Ogni respiro di più.

di Lady_Sticklethwait
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


           

                                              Capitolo 1  
 




Penelope si alzò di scatto quando sentì la finestra alzarsi e poi riabbassarsi magicamente.
All'inizio pensò fosse un sogno e richiuse gli occhi, memore di aver addosso ben dieci ore di sonno arretrato, ma lo scricchiolio del pavimento parlava chiaro: c'era qualcuno lì dentro.
Si mise a sedere sul letto per guardarsi attorno ma scacciò subito l’idea che potesse essere un ladro. D’altronde, a chi diavolo poteva venire in mente di derubare i mobili – perché soltanto quelli c’erano – di quella misera stanza?
Si stropicciò le palpebre con le mani e, man mano che gli occhi si abituarono all’oscurità, mise a fuoco la stanza.
Sembra tutto come prima.
Sbadigliò coprendosi la bocca ed accese la candela che teneva nei momenti di necessità sul comodino.
Penelope, stai facendo una stupidaggine perché oltre a non esserci nessuno, stai anche consumando l’ultima candela che ti è rimasta.
Ignorò la voce della sua coscienza e, spostate le coperte, calò i piedini a terra ed il contatto con il pavimento freddo la fece rabbrividire.
Si alzò sulle gambe raccogliendo tutta la forza di volontà di cui disponeva, alzò la lampadina all’altezza della sua testa e, vincendo le tenebre, avanzò con cautela.
Il rumore proveniva in direzione dell’armadio, pensò avvicinandosi incerta.
Il pavimento di legno scricchiolava ad ogni passo della donna e la candela emetteva una luce fioca; senza contare che i delicati soffi di vento che provenivano dalla finestra socchiusa facevano ballare la fiamma, rendendo la luce instabile.
Ormai era nei pressi dell’armadio e no, non c’era nessuno. Espirò sommessamente perché fino a quel momento aveva trattenuto il respiro per la paura.
Pf, fifona.
Si girò in direzione del letto, pronta a riprendere sonno; il tempo è danaro. Non le aveva insegnato proprio niente Madame Moreau?
Spense la candela con un soffio delicato ed un braccio solido le cinse la vita mentre, un’altra mano, soffocò le urla che sarebbero da lì a poco uscite.
“Sono estremamente affranto, signorina” una voce roca e determinata dall’accento perfettamente inglese le carezzò le orecchie “ma non sarei qui se non mi fossi trovato in condizioni estreme”
Penelope fece per dimenarsi ma l’uomo aumentò la stretta e ben presto si ritrovò con la schiena puntata su un petto possente.
“Non temete” fece quello con estrema dolcezza “non sono un malfattore e D’OH” dovette fermarsi perché Penelope gli aveva appena pestato un piede “ voi non siete estremamente docile” constatò con voce strozzata.
Ah, si divertiva, lui.
Quando Penelope sentì la voce di alcuni uomini e passi pesanti avvicinarsi sempre di più, si irrigidì. L’uomo, invece, con uno scatto felino, la trascinò sul muro adiacente alla finestra, in modo che gli uomini, scrutando al suo interno, non li avrebbero visti.
“Shhhh” le fece l’uomo vicino all’orecchio aumentando la stretta; Penelope chiuse gli occhi.
“E’ andato di là!”
“No” urlava un’altra voce più giovane “è da quella parte, in giardino!”
“Dobbiamo prenderlo”
“Eccolo, è lì!”
Ignorando totalmente la finestra socchiusa della stanza, gli uomini si allontanarono armati di fiaccole e molto probabilmente anche di spranghe.
Alcuni istanti dopo –istanti che a Penelope parvero ore – l’uomo rallentò la stretta e la donna, approfittando del fatto che si fosse rilassato, con uno strattone si liberò e cadde a terra con un tonfo sordo.
L’uomo sbuffò e si toccò la nuca: Penelope non riuscì a vedergli bene il volto perché la candela si era spenta, tuttavia nella stanza filtravano ancora i bagliori della luna che illuminarono i suoi abiti.
Penelope cinse le ginocchia coperte dalla pudica vestaglia da notte bianca con le mani, e mise a fuoco l’uomo: non vide molto, ma quando notò dagli abiti che quell’uomo era tutt’altro che un poveraccio, rimase confusa.
Indossava pantaloni scuri e dei pesanti stivali neri, così lucidi che avrebbero indotto un valletto a licenziarsi immediatamente. Senza alcun cenno di giacca, quel signore indossava una camicia bianca immacolata ed un panciotto blu scuro di seta.
Dopotutto, fare la sarta aveva i suoi pregi.
“Signore” la voce tremò “uscite immediatamente da qui”
L’uomo, immerso nella penombra, sorrise; o meglio, quello doveva essere un sorriso, dato che una fila di denti bianchissimi e regolari fecero capolino nelle tenebre.
“Di norma le donne mi riserbano un trattamento migliore quando vado a trovarle” disse con tono lascivo.
Oh, che… che canaglia!
Penelope mostró un cenno di impazienza “Signore, se non uscite di qui sarò costretta ad urlare”
“Non mi sembrate una ragazza molto simpatica” fece l’uomo, ignorando l’accaduto.
E voi siete completamente pazzo!
“Oh, affatto” rispose quella, alzandosi lentamente e tenendosi a debita distanza dallo sconosciuto “e sono certa che sarebbe un vero peccato se rovinassi la vostra copertura. D’altronde, io non ho nulla da perdere”
L’uomo fece un passo in avanti e Penelope arretrò: odiava, dannazione, odiava mostrarsi debole, ma quel signore era così alto ed agile che l’avrebbe riacciuffata in pochi secondi se fosse rimasta immobile.
L’uomo sospirò sommessamente “Signorina, mi rendo conto della particolarità della situazione ma vi assicuro che non sono solito inoltrarmi in abitazioni di signorine rispettabili”
Penelope stentava a crederci ma, dopo tutto, non sembrava un ladro – o almeno sperava che non lo fosse – e… perché quegli uomini lo stavano cercando?
No, Penelope, non è affar tuo e per l’amor del cielo, scaccia via quell’uomo!
“Non offro asilo ai malfattori” disse tenendo le mani giunte.
Quell’uomo doveva essere un maledetto seduttore, pensò quando avanzò ed un bagliore gli illuminò parte del mento scoprendo un sorriso sensazionale “Malfattore?” inarcò un sopracciglio “sono stato definito in modi peggiori”
L’uomo fece un altro passo ed ora il suo volto era completamente illuminato dalla luce; Penelope sfiorò varie sfumature di rosso quando un paio di occhi verdi la guardarono divertita, e senza il benché minimo pudore.
Penelope si coprì il petto istintivamente e l’uomo ridacchiò per averle suscitato quella reazione
“E’ un po’ tardi per i pudori da educanda, signorina”
Penelope si guardò intorno in cerca di un’arma da usare perché in quel momento era ben cosciente che se lui avesse voluto abusare di lei, sarebbe stata la fine e poi… E poi c’era quella fastidiosa questione dell’altezza, dato che quel signore era così alto da costringerla ad alzare il volto per guardarlo bene in faccia.
Naso dritto, bocca piena, sorriso sensazionale, occhi verdi, capelli castani… Ecco, se c’era un uomo da cui Penelope sapeva di dover stare accuratamente lontana era proprio quello che le stava davanti.
E quel signore sembrava essere cosciente del proprio fascino, pensò, perché lo stava esercitando disperatamente per rabbonirla.
“Signore” sbottò, aggrappandosi disperatamente alla sua razionalità “questa situazione… Ora… non è decente”
L’uomo sembrò riflettere per qualche secondo e poi eccolo sorridere di nuovo ed inclinare il capo verso destra, come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo “non ho mai detto che io fossi decente”
“Eccolo, in quella casa!” urlò una signora in lontananza e l’uomo si girò di scatto.
A Penelope sembrò che egli avesse sbuffato e borbottato “che seccatura” quando, con due falcate, si avvicinò all’altra finestra che era rimasta chiusa fino a quel momento.
Si girò verso Penelope, che ora lo guardava con occhi sgranati e la bocca socchiusa e sorrise “E’ stato un piacere” fece un inchinò beffardo e, con una mano poggiata sul davanzale, si calò giù dalla finestra, non senza imprecazioni indecenti.
Penelope corse alla finestra, il cuore le batteva all’impazzata e si affacciò; la lunga treccia bionda si era ormai sciolta e la brezza notturna mosse la sua vestaglia bianca mentre, con gli occhi socchiusi, cercava l’uomo.
Ma era già sparito.
 
 


Fatemi sapere se vi sembra il caso che continui! A domani, con il secondo capitolo.
Lady Sticklethwait.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


                                                                      Capitolo 4.
 
 
 
 
 
Madame Moreau era la stilista più famosa d'Inghilterra, o meglio, il suo negozio era preferito unicamente degli aristocratici grazie alla stoffa pregiata ed il taglio degli abiti sempre all'ultima moda.
La cosa che nessuno sembrava notare, però, era che Madame Moreau non aveva la più pallida idea di come si rattoppasse un abito strappato o cucirne uno totalmente nuovo; erano infatti le sue dipendenti, Penelope e Françoise, cui attribuiva tutto il lavoro sporco e faticoso per poi ricavarne il successo.
Ma a Penelope stava bene così.
Insomma, lei era solo una dipendente e avrebbe dovuto lavorare per Madame Moreau fino al compimento dei trent'anni, dato che le doveva davvero molto.
I suoi genitori, poveri e provenienti dai bassi fondi Londinesi, quando la concepirono, non sapendo come allevare una figlia e temendo che potesse morire nel fior dell'età - causa della dubbia provenienza degli alimenti- la abbandonarono proprio davanti la porta del negozio di Madame Moreau, che, accettando la piccola e prendendola sotto la sua protezione, era stata vista quasi come un'eroina dalla società Londinese( N.B La sua opera di sensibilità aveva anche incrementato schifosamente gli incassi di quel mese, aumentando la sua fama di donna altruista.)
Purtroppo è la mia vita, pensò Melody, dirigendosi verso una vasta gamma di aghi e fili di tutti i colori e scacciando via quei pensieri indecenti come se fossero mosche.
Questi, però, ritornarono a galla più caparbi di prima e Penelope decise di seppellire momentaneamente il suo buonsenso per lasciarli girovagare nel suo cervello.
Ecco, lei era stata cresciuta da Madame Moreau per ben ventitré anni ed era assolutamente consapevole che le doveva davvero molto per non averla abbandonata sulla strada come chiunque aristocratico avrebbe fatto, ma, nonostante ciò, ogni giorno che passava, ogni secondo di lavoro passato a cucire abiti da sposa, lei si sentiva in carcere.
Sì, quella era una cella e lei non sarebbe potuta uscire se non tra sette lunghi e dolorosi anni.
Sussultò quando si punse con l'ago, e si diresse verso il catino d'acqua con passi affrettati ed energici, sperando che la stilista non la cogliesse in fallo.
Una voce che somigliava terribilmente a quella di Madame Moreau le arrivò dritta al cervello, provocandole brividi freddi lungo la schiena .
«Cosa stai facendo?»
Il catino d'acqua era a pochi passi da lei, tuttavia si girò, tentando disperatamente di nascondere gli occhi sotto la cuffia bianca e semplice.
«Mi sono punta, madame.» mormorò, gli occhi bassi a terra.
«Punta?» sospirò sonoramente «Cielo, ragazzina, quante volte devo dirti che devi indossare il ditale?»
La donna scosse il capo con esasperazione e la lunga piuma di pavone seguì il suo movimento, mettendo in risalto una profonda disapprovazione.
Penelope rimase immobile, le mani incrociate dietro la schiena e gli occhi fissi sul pavimento di legno che scricchiolava sotto il peso della donna.
«Spero che tu abbia finito la biancheria di Lady Bolton» disse, analizzando attentamente gli ultimi abiti completati sparsi sul grande tavolo di legno. «Quella donna sa essere davvero esasperante, quando vuole. Però mi paga bene, quindi presumo che si possa omettere questo insignificante dettaglio» ridacchiò, il suono della sua risata rimbombò per la stanza, simile ad un'oca starnazzate.
Penelope inspirò una gran quantità d'aria, come se dovesse andare in apnea; l'ispezione mattutina di Madame Moreau sembrava essere più meticolosa del solito.
«A dir la verità, Madame, ho preferito rattoppare gli ultimi abiti mandati da Lady Crane.» la donna alzò di scatto la testa «Mi è sembrato opportuno...» le parole le morirono sulle labbra appena incrociò lo sguardo furibondo di Madame Moreau
«Sembrarti opportuno? Preferito? Chi gestisce gli affari, qui, ragazzina? Cosa puoi saperne, tu, di cos'è opportuno o non opportuno in questo negozio?»
«Mi dispiace» disse prontamente, sperando che non si irritasse per così poco.
«Hai mai trattato con i clienti?»
Penelope si morse un labbro «No, Madame.»
«Hai mai dovuto fare i salti mortali per mantenere vivo l'interesse degli aristocratici in questo negozio?»
Penelope esitò, ma la donna le intimò un «rispondi» con tanto di dito indice e volto rosso.
«No, mai.»
«Dipendenti che esprimono il loro parere, davvero, questa sartoria è diventata una barzelletta!» alzò le mani al cielo «Devi ringraziarmi, capito? Ringraziarmi per averti accudita come una figlia, nutrita, educata ed averti dato un posto di lavoro in una sartoria come questa!» la rimproverò, avviandosi verso la porta.
Penelope aveva davvero voglia di rinfacciarle tutte le volte in cui aveva avuto successo grazie ad un capo inventato completamente da lei, e che invece era spacciato per suo, ma tacque.
Tacque perché, in fondo, sapeva che nessuno avrebbe accettato una bambina senza nome né casato né sostenimento economico. Era stata fortunata ad aver trovato Madame Moreau quella notte, e le era davvero riconoscente.
«Entro domani, signorina, voglio sulla mia scrivania gli abiti di Lady Crane e la biancheria di Lady Bolton, chiaro?» disse, la porta aperta a due quarti.
La ragazza fece per controbattere « Ma Madame, è…è impossibile! Mi ci vorrà tutta la notte per...»
«E allora lavorerai per tutta la notte» disse, alzando un sopracciglio come se la sfidasse a controbattere «Così imparerai che, prima di prendere decisioni autonome, devi consultare il tuo superiore. Capito?»
Penelope annuì e, quando la porta fu completamente chiusa, si dimenticò di lavarsi la ferita.





Capitolo corto ma che introduce la vita della povera Penelope.
Spero che vi piaccia!
Lady Sticklethwait

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


                                                                     Capitolo 3.
 


 
 Allora, io NON pensavo che fosse possibile trovare un uomo realmente esistente che assomigliasse in tutto e per tutto a come ho immaginato che fosse Christopher, il personaggio di questa storia, ed invece... L'ho trovato! Hugh Dancy, sei il mio Christopher Anderson!
Adoro, adoro, adoro.
Ottimo, ora vi lascio al capitolo.




«Per tutte le prigioni e le catene d'Inghilterra!» urlò Françoise, camminando avanti e dietro lungo tutto il perimetro della stanza.
«Penelope! Santi numi, santissimi numi, perché non mi hai avvertita? Dannazione, dannazione! Dannazione a te, ragazza, e a chi la notte non resterà sveglio con una candela vicino alla finestra pronto a maledirti!»
Penelope si accasciò sulla sedia, i vestiti di Lady Crane completamente bruciacchiati ed irreparabili.
«Allora?» sbraitò l'altra, fermandosi a pochi metri di distanza dalla sedia «Com'è potuto accadere?»
Penelope fece spallucce non osando alzare da terra lo sguardo; dopo tante ore trascorse nella stessa posizione la testa incominciava a dolerle, le ossa della schiena erano particolarmente pesanti ed indolenzite e gli occhi... Cielo, com'era difficile tenerli aperti!
«Françoise, giuro, non è stata mia intenzione, io... « inspirò, e poi parlò tutto d'un fiato «Dopo tante ore ho ceduto al sonno e solo poco dopo mi sono accorta che la candela sul tavolo era caduta» ammise, liberandosi da quell'enorme macigno che era il senso di colpa.
«Santi numi, santi numi! Ti ucciderà, ci ucciderà!» imprecò Françoise mangiucchiandosi le unghie.
Penelope decise di non averla mai sentita così disperata. Di solito la sua voce era simile all’aspetto: raffinata, cupa, inflessibile. Aveva un accento interessante, non proprio inglese, con le vocali un po’ aperte e la ‘r’ leggermente marcata, ma ora tutti quei piccoli difetti sembravano invisibili se paragonati al rancore che Françoise nutriva nei suoi confronti.
Non che Penelope volesse biasimarla, ma la sua collaboratrice era particolarmente spaventata dalle punizioni che Madame Moreau era solita infliggerle.
Una volta, infatti, per essersi presentata con ben due ore di ritardo al lavoro, Madame Moreau le aveva sottratto più di duecento sterline dal suo misero stipendio.
E Françoise non poteva tollerarlo.
Penelope, d'altro canto, era abituata ai soprusi dei più potenti verso gli umili (dato che era sempre lei la prevaricata), per cui le terribili punizioni della sarta più famosa d'Inghilterra non la spaventavano più di tanto.
«Cosa faremo, cosa diremo a Madame Moreau?» chiese Françoise, più a se stessa che a Penelope.
Quest'ultima si alzò dalla sedia con non poche difficoltà: il dolore lancinante alla schiena persisteva e la testa le turbinava come se avesse ballato cento volte la giga.
Nonostante l'evidente malessere esteriore, Penelope si fece coraggio e mosse qualche passo in direzione del suo scrigno; ove, infatti, aveva intenzione di prelevare qualche spicciolo (frutto di minuziosi risparmi) per ricomprare la pregiata stoffa di Lady Crane.
Françoise, intanto, continuava a blaterare da sola senza neanche accorgersene che la compagna, armata di mantello e pochi spiccioli, si stava dirigendosi verso la porta.
«Io...Vado a fare compere» decise di comunicarle sull'uscio della porta.
«Compere?» Françoise si girò con gli occhi sgranati «Ora?»
Penelope annuì «ho intenzione di riparare il danno, Françoise, e ti sarei davvero grata se non proferissi parola con Madame Moreau»
«Ma...Io...Lei...» balbettò «Lei sa tutto, vede tutto! Lady Crane si accorgerà dello scambio, mi scoprirà ed io finirò dritta sulla forca!»
«Tu!» tuonò «sei una sciocca se pensi che io possa attribuirti tutta la colpa dell'incidente! E sei ancora più sciocca se pensi che la prospettiva migliore sia...» un giramento di capo la fece barcollare, e dovette appoggiarsi con la mano al muro per non cadere «sia... Oh, non importa» disse, chiudendo gli occhi «ora ho solo bisogno di placare i miei sensi di colpa, Françoise. Ti prego»
La donna si morse un labbro, troppo presa dalla battaglia interiore per notare l'instabilità fisica di Penelope.
Guardò per terra, poi gli abiti... No... Madame Moreau l'avrebbe scoperta, ed avrebbe licenziato lei e Penelope. Non poteva permettersi un lusso del genere, la sua vita si era sempre basata sulla certezza ed era impossibile che Madame Moreau non incolpasse anche lei dell'accaduto.
«Penelope, io...» alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere la porta richiudersi con un tonfo.
 
 


 
Penelope sapeva che era giunto il momento di ritornare alla sartoria, ma non poteva.
Qualcosa le impediva di distogliere gli occhi dalla folla che si era venuta a creare nelle vicinanze di Hyde Park.
Erano le sette del mattino e Madame Moreau non si sarebbe fatta viva se non dopo le nove, ma Penelope aveva del lavoro da svolgere; doveva ricucire gli abiti di Lady Crane e dubitava che ci sarebbe riuscita in meno di due ore.
Scosse la testa e si girò, pronta a ritornare il più velocemente possibile sui suoi passi, ma un grido seguito da epiteti scandalosi catturò la sua attenzione
«In piedi, in piedi!»
La folla sembrava stringersi sempre di più non lasciando intravedere nulla se non un vago movimento di braccia.
Una rissa? Sulla via più importante di Londra?
Per un momento fu tentata di andarsene, non era mai stata una forte sostenitrice della boxe, ma poi un pensiero si fece largo nella sua mente: cosa c'era di male nel dare una sola occhiatina?
Era del parere che la curiosità andava sempre soddisfatta – se ciò non lesionava la persona – per cui si strinse al petto la borsa contenente la stoffa e si avvicinò con circospezione.
«Scandaloso! E' davvero scandaloso!» commentarono alcune vecchie signore ad alta voce, lanciando occhiatine colme di disapprovazione. Penelope si morse un labbro e dovette alzarsi sulle punte per riuscire, quantomeno, a capire chi fossero i due contendenti.
Christopher Anderson si alzò in piedi a fatica, ansimando per lo sforzo ma sorridendo trionfante: ce l'aveva fatta!
Pur rimediando un occhio nero, aveva steso quel buffone di un Chersher con quattro colpi ben assestati.
Stephan Wilson si fece spazio tra la folla con la stessa allegria di un condannato che sta per salire sul patibolo «Cos'è accaduto qui?» chiese osservando la camicia di Christopher completamente a brandelli e Mr. Chersher steso a terra.
Christopher lanciò un occhiatina maliziosa alle signore che avevano assistito allo spettacolo e che, con tutte le probabilità, erano rimaste letteralmente scandalizzate.
«Fornisco alle conversazioni salottiere argomenti più interessanti della moda e del clima» sorrise, riprendendosi la giacca da terra.
«Non c'è più nulla da guardare, qui. Andate via» disse il marchese di Garham, agitando le mani come un contadino eccitato che scaccia via le galline.
«Christopher, per l'amor del cielo» iniziò Stephen con aria affranta «avevi promesso che...»
L'uomo alzò una mano «Ti prego, non continuare.»
«Ma...» sospirò sonoramente, e guardò Mr. Chersher con circospezione. L'uomo, ora, sembrava aver ripreso coscienza, anche se aveva l'aria di essere più di là che di qua.
«Tutto bene?» gli chiese Stephan tendendogli la mano.
Christopher sbuffò ed indossò la giacca con disinteresse; lo zigomo destro gli dava fastidio, eccome, ma era ancora troppo carico di adrenalina per accorgersi della ferita.
Inarcò un sopracciglio, infastidito, quando vide il marchese di Garham e Stephan trattare Mr Chersher con molta premura.
Il bastardo se l'era meritato, certo che sì!
Come osava un così semplice aristocratico arricchito accusarlo di avere barato a carte? Certo, quella nottata aveva avuto una fortuna così sfacciata da sorprendere pure lui stesso, ma barare… Quello no, non lo avrebbe mai fatto.
In pubblico.
Sogghignò guardando il bastardo che giaceva dolorante per terra ed un sorrisino di soddisfazione gli si disegnò sulle labbra.
Gli spettatori stavano già iniziando a disperdersi lungo il parco, mormorando parole poco lusinghevoli sul suo conto.
Bhè, pazienza, pensò Christopher passandosi una mano tra i capelli castani e scombinati. Cosa poteva fare per domare la sua natura focosa?
C'era una cura, per caso?
Bhé, allora avrebbero dovuto inventarla, ed anche subito, dannazione!
«Christopher, tu farai meglio a ritornare a casa e ad applicare del ghiaccio sull'occhio e lo zigomo...» gli suggerì Stephan, aiutando il bastardo ad alzarsi in piedi.
Christopher annuì gravemente, poi si avvicinò a Mr. Chersher e gli diede un buffetto sulla guancia «Buona giornata, Sir» esordì un inchino perfetto e si allontanò, non prima di aver sentito la risposta.
«Vai....Al diavolo, Anderson»
Christopher sorrise.
Forse se l'era meritato.
 
 
 
 
 Il prossimo capitolo sia di questa storia, sia di ‘Cuori d’inverno’ saranno postati la settimana prossima.
Buon fine settimana a tutte!

Lady Sticklethwait.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 
                                                                  Capitolo 6
 


 

Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prima ancora che i corpi si vedano 
-Paolo Coelho

 


Penelope era rimasta inorridita e basita dal comportamento di quel giovane. Dopo aver fatto a botte davanti a tutta la società londinese – tutta perché era sicura che, ben presto, uno scandalo del genere sarebbe arrivato persino alle orecchie della povera genere -, lei si era quantomeno aspettata che egli aiutasse l'avversario a rialzarsi in piedi.
Ed invece no.
Il gentiluomo, con un sorriso beffardo e noncurante del fatto che tutte le donne non lo stavano di certo biasimando, aveva indossato la giacca, fatto un inchino da vero e proprio mascalzone ed ora si stava facendo largo tra i pochi presenti per andarsene indenne dal luogo del delitto.
Penelope, d’altra parte, non aveva mai assistito ad uno spettacolo del genere e si accorse solo pochi minuti dopo di essere ancora immobile a pochi metri di distanza dalla folla, con la bocca letteralmente spalancata.
Penelope chiuse la bocca e guardò l’uomo.
Christoper portò i suoi occhi annoiati sulla sua figura.
E non ci fu limite alla tragedia.
Nel momento stesso in cui Penelope riconobbe la fattura pregiata di quegli abiti, la figura alta, slanciata, muscolosa ed incredibilmente attraente, si girò con determinazione e procedette dalla parte opposta con passo affrettato.
Mio Dio, ti prego, fa che non sia lui…
«Signorina»
Ecco, lo sapevo.
«Signorina» ripeté l'uomo con più determinazione, e Penelope ebbe dolorosamente conferma dell'identità dell'uomo.
Affrettò il passo e non si guardò indietro.
«Signorina, aspetti» disse l'uomo con voce imperiosa, iniziando a rincorrerle dietro.
Per sfortuna di Penelope, le gambe dell'uomo erano più veloci ed in poche falcate era riuscito ad accorciare pericolosamente la distanza che li divideva.
Oh, cielo, no...Chissà cosa diavolo aveva in mente quel mascalzone!
La donna alzò le gonne, prese un bel respiro e cominciò a correre.
«Ehi, aspetti, signorina!» urlò Christopher, inseguendola con determinazione.
Che scandalo! Se Madame Moreau scoprisse che quell’uomo era entrato in camera sua, lei… Lei sarebbe rovinata, in tutti i sensi!
«Non ho cattive intenzioni» continuò l'uomo, incalzato dal ritmo della corsa.
Cielo, perché quella donna scappava da lui?
I pochi tratti del volto che aveva scorto rivelavano una profonda disapprovazione, accompagnata da un pizzico di stupore e di preoccupazione.
Insomma, fare a botte nel bel mezzo di Hyde Park era sicuramente disdicevole, ma non era la prima volta che accadeva.
Cosa aveva fatto per essere guardato con tanto disgusto? Non era un mostro e non aveva mai ucciso nessuno.
La donna, invece, presa dalla foga della corsa, non si era neanche accorta del motivo per cui egli la seguiva: Penelope, infatti, aveva fatto cadere per terra la borsa contenente la stoffa, e Christopher, accorgendosene, aveva tutte le intenzioni di restituirgliela.
Era o non era un gentiluomo?
«Signorina» ella svoltò a destra e poi a sinistra «mi ascolti, ho qualcosa che...»
Penelope emise un gridolino quando perse per un attimo l'equilibrio, ma, esortata da quello che lei definiva istinto di sopravvivenza, si alzò, sollevò le gonne poco più sopra delle caviglie e riprese a correre con il fiatone.
Cielo, ma non gli era bastato picchiare a morte quel povero uomo? Cosa voleva fare ancora, urlare al mondo del loro inaspettato incontro?
Forse era arrabbiato.
Forse voleva vendicarsi perché lei lo aveva offeso.
Infatti dai suoi stivali lustri, la giacca di stoffa pregiata, il panciotto e la camicia di seta, chiunque si sarebbe riguardato dall'offendere un aristocratico.
Penelope si immaginò davanti alle autorità, pronta per essere dichiarata colpevole da Giuda in persona.
Ingoiò saliva e strizzò gli occhi; davanti a lei una moltitudine di persone si fermavano per guardare l'inseguimento, e lei si sentiva come una gazzella nella tana del leone.
Quando Christopher guadagnò la vicinanza e fece per prenderle un braccio, Penelope sussultò e guizzò come un lampo nella direzione opposta, non accorgendosi che proprio un calesse stava avanzando a gran velocità ed il conducente non prestava alcuna attenzione, completamente assorbito dalla conversazione con l'uomo che gli sedeva accanto.
Dopo una sonora bestemmia, Christopher lasciò la busta e corse in mezzo alla strada.
Quando fu a pochi metri dalla donna, spiccò il volo.
Pregò di avere abbastanza spinta per trascinare la donna fuori dalla traiettoria prima che il calesse li investisse.
Penelope strillò, pensando che l'uomo volesse aggredirla di sua spontanea volontà, senza accorgersi minimamente del pericolo che stava correndo.
Christopher sentì delle urla e poi perse i sensi.


 
 
Care lettrici, vi chiedo scusa se questo capitolo è particolarmente breve ma venerdì ne pubblicherò un altro ed entro sabato, invece, il dodicesimo capitolo di “Cuori d’Inverno”. Spero che questa storia vi piaccia perché sto dedicando anima e corpo nel cercare di ricostruire ambientazioni e modus operandi di un tempo ormai eclissato e troppo lontano da noi.
Spero anche che abbiate la grazia di non linciarmi per eventuali e/orrori grammaticali o sintattici. Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo e…
Cosa vorreste che succedesse nel prossimo capitolo? Cosa pensate che effettivamente succederà?




Lady Sticklethwait.
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


                                                                           Capitolo 5.
 
 


Buon pomeriggio, lettrici/lettori!
Alcune di voi avranno notato che ho cambiato titolo:bhé, ho dovuto farlo perché con questo capitolo ho dato una svolta completamente diversa alla storia che mi ero prefissata di scrivere. E, a malincuore, ho realizzato che non ci sarebbe stato spazio per inserire un Cavaliere Nero
(ma proprio per niente!)
P.S Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto o meno con una recensione, sarò felice di rispondervi.
Buona lettura!




 
Christopher sollevò le palpebre pesanti e vide il volto teso, anzi, tesissimo di una ninfa appollaiata sul suo letto.
Una cuffia bianca le copriva quasi interamente il capo, ma delle ciocche bionde e ribelli sfuggivano da quell'aggeggio infernale e incorniciavano il volto pallido, fino a riunirsi sulla curvatura del collo da cigno, imperlato di goccioline di sudore, ove alcune ciocche vi erano rimaste attaccate.
Prese tempo nello studiare quella strana creatura, non voleva parlare ( o forse non ci riusciva ) ma non gli importava.
Notò con grossa sorpresa che gli occhi avevano un colore molto particolare, un miscuglio tra l'azzurro ed il verde, resi ancora più intensi dal taglio felino e dalle ciglia più lunghe e folte che avesse mai visto.
Quando portò lo sguardo sulla bocca vi ci soffermò con grossa attenzione: oltre ad avere le labbra grandi, ben delineate e piene, erano anche incredibilmente rosse, forse rese tali dalle diverse ferite sul labbro inferiore, come se fosse stato mordicchiato in continuazione.
Ora che ci pensava, il volto piccolo era così innocente e giovane che Christopher non le dava più di vent'anni.
Forse ventuno.
Provò una fitta al cuore quando si soffermò sulle profonde occhiaie che erano in contrasto con il colore chiaro delle guance: era evidente che non dormiva da ore, forse giorni, ed il suo sguardo era così triste e privo di gioia che...
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dall'entrata del medico il quale, quasi avvezzo ad essere chiamato, posò la valigetta su un singolare tavolo di legno ed iniziò a prendere gli strumenti.
«Ah, i ragazzi d'oggi» borbottava tra sé e sé mentre muoveva le mani frenetiche «non c'è un minimo di buonsenso»
Penelope si fece discretamente da parte allorché il dottore si apprestava con gli strumenti ad operare sull'uomo; sperava che non avesse riportato lesioni gravi, se non escoriazioni di discreta importanza.
Varie domestiche andavano e venivano nella stanza apportando coperte, brocche d'acqua e vestiti particolarmente costosi. Inutile dire che la donna si sentiva davvero a disagio in quel mondo che non le apparteneva.
Dopo aver fatto un lieve inchino al dottore come commiato si allontanò dalla stanza con estrema velocità, poiché non si sentiva in grado di poter sopportare quella sfarzosità un momento di più.
La stanza di quell’uomo era una vera e propria reggia; Penelope non riusciva a capacitarsi di come gli uomini potessero spendere tanti quattrini in ostentazioni di mera opulenza.
La stanza era dotata anche di uno spogliatoio e di un salottino. Era decorata in toni rosso e nero. L’elaborato giardino era ben visibile da un paio di finestre con tende divise al centro. Il letto, chiaramente a baldacchino, era intarsiato di pietre lucenti e delle tende rosse in velluto, ricamate con disegni che facevano gioco con la tappezzeria delle pareti, lo racchiudevano.
Lanciando un ultimo sguardo al tappeto persiano chiuse la porta con estrema accuratezza vi si appoggiò contro sospirando e mantenendosi la testa con entrambe le mani: che incubo.
Cercò di disporre i suoi pensieri e collegarli tra loro in un rapporto di causa-effetto, ma il tentativo di capire cosa stesse succedendo fu bruscamente interrotto dal gemito proveniente dall'uomo.
«Se solo fosse un po' più paziente, signore, sarebbe finito tutto in poco tempo» lo canzonò il dottore.
Ci fu un altro gemito.
Penelope incassò il collo nelle spalle e si fece piccola piccola per il terribile senso di colpa che stava provando in quel momento «Oh, suvvia, non può essere così terribile» commentò una donna alta, snella, con profondi occhi castani ed una scollatura vertiginosa.
La donna brandiva un ombrellino, sintomo che era appena tornata da una passeggiata ed ora stava ancheggiando nella sua direzione.
Era molto giovane ed indossava un accecante abito giallo canarino che esaltava la pelle biancastra del collo e del volto.
Penelope sorrise con poca convinzione, rimpiangendo di essere inciampata in colei che doveva essere indubbiamente la moglie del suo salvatore.
«Non lo pensi anche tu?» inclinò dolcemente la testa, facendo oscillare i pensanti orecchini «questi uomini così grandi e forti dovrebbero saper sopportare un dolore così insignificante se messo a confronto con quello che soffre una donna durante il parto» si accarezzò dolcemente il ventre lievemente rotondo, e fu lì che Penelope comprese che quella donna alludeva al suo bambino.
Dopo un momento di frastornamento si ricompose «Oh! Mi perdoni, signora, io non avevo...»
«Non preoccuparti» la interruppe con superiorità «non è ancora molto evidente, ma ben presto non sarà solo il povero Christopher a scalpitare» le fece un occhiolino aggiungendo «se sai cosa intendo»
Penelope si morse un labbro e guardò per terra: oh cielo, quella era sicuramente la moglie di...Christopher, aveva detto?
Bhè, quantomeno ora sapeva il nome del suo salvatore.
Un altro gemito le risparmiò di rispondere e la donna aprì la porta con sicurezza.
«Dottore» iniziò, dimenticando l'uscio spalancato ed incamminandosi verso il medico che era chino sul torace dell'uomo «spero non siano sorte complicazioni»
Il medico sbuffò mentre metteva nell'apposita borsa lo stetoscopio; a stento si accorse della presenza di Giselle la quale, con finta aria affranta, si avvicinò a Christopher e gli prese una mano.
Penelope, in tutto ciò, stava mezza nascosta fuori alla porta, indecisa se fosse il momento di entrare e chiedere informazioni o andarsene a gambe levate.
Evidentemente il dottore scelse la prima opzione perché, prendendola per il gomito le fece cenno di seguirlo in disparte.
Non è accaduto nulla di grave, vero?
«Signorina» iniziò lasciandole il braccio. Il dottore Whory era di media statura ed esile di costituzione, con dei radi capelli chiari ed una chiazza già glabra al centro della testa, un viso dai lineamenti più fini e regolari che belli, tuttavia la sua professionalità era famosa in tutta la società, tanto da essere definito come l'angelo salva vite. La sua voce era grave e possente, ma ciò che la insospettì fu che quasi non osava guardarla in volto.
Penelope si preoccupò non poco «Sì?»
Il dottore sembrava estremamente nervoso «Il signor Anderson ha, oltre ad escoriazioni superficiali e pressoché insignificanti dal punto di vista medico, un…un’amnesia» disse infine, cacciando la parola tutta d’un fiato.
La donna osservò il medico con sguardo interrogativo, come per chiedergli di spiegarle cosa diavolo fosse.
«Lo immaginavo» borbottò «Bhé, ecco… Nulla che possa compromettere le funzioni vitali del signor Anderson, ma…»
«La prego, dottore...» lo esortò, tirandogli delicatamente con due dita la giacca marrone.
Mr.Whory si passò una mano sulla fronte «  l’amnesia è un disturbo della memoria a lungo termine episodica. La persona affetta da amnesia può essere incapace di ricordare eventi della sua vita recente o, in casi gravi, anche eventi remoti e...Signorina? Si sente bene?»
«Non...Non...» ingurgitò una gran quantità di saliva «Sì, solo un momento» si appoggiò al muro, chiuse gli occhi ed inspirò lentamente.
Maledizione, com'era possibile? Questo significava che lei... Stramaledizione, questo significava che Penelope aveva marchiato a vita l’esistenza di quell’uomo!
«Signorina, mi ascolti» continuò il medico notando l'orrore che leggeva sul suo volto «So già a cosa state pensando e le assicuro che non è il primo caso di amnesia di cui mi occupo. E' il mio mestiere e so esattamente come...»
«E' curabile?»
Lo sguardo della donna perso nel vuoto.
«Mi guardi» le prese il braccio e la scosse fin quando non ottenne la completa attenzione «potrebbe trattarsi di un'amnesia transitoria, stabile o progressiva. Ora, non starò qui ad elencarle tutte le tipologie che comportano il disturbo della memoria del signor Anderson, ma...»
«E' curabile?» ripeté, scuotendo la testa.
Il medico sospirò «Potrebbe guarire, certo, ma quello di cui sono sicuro è che farsi prendere dal panico non aiuterà di certo a migliorare la situazione. Signorina, mi guardi, santo cielo, non ha ucciso nessuno!» le prese entrambe le braccia e la scosse, ottenendo in risposta un gemito.
«Oh, Dio mio» disse affranta «Oh...»
Mr Whory si vide costretto a farla ragionare «Signorina... Come ha detto che si chiama?»
«Penelope»
«Dunque, Penelope» iniziò guardandola con determinazione «il signor Anderson ha bisogno dell'aiuto dei suoi familiari, del loro affetto e del loro conforto in questo frangente della sua vita. Non ritengo opportuno turbare la sua sensibilità e quella della signorina Carrell che è addirittura incinta. Pertanto...»
Penelope si ricompose... Signorina Carrell?
«...Mi sento costretto...»
Dunque non era maritata con il signor Anderson?
«...A chiederle un favore»
Scosse la testa con determinazione, accantonando quei pensieri «mi dica, dottore, come crede che sia opportuno agire?»
Mr. Whory sospirò sonoramente come se stesse compiendo uno sforzo immane «Signorina, la esorto a non proferire parola sullo stato del signor Anderson» alzò un dito per interrompere la risposta della donna «tutto ciò ha una logica, signorina, confidate in me, sono un esperto in questo campo e per quanto mi ostini a non mostrarlo voglio un gran bene a quel giovanotto» detto ciò, lasciò la morsa con cui tratteneva la donna e si guardò attorno furtivo «E’ di fondamentale importanza che nessuno sappia le condizioni del signor Anderson, o… » il dottore sudò freddo «o potrebbero approfittarsene. Il signor Anderson è sempre stato un signore molto ambito e per questo molto invidiato. Se soltanto qualcuno venisse a conoscenza della sua amnesia potrebbero sfilargli tutto il patrimonio dimostrando al giudice la sua incapacità di intendere e di volere.»
Penelope rimase a bocca letteralmente aperta nel sentire le preoccupazioni del dottore. Approfittarsene di un povero uomo che, per compiere una nobile azione, aveva subito un disagio come quello era…era disumano.
Ma comprensibile.
Penelope aveva abbastanza esperienza per sapere come andasse il mondo.
E se non l’aveva, Madame Moreau glielo ricordava ogni giorno.
«Non ha idea… Lei non sa quante persone sono andate in disgrazia per anche meno» le confessò il dottore, guardandola con occhi lucidi.
Una lacrima traditrice scese sul volto di Penelope.
«Signorina» si corresse subito «Penelope, ho bisogno della sua collaborazione. Intanto, per giustificare la situazione agli occhi del personale e della sua famiglia, cercherò di far credere loro che il signor Anderson ha subito un brutto colpo alla testa ed ha bisogno di riposo. Ma» si fece preoccupato e le prese le mani «non riuscirò a tenere nascosta questa situazione a lungo, signorina. Lei… Lei mi capisce, vero?»
Penelope annuì con il viso rigato dalle lacrime.
Il medico lasciò le sue mani, prese dal taschino il suo biglietto da visita e glie lo porse.
«E’ di fondamentale importanza che lei segua le mie istruzioni per riabilitare il signore. Domani mattina venga nel mio studio»
«Io… Io sono una serva, dottore» ammise, asciugandosi le lacrime con il fazzoletto che l’uomo le aveva porto «non credo di poter lasciare il mio lavoro per…» un singhiozzo la costrinse a fermarsi.
Il signor Whory la guardò con compassione e mormorò un «capisco» scuotendo il capo in segno di disapprovazione.
La donna cercò di calmarsi e di darsi un contegno «Io potrei aiutare il signor Anderson ma non potrei essere capace di dargli tutte le attenzioni di cui necessita, dottore.»
«Dove lavora, Penelope?» gli chiese l’uomo con voce bassa e dolce.
Penelope deglutì «Al negozio di sartoria di Madame Moreau»
Il signor Whory non si scompose nel sentire quel nome, aprì la valigia e cacciò un’agenda antica. Inforcò gli occhiali che teneva sul taschino e sfogliò con meticolosità le pagine ingiallite, trovando uno spazio vuoto.
Il dottore non alzò la testa quando le chiese «mi dica il suo indirizzo, signorina… Madame Moreau, giusto?»
Penelope annuì e fornì gli indirizzi necessari al dottore.
«Ottimo» commentò quello scarabocchiando qualcosa di incomprensibile.
«Dunque…» fece un passo in avanti ansiosa di sapere le intenzioni dell’uomo ma questo chiuse l’agenda di scatto e si tolse occhiali «A domani, signorina» fece un inchino di commiato e, senza aspettare una risposta, si avviò verso le scale dove in men che non si dica sparì in un mare di sguattere e valletti.



Lady Sticklethwait.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


                           
                                                                          Capitolo 6.




«Non se ne parla» rispose Madame Moreau putando i piedi per terra, «Penelope mi deve la vita, per quanto mi riguarda, e voi dottore, con tutto il rispetto che questa città nutre nei vostri confronti, non me la porterete via» la grossa penna di pavone sul cappello della donna si muoveva inquieta mentre questa gesticolava.
Penelope fece un sorriso rassicurante a Mr Whory, che in quel momento era alquanto perplesso.
«Madame Moreau» il tono era soave «capisco perfettamente le vostre esigenze ma non sarei qui se la questione non fosse particolarmente…delicata»
«Pf, delicata» sbuffò la donna «sentite Mr Whory, mettiamola così: io sono una sarta, voi un medico.
Voi salvate vite, io rendo la vita delle persone più splendente, ma non siamo destinati a collaborare, dottore. Oltretutto» lo squadrò dalla testa ai piedi con una smorfia di disgusto «penso siate venuto nel luogo giusto: avete proprio bisogno di rifarvi il guardaroba, se questa è la vostra tenuta migliore.»
Penelope, che fino a quel momento era stata in disparte con la testa china e le mani giunte, alzò il capo «Madame Moreau, io vi assicuro che non smetterò di lavorare per voi. Cucirò durante la notte se sarà necessario e…»
«Zitta tu» la ammonì la donna, seccata, «vedete, Mr. Whory? Questa ragazza è sempre stata insubordinata, un incubo crescerla ed accudirla, vi assicuro!» assunse un tono melodrammatico «e non è mai stata riconoscente per tutti i miei sacrifici»
«Non è vero!» sbottò Penelope stringendo i pugno «Io vi sono sempre stata grata, e vi sarò riconoscente per tutta la vita!»
«Vedete, Mr Whory? Inservienti che si prendono addirittura il lusso di rispondere, oltre che di contraddirmi; dove, mi chiedo io, dove andremo a finire di questo passo?» aprì il ventaglio di scatto e lo sventolò energicamente, sconvolta.
Il dottore ingoiò una manciata di saliva e lanciò un’occhiata a Penelope che ora se ne stava di nuovo con il capo chino ed il volto nascosto sotto la cuffia bianca; tremava, la fanciulla, ma non per l’offesa, quello no, tremava per la rabbia, ed il dottore non poteva darle tutti i torti.
Improvvisamente portare via quella ragazza da lì non solo era indispensabile per salvare il signor Anderson ma anche per salvare la vita di Penelope.
Strinse i denti e decise di cambiare strategia; la più ignobile, certo, ma a mali estremi estremi rimedi. «Sono stato uno sciocco, Madame Moreau. D’altronde, fare una proposta così svantaggiosa per voi… Imperdonabile» scosse la testa rammaricato ed aprì la sua valigetta, cacciando una sacca di cuoio particolarmente pesante «tuttavia sono persuaso che tutto si possa risolvere con un generoso regalo. Prendetelo come...Un piacevole inizio per suggellare un accordo» scosse la sacca facendo risuonare il rumore delle monete.
Madame Moreau guardò la sacca perplessa, come se fosse indecisa tra strapparla dalle mani del dottore o aspettare che lui gliela porgesse.
Optò, chiaramente, per la prima opzione. Chiuse il ventaglio di scatto e sciolse i nodi della sacca con impazienza, come fosse un regalo di natale. Quando notò che la ricompensa era di suo gradimento rimase interdetta e le si illuminarono gli occhi «Mr. Whory, voi mi sorprendete» gracchiò, svuotando la sacca sulla scrivania di legno.
Penelope sgranò gli occhi ed aprì bocca per protestare ma il dottore la ammonì con lo sguardo a restare zitta, e la donna si morse un labbro per soffocare la protesta che sentiva crescere dentro di lei.
Madame Moreau prese a contare gli spicci, in un atteggiamento assolutamente inconveniente.
«Duecento, trecento, quattrocento sterline!» guardò incredula Mr Whory «dove avete trovato tutti questi soldi?»
Il dottore sembrò imbarazzato per la sfacciataggine della donna, tuttavia dissimulò l’imbarazzo con maestria e si schiarì la voce «Sono frutto di duro lavoro ed anni di risparmio, Madame» mentì.
In realtà quei soldi non erano nient’altro che la ricompensa della famiglia Anderson per aver ‘curato’ il figlio il giorno prima.
«Eccellente» borbottò la donna riponendo gli spicci uno ad uno nella sacca «sapevo che eravate un uomo ragionevole, dottore»
Penelope e Mr Whory trassero un sospiro di sollievo nel constatare che la donna aveva finalmente accettato la loro proposta.
Il dottore fece un occhiolino alla fanciulla che rispose con un sorriso esitante, anche se le brillavano gli occhi di gioia: finalmente sarebbe andata via da lì!
«Tuttavia» la voce di Madame Moreau infranse le aspettative dei due «non vi aspetterete mica che io venda la mia cara bambina ad un prezzo così basso. D’altronde» si piazzò davanti alla medico con fare lascivo «è pur sempre la mia preferita»
«Cos’altro volete» chiese il dottore con voce strozzata.
Madame Moreau rispose con una risata «Oh, questi soldi andranno benissimo ma è indispensabile che Penelope resti a lavorare per me, sapete… Questioni di affari, dottore. Ad ogni modo» alzò il tono di voce «sono disposta a concedervi la ragazza per tutto il giorno, ma la notte… la notte lavorerà qui per me, dottore»
«E’ assurdo» sbottò il dottore con la fronte imperlata di sudore «la ragazza ha bisogno della massima tranquillità per il compito che dovrà svolgere, Madame, e costringerla a compiere questi turni non potrà giovare né ai miei pazienti, né ai suoi dannati vestiti!»
La donna si indignò ed arretrò di un passo «Come osate entrare nel mio negozio e pretendere con cotanta sfacciataggine che io mi privi di una mia dipendente!»
«E lei» il tono del dottore era severo ed intransigente, nulla a che vedere con quello soave e persuasivo usato prima «come osa anche solo pensare che una fanciulla possa sopportare un carico di lavoro così elevato senza…»
«Non sono affari vostri su come intendo trattare le mie dipendenti.»
«Prima di essere dipendenti sono esseri umani, dannazione!» urlò il dottore col volto paonazzo.
«Basta!» Penelope si frappose tra i due, che intanto tra urla e minacce si erano pericolosamente avvicinati. Guardò il dottore, ancora fremente di rabbia «Lascia che me la vedi io, Penelope»
«Dottore, vi prego…» lo supplicò con uno sguardo così persuasivo che fu impossibile resistergli.
«Lo farò» decise Penelope, guardando prima l’uomo e poi la donna «farò turni di giorno con i pazienti del dottor Whory e di notte cucirò per voi, Madame Moreau»
«Io» fece il dottore per controbattere ma Penelope lo zittì, «ho già deciso, dottore. Andrà tutto bene, glielo assicuro»


 
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione. Ne vedremo delle belle dal prossimo capitolo in poi!


Lady Sticklethwait.

                            

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


                                                                 Capitolo 7.





«Christopher si è ribellato sin dal primo giorno» ammise il dottor Whory con una nota di amarezza nella voce, scortando Penelope al secondo piano, «il mio collega, il signor Kennet, ha ritenuto giusto adottare misure più drastiche nei suoi confronti.»
«Cosa» si schiarì la voce «Cosa intendete per drastiche?»
«Chris… Sapete, Penelope, lui non è mai stato un bambino facile»
Penelope salì le scale con estrema circospezione seguendo il dottor Whory, che in quel momento sembrava estremamente imbarazzato, «conoscevate il signor Anderson?»
Il dottore annuì svoltando a destra, «sono stato io a far nascere il signorino Christopher, sapete»
Penelope arrossì e fu grata che le candele che illuminavano il corridoio emettessero una luce fioca,
«Ma non mi sembra il momento di fare simili discorsi, scusatemi»
«Oh, no, no, la prego» lo esortò Penelope, «continuate»
Il dottore non se lo fece ripetere due volte. «Christopher è… è completamente cambiato, signorina. La natura violenta che lo ha contraddistinto sin dalla tenera età ora è ai massimi livelli di esasperazione. Non magia, non parla, non risponde in modo adeguato agli stimoli del dottor Kennet. Insomma» concluse il dottore, fermandosi di fianco ad una porta blindata «è intrattabile, signorina.»
«Cosa devo fare, dottore?» chiese con un filo di voce.
Il signor Whory sembrò in difficoltà ma rispose senza esitare «noi… Cioè io e il signor Kennet crediamo che se solo incontrasse una signorina bella e delicata come voi, Penelope» le prese una mano e la donna arretrò di un passo «potrebbe cambiare il suo comportamento»
Penelope guardò inorridita la sua mano in quella del dottore e questo immediatamente la lasciò, mormorando delle scuse.
La donna decise di ignorare quel momento di imbarazzo, «perché non gli fate vedere la sua famiglia?»
«Oh, no no no no no, signorina! Un emozione così grande, il peso di tanti ricordi condivisi con i familiari…sarebbe devastante, per non dire altro! Per questo vi esorto a non parlare della sua famiglia, almeno fino a quando non si saranno calmate le acque»
Il dottor Whory cacciò una chiave dalla toppa della giacca e con un sorriso esitante fece fare due scatti alla porta prima che questa si aprisse con un fastidioso strascichio.
L’odore pungente di aria viziata impregnava l’aria della stanza del piano di sopra. Nonostante i migliori sforzi delle domestiche per mantenere il posto immacolato, potevano fare poco per riparare alla distruzione che Christopher aveva provocato nell’ultima settimana.
Le spesse tende di velluto e gli elaborati tappeti erano disseminati di macchie dalla natura sconosciuta. Abiti erano sparsi sul suolo.
Le finestre con le tende tirate per evitare di far entrare la luce.
Con cautela Penelope ed il signor Whory si avventurarono nella stanza e la donna ebbe la sensazione di addentrarsi nella grotta di una bestia inferocita.
Trovò Christopher sdraiato sullo stomaco sul letto disfatto. Gambe lunghe e piedi nudi pendevano dal bordo del letto.
La schiena nuda di Christopher, che vestiva solo delle brache bianche, si irrigidì come cartapesta quando sentì che non era più solo nella stanza.
Pensando che fosse quel grande bastardo del dottor Kennet guardò con aria truce le due ombre ferme al suo capezzale.
«Non parla ed è dominato dagli impulsi primitivi» sussurrò il dottore a Penelope, che aveva il volto in fiamme per l’imbarazzo.
Non aveva mai visto un uomo in brache e nonostante la vergogna che meritava di provare in quel momento, l’immagine della schiena liscia e leggermente abbronzata del signor Anderson aleggiò nella sua mente per interminabili secondi prima di realizzare che il dottore le stava parlando.
«Fisicamente è forte, ma dal punto di vista mentale… Dio solo può saperlo» fece una pausa, avvilito. «Comunque non vi dovete preoccupare, non vi farebbe mai del male.»
«E nel caso in cui voglia farlo» blaterò un’altra voce dall’uscio della porta «ha la mano destra legata al letto»
«Dottor Kennet, qual buon vento»
I due colleghi si strinsero la mano, «C’è che il giovanotto, ieri, ha tentato di aggredirmi, signor Whory.»
Il dottore spalancò gli occhi «ma… state bene, ora, no?»
«Mai stato meglio» sorrise carezzando con lo sguardo Penelope, « E lei è…»
«Penelope Brigton» rispose prontamente la donna.
«Penelope…» mormorò il signor Kennet baciandole la mano «è un vero piacere»
Christopher emise un ruggito ed i tre si girarono nella sua direzione.
«Penelope, apri le tende» ordinò il dottor Whory avvicinandosi a Christopher.
Quando la luce illuminò la stanza, Penelope si girò, alzò il viso e guardò il signor Anderson, che ricambiò il suo sguardo con un sorriso sbilenco.
Era impressionante: quegli uomini lo avevano descritto come l’uomo più feroce che esistesse sulla terra, ma ora il signor Anderson sembrava rilassato e la stava osservando con malizia, come se…
Come se l’avesse riconosciuta.
Si voltò di scatto interrompendo lo scambio di sguardi ed aprì le finestre per far cambiare aria.
«Christopher, come ti senti oggi?» chiese il dottor Whory sedendosi sul letto.
Penelope, seppur di spalle, guardò di sottecchi il signor Anderson che osservava il dottore con aria interrogativa, come fosse un cucciolo abbandonato.
«E’ inutile, Whory» fece il signor Kennet con una nota di disgusto nella voce «è diventato demente. Potrei dirgli che è un figlio di puttana e non capirebbe»
Penelope sobbalzò alle parole dure dell’uomo e guardò Christopher, che ora si sporgeva in avanti e faceva tintinnare furiosamente la catena che lo legava al letto, come se volesse essere liberato.
«Andate via, signor Kennet» disse Penelope determinata, «è evidente che la vostra presenza infastidisce il signor Anderson»
«Mhhh guarda guarda, la signorina Brigton è appena arrivata e già dà ordini» la schermì l’uomo, avvicinandosi.
Penelope alzò il mento «signore, bisognerebbe essere ciechi per non notare che il signor Anderson non nutre una particolare simpatia per voi.»
«Tu, piccola insolente…» si avvicinò a grandi passi per spaventarla ma il dottor Whory si frappose tra i due «Dottor Kennet, la prego!»
Il dottor Kennet guardò prima il volto di Penelope poi quello del suo compagno.
«Forse ha ragione la signorina Brigton… Forse è meglio che andiate via»
Il dottor Kennet si indignò «Ah, bene, ora date ascolto ad una spocchiosa ragazzina?»
Non ci fu risposta.
«Bene» enunciò il signor Kennet girando i tacchi «fate quel che volete, allora»
«Signor Kennet!» urlò il dottor Whory prendendo a seguire l’uomo che era ormai uscito dalla stanza.
Penelope sentì i due uomini discutere lungo il corridoio e poi una porta sbattere.


 
 
 
Lui… Pazzo, pazzo…Donna, bela, vanti lui…
«Eope… pepeope» disse, guardando la bellissima fanciulla che aveva davanti a sé.
«Penelope» rispose questa dolcemente muovendo due passi nella sua direzione, «Mi chiamo Penelope»
Vicinati pepeope, non pazzo.
Christopher la guardò a lungo con sguardo smarrito; la vergogna che provava in quel momento era sviscerante, più di quanto un uomo potesse mai sopportare.
Rinchiuso qui… giorni, giorni… pazzo.
E l’umiliazione, Dio, l’umiliazione nell’essere visto in quello stato, legato come una bestia al macello, era intollerabile.
Provò a mormorare il nome della fanciulla ma questa volta non uscì nessun suono dalla sua bocca; sconfitto, serrò la bocca e si girò dall’altra parte del letto, dandole le spalle.
«Oh, non fate così…» Penelope allungò una mano verso Christoper ma lui si girò di scatto e strinse il suo polso. Gli sguardi si incontrarono: quello ferito ed arrabbiato di lui, bestia incompresa ed abbandonata a sé stesso, e quello timoroso ed incosciente di lei, angelo puro e speranzoso.
«No compsssone» disse lui, deciso, fulminandola con lo sguardo.
«No, no» ripeté la donna tranquillizzandolo, sperando che assecondandolo la lasciasse «hai ragione tu»
Christopher guardò la bocca della donna, ma non riuscì a capire quello che gli aveva appena detto.
Lasciò di scatto il polso di Penelope che arretrò velocemente massaggiandosi il polso dolorante. «Prova a ripetere con me: Pe-ne-lo-pe»
No bambino, sciocca, ripetere no io no bambino.
Christopher rispose con un grugnito, mosse la catena contro il letto ottenendo il risultato che sperava: spaventarla
Penelope si allontanò con cautela dal letto e lanciò un’occhiata alla porta che era ancora spalancata; guardò la stanza e decise di sedersi su una poltrona di fianco alla finestra, abbastanza lontana dal letto.
Christopher sorrise soddisfatto e chiuse gli occhi, fingendo di voler dormire.

 
Lady Sticklethwait

P.s Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione. Io, personalmente, mi sono immedesimata tantissimo in Christopher, anche se ci sarà modo di poter navigare più a fondo nella sua mente nei prossimi capitoli...Che non vedo l'ora di scrivere!
Ah, momento imbrazzante: mi sono appena accorta di non poter abbreviare il nome Penelope...


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


                                                                    Capitolo 8


 
Tieniti pure le tue ragioni, io terrò stretta la mia follia.


Quando Mr Kennet tentò di immobilizzarlo per l’ennesima volta, Christopher lottò strenuamente per liberarsi dalla morsa dell’uomo, come se da quella insignificante vittoria dipendesse la sua stessa vita.
La faccia era schiacciata a terra e Mr Kennet, con l’aiuto di due inservienti che chiacchieravano allegramente tra di loro, lo avevano immobilizzato premendo sulla schiena dell’uomo con gomiti e ginocchia.
Christopher inarcò la schiena in un ultimo tentativo di liberarsi ma quando scattarono le manette della camicia di forza si accasciò a terra con il resto del corpo.
Gli inservienti lo issarono in piedi con la forza, costringendolo a rimanere fermo mentre Mr Kennet si sistemava i capelli sfuggiti dal codino e la cravatta stropicciata.
«Sei forte» gli riconobbe il dottore ammirando il sudore che imperlava il volto di Christopher «Peccato che non saprei che farmene della forza di un demente»
Christopher non riuscì a capire quello che aveva detto; di solito, quando era tranquillo e si concentrava, riusciva a comprendere cosa dicessero le persone aiutandosi anche con il labiale.
Tuttavia, e questo lo aveva sperimentato già da un bel po’, quando la rabbia sembrava sopraffare ogni istinto razionale, l’alienazione diventava l’unico atteggiamento possibile per superare l’ira.
Christopher respirò come un toro infuriato e scalciò gli inservienti quando tentarono di legarlo alla parete; ci riuscirono, gli infami, ma Christopher non si meravigliò: ogni movimento era difficoltoso con le braccia messe in quel modo e mantenere l’equilibrio era una vera sfida.
Mr Kennet mandò via gli uomini e Christopher notò con estremo piacere che uno dei due zoppicava.
«Sai, io proprio non capisco perché il mio collega nutra delle speranze nei tuoi confronti»
Capisco, perché, perché! Nutra… mangiare?
Christopher si morse l’interno della guancia.
«Potrebbe scrivere alla tua famiglia e…» Mr Kennet si bloccò perché vide Christopher alzare subito la testa dopo aver pronunciato la parola famiglia.
Sogghignò, «Ah, allora qualcosa la capisci. Peccato, Christopher, perché saper riconoscere qualche parola non ti salverà»
Christopher ora guardava in cagnesco il dottor Kennet. Avrebbe ucciso quell’uomo, ne era certo.
Quando sarebbe uscito di lì, lo avrebbe ucciso ed avrebbe goduto nel vedere la stessa rabbia o magari, sì, perché no, il terrore invadere i suoi occhi scuri.
Era questo ciò che lo mantenne in vita, la speranza che un giorno sarebbe uscito di lì e che si sarebbe vendicato di tutto ciò: non aveva ragione di credere che nell’universo ci fosse ancora qualcosa al di fuori della vendetta che tanto anelava.
Non avrebbe mai più vissuto una vita normale, c’erano uomini cambiavano per molto meno e Christopher ne era cosciente.
Il mondo non avrebbe mai accettato Christopher Anderson, visconte di Blackhudgton’s Hall, nelle vesti di uno psicopatico molesto per la società.
Emarginato o meno, in Christopher maturava già l’idea che se non fosse guarito del tutto, l’alternativa più efficace sarebbe stata farla finita.
Ma prima avrebbe ucciso Kennet.
Un debole bussare alla porta distolse l’uomo dai suoi pensieri e catturò l’attenzione del dottor Kennet.
«Buongiorno, splendore» disse l’uomo inchinandosi.
Peope...
 «Buongiorno» rispose la donna senza alcuna emozione nella voce.
Sorpassò velocemente il dottore che si alzò indignato quando vide che Penelope gli voltò le spalle tenendo in mano una bacinella con un rasoio.
Bofonchiò una volgarità, Christopher ne era certo perché la donna, nonostante si sforzasse di mantenere un’espressione neutrale, aveva strabuzzato leggermente gli occhi.
Inclinò la testa e la osservò con maggiore attenzione: la cuffietta bianca, ridicola ogni oltre modo, era una patetica armatura contro il mondo.
Mr Kennet uscì dalla stanza facendo più rumore possibile e sbatté la porta alle sue spalle, facendo sobbalzare la fanciulla.
Penelope ancora non lo aveva guardato, ma quando lo fece Christopher lesse l’orrore nei suoi occhi.
La bacinella con l’acqua le sfuggì dalle mani inondando il tappeto, ma non si diede pena di ciò, anzi, sorpassò la bacinella e si avvicinò tremando all’uomo incatenato.
«Chi ti ha fatto questo?»
Chi… Questo. Cosa, cosa, significato!
Man mano che Penelope si avvicinava, Christopher arretrava, per quanto gli era possibile.
La donna si inginocchiò a pochi metri di distanza da lui «Non vuoi?» gli chiese dolcemente, allungando le mani.
Certo che voleva, dannazione, voleva essere liberato e doveva essere liberato perché non meritava quel trattamento, lui non era pazzo!
Ma se c’era una cosa che voleva ancora di più era che Penelope non lo considerasse come un povero demente di cui aver compassione, ed essere sciolto da quelle catene… Da una donna, per di più! No, no, perdio, umiliazione più grande non poteva esistere.
Si voltò dall’altra parte ed indossò una maschera di indifferenza. Non poteva parlare, ma il linguaggio del corpo era chiaro: stammi lontano.
Penelope aggrottò le sopracciglia, confusa «Non vuoi che ti aiuti?»
«Aiuti» ripeté Christopher prima di accorgersene.
Penelope si illuminò «Sì, aiuti. Io aiuto te, se vuoi»
«Aiuto» disse Christoper, guardando questa volta negli occhi della donna. Dove aveva sentito quella parola?
Aiuto, aiuto, carrozza, cavalli!
«Caroza! Caroza, aiuto. Aiuto!» sbottò facendo tintinnare le catene per l’eccitazione.
Penelope sorrise e le brillarono gli occhi «Carrozza, Chris? Tu… Ricordi? Incidente»
Era troppo questo da capire e l’eccitazione del momento fece svanire ogni cosa. Non riuscì a concentrarsi, le parole che diceva Penelope erano  suoni ingarbugliati e privi di senso perché tutto ciò che aveva in mente era un ricordo: voci starnazzati di donne e uomini che gridavano aiuto.
Christopher, per la prima volta dopo una lunga settimana, sorrise.
Penelope si sentì il cuore scoppiare: Christopher non era pazzo, lei lo sapeva, l’amnesia gli aveva semplicemente offuscato la memoria e reso difficile la comunicazione, ma ora che aveva ricordato tutto sarebbe cambiato, tutto sarebbe diventato più bello quando avrebbe informato il signor Whory che l’incidente… L’incidente…
L’incidente.
Il suo sguardo si rabbuiò ed il sorriso svanì dalle labbra rosee della donna. Christopher, che aveva ancora stampato sul viso il sorriso della vittoria tornò serio, inclinò la testa di lato e socchiuse gli occhi per metterla a fuoco.
Non sapeva a cosa fosse dovuto quel cambiamento repentino d’umore, né quello strano luccichio che vedeva nei suoi occhi, né il rossore che ora si stava diffondendo lungo le guance bianche della donna.
«Etuta copa mia» gli sembrò di capire prima che la donna scoppiasse in un pianto liberatorio.
Christopher volle sprofondare in quell’istante, vedere Peope così disperata mentre cercava di asciugarsi le lacrime con il dorso delle mani in un ultimo appello all’orgoglio lo sconvolse totalmente.
Cosa fare… io dire, cosa? Cosa? No Peope, no triste.
«Aiuto» disse Christopher, confidando in un sordo appello di straziante ingenuità che quella parola avrebbe riportato il sorriso a Peope, proprio come aveva fatto prima.
Tuttavia, ottenne l’effetto contrario: il pianto della donna degenerò in singhiozzi convulsi.
Non….No acqua, peope, tu bella, felice con me.
Christopher abbassò lo sguardo, la camicia di forza ora come ora era un ostacolo insormontabile ed un monito continuo: guardati qui, Christopher, legato come una bestia inferocita, impotente di fronte alle lacrime di una donna.
‘Tu l’hai fatta piangere, demente’ gli parve di sentire la voce di Mr Kennet.
Intanto le spalle di Penelope erano scosse dai singhiozzi «Midipiace. Oh, midispiace», la voce era rotta dal pianto, disperata, sconvolta, ma Christopher non sapeva cosa fare perché quella fanciulla era così delicata e minuta che con un soffio di vento, ne era sicuro, l’avrebbe spezzata.
«Mi dispiace, è tutta colpa mia, tutta» uno spasmo la fece sobbalzare «t-t-tutta co-co-colpa mia»
«Peope» la pregò Christopher, cercando di essere più delicato e convincente possibile «nopiù aiuto, io» si arrese subito, cosciente di non riuscire a dare voce ai suoi pensieri.
Nemmeno questa volta.
Avrebbe voluto prenderla per le spalle e scuoterla per farla rinsavire, asciugare le sue lacrime e dirle: Penelope, non dirò mai più la parola aiuto se ti fa stare così male.
«Peope» ci riprovò e per un secondo la donna smise di piangere.
Alcune lacrime superstiti e traditrici continuarono a scendere imperterrite sul volto di Penelope ma Christopher, ne era certo, ora non stava piangendo più.
Penelope fece un sorriso di autocommiserazione ed asciugò con le dita gli ultimi residui di senso di colpa, «Sono patetica, non è vero?» tirò su con il naso tutto rosso, «piangere davanti a te, che sei in queste condizioni…»
piangere… cosa? Significato! Te… queste codizioni.
Christopher sbatté gli occhi perplesso, girò la faccia ed espirò profondamente; Peope non lo sapeva, questo, non poteva capire che ciò che aveva detto fu come ricevere un pugno nello stomaco.
«Oh, no, non intendevo…» sospirò e si morse le labbra.
Christopher grugnì in risposta e le lanciò uno sguardo gelido quando vide la pietà rivestire il volto di Peope.
Penelope si avvicinò leggermente all’uomo ed egli mosse le catene come monito, ma questa volta la donna non si spaventò, era troppo presa dall’intenzione di liberarlo.
«Va bene se non vuoi stare con me, ma almeno lascia che ti tolga…» camminò a gattoni e si posizionò dietro di lui «questa» gli slacciò la camicia di forza; solo quando la donna la tirò via, lasciandolo a petto nudo, capì con quanta pressione le sue braccia erano state legate.
Mosse gli arti dopo pochi minuti e quando se la sentì si alzò da terra; Penelope, intanto, si era alzata, lisciata la gonna ed aveva raccolto la bacinella, il tutto con lo sguardo fisso a terra.
Christopher guardò il suo corpo e capì che aveva notato molto prima di lui che fosse a petto nudo.
Penelope, presa dalla fretta di uscire fuori di lì, rischiò di scivolare un paio di volte sul pavimento bagnato.
Era sorpresa, turbata, sconcertata, indignata alla visione del corpo muscoloso di Christopher, e nessuno poté dargli tutti i torti.
Peope, no piangereper me.



Non riesco a commentare questo capitolo, penso di aver rischiato un paio di volte di piangere mentre lo scrivevo.
Christopher mi fa accapponare la pelle, ho sviluppato una tale empatia con questo personaggio che mi fa paura ed il suo essere così meravigliosamente impacciato in questo capitolo me lo ha fatto entrare dentro, più di quanto sia lecito dire…
Spero che vi abbia suscitato le stesse emozioni o, se diverse, fatemelo sapere con una recensione.



Lady Sticklethwait.

 

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