I solemnly swear that I'm up to no good.

di EmmaStarr
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***



Capitolo 1
*** I ***


I solemnly swear that I'm up to no good.


 

Il ragazzino inciampò e cadde rovinosamente a terra, sbucciandosi il ginocchio. Sbatté le palpebre un paio di volte, le lacrime che si formavano agli angoli degli occhi; poi non resistette più e iniziò a piangere disperatamente.

«Ehi! Che succede?»

Il bambino sollevò lo sguardo, tremante. «S-sono caduto» balbettò, ricominciando a piangere subito dopo.

Il nuovo arrivato lo fissò con aria concentrata per qualche istante, poi si chinò accanto a lui. «Posso vedere?» chiese, alludendo alla ferita.

Il bambino annuì piano, sempre continuando a singhiozzare, e rivelò il ginocchio che sanguinava copiosamente.

L'altro strinse le labbra e allungò le mani verso la ferita. Le chiuse a coppa sopra il ginocchio e sussurrò: «Adesso ti faccio vedere una cosa che so fare.»

Il bambino smise di piangere e si stropicciò gli occhi, e l'altro tolse le mani dal suo ginocchio: la ferita era scomparsa.

«C-come hai fatto?» balbettò.

«È una magia» rispose l'altro, evidentemente soddisfatto. «Lo fanno anche i miei genitori.»

Il bambino sorrise, sfregandosi via gli ultimi residui di lacrime. «Anche io lo so fare, guarda!» esclamò, chiudendo le mani a pugno e aprendole di scatto subito dopo: dal nulla apparve una farfalla che svolazzò via subito dopo.

«Forte!» esclamò l'altro bambino, gli occhi luminosi.

«Anche i miei genitori sanno fare le magie» spiegò il primo. «Magari conoscono i tuoi! Vuoi venire a giocare a casa mia?»

L'altro annuì. «Va bene! Io mi chiamo Iwaizumi Hajime» si presentò, orgoglioso.

«Molto piacere! Io sono Oikawa Tooru.»

 

* * *

 

«Kuroo Tetsurou! Smettila di trascinare Kenma con te in queste bravate, lo sai che non gli piace giocare fuori!»

«Ma non è vero, a Kenma piace un sacco! È solo che è troppo pigro per farlo da solo!»

La donna si mise le mani sui fianchi, fissandolo scettica. «Ah, sì? E allora perché l'ho sentito lamentarsi fin da qua?»

Kuroo alzò gli occhi al cielo. «Perché si diverte a darmi fastidio» lo accusò.

«Fatto sta che hai fatto salpare una vasca da bagno nel lago del signor Cunningham, e ho sentito benissimo Kenma dirti “te l'avevo detto che non era una buona idea”. Quindi se ora si prende un raffreddore glielo spieghi tu a sua madre?»

Kuroo si trattenne dall'alzare di nuovo gli occhi al cielo. Va bene, forse non era stata una delle sue idee più geniali, ma andiamo! Sia lui che Kenma sapevano nuotare senza problemi, dopotutto, e non era come se quella vasca da bagno servisse a qualcuno. Era abbandonata. Che colpa ne aveva lui se c'erano dei buchi invisibili che l'avevano fatta affondare mentre erano esattamente nel mezzo del lago? E poi, non c'era nessun rischio che Kenma si prendesse un raffreddore, visto che non si sa come erano usciti dall'acqua asciutti come prima di entrarci. Kuroo sospettava che fosse un'altra delle magie che Kenma faceva esplodere quando si spaventava, come quella volta che ad Halloween aveva fatto schizzare il gatto sul soffitto e non c'era stato verso di farlo scendere fino al giorno seguente.

Ma prima che riuscisse a spiegare tutto ciò a sua madre Kenma prese parola. «Mi dispiace tanto, Haruka-san. La colpa è sia mia che di Kuroo» affermò con espressione seria. «Andremo a scusarci anche col signor Cunnigham.»

La madre di Kuroo rimase interdetta per qualche istante, poi sospirò. «Farete meglio. E tu, prendi esempio da Kenma!»

Kuroo annuì. «Sì, sì, sì. Dai, andiamo!» esclamò poi, prendendo Kenma per il braccio e trascinandolo via. «Non chiederemo davvero scusa al signor Cunnigham, vero?» domandò quando furono fuori portata d'orecchio di sua madre. Kenma si strinse nelle spalle. «Tanto da settembre non sarai più in circolazione, giusto?»

Kuroo deglutì. Il pensiero di andare ad Hogwarts senza Kenma lo terrorizzava molto più di quanto non gli piacesse ammettere. «Già» si limitò a commentare.

Kenma sollevò lo sguardo dal game-boy e lo fissò con aria scettica. «Troppo entusiasmo.»

Kuroo allora sorrise malandrino, dopodiché gli scompigliò i capelli. «Si era detto basta col sarcasmo!»

Kenma sollevò lo sguardo, oltraggiato. «Ehi!» Kuroo si limitò a ridere e corse via, mentre l'altro lo inseguiva con aria omicida. Era stupido perdere tempo a pensarci ora, si disse.

 

* * *

 

«Serpeverde!»

Oikawa si tolse il Cappello Parlante, terrorizzato. Un boato esplose dai tavoli verde argento, e un professore impaziente lo spinse senza tanti complimenti verso quella direzione. Oikawa si lasciò trascinare, gli occhi incastrati in quelli di un altro ragazzino seduto dall'altro lato della Sala, al tavolo dei Grifondoro.

Oikawa non voleva crederci. Cioè, era abbastanza sicuro che Hajime sarebbe stato un Grifondoro: tutti, in casa sua, dicevano così. E per quel che ne capiva lui, il suo amico aveva tutte le caratteristiche giuste per essere un buon Grifondoro: coraggioso, generoso, altruista, ma anche incurante del pericolo e propenso ad arrabbiarsi facilmente. Quello che sperava -quello che sperava tanto da far male, ogni notte, prima di dormire- era che anche lui, se si fosse impegnato abbastanza, sarebbe potuto essere un Grifondoro, e non un Serpeverde come tutta la sua famiglia.

E invece, adesso? Cosa avrebbe fatto, separato da Hajime per sette anni? Sicuramente tra i Grifondoro avrebbe trovato un amico migliore di lui, e… Cercò di trattenere le lacrime mentre mangiava, e anche dopo, quando lo portarono nei dormitori nei Sotterranei. Ma non riusciva a dormire, pensando ad Hajime. Ad un certo punto allora si alzò, senza fare rumore, ed uscì di soppiatto dal dormitorio. Non sapeva neanche lui dove stesse andando, ma tanto valeva esplorare un po', no? A un certo punto si ritrovò in Sala Grande, e dovette trattenere il fiato: aveva visto che somigliava a un cielo stellato, ma con tutte le candele accese non era minimamente paragonabile a questo: infinite galassie e costellazioni si spalancavano davanti ai suoi occhi: era davvero uno spettacolo.

Improvvisamente però realizzò di non essere solo, a fissare quello splendore luccicante. Poco lontano da lui, sdraiato a pancia in su sul tavolo dei Grifondoro, c'era… «Iwa-chan!» esclamò, correndogli incontro.

Il ragazzo si sollevò di scatto, incredulo. «Che ci fai qui?» sussurrò, spostandosi per fargli posto.

Oikawa si strinse nelle spalle. «Non riuscivo a dormire...»

L'altro lo fissò con l'aria di chi aveva capito tutto e si sdraiò di nuovo, subito imitato da Oikawa. «Sono belle, vero?»

Oikawa ci mise un po' a rispondere. «Sì» disse alla fine. «Ma, Iwa-chan...» il labbro gli tremava leggermente, ma riuscì comunque a formulare a bassa voce: «Sarei voluto essere Grifondoro anche io.»

Iwaizumi tirò su la testa per fissarlo negli occhi. «E perché?» domandò. «Sono stati antipatici con te?»

Oikawa corrugò la fronte. «Eh? N-no, ma...»

«E allora perché?» chiese l'altro.

«M-ma perché io volevo essere nella tua stessa Casa!» protestò Oikawa, le lacrime agli occhi. Allora per Hajime non era la stessa cosa?

L'altro alzò gli occhi al cielo. «Senti, per me Serpeverde ti si addice di più. Tu sei intelligente, ambizioso, un po' calcolatore… Non credo che saresti stato bene in Grifondoro. Serpeverde va benissimo. O credi a quelle cavolate sul fatto che sia “la Casa di tutti i Maghi Oscuri” e cose del genere?» lo minacciò, sfoderando un'occhiataccia.

Oikawa distolse lo sguardo. «No, cioè, hai ragione, però...»

«Ehi, che ti piaccia o no sei un Serpeverde, e io sono un Grifondoro. E va benissimo, perché non esistono Case “buone e cattive”, o “giuste e sbagliate”» cercò di spiegare Hajime. «Non sei una persona peggiore perché sei un Serpeverde. Dopotutto, non è che questo cambi qualcosa, o sbaglio?» Oikawa gli lanciò uno sguardo confuso, e Iwaizumi sgranò leggermente gli occhi. «Ah, era per questo?» Sorrise. «Senti, ormai ti sei autoproclamato mio migliore amico un bel po' di anni fa. Non ho proprio il tempo di trovarmene uno nuovo. Mi sa che mi hai proprio incastrato, stessa Casa o no» concluse con un sorriso enorme in volto.

Oikawa guardò Iwaizumi, poi le stelle, poi di nuovo Iwaizumi e improvvisamente ogni cosa tornò al suo posto.

 

* * *

 

All'inizio, quel Bokuto, a Kenma non era piaciuto poi tanto. Trovava doloroso pensare al fatto che Kuroo avesse degli amici ad Hogwarts, mentre lui era ancora bloccato a casa sua, senza più nessuno con cui passare il tempo.

Certo, si erano scritti delle lettere, ma non era la stessa cosa: quindi, quando era iniziato ad apparire il nome “Bokuto”, Kenma si era spaventato. Kuroo inondava le sue lettere con rassicurazioni sul fatto che Kenma fosse comunque il suo migliore amico, e spendeva litri di inchiostro insistendo su quanto gli mancasse. Era anche tornato per Natale, ovviamente, ed era andato tutto bene. Però, quando il Cappello Parlante strillò “Corvonero!” e Kuroo, dopo una fase di sommo sconforto, si riprese abbastanza dal trauma di non essere nella stessa Casa, Kenma ormai sapeva di non avere scampo: avrebbe dovuto conoscere questo famoso Bokuto Koutarou.

«Vedrai, ti piacerà» promise Kuroo. Kenma si limitò a sollevare un sopracciglio. «D'accordo, parla tanto, ma non è fastidioso, anzi! È molto alla mano, e anche se non è il massimo a rendersi conto delle emozioni degli altri ha promesso che farà di tutto per-» continuò a blaterare Kuroo. Andava avanti così da almeno dieci minuti.

«Kuroo» lo bloccò Kenma a bassa voce.

«Cosa?» chiese subito l'altro, preoccupato.

Kenma fece un piccolo sorriso. «Va tutto bene. Voglio conoscerlo» mentì. Insomma, era felice di essere ad Hogwarts, finalmente. Corvonero era una Casa in cui si trovava a suo agio, i suoi compagni erano gentili senza essere invadenti e le materie da studiare si promettevano tutte interessantissime. E soprattutto, il motivo principale per cui era davvero felice di essere lì era che non vedeva davvero l'ora di passare altri sei anni nello stesso luogo in cui si trovava anche Kuroo, finalmente. Avrebbero potuto studiare insieme, andare nel parco, spendere tempo l'uno con l'altro: era questo che aveva sognato ininterrottamente per un anno intero. Non voleva farsi rovinare la vita da una persona che non aveva nemmeno mai conosciuto.

Kuroo gli dedicò un sorriso smagliante. «Sul serio? Sei il migliore, Kenma!»

Alla fine raggiunsero la Sala Grande, e trovarono Bokuto lì ad aspettarli. «Kuroo! Sono qui!» esclamò a gran voce, sbracciandosi per farsi vedere. Kenma lo studiò: era robusto, alto, muscoloso, con degli strani capelli sparati in aria. Il tipo di persona che non puoi fare a meno di notare appena entri in una stanza.

«Bokuto, questo è Kenma» lo presentò Kuroo con un tono di voce talmente orgoglioso che Kenma si sentì quasi a suo agio. «Kenma, Bokuto!»

«Finalmente ci conosciamo!» esclamò Bokuto, raggiante. «Kuroo mi ha parlato tantissimo di te!» raccontò, stringendogli energicamente la mano.

Kenma lo fissò, lo sguardo assente. «Ah, sì?»

«Sì! Non vedevo l'ora di conoscerti» assicurò. «Quindi sei Corvonero? Kuroo sperava che saresti stato un Serpeverde come lui, ma mi aveva già detto che c'erano davvero poche speranze. Non fa niente, tranquillo: da quando hanno cambiato le regole e si può pranzare e cenare con chi si vuole, non è poi tanto strano avere amici che stanno in Case diverse. Prendi me e Kuroo!»

Dopodiché si lanciò in un discorso infinito su come i due si erano conosciuti alla loro prima lezione di Quidditch: Kenma sapeva già la storia, ma gliela lasciò raccontare lo stesso. Ogni tanto lanciava un'occhiata a Kuroo, che lo fissava con un sorriso incoraggiante.

Piano piano, Kenma iniziò a trovare il chiacchiericcio di Bokuto quasi rilassante. Passarono i giorni, poi le settimane, e Kenma iniziava ad abituarsi al suo entusiasmo e alla velocità supersonica con cui parlava. Andò persino a vedere una sua partita di Quidditch, e rimase impressionato dalla sua potenza come Battitore. Era lo stesso ruolo di Kuroo. Kenma aveva provato a volare, qualche volta, ma non ci teneva a provare nella squadra di Corvonero, sapendo che avrebbe dovuto scontrarsi con quei due mostri.

Più passava il tempo, però, più notava che Bokuto passava le sue giornate ad allenarsi a Quidditch, a perdere tempo nel giardino o in loro compagnia. Cioè, non era sempre con loro: per la maggior parte della giornata, Kuroo e Kenma erano insieme, solo loro due. Bokuto mangiava con i suoi compagni di Casa, ma era come se non avesse legato con nessuno di loro.

Un giorno si decise a parlarne con Kuroo. «Non è strano?» chiese, addentando la fetta di torta che era comparsa su un piatto davanti a lui.

«Che cofa?» bofonchiò Kuroo, la bocca piena.

«Quello» spiegò Kenma, indicando il tavolo in cui stava cenando Bokuto. «Sono suoi amici, quelli là, o no?»

Kuroo si passò una mano sulla fronte e deglutì. «È complicato» disse alla fine. «Hai visto com'è. La gente all'inizio si diverte, ma poi... Voglio dire, lui fa fatica ad entrare veramente in confidenza con gli altri. Praticamente io sono il suo unico amico» sospirò.

Kenma inarcò un sopracciglio. «Ci sono anch'io» lo corresse.

Kuroo aggrottò la fronte. «Eh?»

«Ci sono anch'io» ripeté Kenma pazientemente. «Anche io sono suo amico.» Si strinse nelle spalle. «Se tu lo consideri un amico, non vedo perché io non...» iniziò, ma si sentì interrompere da uno dei rozzi mezzi abbracci di Kuroo, che lo lasciò senza fiato.

«Kenma, sei incredibile!» rise, incurante dei tentativi del ragazzino di liberarsi di lui.

Kenma sospirò, permettendo ad un sorriso rassegnato di fare capolino sulle sue labbra. Era ad Hogwarts, con Kuroo. Andava tutto bene.

 

* * *

 

Tsukishima si guardò intorno con fare sospettoso, poi, una volta deciso che il pericolo era scampato, si concesse un sospiro sollevato.

Era ad Hogwarts da solo un giorno, e già non ne poteva più: c'era un ragazzo del terzo anno, un certo Kuroo Tetsurou, che non lo lasciava in pace un attimo. Lo aveva conosciuto la sera precedente, allo Smistamento: se l'avesse saputo, avrebbe detto al Cappello Parlante di puntare decisamente su Corvonero, visto che era tanto indeciso. E invece no, Serpeverde. Che poi, aveva come l'impressione che quel Kuroo non si fossilizzasse troppo sulla questione Case: il suo migliore amico d'infanzia era un Corvonero, per giunta più giovane di un anno. Invece il suo compagno di malefatte si trovava in Grifondoro, un certo Bokuto Koutarou. Mancava solo un Tassorosso, aveva commentato Tsukishima sprezzante, per completare il quadretto. “Non so, non mi trovo a mio agio con loro, amico” aveva risposto Kuroo grattandosi la testa. “Ho sempre il terrore di dire qualcosa di offensivo e di farli scoppiare a piangere o cose così”.

Come faceva Tsukishima a sapere tante cose su di lui se l'aveva conosciuto appena la sera prima? Beh, perché Kuroo non faceva altro che parlare. Tutto. Il tempo. Come facevano quegli altri due a sopportarlo? Gli aveva persino presentato Kenma, che a dirla tutta sembrava anche un tipo a posto. In ogni caso, subito dopo colazione Tsukishima era riuscito a svignarsela, e ora si stava dirigendo in santa pace verso la sua prima lezione di Incantesimi. (Kuroo si era offerto di mostrargli la strada, e Tsukishima tremava al pensiero che avrebbe potuto davvero seguirlo in giro per il castello per chissà quanto tempo).

Ma la sua tanto agognata pace durò fin troppo poco: appena girò l'angolo si trovò davanti a tre Serpeverde del secondo che aveva intravisto nella sua Sala Comune, intenti a prendere in giro un altro ragazzino Tassorosso. Tsukishima si ricordava vagamente anche di lui: era quello con un sacco di lentiggini che si trovava sulla barca con lui mentre si dirigevano verso il castello.

«Guardate, sta piangendo!»

«È proprio vero che con i Tassorosso non si può neanche scherzare!»

«Mammoletta!»

E chi diceva ancora “mammoletta” al giorno d'oggi? Tsukishima sollevò un sopracciglio, disgustato: quella scena gli stava facendo venire il voltastomaco. «Patetico» commentò. Sebbene avessero un anno in più, erano tutti più bassi di lui, e ammutolirono tutti e tre.

Il Tassorosso sollevò gli occhi gonfi di lacrime verso di lui, l'espressione sorpresa.

«Allora? Siete ancora qui?» incalzò Tsukishima, visibilmente infastidito. «State bloccando il passaggio.» I tre se ne andarono borbottando qualcosa di incomprensibile. Come se gliene importasse qualcosa.

«G-grazie» balbettò il ragazzino, asciugandosi gli occhi. Tsukishima abbassò lo sguardo nella sua direzione, come accorgendosi solo allora che anche lui non se n'era andato come gli altri. «I-io mi chiamo Yamaguchi Tadashi. Tu?» si presentò con un piccolo sorriso.

Tsukishima ci mise una frazione di secondo a decidere. Se sto con un Tassorosso, Kuroo mi lascerà in pace? «Tsukishima Kei.»

 

* * *

 

Kenma era in anticipo. Lui e Kuroo dovevano incontrarsi in biblioteca per le due, ma Kenma aveva fatto male i conti e si era trovato a ciondolare fuori dalla sala addirittura un quarto d'ora prima.

Non aveva voglia di entrare subito, quindi si appoggiò al muro ed estrasse un videogioco: di norma ad Hogwarts quegli aggeggi non funzionavano, ma il suo doveva essere evidentemente qualcosa di magico. Kenma sospettava di averlo reso in qualche modo indistruttibile quando era piccolo, e questo lo rendeva la migliore console di tutti i tempi. Era impegnato in un livello piuttosto complicato quando si sentì letteralmente investire da una specie di piccolo tornado arancione, e venne sbattuto a terra.

«Oddio! Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace!» strillò una voce di fianco a lui. «Non ti avevo visto, ti ho fatto male?»

Kenma lanciò una rapida occhiata al game-boy (non si era neanche incrinato lo schermo, benedetto videogioco) e poi afferrò la mano che gli si porgeva per tirarsi in piedi. «Sto bene, grazie» mormorò.

«Mi sa che mi sono perso» si scusò il ragazzino. «Stavo facendo una gara con Kageyama per raggiungere la Torre di Grifondoro, ma chissà dove sono capitato! Questi corridoi sono tutti uguali!» si lamentò, prendendosi la testa tra le mani.

Kenma lo studiò per un istante. Doveva essere al primo anno, considerata la sua altezza. Aveva folti capelli arancioni, e gli occhi nocciola gli davano l'impressione di essere uno che non stava mai fermo. Di norma Kenma non andava molto d'accordo con tipi del genere, ma quello in particolare lo incuriosiva. «La Torre di Grifondoro è da tutt'altra parte» lo informò, inespressivo. «Qui c'è la biblioteca.»

Il ragazzino arrossì. «Oh, ehm, mi dispiace... Sono qui da un mese, ma ancora non riesco proprio ad orientarmi!»

Questo era qualcosa con cui Kenma poteva relazionarsi: i primi tempi aveva dovuto chiedere indicazioni a così tanti quadri che ormai li conosceva tutti per nome. «Posso spiegarti la strada, se vuoi. Non è molto difficile» propose.

Gli occhi del ragazzino si illuminarono. «Sul serio? Oh, magari così riuscirò a battere Kageyama! Sai, lui è un tizio davvero antipatico. Mi insulta sempre» si imbronciò. Ma poi i suoi occhi si addolcirono. «Però, come dire, non è proprio un disastro. Sai, tutta la sua famiglia è sempre stata Serpeverde, ma lui è Grifondoro come me. Conosce un sacco di ragazzini in Serpeverde, perché i suoi genitori lo facevano giocare con loro, ma tutti lo odiano. Quindi io credo che debba solo dimostrare che può essere un grande mago anche in Grifondoro! È molto bravo con gli Incantesimi, sai. Più di me!» si imbronciò. Poi sembrò ricordarsi che stava parlando con Kenma, e arrossì di botto. «Oh, scusami, sicuramente non te ne importa nulla» balbettò.

Kenma inclinò la testa. «Non fa niente, tanto non avevo niente da fare» rispose educatamente. «Ti posso disegnare una mappa, se vuoi.»

Il ragazzino annuì con entusiasmo, e Kenma eseguì l'operazione senza problemi. «Grazie davvero, mi hai salvato! Oh, a proposito, non mi sono presentato! Io mi chiamo Hinata Shouyou, e tu?»

«Kozume Kenma.»

Il ragazzino sfoderò un sorriso enorme, poi alzò la mano in un saluto e schizzò via.

Da quel giorno, Kenma iniziò a cercare quasi automaticamente quella chiazza arancione in giro per i corridoi o nella Sala Grande, e si stupiva ogni volta quando quello, avendolo riconosciuto, sollevava la mano in ampi cenni di saluto. «Ciao, Kenma!» strillava sempre.

Kuroo, la prima volta che successe, inarcò un sopracciglio. «E quello chi è?» domandò, sulla difensiva.

Kenma si strinse semplicemente nelle spalle. «Shouyou» rispose. E gli spiegò come si erano conosciuti. Kuroo gli scompigliò i capelli e chiocciò qualcosa sul suo “piccolo Kenma” che faceva “nuove amicizie”, ma Kenma non lo stette a sentire: stava fissando il ragazzo coi capelli neri e lo sguardo truce che litigava con Shouyou. I due iniziarono a battibeccare sempre più forte, e Kenma iniziò a chiedersi se non fosse il caso di dire qualcosa al tizio dai capelli neri, ma poi notò qualcosa nei loro sguardi, qualcosa che lo fece sentire immediatamente più tranquillo.

 

 



 

Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Ed eccomi a esordire con la mia prima long in questo fandom ^^
Questa è un'idea che mi ronzava in testa da un po', ma non preoccupatevi: la storia è già tutta scritta nel mio pc, quindi non vi farò aspettare molto! Sono sei capitoli, quindi non dovrete nemmeno sorbirvi chissà cosa.
Intanto, che ve ne pare del primo capitolo? Ho riflettuto molto sugli Smistamenti dei personaggi, e credo che queste siano le soluzioni che più si adattano ai loro caratteri. Ovviamente questa è la mia interpretazione, e se voi avete sempre visto, non lo so, Kuro e Tsukki a Corvonero piuttosto che Kenma Sperpeverde o Iwa-chan Tassorosso non voglio in nessun caso dire che la vostra opinione sia sbagliata: semplicemente, a me piace immaginarli così ^^
Ho amato scrivere di loro in quest'ambientazione, è un'atmosfera davvero affascinante: sia prima di Hogwarts che dopo. Forse dipende dal fatto che non ho mai veramente superato il trauma di non esserci andata, ehm ehm. COMUNQUE, spero tanto che questo primo capitolo-introduzione vi sia piaciuto! Nel prossimo vedremo un salto temporale di qualche annetto, e farà la sua magica comparsa anche Akaashi *.* (vi prego non giudicatemi, io lo amo oltre ogni ragionevole limite dettato dall'umano buonsenso).
Grazie a tutti quelli che rencensiranno, metteranno tra le preferite/seguite/ricordate! Un bacione a tutti, vostra
Emma <3

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Capitolo 2
*** II ***


* * *

 

«Ottimo lavoro, Oikawa, Iwaizumi. Dieci punti a Serpeverde e dieci punti a Grifondoro» si complimentò il professore dopo aver dato un'occhiata alla pozione che ribolliva nel calderone.

Oikawa gongolò. «Tutto merito mio! Iwa-chan dovrebbe essere grato di essere il mio compagno: riesco sempre a fargli guadagnare punti senza fare fatica!»

Per tutta risposta Iwaizumi gli sferrò un pugno nelle costole. «Chi è che stava confondendo le radici di margherita con quelle di mandragola?» domandò.

Oikawa mise il broncio. «Sono radici, Iwa-chan! Radici! Com'è possibile distinguerle?»

Iwaizumi lo gelò con un'occhiataccia. «Magari leggendo le etichette» sibilò.

Oikawa sorrise spensierato mentre iniziavano a sistemare le cose per poi andare a pranzo. «Massì, cosa importa? Quello che conta è che abbia capito il concetto, Iwa-chan, il concetto» ribadì. «Per i M.A.G.O. basta questo!»

Iwaizumi voleva ribattere che non era sicuro che fosse proprio così, ma desistette in fretta: dopotutto, Oikawa era davvero bravo. Non solo in Pozioni, ma in tutte le materie. Lo avevano chiamato genio, e non per niente.

«Cosa ci sarà per pranzo?» si chiese Oikawa mentre camminavano fianco a fianco lungo i corridoi che portavano alla Sala Grande.

Iwaizumi si grattò la testa. «Credo l'arrosto.»

Oikawa annuì e rimasero in silenzio per un po', finché Iwaizumi non sospirò. «E va bene, dimmi: che succede?»

Oikawa alzò la testa di scatto. «Di cosa parli?»

«Andiamo, non credere che non me ne sia accorto» ribatté Iwaizumi scuotendo la testa. «È tutto il giorno che ti comporti in modo strano. Prima ti alzi tardi, poi fai confusione a Pozioni, e hai quell'espressione addosso. Dimmi che succede» ordinò, le braccia incrociate.

Oikawa parve sorpreso per un istante, poi chiuse gli occhi e sorrise. «Non ti posso proprio nascondere niente, eh?» lo prese in giro. «Ho messo il mio nome nel Calice di Fuoco» confessò allora, calmo.

Iwaizumi sgranò gli occhi, a corto di parole. «Tu hai... cosa?» balbettò alla fine.

«Lo sapevo che ti saresti arrabbiato!» piagnucolò Oikawa incrociando le braccia.

Iwaizumi scosse la testa, incredulo. «Non sono arrabbiato, sono... sei sicuro?» domandò, preoccupato.

C'era qualcosa, in Oikawa, che lo aveva sempre fatto preoccupare. Lui era sempre allegro, sempre spensierato, e dall'esterno poteva sembrare una persona senza pensieri, ma Iwaizumi sapeva che non era così: Oikawa nascondeva una grande fragilità, un bisogno di sentirsi il migliore, in ogni circostanza. E quando questo non succedeva... beh, per quello c'era Iwaizumi. Ma a volte neanche lui era abbastanza. E se Oikawa non fosse stato scelto? Peggio ancora, se fosse stato scelto e poi avesse perso?

«Sì, sono sicuro» rispose però Oikawa, lo sguardo duro come il diamante. Osservando quegli occhi, Iwaizumi si rilassò un pochino.

«Beh, comunque la prossima volta avvisami, prima di fare tutto di testa tua!» ordinò tirandogli un pugno in testa, tanto per mettere bene in chiaro le cose.

Oikawa rise, massaggiandosi la testa. «Sì, sì. Tanto tu non hai ancora diciassette anni, non avresti potuto partecipare neanche se avessi voluto!» lo prese in giro.

Iwaizumi scosse la testa. «A me non interessano queste cose» rispose, ed era la verità.

Oikawa lasciò vagare lo sguardo fuori dalla finestra. «E poi, potrebbe essere la mia occasione di dimostrare di essere più bravo di Tobio-chan!» aggiunse con noncuranza.

Iwaizumi trattenne bruscamente il fiato. «Dimmi che non l'hai fatto per questo» ringhiò.

«Cosa? Eh? Ma no! Iwa-chan, per chi mi hai preso?» rispose subito Oikawa, gonfiando le guance. «Però, beh, non posso negare che non abbia aiutato» aggiunse dopo un po'. «Voglio dire, hai visto quello che riesce a fare? Mi ha persino battuto a Quidditch! Alla sua età io...» attaccò con foga, ma Iwaizumi non gli permise di continuare.

«Non ricominciare» lo zittì. «Te l'ho già detto milioni di volte: se il vostro talento è diverso, non significa che lui sia migliore di te. E tra parentesi, se Grifondoro ha battuto Serpeverde a Quidditch il merito è soprattutto mio» ghignò, guadagnandosi un'occhiata oltraggiata. «Tu sei forte. E inoltre» aggiunse sollevando la voce, avendo visto che l'altro apriva la bocca per ribattere, «non devi dimostrare niente a nessuno. Studi con più impegno di chiunque altro, in questa scuola. Passi più tempo in biblioteca che sul campo da Quidditch!» lo accusò. Ed era vero: Iwaizumi ricorda ancora quella volta che si era ritrovato davanti alla Sala Comune dei Serpeverde alle tre del mattino a sbraitare finché Oikawa non era uscito, gli occhi appannati dal sonno e un libro sotto braccio, e Iwaizumi l'aveva letteralmente costretto a forza ad andare a letto. E ancora credeva di non essere all'altezza di un ragazzino che, va bene, avrà avuto un talento speciale, ma non sapeva nulla degli sforzi e dell'impegno di Oikawa? «Sei troppo duro con te stesso. Vuoi partecipare al Torneo Tremaghi? Liberissimo. Ma non venirmi a dire che lo fai per qualcun altro. Fallo per te stesso» concluse, serio.

Oikawa lo fissò stupito per un istante, poi sorrise. «Iwa-chan è sempre così buono con me» canticchiò, saltandogli addosso da dietro. Iwaizumi lo spinse via con rabbia, ma questo non impedì ad Oikawa di essere allegro per tutto il resto della giornata.

 

* * *

 

«A questo punto, per favore, mettetevi a coppie: un telescopio ogni due persone.»

Akaashi sospirò: i corsi di Hogwarts gli piacevano, per carità, anche se sentiva un po' la nostalgia di Beauxbatons. Era solo che, beh, era difficile relazionarsi con così tanta gente nuova, tutto d'un tratto. Aveva conosciuto molte persone, alcune delle quali abbastanza simpatiche, ma anche adesso che erano passati già diversi mesi e si avvicinava Natale, Akaashi non poteva dire di aver legato particolarmente con nessuno.

Fu per questo che, quando il professore diede l'annuncio, Akaashi si sentì un po' a disagio nel lasciar scorrere lo sguardo per la Torre di Astronomia alla ricerca di qualcuno con cui fare coppia. Alla fine lo sguardo gli cadde su un ragazzo dall'aria smarrita poco lontano da lui: aveva dei capelli assurdi, tutti sparati in aria e molto probabilmente tinti. «Hai già un compagno?» gli chiese, avvicinandosi.

Quello sobbalzò. «Ah! No, scusami, uhm, non ero attento mentre il professore parlava e non capivo perché tutti si fossero alzati» ridacchiò, grattandosi la testa. «Però, uhm, va benissimo. Cioè, se vuoi fare coppia con me- non nel senso di fare coppia coppia, ma per il telescopio, anche se io sono un po' una frana in questo genere di cose, e-» iniziò a blaterare il ragazzo, partito per la tangente.

Akaashi sorrise, sentendosi un po' più tranquillo. «Non preoccuparti, ho capito» lo rassicurò. «In verità non sapevo a chi chiedere, visto che non conosco molta gente.»

Il ragazzo sgranò gli occhi. «Io credevo che uno come te avesse già fiumi di amici! Voglio dire, sei così...» esitò, come alla ricerca della parola giusta. «Oh, non importa. Io sono Bokuto Koutarou, molto piacere!» sorrise.

Akaashi non poté evitare di sorridere a sua volta: era contagiosa, l'energia che quel ragazzo sprigionava. «Akaashi Keiji. Piacere di conoscerti, Bokuto-san» rispose.

«Sì, lo so come ti chiami» disse subito Bokuto. «Ci siamo visti ogni tanto nei corridoi, e a lezione, se non sbaglio. Allora, cosa dobbiamo fare?» domandò Bokuto, prendendo posto.

«Una mappa sul movimento di Urano» spiegò Akaashi, srotolando una pergamena. «A Dicembre si vede molto bene, lo sapevi?»

Bokuto si imbronciò. «Non ci capisco molto, di Astrologia» sbuffò. «È tutto così complicato! I moti, i nomi, i numeri...» gemette.

Akaashi abbozzò un sorriso. «È complicato, è vero, ma... è anche bello, non trovi?» domandò. «Voglio dire, le stelle. Sono belle, giusto?»

Bokuto incrociò le braccia come un bambino piccolo, ma sollevò lo sguardo verso Akaashi. «Tu dici?»

Quello annuì. «Dipende tutto dall'approccio che usi. E questo vale per ogni materia» cercò di spiegare. «Devi cercare di fare in modo che la cosa ti piaccia, così ti verrà voglia di studiarla.»

Bokuto sembrava scettico. «Cosa c'è di interessante in Urano?» si lamentò.

Akaashi ci pensò su. «Per esempio, lo sai che un giorno, su Urano, dura ottantaquattro anni?» sorrise.

Bokuto sgranò gli occhi. «Davvero?»

Akaashi annuì. «E a causa della sua inclinazione, i poli Nord e Sud sono i punti più caldi del pianeta, mentre all'Equatore ci sono i punti più freddi» proseguì.

Gli occhi di Bokuto brillavano. «Sul serio? Akaashi, ma è davvero interessante! Perché nessuno me le spiega mai così, le cose?» si imbronciò.

Akaashi stava cominciando a comprendere un po' il soggetto. Aveva intravisto Bokuto altre volte, in giro per Hogwarts o a cena, e l'aveva sempre trovato circondato di persone. Ma non c'era nessuno con cui fosse davvero in confidenza, fatta eccezione per un paio di ragazzi di altre Case, un Serpeverde e un Corvonero che sembravano incollati insieme. Probabilmente Bokuto era un tipo che si eccitava facilmente, così come si abbatteva facilmente se qualcosa lo disturbava. Di norma un comportamento del genere lo avrebbe tenuto alla larga: Akaashi preferiva starsene per conto suo, o in alternativa circondarsi di persone silenziose. Eppure c'era qualcosa, in Bokuto, che gli faceva venire voglia di conoscerlo meglio, di passare del tempo insieme.

«Adesso facciamo questa mappa, Bokuto-san» propose Akaashi. «Dopodiché, se vorrai, potremmo trovarci a studiare insieme, qualche volta» azzardò.

Bokuto sgranò gli occhi, incredulo. «D-dici davvero?» balbettò. «Ma certo che mi va! Sai, ti ho visto spesso in giro, e- Akaashi, non vedo l'ora di studiare con te!» esclamò, un sorriso che quasi usciva dal volto quanto era ampio.

Akaashi abbassò lo sguardo, arrossendo leggermente.

La lezione proseguì senza problemi, Bokuto che parlava del più e del meno e Akaashi che ascoltava. Il chiacchiericcio di Bokuto era qualcosa di rassicurante, specialmente per uno come lui che non si trovava troppo a suo agio a fare lunghi discorsi. Il giorno seguente si trovarono per studiare come stabilito, e Bokuto si sorprese di quante cose Akaashi sapesse. «Ma sei una specie di genio?» domandò, sconfortato, dopo che Akaashi gli ebbe risolto un esercizio di Artimanzia particolarmente complicato.

«No, Bokuto-san, è che queste cose a Beauxbatons si fanno al quinto anno» spiegò Akaashi. «Avendole fatte l'anno scorso, ce le ho ancora in mente, ecco tutto.»

Bokuto rizzò la testa. «Aspetta, quanti anni hai?»

«Sedici» rispose Akaashi. «A Beauxbatons ci hanno permesso di tentare per il Torneo Tremaghi a partire dai sedici anni. Io però sono stato l'unico minorenne ad aver superato la prova di ammissione insieme a Kiyoko-san e gli altri, così mi fanno partecipare alle loro stesse lezioni» spiegò, scrollando le spalle.

Quando alzò lo sguardo su Bokuto, lo trovò che sorrideva. «Sono contento che tu sia venuto ad Hogwarts, Akaashi!»

Tentando in tutti i modi di non arrossire troppo, Akaashi replicò: «Anche io sono contento di essere venuto.» E per la prima volta da quando era arrivato, lo intendeva davvero.

 

* * *

 

Hinata saltellava impaziente. «Kageyama! Muoviti, muoviti, muoviti! Dobbiamo allenarci!» strillò, la scopa tra le mani.

Finalmente la testa del ragazzo spuntò dalla porta del dormitorio. «Eccomi! Ma ti sembra il caso di urlare tanto?» sbraitò, urlando ancora più forte.

I due si guardarono fisso per qualche istante, poi Hinata scattò. «Chi arriva primo!» gridò, già a metà della Sala Comune. «Ehi, non vale!» ruggì Kageyama, accelerando bruscamente.

Raggiunsero il campo di Quidditch entrambi grondanti di sudore.

«Siete in ritardo» li ammonì Sawamura Daichi, inarcando un sopracciglio.

«Scusa, Capitano» ridacchiò Hinata mentre cercava di recuperare il fiato. «È questo idiota che ha fatto tardi!»

«Perché tu hai occupato il bagno per due ore!» reagì subito Kageyama.

Era sempre così, tra loro due: non facevano che litigare dalla mattina alla sera, anche per i motivi più stupidi. Ma tutto sommato, a Hinata la cosa non dispiaceva più di tanto. Anzi, nonostante tutto, se qualcuno gli avesse chiesto chi fosse il suo migliore amico, avrebbe risposto Kageyama senza pensarci due volte.

Perché loro due si capivano, si capivano davvero. Kageyama era un genio, e questo era stato ovvio fin dal primo giorno di scuola. Non che Hinata fosse un incapace, ma Kageyama era semplicemente un livello superiore. Hinata comunque non si era fatto problemi a sfidarlo, fin dal primo giorno, sull'Espresso per Hogwarts. E da quel momento erano sempre stati fianco a fianco, non importa cosa.

«Okay, non fa niente. Coraggio, possiamo cominciare! Stracceremo anche Corvonero e Tassorosso e vinceremo la Coppa di Quidditch!»

Hinata catturò lo sguardo di Kageyama e sorrise. «Andiamo!»

Dagli spalti, Oikawa stava fissando l'allenamento con la bocca stretta in una linea dritta. Iwaizumi stava segnando punti su punti, lanciandogli un'occhiata di vago rimprovero di tanto in tanto, ma Oikawa non ci faceva caso: aveva occhi solo per Tobio-chan.

Era così evidente. Come faceva il gamberetto a non accorgersi del modo in cui l'altro lo guardava? Povero Tobio-chan, si ritrovò a pensare con un verso di scherno. Siamo nella stessa barca, a quanto pare. Eppure faceva male lo stesso, perché Tobio-chan era nella stessa Casa del suo amichetto, lo vedeva tutte le mattine appena sveglio, giocavano a Quidditch nella stessa squadra. Anche questo, giusto, universo? Ci mancava solo.

La famiglia Kageyama e quella Oikawa si conoscevano da tempo, e infatti loro due si erano già incontrati varie volte prima di andare ad Hogwarts. E quell'idiota, con la sua aria da finto ingenuo e il suo dannato talento innato, gli era persino venuto a chiedere qualche consiglio. Oikawa non riusciva proprio a sopportarlo. Accorgendosi del suo interesse per il gamberetto, all'inizio, aveva provato un senso di euforia quasi impossibile da spiegare. Finalmente, qualcosa che non va come vuole lui.

Ma si stava illudendo, e lo sapeva. Per quanto idiota e tardo fosse quell'Hinata Shouyou, prima o poi avrebbe capito i sentimenti di Tobio-chan. E li avrebbe accettati, ovviamente: chi non l'avrebbe fatto? Un povero ragazzino incompreso che è finito nella Casa sbagliata ma va avanti a testa alta sfidando il mondo intero, un diamante grezzo, un germoglio che sta sbocciando, il mago più potente dell'ultimo secolo, il giocatore più brillante, il pozionista più abile... Oikawa si sentiva perso.

Certo, c'era Iwa-chan. Ogni volta che Oikawa si sentiva sull'orlo della rottura, ecco che arrivava lui a rimettere insieme i pezzi. Sei forte. Non devi paragonarti a lui. Sei diverso. (Sei abbastanza). Ma non sarebbe bastato. Non finché Tobio-chan continuava a superarlo in tutto. E non finché il gamberetto gli sorrideva così, e Tobio-chan sorrideva di rimando, mentre Iwa-chan non si sarebbe mai neanche sognato di pensare a lui in quel modo.

Oikawa si alzò di scatto, non riuscendo più a sopportare quella vista.

Comunque, non aveva tempo da perdere. Doveva allenarsi: alla prima prova mancava solo una settimana.

 

* * *

 

«Kuroo! Non ci crederai mai, è meraviglioso!» gridò Bokuto facendo irruzione nella Sala Grande.

Il Serpeverde sollevò subito lo sguardo. «Akaashi?»

Bokuto annuì con entusiasmo. «Sì! Non ci crederai mai: ero in Guferia come al solito e l'ho incontrato, tutto, solo, mentre accarezzava un gufo! Ti rendi conto?»

Kuro ghignò appena. «Ma dai.» L'esorbitante attrazione che provava Bokuto nei confronti dei gufi non era un mistero per nessuno: ecco un altra voce che andava ad aggiungersi nella lista di Bokuto sul perché Akaashi fosse la perfezione fatta persona.

«Non potevo crederci! E poi, oh, non ti ho ancora detto la parte migliore! Mi ha chiesto come stavo andando in Pozioni, e io gli ho detto la verità, cioè che con il suo aiuto sono riuscito persino a prendere una A piena, il che è assurdo, e lui ha sorriso! Ha sorriso, capisci? E non mi ha detto che parlo troppo, mi ha ascoltato, mi ha fatto delle domande e oddio, ha detto che pensa che potrei persino prendere un M.A.G.O. in Pozioni se mi impegno, e comunque poi abbiamo parlato dei gufi e mi ha spiegato che stava scrivendo a casa perché sai com'è, visto che Beauxbatons è così lontana sente un po' la nostalgia di casa, ma mi ha detto che quando sta con me sente un po' meno nostalgia e-» Kuro inarcò un sopracciglio e fece per interromperlo, ma Bokuto chiuse gli occhi e gridò: «emihachiestodiandareconluialBallodelCeppoeglihodettodisì!»

Kuroo sbatté due volte le palpebre, sorpreso. «Come, scusa?» chiese, nel caso in cui non avesse sentito bene.

«Mi ha chiesto di andare con lui al Ballo del Ceppo, e gli ho detto di sì» ripeté Bokuto, gli occhi che brillavano. «E stava anche arrossendo! Cioè, sai che è una settimana che cerco di chiederglielo, ma col fatto che lui è sempre insieme a quegli altri di Beauxbatons non c'ero mai riuscito, e invece adesso...» lasciò cadere la frase con gli occhi sognanti.

Kuroo annuì, sorridendo incoraggiante. «Beh, congratulazioni!» gli batté una mano sulla spalla.

Bokuto gli sorrise di rimando. «Grazie, amico! Ora devo andare, tra pochissimo ho lezione di Cura delle Creature Magiche! Ci vediamo!» lo salutò, correndo via.

Kuroo sollevò la mano in segno di saluto, e osservò la figura del Grifondoro sparire oltre il portone.

«Perché quella faccia?»

Kuroo sobbalzò, voltandosi di scatto. «Kenma! Oddio, piantala di farmi prendere certi spaventi!»

L'altro si strinse nelle spalle. «Non è colpa mia se eri distratto» si limitò a commentare. «E comunque, non mi hai risposto» riprese, fissandolo dritto negli occhi con quelle sue pupille da gatto. «Perché quella faccia?»

Kuroo si grattò la testa, a disagio. «Ma a voi Corvonero non si può proprio nascondere niente?»

Kenma lo fissò, scettico. «Solo ai Corvonero che conosci da quando avevi sei anni» ribatté. «Allora? È per quell'Akaashi, vero?»

Kuroo sospirò, un sorriso colpevole in volto. «È così evidente?»

«Non per Bokuto» lo rassicurò velocemente Kenma. «Per lui è impossibile che qualcuno veda Akaashi in cattiva luce.» Gli scoccò un'occhiata di vago rimprovero.

«Non dico che lo odio» si difese Kuroo. «È che... andiamo, quante volte hai visto Bokuto andare fuori di testa per un ragazzo? E com'è andata a finire ogni volta?» domandò, incrociando le braccia. «Con un Bokuto distrutto, e io lì a raccogliere i pezzi!»

Kenma non si scompose. «E chi ti dice che con Akaashi non sarà diverso?» rilanciò.

Kuroo inarcò un sopracciglio. «Ma l'hai visto? Tutto composto, freddo, educato...» rabbrividì. «E l'accento francese, Kenma! Non fidarti mai di qualcuno che ha l'accento francese!» proseguì, disperato, gettandogli un braccio intorno alle spalle.

«A parte il fatto che il suo accento praticamente non si nota» ribatté Kenma scostando il braccio di Kuroo. «Non lo chiamerei un parametro di valutazione che si rispetti. A me invece Akaashi sembra una brava persona. Non è un difetto essere educati, sai.»

Kuroo sospirò. «Lo so, è solo... Ho una brutta sensazione.»

Kenma scosse la testa. «Allora fattela passare. Bokuto ha bisogno del tuo supporto, specialmente ora che le cose stanno per farsi serie. Come credi che la prenderebbe sapendo che il suo quasi-ragazzo e il suo migliore amico non si sopportano?»

Kuroo sollevò le braccia in segno di resa. «E va bene, mi hai convinto. Sempre così ragionevole» sputò, come se fosse un insulto.

Kenma si lasciò sfuggire l'ombra di un sorriso. «Sì, me l'hanno detto» scherzò. «Ora va' a lezione, non puoi saltare Artimanzia.»

Kuroo piagnucolò un “perché no”, ma fu prontamente zittito da un'occhiataccia: certo che Kenma sapeva essere davvero spaventoso, quando ci si metteva.

Kuroo ricordava quando lo aveva conosciuto, ancora da bambini: provenivano entrambi da famiglie Purosangue e i genitori li portavano spesso a giocare insieme. Kenma non parlava mai con nessuno, ai tempi, e Kuroo si era sentito terribilmente orgoglioso del fatto di essere l'unico in grado di farlo sentire a suo agio, l'unico che il ragazzino chiamasse “amico”. Quando era dovuto andare ad Hogwarts senza Kenma era stata davvero dura per lui: certo, si erano scritti molto, ma non era la stessa cosa. Senza contare che Kenma non era di molte parole, nemmeno quando scriveva. L'anno successivo, poi, quando Kenma era finalmente arrivato ad Hogwarts, ecco che non veniva Smistato in Serpeverde, ma in Corvonero! Kuroo aveva come l'impressione che il destino ce l'avesse a morte con lui. Ma era stato a quel punto che Kenma lo aveva sorpreso. Infatti, quando Kuroo era stato sul punto di spedire una Strillettera al Preside per imporgli di farlo cambiare Casa, Kenma si era stretto nelle spalle e gli aveva detto: «E che problema c'è? Possiamo essere amici lo stesso, no?» E aveva mantenuto la parola. I due si vedevano tutti i giorni in giardino o in Sala Grande, studiavano insieme e andavano ad Hogsmeade insieme. Il loro rapporto negli anni si era fatto sempre più solido, e questo era qualcosa per cui Kuroo sarebbe sempre stato grato.

Persino se implicava il fatto che no, non poteva assolutamente saltare Artimanzia.

Anche perché, altrimenti, con chi avrebbe potuto passare il tempo, tra i suoi compagni di Casa? Oikawa?

 

* * *

 

«Iwa-chaaaan!»

Poteva far finta di non averlo sentito. Poteva fare così, e sarebbe andato tutto bene.

«Iwa-chaaaan, lo so che mi hai sentito!»

Iwaizumi sospirò, voltandosi a guardare il ragazzo che veniva di corsa verso di lui. «Che cosa vuoi, Shittykawa?» sbottò. «Non dovresti allenarti con quell'incantesimo per respirare sott'acqua o quello che era?»

Oikawa lo raggiunse strizzandogli l'occhio. «Ma grazie a Iwa-chan ormai lo so fare alla perfezione!» proclamò, sollevando il pollice alzato. «Allora, come ci si sente a camminare di fianco a una celebrità?» domandò poi, iniziando a camminare.

Iwaizumi gli rifilò un pugno nel fianco. «Ma che celebrità!» lo prese in giro. «Ci mancava solo questa storia del Torneo Tremaghi per alimentare il tuo ego» gemette.

«Ah, quindi questo è il tuo modo per ammettere che mi sei vicino non per il mio status di celebrità indiscussa, ma semplicemente perché non puoi fare a meno della mia presenza?» chiese Oikawa, malizioso.

«Ma sei tu che sei venuto a darmi fastidio!» sbottò Iwaizumi, esasperato. Poi però il suo sguardo si addolcì un po'. «Sei sicuro di essere pronto? Manca poco alla seconda prova.»

Oikawa annuì. «Porterò onore e gloria alla grande Casa dei Serpeverde. Tsukki-chan sarà fiero del suo senpai» canticchiò.

Iwaizumi non riuscì a trattenere una risata. «È quello che ti ha chiamato “patetico” l'altro giorno a pranzo?»

Oikawa mise il broncio. «Iwa-chan è cattivo» borbottò. «A proposito, ci vieni...»

«No» lo bloccò subito Iwaizumi.

«Ma dai, non sai neanche cosa volevo chiederti!» si offese Oikawa.

«Non ci vengo al Ballo del Ceppo con te, Trashikawa» lo liquidò Iwaizumi senza battere ciglio.

Oikawa si portò drammaticamente una mano sulla fronte. «Sono il campione di Hogwarts! Il campione!» gemette. «E poi, sono bellissimo! Ventisette ragazze mi hanno già chiesto di essere il loro accompagnatore, e io le ho rifiutate tutte dicendo che ero già occupato!»

Iwaizumi sbuffò, alzando gli occhi al cielo. «Stamattina erano ventotto. Che è successo, una si è ritirata?»

Oikawa mise il broncio. «Non è colpa mia se sono così tante che non me le ricordo nemmeno» ribatté facendogli la linguaccia. «E me l'hanno chiesto anche tanti ragazzi, sai? Scommetto che a Iwa-chan non l'ha ancora chiesto nessuno!»

Iwaizumi si grattò la testa. «In realtà stamattina una Grifondoro del quarto anno è venuta a chiedermi se andavo già al Ballo del Ceppo con qualcuno…» buttò lì, giusto per godersi la faccia drammaticamente tradita di Oikawa.

«Voglio sperare che tu le abbia detto di no» annaspò il ragazzo, visibilmente nel panico. «Cioè, io e te siamo... Voglio dire...» Iwaizumi non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere. Anche per lui era difficile parlare di quella cosa senza imbarazzarsi -erano passate già due settimane, ma faceva ancora fatica a crederci-, ma vedere Oikawa che balbettava, incapace di dire cosa esattamente fossero loro due, era troppo esilarante. «Le ho detto di no» lo informò alla fine.

Gli occhi di Oikawa si illuminarono. «Quindi ci vieni con me?» domandò.

«Mmm... Vedrò» rispose alla fine.

Oikawa gli saltò letteralmente in braccio, rischiando di farli cadere tutti e due a terra. «Grazie! Graziegraziegraziegrazie! Sabato andiamo a Hogsmeade per vedere se troviamo dei vestiti che si intonano, è deciso!»

«Ma io- Io non ho detto-» annaspò, nel disperato tentativo di non rovinare a terra.

Poi però intercettò lo sguardo tanto entusiasta di Oikawa, così genuinamente felice, che non ebbe cuore di dire niente di diverso da: «… Okay.»

Dopotutto, Iwaizumi non lo aveva visto così felice da quella volta sul Lago Nero. Era stato dopo la prima prova: Ushijima, il campione di Durmstrang, lo aveva stracciato in un duello di magia, battendo anche la campionessa di Beauxbatons, Kiyoko. Curiosamente, le cose da quel momento erano andate così bene che Iwiazumi aveva quasi pensato di andare a ringraziare personalmente Ushijima.

Oikawa stava piangendo seduto su una roccia quando l'aveva trovato (Iwaizumi lo trovava sempre, non importava dove si andasse a nascondere). «Ehi.»

Oikawa alzò la testa, la scia delle lacrime ancora ben impressa sulle guance. «Iwa-chan...»

Non c'era molto da dire, quindi Iwaizumi si sedette semplicemente vicino a lui. Era stato un combattimento molto emozionante, e Oikawa aveva combattuto bene. Ma questo gliel'avevano già detto tutti, e Iwaizumi sapeva che ripeterlo sarebbe stato inutile.

«Non sono stato abbastanza forte» sussurrò Oikawa dopo un po', lo sguardo perso nel Lago Nero. «Se solo fossi stato più veloce con quell'Incantesimo Scudo… S-sono sicuro che Tobio-chan sarebbe riuscito a farlo in molto meno tem-» iniziò, la voce tremante, ma Iwaizumi lo interruppe sferrandogli una testata sul naso che prese a sanguinare, sbattendolo a terra da quanto era forte. «Adesso basta!» gridò. «Sono stufo di sentirtelo ripetere. Non sono abbastanza forte, non sono abbastanza veloce, non sono abbastanza... Smettila! È vero, hai perso. Beh, sai che roba, non si può vincere sempre. Questo non fa di te una persona peggiore, ci siamo intesi? Né significa che sei meno… degno… del rispetto della gente, dell'approvazione degli altri o qualsiasi altra cosa tu stia pensando.» Oikawa lo fissava con gli occhi sgranati, la mano che teneva il naso sanguinante. «Non sei solo, Oikawa. Non devi affrontare tutto questo da solo. Da quando sei stato scelto come Campione di Hogwarts mi hai a malapena rivolto la parola, tutto preso dai tuoi “devo studiare di più” e “devo farcela da solo”. Beh, d'ora in poi ti farai aiutare, che ti piaccia o no.» Il suo tono si addolcì leggermente. «Tu sei forte. E non sei da solo» ripeté con ancora più enfasi.

Oikawa rimase in silenzio per un po', poi il suo volto si sciolse in un sorriso incredulo. «Sai, tutto d'un tratto mi sento invincibile» disse solo.

Iwaizumi borbottò qualcosa di incomprensibile, arrossendo leggermente, e Oikawa ridacchiò. «Vuoi sapere una cosa?»

«Dimmi.»

«Potrei essermi innamorato di te, Iwa-chan» disse Oikawa con aria scanzonata.

Iwaizumi, che si era alzato in piedi nella foga del discorso, fece un balzo per la sorpresa e scivolò all'indietro, sulla roccia di prima. «Io- tu- cioè, cos-» balbettò, rosso come un peperone. Poi si voltò a fissare di nuovo l'espressione di Oikawa, e nei suoi occhi lesse una determinazione fortissima, mista però a qualcos'altro: una specie di paura, e di esitazione. Il pensiero di essere lui la causa di tutto quello gli smosse qualcosa di caldo nello stomaco.

E improvvisamente non c'era più il lago, o il prato, o le rocce o le stelle. C'erano solo le mani di Oikawa, e le sue labbra, e il suo sapore e il suo profumo e i suoi capelli e i suoi occhi, oh, i suoi occhi. C'era una galassia intera, in quegli occhi.

Iwaizumi sorrise e approfondì il bacio, sentendo sotto la pelle il calore di tutte le stelle del firmamento.

 

* * *

 














Angolo autrice:
Eccomi di nuovo qua col secondo capitolo! Finalmente abbiamo introdotto tutti i personaggi di questa fanfiction, spero che nessuna coppia finora vi abbia delusi! ^^
C'è stato anche un bel salto temporale, spero che questo non vi abbia eccessivamente delusi: avrei amato parlare della crescita di tutti i nostri cosini, ma ho voluto saltare direttamente -quanti, quattro anni?- per potermi focalizzare sulla vicenda che avverrà durante quest'anno, l'ultimo per Oikawa, Iwa-chan, Kuroo e Bokuto, sesto per Kenma e Akaashi, quinto per Tsukki, Yama, Hinata e Kageyama.
Alla fine ho deciso di mettere Akaashi a Beauxbatons. Non tanto perché fossi indecisa su una Casa (se avessi dovuto scegliere, l'avrei messo  Corvonero senza sbattere ciglio), ma... mi piaceva l'idea di lui e Bokuto che si conoscono tardi, non da bambini ma nell'adolescenza. E per mantenere questa parte di canon ho dovuto fare in modo che appartenesse ad un'altra scuola di magia, eheheh. Oltretutto, quale occasione migliore per smistare il buon vecchio Ushijima? Durmstrang. Ditemi che non gli si addice, coraggio!
E così è stato introdotto anche l'argomento Torneo Tremaghi: non crediate che l'abbia messo lì solo per poter accoppiare i miei pargoli al Ballo del Ceppo, eh? ... ok, beccata, è per quello. Cioè, soprattutto per quello, ma anche per un'altra cosa... Ehi, non posso mica farvi spoiler!
Che altro? (giuro che ho sempre un sacco di cose da dire, poi quando è il momento di buttare giù questo angolo me le dimentico tutte dalla prima all'ultima).
Ah, beh, ovviamente la IwaOi è la prima a fare touchdown perché non mi piace quando in una storia tutte le benedette coppie si mettono insieme nell'ultimissimo capitolo. Questo non vuol dire che i due non soffriranno come dei dannati nei prossimi capitoli, sia chiaro: volevo almeno concedergli il conforto di una relazione stabile.
Kuroo protettivo nei confronti di Bokuto è una delle mie ragioni di vita, comunque, giusto perché lo sappiate. Così come Kenma che lo capisce al volo senza bisogno di dire nulla. Sono cose di cui scriverei fino alla nausea.
Okay, ora ho davvero finito.
Grazie davvero di tutto cuore a quelle anime sante che hanno recensito, e grazie mille a tutti i seguiti (ma siete tantissimi!), i ricordati e i preferiti!
A presto, un bacione, vostra
Emma <3

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Capitolo 3
*** III ***


* * *

 

«Ehi, Tsukki!» Tsukishima si voltò, lanciando un'occhiata al ragazzino che stava correndo verso di lui. «Aspettamiiiooooh!» gridò quello, inciampando nei suoi piedi e facendo rovesciare a terra tutti i libri che teneva in mano. Avrebbe fatto anche lui la stessa fine se Tsukishima non lo avesse afferrato per un braccio, impedendogli di ruzzolare a terra.

Dall'altro lato del corridoio Tsukishima sentì qualche Grifondoro del terzo anno ridacchiare, ma bastò una sua occhiataccia per farli letteralmente scomparire. Oh, se non altro la sua aria da Serpeverde del quinto anno serviva a qualcosa, dopotutto.

«Sta' attento» lo riprese, annoiato.

L'altro ridacchiò, imbarazzato. «Sì... scusa, Tsukki!»

Era sempre stato così, con loro due: fin dalla prima volta che si erano incontrati.

Dopo quella scenetta il primo giorno di scuola, non si aspettava certo di rivedere quello strano ragazzino con le lentiggini: invece se l'era ritrovato vicino tutte le volte che Serpeverde e Tassorosso condividevano una lezione, seduto di fianco a lui a chiacchierare di chissà cosa. E poi a studiare insieme in Sala Comune, e poi a comprare piume nuove ad Hogsmeade, e prima che Tsukishima se ne rendesse conto Yamaguchi era entrato nella sua vita, e lui gliel'aveva lasciato fare.

«Senti, Tsukki» se ne uscì Tadashi dopo un po'. «Tu l'hai mai fatto, un Patronus?»

L'altro inarcò un sopracciglio. «Un paio di volte ci ho provato, sì» rispose. «Perché?»

«Ho sentito che ci sono dei Dissennatori in giro per l'Inghilterra» rabbrividì Tadashi. «Era sulla Gazzetta del Profeta. Sta succedendo qualcosa, dicono. Come l'ultima Guerra Magica.»

Tsukishima sbuffò. «Sono solo un gruppo di idioti mascherati. Avranno sguinzagliato qualche Dissennatore e hanno creato un po' di disordini in Galles, ma gli Auror sono già sulle loro tracce. In ogni caso, qua non abbiamo nulla di cui preoccuparci» tagliò corto.

Tadashi annuì, visibilmente più tranquillo. «Hai ragione. Metto via i libri e poi arrivo, dammi un minuto!» esclamò, scappando verso la Sala Comune dei Tassorosso.

Tornò una manciata di minuti dopo, e i due si diressero insieme verso Hogsmeade: era il primo weekend libero dallo studio che avevano da un po', e Tadashi aveva insistito perché andassero a fare un giro. Tsukishima non era mai stato bravo a dirgli di no.

«Senti, Tsukki» esordì dopo un po' Tadashi. «Mi dici che animale è il tuo Patronus?» domandò, sorridendo malizioso. Tsukishima abbassò lo sguardo senza dire niente. «Andiamo, voglio saperlo! È così imbarazzante?» pregò di nuovo.

Tsukishima gli scoccò un'occhiataccia, ma stranamente quel genere di cose con Yamaguchi non funzionava mai. Per fortuna -o sfortuna, dipende dai punti di vista- in quel momento furono interrotti. «Yamaguchi! Tsukishima!»

I due si voltarono, in tempo per vedere arrivare da lontano le figure di Hinata Shouyou e Kageyama Tobio. Il primo, che li aveva chiamati, si precipitò a salutarli. L'altro, invece, gli lanciò un'occhiata accusatoria: non ci voleva un genio per capire che avrebbe preferito passare la giornata solo con Hinata -questo ormai l'avevano capito tutti gli abitanti di Hogwarts meno il diretto interessato-, e per la prima volta nella sua vita Tsukishima si sentiva particolarmente solidale con lui.

«Dove state andando di preciso?» chiese Hinata a Yamaguchi.

«Uhm, non so. Tsukki?» domandò l'altro.

Quello si strinse nelle spalle, lanciando un'occhiata sbieca a Kageyama. «Voi dove andate?»

«Dai Tre Manici di Scopa» rispose quello, minacciandolo con lo sguardo.

«Mh, non è una cattiva idea» finse di ponderare Tsukishima, godendosi l'espressione infuriata dell'altro. Perché, credeva davvero che morisse dalla voglia di spendere del tempo con loro? E poi, Tadashi odiava la Burrobirra. «Ma in realtà pensavo che saremmo andati da Mielandia» concesse alla fine, sogghignando.

Tadashi si rilassò un poco, anche se era evidentemente dispiaciuto di non poter passare più tempo con Hinata. I due erano abbastanza legati, anche se il tempo che passavano insieme era davvero poco. «Magari ci vediamo dopo, allora?» propose, visto che la deviazione per Mielandia si trovava proprio lì.

«Certo! A più tardi!» sorrise Hinata, prendendo Kageyama per un braccio e trascinandolo via.

Quello si irrigidì, e Tsukishima non poté fare a meno di ridacchiare sotto i baffi: sarà anche stato un genio, ma in quel campo ne aveva di strada da fare.

Si trovavano in una strada lunga e vuota: col freddo che faceva, in effetti, era difficile che qualcuno decidesse di uscire... Fu in quell'istante che lo sentì.

Un freddo ghiacciato che gli penetrò fin nelle vene, immobilizzandolo. Anche Yamaguchi dovette sentirlo, perché si congelò sul posto assumendo un'espressione terrorizzata. «C-che cosa...» balbettò, ma si interruppe di botto. Anche Tsukishima lo sentì: era come se di colpo tutta la felicità gli fosse stata risucchiata via dal petto. Nella sua mente scorsero come dei flash vari ricordi d'infanzia: un bambino seduto da solo su un'altalena, altri bambini che gridavano “mostro!” e i suoi genitori che scuotevano la testa dicendo che “è quello che ti meriti per aver provato a giocare con dei babbani”. Gli sguardi carichi d'odio che incontrava passando per i corridoi. E poi, peggio di tutti, gli apparve davanti un volto circondato di capelli biondi che lo fissava sorridendo triste, e le parole che gli rivolgeva erano cariche di rimpianto. “Mi dispiace, Kei.” Questo lo portò a cadere in ginocchio, di fianco ad un Tadashi che tremava visibilmente.

Dissennatori.

Questo era l'unico pensiero coerente che riuscì a formulare mentre Akiteru nella sua testa continuava a scusarsi, e lui avrebbe voluto urlargli di smetterla, perché non c'era modo che una scusa potesse aggiustare quello che era successo, perché gli aveva mentito e lui si fidava ed era stato tradito.

Ma mentre una figura scura si avventava verso di loro, il corpo caldo di Tadashi di fianco a lui prese a tremare ancora più forte, e Tsukishima realizzò: stavano per morire. Lui e Tadashi. Non poteva permetterlo, Akiteru o non Akiteru. Con estremo sforzo estrasse la bacchetta e cercò di pensare a qualcosa di felice.

Mi dispiace, Kei.”

«Ex-Expecto Patronus!»

La voce tremava troppo. Dalla bacchetta uscì solo un piccolo sbuffo argenteo. No, andiamo, poteva fare di meglio! A cosa aveva pensato l'ultima volta? Quando era riuscito a fare un Patronus corporeo, al sicuro nella sua camera? Un sorriso crebbe spontaneo sul suo volto prima ancora che potesse fermarlo.

Ehi, Tsukki, tutto bene?”

Tsukki, domani andiamo a Hogsmeade?”

“Tsukki!”

Era lui. Era sempre stato lui. Con gli occhi carichi di determinazione Tsukishima sollevò la bacchetta, e questa volta non esitò: «Expecto Patronus!»

Una figura argentata uscì dalla sua bacchetta mettendo in fuga il Dissennatore, e Tsukishima si accasciò a terra, svuotato di ogni energia. Ce l'aveva fatta.

Non sapeva quanto tempo era passato, ma ad un certo punto sentì Tadashi di fianco a lui ridacchiare di gusto. «Stai bene?» gli chiese, preoccupato. Non era mica normale, ridacchiare dopo un attacco di un Dissennatore, o no?

«Sul serio, Tsukki?» ridacchiò allora Tadashi, e Tsukishima realizzò con orrore che il suo Patronus non si era ancora smaterializzato. «Un velociraptor?»

 

* * *

 

Bokuto era completamente in panico. Camminava avanti e indietro da almeno due ore, se non tre. O almeno, così gli sembrava: quanto ci stava mettendo Akaashi? E se ci aveva ripensato e aveva deciso che non voleva più venire al Ballo con lui? E se si era ammalato e in quel momento era a letto, moribondo? E se-

«Scusa il ritardo, Bokuto-san.»

Bokuto voltò la testa e spalancò la bocca, incapace di proferire suono. Akaashi era... era qualcosa di incredibile: Bokuto non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Intendiamoci, Akaashi era sempre stato bello. Quel genere di bellezza che spinge le ragazze a voltarsi quando passa nei corridoi, quel genere di bellezza naturale che toglie il fiato, punto e basta. Bokuto non era l'unico a vederlo, e ne era consapevole. Ma sapere che una persona del genere stava andando al ballo con lui...

«È raro vederti a corto di parole, Bokuto-san» sorrise appena Akaashi, avvicinandosi a lui e prendendolo sotto braccio senza preavviso.

«È perché sei incredibile, Akaashi!» esclamò Bokuto, incapace di trattenersi. L'altro sorrise, arrossendo leggermente, e fu come vedere un cielo pieno di stelle. Da quella lezione di Astronomia, erano passati ormai vari mesi, e i due passavano sempre più tempo insieme. A lezione Bokuto e Akaashi erano sempre stati in coppia, e Astronomia era diventata la materia preferita di Bokuto. Una sera, lui e Akaashi erano stati svegli fino a tardi, nel giardino di Hogwarts, per guardare le stelle: Akaashi gli aveva raccontato storie incredibili sulla mitologia e sulle costellazioni. Niente da fare. Lui era... era davvero qualcosa di fantastico.

«Anche tu sei davvero elegante, Bokuto-san» sorrise Akaashi. «Andiamo?»

L'altro annuì entusiasticamente. Fecero il loro ingresso nella Sala Grande insieme a tutta la folla, ma Bokuto si accorse benissimo degli sguardi che alcune persone lanciavano ad Akaashi. Cercò di ignorarli.

«Ti stanno guardando tutti» commentò Akaashi con tono divertito.

Bokuto sgranò gli occhi. «Io? Ma no, stanno guardando te!» ribatté, oltraggiato.

Akaashi scosse la testa. «Ne sono sicuro, Bokuto-san. Sono tutti invidiosi di me» scherzò.

Poco lontano da loro, i campioni si stavano preparando per aprire le danze: la campionessa di Beauxbatons era davvero affascinante, con quell'aria sempre composta. Bokuto si chiese se non fosse una prerogativa di quella scuola, l'espressione impassibile. «Ti dispiace?» chiese Bokuto d'impulso.

«Che cosa?» rispose Akaashi, confuso.

«Non essere il campione» cercò di spiegarsi Bokuto. «Voglio dire, io non l'ho neanche messo, il mio nome, nel Calice. Tu invece sei venuto fin qua, e poi non sei stato nemmeno scelto. Non ti dispiace?»

Akaashi ci pensò su. «Ovviamente sul momento ci sono rimasto male» ammise alla fine. «Ma tutto sommato, non credo che sarei stato in grado di reggere il confronto. Hai visto quanto sono forti gli altri. Anche il vostro Oikawa ha fatto scintille nella seconda prova!»

Bokuto ridacchiò. «Sì, perché doveva salvare Iwaizumi. La persona più importante» ammiccò, scoppiando poi a ridere subito dopo.

Akaashi sorrise. «Sono una bella coppia, eh?» commentò, allungando il collo per guardarli. Stavano ballando insieme, fissandosi negli occhi con un'espressione da completi innamorati stampata in faccia.

Bokuto annuì. Rimasero in silenzio per un po', finché la musica cambiò e anche altre coppie iniziarono a riempire la pista. «Vuoi ballare, Bokuto-san?» domandò a un certo punto Akaashi.

Bokuto voltò la testa verso di lui, sconvolto. «B-ballare?» balbettò.

«Si chiama “Ballo del Ceppo”» fece notare Akaashi. «Se non sei bravo non è un problema, non dobbiamo dimostrare niente a nessuno» disse con quel tono di voce che riusciva sempre a tranquillizzare Bokuto, in ogni occasione: puoi superare questo esame, Bokuto-san. Sono sicuro che vincerai la partita, Bokuto-san. No, non mi stai annoiando, continua pure. Bokuto lo adorava per questo: a parte Kuroo e Kenma, era l'unica persona che lo avesse mai assecondato, ascoltandolo e pazientando per i suoi cambi d'umore e le sue pazzie.

«Allora, balliamo?» sorrise Akaashi. «Devi solo seguire me. A Beauxbatons ci insegnano come si fa, non è difficile» assicurò, porgendogli la mano.

Bokuto deglutì, poi annuì. «V-va bene, ci provo» concesse alla fine, prendendo la mano di Akaashi.

E iniziarono a ballare.

All'inizio, Bokuto era semplicemente terrorizzato. Inciampava di continuo, e doveva aver pestato i piedi di Akaashi qualcosa come un milione di volte, ma l'altro non si lamentava mai. Piano piano, comunque, Bokuto iniziò a prenderci la mano. Akaashi aveva ragione, alla fin fine: non era così difficile. Incrociò lo sguardo di Kuroo, che sollevò entrambi i pollici in segno di incoraggiamento.

«Sto ballando, Akaashi!» esclamò, incapace di trattenere l'entusiasmo.

Quello sorrise. «Lo vedo. Sei bravissimo» sussurrò, la bocca ad un centimetro dalla sua.

Bokuto trattenne il fiato, gli occhi persi in quelli nerissimi di Akaashi.

 

* * *

 

Hinata si stiracchiò, lo sguardo fisso sul baldacchino sopra di lui. «Il Ballo sarà bello che iniziato, ormai» commentò.

Dal letto di fianco al suo, la voce di Kageyama uscì ovattata dal cuscino che gli nascondeva il volto. «Non me ne frega niente.»

Hinata sbuffò. «Persino Tsukishima ci è andato! Anche se non ha nessuna accompagnatrice. Credo che l'abbia convinto Yamaguchi.»

Kageyama emerse dal suo fortino di cuscini per scoccargli un'occhiataccia capace di far impallidire un fantasma. «Di quello che fa quel deficiente me ne frega ancora meno!» ringhiò. «Se vuoi, tu puoi andarci.»

Hinata alzò gli occhi al cielo, ma non disse nulla. «Ehi, Kageyama...» mormorò alla fine.

«Cosa vuoi.»

«Sei ancora arrabbiato con me per ieri?»

Il ragazzo si mise seduto, questa volta però nei suoi occhi c'era solo confusione. «Per ieri? E perché dovrei essere arrabbiato con te?» Strinse le labbra al ricordo. «Non sei certo stato tu a sguinzagliare i Dissennatori nel bel mezzo di Hogsmeade!»

Hinata abbassò lo sguardo. «M-ma io non ho fatto nulla, mentre tu hai tirato fuori la bacchetta e- ed è uscita quella cosa tipo gwah! E gli è volata incontro e il Dissennatore è scappato via! I-io non ci sono riuscito. Pensavo che fossi arrabbiato» concluse, insicuro.

Non aveva senso mentire: Hinata al Ballo non ci sarebbe voluto andare comunque. Quindi non gli dispiaceva stare lì con Kageyama, ma avrebbe almeno voluto sapere perché il ragazzo si rifiutava di uscire dal letto!

«Non sono arrabbiato» rispose Kageyama alla fine. «È un incantesimo complicato, è normale che non ti sia venuto. Non c'entra niente. Non ho voglia di andare al Ballo, chiuso: tu fa' quello che vuoi.»

Hinata sospirò, molto più sollevato. «Menomale! Neanche io comunque avevo voglia di andare al Ballo. Pure Kenma è rimasto nel dormitorio» raccontò. «Ha detto che non era proprio il suo genere...»

Kageyama sospirò. «Capisco.» Ci fu una lunga pausa, dopodiché Kageyama prese fiato: «Senti, se fossi andato al Ballo...» attaccò, fissando il soffitto. «Ti sarebbe piaciuto...»

Ma in quell'istante un boato terribile scosse la Torre. «Cos'è stato?» gridò subito Hinata, saltando in piedi e afferrando la bacchetta.

Kageyama lo imitò immediatamente, guardandosi intorno. Poi i due si guardarono negli occhi. «Veniva dalla Sala Grande!»

Stavano scendendo le scale quando un Patronus a forma di gatto comparve improvvisamente di fronte a loro. Quando parlò, aveva la voce di Kenma. «Shouyou, non andare nella Sala Grande. Ti prego, devi ascoltarmi: è una guerra. Ushijima, il Campione di Durmstrang, ha guidato un attacco al Castello. Sai, quei gruppi di cui parlava il Profeta negli ultimi giorni. Già più di metà degli studenti sono prigionieri, e ora stanno andando verso le Sale Comuni. Io e Kuroo stiamo bene, ci stiamo dirigendo in un posto sicuro. Avvisa tutti quelli che puoi e portali verso la Stanza delle Necessità: si trova al settimo piano, davanti all'arazzo di Barnaba il Babbeo. Devi passarci davanti tre volte immaginando di richiedere un posto sicuro, e la porta comparirà. Non andare da nessun'altra parte, sono tantissimi e sono in giro per il Castello. Fa' presto» terminò il Patronus, e scomparve.

Hinata e Kageyama si scambiarono un'occhiata terrorizzata, poi Kageyama lo afferrò per un braccio. «Lo hai sentito, no? Andiamo.»

 

* * *

 

Quando i primi erano entrati, Iwaizumi non li aveva neanche visti. Era stato solo quando si era interrotta la musica che il panico era scoppiato.

«Cosa succede?»

«Chi sono?»

«Mangiamorte!»

«Non dire sciocchezze, non è possibile!»

«Devono essere quelli di cui parlava il Profeta, il gruppo di Purosangue!»

«Ma come hanno fatto ad entrare?»

Oikawa lo fissava con gli occhi spalancati e gonfi di terrore, quindi Iwaizumi fece l'unica cosa che gli venne in mente: gli afferrò la mano e iniziò a correre.

Erano arrivati in qualche modo al portone d'ingresso, schivando incantesimi e tavoli rovesciati, quando Iwaizumi si sentì chiamare: «Ehi! Da questa parte!» Erano Kuroo e Bokuto, due ragazzi che Iwaizumi conosceva abbastanza bene.

«Cosa sta succedendo?» chiese subito, appena li raggiunse.

«Non lo so, ma non possiamo stare qua. Ci superano di almeno uno a tre» replicò Kuroo, l'espressione stravolta. «Andiamo a nasconderci nella Stanza delle Necessità.»

Oikawa corrugò la fronte. «Quella della Seconda Guerra Magica? Ma non era andata distrutta?»

Bokuto alzò le spalle. Di fianco a lui c'era un ragazzo di Beauxbatons che Iwaizumi aveva visto un paio di volte, che li fissava come se non avesse idea di cosa stavano parlando. «A quanto pare si è riformata un paio di anni fa. L'abbiamo scoperta io e Kuroo.»

«Va bene, andiamo!» tagliò corto Iwaizumi.

Iniziarono a correre, e nel frattempo Kuroo borbottò un incantesimo: con gran sorpresa di tutti, dalla sua bacchetta uscì un Patronus argenteo a forma di gatto seriano che volò in direzione dei piani superiori. «Devo avvertire Kenma» spiegò, scusandosi. «E anche Tsukki.»

Gli altri annuirono e continuarono a correre finché non raggiunsero il settimo piano: fortunatamente, riuscirono ad evitare tutti i nemici senza bisogno di combattere. In quel momento li raggiunse anche Kenma, e fu come se dalle spalle di Kuroo fosse appena stato tolto un peso inimmaginabile. «Ho avvertito anche Shouyou» sussurrò, e Iwaizumi sentì Oikawa irrigidirsi: ma certo. Se il gamberetto era in dirittura d'arrivo, non c'era modo di evitare che anche Kageyama facesse la sua comparsa.

Entrarono tutti nella Stanza, e si chiusero la porta alle spalle.

La Stanza si era preparata ad accoglierli, proprio come nelle storie. C'erano tavoli, cuscini, luci soffuse, letti e addirittura dei camerini per cambiarsi i vestiti eleganti e mettere qualcosa di più comodo.

Solo in quel momento Iwaizumi si rese conto di avere ancora la mano di Oikawa stretta nella sua. Stava per lasciarla, quando Oikawa si appoggiò con la testa sulla sua spalla, in uno dei suoi rarissimi momenti di debolezza. «Ma cosa è successo?» mormorò, incredulo.

Allora Iwaizumi rafforzò la stretta. «Non lo so, ma non importa» affermò, cercando di convincere anche sé stesso. «Siamo insieme.»

Oikawa allora sorrise. «Va bene.»

Pian piano, la Stanza iniziò a riempirsi. I primi ad arrivare furono Kageyama e Hinata, che corsero subito da Kenma per farsi raccontare tutto. Un po' più tardi fecero la loro comparsa Sawamura di Grifondoro con Sugawara di Tassorosso, che portavano con loro la campionessa di Beauxbatons.

Più o meno un quarto d'ora dopo la porta si spalancò di nuovo, facendo entrare due nuove figure: uno era Tsukishima, per la gioia di Kuroo. Per mano stringeva Yamaguchi di Tassorosso, che zoppicava leggermente.

«Yamaguchi! Tutto bene?» si precipitò a domandare Hinata, ma Iwaizumi e Oikawa voltarono lo sguardo verso Kuroo e gli altri.

«Cosa sta succedendo?» prese la parola Oikawa.

Si guardarono intorno: ormai la Stanza era abbastanza riempita, e non sembrava che altre persone si sarebbero fatte vive. «Ragazzi, per favore, venite tutti qua» ordinò Kuroo, attirando l'attenzione di tutti. I presenti si sedettero a cerchio su dei cuscini comparsi per l'occasione, e stettero buoni ad ascoltare.

«Come penso tutti abbiate capito, il gruppo di ribelli che negli ultimi tempi ha dato un gran daffare al dipartimento Auror è riuscito ad introdursi nella scuola» esordì Kuroo. «Come abbiano fatto non si sa, ma un ruolo importante in tutto questo è stato svolto dal campione di Durmstrang, Ushijima Wakatoshi.» Fece una pausa, poi continuò. «Gli invasori sono in un numero di gran lunga superiore al nostro, e sebbene i professori abbiamo mandato richieste d'aiuto al Ministero della Magia, dubito che possano fare qualcosa: non ci si può Materializzare o Smaterializzare nei confini di Hogwarts, e finché le difese non sono aperte dall'interno nessun invasore può entrare nel Castello.»

A quel punto Kenma prese la parola. «Non sappiamo quanti studenti e professori si siano salvati a parte noi, ma a quanto abbiamo potuto constatare tutti i prigionieri sono stati rinchiusi nei sotterranei.»

«Dobbiamo organizzare un piano d'attacco!» gridò Kageyama, alzandosi in piedi.

«Riprendiamoci Hogwarts!» gli diede man forte Hinata.

Tsukishima inarcò un sopracciglio. «Siamo in tredici» fece notare, freddo. «E metà di noi non sono neanche maggiorenni.»

«Dobbiamo prima di tutto capire come hanno fatto ad entrare» cercò di ragionare Kuroo. «Se riusciamo a, non so, bloccare il loro ingresso, poi potremmo aprire i cancelli e fare entrare i rinforzi.»

Sawamura scosse la testa. «E come facciamo a sapere da dove passano? Potrebbe essere un portale nascosto nei loro Dormitori, e io non saprei neanche come entrarci...»

«Io lo so» disse il ragazzino di Beauxbatons vicino a Bokuto.

Quello lo guardò con gli occhi sgranati. «Davvero, Akaashi?»

L'altro si strinse nelle spalle. «Quelli di Beauxbatond e Durmstrang sono in comune. Conosco la parola d'ordine per entrare. Giusto, Kiyoko-san?» domandò rivolgendosi alla campionessa di Beauxbatons, che annuì solamente.

«Sei mai stato dalle loro parti? Hai notato qualcosa?» domandò Sawamura.

Akaashi scosse la testa. «Ci sono stato, ma non ho visto niente di utile.»

«Perché non chiediamo a qualcuno di vicino a Ushijima?» domandò a quel punto Tsukishima, l'espressione annoiata.

Iwaizumi corrugò la fronte. «E scusa, chi...» iniziò, ma quello lo interruppe.

«Il nostro campione ultimamente passava molto tempo con lui. Ushijima lo aveva anche invitato al Ballo» spiegò, sempre con la stessa espressione.

Iwaizumi sgranò gli occhi, voltandosi di scatto verso Oikawa: doveva essere uno scherzo, giusto? Ma l'espressione colpevole sul volto del ragazzo lo fece desistere in fretta. «È-è vero che me l'ha chiesto, ma io ho detto di no!» protestò, imbarazzato. «Non crederete che io fossi in combutta con lui!»

Sugawara scosse la testa, rassicurante. «Nessuno lo crede, Oikawa, ma forse il tuo aiuto può risultarci utile. È possibile che si sia lasciato sfuggire qualcosa, mentre era con te?»

Oikawa strinse le labbra. «Non avevo idea che progettasse una cosa del genere» affermò. «O credete davvero che non avrei riportato nulla a nessuno?»

Non mi hai detto che ti aveva chiesto di venire al Ballo, però, avrebbe voluto ribattere Iwaizumi. Non gli importava, non avrebbe dovuto importargli, considerata la situazione in cui si trovavano. Eppure...

«Potremmo andare in esplorazione» propose Bokuto. «Akaashi sa come entrare nei loro dormitori. Con un mantello dell'invisibilità io e lui potremmo cercare di scoprire qualcosa.»

Kuroo ghignò. «L'idea mi piace. Io ci sto.»

Kenma inarcò un sopracciglio. «Sei sicuro?» disse piano. E quando l'altro annuì, disse solo: «Allora vengo anch'io.»

«Ragazzi, ragazzi, fermi un attimo!» cercò di bloccarli Sugawara. «Non possiamo mandare quattro studenti, due dei quali minorenni, per di più, dritti nel quartier generale nemico!»

Kuroo ghignò. «Con tutto il rispetto, non puoi impedircelo.» Poi si rivolse a tutti gli altri. «Voi dovete cercare un modo per far sì che gli Auror possano entrare. Da soli non abbiamo speranze di farcela, anche se dovessimo riuscire a bloccare l'ingresso degli altri nemici.»

«Aspettate un attimo» sussurrò Kiyoko. Formulò a bassa voce qualche incantesimo, e quattro libriccini che si trovavano su un tavolo lì davanti sfolgorarono per un istante di luce azzurra. «Queste sono Passaporte» li istruì. «Vi riporteranno qui tra esattamente un'ora. Non perdeteli» li ammonì, dandoglieli in mano. «Detesto l'idea di lasciarvi andare da soli, ma questo è tutto quello che posso fare. Mi raccomando, fate attenzione» ordinò. I quattro rimasero un attimo interdetti, poi annuirono con energia.

Iwaizumi li guardò ringraziare e infilare i libretti in tasca, poi afferrarono un mantello dell'invisibilità a testa (evidentemente in quella Stanza bastava desiderare qualcosa, che subito si materializzava) e uscirono dalla porta.

Passò qualche istante in completo silenzio, dopodiché Iwaizumi si ricordò di chi aveva di fianco: si voltò di scatto verso Oikawa e lo trascinò in un angolo della Stanza: «Noi dobbiamo parlare» minacciò.

 

* * *













Angolo autrice:
Salve a tutti! Scusatemi per il ritardo: eccoci col nuovo capitolo! Ora che tutti i personaggi sono stati abilmente presentati, possiamo partire con la trama vera e propria (eheh). In questo capitolo ha inizio l'azione: un gruppo di malvagi malintenzionati ha attaccato Hogwarts. Ah, io immagino questa storia ambientata pressappoco ai giorni nostri, per cui le vicende di Harry Potter sono avvenute nel passato, quindi questo movimento è praticamente come un gruppo di neo-nazisti apparirebbe ai giorni nostri (noterete il sagace accenno alla Stanza delle Necessità utilizzata nella seconda guerra magica... proprio così, ci troviamo in un lasso temporale ben definito. Più o meno). In questo capitolo hanno avuto un po' più di spazio anche Tsukishima e Yamaguchi (ditemi che non li stavate aspettando?), e in generale credo che sia tutto abbastanza chiaro: se avete dei dubbi chiedetemi pure!
E adesso... cosa faranno i nostri eroi? Riusciranno Bokuto, Kuroo, Kenma e Akaashi a scoprire come gli avversari stanno entrando ad Hogwarts? Riusciranno Oikawa, Iwaizumi e gli altri ad aprire i portoni e a contattare gli Auror?
Come al solito un grazie speciale a chi recensirà e a chi ha messo la storia tra le seguite, ricordate e preferite!
A presto, vostra
Emma ^^

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Capitolo 4
*** IV ***


CAPITOLO 4

 

* * *

 

Kuroo aveva una gran brutta sensazione.

Era andato al Ballo per sostenere Bokuto, principalmente: Kenma aveva subito messo in chiaro che non aveva nessuna intenzione di metterci piede, e Kuroo non aveva proprio voglia di andarci con qualcuno che non fosse lui.

Bokuto era affascinante, con quella sua eleganza distratta che -Kuroo se ne accorgeva benissimo- faceva sospirare le ragazzine più giovani. Eppure in quel momento il suo amico aveva avuto occhi solo per Akaashi, il suo accompagnatore.

Kuroo aveva davvero una brutta sensazione, che andò amplificandosi sempre più nel mentre che ballavano insieme. Akaashi, incurante degli sguardi d'invidia che praticamente mezza sala gli stava lanciando, non sembrava minimamente toccato dal fatto di essere in compagnia di Bokuto: manteneva la sua espressione di pazienza mista ad un vago estraniamento, e si limitava a correggere Bokuto ogni volta che sbagliava un passo di danza.

Intendiamoci, Kuroo li aveva visti insieme molte volte, nei mesi in cui si erano conosciuti. Sapeva che ad Akaashi importava qualcosa di Bokuto, anche perché altrimenti non avrebbe speso tutto quel tempo in sua compagnia, né l'avrebbe addirittura invitato al Ballo del Ceppo. Eppure gli sembrava sempre che l'attenzione che gli dedicava fosse troppo poca, paragonata a quella che Bokuto invece dimostrava entusiasticamente per lui ogni singolo giorno. Quella freddezza calcolata poteva benissimo trasformarsi in un gelo distaccato se mai le cose fossero andate male, e Kuroo non voleva vedere Bokuto ferito.

Ricordava bene come si erano conosciuti, tanti e tanti anni prima: Kuroo era solo un ragazzino che soffriva la mancanza del suo migliore amico, e che faticava a legare con i suoi compagni di Casa. Non che Serpeverde non facesse per lui, eh. Ma si sentiva sempre sotto pressione: data l'importanza della sua famiglia, doveva assolutamente andare bene in tutto: scuola, Quidditch... Non poteva permettersi di sbagliare, doveva essere il migliore. E doveva anche suonare felice nelle lettere che scriveva a Kenma, o quello si sarebbe preoccupato per lui. La scuola era iniziata da pochi mesi e già si sentiva soffocare.

Ma poi aveva conosciuto Bokuto. Bokuto era stato una ventata d'aria fresca: con lui, Kuroo poteva essere scemo quanto gli pareva, poteva divertirsi senza temere di essere giudicato. Con la sua allegria Bokuto era riuscito a far diventare Hogwarts un posto molto più colorato, e divertente. Ovviamente poi era arrivato Kenma e le cose non avevano fatto che migliorare; ma Kuroo non avrebbe mai dimenticato tutto quello che doveva a Bokuto. Ci teneva davvero, a lui.

E nel momento in cui il suo stupido amico si era proposto di partecipare ad una missione potenzialmente mortale solo con Akaashi, Kuroo si era sentito praticamente in dovere di offrirsi volontario: non era sicuro che ad Akaashi importasse abbastanza di Bokuto per mettergli la sua vita nelle sue mani.

«Non eri obbligato a venire» sussurrò stizzito a Kenma, mentre camminavano il più silenziosamente possibile nei corridoi.

«Nemmeno tu» ribatté l'altro. «Ma qualcuno non si fida ancora di Akaashi.»

Kuroo si chiese come facesse l'altro a sapere sempre tutto. Ma cos'era, un Legilimante? «Scusami se mi preoccupo per Bokuto» ribatté sulla difensiva. «Akaashi sarà anche un bravo ragazzo come dici tu, ma dall'accettarlo al metterlo in una situazione che...» iniziò, infervorato, ma Kenma lo zittì.

«Si sono fermati.»

Akaashi sollevò il cappuccio del mantello dell'invisibilità quel tanto che bastava per pronunciare la parola d'ordine, dopodiché fece strada e tutti gli altri lo seguirono a tentoni attraverso un corridoio scarsamente illuminato.

«Akaashi, tu dormi qui?» domandò Bokuto, curioso.

«Shh!» rispose quello, e Kuroo si dovette trattenere dall'alzare gli occhi al cielo.

Alla fine sbucarono in una grande sala illuminata, piena di gente. Tra alcuni di loro Kuroo riconobbe qualche studente di Durmstrang, ma per la maggior parte erano sconosciuti di età compresa tra i venti e i quarant'anni. «Dividiamoci» disse a bassa voce. «Questa è una missione in incognito, va bene? Non dobbiamo fare niente a parte scoprire come hanno fatto ad entrare. Tra... poco più di mezz'ora, ormai, le Passaporte ci riporteranno indietro.» Kuroo prese un profondo respiro. «Buona fortuna.»

Improvvisamente, da sotto il suo mantello Kuroo vide sbucare la mano di Kenma, che si strinse velocemente intorno alla sua prima di scomparire di nuovo.

Ignorando il calore che dal petto gli risalì fin sulle guance, Kuroo si voltò e iniziò ad avvicinarsi al primo gruppetto di uomini.

Per i primi venti minuti non sentì niente di utile, solo schiamazzi e congratulazioni per la vittoria. Si stava iniziando a preoccupare quando si avvicinò all'ennesimo gruppetto: questa volta erano solo tre persone.

«È stato più semplice del previsto» bofonchiò uno. «Sai quando arriverà anche Owimura?»

«Ha detto che aveva delle faccende da sbrigare, ma sarà qui per l'assedio finale.»

«Sì, anche Kora ha detto così. Quanti credi che saremo, alla fine?»

«Almeno quattrocento, se non di più. Supereremo gli Auror di dieci volte!»

«Ma ci passeranno tutti da quello specchio? Guarda che siamo ancora pochi. Come facciamo a far arrivare trecento persone attraverso quel coso?»

Kuroo sobbalzò: uno specchio? Aveva già sentito parlare di cose del genere, di portali incantati che collegano una superficie ad un'altra, ma aveva sempre creduto che si trattasse di favolette per bambini.

Si guardò intorno alla ricerca di uno specchio, o di uno spazio in cui si sarebbe potuto nascondere un oggetto simile, e tutto quello che riuscì a vedere fu una porta poco distante.

Vi si avvicinò e aspettò che qualcuno la spalancasse per poi intrufolarsi là dentro di soppiatto, e quello che vide lo lasciò a bocca aperta: c'era davvero uno specchio, là dentro. E la cosa strana era che non mostrava il riflesso della parete di fronte, ma una stanza completamente diversa. Kuroo sorrise, vittorioso: ce l'aveva fatta. Aveva capito. Adesso, sarebbe bastato aspettare pochi minuti prima che la Passaporta funzionasse per tornare sani e salvi nella Stanza delle Necessità.

Era perso nei suoi pensieri quando andò a sbattere contro qualcosa di duro senza accorgersene. «Ahi!» sentì sussurrare.

Si guardò intorno, ma non vide nessuno. Sorrise. «Kenma?»

«Sono qui.» Un po' a tentoni sentì una mano tastargli il braccio. «Hai visto?»

Kuroo annuì, salvo poi ricordarsi che Kenma non poteva vederlo. «Sì. È incredibile.»

Stava per aggiungere qualcosa, quando un rumore terribile proveniente dalla sala principale li interruppe. La mano di Kenma si strinse più forte al braccio di Kuroo, ed entrambi si diressero in fretta nella direzione da cui proveniva il suono: la scena che gli si presentò davanti era terrificante.

Akaashi e Bokuto stavano combattendo soli contro una ventina di nemici, lanciando incantesimi scudo e schivando raggi colorati che li mancavano sempre di pochissimi centimetri.

Senza pensarci due volte, Kuroo scagliò un incantesimo contro l'avversario più vicino e si unì agli altri due: Kenma fece lo stesso.

«Da quella parte!» gridò Akaashi indicando il corridoio che portava all'uscita. I quattro iniziarono a correre, continuando a lanciarsi incantesimi dietro le spalle. Kuroo sentiva l'adrenalina alle stelle mentre combatteva con tutte le sue forze, facendo attenzione anche a fare in modo che Kenma e gli altri fossero protetti.

Accadde molto velocemente: un uomo gridò un incantesimo che Kuroo non aveva mai sentito, puntando la bacchetta contro Akaashi. Bokuto, che se n'era accorto, lo spinse via, rimanendo però colpito di striscio da un raggio rosso acceso. Subito, la sua divisa prese fuoco. «Bokuto-san!» gridò Akaashi, rallentando la corsa. Bokuto infatti si era fermato, sfilandosi la veste, ma in quel modo aveva fatto cadere anche il libriccino-Passaporta, che prese fuoco.

Kuroo sgranò gli occhi con orrore, realizzando che mancavano pochissimi secondi al momento in cui la Passaporta si sarebbe attivata. Si fermò e iniziò a correre indietro, ma ormai era decisamente troppo tardi: osservò con terrore crescente il suo libretto che iniziava a brillare di luce azzurra. Anche Akaashi stava correndo in direzione di Bokuto, ma non avrebbe fatto in tempo.

Fu allora che Kuroo si accorse di qualcosa di strano, negli occhi del ragazzo di Beauxbatons. Era stravolto, come se non riuscisse a credere a quello che stava succedendo. E parte di Kuroo ce l'aveva a morte con lui -se Bokuto non avesse dovuto salvarlo da quell'incantesimo, ci sarebbe stato Akaashi col libretto in fiamme, non lui!-, ma un'altra parte di lui non riuscì a fare a meno di notare quanto disperato sembrasse.

E a quel punto, quando ormai sembrava che non ci fosse più niente da fare, lo sguardo di Akaashi mutò completamente. Sorrise, mentre nell'espressione di Bokuto si faceva largo un autentico e genuino terrore. «Akaashi, no!» gridò, ma l'altro aveva già lanciato la sua Passaporta in modo che atterrasse tra le mani di Bokuto, che, complice l'allenamento di sei anni di Quidditch, lo afferrò al volo.

Poi Kuroo si sentì strattonare violentemente dall'ombelico, e la stanza scomparve.

 

* * *

 

«Che c'è, vuoi accusarmi di essere un loro complice, adesso?» chiese Oikawa a muso duro, incrociando le braccia.

Iwaizumi non abbassò lo sguardo. «No, ma vorrei sapere fino a che livello vi conoscete, visto che per invitarti al Ballo del Ceppo doveva almeno avere un'idea di chi tu fossi» ribatté.

«Cosa devo dirti, Iwa-chan? È un Purosangue. I nostri genitori si conoscono.»

Iwaizumi sgranò leggermente gli occhi. «Questo non me l'avevi mai detto» fece notare.

«Perché, come avresti reagito?» ribatté subito Oikawa, alzando la voce. «Non fai che sbandierare ai quattro venti quanto lo odi!»

«E a ragione, mi pare!» rispose Iwaizumi con lo stesso tono. «O quello che ha fatto non è sufficiente per dimostrare che razza di persona è?» si prese il ponte delle mani tra le dita e fece un respiro profondo. «Sono preoccupato per te, cretino» disse alla fine. «Come dovrei sentirmi al pensiero che conosci da vicino uno dei pezzi grossi di un movimento del genere? E se cercasse di avvicinarsi di nuovo a te? E se qualcun altro ti accusasse di essere un suo complice?»

Oikawa a quel punto sospirò a sua volta. «Lo so. Avrei dovuto dirtelo, mi dispiace. È da quando sono piccolo che insiste che sarei dovuto andare a Durmstrang come lui, m-ma io volevo andare ad Hogwarts con te e lui non l'ha mai presa bene» cercò di spiegare. «Non mi sarei mai aspettato di trovarmelo qui quest'anno, men che meno di diventare il suo avversario nel Torneo Tremaghi!» Tirò su col naso. «Quando mi stavo allenando per la Prima Prova, veniva sempre da me a chiedermi come stesse andando la mia preparazione. E- e quando mi ha invitato al Ballo del Ceppo, io- eravamo in biblioteca, quindi c'era poca gente. Non mi ero neanche accorto che Tsukishima fosse lì. Pensavo che, visto che gli avevo detto subito di no...» Gettò un'occhiata implorante a Iwaizumi, che non poté fare altro che sospirare.

«Va bene, ho capito. Ah, sei proprio un idiota» constatò alzando gli occhi al cielo.

Oikawa fece il broncio. «Iwa-chan, non essere cattivo!» si lamentò.

Iwaizumi allora ridacchiò. «Oh, sta' zitto! Sono ancora arrabbiato» lo avvertì.

Oikawa assunse un'espressione maliziosa. «Ah, Iwa-chan è arrabbiato con me?» La sua mano si arrampicò sulla schiena dell'altro. «Dovrò farmi perdonare in qualche modo!» lo stuzzicò allora, saltando con tutto il suo peso in spalla all'altro.

«Ehi! No- Oikawa, non- Vieni subito giù!» cercò di liberarsi Iwaizumi, ma non riuscì a nascondere un sorriso sollevato. Per quanto la situazione fosse problematica, con Kuroo, Bokuto e gli altri chissà dove in pericolo, sentiva che avevano come minimo una possibilità.

 

* * *

 

Appena Iwaizumi e Oikawa tornarono con gli altri, prese la parola Sawamura. «Dobbiamo cercare di fare il possibile per aiutare gli altri. Chi di voi ha qualche idea di come funzionino le difese del castello?» domandò.

Tsukishima alzò la mano, annoiato. «So quello che è scritto su Storia di Hogwarts» spiegò col tono di uno che sta per perdere la pazienza. «Ci sono incantesimi di difesa che non permettono a nessun nemico di varcare la soglia. Ma questo evidentemente non ci interessa, visto che gli invasori in questo caso sono più che benvenuti. In più i portoni contengono un incantesimo per cui possono essere aperti solo dall'interno, e solo da un mago di Hogwarts» andò avanti a spiegare.

Aveva visto quei portoni aprirsi un sacco di volte, nei suoi primi anni di Hogwarts. Quando a Natale si rifiutava di andare a casa per non vedere Akiteru, e salutava Tadashi sul portone preparandosi a due lunghe settimane senza di lui. A Gennaio, quando tutti gli studenti rientravano dalle vacanze, Tsukishima si metteva sempre dietro al professore incaricato di aprire i cancelli, così da essere pronto per salutare Tadashi quando lo vedeva. Per poco non sorrise al ricordo di Tadashi che, il Natale del loro terzo anno, lo aveva invitato a casa sua. E da allora non aveva più dovuto sostare davanti a quel portone.

«L'ho visto aprire varie volte, a Natale. Non è niente di difficile» si strinse nelle spalle.

Sugawara sorrise, incoraggiante. «Allora non dovrebbe essere un problema, giusto?»

Tsukishima sospirò: ma erano tutti rimbambiti in quel posto? Anche se era un rompiscatole, se non altro Kuroo aveva un briciolo di cervello. «Non possiamo semplicemente andare lì e aprire la porta» cercò di spiegare. «Se sono un minimo organizzati, quelli avranno di sicuro già messo qualcuno di guardia all'ingresso, e anche ai cancelli del parco. Per cui dobbiamo fare in modo di aprire il portone, attraversare il parco, e aprire i cancelli; per poi tornare indietro e trovare il portone ancora aperto. Oltretutto, bisognerà arrivare quando saremo sicuri che gli Auror siano effettivamente già fuori dal portone, altrimenti non reggeremo mai abbastanza a lungo» concluse.

Yamaguchi lo fissava con gli occhi spalancati, e praticamente tutti nella stanza rimasero a bocca aperta.

«Tsukki-chan è un vero stratega!» applaudì Oikawa. Tsukishima gli scagliò un'occhiataccia, ma quello sembrò non curarsene.

«Allora, come facciamo?» domandò Kageyama, seccato.

«Oh, non saprei. Potresti immolarti per la causa e andare avanti tu» propose Tsukishima con distacco calcolato.

«T-Tsukki!» balbettò Yamaguchi, mentre Kageyama faceva già per alzarsi in piedi, nero di rabbia.

«Ehi, ehi, stiamo calmi» li interruppe però Iwaizumi, facendo un passo avanti. «Ponendo che Kuroo e gli altri riescano in qualche modo a bloccare l'ingresso di altri nemici, a noi stanno i compiti di coordinarci con gli Auror, aprire il portone d'ingresso, tenerlo aperto, aprire i cancelli esterni» elencò, concentrato.

«Per mettersi in contatto con gli Auror, abbiamo un camino» propose Sugawara. Tutti si voltarono: in effetti, dietro di loro scoppiettava un caminetto, con di fianco un sacchettino pieno di Metropolvere.

Oikawa annuì. «Io proporrei: contattiamo gli Auror, dopodiché andiamo ai portoni e li spalanchiamo. A quel punto ci dividiamo in due gruppi, e metà di noi va ad aprire i cancelli mentre l'altra metà rimane a presidiare l'ingresso in modo che a nessuno venga in mente di richiuderlo!»

Tutti annuirono con determinazione, tranne Tsukishima. «Yamaguchi non può venire» disse freddo.

Quello voltò la testa di scatto. «Cosa? No, io voglio aiutarvi!»

Tsukishima scosse la testa. «Sei ferito. Saresti solo d'impiccio» fece notare.

L'altro lo fissava rosso come un peperone, gli occhi fiammeggianti. «E secondo te dovrei rimanere qui mentre voi rischiate la vita là fuori?»

Sugawara cercò di intervenire. «Tadashi, se sei ferito non è il caso che...»

«Lo dici solo per via di quello che è successo prima!» gridò Yamaguchi, fuori di sé. «Però era diverso, perché eravamo al Ballo, e mi hanno colto di sorpresa!»

«E credi che cambi qualcosa?» gridò di rimando Tsukishima. «Credi che adesso ti chiederanno il permesso, prima di scagliarti addosso una Maledizione Senza Perdono?»

«O-ovviamente no, ma questo non vuol dire che...»

«Che cosa, che la prossima volta non finirai rannicchiato sotto un tavolo aspettando che un incantesimo ti colpisca?» gridò Tsukishima prima di riuscire a frenarsi.

Tutti trattennero il fiato, e l'espressione di Tadashi era così ferita che Tsukishima stava per dire qualcosa, quando un forte pop li fece tutti voltare di scatto: erano tornati Kuroo e gli altri.

Ma erano solo in tre.

 

* * *

 

Ovviamente, Kenma era sconvolto. Non era un cuore di pietra, e vedere una persona che considerava amico cadere nelle mani di un pericoloso gruppo di criminali era qualcosa di orribile.

Ma la sua reazione non fu nemmeno lontanamente paragonabile a quella di Bokuto.

Quello iniziò a gridare il nome di Akaashi, facendo per raggiungere la porta, ma fu bloccato da Sawamura, il capitano della sua squadra di Quidditch. «Cos'è successo?» domandò Iwaizumi, cercando di recuperare il controllo della situazione.

Visto che nessuno sembrava intenzionato a parlare, Kenma sospirò. «Abbiamo scoperto come fanno ad entrare» spiegò velocemente. «Hanno uno specchio magico, in uno stanzino del loro dormitorio. Bokuto e Akaashi sono stati scoperti, e nella fuga Akaashi è stato catturato.» Era doloroso parlarne come se stesse recitando una lezione, invece che la sorte di una persona vera.

Kiyoko si portò una mano alla bocca, e tutti gli altri assunsero un'espressione devastata. «E voi, ce l'avete un piano d'attacco?» chiese inaspettatamente Kuroo.

Tsukishima annuì, anche se aveva l'espressione di uno che aveva appena visto un fantasma, e Kenma sospettava che non fosse solo per via di Akaashi. «Ci dirigiamo al portone principale. Lo apriamo. Metà di noi resta a fare la guardia, metà va fino ai cancelli e li apre. Prima di andare avvisiamo gli Auror con la Metropolvere» espose, monocorde.

Kuroo annuì. «Bene, allora voi proseguite così.» Sfoderò la bacchetta e si diresse verso la porta. «Noi andiamo a riprenderci Akaashi. E distruggeremo anche lo specchio.»

Kenma sgranò leggermente gli occhi, mentre Bokuto si voltò di scatto verso di lui. «Dici sul serio?»

Kuroo inclinò il capo. «Io non lascio un amico in difficoltà» chiarì.

Oh, quindi per entrare nella cerchia di amici di Kuroo era sufficiente sacrificarsi in pompa magna per qualcun altro. Beh, Kenma era felice di aver preso la strada semplice incontrandolo da bambino.

«Fate attenzione!» pregò Sugawara.

«Riportatelo indietro» sussurrò Kiyoko.

«E distruggete quel maledetto specchio!» aggiunse Shouyou strizzandogli l'occhio.

Kenma riuscì a mettere insieme un piccolo sorriso, prima di infilarsi di nuovo il mantello e prendere la porta.

«Credete che starà bene?» domandò Bokuto, la voce tremante.

«Ma certo» promise Kuroo, anche se dal suo tono Kenma capiva benissimo che stava mentendo.

«Hanno sicuramente intenzione di tenerlo vivo, Bokuto» intercedette allora Kenma. «Vorranno estorcergli delle informazioni. Probabilmente si sono accorti che alcuni di noi mancano all'appello, se non altro perché non hanno catturato Oikawa» ragionò.

«Allora, è possibile che lo stiano torturando?» domandò Bokuto.

Kenma non rispose, e la parete di fianco a loro vibrò come se qualcuno le avesse appena tirato un pugno.

«Ehi, amico, non preoccuparti» cercò di calmarlo Kuroo. «Non è stata colpa tua.»

«Ci siamo baciati» disse dal nulla Bokuto, facendo perdere per un attimo l'equilibrio a Kenma. Non è che ci tenesse a saperle nel dettaglio, certe cose. «Voglio dire, stavamo per farlo quando la musica si è interrotta, ed eravamo a tanto così l'uno dall'altro. E s-se adesso non...»

Kenma sospirò. «Andrà tutto bene» disse, ma sinceramente, non ne aveva la minima idea.

Dopo un po' di tempo il silenzio gli sembrò troppo ingombrante, quindi chiese: «Come intendiamo distruggere quello specchio?», il che non era un argomento da sottovalutare.

Kuroo sembrò rifletterci su. «Beh, immagino che abbiano apposto un incantesimo Antinfrangente, e qualcosa per tenerlo attaccato alla parete.»

«Senza contare che laggiù è pieno zeppo di gente. Non sarà facile nemmeno arrivarci, allo specchio» aggiunse Kenma.

«Per infrangere incantesimi del genere serve magia fin troppo avanzata in ogni caso» proseguì Kuroo. «Se non possiamo distruggerlo né spostarlo, non vedo come...»

Ma ormai erano arrivati davanti al portone. «Ci penseremo quando verrà il momento. Ci inventeremo qualcosa» tagliò corto Kuroo, ed entrarono nella sala.

 

* * *

 

«Ushijima sta arrivando» gridò Suguru, un ragazzo di Durmstrang che Akaashi aveva già visto varie volte in giro per Hogwarts. «Ha detto che farà il più in fretta possibile.»

Akaashi voltò lo sguardo nella sua direzione, le labbra strette. A parte un paio di graffi che gli avevano fatto mentre lo catturavano, non aveva nessuna ferita grave. Per ora. Era sicuro che lo stessero tenendo buono solo per potergli estorcere più informazioni possibile, specialmente per quanto riguardava l'ubicazione di Oikawa: Akaashi non era stupido, e dopo la rivelazione di Tsukishima e quello che aveva notato nei mesi precedenti non ci aveva messo molto a fare due più due. Ushijima voleva che Oikawa facesse parte del nuovo mondo che aveva in mente, e aveva probabilmente intenzione di sfruttarlo per farsi dire dove si trovasse.

Beh, Akaashi non aveva nessuna intenzione di tradire Bokuto-san e gli altri. Al pensiero di Bokuto non riuscì a trattenere un sorriso spontaneo all'angolo delle labbra: se non altro, lui era al sicuro.

«Ah, credi che ci sia da ridere?» lo derise Suguru. «Non penserai che ti lasceremo qui buono buono ad aspettare Ushijima, vero?»

Akaashi deglutì, cercando di non mostrarsi spaventato, e non disse una parola.

«Beh, potrei cominciare io. Consideralo un riscaldamento per quando Ushijima sarà qui, va bene? C'è rimasto piuttosto male quando non ha potuto trovare quel suo amichetto Oikawa in mezzo ai prigionieri... Ma scommetto che tu sai dove si trova, dico bene?» Akaashi non rispose, ma il sorriso di Suguru non si incrinò. «E anche quegli altri che mancano… La campionessa di Beauxbatons, per esempio. E tutti quei Grifondoro, devono essercene almeno cinque che non si trovano.» Akaashi ancora si rifiutava di aprire bocca: in parte perché non voleva dargli soddisfazione, in parte perché aveva paura che la sua voce potesse tradire il panico che stava provando.

«Ah, ho capito, il trattamento del silenzio» ghignò Suguru, sfoderando la bacchetta. «Vediamo di... sì, ammorbidirti un po'.» Sollevò la bacchetta e prese fiato. «Cru...»

«Fermo!» Una voce che Akaashi conosceva fin troppo bene interruppe Suguru nel bel mezzo della sua Maledizione. Qualcuno aveva scagliato un incantesimo addosso a Suguru, che era stato costretto ad evocare un Incantesimo Scudo per difendersi. «Non ti azzardare ad alzare un solo dito su di lui!»

«Bokuto-san...» mormorò Akaashi, incredulo. Quando aveva lanciato la Passaporta nelle mani di Bokuto, si era rassegnato alla sua sorte. Meglio lui che io, era tutto quello che aveva pensato. Non si sarebbe mai aspettato che lui... Cioè, era un'impresa talmente pericolosa che...

«Non preoccuparti, Akaashi, siamo venuti a salvarti!» gridò Bokuto, correndo verso di lui. Alle sue spalle Kenma e Kuroo scagliavano incantesimi a destra e a sinistra, facendogli strada. «Tieni duro e... Ma stai piangendo?»

Akaashi si portò una mano alle guance, sorpreso, e si accorse che erano umide. «S-sei venuto» sussurrò, ancora incredulo.

Bokuto si fermò davanti a lui, sorridendo raggiante. «Ma certo che sono venuto!»

Kuroo e Kenma li raggiunsero, ansimanti. Non si trovavano nella stanza principale, né in quella dove era nascosto lo specchio: per quella particolare attività Suguru aveva pensato di portare Akaashi nel suo stesso dormitorio, quello di Beauxbatons, forse per rendere il tutto ancora più doloroso. Kuroo si sbatté la porta alle spalle e Kenma la sigillò con un incantesimo Colloportus.

«Ma chi si vede. Un intero squadrone di soccorso» sorrise sadicamente Suguru, lisciandosi la bacchetta con le dita. «Peccato che io abbia ancora la vita del vostro amichetto nelle mie mani» continuò, passando la bacchetta sul collo di Akaashi, che lo fissò con rabbia.

«Allontanati subito da lui!» gridò Bokuto, puntandogli contro la bacchetta.

«Niente mosse azzardate» lo riprese Suguru con un piccolo ghigno. «Quanto credi che ci metteranno i miei compagni a sfondare la porta che avete così graziosamente bloccato?»

Akaashi detestava sentirsi così impotente. Suguru gli aveva rubato la bacchetta, e se non si fossero sbrigati sarebbe potuto arrivare persino Ushijima!

«Perché non la risolviamo con un duello?» propose Kuroo all'improvviso.

Suguru sorrise. «E perché dovrei, quando mi basta aspettare per vedervi sconfitti?» domandò, alludendo con la testa al portone che stava quasi per cedere.

«Perché se vincerai tu ti rivelerò dove si trovano tutti gli altri» rispose quello, serissimo.

Suguru inclinò il capo, un barlume di interesse negli occhi. «E come faccio a sapere che non mi stai ingannando?»

Kuroo si strinse nelle spalle. «Possiamo stringere un Voto Infrangibile, per quel che mi riguarda» propose. «Un duello, tu e io. Tenendo la porta sigillata. Nessun aiuto dagli altri. Se tu vinci, ti dirò tutto. Se io vinco, ci condurrai al vostro specchio e ci aiuterai a distruggerlo» concluse, serafico.

Tutti, nella stanza, trattennero il fiato. «Kuroo!» esclamò Kenma, incredulo.

«O hai paura di perdere?» ghignò Kuroo, porgendogli la mano. «Andata?»

Suguru ci pensò un istante, probabilmente figurandosi i vantaggi che avrebbe avuto se fosse stato lui a condurre Oikawa da Ushijima. «E va bene, ci sto» disse alla fine.

«Kuroo!» ripeté Kenma, gli occhi sgranati.

«Va tutto bene» lo zittì quello. «Bokuto, fai te da vincolo?»

L'altro annuì, ancora sotto shock, e il patto fu stretto. “e se non sarai in grado di parlare dopo che avrò finito con te, saranno i tuoi amici ad informarmi!” pretese Suguru con un sorrisetto.

Suguru annuì, sfregandosi la mano. «Molto bene.» agitò la bacchetta verso la porta, e quella si rinforzò subito, bloccando anche i suoni che provenivano dall'esterno. «Quando vuoi, Kuroo» ghignò, sfoderando la bacchetta.

 

* * *

 





Angolo autrice:
Rieccomi qua! Ormai siamo nel bel mezzo dell'azione, eh? In questo capitolo mi è dispiaciuto un po' non dare tanto spazio alla IwaOi e alla TsukkiYama, trascurando completamente la KageHina (amori miei, perdonatemi) e mi sono focalizzata sulle magiche avventure di Kuroo&co: questo capitolo è incentrato tutto su di loro, non so se avete notato.
Beh, se non altro abbiamo avuto degli sviluppi sul fronte BokuAka: ditelo, non vi ho lasciati un po' col fiato sospeso? Ma non temete: il grande Kuroo Tetsurou è pronto a risolvere la situazione! Più o meno...
Grazie di cuore a tutti quelli che hanno letto, recensito e preferito!
Un bacione, tua
Emma ^^

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Capitolo 5
*** V ***


CAPITOLO 5

 

* * *

 

Iwaizumi si chiuse alle spalle la porta della Stanza delle Necessità, ringraziandola mentalmente per l'aiuto fornito, e si gettò sulle spalle il mantello dell'invisibilità.

«Andiamo!» ordinò Sawamura a bassa voce, e tutti obbedirono, sforzandosi di seguire il rumore dei loro passi. Ben presto giunsero al portone d'ingresso, che, come Tsukishima aveva predetto, era circondato di uomini che facevano la guardia.

«Sono in dodici» li informò velocemente Kageyama. «Possiamo sempre puntare sull'attacco sorpresa e colpirli senza essere visti...»

Iwaizumi scosse la testa. «Non sarà così semplice. Se hanno preso Akaashi sanno sicuramente che siamo in giro, e immagino che sappiano anche cosa abbiamo intenzione di fare» ragionò. «Si stanno preparando ad un attacco. Non si faranno cogliere di sorpresa.»

«Quanto tempo abbiamo?» domandò Yamaguchi. Alla fine era riuscito a convincere tutti a farsi portare con loro, anche perché Sugawara aveva guarito la sua gamba con un colpo di bacchetta. Ma lui e Tsukishima ancora non si rivolgevano la parola.

«Più o meno un quarto d'ora» rispose Oikawa. Avevano contattato l'ufficio Auror, che aveva lodato la loro intraprendenza ma gli aveva sconsigliato di fare alcunché. “Rimanete nascosti” avevano ordinato. “Non correte rischi inutilmente. Troveremo un modo per entrare” continuavano a ripetere.

Alla fine Iwaizumi aveva perso la pazienza e aveva minacciato di andare a sfidare Ushijima personalmente se non gli avessero concesso di aprire quelle dannate porte, per cui si erano dati appuntamento con gli Auror per mezzanotte ai cancelli esterni di Hogwarts.

Oikawa lo aveva guardato con un sorrisetto orgoglioso, e Iwaizumi aveva sentito qualcosa di molto simile alle farfalle nello stomaco. Si era ordinato di non pensarci.

«Potremmo creare un diversivo» propose Sawamura. «Potrei farmi vedere correre lungo il corridoio, così qualcuno sarà costretto a corrermi dietro.»

«È troppo pericoloso» lo fermò subito Sugawara. «Non dividiamoci di nuovo.»

Oikawa però scosse la testa. «A me sembra una buona idea. Altrimenti, non vedo come faremmo a raggiungere i cancelli esterni senza farci fermare.»

Avevano deciso di comune accordo che Sugawara, Sawamura, Kiyoko, Tsukishima e Yamaguchi sarebbero rimasti a difendere il portone, mentre Oikawa, Iwaizumi, Hinata e Kageyama sarebbero andati ad aprire i cancelli. C'erano state parecchie discussioni in proposito, alla fine questa era sembrata la proposta più adatta: era evidente che sarebbero servite più persone a difendere il portone che ad aprire i cancelli, ed era più prudente evitare che Oikawa stesse troppo fermo in uno stesso posto, nel caso che a Ushijima venisse la strana idea di intromettersi. Inoltre, anche se nessuno lo aveva detto, era chiaro come il sole che Tsukishima li avrebbe uccisi tutti se Yamaguchi non fosse stato nel gruppo più numeroso.

Iwaizumi si guardò velocemente intorno. Al portone convergevano tre grandi corridoi: uno che portava all'ala est, uno all'ala ovest e uno dritto alla Sala Grande. «Sparpagliarsi non è una brutta idea» si sbilanciò. «Ma evitate a tutti i costi di rimanere isolati. State sempre almeno in coppia.»

«Due gruppi» rilanciò Sawamura. «Io e Suga rimaniamo a difendere, voi tre vi allontanate lungo un corridoio a caso e attirate più nemici che riuscite.»

Kiyoko annuì, e si sfilò completamente il mantello dell'invisibilità. «Allora andiamo.» Si voltò verso Iwaizumi e gli altri. «Appena Tsukishima-kun avrà aperto le porte, voi correte. Non preoccupatevi per noi» ordinò, fiera. Dopodiché si voltò di nuovo e scagliò un incantesimo che fece esplodere una colonna alle spalle del gruppo di guardia al portone, che sobbalzarono cercando di scampare ai detriti.

Gli altri la seguirono, dirigendosi in due direzioni differenti. Subito prima di imboccare il corridoio di destra Tsukishima si voltò, sempre continuando a correre, e gridò: «Alohomora!»

Poco lontano da lì, Yamaguchi lanciava un incantesimo ad un avversario che stava cercando di colpire Tsukishima. Avranno anche litigato, notò Iwaizumi, ma la loro intesa era comunque qualcosa di incredibile.

Il portone iniziò a cigolare come Iwaizumi aveva visto fare quella volta che, al quarto anno, era rimasto ad Hogwarts per Natale per stare con Oikawa che diceva di avere “troppo da studiare”.

Alcuni degli avversari si bloccarono, indecisi se voltarsi e cercare di richiudere il portone, mentre altri continuarono ad inseguire Kiyoko e gli altri. Lei era davvero forte, osservò Iwaizumi: nessuno riusciva a resisterle per più di qualche secondo. Meritava davvero il titolo di campionessa di Beauxbatons.

«Iwa-chan» sussurrò Oikawa sfiorandogli un braccio.

«Ci sono» rispose subito quello, e insieme a Hinata e Kageyama iniziarono ad avvicinarsi al portone, nascosti dal mantello dell'Invisibilità. Erano già sulla soglia, quando dalla Sala Grande sentirono un rumore fortissimo, come di una parete che crollava. Sawamura e Sugawara si interruppero per un istante, lanciando un'occhiata di sfuggita al punto in cui immaginavano si trovassero Iwaizumi e gli altri.

E all'improvviso, dalla Sala Grande comparve una figura che tutti loro conoscevano fin troppo bene. «Oikawa!» esclamò. «Lo so che sei qua. Vieni fuori!» gridò Ushijima Wakatoshi, gli occhi di fiamma.

Iwaizumi pensò a Sawamura e Sugawara, poi a Tsukishima, Yamaguchi e Kiyoko, e a tutto quello che Ushijima avrebbe potuto fargli se non avesse trovato Oikawa. E sapeva che anche lui stava pensando lo stesso.

«Voi andate» sibilò al punto in cui probabilmente si trovavano Hinata e Kageyama.

«Ma...» tentò di ribattere Kageyama.

«Qui ci pensiamo noi. Voi pensate ad aprire i cancelli, o sarà tutto inutile!» lo interruppe Iwaizumi.

«Sì, però...»

«Andate!»

A quel punto Iwaizumi non sentì più nulla, solo un leggero scalpiccio che andò diminuendo fino a scomparire. Tirò un respiro di sollievo e si voltò in direzione di Oikawa, sfoderando la bacchetta. Non dovette dire niente, perché in quell'istante Oikawa si sfilò il mantello dell'invisibilità per fronteggiare Ushijima. Iwaizumi lo imitò, lo sguardo duro come il marmo. «Eccomi» affermò Oikawa.

L'espressione di Ushijima non cambiò. Oikawa e Iwaizumi fecero qualche passo avanti, in modo da allontanarsi un po' dal combattimento di Sawamura e gli altri per fronteggiare Ushijima in solitudine.

Iwaizumi sapeva che era lì che si sarebbe deciso tutto, vittoria o sconfitta. Ma crollasse il mondo, lui non avrebbe lasciato il fianco di Oikawa.

Probabilmente l'altro dovette intuirlo, perché la sua mano raggiunse quella di Iwaizumi e la strinse velocemente, in una promessa che valeva più di mille parole.

 

* * *

 

«Sei impazzito?» domandò Kenma, pallido.

Kuroo scosse la testa. «So quello che faccio» affermò. Poi, vedendo l'espressione terrorizzata di Kenma, il suo sguardo si addolcì. «Fidati di me. Posso farcela.»

Non appena Suguru si era voltato verso Kuroo, Bokuto era corso di fianco ad Akaashi per controllare che non fosse ferito, ed ora si stavano stringendo per mano.

Kuroo avrebbe volentieri ascoltato quello che si stavano dicendo -se non altro per poter prendere in giro Bokuto fino alla morte-, ma non poteva permetterselo: Suguru aveva già sfoderato la bacchetta e stava per scagliare il primo incantesimo, che fece esplodere il letto dietro Kuroo, che riuscì a schivarlo appena in tempo. «Cominciamo bene» borbottò Kenma da qualche parte alle sue spalle.

«Ehi, da che parte stai?» si offese Kuroo, rispondendo al fuoco con uno Stupeficium che l'altro schivò con un balzo.

Suguru era bravo, inutile negarlo: tutti dicevano che, se non ci fosse stato Ushijima, sarebbe stato lui il campione di Durmstrang. Ma, pensò Kuroo con un ghigno, se non ci fosse stato Oikawa, lui sarebbe stato il campione di Hogwarts.

Aveva visto cosa aveva fatto Akaashi per Bokuto, e aveva definitivamente vinto le sue rimostranze nei confronti del ragazzo di Beauxbatons. Vedere Suguru che gli puntava una bacchetta addosso in quel modo... Ma per quanto la cosa lo avesse fatto imbestialire, non era niente rispetto a quello che Kuroo aveva visto negli occhi di Bokuto. Sembrava pronto a scagliare una Cruciatus.

Kuroo si rifocalizzò sul duello, cercando di farsi venire in mente incantesimi sempre diversi per cogliere di sorpresa l'avversario. Ma era dura, Kuroo se ne accorgeva benissimo. In un angolo della stanza sottosopra, Bokuto aveva recuperato la bacchetta di Akaashi e gli stava in qualche modo curando i tagli più visibili, mentre l'altro continuava a dirgli che non ce n'era bisogno, senza mai smettere di guardarlo di nascosto e di sorridere piano.

Combatterono in questo modo per qualche minuto, finché Suguru non gridò «Crucio!», e Kuroo per poco non si slogò una caviglia nel balzo che fece per schivare l'incantesimo. D'accordo, ora si faceva sul serio.

Si guardò alla spalle per un momento, e l'espressione atterrita di Kenma gli fece stringere il cuore: si era ficcato le unghie nei palmi delle mani, e seguiva ogni dettaglio dello scontro con apprensione. Kuroo avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma improvvisamente gli occhi di Kenma si allargarono a dismisura. «Attento!» gridò.

Kuroo si voltò di scatto, ed esplose nel «Protego!» più forte che avesse mai richiamato prima d'ora. Lo Scudo fu così potente da far rimbalzare lo Schiantesimo dritto contro Suguru, che non se l'aspettava minimamente: venne colpito in pieno e si accasciò a terra, inerme.

Bokuto si alzò di scatto in piedi, gli occhi sgranati: «Hai vinto!» esclamò subito dopo essersi accertato che Suguru non si muoveva più.

Kuroo, il respiro un po' affannato, riuscì a mettere su un ghigno soddisfatto. «Beh, era naturale» sorrise: in quel momento, alle sue spalle, Kenma gli tirò un pugno in testa.

«Non fare mai più una cosa del genere» ordinò, serio.

Kuroo si massaggiò la testa, mettendo il broncio. «Kenmaaa!» piagnucolò, ma alla fin fine capiva bene di essersi più che meritato quel pugno. Senza contare che, senza il grido di Kenma, Kuroo non aveva idea di come sarebbe potuto finire il combattimento.

Kuroo avrebbe voluto parlarne con lui, chiedergli scusa per il suo comportamento impulsivo e ringraziarlo per essersi preoccupato per lui, ma poi Kenma sollevò gli angoli della bocca in un sorriso stanco: «L'importante è che tutto sia andato bene» si limitò a dire.

Kuroo sorrise di rimando e annuì. Avrebbe aggiunto qualcosa, ma Bokuto si era già avvicinato a Suguru, ancora senza sensi.

«Reinnerva!» pronunciò, puntandogli la bacchetta contro.

Il ragazzo sbatté le palpebre un paio di volte e poi si tirò a sedere, guardandosi intorno con aria spaesata.

«Bene» sorrise Bokuto. «Adesso, portaci allo specchio.»

Quello ringhiò, non accennando a muoversi. Allora Akaashi gli si avvicinò con aria omicida -persino Kuroo dovette fare un passo indietro- e si chinò a sussurrare all'orecchio di Suguru qualcosa che Kuroo non riuscì ad afferrare. Bokuto, che si trovava lì vicino, sobbalzò. Suguru, invece, gli gettò uno sguardo carico d'odio e poi si alzò in piedi. «Molto bene» soffiò. «Potete seguirmi.»

Tutti si infilarono i loro mantelli dell'invisibilità, mentre Bokuto incantava dei cuscini per farli sembrare i loro corpi, distesi a terra privi di sensi. Kuroo non poté che rimanere ammirato per l'abilità dell'amico: Bokuto era un grande mago, molto dotato e capace di incantesimi che nemmeno Oikawa riusciva a dominare alla perfezione. Se fosse riuscito a concentrarsi un po' di più sullo studio invece che sul Quidditch, Kuroo non aveva dubbi che sarebbe potuto diventare il primo della classe in ogni corso.

«Reggi il gioco. Di' che ci sei andato un po' troppo pesante e che devi controllare una cosa di là. Non farli avvicinare» lo istruì Kuroo da dietro di lui, la bacchetta nascosta dal mantello dell'invisibilità premuta contro la schiena di Suguru. Quello ringhiò un “va bene” e uscirono dalla stanza.

 

* * *

 

Tsukishima voltò lo sguardo appena in tempo per assicurarsi che Tadashi stesse bene, scagliando un incantesimo a un nemico che si stava avvicinando un po' troppo a ferirli seriamente.

Quando il primo raggio verde era passato a meno di dieci centimetri dalla sua testa, Tsukishima aveva davvero iniziato a sudare freddo. Fortunatamente, non tutti sembravano intenzionati ad andarci così pesante: erano solo un paio che insistevano con le Maledizioni senza Perdono.

Kiyoko poco lontano se ne stava occupando, e Tsukishima detestava ammetterlo ma sapeva che, al suo posto, non avrebbe retto più di un minuto.

Si erano allontanati abbastanza da non vedere più nulla del portone d'ingresso, e si erano portati dietro otto su dodici avversari. Kiyoko ne aveva abbattuti tre, e Tsukishima era riuscito a Schiantarne un altro, quindi ne restavano quattro. Yamaguchi se la stava cavando abbastanza bene, considerando come invece l'aveva trovato nella Sala Grande al momento del ballo. Se ci ripensava ancora sentiva una stretta allo stomaco: aveva ricevuto il Patronus di Kuroo in mezzo al cataclisma generale, mentre si trovava al tavolo delle bevande. Yamaguchi era rimasto al loro posto, ma ovviamente quando Tsukishima era tornato a cercarlo non l'aveva trovato più da nessuna parte. E pensare che, se non fosse stato per Yamagushi, lui nemmeno ci sarebbe voluto venire, al ballo! Mentre tutti gli studenti venivano schiantati o disarmati e portati in un angolo della Sala per essere fatti prigionieri, Tsukishima aveva schivato tutti gli incantesimi e si era portato fin quasi all'uscita della Sala, senza ancora aver visto Tadashi. Alla fine, quando stava per decidere di farsi catturare di proposito per cercarlo tra i prigionieri, lo aveva individuato: era accovacciato sotto un tavolo, due avversari che lo sovrastavano. «Vieni fuori!» gridava uno, ma Tadashi sembrava pietrificato dal terrore.

Tsukishima aveva visto abbastanza studenti che cercavano di fare resistenza venire feriti senza tanti complimenti, e non se ne sarebbe certo rimasto lì con le mani in mano ad aspettare che quelli facessero qualcosa a Yamaguchi. Proprio mentre uno dei due sollevava la bacchetta, Tsukishima lo colpì alle spalle con uno Schiantesimo, facendolo crollare in avanti. Gli occhi di Tadashi si illuminarono nel vederlo, ma ancora non si stava muovendo: «Sbrigati, esci!» gridò allora Tsukishima, schivando all'ultimo istante un raggio viola uscito dalla bacchetta dell'uomo. Yamaguchi parve scuotersi solo in quel momento, e iniziò a strisciare fuori dal suo nascondiglio. Nel frattempo, però, l'avversario era riuscito a scagliare un incantesimo sul tavolo per farlo crollare. Yamaguchi aveva cercato di fare il più in fretta possibile, ma una gamba era rimasta coinvolta nel crollo. A quel punto Tsukishima non ci aveva visto più, e con un incantesimo era riuscito a stendere anche il secondo avversario. «Andiamocene» aveva ordinato quindi col respiro affannato. E senza farsi notare erano riusciti a sgusciare fuori dalla Sala e a dirigersi verso la Stanza delle Necessità come Kuroo gli aveva suggerito: in futuro si sarebbe dovuto ricordare di ringraziarlo, per quanto gli costasse anche solo pensarlo.

Però... era stato serio, prima, quando aveva proposto che Tadashi rimanesse al sicuro da qualche parte. Non era tagliato per il combattimento, si vedeva subito: non c'entrava il suo essere Tassorosso, era proprio una questione di carattere. E Tsukishima non voleva, non poteva rischiare di perdere Tadashi per un motivo tanto stupido.

Ad un certo punto, mentre Kiyoko si stava occupando da sola di due avversari, Tsukishima e Yamaguchi si trovarono ad arretrare contro i due che erano rimasti fin dentro una stanza chiusa da un pesante portone, che un incantesimo aveva letteralmente spazzato via. La sala era ampia e buia, e sembrava vuota se non fosse stato per uno specchio polveroso alle loro spalle. Tsukishima per un attimo pensò allo specchio di cui avevano parlato Kuroo e gli altri, ma scosse velocemente la testa: non poteva certo essere quello.

In quell'istante Tsukishima riuscì a disarmare un avversario, dopodiché lo spedì contro la parete opposta, lasciandolo privo di sensi. «Bravo, Tsukki!» esultò Yamaguchi, ma aveva parlato troppo presto: in quell'istante l'ultimo nemico riuscì a ferirlo sulla spalla: Tadashi gridò e perse la bacchetta.

Allora l'altro ghignò, soddisfatto, e prese fiato: «Crucio.»

Solo che, nel tempo che aveva impiegato a sollevare la bacchetta e a pronunciare l'incantesimo, Tsukishima aveva spento il cervello e si era letteralmente gettato addosso a Yamaguchi, spingendolo via appena in tempo ma venendo colpito in pieno dall'incantesimo.

Fu come rivivere contemporaneamente tutto il dolore che gli era mai stato inflitto nella sua vita, moltiplicato per cento volte. Tsukishima gridò, fuori di sé dal dolore, mentre ogni centimetro quadrato del suo corpo sembrava ricoperto di lava incandescente. Si contorse e gridò fino a farsi bruciare i polmoni, finché il dolore, così come era arrivato, scomparve. Ansimando pesantemente, Tsukishima cercò di mettersi seduto, ma le braccia gli cedettero e rimase sdraiato a terra, cercando di recuperare. Sollevò lo sguardo, e si accorse che il nemico era steso a terra davanti a loro, evidentemente privo di sensi: allora si voltò e vide Yamaguchi, in mano la bacchetta che Tsukishima aveva fatto volare al primo avversario.

Appena Yamaguchi si accorse che Tsukishima si era ripreso, si precipitò al suo fianco. «Tsukki!» gemette, accovacciandosi di fianco a lui. «Tsukki, mi dispiace, mi dispiace tanto!» Aveva gli occhi lucidi, e il labbro che tremava. Anche in queste condizioni, Tsukishima lo trovava bellissimo.

«Ehi...» mormorò, cercando di recuperare le forze.

«No, non ti sforzare!» esclamò però Tadashi, prendendogli la mano. Gli occhi di Tsukishima si sgranarono un po', ma non disse niente. «Avevi ragione tu, alla fine» mormorò a bassa voce. «Non sono stato capace di combinare niente...»

Tsukishima corrugò la fronte. «Non è vero» obiettò. «Sei stato tu a sconfiggere l'ultimo. Sei stato bravo.»

Yamaguchi fece un piccolo sorriso. «Tu saresti stato più bravo» ribatté, gli occhi sempre più gonfi di lacrime. «Ma ora non devi sforzarti! Io s-starò qui e...» proseguì con foga Yamaguchi, ormai piangendo apertamente. Al che Tsukishima fu colto da un dubbio. «Tu lo sai che non sto morendo, vero?» domandò.

Gli occhi di Tadashi si allargarono a dismisura. «Tu non... cosa?»

A Tsukishima veniva quasi da ridere. «La Maledizione Cruciatus. Non uccide» spiegò, l'ombra di un sorriso sul volto.

Yamaguchi sorrise come se il sole intero si fosse nascosto nei suoi occhi. «Tsukki!» gridò, saltandogli letteralmente in braccio.

«Ritiro tutto. Sto per morire» bofonchiò Tsukishima.

«Urlavi così forte, e poi non ti muovevi, e non riuscivi ad alzarti e non sapevo se... per colpa mia, tu...» iniziò a balbettare Tadashi, stringendolo a sé. «Quando ti ho visto a terra...» Dopodiché, incominciò a baciarlo.

No, un secondo: non si stavano baciando, Tsukishima sentiva ancora i suoi balbettii nell'orecchio. Ma allora perché, guardando nello specchio dietro di lui, vedeva chiaramente Tadashi che lo baciava, stringendolo a sé con un'intraprendenza che raramente gli aveva visto?

«Ehi» lo chiamò, senza staccare lo sguardo dallo specchio. «Lo vedi… lo vedi anche tu?»

Yamaguchi si voltò, e rimase a bocca aperta. «Cosa… cos'è questa cosa?» domandò.

Tsukishima focalizzò lo sguardo sulla cornice dello specchio, e la scritta che riuscì a decifrare gli fece perdere un battito: era lo specchio di cui aveva sentito parlare nei libri di storia, uno specchio che tutti i presidi di Hogwarts nascondevano gelosamente. Lo Specchio dei Desideri.

Abbassò lo sguardo verso Tadashi, che si era portato una mano alle labbra con aria completamente rapita dall'immagine che lo specchio gli mostrava.

E Tsukishima sorrise. Anche Yamaguchi stava vedendo la stessa cosa che vedeva lui, ne era più che sicuro. Con un coraggio che non credeva che sarebbe mai riuscito a trovare se non fosse stato per lo specchio, afferrò il mento di Tadashi e lo costrinse a voltare lo sguardo verso di sé. «Stavi guardando dalla parte sbagliata» lo informò, prima di posare le sue labbra su quelle calde e piene dell'altro, che dopo un istante di sorpresa rispose timidamente al bacio.

Non lanciarono più neanche un'occhiata al riflesso alle loro spalle, in quello che ormai ai loro occhi si era trasformato in un comunissimo specchio polveroso.

 

* * *

 

Kageyama correva come non aveva mai corso in vita sua. Al suo fianco sentiva Hinata ansimare pesantemente, ma non poteva permettersi di rallentare: dovevano fare il più in fretta possibile, per far arrivare gli Auror al Castello prima che gli invasori riuscissero a richiudere i portoni rendendo i loro sforzi completamente vani. Il senpai Iwaizumi credeva in loro, gli aveva affidato questo compito, e Kageyama non aveva nessuna intenzione di deludere lui e tutti gli altri.

«Fermo!» sibilò però quando furono vicini ai cancelli d'ingresso. Poco lontano da loro, infatti, stavano di guardia sei o sette figure incappucciate, che parlavano tra loro.

Hinata al suo fianco si irrigidì. «E adesso?» sussurrò. I portoni di Hogwarts, come tutti sapevano, erano incantati in modo da non far vedere cosa si trovasse oltre i cancelli. In questo modo, i Babbani che si fossero trovati dall'altra parte non avrebbero visto altro che un castello diroccato, mentre se anche orde di Babbani si fossero trovate fuori dai cancelli, i maghi non li avrebbero visti.

«Gli Auror devono già essere fuori» sussurrò Kageyama. A dir la verità, quando aveva saputo di essere nello stesso team di Oikawa si era sentito sia rassicurato che contrariato: da una parte, con Oikawa vicino la missione sarebbe stata molto più semplice; dall'altra, Kageyama ci teneva a dimostrargli di essere in grado di farcela da solo, di essere il migliore, di non essere un caso perso solo perché Grifondoro, come invece la sua famiglia non mancava di rinfacciargli da sei anni, ormai.

Kageyama era orgoglioso di essere un Grifondoro, e non avrebbe mai scelto Serpeverde al suo posto: perché non era necessario essere nella stessa Casa della propria famiglia per essere qualcuno, perché non era necessario essere Serpeverde per essere un grande mago. E se la sua famiglia non lo capiva, a Kageyama non importava: dopotutto, Hinata era sempre al suo fianco, e tanto bastava.

Insomma, conoscere Hinata era stato uno shock sotto molti punti di vista: sempre così rumoroso, fastidioso, irritante… Senza contare i mille guai in cui andava puntualmente a cacciarsi, e poi toccava sempre a Kageyama andarlo a tirare fuori dai pasticci. Ma tutto sommato, andava bene lo stesso.

Strano a dirsi, in sei anni che si conoscevano non avevano mai litigato sul serio: sì, facevano un po' la voce grossa e se non si insultavano almeno un paio di volte al giorno non erano contenti, ma… Quando la situazione lo richiedeva, sapevano capirsi alla perfezione.

Quando i suoi sentimenti per Hinata fossero passati da amicizia a qualcosa di più, Kageyama non avrebbe saputo dirlo: quello di cui era certo era che se qualcuno avesse osato alzare un dito su Hinata, lui gliel'avrebbe fatta pagare cara.

«Per aprire le porte dovremmo avvicinarci un po' di più» mormorò Hinata, come se Kageyama non lo sapesse già. «Anche qui basta un Alohomora, giusto?»

Kageyama annuì. «Una volta usavano le chiavi, ma possono sempre essere rubate» spiegò a mezza voce. «Quindi hanno pensato che fosse più semplice un incantesimo che può essere usato solo da un insegnante o da uno studente di Hogwarts. Ma dobbiamo essere lì davanti, da qua in fondo non può funzionare.»

Rimasero in silenzio per un po', indecisi sul da farsi. «Ehi! L'hai visto?» sussurrò Hinata all'improvviso, strattonando la manica di Kageyama. Poco lontano da loro, il torso appoggiato a un albero, era appena arrivato un Thestral. Per Hinata e Kageyama non era una novità vederli, da quando al loro terzo avevano assistito alla morte del nonno di Hinata. Kageyama era in vacanza a casa loro, e non aveva mai visto Hinata così disperato.

In ogni modo, quella vista gli diede un'idea: se gli avversari non si erano accorti del Thestral, significava che non potevano vederlo.

«Andiamo a cavallo del Thestral» ragionò a bassa voce. «Coi loro incantesimi mireranno in basso, e noi avremo la possibilità di aprire il cancello.»

«Va bene!» rispose Hinata, e dal suo tono Kageyama capì che stava sorridendo. Idiota.

Fecero come programmato, e tutto filò liscio: gli avversari non capivano come fosse possibile che Hinata e Kageyama stessero respingendo tutti gli attacchi, che rimbalzavano sulla pelle dell'animale senza scalfirla minimamente, mentre i loro incantesimi invece facevano sempre centro.

«Senti, Kageyama» ansimò ad un certo punto Hinata, mentre si stavano avvicinando sempre di più al cancello. «Per la storia del Ballo...»

Kageyama arrossì fino alla punta delle orecchie, grato al mantello che lo nascondeva alla vista dell'amico. «Eh? Non vorrai dirmi che avremmo fatto meglio ad andarci, adesso!»

«No, no, no!» rispose subito Hinata. C'era qualcosa di strano nella sua voce, come una specie di esitazione. «Mi stavo solo chiedendo se… insomma, lo so che non ci volevi andare, ma forse...» uno Schiantesimo gli volò vicino all'orecchio, facendoli sobbalzare. Kageyama evocò un incantesimo scudo e pregò che il Thestral andasse più veloce. «Sì?» lo imbeccò, trepidante.

Quelli sarebbero potuti benissimo essere i loro ultimi secondi, dopotutto. Non c'era tempo per timori o esitazioni.

«Forse non ti sarebbe importato andarci con me?» concluse allora Hinata. Kageyama per poco non scivolò giù dal Thestral. Aveva sentito bene? Hinata gli aveva davvero chiesto quello che lui pensava che gli avesse chiesto? Rimase a bocca aperta per un tempo un po' troppo lungo, perché ad un certo punto sentì un gomitata nelle costole. «Ehi, è maleducazione non rispondere!» gridò Hinata, scagliando un incantesimo di disarmo verso il basso. «Se la risposta è no, allora...»

«Sì» lo interruppe Kageyama, recuperando abbastanza autocontrollo per mettere insieme quelle due lettere. «Certo che sì.»

E in quel momento furono abbastanza vicini al cancello per gridare in coro: «Alohomora!» e fare entrare tutti gli Auror, che ci misero poco a sconfiggere tutti i nemici ancora da eliminare.

Hinata e Kageyama scesero dal Thestral e si ricongiunsero con Kenma, Kuroo e gli altri, senza mai smettere di tenersi per mano.

 

* * *

 

Raramente Bokuto era stato più felice di così. Avevano salvato Akaashi, ce l'avevano fatta!
E l'espressione che Akaashi aveva avuto quando lo aveva riconosciuto da lontano… Niente da fare, Bokuto non si sarebbe mai stancato di osservare quegli occhi.

Certo, doveva molto anche a Kuroo e Kenma. Loro due erano i migliori amici che Bokuto avrebbe mai potuto desiderare, e c'erano sempre stati per lui, nonostante tutto. Bokuto era consapevole di non essere una persona semplice da gestire, ma si riteneva davvero fortunato a conoscerli.

Camminavano tutti e quattro sotto i rispettivi mantelli dell'invisibilità, mentre Suguru li guidava alla stanza dello Specchio.

«Stiamo aspettando un gran numero di rinforzi» ringhiò Suguru. «Ma al momento non sta passando nessuno.» Si chiusero la porta alle spalle e si sfilarono tutti i mantelli, studiando a fondo lo specchio.

«Non si può infrangere, vero?» tentò Akaashi.

Suguru lo fissò come se fosse pazzo. «Ovviamente no, e non si può nemmeno staccare dalla parete. Se è tutto qui quello che vi serve...» iniziò.

Bokuto sbirciò dall'altro lato dello specchio: si vedevano un sacco di cose, come se fosse un magazzino o cose così. Bokuto sgranò gli occhi quando vide una scopa che somigliava molto ad una Firebolt 3000, accatastata insieme ad un bastone con la testa a forma di drago.

«Bokuto, concentrati» lo riprese Kuroo. «Dobbiamo trovare un modo di bloccare l'ingresso!»

Ma Akaashi lo stava osservando con fare interessato. «Cosa stavi guardando, Bokuto-san?»

Bokuto si voltò verso di lui con aria entusiasta. «C'è un mucchio di roba da quella parte! Dev'essere un posto tipo il negozio del signor Wrekley, sai, quello di oggetti usati a Diagon Alley» iniziò a spiegare. «Laggiù hanno di tutto, come le penne che scrivono solo insulti, o gli armadi che una volta che decidi dove mettere non si spostano più, o...» Si accorse che gli altri lo fissavano con gli occhi sgranati e si rese conto di aver parlato troppo. Succedeva spesso, in realtà, solo che Bokuto faceva fatica ad accorgersene mentre parlava.

«Bokuto, sei un genio!» sorrise Akaashi. Il cuore di Bokuto perse molto probabilmente un battito. O due. O tre. O probabilmente c'era un infarto in corso e avrebbe fatto meglio a darsi una mossa e chiamare soccorsi. Ma andiamo, Akaashi aveva un modo di sorridere che davvero gli mandava il cervello in tilt. «Questo è davvero il negozio del signor Wrekley, ora che me lo fai notare lo riconosco anche io» affermò Akaashi con sicurezza. Suguru deglutì, visibilmente sbiancato.

Kenma a quel punto sollevò lo sguardo verso Kuroo. «E anche sapendo questo, cosa possiamo fare?»

Akaashi sorrise, lanciando un'occhiata orgogliosa a Bokuto. «Ce l'ha appena detto Bokuto-san» disse. «C'è un armadio, che quando viene posizionato da qualche parte poi non si sposta più.»

Bokuto inizialmente non capiva, poi ebbe l'illuminazione. «Oh.»

«Quindi, mettiamo l'armadio davanti allo specchio ed evitiamo che gli altri riescano a spostarlo. E poi, che facciamo? Rimaniamo là?» chiese Kenma.

«Beh, io e Bokuto possiamo sempre Smaterializzarci fino ai cancelli di Hogwarts» propose Kuroo con un ghigno di vittoria.

Suguru era rosso di rabbia, ma a Bokuto non importava: avevano risolto la situazione, Akaashi gli aveva detto che era un genio, e ora gli stava sorridendo come se stesse fissando qualcosa di assolutamente meraviglioso. «Andiamo.»

Subito prima di passare attraverso lo specchio, Akaashi lo prese per mano.

E questa volta l'infarto gli era venuto davvero, non c'erano altre spiegazioni!

 

* * *

 

Ushijima aveva la bacchetta in mano, ma non sembrava intenzionato a combattere.

«Oikawa. Devo ammettere che non mi aspettavo che avresti organizzato tutto questo trambusto» commentò.

Oikawa sollevò il mento con aria di sfida. «Guarda che non sono stato io ad orchestrare il tutto» ribatté. «Mi dai un po' troppo merito!»

Ushijima scosse la testa. «Non sono qui per fare conversazione» chiarì. «Ti voglio fare una proposta. Unisciti a noi.» Oikawa sbarrò gli occhi: non era possibile che pensasse davvero che avrebbe accettato!

«Mi sembrava di essere stato sufficientemente chiaro tutte le volte che mi hai posto la stessa identica domanda» sputò, fissandolo con odio. «Non mi unirò mai a te, specialmente dopo quello che hai fatto oggi!»

Ushijima a quel punto sospirò. «È la tua ultima parola?»

«Ultimissima» confermò Oikawa, lanciando una veloce occhiata al suo fianco: Iwa-chan era lì, e fissava Ushijima come se fosse pronto a staccargli la testa a morsi. Quella vista in qualche modo lo rincuorò un poco.

«Allora non mi lasci altra scelta. Crucio.» Oikawa fece un balzo e schivò all'ultimo l'incantesimo, che andò a colpire la parete opposta. «Ti ho già battuto una volta» gli ricordò Ushijima, scagliando un altro incantesimo.

«Sì, ma era da solo!» ribatté Iwaizumi, evocando un incantesimo Scudo.

Ushijima lo fissò come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza. «E io mi stavo trattenendo» si degnò di rispondere, scagliando un'altra maledizione Cruciatus nella sua direzione.

Oikawa stava letteralmente fumando di rabbia: come si permetteva a lanciare una Maledizione Senza Perdono contro Hajime? «Non sai fare di meglio?» lo sbeffeggiò Ushijima, schivando senza difficoltà l'incantesimo di Iwaizumi.

Oikawa sapeva che sarebbe stata dura. Quando, nella Prima Prova, aveva sfidato Ushijima, era stato sopraffatto dalla varietà di incantesimi che quello conosceva e dalla sua velocità nell'eseguirli, anche non verbalmente. Ora però sembrava che si stesse concentrando sul ferire e fare male, piuttosto che impressionare un pubblico. Questo significava molte più Maledizioni e meno incantesimi diversi.

In ogni caso, Oikawa non poteva permettere che Iwa-chan venisse ferito: doveva provarci. Chiuse gli occhi per un istante, e li riaprì colmi di determinazione. Mentre Ushijima era occupato a scagliare un incantesimo contro Iwaizumi, Oikawa gli puntò contro la bacchetta e gridò: «Crucio!»

L'incantesimo colpì Ushijima in pieno, e quello crollò a terra con un grido. Ma si rialzò subito, spolverandosi i vestiti: il suo sguardo era quello di un leone ferito. «Oh, questa non me l'aspettavo» sibilò. «Temo che tu abbia ancora qualcosa da imparare.»

Si voltò improvvisamente verso Iwaizumi, che era rimasto momentaneamente a corto di parole per via della mossa di Oikawa, e sussurrò: «Crucio

Iwaizumi crollò a terra, contorcendosi dal dolore. «Iwa-chan!» gridò Oikawa, inorridito.

«Lo vedi? È così che si fa. Devi volerlo veramente» spiegò Ushijima con aria distaccata.

La Maledizione si interruppe, e Iwaizumi iniziò a respirare pesantemente. «Bastardo» soffiò.

«Come?» chiese Ushijima scagliando un altro incantesimo, ma questa volta Iwaizumi fu più veloce e riuscì a rotolare via, scagliando di rimando uno Schiantesimo che mancò Ushijima di qualche centimetro.

Oikawa si sentiva perso: non vedeva come sarebbero riusciti a farcela contro un mostro del genere.

Continuava a schivare incantesimi e maledizioni senza mai riuscire a costituire un pericolo serio per Ushijima, e anche Iwa-chan sembrava al limite.

Ad un certo punto, però, un incantesimo proveniente dalla battaglia dietro di loro lo colpì in pieno: si trattava di un Expelliarmus, che spedì la sua bacchetta qualche metro più in là.

In quel momento Oikawa si trovava leggermente più indietro rispetto a Iwaizumi e Ushijima, che si stavano sfidando a colpi di bacchetta sempre più ravvicinati. Ma appena i due si accorsero di quello che era successo, Ushijima ghignò in segno di vittoria.

«Te lo chiederò un'ultima volta, Oikawa» disse senza staccare gli occhi da Iwaizumi. «Arrenditi e unisciti a me. Sei disarmato, e sai benissimo che da solo contro di me il tuo amico non avrà chances.» Oikawa calcolò rapidamente le sue opzioni: la sua bacchetta era troppo lontana, ormai, e non sarebbe mai riuscito a recuperarla senza che Ushijima lo bloccasse. Poteva stare lì ad osservare il loro combattimento, ma per quanto credesse in Iwa-chan non c'erano speranze che riuscisse a sconfiggere Ushijima. All'improvviso, però, captò qualcosa negli occhi di Iwa-chan che lo fece corrugare la fronte, confuso.

Ma un istante dopo si ritrovò a sorridere: aveva capito tutto.

«Cosa c'è di tanto divertente?» domandò Ushijima, corrucciato.

«Vedi, noi non siamo come te» spiegò Oikawa con un gran sorriso. «Non abbiamo nulla contro Nati Babbani e Mezzosangue, tanto per cominciare. Poi, non ci piace invadere le scuole degli altri. E infine, a costo di risultare terribilmente cliché... Noi, a differenza tua, sappiamo cosa significa poter contare gli uni sugli altri» concluse, mentre la bacchetta di Iwaizumi gli volava tra le mani.

Ushijima si voltò di scatto, inorridito: certo non si sarebbe aspettato che Iwaizumi decidesse spontaneamente di rimanere disarmato davanti a lui!

Ma prima che potesse voltarsi di nuovo per fronteggiare Oikawa, quello aveva già gridato: «Expelliarmus!» La bacchetta di Ushijima, ancora senza parole, volò tra le dita di Oikawa, che ridacchiò. Effetto sorpresa: funzionava sempre.

«Adesso tocca a me, vero?» domandò Iwaizumi, sulle labbra uno dei sorrisi più pericolosi che Oikawa gli avesse mai visto fare.

«Tutto tuo» promise quello, allegro.

Iwaizumi si voltò e colpì Ushijima con un pugno in faccia tanto forte da farlo cadere a terra.

 

* * *

 





Angolo autrice:
Eccomi qua col penultimo capitolo, scusate tanto per il ritardo!
Beh, la situazione ormai si è risolta: gli Auror sono entrati, lo specchio è bloccato, Ushijima è sconfitto. Confessate, credevate che non ce l'avrei mai fatta in un capitolo solo, dico bene? E non è nemmeno morto nessuno! (È più forte di me, chi mi conosce lo sa: non ci riesco proprio a far fuori i personaggi. ALmeno nelle fanfiction un po' di sano, stucchevole happy ending sarà pure concesso, no?)
E direi che in questo capitolo tutti hanno avuto la loro parte di gloria: Kuroo, con l'aiuto e il sostegno di Kenma, ha stracciato il perdigo Suguru salvando così Akaashi. Tsukki e Yamaguchi sono riusciti a far fuori i difensori del portone (con il valido aiuto di Kiyoko, una vera femme fatale), Bokuto e Akaashi hanno trovato una soluzione per bloccare lo specchio, Hinata e Kageyama hanno aperto i cancelli (che patati, io li amo) e Iwaizumi e Oikawa hanno eliminato Ushijima!
... sì, un capitolo ricolmo di avvenimenti. Sì, è un po' troppo lungo. Sì, non ci posso fare niente, scusatemi ^^
Spero tanto che vi sia piaciuto, e che le varie risoluzioni non vi abbiano deluso! Ci risentiamo settimana prossima per l'ultimo capitolo, spero che vi piaccia!
Un abbraccio, vostra
Emma ^^

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Capitolo 6
*** VI ***


CAPITOLO 6

 

* * *

 

Quando Kenma fece il suo ingresso oltre i portoni di Hogwarts con tutti gli Auror, iniziò a scandagliare la zona alla ricerca di facce note. Per primi vide Sugawara e Sawamura lottare contro un paio di avversari, che vennero subito abbattuti dagli Auror. Poi scorse Tsukishima, Yamaguchi e Kiyoko che stavano ricomparendo da un corridoio poco lontano. Sembravano tutti incolumi, anzi: Yamaguchi aveva l'espressione di un pesce lesso, e persino Tsukishima sembrava nascondere a fatica un sorriso sincero.

Mancavano Iwaizumi e Oikawa: Kenma era leggermente preoccupato per loro, soprattutto perché sapeva che Ushijima puntava principalmente ad Oikawa.

Alla fine, però, li identificò in un angolo della Sala Grande, presi da un'occupazione che Kenma preferì non interrompere. Sorrise, e tornò a cercare lo sguardo di Kuroo. Negli occhi dell'amico leggeva una soddisfazione senza limiti, una felicità che quasi gli sgorgava fuori dagli occhi per quanto era autentica. «Ce l'abbiamo fatta» commentò, sorridendo.

Kenma sorrise di rimando, facendosi un po' più vicino. «Già» si limitò a mormorare.

Gli Auror fecero in fretta a sconfiggere definitivamente gli avversari: grazie al loro contributo, all'interno della scuola ne erano pervenuti circa una settantina; considerato che più o meno venti erano stati messi fuori combattimento dai loro amici, e che il loro leader Ushijima era stato sconfitto, fu un gioco da ragazzi per gli Auror eliminare i residui dell'assedio e liberare tutti gli studenti.

Kenma e Kuroo furono letteralmente inondati da una marea di ragazzini che volevano sapere cos'era successo, ringraziarli, sommergerli di domande; lo stesso accadde anche agli altri di loro -tranne Iwaizumi e Oikawa: stranamente, nessuno riuscì a trovarli.

Kenma sorrise appena nell'accorgersi di una ragazzina di Tassorosso, Yachi, che si gettava tra le braccia di Kiyoko piangendo come una fontana.

«Ehi» gli sussurrò Kuroo all'orecchio dopo un po'. «Ce la svigniamo?»

«Ti prego» rispose Kenma, che non era mai stato un grande fan degli spazi troppo affollati.

Allora Kuroo lo prese per mano e lo trascinò via, ridendo come un matto.

Kenma non riuscì a fare a meno di sorridere: andava tutto bene.

 

* * *

 

Erano passati un paio di giorni, e la situazione nella scuola iniziò a tornare alla normalità.

Gli spazi distrutti erano stati ricostruiti in una sola notte, e gli studenti feriti erano stati rimessi in sesto in men che non si dica.

Il Torneo Tremaghi era stato annullato, anche perché il campione di Durmstrang si trovava in una cella ad Azkaban, così come il novanta percento del resto degli studenti di quella scuola.

«E adesso per colpa loro puoi scommetterci che non ne faranno una nuova edizione prima del prossimo secolo!» aveva sbuffato Hinata, sdraiandosi con fare melodrammatico sul letto. «E io che avrei voluto partecipare...»

«Cretino, non avresti potuto comunque! Non lo fanno mica ogni due anni» aveva ribattuto Kageyama. Ma sotto sotto anche a lui dispiaceva: avrebbe voluto fargliela vedere, a Oikawa.

Sospirò: ci sarebbero state altre occasioni. Ora doveva solo pensare a godersi quel che restava dell'anno scolastico prima dell'inizio dell'estate.

Era una bella giornata di sole, e Hinata aveva convinto Kageyama ad andare a studiare all'aperto, all'ombra di un albero. Quello si era fatto un po' pregare, ma tutto sommato l'idea non gli dispiaceva più di tanto.

Dopo quello che era successo, non avevano parlato molto. O almeno, non di quello che Kageyama avrebbe voluto parlare. Ma dopotutto, con Hinata non c'era mai stato bisogno di molte parole.

«Sei in ritardo!» protestò il ragazzino quando lo vide arrivare.

Kageyama lo liquidò con un'occhiataccia. «Taci» ordinò, sedendosi di fianco a lui.

Aprirono i libri e cominciarono a provare qualche incantesimo, ma ben presto Hinata si stufò come al solito. «Argh! Facciamo una pausa!» pregò, stendendosi all'indietro sul prato.

Kageyama sospirò, chiudendo il libro: anche lui, in effetti, non ne poteva più.

«C'era da aspettarsi che a degli eroi come noi facessero saltare direttamente tutti gli esami» borbottò Hinata, imbronciato. Invece il preside aveva “solo” assegnato cinquecento punti a Grifondoro, trecento a Serpeverde, duecento a Tassorosso e cento a Corvonero, più una targa speciale a ciascuno di loro per i servigi resi alla scuola.

«Ehi, guarda chi c'è!» esclamò ad un certo punto Hinata. Kageyama voltò la testa, e vide che sotto un albero poco lontano da loro stavano Tsukishima e Yamaguchi: il primo stava leggendo un libro con la schiena contro il tronco, mentre l'altro dormiva con la testa appoggiata sulla sua pancia. Tsukishima giocava distrattamente con i suoi capelli, l'ombra di un sorrisetto soddisfatto sul volto.

«Ho sentito che stanno insieme» confidò Hinata, allegro.

Kageyama sollevò un sopracciglio. «Non so cosa ci trovi Yamaguchi in quell'idiota, ma contento lui...»

Hinata ridacchiò, lo sguardo puntato verso il cielo. Era così bello, realizzò Kageyama con una specie di stretta allo stomaco. «Ehi» lo chiamò allora, senza guardarlo. «Credo che non sarebbe male. Voglio dire, stare con qualcuno» buttò fuori prima di potersi fermare.

Alla fine, si decise a sbirciare nella direzione di Hinata: si era messo seduto e lo fissava con un'espressione che Kageyama non gli aveva mai visto.

 

* * *

 

«Tadashi. Ehi, sveglia.»

«Mh, Tsukki... Cosa c'è?»

«Guarda là.»

«...»

«Esatto.»

«Ma sono Hinata e Kageyama?»

«Bah, ho sempre saputo che quel tappo aveva gusti orribili.»

«Oddio, Tsukki, ma è una notizia fantastica! Pensavo che ci avrebbero messo come minimo un altro anno prima di...»

«E smettila di arrossire, mica stanno facendo chissà cosa. È un paese pubblico, possono fare quello che vogliono, no? Anche se sembra che si stiano mangiando la faccia a vicenda...»

«Tsukki!»

«Oh, dai, smettila. Piuttosto, a me sembra che manchino un po' di tecnica. Che dici, gli diamo il buon esempio?»

«T-Tsukki!»

 

* * *

 

«Bokuto-san?»

Bokuto voltò la testa di scatto: Akaashi lo aveva raggiunto sugli spalti del campo da Quidditch. Il sole stava per tramontare, e non c'era più nessuno: a Bokuto ogni tanto piaceva starsene lì da solo, perdendosi per un po' in quel silenzio che seguiva i boati di entusiasmo e il fischiare del vento.

«Non mi sarei mai aspettato di trovarti qui» sorrise Akaashi, sedendosi di fianco a lui.

Bokuto si grattò la testa, ridacchiando. «È che abbiamo studiato tutta la mattina, poi ho continuato da solo tutto il pomeriggio, e avevo bisogno di una pausa» si scusò.

Akaashi annuì. «È un bel posto» concesse. «Anche io giocavo a Quidditch, a Beauxbatons» ricordò. «Cercatore, come Oikawa-san.»

Bokuto sgranò gli occhi. «Davvero? Ma non me l'avevi mai detto, Akaashi!» esclamò. «Che figata! Un giorno possiamo giocare insieme?»

Akaashi sorrise. «Ma certo.»

Rimasero in silenzio per un po', dopodiché Akaashi fece un gran sospiro. «Domani partiamo.»

Bokuto voltò la testa così velocemente che per poco non gli si slogò il collo. «C-che cosa?» balbettò.

«Il Torneo è stato annullato, e il preside ha deciso di tornare in anticipo in modo da poter assistere alla Cerimonia finale di Beauxbatons» spiegò Akaashi senza guardarlo.

Bokuto scosse la testa, incredulo. «Ma... Domani?» pigolò alla fine.

«L'ho saputo ieri. Non sapevo come dirtelo...» si scusò Akaashi, guardandosi le mani. «Però,» riprese subito, la voce molto più risoluta, «Questo non vuol dire che non ci vedremo mai più. Possiamo scriverci. E potresti venire a casa mia, ogni tanto, durante le vacanze estive. Io ho ancora un anno da passare a Beauxbatons, ma poi pensavo di trasferirmi in Inghilterra con la famiglia di mio padre, che è inglese. E non so cosa tu abbia intenzione di fare l'anno prossimo, ma...» iniziò a dire a velocità supersonica.

Bokuto sollevò un braccio. «Aspetta, vuoi dirmi che... Potremo rivederci?» domandò, gli occhi luminosi. In qualche modo aveva sempre dato per scontato che, una volta finito l'anno scolastico, Akaashi sarebbe tornato in Francia e non si sarebbero rivisti mai più. E invece...

Akaashi abbassò lo sguardo, sorridendo. Bokuto notò che era leggermente arrossito, e a quella vista il cuore fu sul punto di esplodergli. «Bokuto-san, non so cosa farei se non sapessi di poterti rivedere ancora molte, molte altre volte» confessò.

«Akaashi!» esclamò Bokuto, lanciandosi addosso a lui e stringendolo in un goffo abbraccio.

Akaashi rise un po', cercando inutilmente di scostarselo di dosso. «Questo mi ricorda,» disse poi, la faccia semi-nascosta dal braccio di Bokuto, «che l'altro giorno siamo stati interrotti, al Ballo.»

Bokuto si mise immediatamente seduto composto, pendendo dalle labbra di Akaashi. «È-È vero» balbettò, arrossendo leggermente.

«È il caso di rimediare, non ti pare?» sussurrò Akaashi, e poi si chinò in avanti per posare le labbra su quelle di Bokuto.

Questa volta, non furono interrotti proprio da nessuno.

 

* * *

 

Poco lontano da lì, Kuroo e Kenma osservavano la scena. All'inizio Kenma si era opposto a quell'operazione di spionaggio avanzato, ma poi si era fatto convincere da Kuroo a seguire Akaashi di soppiatto per assistere in diretta alla loro... riconciliazione, ecco. Quel ragazzo era proprio una comare, Kenma non aveva altre spiegazioni.

«Senti, Kenma.» Kuroo esitò un attimo. «Quello che c'è tra Bokuto e Akaashi...»

L'altro sollevò lo sguardo. «Sì?»

Kuroo deglutì. Doveva dirlo ora, prima di potersi fermare. Prima che l'anno scolastico finisse e che fosse costretto a separarsi da Kenma per un anno intero. «Non sarebbe bello averlo anche noi due?» domandò col tono più casuale del mondo, ma in qualche modo rovinò l'effetto arrossendo come una ragazzina.

Kenma sgranò leggermente gli occhi in segno di sorpresa, poi sorrise: uno di quei rari sorrisi che partivano dagli occhi e che Kuroo aveva visto poche volte, sempre rivolto a lui. «Credevo che non me l'avresti mai chiesto» sussurrò.

Rimasero a fissarsi per un po', poi Kuroo incrociò le braccia. «Ma scusa, questa non è la parte in cui mi baci?» si lamentò.

Kenma sollevò un sopracciglio. «Se ci tenevi tanto a baciarmi perché non l'hai fatto tu?» ribatté.

Kuroo arrossì di nuovo. «Ma io- cioè, io ho già- e poi, di solito in questi casi dovresti essere tu che- cioè, hai detto quella cosa e-» farfugliò sotto lo sguardo divertito di Kenma.

Improvvisamente però quello lo zittì portandogli un dito sulla bocca. «Ricominciamo daccapo» sorrise. «Sarei felice che tra noi due ci fosse la stessa cosa che c'è tra Bokuto e Akaashi» soffiò, dopodiché si sollevò in punta di piedi e lo baciò delicatamente sulle labbra.

Kuroo, dopo un istante di sorpresa, lo prese dolcemente per la testa e lo strinse a sé, approfondendo il bacio e sentendosi felice come mai in vita sua.

 

* * *

 

L'Espresso per Hogwarts sarebbe la mattina seguente, ma nessuno aveva voglia di tornare nei Dormitori per preparare le valigie. «Tanto si fa sempre tutto la mattina stessa, Iwa-chan: sette anni e ancora non l'hai imparato?» domandò Oikawa con un sorrisetto di scherno. «Per adesso restiamo qua ancora un po'» aggiunse a voce bassa.

Iwaizumi non poté fare altro che annuire, stiracchiandosi. Erano tornati al Lago Nero, nello stesso punto in cui si erano messi insieme meno di un mese prima. Buffo, sembravano passati anni.

«Mi mancherà, sai» sussurrò Oikawa dopo un po'.

Ormai era calata la notte, ed erano entrambi seduti sulla loro roccia sulla riva del lago.

«Anche a me» rispose Iwaizumi. Con tutto il disordine che c'era stato negli ultimi giorni, c'era stato poco tempo per rendersi conto che, beh, era il loro settimo anno. I loro giorni ad Hogwarts erano stati splendidi, ma erano volti al termine. Se ripensava a tutto quello che aveva passato, Iwaizumi non poteva che essere grato a quel bambino che aveva conosciuto tanti e tanti anni prima, che gridava per un ginocchio sbucciato, e glielo disse.

«Ah, Iwa-chan è diventato sentimentale! Mi fai arrossire!» ridacchiò Oikawa nascondendosi il volto con le mani.

Iwaizumi sorrise, riportando lo sguardo verso le stelle: dopotutto, poteva andargli peggio.

«Tu cosa farai?» domandò Oikawa di getto dopo un po'.

Iwaizumi si grattò la testa. «Pensavo di provare a diventare professionale. Nel Quidditch, sai» attaccò. «Poi, beh, mi piacerebbe lavorare ad un giornale, magari sportivo. Tu se non sbaglio volevi lavorare al Ministero della Magia, vero?» domandò.

«Esatto! Si parte dal basso, ma poi... “Ministro Oikawa”. Come suona?» gongolò quello, sorridendo.

«Sì, sogna» lo liquidò Iwaizumi con un sorriso appena accennato.

«Cattivo, Iwa-chan!» si lamentò subito Oikawa. Poi però sospirò. «Immagina... Tu che torni a casa dal lavoro con la tua valigetta da inviato speciale della Gazzetta del Profeta e prepari la cena per il Ministro della Magia! Non suona benissimo?»

Iwaizumi ci mise un po' a elaborare quello che l'altro aveva detto con tutta la leggerezza del mondo, dopodiché si voltò, gli occhi stralunati. «C-cosa hai detto?»

Oikawa inclinò il capo. «Ho chiesto se non suonava benissimo» ripeté, dubbioso.

Iwaizumi scosse la testa. «Hai detto... a casa» articolò alla fine. «Mi stai dicendo...»

Oikawa sgranò un po' gli occhi, poi sorrise. «Ah, ma certo, non l'avevo ancora chiesto!» si schiarì la voce. «Iwa-chan, verresti a vivere con me?» domandò col tono più serio che aveva.

Iwaizumi allora scoppiò in una mezza risata. «Come fai a battermi sempre sul tempo?»

«È un sì?» domandò Oikawa, gli occhi luminosi.

Come se potesse essere altrimenti. Iwaizumi allungò il collo e afferrò la testa di Oikwa da dietro, stringendolo a sé in un bacio tanto passionale da togliere il fiato. «Tu che dici?» soffiò sulle labbra calde di Oikawa.

L'altro rise e gli gettò le braccia al collo, facendoli rotolare entrambi giù dalla roccia in mezzo al prato.

Ne erano successe, di cose, in quei sette anni. Alcune belle, alcune un po' meno: ma tutte le scelte che Iwaizumi aveva preso lo avevano portato su quel prato, in quella notte, sotto quelle stelle e al fianco di quel ragazzo. E davvero, Iwaizumi non poteva essere più felice di così.

Andava tutto bene.

 

 









Angolo autrice:
E siamo alla fine! *lacrimucce di commozione*
E niente, ho scritto questa storia quest'estate, e a pubblicarla adesso mi tornano in mente le giornate lunghe e assolate passate ad oziare e scrivere tutto il giorno. Menomale che si avvicina Natale, va'.
In ogni caso... questo è stato il capitolo delle conclusioni! La KageHina ha avuto il suo dolce risvolto, il tutto commentato da un interessatissimo Tsukki (Kenma dice tanto di Kuroo, ma vogliamo mettere lo spirito da comare intrinseco di Kei? Li batte tutti ù.ù)
Anche la BokuAka, alla fine, si è risolta per il meglio: il fatto che appartenessero a scuole diverse (per non dire paesi diversi) poteva essere anche un inconveniente, ma nulla può fermare la fiamma del loro amore, giusto? Ah, la faccenda del padre di Akaashi che è inglese spiega anche il suo "accento francese praticamente inesistente" (come aveva garbatamente fatto notare Kenma qualche capitolo fa).
E quindi anche Kuroo e Kenma hanno smesso di girarsi intorno, un applauso per il Serpeverde più lento e impacciato di sempre! No, seriamente, la loro scena è una di quelle a cui sono più affezionata. Mi sono legata un sacco a questi due mentre scrivevo questa fanfiction, più di quanto avrei creduto possibile.
E poiché niente ha inizio e niente ha fine e il cerchio della vita e tutta quella roba lì, la storia finisce con la stessa coppia con cui è inziata: la IwaOi, primo vero amore di fangirl <3
Anche per loro li aspetta un futuro radioso: se lo meritavano, non credete? Ah, ultimo tocco finale: la frase con cui si conclude questa fanfitcion è la stessa con cui si concludono i libri di Harry Potter (perché noi non contiamo The Cursed Child e la saga è finita al settimo, va bene?)
E dunque, il momento dei ringraziamenti: grazie di cuore a tutti quelli che hanno seguito questa storia, a chi l'ha commentata rendendomi la persona più felice della Terra, ha chi l'ha preferita e a chi l'ha ricordata. Siete fenomenali, non so come avrei fatto senza di voi!
Spero di tornare presto nel fandom, specialmente ora che sta uscendo la terza stagione!
Un abbraccio, vostra
Emma <3

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