Professione: agente segreto della WBBA

di Mel_mel98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Novità
 
“Ci sono cose che si sentono, e io questa me la sento, e se me la sento vuol dire che sarà così, altrimenti non me la sentirei.”
Il primo che sorride, Martino Ferro
 
Se ne stava tranquillamente seduto su uno dei tanti tetti di Tokyo e osservava l'orizzonte.
Il cielo si faceva piano piano più roseo: il sole stava calando per lasciare il suo posto alla luna.
Socchiuse gli occhi e strinse i pugni. Quella sera neppure il tramonto riusciva a donargli pace.
Sapeva che il giorno seguente la sua vita sarebbe stata sconvolta.
 
(inizio flashback)
“Vieni nel mio ufficio della WBBA domani, ok Tsubasa? C'è una sorpresa per te...”
Era stato Ryo, il nuovo direttore della WBBA, nonché suo nuovo capo, a parlare.
L'aveva incontrato nell'officina di Madoka.
Gli aveva fatto un gran sorriso e aveva aggiunto: “Ho una bella novità!”
Tsubasa: “Di che si tratta?”
Ryo: “Sei curioso, eh?”
L'aveva guidato fuori dal negozio, poi avevano ripreso la conversazione.
Ryo: “Ebbene Tsubasa ti anticiperò qualcosa. Ti piace viaggiare?”
Ma che razza di domande sono?! Che cosa c'entra?
Tsubasa: “Più o meno. Ma non capisco come possa interessarti.”
Ryo: “Bene! Sappi che tra poco partirai per una nuova missione! E sai dove dovrai andare?”
Tsubasa: “Ehm, no. E non mi chiedere di indovinare, non ne ho la più pallida idea.”
Ryo: “Ok ok... Te lo dico io. Andrai in America!”
Fece un attimo di pausa, per far assaporare meglio a Tsubasa il nome di quel continente.
Infine aveva aggiunto: “Ma le sorprese non finiscono qui! Mi raccomando, vieni domani mattina nel mio ufficio. Ti aspetto!”
Se n'era andato via, lasciando il ragazzo impietrito da quella notizia davanti all'ingresso dell'officina di Madoka.
(fine flashback)
 
Dopo quella conversazione era diventato inquieto.
Se n'era andato serio serio, senza riuscire a nascondere la preoccupazione.
Per tutto il resto della giornata non aveva fatto altro che pensare alla missione, girellando distrattamente per le strade di Tokyo.
Finché non aveva sentito il bisogno di sedersi e mettere in ordine i pensieri.
Troppo comune sarebbe stato accomodarsi su uno sgabello di un bar, o su una panchina dei giardini.
Aveva invece trovato il suo posto su un tetto, dal quale poteva vedere bene il sole tramontare.
Ma fare ordine nella sua testa si era rivelata un'impressa complicata.
Lui era quello calmo, riflessivo, con autocontrollo da vendere.
Eppure era difficile convincersi che sarebbe andato tutto nel migliore dei modi.
Non gli piacevano affatto le sorprese, tanto meno le novità.
Nascondevano sempre una fregatura, dietro di sé.
Diciamo pure amava avere tutto sotto controllo, per questo l'idea di qualcosa di sconosciuto non lo allettava particolarmente.
E poi sapeva che stava per accadere qualcosa che avrebbe stravolto il normale scorrere delle sue giornate. Se lo sentiva dentro.
 
Alzò la testa e guardò verso l'alto: la sua fedele aquila volava leggera, in quel meraviglioso cielo che ormai era diventato scuro.
“Sarà ora di tornare a casa...”- pensò.
Saltò giù dal tetto con uno scatto agile e cominciò a camminare lentamente per le strade affollate di Tokyo, senza smettere di pensare alla parole di Ryo.
A quale genere di sorpresa doveva prepararsi?
Quella domanda gli martellava nella testa e non gli dava tregua.
Fece la strada più lunga per raggiungere il suo appartamento.
Decise di passare vicino al bey park, così tanto per vedere se Yu era ancora ad allenarsi.
 
Come sospettava, il ragazzino stava ancora lanciando il suo bey contro delle lattine ormai vuote.
Era instancabile, era già tardi ma lui continuava ad allenarsi senza sosta.
Era vivace, eccome se lo era!
Era dolce, amichevole. Ma sapeva sempre farsi valere nelle battaglie.
Era, semplicemente, Yu Tendo.
 
“Ciao Tsubasa!”- gridò appena lo vide.
L'altro rispose con un sorriso.
Quei due si potevano tranquillamente definire migliori amici. Ognuno aveva bisogno dell'altro e non poteva farne a meno.
Yu, con il suo atteggiamento e il suo modo di fare, riusciva a far tornare Tsubasa bambino.
Lui, che probabilmente un'infanzia non l'aveva mai avuta.
Il possessore di Eagle era invece un punto di riferimento per il blader dai capelli biondi.
Il fratello maggiore che aveva sempre sognato.
Entrambi accomunati da una grande passione per il beyblade, erano inseparabili.
“Ehi, combattiamo?”- fece Yu, con gli occhi più teneri del mondo.
“Oh, scusami ma oggi non sono proprio in vena... Magari domani ok?”
Il volto del piccolo si dipinse di delusione: “Ah... peccato... Speravo tanto di combattere un po' contro te e Eagle...”
Tsubasa lo guardò con apprensione.
Com'era dolce quando faceva così! Allora per farsi perdonare disse: “Ehi cos'è quel muso lungo?! Vieni andiamo a prendere un gelato, e ti prometto che domani faremo una sfida con i fiocchi!”
Yu sorrise felice e gli saltò addosso, facendolo quasi cadere a terra.
Poi mise il suo Libra alla cintura da blader e, preso l'amico per mano, lo trascinò verso la gelateria.
E per un attimo Tsubasa riuscì a dimenticare tutti i suoi problemi.
Non c'erano dubbi: la compagnia di Yu era la miglior medicina per le sue serate più tristi!
 
“Allora Tsubasa, che succede?”
Quella domanda lo aveva preso alla sprovvista.
Sinceramente non aveva la minima intenzione di parlare a Yu dei suoi affari con la WBBA.
Non perché non si fidasse, anzi.
Ma quelle erano cose troppo grandi per lui che, diciamocelo, era ancora un bambino.
Il possessore di Eagle guardò il biondo, pregandolo con gli occhi di cambiare argomento.
Ma il piccolo non aveva alcuna intenzione di mollare.
Se il suo migliore amico aveva qualcosa che non andava, lui voleva saperlo (Ma quanto sarà dolce? Nd Autrice)
Tsubasa dovette cedere. Quando Yu voleva qualcosa, 99 su 100 la otteneva.
Si sedettero su una panchina.
“Yu vedi... io...”- Tsubasa era ancora indeciso su cosa rivelare e cosa omettere.
“Io sono stato chiamato per una nuova missione dalla WBBA. E devo dire che non ne sono proprio entusiasta.”
Decise di rimanere sul vago. Niente bugie, non era nel suo stile.
Yu rimase qualche secondo in silenzio.
“Ma Tsubasa, quello è il tuo lavoro! Pensavo ti piacesse essere un agente della WBBA!”
“Certo che mi piace quello che faccio.”- fece l'altro- “Però questa volta...”
“Oh insomma! Non mi tenere sulle spine! Dimmi che ti hanno detto!”- sbottò il biondo, sempre più impaziente.
“Mi mandano in America, Yu”- disse Tsubasa, guardando l'orizzonte con occhi assenti.
America... America...
“Ma... ma Tsubasa...”- fece il piccolo- “l'America è lontana!”
“Sì, hai ragione. L'America è proprio lontana.”
 
Insieme camminarono fino al suo appartamento.
Lì si salutarono, promettendosi di sfidarsi l'indomani.
Quando Tsubasa chiuse la porta dietro di sé entrambi si sentirono un po' più vuoti.
“L'America è lontana, ma tu tornerai presto, vero?”- pensò Yu mentre tornava a casa, calciando un sassolino.
Intanto il blader dai capelli bianchi si diresse verso il suo letto.
Niente era meglio di una buona dormita per prepararsi al colloquio con Ryo.
Si buttò a peso morto sul materasso e affondò la testa nel cuscino.
Poi si girò su un fianco.
Guardò per l'ultima volta fuori dalla finestra, prima di addormentarsi: in quel momento un aereo si stava dirigendo veloce verso l'aeroporto di Tokyo.
***
 
“Ehi Tsubasa! Come sei mattiniero! Accomodati, io sono appena arrivato...”
Entrò nell'ufficio di Ryo guardandosi intorno.
Ci aveva impiegato una decina di minuti per trovarlo.
Ormai erano anni che lavorava come spia alla WBBA, ma ora niente era più come prima.
Da quando il padre di Ginka vi era entrato, quel posto era cambiato: tutto pulito e scintillante, nuovo mobilio, nuovo personale.
Era diventato proprio un ambiente piacevole, sì.
“Bello, eh? Tutta un'altra cosa rispetto a prima, non trovi?”- gli disse, entrando affiancato da Hikaru vestita di tutto punto.
“Eh già... Non c'è che dire, non sembra nemmeno più la stessa WBBA di prima...”- fece mentre continuava a guardarsi intorno, pensieroso.
Sapeva che le novità non riguardavano semplicemente l'arredamento delle stanze.
Sapeva che stava per succedere qualcosa.
Qualcosa che non poteva minimamente immaginare.
 
Guardò fuori dall'enorme finestra della stanza: il cielo era limpido, senza neanche una nuvola.
Sotto di esso, Tokyo era già attiva: ovunque si scorgevano persone a piedi o a bordo di un'auto pronte per cominciare una nuova, frenetica giornata.
Sembravano tutti ansiosi e affannati nelle loro faccende, pur essendo molto presto.
Tutti pronti per andare incontro al futuro a testa alta.
Tutti tranne lui, a quanto pare...
“Allora... sei pronto per sentire una notizia fantastica?”- disse Ryo.
“Ehm... sì.”- Tsubasa non pareva molto convinto, ma non aveva molta scelta.
Ryo: “Bene! Ti informo che è stato indetto il Big Bang Blader!”- disse raggiante, scandendo bene le ultime tre parole.
Tsubasa: “E che cos'è? Suppongo sia un torneo di beyblade...”
Ryo: “Ah, certo... Ma è molto di più di un semplice torneo: vi parteciperanno blader di ogni nazione, divisi per squadre!”
Tsubasa: “È un torneo mondiale, quindi! Wow! Ma è fantastico!”
Ryo: “Già... Sarà un evento a dir poco strepitoso per tutti gli amanti del beyblade! Ma purtroppo qualcosa rischia di rovinare questa bella atmosfera... Abbiamo scoperto che in America stanno architettando qualcosa di losco... Non sappiamo ancora cosa stia per succedere, ma...”
Tsubasa lo guardò perplesso: “Ho capito. Vorresti che andassi lì per scoprire qualcosa prima dell'inizio del torneo, vero?”
Era tutto più chiaro adesso. Si tranquillizzò un poco. (Troppo presto per rilassarsi, Tsubasa! NdAutrice)
Tsubasa: “Ma ce la farò io a partecipare?”
Ryo: “Certo certo, non ti preoccupare. Farò in modo che le selezioni in Giappone comincino dopo il tuo ritorno. Vedrai, ce la farai sicuramente a tornare in tempo. Ora ti spiego meglio tutti i dettagli della missione. Aspettiamo soltanto che arrivi anche la tua nuova compagna di viaggio...”
Ah allora era quella la novità...
Un momento: nuova compagna di viaggio?!
Il possessore di Eagle sbiancò: lui, abituato a lavorare da solo, affiancato da qualcuno in una missione? Da una ragazza, per giunta?!
 
L'arrivo di Hikaru lo risvegliò dai suoi pensieri.
“È arrivata, signor direttore.”
“Oh Hikaru! Quante volte ti avrò ripetuto di non chiamarmi direttore! Comunque falla entrare, forza!”- sbuffò Ryo.
“Oh, ma certo...”- la segretaria si spostò dalla porta e permise alla misteriosa ragazza di fare il suo ingresso.
Entrò nell'ufficio con passo deciso. Ma i suoi stivaletti marroni non provocarono alcun rumore.
Tsubasa la squadrò da capo a piedi: c'era qualcosa di strano in lei.
Era senza dubbio bella, ma a quanto pareva non amava mettersi in mostra: indossava un lungo mantello blu sulle spalle.
Si tirò giù il cappuccio e mostrò una chioma color del mare, che arrivava più o meno fino alle spalle.
Tese la mano al possessore di Eagle: “Piacere”- disse sorridendo appena.
Evidentemente doveva essere contenta quanto lui dell'incarico che le era stato affidato.
Tsubasa osservò meglio il suo viso: aveva dei bellissimi lineamenti, degli occhi meravigliosi e una bocca carnosa. Unica pecca: due profonde cicatrici che le solcavano le guance.
Un dubbio si insinuò in quel momento nella testa del giovane blader.
Ma non ebbe tempo di riflettere.
“Allora, devo sbrigarmi non avete molto tempo”- esordì Ryo.
Consegnò loro una busta di carta.
“Ecco. Qui dentro ci sono due biglietti per l'America, una mappa della città dove è segnato il vostro alloggio e una chiave, che ovviamente lo apre. Potete decidere voi quando partire: c'è un volo subito alle 11.00, un altro nel pomeriggio alle 16.45, scegliete voi. Con entrambi arriverete a destinazione in giornata. Non vorrei mettervi fretta ma... sbrigatevi. Il torneo mondiale ormai è alle porte!”
I due ragazzi lo guardarono storto.
Già li aveva costretti a lavorare insieme, adesso voleva anche che si sbrigassero?!
Non ebbero il tempo di ribattere, perché pochi attimi dopo si ritrovarono fuori della WBBA.
Tsubasa si voltò verso la ragazza.
Era una figura alta e slanciata, avrà avuto sui 16 anni.
Sotto il mantello si intravedeva una semplice maglia a mezze maniche celeste, abbinata a degli short di jeans che le lasciavano scoperte gran parte delle gambe.
Sembrava una semplice ragazzina, ma Tsubasa rimaneva intimidito di fronte a lei.
Quel portamento, quei gesti... Era tutto troppo strano.
Alla fine, dopo qualche esitazione si decise a parlare.
“Ciao, io sono Tsubasa Otori.”
“Ah già... Non mi sono neppure presentata!”- un sorriso sincero comparve sulle sue labbra.
“Io mi chiamo Akane. Akane Tategami.”
 

Angolino dell'autrice
Salve a tutti! Eccomi qua con la mia prima long fic!
Perciò, per favore non arrabbiatevi se non è proprio il massimo... :)
Spero in qualche recensione...
Le prossime pubblicazioni probabilmente non saranno a breve...
La storia è tutta qua dentro, nel mio cervellino, ma sono veramente lenta a scrivere.
Detto questo...
A presto!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Tutto cominciò con uno sguardo
 
_Her eyes makes the stars look like they're not shining_
Just the way you are, Bruno Mars
 
Wow... Questa volta Ryo le aveva giocato un bello scherzetto, sì.
Ma l'averebbe pagata cara, parola di Tategami.
Lei, con il sesso maschile proprio non sapeva relazionare.
E cosa aveva pensato bene di fare lui? Di mandarla in missione con un ragazzo!
Ahahah, che rabbia!
Tsubasa Otori.
Era arrivato ai quarti di finale al Battle Bladers, poi era stato buttato fuori da Ryuga Kishatu.
Poveretto.
Lei l'aveva visto quell'incontro... e non solo quello.
Sì, se l'era guardato tutto quel “fantastico” torneo, e in diretta per giunta.
Li aveva visti tutti quei disgraziati cadere nella fauci di L-Drago.
Anche... anche Kyoya era stato buttato fuori da quel blader.
Come Tsubasa, per poco non c'era rimasto secco.
Guardò il ragazzo dai capelli bianchi con la coda dell'occhio.
No, lui non aveva niente a che fare con suo fratello.
Di Kyoya ce n'era uno solo.
Bastava e avanzava.
 
“E così... Tu saresti la sorella di Kyoya...”
Tsubasa era ancora un po' incredulo.
Si era dovuto ripetere mentalmente quel cognome per dieci minuti prima di riuscire a capacitarsi.
Ma adesso si spiegavano molte cose.
Quegli occhi blu, così taglienti ma anche profondi.
Quel portamento, così fiero.
Quei canini appuntiti, che aveva notato quando lei si era presentata.
E sì, anche quelle due grandi cicatrici che lo avevano tanto colpito.
Era tutto (o quasi) merito del DNA.
“Già...”- Akane non sembrava entusiasta dell'argomento che il compagno aveva deciso di affrontare.
“Siamo... siamo fratelli”- disse.
Non riusciva proprio a sorridere, non ci provava nemmeno.
Gli anni erano passati e avevano finito per appesantire sempre di più gli angoli della sua bocca.
No, quando si parlava di Kyoya non era più in grado neppure di fingere.
Il possessore di Eagle la osservava camminare lungo il marciapiede.
Vide i suoi magnifici occhi velarsi di tristezza e pensò bene di non infierire.
Tante erano le domande che avrebbe voluto porre.
Perché non ha mai parlato di te con nessuno?
Ma lasciò perdere.
 
“Senti, a te va bene se prendiamo il secondo volo?”
Akane, felice che avesse optato per un altro argomento, si voltò.
Quel ragazzo aveva decisamente un che di misterioso.
Sarà stato il suo sguardo, oppure il suo atteggiamento, a darle questa impressione.
“Perché?”- fece.
Si vedeva da lontano che non aveva la minima intenzione di dirglielo.
Ma tentò ugualmente.
“Beh vedi... ieri ho promesso ad un mio amico che avrei fatto una sfida con lui oggi... Non voglio deluderlo...”- disse guardando per terra.
“Per ma va bene... ma ad una condizione!”
“Quale?”- chiese lui.
Era veramente il colmo.
Ma ci pensate? Lui, Tsubasa Otori, stava contrattando con una ragazza per poter disputare una partita con il suo migliore amico. Roba da non credere!
“Voglio assistere al combattimento!”- disse infine lei sorridendo maliziosamente.
Lui alzò lo sguardo da terra e, forse per la prima volta, i due si guardarono negli occhi.
 
Caspita. Che occhi... Sarei capace di perdermici dentro... Sono così... immensi.
Tsubasa era rimasto immobile, incantato.
 
Wow... Che meraviglia... Come ho fatto a non rendermene conto prima... I suoi occhi non mi lasciano via di scampo... È come se mi stessero attraversando, così penetranti.
Akane, impegnata a sostenere lo sguardo di Tsubasa, non si accorse che il suo cuore aveva cominciato a battere un po' più velocemente.
***
 
Comodamente seduta su una panchina del bey parck, sorrideva soddisfatta.
Ce l'aveva fatta: Tsubasa le aveva permesso di assistere al combattimento.
Il suo sguardo vigile andava dal campo di gioco all'orologio.
Ovviamente non voleva perdere il volo per l'America
La sfida si era rivelata appassionante: quelli che si era trovata davanti erano due blader strepitosi.
Lampi e grandi scoppi si liberavano ai loro scontri.
Si avvicinò alla staccionata poco distante e vi si appoggiò.
“Vediamo... Earth Eagle contro Flame Libra... Interessante! Un tipo bilanciato verso un bey di resistenza... Chissà chi vincerà!”
Avrebbe tanto voluto afferrare il lanciatore e gettarsi nella mischia.
Avrebbe tanto voluto mostrare al suo nuovo compagno di viaggio le sue capacità.
Ma non era quello il momento adatto.
 
“Yu sei pronto? Forza Eagle mossa speciale: assalto in picchiata!”
“Ah sì? Io sono prontissimo: dai Libra... fiammata infernale della bilancia!”
BOOM!!!
I presenti vennero investiti da una forte luce e si coprirono il volto.
Dopo lo scontro solo uno era il bey che ancora girava: quello di Tsubasa.
Libra era invece schizzato via, guarda caso proprio vicino ad Akane.
Lei lo raccolse da terra. Era un po' malandato, poveretto.
In effetti Tsubasa non c'era andato piano con gli attacchi.
 
“Wow”- gridò Yu- “Tsubasa è stato un combattimento epico, non lo pensi anche tu?”
“Hai ragione... E sei stato anche molto bravo... Sinceramente non pensavo sarei riuscito a batterti questa volta!”- rispose l'altro con un sorriso.
“Ora non fare il modesto! Ehi... ma dov'è finito Libra?”
“Eccolo!”- fece una voce non molto distante.
Akane, coperta dal suo mantello, afferrò il lanciatore e vi posizionò il bey del piccolo Yu.
Ma cosa... ?! pensò Tsubasa.
La giovane lanciò Libra, che descrisse una curva nell'aria e finì esattamente tra le mani del biondo.
“Wow... Questa è una cosa incredibile...!”- sussurrò mentre osservava estasiato il suo bey.
Akane guardò l'orologio: 16.00. Sarà meglio sbrigarsi...
Fece cenno a Tsubasa che era ora di andare, poi si incamminò lungo la strada che portava direttamente all'aeroporto.
“Senti Yu... è stato molto bello combattere con te oggi... ma adesso devo proprio andare...”
“Ah... d'accordo. Ci vediamo nei prossimi giorni, allora!”- disse l'altro.
“A presto...”-finì Tsubasa, scompigliandogli affettuosamente i capelli.
Poi corse velocemente per raggiungere la sua nuova compagna di viaggio.
 
Quando arrivò all'aeroporto la individuò subito, nonostante ci fosse molta gente.
“Eccoti finalmente! Ce ne hai messo di tempo per arrivare!”- lo canzonò Akane, seduta su un bagaglio a mano- “Sono dieci minuti che ti aspetto!”
“Scusa... Ho fatto più veloce che ho potuto!”- ribatté lui.
Poi esclamò: “Hai davvero intenzione di portarti dietro tutta questa roba?”
Akane sbuffò: “Certo che no! Ma cosa credi?! Non è la prima volta che vado in missione, stai tranquillo... E poi ha detto Ryo che il necessario sta tutto nell'appartamento.”
“E allora di chi è quel bagaglio?”- disse indicando quello su cui era seduta.
“Ah boh, non lo so! Era qui nel mezzo e così...”- rispose lei con l'aria più innocente del mondo.
A Tsubasa cadde una gocciolina dalla testa.
Improvvisamente i due furono interrotti da un ragazzino, no meglio, un tornado dalle sembianze umane, che cominciò a urlare come un matto.
“EHI TU!”- disse indicando Akane- “TU SEI SEDUTA SULLA MIA VALIGIA! TOGLITI IMMEDIATAMENTE!”
Akane non si scompose minimamente.
“Ehi, smettila di gridare, non sono sorda...”- detto questo si alzò, posizionandosi davanti al giovane.
“SMETTILA DI GRIDARE?! SMETTILA DI GRIDARE?! MA COME TI PERMETTI!!! MA LO SAI CHI SONO IO?!”- continuò l'altro, sempre più arrabbiato.
Akane guardò Tsubasa, che fece spalluccie.
“Ehm, veramente no e non ci tengo a saperlo.”- concluse.
Quello per poco non la fulminò.
“AHAHAHAHAHAH!”
“Rieccolo che ricomincia!”- sbuffò la giovane.
“IO SONO MASAMUNE KADOYA, CAPITO! RICORDATI IL MIO NOME PERCHÉ IO SONO IL BLADER NUMERO UNO AL MONDO!”
Detto questo, anzi meglio, dopo aver berciato le precedenti parole, afferrò la valigia e uscì di corsa dall'aeroporto.
Akane guardò Tsubasa, perplessa.
“Mah...”- fecero all'unisono.
 
Dopo l'incontro con... *ehm come si chiama*... ah, già Masamune Kadoya, i nostri due agenti della WBBA poterono riprendere la loro conversazione.
“Ah, a proposito: bel combattimento, davvero. Te la cavi con il tuo Earth Eagle.”.
Wow! Un complimento!
“Beh grazie... E tu te la cavi molto bene con il lanciatore invece!”- rispose Tsubasa.
“E non hai ancora visto niente!”- disse con un sorriso malizioso sulle labbra- “Andiamo adesso, forza!”
“Sì hai ragione, è meglio andare...”- fece Tsubasa, pensando a quali altre “magie” quella giovane fosse capace di fare.
 
Si avviarono verso il cosiddetto cancello, dove avrebbero potuto imbarcarsi.
Man a mano che la distanza dal velivolo si accorciava, Akane si faceva sempre più irrequieta.
Non che fosse la prima volta che saliva su un aereo, però...
Però c'era un però.
Un pensiero, un ricordo.
Qualcosa di incontrollabile si stava facendo strada nel suo cervello.
Appena mise il piede sul primo gradino delle scale, le sembrò di svenire.
Il cuore batteva forte nel petto, quasi lo volesse sfondare.
Le ginocchia cominciavano a cedere lentamente.
E poi c'era quel nodo alla gola... (si si... Mi mancano solo le farfalle nello stomaco e poi sono a posto! NdAkane   Ma vuoi stare zitta?! Sto cercando di creare l'atmosfera giusta! NdAutrice)
Ma strinse i denti.
Non si sarebbe dimostrata debole, paurosa.
Lei era Akane Tategami, cavolo.
Non si poteva comportare così davanti ad uno stupido “coso” volante.
Anche se forse, ne aveva tutte le ragioni.
 
 
Allora, tanto per la cronaca, Tsubasa non era scemo.
Misterioso, sulle sue... ma scemo no.
Si era accorto che qualcosa non andava.
Ma sinceramente... non aveva saputo cosa fare.
Si limitò ad osservarla salire su, verso lo sportello.
Che ti succede? pensò preoccupato.
Quasi avesse captato quel pensiero nell'aria, la ragazza si voltò.
E il suo sguardo parlava chiaro: Tieniti fuori dai miei problemi. Lascia stare, non è roba per te.
Suonava quasi come una minaccia.
E Tsubasa decise (saggiamente) di accettare il consiglio.
 
Alle 16.50 l'aereo era già partito.
Dritto e veloce verso New York.
Dritto e veloce verso l'inizio di una nuova avventura.
 
 
Angolo dell'autrice
Salve a tutti!
Eccomi qui con un nuovo capitolo! Spero sia di vostro gradimento...
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo e anche chi legge in silenzio.
Bene, dato che non so proprio più cosa dirvi...
Akane: “Sapete com'è, ha sprecato tutte le parole i questo capitolo osceno...
Ehi! Ma tu che ci fai qui!
Akane: “Ma niente, passavo di qui...
Bene allora fai una bella cosa: vai a prepararti per il prossimo capitolo, che è meglio...
Akane: Antipatica!
Si vabbè... Stavo dicendo che dato che non ho altro da dirvi, me ne vado!
A presto :)
Mel

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Finalmente in America
 
«Tu sei la persona migliore che ho conosciuto, e non devi neanche sforzarti!»
Juno
 
Si sedettero ai posti contrassegnati dalle loro carte d'imbarco.
“No aspetta, facciamo a cambio. Voglio starci io vicino al finestrino...”
Tsubasa, acconsentì con un gesto meccanico del capo.
Lei si piazzò al posto desiderato, lui al suo fianco.
L'aereo decollò e i loro cuori iniziarono a battere più velocemente, chissà mai perché.
Ognuno prese a pensare ai fatti propri.
E fino all'atterraggio non si scambiarono parola.
 
“Ciao papà, che fai?”
“Niente di che, amore mio...”- la voce che aveva risposto era calda, avvolgente.
Apparteneva ad un uomo sui trent'anni, alto, robusto, dalla stramba capigliatura verde.
Sfogliava distrattamente un libro molto grande.
 
Akane guardava fuori, immersa nei suoi pensieri.
Pensava al tutto e al niente, nel medesimo istante.
Un modo carino per dire che le stava quasi scoppiando la testa.
 
“Senti papà...”- riprese la ragazzina- “Ma è proprio vero quello che mi ha detto Kyoya?”
“E sentiamo un po', che cosa ti averebbe detto?”- fece l'uomo, voltandosi verso di lei.
“Ehm... mi hai detto che stai partendo.”
“Sì, Akane, è vero.”
“E... dove vai? Per quanto tempo starai via?”- la ragazza non riusciva a stare ferma, talmente tanta era l'agitazione a quella notizia.
“Sta' calma! Tornerò presto... Vado in America. Vedi, qui...”- e indicò un punto preciso sull'atlante che stava sfogliando.
 
America... Puah!
Praticamente dall'altro capo del mondo.
Bella meta sì per una come lei, che odiava viaggiare, stare lontana da casa.
Ah, ma chi voleva prendere in giro?
Lei una casa non ce l'aveva più, ormai.
 
“Wow... L'America! Come sei fortunato, papà! Il tuo lavoro ti permette di viaggiare in tutto il mondo!”- sorrise radiosa lei, cercando di non far notare la preoccupazione.
“Eh sì, hai proprio ragione”
Il padre ricambiò il sorriso. Ma anche lui si stava sforzando di nascondere i pensieri che quell'imminente viaggio gli dava...
 
Tentò di rilassarsi, ma certo quei ricordi non l'aiutavano molto.
Chiuse gli occhi e appoggiò la testa al sedile.
Rassegnandosi all'idea che quell'immagine non sarebbe mai scomparsa dalla sua mente.
 
“Su via... adesso è meglio che prepari la valigia...”
Si alzò dalla scrivania a cui era seduto.
Si diresse verso la sua stanza ma venne bruscamente fermato.
Dal dolce abbraccio di sua figlia.
“Ti voglio bene papà”- disse affondando la testa nel suo maglione.
“Anche io te ne voglio, Akane...”- e passò una mano nei suoi capelli color del mare.
***
 
Erano giorni che camminavano senza sosta.
Il sole caldo del pomeriggio batteva contro la terra secca.
E lui non ce la faceva proprio più. Stava veramente per cedere.
Tutte quelle salite, discese, il terreno scosceso...
Lo stavano letteralmente distruggendo.
La stessa cosa non si poteva certo dire del suo amico.
Lui era ancora pieno di energie, la stanchezza non lo toccava minimamente.
Forte, coraggioso, testardo, instancabile... un vero leone.
Per questo l'ammirava tanto.
Non esisteva nessuno al suo pari, secondo il suo parere.
Nessuno lo avrebbe mai battuto, specialmente quando si trattava di beyblade.
Ed era un onore per lui poter essere sempre al suo fianco.
Anche se certe volte lo portava in luoghi poco raccomandabili...
 
Un ragazzo dai capelli verdi di nostra conoscenza camminava spedito per quel luogo deserto.
Non c'era anima viva: solo enormi distese di terra, qualche cespuglio e...
Poco distante c'era il suo amico, un ragazzo piuttosto alto e robusto, i capelli viola coperti da una cuffia bianca.
Sbuffava e ansimava per cercare di tenere il suo passo.
“Kyoya! Kyoya aspettami!”- gridava tra un respiro e un altro.
Ovviamente sapeva che era tutto inutile: era impossibile fermare Tategami, sicuramente non lo avrebbe aspettato.
Però anche solo poter pronunciare quel nome riempiva il grande blader di felicità.
La distanza che li separava si faceva sempre maggiore.
Poi accadde l'incredibile.
 
Si fermò, Kyoya, come pietrificato.
Rimase lì, nel centro di una piccola pianura, impalato.
Fissava un punto lontano all'orizzonte.
Quando Benkei lo vide, gli vennero le lacrime agli occhi per l'emozione.
Mi ha aspettato! Si è fermato per me!!! pensò.
Un gioia immensa pervase il suo corpo e gli diede addirittura l'energia necessaria per cominciare a correre verso il suo idolo.
Corsa che, come potete immaginare, durò più o meno due secondi.
 
Gli arrivò vicino e finalmente constatò che Kyoya non si era fermato per aspettarlo.
Stava guardando qualcosa in lontananza.
Un nemico in avvicinamento?
Una belva feroce?
Un extraterrestre? (Ma cosa stai dicendo?! Nd Kyoya   Ok, scusa... NdAutrice)
Nossignori. Un aereo passeggeri, partito da poco dall'aeroporto di Tokyo.
 
“K... Kyoya? T.. tutto bene?”
“Benkei, dove pensi sia diretto quell'aereo?”- domandò l'altro così, di punto in bianco.
“Boh... Di preciso non lo so ma... a occhio e croce... probabile vada verso l'America. Perché?” (Ma senti là Benkei come si intende di voli intercontinentali... NdAutrice)
Kyoya continuò a fissare muto quel velivolo, come se non ne avesse mai visto uno simile.
Eppure era un normalissimo aereo...
Bah! Vallo a sapere cosa passa per la testa ad un blader così!
 
Come risvegliato da un lungo sonno, il ragazzo dai capelli verdi tornò in sé.
Riprese immediatamente a camminare.
Un brivido percorse la sua schiena.
E un sentimento represso, piano piano si faceva strada nel suo cuore.
Erano sensazioni strane per lui, il re della foresta.
Lui, che certe volte sembrava di ghiaccio o di pietra, era rimasto impressionato nel vedere un aeroplano nel cielo.
***
 
Appena mise i piedi sulla terra ferma, tirò un sospiro di sollievo.
Lì, fortunatamente, riusciva a contenersi.
Tsubasa invece era ancora teso, si teneva a debita distanza.
Inutile dire che avesse un minimo di “paura”.
Aveva pur sempre a che fare con una Tategami. Una specie difficile da gestire.
A proposito di specie...
Aveva passato tutto il viaggio a spremersi le meningi per trovare la costellazione più adatta al beyblade di quella strana ragazza.
Era quasi arrivato alla conclusione che potesse avere a che fare con la Luna...
Dopotutto era così lunatica! (ahahaahah! Ma che spiritosa! -.-'' NdAkane)
 
Uscirono fuori dall'aeroporto e cominciarono a guardarsi intorno, sempre più preoccupati.
Che palle... Ci metteremo un'eternità per completare la missione! pensò Akane.
Inutile dire che non vedesse l'ora di tornare in Giappone.
Tsubasa invece era più preoccupato di trovare il loro appartamento, dove avrebbero dovuto passare la notte. Non era mai stato un asso con le cartine...
Si avviarono per un grande viale, con mille pensieri per la testa.
Era ufficialmente cominciata la loro avventura.
Era giunta l'ora di mettersi al lavoro.
 
 
“Senti Tsubasa sono due ore che girovaghiamo per queste strade disabitate (strade disabitate a New York?! Mah... NdAutrice)... Sei sicuro di saper leggere una cartina?”
Tsubasa la guardò in malo modo.
“Ma come ti permetti!”- gli fece agitando per aria il foglio spiegazzato che teneva fra le mani.
“Innanzi tutto questa non è una cartina, ma una mappa... E poi so esattamente dove ci troviamo!”
Akane lo squadrò divertita. “Certo, certo... come no...”- disse.
Tsubasa sbuffò. Poche erano le persone che riuscivano a fargli perdere la pazienza, e Akane era una di quelle.
Come si può intuire, la ricerca dell'alloggio si era rivelata a dir poco difficoltosa.
Nessuno dei due era mai stato a New York.
Anzi, meglio dire che nessuno dei due aveva mai lasciato il Giappone.
Di chiedere informazioni non se ne parlava.
Primo, perché erano in missione segreta, cavolo non potevano andare a chiedere indicazioni ai quattro venti!
Secondo...
“Senti, io di inglese non ci capisco un'acca. Figuriamoci di americano!”- disse Akane.
“Te come sei messo?”- chiese.
“Ehm... diciamo... che capisco tre parole su dieci.”- rispose l'altro.
“Bah, siamo messi di nulla, sì!”
 
Così, continuarono a battibeccarsi per un'altra buona mezz'ora, finché non imboccarono una via a dir poco inquietante.
“Ehm, Tsubasa.... sei proprio sicuro che questa sia la strada giusta?”
L'altro non ebbe il tempo di rispondere.
In pochi secondi si ritrovarono accerchiati da una decina di bey, i cui rispettivi blader fecero capolino dai tetti che fiancheggiavano la strada.
“Ahahaha *risata malefica*... ma che ci fanno due principini come voi in vie come queste?”- disse un tizio poco raccomandabile, che con un balzo saltò giù dalla precedente postazione per finire a due passi da Akane e Tsubasa.
“Ma in che guaio mi hai cacciato?!”- sibilò la giovane al suo compagno.
Quest'ultimo aveva già portato la mano alla cintura per far intervenire Eagle.
Ma Akane lo fermò prontamente.
 
Eccola finalmente.
L'occasione che tanto stava aspettando, alla fine era arrivata.
Adesso avrebbe potuto dimostrare a Tsubasa quanto valeva.
Strinse nella mano il suo bey. Sì, era pronta a combattere!
“Adesso mi voglio divertire un po' io... Sta' a vedere!”
Afferrò il lanciatore e vi posizionò il bey.
Guardò con fare minaccioso tutti i blader che si era trovata davanti.
E poi...
SWAM!
Senza conto alla rovescia, senza neanche un “pronti... lancio!” il suo bey schizzò via veloce dalle sue mani.
 
Tutti presenti, compreso Tsubasa rimasero alquanto perplessi.
Invece sul suo viso comparve un terribile sorriso.
Perché il suo bey non girava insieme agli altri sulle pietre della strada.
Era volato via, su, sempre più su nel cielo di New York.
“Ehi ragazzina... Mi sa che sei una vera schiappa... non sai neppure lanciare il tuo bey in maniera decente! Ahahahaah, quanto mi fai pena!”- sghignazzò il tizio poco raccomandabile, accompagnato da tutti i suoi compagni.
Voi non sapete con chi avete a che fare...
“Primo:”- gridò Akane per richiamare la loro attenzione- “non ti azzardare mai più a chiamarmi ragazzina!”
Quella era una cosa che la mandava in bestia.
Nessuno, e sottolineo nessuno, doveva permettersi di chiamarla in quel modo.
Quella parola era capace di scoprire ricordi seppelliti nella sua mente, ricordi che non dovevano tornare in superficie.
Non voleva più saperne del suo passato, ma quello non perdeva occasione per ingombrarle la mente do pensieri cupi.
BASTA!
Adesso ve lo faccio vedere io chi è la schiappa! pensò, mentre le guance le si coloravano di rosso per la rabbia.
Poi alzò lo sguardo al cielo e puntò il dito verso un punto apparentemente indefinito.
“Secondo, ti consiglio di stare attento perché io e Storm Cancer non sbagliamo mai!”
Tsubasa osservava incantato la scena.
Akane gli aveva già dimostrato in precedenza di essere un'abile lanciatrice.
Il lancio con cui aveva rispedito Flame Libra a Yu era stato stupefacente.
Ma lo spettacolo a cui stava assistendo adesso lo era tremila volte di più.
 
“Adesso Cancer: SABBIE MOBILI!!”
Storm Cancer atterrò, provocando un enorme esplosione.
Poi cominciò a girare velocemente intorno ai bey dei bulli americani.
Al suo a passaggio l'asfalto si trasformò in sabbia dove quest'ultimi cominciarono ad affondare.
“Wow! Che mossa!”- esclamò Tsubasa.
“Aspetta, arriva il gran finale!”- fece l'altra, sempre più eccitata.
“Via Cancer: spazzali via!”
E così il bey di Akane di diresse a tutta velocità verso il punto dove tutti i bey avversari si erano ammassati.
 
Io non sono una ragazzina.
Io non lo sarò mai più.
E questa è una promessa che faccio a me stessa.
Nessuno mi porterà più via ciò che è mio.
Saprò difendermi.
Perché io non ho più paura. No, né ora né mai.
 
Dall'impatto si liberò una quantità di energia incredibile.
Tutti si coprirono gli occhi per ripararsi dalla forte luce.
Quando li riaprirono solo uno era il bey che ancora girava, gli altri erano volati lontano.
Ovviamente non importa che vi dica a chi apparteneva quel mitico beyblade.
 
Akane sorrise soddisfatta mentre richiamava Cancer.
“Allora, che ne dici?”
Pendeva dalle sue labbra.
Non che il suo commento le importasse qualcosa... (Nooooo! Ma che si scherza?! NdAutrice)
Ma sì, in fondo in fondo era curiosa di sapere cosa ne pensasse il suo nuovo compagno di viaggio.
Lei non aveva mai dovuto rendere conto a nessuno, come il possessore di Eagle aveva sempre lavorato da sola.
E quando Ryo le aveva comunicato di aver trovato un “collega” adatto per lei, per poco non lo aveva mandato a quel paese.
Ma adesso che si trovava lì, in America con Tsubasa la pensava diversamente.
Era quasi (ho detto quasi!) contenta di non essere sola ad affrontare quella missione.
 
Tsubasa intanto era ancora un po' intontito.
“Ma... ma come ci riesci?! Voglio dire, va bene la mossa speciale, va bene lo schianto per terra e ottima anche l'idea di cambiare il terreno sassoso in sabbia, ma non riesco proprio a capire come hai potuto lanciare il bey verso l'alto: è un'azione avventata, poteva succedere di tutto lassù!”
La ragazza sistemò il bey alla cintura.
“Ebbene, adesso sai qual è il mio punto di forza: il lancio. Secondo me per vincere un combattimento bisogna prima di tutto fare il lancio giusto. Non per vantarmi, ma so fare una ventina di lanci diversi. Sai ne esiste uno per ogni situazione e uno per ogni tipo di bey!”
Il possessore di Eagle strabuzzò gli occhi.
Una ventina?! Lui se sapeva lanciare il bey parallelo al terreno per diminuirne l'impatto era già tanto. Ed era considerato uno dei blader migliori del Giappone.
“D'accordo...ma continuo a non capire: è comunque un rischio lanciare il bey così lontano, poteva imbattersi in qualsiasi cosa, no? Non hai paura che gli possa accadere qualcosa?”
Akane sorrise.
“Io mi fido di Cancer, più di chiunque altro. Lui era con me quando tutti mi avevano abbandonato. È in gamba e sono sicura che non gli può succedere niente!”
Per un millesimo di secondo i suoi occhi blu si velarono di tristezza.
Ma si riprese velocemente.
“Sai invece di chi non mi fido? Di te, caro il mio blader! Di te e delle tue capacità di guida turistica!”- e detto questo strappò la cartina dalle mani di Tsubasa.
“Questa la prendo io!”
E cominciò a correre a tutta velocità.
Tsubasa inizialmente rimase un po' indeciso sul da farsi.
Poi, contro il suo solito comportamento, si mise a rincorrere la sua compagna.
Forse non era poi così male questa “novità”. Già si stava abituando alla presenza di quella stramba (Ehi, stramba a chi? NdAkane) ragazza al suo fianco.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Una marea di problemi e di rivelazioni
 
_Ma la vita cambia idea, e cambia le intenzioni
e mai nessuno sa come fa..._
Quando una stella muore, Giorgia
 
Era appena arrivata a lavoro.
Aveva ancora tanto sonno, inutile negarlo.
E chi non lo ha, alle 7.00 di mattina?
Sorseggiava distrattamente un caffè, mentre sfogliava il giornale del giorno prima.
Intanto, si sistemava una ciocca ribelle dei suoi capelli celesti.
Era lì, tutta immersa nei suoi pensieri quando...
 
DRIN! DRIN!
Hikaru corse a rispondere.
Strano. Ormai quasi nessuno chiama con il cellulare alla WBBA.
Tutti usano le video chiamate, così tecnologiche...
Sì, tutti tranne...
“Passami subito Ryo”
Ehm... un Buongiorno? Oppure un Ciao, come va? No vero...
“Ma ciao Akane... Che piacere...”- Hikaru cercò di prendere tempo.
Ma già al solo sentire di quella voce stava sudando freddo.
Il tono di quella ragazza era a dir poco agghiacciante (per di più quando era incavolata nera...)
“Senti Hikaru, sei una delle poche persone ragionevoli in codesto edificio assurdo... Me lo vuoi passare Ryo oppure no?!”- Akane iniziava seriamente ad agitarsi.
Camminava avanti e indietro per quella via, come un'ossessa.
Non riusciva a fermarsi.
Intanto Tsubasa la guardava muoversi freneticamente, appoggiato con le spalle ad un muro.
Non ci provava nemmeno a calmarla, sarebbe stato tutto inutile.
“Ehm vedi... Ryo adesso è molto occupato con il lavoro...”
Si morse il labbro. Non le piaceva affatto dire bugie.
Anche se, in effetti, Ryo in quel momento era davvero impegnato.
“Ah! Si si certo...”- rise.
Una risata nervosa, quasi isterica.
Akane: “Ma per chi mi hai preso? Pensi che non lo sappia che quell'uomo non fa niente dalla mattina alla sera?! Mi credi scema forse?”
Hikaru: “Ehm, no assolutamente Akane...”
Akane: “Allora sbrigati: passami subito Ryo.”
Era decisamente un tono che non ammetteva repliche.
Hikaru: “E va bene...”- acconsentì con un sospiro.
Voleva bene ad Akane.
Erano diventate amiche a forza di incontrarsi per i corridoi della WBBA.
Anche se, a guardarle bene, non avevano proprio niente in comune.
La segretaria era una persona molto precisa, ordinata, diligente.
L'altra era incontenibile, una furia della natura. Per di più, facilmente irritabile.
 
Hikaru si avviò lentamente verso l'ufficio di Ryo.
Meglio non fare arrabbiare troppo Akane, decisamente non conveniva.
“Ehm... mi scusi signor direttore...”- esordì aprendo la porta.
Mi scusi signor direttore... le fece il verso l'agente, dall'altro capo del telefono.
Proprio non capiva.
Ma perché Hikaru si comportava così?
Chi gliel'aveva fatto fare di abbandonare il beyblade per diventare l'assistente di uno come lui?
Bah...
Gliel'aveva chiesto un giorno.
Ma la ragazza dai capelli azzurri aveva abilmente evitato di risponderle, sottoponendola alla stessa domanda: “E tu Akane, perché hai deciso di entrare in questa società invece di continuare a fare la normale vita di blader?”
Era una domanda a cui non poteva rispondere.
Così le due si erano limitate a guardarsi negli occhi, senza dire una parola.
 
“Che succede Hikaru?! A quest'ora poi!”
Sentì Ryo sbuffare dall'altra parte del telefono.
Sicuramente aveva interrotto la sua colazione...
“Signor direttore, potrebbe uscire un attimo? È urgente.”
Il rumore di una sedia che striscia sul pavimento.
Ancora qualche secondo e...
“Pronto, qui Ryo Hagane. Chi parla?”
Al diavolo la cortesia.
Al diavolo il signor direttore.
E al diavolo la WBBA intera.
“Questa me la paghi Ryo. Questa me la paghi cara, sappilo.”
 
(inizio flashback)
“Eccolo!”- esultò.
Finalmente, dopo quasi un'ora passata a girovagare per le strade più strette e buie di New York, ce l'avevano fatta.
Akane era riuscita a trovare l'appartamento.
“Bene...”-fece Tsubasa- “...adesso vediamo dove ci tocca alloggiare...”
Frugò in tasca e ne tirò fuori una chiave dorata.
“A te l'onore...”- e la porse alla ragazza.
Quella la infilò immediatamente nella serratura.
“Oh, ma che gentile! Intanto tu guardami alle spalle, non mi piace per niente questa via...”
Tsubasa si voltò: in effetti non erano finiti in un gran bel posto...
Inoltre in giro passava gente... come dire... un po' strana.
Rilesse velocemente il biglietto che la WBBA aveva lasciato loro, infilato sotto la porta.
 
Salve agenti,
vi auguriamo una buona permanenza in America.
Servitevi pure di questo appartamento come base operativa per la vostra missione.
Per questo scopo dentro troverete anche un computer, per rimanere in contatto con la nostra sede.
Vi preghiamo di inviarci tramite questo i rapporti della missione giorno per giorno.
Saluti,
Sede centrale della WBBA, Tokyo
Rapporti della missione giorno per giorno?! Da quando in qua?!
Mah...
Tsubasa rimase sbalordito.
Non aveva mai fatto niente del genere, prima.
 
Akane girò la chiave con un gesto deciso della mano.
La porta si aprì scricchiolando, mostrando l'interno dell'abitazione.
La nostra amica rimase a bocca aperta, senza parole.
“Tsu... Tsubasa....”- balbettò.
L'altro si voltò e la sua reazione fu identica.
Stupore?
Meraviglia?
No, niente di tutto ciò.
Mossero entrambi qualche passo in avanti, increduli.
Poi negli occhi di Akane scoppiò una scintilla.
E quella era pura rabbia.
(fine flashback)
 
“Ehm... Akane! Siete arrivati? Come va?”- Ryo certo non si aspettava di sentire quella voce.
“Come va?! COME VA ?! E hai pure il coraggio di chiedermelo?!”
Era furiosa, inutile negarlo.
“Su via, adesso calmati...”
Parole al vento.
“Senti Ryo, hai voglia di fare una brutta fine? Come puoi dirmi di calmarmi!!!”
“Dai Akane! Non fare così! Che problema hai? Magari posso aiutarti a risolverlo...”- il direttore della WBBA stava cercando di farla ragionare.
Impresa assai complicata, dato che l'agente era fuori di sé.
“Mmhh... vediamo...  Ah sì, forse lo so: il mio problema sei tu Ryo! Tu, TU e ancora TU!!!
Intanto perché mi hai mandato in missione in America, quando ti avevo esplicitamente chiesto di non farlo... poi hai pensato bene di mandarmi in compagnia, in compagnia di chi? Di un ragazzo!!! Che, tra le altre cose, conosce bene mio fratello!”
Fece una pausa, per prendere fiato.
Poi ricominciò: “Ma fino a qui posso anche sopportare... Certo non è il massimo, ma posso resistere... Però tu metti a dura prova la mia pazienza Ryo! È terribile, è veramente troppo...”
 
“Immagino ti riferisca al vostro appartamento...”- sospirò il signor Hagane.
“E a cosa sennò?!”
“Ehm vedi... La WBBA ha avuto dei problemi economici ultimamente...abbiamo dovuto ridurre le spese... quindi non abbiamo potuto darvi una camera in un hotel, come di consueto. Però dai, non è poi tanto male il vostro alloggio, no?”
Se lo immaginava, Akane, seduto alla sua scrivania nuova di zecca a sorseggiare caffè caldo.
Con quel suo solito sorriso stampato sulla faccia.
Quel suo odioso sorriso.
No non è tanto male...
Ma intanto lui era laggiù in Giappone al calduccio nel suo ufficio, mentre lei era nel bel mezzo di una via tremendamente buia e malfamata, senza un soldo in tasca e tanti problemi per la testa.
Si staccò il telefono dall'orecchio e lo porse a Tsubasa.
“Parlaci te, altrimenti io lo mando a quel paese...”
Il giovane dai capelli bianchi si allontanò dal muro a cui era appoggiato e cominciò a parlare.
Lei si sedette per terra e aspettò, buttando ogni tanto un'occhiata dentro l'abitazione, la cui porta era rimasta aperta.
Che schifo... Questo posto è orrendo!
Vorrei... vorrei tanto tornare a casa mia...
 
“Pronto Ryo? Sono Tsubasa...”
“Oh finalmente! Tsubasa, come sono felice di sentirti! Almeno tu sei una persona ragionevole con si può fare un discorso serio!”- esclamò Ryo, rilassato.
“Guarda che ti sento, direttore dei miei stivali, abbiamo messo il vivavoce!”- fece Akane poco distante.
Ryo per poco non cadde a terra per l'imbarazzo.
“Ah! Ehm... sì, beh...”- balbettò.
Akane scosse la testa. Già prima non nutriva una grande stima verso quell'uomo, ma adesso proprio lo odiava.
“Senti Ryo”- tagliò corto Tsubasa, molto preoccupato per la questione dell'alloggio- “Devo essere sincero: questo posto è veramente terrificante. Oltre che essere in un quartiere malfamato, è sporco e a dir poco inquietante. Dove pensi che possiamo dormire noi stanotte?!”
Finché restava in Giappone, il misterioso blader era anche disposto a dormire per terra, in mezzo ad un bosco. Ma adesso no, assolutamente no.
Ryo rimase interdetto. Neppure Tsubasa gli offriva un aiuto.
Come poteva tirarsi fuori da quella spinosa situazione?
 
“Vogliamo poi parlare del 'meraviglioso' computer che ci avete messo a disposizione?!”
La voce dall'agente dai capelli color del mare risuonò nelle sue orecchie.
“Probabilmente è il più antico computer mai prodotto al mondo. Come pensi che possiamo mandarteli i tuoi benedetti rapporti delle missione?!”
“Ehehe...”- Ryo abbozzò un sorriso grattandosi la testa, intanto implorava con gli occhi Hikaru che lo tirasse fuori da quella terribile situazione.
Ma anche lei purtroppo gli lanciò uno sguardo di rimprovero, preoccupata per la sua amica.
Il direttore cercò di riordinare i suoi pensieri.
D'altronde non era colpa sua se la WBBA stava per andare in bancarotta.
E tanto meno non era colpa sua se gli unici agenti che si era ritrovato a disposizione per la missione in America erano stati Akane e Tsubasa.
Alla fine, dopo essersi spremuto per bene le meningi, disse: “Sentite ragazzi, io non so cosa fare. L'unica cosa che posso consigliarvi è quella di rimboccarvi le maniche e mettere a lucido l'appartamento. Tsubasa, prima di partire ti ho dato dei soldi, per speciali evenienze. Bene, credo proprio che potrai usarli per pulire là dentro...”
A quelle parole, Akane dopo aver guardato sconcertata il suo compagno sbraitò: “Come ti permetti!!! Cosa pensi, che io sia una donna delle pulizie?! Io per tua informazione, sono Akane Tategami, una blader, un'agente della WBBA, non una colf!!!”
Detto questo riattaccò in faccia il telefono al direttore.
Ryo, dall'altro capo sorrise. Sapeva che nonostante la sua reazione, la ragazza avrebbe seguito il suo consiglio.
In fondo sei proprio come tuo padre, Akane... Sei un cuore d'oro, strilli tanto ma alla fine fai sempre il tuo dovere! pensò.
 
Tsubasa guardò divertito la giovane.
“Certo che Ryo non ti va proprio a genio, vero?”
Sinceramente, anche al possessore di Eagle quell'uomo non ispirava molta fiducia.
Sì, si vedeva da lontano che era buono e che non avrebbe mai fatto male ad una mosca.
Però molto spesso dava l'impressione di trovarsi tra le nuvole invece che sulla terra.
Anche se, bisognava ammetterlo, in molte occasioni si era rivelato un grande intenditore di beyblade, in grado di dare ottimi consigli.
“No Tsubasa, ti sbagli”- rispose l'altra con un tono freddo e distaccato- “Non è Ryo che non mi va a genio. Lui, in fin dei conti non mi ha fatto niente. La cosa che proprio non mi va giù, che odio con tutta ma stessa è un'altra.”
“E qual è?”- chiese l'altro, anche se abitualmente evitava di fare domande o di entrare nel personale.
“È la WBBA. Perché non è semplicemente un assurdo edificio con un logo ridicolo, popolato da gente senza il minimo cervello. No, è molto molto di più. La WBBA è una macchina infernale, che ti distrugge completamente la vita. Perché quando vi entri non hai più né passato né futuro, ma solo un noiosissimo presente.”
Non erano tanto le parole, quanto il tono e l'espressione con cui le aveva pronunciate ad essere spiazzanti. La convinzione profonda con cui aveva parlato rivelava un dolore immenso racchiuso in quella ragazza.
Il giovane dai capelli bianchi la osservò camminare avanti, poi chiese: “Che vuoi dire?”
Lei si voltò verso di lui: “Te lo spiego subito. Prendiamo te come esempio: sai forse qualcosa del tuo passato? Sai chi ti ha cresciuto, chi ti ha messo al mondo?”
Rimase paralizzato. In tutti quegli mai con nessuno aveva affrontato l'argomento della sua infanzia.
Certo non pensava che per la prima volta ne avrebbe discusso con una come Akane.
Avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma il suo corpo era immobile, incapace di produrre dei suoni.
“Ah, non ti preoccupare rispondo io per te. Beh no. Non sai un bel niente. E molto probabilmente non lo saprai mai. Ma ti dico una cosa: puoi star certo che là dentro, nella WBBA, sanno tutto. Sappi però che non ti diranno mai da quale famiglia vieni o cose di questo genere. Così come a me non diranno mai la verità sulla morte di mio padre.”
Si morse il labbro.
Si era fatta scappare troppe parole.
Tsubasa rimase ancora più scioccato di prima. Sinceramente ne aveva abbastanza per quel giorno di sorprese e inconvenienti.
Inoltre, si stava facendo tardi.
Con uno sguardo intuirono l'uno i pensieri dell'altra e si incamminarono.
“Andiamo... Dobbiamo ancora mettere a posto il nostro bilocale.”
***
 
Si era fatto veramente tardi.
E così, un altro giorno era giunto al termine per la WBBA.
“Allora signor direttore, giornata impegnativa oggi, no?”- chiese educata come sempre Hikaru.
“Ah, puoi dirlo forte! Tra i preparativi per il torneo, le pratiche da sbrigare e tutto il resto... sono stanco morto! Non vedo l'ora di tornare a casa da Ginka...”- rispose sorridendo.
“Già...”- La giovane sembrava assorta nei suoi pensieri- “E poi... c'è stata la telefonata di Akane e Tsubasa!”
Improvvisamente La segretaria si bloccò, così di colpo, in mezzo alle scale.
“Che ti prende...?”- fece il signor Hagane.
“Io... le confesso che sono un po' preoccupata per loro, signor direttore.”
I suoi occhi da cerbiatta lo fecero sciogliere.
“Hikaru... Non devi affatto preoccuparti. Akane è una tua amica, no?”
“Ma certo...”
“Allora non vedo perché preoccuparsi. Lo si vede da lontano che è in gamba. Quei due ragazzi insieme sapranno affrontare qualsiasi situazione avversa, ne sono più che sicuro!”
Una luce gli brillava negli occhi.
Hikaru si rasserenò: era un buon segno. Quando Ryo faceva così voleva dire che era veramente convinto di ciò che diceva.
 
Nello stesso momento, nella foresta, due ragazzi se ne stavano tranquillamente appoggiati ad un albero, nonostante fosse un'ora decisamente tarda.
01.30, segnava l'orologio al polso di uno dei due.
Il fuoco che avevano acceso si era spento già da un bel po' di tempo.
Ma nessuno dei due si era degnato di riaccenderlo.
Uno, come potete immaginare, russava profondamente.
L'altro invece non riusciva proprio a dormire.
Aveva la testa ingombra di pensieri che non riusciva a mettere in ordine.
Fissava il cielo con occhi assenti.
Non sembrava lo stesso Kyoya Tategami di sempre. Non era il solito leone, coraggioso e temerario, scontroso e qualche volta anche maleducato.
No.
In effetti, lui stesso si sentiva diverso. Qualcosa bruciava dentro di lui, qualcosa gli provocava un dolore incontenibile.
Forse, avrebbe dovuto parlarne con qualcuno. Si sarebbe sentito meglio.
Ma il suo orgoglio glielo impediva.
Parlare del passato è una cosa da deboli, distoglie l'attenzione dal presente.
Così non poté fare altro che alzarsi da terra e cominciare a camminare, nella speranza di far chiarezza nella mente.
Purtroppo ciò non ebbe l'effetto desiderato.
E il blader dai capelli verdi finì per perdersi completamente nei suoi ricordi.
 
(inizio flashback)
Ore 20.30 in casa Tategami. Ora di cena, naturalmente.
In cucina i piatti sono già quasi tutti pronti in tavola.
“Ragazzi! Forza venite che è pronto...”
Una signora con i capelli blu raccolti sulla nuca continua ad affaccendarsi ai fornelli.
“Eccomi mamma, sono qua...”
La prima ad entrare è una giovane, che le assomiglia incredibilmente.
Tiene in mano un giornaletto, che sfoglia distrattamente.
“Ecco Akane brava... dammi una mano forza!”- dice la madre, porgendole dei piatti.
Lei sbuffa, ma ubbidisce. Finito di apparecchiare corre ad accendere il vecchio televisore nell'angolo della stanza.
“Ehi, che stai facendo! Lo sai che non mi piace vedere il telegiornale! Porta sempre brutte notizie!”
Un altro sbuffo e la televisione comincia a parlare.
“Dai mamma, bisogna tenersi informati su quello che succede nel mondo!”- Akane si siede e inizia ad ascoltare attentamente ogni notizia.
La madre finisce di posizionare le pietanze sul tavolo, poi ricomincia a parlare con la figlia.
“Tuo fratello dov'è, a studiare?”
“Mpfh... come no...”- risponde quella.
“Non mi dire che è ancora fuori a giocare con quella sua trottola!?”
Improvvisamente la porta dell'ingresso sbatte rumorosamente.
“Mamma, quante volte devo dirtelo... non è una trottola! Si chiama beyblade!”- una ragazzo alto e slanciato, con dei ribelli capelli verdi fa il suo ingresso nella stanza.
“Eccoti qua finalmente... Non fai altro che allenarti, tu?”
“Certo... Meglio allenarsi che studiare”- dice lui per tutta risposta. Poi si siede vicino alla sorella.
“Sei incorreggibile Kyoya...”- fa lei.
“Si si... vedrai, quando riuscirò a batterti!”
Detto questo la casa cade nel silenzio. Sono tutti impegnati a mangiare.
La cena è animata soltanto dagli intensi sguardi di sfida che si scambiano i due fratelli.
Ma improvvisamente...
Edizione speciale del telegiornale!
I tre alzano la testa praticamente nello stesso attimo.
L'aereo diretto a New York, partito da Tokyo la sera scorsa è precipitato. Conseguenze devastanti.
“Ma quello... Quello è l'aereo di papà!”- grida Kyoya, alzandosi in piedi.
(fine flashback)
 
Dimenticare, cambiare vita è doloroso.
Ma, se possibile, ricordare lo è ancora di più. E soprattutto, è inevitabile.
Per quanto tu voglia lasciati tutto alle spalle, il passato ritorna sempre a tormentarti. E non gli si può sfuggire.
E questo Kyoya Tategami lo sa bene.
Perciò non può fare a meno di pensare a come sarebbe stata la sua vita se quel giorno avesse preso una strada diversa...
 
 
Angolo dell'autrice...
Salve a tutti!
Ehm... lo so, è da tanto che non mi faccio vedere.
Perdonatemi, ma essendo io un'incapace, scrivere questo capitolo è stato complicato.
Perciò, dato che ho vi ho impegnato molte forze, spero sia di vostro gradimento!
Già che ci sono, ringrazio tutti quelli che hanno recensito i capitoli precedenti :)
Grazie di cuore a tutti!
A presto (speriamo! NdAkane)
Mel

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Una corsa sfrenata tra passato e presente
 
_To be on the edge of breaking down
And no one's there to save you
No you don't know what it's like_
Welcome to my life, Simple Plan
 
 
Un timido raggio di sole entrò dalla finestra del soggiorno.
Ovviamente non c'erano tende a coprirlo. Sarebbe stato chiedere troppo.
Le sei di mattina. Relativamente tardi per i suoi standard.
Ma gli occhi quel giorno proprio non ne volevano sapere di aprirsi.
Forse perché la notte l'aveva passata praticamente in bianco...
Si sentiva veramente un bambino, quando stai alzato fino a tardi per guardare la nuova puntata della tua serie televisiva preferita pur sapendo che il giorno dopo c'è scuola.
Quando, ancora immerso nei tuoi sogni, senti voci lontane, appartenenti ad un mondo decisamente più reale. E non puoi fare a meno di maledirti mentalmente per essere andato a letto all'una di notte.
Lui, avrebbe voluto ricordare la voce di una madre incavolata che chiama a squarciagola il figlio per andare a scuola.
Avrebbe voluto sentire nella sua mente il rumore di un padre che la mattina presto si alza e va a lavoro, sbattendo forte la porta.
Ma purtroppo, tutto quello che riusciva a ricordare era lo scalpitio degli altri bambini dell'orfanotrofio e una governante decisamente troppo arrabbiata per assicurare un buon risveglio.
 
La calma regnava sovrana in quel metro quadrato che era l'appartamento.
Anche la mosche dormivano.
Fuori invece, la Grande Mela si stava alzando da letto e già si sentivano le prime auto affollare le strade.
Decise che l'ora di prepararsi. Lo aspettava una dura giornata.
Si mise seduto sul divano, quello che era stato il suo letto per la notte e certamente non lo aveva aiutato a dormire sereno.
Dopo uno sbadiglio si diresse verso il bagno per una doccia veloce.
Ma lo trovò stranamente chiuso.
“Ma cosa...?”- disse cercando di aprire la porta.
 
“Ehi! Hai finito di rompere?!?!”
Il ragazzo si allontanò immediatamente. Era stata una voce dall'interno a parlare.
“Akane?!”- disse voltandosi indietro, notando come il letto in fondo alla stanza fosse vuoto.
La porta finalmente si aprì e ne uscì la giovane Tategami in accappatoio.
“Allora? La vuoi piantare di guardarmi così? A che ora credevi che mi svegliassi?!”
“Non lo so... ma sinceramente pensavo di essere l'unico sveglio a quest'ora...”- fece l'altro.
“Pensavi...”- disse Akane con uno sguardo decisamente misterioso- “... o speravi?”
E anche questa volta Tsubasa rimase senza parole.
 
Quindici minuti dopo i due erano entrambi seduti al ehm... “tavolo”, se così si poteva definire quello che c'era nell'appartamento.
Akane aveva preparato la colazione e i due agenti s i godevano i pochi attimi di tranquillità che quel giorno gli avrebbe riservato.
“Quindi... Qual è il programma della giornata?”- chiese la Tategami.
“Andremo in giro per New York in cerca di...”
“... di un colpo di fortuna!”- disse interrompendolo- “Se facciamo così toneremo a casa l'anno prossimo!”
“Senti, Ryo non ci ha dato molte informazioni... Quindi possiamo solo procedere per tentativi, ecco tutto.”- concluse il possessore di Eagle.
“Mah... si comincia bene sì...”- sbuffò Akane, posando i piatti sporchi nell'acquaio.
 
Per qualche attimo tornò la calma.
Poi Tsubasa esordì con una domanda un po' strana: “Senti... Ma dove sei andata ieri all'una di notte? Perché sei uscita?”
L'altra si fermò, come paralizzata.
Davvero l'aveva scoperta? E adesso cosa si inventava?
Non aveva assolutamente voglia di mettersi a raccontare tutta la storia a Tsubasa.
Brava, cretina che non sei altro... pensò dentro di sé.
Si voltò lentamente, deglutì.
Il giovane se ne stava chinato sulla sua colazione, ma non stava mangiando. Probabilmente si  vergognava della domanda impertinente che le aveva rivolto. Ma la curiosità aveva vinto la sua indole riservata.
Akane si fermò un attimo a riflettere.
Si fosse trovata davanti una persona sfacciata, senza peli sulla lingua e magari a tratti anche maleducata (Uhm...questa descrizione mi ricorda qualcuno, eh Kyoya? NdAkane) forse avrebbe liquidato la domanda lanciando contro il malcapitato la spugna insaponata e rifilandogli uno sguardo omicida.
Ma adesso...
Si trovò a reagire diversamente, contro ogni sua aspettativa.
 
Non le erano mai piaciuti i ficcanaso. Però, guardando il possessore di Eagle si trovò a pensare che non volesse veramente immischiarsi nei suoi affari. Forse era semplicemente... preoccupato.
Sentì un brivido percorrerle la schiena.
Era da tanto tempo che non avvertiva la presenza di qualcuno che fosse interessato a lei.
Si sedette davanti a lui e, prendendo tutto il coraggio che aveva dentro di sé, rispose: “Io... io ieri sono andata a cercare qualcosa che ho preso...”
Tsubasa alzò la testa a la guardò negli occhi.
Lei sospirò e poi finì: “...e che l'Amarica mi ha rubato.”
Rimasero lì fermi, ognuno perso negli occhi dell'altro. Non sapevano cosa dire, ma a entrambi bastò uno sguardo per chiarire tutti i dubbi che quella conversazione aveva sollevato.
 
Alla fine decisero di uscire, per cominciare le ricerche.
“Ehm... scusami, potresti ricordarmi cosa stiamo cercando esattamente?!”- domandò Akane mentre calciava un sassolino sul marciapiede.
“Stiamo cercando di individuare ogni possibile pericolo per il torneo mondiale...”- rispose l'altro agente. Non sembrava seccato, anzi.
“Quindi dobbiamo concentrarci su dei blader potenti e magari anche famosi?”
“Beh... presumo di sì...”
Improvvisamente si fermarono ed entrambi si rivolsero uno sguardo interrogativo.
“Cioè, quindi qui è già ufficiale?!”- esclamò la giovane.
 
Tsubasa era allibito.
Ma come era possibile?No, non era possibile, non era accettabile che in Giappone non fosse ancora passata la grande notizia del torneo mondiale di beyblade mentre in America si trovano cartelloni pubblicitari appesi ai muri.
“Non riesco a capire...”
Magari non era un asso nella lingua americana ma comprendeva chiaramente il messaggio del manifesto che si trovava davanti. Il messaggio era chiaro: “Il Big Bang Blader avrà presto inizio!”
“Guarda Tsubasa!”- Akane lo strattonò per la manica della camicia per richiamare la sua attenzione- “Pare che abbiano già scelto i partecipanti!”
Indicò più in basso con il dito e tradusse un po' alla bell'emmeglio : “Saranno gli Starbreaker, membri dell'accademia HD, a partecipare al torneo come squadra americana.”
“Ah però! Te la cavi bene con l'americano!”- Tsubasa rise.
Anche lei ricambiò il sorriso.
Poi si rabbuiò finendo di tradurre: “... l'accademia HD, da sempre guidata da dal dottor...”
Ma il nome del professore non riuscì a leggerlo.
Proprio in quel punto c'era una macchia di inchiostro.
Una cosa che può capitare... Dopotutto sono comuni gli errori di stampa.
Ma, chissà perché questo fece insinuare un terribile presentimento nella testa di Akane.
 
I due ripresero il loro cammino.
Si guardavano intorno strabiliati: New York era davvero una città immensa.
Akane però non riusciva proprio a distrarsi.
Non che fosse concentrata sulla missione, sia chiaro. Anzi, era l'ultimo dei suoi problemi.
Ma nutriva verso quella metropoli un risentimento incondizionato.
Eppure, se si fosse lasciata andare anche solo un momento avrebbe visto le meraviglie che la Grande Mela riservava.
Era giorno feriale e tutti si affrettavano per le strade, ognuno veloce verso il proprio ufficio o impiego. Quei grattacieli erano a dir poco maestosi.
L'agente continuava ad osservare la vita degli altri scorrerle davanti agli occhi, senza capirla davvero: una madre che rincorre il figlio che non vuole andare a scuola, un uomo in giacca e cravatta che attende il taxi, un anziano che lentamente si muove sul marciapiede, forse dimenticato dal mondo circostante.
Decise di rilassarsi, o sarebbe scoppiata prima della fine.
Si lasciò trasportare da quei suoni, quegli odori, quelle voci che sembravano così distanti dal suo solito modo di vivere.
 
“Ehi... Tutto bene? Ti vedo pensierosa...”- fece ad un certo punto Tsubasa.
“Ehm, no no è tutto a po...”- non finì la frase perché il possessore di Eagle si mise un dito davanti alle labbra, in segno di silenzio.
Poi, con un gesto meccanico della testa le indicò due giovani blader che, al centro di un campo recintato, si allenavano con i rispettivi bey.
Gli agenti si appostarono dietro al muro poco distante e cominciarono ad ascoltare.
“Ehm scusa se ti ho interrotto Akane... Che ne dici, sono abbastanza strani quei due per poter costituire dei sospetti? Magari ascoltandoli possiamo ricavare qualche informazione su quell'accademia e su la squadra che parteciperà al torneo...”- sussurrò il possessore di Eagle.
In effetti si erano trovati davanti a dei tipi ehm, come dire... molto particolari.
Il primo era un alto giovane dai lunghi capelli rosa, che gli ricadevano sulle spalle. Indossava una lunga giacca verde, sotto alla quale si intravedeva una camicia viola con rifiniture nere. Completavano il look pantaloni e stivali neri e una specie di collare intorno al collo, del medesimo colore.
Fin qui tutto bene. Certo non si metteva a discutere sull'abbigliamento, forse un po' troppo eccentrico per i suoi gusti.
La cosa che lo turbava nel vedere quel blader era la maschera che gli copriva parte del volto.
Era decisamente terrificante.
L'altro in confronto sembrava quasi normale. Portava una tuta, molto simile a quella degli astronauti, nera e viola (Evidentemente sono i colori più in voga al momento... NdAkane) con stivali grigi fino al ginocchio.
I capelli, castani e a tratti biondi erano raccolti in una coda dietro al collo.
L'unica cosa che metteva in soggezione l'agente della WBBA era la strana luce che brillava negli occhi di quel ragazzo mentre lanciava il suo bey.
Non era la gioia o l'amore sfrenato per quello sport che la provocavano, Tsubasa ne era sicuro.
Sembrava più... odio, dolore.
Chissà mai perché.
 
“Mhm... Decisamente fuori dal comune... come i loro bey del resto...”
Akane dal canto suo si era concentrata sui beyblade dei due giovani.
Rimase sorpresa, perché non aveva mai visto bey come quelli né dal vivo né sui tanti libri che si era ritrovata a sfogliare alla WBBA.
“Non ho mai visto niente del genere...”- fece guardando l'altro, che si riparava gli occhi dall'esplosione che uno dei due aveva creato a pochi centimetri dalle due spie.
“Sono potentissimi!”
 
“Ehi niente male Jack! Hai disintegrato quei bidoni ...”- era stato il ragazzo vestito da astronauta a parlare.
***
E così si chiama Jack... Tsubasa si annotò mentalmente quel nome.
***
“Sei solo un ragazzino tu... Non il ho disintegrati, ho creato un'opera d'arte non vedi?!”- gli rispose l'altro, accompagnato da un'odiosa risatina.
Richiamò il suo bey, poi disse: “E comunque... questo bey non è niente di speciale. È semplicemente un sostituto di quello che presto sarà tra le mie mani. Ed allora sì che potrò creare magnifiche opere!”- il suo sguardo si illuminò di una luce poco rassicurante.
“Mpfh...”- sbuffò l'altro- “Il mio è già pronto. E adesso ti faccio vedere cosa so fare dopo la procedura di potenziamento!”- esclamò Mr. Tuta Spaziale.
***
Procedura di potenziamento?! ...Akane e Tsubasa erano sempre più perplessi.
“Che cos'è la procedura di potenziamento?”
***
“No! Adesso dobbiamo andare...”-  fece quello dai capelli rosa, Jack a quanto pare- “Bisogna subito tornare all'accademia Zeo”
***
Ecco svelato un altro nome...Zeo...
“Senti Tsubasa... E se fosse proprio l'accademia HD quella di cui stanno parlando?”- domandò Akane al compagno, cercando di mantenere il tono di voce il più basso possibile.
“Sì! E forse questi sono due dei componenti della squadra americana...!”
***
“Non ho voglia di tornare là dentro...”- disse cupo Zeo.
Poi una voce nuova si unì alle precedenti.
I due agenti non riuscivano a vedere a chi appartenesse, però. Non potevano sporgersi troppo, sarebbero stati scoperti.
“Allora! Vi muovete o no? Il dottor Ziggurat ha bisogno di parlarci per il torneo mondiale!”- il suo tono era deciso e autoritario.
***
Dottor Ziggurat... Dottor Ziggurat...Akane cercava di trovare quel nome nei meandri della sua mente, ma senza risultato. Eppure era sicura di averlo già sentito...
***
“Va bene Damian, arriviamo subito...”- risposero gli altri.
Mossero qualche passo nel parco.
Raccolsero i loro bey e lo seguirono al di fuori.
Poi più niente.
***
“Akane! Akane hai sentito...! Abbiamo trovato quello che stavamo cercando! Sicuramente nell'accademia HD c'è qualcuno che ha fatto impensierire Ryo...”- continuò a parlare forse per minuti interi.
Me lei non lo ascoltava.
Aveva finalmente capito chi era il dottor Ziggurat e perché il suo nome era rimasto stampato dentro di lei.
 
Un milione di scene passavano davanti ai suoi occhi.
Scene che aveva creduto dimenticate per sempre.
Pensava che non sarebbero mai più tornate a tormentarla, e invece eccole lì.
Strinse le mani a pugno.
Adesso che era lì capiva, capiva finalmente tutto.
Sapeva con chi prendersela, sapeva chi era la causa del suo dolore.
Un'ira repressa per tanti anni scoppiò dentro di lei.
Cominciò a piangere, non ce la faceva proprio a trattenere le lacrime.
“Akane... Ma che ti succede?... Ehi Akane...!”- fece Tsubasa, scuotendola per le spalle.
Ma lei non rispondeva.
Si coprì il volto con le mani, non voleva che la vedesse piangere.
Poi si divincolò dalla presa del compagno e cominciò a correre, senza sapere dove andare.
“Akane... Ma che fai... Akaneeee...!”
 
Cominciò a rincorrerla. Si rivelò un'impresa ardua starle dietro.
Per quanto potesse essere scossa (ma perché poi? Che cavolo le stava succedendo?) non le mancava certo la forza per correre più veloce del vento.
Inciampò e per poco non venne investito.
Il suo cuore batteva a mille... Ma non voleva mollare.
Voleva aiutarla, non poteva lasciare la sua compagna di viaggio sola in giro per New York.
Si domandò se avesse scelto una destinazione o se stesse correndo senza una meta precisa.
Passarono davanti ad un edificio con una stramba insegna, che dava molto nell'occhio.
Lì dovette fermasi, o sarebbe stramazzato al suolo dopo altri due metri.
Anche Akane si era fermata, alla fine di quella stessa strada. Evidentemente si stava chiedendo dove fosse finita.
Tsubasa guardò oltre il vetro dell'edificio.
C'erano tantissimi ragazzi che si allenavano a beyblade.
“Deve essere una palestra... Potrei ricavare qualche altra informazione qui...”
Ma non poté riflettere oltre.
La Tategami aveva ripreso la sua corsa sfrenata e lui doveva continuare a seguirla a distanza.
***
Era giunta in un parco e stremata, aveva deciso di concedersi un momento per riflettere.
Si guardò intorno. Lui non l'aveva seguita a quanto pare...
Si sedette su una panchina.
Non riusciva a capire perché avesse reagito così.
Aveva sempre accettato il fatto dell'incidente con apparente tranquillità.
Aveva fatto in modo che il suo cervello fosse sempre ingombro di lavoro, in modo che non avesse tempo di pensare.
Ma adesso si era ritrovata lì, in America... Ad un passo dalla verità...
Sentiva ancora nelle orecchie le parole dell'uomo del telegiornale...
 
(inizio flashback, continuo del flashback del capitolo precedente)

Silenzio di tomba.
Pendono dalle labbra del giornalista. Vogliono assolutamente sapere.
“Un evento devastante quello di oggi...”- inizia e tutti e tre trattengono il respiro.
Che vuol dire devastante? Chi è che è stato devastato?
“L'aereo partito la sera scorsa da Tokyo, che sarebbe dovuto atterrare a New York nel pomeriggio, è precipitato in mare, poco prima di poter toccare terra.”
Delle lacrime cadono giù dalle guance della donna. Sa già quale sorte è toccata al marito.
Ma i due ragazzi ancora ci sperano nel miracolo.
Sono lì per sentire una parola, una parola magica che può riaccendere la loro speranza.
Superstiti...
“Dillo... dillo”- pensa la ragazza, stringendo la mano al fratello.
 
“In diretta da New York abbiamo il nostro inviato che parlando con le autorità entrate in azione potrà dirci di più.”
Qualche attimo e poi parte il collegamento.
“Sì, ecco sono qui con il capo della marina. Ci dica quante vittime si contano?”
“Beh purtroppo tra i passeggeri si conta un solo superstite...”
E i due fratelli Tategami tornano a sperare, a sperare nel miracolo.
Ma che miracolo, loro ci credono davvero.
Come se il loro non fosse un semplice papà, ma un supereroe.
Ci credono, perché  ne hanno bisogno.
“Sì, è lui...”- fa il ragazzo.
“... l'unico sopravvissuto è il dottor Ziggurat, in ritorno da un viaggio in Giappone, che si è salvato grazie a una delle sue prodigiose invenzioni. Adesso è qui con noi per raccontarci l'accaduto...”
La vita è fatta di sogni, di speranze.
Quando non hai più la forza di tenerti stretto ai tuoi desideri diventa tutto nero.
Così, in casa Tategami, la vita smise di scorrere normalmente.
Il tempo si fermò.
E nelle loro menti cadde il buio più totale.
Adesso i due fratelli sanno chi è stato devastato.
 
La donna si alza e traballante se ne va in cucina. Si accascia contro il lavandino e il suo pianto rotto scuote il cuore della ragazza.
Il maschio, dopo un primo momento di paralisi totale, esplode.
La sua rabbia agita le mura della stanza.
Rivolta il tavolo, impreca, calcia contro il muro.
Esce fuori, in giardino e grida al mondo intero il suo dolore.
La giovane Akane invece se ne resta buona buona, seduta davanti al televisore.
Con le iridi ridotte a due puntini blu, continua imperterrita ad ascoltare quello che il superstite ha da dire. E non può fare a meno di odiarlo.
“Io vorrei dedicare un minuto di silenzio per tutti i caduti in questo terribile incidente...”- esordisce.
Ma chissà perché non sembra affatto dispiaciuto per quella povera gente...
“Vorrei anche ricordare una persona molto particolare che stava su quell'aereo e che adesso non è più con noi: il signor Tategami, famoso in Giappone per i suoi lavori e le sue invenzioni nel campo del beyblade.”
Akane sussulta. Perché quell'uomo ha quell'odioso sorrisetto sulla faccia?
Ziggurat continua: “Stava portando alla sede americana della WBBA...”- pronuncia quel nome con malcelato disprezzo- “...dei nuovissimi progetti a cui stava lavorando ormai da mesi. È veramente terribile che sia stato coinvolto in tutto questo”
Fatelo tacere, fatelo tacere! pensa Akane Levategli quel sorriso di dosso!!!
 
“Smettila Akane, spegni codesta porcheria!”- le grida Kyoya improvvisamente.
“E tu smettila di urlare, non risolvi niente...”- ribatte lei alzandosi.
“Ah forse urlando no, ma so io cosa fare per sistemare questa situazione assurda!”- il tono è identico al precedente.
“E come, sentiamo?!”- grida di rabbia anche la sorella- “Ehi, ma che stai facendo con quello zaino in mano?”
Lì sulla porta afferra il suo beyblade e dice, questa volta con più “calma”- “Me ne vado, non posso restare qui senza papà.”
“Che cosa?!”- sbraita lei, correndo verso Kyoya.
Lo afferra e lo getta per terra.
È una forza della natura, incontrollabile.
Lui cade, ma non sembra accusare troppo il colpo. Si divincola dalla presa e si tira su.
 
“Io me ne vado! Lasciami!”
“No tu da qui non te ne puoi andare!”
Possibile che sia così insensibile da non capire quanto la faccia stare male?
La lite continua ed è più dura e tremenda di una guerra.
Entrambi afferrano dei coltelli trovati sul tavolo. Si guardano con occhi di fuoco.
Passano istanti infiniti. Entrambi vogliono vedere come andrà a finire.
Lui sente una fitta lancinante al cuore.
Lo sguardo della sorella lo trapassa e lo distrugge.
No, non può rimanere lì un secondo di più.
 
Le loro mani armate, quasi contemporaneamente, scendono sul volto dell'altro per lasciare un segno indelebile di quel giorno maledetto.
Lei si accascia a terra, sanguinante. Piange, piange come una dannata.
Ma non sono le ferite che ha sulla faccia a farla star male.
È vedere il fratello, distrutto quanto lei, allontanarsi da casa per poi sparire nell'oscurità della sera.
Lui si volta indietro, non è sicuro di volerlo fare.
Si passa una mano sul volto e se la ritrova coperta di sangue.
La tentazione di tornare indietro è forte. Ma lui è Kyoya Tategami.
E non torna mai sui suoi passi.
 
(fine flashback)
***
 
Eccola finalmente.
Dopo averla persa di vista per un secondo, se la ritrova seduta su una panchina nel bel mezzo di un parco abbandonato dal mondo. (Sottolineo: siamo nel centro di New York!!! Ma dove cavolo l'hai trovato un parchetto abbandonato, eh autrice? NdAkane)
La vita è strana... pensa dentro di sé.
Se gli avessero detto che un giorno avrebbe rincorso una ragazza per il centro di New York, non c'avrebbe mai creduto.
Lei è lì, immersa nei suoi pensieri, ma sembra essersi tranquillizzata.
Tsubasa resta ancora qualche attimo impalato dietro a quell'albero, cercando di capire cosa il suo cuore gli sta dicendo.
Attende ancora un paio di minuti, poi gira i tacchi e sparisce dietro all'angolo della strada.
 
 
 
Angolo dell'autrice:
Salve a tutti!!!
Da quanto tempo, vero?!
Lo so che è solo colpa mia, mia e dei miei lentissimi aggiornamenti... :)
Akane: “Ah, per lo meno te ne rendi conto da sola...”
E smettila! Mi dispiace, non lo faccio apposta...
Perdonatemi se potete...
Comunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me scriverlo.
Già non ve lo nascondo, mi sono proprio divertita!
Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate voi...
A presto allora, e grazie per la paziente lettura :)
Mel

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Tutte le tessere del puzzle...
 
_Il potere, la falsità
la violenza, l'avidità
sono mostri da abbattere.
Noi però non siamo soli!_
In un mondo di maschere, canto scout
 
Guardò l'orologio, perplesso. Erano ben due ore che camminava per New York.
Aveva il suo solito sguardo di vetro a mascherare la mente piena di pensieri.
Con il suo passo deciso, attraversava i lunghi viali in cerca di... beh, ad essere sinceri non lo sapeva neppure lui cosa stava cercando.
Ma quel giorno gli era presa così: una voglia irrefrenabile di uscire da quel posto lo aveva costretto a camminare, forse a correre, fino alla grande metropoli. Lui, che da giorni non vedeva la luce naturale del sole.
Era stanco dei neon luminosi dei corridoi, delle stanze spoglie, dell'odore che rendeva irrespirabile l'aria dell'accademia.
Di quale accademia sto parlando? Ma dell'accademia HD, ovviamente.
Ah, e se vi state ancora chiedendo chi è il blader in questione, Damian Hart è il suo nome.
 
Il blader, capelli celesti dalla singolare pettinatura, non guardava in faccia nessuno.
Stringeva nella mano il suo bey color dell'oro, perfettamente intonato al mantello che aveva sulle spalle.
La gente che lo vedeva passare, si faceva da parte, quasi intimorita.
Chissà mai perché... Di certo non era la sua statura a spaventare.
Forse... forse era il fatto che facesse parte della squadra americana scelta per il torneo mondiale.
Dopotutto, tutti sapevano di che cosa erano capaci quei ragazzi. La loro fama raggiungeva i luoghi più remoti degli Stati Uniti.
Anche se nessuno sapeva con certezza cosa si nascondeva dietro all'accademia dove passavano intere giornate.
Damian era irrequieto, scosso da un tremore quasi impercettibile, ma costante.
E inoltre la smorfia contrariata che aveva sulla faccia non era  per niente rassicurante.
 
Trovò un campetto circondato da una rete metallica, dove molto probabilmente venivano ad allenarsi anche altri blader. Ma fortunatamente in quel momento era deserto.
Afferrò il lanciatore e decise di testare la forza del suo bey.
Qualche lancio sicuramente lo avrebbe aiutato a scaricare la tensione.
 
PRONTI... LANCIO!
 
“Tu sei perfetto per la procedura di potenziamento, mia grande invenzione...”
 
Uno... il bey andò dritto verso un cumulo di barili: disintegrati in un solo colpo.
 
“Perfetto... Che vuol dire perfetto? Che cos'è la perfezione?”
 
Due... un'esplosione fuori dal normale provocò un buco al centro del campo.
 
“Tu sei perfetto perché il tuo corpo è straordinariamente adatto a resistere alla procedura di cui ti parlavo, che sincronizza il corpo e la mente di un blader con il suo bey.”
“Ma io... io non ce l'ho un bey. E sinceramente non mi interessa affatto il mondo del beyblade...”
 
Tre... si scagliò contro un albero, che cadde a terra con un fracasso tremendo.
Il respiro di Damian si faceva ad ogni lancio più affannoso.
Adesso respirava a fatica. Sembrava in preda ad un enorme dolore, che cercava di reprimere.
 
“Non è un problema il fatto che tu non abbia un bey... Ce l'ho io per te. Tu sei la persona che stavo cercando, vieni con me e ti renderò il blader più forte al mondo... Primeggerai su chiunque...”
“Sarò... il migliore in assoluto?”
“Certamente... C'è un piccolo problema: il dolore... Sei capace di resistere al dolore?”
“Il dolore non mi spaventa... Sarò il migliore... D'accordo, la seguirò.”
 
Si inginocchiò, piegato dal dolore.
Nell'accademia non mostrava la sua sofferenza. Era troppo orgoglioso.
Se ne stava buono buono dentro quella macchina infernale in silenzio assoluto.
Ma adesso che era da solo si concedeva si esternare le fitte lancinanti che aveva al petto.
Strinse il bey in mano.
Pochi minuti, poi i suoi occhi tornarono inespressivi.
Cominciò a camminare, riprendendo la strada da cui era venuto.
Forse... forse non ne poteva veramente più di quella maledetta procedura di potenziamento.
Ma lui doveva assolutamente vincere, vincere ad ogni costo.
***
 
Scioccata, con il cuore a pezzi e l'umore a terra, si alzò dal suo nascondiglio.
Aveva i capelli pieni di foglie, le ginocchia sporche di terra.
Gli occhi iniettati di sangue non preannunciavano niente di buono.
Probabilmente avrebbe potuto uccidere chiunque le fosse capito a tiro, in quel momento.
Tirò un calcio all'albero che per poco non l'aveva uccisa. L'avesse fatto, così avrebbe smesso una volta per tutte di soffrire.
Mosse alcuni passi all'interno del campo dove aveva seguito quel ragazzo dai capelli celesti, che- ne era sicura- frequentava l'accademia HD.
Da cosa l'aveva capito?
Forse erano stati gli occhi del giovane, che parevano scolpiti nel ghiaccio.
Forse era stato il suo abbigliamento, decisamente stravagante.
No niente di tutto ciò. Era stato il suo bey.
 
L'aveva visto passare con il beyblade in mano e il mantello sulle spalle e, doveva ammetterlo, si era subito insospettita. Sembrava che avesse un radar fatto apposta per rintracciarli, certi tipi come lui.
Così, ancora immersa nei suoi ricordi, aveva abbandonato la panchina e l'aveva seguito.
Al campetto si era nascosta dietro una siepe, abbastanza grande da non farla scoprire.
E poi lei era un'agente della WBBA, sapeva nascondersi praticamente dovunque.
Con il cuore in gola  aveva ascoltato ogni sua singola parola, ogni suo singolo respiro.
Sapeva che tutti i dubbi che aveva per la testa si sarebbero risolti solamente dove avevano avuto origine: in America.
 
“Avanti, Hades Kerbecs...!”- gridò- “Attacca, colpisci, distruggi!”
Akane sussultò.
La risata di quel ragazzo scuoteva le sue membra quasi quanto il pianto di sua madre.
Poi, la risata si interruppe. Il blader cadde a terra, respirando faticosamente.
“Dai... dai Damian... Alzati, non puoi fermarti ora. Tu devi vincere, ricordatelo!!!”- aveva gridato con rabbia a sé stesso.
E con la stessa rabbia e con la stessa potenza, aveva scagliato il suo povero bey contro l'albero a pochi passi da Akane.
Così lei aveva potuto osservare da vicino (anzi, vicinissimo!) quel beyblade che l'aveva tanto incuriosita.
Prima era rimasta folgorata dal colore della ruota di fusione, oro. Molto simile a quella del suo Cancer.
Ma quando lo vide in volo sopra la sua testa la cosa che la stupì fu un'altra.
 
Come si fa a far sbollire una rabbia accumulata in più di due anni?
Come si fa a scappare ai ricordi, come si fa a seppellirli per sempre nella mente?
 
Ma che domande... È impossibile.
 
No che non è impossibile. Io devo riuscirci. Altrimenti...
 
Altrimenti cosa? I fatti sono questi. Non si può dimenticare, punto e basta.
 
Ma sì, sì che si può. Come quando dimentichi di mangiare lo yogurt prima che scada.
Quando dimentichi dove hai messo il giornale che stavi leggendo la sera prima.
 
Queste sono cose di scarso valore, poco importanti. È normale dimenticarle a volte.
 
E allora perché anche io non posso dimenticare che ho un fratello che mi ha abbandonato, che mio padre è stato ucciso, che la mia vita era fantastica ed ora è diventata uno schifo?
Perché?
 
La risposta non cambia: non si possono dimenticare avvenimenti di questo calibro.
Il passato è passato, ma non si può dimenticare.
È il tuo passato a fare di te quello che sei adesso.
 
No, basta.
Non è vero, non ci credo.

Che cosa sono io? Niente, assolutamente niente.
Ecco che cosa mi ha fatto diventare il mio passato.
 
Tu, sei un'anima fragile racchiusa dentro una maschera di dolore.
Tu l'hai creata e tu puoi distruggerla.
Ma non dimenticherai di averla avuta, puoi starne certa.
 
Le parole viaggiavano veloci nella sua testa. Non era sicura di comprenderne veramente il senso.
Cominciò a correre.
Ma questa volta sapeva dove doveva andare.
Si passò una mano sul braccio destro, dove qualcosa scorreva bruciando sulla sua pelle.
Sangue. Le ci mancava solo questa.
Si avvolse nel suo mantello e proseguì la sua corsa.
***
 
“Kyoya è tutto ok?”
Benkey guardava perplesso l'amico, che fissava ormai da dieci minuti la sua tazza di caffè.
Si passava freneticamente la mano sulla guancia.
Era decisamente irrequieto, cosa strana per il giovane Tategami.
“C'è qualcosa che non va?”- tentò nuovamente.
Nessuna risposta.
Pareva che Kyoya fosse finito in un mondo parallelo lontano chilometri da quello reale.
E il blader dai capelli viola era sempre più in pensiero per lui.
Da quando erano entrati in quel bar si era già mangiato tre fette di torta, quattro pasticcini e due paste al cioccolato, bevendoci dietro un'intera caraffa di caffè bollente.
E l'altro era sempre rimasto immobile a guardare il vuoto.
 
Ormai il blader ne aveva abbastanza: dov'era finito il suo Kyoya?
Allungò la mano verso la sua spalla e lo scosse leggermente (non prima di aver finito il biscotto che teneva nell'altra...)
Il possessore di Leone parve risvegliarsi da un sonno durato anni.
Sbatté più volte le palpebre e si guardò intorno perplesso.
“Kyoya stai bene?”
“Ehm... sì. Certo, perché non dovrei?”- disse, ma si vedeva che in quell'affermazione non ci credeva neppure lui fino in fondo.
“Sei molto strano ultimamente... Sta succedendo qualcosa?”- chiese il possessore di Bull.
“Ehm no, niente di importante, davvero.”
Detto questo afferrò la tazza e bevve tutto d'un fiato il suo contenuto.
Dopo pochi secondi si alzò e andò a sputarlo nel lavandino del bagno.
“Come mai il mio caffè era così freddo?”- disse tornando a sedersi.
A Benkey cadde una gocciolina sulla fronte.
“Ahahah... Avranno sbagliato l'ordinazione...”- fece una risatina forzata.
(In realtà la risposta giusta sarebbe stata: “Perché sei un grandissimo baka e sei stato a fissarlo per un quarto d'ora senza neanche assaggiarlo!!!”  ma Benkey è una persona educata... ndAutrice)
 
Poi improvvisamente la porta del locale si aprì e entrarono Ginka e Kenta, che avevano voglia di uno spuntino dopo un duro allenamento.
Dopo aver ordinato quattro panini ripieni (di cui tre di questi per Ginka) si voltarono e notarono i due amici seduti in fondo alla stanza.
Il possessore di Sagittario salutò con la mano Benkey, che immediatamente ricambiò e li invitò ad unirsi a loro. Magari sarebbero riusciti a scoprire che cosa era preso a Kyoya, o almeno gli avrebbero tirato su il morale.
Dal canto suo il blader dai capelli verdi quando si vide arrivare incontro gli altri due non era affatto contento.
Gli era anche passata per la mente l'idea di alzarsi e di andarsene, ma alla fine qualcosa lo aveva convinto a rimanere. Non sapeva nemmeno lui cosa.
 
“Ehi Benkey! Kyoya! È da tanto che non vi si vede in città! Come va?”- disse il possessore di Pegasus con il suo solito sorriso.
Kyoya non rispose, Benkey rise e si mise a parlare con Kenta del lungo viaggio che aveva affrontato con l'amico.
“Siete andati ad allenarvi nella foresta? Davvero?”- chiese il piccolo.
“Eh già!”
“Noi invece siamo andati a corsa fino alla periferia di Tokyo. Siamo arrivati in via Obuko, poi siamo tornati indietro!”- disse Ginka.
“Sì, e Madoka dietro di noi in bicicletta! Dovrebbe raggiungerci tra poco...”- Kenta era a dir poco entusiasta dell'impresa che aveva realizzato.
A quel punto Kyoya si rabbuiò ancora di più di quanto non lo fosse prima.
“Obuko, hai detto?”- chiese.
“Sì. Ma che hai Kyoya? Che ti passa per la testa oggi?”- fece il rosso, che aveva notato nell'amico qualcosa di strano.
L'altro scosse la testa senza molta convinzione.
“Ma che volete tutti da me?! Sto bene...!”- sbuffò.
 
“AHAHAHAHAHAH! SMETTILA DI ASSILLARMI!!!”
Improvvisamente la porta del bar si spalancò e entrarono un ragazzo e una ragazza, decisamente esasperata.
“Ho capito, ho capito!!! Ti ho detto che va bene, ti porto da Ginka, ma ti prego stai un attimo zitto o rischio di impazzire!!!”
I quattro amici seduti al tavolo si voltarono quasi contemporaneamente.
“Madoka!”- esclamò Kenta.
“E c'è anche quel Masamune Kadoka!”- fece a sua volta il possessore di Pegasus (che, tra parentesi, adesso è Galaxy Pegasus...).
A quelle parole il ragazzo, un ciuffo rosso tra i capelli neri, cominciò a urlare: “Ma come ti permetti!!! Sturati bene le orecchie mio caro perché non ho intenzione di ripetertelo: io sono Masamune Kadoya! Kadoya capito?!!! E sono il numero uno al mondo!!”
“Mpf, ma senti questo...”- fece Kyoya.
 
Bisogna dire che del luogo calmo e tranquillo che era il bar rimaneva veramente ben poco.
Tra una Madoka incavolata, un Masamune e un Ginka nel pieno di una delle loro solite liti, Benkey e Kenta che cercavano di farli smettere, c'era veramente una grandissima confusione.
Ma non pensate anche voi che in questa baraonda manchi ancora qualcuno?
Difatti si stavano avvicinando a quel rumoroso locale anche Yu e Hikaru.
Il biondo era andato quella mattina alla sede della WBBA per chiedere informazioni sul ritorno di Tsubasa.
La segretaria aveva dovuto rispondergli di non sapere ancora niente.
Ma vedendo la delusione dipinta sul volto del giovane blader aveva deciso di portarlo a prendere un gelato, per farlo un po' più felice.
“Guarda! Ci sono anche Ginka e gli altri!”- esclamò Yu correndo verso di loro.
Hikaru, abituata ormai alla calma degli uffici della WBBA, era leggermente scombussolata da tutte quelle grida e schiamazzi.
“Ehi, come va Yoyo?”
“Cosa?! Non mi chiamare in quel modo, ragazzino!!!”
“Allora Ginka, hai intenzione di sfidarmi oppure no? Hai paura per caso?”
“Io paura di te?!? Ma hai presente con chi stai parlando?”
“Andiamo ragazzi, non è il caso di scaldarsi...”
 
C'è da dire che Hikaru non era l'unica ad essere visibilmente infastidita.
Il direttore del locale, se possibile, lo era ancora di più.
“MA INSOMMA!!!! COS'È TUTTA QUESTA CONFUSIONE!”
A quel grido tutti si girarono verso l'uomo.
“ANDATEVENE TUTTI IMMEDIATAMENTE!”- fece aprendo la porta.
Dopo che tutti e otto furono usciti, finalmente tornò la pace.
Ma là fuori le discussioni continuavano...
“ È colpa tua se ci hanno cacciato!”- disse Yu puntando il dito contro Masamune- “Tu sei un gran piantagrane!”
“Io? Ma come ti permetti ragazzino!”- tirò fuori il suo bey e lo mostrò con orgoglio- “Io sono il grande Masamune Kadoya e con il mio Rey Staiker sono il blader numero uno al mondo!”
Yu scoppiò in una fragorosa risata.
“Tu? Tu saresti il numero uno? Ma per favore!”- poi tirò a sua volta fuori il suo bey- “E sai che ti dico? Io e il mio Libra siamo pronti a sfidarti!”
“Ma sì... Perché no?”.
 
3... 2... 1... PRONTI....
 
“AHAHAHAHAHAHAH!”-gridò una Madoka esasperata- “MA VI SEMBRA QUESTO IL MOMENTO GIUSTO?!?!”
“Già... ragazzi, un po' di contegno...”- convenne Hikaru.
“Ma è lui che mi ha provocato...”- mugugnò Masamune.
“Chi? Io? E chi è che è uscito fuori con la storia del numero uno?”- si difese Yu.
I due si lanciavano lampi e fulmini con lo sguardo.
Il biondo stava giusto per aggiungere qualcosa quando Kyoya intervenne a mettere fine alla discussione: “Basta! Che nessuno dei due dica un'altra parola. Sembrate bambini dell'asilo. E io che sto anche a perdere tempo con voi...!”
Era evidentemente seccato.
Fece per girare i tacchi e andarsene, ma una voce proveniente dall'altro lato della strada lo richiamò:
“Ehi Kyoya, aspetta!”
Si voltò e non fu per niente contento di ciò che vide.
“Sì, solo lui ci mancava per rendere questa giornata un inferno!”- pensò.
 
“Ciao papà!”- esclamò Ginka sorpreso.
“Buongiorno signor direttore!”- fece Hikaru.
“Salve signor Hagane!”- fecero tutti gli altri. (Sì insomma abbiamo capito... -.-'' NdAkane)
“Ehilà ragazzi! Come va? Kyoya non andartene: ho una favolosa notizia da darvi!”
Quel suo tono costantemente allegro e quel suo sorriso sempre sulle labbra rendevano Ryo Hagane una persona insopportabile agli occhi del possessore di Leone.
“Davvero?”- fece Kenta- “E qual è?”
“Bene: sono felice di annunciarvi che sono appena stati organizzati i tornei di qualificazione per decretare i membri della squadra giapponese che parteciperà al Big Bang Blader, un torneo mondiale in cui sono coinvolti ragazzi provenienti da ogni parte del mondo!”
Uno scroscio di “Wow!” “Ooooh...” e “Fantastico!!!” invase la via.
“Dovete sapere che nelle altre nazioni questi tornei di qualificazione sono già iniziati da un bel pezzo...”- continuò Ryo- “perciò noi dobbiamo sbrigarci: il Big Bang Blader è alle porte!”
“Perciò, mi scusi, quando cominceranno?”- chiese educatamente Madoka.
“Beh, tra due giorni...”- rispose l'uomo sorridendo.
“COSA?!”- esclamò Ginka- “Ma allora dobbiamo correre ad allenarci!”
 
A quel punto, i corpi dei presenti furono colti da una frenesia impressionante: Masamune corse via, lasciando a Yu e a Ginka la promessa di sfidarli alle qualificazioni.
Kenta e Benkey si misero d'accordo di ritrovarsi al bey park nel pomeriggio per fare qualche lancio, non prima di aver lasciato a Madoka l'incombenza di controllare scrupolosamente lo stato dei rispettivi bey.
Così anche la meccanica si allontanò salutando.
Hikaru seguì Ryo tornare a lavoro, e Yu si unì a loro. Voleva assolutamente vederci chiaro sul ritorno di Tsubasa. Gli sarebbe dispiaciuto tantissimo se l'amico non avesse potuto partecipare a quello che si stava rivelando l'evento dell'anno.
Così Kyoya rimase in piedi davanti al locale assieme al blader dai capelli rossi.
“Che ne dici, ti va una sfida domani?”- chiese sorridendo.
“Uhm? E va bene...”- rispose senza troppa enfasi e cominciò ad incamminarsi.
 
Ginka proprio non riusciva a capire che cosa gli stesse succedendo.
Quello era o no il vero Kyoya?
Prese a camminare al suo fianco. Voleva vederci chiaro in quella situazione.
“Kyoya, me lo vuoi spiegare che cavolo ti prende? Non ti ho mai visto così giù di corda...”
L'altro non rispose subito.
Era combattuto tra il parlare e togliersi quel peso che da giorni si portava dentro, oppure no e cercare semplicemente di dimenticare.
 
 
Intanto alla sede della WBBA, Yu continuava tartassare Ryo.
“Allora? Quando torna, quando?”
“Yu non posso darti queste informazioni.”- rispondeva pazientemente il direttore.
“Ma ce la farà a partecipare al torneo? Eh?”
“Io spero di sì, Yu.”- continuava a dire.
“Ma io sono un suo amico... Voglio sapere quando sarà di nuovo qua!”- il biondo non mollava.
E Ryo e sempre più a disagio.
“Basta Yu, smettila. Adesso esci, ti abbiamo già detto che non possiamo rivelare agli esterni i dettagli delle missioni”- intervenne Hikaru. Ne aveva abbastanza di quel ragazzino che le girava intorno come una trottola.
“Ma che esterno! Io sono un suo grande amico!!!”- brontolò l'altro di rimando- “Dov'è? Voglio saperlo!!!”
“La verità Yu...”- tagliò corto Ryo- “...è che neppure noi sappiamo dov'è.”
“E allora chiamatelo!”- esclamò il piccolo.
“Non è così semplice. Devono essere gli agenti a contattare noi, non il contrario. Potremo telefonare in un momento sbagliato e metterli nei guai”- spiegò la segretaria.
“E da quando è partito non vi ha mai chiamato?”
“Solo una volta... E non è stata una conversazione facile...”- fece il signor Hagane, con un mezzo sorriso.
“Perché...? Non capisc....”
In quel momento il telefono dell'ufficio cominciò a squillare.
Hikaru, forza dell'abitudine, fece per rispondere, ma Ryo la fermò e si mise il telefono all'orecchio.
“Pronto?”
“Pronto Ryo, sono Tsubasa.”
“Ah, Tsubasa!”- esclamò il direttore. Gli occhi del possessore di Libra si illuminarono di gioia.
“Dimmi un po', come procede?”
“Ehm... abbastanza bene direi.... La missione può dirsi completata. Ho, ehm no voglio dire, abbiamo raccolto sufficienti informazioni su una certa accademia HD e il dottor Ziggurat.”
Il volto di Ryo si rabbuiò.
“Bene, non vedo l'ora di poter leggere i rapporti della missione. Ma, c'è qualcosa che non va? Ti sento un po' strano... Dov'è Akane?”
“Ecco... Appunto per questo ti ho chiamato. Io... non so dove sia finita.”- rispose il giovane con tristezza.
“Come sarebbe a dire?”- Hagane si alzò in piedi.
 
Hikaru e Yu stavano ad ascoltare, seduti dall'altra parte della stanza.
“Che sta succedendo laggiù?”- fece il biondo, che potendo sentire solo le parole del direttore aveva capito ben poco.
“Io... io non ne ho idea...”- rispose con un filo di voce l'altra. Era in pensiero per la sua amica.
 
“Ryo è successo tutto così in fretta... Lei ha perso il controllo ed è scappata... e io...”
“E tu?”- la sua voce era grave, poco rassicurante.
“E io ho pensato che fosse meglio lasciarla da sola, a chiarire i suoi pensieri. Io le sarei stato solo di intralcio.”- rispose, mogio.
 
In realtà l'agente aveva pensato anche qualche altra cosa.
Se ne era andato nella palestra di beyblade che aveva scorso mentre correva, a cercare informazioni.
Avrebbe potuto compilare il rapporto della missione e così sarebbero potuti tornare a casa.
Avrebbe portato via Akane da quel luogo che sembrava farla tanto soffrire.
Le notizie che aveva raccolto erano sorprendenti.
Neanche a farlo apposta, lì si era allenato per tanto tempo un ragazzo di nome Zeo (che tra l'altro era quello che avevano visto nascosti dietro il muro del campo) che un giorno aveva abbandonato gli amici della palestra per andare nell'accademia HD.
“Non l'abbiamo più visto da allora.”- gli avevano detto dei ragazzi e l'allenatore, il signor Steel- “Non un saluto, non una partita amichevole. Niente di niente. Come scomparso.”
Tsubasa aveva annotato tutto diligentemente su dei fogli, che poi aveva infilato in una cartellina gialla che gli aveva dato Ryo alla partenza.
Uscito da lì, era corso al parchetto dove aveva lasciato Akane qualche ora prima.
E quando non l'aveva trovata era sprofondato nel panico.
Aveva pensato di chiamarla, ma non ne aveva avuto il coraggio.
Avrebbe potuto cercarla, ma le possibilità di trovarla in quel caos che era New York erano risultate bassissime.
E così....
 
“Tsubasa non ti preoccupare, hai fatto la cosa più giusta”- disse calmo Ryo- “Adesso la chiamo io, poi ti faccio sapere dove la puoi raggiungere.”
“Grazie...”- rispose l'altro, leggermente sollevato.
Entrambi riattaccarono e quando Hagane si voltò trovò di fronte a sé due ragazzi decisamente impazienti di sapere che cosa diavolo era accaduto.
“Ci sono due notizie da darvi: una di queste è buona, l'altra un po' meno...”- sospirò.
“Quando torna Tsubasa?”- disse Yu, non riuscendo più a trattenersi.
“Ecco questa è quella buona: probabilmente, se tutto va bene in qualche giorno sarà qui, dato che la missione è stata completata con successo.”
Guardò negli occhi Hikaru e poi continuò: “Ma c'è la notizia cattiva... Akane è scomparsa.”
“Bisogna chiamarla subito”- disse la ragazza, tutto d'un fiato.
“Sì, non c'è tempo da perdere.”- convenne Ryo.
 
Digitò il numero del cellulare dell'agente.
Tutti e tre erano in trepidante attesa di una risposta.
Uno... due... tre squilli e ancora niente.
Poi una voce arrivò dall'altro capo del telefono e tirarono tutti un sospiro di sollievo.
“Pronto?”- fece una voce roca.
“Pronto Akane? Sono io Ryo Hagane volevo sapere...”
“Che cosa vuoi? Non c'era la regola che solo gli agenti possono chiamare la sede e non viceversa?”- disse lei senza nascondere la rabbia che aveva dentro di sé.
“Ehm sì in effetti...”- il direttore era già in difficoltà- “Ehm, dove sei Akane?”
“Ma che cavolo te ne frega?!”- gridò e la chiamata si interruppe bruscamente.
 
Yu era stupefatto: non aveva mai sentito nessuno parlare al padre di Ginka in quel modo.
L'altro dal canto suo si era abituato alle rispostacce della Tategami.
“Siamo punto e a capo... Non ci ha detto dov'è...”- disse sconsolato il ragazzino.
“No, non è vero”- lo consolò Hikaru, che stava freneticamente schiacciando i tasti del portatile.
“Con questa chiamata la posso rintracciare...”
Dopo qualche secondo esclamò: “Si trova all'aeroporto!”
“Brava, non ci resta che dirlo a Tsubasa...”- fece Ryo, congratulandosi con lei.
 
 
Kyoya si era seduto su una panchina, guardava distratto i palazzi che si ergevano davanti ai suoi occhi.
Ginka si era ormai arreso, non sarebbe mai riuscito a cavare qualche parola dalla bocca di quel blader.
Così si sedette al suo fianco in attesa di qualcosa. Un sospiro, un'espressione.
Sapeva che c'era qualcosa che non andava nel suo amico. Ma insistere per delle risposte sarebbe stato inutile con il Tategami.
“Abitavo lì...”
“Cosa hai detto, Kyoya?”- fece il rosso.
“Ho detto che abitavo lì, in via Obuko, quando ero bambino”
Il possessore di Leone continuava a fissare l'orizzonte, come se vi cercasse la forza di andare avanti nel racconto.
“Davvero? Non ci hai mai parlato del tuo passato...”- disse Ginka, contento che finalmente l'altro avesse cominciato a parlare.
“Già...”
“Non hai avuto un'infanzia felice, vero?”
I due si guardarono. Kyoya non rispose.
“Se mentre correvi oggi ti sei guardato un po' intorno, avrai notato che c'è solo una casa ridotta in condizioni pietose laggiù. Prima era quasi aperta campagna, isolata da tutto il resto. Poi hanno cominciato a costruire: nuovi palazzi, nuovi negozi, tutti moderni e splendenti. L'unica traccia che rimane del passato è quella casa, disabitata e decadente.”
Il possessore di Pegasus non capiva dove l'altro volesse andare a parare.
Che cosa voleva dire?
“Quella... era casa tua?”- tentò.
Tategami sospirò: “Sì”
“Ma allora... dov'è adesso la tua famiglia? Dove abitano i tuoi genitori?”
 
Dov'è adesso la tua famiglia?
Dov'è?
Quella domanda risuonava forte nella sua testa.
Colpiva i suoi nervi scoperti, tutti i suoi punti deboli.
Si sentiva accerchiato, messo in trappola da quella parola che al momento per lui non aveva un vero e proprio significato.
 
Beh, lo sapresti che cosa ne è stato della tua famiglia, se non l'avessi abbandonata...
E quella risposta era come un pugnale dritto conficcato nel cuore.
Gli toglieva il respiro, si sentiva soffocare.
Un leone messo in trappola dal bracconiere.
Il dolore voleva avere la meglio, ma lui lottava, resisteva.
 
Kyoya si alzò di scatto.
Aveva riflettuto abbastanza.
Aveva detto anche troppo a quello svitato di Ginka Hagane.
Si incamminò verso il deposito. Ogni tanto tornava là da solo per qualche allenamento.
“Ma... Kyoya aspetta! Dove stai andando!?”- gridò il rosso.
Senza neanche volarsi disse: “Ti aspetto domani, allo stadio abbandonato. Niente spettatori. Solo noi e i nostri bey.”
E detto questo sparì dietro i grandi edifici di Tokyo, sotto il sole di mezzogiorno.
***
 
Era lì, seduta nella sala d'aspetto dell'aeroporto.
Tutta sporca, con gli occhi vuoti come non lo erano mai stati.
Fissava delle hostess guidare dei passeggeri appena scesi dall'aereo verso la zona di ritiro bagagli.
Nelle mani stringeva il suo bey, quasi volesse stritolarlo.
Lui si avvicinò con cautela, dopo averla individuata in quel caos.
Ormai li separavano pochi metri e Tsubasa riusciva chiaramente a sentire le parole che la ragazza pronunciava sottovoce: “Perché... perché?”
Il cuore del ragazzo aumentava i battiti ad ogni passo. Come riusciva Akane a fargli quell'effetto, che con mai nessun altro aveva provato?
 
Allungò la mano fino a toccare la spalla della giovane, che si voltò immediatamente.
“Che ci fai qui? Che vuoi da me tu?”- le sue guance si colorarono di porpora.
La rabbia stava prendendo possesso del suo corpo.
“Akane...”- fece il possessore di Eagle un po' spaventato- “... io sono qui per aiutarti, non voglio lasciarti sola proprio in questo momento...”
“AIUTARMI? Ora?!! Cosa pensi di poter fare, eh?”- si alzò in piedi e si mosse verso di lui, facendolo arretrare. Il suo volto non prometteva niente di buono.
La situazione non era delle più floride. E Tsubasa non sapeva come uscirne.
 
“Allora?! Non mi rispondi, vero? Beh sappi che ora si può fare ben poco per migliorare la mia situazione!”- gridò con occhi di fuoco.
“Io... io pensavo fossi diverso, Tsubasa, e invece sei tale e quale a Ryo. Pensate di poter risolvere i problemi di tutti, con un solo sguardo, pensate che basti la vostra presenza per rimettere tutto a posto. Beh, ti dirò una cosa: ci sono problemi che non possono essere risolti. Bisogna intervenire prima che il disastro accada.”
Si scambiarono una serie di sguardi, poi Akane concluse la discussione prima che l'altro riuscisse ad aprire bocca: “Vattene Tsubasa. Fai i tuoi doveri da bravo agente e fregatene di me. Lasciami in pace.”
“No, Akane ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?”- sbottò Otori.
Lui non ci voleva credere.
Che cosa l'aveva trasformata in quel mostro? Che cosa?
Non riusciva a capire fino in fondo la situazione.
“Sei arrivato tardi mio caro, la mia vita oramai è già distrutta.”
“Ma perché dici così, Akane? Che cosa sta succedendo?”
“Ah non fare il finto tonto con me, sai!”- esclamò con rabbia la Tategami- “sono più che sicura che Ryo ti abbia già raccontato tutto!”- fece premendogli l'indice nel centro del petto.
“Io... io sono so di cosa tu stia parlando”- disse Tsubasa sconsolato, ormai senza più speranze.
“Vattene via”- si limitò a rispondere fredda l'altra, per poi voltarsi.
 
Non avrebbe voluto lasciarla lì da sola.
Ma non riusciva a trovare la forza di ribattere.
Tsubasa cominciò ad allontanarsi, con il cuore spaccato a metà nonostante neanche lui conoscesse il perché.
Akane invece tornò a sedersi e si prese la testa tra le mani.
Sembrava che stesse per scoppiare.
Passarono alcuni secondi, in cui la scena appena vissuta le passò veloce nella mente.
Rabbia, dolore e frustrazione si mescolavano nel suo cuore, creando una grande confusione.
E poi c'era qualcosa, qualcosa che lei non sapeva spiegarsi.
Un sentimento strano, l' ultimo barlume di lucidità rimasto nella sua mente.
Spalancò gli occhi, come colta da un terrore agghiacciante.
“Ma che cazzo ho detto?”- disse, odiando sé stessa.
Finalmente si era resa conto di quello che aveva fatto.
 
Alzò la testa, cercando disperatamente con lo sguardo il suo compagno di viaggio.
Lo vide, visibilmente distrutto, avviarsi lentamente verso l'uscita.
Si sentì uno schifo, più di quanto non si sentisse già prima.
Non avrebbe dovuto reagire così. Avrebbe voluto riavvolgere il nastro e ricominciare da capo.
Perché prima era solo lei a soffrire, ma adesso erano in due.
Un rimorso le divorava lo stomaco e saliva su, fino agli occhi.
“Ma perché, perché non riesco a far andare niente per il verso giusto!?”- si rimproverò.
 
 
Raggiunse l'uscita, malgrado il suo stomaco si contorcesse e lo facesse rimanere in piedi a fatica.
Lui proprio non capiva. In quei pochi giorni che l'aveva frequentata, credeva di essersi fatto un'idea del carattere di Akane Tategami: tendenzialmente scontrosa e irritabile (come suo fratello del resto) si era dimostrata anche solare e spiritosa.
Era un'abile agente nonché blader, con un passato decisamente oscuro alle spalle.
Tsubasa si voltò un'ultima volta.
Anche volendo non ce la faceva proprio ad andarsene senza di lei.
Se la immaginò seduta sulla sedia, nell'attesa di qualcosa che probabilmente non sarebbe mai arrivato.
Ma stranamente la sedia adesso era vuota.
“Chissà dov'è andata ora...”- pensò sospirando.
Poi si ricordò di Ryo: doveva avvertirlo dell'accaduto!
Frugò in tasca e prese il telefono, continuando a camminare.
Digitò lentamente il numero, non è che morisse dalla voglia di fare quella telefonata, ma almeno si sarebbe tolto il pensiero.
E poi... improvvisamente il fatto di essere da solo lo turbava.
Lui, il solitario e misterioso Otori.
Mah...
 
Avvicinò il cellulare all'orecchio e rimase in ascolto dei soliti tuu- tuu che precedono le risposte, finché...
“Fermati, non c'è bisogno”
Sentì sul braccio una pressione familiare.
“Io... io devo chiederti scusa Tsubasa”- continuò la figura, guardando il pavimento.
Il ragazzo smise anche di respirare, quasi avesse paura di rompere quella magia.
“Non volevo dire quelle cose prima... Ti ho trattato malissimo, quando non hai assolutamente nessuna colpa, anzi!”- disse con voce seria.
Lui premette ufficialmente il tasto CHIUDI CHIAMATA e le mise una mano sulla spalla.
“Akane...”- era tutto quello che riusciva a dire, dato che il suo cuore aveva ricominciato a battere come un pazzo.
Non sapeva cosa fare.
La giovane Tategami adesso tremava (un po' di vergogna e un po' di dolore) e non si preoccupava neanche più di trattenere le lacrime, che adesso correvano giù lungo il suo volto fino ad arrivare a terra.
“Perdonami... ti prego”
 
Sul volto del possessore di Eagle comparve un dolce, sincero sorriso.
Prese il polso della ragazza e la trasse a sé. La strinse forte al suo petto, cingendole la vita con le braccia.
“Non piangere più”- anche la sua voce tremava- “Non ti devi preoccupare, Akane.”- e le spostò il ciuffo di capelli che le copriva gli occhi bagnati.
“Lui... lui ha ucciso mio padre, ne sono sicura.... voleva i progetti a cui stava lavorando per la WBBA... lui li ha utilizzati sui bey della sua accademia!
E loro... loro sanno tutto! Ma non mi daranno mai una conferma quindi... non saprò mai la verità...”- disse velocemente Akane, in preda alla disperazione, premendo il viso contro la giacca dell'amico, che la guardava perplesso.
Lui? Loro? Progetti per la WBBA?
Sinceramente non capiva bene che cosa l'altra intendesse.
Ma per il momento non aveva importanza.
Era così bello tenerla stretta a sé...
 
E adesso che erano lì, abbracciati sulla porta d'ingresso dell'aeroporto, stavano meglio entrambi.
Forse ciò che per tanto tempo avevano cercato senza successo era semplicemente questo.
Qualcuno da abbracciare, da stringere, per sentirsi un po' più forti o un po' più coraggiosi.
Per dimenticare anche solo per qualche secondo il resto del mondo e ritrovare la pace.
Forse era proprio per questo che adesso si guardavano negli occhi e si sorridevano dolcemente.
 
 
 
Angolo dell'autrice
Ehilà!
-Ce ne hai messo di tempo, eh?-
Ehm, sì in effetti... meglio non contare i mesi che sono passati dall'ultimo aggiornamento di questa fic!
Chiedo umilmente perdono, non so che cosa mi sia preso, ma non riuscivo veramente ad andare avanti... Scrivevo due parole e ne cancellavo tre...
Sì, lo ammetto, è stata dura mettere in fila le idee per far tornare tutto decentemente.
Spero comunque di aver fatto un buon lavoro ;)
Non vedo l'ora di sapere che cosa ne pensate...
Perciò a presto!!!
- Sì come no... A presto... come minimo il prossimo aggiornamento sarà nel 2014...-
No, su via... non siate così pessimisti... Cercherò di impegnarmi il più possibile, ve lo prometto!
Ciao a tutti...
Mel

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Insieme, di nuovo
 
“Welcome home”
Radical face
 
“È stato lui, capisci? Lui è la causa di tutti i miei problemi. Lui e la sua stupida accademia.”
“E quindi... Mi stai dicendo che il dottor Ziggurat, quello su cui dovevamo cercare informazioni, è anche la stessa persona che ha fatto dirottare l'aereo sul quale viaggiava tuo padre?”- il suo tono era tra il sorpreso e lo scettico.
Akane si voltò verso Tsubasa. “Non mi credi, vero?”
“No, non dico questo. Solo che... è tutto così strano...”
La ragazza tornò a guardare fuori dal finestrino. “Ti capisco, sai... Non ho ancora le prove sufficienti. Quelli della WBBA non mi vogliono dire niente. Ma adesso basta, se non me la dicono loro, scoprirò la verità da sola...”
L'aereo sorvolava l'oceano, limpido e cristallino.
Akane sentiva brividi percorrerle la schiena. Non era una sensazione proprio piacevole...
Poi una mano calda sfiorò la sua.
“Io sono con te Akane. Ricordatelo.”
Quella frase strappò al suo volto teso un sorriso sincero.
Appoggiò la testa sulla spalla del compagno di viaggio e chiuse gli occhi.
“Grazie”- sussurrò con un filo di voce.
 
 
La meccanica sbadigliò, coprendosi la bocca con la mano.
Nell'altra stringeva una tazza di caffè bollente.
Poggiati sul tavolo c'erano dei biscotti, un vasetto di marmellata ormai vuoto e un giornale di due o tre giorni prima.
Lo sguardo di Madoka diceva tutto: certamente di domenica mattina avrebbe voluto svegliarsi un po' più tardi delle sei e mezza.
Ma si sa, quando si hanno dei blader come amici, questi sono rischi che bisogna mettere in conto.
“Ginka ma tu hai una minima idea di che ore siano?!”- fece la giovane.
“Ma che importanza ha?! Dai Madoka fammi questo favore! Ho bisogno che tu controlli Pegasus, tra qualche ora ho una sfida con Kyoya, devo essere al massimo!!!”
La povera ragazza non ci provava nemmeno più a ribattere. Sarebbe stato come parlare al muro.
“Ma in tutta la WBBA non lo trovavi un meccanico a cui far vedere Pegasus?”
“No, a quest'ora no...”- disse il rosso cercando di pulire il barattolo della marmellata con il dito indice- “... e poi tu sei la migliore, Madoka!”
Come no... Questa l'aveva già sentita almeno una cinquantina di volte.
“Fai poco il ruffiano, per favore...”-sbuffò la meccanica. Non si può dire che fosse proprio cordiale, ma c'è anche da sottolineare il modo in cui era stata brutalmente svegliata.
 
La poverina si era quasi presa un infarto quando aveva ricevuto la telefonata del suo amico.
“MADOKAAAAAAAA!!!!!!!!! Devi assolutamente aiutarmi!”
“Eh?!”- aveva risposto lei
“Ho un problema urgentissimo! Ti prego mi devi aiutare!”
E così, pensando a chissà quali sciagure potessero essere capitate al possessore di Pegasus, lei lo aveva ingenuamente invitato a casa sua, nonostante il suo orologio segnasse le 6.00.
Immaginatevi la sua faccia quando si era resa conto che il grande, enorme problema di quest'ultimo consisteva nel fatto che erano da ben due giorni che non faceva revisionare il suo bey.
Comunque, qualunque fosse il problema, adesso erano entrambi seduti al tavolo della cucina di casa Amano e facevano colazione, illuminati dalla flebile luce del giorno nascente.
 
Gli occhi di Madoka passarono dalla sua tazza fumante a Ginka, che per riuscire a raccogliere persino l'ultimo briciolo di marmellata aveva infilato direttamente tutta la mano nel barattolo e adesso la leccava soddisfatto.
La giovane scoppiò in una sonora risata.
“Ma che hai fatto?!”- disse sorridendo all'amico.
“Sarebbe stato un peccato lasciare della marmellata sul fondo, no? È così gustosa...”
Madoka gli porse un tovagliolo.
“Sì, forse hai ragione...”
Rimase a fissarlo, incantata.
Era tutto così “surreale”. Ogni cosa le faceva pensare di essere in un sogno.
E adesso che ci pensava, tutte le volte che era insieme a Ginka si sentiva così.
Le sembrava di fluttuare nel vuoto.
Anche se era domenica, e lei era sveglia dalle sei e mezza.
Anche se l'ultima cosa che voleva fare era revisionare Pegasus, che tra l'altro era sempre in ottima forma.
Nonostante tutto, lei continuava a volteggiare nell'aria. Ed era felice.
 
“Dai”- disse ad un certo punto, alzandosi- “Andiamo a vedere come sta il nostro amato bey”
Ginka fece per seguirla, ma prima che potessero uscire dalla stanza la afferrò per un braccio.
“Grazie di tutto, Madoka. Sei unica, davvero”- e, con grande sorpresa di quella, le diede un bacio sulla fronte.
Lei diventò tutta rossa.
Sì, adesso stava decisamente volando.
 
 
“Allora, che pensi di fare adesso?”- fece il possessore di Eagle, raccogliendo da terra lo zaino con i vestiti che si era portato in missione.
“Mh?”- disse per tutta risposta l'altra, mettendosi a tracolla una borsa nera.
“In che senso?”
“Voglio dire... andrai a chiedere spiegazioni a Ryo? Vuoi avere da lui la verità sul tuo passato?”
I due si avviarono verso l'uscita dell'aeroporto.
Vennero travolti dalla luce del sole del primo mattino. Saranno state sì e no le sette.
“No, credimi ci ho già provato... È tutto inutile con lui”- rispose Akane.
“Adesso... adesso devo andare a sistemare i conti con qualcun altro. Penso che sia arrivato il momento giusto”
Tsubasa sapeva a chi si stava riferendo.
“Tu? Immagino che tornerai subito alla WBBA per consegnare il tuo rapporto della missione...”
“Eh sì... Il dovere mi chiama...”- fece sorridendo- “A proposito... hai già scritto il tuo, vero?”
“E quando lo avrei dovuto scrivere secondo te? Stanotte sull'aereo? Ma fammi il piacere...”- sbuffò l'altra.
“Sì in effetti hai ragione...”
“Certo che ho ragione... Comunque, non ti preoccupare: saprò inventarmi qualcosa da scrivere in quel dannato rapporto...”- disse tranquilla Akane.
Poi guardò l'orologio del telefono.
7.30, comparve scritto sul display.
“Sarà bene che mi muova... Devo assolutamente andare.”- mormorò.
Si tolse la tracolla e la porse a Tsubasa, che la guardò stupito.
“No, scusa, ma che dovrei farci io con la tua borsa?”
“Mah, fai un po' te... Facci un po' quello che ti pare, basta che non spii tra la mia biancheria...”- disse l'agente sghignazzando.
Il povero Tsubasa diventò tutto rosso.
Akane imboccò a passo svelto la strada alla sua sinistra.
Ma pochi secondi dopo sentì gridare il suo nome alle sua spalle.
“Akane!”
Lei si voltò.
“Che c'è ancora?”
“Akane che hai fatto al braccio?”- le domandò Tsubasa.
“Niente, che vuoi che abbia fatt...”- le parole le morirono in bocca.
Notò con suo grande orrore la condizione del suo mantello in corrispondenza del braccio destro.
Un'enorme chiazza rossa continuava lentamente ad espandersi.
“Dannazione, la ferita...”- sibilò.
Il Taglio che Kerbeks le aveva procurato in America non si era ancora rimarginato. E continuava per giunta a sanguinare di tanto in tanto.
Ma non aveva il tempo di spiegare tutto l'accaduto a Tsubasa.
Aveva di meglio da fare.
“Nulla, sta' tranquillo!”- e cominciò a correre lungo il marciapiede.
Lasciando l'amico impalato come un baccalà davanti alla porta d'ingrasso principale dell'aeroporto.
***
 
“Ahahahah! Vai Pegasus!”
“Coraggio Leoneee! Distruggilo!”
Ebbene sì: era finalmente giunta l'ora della battaglia.
Quella che Ginka non vedeva l'ora di disputare, per la quale si era svegliato in preda all'eccitazione.
Kyoya non era poi così motivato, stava decisamente attraversando un periodo di brutti pensieri.
Ma, cosa c'è di meglio per schiarirsi le idee se non una vittoria a beyblade?
Questa sembrava veramente la volta buona: finito lo scontro avrebbero finalmente stabilito chi fosse tra i due il blader più forte.
Per questo stavano utilizzando tutte le loro risorse, tutte le loro energie e tutte le loro capacità.
Il risultato era uno scontro a dir poco emozionante, con mille colpi di scena.
Peccato che non ci fosse nessuno ad ammirarlo...
O almeno così pensavano i nostri amici. (ahahahha! *risata malefica* NdAutrice)
 
“Forza Pegasus non mollare!”- gridò Ginka.
“Leone! Avanti ce la puoi fare!”- fece Kyoya.
Entrambi erano giunti allo stremo delle forze.
Ormai erano quasi venti minuti filati che quei bey non si davano tregua.
E come si può facilmente immaginare, quando le loro mosse speciali si scontrarono si sollevò un gran polverone.
Quando la polvere si diradò la scena che si presentò era facilmente intuibile: Ginka e Kyoya erano distesi a terra, stremati.
Dopo alcuni secondi i blader ricominciarono a dare segni di vita.
Ginka fu il primo a riprendersi. Guardò speranzoso in direzione del campo da gioco.
Ma purtroppo Pegasus aveva smesso di girare.
Poco dopo anche Kyoya si alzò da terra.
“Ah! Ma non è possibile che i nostri combattimenti finiscano sempre così!”- esclamò visibilmente scocciato.
“Eh già... Pare che non ci sia un numero uno tra noi due..”- disse Ginka raccogliendo il suo bey un po' malandato.
“Non lo dire nemmeno per scherzo!”- ruggì l'altro- “Lo sappiamo entrambi che sono io il migliore!”
“Come no... e perché non mi hai ancora battuto?”- Ginka doveva ammetterlo, era divertente provocare Kyoya.
“Upf... era tutto calcolato...”- ribatté lui- “se ti avessi battuto non avresti più fatto parte della lista dei miei più grandi rivali!”
“Aaaah, ecco perché...! Un momento... quindi non sono il tuo unico rivale?! E chi sarebbero gli altri?”- la conversazione si concluse lì perché Ginka venne interrotto da uno strano rumore...
 
“Ma chi è che sta applaudendo?!”- disse.
“Credevo che fossimo soli quaggiù...”- fece Kyoya, cercando di individuare un'altra persona oltre a loro in quel luogo deserto.
Fu in quel momento che la vide.
Sentì il suo cuore accelerare i battiti.
Era davvero lei.
Certo, in quegli anni era cambiata un po', ma l'avrebbe riconosciuta anche tra altre mille ragazze.
Era più alta, aveva i capelli più corti e ovviamente vestiva in maniera molto diversa dall'ultima volta che l'aveva vista.
Ma quegli occhi non mentivano.
E quelle cicatrici sulle guance erano inconfondibili.
 
“Wow! Che meraviglioso combattimento! Fantastico!”- gridò la ragazza.
Quella voce...
“Akane...”- sussurrò Kyoya tra l'incredulo e lo sconvolto.
“Cioè, tu la conosci?!”- adesso anche Ginka era incredulo.
“Ma certo che mi conosce!”- la misteriosa giovane sorrise, mostrando un bel paio di canini proprio come quelli di Kyoya- “Io sono la sua rivale numero uno!”
Con un balzo si ritrovò di fronte a Kyoya, che la guardava perplesso.
“Allora Kyoya... Alla fine ci si rivede...”
Quel sorriso che aveva stampato sul volto non era molto rassicurante.
Celava infatti dolore e solitudine, ma anche tanta rabbia e forse un po' di paura.
E Kyoya questo lo sapeva.
“Ciao Akane...”- riuscì solo a dire.
 
Bisogna ammetterlo, ce n'era voluto di coraggio per guardarlo nuovamente in faccia.
Ce n'era voluta di forza, per abbozzare quello stupido sorriso.
Ma alla fine era andata.
Perché doveva chiarire una volta per tutte il dubbio che non la faceva dormire la notte.
Doveva, voleva sapere.
Il nodo alla gola le impediva di parlare.
Così i due scelsero di trattare la questine nell'unico modo a loro conosciuto: con una battaglia.
 
Dopo dieci minuti quei due già combattevano.
Ginka si stava lambiccando il cervello per capire cosa avesse a che fare quella ragazza con il suo amico, ma qualunque ipotesi pensasse sembrava troppo strana per essere vera.
“Certo che sono agguerriti...”- pensò.
In effetti il combattimento non si era rivelato una passeggiata per Kyoya.
Akane riusciva a tenergli testa con il suo Storm Cancer.
Ma il suo modo di 'giocare' era strano. Sembrava ci fosse una grande rabbia dentro di lei.
E Ginka capì presto il perché.
 
“È inutile che mi guardi così! Io non sono pentito e mai lo sarò per essermene andato! Ho fatto quello che sentivo! Dopotutto papà lo diceva sempre di seguire l'istinto!”- gridò Kyoya, per superare il rumore provocato dai suoi tornado.
“Ah si? Beh se è per questo lui diceva di usare anche il cervello!!! Tu il tuo dove lo hai messo quando hai deciso di partire, eh? Non hai pensato a chi rimaneva a casa ad aspettarti tutte le sere nella speranza che tornassi???”- le lacrime di Akane scorrevano copiose lungo i suoi lineamenti, deturpati dalle cicatrici.
“A chi dovevo pensare? Senza papà  la vita sarebbe stata insostenibile! Te l'ho detto e te lo ripeto: non sono pentito di essermene andato e non ho niente sulla coscienza!”- il suo volto del blader tradiva le sue parole. Non era quello che pensava, sapeva di avere sbagliato ma non voleva ammetterlo. Sapeva di averla fatta soffrire tantissimo quando se n'era andato...
 
A quelle parole Akane richiamò il suo bey. Non aveva più voglia di combattere.
Voleva guardare in faccia la persona che le aveva detto tutte quelle cose.
No, non ci voleva credere che suo fratello le avesse parlato così.
Davvero non si rendeva conto del male che le aveva fatto?!
 
“Dimmi che stai scherzando, Kyoya. Dimmi che non credi veramente in quello che mi stai dicendo.”
Stringeva con rabbia il bey nella sua mano e lentamente si avvicinava a lui.
Già, lui. Una delle persone più importanti della sua vita.
Adesso la rabbia dentro di lei era veramente incontenibile.
Il suo sguardo era intenso e profondo.
Ma profondo era anche il dolore che Kyoya vi leggeva dentro.
“Dimmi che non dicevi sul serio...”- ripeté lei con tono cupo.
Ad ogni passo in avanti che faceva, il ragazzo si sentiva più in difficoltà. Come intrappolato in una via senza sfondo.
“Io... io... vedi io..”- tentò di dire il possessore di Leone. Ma non riuscì a finire la frase.
Perché Akane gli tirò un bel ceffone.
Tanto meglio, perché non avrebbe saputo come continuare.
Poi la ragazza scoppiò a piangere.
Ma non si coprì il volto con le mani.
Rimase lì impietrita davanti al fratello, con le lacrime che le solcavano le guance.
Ma poi il dolore si fece troppo grande. Si mise in ginocchio, sulla polvere di quella specie di stadio.
Non ne poteva veramente più.
 
Il cuore del possessore di Leone si strinse nel vedere la sorella ridotta in quel modo.
In un attimo, si rese conto di avere davanti a sé tutto ciò che restava della sua famiglia.
Una famiglia disastrata.
Capiva il dolore della sorella.
Ma probabilmente lei non riusciva a comprendere il suo.
Si chinò su di lei.
 
“Io... Akane, perdonami. Lo so che ti ho fatto soffrire tantissimo quando me ne sono andato. Lo so che tu mi hai sempre aspettato e che ti ho trattato malissimo quando sei venuta a cercarmi. Però devi sapere che guardarti negli occhi, stare con te per me è...”- tentò di dire.
“... doloroso, non è vero?”- concluse lei.
Kyoya abbassò lo sguardo.
“Sì...”- disse guardando per terra- “... e mi dispiace”
Probabilmente mi sbaglio, ma quella che scivolò subito dopo giù lungo la sua guancia era una lacrima. (“No autrice decisamente ti sbagli... Sarà stato sudore...” NdGinka     “Ehi! Ginka! Come ti permetti di rovinarmi questa meravigliosa scena!” NdAutrice)
Si guardarono negli occhi e non poterono fare a meno di notare quei segni, i ricordi indelebili di quel maledetto giorno.
Ma non faceva poi così male ricordare, adesso che erano di nuovo in due.
I due si abbracciarono dopo tanti anni che non lo facevano.
“Ti voglio bene, Kyoya.”- disse Akane.
“Anche io ti voglio bene, sorellina. E ti prometto che non ti farò più soffrire tanto...”
Kyoya sorrise. Era piacevole stare di nuovo tra le braccia di sua sorella.
Inutile dire che le era mancata tanto, anche se non lo aveva mai dato a vedere.
Avrebbe voluto rimanere in quella posizione per sempre.
Poi l'abbraccio si fece più debole e il corpo di Akane più pesante sopra il suo.
E quel meraviglioso incantesimo si spezzò.
***
 
Correva da dieci minuti per gli affollati marciapiedi di Tokyo.
Ma non era stanco.
Le sue gambe andavano avanti da sole e non avevano intenzione di fermarsi, se non davanti all'officina di Madoka.
Da quando aveva sentito quel nome, nel suo corpo aveva cominciato a circolare una strana energia.
Akane...
Quelle cinque lettere risuonavano, rimbombavano nella sua testa.
E gli davano la forza di correre sempre più veloce.
Sorrise, pensando a ciò che era successo dieci minuti prima nel grande edificio della WBBA.
Ryo doveva averlo preso per pazzo...
 
(flashback)
Un rumore di tacchi sul pavimento interruppe i pensieri di Tsubasa, intento a guardare fuori dalla grande finestra dell'ufficio del padre di Ginka.
“Ehm, signore... c'è una chiamata di Ginka e Kyoya... sembra urgente...”- disse Hikaru visibilmente agitata.
Da quando Tsubasa era entrato nella sede della WBBA senza Akane, lei era stata colta da una frenesia incontrollabile. Erano giorni che si preoccupava per la sua amica e avrebbe veramente voluto vederla, accertarsi che stesse bene.
Ma lei non era venuta e Hikaru si era dovuta accontentare delle parole di Tsubasa: “Non ti preoccupare, sta bene. Adesso però ha bisogno di stare da sola, di rimettere insieme i pezzi del suo passato disastrato. Tranquilla, ok?”
No che non stava tranquilla.
Akane era appena tornata dall'America, dove suo padre era morto.
Aveva affrontato due settimane di scoperte per lei devastanti.
Adesso avrebbe potuto commettere qualsiasi pazzia. Come ad esempio quella di andare a cercare Kyoya.
“Come si fa a stare tranquilli...”- mormorò la giovane dai capelli celesti.
“Come hai detto, Hikaru?”- fece Ryo dalla sua scrivania.
“No, assolutamente niente, signor direttore... Le passo subito la chiamata sul computer!”- esclamò uscendo.
 
Tsubasa intanto si era avvicinato alla scrivania del suo 'capo', incuriosito dalle parole della segretaria.
Pochi secondi e sullo schermo gigante del computer del direttore apparve la faccia di Ginka.
“Papà! Senti non abbiamo molto tempo... Siamo all'officina di Madoka... Abbiamo urgente bisogno di un medico...”
“Presto!”- la voce di Kyoya fuoricampo era tremante, ma decisa.
Tsubasa era impressionato.
Non aveva mai sentito Kyoya in quello stato.
“Che succede ragazzi?”- chiese sporgendosi.
“Ehm vedi... è una lunga storia... Akane, la sorella di Kyoya, è venuta da molto lontano fino a qui...”
Ginka cominciò a raccontare tutto l'accaduto, mentre Kyoya diventava sempre più agitato...
Ma Tsubasa non stava ascoltando.
Si era fermato alla parola Akane.
La sua mente si era riempita di immagini che non aveva potuto ignorare.
Il suo cuore aveva cominciato a battere sempre più forte, quasi da far rumore.
Un'ondata di adrenalina percorse il suo corpo.
E cominciò a correre.
“Tsubasa! Dove vai?!”
Via da quell'edificio, via da quell'ufficio.
Al diavolo la WBBA e tutti i suoi doveri.
Adesso tutto il resto non contava.
C'era solo lei di veramente importante.
(fine flashback)
 
Raggiunse la porta dell'officina nell'esatto istante in cui l'auto del dottore chiamato da Ryo stava parcheggiando lì di fronte.
Suonarono e ad aprirli venne una Madoka esasperata e al contempo sconvolta: “Finalmente!”
Il dottore si precipitò subito da Kyoya che teneva tra le braccia il corpo immobile di Akane.
“Oh, ciao Tsubasa... immagino ti abbia mandato Ryo...”- disse la meccanica chiudendo la porta.
“Ehm, non esattamente...”- disse lui- “Madoka che è successo?”
“Io... io non lo so. So solo che quando sono andata ad aprire la porta mezz'ora fa, davanti c'erano Ginka e Kyoya, con una ragazza in braccio. Io li ho fatti entrare e... ed è allora che l'ho visto...”
Madoka aveva gli occhi fissi e una mano davanti alla bocca. Era pallida e spaventata.
Intanto l'agente notò le due figura, seguite da Ginka, portare Akane al piano di sopra, nella camera di Madoka.
“Che cosa hai visto?”- disse poi guardando serio Madoka.
Lei sembrò essere sull'orlo di un pianto trattenuto a stento: “ehm... il sangue...”- disse infine mostrando a Tsubasa la chiazza rossa sul pavimento del salotto.
Entrambi rimasero lì immobili per alcuni istanti, fissandola.
Poi la padrona di casa si trascinò in cucina e tornò con in mano uno straccio.
Tsubasa glielo tolse subito di mano: “Ma che fai? No, Madoka non ti lascerò pulire. Non lo vedi come sei sconvolta? Siediti un attimo in cucina, fatti una tazza di tè e non pensare più a quello che è successo.”
Lei lo guardò un po' intontita: “Oh, beh... grazie Tsubasa... io... non so che dire... mi dispiace aver reagito così...”
“Non ti preoccupare, succede a volte... a molti il sangue fa impressione.”- disse spingendola in cucina e mettendosi a pulire.
Anche lui comunque non aveva una bella cera.
Non era impressionato, né tanto meno schifato. Era... turbato.
Un sacco di scene gli frullavano in testa. Aveva paura. Aveva paura che Akane si fosse fatta male sul serio. Che avesse fatto una pazzia, proprio come diceva Hikaru.
Perché, era inutile negarlo, ci teneva un sacco lui ad Akane.
L'aveva portata via dall'America credendo che in Giappone non avrebbe più sofferto.
E adesso non sapeva se aveva avuto ragione o torto.
 
“Mi perdoni Akane? Mi hai perdonato, vero?”
Nella stanza di sopra intanto Kyoya era seduto per terra. E parlava da solo, le spalle appoggiate al divano dove avevano sistemato sua sorella.
Ginka e il dottore se ne erano tornati al piano inferiore e lo avevano lasciato solo.
“Giurami che non ti sei fatta niente, Akane. Giuramelo, ti prego.”
Nessuna risposta.
E Kyoya sprofondava sempre più in basso. La tristezza, sentimento che era sempre stato in grado di domare, adesso lo sopraffaceva, lo tormentava, lo avviliva.
E il silenzio gli distruggeva la mente.
Ecco perché non avrebbe mai voluto rivederla.
Perché Akane sconvolgeva il suo mondo. Lo mandava in confusione.
“Perché sei tornata Akane? Che te ne fai di un fratello come me? Un fratello maggiore che non ha mai saputo fare il suo dovere, che ti abbandonato nel momento esatto in cui sono cominciate le difficoltà...”
“Non sono tornata per te”
Kyoya si voltò di scatto.
Akane era seduta, lo guardava e lo invitava con la mano a sedersi accanto a lei.
Lui ubbidì e si sistemò sul divano, senza mai distogliere lo sguardo da lei.
“Sono stata in America in missione, sono tornata stamattina”
Sorrise. Un sorriso amaro, tremendo.
Kyoya capiva. Non riusciva a dire niente, ma sapeva bene come si dovesse sentire la sorella.
“Sono a tanto così, Kyoya. Sono a tanto così dalla vendetta. E con questo torneo mondiale sarà tutto più semplice”
Kyoya sospirò. Al contrario di quello che si poteva pensare, in questo caso lui non cercava la vendetta. Gli sarebbe bastato semplicemente riuscire a dimenticare.
“Perché, Akane? Immaginavo che avresti cominciato a lavorare alla WBBA come papà, che avresti fatto l'agente segreto. Ma perché ti ostini a cercare quell'uomo, perché non lasci che questa storia ti scivoli addosso senza fare niente? Non sei stanca di combattere contro qualcosa che non vedi?”
Lei lo guardò con disprezzo.
“Non hai voce in capitolo, Kyoya. Per prima cosa perché tu te ne sei andato quel giorno, hai fatto la tua scelta. Ma io sono rimasta, e non puoi immaginare ciò che ho passato. E poi io della mia vita faccio quello che voglio. Se voglio fare l'agente segreto per la WBBA lo faccio. Se decido che voglio fare della vendetta il mio scopo di vita, lo faccio. E tu non me lo impedirai.”
Eccola lì.
Era finalmente tornata del tutto.
L'Akane testarda, determinata, incontrollabile.
Quella che se ha un obiettivo, lo porta a termine a costo della vita.
“In questo modo ti stai distruggendo...”- fece il fratello.
“Lo sai che non me ne importa niente. Non ho nulla da perdere, dopotutto.”
Kyoya posò gli occhi sulla lunga cicatrice sul braccio di Akane.
“Guarda come ti riduci...”- mormorò.
“Non è niente”- rispose prontamente lei, premendo con la mano sulla guancia del fratello.
Lui per un attimo si lasciò invadere dal quel dolore, poi si ritrasse, in modo che non potesse raggiungerlo.
“Sarà anche niente, ma per poco non hai rischiato che ti dovessero tagliare il braccio”
“Sei esagerato!”- sorrise lei- “Si era solo infettata un po', non avevo avuto il tempo di curarla.”
I due si fissarono per un po'.
“Eri con Tsubasa, in America?”- disse infine Kyoya.
“Ehm... sì, perché me lo chiedi?”- esitò lei.
Kyoya sorrise misteriosamente.
“Che hai da ridere?!”- esclamò lei irritata.
“È giù che ti aspetta.”
“Ma che stai dicendo?!”- Akane diventò tutta rossa, suscitando ancora di più le risa del fratello.
“Che cosa è successo tra voi due, in America..?!”- fece lui alzandosi.
Per lui era sempre stato uno spasso infastidire la sorella.
Tipico dei fratelli maggiori...
“Nulla! Cosa vuoi che sia successo! Ma che ti viene a mente, Kyoya!”- esclamò lei, sempre più rossa in viso.
“Ahah, va bene, va bene... sarà come dici tu... Dai, vado al piano di sotto... Madoka prima era a dir poco sconvolta, dovrò spiegarle qualcosa, non credi?”
Detto questo, le passò una mano tra i capelli, scompigliandoli.
“Kyoya!”- sentì quando era ormai già fuori dalla porta.
“Sì?”
“Non sei poi così male, come fratello.”
 
 
Angolo dell'autrice
Ok... sì lo so, lo so!
Sono ANNI che non aggiorno questa fic. Quasi mi vergogno a farmi viva oggi, a quest'ora...
-E fai bene!-
Sì sì, è vero... sono una pessima autrice... come si può essere così lenti?!
Ok, adesso basta autocommiserazione... Spero di ricevere qualche recensione, vorrei sapere osa ne pensate di questo capitolo...
In genere chiudo con “ A presto...”, ma oggi è meglio che non lo faccia... non vorrei che mi arrivasse qualche bastonata in testa! Non voglio rischiare...
Ci sentiamo, d'accordo?
Mel

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Il fascicolo non mente
 
“Sono solo parole”
Noemi
 
“In nome della nostra amicizia (sempre ammesso che ci sia), adesso tu devi aiutarmi!”
Silenzio. In nome della nostra amicizia...
“Akane, da quando siamo amiche? Salutarsi quando ci vediamo per i corridoi non è necessariamente segno di amicizia, mi pare...”- fece esitante la ragazza, schiacciata contro la parete del bagno.
“Non ti ho chiesto troppo, mi sembra... devi solo dirmi come fare ad entrare nella stanza dei fascicoli personali. Tutto qui.”- Akane cominciava seriamente ad agitarsi. Pensava che almeno lei le sarebbe venuta in contro, e invece...
“No, non posso dirtelo, Akane. Mi spiace, ma non voglio proprio aiutarti a rubare il tuo fascicolo...”
“Ma cosa te ne importa di quello che faccio io, eh Hikaru? Nessuno verrà a sapere che mi hai aiutato, anche mi dovessero scoprire non farò mai il tuo nome... Contenta adesso?! Di cosa hai paura? Di perdere questo stupido lavoro?!”- disse stringendole la manica della camicetta.
“No, non è questo...”- Hikaru era seriamente in soggezione.
“Ah, va al diavolo Hikaru! Come sempre dovrò cavarmela da sola! Grazie mille!”- sbottò infine Akane, aprendo la porta del bagno in malo modo.
A lunghi passi si avviò verso l'ascensore, senza guardare in faccia a nessuno, come era solita fare. Trattava tutti i dipendenti della WBBA come vermi.
Non voleva aiutarla, eh? Bene: avrebbe fatto da sola. In fondo non aveva bisogno di lei, sapeva che sarebbe riuscita nel suo intento in ogni caso.
“Akane! Aspetta!”- sentì gridare alle sue spalle , quando aveva già un piede dentro all'ascensore.
Sì voltò, fissò lo sguardo sulla figura che correva verso di lei.
Spinse immediatamente il bottone del quindicesimo piano.
Hikaru fece appena in tempo ad entrare, prima che le porte si chiudessero e l'ascensore cominciasse a salire lentamente.
“Akane... sembrerebbe quasi che tu mi volessi chiudere fuori...”- disse la segretaria, riprendendo fiato.
“Non è che sembra... è proprio così, mia cara”- rispose immediatamente Akane, trafiggendola con le parole.
Hikaru rimase in silenzio, osservando la ragazza che aveva davanti.
Era cambiata, non c'era dubbio. Qualunque cosa avesse scoperto in America, l'aveva fatta arrabbiare. L'aveva resa più determinata che mai a raggiungere il suo scopo. Che per adesso Hikaru ignorava.
“Perché Akane? Perché vuoi a tutti i costi leggere il tuo fascicolo?! Cosa pensi di trovare là dentro?!”- fece la segretaria esasperata.
“Non è il mio fascicolo che voglio leggere...”- sussurrò l'altra in un soffio.
“Cos'hai detto?”
“Niente, Hikaru. Ho detto che voglio semplicemente scoprire la verità”- tagliò corto l'agente.
“Io credo che la verità sia scomoda, a volte... non credi anche tu? Che faccia male, molto male. C'è davvero bisogno di scoprire la verità, adesso?”- fece la segretaria guardandola negli occhi.
“Non si può vivere per sempre sotto una campana di vetro. Certo, la verità fa male. Ma, Hikaru, non pensi che arrivi un momento in cui tutti devono sapere la verità?”
“Sì, Akane.... Ma mi spaventa.”
“Che cosa? Ne abbiamo già parlato prima, se devi farla tanto lunga...”
“No, non è l'azione (decisamente sbagliata e fuori dalle regole della WBBA) a spaventarmi. Ho paura per te.”- la interruppe Hikaru in tono deciso.
“Per me?!”- fece l'altra di rimando, quasi ridendo.
“Sì. Ho paura che tu soffra. Non so niente del tuo passato, l'avessi saputo te lo avrei detto di persona. Ma da come ne parla Ryo ho capito che è una questione delicata. Akane, non voglio che tu stia male.”
Seguirono attimi di silenzio.
Akane la guardava, un po' rossa in viso.
Nessuno le aveva mai detto una cosa del genere.
Non aveva mai avuto una vera e propria amica.
“...Ma in nome della nostra amicizia, ti aiuterò”- finì la segretaria sorridendo debolmente.
E quando le porte dell'ascensore sul quindicesimo piano, le loro mani si strinsero tra loro istintivamente
 
“Allora... qual è il piano?”- disse piano Hikaru.
“Il piano è questo: io mi avvio verso la finestra laggiù, con la mia solita espressione truce, così l'addetto alla sorveglianza non mi rivolgerà neppure la parola. Tu dopo qualche minuto corri da lui e con una scusa qualsiasi lo allontani dalla porta. Siamo d'accordo?”- rispose Akane, avviandosi senza aspettare una risposte.
La segretaria se la stava facendo sotto per l'agitazione. E da una parte un po' si vergognava per questo.
Aveva avuto il coraggio di andare avanti dopo la morte di sua madre, e adesso non aveva il coraggio di imbrogliare l'uomo della sicurezza?! Roba da matti.
Ma aveva promesso, e adesso era il momento di entrare in scena.
 
“AAAAAH!”- gridò, svoltando l'angolo, correndo verso l'uomo.
Era tutta rossa in viso, si vergognava tanto di quello che stava facendo.
“Ehm... che succede?!”- borbottò quello, tutto scombussolato. Probabilmente si era addormentato.
“O mamma! Meno male che l'ho trovata!”- continuò Hikaru.
“Che c'è? Che succede?!”
“Lei non può capire! È stato terribile! Presto, presto! Cosa ci fa ancora qua?!”- Hikaru prese ad agitare confusamente le mani. Poi afferrò la giacca dell'agente ed iniziò ad trascinarlo via.
“Deve correre, mi ha sentito? Cosa ci fa ancora qui! Ho visto dei tipi loschi che si aggirano al piano di sotto! Mi deve aiutare!”
La sua voce era uguale a quella delle bambine viziate quando fanno le bizze, pensò Akane. Ma per adesso sembrava funzionare e lei non aveva un minuto da perdere.
Girò la maniglia ed entrò nell'archivio dei fascicoli, puntando dritta sul cassetto nell'angolo della stanza, sul quale stava stampata sopra una T gigante.
Aprì il cassetto con una mossa secca e rovistò un poco, finché non riuscì a trovare ciò che stava cercando.
“Eccolo”- sussurrò, e il suo sguardo si illuminò di una luce pericolosa.
Non era eccitazione, la sua. Era solo quella voglia perversa, e adesso soddisfatta, di sapere.
Dopo tanto tempo passato a porre domande che non ricevevano mai risposta, avrebbe finalmente saputo tutto quello che era successo.
Avrebbe avuto le prove di cui aveva bisogno.
Avrebbe potuto rendere legittima la sua vendetta.
Tutto questo era sbagliato, sbagliatissimo. E lei lo sapeva.
Ma non poteva fermarsi. Non ci riusciva.
Quella ferita che si portava da più di due anni dentro bruciava, troppo per non essere ascoltata.
 
Uscì dopo aver nascosto il fascicolo sotto la maglia.
Ancora Hikaru non era tornata. Akane sorrise.
In quel momento sarà stata in giro per quell'enorme edificio, affiancata dal tipo della sicurezza, alla ricerca di alcuni ragazzi “decisamente loschi” nascosti chissà dove nella WBBA.
E brava Hikaru. Doveva ammetterlo, forse non ce l'avrebbe fatta senza di lei.
Si affacciò nel primo ufficio vicino.
“Ho bisogno del suo rossetto, grazie”- disse alla segretaria. (Della serie “Buone maniere saltatemi addosso!” NdA)
“Come prego?”- disse quella confusa e alterata allo stesso tempo.
“Il suo rossetto. Grazie”- scandì meglio l'agente segreto.
Non sarà stato certo un modo gentile di chiedere le cose, certo Akane il galateo preferiva lasciarlo sotto il letto piuttosto che portarlo alla WBBA, ma una cosa era sicura: il suo era un metodo che funzionava.
Dopo uno sbuffo, la segretaria le allungò il rossetto.
“Che cosa ci farà mai con il mio rossetto...”- bisbigliò appena Akane fu uscita.
“Lo vedrai presto tesoro...”- fece per tutta risposta quella dal corridoio.
 
 
Hikaru non ne poteva più.
Aveva passato tre ore girando come una pazza per la sede, trascinandosi dietro l'uomo della sicurezza, che tutto aveva tranne voglia di lavorare.
Alla fine si erano fermati entrambi alla mensa e dopo il pranzo l'uomo era apparso decisamente più in forze. Ed infatti aveva provato a rimorchiarla.
Poco ci era mancato che Hikaru gli tirasse un ceffone in pieno viso.
Al commento: “Trovo che le sue siano davvero della gambe stratosferiche. Gambe da ballerina. Magari potremmo andare a ballare insieme un giorno...” la povera segretaria aveva dovuto mettere un freno a tutta quella situazione ridicola.
Aveva gridato : “La smetta immediatamente signor Kumimoto!” talmente forte che aveva attirato l'attenzione di tutto il dodicesimo piano.
E a quel punto l'uomo, troppo in imbarazzo per poter continuare, si era dileguato ed era tornato al suo abituale posto di lavoro.
Hikaru lo aveva seguito, mantenendosi ad una certa distanza, per assicurarsi che Akane non fosse ancora nei paraggi dell'archivio.
E adesso era lì, nel corridoio che dà sulla finestra, immobile e con un sorriso strano stampato sulla faccia.
Incredula, mosse alcuni passi avanti. Si dette un piccolo pizzicotto, per capire se stesse sognando.
Ma era tutto vero.
 
SARESTI UNA FANTASTICA ATTICE
GRAZIE
 
Ecco cosa c'era scritto in rosso sulla finestra vicino all'archivio.
***
 
Chiuse il bagno a chiave e si sedette per terra.
Non poteva più aspettare.
Aprì con le mani tremanti la cartellina blu.
E sprofondò in quella terribile lettura.
 
 
TATEGAMI, YORI
Impiegato, sezione progetti e novità
Entrato nella società ancora ragazzino, chiamato per le sue grandi ed evidenti capacità nell'ambito meccanico dei beyblade.
Dopo alcuni corsi, è diventato ben presto uno dei più validi di tutta la WBBA.
Ha immediatamente costruito, utilizzando materiali del tutto innovativi per quel periodo, diverse punte da prestazione.
Dopo essersi fidanzato ed in seguito sposato, ha abbandonato il lavoro d'ufficio con la richiesta 2.308, con la quale ha potuto continuare il suoi studi e progetti per la società a casa propria.
In quel periodo ha realizzato il suo progetto più ambizioso, impiegando diversi anni, nei quali sono nati i suoi due figli.
Dopo diverse migliorie apportate al lavoro, grazie al consulto di vari impiegati nel settore, il progetto, relativo ad una innovativa ruota di fusione, è stato approvato ed inviato in America per essere visionato dalla sede americana della WBBA.
Tategami si è quindi imbarcato su un volo diretto per l'America, ma non è mai atterrato.
L'aereo infatti è precipitato poco prima dell'atterraggio.
Dopo svariate indagini che la WBBA ha condotto, è apparso chiaro come il dirottamento dell'aereo sul quale viaggiava il signor Tategami non fosse un incidente.
Il colpevole è senza dubbio il Dottor Ziggurath, noto per le sue invenzioni in campo scientifico, che ha agito sul sistema di volo del mezzo di trasporto proprio con una di queste invenzioni.
All'incidente nessuno dei passeggeri è sopravvissuto, se non lo stesso Ziggurath, che si è salvato grazie ad una delle sue invenzioni.
Non ci sono testimonianze di ciò che sia accaduto sull'aereo durante il viaggio, ma certo è il fatto che poco prima che cominciasse a precipitare il Dottor Ziggurath abbia sottratto a Tategami i progetti diretti alla sede americana.
In seguito il Dottor Ziggurath, dopo infinite dichiarazioni ai media riguardo all'accaduto, nelle quali il dottore afferma di aver passato quelle ore in compagnia di Yori Tategami, si è ritirato nell'accademia da lui gestita, dove ha utilizzato i progetti sottratti alla WBBA per i suoi scopi.
 
Ovviamente per tutta la società quella di Tategami è stata una perdita enorme, inaspettata, dolorosa. Ad oggi, a circa due anni dalla sua morte, ancora non è stato assunto nessuno a coprire il ruolo di Tategami.
Ma se per tutti i colleghi è stato uno shok, ancora di più lo è stato per i due figli, entrambi votati come il padre al mondo del beyblade. È forse questo ciò che ha reso più doloroso il distacco.
Il maggiore, Kyoya Tategami, appare molto dotato fin dai primi anni di età. Affiancato da un beyblade di straordinaria potenza, Rock Leone, impara in fretta i propri punti di forza.
Alla morte del padre scappa dalla casa di periferia e va a vivere in un deposito nel centro della città di Tokyo. In breve tempo formerà il proprio gruppo di blader, di cui è decisamente il più capace e dotato. Abbandona il gruppo per unirsi a quello di Ginka Hagane.
La seconda figlia di Tategami, Akane Tategami, è certo meno interessata alla materia rispetto al fratello, ma ha infinite potenzialità, in particolare nel lancio. Crescendo impara e crea nuovissimi tipi di lancio, studia le caratteristiche di ogni beyblade che incontra nel laboratorio del padre e per ognuno di essi elabora il lancio migliore.
Dopo la morte del padre, distrutta anche per la perdita del fratello, è entrata a far parte della società come agente segreto, superando in una giornata tutti gli esami che in genere gli specializzandi affrontano nel corso di interi anni.
A tutto il personale appare evidente la rabbia della ragazza, che traspare dal suo modo di usare il beyblade nell'addestramento: aggressiva, pesante, senza alcun remore.
Dotata, ma allo stesso tempo pericolosa.
Secondo molti non sarebbe dovuta entrare nella WBBA.
Ma oltre ad essere capace nel suo lavoro, possiede un beyblade prezioso: Storm Cancer.
In Storm Cancer c'è il solo esempio della ruota di fusione Tategami della WBBA.
Impossibile sarebbe portarlo via al suo proprietario.
Ma non deve finire in mani sbagliate.
Per questo motivo è stato approvato l'ingresso di Akane Tategami nella società.
(per maggiori informazioni, vedere fascicolo Tategami Akane)
 
Akane lasciò che la cartellina scivolasse via dalle sue mani.
Sapeva esattamente chi aveva scritto quel rapporto.
Ryo Hagane.
Avrebbe voluto spaccargli la faccia. Avrebbe voluto fargli male quanto quelle ultime parole avevano fatto male a lei.
Era per Cancer se era nella WBBA. Solo e soltanto per Cancer.
Perché era l'ultima traccia che suo padre aveva lasciato al mondo.
Perché aveva probabilmente una delle ruote di fusione più potenti mai create, anche se lei non sapeva come usarla.
Non aveva mai chiesto a suo padre quali modifiche apportasse al suo bey quando lavorava.
Non era come suo fratello, meticoloso e fanatico, sempre in ansia per quella trottola.
Lei aveva sempre lasciato lavorare suo padre in pace. Aveva sempre considerato quello come un gioco.
Finché lui non era stato ucciso. Allora aveva capito. Quando qualcosa causa la morte di qualcuno non si può più considerare un gioco. È un'arma. È la vita.
Si alzò di scatto e uscì dal suo nascondiglio, dirigendosi verso un altro. Più sicuro e decisamente da lei preferito.
 
 
Il vento le accarezzava dolcemente il viso.
Spostava la sua frangia all'indietro.
Akane guardava il sole tramontare dal tetto della sede della WBBA.
Mille pensieri le attraversavano la testa.
Doveva vendicarsi. Doveva farla pagare a colui che le aveva portato via suo padre. Che l'aveva allontanata da suo fratello. Che le aveva rovinato l'adolescenza.
“Papà...”- sussurrò.
Piangeva. Aveva ragione Hikaru. La verità fa male.
Faceva tutto dannatamente male.
Aveva sempre pensato di essere forte, di essere pronta.
Ma si sbagliava. Non era diversa dal resto del mondo, anche lei era umana in fondo.
E la rabbia cresceva sempre di più.
Non avevano bisogno di lei, là dentro. Perché era pericolosa.
Avevano bisogno solo del suo bey. Di vederlo all'opera, di studiare il suo potere.
Ma lei nei piani della WBBA era solo un'intrusa. Una spina nel fianco.
Rabbia. Dolore. Odio e ancora rabbia.
Trattenersi in certe situazione le risultava difficile.
 
Non le avevano mai voluto svelare la verità per questo motivo. Perché sapevano quale sarebbe stata la sua reazione.
E adesso era lei in pericolo. Se avessero scoperto quello che aveva fatto le avrebbero portato via Cancer. E l'avrebbero sicuramente cacciata.
Ryo. Gli aveva mandato così tanti accidenti negli ultimi mesi.
Ma lui aveva voluto semplicemente aiutarla. Proteggerla, proprio come avrebbe fatto suo padre.
Ma era difficile tenere una come lei fuori dai guai.
Chiese mentalmente scusa al padre di Ginka.
Chiese mentalmente scusa a suo padre. A sua madre.
Di suo fratello non si curò troppo.
Lui stava alla grande. Era partito per l'Africa due giorni prima.
“Per dimostrare a Ginka e agli altri quanto valgo”. Fanatico.
Poi pensò ad Hikaru, che per lei aveva rischiato grosso quel giorno.
E chiese scusa anche a lei.
Stava per andare avanti quando qualcosa interruppe il filo contorto dei suoi pensieri.
 
Si voltò di scatto. Qualcuno si stava avvicinando.
“Tsubasa...”
Lui le si sedette vicino.
La guardò intensamente negli occhi.
Poi avvicinò le mani alle sue guance, per togliere le lacrime.
Akane era immobile. Stordita dal comportamento del ragazzo.
“Akane...”- disse poi- “... non ti dirò certo di dimenticare quello che è successo. So che non è possibile. Non ti posso consolare dicendo che ti capisco, perché io non so niente del mio passato, per questo non provo un dolore come il tuo.”
Si fermò un attimo, distogliendo lo sguardo.
“Ma Akane, il passato è passato. Sì, è vero, è il tuo passato che fa di te quella che sei adesso. Testarda, scontrosa, coraggiosa. Ma anche dolce, sensibile. Vai avanti, lasciati alle spalle quello che è stato. È difficile, ma tu sei forte, ce la farai”
Akane non riusciva ad elaborare e comprendere ciò che gli aveva appena detto.
Le sembrava tutto un sogno.
Lui era lì, davanti a lei. Le aveva parlato a cuore aperto, l'aveva colpita e affondata.
Tsubasa guardava il cielo scuro, ormai che il sole era tramontato.
Chissà perché aveva detto quelle cose, che cosa lo aveva spinto.
“Tsubasa...”- sussurrò alla fine Akane- “Tu lo sai che non ci riesco.”
“A fare cosa?”
“A lasciarmi tutto alle spalle. Non posso dimenticare. Posso far finta di niente, ti giuro che in questi anni c'ho provato. Ma quel dolore non vuole andarsene via dal mio petto.”
Tsubasa la guardò. Avrebbe voluto sapere qualcosa di più. Avrebbe voluto che lei gli raccontasse tutto. Ma non osava chiedere.
“Posso provare a dissuaderti dagli strani piani di vendetta che ti girano in testa?”- chiese infine.
“Come sai della vendetta?”- scattò immediatamente l'altra.
“Me lo ha detto tuo fratello, l'altro giorno dopo... dopo il nostro scontro per il posto nella squadra giapponese. Mi ha detto di tenerti d'occhio, di cercare di fermarti.”
“Capisco...”- rispose Akane, un po' più rilassata. La presenza dell'altro agente al suo fianco infondeva in lei una certa tranquillità. Ne aveva decisamente bisogno.
“Comunque è inutile che provi a convincermi. Io faccio quello che voglio da due anni a questa parte. E  non ho intenzione di cambiare proprio oggi. E poi tu adesso avrai sicuramente altro a cui pensare... adesso che sei nella squadra nazionale, non ti pare?”
Lui sospirò: “Va bene, hai ragione, dovrei avere altro a cui pensare. Ma non riesco a concentrarmi, non riesco a non pensare a...”- si interruppe.
“A...?”- lo incalzò l'altra.
“A te, Akane.”- finì lui guardandola. Era tutto rosso in viso e il suo cuore stava scoppiando.
Lei ricambiò lo sguardo. Anche il suo cuore stava scoppiando. Lo sentiva battere a velocità folle.
Si avvicinò all'agente, fino ad essere a pochi centimetri dal suo viso.
Gli appoggiò una mano sulla guancia, e dopo alcuni attimi lo baciò.
Lo spinse con la schiena a terra, e lui non oppose la minima resistenza.
Le mise una mano tra i capelli della ragazza e chiuse gli occhi.
Akane si appoggiò piano piano sopra il suo petto. Si fermarono un momento.
Era tutto così folle. Così bello, così strano.
Non voleva che finisse. Avrebbe voluto rimanere lì con lui per sempre.
Ma per sempre non è una cosa reale.
“...grazie”- disse piano al suo orecchio, per poi alzarsi e scendere di nuovo al piano di sotto.
Lo lasciò così, confuso e frastornato sul tetto della WBBA.
E mentalmente chiese scusa anche a lui.
Ma non poteva fare altrimenti. Doveva andare.
Ormai era immersa fino al collo in una situazione incontrollabile, troppo più grande di lei.
Così infilò anche la testa sotto, e si lasciò guidare dal suo odio.
Destinazione: America
Obbiettivo: Dottor Ziggurath
 
 
Angolo dell'autrice
Salve a tutti! Tempi duri, eh?
Beh io intanto sono riuscita a scrivere l'ottavo capitolo. Sembra impossibile, vero?
Io stessa ancora non ci credo.
Non sono molto convinta, in questo periodo sono un po' titubate e non ho molta sicurezza.
Spero che il capitolo sia venuto fuori bene ma sinceramente... io non riesco a giudicare.
Perciò lancio un appello a chiunque sia riuscito ad arrivare fino a qui.
I commenti, questa volta più che mai, sono davvero graditi.
Ho un disperato bisogno di pareri, sono giusto un attimo in confusione ultimamente.
Segnalatemi qualsiasi cosa non vi convinca e io risponderò e magari correggerò.
A presto, e grazie ancora per aver scelto Mel_mel98 per il vostro intrattenimento.
Vabbé, sto delirando -.-''
Ciao a tutti!
Mel

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Che la vendetta cominci
 
“And days feel like years when I'm alone”
When you're gone, Avril Lavigne
 
Angolo dell’autrice (prima che inizi il capitolo):
Akane: “Frena frena frena… Angolo dell’autrice? Qui? Ma tu non dovresti parlare alla fine del capitolo? Che cavolo c’entri tu adesso?!”
Calma, fammi spiegare un attimo. La situazione di questo nono capitolo è alquanto delicata, è bene dire due paroline prima di cominciare…
Allora…
Dobbiamo festeggiare!
Akane: “Cosa?! Festeggiare? E per cosa, scusa? Sono mesi che non aggiorni… Cosa c’è da festeggaire? Di questo passo la ff la finisci tra vent’anni…”
Beh, anche fosse, dobbiamo festeggiare ugualmente: con questo capitolo mi sono ufficialmente collegata agli episodi della serie Masters! Sembrava un sogno, e adesso…
Detto questo, cercherò di rimanere più fedele possibile ai fatti che accadono nella serie, anche se ho già sperimantato essere una cosa molto difficile! Secondo, c’è un bel salto temporale dalla fine del cap 8 a questo, ma penso di aver spiegato tutto ciò che è successo con i flashback abbastanza chiaramente…
Se così non fosse non esitate a farmelo presente nelle recensioni…
Vi aspetto!
Mel
 
 

Cominciamo dall'Africa...
Dove sei adesso, Akane?
Domanda retorica, lo so che sei tornata in America.
Stupida, stupida sorella testarda.
Ma ci batterai la testa, prima o poi. Ti renderai conto che stai sbagliando.
Vorrei potertelo dire io. Ma ormai sono nella squadra africana e ho altro a cui pensare.
E tanto lo so che non mi ascolteresti. Tu non dai mai retta a nessuno.
Kyoya si rigirava tra le mani il suo bey.
Era agitato, non poteva negarlo.
Era in pensiero per lei. Si stava mettendo nei guai, lo sentiva.
“Kyoya... che fai ancora alzato? Vai a letto, è tardissimo...”- una voce lo risvegliò dai suoi pensieri.
“Che vuoi Nile... lasciami in pace”
Il compagno di squadra si sedette vicino a lui.
“Voglio vincere il torneo. E non posso vincere se il mio capitano dorme in piedi mentre gareggia!”
Kyoya soffocò una risata. “Non abbiamo mai perso fino ad adesso, mi sembra...”
“Sì, è vero... Ma non bisogna rischiare”- convenne Nile.
Entrambi si alzarono e si diressero nella stanza che dividevano.
Si coricarono e Nile spense la luce sul comodino.
Ma il blader dai capelli verdi continuava a girarsi e rigirarsi tra le coperte.
“Cos'è, pensi alla tua ragazza?”- la voce di Nile risuonò nel buio.
“Non ce l'ho la ragazza...”- sbuffò Kyoya irritato.
“Con il caratteraccio che ti ritrovi, non mi sorprendo.”
“Ah ah ah... ah”- fece Kyoya- “Fai del sarcasmo con il tuo capitano?”
“Dai smettila, Kyoya. A cosa stai pensando?”- chiese l'egiziano con tono serio.
Calò il silenzio per qualche secondo.
Kyoya non era un tipo socievole. Non era certo uno che va a raccontare i fatti suoi a chiunque incontrasse.
Ma Nile non era chiunque. Nile era diverso.
Era intelligente. Sapeva come comportarsi.
Anche se Kyoya non lo voleva ammettere... beh, era felice di essere in squadra con lui.
“Sto pensando a mia sorella. È in America e si sta cacciando nei guai. Ma io sono a posto, non ti preoccupare.”
Nile era una persona intelligente. Sapeva quando fermarsi e quando invece poteva spingersi oltre.
Per questo chiuse gli occhi, fece un bel respiro e lasciò il suo compagno solo con i suoi pensieri.
Mancava poco all'incontro con la squadra giapponese.
Kyoya aveva iniziato il torneo con il solo ed unico obiettivo di sconfiggere Ginka, il capitano.
Ne avrebbe viste delle belle.
***
 
Andiamo poi in America...
Questa volta era nei guai fino al collo.
Se ne rendeva conto da sola.
 
“Io vado”
“Ciao Akane, che piacere vederti. Qual buon vento ti porta qui?”- fece Ryo bonario.
“Sì, certo Ryo... Hai voglia di scherzare, ma io sono seria”
“Dov'è che vai, Akane?”- continuava a sorridere, non avendo ancora inteso la gravità della situazione.
“In America”
Silenzio. Si guardarono negli occhi per diversi secondi, l'uno studiando l'espressione dell'altro.
 
Eppure procedeva apparentemente tranquilla per le strade americane già precedentemente percorse, in direzione dell'accademia HD.
Era tutto così deserto, così silenzioso.
 
“A-Akane... Ti prego non dirmi che tu...”
“Sì, l'ho fatto. Ma se vuoi posso dirti che non ho assolutamente rubato e letto il fascicolo di mio padre dall'archivio. Come preferisci...”- un sorriso beffardo comparve sul suo volto.
Ryo intanto era diventato improvvisamente pallido.
“Perché, Akane?”
“Non credi che dovessi sapere la verità?”- fece lei per tutta risposta.
 
Il rumore dei suoi passi era l'unico suono udibile. O quasi.
Akane era tremendamente nervosa, continuava a mordicchiarsi il labbro inferiore.
Quella era... paura.
Rischiava, rischiava grosso, questa volta.
 
“Akane... sei in pericolo”- sentenziò il direttore.
“No, ti sbagli. Cancer è in pericolo”
“Akane, ragiona: se ti beccano in America senza permesso ti tolgono Storm Cancer e lo affidano ad un altro agente. E cos'è un blader senza il suo bey?”
Lei sospirò: “Hai... hai ragione. Ma io devo andare.”
 
Si sentiva osservata.
Non poteva più fermarsi ormai. Aveva raggiunto il punto di non ritorno.
 
È rischioso andare nell'accademia HD adesso, con il torneo mondiale in corso... È pericoloso, e comunque non credo che riuscirai ad ottenere il tuo faccia a faccia con il Dottor Ziggurath”- fece Ryo.
“E perché, non è pericoloso per me anche rimanere qui? Ancora qualche giorno e il presidente verrà messo al corrente dell'accaduto. E se non vuoi andarci di mezzo anche tu e Hikaru sarà bene che io sparisca di qui!”- disse con tono cupo e serio.
Ryo rimase in silenzio.
Apprezzò quelle ultime parole, dopo mesi e mesi passati ad aiutarla di nascosto.
“Va bene...”- disse solo alla fine.
“Ryo, non vado dal Dottor Ziggurath per vendicarmi”
“Ah, Tsubasa ti ha convinto a lasciar perdere?”- disse, sicuro di ricevere una risposta negativa.
“Nient'affatto. Voglio dire che prima della vendetta il mio obiettivo è un altro.”
“Sono davvero molto curioso di sapere cosa la tua mente malata di odio ha partorito...”
Detto questo si ritrovò puntato addosso lo sguardo assassino di Akane Tategami.
Nessuno aveva mai sfidato così apertamente la sua pazienza nella WBBA.
 
Quando all'orizzonte apparve il grande edificio diretto dal Dottor Ziggurath, quel terribile ed incontrollabile sentimento la investì in pieno.
Allungò il passo.
Era come se una forza sconosciuta la guidasse, impedisse alle sue gambe di fermarsi.
Era come se aspettasse quel momento da tempo immemorabile.
Aveva passato ore, giorni a pensare solo a quel secondo.
Il secondo che avrebbe segnato l'inizio della sua vendetta.
Un passo alla volta, avrebbe mostrato a Ziggurath in persona di cosa era capace.
 
“Devo scoprire come funziona la speciale ruota di fusione di mio padre. Non è solo magistralmente realizzata, nasconde un segreto in sé e tu lo sai, Ryo.”
“Akane solo tuo padre sapeva farla funzionare, perché lui l'ha costruita. Nessun altro nella WBBA lo sa, persino quelli che hanno lavorato con lui ignorano questo particolare. Come pensi di scoprire i segreti del tuo bey in America?!”
“Ziggurath sa tutto. Ha rubato i progetti a mio padre, no? Il bey di un componente della squadra americana è uguale al mio. Stessa ruota di fusione, stesso giunto di rotazione. Non è un caso, Ryo.”
 
C'era così vicina. Mancava così poco.
Ancora qualche passo per essere finalmente completa.
Per essere finalmente pronta.
Era quasi euforia quella che sentiva nella pancia, quasi gioia quella che la faceva sorridere.
Quasi.
Perché quella che aveva sulla bocca era un sorriso sadico, maligno.
E qual vuoto che sentiva nello stomaco terrore.
 
“Akane... Sta' attenta, mi raccomando”- finì Ryo, sconsolato.
“Non c'è da preoccuparsi. Se quell'americano sa usare la ruota di fusione al massimo delle sue potenzialità, entrando nell'accademia anche io imparerò.”
 
Ma aveva un problema. La WBBA.
L'avevano scoperta.
 
 
Qualche tempo prima, in Giappone....
Entrò in quell'ufficio buio con fare titubante.
Non era del tutto sicuro di quello che stava facendo.
“Entra figliolo... forza!”
“Ehm, sì signore. Voleva vedermi, signore?”
“Certo che volevo vederti. Perché ti avrei mandato a chiamare, altrimenti?
Era stato l'uomo seduto dietro la scrivania a parlare.
Non incuteva terrore, anzi. Sembrava un tipo a posto, un uomo con cui si può tranquillamente scambiare due chiacchiere.
Sembrava saggio e competente nel suo lavoro.
Bastava guardarlo per provare stima ed ammirazione nei sui confronti.
Ma tutto questo sembrava non riguardare Jay, il ragazzo appena entrato.
Le gambe gli tremavano visibilmente.
Non capita tutti i giorni di entrare nell'ufficio del presidente dell'intera WBBA!
 
“Allora ehm... ehm... come ti chiami, figliolo?”
“Jay, signore. Jay Kisosawa”
“Bene Jay, sì voglio chiamarti per nome. Allora, sai perché sei qui?”- chiese con il tono più innocente del mondo. Come se stesse per consegnargli un panettone invece che affidargli un'importante missione.
“A dire il vero no, non mi è stato anticipato niente.”- rispose timidamente.
“D'accordo allora: siediti che ti spiego come stanno le cose.”
Jay si avvicinò piano piano alla scrivania e si sedette su una bella sedia di legno intarsiato.
Aveva paura di sciuparla solo a guardarla, figuriamoci a sedercisi sopra!
“Allora, dimmi Jay, conosci una certa Akane Tategami?”
Eccome se la conosceva! Chi all'interno della WBBA ignorava l'esistenza di quella ragazza?
“Sono sicuro che sai chi è e come è fatta... dopo tutto è un'agente segreto come te”
“Sì la conosco... ma a dire il vero signore io sono solo uno stagista, sto ancora imparando ad essere agente...”- disse il ragazzo perplesso.
Il presidente non si scompose minimamente: “Bah, che differenza fa? Agente segreto, stagista... si vede che sei in gamba, ragazzo!”- e detto questo scoppiò in una fragorosa risata.
Nessuno dei presenti credeva in quelle ultime parole.
Di differenza tra un'apprendista e un agente già formato ce n'era di certo.
Jay, ne era cosciente lui stesso, non aveva neppure un quarto dell'esperienza della Tategami.
Per tutti gli apprendisti lei era piano piano diventata come un mito. Inarrivabile.
“Ehm, certo signore...”- si limitò a dire.
“Comunque, stavo dicendo... questa è la tua missione: dovrai andare in America e pedinare Akane Tategami”
“E come mai è in America?”- domandò senza pensare.
“Non farti troppe domande e ascolta bene che cosa devi fare: seguila, pedinala, non la perdere di vista neanche un secondo. Entra ovunque lei entri, ascolta tutto ciò che lei dice.”
Jay era decisamente confuso.
Perché seguire di nascosto Akane Tategami in America? In America!?
“E ovviamente non devi farti scoprire...”- e giù un'altra risata.
Jay era sempre più sconvolto, al solo pensare che di lì a poco si sarebbe dovuto imbarcare per l'America e che avrebbe dovuto mettersi alla ricerca di una della agenti più temute della WBBA.
E intanto il presidente continuava a ridere.
Che cavolo ci troverà da ridere...
Ma Jay era per natura un tipo curioso. Voleva sapere perché Akane se n'era andata, e senza permesso a quanto pare.
“Mi scusi se mi ripeto... Ma come mai l'agente Tategami non torna indietro da sola? Non può semplicemente chiamarla?”
La faccia del presidente si fece più scura.
“Non hai capito figliolo. Mi stai ascoltando? Non devi riportarla qua (ché sarebbe troppo per uno stagista come te) ma voglio che tu la controlli e mi riferisca tutto. Akane è in America e lì resta. Ma la WBBA deve sapere cosa sta facendo.”
“Ehm... sì, adesso è tutto più chiaro!”- Jay era seriamente impaurito dal tono che l'uomo aveva usato. Quella conversazione doveva finire al più presto.
“Sono pronto per la missione! Osservo l'agente Tategami, ma non interferisco con i suoi progetti! Ma quindi... Akane in America ce l'ha mandata lei?”- azzardò il ragazzo.
“Non esattamente...”- disse seccato il presidente- “...e adesso sparisci.. ehm, volevo dire, sbrigati e vai all'aeroporto! La tua missione inizia... adesso!”
E a queste parole Jay corse via verso il suo appartamento per preparare i bagagli.
Però che sfiga... la sua prima missione e doveva avere a che fare con una ragazza come Akane.
Nessuno sarebbe mai voluto essere al suo posto, anche se per gli apprendisti come lui era difficile ottenere una missione.
Se fosse stato scoperto dall'agente... sicuramente lei lo avrebbe fatto nero. E se non avesse completato bene l'incarico, sarebbe sicuramente stato cacciato dalla WBBA.
Situazione spinosa. Jay non era affatto entusiasta.
 
 
E così, adesso Jay Kisosawa, si era ritrovato in poche ore catapultato in America a seguire a debita distanza Akane Tategami.
Il ragazzo era stremato. Da quando l'aveva trovata non aveva avuto un attimo di posa.
Praticamente lei non si era mai fermata.
Notte, giorno. Avrà dormito sì e no cinque ore.
Era davvero stanco.
Ma che poteva fare? Non aveva molta scelta.
Sperava solo che Akane non si accorgesse di essere pedinata...
 
 
 
Era arrivata davanti alla porta di ingresso del personale di servizio dell'accademia americana.
Ma era ferma, immobile con gli occhi fissi sulla maniglia.
Non poteva entrare. Perché?
Il perché si trovava qualche metro dietro di lei, nascosto malamente dietro alcune rocce e cespugli.
Se fosse entrata, lui l'avrebbe seguita.
Non si sarebbe fatta fregare da un pivellino della WBBA.
Si sedette a terra ad aspettare. Incrociò le braccia dietro la testa, e si perse con lo sguardo nel cielo.
Anche se ne aveva tante di cose a cui pensare, non poteva fare a meno in quell'occasione di ricordarsi di Tsubasa.
Era preoccupata per lui.
 
“Ryo... tieni d'occhio Tsubasa.”
“Come dici, scusa?”- rispose quello confuso.
“Sta' attento a Tsubasa Otori, direttore dei miei stivali. Hai visto cosa gli è successo durante lo scontro con Kyoya, l'altro giorno?”
“Sì, Akane... Ma non starai esagerando? Era uno scontro importante, lui era molto preso...”
Lei arrivò a pochi centimetri dal volto del direttore: “Stiamo parlando di Tsubasa Otori, il ragazzo più tranquillo e riflessivo di tutta la cerchia di amici di tuo figlio. Ascoltami: tienilo sempre d'occhio.”- si allontanò, scandendo bene le ultime parole.
Uscì dall'ufficio di Ryo, trovandosi Hikaru scura in volto davanti agli occhi.
“Akane...”
“Hikaru, promettimi che mi avvertirai se la situazione dovesse degenerare. Promettimelo”
“Va bene.”
 
 
Concludiamo infine in Grecia...
Un torneo mondiale. Una squadra formidabile. Amici, compagni.
L'adrenalina che ti corre dentro a mille. Il tuo bey in forma smagliante.
Cosa poteva desiderare di più?
Era tornato tutto alla normalità, no?
Finita la missione, finiti i pensieri.
Avrebbe dovuto essere rilassato, godersi le sfide che gli si presentavano davanti in quei giorni. E invece...
Le sue paure erano triplicate.
Non era più lo stesso ragazzo di prima.
Ma non riusciva a capire cosa gli fosse successo.
Tsubasa continuava a tormentarsi, seduto sul divano della hall dell'albergo assieme a Yu.
Aveva un grande problema, se ne rendeva conto. Ma non poteva parlarne ai suoi amici.
Si sarebbero solo allarmati inutilmente.
No, doveva risolvere la situazione per conto suo. Ma più passava il tempo più questo risultava difficile. Giorno dopo giorno quella strana sensazione era sempre più forte dentro di lui.
 
Guardò l'orologio, sospirò e dopodiché passò una mano nella chioma bionda del suo piccolo amico.
“È tardi Yu, andiamo in camera”
L'altro non rispose, era crollato dal sonno sul bracciolo del sofà.
“Va bene”- bisbigliò il possessore di Eagle- “Faccio io”
Lo prese i braccio e cominciò a salire lentamente le scale.
“Tsu-Tsubasa...”- biascicò a metà rampa Yu.
“Ehi... scusa non volevo svegliarti”- disse l'altro rimanendo concentrato sugli scalini, per evitare di far cadere entrambi.
“Non importa... Senti Tsubasa, c'è una cosa che volevo chiederti da quando siamo partiti per il torneo...”- fece Yu, infilandosi sotto le coperte, una volta raggiunta la camera- “Che fine ha fatto la tua compagna di viaggio?”
Tsubasa gli rivolse uno sguardo sorpreso. Proprio di Akane voleva parlare?
No, non voleva nemmeno pensarci, a che fine avesse fatto. Gli veniva il batticuore solo a nominarla.
“Non lo so, Yu... perché me lo chiedi?
“Non è venuta a salutarci, in aeroporto.”
Tsubasa rimase interdetto.
È vero, non era venuta. Ma perché mai avrebbe dovuto?
“Beh, Akane non è tipo da saluti in aeroporto, non so se mi spiego”- disse dopo un po' il blader dai capelli argentei, anche lui adesso nel suo letto.
“Quindi vuoi dire che vi siete salutati prima della partenza?”- azzardò il compagno dopo un po'.
“Diciamo di sì...”- e spense la luce, per evitare che la conversazione prendesse un brutta piega.
Per qualche secondo la stanza rimase silenziosa.
Poi, ecco di nuovo la voce di Yu: “Tsubasa, ti piace Akane, vero? Ti piace... in quel senso, intendo.”
Sembrava una domanda così semplice, così facile. O sì o no.
Ma non lo era affatto.
Tsubasa avrebbe potuto spegnere la luce, infilarsi i tappi per le orecchie e anche coprirsi la testa con le coperte.
Ma quella domanda, così chiara, limpida, lo avrebbe raggiunto comunque.
Perché Yu in fondo, stava semplicemente dando voce ai suoi stessi pensieri.
 
“Tsubasa... ci sei?”
“Sì, sono qui”- sospirò.
“E allora?”- c'era una strana euforia nella voce del biondino.
Ma l'altro non rispondeva. Restava muto, con gli occhi spalancati verso il soffitto.
Gli piaceva Akane Tategami?
Complicata, testarda, sensibile, forse troppo sensibile, impulsiva, abile. Abile con le parole, abile con i bey. Con le persone magari un po' meno. Non era la persona più socievole del mondo.
Gli piaceva sul serio una tipa così?
Solo per quel bacio?
Certo erano amici.
Certo aveva sofferto nel vederla scoprire piano piano la verità sul suo passato.
E, alla fin fine, Akane era sempre nei suoi pensieri.
Poteva negarlo, poteva fare finta che non fosse così. Ma lei rimaneva lì, impressa nella sua mente.
Ma quello era davvero amore?
Non era poi così semplice da capire.
“Yu, io...”- disse esitante.
“Tsubasa, non preoccuparti se non sai rispondere. Io posso aspettare”- disse con una risatina, tra uno sbadiglio e l'altro.
“Grazie Yu”- rispose l'altro sollevato.
“Ma posso darti la mia opinione?”- chiese infine il biondo, con una punta di malizia.
Tsubasa sospirò. “Spara”
“Secondo me siete perfetti insieme. L'ho pensato subito, quando vi ho visto allontanarvi verso l'aeroporto per partire per l'America.”
Tsubasa ripercorse con la mente quell'ultima missione.
I misteri attorno ai membri della squadra americana, il Dottor Ziggurath, l'accademia HD.
La prima impressione che aveva avuto vedendo la sua nuova compagna di viaggio, il loro alloggio sperduto in chissà quale via di New York, l'attacco dei blader locali e la risposta di Akane.
Sì lasciò cullare dai ricordi e chiuse gli occhi.
Non sapeva se quello che provava per l'agente Tategami era amore.
Ma di una cosa era certo: gli mancava da morire.
Con questa convinzione si addormentò definitivamente e finalmente nella stanza calò il silenzio.
 
 
Angolo dell’autrice (quando il capitolo è ormai già finito):
Comincio con il ringraziare tutti coloro che sono riusciti ad arrivare alla fine di questo capitolo fatto di salti nel tempo ed in giro per il mondo.
Ho durato una fatica per scriverlo, nemmeno l’avessi fatto a piedi quel giro! :P
Grazie mille davvero a tutti quelli che pazientemente continuano a seguire questa storia, nonostante i miei lentissimi aggiornamenti (ma sono un po’ migliorata in fatto di tempi dall’ultima volta, no?).
Non ho granché da dire , avendo già scritto l’angolo dell’autrice, ma volevo farvi notare una cosa.
Ho, per quanto mi consentano le mie capacità, aggiustato la grafica della ff.
Sono abbastanza soddisfatta devo dire.
Adesso tolgo il disturbo…
A presto!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Beccato
 
“E si ricordò che essere capaci di sentire la gioia di qualcun altro è sapere che lo sia ama”
Quattro amiche e un paio di jeans, Ann Brashares
 
“Akane... Akane mi senti?”
L'agente teneva il telefono incollato all'orecchio.
Aveva i nervi a fior di pelle. Erano ore che se ne stava seduta davanti all'accademia, ormai aveva perso il conto. Non faceva assolutamente niente.
Sperava che la spia che la seguiva morisse dalla noia il più presto possibile.
No, morisse no. Non era così crudele.
Le sarebbe bastato che rinunciasse e se ne tornasse da dove era venuto.
E avrebbe giurato di essere vicina a raggiungere il suo intento, a giudicare dagli sbadigli di quest'ultimo.
 
Ma adesso Hikaru usciva fuori con quella chiamata. Perfetto.
Akane sentiva già gli occhi e le orecchie della spia puntati su di lei.
Doveva fare l'indifferente.
 
“Oh, finalmente! Finalmente succede qualcosa! Non credevo che Akane Tategami fosse una persona così noiosa!”
Jay adesso poteva entrare in azione. Più o meno.
Certo non c'è niente di molto attivo nell'ascoltare telefonate altrui, ma meglio che niente...
Tirò fuori il suo palmare per prendere appunti da inviare immediatamente al presidente.
 
“Dimmi”- sibilò.
“Akane, devi tornare immediatamente in Giappone. È importante.”
“Come dire... non sono proprio di strada, ecco”
“Akane, lo so che sei in America, e so anche che sei pedinata da un agente della WBBA, ma devi assolutamente tornare qui in tempo per lo scontro tra i Galassia Gun Gun e gli Zanna Selvaggia. Ormai la loro sfida è stata annunciata ufficialmente!”
Akane sgranò gli occhi.
La squadra di Tsubasa contro quella di suo fratello. Fantastico.
Dopo lo scontro avvenuto tra quei due in Giappone, lei non li avrebbe mai più vedere insieme nello stesso stadio. E adesso...
Ovviamente sapeva bene che l'unico e solo obiettivo di quel fanatico di Kyoya era quello di combattere contro Ginka.
Ma nonostante tutto era comunque un po' agitata per questa sfida imminente.
Hikaru intanto continuò: “Yu mi ha detto che ultimamente ha notato qualche cambiamento nel comportamento di Tsubasa. Dice che è più schivo e solitario del solito, ha un sacco di pensieri per la testa... E poi...”
“Vai avanti”- disse secca Akane.
“L'hai visto combattere, recentemente?”- esclamò la segretaria.
“No, ho... avuto da fare”- disse l'agente esitante.
“È aggressivo, pieno di sé... combatte senza il minimo ritegno e controllo.”- finì l'altra in un fiato.
 
Con chi stava parlando?
Di cosa stava parlando?
Jay si mordicchiava nervosamente le unghie.
Possibile che non riuscisse a trarre nessuna informazione utile da quella telefonata?
 
Akane alzò un sopracciglio, poi si passò una mano sulla frangia.
“Pensa a questa descrizione.”- disse seria- “Chi altro ti viene a mente?”
“Che vuoi dire?”
“Pensa. E mentre pensi, tieni gli occhi aperti. Chiaro?”
La Tategami cercava di parlare il meno possibile.
Non voleva che tutta la WBBA, men che meno il presidente, venisse a sapere i fatti suoi... e di Tsubasa.
“Akane, ma tu allora...”- fece Hikaru, seriamente allarmata.
“Io vengo appena ho fatto. Fidati, ok?”
“Va bene... Fammi sapere, d'accordo?”- disse in un soffio dall'altro capo del telefono.
 
 
 
Hikaru posò il telefono sul tavolo.
Sospirò, pensando al giro di problemi e pensieri in cui si era ritrovata da quando era amica di Akane.
Ma non poteva farci niente.
Sentiva le preoccupazioni dell'agente come fossero sue.
Forse era proprio questo il significato della parola amicizia.
Aveva sempre creduto che amicizia volesse dire fare tutto insieme, pensarla allo stesso modo, volersi bene.
Ma forse in un certo senso si sbagliava.
Essere amiche vuol dire essere insieme anche quando non lo si è fisicamente. Provando lo stesso dolore, le stesse paure, le stesse gioie.
E alla fine non era importante vedere le cose alla stessa maniera.
Bastava avere il coraggio di ammettere che entrambi i punti di vista erano validi.
 
“Hikaru”- Ryo entrò senza bussare nella stanza- “Forza, sbrigati. Abbiamo da fare un sacco di cose in quanto organizzatori del Big Bang Bladers!”
“Che c'è adesso?!”- disse- “Sono giorni che contatto sponsor, avverto giornalisti, chiamo addetti alla manutenzione... Mi fumano le orecchie da quanto tempo passo al telefono”
“Hikaru non hai capito! Oggi dobbiamo fare qualcosa di molto più importante che chiamare sponsor!”- esclamò il direttore.
La segretaria alzò un sopracciglio, perplessa.
Non ne poteva veramente più di Ryo e delle sue idee strampalate.
“Cosa le è venuto in mente adesso?! Non le bastano i fuochi d'artificio all'apertura, gli spogliatoi ristrutturati e gli striscioni all'entrata dello stadio? Cos'altro ancora? Rischiamo di diventare ridicoli!”
Il padre di Ginka si sedette e cominciò a spiegarsi meglio: “No, non hai capito. Non c'entra niente lo stadio questa volta. Sai che cosa ci sarà domani?”
“No, non lo so e non ho idea di dove voglia andare a parare.”
“Hikaru, domani ci sarà l'intervista pre- gara!”- Ryo si lasciò prendere dall'eccitazione.
“Ah già...”- si limitò a dire lei.
Stette qualche attimo a riflettere, poi alzò lo sguardo verso il suo interlocutore.
“Nell'ultimo loro scontro gli Zanna Selvaggia non hanno partecipato all'intervista... hanno mandato Benkey che ha reso il tutto abbastanza imbarazzante”
Ryo si alzò in piedi: “Infatti! È questo che dobbiamo fare oggi! Convincere Kyoya a partecipare.”
Hikaru era seriamente perplessa.
“Ehm, signor direttore...”- iniziò, ma venne subito interrotta.
“Lo sai che non mi piace questo appellativo. E dammi del tu, per favore, mi fai sentire vecchio.”
“D'accordo... Stavo dicendo che, dato che Kyoya a stento ti sopporta, hai bassissime possibilità di riuscire nel tuo intento.”- finì schietta la segretaria.
Ryo stette un attimo in silenzio, spiazzato.
“Sì, potresti avere ragione. Quindi... dovresti andarci tu, non ti pare?”- rispose alla fine Ryo con un sorriso a trentadue denti.
Hikaru rimase a bocca aperta.
No, Kyoya proprio non lo sopportava.
Ma perché le rifilava sempre compiti del genere?!
 
 
Aspettò da sola nella hall dell'hotel dove era alloggiata la squadra africana per oltre mezz'ora.
Poi, finalmente, vide sbucare da dietro l'angolo l'inconfondibile ciuffo verde del capitano.
“Era ora”- sibilò Hikaru.
“Avevo da fare”- rispose l'altro senza scomporsi- “Che vuoi da me?”
“Domani c'è l'intervista pre- partita. Voglio solo la conferma della tua presenza.”- disse Hikaru fredda.
“Vengo... se ne ho voglia. E se non ho niente di meglio da fare, cosa che sinceramente dubito.”
La stava sfidando con gli occhi.
“Devi venire. Sei il capitano della squadra avversaria e sei giapponese. Il pubblico aspetta solo te. Non puoi mancare.”- disse lei, cercando di mostrarsi calma.
A quelle parole Kyoya, che era rimasto in piedi fino ad allora, si sedette sul bracciolo del divanetto al fianco della segretaria. Avvicinò pericolosamente il suo volto a quello della ragazza.
“Ascoltami bene, Hikaru. Non mi sei mai piaciuta, men che meno adesso che fai la leccapiedi di Ryo...”
“Io non sono la leccapiedi di nessuno!”- sbottò la ragazza con un gesto di stizza.
“Ah no, ma davvero? E allora che ci fai qui? Perché non è venuto lui?”
Rimasero entrambi in silenzio, continuando a guardarsi negli occhi in cagnesco.
“Non farò quello che vuoi tu solo perché sei amica di mia sorella.”- disse alla fine il possessore di Leone, per poi distogliere lo sguardo.
Hikaru strinse istintivamente i pugni, pensando ad Akane.
Kyoya notò subito quel gesto fulmineo.
“È nei guai, vero?”
“Akane è sempre nei guai”- rispose l'altra rassegnata.
“Dov'è adesso?”
“Sei suo fratello, dovresti saperlo meglio di me”- disse secca lei.
“Sì, il fratello che l'ha abbandonata. Sicuramente non li racconta a me i suoi problemi.”- ribatté Kyoya.
“Se è per questo nemmeno a me li racconta...”
“Però tu sai. O sbaglio?”
Hikaru cercò gli occhi azzurri del blader.
“Cosa vuoi Kyoya?”- chiese, stanca.
Lui esitò un istante. Sembrava stesse pensando ad una proposta. Ed infatti...
“Io domani porto la mia squadra al completo all'intervista e vedo di tenere a bada Benkey, perché non faccia lo stupido.Ma tu in cambio mi dici cosa diavolo sta facendo quella pazza di mia sorella. Che ne dici, accetti?”- e, contrariamente ad ogni aspettativa, le allungò la mano.
“Accetto”- rispose con un mezzo sorriso Hikaru, ricambiando il gesto.
***
 
Jay, inutile dirlo, era punto e a capo.
Non aveva capito niente, neppure con chi stesse parlando l'agente.
Furba, la Tategami.
Ma quel Tieni gli occhi aperti e Vengo appena ho fatto lo portavano a penare fosse in procinto di tornare in Giappone.
“Ma siamo qui, davanti all'accademia HD, da oltre un giorno e ancora non è successo niente di particolarmente rilevante”- pensò tra sé la spia- “Qualcosa dovrà pur fare prima di tornare a casa, no?”
Sì, ma cosa?
 
Era l'ora.
Doveva sbrigarsi ed entrare in azione al più presto.
E se il novellino che le stava alle calcagna non mollava, lo avrebbe fatto mollare lei.
 
La vide alzarsi da terra, ed una strana energia invase tutto il suo corpo.
Akane mosse qualche passo avanti, e lui con lei.
Era tutto così dannatamente eccitante!
Finalmente poteva fare il suo lavoro. Avrebbe dimostrato a tutti chi era Jay Kisosawa.
Non sarebbe più stato un semplice ragazzino negato nella suola come nella vita.
Sarebbe diventato l'agente Kisosawa.
E in barba alla Tategami (che a pensarci bene per adesso a lui non aveva fatto niente di male), lui avrebbe preso il suo posto nella WBBA.
A questo e molto altro pensava il ragazzo in quel momento.
Perso nelle sue fantasie, non si era reso conto che Akane si era voltata ed aveva piantato le sue iridi azzurre su di lui.
 
Avrebbe voluto gridargli contro le più svariate offese a quella sottospecie di spia che aveva avuto il coraggio di seguire lei, una delle migliori e temute agenti della società.
Avrebbe potuto sfogare un po' della sua rabbia su di lui.
Oppure avrebbe potuto lanciare il suo bey , sapendo per certo chi sarebbe risultato vincitore.
Ma per adesso lasciava Cancer nella cintura che aveva ai fianchi.
Non poteva ancora usarlo.
Fin quando non avesse scoperto il segreto della ruota di fusione si era ripromessa di non toccarlo.
E poi... a guardarlo bene, quello era solo un ragazzino.
Aveva sicuramente meno anni di lei.
Come minimo era alla sua prima missione.
Le sembrava di ricordare quella faccia, magari lo aveva intravisto nella palestra ad allenarsi.
Non doveva essere particolarmente bravo.
Così, semplicemente aspettò che Jay si accorgesse di lei.
Lo guardò fisso negli occhi e pronunciò la sola parola che una spia non vorrebbe mai sentire.
 
“Beccato”
 
 
 
Angolo dell’autrice
Salve a tutti! Che piacere riuscire a pubblicare!
Direi… che sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo. Quindi non ho molto da dire.
Forse è un po’ cortino, ma vedrò di compensare con il prossimo. ;)
Perciò… a presto, miei cari!
Ci vediamo nelle recensioni!
Mel

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


 


Missione compiuta...

-Non sono infelice- disse lui.
-Solo le persone che non hanno uno scopo sono infelici. Io ce l'ho-
Shadowhunters, Città di Ossa

 

Note dell'autrice... o forse sarebbe meglio chiamarle “Scuse dell'autrice”
Mi rendo conto che questa storia non può vantare un aggiornamento da mesi... pertanto posso ben capire come nessuno vedendosela comparire davanti possa ricordarsene anche solo il titolo.
Per questo, vorrei rinfrescare la memoria a quelle anime pie che conservano nella loro mente ancora il ricordo di questa fanfiction.
Perciò, ecco a voi il riassunto di ben dieci capitoli!


Akane è un'agente segreto della WBBA, inviata in missione in America da Ryo, neo direttore di un comparto della società, assieme a Tsubasa.
Nessuno dei due ragazzi inizialmente sembra essere particolarmente entusiasta di dover lavorare in coppia: il possessore di Eagle per primo, abituato alla solitudine, teme di non riuscire a stabilire un gran feeling con la compagna.
Questa dal canto suo si dimostra sulle prime molto avversa al ragazzo, poiché conoscente di suo fratello.

Il cognome di Akane è infatti Tategami, ed è quindi sorella di Kyoya, con cui ha troncato ogni contatto dal giorno della scomparsa di loro padre.
La missione in America, durante la quale i due agenti diventano piano piano più vicini, porta ad una scoperta inquietante. In America, il Dottor Ziggurath, direttore dell'accademia HD, vuole sfruttare l'occasione del nuovo torneo mondiale indetto da Ryo stesso per i suoi scopi personali.
Akane e Tsubasa durante le loro ricerche incontreranno i membri della squadra americana partecipante al torneo, in particolare la ragazza potrà osservare Damin Hart all'opera con il suo bey, che si rivelerà incredibilmente simile al suo Storm Cancer, costruito da suo padre tanti anni prima.

Da questo momento Akane si lascia sopraffare dal passato, e i dubbi riguardanti la morte del padre tornano a tormentarla: sa infatti che Ziggurath ha a che fare con quella storia.
La verità esce fuori solo una volta atterrati in Giappone nuovamente, quando Akane riesce a leggere il fascicolo del padre contenuto negli archivi della società. Il Dottor Ziggurath ha ucciso Yori Tategami per poter mettere mano ai progetti dei beyblade a cui stava lavorando.
Venuta a conoscenza di ciò, Akane non ha altri pensieri se non quello della vendetta. Pertanto selezionati i componenti della squadra giapponese al torneo, la ragazza vola nuovamente verso l'accademia di Ziggurath, dove è sicura potrà scoprire quelle funzioni speciali del suo beyblade che suo padre non ha potuto insegnarle.
E così, mentre Tsubasa si trova, titolare della squadra giapponese, a combattere sfide nei più diversi stadi nel mondo, oltre che a combattere una misteriosa forza oscura che lo tormenta e gli fa perdere il controllo, Akane è alle prese con un agente della WBBA che la segue per conto del presidente, affatto contento del suo comportamento.


Grazie per aver letto tutta questa sfilza di informazioni, spero che abbiano sortito l'effetto sperato, e quindi che non vi abbiano annoiato fino all'esaurimento ma che vi abbaino invogliato a leggere questo aggiornamento.
Rinnovo ancora una volta le mie scuse, e lascio coloro che hanno avuto abbastanza pazienza da leggersi il riassunto al vero e proprio capitolo.
Fine delle interminabili Scuse dell'autrice

 


Era... chiuso nello sgabuzzino del personale del servizio delle pulizie dell'accademia HD.
Si sentiva così sciocco e impotente.
Si sedette vicino all'armadietto delle scope e appoggiò la testa sulle ginocchia.
Era stato scoperto. Che vergogna, che pena.
Quando la voce di Akane aveva raggiunto la sua mente, si era sentito morire dentro. Non era neppure riuscito a reagire.
Quella lo aveva afferrato per un braccio e chiuso dentro la prima porta che aveva trovato nell'edificio.
“Io ho da fare. Tu aspettami qui, d'accordo?”- gli aveva detto con sorriso beffardo.
A nulla sarebbe servito tentare di darsi un tono, provare a rispondere a quella provocazione.
Aveva vinto lei.
In tutto e per tutto.
Gli aveva anche preso il palmare. A quest'ora sicuramente aveva già avvertito il presidente della pessima riuscita della sua missione e lui era già stato cancellato dalla lista degli agenti della WBBA.
Che tristezza.


Jay si era quasi addormentato quando l'allarme irruppe in ogni singola stanza dell'accademia.
Improvvisamente la porta si spalancò.
Akane lo prese per il polso e lo trascinò dietro di sé.
“Si direbbe che questa volta quella beccata sia stata tu”- Jay non riuscì a trattenersi.
Si ritrovò folgorato dallo sguardo assassino della ragazza.
“Tu pensa a correre, pivellino”- disse però semplicemente lei.


Il ragazzo buttò uno sguardo dietro di sé.
Erano inseguiti da una decina di uomini vestiti tutti nella stessa maniera con un'orribile divisa color antracite. Probabilmente gli addetti alla sicurezza.
Ormai erano giunti all'esterno, nel più completo deserto che circondava l'edificio.
“Non ce la faremo mai...”- ansimò Jay- “Sono troppi...”
“Sì, ma noi siamo agenti segreti della WBBA...”- disse l'altra, poi si voltò verso di lui- “... più o meno.”
Si fermarono, gli uomini della sicurezza impugnarono i lanciatori.
“Che facciamo adesso?”- domandò sempre più terrorizzato.
“Copriti le orecchie.”

 

Non sapeva esattamente cosa stava cercando.
Anzi, non aveva assolutamente la più vaga idea di dove dovesse guardare, o anche solo dove andare.
C'erano talmente tante stanze, tanti piani in quel palazzo.
Ma la fortuna pareva essere straordinariamente dalla sua parte quel giorno.
Si affacciò distrattamente ad una della porte degli uffici del quinto piano.
E, come per magia, davanti ai suoi occhi , proiettato su uno schermo gigante c'era il misterioso bey, Hades Kerbecs.
Adesso ascoltami bene, Damian”- disse una voce maschile- “Ti spiegherò la particolarità del tuo bey”


E così adesso anche lei lo sapeva.
Il Dottor Ziggurath le aveva involontariamente spiegato tutto quanto.
Afferrò Cancer e con un gesto rapidissimo ruotò la ruota di fusione, che andò ad incastrarsi perfettamente con il giunto di rotazione
Eccola. La nuova modalità.

 

Che significa?”- chiese il ragazzo.
Il tuo bey possiede una seconda modalità: la modalità Boost. Unendo giunto di rotazione e ruota di fusione Hades Kerbecs raggiunge un livello difensivo potenziato.”
Il bey rappresentato sullo schermo di mosse.
Damian si avvicinò, entrando nel campo visivo di Akane.
Era proprio lui, il ragazzo che aveva seguito al bey-park quando era in missione.
In che senso potenziato? Non sono già abbastanza forte così?”- disse.
Certo, sei molto forte già così, dopo aver fatto la procedura di potenziamento. Ma io ti avevo promesso che saresti stato il più forte.”- ribatté il dottore con malizia- “In modalità Boost nessun attacco potrà mai scalfirti. Sarai invincibile.”


Senza dire niente lanciò il bey in direzione dei suoi nemici, con quella potenza tale che solo una rabbia covata dentro per anni può creare.
L'impatto fu devastante.
Akane si coprì il volto con il braccio, Jay si voltò, riparandosi dietro una roccia.
Impressionante.
Nessuno degli addetti alla sicurezza era rimasto in piedi.
Davanti agli occhi dei due ragazzi c'erano solo bey distrutti e uomini accasciati a terra.
Meraviglioso.
E quella era solo una piccola parte della potenza che la nuova modalità riservava al suo bey.
Sorrise compiaciuta.
Scoprire segreto ruota di fusione: fatto.


Akane richiamò il suo bey, guardò fissa una delle telecamere che sorvegliavano l'esterno dell'accademia e disse, scandendo bene le parole: “Guardami, Ziggurath. Verrò presto a riprendermi ciò che mi hai rubato.”
Detto questo si girò e, recuperato Jay dietro la roccia, si allontanò.

“E adesso? Dove stiamo andando?”- fece Jay ancora sconvolto da ciò che era accaduto.
“All'aeroporto. Torniamo a casa.”
“Torniamo?”
“Sì, torniamo. Cos'è, vorresti rimanere qui?”- chiese Akane.
“No... è solo che... Non mi aspettavo che mi portassi con te.”
Akane lo squadrò.
Sembrava tanto un cucciolo impaurito. Era decisamente abbattuto.
“Se torno io in Giappone, dovrai tornarci anche tu, no?”- gli disse.
Il ragazzo la guardò. “Non so te... ma io non sono così impaziente di tornare. Non è che abbia fatto un gran lavoro in questa missione.”
“Non devi preoccuparti. Andrà tutto bene, ne sono sicura. Adesso vai a fare i biglietti per il primo volo disponibile, forza!”- lo incoraggiò, sfoderando uno dei suoi rari sorrisi.
Jay scattò immediatamente, rincuorato dalle parole della ragazza. Sembrava aver ripreso un po' di energia.
Akane intanto, non vista, tirò fuori il palmare che gli aveva precedentemente requisito dalla tasca dei pantaloni.
Sono dietro ad Akane Tategami. Torniamo indietro con il primo volo disponibile.” scrisse in una mail diretta al presidente.
***


“Chi era quella?”- chiese il ragazzo dai capelli celesti, avvicinandosi alla scrivania del dottore.
“Nessuno di particolarmente importante, Damian.”
I due guardavano le immagini dello scontro sullo schermo in fondo alla stanza.
“Può zoomare sul suo bey?”- chiese il ragazzo.
“Ma certo”- continuò pacato l'altro.
“Il suo bey è praticamente identico al mio”- disse in un soffio Damian.
Una nota di preoccupazione comparve sul suo volto.

“È vero, ma non hai motivo di impensierirti. Quella ragazza non ha fatto la procedura di potenziamento. E poi... non riuscirebbe mai a controllare tutto il potere che quel beyblade possiede.”
Damian lo guardò sospettoso.
Il Dottor Ziggurath sapeva di quella ragazza più di quanto volesse far intendere.
“Che vuole dire?”
“Voglio dire... che la sua rabbia le impedirà sempre di dare il meglio di sé. La rabbia è potere, è forza. La rabbia è un vantaggio non indifferente sui propri nemici, ma solo per chi è capace di usarla. Altrimenti è solo una barriera, un intralcio.”
Parlava con quella tranquillità agghiacciante, accompagnato dai quei gesti innaturali e ricercati del volto.
Chiunque sarebbe rabbrividito davanti a quell'uomo. Chiunque, ma non Damian.
Al contrario, trovava nel professore qualcosa di straordinariamente familiare, e terribilmente stimolante.

“Ti ho promesso che ti avrei fatto diventare il migliore e lo sarai. Sono un uomo di parola, io.”
Ma Damian non sembrava soddisfatto.
Non che gli interessassero gli affari del dottore. Ma voleva essere sicuro di non aver rivali nel campo del beyblade.
Lui voleva vincere. Vincere sempre e comunque.
Era quasi una malattia, la sua. Aveva bisogno di primeggiare sugli altri come ne aveva di respirare.
“Come sa che è arrabbiata?”- chiese.
“Diciamo... che mi posso considerare una delle cause della sua rabbia”- rispose l'uomo con un sorriso maligno sulla bocca.
Ma il ragazzo non era convinto.
Lo si vedeva da come guardava lo schermo.
Cercava di imprimere nella sua mente il volto di quella ragazza. Sapeva che si sarebbero rivisti, prima o poi.
E a quel punto scoprirò se davvero costituisci una minaccia...
***

Akane come suo solito prese posto vicino al finestrino dell'aereo.
“Sembri tesa”- disse Jay sistemandosi al suo fianco.
“È tutto a posto”- rispose lei, mentendo.
Aveva talmente tanti pensieri che le vorticavano per la testa che non poteva essere tranquilla.
Sentiva un vuoto nello stomaco allucinante.
Aveva paura.
Si era consegnata da sola alla WBBA in un improvviso moto di bontà.
Avrebbe voluto afferrare il telefono e chiamare Hikaru, Ryo, Tsubasa o addirittura suo fratello.
Qualcuno.
Aveva bisogno di qualcuno disposto ad aiutarla.
Per l'ennesima volta si sentiva sola, persa.
Si ricordò della sensazione provata in America, quando Tsubasa era andato a cercarla all'aeroporto.
Si era sentita protetta, stretta tra le sue braccia.
E adesso avrebbe davvero voluto che lui fosse seduto accanto a lei,in quel viaggio.
Ma doveva invece accontentarsi di Jay Kisosawa, che russava come pochi in quel momento, perso nel suo mondo dei sogni.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


... Ma a che prezzo?

“Don’t get too close
It’s dark inside
It’s where my demons hide”
Demons, Imagine Dragons

Note dell'autrice (tanto vale le scriva prima che cominci il capitolo vero e proprio):
Ebbene sì, sembra impossbili ma l'estate 2016 vede l'aggiornamento di questa fanfiction, che prima o poi finirò, da qui a venti anni.
Non ho neppure il coraggio di andare a guardare quando ho postato il capitolo scorso, e so che praticamente nessuno, ma voglio aiutare quelle quattro anime pie che si avventureranno nell'impresa con un riassunto delle "puntate precedenti".
Potete trovarlo qua -> https://www.facebook.com/Mel_mel98-1504712416519226/
Detto questo, grazie per essere ancora qui, spero che il capitolo non vi faccia ribrezzo, un bacetto affettuoso,
quella ritardataria cronica di Mel

 


Si rigirava nel letto senza posa.
Perle di sudore bagnavano il suo volto sofferente.
Il cuore batteva a mille, sussurrava parole incomprensibili.
Era come se stesse correndo da ore, si sentiva sfinito.
Tutto nero fuori, tutto nero dentro.
Che succede? chiese.
Sentiva le gambe doloranti, la testa scoppiare.
Voleva fermarsi, voleva che tutto finisse al più presto.
Che cosa mi sta succedendo? tentò nuovamente.
Voleva... la luce.
Dov'era finita la luce del giorno? Che fine aveva fatto?
Era tutto buio, notte fonda.
Un buio denso, spesso. Vivo.
Il buio lo raggiunse, si sentì improvvisamente perso. Ma non voleva essere sconfitto senza lottare.
Cacciò fuori un urlo, ma era come se quella massa scura che lo circondava impedisse al suono di liberarsi nell'aria.
Cominciò a divincolarsi, sempre più nel panico.
Non si sarebbe arreso. Mai.
Ma il buio lo tentava, lo chiamava suadente.
Sto impazzendo, pensò rassegnato, è finita.
Si sentiva toccare, accarezzare da quell'oscurità sempre più profonda, sempre più viva e reale.
Sentiva il suo corpo andarsene, la sua mente farsi meno lucida.
Ed ebbe paura. Paura di non essere più sé stesso.
Aprì gli occhi.
Si buttò giù dal letto respirando a fatica.
Con la mano stretta al petto si avvicinò alla finestra.
La sua aquila volava nel cielo roseo del mattino.
Il mattino della sfida contro gli Zanna Selvaggia.

***

“Andiamo, forza svegliati”- disse Akane al ragazzo, una volta giunti a destinazione
Lui la seguì fuori dall'aereo ancora mezzo addormentato.
“Qual è il piano adesso, Akane?”- fece dopo un po'.
“Adesso voi due venite con noi alla WBBA.”- rispose una voce maschile che lo fece sobbalzare- “Il presidente vi aspetta.”

“Non li ho chiamati io, te lo giuro”
Jay era sconvolto, più sconvolto di Akane.
“Il palmare me lo hai ridato sull'aereo, quel messaggio non l'ho scritto io, devi credermi.”- continuò.
“Ti credo”- fece l'altra, guardando fuori dal finestrino posteriore dell'auto nera, alla cui guida stava l'uomo che aveva parlato all'aeroporto.
“Sto dicendo sul serio, non sono stato io”- il ragazzo non riusciva a darsi pace. L'agitazione lo portava a muoversi continuamente, accavallando le gambe, scrocchiando le dita.
“Ho detto che ti credo, e adesso piantala e abbassa la voce”- tagliò corto lei.
Per alcuni istanti Jay tacque.
Poi riprese, con tono più basso: “Akane, io non so come...”
Lei sbuffò.
Lo afferrò per un braccio e lo avvicinò a sé: “Sono stata io, hai capito? Ora smettila con queste lagne, ok? Mi fai diventare ancora più nervosa di quanto non sia già!”
Lui la guardò perplesso.
“Cosa?! Ma perché lo hai fatto?”
Non capiva proprio. Ma lei non aveva la forza di spiegare. Dato che, forse, neppure lei sapeva spiegare a sé stessa il perché del gesto che aveva fatto.
Non gli rispose.
Continuò a stringerlo per il braccio, senza dire una parola.

“Forza, scendete”- disse l'uomo alla guida quando giunsero davanti alla porta di ingresso.
Akane, messo fuori il piede sinistro, si sentì immediatamente stringere il gomito.
In un attimo si liberò dalla presa.
“Non si azzardi mai più a toccarmi”- disse chiudendo lo sportello con un rapido gesto della mano.
L'uomo non si scompose minimamente, si limitò ad indicare una porta poco lontano.
“Sì, sbrighiamoci ad andare dal presidente, che ho da fare”- fece Akane girandosi con un gesto di stizza.
Sembrava di vedere suo fratello, nella sua versione peggiore.
Apparentemente distaccata, menefreghista, spaccona. Odiosa, insomma.
Varcò la porta della sede centrale a testa alta e una volta arrivata dentro al grande ascensore chiese: “Che piano, 18°?”- come se lei e la “guardia” fossero amici d'infanzia.
Quello rispose con un cenno d'assenso senza cambiare minimamente espressione.
Poi rivolto verso Jay, che era rimasto leggermente in disparte, disse: “Tu aspetta quaggiù.”

Akane vide su uno dei tanti schermi sparsi per l'edificio le immagini di uno scontro di beyblade.
Masamune vs Nile, c'era scritto in basso.
“Hanno già iniziato...”- pensò e allungò il passo verso la porta in fondo al corridoio.
Voleva assolutamente arrivare in tempo allo stadio per vedere un eventuale scontro di Tsubasa.
Sapeva, esattamente come ogni altro, che la sfida seguente sarebbe stata quella di suo fratello e Ginka.
Ma se dopo quella le due squadre fossero risultate in parità... certamente sarebbe toccato al possessore di Eagle impugnare il lanciatore.
Si morse il labbro.
Incredibile, per quanto fosse nei guai fino al collo, lei si ritrovava comunque a pensare a Tsubasa.

Entrò senza bussare nell'ufficio del presidente.
“Allora?”- disse spalancando la porta con un gesto teatrale.
“Ma che modi! Che fai, ragazzina?!”- esclamò la guardia che continuava a seguirla.
“Non si preoccupi, è tutto a posto. Può andare adesso.”- fece l'uomo sulla sessantina seduto dietro la scrivania. E con queste parole fece tornare il silenzio.
L'agente che aveva accompagnato Akane chiuse lentamente la porta, andandosene.
“Si accomodi, agente Tategami”- disse allora il presidente.
“Cosa vuole da me?”- fece invece lei, guardandolo in cagnesco.
Il volto dell'uomo si fece immediatamente più serio e duro. A nulla servivano le buone maniere e le parole gentili con quella ragazza. Tanto valeva andare subito al sodo.
“Lo sai benissimo, Akane. Sei entrata nell'archivio senza autorizzazione. Hai preso il fascicolo di tuo padre. Te ne si andata in America senza permesso. Ti basta come motivazione del tuo immediato licenziamento o devo continuare?”

Lei sorrise, isterica.
“Sì, certo. E voi, sì tutti voi, la WBBA intera, allora? Vi siete sempre presi gioco di me. Siete dei bastardi. Mi avete sempre tenuto tutto nascosto, non mi avete mai permesso di sapere la verità sulla morte di mio padre. Le basta, signor presidente, come giustificazione delle mie azioni?”
Lui rimase spiazzato per qualche secondo.
“Sarebbe stato meglio per tutti che tu non sapessi il perché della morte di tuo padre, non credi?”- disse infine, fingendosi tranquillo e noncurante, anche se in realtà era tesissimo.
Da quando la figlia di Yori Tategami era entrata a lavorare nella società lui aveva sempre cercato di evitare un faccia a faccia con lei. Era una ragazza pericolosa, tutti glielo avevano detto.
E adesso si ritrovava a parlare con Akane del suo licenziamento e della morte del padre.
No, non era una situazione che avrebbe mai voluto affrontare.
Ma i suoi doveri di presidente glielo imponevano.

“Ah, meglio per Ziggurath sicuramente. Meglio per lei? Probabilmente. Non deve essere facile avere a che fare con la sottoscritta se non è dell'umore giusto. Ma le assicuro, non sarebbe stato meglio per me.”- rispose Akane, battendo la mano sul tavolo- “Ma non deve preoccuparsi, tolgo il disturbo. Non dovrà più avere a che fare con me, contento?”
Detto questo si allontanò dalla scrivania con passi decisi.
“Ferma lì, signorina”- disse il presidente, che sembrava aver ripreso un minimo della sua sicurezza- “Mi dia il bey, Storm Cancer.”
Akane aveva quasi creduto di essere riuscita a scamparla.
Ma si sbagliava.
Si sentiva mancare al solo pensiero di doversi separare dal suo bey.
“Non può prendere il mio bey”
“Non è tuo.”- rispose freddo l'altro- “Tuo padre lo ha costruito per la WBBA quando lavorava nella WBBA. Da contratto quindi quel beyblade è della...”
“Sì, ho afferrato il concetto.”- disse immediatamente l'ex agente.
Non voleva sentire pronunciare quel nome mai più.
Si slacciò velocemente la cintura da blader e la appoggiò sul tavolo.
In quel momento sentì le sue guance bagnarsi di lacrime roventi.
Dannazione pensò. Non avrebbe voluto piangere. Si era ripromessa che non lo avrebbe fatto mai più.
Ma faceva troppo male.
Come quando aveva perso suo padre, o suo fratello. Era un dolore tremendo.
Si sentiva così debole ed insulsa per quello che stava facendo.

E a quel punto eccola, eccola arrivare di nuovo.
Una rabbia feroce, incontrollabile.
Sentì il presidente alzarsi, venirle vicino.
“Akane, senza risentimento, d'accordo? Devi capirlo, per noi Storm Cancer è un'arma importante, sai meglio di me che Ziggurath non ha buone intenzioni. Il tuo bey potrebbe rivelarsi il nostro unico asso nella manica.”
L'ultima cosa che il presidente voleva è che Akane desse di matto. Anche se l'aveva appena licenziata doveva tenerla buona e tranquilla, per il bene suo e della WBBA.
Allungò la mano per toccarle la spalla, ma quella prontamente si scansò.
Si asciugò le lacrime sul volto e gli rivolse lo sguardo più minaccioso che avesse mai fatto: “Ah sì, eh?! Adesso sarebbe il tuo bey, vero? Cos'è, vuol farsi perdonare? Pensa che non lo sappia? Ziggurath è pericoloso, basti pensare che per i suoi scopi ha fatto dirottare un aereo pieno di persone senza battere ciglio. Ma non può togliere il bey al suo proprietario e pretendere che questo glielo lasci col sorriso sulle labbra!”- adesso stava quasi urlando.

Il presidente era seriamente impaurito.
“Cercavo solo di calmarti, Akane.”
“Calmarmi? Lei? Perché dovrei calmarmi con le sue insulse parole o perché lei dovrebbe consolarmi?!”- rispose lei sempre più in collera.
“Meglio averti come alleata che come nemico, Akane. Di questo ne sono cosciente.”- disse allora l'uomo.
Akane sgranò gli occhi. Questa era davvero bella.
Si lasciò sfuggire una risatina nervosa.
Poi notò l'orologio sulla parete dell'ufficio. Era tardissimo.
“Se è vero quello che ha appena detto,”- sibilò prima di voltarsi- “è bene che inizi a preoccuparsi.”
E lasciò che la porta si chiudesse dietro di sé.
Incredibile. Nonostante non avesse più niente, non avesse più alcun potere, quella ragazza sembrava ancora avere il coltello dalla parte del manico.
Il presidente sprofondò nella sedia sospirando.

 

Camminò veloce fino all'ingresso della sede centrale.
Lì trovò Jay, seduto su una sedia con la testa tra le mani.
Appena la vide le si avvicinò.
“Non avresti dovuto, Akane. Sarebbe stato meglio essere cacciato dal corso per agenti segreti che vederti perdere il tuo bey.”- disse tutto d'un fiato.
“Non importa, va tutto bene. Non sei un cattivo agente, meriti di imparare ancora.”- si limitò a rispondere lei con sufficienza.
“Sì certo, non sono un cattivo agente. Sono un pessimo agente.”- ribatté Jay sbuffando.
“Smettila di dire queste cose.”
“Mi dispiace così tanto, Akane. Nei vari corsi tutti (stagisti e istruttori) parlano di te come una persona perfida, arrogante, maleducata. Per questo avevo paura di partire per la missione. Tutti mi avevano messo in guardia, mi avevano detto che se tu mi avessi scoperto mi avresti mangiato vivo, che saresti stata capace di distruggermi con uno schiocco di dita. Adesso so che non è vero, loro hanno torto in tutto e per tutto. Tu non sei affatto così.”- disse il ragazzo.

“No ti sbagli, loro hanno ragione. Io sono sempre stata arrogante e, lo ammetto, decisamente antipatica da quando sono entrata qua dentro per la prima volta. Ma adesso... non lo so, forse sono cambiata. O forse tu hai avuto la fortuna di avere a che fare con la parte migliore del mio carattere.”- fece lei. Avrebbe voluto sorridere, ma proprio in quel momento non ci riusciva.
“Grazie di cuore, Akane. Ti prometto che se dovessi avere bisogno del mio aiuto, io sarò sempre a tua disposizione. Parola di Jay Kisosawa.”
Akane gli si fece più vicina: “Jay, promettimi che non dirai mai a nessuno ciò che hai visto in America. Giurami che mai e poi mai parlerai con qualcuno dello scontro che abbiamo avuto contro gli addetti della sicurezza dell'accademia HD. Nessuno deve sapere che cosa ho fatto, anzi, che cosa ha fatto Cancer.”- sussurrò Akane.
“Te lo giuro”- asserì l'altro.
“Prima o poi ti spiegherò ogni cosa, ma adesso devo assolutamente andare, ho già perso abbastanza tempo. Ci vediamo, Kisosawa, e ricorda la nostra promessa.”
Detto questo Akane cominciò a correre, senza aspettare la risposta dell'altro agente.

***

“Adesso sta' zitto ed esci da qui, Benkey”
La voce di Nile risuonò nello spogliatoio.
“Ti ho già detto che ho un piano per farti giocare questo match, quindi datti una calmata, smettila di parlare e lascia fare a me.”
Benkey, o in questo caso forse è meglio dire Masketbull, rivolse uno sguardo intimorito al suo compagno di squadra.
“Si, Nile, d'accordo”- sussurrò.
“Bene”- fece l'egiziano soddisfatto- “Adesso andate, io vi raggiungo tra un secondo”
Benkey e Damure cominciarono a camminare lungo il corridoio dello stadio giapponese.
Nile invece si sedette su una sedia sospirando.
“Guarda come ti sei ridotto...”- mormorò rivolto a Kyoya, disteso sul letto dall'altra parte della stanza.
Era seriamente preoccupato. Forse questa volta si era spinto troppo oltre. Alla fine della sfida entrambi i partecipanti erano caduti a terra svenuti.
“Direi che avete un po' esagerato, tu e Ginka. Tra te e il tuo bey non si sa chi è messo meglio. E adesso mentre tu te la dormi a me tocca tenere a bada quei due...”- pensò ad alta voce.
Venne distolto dai suoi pensieri da uno strano rumore.

Qualcuno stava bussando.
Non potevano essere i suoi compagni di squadra, avrebbero direttamente aperto la porta.
Sicuramente non erano neanche gli avversari, anche loro in quel momento avevano un bel po' da fare.
Andò ad aprire aspettando quindi di trovarsi davanti uno degli organizzatori dell'evento.
Per questo quando vide una semplice ragazzina (che sembrava appena arrivata alla fine di una maratona di 42 km, tanto era trafelata e visibilmente affaticata), rimase un minimo spiazzato.
“Posso entrare?”- disse quella, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Ehm... sì. Tutto a posto?”- disse Nile dopo un po'.
Lei gli rispose con un cenno del capo.
Era tutto così strano. Che cavolo ci faceva quella lì?!
Poi un particolare attirò la sua attenzione.

La ragazza aveva due profonde cicatrici sulle guance. Gli sembrava di aver già visto dei segni come quelli...
La osservò camminare per lo spogliatoio, avvicinarsi a Kyoya. Kyoya...
Ma certo!
“Sei sua sorella!”- esclamò.
“Sì, una sorella con un nome magari...”- sbottò a quel punto lei, come se l'avesse profondamente offesa.
“Già, evidentemente ha un nome di cui io non sono a conoscenza, tu che dici...”- ribatté allora Nile, sempre comunque mantenendo la sua solita calma.
La giovane parve accorgersi del modo brusco con cui aveva parlato.
“Scusa... hai ragione. Io sono Akane Tategami, la sorella di Kyoya”- disse passandosi una mano sulla fronte e sugli occhi.
“Fa niente...”- la consolò il blader- “Tutto a posto. Io sono Nile.”

I due si strinsero la mano.
“Scusami ancora per prima”- continuò la Tategami- “Non ho avuto una buona giornata fino ad ora...”
“Ah, non ti preoccupare... In questa squadra sono tutti un po' matti, sono abituato alle rispostacce.”
Akane sorrise debolmente, poi si sedette vicino a suo fratello.
“Lo scontro sta per iniziare... Vai, io resto ancora un po' qui con lui”- disse infine guardando lo schermo della televisione.
“Va bene Akane”- rispose l'altro avviandosi.

Sentiva dolore in ogni parte del suo corpo.
Testa, gambe, braccia, busto.
Nemmeno se fosse stato investito da una betoniera si sarebbe sentito così distrutto.
Ma, in fondo, era soddisfatto.
Aveva lottato con tutto sé stesso, dando il massimo di quello che aveva.
E alla fine, di questo ne era certo, non aveva vinto, ma non aveva neppure perso.
Ma la prossima volta...
Sentiva arrivare dalla televisione accesa i rumori di un nuovo scontro.
Provò a muoversi per riuscire a vedere lo schermo, ma una fitta lancinante lo colpì al petto.
“Ah...”- il grido di dolore gli morì in gola. Non ce la faceva neppure a parlare.
“Stai fermo... dove vorresti andare?”

Quella voce lo spiazzò completamente.
“E tu che ci fai qui?”- disse.

Akane si avvicinò al letto.
“Mah... passavo di qui...”- rispose sedendosi sulla sponda.
Kyoya sorrise, mostrando i canini.
“Mi avevano detto che eri in America... devo pensare che mi abbiano mentito?”
“C'ero in America...”- rispose prontamente lei- “Ma sono dovuta tornare qui per...”
“Per una persona degna della tua attenzione, immagino”- disse il blader. Sapeva benissimo di non essere quella persona. Non era lì per lui.
Ma andava bene così in fondo.
Anche se, da buon fratello maggiore, voleva avere la situazione sotto controllo.
Akane intanto taceva, rossa in viso come un peperone.
“Akane, non c'è niente di male nel...”
“Lo so Kyoya, lo so. È solo che... non mi era mai capitata una cosa del genere, prima d'ora”- si affrettò a dire Akane.
Si voltò a guardare lo schermo, che mostrava il combattimento di Yu e Tsubasa contro Benkey e Damure.
“Non avevo mai sentito il bisogno di avere qualcuno accanto. Non mi era mai capitato di avere paura, paura per qualcuno. Adesso... non riesco a non pensare al fatto che lui è in difficoltà. Mi illudo di poterlo aiutare, anche se so benissimo che non posso fare niente. Eppure, non vorrei essere da nessun'altra parte, in questo momento.”

 

“Chiediamo di disputare un match a squadre. Accetta la sfida, ti propongo di scontrarci in un match doppio due blader contro due!”- grida Masketbull a pieni polmoni.
“Cosa?!”
Questa proprio Tsubasa non se l'aspettava.

“Allora accetti? Qual è la tua decisione?!”
“La risposta è sì! Certo che accettiamo la sfida, e con piacere! Su avanti diglielo Tsubasa!”- esclama Yu al posto del possessore di Eagle, entusiasta.
“Ma... Yu...”- Tsubasa cerca di prendere tempo, di ragionare. Ma è difficile resistere al possessore di Libra.
“E va bene”- dice rassegnato dopo aver ascoltato le ragioni del biondino- “Accettiamo”


Akane buttò un'occhiata a Kyoya.
Lui con enorme fatica si tirò su.
“È la sola persona che sia stata capace di rompere quel guscio che avevi creato attorno a te dopo la morte di papà”- disse guardandola.
Akane sorrise.
“Questo è il tuo modo di dirmi che per te va bene?”- chiese.
Lui continuò a fissarla senza rispondere.
Era cambiata. Le verità, l'America, Tsubasa l'avevano decisamente cambiata.
Ma c'era qualcosa, dentro ai suoi occhi, che non lo convinceva.
Era successo qualcosa che l'aveva sconvolta, ne era sicuro.
Quando fu finalmente a sedere sul letto non ebbe neppure il tempo di chiamarla che se la ritrovò fra le braccia.
La testa della sorella sulla spalla, sussurrò: “Tutto bene?”
Sapeva che qualcosa non andava.
Akane non era tipo da abbracci. Non più, ormai.

 

“Incredibile, Dark Bull anticipa ogni mossa di Earth Eagle e non gli permette di fare nulla! Earth Eagle è sottoposto ad un attacco serratissimo!”- la voce del telecronista invade lo stadio.
“Sono un grande! Non ci sperare amico, i miei attacchi sono infallibili!”- urla Benkey sovreccitato al suo avversario.
“Insomma Tsubasa vuoi fare qualcosa? Adesso prendo io il comando, vai Flame Libra!”- ordina Yu al suo bey.
“Non ti permetto di interferire!”- esclama di rimando Damure dall'altra parte del campo.

 

“Kyoya... cos'è un blader senza il suo bey?”
“Cosa?!”- fece lui, spiazzato dalla domanda.
Si sciolse dall'abbraccio, la guardò in faccia e solo allora capì.
“Akane, tu sei sempre te stessa”- disse senza quasi pensare.
“Non mi hai risposto: cos'è un blader senza il suo bey?”- ripeté lei.

 

“Attento Yu, è un trappola!”
“Come, una trappola?”
“Ci siamo cascati, volevano fare un doppio fin dall'inizio, faceva parte del loro piano! Vigliacchi!”- urla Tasubasa arrabbiato.

 

Kyoya non osava parlare.
Le avevano portato via Cancer. Adesso era tutto chiaro.
Le avevano preso tutto ciò che le rimaneva di suo padre.
Ecco perché era venuta da lui.
L'ex agente della WBBA si alzò, prese Rock Leone dal tavolo al centro della stanza e lo mise in mano al fratello.
“Un blader senza il proprio bey, semplicemente non è più un blader. È... niente”- disse.
“Akane...”- tentò nuovamente l'altro, ma fu subito interrotto.
“Io sono il niente adesso, Kyoya”- finì Akane, scura in volto.

 

Non posso perdere.
Non posso permettermi di perdere. Non deve succedere.
Se perderemo, sarà tutta colpa mia. Colpa mia.
Ma io non ci sto, non lo accetto!
“Devo vincere! Ce la devo fare! Non importa a che prezzo, ma io devo vincere!”

 

Il grido disumano di Tsubasa si levò sullo stadio.
Akane guardava imbambolata lo schermo della televisione.
Era come se la sua voce penetrasse nella sua pelle ed iniziasse a scorrere nel suo sangue.
Era terrificante.
Il suo volto, i suoi gesti, il suo comportamento.
“Che sta succedendo?”- esclamò Kyoya altrettanto sconvolto.
Non era come la volta in cui Tsubasa si era rifiutato di perdere durante la loro sfida per le qualificazioni.
Questa volta era fuori controllo, fuori di sé dalla rabbia.
Dal suo corpo si levava un'inquietante luce viola, che lo avvolgeva.
I suoi occhi erano rossi, come di fuoco.
Gridava come un forsennato, combatteva contro tutti e contro nessuno.
Alle sue urla si mescolavano quelle degli altri blader, degli spettatori sugli spalti.
Il risultato era uno spettacolo agghiacciante.

Eppure Kyoya rimaneva fisso con gli occhi sulla scena.
Perché stava succedendo tutto questo?
Perché Tsubasa si comportava in quel modo? Che cosa lo spingeva a fare tutto ciò?
Il possessore di Leone era senza forze, non riusciva a pensare.
Eppure... ci doveva essere una spiegazione ragionevole.
Una spiegazione alla tachicardia, alla pelle d'oca che quelle immagini gli provocavano.
Quelle scene lui le aveva già viste, già... vissute.
No, non è possibile.
Sembrava ridicolo, ma era esattamente così che si sentiva.


Si fiondò fuori dallo spogliatoio.
Arrivò vicino all'arena seguita dal fratello, che stingeva i denti per il dolore.
Lo spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi era terrificante.
Akane guardò in alto. Proprio in quel momento andava in pezzi il vetro della terrazza dalla quale Hikaru e Ryo stavano guadando il match.
Sentì il grido dell'amica, stretta tra le forti braccia del direttore, e le si chiuse lo stomaco.
Doveva fermare tutto questo.
Non poteva lasciare che Tsubasa, posseduto da quella rabbia distruttiva, buttasse giù l'intero stadio.
Qualcuno poteva farsi male sul serio.
Stava per correre da lui, quando sentì la presa salda di Kyoya sul suo bacino.
“Non fare la scema. Cosa vorresti fare, eh? Parlare con lui, per caso? Beh non mi sembra disponibile al dialogo al momento!”- gridò.
“Lasciami! Devo fare qualcosa, devo fermarlo!”- Kyoya la strinse più forte, cercando di ignorare il dolore che quel gesto gli provocava.
“Akane, ragiona: non puoi fare niente adesso. Se vuoi aiutarlo devi scoprire cos'è che lo fa comportare così e trovare un modo per eliminare la causa di questo comportamento!”- continuò.

Aveva ragione. Era decisamente un discorso sensato.
Attesero insieme, riparati sotto il parapetto degli spalti, che la furia finisse.
Quando Akane vide Tsubasa cadere a terra, schizzò veloce nella sua direzione.
“Tsubasa...”- sussurrò.
Era svenuto, sopraffatto da quella forza misteriosa. Non ne era stupita.
Ma un'altra era un cosa di cui non riusciva a capacitasi.
Earth Eagle girava ancora indisturbato nell'arena.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Scomode verità
 

“It may be over but it won't stop there
I am here for you if you'd only care”
Goodbye my lover, James Blunt

Note dell'autrice (sì, come detto nell'altro capitolo da ora in avanti le metterò prima del capitolo):
Udite udite, ce l'ho fatta. Prima dell'inizio della scuola, sono riuscita a buttare giù il trediciesimo capitolo. Sono commossa da me stessa.
Prima di iniziare, le dovute premesse.
Il capitolo ho paura sia uscito fuori leggermente troppo lungo, ma non sono riuscita a spezzarlo in due separati, erano scene troppo collegate tra loro a mio parere.
Spero possiate perdonarmi e che riusciate ad arrivare alla fine della lettura tranquillamente senza addormentarvi sulla tastiera.
Come la volta scorsa, già che ho creato una pagina voglio sfruttarla: qui il link al riassunto della puntata precendente (non s'abbia a vedere che quest'estate ho fatto indigestione di episodi di serie tv) -> https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1695408820782917&id=1504712416519226
Buona lettura a tutti, qualunque cosa sapete dove trovarmi, lasciate un commento laggiù nel finestrella apposita :P
Sempre la vostra ritardataria di fiducia,
Mel



“Akane!”
Si voltò e vide Madoka raggiungerla sul campo di battaglia.
“Portatelo all'ospedale immediatamente”- disse guardandola negli occhi.
Madoka annuì, un po' esitante.
La Tategami la intimoriva da morire. Era un effetto che faceva a molte persone.
Madoka era decisamente sopraffatta dalle emozioni, dentro di lei un vortice di terrore e sconforto stava prendendo il sopravvento.
Che cosa era accaduto al possessore di Eagle?
Lei non riusciva a spiegarselo in alcun modo, pur avendo assistito da vicino e monitorato la scena con il suo computer.
Aveva bisogno di un appiglio, di qualcuno di forte e sicuro a cui aggrapparsi.
Sapeva che quando aveva bisogno poteva sempre rivolgersi a Ginka, ma in questo caso il povero Hagane sembrava più colpito e rassegnato di lei.
E così, quando aveva visto l'ormai ex agente della WBBA accorrere in aiuto del loro amico, aveva pensato che lei potesse essere la persona giusta a cui rivolgersi.


“Verrei con voi ma... adesso devo fare una cosa urgente”- continuò Akane, e Madoka si risvegliò dai suoi pensieri.
Sussurrò un flebile “Ma certo...”, prima che l'altra si voltasse e cominciasse a camminare verso l'uscita.
Akane si stava dirigendo a grandi passi dalla parte opposta dello stadio, quando si sentì chiamare da una voce maschile.
“Ehi tu! Sì, dico a te, fermati un po'!”
Lei si fermò e girandosi incontrò lo sguardo devastato del tipo che aveva visto all'aeroporto prima di andare in America. Masamune Kadoya.
“Che c'è!?”- sbuffò Akane.
“C'entri qualcosa in questa storia? Che cosa sta succedendo a Tsubasa?”- gridò il ragazzo mentre si caricava in spalla il compagno.
“Non ne sono certa, ma lo scoprirò presto.”


“Hikaru, vieni con me”- disse afferrandola per il polso.
La segretaria, ancora stravolta per l'accaduto, si lasciò guidare in una piccola stanzetta buia, probabilmente un vecchio magazzino, senza opporre alcuna resistenza.
Akane invece era oltremodo agitata, non riusciva a darsi pace.
“Allora...”- iniziò- “Quando è iniziato tutto questo?”
Entrambe sapevano a cosa si stava riferendo. Non c'era bisogno di dirlo.
“Direi... alle qualificazioni, quando Tsubasa ha combattuto contro Kyoya. È in quell'occasione che per la prima volta si è manifestata la sua furiosa rabbia.”- rispose Hikaru, appoggiando le spalle al muro.
“Ma sarai d'accordo con me se dico che questo non è un comportamento da Tsubasa? Calmo, riflessivo, tranquillo... a me lo avevano raccontato così, o sbaglio?”- domandò l'ex agente.
Hikaru sospirò: “Sì, hai ragione, Tsubasa non è il tipo da perdere il controllo in questo modo. A pensarci bene, durante questi momenti non sembra neanche più sé stesso, sembra piuttosto...”
“...Ryuga durante il Battle Bladers, vero?”- finì Akane avvicinandosi all'amica.
Hikaru spalancò gli occhi.
“No, non ci credo... non può essere che...”- balbettò.
“Non ci credere, Hikaru. Ma io temo proprio che abbiamo a che fare con il Potere Oscuro.”
“No, come è potuta accadere una cosa simile?! Te ne rendi conto anche tu che è una cosa folle, non è possibile! Il Potere Oscuro di L-Drago, Akane! Come ha fatto ad arrivare a Tsubasa?”- chiese la ragazza dai capelli celesti, tremando visibilmente.
In quel momento la porta dello sgabuzzino si spalancò.
“È successo proprio durante il Battle Bladers, quando L-Drago si è preso lo spirito del blader di Tsubasa”- disse Ryo con tono serio, entrando velocemente e chiudendo la porta alle sue spalle.
Le due ragazze lo guardarono stupite.
“Dì un po', ci stavi spiando?!”- esclamò Akane, ma il signor Hagane sembrava particolarmente preso dal discorso e non le dette troppo peso.
“Akane, mi dispiace di non averti ascoltato quando mi hai avvertito. Avevi ragione”- ammise allora.
“Anche a me dispiace di aver avuto ragione, Ryo”- disse tornando concentrata sulla questione- “Ma piuttosto, adesso che possiamo fare?”
Nella stanza calò il silenzio.
Ryo sospirò: “Non lo so. L'unica cosa che io posso fare è togliere Tsubasa dalla squadra. Non può continuare a gareggiare in queste condizioni.”
“Signor direttore, sa bene che Ginka e gli altri non saranno mai d'accordo con questa sua scelta!”- esclamò la segretaria.
Il direttore fece spallucce: “Cos'altro dovrei fare?”
Akane si avvicinò alla porta.
“Dobbiamo pensare ad un modo per aiutare Tsubasa. Se il Potere Oscuro si è impossessato della sua mente combattendo a beyblade, è solo combattendo che riuscirà a sconfiggerlo, questo è certo.”
Era così in pena, così in ansia. Cosa poteva fare lei, per aiutarlo davvero?
“Akane...”- provò a ribattere il padre di Ginka.
“No, non voglio sentire altro. Vedete di trovare un modo pratico per salvarlo. E mentre pensate”- disse guardandoli negli occhi, prima Ryo e poi Hikaru- “...state bene attenti, che nessuno venga a sapere una parola di quello che ci siamo detti qui dentro. Io vado all'ospedale, voi pensate a come far finire presto la sfida tra i Galassia Gun Gun e gli Zanna Selvaggia. Questa manche del torneo sta diventando eterna.”
E detto questo uscì.
Ancora una volta sembrava che avesse tutto sotto controllo. Quando invece la situazione le stava pericolosamente sfuggendo di mano.
***


Seduti nella sala d'aspetto dell'ospedale, erano in trepidante attesa di una risposta.
Tutti in fila, un po' avviliti, preoccupati. Per la sorte del loro amico, per la sorte del loro viaggio all'interno del torneo.
“Io ancora non riesco a capire che cosa gli sia preso”- mormorava Masamune di tanto in tanto, che per l'agitazione non riusciva a stare fermo sulla sedia.
Accanto a lui c'era Kenta, sempre pronto a supportare i suoi amici, che assieme a Madoka riguardava le immagini di quell'ultimo scontro.
“Madoka per favore, spegni il computer”- disse ad un certo punto Ginka, che le sedeva vicino- “Sono stanco di rivedere queste immagini.”
Anche se era distrutto a causa della sua sfida con Kyoya, aveva insistito per poter venire all'ospedale con loro.
Ma era... strano. Non era il solito Ginka di sempre.
Sul suo volto era chiaramente disegnata un'espressione di preoccupazione.
“D'accordo...”- rispose la meccanica- “Va tutto bene, Ginka?”- chiese poi.
“Sì, tutto a posto. Voglio solo smettere di pensare a ciò che è successo per un attimo. E non posso riuscirci senza il vostro aiuto”- rispose mostrando il suo bel sorriso, del quale ogni volta Madoka si innamorava.
“Noi siamo con te, Ginka”- intervenne Kenta.
“E tutti insieme siamo con Tsubasa”- rispose il blader dai capelli rossi.
“E con Yu!”- si aggiunse Masamune, pensando al piccolo che avevano lasciato a riposare in una stanza poco distante.


Akane camminava per il corridoio con un groppo alla gola. Non le erano mai piaciuti gli ospedali. E a chi piacciono, dopotutto?
Cercava di raggiungere la camera indicatale dall'infermiera il più in fretta possibile. Ma le sue gambe sembravano due pezzi di legno in quel momento.
Poi, guardando di lato, scorse una figura a lei familiare.
Era il bimbo biondo, riserva della squadra giapponese e molto amico di Tsubasa.
Se ne stava seduto sul letto, incerto sul da farsi.
Entrò nella stanza guidata dall’istinto, contro ogni sua stessa aspettativa.
“Ciao!”- la salutò calorosamente lui, appena la vide.
“Ciao, ehm... scusa ma non ricordo il tuo nome”- fece lei, leggermente imbarazzata.
“Mi chiamo Yu”- rispose tranquillo lui- “E tu sei Akane, vero?”
“Sì”- disse semplicemente lei, sedendosi vicino al piccolo.
“Tutto bene? È stato scontro difficile, quello di oggi”- chiese dopo un po'.
“Ho solo un po' di mal di testa, ma penso di stare bene. È solo che...”- Yu si interruppe.
“Cosa?”- lo incalzò l'agente.
“Non riesco a dormire. Tutte le volte che chiudo gli occhi arriva un incubo a spaventarmi”- finì tristemente- “Sei qui per Tsubasa, giusto?”
Akane diventò improvvisamente tutta rossa.
“Ehm... già.”
Yu sorrise. “Gli farà piacere vederti, ne sono sicuro.”- pensò ad alta voce.
“Davvero?! Tu credi?”- disse sorpresa la ragazza.
“Ma certo. Ne sono convinto.”
Akane sentì lo strano bisogno di sorridere. Abbracciò il biondino.
“Grazie Yu”- gli sussurrò- “Adesso coraggio, prova un'altra volta ad addormentarti. Sei troppo stanco per riuscire a stare alzato.”
“D'accordo”- sussurrò non troppo convinto lui, distendendosi.
“Ci vediamo presto”- gli disse Akane, prima di uscire.
“A presto”- fece, prima di chiudere gli occhi.




Si svegliò da quell'incubo che lo tormentava dopo diverse ore.
Si sentiva calmo, tranquillo. Si sentiva... sé stesso.
Gli sembrava che, dopo tanto tempo, fosse tornato tutto a posto, più o meno.
Ma non aprì gli occhi.
Sapeva dove si trovava in quel momento, e non gli piaceva affatto l'idea.
Sentiva l'ago di una flebo nel braccio, il suono flebile di alcuni macchinari nella stanza.
Era ovvio che lo avessero portato in ospedale.
Dopo tutto quello che era successo durate il match, cos'altro avrebbero potuto fare i suoi amici?
I suoi amici... chissà cosa stavano pensando di lui, in quel preciso momento.
Forse erano in pensiero per lui, forse si stavano domandando con una punta di rabbia per quale motivo non avesse mai detto loro niente di tutto ciò che sentiva crescere dentro di sé.
Aveva tentato di tenerli fuori da quella situazione che neppure lui stesso capiva molto bene.
In cuor suo aveva sperato di riuscire a controllare tutto quanto, ma nella sfida contro Benkey aveva decisamente perso le staffe. Si era lasciato completamente pervadere da quella forza distruttiva che ogni giorno si faceva più potente dentro di lui.
E adesso... si sentiva strano, diverso. Sconfitto, in qualche modo. Ricordava vagamente il momento in cui era stato sopraffatto, ma quei pochi istanti impressi nella sua memoria, quelle sensazioni lancinanti nel suo corpo, si ripresentavano persino adesso come fossero reali.


Faceva tremendamente male, ripensare a ciò che era successo. Ma in fondo, non riusciva a pensare a nient'altro. La sua mente, svuotata di qualsiasi altro ricordo, era impotente.
Non riusciva a fare niente se non crogiolarsi nel suo odio verso sé stesso, verso la sua debolezza.
Doveva aprire gli occhi, o sarebbe certamente impazzito. Doveva vedere la luce, voleva essere accecato dal riverbero delle lampade dell'ospedale.
Non poteva più rimanere nell'ombra, sarebbe sprofondato nuovamente in balia di quella forza oscura che si stava prendendo gioco di lui.


Si chiese se anche Earth Eagle si sentisse come lui, in quel momento.
Decise che doveva assolutamente alzarsi, che non poteva rimanere disteso in quel letto un minuto di più.
Basta pensare, basta ricordare.
Aprì gli occhi, con un enorme sforzo.
E immediatamente cambiò idea. Non si sarebbe mosso di lì per le ore seguenti.


La vide sul suo letto, stretta al suo petto e immediatamente si chiese come avesse fatto a non accorgersi della sua presenza prima.
Aveva gli occhi chiusi, ma le lacrime luccicavano sulle sue guance, e Tsubasa sentì il cuore volargli in gola.
Con estrema lentezza portò la mano al suo viso, asciugandolo malamente.
“Akane...”- disse, ma la sua voce era così roca in qual momento che quasi si pentì di averlo fatto.
Akane sentendosi nominare trasalì, e con un agile movimento si sciolse dall'abbraccio e scese dal letto.
Era rossa dalla vergogna di essere stata sorpresa in un attimo di debolezza, ma il ragazzo non ci fece caso.
Lei era lì, vicino a lui.
Nonostante si conoscessero appena, nonostante lei avesse sicuramente faccende più urgenti da sbrigare. Lei era in Giappone, non in America come aveva deciso.
Lì... per lui.
“Grazie di essere qui, Akane”- sussurrò, sapendo benissimo che non c'era nient'altro da dire.


“Stai ringraziando un'ignobile presuntuosa. Sono tornata qui per aiutarti ma... io non posso fare proprio un bel niente”- rispose guardandolo in faccia, senza amore, o anche solo amicizia. C'era solo tanto dolore in quello sguardo e in quelle parole.
“Non importa”- rispose lui piano- “Io ti ringrazio lo stesso”
E sorrise, anche se forse in quella situazione non c'era niente di così bello da far sorridere.
“Gliel'avevo detto, a Ryo. Ma lui niente, certe cose le prende sempre alla leggera, sai come fa lui. E adesso...”
“Che cos'è che gli avevi detto?”
Akane esitò un attimo. Non era sicura che quello che stava per dire fosse esattamente credibile.
“Durante la sfida con Kyoya per le qualificazioni, hai decisamente tirato fuori il tuo lato di blader peggiore. Ti sei rifiutato di perdere, il che va anche bene, ma lo hai fatto con rabbia e arroganza. Sono cose che succedono, ma tu non mi sembravi il tipo.”
Si fermò, non ce la faceva a continuare.
Era tutto troppo ridicolo, troppo strano. Ma come si dice... strano ma vero.
“Vai avanti, ti prego”- mormorò Tsubasa.
“Ho fatto alcune ricerche, ho chiesto ad Hikaru. E alla fine sono arrivata alla tua sfida contro Ryuga al Battle Blader. Quando il potere oscuro del suo bey si è preso il tuo spirito di blader.”
Passarono alcuni secondi in silenzio.
“Quindi... stiamo davvero parlando del potere oscuro? Si sta prendendo la mia mente e il mio corpo come fece con Ryuga?”- non riusciva a nascondere il lieve panico che cominciava ad attanagliargli le viscere.
“Io... purtroppo credo proprio di sì, Tsubasa”


“Vorrei davvero poter fare qualcosa, mi sento così inutile”- fece Akane dopo un po'.
“Tu non sei affatto inutile”- ribatté Tsubasa.”
“Sì che lo sono. A pensarci bene... non sono più nemmeno inutile. Non sono più niente, ormai”- disse lei forte, stringendo i pugni.
“Perché dici così?”- chiese Tusbasa confuso.
La ragazza, evidentemente sull'orlo di una crisi cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, facendo preoccupare sempre di più l'altro.
Adesso era lui ad essere in pensiero.
Ad un certo punto, Akane si voltò di scatto verso di lui e letteralmente gli rovesciò addosso la verità: “La WBBA mi ha cacciata, ok? E si sono tenuti Storm Cancer! Adesso non sono più né un'agente segreto né una blader!”- si avvicinò pericolosamente al volto del ragazzo, decisa a sfogare su di lui tutta la sa rabbia e frustrazione- “Dimmelo tu, Tsubasa, dimmelo tu che cosa sono io!”
“Sei la persona che mi ha fatto innamorare. Non so come tu ci sia riuscita Akane, ci conosciamo da meno di qualche mese eppure... eppure ne sono certo. Fidati di me, Akane. Tu sei l'opposto del niente, te lo assicuro.”
Si tirò su dal letto, ignorando le proteste di ogni suo muscolo. Si avvicinò alle labbra di Akane e senza darle il tempo di scappare ancora la baciò.
E lei si appoggiò a lui, riducendo a zero ogni possibile distanza.


L'aveva già baciato una volta, è vero.
Ma questa volta era completamente diverso.
Le veniva da piangere. O forse da ridere. Perché semplicemente quel contatto era tutto quello che le serviva, tutto ciò di cui aveva sempre avuto bisogno.
Era come se in qualche modo avesse trovato l'equilibrio. Dopo tutto quello che era successo per la prima volta non era triste, né spaventata.
Era solo... solo felice.
Perché lui teneva a lei nella stessa maniera in cui lei teneva a lui.
Forse quello non era davvero amore, e sinceramente dubitava di avere qualcosa da insegnare in fatto di sentimenti.
Ma dopo tutti quei dubbi, quelle paure, finalmente aveva avuto una conferma.
Era ancora capace di farsi volere bene.
***


Ryo sedeva, tutt'altro che tranquillo, nel suo ufficio.
Aveva mille cose a cui pensare: il torneo mondiale, Ziggurath in America e adesso anche il potere oscuro di Tsubasa.
Sentiva sopraggiungere una tremenda emicrania.
Non ce la faceva veramente più, era distrutto. Organizzare un torneo a livello mondiale era una cosa affatto semplice.
Troppe erano le cose da gestire, da decidere. Troppi impegni, troppe gare anche per lui che le adorava. Troppa... fatica.
Però la soddisfazione era veramente tanta, doveva ammetterlo. Aveva visto spettacoli entusiasmanti nella manche a cui aveva assistito personalmente.


Ma adesso... era diventato troppo difficile.
Come si poteva pretendere che avesse tutto sotto controllo? C'erano così tanti problemi a cui pensare!
Per adesso aveva archiviato quello della manche dei Galassia Gun Gun e gli Zanna Selvaggia annunciando alle due squadre il quarto e decisivo match che avrebbero disputato e che avrebbe deciso le loro sorti all'interno del torneo.
Aveva mandato da poco Hikaru ad avvertire i ragazzi.


Adesso che ci pensava, anche gestire Hikaru non era più così facile da quando avevano scoperto il ritorno del potere oscuro. Era così nervosa che a momenti rasentava l'isterico.
Però la capiva.
La ragazza era rimasta traumatizzata dal suo scontro con Ryuga al Battle Blader. Tanto da non avere più il coraggio di lanciare il suo bey.
E adesso, per lei era come se tutto ricominciasse da capo.
Il direttore cercava di tranquillizzarla, in fondo Hikaru era una ragazza di animo docile, quando le si chiedeva di fare qualcosa faceva di tutto per accontentare la richiesta.
Non come Akane Tategami, testarda come pochi, che faceva sempre tutto come le pareva. Lei sì che era una tipa difficile!
Adesso poi che aveva in nervi a fior di pelle per le condizioni di Tsubasa, Ryo stentava a sopportarla. Ma stringeva i denti e cercava di ignorare le rispostacce della ragazza, per il bene di entrambi.


Stava guardando fuori dalla finestra, quando vide riflessa sul vetro l'immagine di... Kyoya.
Era decisamente fuori dall'ordinario trovarlo lì, nel suo ufficio della WBBA.
Non lo aveva sentito bussare perché era solito tenere la porta sempre aperta.
“Oh, ciao Kyoya. Come va?”- disse il padre di Ginka voltandosi e invitandolo a sedersi con un sorriso.
Il possessore di Leone chiuse la porta alle sue spalle e si sedette, visibilmente a disagio in quel luogo. Si comportava in modo decisamente strano.
“Meglio”- rispose semplicemente dopo qualche secondo.
Era pieno di cerotti e fasciature. I lividi erano innumerevoli.
Ryo sapeva benissimo che, come suo figlio, il ragazzo non era proprio al massimo della forma.
“Avete saputo del match a squadre?”- chiese ancora al giovane.
“Sì, Hikaru è passata poco fa ad avvertirci in albergo”- disse Kyoya, quasi esitante- “Poi le ho detto che dovevo parlare con te. E così eccomi qua”
Ryo era senza dubbio sorpreso. “Dimmi allora, ti ascolto.”


Kyoya sospirò, continuando a guardarlo sempre più minacciosamente. Anche se in realtà il direttore non gli aveva fatto niente di male.
“Kyoya, perché sei qui? Vuoi parlare con me di... cosa esattamente?”- fece alla fine il direttore, esasperato da quel silenzio. Aveva un'aria decisamente stanca.
“Si tratta di Akane, ok?!”- sbottò allora il ragazzo- “Sono venuto qui, a rendermi ridicolo perché sono preoccupato per lei, perché pensavo che potessi aiutarla! Ma forse mi sono sbagliato!”
Con un gesto rabbioso si alzò dalla sedia, già pronto a tornare dai suoi compagni.
“Calmati Kyoya”- lo ammonì il direttore.
“No, non mi calmo. Non sarei venuto qui, da te, se non avessi bisogno davvero di aiuto, non ti pare?”- ringhiò.
Ryo si avvicinò con il busto alla scrivania. “Sì, hai ragione”- disse guardandolo negli occhi.
Sapeva che per calmare un Tategami la miglior cosa da fare era dimostrarsi disponibili all'ascolto.
“Allora, sei disposto ad aiutarmi?”- disse quindi il blader, scontroso come suo solito.
“Sì, Kyoya. Adesso calmati e dimmi cosa c'è.”


Kyoya era decisamente confuso. Davvero Ryo non sapeva nulla?
Avrebbe giurato che lui sapesse sempre tutto quello che accadeva nella WBBA.
Ma a giudicare dall'espressione sul viso del direttore, questa volta doveva essere all'oscuro di tutto.
“Akane non è più un'agente segreto. L'hanno cacciata”- disse sospirando.
Ryo corrugò la fronte. Non era davvero sorpreso, ma adesso capiva chiaramente il problema che fino a pochi secondi prima aveva ignorato.
“Il presidente avrà scoperto che ha letto il fascicolo di vostro padre nell'archivio. E... beh, credo sia normale che l'abbia cacciata. È vietato per gli agenti accedere all'archivio. Lei sapeva i rischi che correva compiendo quell'azione.”
“Lo so, ho capito, ma alla fine non le è mai interessato lavorare qua dentro, so per certo che il suo unico obiettivo era quello di scoprire la verità sulla morte di papà, ed è proprio per questo che è diventata un'agente”- fece Kyoya in tono serio.
“Ok Kyoya, ma se queste cose le sai già ed è tutto a posto sotto questo punto di vista, che cosa vuoi da me? Io di certo non posso farla riassumere, ma a quanto pare il posto di lavoro a Akane interessa poco o niente adesso... quindi?”- replicò Ryo allargando le braccio, esasperato da quella conversazione che sembrava a senso unico.
“Le hanno preso Storm Cancer, Ryo. Mia sorella è una blader senza il suo bey, una figlia senza suo padre”- disse a quel punto il ragazzo, trapassandolo con lo sguardo- “Devi fare qualcosa. Qualunque cosa. È distrutta, sta lentamente cadendo a pezzi.”


Ryo era allibito.
Era successo davvero. Il presidente le aveva revocato la carica ed il bey Akane Tategami per la WBBA era ufficialmente fuori. Solo un ricordo, forse un brutto ricordo.
Il padre di Ginka cominciò a muovere freneticamente le mani.
Doveva fare qualcosa, Kyoya aveva ragione. Akane sarebbe impazzita lontana dal suo Cancer.
“Non è una situazione facile, quella di tua sorella... Adesso ti spiego: Storm Cancer è stato costruito da tuo padre con un rivoluzionario progetto da lui stesso ideato. Per la WBBA è un'arma importante per combattere i piani malvagi del dottor Ziggurath e della sua accademia di beyblade”
Kyoya spalancò gli occhi.
“Dottor... Ziggurath?”
Ricordava quel nome, nonostante fossero passati degli anni dal giorno in cui lo aveva sentito nominare alla televisione.
Nonostante avesse fatto di tutto per sotterrare il passato, non aveva davvero dimenticato del nome.
Quel nome che era stato pronunciato al posto di quello di suo padre quella sera.


“Esatto”- rispose Ryo- “L'unico superstite dell'incidente aereo nel quale tuo padre ha perso la vita.”
“E quest'uomo ha... un'accademia di beyblade e piani malvagi da portare a termine?”- sussurrò Kyoya, mentre i pezzi cominciavano a combaciare nella sua testa.
L'uomo sospirò. Gli dispiaceva svelare la verità a Kyoya che a quanto pareva aveva fatto di tutto per ignorarla, a differenza della sorella.
“Kyoya... sì. La verità, quella che Akane ha per tanto tempo cercato, è che è stato Ziggurath a far dirottare l'aereo. Ha ucciso tutte quelle persone solo per mettere le mani sugli ultimi lavori di Yori, in particolare quello di Storm Cancer che stava portando in visione alla sede americana della WBBA. Akane non ha mai creduto all'innocenza di quell'uomo, e nemmeno gli agenti segreti allora in servizio. La WBBA ha svolto delle indagini, e la dinamica effettiva dell'incidente è venuta fuori.”
“E nessuno ha mai pensato di mettere in galera quell'uomo, eh? Nessuno ha mai pensato di fargliela pagare?!”- Kyoya urlava, adesso accecato dal dolore.
“No, le possibilità di mandare Ziggurath a scontare una pena tra altri criminali sono nulle. I suoi contatti, le sue amicizie e la sua potenza lo proteggono fin troppo bene. Con la sua accademia e le sue ricerche Ziggurath muove un sacco di soldi, se finisse in galera probabilmente il mondo del beyblade americano sparirebbe. Il nostro è un mondo delicato, se improvvisamente uscisse fuori la notizia in America il beyblade smetterebbe di essere praticato nel continente e piano piano anche negli altri. Il mondo del beyblade ha dinamiche fragili, rischia di sparire se non si fa attenzione.”


“È un mondo di ladri e assassini, se si lasciano correre cose del genere. Ecco cos'è il beyblade.”
A Kyoya, patito di trottole fin dall'infanzia, in quel momento non importava assolutamente nulla del mondo del beyblade.
“Allora avete pensato di tenere per voi, di nascondere ogni cosa sotto al tappeto, giusto? Di fare finta di niente?!”- gridò poi, colto da un nuovo attacco di rabbia.
“Io ancora non lavoravo per la WBBA, prima di tutto. Conoscevo Yori ma non lavoravamo entrambi qua. E secondo... sì, è stato tutto tenuto nascosto. Ma non abbiamo mai smesso di pensare a Ziggurath, te lo posso assicurare. È per questo motivo che sono stati mandati due agenti ad indagare in America, mesi fa”
“Certo, una dei quali era mia sorella! L'avete mandata a scoprire cose sull'uomo che ha ucciso papà!”
Ryo tacque. Non avrebbe saputo ribattere perché era esattamente quello che era successo.
E forse, da una parte lui ce l'aveva mandata di proposito, perché capisse, perché conoscesse il suo nemico. Perché magari perdesse la speranza e smettesse di cercare informazioni proibite e si accontentasse di ciò che aveva trovato in America.
Ziggurath non poteva essere sconfitto in una battaglia o con una rivelazione plateale. Doveva essere annientato con discrezione, lui e i suoi metodi, e non la sua accademia.
Era questo che avrebbe voluto far capire ad Akane, senza però dire niente.
“So che Akane non vuole altro che la vendetta, e adesso la capisco. Ma io no, non mi interessa. Nostro padre non c'è più, se non su qualche pezzo di carta in qualche stanza inaccessibile. Me la sono cavata anche senza di lui, sbagliando forse, ma ce l'ho fatta. Non mi importa di Ziggurath, del torneo e in questo momento non mi importa nemmeno del mondo del beyblade. Mi importa di lei, di mia sorella. Quindi parliamo di lei, del suo bey, della soluzione ai suoi problemi.”
Kyoya si fermò un attimo a riprendere fiato, a riordinare i pensieri nella testa, che vorticavano veloci ed instancabili.
“Quell'ultimo lavoro di cui stavi parlando...”- disse alla fine.
“Si tratta di una speciale ruota di fusione, il cui prototipo tuo padre ha montato sul bey di Akane”- spiegò Ryo.
“Quindi se Ziggurath ha il progetto della ruota di fusione... è molto probabile che l'abbia usata anche lui su uno dei suoi bey”- fece il blader, pensieroso.
“È tornata in America dopo la missione solo per trovare il possessore di un bey identico al suo, che pare essere un membro della squadra americana, e scoprire come funziona la ruota di fusione dato che l'unica copia del progetto è adesso nella mani di Ziggurath.”


Adesso aveva tutto un po' più senso.
Adesso gli sembrava quasi di conoscere sua sorella per davvero, dopo tanto tempo.
Sapeva che aveva sempre avuto dei sospetti riguardo all'incidente di volo, come sapeva che avrebbe fatto di tutto per trovare quell'uomo comparso solo per qualche minuto alla televisione, in quella fatidica sera. Magari originariamente lei voleva solo parlarci, rivivere per un attimo l'accaduto.
Quella era la vendetta che voleva prendersi, la vendetta contro chi aveva affogato quella notizia tra mille altre, e aveva fatto sparire Yori Tategami senza rumore, senza dolore.
Voleva sapere come era accaduto, voleva dare un senso a tutto quello che aveva passato.
Ma adesso, adesso più che mai era certo che Akane non si sarebbe mai fermata, non le sarebbe bastato ricordare. L'avrebbe fatto fuori un giorno o l'altro, quell'assassino.
Avrebbe fatto qualcosa di folle, Kyoya ne era certo.
Ne aveva tutto il diritto, dopotutto. Aveva tutto il diritto di essere pazza dal dolore.
Ma ogni volta che pensava a lei, Kyoya sapeva di essere responsabile di una parte della sua disperazione.
Certo, non era al pari di Ziggurath in quanto a stronzaggine, ma a momenti ci si avvicinava davvero.


Per questo era lì, a scoprire cose che aveva sempre evitato, a conoscere verità un po' troppo scomode per i suoi gusti.
Voleva aiutarla, in qualche modo.
Voleva fare qualcosa di giusto nei confronti della sorella, dopo tanti errori, dopo tanta indifferenza.


“Kyoya, è tutto a posto?”- chiese Ryo, dopo minuti di religioso silenzio passati ad osservare gli occhi blu del blader persi nel vuoto.
“Sì, è tutto ok”- rispose quello- “Ma adesso Akane sa come funziona la sua ruota di fusione?”
“Non lo so per certo... insomma, è una che quando vuole scoprire qualcosa il modo per capirla lo trova sempre... ma non mi ha più detto niente in proposito.”
Poi una scintilla illuminò gli occhi del direttore.
“Ma se sapesse sarebbe un punto a nostro favore! Lei sarebbe l'unica in tutta la società a conoscere un'informazione così importante, e il presidente per forza di cose sarebbe costretto a riassumerla!”
Kyoya annuì soddisfatto.
“In ogni caso, che abbia scoperto la funzione speciale o meno, al presidente potresti raccontare che Akane è a conoscenza di ogni segreto del suo bey. Se è davvero così, meglio per lei. Altrimenti, dovrà fare un altro viaggio in America per tentare di scoprirlo di nuovo”- disse il giovane- “Vado a cercarla, spero non abbia fatto pazzie mentre ero qua.”
“Io vado a cercare il presidente”- fece Ryo alzandosi- “Vedrai Kyoya, tua sorella riavrà presto il suo bey”
 

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