Le poesie calme

di _Maeve_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tre di Luglio ***
Capitolo 2: *** Due per due ***
Capitolo 3: *** Fuoco e fiamme ***
Capitolo 4: *** Tempi di ***
Capitolo 5: *** Sera di vento ***
Capitolo 6: *** Il ballo di San Vito ***
Capitolo 7: *** Bacio di scapole ***
Capitolo 8: *** Intramezzo ***
Capitolo 9: *** Maratona ***
Capitolo 10: *** Ultimo canto di Saffo ***



Capitolo 1
*** Tre di Luglio ***


Tre di Luglio
Tre di Luglio




Frinisce la cicala escoriata.

Un guizzo di farfalla reale boccheggià lì fra le foglie
e le formiche
mi si inerpicano sui sandali al punto
che devo sollevarli
(ora ci si è posata su una vespa poco bucolica
che a quanto pare sente l'odore dei fiori)
La nonna ha disposto le pietre
perchè facciano in cerchio un'aiuola,
la sento inveire col nonno che sembra
non le abbia portato l'alloro;
in effetti il telefono non prende
e un po' mi dispiace:
ti avrei scritto
(in barba poi se pur in buona fede non mi stavi pensando)
ora che s'intensifica il canto,
che un crocicchio di tronchi flessuosi come i malleoli di Dafne
m'esclude un po' il guardo
e le loro chiomette color smeraldo,
questo cantuccio di terreno rossastro
che un po' ci scherma dal campo,
meglio sarebbe se a te fossi in braccio,
se poi questo pezzo di cielo
tu mi sussurrassi all'orecchio 'un giorno,
vedremo'
per ora
riprendo in mano il mio libro
- come deve andare vada
non  l'ho detto nemmeno durante Italia-Germania
e figurati
se lo riservo a te -
forse un po' piango,
questo venticello mi dà momentaneo refrigerio dal caldo,
e può darsi che solo la mia Puglia riarsa
bistrattata ma bella
possa dire al tre di Luglio
Giulia, respira.





Note
La prima poesia in realtà è un tre, ma va bene così. Scelgo di pubblicarla insieme alla seconda per rispettare il canone della sua composizione, per non lasciarmela indietro, che è il principale scopo di questa raccolta, non lasciarmi le cose indietro, a prescindere poi dalla qualità di questi versi, forse un po' troppo ottimisti e poco giambici rispetto ai miei soliti, una sorta di taboo della positività consapevolmente violato e catartico, una sorta di preghiera. I personaggi che si muovono sullo sfondo di questa campagna si incastrano come le nugae di Catullo negli anacoluti e in questo post-modernismo contraffatto, che spero non insulti nessuno, insieme a un vago eco di Pascoli,e ad uno meno vago di Dante e Leopardi; ci sono le mie passioni, c'è quello che nel corso della giornata mi sforzo di non analizzare troppo, perdendomelo sotto il sole e sotto i pranzi e l'entusiasmo innato del mio sud, c'è quel velo di quel qualcosa che un giorno (o fra un'ora) mi potrebbe far dire: "non questo mi inducevi a sperare, misera!" (sempre Catullo) , e c'è quel tratto estrinseco e onnipresente di quel no che non mi andrebbe bene, ché altrimenti riuscirei a dormirci la notte.
Sperando di non annoiarli/vi, dedico questa raccolta a, qui su efp, Camilla e a Spark, per la dolcezza e l'accuratezza, che sono la più vicina investitura poetica esioidea in cui potessi avere la fortuna di incappare, e, immancabilmente, a tutte le voci diegetiche che in questi scritti compariranno. Buona estate.


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Capitolo 2
*** Due per due ***


Due per due

Due per due


Due per due son due
che si prende e si rimangia,
ci si prende e s'allontana,
e quel vago tuo sgridarmi che urla alla bambina
ed una stretta arrabattata che sembra sputarmi: "più vicina!"
- lo diresti gioco di corrispondenze:
ci si vuole ci si teme cosa vuoi che ce ne freghi -
e, per Dio, una chiamata,
quel tuo 'un bacio' sussurrato a mezza voce;
ora che sono diplomata,
spiegavo a un'amica il significato d'archetipo:
le labbra mi si incurvano e son sicura le tue pure mentre
'vatti a riposare',
io c'ho i piedi incrostati di mare,
il sole che batte sugli occhiali da sole,
si muore si muore si muore,
dentro tremo e tu non sai
che per spezzarmi ed arenarmi come le alghe sul bagnasciuga
basta poco -
ma lo chiami amore? chiede lei,
e a me viene da sorridere;
io amore ci chiamerei le nuvole,
che si disfano e sciorinano beate i loro veli;
due per due baci in più e i ti voglio bene,
che forse sugellano un foedus migliore,
son le mie mani attorno alla tua fronte,
la mia ingenuità un po' scapigliata che sfiora soltanto i tuoi lutti,
quelle parole impoetiche che ogni tanto ci si dedica,
voglia bisogna candore vergogna o due per due;
la mia amica annuisce, io ci rimango un po' fiera,
e fiero saresti anche tu,
visto che l'umanista sono io,
d'avermi fatto fare dell'amore
una scalcagnata tabellina!




Note
Poche parole per questa, che di parole vi ho già riempiti: che l'amore sia una tabellina è un'idea che mi è venuta dal titolo, e tutto questo non è altro (o forse sì?) che un coacervo di ironia, pudore, tecnologie, giorni belli, giorni brutti, versi che ci stanno meglio che ci stanno peggio, più fulmen in clausola. Un fulmine bello, se ve lo stavate chiedendo.  Questa va ad A., che magari se lo chiedeva davvero cos'è l'amore, o cos'è la vita, e a cui comunque non credo di aver risposto; perlomeno, però, ci siam fatte la giornata al mare.


"Se d'amore si muore, siamo morti noi | Se d'amore si vive, siamo vivi" Edoardo Sanguineti.


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Capitolo 3
*** Fuoco e fiamme ***


fuoco e fiamme
Fuoco e fiamme



Quello della rabbia è un gorgoglio spento.

Si baruffa tra fumogeni color verde acido, s’aggrappa
iena alle carogne ed alle virgole ed avevi mal di testa
sì ma erano tre ore e a me adesso, questo viene.
In tre messaggi a tre diverse amiche t’avrei augurato tutto il male
di cui sono capace.
(Dicit, diceva Catullo, per calunniar quel che voi dite.)

Non è che mi sia passata: non c’è mai arrivata,
come questo verde acqua a lambirmi la cute,
mi si scioglie il trucco e vai a veder come ci resto,
ho le pietre nelle scarpe quattro graffi sui ginocchi
sette giorni di ci sono se hai bisogno, venti che blateri
all’estero e ai rammarichi, alle donne e ai tuoi pronostici
ed io non te lo alzo
questo vessillo a Roma in fiamme se Roma vuole bruciare,

se ho la data di scadenza o così pare,
a cosce più liete, forse ti destina questa divina Provvidenza:
riderà la gente
di quando m’è piaciuto farmi bella e il vestitino blu e tutto un inverno,
mentre a te la platea plaude ché sei rinsavito,
che sia all’anagrafe o carponi alla fine è sempre un numero,
connessioni iperveloci per reazioni di minuti,
ti voglio, dicit, le sue braccia centellinando mi cingono la schiena,
non mi guarda col suo sguardo da a me cosa ne frega,
tanto è la mia pelle che brucia, stasera;

dirti esattamente cosa? Lo sapeva bene Archiloco
che il giambo è artificio idillico
e non vale abbastanza per rodersi lo stomaco;
inveterati come i dotti e le loro polemiche sterili
in tempi di troppa pace:
producono poesie auto-emulantesi
che per ogni ‘credevo’
mi urlano ‘nemmeno!!’

e buonanotte puntualmente sia o sarà fra poco
al mio collo martoriato,
al ritirare questo premio che nessuno, sai, mi ha dato
- ridiamo, tesoro mio, mentre in una macchia di gelsi s’acciottola la via,
mille risa ed altre cento, mentre soffiamo via gli smacchi (gli anni?) come i moscerini,
le paure come le cose che faremo in agosto, e concediamoci di dirci
che non è stato tanto spesso.


Note
In cui si bistratta Catullo, secoli di una militia amoris travisata e puerpera di femmine klimtiane, non falsa ma quantomeno non completamente corrispondente al reale. Il tutto imperniato su una categoria ancora numerica, vagamente ordinata, vagamente simbolica, sul verbo dichiarativo ripetuto come un'ossessione (e poi lo è, quello che si dice e che non si dice, quello che dice o non dice un messaggio, uno sguardo), sulla chiusa metatestuale e non che un po' mi rende fiera, perchè è riuscita a mescolare la nausea del (è involontario) ri-dire , della poesia che un po' artificio lo è (deve, o t'ammazza), con (tautologico) la conseguente e senecana inutilità della rabbia, che, in qualche misura, appunto, l'artificio serve un po' a stemperare - ecco perchè nelle poesie calme, alla fine, nella 'fase della bontà'. Strofette di 7 versi ciascuna per essere precisi e inquadramento campestre; va a K, e anche un po' a F, anche se forse gliene dedico un'altra, ché qui non  compare, con l'augurio che la prossima volta non si muoia davvero di caldo in mezzo a quei moscerini, come oggi. 


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Capitolo 4
*** Tempi di ***


tempi di
Tempi di




Dice mio padre non mi piace come parli.
Dice che fuori si strozzano afe e rannuvolamenti disimpegnati e
avvampa uno scirocco sterile, partorisce ciò che non gli compete e quindi nulla
- gocce di sudore, lungo la gola di mio padre;
Ah! Bada che è già quell' agosto agognato,
nel bolo delle tue angosce rivomitate e delle cose che devono ancora arrivare e poi sono qui,
è già quel tempo di dimostrare questi ann..questi inni,
di sfatare iperboli familiari e diagnosi, somministrate a giorni alterni ma
basta, non prendiamoci in giro:
la luna che ci sia o che manchi ricorda un solo sorriso,
la claustrofobia di mezza valigia mozza il mese intero,
non percepisce la negazione in “non sia egli il tuo primo pensiero”,
biblica istanza per poco Giuditta
regredisce la mantide venera il forcipe e urla Sì, sì!
Sì, certo,
tu ridi dei pensieri che mi permetto,
nelle mie scarpette strepito che nessuno m'ha mai fatto sentir peggio,
(nemmeno mio padre)
sentire la mano che non ricambia l'abbraccio ma tanto ci son io che graffio
sui sassi di una spiaggia, e cerco quella stretta la vita giustapposta,
la mia; la tua fino ad ora è il rumore troppo fondo della grancassa
mentre sfila adibita per la festa,
e  in verità in verità vi dico darebbero fresco, perentorio e immacolato questi cieli
se mi suonassi nelle note che suoni
(dice mio padre se s'arrabbia che chi troppo s'abbassa ha perso in partenza)
quanto risuoni tu in mezza virgola d'un verso d'ogni mia poesia...





Note:
Ci sono poesie che si 'passano' (come si dice qui, come coi fratelli) quarantott'ore e altre quasi un mese, ma va bene così, perchè in ogni caso non sono mai, mai isolabili e isolate. Dicit, di nuovo. La 'guerra al maschio' continua freudianamente con la menzione di mio padre, a cui va questa mia umile. Il suo senso credo sia più o meno chiaro, o quantomeno il suo ordine: ma comunque lo trovate che strepita come quella bambina e le sue scarpette e il troppo abbassarsi che mio padre (sempre lui) deplorerebbe (ma solo quando si arrabbia e crede in un insospettabile poter fare, poter fare) proprio nell'ultima line. Oddio, più che strepitare par che si lagni, ma di questo vi avevo avvertiti; nelle mie poesie si grida. Calma, forse (mi piace scoprirlo leggendo scrivendo vivendo con chi forse lo fa con me e mi legge) è solo l'estate, come dea che non interviene nelle vicende dei mortali. Cieli immobili, mi pare che dicesse Pascoli. E noi qui ad angosciarci! 

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Capitolo 5
*** Sera di vento ***


Sera di vento html     Note iniziali:
Le poesie calme necessitavano un completamento, ragion per cui posto queste mie - bozze, non finiti, non rifiniti, senza il tempo per pensare, anche se poi giudicate voi.  In realtà, a ben vedere, il 'completamento' lo ha avuto l'estate, e questo percorso ideale, questa scalcagnata ma ambiziosa (come me) epopea. Com'è andata? Scopritelo, senza troppe spiegazioni critiche. Questa comunque era una sera di vento, come ce ne sono state tante altre, come vedrete. Un vento che porta verità o...?


Sera di vento


Son qui che spio da un rettangolo che s'apre sui monti che in effetti non vedo
 - anneriti neri di notte ma sarà che la testata del letto l'ho messa un po' indietro -,
tremolii di luce balbettano silenzi dei posti in cui non credo;
arriva il vento e il vento è del resto come ci si vuol far creder sia l'amore,
scostante scontato se poi arriva una sera d'estate,
sfreccia su gambe fin troppo guardate e pare che dica:
la minigonna non va bene, no: ma che vuoi ancora?

Ma io poi, cosa ne posso sapere?

Ché ti ho, questo è da dire, e non capisco in cosa senta di non poterti avere.
Dietro la strada arbusti sgarrati tuffati in pietra,
piovono quelle piovono mani sui fianchi e io ho il naso sul tuo collo
mentre urlo sono io, sono io! , e non dico niente,
e tu apotropaicamente
fai stime sugli altri ma non fai mai il mio nome,
e sai che bello sentirmi gettata dietro la grata della clausura
senza che a momenti ricordi un pater noster,

o davanti alla gente alla quale l'io voglio, io lo voglio,
lo latrerei persino in catene, non fosse che mi lancerebbero l'ossa come a un cane,
perché similmente tronfia di bestiale, inconsapevole vanagloria sarei giudicata,
ed è proprio inutile
che mi si gonfino di lacrime gli occhi se vedo bambini,
se mi dici prima che, prima che...perché prima che io ne sia degna,
prima ch'io sappia,
passeranno gli anni, ma gli anni di chi già c'è,

quattro coeve in crocicchio e mi par di vederle canute
e tra le cose che urlo urlo anche all'orrore,
a mia madre che non mi ha insegnato a cucinare,
a queste aspirazioni manipolate, poi rigettate,

poi io

cosa amo e chi sono ed è giusto, che ci sia distinzione?

Quando la carezza del vento è più dolce,
mi s'acquieta pure l'amletica ansia d'irresoluzione,
sapere, scoprire o non scoprire e va bene, va bene l'amore,
se non altro perché se non ora quando,
e se proprio, alla fine, seppure...


(07/08/16)


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Capitolo 6
*** Il ballo di San Vito ***


Note:
Situazione simbolo: mattina. Il ballo di San Vito, colonna sonora, la taranta della musa della poesia, schizofrenica, che rimescola scenari e sembianti. Anche se poi, lo si capisce solo nel capitolo successivo. Curato l'inizio anche se scritto proprio in spiaggia (o meglio, in acqua, mentre cercavo la definizione coloristica migliore per non ripetermi), zoppicante la fine composta in macchina, risalendo a casa. Sono soddisfatta di alcuni incisi, epigrammatici; ho pensato alla possibilità di rivederle, singolarmente, queste poesie, ma poi mi son detta, lasciamole lì, come deliri più o meno simpatici. Alla fine, ho modificato solo il corsivo del corpo centrale.


Il ballo di San Vito



Seppellita sotto un velo d'acqua azzurrastro bottiglia
non vedo né cielo né fondale;
non mi curo nemmeno del sale
che solca e inaridisce le gambe
come promesse ridicole e stanche.
Da lontano scorgo la zazzera sciocca di quello che mi piaceva,
da lontano alle mie spalle spauracchi fantasma di pioggia nera;
e le colline - le colline! - immobili come su carta stampata e lui non c'era;
ma lui, poi, come queste pietre scomode,
che t'accolgono solo se ti ci sai incastrare,
eppure, eppure fan male;
non credono
al corpo adagiato nei frammenti degli spazi concessi,
venerato non creato in estri amari dei posizionamenti complessi;
e un po' si vergogna delle troppe parole dei troppi silenzi, dei desideri che son sempre quelli


e sono cadenti;

ma questa tristezza così inflazionata,
io mi sento al macello:
io non lo sopporto il tuo non fidarti perché è meglio,
richiedere cose o non richiederle affatto
perché nella tua testa mi hai fatto il processo,
questa saggezza e questa esperienza
"ma tu mi ami" e "eh ma tu no" "e questa chi te l'ha detta"
e allora
il cuore mi piange e mi piangono le spalle,
piegata quando dici che con me fai l'amore,
per questo, per questo si muore,
perché non ce la faccio a non sentirmelo sospirare,
sulla pelle quasi fosse una preghiera,
una messa, un martirio, stacci tu male,
per una volta, guardami sulla soglia della chiesa
mentre sto nella navata sbagliata,
guardami e addentami con la mente come nei sogni più infervorati,

dillo quel 'mia'

che ti supplicano i miei sorrisi indignitosi
e dillo anche agli altri;
fa' cadere questa pioggia sul mare,
io il tempo bello del politicamente corretto non lo voglio più,
e poi che dicano, dicano,
rinneghiamolo questo nome,
ché non per chiosare dell'erudizione di una stanza fummo cresciuti a pane e lettere,
ma per restarci forse,
e risponderci,
cos'è che chiedo, questo
e null'altro,
sì,
il nulla diverso dall'altro.


(08/08/16 - mattina)

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Capitolo 7
*** Bacio di scapole ***



Una poesia febbrile, tratta da una storia vera.


Bacio di scapole


It' real love, it's real love,
urlava la canzone sulla strada dissestata,
e tu che non potevi darmi la mano perché dovevi cambiare la marcia,
ma non importa perché tanto io ti accarezzavo il braccio;
e hai parlato, e tanto, e io,
lì lì per dirti ti amo,
quando le tue labbra mi si chiudevano sul collo e mi tiravano vicina,
si, così solo si gode:
se conosco ogni centimetro del tuo corpo e tu del mio,
se mi sorridi quando ti dico:"eh, la canzone";

nessuna risposta,
ma non me ne importa,
perché sto piangendo,
e stavolta sul serio:

ma lo sapete che significa,
tutti i versacci imperniati sul fantomatico amore vero,
è un tracollo sull'orlo dell'universo
e di mattina mi gira la testa;
troppo investita troppo coinvolta,
la Libertà si immola stravolta,
e si comprende perché non occorre che  risponda;

arrivati al traguardo,
a prescinder dall'anno,
te lo urlano le stelle,
e tu che pure sei così disincantato...!
Basta, basta, forse mi inganno,
due di un nuovo giorno, sono ancora qui che piango,
ancora che quanto sei bello,
e come diavolo la finisco una poesia del genere?!

Bacio di scapole: ha
quel non so che da inquadrare,
qualcosa che cozza e stramazza,
ha la mia giovinezza e il cuore mio su una lancia,
tutti i miei sogni, ogni mio respiro
e paura, ogni mia preghiera,
che sia lui per favore,
bacio di scapole sia la certezza
 - quantomeno granitica -
di queste dolci lacrime

(08/08/16, notte - 09/08/16)

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Capitolo 8
*** Intramezzo ***


Intramezzo, e non inter. Varie cose mescolate insieme. La chiusa non contraddice alcun programma poetico, ma è sempre un po' sognante, un po' che quando l'amore è troppo va anche bene che sia amore allo specchio, che non si cura di risposte. E che poi ce le ha.


 Intramezzo


Intramezzo.
Troppo stanca per scrivere una poesia.
Mi scivola nelle fibre dei muscoli
la greve e solinga scarpata,
sporcata
da spruzzi d'aceto nell'oro savana,
l'odore di cani e di capre,
della veste di zia;

sulla nuca mi brucia il sole
sulla lingua desìo di limone,
la mezza tachicardia
masticata fra le zanne del "fossi mia!"
ed io che vortico,
mentre sbatton per terra la taranta;
sai se io mi muovo è per te,

e gli unici marchi
che pretendo sulla schiena
sono sfoghi come vino rosseggiante
quando s'alza inusual freddo la sera;

il torto non voluto, sol supposto,
messo in mezzo dall'altrui furbizia
rinfocolato da umil candore
 (e terrore della tua voce addosso
e io crociata senza croce
alla mercé di reazioni infedeli)
è il miglior giostrante dell'amore;

se poi ci metti che deve ancora arrivare,
o che già c'è ma è complicato,
vuole il velo vuole garanzie
non si contenta, paradosso, di promesse e di poesie,
vedi come te lo piega nella polvere
e te lo impoltiglia nelle chiacchiere
ed in questi tempi amari;

tu che sorridi e un po' rimescoli,
ché tanto sei nato a dicembre;
io a febbraio mese di morti,
e par che sempre io mi ostini a cavar fuori dalle fosse delle cose innaturalmente sghembe i soliti fantasmi,
a tenderti il dolce tranello dei soliti messaggi;

e tu che ti voglio bene e vedremo,
e io che al mattino ci penso un po' meno,
perché tanto ti ho baciato,
perché mi vuoi e vuoi avermi
e a questa Gerusalemme non richiesta
com'ogni professione
sotto sotto riesco a entrarci da soldato:
con lo scudo sullo scudo con chi deve stare al proprio posto,
con le unghie e con i denti
 come quei piccoli animali che sgraffignano le cortecce
per provare a se stessi che ci sono,
intramezzo vedi se fa rima con ti amo,
ma poi va anche bene che si incunei fra gli epici esametri senza prima preparatosi;
tra la vita la serata vada bene vada male l'importante è non perdere mai il segno:

il destino, il programmato, quello meglio non averlo.


(14/08/16)

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Capitolo 9
*** Maratona ***


maratona Questa è calma per davvero. Calma come la vittoria esige.


Maratona


Si arriva allo stremo delle forze
e si vincono inverni persiani.
Lì sulla piana, sai,
incombono le calure delle cose a venire
e le bocche impastate di sabbia e di soliloqui;
si stramazza al suolo come il soldato
congestionato
nell'atto incredulo;
onore e gloria a tutte le Didone che vissero,
onore e gloria a Serse che cade e sorride:"Amore!”
Onore al profilo del castello
che emerge dallo scoglio
incagliato nei secoli in acque blu notte:
un anno fa dicemmo,
ode a questa stella ma che non ci si muoia;
ora mi sembra
d'aver con successo brecciato la cinta di Ilio:
la si pensava inespugnabile.

(28/08/16)

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Capitolo 10
*** Ultimo canto di Saffo ***



Praticamente, è andata così.


Ultimo canto di Saffo


Di baci rubati dietro cattedrali di colline,
miniature,
all'ombra di questo campanile,
bruciati d'estate
nascosti nella rientranza fra i mattoncini e la pietra;
poi un po' sporti, come se ballassimo,
scivolando verso terra ci sussurriamo ti amo,
e si capisce,
come di sera su per il borgo affacciato sui lumi e noi mano nella mano,
che finisce la stagione
ma noi non finiamo;
ed incaponita io, indomita,
a far valere a qualcosa queste radici
(il sud degli sterpi e il sud delle serpi
che ti sputano in faccia il loro veleno,
verdi d'invidia rimbrottano che non ce la faremo)
a riscuotere il conto di ogni poesia:
le Lettere, certo,
gli onerosi anni tuoi,
d'ora in poi,
ancor meglio.

(28/08/16 , la mattina dopo)

~fin











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