Il Canto del Drago Oscuro

di Sinnheim
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incipit al Requiem ***
Capitolo 2: *** Il Canto di Faragonda ***
Capitolo 3: *** Il Canto di Tecna ***
Capitolo 4: *** Il Canto di Musa ***
Capitolo 5: *** Il Canto di Aisha ***
Capitolo 6: *** Il Canto di Flora ***
Capitolo 7: *** Duetto di Luce e Fuoco ***
Capitolo 8: *** Sonata all'Ombra del Cielo ***
Capitolo 9: *** La Sinfonia del Destino ***
Capitolo 10: *** L'Ultimo Canto del Drago Oscuro ***



Capitolo 1
*** Incipit al Requiem ***


CAPITOLO 1: INCIPIT AL REQUIEM

 

 

 

Non mi rimane più molto tempo ormai, devo fare in fretta. Per gli dei, ho così paura. Mi tremano le mani e non riesco a tenere ferma la penna nella mia presa. Le mie parole piangono, così come il mio cuore.

A chi leggerà questa storia, vi prego di darmi ascolto: non credete a ciò che i malvagi vi diranno, abbiate fiducia in chi vi ha sempre protetto e in questa follia che vi sto per narrare.

Questa che vi lascio è la mia eredità, la verità assoluta, ciò a cui dovete aggrapparvi per non sprofondare nel terrore. Perché, io... oh, credetemi, io sto morendo dal terrore di ciò che dovrò fare per non farlo subire a tutti voi.

Non è più tempo di scrivere per liberare l'anima dal male, ma per farvi comprendere più chiaramente cosa sta succedendo e cosa succederà. Mi avete conosciuta come un'eroina decadente, colei che ha salvato sia l'Universo, sia la propria sorella ad un prezzo forse fin troppo alto.

Questo diario, però, non è la stessa cosa. Non si tratta di narrare gesta impossibili, è la mia missione più grande: salvare il futuro.

Ho già i crampi alla mano, devo stilare questo racconto raccapricciante molto velocemente, ma ciò non significa che sarò avara di dettagli: questo documento deve essere letto. Dovete tutti sapere cosa è successo affinché coloro che amo non debbano pagare per le scelte prese da altri in altri tempi, per farvi conoscere il motivo delle mie azioni e della mia scelta, solo ed esclusivamente mia.

Ho dovuto decidere le sorti dell'Universo nello spazio di giorni, a mio e a vostro rischio e pericolo.

Perché sto dicendo tutto questo? Perché sono così catastrofica? Perché, povere anime, non ho nessuna certezza di ciò che accadrà dopo che avrò finito di scrivere.

Non lo so. Potrei salvarvi tutti come potrei condannarvi a morte. Sta di fatto che, quel che andrò a fare, è dettato quasi unicamente dal mio egoismo, puro e semplice. Spero davvero che sarà proprio questo a risolvere le cose.

Ho piena fiducia di chi ho intorno, delle persone che amo. Tuttavia, dopo il mio racconto, non posso biasimarvi se tale fiducia non sarà percepita anche da voi che leggete.

Sforzatevi di credere al mio giudizio, stavolta non credo di sbagliare. Tecna una volta mi ha spiegato una teoria secondo la quale le azioni compiute non possono essere cambiate, come se il destino fosse già scritto: non importa quante volte ci provi, alla fine accadrà sempre la stessa cosa.

Potrebbe benissimo valere anche in questa situazione, ma io dico questo: è tutto da vedere. Se dovrò essere divorata per salvare tutto e tutti, se dovrò... rinunciare alla mia felicità, così sia.

Non riesco a smettere di tremare, non sono pronta, per gli dei, non voglio andare via. È anche per questo che ho denominato i vari capitoli con riferimenti alla musica: l'intera storia non è altro che un massivo canto del cigno, un presagio di morte imminente per me, e… una potenziale dipartita per loro.

 

 

Sono passati tre anni da quando ho pubblicato il diario che narra le vicende mie e di mia sorella: ha riscosso molto successo, ma anche ribrezzo. A parte questo, le cose non sono cambiate nella solita routine: ricoprivo ancora il ruolo di Guardiana degli Orphan e insegnavo ad Alfea, era rimasto tutto pressoché uguale.

Tutto, tranne un dettaglio: era sottile, non tutti potevano averlo colto. Le persone intorno a me stavano cambiando drasticamente comportamento, in negativo. Voi mi potreste dire che sono solo le paranoie di una squilibrata mentale, e non potrei darvi torto. D'altronde, lo sono davvero.

Però, però, credete alle parole di questa folle: vi sto parlando di qualcosa di profondamente sbagliato, lo senti nell'aria, lo senti sulla pelle. Parlo proprio del fare del male senza motivo, di cambiare completamente carattere e atteggiamento in modo radicale e senza dare nessun tipo di segnale, di aggredire qualcuno per una semplice parola storta.

È un fenomeno sempre più dilagante. Mi accorsi che non solo su Magix, ma anche sugli altri pianeti le persone avevano iniziato a dare i numeri, per non parlare della crescita esponenziale degli Orphan! Eravamo davvero pochi fino a qualche anno fa, pochi in vita, intendo.

Parlando al presente, invece, la clinica della Griffin è piena, e io sono sempre in giro a pescare poveri disgraziati che, di punto in bianco, perdono la testa e si corrompono senza nessun motivo. Esattamente. Niente contagio, niente di niente, solo... solo questo.

Se ricordate come sono diventata io una Orphan, vi rendete conto che la cosa è di una gravità sconcertante, una vera e propria emergenza. Ho interrogato molti di questi poveri sfortunati e tutti mi hanno detto la stessa cosa: nessuno di loro è venuto a contatto in modo viscerale con fonti di potere opposte alle loro. Si sono sentiti strani, come oppressi per un lungo periodo di tempo, e poi boom. Corrotti.

Ho scandagliato l'Universo per diversi giorni alla ricerca di streghe o fate con poteri superiori alla norma, così, per sicurezza. Ok, a dirla tutta cercavo le Trix o esseri simili a loro. Cercate di capirmi, mi hanno un tantino traumatizzata in tutti questi anni, mi rifiuto anche solo di immaginare le loro ceneri che complottano qualcosa ai miei danni.

So che vi state chiedendo se io stia raccontando un sacco di favolette per giustificare la follia che ho in mente di fare, che sui vostri pianeti non vi siete mai accorti di niente e tanti saluti.

Viviamo tutti in balia dello stesso fiume. Inesorabilmente, navighiamo nella stessa direzione, non importa su quale sponda: quella è la vostra normalità, e tutti coloro che provano ad andare controcorrente sono considerati anomali. Tuttavia, se un giorno il fiume iniziasse a scorrere al contrario, tutti voi lo seguireste: quella, sarebbe la vostra nuova realtà, e non ve ne accorgereste perché ci vivete dentro. 

Io posso guardare entrambe le situazioni e notarne i particolari perché la mia normalità non coinciderà mai con nessuna delle vostre, nemmeno nel peggiore dei casi. Io sono qualcosa a parte, fuori dallo schema cosmico.

Le mie allieve sono un esempio: mi raccontavano di comportamenti ed episodi strani accaduti sui loro pianeti, ci ridevano su di gusto. Questo, finché quei comportamenti strani li assunsero anche loro: ogni giorno era una continua guerra di litigi, aggressioni, maldicenze.

A quanto ne so, questa situazione è presente anche nelle altre scuole. Ogni tanto prendevo una dose extra di farmaco per essere sicura di non essere io impazzita completamente.

Per quanto mi addolori dirlo, i guai seri iniziarono qualche mese dopo. Se prima riguardava solo le giovani fate, adesso riguarda un po' tutti, da Faragonda alla Griffin, dalle Winx alla mia stessa sorella.

Devo, ho dovuto, prendere una durissima decisione: sappiate solo che sarà terribile da affrontare. Detto questo, vi prego, abbiate pietà per me, per loro, per tutti voi. Non diffondete odio gratuito dopo aver letto ciò che sto per scrivere, non è colpa di nessuno.

Io ho paura. Se potessi evitarlo, lo farei: ormai ho imparato com'è la vita che mi è toccata in sorte, ho imparato come essere abbastanza felice nonostante tutto. Eppure, ancora una volta, dovrò infliggermi la pena più grande per il bene di chi amo. Stavolta, però, sarà l'ultima.

Questa è la storia di vite in frantumi: io sto solo cercando di raccoglierne i pezzi e rimetterli insieme.

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Capitolo 2
*** Il Canto di Faragonda ***


CAPITOLO 2: IL CANTO DI FARAGONDA




Faragonda è il mio punto fermo. È la mia roccia e la mia guida, ma anche una carissima amica. È una donna che ho considerato una zia o una sorella e, in principio, anche una madre. Lei rappresenta il luogo dove far ritorno dopo un lungo viaggio, una delle poche costanti della mia vita. A lei devo moltissimo, se non, addirittura, tutto. Mi piange il cuore scrivere di lei, di quello che ha fatto, ma è mio dovere raccontare la verità e mostrare la portata potenziale di ciò che sta accadendo.

Con il passare degli anni, per non soccombere alla corruzione che mi dilania la mente, ho imparato a distaccarmi dalle emozioni e diventare fredda come ghiaccio, insensibile a ciò che mi circonda. In questo frangente, però, è davvero difficile. Ma il tempo stringe, e io ho tanto da dire.

Ad Alfea le cose iniziarono a prendere una brutta piega in modo inesorabile, come una valanga che acquisisce potenza man mano che crolla dalla montagna; le allieve perdevano la testa per la più piccola stupidaggine, non facevano che creare caos e, noi professori, eravamo al limite della sopportazione.

Faragonda aveva la scrivania sempre piena di carte e documenti con riportati i vari 'incidenti', di lamentele sia di genitori, sia delle stesse alunne, aumentando ancor di più la nostra frustrazione. Io e Daphne, a pranzo o a cena, parlavamo spesso di questi episodi, eppure, nonostante l'acuta mente di mia sorella, non riuscimmo a venirne a capo. Era tutto troppo anomalo, tutto troppo strano. Sembrava di vivere un sogno lucido.

La preside era esausta e preoccupata, si vedeva lontano un miglio la sua stanchezza, ma era perfettamente normale. Se in principio era qualcosa di ben comprensibile vista la situazione, in seguito la questione divenne... instabile.

Iniziò a chiamare giornalmente le ragazze nel suo ufficio, solitamente quelle coinvolte negli episodi sopra citati, e le sottoponeva a interrogatori estremamente logoranti dove pretendeva di sapere anche cose inutili e fuori contesto. Le faceva uscire da lì completamente esauste e, spesso, anche impaurite, se non addirittura terrorizzate.

Faragonda iniziò a vedere il marcio anche dove non c'era, e questo mi mise molto a disagio. Perché? Perché lei era stata quella che mi ha letteralmente salvata quando stavo per soccombere alla corruzione. Mi ha spronata, mi ha ricordato chi ero, e si è esposta per me.

Devo tristemente ammettere che, dopo le vicende di otto anni fa, la mia adorata preside non è stata più la stessa: rimasta profondamente turbata da ciò che avevo fatto a me stessa e agli altri, nonostante all'apparenza sembrasse tranquilla, probabilmente dentro covava un'inquietudine pericolosa che la avvelenava piano piano, terrorizzata da quello che poteva ancora accadermi o, peggio, accaderci.

Non si è mai perdonata il fatto di aver permesso alle Trix di averci messo in pericolo mortale, ancor meno non si perdona il fatto che io mi sia dovuta mutilare in modi disumani per poterle fermare. Lei mi vuole così bene, e io non me la sentivo proprio di contestarla, in quei momenti.

Se la faceva stare più tranquilla interrogare le allieve, io non mi sentivo nessuno per impedirglielo, anche perché non ne avevo l'autorità, lei era la preside.

Se solo avessi saputo, immaginato a cosa andava incontro. Non mi ha mai, e dico, mai esternato i suoi sentimenti dopo la morte di Daphne, forse per proteggermi e per non appiopparmi altri pensieri. Non ha mai detto niente, non mi ha permesso di aiutarla.

Iniziò a dormire sempre meno e i suoi interrogatori diventavano sempre più lunghi. Un giorno, Griselda venne da me con il volto più corrucciato di sempre: nemmeno quando stava al mio capezzale mentre ero mezza morta aveva una faccia del genere. Mi disse: «Questa non è la Faragonda che conosco».

Non servì dire altro.

Le altre Winx, beh... avevano paura anche loro. Una paura fottuta, se posso permettermi di dire. Facevano fatica ad ammettere che la preside si stava comportando in modo anomalo, un po' per egoismo, un po' per fiducia in Faragonda.

Povere amiche mie, gliela leggevo in faccia la loro stanchezza, non volevano passarne un'altra. Non dopo l'ultima volta. Fu difficile per loro perdonarmi, ancor di più fu difficile imparare a conoscere la nuova me.

Non volevano altre gatte da pelare, e come biasimarle. L'unica che aveva la forza di farsi avanti era Daphne, così iniziammo a vedercela noi due sole, insieme a Griselda, ovviamente. Non avrebbe abbandonato la preside nemmeno se minacciata di morte.

Appena potevamo liberarci dalle lezioni o, nel mio caso, dalla caccia agli Orphan, andavamo a farle compagnia nel suo ufficio; chiacchieravamo del più e del meno, cercando di persuaderla a parlare con noi di... non lo so, qualunque cosa: di come si sentiva, di quello che le passava per la mente, ma niente, non cedeva.

Non ho mai visto dei sorrisi più falsi dei suoi: erano così simili ai miei. Notai piccoli atteggiamenti che mi turbarono da morire: si stringeva spesso il braccio sinistro, oppure si grattava spesso la testa, non ci guardava mai negli occhi. Non potete nemmeno immaginare quanto tremai quando me ne resi conto, un gelo così terribile nel sangue da farmi male fisico.

Mi misi l'anima in pace e presi il coraggio a due mani, alla fine glielo chiesi direttamente: «Faragonda, c'è qualcosa che non va? A me puoi dirlo, puoi dirmi tutto. Lo sai questo».

Mi guardò con tanta di quella tristezza che le voci nella mia testa ripresero a parlarmi come ai vecchi tempi. Sorrise: un sorriso inquietante e perso, ma non si aprì. Ancora una volta, rifiutò il mio aiuto.

«No, Bloom, va tutto bene...»

Girò i tacchi e se ne andò, quando notai l'elemento principe di quello che stavo iniziando a sospettare: scosse forte la testa e iniziò a mandare via dalla sua spalla qualcosa che non c'era. La mia roccia, il mio baluardo di difesa in questo mondo freddo e indifferente, era stata corrotta.

Rimasi paralizzata sul posto come se il corpo fosse andato in black out. I miei pensieri correvano così velocemente da rendermi la mente vuota, sembravo lobotomizzata. Mi diedi uno schiaffo fortissimo sul braccio: il dolore produce adrenalina, essa riuscì a scongelarmi da quello stato catatonico.

Corsi da Daphne con quanto fiato avevo nei polmoni, spalancai la porta della sua camera, la richiusi con un tonfo, mi appoggiai ad essa e iniziai a piangere davanti a lei singhiozzando rumorosamente, senza curarmi minimamente se qualcuno mi avesse sentita o no.

«È diventata una Orphan! Daphne, non è possibile, non lei, perché?!»

Mia sorella diventò bianca in volto e rimase completamente impietrita, strinse gli occhi gonfi di lacrime e mi abbracciò saldamente senza mollare mai la presa. Abbiamo notato che, quando ho le mie crisi, se mi si tiene stretta nelle braccia di qualcuno sto molto meglio rispetto a quando sono sola. Per qualche minuto, tutto sembrò sparito.

«Bloom... dobbiamo dirlo alla Griffin, lo sai anche tu sorellina...»

Annuii senza staccarmi da lei, sapevamo entrambe cosa andava fatto. Ma perché proprio Faragonda? Cos'era che l'aveva corrotta? La mia vicinanza? Il fatto che mi è rimasta accanto anche quando ero nel bel mezzo della mia mutazione? Non ne avevo proprio idea. Il pensiero di essere diventata come un virus contagioso mi faceva letteralmente impazzire.

La situazione stava inesorabilmente degenerando ma, in quel momento, la cosa passò in secondo piano. Volevo aspettare qualche giorno, aspettare il momento giusto per prenderla il più delicatamente possibile senza farla sentire un... mostro.

Rare volte ho visto la Griffin tanto desolata: la sua migliore amica era diventata ciò che lei più temeva. Il terrore di perderla e di non riuscire ad aiutarla la faceva soffrire terribilmente. Nonostante tutto, fu d'accordo con me sul fatto di aspettare prima di portarla alla sua clinica, mentre da dietro le quinte cercavo di trovare un degno sostituto che pensasse ad Alfea mentre Faragonda si curava.

Vagliai molti candidati, ma alla fine la mia scelta ricadde su Griselda: chi meglio di lei conosceva la scuola e i suoi alunni?

Passarono due giorni. Ebbi l'approvazione della vicepreside stessa e, tutte insieme, ci preparammo psicologicamente per parlare con la preside. Almeno, era ciò che volevamo fare, quando accadde il peggio.

Delle allieve del primo anno corsero da noi terrorizzate, alcune di loro ferite: Faragonda stava interrogando delle ragazze ma, non contenta delle loro risposte, ha iniziato a… a torturarle, per farsi dire quello che voleva sentire. Alcune erano riuscite a scappare, ma delle altre... povere, povere giovani anime.

Quando arrivammo davanti al suo ufficio, sfondammo la porta sigillata e le trovammo lì, sdraiate in una pozza di sangue, i segni dei colpi magici sulla pelle.

Arti rotti, corpi flagellati, ferite di ogni tipo. I loro occhi terrorizzati e spenti che fissavano il vuoto. La preside era in mezzo a loro, ansimante, con i bulbi oculari fuori dalle orbite, in lacrime. Era la follia incarnata: rividi me stessa incatenata alle rune oscure mentre vomitavo corruzione.

Non avremmo mai potuto salvarle, l'ufficio è piuttosto lontano dalle aule di studio.

«Erano corrotte! Erano corrotte, Bloom, ho dovuto farlo! Ci avrebbero uccisi tutti!»

Mi sentivo svuotata di ogni emozione per quanto ero raccapricciata. Volevo proteggerla, ma ormai era troppo tardi.

«Faragonda... erano davvero corrotte, o te l'hanno detto le voci nella tua testa?»

Sembrava un animale braccato dai cacciatori, senza via di scampo. Dovevamo prestare la massima attenzione ai nostri movimenti.

«L-le voci? Sì, no! Nessuna voce!» disse con tono stridulo e isterico, ormai era irrecuperabile.

«Ah, no? Io dico di sì, Faragonda. E sono sicura che, adesso, ti stanno dicendo di ucciderci».

La preside iniziò a tremare violentemente e si portò le mani alla testa, sofferente.

«N-no, cioè sì, m-ma io posso gestirlo, i-io posso!»

Griselda strinse i pugni e sbottò di brutto, mi fece sobbalzare sul posto.

«No che non può! Si guardi! Ha ucciso delle vittime innocenti!»

Faragonda si guardò faticosamente intorno e scosse la testa, negando l’evidenza.

«Loro... loro se la sono cercata... erano corrotte... e… anche voi... ve la state cercando anche voi...»

Iniziai a perdere la pazienza, anche perché le pareti tinte di sangue stavano iniziando a disturbarmi più di quanto potessi pensare.

«Faragonda, devi venire con me. Andiamo dalla Griffin, lei ti curerà».

Per un momento, la preside si sentì come sollevata al sentire il nome della sua migliore amica, ma fu davvero un fugace attimo prima di perdere completamente il controllo.

«No… no! Siete tutte corrotte! Devo proteggere la scuola!»

Con occhi folli, iniziò a far tremare tutto intorno a sé, con una potenza incredibile per una fata anziana come lei; i corpi delle ragazze si mossero leggermente, il sangue prese a scorrere e si polverizzò nell'aria, fondendosi a quella che, una volta, era magia bianca.

Frecce vermiglie vorticavano intorno a Faragonda minacciando di colpirci, tanto che non feci in tempo nemmeno a trasformarmi che le lanciò violentemente contro Griselda. Aiutata dalle mie fiamme scattai di lato, mi parai davanti a lei ed evocai un turbine azzurro incandescente che liquefò le armi scarlatte, innescando un incendio nello studio.

La preside gridò furiosa e fece per preparare un secondo attacco, ma Daphne fu pronta prima di me. Il sangue proteggeva Faragonda come uno scudo, così mia sorella evocò il suo piccolo famiglio draconico e lo usò per far breccia in quel muro rosso colpendo, suo malgrado, la Orphan.

Sì, avete capito bene: mia sorella, pur non essendo trasformata, ha evocato un piccolo drago in tempo zero. Non scherzavo quando dicevo che lei mi è infinitamente superiore. Comunque...

Ella urlò terribilmente, il fuoco le aveva lambito profondamente le carni. Approfittando del momento, usai il Morphix ereditato dal potere di Aisha e la immobilizzai, mentre Griselda cercava di estinguere l'incendio ormai divampato violentemente.

Quella QUellaQfu la fine di Faragonda. Rinchiusa nella clinica della Griffin, tenuta in isolamento e sotto strettissima sorveglianza, come una criminale, come... beh, come un'assassina. Questa è la storia in frantumi di colei che era la colonna portante delle nostre vite.

Le salme furono riconsegnate alle famiglie, mentre l'opinione pubblica a riguardo fu giustamente disgustata, come furono disgustati tutti i genitori delle alunne. Alla fine, grazie alla mediazione e alla diplomazia della nuova preside Griselda, solo poche di loro decisero di andarsene. Io, Daphne, le Winx rimanemmo addolorate profondamente, per molto tempo.

Avevamo perso la nostra leader nel modo più terribile di tutti, un fato peggiore della morte. E quello, oh dei aiutatemi, era solo l'inizio.

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Capitolo 3
*** Il Canto di Tecna ***


CAPITOLO 3: IL CANTO DI TECNA

 

 

Come era prevedibile immaginare, le cose iniziarono a degenerare in fretta, come se quello che stavo vivendo fosse un incubo e non la realtà. Quando viene a mancare una leader nata come Faragonda, chi si affidava a lei si sente perduto, inutile. Nel caso specifico di Tecna, lei si sentiva in dovere di riempire il vuoto lasciato dalla figura di comando, ristabilire l'ordine con la logica.

Continua a tremarmi la mano... ma che dico, non ha mai smesso di farlo. Sto scrivendo delle mie amiche come vittime sacrificali annunciate da qualche oracolo. Davvero non c'è via d'uscita dal destino che ti strozza la gola?

Non lo so... so solo che quel giorno, equilibri essenziali alla vita furono spezzati, lasciando le Winx alla deriva nel mare come naufraghe. Dei morti che camminano, ecco cosa sono tutte loro, a meno che io non faccia qualcosa. A meno che io... non metta mano sull'Universo stesso.

Con la caduta di Faragonda, ognuno ha dovuto trovare un modo per reagire. Rimanere esposti agli eventi come lo eravamo noi poteva significare la nostra stessa fine, esattamente come è successo alla preside. Non avevamo risposte a ciò che era accaduto, non avevamo certezze, avevamo solo un mucchio di domande senza risposta.

Camminavamo sul filo del rasoio in punta di piedi, col pericolo di cadere da un momento all'altro. Tutti lo stavamo facendo. Potrei raccontare mille storie su altrettante persone e comunque il finale non cambierebbe, per questo motivo narrerò i fatti delle persone che amo: voglio che siano d'esempio per tutti, voglio che l'umanità intera veda come l'amore può trascendere nella miseria così facilmente, affinché la combatta con tutte le sue forze.

Ho deciso di iniziare dalla fata della tecnologia perché fu la prima a mostrare segni di anomalia, ma tutte le ragazze iniziarono a covare il loro profondo disagio interiore più o meno nello stesso periodo, manifestato, poi, in tempi diversi. Ciò è dipeso sia dal loro differente carattere, sia dal loro differente modo di affrontare le tragedie.

Tecna è quel tipo di persona che consolida la tua vita. Su di lei puoi contare in ogni momento, quasi sempre sa dare risposte alle tue domande, elargire consigli; ti mostra nuovi modi di pensare e nuove prospettive da cui osservare il problema. Se hai lei vicino, ti senti in grado di affrontare qualsiasi cosa. Posso definirla come coraggio puro. Lei è davvero coraggio puro, sì.

Una delle cose più atroci che possa accadere, è quando una persona del genere perde sé stessa: ad un certo punto, il coraggio non te lo infonde più. Non perché non ne sia più in grado o perché non voglia ma, semplicemente, perché quell'anima che donava così tanta forza agli altri diventa la maledizione di sé stessa, il suo tormento.

Come in un circolo vizioso, ciò non faceva altro che generare altro tormento fino ad avvelenare in primis lei, e poi chi le era intorno, fino a raggiungere inesorabilmente conseguenze fatali. Ciò l’ha portata a toccare con mano quella stessa follia che ha sempre terrorizzato i popoli di tutto l'Universo, spingendoli ad ancorarsi con tutto il loro cuore a mantra del tipo 'non accadrà mai a me'. Se lo ripetete anche voi di continuo, vi informo che vi sbagliate di grosso.

Pensate che una normalità fatta di pazzia non vi si addica? Pensate davvero che la vostra vita, che la vostra realtà, non possa essere toccata? Non è forse già questa convinzione una follia? È probabile che il vostro modo di vivere si sia già avvicinato al mio e nemmeno lo sapete... è un pensiero che fa ghiacciare il sangue.

Comunque sia, sono qui per questo: è per farvi aprire gli occhi che mi sto rompendo la mano a scrivere tutto quello che posso prima che sia troppo tardi. Ho una sola possibilità, devo farcela per forza. Non lasciate che la sofferenza che vi sto narrando vada sprecata: combattete quello che verrà a sporcare la vostra anima, perché credetemi, verrà. In che modo essa vi coglierà, dipenderà solo da me.

Ora... ora passiamo a Tecna. Povera, cara Tecna. Con Griselda al comando e Faragonda internata, tutto sembrò apparentemente calmarsi: le allieve non osavano più nemmeno sorridere fuori dalle loro camere, figuriamoci a creare caos e discussioni futili. Erano profondamente turbate e sconvolte, come tutti, del resto.

Si potrebbe pensare che le cose stessero iniziando a sistemarsi, ma fu proprio questo clima di calma forzata che disturbò l'equilibrio interiore della mia cara amica: con più tempo e tranquillità da dedicare ad altro all'infuori dell'insegnamento, iniziò ad arrovellarsi il cervello sulle possibili cause che potrebbero aver trasformato Faragonda in una Orphan.

Rifletteva senza sosta, ogni momento della sua giornata era dedicata alla ricerca. Non si dava pace, Tecna: non riusciva a concepire e nemmeno a sopportare l'idea di non venire a capo della questione, di non avere risposte da dare. Di sentirsi inutile e non all'altezza.

Da quando le acque si erano calmate, noi Winx eravamo solite passare più tempo insieme, anche per rincuorarci a vicenda dell'accaduto; la presenza di Tecna divenne sempre più sporadica, fino a quasi scomparire dalla circolazione.

All'inizio cercavamo di non darci troppo peso. Ormai conosciamo la fata della tecnologia, sappiamo cosa le frulla in testa il più delle volte, però qualcosa mi diceva che stavamo sottovalutando la situazione ancora una volta, come era successo con Faragonda. Che sia questo uno dei segnali che nell'aria qualcosa non va? Probabile, molto probabile.

Non riuscivamo più a comprendere la gravità delle vicende che ci accadevano intorno, e questo era pericoloso, se non fatale. Durante le sue lezioni divenne sempre più severa e rigida: assegnava compiti davvero pesanti, era sempre molto nervosa e spiegava le nozioni non più in modo chiaro e semplificato, ma in modo contorto e difficile, anche per noi che siamo fate esperte.

Capimmo tutte che la cosa stava prendendo una brutta piega quando un'alunna, esasperata da tutto, le chiese il motivo di tutti quegli esercizi così assurdi e fuori da ogni portata.

Lei sbottò così: «Vuoi forse fare la fine delle tue compagne?! Se avessero studiato di più, se fossero state più preparate, avrebbero trovato un modo per difendersi e salvarsi! Avrebbero capito prima che qualcosa non andava! Vuoi morire anche tu? Eh?! Allora? Vi sto solo dando i mezzi per prepararvi, per non essere un peso per nessuno! Nessuno verrà a salvarvi se accadrà di nuovo una cosa del genere!»

In quel momento, ebbi la chiara impressione che quelle parole riflettevano ciò che provava dentro la sua anima.

Man mano che passava il tempo, tenere a bada la mia corruzione, con tutti i problemi che mi fluttuavano intorno, stava diventando davvero complicato. Molti interpretarono la mia freddezza verso la questione come menefreghismo, ma la verità era che, fisicamente, non potevo farmi coinvolgere troppo o sarei caduta anche io: dovevo andarci pianissimo con le emozioni forti.

Musa aveva la camera comunicante con quella di Tecna. Ci riferiva ogni giorno cose preoccupanti: aveva praticamente smesso di dormire e passava la notte a fare ricerche sulla corruzione in cerca di risposte che, puntualmente, non trovava.

Il terrore viscerale che anche lei fosse stata corrotta era tangibile, ma la sua situazione era davvero analoga a quella di Faragonda? No, non proprio. I tic nervosi tipici non li aveva e, per esperienza personale, so che non è possibile essere corrotti e non averli, quindi, almeno per il momento, eravamo tranquille su quel fronte.

La storia andò avanti così finché, un giorno, la vedemmo arrivare in classe tranquilla e rilassata, anche se, dal tono della voce, notammo che era comunque fredda e distante. Flora azzardò una conversazione amichevole per tastare il terreno.

«Ti vedo bene oggi, Tecna. Ti senti meglio?»

La fata delle piante sfoderò il sorriso più dolce che aveva, ma la nostra amica la guardò come se fosse trasparente: sembrava il fantasma di sé stessa.

«Ah, sì... sto meglio, grazie. Ora scusatemi, ho lezione».

Si alzò e girò i tacchi, ignorando il nostro grosso disappunto nei suoi confronti.

«Forse ha bisogno di più tempo» disse Aisha con fare agitato.

Più tempo... era stato il tempo a fregarmi con Faragonda, forse era meglio agire in modo preventivo.

Decisi che l'indomani le avrei parlato chiaramente. Mi dedicai, quindi, alle lezioni e a pensare a un buon discorso da farle, fin quando non intravidi Tecna sul calar della sera in un corridoio vuoto, sentendola parlare da sola. Notai che si strofinava le mani sulle braccia, come se avesse freddo: il suo volto era scavato, e due grosse occhiaie nere spiccavano prepotentemente sul suo viso.

Inizialmente, mi si gelò il sangue nelle vene, dato che il mio primo pensiero fu la corruzione, ma mi costrinsi a restare lucida e mi misi a riflettere bene su ciò che stavo vedendo. La situazione era diversa da quella di Faragonda, così come erano diversi gli atteggiamenti: invece che i segni di una metamorfosi in Orphan, sembravano più quelli di una... dipendenza. Mentre la mia amica sfrecciava via verso la sua camera, decisi di chiamare Timmy per scoprire qualcosa.

«Ehi Timmy, sono Bloom. Scusa il disturbo, ma è abbastanza urgente. Ultimamente Tecna ti ha parlato di qualcosa di... strano? Una scoperta che ha fatto, oppure di qualche problema?»

Era inutile girare intorno al discorso con il ragazzo, Timmy è fin troppo sveglio.

«Mh... non so perché, ma mi aspettavo la tua telefonata, Bloom. Beh, mi ha parlato delle sue ricerche sugli Orphan: è frustrata perché non riesce a capire cosa sia successo a Faragonda».

Cercai di non agitarmi troppo alla risposta già nota, ma avevo fretta, cavolo se avevo fretta.

«Ok, ma ti ha detto qualcos'altro di strano?»

«Uhm...»

Passarono pochi secondi di silenzio, ma a me parvero ore interminabili.

«Se possiamo definirlo strano non lo so, per noi che ci occupiamo di tecnologia è normale fare le ore piccole. Ha detto che ha inventato un'energizzante favoloso per rimanere sveglia e concentrata, molto meglio del caffè o altri stimolanti. Le ho chiesto se me ne procurava un po' ma si è arrabbiata, eppure lo sa che sto progettando un nuovo modello di-».

Povero Timmy, gli chiusi praticamente il telefono in faccia, ma dovevo muovermi: corsi spedita verso la camera di Tecna e bussai con fare minaccioso, un po' troppo, devo ammettere.

«Tecna, apri! Devo parlarti!»

Una voce piatta e, allo stesso tempo, nervosa, venne ovattata dalla porta chiusa a chiave.

«Vai via Bloom, ho da fare!»

Inutile dire che persi subito la pazienza.

«Tecna, apri subito. So cosa stai facendo! Lo so che prendi qualcosa per restare sveglia la notte! Ti sta distruggendo!»

Ci fu un silenzio di tomba per qualche minuto, poi la porta si spalancò davanti al mio naso.

«Come osi intrometterti nelle mie faccende? Chi sei tu per giudicarmi, eh? Parla quella che ha violato la sua natura senza dire niente a nessuno! Io sto solo cercando di salvare tutti!»

 Era puro risentimento quello che sentivo, ma dovevo costringermi a tutti i costi a restare calma: dovevo far appello alla sua intelligenza.

«Esatto, Tecna. È esatto. Anche io stavo cercando di salvare qualcuno. Stai facendo quello che ho fatto io, te ne rendi conto, amica mia?»

Il volto rabbioso e profondamente contratto della fata si allentò per un momento: i suoi occhi verdi ebbero come una rivelazione ovvia ma persa per lungo, troppo tempo.

«Io... io... è vero... che sto facendo?»

 Provai il contatto fisico ed accennai un abbraccio, lei non si oppose.

«Tecna, ascoltami... è normale, ok? È normale andare oltre i propri limiti per chi si ama. Proprio come ho fatto io, ti sei fatta del male per qualcuno e non l'hai detto a nessuno. Capisci ora, tesoro? È questo che fa l'amore. Siamo noi che... beh... esageriamo».

La fata della tecnologia mi strinse forte, come se io fossi l'ancora che la teneva a galla in un mare di follia.

«M-mi dispiace così tanto per quello che ho detto... non lo pensavo veramente, Bloom...»

«Lo so Tecna, lo so. Tranquilla... mi vuoi dire cosa stai prendendo?»

«Un... un derivato del tuo farmaco... calma il sistema nervoso, non mi fa stancare. Mi fa restare lucida... mi aiuta a non dormire...»

Tecna scoppiò a piangere e mi strinse ancora più forte, crollò come un castello di carte. È normale fare di tutto per salvaguardare le persone che amiamo, certo, ma era normale quello? Era davvero ciò che normalmente farebbe un essere umano per affrontare una tale situazione? Forse, non lo nego, per me, invece, no. Assolutamente no.

Mentre coccolavo Tecna tra le mie braccia, un pensiero fisso mi frullava nel cervello: quello che stava vivendo la mia amica non era corruzione, ma non era nemmeno una cosa sana. Cosa c'era sotto? Cosa mi sfuggiva? Perché una ragazza razionale come lei era annegata in un limbo di ossessione così profondo in così poco tempo?

«Va bene tesoro, ora ascoltami. Ascolta una che di autodistruzione se ne intende: eliminiamo quel farmaco dal tuo organismo e prenditi un po' di tempo per te stessa. Torna a casa, dai tuoi genitori. Spiegherò loro la situazione e ti aiuteranno a disintossicarti. Ok?»

Annuì senza staccarsi da me e pianse tutte le lacrime che doveva versare. Che diavolo stava succedendo? La corruzione non c'entrava, almeno non con il caso di Tecna. E allora... perché?

Lo avrei scoperto presto, sulla pelle dei miei affetti più cari.

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Capitolo 4
*** Il Canto di Musa ***


CAPITOLO 4: IL CANTO DI MUSA




 

La debolezza di Tecna non fu presa bene dalle ragazze. Nonostante io fossi stata molto chiara sul fatto che la nostra amica non fosse corrotta ma solo emotivamente instabile, tra le Winx iniziò a serpeggiare la paura e il sospetto, come se, da un momento all'altro, le compagne di una vita potessero rivoltarsi le une contro le altre e diventare tutte Orphan impazzite.

A mente fredda, ora che è ormai tutto finito, non posso nemmeno prendermela troppo con loro: se una roccia solida come Tecna si era ridotta in quel modo, a una ragazza sensibile come Flora cosa sarebbe potuto accadere? Faceva paura... faceva tanta paura.

Nei momenti passati insieme, l'aria era sempre carica di tensione: l'ansia era ben percepibile, densa come nebbia, per questo motivo mi stupii molto quando mi accorsi che l'unica nota stonata del gruppo era Musa, la migliore amica di Tecna e quella che, per via di logica, avrebbe dovuto star male più di tutti. I suoi sorrisi non erano affatto tirati né falsi, a noi si mostrava sinceramente tranquilla e ottimista.

D'altronde, lei è sempre stata così: la forza motrice del gruppo, quella che ti sprona a vedere il bicchiere mezzo pieno anche nei momenti più bui. Le ragazze amavano questo suo lato luminoso, difatti mi inquietò non poco la loro reazione durante quei tristi giorni: in qualche modo, ebbi la conferma che non era solo una mia paranoia, c'era davvero qualcosa di marcio in quella realtà.

Perché asserisco questo con tanta sicurezza? Beh, perché l’atteggiamento positivo di Musa iniziò a destare discussioni e conflitti, ipotesi e idee assurde: c'era chi ne era contenta, tipo Flora, e invece c'era chi ne era decisamente infastidita, come Stella. Se da una parte l'ottimismo faceva bene, dall'altra era percepita come una forma di sconsideratezza: dopotutto, come si poteva star tranquilli dopo che la nostra cara amica si era distrutta in quel modo?

«Dobbiamo essere contente che Tecna non sia corrotta! Certo che soffro nel vederla ridotta così, ma si può rimediare!» era solita dire la fata della musica in ogni occasione, ma ciò non faceva che scatenare un effetto domino senza fine.

«Non è che Musa è così tranquilla perché sta nascondendo qualcosa?» diceva Aisha; «Non è che stai dicendo così perché tu stai nascondendo qualcosa?» rispondeva Stella, e così all'infinito, in un circolo vizioso di sospetto e di paura.

La mia voce in tutto quel caos? Inesistente. Erano terrorizzate, più che insistere nel dire che Tecna non era corrotta, cos'altro potevo fare? Ad essere completamente sincera, poi, la mia condizione non mi permetteva di occuparmi troppo delle faccende emotive degli altri: già ero abbastanza compromessa da sola con i miei pensieri, non avevo la forza di infilarmi anche nelle loro turbe mentali.

Musa era tranquilla alla fin fine, le uniche che si stavano facendo problemi erano loro. Così, decisi di lasciar perdere e di sorvegliare il tutto da debita distanza. Non avevo certo intenzione di commettere lo stesso errore due volte, avrei comunque continuato a tenerle sott'occhio.

Passò qualche tempo. Cercavo di stare vicina a tutte e di far sentire loro la mia presenza, soprattutto a Musa; notai che passava più tempo da sola del normale, così andai a trovarla molte volte nel corso delle giornate.

Spartiti musicali erano sparpagliati un po' ovunque, il pc era sempre impostato su programmi di editing e gestione dei suoni e alcuni strumenti musicali erano fuori dalla loro custodia. Mi spiegò che stava scrivendo molti brani per rilassarsi e, già che c'era, le inviava a Tecna per farle piacere, visto che alla nostra amica piaceva moltissimo ascoltare le opere della fata della musica.

Nessun tic strano, nessun comportamento ossessivo, era tutto nella norma. Ma potevo davvero fidarmi? Constatai che anche le altre non davano segno di sintomi di corruzione o di crolli nervosi nonostante la loro giustificata paranoia, forse le cose si stavano davvero aggiustando. Tuttavia, se c'era una cosa che avevo imparato in tutti quegli anni, era che non dovevo mai abbassare mai la guardia. Così feci.

Le giornate passarono, in sostanza, pigre e tranquille; le allieve mantenevano i ranghi, io portavo avanti la mia vigilanza sugli Orphan e le lezioni continuavano in modo regolare. Fin quando, beh... posso affermare con certezza assoluta, che quello fu il punto di rottura definitivo.

Se le cose erano rimaste in precario equilibrio dopo gli avvenimenti di Faragonda e Tecna: se tutto, fino a quel momento, si era mantenuto stabile per quanto possibile, dopo ciò che sto per raccontare tutto crollò irreparabilmente. Un effetto domino di dimensioni catastrofiche che mi ha portato a fare ciò che sto per fare.

Come un buco nero che porta tutto con sé verso l'oblio, così tutto ciò che amavo stava per capitolare davanti ai miei inermi occhi scarlatti. Ironico... ho la potenza necessaria per distruggere intere città, ma non ho avuto la forza di fermare questo.

Un giorno come tanti, Musa tornò ad Alfea in tarda serata. Quella stessa mattina ci disse che, nel pomeriggio, sarebbe andata ad un appuntamento, ma aveva anche detto che sarebbe tornata presto; sorrideva e scherzava più del consueto, divagando sul motivo del suo ritardo.

Non demmo troppo peso alla cosa e lasciammo correre, ignare di cosa la nostra cara amica nascondeva sotto il suo giacchetto largo, fin troppo largo per la sua taglia. La osservai meglio, senza farmi notare: camminava leggermente piegata in avanti, si stringeva il braccio sinistro. Niente di eccessivamente anomalo, non c'era nemmeno l'ombra dei tic della corruzione, eppure la cosa mi puzzava parecchio. Aveva l'aria di un animale ferito, ecco.

Il giorno dopo, arrivò un mazzo di fiori enorme per Musa da parte di un anonimo. In principio ne fummo contente: ci scherzavamo sopra e punzecchiavamo la fata della musica per sapere chi fosse il misterioso spasimante, ma lei quasi scoppiò a piangere quando lesse il bigliettino che li accompagnava, bigliettino che non ci fece nemmeno toccare, per la cronaca. Tutto molto strano, ma non troppo strano, non ancora, almeno.

Un giorno, Musa non tornò proprio. Allarmate, iniziammo a chiamarla al telefono ma niente, non rispondeva. Dopo alcune ore ci chiamò dicendoci che rimaneva a dormire fuori e che si era dimenticata di avvertirci. Non era da lei.

La mattina dopo, si presentò con un braccio fasciato e un occhio gonfio. Non potendo più nascondere il fatto, vuotò il sacco: Riven era tornato a Magix dopo la sua lunga assenza. Ci disse che, finalmente, aveva capito il senso della sua vita, che il viaggio che aveva intrapreso aveva dato i suoi frutti e che ora era pronto a stare di nuovo con lei.

Ridendo in modo teatrale, raccontò che era andata a trovarlo nel suo alloggio a Fonterossa ed era caduta dalle scale, facendosi male. Per non farla andare via in quelle condizioni, rimase da lui per la notte.

Ci guardammo stupite e cupe, ma la lasciammo andare senza dir nulla. Dopo così tanti anni, Riven era tornato a casa e Musa si comportava in modo davvero strano, non era una coincidenza.

«L'ha picchiata» dissi senza giri di parole. Le ragazze annuirono.

«Questo torna all'improvviso e la prima cosa che fa è farle del male?! Io lo ammazzo!» urlò rabbiosa Aisha mentre Flora cercava di calmarla.

Stella sbraitò esasperata: «Sapevo che, prima o poi, sarebbe successo qualcosa! Era fin troppo allegra. Quando mai le cose si sono sistemate da sole, per noi?»

«La questione è delicata, ragazze. Riven è sempre stato un tipo strano, ma non si era mai comportato così, fino ad ora. Sospetto che sotto ci sia di più».

Parlai con voce ferma e calma per farmi capire bene senza fraintendimenti, sapevano dove volevo andare a parare.

«Dici... che sia corrotto? Ma non è nemmeno un essere magico, come può essere corrotto?» sussurrò Flora, come se avesse paura delle sue stesse parole.

«Non lo so, ma... non è da escludere. Sentite, voi mantenete la calma. Io andrò a parlare con Musa, decideremo insieme cosa fare. State tranquille».

Detto questo, girai i tacchi e mi diressi dalla fata della musica. I miei passi erano pesanti e lenti, mi sentivo annegare nei miei pensieri. Era davvero possibile? Una persona qualunque poteva essere contaminata? Improbabile, impossibile. Cosa poteva essere inquinato se non possedevano magia di nessun tipo?

Riflettevo furiosamente, le idee cavalcavano veloci: se davvero Riven era diventato un Orphan, l'intero concetto di corruzione andava rivisto. Era qualcosa che andava al di là dell'essere una situazione pericolosa. Era gravissimo.

Arrivai con più domande che risposte davanti la porta di Musa, fortunatamente si stava riposando in camera sua. Bussai e, inaspettatamente, lei mi fece entrare senza fare storie, non come invece aveva fatto Tecna.

"Oh bene... già è qualcosa" pensai speranzosa.

La fata mi accolse con un sorriso stanco, si sdraiò nuovamente sul letto e io mi sedetti accanto a lei. Non perse tempo e vuotò subito il sacco, era inutile raccontare menzogne.

«So benissimo che a te non posso farla in barba» disse ridacchiando, poi continuò: «Avevo sognato questo momento da così tanto tempo... è tornato, capisci? L'uomo che amo, finalmente con me».

Le strinsi la mano e la lasciai parlare liberamente.

«C'era qualcosa che non andava. Era così strano... oppresso. Cadeva spesso vittima di crisi d'ira, così, senza motivo. Ieri mi ha pestata come un saccone da box solo perché gli ho detto di farsi aiutare da qualcuno. Quando non è arrabbiato è sempre così dolce, mi implora perdono... e io lo faccio. Volevo... volevo che le cose andassero bene per forza, che tutto fosse come doveva essere...»

I suoi occhi si riempirono di lacrime. Io rimasi inespressiva per non cadere nella tentazione di dare di matto e fracassare tutto, poi mi guardò dolorante con aria sconfitta, dicendomi: «È corrotto, vero?»

Non ne avevo la certezza assoluta, era qualcosa di impossibile da concepire, ma tutto mi urlava che quello fosse un caso eclatante di corruzione. Che cosa poteva avere di corrotto se un potere non lo aveva? Mi esplodeva letteralmente la testa.

«È… assurdo, ma credo di sì. Insomma, per quanto lui sia un tipo introverso e a volte un po' strano, non è stato mai violento. Un cambio di personalità così repentino mi fa sospettare che sia davvero corrotto, ma come? Lui non possiede magia dentro di sé, vero?»

Musa fece di no con la testa, mi sentivo brancolare nel buio. Mi passai le mani sul viso cercando di alleviare la frustrazione, con scarsi risultati.

«Va bene... dobbiamo portarlo dalla Griffin, lo sai. Ce lo porto io personalmente» dissi alzandomi, quando la fata mi strinse la mano e mi bloccò.

«No, Bloom, aspetta. Quando sta con me, lui si sforza davvero di rimanere calmo. Se lo costringerai, ti attaccherà, e… potrebbe farsi del male. Lascia che vada io. Lo convincerò».

La guardai, cinica, ammiccando verso il braccio fasciato.

«Ah ha, vedo che ci sei riuscita l'ultima volta» dissi, ma lei non mollò la presa.

«Bloom... lasciami fare. Fidati di me».

Vidi la determinazione che l'ha sempre contraddistinta nei suoi occhi. QQQualcosa dentro la mia testa diceva di lasciarla andare, ma ascoltare le voci che parlavano nella mia mente non era mai una saggia idea.

«Veniamo con te comunque. Vi aspetteremo davanti l’entrata di Fonterossa».

Passarono due, strazianti ore di attesa. Io e le ragazze ci guardavamo con aria preoccupata: ci stava mettendo davvero troppo per convincerlo a uscire.

Alla fine, non resistemmo più e andammo verso l’alloggio di Riven. Aveva la spada color ametista in mano, coperta di sangue, con il volto più stralunato che io avessi mai visto. Musa era a terra, in una pozza cremisi.

Il corpo della nostra cara amica era vicino ai piedi dell'assassino, il quale fissava con occhi sgranati la sua opera, folle e consapevole allo stesso tempo. Non saprei descrivere cosa provarono le ragazze a quella vista, ognuno reagisce sempre in modo diverso a queste cose, ma... beh, posso immaginare.

Come successe a me in passato, qualcosa in loro si ruppe, qualcosa di vitale importanza: quella barriera fragile e delicata che ci separa dalla pazzia divoratrice. Non si mosse nessuno, a malapena respiravamo.

Mi imposi di restare glaciale per non cadere preda della corruzione, e un forte senso di nausea mi avvolse: ancora una volta avrei dovuto rinunciare alla mia umanità. Ormai non ero poi tanto diversa da un mostro…

«Voleva portarmi dalla Griffin, vi rendete conto? Questo... è colpa vostra! Che cosa le avete detto, eh? Pensate che io sia malato?! Guardate cosa mi ha costretto a fare, io la amavo!» sbiascicò.

Un sorriso sadico sul volto fece capolino all'improvviso: non sembrava più nemmeno umano.

«Doveva morire! Pensava di farmi curare, non mi amava! Sparite dalla mia vista!»

Si alzò di scatto e caricò a spada levata, pronto a farci a pezzi. Io non mi mossi di un millimetro, mentre le ragazze si trasformarono furiosamente e iniziarono a combattere con l'assassino.

Rimasi lì, a fissare gli occhi spenti della mia cara amica, incurante di cosa avevo giusto a un palmo da me: una sfera di Stella mi sfiorò l'orecchio, intorno a me una danza di morte si stava consumando, ma io non sentivo niente.

Ero troppo presa dall'ironia della scena per provare orrore, per provare una qualsivoglia emozione. Avrei potuto disintegrarlo con un gesto: era un essere così insignificante rispetto a quel che ero io, eppure capace di uccidere un essere umano in modo tanto brutale.

Avrei potuto risolvere qualsiasi problema, qualsiasi conflitto, ma non ho avuto la capacità di fermare la mano di un uomo piccolo e debole che ha spezzato la vita della sua donna.

Persa in quel pensiero così malato, non diedi nessun peso alla battaglia che stava infuriando in quelle quattro mura. Riven respingeva abilmente gli assalti delle ragazze, inutili, visto che attaccavano senza un piano, seguendo solo la furia cieca del loro cuore.

Mentre l'ambiente in cui mi trovavo veniva distrutto, io iniziai a sogghignare, piano, senza farmi notare. Lo sentite il delirio divampare tra queste parole? Da quel giorno non ci fu spazio per nient'altro nelle nostre anime: niente più amicizia, niente più amore, solo follia.

«Si distruggeranno tutti a vicenda, come cannibali che si mangiano tra fratelli e sorelle... e io? Io che non posso più provare niente, cosa dovrei fare?» sussurrai a bassa voce volgendo gli occhi al soffitto. «Forse dovrei bruciarvi tutti».

Mi portai la mano al volto e scoppiai a ridere, stanca. Ridevo di gusto davanti alla mia impotenza e alla mia inettitudine, mentre intorno a me urla infernali mi riempivano le orecchie.

Follia. Solo pura, dolce follia. E io non potevo fare altro che guardare.

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Capitolo 5
*** Il Canto di Aisha ***


CAPITOLO 5: IL CANTO DI AISHA




Fu un funerale senza suoni né colori, a parte il rumore della pioggia che, col suo ticchettio, sembrava scandire le lancette del tempo; nella desolazione più totale, pochi erano presenti alla sepoltura di Musa, tra i quali suo padre. Nessuno osava fiatare, nessuno aveva il coraggio di guardarsi in faccia.

Le ragazze si sentivano straniere in terra straniera, come se a combattere contro Riven non fossero state loro ma delle loro copie malvagie. Il ragazzo, seppur ridotto malissimo, era comunque sopravvissuto al brutale scontro e, in quel momento, si trovava dalla Griffin. Probabilmente non avrebbe visto la fine della settimana, se non la fine di quella stessa giornata.

Dopo che il mio... delirio esistenziale finalmente finì, fui io a fermarle: quasi sull'orlo della risata compulsiva, mi ci volle solo un gesto per porre fine a quel furioso massacro, quello stesso gesto che avrebbe potuto salvare Musa.

Per quanto riguarda Tecna, preferimmo non dirle niente dell’accaduto. Le ultime notizie sulle condizioni non erano affatto buone: la fata della tecnologia stava attraversando una pesante crisi d'astinenza, non potevamo infliggerle altro dolore.

Annientate, fissammo con occhi spenti il feretro della nostra cara amica, vuoti di pietà e di speranza. Come erano sempre i miei, d'altronde. Toccammo con mano la realtà di un mondo in cui la scintilla divina ci aveva abbandonato, lasciandoci brancolare nelle tenebre che portavano solo follia.

Come al solito, il fiume di dolore che mi scorreva in petto doveva essere forzatamente soppresso, come se il mio peccato più grande fosse quello di essere umana. L'Universo mi stava letteralmente urlando qualcosa del tipo 'non osare versare una lacrima, mostro', o forse era la corruzione a parlare, chissà.

La prigione mentale da cui non potevo evadere mi donava quell'aura di freddezza che, dopotutto, non poteva che fare bene a tutti. I presenti erano paralizzati sul posto, a momenti non li sentivo nemmeno respirare: provare qualsivoglia emozione sembrava una bestemmia contro gli dei.

Ingoiai il senso di colpa che mi stava logorando le viscere: il mio autocontrollo dipendeva interamente da questo. La preside Griselda non disse una parola, ma potevo scorgere la sua anima tremare: osservava la bara della sua allieva ma, allo stesso tempo, stava anche pensando intensamente, ponderava decisioni di enorme importanza.

Mi piaceva pensare che era il suo modo di reagire alla tragedia, ma ben presto le sue intenzioni furono manifeste: pochi giorni dopo il funerale di Musa, Griselda chiuse le porte di Alfea e mandò tutte le allieve a casa.

«Prima Faragonda, ora questo. La mia priorità siete voi e le studentesse, non posso vedervi morire in modi così barbari, senza nemmeno un motivo chiaro» ci disse in un raro momento di commozione.

Non potevamo che darle ragione. Noi professori decidemmo di fare della scuola una sorta di quartier generale per iniziare a indagare su questi fenomeni di corruzione; la pensata fu buona, lo sviluppo molto meno.

Non avevamo assolutamente idea di dove iniziare, di cosa pensare, di cosa fare. Non eravamo nemmeno sicure di quello che avevamo visto.

Come era prevedibile immaginare, alla fine ognuno se ne stava per i fatti suoi a rimuginare su chissà che cosa, mentre noi ragazze vagavamo senza meta per i corridoi deserti di Alfea parlando di cose vuote, come degli zombie intrappolati in un limbo di niente.

Eterni erranti su terre aride in cerca di una luce che non c'era, menti così provate da soffocare ogni idea sul nascere, come se i pensieri venissero strappati via ed evaporassero come acqua al sole. Tenere a bada il dolore causato dal senso di colpa divenne quasi il mio unico pensiero... mi mancò terribilmente Tecna, in quei giorni.

Stella, Flora e Daphne sguazzavano nella loro assenza catatonica. Flora, in particolare, si stava chiudendo in sé stessa come un riccio, mentre Aisha diventò una vera e propria trottola impazzita; le nostre giornate passavano lente e anonime, le sue, invece, erano un'incessante sessione di allenamento compulsivo, malato.

La osservavo spesso dalle finestre, di soppiatto. Non potevo credere di star vivendo un simile inferno, sembrava tutto talmente esagerato e onirico da sembrarmi un incubo.

Potevo fidarmi delle mie sensazioni? Alla fata delle piante disse che voleva diventare più forte, che allenarsi le impediva di sprofondare nella disperazione, ma percepivo che qualcosa non andava. O meglio, più di quanto doveva essere.

Mi guardava sempre con un certo sguardo, un misto di odio e curiosità insieme ma, ogni volta che si accorgeva di quello che stava facendo, si dava un colpetto alla fronte e scuoteva la testa, come per riportare alla mente qualcosa di importante e ovvio.

Le ragazze notarono questo suo comportamento e, giustamente, si preoccuparono: avevo fatto il madornale errore di dar retta alle voci della corruzione e di non seguire il mio istinto, non avrei commesso lo stesso sbaglio. Non potevo, non lo tolleravo.

Mi misi ad osservare attentamente la sua routine: Aisha seguiva un rigido allenamento quotidiano, e lo faceva sempre in una certa maniera, come uno schema fisso. Notai che, ogni volta che si accorgeva di essere scrutata da me, la sua foga aumentava, diventava quasi furiosa nei suoi esercizi, tanto da assomigliare più a una bestia che a una fata. Arrivai all’ovvia conclusione che ce l’aveva con me. E come darle torto...

Flora diventava sempre più cupa e triste: per un animo delicato come il suo, assistere a tutto quell'orrore fu peggio che morire. Aisha, in quanto sua migliore amica, avrebbe dovuto essere quella che, più di tutte, poteva aiutarla a superare il lutto, ma quel muro di furia che tirò su tra lei e tutte noi non faceva altro che ferire continuamente la fata delle piante, facendola appassire come i fiori che tanto amava.

C'erano giorni in cui la regina di Andros superava davvero ogni limite. Non era raro vederla allenarsi con fasciature varie, zoppicante e dolorante, ma mai saltava un giorno della sua routine di distruzione. Quella situazione iniziò a starmi stretta, così decisi di raccogliere tutta la calma glaciale che potevo e affrontarla sulla questione.

Come al solito, si trovava nel cortile deserto di Alfea, impegnata nei suoi esercizi; dopo ore di allenamento fisico, si stava concentrando sullo sviluppo dei suoi poteri, in particolare cercava di rendere il suo Morphix ancora più versatile e potente di quello che era già.

Il posto ormai era diventato trascurato e molto rovinato, non era nemmeno l'ombra di quella che era Alfea pochi giorni prima. La sua dedizione era massima mentre maneggiava quella gran quantità di potere, ma si accorse comunque della mia presenza.

«Cosa vuoi, Bloom?»

Il suo tono di voce era indubbiamente stizzito nei miei confronti, probabilmente avevo ragione su di lei.

«Aisha, credo proprio che noi dobbiamo parlare».

Come mi ero promessa, rimasi emotivamente neutra, ma lei non ne volle sapere.

«Come vedi, ora sono impegnata».

Mi diede le spalle e ricominciò ad allenarsi, ignorandomi completamente. Ma io sono comunque Bloom, no? Glaciale sì, ma fino ad un certo punto.

«Flora sta male, Aisha. Nonostante stia soffrendo da matti, è comunque preoccupata per te, per quello che stai facendo. Lo siamo tutte».

«Ah... Flora. Quella ragazza deve imparare a essere più dura nei confronti della vita».

Quelle parole mi fecero un male indescrivibile. Cosa stavamo diventando?

«Ma non sarebbe più Flora se non fosse così! Ti ascolti quando parli?» dissi alzando un poco la voce. La fata si fermò e si girò lentamente con occhi di fuoco.

«Cosa c'è, eh? Adesso ti preoccupi di noi? E Musa, allora? Adesso pensi a noi perché con lei hai mostrato quanto poco vali?»

Lo sapevo, mi riteneva responsabile. Per la prima volta dopo anni, le voci nella mia testa iniziarono ad urlare, lo sporco si impossessò di nuovo di me: abbassai la testa e chiusi gli occhi, non dovevo cedere per nessun motivo. Per gli dei, non ce la facevo più, era troppo… tutta quella follia era troppa.

«Ho... ho sbagliato. Lo so che ho sbagliato... è per questo che non voglio sbagliare più, lo capisci?»

«Io volevo entrare con lei, Bloom. Tutte noi volevamo accompagnarla da Riven, ma tu ci hai detto di fidarci di lei e aspettarla fuori. Non hai semplicemente sbagliato, l’hai ammazzata anche tu!»

Stavo letteralmente elemosinando amore, ma non sortì l'effetto voluto. Anzi. Notai una certa goduria negli occhi di Aisha: si accorse che la corruzione mi stava mangiando viva ma, invece di avere pietà e fermarsi, continuò a riversare il suo odio su di me, con cattiveria. Che anche lei fosse ormai arrivata al capolinea?

«Lo vedi? Il marciume che ti porti dentro ti sta punendo, Bloom. Io ci ho provato, davvero, ci ho provato a non vederti come la merda che sei, ma non posso farci niente. Continuavo a dirmi 'siete amiche da una vita, Aisha, cerca di capire la situazione'. Ma non c'è niente da capire! Hai lasciato morire Musa! Quando tu, con un piccolo gesto della mano, avresti potuto risolvere tutto!»

Aveva pienamente ragione, ne ero consapevole, ma l’oscurità iniziò a entrarmi nelle vene come un cancro velenoso.

«Mi... mi dispiace...» rantolai.

Non riuscivo a dire altro: il dolore che provavo era diventato insopportabile. Mi misi le mani sulla testa come per sorreggermela, ero al limite.

«Devo... devo prendere il mio farmaco...»

Feci per andarmene, ma la compagna di tante battaglie mi bloccò la strada con il Morphix non lasciandomi passare, aumentando ancor di più il mio sconfinato disagio.

«Aisha, ma sei impazzita? Vuoi che io perda la testa?!»

Mi accasciai in ginocchio, boccheggiando e lottando per quell'aria che i miei polmoni tanto bramavano, ma lei non demorse.

«Sai cosa, Bloom? Sono stufa. Stufa di stare sotto la tua ombra, stufa di essere dipendente da te. Ti senti l'unica abbastanza forte da poter proteggere tutti? Ti sbagli! Non voglio più essere protetta da te, hai mandato Musa a morire!» disse quasi sbraitando, poi continuò: «Voglio testare le mie capacità. È tanto tempo che sto affinando le mie abilità, è ora di mettermi alla prova. Io ti sfido, qui e ora!»

Non riuscivo a credere alle mie orecchie: non tanto per l'assurdità della cosa, ma per le mie percezioni. Avevo sentito bene, o era la mia corruzione che voleva farmi attaccare Aisha?

«Volevo... io volevo solo far stare tranquilla Musa! Le avrei fatto del male se avessi prelevato Riven con la forza, io... non potevo immaginare...»

Non feci nemmeno in tempo a terminare la frase che mi arrivò in pieno volto una sfera di Morphix rabbiosa. La fata di Andros si era trasformata e, nonostante lei fosse in forma Sirenix, il suo attacco era molto più potente del normale, probabilmente il frutto dell'intensissimo allenamento a cui si era sottoposta.

Ruzzolai via per molti metri, dolorante e disperata a livelli folli. Non provavo gli effetti devastanti della corruzione da così tanto tempo... la temevo. Ne ero e ne sono terrorizzata, direi una bugia se affermassi il contrario.

«Aisha... fermati, ti prego» dissi cercando di alzarmi, ma fui colpita di nuovo, e di nuovo ancora.

«Combattimi, Bloom!»

Barcollante mi rimisi in piedi, ma non avevo la forza di trasformarmi; confusa e con la mente annebbiata mi misi in guardia, ma non sapevo bene cosa fare: il mondo intorno a me divenne ovattato. Mi lanciò altre sfere: con notevole sforzo le evitai entrambe piegando il busto prima a destra e poi a sinistra, ma persi l'equilibrio e ricaddi a terra.

«Ho detto combatti

Cadde in profondissima concentrazione e manipolò una sfera di Morphix fino a farla diventare un disco sottilissimo e vorticoso, lanciandomelo addosso.

Non avevo mai visto quella tecnica prima d’ora. Insicura sugli effetti di quell’incantesimo, non me la sentii di alzare una barriera magica, così mi gettai di lato sfiorandomi di striscio. Notai inorridita che un sottile graffio sul mio braccio stava sanguinando: il piatto aveva tagliato a metà un albero nelle vicinanze.

“Ha... ha imparato ad affilare il suo Morphix..."

Il fiatone mi rendeva difficile parlare, ma non potei far a meno di urlare: «Aisha, vuoi uccidermi

Ero sull'orlo del pianto, ma non si fermò: costruì due mani giganti, come quelle di un golem, iniziando a calare pesantissimi colpi sul mio corpo. Ad ogni impatto, creava grandi solchi sul suolo e faceva tremare la terra, sentivo le mie ossa scricchiolare.

"...ha anche imparato a renderlo duro come pietra..."

I professori e le ragazze si affacciarono dalle finestre: mi videro coperta di sangue a terra mentre Aisha mi attaccava senza sosta, così fecero per correre fuori e soccorrermi, ma le uscite erano tutte bloccate dal Morphix.

«Combattimi Bloom! Non era forse quello che ti diceva Daphne, otto anni fa, quando hai stroncato anche tua sorella? Non sarò buona come lo è stata lei, ti darò una bella lezione!»

Sapete, c'è una cosa che ho categoricamente proibito di fare a tutti. Sia io che mia sorella abbiamo espressamente chiesto di non parlare mai più del momento in cui ho dovuto ucciderla. Era l'unica cosa che avevamo imposto di non fare, non solo per me stessa, ma anche per lei.

Ripensare a quel momento mi fa… mi fa sgorgare corruzione da tutti i pori, è un mio serio e pericoloso tallone di Achille. E infatti, Daphne, che aveva sentito dalla finestra tutto quanto, sgranò letteralmente gli occhi e imprecò in modo colorito, correndo via come un fulmine verso la mia camera per prendere massicce dosi di farmaco. Sapeva perfettamente cosa sarebbe successo, da lì a poco.

Il pugno gigante di Morphix che stava per colpirmi si spappolò letteralmente contro la barriera di fuoco blu che avevo eretto in una frazione di secondo. I miei occhi scarlatti divennero luminosi, e il sangue sparso un po' ovunque si incendiò. Mi rimisi lentamente in piedi, leggermente piegata su me stessa, dovevo avere molte costole rotte.

«...come…»

Aisha si fermò di colpo con aria preoccupata, come quando si stuzzica una bestia feroce con arroganza per poi scappare quando si sveglia e attacca. Realizzando di essere nei guai fino al collo, iniziò a lanciarmi convulsivamente masse di Morphix dure come cemento, trasformandole letteralmente in proiettili.

Ricoprii le mie braccia di fiamme blu e mi incamminai verso di lei, distruggendo senza sforzo quelle piccole sfere letali con un solo movimento netto degli arti.

«...come...»

La mia marcia non si arrestava: tenevo la testa bassa, troppo appesantita dalle voci che mi invogliavano a disintegrare tutto, per poi fermarmi davanti a lei come un drago che ha puntato la preda.

«Come osi!» urlai furiosamente.

Mi trasformai violentemente, tanto che le finestre di tutta la scuola andarono in frantumi e un vortice di fuoco azzurro mi ricoprii completamente. Quando pagai il debito per riavere l'anima di mia sorella, il Drago prelevò molto potere dal mio corpo, ma ne avevo una quantità così smisurata che sembrò non portare nessuna conseguenza alla mia abilità di combattimento.

Aisha, con tutto l'odio che poteva provare, capì che davanti a quella potenza non poteva niente. Vidi l'amarezza della sconfitta sul suo volto, l'ombra del fallimento che indugiava su di lei. Creai un Morphix mio, del colore del cristallo, e gli diedi la forma delle mani di golem che la mia avversaria aveva generato poco prima, con l'unica e sostanziale differenza che le loro dimensioni erano duplici.

Iniziai a pestarla con furia e disperazione, come quando due bambini se ne danno di santa ragione davanti la scuola per un dispetto. In quei pugni ci misi tutta la mia collera e il mio dolore per non aver salvato Musa, il completo nonsense di quella situazione, la vuotezza di quei giorni, tutto.

La ridussi male, ma non tanto da metterla in pericolo di vita: si era protetta col Morphix come poteva, se la sarebbe cavata. Le barriere che bloccavano le uscite andarono in frantumi e Daphne corse da me, mentre ero ancora ricoperta di fiamme blu e la furia delle voci mi dilaniava la mente: mi girai verso di lei, trattenendomi dal colpirla.

Stesi il braccio incendiato tremando come una foglia e mi feci fare le iniezioni. Mia sorella era l'unica che poteva farlo poiché, avendo il mio stesso potere, non veniva bruciata dalle mie lingue di fuoco.

Portammo Aisha in infermeria e spiegai loro quello che era successo. Flora diventava sempre più triste man mano che parlavo mentre teneva la mano alla sua amica, mentre le altre scossero la testa disperate e stanche. Andai a trovarla ogni tanto, ma la sconfitta le bruciava, bruciava tantissimo. Troppo. Mi odiava... mi odiava con tutta sé stessa.

Due settimane dopo, fece le valige e decise di andare su Pyros per allenarsi e diventare più forte, proprio come avevo fatto io per liberare il mio potere Enchantix; durante la prima settimana mandava dei messaggi a Flora per far sapere che stava bene, poi...

Alla seconda settimana di permanenza sul pianeta Riven morì, e di Aisha si persero le tracce. Non tornò mai più.

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Capitolo 6
*** Il Canto di Flora ***


CAPITOLO 6: IL CANTO DI FLORA

 

 

Cosa avrei dovuto fare? Cosa diavolo stava succedendo? Non poteva essere reale, era un maledetto incubo. Il mondo mi sembrò impazzito, senza alcun senso, non ne potevo più.

Se non facevo nulla ero colpevole di negligenza, se agivo facevo solo casino, niente andava mai bene. Stavo giocando con i pezzi di una torre pericolante, spinta da un vento di cui non capivo l'origine.

Di tanto in tanto, mi fermavo a guardare un punto fisso in mezzo al nulla, come se il mio cervello andasse in pausa. Avevo la sensazione di galleggiare: sentivo che, se solo avessi voluto, avrei potuto afferrare il mondo intorno a me e squarciarlo a mani nude.

Allora, che fare? Passavo ore intere a interrogarmi sul prossimo passo da compiere, sulla strategia da seguire, ma niente era valido, niente era sensato, niente era certo.

Ogni cosa che toccavo diventava cenere. Forse ero io il problema. Forse... non lo so. Iniziai a desiderare di essere morta al posto di Daphne, quel giorno. Lei non avrebbe mai fatto lo scempio che feci io.

«Lascia che le cose fluiscano. Agisci in base a ciò che succede, ma non devi essere tu a creare le circostanze. Siamo tristi, Bloom. Siamo tutti sconvolti e addolorati. Però... ormai quel che è fatto è fatto, e abbiamo il dovere di guardare avanti, tesoro mio. Gli eventi capitolano insieme come una valanga, e qualunque cosa tu faccia farà comunque iniziare una nuova serie di cose che non saranno apprezzate. Fai semplicemente quello che vogliono che tu faccia e, nel frattempo, fai quel che è giusto fare» mi disse un giorno Daphne, mentre eravamo sdraiate sul mio letto matrimoniale a rilassarci un po' insieme.

«Potrebbe funzionare, ma... Flora. L'hai vista anche tu, sembra sul punto di spegnersi da un momento all'altro, come una candela. È passato un mese da quando Aisha è sparita, e ogni giorno che passa, lei… è come se la vita si stesse esaurendo nel suo cuore. Non vuole nemmeno vedere Helia. Di Stella, poi, non ne parliamo, visto che nemmeno lei parla. Non dovrei fare niente?»

Lei sospirò forte e si alzò su un braccio per guardarmi dritta in faccia, con l’espressione accigliata che usa quando qualcuno non capisce qualcosa di ovvio. Mi accorsi solo in quel momento quanto i suoi occhi fossero uguali a quelli di nostra madre.

«Non niente, cara sorellina, ma quello che vuole lei. Nei limiti del buonsenso, ovviamente, visto che tu ne hai poco».

La amai da matti in quel momento, per gli dei.

«Hai la lingua tagliente come lame quando vuoi, sai?»

Quegli attimi sereni in sua compagnia mi schiarivano sempre le idee, come se mia sorella avesse il potere di dissipare la nebbia oscura che ammorbava la mia mente. Sembrava tutto così semplice, come se io non fossi in grado di cogliere quelle ovvietà.

Mi teneva stretta tra le sue braccia e mi accarezzava i capelli, mettendoci tutta la dolcezza che non aveva potuto donarmi in quegli anni separate: mi dava l’impressione che tutto fosse possibile. Tuttavia, una volta fuori da quella casa sicura che era il suo abbraccio, fuori da quelle mura che erano la mia stanza, ogni cosa diventava sempre più tragica, più difficile.

Ero davvero stanca di cercare risposte e soluzioni che sembravano non esistere, così mi affidai alle parole di Daphne. Sapevo perfettamente dove trovare Flora, visto che, oramai, passava la maggior parte del suo tempo a letto.

Il mio timore, più che fondato, era quello che la mia amica fosse vittima di qualcosa ben peggiore della corruzione... la depressione. Quella nera, profonda depressione che ti toglie ogni alito di vita in corpo.

Camminavo lenta per i corridoi vuoti di Alfea, persa in alcuni pensieri che non erano mai solo miei; tutto ciò che avevo a cuore si stava sgretolando tra le mie mani come castelli di sabbia, stavo perdendo inesorabilmente ogni cosa, pezzo dopo pezzo.

Tutto ciò che avevo costruito dopo tanta fatica stava morendo, e l'epicentro ero io. Quella danza di morte a cui stavo assistendo sembrava fluttuare intorno a me. Che ne fossi io la causa?

Mi fermai di colpo pensando a quella eventualità: che la soluzione fosse stata sotto il mio naso per tutto quel tempo? Che non ci fosse posto per me in questo mondo? Paura e sollievo si mescolarono furiosamente, le emozioni erano così discordanti da causarmi fastidio nel petto.

Mi aggrappai forte a quell'idea, come se un pesante fardello si fosse tolto dal cuore ma, allo stesso tempo, generava comunque nuovi dubbi e domande: la mia dipartita avrebbe fermato l'avanzata di questa follia? Oppure, avrei condannato per sempre l'Universo poiché muore l'unico essere in grado di fermarla? Valeva la pena rischiare senza sapere nulla?

"No, Bloom... ovviamente no" mi risposi da sola.

Presi un profondo respiro, ricominciando a camminare verso la stanza di Flora.

Come mi aspettavo, la trovai immobile sul suo letto, con gli occhi spenti e gonfi di lacrime, rannicchiata su un fianco; non disse niente, non mosse un muscolo quando entrai e nemmeno quando mi sedetti vicino a lei: era un guscio vuoto.

Aveva visto le amiche di una vita distruggersi davanti a lei senza poter far niente, la sua guida macchiarsi di peccati terribili, aveva ucciso con furia e senza rimorso, perdendo tutto.

Aveva superato quel limite invalicabile che non lascia scampo, quello che, una volta, superai anche io. Non sapevo bene cosa dirle, cosa inventarmi per svegliarla da quel torpore. Mi lasciai andare all'istinto.

«Non so cosa fare per farti star meglio. Ricordo la Flora con la quale dividevo la stanza: quella che sorrideva sempre, che ogni tanto mi passava i compiti in classe, quella che mi spiegava ciò che non capivo. Amavo quella Flora, e ti amo anche adesso. Anche adesso, che... stiamo fallendo miseramente. Ho la potenza per spazzare via intere città, ma non ho la capacità di fermare questa follia. Non so come si fa, mi dispiace tesoro… ho sbagliato tutto».

Accennai un piccolo sorriso, ma la mia amica non dava segni di vita. Mi stava ascoltando, però, era attenta a quel che dicevo.

«Non vi farei mai del male, eppure l'ho fatto. Ho preso decisioni sbagliate, ho dato priorità a cose che non ne avevano, e vi ho ferite. Alla fine ci ho azzeccato solo con Tecna, almeno lei... Flora, mi dispiace così tanto...»

Provai ad accarezzarle i capelli come faceva mia sorella per farmi stare meglio, non si oppose.

«Se c'è qualcosa che vuoi che faccia, basta dirlo. Farò il possibile... tutto, purché tu stia meglio. Non so più cosa fare per fermare questo male ma almeno questo, per te, posso farlo».

Passarono pochi minuti, poi si mosse leggermente: girò appena la testa quel tanto che bastava per farle inquadrare il mio volto, mi guardò con gli occhi di un animale supplichevole prossimo alla morte e mi parlò con la voce rauca di chi aveva finito le parole, dopo tanti, tantissimi giorni di silenzio.

«Aiutami a cercare Aisha su Pyros».

Daphne disse 'nei limiti del buon senso'. Beh, era una richiesta più che legittima.

Arrivammo lì dopo poco più di mezz'ora attraverso un portale dimensionale. Flora non era assolutamente nelle condizioni di combattere, così mi preparai psicologicamente a far fuori tutto quello che ci potesse minacciare. In ogni angolo del pianeta c’erano pericoli mortali di ogni sorta, ogni passo poteva essere l'ultimo.

La fata della natura rimase agghiacciata e atterrita da quella distesa di morte: draghi feroci solcavano i cieli in cerca di prede, così come gli animali terrestri sondavano il suolo pronti a sbranare qualunque fonte di cibo disponibile. Il terreno era marcio e venefico, l'aria torrida e malsana, perfino le piante erano programmate per uccidere qualunque essere vivente avesse provato anche solo a sfiorarle.

«È… è tutto così arrabbiato e distruttivo. Non dovrebbe esistere un posto del genere... come hai fatto a stare qui, Bloom? Come le è passato per la testa ad Aisha di venire ad autodistruggersi in questo posto?»

Mi fece una pena infinita: una ragazza così dolce in un luogo così aspro. Si stava avvelenando, piano piano. La presi per mano e iniziammo a camminare verso posti un po' più sicuri per iniziare le ricerche.

«Pyros ti spinge ad oltrepassare i tuoi limiti... beh, diciamo che ti obbliga. Se non lo fai, ti divora e ti uccide. Aisha voleva ottenere quella trascendenza che ho conquistato quando ottenni il potere Enchantix. Suppongo che, per lei, l'unico modo fosse questo».

Annuì terrorizzata all'idea di cosa avremmo potuto trovare e tacque per la maggior parte del tempo, fin quando non trovammo una caverna a me molto familiare dove ci rifugiammo.

«Ah, mi ricordo di questo luogo. Venni qui per nascondermi da un drago che voleva mangiarmi. Chi lo sa, magari anche Aisha è stata qui».

Flora iniziò a guardarsi intorno inquieta, così io mi preparai a fare il mio lavoro: mi sedetti a gambe incrociate e chiusi gli occhi, cadendo in profonda concentrazione. Espansi la coscienza oltre il mio corpo, oltre la caverna, in cerca della scia magica della nostra amica che conoscevo come le mie tasche.

Quando finalmente la trovai... era collocata nel peggior posto possibile. Ero ancora seduta quando sbottai dall'esasperazione, spaventando la già terrorizzata Flora.

«Porca puttana, Aisha…»

«Cosa succede? Dov’è?»

Abbassai lo sguardo, mortificata: non sarebbe finita bene.

«Ascolta, Flora… la sua traccia magica si ferma in un nido di draghi. M-ma non arriviamo a conclusioni affrettate, può essere successo di tutto».

«I draghi sono resistenti alla magia, brutta testona» rispose infastidita.

QQQQQQQruella 'brutta testona' non era molto scherzoso. Potrei dire che era il massimo dell'insulto per la fata delle piante. La tirai in piedi e ci avviammo verso il luogo citato.

Immaginate di andare in un covo di venti e più draghi, resistenti alla magia e pronti a tutto per staccarti la testa. Un suicidio.

Passarono alcune ore. Avevo deciso di fiancheggiare la montagna per essere protette da occhi indiscreti, quando Flora si bloccò di colpo e si precipitò verso un punto della strada che non riuscii a vedere bene; mi avvicinai, e la trovai inginocchiata a terra con uno zaino in mano. Quello di Aisha.

La mia compagna lo strinse tra le braccia come il più prezioso dei tesori, guardandolo con occhi velati in preghiera e una flebile speranza di ritrovarla viva; presa dalla foga lo aprì quasi rompendo la cerniera, dentro c'era un fiore davvero strano, mai visto prima.

«Un Embrium scarlatto...» sussurrò tremante, come se pronunciarne il nome fosse un peccato mortale.

«Lo conosci, Flora?»

Nel momento in cui mi avvicinai per vederlo meglio lei trasalì, come quando si coglie un ladro con le mani nella marmellata.

«O-oh sì, è… è un fiore molto raro. Forse... voleva farmelo vedere, non so».

C'era una certa euforia nei suoi occhi, una luce riaccesa e alquanto eccitata, tanto che pensai avesse ritrovato un po' di speranza. Si mise lo zaino in spalla e continuammo a camminare per un'altra ora quando, finalmente, arrivammo alla meta. Il posto sembrava deserto, così iniziammo a guardarci in giro velocemente.

«Flora, parliamo a bassa voce e facciamo molto, molto in fretta, o torneranno presto».

Il terreno era pieno di nidi con uova pronte alla schiusa, l'aria era bollente a causa del vulcano che fumava minaccioso dietro di noi: più passava il tempo e più avevo la sensazione di essermi bruciata i polmoni.

Dopo alcuni minuti, trovammo una scarpa sotto una covata. La gola mi si strinse, quasi soffocavo sul serio. Sul suolo, lì accanto, come una pittura sbiadita, chiazze rubino coloravano la terra, sparse un po' ovunque.

Fino a quando le uova non sono schiuse, i draghi divorano le prende ove le catturano, non le riportano al nido. Quindi, beh...

La mia compagna rimase lì in piedi senza dire niente, persa in chissà quali pensieri. Sembrava tranquilla in volto, stranamente rilassata. Il suo atteggiamento mi inquietò parecchio, ormai c'erano ben poche possibilità che Aisha fosse viva.

«Flora... le sue tracce finiscono qui, e... Flora? Ehi... coraggio, tesoro. Non c'è bisogno di continuare a cercare...»

Non feci nemmeno in tempo a finire la frase che i draghi tornarono ruggenti, provando subito ad azzannarci: ne bloccai uno evocando la barriera elettrica di Tecna e cercando, nel frattempo, di spronare la mia amica a muoversi.

«È venuta qui ad affrontare tutto questo... per causa tua...»

Misi le mani a terra e feci spuntare dal terreno tanti rampicanti robusti che imprigionarono le bestie che ci avevano circondato; non valeva la pena mettersi ad abbatterli tutti, così mi trasformai e portai via Flora, rimasta catatonica a fissare il sangue di Aisha.

Tornammo in fretta e furia ad Alfea. Al nostro arrivo trovammo Daphne e Stella che ci accolsero ansiose, pronte ad aiutarci a rimetterci in sesto. Raccontai loro quello che avevamo scoperto, non ne erano molto sorprese. Flora... smise di parlare. Di nuovo.

Passarono molte ore prima che ci dicesse che voleva tornare sul suo pianeta, che non ne poteva più, che non era in grado di portare a termine la nostra missione. Non ci sentivamo nessuno per dirle di no.

Qualche giorno dopo, ricevemmo due lettere da Linphea: nella prima, Flora ci spiegava che l'Embrium scarlatto è un fiore molto raro che produce un veleno letale, causa morte istantanea appena ingerito. Secondo lei, Aisha lo aveva nello zaino per morire senza soffrire nel caso fosse stata sconfitta dai draghi che voleva sfidare.

Nella seconda... Miele, la sorellina di Flora, ci informava che la nostra cara amica, con quello stesso fiore, si era tolta la vita, ormai divorata dalla depressione che la affliggeva senza pietà.

Accartocciai la lettera nella mia mano, senza mai staccare gli occhi da quella carta stampata. Per la prima volta dopo anni, urlai furiosamente lasciandomi andare alle emozioni.

Il dolore si diffuse come un'onda calda nei nostri petti, ma... sembrerà mostruosamente cinico e insensibile da dire, però... non fummo molto sorprese nemmeno da quello.

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Capitolo 7
*** Duetto di Luce e Fuoco ***


CAPITOLO 7: DUETTO DI LUCE E FUOCO

 

 

 

Il dubbio mi stava logorando le viscere.

Tre delle mie migliori amiche erano morte, morte! Non c'erano più. Dopo che avevo letto la lettera di Flora, per la prima volta dopo anni, mi concessi di provare emozioni umane. Mi concessi di piangere, di urlare, di mettere a soqquadro la mia camera, sfogai la mia frustrazione con tutto ciò che mi capitava a tiro, ma non senza conseguenze. I sintomi della corruzione si acuirono notevolmente, ma non mi pentii di nulla.

Eppure... quella sensazione di estraneità non voleva andarsene. Mi ritrovai sul mio balcone con le gambe penzoloni nel vuoto, partorendo ipotesi alla velocità della luce; guardai in basso, tentata come poche volte di fare un passo in avanti.

Quella follia sarebbe finita? Ero davvero io il virus? Ma, soprattutto: sarei morta davvero? Era aria quella che respiravo? Il mondo sembrava la brutta copia di sé stesso. Dovevo saperne di più e indagare a fondo: c'era solo una persona che poteva aiutarmi.

Abbozzando la scusa di andare dalla Griffin per vedere in che condizioni si trovava Faragonda, partii da Alfea e mi diressi verso Torrenuvola, ove si trovava anche la clinica. Saggia decisione posizionarla vicino alla scuola, era una locazione puramente strategica. Insomma, tipico della Griffin.

L'odore dei pini e della foresta mi ricordavano terribilmente Flora: era solita parlare con la vegetazione per sapere come se la passavano; se c'erano alberi da guarire, lei partiva immediatamente e si inoltrava per chilometri nella macchia verde, senza pensarci due volte.

E Musa... Musa registrava il canto degli uccelli per creare delle melodie eseguite con vari strumenti musicali. Aisha adorava fare corse campestri al suo interno, sfidando il terreno irregolare, le rocce e la scarsa visibilità.

Tutto mi parlava di loro. Sentivo la mia anima lacerata, incompleta. La sensazione di sbagliato e anomalo crebbe tantissimo mentre mi avvicinavo alla torre. Era... era tutto un grosso errore. Mi fermai di colpo, boccheggiando come un pesce fuori l'acqua: il cuore martellava come impazzito, il petto mi doleva. Soffocai un conato di vomito e andai avanti.

Non entrai dalla porta principale: un piccolo sentiero costeggiava la struttura portando dietro la scuola, dove un'anonima clinica senza nome né insegne trasudava malessere. Feci un profondo, profondissimo respiro ed entrai: l'aura di follia che mi arrivò addosso fu tremenda, come un pugno nello stomaco.

I pazienti venivano fatti alloggiare nei piani superiori a seconda del caso clinico, mentre al piano terra c'erano i ricercatori che studiavano e progettavano nuove terapie. La Griffin, però, non c'era.

"Sarà nel suo ufficio".

Salutai i presenti, ormai mi conoscevano bene tutti, e andai verso il fondo della sala di ricerca, dove una piccola stanza ospitava la preside di Torrenuvola intenta a firmare scartoffie.

«La burocrazia non le dà pace, eh?»

La Griffin sospirò e alzò gli occhi dai fogli, sorridendomi leggermente.

«Bloom. È un po' che non ti si vede. Beh, per fortuna, aggiungerei».

Abbozzai un piccolo sorriso anche io, poi tornai seria.

«Avrei delle cose da chiederle, se non disturbo».

La strega si alzò stanca e mi fece segno di seguirla; era visibilmente provata, sembrava invecchiata di trent'anni in un colpo solo.

«Parliamo mentre porto la terapia a Faragonda. Sai, sono l'unica da cui accetta qualcosa... sempre che per te non sia un problema».

Non me la sentivo molto di incontrare la mia amata preside in quelle condizioni, ma mi resi conto che non ero ancora andata a trovarla nemmeno una volta.

«No, va bene. Come sta?»

«Ha i suoi alti e bassi. Sarà contenta di vederti. Evita di dirle di... beh, lo sai. Farle sapere che tre sue allieve sono morte non può farle che male».

Annuii malinconica ed entrammo nella sua stanza, la più vicina all'ufficio della Griffin. Faragonda era l'unica inquilina: il lusso di essere la migliore amica del capo, suppongo. Seduta nel suo letto intenta a leggere un libro sui glifi magici, nemmeno si accorse della nostra presenza fin quando la strega non la salutò affettuosamente.

Quando mi vide sfoderò un sorriso luminoso, così carico di felicità che il mio cuore esplose. Credetti di svenire per quanto mi sentii male nel vederla lì, con medicinali sparpagliati ovunque, con quelle... cinghie per tenerla ferma a letto, con i miei sorrisi falsi e le mie bugie.

Di nuovo... era davvero reale quello che stavo vedendo? Non era il mio cervello corrotto? Era davvero la merdosa e folle realtà delle cose?

«Preside Faragonda! La trovo... davvero bene!»

«Bloom! Ragazza mia! Oh, sono così felice di vederti! Vieni cara, abbracciami!»

Rimasi interdetta da quella richiesta: solitamente non ci piace essere toccati ma, in condizioni particolarmente emotive, certe cose si fanno e basta.

Al diavolo, avevo un bisogno viscerale di sentire il suo contatto fisico: la strinsi forte, e lei strinse forte me. Quello era giusto. Quello era dannatamente e profondamente giusto, era quello il mio posto, era quella la normalità. Quello era reale.

«Oh... ragazza mia, quanto mi sei mancata... come va ad Alfea? Griselda fa un buon lavoro? E le Winx come stanno?»

Pochi attimi di autenticità in cambio di una serie infinita di falsità. La vita, a volte, fa davvero schifo.

«Sì, Griselda fa un ottimo lavoro. Sa com'è, ha imparato dalla migliore».

Faragonda sorrise come una bambina a cui si fanno i complimenti per il vestitino nuovo, poi continuai: «Le allieve rigano dritto e le lezioni procedono, mentre le ragazze...» dissi cercando disperatamente di sciogliere il groppone che mi bloccava la gola, «...le Winx stanno bene, le mandano i loro saluti».

«Oh bene! Benissimo!»

Voleva continuare il discorso ma, improvvisamente, si bloccò di colpo e iniziò a fissare il muro senza apparente motivo: sicuramente le voci avevano ricominciato a parlare nella sua testa.

«Ok, Bloom, credo che per oggi basta così. Le somministro la terapia e poi parliamo».

Annuii piano, mentre Faragonda distendeva distrattamente il braccio in modo mansueto; la mia cara preside aveva l'aria così vuota da sembrare un bambolotto inanimato, così tanta desolazione intorno alla sua figura. Una volta finito, io e la Griffin ci avviammo di nuovo verso il suo ufficio e le chiesi chiarimenti su ciò che mi frullava in mente da un po' di tempo.

«È possibile che io possa corrompere chi ho intorno?»

La strega ci pensò su qualche minuto, poi scosse la testa.

«No, impossibile ragazza mia. La corruzione non si può diffondere come un raffreddore, ecco. Voi Orphan non emettete 'onde', insomma, mica siete radioattivi. Potete corrompere qualcuno solo come possono fare gli altri e anzi, per voi è anche più difficile. Siete un miscuglio di luce ed oscurità, quindi, per esempio, se tu volessi corrompere una fata, ci metteresti molto più tempo del normale perché la tua parte oscura di strega è solo metà. Il tuo potere dovrebbe essere compromesso quasi del tutto per trasformare in Orphan qualcuno correttamente».

Fu come se un macigno si disintegrasse nel mio stomaco: mi sentii leggera e, in qualche modo, pura. Ringraziai profondamente la Griffin e tornai ad Alfea per annunciare a Daphne e Stella la grande notizia, ma quando arrivai le trovai in cortile che litigavano furiosamente.

«Ma sei fuori di testa? Come puoi dire una cosa del genere?!»

Poche volte avevo sentito urlare mia sorella in quel modo.

«È difficile dirlo anche per me, cosa credi! Sono la sua migliore amica!»

«E io sono sua sorella! Quella che si è fatta ammazzare due volte, ricordi? Io ti proibisco anche solo di accennare una cosa del genere! Appunto perché sei la sua migliore amica, come puoi?»

Il sollievo tanto desiderato tornò a essere la solita ansia opprimente. Decisi di mettermi in mezzo e capirci qualcosa.

«Ehi, vi si sente da Torrenuvola! Mi spiegate cosa vi prende?»

Provarono a parlare entrambe nello stesso momento, urlando e sbiascicando parole, ma non capii niente e le fermai.

«Ehi, basta! Prima Daphne, avanti!»

La fata della luce le mollò uno sguardo fulminante, mia sorella iniziò a parlare agitatissima.

«Stella ha fatto supposizioni molto poco opportune circa il motivo per il quale la gente diventa Orphan senza motivo, così le ho intimato di tacere perché è chiaro che dice stronzate!»

«Daphne! Per il Sacro Drago, contieniti!» dissi indignata. Da che pulpito vien la predica, poi. «Stella, ora tocca a te. Cosa hai pensato?»

«Beh, io...» sussurrò abbassando gli occhi.

La voce divenne rauca, come se si vergognasse di quello che stava per dire, poi prese coraggio e respirò a fondo.

«Io penso che la causa sia tu. Sei l'Orphan più potente di questo Universo, hai poteri tali da far impallidire le Tre Antenate. Secondo me sei tu la causa, anche senza volerlo».

Sospirai sollevata, la situazione era facile da risolvere dopo quello che avevo appreso. Spiegai loro tutto quello che mi aveva detto la Griffin, ma ottenni reazioni discordanti: mentre Daphne era al settimo cielo per la gioia, Stella sembrò rabbuiarsi più di prima.

«E se... e se si sbagliasse?»

«La Griffin che sbaglia qualcosa? Prima l'Inferno dovrà congelarsi!» dissi cercando di scherzare, ma la fata non si mosse di un millimetro, così continuai: «Stella, sei la mia migliore amica, perché ti ostini a dubitare di me se non ce n'è motivo?»

Non mi rispose, girò i tacchi e se ne tornò in camera sua, con chissà quali pensieri in testa. Daphne mi baciò sulla fronte e continuò a sorridere, felicissima.

«È una cosa in meno di cui preoccuparsi, tesoro».

Sorrisi di rimando, ma la mia felicità era incompleta senza Stella. La persona a cui dovevo praticamente tutta la mia vita nell'Universo magico mi riteneva una malattia contagiosa, la causa della morte di persone innocenti e delle nostre amiche. Non riusciva più a vedermi per quel che ero. Stavo male... malissimo.

Il giorno dopo pensai che sarebbe andata meglio, invece finì tutto a puttane. Come dicevo, da che pulpito vien la predica sul linguaggio. Stella non ci parlò per tutta la giornata, fin quando non si presentò a noi con le valigie in mano, pronta a partire per Solaria.

«Bloom, io ti voglio bene, ma non abbiamo prove che non sia tu la colpevole. Musa, Aisha, Flora... loro...»

Sentii Daphne accanto a me che tremò di rabbia: la principessa ereditaria di Domino, sempre pacata e riflessiva, stava per eruttare come un vulcano. Non era davvero da lei.

«Te lo dico io qual è il problema: tu hai paura!»

La fata della luce strinse la valigia con forza, sembrava sul punto di svenire.

«Certo che ho paura! Le nostre compagne sono morte!»

«E per la tua codardia sei disposta a girare le spalle alla tua migliore amica?»

«S-sì. Sì, ok? Ho paura di Bloom! Ho paura di impazzire!»

Stella iniziò a piangere per il nervosismo, completamente consumata da quella situazione. Mi fece uno strano effetto: da una parte mi fece male, male come raramente mi è capitato di stare, ma dall'altra la capivo.

Mi stava tradendo, ci stava tradendo, ma non riuscii a fargliene una colpa fino in fondo. Mia sorella, invece... per il Sacro Drago, come si può far incattivire un animo gentile come il suo?

«Sei senza spina dorsale» replicò a denti stretti Daphne, accecata ormai da un furore che non le apparteneva minimamente. Stella fece per andarsene, poi continuò a parlare.

«Comunque sia, ne ho parlato con Sky ieri sera. Sta venendo qui».

Sgranai completamente gli occhi, non potevo credere alle mie orecchie.

«Tu... cosa? Adesso mio marito pensa che io sia una portatrice di morte ambulante?»

Il mio nervosismo si fece tale da farmi sentire di nuovo le voci: quello non doveva farlo, non doveva proprio farlo.

«Era la cosa giusta! Lui saprà cosa fare, non possiamo sapere quali effetti hai sulle persone!»

Strinsi gli occhi e abbassai la testa per tenere a bada la rabbia, mia sorella, invece, non ci riuscì: caricò una sfera di fuoco con la velocità di un battito di ciglia e gliela schiantò addosso, facendola ruzzolare per qualche metro e bruciacchiandole il vestito.

Volevo urlare di non farlo, di calmarsi, ma... la mia parte oscura godeva tantissimo nel vedere quella scena. Mi stava voltando le spalle e mi aveva messo contro l'amore della mia vita, non potevo passarci sopra come se nulla fosse. Quel benessere si fece largo nel mio corpo come sangue marcio: lasciai correre.

“Se... se intervengo potrei non controllarmi” cercai invano di giustificarmi.

Stella perse completamente il controllo e si trasformò; il suo potere Sirenix non era assolutamente all'altezza della Fiamma del Drago di Daphne, ma tanto era il terrore nel suo cuore che la attaccò furiosamente comunque.

Mia sorella si trasformò a sua volta e iniziarono a combattere. La fata della luce iniziò a lanciare sfere di energia senza mirare precisamente l'avversaria, come a volerla tenere lontana da lei a qualunque costo, mentre Daphne si destreggiò alla perfezione tra di esse per poterla raggiungere, con una certa strafottenza, devo ammettere.

Invece di schiantarsi a terra, le bolle rimasero ferme in aria, gelatinose, come se fossero fatte di luce liquida: al minimo tocco delle ali di mia sorella, quei globi luminosi esplosero vigorosamente, creando molte deflagrazioni a catena che investirono Daphne, facendomi pensare al peggio.

Dopo che l'alone accecante si fu diradato, intravidi il drago di fuoco che avvolgeva il suo corpo e che aveva assorbito l'intero attacco, lasciandola indenne.

Alla vista dell'avversaria sana e salva, Stella diede fondo alle sue energie e sfoderò il suo attacco più potente: manipolò la luce e creò una decina di spade possenti che si misero a fluttuare intorno a lei, perfino in entrambe le sue mani ne impugnava una.

Non aveva mai usato quella tecnica, era la prima volta che gliela vedevo fare. Qualche anno dopo l'acquisizione del Bloomix, Stella scoprì di possedere parte dell'antico retaggio dei Cavalieri Arcani. Questo leggendario gruppo di guerrieri era natio di Solaria: sfruttavano la magia della luce per impiegarla nel combattimento all'arma bianca. I requisiti per farne parte erano davvero molto rigidi, difatti l'ordine è estinto da secoli.

Stella è una fata pura con un potere magico pienamente sviluppato: non poteva ereditare il titolo di Cavaliere, ma si impegnò a fondo per padroneggiarne le tecniche base. Ci teneva davvero tanto, così tanto che non si azzardò mai ad utilizzarle fin quando non ne avesse un controllo perfetto. Usare quello stile in quel momento... era davvero disperata.

Senza lasciare il tempo a Daphne di elaborare un piano, si scagliò su di lei a lame spiegate: con una destrezza incredibile, la mia cara amica menava fendenti con entrambe le mani, oltre a controllare le spade che le fluttuavano intorno.

Con mia immensa sorpresa, tutto diventò improvvisamente un gioco di luce in movimento, una danza mortale dove l'oro delle armi di Stella si fondeva con il cremisi delle fiamme di Daphne.

Mia sorella si muoveva convulsamente in ogni direzione, schivando quel che poteva e parando i colpi con il corpo del drago che le scivolava addosso come un serpente; se la conoscevo bene, stava aspettando che la fata della luce si stancasse quel tanto che bastava per poter ribaltare la situazione.

D'altronde, era l'unica cosa che poteva fare visto che, alla minima distrazione, le spade potevano farla letteralmente pezzi, ma era anche vero che Stella non poteva menare fendenti perfetti per sempre.

Diventò una battaglia di logoramento in piena regola. Daphne rischiava davvero di soccombere: Stella si rilevò essere senza dubbio la Winx più forte dopo la sottoscritta. Onestamente, non mi sarei mai aspettata un simile potere.

Come c'era da aspettarselo, dopo alcuni minuti il ritmo della mia amica diminuì, ormai esausta, e mia sorella se ne approfittò. Temporeggiare e temere la terrificante potenza d'attacco di Stella non era segno di paura, ma di saggezza: l'unico modo per spuntarla era minare le sue capacità di base, come abbattere un edificio dalle fondamenta.

Il famiglio draconico riuscì a bloccare tra le sue fauci la lama impugnata nella mano destra della fata, strappandola dalla presa e lanciandola lontano; con un possente colpo di coda la allontanò da Daphne, la quale poté finalmente avere una visuale tattica della situazione.

Con una lingua di fuoco veloce come una saetta, colpì l'ala sinistra dell'avversaria facendola incendiare: Stella urlò di dolore e perse la concentrazione, facendo svanire le spade luminose. Liberata ormai dall'assedio delle armi d'oro e costringendo la fata della luce ad abbassarsi di quota, colpì con una sfera di fuoco anche l'altra ala, facendola precipitare a terra da molti metri.

Al momento dell'impatto, la sua trasformazione Sirenix si sciolse. Ansimante e dolorante, anche con qualche costola rotta, fece per rialzarsi, ma Daphne piombò su di lei, forse per infierire. Tuttavia, non le diedi il tempo: tornata in me la parte buona e coerente di me stessa, mi misi tra loro e intimai a mia sorella di smetterla subito, dicendole che non era il caso di continuare.

Lei si fece da parte irritata, furibonda, come non lo era mai stata. Eravamo stanche e al limite: ecco come la paura può cambiare la nostra natura.

«Stella... soffro terribilmente per quello che hai fatto ma, se non riesci proprio a far prevalere l'amore per me alla paura e all'incertezza, beh... allora vattene. Torna su Solaria e guarda l'Universo sgretolarsi sotto il tuo naso. Questa è l'ultima volta che ti chiamerò 'amica'. Vai. Grazie a te, ora devo aspettare mio marito che sta venendo qui a controllare se sua moglie è un pericolo mortale da abbattere».

Così, tra un insulto e l'altro, Stella partì per il suo pianeta, ma non fu l'unica: infatti, anche Daphne decise di tornare su Domino. Disse che ad Alfea non c'era più niente per noi e che, se volevano combinare qualcosa, l'idea migliore era quella di tornare a casa e continuare le ricerche lì. La salutai dicendole che l'avrei raggiunta non appena avessi chiarito la situazione con Sky, così rimasi sola nella scuola deserta.

Ero davvero in ansia, ma ero convinta che con mio marito le cose sarebbero andate diversamente: lui mi avrebbe capito. Ne ero certa, ne ero assolutamente sicura.

Dopo alcune ore arrivò... con l'intera flotta da combattimento di Eraklyon al seguito.

 

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Capitolo 8
*** Sonata all'Ombra del Cielo ***


CAPITOLO 8: SONATA ALL'OMBRA DEL CIELO

 

 

Una goccia di sudore nervoso mi rigò la fronte, cadendo pesantemente sulla mia spalla. Fece un rumore così assordante che ebbi l'impressione di aver svegliato tutta Magix. Restai congelata nella mia posizione, a testa alta e con gli occhi al cielo, mentre la flotta di Eraklyon si avvicinava minacciosa ad una Alfea ormai deserta.

Iniziai a pregare disperatamente gli dei: chiedevo a gran voce che mio marito non fosse venuto fin lì per uccidermi, che non si fosse lasciato suggestionare dalle parole velenose di Stella.

Il mio cuore, però, sapeva benissimo cosa stava per accadere. Le navicelle rimasero ad alta quota fermandosi a pochi chilometri dalla scuola, mentre la nave madre atterrò nel cortile rovinando quel poco di bello che era rimasto nel giardino.

Il frastuono ovattato del motore e il vento impetuoso si fermarono: dalla vettura scese il re di Eraklyon, mio marito, l'amore della mia vita... armato.

"Ha portato con sé la Spaccacielo... per gli dei..."

La sopracitata, è una spada magica forgiata dal Maestro dell'Acciaio Lucente in persona: la lama, del colore del cielo notturno, conferisce al suo possessore l'immunità agli effetti debilitanti degli attacchi magici e, in più, donava velocità e forza superiori alle normali prestazioni umane.

Solitamente, la maggior parte dei guerrieri usano armi dalle lame olografiche, ma solo chi vuole davvero eccellere nel combattimento all'arma bianca passa a quelle fisiche, molto più forti delle controparti e potenziabili dalle rune magiche.

Quella euQuellaQra l'arma definitiva di un cacciatore di creature magiche, una delle pochissime cose in grado di farmi del male. Ne avevo paura, oh quanto ne avevo paura. E lui... lui mi spaventava a morte.

"La Spaccacielo... Hagen..."

Per un motivo a me sconosciuto, il nome di Hagen si fissò prepotentemente nella mia mente, come se fosse la soluzione ad ogni problema, come un'epifania.

"Hagen..."

Una folta barba incolta copriva il viso del mio amato, ma non nascose la sua espressione, né i suoi occhi angosciati e il suo pallore. Era esausto... esausto di me. Chissà quanto stava soffrendo, povero amore mio.

In tutti questi anni Sky non ha fatto altro che supportarmi, continuando a sorridermi anche quando, in preda a ricadute temporanee, lo insultavo e lo trattavo male, malissimo. Spesso mi svegliavo la mattina accanto a lui senza ricordare nulla della sera prima, quando riversavo la mia maledizione sulle sue spalle.

Ma lui sorrideva, sorrideva sempre. Si ripeteva in continuazione 'non è la mia Bloom che sta parlando', e sorrideva, sorrideva... soffriva in modo terribile, e la causa ero io, solo io.

Un giorno, logorata dai sensi di colpa, gli chiesi di lasciarmi. Gli chiesi perché stesse ancora con me.

«Perché ti amo. In salute e in malattia, ricordi?»

Oh, certo che ricordavo, ma non a quei livelli. Non in quel modo. Non sarebbe mai finita...

Si avvicinò guardingo e cauto, come se io fossi un animale feroce che poteva aggredirlo in ogni momento. Avevo la risposta, avevo la soluzione, dovevo solo farmi ascoltare.

«Sky, amore mio, fermati. Stella era in preda al terrore, ma quel che ha detto non è vero! Non sono io che infetto le persone, me lo ha detto la Griffin in persona».

Mio marito si fermò, indeciso se fidarsi o meno.

«Bloom... io ti amo, lo sai. Per tanti anni, io... no. Niente più bugie. Tu sei qualcosa di anomalo che non dovrebbe nemmeno esistere, eppure ti ho amata. Mi hai ferito senza pietà per molto tempo, eppure ho continuato a starti vicino. Ho sopportato continuamente le conseguenze delle decisioni che tu, e solo tu hai preso, in nome di tutti. Ma ora... ora non puoi chiedermi di ignorare quello che sta succedendo. Ho parlato anche io con la Griffin: per quanto lei sia sicura che la causa scatenante non sia tu, per quanto sia improbabile, io...»

Agitò nervosamente la spada color zaffiro e si mise una mano sul volto, ormai stanco di tutta quella situazione, stanco di tutto. Sky era un uomo distrutto, e l'avevo demolito con le mie mani. Strinsi gli occhi: qualche lacrima ribelle mi rigò il viso.

«...non possiamo esserne certi, amore mio. Tu... tu lo sai che Helia non mangia più per la disperazione e si sta lasciando andare? Lo sai che Timmy si è ammalato per star vicino a Tecna? E Riven è morto…» disse iniziando a camminare avanti e indietro, sempre più vicino all'orlo del baratro oscuro che stava per inghiottirlo. «Brandon ha iniziato a dare la caccia alle streghe, è convinto che la colpa sia loro! Ha ucciso una ragazzina innocente!»

Alzò la testa verso l'alto, singhiozzando rumorosamente. Non lo avevo mai visto piangere in uno stato così miserabile. In quel momento, il dolore della corruzione mi sembrò niente rispetto a quello: non riuscivo nemmeno a dire una parola.

«I miei amici stanno morendo avvelenati da qualcosa che non sappiamo come fermare, e io sono disperato! Musa, Aisha e Flora erano anche mie amiche, e ora non ci sono più, e… e ci sei tu, tu che... che... che sei una Orphan! Sei corruzione allo stato puro, io non posso lasciarti andare!» urlò con voce rotta, la mano così tremante da far cadere la spada a terra.

Non ebbi il coraggio di guardarlo in faccia, era vero quello che diceva. Sono un ammasso di corruzione straordinaria, non avevamo certezze di nessun tipo. Forse dovevo arrendermi, farmi prendere in custodia da lui, e… mi avrebbe rinchiusa? Torturata? Uccisa?

Francamente, non mi interessava. L’Universo stava andando in malora, e chi avevo intorno era morto o stava sulla buona strada. Se farmi del male come ne ho fatto io poteva farlo stare meglio, beh, glielo avrei lasciato fare. Per una volta, avrei fatto io qualcosa per lui.

Stavo per consegnarmi quando, all'improvviso, ebbi la stessa sensazione che provai mentre stavo andando alla clinica della Griffin: un senso di... smarrimento, irrealtà. Stava succedendo davvero?

Mi guardai intorno, spaesata: era diventato tutto ovattato e rallentato, mi sentivo come nel dormiveglia. Pensai fosse il dolore della corruzione che mi stava facendo strani effetti, ma il pensiero di poco prima mi balenò in mente saldo e irremovibile come una montagna.

"Devo... devo raggiungere Hoggar. Perché? Hagen... io... perché devo andare da lui?"

Lo sentivo nel sangue e nelle ossa, dovevo andare dal Maestro dell'Acciaio Lucente. Era come una forza indissolubile, un obbligo che non ammetteva repliche, ma Sky non mi avrebbe mai lasciata andare.

«Sky, sono tua moglie... io capisco quello che provi, ma... devi lasciarmi andare...»

Il mio smarrimento mentale diventò più forte, era come se dovessi svenire da un momento all’altro.

«No… non posso. Rischiamo troppo».

Mio marito alzò la mano e le navi ricominciarono a muoversi, presero la mira e spararono quelli che sembravano impulsi elettromagnetici: non erano proiettili, ma nel momento del contatto mi sentii come paralizzata, non potevo muovermi.

«Li ha creati Timmy prima di ammalarsi. Bloccano il potere magico di fate e streghe, rendendovi inermi. Adesso verrai con me».

Provai ad agitarmi in ogni modo, ma ero ancorata a terra a peso morto.

«S-Sky, pensa ai miei genitori! Stai dichiarando guerra a Domino!»

Si avvicinò ciondolante, come uno che a fatica si reggeva in piedi, la sua voce era glaciale.

«I tuoi hanno acconsentito. Sto facendo tutto questo di comune accordo con i sovrani di Domino. L'unica che si è opposta è stata Daphne ma, essendo la principessa ereditiera e non la regnante, la sua opposizione è stata inutile».

Sentii qualcosa dentro di me spezzarsi: tradita dai miei genitori, rinnegata da tutti. Ero diventata il mostro da abbattere. Volevo scoppiare a piangere, morire lì e subito, ma l'indistruttibile pensiero di dover raggiungere Hagen non mi permise di arrendermi.

Una volta giunta lì, sarebbe tutto finito? Non lo sapevo. Non sapevo un accidente di quello che stava accadendo, ma se proprio volevano dar la caccia a un mostro, li avrei accontentati tutti. Ormai non avevo più niente da perdere.

Aspettai che Sky fosse più vicino e gli dissi a bassa voce: «Quando avrò finito quel che devo fare, se sarà stato tutto inutile, ti permetterò di uccidermi e liberarti del peso che ti porti dentro. Ricordati che ti amo».

Mi guardò con aria interrogativa, poi mi attivai. Mentre ero a terra, sentivo che la paralisi si stava affievolendo sempre di più, troppo velocemente anche per i calcoli sicuramente perfetti di Timmy, così sprigionai un'onda sonora ad alta frequenza e spinsi via il mio amato, allarmando tutti. In risposta a ciò, tutta la flotta passò in assetto da combattimento.

Mi trasformai di prepotenza e spiccai il volo, ma Sky riuscì ad afferrarmi con una mano e mi spinse a terra, con la spada sguainata pronta a trafiggermi. I cannoni a impulso ricominciarono a sparare ma, così trasformata, il loro effetto era molto meno debilitante; mi misi in guardia e mio marito mi attaccò con furia, provando un affondo.

Molto più lenta del normale, riuscii comunque a schivarlo, ma lui fece leva sulle gambe e provò un fendente laterale che bloccai con il Morphix. Sky è un guerriero estremamente abile, mai da sottovalutare in nessun caso, nemmeno se l'avversario era sua moglie.

Prese un dispositivo dalla tasca e lo attivò. Lo riconobbi: era uno scudo anti-magia a goccia molto potente, ideale per coprirsi quasi interamente dagli attacchi magici.

Spostò la guardia sulla difensiva: scudo avanti con la mano sinistra e spada levata in alto con quella destra, praticamente una fortezza vivente.

Fin quando le navi avrebbero continuato a emettere quel segnale e a mantenermi rallentata non avrebbero attaccato con l'arsenale pesante, rendendomi libera di sbarazzarmi prima di Sky e poi di fuggire via. Magari, potevo rubare una delle navi e andare su Hoggar. Sì, poteva funzionare.

Provai a lanciare una palla di fuoco ma, come era prevedibile, si infranse sullo scudo senza lasciare traccia. L'unico modo per sconfiggerlo era usare lo stesso campo di battaglia su di lui: mi misi nella posizione del loto a mezz'aria e chiusi gli occhi, cadendo in profonda concentrazione.

Evocai colonne di fuoco dal terreno che lo costrinsero a muoversi dove volevo io, non poteva certo proteggersi se gli attacchi magici provenivano da sotto i suoi piedi.

Con le mani di golem non potevo attaccarlo direttamente, così distrussi alcune strutture di Alfea e ne usai i detriti per colpirlo.

Effettivamente, la strategia stava funzionando: ingaggiato da più fronti, Sky non poteva far altro che schivare e difendersi, mentre io infierivo senza sosta. Chiamai a me un tipo di pianta molto particolare: la Fenditerra. È un rampicante che si estende nel sottosuolo con forza, estremamente robusta: la feci spuntare dal terreno e ricoprii il mio corpo con essa, come un vestito.

"Avanti, abbocca alla trappola..."

Smisi di attaccarlo facendo finta di essere stata paralizzata nuovamente dai cannoni: non avrebbe mai potuto dire con certezza se io stessi bluffando o no.

Sky era ansimante e stanchissimo, aveva resistito lì dove qualsiasi essere umano sarebbe caduto; notando la mia immobilità e preso dalla frenesia del combattimento, iniziò a correre verso di me con così tanta forza che sembrava volasse, gettò via lo scudo e impugnò la spada a due mani, pronto a darmi il fendente mortale.

Tuttavia, nel momento in cui calò la lama, con sforzo disumano mi mossi più in fretta di lui e feci una capriola a mezz'aria in avanti, gli afferrai le mani e feci scivolare un rampicante dal mio braccio, legandogliele in una morsa d'acciaio.

Arrivai dietro di lui, gli diedi un calcio dietro la schiena e lo feci schiantare a terra; gli piombai addosso in un attimo, poi feci scivolare tutti i fusti che avevo e glieli passai su tutto il suo corpo, ordinando poi ai vegetali di scavare in profondità nella terra ancorando letteralmente Sky al suolo, incapace di muoversi in nessun modo.

«No! Torna qui, Bloom!»

Non persi tempo e non ascoltai una parola di quello che disse. Portai il braccio in alto e aprii il palmo della mia mano: creai una massa enorme di fuoco azzurro, poi lo modellai in modo tale da farlo vorticare.

Lo lanciai verso il centro della flotta e, mentre era in volo, feci aprire le sue spire creando una girandola di fiamme, riuscendo ad abbattere e far esplodere molte navi della formazione.

Approfittando del caos, accumulai energia elettrica e sonora insieme e sbattei le mani: un'onda d'urto elettrificata attraversò le vetture rimaste, mandando fuori uso le armi e il sistema di navigazione e impedendo di sparare a raffica quel tanto che bastava per fuggire via.

Salii sulla nave madre ed emisi una luce accecante che abbagliò l'equipaggio: li buttai fuori letteralmente a calci e, anche se non sono proprio una gran pilota, in qualche modo spinsi al massimo i motori e scappai. Quelli a terra non provarono nemmeno a inseguirmi tanto ero lontana.

Impostai la rotta per Hoggar e mi accasciai su un sedile, esausta, al limite della sanità fisica e mentale. D'altronde, cosa mi rimaneva ancora? Non avevo più niente. La situazione era talmente degenerata che avevo implicitamente dichiarato guerra a due pianeti, per seguire cosa, poi? Una sensazione? Un pensiero? Mi erano rimasti solo quelli a cui affidarmi...

Passarono due ore e, più mi avvicinavo ad Hoggar, più la mia sensazione di smarrimento e percezione alterata della realtà aumentarono, sempre di più, come se dovessi svenire da un momento all'altro. Come se tutto fosse... irreale? Un'illusione?

Atterrai nel modo più schifoso possibile vicino alla scuola per forgiatori di cui Hagen è il preside, fregandomene di tutti e tutto. Feci irruzione nella struttura e vagai a vuoto per molti minuti, fin quando non trovai la presidenza; ormai mi reggevo a malapena in piedi, la testa vorticava, sentivo il mio corpo farsi sempre più pesante, sempre più non mio.

Aprii la porta di schianto e trovai il Maestro dell'Acciaio Lucente in piedi, davanti la sua scrivania, come se mi stesse aspettando. Sentii come se il mio cervello si disattivasse di colpo, e poi...

Infine, finalmente, mi svegliai dal mio lungo incubo.

 

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Capitolo 9
*** La Sinfonia del Destino ***


CAPITOLO 9: LA SINFONIA DEL DESTINO

 

 

Fu come risvegliarsi da un brutto trauma: la testa bruciava terribilmente, sentivo la bocca come incollata e tutto il mio corpo era dolorante e rigido, in particolare avevo una fitta terribile al petto.

La mia vista era fioca: non riconoscevo alcuna forma o colore intorno a me. Iniziai ad avere paura, un terrore micidiale dell'ignoto. Non sapevo dove mi trovavo, cosa era successo, niente di niente. Poi, all'improvviso, sentii una voce a me molto familiare e subito tirai un sospiro di sollievo.

«Per il Sacro Drago! Ci sei riuscita davvero! Accidenti, Faragonda corri qui!»

La preside con Hagen? Che diavolo ci faceva su Hoggar quando era ricoverata dalla Griffin? Ero troppo stanca e dolorante per farmi domande, non ci stavo capendo più niente.

«Bloom! Ragazza mia, ce l'hai fatta! Grazie al cielo!» disse con voce commossa. Sentii l'anziana donna singhiozzare piano. «Io ero profondamente contraria a tutto questo, non ti avrei mai dato il permesso di fare una cosa del genere!»

«Faragonda! Lo sai che non ricorda niente, non il travolgere!» disse severo il Maestro dell'Acciaio Lucente. Il suo tono era grave e lieto allo stesso tempo.

Di cosa stavano parlando? Avevo una smania terribile di sapere cosa diavolo stesse succedendo, anche perché ciò non faceva altro che farmi innervosire. Provai ad alzarmi, ma la fitta al petto si fece incandescente e urlai di dolore.

«Ehi, ferma, ragazza! Hai subito un forte trauma, sai?»

Le voci di entrambi erano davvero strane: un misto di gioia, sollievo e tristezza che non sapevo davvero come interpretare. Non seppi dire perché, ma sentii l’ansia montare prepotentemente.

«A-acqua...»

Mi portarono subito da bere e cercai di mettere bene a fuoco: ero in una casa, su quello non c'erano dubbi. Mi trovavo su un letto ampio e comodo; intorno a me c'erano molti mobili in legno che davano al tutto un'aria molto rustica.

Dovevo assolutamente svegliarmi dal mio torpore, così iniziai a muovermi lentamente tra le coperte per riattivare il mio corpo. Mi portarono da mangiare e dei farmaci per il dolore, tanto era il bruciore che avvertivo nei miei tessuti; dopo poche ore di riposo mi sentii abbastanza in forze per farmi spiegare la situazione assurda in cui mi trovavo.

«Voi... non dovreste essere qui, sono... sono ricercata, sapete».

Hagen scoppiò a ridere e Faragonda fece lo stesso, mi sentivo presa in giro da due bambini.

«Abbiamo visto! Gran bella prova, degna di un'Erede del Drago! E poi, dove dovremmo andare? Questa è casa mia!»

Chiusi un attimo gli occhi in preda alle vertigini, poi ricominciai a prestare attenzione.

«Mi spiegate che diavolo succede, allora? Faragonda, tu dovresti essere a Magix dalla Griffin».

La mia cara preside mi strinse la mano: quel contatto fisico mi diede un sollievo e un benessere che credevo non fosse più possibile.

«Lo so, Bloom... è una storia parecchio lunga, se vuoi riposarti ancora...»

Scossi forte la testa: volevo sapere, ne avevo bisogno, o sarei impazzita. Hagar si ritirò in cucina per preparare una tisana, lasciando a Faragonda il compito di iniziare a raccontare quella follia.

«Ragazza mia, non so davvero da dove cominciare. Dunque, partendo dall'ovvio: ciò che hai vissuto fino a oggi non era reale. Era tutto un... 'sogno', per il momento chiamiamolo così».

Non potevo credere alle mie orecchie.

«V-vuol dire che... le Winx, Musa, Riven... loro... loro non sono morti? Davvero

Scoppiai a piangere senza nemmeno accorgermene: un pianto represso, carico di dolore e tensione. Erano vivi. Erano tutti vivi. Faragonda mi sorrise dolcemente, poi continuò a parlare.

«Esatto. Io non sono una Orphan, le ragazze e i ragazzi stanno tutti bene».

Respirai profondamente tormentata dai dolori al petto e chiesi di andare avanti.

«È cominciato tutto quando hai iniziato a notare gli strani comportamenti delle persone e l'insolito aumento degli Orphan. Hai capito subito che qualcosa non andava e sei venuta da me. Anche stavolta, mi duole dirlo, senza interpellare le Winx o Daphne. Come al tuo solito, avevi deciso di tenerle fuori dalla questione finché non avessimo avuto prove concrete che c'era davvero qualcosa di cui preoccuparsi. Abbiamo coinvolto anche la Griffin nelle nostre ricerche, ma non abbiamo concluso niente».

«E così, siete venute da me» esordì Hagar portando le tisane per tutti. «Quando si tratta di stranezze, sono imbattibile!» disse ridendo. È sempre molto allegro quando c'è Faragonda nei paraggi.

«A parte gli scherzi, c'è un motivo ben concreto se avete pensato di rivolgervi a me: Bloom non c'entrava niente, le streghe e le fate tanto meno, se in giro c'era qualche super cattivo la ragazza lo avrebbe saputo subito. Pertanto, la cosa non aveva nessun senso. Gli esseri magici diventano Orphan senza motivo e, coloro che non possiedono poteri magici, perdono la testa. Qual è il filo conduttore? Cos'è che hanno in comune tutti quanti?»

Rimasi perplessa ma, per quanto mi spremessi le meningi, proprio non ci arrivavo.

«L'Universo, ragazza! La struttura stessa della vita che tiene in piedi tutto! Viviamo tutti sotto lo stesso cielo, dopotutto!»

«La Fiamma del Drago» sussurrai a bassa voce, come se fosse un segreto terribile da tenere al sicuro da orecchie indiscrete.

«E si dia al caso che io sia uno dei massimi esperti. Per poterla usare nella forgiatura delle armi ho dovuto studiarla a fondo, comprenderne i meccanismi e imparare a maneggiarla. Quando avete pensato a questa eventualità, siete venute da me in cerca di risposte».

«E le abbiamo trovate?»

«Sì, Bloom... le abbiamo trovate».

Faragonda si torturava le mani: stavamo arrivando al punto della questione e ciò la spaventava terribilmente.

«Sappiamo come la Fiamma del Drago sia la struttura stessa dell'Universo Magico, sappiamo che è il suo pilastro, ciò che lo sostiene. Ma cosa succede se questa struttura viene alterata? È questo che volevamo chiedere ad Hagen» disse Faragonda in modo appassionato, come se stesse tenendo una lezione. «Come sai, l'Universo è costituito da energie positive e negative, che è la sua neutralità a tenerci tutti in sano equilibrio: ogni fonte di magia bianca e nera, ogni fata, ogni strega, ogni essere magico, coesistono tutti in questa realtà in armonia, senza che una parte prevalga sull'altra».

«Cosa succede se l’equilibrio si rompe?»

«Nel momento in cui una delle due energie venga meno o diventi più potente dell'altra, l'Universo... si corrompe. Letteralmente. Inquinando la fonte della sorgente, inquini tutto il fiume...»

Stavo cominciando a capire, iniziai a provare brividi gelidi.

«Mi sta dicendo, quindi...»

Non riuscivo nemmeno a elaborare una frase sensata per quanto era assurdo quello che stavo pensando.

«Sta dicendo che è l'Universo stesso che sta corrompendo l'anima delle persone, ragazza» finì per me Hagar, poi continuò: «Alterando la struttura dell'Universo, si sconvolgono e si riscrivono le sue leggi. Noi siamo costruiti con le leggi 'vecchie', per così dire. Siamo fatti per vivere in equilibrio con le forze cosmiche, e ora questo equilibrio non c'è più. Inoltre, poiché la nostra anima è anch'essa struttura dell'Universo, beh... è un gran macello. Gli esseri non magici perdono la ragione a poco a poco, mentre gli esseri magici vanno incontro a corruzione. Bada bene, giovane Custode. Non viene corrotto il loro potere, viene corrotta la fonte del loro potere. Diventano Orphan perché cambia la natura stessa della loro anima... è come un veleno che agisce lentamente ma inesorabile, a cui non c'è antidoto».

«M-ma è impossibile! Cosa può essere tanto forte da ribaltare le leggi dell'Universo?»

«Qualcosa che hai già affrontato, ragazza mia... otto anni fa, per la precisione. Quando hai affrontato e ucciso le Trix, in quel momento cambiò qualcosa di essenziale, di vitale».

Sgranai letteralmente gli occhi. No… no, no, no. Non potevo essere io la causa, non di nuovo, per gli dei, non di nuovo.

«Eden fu il primo pianeta creato dal Drago, lo sai bene. Fu la sua dimora per molto tempo, e fu impregnato del suo potere fin nelle viscere. Non fu catalogato come pianeta sacro solo per questo motivo, sai. Eden è estremamente importante per il suo ruolo. È una fonte di energia positiva tra le più grandi che esistano, è fondamentale per mantenere l'equilibrio. Le streghe albergarono su di esso per quattro mesi, e per quattro mesi hanno accumulato energia negativa per corrompere la Fiamma del Drago di tua sorella. Inoltre, durante il vostro combattimento, si sono sprigionate ulteriori energie negative potentissime, appartenenti sia alle Trix, sia a… te».

«Accidenti, Faragonda, è unitile girarci intorno, addolcire la pillola non serve a niente. Bloom, te e le Trix avete inquinato Eden con la magia oscura. Parliamoci chiaro, in condizioni normali nessun essere magico sarebbe in grado di corrompere un intero pianeta, ma voi avevate poteri abnormi. Certo, quasi tutto il lavoro è stato delle streghe, ma anche tu hai contribuito. In tutti questi anni, Eden ha emesso sempre meno energia positiva e sempre più energia negativa: più la sua natura cambia, più gli effetti collaterali sulle persone aumenteranno. Quando il pianeta sarà completamente corrotto... ho paura che gli esseri viventi cesseranno di esistere».

Rimasi congelata sul posto: mi stavano dicendo che avevo contribuito a segnare la morte di miliardi e miliardi di vite, che l'amore per mia sorella e le mie azioni volevano in cambio... la vita. La vita di tutti. Mi misi le mani sul volto e un gran senso di nausea di pervase, ma Faragonda cercava comunque di rassicurarmi.

«Bloom, ascolta: se fosse andata diversamente, a quest'ora nemmeno ne staremmo parlando! Le Trix avrebbero sterminato tutti comunque, tu ci hai donato perlomeno una speranza!»

«È vero, giovane Erede. Non corrucciarti, ci hai dato più tempo!»

«Continuate... continuate a spiegarmi. Cosa è successo poi?»

«Volevi vedere con i tuoi occhi gli effetti che avrebbe portato questa nostra teoria. Volevi verificarla di persona, ma aspettare era rischioso: se le nostre ipotesi erano giuste, ogni momento era prezioso e non poteva essere sprecato».

Hagar si alzò e andò nell'altra stanza, tornò poi con il tomo sugli incantesimi unici degli Eredi della Fiamma del Drago, e me lo posò sulle gambe.

«Ho suggerito di usare un incantesimo che si trova qui dentro. Sai, su questo libro ci ho studiato, ricordo la maggior parte del suo contenuto. C'è un rituale che permette a un Custode di vedere il futuro più probabile, ed è quello che hai fatto tu».

«Quindi... ho visto il futuro?»

Hagar annuì.

«Il futuro più probabile. Se le cose non cambieranno, quello che hai visto è quello che accadrà con più probabilità, ma potrebbe anche non accadere. È una possibilità».

Rimasi a rimuginare per un po', persa nei miei pensieri. Faragonda continuò il discorso.

«Inoltre, c'è un altro fattore di cui tenere conto. Hai senz'altro notato come gli eventi siano degenerati così in fretta, vero? Esasperati fino all'inverosimile. A volte era come vivere un incubo».

Annuii stupita, la preside aveva centrato in pieno le mie sensazioni.

«Diciamo che era davvero una sorta di... incubo. Quello che hai vissuto non era reale, dopotutto. La tua psiche potrebbe aver alterato la qualità della tua visione, come nei sogni, appunto. Flora si sarebbe comunque tolta la vita, magari dopo qualche anno e in altre circostanze, ma lo avrebbe fatto. Capisci, Bloom? Sono incerte anche le modalità con cui gli eventi avranno luogo».

Accidenti, quanto era complicato... non mi stupisce che io abbia chiesto aiuto a due cervelli come i loro. Io, a malapena, stavo capendo cosa stava succedendo.

«Come ho fatto a vedere tutto questo?»

«Tu possiedi la Fiamma del Drago che sorregge ed è, allo stesso tempo, la struttura stessa dell'Universo. Hai la facoltà di ancorare la tua coscienza ad essa e usare la Fiamma per manipolare l'Universo a tuo piacimento, come per esempio trasferire la tua anima avanti nel tempo e aggrapparti alla futura te come un parassita, diciamo. Oppure come un'ospite, per essere più gentili. È un rituale molto pericoloso» disse Hagen cupo.

«Immagino c'entri questo dolore».

«Fu terribile, davvero. L'unico modo che avevi per staccare la tua anima e la tua Fiamma del Drago dal tuo corpo era quella di... di ucciderti. Abbiamo usato l'Embrium scarlatto per fermare il tuo cuore, permettendoti di svincolare l'anima dal corpo. Poi ti abbiamo rianimata e abbiamo curato il veleno. Mentre eri in coma, ho usato le mie capacità divinatorie per vedere quello che vedevi tu dall'altra parte» aggiunse Faragonda.

Non sapevo se essere meravigliata dalla figata cosmica della cosa o esserne terrorizzata a morte.

«Ma io non ricordo niente!»

«Quella è stata opera mia» mugugnò Hagen. «Prima di partire, ci hai chiesto di cancellarti la memoria per poter vivere l'esperienza nel modo più puro possibile, e per essere assolutamente sicuri che quello che sarebbe successo... sarebbe successo. Quando sei arrivata nella te stessa del futuro, ho manipolato la tua Fiamma e ho cancellato i tuoi ricordi, inserendo poi una sorta di 'via di fuga': nel momento in cui le cose si fossero messe male, la Fiamma ti avrebbe inculcato in testa il desiderio irremovibile di venire da me. Diciamo che mi sono auto impostato come segnale di stop al rituale. Non eravamo nemmeno sicuri che tu riuscissi a staccare la tua anima dal corpo!»

Rimasi a contemplare per un po' il libro. Calò un silenzio carico di tensione: sentivo, in qualche modo, che la cosa non sarebbe finita lì. Dovevo fare i conti con le mie azioni, dopotutto era stata anche colpa mia.

«Beh, mi pare ovvio che le nostre idee fossero giuste, alla fine. Un caos del genere non sarebbe mai scoppiato se Eden non fosse stato corrotto. Esattamente, quanto avanti sono andata nel tempo? E quanto sono stata in coma?»

«Dal momento in cui sei arrivata a quello in cui è finito tutto, direi circa... un anno da oggi. Sei stata in coma una settimana» disse Hagar, teso come una corda di violino. Voleva dirmi altro ma si fermò, come immaginavo.

«Un anno prima che quel che ho visto accada... d'accordo. Come lo fermiamo?»

Nessuno dei due parlò: piantarono gli occhi al pavimento e tacquero per qualche secondo, poi il Maestro dell'Acciaio Lucente posò una mano sulla spalla di Faragonda per darle forza.

«Ci abbiamo pensato molto, ragazza mia. Abbiamo vagliato ogni possibilità, ogni modo, davvero. Le cose possibili da poter fare sono solo due: la prima, è quella di aspettare e vedere se il futuro che ci attende è davvero quello che hai visto e, nel frattempo, cercare una soluzione che non sia... la seconda».

«Qual è la seconda possibilità?»

La preside fece un grosso respiro.

«Ti ricordi come hai purificato la Fiamma del Drago di Daphne? Allo stesso modo, potresti purificare Eden. Farlo, però, ha un costo: il tuo potere verrebbe completamente corrotto e tu diventeresti... un demone. Un demone tanto potente da poterci sterminare tutti».

Allentai la presa delle mani che torturavano il lenzuolo e, finalmente, fu chiara la scelta che dovevo prendere: dovevo morire o lasciar che gli altri morissero. Mi sentii come svuotata di ogni emozione: non c'erano più nemmeno lacrime da piangere, ero satura.

«È… chiaro. Dovrei purificare Eden, trovare chi è abbastanza potente da potermi uccidere e l'energia oscura sparirebbe con me. Risolverei la cosa alla fonte».

Hagen camminava avanti e indietro per la stanza come un leone in gabbia.

«Sì, ma non è così semplice. Ormai il processo di corruzione è iniziato. Anche se ristabiliamo l'equilibrio, il danno ormai è fatto! Quel che hai visto potrebbe accadere ugualmente! E se quel futuro accadesse nonostante tutto, l'unica che potrebbe far qualcosa sei tu, ma saresti morta. In entrambi i casi saremmo spacciati. Per non parlare poi del resto: nessuno nell'Universo è tanto potente da poterti uccidere, una volta che sarai un demone perderai completamente la ragione e sarà impossibile fermare la tua furia».

Mi accasciai sul letto e mi lasciai andare al pianto: non era disperato né violento, semplicemente le mie lacrime uscivano da sole senza troppi ostacoli. Faragonda si sedette vicino a me e cercò di consolarmi in ogni modo, mentre Hagen si trasferì nell'altra stanza, perso nei suoi pensieri.

 

 

Questo è quanto.

Devo decidere se avere fiducia nelle persone che amo, pregare che mi uccidano e che vada tutto bene dopo la mia dipartita, oppure condannarli a forse morte certa e cercare altre soluzioni che, molto probabilmente, non esistono.

E qui, torniamo all'inizio di ciò che ho scritto: ho preso la mia decisione basandomi unicamente sul mio egoismo, sulla mia egoista speranza che fili tutto liscio e che tutti siano sani e salvi. Ho scritto tutto questo per un solo motivo: resistete.

Questo è quello che potrebbe succedere, ma voi potete fare qualcosa: combattete questo veleno giorno dopo giorno, sforzatevi di amare e di non odiare più. Quando vi sentirete iracondi per motivi che non conoscete, quando vi accorgerete di star diventando degli Orphan, non disperatevi, non incolpate nessuno ma sforzatevi di combatterlo, di accettarvi nonostante tutto, perché non è colpa vostra né di nessun'altro.

E se, un giorno, coloro che amo dovessero fare quel che avete letto, o se qualcuno che amate dovesse farlo, non odiatelo, non giudicatelo, ma aiutatelo a fermarsi.

C'è un male che non può essere fermato, dobbiamo fronteggiarlo tutti insieme... fate sì che il mio sacrificio non sia stato vano. Io volevo vivere in pace, volevo avere una famiglia, e potrei comunque averle tutte queste cose, ma le incertezze sono troppe. E io... io non posso barattare un futuro troppo incerto con le vostre vite.

Si tratta di avere coraggio, a questo punto. Vi sto lasciando la mia eredità, una via di fuga: sappiate usarla.

Mamma, papà, Daphne, Sky, Winx, Specialisti, tutti... vi amo. Siete stati tutta la mia vita, non vi dimenticherò mai. Siate forti ma, soprattutto: siate folli. Perché quello che vi sto chiedendo di fare è davvero pura follia.

La mia mano si è fermata. Non trema più. La paura è fluita via, come un fiume sporco.

Volgo gli occhi al cielo e prego con tutta l'umanità di cui ancora dispongo: Drago della Vita che mi hai baciato la fronte alla mia nascita, chiunque sia in grado di ascoltare e accogliere la mia preghiera, vi prego, vi scongiuro. Fate sì che questo diario abbia una fine. Fate che qualcuno ne scriva le pagine finali.

Non mi rimane altro che una supplica sulle labbra.

 

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Capitolo 10
*** L'Ultimo Canto del Drago Oscuro ***


CAPITOLO 10: L'ULTIMO CANTO DEL DRAGO OSCURO

 

 

Le tue preghiere sono state esaudite, tesoro mio. Questo racconto dell'orrore avrà una fine, ed è solo grazie a te, gioia del mio cuore. Provo un misto di sollievo e immensa tristezza nello scrivere queste ultime pagine, ma te lo devo. Te lo dobbiamo tutti, coraggiosa Custode.

Sono Daphne, principessa di Domino ed Erede del Drago. Oggi sono qui per adempiere al mio dovere, ovvero rimettere tutti i tasselli al loro posto e completare il puzzle. Mia sorella, la mia dolce sorellina... ha fatto la sua scelta.

Spesso mi viene da pensare che la vera maledizione non fu quella del Sirenix che mi rese uno spirito errante, ma quella imposta su di noi, sul nostro legame di sangue. Io e Bloom non siamo mai riuscite a coesistere nello stesso mondo per il tempo che era giusto vivessimo.

Dopo quello che è successo, l'unico modo che avrò di rivederla sarà quando la mia ora arriverà di nuovo, per l'ennesima volta.

Col cuore infranto e l'anima lacerata devo donarvi la sua eredità: il nostro futuro è incerto ma, per il momento, salvo.

Fummo chiamati tutti da Faragonda ad Alfea: io, le Winx, Sky e gli Specialisti. Bloom non era presente e Riven, come previsto, non era ancora tornato a Magix.

La preside ci raccontò per filo e per segno tutto quello che era successo, ci fece leggere il diario... rimanemmo tutti agghiacciati. Vidi Musa che, per la prima volta, ebbe davvero paura di Riven nonostante tutto il trascorso tra loro; vidi Sky piangere saturo di disperazione; vidi le ragazze stringersi tra loro; vidi i ragazzi affranti.

E io, in mezzo a loro, che avevo capito tutto. Il re di Eraklyon iniziò a camminare avanti e indietro come un leone in gabbia coprendosi il viso con le mani, stanco, sull'orlo del precipizio che nessun essere umano dovrebbe mai avvicinare.

«Perché? Perché non ha detto niente? Perché quella dannata testona deve sempre prendere decisioni da sola? Faragonda, lo sai quanto è grave la situazione, perché?»

La preside tenne lo sguardo fisso sul giovane re, dimostrando una fermezza d'animo che non le vedevo da un po' di tempo, ormai.

«Per questo, Sky. Stavolta, voi non c'entrate niente. Stavolta è Bloom che deve affrontare le conseguenze delle sue azioni. Purtroppo, anche quelle delle streghe che avete combattuto per una vita. So benissimo che voi tutti barattereste la sua vita con l'incertezza, so che mettereste a repentaglio la vostra esistenza per lei. Quello che avete letto potrebbe non accadere, ma se accadesse? Bloom rivivrebbe lo stesso inferno e, probabilmente, non sopravvivrebbe comunque. Nessuno di noi ci riuscirebbe».

Tutti i presenti divennero grottesche figure digrignanti, odiarono ammettere che la preside aveva ragione.

«Sto dicendo che, se la decisione fosse spettata a voi, l'avreste condannata a vivere l'agonia più grande della sua vita, tanto da desiderarla, la morte. Voi avreste agito per egoismo, lei ha agito per egoismo, ma l'ironia della sorte vuole che il suo egoismo sia più giustificato del vostro».

Le parole di Faragonda pesavano come macigni. Desiderai terribilmente che anche quello che stavo vivendo io fosse un'illusione.

«Mi... mi vergogno così tanto per quello che le ho detto...» disse con voce rotta Aisha, tanto che fece per alzarsi e andarsene, ma la preside la fermò.

«Non puoi andare da Bloom, ragazza mia. Lei non è qui».

Ci girammo tutti verso l'anziana fata, la quale fece un profondo respiro e cercò di mantenersi il più rigida possibile; stava soffrendo come non l'avevo mai vista, ma le parole che stava per pronunciare avevano bisogno di essere dure e glaciali, o non ce l'avrebbe mai fatta.

«Ascoltatemi attentamente: io mi sono fatta complice di tutto questo perché so che è la decisione giusta da prendere. È il rischio più ponderato che possiamo correre, per quanto crudele sia. Ripetendo le parole di Bloom: siate forti e siate folli, perché ora vi dovrò illustrare la follia che dovrete compiere per salvare l'Universo».

Si girò, prese una scatola dorata dalla sua scrivania e la aprì: all'interno c'erano sette braccialetti e un amuleto con il simbolo di un drago scolpito su una delle sue facce. Tutti quegli oggetti avevano un'aria sinistra: al loro interno sentivo chiaramente la Fiamma del Drago dirompente di mia sorella ma, allo stesso tempo, sentivo oscurità.

«I braccialetti sono per le Winx e per Daphne, l'amuleto per la Spaccacielo di Sky. Prendeteli pure».

Facemmo come richiesto, poi la preside riprese a parlare: «Questi oggetti contengono una parte della Fiamma del Drago di Bloom. Per voi Winx significa riacquistare la forma Bloomix, per Daphne e la spada magica di Sky, significa acquisire un potere di molte volte maggiore a quello che già possiedono».

Stella teneva a distanza il suo braccialetto come se fosse velenoso, tremando come una foglia.

«Cosa dovremmo farci?»

La fata della luce sapeva benissimo la risposta ma, in cuor suo, non voleva accettarla.

«Bloom in questo momento si trova su Eden. Assorbirà la corruzione dal pianeta e diventerà un'Orphan completa: perderà il senno e avrà un potere spaventoso. Distruggerà tutto ciò che le capiterà a tiro. Questi oggetti vi serviranno per rendervi abbastanza potenti da... ucciderla».

Un boato di dissenso scoppiò nella stanza: tra lacrime di disperazione e di rabbia, ognuno ruggiva il proprio disgusto per una tale proposta indecente; io continuai a guardare fuori dalla finestra ignorando il casino, persa tra i miei pensieri.

Mi tornò in mente quando Bloom evadeva di notte dalla sua stanza e veniva nella mia per dormire con me: ogni volta era una sorpresa immensa. È cosa nota che gli Orphan non gradiscano il contatto fisico, ma a lei non importava, si appiccicava a me, e… per gli dei, mi manca l'aria al pensiero che non avrò più questi momenti con lei.

Però, in quel momento, capii quel che dovevo fare. Dovevo fare esattamente quello che stavo facendo: ricordarla con dolcezza. Le sue memorie sarebbero vissute in eterno e ci avrebbero scaldato il cuore quando sarebbe stato troppo gonfio da esplodere. Sì... era quello che dovevamo fare.

«Smettetela. Tutti quanti» urlai con voce glaciale.

Dovevano ascoltarmi. In quel momento avevano bisogno di una guida che fosse in grado di convincerli a commettere un peccato terribile. Quella guida non potevo che essere io, sangue del suo sangue, la Custode della Fiamma più potente da tempo immemore. Sono sicura che Bloom avesse pensato anche a questo.

«Ho salvato mia sorella due volte, e due volte sono morta per lei. E sì, adesso sono quella che vi sta dicendo che dobbiamo fare quel che bisogna fare. Bloom è già morta, come lo saremo tutti se non interveniamo. Vivrà per sempre nei nostri ricordi e nei nostri cuori, ma ora dobbiamo fare quello che la mia dolce sorellina ci ha implorato di fare. Io andrò su Eden e la ucciderò, che il Sacro Drago mi perdoni per questo. Bloom lo sa, noi lo sappiamo, le persone lo sapranno. È necessario. Trovate il coraggio dentro di voi o periremo! Il nostro... nemico non avrà nessuna pietà, non ci riconoscerà e non fermerà la sua mano. Bloom si è sacrificata per noi. Prima ve ne convincerete, meglio è».

Trattenni con tutte le mie forze le lacrime. Il mio volto duro e austero li fissò uno ad uno, senza cedere. Sembravo un comandante che stava preparando le truppe all'assalto suicida, tanto che ottenni l'effetto sperato.

«Ad andare saranno solo Daphne, le Winx e Sky. Specialisti, voi mi servite qui».

Timmy capì subito, come sempre.

«Se loro dovessero fallire, dobbiamo organizzare la resistenza ed evacuare più persone che possiamo, trovare un posto sicuro e trovare un modo per fermare Bloo-, no, il nemico... chiaro».

Faragonda annuì.

«Nel momento in cui partirete, avvertirò Bloom e lei inizierà a purificare Eden. Quando arriverete non sarà subito aggressiva: ha detto che lascerà una piccola porzione di corruzione da parte, e che vi aspetterà prima di assorbirla, per dirvi addio. Si è iniettata una dose spropositata di farmaco, dovrebbe restare lucida quel che basta».

Pesanti e goffi come fantocci indossammo i braccialetti, Sky legò l'amuleto all'elsa della spada.

«Ora, la parte essenziale. La Fiamma di Bloom non è pura, lo sapete. Acquisirete enormi poteri, ma allo stesso tempo verrete a contatto con la corruzione. Ragazze, Sky, avete circa dieci minuti di tempo prima di essere trasformati in Orphan in modo irreversibile. Al massimo potete azzardare qualche minuto in più, ma è estremamente pericoloso. Quando avrete compiuto il vostro dovere, Daphne userà il suo braccialetto per assorbire l'energia oscura che avrete accumulato durante lo scontro, poi tutti voi distruggerete i vostri oggetti magici. Non dobbiamo permettere che il pianeta venga inquinato ancora. Adesso vi inietterò una dose di farmaco per non farvi subire gli effetti negativi della corruzione e farvi combattere al meglio. Buona fortuna, ragazzi... lo fate anche per lei, ricordatevelo».

 

 

Il viaggio sulla navetta sembrò fin troppo breve: una parte di me voleva non finisse mai. Le ragazze avevano dato l'addio ai loro compagni di vita, tra lacrime e singhiozzi, mentre io e Sky ci guardammo con la morte nel cuore e ci abbracciammo, per darci forza a vicenda.

Eden sembrò più rigoglioso che mai, come se fosse rinato; sentivo chiaramente l'enorme mole di energia positiva diffondersi dalla superficie. Per pochi secondi, sembrò che tutto fosse leggero e bello.

Poi atterrammo, e... oh Sacro Drago, dammi la forza. La sua pelle, i suoi capelli e i suoi vestiti erano completamente neri. Le sue ali e il tessuto dei suoi abiti erano come marci; le sue iridi erano rosso fuoco e, su tutto il suo corpo, piccole venature di fuoco blu spaccavano la sua epidermide, come lava su un terreno arido.

Tra le sue mani deformate, con dita troppo lunghe e affusolate per un essere umano, custodiva una piccola sfera nera, probabilmente l'ultima goccia di corruzione del pianeta. Ci guardò con occhi gonfi di tristezza mentre, piegata su sé stessa come se provasse troppo dolore per stare in posizione eretta, si allontanò piano da noi, per poi rivolgerci la parola con voce freddissima, innaturale.

Ringrazierò sempre il cielo per quel tono gelido: le parole non avrebbero avuto lo stesso impatto se fossero state pronunciate con voce calda. Ci aiutò in modo quasi essenziale a non cedere davanti a lei. Udivo il respiro pesante di tutti mentre la guardavano: sentivo il loro terrore e la loro disperazione. Chissà se sentivano la mia.

«Probabilmente mi odiate, non lo so. Avete letto quel che accadrà se non mi uccidete. Non ci sono parole da spendere, ora: vi amo tutti. Dovete vivere anche per me, dovete vigilare, dovete proteggere».

Sky non aveva più lacrime da versare: attivò l'amuleto e la spada prese immediatamente fuoco, lo stesso fuoco azzurro di Bloom. Il ragazzo, tuttavia, fece una smorfia terribile: iniziò a respirare velocemente come se provasse fitte invisibili al ventre.

Il giovane re non ha poteri magici, è vero, ma la sua spada incantata interagisce direttamente con la sua energia per poter funzionare: se la lama veniva intaccata, veniva intaccato anche lui.

«Sky! Cosa succede?» urlò Musa al suo fianco. Lui, di risposta, strinse l'elsa della sua arma come se volesse strangolarla.

«Mi sento... furioso!»

Bloom abbozzò una sottospecie di sorriso, era terrificante.

«Quella è stata un'idea della Griffin. Faragonda vi ha iniettato il farmaco che vi copre dai sintomi della corruzione, è vero... ma in quelle fiale abbiamo eliminato la cura per uno di quelli: la rabbia furiosa, cieca ed immotivata. Usatela contro di me: vi aiuterà ad uccidermi. Nel momento in cui vi trasformerete non desidererete altro, credetemi».

Era necessario. Me lo ripetevo all'infinito, come un mantra, ma come potevo ignorare quello che stavo vedendo? Come? Con quale coraggio?

«Sto per assorbire ciò che segnerà la mia fine...»

Ci trasformammo tutte in preda al terrore, pronte all'inevitabile. La furia, come promesso, ci divorò le viscere. Bloom alzò la testa, aprì la bocca e ingoiò la massa oscura. Inizialmente non successe niente, poi si voltò e ci sorrise un'ultima volta.

«Addio».

Un'onda d'urto si sprigionò da lei e iniziò ad urlare come un drago impazzito. Si portò le mani alla testa, in preda al dolore più intollerabile: ci guardò con orbite vuote e nere... sembrava una bestia.

Sky cedette e urlò ancora più forte di lei: spiccò un balzo a dir poco sovraumano, levò la spada fiammeggiante e cercò di colpirla con potenza inaudita, ma il nemico fu più veloce e lo schivò, schiantando la lama a terra e provocando un solco gigantesco.

Ritrovato l'equilibrio, il demone deformò ancor di più le sue mani trasformandole in artigli, aumentò la potenza del fuoco sulla sua pelle rotta e provò ad affondare l'arto nella carne del giovane re, il quale si protesse con lo scudo anti-magia giusto in tempo.

Sky sfondò la guardia dell'avversario usando proprio lo scudo, come ariete; sfruttando il suo tentennamento, provò un fendente laterale e poi verticale, ma quella li respinse tutti. Il ragazzo fece un passo indietro, prese a due mani la Spaccacielo e accumulò più energia che poteva, scagliando addosso al demone una proiezione di pura energia infuocata, ma l'impatto non ebbe nessun effetto.

Stella si lanciò all'attacco. Evocò le sue leggendarie spade di luce, quella volta gigantesche e ricoperte di fuoco, sei intorno al suo corpo e due nelle mani: veloce come non lo era mai stata in vita sua, iniziò la sua danza di morte, fendente dopo fendente.

Un attimo prima dell'ingaggio, il nemico afferrò lo scudo di Sky e, con un urlo animalesco, scaraventò il ragazzo a molti metri di distanza, per poi evocare a sua volta due spade di luce nera e iniziare il confronto. Nonostante la differenza di numero, il demone si dimostrò essere più abile della principessa di Solaria, alla quale furono distrutte ben due lame fiammeggianti nel giro di pochi attimi.

Stella provò scioccamente un affondo esasperato con le armi che le rimanevano, ma l'avversario torse il busto di lato ed evitò tutte le lame, girò su sé stesso e, con un doppio fendente, squarciò le carni del ventre della povera fata della luce.

Lei si allontanò con uno scatto, reggendosi con entrambe le braccia le membra ustionante dalle quali sgorgava molto sangue. Si piegò letteralmente in due dal dolore, offrendosi su di un piatto d'argento per la bestia che avevamo davanti.

Il mostro si gettò su quella che, una volta, era la sua migliore amica, ma Tecna e Flora furono più veloci: la fata della tecnologia creò una prigione cibernetica che intrappolò il corpo del demone, mentre la fata delle piante usò dei robusti rampicanti che teneva ancorati alle sue braccia per avvolgere il corpo del nemico e bloccarlo come una camicia di forza.

Diedero abbastanza tempo a Stella per fuggire, ma la loro tattica combinata durò poco: la bestia prese letteralmente fuoco, incendiando i rampicanti così velocemente da arrivare agli arti di Flora e far divampare il fuoco sul suo corpo.

Scattando immediatamente, tra le urla assordanti della fata delle piante che stava ardendo viva, Aisha creò una bolla di Morphix che avvolse completamente l'amica, soffocando le fiamme e liberandola dal tormento. Tremante per le ferite gravissime e grondante di sangue, Flora si ritirò a terra per riprendersi, anche se l'odore, devo ammetterlo, era nauseante.

Nonostante la trappola cibernetica causasse ustioni profondissime a chiunque la toccasse, il demone parve non sentire dolore di nessun genere: ricoprì le sue mani bestiali di fuoco nero, afferrò le sbarre e le forzò a piegarsi come niente.

Tecna le si parò davanti e cercò in tutti i modi di tenere salda la prigione, ma a niente servì il suo sforzo disumano; il nemico sfondò la struttura, le afferrò la testa e la scaraventò a terra, sbattendole il cranio ripetutamente contro il suolo. La fata della tecnologia era del tutto inerme.

Musa prese bene la mira, creò una bolla sonica e la lanciò vero il demone, il quale non la sentì nemmeno arrivare; fu investito da onde sonore ad altissima frequenza, così potenti da farlo urlare di dolore e stordirlo per qualche attimo. Salvò Tecna a cui aveva sfondato il cranio: c'era così tanto sangue da non poter distinguere più il suo volto.

La bestia diventò furiosa, si riprese e si vendicò su Musa. Veloce e silenziosa come un'ombra, artigliò la gola della fata della musica e provò a sgozzarla. Aisha modellò le mani di golem e andò all'attacco, sferrando un colpo devastante al mostro e permettendo a Musa di non morire soffocata.

La principessa di Andros continuò a colpire con tutte le sue forze l'avversario, ma ogni colpo andato a segno sembrò non dare nessun risultato. Creò i dischi di Morphix che poi assottigliò fino a farli diventare lame e le lanciò, sperando di mutilare la bestia. Non ci riuscì.

Il nemico creò un muro anch'esso fatto di Morphix, sul quale rimbalzarono le armi. Aisha li evitò tutti ma, mentre era distratta, il demone creò un suo piccolo disco di Morphix e glielo lanciò, centrandole l'occhio sinistro; la principessa di Andros portò la mano al viso sanguinante e urlò, barcollando a mezz'aria privata parzialmente della vista.

Io, fino a quel momento, non attaccai mai: nonostante la furia che mi stava divorando il corpo, sentivo di dover mantenere la calma, di studiare la situazione. C'era qualcosa che non mi quadrava e volevo capire cosa, anche se il tempo a nostra disposizione si stava esaurendo. Gli attacchi delle ragazze e di Sky non avevano nessun effetto: che il segreto fosse proprio la Fiamma del Drago?

«Ha perso il senno... è un demone furioso che ha perso il senno... la potenza senza controllo può essere ribaltata... usare la sua forza...»

La mia mente viaggiava a mille. Ero quasi arrivata alla soluzione quando il demone decise che era ora di farla finita: diede fondo a tutte le sue energie e un vortice di fuoco nero lo ricoprì completamente. Lentamente, il vortice divenne un corpo, delle spire fiammeggianti, e poi lo vidi. Aveva evocato un gigantesco drago oscuro.

I miei pensieri furono bloccati sul nascere: se quella cosa ci sfiorava soltanto, saremmo tutti morti. Fui tentata di gettare la spugna e morire, di lasciarmi tutto alle spalle, quando finalmente ebbi un'illuminazione: potevamo sconfiggerla.

Mio padre mi ha sempre insegnato che, l'unica cosa che può distruggere qualcosa di indistruttibile, è la cosa stessa: dovevamo usare il suo stesso potere per creare una breccia, ma avrei avuto, poi, abbastanza forza per darle il colpo di grazia? Lo avrei scoperto presto.

«Qui... tutti qui! Ora

Le Winx e Sky si avvicinarono a me più in fretta che poterono, feriti e rassegnati.

«Abbiamo ancora qualche momento prima che il drago nero sia pronto ad attaccarci e io ho un piano! Sky, quanto è potente il tuo scudo? Potrebbe respingere un incantesimo di quella portata?»

Il giovane re sgranò gli occhi e alzò il braccio sinistro, esaminando a fondo la sua arma magica.

«I-io credo di sì! Queste sono rune magiche che neutralizzano ogni forma di magia, lo ha costruito il Maestro dell'Acciaio Lucente in persona! Ma quel drago è troppo grande, lo scudo non riuscirà a coprirlo in tutta la sua lunghezza, in qualche modo ci colpirà!»

Era vero, lo scudo era sufficiente appena per coprire il novanta percento del corpo di Sky. Lo studiai meglio: non era un’arma fisica, era generato da un piccolo congegno che...

«È cibernetico! Tecna, lo so che puoi, modifica il generatore, aumenta le dimensioni dello scudo! Ho bisogno che sia grande quanto il drago!»

La fata della tecnologia faceva una grandissima fatica a restare lucida a causa del terribile trauma alla testa, ma eseguì comunque gli ordini. L'aria si faceva sempre più incandescente, il drago prendeva forma e quasi non si respirava più.

«Non funzionerà! Cercherà di togliermi lo scudo di mano!» provò a replicare Sky mentre Tecna lavorava senza sosta, fermandosi di tanto in tanto per ricordare cosa stava facendo.

«No, invece! È un demone senza senno! Avrebbe potuto ucciderci tutti più di una volta, ma non l'ha fatto perché non ragiona! Dobbiamo sfruttarlo, ragazzi, dobbiamo rovesciargli quel maledetto drago addosso!»

Annuirono tutti con ritrovato vigore: avevamo un piano, una speranza a cui aggrapparci.

«Ho... finito. Credo» disse Tecna all'improvviso, «Non aprirlo ora o si incastrerà nel... come si chiama… nel terreno, sì. Mancano tre minuti e poi diventeremo tutti Orphan, dobbiamo sbrigarci!»

Guardai la fata della tecnologia e le sorrisi di cuore. Sky si mise la Spaccacielo sulle spalle e impugnò saldamente il congegno dello scudo nella mano destra, con la sinistra afferrò la mia mano e mi alzai in volo, insieme alle altre.

Il demone e il suo drago ci guardarono minacciosi, pronti a colpirci; Sky attivò lo scudo che diventò talmente grande da coprirci tutti più e più volte. Allarmato dalla vista dell'arma, il nemico ruggì furiosamente e ci lanciò addosso il famiglio oscuro che si schiantò sulla sua superficie, iniziando a spingere per trascinarci via.

Inizialmente, io e Sky arretrammo ma, con l'aiuto delle ragazze, opponemmo una fiera resistenza sufficiente, perlomeno, per non indietreggiare più: Aisha spingeva lo scudo in avanti grazie alle mani di golem; Flora, a sua volta, creò delle robuste braccia di rampicanti e fusti; Musa, a intervalli regolari, emetteva onde d'urto che disturbavano il drago e il padrone che lo controllava, mentre Stella e Tecna spingevano me e le altre come potevano.

Sky urlò di dolore, probabilmente si era slogato la spalla con la quale reggeva lo scudo, ma gridai a tutti di non demordere.

«Forza, forza

Feci uno sforzo enorme e irrorai di fiamme azzurre le mie ali, potenziando la forza di spinta in modo stupefacente; iniziammo a muoverci, lentamente, ma inesorabilmente. Il demone sbraitava e scalpitava, ma non riusciva a reggere la pressione. Alla fine, con un urlo finale liberatorio, spingemmo il drago nero addosso al nemico, che venne lentamente disintegrato dal suo stesso potere.

Quando non sentimmo più opposizione ci fermammo, esausti e doloranti; cademmo a terra stremati, ma non era ancora finita. Il demone era vivo, anche se gravemente ferito: il suo corpo era... vuoto. Dalle sue viscere sgorgava solo fuoco e corruzione, era come un fantoccio consumato.

«Ora tocca a me».

Mancavano due minuti: decisi che era ora di lasciarmi andare alla furia. Mi ricoprii a mia volta di fiamme azzurre, evocai il mio drago e iniziai a colpire la bestia in ogni modo che conoscevo: creai enormi sfere infuocate che il nemico non aveva nemmeno la forza di schivare, ogni colpo andato a segno distruggeva sempre di più il suo corpo.

«Come pensavo, il tuo punto debole è la Fiamma del Drago!»

Colonne di fuoco impedivano ogni tentativo di fuga del demone; ogni proiettile, ogni mina esplosiva, ogni colpo di coda del mio drago distruggeva il corpo marcio di mia sorella.

Le scatenai addosso un vero e proprio inferno, ma l'essere sembrava non poter morire. Mi fermai per qualche istante, ansimante ed esausta: la cosa non stava funzionando, e pochi secondi mancavano alla nostra corruzione irreversibile.

«Non con la magia, ma con ciò che uccide la magia. Sky, non posso farlo io, serve la Spaccacielo! Uccidila!»

Il giovane re buttò da parte lo scudo e afferrò la spada con la mano sinistra, vi riversò all'interno tutta l'energia che gli rimaneva e partì alla carica. Per evitare che il demone potesse reagire in qualche modo, ingaggiai anche io per spianare la strada a Sky.

Evitai i deboli attacchi di fuoco del nemico, preparai una sfera nella mano destra e la affondai nel petto vuoto dell'essere: spinsi con quanta forza avevo, fino ad ustionarmi la mano, tra le urla di dolore della bestia che stava per vedere la sua fine.

Ebbi una terribile sensazione di dejà vu... Bloom mi uccise nello stesso modo. Stavo quasi per mollare la presa, quando fissai le orbite vuote e mi resi conto che quella non era lei.

«Non... non sei lei! Bloom è morta! Sky!»

Il ragazzo quasi piangeva di dolore, ma prese a due mani la spada magica e urlò di spostarmi: ritrassi la mano, mi feci indietro e Sky scattò furibondo, affondando l'arma nel petto già mutilato dell'essere, passandolo da parte a parte.

La ritirò, girò su sé stesso e la decapitò con un fendente secco. Il corpo iniziò a disintegrarsi fino a diventare polvere, cenere ancora bollente. Immediatamente dopo, Sky afferrò l'amuleto e lo distrusse, gridando di farlo anche noi; usai il braccialetto per assorbire l'energia oscura prodotta dal combattimento e lo distrussi, così come distruggemmo tutti gli altri, salvandoci per un soffio dalla corruzione.

Era... era finita.

Ci sdraiammo a terra esausti e sanguinanti, urlando e tremando di terrore, ma ce l'avevamo fatta. Curammo le nostre ferite alla meglio e, prima di ripartire, contemplammo per qualche minuto il campo di battaglia levando preghiere per Bloom.

Piangemmo tanto, arrivammo perfino a bestemmiare gli dei e a vomitare tutto il nostro odio al cielo limpido di Eden... ma era la cosa giusta da fare.

 

 

Questa è la fine della storia. La mia sorellina è morta lasciandoci in eredità il futuro. Da ora in poi, ciò che accadrà, dipende solo da noi.

Tutto quello che era possibile fare è stato fatto. Sta a noi e a voi combattere, ora. Quando la vita vi butterà giù, volgete una preghiera a colei che usò il male che aveva dentro per salvare l'Universo.

Pregate. Pregate sempre per lei.

Ora che hai pagato il tuo debito, mia dolce sorella, ovunque tu sia, ti prometto che avremo cura della tua eredità.

Il futuro, ora, è nostro... grazie. Ti amo, Bloom. Ti amiamo.

 

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