Not only roommates!?

di StewyT
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Compagnidistanzaversario ***
Capitolo 2: *** Magnus e le riunioni clandestine. ***
Capitolo 3: *** Appuntamento con bugia. ***
Capitolo 4: *** Invitati non invitati. ***
Capitolo 5: *** Feste degenerate. ***
Capitolo 6: *** Toccata e fuga. ***
Capitolo 7: *** Casa, dolce casa. ***
Capitolo 8: *** Hello, it's me. ***
Capitolo 9: *** Pace? Cos'è la pace? ***
Capitolo 10: *** Sogno o son desto? ***
Capitolo 11: *** I'm only a fool for you and you maybe are too good for me. ***
Capitolo 12: *** Don't let me drown. ***
Capitolo 13: *** Compagnidistanzaversario-un anno dopo. ***



Capitolo 1
*** Compagnidistanzaversario ***


CompanidistanzaVersario

 
La porta si spalancò e ormai Alec era troppo abituato alle entrate improvvise di Magnus per scomporsi, quando quest'ultimo entrò con due sacchetti ricolmi di cibo d'asporto e gli sorrise come se niente fosse.
 
“Allora, sei ancora in queste condizioni!” sbuffò alzando gli occhi al cielo il ragazzo dai capelli neri conciati in spuntoni e la pelle di un dolce color caramello, all'altro tutto pelle chiara, capelli neri e occhi blu, steso sul letto con le cuffiette nelle orecchie.
“Oh, avanti, Alexander!” disse Magnus avvicinandosi velocemente al ragazzo più giovane di un anno, per strappargli le cuffiette e buttarle sul proprio letto.
“Ancora a deprimerti con i TwentyOne Pilots? Non è che siccome li hai scoperti ieri devi conoscere la loro discografia necessariamente in due giorni!”
“In realtà stavo provando a rilassarmi un po'. Grazie per aver interrotto i miei dieci minuti di relax, Magnus Bane!” il giovane spense il proprio ipod e si sedette sul letto a gambe incrociate.
 “Come mai sei già di ritorno? Di solito di venerdì sei sempre fuori a quest'ora!” sbuffò Alec mettendosi a sedere “E sai che odio quando le persone mi chiamano in quel modo!”
“Le persone, appunto, io non sono una persona”
“Ah è vero, sei un deficiente, dimenticavo!” disse ridacchiando.
“Quanta simpatia! Come è possibile che ancora debba abituarmici a tutto questo, ancora non lo so”
“Come è possibile che non ti abbiano ancora cacciato da qui a causa di quei glitter, non lo so!”.
“Ero venuto qui con tante belle idee per festeggiarci, ma sai cosa? Ti lascio il tuo sacchetto di cibo e me ne vado al pub!” disse facendo il finto offeso Magnus, al che Alec sorridendo, gli lanciò un cuscino contro.
“Festeggiarci…?”
“Oh Dio santo, che testa di merda hai” sbuffò “Che giorno è oggi?”
“Ventitré settembre?”
“Complimenti, sai che giorno è!”
“E quindi…?”
“È un anno che siamo compagni di stanza, zuccone!”.
Alec per un secondo lo guardò con bocca ed occhi spalancati, e poi scoppiò a ridere.
“Cosa?”
“Niente, è che non ho molto ben compreso cosa festeggiamo...”
“Il fatto che tu sia stato l'unico uomo a dormire nella mia camera, per un anno, che non mi sono ancora portato a letto!” rispose lui lanciandogli uno sguardo di sfida, al quale Alec non volle far caso; abbassò lo sguardo, rosso in viso e sbuffò.
“Oh mio Dio quanto sei un coglione” urlò dopo, lanciandogli un altro cuscino addosso, facendolo cadere sul suo letto.
“Inizio a pensare che dovrei proprio bruciare tutti i cuscini che hai sul letto!”.
Disse ridendo, e beandosi a sua volta del sorriso meraviglioso dell'altro.
Erano precisamente trecentosessantacinque giorni che ormai quei due condividevano quelle quattro pareti; erano entrambi riusciti ad entrare ad Oxford – e Alec onestamente si chiedeva ancora come Magnus ci fosse riuscito, non perché sembrasse stupido o incapace, semplicemente perché si vedeva che quello non era il suo posto – e (s)fortunatamente erano capitati nello stesso alloggio.
Alec ricordava perfettamente il primo giorno in cui era arrivato lì per studiare e donare la sua vita alla legge, perché Dura lex sed lex, e lui in quello ci credeva profondamente. Era completamente eccitato e felice all'idea di diventare più indipendente, di non dover più sottostare a quello che i genitori gli imponevano, a non doverli vedere più costantemente con quell'espressione corrucciata e nervosa perché quello che stava facendo, non era quello che avrebbero voluto per lui.
Era arrivato carico di speranze e idee, poi però era stato piazzato in camera con quella specie di squilibrato mentale che al loro primo incontro gli aveva offerto una canna, e da allora tutti i suoi buoni propositi si erano tuffati in un oceano di divertimento; non che i suoi voti ne avessero risentito, eh!
La sua media era la più alta del suo corso di laurea –  stranamente anche Magnus aveva voti abbastanza alti – e i professori non facevano che lodarlo.
Di mattina studente esemplare, di sera scapestrato assieme a Magnus;  prima di partire non lo avrebbe neanche mai lontanamente sognato.
Amava la vita che aveva lì; era persino riuscito a conquistare Lydia, una dolcissima ragazza dai lunghi capelli biondi e gli accesi occhi azzurri che aveva fatto girare la testa a più di un ragazzo nel campus.
Amava la libertà che si era conquistato, quello che studiava, il modo in cui viveva, e il fatto che potesse prendersi cura di sé da solo, nel modo che più riteneva giusto, ma più di tutto amava il legame che lo stringeva a Magnus, non aveva mai avuto un amico come lui, e lo aveva sempre desiderato.
D'altra parte però, a New York aveva pur sempre lasciato la sua vita, sua sorella e suo fratello adottivo nonché suo migliore amico, per i quali avrebbe dato anche la propria anima.
Gli mancava tanto vedere i capelli neri e lucidi di Iz nasconderle il viso mentre parlava dell'unico ragazzo che l'aveva mai fatta arrossire: Simon -e quello poteva voler dire solo che ci teneva davvero tanto a quel deficiente-. Si sentiva in colpa ad averla lasciata nel momento in cui più aveva bisogno di lui, perché per una volta non era stata lei, la rubacuori, a rubare il cuore di qualcuno.
Gli mancava altrettanto far finta di essere infastidito dalle continue frecciatine di Jace, quel maledetto del suo migliore amico, campione di charm, bellezza e modestia, che amava fare a gara con lui a chi conquistava più ragazze il sabato sera. Jace era il prototipo di uomo perfetto: pelle luminosa, alto, muscoloso ma non troppo, occhi dorati profondi quanto il sole, capelli biondi da far invidia ad un lingotto d'oro, sicurezza in sé stesso e forte ironia che per le ragazze era come i fiori per le api.
Alec invece era l'esatto opposto: pelle troppo pallida in perenne contrasto con le guance facili nell'arrossimento, occhi blu, capelli neri e mai a posto, eterna timidezza e insicurezza che però erano il punto debole delle ragazze; erano tutte tanto attratte dalla sua dolcezza e dalle dolcissime guanciotte rosse che gli uscivano ogni volta che ci provava con qualcuna.
“Allora, Fiorellino?” lo richiamò all'attenzione Magnus schioccandogli due dita avanti agli occhi “Festeggiamo con me coperto di panna, o vuoi essere tu quello coperto di panna?” gli lanciò uno sguardo malizioso e sorrise.
Ecco, Magnus era…. Così.
Particolare!
Gli aveva svelato di essere gay nel modo più strano possibile: Alec era tornato prima da una lezione e lo aveva trovato seduto  –fortunatamente né lui né il suo ragazzo erano ancora completamente nudi, sarebbe stato molto molto più imbarazzante –  sopra le gambe di un ragazzo che ansimava decisamente troppo, per uno che veniva solo baciato – per un secondo aveva pensato che Magnus dovesse essere davvero davvero bravo con la lingua – .
Il ragazzo era scappato subito via, Magnus era scoppiato a ridere, si era alzato dal letto con i pantaloni gonfi e gli aveva fatto un occhiolino.
“Sì, sono gay. Spero che tu non sia uno di quegli omofobi bigotti che si trovano per strada. In quel caso sarei felice di andare via dalla camera!”
“No” aveva risposto Alec “Non sono omofobo, assolutamente no”
“Perfetto” aveva detto Magnus dandogli una pacca sulla spalla “magari la prossima volta chiudo la porta a chiavi così non devo finire da solo, a meno che non voglia darmi tu una mano”.
Alec era arrossito incredibilmente e aveva iniziato a scuotere la testa, al che Magnus era scoppiato a ridere e gli aveva sussurrato un “Tranquillo, scherzavo”.
E così aveva continuato, tra battutine e flirt finti, giusto perché farlo arrossire lo divertiva oltremodo.
“Vuoi che ti ripeta la domanda? Panna su di me o su di te?”
“Preferisco il cioccolato alla panna” rispose Alec alzando gli occhi al cielo.
“Allora visto che abbiamo solo panna mi sa che sarai tu quello cosparso, no, Fiorellino?”
“Oh quanto odio questo nomignolo” arrotolò le cuffiette attorno al proprio i-pod e poi si sfilò la maglia.
“Ti stai preparando per essere spalmato?”
“Magnus” Alec gli tirò la maglia addosso “Vado a fare una doccia, e poi festeggiamo”
“Potremmo farla assieme...”
“Potrei cacciarti da questa camera, lo sai, no?”
“Mio padre potrebbe farti cacciare dal campus, lo sai, no?”
“Mi stai minacciando per farmi venire a letto con te? Brutto pedofilo schifoso!”
“Ehi abbiamo solo un anno di differenza!” si lamentò Magnus ridendo “Non chiamarmi vecchio!”
“Vecchio, cosa hai portato per cena?”
“Hot Dog. Mi piace guardarti mentre li mangi!”
“DAVVERO?” Alec alzò gli occhi al cielo per l'ennesima volta “SAI che preferisco la pizza!”
“Ne ordino una?”
“La solita, grazie!”
“Però dopo mi devi ripagare per bene” sussurrò in tono malizioso.
“Sì, padrone” rispose Alec ridendo; si chiuse la porta alle spalle e si infilò nella doccia.
Quel ragazzo era una fottuta spina nel fianco, talmente tanto che quando uscì dal bagno quaranta minuti dopo, se ne pentì totalmente.
La camera era piena di cibo, sul letto di Magnus c'erano due film: un porno – ancora si chiedeva perché il maledetto amasse tanto guardarli, dal momento che non erano neanche porno gay – e un horror, inutile dire che entrambi i generi gli facevano venire una tremenda voglia di vomitare.
“Scegli il film che vuoi vedere, Gideon”
“OH NO. Fiorellino va bene. Alexander lo accetto. MA Gideon no, Magnus, Gideon proprio no!”
“Eddai! Perché mi hai detto il tuo nome completo se non vuoi che lo usi, se no?”
“Lo hai letto tu, dalla mia carta di identità chiusa nel mio cassetto, e tecnicamente dovrei ancora essere arrabbiato con te per quella intromissione nella mia privacy!”
“Pffff e cosa dovrei dire io di quella volta in cui sei entrato e hai interrotto quel meraviglioso momento con il mio Jim?”
“E chi diamine è Jim!? E poi che diavolo di nome è Jim!!”
“Di sicuro non uno dei tanti; capelli neri e occhi blu, loro sono speciali, si distinguono sempre” gli fece un occhiolino al che Alec scosse la testa.
“Comunque non ho intenzione di vedere Biancaneve sotto i sette nani, né L'esorcista! Sai che uno mi fa schifo e l'altro mi terrorizza”
“Che palle, sei!” sbuffò Magnus sedendosi al tavolo coperto di cibo, e addentando un hot dog.
“Capisco sempre di più perché tu abbia scelto legge, Fiorellino”
“Perchè la legge è dura ma è legge, e io la amo per questo!”
“Perchè sei una palla colossale” rispose ridendo.
Alec si sedette al suo posto e prese un pezzetto della sua pizza, aspettandosi che fosse la sua normale panna, prosciutto e mais, e invece Magnus ci aveva fatto aggiungere un ingrediente speciale: pepe. Tanto, tanto, tanto, pepe.
“Cristo, Magnus!”
“Anche Jim stava per urlarlo l'ultima volta, prima che tu lo interrompessi” disse ridendo l'altro.
“Ma perché!”
“Perchè sono un Dio del sesso…?”
“NO! Perché questa cattiveria?”
“Perchè già sapevo che non mi avresti fatto guardare nessuno dei miei due film preferiti, e mi sono voluto vendicare in anticipo!”
“Sei un bastardo figlio di puttana!”
“Ehi. In realtà la puttana della relazione è mio padre. È lui che va con cani e porci, basta che abbiano una vagina minorenne!”
“E io starei provando a mangiare, non farmi pensare ad un uomo adulto che va con una bambina!”
“Bambina, non esageriamo ora! Diciamo che preferisce quelle che somigliano alla tua Lydia...”
“Magnus!” Alec lo guardò di traverso e l'altro sorrise.
“Sai una cosa, Magnus? Non ho mai capito perché tu sia qui...”
“Perché mio padre lo vuole!”
“DA quando Magnus fa quello che suo padre vuole…?”
“Da quando Magnus deve essere mantenuto da suo padre? Mi piace la bella vita e non mi interessa un cazzo di una laurea, o una laurea ad Oxford, ma se fare questo mi permette di avere i soldi per fare quello che amo, mi sforzo!”.
“È la prima volta che ti sento fare un discorso così… vero!”
“Devi ancora vedere tante mie altre prime volte, Fiorellino” disse ridendo “E anche io devo ancora vedere tante tue prime volte...”
“Tipo stasera potresti vedere la prima volta che ti uccido perché per me la pizza è sacra?”
“Tipo che… potrei correre via da questa camera immediatamente?”
“Tipo che fallo, perché tra tre, due, uno….”.
Splash. La bottiglia di birra di Alec fu svuotata in testa a Magnus, e da lì, iniziò la battaglia di cibo che sigillava la loro grande amicizia e il loro primo compagnidistanzaversario.

 

Spazio autrice.
AAAAAH sapevo che non sarei rimasta ancora lontana dai Malec per molto!
Mi mancava troppissimo scrivere di loro, e così ho colto la palla al balzo, e dopo aver letto un articolo (che vi allegherò a fine storia per non fare spoiler!) che mi ha mandato una mia amica (<3), non ho potuto fare a meno di scrivere di loro.
Cosa sarà questa storia?
BOH. A dire il vero è la prima volta che pubblico un capitolo senz averne scritto minimo altri cinque, ma ho deciso di iniziare a farlo proprio ora lol
So solo che sarà un insieme di comicità e demenzialità, perchè è così che sono quasi tutte le mie Malec, che ci sarà un belo po' di OOC (e lo notate già dall'Alec di questo capitolo, ma sorrynotsorry se mi metto ad immaginare un Alec al college, grande amico di Magnus da  un anno, non riesco a vederlo diverso da questo! OVVIAMENTE ognuno avrà i suoi tratti distintivi, amo troppo Alec e Magnus per sconvolgerli!), e ci sarà qualche limone, perchè i limoni rendono la vita seeeempre migliore.

Grazie mille per aver letto questo primo capitolo, spero che vi sia piaciuto e spero di leggere qualche vostra reensione - piena di complimenti o critiche, fate voi, mi piacciono entrambe lol -.
A presto, spero!

StewyT~

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Capitolo 2
*** Magnus e le riunioni clandestine. ***


Magnus e le riunioni clandestine.
 
 
Il cellulare di Magnus iniziò a squillare squarciando l’aria tranquilla e dolce che aleggiava nella camera ancora completamente scura, nonostante fosse ormai arrivato il mattino da parecchie ore; il giovane si sporse oltre il comodino per prendere il proprio cellulare e rispondendo con uno sbuffo.
“Cat!”
“Stavi mica ancora dormendo?”
“Sì! Oggi ho lezioni di pomeriggio e come tutte le persone normali quando ho lezione il pomeriggio, al mattino dormo”
“Eppure io pensavo che le persone normali al mattino studiassero!”
“Ti sbagliavi! Le persone noiose come Alec e te, lo fanno.”
“Alec, Alec, Alec. Esiste qualche altro nome proprio di persona che ricordi?”
“Magnus ti va bene?”
“Quanto sei simpatico!”.
Un sorriso si affacciò sul viso del ragazzo, quando la sua amica rise dolcemente; Catarina poteva sembrare una persona dura e inscalfibile; una di quelle che vedresti benissimo a capo di un istituto, o un College, invece sotto sotto era la persona più buona sulla terra, ed era anche quella sua indole ad averla spinta a scegliere la facoltà che frequentava andando contro il volere dei suoi, che l’avevano abbandonata da sola nella sua difficoltosa battaglia, poiché non aveva scelto quello che per loro più le si addiceva.
“Lo so! A proposito di studio, non dovresti essere a tirocinio oggi?”
“No! Niente clinica oggi. Indovina un po’? Stasera sarò lì al campus da voi; ho già appuntamento con Ragnor e Raphael. Ci sarai, no?”
“Stai dicendo che stai venendo qui a Oxford da me?”
“Ovvio. Non sono poi così lontane Oxford e Cambridge, no?”
“Oh Cat da quanto non ci vediamo! Mi manchi”
“Quindi ci sarai!”
“Ovvio!”
“E giuri di non accennare al nome di Alec, vero?”
“Ho una cotta per lui, forse, ma questo non vuol dire che io pensi solo  lui, okay?”
“Ah no?”
“no!”
“Ora tipo a cosa stai pensando?”
“Sto pensando che ho fame e che qualcuno, probabilmente Alec, mi ha lasciato caffè e cornetto sul tavolo, quindi potrei andare a fare colazione!”
“Sei incorreggibile, okay?”
“So che mi vuoi bene anche per questo”
“So che saremo noi a raccogliere i pezzettini del tuo cuore quando ti accorgerai che Alec non ti guarderà mai in quel modo!”
“Non capisci, Catarina! Io sono convinto, estremamente convinto, di quello che penso di quel benedetto ragazzo. Fatto sta che giuro solennemente di non parlare di lui, questa sera”
“Non so se ti credo! Ad ogni modo porti tu da mangiare, vero?”
“Passo a prendere qualcosa al bar da Imasu”
“Ti fa ancora la corte?”
“Mhm… potrebbe!”
“Sei così fortunato, maledetto te!”
“Ti piace Imasu? Potrei spingerti casualmente tra le tue braccia!”
“Naaaaah! Niente Imasu”
“Chi, allora?”
“Devo prooooprio andare. Ci vediamo stasera da Ragnor, okay?”
“Malcolm, vero? È lui?”
“Devo andare davvero!”
“Sei una maledetta!”
“AH. Ricorda che amo da morire la pizza con i peperoni verdi!”
“Avrai i tuoi peperoni verdi”.
Catarina attaccò, e Magnus riuscì a tirare un sospiro. Non era vero che parlava solo di Alec.
Si conoscevano da un anno e non ci aveva ancora fatto niente e la cosa era decisamente strana, dal momento che Magnus non ci metteva mai più di dieci minuti a dichiararsi al ragazzo o alla ragazza che gli piaceva.
La sessualità di Alec, sicuramente lo spingeva a non farsi avanti, certo, ma c’era qualche altra cosa. Sapeva che avrebbe voluto al suo fianco uno come quel ragazzo, solo nell’esatto momento in cui avrebbe voluto sistemarsi davvero, e non trovarsi solo qualcuno da portarsi a letto per un paio di settimane e basta.
Alexander, però, ne era convinto, non era poi così sicuro della sua eterosessualità e di sicuro con lui non sarebbe durato solo due settimane.
Sbuffando si alzò dal letto e massaggiandosi ancora gli occhi, si sedette al tavolo dove accanto ad un cornetto bigusto – come faceva a non pensare a quel benedetto ragazzo se lui continuava a mostrare quelle attenzioni per lui? Mai nessun amico o amica si erano comportati in quel modo tanto dolce in cui si comportava lui. Ragnor, il suo migliore amico, a malapena ricordava quale fosse il suo tipo di colazione preferita, Raphael, il ragazzo del suo migliore amico nonché suo grande amico, neanche sapeva che Magnus amava il cioccolato bianco più di quello al latte, e Catarina, la persona che più gli era stata vicino in vita sua, era tipo da caffè macchiato al mattino, e non riusciva ad immaginare che Magnus preferisse una gran bella tazza di latte e caffè -  o un bel caffè nero all’italiana - ad un caffè macchiato.
Alexander, invece, gli faceva trovare il suo caffè nero, il suo cornetto bigusto e addirittura un foglietto che gli augurava buongiorno!
La via con lui sarebbe stata paradisiaca.
Addentò il cornetto, sbrodolandosi di cioccolato bianco, e avvicinò il foglio agli occhi per leggere il messaggio – di sicuro adorabile – che –l’adorabile – Alec gli aveva lasciato.
E invece no! Quel messaggio di adorabile non aveva assolutamente nulla.
 
Sai che oggi è il tuo turno di fare le pulizie, vero?
Pulisci tutto alla perfezione o giuro che stasera ti farò trovare qualche ratto schifoso nel letto e venderò tutta la tua Maria.
Inizia bene la tua giornata, mi raccomando! J
 
“Maledetto occhi blu!” sbuffò il giovane appallottolando il pezzo di carta per poi lasciarlo cadere sul tavolo e godersi la sua colazione.
Nulla avrebbe rovinato la sua giornata, non quella giornata in particolare, in cui avrebbe rivisto la sua migliore amica dopo ben due mesi che non la vedeva.
Sospirò scocciato e dopo aver terminato cornetto e caffè, si alzò e si guardò attorno; aveva da fare poche cose, in fondo. Solo cambiare lenzuola, portare quelle sporche in lavanderia, lavare e spazzare, e pulire il bagno e il cucinotto.
Avrebbe tanto voluto avere dei poteri magici in quel momento, per schioccare le dita e far scomparire tutto lo sporco.
Legò i capelli afflosciati sulle spalle in uno chignon basso, si tirò su le maniche e si buttò sui letti, che cinque minuti dopo furono belli nuovi e puliti;
Spinse con i piedi le lenzuola nemiche che occupavano il loro posto nel grosso bustone che le avrebbe accompagnate in lavanderia, e spolverò i comodini, prima quello di Alec e poi il proprio, dove in bella vista c’era una foto del suo piccolo Presidente Miao; era una delle cose che più gli mancava di Brooklyn.
Desiderava poter tornare quanto prima nel suo bellissimo loft, e coccolare per ore e ore e ore la sua piccola palla di pelo, che in quel momento si trovava con Malcolm, un amico di Los Angeles che si era trasferito per qualche tempo nel suo loft a Brooklyn, per seguire un corso di cinematografia.
Diede un bacio alla piccola foto nella cornice di vetro e ridacchiando si dedicò al pavimento, e poi al cucinotto ed infine al bagno.
Buon inizio di mattinata, per essere una delle fantastiche giornate in cui aveva tutta la mattina per rilassarsi, no?
Maledisse mentalmente il suo decisamente non più adorabile compagno di stanza, e si tuffò sotto la doccia, dalla quale uscì circa mezz’ora dopo.
Si vestì impeccabilmente come al solito, si truccò leggermente contornando solo gli occhi di quel colore tanto particolare e ipnotizzante, e poi, cartella e borsa con le lenzuola in spalla, si avviò alla lavanderia che distava mezzo isolato dal dormitorio.
 
Il vero problema della storia con Alec, era Alec stesso; era così dolce e ingenuo, così limpido e diverso. Così diverso da tutti i ragazzi che aveva avuto prima, così smaliziato anche in confronto alle ragazze che aveva avuto prima.
Se ne era accorto il primo giorno che era arrivato al dormitorio e lo aveva visto: tutto allegro mentre metteva a posto vestiti e libri nel suo armadio, e si preparava a sognare quello che sarebbe stato il suo futuro lì nel campus.
Sorrise ricordando la prima parola che gli aveva rivolto “Vuoi?”, seguito da una rollata e poi un accendino, e così la loro amicizia era nata, tra un risolino, una canna e i libri di Alexander – perché detto francamente, tra i due, l’unico a cui interessava studiare legge, e che di conseguenza studiava leggere, era Alec. Allora perché continuava a restare lì? Perché nonostante non studiasse tanto come gli altri studenti, riceveva ottimi risultati, perché il padre voleva che facesse quello, perché il padre lo finanziava, perché se avesse fatto qualcosa che gli interessava avrebbe dovuto lavorare per pagarsi tutto da solo, perché in realtà non sapeva cosa gli piacesse davvero.
In quel periodo però, c’era una costante nella sua vita: Alee; e quello lo rendeva estremamente sereno. Sapere di poter avere al proprio fianco una persona come lui, nonostante fossero solo amici, lo tranquillizzava.
Alzò gli occhi verso il prato che aveva avanti, e sbuffò; più giurava a Catarina che non si sarebbe fatto coinvolgere, più si faceva coinvolgere e cosa peggiore, più il destino provava a farlo coinvolgere.
Occhi blu era seduto tra l’erba, con le cuffie nelle orecchie e gli occhi dritti verso i suoi; avrebbe potuto far finta di non averlo visto, se Alec fosse stato intento a leggere il libro che aveva sulle gambe, invece come se si fosse sentito che stava per passare di lì qualcuno che conosceva, aveva alzato lo sguardo, pronto a salutare cordialmente come sempre; lo invitò alzando un braccio in sua direzione, e Magnus non potette fare altro che annuire e avvicinarsi a lui, mentre sbloccava il cellulare, sceglieva il numero dalla rubrica e pregava che dall’altro lato rispondessero più velocemente possibile.
“Mag?”
“Catarina stasera mi sa che parleremo parecchio...”
“Di cosa?”
“Ricordi la pizza ai peperoni verdi che ti ho promesso? Ce l’avrai solo se mi lascerai parlare di Alec, devo sfogare!”.
Sentì ridacchiare Catarina “Okay. Ma dobbiamo assolutamente risolvere questa situazione!”
“Sì, ti prego!”.
Attaccò il telefono nel momento stesso in cui si sedette al fianco di Alec.
“Ti è piaciuta la colazione?” chiese ridacchiando occhi blu.
“Spero che tu ti sia strozzato con la tua!”
“Oh, avanti, era il tuo giorno!”
“Speravo di poter poltrire tutta la mattinata e invece ho dovuto faticare”
“Io l’ho fatto settimana scorsa!”
“Dobbiamo trovarci un terzo coinquilino che fa pulizie tutte le settimane”
“Ci sto!”.
Magnus sospirò e si stese a terra, chiudendo gli occhi, mentre il sole disegnava forme magiche, e il profumo dell’erba lo rilassava.
“Magnus va tutto bene?”
“Cos- sì! Perché non dovrebbe?”
“Ti vedo strano”
“Sono solo felice” rispose tirando fuori una sigaretta.
“Sai che fanno male” sbuffò Alec dandogli una pacca sulla gamba, quando l’accese.
“Non dici lo stesso della Maria, no?”
“Ma Maria è Maria!” rispose ridacchiando occhi blu.
“E io sono Magnus”
“E sei felice per quale motivo? Hai iniziato ad uscire con qualcuno?” indagò il ragazzo.
Erano quelle domande a fottergli il cervello ogni volta; un amico non gli avrebbe chiesto quello. Ragnor al massimo gli chiedeva chi si era sbattuto.
Portare a letto ed uscire erano due cose completamente diverse e sia Magnus che Alec lo sapevano; la prima stava a significare una cosiddetta botta e via, la seconda era qualcosa di molto più impegnativo, vero, da Alec.
“Potrei. Ma sono felice per un altro motivo! Stasera viene a trovarmi Catarina, quindi riunione magica a casa di Ragnor”.
Sul viso di Alec si dipinse un sorriso decisamente falso.
“Oggi è giovedì, no?”
“Sì…?”
“I giovedì…”
“Oh”.
Il giovedì era un po’ il loro giorno; entrambi avevano corsi solo in tarda mattinata e nel primo pomeriggio, quindi di solito passavano la sera assieme a guardare film e fare cretinate, mentre Lydia – la ragazza di Alec – e il ragazzo di turno di Magnus, si prendevano la “serata libera”
“Cazzo! Mi dispiace Alec, è che non la vedo da due mesi!”
“Lo so, tranquillo. Ho da fare anche io” sospirò grattandosi il capo “Lydia mi ha chiesto di aiutare delle sue amiche con diritto privato, quindi riunione a quattro”
“Spero che Lydia te la dia, per ripagare questa grande rottura di palle! Io avrei proprio rifiutato” scherzò Magnus ridendo; Alec lo seguì e scosse la testa.
“Tra me e Lydia è diverso che tra te e i tuoi ragazzi..”
“Lo so. Voi uscite, io me li porto a letto” rise Magnus alzandosi in piedi.
“Ci vediamo domani. Divertiti stasera, Alexander”
“Divertiti anche tu, idiota”
“Grazie per il complimento” sbuffo ridendo.
Prese il proprio zaino e si alzò, dopodiché quasi correndo si allontanò a grandi falcate da Alec, scrivendo un veloce e semplice messaggio a Ragnor, Raphael e Catarina.
 
SOS devo scegliere: o dimentico o mi prendo Alec, dovete aiutarmi.
 
Magnus si ritrovò due enormi occhi blu puntati nei suoi, e anche se non erano decisamente quelli di Alec, erano davvero un gran bel vedere, seguiti da tutto il resto.
“Come va?” chiese Imasu lanciandogli un sorriso ammiccante.
“A meraviglia! Tu?”
“Non potrebbe andare meglio”
“Bene” Magnus lanciò uno sguardo alla cassa e poi ritornò a guardare il ragazzo che sorrise e annuì.
“Prendi il solito del giovedì?”.
Ricordava addirittura quello che prendeva e in quali giorni? Era proprio cotto, allora!
“No, no grazie. Stasera prendo una pizza ai peperoni verdi, un’insalata di pollo, un panino con cotoletta, provola e mozzarella e un uhm e un Italian Style”.
Imasu selezionò tutto dal grande monitor touch e poi alzò lo sguardo su di lui “E da bere?” chiese leccandosi poi le labbra. Magnus si morse il labbro inferiore per non scoppiare a ridere; assomigliava davvero a lui quando ci provava con qualcuno? Perché beh quel ragazzo era decisamente sexy ma molto, molto, molto sfacciato.
“Una dozzina di birre andranno bene”.
Imasu selezionò anche quelle, incassò i soldi e si poggiò al bancone.
“Niente seratina romantica con il tuo ragazzo?”
“Eh?” Magnus alzò un sopracciglio e scosse la testa. “Da quando ho un ragazzo?”
“Quello con i capelli neri e gli occhi blu! Il giovedì venite sempre ad ordinare assieme”.
Piccoli stalker crescono, eh?
“È un amico. Alec è etero”
“Davvero?”
“Cosa, che Alec è etero o che io non ho un ragazzo?”
“La seconda” disse arrossendo leggermente; beh la prima impressione di Magnus non lo faceva sbagliare spesso e anche quella volta era pienamente azzeccata; Imasu assomigliava ad Alec più di quanto credesse.
“Cosa, sei interessato a questa merce?” chiese indicandosi, al che Imasu rise di gusto.
“No, no. Ecco mi chiedevo se ti andasse di prendere qualcosa qualche volta…”
“Sto già prendendo qualcosa” rispose estremamente divertito il ragazzo dai capelli pieni di glitter.
“Io intendevo con me. Ti andrebbe di prendere qualcosa con me?”
“Oh beh” un piccolo campanello interruppe Magnus che stava per dare una delle sue brillanti risposte, al che il cameriere si girò di spalle, prese delle bustine di plastica ricolme di cibo da un piccola finestra che dava su un cucinino e le poggiò sul bancone.
“Questo è quello che hai preso” disse deglutendo Imasu.
“A presto, Imasu”
“Buona serata” rispose il ragazzo sorridendogli.
“E comunque potrebbe andarmi, devo rifletterci un po’ su. Sai ho un’agenda molto fitta”
“Uh?”
“Verrò a prendere qualcosa domattina e ti farò sapere se mi andrà o meno” gli fece un occhiolino, prese la busta e scappò via da quel locale.
Imasu era un gran bel pezzo di ragazzo, ma nella sua testa c’era già qualcuno.
Sbuffò salendo le scale dell’alloggio di Ragnor, e si promise che avrebbe trovato una soluzione quella sera stessa.
“Finalmente sei arrivato, dove eri?” sbuffò Ragnor affacciandosi dal divano.
“Da Imasu” rispose poggiando i sacchetti sul tavolo per togliersi la giacca.
“Cosa, finalmente ti sei deciso a fargli fare quel lavoretto che tanto ti sta offrendo?” buttò lì Raphael, beccandosi uno schiaffone da Catarina.
Ecco cosa intendeva con “Alec non è come gli altri amici”. Lui non si sarebbe mai sognato di dirlo.
“No, non ancora” prese le bustine e le poggiò sulla poltrona di fianco al divano, dove erano seduti Raphael –vestito sempre con le sue eleganti giacche, era un pezzo di merda ma aveva uno stile impeccabile, non c’era che dire! – e Ragnor, il suo piccolo cavolino dai capelli verdi e il viso chiaro; Catarina era stata sbarcata sull’altra poltroncina e agognava la sua pizza come se non esistesse altro al mondo.
“Oh avanti, non ti alzi neanche a salutare il tuo migliore amico?”.
“Migliore amico? Credevo che quel titolo fosse il mio” picchiettò Ragnor, spegnendo la tv.
“Non iniziare a rompere” disse Catarina alzandosi dal suo trono per abbracciare forte Magnus “Coglione, quanto ho sperato di non doverti sentire parlare di quel ragazzino!”
“Ragazzino! Ha solo due anni in meno a te, Catarina”
“I suoi due anni, sono millenni di esperienza in confronto a quelli del tuo principe azzurro”
“Oh, Raphael avanti, cosa hai contro Alec?”
“Ha che parli solo di lui, forse?” rispose Ragnor battendo il cinque al suo ragazzo; più che fidanzatini, a volte, quei due sembravano fratelli combina guai.
“Ho pagato io la cena e una dozzina di birre quindi siete in debito con me” disse facendo spallucce; allungò ad ognuno la propria prenotazione, stappò quattro bottiglie di birra, prese le sue cose e si sedette sulla poltrona di fronte a quella di Catarina.
“Avanti, sputa il rospo, allora” sbuffò Ragnor masticando la sua insalata di pollo.
“Prima vorrei sapere come sta la mia migliore amica!”
“Ancora con questi vezzeggiativi da bambini? Smettila” lo prese in giro Raphael.
“Maledetto clandestino messicano, taci!”
“Amigo, ora non siamo più a Brooklyn, sei clandestino anche tu qui” gli fece un occhiolino e prese un sorso della sua birra.
“Ti prego, tieni il tuo ragazzo e il tuo amico lontani, si odiano!” sbuffò Catarina lanciando un cuscino a Ragnor.
“Stronzate, io e il clandestino ci adoriamo, vero? Non siamo ancora finiti a letto solo perché è il ragazzo del mio migliore amico”
“E la scusa per la quale non ti sei ancora fatto Alec?” chiese il ragazzo riccioluto, alzando un sopracciglio.
Catarina sorrise e scosse la testa, al che Magnus sbuffò e prese un morso del suo panino.
“Noto che i tuoi capelli sono sempre più azzurri, fata turchina!”
“Preferisco più strega sexy” rispose lei scrollando le spalle “i tuoi invece sono sempre più pieni di glitter…”
“E le tue gambe, Catarina? Sono finalmente state riempite?” chiese Rapahel facendo scoppiare a ridere tutti.
Quel maledetto era davvero davvero troppo esplicito a volte.
“Certo, dai glitter di Magnus. Quelli che aveva a Brooklyn”
“Ti sei fatta Malcolm?” chiese scioccato Ragnor.
“Madre de Dios! Felicidades, Amiga!”
“Smettila di parlare spagnolo, Raphael” sbottò Magnus “Sappiamo tutti che segui lingue solo per un motivo”. Il messicano alzò gli occhi al cielo e Ragnor annuì “E devo dire che fa decisamente bene a seguire quel corso, sta migliorando sempre di più”
“Non ho bisogno di migliorare, cavoletto verde” disse il ragazzo pizzicando la guancia del suo fidanzato.
“Tornando alle cose serie” interruppe Magnus “Ti sei fatta Malcolm a casa mia?”.
Catarina arrossì leggermente e si morse il labbro inferiore.
“Il tuo letto non è stato toccato, ma il tuo divano è comodissimo. Quando verrò a dormire da te mi fermerò lì”
“COSA? SUL MIO DIVANO DI PELLE?” per poco il ragazzo non sbiancò, facendo scoppiare tutti a ridere.
“Come è stato?” chiese poi, subito dopo.
“Non era mica la mia prima volta!”
“No, ma avevi una cotta per lui da prima che il clandestino si trasferisse a Brooklyn”
“Cioè, parecchi anni fa” precisò Raphael “più di dieci, quindi sei abbastanza nella merda, amiga”
“Sì beh, forse lo sono davvero ma… non eravamo qui per parlare di me, giusto?”
“Buoni questi panini, vero?” chiese Magnus, provando a far finta di niente, ma quando c’era di mezzo qualche ragazzo, i suoi amici erano sempre attentissimi.
“Allora, perché non te lo sei ancora portato a letto?”
“Perché Alec è etero, Raphael” lo rimbeccò Catarina.
“Tutti siamo un po’ bisex, dentro”
“Tranne Magnus, che lo è anche fuori” precisò Ragnor.
“Il punto non è questo, okay?”
“E quale sarebbe, il punto, Magnus?” il sopracciglio biondo della ragazza dai capelli azzurri si alzò fin quasi l’attaccatura dei capelli, e Magnus sapeva che quando succedeva quello, c’era da preoccuparsi.
“Che… con Alec è diverso”
“Diverso perché non te lo sei ancora, sbattuto, forse?”
“Raphael non si basa tutto sul sesso, avanti” disse Ragnor alzando gli occhi al cielo.
“Ah no? Io e te ci siamo innamorati facendo sesso” gli fece un occhiolino facendolo sorridere.
“Del grande sesso, aggiungerei” sussurrò Ragnor al suo orecchio.
“Vi sentiamo, piccioncini!” disse Catarina “okay, continua, cosa ha di speciale questo benedetto ragazzo?”
“Non lo so! È dolce, timido, smaliziato, diverso. È diverso da tutti quelli che mi sono piaciuti solo fisicamente. Ovviamente Alec mi piace anche fisicamente, cioè capelli neri e occhi blu, scherziamo? Ma mi prende la testa così tanto, maledetto lui! Sto ad analizzare ogni maledetta mossa che fa, ogni cosa che dice, ogni sguardo che mi lancia, per notare se possa esserci qualcosa tra noi..”
“Ma…?”
“Ma so che dice di essere etero. Il guaio e che io sono convinto del contrario! Mi guarda in modo strano, per essere etero, e arrossisce alle mie battute. Inizialmente pensavo fosse solo perché ci conoscevamo poco, ma Dio Santo, sono passati dodici mesi!”
“Arrossire alle tue battute è strano davvero! A me viene solo da piangere” Ragnor alzò gli occhi al cielo e gli diede una pacca sulla spalla, guardando la sua espressione affranta.
“Dobbiamo risolvere questa situazione, okay? Raphael, Catarina, idee?”
“Io non ne ho! Di solito quando mi piace qualcuno mi bastano dieci minuti per portarmelo a letto!” sbuffò Magnus.
“Ma lui non vuoi portarlo solo a letto, o sbaglio? Pensi ad Alec in ogni maledetto momento della tua giornata! Neanche con Camille ci sei andato giù così pesante, ed è stato uno dei tuoi più grandi amori!”
“Non mi nominare Camille, mi ha telefonato la settimana scorsa perché vuole dare una benedetta festa!”
“Vi parlate ancora?”
“Sì, Ragnor, ci parliamo ancora perché ho deciso che non valeva la pena portarle rancore. Stare con lei mi avrebbe rovinato”
“E stare con Alec no? Por favor, non ti ha mai fatto vedere il suo amico, ancora, e già sei totalmente perso per lui” Raphael assottigliò lo sguardo e scosse la testa “Se non è rovinarsi questo…”.
“Pensa, Magnus, pensa!”
“A cosa, Cat?”
“Ti piace e credi di piacere a lui?”
“Magari gli piace anche, ma a quanto pare a lui piacciono le tette, no?” si intromise Ragnor.
“Forse” rispose Raphael. “Si può risolvere la situazione solo in un modo.”
“Non può violentare Alec!” rispose Catarina scuotendo la testa.
Magnus si alzò in piedi e sbuffò, urlando un “Ehi, mi state solo incasinando di più”.
Si abbassò il silenzio sulla stanza, si sentiva solo il rumore del boccone masticato da Raphael.
“Facciamo finta che per un momento tu abbia ragione, okay? Alec non è etero. Facciamo finta che gli piaci davvero….”
“Scopatelo! Così capirà che gli piaci e che lui piace a te!”
“No” Ragnor diede uno schiaffo sul braccio a Raphael “No, non va bene questa tua folle idea. Io e te lo abbiamo fatto perché entrambi sapevamo che eravamo fisicamente attratti”
“Credo di poter dire lo stesso su me e Malcolm”
“A proposito come è stato?” chiese Magnus.
“Di sicuro non paradisiaco come  sarebbe per te, stare con Alec”
“Oh, avanti, noi ti diciamo tutto!” si lamentò Raphael
“Sì, ma voi non avete una vagina”
“Ma Malcolm ha proprio il nostro arnese e siamo curiosi di sapere come lo usa, vero Santiafell?”
“Come ci hai chiamati?” chiese Ragnor “Sai che odio quel nomignolo stupido da ‘ship’” sbuffò.
“Comunque sì, sono sempre stato curioso di come se la cava a letto quel biondo strafatto!” disse Raphael ridendo.
“Okay, ve lo dirò, ma ora torniamo a Magnus. Abbiamo proposto di far finta che ad Alec davvero piace Magnus, abbiamo bocciato l’idea di Raphael di sedurlo e portarselo a letto…. Parlagli? Digli che ti piace e che ci proveresti con lui, se non sapessi che è etero?”
“Non se ne parla” disse Magnus “A quanto pare ci ho provato una sera, quando eravamo entrambi strafatti e no” sospirò “Mai nella vita”.
“Prova a farlo ingelosire, magari in quel modo capirai se gli piaci davvero…”
“Intendi provandoci con Lydia?”
“Chi se ne fotte di Lydia!” disse Ragnor “Fallo ingelosire con qualche ragazzo, fagli vedere quello che potrebbe avere, parlagli di un tizio delizioso che hai conosciuto e con ‘parlargli’ non intendo dirgli solo quanto ti fa stare bene a letto. Con Raphael ha funzionato.”
“Ehi…”
“È vero. Quando ho smesso di dartelo e ho iniziato a farti credere che uscivo con… come si chiamava? Non ricordo neanche il nome! Ad ogni modo, mi hai chiesto di far diventare la nostra relazione seria proprio in quel momento”
“Potrebbe essere vero, okay…”
“Cosa ne dici, Cat?”
“Credo che sia un’idea fantastica, Mag”
“E dove lo trovo uno con cui farlo ingelosire? Non voglio illudere nessuno, sarebbe da bastardi!”
“Il gioco è trovare qualcuno che non ti dispiace tanto, anzi meglio ancora se ti piace, così magari se non dovesse andare con Alec potresti davvero provarci con lui”
“Dove diamine lo trovo, Rag?”
“In qualche cesso pubblico?” chiese Rapahel ridendo.
“Al bar. Imasu, Magnus! Imasu sarebbe perfetto. Ti sta dietro da tempo, è un gran bel ragazzo, gli piaci e ti piace. Ha persino capelli neri e occhi blu!”
“OH È PERFETTO” esultò Ragnor.
“Spero per te che sia bravo a letto” disse il messicano ridendo.
“È fatta, allora? Domani gli chiederai un appuntamento?”
“In realtà… domani gli dirò che gli concederò l’appuntamento che mi ha chiesto oggi”
“Che stronzo!” disse Catarina ridendo “Sei sempre incorreggibile”
“E sempre più caparbio” aggiunse Ragnor
Forse quella era una delle sue qualità che preferiva; senza la sua caparbietà, forse, non avrebbe capito che non aveva poi tutti i torti.


 
Spazio autrice.
Eeeeee quindi, se il primo capitolo vi era sembrato una cosa calmissima, ecco che iniziate a cambiare idea, no? LOL
Beh lo spero. Da questo capitolo in poi iniziano ad entrare in scena personaggi che amo e che ho voluto inserire, pur non facendoli restare davvero OC, ma amo troppo Rahpael e Ragnor assieme per non farli fidanzare e a mia discolpa posso dire che se non fosse un Vampiro stressato Raphael sarebbe così, e uguale per il piccolo Ragnor scorbutico (ovviamente io li immagino così...). Catarina e Malcom. Awh. SPOILER Dopo LM HO TROPPO DESIDERATO CHE QUALCUNO LO AIUTASSE DONADOGLI UN POCHINO DI AMORE,E E LA MIA CATARINA GLIELO HA DONATO ASSIEME AD ALTRO :')  FINE SPOILER 
Okay, nada, spero vi sia piaciuto e vi abbia divertite quanto ha divertito me scriverlo.
EEEE Magnus corre all'attacco.
Come si comporterà Alec?

Dal prossimo capitolo.
Alec sospirò guardandosi allo specchio; ma cosa gli stava succedendo?
Perché sentir parlare Magnus di quella specie di ragazzo con cui stava uscendo, gli faceva venire da vomitare?
Aveva visto Magnus nelle più svariate situazioni, con i più svariati ragazzi, eppure non gli aveva mai dato fastidio; perché proprio in quel momento, in cui finalmente sembrava davvero preso da qualcuno, sembrava che gli desse fastidio?
 

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Capitolo 3
*** Appuntamento con bugia. ***


Appuntamento con una bugia.
 
“Due chiamate in due settimane? A cosa devo questo onore?” Magnus prese in giro la sua amica, che rise.
“Ragnor e Raphael non rispondevano, probabilmente erano chiusi in camera da letto ad urlare i loro nomi a vicenda!”
“Mhm suona interessante, ma con questo mi stai dicendo che hai telefonato a me, solo perché loro non ti rispondevano? E poi davvero hai telefonato addirittura prima al clandestino che a me? Mi ha decisamente declassato!”.
Catarina rise “Credevo che tu fossi impegnato a sognare Alec, ecco perché ho preferito chiamare prima loro!”
“Ah, ah, ah, divertente. Avanti, simpatia, perché hai interrotto il mio sogno ad occhi aperti?”
“Perché ho una bella notizia!”
“Cosa, vai di nuovo a fare sesso sul mio divano di pelle viola a Brooklyn?”
“No, viaggerò, ma non andrò così lontano…”
“Torni a trovarci?”
“Non proprio..”
“Catarina vuoi aprire quella cazzo di bocca e spiegarmi cosa vuoi dirmi?”
“Calmati, amico!” rise ancora, con la sua voce dolce e squillante che non poteva che far ridere anche lui.
“Mi trasferisco da voi!”
“COSA? Vuoi dire che verrai a vivere qui nei dormitori, e potrai restare tutte le sere con noi a fare stronzate, e..”
“Sì! Ma non nel vostro dormitorio! Mi hanno trasferita al pronto soccorso di Cambridge, questo tirocinio mi piace sempre di più! In settimana verrò a vedere il mio alloggio, mi hanno detto che è proprio vicino al vostro campus!”
“Cosa cazzo stai dicendo! Dimmi che non è uno scherzo, oppure ti uccido appena ti vedo!”
“No che non è uno scherzo!!”
“Cioè davvero potrò vederti tutti i giorni della mia vita, da… da quando?”
“Da settimana prossima e sì, potrai vedermi tutti i giorni della tua splendida vita!”
“Non ci credo, è fantastico!!”
“LO SO! Lo speravo da tanto. Ho fatto richiesta di trasferimento praticamente sei mesi fa!”
“Ma perché non me lo hai detto, maledetta fata turchina?”
“Perché non volevo che poteste sperarci quanto me!”
“Sono felicissimo! Anche se, ora che ci penso… non potremo vederci tutti i santi giorni della mia splendida vita perché beh adesso ho un ragazzo con il quale mi frequento e per frequentare qualcuno bisogna uscirci…”
“Esci con Imasu? Davvero? Allora hai seguito per una volta i consigli di Ragnor!”
“Ehi non è la prima volta! Quando mi piacciono li seguo con piacere”
“Aspetta, cosa ti piace? Il consiglio o Imasu? Perché sai, hai una strana voce ora che parli di lui”
“Il consiglio mi è piaciuto, ma Imasu forse mi piace un pochino di più! È dolce, gentile, sembra innocente ed è sexy da morire se ci si mette”
“Uhm c’è Alec in camera?”
“….no?”
“Allora stai parlando così perché ti piace davvero!?”
“Certo! E non ci ho neanche fatto ancora sesso. Sono tipo cinque giorni che ci esco assieme e non ho ancora visto il suo magnifico accompagnatore!”
“Oddio ma è un miracolo! Di solito non lo vedi dopo solo cinque ore di conoscenza?”
“Catarina, ti voglio bene, ma questo non ti dà il permesso di chiamarmi puttanella!”
“No! Ti ho solo chiamato troietta!”
“Vaffanculo” Catarina scoppiò a ridere, seguita da Magnus che si interruppe solo quando si spalancò la porta, dalla quale entrò Alec completamente zuppo d’acqua, con un’espressione tutt’altro che felice dipinta sul viso.
“Ma una maglia non la metti mai tu, vero?” sbuffò buttando lo zaino in un angolo della camera.
“Ciao anche a te, Alexander!”
“Oh, è tornato Alec?”
“Sì, Cat! Ed è completamente bagnato, la sua maglia bianca delinea da Dio i suoi addominali. Vuole proprio farmi venire nei pantaloni oggi, vero Alexander Gideon Lightwood?”.
Alec arrossì leggermente, poi ridacchiando tolse la propria maglia e la buttò in faccia a Magnus “Ecco per te qualcosa di bagnato a cui potrai dare la colpa per la macchia che avrai sui pantaloni”.
“Oh, Alexander simpatico è ancora più sexy” rise Magnus.
“Okay” rispose Catarina “Ora inizierai a parlare di Imasu in modo extra dolce solo per farti notare da occhi blu?”
“Giuro di no. Ho davvero degli occhi blu a cui pensare, ora”
“Stai scherzando, Magnus? Davvero ti piace Imasu?”
“È un bellissimo ragazzo, perché non dovrebbe piacermi?”
“Perché questo era un piano per farti notare da qualcuno…”
“Beh se non dovesse funzionare avrei un’alternativa! Avanti quel ragazzo è così adorabile”
“Quindi mi sa che devo conoscere il tuo futuro ragazzo!”
“Corri troppo ora!”
“Ma se non fai che ripetere ‘è adorabile, persino più di Alec!’” Magnus sospirò.
“Siamo uhm buoni amici ma questo non esclude che non possiamo diventare altro. Non mi piace usare le persone, lo sai. E poi è davvero interessante quindi prima di prendere qualsiasi decisione mi prenderò il lusso di conoscerlo e giuro che se dovessi fare davvero per bene quello che avevamo deciso da Ragnor, glielo direi. Non potrei mai far finta di… capisci?!”.
Catarina annuì.
“Questo non toglie che sia un gran bel ragazzo”
“Sono dieci ore che continui a ripeterlo, lo abbiamo capito, sei cotto di lui” scherzò l’amica.
“Sono cotto solo di una persona sulla faccia della terra, e quella sono io stesso”
Alec lo guardò per un secondo e sorrise “Io vado a fare una doccia” lo avvisò; Magnus gli fece un occhiolino “Sto per venire anche io, Fiorellino”
“Sì, nei tuoi pantaloni” rispose lui ridendo, prima di chiudersi la porta alle spalle.
“Vedi? Flirti ancora con lui!”
“Perché lui mi piace, ma sto conoscendo Imasu e mi piace anche lui”
“E ti stai fottendo alla grande”
“Di solito sono io a fottere alla grande…”
“Magnus, sono seria, non fare troppo il perfettino con Imasu se non vuoi solo illuderlo”
“Cat, è okay! Lui vuole dimenticare il suo ex, io voglio dimenticare uno che non sarà mai più di un amico, o forse voglio provare a conquistarlo, ci stiamo aiutando a vicenda, ci piacciamo molto e parliamo anche molto. È perfetto”
“Messo in questo modo è davvero perfetto!”
“Vedi? Il massimo che può succedere è che entrambi ci innamoriamo”
“Magnus che parla di amore…”
“No, ferma! Potrò parlare di amore solo dopo aver conosciuto bene le sue doti”
“Sei un malato” quasi soffocò dalle risate Catarina.
“Che poi hai mai pensato che magari Alec potrebbe fare schifo a letto?”
“Nah. Con quel fisico che si ritrova non potrà mai fare schifo. Non gli hai visto le mutande, Cat”
“Perché tu sì?”
“Forse, forse, però forse, ho spiato una volta o due dalla serratura del bagno”
“COSA?”
“Cat credo di dover andare a prepararmi, tra un’ora ho un appuntamento con Imasu e non so ancora cosa mettere! È una cosa gravissima!”.
Magnus rise, e Catarina lo seguì prima di staccare il telefono.
 
Alec sospirò guardandosi allo specchio; ma cosa gli stava succedendo?
Perché sentir parlare Magnus di quella specie di ragazzo con cui stava uscendo, gli faceva venire da vomitare?
Aveva visto Magnus nelle più svariate situazioni, con i più svariati ragazzi, eppure non gli aveva mai dato fastidio; perché proprio in quel momento, in cui finalmente sembrava davvero preso da qualcuno, sembrava che gli desse fastidio?
Magnus non lo avrebbe abbandonato solo perché aveva un ragazzo, avrebbero continuato a stare assieme tutti i giovedì, a ridere e scherzare, ad essere grandi amici come sempre; d’altronde era successa la stessa identica cosa anche tempo prima con Jace, quando lo aveva visto per la prima volta con Clary; si era sentito tradito, arrabbiato, pieno di odio inspiegabile nei confronti di quella ragazza. Era solo geloso e impaurito di perdere una delle persone a cui voleva più bene.
Tirò indietro i capelli ancora bagnati, chiuse l’ultimo bottone della camicia ed uscì in camera; Magnus era steso sul suo letto solo in pantaloncini, come al solito. Amava restare a petto nudo tanto quanto lui amava indossare i suoi pesanti maglioni scolorati, eppure ogni tanto faceva qualche sacrificio mettendo una camicia attillata che gli dava pure fastidio, perché Magnus non poteva fare altrettanto mettendo una maglia?
Aprì uno dei cassetti dell’amico, prese una maglia qualsiasi e gliela lanciò in faccia.
“EH!” sbuffò lui mettendosi seduto “E questo a cosa lo devo?”
“Primo, per avvertirti che sono uscito dal bagno, secondo perché di sicuro vorrai fare un favore all’umanità vestendoti un po’ di più”
“Il favore lo faccio non vestendomi” rise Magnus poggiando la maglia sul comodino “ah però, come siamo eleganti stasera, Alexander Gideon Lightwood”
“E che cacchio, smettila di chiamarmi così” si sedette sbuffando sul proprio letto.
“Devo vedere Lydia, la porto a cena in un ristorante”
“Ohh le cose si fanno sempre più serie” disse sorridendo Magnus; Alec osservò attentamente il suo corpo mentre si fletteva verso il comodino per prendere il proprio cellulare e sorridere poi allo schermo. Era così elegante e flessuoso, sembrava quasi un gatto.
“Anche per te e quel tipo a quanto pare” rispose più acido di quanto avrebbe voluto. Maledetto sé stesso!
“Ah?”
“Il ragazzo con cui stai uscendo”
“Ah, hai sentito me e Catarina…”
“Esci con qualcuno e non me lo dici, eh? Perché mi vieni a dire solo quando vai a letto con qualcuno?” chiese ridacchiando Alec, cercando di sembrare divertente e disinteressato.
“Perché quando scopo con qualcuno non ho niente da nascondere” rispose rilassato come sempre Magnus.
“E ora cosa nascondi?”
“Provo a nascondere a me stesso quello che sento, ammetterlo ad alta voce lo farebbe diventare reale ed è ancora troppo presto”.
Alec si morse il labbro inferiore e annuì “Oh beh allora è davvero davvero seria la cosa! Sono felice per te”
“Non sembra!”
“Cosa?” Alec alzò un sopracciglio in segno di domanda.
“Niente” Rispose Magnus. “Vado a vestirmi, non voglio fare tardi” si alzò dal letto, prese il cumuletto di vestiti che aveva preparato sulla sedia e si avvicinò al bagno.
“Divertiti stasera” rispose Alec.
“Anche tu e fai in modo che Lydia te la dia”
“Non prendo consigli da chi si innamora dopo solo cinque giorni di appuntamenti” scherzò Alec.
“Non sono di certo innamorato, Gideon” sbuffò Magnus togliendosi i pantaloncini per poi buttarglieli addosso, prima di chiudersi in bagno.
Alec sospirò e scosse la testa; perché tutto doveva girare sempre attorno al sesso? E se lui semplicemente non voleva farlo?


 
Magnus si guardò allo specchio e sorrise, sì, era decisamente perfetto come ogni altra volta. La camicia bordeaux aperta fino a metà petto, metteva in evidenza i suoi pettorali, i pantaloni di jeans scuri attillati, fasciavano perfettamente le sue gambe, e il viso truccato leggermente ma elegantemente, lo rendeva ancora più fine. I capelli, oh, i capelli a spuntoni ricoperti di glitter, erano la cosa che preferiva di quel look.
Mise la giacca di pelle e velocemente uscì dalla camera, per recarsi all’entrata dei dormitori dove lo aspettava Imasu, sulla sua ruggente moto nera e il suo giubbetto di pelle stretto che non lasciava all’immaginazione le grosse braccia che le maniche nascondevano.
“Ehi” disse il ragazzo sorridendogli “Come siamo belli!”
“Oh Imasu, questo complimento con me non attacca” sorrise e si sporse per dargli un leggero bacio sulle labbra “Io non sono bello, sono ma-gni-fi-co” gli fece un occhiolino, mise il casco –sbuffando immaginando come sarebbero stati i suoi capelli dopo – e si sedette dietro di lui.
“Dove mi porti di bello, mio prode principe azzurro?”
“Al mio dormitorio”
“Cosa!?” chiese Magnus prima che Imasu sfrecciasse via, correndo veloce per le strade dritte e isolate del campus; il vento fresco soffiava sul suo collo, il profumo del ragazzo gli inebriava i sensi, e il cuore gli batteva forte.
Strinse le mani alla cintura di occhi blu, anche se non aveva paura della velocità, o di cadere dalla moto, anzi amava l’adrenalina che solo una corsa in moto poteva dargli.
La moto si fermò dopo qualche minuto, e Imasu scese dalla moto togliendo il casco, restando con dei perfetti capelli neri scompigliati e un bellissimo sorriso sulle labbra.
“Ah perché il tuo alloggio deve essere così bello!” sbuffò Magnus “di là sono meno belli!”.
“Questo è il vantaggio di lavorare qui per l’università”
“Voglio proprio lavorare anche io per l’università..”
“Poi non avresti tempo per me” rise Imsu togliendo anche il suo casco; Magnus lo guardò con occhi brillanti e gli sorrise “Ci stai provando così tanto sfacciatamente, piccolo Imasu, potresti proprio farti male”
“Ed è per questo che lo faccio” gli fece un occhiolino, e si avvicinò velocemente a lui come a volerlo baciare, per poi allontanarsi completamente e scappare verso il portone.
Magnus alzò gli occhi al cielo, e si bloccò per un secondo: perché anche un solo gesto come una semplice alzatina di spalle o di occhi, riusciva a portarlo ad Alec? Era con Imasu, doveva provare a farsi coinvolgere!
Scese dalla moto e corse verso il portone, che l’altro ragazzo gli teneva aperto.
L’interno era tutto di marmo, proprio come quello del suo alloggio, ma arrivati in camera sembrava di essersi spostati verso un hotel a cinque stelle; parato bordeaux rivestiva metà parete, mentre il resto era bianco; un tavolo di vetro era al centro della stanza, di fronte ad una parete che divideva bagno e cucinina, e ospitava una grande tv che si spacciava per quadro; una grossa finestra prendeva la parete opposta, ed essa per poggiato un letto a due piazze.
“Alloggio singolo?”
“Mio padre sborsa parecchi soldi al mese per questo alloggio, e io fingo di lavorare al bar quindi sono agevolato. Te l’ho detto, lavorare qui porta tanti bei vantaggi!”.
Magnus sorrise e si sedette sul letto, guardando Imasu che si toglieva il giubbotto di pelle e si avvicinava al tavolo di vetro.
“Tutto quello è per noi? Credevo che avremmo fatto qualcosa di più… intimo!” disse ridacchiando, Imasu si girò verso di lui e poi gli si avvicinò lentamente.
“Sì, è per noi e non è detto che non avremo tempo per fare qualcosa di intimo” si fece spazio tra le gambe di Magnus e prese il suo mento con le dita, avvicinò i loro visi e gli sfiorò le labbra “È che non vorrei correre” sussurrò.
“Io non sono abituato ad andarci piano e non ho intenzione di far guidare a te tutto questo” disse Magnus in tono malizioso, alzandosi per invertire le posizioni e spingere il ragazzo sul letto; si sedette a cavalcioni sulle sue gambe e gli puntò un dito al petto.
“Mi piace gestire le cose da me, far comandare te sarebbe un po’ come perdere me stesso, capisci?”
“Potremmo comandare assieme, allora” disse Imasu ridacchiando.
“Potremmo prima mangiare la deliziosa cena che ho preparato, e poi finire in grande bellezza, no?”
“Imasu se vuoi provare a dimenticare il tuo ex con me, facendo solo lunghe chiacchierate sei fuori strada, io non dimenticherò Alec così” sbuffò alzandosi dalle sue gambe per avvicinarsi al tavolo di vetro.
“Non dimenticheresti comunque Alec facendo sesso con me” si sedette a tavolo a sua volta e versò del vino in due calici che avevano avanti.
“Io non voglio dimenticare il mio ex e neanche tu vuoi toglierti dalla testa quel ragazzo. Entrambi vogliamo qualcosa di diverso, no?” gli sorrise come chi la sa lunga.
“Senza conoscermi non farai altro che portarmi a letto come hai fatto con tutti gli altri. Non voglio solo qualcuno con cui scopare, non voglio altri da portarmi a letto, è un bel po’ che vado avanti così” prese un sorso di vino e guardò Magnus negli occhi.
“Non ti chiedo molto, prova a conoscermi, poi potrai gestire tutto a modo tuo!”
“Vuoi conoscermi? Facciamolo, allora” sospirò Magnus prendendo un sorso di vino a sua volta “Ma potrei scocciarmi di te prima di quanto abbia fatto con persone che mi sono solo portato a letto”
“In quel caso continueremo a vederci solo al bar, e io ti ignorerò come se fossi un normale cliente” Magnus lo guardò e ridacchiò.
“Come vorresti conoscermi?”
“Facendoti qualche domanda?”
“In cambio cosa mi dai?”
“Una cena meravigliosa” rispose sorridendo Imasu.
“Sei noioso quanto Alec, sai?”
“Gli somiglio parecchio, a quanto pare”
“Forse non dovrei provare a dimenticarlo con te, visto che gli somigli così tanto..”
“Potresti semplicemente farlo ingelosire. Non sono così tanto stupido da credere che tu non ci abbia pensato”
“In realtà lo ha pensato Ragnor”
“Allora è quello che stai facendo!” Imasu gli puntò l’indice contro “Maledetto Magnus Bane!” rise “Però… potrei averci pensato anche io”.
“Lo amavi molto?” chiese Magnus bevendo un sorso di vino.
“Sei mai stato innamorato?” controbatté lui “Suppongo di no, vista quella domanda” il ragazzo tutto occhi blu e capelli neri prese un boccone di pasta al pesto e alzò di nuovo lo sguardo su di lui.
“Amare è una cosa piena, in cui non decidi di tuffarti ma cadi casualmente o con una leggera spinta da dietro, e quando cadi non puoi decidere quanto o dove bagnarti, ti bagni praticamente tutto e completamente. Persino la tua anima si bagna! Così è l’amore, Magnus. Non puoi decidere di mettere tutto te stesso o solo metà te stesso quindi non puoi amare molto o poco. Se ami, ami, punto. Comunque sì, lo amavo”.
“Non sono mai stato innamorato, allora”
“Non lo sei neanche di Alec?”
“Alec non è come una piscina fredda in cui sono stato spinto, è più come una giornata estiva piena di relax e calma”
“Oh no” Imasu sorrise “Un amico può essere una giornata rilassante, un amore no. L’amore non è mai calmo e rilassante, è sempre pieno di lotte e urla, ed è questo che lo rende speciale, quindi pensaci bene, Alec non è quello che credi, per te”.
“Lo conosci così tanto bene l’amore, eh. Hai solo ventidue anni, come fai?”
“L’amore non ha età? A quel detto ci credo particolarmente.”
“Quanti anni aveva il tuo uomo?
“Quaranta. Era sposato e aveva due figli”
“Cazzo”
“Già. Non so neanche come ho fatto ad innamorarmi di un pezzo di merda simile, uno di quelli che non ha neanche dovuto pensare prima di lasciarmi”
“Credevo fossi stato tu a lasciarlo”
“Certo, ma dopo suoi determinati comportamenti. Se non mi avesse mentito, messo da parte, usato e che altro? Ah giusto, se mi avesse amato tanto quanto io amavo lui, probabilmente staremmo ancora assieme”.
“Come è successo? Non sembri il tipo a cui è facile mentire, no?”
“Neanche tu sembri il tipo che ha bisogno di fingere qualcosa per conquistare il ragazzo di cui è cotto”
“Io non voglio conquistare Alec e non sono cotto di lui”
“Ah no? Allora cosa vuoi farci? Se vuoi una semplice scopata, sai quanti ne trovi come lui?”.
Magnus ridacchiò “Touchè. Adesso parla, su”.
“È stato un mio professore per un semestre, okay?”
“Oddio” Magnus rischiò di morire con un sorso di vino in gola; tossicchiò e prese un altro boccone di pasta.
“Cazzo Imasu! Sembravi così ingenuo”
“Beh perché quando ci provo con qualcuno lo sono davvero; sono timido anche se non si direbbe”
“Il problema è quando conosci la persona con cui ci stai provando, giusto? Stai diventando diverso da come ti avevo immaginato”
“Mai giudicare il monaco dall’abito”
“I monaci…. Beh loro sono i più perversi, non lo sapevi?” alzò un sopracciglio e si morse il labbro inferiore, facendo scoppiare l’altro a ridere.
“Cosa, ti sei fatto persino un monaco?”
“Di sicuro non deve essere stato interessante quanto farsi il proprio professore”
“Bastardo” rise.
“Posso farti una domanda?” chiese leggermente in imbarazzo Imasu.
“Da quando chiedi?”
“Volevo fare il gentile!”
“Oh non lo sei. Sei una checca isterica. Domanda, avanti, checca isterica”
“Come desideri” rise dandogli uno schiaffo sul braccio “Perché sei qui?”
“Eh?”
“Non ti piace legge e si vede benissimo; non sei il tipo da legge”
“Ah no? E il tipo da cosa sono?”
“Qualcosa di artistico; non so, fotografia, pubblicità, arte, musica…”
“Lo ha voluto mio padre” disse alzando gli occhi al cielo “Voleva che facessi quello che fa lui, e se non avessi acconsentito non mi avrebbe dato più un dollaro; mi sarei dovuto trovare un lavoro e mantenermi in qualche modo di merda”.
“Davvero?”
“Cosa?”
“Davvero fai qualcosa che ti ordinano? Cazzo! Non sei per niente come ti immaginavo, allora. Non dovresti sprecare l’unica vita che hai facendo qualcosa che ti fa schifo”.
Magnus annuì. Lo sapeva. Sapeva quello che avrebbe dovuto fare. Ma cosa?
Come avrebbe dovuto farlo?
“E cosa mi proponi?”
“Manda tuo padre affanculo!”
“Tu lo hai fatto?” alzò un sopracciglio e lo guardò in segna di sfida.
“Non ce ne è stato bisogno. Mio padre vuole il mio bene, faccio quello che mi piace”
“E cosa ti piace?”
“Cazzo! Volevi portarmi a letto e manco sapevi che corso frequento?” ridacchiò e Magnus alzò gli occhi al cielo, in Alec style. Doveva smetterla di prendere le sue abitudini.
“È uno dei miei difetti!” sorrise Magnus “Avanti, cosa? Legge? Medicina? Ingegneria?”
“Arte” rispose lui spiazzandolo completamente.
Magnus lo guardò e nascose un sorriso “Sei davvero un tipo da arte…?!”
“Direi di sì”
“E cosa fai? Dipingi? Perché in quel caso potrei offrirmi come modello. Anche nudo mi andrebbe bene”.
Imasu scosse la testa e rise “In realtà sono più un tipo da fotografia”
“Oh potrei offrirmi anche per foto di nudi interi”
“Potrei starci, se ti offri volontariamente e non richiedi pagamenti”.
Magnus rise “Uno solo, quello in natura”
“Allora ci sto!”.
Bevvero entrambi un sorso di vino.
“Dovresti pensare di fare qualcosa che ti piace davvero”
“Tu mi piaci davvero” scherzò Magnus “Quando posso farti?”
“Ah Gesù!”.
La stanza si riempì di risate e piccole scintille; alla fine erano davvero due persone interessanti e forse tra una chiacchiera e l’altra, sarebbe potuto nascere altro, magari qualcosa come una bella amicizia.
 
Nell’altra camera, invece, non c’erano poi così tante risate; Alec e la sua ragazza erano appena rientrati da un’ottima cena che però aveva distrutto i nervi di entrambi.
“Non ti sei divertito poi tanto stasera, eh?” Lydia si sedette su letto, guardando il ragazzo con sguardo indagatore.
“Tu?” rispose Alec ridacchiando.
“Diciamo che le cose non previste non mi piacciono molto”
“Neanche a me sai?” Alec si tolse la giacca e sospirò “speravo di passare la serata con te, da solo”
“Per…?”
“Per parlare e conoscerci meglio. Ci sono sempre le tue amiche con noi!”.
Lydia alzò gli occhi al cielo. “Ci hai beccate; piaci più a loro che a me” ridacchiò e Alec scosse la testa.
“A forza di frequentarmi hai acquisito la mia alzatina d’occhi, lo sai, vero?”
“È sexy” rise la ragazza.
“Sì, anche su di te lo è molto!”.
Alec sorrise e guardò attentamente Lydia, seduta sul letto al suo fianco; era bella, bella da far invidia a qualsiasi altra ragazza; era intelligente, simpatica, ironica, dolce, gentile. Era perfetta.
Eppure non era….
Lydia gli diede un pesante schiaffo sulla gamba che lo fece sobbalzare.
“Ehi” sorrise “Cosa stavi pensando?”
“Che sei davvero bellissima”
“Ah sì? Quindi non ti interessa delle mie amiche?”
“No” le sorrise e le accarezzò il viso avvicinandosi a lei “Mi interessa di te”
“Davvero così tanto come dici?”
“Non lo so” sussurrò lui “Sono ancora indeciso su troppe cose”
“Tipo?”
“Tutto. Sono sicuro solo di legge”
“Mhm” quella volta fu lei ad accarezzare la sua guancia, e completare il poco spazio che li separava.
“Io sono sicura anche del fatto che mi piaci” avvicinò le labbra alle sue; spettò all’altro fare l’ultimo passo e baciarla. Le accarezzò dolcemente il labbro inferiore con il proprio, e poi lo sfiorò con la propria lingua, alla quale lei diede il permesso di entrare.
Lydia si alzò leggermente e si sedette sulle gambe di Alec, che cadde steso sul letto, impacciato e imbarazzato.
“Lydia” sussurrò allontanandola leggermente “Non sono venuto qui per fare sesso con te”
“Lo so” lei sorrise e gli diedi un bacio sullo zigomo.
“Ti piaccio davvero?”
“Certo, Lydia!”
“Come un’amica o altro?”
“Non lo so, non lo so!”
“E…?” le dita della ragazza sfiorarono leggermente il collo di Alec, e sbottonarono i primi bottoni della camicia bianca che stringeva il petto del ragazzo.
“E fino a quando non lo saprò non voglio fare sesso con te. Per me è una cosa importante e..”
Alec alzò gli occhi al cielo quando la ragazza tolse un altro bottone dalla sua asola.
“La smetti di spogliarmi?”
“Non ti piaccio proprio, eh?”
“Lydia no! Mi piaci, ti sto dicendo che mi piaci!”
“MA non sortisco effetti al tuo corpo”
“Non se il mio cervello è inibito”
“E cosa lo inibisce?”
“Io. Non so se sono pronto, se tu sia quella giusta, e so che è importante anche per te. Non voglio venire a letto con te e poi accorgermi di aver fatto una cazzata. Non voglio fare sesso con te e poi lasciarti. Non sei una scopata e via e non voglio che lo diventi, voglio frequentarti”.
Lydia annuì, e rossa in viso quasi quanto Alec, gli diede un bacio su una guancia e tornò a sedersi nella sua parte di letto.
“Non sono vergine, lo sai no?”
“Hai avuto un ragazzo prima di me, so che non era possibile che fossi vergine e ovviamente non lo sono neanche io”.
Bugia. ‘Bravo Alec, inizia a mettere bugie su bugie’ pensò il ragazzo.
“Sei sicuro che ti piacciano le ragazze?” chiese lei alzando un sopracciglio.
“Che ne dici se resto a dormire qui?” propose lui sorridendole come solo un Lightwood riusciva a fare.
Lydia non riuscì a dire di no a quello sguardo da cucciolo, ma quel letto non vide altro che un dolce e confortevole abbraccio, uno di quelli che potrebbe esserci tra due fratelli; non proprio lo stesso abbraccio che ci fu nel letto di Imasu e Magnus, che comunque non vide altro che un bacio leggermente meno casto di quello tra Lydia e Alec, ma pur sempre un semplice bacio.
 
Sia Magnus che Alec erano bravi a fingere, solo che uno dei due stava mentendo davvero tanto a sé stesso, e Colui che mente
 a sé stesso e dà ascolto alla propria menzogna arriva al punto di non saper distinguere la verità né dentro sé stesso, né intorno a sé e, quindi, perde il rispetto per se stesso e per gli altri; o almeno così diceva un grande Dostoeveskij.

 

Spazio autrice.
Sssssalve gente, come vi va la vita?
Io sono a metà sessione estiva, quasi, e questa cosa mi rende già più felice lol
Allora cosa mi dite di queste due coppie non coppie? Aspettatevene delle belle da Magnus e Imasu (pensate che riusciranno a creare qualcosa tra loro due, almeno per un pochino?) e badate bene ad Alec e Lydia (Lydia è tanto tanto intelligente!)

Ringrazio davvero tutte le persone che seguono/hanno tra i preferiti/ tra le ricordate la storia, siete davvero precchi e non pootrei esserne più felice.
Grazie di cuore anche a chi recensisce, mi fate sempre contentissima.
A presto, spero.

StewyT~

Spoiler.


Si alzò svogliatamente dal letto, e spalancò la porta del bagno, ritrovandosi Alec nel box doccia, completamente nudo e bagnato da goccioline d’acqua.
Ecco, forse non avrebbe dovuto aprire quella maledetta porta, no, decisamente no.
Era stata proprio una mossa spiacevole che rischiava di far gonfiare qualcosa nei suoi pantaloni.

 

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Capitolo 4
*** Invitati non invitati. ***


Invitati non invitati.
 
“MAGNUUUUUUS!”.
La voce di Alec arrivò alle orecchie del povero ragazzo forte e chiara; certo che quando urlava assomigliava più ad una bestiola che ad un ragazzo tutto carino e distinto.
Alec sbuffò di nuovo, lo stava chiamando da più di cinque minuti ormai; mancava dalla camera per un paio di giorni e pufff, magicamente Magnus faceva scomparire tutte le sue cose, tra cui il suo adorato bagnoschiuma all’aloe vera, e poteva permettergli tutto, ma non di finire il suo bagnoschiuma.
Appoggiò la testa al vetro del box doccia e sbuffò ancora; perché Magnus non doveva mai ascoltarlo, persino quando gli urlava contro?
Dove diamine era mai potuto finire!? Era in camera a parlare al telefono, fino a pochi minuti prima!
Ah quell’Imasu! Stava sicuramente parlando con lui! Era colpa sua se Magnus era ancora più distratto in quel periodo e se finiva più bagnoschiuma del necessario.
Gli dava così tanto fastidio dover sapere che Magnus stava con quel tipo, baciava quel tipo, portava quel tipo in camera sua e magari faceva anche la doccia con quel tipo, nel loro box doccia, e tutto quello non era giusto.
Alec aveva sempre chiesto una cosa a Magnus, e cioè, privacy e quello lo vedeva un modo bello e buono di mandare a puttane la sua privacy, o semplicemente era solo accecato dalla rabbia, ma rabbia per cosa?
“MAGNUUUUS! PORCA MERDA MUOVI QUEL CULO!”.
Magnus sbuffò, sembrava stesse per superare il record di sbuffi inutili di Alec.
“Cat ti devo lasciare!” sussurrò Magnus.
“Cosa, Imasu è venuto a trovarti?”
“Nah, non è così seria da venirmi a trovare. Io provo ad aiutare lui e lui prova ad aiutare me, capisci? Non ci piacciamo davvero. Però stasera vado a prenderlo in facoltà, speriamo di vedere e far ingelosire il suo fantastico professore quarantenne, così almeno otterremo entrambi quello che vogliamo”
“E il tuo turno quando arriverà?”
“Magari a pranzo, se riesco a convincere quel rompiballe di Alec a venire a pranzo”
“In bocca al lu- ” “MAGNUUUUUUUUUUS”.
La voce di Alec interruppe Catarina che riuscì a sentire quell’urlo anche dall’altra parte del telefono.
“Okay, va a vedere cosa vuole!”
“Sì” disse Magnus “A dopo”.
Si alzò svogliatamente dal letto, e spalancò la porta del bagno, ritrovandosi Alec nel box doccia, completamente nudo e bagnato da goccioline d’acqua.
Ecco, forse non avrebbe dovuto aprire quella maledetta porta, no, decisamente no.
Era stata proprio una mossa spiacevole che rischiava di far gonfiare qualcosa nei suoi pantaloni.
‘Oh Dio’ urlò il suo cervello; ebbe poco più di qualche secondo per guardarlo e osservare attentamente il colore degli occhi che diventava più evidente grazie alle ciocche di capelli inzuppati che gli ricadevano sulla fronte, le goccioline d’acqua che si beavano del suo fisico statuario, scivolandoci su come se fossero state al luna park, e poi, e poi… oh se non era piazzato bene! Aveva sempre pensato che fosse decisamente un +18, e non si era mai sbagliato.
Nascose un mezzo sorrisetto, e imprecò mentalmente, cercando subito di pensare a qualche altra cosa, non poteva pensare ad Alec nudo, o addio copertura del finto ragazzo!
“Magnus, che cazzo!” urlò Alec girandosi prontamente dall’altra parte.
‘Già, che cazzo!’ disse a sé stesso o forse a bassa voce perché sentì l’altro sbuffare.
‘Oh no’ pensò di nuovo Magnus, il lato B era ancora più doloroso del decisamente ben messo lato A. Mannaggia Alec.
“La smetti di fissarmi?”
“Io, fissare te?” chiese Magnus alzando gli occhi al cielo.
“Perché diamine sei entrato?” urlò Alec.
“Perché tu sei stato ad urlare il mio nome per mezz’ora senza dirmi cosa volevi”
“Avresti potuto bussare” sbuffò.
“Allora, mi hai chiamato per farmi uno spogliarello?” chiese in tono sarcastico Magnus, al che Alec piagnucolò; il ragazzo sorrise e osservò il viso di occhi blu che era andato completamente in fiamme; strano, nessun ragazzo etero era mai arrossito avanti a lui.
“Dove diavolo è il mio bagnoschiuma all’aloe?”
“Oh”
“COSA?”
“Volevi solo il bagnoschiuma? Basta chiedere!” Magnus sorrise ed entrò nel bagno, facendo l’indifferente, ma in quei pantaloni, nulla riusciva ad essere indifferente a tutta quella situazione.
Alec buttò la testa contro il vetro, quella volta più forte.
“Ehi, cacciatore, fa piano che potresti spaccare il vetro”
“Cacciatore?” chiese Alec alzando un sopracciglio.
“Sì, beh devi proprio fare grandi conquiste quando vai a caccia, con quella spada” disse Magnus scoppiando a ridere. Alec diventò viola, uno di quei viola scuri che sembrano quasi nero; Magnus era convinto che avesse proprio voglia di morire, o di uccidere lui…
“Magnus esci immediatamente dal bagno!” urlò.
“Ma non volevi il bagnoschiuma?” spostò un paio di boccettine da una mensoletta vicino allo specchio.
“Esci da questo dannato bagno”
“Brutte notizie, Cacciatore” sbuffò ridendo “Mi sa che il tuo bagnoschiuma l’ha finito Imasu, non gli piaceva quello al sandalo”.
Alec battette i pugni contro il box doccia “Magnus esci da questo dannato bagno e dì al tuo gentile ragazzo di andarsene affanculo!”.
Quello era fin troppo.
Magnus sorrise e aprì lo sportello della doccia, ritrovandosi Alec coperto solo da due mani messe prontamente sul punto strategico.
“Ad Imasu potrà anche non piacere, ma giuro che il Sandalo è ottimo e ha anche ottime proprietà biologiche. Prometto che ti ricomprerò a mie spese quello all’aloe”.
Gli fece un occhiolino ed uscì dal bagno, lasciando il povero occhi blu a sbuffare e odiare il mondo.
 
Alec si chiuse la porta del bagno alle spalle e si sedette sul suo letto; Magnus era steso a pancia in su –ovviamente senza maglia, lui in camera non indossava mai una maledetta maglia! - .
“Devo dartene atto, il Sandalo mi piace” disse massaggiandosi le tempie; quello che era successo poco prima era stata la cosa più imbarazzante di sempre, ma non voleva che potesse complicare la loro amicizia; in fondo Magnus lo aveva solo visto nudo!
Era successo centinaia di volte anche con Jace e persino con Isabelle, che entrava senza bussare nel suo bagno.
“Io ho sempre ragione” ridacchiò Magnus “avevo ragione anche sui tuoi +18” rise ancora e Alec alzò gli occhi al cielo arrossendo.
“Magnus che persona di cattivo gusto, sei!” sorrise.
“Oh, avanti, non avere vergogna! Non sei mica il primo ragazzo che ho visto nudo. Ricordati che sono anche io un +18, tra l’altro”
“Potresti piacere a Iz”
“Io piaccio già ad Iz” ribattette ridacchiando “Tua sorella mi adora, e se attualmente non fossi attratto da un ragazzo, forse potrei anche provarci”.
Alec alzò un sopracciglio “Scherzi, vero? Non conosci quella regola per la quale non si devono assolutamente toccare fratelli e sorelle degli amici?”
“No e continuerò a non volerla sapere, mi dispiace” sorrise “Tua sorella è una gran bella ragazza, ammettilo”
“Assolutamente! Odio il tipo che le sta vicino, sembra un ratto al confronto!”
“Ho conosciuto anche Sigmund e non è così tanto male come dici”
“Peccato che si chiami Simon” disse ridacchiando Alec.
“Oh, è uguale” fece Magnus con un gesto della mano.
“Forse potrei darti il permesso di provarci con lei, se giuri di non spezzarle il cuore”
Magnus scosse la testa sorridendo “Quindi ti dà fastidio se porto Imasu, ma non ci sarebbero problemi se a rubare il bagnoschiuma fosse tua sorella o una qualsiasi altra ragazza?”
“Nah!” Alec arrossì leggermente e scosse la testa “Non ci sarebbero problemi solo se fosse mia sorella a rubare il mio bagnoschiuma; lo faceva spesso anche a casa e onestamente lo facevo anche io con lei”.
Magnus ridacchiò “Non fare l’omofobo, okay?”
“Non sono omofobo, non odio né tantomeno ho paura del tuo ragazzo!”.
Bugia. Lo odiava e ne aveva anche paura, ma non per quello che credeva Magnus; non gli dava fastidio che gli piacessero i ragazzi in generale; gli dava fastidio che gli piacesse il suo amico, e gli dava fastidio che si sarebbe preso il suo ragazzo, un po’ come era successo con Clary e Jace.
“Così mi piaci” Magnus gli fece un occhiolino e ridacchiò.
“Allora, cosa hai da fare a pranzo?” chiese sedendosi sul letto; Alec scrollò le spalle.
“Dovrei andare a comprare del bagnoschiuma” disse ridacchiando, al che Magnus gli fece una specie di linguaccia decisamente sexy.
“Ti va di venire a pranzo con me e Imasu? Cioè Imasu probabilmente starà poco con noi perché avrà da lavorare, ma potresti iniziare a conoscerlo un pochino…”.
Alec deglutì e annuì, quasi sconfitto. “Uh direi d- ”.
Non terminò la frase perché il cellulare di Magnus prese a squillare interrompendolo; Alec si morse la lingua e si giurò che se fosse stato Imasu e Magnus avesse risposto senza farsi scrupoli per averlo interrotto, non ci sarebbe andato a quel pranzo.
Magnus sbuffò guardando lo schermo, quindi no, non poteva proprio essere Imasu.
“Scusa è mio padre, quella volta al mese che mi chiama devo rispondere!”
Alec annuì e si alzò dal letto, come a volergli lasciare un po’ di privacy; si avvicinò alla finestra e vi poggiò la testa.
Perché ogni volta che si finiva a parlare di quel ragazzo gli veniva un po’ da vomitare?
“Ragazza?” chiese Magnus “Non proprio” sbuffò.
Alec notò nervosismo e anche rabbia nella voce del suo amico, si girò verso di lui e lo fissò attentamente, chiedendosi cosa potesse avere detto di così fastidioso il padre.
“No. Non credo potrò esserci, tra un mese iniziano i corsi più importanti”
Magnus sbuffò, Alec si sedette sul suo letto e gli poggiò una mano sulla spalla, al che lui gli sorrise.
“Camille neanche potrà” sbuffò “No. Ci sentiamo. Ciao”.
Mai nessuna conversazione così breve aveva avuto il potere di buttare giù uno come Magnus, nella storia.
“Cosa succede?” chiese Alec sorridendogli preoccupato.
“Mio padre. Vuole che vada ad una cena che ha organizzato”
“Eh…?”
“Eh vuole che porti la mia ragazza”.
“Ah”. Alec lo guardò a bocca aperta e abbassò lo sguardo.
“Non sa che sei…”
“Bisex? No, non lo sa. Mio padre non sa niente di me per due motivi, a lui non interessa saperlo, e a me non interessa dirglielo”.
Alec annuì “So cosa si prova” sospirò e gli sorrise di nuovo “Troveremo una soluzione…”
“Mi presterai la tua ragazza?” ci scherzò su.
“O mia sorella” rispose a tono Alec alzandosi dal letto.
“Andiamo a pranzo, dai!”.
Magnus gli sorrise grato e lo seguì; ci mancava un mese, avrebbe potuto trovare una soluzione.
 
 
L’aria durante quel periodo sembrava quasi più leggera; il sole era caldo, ma non troppo, il vento fresco e dolce, le persone molto più allegre, quasi fiori, prati verdi e primavera potessero riuscire a far sbocciare di nuovo anche l’umore degli umani.
Alec, però, aveva sempre pronto sulle labbra uno sbuffo, o sugli occhi una bella alzatina di spalle; poteva anche essere primavera, ma la sua intolleranza verso il mondo non diminuiva mica.
Guardò l’orologio e poi Magnus che come per magia alzò una mano e sorrise ad una figura che si intravedeva dalla finestra; Imasu. Maledetto.
Alec sbuffò ancora, e provò ad autoconvincersi che non sarebbe andata tanto male, che Imasu non sarebbe stato poi un così grande disastro, e che in fondo un giorno sarebbe diventato suo amico proprio come era successo con Clary; ma quando questo entrò nel locale e si fiondò sulle labbra di Magnus perse ogni tipo di buon proposito.
Il ragazzo era alto, dinoccolato ma allo stesso tempo muscoloso, e stringeva con forza e allo stesso tempo dolcezza la spalla di Magnus, mentre sfiorava le sue labbra in un bacio caloroso e affettuoso.
‘Dannazione, Alec, distogli lo sguardo’ si ammonì mentalmente, ma non ci riuscì; il modo in cui quei due stavano avvinghiati gli dava un enorme fastidio, così tanto grande che dopo qualche secondo di slinguazzamento, non riuscì a non tossire e ricordare ad entrambi – Magnus sembrava essersene totalmente dimenticato! – che lui era lì.
Perfetto, quel pranzo non avrebbe potuto avere un inizio migliore.
Imasu si staccò lentamente da Magnus lasciandolo con un grosso sorriso sulle labbra; Alec per poco non lanciò uno sguardo disgustato all’amico.
“Ehi!” Imasu si diresse verso di lui “Tu devi essere Alexander!”
“Alec” sbuffò lui, allungando la mano per stringergliela “E visto il bacio appassionato che hai appena dato al mio amico, tu devi essere Imasu!”
“Proprio io” gli rispose sorridendo ancora.
Quanto gli stava antipatico quel sorriso tanto carismatico e simpatico!
Su quel viso perfetto non poteva fare altro che renderlo ancora più attraente.
‘Perché deve essere così bello!’ pensò Alec, ma ovviamente dopo si ammonì perché quello non sembrava proprio un pensiero da etero.
Magnus diede un piccolo colpetto nelle coste del ragazzo al suo fianco, che tossicchiò “Giusto, piacere di conoscerti!” esordì Imasu, togliendosi il cappellino.
“Piacere mio” rispose Alec.
“Bene, fatte le conoscenze, che ne dite di pranzare?” interruppe quello scambio di convenevoli inutili Magnus.
“Io sono di turno quindi non potrò pranzare con voi!”
“Che peccato” sbuffò Alec.
“Potremmo venire a consumare al bancone, così potresti passare da noi ogni volta che hai un momento libero” consigliò Magnus, rendendo Imasu felice e Alec scontento.
Così fecero; Alec e Magnus si sedettero al grosso bancone dove poco dopo Imasu portò un panino al salame e dell’aranciata per Alec, e una fetta di pizza al prosciutto con una birra per Magnus, seguito ovviamente da un dolce bacio.
Alec alzò gli occhi al cielo: perché tutte le coppie dovevano essere così melense?
Lui e Lydia non erano mica così!
“Che hai?” chiese Magnus interrompendo il suo flusso di pensieri.
“Niente, pensavo solo alle coppiette…”
“Cosa? Non ti piacciamo io e Imasu?”
“No” rispose Alec sbuffando.
“Cosa?” chiese Magnus alzando un sopracciglio.
‘Oh cazzo’ pensò Alec grattandosi un sopracciglio.
“No, ovvio che mi piacete! Sembrate una coppia molto molto affiatata, si vede che vi piacete molto, c’è molta… tensione sessuale tra voi!”
“Cosa?”  chiese di nuovo Magnus scoppiando a ridere “È quella che c’è tra tutte le coppie, immagino”
“Oh no” Alec bevve un sorso di aranciata “è quel tipo di tensione che vi porta a stare sempre attaccati, così tanto fastidiosamente attaccati” contò mentalmente quante volte si erano baciati e quante parole invece si erano scambiati, e le prime battevano decisamente le seconde.
Magnus alzò nuovamente un sopracciglio, in quel modo così interrogativo che faceva pensare ad Alec di aver appena detto una cretinata.
“Il che è un bene” completò lui, arrossendo “Anche se non c’è questo tipo di cosa in tutte le coppie”
“In tutte quelle in cui c’è attrazione fisica sì” ribattete Magnus.
“No! Cioè guarda me e Lydia!”.
Magnus nascose un sorrisino, era proprio la coppia a cui stava pensando mentre parlava di ‘attrazione fisica’.
“Ehi” Imasu arrivò con un’altra birra per Magnus ed un grosso sorriso.
“Finalmente un po’ di pausa, eh?” chiese Alec.
“Sì. È dura lavorare quando c’è il tuo attraente ragazzo che ti controlla”
“Sono qui solo perché appena finisci devo accompagnarti in facoltà per parlare con quello stronzo, altrimenti non starei a romperti le scatole” sbuffò Magnus assumendo una finta aria offesa.
Alec, invece, dovette nascondere la propria vera aria offesa per quello che Magnus aveva appena detto: era lì solo per Imasu? E dove era finito il ‘voglio farti conoscere il mio ragazzo’? Nella spazzatura, evidentemente, dal momento in cui Magnus lo voleva lì solo per non passare due ore guardando l’aria.
“Sei il migliore” disse Imasu sorridendogli “E non vedo l’ora che arrivi stasera!”.
Magnus sorrise e lo tirò per il colletto, per poggiare un bacio sulle sue labbra.
“Alec dice che siamo troppo attaccati”
“Davvero?” Imasu ridacchiò “presumo sia quello che succede in ogni coppietta che sta assieme da poco, no?”
“Probabile” rispose Alec scrollando le spalle.
“O in ogni coppia in cui c’è attrazione fisica” si intromise Magnus.
“E noi ne abbiamo fin troppa” ridacchiò Imasu.
Nuovo bacio.
Se ne erano dati uno un secondo prima, maledizione! Come potevano baciarsi continuamente? Non gli venivano vescichette o altro?
‘Che schifo.’ Pensò Alec.
“Allora sei sicuro non sia un problema accompagnarmi da quello stronzo?”
“Ovviamente, Im!”
“Non voglio tu faccia tardi per stasera!”
“Cosa c’è stasera?” chiese Alec, interessato.
Magnus tossicchiò a si massaggiò le tempie.
“La festa”
“La festa?” chiese, nuovamente.
“Sì, la festa. Ho aiutato Camille ad organizzare una festa per la fine del primo semestre”.
Alec guardò Magnus a bocca aperta, poi Imasu e nuovamente Magnus che lo fissava come se niente fosse.
Dava una festa e neanche lo invitava più!
Fino a poche settimane prima lo asfissiava per farsi accompagnare ad ogni stramaledetta festa, e in quel momento non gli aveva neanche accennato che ne avrebbe data una con Camille. Lo aveva praticamente ignorato. Non lo aveva considerato. Era come se non fosse esistito.
Perfetto, neanche un mese che aveva un fidanzato e già si era praticamente scordato di lui, del suo amico.
Che bell’affare avere un amico, eh.
“Camille? Quella Camille?”.
Aveva davvero organizzato una festa con la sua ex fidanzata?
Quella di cui si era lamentato e aveva inveito per tutto quel tempo?
Che bastardo.
“Sì, Camille quella Camille. L’ho superata…”
“L’hai superata. Oh. Ne sono felice”.
Alec sorrise, mai sorriso fu più finto.
Magnus invece si rivolse ad Imasu “Ho tutto pronto per questa sera, non ci sono problemi, tranquillo”.
Certo, il suo amico aveva appena scoperto che gli aveva nascosto una festa e non c’erano problemi.
“Perfetto! Se vieni un secondo con me di là, ti farò vedere la camicia che ho comprato stamattina!”
“Con piacere” Magnus sorrise e si alzò.
“Torno tra qualche secondo, Alec” gli fece un occhiolino e si avviò dietro il bancone con il ragazzo.
 
“Dici che ha creduto ai nostri baci? Sembrava un po’ diffidente…” disse Imasu spingendo la porta dello spogliatoio.
“Certo! Credo che tutte le coppie siano davvero così attaccate all’inizio”
“Io e George non smettevamo di fare sesso, effettivamente” ridacchiò occhi blu.
“La cosa della festa..”
“Oh Imasu, non avresti potuto infilarla meglio nel discorso! È stata perfetta! Hai visto la sua espressione?”
“Ecco, quella più che gelosa mi sembrava leggermente delusa e arrabbiata”
“Va benissimo uguale! Ora non dobbiamo fare che intrattenerci qui per un paio di minuti”
“Una scopata non viene bene in un paio di minuti, Mag. Almeno quindici minuti, e vieni qui” gli si avvicinò, sbottonò la sua camicia e sorrise.
“Ecco, così sarà più verosimile”
“Mhm” Magnus avvicinò le mani al colletto della divisa dell’altra e sbottonò due bottoni, per poi rimetterli assieme in modo errato.
“Oh i capelli” sussurrò Imasu “Dovresti spettinarli leggermente”
“NO” Asserì Magnus allontanandosi leggermente da lui “MAI”
“Oh, avanti! Questo ed altro per baciare quel bel pezzo di manzo! È così bello!”
“Imasu, è mio, scordatelo!”
“Neanche un piccolo trenino prima o poi? Quando sarà gay dichiarato?”
“MAI. Sono geloso delle mie cose”
“Tue cose? Oh allora già è tutto serio…”
“no..”
“Sei innamorato già di lui!”
“Amore” rise Magnus “non ti sembra un po’ troppo? Avanti, spettina questi capelli”.
Imasu sorrise, segretamente desiderava farlo dalla prima volta che aveva visto quei capelli pieni di gel; buttò le mani tra quell’ammasso di gel e spuntoni ordinati e quando le rimise fuori, di ordinato non c’era più niente.
“Direi che la missione ‘facciamo ingelosire occhi blu’ possa essere confermata come superata”
“Tra poco inizieremo la missione ‘facciamo ingelosire il professore che ha bisogno di pillole blu’, allora” scherzò Magnus, beccandosi un finto pugno.
“Hai il gayradar acceso?” chiese questo, avvicinandosi alla porta.
“Perché?”
“Quanto è gay Alec?”
“Abbastanza da farsi dominare”
“Oh no” Magnus scoppiò a ridere “Non voglio niente di simile con lui”.
 
Alec sbuffò, e meno male che doveva metterci qualche minuto.
Erano già venti minuti che erano chiusi chissà dove a fare chissà cosa.
Magnus se lo era portato dietro per non restare solo durante il turno del suo ragazzo, e in più lo aveva lasciato solo nel suo momento di spacco, e in più non lo aveva invitato ad una festa a cui lo avrebbe costretto a partecipare prima.
Quella situazione stava degenerando, non era stata così orribile neanche nel caso di Jace; aveva già vissuto tutto quello una volta, non lo avrebbe rifatto una seconda volta.
Si alzò e poggiò i soldi per il pranzo – compreso quello di Magnus, e una bella mancia – sul bancone, nell’esatto momento in cui Imasu e Magnus uscirono da una porta a soffietto completamente sfatti; Magnus aveva i capelli scomposti, i primi bottini della camicia erano fuori dall’asola; Imasu, invece, aveva i bottoni del colletto abbottonati in modo disordinato.
“Ehi, dove stavi andando?”
“No, dove tu eri andato!” sbuffò Alec “Vado via, ho da fare. Imasu ho lasciato i soldi lì” indicò il bancone “È stato un piacere” disse, allontanandosi.
Magnus ridacchiò e fece un occhiolino compiaciuto ad Imasu prima di correre dietro ad Alec.
“Oh” lo fermò proprio fuori la porta; lì ci sarebbe stata una bella litigata e per completarla, un grande bacio suggellatore di una giornata di gelosia.
“Cosa?” Alec si girò; lo sguardo arrabbiato, gli occhi scuri.
“Sei scappato così, senza dire niente, hai lasciato il mio ragazzo in quel modo.
Ti ho fatto conoscere una persona importante della mia vita”
“Oh davvero? Pensavo mi avessi portato solo per farti compagnia, cosa che tra l’altro mi hai obbligato a fare fino all’ultima festa, tre settimane fa, prima che ci fosse Imasu!”
“Alec” ridacchiò “Non ti ho portato solo per quello!”
“Ah no?”
“No” sorrise “volevo anche farti conoscere il mio ragazzo, davvero”
“Anche. Volevi anche farmi conoscere il tuo ragazzo. Ma che amico fantastico ho! Ah, a proposito! Grazie mille per avermi invitato alla festa eh. Mi divertirò tantissimo stasera”
“Cosa.. ma se neanche ci saresti venuto! So che ti scocci alle feste”
“E tre settimane fa non lo sapevi, eh?”
“Ma cos’è una scenata di gelosia, questa?” chiese Magnus allargando le braccia, stendendole quasi volesse fendere l’aria attorno a loro e smorzarla.
Alec scosse la testa sbuffò.
“Non esiste peggior sordo di chi non vuol sentire, Magnus”
“E neanche peggior cieco di chi non vuol vedere, Alexander. Tu non vuoi vedere”.
Magnus si sarebbe dovuto interrompere lì, avrebbe dovuto smetterla, anche perché era uscito lì fuori con l’idea di un dolce litigio romantico da terminare con dolce bacio, quello sembrava un litigio tra due fidanzati isterici.
Aveva preso tutto con un tono leggero quando aveva visto Alec uscire dal locale, ma poi vedergli negli occhi quello sguardo perso e quasi deluso, come se davvero Magnus lo avesse tradito in qualche modo, lo aveva destabilizzato.
Il tono con cui gli parlava, poi. Sembrava volerlo accoltellare.
“Vaffanculo” sbuffò Alec girando le spalle per andarsene.
“Ci vediamo stasera alla mia festa, allora. Credo che farai da accompagnatore alla tua ragazza, no?” chiese Magnus con un tono acido e superbioso.
“Hai invitato persino Lydia!”
“Certo. Ma se preferite restare in camera a guardarvi negli occhi e dichiararvi quanto vi piacete fino a quando uno dei due non si scoccia, tranquilli, non siete obbligati. D’altronde nessuno dei due è chissà quanto sociale e ha chissà quanta vita, qui dentro, no?”.
Alec girò le spalle e tornò verso il suo amico.
“Si può sapere cosa cazzo hai contro me e Lydia?” urlò Alec
“Te, in una relazione con una donna!” rispose senza neanche pensarci un attimo Magnus, che subito dopo si ritrovò senza parole, si diede dello stupido e guardò l’altro mortificato.
Alec era a bocca aperta, come un pesce, non sapeva cosa dire, boccheggiava cercando qualche insulto, qualcosa per uscire da tutto quello vincente, ma non c’era un modo.
Lo guardò un’ultima volta dall’alto in basso, e si chiese se davvero era sua amico quanto pensava prima; se davvero stava con lui perché gli faceva piacere e non solo perché non aveva nessun altro; se vedeva qualcosa in lui e non solo una vaga speranza di portarselo a letto; sperava che quello che una volta gli aveva confessato mentre era imbottito di Maria, potesse essere svanito e dissolto nel nulla, ma chiaramente la cotta di Magnus per Alec era ancora lì, e la convinzione che Alec fosse gay era ancora radicata in Magnus.
Il problema era un altro, oltre alle convinzioni ferme di Magnus: e se non si fosse sbagliato?
Lo guardò per un’ultima volta, come se avesse voluto imprimere bene la sua figura dietro la retina, come se non avesse più potuto vederlo e forse sarebbe stato così per un po’; sentì quel legame di amicizia spezzarsi, quasi come se fosse stata una corda tirata per troppo tempo.
Lo guardò un’ultima volta e si chiese se tra i due, non fosse davvero lui quello più attratto dall’altro.
Si girò lentamente e mentre Magnus dispiaciuto sussurrava un “Aspetta, Alexander” lui era già per la sua strada a cercare una soluzione a tutto quello.
Erano troppi i punti da riordinare e da solo probabilmente non ce l’avrebbe fatta.

 

Spazio autrice.
E finalmente anche la benedetta sessione estiva è finita, quiiiiindi eccomi qui a postare un nuovo capitolo che ho amato scrivere!
È iniziato con una scena tra il comico e l'hot e purtroppo è finito con una bella litigata, la prima di taaaante litigate; da questo momento in poi si entra un pochino pochino nell'angst, forse, e onestamente non me lo aspettavo da questa storia, ma sta uscendo fuori così quindi pazienza; i Malec che litigano sono sempre il mio forte <3 (quanto mi piace farmi del male?).

Okay nada, forse questo è l'ultimo capitolo che leggerete prima di settembre perchè settimana prossima partirò per *rullo di tamburi* la prima vacanza da sola con le mie amiche, e ho ancora la valigia da fare quindi non so se riuuscirò a postare un altro capitolo prima di sabato prossimo; se vi fa piacere giuro che farò il possibile :3

Fatemi sapere se vi è piaciuto questo capitolo :3
Grazie mille per averlo letto e grazie anche alle persone che seguono/hanno tra i preferiti/ricordati/ e leggono ogni capitolo; un ringraziamento speciale va alle poche persone che recensiscono; leggere i vostri commenti mi rallegra la vita e mi spinge a scrivere di più e più velocemente, quindi se ho postato oggi è anche grazie a voi :3
Basta con tutti sti 'grazie' che mi sta salendo il diabete.
A presto, spero, (e se non dovessimo rileggerci) passate una bella estate e divertiiiiiiiitevi che poi inizia una nuova sessione/un nuovo anno scolastico/lavorativo, e so cazzi :O

StewyT~

Spoiler.
Le braccia della ragazza si alzarono di nuovo in aria, per poi piantarsi dietro al collo del ragazzo, che fu avvicinato pericolosamente a lei.
Poteva baciarla, o accarezzarla, o dire che era la cosa più bella al mondo.
Poteva scegliere quella strada, o quella della realtà; probabilmente se non avesse scorto Magnus a guardarlo, avrebbe scelto la seconda strada: avrebbe abbracciato Lydia, le avrebbe detto che forse non era giusto fare quello, e poi si sarebbe allontanato.
Invece, sentiva lo sguardo di Magnus bruciare lungo la sua schiena, le sue gambe, la sua anima, e voleva allontanarlo, voleva fargli vedere che lui era attratto dalla ragazza che aveva avanti.
 

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Capitolo 5
*** Feste degenerate. ***


Feste degenerate.
Attenzione.
 Verso metà capitolo ci sono frasi palesemente omofobe e un Alec palesemente OOC,
vi prego di perdonarmi per aver fatto quello che leggerete, ma è alla base della trama.

 
 
La musica a palla intasava già le orecchie di Alec che non era ancora entrato e già voleva andare via, ma era lì per sfidare Magnus; per fargli capire che si sbagliava, per fargli capire che avrebbe vinto lui quella battaglia.
Lydia lo guardò e alzò un sopracciglio in segno di domanda; Alec si schiarì la voce e sospirò “non mi piacciono molto le feste, in genere”.
“Neanche a me” rispose lei “ma pensavo che questa ti sarebbe piaciuta perché c’è Magnus, magari me lo farai conoscere davvero” sorrise e Alec deglutì. Quante cose non sapeva di lui quella ragazza.
Forse però, senza che Alec se ne fosse accorto, lei aveva capito il suo segreto; un segreto così profondo e radicato che aveva portato lo stesso ragazzo a dimenticarlo.
“Se vuoi andiamo via”
“No” il ragazzo le sorrise e cinse le sue spalle con un braccio e bussò il campanello, credendo che nessuno avrebbe sentito la porta a causa di quel frastuono, ma a quanto pareva c’era qualcuno con un gran bell’udito ad attenderli dietro la porta.
Camille si fece da parte sorridendo “E quindi anche il bel tenebroso e la sua sexy fidanzata hanno deciso di degnarci della loro presenza”
“A quanto pare” Alec scrollò le spalle “Siamo in tempo?”
“La festa è appena iniziata, ragazzino”
“Perfetto” le sorrise e una sua mano istintivamente scese a cercare quella di Lydia; aveva bisogno di supporto per superare tutto quello.
“Lydia ti trovo sempre più bella e in forma perfetta” sussurrò Camille avvicinandosi al suo orecchio; la ragazza arrossì e sorrise imbarazzata, Alec alzò gli occhi al cielo.
“Anche tu bisex?” chiese curioso.
“Nella vita si deve cambiare e provare di tutto” ridacchiò facendo un occhiolino. “se vi va di provare qualcosa di nuovo, sarò lieta di aiutarvi”
“No” Alec scosse la testa e sospirò “No, grazie, credo che per questa sera resteremo tradizionalisti!”.
Camille sbuffò scontenta “Allora godetevi questa festa, spero non la troverete troppo noiosa”
“sicuramente no” azzardò Lydia.
“Ehm Magnus è arrivato?” chiese Alec prima che la bionda si allontanasse nella folla, ma la risposta venne da una chioma gelatinata e glitterata che il ragazzo riuscì a scorgere tra tutte le altre: sì, Magnus era arrivato.
 
Magnus si sistemò la giacca color prugna e si guardò allo specchio; certo, aveva proprio ottenuto quello che voleva, come ogni altra volta.
Alec. Solo con lui non riusciva mai ad avere quello che sperava.
Imasu emerse dal bagno, i capelli bagnati gocciolanti, un sorriso sexy sulle labbra, eppure Magnus riusciva solo a vedere lo sguardo deluso del suo amico fuori al bar, qualche ora prima.
Si sedette sul letto e sbuffò guardando l’altro.
“Credi che se la sia presa davvero?”
“Direi di sì” si guardò allo specchio, pettinò i capelli e poi li aggiustò con del gel.
Guardò Magnus seduto con la testa tra le mani, e le spalle curve. No, non era proprio da lui. Si mise al suo fianco.
“Gli hai praticamente ribadito il fatto che ti piace e che credi sia omosessuale. Se è il tipo di persona che prova a nasconderlo a sé stesso, di sicuro ci sarà rimasto male. È brutto sentirti dire la verità, quando provi ad evitarla in ogni modo”.
Magnus annuì, sbalordito ancora una volta, di quanto riuscisse a mettere tutto a posto quel dolce quanto saggio ragazzo.
Occhi blu provò a rassicurarlo “Magari però quelle parole avranno potuto scatenare qualcosa in lui!”
“Sì, rabbia” Magnus sospirò alzandosi “Ma sai una cosa? Questa sera voglio far finta che Alexander non esista, voglio divertirmi e proveremo a farlo assieme”
Prese la mano di Imasu e sorridendo lo spinse fuori dalla porta dove la festa era già iniziata da parecchio, ed era già piena zeppa di persone.
Non sapeva se sperare che Alec ci fosse o meno; voleva semplicemente passare quella serata come avrebbe fatto con uno dei tanti ragazzi, ad uno dei suoi tanti appuntamenti. Forse l’idea di Ragnor era stata ottima, far ingelosire Alec poteva essere la cosa buona da fare per farlo venire alla luce, ma forse anche la sua speranza di riuscire a trovare qualcos’altro poteva essere buona.
Sorrise ad Imasu, indicando Catarina, Ragnor e Raphael seduti su un divanetto; era arrivato il momento di presentarglielo; lo prese per mano e si girò per arrivare dai suoi amici, e proprio in quel momento il suo cuore rischiò di fermarsi per qualche istante; al fianco di una ragazza bionda e bella da levare il fiato, fasciata in un vestito stretto ed elegante azzurro, c’era il ragazzo più bello che avesse mai visto in vita sua.
Pantaloni aderenti blu, camicia bianca arrotolata ai polsi, braccia possenti, collo elegante, viso bianco, occhi blu e capelli neri.
Alexander lo stava guardando quasi come faceva lui: a bocca aperta; eppure si era ripromesso di far finta che non esistesse, quindi si girò dall’altra parte e sorrise al ragazzo che aveva al proprio fianco.
Se Alec voleva fingere, poteva fare altrettanto.
 
Lydia voleva ballare e anche se non esisteva cosa al mondo che Alec sapeva fare peggio, la seguì in pista, e assecondò ogni suo movimento; lei era bella, bella bella.
Sinuosa, elegante, sexy e persino intelligente. Tutto quello che qualsiasi ragazzo avrebbe voluto al suo fianco.
Era intelligente davvero però, talmente tanto da riuscire a capire quello che il ragazzo che aveva avanti desiderava.
Alzò le braccia toniche in aria, e Alec osservò il suo vestitino azzurro ricco di pietrine argentate, alzarsi leggermente per andare a scoprire ancora di più le gambe piene e sode; non gli stuzzichini che tutte le ragazze si vantavano di avere: lei aveva delle vere gambe, belle e sensuali.
Le mani di Lydia scivolarono lungo la sua figura, percorrendo le onde che il seno e i fianchi andavano a creare, e Alec deglutì. Non si era mai spinto più in là con lei, ma forse avrebbe potuto rimpiazzare le sue mani; avrebbe potuto accarezzarla come stava facendo lei, di sicuro gliel’avrebbe detto, se le fosse dispiaciuto.
Le braccia della ragazza si alzarono di nuovo in aria, per poi piantarsi dietro al collo del ragazzo, che fu avvicinato pericolosamente a lei.
Poteva baciarla, o accarezzarla, o dire che era la cosa più bella al mondo.
Poteva scegliere quella strada, o quella della realtà; probabilmente se non avesse scorto Magnus a guardarlo, avrebbe scelto la seconda strada: avrebbe abbracciato Lydia, le avrebbe detto che forse non era giusto fare quello, e poi si sarebbe allontanato.
Invece, sentiva lo sguardo di Magnus bruciare lungo la sua schiena, le sue gambe, la sua anima, e voleva allontanarlo, voleva fargli vedere che lui era attratto dalla ragazza che aveva avanti.
Sospirò. Era una ragazza, come Iz, lei gli diceva sempre quanto le piacesse essere accarezzata dolcemente ma con decisione; ce l’avrebbe fatta.
Le sue mani arrivarono a sfiorare il fondoschiena di Lydia che si ritrasse leggermente, spingendosi ancora di più verso di lui; i loro bacini cozzarono, i loro sguardi si incatenarono. La ragazza sorrideva imbarazzata, il ragazzo provava a capire come muovere le mani, dove destinarle.
Con la punta delle dita salì leggermente, fino ad arrivare a sfiorare le sue spalle, dopodiché scese di nuovo, e ripuntò le mani all’altezza dei fianchi e poi con un movimento audace, fu lui ad avvicinarsi a lei e senza esitazione spinse le labbra verso le sue per rubarle un bacio sexy ed animato, più di qualsiasi altro bacio si fossero mai dati.
Sì, poteva convincere Magnus.
Avrebbe convinto anche Lydia?
 
“No, davvero, sei uno stupido cavoletto verde” sbottò Magnus indicando Ragnor con un dito. “Sono ancora indignato per quell’episodio in perù!”
“TU?” Ragnor prese un sorso del suo cocktail e gli puntò due dita contro, doveva sempre esagerare. “Tu sei indignato? Ci hai fatto arrestare, maledetto idiota!”.
Catarina al ricordo di quell’evento scoppiò a ridere, e Raphael si chiese curioso come fosse il Ragnor di cinque anni prima.
Imasu osservava quel gruppo di ragazzini con occhi sognanti; guardava Ragnor e Raphael essere così uniti eppure così liberi e sinceri l’un con l’altro; giocosi e scherzosi, amici oltre che amanti.
Era quello che desiderava. Non voleva solo sesso. Non voleva solo aspetto fisico.
Voleva uscite, baci in pubblico, libertà, verità, sincerità, amore.
Voleva quel maledetto stronzo al suo fianco, ma sapeva che lui non sarebbe mai stato in grado di dargli tutto quello; quell’odioso professore sexy gli avrebbe sempre e solo potuto dare sesso, orgasmi, urla, pianti e bugie. Mai amore. Lui, però, era degno di amore, anche se forse non aveva preso sempre le scelte migliori in vita sua.
Sorrise all’ennesima battuta di Magnus senza neanche ascoltarla davvero, e poi alzò lo sguardo verso il suo, perdendosi nella sua forza, nella sua sincerità, nel suo meraviglioso essere. Sapeva che anche Magnus non avrebbe potuto dargli quello che desiderava e non perché non fosse capace di regalare amore, semplicemente perché il suo amore era tutto canalizzato verso un’unica persona.
“Avresti potuto baciarmi, sarebbe andato tutto meglio” sbuffò Magnus.
“Perché, eh? Non avresti provato a fare amicizia con un babbuino, poi?”
“Beh probabilmente no, e probabilmente non mi sarei beccato quel virus che mi ha tenuto a letto per una settimana”.
“Spero almeno che non gli abbia fatto tu da infermierina sexy” sbottò Raphael dando una pacca scherzosa a Ragnor, che quasi si strozzò con una patatina.
“No, e non l’ho fatto neanche io. A quell’epoca c’era ancora Camille!” Catarina sorrise ricordando le telefonate disperate di Magnus che aveva il terrore che la bionda si presentasse a casa sua con una siringa e delle fialette in borsa.
Parli della bionda e spunta la tintura!
Camille si avvicinò a loro in tutta la sua eleganza.
“Parlate di Camille e lei vi dedica la sua presenza” Disse con quel suo tono ammaliante che spesso infastidiva chiunque – non fosse uomo - .
Magnus alzò gli occhi verso di lei, sorridendo, e poi il sorriso gli morì sulle labbra.
Alec ce la stava mettendo tutta per farsi notare da lui; era ancora in pista, e se prima aveva baciato la sua ragazza, non appena Magnus lo aveva guardato, ora era lì lì per iniziare dei deliziosi preliminari, prima di prenderla e portarla in qualche strana camera.
“Imasu” disse alzandosi “Ti va di andare a fare una passeggiata?” chiese sperando che l’altro capisse quello che gli stava chiedendo davvero.
Il ragazzo si alzò annuendo “un po’ di aria fresca?”
“Magnus ti cedo la mia camera” disse Camille ridacchiando “Ma solo perché mi fido di te” gli fece un languido occhiolino e si allontanò.
Camille che gli semplificava le cose? Cosa stava accadendo al mondo?
 
Alec guardò Magnus alzarsi, dare la mano al suo ragazzo ed allontanarsi verso un lungo corridoio; nello stesso momento gli venne un conato di vomito e la voglia di corrergli dietro ed impedirgli di fare qualsiasi cosa stessero per fare. Il solo pensiero di Magnus che baciava quel ragazzo o persino che lo sfiorava lo faceva impazzire e non capiva neanche perché. Non era come con Jace; in quel caso gli dava fastidio vedere la rossa gironzolare sempre dietro il suo migliore amico prendendosi sempre il suo tempo. Con Magnus era leggermente diverso.
Notò che la presa sui fianchi di Lydia era rallentata e a quanto pareva anche lei lo aveva notato, e aveva notato anche altro. Strinse le mani a quelle del ragazzo, poi le spinse leggermente via e sospirando si allontanò dalla folla di persone che ballavano per avvicinarsi al bancone degli alcolici dove solo una decina di persone erano sedute a parlare. Alec osservò attentamente i suoi movimenti stizziti e pregando che non fosse successo niente di particolare in quei due secondi in cui si era distratto, le corse dietro.
“Ehi” si sedette sullo sgabello al fianco al suo e la guardò sorridendo.
“Ti sei stancata?” prese un sorso di liquido in un bicchiere poggiato sul bancone e non senza un’espressione disturbata e uno strano sapore in bocca, lo ingoiò come si fa con una medicina disgustosa.
“No, ho pensato che ti fossi stancato tu” disse lei bevendo a sua volta il suo cocktail; Alec la osservò finire velocemente il suo bicchiere, e ordinarne subito un altro.
“Come diavolo fai? Fanno schifo!”
“Dipende da quello che scegli” rispose la ragazza abbozzando un sorrisino.
“Due sex on the beach!” chiese al ragazzo dietro al bancone, poi puntò lo sguardo in quello di Alec.
“Ti sei divertito in pista?”
“Non sono capace per nulla, ma è stato divertente, devo ammetterlo” ridacchiò “E poi onestamente avevo qualcuno di molto sexy da guardare” disse sentendosi subito dopo un maledetto stupido; lui non sapeva fare complimenti o essere seducente.
“Me ne sono accorta!”. Il ragazzo dietro il bancone servì ai due i loro bicchieri ricolmi di liquido arancione.
Alec imitò la sua ragazza e ne prese un sorso restandone piacevolmente colpito; non era schifoso come il primo; aveva un dolce gusto di pesche mischiato ad arancia e in fondo si sentiva l’aroma forte della vodka.
“Avevi ragione, questo è molto più buono” disse sorridendo.
“Ad ogni modo volevo farti un complimento prima ma a quanto pare non è riuscito” ridacchiò imbarazzato “Volevo dirti che sei bellissima normalmente, ma vestita e truccata in questo modo lo sei ancora di più. Ecco, mi sembra di aver appena sparato una cretinata colossale. Sono un idiota che non sa fare complimenti” sospirò arrossendo leggermente e Lydia sorrise scuotendo la testa.
“Sai perché non riesci a farmi complimenti?”
“Perché sono timido?”
“Perché non ti piaccio; non in quel senso, almeno”. Lydia alzò un sopracciglio guardandolo attentamente e Alec la guardò stranito e quasi spaventato.
“Cosa stai dicendo…?”
“Che non ti piaccio, semplice”
“Ma è un’idiozia, te ne rendi conto? Solo perché non ti dico ogni momento che sei bellissima, perché non so farlo, non significa che tu non mi piaccia”
“Alec” la ragazza sospirò e si alzò, avvicinandosi di più a lui “Io ti voglio bene ed è orribile vederti mentire a chi ti sta attorno, ma a questo punto è peggio vederti mentire a te stesso”
“Lydia che stai blaterando?”.
“Che ti voglio bene e voglio restare al tuo fianco, ma non posso essere la tua ragazza se tu sei attratto da un altro, se tu non vuoi baciarmi o venire a letto con me perché non ti attiro in quel modo!”
“Lydia sei la ragazza più bella che conosca, come potresti non interessarmi in quel maledetto modo?”
“Beh proprio perché sono una ragazza”.
Alec scosse la testa alzandosi a sua volta.
“Adesso basta. Stai sparando un mare di cazzate!”
“Alec” Lydia poggiò le mani sul suo petto “Non ti sto dicendo di ammetterlo, non voglio che tu faccia qualcosa che ti fa star male, ma non puoi neanche continuare a far finta di niente e far stare male me”
“Non voglio! Non ho mai voluto farti stare male” disse lui massaggiandosi le tempie.
“Allora non far finta di nulla. Non ammettere di essere omosessuale, se non vuoi, ma non continuare a dire che ti piaccio in quel modo e che in questo momento non preferiresti essere con Magnus. È lui che ti piace, è lui che desideri. Lui dovrebbe essere quello che io sono per te, e viceversa!”
Alec scosse la testa “Cosa stai dicendo? Mi stai davvero incasinando la testa”
“Posso continuare a far finta di essere la tua ragazza, ma devi pensarci, Alec. Devi venire fuori dal tuo tunnel di paura”.
Il ragazzo ridacchiò e scosse la testa “Non sono omosessuale”
“No?” chiese Lydia guardandolo negli occhi.
“No” rispose lui.
“Bene allora.. mi dispiace Alec, ma non ho intenzione di restare al tuo fianco in nessun modo. Non mi piacciono le persone che si nascondono, quelle che mentono e quelle che non amano sé stessi. Fino a quando non amerai quello che sei, non riuscirai mai ad amare nessun altro, e io ho bisogno di amore nella vita”.
Alec strinse una mano di Lydia “Non ti chiedo di restare”
“E cosa? Di non dire a nessuno che non sono più la tua ragazza? Mi dispiace ma per il momento non voglio avere niente a che fare con te. Quando avrai capito chi sei e non avrai più paura di fingere e nasconderti, io ci sarò perché ti voglio bene, ma ora no. Non me la sento”.
Lydia deglutì e ricacciò indietro le lacrime “Divertiti, Alec” sospirò girando i tacchi per andare via.
Per la prima volta dopo tanto tempo Alec si sentì davvero solo.
I suoi fratelli non c’erano.
La sua ragazza non c’era.
Magnus non c’era.
E lui cosa stava facendo della sua vita?
Ordinò due cocktail alcolici, e due ancora e altri due.
Era solo, tanto valeva farsi fare compagnia da qualche bicchiere.
 
“Ti dà fastidio vederlo mentre bacia la sua ragazza?” chiese Imasu sedendosi sul letto al centro della grossa stanza con una parete di vetro che si affacciava sul campus.
“Sì” sospirò Magnus considerandosi un cretino; era così stupido essere geloso di un ragazzo che probabilmente non lo avrebbe mai ricambiato o peggio non avrebbe mai avuto il coraggio di dirlo.
“Perché… vorresti essere al tuo posto o perché non ti piace il fatto che si nasconda?”
“Non ti nego che mi darebbe fastidio anche se baciasse un ragazzo, ma sicuramente il fatto che menta a sé stesso peggiora solo le cose. Non capisco come qualcuno per mera paura possa nascondersi e non vivere”
“Io sì” sospirò Imasu “Quel bastardo è stato il mio primo ragazzo. Prima non avevo avuto altri ragazzi o ragazze; ho solo avuto un bacio ma non mi sono mai spinto oltre, restavo nell’ombra” alzò gli occhi al cielo, forse per ricacciare la rabbia. “Non accettavo il fatto di essere attratto dai ragazzi e quindi mi facevo del male in qualsiasi modo possibile, primo tra tutti mentendo a me stesso”. Sospirò.
“Il primo ragazzo che mi è piaciuto, che tra l’altro mi piace ancora, poi, è stato il più improbabile. Come può piacerti una persona che non sarà mai pronta a darti altro perché ti vede solo come un amico?”
Magnus sospirò, ritrovandosi in quella sua frase, poi però si concentrò su di lui; lo guardò e nei suoi occhi ci trovò una tristezza infinita.
“Mi dispiace” sussurrò accarezzando la sua guancia.
“Non lo facevo solo perché avevo paura dei miei”
“Io non ho detto ancora ai miei di essere bisex” ammise Magnus.
“Ecco, allora mi capisci. Non lo facevo perché non volevo che fosse così”
“Non ti capisco del tutto, io ho subito ammesso a me stesso di essere di entrambe le squadre” Imasu sorrise leggermente.
Il silenzio calò tra di loro per qualche minuto e fu rotto in fine da Magnus.
“Lo hai ammesso qui al College?”
“No, prima” rispose “Al liceo. La mia migliore amica mi dichiarò di essere lesbica e io le dissi che probabilmente ero gay, ma tutto finì lì. Non ho neanche avuto il coraggio di dirlo a Woosely, mio migliore amico. Quel bacio mi ha spaventato troppo e non ha fatto altro che farmi chiudere in me stesso. Qui ho avuto la mia unica e sola esperienza e onestamente è stata la cosa migliore di sempre, anche se quel maledetto pezzo di merda mi ha distrutto”
“Oggi mi sembrava abbastanza infastidito, però” lo punzecchiò Magnus.
“Non voglio che sia infastidito. Voglio che si arrabbiato, accecato dalla gelosia, voglio che venga da me e dica di aver sbagliato. Voglio che mi chieda scusa. Va bene anche se poi mi dice che non può stare con me e non può lasciare tutto per me.”
Magnus annuì e gli strinse forte una mano “A costo di andare da lui e riempirlo di botte ti farò chiedere scusa”.
Imasu sorrise e annuì. “Non potrò mai più averlo, però”
“Quello fa parte del piano. Devi trovare qualcuno che possa amarti come tu puoi amare lui”
“Qualcuno che provi quello che tu provi per Alec” sospirò lui facendo scoppiare a ridere Magnus. “Io non lo amo” disse guardandolo negli occhi “Per amare ci vuole tempo.”
“Beh ci sei vicino”
“Forse” disse avvicinandosi di più a lui.
“Posso aiutarti a trovare qualcuno…”
“Beh come accoppi tu, nessuno!”. Magnus sorrise.
“Hai qualche amico che ti piace?”.
Imasu si prese un secondo per pensarci e annuì.
“Ma ora non voglio pensare a lui”
“Perché mai?”
“Perché non ti ho detto tutto del piccolo Imasu del liceo”
“Ha a che fare con quel bacio?” chiese alzando un sopracciglio.
Imasu nascose un sorriso “Perché per questa sera non mi aiuti a pensare che lui non esista….?” Chiese avvicinandosi pericolosamente a lui prima di spingersi velocemente sulle sue labbra e baciarlo.
Magnus restò spiazzato; credeva fossero diventati amici e che non ci sarebbe stato mai niente del genere tra loro, invece il ragazzo stava sfiorando le sue labbra e con le mani lo stava quasi implorando di ricambiare il bacio, allora gli strinse le mani attorno alle spalle e gli permise di godersi quel bacio, forse il primo vero bacio dato con un fondo di sentimento.
Il sentimento sbagliato, purtroppo.
 
Alec si alzò dallo sgabello ciondolando; aveva la testa che girava forte, una gran voglia di vomitare e di pescare Magnus per potergli almeno buttare addosso tutto quello che pensava di lui.
Si grattò la testa e trascinandosi pesantemente a terra si avviò verso il corridoio in cui si erano imboscati i due fidanzatini; aprì la prima porta che trovò, fallendo.
Proseguì con la prossima e quella dopo ancora fino a quando non trovò la camera in cui i due si erano appartati.
C’era poca luca, ma riusciva a distinguere perfettamente i due ragazzi che si stavano baciando, nonostante avesse il cervello annebbiato dall’alcool.
Non appena aprì – sbattendo – la porta, Imasu si allontanò da Magnus ed entrambi lo guardarono con gli occhi sbarrati, i petti ansimanti e uno strano sguardo negli occhi; come se fossero stati interrotti durante il loro primo bacio. Come se non si fossero baciati prima.
Alec osservò la scena e poi scoppiò a ridere; chiuse con un tonfo la porta e si parò avanti ai due.
“Volete sapere cosa è appena successo?”.
Magnus si alzò dal letto e si avvicinò a lui “Sei ubriaco!” sbuffò massaggiandosi le tempie.
“No” rispose lui “sono distrutto, però, quello sì. Lydia mi ha appena lasciato e vuoi sapere perché?” parlò così tanto velocemente che i due ragazzi riuscirono a cogliere tutte le parole a stento.
“Perché dice che fino a quando non mi amerò non potrò amare nessuno, e che sono gay. Lydia dice che per come ti guardo dovrei stare con te e lei dovrebbe solo essere una mia amica”.
Magnus sospirò e Imasu si avvicinò a loro due, come se stando più vicino a Magnus si sentisse più sicuro, come se avesse voluto proteggerlo.
“Ed è così?” chiese Magnus.
“Non lo so” urlò Alec “Non lo so perché non sono un frocio e perché non ho mai baciato un frocio, ma sai cosa ho pensato? Che uno dei miei amici più stretti lo è, quindi potrei chiedere di farmi provare. Non ti dispiacerebbe, vero?”.
Prima che Magnus, Imasu e lo stesso Alec capissero cosa stava per succedere, Alec si spinse oltre Magnus e si attaccò alle spalle di Imasu, baciandolo con forza e allo stesso tempo ribrezzo. Imasu lo spinse via prontamente, e Magnus guadò la scena ricacciando quasi indietro le lacrime.
“Non fa così tanto schifo, poi” sbuffò Alec scoppiando subito dopo a ridere.
Magnus si buttò addosso a quest’ultimo, spingendolo contro la parete.
“Sei ubriaco” urlò “E pazzo. Sei un folle”.
Alec rise ancora “E tu un obbrobrio, un indeciso. Donne, uomini, frocio o no?”.
Magnus represse la voglia di prenderlo a cazzotti, e lo strinse più forte alla parete.
“Dillo, ripetilo ancora. Non è un’offesa. Non lo è per niente. È quello che sono. Sono bisessuale, non ho problemi con questo e tu, invece?  Sei solo un ragazzino impaurito che non ha le palle di dire che gli piace il cazzo quasi quanto piace a me, ecco cosa sei. E ora esci dalla mia vita, Alec!” urlò ferocemente.
Alec lo spinse via e rise “non sono un frocio come te e il tuo ragazzo”.
Magnus sbuffò e proprio non ci vide, un suo pugno finì per caso sull’occhio dell’altro che si abbassò e rise ancora.
“Va via. Nella mia vita non voglio omofobi come te. Nella mia vita non voglio persone come te” urlò ancora, dopodiché lo prese di peso e lo spinse fuori la porta.
Alec si accasciò lì fuori, e scoppiò in lacrime.
Tutto quello che successe dopo, non lo avrebbe saputo spiegare.


 

Spazio autrice.
Mi avevate chiesto di postare un altro capitolo prima di partire, ebbene, questo è l'altro capitolo che vi avevo promesso.
È più doloroso e angst del precedente, però, quindi mi sto sentendo leggermente stronza a postarvelo sapendo che non potrò darvi il continuo prima di settembre perchè non avrò internet. Vi prometto che farò il possibile per cercare un internet point o qualcosa con il wifi per poter postare prima.

Ad ogni modo, questo è uno degli unici capitoli che abbia mai scritto, che mi fa odiare da morire per quello che ho fatto fare ad Alec, ma purtroppo era fondamentaleper la trama; a causa di questo 'sbotto' succederanno taaaaante cose tristi per cui potrete odiarmi.
Ricordate che mi dispiace tantissimo sfociare nell'OOC, soprattutto se si parla del mio personaggio preferito di sempre (Alec), ma purtroppo non posso cambiare la storia o la mia idea, quindi giuro solennemente di provare sempre a renderlo il meno possibile OOC, nel caso, 'blame and shame on me'.

Nada, questo è il capitolo, spero vi sia piaciuto almeno un pochino e che non mi odiate toooootalmente.
Buone vacanze, a presto, spero!
StewyT~


  Cazzarola, mi ero completamente dimenticata dello spoiler dal prossimo capitolo, quindi per farmi perdonare ve ne posto due (pure belli lunghett!); ognuno dai prossimi due capitoli.
“Oddio ma dove sono?” provò a cambiare posizione, e zac, ecco di nuovo un dolore più forte del precedente.
“A casa mia”
“A Cambridge?”
“Oxford. Da un mese vivo qui, ricordi?” disse Catarina.
“Giusto” annuì massaggiandosi le tempie. “Ma cosa ci faccio qui?”
“Non ricordi niente di ieri sera, vero?”  chiese lei con un sorrisetto malizioso.
No, no, no, no poteva essere come uno di quei scadenti americani in cui il ragazzo si ubriacava, andava a letto con una tizia e poi si scopriva follemente innamorato di lei.
Lui non era neanche sicuro di…
“Oddio Siamo andati a letto?” chiese sbiancando.
Catarina scoppiò a ridere, quasi non iniziò a lacrimare tanto rideva.
“No, no” si alzò e si avvicinò verso di lui “sarebbe stato più facile se fosse successo quello, ma non sei venuto a letto con me. Non sei il mio tipo e scusa la franchezza, anche io non sembro proprio il tuo tipo”.
Alec annuì consolato; non aveva niente contro quella ragazza, ma se doveva andare a letto con qualcuno, per la prima volta, voleva almeno esserne cosciente.
“Allora cosa ho fatto….? Insomma ricordo…”.
Si bloccò di colpo e ricordò. Ricordava che aveva ballato per gran parte della serata con Lydia, che aveva visto Magnus guardarlo e poi andare via, che aveva scherzato con Lydia e assaggiato un sex on the beach, e poi che lei lo aveva lasciato perché sapeva che non gli piaceva.
Piacere? A lui piaceva eccome!
E poi dopo aveva iniziato a bere, bere, bere, e poi?
“Mi ha lasciato Lydia” sussurrò “E io mi sono ubriacato”
“Sì, questo è quello che so anche io, ma non è quello per cui ho trovato Magnus in lacrime nella camera da letto di Camille, e te addormentato nel tuo stesso pianto, fuori quella porta”.
“Cosa?” Alec la guardò, in ansia come poche altre volte in vita sua.
Non aveva mai visto Magnus piangere e se lo faceva di sicuro doveva essere per un orribile motivo.
“Ho parlato con Magnus e mi ha spiegato perché piangeva e c’entri tu”
“IO? IO HO FATTO PIANGERE MAGNUS?”.
Un forte conato di vomito gli risalì per la gola, e un’unica frase gli rimbombò nelle orecchie: “Va via. Nella mia vita non voglio omofobi come te. Nella mia vita non voglio persone come te”.
“Cosa cazzo ho combinato?” disse alzandosi allarmato “Devo trovare Magnus, devo chiedergli scusa ma non so neanche per cosa” gli venne quasi da piangere, anzi no, pianse proprio; si asciugò una lacrima che era caduta senza che se ne accorgesse e si ritrovò il polso stretto tra le mani di Catarina.

La porta si spalancò velocemente e da lì ne uscì altrettanto velocemente Isabelle che si buttò tra le braccia del fratello proprio come avrebbe fatto qualcuno che stava aspettando un commilitone che tornava dalla guerra.
Iz era così, una bomba di pura passione.
Alec sorrise e inspirò il dolce e forte profumo della sorella stringendola forte a sé.
Ecco, tornare a casa aveva degli svantaggi come ad esempio dover passare del tempo a casa dei suoi genitori, con i suoi genitori che lo osservavano come si fa con un topo da laboratorio, ma aveva anche i suoi grossi vantaggi, primo tra tutti i grossi abbraccioni calorosi della sorella che lo facevano sentire al sicuro.
“Sembrava proprio che mi stessi aspettando” ridacchiò quando la sorella lo lasciò andare e se lo trascinò dentro.
“Sì, sai com’è, Gossip Girl è molto attenta a quello che fa la nostra famiglia. Ci spia” ridacchiò lei tirando i lunghi capelli neri come la notte su una spalla; Alec alzò gli occhi al cielo sorridendo.
“E per caso il tuo Gossip Girl si chiama Magnus Bane?”.
Iz ingoiò un risolino e si accomodò sul grosso divano di pelle chiaro che era al centro del saloncino della loro enorme quanto vuota casa. 

 

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Capitolo 6
*** Toccata e fuga. ***


Toccata e fuga.
 
Magnus si stropicciò gli occhi e sbuffò; non aveva dormito neanche un’ora, quella notte, a causa dell’orribile litigio avuto con Alec. Sapeva che era ubriaco e che probabilmente neanche riusciva a collegare i propri neuroni, ma quelle parole – anche se avrebbe detto all’infinito il contrario – lo avevano ferito, e lui si sarebbe aspettato di tutto, ma non di essere ferito in quel modo da Alec.
Si mise a sedere e girò il volto verso il ragazzo steso nel proprio letto; Imasu, con i suoi tratti angelici e le sue lunghe ciglia che gli sfioravano gli zigomi, il suo sorriso dolce e il suo abbraccio confortevole, sarebbe potuto essere perfetto per lui, eppure non era quello di cui aveva bisogno; eppure entrambi avevano bisogno l’un dell’altro per avere quello che desideravano.
Sospirò ancora; lui forse non avrebbe avuto quello che desiderava, non quello che aveva sentito dire ad Alec la sera prima, ma Imasu avrebbe avuto quello di cui aveva bisogno: un ragazzo che lo avrebbe amato quanto meritava.
Si spinse sul materasso per raggiungere il cellulare del ragazzo, abbandonato sul comodino, dopodiché si richiuse silenziosamente in bagno, cercò il suo nome e chiamò. Non gli interessava se erano le otto del mattino, doveva sapere cosa era successo, doveva sapere quanto poteva fare affidamento su quel ragazzo che c’entrava col primo bacio dell’amico.
“Imasu? Sei davvero tu? Cosa succede?” la voce all’altro capo era dolce ma al tempo stesso rauca; sexy da morire, persino di più di quella del professore sexy.
“No, non sono Imasu” rispose Magnus.
“E Chi sei?”
“Un suo amico”
“Si è finalmente deciso a venire allo scoperto, eh?” chiese il ragazzo con la voce impastata all’amarezza.
“È per questo che ti chiamo”
“Senti non voglio immischiarmi nella sua vita se lui non vuole… se sei il suo ragazzo non credo che dovresti stare a parlare con me, ora”
“No” quasi urlò Magnus per non farsi attaccare il telefono in faccia “Non sono il suo ragazzo, sono solo un amico che vorrebbe qualcosa di buono per lui”
“E io cosa c’entro?”
“Mi ha parlato di un primo bacio con un ragazzo e mentre lo faceva aveva gli occhi brillanti come non mai”
“E ribadisco la domanda, io cosa c’entro?”
“Oh, avanti Woosley Scott  so che quel ragazzo a cui ha dato il suo primo bacio sei tu. So che sei lo stesso Woos suo migliore amico che non sente da due anni”.
Ci fu un lungo silenzio, e Magnus immaginò Woosley rivivere quel bacio, quell’addio e sperò che magari fosse nato un sorriso sulle sue labbra.
“Sono io” sussurrò talmente a bassa voce che fece quasi fatica a sentirlo.
“Eri davvero solo il suo migliore amico?”. Altro silenzio.
“Per lui sì, suppongo”.
Magnus sorrise; no che non era solo quello, e doveva scoprire anche per Woosley cosa era.
“Fidati di me, ne ho di esperienza, non eri solo quello. Ma per te lui cos’era?”
“L’ho sognato tante volte” sussurrò “E dopo aver capito che non potevo continuare ad essere solo suo amico non ho potuto fare altro che farglielo capire e poi allontanarmi da lui. Non ha mai ammesso di essere gay, se non con mia sorella che era la sua migliore amica.”
“Cazzo. La sua migliore amica era tua sorella e tu eri il suo migliore amico e il primo ragazzo per cui ha preso una cotta che ancora ora non vuole ammettere. La cosa è complicata”
“Già”
“Ti piace ancora?”.
Magnus era sempre così diretto nelle sue domande.
“Non era solo ‘piacere’. Non ho mai voluto portarmelo solo a letto”
“Dove.. dove studi o vivi? Insomma dove potremmo vederci?”
“Londra?”
“Ci sto”
“Perché vuoi vedermi?”
“Lui sta attraversando un brutto periodo a causa di un pezzo di merda ma so che anche tu gli piaci ancora e non solo perché vorrebbe  portarti a letto”
“E quindi…?”
“Hai un ragazzo ora?” chiese ancora.
“No”
“Allora vediamoci venerdì nel bar della stazione a Londra, okay? Ti farò sapere a che ora arrivo”
“Tutto questo è troppo complicato, devo pensarci”
“Devi pensarci? Ti sto dicendo che il ragazzo di cui eri innamorato potrebbe ricambiarti”
“Il condizionale non mi è mai piaciuto”
“Okay, facciamo così… tu pensaci un po’ su, mhm? Poi mi fai sapere, ti invio un messaggio con il mio numero”
“Okay”
“Okay”.
Magnus attaccò, eliminò la telefonata e sospirò, era stata una gran faticaccia.
Uscì dal bagno e sorrise vedendo Imasu seduto con le gambe incrociate e gli occhi dritti nei suoi.
“Cosa facevi?”
“Non stavo piangendo” disse camminando filo filo al tavolo in modo da poggiarvi il telefono senza farsi vedere.
“Stai ancora male per quell’idiota?” il ragazzo si stropicciò gli occhi e gli fece segno di andarsi a sedere al suo fianco, Magnus lo assecondò.
“Ci sto male perché pensavo fossimo amici prima di tutto, poi se ne esce fuori con quelle cose. È stato brutto. Credo che anche mio padre direbbe la stessa cosa se glielo dicessi, sai?”. Imasu gli accarezzò la spalla destra.
“Non te ne deve fregare di quello che dice quel coglione e di quello che direbbe tuo padre. Sei perfetto, Magnus. Sei un ragazzo forte, intelligente, pieno di qualità. Sei un uomo perfetto” Gli sorrise e sfiorò una sua guancia. “Se in questo momento non fossi così incasinato tra quel maledetto e quel professore e tu non fossi incasinato con Alec, sai che ci proverei in qualsiasi modo con te?”
Magnus ridacchiò “Tutti ci provano in qualsiasi modo con me” alzò le spalle e sorrise.
“E sai perché? Perché non interessa a nessuno della tua sessualità. Sei favoloso e sti cazzi se ti piacciono uomini, donne, uomini e donne. All’universo piaci tu”.
Magnus si sporse e colse di sorpresa l’altro, abbracciandolo.
“Okay ora stai diventando troppo femminuccia per i miei gusti, però” sbuffo Imasu, ridendo, prima di ricambiare la sua stretta.
“Mi dispiace di averti usato per questo piano folle” sbuffò.
“Ehi, vedi il lato positivo delle cose. Siamo entrambi nella merda, il piano di nessuno dei due ha funzionato!”.
Magnus ridacchiò “Beh non è ancora del tutto detto” gli fece un occhiolino e si stese sul letto, sperando di trovare un po’ di pace.
 
 
Alec aprì gli occhi e subito si rese conto di un paio di cose:
  1. La luce forte lo accecava e gli faceva venire voglia di non essere mai esistito;
  2. Aveva un fortissimo mal di testa che era ovviamente dovuto a tutto quello che era successo la sera precedente, visto che non riusciva a capire neanche dove si trovasse.
La domanda fondamentale, però, era una: Cosa diavolo era successo la sera precedente?
Si stropicciò gli occhi e sbadigliando si mise a sedere, maledicendo tutti gli esseri del mondo a causa di quell’atroce dolore che gli attanagliava la testa; era come una morsa di acciaio che premeva sulle sue tempie con lo scopo di fargli scoppiare il cranio.
“Ti sei svegliato!” una voce femminile lo fece saltare sul posto; si girò verso la fonte e vide seduta ad un tavolo di cristallo Catarina, l’amica dai capelli azzurri di Magnus.
“Credevo non ti saresti mai più risvegliato, non so se mi spiego”.
Alec la indicò “Tu sei-sei Catarina, vero?”
“Bravo, non hai perso la memoria!”
“Oddio ma dove sono?” provò a cambiare posizione, e zac, ecco di nuovo un dolore più forte del precedente.
“A casa mia”
“A Cambridge?”
“Oxford. Da un mese vivo qui, ricordi?” disse Catarina.
“Giusto” annuì massaggiandosi le tempie. “Ma cosa ci faccio qui?”
“Non ricordi niente di ieri sera, vero?”  chiese lei con un sorrisetto malizioso.
No, no, no, no poteva essere come uno di quei scadenti film americani in cui il ragazzo si ubriacava, andava a letto con una tizia e poi si scopriva follemente innamorato di lei.
Lui non era neanche sicuro di…
“Oddio Siamo andati a letto?” chiese sbiancando.
Catarina scoppiò a ridere, quasi non iniziò a lacrimare tanto rideva.
“No, no” si alzò e si avvicinò verso di lui “sarebbe stato più facile se fosse successo quello, ma non sei venuto a letto con me. Non sei il mio tipo e scusa la franchezza, anche io non sembro proprio il tuo tipo”.
Alec annuì consolato; non aveva niente contro quella ragazza, ma se doveva andare a letto con qualcuno, per la prima volta, voleva almeno esserne cosciente.
“Allora cosa ho fatto….? Insomma ricordo…”.
Si bloccò di colpo e ricordò. Ricordava che aveva ballato per gran parte della serata con Lydia, che aveva visto Magnus guardarlo e poi andare via, che aveva scherzato con Lydia e assaggiato un sex on the beach, e poi che lei lo aveva lasciato perché sapeva che non gli piaceva.
Piacere? A lui piaceva eccome!
E poi dopo aveva iniziato a bere, bere, bere, e poi?
“Mi ha lasciato Lydia” sussurrò “E io mi sono ubriacato”
“Sì, questo è quello che so anche io, ma non è quello per cui ho trovato Magnus in lacrime nella camera da letto di Camille, e te addormentato nel tuo stesso pianto, fuori quella porta”.
“Cosa?” Alec la guardò, in ansia come poche altre volte in vita sua.
Non aveva mai visto Magnus piangere e se lo faceva di sicuro doveva essere per un orribile motivo.
“Ho parlato con Magnus e mi ha spiegato perché piangeva e c’entri tu”
“IO? IO HO FATTO PIANGERE MAGNUS?”.
Un forte conato di vomito gli risalì per la gola, e un’unica frase gli rimbombò nelle orecchie: “Va via. Nella mia vita non voglio omofobi come te. Nella mia vita non voglio persone come te”.
“Cosa cazzo ho combinato?” disse alzandosi allarmato “Devo trovare Magnus, devo chiedergli scusa ma non so neanche per cosa” gli venne quasi da piangere, anzi no, pianse proprio; si asciugò una lacrima che era caduta senza che se ne accorgesse e si ritrovò il polso stretto tra le mani di Catarina.
“È qui, okay? È qui, potrai chiedergli scusa in tutte le lingue del mondo, ma vorresti sapere prima perché, almeno?”
“Ti prego!”
“Hai baciato Imasu”
“COSA?”.
Non era possibile. Non aveva mai baciato un uomo, anche se si era spesso ritrovato a desiderarlo, ma non aveva mai pensato che il suo vero primo bacio sarebbe stato con un ragazzo che non conosceva e in un momento che neanche avrebbe ricordato.
“Lo hai fatto. E poi hai iniziato ad insultare lui e Magnus per la loro sessualità e hai detto a Magnus l’unica cosa che lui ha sempre avuto paura di sentirsi dire”
E Alec sapeva cosa era.
E Alec si sentì una totale nullità.
“Devo andare da lui”
Catarina annuì e gli indicò la sua stanza.
Alec si guardò allo specchio enorme che copriva la parete del corridoio e non si riconobbe; vide un ragazzo pallido, con gli occhi velati, le labbra distorte e un grosso cerchio viola su un occhio; sospirò. Non ricordava neanche come si era fatto quello.
Pensò che probabilmente poteva essere stato Imasu, per quel bacio, ma la smentita di Catarina arrivò dopo poco.
“È stato Magnus”.
Alec rimase a bocca aperta; Magnus lo aveva colpito. La cosa doveva essere molto più grave di come pensava, e quello lo spingeva a non voler entrare in quella camera, ma almeno una volta nella sua vita doveva comportarsi da vero uomo; doveva dimostrare a Magnus che ci teneva a lui, e che non avrebbe voluto fosse successo niente di quello che non ricordava.
Prese un grosso respiro, si fece coraggio e bussò alla porta che fu aperta dopo qualche secondo da Imasu. Alec lo guardò, rosso in volto, e lui ricambiò con uno sguardo di sfida.
“Posso entrare?”
“No” ribattette lui, ma Alec gli diede una leggere spinta e si insinuò oltre le sue spalle, riuscendo ad entrare.
“Magnus?” chiese.
“Cosa vuoi?” sbuffò Imasu “Vuoi darmi un altro bacio e poi correre ad insultare il tuo amico, eh?”.
Alec arrossì ancora di più e nascose il viso tra le mani.
“Sono mortificato, okay?? Mi dispiace per quello che ho fatto a te e ancora di più per quello che ho detto a Magnus, anche se non ricordo nulla perché ero totalmente ubriaco. Sono stato un totale coglione”.
Imasu scosse la testa “Gli ha fatto del male!” gli ringhiò contro; Alec cacciò indietro un groppo di lacrime.
“Non avrei voluto” deglutì “Devo parlargli. Devo chiedergli scusa. Devi dirmi dove è!”
“Io ti devo qualcosa?” Imasu ridacchiò amaramente, e poi lo spinse al muro, imprigionandolo in una rete di braccia possenti e sguardi minacciosi.
“Io non ti devo niente, non dopo quella schifosa cosa che hai fatto stanotte e lui, oh Alec, lui non ti deve nulla, nulla. E tu non devi permetterti di rivolgergli la parola, mai mai mai più”
“E tu chi sei per dirmi quello che devo fare?” ringhiò a sua volta il ragazzo spingendolo “Lui è una delle persone più importanti che ho e non me lo farò scappare così”. Imasu rise ancora amaramente.
“Così? E con ‘così’ intendi con orribili parole e sguardi spregevoli?”.
Alec cacciò indietro altre lacrime e lo spintonò leggermente.
“Magnus! Magnus dove sei?” urlò, ritrovandosi le mani di Imasu all’altezza del collo. “Magnus esci! Esci! Devo dirti che mi dispiace!”.
La voce di Alec si ruppe nel pianto e fu in quel momento che Magnus uscì finalmente dal bagno, con un asciugamano in vita, i capelli bagnati e un sorrisino sulle labbra. Guardò Alec e Imasu a bocca aperta, poi il suo viso si deformò in un’espressione di dolore e tristezza.
“Sei venuto di nuovo a dirmi che sono un indeciso? Un bisessuale né frocio né uomo?”.
Alec scosse la testa; aveva così tanta voglia di scoppiare a piangere e implorargli perdono in ogni modo possibile.
“Ero ubriaco, sai che non lo penso. Sai che non ti avrei mai detto una cosa simile. Sai che sei uno dei miei più grandi amici e ho bisogno di te”
“Sai cosa mi hai detto ieri? Che Lydia ti ha lasciato perché crede che tu sia omosessuale e che tu sia attratto da me” ridacchiò e scosse la testa “Sai subito dopo cosa hai fatto? Hai baciato il mio ragazzo e mi hai insultato”.
Alec si asciugò una lacrima “Lo so, lo so. Catarina me lo ha detto. Giuro che non ricordo niente, niente. Ma devo chiederti scusa, devo dirti che mi sento una persona orribile, che non so come farmi perdonare”
“Non puoi” sbottò Magnus “Non puoi perché io non voglio qualcuno come te al mio fianco. Mi piaci, Alec. È vero, te l’ho sempre fatto capire che se tu fossi interessato, potrei non solo essere tuo amico. Ma sentirti dire le cose di cui ho sempre avuto il terrore mi ha fatto cadere un mito. Non voglio più- ”.
Alec lo interruppe provando ad avvicinarsi a lui “Magnus no! Non dirlo. Non…non… non mi è mai interessato della tua sessualità, mi interessa solo di te. Sei una delle persone più- ”
“Lo hai già detto, ma sai cosa? Non mi interessa”.
Alec annuì. Non sapeva cosa fare; si sentiva di nuovo completamente solo.
Lydia lo aveva lasciato.
I suoi fratelli non c’erano.
Magnus stava iniziando a sembrare solo un bellissimo miraggio.
“Proverò qualsiasi cosa al mondo per farti capire che mi dispiace” deglutì “E sono mortificato anche per quello che ho fatto a te” disse rivolgendosi a Imasu.
“Ciao Magnus” disse, correndo quasi fuori dalla porta, verso quella d’ingresso.
Doveva allontanarsi da tutto quello, scappare, perché era l’unica cosa che gli riusciva sempre bene. Doveva chiedere aiuto a qualcuno.
“Dove vai?” chiese Catarina.
“Ho un- ho un aereo tra qualche ora, devo andare. Quando Magnus si calmerà, ti prego di dirgli che quando tornerò mi farò trasferire in un altro alloggio. Digli anche che non so come chiedergli scusa e che gli voglio davvero davvero bene”.
“Alec no, sei sconvolto, resta qui, okay? Chiarirete tutto!”
“Mi dispiace” disse chiudendosi la porta alle spalle.
 
Doveva andare via.
 
Alec si guardò attorno e fece un veloce calcolo di tutto quello che aveva preso e doveva ancora prendere; la valigia era fatta, doveva solo chiuderla, il resto lo avrebbe preso al ritorno e lo avrebbe fatto portare nel nuovo alloggio.
Si sedette sul letto, col volto nascosto tra le mani, e finalmente diede al suo corpo quello che voleva: scoppiò a piangere.
Si sentiva una persona orribile e non sapeva come fare a far capire a chi aveva fatto del male che non lo avrebbe fatto volontariamente.
Si alzò asciugandosi le labbra, e chiuse la valigia; mancavano due ore, doveva avviarsi all’aeroporto; era già stata una grande fortuna trovare un aereo per New York.
La porta si spalancò con un tonfo, e Magnus affannato e trafelato guardò Alec, quasi con sollievo.
“Ti ho chiamato circa dieci volte da quando sei andato via!” disse sconvolto.
“Catarina ti ha detto che al mio ritorno non verrò di nuovo qui!?”
“E anche che stai per andare via” Magnus entrò dentro e si guardò attorno.
“Sì, ho prenotato il biglietto circa due mesi fa”.
Che differenza c’è tra due mesi e due ore!
“E non mi hai detto niente”
“Me ne ero…. Dimenticato”.
Pessimo come sempre a dire bugie.
“Vai via a causa di quello che c’è stato ieri?”
“Mi dispiace” sussurrò “Mi odierò sempre per aver rovinato la nostra amicizia”.
“Oh Alec” Magnus piagnucolò sbuffando.
“Ho esagerato prima”
“No” scosse la testa “Sono stato un pezzo di merda, devo ammetterlo”
“Beh sì” Magnus ridacchiò “ma ho reagito male. Alla fine eri… ubriaco”
“Sì” sospirò.
“Ho sempre temuto quelle parole ed è stato brutto sentirmele dire da te”
“Lo capisco e capisco che tu non mi voglia più vedere…”
“Alec sono cose che si dicono!”
“Non mi odi?”. Il volto di Alec si colorò leggermente, e perse tutta la paura che c’era dipinta prima.
“Oddio” Magnus sbuffò “come potrei mai odiarti se sei uno di quelli a cui più voglio bene?”.
Alec sorrise debolmente.
“Non voglio che tu vada via a causa mia e voglio che quando torni venga qui in camera nostra”
“Non vado via a causa tua. Devo… schiarirmi le idee”.
Magnus alzò un sopracciglio con curiosità “su cosa?”.
Alec sospirò “Ho il chek-in tra poco, mi dispiace, devo andare”
“Ti accompagno all’aeroporto?”
“No” scosse la testa “Mi dispiace ancora, Magnus”.
“Alec sono arrabbiato con te e probabilmente lo sarò parecchio per i prossimi tempi, ma ti voglio un bene folle e in fondo già so di averti perdonato”.
Alec annuì e gli si avvicinò “Posso…?”.
Magnus ridacchiò e lo abbracciò con forza, e fu in quel momento che Alec sentì la differenza; Lydia forse non si sbagliava. Le braccia di Magnus gli davano quella sicurezza, quella forza e quell’amore che pochi altri abbracci riuscivano a trasmettergli.
In quell’abbraccio si sentiva sé stesso.
Si allontanò leggermente e lo guardò negli occhi; quei prati verdi illuminati da raggi d’oro meravigliosi.
Gli sorrise, presa la propria valigia e si chiuse la porta alle spalle.
Da cosa si stava allontanando?
Da niente e da tanto.
Da Lydia e da Magnus.
Da quello che era e da quello che non voleva essere.
Si stava allontanando da tutto.

 
Spazio autrice.
EEEEEEEEEEEEEEEH anche quest'estate è finita; che tristezza, già mi mancano le giornate stesa al sole a far nulla!
Se vi interessa saperlo (un coretto di *ma che ce ne freeeeega* si solleva in aria) questa è stata una delle migliori estati di sempre e non avrei mai voluto che finisse; anche per questo ho scritto poco e niente MA non ho abbandonato la Malec, anzi, l'ho conclusa (e per dimostrarlo vi dico che l'ultima parola della storia è ZAN ZAN "vera". Awh. Amo le ultime parole!) e ne ho iniziata un'altra, che sarà una OS, probabilmente, YAAAAY.
Okay questo a parte, spero che anche le vostre vacanze siano state ottime, e che non mi odiate ancora per lo scorso capitolo; in questo capitolo sembrano "risolversi" alcune cose, ma MUAHAHAH no. Non sono così facili i litigi con me <3

Fatemi sapere come sono andate le vostre vacanze e cosa ne pensate del capitolo e in generale della situazione; sotto vi lascio il solito spoiler, ovviamente un pezzetto nuovo del prossimo capitolo (diverso da quello che ho postato l'altra volta!).
A presto, spero.
StewyT~


Spoiler~
Poggiò lo sguardo sul piccolo comò, vicino alla porta del bagno, pieno di foto sue e della sua famiglia; foto in cui un piccolo lui sorrideva tra le braccia del padre che gli ricordava troppo sé stesso; foto in cui era abbracciato alla madre, che con i suoi profondi occhi scuri sembrava voler bucare il vetro del portafoto; foto in cui era intento a leggere un libro ad Isabelle, mentre lei, stesa sul divano, lo osservava completamente rapita e innamorata; foto in cui per la prima volta abbracciava Jace, dopo aver deciso che non era una minaccia anche se non era suo fratello di sangue; foto in cui aveva in braccio Max con i suoi occhietti vispi e pochi capelli a coprirgli la testa, e ai suoi lati c’erano gli altri due fratelli: Iz che stringeva una manina paffuta di Max e Jace che aveva la mano poggiata sulla sua spalla.
Quella era la sua famiglia, e gli era stata vicina sempre.
Sospirò ricordando le parole di Magnus, che una volta gli aveva confessato di non aver detto ai suoi di essere bisessuale perché sarebbe stato un disastro: suo padre probabilmente non gli avrebbe mai più parlato se non per insultarlo, lo avrebbe cacciato di casa e si sarebbe preso gioco di lui in qualche modo; sarebbe rimasto completamente solo, senza alcuna protezione, senza una mamma a stringergli le mani, senza fratelli a spalleggiarlo.
Lui aveva tutto quello. Aveva dei fratelli meravigliosi che sarebbero sempre stati al suo fianco e lo avrebbero protetto da tutto proprio come lui faceva con loro.
Ma allora, di cosa aveva paura?

 

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Capitolo 7
*** Casa, dolce casa. ***


Casa, dolce casa.
 
L’aria lì a NY era diversa da quella di Oxford: più forte e pesante, ma allo stesso tempo familiare e dolce; c’erano stati momenti in cui aveva odiato profondamente quel posto, il posto in cui tutti quelli che non ci erano nati e cresciuti volevano recarsi per avverare i propri sogni, il posto in cui lui non era riuscito ad avverare neanche uno dei punti della sua lunga lista dei desideri, il posto da cui era scappato a gambe levate anche se provava a mentirsi dicendo di non averlo fatto.
Eppure, eppure gli mancava quando era lontano; NY, la sua aria viziata, le sue luci, la sua perversione nascosta male, le persone che corrono a destra e sinistra, le luci dei grattacieli più forti di quelle delle stelle, le anime più libere delle ali di un gabbiano. New York era anche tutto quello e lui amava tutto quello. Ad Oxford, a volte, - contrariamente a quello che aveva pensato – non riusciva a sentirsi come in quel posto; si sentiva costretto, chiuso, senza aria da respirare.
Sospirò sorridendo e guardandosi un’ultima volta attorno, prima di suonare il campanello: era finalmente a casa.
La porta si spalancò velocemente e da lì ne uscì altrettanto velocemente Isabelle che si buttò tra le braccia del fratello proprio come avrebbe fatto qualcuno che stava aspettando un commilitone che tornava dalla guerra.
Iz era così, una bomba di pura passione.
Alec sorrise e inspirò il dolce e forte profumo della sorella stringendola forte a sé.
Ecco, tornare a casa aveva degli svantaggi come ad esempio dover passare del tempo a casa dei suoi genitori, con i suoi genitori che lo osservavano come si fa con un topo da laboratorio, ma aveva anche i suoi grossi vantaggi, primo tra tutti i grossi abbraccioni calorosi della sorella che lo facevano sentire al sicuro.
“Sembrava proprio che mi stessi aspettando” ridacchiò quando la sorella lo lasciò andare e se lo trascinò dentro.
“Sì, sai com’è, Gossip Girl è molto attenta a quello che fa la nostra famiglia. Ci spia” ridacchiò lei tirando i lunghi capelli neri come la notte su una spalla; Alec alzò gli occhi al cielo sorridendo.
“E per caso il tuo Gossip Girl si chiama Magnus Bane?”.
Iz ingoiò un risolino e si accomodò sul grosso divano di pelle chiaro che era al centro del saloncino della loro enorme quanto vuota casa.
Alec sbuffò; aveva litigato con Magnus, si era allontanato da Magnus, eppure lui lo perseguitava ancora. E meno male che era partito per allontanarsi da tutto.
“Allora!” Alec si sedette al fianco della sorella e le accarezzò una spalla “Come ve la cavate qui a NY senza di me?”.
“Alla grande” Rispose la ragazza ridacchiando “Non c’è nessuno che ci fa da balia anche a scuola!”. Il ragazzo la guardò contrariato e sbuffò; non era colpa sua se lei e Jace si mettevano continuamente nei guai e lui voleva proteggerli.
“Scherzavo” disse lei ricambiando la carezza “Ci manchi ed è ancora più difficile sopportare mamma e papà senza te che ci difendi”
“E mi prendo le vostre punizioni” aggiunse alzando l’indice verso la sorella che sorrise.
“Tu come te la cavi a Oxford?”
“Ho finito i miei esami in anticipo quindi eccomi qui” fece spallucce “Direi che me la cavo bene”
“Oh non volevo sapere degli esami”; sfoderò uno dei suoi più profondi sguardi indagatori e puntò gli occhi in quelli azzurri del fratello, che si sentiva sempre imbarazzato da quel tipo di attenzioni.
“Smettila Isabelle! Sai che mi dà fastidio”
“Cosa?”
“Che mi guardi così!” sbuffò lui.
Beh quello non era proprio il modo migliore per iniziare una conversazione con sua sorella; sembravano due estranei piuttosto che due fratelli che non si vedevano da tempo, ma Alec sentiva che qualcosa non andava. Era come se Izzy sapesse e lui non lo voleva; voleva solo dimenticare tutti i suoi problemi e non parlarne, dunque qualsiasi tipo di domanda da parte della sorella lo metteva in allerta e lo spaventava. Persino il modo in cui lei lo guardava lo allarmava. Voleva dimenticare. Voleva che Iz non chiedesse e per farlo doveva parlare lui il più possibile. Doveva provare ad allontanarla, almeno fino a quando non si sarebbe sentito pronto.
“Come stanno Jace e Max? E Clary?”.
Izzy sorrise; Alec non aveva sopportato Clary per molto tempo, ma da quando aveva capito che faceva solo del bene a suo fratello, aveva iniziato a guardarla in modo diverso e addirittura a parlarle, finendo per diventare un suo grande amico.
“Jace sta alla grande, probabilmente finirà nell’arma come ha sempre desiderato. Non si sa ancora niente di certo, ma il colloquio sembra essere andato bene. Max è sempre la solita peste tutto libri e occhiali giganti e Clary finito il liceo si trasferirà per qualche mese a LA per seguire dei corsi avanzati in una meravigliosa accademia d’arte”.
Alec scosse la testa “Mi prendi in giro? Credi che non sappia già tutto questo?”.
La sorella alzò un sopracciglio “E allora cosa vuoi sapere?”
“Come stanno! Tu, ad esempio, come stai?”
“Bene…?”
“E con Simon come va?”
“E tu? Come va con Magnus?”.
Alec sospirò e alzò gli occhi al cielo “amici come sempre”
“E perché sei qui?”
“Cosa, ti dispiace? Speravo che almeno tu, Jace e Max poteste essere felici del mio breve viaggio. Resterò pochi giorni, non vorrei rovinarli parlando del perché sono qui o cretinate simili”.
Ecco fatto. Aveva fatto un gran bel guaio.
Si alzò dal divano sbuffando “Vado a fare una doccia!”
“Alec!” piagnucolò la ragazza. “Cosa hai che non va?”
“Niente”
“Arrivi, non mi saluti neanche, sei freddo, spari domande idiote…”
“Sono stanco” si avviò con la propria valigia su per le scale. Doveva allontanarla.
“Sei un deficiente” sbuffò “Smettila di comportarti come un cretino, come se nessuno fosse disposto ad ascoltarti”
“È stato Magnus a farti questo lavaggio del cervello e a dirti che dovrei parlare di quello che sento con qualcuno? Perché beh adesso non sento niente se non stanchezza!”
“Sei ingiusto”
“Perché mai?” Aprì la porta di camera sua, ritrovandosi subito al sicuro; le pareti scure, la grossa vetrata al fianco del letto, le morbide lenzuola. Gli mancava.
“E va bene, riposati quanto vuoi” sbuffò lei “Stasera si cena tutti assieme giù?”
“Sì” si avvicinò a lei e la abbracciò “Dopo aver fatto una bella doccia starò meglio, mh? Potrai farmi tutte le domande che vorrai”
“Ah non credo più ad una tua sola parola, Alec” ridacchiò lei. “Parlami tu, o sarò costretta a chiedere spiegazioni a Magnus”.
La ragazza lasciò cadere la minaccia a mezza aria e si chiuse la porta alle spalle lasciando Alec scocciato e infastidito; era odioso il fatto che quel maledetto ragazzo dovesse sempre entrare nella sua vita in un modo o nell’altro.
Si stese sul comodo letto di lattice e la sua schiena lo ringraziò facendolo inarcare a causa del forte dolore; il viaggio in aereo era stato un tormento. Se c’era una cosa che Alec odiava fare era restare seduto per tante ore nella stessa posizione, in più, su delle sedie orribili. Non lo faceva neanche per studiare.
Prese un grosso respiro, facendo tornare le ossa a scricchiolare, dopodiché riuscì a rilassarsi e concentrarsi su altro.
Poggiò lo sguardo sul piccolo comò, vicino alla porta del bagno, pieno di foto sue e della sua famiglia; foto in cui un piccolo lui sorrideva tra le braccia del padre che gli ricordava troppo sé stesso; foto in cui era abbracciato alla madre, che con i suoi profondi occhi scuri sembrava voler bucare il vetro del portafoto; foto in cui era intento a leggere un libro ad Isabelle, mentre lei, stesa sul divano, lo osservava completamente rapita e innamorata; foto in cui per la prima volta abbracciava Jace, dopo aver deciso che non era una minaccia anche se non era suo fratello di sangue; foto in cui aveva in braccio Max con i suoi occhietti vispi e pochi capelli a coprirgli la testa, e ai suoi lati c’erano gli altri due fratelli: Iz che stringeva una manina paffuta di Max e Jace che aveva la mano poggiata sulla sua spalla.
Quella era la sua famiglia, e gli era stata vicina sempre.
Sospirò ricordando le parole di Magnus, che una volta gli aveva confessato di non aver detto ai suoi di essere bisessuale perché sarebbe stato un disastro: suo padre probabilmente non gli avrebbe mai più parlato se non per insultarlo, lo avrebbe cacciato di casa e si sarebbe preso gioco di lui in qualche modo; sarebbe rimasto completamente solo, senza alcuna protezione, senza una mamma a stringergli le mani, senza fratelli a spalleggiarlo.
Lui aveva tutto quello. Aveva dei fratelli meravigliosi che sarebbero sempre stati al suo fianco e lo avrebbero protetto da tutto proprio come lui faceva con loro.
Ma allora, di cosa aveva paura?
Si alzò di colpo; aveva bisogno di impegnare la mente, di dimenticare Lydia, Magnus, le loro parole, gli effetti che avevano di lui, doveva ritornare il piccolo Alec arciere che era una volta.
Guardò il proprio arco appeso alla parete scura, in un rettangolo bianco che gli faceva da bacheca, sorrise ricordando i bei vecchi tempi in cui si allenava con i fratelli come bersaglio, e poi lo stacco con forza, stringendolo in un pugno. Gli era mancato persino il suo arco!
Scese di fretta le scale che lo separavano dalla grossa porta a vetri che dava sul giardino, per poi imboccare il vialetto di erba che ad un certo punto diventava sempre più fitta, fino a scomparire in una specie di posto segreto in cui andava sempre con Jace e che aveva sempre tenuto nascosto ai suoi.
Lui e i suoi fratelli ormai lo avevano trasformato in un prolungamento segreto per soli ragazzi, dietro il loro già di per sé grande giardino.
Sentì un leggero rumore, come di qualcosa che sferza l’aria, la divide in due e poi va a segno. Freccia. Sorrise perché quello poteva voler dire solo una cosa: Max si stava allenando con arco e frecce.
Si avvicinò lentamente e silenziosamente a lui, quasi camminando sulle punte e facendo attenzione ai ramoscelli e alle foglie secche che avrebbero potuto sgamarlo, poi si buttò addosso alla figura del fratellino; era diventato un gigante, quasi. Gli arrivava a metà spalla, era magro e dinoccolato ma aveva le braccia sode e muscolose; i capelli a caschetto incorniciavano il suo viso nascosto dai grossi occhiali da nerd e l’espressione timida. Gli ricordava tantissimo sé stesso a tredici anni.
“Oddio Alec!” urlò lui ritrovandosi stretto nel suo abbraccio “Che diamine, stavo per tirarti un pugno” rise abbracciandolo a sua volta “Che cosa ci fai qui? Sei davvero tu?”.
Alec scoppiò a ridere e si allontanò giusto per farsi guardare meglio “Ti sembro io?”
“Decisamente!”
“Beh perché sono io!”.
Max sorrise ancora e lo abbracciò più forte “Mi sei mancato! Senza te è tutto così..”
“Disordinato?” chiese lui ridacchiando.
“E caotico” aggiunse Max aggiustandosi gli occhiali.
“Tu però continui ad esercitarti con l’arco” gli scompigliò i capelli e si avvicinò al bersaglio per staccare le frecce una ad una; ce ne era una sola al centro, il resto erano sparse qui e lì per il tabellone.
“Beh” Max fece spallucce e abbassò l’arco. “In famiglia ognuno sa fare qualcosa. Jace è uno spadaccino ed un combattente corpo a corpo fantastico, Iz usa la frusta come se fosse un prolungamento del braccio, tu tiri all’arco come se fosse la cosa più semplice del mondo” sospirò alzando gli occhi al cielo “Io sono bravo solo a leggere fumetti. Ho pensato che magari sarei potuto diventare bravo in uno dei vostri hobby e quello che somigliava di più a me era l’arco”
“Perché con arco e frecce puoi restare nascosto nel nulla ed aiutare, proteggere, vincere, giusto?”.
Max annuì sorridendo, consapevole del fatto che il fratello riuscisse a capirlo come nessun altro al mondo.
“Sai cosa? È un ottimo motivo per iniziare a tirare con l’arco. Ho iniziato io stesso per quello” gli poggiò una mano sulla spalla e la strinse forte “Ma non dire mai più che sei bravo solo a leggere fumetti. Sei un ragazzo promettente e potresti essere favoloso in tutto quello che vorresti. Potrai fare tutto quello che vorrai, essere chiunque tu vorrai nella tua vita, okay? Io, Jace e Izzy saremo sempre al tuo fianco”.
Max arrossì leggermente e annuì, con un piccolo sorriso spuntato sulle sue labbra; quelle parole erano dirette a Max, certo, ma Alec vedeva nel bambino parecchio di sé stesso alla sua età; si ritrovata tanto in lui, e a lui nessuno aveva mai detto quelle parole, benché sapesse di avere i suoi fratelli al suo fianco. A tredici anni si era ritrovato a capire che forse non era propriamente attratto dalle ragazze come sarebbe dovuto esserlo, che era più timido degli altri ragazzi, che aveva qualcosa di diverso da loro, che il suo posto era nell’ombra, e beh in quel momento nessuno gli aveva detto che non era solo, quindi si era ritrovato a nascondere tutto quello che provava, come un assassino si affretta a nascondere le prove del crimine commesso.
Aveva iniziato a vivere nell’ombra delle proprie bugie e ne era stato talmente tanto inglobato da renderle la propria verità; era stato orribile e non voleva succedesse anche a suo fratello. Vivere in una bolla di menzogne, timidezza e scarsa autostima, equivale a non vivere per niente.
Guardò Max che a sua volta guardava lui e gli sorrise.
“Avanti, campione, fammi vedere come te la cavi con arco e frecce, potrei darti qualche consiglio?”
“Davvero?” il viso del ragazzino si illuminò “Desidero allenarmi con te dal giorno in cui sei andato via”
“In effetti l’ultima volta che ti ho visto tirare, l’anno scorso, avevi proprio bisogno di un buon maestro e molta pratica” ridacchiò e Max gli tirò un pugno.
“Ehi, piano campione, sei alto e forte quanto me, ora. Se non vuoi stendermi al tappeto vacci piano con questi pugni”
“Sta zitto” sbottò ridacchiando; prese l’arco, una freccia e si posizionò avanti al bersaglio, socchiudendo un occhio e tirando indietro il braccio che teneva ferma la freccia.
Alec sospirò; quanto gli era mancato Max. Si era allontanato da lui proprio nel momento in cui aveva iniziato a diventare suo amico.
Era stato quasi traumatico lasciarlo mentre non era sicuro che stesse ancora bene, eppure il loro rapporto aveva resistito.
Tre anni prima che partisse, Max era stato coinvolto in un’orribile rissa dalla quale Alec era riuscito a salvarlo, ma era finito in ospedale per ben sei mesi e tutti avevano il terrore che sarebbe rimasto scottato da quello che gli era successo, ma non era stato così; quel ragazzino era forte e stabile, dunque aveva avuto molti incubi in cui aveva visto il ragazzo biondo che aveva provato ad ucciderlo, trafiggerlo nuovamente con un coltello in un vico scuro e puzzolente, ma in ognuno di quelli arrivava il suo eroe dai capelli neri, il suo grande fratello Alexander, a salvarlo, a mandare il suo assassino al tappeto e a farlo arrestare. Ogni sogno finiva sempre nello stesso modo, però, con lui morto. Aveva avuto il terrore di morire per un po’ di tempo, ma lo psicologo e le lezioni di tiro con l’arco lo avevano aiutato in due cose: a riprendersi e a trovare nel suo fratello maggiore quello che aveva sempre e solo visto in Jace, un eroe, un ragazzo forte, un amico.
Alec era fiero di essere riuscito ad istaurare un rapporto simile con il suo fratellino.
Ritornò alla realtà un secondo prima che la freccia dividesse l’aria velocemente si schiantasse nel secondo cerchio rosso, poco più distante dal centro.
“Maledizione” sbuffò Max “Non riesco mai a mandarlo al centro!”.
Alec sorrise “È un ottimo punteggio. Io ci ho messo anni per essere così preciso”
“Non dire balle” sbuffò di nuovo “So perfettamente che alla mia età era già un campione”
“Okay” Alec ridacchiò arrossendo; i complimenti gli facevano sempre uno strano effetto “Ma ho iniziato a dieci anni. Dopo tre anni di pratica era ovvio che diventassi bravo, non credi?”
“Beh sono due anni che mi esercito!”
“Okay, ti mostro il mio trucchetto, okay? Ma non devi svelarlo a nessuno o sarò costretto ad ucciderti”
“Mi hai salvato da un assassino, Alec, non mi uccideresti per nulla al mondo” scherzò Max, col tempo stava diventando ironico quanto lui; gli somigliava sempre di più.
Alec ridacchiò “Ehi fammi sembrare un duro per una volta!”.
Prese il proprio arco, caricò la cocca con una freccia e si girò verso il ragazzino.
“Osserva, okay? Dopo voglio che tu mi indichi le differenze che ci sono tra il mio tiro e il tuo!”.
Max annuì e si posizionò in modo da poter guardare attentamente tutti i suoi movimenti; Alec si posizionò sulla linea di tiro – una linea creata da loro stessi con del nastro giallo – e divaricò leggermente le gambe allineando le punte dei piedi con il bersaglio; guardò il punto giallo al centro del bersaglio, dopodiché afferrò la corda posizionando due dita sotto e una sopra la cocca, la strinse leggermente e applicò una leggera tensione; Max annuì, aveva trovato già ben due differenze tra lui e il fratello.
Continuò a guardare Alec che impugnava l’arco e lo alzava parallelamente al terreno fino all’altezza delle spalle, per poi tenderlo con un movimento veloce e lineare che lo aveva portato ad avere le scapole chiuse e ben evidenti sulle grosse spalle muscolose del ragazzo; Alec avvicinò la corda al centro del proprio naso, in modo che quella dividesse perfettamente il suo viso in due parti uguali, poi mirò attentamente, sussurrando qualcosa come “mira, mira, mira”,  chiuse entrambi gli occhi e lasciò la freccia, lasciando la propria mano destra rilassarsi. Aprì nuovamente gli occhi e guardò la freccia volare velocemente verso il bersaglio per andarsi a posizionare proprio dove aveva deciso: al centro.
Max sorrise e iniziò a battere le mani, Alec arrossì e lo guardò.
“Allora, quali sono le differenze?”
“Tutto” rispose Max “Dal modo in cui divarichi le gambe a quello in cui guardi attentamente il centro. Non sarò mai in grado di-” Alec lo interruppe posando il proprio arco a terra, per dare al fratello il suo.
“Avanti, sei quasi a posto! Divarica di più le gambe e allineale con il bersaglio” disse prendendo con forza le spalle del fratello, e aiutandolo a posizionarsi.
“Tendi bene l’arco, lo posizioni bene, il tuo viso è perfettamente diviso dalla corda, ma quando miri non ti concentri, guardi il punto giallo, poi quello più in alto e quello in alto ancora. Lasci la freccia troppo velocemente e sposti subito l’arco, invece io ti consiglio di mirare solo al cerchio giallo per poi chiudere gli occhi, così non ti lascerai distrarre dagli altri cerchi, okay? E di lasciare la corda leggermente più piano, così che a causa della forza non rischierai di spostarti, di muovere l’arco o disallineare la freccia. Abbassa l’arco solo quando la freccia è già attaccata al bersaglio, così non rischi di cambiare la sua traiettoria.”.
Poggiò le mani sulle spalle del fratello. “Max puoi fare qualsiasi cosa tu voglia, puoi essere chiunque tu voglia, ma devi crederci. Il tiro è così, devi credere nelle tue braccia, nella tua estensione, e cioè l’arco, nelle tue dita, nella freccia, e nella tua mira. Credi in te stesso e ci riuscirai. Io non ho mai creduto in me come quando tiro”.
Max annuì e sospirò “Giuro che se faccio centro corro per tutto il giardino nudo”
“Nah” Alec scoppiò a ridere “Lo ha già fatto Jace una volta. Sei la mandi al centro domani festeggiamo andando in fumetteria. Offro io, ovviamente”
“Mhm per ogni freccia che mando al centro un fumetto?” chiese Max alzando un sopracciglio.
“Vuoi proprio mandarmi in bancarotta, eh?” sbuffò Alec ridacchiando dando una pacca al fratello. “vai!”.
Max si concentrò, ricordando perfettamente il tiro del fratello e seguendo i suoi consigli, chiuse gli occhi prima di scoccare la freccia, sentì il vento, l’aria muoversi, il rumore della freccia al bersaglio e poi aprì gli occhi, ritrovandosi a saltare di gioia.
“Ho già un fumetto assicurato!” urlò facendo scoppiare a ridere Alec, che era totalmente sconvolto di riuscire a vedere in un ragazzo forte e maturo come Max, quel lato di fanciullezza che non dovrebbe mai morire in nessuno.
 
L’allenamento con Max era durato fino al tramonto, quasi; si erano divisi solo quando il cielo era diventato scuro, e la stanchezza insopportabile.
Era corso a rifugiarsi in camera sua, spaventato dal potenziale incontro con la sorella, poi in bagno dove si era concesso una lunga, calda e rilassante doccia che aveva sciolto tutti i nervi e i muscoli tesi e nervosi quasi quanto lui.
Era da tempo che non faceva una doccia simile; d’altronde come la propria camera a casa propria, non c’è niente.
Si asciugò con cura, infilò dei boxer puliti ed uno dei tanti pantaloni larghi e bucherellati che tanto amava indossare in casa, poi ancora a piedi scalzi uscì a fatica dal bagno, con l’intenzione di rilassarsi almeno mezz’ora sul letto prima che qualcuno, probabilmente Jace visto che non lo aveva ancora salutato, sarebbe andato ad avvisarlo che la cena era pronta, ma ovviamente la vita è piena di imprevisti.
Iz era seduta a gambe accavallate sul suo letto e lo fissava attentamente; quasi non aveva lanciato un urletto terrorizzato quando aveva aperto la porta e se l’era trovata vanti in tutta la sua bellezza.
“Ma sei pazza! Avresti almeno potuto bussare. Avresti potuto trovarmi nudo” si lamentò massaggiandosi le tempie.
“Tu avresti potuto chiudere a chiave, e tra l’altro non avrei visto nulla che non ho già visto in qualche ragazzo” ridacchiò mettendosi comoda. “Io e te abbiamo una conversazione da finire, vero?”
“Iz sono stanco!”
“Lo eri anche prima, ma poi hai allenato Max quindi probabilmente non lo eri poi così tanto. Sei hai resistito a due ore di allenamento, figuriamoci come saranno dieci minuti di chiacchierata con la tua sorellina, dai” sorrise angelicamente “È da parecchio che non ci vediamo”
“Sei mesi” sospirò lui stendendosi sul letto al fianco della ragazza “dall’ultima volta in cui tu e Jace avete fatto irruzione nel mio dormitorio”
“Non ti è dispiaciuto come vuoi farci credere” ridacchiò lei; Alec sospirò e sorrise.
“Non mi dispiace mai vedervi, tranne quando tu mi bracchi così tanto per riempirmi di domande stupide alla quale, sai, mi dà fastidio rispondere”
“Io ti parlo di tutto” sbottò lei “sei l’unico che sa della mia cotta per Simon. Sei l’unico che sa tante cose di me. Perché dovrei continuare a parlarti e dirti i miei segreti se tu non ti degni neanche a dirmi perché sei tornato e soprattutto senza preavviso? E perché hai detto a Magnus di aver comprato il biglietto quindici giorni fa, quando hai palesemente mentito?”.
Alec alzò gli occhi al cielo e sbuffò “Averti fatto conoscere quel ragazzo mi ha portato troppi problemi per i miei gusti. Non ti farò conoscere più i miei amici”
“Amici” sbuffò lei scuotendo la testa “E vuoi che ci creda?”
“A cosa?” chiese lui alzando un sopracciglio, stranito.
“Se siete solo amici, io non avrò mai una relazione con Simon, ed è impossibile. È quasi cotto di me”.
Alec scosse la testa “Io e Magnus siamo solo amici. Io sono e-etero”
“E io sono deficiente. Cosa ti costa ammettere che non lo sei? Non ti cambia niente, Alec. Ti facilita solo la vita essere te stesso, credimi”
“Perché siete convinti che io sia gay?”
“Perché a quindi anni mentre ci stavamo allenando ti è venuta un’erezione guardando Jace completamente sudato e a petto nudo. E beh ammetto che si è svegliato qualcosa anche a me mentre lo guardavo, quindi non c’è niente di male. Non sarebbe comunque incesto”
“Non stavo guardando Jace!” si difese lui arrossendo.
“Hai pensato a me in quel modo, allora? Fa molto più schifo” disse disgustata “E alla festa di Merxy ti è venuta un’erezione mentre combattevi corpo a corpo con Jonathan, il che non è un problema, perché mentre lo vedevo ti svelo che mi sono sentita svenire, senza la s, però” ridacchiò lei. Alec era ormai completamente viola in volto, era stato messo all’angolo.
“Non sono gay, okay? Mi fanno schifo quelli dello stesso sesso che si baciano!” sbottò mordendosi la lingua.
“Cosa mi fai dire! Non sono un omofobo del cazzo. Non sono omofobo. L’amore è universale, non mi interessa del sesso, io non sono omofobo ma non sono neanche gay, okay? Mi piacciono le ragazze!” nascose il viso tra le mani.
Iz sospirò e gli accarezzò una spalla.
“Ammettilo, ammetti di essere gay e non ti farò più domande imbarazzanti”
“Non lo sono, Isabelle! Ho avuto una ragazza al campus, ricordi?”
“Certo! Lydia, quella che sembrava tua sorella più che la tua amante. Vi siete dati almeno un bacio in tutto questo tempo?”
“Lei mi piaceva davvero! Non essere come Jace che se le porta subito tutte a letto non vuol dire non apprezzare le ragazze”
“Io non dico che tu non le apprezzi, ma che preferiresti restare vergine a vita piuttosto che farti una maledetta ragazza!”.
Alec sbuffò “La dovete smettere. Mi state confondendo le maledette idee! Prima Lydia che mi lascia perché non sono abbastanza virile per lei, poi Magnus che non la smette di comportarsi in modo strano, poi tu con queste accuse. Io sono quello che sono, non potete cambiarmi”
“Io non ti sto accusando e quello che sta provando a cambiare sé stesso sei tu” deglutì e guardò negli occhi il fratello “Alec qualsiasi cosa tu sia, qualsiasi genere ti piaccia, persino qualsiasi tipo schifoso di musica ti piaccia, devi essere te stesso perché noi ti ameremo comunque proprio come tu ami noi per qualsiasi cosa siamo”
“Allora amami per quello che sono, uno sporco bugiardo omofobo” deglutì provando a nascondere le lacrime “Perché non ammetterò mai il contrario”.
Isabelle annuì sospirando, e si gettò tra le braccia del fratello per stringerlo con tutta la forza che aveva in corpo.
“Magnus mi ha detto della rottura e di quello che vi ha portati a litigare”
“Quanto mi ha insultato?”
“Ha detto che gli sei sembrato distrutto” sussurrò lei “Sei venuto qui per farti aggiustare da noi?”.
Alec scosse la testa, affondandola nei capelli della sorella “Non sono ancora distrutto. Sono venuto qui per evitare la rottura”.
La porta si spalancò nel momento più dolce che Alec aveva avuto in quella maledetta giornata, facendogli sperare di poter tornare qualche ora addietro per non evitare nuovamente Isabelle; si era comportato come un dannato bambino con lei, e aveva provato in ogni modo possibile a parlare, quando invece l’unica cosa che poteva aiutarlo era proprio una sana chiacchierata con lei.
“Allora è vero!” urlò Jace chiudendosi la porta alle spalle “Il figliol prodigo è tornato a casa!”.
Izzy si allontanò dalle braccia di Alec che si alzò per andare a salutare il biondo tutta ironia e sorrisi sexy.
“Mi sei mancato, fratello!” disse Jace stringendolo “Ho dovuto sorbirmi le rotture di palle di Iz tutto da solo!”.
Alec scoppiò a ridere quando la ragazza lanciò uno dei tanti cuscini sul letto, dritto in faccia del biondo “Coglione” urlò.
“Sì, beh, questo coglione ha organizzato una fantastica serata solo per Lightwood! Ho un tavolo prenotato al Pandemonium, gente, che la festa abbia inizio!”
“Jace!” brontolò Alec “Sono stanchissimo, tutto quello che voleva era cenare in famiglia e rilassarmi”
“Davvero?” sbottò ridendo “Odi i tuoi genitori tanto quanto io odio l’astinenza, quindi non fare il deficiente e muoviti. Ti do cinque minuti dopodiché vengo a vestirti io e ti trascino di peso al pub, okay?”
“Come fai ad essere sempre pieno di energie!” si lamentò occhi blu.
“Se facessi del sano sesso anche tu saresti così” ridacchiò Isabelle spingendo il biondo fuori dalla porta. “Cinque minuti, Alexander Gideon Lighwood, cinque minuti, dopo già sai cosa succederà!” lo minacciò Jace puntandogli l’indice contro.
Gli erano mancate persino le minacce di quel maledetto ragazzo!
 
Il Pandemonium era il locale più in voga di New York, enorme, sfarzoso, pieno di luci e trasgressione: quello che tutti i giovani desiderano, insomma; tutto tranne il povero piccolo Alexander che ogni volta che si ritrovava in un luogo chiuso, pieno di gente, musica, fumo e alcool, si sentiva stretto e quasi senza più aria nei polmoni.
Sfortunatamente per lui Iz e Jace amavano i locali come quello e amavano decisamente quel locale, il posto in cui avevano visto per la prima volta Clary e Simon, il posto in cui per la prima volta Alec aveva desiderato di non aver mai conosciuto Jace.
Entrarono, e si portarono dietro una scia di eleganza e perfezione; visti da fuori erano un trio perfetto: sulla sinistra Alec, tutto capelli blu, occhi neri, lineamenti mascolini ma allo stesso tempo dolci, barba scura sparsa sulle guance ad aumentare la sua aria misteriosa; al centro Isabelle, bella e mortalmente sexy con i suoi vestitini corti e striminziti e l’innata capacità i risultare comunque elegante e per niente volgare,  il tipo di donna a cui gli uomini hanno paura di avvicinarsi ma dalla quale non riescono a stare lontani.  E alla fine, sulla destra a chiudere il golden trio, c’era Jace, aria sexy e forte, capelli biondi come il sole e sorriso pronto ad illuminare tutta la sala, con quel completo nero talmente stretto da esaltare perfettamente la sua figura con tanto di muscoli talmente pronunciati che neanche ci si aspetterebbe di trovare su un ragazzo che non ha fatto propriamente della sua vita, una vita salutare e sportiva, che spingeva qualsiasi ragazza a guardarlo e non riuscire a staccare gli occhi dai suoi.
Ce ne erano tanti di tipi magnetici e sexy come quei tre, in quel posto, e all’ingresso di ognuno di loro c’era sempre qualcuno pronto a girarsi e guardarli nella loro trionfante entrata.
“Iz” si lamentò Alec “C’è quel tizio con la bava alla bocca solo a guardarti. Mettere un vestito che arriva a metà coscia ti consentirebbe di essere comunque guardata ma non mentalmente stuprata, eh”. Isabelle nascose un sorriso; gli erano mancati i commenti pungenti ma preoccupati del fratello.
Jace ridacchiò sarcasticamente “Oh guarda” indicò una ragazza che si stava avvicinando a loro “Chissà a chi dei tre vorrà dare corda”.
Alec alzò gli occhi al cielo mentre quella con passo felpato si avvicinava e andava nella sua direzione. “Credo che voglia venire da quello che meno la vuole vedere. Dove è il nostro tavolo?” disse velocemente, cercandolo con lo sguardo, per potersi allontanare da lì e mischiarsi alla folla in modo da essere notato quanto meno possibile. Jace ridacchiò e gli poggiò una mano sulla spalla “tranquillo Alec, nessuno ti farà del male” Iz lo fulminò con lo sguardo e scese lentamente le scale, ritrovandosi già giù in pista da ballo, seguita dagli altri due; la ragazza muoveva le anche a destra e sinistra, spostandosi tra le persone in pista che ballavano, quasi imitandole e facendo girare più di una testa a guardarla. Jace la seguiva muovendo ritmicamente bacino e schiena, ritrovandosi ad ondulare al suono di quella tromba stonata che mandava il cervello in pappa. Alec, tra i tre, era quello scontento di essere in quel posto; si muoveva con le mani alzate in alto, così da stare sicuro di non toccare niente di intoccabile e con l’intenzione di cercare un po’ di aria pulita e non intossicata da aliti forti, odore di alcool, fumo da discoteca e fumo d’erba. Odiava quel posto.
Finalmente i tre raggiunsero il loro tavolo, era in una zona leggermente appartata, dalla quale però si riusciva perfettamente ad avere un’ottima visuale su pista da ballo e bancone degli alcolici; era da parecchio che non tornava in quel posto, ed era decisamente poco compiaciuto dal vedere che invece i due fratelli erano talmente abitué in quel posto, da aver conquistato persino un tavolo privato.
“Oh Dio” sbottò sedendosi su uno dei divanetti di pelle nera che circondava il tavolo in cristallo “È stata una battaglia arrivare qui”.
Isabelle si leccò le labbra, sorridendo ad un ragazzo seduto al tavolo vicino, Jace posò il telefono – probabilmente aveva risposto ad un messaggio di Clary – nel taschino interno della giacca e alzò un braccio che lo fece notare da un ragazzo dinoccolato e magro, completamente vestito di pelle, con capelli viola e lentine che rendevano i suoi occhi argentati, con la pupilla verticale. Il ragazzo si avvicinò a loro ballando e sorrise a Jace in segno di saluto, per salutare la sorella invece, si abbassò a lasciare un bacio sulla clavicola; Alec alzò gli occhi al cielo disgustato.
“Alec, lui è Lickie!” disse Jace indicandogli il ragazzo che gli fece un occhiolino “Lickie lui è Alec” concluse Iz “E ha bisogno di qualcosa di davvero forte!”
“No” si affrettò a dire il ragazzo, aveva già bevuto troppo la sera precedente, non era pronto ad ubriacarsi di nuovo.
Lickie agitò le anche e si avvicinò ad Alec per scendere poi all’altezza del suo orecchio. “Biscottino ci sono tante cose forti ad aspettarti qui stasera” sussurrò leccandogli poi il lobo.
Alec si alzò di scatto, inorridito, rosso in volto, con un’incredibile voglia di scappare via, facendo scoppiare a ridere i fratelli e il ragazzo dagli occhi verticali, che per movenze e modo di parlare gli ricordava oltremodo Magnus. Maledetto, doveva seguirlo anche lì!
Biscottino, Lickie lo aveva chiamato in quel modo, forse preferiva il Fiorellino di Magnus, aveva qualcosa di meno perverso in sé.
“Ho capito perché lo chiamate in quel modo” sbuffò Alec sedendosi nuovamente al suo posto quando quello si era allontanato.
“Sì, beh è un modo di avvisare chi gli sta attorno che ‘Lick’ è il suo verbo preferito” ridacchiò Jace.
“E io posso assicurarti che è bravo a leccare, potresti provare” aggiunse Isabelle, facendo scoppiare a ridere il biondo, e facendo rabbrividire il bruno.
“Hai provato anche tu le sue capacità?” chiese inorridito a Jace.
“Oh no” scosse la testa “Ho una ragazza, ricordi?”.
Lickie ritornò con un grosso vassoio su cui erano poggiati tre grossi bicchieri contenenti diversi liquidi colorati, li posò e poi fu il turno di Jace; si abbassò all’altezza del suo viso e leccò il suo zigomo destro, facendolo scoppiare a ridere.
“Giuro su Dio che se ritorna e rilecca uno di noi tre, gli strappo le lentine a forza!” sbottò Alec.
Isabelle allungò una mano verso uno dei tre bicchieri, precisamente quello bianco, con una spolverata marroncina sopra. “Sai come si chiama?” disse Iz indicandolo.
“Alexander Sisters” scoppiò a ridere. “Perfetto, no?” alzò il bicchiere in un muto cin-cin e buttò giù un grosso sorso. Alec deglutì scioccato; quasi stentava a riconoscere la sorella; okay che non metteva piede in quel posto con lei da parecchio, ma era decisamente troppo anche per lei!
“Io prendo l’Azteca. Contiene mango e io amo il mango”. Il secondo bicchiere giallo, volò via.
Ad aspettare Alec c’era un ultimo bicchiere dal contenuto azzurro spiccante; lo prese con mano tremante ed espressione impaurita.
“Tranquillo, fratello” disse Jace ridacchiando “è un Angelo Azzurro, non può essere così tanto malefico, no?”.
Alec deglutì e avvicinò il bicchiere alla bocca, sospirò; era lì, con i suoi fratelli ed era lì per dimenticarsi di Oxford, di quello che era successo e di quello che voleva allontanare, tanto valeva divertirsi e dimenticare nella maniera più classica.
Buttò giù in un solo sorso il contenuto del bicchiere, che gli bruciò la gola come non gli era mai successo in vita; deglutì, con le lacrime agli occhi, sbuffando un “Ma che cazzo c’era dentro?”.
Alla quale domanda Lickie con un sorriso malizioso diede risposta, facendolo saltare sul posto per lo spavento.
“Gin, Cointreu e Blue Curacau, principe azzurro” ridacchiò e gli poggiò una mano sulla spalla, dalla quale Alec si liberò con una spallata.
“Prova a leccarmi di nuovo e ti taglio la lingua” sbottò.
Lickie annuì, fintamente preoccupato, e si rivolse agli altri “Cosa porto?”
“Shottini!” urlò Iz alzando una mano verso l’alto “Il mio fratellino ha bisogno di sciogliersi e dimenticare, io ho bisogno di divertirmi e Jace ama bere, quindi fa in modo che tutti abbiano quello che vogliono!” rise e gli fece un occhiolino, sotto lo sguardo indagatore di Alec che scosse la testa non appena il tipo si fu allontanato.
“Allora” sbottò girandosi verso Jace “Come va la vita?”
“Alla grande” gli rispose con un sorriso “Sono innamorato, ho l’appoggio delle persone che più amo e probabilmente da settembre addio scuola e benvenuta accademia!” sorrise e diede un pesante schiaffo alla spalla del fratello.
“Tu come te la cavi ad Oxford?”
“Alla grande” sbuffò “La mia ragazza mi ha lasciato perché pensa che sia gay e io in risposta mi comporto da vero omofobo con il mio amico bisex e il suo ragazzo gay, però ho finito tutti gli esami del primo semestre!” sorrise e spostò lo sguardo verso Isabelle.
“Forse ho proprio bisogno di bere, avevi ragione”
“Ho sempre ragione” disse dandogli una pacca sulla mano “Ma dopo non andartene in giro per il locale a baciare persone” gli fece un occhiolino che aveva una nota di cattiveria in sé, ma Alec aveva deciso di divertirsi e far finta di niente, quindi quando arrivò Lickie con i loro shottini, fu il primo ad avventarsi sui bicchierini e a svuotarli, lasciando quasi gli altri due a bocca asciutta.
Shottino dopo shottino, Alec si ritrovò esattamente come la sera precedente; aveva decisamente capito di non essere fatto per l’alcool, in quei due giorni.
 
La musica sembrava essere diventata sua amica, l’alcool un ottimo consigliere, e luci e fumo sembravano richiamarlo al centro della pista da ballo; era decisamente andato fuori. Isabelle e Jace ridacchiarono, per una volta vederlo libero era bello.
“Vai” sussurrò Jace ad Alec “La musica ti chiama, rispondi e mi raccomando, liberati delle tue bugie” scoppiò a ridere, facendo ridere anche Alec che si alzò, scese velocemente le scale e finì tra la folla, trovandosi bloccato tra due ragazze tutte capelli biondi, labbra di fuoco e seno di fuori, che iniziarono a ballargli attorno e a strusciarsi sul suo corpo in un modo che avrebbe fatto impazzire chiunque.
“È un deficiente anche da ubriaco” sbottò Isabelle.
“Già” Jace buttò giù un altro shottino “E devo dire che con lui sono bastati pochi bicchierini, eh. A me ormai cinque non fanno più niente”.
Iz ridacchiò “Andando di questo passo inizierà a farci anche lui l’abitudine”.
“Perché è qui?” chiese Jace, diventando d’un tratto serio “Il vero motivo!”
“La sua ragazza lo ha lasciato perché crede che sia gay, lui si è ubriacato ed è finito a baciare il finto fidanzato di Magnus e ad insultare poi Magnus. Un casino totale. È sicuro di essere un omofobo”.
Jace scosse la testa “come si può mentire così profondamente a sé stessi, da far diventare una bugia la propria verità?”.
“Guardalo!” indicò il fratello che in pista ballava, attaccato alle due ragazze “Persino da ubriaco fradicio continua a comportarsi come se fosse etero. Le ragazze non gli piacciono, quando lo ammetterà a sé stesso!”
“Cosa?” Isabelle sbiancò e poi arrossì, tutto nel giro di un minuto “Cosa?”
“Oh avanti Iz, credevi davvero che non lo sapessi?” scosse la testa e sorrise “Non sarò vostro fratello di sangue ma vi conosco e vi voglio bene come se lo fossi.”.
Isabelle sorrise e gli strinse una mano “Se forse gli parlassi tu, magari capirebbe che se la smettesse di mentire…”
“Ho sempre avuto il terrore di farlo” deglutì “E se poi mi allontanasse?”
“Sei suo fratello, non lo farà mai!”.
Jace annuì e si massaggiò le tempie “Credi anche tu che sia innamorato di Magnus?”.
Iz sorrise “Lo conosciamo proprio bene eh!” prese un altro drink.
“Anche Magnus è innamorato di lui, ma sa che Alec non si farà mai avanti. Ha troppo paura di sé stesso e non fa altro che rinchiudersi in una corazza di odio verso chi invece ha il coraggio di non avere paura”.
“Maledetta testa di cazzo” Jace si portò una mano alla testa “Anche io avevo paura di me stesso e di quello che provavo per Clary, ma sono riuscito ad andare avanti”
“Sì, ma tu non avevi i tuoi genitori contro”
“Semplicemente perché non avevo i miei genitori? Iz la paura può solo fotterti”.
“Lo so”. Si girarono entrambi verso la pista e Alec era ancora lì che ballava e si sentiva libero, vivo.
Era tra una calca di persone nella sua stessa condizione, probabilmente; tra tanti corpi sudati, e mani che toccavano qualsiasi cosa trovassero. Era quasi liberatorio ed eccitante quella situazione; in un momento di oblio, mentre la ragazza bionda che gli stava avanti gli si avvicinò talmente tanto da essere praticamente spalmata su di lui e lo baciò, iniziò a pensare come sarebbe stato essere lì al centro di quella pista con qualcuno che gli piaceva davvero; come sarebbe stato ancora più liberatorio ballare con qualcuno che gli piaceva, baciare qualcuno che gli piaceva, ritrovarsi a muoversi in quel modo su un letto, addosso a qualcuno che gli piaceva, a baciare, muoversi, fare l’amore, dimenticarsi di tutto, con Magnus.
Ed eccolo lì, anche mentre il suo cervello non ricordava più il suo nome, ricordava perfettamente quello di Magnus, il suo tormento più grande.
Lickie passò tra la folla con un vassoio vuoto tra le mani, ondeggiando avanti e dietro e muovendo il bacino in modo sexy, in un modo in cui Alec avrebbe voluto vedere Magnus muoversi; e se fu a causa dell’alcool, o a causa dell’eccitazione, a causa della voglia di liberarsi o semplicemente a causa della voglia che aveva di Magnus, improvvisamente i capelli viola di Lickie divennero neri, a spuntoni glitterati, i suoi occhi argentei verticali, divennero di oro e verde, le sue labbra divennero lucidi, i suoi movimenti più frenetici, lui divenne Magnus e Alec si spinse –allontanando in malo modo le due ragazze- tra le sue labbra baciandolo come se non ci fosse di meglio al mondo.
Lickie colto alla sprovvista lasciò cadere il vassoio e ricambiò il bacio facendo quello che sapeva fare meglio; Isabelle, dall’alto del balconcino, quasi non si strozzò con un altro shottino quando vide la scena, Jace si alzò velocemente in piedi.
Andava bene che Alec fosse quello che davvero era, ma farlo con un tipo come Lickie non era la cosa più carina al mondo.
Alec strinse così forte il ragazzo dai capelli viola tra le braccia da sentire dolore, affondò la sua lingua così a fondo da sentire perfettamente il sapore di alcool che aleggiava nella sua bocca, si sentì così a suo agio in quel bacio, rispetto a quello che aveva dato alla bionda, da sentirsi felice per una volta, e da dimenticarsi completamente che anche durante un bacio si può respirare, così mentre muoveva le sue labbra a ritmo di musica su quelle di Lickie e spingeva il proprio bacino verso il suo, si sentì tanto vivo da perdersi un passaggio fondamentale: per vivere serve ossigeno.
Il mondo gli girò attorno per un secondo buono, poi svenne.

 

Spazio autrice.
Non devo più far ubriacare Alec, oh. Ogni volta che succede gli faccio fare cose strane, povero piccolo ingenuo cucciolo!
Okay, inizio dall'inizio!
Non ho corretto il capitolo perchè ho pochissimo tempo e ho preferito postarlo così, che posarlo chissà quando; giuro che se ci sono errori, appena posso aggiornerò con il capitolo corretto.
Ora:
1)Alecchino boy torna a casa YAY e... iniziano i casini con IZ; probabilmente il vero Alec non sarebbe scappato in quel modo da Isabelle, ma ho pensato che un Alec che si sente in colpa e non vuole parlare di qualcosa, si richiude in sè stesso, e questo succede! 
2)MAX! Ragazze dovevo salvarlo, sticazzi dell'OOC. MAX DOVEVA ESSERCI ED ESSERE VIVO E DOVEVA ESSERE ALEC AD AVERLO SALVATO. Quindi sì, ho realizzato uno dei miei più grandi sogni -----> Alec che salva Max, e Max che lo vede come un modello, cosa che penso Alec abbia sempre desiderato; ho sempre creduto che si sentisse 'inferiore' a Jace, anche parlando con Max, MA QUI NO. ALEC e MAX SONO FELICI E HANNO TANTE COSE iN COMUNE <3
3)E LA FAMIGLIA LIGHTWOOD AL COMPLETO È ENTRATA NELLA STORIA! Qualcuno mi aveva chiesto 'vedremo mai ISabelle?' Beh, vi piace come inizio? LOL
4) Alec in discoteca...... NO. ODdio è uno dei miei sogni più grande trovare un Alec (magari etero? E con gusti schifosi? che mi si pigli? Ripeto, soprattutto, con GUSTI SCHIFOSI?) tutto timidino in discoteca, che prova a muoversi peggio di me. Awh siamo anime gemelle <3
5)Lickie! DItemi che vi piace! IO LO AMO. Lo adoro. Ho desiderato, per uno stupido minuto, di dargli più spazio nella storia, ma meglio di no.........
6)Alec che bacia Lickie LO SO NON VA BENE è molto OOC ma, SAPPIAMO COME È ALEC DA UBRIACO? NO. Quindi il problema OOC in questo momento è risolto <3
7)Nel prossimo capitolo ci sarà un altro OOC, non di Alec, nè di Magnus, ma di un personaggio che ho nominato solo, in uno degli scorsi capitoli, e c'entra con Imasu. Nei libri, invece, c'entra solo con Magnus e i lupi. Chi sarà mai? Ditemi che ne pensate, sususususu.
8)L'ho preso un po' alla lunga sto spazio autrice, eh? La smetto, e vi regalo un calzino, così sarete finalmente elfi liberi!
Grazie mille per aver letto, spero di trovare qualche commento, sì? :3

StewyT~



Spoiler.

(Siccome vi ho ammorbato abbastanza con lo spazio autrice, ve lo lascio piccolino <3)


I: Stanotte non torno ad Oxford e neanche domani notte, mi sa. Ho molto da recuperare.
Magnus sorrise; almeno uno dei due non avrebbe passato la notte a piangere nel proprio freddo e scomodo letto.
 

 

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Capitolo 8
*** Hello, it's me. ***


Hello, it’s me.
 
Magnus ridacchiò guardando l’orario e pregustando il sapore della vittoria; erano le sette e venti del pomeriggio e lui ed Imasu si sarebbero dovuti incontrare alle sette e trenta del pomeriggio in un bar adiacente alla stazione di Londra; chissà come mai, anche lui e Woosley Scott si sarebbero dovuti incontrare nello stesso posto e alla stessa ora, e chissà come mai, in realtà Magnus era steso vestito solo da pantaloncini, sul suo comodo letto nella sua comoda e luminosa camera ad Oxford.
Vero, lui non era riuscito ad avere quello che voleva con il suo piano, ma quello non voleva dire che Imasu non potesse avere quello che desiderava e quello di cui aveva bisogno: amore.
Aveva trovato un buon amico in tutto quel trambusto e Magnus per i veri amici c’era sempre; sospirò pensando ad Alec. Anche lui era un suo vero amico, eppure non lo sentiva da quindici giorni prima, quando lo aveva visto per l’ultima volta prima che partisse. Gli mancava, ma forse era un aspetto positivo il fatto che si fosse allontanato per un po’; entrambi avevano bisogno di pensare.
Prese il cellulare e si fece coraggio, avrebbe mandato l’ennesimo messaggio senza risposta ad Alec; il fatto che non gli rispondesse non poteva significare che non volesse rispondergli, alla fine tra i due quello che si era comportato peggio era proprio Alec, quindi non poteva avercela con lui.
Ehi non ti fai sentire da un po’, come va a NY?
Sospirò; che messaggio stupido! Guardò la rotellina sotto alla casella di messaggio girare, e via, il messaggio era stato inviato. Sperava di ricevere una risposta.
Anche uno “Smettila di messaggiarmi” sarebbe andato bene; tutto meglio di nessuna risposta. D’altronde cosa dice la psicologia? Meglio una risposta negativa che una risposta di disconferma; essere ignorati fa schifo, e nessuno al mondo lo odiava più di Magnus.
Guardò il cellulare che ancora non aveva trillato, e sbuffando si ributtò sul letto con la testa sotto al cuscino; ne riuscì solo dieci minuti dopo quando il suo cellulare squillò e il suo cervello si accese come il sole all’alba, aveva un solo pensiero: la risposta di Alec. Doveva leggere il messaggio in fretta. Prese il cellulare con il cuore in fibrillazione e le mani che quasi gli tremavano per l’ansia, ma il mondo gli si sgretolò addosso quando notò che il messaggio era di Imasu.
I: Sono arrivato e sono anche cinque minuti in ritardo, tu dove diavolo sei?
Magnus sospirò; le cose si stavano mettendo decisamente male, se lo sentiva, Imasu sarebbe corso via dall’appuntamento e sarebbe tornato da lui per insultarlo o qualcosa di simile, visto quello che aveva fatto.
I: Ehi, non evitarmi, so che hai visualizzato. Dimmi tra quanto arrivi e cosa ordino per te.
Oh al diavolo, non era vero. Tutto sarebbe andato bene; era in paranoia solo perché Alec continuava ad evitarlo, ma il fatto che non fosse funzionata per loro non voleva dire che non avrebbe funzionato anche per Imasu e Woosley.
Magnus evitò nuovamente il messaggio di Imasu e invece ne inviò uno all’altro ragazzo.
M: Woosley a che ora arrivi? Sono qui!
Spunte grigie, spunte azzurre, ecco aveva visualizzato.
Non sarebbe stato così tanto in ansia neanche se fosse stato al posto dell’amico; sarebbe dovuto andare anche lui lì, nascondersi e godersi tutta la scena da lontano. Non esserci andato lo portava solo ad essere maledettamente curioso.
W:Sono appena uscito dalla metro, dieci minuti e sono lì. Puoi iniziare ad ordinare quello che prendi per te, anche per me.
Magnus annuì; era quasi arrivato. Il tempo del giudizio stava per arrivare.
M: Sarò lì tra dieci minuti, Imasu. Non so… cosa ordinavi tu di solito in quel bar?
Eri tu ad andarci sempre con il tuo amico, non io. Non ci sono mai stato lì.
Magnus sperò in ogni modo possibile che la missione sarebbe andata in porto; non voleva molto, certo non sperava che dopo un paio di ore di chiacchierata entrambi si sarebbero confessati il loro amore, ma sperava almeno in quelle due ore di chiacchierata.
I: Frappuccino doppio cioccolato?
M: È quello che prendevi tu?
I: Sì, amo il frappuccino doppio cioccolato di Mercy’s
M: Woosley cosa prendeva?
I: Cosa ti interessa!

Magnus ridacchiò; oh gli interessava più di qualsiasi altra cosa al mondo in quel momento.
M: pura curiosità!
I: Prendeva anche lui questo, ma smettila di parlare di lui. Mi dà fastidio.
M: Ehi sono solo geloso.
I: Smettila! Non c’è Alec, non devi mentire.
M: Eh va bene, la smetto. Volevo solo scherzare.
I: Invece di scherzare, muovi il culo, maledetto.
Ma dove diavolo era finito Woosley!
Parli del lupo, spunta la coda.
W: Ehi sono praticamente fuori al Mercy’s ma non so come riconoscerti!
Cazzo, era vero.
M: A che tavolo sei seduto, brutto idiota?
I: 10
M: Scommetto che ti sedevi lì anche con lui!
I: MAGNUS!
Bene, era quasi fatta.
M: Mi riconoscerai sicuramente; capelli neri, occhi azzurri e pelle chiara. Sarà come se ci conoscessimo, vedrai.
Ed effettivamente aveva stalkerato così tanto il suo profilo facebook da conoscere ogni tratto del viso di quel ragazzo; magro, spigoloso e duro, con tratti sexy e allo stesso tempo maschili; naso dritto e morbido, labbra sottili, capelli di un biondo chiarissimo, e due occhi verdi come un prato estivo.
W: okay, sono dentro, ti sto cercando.
Oh cazzo.
Tre.
Due.
Uno.
Dai Magnus, avrai mica paura delle minacce di Imasu!
I: Quando cazzo vieni?
I: Ehi rispondi!
I: Magnus che fine hai fatto!
W: Magnus non ti trovo, dove sei nascosto! Sei sicuro di essere al Mercy’s giusto?
M: Dai che mi vedrai, guarda bene!
W: Ma è uno scherzo?
I: La smetti di visualizzare ed evitarmi? Tra cinque minuti mi alzo e me ne vado!
W: Ehi?
La sua testa sarebbe potuta scoppiare da un momento all’altro! Il lavoro da Cupido proprio non faceva per lui!
W: Tavolo dieci, Woosley, tavolo dieci, va lì!
Maledetto Woosley.
M: Sono appena entrato!
I: Davvero? Ho visto entrare solo un ragazzo biondo! Dove diamine sei, Magnus!
Maledette idee da cupido che gli venivano!
Chiamata in entrata.
“Magnus! Dove diamine sei!”
“Ehi, tranquillo, non succederà nulla!”
“Magnus.. perché mi sembra che tu non sia per strada ma in camera tua? Sento il sottofondo! Stai ascoltando…Adam Lambert! Brutto pezzo di merda dove cazzo sei?”
“Ehi” Magnus a stento trattenne le risate pensando al viso chiaro del ragazzo rosso come un peperone.
“È tutto okay”
“OKAY UN CAZZO! Che sta succedendo?”
Woosley probabilmente gli mandò un messaggio perché il cellulare vibrò.
“Ehi aspetta un secondo”
“Smettila di dirmi ‘Ehi’!”.
Magnus allontanò un secondo il cellulare dall’orecchio e lesse il messaggio.
W: Sapevo di non dovermi fidare di te, Magnus Bane! Perché Imasu è qui? Non dovevamo vederci io e te? Se avesse voluto vedermi avrebbe anche potuto contattarmi lui stesso.
M: Beh anche lui crede di dover vedere me, oggi. È la prima volta che faccio da Cupido, quindi ti prego, prima che Imasu torni a casa e mi uccida, presentati a quel cazzo di appuntamento!
W: COSA? Lui non lo sa? Che diamine stai dicendo!!

M: Sì beh forse non è stata l’idea migliore che mi sia mai venuta, ma esci da quel nascondiglio e va a quel maledetto tavolo dieci!
W: MA non sono preparato. E se non volesse vedermi?
M: A quel punto sarò io ad uccidere lui.
Magnus sospirò. Perché doveva avere un amico idiota che aveva un amico ancora più idiota?
Ritornò alla telefonata.
“Scusa, era urgente” disse, ma Imasu non voleva proprio sentire scuse.
“Se tra cinque minuti non sei qui, ti uccido”
“Io non verrò…” disse, sperando che Woosley si avvicinasse in fretta.
“Che vuol dire?” sentì tensione nella sua voce.
“Ho perso il treno..”
“E allora perché cazzo mi hai dato appuntamento qui, razza di idiota?”
“Beh, perché…”.
“OH CAZZO”.
Ecco, forse Woosley si era appena avvicinato al tavolo dieci in tutta la sua altezza e magnificenza, e forse Imasu lo aveva appena visto.
“Stai scherzando? Quello è il mio migliore amico? Che diavolo ci fa qui al posto tuo! Magnus ti prego non dirmi che….”
“Mi dispiace, Imasu, ma avevi bisogno di lui e l’unico modo per fartelo vedere era questo”
“Non dovrei parlarti mai più in vita mia, grandissimo pezzo di merda! Sei uno stronzo!”
“Beh tecnicamente se sono un pezzo di merda sono ovviamente uno stronzo” ridacchiò, cercando di smorzare la tensione.
“Non fare il deficiente! Oddio si sta avvicinando. Non deve venire così vicino, non voglio che venga, Magnuuuus” piagnucolò “Sta arrivando, lo vedo. Aiutami”
“Beh è proprio quello che ho provato a fare…”
“No! Non mi hai aiutato in questo modo”
“Direi di sì. Come è?”
“Non riesco a guardarlo!”
“Oh sì, lo stai guardando da testa a piedi, so come lo stai guardando”
“È sempre biondo e bellissimo”
“Lo sapevo. Quanto ti piace da uno a dieci?”
“Dieci più, forse”
“Ti piace ancora tanto, vero Imasu?”
“Era il mio migliore amico!”
“E allora? È tipico di ogni adolescente innamorarsi del proprio migliore amico”
“Sì, ma lui..”
“Ti ha baciato. Come potrebbe non essere innamorato di te!”
“Smettila di illudermi” sospirò.
“Adesso calmati, respira bene e vedi che andrà tutto a meraviglia”.
Ma che cazzo, cammina al rallentatore? Si chiese, alzando gli occhi al cielo.
“È ufficialmente qui” la voce del ragazzo tremava, Magnus non lo aveva mai sentito così teso.
“Ciao” sentì dire ad una voce poco conosciuta, poi sebbene fosse la persona più curiosa al mondo, attaccò. Era una cosa tra loro due, dovevano sbrigarsela da soli, anche se… sperava in una bella cronaca in diretta da Imasu.
I: Ti odio.
E invece gli arrivavano insulti; maledetti occhi blu! Tutti così detestabilmente orribili dovevano essere.
 
M: Invece di insultarmi, parla con lui e appena si distrae dimmi come sta andando. Sono curioso.
I: Beh dovrai morire nella tua curiosità, non ti meriti nulla.
M: Dillo che mi ami per avertelo fatto rivedere. Dillo che è più bello che mai, e vuoi scopartelo come poche altre volte in vita tua.
I: Sai cosa? Vorrei commettere un omicidio come poche altre volte in vita mia.
M: State parlando?
I: Secondo te? Ci stiamo guardando da cinque minuti come due idioti!
M: Awh cuccioli. Dici qualcosa!
I: Gli ho chiesto come sta….
M: WoW interessante, davvero. Se non ti manda affanculo lo faccio io.
I: Ha detto bene. Mi ha chiesto che fine ho fatto.
M: La fine di uno che si è scopato il suo professore?
I: Sempre meglio della fine di uno che vorrebbe scoparsi un amico etero.
M: Etero? Lo hai persino baciato! Dimmi come è stato quel bacio?
I: Proprio ora, no. Oddio mi ha chiesto se ora sono ufficialmente gay…
M: La risposta è ‘decisamente troppo gay’.
I: Vaffanculo.
M: Eddai dimmi qualche altra novità succosa.
I: Ha un ragazzo.
M: Coglione. Secondo te non è stata la prima cosa che gli ho chiesto e ho visto su facebook? Niente fidanzato!
I: Odioso!
M: Io o lui?
I: TU! Lui è adorabile.
M: Addio, sei ufficialmente perso.
I: Non sono perso. Però è così bello. Non ricordavo di vederlo così bello prima.
M: Forse perché non lo guardavi davvero, provavi ad evitalo perché volevi vederlo solo come un amico.
I: Mhm…
M: Adesso ammetti di volerti scopare questo amico!
I: Non essere così rude…
M: Oh sono solo realista.
I: Vaffanculo!
M: vado a farmi un bagno caldo, divertiti!
I: Affoga in quel bagno.
 
Magnus ridacchiò e posò il telefono sul comodino; si alzò e si diresse verso il bagno dove riempì la vasca con acqua calda ed essenza al sandolo. Amava quell’odore e i bagni caldi.
Entrò lentamente in quel piccolo paradiso personale; l’acqua calda abbracciò completamente il suo corpo, e l’odore investì le sue narici, facendolo rilassare.
Poggiò la testa alla base della vasca e chiuse gli occhi.
Amava i bagni.
Certo, amava ancora di più fare bagni caldi con qualcuno.
Da quanto tempo sognava di farne uno con Alec?
E lo sognava nel vero senso della parola! Una volta si era appisolato nella vasca e aveva sognato di essere in una grande yacuzzi con Alec seduto dietro di lui che gli massaggiava la schiena con una spugna, per poi sostituirla con baci caldi e dolci.
Perché i sogni non possono mai essere realtà?
Perché Magnus non poteva mai avere quello che voleva davvero, con tutto il suo cuore?
Certo, aveva avuto parecchi partners, ma questo non voleva dire che volesse loro come voleva Alec.
Camille, ad esempio, era stato innamorato di lei, ma non era stato difficile conquistarla quanto restare al suo fianco. Era una donna complicata, tanto bella quanto piena di difetti e complessi.
Era riuscito a stare al suo fianco per un po’, poi un bel giorno, quando lui stava iniziando a pensare di essere completamente in sua balia, lei si era svegliata al suo fianco, nel suo loft, e lo aveva lasciato perché la cosa stava diventando troppo seria.
Beh, forse non si sta con qualcuno perché si vuole qualcosa di serio?
Solo due volte aveva provato quella sensazione: con Camille e con Alec.
Solo due vote aveva desiderato di essere amato in quel modo tanto folle e spassionato: una volta era stato mollato, l’altra volta non era stato neanche considerato.
Desiderava essere amato da piccolo? Tutto quello che poteva avere era un padre che cercava una babysitter efficiente e bella che di mattina badasse ad un piccolo Magnus e di sera ai suoi bisogni.
Desiderava essere compreso da adolescente, quando già iniziava a capire di non essere identico a tutti gli altri?
Ridevano. Lui era quello strano. Anche lui rideva fingendo che tutto andava bene; essere normale non gli piaceva poi così tanto.
Desiderava essere amato davvero tanto da qualcuno? Tra lui e l’amore si infilava Camille che non voleva altro che una storia di sesso.
Desiderava essere visto da Alec nello stesso modo in cui guardava lui?
Ovviamente non poteva andare in quel modo, Magnus non poteva essere amato, Magnus non poteva avere quello che desiderava.
Alec lo aveva abbandonato e neanche più gli rispondeva, ma lui non era solito arrendersi; se non era Alec a tornare, sarebbe andato lui a riprenderselo.
Il cellulare irruppe nel silenzio della camera e velocemente si alzò, rischiando anche di cadere a testa in aria e morire, ma tutto pur di rispondere al cellulare; era Alec, se lo sentiva!
“Pronto?” rispose speranzoso senza neanche leggere il nome comparso sullo schermo.
“Ehi”
“Imasu!” sbuffò deluso.
“Cosa?” chiese il ragazzo.
“Che ci fai a telefono con me? Già vi siete scocciati di parlare…”
“Volevo mandarti affanculo”
“Molto carino farmi interrompere un bagno caldo per mandarmi affanculo!”
“Volevo anche ringraziarti!”
“Perché?” sul viso di Magnus comparve un sorriso a trentadue denti, forse qualcosa di buono lo aveva fatto.
“Mi mancava tantissimo parlare con Woosley. La sua voce calma ed equilibrata, il suo sorriso, i suoi occhi, e…”
“E che cazzo ti interrompi sul più bello!”.
“Ci siamo baciati”
“COSA?” lanciò un urlo così forte che il suo interlocutore non riuscì a non allontanare il telefono dall’orecchio.
“Mi ehm ha detto che da quel bacio non ha smesso di pensare a me non solo come ad un amico ma anche a qualcosa in più e che se non volessi provare ad andare oltre vorrebbe comunque provare ad essermi amico di nuovo”
“Oh”
“E poi…”
“E POI?”
“E poi l’ho baciato”
“IMASU! TI AMO QUANDO PRENDI QUESTE INIZIATIVE”
“Ehi vacci piano con le parole, ora potrei avere un ragazzo geloso”
“Vi shippo!” disse ridacchiando. “Come è stato?”
“Elettrizzante e meraviglioso allo stesso tempo. Non è stato come baciare quel bastardo, lì avevo l’ansia perenne di essere scoperto che mi eccitava tantissimo. Qui c’era solo l’idea di essere nel posto giusto al momento giusto”
“Sono felice” sospirò Magnus “E sono un ottimo Cupido! Dovrei aprire un’agenzia tutta mia!”
“Deficiente” sbottò ridendo.
“Vai, va dal tuo migliore amico e limonatelo come stai sognando da tempo”
“Sempre così eccessivo!”
“Imasu, non fare il perbenino con me!”
“Vado”
“Meglio” ridacchiò e attaccò.
Imasu era riuscito ad avere la sua nota felice, e quando sarebbe toccata a lui?
Quando avrebbe avuto il bacio che desiderava da così tanto?
Aveva dovuto persino vedere il ragazzo che gli piaceva e diceva continuamente di essere etero, baciare un altro ragazzo.
Stava impazzendo. Doveva sapere come stava Alec e dal momento che lui non gli rispondeva non poteva che....
 
Uno squillo, due squilli, tre squilli…
“Pronto?”.
Oh cazzo. Quella non era la voce che si aspettava. Ad aver risposto al cellulare di Isabelle non era Isabelle. Cosa stava succedendo? Perché non gli arrivava l’aria al cervello? Sarebbe morto da un momento all’altro! Doveva far tornare i suoi polmoni a respirare.
Uno, due, uno, due.
“Pronto?”.
Perché doveva avere una voce così profonda e sexy quel ragazzo?
“Alec?” finalmente un sottile filo di voce uscì dalla gola di Magnus.
Dopo spettava ad Alec perdere il respiro e non sapere cosa fare.
“Alec?” richiamò Magnus.
“Sono io!”
“Credevo di… credevo di aver chiamato Iz, scusa!”
“Lo hai… lo hai fatto, è il cellulare di Isabelle, sta facendo una doccia. Oddio che ore sono?”
“Qui sono le dieci di sera”
“Uh”. Magnus sospirò. Perché non riusciva a parlare con Alec?
“Come va lì?” chiese. Non esisteva domanda più banale.
“Bene, mi mancavano i miei”.
O forse gli mancava un po’ di spazio?
“Ne sono felice”.
“Tu? Come va con Imasu?”
“Alla grande” rispose, ed era vero; ad Imasu andava proprio alla grande.
“Bene”
“Già”
“Già”.
Ci fu un enorme momento di imbarazzo ancora più imbarazzante di tutta quella conversazione.
“Quindi… quando tornerai?”
“Non lo so. Credo prima dell’inizio dei corsi”
“Beh camera vuota mi mette un po’ di ansia”
“Non dormi con Imasu?”
“Sì, sì, beh al mattino venire qui e trovarla tutta desolata e scura mi mette ansia”
“Capisco…”
“Ti stai divertendo?”.
Complimenti, Magnus. Continua pure con le domande stupide pur di sentire la sua voce.
“Sì”
“Bene”
“Già”
Oh Magnus niente altri ‘già’ si disse fra sé e sé.
“Scusami per tutti i messaggi che ti sto mandando, è che mi manchi…”
“Oh”
“Cosa? A proposito, perché non rispondi? Se ti danno fastidio..”
“Non ho il cellulare con me”.
Ecco spiegate tante cose; Magnus sorrise felice, fu sollevato dal sapere che Alec non lo stava evitando.
“Lo hai perso? Mi dispiace!”
“Non l’ho portato con me”. Sempre così sincero e diretto. Perché non poteva essere così anche quando parlava della sua sessualità maledetta?
“Cosa?”
“È nel primo cassetto del mio comodino, se vuoi controllare”
“Cosa, ma perché…?”
“Volevo allontanarmi completamente da Oxford, Lydia e tutti i miei casini e portandomi il cellulare dietro..”
‘Da Oxford, Lydia, tutti i suoi casini e me’ pensò mettendo su il broncio; forse sarebbe stato meglio sapere che non voleva rispondergli, piuttosto che voleva dimenticare completamente la sua esistenza per il tempo in cui sarebbe stato lontano da lui.
Perché doveva essere così tanto legato a qualcuno che invece lo allontanava totalmente?
Quello era masochismo.
Lo chiamava, gli mandava messaggi, gli diceva che gli mancava e lui in tutta risposta gli diceva chiaramente di volerlo allontanare in ogni modo possibile.
Persino da lui non poteva farsi fare così tanto del male.
“Scusa” disse Magnus “Ma Imasu mi sta chiamando, devo andare”.
“Certo” sospirò Alec “Ci… ci…”
“Ci vediamo” rispose Magnus attaccando il telefono, e asciugandosi frettolosamente una lacrima.
Volere del bene a qualcuno è una cosa, ma farsi del male per qualcuno a causa del bene che gli si vuole, è tutt’altro paio di maniche.
Mise i pantaloncini del pigiama, masticò un biscotto e poi si stese sul letto.
Doveva andare avanti.
Il suo cellulare trillò, e il suo cuore saltò di gioia, magari Alec voleva dirgli qualcosa…
No. Doveva smetterla.
I: Stanotte non torno ad Oxford e neanche domani notte, mi sa. Ho molto da recuperare.
Magnus sorrise; almeno uno dei due non avrebbe passato la notte a piangere nel proprio freddo e scomodo letto.

 
Spazio autrice.
Mi viene da odiarmi per quanto sono stata cattiva con Magnus in questo capitolo, nell'ultima parte, almeno.
Per il resto, amo Magnus; quanto avrei bisogno di un amico Cupido come lui; non sono per niente capace a conoscere gente nuova o addirittura parlare con i ragazzi, eun amico come lui OH QUANTO SAREBBE BELLO UN AMICO COME LUI.
Okay, non ve ne frega un tubo secco di quello in cui non sono brava, quindi la smetto, visto che vorrei essere più breve in questo spazio autrice; dunque, molte di voi odiavano Imasu all'inizio, beh spero che ora non lo odiate più perchè io lo adoro da morire! Woosley sì, lo so, non ci appizza niente MA volevo unire un pochino gli uomini di diverse 'vite' di Magnus, e quindi eccovi Imasu e Scoot del passato e il nostro bellissimo e dolcissimo Alecchino (mi ostino a chiamarlo così, eh?) del presente!
Spero non mi odiate per questa decisione.
Detto questo, come forse vi ho già accennato, ho scritto un'altra OS Malec, dal titolo 'Memories' che parla proprio dei ricordi di Magnus, e ho in progetto di scrivere qualcosa di particolare e diverso da quello che faccio di solito, ovvero, una storia 'interattiva' durante la quale mi direte voi di cosa scrivere (ovviamente sempre sui Malec). Che ne dite di questa idea? Sarete al mio fianco? :3

Fatemi sapere cosa ne pensate.
Grazie per aver letto, spero di leggere io voi, ora <3
StewyT~

Spoiler.

Quelle erano le due cose che più facevano soffrire il suo amico, quelle che non avrebbe mai accettato; quelle erano le due cose che aveva fatto, seppur inconsapevolmente a Magnus. Quelle erano le due cose che più di ogni altra cosa al mondo, avevano messo a repentaglio la loro amicizia; c’era solo un problema in tutto quello: lui non voleva che la loro amicizia finisse; teneva a Magnus, troppo per poter andare avanti se lo avesse perso. Eppure lo stava perdendo e non stava facendo niente per recuperare.
L’unica cosa che aveva potuto fare, in quel momento, era stata la più stupida che gli era venuta in mente, e cioè rispondere a quel messaggio.
Mi sento una totale merda per tutto quello che ti ho fatto; so che potrei perderti per averti detto quelle cose e per averti ignorato per così tanto tempo, ma....
 

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Capitolo 9
*** Pace? Cos'è la pace? ***


Pace? Cos’è la pace?
 
Il giorno del ritorno era stato uno dei più tristi e ansiosi della sua vita; seriamente, non era mai stato così infelice di lasciare New York, e non solo perché gli erano mancati tantissimo Max, Iz e Jace. Tornare ad Oxford voleva dire rituffarsi –volontariamente o quasi- nuovamente in tutti i casini dai quali aveva provato a scappare: Lydia, Magnus, Imasu, la sua sessualità e i problemi nella sua maledetta testa.
“L’addio” ai suoi fratelli, quindi, era stato ancora più amaro e triste; fare colazione per l’ultima volta –prima dell’estate- con il piccolo Max non più tanto piccolo, che preferiva ancora i fumetti allo smartphone, Jace idiota come non mai, e Isabelle un po’ preoccupata, lo aveva intristito ancora di più, ma forse la cosa peggiore della lunga giornata, oltre al viaggio, era stata atterrare, e ritrovarsi nel posto che per tanto tempo aveva visto come fonte di libertà, e in quel momento invece vedeva come una gabbia per la propria anima.
Era stato triste non vedere nessuno ad aspettarlo lì, certo non poteva ovviamente aspettarsi che Lydia - che aveva sottolineato più volte che non gli avrebbe rivolto parola fino a quando non avrebbe ammesso di essere chi era - si trovasse lì fuori o peggio, che Magnus – con il quale aveva litigato ed aveva evitato per tutta la permanenza a New York – lo aspettasse con un grosso sorriso dipinto sul volto; eppure la speranza è sempre l’ultima a morire.
Era tornato nella sua camera al campus, respirando finalmente quell’aria leggera e pulita che i suoi polmoni avevano tanto agognato, e si era rinchiuso in quelle quattro pareti, grazie alle quali pensava di restare al sicuro dal resto del mondo, ma una parte del mondo che voleva evitare era suo coinquilino, quindi, anche se in quel momento non c’era, doveva prepararsi mentalmente a vederlo entrare dalla porta e guardarlo con aria arrabbiata o di sufficienza, perché beh se lo meritava dopo quello che aveva combinato.
Si era steso sul letto, senza neanche degnare la valigia di uno sguardo; l’avrebbe disfatta poi, d’altronde aveva ancora due settimane libere prima dell’inizio dei corsi e non sapeva proprio come riempire quelle giornate, quindi la valigia lo avrebbe potuto aiutato per un po’.
Il tempo lì ad Oxford scorreva lento e inesorabile; erano già le dieci di sera, e a quell’ora più o meno, la sera precedente era in camera sua a farsi aggiustare i capelli da Iz, prima di partire per l’ennesima serata alcool e cretinate che avevano trasformato anche Alec in uno del duo Heronwood di Iz e Jace, che si era quindi trasformato in un trio; Iz, Iz, Iz. Gli mancavano già le sue parole dolci e i suoi consigli; i suoi ‘sii te stesso’ che ogni volta lo spingevano a credere sempre un pochino di più che davvero sarebbe stata una buona idea. Peccato che non ci credesse ancora a sufficienza.
Aveva aperto il cassetto in cui aveva nascosto il cellulare, e ad occhi chiusi, già in ansia per quello che ci avrebbe trovato, lo accese; aveva aspettato pazientemente – cosa che odiava fare – che si caricasse alla perfezione, e poi aveva letto tutti i messaggi, tra i quali ne spiccavano due.
Uno, l’unico di Lydia che lo incoraggiava ancora una volta e gli confessava che gli avrebbe voluto sempre bene perché era una persona speciale, l’altro, tra i sessanta messaggini di Magnus, che gli diceva che Oxford senza di lui aveva meno senso, e il giovedì era una palla colossale, che gli voleva bene e lo aveva  perdonato e che gli sarebbe piaciuto poter leggere almeno una sua risposta, anche un ‘non farti più sentire’ sarebbe andato bene; essere ignorato lo metteva a disagio, gli ricordava il modo in cui suoi padre lo faceva sentire. Il messaggio si concludeva con un faccino sorridente, ma Alec conosceva abbastanza Magnus da pensare che non stesse sorridendo affatto quando lo aveva scritto. Loro due non avevano mai parlato troppo del padre di Magnus perché da subito quello aveva chiarito che non voleva farlo e che con lui aveva un rapporto odioso; gli aveva però confessato due cose che lo facevano soffrire di più: il modo aspro e consapevole che aveva di ignorarlo, e quello che pensava gli avrebbe detto se mai avesse saputo della sua bisessualità.
Gli aveva confessato che se mai qualcun altro in vita sua lo avesse fatto sentire così ignorato, odiato e allo stesso tempo inutile lo avrebbe allontanato subito dalla sua vita.
Quelle erano le due cose che più facevano soffrire il suo amico, quelle che non avrebbe mai accettato; quelle erano le due cose che aveva fatto, seppur inconsapevolmente a Magnus. Quelle erano le due cose che più di ogni altra cosa al mondo, avevano messo a repentaglio la loro amicizia; c’era solo un problema in tutto quello: lui non voleva che la loro amicizia finisse; teneva a Magnus, troppo per poter andare avanti se lo avesse perso. Eppure lo stava perdendo e non stava facendo niente per recuperare.
L’unica cosa che aveva potuto fare, in quel momento, era stata la più stupida che gli era venuta in mente, e cioè rispondere a quel messaggio.
Mi sento una totale merda per tutto quello che ti ho fatto; so che potrei perderti per averti detto quelle cose e per averti ignorato per così tanto tempo, ma ne avevo bisogno per non perdere me stesso. Spero che la nostra amicizia si possa recuperare perché anche per me Oxford senza di te ha meno senso, e i giovedì saranno di sicuro una tortura. Sono al campus, ti aspetto, ho io Maria!
Non ci aveva sperato molto, a dirla tutta; aveva creduto fino all’ultimo che Magnus non si sarebbe presentato e gli aveva dato ragione per tutto il tempo in cui lo aveva pensato, invece dopo un’ora la porta si era spalancata e un Magnus sorridente ne era entrato con due scatoli di pizza tra le mani esclamando “Sei un pezzo di merda, ma siamo ancora amici!”.
Magnus era decisamente quel tipo di amico per il quale si dice che ‘chi trova un amico, trova un tesoro’ e Alec era sempre più sicuro della sua fortuna nell’averlo trovato.
Quella sera, però, quanto desiderava non essere mai tornato da New York quindici giorni prima!
Da quando era tornato ogni maledetta sera Imasu entrava in camera loro, gli faceva un occhiolino e poi si chiudeva in bagno con Magnus, dove restavano per più di un’ora a ridere, scherzare, urlare i loro nomi e fare chissà quale altra cosa.
Alec continuava a ripetersi che non era omofobo, che non era odio o paura quella che provava nei confronti del ragazzo che tanto gli somigliava fisicamente, ma ad un certo punto non ci si può più ripetere cose per autoconvincersi; fallisce persino l’autoconvincimento.
Aveva provato a guardare un po’ di tv, a studiare, a leggere, a mettere le cuffiette, ma niente; sembrava che riuscisse a sentire quello che accadeva dall’altra parte della porta per miracolo divino e non voleva farlo!
Gli dava fastidio.
Non voleva sentire quel ragazzo ridere con il suo amico; non voleva sentire quel ragazzo pronunciare il suo nome come se stesse avendo un orgasmo, cosa che probabilmente stava davvero avendo.
Non voleva che facessero sesso in camera loro mentre era presente.
Quanto avrebbe voluto abbattere la porta, tirare fuori dal bagno Imasu e sputargli in faccia quanto lo odiava perché tutto quello che stava passando, le litigate con Magnus, i cattivi pensieri su sé stesso, l’enorme confusione che aveva in testa, era tutta colpa sua.
Non sapeva perché, ma non si era mai sentito in quel modo nei confronti degli altri ragazzi di Magnus. Odiava Imasu perché era Imasu; lo odiava perché quando Magnus sorrideva pensando a lui o parlando di lui, i suoi occhi si illuminavano un pochino di più e il suo sorriso si allargava ancora di più. Lo odiava perché per Magnus non era solo una scopata e via come tutti gli altri. Lo odiava perché a causa sua aveva capito che nascondere tutto quello che aveva dentro era molto più difficile da fare se avanti aveva quello per cui provava tanto, tutto sorridente e innamorato.
Ma cosa provava davvero?
Cosa era davvero e soprattutto chi era davvero?
Perché non riusciva a rispondere a quelle domande pur sapendo che fino a quando non sarebbe stato in grado di farlo, non avrebbe trovato un attimo di pace?
Sospirò e addentò un pezzo del suo hot dog pieno di senape; quel sapore gli ricordava NY e la voglia che aveva di non essere lì in quel momento.
Magnus lo guardava attentamente e cercava di capire cosa fosse ad andare male e perché avesse quell’espressione corrugata e arrabbiata sul volto, lui invece masticava e guardava in aria, per non esplodere in una delle mille litigate che stavano avendo in quel periodo; masticava e provava a non pensare ad Imasu poco più di un’ora prima, che usciva dal bagno tutto scomposto rispetto a come ci era arrivato, metteva su la sua giacchetta di pelle e se ne usciva sbottando un unico ‘ciao’.
Sembrava di stare in hotel ormai; Magnus era il massaggiatore pronto a soddisfare i bisogni del suo cliente, la camera era una perfetta hall, e lui era l’idiota che aspettava dietro al bancone inutilmente. Il massaggiatore non si sarebbe mai accorto quanto si era scocciato di quel lavoro, quanto odiava quel lavoro, quanto ne volesse avere uno che gli permetteva di essere chi era davvero.
Deglutì e allungò il braccio verso una cocacola per poi prenderne un sorso e ritornare a mordere e masticare l’hot dog, e nel frattempo riflettere peggio di un filosofo.
Di nuovo a pensare quanto avrebbe voluto dire a Magnus che quella situazione gli stava snervando il cervello, a desiderare che lo capisse da solo, perché dirgli un esplicito e pulito ‘mi dà fastidio avere te e il tuo ragazzo che scopate sotto il mio sguardo’ avrebbe di sicuro spinto Magnus ad un’eloquente insieme di insulti che sarebbero iniziati con “sei omofobo” e finiti con “ma anche un gay represso”.
Allungò di nuovo la mano verso la cocacola, ma fu bloccato da Magnus che strinse il suo polso e alzò gli occhi verso i suoi; Alec deglutì e sperò che non stesse per fargli alcuna domanda, e invece se ne uscì con un “Si può sapere che hai?”.
Alec lo guardò dritto negli occhi, come a volerlo sfidare, poi con forza liberò il polso dalla sua presa, addentò di nuovo la sua cena e guardò nuovamente avanti a sé con fare assorto.
“Alexander che hai?”
“Niente” rispose ingoiando, per poi prendere un altro boccone mentre Magnus non faceva che guardarlo preoccupato.
“Davvero?”
“Sì”
“E allora perché mi sembra che tu stia per scoppiare?”
“Lasciami in pace, davvero è meglio”
“È successo qualcosa?”
“Magnus smettila di indagare”
“No fino a quando non mi dirai che hai”.
Alec posò il panino sulla tavola e alzò lo sguardo verso il suo.
“Vuoi davvero saperlo?”.
Ci fu un momento, un solo momento in cui Magnus vide gli occhi dell’amico così scuri che quasi ebbe paura a dire di sì, ma annuì comunque.
“Non ce la faccio più” sbottò arrossendo e distorcendo le labbra Alec.
“A fare?”
“A vedere quell’energumeno che entra, saluta, butta il giacchetto ovunque gli capiti, entra in bagno e poi inizia ad urlare il tuo nome”.
Magnus scoppiò a ridere, e Alec alzò gli occhi al cielo.
“Certo, ridi, è divertente; tanto quello esasperato sono io, non tu”
“Stai scherzando, no?”
“NO” sospirò “Non sto scherzando e sì, sono davvero nervoso per questo”
“È ridicolo”
“Lascia decidere a me quale mio comportamento sia ridicolo! È invece ridicolo il fatto che nel mio alloggio io debba sentirmi un escluso ed un estraneo, mentre tu puoi fare quello che cazzo ti pare con il tuo ragazzo. Non sarebbe più semplice andare a scopare da lui, visto che ha un appartamento singolo, così da lasciare me in santa pace?”
“Non devo darti spiegazioni su dove, come e quando io e il mio ragazzo scopiamo”
“Infatti non sono le spiegazioni quelle che voglio”
“E cosa?”
“Voglio che la smettiate di farlo, soprattutto quando in camera ci sono anche io. Negli ultimi dieci giorni torno qui praticamente solo per dormire, a causa vostra. Ma non ce la faccio, ho bisogno dei miei spazi; non riesco a studiare in biblioteca o ai giardini. Ho una camera per questo, anche, lo sai no?”
“E allora studia! Resta qui e studia”
“Mentre ho due stalloni che scopano e urlano nelle orecchie? Come potrei mai concentrarmi?”.
Magnus ridacchiò “Ecco qual è il problema. Siamo due stalloni. Due uomini. Tutto ritorna ora. Sei esattamente quello che stai provando a nascondere Alec, è inutile affaticarti tanto”.
Ecco, sempre a quello si finiva. Cosa avrebbe aggiunto? Omofobo o gay?
“E sentiamo, quale delle due scelte segue la tua affermazione? Omofobo o gay? Ormai non fai che darmi questi due aggettivi e ti assicuro che tra i due quello che mi innervosisce di più non è gay. Non sono omofobo”
“Ah no? E come lo chiami uno a cui danno fastidio due fidanzati che fanno sesso?”
“Mi darebbe fastidio sentire urlare anche una donna! Mi dà fastidio il fatto che ci sia un costante intruso in camera mia, tra le mie cose, che non mi permette di essere rilassato e restarmene per le mie come desidero, non il fatto che l’intruso sia un uomo!”
“Sicuro che non sia il cazzo, quindi a darti fastidio?”
“Sei un totale idiota, a volte” sbottò Alec “Davvero”
“E tu un pezzo di merda omofobo”
“Pensa quello che vuoi, non mi interessa”
“No? Non ti interessa. Ormai hai sbottato e sclerato, hai avuto la tua crisi di omofobia e pensi che si risolva tutto con un ‘hai ragione Alexander non verrà mai più qui’? Beh mi dispiace ma questa è anche camera mia”
“E allora troviamo una soluzione oppure resterà solo camera tua. Non mi sta bene condividere la camera con te e il tuo fidanzato o la tua fidanzata, che aggiungiamola nel caso ti dovessi offendere e dovessi ritornare a darmi dell’omofobo!”
“Non hai senso!” urlò Magnus “Dici di essere mio amico e poi sei il primo ad insultarmi, a farmi del male, a dirmi le cose che sai odio sentirmi dire, il primo ad abbandonarmi e lasciarmi in quella che è una delle mie più grandi paure, la solitudine, e hai persino il coraggio di minacciarmi di lasciarmi da solo? Lo hai già fatto quando sei partito per New York e indovina? Non ho più paura di restare solo perché non sono più solo”.
“No, sai cosa non ha senso?” lo interruppe Alec urlando di più “Il poco rispetto che nutri nei miei confronti e nel mio modo di essere e non è esattamente quello che ci si aspetterebbe da un amico. Ti ho chiesto dalla prima maledetta volta che ci siamo visti, di lasciarmi i miei spazi, la mia privacy, di non portare mai le tue conquiste qui così come avrei fatto io, e guardaci ora! Litighiamo perché tu hai fatto una cosa che mi avevi promesso di non fare mai e vuoi dare la colpa a me, al fatto che credi sia omofobo e a quello che ti ho detto in passato!”
“Sai cosa? Hai ragione” sbottò Magnus “Sono stanco di tutta questa situazione. Non voglio dare la colpa a te, alla tua certa omofobia e a quello che hai detto in passato. È colpa mia, non avrei dovuto portare Imasu qui, non sarei mai dovuto restare qui con te dopo quello che hai fatto e detto. Ti avevo detto di starmi lontano invece sono stato io a cercarti. Sono il solito bambino immaturo, ha ragione mio padre. E sai cos’altro? Non mi piace dare ragione a mio padre, quindi vaffanculo tu, la tua omofobia, le cose che mi hai detto e i tuoi maledetti occhi azzurri. Quello che se ne va sono io!”.
Mai urlo per Magnus era stato così tanto liberatorio e allo stesso tempo doloroso; si leggeva il dolore nei suoi occhi, nelle lacrime trattenute, nella voglia di scappare via e non vedere mai più Alec, di far finta che non esisteva.
Alec deglutì; si era sentito cattivo e sbagliato nei confronti di Magnus tante volte, ma forse quella era la volta peggiore; la cosa che gli dava più fastidio era che non sentiva di aver sbagliato. Voleva la sua privacy, Magnus gliela stava dando.
Lo vedeva prendere e buttare cose dal suo armadio alla valigia ad una velocità assurda, eppure non riusciva ad aprire bocca e dire niente per evitarlo e farlo restare lì. Forse era meglio così.
Forse era meglio che andasse in quel modo anche per Magnus, che una volta per tutte avrebbe provato a togliere dalla propria testa Alec; non era giusto per lui, non poteva che essere un amico per lui, e di amici ne aveva già a sufficienza. Mise l’ultima maglia nella valigia, deglutì buttando indietro un groppo di panico e lacrime e si voltò verso Alec.
“Vaffanculo, Alexander” sussurrò, con gli occhi pieni di lacrime e la speranza che quello non dicesse niente; se Alec avesse osato dirgli di restare, o rispondere in qualsiasi altro modo a quella epica uscita di scena, probabilmente davvero avrebbe preso la decisione giusta di non parlargli mai più, ma non lo fece. Alec restò muto. Alec non aveva le palle per dire quello che serviva a Magnus per restare.
La porta si chiuse con un forte tonfo, facendo saltare Alec, che come se si fosse risvegliato da un attimo di trance, si guardò attorno e vide che tutte le cose di Magnus non c’erano più. In poco più di due ore era stato cancellato definitivamente quel filo disegnato a matita e già ormai sbiadito, che univa la loro amicizia.
Se quando era tornato da New York aveva provato a ricalcare quella sottile linea, quella sera l’aveva distrutta, e forse non ci stava neanche male, perché forse in quell’amicizia ci stava stretto.
Forse dopotutto su una cosa Magnus aveva ragione, e di sicuro quella cosa non era la sua omofobia, e che lo volesse o meno, stava provando a nascondere la sua omosessualità inutilmente e anche malamente, da troppo tempo.
Forse anche a causa di quello non riusciva ad essere davvero amico di Magnus; forse anche a causa di quello gli aveva gridato contro quella notte.
Forse a causa di quello Magnus si ritrovava a dire di tutto e di più ad Alec, nell’appartamento di Catarina, in vivavoce con Isabelle e il resto del gruppo; forse anche a causa di quello Isabelle non rispondeva agli insulti contro il fratello e provava ad ingoiare una risatina; quella poteva essere la fine di un’amicizia, ma l’inizio di qualcosa decisamente più bello e folle.
Forse le sue parole – assieme a quelle di tante altre persone – avevano fatto capire ad Alec, per cosa valeva la pena vivere.
E forse con quella litigata Alec aveva iniziato a capire in quale direzione dirigersi per vivere.



Spazio autrice.
Ebbene, che Alec abbia iniziato a capire qualcosina dopo tutto questo? 
Lo scoprirete! Io per il momento posso dirvi solo che mancano meno di cinque capitoli alla fine, ma tranquille, anche la fine non sarà la fine!
Sto già progettando di scrivere una nuova Malec con l'aiuto di tutte le Malec shipper malate come me, e ho una OS già pronta, quindi, vi darò il tormento per tutta la vita <3

Grazie per aver letto, spero di leggere qualche vostro commento, sì? :3

StewyT~

Spoiler
“Non lo so, Iz, non lo so” riuscì finalmente a dire “Ma non posso più farlo”.
E così velocemente da non accorgersene neanche, aveva attaccato il telefono, era sceso di corsa dal letto, aveva aperto la porta e aveva iniziato a correre verso casa di Imasu, a pochi isolati dal loro dormitorio; aveva iniziato a battere le mani pesantemente sulla porta fino a sentirsi sfinito, e poi aveva capito che lì non avrebbe mai trovato quello che cercava. Aveva sospirato, aveva iniziato a correre di nuovo e a battere nuovamente le mani contro del legno, quello della porta di Catarina.
Era avvenuto tutto così velocemente che non si era neanche accorto dei polmoni a corto di aria, della testa che gli girava, della silenziosa preghiera ‘fa che succeda, fa che apra la porta’. Fu in quel momento che l’ansia odiosa di aver perso Magnus lo degradò, lo fece accasciare alla porta e se quell’ultima non si fosse aperta, probabilmente l’ansia data da quella falsa concezione, lo avrebbe fatto scoppiare in lacrime.
Ma Magnus era lì, con dei pantaloni della tuta logori che somigliavano più ai suoi che a quelli di Magnus, il solito petto nudo, i capelli scombinati e un sorriso dolce sulle labbra.

 

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Capitolo 10
*** Sogno o son desto? ***


 
Sogno o son desto?
 
“Non ci credo” sospirò Raphael prendendo un sorso del suo drink.
“Lo giuro! È…non ha neanche il gel per capelli!” rispose Catarina con fare preoccupato; erano parecchi giorni ormai, quelli trascorsi dal grande, enorme, colossale litigio tra Alec e Magnus; altrettanti giorni che quell’ultimo trascorreva in casa di Catarina, strusciando con le sue ciabatte da bagno a camera, camera a bagno; mangiava persino a stento quello che lei gli portava, e dormiva, dormiva gran parte del giorno.
“Ucciderò quel Lightwood” bofonchiò Ragnor “Ha distrutto emotivamente Magnus”.
Imasu scosse la testa “Non è distrutto è solo ferito. È Magnus, lo conoscete da più tempo di me, si riprenderà”
“Non si tratta di questo” rispose Ragnor “Magnus è stato distrutto, o ferito o come preferisci dirlo, tante di quelle volte da averci fatto il callo ormai. L’amore non è la cosa più importante nella vita e lo sa persino lui”
“Il problema è che a ferirlo è stato uno stronzo che credeva amico” Concluse la frase Catarina. “Magnus crede profondamente nei suoi amici, nelle persone che sceglie e mette al proprio fianco come se fossero parte della sua famiglia”.
Imasu annuì e guardò attentamente il volto dei tre ragazzi seduti sul divano di pelle; erano così preoccupati, tristi e arrabbiati allo stesso tempo.
Quelli sì che erano degli amici; quella sì che era una famiglia.
Era grato a Magnus per averlo fatto riavvicinare al suo migliore amico nonché ragazzo, ma lo era ancora di più per averlo fatto entrare nella sua vita e in quel circolo di passione e risate che era la sua famiglia di amici.
“Quando a farci male è qualcuno di cui si fida tutto diventa più difficile” sussurrò Imasu “Lo so bene. Sentite dobbiamo parlargli, secondo me. Non va bene che se ne stia in camera sua e noi siamo qui a parlare di lui come se non potesse sentirci. Deve uscire qui fuori e capire che anche se lo ha tradito qualcuno della sua famiglia, il resto è qui pronto ad accoglierlo”.
“Lo capirà” sussurrò Raphael, che era stato in silenzio fino a quel punto; si stropicciò gli occhi e sospirò.
“Sì, ma quando!?” chiese Catarina con ancora quello sguardo preoccupato, affogato negli occhi azzurri come il cielo.
Magnus era poggiato dietro la parete che separava il salottino dal corridoio, ed era lì ad ascoltare quello che si dicevano, non tanto perché volesse origliare, ma perché non voleva tornare di lì e sentirsi addosso gli occhi di tutti i suoi amici; sentirsi dire tutto i ‘te l’avevo detto’ che di sicuro avrebbero avuto in serbo per lui.
Gliel’avevano detto tutti, persino Imasu, il nuovo entrato nel gruppo.
Affezionarsi subito alle persone fa male, e Magnus lo aveva capito a proprie spese per l’ennesima volta.
“Non è importante il quando, Catarina!” rispose Raphael “È più importante il ‘quanti’. Quanti cazzotti darò a quel maledetto ragazzo dagli occhi blu. Nessuno fa male ai miei amici e la passa liscia, amigos”.
Sorrise sentendo Raphael; lui sembrava il più discostato, quello capitato lì per caso, quello un po’ acido che neanche voleva essere amico di tutti, in realtà, però, era uno di quelli che avrebbe dato seriamente la vita per la famiglia, per gli amici.
Si sentì in colpa a guardare gli amici con quell’espressione tutta corrucciata e triste dipinta in volto; quello era stato un suo errore non il loro. Quella era la sua battaglia, non la loro, e non poteva permettere che il suo malumore, i suoi capelli senza gel e la sua voglia di non far altro che sbuffare, li contagiassero.
Buttò una mano tra i capelli cercando di scompigliarli in modo da sembrare il meno malaticcio possibile e il più carino possibile e si fece coraggio.
La sua famiglia era lì ad aspettarlo, non poteva ritardare troppo.
“Ehi che ci fate tutti qui!” sorrise sedendosi al fianco di Imasu.
“Tu hai un nuovo ragazzo, potresti essere con lui in questo momento, e voi due, miei cari, Santiafell, potreste essere a scopare nel vostro comodo letto, mentre tu, Cat, potresti trascorrere le tue vacanze da Malcolm a casa mia. Potreste tutti essere a fare delle cose molto più interessanti” si accarezzò nuovamente i capelli.
“Ma siamo qui” sospirò Catarina “E smettila di parlare di Malcolm” sorrise e diede un buffetto all’amico.
“E anche di chiamarci Santiafell” sbottarono contemporaneamente i due ragazzi ridacchiando.
“E anche di….” Imasu alzò gli occhi al cielo e sbuffò “Volevo completare il discorso in grande stile ma niente!”.
Scoppiarono a ridere, e fu in quelle risate che Magnus ritrovò il proprio cuore, la propria anima e quello che più amava al mondo, la propria famiglia, perché in fondo è vero, la famiglia non si può scegliere, ma gli amici sì, e lui li aveva scelti benissimo.
A volte gli sembrava di vivere in un sogno grazie a quei ragazzi; erano così perfetti che gli facevano temere di star sognando, e invece erano veri, e lui era sveglio, e quella era la sua vera famiglia.
 
 
“La devi smettere di farti così tanto del male, Alexander”.
Isabelle lo guardava con quello sguardo pieno di ansia e premura, lo stesso che aveva quando da piccoli giocavano assieme e Alec cadeva e si sbucciava un ginocchio per evitare che Iz, facendo qualcosa di pericoloso, si facesse del male.
Era uno sguardo che rattristava Alec, che si sentiva un peso, ma allo stesso tempo gli dava felicità, perché quello sguardo era un puro e semplice “mi interessa di te”.
“Perché lo fai?”.
Gli sarebbe piaciuto saper rispondere a quella domanda, ma purtroppo non era così; forse a quindici anni aveva capito che sarebbe stato meglio nascondere la propria omosessualità al mondo, che sarebbe stato più semplice per lui, che non ce l’avrebbe fatta a sentirsi preso in giro, insultato, trattato diversamente, perché lui e tutti gli altri come lui, erano esattamente come tutti gli altri.
Non era giusto, pensava, che dovessero sentirsi così diversi quelli come lui; quelli che amavano ragazzi del proprio sesso.
Non era giusto che dovessero nascondersi perché pensavano di essere deboli per sopportare le conseguenze di quello che irreparabilmente erano.
Non era giusto che dovessero odiare quello che erano perché gli altri li vedevano e giudicavano diversi, e no, non era giusto neanche che dovessero avere paura di quello che erano a causa delle reazioni dei genitori.
Non erano altro che esseri umani che si innamorano di altri esseri umani.
Una delle più grandi paure di Alec era sempre stata la reazione di suo padre; forse sua madre sarebbe riuscita ad accettarlo, ma suo padre, l’uomo con i paraocchi che guardava solo avanti e a quello che gli interessava? No, lui proprio non ci sarebbe riuscito.  Ma era arrivato il momento.
Se prima non fosse riuscito lui stesso a capire che non c’era nulla da accettare, perché era tutto normale, non ci sarebbero riusciti anche gli altri.
Lui era gay, ed era innamorato di Magnus, e non c’era niente di male se non il fatto che aveva trattato Magnus nel peggiore dei modi.
“Non lo so, Iz, non lo so” riuscì finalmente a dire “Ma non posso più farlo”.
E così velocemente da non accorgersene neanche, aveva attaccato il telefono, era sceso di corsa dal letto, aveva aperto la porta e aveva iniziato a correre verso casa di Imasu, a pochi isolati dal loro dormitorio; aveva iniziato a battere le mani pesantemente sulla porta fino a sentirsi sfinito, e poi aveva capito che lì non avrebbe mai trovato quello che cercava. Aveva sospirato, aveva iniziato a correre di nuovo e a battere nuovamente le mani contro del legno, quello della porta di Catarina.
Era avvenuto tutto così velocemente che non si era neanche accorto dei polmoni a corto di aria, della testa che gli girava, della silenziosa preghiera ‘fa che succeda, fa che apra la porta’. Fu in quel momento che l’ansia odiosa di aver perso Magnus lo degradò, lo fece accasciare alla porta e se quell’ultima non si fosse aperta, probabilmente l’ansia data da quella falsa concezione, lo avrebbe fatto scoppiare in lacrime.
Ma Magnus era lì, con dei pantaloni della tuta logori che somigliavano più ai suoi che a quelli di Magnus, il solito petto nudo, i capelli scombinati e un sorriso dolce sulle labbra.
Alec era lì, gli occhi lucidi e la voglia di sfogarsi; si alzò velocemente da terra e altrettanto velocemente saltò al collo del ragazzo che non voleva più considerare amico, non solo, almeno.
Il profumo di Magnus arrivò velocemente alle sue narici, così come il calore di quell’abbraccio arrivò al suo cuore; non voleva più staccarsi da lui. Sarebbe voluto restare per sempre tra quelle braccia.
“Mi dispiace” sussurrò all’orecchio di Magnus, stringendo le sue spalle con sempre più forza “Sono stato un pessimo amico”. Magnus sorrise, sentì il suo petto vibrare e solleticare il proprio. “Ma… per quanto riguarda la distruzione della nostra amicizia…”
“È tutto okay” sussurrò Magnus, tirandolo nell’appartamento con un braccio e chiudendo la porta con l’altro.
“Non lo è. Sono felice di averla fatta a pezzettini perché non voglio essere tuo amico”.
Le braccia di Magnus si erano leggermente allentate, Alec era riuscito ad allontanarsi il giusto per guardarlo negli occhi e sorridergli; il viso dell’altro era contratto in un’espressione dubbiosa e stranita, quello di Alec invece era rosso dall’imbarazzo.
Imbarazzo. Sospirò. Doveva far finta che non esisteva.
“Non voglio essere tuo amico” sussurrò guardandolo attentamente negli occhi “Ti amo” disse guardandolo ancora; le sopracciglia di Magnus si rilassarono, ma il sorriso non ebbe tempo di nascere sulle sue labbra, che furono subito coperte da quelle di Alec. Quello era il suo primo vero bacio con un ragazzo. Quello era il suo primo vero bacio con qualcuno che gli piaceva.
Gli tremavano le gambe, aveva paura di cadere; aveva la bocca secca ma allo stesso tempo aveva paura di averci messo troppa lingua e troppa saliva in quel bacio; reagiva ai movimenti di Magnus, che non si era fatto chiedere due volte di ricambiarlo, eppure aveva paura di non essere perfetto in quel bacio.
Alec era senza aria. Magnus era senza aria. Entrambi avevano desiderato quel bacio per così tanto tempo che non gli importava di essere in piedi in mezzo a salotto, di essere sfatti, senza aria e di poter svenire da un momento all’altro. Gli interessava solo di essere l’uno nella bocca dell’altro.
Alec sorrise contro, ma ricordò cosa era successo la prima volta che aveva baciato qualcuno senza respirare, e in quel momento voleva fare tutto tranne che svenire; si allontanò leggermente e prese una boccata d’aria che fece rilassare i suoi polmoni spaventati.
“Dimmi che non è un sogno” sussurrò Magnus al suo orecchio.
“Spero che non lo sia” rispose Alec con voce roca e calda.
“I tuoi pantaloni dicono proprio che non lo è” ridacchiò Magnus indicando i pantaloni gonfi di Alec, che ovviamente arrossì come un peperone.
“Scusa” disse sedendosi sul divano “Sono comparso a casa tua, ti ho baciato, ora ho un’ erezione..”
“Alexander” Magnus ridacchiò accarezzandogli una guancia “Questo succedeva tutte le notti nei miei migliori sogni”.
Alec sorrise e guardò l’altro negli occhi “E tu…?”
“E io cosa?” rispose Magnus perdendosi in quello sguardo preoccupato e blu come non mai.
“Mi ami?”.
Magnus deglutì. Alec era sempre così schietto. Annuì sorridendo.
“Questo non me lo hai mia chiesto nei miei sogni, ma sì, ti amo” sorrise e gli si avvicinò per dargli un bacio a stampo, che ovviamente degenerò in un bacio dolce, sì, ma anche appassionato.
Alec si ritrovò steso sul divano, guance arrossate, pantaloni perennemente gonfi, capelli già disordinati, il cuore che non riusciva più a restargli nel petto.
Magnus era sopra di lui respirava affannosamente, e assaggiava, continuando a non prendere fiato, ogni piccolo pezzetto della pelle di Alec.
Quelle labbra dolci come il miele, quel collo caldo, quel cuore veloce.
“Cosa altro?” sussurrò Alec, in un filo di voce dolce e roco.
“Eh?” chiese Magnus allontanandosi dalle sue labbra; non riusciva a credere che quello stava accadendo davvero, non riusciva a capire quello che stava succedendo, non riusciva a capire le parole di Alec, perché il suo cervello era offuscato dal suo sapore e dalla sua bellezza.
“Cosa altro succedeva nel tuo sogno?” chiese il ragazzo dagli occhi blu liquidi e le guance rosse come il fuoco.
Sul viso di Magnus si affacciò un sorrisetto malizioso; quello era il posto esatto in cui voleva morire: le braccia di Alec.
Gli diede un altro bacio, assaporando ancora a fondo la sua dolcezza, e poi con le labbra ancora umide e piene, si avvicinò al suo orecchio.
“Vuoi davvero vederlo? Potresti pentirtene”
“Non voglio vederlo” sussurrò Alec aggrappando le dita alle sue scapole “Voglio sentirlo, Magnus. Voglio sentirti”.
Mai parole erano state più semplici e al tempo stesso complicate da dire; mai parole erano state più vere.
Voleva sentire il suo corpo sul proprio, voleva sentire la sua forza contro la propria.
Alec sorrise mentre le mani ferme e sapienti di Magnus si avvicinavano al bordo della sua maglia e la tiravano via. Perché ci aveva messo tanto ad ammetterlo? Perché aveva aspettato così tanto prima di ammettere che era innamorato di Magnus e aveva bisogno delle sue attenzioni, di quelle attenzioni?
Le labbra del più grande scesero sul suo collo, e per poco riuscì a trattenere un gridolino di approvazione; erano dolci e morbide; sfioravano ogni piccolo nervo con attenzione e dedizione; scendevano sapientemente sul suo petto, sui suoi capezzoli, sull’addome, all’altezza dei pantaloni. Le sue labbra lo facevano sognare, gli facevano rimpiangere di aver aspettato tanto, gli facevano le migliori torture al mondo. E lui era soli in grado di sospirare, di chiedere a Magnus di continuare e non fermarsi perché quello era il paradiso, di ripetergli che lo amava, di lanciare qualche gridolino sottile quando la lingua di Magnus lo sfiorava.
Tutto quello era la perfezione.
Non aveva mai fatto l’amore con nessuno, e non sapeva se quello era fare l’amore, ma di una cosa era certo: le labbra, la lingua, le mani, il corpo di Magnus, quella notte, lo avevano fatto innamorare di lui ancora di più.
Era stata la notte migliore della sua vita.
“Allora, Alexander” sospirò Magnus allontanandosi dal suo cavallo, per avvicinarsi alle sue labbra. “Sei sicuro?”
“Di cosa?” chiese Alec afferrandogli il viso per poterlo guardare attentamente; quei tratti così eleganti, quegli occhi così luminosi da non riuscire a distinguere perfettamente il verde dall’oro. Quello era Magnus. il Magnus che aveva desiderato per tanto tempo.
“Di questo. Che una relazione con un uomo sia quello che fa per te”.
Alec sorrise e scosse la testa “Una relazione con te, è quello che fa per me”.
Si leccò le labbra e sospirò; gli mancava già il suo sapore. Doveva baciarlo ancora.
Si avvicinò di nuovo a lui, ma Magnus si ritrasse leggermente.
“Sei sicuro che questo non sia un sogno?”.
Gli sorrise, un sorriso malizioso, sarcastico e allo stesso tempo gentile; il sorriso che Alec amava.
“Se lo è, desidero non svegliarmi mai più”
“Ti deve essere piaciuto parecchio il mio regalino di benvenuto”.
Alec rise e gli diede un colpetto sulla scapola.
“Perché continui a chiedermi se questo è un sogno?”
“Perché è troppo perfetto per essere reale. Perché in questo momento probabilmente sei nel tuo letto, io sono nel mio, e questa è solo una fantasia. Ma mia, o tua?”
Alec deglutì e scosse la testa.
Non poteva non essere la realtà. Non poteva essere un sogno. Non avrebbe sopportato l’idea di svegliarsi e ritrovarsi di nuovo solo, coperto solo dai propri complessi e la voglia di baciare Magnus.
Non voleva che quello fosse un sogno. Si sentiva sveglio, il suo corpo era sveglio, eppure quello davvero era tutto frutto della mente di qualcuno.
Era Magnus a sognare Alec, o Alec a sognare Magnus?
Una cosa era sicura, quel sogno era il desiderio proibito di entrambi.
 
 


Spazio autrice.
Prima nota prima di iniziare la mia solita lamentela, mi dispiace tantissimo non aver potuto correggere il capitolo, spero di non aver creato tanti casini, ma non ho proprio tempo stasera, dunque avevo due possibilità, non postare o postare così, ho preferito la seconda, spero non mi odierete!
Ora posso iniziare la mia lamentela LOL
LO SO LO SO è cattivo questo capitolo e io un pochino ho pianto scrivendolo perchè mi sono immedesimata in loro e ho pensato che questa sia proprio una situazione odiosa!
MA non temete, mancano pochissimi capitoli e il grande è fatto, quindi non resta che......

Nada, devo scappare, ma volevo dirvi un'ultima cosa, e cioè, che se aveste voglia di darmi qualche bella idea per una OS Malec, vi aspetto qui -----> 
Out of ~Malec~ ideas (storia 'interattiva')

Ci sono già un paio di richieste che io proverò a completare qunanto prima :3

Grazie mille per aver letto, spero di leggere qualche vostro commento (senza una minaccia di morte, eh......).
StewyT~




Spoiler
. Aveva sempre odiato un po’ gli ospedali. Camminò a testa bassa verso l’entrata, e poi verso la hall, piena di ragazzi feriti che normalmente era sicuro di non trovare. Insomma era un campus, come potevano mai esserci tanti ragazzi in un pronto soccorso?
Vide una figura familiare correre verso di lui, era Catarina, con i suoi capelli azzurri che facevano pandant con la divisa, tirati in un codino morbido sulle spalle, e il suo sorriso confortante.
“Alec” lo salutò poggiandogli una mano sulla spalla “Anche tu coinvolto nell’incidente?”
“Quale incidente?” chiese allarmandosi. 


 
 

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Capitolo 11
*** I'm only a fool for you and you maybe are too good for me. ***


I’m only a fool for you and you’re maybe too good for me.
(Blackbear-idfc)
 
 
“Perché è troppo perfetto per essere reale. Perché in questo momento probabilmente sei nel tuo letto, io sono nel mio, e questa è solo una fantasia. Ma mia, o tua?”
Alec si allontanò leggermente da Magnus e lo guardò negli occhi; ecco, quella maledetta frase aveva sempre il potere di catapultarlo giù dal mondo dei sogni e farlo tornare nell’orribile realtà; gli occhi di Magnus erano liquidi e meravigliosi, ma pieni di paura e tristezza come ogni altra volta in cui i due erano costretti a separarsi perché quel sogno stava per finire.
“Credo di essere innamorato di te, davvero, nel mondo reale” sussurrò Alec un momento prima di scivolare via dal divano di Magnus, e ritrovarsi in un lungo tubo nero dal quale cadeva, cadeva, mentre la forza di gravità lo attirava verso il suo letto; poi atterrò, e fu come cadere su un tappeto di spine. Fu come essere caduto davvero.
Aprì gli occhi ritrovandosi nella sua camera bianca, per l’ennesima volta da solo, per l’ennesima volta con il viso imperlato di sudore e i polmoni che richiedevano aria troppo in fretta.
Si alzò velocemente dal letto bagnato, e strisciando si avvicinò allo specchio in bagno; era orribile vedersi in quel modo.
Gli occhi tristi, il viso più bianco del solito, i capelli scompigliati come se Magnus li avesse toccati davvero, il cuore innamorato.
Urlò. Doveva smettere tutto quello; doveva riuscire a riprendersi e pensare razionalmente perché continuando in quel modo non sarebbe mai arrivato da nessuna parte.
Aveva finalmente deciso di ammettere a sé stesso che sì, avevano tutti ragione, lui era innamorato di Magnus, ma quello non voleva dire che potesse andare da lui quando meglio gli pareva e confessargli i suoi sentimenti; era stato orribile con lui, che di sicuro lo avrebbe odiato per sempre, e in più, cosa meno semplice del previsto, era fidanzato.
Lui però aveva bisogno di parlargli.
Alzò nuovamente lo sguardo verso lo specchio, e lì vide il viso delizioso di Magnus guardarlo e sorridergli, come se fosse stato davvero dietro di lui; urlò nuovamente, quella volta per la paura, e poi senza ordinarlo, il suo gancio destro partì spedito verso lo specchio che si ruppe in centinaia di piccoli pezzetti luminescenti, andando a ferire gravemente la sua mano e le nocche, piene di piccoli pezzi di vetro e completamente ricoperti di sangue. Alec aveva sempre odiato l’odore del sangue.
Ritrasse il pugno e lo avvicinò al viso per esaminare tutti i tagli sanguinolenti che si era procurato, e che pulsavano velocemente, arrecandogli dolore. Sbuffò e provò a migliorare la situazione ficcando il pugno sotto l’acqua fredda che lavò via tutto il sangue, ma non i tagli profondi e i pezzetti di vetro ancora incastonati in essi.
Esaminò meglio la mano che faceva male più di ogni altra cosa in quel momento, eppure continuava a pensare ad una sola persona: Magnus.
Sognava lui di continuo, sentiva la sua voce anche se non era in camera con lui, iniziava anche a vedere la sua figura allo specchio; aveva bisogno di una cura.
L’acqua continuava a scendere sul suo pugno, e picchiettare come tante piccole lame sulle ferite, eppure Alec continuava a tenerlo sotto; il dolore lo aiutava a distrarsi, ma non sarebbe potuto restare lì per sempre, aveva bisogno di essere medicato.
Fasciò il pugno con un asciugamano, prese dei soldi e uscì velocemente dalla camera per recarsi alla clinica del campus.
L’aria quella sera era fresca, il cielo era limpidamente blu e tanti piccoli puntini bianchi lo illuminavano, rendendo l’atmosfera ancora più calma e rilassante; il mondo sembrava prenderlo in giro. Lui aveva una bufera nel cervello e il cielo per fargli un dispetto era più sereno che mai.
Il vento gli solleticava il collo completamente sudato e lo faceva rabbrividire leggermente, spingendolo a camminare più veloce per arrivare più in fretta al pronto soccorso che era stato messo a disposizione degli studenti nel caso ci fossero problemi; era un piccolo edificio rettangolare, grigio, e una grossa insegna luminosa con una croce rossa lampeggiava sul tetto. Sospirò. Aveva sempre odiato un po’ gli ospedali. Camminò a testa bassa verso l’entrata, e poi verso la hall, piena di ragazzi feriti che normalmente era sicuro di non trovare. Insomma era un campus, come potevano mai esserci tanti ragazzi in un pronto soccorso?
Vide una figura familiare correre verso di lui, era Catarina, con i suoi capelli azzurri che facevano pendant con la divisa, tirati in un codino morbido sulle spalle, e il suo sorriso confortante.
“Alec” lo salutò poggiandogli una mano sulla spalla “Anche tu coinvolto nell’incidente?”
“Quale incidente?” chiese allarmandosi.
“Niente di grave, una macchina ha sbandato e ha coinvolto un’altra decina di macchine, ma nessuno rischia la vita. Alle feste dovrebbero vietare di portare tanto alcool” sorrise e abbassò lo sguardo su tutto il corpo di Alec in cerca della parte ferita.
“Sei bianchissimo” disse posizionando lo sguardo all’altezza della gabbia toracica per contare gli atti respiratori che effettuava; sedici. Era nella norma.
“Sono normalmente pallido” rispose lui sospirando.
“Cosa….?” Chiese interrogativa lei.
“Mhm”  Alec alzò la mano ferita, nascosta fino a quel momento dietro la schiena, e Catarina la osservò sgranando leggermente gli occhi.
L’asciugamano che una volta doveva essere verde, era diventato completamente rosso e zuppo di sangue.
“Ah. Bella perdita di sangue, complimenti!”.
Alec sorrise e Catarina tolse l’asicugamano per ispezionare meglio la mano; la guardò con attenzione e dedizione che ha solo chi svolge il proprio lavoro con amore e devozione.
“Okay senti vorrei davvero farti passare avanti ma non è possibile; proprio stasera ci sono parecchie emergenze da risolvere. Non posso rischiare un richiamo”
“Catarina va bene, davvero. Aspetterò il mio turno”
“Perfetto. Siediti da qualche parte. Appena posso vengo e disinfettiamo queste belle ferite, mh?”
“Grazie”
“A proposito” fece Catarina, tornado a guardarlo negli occhi “Come te la sei fatta?”.
“Ehm un incidente con lo specchio” sussurrò Alec arrossendo.
“Complimenti!” disse lei sorridendogli “A tra poco, mh?”.
Alec le sorrise e la osservò mentre si allontanava con la sua figura magra e slanciata, le spalle larghe e piene di responsabilità, i capelli che ondeggiavano assieme alle sue spalle, la testa abbassata e lo sguardo fisso sul cellulare su cui stava digitando qualcosa.
Si guardò attorno, ogni sedia era già occupata, ogni posto era già occupato, l’unico spazio libero era vicino una delle tante porte; fece spallucce e si sedette in quell’angolo di pavimento bianco, per ritornare poi a fissare tutti quelli che gli stavano attorno.
Erano tutti della sua età, ovviamente; anno in più, anno in meno.
Erano tutti pieni di ferite, ovviamente. Qualcuno aveva solo qualche graffio sul volto ed era lì per far compagnia a chi invece aveva ferite più gravi e sanguinava molto più di lui.
E poi c’era il personale; medici ed infermieri nelle loro uniformi, che correvano a destra e sinistra pronti ad affrontare tutto quello che gli si sarebbe parato avanti.
Si domandò se lui sarebbe mai potuto essere in grado di scegliere un lavoro che avesse a che fare con la salute della gente; più che lavoro quello era un modo di vivere, di affrontare le cose. Chi lavorava per la salute, secondo Alec, doveva essere una persona estremamente forte, pronta a salvare vite e allo stesso tempo perderle, e lui si sentiva così vigliacco e tremendo in quel momento, che pensò non avrebbe mai avuto il coraggio di poter scegliere quel mestiere.
 La schiena iniziava a dolergli, non sapeva più in che posizione mettere le gambe, e la mano non smetteva di pulsargli. Appoggiò la testa al muro, chiuse gli occhi e sospirò.
Il tempo passava, passava, era estremamente lento, e Alec non faceva che guardarsi attorno e farsi le più svariate e strambe domande; voleva solo che qualcuno gli curasse quella dannata mano e lo facesse andare via.
Sentì uno spostamento d’aria al proprio fianco, qualcuno si sedette accanto a lui; di sicuro qualcuno che era arrivato e non aveva trovato posto sulle sedie già occupate, eppure quell’odore era così simile a quello di Magnus.
Prese un grosso respiro e allontanò quell’idea. Era una totale cretinata, Magnus non poteva essere lì.
“Tra praticamente sei ore ho un aereo” sussurrò il tizio al suo fianco; era decisamente la voce di Magnus, ma non avrebbe aperto gli occhi e rischiato di notare che era tutto un suo sogno.
“Invece sono qui. Mi ha messaggiato Catarina” sospirò.
“Non so neanche io perché sono qui. Sono arrabbiato con te, ma ero preoccupato”.
Alec sorrise debolmente; era tipico di Magnus. Doveva smetterla di sognarlo.
“Alexander ho un aereo tra poco e invece di fare le valigie sono qui. Potresti aprire almeno gli occhi?”.
Era vero? Magnus era davvero lì al suo fianco? Il cuore di Alec iniziò a battere più velocemente, i polmoni andarono in iperventilazione, il suo cervello non ragionava più.
Aprì gli occhi lentamente perché aveva paura che il suo amico potesse scomparire o potesse essere tutto un sogno, ma invece era lì. Dopo più di quindici giorni vedeva nuovamente il viso di Magnus. Era sempre dannatamente bello. Lo stava guardando fisso, con una specie di sorrisino sulle labbra.
Alec sospirò.
“Sei davvero qui?” chiese, poi si diede dello stupido da solo; arrossì e nascose il viso tra le mani, sporcandoselo di sangue.
“Alec!” Magnus lo richiamò e allontanò la mano insanguinata.
“Che diamine hai combinato!”
“Lo specchio” sbuffò lui ancora più rosso in viso.
“Lo specchio? Hai distrutto lo specchio!?”
“Ci siamo distrutti a vicenda”.
Magnus scosse la testa “Sei un deficiente!”.
“Grazie” sorrise e girò il viso verso di lui.
“Sono davvero qui” disse poi, Magnus, poggiando una mano sulla sua spalla.
“Perché?” chiese Alec, con voce tremante.
“Perché sei mio amico, Alec. Ti voglio bene, lo sai”
“Sono stato un coglione” sussurrò Alec “Mi sono comportato di merda e credimi non ho mai voluto farlo. Sono andato un po’ fuori di testa”
“Ora sei tornato in te?” chiese sorridendogli leggermente.
Alec scosse la testa e sospirò “Non è semplice come sembra”
“A me sembra che tu abbia provato in ogni modo possibile ad allontanarti da me”
“Sì beh forse l’ho fatto davvero” si passò una mano sulla fronte “E forse l’ho fatto nel modo sbagliato”.
“Mi hai fatto del male” ammise Magnus “Hai fatto di tutto per farmi soffrire e non ho capito perché”
“Se te lo dicessi potresti odiarmi ancora di più” disse triste “E ho bisogno di te nella mia vita, non posso perderti davvero”
“Questa volta non mi hai perso”
“Ho ugualmente paura” poggiò la testa al muro e chiuse di nuovo gli occhi.
“Avevi ragione. Mi sono comportato da stronzo nei tuoi confronti e in quelli del tuo ragazzo”
“Perché? Perché, Alec?” lo supplicò.
Non poteva dirglielo. Non poteva uscirsene con la verità in quel momento, in quel modo.
“Perché sono un coglione”
“Lo hai già detto” scherzò “E mi hai già chiesto scusa per avermi detto quelle cose e per avermi evitato. Ora non voglio più scuse”
“Cosa vuoi, allora?” chiese.
“Voglio delle spiegazioni e ho bisogno che siano sincere”.
Magnus aveva bisogno più di ogni altra cosa al mondo di spiegazioni sincere; gli sarebbe piaciuto se Alec invece di parlare gli si fosse buttato tra le braccia e lo avesse baciato, ma quello non lo avrebbe fatto stare davvero meglio e oltretutto ci aveva perso le speranze ormai.
“Alec devi capire che… mi perderai comunque, okay? Magari se mi dicessi la verità potrei decidere di restare comunque, no?”.
Alec scosse la testa.
“Siamo amici, Alec. Io non abbandono gli amici”.
Alec cacciò indietro le lacrime; erano amici e lui lo aveva abbandonato.
Sentì nascergli nel petto una forte rabbia nei suoi confronti; aveva fatto soffrire Magnus, meritava altrettanta sofferenza. Doveva essere sincero almeno una volta nella propria vita.
Alzò la testa e puntò lo sguardo blu e sincero negli occhi di Magnus.
“Io non voglio più essere tuo amico”. Quella ormai era una scena vissuta e rivissuta; la vedeva ogni notte da più di quindici giorni.
Anche l’espressione confusa e un po’ delusa di Magnus era sempre uguale.
“Non sono omofobo” si fece coraggio “E ho detto delle cose schifose perché volevo convincermi di esserlo, volevo convincermi di non essere omosessuale ma….”.
Arrossì leggermente, e con la mano sana strinse a pugno l’altra, così da sentire dolore ed essere più lucido. Aveva bisogno di tutta la lucidità del mondo in quel momento.
“Io non odiavo Imasu perché era gay”.
Magnus lo guardò confuso, con un sopracciglio alzato e le labbra dischiuse.
“E perché allora?”
“Perché mi somiglia tanto eppure è totalmente diverso di me; ha il coraggio di essere quello che è davvero. Ha il coraggio di baciare l’uomo che vorrei baciare io”.
Ecco lo aveva detto. Il gioco era ormai iniziato. Vincere o perdere.
Magnus sgranò gli occhi e si disse che non aveva sentito bene; non poteva aver detto che voleva baciarlo. Non poteva aver sentito bene. Era vero? Alec non voleva essergli più amico perché voleva qualcosa in più?
“Non ti ho mai visto così tanto coinvolto da qualcuno e non ho mai visto qualcuno di così simile a me al tuo fianco. Nel momento in cui vi ho visti vicini ho capito che non era quello il suo posto, che il posto al tuo fianco doveva essere mio e quella cosa mi faceva impazzire perché avevo represso me stesso per così tanto tempo, non potevo mandare all’aria tutta la copertura”.
Prese un grosso respiro, Magnus continuava a guardarlo e confonderlo con quegli occhi così luminosi e perfetti.
“Ma non ce la facevo. Mi odiavo per quello che ero, eppure non ero così masochista da pretendere di non provare niente mentre vi vedevo vicini. Avevo voglia di scaraventarlo per l’aria e dirti che mi piacevi, che forse ero innamorato di te, invece non facevo che dirti che ti odiavo”. Gli occhi di Alec erano ricolmi di lacrime, le mani di Magnus tremavano dalla voglia di stringerlo tra le sue braccia.
“Mi sto allontanando dal punto” deglutì “È che hai un ragazzo e non mi sembra giusto dirtelo, ma lo odio, Magnus. Odio da morire Imasu perché ti voglio e non posso averti come ti ha lui”.
Aveva finito.
Il gioco era finito.
Magnus lo guardava a bocca aperta, palesemente sconvolto; non parlava, non diceva niente.
Aveva perso.
Lo aveva perso per sempre.
“Io e Imasu abbiamo finto. Non è il mio ragazzo, non lo è mai stato” sussurrò Magnus, facendo venire un colpo ad Alec.
Poi tutto accadde in un veloce secondo: la mano ferita di Alec, finì tra il suo corpo e quello di Magnus, la mano buona finì nei capelli di quest’ultimo, e le loro labbra furono intrecciate nel primo migliore bacio che entrambi avevano mai dato.
Magnus non aveva pensato molto a come fare, aveva agito di impulso come ogni altra volta, si era spinto verso Alec e lo aveva baciato.
Aveva desiderato quel bacio per così tanto tempo che era così surreale essere lì in quel momento, e assaporare le labbra di Alec.
Alec aveva represso per così tanto tempo la voglia di baciarlo, che scontrare le loro labbra lo aveva quasi risvegliato come un secchio d’acqua fredda buttato addosso in una caldissima giornata estiva.
Era tutto bellissimo.
Persino l’odore di sangue, il dolore, la puzza di ospedale, la voglia di tornare a casa erano scomparsi.
Quello era il loro posto, ognuno nelle braccia dell’altro.
Tutto stava iniziando ad essere come avrebbe sempre dovuto essere.
Nessuno dei due stava più sognando: I sogni di Alec si erano appena avverati, ma baciare Magnus davvero era molto meglio!
I sogni di Magnus si erano appena avverati, ma sapere di essere ricambiato davvero era molto meglio!
Il mondo attorno alloro era fermo, non esisteva nulla al di fuori di loro due, di quel bacio, dei lor cuori impazziti, del loro amore.
 
Quella era sicuramente la fine di un’ottima amicizia, ma l’inizio di un amore spettacolare.


Spazio autrice.
EEEEEEEEEEEH questa volta non è un sogno, giuro! È davvero successo e io ho davvero ballato quando ho scritto questo capitolo, e ora rileggendolo mi sono leggermente emozionata; certo, sembra troppo 'facile' il modo in cui Magnus ha perdonato Alec, ma tranquille, Alec avrà la possibilità di far capire che quelle non erano solo parole messe lì a caso.
Il titolo l'ho tirato fuori da una canzone, idfc, indicata subito sotto il titolo, che ho ascoltato mentre scrivevo e nada, volevo condividere questo momento di 'creazione' anche con voi che leggete :3
Se vi va ascolatatela che è molto carina!
Che dire, sembra che sia tutto finito ma tranquille avete altri due capitoli a disposizione per potermi odiare <3
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che l'attesa di tutto questo sia valsa a qualcosa!
StewyT~

Owh se vi va di suggerirmi qualche prompt, ricordatevi di passare qui ----> 
Out of ~Malec~ ideas (storia 'interattiva') :3

Spoiler
“Ho paura di essere obbligato a diventare quello che non sono; ho paura che mi obblighi a… lasciarti”.
Un groppo di lacrime si piantò nella gola di Magnus, che dovette fare di tutto per reprimerle, dal momento che già solo tutta la situazione era abbastanza deprimente.
“Mio padre è un demone, nel vero senso della parola. Nessuno gli ha mai detto di no. Sai com’è se hai tutti i soldi che ha lui, sei chiunque tu voglia essere, tutti quelli che sono al tuo fianco, sono chiunque tu voglia che siano; quell’uomo non è abituato a vedere le cose andare in modo diverso da come le aveva programmate. Io vado decisamente in modo diverso da come aveva programmato, e sai cosa? Lui piega tutti e fa in modo che ogni cosa venga aggiustata, quando succede qualcosa di simile”.
 

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Capitolo 12
*** Don't let me drown. ***


Don't let me drown.
 
“Allora come sta la mano?” chiese Magnus girandosi verso Alec, steso sulle sue lenzuola bianche, con i capelli sparsi tutt’attorno che sembravano tanti piccoli raggi d’inchiostro su una tavoletta di carta bianca; percorse tutto il suo corpo nudo, coperto solo dal lenzuolo bianco, in un secondo, e gli sorrise. Era così bello, ed era finalmente così suo.
Alec lo guardò sorridendo, ancora incredulo di tutto quello che era successo nelle ultime ore: della sua dichiarazione, della rivelazione di Magnus sulla sua storia con Imasu, del loro bacio, della loro prima meravigliosa volta.
Il dolore delle pinze che toccavano la sua carne e toglievano via i pezzettini di vetro erano stati persino meno dolorosi della forte voglia di alzarsi e costringere il suo amico a ritornare a letto, che aveva avuto per ogni singolo momento in cui Magnus era stato lontano da lui, dopo aver fatto l’amore, per preparare la propria valigia.
“Ti sei ricordato che esisto” sbottò ridacchiando.
“Oh avanti, sai che non avrei mai voluto allontanarmi da te ma devo necessariamente partire” sbuffò triste; riusciva a vedere quella luce vitale che aveva sempre negli occhi, spegnersi dalla paura che aveva di rivedere suo padre.
“Avresti potuto almeno vestirti. È stata una tortura” disse con le guance rosse e un grosso sorriso sulle labbra.
“E chi lo avrebbe mai detto che” Magnus gli accarezzò i capelli sorridendo con malizia “Alexander Gideon Lightwood fosse l’uomo più attivo al mondo”.
Alec alzò un sopracciglio e scoppiò a ridere “Attivo in che… senso?”; Magnus rise e si abbassò per dargli un bacio “Non ti basto mai, eh?”
“Ti ho guardato da lontano per troppo tempo” sospirò intrecciando la mano non ferita alla sua.
“L’attesa del piacere è essa stessa piacere” sussurrò Magnus, stendendosi al suo fianco.
“Dio, quanto vorrei restare qui”.
Alec lo guardò e si rattristò; quanto avrebbe voluto fare qualsiasi cosa per farlo stare bene, per non farlo soffrire, per non farlo partire.
O non farlo partire da solo…
“Che ne dici se…” si avvicinò a Magnus ridacchiando “Venissi con te a NY?”
“Cosa?” il viso di Magnus si illuminò, i suoi occhi tornarono a splendere e un grosso sorriso si dipinse sulle sue labbra.
“Non vuoi restare solo? Oh avanti, resterò via solo una settimana” scherzò, ma Alec scosse la testa “So che ti fa piacere, deficiente!” gli accarezzò una guancia e fissò gli occhi nei suoi.
“Voglio venire con te, se lo vuoi anche tu”.
Magnus sorrise di nuovo “Mancano meno di due ore, Alec”
“E allora? Non ho ancora svuotato la mia valigia, ho un posto in cui dormire a NY e non ci vuole poi così tanto a cercare un biglietto; tentar non nuoce”
“Come pensi di poterlo trovare!?” si lamentò lui.
“Come pensi che abbia trovato quello del mese scorso?”
“Quindici giorni prima, eh?” alzò gli occhi al cielo e gli diede un pizzicotto.
“Se non lo trovassi per questa mattina, potremmo cambiare il tuo e partire entrambi questa sera, così potremmo trascorrere tutto il giorno a letto!”
“Sei un diavolo tentatore, Alexander Gideon Lightwood”
“Magnus” ridacchiò dandogli un pizzicotto “Sarai anche il mio ragazzo, ma continuo ad odiare quando mi chiami con il mio secondo nome, piantala!”.
Magnus lo guardò per un secondo a bocca aperta; aveva davvero detto che era il suo ragazzo. Era davvero il ragazzo di Alec, il suo amico di Oxford.
“Ci sto” disse provando a riprendersi “Chiama, mago dei biglietti last minute!”
“Grazie per il permesso” sorrise Alec sporgendosi oltre Magnus per prendere il cellulare e chiamare l’aeroporto.
Magnus lo osservò per tutto il tempo; era così bello con quei suoi occhi blu come il mare, quei capelli neri come la notte e la pelle chiara come il latte. Era perfetto mentre si mordeva il labbro inferiore e annuiva alle parole dall’altro capo del telefono, mentre alzava un sopracciglio e rifletteva, mentre sorrideva e annuiva alle parole della donna e poi esultava felice, posando il cellulare.
Era così perfetto ed era suo.
“Allora” disse posando il cellulare sul suo comodino “Abbiamo esattamente due ore e mezzo prima del chek-in”. Magnus lo guardò affascinato e innamorato come non mai in vita sua.
“Abbiamo?” alzò un sopracciglio.
“Abbiamo” rispose Alec sedendosi velocemente a cavalcioni sopra di lui.
“Dici che ce la facciamo a ripassare quello che mi hai insegnato la notte scorsa?”.
Magnus sorrise scuotendo la testa “Mi vuoi morto per autocombustione, vero?”
“Oh no, dopo con chi mi eserciterei”
“Sei uno stronzetto, Alexander Gideon Lightwood”.
Alec alzò gli occhi al cielo e gli diede una pacca sul petto nudo; quello gli ricordava esattamente quello che erano all’inizio di tutto quell’incredibile casino: due amici.
Ed era così, Alec era tendenzialmente un ragazzo timido e anche se nei primi momenti non era stato proprio a suo agio con uno esuberante come Magnus, era diventato suo amico, quindi ritrovarsi in quel momento ad essere suo amante non lo metteva in imbarazzo; lo conosceva, sapeva cosa gli piaceva e sapeva che Magnus conosceva lui. Tutta quella situazione era sfociata in una cosa perfetta.
“Che ne dici se…” Magnus scattò velocemente, ritrovandosi a sua volta seduto sopra di Alec “Invece di perdere tempo qui a letto, non facciamo un bel bagno?”.
Doveva pur avverare tutti i suoi più grandi sogni, no?
Si abbassò sulle sue labbra, guardandolo attentamente negli occhi, e poi proprio mentre Alec pensava che lo avrebbe baciato, gli morse il labbro inferiore e si alzò rapidamente, scappando verso il bagno.
Alec scoppiò a ridere, e si prese un momento per osservare i muscoli del collo di Magnus, che si univano poi a quelli delle sue possenti e sexy spalle, per sfociare nel suo piccolo sedere sodo; quanto ne era innamorato!
Si alzò di malavoglia, spinto solo da quello che sarebbe successo in quella vasca, e si avvicinò a Magnus, già immerso nell’acqua.
“Non sarà una yacuzzi, ma ci divertiremo ugualmente” gli fece un occhiolino.
“Avanti, Alexader Gideon Lightwood, mio Fiorellino, festeggiamo con me coperto di panna, o vuoi essere tu quello coperto di panna?” scherzò Magnus buttandogli un po’ di schiuma addosso.
“Oh preferisco il cioccolato alla panna!” rispose a tono Alec, proprio come l’ultima volta che l’amico glielo aveva chiesto.
“Allora visto che abbiamo solo la panna, mi sa che sarai tu quello cosparso di panna, no, Fiorellino?” gli fece un occhiolino e Alec scoppiò a ridere entrando nella vasca
“Prima o poi lo faremo davvero” gli sussurrò all’orecchio prima che Magnus lo abbracciasse con forza e lo baciasse.
 
Essere amici, dopotutto aveva avuto i suoi vantaggi.
 
 
***
 
Il sole che stava quasi tramontando dietro i grattacieli di New York, si specchiò negli occhiali azzurri di Magnus, facendolo sorridere; amava quando succedeva.
Tornare in quel posto dopo tanti mesi in cui si viveva nella pace più assoluta, poteva essere un trauma per qualcuno, ma per lui era ritornare finalmente alla vita; smettere di ascoltare il cinguettio degli uccelli, in favore dei clackson delle macchine, era il vero paradiso per il ragazzo dai capelli a spuntoni, che da troppo tempo era lontano dalla sua amata città, dal suo amato loft e da tutte le migliori discoteche al mondo, solo perché non aveva voglia di rivedere suo padre.
Mettere piede a New York, quel pomeriggio, gli fece capire quanto stupido fosse stato. Era inutile scappare da suo padre, prima o poi avrebbe dovuto rivederlo: prima o poi avrebbe dovuto fare quello che stava progettando da un po’, ma quello non era proprio il momento.
Alec gli strinse forte una mano, quasi si fosse accorto della sua momentanea assenza, e Magnus si girò verso di lui sorridendogli.
Gli era capitato, prima di incontrarlo ad Oxford, di vederlo di sfuggita ad una delle sere di Gala di suo padre, eppure non si era mai soffermato particolarmente su di lui, se non per pensare che era estremamente bello, e che la sua bellezza un po’ nascosta risaltava sopra quella tutta luminosa ed energica del fratello biondo, e quella tutta forte e sensuale della sorella; Alec era il tipo di tesoro che difficilmente si nota, quello nascosto, quello che tutti cercano. E quel tesoro, in quel momento, gli stava stringendo la mano, lo stava accompagnando al patibolo facendolo sentire per una volta felice di andarci. Era così strana e complicata la vita: pochi anni prima alla stessa festa a cui si stava recando con il suo ragazzo, lo aveva notato per la prima volta; lui era sotto il braccetto della sua ragazza, Camille; Alec era dietro i due fratelli, quasi volesse nascondersi, era visibilmente in imbarazzo; in quel momento, invece, proprio quei due ragazzi che si erano scambiati a malapena uno sguardo, si stavano dirigendo mano nella mano verso quell’incubo sotto forma di festa, e proprio in quel momento, Magnus si accorse di quanto potesse essere meraviglioso il destino, di quanto il sapore della vita potesse essere diverso se la si condivideva con qualcuno per cui valeva la pena rischiare, di quanto persino l’odore e lo splendore del sole fossero diversi se ci si trovava al fianco di qualcuno che si amava.
Si girò verso Alec, con la testa poggiata allo schienale del sediolino e gli sorrise.
“Ti stai rilassando prima di andare a morire, eh Fiorellino?” gli diede un pizzicotto sulla guancia e sorrise.
“In realtà stavo pensando a quanto sia diversa questa città rispetto solo ad un mese fa” sospirò Alec guardandolo negli occhi. “Come è possibile?”.
Magnus sorrise e poggiò la testa sulla sua spalla.
“Sai cosa credo? Credo che non sia cambiata la città, ma tu. Ora sei… te stesso”
“Già”. Girò lo sguardo verso il finestrino, e prima di concentrarsi sulle persone che correvano come formiche, sui grattacieli grigi come prigioni, sul sole che incendiava le numerose finestre, si concentrò sul proprio riflesso; forse era vero, ad essere cambiato era lui. Finalmente era diventato sé stesso, e lo si vedeva persino dall’espressione del volto, più leggera e rilassata.
“Posso farti una domanda?” la voce di Magnus irruppe dolcemente nel silenzio della Limousine che li stava accompagnando a casa Bane e lo discostò dai propri pensieri.
“Certo” girò il viso verso di lui e gli sorrise.
“Come è stato…?”
“Cosa?” chiese Alec alzando un sopracciglio.
“Ritrovarti a mentire per così tanto tempo, e poi in un solo colpo ammettere a te stesso e tutti gli altri che stavi dicendo solo balle”.
Ecco, quella poteva essere proprio una descrizione perfetta per la tomba di Alec: ‘Colui che ha mentito per tanto tempo e poi in un solo colpo ha ammesso di aver detto solo balle’.
Alec deglutì e si massaggiò le tempie. Come aveva fatto? Ad essere onesti non sapeva spiegarlo neanche lui.
“Ci avevo fatto l’abitudine” rispose d’un tratto, quando Magnus aveva già iniziato a pensare che non avrebbe mai ricevuto risposta.
“Sai se ti convinci di qualcosa ogni giorno, per tanto tempo, alla fine quella diventa la tua verità. Ti è mai capitato di aver detto una bugia a qualcuno e di averla portata avanti così tanto a lungo, da essere diventata ormai una verità oggettiva?” il ragazzo si interruppe un attimo e poi sospirò uno scontento “beh è stato proprio così”.
Magnus annuì, leggendo tutta l’angoscia che aveva provato il ragazzo parlandone, e gli strinse di più la mano.
“Mi dispiace che tu abbia dovuto farti questo. Ti capisco, è… orribile avere paura che gli altri ti rifiutino”.
Alec gli sorrise e gli si avvicinò dolcemente “Hai paura di… dirlo a tuo padre?”.
Magnus annuì “Magnus Bane non ha paura di niente” sorrise “Eppure questa cosa lo terrorizza; è pur sempre un umano, no?”.
Alec ridacchiò “Di cosa hai paura davvero? Io avevo paura di essere allontanato e rinnegato, di non poter più stare con i miei fratelli, di essere odiato da loro e di essere trattato diversamente”.
Magnus alzò le spalle “Ho paura di essere obbligato a diventare quello che non sono; ho paura che mi obblighi a… lasciarti”.
Un groppo di lacrime si piantò nella gola di Magnus, che dovette fare di tutto per reprimerle, dal momento che già solo tutta la situazione era abbastanza deprimente.
“Mio padre è un demone, nel vero senso della parola. Nessuno gli ha mai detto di no. Sai com’è se hai tutti i soldi che ha lui, sei chiunque tu voglia essere, tutti quelli che sono al tuo fianco, sono chiunque tu voglia che siano; quell’uomo non è abituato a vedere le cose andare in modo diverso da come le aveva programmate. Io vado decisamente in modo diverso da come aveva programmato, e sai cosa? Lui piega tutti e fa in modo che ogni cosa venga aggiustata, quando succede qualcosa di simile”.
Alec lo guardò a bocca aperta, mentre riusciva a scorgere nei suoi occhi tutte le lacrime che aveva versato a causa del suo passato al fianco di quell’uomo; mentre riusciva a vedere tutte le sgridate, le lamentele, le botte, tutto il dolore che aveva provato.
Gli si avvicinò di più, e prima che se ne accorgesse, lo baciò; fu un bacio delicato e dolce, uno di quelli che ha un solo scopo, dire: ‘sono qui, e ci sarò fino a quando mi vorrai’.
“Tu non puoi essere piegato perché non c’è niente da aggiustare”.
Magnus gli sorrise e annuì “Mi fa piacere che persino tu l’abbia capito”.
Alec ridacchiò “Mi dispiace per tutto quello che è successo”
“Lo so” lo tranquillizzò “Sai però cosa mi chiedo da parecchio tempo?”.
Alec scosse la testa, tutto interessato.
“Come è stato baciare Imasu?”.
Alec d’un colpo divenne completamente viola e Magnus scoppiò a ridere.
“Davvero, sono curioso!” rigirò il coltello nella piaga, facendolo pentire di essere nato.
“Anche a me piacerebbe saperlo” rispose Alec salvandosi in calcio d’angolo.
“Come è stato fingere di essere il suo ragazzo?”.
Magnus sorrise, trovando in quelle parole un po’ di gelosia; amava Alec geloso e possessivo.
“Divertente” rispose lui “Una delle cose più divertenti che abbia mai fatto. Sentirlo urlare il mio nome, mentre ero lì seduto al suo fianco e lo vedevo trattenere a stento le risate, mi faceva morire ogni volta dal ridere. È un ottimo attore, comunque”.
Alec sorrise con Magnus, sentendosi un vero stupido “Lo urlava proprio bene” aggiunse, ridendo ancora; Magnus sorrise e gli sussurrò un “Lo urli meglio tu” all’orecchio, facendolo arrossire fino alle punte dei capelli.
“E chi bacia meglio?” chiese dandogli un pizzicotto.
“Tu, decisamente tu” scherzò Magnus dandogli un bacio a stampo.
“Voi…” Alec arrossì leggermente e si grattò una tempia “Voi vi siete mai baciati davvero?”.
La domanda colse entrambi di sorpresa; Magnus non si aspettava che gliel’avrebbe mai fatta, Alec non credeva ne avrebbe mai avuto il coraggio.
“Sì” ammise occhi verdi; non poteva mentirgli, sarebbe stato stupido.
“Una volta, la sera della festa di Camille. Stavamo parlando del suo passato, di quanto ti capisse per aver iniziato a mentire su te stesso e beh ci è scappato il bacio. Subito dopo però sei entrato tu” gli sorrise.
“Non hai provato niente…?”
“Speranza” disse imbarazzato “Quando hai aperto la porta ho sperato fossi lì per dirmi che mi volevi. Durante il bacio non ho provato nulla”.
Alec annuì e scoppiò a ridere “Eri davvero perso, eh”.
“Direi che lo eravamo entrambi” sbottò Magnus dandogli uno schiaffo sulla guancia.
Era divertente tutta quella situazione; fino a pochi mesi prima quei due erano solo amici che si scambiavano battute stupide a sfondo sessuale; Magnus sembrava solo un amico che faceva finta di provarci con l’altro. In poco più di due giorni, era cambiato tutto. Erano amici, sempre, ma anche qualcosa in più. Se prima ogni battuta poteva finire solo con una risatina e uno scambio di buffetti sulla spalla, in quel momento poteva finire in qualsiasi modo inaspettato; con un buffetto, un sorriso, un bacio, l’amore. Quello era il bello di avere uno dei propri più grandi amici come fidanzato.
Lo svantaggio di avere uno dei propri grandi amici come fidanzato, invece, è che come ti conosce un grande amico ti conoscono poche altre persone; come ti capisce un grande amico, ti capiscono poche altre persone.
Alec capiva alla perfezione Magnus, e allo stesso modo Magnus capiva alla perfezione Alec; in quel momento riusciva a capire dal modo in cui guardava fuori dal finestrino con fare assolto, dal modo frettoloso di respirare, da quel tocco leggermente più freddo e assente, che c’era qualcosa che lo preoccupava profondamente, e a dire il vero era così proprio da quando erano atterrati a New York, eppure non gli sembrava che fosse andato qualcosa storto. Avevano festeggiato i biglietti, erano corsi in aeroporto e in aereo avevano dormito per buona parte del viaggio, per l’altra parte aveva parlato e progettato, erano arrivata a NY e puf, improvvisamente Alec si era trasformato, era diventato leggermente più assente.
Lo abbracciò più forte e gli soffiò nell’orecchio; Alec si girò ridacchiando.
“È strano!” si lamentò ridendo.
“Proprio come te!” sbottò Magnus dandogli un piccolo morsetto al lobo destro.
“Che ti prende?”
“Cosa?” chiese Alec alzando un sopracciglio.
“C’è qualcosa che ti spaventa ma non vuoi dirmi cosa”
“No” disse lui provando a mentire. C’era qualcosa, eccome.
“Alexander” Magnus sospirò e si allontanò leggermente da lui “Ci siamo promessi che non ci saremmo più mentiti a vicenda. Quando mi hai chiesto di Imasu non ho mentito e avrei potuto farlo. Perché lo stai facendo ora?”
“Perché non voglio rovinarci il momento con una mia paranoia” fece spallucce occhi blu “Va tutto bene, davvero”
“Siamo quasi arrivati” sbuffò Magnus “E non scenderò da questa macchina fino a quando non saprò cosa affligge il mio fidanzato”.
Alec sorrise; era bello essere chiamato in quel modo. Era bello sentire il proprio nome preceduto da un aggettivo possessivo.
“Parla, avanti”.
Alec sospirò “Dopo non mi odierai?”
“Ti a- ” si fermò in tempo, prima di completare le fatidiche cinque letterine del varco; quasi sospirò per la gioia. “Non ti odierò” disse invece.
“È stata una mia idea accompagnarti e restare al tuo fianco. L’ho fatto perché non sopporto l’idea di starti lontano e perché vorrei proteggerti da tuo padre almeno per quanto mi è concesso”.
Magnus sorrise dolcemente, e ricordò a sé stesso quanto fosse fortunato.
“Ma…?” aggiunse, pieno d’ansia.
“Sono felice di essere venuto” aggiunse “E lo rifarei altre cento volte”.
Magnus annuì, il ‘ma’ era arrivato, e di sicuro c’entravano i suoi genitori.
“Ma….” Si bloccò e sospirò; era difficile da dire.
“Ma…?” lo incoraggiò ancora “Alec mi stai mettendo ansia!”.
Alec annuì e si fece forza “Non sono pronto a dirlo ai miei. Non sono pronto ad andare da loro e dire ‘ehi, sono gay e lui è il mio ragazzo’. È troppo presto. L’ho accettato da troppo poco e non ho la forza di farlo anche con loro; non avanti a te, almeno. Non voglio che tu riceva anche gli insulti di mio padre e di mia madre, quelli di tuo padre bastano e avanzano. Non so come dirglielo; magari gli manderò un messaggio quando saremo andati via da NY, magari telefonerò. Non lo so. So che ora non ne ho il coraggio”.
Magnus annuì serio, e Alec morì un secondo di ansia.
“Non voglio che tu ti arrabbi con me o lo veda come qualcosa di personale. Voglio stare con te più di qualsiasi altra cosa al mondo ma-” ma Alec non terminò mai quella frase, perché Magnus, con una tale forza e amore, lo colpì con un bacio, rinchiudendolo tra le sue braccia.
“Non voglio che tu faccia qualcosa che ti fa stare male. Stasera forse non è il momento; non posso aspettare in eterno, ma non voglio neanche metterti fretta. Voglio solo che tu sia al mio fianco, che ti interesso, che tu ci tenga a me, che io non sia solo per una notte, che tu non voglia il mondo ma me”.
Gli occhi di Magnus, verdi e oro come non mai, si fecero ancora più luminosi; Alec deglutì per non scoppiare in lacrime come una vera femminuccia con una crisi ormonale, invece lo abbracciò e sospirò contro la sua spalla un semplice quanto sentito “Sempre, sarò sempre al tuo fianco; sempre, ti vorrò per sempre e… non voglio il mondo, voglio te.”.
Erano arrivati; entrambi erano pronti ad affrontare quella serata. Che entrambi avrebbero avuto o meno la forza di dire quello che dovevano, quella sera nessuno dei due sarebbe stato solo.
*
Alec guardò a bocca aperta l’ambiente che lo circondava; era tutto così ricco e sfarzoso. Certo anche lui era cresciuto e vissuto sempre in un ambiente ricco e ovattato, ma mai così lussureggiante; quel posto con i suoi lampadari in oro, dai quali scendevano catenine di swarosky, con i suoi pavimenti in marmo color oro, con i suoi quadri colorati, raffiguranti donne nude e bellissime, aveva qualcosa di così sbagliato, di così sporco e odioso. Lo pensava ogni volta che ci metteva piede, e ogni volta una forte morsa allo stomaco lo prendeva di soppiatto facendogli venire una forte ansia; forse quella volta fu peggiore delle precedenti, perché sapeva che lì dentro, i suoi genitori aspettavano di sapere il vero motivo per cui era lì quella sera e che il padre di Magnus era pronto a sbottare contro suo figlio per qualsiasi futile motivo.
Strinse leggermente di più la mano del suo fidanzato, che ricambiò la presa e si voltò verso di lui sorridendo; salirono le scale che li separavano dalla sala dove si sarebbe tenuto il ricevimento – un enorme salone pieno di candelabri d’oro, specchi che prendevano tutte le pareti, e divanetti comodi dai motivi persiani – e si scambiarono un sorriso, prima che Magnus con un grande sacrificio, lasciasse la mano di Alec.
Alec sospirò sentendosi subito dopo più solo e freddo; aveva bisogno di Magnus, non come si ha bisogno dell’aria per respirare, ma come si ha bisogno dell’acqua quando si ha sete: Senza di Magnus avrebbe ovviamente continuato a vivere, eppure non in quel modo idilliaco in cui aveva iniziato ad andare avanti la propria esistenza.
Magnus si girò verso di lui, sorridendogli come per incoraggiarlo proprio quando l’unico a dover essere incoraggiato era lui: stava per affrontare una delle persone che più odiava al mondo, eppure ostentava tranquillità e sicurezza; era da invidiare.
“Posso starti vicino, almeno?” chiese Alec, guardandolo fisso. Era così incoerente; prima aveva paura di dire che era il suo ragazzo, poi non voleva staccarsi da lui.
Magnus ridacchiò “Come farebbe un amico. Nessuno si accorgerà di noi due. Sta con i tuoi, parlami solo quando ci becchiamo per la sala.”.
Alec annuì dispiaciuto; era andato lì per aiutarlo, invece se ne stava dietro le quinte comportandosi come il codardo che era.
“Ma” aggiunse Magnus avvicinandosi leggermente a lui, e soffiandogli nell’orecchio “Sei mio invitato, quindi sentiti libero di trascinarmi in una camera chiusa, e farmi tutto quello che vuoi, in qualsiasi momento”.
Alec scoppiò a ridere, arrossendo, e annuì “In questo momento avrei proprio bisogno di un piccolo e casto bacio”
“In questo momento, hai proprio bisogno di allontanarti leggermente, lì c’è mio padre” sbuffò Magnus, diventando di pessimo umore.
Alec guardò nel punto indicato dal suo ragazzo, e vide un grosso uomo alto, dinoccolato e magro, ma allo stesso tempo imponente e regale, avvicinarsi a loro; lo scrutò attentamente, come non aveva mai fatto prima, e si accorse di quanto somigliasse a Magnus, a partire dagli occhi di quel colore tanto particolare e stupendo – anche se comunque gli occhi di Magnus erano lucidi di gioia e vita, il che li rendeva ancora più belli – al sorriso perfetto – anche se quello di Asmodeo, il padre di Magnus, era leggermente più appuntito e spaventoso –.
“Il figliol prodigo torna a casa” sbottò quando fu abbastanza vicino, senza neanche degnare i due ragazzi di uno sguardo “Ti sei deciso a tornare”
“Purtroppo” sbuffò Magnus “Ma resto poco; sono iniziati nuovamente i corsi!”
“A proposito di corsi! So che i tuoi voti sono abbastanza alti; in qualcosa riesci, allora”. Magnus si morse il labbro inferiore, e fece finta di ridere.
“Mi hai fatto venire solo per insultarmi, quindi?”
“E Camille?” chiese il padre cambiando discorso; sul suo viso aleggiava sempre un sorriso sarcastico e cattivo che lo rendeva meno bello di quanto sarebbe stato con un sorriso più gentile, come quello del figlio.
“Non c’è” disse alzando le spalle Magnus.
La tensione tra quei due era palpabile; era possibile tagliarla con un filo di cotone, quasi; persino tra Alec e suo padre c’era un rapporto migliore.
“Vedo che hai ascoltato perfettamente la mia richiesta, a telefono. Attento come sempre”
“Ti presento Alexander Lightwood” quella volta fu Magnus a cambiare discorso, e Alec, sentendosi tirato in ballo si girò verso Asmodeo, arrossendo; quell’uomo era talmente terribile, da fargli venire voglia di infilzarlo con tutte le frecce del mondo.
“Lightwood! Ci saranno anche i tuoi genitori stasera; come mai sei qui con lui? Pensavo che i Lightwood fossero più selettivi!”
Alec lo scrutò con aria omicida, e sbottò un “Credo che andremo a cercare i miei genitori”, prendendo Magnus per mano, e dando una spallata all’uomo alto e magro.
“Capisco davvero perché lo odi, ora” disse, ritrovandosi a guardare il sorriso fiero che illuminava il volto del suo ragazzo.
La serata sembrava essere iniziata nel peggiore dei modi, eppure non era vero; il peggiore modo per iniziarla era stata staccarsi da Magnus e doversi comportare come se si conoscessero a malapena, come se non fossero fidanzati da poche ore e non avessero avuto voglia di restare avvinghiati ovunque; subito dopo aver salutato Isabelle e i genitori di Alec – sotto il loro sguardo curioso, che si chiedevano ancora come mai loro figlio fosse arrivato a quella festa senza neanche avvisarli – Magnus, infatti, si era allontanato, concedendo al fidanzato un solo piccolo sorrisino di incoraggiamento, prima di sparire. Nonostante quello, però, Alec non era riuscito a staccarsi completamente da lui, e lo seguiva con lo sguardo ovunque andasse, pronto a correre da lui nel caso gli fosse servito aiuto; non era presente davvero, non ascoltava quello che gli dicevano i genitori, rispondeva a monosillabi, addirittura era come se Jace e Isabelle non ci fossero, erano invisibili: riusciva a vedere solo Magnus, ovunque fosse, con chiunque fosse, qualunque cosa facesse.
Aveva osservato per tutta la sera ogni suo movimento: Magnus che si avvicinava a dei parenti e sorrideva cordialmente, Magnus che parlava con degli amici di vecchia data, Magnus che andava verso il banchetto per prendere un altro prosecco, Magnus che stringeva la mano alla figlia di un collega del padre e poi scendeva in pista con lei, Magnus che lo guardava negli occhi mentre ballava con quella ragazza e gli chiedeva le sue scuse con lo sguardo. Alec non era geloso della ragazza, era solo invidioso della sua vicinanza a Magnus; mentre lui in quel momento doveva starsene lì come un salame a guardarli, lei poteva stringere il suo uomo. Fu talmente accecato dall’invidia, ad un certo punto, che prese Isabelle sotto braccio e si avviò in pista da ballo, provando a mettere un passo dietro l’altro e riuscendoci miseramente.
“Si può sapere che ti prende?” gli aveva chiesto la sorella, senza ricevere risposta; Alec era troppo concentrato a guardare Magnus, e proteggerlo da lontano, mentre si allontanava dalla pista da ballo e si avvicinava ad un altro gruppo di persone.
“Ahia” Alec aveva ricevuto un forte colpo nelle costole che lo aveva fatto diventare subito attento alle parole della sorella, che lo avevano distratto per il resto della serata. Isabelle era così curiosa di sapere i dettagli di quello che era successo tra lui e Magnus – visto che quest’ultimo non aveva avuto tempo per aggiornarla – che ottenuta la sua attenzione non gli aveva dato un attimo di respiro, così mentre con gli occhi seguiva ogni minimo spostamento del ragazzo, con il cervello e le parole provava a dimostrare ad Isabelle quanto fosse presente e al tempo stesso provava a non far sentire a Jace quello di cui stavano parlando; inutilmente, ovviamente, dal momento che Jace era aggiornato quanto la sorella su tutta la faccenda.
Così aggiornato da essersi avvicinato a lui nel bel mezzo della serata e avergli sussurrato all’orecchio “Il tuo ragazzo ti stava cercando, voleva portarti in camera sua, ma non ti ha trovato”.
Alec si era ritrovato completamente paonazzo a dimenticarsi per un attimo della sua missione – proteggere Magnus, ovviamente –.
“Cosa?” aveva risposto con voce tremante, ma Jace era scoppiato a ridere e gli aveva dato una pacca sulla spalla.
“Credevi davvero che non lo sapessi?” gli aveva sorriso “Sei un idiota per non avermelo detto tu stesso”.
“Io-io” boccheggiò Alec.
“Perché non lo hai fatto?”.
Alec arrossì e scosse la testa, incassando le parole dell’amico.
“Credevi che non ti avrei accettato? Alec che differenza c’è tra un Alec gay e uno etero? Nessuna!”.
Il bruno annuì “Lo sapevi?”
“Lo sapevo, non me lo ha detto Isabelle. Si notava un pochino, non credi?”
“Allora… beh allora perché hai continuato a presentarmi ragazze e a farmi uscire con loro?”
“Perché speravo che prima o poi mi mandassi a quel paese con un bel ‘le donne mi fanno schifo! Voglio qualcosa di diverso al mio fianco. Voglio un ragazzo’ e invece non lo hai mai fatto” Jace lo guardò dritto negli occhi, scatenando tutto l’oro che ci navigava dentro.
“Posso sapere perché? Non ti fidavi di me? Avevi paura di me?”
“Non mi fidavo di me e avevo paura di me” rispose lui “Non volevo ammetterlo a me stesso. Ci sono riuscito solo ora”.
Jace annuì “Beh essere trattati in modo diverso è difficile davvero, ma tu non hai di questi problemi; sono tuo fratello, Alec. So chi sei, e so che non andare dietro alle ragazze non ti rende diverso, okay?”
“Lo so” sussurrò “È solo che.. i nostri genitori..”
“Si fottano! Non puoi cambiare te stesso per loro”
“Non cambio più me stesso”
“Finalmente hai smesso di fare il deficiente, eh?”
“Già” rispose Alec rosso in viso avvicinandosi a Jace che lo strinse in un forte abbraccio.
“Quando mi dirai che Magnus è il tuo ragazzo?” chiese ridendo Jace, in un sussurro.
“Magnus è il mio ragazzo” gli rispose con un sorrisino imbarazzato stampato in volto.
“FINALMENTE” rise Jace allontanandosi dopo avergli dato una pacca sulla spalla
dicendogli che era finalmente fiero di lui, per poi avviarsi verso il tavolo del prosecco, per essere sostituito da Max che aveva iniziato ad aggiornarlo sui propri miglioramenti a tiro con l’arco.
Quella serata era stata una delle più faticose della propria vita; tutto quello che voleva, per concluderla almeno in un buon modo, era andare nel loft di Magnus e dormire abbracciato a lui, ma ovviamente non sarebbe stato possibile. Sarebbe tornato a casa e sarebbe stato confiscato dai suoi genitori e dai suoi fratelli fino a prima della partenza.
Sospirò e si massaggiò le tempie; a forza di seguire Magnus con lo sguardo, davvero ovunque, - per non parlare dell’interrogatorio della sorella, della parlantina veloce di Max, e della confessione di Jace - gli era venuto un fortissimo mal di testa. Tutto quello che avrebbe voluto fare sarebbe stato addormentarsi, invece proprio mentre chiudeva gli occhi e sospirava, pensando che la serata sarebbe finita di lì a poco, si guardò attorno e notò Magnus, leggermente più appartato, parlare fitto fitto con Asmodeo; a dire il vero era quell’ultimo a parlare con il suo solito sorrisino incattivito e odioso: Magnus restava lì, con gli occhi determinati, e un’espressione forte sul viso, a farsi martoriare.
Avrebbe tanto voluto sentire cosa gli diceva, ma non gli era possibile, era troppo lontano e Asmodeo parlava a voce bassissima, quasi stesse sussurrando a suoi figlio i misteri dell’universo, invece che una montagna di insulti e cose ignobili.
Alec sospirò e lanciò uno sguardo a Isabelle, che capendolo al volo annuì e gli sorrise, dopodiché si allontanò e cercò di avvicinarsi quanto più possibile a Magnus e suo padre; si piantò al tavolo del prosecco, dove centinaia di bicchieri sempre pieni sostituivano centinaia di bicchieri vuoti. Prese uno dei calici lunghi e sottili ricolmi di quel liquido quasi trasparente pieno di bollicine, e ne assaggiò il sapore dolce e frizzante.
“Non puoi piegarmi” sentì dire a Magnus che parlava a voce più alta del padre.
“Sono questo, accettare o rifiutare”.
“Credi davvero di potermi parlare in questo modo? Senza di me sei nulla”
“Senza i tuoi soldi sono nulla, non senza di te. Tu non conti nulla” sbottò “E anche quello che pensi di me conta nulla. Puoi dirmi quello che vuoi e farmi quello che vuoi, ma il Magnus di otto anni che si faceva sopraffare dalle tue chiacchiere è finito”.
Il volto di suo padre si illuminò con un sorriso di sfida che Magnus pensò bene di eliminare in un solo colpo.
“Non darmi più un dollaro, non ho bisogno di te”
“E come pensi di mantenerti, eh?”
“In qualche modo farò. Non ho più intenzione di fare qualcosa che mi fa schifo, né tantomeno di mentire. Io non sono fatto così. Non ho vergogna di quello che sono. Sono bisessuale e allora? Dillo, avanti. Dimmi che sono un indeciso, che lo sono sempre stato e che era il minimo esserlo anche con uomini e donne!”.
La bocca di Alec si spalancò quasi quanto quella di Asmodeo, avanti a quella confessione talmente sfacciata da essere proprio da Magnus; dovette poggiare il bicchiere sul tavolo per non vederlo schiacciarsi a terra tanto gli tremavano le mani.
Magnus aveva avuto il coraggio di spiattellare in faccia al padre quello che ormai già tutti sapevano, avanti a tutti; quello di cui non bisognava aver paura ma che invece terrorizzava proprio a causa del pensiero altrui.
Magnus era quanto di meglio ci fosse al mondo, se fosse stato un po’più come lui e un po’ meno come sé stesso, forse avrebbe avuto persino il coraggio di avvicinarsi a suo padre e fare altrettanto; gridare al mondo un “Io sono gay e non me ne vergogno”, invece tutto quello che fece fu guardare il padre di Magnus allungarsi verso il figlio, come a volergli dare un ceffone.
In quel preciso istante però, non capì più niente; dimenticò ogni cosa. Dimenticò chi era, cosa ci faceva lì, perché era lì. Dimenticò la sua paura e le sue ansie. In quel momento vide solo che doveva tanto a Magnus, che quel ceffone non contava niente, che tutto quello non contava niente, che Magnus meritava solo di sorridere.
Non ci pensò molto, si dimenticò di dove era, di chi poteva vedere quello che stava facendo, di quale sarebbero state le conseguenze per quello che stava facendo.
Probabilmente non pensò neanche a cosa stava per fare, di sicuro non lo fece per sé stesso, ma per quello che aveva visto, per quello che aveva provato guardando l’espressione del suo amico; Alec poteva avere tanti difetti, ma se c’era una cosa che non avrebbe mai fatto, quella sarebbe stata lasciare a sé stessa una persona a cui teneva tanto. Non avrebbe mai lasciato soli i suoi fratelli o i suoi amici più stretti; non avrebbe mai lasciato solo il ragazzo di cui era innamorato.
Non ci pensò per niente: un secondo prima aveva visto Magnus confessare, un secondo dopo stava confessando a sua volta.
Corse velocemente al fianco di Magnus, probabilmente non avrebbe neanche saputo spiegare come, tanta era l’adrenalina che aveva in circolo, e strinse il suo ragazzo in un dolce e caloroso abbraccio, per poi baciarlo lì, avanti a tutti.
Finalmente fece quello che aveva desiderato per tutto il tempo in cui erano stati lontani; le loro labbra si sfiorarono in un bacio tenero e allo stesso tempo pieno di ansia, ma non appena le labbra di Magnus si curvarono sotto quelle di Alec in un grosso sorriso, tutti i timori si dissolsero.
Tutto quello che contava erano loro due, tutto quello che c’era lì, in quel momento erano loro due.
Fu come se il mondo fosse andato dissolto nel nulla, cancellato da una gomma così come viene cancellato un disegno a matita su un foglio di carta.
I loro cuori si sentirono immediatamente più leggeri e felici e allo stesso tempo soddisfatti.
Quando si allontanarono, ansimanti e con gli occhi lucidi, neanche diedero peso al viso sconvolto dei più anziani, a quelli sorridenti dei più giovani che battevano le mani, a quello di Isabelle che era rigato di mascara, a quello di Jace e Max che sorridevano fieri, a quello di Asmodeo rosso paonazzo - per ‘la figura orrenda che suo figlio gli aveva appena fatto fare’, che già stava cercando il modo di ripagare – a quelli dei Lightwood sbiancati e privi di emozioni; nulla di tutto quello che era accaduto in quella sala contava, se non il fatto che Alec aveva dimostrato a Magnus quanto bene gli volesse, perché si può parlare quanto si vuole, si possono dire tutte le cose che si desidera, ma solo con le azioni si dimostra davvero qualcosa, e Alec aveva dimostrato tanto, proprio come Magnus, che subito lo aveva preso per mano e lo aveva trascinato fuori di corsa.
Così, contrariamente a come erano entrati in quello sfarzoso posto, ne erano usciti, correndo da un corridoio all’altro, con le luci, le porte e i quadri che gli sfrecciavano attorno, fregandosene completamente di tutte le conseguenze che quello che avevano fatto avrebbero portato.
Correvano, mano nella mano, con il vento nei capelli, il loro sapore sulle labbra, le risate felici, e i cuori leggeri, con l’unica voglia di continuare a sentirsi in quel modo per sempre, di continuare ad amarsi in quel modo incondizionato per sempre, benché ancora nessuno dei due avesse ammesso completamente quello che provava per l’altro.
Correvano respirando l’aria fresca di New York, che per una volta vedeva uno dei desideri di Alec avverarsi: sentirsi giovane e felice come mai avrebbe pensato.
Correvano sperando che quel momento non sarebbe mai finito, che quella storia non avrebbe mai visto la parola ‘fine’, con la testa piena di fantasie, il cuore pieno di desiderio, e l’adrenalina che gli schizzava nelle vene facendoli sentire così come l’amore fa sentire: vivi e liberi.


Spazio autrice.
SAAAAAAALVE GENTE! Come va la vita? 
Io sono un pochino tristina per questo capitolo; insomma, è il penultimo e onestamente già so che mi mancherà da morire l'appuntamento settimanale con un capitolo da correggere e postare T^T
Grazie a Raziel però, ho già iniziato un altro progetto Malec QUINDI mi sento meno triste e desolata LOL
Ehm cosa dire sul capitolo?
Il titolo deriva da una cazone dei Bring me the horizon, Drown, che adoro da morire e mi ha ispirata durante la scrittura del capitolo; cioè davvero, ho immaginato i Malec prendersi per mano e scappare verso l'infinito ed oltre e nel frattempo questa canzone scoppiare a spaccare i timpani a tutti dal nulla. AWH beata fantasia!
Okay, nada, da quello che avete letto, tutto VA BENE finalmente e non potrei esserne più felice. Li ho fatti patire parecchio quindi si meritano tuuuuutto l'amore di questo mondo; nel mulino che vorrei tanto Malec e sesso gay, d'altronde lo dice pure Banderas, no? Okay forse no, ma ehi, diamo gioie almeno ai Malec!
Questa potevo risparmiarmela, lo so, ma non posso mettere freni alla mia mente malata.
Basta. Se dovessi dirvi una parte preferita di questo capitolo probabilmente dovrei citarlo tutto; ho amato scrivere dalla prima all'ultima lettera, forse avrei evitato il litigio con Asmodeo, ma chi avrebbe spinto il nostro cucciAlec a venire fuori?
No, non saprete mai come l'hanno presa Robert e Maryse perchè non me ne frega un beneamato cavolo, mi interessa solo che Alec sia finalmente felice!!!, ma scoprirete il futuro di questi due, nell'epiglo.
Giuro che nel prossimo capitolo - aka, il maledetto epilogo- non ci saranno guai, voglio dire, è una Malec, deve necessariamente finire bene......no?

Okay(quante volte l'ho ripetuto?) la smetto di rompervi, magari avete una vita sociale a differenza mia, e dovete andare a festeggiare Halloween, no?
Dunque vi lascio senza spoiler, perchè beh, voglio che l'epilogo sia tuuuutto una sorpresa.
Vi ringrazio già infinitamente per aver seguito me e i mei pazzi Malec fino a qui.
Alla prossima settimana!
StewyT~

Ps. Buon Halloween <3
 

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Capitolo 13
*** Compagnidistanzaversario-un anno dopo. ***


Compagnidistanzaversario
23 settembre 2016
 
La porta della camera si spalancò, e anche se ormai dopo due anni Magnus si sarebbe dovuto abituare alla perfezione di Alec, così non era.
Ogni volta che lo vedeva si perdeva in tutta la sua altezza, il suo fisico statuario, il suo viso perfetto e i suoi occhi blu come il mare.
Gli sorrise in segno di saluto e si tolse le cuffiette, poggiando l’ipod sul proprio comodino.
“Come è andata?” chiese Magnus speranzoso.
Alec alzò gli occhi al cielo e assunse un’espressione triste in volto.
“Ma no!” sbuffò Magnus “Non ci credo!”.
Alec scoppiò a ridere, rosso come un peperone “mento così male?”
“I tuoi occhi non ci riescono proprio, vieni qui!” Magnus lo attirò a sé, e ridendo gli diede un bacio a stampo.
“Da lunedì prossimo, lavorerò con te in biblioteca, felice?” ridacchiò, posò una busta contenente chissà che sul tavolino, e poi si sedette sul letto al fianco di Magnus – i loro lettini erano stati uniti a formare un unico grande letto a due piazze – “Oh non potrei essere più felice” gli sorrise e poggiò la testa sulla sua spalla.
“Novità delle ultime ore in cui sei mancato?” gli disse il più grande sospirando.
“Cosa è successo?” chiese Alec assumendo un’espressione ansiosa; da quando entrambi avevano ufficializzato il loro coming out alle famiglie, ogni giorno avevano l’ansia che potesse succedere qualche orribile disastro, e infatti così era: un giorno Magnus riceveva minacce, un giorno gli venivano cancellati conti in banca, un giorno riceveva richieste di pagamento dall’università, che il padre non stava più pagando.
“Mio padre, ancora” sbuffò Magnus “Ha disattivato l’ultima carta che mi era rimasta, che era comunque inutilizzabile, ma dettagli!”
“Quante diamine di carte avevi! Era la decima” provò a scherzare Alec, non riuscendoci proprio alla grande.
Da quando erano tornati da New York, dopo la festa del padre di Magnus, quest’ultimo aveva riflettuto per bene su quello che desiderava fare davvero, e dunque aveva deciso di cambiare facoltà e iscriversi ad arte, deludendo per l’ennesima volta suo padre che quindi aveva deciso di tagliare completamente i ponti tra loro due, e non passare a suo figlio neanche più un dollaro.
Gli aveva tolto tutto, le uniche cose che restavano a Magnus erano il suo loft a Brooklyn, Alec e i suoi amici.
Fortunatamente, invece, benché Alec non gli avesse ancora parlato davvero, i suoi genitori si erano comportati decisamente meglio e non avevano reagito chissà come al suo coming out - se non con una bella sfuriata, qualche minaccia e alla fine, dopo parecchio tempo un “Ti accettiamo, sei sempre il nostro Alec, e siamo fieri di te!”- dunque per i primi mesi in cui Magnus non aveva ancora un lavoro, erano riusciti ad andare avanti assieme grazie ad occhi blu; Magnus però si era messo subito in cerca di un lavoro e ne aveva ottenuto uno  - anche con una paga abbastanza alta – nella biblioteca del campus, dove a partire dalla settimana seguente, avrebbe iniziato a lavorare anche Alec.
“Non ho più nulla, eppure non sono mai stato così felice” disse Magnus sorridendo “Solo… sei convinto di voler lavorare? Insomma quando studierai?”
“Di notte, se dovesse servire” rispose Alec convinto; “sono stato più fortunato di te dal momento che i miei genitori non mi hanno tolto tutti i soldi che ho, ma questo non vuol dire che io non debba diventare più responsabile, no?”.
Magnus sorrise e annuì “Ma quando avrai tempo per me? Di mattina ai corsi, di pomeriggio in biblioteca, di notte a studiare…?”.
Alec scoppiò a ridere e alzò gli occhi al cielo “A costo di stare anche solo dieci minuti assieme, faremo tutte le docce condivise!”
“Mhm mi piace” sorrise occhi verdi abbassandosi verso le labbra di Alec per mordicchiarle, facendolo ridere.
Alec decise di ricambiare il favore sedendosi a carponi su Magnus, per poi iniziare a mordicchiare dolcemente il suo collo.
“Oh! Ho sentito tua sorella! Arriverà ad Halloween, ha detto che vuole venire a vedere come ce la caviamo. La seguirà anche Jace. Forse ci saranno anche Sigmund e Clary!” disse con voce pesante.
“Perfetto” rispose Alec non curandosi per niente di quello che stava dicendo Magnus, intento come era a baciarlo.
“Voglio organizzare una festa ad Halloween”
“Solo io e te?” chiese Alec ridacchiando.
“Solo io, te, tua sorella, Samuel, Jace, Clary, Ragnor, Raphael, Catarina, Malcolm, Imasu, Woosley e se le va, Lydia con il suo nuovo ragazzo. Sarà divertente, dai! Una festa di Halloween con tanto di torta di carote, caramelle gommose e dolcetto o scherzetto”
“Mhm” Alec diede un morsetto più forte a Magnus, che ansimò leggermente e lo spinse via sorridendo.
“Mi hai ascoltato, almeno?”
“Una festa di Halloween con tanto di torta di carote, caramelle gommose e dolcetto o scherzetto! Sì che ti stavo ascoltando!” sbuffò.
Magnus ridacchiò e per farsi perdonare gli si avvicinò per dargli un bacio, ma Alec si allontanò mettendo il muso.
“Ero venuto con l’intenzione di festeggiare, invece niente. Sei proprio un guastafeste” sbuffò.
Magnus alzò un sopracciglio e lo guardò stranito; cosa c’era da festeggiare?
Sul viso di Alec si dipinse un grosso sorriso canzonatorio.
“Che giorno è oggi?”
“Che giorno è oggi?” chiese nuovamente Magnus stranito, per poi allungarsi a prendere il proprio cellulare e controllare.
“Ventitré settembre” disse ridacchiando.
“Già. È il nostro compagnodistanzaversario!”
“Te ne sei ricordato!” il volto di Magnus si illuminò con un grosso sorriso luminoso.
“Come avrei potuto dimenticarlo!” gli diede un cazzotto leggero.
“Quest’anno abbiamo ancora di più da festeggiare!” disse Magnus con aria da sapientone.
“E cosa?” chiese curioso Alec.
“Il fatto che tu non sia più l’unico ragazzo ad aver dormito per due anni in camera mia, senza venire a letto con me!”.
Entrambi scoppiarono a ridere di gusto; in un anno erano cambiate così tante cose, eppure così tante altre erano rimaste sempre uguali.
“Ehi” Alec lo ammonì “Guarda che è anche camera mia!”
“Tecnicamente è vero…” Magnus sorrise “Allora, come festeggiamo questa sera? Pizza piccante, film horror o porno?”.
Alec arrossì leggermente e scosse la testa “Nessuno dei tre. Odio la pizza piccante, i film horror e ancora di più i porno”
“Mhm” Magnus fece il pensieroso “Dobbiamo trovare qualcosa di divertente da fare, allora…”.
Alec sorrise e si alzò dal letto, lasciando un Magnus perplesso, che si chiedeva cosa ci fosse nella bustina che Alec aveva appena preso.
“Festeggiamo con me coperto di panna, o vuoi essere tu quello coperto di panna?” chiese alzando il sacchettino “Oh, no dimenticavo! Qui c’è del cioccolato” sorrise andando a sedersi nuovamente sulle gambe di un Magnus attonito e ilare; vedere Alec prendere le redini era sempre uno spettacolo.
“Quindi….” Alec poggiò il sacchetto sul comodino, e spinse Magnus sul letto, baciandolo velocemente, senza fargli aprire bocca per parlare; Magnus subito non si fece pregare, e mentre ricambiava quel bacio tanto atteso e voluto, allungò le mani verso la camicia di Alec e la sbottonò bottone dopo bottone, buttandola a terra; fine simile fu vista anche dalla maglia di Magnus – cosa più rara che strana, dal momento che Magnus non indossava mai la maglia -.
Alec si allontanò leggermente ansimante, e prese il tubetto di cioccolata dal sacchetto.
“Mi sa che sarai proprio tu quello coperto di cioccolato” sussurrò all’orecchio del fidanzato, sorridendo.
“Non vedo l’ora, amico”.
 
Quante cose erano cambiate in un anno?
Magnus non frequentava più giurisprudenza e lavorava; Alec non fingeva più di essere chi non era; loro due non erano più solo amici.
Quante cose erano rimaste uguali in un anno?
Magnus era sempre la persona più felice al mondo se c’era Alec; Alec era sempre sé stesso con Magnus.
Quanto può contare l’amore nella vita?
È sicuramente una delle cose fondamentali, ma cosa sarebbe l’amore senza quel pizzico di complicità e risate che può dare solo un sano rapporto d’amicizia?
Le voci secondo le quali il modo migliore per iniziare una storia d’amore, è iniziare a stendere le basi per una buona amicizia, forse è proprio vera.
Forse non è importante essere benvoluti e amati da tutti; basta essere apprezzati davvero solo da qualcuno; qualcuno che conta tutto.
Cosa c’è di più importante dell’avere un qualcuno che vale più del mondo e per cui si vale più del mondo?
Niente.
E l’amore?
Ah. Alla fine non si può fare a meno dell’amore; si può provare a fingere, ad allontanarlo, a far finta che non esista, eppure senza l’amore nulla avrebbe senso.
 
I can't help but love you
Even though I try not to
I can't help but want you
I know that I'd die without you
Stay with me a little longer
I will wait for you
Shadows creep
And want grows stronger
Deeper than the truth
 
Ispirato da una storia vera.

PlotTwist  





Angolo autrice.
EEEEH quindi come è iniziata, è finita; con qualche piccola differenza, certo, tipo che questa volta la panna e il cioccolato ci sono davvero eheheheh
Spero che questo modo un po' 'malinconico' di finire la cosa e allo stesso tempo farvi sapere come le loro vite si sono evolute, vi sia piaciuto; io ho adorato scriverlo, anche se non vi nascondo che mi sono emozionata molto T^T
Okay, commentato il capitolo, passiamo al resto.... 
OKAY STO PER PIANGERE.
No, scherzo, non piango. È che la prima volta che ho letto l'articolo che mi ha ispirata (ringrzio di vero cuore l'amica che me lo ha inviato <3) mi sono emozionata da morire e ho pensato che Alex e Mike potessero perfettamente trasformarsi in Magnus e Alec e a quanto pare questa trasformazione mi è abbastanza riuscita.
Non potete immaginare quanto io sia stata felice di scrivere questa storia e quanto io sia triste di aver postato l'ultimo capitolo; i Malec sono davvero una grande gioia per me, mi fanno credere all'amore anche se non ci ho mai creduto, mi fanno credere che il mondo possa cambiare, anche se probabilmente questo non accadrà mai, e mi fanno credere che l'amore non ha barriere, e credo che questa sia la colonna portante di questo schifo di mondo. Se tutti capissero quanto l'amore sia fondamentale e uguale per tutti gli esseri viventi, probabilente il mondo sarebbe un po' meno rovinato e tutti saremmo un po' più felici, no?
Ad ogni modo, lo sapete, io alla fine delle storie sono sempre emozionata e mando via il mio lato cinico sciogliendomi come un cioccolattino, il che può risultare anche disgustoso, ma ehi, ogni tanto devo sfogare la dolcezza che ho nel cuore LOL
Pappardella a parte, volevo ringraziarvi da morire per aver preso parte a questa storia ed essere state al mio fianco dall'inizio alla fine; come ho già detto i Malec sono una delle mie poche gioie (no, dai, sono piena di gioie in fondo) quindi è sempre triste finire una storia; scrivere è l'unica certezza della mia vita, ed ogni volta che finisco una storia (seria, o fanfiction che sia) mi sento un po' cambiata e cresciuta, soprattutto quando al mio fianco ci sono persone che mi fanno sentire felice e apprezzano quello che scrivo e come lo scrivo, quindi niente, davvero davvero davvero grazie. 
Se vi mancherà quello che scrivo sappiate che il mio profilo è pienissimo di Malec (e anche qualche originale!), quindi vi basta cliccare sul mio nome per andare a spulciarle tutte, o meglio ancora, vi basta venire qui ---> 
Out of ~Malec~ ideas (storia 'interattiva')       per prendere parte al gioco e scrivere con me qualcosa di nuovo.
Basta, credo di avervi rotto le scatole abbastanza quindi la smetto qui.
Grazie ancora e a presto, spero.
E ricordate: Pace, amore e Malec <3

StewyT~

 

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