Full Moon

di coux
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tocca a me ***
Capitolo 2: *** VisioneVSdistrazione ***
Capitolo 3: *** Una visita... ***
Capitolo 4: *** Il primo bacio è sempre catastrofico? ***
Capitolo 5: *** Un sogno per capire ***
Capitolo 6: *** Turista a Volterra ***
Capitolo 7: *** Innamorata o solo confusa? ***
Capitolo 8: *** La verità ***
Capitolo 9: *** Non andare ***
Capitolo 10: *** I problemi fioccano a migliaia ***
Capitolo 11: *** La lettera ***
Capitolo 12: *** Diamante ***



Capitolo 1
*** Tocca a me ***


tocca me

1° libro: Bella

Tocca a me

<< Sbrigati Renesmee, o faremo tardi! >>urlavo dall’ingresso. Alice stava cominciando sul serio ad avere una cattiva influenza su mia figlia. Sapevo fin dall’inizio che non era bene fidarmi degli occhioni dolci che mi aveva fatto per convincermi a lasciare Renesmee in mano sua due pomeriggi la settimana. Avrei dovuto interrompere quelle visite subito, già da quando era tornata a casa truccata e vestita come una Barbie. Il culmine delle disgrazie strava per essere raggiunto proprio in quel momento. Se avessi saputo quanto ci avrebbe messo a fare la sua valigia, l’avrei avvertita qualche settimana prima di cominciare. Cominciavo a perdere la pazienza e mi diressi immediatamente in camera sua. Quello che mi si parò davanti era l’inferno. Anzi, peggio. L’inferno era il paradiso in confronto a quel pandemonio. Un uragano, in settimane di duro lavoro, non sarebbe riuscito a creare lo stesso casino che aveva creato lei nel giro di poche ore.

<< Cos’è successo qui dentro >>ringhiai, fissando torva il piccolo essere con i capelli lunghi fino alle anche che mi si parava davanti, con un sorriso da orecchio a orecchio.

<< oh! Non ti preoccupare, quando torneremo metterò tutto a posto. Te lo prometto, mamma. >>disse lei, sempre sorridendo. Sentivo intanto dei passi che arrivavano dall’ingresso. Era Edward.

<< se fossi in te, mi preparerei mentalmente, prima di entrare qui dentro >> sibilai a mio marito.

<< ho passato decenni in casa con Alice. Non credo che Nessie possa averla battuta tanto… >>ma si bloccò, quando vide la stessa cosa che avevo notato io entrando. La camera da letto di Renesmme era seminata di vestiti, ovunque. Sul pavimento, sul letto, sulla scrivania, sulla sedia e sulla poltroncina: ovunque, meno che nell’armadio. Mi ci vollero pochi secondi per scorgere anche le sei valigie e i due beauty-case, ai piedi del letto.

<< non avrai intenzione di portarti tutta questa roba, vero? >>

<< mamma!non è il momento di scherzare. Queste sono solo le valigie con l’intimo e le magliette. Ora mi manca da scegliere il resto, anche se mi concentrerò bene sui pantaloni. E avrei anche bisogno di una valigia per mettere le scarpe. Papà, ci pensi tu? >>

Edward non rispose subito, ma dopo qualche secondo di pausa –dove probabilmente stava valutando se stare calmo e procurargli un’altra valigia o andare a staccare la testa a morsi a Alice- si destò al rumore di qualcuno che si avvicinava alla nostra proprietà. Distinsi subito la corsa leggera e fluida di Jasper, contrastata dall’andatura pesante, ma non meno fluida, di Emmett. Mi precipitai subito fuori. Dovevo assolutamente parlare a quattr’occhi con Jasper. Era ridicolo il modo con qui avevamo legato negli ultimi tempi. Forse era il suo modo di fare gentile e sereno, forse era il suo potere di farmi sentire sempre tranquilla. Chi lo sa? Alice si era addirittura offesa per il legame che ci univa. Il bello era che si era offesa –come al solito- perché pensava che non fossimo più amiche, non perché avevo legato bene con il suo compagno di vita.

Lo aspettai a un paio di metri di distanza dalla porta d’ingresso. Mi si avvicinò con grazia e sentendomi sconvolta e frustrata mi inondò di tranquillità. Mi  sorrise, come solo lui sapeva fare. Per un momento dimenticai tutta la rabbia contro i vestiti e Alice. Mi superò ed entrò in casa, seguito da Emmett.

<< siamo venuti ad aiutarvi a portare le valigie da noi. Alice ha previsto che ne avreste avuto bisogno… >>cominciò Emmett. Questo non doveva dirlo!

<< Alice!!! >> ringhiai, raggiungendo Emmett.<< Alice ha previsto che avremmo avuto bisogno di un’aiutino con le valigie? >>altra ondata di tranquillità.

Sospirai e aspettai che rinascesse la furia in me. Guardai torva Jasper. Questa era una cosa che odiavo in lui: non mi lasciava mai sfogare o infuriare con qualcuno. Era frustrante. Percepivo quelle situazioni in modo irreale, come se lui fosse il mio angelo custode, pronto a rasserenarmi in ogni momento. Eppure all’inizio i rapporti tra noi erano stati distaccati, se non assenti. Nei miei vaghi ricordi umani, lui era presente, ma silenzioso e immobile. È vero, mi portò in salvo con Alice da James, ma durante il soggiorno in hotel, era stato quasi inesistente. Per tutto il periodo che Edward mi aveva lasciata non l’avevo più rivisto. In quel periodo, però, non mi è mai passato per l’anticamera del cervello che fosse lui la causa dell’allontanamento di Edward da me. Mai, neanche per la penosa festa in onore del mio diciottesimo compleanno. Avevo nutrito sempre una certa simpatia per lui, anche se non me ne ero mai accorta. Forse era dovuto al fatto che era il compagno di Alice, forse perché mi faceva un po’ pena la sua condizione di anello debole della famiglia Cullen, forse semplicemente perché non era tanto insensibile come Emmett. Emmett… tornai con i piedi per terra, dopo l’ondata di tranquillità e di ricordi immersi negli occhi dorati di Jasper.

Cercai di dare un tono diplomatico e tranquillo al mio tono di voce.<< dite a Alice che le sue previsioni sul nostro bisogno di aiuto sono direttamente proporzionali ai lavaggi del cervello che fa a mia figlia. L’ha trasformata in un mostro e… >>

<< io l’ho sempre detto che quel mostriciattolo ci porterà alla rovina >> disse tranquillo Edward, mentre disfava una valigia rossa e nel frattempo teneva lontana Renesmee, che recuperava i vestiti e provava a rinfilarli in valigia.

<< non ti do torto, Edward. >>disse Jasper, divertito. Mi voltai verso di lui, sorpresa dalle sue parole. Ero convinta che avrebbe difeso la sua compagna, rimproverando Edward. Forse pensava che il fratello stesse scherzando, ma non ne ero sicura.

Guardai l’orologio del soggiorno: erano le tre di pomeriggio. << Renesmee, ti do 10 minuti per scegliere cosa portare >>

<< ma io ho gia scelto! Se papà la smette di togliere le cose, ci metto dieci minuti- come hai detto tu, per finire le altre valigie >>

<< cosa?! >>esclamai. Mi rimangiai le parole di poco prima. Alice non l’aveva trasformata in un mostro, ma in un cataclisma, in un pericolo pubblico.<< forse non sono stata abbastanza chiara, signorina, ti do 10 minuti per riempire con lo stretto necessario le valigie. E tra tutte quelle che hai intenzione di portare, ti concedo di riempirne 2, non una di più, ma possibilmente una di meno. >>

<< ma… >>

<< ma un bel niente.! >>la interruppi.

<< ma... >>ci riprovò.

La fulminai per qualche secondo. La stanza era silenziosa; mi sentivo gli occhi di tutti addosso. Speravo con tutta me stessa che Edward mi stesse appoggiando mentalmente e moralmente, al contrario delle risa mentali che probabilmente affollavano la mente di Emmett.

Quando fui completamente convinta che Renesmee non avrebbe ribattuto mi voltai. Errore irreparabile.

<< ma mamma! >>esclamò. Poi partì a raffica con il solito discorso che dimostrava il nostro torto e la nostra non-comprensione nei suoi confronti, che Alice pareva possedere.<< zia Alice dice che se non ci si porta tutto quello che si ha in vacanza potrebbe succedere una disgrazia. Già voi potreste essere una causa di questa possibile tragedia, visto quelle tre cose che avete intenzione di portarvi appresso…per questo vi ho fatto altre due valigie a testa. >>

Non ribattei a quella notizia, me la stavo aspettando già dall’inizio del suo improvviso discorso. Lasciai che continuasse, prima di dargli il colpo di grazia con la conferma del mio ordine precedente. E lei ignorava il fatto che il tempo aveva già cominciato a correre.

<< pensa solo al fatto che magari quando arriviamo lì, scoppia un temporale e le temperature vanno sotto lo zero. Bisogna prevenire questo imprevisto. Quindi bisogna portarsi tutti gli indumenti invernali che si hanno. So che mi state prendendo per matta: dopotutto voi che ne sapete del freddo? Io lo sento, meno degli umani, ma lo sento. >>

<< ma non ti basterebbero al massimo due abiti invernali? >>chiese Emmett, improvvisamente attratto dal discorso di Renesmee.

<< assolutamente No. Tu che vivi in casa con zia Alice dovresti saperle certe cose, zio Emmett! Ora comincio a capire zia, quando si sente delusa dalla vostra superficialità nel modo di comprendere la moda…comunque, visto che siete dei dilettanti, comincerò a spiegarvi il concetto in modo semplice, chiaro e veloce. Mettiamo il caso che io metta in valigia solo due abiti invernali, e che mi si sporchino nel giro di mezzora la felpa di uno e i pantaloni dell’altra. Mettiamo il caso che il primo completo sia marrone e l’altro nero. Sicuramente non posso rimanere per casa in mutande, quindi mi toccherà mettere i pantaloni marroni e la felpa nera. Immaginatevi la scena: orribile…il nero e il marrone assieme, uguale, a che ne so… i figli della luna e Caius. Non vanno mica d’amore e d’accordo. Un’ esempio più esaudente: zia Rose e Jake. Provate a lasciali in una stessa stanza per due ore e immaginate cosa potrebbe succedere. La stessa cosa è per quei due colori, come per molti altri. Quindi, riprendendo l’esempio, ci toccherebbe andare a fare shopping a terra, perché io non mi metterò mai qualche cosa di marrone con il nero, o nero con blu, o >>rabbrividì all’idea << viola e verde >> disse con ribrezzo, scollandosi le spalle come volesse fuggire da un brutto pensiero. Attesi fino a che non fui sicura che avesse terminato il discorso senza senso, ma degno di Alice, per alzare gli occhi al cielo e rivolgermi a Edward: << tutto questo bel discorsetto ha bisogno di una bella risposta unanime, eh? >>. Contammo mentalmente fino a tre, poi in coro:

<< cinque minuti! >>

Renesmee sbuffò, sapendo che non poteva fare nient’altro. Si diresse a orecchie basse verso camera sua. Edward la seguì.

Mi girai verso Emmett e Jasper e nel tono più cordiale possibile, anche se con una nota di malignità, dissi:<< non siete più utili qui, ma potreste sempre farmi un favore… >>

<< Quale? >>chiesero all’unisono.

<< dite ad Alice che quando arriviamo a Isola Esme, dovrà fare i conti con me, >>dissi con disprezzo << e per l’occasione, sarò molto, molto arrabbiata…intesi? >>e guardai specialmente Jasper, sapendo che non mi avrebbe deluso, al contrario di Emmett, che si stava scompisciando dalle risate, e che si sarebbe precipitato da Rosalie a raccontarle parola per parola della scenata di Renesmee, elogiandola come una piccola mente diabolica.

<< non verrete dunque con il nostro stesso aereo? >>chiese Jasper, ignorando la mia richiesta.

<< Spero di si, ma dubito che riusciremo a finire in tempo… con le valigie. >>dissi sprezzante, lanciando un’occhiataccia verso la camera di Renesmee.

<< d’accordo. Se è ci vediamo all’isola >> disse Emmett, e con un cenno si allontanò correndo, seguito silenziosamente da Jasper.

Mi voltai e raggiunsi Edward nell’altra stanza. Lo scenario era nettamente cambiato: la camera era in perfetto ordine, i vestiti non erano più in giro, le valigie si erano ridotte a tre, e dall’espressione soddisfatta di Edward, non mancava nulla. Mi rimangiai immediatamente quello che avevo detto a Jasper e ad Emmett. In tutta quella perfezione felice, c’era una sola cosa che stonava: Renesmee seduta sul suo letto, le gambe e le braccia incrociate e un broncio che le dipingeva il bel viso fanciullesco. Erano passati poco più di sei anni dalla sua nascita, e lei dimostrava già sedici anni. Questo per quanto riguardava l’aspetto fisico. La sua mente, i suoi interessi, i suoi modi di fare… bè, quelli appartenevano a una ragazza di almeno vent’anni. Aveva passato da un pezzo la fase “infanzia”, e con quella, il suo particolare modo di comunicare con il pensiero e le immagini. Non che non ne fosse più capace, ma era come se appartenesse appunto, alla sua infanzia. Ora che era, per così dire, cresciuta, aveva lasciato quel buffo modo di comunicare, per fare spazio alle parole. Ogni tanto, però avrei preferito che avesse continuato a comunicare specialmente con le immagini, che con il suo chiacchiericcio infermabile. Mi avvicinai, facendo segno a Edward di uscire, che senza ribattere, obbedì.

<< ti sei offesa per le valigie? >> chiesi. Che domande! Ma certo che si era offesa per le valigie!

<< Anche >> rispose, senza muovere un muscolo e continuando a fissare il vuoto delle tende.

<< per cos’altro? >>

<< zia Alice se la prenderà molto, io non voglio deluderla. Questo per quanto riguarda le valigie… >>

<< e? >>la incitai.

<< perché voi tutti avete un compagno- compagna e io no? Perchè voi avete qualcuno da amare e io no? >>chiese sbottando, irritata per avergli strappato una simile domanda.

<< ma tu vuoi bene a me, a papà, a Charlie, a Carlisle e Esme, a zia Rose e Emmett, a zia Alice e Jasper, a Jacob… >>cominciai ad elencare.

<< Appunto! >>m’interrupe, lasciando a mezz’aria il mio elenco.<< Seth l’altro giorno mi ha spiegato una cosa buffissima: l’imprinting, o qualcosa del genere. Dice che Jacob l’ha avuto su di me, quando sono nata. Sam l’ha avuto su Emily, Quil sulla nipote di Emily…il fatto è che Emily retribuisce l’amore di Sam, Quil per il momento non si può aspettare molto da una bambina, ma io? Jacob rimarrà solo tutta la vita solo perché io non contraccambio? Perché l’imprinting non ha un effetto reciproco? Perché non ne sono vittima anch’io? >>chiese tutto d’un fiato.

Prima di rispondere, cercai di segnarmi a mente che avrei picchiato a sangue Seth, nonostante gli volessi un mondo di bene. Ma che gli era passato per la testa?

Cercai di rispondere logicamente, anche se in quel discorso non c’era nessuna logica.

<< prima di tutto, jacob non deve per forza essere il tuo ragazzo. Forse Seth non te l’ha spiegato, ma l’imprinting è una cosa molto strana. Guarda Quil, per esempio: lui non è mica il fidanzato con la nipote di Emily, eppure anche in questo caso l’imprinting è del tutto attivo >>. Guardai la faccia di Renesmee: non aveva capito un tubo. Forse mi ero espressa male.<< facciamo un esempio più pratico, sempre con Quil. Come ti sembra il rapporto che ha con quella bambina? Ti sembra che dimostri un certo interesse da fidanzato nei suoi confronti? >>

<< bè, non mi sembra. Si comporta quasi fosse il suo fratello maggiore. Quando lei ha bisogno di giocare, lui la fa giocare; quando vuole riposare, la fa riposare, quando ha bisogno di cure mediche, a momenti diventa lui stesso medico! >> sorrise. << non le fa mancare nulla. Come Jacob a me. Il punto è un altro. Io sono cresciuta, sono più grande di quella bambina. E jacob comincia a essere più amoroso, sembra che mi faccia la corte! >> dichiarò, imbarazzata.

Si sentì un ringhio arrivare dalla cucina.

Ignorai Edward e proseguii: << e a te da fastidio? Insomma, Jacob sta diventando per così dire appiccicoso? >>

<< no! Assolutamente! Non hai capito. Mi fa sempre piacere vedere Jacob e stare in sua compagnia, è solo che lui vorrebbe di più. Non lo lascia a intendere, ma vedo che è così. E fino a qualche giorno fa non sapevo nemmeno il perché. Quando mi sono confidata con Seth, lui mi ha risolto molti dubbi, mi ha dato risposte. Il problema che io, quello che posso, l’ho già dato tutto a Jacob. Tutta la mia amicizia e l’amore fraterno. Di più non posso, so che non è lui quello a cui darò di più. >>

<< vuoi che ci parli io con Jake? >> chiesi, anche se sapevo già la risposta.

<< no >> rispose,<< tocca a me >>. Scese di scatto dal letto e si voltò, fissandomi per qualche momento negli occhi. La mia creatura, mia figlia. Quella che volevano uccidere per tenermi in vita: neanche mille di me valgono una sola molecola di lei. Lei è molto di più di Renesmee: è la mia Renesmee.

<< comunque te la vedi tu con zia Alice… >> disse poi sorridendomi e chiudendo una valigia e portandola in salotto.

Avremmo fatto in tempo a prendere l’aereo con gli altri.

Mi diressi in cucina, da Edward. Lo trovai seduto a tavola, il mio sorriso sghembo preferito sulle labbra.

<< che c’è da sorridere? >> chiesi divertita. Mi avvicinai, mettendomi alle sue spalle e poggiando le braccia sul suo petto.

<< gli sta bene >> disse maligno<< dovevo ancora vendicarmi con lui su questo punto, ma ha fatto tutto da sola Nessie… >>

Gli diedi una pacca sul capo: << povero! >> anche se nemmeno io l’avevo mai perdonato per quello. In un certo senso gli stava bene, anche se mi dispiaceva. Cosa succedeva se l’amore non era corrisposto all’imprinting? Jacob sarebbe rimasto solo in eterno, come temeva Renesmee?? Appoggiai le mani sulla fronte di Edward e rilasciai il mio scudo, lasciando che i miei pensieri fluissero nella sua mente.

Dopo pochi istanti ripresi il mio scudo, chiudendo la sua visione.

Lui si passò la mano tra i capelli, poi mi prese per i fianchi, facendomi sedere in braccio a lui.

<< non so cosa potrebbe succedere, è una novità anche per me. Qualsiasi cosa, però, non credo sarà pericolosa per alcuno di noi, tanto meno per Jacob e Nessie… >>

<< volete piantarla di chiamarla Nessie! Da fastidio pure a lei! >> sbottai. Erano tre anni che combattevo ininterrottamente contro quello stupido soprannome. Avevo vinto su Jasper e Carlisle, ma erano solo delle battaglie. Per quanto riguarda la guerra, ero in netto svantaggio numerico.

<<  le da fastidio? >> chiese sorpreso.

<<  non so, ma sicuramente non gli fa piacere essere chiamata come il mostro di Lock Ness. Le sottolineate in continuazione il fatto che è diversa… >>

<< non sarà facile farmi cambiare abitudine, e questo vale anche per gli altri: siamo troppo abituati. Comunque nei suoi pensieri non avverto nessuna ripugnanza verso questo soprannome… >>

<< avete l’eternità per cambiare abitudine! Cominciate da adesso! Prima è meglio è per tutti, soprattutto per voi: Carlisle e Jasper hanno iniziato da subito e ora non fanno alcuna fatica. Più aspettate più sarà difficile… >>erano le mie ultima parole.

Lui mi guardò pieno di ammirazione, come se avessi appena fatto un discorso mondiale contro la fame nel mondo e mi baciò. Erano giorni che non mi baciava con quella foga: poteva significare solo una cosa. Mi staccai a malincuore e dissi:

<< perdiamo l’aereo… >>un altro bacio.<< e poi…>>non finii la frase.

<< e poi ci sono io di qua! >> sentimmo Renesmee urlare dal salotto.<< allora? Andiamo? >>.

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Capitolo 2
*** VisioneVSdistrazione ***


Grazie tante a:

per aver recensito la storia:cloe cullen, francef80, bellemorte86, franci_cullen;

per averla messa tra i preferiti: bellemorte86, cesarina89, franci_cullen, skater4ever.

 

È la mia prima ff, ma ho già scritto anche altri capitoli. Magari ve ne metto uno al giorno, fino a dove ho scritto… per dopo, dovrete avere un po’ più di pazienza. Sono felice che piaccia almeno a qualcuno. Ieri vi ho messo solo quel capitolo perché pensavo che non l’avrebbe letta quasi nessuno, ma vedo che va bene, quindi buon divertimento!

p.s.: a chi piace Jacob, mi dispiace ma avrà una brutta notizia, tra un po’… anche a me non sta tanto simpatico, da New Moon.( però l’attore è veramente carino, non quanto Jasper!)

 

 

Visione VS distrazione

Arrivammo a isola Esme prima del previsto. Eravamo riusciti a prendere l’aereo insieme agli altri. Jasper era rimasto sorpreso di vederci, ma non chiese nulla, mentre Emmett cominciò con i suoi commenti allusivi. Cercai di ignorarlo, concentrandomi sul discorso da fare a Alice. Appena la vidi mi abbracciò, e mi raccontò del film che lei e Jasper avevano visto la sera prima. Io cercai di lasciar trapelare un po’ di rancore per la storia delle valigie, ma lei non ci badò. Mi ripromisi di parlarle quando fossimo arrivate all’isola.

Da quando tutto andava bene, o meglio, da quando i Volturi se ne erano andati, quasi sei anni prima, avevamo preso l’abitudine di “andare in vacanza”. E il posto migliore era isola Esme. Potevamo cacciare nella piccola foresta che si trovava sull’isola, c’era il mare e avevamo una bella casa ben attrezzata per non annoiarci. Le stanze erano sempre le stesse: Carlisle e Esme avevano preso la stanza verde acqua, Rosalie e Emmett quella tutta rossa ( per giunta con un letto a forma di cuore al centro della stanza…), Alice e Jasper quella su tonalità rosa e violacee, Renesmee una stanza più piccola completamente blu, mentre a me e a Edward, il caso vuole, ci lasciarono la stanza bianca. Forse Edward ne aveva parlato con Jasper, visto che, sei anni prima, quando decisero le stanze, ci fece un occhiolino dopo che avevamo ricevuto la stanza candida…in ogni modo, ogni anno avevamo sempre le stesse stanze.

Entrammo in casa, il tempo di disfare le valigie e di riscendere in salotto, che Alice mi si avvicinò, triste e offesa.

<<  Jasper mi ha detto che sei molto arrabbiata con me, e che avrei dovuto fare i conti con te. >> disse con la sua voce triste, che caratterizzava i suoi insoliti momenti di infelicità.<< non mi ha voluto dire il perché… dice che lo so da sola. Solo che io non so cosa ho fatto di male. Mi sono comportata come un angioletto, l’ultimo guaio che ho combinato è stato mesi fa… >>

<< Alice >>la interruppi.<< io non sono veramente arrabbiata con te. Almeno non così tanto come lo ero quando ho parlato con Jasper. È solo che ero stressata per Renesmee. A quanto pare è una tua fedele allieva. Voleva portarsi più di otto valigie… >>

<< ora capisco perché Jasper era così divertito quando è tornato a casa senza le valigie…in quel momento pensavo di aver sbagliato la previsione, ma ora capisco. Avete costretto la piccola a portarsi dietro solo quelle quattro cose… >>

<< solo quattro cose!? Alice, voleva portare più valigie di tutti noi messi assieme, e solo per lei! >> ero basita.

<< va bè! Non ti scaldare! Siete proprio tutti uguali. Neanche Jasper è affine alla moda… >>. Era ancora triste. Si voltò e cominciò ad andarsene ma io la richiamai.

<< Alice? Tutto a posto? >>

<< perché non dovrebbe essere tutto a posto? >>

<< non so, ma mi sembrava che fossi triste per l’argomento “valigie”. Ora che abbiamo chiarito, mi sembra che tu stia peggio di prima…perché abbiamo chiarito, vero? >>domandai, insicura improvvisamente delle mie affermazioni.

<< certo, che domande! >> disse, impassibile.

C’era qualche cosa che non andava. Non era da lei tenere il broncio per certe cavolate, almeno non per così tanto. Di solito, al massimo pochi minuti, e poi tornava normale, come niente fosse. Quando era così giù, c’era qualche cosa che non andava…

<< dimmi la verità, Alice. Ti conosco troppo bene, e vedo che hai un problema; anzi, a considerare dal tuo morale, direi che è un enorme problema. Eppure all’aeroporto eri così solare. Cos’è successo? Problemi con Jasper? >> chiesi esitanti. Per quanto non la sopportassi in certi momenti, mi rattristava vederla così giù di morale.

<< no, con Jazz tutto a posto. È solo… >> esitò,<<  prometti di non dirlo a nessuno, nemmeno a Eward. >>

<< per me non è un problema tenere nascosto qualche cosa a Edward, ma te? >>

<< cerco di non pensarci mentre c’è lui. Recito a memoria tutte le poesie che conosco, anche la “divina commedia” e “5 maggio”. Comunque, le cose stanno così. L’altro giorno ho avuto una visione flesh: c’era un bosco, il cielo era sereno, le stelle brillavano e c’era la luna piena, e di sottofondo un ululato agghiacciante. Il bosco era quello di Forks, ne sono certa. >>

Ci misi un momento per mettere insieme le sue parole. Eppure, non riuscivo a trovarne un senso logico, o almeno un qualcosa di rattristante o qualche traccia di un pericolo imminente.

<< e allora? Forse hai sentito l’ululato dei licantropi… >> accennai.

<< sai bene che non posso vederli. E l’ululato non corrisponde al loro. Quello che ho sentito era più forte, più animalesco e mostruoso allo stesso tempo. Non avevo mai sentito nulla di simile. Non credo che fosse un lupo solitario. Per giunta sembrava che il verso arrivasse da qualcosa che stava in un punto scoperto, dove avrei potuto vederlo… non so se mi spiego. >>

Qualcosa. Si era spiegata, eccome. Vedendomi perplessa cercò di spiegarmi meglio:-<< quando ho le visioni, è come se mi trovassi nella visione stessa, come spettatrice di ciò che accade. Io mi trovavo nel bosco, e l’ululato era vicino a me, come se avessi avuto davanti il lupo, ma davanti a me non c’era nulla. >>

Aspettò che le parole facessero il loro effetto. Ma non lo ebbero. Non potevo credere nella minaccia di un lupo, ne in quella di qualsiasi altra cosa. Ormai ero troppo abituata alla tranquillità da non riuscire a immaginare, e quasi ricordare, ciò che accadeva quando eravamo in pericolo. James, i Volturi, Victoria, i neonati, Laurent… erano solo brutti ricordi, dei quali la buona parte apparteneva al mio passato sfuocato da umana.

<< non credo che la cosa ci debba turbare. Magari ti sei solo sbagliata >>.

<< Forse >>. Mi abbracciò e uscì dal salotto, con la sua solita andatura a passo di danza. Nemmeno quando ero diventata pure io così aggraziata ero riuscita ad abituarmi al suo passo, sempre e comunque più delicato e dolce del mio.

Scostai la tenda dalla finestra che dava sulla spiaggia. Vidi Alice raggiungere Jasper, che allungate le braccia, l’abbracciò, sollevandola da terra. Rimessala a terra, la baciò. Sorrisi a vederli così. Era raro vederli in quello stato di fusa amorose. Di solito il loro rapporto era basato su sguardi intensi e parole non dette. Eppure tutte le volte che eravamo su quell’isola, erano stranamente appassionati: bho, sarà l’aria di mare…che, a quanto pare, spostando lo sguardo su Rosalie e Emmett, ha effetto anche su di loro: in acqua, abbracciati che si baciano.

<< che fai, li spii? >>. Era Edward. Mi cinse i fianchi e mi baciò.<< ora non dobbiamo prendere nessun aereo, e Ness…Renesmee è in spiaggia con Carlisle e Esme… >>

Tutto ciò era più che sufficiente. Misi le mie braccia intorno al suo collo, e senza esitare lo baciai. Lui mi sollevò da terra e in un baleno fummo in camera da letto. Poco importava che dovevamo dividere la casa con altri sei vampiri e mezzo (Renesmee non contava intero), poco importava se di sotto, appunto, c’era la nostra piccola, poco importava della visione di Alice, poco importava del mare, della spiaggia e del resto. Ora c’eravamo solo io e lui.

 

 

I giorni scorrevano veloci, come quelli di una qualsiasi vacanza. Il mare era uno spettacolo e il tempo era ogni giorno sereno. Alice non aveva più accennato alla visione: dopo averne parlato con me, dovettero passare due giorni prima che tornasse il nostro mostriciattolo. Renesmee si era anche abbronzata un po’, per quanto la sua natura le permettesse. Jasper e Alice andavano spesso a fare dei giri al largo, stavano via da mattina a sera: preferivano, come al solito, stare per i fatti loro. Non che li biasimassi. Li potevamo essere noi stessi: sotto il sole, con la pelle lucente; scorrazzare per la spiaggia liberi e incontrollati; potevamo anche giocare a Baseball senza aspettare i temporali. O meglio, li creavamo noi. Sceglievamo la notte, visto che essendo estate, i temporali notturni non erano una rarità. All’interno dell’isola c’era una radura, un po’ più piccola di quella a Forks, ma pur sempre adatta a una partita. Le squadre erano sempre le stesse: io, Jasper, Rosalie, Carlisle, contro Edward, Esme, Alice, Emmett. Renesmee preferiva sempre fare l’arbitro. Si divertiva a sentirsi nelle mani l’esito delle partite: non era un arbitro obbiettivo, faceva vincere il simpatico del giorno, e se era generosa, aiutava la squadra che stava perdendo… insomma, alla fine delle partite c’era sempre qualcuno che se la prendeva con lei; e lei, tranquilla, rispondeva che si doveva saper perdere.

La domenica mattina, dopo una caccia veloce, di cui fu vittima un cervo, rientrai in casa. Alice e Edward stavano giocando a scacchi, mentre Jasper e Emmett seguivano le loro mosse con attenzione. Adoravo quei momenti: Alice e Edward erano degli scherzi della natura per giocare a scacchi. Alice prevedeva le mosse di Edward, e lui gli leggeva le contromosse nella mente. Mi sedetti tra Emmett e Jasper, che ricambiò il mio arrivo con un bel sorriso.

<< fatta buona caccia? >> chiese, tornando a concentrarsi sulla partita.

<< si, direi che sono sazia. Almeno per qualche giorno… >>

<< shh!!! Li deconcentri! >> disse sibilando Emmett, senza distaccare gli occhi dal gioco.

Di risposta gli diedi una gomitata nella pancia. Lui fece una leggera smorfia, per il piccolo dolore che gli avevo procurato. Ora che non ero più una neonata non avevo speranze con lui: era nettamente più forte. La mia epoca di “forzuta” della famiglia Cullen era terminata. Alice sorrise beffarda, mentre muoveva il suo alfiere a distruggere il re avversario. Edward appoggiò la schiena allo schienale, in segno di resa.

<< ma come hai fatto a farti sfuggire una mossa del genere? >> chiese Emmett, basito.

<< mi sono lasciato distrarre dalla vampira più bella che rientrava a casa. >>si giustificò Edward. Gli feci un sorriso, in cambio del suo complimento.

Alice si alzò, soddisfatta e disse:

<< Stasera >> come volesse ricordare a tutti qualche cosa che gli era dovuta grazie alla vincita della partita. Poi si chinò e diede un bacio veloce a Jasper, per poi allontanarsi a passo leggiadro dalla stanza, uscendo in spiaggia. Mi ci volle qualche secondo per capire che c’era di mezzo una scommessa.

<>chiesi curiosa. Chissà quale diavoleria avevano messo in gioco, ‘sta volta.

<> rispose divertito Jasper.

<< e ora per colpa tua e del tuo innamorato ci toccherà guardare qualche maledetto film romantico… >> borbottò Emmett.

Lanciai un’occhiata fugace a Edward, che ricambiò divertito.

<< ringraziate che sia tornata normale e solare, invece di lamentarvi. >>dissi io.

<< perché, tu sai quel che gli passava per la testa, i giorni della depressione? >>chiese Edward. Probabilmente era rimasto frustrato dal fatto che, pur provandoci, nella mente di Alice non avesse trovato nulla di interessante, a parte la “divina commedia”, e di riconducibile all’improvvisa tristezza di lei.

<< no, purtroppo. >>mentii io.

<< Carlisle mi aveva chiesto di scoprire qualche cosa…ma tutte le volte che chiedevo a Alice il motivo del suo stato d’animo, lei mi distraeva…non che mi dispiacesse >> rispose beato.

Emmett fece una smorfia di disgusto, mentre Edward, di nuovo sorridente, alzò gli occhi al cielo.

<< qualsiasi cosa fosse, ora pare passata >> dissi per chiudere il discorso.

<< questo è quello che pensate voi. Alice sa mascherare bene i problemi che ha. Forse all’inizio no, ma poi cerca di non far preoccupare nessuno e torna quella di prima. Però il problema che ha, non passa. Sento che è ancora preoccupata e stressata uguale a prima, se non di più. >> disse serio Jasper.

<< prova chiederle di nuovo cosa c’è che non va, così s’impegnerà ancora per distrarti… >> disse Emmett, maligno.

Lo ignorammo, e cominciammo a fissare la scacchiera, ognuno immerso nei propri pensieri. Una cosa era certa a tutti, forse più a me che agli altri: Alice aveva avuto una visione preoccupante.

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Capitolo 3
*** Una visita... ***


una visita spiacevole

Eccomi con un nuovo capitolo, spero che piaccia.

A proposito, il libro è diviso in tre pari: una raccontata dal punto di vista di Bella, uno da quello di Renesmee e l’ultimo da Jasper, per osannare il mio personaggio preferito. Buon divertimento!

Una visita.... "spiacevole"

Un pomeriggio, mentre eravamo in spiaggia, Alice, tra le braccia di Jasper, propose di andare a fare una partita di Baseball, quella sera stessa. Dopo un po’ di pro e contro, decidemmo che era la scelta più ovvia per passare una nottata senza annoiarci.

<< io non vengo. Sono troppo stanca per passare una notte insonne. E poi, zio Jasper mi aveva promesso che domani saremmo andati a fare sub, quindi ho bisogno di riposo. >> dichiarò Renesmee.

<< faremo benissimo a meno di te, arbitro comprato! >> disse Emmett, ridendo. Rosalie gli diede uno schiaffo sul muscolo del braccio, che non si tese neanche un secondo, mentre Renesmee gli fece una linguaccia, per poi tuffarsi in acqua.

Io invece ero d’accordo con Alice. Era una buona idea andare a fare una partita.

Il pomeriggio passò in fretta, tra sabbia e mare, ombrellone, castelli di sabbia stupendi e giornalini di gossip.

Rientrammo in casa alle sei di sera, lo stretto necessario per toglierci il sale dalla pelle, vestirci con le nostre divise e preparare una bistecca al sangue a Renesmee, come le piaceva tanto. La lasciammo che aveva cominciato a mangiare.

La radura era a un paio di minuti di corsa dalla casa. Giungemmo li una decina di secondi dopo Edward: rimaneva ancora lui il più veloce della famiglia. La mia squadra batteva per prima. Jasper si posizionò sulla base-madre, attendendo che Alice lanciasse la pallina. Non dovette attendere molto: il suono che provocò lo sbattere della sfera sulla mazza, fu assordante. La pallina fu scagliata verso la foresta, mentre Jasper, mollata la mazza, cominciò a correre. Riuscì a fare un giro completo, senza fermarsi. Ora toccava a me. Alice scagliò la pallina bianca, e io la colpii con la mazza, cercando di metterci più forza possibile. Mollai la mazza, incurante della direzione in cui avevo scagliato l’oggetto bianco. Mi concentrai sulla corsa, ma fu inutile. Mentre andavo in scivolata sull’ultima base, per salvarmi, Emmett mi colpì con la pallina. Eliminata. Ora toccava noi stare in difesa.

<< scusami, Bella >>mi urlò Emmett, a una trentina di metri da me.<< se avessi saputo che correvi così piano, non avrei atteso tanto a colpirti!>>

<< ignoralo >> mi disse a bassa voce Edward. << vuole solo la sua vendetta per le volte che l’hai battuto a braccio di ferro >>

<< è stato solo per un’anno! >>replicai. << lui è da cinque anni che mi tormenta, senza contare l’anno che ero una neonata e faceva allusioni sulla nostra vita privata. >>

Lui sorrise, poi si preparò a battere. Jasper era il nostro lanciatore, il migliore fra quelli della nostra squadra. Edward batté una palla facile, che recuperai senza fatica a una quarantina di metri lontano dal campo. La rilanciai a quello più vicino a lui: Carlisle. Purtroppo non fu altrettanto veloce da prendere l’avversario. Avevano fatto punto. Eravamo pari; ora toccava a Alice: sarebbe stato più semplice con lei tornare in attacco, dato che non era veloce quanto Edward. Tornai all’interno del campo.

<< tieni! >> urlò Edward a Alice, lanciandogli la mazza che aveva appena raccolto da terra. E dove ci tornò. Era appena successa una cosa che non accadeva da un po’. E l’unica volta che era accaduta non era stato presagio di bene. Alice era paralizzata, gli occhi persi nel vuoto. Aveva lasciato cadere la mazza ai suoi piedi, senza tentare nemmeno di afferrarla al lancio di Edward. Vidi Jasper precipitarsi da lei. Anche io e gli altri ci avvicinammo velocemente.

<< Alice? Cosa vedi? Alice? >>. Jasper non era affatto tranquillo. Lo si leggeva dai suoi occhi, lo si sentiva dalla sua voce, lo si percepiva standogli semplicemente vicino.

<< Athenodora…Chelsea… >> farfugliò.

Non mi erano nuovi quei nomi. Athenodora, se non mi sbagliavo era la moglie di Caius, uno dei Volturi. E Chelsea era una delle loro guardie. Ma cosa ci facevano nelle visioni di Alice? Da quel che avevo sentito, le mogli dei Volturi non uscivano mai da Volterra, o quasi. Erano uscite quando volevano distruggere la mia Renesmee, ritenendola pericolosa. Ma era stato un fatto straordinario. Forse Alice le vedeva mentre erano a Volterra, ma qualche cosa mi diceva che non era così. Perché spaventarsi tanto se erano a Volterra, per i fatti loro?

Mentre pensavo, Alice tornò in sé, ma un po’ scossa.

<< allora? >> chiese impaziente Jasper.

<< dobbiamo tornare a casa. Mentre stavamo giocando, ho ripensato a Forks. Ero curiosa di vedere cosa stesse accadendo la, di come stesse Charlie. Poi all’improvviso ho avuto una visione di Athenodora e Chelsea che venivano a Forks, a cercarci. Sono sicura che non è per una visita di cortesia. Erano serie e cupe in volto. >> disse tutto d’un fiato.

<< ma non ha senso! >> esclamò Carlisle.<< le mogli non escono da sole da Volterra, dai tempi della morte di Dydime. E men che meno solo con la guardia personale! E, cosa più importante, se volessero attaccarci, si sarebbero portati dietro qualcun altro: due contro otto e… mezzo. Non ha senso! >>.

Aveva ragione. Aveva maledettamente ragione. Non c’era logica in quello che aveva visto Alice.

<< Quando? >> chiese Jasper.

<< c’era un calendario digitale, in uno spizzico vicino a dove vedevo. Era il venticinque di agosto. >>

<< bè, abbiamo il tempo di fare le valigie, come minimo. >> disse Esme.

Raccogliemmo le mezze e la pallina, e tornammo a casa.

Quando entrammo, era tutto buio: Renesmee era già a letto.

<< dici che rimarrà delusa, visto che domani sbaracchiamo e non andremo a fare sub? >> chiese Jasper. Non gli importava veramente, era più preoccupato per Alice, che era rimasta silenziosa tutto il tragitto. Gli risposi ugualmente.

<< credo che capirà che è più importante tornare. >>

Mi diressi in camera, dove trovai Edward che faceva le valigie. Era furioso, ma non capivo con chi. Restai ferma sulla soglia.

<< cos’hai? >> gli chiesi esitante. Lui si fermò appoggiò la valigia sul lettone e mi si avvicinò.<< sei arrabbiato con me? >>. Sapevo di non aver fatto nulla di male, ma volevo esserne certa.

<< no, amore mio >> disse, dolcemente. Poi, all’improvviso si fece scuro in volto. <<  la nostra vita è sempre piena di guai. Non possiamo vivere come tutti gli esseri viventi di questo pianeta: in pace? >>.

<< no, direi di no. >>dissi, anche se sapevo che era una triste realtà. Avevamo passato solo meno di tre anni in pace e senza guai, e ci attendeva l’eternità: se ogni tre anni avessimo avuto dei guai, saremmo rientrati in un guinness.<< e poi, io non sono mica la vostra calamita personale di disgrazie? Se non ne avessi attirato più potevo pensare di essere diventata difettosa >> la misi sul ridere. Lui, colta la mia battuta, sfoderò il mio sorriso sghembo. Lo baciai.

<< forse è meglio se andiamo a svegliare Renesmee: dobbiamo partire al massimo domattina, e lei deve rifare tutte le valigie. >>disse lui.

<< io direi che Alice dovrebbe darle una mano, dopotutto… >> proposi io.

<< per questa volta scampa: è sconvolta. Jasper sta cercando di consolarla, ma neanche io suoi poteri hanno tanto effetto, ora. >>

<< dici che dovrai andare anche io a tranquillizzarla? >>chiesi preoccupata.

<< lasciamola un po’ sola con Jasper, magari gli passa. >> azzardò Edward.

<< vai a svegliare Renesmee, io intanto finisco qui. >>. Lo baciai di nuovo.

Dopo qualche minuto, sentii qualcuno arrivare alla porta.

<< come va con i bagagli? >>. Era la melodiosa e profonda voce di Jasper.

<< bene… >>risposi, senza riflettere.<< piuttosto Alice come sta? >>

<< meglio. Ci sono volute una trentina di ondate di tranquillità per farla sentire bene. Ora è andata a parlare con Carlisle. >>rispose lui.

Colsi immediatamente l’onda malinconica della sua voce.

<< Jasper? Cosa c’è che non va? Sei preoccupato come Alice? >> chiesi.

<< lo siamo tutti. Mi ha descritto l’espressione delle due. Non è nulla di buono. Anche se spero che Carlisle abbia intuito giusto. Resta il fatto che non ha senso che stiano arrivando solo loro e … >> non finì la frase. Non era preoccupato, era sconvolto forse quanto Alice, se non di più.

<< io credo che Carlisle abbia ragione. Magari la loro espressione era solo momentanea, magari dopo due secondi erano già belle che sorridenti… >>. Sciocchezze. Stavo dicendo solo cavolate. Non ci credevo nemmeno io. Ma dovevo consolarlo, non volevo assolutamente vedere Jasper così.<< non so leggere l’umore come te, ma sono più che certa, e su questo mi gioco un anno di prese in giro da parte di Emmett, che sei sconvolto. >>.

Lui abbozzò un mezzo sorriso: era già un passo avanti.

<< io do conforto alle persone, le faccio arrabbiare, le tranquillizzò, le faccio felici, gli do speranza. Ma non per me. Tutte le cose che ho detto a Alice, non ci credo sul serio. E lei lo ha avvertito, per quello che ci ho messo tanto a convincerla, per giunta su delle bugie. Che razza di compagno sono? >> disse, fissandomi negli occhi. Io ricambiai lo sguardo. Lessi dolore, delusione, autostima sotto le scarpe, in quel mare di oro. Ero senza parole. Non che fossi mai stata logorroica quanto Alice e, ora, Renesmee, ma era la prima volta da quando ero vampira che non riuscivo a trovare le parole. O forse non volevo pronunciarle. Sta di fatto che rimanemmo in silenzio, ad attendere che qualcuno ci dicesse che Alice aveva avuto un’altra visione e che potevamo goderci ancora le nostre vacanze, o che i Volturi avessero cambiato strada, alla ricerca di qualche trasgressore alle regole. Ma non arrivò nessuno.

 

Il rientro a casa fu molto triste, non solo perché era accompagnato da tristi presagi. Era la sera del ventiquattro. Mancavano poche ore. Alice diceva che doveva essere quasi mezzogiorno quando fossero arrivate. Costringemmo Renesmee a chiudersi in camera, e a non uscire, finché non fosse finito tutto, bene o male che fosse. Lei disse che la tenevamo sempre al limite della famiglia, che non si sentiva adatta con la nostra specie. Che non la consideravamo una di noi. Le parole mi trapassarono lo stomaco come pugnali, ma sapevo che era per il suo bene. Avrebbe capito, almeno speravo.

Passammo la nottata in salotto. Esme e Carlisle erano seduti al tavolo, Alice e Jasper abbracciati sul divano, io e Edward seduti sulle scale, Rosalie e Emmett per terra. Sapevamo che se le cose non stavano come Carlisle aveva ipotizzato, sarebbe stata una disgrazia per tutti noi, saremmo morti. Non che temessimo Athenodora e Chelsea, le avremmo sconfitte; il peggio sarebbe arrivato quando gli altri Volturi avessero invocato vendetta per le compagne, in particolare Caius: era quello più sanguinario. Le ore passarono in fretta, non volevo che quella notte finisse mai. Gli unici movimenti erano stati di Alice, che, di tanto in tanto, guardava negli occhi Jasper e gli dava qualche bacio. Anche lei no voleva che arrivasse la mattinata, non voleva perdere Jasper. Noi altri ci limitammo al contato con il compagno, restando immobili.

 

<< avete sentito? >>disse improvvisamente Rosalie.

<< cosa? >> chiedemmo in coro.

Non ci fu bisogno di aspettare la risposta della bionda. Infine, erano arrivate. Sfrecciavano nella foresta intorno a casa con velocità, ma con una nota di malinconia.

Non dovemmo attendere molto prima di ritrovarle davanti alla grande vetrata, all’entrata.

Entrarono in casa senza riguardo, molto frettolose, come se facesse molto freddo e non vedessero l’ora di ripararsi al calduccio: ma loro non sentivano il freddo. La femmina più alta era vestiva con una veste color cenere, mentre l’altra con una veste più chiara, ma pur sempre nera.

Si guardarono intorno, e, accertate che non ci fosse qualcuno di sgradito, si tolsero i cappucci dal capo, rivelando i loro volti pallidi.

Quella più alta aveva la pelle bianchissima, quasi trasparente: doveva essere Athenodora. I capelli lunghi e neri le cadevano ribelli sulle spalle, fino al bacino. Gli occhi, di un rosso acceso, erano quasi penetranti.

L’altra era poco più bassa, capelli biondi e occhi bordeaux, più scuri dell’altra. A occhio e croce doveva avere poco più di diciotto anni.

<< Carlisle >> salutò Athenodora, con un cenno del capo.

Carlisle rispose con un altro cenno, ma non abbassò la guardia.

A sorpresa, fui io a parlare:<< a cosa dobbiamo la vostra visita? >>.

<< se possiamo accomodarci, vi spiegheremo meglio. >>

<< prego >> disse dolcemente Esme, indicando il divano.

Ci accomodammo tutti e attendemmo che cominciassero a parlare.

<< come sta la tua Renesmee? >>chiese Athenodora.

<< Bene. >>risposi, colta alla sprovvista dalla domanda.

<< ne sono lieta. Ora, passiamo al motivo della nostra visita. Terrore. A Volterra vive il terrore puro. E non sto parlando degli umani, ma di noi. Le cose stanno degenerando velocemente. Non possiamo più uscire, non ci si fida più di nessuno. >>attese l’effetto delle sue parole su di noi.

<< dovremmo sapere di cosa stai parlando? >> chiese scettico Emmett.

<< hai ragione, scusami. Vedrò di spiegarvi meglio la situazione. Tutto ebbe inizio qualche mese fa. Avevamo mandato delle guardie in giro per la città, di notte. Non avrebbero dovuto attaccare nessuno, ma solo pattugliare la zona. È una cosa che si deve fare, di tanto in tanto. Erano poco più di dieci. Voi non gli conoscete, sono dei gradi più bassi. Niente a che fare con Jane e gli altri. >> fece una pausa.

L’ascoltavamo come un bambino ascolta la storiella della buona notte, prima di addormentarsi.

<< dopo qualche giorno, però, non erano ancora tornati. Mandammo due, quattro, sei guardie a cercarli, ma sparivano anche loro. Non sono tutt’ora tornati. Sospettiamo che gli abbiano fatti fuori. Purtroppo nessun telegiornale parla di strani falò, non sappiamo proprio da dove cominciare a indagare. Io e Chelsea siamo molto preoccupate per il nostro clan, siamo qui all’insaputa degli altri. Sono giorni che prego Aro, Caius e Marcus di venire a chiedervi aiuto, ma loro continuano a sostenere che non ce n’è bisogno, che risolveranno tutto loro. Sono troppo orgogliosi per ammettere che la questione gli sta sfuggendo dalle mani, ecco la verità. >>.

Non era la storiella a lieto fine della buonanotte, ma una storia di paura che ci si racconta la sera in campeggio.

Ero senza parole. Come tutti. Attendevamo un “scherzetto” o un “ci siete cascati”. Non ci furono parole per una buona mezz’ora. Non pensai a qualche cosa di particolare. Da un pensiero ne nasceva un altro, un altro e un altro ancora. Una catena infinita di pensieri. Il silenzio fu rotto dalla voce profonda e giovane di Carlisle.

<< e noi, dovremmo aiutarvi? >> chiese, serio.

<< è la supplica di una, anzi due, vampire disperate, che vedono i loro compagni morire… >> rispose pietosa Athenodora.

<< non è sicuro che siano morti. Magari se ne sono andati perché avevano capito quanto siete ipocriti. >>. Non era stato Carlisle a parlare, ma Edward.

Athenodora contrasse impercettibilmente le labbra. Si ricompose e disse:

<< so che ci odi ancora per quello che è successo meno di tre anni fa. Non ti do torto. Avevamo frainteso la situazione. Aro e Caius avevano esagerato a trovare un movente a tutti i costi per lo scontro. Io e Sulpicia, una volta a Volterra glielo abbiamo fatto notare. Non è loro intenzione torcere un capello a Re…. >>

<< non è loro intenzione!? >> edward era scattato in piedi, furioso. Se la sua pelle non era marmorea a perennemente bianca, sarebbe stata rossa dalla rabbia.<< voi venite nella nostra casa, senza preavviso, sole, con una storiella poco credibile e buttata lì, e ci chiedete aiuto dopo quello che è successo? >>. Era fuori di sé.

<< calmati figliolo >> disse tranquillo Carlisle, invitandolo a tornare a sedersi. Edward non si mosse: guardava torvo Athenodora, scavando nei suoi pensieri. Fece una smorfia, e si sedette.

<< ora mi credi? >> chiese lei, con una nota di speranza nella voce.

<< ti credo, ma non sono tanto convinto a porgervi la mano, va a finire che me la mozzate. >>

<< io non voglio farvi del male. La scelta è vostra. So che hanno sbagliato, ma non potete abbandonarci… >>

<< Ah no? >> chiese Emmett, sprezzante.

<< vedo che siete tutti d’accordo con Edward. Non vi biasimo. Sono stata una stolta a credere in un riavvicinamento dei clan. Vi chiedo umilmente perdono per la nostra inaspettata e… sgradita… visita. >> disse a occhi bassi.<< spero tanto che ci rivedremo, in un momento più felice. >>.

Dicendo questo, si misero nuovamente il cappuccio sul capo e uscirono. Scomparirono alla vista in un baleno.

<< vado a vedere Renesmee. >> dissi

automaticamente.

Non volevo rimanere li, non volevo guardarli in faccia. O meglio, non volevo che mi guardassero loro negli occhi. Perché ci avrebbero letto pietà e dolore per le due vampire che se ne erano appena andate. Tutti avevano detto o fatto capire la loro. Io no. Non sarei nemmeno riuscita a farglielo capire con gli occhi. Da quando aveva cominciato a raccontare la storia, non mi aveva più guardata. Ero un fantasma per lei.

Quello che era successo tempo prima non importava. Loro avevano bisogno di noi. Noi, per tutta risposta, gli avevamo detto un no, senza neanche pensare al terrore che avevano nel cuore. Forse Jasper lo aveva notato meglio di tutti, ma aveva lo sguardo sprezzante quanto gli altri. Anche la dolce Esme era riluttante. Non che provassi simpatia per loro. Ma se qualcuno attaccava i vampiri, la faccenda avrebbe dovuto riguardarci. Entrai nella stanza di Renesmee. Carlisle e gli altri l’avevano ricavata da una stanza per gli ospiti. Quando voleva andare li a dormire, era sempre la benvenuta.

Dormiva ancora. Ignara del fatto che eravamo tutti in pericolo. Sognava, magari Jacob, magari me e Edward. Magari un oceano in cui nuotava, un cielo in cui volava, un prato in cui correva. O forse, qualcuno da scappare. Avevo dimenticato come si sognava, cosa si provava. Doveva essere una bella sensazione, notando il sorriso beato che gli si era dipinto sul volto. “dormi, piccola mia”.

 

I giorni seguenti non parlammo molto, rimanevamo l’uno accanto all’altro. Avevamo bisogno di sentire il nostro compagno vicino, ma non era abbastanza, almeno non per me. Carlisle aveva sistemato Renesmee per qualche giorno. Meglio così: non volevo che si preoccupasse inutilmente. Lei molte volte si lamentava del fatto che la lasciavamo sempre in disparte. Aveva solo sedici anni! Va bè, Edward ne ha diciassette, ma bisogna contare anche gli anni di immortalità e esperienza che aveva trascorso… non volevo mettere in pericolo la mia bambina. Ne farla preoccupare.

Ora che le due vampire se ne erano andate, eravamo più preoccupati di quando dovevano ancora arrivare.

Andai in camera da letto, e trovai Edward sdraiato sul letto, occhi chiusi, ascoltando il suo brano preferito: Claire de lune.

Anche ora, che lo guardavo con occhi da vampira, mi sembrava il solito dio bellissimo, scolpito nel marmo. Il vantaggio dei miei “nuovi” occhi era vederlo ancora più particolareggiato. Una vera fortuna. Sorrisi nel vederlo rilassato. Erano giorni che era continuamente teso, fosse perché percepiva i pensieri di tutti, tranne il mio. Non avevo osato dirgli che cosa pensavo, non volevo litigare ne deluderlo in alcun modo. Me lo tenevo per me.

<< a cosa pensi? >> chiese Edward, aprendo gli occhi e guardandomi.

Appunto….

<< niente di importante… te, Renesmee, Charlie…. >>

<< niente di importante, ora… >> concluse lui, tornando a chiudere gli occhi.

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Capitolo 4
*** Il primo bacio è sempre catastrofico? ***


il primo bacio è sempre catastrofico?

Eccomi!!!! Questo è il primo capitolo del libro raccontato dal punto di vista di Renesmee… è stato molto difficile immedesimarmi in un personaggio nuovo ( in Breaking Down è solo una bambina, non un’ adolescente mezza vampira), ma alla fine ci sono riuscita. Spero di essere riuscita nel mio intento e che vi possa piacere. In fondo al capitolo c’è dell’altro… buon divertimento e ci vediamo in fondo..

     2° libro: Renesmee

Il primo bacio è sempre catostrofico?

Faceva freddo, molto freddo. Non ne avevo mai provato così tanto. Al freddo si aggiungeva la mia cecità. Non vedevo nulla, solo buio. Eppure sapevo che era luminoso intorno a me, c’era molto da vedere. Ma io niente. Provai ad ascoltare, per capire dove potevo trovarmi. Non sentivo nulla. Provai a parlare, per sentire la mia voce. Non sentii nulla. O ero muta, o ero sorda. O entrambi. Andai a tentoni nell’oscurità. Sotto i piedi sentivo dell’erba bagnata. Sorrisi a quella sensazione piacevole. Tutto era così freddo. L’aria che mi entrava nei polmoni era tagliente come lame appena affilate. Non sapevo dove stessi andando, ne se quella era la direzione giusta. Feci un passo dopo l’altro, accelerando sempre più. Improvvisamente non sentii più l’erba sotto i piedi, ma il vuoto. Precipitavo nel buio.

 

Mi svegliai di soprassalto, dopo aver percepito un vuoto nel letto. Aprii gli occhi, ci vedevo. E sentivo le voci da basso degli altri. Provai a dire qualcosa.

<< ciao >>ma venne fuori un suono rauco e impastato di sonno. Almeno sapevo ancora parlare.

Non era la prima volta che facevo quel sogno. Ormai di tanto in tanto mi ritrovavo con i sensi inibiti. Nel sogno però non provavo mai ad annusare. Avrei dovuto ricordarmelo la prossima volta che mi fossi addormentata.

Mi alzai e scesi da basso. Le voci erano frenetiche e nervose, ma ero ancora troppo assonnata per distinguerle e per capire cosa dicevano.

Quando scesi l’ultimo scalino, tutti si voltarono verso di me, improvvisamente silenziosi.

<< vuoi qualche cosa da umani da mangiare o preferisci andare a caccia con Jacob. Puoi chiamarlo se vuoi… >> disse mia madre.

<< credo che chiamerò Jacob… >>dissi a bassa voce.<< che ore sono? >>.

<< Le tre di pomeriggio. >>rispose zia Rose.

<< ho dormito così tanto? >> chiesi sorpresa. Mi sentivo più disorientata del solito.

<< Nessie, cara… ecco sono le tre di pomeriggio del ventisette agosto >> disse nonna Esme.

<< non ho afferrato… >>dissi confusa. Non potevo aver sentito bene.

<< sono le tre del ventisette agosto. >>ripetè lei.

<< cosa? >>chiesi. Mi sentivo in una gabbia di matti. Doveva essere uno scherzo, per forza.

<< sono… le … tre… del… pomeriggio… del… ventisette… agosto. >>disse Emmett, trattandomi da scema.

<< fino a qui c’ero arrivata pure io, sai? >>dissi acida<< mi sfugge il motivo della mia dormita di due giorni e mezzo. >>

<< credo sia colpa mia. Ti ho dato qualche sonnifero, in caso ti fossi svegliata durante la visita di… loro se ne sono andate subito, ma già che c’eravamo abbiamo approfittato della tua pennichella per discuterne da soli. >>spiegò Carlisle.

<< ma bravi! Continuate a lasciarmi in disparte, bel lavoro! >> e mi diressi verso l’uscita. Aprii la porta ed uscii. Mi fermai di colpo, la riaprii e mi sporsi per ringhiare << quando torno voglio sapere tutto!!! >>, e sbattei la porta.

 

<< non possono trattarmi in questo modo!  >>brontolai. Camminavamo da ore per sentieri tra i boschi e non eravamo ancora soddisfatti della nostra piccola gita improvvisata. Jacob mi ascoltava in silenzio, buttando giù qualche battuta, di tanto in tanto.

<< faccio parte pure io della famiglia! >>proseguii.

<< del clan… >>mi corresse Jacob.

Io non lo ascoltavo più di tanto, ero abituata alle sue correzioni insignificanti. Se noi eravamo un clan, loro erano un branco, peggio ancora.

<< andiamo alla spiaggia? >>propose lui.

<< fa lo stesso per me >> risposi. << un luogo vale l’altro in questo momento >>

Cominciammo a correre e in un batter d’occhio toccavamo la sabbia con i piedi.

Guardai l’orizzonte: era il tramonto. Chissà se si stavano cominciando a preoccupare per me, da bravi genitori. Macchè, figurati se si stavano preoccupando per la loro unica figlia, avevano altri grilli per la testa. Due sconosciute erano certamente più importanti di me.

All’improvviso mi sentii sollevare da terra, intrappolate tra due braccia bollenti.

<< jacob! Cosa stai facendo? Mettimi subito giù! >> gridai. Lui fece finta di non sentire e si trascino fino alla riva. Ormai l’acqua gli arrivava ai polpacci, e questo era tutto dire, data la sua altezza.

<< mettimi giù! Mettimi giù o chiamo zia rose! Non vede l’ora del pretesto per farti a pezzetti! >>urlai di nuovo. La minaccia avrebbe fatto effetto, ne ero certa. Mi avrebbe messo giù… anche se non ero più certa che fosse la cosa giusta in quel momento. Non era affatto la cosa giusta!

<< ok >> disse lui tranquillo. Flettè i muscoli e poi mi lanciò in aria. Non era stata affatto una buona idea! Mi schiantai sulla superficie dell’acqua appena dopo aver chiuso la bocca, che avevo riaperto per urlargli contro ogni genere di parolacce possibili.

Restai sott’acqua e alzai gli occhi in alto, assicurandomi che si fosse distratto. Tutto perfetto. Nuotai verso le sue gambe, le afferrai decisa e lo trascinai a largo, sotto acqua. Lui si liberò dalla mia stretta facilmente, senza problemi, immobilizzandomi nuovamente con la sua stretta ferrea. Riemergemmo. Lui non aveva ancora mollato la presa, e io ero schiacciata contro il suo petto bollente.

<< ora puoi anche lasciarmi… delicatamente… >> dissi.

<< e se non volessi? >>

Lo fissai negli occhi, per capire le sue intenzioni, ma non feci in tempo ad accorgermi che cosa volesse fare, che lo stava già facendo. Le sue labbra avevano toccato le mie senza esitazione, ferme e decise. Cercai inutilmente di staccarmi, così afferrai una ciocca dei suoi corti capelli e glieli tirai all’indietro. Questo trucco funzionò. Lui si staccò e allentò la presa delle braccia, il poco necessario per riuscire a sfuggirgli. Mi diressi verso la sabbia, seguita da lui.

<< come hai potuto? >>urlai.

<< scusa, pensavo che ti sarebbe piaciuto… >>.

<< no, hai pensato che sarebbe piaciuto a te! Sei prepotente e arrogante. Pensavi per caso di sapere cosa penso? >> chiesi. Non aveva senso la mia domanda, ma ero sconvolta. Lui mi guardò con aria interrogativa, non cogliendo appieno il succo della domanda.

Avevo già pensato in precedenza a questa situazione, sapevo che sarebbe accaduto, prima o poi. Ma non così. Le zie mi avevano descritto parecchie volte il primo bacio, ma non pensavo fosse così. Jacob era stato il mio primo bacio, era insopportabile.

Lo fissai per un altro secondo, poi me ne andai.

<< dove stai andando? >> gridò, mentre ero già a una ventina di metri da lui.

<< a casa: meglio li che da sola con te! >>risposi. Ero stata un tantino crudele e fredda? Ma no! Se lo meritava.

Mi raggiunse in un baleno e mi afferrò il braccio, costringendomi a voltarmi.

<< senti, mi dispiace…anzi, non mi dispiace affatto. Mi dispiace solo che ti dispiaccia. >> questo aveva meno senso della mia domanda, ma non glielo dissi. << so che Seth ti ha parlato dell’imprinting, quindi saprai perché mi comporto così. >>

<< io so solo che quando ero più piccola non mi baciavi. Non m’importa del tuo stramaledetto imprinting. Se vuoi rimanermi vicino, cancella l’amore che provi per me. Se no, possiamo anche rompere con la nostra amicizia. È già tanto se sopporto che mi sei amico solo per un istinto della tua natura da animale! E non guardarmi così scettico! Lo so benissimo che volevi uccidermi, quando sono nata: stavo uccidendo la mamma, te lo concedo. Ma solo per la tua natura ti sei fermato. Perché non continui ad odiarmi, faresti felici tutti quanti, e mi toglieresti un casino di problemi! >>. Forse avevo esagerato un tantino.

<< è questo che vuoi? >> chiese serio.

Il danno ormai era fatto, tanto valeva finire l’opera: << si >>mi voltai e cominciai a correre, lasciandomi dietro un pezzo vitale di me.

 

Quando rientrai a casa, erano ancora tutti in salotto. Erano silenziosi. Probabilmente stavano parlando fino a un secondo prima che entrassi.

<< Allora? >> chiesi. Pretendevo spiegazioni. Ero già arrabbiata con Jacob, non volevo infuriarmi ancora con loro.

<< ma come ha osato? >> esclamò improvvisamente mio padre. Si alzò e si diresse velocemente verso la porta.<< gli spacco la faccia da cane che si ritrova! >> ringhiò.

<< papà, tranquillo. È tutto a posto... Lascia perdere. >> dissi. Era fastidioso non avere neanche un segreto con mio padre. Non potevo neanche cercare di averne. Zia Alice avrebbe dovuto insegnarmi a mentirgli come sapeva fare lei, visto che non avevo ereditato lo scudo da mia madre.

<< Edward, cosa è successo? >> chiese lei.

<< il tuo caro amichetto licantropo…mutaforma, ha volutamente baciato Renesmee, nonostante lei non gli abbia mai dato motivo di pensare… >>non finì la frase. O non ne aveva il coraggio, o non voleva farlo sentire a zio Emmett (anche se non era così stupido da non arrivarci da solo, con le parole già dette), o cosa più probabile, era inutile continuare: avevano capito tutto.

<< ti do una mano >>esordì zia Rose.

<< sentite, mi sono già arrabbiata io con lui, non serve che voi… se vuole più della mia amicizia, se lo può scordare. O quella o niente, e lui ha optato per il niente. >> sapevo che quello che stavo dicendo non era giusto, che al massimo domattina mi sarei pentita, ma volevo chiudere quel discorso e iniziare l’altro, quello che mi stava strizzando le viscere per l’impazienza: volevo sapere ogni cosa.

<< sia lodato il cielo! Finalmente l’hai capita! >>esclamò zia Rose. << bentornata tra gli immortali intelligenti. >>

<< ben tornata tra noi. >> stette al gioco zio Emmett.

<< perché, tu fai parte degli immortali intelligenti? >>lo provocò zio Jasper.

<< spiritoso! >> rispose l’altro.

<< si lo so, me lo dicono tutti >>.

<< allora vi decidete a parlarmi o aspettate la sera per darmi altri sonniferi e farmi dormire per un’altra settimana? >>chiesi. Stavo cominciando a perdere la pazienza sul serio.

<< siediti, Renesmee >> disse Carlisle.

Obbedii, andandomi a mettere vicino a zio Jazz.

<< hai presente le due vampire che dovevano venire a farci visita? Ecco, noi abbiamo subito pensato che volessero attaccarci, anche se ci pareva strano che fossero solo loro due. Quando sono arrivate, erano disperate. Ci hanno raccontato di strane sparizioni, e erano venute a chiederci aiuto. Abbiamo rifiutato. >> raccontò, con tono grave.

Ero basita, come se la loro decisione di non aiutare i Volturi mi avesse toccata nell’animo. Ma che stavo dicendo, papà diceva che noi non avevamo anima. Carlisle però credeva di si, forse era per quello che erano le sue parole a toccarmi, e mai quelle di mio padre.

<< perché? >> chiesi.

<< per il tradimento che ci hanno rivolto, ecco perché >>. Era stato papà a parlare.

<< sentite, avevano frainteso la situazione, ormai non ci danno più fastidio, hanno capito che sono una mezza …vampira. >> facevo ancora fatica ad accettare la mia condizione di mezza demone, mezza fredda, mezza immortale, mezza bevitrice di sangue. Mezza di tutto.

 

Trascorse una settimana, tra preoccupazioni e tensioni. Papà e zio Jasper parlavano spesso tra di loro, poche parole, ma piene di significato. Io, passavo le giornate per conto mio, a leggere libri su libri, a disegnare o a guardare la  TV. Le giornate mi trascorrevano lisce come olio, ma non smettevo di pensare a Jacob. I sensi di colpa, ecco cosa avevo. La prima volta che mi resi conto di questa verità, ero in salotto. Erano passati solo due giorni, ma non avevo avuto sue notizie. Così, mentre guardavo un film romantico con zia Alice, in cui una lei molla un lui perché la tradiva e lei ci sta male per la scenata che gli aveva fatto, pensai alla giornata alla spiaggia… e avevo sentito un ringhio provenire dal tavolo in vetro. Mio padre mi guardava torvo, e prima di staccare lo sguardo dai miei occhi mi disse: << non ci provare a stare male per quel cane! >>. Gli altri fecero due più due. La cosa strana era che zio Emmett se ne stette zitto.

Non avevo il coraggio di chiamarlo, sarei stata incoerente. Alla fine ero stata io a metterlo nella situazione di scegliere o la mia amicizia o niente. Non sapevo proprio che fare, così rimasi ad attendere una sua debolezza, una pecca nel suo orgoglio maschile, un po’ di coraggio. Ma tutto ciò non arrivava, il silenzio del telefono era stressante, mi veniva voglia di smontarlo pezzo per pezzo.

Un tardo pomeriggio andai in camera di zia Alice, ma non trovai lei. Zio Jasper, vicino all’armadio con addosso solo una minuscola salvietta che lo copriva dalla vita in giù. Mi voltai dall’altra parte, rossa in volto. Che cavolo stavo facendo? Quante volte l’avevo visto a petto nudo al mare? Un’enormità di volte… e allora perché era così imbarazzante?

Mi feci forza e mi rigirai:

<< zia Alice? >> chiesi, imbarazzata.

<< deve avere avuto la tua stessa reazione, pochi secondi fa… si è girata e mi ha detto di aspettarla qui che doveva andare a chiedere in prestito una cosa da Rose…ah, eccola! >> disse.

Mi girai di colpo, ancora più imbarazzata di prima. E io, quando raggiungo un certo livello di imbarazzo prendo a ridere, e più rido più divento rossa, più divento rossa più rido…insomma vado avanti all’infinito. Questa volta ci misi poco però, per smettere. Spalancai la bocca, senza fiato.

Zia Alice, in un completino rosso fuoco, che faceva risaltare la sua pelle candida. Stava sulla porta, con un’espressione seducente, gli occhi fissi su Jasper…

Mi voltai anche io per guardarlo…chissà che faccia aveva. Trattenni una risata e una battuta degne di zio Emmett: aveva la faccia da pesce lesso! Come negarglielo, il completino di zia era molto sexy e elegante: le cingeva le braccia, lasciandole scoperte le spalle, e scendeva, fino a coprirle a mala pena metà coscia, lasciando il resto scoperto.

<< credo che andrò a vedere la TV…>> dissi, dopo essermi ripresa.

<< brava Renesmee, sei la mia nipotina preferita >> disse zio Jasper.

<< certo, grazie del complimento. Davvero molto gentile, ma visto che sono la tua unica nipote, non so se vale poi così tanto…>>. Mi chiusi la porta alle spalle, lasciandoli soli.

Tutti si volevano bene, avevano un compagno… per me, c’era solo un vuoto che riempiva lo spazio che avrebbe dovuto essere della mia anima gemella. E l’unico candidato al posto era Jacob, il quale era stato congedato in malo modo e su due piedi.

Ero stata meschina e insensibile, non da me. Lui era stato il mio primo bacio, non si meritava tutto ciò. Lui mi era stato vicino sempre, in tutti i miei ricordi lui era presente… dovevo chiamarlo. Scusarmi, come minimo. Non avevo scuse per il mio comportamento, ma dovevo dirgli quanto mi dispiaceva, quanto mi mancava…

Alzai la cornetta del telefono del salotto e composi il numero di casa Black.

Mi rispose Billy.

<< ciao Billy! >> salutai.

<< Renesmee, da quanto! >> esclamò.

<< eh già, da quanto… senti, volevo sapere se in casa c’è Jake. Se c’è, e ti dice che non mi vuole parlare, appiccicagli la cornetta all’orecchio con la forza: obbligalo ad ascoltare e a rispondere eventualmente alle mie domande. Tutto chiaro? >> dissi, tutto d’un fiato.

<< tutto chiaro… lo farei, e anche volentieri, ma non è in casa. È uscito qualche ora fa. Non è ancora tornato.. >> disse

<< a che ora lo trovo? Per cena? >>

<< non credo che tornerà per cena. Oggi era più depresso degli ultimi giorni… a bisogno di restare un po’ da solo… >>

Depresso

La parola mi trafisse come mille pugnali, dritti e affilati nel cuore. Cosa avevo fatto? Il mio povero Jake…

<< quindi presuppongo che tu non sappia dove sia? >> chiesi speranzosa.

<< no… e io presuppongo che tu sappia che cosa sia accaduto per ridurlo in quello stato… >>

<< forse si forse no… chi lo sa? >> feci la misteriosa.<< comunque adesso ho da fare, ti lascio. Se però per un caso fortunatissimo tornasse a casa, prima, durante o dopo cena, obbligalo a chiamarmi. È extra importante. Ciao,. Stammi bene.

>> 

<< ciao >>.

Riappesi la cornetta al ricevitore. Possibile che le mie parole avessero ridotto il sorridente e allegro Jacob in depressione? Come avevo fatto? O meglio, come avevo potuto farlo?

Feci qualche passo in direzione della Tv e del divano quando un ululato straziante ruppe il silenzio del salotto. Era un ululato che conoscevo, abbastanza per gridare:

<< Leah!!!>>

 

Mi scuso per avervi lasciato sul più bello, ma è dove sono riuscita a scrivere. Voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno aggiunto a preferiti e mi hanno recensito, tra cui due mie amiche di scuola, Giulia e Alice (iscritta anch’essa a questo sito!).

Il prossimo capitolo sarà pronto il prima possibile….

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Capitolo 5
*** Un sogno per capire ***


Un sogno per capire

Ciao! Eccomi con un nuovo capitolo! Ho fatto una faticaccia a scriverlo, e per quel che riguarda il funerale, avete tutto il diritto di insultarmi… mi sono scervellata per giorni, ma non sono proprio riuscita a scrivere qualche cosa… mi dispiace tanto, magari proverò a rimediare nei prossimi capitoli…

Per ora, leggete questo…

Un sogno per capire

Mi scaraventai fuori in giardino, cercando di capire da dove provenisse l’ululato…

Non si sentiva più nulla. Silenzio.

<< Renesmee?? >> mia madre mi aveva appena raggiunto di fuori. << l’hai sentito anche tu? >>

Che domande, certo che l’avevo sentito!

<< sei riuscita a capire da dove proveniva? >> chiesi, con una nota di disperazione nella voce.

Lei si guardò in torno, con una leggera calma fastidiosa… la mia migliore amica era in probabile agonia e lei si guardava in giro con tranquillità?

Non attesi un attimo di più e mi addentrai velocemente nel bosco, senza prendere in considerazione l’urlo di mia madre che chiamava il mio nome invano.

Leah, dove sei?

Erano già minuti e minuti che vagavo nel bosco, correndo il più veloce possibile. La velocità concessa dalla mia natura. Maledetta natura, ora devo essere più veloce e la mia condizione di mazza vampira mi impedisce di vedere, sentire, correre e percepire l’odore in modo tale da raggiungere la mia Leah…

Raggiunsi una radura attraversata da un piccolo ruscello, qualche chilometro a nord di Forks. Era la radura in cui Jacob mi portava d’estate di tanto in tanto, per stare un po’ insieme. Non mi aspettavo di trovarlo lì, ci ero arrivata per caso. O forse era stato il mio cuore a condurmi li… ma che stavo dicendo? Io provo solo amicizia per Jacob… è pur vero che ci sono diversi modi di amare: amici, famiglia, compagno, marito… lui rientrava categoricamente nel primo gruppo. Doveva rientrare nel primo gruppo!

Piegai le ginocchia e appoggiai le braccia su di esse, per riprendere fiato…

Alzai lo sguardo e vidi Leah, la mia amica Leah, inginocchiata a terra, con la testa bassa. Mi dava le spalle, non vedevo cosa stesse facendo, ma vidi da cosa era circondata. O da chi. Ebbi un tuffo al cuore, il tempo si era fermato, non capivo più nulla, la mia visuale si faceva sempre più nera. Prima di svenire lanciai un urlo:

<< JACOB!!!!!!!!! >>

 

<< dite che dovremmo dirglielo? >>.

Era stata la voce di Carlisle a parlare, ne ero sicura. Era così lontana però. Avevo il cuore così pesante… così pesante da far male… avrei potuto strapparmelo via, avrebbe causato meno male. Ma non potevo: ogni movimento faceva male. Era tutto buio, non riuscivo o non volevo aprire gli occhi. Stavo sognando? La voce di Carlisle era stata un’illusione? No, ero sicura di averla sentita. Era la mia anima a dolere, non il cuore. Dovevo svegliarmi, aprire gli occhi. Cos’è che dovevano dirmi? Che era stato uno stupido scherzo, organizzato da Leah e da Jacob? Pensavo che fosse Settembre, non carnevale o il pesce d’aprile; anche per Halloween era troppo macabro come scherzo…

Appena avrei rivisto Jacob l’avrei ammazzato di schiaffi per lo scherzo di poco gusto.. ma come gli era saltato in mente?

Uno scherzo.. avevo udito la mia voce pronunciare quelle parole. Impossibile, io ero intrappolata nel nulla, nel buio dell’agonia… come potevo parlare?

<< non è uno scherzo, Renesmee. Svegliati, amore mio, svegliati… >>. Mamma. Era stata lei a parlare. Oh mamma, se sapessi che scherzo stupido che mi hanno fatto! E tu che mi dici non è uno scherzo! Ci sei cascata come me! E tu continui a credere che sia uno scherzo…. Ma il mio cuore mi dice altro, c’ è qualcosa che non va. Voglio sapere… devo sapere. Impiegai tutte le forze che avevo per cercare di riaprire gli occhi, lentamente. La luce m’investi violentemente, rendendomi cieca a tutto ciò che mi circondava.

<< Tesoro? Carlisle guarda, si sta svegliando! >> disse mia madre. Ci misi qualche secondo per riuscire a focalizzare almeno il suo volto.

<< Mamma… >> sussurrai. << Mamma, dov’è Jacob? >>. Volevo guardarlo negli occhi per dirgli che era un’idiota, che avevo conosciuto scimmie più intelligenti di lui. Lo scherzo non mi era piaciuto per niente…

<< Adesso arriva, adesso arriva… >> mi rassicurò lei, per rispondere. Aveva la voce rotta, chissà perché… il mal di testa aveva sostituito gradualmente il mal d’anima che avevo avuto qualche momento prima. Adesso arriva. Bingo! Avevo ragione: uno stupido scherzo e io da scema ci avevo anche creduto! Lui e Leah  mi avrebbero sentito, eccome se mi avrebbero sentito! Zio Emmett non era nulla in confronto a quei due bambinetti…

Piano piano la mia vista aumentava, le cose si facevano più vivide e reali. Riconobbi la mia camera, tapezzata di poster e disegni. Mi guardai intorno, mia madre, mio padre, Carlisle… tutti quanti erano intorno al mio letto, con espressioni gravi. Forse gli avevo delusi, dimostrandomi debole e svenevole davanti a uno stupido scherzo. Li avevo proprio delusi… quando sarebbe arrivato Jacob?

<< Non arriva, non arriva… >> . mio padre aveva forse voglia di scherzare? Lui e mia madre andavano perfettamente d’accordo.. proprio le stesse idee…

<< prima dite che arriva, poi dite che non arriva… zio Jazz, se lo chiedo a te dici che arriva? >>.

Lui mi sorrise, ma era un sorriso smorto, quasi colpevole…

<< volete spiegarmi quello che sta succedendo o vi devo cavare le parole di bocca con la forza? >>

<< Renesmee, tu sei svenuta nella radura, dopo aver visto… >> cominciò mia madre.

<< è proprio per questo che voglio vedere Jacob! Si merita un bel ceffone per lo stupido scherzo! >>

Ci voleva tanto a capirlo? Forse si, ma ci volle altrettanto per il colpo di grazia.

<< non era uno scherzo. Jacob è morto. >>

Con quelle parole morirono tutte le cose che appartenevano al mondo: il mondo c’era se c’era lui, lui moriva, il mondo moriva.

Il mio mondo, quello fatto di risate e prese in giro, fatto di Jacob. E in tutta quella morte, c’era una sola nascita. L’unica cosa che riusciva a nascere in quella situazione: il dolore.

 

Inadatto, ecco cosa. Uno stupido abito nero, inadatto. Più mi guardavo allo specchio, più mi veniva voglia di mettermi in jeans e maglietta. Una maglietta colorata, per trasgredire. Jacob non avrebbe voluto un triste funerale in nero. Avremmo dovuto dirgli addio allegramente, come se fosse un “Ciao, ci vediamo dopo…” . peccato che quel dopo sarebbe arrivato dopo l’eternità… il mio Jacob: una vita senza di lui… uno schifo, in poche parole.

<< sei pronta? >>. Zia Alice si affacciò sulla mia camera. Era bellissima: un vestito nero, più elaborato del mio, pizzo e seta combinati in un gioco di tristezza, le copriva il corpo minuto. Il mio era semplice, senza bottoni e robe varie, solo una rosa sul petto, nel lato sinistro: un gioco di agonia o di disperazione?

<< si, ho finito di prepararmi >> risposi.

<< non ti ho chiesto questo. Ho chiesto se sei pronta… a dirgli addio…>> replicò lei.

Addio… no, non ero pronta. Non sarei mai stata pronta, non sarei mai riuscita adirgli addio, non a lui…

<< no, nessun addio, solo un ciao >>. A fatica trattenni le lacrime. Lei mi fece un sorriso di incoraggiamento e mi lasciò sola. Finii di sistemarmi i capelli e presi la borsetta, in tinta con l’abito, e uscii, fermandomi in salotto ad aspettare gli altri. Dopo pochi secondi mi ricordai di una cosa: il ciondolo! Tornai di corsa in camera e frugai nella cassettiera dei trucchi e robe varie. Lo trovai in fondo. Era un ciondolo a forma di cuore, con inciso la mia e l’iniziale di Jacob. Me l’aveva regalato l’anno prima, per il compleanno. Non l’avevo mai indossato… sarebbe stato come dargli il mio cuore, accettare il suo amore per me… in compenso lo custodivo bramosamente  e oggi l’avrei messo, per oggi il mio cuore sarà solo suo.

 

L’aria fredda mi investiva il volto, lasciando che i brividi mi percorressero la schiena, come mille formiche. Poi lo vidi, il suo solito spensierato modo di correre, di sorridermi. Gli ci vollero pochi secondi per raggiungermi. Stavo sognando? O forse quella era la realtà e la giornata del funerale era stata solo un sogno? Non importava, ora lui era li con me, l’importante era quello. Lo abbracciai e affondai il volto nel suo petto: il suo profumo mi invase come una scossa elettrica.

<< dimmi che non sto sognando… >> lo implorai.

<< si, mia piccola, è un sogno… mi dispiace, mi dispiace così tanto… >> la sua voce era rotta dal dolore. Chi tra di noi aveva bisogno di essere rassicurato?

<< non mi lasciare… io non pensavo veramente quello che ti ho detto alla spiaggia… inizialmente si, ma poi ho capito che mi sbagliavo, sei tu il mio futuro! >>. Che diavolo gli stavo dicendo quelle cose? Tanto era un sogno!

<< no, ero io che mi sbagliavo: non sono io il tuo futuro… arriverà un essere che ti meriterà, ti amerà… desidero solo una cosa, se non chiedo troppo… >>

<< qualunque cosa >> dissi, immediatamente.

<< vendicatemi, tutti quanti. Trovate quei cani e ammazzateli tutti. >>

<< cosa? Non capisco… >>

<< aiutate i volturi, avrò così la mia vendetta… ora, piccola mia, devo andare >> e mi baciò la fronte. Io lo afferrai per la  T-shirt che indossava, per non farlo andare via: doveva rimanere con me, per sempre.

<< non andare, ho ancora bisogno di te… >> lo implorai.

<< ci rivedremo presto, sta tranquilla, prima di quanto immagini… >>

E scomparì, lasciando nell’aria l’odore di un vampiro a me sconosciuto.

 

Mi svegliai tutta sudata nel bel mezzo della notte. Ricomposi frettolosamente le idee e non esitai un secondo dal precipitarmi da Carlisle: lui mi avrebbe creduta. Lo trovai nel suo studio, mentre firmava e compilava le solite scartoffie mediche.

<< Renesmee, cosa ci fai sveglia a quest’ora della notte? Non riesci a dormire? >> chiese.

<< si potrebbe dire così, si… >> risposi.

<< vuoi parlarmi di qualche cosa ? >>. Ora si che aveva centrato il punto!

Li raccontai del sogno e della richiesta di Jacob. Lui non fiatò per tutta la durata del racconto, rimanendo pensieroso e contemplando le mie parole fra sé e sé. I suoi anni non avevano mutato l’aspetto, ma la sua saggezza evidenziava bene l’età.

<< … dei cani…? >> chiese perplesso.

<< esattamente >> confermai. Non sapevo chi o cosa fossero, una cosa però era certa: erano loro gli assassini del mio Jacob, e non erano sicuramente i cani mutaforma.

<< grazie, Renesmee… adesso ne parlo con gli altri e vediamo cosa fare… >> disse.

<< quindi mi credi? >> chiesi. Pure io facevo fatica a vedere il vero nel mio sogno, eppure lui si fidava sempre di tutti…

<< certo che ti credo, e credo anche che Jacob vegli ancora su di noi… ora vai a riposare: domani ti diremo tutto. >>

<< niente sonniferi? >> chiesi sospettosa.

<< niente sonniferi >> rispose lui, sorridendo.

Tornai in camera e mi rimisi a letto. Mille pensieri affollavano la mia mente, impedendomi di riprendere sonno… il mio Jacob vegliava su di me, come un angelo custode, come zio Jasper per mia madre. E quei cani? Niente a vedere con i licantropi. Jacob non gli avrebbe mai appellati così e soprattutto, loro non l’avrebbero mai ucciso. Passai le ore successive a rimuginare, con l’odore del vampiro che impregnava la mia mente.

 

P. s. : per le fan di Jacob = mi dispiace di averlo fatto morire, ma la sua morte era essenziale per due motivi, uno dei quali lo capirete più avanti.

L’altro motivo riguarda il fatto di dare una motivazione abbastanza forte ai Cullen per aiutare i Volturi….   

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Capitolo 6
*** Turista a Volterra ***


turista a volterra

Eccomi!!!!! Scusate tanto il ritardo ma avuto un casino di problemi con questo capitolo, e la scuola ha fatto la sua parte! Sono stata presissima… e poi ho cercato ovunque la planimetria di Volterra, ma nulla… quindi da qui in poi dovrete accontentarvi di misere e fantasiose descrizioni…

Spero che piaccia… sono tornata alle battute stile primo capitolo! Probabilmente ci sarà qulache errore ortografico, ma ho scritto molto in fretta… mi dispiace molto, gli errori rovinano sempre il piacere della lettura! Alcuni gli ho trovati e gli ho tolti, ma altri potrebbero essermi sfuggiti…scusate ancora per tutto!

 

Turista a Volterra

 

<< Renesmee, vieni  qui in salotto, per favore >> mi chiamò Esme.

Piantai il libro che stavo leggendo e andai nel soggiorno, dove trovai la famiglia al completo.

<< che c’è? >> chiesi. Attesi titubante una risposta, anche se mi immaginavo già qual cosina…

<< abbiamo discusso tutta notte del sogno, e direi che ci sono un paio di cose che dovresti sapere… >> cominciò Carlisle. Trasse un profondo respiro, poi continuò << primo, c’è una leggenda poco attendibile, che riguarda i mutaforma: si dice che, una volta morti, il loro spirito appaia alle persone a loro care per particolari richieste in sogno, in questo caso te. Secondo, riguardo ai “cani”, pensiamo non siano i mutaforma di La Push, ma piuttosto dei… licantropi veri e propri… >>

Fino a un certo punto c’ero arrivata pure io, ma il resto… agghiacciante!

<< dei licantropi >> chiesi.

<< dei licantropi >> confermò zio Jasper. << è probabile che siano stati loro: sono gli unici esseri più somiglianti ai cani e possibilmente disprezzati dai mutaforma. Abbiamo un valido motivo per credere che siano stati loro, anche per lo stato in cui era ridotto Jacob. Riteniamo potrebbero essere ancora in zona… >>

A quelle parole mi tornarono in mente le scene del ritrovamento di Jacob… quei cani lo avevano fatto a pezzi come una bambola di pezza… sarei andata in capo al mondo per vendicarlo, ma a quanto pareva, si facevano trovare sull’uscio di casa. Neanche un macaco era così scemo da fare la linguaccia alla tigre ad una minima distanza…

<< per questo non andrai in giro da sola finché la situazione non sarà risolta completamente. È per il tuo bene. Non dare motivo a Jacob di rivederti  troppo presto. >> concluse mio padre.

Segregata come una criminale. E chissà quanto tempo sarebbe dovuto passare prima che tutto so fosse risolto. E io volevo tanto rivedere il mio Jacob… e quel troppo presto di mio padre era molto allettante.

<< non ci pensare! >> ringhiò mio padre. Ma in questa casa un po’ di privacy? Uno che mi legge nel pensiero, l’altro monopolizza le mie emozioni, un’altra che tiene sotto controllo il mio futuro… se zio Emmett avesse avuto uno speciale potere, sarebbe stata una disgrazia per me!

<< lo penso anch’io… la portata della disgrazia sarebbe stata pari a un cataclisma… >> adesso mi sorrideva.

<< pianeta terra chiama Edward e Renesmee! Rispondete prego! Siete pregati di darci informazioni circa i vostri dialoghi! Beeeeep…. >> disse zio Emmett, imitando la voce di un robot.

<< esattamente , come appena detto… >> confermò mio padre.

<< non posso uscire nemmeno per andare a La Push? Nemmeno accompagnata? Mi accompagnate fino al confine e poi mi lasciate nelle mani di qualcuno, dopodiché mi venite a prendere…>> tentai una via di fuga.

<< come ho già detto, da sola è fuori discussione. Per quel che riguarda La Push, la cosa è più complicata… >> rispose mio padre.

<< e te pareva se non c’era una complicazione… >>

<< ma cara, nessuno è disposto a farsi delle miglia per portarti fino a La Push! >> disse Esme.

Miglia? Ma se era a qualche km da qui? Forse stava cominciando a dare i numeri… guardai gli altri, per trovare lo stesso stupore che avevo io, ma non ne trovai. Neanche una misera goccia! Mi correggo, stavano dando i numeri tutti quanti!

<< Nessie? Prepara le valigie, andiamo in Italia >> disse zia Rose.

 

Guardavo fuori dal finestrino, assorta dalle nuvole bianche che mi circondavano. Se avessi guardato giù sarebbe stata la fina. Ma con tutti i transatlantici che c’erano, dovevamo andarci in aereo? Potevo sopportare di prenderlo per pochi minuti quando andavamo a Isola Esme, ma attraversare un oceano: era troppo!

<< tanto se precipita, noi ci salviamo. >> mi disse mio padre.

<< eh certo! Voi dimenticate che io non sono propriamente un pezzo di marmo, ma semplicemente dello stucco! Senza contare i danni morali! >> ribattei.  Guardai l’ora: mancava solo mezz’ora, poi avrei rimesso i piedi a terra…

<< i danni morali per cosa? >> chiese zio Emmett.

<< la paura di precipitare! Ma tanto a te che te ne frega? La tua sfera emotiva è pari ad un tappo, se non inferiore! >>

<< su questo hai ragione! >> confermò zio Jazz.

Gli sorrisi, poi mi immersi nei miei pensieri. Non ero mai stata in Italia: chissà com’era, chi c’era. Zio Jasper mi aveva spiegato che andavamo ad aiutare i Volturi, e che io gli avevo già incontrati. L’unico ricordo che ho di loro sono tanti occhi rossi che mi fissano, come se avessi infranto delle leggi solo per essere venuta al mondo. Ripensai a Jacob, al nuovo sogno che avevo fatto, alle sue parole che mi rassicuravano, che mi dicevano di andare avanti così, che ero splendida. Intanto, quell’odore sconosciuto era rimasto nell’aria, dopo che lui era scomparso di nuovo…

 

La piazza era quasi deserta, solo qualche vecchietto che passeggiava con la moglie o con il nipotino…

Zia alice camminava sicura di se, con passo veloce. Entrammo in un vicolo buio, che terminava con un muro in mattoni. In un angolino c’era un tombino. Mi chiesi dove dovevamo andare, ma la risposta arrivò dai gesti di zia Alice. Sollevò senza esitazione la grata del tombino e ci si tuffò. Ebbi un fremito, e se non si fosse sentito il suo toccare terra, mi sarei messa a urlare…dopo di lei saltarono Esme, Carlisle, zio Emmett e zia Rose, seguiti da zio Jazz…io guardai esitante mio padre,che mi fece cenno di entrare. Ma perché mai i vampiri non riuscivano a tenere i piedi a terra una volta tanto?

<< più a terra di così! Ci stiamo andando sotto! >> fece dello spirito di patata mio padre.

Ridacchiai a disagio e mi buttai. Fu un secondo, poi poggiai aggraziatamente i piedi a terra.

Era buio e freddo, probabilmente eravamo finiti nelle fogne, a giudicare dall’odore.

<< per di qua >> disse zia Alice, una volta che anche papà e mamma scesero. Sembrava tanto che quei tre ci fossero già stati in questo luogo… ma che dicevo, solo sciocchezze! Figuriamoci se erano così avventati da venire qui!

Camminavamo da diversi minuti, e la puzza si faceva sempre meno sopportabile. Cominciavo a pensare di esserci persi…

<< stai tranquilla, ci siamo quasi >> mi rassicurò mio padre. A quelle parole arrivò anche la immancabile ondata di tranquillità da parte di zio Jazz. Mamma aveva ragione: era un angelo custode.

Attraversammo una porta, fatta di sbarre sottili e intrecciate che dava in uno spiazzo più ampio e luminoso. Dall’altra parte del salone c’era una bassa porta di legno, massiccia e molto spessa. Attraversammo anche quella porta e ci ritrovammo in un corridoio anonimo e molto luminoso, con le pareti bianche e il pavimento di moquette grigia. La temperatura era più alta. In fondo c’era un ascensore. Il viaggio in ascensore durò pochissimo e sbucammo in un’anticamera di quello che poteva benissimo essere un ufficio di lusso. Le pareti erano rivestite  da pannelli di legno, la moquette di una verde scuro. Al posto delle finestre campeggiavano panorami grandi e luminosi della campagna toscana; poltroncine di pelle chiara erano disposte a piccoli gruppi, mentre sui tavoli laccati spiccavano vasi pieni di fiori dai colori accesi… dietro al bancone c’era una ragazza. Che ci faceva un’umana in un luogo dove dovevano esserci dei vampiri? Guardai interrogativa mia madre, altrettanto scioccata.  Mio padre la guardò e a occhi bassi disse:

<< si, è morta. >>

Lascia perdere il discorso non avendoci capito nulla. Anche se però, papà, solitamente non leggeva il pensiero di mamma… che diavolo stava succedendo?

La segretaria alzò lo sguardo, per nulla sorpresa di vederci.

<< voi siete? >> chiese cortesemente.

<< io sono Carlisle, e questa è la mia famiglia. >>.

<< famiglia? >>. Adesso era sorpresa.

<< famiglia. >> confermò lui. << siamo qui per vedere Aro, Caius e Marcus. Sono un loro vecchio a… >> non finì la frase che un’altra voce, come un sussurro delicato, raggiunse le nostre orecchie.

<< falli entrare, Anna! >>

Proveniva da una stanza vicina. E per me, quella frase non era una buona idea…

<< coraggio >> disse mia madre. << ci sono passata pure io >>

“ Io non credo” pensai tra me e me.

Entrammo in un altro corridoio, con le porte rivestite d’oro. A metà trovammo un pannello scorrevole, che celava una semplice porta di legno.

La superammo, trovandoci nuovamente in una stanza dallo stesso acciottolato delle fogne e della piazza. Ma quando saremmo arrivati?. Era una stanza cavernosa, illuminata e circolare, come se fosse una torre. Mi correggo, era una torre. A due piani da terra, infatti, c’erano delle finestre alte e strette, che gettavano sottili rettangoli di luce sulla pavimentazione. L’unico mobilio in quella stanza erano dei troni in legno lungo la parete curva.

C’erano poche sagome, meno di dieci…

<< siete solo voi? >> chiese zio Emmett, trattenendo a stento una risata.

<< gli altri stanno arrivando. Potrei sapere il perché della vostra visita inaspettata? >> chiese un vampiro dai lunghi capelli corvini e gli occhi rossi come rubini. Aveva la pelle trasparente, che mi ricordava una cipolla.

Sentii zio Emmett borbottare: << inaspettata a noi, e voi allora? >>

Carlisle guardò interrogativo una sagoma alle spalle del vampiro dalla pelle di cipolla, e quella gli rispose con un no impercettibile della testa, rispondendo alle domande silenziose e non dette di Carlisle. Che anche lei leggesse nel pensiero? Mi sentivo sempre meno a mio agio in quel luogo.

<< mamma? Non è che posso aspettarvi fuori, non mi piace questo luogo…>>

<< ma quanto sei cresciuta! >> una voce estasiata, acuta e melodiosa allo stesso tempo, alle mie spalle mi fece sobbalzare. Mi voltai e vidi dei vampiri incappucciati venire nella nostra direzione, per poi superarci e andare a mettersi vicino agli altri che erano già lì. Il sangue e il veleno mi si gelarono nelle vene. Ci superarono silenziosi e io non avevo ancora capito chi aveva parlato. Stavo per chiedere chi fosse stato, quando mi bloccai di colpo. Quell’odore… il vampiro che mi aveva appena superato pochi secondi prima aveva l’odore del sogno. Non mi stavo sbagliando, era lui.

 Quando i vampiri incappucciati arrivarono dietro ai loro signori, scoprirono il volto.

<< Allora, come va? >> chiese la voce di prima. Questa volta fu più semplice capire a chi apparteneva. Poteva essere uno di quei putti usati da Giotto e Caravaggio nei loro dipinti. Forse aveva fatto da modella a loro… la somiglianza con un angelo era impressionante: altro che zio Jazz!

Aveva i capelli corti, castano chiaro, le labbra piene e carnose, gli occhi grandi e rossi. Gli angeli del Botticelli sfiguravano alla grande in confronto a lei.

<< ci conosciamo? >> chiesi con falsa naturalezza.

<< memoria corta la tua! Forse non dovrei pretendere troppo da te, sei solo metà vampiro. Come potresti ricordarti di me? >> chiese deliziata.

Ora l’angioletto stava cominciando a darmi sui nervi.

<< vorrà dire che quando mi ricorderò di te, e stai tranquilla che di una così viziata me ne ricordo, ti farò un fischio… come si fa con i cani. >> risposi seccata. Zio Emmett soffocò con un grugnito una risata.

<< tu dai del cane a me, ma il tuo amichetto? Quando ti porta fuori a cena gli servono il cibo in una ciotola? >> ribatté lei, tranquilla.

Questo era troppo! Come osava? Non mi conosce e insulta Jacob.  Riflettei rapidamente, e sparai la prima cosa che mi venne in mente.

<< quanto ti è venuta a costare la chirurgia estetica?  Non hanno nemmeno fatto un buon lavoro… io mi farei rimborsare, anche se ormai il danno è fatto…. >> risposi acida.

Lei rise deliziata, come se gli avessi fatto piacere quello che gli avevo detto.

<< oh, guarda che non era un complimento >> le feci notare.

Lei continuò a sorridere, per nulla scossa dagli insulti.

<< allora? >> chiese il vampiro di cipolla a Carlisle, ignorando me e l’angelo ( o diavolo travestito) del Botticelli.

<< ci è giunta voce che avete un problema e visto che siamo amici da tanto, abbiamo intenzione di aiutarvi. >> rispose tranquillo.

<< noi non abbiamo nessun problema. >> disse un altro vampiro, sempre dalla pelle di cipolla. Forse era una strana malattia… questo vampiro però, a differenza degli altri aveva una chioma bianca come la neve, in tinta con la pelle.

<< a noi risulta il contrario >> disse mamma.

<< siamo state io e Chelsea ad avvisarli… e direi che non è stata una cattiva idea >> disse una vampira, con voce colpevole.

<< i giorni in cui mancavate… >> dedusse il vampiro dai capelli corvini e la pelle di cipolla.

<< si, eravamo disperate, e se avessimo aspettato voi avremmo fatto in tempo ad estinguerci! >> spigò lei.

Rimasero a guardarsi tutti quanti per diversi minuti. Io, intanto, avevo localizzato il mio vampiro. Era bello e tranquillo, capelli castano, ma assomigliava terribilmente a quell’anguilla bionda di prima da passare comodamente per il suo gemello.

<< Alec? Porta Renesmee a visitare la città. È nuvoloso, starete al sicuro dal sole. >> disse la vampira di prima.

Il mio vampiro annuì e si diresse verso di me.

<< perché? >> chiesi. Non volevo più andarmene, volevo rimanere vicino alla mia famiglia.

<< dobbiamo discutere in privato >> rispose gentile papà. Non opposi resistenza, era una causa persa. Mi lasciai condurre fuori da Alec. Quando la porte si chiuse dietro di me e fummo di nuovo nella stanza della segretaria, si voltò con un sorriso trentadue  denti e mi chiese:

<< da dove cominciamo? >>

 

 

P.s.: se sapete dove posso trovare una planimetria della città di Volterra non esitate a dirlo!

Recensite, anche se non siete d’accordo con me su alcune scelte… voglio sapere se piace o no! E soprattutto cosa ho sbagliato!   

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Capitolo 7
*** Innamorata o solo confusa? ***


Innamorata o solo confusa?

Eccomi con un nuovo capitolo!! Spero tanto che vi piaccia… mi raccomando recensite… voglio sapere cosa pensate, consigli e altro… buona lettura!

 

 

Innamorata o solo confusa?

Erano già due ore che camminavamo per la città, soffermandoci su negozi di souvenir e di vestiti. Avrei tanto voluto comprare qualcosa, ma accettavano solo la loro valuta, così rinunciai. Era ridicolo avere tanti soldi appresso e non poter comunque comprare nulla. Ci fermammo in un parchetto, sedendoci su una panchina reduce di tanti graffiti artistici. Avevamo detto pochissime parole, il più delle volte monosillabi e riguardanti i negozi. Ma c’era qualcosa che volevo chiedergli, una cosa che mi attirava di ogni vampiro.

<< come sei morto? >> chiesi d’impulso.

<< perché lo vuoi sapere? >> chiese lui divertito.

<< perché io in un certo senso sono nata “morta”, anche se il mio cuore batte. Oppure sono una morta che “vive”. Vedila come vuoi. Non ho tuttavia avuto una vicenda di morte mia, quindi mi interessa sempre sentire quella degli altri… >> spiegai.

Lui sorrise, ma dovettero passare dei minuti prima che rispondesse.

<< vivevo in Francia con i miei genitori e Jane, mia sorella. I miei erano dei Marchesi rinomati, e due gemelli guastafeste in una villa di lusso non andavano bene. Così ci divisero e ci mandarono a imparare le buone maniere. Jane fu spedita dalle monache di un convento, mentre io fui mandato da uno zio, in Corsica. Avevo solo dieci anni quando mi misero sulla carrozza per partire. Non avevo mai conosciuto quello zio, e non lo vidi mai: il tempo di arrivare che mio zio era già stato sepolto. Mia zia mi concesse di restare, e prese un istitutore, o meglio, un’istitutrice. All’epoca una donna colta era una rarità, e di solito erano le nobili ad avere un po’ di cultura, e sicuramente non lavoravano. Ad essere sincero io mi aspettavo un’anziana vedova, magra e alta, ma soprattutto severa. Ma non era per nulla così. Era giovane, al massimo venticinque anni, bella, divertente e solare. Troppo bella. Pallida, occhi neri come la pece, nonostante fosse bionda.

<< un vampiro? >> chiesi sorpresa.

<< un vampiro che si sapeva controllare, riuscendo a vivere tra gli umani. E non era come voi, che siete vegetariani. Era come me. Si nutriva di delinquenti, che facevano del male solo per il gusto di farlo. Sicuramente non uccideva i ladri che rubavano per sfamare la famiglia. >> rispose.

<< come si chiamava? >> chiesi sempre più curiosa.

<< Didyme. Incominciai così, grazie a lei, ad apprendere le buone maniere. Io e mia sorella ci sentivamo per lettera, ma non ci vedevamo mai. Mi mancava una parte di me. Passati cinque anni, la distanza era insopportabile, così ci diedero il permesso di incontrarci e di stare insieme un’estate intera. Il problema era dove. Lei sconsigliava fortemente li in convento, non solo perché ero un maschio, ma perché vigevano delle regole abbastanza severe che non stavano né in cielo né in terra. Così venne da me, le feci conoscere Didyme e divennero subito amiche. L’estate dopo venne ancora a trovarmi, ma ormai era già scoppiata la rivoluzione in quasi tutta Francia, così a settembre tornammo a casa. Passarono pochi mesi e i miei genitori furono arrestati e giustiziati. Io e mia sorella ci unimmo ad altri nobili per formare un piccolo esercito armato per difenderci, ma piano piano fummo arrestati tutti quanti. Io e mia sorella non fummo condannati subito, e ciò era dovuto al fatto che eravamo stati fuori corte per molto tempo, quindi privi di colpe dirette. L’unica colpa che ci fece condannare alla decapitazione era che eravamo degli eredi di nobili, e su quello non si discuteva. Come se fosse stata una nostra colpa la condizione sociale in cui eravamo nati. Ci venne concessa di stare nella stessa cella almeno per le ultime tre settimane di vita. Mentre eravamo lì ci ammalammo gravemente per la scarsità di igiene e l’elevata umidità. Poco importava, saremmo comunque morti. L’ultima notte, sentimmo degli strani rumori provenire dai corridoi, poi vidi la persona che meno di tutti mi sarei aspettato di vedere: Didyme. Ci portò fuori con un’agilità fuori dal normale, e ci rifugiammo in una capanna in mezzo ai boschi. Lì ci spiegò cos’era realmente. Poco importava, le volevamo bene lo stesso. La malattia si aggravava di giorno in giorno, e lei ci propose di salvarci e di diventare come lei. Accecati dalla prospettiva dell’immortalità e dalla paura della morte. E così ci trasformò. Dopo qualche mese ci unimmo tutti quanti ai Volturi, e Didyme divenne la compagna di Marcus. Ma poi morì, ancora non si sa come. Marcus da quel giorno si fece piatto e senza emozioni. Avrai notato che sembra sempre annoiato… >>.

Ero senza fiato. Tra tutte quelle che avevo sentito questa superava di gran lunga quelle di Carlisle, zia Rose, zio Jasper e gli altri messi insieme.

Una cosa però non riuscivo a capire.

<< come faceva a nascondere gli occhi rossi quando si era appena cibata…insomma non gli avevi mai notati? >>

<< no, ma era a causa del fatto che cambiava il colore dei suoi occhi. O meglio, questo è quello che ho scoperto quando ci ha rivelato di essere una vampira >>

<< come faceva a cambiare il colore degli occhi? Insomma, all’epoca mica c’erano le lenti a contatto! >> dissi .

<< come fa tuo padre a leggere nel pensiero? E tuo zio a percepire le emozioni degli altri e a modificarle? Come faccio io a inibire i sensi delle mie vittime? Aveva un potere, uno un po’ particolare. Anzi, io direi buffo. Riusciva a cambiare dei piccoli particolare di se: il colore degli occhi, il colore e la lunghezza dei capelli, li faceva ricci o lisci, si faceva le labbra carnose o fini, il naso a patata o a punta… era una vera e propria trasformista! >> scherzò.

 

Tornammo alla torre che erano già le sette di sera, questa volta però non passammo più per le fogne, ma per un corridoio più accogliente. Era lungo, notevolmente lungo, con svolte e porte ovunque.

<< ma quanto è grande ‘sto posto? >> chiesi meravigliata.

Lui non rispose, ma si limitò a sorridere, anzi, sghignazzare.

<< che c’è da ridere? >> chiesi.

Sghignazzava sempre di più, così cominciai ad innervosirmi. << insomma, la vuoi smettere di ridere?>> chiesi.

<< ok, va bene >> disse lui, trattenendo un’altra ondata. << è solo che sei troppo buffa, sembri come gli umani che entrano qui dentro per la prima, ed ultima s’intende, volta. >>

<< ah, io sarei buffa? Ma ti sei visto tu? >>risposi acida.

<< perché? Che ho che non va? >> chiese perplesso.

Ci pensai un attimo, lo guardai e cercai una qualsiasi cosa che stonava nel suo essere perfetto. Dopotutto, nessuno è perfetto, quindi qualche cosa da trovare c’era sicuramente… dopo qualche secondo, delusa e a orecchie basse, risposi:

<< no, in te non c’è nulla che non va… >>

Lui mi guardò, e nei suoi occhi intravidi un bagliore di tenerezza, ma un secondo dopo, era già scomparso.

<< guarda che anche in te non c’è nulla che non va >>. Disse infine.

<< grazie >> risposi. << andiamo, se no cominciano a pensare che hanno rapito pure noi! >> scherzai.

Lui, però, questa volta non sorrise nemmeno. Entrammo finalmente nella torre, e trovammo tutti quanti intenti a confabulare a piccoli gruppi. Volturi e Cullen, mischiati, che parlavano animatamente tra loro. Era bellissimo trovarli tutti li, a parlare tranquilli e inquieti allo stesso tempo, nemici e amici contemporaneamente. Il nostro arrivo spezzò quell’incantesimo solo dopo qualche secondo che eravamo già li. Si fermarono e ci guardarono, come se si fossero dimenticati della nostra esistenza, e con il nostro arrivo fossero di nuovo tornati alla realtà. Mia madre si avvicinò e mi chiese:

<< com’è andata? >>. Io non risposi subito, guardai Alec dirigersi silenziosamente dalla sorella, bisbigliarli qualcosa all’orecchio, e darle un bacio sulla fronte. Quel piccolo gesto mi provocò un tuffo al cuore: faceva così anche Jake con me…

<< allora? Com’è andata? >> mi richiese mia madre, affatto curiosa.

<< bene, c’erano un sacco di cose carine nei negozi, solo che non accettavano i dollari, quindi non ho potuto prendere nulla. >> dissi recitando, quasi mi fossi preparata le cose da dire qualche attimo prima di dirle.

<< mi spiace, la prossima volta che veniamo qui ci organizziamo meglio. Ora però dobbiamo tornare a casa >>. Disse mia madre, guardandomi dolcemente.

Io, in compenso, la guardai interrogativa.

<< di già? >> inutile dirsi che la causa del tono triste della domanda non era dovuto ai negozi, ma ad Alec. Nemmeno io sapevo cosa mi stesse succedendo, ma l’uscita, la nostra uscita, aveva fatto scattare una certa simpatia verso di lui. Forse più di una simpatia. Mi chiesi se un semplice odore poteva scatenare l’imprinting. Ma cosa stavo dicendo? Noi non abbiamo l’imprinting!

<< come mai? Di che avete parlato? >> chiesi.

<< sai bene che non possiamo riferirti tutto. Dobbiamo tornare per sistemare delle faccende, rifare le valigie, molte di più, probabilmente, e poi torneremo in Italia >>

<< in Italia? >>

<< bhè tesoro, dove vorresti andare? La Francia? >>  chiese zia Rose, sorridente. Era raro vederla sorridere, e forse quando sorrideva, lo faceva pure in privato, in modo che nessuno potesse vederla…

<< ha detto Italia, non Volterra… >>

<< acuta osservazione >> disse Jane, sarcastica.

Mi girai verso di lei, li lanciai un’occhiataccia e risposi dolcemente << grazie, una cosa del genere tu non riusciresti mai a dirla. >>.

<< tolleranza… >> mi rammentò Alec.

<< giusto, scusa, ma è più forte di me… >> risposi.

Mentre eravamo al parchetto, dopo la sua storia, gli chiesi come mai Jane era stata così scortese con me. Lui disse solo che era una cosa naturale per lei essere acida con chi non conosceva e “invadeva” i suoi spazi e il suo territorio. Lei era quella più coccolata di tutti e la più bella, quindi era rara la volta che accettava una rivale. Questa situazione era sorta dopo la morte di Didyme, e nessuno ne sapeva il vero motivo, nemmeno lui. Quando mi aveva vista il suo veleno aveva cominciato a bollire, e le parole avevano dato vita alla sua invidia. Mi aveva chiesto di portare pazienza, di essere tollerante. Quando avesse capito che non ero pericolosa, si sarebbe tranquillizzata.

Mia madre interruppe il flusso di pensieri.

<< si, non torneremo qui a Volterra. Andremo in qualche bosco isolato al nord, in una regione chiamata Lombardia. Li i boschi abbondano, troveremo anche una radura dove costruire una casa. Non saprei ancora dirti quanto ci resteremo>>

Era inutile combattere.

<< perché quell’aria afflitta? Quei boschi pullulano di bontà prelibate, prelibatezze italiane. E poi, trova sempre il lato positivo! Non hai sentito che ha detto tua madre? Più valigie del solito… non sei contenta piccola? >> disse zio Emmett.

Sospirai e mi chiesi se ero veramente imparentata con lui.

 

<< Nessie cos’hai? >> chiese zia Rose per la quarta volta.

<< niente >> risposi…per la quarta volta. Continuai a guardare fuori dal finestrino.

<< è da quando abbiamo lasciato Volterra che hai il muso >> affermò ostinata.

<< per tua informazione, non ho il muso! >> la misi al corrente.

<< ma non sei nemmeno allegra >> ribatté lei.

<< dammi un buon motivo per esserlo… >> la provocai.

<< Rose smettila >> la rimproverò zio Emmett. La prima cosa di intelligente che usciva dalla sua bocca! Speriamo che non si scateni un cataclisma, almeno finché non torno con i piedi per terra.

<< ma guardala tesoro! La gente che va in un cimitero è più allegra di lei! Esclamò zia Rose, non ancora soddisfatta. Non ribattei, e non perché non volessi, ma perché aveva ragione. Era tutto maledettamente vero. Non volevo tornare a Forks… era semplicemente Forks. E poi… era difficile e assurdo ammetterlo, ma Alec già mi mancava.

“ Eh si, l’unica cosa che zio Emmett avesse mai detto o fatto di intelligente” pensai, guardandolo mentre faceva una torre di corn-flex che ci erano stati serviti dalla hostess. Meno male che eravamo in una sezione privata dell’aereo, lontani dagli umani. Abbozzai un mezzo sorriso, per nulla forzato, quando i corn-flex finirono tutti a terra.

Presi il cellulare per mandare un messaggio a Leah.

“ stiamo tornando dall’Italia.

Non hai idea di chi ho incontrato!

Tu come stai? Io tutto a posto.

Magari stasera passo da te.

 T.V.B.”

<< tu non vai da nessuna parte >> disse mio padre.

Spedii il messaggio prima che mio padre potesse impedirmelo sul serio, poi replicai:

<< ma papà! >>

<< non ti avevo mica detto che non potevi più uscire di casa? Vale ancora. >>

<< mamma? Vero che stasera posso andare a trovare Leah? >> chiesi.

<< certo. Anzi, vengo anche io… volevo fare una chiacchierata con Sue. >> rispose, senza staccare gli occhi dal giornale di cucina che stava leggendo.

Feci una linguaccia a mio padre e mi rimmersi nella mia depressione.

“ Alec… Alec… perché sei tu Alec?” pensai.

Mio padre fece una smorfia, imitando il vomito.

<< eh si amore. È proprio strana >> constatò zio Emmett, dandosi l’aria di un medico esperto che ha appena scoperto che c’è qualcosa che non va nel paziente che si crede un gatto. << se fosse stata normale, avrebbe replicato a modo suo, invece ora… bhò, è strana >>

Cacciai nuovamente la lingua di fuori, indirizzata a tutti, colpevoli e non.

 

<< è impossibile che non te lo ricordi: una rosa rossa non passa inosservata in un campo di neve! >> esclamai.

<< era una metafora? I vampiri bianchi stanno alla neve come la rosa rossa sta a questo Alec? Cos’è: ha i capelli rossi? >> chiese Leah.

Sbuffai e mi lasciai cadere sul letto: << ci rinuncio >>

Dopo pochi minuti di silenzio, non potendone fare a meno, tornai a parlare di lui:

<< è bellissimo! Solo che quella anguilla di sua sorella… non la sopporto! >>

<< ha una sorella? >> chiese.

<< gemella >> aggiunsi, amareggiata.

<< allora ho capito chi sono: i gemelli terribili, quelli con i poteri di tortura più forti! >> esclamò illuminata.

La guardai senza dire nulla, a parte:

<< è tanto grave? >> chiesi

<< è ufficiale: sei innamorata >>

 

<< solo queste due? >> chiesero mia madre e mio padre all’unisono.

<< si >> risposi, lasciando la valigia e il beauty- case vicino al divano.

<< facciamo un calcolo veloce…quanti ci saranno in totale? >> chiese mia madre a mio padre.

<< non abbastanza perché sopravviva….>> rispose lui.

<< sapete che hanno inventato la lavatrice? >> chiesi velenosa.

<< si, e c’era anche quest’estate, peccato che tu non lo sapessi ancora… >> mi informò mio padre, ridendo.

Feci una smorfia e mi diressi in camera mia per prendere il cellulare e il carica batterie. Mi sedetti sul letto, per guardarmi in giro: la mia camera, piena di ricordi, traspirava suppliche per non farmi partire nuovamente, ma io volevo andarmene.

Notai il ciondolo di Jacob appoggiato al comodino: era sempre rimasto li, dalla sera del funerale.

<< tu rimani qui >> dissi al ciondolo. Poi mi rivolsi a Jacob: << a te ti porterò sempre nel mio cuore >> mentre uscivo dalla camera mi arrivò un messaggio da Seth.

“ mia sorella mi ha detto che ve ne andate di nuovo. 

State facendo molto per Jacob, 

ma anche io non starò con le mani in mano”

Che cosa voleva dirmi Seth? Certo, il messaggio era più limpido dell’acqua distillata, ma c’era qualcosa sotto. Ma cosa?

Tornai in salotto pensierosa, e vi trovai anche gli altri. Ci salutammo e Carlisle chiese:

<< allora andiamo? >>

Annuii, e uscii in giardino.

<< Nessie! Dove sono le valigie? >> chiese zio Emmett.

<< di fianco al divano >> risposi.

<< quelle le avevo notate, ma le altre? >>

<< sono solo quelle >>

<< le barzellette rimandale a dopo… allora, dove sono? >>

Sbuffai. Ma perché non mi prendevano sul serio? Guardai zio Jasper, e lui mi fece un cenno che stava per “ tranquilla ci penso io”. Lui si che mi capisce! Non come la scimmia che mi faceva da zio!

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Capitolo 8
*** La verità ***


la verità

La verità

 

Eccomi con un nuovo capitolo. Mi scuso per l’attesa, ma mi sa tanto che i per i prossimi capitoli sarà così per via della scuola e degli impegni. Scusatemi tanto…. Spero di farmi perdonare almeno con questo capitolo. Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra i preferiti:

1 - antimarella94 [Contatta]
2 - Aurora_Cullen
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3 - bellemorte86
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4 - bizzo
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5 - cesarina89
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6 - Confusina_94
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8 - damaristich
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9 - elis_cullen
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10 - fedev82
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11 - franci_cullen
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12 - giugiu182
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13 - kira988
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14 - lalla22
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15 - lilly3
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16 - Lithia del Sud
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17 - Manyu
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18 - Mapi
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19 - NIKEHOPE90
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20 - patu4ever
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21 - rebby
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22 - sara2087
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23 - SaraMasenCullen
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25 - skater4ever
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26 - tuxe
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27 - valeEfla
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28 - veliva
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Poi volevo anche consigliarvi di ascoltare la canzone degli slipknot mentre leggete. La trovate a questo link:

http://www.youtube.com/watch?v=3dTo48hSLsw

non è il vedeo originale, ma in compenso si sente bene… comunque vi invito a sentirla perché addolcisce la lettura. In fondo vi ho messo la traduzione, visto che nella ff c’è già il testo in inglese... BUONA LETTURA!

 

Il viaggio fu più leggero delle altre volte, forse perché mi ci ero abituata. Arrivammo all’aeroporto e ci dirigemmo subito in un appartamento che avevamo affittato, in attesa di trovare una casa più isolata, in mezzo ai boschi. Sapevo che ce ne erano alcune, de Esme voleva controllarle personalmente. Mi guardai in giro, immaginando gli interni già arredati: non sarebbe stata poi tanto male. Era un appartamento lussuoso, con pavimento in palqué. Chissà quanto tempo avremmo passato qui dentro...

<< al massimo due settimane... >> mi rispose mio padre << stiamo facendo il salotto, vieni a darci una mano? >>

<< va bene >> risposi senza il minimo entusiasmo. Come se avessero avuto veramente bisogno di me... era solo una scusa per tenermi li vicino e sottocontrollo, per possibili cambiamenti nel mio umore.

Arrivai in salotto e vidi zio Jasper e zio Emmett che montavano a tempo di record un mobile, gli altri confabulavano, indicando la parete vuota, e pianificando per filo e per segno cosa ne sarebbe stato appoggiato.

<< tesoro! >>

 Trillò zia Alice, precipitandosi da me e sfoggiando un sorriso a trentadue denti. << lascia perdere qua. Jasper ha appena finito il nostro bagno, vieni con me >>

Non feci in tempo a rispondere che mi ritrovai in bagno. Era una stanza spaziosa, completamente rosa, con raffigurate orchidee e rose qua e la.

<< cosa...? >>

<< le domande le faccio io >> disse seria lei. Aveva l’espressione grave, mai vista così. Capii che aveva fatto la dolce per non destare sospetto, e riuscire a portarmi qui dentro senza problemi.

<< tanto ci sentono comunque >> dissi io.

<< e invece no, cara. Jasper ha messo dei pannelli intorno alle pareti, probabilmente se si sforzassero ci sentirebbero, ma ora sono troppo impegnati con il salotto. >> replicò lei con un sorriso maligno dipinto sul volto. Ora ero in trappola. Poteva chiedermi quello che voleva: se gli avessi mentito, se ne sarebbe accorta e non mi avrebbe lasciato andare, se gli avessi detto la verità mi avrebbe lasciata andare, lo avrebbe detto a tutto il resto della famiglia, ma io mi sarei uccisa prima di dover affrontare anche uno solo di loro.

<< che cosa ti sta succedendo? >> mi chiese, ora preoccupata.

<< niente >> mentii

<< beep –beep –beep! Risposta sbagliata >> cantilenò lei.

Dio, zio Emmett aveva contagiato anche lei!

<< ti rifaccio la domanda. Che cosa ti sta succedendo? >>. La domanda pareva quasi una supplica. Mi guardava con degli occhi seriamente preoccupati, e io alla fine cedetti.

<< perché siamo venuti qui? Non potavamo ritornare a Volterra se proprio dovevamo rimanere in Italia? >> esplosi.

<< le domande le faccio io. Allora vuoi rispondere alla mia domanda? >>

<< e che cosa ho fatto? Queste domande sono la risposta! >> gli urlai. Ora era sicuro: avevano udito, salotto o non salotto.

Mi fissò per qualche istante, i più lunghi di tutta la mia vita. Sembrava stesse passando in rassegna ogni mia molecola ai raggi X, senza lasciarsi sfuggire nulla.

<< è per Alec? >> chiese infine.

<< dovrebbe? >> chiesi.

<< la vuoi smettere di rispondere alle mia domande con altre domande? >>

<< lo stai facendo pure tu. Rispondi anche te con altre domande >> risposi seccata.

<< sei un caso disperato, ci rinuncio. Rimani pure nella tua tristezza. Spero solo che tu ce la faccia ad uscirne da sola >> e uscì dal bagno, sbattendo la porta.

Rimasi sola. Per qualche istante , pensai dove avevo sbagliato: avevo risposto alle sue domande; forse ero stata un po’ brusca, ma cosa pretendeva?

Aprii l’acqua calda della vasca e mi spogliai. L’acqua calda risolve tutto... credo.

 

<< non ce la faccio più >> mi lamentai.

<< stai tranquilla. Insomma, che sarà mai? >> rispose Leah dall’altra parte del ricevitore.

<< che sarà mai? Tu chiedi “che sarà mai? Non hai idea di come sto dentro quell’appartamento! Mi guardano ai raggi X ventiquattr’ore su ventiquattro! Pure quando dormo sono sicura che mi tengono d’occhio! >> sbottai.

<< ma almeno tuo padre non gioca sporco e se ne sta zitto, no? >> chiese.

<< si. Ma quanto durerà? Mia madre e le zie quando ci si mettono sanno essere molto oppressive. È questione di giorni, anzi ore, prima che mio padre riveli che sono innamorata di Alec! >> mi trovavo al parco, usavo una cabina telefonica e mi guardavo in giro per scovare qualche spia famigliare che mi seguiva… che cosa si può desiderare di più’ e oggi è anche una giornata tranquilla! Non mi hanno fatto domande e sono riuscita a sgattaiolare via senza tanti problemi.

<< e tu che ci fai qui? >>

Mi sentii gelare. Questa voce…

<< zio Jasper! >>esclamai, voltandomi. << Leah, devo riattaccare, ci sentiamo >>

<< ma… >>

Riattaccai il ricevitore, poi guardai con aria colpevole mio zio.

<< Allora? >> chiese lui.

<< non ho fatto nulla di male! Volevo solo un po’ di privacy per parlare con Leah e… >>cercai di spiegare.

<< non me ne importa nulla della chiamata. Sei libera di parlare con lei quando vuoi. Io mi riferisco al fatto che sei in giro da sola alle sei passate di sera con dei mannari che fanno a pezzi tutti a vampiri >> replicò lui calmo.

Cosa? Le sei passate? Guardai l’orologio per accertarmene… vero. Ero in giro da mezzogiorno.

<< io non credevo fosse così tardi… sinceramente non avevo notato nemmeno che era diventato buio… >> cominciai.

<< non te ne eri accorta? >> chiese lui con aria interrogativa.

Ecco, ora mi credeva pazza oltre che depressa!

<< no, cioè… me ne ero accorta che era buio, ma non gli avevo dato peso… >> farfugliai.

<< hai fame? >> chiese lui gentilmente.

Ecco, ora mi ricordo perché lui è quello della famiglia che in questo periodo mi sta più simpatico…

<< si, in effetti ho un po’ di fame… >>

<< ordino una pizza e ce la mangiamo al parco? >>

Al parco? È per caso una trappola? Lo studiai attentamente negli occhi, per capire se voleva stare solo con me per farmi il terzo grado, ma la sua calma mi fece cambiare idea…

<< va bene >>.

Entrammo in una pizzeria d’asporto e ordinammo una pizza. qualche problemino con l’inglese scarso del pizzaiolo lo avemmo, ma riuscii a ordinare comunque.

Arrivammo al parco dopo qualche minuto, con la pizza che ancora fumava: aveva un ottimo odore. Avrei preferito di gran lunga un po’ di sangue, ma mi accontentai.

Mentre mangiavo zio Jasper mi guardava, assorto nei suoi pensieri… chissà a cosa pensava…

Una volta finito, buttai il cartone in un cestino e tornai alla panchina. Seguì un lungo silenzio, nel quale pensai bene di dire tutta la verità, almeno a lui. Era quello che in questo periodo mi aveva rispettato di più, quello che non aveva fatto domande, e quello che forse mi avrebbe capita.

<< zio, ti devo dire una cosa >> cominciai incerta.

<< parla, ti ascolto. >>disse lui, senza staccare gli occhi dal cielo stellato.

<< sai, in questi giorni so di essermi comportata in modo pietoso e scortese con tutti, ma non mi hanno lasciato molto scelta. Dico hanno, perché tu non lo hai fatto. È per questo che mi rivolgo a te per primo. Mio padre sa tutto, ma non durerà molto e tra un po’ rivelerà tutto. Sai Alec, il vampiro che mi ha accompagnato a fare il giro di Volterra? Ecco, io credo… >> era più difficile di quanto pensassi dirlo.

<< si? Cos’è, ti ha fatto qualcosa di male? >>

<< No, non mi ha fatto nulla. È solo che io… >> deglutii << io mi sono innamorata di lui >> dessi infine.

Seguì un altro lungo silenzio, mentre zio Jasper non staccava gli occhi dalle stelle. Possibile che non mi avesse sentito? No, impossibile. Magari non era concentrato e non ha compreso le mie parole? Altrettanto impossibile.

<< allora? >> dissi infine.

<< stavo pensando. Tu hai tenuto il broncio per due settimane solo perché ti sei innamorata di questo Alec? >> chiese cordialmente.

<< ehm.. >> la sua domanda mi colse in contropiede, ma, viva la sincerità! Diciamo pure la verità. << si, direi di si >>

<< lui lo sa? >>

<< no! Assolutamente no, e non deve nemmeno saperlo! >>

<< perché? Magari gli piaci anche tu? >>

<< primo, non mi umilierò a tanto! Secondo, i ragazzi d’oggi sono paurosi e si tirano sempre indietro, quindi finirà per non rivolgermi più la parola! Terzo, hai presenta sua sorella? Ecco, lei è il più grosso dei miei problemi, in questo momento. >> dissi, quasi urlando.

Lui sghignazzò, degno di zio Emmett.

<< ok, è tua la scelta. A me non resta altro che chiederti: da quant’è che non vedi un ragazzo d’oggi? Perché, a me sinceramente non risulta che sia un ragazzo d’oggi, dato che è morto quasi trecento anni fa… >> disse, sempre ridendo.

Ah si? Ti faccio tanto ridere? Si, direi di si, sono ridicola.

<< come fai a sapere che è morto quasi trecento anni fa? >>chiesi, a un tratto perplessa.

<< Carlisle mi aveva parlato tempo fa di alcuni Volturi e le loro storie. Lui era uno di quelli, naturalmente con Jane. >> spiegò lui.

<< ah, >> feci io.

<< senti, devo dire qualche cosa agli altri o devo tenere la bocca cucita? No, sa, quando rientreremo a casa mi tormenteranno con le loro domande, e che devo rispondere? >> chiese.

Ci pensai attentamente un momento, poi risposi che poteva dirgli tutto. Almeno così mi avrebbero lasciata in pace, no?

 

Maledetta la serata in cui ho pensato che i miei problemi fossero finiti con la verità!!!

E io che ero sicura di fare la cosa giusta: che rabbia!

Momentaneamente chiusa in bagno, ripenso a ieri sera, cercando di capire in cosa avevo sbagliato.

Ritornai con la mente a quei momenti. Mi ero chiusa in camera subito dopo aver varcato la soglia dell’appartamento. Avevo sentito zio Jasper parlare a tutti quanti della mia situazione, avevo sentito mamma che se la prendeva con papà perché era stato zitto. Poi zia Alice, mamma, zia Rose e Esme erano piombate in camera mia, e prima che potessi fare o dire qualcosa, mi tartassarono di domande, senza tra l’altro darmi il tempo di rispondere. E poi, per mettere la ciliegina sulla torta, mi avevano detto di non preoccuparmi, che avrei rivisto il mio “amato” molto presto. Almeno una notizia positiva, avevo pensato. Poi, mentre uscivano dalla mia camera, farfugliavano qualcosa su le prime pene d’amore, i giovani d’oggi, sul quanto è dolce Nessie… se solo ci ripenso mi viene voglia di gettarmi in mare e tornare a Forks. In effetti non sarebbe una cattiva idea, se non ci fosse quella frase che mi gira vorticosamente nella testa: “avrei rivisto Alec molto presto”.  Decisi di uscire, sia dal bagno, che dall’appartamento. Potevo andare a fare una passeggiata, oppure, per essere masochisti fino in fondo, andare in un cinema a vedere un film tutto in lingua italiana. Magari, per farmi ancora più male, un film romantico che termina con “e vissero tutti felici e contenti”.

 

Appena fuori casa optai per il parco. Era una bella giornata, non sarebbe stato bello andare a chiudersi in un cinema. Dopotutto, di sole a Forks ce ne era ben poco, e dovevo godermelo, per quanto la mia natura mi permettesse. Avevo ben tre ore da passare sotto il sole, poi avrei dovuto ripararmi, per non trasformarmi in un diamante ambulante. Mi sedetti su una panchina, auricolari nelle orecchie e musica a tutto volume. Una bella canzone lenta e triste, al caso mio. Era la mia preferita.

Bury all your secrets in my skin
Come away with innocence
And leave me with my sins
The air around me still feels like a cage
And love is just a camouflage
For what resembles rage again

So if you love me let me go
And run away before I know
My heart is just too dark to care
I cant destroy what isn’t there
Deliver me into my fate
If I’m alone I cannot hate
I don’t deserve to have you
My smile was taken long ago
If I can change I hope I never know

Guardavo I bambini che si rincorrevano tra di loro, i padroni che giocavano con i loro cani, studenti sotto gli alberi che leggevano e studiavano, le vecchiette che passeggiavano con i nipotini nel passeggino.

I still press your letters to my lips
And cherish them in parts of me that savour every kiss
I couldn’t face a life without your light
But all of that was ripped apart…
When you refused to fight

So save your breath I will not hear
I think I made it very clear
You couldn’t hate enough to love
Is that supposed to be enough?
I only wish you weren’t my friend
Then I could hurt you in the end
I never claimed to be a saint
My hope was banished long ago
It took the death of hope to let you go

Decisi di mandare un messaggio a Leah, per spiegargli le ultime news a casa Cullen.

So break yourself against my stones
And spit your pity in my soul
You never needed any help
You sold me out to save yourself
And I wont listen to your shame
You ran away you’re all the same
Angels lie to keep control
My love was punished long ago
If you still care, don’t ever let me know

If you still care, don’t ever let me know

Alzai gli occhi dopo aver mandato il messaggio, e notai una persona, pochi metri più in la che mi guardava. Ma che dico: persona? Un vampiro, il più bello che avessi mai visto. Mi mancava il fiato, il cuore batteva come le ali del colibrì. Alec era a pochi metri da me e mi sorrideva.

Lascai che si avvicinasse, per capire se era un miraggio o la realtà. Una splendida realtà, tra l’altro.

<< chi si vede… >> cominciò lui.

<< già… >> ero rossa, ne ero sicura. La mia natura ora non poteva proteggermi, avevo le vampate di calore e non sapevo come fermarle.

<< tutto a posto? Sei rossissima… >> disse lui.

<< una meraviglia >> risposi prontamente io.

<< bene, perché devi reggerti forte. Sto per dirti una cosa >>

<< cosa? >> chiesi curiosa io. Magari mi vuole dire che mi ama, e io a quel punto non dovrò fare altro che baciarlo...

<< ci trasferiamo qui da voi. Tutti i volturi… io, mia sorella.. tutti quanti. Fantastica notizia, vero? >>

Sta scherzando, vero? Sua sorella e gli altri qui. No, i volturi va bene, è leggermente accettabile. Sua sorella… assolutamente no. Non posso accettarlo. E io che pensavo che fosse venuto da solo perché gli mancavo. È cretino come tutti gli altri ragazzi!

<< fantastica notizia… facciamo una cosa: prendi tua sorella  e metti più kilometri tra me e lei… e tra me e te… sono stata abbastanza chiara? >>

<< Ma che ti prende? >> chiese lui, con ancora il sorriso stampato in faccia.

<< niente >> risposi io, mentendo spudoratamente. Mi alzai e cominciai  ad allontanarmi.

Poi lui mi afferrò per il braccio e il tempo di voltarmi che sentii le sue labbra fredde premere sulle mie. Non esitai oltre a ricambiare al bacio. Era diverso da quello che avevo ricevuto da Jacob, era più intenso, più sofferto, più innocente e colpevole, più…più…

Sentimmo dei rumori da dietro il cespuglio e ci staccammo subito. C’era qualcuno dietro il cespuglio. Giuro che se era qualcuno della mia famiglia o sua sorella, non avrei più risposto delle mie azioni. Uffi… rivolevo le sue labbra!

Infine la persona sbucò fuori dall’albero e a me mi venne un colpo dalla meraviglia.

<< e tu che ci fai qui? >> mi sentii dire.

Allora, vi è piaciuto? Spero di si! Mi raccomando recensite in tanti! Come detto sopra, non potrò postare subito, però cercherò di farmi bastare le giornate a casa per le vacanze pasquali per scrivere il prossimo capitolo. Baci


Titolo Tradotto: Spegnere

Seppellisci tutti i tuoi segreti
Sulla mia pelle
Vieni via con l’innocenza
E mi lasci con i miei peccati
L’aria attorno a me
Sembra ancora essere una gabbia
L’amore è solo un travestimento
Per ciò che sembra di nuovo rabbia…

Quindi se mi ami lasciami andare
Scappa via prima che io me ne accorga
Il mio cuore è troppo oscuro per importarsene
Non puoi distruggere ciò che non è lì
Consegnami al mio destino
Se sono solo non posso odiare
Io non merito di averti
Il mio sorriso fu preso molto tempo fa
E se posso cambiare spero
Di non accorgermene mai

Appoggio ancora le tue lettere
Sulle mie labbra
E le custodisco in parti di me
Che assaporano ogni bacio
Non potrei affrontare una vita
Senza i tuoi occhi
Ma tutto questo è stato strappato via
Quando hai rinunciato a combattere

Quindi risparmia il tuo respiro
A me non importerà
Penso di essere stato molto chiaro

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Capitolo 9
*** Non andare ***


Non andare

Non andare

 

Eccomi con un nuovo capitolo!!! Spero vi piaccia. Mi scuso per il scadente servizio del tg (capirete leggendo), ma ero molto indecisa e non sapevo da che parte partire… va bè, non vi resta che leggere, e magari lasciare un commentino…. Buona lettura…

Ah, dimenticavo i ringraziamenti a chi ha messo la mia storia tra i preferiti! Eccoli qui:

1 - antimarella94
2 - aras95 

3 - Aurora_Cullen 

4 - bellemorte86 

5 - bizzo 

6 - cesarina89 

7 - Confusina_94

8 - dahlia3vFA 

9 - damaristich 

10 - elis_cullen 

11 - fedev82 

12 - franci_cullen 

13 - giugiu182

14 - kira988

15 - lalla22

16 - lilly3

17 - Lithia del Sud

18 - Lucky_Didi

19 - Manyu

20 - Mapi

21 - NIKEHOPE90 

22 - patu4ever 

23 - rebby 

24 - sara2087 

25 - SaraMasenCullen 

26 - scimmietta95 

27 - sexy_eclipse

28 - skater4ever

29 - tuxe

30 - valeEfla

31 - veliva

32 - _ki_ 

33 - _Nessie_ 

Di nuovo buona lettura!

 

 

<< allora? Cosa ci fai qui? >> ripetei.

<< ecco, mi dispiace… ehm, io non volevo disturbarvi… >> cercò di spiegare Seth. Tra tutte le persone che potevano sbucare fuori da un cespuglio, lui era quello che meno di tutti mi sarei aspettato di vedere. Possibile che anche nei momenti più belli, c’era sempre qualcuno che irrompeva nella mia felicità senza bussare o chiedere il permesso?

Udii un ringhio dal petto di Alec, ma lo ignorai. Tra lui e mio padre si poteva fare un concerto.

<< allora? >> chiesi.

<< allora cosa? >> chiese Seth.

<< senti, forse sono matta io, o forse mi ci state facendo diventare. Ti pare normale che una persona che dovrebbe essere dall’altra parte del pianeta sbuchi fuori da un cespuglio, senza maglietta in pieno novembre? >> dissi io retorica.

<< giusto. Non fa una pecca. Comunque io ti avevo avvertita che sarei venuto! >> si spiegò il licantropo.

<< tu cosa? Ma allora è un vero complotto! Volete farmi diventare matta! >> esclamai.

<< ti ho mandato un messaggio! >> esclamò lui, intimorito dal concerto di ringhi che proveniva dal petto di Alec.

<< ah si? Controlliamo subito… >> dissi io, perdendo le staffe e raggiungendo un tono di voce acuto. Sfilai il cellulare dalla tasca dei jeans e controllai i messaggi. Trovai un messaggio recente di Seth e lo aprii. Lo lessi velocemente, cercando di acchiappare qualche parola tipo “Volterra”, “ti raggiungo” e roba del genere. Nulla.

Alzai lo sguardo e dissi trionfante:

<< nessun messaggio >>

<< non è possibile. Ti ho spedito il messaggio che diceva che anche io mi sarei dato da fare per vendicare Jacob, no? >> chiese lui, disperato.

<< si, quello… >> ma poi fui folgorata dall’evidenza. Esprimersi meglio la prossima volta? Mica potevo arrivarci da sola che attraversava l’oceano!

<< insomma! Che diavolo sta succedendo? >> sbottò all’improvviso Alec, concludendo di gran carriera il concerto nel suo petto. E devo dire, magnifico petto….

<< niente, Seth è venuto qui da Forks, ma il tempo di organizzarci e sarà di ritorno a La Push in men che non si dica >> spiegai.

<< invece ti sbagli. Non ho intenzione di andarmene! Con quel che mi è costato il biglietto aereo di prima classe! >>

<< i tuoi genitori sanno che sei qui? >> chiese Alec, usando lo stesso tono di voce che si usa con i bambini quando si perdono.

<< gli ho mandato un messaggio quando sono atterrato. >> rispose lui, allegro.

<< mandagliene un altro dicendogli che stai per far ritorno >> dissi io.

<< ti ho già detto che io non torno a casa. >>

<< quanto ci scommettiamo? >> dissi io malefica.

 

<< Seth!! >> esclamò mia madre appena lo vide << tesoro, ma cosa ci fai qui? Dio, viaggiare tutto solo… sarai affamato! Ragazze, bisogna andare a fare la spesa! >>

Cosa? Non posso crederci! Invece di sgridarlo, lo trattano come un principe che torna vittorioso dopo la guerra.

<< Renesmee, vai tu a fare la spesa… compra qualche cosa, poi ci organizzeremo meglio per i prossimi giorni… >> disse mia madre, abbracciando e baciando Seth.

Prossimi giorni? Ma siamo matti? Forse non hanno capito che devono metterlo sul primo aereo e rispedirlo da Sue!

<< la accompagno >> sentii dire da Alec

Cosa? Pure lui è d’accordo?

<< cosa c’è che non va, amore? >> chiese lui.

Amore? O mio dio, dimmi che gli altri non hanno sentito! Mi guardo intorno, ma pare che nessuno abbia sentito. Mi giro verso  Alec e lo vedo che se la ride come un matto… va bè, andiamo a fare questa spesa… che si strozzi pure con il cibo, tanto io ho il mio  “amore”…

 

<< e questo? >> chiesi, rigirandomi tra le mani un barattolo di latta con un’etichetta poco invitante. La parola  “Chele” capeggiava a caratteri cubitali sopra all’immagine del prodotto.

<< che ne so io? >> chiese lui con un’alzata di spalle.

Riposi il barattolo nel suo scaffale, non sicura di cosa fosse. Anche se però sarebbe stato un dispetto perfetto… purtroppo non sapevo cosa mangiasse Seth, per quel che mi riguarda poteva anche adorarlo. Io, dal canto mio, non ho mai mangiato del “Chele”…

Passammo una buona oretta a cercare di distinguere ciò che era commestibile da ciò che non lo era. Compito alquanto difficile se si calcola che Alec non mangiava cibo umano e io ne mangiavo poco e  molte volte senza sapere cosa fosse esattamente. Quando passammo davanti al reparto per i cani, mi venne la cattiva tentazione di prendere una busta di croccantini per servirglieli a Seth, ma poi ci rinunciai. Arrivammo alla cassa con il carrello pieno di schifezze, e ci volle un po’ di tempo prima che capissimo come funzionasse il rullo. La cassiera rimase perplessa dalla nostra ignoranza, ma quando vide bene il volto di Alec, si dimenticò del rullo e si mise a farli gli occhi dolci. Dal canto suo anche Alec fu gentile, e sembrava anche interessato alla ragazza. E io, anziché essere gelosa, mi ritrovai a sorridere e a pensare: “il mio amore ha fame?”

Mentre uscivamo dal discount e portavamo le borse al limitare del bosco, in modo da poterci allontanare più velocemente, Alec mi chiese:

<< hai visto come era carina quell’umana? >>

<< si, ho notato. E scommetto che aveva anche un ottimo profumo… >> risposi.

<< hai centrato il punto >> e così dicendo mi diede un bacio delicato sulle labbra.

Avremmo dovuto fare la spesa più spesso d’ora in poi… in un certo senso, Seth stava tornandomi molto utile.

 

Passarono i giorni, e all’appartamento c’era sempre un gran via vai di vampiri. I volturi e il corpo di guardia dormivano all’aria aperta, ma di giorno erano quasi sempre da noi, solo se il tempo naturalmente gli permetteva di uscire dal bosco al riparo dal sole. Solo due volte c’era stato un cielo pulito con un sole autunnale. Io però cominciavo a stancarmi di quell’appartamento piccolo e male arredato.

Un giorno, mentre ero seduta in balcone a giocare a carte con Seth, ci arrivò la notizia che Esme aveva trovato una casa in una radura, o meglio, in aperta campagna. Vicino c’era anche un bosco, quindi per cacciare non era un problema, almeno per noi. Dalle descrizioni, la casa era molto grande, una sorta di villa rinascimentale, ma era distante dalle città: questo era un problema per i volturi. Vabbè, si sarebbero arrangiati.

 

La nuova casa pareva la villa di Versailles!

Aveva quasi cinquanta camere da letto, due sale da pranzo e un’enorme cucina. I bagni erano associati alle camere, quindi quasi cinquanta anche loro. Devo dire che Esme ha proprio buon gusto. Certo tutte quelle camere da letto e quei bagni non servivano a molto, ma a me e a Seth non dispiacevano affatto. Al piano di sotto, con la cucina e la sala da pranzo, c’erano le sale da gioco e una per i ricevimenti. Sicuramente Alec e Jane sarebbero tornati ai vecchi tempi. Scelsi la camera più grande e ben fornita. Infatti Esme aveva voluto fare le cose per bene, quindi aveva arredato personalmente ogni stanza. Svelato il mistero del lungo soggiorno nell’appartamento.

I giorni trascorrevano veloci e monotoni anche in quella casa. Alec era quasi sempre in riunione con tutti gli altri nella sala dei ricevimenti, quindi io e Seth ci ritrovavamo soli e annoiati. Quei pochi momenti che passavo con Alec, erano veloci e fugaci, e mai abbastanza. Lui era sempre dolce e gentile con me, al contrario della sorella. Sembrava un leone che segna il territorio ovunque vada, per tenere lontano i rivali.

Durante una delle tante riunioni, io e Seth eravamo in camera mia, giocando a scacchi. Ma dopo la quarta partita, eravamo più annoiati di prima.

<< andiamo a guardare un po’ di televisione? >> propose lui.

<< sempre meglio di niente >> risposi io, sbadigliando.

Ci dirigemmo in camera di zio Emmett perché li si trovava il televisore più grande e sofisticato di tutta la casa. In teoria serviva per vedere le partite, ma a parer mio era sprecato. Le donne di casa, me compresa, avremmo preferito destinarlo ai programmi televisivi e ai film… non a delle stupide partite di calcio.

Accendemmo il televisore su un canale a caso. Il telegiornale.

- … la polizia sta ancora cercando i colpevoli di tale massacro, nonostante…-

Seth cambiò il canale, ma io urlai di rimettere sul tg. Era un canale americano, non c’erano dubbi. L’unica cosa che non quadrava è che il titolo in sovraimpressione era: “massacro tra i vicoli di Volterra: persone fatte a pezzi.”

-… Volterra è ancora scossa da queste notizie, ma la cosa che preoccupa di più il governo italiano è che i pezzi ritrovati non sembrano appartenere a delle persone sane. Alcuni ipotizzano che non appartengano nemmeno a delle persone umane. Abbiamo contattato un medico che lavora per i R.I.S. per farci spiegare la situazione:

<< cosa ne pensa del ritrovamento? >>

<< mai vista una cosa del genere. I pezzi di carne sono bianchissimi, e il sangue è di un colore così scuro che non pare sangue. Tra poco avremo i risultati sul dna, ma sono più che convinto che non è sangue. >>-

Così dicendo il ragazzo si congedò dalla giornalista.

Io e Seth non eravamo a bocca aperta, peggio. Ci guardammo negli occhi, quasi a voler cercare la conferma che anche l’altro aveva sentito le stesse cose, poi scattammo verso l’uscita e ci dirigemmo velocemente verso il salone. Entrammo senza bussare, e probabilmente sui nostri volti c’erano dipinte paura e preoccupazione, perché nessuno ci attaccò in malo modo per averli interrotti. Alec mi venne subito incontro, ma io ero troppo spaventata per parlare, ma anche solo per guardarlo negli occhi.

Fu Seth a parlare per primo. Spiegò cosa avevamo visto al tg. Mentre il ragazzo parlava, sentivo i muscoli di Alec tendersi, e fu un miracolo se non si spezzarono.

<< la squadra A, partirete tra due ore… destinazione Volterra. >> decretò infine Aro, tra il silenzio generale.

Alec mi baciò delicatamente sulla fronte, e insieme ad altri sei o sette vampiri del corpo di guardia, uscirono dal salone.

Mi ci vollero ben dieci minuti per capire cosa stesse succedendo, e perché erano andati via.

Corsi verso la stanza di Alec, sicura che lo avrei trovato li. Non mi sbagliavo.

<< non andare >> dissi entrando. Lui si voltò verso di me, e dolcemente mi abbracciò.

<< devo >> mi sussurrò all’orecchio.

<< manda qualcun altro. Dì ad Aro che passi alla squadra B >>. Mi stavo arrampicando sugli specchi.

Lui sorrise, ma non disse altro. Mi liberò dall’abbraccio, poi si diresse verso la porta e con un sorrise pieno d’amore, mi disse:

<< tornerò >>.

Corse fuori e raggiunse in giardino gli altri. Rimasi sola, come sempre, con un forte senso di tristezza e malinconia che mi attanagliava il cuore.

Non riuscivo a parlare e a pensare. Le uniche cose che ero riuscita ad assimilare erano che se ne andava dritto nella tana del lupo e che rischiavo di perderlo. E quando si parla di lupo, intendo letteralmente. Volterra non era più la città dei vampiri, ma di quelle bestie.

Dopo qualche minuto mi ritrovai a pregare Jacob (ebbene si, Jacob) di proteggerlo.

“ so che ti sto chiedendo troppo, che io dovevo essere tua e ora invece sono sua, ma se mi vuoi ancora bene, salvalo, tienilo sotto la tua protezione, come se fossi io a dover essere protetta. Riservagli lo stesso trattamento. Ti prego….”

E una lacrima mi rigò il viso, seguita da tante altre.

 

 

Allora, piaciuto? Spero proprio di si. Questo capitolo è più corto degli altri, ma solo per il fatto che ho voluto farlo terminare con le lacrime di Renesmee. Mi raccomando recensite in tanti!

Bacioni! XD

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Capitolo 10
*** I problemi fioccano a migliaia ***


Iproblemi fioccano a migliaia

I problemi fioccano a migliaia

 

Eccomi con un nuovo capitolo!!! Spero vi piaccia. Questo è uno dei capitoli più importanti della mia fic, soprattutto per la fine. Inoltre è l’ultimo capitolo visto dal punto di vista di Renesmee. Non vi resta che leggere, e magari lasciare un commentino…. Buona lettura…

Ah, dimenticavo i ringraziamenti a chi ha messo la mia storia tra i preferiti! Eccoli qui:

1 - antimarella94 
2 - aras95 

3 - Aurora_Cullen 

4 - bellemorte86 

5 - bizzo

6 - cesarina89 

7 - Confusina_94 

8 - dahlia3vFA 

9 - damaristich 

10 - elis_cullen 

11 - fedev82 

12 - franci_cullen 

13 - Gio_Cullen 

14 - giugiu182 

15 - kira988

16 - lalla22 

17 - lilly3 

18 - Lithia del Sud 

19 - Lucky_Didi 

20 - Manyu

21 - Mapi 

22 - NIKEHOPE90 

23 - Padfoot_07 

24 - patu4ever 

25 - rebby 

26 - sara2087 

27 - SaraMasenCullen 

28 - scimmietta95

29 - sexy_eclipse 

30 - skater4ever 

31 - tuxe 

32 - valeEfla 

33 - veliva 

34 - _ki_ 

35 - _Nessie_ 

 

E a chi ha messo la storia tra le seguite:

bizzo


Un grazie particolare a chi recensisce ( non smettete di farlo, quindi lasciate un commentino) e a chi mi segue fin dall’inizio.

Buona lettura!

 

 

Erano già passati due giorni dalla partenza di Alec, e di loro nessuna notizia. I telegiornali continuavano a parlare di quegli omicidi, ma non erano ancora riusciti a capire chi o cosa fossero i cadaveri.

Io ero a pezzi, non avevo fame, non avevo sonno, non avevo voglia di compagnia, non avevo voglia di niente. Avevo solo voglia di rivedere Alec. Alec…al solo pensiero il mare di acqua salata ricominciava a sgorgare dai miei occhi. Rimasi sorpresa pure io dal fatto che non avevo ancora terminato tutte le lacrime.

Mi rintanai nella mia stanza, dopo aver passato due ore di silenzio con Seth. Volevo stare sola con i miei pensieri, con le mia paure. Dopo un po’, la solitudine ti si fa amica, e cominci a starci bene. E alla fine, impari ad amarla e a rispettarla, senza temerla. Ma io ero ancora agli inizi, e la prospettiva di rimanere sola per sempre, mi attanagliava lo stomaco. In quei momenti, c’era Jacob con me, lo sapevo meglio di chiunque altro. Lui non mi lasciava mai quando era vivo, non mi lascerà sola ora che è morto.

Girai tra le mie cose, senza sapere bene cosa volevo fare. Leggere? No. Guardare la Tv? Assolutamente no. Ascoltare la musica? Un suicidio. Non mi sarei mai sottoposta al supplizio di ascoltare i lamenti dei cantanti per un amore perso o ritrovato, almeno non nello stato in cui mi trovavo.

Che fare? Aspettare. Non è male come idea. Si passa la vita ad aspettare, e questo era un buon momento per attendere. Ma che cosa? Il ritorno di Alec? No, quello non era da attendere, ma da pretendere. La morte? Direi proprio di no, nel mio e nel suo caso. Oddio, se si vuole essere pessimisti, nel suo caso potrebbe essere… ma che dico? No, nessuna morte. Devo ancora uscire da quella di Jake. Un filo di speranza? Questa mi piace. Penso proprio che attenderò la speranza. Di che?

Basta, questi ragionamenti rischiano di friggermi il cervello. Aspetterò, una qualsiasi cosa, solo per poter ingannare il tempo che ancora mi tiene lontana da Alec.

<< posso? >>

Cosa? Ma come…? Lei no! Sto già da schifo e lei viene a girare il coltello nella piaga! E non lo gira poco, ma li fa fare un bel giro 360°!

<< si, entra… >> mi ritrovai a dire. Non sono stata io! La mia bocca si è alleata con le mia corde vocali! Stanno mettendo in atto un complotto contro di me! Non sono più sotto il mio controllo…

<< allora, che fai di bello? >> chiese Jane.

<< niente… >>. almeno qualcosa che giocasse a mio favore e non contro di me. Adesso, dato che non sto facendo niente, la conversazione si concluderà amichevolmente e se ne andrà… spero.

<< bene, perché vorrei parlarti. >> disse lei, sorridendo.

Sorriso malefico! Sono in trappola. Il complotto è perfettamente riuscito. Ora capisco cosa provò Giulio Cesare. E forse a lui andò relativamente meglio di come andrà a me.

<< di cosa? >>. Oddio! Avrei dovuto dire che non avevo niente da dirle, così se ne sarebbe andata! Alec? Amore? Torna presto, ti prego! Se no va a finire che non ci rivediamo più… comunque la cosa è sleale: lei una vampira, io lo sono solo per metà! E mo’ che faccio?

<< so bene che tra di noi non corre buon sangue… anzi, direi veleno. Ci tenevo solo a dirti che voglio bene a mio fratello, e so che anche te gliene vuoi. Quindi, mi impegnerò a volere bene anche a te >> disse lei, senza respirare.

Eh? Sta scherzando, ne sono sicura… magari ha battuto la testa violentemente e ora ha qualche problema… direi che questa è l’ipotesi più accreditata.

<< che c’è? Perché mi guardi così? >> chiese lei, notando la mia espressione.

<< e me lo chiedi? Insomma, entri in camera mia, mi fai notare che tra di noi non corre buon… veleno, e infine mi dici che ti impegnerai a volermi bene… secondo te dovrei annuire come niente fosse o ho pure il diritto di sconvolgermi? >> dissi, quasi urlando.

Lei non disse nulla, ma annuì leggermente con la testa.

<< perché? >> le chiesi.

<< cosa? >> chiese a sua volta.

<< perché mi hai detto quelle cose? >>

<< perché è stato Alec a chiedermelo. Direi che più che altro me lo ha fatto capire… che avevo torto. Pensavo che tu fossi una di quelle ragazze che parlano come le galline e che si comportano come oche. Insomma, una specie di ibrido. >> disse lei, abbassando la testa in segno di vergogna per ciò che stava dicendo.

<< bè, ci sei andata molto vicina: umana e vampira… un ibrido… te lo ha detto prima di partire? >> chiesi, tanto per fare una domanda, e non per vero interesse.

<< no, pochi minuti fa >> rispose lei, con un’alzata di spalle.

<< che cosa? >>

<< me lo ha detto qualche minuto fa… >> ripeté lei.

<< è tornato? >> chiesi con un filo di voce.

<< si, circa venti minuti fa. Per il momento abbiamo accesso alla sua camera solo noi Volturi e Carlisle. È conciato male… >> spiegò lei.

<< ma sta bene, insomma? >>.

Dire che ero agitata sarebbe stata la bugia del secolo: ero più che agitata. Nello stomaco mi sentivo uno stormo di colibrì impazziti, il cuore leggero come una piuma, la mente che andava a mille…

<< voglio vederlo >> dichiarai, non ammettendo repliche.

<< ma… >>

<< niente ma >> la interruppi io << voglio vederlo >>

E così dicendo, uscii dalla stanza. Mi diressi velocemente alla sua stanza ed entrai senza bussare.

Si voltarono tutti verso di me. Tanto se mi mandano fuori rientro.

<< vieni, entra >> mi disse Athenodora.

<< non mi mandate fuori? >> chiesi sorpresa.

<< nessuno ti manderà fuori, cara. >> mi rassicurò lei.

<< piuttosto usciamo noi. >> aggiunse Carlisle.

Gli sorrisi, mentre uscivano. Quando l’ultimo si fu chiuso la porta alle spalle, il mio sguardo guizzò verso il letto. Mi avvicinai, senza staccare gli occhi dal volto di Alec. Un volto sporco di veleno e terra, devastato dal dolore e dalla paura. Doveva esserci stata una battaglia, o qualcosa del genere.

<< amore… >> sussurrò lui, quando mi sedetti sul bordo del letto.

<< shh… tranquillo. So che non puoi dormire, ma cerca comunque di riposare, ne hai bisogno. >> dissi io dolcemente. Avremmo avuto dopo il tempo per parlare.

<< ti amo >> disse lui, prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi ad un sonno apparente.

 

Erano due giorni che era tornato Alec, ed erano due giorni che a casa c’era un trambusto degno di un matrimonio. Peccato che non c’era nessun lieto evento da festeggiare.

<< hey >> mi salutò zia Rose, andandosi a sedere vicino a me, sull’erba.

<< hoi >> la salutai. Che grande conversazione!

<< come stai? >> chiese lei, dopo vari secondi di silenzio.

<< bene >> risposi.

<< sicura? >> chiese lei, guardandomi con fare apprensivo.

<< sicuro. Sono solo un po’ confusa, e a quanto pare nessuno vuole darmi delle risposte >> dissi io, amareggiata fino al midollo.

<< io posso risponderti >>

<< davvero? >>

Lei non rispose, ma mi guardò come per dire: “mettimi alla prova”.

<< cosa sta succedendo? Cosa è successo a Volterra? Perché è tornato solo Alec? >>. E queste erano solo le più importanti di domande che mi assillavano.

<< una cosa per volta. Allora, primo. Sai bene che ci sono dei mannari che danno la caccia ai Volturi. Sospettiamo che sia una specie di vendetta contro Caius, in particolare. Per il momento, nemmeno noi sappiamo altro. Secondo. A Volterra i poliziotti hanno ritrovato i cadaveri dei vampiri scomparsi. La squadra A doveva andare a fargli sparire e a recuperare i campioni prelevati dalla scientifica. Ci sono riusciti, ma mentre stavano per tornare, i licantropi li hanno sorpresi. È stata una strage. Alec è riuscito a salvarsi a pelo grazie al suo potere. E con questo, credo di aver risposto a grandi linee alle tue domande.

<< passiamo al secondo round. Perché mi sento strana con Alec? >> chiesi, in pieno imbarazzo.

<< in che senso? >> chiese lei, confusa.

<< non lo so. È solo che mi sembra di starci insieme da una vita. O meglio, mi sembra che i nostri sentimenti siano stati coltivati per anni, e ora sono fortissimi. Il problema è che sono passate solo alcune settimane. >> ora mi sentivo come un peperone, e sicuramente il colorito che mi invadeva la faccia non faceva trasparire che vergogna.

Lei mi guardò per un attimo, poi scoppiò a ridere. Ecco, lo sapevo: sono matta.

<< è normale. I vampiri solitamente hanno questo tipo di emozioni verso il compagno. Come sai, noi rimaniamo uniti al partner per tutta la vita, fino alla morte. Ed è rara la volta che dopo la morte di uno, ci si trovi un nuovo compagno o compagna. Il sentimento è forte perché tu e Alec probabilmente siete fatti l’uno per l’altra, per l’eternità. >>

Eternità? Che strana parola… non suonava per nulla bene nelle mie orecchie…

<< bè, se non c’è altro, io andrei da Emmett… >> disse lei, sorridendo.

<< grazie della chiacchierata… >> dissi, sorridendo a mia volta. Ma il mio sorriso era più forzato del suo: per me, non c’era nulla da ridere.

Paura Renesmee? Chiese una vocina acida nella mia testa. Paura di dover passare un’eternità con Alec?

Cercai di ignorarla, concentrandomi sui fili d’erba che mi circondavano. Scorsi delle formiche alla ricerca degli ultimi granelli di cibo, per superare l’inverno. Per loro era tutto facile. Nascevano, mangiavano, lavoravano, dormivano, morivano. Niente relazioni particolari, niente problemi.

D’altro canto, i problemi erano l’essenza che avevano formato la mia infanzia poco vissuta e tanto veloce. Ripensai a tutta la mia vita, la mia breve vita, a Jake, a Leah, ai licantropi, alla mia famiglia. Di problemi ne avevo sempre avuti, ma mai così tanti da quando era morto Jacob. Mai.

Decisi di tornare in casa, anche se non ero certa di come passare il tempo. Probabilmente avrei fatto una partita a qualche cosa, ingannando il tempo.

Una cosa sola era certa: meno avrei visto Alec, meglio i problemi se ne stavano rintanati in un angolino, senza fare capolino nella mia mente. Avevo bisogno di non vederlo, così non avrei pensato alla parola che rimbombava nella mia testa. Eternità. Era come la miniera dei sette nani, e tutti quanti lavoravano colpendo le pietre nella mia testa, senza mai fermarsi. Eternità Eternità Eternità Eternità Eternità Eternità Eternità. Basta. Al diavolo i sette nani! Vi mando in pausa pranzo, o cena, data l’ora…!

 

Non avevo azzaccato con quello che avrei fatto: Seth era già andato a dormire. Secondo Carlisle gli era salita la temperatura del corpo, facendogli usare un bel po’ di energie. Mai saputo che i licantropi per mantenere la temperatura elevata utilizzavano energie. Va bè, ora lo sapevo. Ora però mi sorge un dubbio. È per questo che i freddi sono sempre riposati e non dormono: perché non hanno temperature alte del corpo?

Salii le scale, volevo stare un po’ con zio Jazz. Era da un po’ che non parlavamo, dalla famosa pizza al parco. Avevo bisogno di stare con lui e sentirmi meglio, anche senza dover spiegare nulla: bastava il suo potere. E che potere! Mentre salivo incontrai Alec, che piano piano scendeva al piano di sotto: era ancora debole e ferito. Strano che le ferite non si fossero ancora rimarginate. Mi guardò sorridendo; risposi con un mezzo sorriso.

<< Renesmee, stasera stiamo un po’ insieme? Magari ci guardiamo un film. >> chiese lui, arrivando un gradino sopra di me.

<< mi spiace, ma sono molto stanca. Preferisco andare a dormire. Magari un’altra volta >> e gli stampai un bacio veloce sulla guancia.

Eternita Eternita Eternita…

Sta zitta! Urlai nella mia testa alla vocina. E più ci pensavo, più quella voce assomigliava a quella di Jane. Magari mi sbagliavo…

Arrivai all’inizio delle scale in un batti baleno, senza voltarmi a guardare Alec: l’unica cosa che sapevo era che era rimasto fermo, visto che non l’avevo sentito scendere le scale.

Entrai in camera di zio Jasper e zia Alice. Se fosse stata la camera degli altri due zii, mi sarei preoccupata di bussare prima, ma in questo caso non ce ne era bisogno. Trovai zio a leggere un libro di filosofia… indiana?... e zia che si provava dei vestiti, gettandoli poi sulla sedia se non erano di suo gusto, appoggiandoli poi sul letto ordinatamente se erano di suo gusto. Mi misi sul letto vicino allo zio, appoggiando la testa sulla sua spalla fredda e muscolosa. Intravidi alcune parole del libro, che messe assieme erano senza senso, per me, e la vista piano piano cominciava a incrociarsi, facendo diventare le pagine bianche con ghirigori grigi e neri.

<< NO! >> urlò zia Alice, lasciando cadere tre abiti blu di seta, Coco Chanel.

In un battito di ciglia zio Jasper era già vicino a lei, lo sguardo della vampira immerso nel vuoto. Aveva una visione, e non doveva essere molto piacevole.

Appena tornò in se, guardò profondamente negli occhi il compagno, e se avesse potuto piangere, avrebbe allagato la stanza di lacrime salate.

Poi, confusa più che mai, si allontanò e disse:

<< devo fare una cosa, non aspettatemi >>

<< ma >> cominciò di Jasper, ma non riuscì a finire che Alice si stava già allontanando dalla casa, e la sentii correre tra la foresta, veloce e silenziosa.

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Capitolo 11
*** La lettera ***


La lettera

La lettera

 

Eccomi con un nuovo capitolo!!! Spero vi piaccia. Questo, come avevo premesso nel precedente capitolo è l’ultimo visto dal punto di vista di Renesmee. I prossimi, fino alla fine, saranno visti dal punto di vista di Jasper, il mio personaggio preferito. Non vi resta che leggere, e magari lasciare un commentino…. Buona lettura…

Ah, dimenticavo i ringraziamenti a chi ha messo la mia storia tra i preferiti! Eccoli qui:

1 - antimarella94 [Contatta]
2 - aras95
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3 - Aurora_Cullen
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4 - bellemorte86
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5 - bizzo
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6 - cesarina89
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7 - Confusina_94
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8 - dahlia3vFA
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9 - damaristich
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10 - elis_cullen
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11 - fedev82
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12 - franci_cullen
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13 - Gio_Cullen
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14 - giugiu182
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15 - kira988
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16 - lalla22
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17 - lilly3
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18 - Lithia del Sud
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19 - Lucky_Didi
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20 - Manyu
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21 - Mapi
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22 - NIKEHOPE90
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23 - Padfoot_07
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24 - patu4ever
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25 - rebby
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26 - sara2087
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27 - SaraMasenCullen
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28 - scimmietta95
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29 - sexy_eclipse
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30 - skater4ever
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31 - tuxe
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32 - valeEfla
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33 - veliva
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34 - _ki_
[Contatta]
35 - _Nessie_
[Contatta]

 

E a chi ha messo la storia tra le seguite:

bizzo [Contatta]

E naturalmente un grazie a chi recensisce e a chi mi segue fin dall’inizio.

 

 

Restammo soli, io e zio Jasper, a contemplare il silenzio di quella stanza, riempita di colore dai vestiti di zia Alice, ma vuota di lei, nonostante il suo odore aleggiasse ancora. Zio Jasper non si era ancora mosso, ne aveva battuto le ciglia. Pietrificato. Dalla sorpresa? No, dalla paura. Io non avevo il suo potere, ma si vedeva dalla sua immobilità cosa stesse provando. Lui consolava, ma chi avrebbe consolato lui, ora?

<< zio, stai tranquillo che torna >> dissi, in un sussurro appena udibile. Lui mosse solo i muscoli facciali per articolare:

<< ha detto esplicitamente di non aspettarla >>

Questo bastò a zittirmi. Rimanemmo li immobili per altri lunghi minuti, interminabili minuti. Credevo che non si riuscisse a sgombrare la mente da tutti i pensieri, almeno quelli più dolorosi o felici che in quel momento affollano la mente. Bè, in quei minuti, sgombrai la mente da tutto, e naturalmente, non saprei dire a cosa pensavo. Forse solo al fatto che non pensavo. E questo, faceva meno male della verità. Quella triste verità che aveva fatto a pezzi il cuore di zio Jasper, che avrebbe fatto a pezzi quello di Esme e di tutti gli altri, me compresa. Non era il fatto delle parole, perché sarebbero potute significare semplicemente che avrebbe tardato e di non stare in pena a cercarla. No, era stato il tono in cui le aveva dette. Come se se ne fosse andata via per sempre.

<< che cosa è successo? >> sbottò mio padre, entrando come una furia nella camera.

<< dov’è Alice? >> ringhiò. Doveva aver sentito i pensieri dello zio, i miei no di sicuro. O forse anche quando pensavo al fatto che non pensavo, in realtà pensavo comunque alla fuga improvvisa di zia Alice? Dio cosa può fare lo sconforto al mio cervello. Nonostante fossero arrivati anche gli altri componenti della casa, zio Jasper non aveva ancora mosso un passo, contratto un muscolo, a parte per rispondermi. Continuava a fissare il vuoto, li dove prima c’era la sua compagna.

<< Jasper cosa è successo? >> chiese timorosa Esme.

<< zia Alice ha avuto una visione ed è fuggita dicendo, parole testuali “devo fare una cosa, non aspettatemi”.>> andai in soccorso allo zio, incapace di parlare e proferire parola. Negli occhi della nonna si accese la disperazione, come una fiamma che brucia ogni cosa, che non risparmia nemmeno un filo d’erba. Così le stava distruggendo l’anima, perché ne ero certa, i vampiri ne avevano una. Sicuramente erano molto più umani degli umani, in fatto di emozioni ed etica. Poco, ma sicuro.

Si guardarono tutti in cerca di uno sguardo sicuro, da fargli capire che era un incubo ad occhi aperti. Io però, mi fidavo cecamente della mia zia prediletta; certo, ero preoccupata per lei, ma sapevo che badava a se stessa meglio di chiunque altro. Avremmo dovuto solo aspettare il suo ritorno.

 

Erano già trascorsi tre giorni dalla “fuga” di zia Alice, e in casa c’era un silenzio di tomba. Eh già, in un cimitero ci si poteva trovare più allegria. Seth si annoiava a morte, e io con lui. Le cose tra me e Alec erano stabili, poche parole, occhiate fugaci, contatti assenti. Mi mancava, ma c’erano cose più importanti a cui pensare, e i sette nani nella mia testa continuavano a martellare nella miniera al suon della parola eternità. Zio Jasper passava le giornate a fare avanti e indietro nella sua camera, aspettando il ritorno della sua amata compagna. Quella senza cui la sua vita non avrebbe più avuto senso, facendolo sprofondare nel baratro di un’altra morte. Sicuramente più dolorosa della prima. Anche io ero amata così da Alec? E io, cosa provavo per lui?

Ma c’era qualcuno che stava peggio di me, quindi decisi di andare a consolarlo un po’ in camera sua, e immancabilmente, lo avrei trovato che camminava con passi lunghi e regolari. L’ansia fatta a persona, o meglio, vampiro.

Salite le scale imboccai il corridoio che portava alla camera da letto di zio Jasper, ma venni fermata per il braccio da una mano fredda e decisa.

<< noi due dobbiamo parlare >> mi sussurrò Alec nell’orecchio, trascinandomi nella sua stanza prima che potessi replicare.

<< allora, cos’hai? >>

<< cos’ho cosa? Senti, vorrei andare da mio zio, se me lo permetti, quindi, lasciami il braccio >> dissi, cercando di divincolarmi.

<< no >> disse lui,stringendo ancora di più la presa.

<< prego? >> chiesi, sorpresa da quel no gelido e secco.

<< no, e ora mi ascolti. Tuo zio può aspettare. >> disse lui, lasciando stranamente la presa. Io guardai subito verso la porta, cercando di calcolare la distanza e la mia velocità per fuggire. Non volevo un faccia a faccia con Alec: era troppo per il mio cuore.

<< fai pure >> disse, scostandosi da davanti la porta, lasciando libero il passaggio << ma sappi che io sono un vampiro completo, e ti riacchiappo come nulla >>

Ecco, anche lui mi faceva pesare la mia diversità.

<< lo so che sono solo metà di quello che sei tu >> gli dissi acida.

Sospirò, poi disse:

<< è da qualche giorno che sei così… così fredda e distaccata con me. Io non ti riconosco più. Mi baci velocemente, mi guardi di sfuggita. E ad ogni tuo gesto, non riesco a riconoscere l’amore che io provo per te. Non è di questa Renesmee che mi sono innamorato, ma della vera Renesmee, quella timida e testarda, quella che farebbe a pugni senza problemi con Emmett e Felix per farsi valere, quella pronta a rispondere per le rime alle provocazioni, anche a quelle di mia sorella, che non per osannarla, ma è una campionessa nel nostro clan. >> fece una pausa, pio chiese: << che cosa ti è successo? >>

Suonava tanto una supplica. In quelle 5 parole vi lessi un dolore profonda, tormentato. Povero Alec, l’avevo fatto impazzire con il mio comportamento. Tutto il tempo del suo discorso avevo fissato il pavimento, quasi a volerne studiare ogni singolo particolare, ogni piastrella e ogni imperfezione. Presi coraggio, e alzai lo sguardo. Mi immersi nel cremisi dei suoi occhi. Fu in quel secondo che capii che avevo sbagliato tutto: non era l’eternità insieme a lui che mi spaventava, ma la possibile eternità senza di lui. Come avevo fatto a non capirlo prima. Quando ci eravamo conosciuti c’era stato una sorta di imprinting tra di noi: non immediato e improvviso come quello dei mutaforma, ma quando la distanza ci aveva diviso entrambi avevamo capito di non riuscire più a fare meno dell’altro. La nostra natura sarà crudele, ma alcune volte ci fa dei regali… eterni. Zitti i nani che lavoravano, mandandoli per sempre in vacanza… alle Maldive: una sorta di pensione eterna.

<< ti amo >> fu l’unica cosa che riuscii a dire, mentre il cuore batteva più veloce del solito e sentivo le vampate di calore, che salvano fino a concentrarsi sulle guance. Dovevo essere rossa come un peperone. Lui sorrise, poi mi baciò dolcemente, poi sempre più appassionatamente. Quando il bacio si concluse, non ci dividemmo di tanto, la sua fronte appoggiava sulla mia: avevamo entrambi bisogno di sentire l’altro vicino. Poi, sussurrò:

<< ben tornata. Ti amo anch’io >>.

Il resto della giornata la passammo insieme. Passeggiammo per un po’ in giardino, parlando del più e del meno, poi tornammo in casa e, con mi a grande sorpresa, Alec mi fece un panino farcito.

<< ma dove hai imparato? >> chiesi, mordendone un pezzo.

<< ho osservato Esme mentre ne preparava a quintali per Seth: dopo un po’ si impara. A proposito, è buono? >>

<< no, per niente. non si avvicina al buono, lo supera di gran lunga. >> dissi io, imbrogliandolo.

Ci mettemmo a ridere, e in quel momento tutti i problemi si allontanavano, dandoci una pausa per rilassarci e sentirci bene.

 

<< che fate? >> chiesi a zio Emmett e a mio padre.

<< vai a chiamare Jasper… muoviti >> disse mio padre secco.

Eh certo, io gli chiedo innocentemente cosa fanno e lui mi risponde di andare a chiamare mio zio…molto sensato, già.

Salii le scale di corsa e trovai zio Jazz seduto alle gambe del letto con lo sguardo perso fuori dalla finestra.

<< ti vogliono di sotto >> dissi io.

<< ho sentito. Ditegli che arrivo giù tra qualche minuto. >>  ma dalla sua espressione quel “ qualche minuto” era più un “qualche ora”.

<< SUBITO!!!!>> tuonò mio padre da sotto.

<< arrivo >> rispose lui, in un sussurro. Sembrava un condannato a morte.

Scendemmo tutti e due in salotto e intorno al tavolo trovammo, oltre ai primi due, tutta la nostra famiglia (meno che Alice), e i Volturi, corpo di guardia compreso. Mi misi vicino a Alec.

<< abbiamo trovato questa vicino alla radura. È un biglietto scritto da Alice. >>

A quelle parole lo sguardo di zio Jasper si illuminò.

<< la lettera dice questo:

“Mi hanno appena concesso di scrivervi una lettera, e non per una loro gentilezza nei miei confronti, ma solo per i loro piani. Mi hanno detto di scrivere quello che voglio, ma che una parte deve essere dedicata al ricatto.. Vi dico solo che ho avuto una visione, e amore mio, ti amo troppo per vederti morire senza provare il tutto per tutto per cambiare il macabro futuro. Vi prego, pensate prima a voi, famiglia cara, che a me. A te, luce della mia vita, non sto nemmeno a dirtelo, perché tanto so già che ti precipiterai qui da me. Ho fallito, ma morire avendo provato a salvarti, allieta ogni morte.

 

Sono stata rapita da Stephan e Vladimir. Vi ricordate di loro? Non mi faranno del male. Vogliono solo i Volturi: non tutti, solo Aro,Caius e Marcus. Dobbiamo incontrarci tra due settimane alla radura, la stessa dove avete trovato il foglio. Vi starete chiedendo il perché. Mille e cinquecento anni fa, circa, i Volturi cacciarono il clan dei rumeni per prendere il potere su tutto il mondo. I rumeni combatterono fino all’ultimo, ma furono sterminati. Sopravvissero solo Vladimir e Stephan. Ora loro rivendicano il loro antico potere. Badate bene, non sono degli sprovveduti, hanno il loro esercito, che con loro vuole i Volturi morti. Inutile dirvi di ragionare e di evitare lo scontro trattando questo potere. Aro, Caius, Marcus….vi supplico, rinunciate al vostro potere e avrete salva la vita. Se non rinunciate ci andrebbe di mezzo il mio e il vostro clan. Vi supplico.

Con affetto, Alice

Jasper…..Ti amo.

Vi voglio bene, a tutti.”

Finito di leggere, piombò un silenzio spettrale intorno al tavolo. Dopo pochi secondi, fu rotto da zio Jasper che uscì in giardino… il tutto seguito dal suo urlo di dolore.

 

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Capitolo 12
*** Diamante ***


diamante

Diamante

 

Ecco il nuovo capitolo, il primo dal punto di vista di Jasper. Premetto che è un capitolo corto, almeno rispetto agli altri. Il motivo è che volevo farlo concludere in quel modo, con un po’ di suspense. Mi scuso anche per il ritardo, ma il mio computer ha preso dei virus che mi facevano la linguaccia e intanto si mangiavano a tradimento i miei dati.  Ecco i soliti ringraziamenti per chi ha messo la storia tra i preferiti:

1 - antimarella94

2 - aras95
3 - Aurora_Cullen
4 - bellemorte86
5 - bizzo
6 - cesarina89
7 - Confusina_94
8 - dahlia3vFA
9 - damaristich
10 - elis_cullen
11 - fedev82
12 - franci_cullen
13 - Gio_Cullen

14 - giugiu182

15 - lalla22

16 - lilly3
17 - Lithia del Sud
18 - Lucky_Didi

19 - Manyu
20 - Mapi

21 - NIKEHOPE90
22 - Padfoot_07
23 - patu4ever
24 - rebby
25 - sara2087
26 - SaraMasenCullen
27 - scimmietta95
28 - sexy_eclipse
29 - skater4ever
30 - tuxe
31 - valeEfla
32 - veliva
33 - _ki_
34 - _Nessie_

E per chi l’ha messa tra le seguite:

1 - bizzo

2 - elisaterra

 

Poi volevo consigliarvi di leggere il capitolo con una canzone bellissima, alcuni probabilmente la conosceranno già perché è la canzone che c’è alla fine de “Le cronache di Narnia- il principe Caspian”. Ecco il link: http://www.youtube.com/watch?v=oNsQewlFtEs

 

Buona lettura!

 

Tre giorni. Tre interminabili giorni passati a cercare quei mostri. Ma di loro, nemmeno l’odore si riusciva a fiutare. Sapevo che non erano degli sprovveduti. Sicuramente avevano ricreato un esercito di neonati. Al diavolo loro e i loro neonati! Non chiedevo tanto, solo di riavere la mia dolce Alice. Quella che si muove a passo di danza, quella che ha cambiato la mia vita. Semplicemente lei. Una semplicissima vampira che scombussola allegramente la giornata a chi la circonda, un uragano di idee, shopping dipendente. Giuro che appena mi ritrovo davanti quei due, gli stacco la testa a morsi e la faccio seccare al sole. E tu, amore mio, che cosa ti è saltato in mente. Dare la tua vita per me? Uno che ha una scia di omicidi alle spalle, uno che non ti merita.

<< torniamo a casa. Anche oggi non abbiamo trovato nulla >> mi sussurrò Edward. Abbandonammo di nuovo le ricerche, ma domani avremmo ripreso. Io non perdevo le speranze. Altro che due settimane! Io non mi facevo ricattare per riavere la mia Alice! Io li ammazzo e me la ripiglio comunque.

Quando tornammo a casa, trovammo gli altri in giardino, ad aspettarci.

Esme si lasciò sfuggire un gemito di dolore, vedendoci tornare da soli. Il terzo: lo stesso della sera prima e di quella ancora prima. Anche a lei Alice mancava. Mancava a tutti, era lei che teneva la famiglia unita con la sua energia.

Entrai in casa silenzioso, andando a chiudermi in camera, come fanno i quindicenni umani quando litigano con i genitori. Un loro mondo, in cui sono a loro agio, arrabbiati, tristi o felici che siano. Io avevo quel mondo, intriso dell’odore di Alice, di ricordi, sensazioni.

Rimasi tutta la notte a contemplare il vuoto che mi circondava.

 

Un’ altra settimana era trascorsa, ma ancora nulla. Niente neonati, niente Stephan e Vladimir. Avevamo anche cominciato a tenere il tg italiano sotto controllo: un esercito di neonati non passa inosservato? Avrebbero dovuto nutrirsi di qualcuno! Purtroppo, nessuna notizia alludeva alla nostra specie. Solo omicidi familiari o tra conoscenti, stupri, stragi del sabato sera. Niente di più.

Eravamo tutti sotto pressione. Secondo la lettera, mancavano solo quattro giorni all’incontro nella radura. Ormai avevo perso la speranza di trovarli. Non ero sicuro di quello che sarebbe successo nella radura, quanti erano. Ma la mia esperienza con i neonati mi aiutava a sperare: ne avrei fatti fuori abbastanza per portare in salvo il mio amore, poi avrei potuto anche morire, ma lei sarebbe stata salva. Era questa la cosa più importante. Era questo lo scopo della mia vita. Mi ricordo ancora la notte in cui la vidi per la prima volta. La prima parola che mi era balenata in mente quando l’avevo notata era stata “diamante”. Bella e splendente, apparentemente fragile ma indistruttibile. Mi ero ripromesso che l’avrei sempre protetta, il mio diamante personale, il mio tesoro privato. Non importava a quale prezzo: avrei pagato qualunque cosa, pur di saperla sana e salva.

E ora, sapevo che era solo colpa mia se era prigioniera: avrei dovuto fermarla, non avrei dovuto lasciarla andare. Solo colpa mia.

<< ti sbagli >> disse Edward alle mie spalle, raggiungendomi vicino alle ortensie, in giardino.

<< è così, invece. >>

<< Jazz, ti stai prendendo sulle spalle colpe che non hai >> disse lui, risoluto.

non risposi, sapevo che era inutile ribattere: era più testone di un mulo quando ci si metteva.

“ come sta Esme” chiesi silenzioso.

<< come tutti. Cerca di fasi forza per andare avanti. Credo che tu e lei siate quelli che si scaglieranno con più forza contro quei rumeni. >> disse lui, abbozzando un mezzo sorriso. Probabilmente stava assaporando il memento della vendetta.

Rimanemmo in silenzio per parecchi minuti, poi Edward rientrò in casa. Io rimasi ancora fuori, a ripassare il piano che avevamo fatto per l’incontro.

Gli avremmo incontrati nella radura, e, cercando di distrarli parlando, Alec avrebbe attaccati con il suo potere quanti più di loro possibile. A quel punto saremmo intervenuti noi altri e gli avremmo fatti fuori tutti. Il peggio erano i rumeni, i neonati erano una sciocchezza, una sorta di seccatura. Anche il corpo di guardia era d’accordo con me: per i neonati, non ci sarebbero stati grandi problemi.

Sarebbe andato tutto bene. Avremmo impiegato meno di un’ora per finire il lavoro, e io avrei riavuto la mia Alice. Solo un’ora…

 

La vigilia dello scambio eravamo ancora più stressati. Tutti quanti andammo a caccia. Noi trovammo due branchi di alci che ci fecero comodo. I volturi, invece, attaccarono una casa di riposo per anziani. Avrebbero dovuto far sembrare un incidente l’esplosione che avrebbe distrutto la struttura. Naturalmente i cadaveri sarebbero stati inceneriti. Nemmeno Carlisle osò replicare a quel massacro: tutti loro avevano bisogno di essere in forze, e il sangue umano era l’unico modo. Nemmeno le trasfusioni sarebbero bastate: avevano bisogno di tanto sangue. A me, per essere sincero, la cosa non toccava: dopotutto erano anziani, non giovani. Sarebbero morti comunque al massimo tra qualche anno. E poi, grazie alla loro morte, ci sarebbe stata più possibilità di vincita, e quindi di riavere quel che era mio, e che mi era stato strappato per uno stupido regolamento di conti vecchio millenni.

Ero meschino? No, ero sincero.

<< posso entrare? >> mi chiese una timida voce.

<< certo amore >> risposi, abbozzando un sorriso, per nulla forzato.

<< volevo farti un po’ di compagnia >> mi disse dolcemente Renesmee.

Il suo stato d’animo era a pezzi: anche lei era rimasta ferita. Dopotutto era molto legata a Alice.

Rimase in camera mia tutta la notte, addormentandosi per terra, con le spalle appoggiate al letto, la testa sulla mia spalle, le gambe rannicchiate al petto. Non ebbi il coraggio di spostarla per metterla nel letto, era una sorta di figura immortale, sembrava fatta apposta da uno scultore. E, come tutte le statue, era perfetta in quella posizione. Era cresciuta in fretta, troppo in fretta. Aveva vissuto l’infanzia in tre anni e la pubertà in uno: ora si meritava il meglio dalla vita. E Alec faceva al caso suo. L’avrebbe fatta felice.

 

Ci recammo alla radura alle prime luci dell’alba. Edward aveva appena finito di discutere con Renesmee, ma alla fine aveva ceduto e l’aveva fatta venire. Io non mi ero intromesso. Sapevo che non era bene far venire anche lei, in quanto la cosa poteva anche sfuggire al nostro controllo e diventare ancora più pericolosa, ma era giusto che anche lei combattesse per chi amava.

Passavano i minuti e degli altri, nemmeno l’ombra. Eravamo tutti tesi, pronti a scattare ad ogni rumore che preannunciasse il loro arrivo. Non si sentiva nemmeno il loro odore. Non avevano nemmeno scritto l’ora nella lettera.

Dopo quasi quattro ore, cominciai sul serio a pensare che non sarebbero più venuti.

Stavo per perdere le speranze di un loro arrivo, quando riconobbi un odore familiare, molto familiare. Era l’odore di Alice.

<< arrivano >> dissi.

<< sicuro? >> chiese Caius, guardandosi intorno.

<< sento l’odore di Alice. Si stanno avvicinando >>.

In quel momento un pensiero mi attraverso la mente: i diamanti non hanno odore. Fu un momento, ma mi venne da sorridere.

Poi, all’improvviso vedemmo sbucare Stephan e Vladimir. Quest’ultimo teneva per un braccio Alice. Sembrava in buone condizioni, ma non diedi nulla per scontato. Se le avevano fatto del male….

C’era qualche cosa che non andava… dove erano i neonati?

Poi intravidi qualche cosa tra gli alberi. Non sembravano vampiri, ma potevo anche sbagliarmi.

Guardai verso Edward, per capire se aveva percepito qualche pensiero, ma la sua espressione era piatta, e le sue emozioni erano rivolte solo per i rumeni: rabbia e furia omicida. Nessuno pareva essersi accorto delle ombre tra gli alberi. Non riuscivo bene a sentire quelle emozioni, ma una cosa era certa: non sembravano umane. Non lo erano per niente. Forse i neonati avevano emozioni più simili a quelle animali?

<< eravamo più che convinti che non vi sareste venduti per una vampira! >> gridò con un ghigno Stephan.

Caius strinse i denti, ma non rispose. Io, dal canto mio, ero perplesso. Perché Alice non parlava? Non sembrava stesse comunicando nemmeno con Ed. e poi c’erano quelle ombre… avevo un brutto presentimento, ma molto brutto.

 

 

Ecco il testo della canzone + la traduzione

The call

It started out as a feeling

Which then grew into a hope

Which then turned into a quiet thought

Which then turned into a quiet word

And then that word grew louder and louder

'Til it was a battle cry

I'll come back

When you call me

No need to say goodbye

Just because everything's changing

Doesn't mean it's never been this way before

All you can do is try to know who your friends are

As you head off to the war

Pick a star on the dark horizon

And follow the light

You'll come back when it's over

No need to say goodbye

You'll come back when it's over

No need to say goodbye

Now we're back to the beginning

It's just a feeling and no one knows yet

But just because they can't feel it too

Doesn't mean that you have to forget

Let your memories grow stronger and stronger

'Til they're before your eyes

You'll come back

When they call you

No need to say goodbye

You'll come back

When they call you

No need to say goodbye

 

Il richiamo

E’ iniziato come una sensazione

Che poi è diventato una speranza

Che poi si è indirizzato in un pensiero tranquillo

Che poi si è cambiato in una parola serena

E poi quella parola è diventata più forte e più forte

Fino a diventare un grido di battaglia

Tornerò

Quando mi chiamerai

Non c’è bisogno di dirsi addio

Solo perchè sta cambiando tutto

Non significa che non sia mai stato così

Tutto quello che puoi fare è cercare di distinguere chi sono i tuoi amici

Mentre vai in guerra

Scegli una stella nell’oscuro orizzonte

E segui la luce

Tornerai quando è finita

Non c’è bisogno di dirsi addio

Tornerai quando è finita

Non c’è bisogno di dirsi addio

Ora siamo tornati all’inizio

È solo una sensazione e nessuno lo sa ancora

Ma solo perché non possono anche sentirlo

Non significa che devono dimenticare

Lascia che i tuoi ricordi crescano più forte e più forte

Fino a quando sono davanti ai tuoi occhi

Tornerai quando ti chiameranno

Non c’è bisogno di dirsi addio

Tornerai

Quando ti chiameranno

Non c’è bisogno di dirsi addio

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