La Legge di Murphy

di rekichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Se qualcosa può andar male, lo farà ***
Capitolo 2: *** Se c'è una possibilità che varie cose vadano male, quella che causa il danno maggiore sarà la prima a farlo. ***



Capitolo 1
*** Se qualcosa può andar male, lo farà ***


“Volete sapere l’ironia, la vera ironia, in tutto questo?

Sono un Nico che ha sposato un Percy e che ha come amante un Valdez”

-          L’autore

 

La Legge di Murphy

o

Come sopravvivere a una convivenza con un americano fissato col mare e un messicano dipendente dai burritos

 

Capitolo I

Se qualcosa può andar male, lo farà

 

La legge di Murphy… una certezza che caratterizzava da sempre la vita di Nico di Angelo. Per chi non ne fosse a conoscenza, la legge sopracitata, che svettava scritta a caratteri cubitali sopra il letto del ragazzo, enunciava: “Se qualcosa può andar male, lo farà”.

Non che la vita andasse sempre storta a Nico, ma di sicuro gli riservava sorprese sgradite ad intervalli regolari. In quel caso, il pensiero di quanto fossero veritiere quelle parole continuava a ronzargli in testa, in maniera ossessivo-compulsiva, di fronte all’ennesimo comportamento inquietante dei propri coinquilini.

Lui non era di certo un tipo solare e affabile, anzi, provava un certo gusto a girare per le strade di Roma con la sua aria inquietante, le occhiaie fino ai piedi e la sua migliore espressione da: “Se ti avvicini ti stacco la testa, la impalo e la sacrifico al Tevere per vedere se diventa il pesce con tre occhi della famiglia Simpson”, motivo per cui gli era capitato di rado di trovarsi a che fare con persone considerate normali dalla maggior parte della popolazione, ma che riuscivano a provocargli dei brividi freddi lungo la schiena.

Insomma, da un fanatico di horror, thriller, morte e uccisioni, il cui sogno primario era occuparsi di cronaca nera in modo da poter essere in prima fila durante gli omicidi, ci si aspettava che non avesse timore di niente. Eppure Nico di Angelo era letteralmente terrorizzato, non dagli zombie, dai serial killer o da Winnie the Pooh, ma dai suoi coinquilini.

Ritornando al principio: se qualcosa può andar male, lo farà. Dapprima aveva riso quando sua sorella Bianca, nel momento in cui aveva annunciato di voler abbandonare l’umida Venezia per andare a studiare giornalismo a Roma, aveva enunciato la suddetta frase. Quando l’aveva ripetuta mentre suo padre, con tono funereo, aveva deciso che sì, sarebbe potuto andare a studiare nella capitale a patto che trovasse degli inquilini con cui dividere l’affitto, aveva cominciato a tentennare.

Nel momento in cui aveva incontrato i due ragazzi che avevano risposto all’annuncio e Bianca si era avvicinata al suo orecchio come un fantasma per sussurrargli un divertito e malefico: “se qualcosa può andar male, lo farà”, era decisamente rabbrividito, ma aveva deciso di non lasciarsi sconvolgere.

A distanza di un anno, Nico aveva avuto modo di provare che quella massima descriveva in modo fin troppo preciso la sua vita universitaria e, soprattutto, quella casalinga.

Così, quando Percy Jackson, americano in Erasmus un po’ troppo prolungato per i gusti di Nico, entrò nella sua stanza, di Angelo si ritrovò immediatamente a pensare a quell’affermazione.

«Nico, posso chiederti una cosa?», aveva esordito Jackson, con un sorriso un po’ titubante. Nico gli aveva lanciato un’occhiata seccata, distogliendo lo sguardo dal libro di testo su cui stava sudando da un mese. Aveva due esami da sostenere e non era esattamente propenso alla conversazione, ma visto che era stato lui a chiedere a Percy di fargli un caffè - «All’italiana, Jackson. Non provare a rifilarmi quella brodaglia colorata che voi americani spacciate per espresso» - dovette ingoiare il sarcastico “no” che gli stava affiorando alla gola e annuire.

Purtroppo per lui, Jackson sembrò aver interpretato quel suo gesto come la disponibilità a rispondere a qualche domanda aperta, al di fuori di “sì” e “no”, perché la questione che gli rivolse era eccessivamente complessa e richiedeva più di una sillaba come risposta.

«Dov’è la caffettiera? Quella da quattro…», specificò Percy, mimando la grandezza della caffettiera con le mani. Nico guardò il coinquilino perplesso. Sapeva per certo che la caffettiera da due tazze era inutilizzabile – ormai il caffè si bruciava ancor prima di salire –, ma da quando avevano una caffettiera da quattro?

«Non sta in cucina?», Nico si premunì di sottolineare l’ovvio. D’altronde, in quale altro luogo poteva stare una caffettiera? Anche se, conoscendo il terzo inquilino, le possibilità che fosse stata smontata in un vano tentativo di riparare la caldaia con il filtro del caffè non erano da scartare.

«No! – ribatté Percy – Ho guardato ovunque, ma quella da quattro non c’è!»

«L’avrà portata via la mia matrigna…», constatò Nico, caustico, riportando gli occhi scuri sul libro. Con quell’affermazione, per lui la questione era già chiusa. Persefone aveva l’abitudine di prendere e portare via oggetti, lasciando in cambio sughi, carne e qualsiasi altro cibo le fosse saltato in mente di cucinare con i prodotti biologici provenienti dalla fattoria della sua genitrice, Demetra. Nico ricordava spiacevolmente il giorno in cui avevano riempito la credenza di cereali di ogni tipo e… beh, nessuno di loro tre mangiava così tanto i cereali.

«Non viene da circa sei mesi, Nico. E l’ho usata per farti il caffè ieri», si premunì di sottolineare Percy. Nico sbuffò sonoramente, in modo da esprimere tutta la sua indignazione. Stava per ribattere che non gliene fregava un cazzo di dove fosse la caffettiera, che poteva cercarla anche senza di lui, visto che erano settimane che entrava in cucina solo per prendersi l’acqua e che viveva incollato al libro di testo, e di usare anche la caffettiera da dodici, se necessario, purché lui potesse avere la sua dose giornaliera di caffeina, quando la voce di Leo Valdez giunse fin troppo sonora dal salotto.

«Cos’è sparito stavolta?»

Ecco l’altra dannazione di Nico. Come se non bastasse il prototipo del surfista moro e sexy ad infestargli la vita, il suo secondo coinquilino era una sottospecie di elfo messicano, con seri problemi di dipendenza da fiamme ossidriche e burritos.

«La caffettiera!», spiegò Percy. Nico si limitò ad emettere un grugnito di disappunto.

«La caffettiera? – Leo Valdez si affacciò alla porta della camera di Nico; un ghigno furbo si stese sul suo viso e cominciò a correre per casa – La caffettiera è sparita!», urlò, in modo che tutto il condominio potesse sentire il disperato annuncio.

«Sì… - confermò Nico con un sospiro – Percy Jackson e il mistero della caffettiera scomparsa. Roba da scriverci un libro…»

Il sarcasmo non sembrò toccare Percy, pronto a ritornare in sala e mettersi a cercare la caffettiera. A Nico giunsero affermazioni sconnesse, come: «Secondo me è nel frigo», «Ma chi metterebbe una caffettiera nel frigo?», «Beh, una volta c’era un uovo di polisterolo viola, può anche esserci una caffettiera…»

Cercò di concentrarsi di nuovo nello studio. I problemi dei giornalisti durante l’epoca fascista gli sembrarono improvvisamente più interessanti, anche senza l’ausilio di caffeina, se potevano aiutarlo ad isolarsi dal caos primordiale che si era generato nel suo salotto.

Se qualcosa può andar male, lo farà… ricordò a se stesso. Infatti lui non aveva avuto il suo caffè, era in ritardo sulla tabella di marcia e quei due continuavano a fare caciara. Brontolò fra sé un paio di volte e stava per imprecare in tutte le lingue conosciute – e anche un paio sconosciute – quando la porta della sua stanza si aprì di nuovo, ma si ammutolì quando Percy gli porse la tazzina di caffè fumante.

«Ecco qua – il ragazzo sorrise, aspettando che Nico prendesse il suo caffè – Ho ritrovato la caffettiera… era… Beh, era sul lavandino. Non l’avevo vista…»

Nico annuì e ringraziò Percy con un cenno del capo. Quando il ragazzo uscì dalla stanza, si concesse un mezzo sorriso, pensando che, forse, la Legge di Murphy non era sempre così veritiera…

«Nico! – la voce di Leo risuonò dal corridoio – Abbiamo un problema! Si è rotta di nuovo la caldaia!»

…ma i suoi corollari sì.

 

 

N/A: io non avrei davvero il tempo di scrivere questa roba. Per un cazzo proprio, ma se non la scrivevo non sarei riuscito a concentrarmi sullo studio, quindi… Ecco qua.

Tutto ciò nasce un anno fa, quando io, mia moglie e la sua migliore amica decidemmo di portare il cosplay di Nico di Angelo, Percy Jackson e Leo Valdez. Da quel momento in poi, in casa si creò una serie di coincidenze, conversazioni e deliri di vario genere fatti in piccole role dal vivo, che generarono la prima bozza di questa cosa, fino ad oggi limitata alla mia testa.

Ovviamente, molte cose sono state modificate per renderle più attinenti caratterialmente ai personaggi e al loro modo di fare, ma i fatti qui narrati sono realmente accaduti, con un po’ di acidità in meno e qualche risata in più.

Quindi, senza pretese alcune, ecco una raccolta di one-shot concatenate tra loro, su evidenti problemi di un povero studente universitario che si trova a che fare con due inquilini caciaroni.

Ps: le citazioni di inizio capitolo sono le stronzate uscite durante la preparazione dei cosplay.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Se c'è una possibilità che varie cose vadano male, quella che causa il danno maggiore sarà la prima a farlo. ***


Trust me, I’m an engineer!

-          Leo Valdez

La Legge di Murphy

o

Come sopravvivere a una convivenza con un americano fissato col mare e un messicano dipendente dai burritos

 

Capitolo II

Se c'è una possibilità che varie cose vadano male, quella che causa il danno maggiore sarà la prima a farlo.

 

Ci aveva messo un anno per averne la certezza, ma dopo dodici mesi di stretta convivenza, Nico di Angelo non aveva più dubbi: quei due portavano sfiga.

Ma non quella sfortuna divertente, un po’ comica, che affligge tutti gli universitari… no. Quella di cui Percy Jackson e Leo Valdez erano portatori cronici era quella sfiga alla Donald Duck, che affligge ogni momento della giornata, ogni piccolo, microscopico particolare dell’esistenza.

La prima vittima era stata la caldaia. Nico aveva perso il conto di quante volte, nel giro di un anno, avevano fatto riparare quel maledetto arnese. E tutto perché Leo, il signor messicano “trust me, I’m an engineer!”, non sapeva tenere le mani, né i cacciaviti, né i martelli, al proprio posto.

Purtroppo per lui, il ragazzo aveva sviluppato un’insana mania per la fiamma ossidrica portatile. Sì, quella che aveva comprato appositamente per fare la crème brulée. Una fiamma ossidrica da cucina, niente di adatto a fondere metalli o altri materiali differenti dallo zucchero, ma questo Valdez sembrava non comprenderlo.

Così aveva cominciato a girare per casa armato di fiamma ossidrica, urlando frasi sconnesse come: «Baby, you can’t burn me!», puntando la fiamma – ovviamente senza sicura, ovviamente accesa e ovviamente incandescente – contro i suoi malcapitati inquilini. Le prime volte, questo Nico doveva ammetterlo, era stato anche divertente vedere quel nanetto dalla pelle bruna saltellare in giro per l’abitazione facendo lo scemo, ma alla lunga la sua dipendenza dalla piromania aveva cominciato a preoccuparlo, soprattutto quando si avvicinava armato di fiamma ossidrica ai suoi vestiti e improvvisava balletti tra l’osceno, l’imbarazzante e l’incendiario.

Sua fortuna era intervenuto Percy che, dall’alto dei suoi fin troppi centimetri in più, aveva sequestrato la fiamma ossidrica e l’aveva messa al sicuro sul ripiano più alto della libreria del salotto. Il problema era che, adesso, neanche Nico poteva più accedervi a meno di non usare una scala, o una sedia, o una qualsivoglia superficie sopraelevata.

Facile a dirsi, un po’ meno a farsi, visto che anche la minima altezza gli faceva venire le vertigini ed era costretto, quando si arrampicava, a farsi prendere in braccio da Jackson per tornare con i piedi sul suo amato pavimento. Gli veniva voglia di baciare le piastrelle appena sceso, solo per esprimere la gioia di essere nuovamente su un terreno stabile; tuttavia, in un modo o nell’altro, era sempre lui che si ritrovava a cambiare le lampadine fulminate in bilico su una scala.

Perché? Perché Jackson era molto poco propenso a salire sulle sedie o sulle scale, con la scusa che era il più pesante dei tre e che temeva si rompessero. In quanto a Valdez… beh, Nico di sicuro non avrebbe mai fatto avvicinare quel danno umano a un lampadario. Come minimo si sarebbero ritrovati le ventole del soggiorno che lavavano i piatti.

Il problema più grande, però, restava la caldaia. Nico aveva contato, nel giro di un anno, circa sette interventi idraulici che non avevano risolto nulla. Ancora rabbrividiva al pensiero dell’inverno trascorso a fare docce gelate, lavare i piatti con l’acqua fredda e congelare in ogni modo possibile.

Durante l’estate, però, quel problema sembrava essersi finalmente risolto: l’acqua calda usciva e Nico si era potuto concedere dei lunghi bagni caldi, senza morire assiderato. Peccato che, con il principio dell’autunno, quel dannato coso aveva ripreso a fare le bizze.

Di nuovo erano privi di acqua calda. Di nuovo si prospettava, agli occhi di Nico, un inverno a base di cubetti di ghiaccio, docce brevi e tentativi di scaldarsi con quindici felpe, due paia di pantaloni in pile e calzini in spugna da sciatore. E no, non stava esagerando, se perfino Mr. Jackson, conosciuto in quella casa per essere il meno freddoloso e propenso a girare in inverno con le maniche corte, era uscito dalla doccia urlando che aveva visto tutti e quattro i pinguini di Madagascar salutarlo dal rubinetto.

Così, quando Leo si era proposto di mettere le mani sulla caldaia, la disperazione aveva portato gli altri due occupanti della casa ad acconsentire. Insomma, non poteva andare peggio alla fin fine…

…Beh, niente di più sbagliato.

Eppure Nico doveva saperlo. Quella dannata legge funzionava sempre. Sempre.

«Valdez sei sicuro di quello che stai facendo?», domandò, osservando Leo armeggiare con i tubi della caldaia.

«Certo! Ricordi? Sono un ingegnere!», replicò il messicano, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Nico si trattenne dal ricordargli che essere uno studente di ingegneria non faceva ancora di lui un ingegnere, ma si morse la lingua per non alzare l’ennesima polemica. Preferì scuotere le spalle e continuare ad osservare i lavori in corso, sentendosi molto come un vecchietto intento a fissare un cantiere.

«Nico, lascialo lavorare – s’intromise Percy, con un sorriso pacato. – Lo sai che si agita se lo fissi»

«Lascialo stare, Jackson – ghignò Leo – Come farei a lavorare senza la mia groupie preferita?», aggiunse, lanciando un’occhiata maliziosa a Nico.  In risposta, il ragazzo tirò un calcio dritto sul sedere di Valdez. Così, giusto per zittirlo.

«Ahi! Nico, come siamo passionali… Non pensavo ti piacesse così violento…»

«Idiota – sibilò Nico, scostando lo sguardo, mentre Percy ridacchiava e cominciava un canzonatorio: “Nico è arrossito” – Vedi di sistemare quella roba, che voglio farmi un bagno caldo»

«Hai freddo? Perché se vuoi ti scaldo io», fu la risposta che fece guadagnare a Leo un altro calcio e concesse a Percy altri motivi di ilarità.

«Ci penserà la caldaia, se riesci a ripararla», replicò di Angelo, allontanandosi dal balcone. Restare in compagnia di quei due deficienti era più di quanto riuscisse a tollerare, specie quando cominciavano con i loro cori di battutine a doppio senso e finte advances. Con un sospiro, si chiuse in camera propria e si stese sul letto: PC sulle gambe, libro di testo a lato e cuffie nelle orecchie per isolarsi da qualsiasi richiesta potesse giungere dai suoi coinquilini. Stava lentamente sprofondando nello studio e nella pace dei sensi, quando l’urlo di Jackson e un forte rumore di oggetti che sbattevano contro la porta della sua stanza sovrastò perfino il growl degli Slayer. Per qualche secondo accarezzò l’idea di ignorare quei preoccupanti segnali, ma la sua naturale paranoia che qualcosa potesse esplodere impropriamente (d’altronde Percy era quasi riuscito a dar fuoco alla cucina mettendo in padella dei semplici piselli surgelati) causando danni all’appartamento ebbe la meglio. Tolte le cuffie, si affacciò in sala, osservando dalla porta finestra l’accaduto.

La scena che si presentò davanti ai suoi occhi scuri era a metà tra la catastrofe naturale e il normale svolgimento di un film comico: Valdez, grondante di acqua e ruggine, cercava di stringere una valvola per far cessare il flusso dell’acqua, mentre Jackson… Beh, lui armeggiava con una bacinella arancione cercando di posizionarla sotto il getto, con scarsi risultati.

«Non credo che quello sia il modo corretto di aggiustare una caldaia», commentò serafico Nico, trattenendo un sorrisetto.

«Ecco… noi…», cercò di dire Percy, facendo cadere lo scarso contenuto della bacinella in testa a Leo.

«Risparmia le giustificazioni – sospirò Nico – Chiameremo per l’ennesima volta l’idraulico».

«Quel tizio dovrebbe farci lo sconto… - bofonchiò Leo, mentre chiudeva, finalmente con successo, la dannata valvola – Ormai gli abbiamo dato abbastanza soldi da far studiare all’Università tutti i suoi figli e farlo vivere di rendita per un anno».

Nico dovette mentalmente concordare con Valdez, mentre si accingeva verso la cucina. Avevano preso l’abitudine di appendere tutti i numeri di telefono per le emergenze casalinghe appese al frigo con dei magneti a forma di Pikachu e l’idraulico era, stranamente, il primo numero della lista. Certo, ogni tanto il foglio cadeva a terra, vista la scarsa proprietà magnetica di quelle bizzarre calamite e la presenza imbarazzante di post-it che Valdez era solito spargere per casa, con su scritte cose inutili, del tipo: “Nico, love me!”, o “Dammi attenzioni”, o ancora: “Traditori!”, nel caso lui e Percy avessero avuto la malsana idea di invitare qualcuno che Leo non conosceva all’interno dell’abitazione, sottraendogli così le attenzioni dovute. Lo spirito da Prima Donna di Leo si manifestava in modi particolarmente bizzarri in ogni caso, ma suo malgrado Nico sembrava averci fatto l’abitudine. Quando arrivò al frigo e lo trovò sommerso di post-it, ma privo del solito foglio con i numeri, non si preoccupò più di tanto.

«Jackson dove hai messo il foglio con il numero dell’idraulico?», domandò. Di solito era Percy quello che raccoglieva e rimetteva a posto le cose. Se lo avessero lasciato fare a lui, poco ma sicuro, sarebbero finite in mezzo al caos dei suoi appunti universitari e sarebbero stati dispersi per l’eternità.

«Non è appeso al frigo?», chiese Percy, mentre lo raggiungeva in cucina. Si era tolto la maglia fradicia, cosa che portò Nico a balbettare un: “copriti” a mezza voce, un po’ sofferto, un po’ stizzito, perché – doveva ammetterlo con se stesso – Percy mezzo nudo non era mai una cattiva visione.

«No», replicò, con tono neutro. Il ragazzo si grattò pensosamente la testa.

«Fino a ieri era qui…»

«Ora non c’è».

«Lo vedo questo – replicò Percy, seccato – Stavo solo dicendo che fino a ieri c’era!»

«Sottolinearlo non cambierà la situazione. Dov’è il numero dell’idraulico?»

Si scambiarono un’occhiata, mentre la stessa, terrificante prospettiva balenò nelle reciproche menti.

Leo aveva un’altra, malsana e terrificante abitudine, oltre a quella di riparare gli elettrodomestici di casa con i pezzi di ricambio più improbabili: le pulizie ossessivo-compulsive.

Forse era dovuto alla sua iperattività, che non lo portava a stare fermo neanche quando dormiva, o al fatto che facesse talmente tante cose contemporaneamente da aver bisogno di un ambiente ordinato attorno a sé, in modo da mantenerle sotto controllo, ma il messicano passava lo straccio almeno tre volte al giorno e era solito buttare qualsiasi cosa si trovasse a terra al momento del suo passaggio.

«Leo… - Percy bloccò Nico, prima che potesse staccare la testa a morsi al messicano. – Hai per caso visto il foglio col numero dell’idraulico, quando hai spazzato ieri sera?»

Valdez si grattò pensosamente la testa ricciuta, prima di scuotere il capo.

«No, in cucina c’erano solo cartacce… Comunque guardate cosa ho trovato! – esclamò, mostrando il tesoro rinvenuto all’interno dell’armadio degli utensili – Silicone!»

«Valdez se hai buttato il numero dell’idraulico ti faccio ingoiare l’aspirapolvere», ringhiò Nico, prima di essere fermato nuovamente da Percy che, rapido, gli tappò la bocca con la mano, lasciandolo sbraitare contro il suo palmo.

«Ok… - acconsentì Jackson con un sospiro – Andrò di nuovo a chiederlo alla vicina. Che vuoi farci col silicone?»

«Semplice – Leo regalò loro un sorriso che gli prese quasi tutta la faccia – Ora posso riparare la perdita del tubo del bagno!»

Fu osservando Valdez andarsene, trotterellando e fischiettando, nel bagno, che Nico realizzò: se c’è una probabilità che le cose vadano male, quella che causa il danno più grave sarà la prima a farlo.

La caldaia era solo l’inizio.

 

N/A: ecco qua il secondo capitolo.

Niente da aggiungere, se non che per i danni a casa dei tre ragazzi mi sto ispirando pari passo a quelli che subisce la mia povera abitazione. E che l’idraulico dovrebbe davvero farci un monumento, visto che lo chiamiamo una volta al mese (se non è la caldaia, è lo sciacquone, il lavandino, il contatore dell’acqua…).

Beh, sempre dedicata alle due donzelle che continuano ad assillare amabilmente la mia esistenza, anche se mi fanno il caffè mentre studio, quindi… niente, tanto amore per loro, ma neanche troppo o le vizio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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