Colei che vede

di Carla Marrone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'alunna nuova ***
Capitolo 2: *** Sospetti ***
Capitolo 3: *** Un nuovo eroe ***



Capitolo 1
*** L'alunna nuova ***


L’ALUNNA NUOVA

 

“Vorrei presentarvi la vostra nuova compagna di classe.” Una donna alta e robusta dal viso spigoloso annunciò ai suoi alunni, durante l’ora di matematica. 

Accanto all’insegnante, una ragazza dal viso tondo e delicato con una corporatura esile se ne stava tranquilla con le mani in mano a fissare i suoi futuri compagni. Aveva capelli marrone scuro, lunghi quasi fino al ginocchio, scalati e con le punte tinte di bianco. Una frangetta irregolare e la riga di lato completavano la sua immagine. Prese un mollettone nero a forma di rosa che aveva attaccato al vestito e, nel giro di un paio di secondi, aveva legato i capelli dietro la nuca, un ciuffetto bianco, l’unica cosa che fuoriusciva. Le caddero due ciocche più corte ai lati del viso. Era talmente bassa che spariva al confronto con l’enorme insegnante e, sicuramente, non dava l’impressione di avere già quindici anni. Il suo abbigliamento era decisamente bizzarro e più adatto ad un uomo. Indossava dei pantaloni grigi gessato a pinocchietto, qualche taglia più grandi della sua, con diverse tasche. Ai piedi aveva scarpe da ginnastica bianche piene di borchie e cinghiette. Ma il bello veniva nel pezzo di sopra: una camicia bianca con cravatta a quadri rossi e neri ed un’enorme felpa dal cappuccio, nera, sbottonata. A completare il quadro, una borsa a sacco dai disegni arabi, blu e bianca. “ Ecco la classica persona che non ha trovato la sua identità sessuale.” pensò Peter distrattamente “Probabilmente si veste a casaccio per far arrabbiare i suoi genitori che si sono appena separati.” Concluse così la sua breve riflessione sulla ragazza. Anche se doveva ammettere che aveva stile ed anche, un certo…fascino.

Fu proprio come fece per distogliere lo sguardo, che, con la coda dell’occhio, notò i ciondoli attaccati alla cinghia del borsone. Un improvviso prurito alla tempia destra lo avvertì che qualcosa di storto stava per accadere. Si guardò intorno. Niente. Nessun nemico in vista, constatò osservando la finestra. Strano, il suo senso di ragno non sbagliava mai. Dannazione, era persino capace di dirgli se sua zia May stava bruciando i toast.

Bè, diciamo quasi mai.

Gli venne in mente, giusto per scrupolo, di provare a riguardare quei ciondoli. Dunque, c’era una chiave con una croce gotica all’estremità, una fila di dadi da gioco di diverso colore con un campanellino attaccato sotto ed un innocua bambolina. Voodoo! La guardò bene: un enorme testone sferico di paglia con due occhietti tondi e neri, arti senza mani né piedi, un vestitino a righe orizzontali nere e bianche stile-carcere e, come unica caratteristica graziosa, un cuoricino rosso al centro del petto. “Cavolo”, pensò Peter, “a quanto pare, non devi necessariamente essere un super-cattivo per terrorizzare la gente”. A dire il vero, al di là dell’abbigliamento, c’era qualcosa che gli rimandava un senso di disagio, quando guardava il viso della ragazza. I suoi occhi erano neri e grandi, proprio come quelli della “bambola”? 

 “Wow, siete tutti fichissimi, ragazzi! Non vedo l’ora di iniziare qui, mi piace la gente nuova!” Disse con voce dolce e scanzonata, silenziando ogni possibile mormorio su di lei. All’istante, sentendosi lusingati, tutti si volsero entusiasti nei suoi confronti. “ Corruttibili…” pensò Peter. 

“Come ti chiami?” urlò quasi un mingherlino brufoloso. 

“Oh, non l’avevo ancora detto? Mi spiace” disse stupito il nuovo acquisto “sono Miranda. Piacere, ehm…”

“Jason, sono Jason!” Jason ci provava sempre e sistematicamente con tutte, nella speranza che qualcuna cedesse per lo sfinimento. Peter era divertito al pensiero che Miranda avrebbe presto cambiato atteggiamento, mostrandosi più fredda nei suoi confronti. 

“Miranda è un nome strano, vieni dall’estero?”

“Sono Italiana.” A quell’affermazione, si udirono molti “ooh” di piacevole stupore.

“Io ho origini spagnole!” disse Sam rivolto alla classe, ma nessuno gli prestò attenzione.

“Non importa a nessuno, Sam.” Gli sibilò Peter in un orecchio, guadagnandosi il solito sguardo storto.

“Miranda significa qualcosa nella tua lingua?” Chiese una tra gli alunni più bravi. 

“Deriva dal latino, significa “colei che vede””. L’ultima frase catturò l’attenzione di Peter, aveva decisamente un bel nome, pensò. Si chiese, per un attimo, se, fosse dovuta a qualcosa la scelta dei suoi genitori. Ma forse, si trattava dell’ennesimo nome dato in ricordo di un parente. Chissà perché l’aveva pensato. Davvero, quella ragazza stava attirando troppo l’attenzione di tutti. Anche la sua…

“Su, su, vediamo di piantarla con i convenevoli. Non so se ve ne siete accorti, ma siamo nel bel mezzo di una lezione.” Disse impietosa il matematico. “E, a proposito di lezione, che ne dite di un po’ di equazioni a doppia incognita?” la frase dell’insegnante, invece, guadagnò un diverso tipo di esclamazione. “Miranda, perché non cominci tu, così vediamo a che punto sei?” 

“Se proprio devo…” I compagni risero. 

L’insegnante riempì la lavagna con il problema, tanto che quasi non restava spazio per la risoluzione. Peter sapeva che la donna era sadica. E probabilmente anche tedesca. Più volte l’aveva sentita esclamare “schnizel”! quando era adirata. 

Di solito, era rivolto a Sam che, puntualmente, sbagliava le tabelline. 

“Posso scrivere direttamente la soluzione?” chiese Miranda con l’aria più innocente che Peter avesse mai sentito ad una sbruffona. 

La professoressa rise di gusto.

“Ecco, adesso la insulta in tedesco!” Peter era in attesa. 

“Se pensi di riuscirci…”

Miranda osservò attentamente il libro che la grossa donna reggeva tra le mani, poi, guardò la lavagna, apparentemente leggendo tutto da capo. 

“47x?” 

La prof impallidì. Più volte guardò il libro, poi la lavagna, poi Miranda. Era senza parole.

Peter stava risolvendo l’equazione per conto suo, cosa che nessun altro faceva. In tutta onestà, la trovava alquanto difficoltosa, ma era a buon punto, essendo il secchione che era. Riemerse dal suo stato e guardò la prof.

Andò a controllare le soluzioni in fondo al libro, cosa che non faceva mai. La risposta era corretta. Era solo una sua impressione, o aveva visto un luccichio rosso all’altezza degli occhi della ragazza? Sì, doveva essere un’impressione. 

“E’ esatto, Miranda…” Finalmente l’oracolo aveva parlato. 

“ Cosa?” Urlò la mente di Peter. “Bè, benvenuta nel club dei secchioni sfigati” continuò la sua mente “scordati di essere invitata a mangiare al tavolo di qualcuno adesso.” C’era comunque il tavolo dei super-eroi sotto copertura. Neanche Peter sapeva perché lo stava pensando. 

Sam lo colse di sorpresa. “Sembra che i tuoi giorni da primo della classe siano finiti, Parker!” L’uomo razzo esibiva il ghigno più malsano che gli avesse mai visto sulla faccia. 

“Grazie infinite Miranda, vai pure al posto.”

“Infinite?” Si chiese Peter. E perché la prof gli sembrava persino delusa? Aspetta un attimo, questo lo sapeva!

Il resto dell’ora passò come al solito, ovvero con una serie di impreparato sul registro di Schnizel. A parte per lui.

Una volta risolto alla PERFEZIONE il suo compito, si girò verso Miranda che non ricambiò il suo sguardo. Era intenta a disegnare qualcosa. Un momento! I suoi occhi erano rossi, non era stata un’impressione. I suoi occhi non erano neri? Forse aveva messo delle lenti. O forse no! Erano davvero neri, dato che dopo essere stati rossi, erano tornati del loro colore. Era successo subito dopo che aveva distolto lo sguardo dal disegno. Guardò Peter. Per un attimo ebbe come l’impressione che lo stesse interrogando, ma poi, tornò noncurante al suo lavoro artistico. 

Peter lasciò perdere, non che la cosa lo interessasse…del tutto.  

La campanella suonò e tutti si alzarono dalle loro sedie per gironzolare nella classe.

Peter udì delle esclamazioni di sorpresa trasformarsi poi in quelle di ammirazione. Alzò la testa dai libri per guardarsi intorno. L’intera classe circondava il banco di Miranda. 

Luke, Ava, Danny e Sam si alzarono nello stesso momento in cui lo fece Peter. Si mossero verso la folla che attorniava la ragazza.

“Wow è così fico il tuo disegno Miranda!”

“Voglio farmi un tatuaggio, me lo disegni tu?”

“Miranda, Miranda le sai cucinare le lasagne?”

“Hai veramente quindici anni o sei una specie di bambina prodigio?”

“Dove hai preso quelle scarpe? E la cravatta?”

“Da quale parrucchiere vai? Voglio i capelli come i tuoi!”

“Ci sei su face book? Ti chiedo l’amicizia!” 

Erano le frasi che si potevano udire intorno a lei. “Ok facciamo che qualcuno magari ti inviterà al suo tavolo!” La conclusione cui giunse, infine, Peter. 

Finalmente i cinque, giunsero a fatica al tavolo della ragazza nuova, spinti da mera curiosità. 

“Wow! E io che credevo di essere un artista…”

“Sam, non basta abbozzare la faccia di Coulson con il purè di patate per essere degli artisti!” Sam guardò male Peter.

Gli altri tre si limitarono a dire “wow”. 

La giovane disegnatrice aveva rappresentato una bellissima donna di profilo con degli ingranaggi che apparivano come i ricci dei suoi capelli. 

“Un po’ inquietante.” Disse Luke.

“E’ ammirevole, guardate su quanti dettagli ha lavorato”. Fu il commento di Danny. 

“Devi proprio avere una super vista per poter disegnare tutti quei piccoli trattini. Sono quasi trasparenti.” Fu il turno di Ava. 

“Puoi dirlo forte, Ava. A tal proposito, vi devo parlare.” I ragazzi si guardarono a vicenda con fare interrogativo, poi seguirono Peter fuori.

 

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Capitolo 2
*** Sospetti ***


SOSPETTI

 

Non ci volle molto prima che gli dicessero di chiudere il becco, come sempre, del resto.

“Se avessi saputo che volevi parlarmi di una simile idiozia, non ti avrei certamente seguito fuori.” Sam e la sua “grazia” andavano a braccetto, quando c’era da parlare fuori dai denti. 

“Davvero, amico, l’accusa che muovi non ha fondamento. L’hai appena incontrata. Come fai a dirlo?”

“Se fosse esistito un super-eroe con dei poteri negli occhi, noi lo sapremmo. Lavoriamo per lo S.H.I.E.L.D, ricordi?” disse Danny.

“E se si trattasse di un eroe che ancora non conosciamo? Sentite - cercò di sembrare più credibile - sono sicuro che abbia letto la soluzione attraverso il libro di matematica. I suoi occhi erano rossi in quel momento! Esattamente come quando stava disegnando. Non lo so, quello strano luccichio, il modo in cui ha fissato il libro prima di rispondere e il fatto che abbia dato SOLO la soluzione mi fa pensare che…” 

Dopo l’ultima frase i suoi compagni sospirarono rassegnati, tutti all’unisono e, contemporaneamente, si massaggiarono la fronte. A quanto pareva, c’erano delle volte in cui il gruppo era coordinato.  

Fu Sam il primo a parlare. “E tu, ovviamente, sei sicuro che non si tratti di semplice invidia, dato che lei ha fatto meglio di te?!” Tutti si trovarono d’accordo con lui.

“Sam, te lo garantisco, non sono così - Peter, con sua stessa sorpresa, non si era arrabbiato per l’accusa di Sam, segno che teneva davvero a far comprendere le sue ragioni - ho voti abbastanza alti da poterne andare fiero, (a differenza di te) può solo farmi piacere poter parlare con una persona brava a scuola quanto me. Quello che sto dicendo è vero, i suoi occhi hanno qualcosa, me l’ha detto il mio senso di ragno. E poi avete notato quella strana bambola appesa alla sua cartella? E’ una bambola voodoo!” 

“No, no, a Nova non interessano le bambole, (a differenza di te) neanche quelle voodoo.” 

“Senti, possiamo anche provare a tenerla d’occhio per un po’, se può farti sentire meglio. Ma una volta che avremo appurato che non è una minaccia, dovrai lasciarla stare. Anche se a scuola è più brava di te!” Almeno Ava gli era andata incontro, fino ad un certo punto. 

“Ehi, io non sono così competitivo da aver bisogno di fare il bullo con una ragazza, dovreste saperlo!” Lo guardarono dubitando chiaramente. Probabilmente pensavano alle varie litigate con Nova. 

“Sì, sì, lo sappiamo che pur di non fare il bullo a tua volta, preferisci farti chiudere negli armadietti - anche Sam gli era venuto incontro, anzi, aveva fatto di più, lo aveva direttamente travolto - a volte mi chiedo se non ci provi gusto.”

E detto quello, la campanella dell’ora successiva, suonò. Tutti ripresero posto. 

Due ore filate di letteratura li separavano dall’atteso pasto. 

“Vedo che ti sei già integrata nella scuola. Ne deduco che ti trovi bene in questa classe?”

“Come ho già detto l’ora prima prof, i miei compagni sono tutti fighi!”

“Ah, ah, signorina Miranda, questa è l’ora di letteratura e la pregherei di utilizzare un vocabolario più consono ad essa. Giustappunto parlando di vocabolario, per oggi ho fissato il vostro test.”

“Ma noi no non lo sapevamo!” urlarono diversi alunni.

“Infatti si tratta di un test a sorpresa.”

I gemiti ed i lamenti continuarono per i successivi cinque minuti, tanto che l’insegnante fu costretto a concedere dieci minuti per ripassare i cinque capitoli su cui avrebbero svolto il test. Ovviamente la classe si lamentò ancora una volta. Dieci minuti, secondo loro, erano troppo pochi. Parker sospirò sconsolato. 

“Tu puoi fare il test la prossima settimana, Miranda. So che avevi un libro diverso nella vecchia scuola. Inoltre, il programma non è lo stesso.”

“La ringrazio professore, ma se i miei compagni fanno la verifica, allora voglio farla anch’io. E’ più giusto.”

In molti le sorrisero. 

“Come vuoi, ma dieci minuti non ti saranno sufficienti se vorrai un buon voto ed io non sono disposto ad offrirtene di più.” 

“Non si preoccupi, farò del mio meglio.” 

Nel mezzo del ripasso, Sam si alzò per gettare della carta. Quando passò accanto al banco di Miranda, gli venne in mente di dare un’occhiata alla ragazza, così giusto per dimostrare che Parker aveva torto. 

Purtroppo, aveva ragione. Gli occhi di Miranda erano diventati rossi e lucenti e sfrecciavano da una parte all’altra della pagina ad una velocità assurda. Cambiava pagina in modo innaturale, prendeva appunti senza guardare il quaderno, gli occhi incollati al libro. Si sporse per vedere a che pagina fosse arrivata. 

“207! E sono passati poco più di cinque minuti!” dovette constatare uno scioccato Sam. 

Ad un certo punto, la ragazza notò la sua presenza. Si volse a guardarlo e gli sorrise per un attimo, prima di tornare al suo lavoro. Nel mentre, i suoi occhi erano passati dal rosso al nero e poi di nuovo rosso.

 

L’insegnante intimò agli alunni di riporre i libri nelle cartelle, poi passò a distribuire il compito in classe.

“Avete mezz’ora.” Disse.

Scaduto il tempo ritirò ed iniziò a correggere. Nel frattempo, ordinò di studiare per conto proprio. Inutile dirlo, tutti controllarono di aver risposto nel modo giusto. Nuovi gemiti e lamenti furono uditi. 

“Avevi ragione testa di ragnatela! - sussurrò Sam all’orecchio di Peter - i suoi occhi diventano rossi e legge una pagina in pochi secondi.”

Peter si limitò ad alzare la testa con aria preoccupata, prima che l’insegnante chiedesse ad entrambi di concentrarsi sul proprio lavoro. 

Quando la correzione fu ultimata, l’insegnante consegnò il test alla classe enunciando il voto di ciascuno, una forma di voyerismo assolutamente non richiesta. 

Miranda era l’unica ad aver preso una “A” a parte Peter. 

 

“Ve l’avevo detto!” 

“Non c’è bisogno di porre l’accento sulle tue brillanti intuizioni. Sappiamo che possiedi il senso di ragno.”

“Dimentichi che sono anche il più bravo della classe, Luke.”

“Chissà cos’ altro può fare con i suoi occhi.” Si chiese Sam

“Visione notturna, o a raggi x…forse.” Lo aiutò Danny.

“Cioè potrebbe vedere attraverso i vestiti?” Ava appariva scioccata.

“Non fingere Ava, sappiamo benissimo che vorresti averlo tu quel potere!”

La ragazza ringhiò letteralmente, rivolta a Sam.

 

Avevano deciso di avvicinarla e, magari, anche fare amicizia. 

Ma la scoprirono meno affettuosa di quanto non avesse dimostrato in classe.

Non era andata in mensa. Succhiava un lecca-lecca in un angolino della biblioteca. E sarebbe stato il suo pasto? Se non altro, la pallina che le gonfiava la guancia la rendeva graziosa e, se possibile, ancora più infantile, Peter si scoprì a pensare. Perché, poi?

Era completamente immersa nel suo mondo: alcuni disegni e materiali di artistica erano sparpagliati sul banco. Erano tutte immagini inquietanti, bulloni e cavi dovunque e, in alcune, era visibile l’interno del corpo umano. Peter non poté fare a meno di rabbrividire. Ma qualcosa lo spingeva ad osservarla meglio…

Ascoltava qualcosa sul suo iPhone, ultimo modello. Il cellulare era girato verso di loro, così che lessero la scritta “tribal fusion music” che vi appariva sopra. Peter si chiese di che genere di musica si trattasse. Anzi, era proprio curioso, non l’aveva mai sentita nominare. 

A completare il quadretto della perfetta asociale: un videogioco. I ragazzi si sporsero per cercare di capire che dischetto fosse. Aveva tolto l’audio. “Maschi!” pensò Ava, imbarazzata per il loro comportamento.

Era l’ultimo capitolo di “Assassin’s Creed” e la ragazzina ci stava giocando a velocità supersonica. Peter aveva quel gioco, Harry glielo aveva regalato qualche giorno prima, non appena uscito. Persino il suo senso della morale si rifiutava di negare che l’essere amico di un riccone non procurasse benefici! Ad ogni modo, Peter non era riuscito neanche a superare il primo livello e un po’ di tempo per giocarci l’aveva avuto. 

Strano che gli occhi di Miranda non fossero rossi in quel momento. Per quale motivo? Tutti sembrarono pensare, guardandosi l’un l’altro. Ava diede l’impressione di dubitare anche di Sam, a giudicare dal modo con cui lo squadrò. Forse, quel videogioco non era sufficientemente difficile per attivare i suoi poteri. Ironico. 

D’un tratto, sullo schermo comparve la scritta “database aggiornato, tutte le missioni ultimate”. “Cosa?” Quel videogame era appena uscito!

Ripose la consolle nella borsa. Il gruppo seguì il suo gesto e tutti notarono la “bambola”. Ce n’era, persino, una versione in miniatura, attaccata alla consolle, solo, era vestita da samurai con tanto di mini-spada alla cintola.

Sam rabbrividì. “Quindi lui era indifferente alle bambole?” Il pensiero divertì Peter. 

La giovane si mise ad esaminare molto attentamente i suoi disegni, girando i fogli prima da un lato poi dall’altro.

Di punto in bianco, ne prese uno e lo stracciò. Era l’illustrazione caricaturale di una bambina seduta su un’altalena in un bosco notturno. Osservava la luna.

“No!” Esclamarono delusi i ragazzi che le stavano davanti. 

Miranda si tolse le cuffie ed andò a gettare il suo lavoro nella pattumiera.

Quando tornò a sedersi, acciuffò un altro disegno ed un pennino ad inchiostro e prese a ritoccare con minuscoli dettagli l’immagine scelta. Stavolta, tutti e cinque gli eroi poterono vedere benissimo il cambiamento cromatico delle sue iridi.

“Ehm…come mai l’hai buttato via? - La ragazza levò il capo e guardò Peter come se l’avesse notato per la prima volta nella sua vita - Voglio dire, era così bello.” Peter era decisamente troppo imbarazzato.

“Grazie, ma a me non piaceva, però. Se tu lo trovi bello, te ne posso disegnare uno uguale da tenere, ehm…”

“Peter, Peter Parker. Molto gentile da parte tua.”

“Piacere di conoscerti Peter, sono Miranda - gli tese la mano - noi siamo tutti e sei nella stessa classe, dico bene?”

I ragazzi annuirono. Miranda strinse la mano anche a loro, mentre si presentavano.

“Deduco che siete un gruppo di amici.”

“Più o meno.” Disse Peter.

La ragazza non indagò oltre. Non era sua abitudine andare a scavare nelle vite degli altri. Comunque le sembrò che fossero esattamente quello che lei li aveva definiti: amici. Magari erano solo compagni di classe e nulla più, tuttavia, parevano muoversi in perfetta armonia. Si erano seduti tutti di fronte a lei, al tavolo, dopo che Peter le aveva cortesemente chiesto il permesso di farlo. Le piaceva quel ragazzo, sembrava sveglio. 

Senza sapere nemmeno il perché, Miranda si scoprì a pensare, buttando un’ occhiata a Parker che la frase “siamo amici, più o meno” non fosse del tutto casuale. Perché negare di essere un gruppo, altrimenti. No?

Magari avevano un grande segreto in comune. 

O avevano semplicemente litigato da poco.

“Senti, io e Sam, abbiamo notato che hai gli occhi di un colore molto particolare. A cosa è dovuto?” Domandò l’uomo ragno cercando di non sembrare sospettoso, ma piuttosto amichevole nei suoi riguardi. 

La ragazza lo guardò di sottecchi per un istante. Poi, senza levare lo sguardo dal piccolo capolavoro che stava realizzando, parlò con il tono più disinvolto che una persona impegnata nell’inventarsi una fandonia possa avere.

“Sì, è un ecchimosi. Una specie di livido che si può situare anche nelle iridi se, ad esempio, prendi un colpo alla testa. E purtroppo, a me è capitato, quando ero piccola. Dev’essere per quello che tutti i miei amici mi danno sempre della scimunita. - Disse abbassando la voce e guardando da un’ altra parte, come si fosse appena accorta di una grande verità. - Da allora, comunque, sono diventati neri e temo lo resteranno per sempre. E io che li avrei voluti blu, o verdi. Poco male, metterò le lenti!” Il modo in cui la domanda di Parker era formulata le aveva dato spunto per la perfetta menzogna.

Tra l’altro, aveva parlato tanto, per distrarre l’attenzione dall’argomento occhi. Non le andava proprio a genio che le facessero domande potenzialmente pericolose per la tutela dei suoi poteri segreti. 

 

Peter ebbe così modo di constatare che, nonostante i passatempi che la allontanavano dal mondo sociale, conosciuta meglio, era esattamente come gli era apparsa in classe. Modesta e simpatica. Ma giusto quel tantino strana. Per quale maledetta ragione si ostinasse ad abbinare la ragazza ad aggettivi fortemente positivi, non lo sapeva nessuno, neanche lui. Oh! Per lui qualunque persona era perfettamente apposto, persino il padre di Harry. Tuttavia, era necessario indagare più a fondo sulla faccenda, la ragazza aveva giustificato il colore nero, ma non il rosso dei suoi occhi. Stava chiaramente nascondendo qualcosa. Peter, si rammaricò per la prima volta nella sua vita di trovare sospettoso qualcuno. 

“A dire il vero, non ci riferivamo al nero, piuttosto al…rosso.” Peter quasi domandò, come se lui stesso cominciasse a dubitare di ciò che aveva visto. 

Fu un duro colpo per la giovane dalla coda di paglia. Questo la condusse a sembrare più disinvolta di prima, se possibile.

“Ah, quello, sì, me lo domandano spesso. E’ comunque tipico dell’ecchimosi, è soltanto un’illusione ottica. Essendo i miei occhi di un unico colore, è come fossero una superficie riflettente. Il colore rosso che a volte vedete, altro non è che il pigmento della rima inferiore dell’occhio, sapete, l’interno degli occhi è rosso, essendo irrorato dalle vene e tutto quanto. Dipende anche dall’inclinazione e dal tipo di luce. Ma adesso direi di finirla con questo momento “Discovery Channel” e di parlare di qualcosa di più interessante di me. Cosa c’era di buono oggi in mensa?”

“Cibo di mensa.” Grosso e spassionatamente sincero. Qualità che, a volte, potevano incutere un certo timore, se si trattava di Luke.

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Capitolo 3
*** Un nuovo eroe ***


UN NUOVO EROE

 

D’un tratto, un rumore assordante fu udito provenire dalla presidenza. Il senso di ragno di Peter era scattato qualche attimo prima. La giornata, fino a quel momento, si era svolta troppo tranquillamente, per essere vero. I cinque giovani guerrieri, assieme a Miranda, avevano quasi raggiunto la classe, quando dovettero fare dietro-front. Dissero ai compagni di evacuare l’edificio e mettersi in salvo, perché, probabilmente, venivano attaccati. Alla giovane italiana raccontarono, frettolosamente, di aver dimenticato gli zaini altrove e, quindi, di andare avanti. In breve, l’avrebbero raggiunta. Si recarono, invece, nell’aula delle punizioni.

Coulson era in pericolo!

Nel giro di un paio di minuti, si trovavano sul posto, trasformati negli eroi che erano in realtà.

 

Quanto videro li lasciò alquanto sorpresi.

 

Miranda non aveva fatto come le era stato comandato. Era andata in direzione e, al momento, reggeva il preside della loro scuola tra le braccia. A quanto pareva, i pesanti detriti, scaturiti dall’ esplosione del muro della presidenza, lo avevano ferito ad una gamba. Un momento. Come faceva Miranda a sapere da dove proveniva l’esplosione? Era lontana da quella stanza, esattamente come loro, quando si era verificata. 

   

Spider man si avvicinò a Coulson. “Non temere, è solo una lieve frattura della rotula. Si può curare.” Gli disse Miranda, in tono rassicurante. 

“Tu come lo sai?” Le chiese allibito il giovane nerd. 

“Come tu avevi, probabilmente, intuito, i miei occhi hanno dei poteri. Sono riuscita a vedere la frattura, attraverso la sua pelle.” La ragazza indicò i suoi occhi che, nel frattempo, erano divenuti rossi, come a voler provare il punto del discorso.

“Come sai chi sono io? – Gli occhi di Peter si fecero grandi, sotto il costume che gli copriva il viso. - … Oh, già, se puoi vedere la ferita di Coulson, puoi vedere anche attraverso la mia maschera.” Disse, poi, con una punta d’imbarazzo, per non essere stato in grado di fare subito due più due.

 

"Non fate caso a me! - Gli ingiunse pronto il loro pseudo-preside. - Usate i vostri poteri a piena potenza... Fate solo attenzione alle restanti pareti di questa stanza. Ho fatto tinteggiare la settimana scorsa."

Lo sguardo del team si spostò, quindi, sull’artefice dell’attacco a sorpresa: Beatle! 

 

Il sovra citato, non sembrò voler indugiare negli sguardi atterriti degli astanti e scagliò subito una gragnuola di mini razzi, sui guerrieri. Dove diamine tenesse tutte quelle armi, sarebbe sempre stato un mistero, per l’uomo ragno. Ma non era esattamente quello il momento di indugiare in ipotesi di alcun genere.

 

Tutti evitarono la prima raffica di colpi, ma, braccati dai missili ad inseguimento termico, dovettero subire la seconda ventata. Spider man fu l’unico in grado di evitare tutte le armi, scagliate contro di loro. 

 

Nova, però, rifiutava di cedere. Presa la cattedra dell’aula punizioni, la scagliò con forza contro Beatle. Il tutto si rivelò essere una strategia, volta a nascondere, dietro l’oggetto, i suoi raggi cosmici, che lo seguivano a ruota. Così, non vistili, il nemico non avrebbe avuto modo di schivare. 

 

Si rivelò essere la scelta azzeccata. I raggi avevano colpito Beatle. 

 

“L’ho sempre detto io che, chi sta dietro la cattedra, ha il potere!” Esclamò poi, a voce alta, chiaramente soddisfatto di se stesso, le mani sui fianchi e la testa alta. 

“Datemi un fazzoletto, sto per piangere!” Disse Spider man con un curioso tono di voce. 

“Perché, il missile ti ha fatto davvero così male? Io non l’ho neanche sentito.” Affermò Power man.

“Power man – lo redarguì il ragno, con l’aria di chi sente ferita la sua sensibilità – Nova ha appena usato una strategia. E’ un momento speciale ed indimenticabile. Tu non lo trovi commovente?” Adesso era tutto chiaro. 

“Ehi!” Ora, era il turno di Nova di offendersi. 

“Poche chiacchiere e più azione!” Li riprese Ava.

“Il nemico si è già ripreso. Aspettiamoci un attacco rapido, da un momento all’altro.” Danny era chiaramente d’accordo con l’alleata. 

 

L’attacco rapido giunse come predetto. Il nemico aveva scelto le arti marziali, in quel momento. 

I ragazzi avrebbero, certamente, avuto meno problemi a gestire la situazione, se lo scarafaggio non avesse combattuto con dei generatori di scariche elettriche su mani e piedi. Soprattutto Danny che, in quanto esperto di combattimento corpo a corpo, tentava di tutto per tenergli testa.

A quanto pareva, però, i cinque giovani non erano gli unici ad essersi allenati. 

 

All’improvviso un piccolo oggetto piombò su Beatle. Era la bambola che Miranda teneva legata alla borsa. E, all’apparenza, aveva una vita propria. Afferrò decisa il braccio del nemico, arrivandogli alle spalle, per poi, cadere di nuovo a terra e raggiungere la sua padrona. La cosa avvenne talmente in fretta, che gli eroi fecero a malapena a tempo ad accorgersene. Beatle, invece, non aveva notato nulla. 

 

Guardarono tutti Miranda. Reggeva la bambola tra le mani, assieme ad un pugnale dalla punta sottilissima. Infilò rapida la lama, nel cuoricino che il giocattolo semovente aveva sul petto. E Beatle crollò. La squadra osservò l’intera azione con sgomento.

“Non è morto, vero?” Peter sentì di dover chiedere, dopo qualche attimo, di assoluto silenzio. 

La ragazza italiana rispose urlando in fretta le parole:- Avete dieci secondi, prima che il nemico possa muoversi di nuovo. Sbrigatevi a finirlo!” 

I cinque non se lo fecero ripetere due volte. Fu sufficiente un pugno di Ava, per mandare lo scarafaggio nel mondo dei sogni. 

 

Nel frattempo, giunse lo Shield, che lo assicurò ad una camera di contenimento. 

 

“Wow, i tuoi poteri sono straordinari, Miranda! - Le disse Peter, ammirato. – Se ho capito bene, sei in grado di immobilizzare il nemico per dieci secondi. E’… incredibile.” 

“Solo se Makumba riesce a toccarlo, però. E solo se io riesco a pugnalarla.” 

“Makumba sarebbe il nome della “bambola”?” Chiese Luke, con un misto di orrore ed interesse, mentre alzava ed abbassava il medio e l’indice di ciascuna mano. Miranda annuì. 

“Puoi dirle di stare lontana da noi?” Era il turno di Sam di porre una domanda. Il ragazzo impallidiva letteralmente, ogni singola volta che il suo sguardo cadeva su Makumba. 

Ci fu un attimo di silenzio. Danny prese la parola. “Effettivamente, potrebbe essere un’arma davvero pericolosa, se cadesse nelle mani sbagliate…” Disse col suo tono calmo, fissando la bambola, una leggera punta di timore nella voce. 

“Solo io posso azionare il potere di Makumba. E non temere Sam, si muove solo quando e come io desidero.” 

“Un po’ come il martello di Thor, insomma.” Tutti guardarono Ava, nel momento in cui se ne uscì con quell’affermazione. 

“Che c’è?! – chiese l’adolescente, infastidita dagli sguardi perplessi dei compagni. – Thor è l’unico che può usare il suo martello e Miranda è la sola a poter maneggiare Makumba, no?” Spiegò come stesse parlando ad un branco di idioti decerebrati.

“Ad ogni modo, - fece Peter, interrompendo un discorso che non poteva che finire in discussione – sarebbe davvero bello se tu potessi unirti a noi. Sai, no, mettere i tuoi poteri a servizio del bene, combattere il male insieme a noi, la tua squadra.” L’uomo ragno si grattò la nuca, un po’ in imbarazzo. Aveva vagamente balbettato nel domandare alla giovane italica di unirsi al gruppo. E non solo perché temeva di stare sottoponendola ad un’eccessiva responsabilità. 

 

Miranda fu sorpresa. Esitò un attimo a dare la sua risposta. “Non saprei, dovrei pensarci. Io non sono un super eroe come voi…”

“Certo che lo sei. – esclamò Peter. – Non sono forse super poteri, quelli? – indicò la bambola voodoo. – Ma se hai bisogno di riflettere, lo capisco. Solo, tieni a mente che le forze del bene hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile. – le mise una mano sulla spalla. – Se decidi di unirti a noi, fatti trovare sullo Scorpion Building, domani, alle sei del mattino. Verremo a prenderti con il Tri-velivolo.” 

“Non conosco quell’edificio – disse concitata la ragazza – sai che sono nuova del posto.” 

“E’ il grattacielo più alto di New York. Lo riconoscerai subito, perché è fatto di vetro nero. Si trova tra la quinta e la sesta strada.” Rispose il giovane con cortesia, poi, si allontanò, per unirsi al resto dell’equipaggio. I sei adolescenti si salutarono con un breve cenno della mano.  

“Allora ci contiamo!” Le fece Luke, prima di sparire dalla sua vista.

 

Quella notte la giovane non dormì. Aveva troppo cui pensare.

Non eccelleva nell’agilità, né nel combattimento. Ma, poteva migliorare.

Non era certa di saper fare gioco di squadra, abituata com’era a passare da sola, la gran parte del suo tempo. Ma, poteva imparare.

Non si era mai avventurata in qualcosa di tanto rischioso. Ma tanto valeva provare. 

Non mostrava mai, fino in fondo, le sue vere emozioni, perché sentiva di non stare comunicando con persone che le somigliassero. 

Avrebbe potuto essere se stessa…

 

La mattina seguente, provò, letteralmente, un tuffo al cuore, quando il Tri-velivolo si fermò davanti allo Scorpion Building. Sapeva che non avrebbe mai dimenticato quel momento; così come molti altri a seguire. 

 

Era l’alba di un nuovo super eroe, per gli Stati Uniti d’America.

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