarlo che sarebbe finita a quel modo.
«Pare che abbia malmenato un tipo dopo essere stato
minacciato con un coltello. Un assassino che ha paura di un ladro!
Questa è
bella». Continua con il suo racconto senza degnarti di uno
sguardo. «Il tipo in
questione è ancora in infermeria, ma quando si
sveglierà toccherà anche a lui
la stessa sorte. Siete proprio un ammasso di imbecilli».
Conclude il discorso
con un insulto rivolto a tutti i detenuti, sputa vicino alla tua cella
e si
allontana raddrizzandosi il copricapo, come se quel gesto potesse
dargli
prestigio.
«Quanto ci dovrà restare?» domandi a
bruciapelo, cercando di
non far trasparire troppo interesse.
L’altro sbuffa rumorosamente e si volta di nuovo nella tua
direzione «Una settimana. Basterà per rimetterlo
in riga».
Sospiri
abbracciandoti le ginocchia, per poi tirare un pugno
al muro. Non va bene. Non va affatto
bene.
Continua
tutto a girare nel verso sbagliato, gli eventi
sembrano gridarti che è sempre colpa tua, che non sei
cambiato di una virgola: ti
cavi d’impiccio mettendo nei guai gli altri, finisci per fare
del male alle
persone a cui tieni. Già, perché è da
un po’ che hai cominciato a pensarlo: Sasuke
è ciò che, lì dentro, ti ricorda di
più la parola amicizia. Forse
è solo perché ti senti in colpa e pensi che
dovresti esserci tu al suo posto; forse invece quella sensazione di
oppressione
al petto dipende da altro. Gli hai detto di odiarlo, ed è
vero, perché il suo
dolore, ormai, è diventato anche il tuo.
L’isolamento
distrugge, logora, consuma ogni più residua
traccia di speranza: tu da fuori, lui da dentro, l’inferno,
stavolta, lo
vivrete in due.
Buonasera carissimi!
Dovrei aggiornare altre mille cose, ma ultimamente ho più ispirazione per questa raccolta, perciò ho approfittato. Perdonate la massiccia dose di angst degli ultimi capitoli... non vi sto lasciando un attimo di tregua! XD E' vero che la storia è "drammatica", ma vedrò di darvi anche un pò di respiro, non temete.
Spero tanto vi sia piaciuto! Vi chiedo, qualora vi andasse, di farmi sapere cosa ne pensate con un commentino. Grazie di cuore! :)
Vavi |
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Capitolo 17 *** In bilico ***
In bilico
I minuti trascorsi con Hinata sembrano volati via; l’hai
vista poco fa entrare dalla solita porta blindata assieme agli altri e
proseguire sicura verso il tuo tavolino, ed ecco che le guardie gli
intimano già che il tempo a sua disposizione è
finito. Le stringi forte la mano, le sorridi, ma questa volta non si fa
ingannare: sa che lì dentro qualcosa non va, lo vede da
quella ruga accennata in mezzo alle sopracciglia chiare e lo sente
dall’inclinazione grave della tua voce, di solito sempre
così accesa e rilassata. Non provi neanche a nasconderlo,
quel tormento interiore che ti lacera l’animo. Desideri solo
che lei resti con te, perché non hai mai sentito gravare
sulla schiena la tua condanna come in quel momento. Le sbarre della
cella e le mura della prigione sono tornate a stringere i polmoni in
una morsa letale; proprio quando avevi iniziato a vedere la vita
lì dentro in un altro modo, quando ti sembrava
finalmente di aver accettato te stesso e i mesi che rimanevano, tutto
minacciava di crollare di nuovo.
Hinata si alza, sussurra qualcosa che assomiglia a un ti amo e si
allontana con sguardo preoccupato, non sentendo la tua risposta. Non
distogli le pupille da lei, dai suoi occhi, dai suoi capelli: di nuovo
hai sentito sopraggiungere quella sensazione di inadeguatezza, la
stessa che ti spinge a credere che non meriti il suo amore, la sua
pazienza e le sue attenzioni. Cerchi di sorriderle prima di vederla
scomparire definitivamente, ma la sua risposta è una lacrima
solitaria che le bagna la guancia e si estingue sulle labbra candide.
«Che cazzo sto facendo».
Scuoti vigorosamente le ciocche bionde e fai per tornare nella tua
cella, quando una voce potente attira la tua attenzione e fa voltare
anche gli altri detenuti.
«Aspettate! Dovete riferirgli un messaggio, riguarda il suo
caso!»
Ad urlare è stato l’uomo in giacca e cravatta che
vedesti l’ultima volta con Sasuke. Ha indosso sempre gli
stessi abiti neri, ma la camicia bianca è leggermente
sbottonata sul davanti e i capelli ricci sono più scomposti
del solito.
«Il detenuto è in isolamento, non le è
permesso parlargli né inviargli messaggi di sorta. Lo
vedrà la prossima settimana». La guardia
è irremovibile e, con i palmi delle mani avanti, cerca di
allontanarlo dalla zona dei ricevimenti, visibilmente scocciato e stufo
di continuare a parlare con lui.
«Ditemi almeno come sta!» Prorompe allora il
ragazzo, passandosi una mano tra i capelli.
«Spiacente» risponde l’altro, facendogli
strada verso la porta. «Adesso è meglio che
vada».
«Sta bene».
Sei stato tu a parlare, interrompendo lo spiacevole scambio di battute
tra i due uomini. Il ragazzo dai capelli neri si ferma, ti osserva
confuso, cerca di capire se stai parlando con lui. La guardia invece
sbuffa e tenta di condurlo nuovamente fuori.
«Conosci Sasuke?» continua, liberandosi dalla presa
dell’uomo e avvicinandosi a te.
«Siamo compagni di cella» replichi svelto,
guardandolo mentre cerca di eludere nuovamente il controllo della
guardia, che nel frattempo sembra aver perso la pazienza.
«Se la caverà» continui, nella speranza
di convincere sia te che lui.
Il ragazzo non risponde, forse è sorpreso del fatto che un
detenuto si interessi a Sasuke ed abbia la premura di farglielo sapere.
Però gli basta poco e sembra comprendere la natura del tuo
sguardo sincero. Annuisce, ringraziandoti, lancia
un’occhiataccia alla guardia ormai esasperata e borbotta un
«So camminare da solo», per poi lasciare la stanza
con un ultimo sospiro rassegnato.
Sei l’ultimo a lasciare l’atrio dei ricevimenti e
sulla strada del ritorno non puoi fare a meno di pensare
all’atteggiamento dell’avvocato; ricordi
nitidamente le parole di Sasuke, il suo dolore nel dover fronteggiare
quel legame un tempo saldo ed essenziale, ora divenuto solo
l’ombra di sé stesso, dinanzi ad un futuro in
prigione che non scorge via d’uscita. Eppure
quell’uomo sembra crederci ancora, nonostante tutto, sembra
volerlo proteggere ad ogni costo e non solo dalla sentenza, ma
dall’annullamento di sé stesso.
*
Sono
passati tre giorni. I vassoi con il cibo giacciono a terra, rovesciati,
senza che tu ne abbia assaggiato nemmeno un boccone. L’acqua
rimane la tua unica risorsa di vita, in quel buio che ingloba ogni
singola cellula del corpo per rinchiuderla in un incubo senza fine. Il
raggio di luce che penetra dalla finestrella della porta, beffardo, ti
ricorda ogni mattina che sei vivo, in bilico tra la perdita di te
stesso e un’esistenza inutile. È assurdo come
quelle poche certezze conquistate con fatica possano estinguersi
nell’arco di qualche ora, soppiantate dal solito nemico
chiamato Destino, che per poco tempo hai creduto di poter fronteggiare.
Eppure ora sei di nuovo solo,
in balia della sofferenza, e ti stupisci di come le immagini che si
disegnano nella tua memoria non siano più solo quelle del
corpo martoriato di tuo fratello, del sangue, delle lacrime e del
terrore: no, in mezzo alla disperazione c’è
dell’altro, un piccolo muro di mattoni che cresce nel
tentativo di arginare il vuoto.
«Ti
detesto, sei odioso!»
«Sono
stufo delle tue stupide regole, i calzini li metto dove mi
pare!»
«Sai,
dovresti provare a scioglierti, ogni tanto».
«Tu
non sei un assassino. Loro hanno ucciso tuo fratello!»
«L’ultima
cosa che voglio è giudicarti, Sasuke».
Senti un nodo stringerti le corde vocali. Non sai se stai per piangere
o sul punto di scoppiare a ridere; istintivamente ti passi una mano sul
volto, lasciandolo nascosto tra i palmi.
Così
è a questo che ti stai aggrappando? Ad un detenuto
conosciuto da qualche mese?
Lui se ne
andrà e tu rimarrai a marcire qui dentro.
Sono tutte belle parole le sue, ma non valgono niente.
Sei uno stupido Sasuke,
se speri ancora di uscirne illeso. Guarda in faccia alla
realtà!
Perché
non provarci, invece? Dopotutto non hai niente da perdere.
Altrimenti
perché non l’hai fatta finita subito, eh? Pensaci!
Puoi continuare a negarlo se vuoi, ma lui non ti è
indifferente.
Lui è tutto ciò che ti rimane, assieme a Shisui.
Pensaci.
Boinsoir! ^^
Eccomi di nuovo ad aggiornare questa storia. Ho usato anche stavolta il tu onnisciente per Sasuke, ma solo nell’ultima parte. Quello riportato in corsivo è una sorta di dialogo con sé stesso (alla Gollum per capirci XD). Vorrei anticiparvi, però, che ci sarà l’entrata in scena di un nuovo personaggio, dal quale prenderò in prestito quasi esclusivamente l’aspetto fisico – potete salutare già da ora il suo IC. Sarà abbastanza importante per lo svolgimento della trama.
Se avete qualche idea, non esitate ad avanzare le vostre ipotesi! ;)
Un bacio a tutti voi e grazie di aver letto. ^^
Vavi
|
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Capitolo 18 *** Aiutami ***
Aiutami
Le crepe grigiastre che attraversano il soffitto della
prigione si riflettono nelle tue iridi scure come se vi fossero state
tatuate a
fuoco. Hai i palmi rivolti a guardare un cielo di cui a stento ricordi
le
sfumature; le ciocche nere, intrise di sudore e umidità,
giacciono sparse sul
pavimento gelido che è ormai un tutt’uno col tuo
corpo debole e smilzo. La
bocca è socchiusa, le labbra screpolate e aride bruciano
inspiegabilmente anche
se ormai non riesci più a muovere un singolo muscolo. Non
sai quale forza
misteriosa spinga il diaframma ad alzarsi e abbassarsi ritmicamente per
permetterti di respirare; dentro le orecchie riesci a percepire solo il
battito
debole e incerto del tuo cuore.
Ad
un tratto, però, un rumore improvviso e sordo ti rimbomba
nella testa, facendo sussultare appena quel muscolo che ancora ti tiene
in
vita.
«La tua cena!» Esclama in malo modo una voce roca,
poi apre
una finestrella in basso alla porta blindata e vi lancia una ciotola in
legno,
facendone rovesciare metà del contenuto.
«Dov’è quella di stamattina?»
si lamenta poco dopo, non
trovando il contenitore del pranzo che solitamente posizionavi accanto
all’apertura,
rigorosamente pieno fino all’orlo, così come te lo
avevano consegnato.
Non sentendo risposta, la guardia sbuffa sonoramente e si
alza, gettando un’occhiata dietro le quattro sbarre poste in
cima alla porta. È
buio dentro, ma di solito riesce ad identificare la tua sagoma
rannicchiata ad
un angolo della stanza.
«Dove cazzo sei?» sbotta ad un certo punto,
tastandosi le
tasche per cercare le chiavi. «Non puoi fare come ti pare qui
dentro» borbotta
tra sé e sé, mentre armeggia con la serratura.
Chiudi
gli occhi, un sospiro impercettibile fa vibrare le
ciglia. Non hai più un briciolo di energia nelle membra:
l’eco del tuo respiro
è tutto ciò che ti rimane.
«Porca
puttana!»
La guardia è entrata e si è fiondata verso di te,
chinandosi
a sentire il polso. «Brutto bastardo, lo sai che non puoi
morire adesso, vero?»
Potresti alzare di poco le palpebre, ma non ne vedi più il
senso. In fondo l'uomo si è premurato bene di gettare nel
secchio la tua
porzione di cibo tutti i giorni, in modo che nessuno sospettasse che ti
stessi
volontariamente rifiutando di mangiare. Ora però che la
situazione gli è
sfuggita di mano, pretende che tu gli dia una risposta immediata, pena
il
rischio del posto di lavoro.
«Komamura!
Chiama il dottore! Sbrigati!»
Si
volta e parla a un suo collega, il tono di voce tremulo e
in preda all’agitazione. Probabilmente dovrà
inventarsi una scusa plausibile
per giustificarsi con i suoi superiori: in ogni caso meglio un detenuto
in fin
di vita che uno morto.
Tu,
dal canto tuo, non sei molto interessato a ciò che ti
succederà; d’altronde, al te stesso razionale
basterà spiegare che volevi farla
finita, dopotutto ci hai pensato tante volte.
Ma è davvero così,
Sasuke?
***
In cella i pettegolezzi sono all’ordine del
giorno, anche se
la maggior parte delle volte si tratta solo di cattiverie prive di
qualsiasi
fondamento. Eppure, come recita il detto, l’eccezione esiste
sempre: così,
quando a mensa scorgesti veramente un ragazzino al seguito della Serpe,
quasi
rischiasti di soffocare con l’acqua.
Se
lo porta in giro per la prigione come fosse un cagnolino
ammaestrato e a guardarlo in faccia non gli daresti più di
diciotto anni: ha
gli occhi chiarissimi, di un blu acquamarina, incorniciati da due
spaventosi
aloni violacei; i capelli color rosso acceso, quasi innaturale,
contrastano con
il colorito pallido della pelle, ravvivato solo da qualche lentiggine
sulle
guance. Ha l’aria smarrita, sembra spaventato a morte da
tutto ciò che lo
circonda, quasi lì dentro ci fosse finito per sbaglio.
Un’ideogramma nero
tatuato sul collo a caratteri spessi cozza violentemente con quei
lineamenti da
bambino, corrugati a delineare un’espressione di costante
preoccupazione. La corporatura
è simile alla tua, forse più basso di qualche
centimetro, eppure ha l’aria di
essere parecchio fragile.
Orochimaru
lo tira per un polso e lo presenta ad altri
detenuti, come fosse il suo nuovo trofeo. Ora che ci fai caso, il nuovo
arrivato ha lasciato le sue cose ai piedi del futon nella cella della
Serpe:
questo significa che uno dei due scagnozzi è stato
trasferito altrove; se hai
imparato a conoscere Orochimaru punteresti su Suigetsu, visto che
Juugo, con la
sua stazza, gli è decisamente di maggior aiuto. Eppure lo
strano albino dai
denti aguzzi gira ancora assieme a loro, segno che non è
stato affatto escluso
dal gruppo: chissà con quali sotterfugi è
riuscito a crearsi un simile giro di
adepti, tanto che ormai anche le guardie finiscono per assecondare ogni
più
stupida richiesta, se questa non è di troppo fastidio da
spiegare ai loro
superiori.
«Che
hai da guardare?»
Il ragazzone dai capelli color carota ti è davanti in tutta
la sua imponenza. Troppo occupato a studiare i movimenti di Orochimaru,
non ti
eri minimamente accorto del suo arrivo.
«Perché non lo lasciate in pace? Sarà a
mala pena
maggiorenne» replichi con sdegno, puntando nuovamente le
iridi sul giovane
arrivato.
«Se ti riferisci a Gaara, Orochimaru si è offerto
di
proteggerlo e di insegnargli come funziona qui dentro».
Fai fatica a trattenere una risata amara. «Deve proprio
avervi fatto il lavaggio del cervello».
L’espressione solitamente apatica di Juugo si incupisce.
«Bada a come parli».
«Come potete anche solo pensare di dar retta ad un
pedofilo?» Lo dici a tuo rischio e pericolo, percependo il
respiro di Juugo
farsi più instabile. Sai che può bastare un
nonnulla per scatenare uno dei suo
attacchi d’ira, ed anche se solitamente Kimimaro si fionda
non appena viene
dato l’allarme, nel frattempo potrebbe anche averti rotto il
setto nasale.
Stranamente decide di voltarti le spalle. «Tu non lo conosci.
Se aveste
accettato le sue richieste a tempo debito, forse a quest’ora
il tuo compagno
non sarebbe in isolamento».
«Sasuke non avrà problemi» ribatti
pronto, senza avere il
tempo di pensare al perché, di nuovo, hai avuto bisogno di
esternare quel
pensiero ad alta voce. Tra l’altro, ti sembra che dirlo non
migliori affatto le
cose, anzi; stai iniziando ad avere un brutto presentimento che ti
suggerisce l’esatto
contrario.
Juugo si lascia scappare uno strano verso che sembra
compatirti e nel frattempo Suigetsu gli piomba letteralmente addosso,
poggiandogli una mano sulla spalla in modo spavaldo, per poi ritirarla
mezzo
secondo dopo su ordine dell’occhiata inteneritrice che il
Titano non esita a lanciargli.
«Che si dice, biondino? Ti manca il tuo amichetto?»
Sogghigna mostrando i canini aguzzi e un barlume sembra luccicare in
quegli
occhi dai riflessi violacei mentre mima con entrambe le mani dei gesti
non
propriamente casti.
«Vaffanculo» rispondi gentilmente, mal celando
un’espressione
disgustata. «Tornatevene da Mamma Serpe ».
Il ragazzo albino finge di ridacchiare senza troppa enfasi,
poi di scatto ti afferra il mento, stringendolo tra pollice e indice.
«Ringrazia
Fragolino per aver attirato
l’attenzione del capo». Storci il naso nel sentire
il soprannome sdolcinato che
hanno appioppato al ragazzo e cerchi invano di allentare la sua presa
sul tuo
volto.
«Ma non pensare che si sia dimenticato di voi due
bastardi»
continua a denti stretti, poco prima che il soggetto della vostra
conversazione
faccia la sua comparsa quasi magicamente, avanzando con
quell’andamento
strisciante che a mala pena ne annuncia la presenza.
«L’aspetto trasandato ti dona, Naruto
caro». È il saluto
mellifluo con il quale rimarca, nel modo peggiore, le pessime
condizioni in cui
hai passato gli ultimi cinque giorni.
La tua risposta si tramuta in uno sguardo carico di rancore
e rabbia: sai che se lui non ci fosse stato ti saresti risparmiato un
sacco di
grane e forse avresti anche potuto aspirare alla diminuzione di pena
per buona
condotta. Nel periodo in cui sei stato solo in cella, purtroppo durato
poco,
hai avuto un attimo di respiro, ma poi l’arrivo di Sasuke ha
risvegliato l’olfatto
sinistro di Orochimaru, facendolo tornare all’attacco
più carico di prima. Un
tempo forse avresti accusato il
tuo
compagno di cella, ma molte cose sono cambiate da quel giorno in cui ti
diede
dell’idiota. Beh, non proprio tutte.
«In ogni caso, come sai trovo scortese saltare le
presentazioni». Si volta a cercare la sua prossima vittima
che, approfittando
della momentanea disattenzione della Serpe, aveva pensato bene di
eclissarsi
dietro la sagoma imponente di Juugo. Orochimaru lo prende per un
braccio e,
afferrandogli le spalle con entrambe le mani, lo porta davanti a
sé, come fosse
orgoglioso di quella conquista.
«Non mi interessa» cerchi di bloccarlo,
perché sei
fermamente convinto che quel ragazzo preferirebbe sotterrarsi piuttosto
che
essere mostrato all’intera prigione nella veste di un debole
sottomesso. Volti
il capo, non vuoi incrociare lo sguardo di Gaara, né
tantomeno provare pena per
lui: sarebbe comunque inutile e peggiorerebbe solo la situazione.
A fermarti è un sussurro, quasi un lamento, generato da un
timbro flebile e grave. «Ti prego» dice la voce, e
presto ti accorgi che è
stato Gaara a parlare, perché ora ha la mano tesa davanti a
sé, in un saluto
occidentale insolito, e sembra chiederti di stringerla con tutte le sue
forze.
Resti immobile, stupito da quel comportamento. Pensavi che
non sarebbe riuscito neanche a parlare e invece è pronto ad
assecondare gli
inutili convenevoli di Orochimaru. Esiti un poco, poi qualcosa ti dice
che stai
sbagliando, che forse c’è altro; è
quando ricambi la stretta, quando senti
delle dita fredde ma sicure avvolgere le tue con tanta foga, allora
percepisci
la tacita richiesta di quel gesto, il messaggio insito in una supplica
disperata.
«Io sono Gaara» dice ad alta voce, ma subito dopo
le sue
labbra si muovono di nuovo a formare una frase priva di suono, che solo
tu puoi
percepire. Sobbalzi in modo impercettibile, spalancando le palpebre;
Orochimaru
ti sta guardando con insistenza, mentre Juugo e Suigetsu ti riservano
occhiate
sospette. Impieghi un secondo per ricomporti e rispondere alla
presentazione.
«Naruto».
Lasci la mano del ragazzo come se ti allontanassi da una
pietra incandescente ed osservi il gruppo allontanarsi, percependo gli
ultimi
saluti come suoni ovattati, lontani anni luce.
Adesso, nella tua testa, c’è solo quella parola
percepita
poco prima dalle sue labbra, che ti rimbomba nelle tempie come il
più acuto
degli urli.
Io
sono Gaara.
Aiutami.
Ormai neanche mi scuso più, tanto l'avete capito che sono una ritardataria cronica.
Per quanto riguarda la prima scena con Sasuke, è volutamente ambigua; o meglio, più o meno si capisce cosa succede, ma non è molto chiaro il ragionamento che gli passa per la testa. Ciò che si chiede, in sostanza, è il perchè si sta comportando in quel modo. Di nuovo Sasuke Gollum, per intenderci.
Sul resto non dico nulla, lascio commentare a voi. Prima di andare, però, vorrei ringraziare Lemonguess, grazie alla quale ho trovato la voglia di revisionare e pubbliare questo capitolo. Assieme a lei, ringrazio tutti coloro che stanno continuando a seguire la storia, in particolare chi commenta i vari capitoli: grazie di cuore. A questo punto mi permetto anche di fare una piccolissima richiesta: se qualche lettore silenzioso ha voglia di esprimere la sua opinione è certamente il benvenuto. Ricevere qualche parere in più sulla storia può solo aiutarmi a migliorare. <3
Vi mando un bacione e alla prossima! :)
Vavi |
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Capitolo 19 *** Accettazione ***
Accettazione
«Aiutami?»
L’espressione
di Sasuke si tramuta in qualcosa di incomprensibile
e l’oscurità delle sue iridi diviene un codice
estraneo che non riesci a
decifrare.
Guardandolo,
ti sembra che le sue condizioni fisiche siano
decisamente migliorate rispetto a quando, una settimana fa, decidesti
di
intrufolarti in infermeria per verificare il suo stato di salute.
La guardia carceraria che ti diede la notizia del suo
ricovero non mancò di tralasciare neanche il più
macabro particolare nel
descrivere la situazione critica in cui era stato ritrovato Sasuke; per
un
attimo avevi considerato anche la peggiore delle ipotesi e data
l’impossibilità
di parlare direttamente con il dottore perché no, tu non eri di certo Orochimaru, avevi
deciso che sgattaiolare via
durante l’ora di intervallo in cortile sarebbe stata una
buona idea, almeno fin
quando l’addetto al controllo dell’infermeria non
ti aveva acchiappato per un
orecchio, minacciandoti di spedirti in isolamento se ti avesse visto di
nuovo
nei dintorni senza un buon motivo.
Che poi, a dirla tutta, tu il tuo buon motivo ce l’avevi
eccome: verificare che Sasuke fosse ancora vivo. Nonostante le flebo e
la
pessima cera, lo avevi intravisto dormire un sonno agitato, ma i
macchinari
sembravano indicare una condizione abbastanza stabile nei parametri di
pressione e battito cardiaco, perciò ti lasciasti scappare
un breve sospiro di
sollievo e decidesti che nei giorni a venire avresti trovato un altro
stratagemma
per continuare a racimolare notizie. Il tempo, però,
sembrava scorrere
inesorabilmente senza che potessi domandarti i il vero motivo del tuo
agire: per chi è che lo stavi
facendo? Per Sasuke,
per te stesso, o magari per Shisui?
Il
convalescente continua ad osservarti in attesa di una
risposta, mentre scansa malamente il tubicino che alimenta
l’ago a farfalla infilato
nella mano sinistra.
«Non te l’ho detto prima perché non mi
sembrava il caso»
continui allora, cercando di tornare alla realtà. Il
problema di Gaara non ha
mai smesso di tormentarti e fin dal primo giorno in cui vi presentaste,
sentisti il bisogno di parlarne con Sasuke per ricevere un consiglio.
Di
lasciare la situazione come stava, non ne volevi neanche sapere.
Sasuke espira lentamente, voltando di poco il capo in modo
da non incrociare il tuo sguardo. «In ogni caso non vedo come
io possa esserti
d’aiuto». Indica il lettino
dov’è sdraiato e il ridicolo camice bianco che lo
hanno costretto a indossare. «E anche se riuscissi a
camminare sulle mie gambe,
questo Gaara non è un mio problema» si affretta
poi ad aggiungere, per
verificare che tu non abbia frainteso la situazione.
Ti senti in colpa per averlo coinvolto, ma non puoi
affrontare Orochimaru da solo. Ormai hai
quasi accettato il fatto che Naruto
Uzumaki, sia da uomo libero che da detenuto, non è
in grado di pensare
nemmeno lontanamente agli affari propri. Poggi entrambi i gomiti sulle
ginocchia e ti lasci sfuggire un lamento soffocato quando intrecci le
dita nei
ciuffi biondi.
«Quello
che sarebbe?»
Sasuke
fissa severo i punti di sutura che svettano sulla
cima del tuo indice destro, ancora in attesa di ricevere una
medicazione per
poi essere fasciato.
«La ragione che mi ha permesso di essere qui a parlarti, no?
Andare a trovare il proprio compagno di cella a quanto pare non
è un buon motivo
per entrare in infermeria».
Eviti l’occhiata perplessa e stupita di Sasuke
scompigliandoti i capelli con la mano sana, ma quando rialzi lo sguardo
il
ragazzo ha ancora le iridi puntate su di te.
«Che c’è?» domandi, volgendo i
palmi verso l’alto.
«Tu hai qualche neurone fuori posto».
«Già, senti da che pulpito. Si può
sapere cosa avevi in
mente di fare in quella cella?»
«Niente che ti riguardi».
«Oh certo, come sempre».
«Nessuno ti ha mai chiesto di venire, comunque».
«Certo che no, scusa se ero preoccupato per te!»
Esclami l’ultima
frase alzandoti dalla sedia con uno scatto, per poi bloccarti sul posto
e
tendere l’orecchio in ascolto. Dal corridoio principale si
sentono dei passi,
probabilmente il medico sta tornando per controllare Sasuke; a parte
voi,
infatti, la stanza dove solitamente tengono in osservazione i detenuti
è
deserta.
«Eri preoccupato oppure ti serviva una mano?»
Scorgi una
punta di acidità nel tono di Sasuke.
Non sai bene come interpretare l’atteggiamento del tuo
compagno, perciò opti per la
verità.
«Beh… entrambe le cose. Sono stato qui altre
volte, mentre
eri ancora incosciente».
Ti penti un secondo dopo di quella confessione, anche se in
qualche modo sembra aver sortito uno strano effetto su Sasuke, che non
sembra
intenzionato a voler ribattere.
«E per quanto riguarda Gaara – continui, sulla
soglia della
porta – potrebbe essere l’unica occasione che
abbiamo per avvicinarci ad
Orochimaru».
Sasuke incrocia le braccia, alzando un sopracciglio. «Non
eri tu quello che voleva restarne fuori?»
«Non se qualcuno chiede il mio aiuto in quel modo!»
«Oh, abbiamo il paladino
della giustizia carceraria».
«Accidenti ma che ti prende oggi?! Sei
insopportabile!».
Sbuffi rumorosamente e fai per andartene, ma Sasuke è
più
veloce.«Ti ha detto qualcos’altro mentre ero
ricoverato? Gaara,
intendo».
Quasi non credi alle tue orecchie. «Non ci siamo
più parlati
– ammetti, dopo un attimo di silenzio in cui metabolizzi la
domanda - ma
a giudicare dalla brutta cera che ha, non credo che le cose siano
migliorate
nel frattempo, anzi».
Il tuo compagno piega le gambe e poggia la schiena contro le
sbarre in ferro sul retro del letto.
«Cerca di avvicinarlo allora. Sarà meglio farsi
dare qualche
informazione in più».
Non ti sembra affatto una cattiva idea, anche se già prevedi
che
non sarà facile. Annuisci per approvare la proposta di
Sasuke, dopodiché gli
punti un dito contro. «Resta il fatto che una volta uscito da
qui, io e te dovremmo
parlare, che ti piaccia o no».
«Parlare?» Sasuke è
di nuovo stranito e non te ne stupisci.
«Già, del tuo tentato suicidio ad
esempio». Anche di Shisui vorresti aggiungere, ma ti trattieni.
«Non… non volevo suicidarmi».
Apri la bocca per replicare, ma riesci solo ad ingoiare
saliva a vuoto, del tutto impreparato a quella rivelazione. Aggrotti le
sopracciglia, ti senti anche un po’ stupido in effetti, ma
non avresti mai
pensato che il gesto di Sasuke avesse potuto avere un altro fine.
«A-allora che-»
Ha di nuovo lo sguardo perso chissà dove, eppure riesci a
percepire chiaramente la sincerità delle sue parole.
«Volevo solo… uscire da lì».
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