Un cuore di ghiaccio.

di Tinucha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Lo guardo da lontano.
Non come si guarda il mare alla fine dell'Estate. 
Lo guardo con gli occhi iniettati di un amore così potente da sconvolgere persino me stessa.
Serro le mani in due pugni. Le nocche sono di un bianco cadaverico. Il suo sorriso non esiste. 
Come può una persona triste farmi sorridere?
Come può un cuore arido e di pietra fermare e far battere, a ritmo di tachicardie, il mio?
Annuisce guardandola, lei si scosta una ciocca di capelli dal viso, sorridendo e facendo finta che lui la stia trattando come fosse un bene vitale. Lo accarezza, stringo forte il bicchiere posto dinanzi al me sul tavolino, lui non reagisce. Nemmeno un'emozione.
Nulla di nulla.
Non scosta via le sue mani.
Non smette di respirare.
Non emana calore.
Alza lo sguardo sull'orologio, lo china su quello che porta al polso e lasciandole un freddo bacio sulle labbra, si alza per andare.
Mi sistemo sulla sedia, deglutisco, portando la cannuccia color pesca alle labbra e succhiando il succo di frutta presente nel bicchiere.
Non mi aspetto un saluto.
So che tra di loro i rapporti sono tagliati per sempre, ma non mi è dato saperne il perché.
Vorrei solo uno sguardo.
Anche quello più gelido. 
Sarebbe capace di scaldarmi il cuore più di una carezza.
Non lo fa. Non mi guarda. Il suo profumo mi inebria, mi supera, raggiunge l'uscita e via.

“Claire, quanto hai preso al compito di matematica?”

Mi risveglio da quello stato inconscio, tornando a giocare con la cannuccia della mia bevanda. “Uhm..sette, Torres è stato spietato con i voti questa volta”

“Questa volta? Quell'uomo soffre di mancate scopate, qualunque alunno l'abbia avuto come professore non ha mai visto l'ombra di un nove!” 

Scoppio in una fragorosa risata, mandando giù l'ultimo goccio. “Camille, se aprissi il libro magari te lo darebbe almeno un cinque”

“EHI!” Strepita offesa, guardandomi male. “Ho studiato tutto il riassunto”

Rido più forte. “Una pagina che ne racchiude ventitré?”

“È possibile che io abbia sbagliato a studiare il riassunto anziché l'intero capitolo, ma tu fingi che sia lui dalla parte del torto”

“Va bene, va bene” Alzo le mani, afferrando la mia tracolla. “Vado a casa, ci vediamo domani”

Annuisce, alzando di poco il capo in modo che possa ricevere il suo saluto e continuando a ridere, mi avvio.


In casa le luci sono spente, entro, gettandomi letteralmente sul divano ed afferrando il telecomando.
Sullo schermo compaiono due ragazzi, impauriti ed imbarazzati, intenti a donarsi il loro primo bacio. Roteo gli occhi, comincio ad odiare i film smielati. Il mio primo bacio non è stato un granché, volevo un bene infinito a Brian, ma non era quello giusto. 
Non era lui a scorrermi dentro.
Mi volto quando avverto le chiavi girare nella toppa, Drew mi sorride avanzando verso di me e baciandomi dolcemente la fronte.

“Mamma e papà non ci sono?”

Scuoto il capo, sorridendogli di rimando. “Credo siano dallo zio Charlie, sperando di riavere indietro la loro, povera, macchina fotografica” Ridacchio, facendomi imitare.

“Io ho una fame da lupi, che ne dici di cominciare a preparare?”

“Questa proposta implica che tu ti avvicini ai fornelli, Drew? L'ultima volta hai quasi dato fuoco alla casa”

Mi guarda male ed alzandosi mi tira una cuscinata. “Muoviti sfaticata”







Il sole splende nel cielo, chino lo sguardo, stringendomi nel caldo piumino. La strada è bagnata dalla rugiada, le adidas bianche sono contrastanti con quel colore nerastro. Conto i passi. 
Uno. Due. Tre. 

Mi sorride dolcemente, imbarazzato, seduto sulla sua vespa, attendendolo.

Il cappuccio mi riscalda, le labbra solo gonfie, viola. 

“Scusami” Arrossisce, i suoi occhi finiscono sul mio corpo totalmente in fiamme, coperto solo da un leggero strato di stoffa. 

Brividi mi attraversano tutta.
Sento uno sguardo.
Mi volto.
Due occhi.
Castani.
Freddi.
Incolore.
I suoi occhi.
È in auto, lei è al suo fianco, intenta a farsi foto. 
Mi fissa per pochi secondi, torno sul marciapiede, so che è frutto della mia immaginazione, i suoi occhi non saranno mai più nei miei.
Riparte, ed assieme a lui, finalmente, riparte anche il mio cuore.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


La ragazza che sorride al mondo quando tutto va male.
La ragazza mai stata speciale, che non ha nulla di diverso dalle altre, né di uguale.
Il tipo che arrossisce per un complimento e che comunque non si sente abbastanza, che crede che tutto sia una bugia.
Sono una di quelle ragazze che si guarda allo specchio senza mai sentirsi abbastanza, forse troppo grassa, forse troppo magra, forse poco bella. 
Basta uno sguardo a scaldarmi il cuore, una parola sbagliata a calpestarlo senza un minimo di pietà. 
E lo so che è così, lo so che agli altri sembrerò sempre quella strana, che sta sempre sulle sue, che non vuole conoscere il mondo.

“Claire” 

Vedo le mani della mia migliore amica dimenarsi nell'aria e sorridendo la raggiungo, salutandola. “Buongiorno, pazza”

“Stai bene?” Domanda, aggrottando la fronte con un'espressione indagatoria.

“Sì, certo, hai studiato storia dell'arte?”

Mi guarda, la bocca spalancata, le mani ferme a mezz'aria. “Ma non arrivava il sostituto questa settimana?”

“Certo, ma solo perché è ancora all'Università non avrai mica pensato che ci risparmierà dalle interrogazioni, giusto?”

“Mh.. Giustissimo”

Un'espressione assassina mi si dipinge sul volto, a salvarla da un mio imminente assalto è il suono della campanella. Assonnata la seguo in aula, avvistando una figura adagiata sul mio banco con la grazia, identica a quella, di un elefante.

“Buongiorno, Montgomery”

“Brian” faccio un piccolo cenno con la mano destra, sistemando la cartella lungo la spalliera della sedia. “Potresti liberare il mio banco?”

Alza lo sguardo nel mio, gli occhi azzurro-ghiaccio che un tempo hanno saputo regalarmi deboli sorrisi. “Potrei, ma non voglio”

“Noi invece vorremmo che ti togliessi dal cazzo, pensa un po'” Camille sorride fintamente, spingendolo via con una mano. Perde l'equilibrio, reggendosi agli spigoli e guardandola furiosamente.

“RAGAZZI, SEDETEVI, AVANTI!” La preside Sunders con un'eleganza innata fa capolino in aula, la pelle bianca, candida al punto giusto, gli occhi color mandorla, i capelli raccolti in un'elaborato chignon. A volte mi chiedo se la mattina prima di venire a scuola vada dal parrucchiere. Cautamente mi piego, scontrandomi con il freddo metallo della sedia e mugugnando infreddolita. 
Odio il freddo.
“Come ben sapete la professoressa Roberts a causa di un infortunio dovrà passare il resto dell'anno a casa”

“E questa cosa ovviamente non può che affliggerci, signora preside” Afferma Brian, divertito, con la mano destra premuta all'altezza del petto.

La donna lo fulmina, tornando a parlare. “Il professor Lewis, fra qualche mese laureato in storia dell'arte, sarà il suo sostituto”

Il cuore smette di battere quando da quella dannata porta, sbucano due fottuti occhi scuri come la pece.
Smith Lewis.
Il gomito di Camille mi colpisce dritta alla clavicola sinistra, mugugno, avvertendo poi tutti gli sguardi puntati su di me.
Tranne il suo.

“Si sente bene, signorina Montgomery?”

“No, la scusi, è che involontariamente l'ho colpita” Camille sbatte angelicamente le palpebre.

Chino il capo, le unghie premono nel palmo, graffiandolo, ma no, non superano il dolore di quello sguardo agghiacciante.
Quando la Sunders va via, io non ho ancora alzato lo sguardo, ma lo sento, lo sento fin dentro le vene. 

“Preferirei mi chiamaste Smith, e mi piacerebbe che mi deste del tu, non sono poi così vecchio” Lame profonde spingono all'altezza dello stomaco, i suoi occhi non incontrano i miei. 

“Smith, quanti anni hai?” Preston lo guarda, gli occhioni azzurri in bella vista, una ciocca di capelli attorcigliata attorno alle dita.

“Venti” Avvertiamo un ticchettio contro il legno della porta, occhi scuri si volta in quella direzione. “Avanti” ma la figura di mio fratello che compare sulla soglia non mi piace, non mi piace per niente. “Drew?” 




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