Being natural friends di tonksnape (/viewuser.php?uid=2765)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gli Weasley e il quidditch ***
Capitolo 2: *** Dolori e gioie ***
Capitolo 3: *** L'inizio del danno ***
Capitolo 4: *** Rientra in gioco Voldemort ***
Capitolo 5: *** La sfida ha inizio ***
Capitolo 6: *** Una amicizia a prova di profezia ***
Capitolo 7: *** Il primo scontro ***
Capitolo 8: *** Due eserciti si schierano ***
Capitolo 9: *** Battaglia ***
Capitolo 10: *** Il Principe Mezzosangue ***
Capitolo 1 *** Gli Weasley e il quidditch ***
Gli Weasley e il quidditch
“Harry..”
Ron si
fermò lungo le scale creando notevoli problemi a tutti coloro che stavano
facendo la stessa strada e guardò avanti, verso la nuca dell’amico che stava
qualche gradino davanti a lui.
Harry si fermò e mentre gli sfilavano
accanto numerosi compagni diretti verso le Sale Comuni, si girò e guardò Ron.
Era bloccato, un piede su un
gradino e l’altro un gradino più in alto e aveva lo sguardo… folgorato.
“Cosa c’è?” chiese Harry
“Io gioco bene a quidditch!”
E mentre lo diceva gli comparve
un sorriso sul volto.
Harry rispose con un identico
sorriso.
“L’hai capito adesso?”
“Si. Cioè… no. Ci stavo pensando
e … beh, sì. Ho ripensato agli ultimi giorni. Ho parato parecchi bolidi e
neppure uno per sbaglio. Li ho proprio presi tutti!”
Ron riprese a salire le scale,
appoggio la mano sinistra sulla spalla di Harry e proseguì con lui. Era
decisamente allegro.
Continuarono a parlare di
quidditch fino alla Sala Comune, interrompendosi solo per lasciare a Ron il
tempo di dire la parola d’ordine per farli entrare.
Buttarono le borse a terra, più o
meno vicino a dove andarono a sedersi, anzi quasi a sdraiarsi per proseguire,
vicino al camino, nell’analisi della squadra di gioco del Griffondoro.
Sentivano, sottovoce, il richiamo
dei libri di studio e dei compiti, Harry un po’ più di Ron, ma il suono della
loro voce era sicuramente più alto di qualsiasi richiamo all’impegno
scolastico.
Ron era effettivamente migliorato
notevolmente nel gioco e stava diventando sempre più difficile per i compagni
riuscire a far passare un bolide se lui era in porta.
Fred e George durante l’estate si
erano impegnati molto per questo.
Per almeno tre sere a settimana,
lasciato il loro negozio, che richiedeva molta dedizione, allenavano il
fratello e la sorella nei prati vicino a casa.
Sostenevano che, vista la loro
improvvisa partenza da Howargts, era fondamentale che la famiglia Weasley
rimanesse un punto di riferimento per la squadra della loro Casa.
Per Ginny non avevano particolari
obiettivi: era la prima Weasley femmina, giocava bene e ritenevano fosse suo
compito creare un modello Weasley al femminile. Quindi tutto ciò che faceva
veniva lodato perché era la prima donna a farlo.
Era evidente però che la sorella
aveva obiettivi diversi.
Dopo aver visto giocare i 5
fratelli per tanti anni, dopo aver seguito i successi dei due maggiori
attraverso i loro racconti e dopo aver visto direttamente lo stile vincente dei
gemelli, voleva dimostrare di essere brava quanto loro.
Non le piaceva essere lodata
perché era una donna, ma perché giocava bene!
Non aveva mai cercato la
discussione con i fratelli per questo, neppure durante quella estate.
Ma sentiva, mentre Bill la
guardava allenarsi a casa, che lui era compiaciuto solo della sua piccola
sorellina, che riusciva a giocare così bene. Sentiva nei commenti di Fred e
Gorge, la loro soddisfazione nel pensare ai Serpeverde battuti da una donna, da
una donna Weasley.
Solo Ron la guardava con gioia
mentre giocava, ma anche con invidia quando era lodata dai fratelli oppure con
rabbia quando riusciva ad infilare il bolide tra le sue mani.
Però Ron era … la sua metà. Era
il più vicino a lei per età, per esperienza, per amicizie, per interessi. A
volte pensava a loro due come fossero quasi gemelli, come Fred e George. Non
così uniti e complementari, ma molto legati.
Anche lei provava la stessa gioia
e la stessa invidia nei confronti di Ron.
E Charlie… beh, Charlie era stato
fantastico. Era quasi riuscito a superare Bill nella scala delle preferenze
fraterne di Ginny.
Dopo una azione che aveva portato
Ginny al gol, con l’aiuto dei gemelli e battendo Ron, Fred si era rivolto a
Gorge e aveva detto:
“Lo immagini?”
“La faccia di Piton…” aveva
aggiunto Gorge.
“Una griffondoro…” aveva detto
Fred.
“Weasley…” aveva continuato
Gorge.
“ E donna!!!” avevano concluso
insieme.
E le aveva fatto un applauso
complimentandosi con lei.
Avevano continuato a gongolare
sull’argomento per almeno 15 minuti, mentre Ron, borbottando da solo, cercava
di capire dove aveva sbagliato.
Ginny aveva guardato i gemelli
con il volto corrucciato.
L’ultimo commento lo trovava
stupido e inutile.
Il fatto che lei fosse una donna
doveva essere importante per Dean. E avrebbe dovuto esserlo per Harry, aveva
aggiunto una piccola e bassissima voce dentro di lei.
Ma non doveva esserlo per dei
tifosi di quidditch.
Charlie le si era avvicinato,
aveva messo un braccio attorno alle sue spalle, stringendola a sé, le aveva
scompigliato i capelli e sorridendo le aveva detto:
“Bella azione Weasley! Per una
novellina poi… neanche un anno e ti muovi così! La prossima volta però occhio a
tutti e due i lati durante l’azione. Ogni tanto sembri dimenticarti che esiste
anche il lato sinistro del campo.”
Ginny lo aveva adorato in quel
momento. Era un commento tecnico, oggettivo e istruttivo.
Per Ron le cose erano molto più
difficili.
Tutti i fratelli si impegnavano
ad allenarlo, con la fretta dovuta alla scelta della famiglia e dell’Ordine di
rientrare a Grimmauld Place quanto prima, ma la tensione che sentiva attorno e
dentro di lui lo rendevano rigido nei movimenti e incerto nelle scelte di
gioco.
Sapeva di dover almeno
avvicinarsi ai fratelli come abilità e di non dover sfigurare di fronte alla
sorella.
Per fortuna nessuno faceva
paragoni con Harry.
Veramente nessuno, allora, era
ancora certo del rientro di Potter in squadra, ma nel momento in cui sarebbe
stato deciso, Ron non voleva farlo sfigurare o far pensare che se si trovava in
porta era merito della loro amicizia e non della sua bravura.
Ron non accettava nessuna
allusione al fatto che non avrebbe potuto rientrare o che non sarebbe stato il
capitano. Zittiva qualsiasi osservazione dei fratelli o di altri membri
dell’Ordine (Tonks in particolare, che discuteva con loro spesso del futuro
della scuola) con commenti decisi e inappellabili quali: “Sarebbero pazzi a non
farlo” oppure “ C’è già abbastanza incertezza in giro, non mi sembra
intelligente aumentarla” fino al definitivo “Lo dico io e ho ragione”.
Effettivamente aveva avuto
ragione e Harry era diventato Capitano.
Infatti tutti gli interventi
“correttivi” della Umbridge erano stati cancellati dal rientro di Silente nella
carica di Preside. Le squadre poteva allenarsi secondo i calendari stabiliti,
le partite sarebbero riprese secondo il ritmo centenario di Howgarts, i gruppi
di studio, lavoro o altro potevano riunirsi nel rispetto delle regole di Gazza.
Nel periodo dell’allenamento
estivo di Ron, Bill gli era stato vicino più degli altri. Mentre Fred e George
lo allenavano fisicamente e tatticamente fino allo sfinimento, e Charlie lo aiutava
a minimizzare i momentini sconforto, Bill discuteva con lui della freddezza
durante l’azione, di come mantenere la concentrazione o la migliore
respirazione. Di ogni azione gli spiegava il positivo e il negativo e aveva
insistito fin dall’inizio affinché non si concentrasse solo sulla palla che
arrivava, ma anche sul giocatore che la accompagnava per prevedere, almeno in
parte, la sua azione. Ron si sentiva sempre più razionale e sempre meno emotivo
mentre giocava.
Adesso, dopo aver ripreso gli
allenamenti a scuola, si era reso conto che tutti quegli sforzi cominciavano a
dare i loro frutti. Non aveva ancora affrontato una squadra avversaria, ma
aveva tenuto testa a tutti i suoi compagni.
Era stata davvero una
folgorazione quella che aveva avuto salendo verso la Sala Comune.
Sdraiati sul divano Harry e Ron
stavano lentamente esaurendo gli argomenti relativi agli allenamenti fatti
(erano stati ancora pochissimi, quindi c’era poco materiale) quando si allungò,
davanti a loro, l’ombra di un’altra persona che riconobbero dalla voce:
“Non avete ancora cominciato i
compiti? Avrete tempo per parlare di quidditch quando comincerà il campionato.”
Hermione era arrivata.
Ron la guardò rassegnato, mentre
Harry le sorrise.
Hermione sorrise ad entrambi, si
sedette su una poltrona davanti a loro e prese tutto il necessario per i
compiti, mentre i due amici, con lentezza, si avvicinarono alle loro borse e la
imitarono.
Harry finì, in parte, i compiti
previsti e, allungando le braccia sopra la testa, si girò verso una delle
finestre della Sala Comune guardò la luna che stava salendo.
Quell’estate per fortuna l’aveva
vista pochissime volte dalla casa degli zii Dursdley. L’Ordine lo aveva portato
via da Private Street ai primi di agosto per proteggerlo dentro la casa di Grimmauld Place. Lì
aveva passato giorni felici e semplicemente tranquilli anche se si era sentito
a volte segregato per il fatto di dover chiedere sempre a qualcuno di
accompagnarlo durante le uscite che desiderava fare.
Per la prima volta aveva avuto
una festa di compleanno vera, con regali, torta, canzoni, risate e giochi
insieme ad un mucchio di persone che erano arrivate per lui, solo per potergli
fare gli auguri. E non perché era il Bambino Sopravvissuto. Proprio perché era
Harry o perché era figlio di Lily e James o perché amico di Ron e Hermione.
Era stata una giornata semplice e
perfetta.
La tristezza diventava più forte
all’inizio e alla fine del giorno quando il ricordo di Sirus esplodeva più
doloroso, ma questi erano sentimenti che ormai conosceva.
Anche la rabbia era ancora molto
forte. A volte era verso Voldemort, a volte verso Bellatrix o Lucius Malfoy.
Ma a volte era anche verso
Silente che non aveva trovato il modo di proteggere Sirius o di farlo tornare o
verso i suoi amici che lo avevano seguito nel Ministero e non lo avevano
fermato per chiedere aiuto.
Anche verso Nick
Quasi-Senza-Testa che aveva osato dire che Sirius non sarebbe tornato. Pochi si
salvavano da questa rabbia: Luna che aveva sofferto la perdita della madre,
Ginny che gli aveva fatto capire che non era posseduto da Voldemort, Neville
che provava la sua stessa frustrazione e impotenza.
La rabbia non esplodeva in modo
incontrollabile. Ma si sentiva più irritabile, meno disponibile verso gli
altri, insofferente, con un macigno dentro al cuore che non se ne andava.
Ron e Hermione sembravano aver
capito come stavano le cose.
Lo lasciavano in silenzio, oppure
lasciavano che buttasse fuori tutta la sua irruenza alzando la voce quando
qualcosa non andava oppure lanciando libri o altri oggetti nei momenti di
frustrazione oppure accettando i suoi commenti duri e cattivi anche verso di
loro.
Si difendevano a vicenda però: se
Harry rispondeva male a Ron, Hermione lo guardava dicendogli con di lasciarlo
stare ed era arrivata anche a lanciargli sguardi “assassini” e se Harry
rispondeva male ad Hermione, cosa che capitava molto di rado, Ron si girava di
scatto e gli diceva “Smettila” senza mai alzare la voce, ma con un tono che non
ammetteva repliche.
Harry sapeva che aveva raggiunto
il limite in quei momenti, ma a volte quasi li sfidava per vedere fino a che
punto loro lo avrebbero sopportato ed accettato.
Poco prima della partenza per
Howgarts Harry aveva commentato in malo modo quello che Ron aveva detto a
proposito di una azione di quidditch di una
squadra del campionato ribattendogli con tono molto aspro e quasi cattivo:
“Smettila Ron. Parli, parli,
parli di quidditch, ma voglio vederti poi in campo. Ti atteggi a gran esperto,
ma non te la caverai come l’anno scorso all’ultimo momento!”
Harry sapeva quanto si fosse
impegnato l’amico durante l’estate, non solo perché ne avevano parlato insieme,
ma anche dai racconti dei fratelli Weasley. Sapeva che era migliorato e che
poteva diventare ancora più bravo. Ma quel giorno aveva appena finito una lezione
di Occlumanzia con Piton, aveva mal di testa ed era stanco e sfiduciato e la
prima persona che aveva trovato per sfogarsi era stato l’amico.
Hermione non era presente, ma
c’era Ginny che lo aveva guardato con gli occhi spalancati e la bocca
semiaperta per lo stupore. Non aveva mai visto i due amici litigare e non in
modo così gratuito.
Ron si era bloccato mentre
piegava alcune magliette da mettere nel suo baule, si era girato verso Harry e
gli si era avvicinato in silenzio.
Harry era seduto sul letto e Ron
lo sovrastava dall’alto con lo sguardo serio e la bocca tirata. Sembrava
incerto tra il prenderlo a pugni e piangere per la delusione.
“Non sono il tuo sfogatutto
amico. Anche se la giornata è da buttare nel cesso non ci mandare me, chiaro!?
Alla prossima ti arriva un pugno.”
Poi era tornato verso il suo
letto e aveva ripreso a mettere in ordine.
Ginny se ne era andata dopo aver
guardato Harry con aria delusa e il fratello con un sorriso piccolo e dolce.
Harry era rimasto fermo sul
letto. Non avrebbe chiesto scusa a Ron. Non sarebbe sceso così in basso, ma
doveva farsi perdonare. Sapeva di aver tirato troppo la corda nel momento
stesso in cui aveva finito la frase.
Dopo alcuni minuti di silenzio
durante i quali nessuno dei due aveva guardato l’altro, Ron mise nel baule i
guanti della divisa della squadra che aveva sgraffignato dagli spoglaiatoi
l’anno prima.
Harry colse l’occasione per dire:
“Ti porteranno fortuna anche quest’anno.” Intendendo dire all’amico che avrebbe
giocato di nuovo e al meglio, portando la squadra alla vittoria.
Ma Ron doveva aver capito un
altro messaggio perché si girò di scatto e guardando fisso l’amico gli disse,
alzando la voce chiaramente adirata:
“Perché? Gioco bene solo se ho
fortuna? Bell’opinione che …”
“ No, no Ron. “ lo interruppe
Harry velocemente e alzando le mani per fermarlo“ Intendo dire che giocherai
anche quest’anno. Che sarai un bravo portiere. Voglio vederti giocare e voglio
vederti vincere, anche se solo dagli spalti…”
“Che cretinate. Sarai tu il
capitano della squadra e giocherò con te. Al meglio” Ron abbassò la voce mentre
lo diceva riprendendo il suo tono abituale.
“Grazie Ron.”
“Di cosa?” Ron lo guardò alzando
le sopracciglia con una espressione tra il curioso e l’arrabbiato.
“Grazie” ripeté Harry sottovoce.
Il cuore sembrava essere diventato più leggero e la testa meno dolorosa.
Ron accennò ad un leggero sorriso
e riprese a fare i bagagli ed Harry lo imitò.
Dopo aver sistemato una parte dei
bagagli il pomeriggio si era trascinato fino ad una lunga battaglia di
cuscinate durante la quale erano “involontariamente sfuggiti” ad entrambi dei
colpi duri, e quelli di Ron erano stati i più forti. Harry non si era
lamentato… |
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Capitolo 2 *** Dolori e gioie ***
Dolori e gioie
Gli incontri con Piton
proseguivano regolari sia durante l’estate sia dopo l’inizio della scuola:
interminabili, frustranti, irritanti e poco utili.
Harry sentiva ancora bruciare la
cicatrice. A volte era solo un leggero pizzicare, altre aumentava più o meno
velocemente. Non era mai arrivato a svenire o ad urlare dal dolore ed erano
meno frequenti dell’anno precedente, ma non riusciva a controllarlo. Sapeva che
il contatto tra lui e Voldemort c’era ancora, forte e indissolubile. Conoscere
la profezia aumentava questa sua certezza.
Non ne aveva ancora parlato con
nessuno.
Piton era inflessibile. Anche più
del solito se possibile.
Harry non aveva capito come lo
avessero costretto (convinto era impossibile!) a riprendere gli incontri con
lui.
Doveva esserci stato l’intervento
di Silente, anche se alcuni commenti di Lupin e di Tonks riportati da Hermione,
lasciavano credere che tutto il gruppo dell’Ordine vedesse positivamente il
ruolo di Piton e avesse sostenuto il suo ruolo di insegnante per Harry.
Harry aveva provato a chiedere a
Silente, durante un suo soggiorno a Grimmauld Place, perché non poteva fare
quelle lezioni con lui o almeno con Lupin,.
Silente lo aveva guardato
velocemente e sorridendo:
“Ci vuole molta forza per
contrastarlo Harry. Esercizio e costanza. Io non te li posso dare ora e non
desidero metterti in pericolo facendo nuovamente di te un legame tra la mente
di Voldemort e la mia. Piton ha dovuto usare l’Occlumanzia per andarsene dai
Mangiamorte, l’ha sperimentata sulla sua pelle a lungo. Può darti tutta la
conoscenza possibile per aiutare anche te a tenerlo fuori dalla tua vita. So
quanto è difficile per te, ma ti sta offrendo aiuto. Lupin ti protegge, Piton
ti costringe a proteggerti da solo.”
Pur avendo compreso il messaggio
Harry viveva le lezioni come un obbligo e odiava Piton.
Anche dopo aver visto tutto
quello che ricordava nel Pensatoio del professore, continuava a trovarlo
completamente odioso.
Ron lo sosteneva del tutto: Piton
era quanto di più intollerabile potesse immaginare per l’amico e per sé visto
che, nonostante tutto, avrebbe dovuto sopportarlo per altri due anni a lezione.
Hermione, naturalmente,
appoggiava Silente: Piton era insopportabile, ma indispensabile per Harry e la
sua competenza in Occlumanzia era garantita dal Preside. Quindi niente
discussioni!
L’arrivo dei risultati dei
G.U.F.O. era stato uno dei momenti più difficili e gioiosi a Grimmauld Place.
Le lettere erano giunte subito
dopo l’arrivo dei ragazzi nella casa di Sirius e contemporaneamente mentre erano
seduti a cena con i gemelli, Ginny, i signori Weasley, Remus Lupin, Ninfadora
Tonks, Mundungus e Kingsley Shacklebolt .
Tonks aveva sentito per prima i
gufi e aveva urlato: “ Ohhhhh, ragazzi. Il verdetto.” Per l’occasione trasformò
la chioma in una parrucca da giudice e si fece apparire degli occhialini tondi
sul naso.
Sulla tavola era sceso il
silenzio mentre tutti osservavano i tre gufi di Howargts posarsi gentilmente
davanti ai tre ragazzi e depositare, con fare regale, le tre lettere, chiuse,
silenziose e perfettamente uguali. Avevano immediatamente ripreso il volo.
Ron aveva sospirato e si era
nascosto il volto tra le mani, spostando poi le mani tra i capelli e lasciando
la sua chioma rossa dritta e spettinata come se fosse stato fulminato.
Aveva cercato di dimenticare quel
momento e di non pensare al suo futuro dopo i voti.
Hermione aveva esclamato:
“Finalmente!” e aveva cominciato ad aprirla.
Harry e Ron avevano girato lo
sguardo verso di lei, rinviando volentieri il loro momento.
Almeno con l’amica andavano sul
sicuro.
Hermione se n’era accorta e li
aveva guardati a sua volta.
“Facciamolo tutti insieme.” E si
era fermata.
“NO, no fai tu.” Aveva detto Ron
spalancando gli occhi e annuendo con il capo. “ Noi aspettiamo.”
“Ronald!” La voce della signora
Weasley aveva spezzato l’incantesimo. “ Noi stiamo tutti aspettando te! Anche
voi, miei cari” aggiunse guardando Harry e Hermione, con voce molto dolce “Ma
sono sicura che avete dato il meglio.”
“Grazie mamma! Io cosa ho fatto?”
esclamò Ron adirato, girando la testa di scatto verso di lei.
“Eh, i risultati… brutto
momento.” disse Fred
“Ti ricordi? Charlie e Bill
avevano scommesso al ribasso.” Aggiunse George.
“ Cioè?” chiese Ginny
“Vinceva chi aveva azzeccato più
S (scadente) o D (desolante) sommando i nostri voti”. Spiegarono insieme.
“Niente Troll purtroppo…” sospirarono.
“Fred! George! Sto aspettando
vostro fratello!” li zittì la madre.
Tutti avevano rivolto di nuovo lo
sguardo sui tre studenti.
Lentamente Ron aveva preso la sua
con una espressione funerea sul volto, seguito da Harry, altrettanto
preoccupato e da una Hermione tesa e fremente.
Ognuno aveva aperto, spiegato e
letto la propria lettera, mentre la signora Weasley e i gemelli spiavano sopra
la spalla di Ron.
Alla fine Hermione era perplessa,
Harry sorridente e Ron incredulo.
Mentre la signora Weasley
abbracciava il figlio dicendogli che era orgogliosa di lui e Fred e George, con
aria semplicemente sconvolta, cercavano di spiegare al fratello che era inutile
aprirgli la strada con voti appena ammissibili, se poi lui rialzava in quel
modo la media della famiglia, Harry e Hermione si guardarono l’un l’altro e,
visto il sorriso dell’amico, Hermione gli chiese:
“Allora?”
“Ho superato tutti gli esami per
arrivare ad Auror! Anche Pozioni. Non ci speravo!”
Hermione gli sorrise, allungando
la mano sul tavolo e stringendogli la sua.
Harry la afferrò e la strinse a
sua volta chiedendole emozionato: “E tu?”
“ Beh… sono tutti Oltre Ogni
Previsione o Eccezionale. Ma non sono proprio quello che mi aspettavo.”
“Perché? Hai la media che scende
sotto Eccezionale? Hermione, mi preoccupi!” le disse Ron , uscendo
dall’abbraccio di sua madre dopo aver dato la lettera al padre affinché la
leggesse.
“Scemo!” disse Hermione
irrigidendosi e con lo sguardo cupo “Tu piuttosto cosa hai avuto?”
“ Ho passato Pozioni,
Trasfigurazione, Difesa Contro le Arti oscure, e… tutto praticamente!! Beh,
tranne Divinazione… quello no!” elencò sorridendo. “ Roba da matti. Credo di dovervi dei ringraziamenti per questo
ragazzi…”
Hermione riprese il sorriso, si
allungò sopra il tavolo e, senza lasciare la mano di Harry, afferrò anche
quella di Ron e gliela accarezzò. Il volto di Ron cominciò ad arrossire mentre
Harry gli dava una manata su una spalla.
“Siamo insieme! Possiamo andare a
lezione insieme!” esclamò.
Ginny si avvicinò ad Hermione,
sorridendo a tutti e tre indistintamente. Lanciò un bacio al fratello e prese
la lettera di Hermione.
“Fammi almeno vedere in anteprima
come è fatta una lettera per i GUFO!” disse.
Il resto della tavolata si
complimentò con tutti e tre.
Dopo parecchi minuti e dei
bicchieri di burrobirra comparsi sul tavolo non si sa ad opera di chi (anche se
Mundungus appariva soddisfatto di sé) per festeggiare, Hermione propose di
sentire il resto del gruppo dei Griffondoro per conoscere i loro risultati e
tutti e tre si dedicarono a scrivere lettere, lasciando a Ginny il compito di
contattare Dean.
Le giornate a scuola si
svolgevano nella più quieta normalità, C’era la sensazione che qualcosa stava
cambiando, ma il ritmo quotidiano delle lezioni, dei compiti, del quidditch
facevano passare tutto il resto in secondo piano.
C’erano segnali anche positivi di
cambiamento: Draco passava le proprie giornate con lo sguardo teso e
arrabbiato. Il padre era lontano da casa dall’ultimo attacco al Ministero della
Magia, ma non c’erano informazioni sicure di dove fosse e Draco non ne parlava
con nessuno.
C’erano informazioni ufficiose di
una fuga e di un arresto, ma non si sapeva bene in quale ordine e se erano
davvero avvenuti uno o tutti e due. Comunque a casa Malfoy il clima doveva
essere molto irrequieto.
Il ruolo di leader di Draco non
ne aveva risentito. Rimaneva il capo incontrastato della casa, anche se non
aveva ricevuto la nomina a Caposcuola, e l’aurea di malvagità che lo circondava
aumentava il timore in alcuni Serpeverde, l’ammirazione in altri e il
desiderio, soprattutto nel dormitorio femminile, anche per l’aspetto fisico,
così longilineo, scattante e snob.
Erano diminuiti gli attacchi
verbali con le altre case, anche con San Potter, Lenticchia e gli altri.
Nessuno di loro cercava il contatto.
Erano in attesa di vedersela sul
campo di quidditch.
La cattedra di Difesa contro le
Arti Oscure era stata presa da Shacklebolt .
La sua fama di Auror si era
allungata sulla scuola, rendendolo gradito alla maggior parte degli studenti e
il suo fare gentile, ma distaccato, molto imparziale lo rendevano inattaccabile
anche da chi lo trovava troppo “schierato” nella difesa del Mondo della Magia.
Harry, Ron e Hermione lo salutavano con molta cordialità, ma percepivano la
necessità di mantenersi distanti da lui, per non alimentare i rischi di
collisione tra la scuola e l’Ordine.
La sorpresa maggiore era il ruolo
di tuttofare di Tonks.
Nessuno capiva bene cosa stesse
facendo lì.
Aiutava sia Shacklebolt sia la Mc
Grannit nelle lezione, soprattutto per le parti pratiche, era stata segnalata
come arbitro di quidditch per tutte le partite, veniva tiranneggiata da Piton
per la preparazione degli ingredienti delle pozioni. Lei era sempre sorridente
e riusciva a non farsi vedere da quest’ultimo, né dagli studenti, mentre lo
sbeffeggiava in aula o durante gli incontri comuni degli insegnanti.
Solo Shacklebolt aveva degli
improvvisi e immotivati attacchi di tosse quando le stava vicino, e doveva nascondere
la faccia nella divisa di insegnante.
A ben guardare c’era un
proliferare di aderenti all’Ordine della Fenice e di Auror nella scuola, ma
nessuno sembrava notarlo.
D’altra parte non c’era stato
alcun riconoscimento ufficiale dell’Ordine della Fenice.
Agivano per tacito assenso del
Ministero della Magia, che però ufficialmente non li menzionava. Non c’erano
contatti diretti, ma solo informazioni apparentemente casuali che i membri
dell’Ordine inseriti nei vari Ministeri, riferivano alla gerarchia di comando
per poter mantenere la sicurezza dell’Ordine stesso, della sede e di Harry e
per poter intervenire allo scopo di neutralizzare i seguaci di Voldemort.
Proseguivano anche, con il tacito
assenso di Silente, gli incontri dell’ Esercito di Silente.
L’organizzazione, i componenti e
le modalità per rimanere in contatto erano rimaste le stesse. Non vi
partecipava Marietta, ma era rientrata Cho.
Non era stata divulgata in alcun
modo la notizia che esistesse questo gruppo e coloro che vi partecipavano usavano
il massimo riserbo, evitando commenti o pubblicità nei corridoi, quasi
percepissero il rischio che li circondava.
Per Harry stare vicino a Cho
continuava ad essere difficile. Avrebbe voluto riprendere da dove si erano
fermati, chiederle scusa (anche se non capiva ancora fino in fondo i motivi del
litigio), sentirsi chiedere scusa per come lo aveva trattato a fine anno e a
volte fantasticava su un eventuale nuovo appuntamento. Non erano giunte voci di
una sua relazione attuale con qualcuno e Harry sperava di avere ancora la
possibilità di concludere qualcosa. Con lei o … forse solo di concludere
qualcosa!
Durante uno di questi voli di
fantasia Ron, Seamus e Neville lo avevano trovato imbambolato alla finestra e
in un momento di confidenze reciproche Harry si era sfogato.
“ Vorrei poterla portare a
Hogsmade. Forse devo chiederle scusa? Oppure prendere qualcosa in uno dei pub
Vorrei provare a trovare l’occasione per……, beh insomma……”
”Per parlare di libri? Esami?
Compiti?” Seamus aveva pronunciato questa frase allungandosi nel letto di Harry
dove erano tutti seduti o sdraiati, fino a trovasi faccia a faccia con l’amico
che cominciava a ridere “Oppure di baci? Abbracci? Oppure di ……” e lasciò la
frase sospesa.
Ron era scoppiato a ridere,
Neville rideva vergognandosi un po’, mentre Harry cercava di negare scotendo la
testa, ma stava sorridendo.
“Sesso!!” aveva esclamato Dean
entrando in quel momento. “Grande argomento con una ragazza.”
“Ehi, cretino tu stai con mia
sorella!” Ron era scattato sul letto in ginocchio, guardando arrabbiato
l’amico.
“Ehi, ehi, ho detto parlare. E mi
riferivo ad Harry.” Dean sembrava essersi reso conto solo in quel momento del
rischio che poteva correre con una affermazione del genere davanti a Ron e si
sedette in silenzio al bordo del letto.
“Stavo per dire la stessa cosa”
concluse Seamus per fermare le reazioni di Ron. “ E ci pensava anche Harry”.
Gli puntò il dito contro.
“Piantala scemo!” aveva risposto
Harry ridendo.
“E dai Ron! Ci pensi anche tu!
Chi è il soggetto?” lo provocò Seamus.
Ron trovandosi di colpo al centro
dell’attenzione arrossì notevolmente dicendo “Non certo tu!”
“Almeno non hai negato.” rise
Neville
Nell’ora successiva l’argomento
era rimasto lo stesso, erano circolate numerose informazioni e ipotesi, era
stata tirata in campo più volte l’esperienza dei 4 fratelli Weasley non
presenti (tranne Percy la cui esperienza era per Ron un grande mistero), che
rappresentavano la migliore enciclopedia a disposizione, oltre alle
informazioni che Seamus aveva raccolto in diversi giornali che era riuscito a
rubare vicino a casa sua.
L’esperienza era ancora
estremamente limitata, la curiosità e il desiderio di conoscere praticamente
illimitati.
Anche Ron era talmente preso dal
suo ruolo di depositario del sapere, grazie alle informazioni più o meno
casuali raccolte dai fratelli, che non si preoccupò mai della presenza e delle
affermazioni di Dean, tranne quando si trovò da solo a letto a ripensare a
quanto avevano detto. Ma al momento di addormentarsi i pensieri, che prima
vagano tra diverse donne, più o meno reali, si erano concentrati su un’unica
ragazza.
Grazie a Jenny88 e a Florinda.
Spero vi piaccia anche il seguito.
A me fa molto piacere
sapere il vostro parere. Continuate!!!!! Ciao |
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Capitolo 3 *** L'inizio del danno ***
L’inizio del danno
Durante una lezione di Pozioni,
pochi giorni dopo, alla quale partecipavano ancora tutti e tre, Ron ed Hemione
erano impegnati a seguire le istruzioni particolareggiate date da Piton
lavorando sullo stesso calderone, mentre Harry, “casualmente” era stato
chiamato alla cattedra per completare da solo il compito affidatogli, senza
spiegazioni del perché.
Harry stava tentando di
tagliuzzarle minuziosamente una radice di asfodelo quando la cicatrice cominciò
a farsi sentire. Era almeno un mese che non accadeva e Harry non se lo
aspettava.
Non erano giunte informazioni di
nuovi attacchi da parte dell’ esercito nascosto di Voldemort, né di catture di
Mangiamorte che potessero aver irritato l’Oscuro Signore.
Harry si tocco la fronte,
sfregando la mano destra sulla cicatrice.
Il dolore aumentava.
Piton si trovava in fondo alla
classe, e stava tornando verso la cattedra quando notò il movimento di Harry.
Lentamente continuò il suo
cammino, gli avvicinò e gli disse:
“Bel lavoro Potter. Potresti
prepararmene alcuni pezzi di riserva, così da non dimenticarti come si fa.
Seguimi, ti mostro dove prenderli.” Senza rivolgergli uno sguardo si avviò
verso la stanza dove teneva tutti gli ingredienti, dicendo al resto della
classe: “ Se sento parlare o muoversi qualcosa avrete tutti dei compiti
supplementari.”
Harry, sorpreso e irritato per
quella che sembrava una ulteriore punizione e che lui non meritava, dato che
non aveva fatto nulla, lo seguì lentamente vedendo lo sguardo irritato di Ron e
sorpreso di Hermione.
“Siediti Potter” lo apostrofò a
voce alta il professore indicandogli una seda dietro ad un tavolino sistemato
in modo da non essere visibile dalla classe, nascosto dall’anta della porta.
“Ti ho visto toccarti la
cicatrice. E’ Lui?” sibilò poi.
Harry non si aspettava la domanda
e lo fissò imbambolato per alcuni secondi prima di rispondere: “Sì, ma non fa
ancora molto male”.
“Meglio.” Sentenziò Piton. “Ti
sarà più facile bloccarlo.”
Harry realizzò cosa stava facendo
Piton.
Non gli era mai successo di usare
l’Occlumanzia veramente, ma solo durante la lezione e solo contro Piton. Adesso
non era pronto. Era ancora concentrato sulla pozione. Guardò il professore con
gli occhi inespressivi, per non fargli capire che aveva paura.
Paura di sbagliare e quindi di farsi
sentire da Voldemort e paura di fare un errore. Essere davanti a Piton
aumentava il rischio.
Piton lo fissò intensamente,
dritto negli occhi: “Svuota la mente, Potter. Svuotala. Togli sentimenti ed
emozioni. Avanti”
Harry cominciò a concentrarsi sul
buio, sul nulla, sul colore nero, immaginando di rinchiudere tutti suoi
pensieri, le emozioni, i ricordi dei genitori, di Hogwarts, degli amici, il
dolore per Sirius, la gioia di Grimmauld Place in un enorme sacco e lanciarlo,
legato ad una corda, verso un baratro
del quale non percepiva la fine, per toglierlo dalle grinfie di Voldemort. Non
sapeva se era la strategia giusta, ma non aveva nessuna indicazione utile.
Inoltre non capiva perché dovesse opporsi a Voldemort, quando
sarebbe stato importante sapere cosa stava provava e vedere quali fossero i
suoi desideri.
In realtà stava opponendosi a
metà.
Poi, lentamente il dolore aumentò
e cominciò a delinarsi il volto di Voldemort: scarno, diafano, con gli occhi
rossastri. Sogghignava. E il ghigno era verso…… di lui?
Lo stava guardando? Dentro
Hogwarts?
Harry si concentrò di più,
cercando di raggiungere il Nulla assoluto.
Intanto Ron ed Hermione, ormai al
termine del lavoro, cercavano di veder cosa stesse accadendo, allungando il
collo verso la stanza dove si trovava l’amico, ma la figura di Piton, ferma
sulla soglia, rivolta alternativamente verso la classe e verso Harry, toglieva
qualsiasi visuale sull’amico.
Poco dopo, quando terminò l’ora,
Piton uscì e chiese alla classe di consegnare quanto fatto.
Anche i Serpeverde cercarono di
spiare Potter, la maggior parte ridacchiando, ma Piton si trovava sempre tra i
loro occhi e la stanza.
Hermione stava consegnando al
professore la boccetta con la pozione sua e di Ron, quando quest’ultimo si
avvicinò a Piton e disse:
“Aspetto Harry, professore.
Abbiamo lezione insieme dopo.”
Piton si girò a guardarlo,
lasciando per un attimo le pozioni che stava etichettando con i nome degli
allievi e, stringendo gli occhi, rispose:
“Forse Weasley. Adesso decido.”
Si girò e andò verso la stanza
accostando dietro di sé la porta.
Harry era accaldato e sudato,
stringeva gli occhi e respirava regolarmente, ma con fatica.
Guardò il professore con occhi
lucidi, sfinito.
La forza di Voldemort era
aumentata.
Harry lo aveva sentito felice per
un successo ottenuto. Aveva percepito il freddo dei Dissennatori attorno a Lui.
Aveva sentito l’eco della voce di Bellatrix, un
grido di trionfo.
Poi Harry aveva sentito lo
sguardo dell’Oscuro Signore su di sé. Adesso lo stava veramente guardando.
Voldemort sapeva che Harry era in
contatto con la sua mente e stava cercando di bloccarlo, entrando in lui, ma le
barriere di Hogwarts gli impedivano di farlo con facilità e totalmente.
Nonostante questo Harry lo
sentiva. Sentiva come se l’alito di Voldemort, leggerissimo e impalpabile, lo
stesse circondando per bloccargli la vista, per impedirgli di tenere il
contatto con lui.
Il legame tra la sua mente e
quella di Voldemort c’era ancora e adesso tentava di costringerlo a cedere e ad
abbandonare lo scontro.
Voldemort non voleva farsi vedere
e sentire.
In questo ci era riuscito. Il
ragazzo non percepiva nulla di quanto accadeva attorno all’Oscuro Signore, ma
sentiva la sua forte presenza.
Harry cercava di mantenere con
freddezza il contatto impedendo a Voldemort di irrompere dentro di lui.
Piton allungò un braccio e fece
per appoggiare la sua mano sulla spalla di Harry, poi cambiò idea e la
ritrasse. Senza mai togliere lo sguardo dal ragazzo, con un tono, che se non
fosse arrivato da lui, poteva dirsi caloroso, disse:
“Resisti ancora qualche minuto.
Concentrati.”
Piton usci e rivolgendosi ai due
amici disse:
“Weasley, vada a chiamare il
Professor Shacklebolt . Granger lei vada dal
Preside. Dite loro che sta accadendo qualcosa di grave. Il vostro amico sta
resistendo all’intrusione di Colui Che Non Deve Essere Nominato, ma non ce la
farà ancora per molto. Filate!”
L’ultima parola l’aveva quasi
sussurrata.
Ron e Hermione non si guardarono
neppure. Si mossero verso la porta, uscirono e si divisero correndo lungo i
corridoi pieni di studenti che raggiungevano le rispettive aule.
Hermione quasi si scontrò con la
professoressa Mc Grannit che, troppo meravigliata di vedere la signorina
Granger correre nel corridoio, non ebbe la prontezza di spirito di riprenderla
per un comportamento tanto scorretto. Quando vide verso dove era diretta però,
spalancò gli occhi e la seguì.
Hermione si fermò davanti alla
statua che conduceva dal Preside e cominciò a cercare la parola d’ordine,
pronunciando a casaccio sette o otto nomi di dolci e incantesimi.
La Mc Grannit la raggiunse, la
bloccò , mettendole una mano sulla spalla, movimento che fece sobbalzare
Hermione dalla paura, e pronunciò sottovoce: “Il Preside sta arrivando.”
Poi strinse la spalla di Hermione
per comunicarle di aspettare.
Dopo neppure un minuto dalla loro
sinistra videro arrivare Silente. L’espressione serena che abitualmente aveva,
quando le notò, divenne uno sguardo incuriosito e penetrante.
“Harry, Signore. La cicatrice. Si
trova con il professor Piton, a lezione.” Ansimò Hermione per la paura e per la
corsa.
Senza dire una parola tutti e tre
si diressero verso l’aula di Pozioni, quasi veleggiando tra la massa degli
studenti che si spostavano nelle diverse classi.
Ron intanto era arrivato
nell’aula di Difesa contro le Arti Oscure, dove stava prendendo posto il quinto
anno dei Griffondoro. Ginny lo vide entrare trafelato con gli occhi rivolti
verso la cattedra, mentre stava sedendosi nei primi banchi.
Anche Shacklebolt lo vide.
Percepì l’urgenza che trapelava da Ron che appariva affannato, teso, brusco.
“Il professor Piton la aspetta
immediatamente nell’aula di Pozioni Professore”. Sentendosi come se avesse
appena dato un ordine ad un suo superiore Ron aggiunse: “La aspetta quanto
prima, signore.”
Shacklebolt rimase fermo
alcuni secondi, pensieroso, poi si rivolse alla classe dicendo:
“A quanto pare ho un momentaneo
impegno da assolvere. Aprite il libro e cominciate a leggere il capitolo
successivo a quello visto la scorsa lezione. Appena rientro chiederò una
applicazione pratica di quanto scritto. Silenzio e impegno.”
Mentre pronunciava questo Ron si
girò verso la classe e notò la sorella che lo guardava con gli occhi spalancati
e interrogativi.
“Cosa c’è?” mimarono le sue
labbra senza farne uscire la voce.
“Cicatrice. Poi ti dico.” Rispose
il fratello nello stesso modo.
Ginny sentì i brividi lungo il
corpo. Tu-sai-chi. Harry. Il dolore.
Stare lì ferma, a leggere, in
attesa. No, era impossibile.
Il Professor Shacklebolt le offri una involontaria via di fuga.
Mentre usciva dalla classe
guardando davanti a sé disse:
“Weasley!” con l’intenzione di
richiamare Ron, intento a guardare la sorella. Ron fece un cenno a Ginny e uscì
seguendo il professore.
Tutta la classe guardò verso la
compagna che non perse l’occasione.
Immediatamente si alzò e si
diresse verso la porta.
In fondo aveva detto “Weasley”
senza specificare quale o quanti. Quindi c’era anche lei.
Intanto Piton, in attesa
dell’arrivo di Silente, stava osservando Harry che, rigido, aspettava che tutto
passasse.
Aveva lo sguardo rivolto verso
l’allievo, ma l’improvviso sbattere della porta lo fece sobbalzare.
Una coloratissima Tonks entrò
nell’aula di Pozioni reggendo un numero spropositato di vasi di varie
dimensioni, contenenti radici, foglie e animaletti striscianti.
Accennò ad un sorriso verso
Piton, ma lui le fece cenno in modo brusco, con una mano, di portare tutto alla
cattedra. Tonks si bloccò, irritata dal gesto scortese del professore.
“Beh, mi avete mandato voi a ……”
“ Zitta Ninfadora. Non ora.” La
bloccò Piton con un tono autoritario.
A parte sua madre era l’unico che
osava chiamarla per nome. Insopportabile. Stranamente attraente però.
Riusciva a pronunciarlo come
fosse “Ninfa d’oro” (vedi commento) e sempre
sottovoce, strisciandolo con un risultato decisamente molto più sensuale di
quanto potesse fare sua madre.
Come altro ci fosse di sensuale o
attraente in quell’uomo proprio non capiva, ma in fondo, in fondo, in fondo le
piaceva. Era misterioso, silenzioso, dittatoriale e solitario. Da scoprire.
Kingsley ridacchiava ogni volta
che lei gli spiegava queste cose, dicendo che il suo intervento di tuttofare,
in fondo, veniva richiesto molto da Piton, molto più che da altri, quindi un
po’ di interesse reciproco doveva esserci.
Tonks non aveva mai provato ad
approfondire.
Mentre gli si avvicinava si rese
conto che c’era qualcosa che stava preoccupando il professore, e dopo aver
lasciato tutto sulla cattedra, girandosi nella sua stessa direzione, riuscì a
vedere Harry seduto dietro ad un tavolino, che lentamente stava riaprendo gli
occhi.
Commento Mi sono chiesta
se trovare una assonanza inglese (con il vedo “to adore”), ma sarebbe risultato
un po’ strano dato che è scritta in italiano e ho lasciato l’assonanza con
“Ninfa” e “oro”. Suonava bene come piccolo segnale sentimentale di Piton…!
Per Marco e Maripotter: in
realtà sono della fazione Ron/Hermione, ma non ho intenzione di arrivare a
nessuna conclusione in questa FF! Penso anzi che non sia così chiaro cosa e chi
desidera Hermione e spero di riuscire a rendere questa sua incertezza. Concordo
su Cho!
Per Piropiro: credo anch’io
che abbia ragione tu…
Per Daffydebby: e pensare che ho cominciato a unirne due
degli originali per allungarli! Grazie per i complimenti.
Aspetto ancora i vostri commenti.
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Capitolo 4 *** Rientra in gioco Voldemort ***
Rientra in gioco Voldemort
Il dolore se ne stava andando.
Finalmente la vista era meno offuscata e le mani si stavano aprendo.
Sentiva ancora le stilettate
lasciate di segni delle sue unghie nel palmo delle mani, mentre le stringeva a
pugno, ma sentiva anche i muscoli del corpo rilassarsi.
Prima dello scontro per
estrometterlo dalla sua mente Harry aveva udito Voldemort ridere e aveva
percepito l’eco della sua voce disperdersi all’interno di un luogo enorme e
rimbombare nella sua testa.
Voldemort era contento. Ma di
cosa? E per merito di chi?
Harry guardò davanti a sé.
Piton era rigido, immobile con le
mani dietro la schiena. Tonks, dietro di lui, con gli occhi socchiusi e il
volto preoccupato era l’unica ad essersi accorta della tensione che
attraversava tutto il corpo del Professore di Pozioni, nonostante l’apparente
calma e l’apparente distacco. Fece un piccolo sorriso di incoraggiamento ad
Harry.
Harry spostò lo sguardo su
Silente, la Mc Grannit e Shacklebolt , in fila
alla destra di Piton, tutti con il volto preoccupato e in attesa.
Vicino alla porta, immobili,
c’erano Hermione, con gli occhi lucidi, e Ron che non appena lo vide rilassarsi
gli si avvicinò e gli mise una mano sul braccio.
Una saetta luminosa.
Un dolore acuto e violento.
Entrambi si irrigidirono e si
allontanarono di scatto l’ uno dall’altro.
Avevano entrambi gli occhi
sbarrati dal dolore e dalla sorpresa.
Cosa era successo?
Silente si mosse verso di loro.
Appoggiò una mano sulla spalla di Ron e guardò Harry.
“Quando non lo sentirai più fammi
un cenno. Allora anche Ron potrà avvicinarsi a te”.
“Cioè?” chiese Ron allarmato
“Cosa centro io con V… con Colui-che … insomma con Voldemort?”
Harry finalmente accennò un
sorriso: Ron voleva dimostrarsi superiore e chiamarlo per nome, ma era ancora
difficile per lui!
Silente disse: “Sono ancora le
conseguenze del suo incontro al Ministero della Magia, signor Weasley. E’
ancora molto ricettivo delle emozioni e dei pensieri degli altri. Quelli del
signor Potter sono ancora legati a quelli di Voldemort e quindi particolarmente
forti e penetranti. Lasci passare un po’ di tempo e si attenueranno.”
Silente sorrise a Ron, che però
si sentiva incerto nonostante la rassicurazione del Preside.
“Cosa ha sentito Potter?” chiese
Piton con un tono secco.
Harry si concentrò su quanto era accaduto.
“ E’ cominciato molto lentamente
e poi il dolore è cresciuto. Quando ho cominciato a contrastarlo è come se si
fosse accorto di me e cercasse di entrarmi dentro. Poi c’è stata una risata e
il suo eco si è disperso in una stanza enorme. Poi basta.” Harry si stropicciò
gli occhi.
Silente si girò verso Tonks
dicendo:
“Avverta l’Ordine e dica a tutti
che Voldemort ha ottenuto un successo di qualche tipo. Devono sapere quando e
cosa è successo.”
Poi si girò verso Piton: “Ci vuoi
provare anche tu?”
Piton fece un veloce cenno della
testa per accettare l’incarico e uscì con Tonks dall’aula di Pozioni.
Shacklebolt fece per uscire e
vide Ginny che stava osservando ancora Harry con uno sguardo serio e
concentrato.
“Signorina Weasly! Lei dovrebbe
essere in aula, non qui!”
“Mi scusi professore” disse la
ragazza reagendo velocemente e arrossendo leggermente “Lei uscendo ha detto
-Weasly- e io l’ho seguita.”
“Ginny…” sfuggì sospirando al
professore mentre Silente e la Mc Grannit sorridevano. “Venga con me, avanti!”
Uscirono anche loro dalla stanza
lasciando i due professori e i tre Griffondoro.
“Credo dobbiate tornare a
lezione, ragazzi” disse la Mc Grannit. “Dove dovreste essere?”
Harry si alzò, ben fermo sulle
gambe e ognuno riprese la sua strada.
Prima di uscire Silente gli si
avvicinò e, facendo in modo che nessun altro sentisse, gli chiese:
“Hai raccontato a qualcuno della
profezia, Harry?”
“No Signore.” rispose.
“Forse dovresti farlo. È un
impresa difficile quella che ti aspetta Harry. E avrai molti amici ad aiutarti.
Ma credo che i tuoi amici più veri non vogliano lasciarti solo in questo
momento. Sono il sostegno e la forza maggiore che hai. Sono parte della tua
vita. Anche nel dolore. Non li allontanare, fatti proteggere dal loro amore per
te.”
La sera si ritrovarono attorno al
tavolo per la cena. Harry si sentiva libero e tranquillo in quel momento. Non
sentiva alcun dolore e sapeva che tutto l’Ordine si stava occupando di scoprire
cosa fosse successo.
Stava ascoltando Seamus raccontare
delle lezioni del pomeriggio e Ron commentare con Hermione, con tono molto
sostenuto, i ritmi di studio che lei gli aveva proposto.
Ginny era immersa in una
discussione poco piacevole con Dean. Lei aveva lo sguardo corrucciato e fissava
il suo ragazzo con uno sguardo irritato. Lui stava spiegandole qualcosa e
proseguendo nella discussione stava aumentando anche la sua irritazione.
Le loro voci erano coperte dal
brusio generale degli studenti, ma le ultime frasi arrivarono in un momento di
minor caos e i compagni più vicini le udirono bene.
“Non lo accetto, Dean. È
stupido.”
“Allora credo che non ci siano
altre cose da discutere.”
Ginny si fermò con lo sguardo
determinato e gli occhi lucidi.
“Sei un cretino. Dillo, avanti”
“Sei tu che non capisci. Hai
cominciato tu. Dillo tu”
“Bene! Certo… che non sia mai che
prendi una decisione. Faccio io. È finita. Basta. Cercatene un'altra. Magari
meno impegnata e che abbia più tempo per ammirarti.”
Ginny si alzò, appoggiando le
mani sul tavolo e se ne andò dalla stanza, raccogliendo da terra la propria
borsa con i libri. Il passo era deciso e veloce, forse un po’ troppo veloce.
Hermione guadò Dean, si alzò a
sua volta e la seguì.
“Cosa?…” cominciò Neville
“Nulla. Lascia stare. È da un po’
che le ripeto che non ha mai tempo per me è sempre a studiare oppure ad
allenarsi a quidditch, mi parla di azioni di gioco, di esami, di lezioni… mai
che passi del tempo con me. Lascia stare.”
Dean aveva parlato con un tono
rassegnato, come se avesse già deciso da tempo che non era più ai primi posti
negli interessi della sua ex-ragazza. Sembrava triste quanto lei.
Il gruppo dei ragazzi,
lentamente, riprese a discutere di argomenti neutri che non creassero disagio
né a Dean né a Ron.
Quest’ultimo non sapeva bene cosa
pensare. Non era mai stato entusiasta del rapporto Ginny-Dean, ma lui era pur
sempre uno dei suoi amici di più lunga data ed era simpatico.
Avrebbe dovuto prendere le difese
della sorella?
Beh, quello che aveva detto Dean
non era poi così sbagliato. Se lei non aveva tempo per stare con il suo ragazzo
di certo lui doveva esserci rimasto male. Se due stavano insieme era per “stare
insieme”, passare del tempo insieme, non certo per parlare di altre cose. Certo
il quidditch era importante e i G.U.F.O. della sorella pure. Ma con lei c’era
Hermione e sicuramente era più adatta di lui a capirla.
Ron si sentiva di certo confuso.
Mentre parlavano guardò Harry che gli rispose con una alzata di spalle. Non
aveva opinioni particolari sull’argomento.
A lui dispiaceva per entrambi.
Capiva la difficoltà di Dean: già era necessario sudare sette camicie per
trovare occasioni, argomenti e il coraggio per parlare con una ragazza. Se
questa non collaborava allora era impossibile. Però Ginny era una giocatrice
molto brava, poteva vantarsene, e doveva mantenere la concentrazione nel gioco.
Forse Dean non le piaceva più così tanto.
Nella stanza di Ginny intanto
Hermione ascoltava e approvava lo sfogo dell’amica.
“È stato tutto perfetto fino
all’inizio della scuola. Lettere ogni secondo giorno, complimenti, frasi
dolcissime, promesse di giornate da passare insieme. Mi ha detto di essere
felice quando gli parlavo dei miei progressi nel gioco. Era felice che io fossi
felice! Lo ha detto lui!! Ha anche continuato a dirlo per la prima settimana
qui! Poi però mi dice che non gli pare che lui mi interessi poi molto, dato che
passo tanto tempo in biblioteca e in allenamento. Secondo lui trovo scuse per
saltare gli appuntamenti, per non stare sola con lui. E mi chiede perché, chi
altro c’è. Come se non fossi impegnata in nient’altro che stare con un ragazzo
o cercarne un altro! E come se non avessi visto le occhiate che lancia a due
ragazze del Tassorosso del mio anno!”
Ginny era seduta sul letto, con
le lacrime agli occhi, delusa e arrabbiata. Hermione le era seduta accanto e le
accarezzava ogni tanto i lunghi capelli, sorridendole con amarezza.
“Cosa dovrei fare? Lasciare il
quidditch? Per lui? Ma è scemo?
“Dipende. Se trovi più
soddisfazione a giocare o a stare con lui.”
L’ultima frase era di Luna,
arrivata silenziosamente nella stanza, con il solito aspetto un po’ trasandato,
un po’ alternativo.
“Ti ho visto uscire seguita da
Hermione e ho capito che Dean aveva fatto danni. Sono gravi?”
“L’ho lasciato. Ecco, anche
questa!” Ginny guardava alternativamente le due amiche con lo sguardo
esasperato. “Ho dovuto lasciarlo io per una decisione sua. Lo prenderei a
schiaffi!”
“Mi dispiace Ginny, davvero. Ma
forse così sei meno stressata. È da un po’ che hai spesso lo sguardo triste
quando sei con lui.” Hermione cercava di trovare i lati positivi della
situazione. Pensava che in fondo stare con un ragazzo che non capiva le tue
esigenze e i tuoi interessi fosse molto poco soddisfacente. Certo c’era tutto
l’aspetto affettivo e fisico del rapporto, ma non aveva punti di riferimento
personali. Anche Viktor, quando le scriveva, si complimentava per tutti i suoi
successi scolastici e le diceva di pensare molto a lei, ma si trovava a
chilometri di distanza e lei non si sentiva così disposta ad una relazione con
lui. C’era qualcuno di più vicino, ma sicuramente molto più imbranato e non
sicuramente interessato a lei, o almeno non più che ad altre ragazze della
scuola.
Adesso però la persona più
importante era Ginny.
Rimasero a discutere tutte e tre,
a lungo, della situazione. Ginny non scese in Sala Comune quella sera e nessuno
fece domande ad Hemione quando arrivò lì a studiare.
Quella
sera uno scontro, dei tanti con Ron, mise in luce la tensione che sentivano per
tutto ciò che accadeva attorno a loro.
“Ron! Non è possibile! Devi ancora completare il compito
di Storia della Magia! Cosa aspetti?”
“Dai, non
rompere. Non è per domani, devo consegnarlo tra due giorni. Ho tempo.”
“Non è
vero. Domani abbiamo ancora Pozioni e Trasfigurazione. Sai che arriveranno
altri esercizi. Non puoi accumulare tutto!”
Il tono
delle voci si stava alzando. Harry chiuse gli occhi sospirando. Non era
possibile. Non oggi. Ne aveva avute abbastanza.
“Smettetela,
non è giornata.” disse sottovoce ad entrambi senza alzare il viso dal libro che
stava tentando di studiare.
Ron si
girò arrossendo. Non voleva aumentare la stanchezza dell’amico, ma … era peggio
di un generale quella ragazza.
Hermione
rimase in silenzio per un po’ poi riprese a scrivere il tema di Storia della
Magia evitando di guardare verso il rosso.
Ron
ricambiò la cortesia girandole le spalle per leggere il capitolo del libro
necessario almeno ad iniziare il tema.
Harry
chiuse di scatto il libro e si mise a guardare dalla finestra.
Nel
silenzio della stanza si sentivano i ragazzi del quinto anno ripetere
incessantemente, a piccoli gruppi le lezioni della giornata, alcuni dei più
piccoli giocare.
Dopo più
di mezz’ora di silenzio Hermione raccolse le proprie cose e si preparò a salire
nel Dormitorio.
“Ciao
Harry. Buonanotte.” Harry si girò a guardarla salutandola con la mano e
Hermione gli sorrise.
Ad Harry
fu sufficiente quel sorriso a togliere un po’ di sofferenza dal cuore.
La frase
successiva migliorò ulteriormente la situazione
“Buonanotte
Hermione.” disse Ron. “Sogni d’oro”. Se fosse stato possibile sarebbe arrossito
anche il tono della voce. Per la timidezza e l’orgoglio.
Hermione
si girò a guardare l’amico. Era seduto a terra con il libro di Storia della
Magia aperto davanti a sé e la stava guardando, serio.
Lei gli
sorrise come ad Harry. Con gli occhi poi indicò verso quest’ultimo, facendo
cenno a Ron di mettergli una mano sulla spalla.
Ron
assentì con la testa. Si alzò, si avvicinò ad Harry e gli disse: “A letto,
amico?”
Harry si
girò, raccolse con Ron tutto quello che avevano messo a terra per studiare e si
avviarono verso il Dormitorio.
Arrivato
alle scale Harry riuscì a vedere lo sguardo d’intesa tra i due amici.
Grazie a
marco (poche informazioni come vedi…) e a Florinda (per Draco in questa FF c’è
poco spazio, ma prendo il suggerimento per elaborarne anche un’altra!)
Aspetto
vostri commenti/suggerimenti.
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Capitolo 5 *** La sfida ha inizio ***
La sfida ha inizio
I
Mangiamorte aveva attaccato Azkaban e liberato tutti i compagni catturati
durante lo scontro al Ministero della Magia.
Erano di
nuovo fuori. Tutti. E in azione.
E i
Dissennatori non avevano distrutto le loro menti.
Non
avevano partecipato attivamente alla loro evasione, ma si erano semplicemente
fermati. Non avevano difeso la prigione, non avevano attaccato i seguaci di
Voldemort anche se non lo avevano seguito e non avevano collaborato.
Questo
rendeva ancora più incerta la situazione. Non si capiva a chi davano la loro
alleanza.
Erano
vittime di un incantesimo di Tu-Sai-Chi?
Erano
d’accordo con Lui e il loro comportamento era un diversivo?
Non
avevano ancora scelto?
Nessuno
era in grado di trattare con loro. Non avevano espresso alcuna opinione con
nessun incaricato del Ministero della Magia.
Da
Azkaban erano fuggiti solo i Mangiamorte ancora attivi. Tutti coloro che
avevano ricevuto il bacio erano stati lasciati all’interno della prigione,
anche se vecchi alleati dell’Oscuro Signore.
L’esercito
di Voldemort stava crescendo e la sua risata, echeggiata nella mente di Harry,
aveva un significato macabro e pericoloso.
Il clima
anche a Hogwarts era cambiato. La paura serpeggiava più forte e molti temevano
attacchi verso le città o i villaggi inglesi dove vivevano le proprie famiglie.
La
famiglia Weasley ad esempio era, per la prima volta, divisa.
Ron e
Ginny erano al sicuro a Hogwarts. Molly e Arthur erano in Grimmauld Place da
dove il padre si recava al lavoro ogni giorno sotto scorta di un Auror, Bill e
Charlie erano in missione in luoghi diversi, conosciuti solo dai genitori con i
quali tenevano i contati quando potevano, i gemelli erano in Diagon Alley con
il loro negozio e vivevano lì. Tra le righe, nelle loro lettere, i due fratelli
più piccoli avevano capito che anche loro avevano un ruolo, poco chiaro, per
l’Ordine della Fenice. Percy lavorava ancora al Ministero della Magia. La
caduta politica di Caramell aveva interrotto la sua carriera e le sue opinioni
non erano molto chiare. Vedeva ogni tanto il padre.
Per molti
alunni di Hogwarts la situazione era simile.
Per
altri, con genitori babbani, c’era la difficoltà a spiegare il pericolo della
situazione e a motivare la paura che sentivano.
Hermione
era riuscita a spiegarlo ai suoi e pensava che la loro situazione fosse più
sicura di tanti altri, dato che non erano coinvolti. Certo erano babbani, ma
lei non era nessuno e quindi i suoi non erano importanti per il modo della
magia quanto poteva esserlo un membro della famiglia Weasley, che era inoltre
molto legata ad Harry.
Ron
alternava momenti di tranquillità a momenti di tristezza e paura. Questi ultimi
arrivavano spesso la sera, al momento di andare a dormire e li condivideva,
anche solo con sguardi e sospiri, con Harry.
Ginny a
volte si avvicinava al fratello, quando sentiva la paura arrivare, e lo
abbracciava.
Harry
avrebbe voluto potersi avvicinare a loro e condividere questo momento di
sostegno reciproco. Aveva paura per
tutti loro. Ma non aveva mai trovato il coraggio di farlo.
Poche
sere dopo l’annuncio della fuga da Azkaban, Ron e Ginny avevano letto, con lui
e Hermione, una lettera dei loro genitori nella quale dicevano di aver avuto
notizie positive dai fratelli maggiori.
Ron era
seduto sul divano, Ginny alla sua destra e Harry a sinistra, mentre Hermione si
era avvicinata a Ginny, sedendosi sul bracciolo. Terminata la lettera Ginny si
era avvolta attorno al fratello, stringendosi al suo braccio, con la faccia
appoggiata sulla sua spalla e le gambe piegate sul divano. Ron aveva sorriso e
aveva appoggiato la testa sulla sua. Poi Ginny aveva allungato una mano, oltre
il fratello, fino a toccare il braccio di Harry e lo aveva tirato a sè,
costringendolo ad avvicinarsi all’amico che gli aveva messo un braccio attorno
alle spalle. Contemporaneamente Ron aveva liberato l’altro braccio dalla mano
della sorella, lo aveva allungato sulle sue spalle e aveva appoggiato la sua
mano, con fare incerto, sulla mano di Hermione, mentre Ginny aveva allungato e
appoggiato l’altra sua mano sulle loro.
Erano
rimasti così per alcuni minuti, in silenzio, fino all’arrivo, esplosivo, di
alcuni ragazzini del secondo anno che aveva rotto l’atmosfera.
Il clima
nella Casa dei Serpeverde era decisamente diverso. Draco aveva ripreso tutta la
sua sicurezza e il suo ruolo di leader. Alcuni commenti sull’importanza della
fuga da Azkaban erano stati fatti addirittura ad alta voce. Sembrava ci fosse
la certezza che qualcosa sarebbe accaduto ancora. Draco riceveva regolarmente
lettere da casa, firmate dalla madre, che non faceva leggere a nessuno, neppure
ai compagni della Casa.
Stava
aumentando a sua arroganza e quando poteva allungava battute acide a coloro che
gli arrivavano vicini.
Si stava
avvicinando anche la prima partita della stagione: Griffondoro contro Serpeverde
e la tensione era alta anche in questo.
Nonostante
la situazione esterna ad Hogwarts era stato deciso di procedere con il
quidditch per mantenere la normalità dell’anno scolastico.
Il tifo
era tenuto sotto controllo per evitare commenti offensivi, ma tutto ciò che era
inerente la partita non veniva in alcun modo commentato o limitato dagli
insegnanti.
La
mattina della prima partita il clima era acceso già dl momento della colazione.
Harry e
Ron erano scesi insieme e avevano trovato Ginny e Hermione già lì con tutto il
resto della squadra. Il ruolo di capitano di Harry richiedeva che fosse lui a
mantenere alto il morale per cui salutò tutti cordialmente, facendo loro i
complimenti per l’organizzazione, dando consigli, inutili, sulla colazione da
fare e sorridendo sicuro a tutti.
Ron si
sentiva pronto per un esame. Lo stomaco era ancora sottosopra e non sapeva cosa
sarebbe potuto rimanere giù e cosa rischiava di cadere nel campo in un secondo
momento se lo avesse ingerito. Alla fine si limitò ad un dolce, tanto per
prendere calorie, ma la vista di tutto ciò che era liquido aumentava il senso
di oppressione allo stomaco!
Ginny,
stranamente silenziosa, appariva però rilassata.
Prima di
andare verso gli spogliatoi Dean la chiamò per farle i complimenti. Da quando
si erano lasciati i rapporti erano lentamente ripresi, ancora timorosi, ma
amichevoli.
Ginny gli
sorrise di rimando e accolse anche il sorriso e la strizzatine d’occhio di
Hermione prima e poi di Luna, mentre usciva.
Hermione
abbracciò Harry e Ron, baciando quest’ultimo sulla guancia.
“Grazie”
gli rispose lui incerto.
“Fategliela
vedere ragazzi!” sussurrò ad entrambi. “Voglio potervi abbracciare sorridendo
anche dopo.”
All’ingresso
in campo i Griffondoro si sentivano una squadra. Decisamente diversa dall’anno
precedente, ma compatta.
Harry,
cercatore e capitano, aveva confermato Ron in porta e Ginny come cacciatrice.
Avevano fatto un po’ selezioni per sostituire Angelina e Kate . I risultati
erano stati migliori dell’anno precedente e Ginny era stata affiancata da Colin
Canon (si era allenato molto anche lui durante l’estate e mingherlino com’era,
si muoveva velocemente) e da un cacciatore giovane, del suo stesso anno. Il
ruolo dei Battitori era rimasto a Andrew Kirke e a Jack Scoper .
Furono
accolti da boati provenienti dagli spalti dove, oltre ai Griffondoro, anche
Tassorosso e Corvonero, urlavano inneggiandoli, contro i Serpeverde già
presenti in campo.
La
squadra di questi ultimi era rimasta la stessa.
Tonks a
centro campo richiamò i capitani ricordando le regole di gioco, mentre le
squadre si disponeva in campo, chiedendo gioco corretto ad entrambi.
Per
l’occasione appariva normale. Anonima e severa.
Poi
preparò i bolidi e fece partire il boccino dando inizio alla partita.
Harry
sfrecciò immediatamente verso l’alto, ma il boccino prese il largo, senza farsi
vedere né da lui né da Draco .
Sotto di
loro stavano già andando al massimo. I bolidi non riuscivano ad avvicinarsi a
nessun bersaglio perché venivano intercettati prima da veloci battitori, spinti
al massimo della velocità in entrambe le squadre. I cacciatori si muovevano tra
una serie di anelli e l’altra portando la Pluffa in giro per il campo.
La carica
dei Serpeverde era massiccia. Si sentivano i padroni del mondo.
I
Griffondoro apparivano più incerti, ma più scattanti.
Tra Ginny
e Colin c’era una buona intesa e si spostavano la Pluffa l’un l’altro con buona
precisione.
Mentre i
tifosi, presi dal turbinio in campo, cominciavano a chiedersi quando qualcuno
avrebbe cominciato a fare punti, Ginny comparve alla destra di Warrington gli
intercettò la Pluffa e si allontanò verso la porta avversaria. I Battitori le
furono a fianco velocemente bloccando i Bolidi che arrivavano dai Serpeverde,
mentre Colin e Justin, leggermente in avanti cercavano di infastidire e
bloccare i rispettivi avversari. Ginny arrivò da sola alla porta e infilò con
forza la Pluffa alla destra del Portiere riuscendo a farla passare per un
soffio.
Il boato
dei Griffondoro si allungò sul campo. Ron fece una impennata verso l’alto e poi
scese ad abbracciare la sorella. Harry le sorrise dall’alto, buttando le
braccia al cielo.
Tonks era
già pronta a far riprendere il gioco e ognuno riprese posizione.
Il match
proseguì per almeno un’ora lasciando le squadre praticamente alla pari.
Guardando
attentamente i Serpeverde erano più potenti e compatti, ma Ron svolgeva il suo
compito a meraviglia e aveva notevolmente limitato i possibili danni legati
alla poca esperienza dei suoi compagni. Era riuscito a bloccare almeno tre
palloni pericolosi lanciandosi quasi dalla scopa. Quelli che erano passati lo
avevano fatto proprio per sfortuna!
Harry era
entusiasta dell’amico. Per la prima volta capiva come doveva sentirsi Ron
quando era lui a mietere successi in campo. Era esaltante stare a guardarlo,
esultare alle sue parate e incitarlo per dimenticare i punti subiti.
Il
boccino si era dimostrato molto incostante. Era comparso due volte fino a quel
momento e per brevi momenti. Entrambi i Cercatori si erano lanciati all’attacco
mostrando di essere molto spericolati e aggressivi. La rabbia e la tensione di
entrambi emergeva dal modo in cui si cercavano e si evitavano in volo: si
sfioravano a pochi centimetri di distanza, allungavano il corpo per cercare
aerodinamicità scrutandosi a vicenda, scartavano l’uno verso l’altro per
provocare instabilità all’avversario. Pur senza toccarsi si stavano
massacrando.
Era una
lotta aperta tra Harry e Draco, ma dentro di loro sentivano la spinta anche del
ricordo di Lucius e Sirius, di Silente e Voldemort.
Quando il
punteggio era di 50 pari, grazie al significativo apporto di Ginny e Justin, il
boccino ricomparve alla destra di Draco, vicino alla sua gamba. Harry lo vide.
Draco intercetto il suo sguardo e si girò a guardare nella stessa direzione. Il
Boccinio scattò verso il basso e entrambi si lanciarono all’inseguimento.
Raggiunsero il campo sorvolandolo a pochi metri e scattarono, vicini, verso
l’alto. Aggirarono due anelli e ridiscesero verso il basso. Paralleli l’uno
all’altro avevano il boccino al centro. Entrambi allungarono la mano per
prenderlo.
Dalla
sinistra di Draco, veloce arrivò un Bolide che il Battitore dei Serpeverde
intercettò lanciandolo verso l’alto affinché non colpisse il Cercatore. Lo
spostamento d’aria fece oscillare leggermente Draco e Harry arrivò al Boccino,
agguantandolo saldamente nella mano.
Alzò il
braccio verso l’alto rallentando la corsa e Tonks decretò la fine
dell’incontro.
Pochi
secondi dopo si ritrovò avvolto nell’abbraccio di Ron che lo alzava da terra
urlando di gioia. Harry lanciò un grido liberatorio. Aveva vinto da Capitano.
Per Marco
e daffydebby: dovete aspettare il prossimo, ma spero che questo vi
piaccia… per quanto riguarda le coppie non ci saranno decisioni definitive, ma
solo delle idee. Pensavo a qualcosa dopo la fin di questa eventualmente. Ciao
Per Dany '91:
grazie, grazie, grazie!!
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Capitolo 6 *** Una amicizia a prova di profezia ***
Una amicizia a prova di profezia
Nella
sala dei Griffondoro c’era un caos totale.
Ragazzini
urlanti di varia età e sparsi un po’ dovunque inneggiavano ai giocatori della
loro squadra. Dalle bacchette uscivano incantesimi per addobbare la stanza, per
far arrivare bibite e dolci, per aumentare il volume della voce, per ricreare
la telecronaca della vittoria. Ogni motivo di confusione era ben accetto.
I
componenti della squadra si muovevano nella stanza raccogliendo complimenti,
abbracci, pacche sulle spalle. Dispensavano sorrisi, racconti, commenti e anche
qualche autografo, soprattutto tra i più piccoli.
In
particolare Ron stava riscotendo un notevole successo tra le ragazze che gli
lanciavano sguardi apparentemente casuali, ma prolungati.
Harry
tentava di starsene un po’ defilato, osservando l’amico che, al centro
dell’attenzione, sembrava proprio a suo agio. Non esagerava neppure tanto con i
racconti!
Hermione
si sentiva altrettanto felice del successo di Ron.
Al
termine della partita si era precipitata in campo e aveva abbracciato Ginny,
poi Harry e alla fine, volutamente alla fine, Ron. Gli aveva gettato le braccia
al collo cercando di mostrare tutto il suo entusiasmo e neppure un po’ di
timidezza. Ron aveva risposto d’istinto ricambiando l’abbraccio e alzandola
leggermente da terra, ridendo e ripetendo : “ Hai visto questa volta, hai
visto?!?!” Dopo un po’ di secondi si era irrigidito e le aveva fatto appoggiare
nuovamente i piedi a terra, si era scostato leggermente e l’aveva guardata, con
un leggero sorriso. Erano rimasti immobili, abbracciati ancora per un po’. Non
avevano notato lo sguardo dolce di Harry. Il quale si era poi trovato sommerso
dalle sorelle Patil, urlanti e dispensatrici di baci.
Dal
momento del rientro non c’era stato modo di parlare insieme, erano troppo presi
dai festeggiamenti.
Quando
ormai la serata si stava concludendo e la maggior parte degli studenti era
salito nei dormitori, un commento di Neville riaprì in Harry una profonda
ferita.
“Adesso
però, dovresti pensarci Harry!” gli aveva detto. “Perché diventare un Auror? È
rischioso. Fai il cercatore di professione.”
Harry
aveva sorriso, felice del complimento, ma poi si fece strada in lui il ricordo
della profezia.
“…e uno
dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro
sopravvive…
Da quando
era a Hogwarts se ne ricordava solo ogni tanto, quando il pericolo della guerra
diventava più forte! Che stupido! Era lui la guerra, era lui al centro di tutto
questo. Che motivo c’era di festeggiare? Perché a lui? PERCHÉ?!
Che
futuro c’era per lui? Che motivo aveva di programmare il suo lavoro futuro?
Lentamente
si chiuse in se stesso e la maggior parte del gruppo non lo notò, ancora troppo
coinvolto dalla gioia.
Hemione
lo vide incupirsi e diventare silenzioso e cercò il suo sguardo per parlargli.
Harry
guardò fuori dalla finestra, immobile, assorto in un futuro che non sapeva se
poteva avere.
Quando il
gruppo del sesto anno del dormitorio maschile di avviò verso il letto,
chiamarono Harry che però disse di voler rimanere ancora un po’ giù.
Ron
intercettò una occhiata di Hermione che lo bloccò vicino alle scale. Era lo
stesso sguardo preoccupato che le compariva in volto quando Harry aveva i suoi
momenti di rabbia contro tutto e tutti.
Guardò
verso l’amico, ma vide solo la sua schiena. Si avvicinò ad Hermione.
“È così
da un po’” gli disse lei.” Non capisco perchè.”
“Gli hai
parlato?” chiese Ron
Hermione
scosse la testa in segno di diniego.
“Vai tu.”
Ron si
avvicinò ad Harry.
“Vieni a
dormire?”
Harry non
dava segni di aver sentito.
“Harry?”
Ron alzò leggermente la voce con un tono titubante.
Harry si
girò di scatto, meravigliato che ci fosse ancora qualcuno lì. Guardandosi
attorno vide Ron, Hermione poco distante e Ginny vicina alle scale del suo
dormitorio, rivolta verso di loro.
“Non mi
ero accorto che fosse finito. Arrivo a dormire tra poco.”
“Harry,
sei triste. Perché?” chiese Hermione, nel silenzio della stanza
“Nulla”
tentò di sorridere l’amico. “Sono stanco”.
“Harry
non è vero. Sei preoccupato per qualcosa.”
Il peso
della sua paura, di quella dei suoi amici, la tensione della partita, il dolore
della cicatrice che ogni tanto ricominciava, la consapevolezza della sua
precarietà e della propria incapacità a contrastare Voldemort, la difficoltà a
raccontare i suoi sentimenti e le sue paure gli fecero scatenare nuovamente la
rabbia.
“Non è
vero Hermione. Sono stanco. E basta” Il tono era secco, duro.
“Harry…”
provò a continuare lei
“Piantala
di tormentarmi e di volermi leggere dentro. Sono stanco, ok?!” la bloccò,
mettendo le mani avanti quasi a volerla allontanare da sé, anche se erano
distanti l’uno dall’altra..
Ron,
inconsapevolmente, si avvicinò ad Hermione, mettendosi tra lei e Harry.
Ginny
invece si avvicinò.
“Cosa ti
sta succedendo? Stavi festeggiano con tutti fino a poco fa. Cosa è cambiato?”
“Accidenti
a voi ragazze! NON HO NULLA.” Le ultime parole Harry le scandì una alla volta
con un tono di voce normale, ma che risuonò dentro la stanza.
Il
consiglio di Silente rimbombava nella sua testa, ma non sapeva come fare, cosa
dire.
“Andiamo,
Harry!” Rispose con altrettanta calma Ginny. “Non hai la faccia di uno che ha
steso Malfoy, ma di uno che si è fatto stendere da qualcuno. Cosa c’è?”
Per un
lungo momento risuonò un fortissimo silenzio nella stanza. Erano tutti immobili.
Anche Luna e Neville erano nel Salone, lei diretta verso la porta e il suo
dormitorio, lui vicino alle scale del proprio, che aveva ridisceso alla ricerca
della sua sciarpa che gli era caduta.
Il
silenzio divenne tensione, poi Harry si girò verso tutti loro con gli occhi
lucidi.
Prese
fiato. Sospirò.
“La
profezia. Quella dell’anno scorso. Silente la conosce. Me l’ha detta.”
Silenzio…
Dopo parecchi scondi…
“Cosa
dice Harry?” chiese Ron sottovoce, come avesse letto nella mente di tutti gli
amici la stessa domanda.
Harry recitò,
lentamente, meravigliandosi di come fosse impressa nella sua mente:
“Ecco
giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore…nato da chi lo ha
tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese… l’Oscuro Signore lo
designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto… e uno
dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro
sopravvive… il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore nascerà
all’estinguersi del settimo mese…”
Il
silenzio crollò nella stanza.
Rimasero
in silenzio, ripetendo ognuno quella parte di profezia che gli era rimasta
maggiormente scolpita nella mente.
“Sei tu
Harry.” Ron non aveva fatto una domanda, ma una affermazione
“Sì.”
“E non
puoi vivere se vive anche lui” disse Hermione
“Sì”
“Ti ha
voluto lui come suo nemico” disse Neville
“Sì”
Harry si sentiva sfinito solo per aver detto tre piccole sillabe.
“Come
pensi di sconfiggerlo Harry?” chiese Ginny
“Con
questo potere sconosciuto?” aggiunse Luna
Harry le
guardò.
“Cosa vi
fa credere che possa sconfiggerlo?”
“Beh, …
tu.” disse Ginny “Lo hai già fatto. Lo fai da quando sei nato.”
Ginny riusciva
a dire le cose più difficili nel modo più semplice. Riusciva a leggere ogni
avvenimento in modo diverso dal suo, dandogli l’impressione di aver dimenticato
un particolare importante per costruire le sue idee. Ma era così ingenua, così
… semplice.
Le
sorrise amaramente
“Non è
così facile Ginny.”
“Perché?
Cosa hai fatto negli ultimi sei anni?”
“Ho fatto
ammazzare Sirius, ho fatto ammazzare Cedric, ho quasi fatto uccidere te, ho
messo in pericolo Ron, Hermione, Luna, Neville, Silente, Lupin, un numero imprecisato
di Auror, ho fatto entrare Voldemort a Hogwarts e nel Ministero della Magia. Ti
pare sufficiente?” Harry continuò a fissarla mentre elencava tutto il dolore e
la tristezza degli ultimi anni.
“Sei un
cretino. Vedi tutto il mondo come se fossi tu al centro.” Ginny lo stava
fissando a sua volta e aveva parlato con tono quasi neutrale.
Ron, che
sentiva su di sé tutto il dolore dell’amico, fissò la sorella. Si annunciava
battaglia.
Hermione,
con le lacrime agli occhi, spostò lo sguardo da Harry a Ginny e poi a Ron. Lui
stava quasi sorridendo. Aveva lo sguardo concentrato sulla sorella. Sembrava
aspettarsi un commento del genere. Gli si avvicinò.
Neville
aveva la bocca aperta. Luna ascoltava assorta.
“Ti ho
appena detto che ho ammazzato tutta questa gente e TU MI DAI DEL CRETINO?!?”
Il tono
di voce di Harry era aumentato fino a diventare un urlo represso, quasi fosse
incapace di buttarlo fuori.
“Non hai
ammazzato nessuno Harry.” Ginny spalancò gli occhi e le braccia. “Voldemort o i
suoi seguaci hanno ammazzato, non tu! Non sei nella testa di nessuno, non puoi
comandare nessuno. Tutti abbiamo scelto di nostra volontà di fare quello che
abbiamo fatto e che faremo. Non puoi comandarci, non siamo burattini. Ti
vogliamo bene. Sirius ti voleva bene. Lupin ti vuole bene. Silente ti vuole
bene. E anche questa è una nostra scelta, non tua.” Ginny aveva contato sulle
dita della mano le persone che nominava e stava guardando Harry, tesa con il
corpo verso di lui.
“Sono
anni che siete in pericolo a causa mia! Cosa devo fare allora per non farvi
male? Odiarvi? Farmi odiare?!”
Che
accidenti di consiglio gli aveva dato Silente? Quella era la sua maggiore
forza? Quelli erano gli amici che gli volevano bene?
Guardò
attorno a lui. Lo stavano fissando tutti.
“Credo
sia vero.” disse Luna “ Potresti anche odiarci, ma se noi condividiamo le tue
idee comunque ti aiuteremmo. Non puoi farci nulla. Devi accettarci come siamo.”
“Capisci
Harry?” chiese Ginny
“No.”
ammise sconfitto.
“Siamo
amici tuoi Harry. Ti vogliamo bene. Vogliamo vederti vivo alla fine di …… tutto
questo.” Ron gli riavvicinò parlando fino ad appoggiargli una mano sul braccio.
“Non devi
sentirti in colpa per le scelte degli altri Harry. Non puoi decidere tu per
noi. Lo facciamo da soli.” Hermione gli accarezzò l’altro braccio accennando un
sorriso.
Harry li
fissò. Si sentiva senza fiato. Si aspettava dolore, pietà, paura. Ma non capiva
questo. Sembrava che lo stessero quasi allontanando da loro. Che non
riconoscessero il suo dolore.
L’espressione
del volto doveva riflettere in qualche modo questi pensieri, perché Ginny
disse: “Non capisci il senso di quello che ho detto.”
“No.”
ammise “Non vi capisco.”
“Quando
sei arrivato a prendermi dal Basilisco e da Riddle, ho pensato che fossi
invincibile. Mi avevi salvato, anche a costo della tua vita. Avevo 11 anni,
credevo nelle favole, credevo che una persona da sola potesse salvare il mondo!
Poi sono cresciuta, ti ho visto soffrire per Cedric e Sirius, chiederti cosa
avresti potuto fare per loro. Ho capito che non potevi fare nulla di più di
quello che hai fatto. Hai 16 anni, Harry! Neppure Voldemort riesce a vincere da
solo. Si sta circondando di Mangiamorte, se li va a prendere da Azkaban. Perché
tu dovresti fare tutto da solo? Lascia che chi ti vuole bene ti aiuti.”
“La profezia
parla di me, non di voi. Sono morti in molti per me. E io non sono riuscito e
forse non riuscirò…” Harry sentiva il dolore crescere, quasi alle lacrime.
“Ma noi
siamo con te, Harry! Noi siamo parte di te, Harry!” esclamò Hermione “Non
saremmo qui senza te, ma anche tu non ce l’avresti fatta senza di noi. Non so
cosa dovrai fare, ma non lasciarci fuori. Non sentirti come se avessi costretto
qualcuno ad aiutarti.”
Harry
cominciava a capire, a ricordare quanto aveva detto Silente sul farsi
proteggere da loro, sul fare affidamento su di loro. Poteva decidere quello che
voleva fare contro Voldemort, ma non poteva costringere gli altri a non
seguirlo. Doveva rispettare le loro scelte. Doveva accettare le loro decisioni.
Li
guardò. Si erano avvicinati tutti a lui. Ron e Hermione al suo fianco, Ginny
davanti, Neville e Luna, appena dietro a lei. Sembravano davvero una barriera.
Uno scudo. E molti mancavano all’appello.
Non
capiva fino in fondo quello che lo aspettava e anche gli altri avevano la
sensazione di non aver colto il significato profondo della profezia.
Non
riusciva ancora a capire il ragionamento di Ginny, ma sentiva tutta la forza di
quel gruppo di persone attorno a lui. Li sentiva uniti, vicini.
Rimasero
in silenzio per un lungo momento. Harry riuscì a vincere la lotta contro le sue
lacrime, a ricacciarle indietro. Ron aveva gli occhi molto più lucidi dei suoi.
Hermione stava piangendo apertamente, anche per lui.
Ginny gli
accarezzò una guancia e Harry si sentì così simile a Ron o a Charlie in quel momento.
Le sorrise. Se ce ne fosse stato bisogno si era appena sdebitata di quanto era
accaduto nella Camera.
Luna mise
un braccio sulle spalle di Ginny. Neville si avvicinò a Ron.
“Credo
che ne abbiamo abbastanza tutti per oggi. Io vado” Luna salutò e uscì dalla
Sala Comune. “Immagino che la profezia rimanga un segreto da non divulgare. Non
accennerò nulla a papà.”
“Andiamo
Harry. Dai, Neville.” Ron tenendo per il braccio Harry si avviò verso il
Dormitorio.
Ginny e
Hermione li imitarono.
Molte
domande erano ancora senza risposta e sapevano che avrebbero discusso a lungo
della profezia, ma quella sera erano tutti esausti.
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Capitolo 7 *** Il primo scontro ***
Il primo scontro
Due giorni dopo il 6° anno di
Griffondoro e Serpeverde (coloro che avevano superato i G.U.F.O.) si presentò a
lezione di Pozioni. L’aula era vuota, silenziosa. Tutto in perfetto ordine.
Ognuno si sistemò come meglio pensava e attesero. Anni di
esercizio li avevano portati ad aspettare il silenzio in quell’aula e così
fecero.
Quando
l’attesa cominciava a prolungarsi oltre il normale, la porta si aprì ed entro
il Professor Lupin.
Nessuno
se lo aspettava e un astratto, enorme punto interrogativo comparve sulla testa
di tutti i presenti.
In sei
anni non si erano sentite mai notizie di una assenza di Piton. Era…
impossibile!
Si
guardarono l’un l’altro finché Hermione alzò la mano. Lupin , ormai alla
cattedra, si ricolse alla classe e disse:
“Adesso
spiego i motivi della mia presenza. Se dopo non ho risposto alla sua domanda,
signorina Granger, le darò la parola. Il professor Piton è impossibilitato a
fare lezione. Lo so che lo immaginate intoccabile, ma anche lui a volte si
ammala. Questa è una delle volte. Niente di grave o di prolungato. Lo
sostituirò, come lui ha fatto con me, fino a nuove disposizioni.”
Hermione
aveva già abbassato la mano. Ma i dubbi rimanevano. Mentre Lupin tentava di
spiegare la lezione ad una classe sconcertata dalla situazione, Hermione
cominciava a mettere insieme le informazioni che aveva e cercava un filo
conduttore. Silenziosa e assorta non aprì il libro, non lo guardò, né prese in
mano il necessario per scrivere. Harry e Ron, vedendola impegnata in qualcosa
di diverso dal prendere appunti, si affrettarono a sostituirla, almeno per
quella volta.
Al
termine della lezione, mentre andavano a pranzare, Harry chiese ad Hermione:
“Cosa hai capito?”
“Sto
ancora riflettendo. Piton è stato mandato da Silente a cercare informazioni.
Poi lo abbiamo visto?”
“Sì.”
disse Ron “A lezione. Ma mi sono chiesto come mai non c’era sugli spalti
durante la partita.”
“Giusto!”
Hermione si bloccò poco prima della porta che conduceva al tavolo da pranzo
“Strano. Questo non è da lui.”
Harry la
sospinse verso il tavolo e si sedettero a mangiare.
L’argomento
principale era l’assenza del Professore di Pozioni, argomento di domande e
ipotesi in ogni casa.
Nel
pomeriggio le informazioni che circolavano erano numerose, ma inconcludenti.
Qualcuno
aveva visto Lupin arrivare dalla stanza di Piton nei sotterranei. Altri avevano
notato Tonks aggirarsi preoccupata per la scuola. Qualcuno disse di aver visto
anche Moody aggirarsi vicino all’ufficio del Preside. L’aula era perfetta e
tutto era al suo posto, secondo la maniacalità del professore. Qualcuno parlava
di malattia contagiosa. Altri di una pozione che lo avrebbe reso
impresentabile. Il commento di Ron a quest’ultima ipotesi era stato che,
mancando i gemelli, era difficile che qualcuno avesse giocato uno scherzo tale
ad un professore come quello.
La sera
il Preside si limitò a ripetere, quasi con le stesse parole, le informazioni
date da Lupin, che però non sedeva al tavolo dei professori. Tonks arrivò a
cena iniziata e a quel punto se ne andò Shacklebolt.
Harry
guardò Ron. C’erano troppe stranezze. Ron acconsentì a quello che Harry stava
pensando.
Il
mantello dell’invisibilità. Dopo l’orario del coprifuoco.
Il dubbio
era se coinvolgere Hermione. Sarebbe stata disponibile a fare una indagine così
fuori dalle regole?
In realtà
lei stessa, mentre studiavano, dopo cena, disse: “Pensate che potremmo starci
in tre?”
Ron
guardò lei e guardò Harry. Harry guardò Ron e poi lei.
Hermione
aggiunse: “So che avete già pensato tutto. Quando uscite? Posso venire
anch’io?” Tutto era stato detto con la faccia immersa in un libro di studio di
notevoli dimensioni.
Quando
tutti erano a letto si ritrovarono in Sala Comune.
Direzione:
stanza di Piton. Idee su dove fosse: un po’ confuse. Nei sotterranei
sicuramente.
Harry
prese la Mappa del Malandrino e la mise in funzione. Si avvolsero nel Mantello
dell’invisibilità e partirono. Harry teneva la mappa, Ron faceva luce e
Hermione si trovava nel mezzo.
Arrivati
in vicinanza della stanza nella quale, secondo la Mappa c’erano Piton Tonks e
Shacklebolt, ne videro uscire quest’ultimo. Rivolto verso l’interno stava
dicendo: “Se non ce la fai questa notte, chiamami. E’ la seconda ormai.”
E si
chiuse la porta dietro le spalle.
Come
entrare?
Si
avvicinarono. Ron alzò leggermente il mantello con la mano libera, passando
sopra la testa di Hermione e lo portò sopra la serratura. Lei si avvicinò e
spiò.
“Vedo
Tonks vicino ad un letto. E’ una normale camera mi pare.” Sussurrò Hermione.
Si
spostarono alla sinistra della porta, in attesa di qualcosa.
Dopo una
decina di minuti di attesa in silenzio Tonks aprì la porta e ne uscì,
lasciandola spalancata. Subito e silenziosamente entrarono.
Al centro
della parete di fronte c’era un letto a baldacchino, in legno scuro coperto da
lenzuola bianche. A sinistra l’intera parete era ricoperta di una libreria
zeppa di libri e c’era un tavolino vicino al letto, sullo stesso lato. A destra
del letto c’era un caminetto acceso che riscaldava l’ambiente. Lungo la parete
di destra c’era una porta socchiusa che portava forse al bagno. Vicino un
cassettone in legno, chiuso, con appoggiato sopra un mantello nero e dei
vestiti neri gettati alle rinfusa. A terra un paio di stivali logori.
Vicino
alla porta un appendiabiti, pieno di vestiti.
Tutta la
stanza era illuminata da candele che davano una luce soffusa, ma sufficiente a
rendere tutto visibile.
Nel
letto, disteso con gli occhi chiusi c’era il professor Piton. Era esangue.
Bianco quanto le lenzuola che lo ricoprivano quasi interamente. Erano visibili
solo le braccia, allungate sulle lenzuola e la parte superiore dello sterno.
C’erano delle evidenti cicatrici rosso fuoco lungo un braccio e un’altra
cicatrice, più profonda, cominciava da una spalla e segnava lo sterno verso il
cuore, fino a dove era possibile vedere.
I ragazzi,
rimasti a bocca aperta, sentirono rientrare Tonks e si misero tra la porta del
bagno e il cassettone. Potevano vedere il professore respirare regolarmente e
lentamente.
Tonks
appoggiò una pila di garze in fondo al letto e poi mise una mano sulla fronte
di Piton, come volesse sentire se c’era febbre. L’amica aveva il volto segnato
dalla stanchezza, anche se appariva efficiente e vigile.
“Come
sta?” Silente era entrato silenziosamente nella stanza.
“Sempre
in lento miglioramento. Adesso non soffre più quando le lenzuola vengono
appoggiate alle cicatrici. Sono riuscita a fargli prendere anche del cibo
solido questa sera.”
Silente
lanciò uno sguardo fugace esattamente nel punto in cui i ragazzi si trovavano,
attentissimi a non farsi sfuggire nessuna informazione. Fissò quel punto per
alcuni secondi, con una espressione prima incerta, poi leggermente infastidita.
“Perché
Professor Silente? Perché arrivare a tanto?” chiese Tonks, con lo sguardo
addolorato, rivolto prima a Piton poi a Silente.
“Per loro
è un traditore. E come tale va punito. Non esistono messe misure Tonks. O con
Lui o con noi. Da quando Piton ha scelto noi, sapeva quali potevano essere i
rischi. Quando è arrivato, anni fa, poco prima della morte dei Potter, era
ridotto molto peggio. Ci sono volute settimane di duro impegno da parte di
Madama Chips per riuscire a farlo guarire nel fisico e anni per riuscire a
farlo guarire dal senso di colpa.
“Era
necessario che ci andasse? Che si facesse riconoscere?” chiese Tonks sottovoce.
“Era
necessario dal suo punto di vista. La stessa inflessibilità che ha verso gli
altri la dimostra verso se stesso: la scelta che ha fatto richiede la sua
totale partecipazione. Ma non si fa riconoscere. Quando cerca informazioni non
ha lo stesso aspetto che ha ora. Credo abbiamo cercato nel mucchio e questa
volta lo hanno preso.”
“Angimagus?”
chiese, curiosa, Tonks.
“Credo
possa bastare Ninfadora.” Piton aveva sussurrato la frase senza aprire gli
occhi, ma con tono chiaro e deciso. “Conosci anche troppo.”
Tonks,
sollevata dal sentirlo parlare, ma stizzita dalla risposta, lo osservò mentre,
appoggiate le mani sul letto, si metteva seduto, appoggiandosi allo schienale,
con evidenti smorfie di dolore mentre piegava braccia e sterno. Il lenzuolo
scese e la cicatrice divenne ancora più visibile e spaventosa. Si fermava sotto
le costole, ma sembrava pulsare e diventare più scura con il movimento. Non
sembravano graffi o tagli, ma un marchio impresso a fuoco.
“Bello
spettacolo, ragazza?” le chiese, sostenuto, con gli occhi ridotti a fessure. I
capelli neri e lunghi ricadevano a lato del viso.
“Niente
di eccezionale se si riferisce a se stesso, professore. Molto brutto se parla
della cicatrice” Il sollievo di vederlo attivo, unito ai commenti spiacevoli,
la resero acida.
Prese
delle garze, le bagnò dentro una bacinella alla sua destra contenente un
liquido bluastro, e gliele porse. “Provi ad appoggiare queste, se non le da
fastidio.”
Piton si
appoggiò una garza sul petto, con un leggero sussulto per la fitta di dolore.
Ne avvolse altre due lungo gli avambracci, sulle cicatrici.
“Dopo
quello che vi ho riferito ci sono cambiamenti o novità?” chiese rivolto a
Silente
“Ne
parleremo con calma domani. Non è il momento. Posso solo dirti che ci stiamo
lavorando”
“Mi
pareva fossimo in troppi.” Anche Piton aveva percepito la presenza di qualcun
altro nella stanza, pur non riuscendo a definirlo. “I ragazzi fanno di testa
loro come il solito?”
“Esatto.”
Sotto il
mantello i tre amici stavano sudando freddo. Hermione vedeva fioccare
punizioni, Ron compiti di Pozioni impossibili da completare, Harry sentiva la
rigidità di Silente per quello che stavano facendo.
Tonks
pensava fosse un cambio di argomento assurdo. Cosa c’entravano gli alunni e le
lezioni? Ma rimase in silenzio. Se doveva assistere il professore quella notte,
non voleva trovarsi a discutere fin dall’inizio.
Silente
salutò Piton e uscì dalla stanza lasciando la porta aperta.
I tre
ragazzi ne uscirono qualche secondo dopo, approfittando della situazione.
Rientrati
in Sala Comune si misero seduti vicino al caminetto per schiarirsi le idee.
“Allora.”
cominciò Hermione “Ha cercato informazioni e lo hanno preso. Per caso, ma lo
hanno ferito malamente.”
“E
qualcosa deve aver saputo se ha chiesto a Silente se ci fossero novità dopo
quello che aveva scoperto. Avrà riferito qualcosa e stanno cercando di
confermarlo o di … beh, stanno decidendo una strategia. Se ci stanno lavorando
significa che vogliono fermarli o tenerli sott’occhio.” aggiunse Harry.
“Che sia
un Angimagus?” chiese Ron
“Non lo so. Non mi pare ci fosse nell’elenco che ho
letto… forse usa altre magie…” Hermione era dubbiosa “Ma ha detto che hanno
cercato nel mucchio. Nel mucchio di cosa?”
“Non
credo si trasformi in un oggetto! Forse in qualche animale che si muove in
gruppo.” Propose Ron
“Esatto.”
Harry era concentrato su cosa fare ora “Silente ha detto che ne avrebbero
parlato domani delle novità. Cosa facciamo?”
“Cerchiamo
di saperne di più” propose Ron
“Però,
pensando anche al discorso dell’altro giorno …” soggiunse Hermione “Noi facciamo
parte di un gruppo, dobbiamo condividere con loro tutto questo. Non possiamo
fare finta che coinvolga solo noi.”
“Convochiamo
l’ES. Per domani pomeriggio e sentiamo cosa dicono gli altri” disse Harry
Hermione
mise in funzione la procedura per comunicare a tutti che il giorno successivo
l’ES si sarebbe riunito nella Stanza delle Necessità il pomeriggio prima di
cena.
Il
mattino successivo nella stanza del Professore di Pozioni una assonnata Tonks
si stava risvegliando da un profondo sonno. Aveva passato al notte nella
stanza, in una comoda poltrona arancione con girasoli rossi e foglie gialle che
aveva fatto comparire per l’occasione dopo una breve litigata con Piton sulla
necessità di rimanere a portata di voce nel caso fosse stato male durante la
notte. La notte precedente si era svegliato urlando dal dolore per quanto aveva
subito.
La
risposta di Piton fosse stata molto secca: “Soffro da prima di conoscerti
Ninfadora, anche se per punizioni diverse da questa, e ne sono sopravvissuto da
solo. Non mi serve una balia, tu non sei infermiera e non voglio immaginarti
mentre mi guardi mezzo nudo in un letto!”
Tonks,
per ripicca, in silenzio aveva fatto apparire la poltrona sotto lo sguardo
allucinato e schifato di Piton e vi si era accoccolata sopra dandogli le
spalle.
“Eviterò
di prendermi un choc guardandola allora. Se ha bisogno urli!”
Durante
la notte aveva avuto un solo incubo, sufficiente a far passare ad entrambi una
brutta mezz’ora tra il dolore fisico dato dal movimento continuo per
proteggersi dal nemico sognato, e il dolore di vederlo agitarsi, urlando in
silenzio, fino a strappare le lenzuola. Nessuno dei due aveva parlato del
contenuto dell’incubo, neppure mentre Tonks lo medicava e lo aiutava a
sistemare le lenzuola. Avevano fatto tutto senza guardarsi, veloci, efficienti
(tranne due vasi rotti da Tonks movendo bruscamente un braccio).
Piton non
aveva ringraziato.
Al
risveglio Tonks sentì scorrere l’acqua del lavandino in bagno.
Mentre si
alzava si rese conto che qualcuno, nella notte, aveva sistemato i cuscini
dietro la sua testa e le aveva messo una coperta addosso. In tinta con i
girasoli. Sorrise.
Grazie a
Caillean e daffydebby: mi fa piacere sapere che sollevo tanto entusiasmo.. è lo
stesso che provo scrivendo. Seguitemi, mancano tre capitoli oltre questo. Ciao
e ancora GRAZIE! |
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Capitolo 8 *** Due eserciti si schierano ***
Due eserciti si schierano
Alla
riunione dell’ES c’erano tutti.
Harry
aveva chiesto di non parlare della profezia. Si sentiva ancora molto sensibile
sull’argomento e, se poteva accettare certi commenti da Ginny, non li avrebbe
accettati da altri.
Si ritrovarono nella stanza delle Necessità, seduti in cerchio,
su delle sedie di legno apparse per l’occasione.
Ginny stava chiacchierando fitto fitto con Luna e Susan
Bones, le sorelle Patil erano impegnate in una discussione con Cho e Lavanda
riguardante qualcosa di raso rosso, Neville, Dean, Michael Corner e Terry
Steval discutevano di quidditch ridendo, Hanna Abbot e Hermione parlavano di
compiti di Storia della Magia, Ernie Macmillian, Justin Finch-Fletchley e
Anthony Goldstein discutevano di ragazze, i fratelli Canon di fotografia.
Zacharias Smith era da solo.
Harry e
Ron si misero vicini. Harry era rigido sulla sedia, guardandosi attorno, Ron
era a cavalcioni, con le braccia incrociate sullo schienale e, con un breve
fischio, richiamò l’attenzione di tutti.
“Hermione…
cominci tu.” disse dandole la parola.
Dato che
non era stato deciso nulla del genere, Hermione non se lo aspettava, perciò
pensò un attimo a cosa dire, lanciando mentalmente delle parolacce verso Ron.
“Finora
ci siamo trovati per proseguire negli allenamenti, ma oggi abbiamo pensato ci
convocare tutti per riferirvi cosa abbiamo scoperto Harry, Ron ed io e per
decidere cosa possiamo fare. Continua pure Ron”. Almeno una rivincita immediata
poteva permettersela.
L’amico
la guardò sorpreso dalla richiesta, ma dato che si trattava solo di spigare
cosa era successo non si risentì.
Ron
raccontò di cosa avevano sentito nella stanza di Piton, descrivendo le ferite
del professore, spiegando che non avevano capito da cosa erano state provocate,
descrisse il lento miglioramento, il dubbio che fosse un Angimagus, ma che non
avevano idea di quale sembianze avesse, oltre a quelle, comunque terrificanti,
che aveva di solito, raccontò delle informazioni che Piton aveva portato e di
come si sarebbero potute usare e per cosa,
raccontò della loro certezza che Silente sapesse quello che l’E.S. stava
facendo in quel momento.
Il gruppo
chiese informazioni sul modo in cui erano arrivati alla camera di Piton (con
esclamazioni di giubilo da parte dei fratelli Canon di fronte alla Mappa del
Malandrino), sul modo in cui si poteva utilizzare il Mantello
dell’Invisibilità.
A quel
punto ci fu una deviazione della discussione in un terreno meno serio.
I ragazzi
tentarono di convincere un imbarazzato e sghignazzante Harry a prestare loro il
Mantello per una visita nei dormitori femminili per scoprire i loro segreti,
sollevando una ondata di arrabbiate proteste e di commenti poco gentili nei
loro confronti da parte di tutte le ragazze, finché Ginny e Luna osservarono
che in fondo a loro non sarebbe stato necessario in quanto potevano accedere ai
Dormitori maschili quando volevano e il russare di alcuni di loro copriva
qualsiasi rumore avessero fatto, rimanendo ad osservarli al buio.
Seguì un
silenzio generale perché i ragazzi non capivano se stavano parlando di una
ipotesi o di qualcosa già accaduto.
Hermione
ne approfittò per dire:
“Credo
che adesso dovremmo concentrarci su cosa fare. Piton ha portato delle
informazioni che faranno intervenire sicuramente gli Auror e l’Ordine della Fenice.
Si stanno preparando a qualcosa. Cosa facciamo noi?”
“Siete
voi che l’anno scorso avete combattuto al Ministero della Magia. Siamo pronti a
fare qualcosa secondo la vostra esperienza?” chiese Dean
Harry,
Ron, Hermione, Ginny, Neville e Luna avevano ripensato a lungo quanto era
successo, ma non avevano mai condiviso le loro riflessioni.
Harry era
pronto alla battaglia. Era certo che né il padre, né Sirius si sarebbero tirati
indietro in un momento come quello. Lo doveva a loro il coraggio che lo aveva portato
nella casa dei Griffondoro. Forse sua madre avrebbe rifiutato l’idea che il
figlio rischiasse la vita, ma … c’era troppo in ballo ora.
D’altra
parte non voleva trascinare gli altri verso una sua decisione e rimase in
silenzio, in ascolto.
Ginny si sentiva
molto agguerrita perché pensava di essere poco attiva rispetto a quello che
stava facendo il resto della famiglia. Anche Ron, per la forte amicizia che lo
legava ad Harry, le sembrava più coinvolto di quanto lo fosse lei stessa.
C’era poi
il dolore di Harry quando aveva parlato della profezia. Sapeva di aver un po’
esagerato con le sue affermazioni. Ma era convinta che Harry avesse la
possibilità di sconfiggere Voldemort: aveva coraggio, tenacia, intelligenza e
un forte legame di amicizia e di affetto con molte persone disposte a
proteggerlo e ad aiutarlo. Non si sarebbe mai ritrovato da solo con l’Oscuro
Signore, se non per la sua incoscienza e la sua rabbia che lo portavano ad
agire in modo istintivo e disorganizzato.
Hermione
si sentiva molto più impaurita. Condivideva il desiderio di vedere Voldemort
sconfitto, credeva nelle capacità di Harry e di tutti coloro che lo stavano
guidando e aiutando, ma conosceva il valore e la forza della magia e pensava
che il rischio fosse molto grande. Aveva paura di perdere amici in battaglia,
aveva paura di vivere il dolore della perdita, desiderava poter immaginare il
futuro con la sua famiglia e gli amici, ma sentiva il pericolo dietro le
spalle. Desiderava l’abbraccio di un ragazzo, a volte tanto da stare male,
desiderava l’abbraccio di quel ragazzo e non sapeva come chiederlo e non voleva
arrivare a capire che era troppo tardi per farlo.
Ron
viveva giorno per giorno aspettando notizie da casa, concentrandosi sulla
scuola o sul quidditch, anche nei momenti sbagliati. A volte lo attanagliava la
paura di perdere qualcuno della famiglia. Soffriva per la lontananza di Percy e
sentiva che non sarebbe riuscito a vivere un’altra notte come quella a
Grimmauld Place quando il padre era stato ferito. Non accettava di pensare che
Harry potesse non vincere: credeva in lui ciecamente, credeva nelle sue
capacità. Si sentiva pronto ad accompagnarlo ovunque e a dare il meglio di sé.
A volte muoveva qualche passo nel futuro, immaginando quale regalo fare a
Natale (in particolare a lei) oppure alla prossima estate, dopo una battaglia.
Una sconfitta era per lui un incubo a occhi aperti. Comunque allontanava
pensiero in cui non fossero presenti Harry ed Hermione. Si sentiva anche
responsabile per la piccola Ginny, anche se sapeva che ormai era molto sicura
di sé.
Neville
era arrabbiato e intimorito. Pensava di non essere all’altezza, ma non sarebbe
rimasto a guardare l’assassina della mente dei suoi genitori. Doveva
vendicarli. Si sarebbe ammazzato di allenamenti e di studio pur di poterla
affrontare. Ma si sentiva inadeguato.
Luna
credeva nell’amicizia e sentiva di essere parte di un gruppo lì dentro. Credeva
nella libertà di ciascuno e nella possibilità di eliminare il male dovunque si
trovasse. Pensava che fosse parte della vita di ciascuno battersi per le
proprie convinzioni (suo padre lo faceva quotidianamente dal giornale) ed era
ottimista per il futuro.
Ma tutti
e sei erano perfettamente consapevoli che senza gli Auror, senza Silente e
senza l’Ordine della Fenice non sarebbero usciti vivi dal Ministero della
Magia. Non sarebbero stati lì a discuterne.
Ron e
Hermione avevano ancora delle conseguenze fisiche da smaltire, Harry soffriva
per una perdita che, in cuor suo, pensava ancora che avrebbe potuto evitare se
fosse stato più prudente e avesse collaborato con Silente. Avevano avuto paura,
tanta, in alcuni momenti.
Senza
scendere nei particolari personali cercarono di spiegare tutte queste cose
puntando l’attenzione soprattutto su quest’ultima cosa: non potevano farcela da
soli, non erano pronti, ma non volevano stare a guardare. Non avrebbero
accettato una decisione degli adulti che li costringesse a rimanere a guardare.
La
maggior parte del gruppo si dimostrò d’accordo con loro sul non poter rimanere
a guardare. Le loro stese famiglie si erano schierate con maggiore decisione a
favore di Silente dopo quanto era stato divulgato dai giornali e i figli si
sentivano autorizzati a essere i protagonisti di un cambiamento, anche se
forse, chiedendo direttamente ai genitori, non era questo l’obiettivo che
avevano per loro. Ma i figli non avrebbero chiesto alcun permesso per farlo.
In
particolare Susan, Terry ed Hanna sembravano agguerriti.
Zacharias
rimase in silenzio e disse che avrebbe partecipato alle esercitazioni, ma non
ad altro.
Il gruppo
accettò la decisione. Alcuni (Ron in particolare) con un evidente disprezzo.
La
decisione finale, su proposta di Dean fu, per Harry, un po’ folle: avrebbero
chiesto direttamente a Silente cosa stava succedendo e cosa avrebbero potuto
fare loro per aiutare l’Ordine della Fenice. Se la decisione degli adulti fosse
stata l’esclusione dalla battaglia, si sarebbero organizzati diversamente.
Il gruppo
di ambasciatori sarebbe stato formato da Harry, Ron, Hermione e Susan (visti i
legami altolocati che aveva).
Sarebbero
andati subito a chiedere un colloquio con Silente.
Intanto
nello studio di Silente si stava tenendo una riunione strategica ad alti
livelli.
Occupavano
tutta la stanza, seduti sulle sedie e sui tavoli.
Oltre al
Preside erano presenti Minerva McGrannit, Malocchio Moody, Remus Lupin,
Ninfadora Tonks, Kingsley Shacklebolt, Emmeline Vance, Hestia Jones, Elphias
Doge, Sturgis Podmore, Dedalus Lux, il professor Severus Piton, la
professoressa Caporal. Tutti gli altri insegnati erano impegnati nelle attività
della scuola, ma erano in attesa delle decisioni che il gruppo avrebbe preso
con la loro piena approvazione.
Silente
stava spiegando:
“Credo
che le informazioni ottenute così duramente da Severus ci permettano di
circoscrivere il luogo del prossimo attacco dell’esercito di Voldemort.
L’obiettivo è colpire vicino a noi. Dato che Hogwarts è inaccessibile, credo
che Hogsmade rappresenti il luogo più significativo. Londra è un obiettivo
inutile in questo momento. Non sono alla ricerca di un obiettivo che li mostri
a tutto il mondo, ma di un obiettivo che gli permetta di colpirci al cuore. E’
corretto Severus?”
“Le
indicazioni dell’Oscuro Signore erano chiare fino a quando le ho potute
sentire: colpire lei Preside, e quello che lei rappresenta per il Ministero
della Magia e per la scuola. Destabilizzarla. Malfoy ha chiarito che non doveva
essere colpito suo figlio o altri Serpeverde. Credo che un attacco a Hogsmade
durante un fine settimana degli allievi sia il più probabile.”
“Impedire
agli studenti di andarci?” chiese Lux
“Sarà il
minimo.” affermò la Mc Grannit, “ma ci saranno studenti che vorranno
disubbidire e altri che andranno in panico. Dobbiamo pensare a come motivare la
scelta.”
”Credo
che sia importante..” aggiunse Lupin “ricordarsi che non ci sarà nessun attacco
se non ci saranno studenti a Hogsamde e quindi che, togliendo l’obiettivo, li
costringiamo a cambiare i piani e così non abbiamo alcuna indicazione di cosa
potranno fare.”
“Non
penserai di usare gli studenti come bersagli?!?” esclamò sorpresa Emmeline
Vance.
“Certo
che no, Emmeline! Stavo pensando alle conseguenze delle nostre decisioni.”
replicò Lupin.
“Potremmo
perdere il vantaggio e l’occasione per vincere una battaglia. Non erano sicuri
che fossi lì, non mi hanno visto, non possono immaginare che siamo in loro
attesa. Questo non possiamo dimenticarlo.” sussurrò, ansimando per il dolore,
Piton.
“Ma ti
hanno ferito, Severus. Come puoi sapere che non si sono resi conto della tua
presenza e che puoi averli ascoltati?” chiese Moody, con entrambi gli occhi
fissi sul professore, tanta era l’interesse per la risposta.
Anche
Tonks e gli altri attendevano. Piton non aveva raccontato a nessuno quanto era
successo. Anche Silente lo immaginava, ma non ne conosceva i particolari.
“Credo
sia importante essere sicuri che non stiamo lavorando su informazioni deviate
da Voldemort e dai suoi, Severus.” Lo incoraggiò il preside.
“Quando una delle guardie dei Mangiamorte mi ha trovato,
ero a terra, stordito e senza la mia bacchetta che era caduta lontano da me.
Ero entrato e avevo ascoltato con altre sembianze. Per caso avevano fatto
uscire tutti quelli come me perché davamo fastidio, lanciandoci all’esterno con
un incantesimo. Lui non mi conosce così bene da sapere chi sono e i vestiti
strappati e logori gli hanno fatto pensare che fossi un vagabondo. Si è
limitato a darmi alcuni calci. Solo quando è arrivata per caso Bellatrix e ha
visto chi ero, sono passati alle maniere forti e mi hanno marchiato a fuoco.
Pensavano che fossi svenuto e sono andati a chiamare l’Oscuro Signore e io ne
ho approfittato per riprendere la via di Hogwarts il più velocemente possibile.
Ma non mi hanno visto uscire dalla grotta. Pensavano che stessi entrando in
quel momento. Bellatrix ha chiaramente detto a alla guardia che avrebbe avvisato
il gruppo che stavo per entrare e quindi l’organizzazione della loro
sorveglianza era scarsa. Sanno di aver rischiato grosso, ma non di essere stati
ascoltati.” Mentre parlava, ansimando, con gli occhi semichiusi, sembrava che
il naso, in quella faccia sempre più scarna, e tra quei capelli neri e lunghi,
fosse diventato ancora più adunco.
Tonks
aveva i brividi lungo la schiena. Piton non aveva parlato dei calci e erano
state curate sono le feriti visibili. Quante ce c’erano di invisibili, fisiche
ed emotive, ancora da sanare?
Shacklebolt
disse, nel silenzio generale: “Hai un livello di sopportazione troppo elevato
Severus. Dovresti arrabbiarti ogni tanto… e mostrare le tue emozioni.”
“Se lo
facessi semineri morte Kingsley. Non intendo ritrovarmi ancora in quella
situazione.” Il tono non era aggressivo, ma rassegnato.
Il
silenzio che seguì era come ghiaccio.
“Cosa
facciamo?” chiese Lupin “Oltre ad una corretta pozione ricostituente adatta a
Severus, naturalmente. E’ nella mia stanza, poi te la porto.” aggiunse rivolto
al collega che annuì.
“Ok.”
disse Podmore “Sappiamo dove attaccheranno, non sappiamo quando esattamente, ma
il giorno della gita degli allievi è quello più probabile. Ma senza gli allievi
questo non sarà possibile. Idee per aggirare il problema?”
“Gli
allievi del settimo anno? Sono maggiorenni, possono scegliere.” propose Moody.
“Non se
ne parla. Siamo noi responsabili per loro. No. Per nessun motivo.” sentenziò la
professoressa McGrannit rigidamente.
“Quando
sarà la prossima uscita?”chiese Doge.
“Tra due
settimane.” informò Piton
“Potremmo
informare gli studenti che vista la grave situazione non è possibile garantire
la sicurezza per tutti a Hogsmade per cui, in previsione del Natale, ogni Casa
vi si recherà separatamente dalle altre, in quattro fine settimana consecutivi,
accompagnati da un servizio di sicurezza garantito dagli Auror e dagli
insegnanti. Cominceremo con la Casa dei Serpeverde che non sarà certamente
aggredita vista la forte presenza di figli di seguaci di Voldemort.” propose Silente.
Aggiunse:
“Faremo questo il primo fine settimana e ci prepareremo al successivo per
un’altra Casa. Griffondoro direi, per aumentare la possibilità di un attacco
verso Harry Potter. Ci organizzeremo fino alla partenza. Poi, solo all’ultimo
momento, raduneremo tutti nella Sala Comune, per motivi di sicurezza e
invieremo, al loro posto, un gruppo ristretto di Auror con le divise della Casa
prescelta. Ci sarà comunque la preparazione all’attacco. Dovremo sorvegliare
molto bene Hogsmade nei giorni precedenti con l’aiuto dei residenti e
individuare i punti possibili dell’attacco. Poi dovremo aspettare la loro
mossa.”
Ne
discussero a lungo tutti insieme, ridefinendo i particolari, ma era una
strategia che tutti approvavano. Individuarono altre persone da coinvolgere (i
fratelli Weasley più grandi ad esempio e altri ex-allievi che avevano
manifestato la loro simpatia e collaborazione a Silente) e si divisero i
compiti per definire i tempi, le modalità, il materiale necessario e i mezzi di
comunicazione.
Lupin impiegò
molta della sua pazienza a convincere Piton a non essere parte attiva di quello
scontro, date le sue condizioni, neppure in appoggio, anche se erano così
vicini a Hogwarts.
Gli Auror
dimostrarono tutta l’efficienza del loro addestramento elaborando un piano di
controllo e di azione molto minuzioso nei compiti e nell’organizzazione.
Subito
dopo cena Silente si ritrovò davanti Harry Potter che, insieme al signor
Weasley, la signorina Granger e la signorina Bones, chiedevano un colloquio a
nome dell’E.S.
C’erano
dei momenti in cui il Preside si dimenticava, nonostante tutto, che collaborare
con gli adolescenti non era mai semplice!
Grazie ai miei fedeli lettori (duffy e caillean in particolare... vi aspetto anche per questo capitolo... |
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Capitolo 9 *** Battaglia ***
Battaglia
Il primo
fine settimana dei Serpeverde ad Hogsmeade passò tranquillo e indenne.
Non ci
furono situazioni di particolare interesse. Erano aperti tutti i negozi e i
pub, c’erano in giro molti residenti, si respirava una iniziale aria di Natale,
visto che in molti si erano dedicati alla ricerca dei regali con un certo
anticipo.
La
notizia della nuova organizzazione delle gite a Hogsmeade aveva provocato
diverse reazioni negli studenti e nei professori.
Gli allievi erano, in maggioranza, infastiditi. Le gite
ad Hogsmeade erano l’occasione per passare del tempo insieme a tutti gli altri,
indipendentemente dalle case e si sentivano limitati. Desideravano poter uscire
e divertirsi insieme, anche se erano consapevoli dei rischi che potevano
esserci uscendo da Hogwarts.
Rimaneva
sempre qualche incosciente (termine largamente usato dalla professoressa
McGrannit e dal professor Vitious) che in quei giorni più tentava di unirsi al
gruppo dei Serpeverde escogitando trucchi o travestimenti facilmente
individuati dai professori.
Hermione
passava molto tempo a rassicurare quelli del primo e secondo anno che non era
possibile alcun attacco dentro le mura della scuola mentre Ron, di nascosto da
lei, ma ben visibile da Harry o da chi fosse vicino a loro nella Sala Comune,
la imitava nei gesti e nell’atteggiamento. Questo provocava una serie di
risate, a volte dirompenti a volte represse, che rendevano il rapporto tra i
due amici spesso infuocato.
L’incontro
dell’E.S. aveva dato i risultati meno desiderati.
Harry,
Hermione, Ron e Susan non avevano ottenuto praticamente nulla da Silente ed
erano stati chiaramente avvertiti di non prendere alcuna iniziativa che potesse
mettere in pericolo loro o i piani dell’Ordine.
Ron aveva
tentato di controbattere che, non avendo informazioni in proposito, non
sapevano se e quando avrebbero arrecato danni all’Ordine, ma si era preso una
gomitata da Hermione e un sorriso ironico di Silente.
Ron aveva
insistito.
“Harry è
al centro dell’attenzione di Vol… Voldemort, Signore. Se sappiamo cosa intende
fare, possiamo aiutare Harry.”
Ci
mancava una baby-sitter, pensò Harry, ridendo tra sé e sé.
“Quello
che intende dire Ron, Preside, è che si sentiamo pronti a sostenervi al meglio
delle nostre possibilità. Sappiamo che non potete renderci partecipi di tutto,
ma siamo anche noi in guerra, lo siamo direttamente dall’anno scorso e non
riusciamo a metterci semplicemente da parte. Siamo sempre in allenamento e
crediamo nella possibilità di offrire a noi stessi e al nostro futuro un mondo
diverso e sicuro. Vogliamo impegnarci fino da ora per farlo.”
Decisamente Hermione riusciva a spiegarsi molto meglio di Ron, pensò Harry dopo
aver sentito l’amica. Ron invece gli sussurrò:
“Dice
quello che pensa lei come se lo avessi pensato io… come se mi interessasse ora
un mondo da dare ai miei figli! Io voglio aiutare te e la mia famiglia, non la
mia futura generazione! Non la sopporto quando diventa troppo intelligente.”
Silente
aveva ascoltato tutte le loro obiezioni, comprese quelle di Susan che in quanto
a parlantina, non era di molto inferiore a Hermione, ma l’unica frase
interessante era stata:
“Anche se
l’Ordine avesse elaborato delle strategie, non potrebbe condividerle con voi in
quanto minorenni (maledetta parola… mancava un anno solo in fondo! - fu l’immediato
pensiero di Harry). Potrebbe solo chiedere la vostra collaborazione nel
combattere all’interno della scuola, ma sapete che un attacco qui è
impossibile. Siamo pronti ad ogni altra eventualità.”
“Quindi”
dedusse Harry il giorno dopo con i compagni dell’E.S. “una altra eventualità è
stata prevista.”
“E visto
che cambiano le modalità di uscita a Hogsmeade, lì sarà più probabile.”
aggiunse Terry.
“E
cominciano dai Serpeverde!” disse Neville.
“Ma è
rischioso per gli studenti!” esclamò Cho.
“Non per
i Serpeverde. Sappiamo dove tira il vento in quella casa…” argomentò Susan.
“Quindi
loro escono e noi … noi forse no … noi … noi cosa?” si chiese Ginny guardandosi
in giro.
Tutti si
concentrarono su questo.
I
professori furono tutti impegnati a tranquillizzare gli allievi più emotivi, a
individuare coloro che avrebbero tentato di forzare le regole, a spiegare i
motivi della scelta con tutte le varietà possibili di parole e di frasi, a
controllare anche le proprie esclamazioni di frustrazione di fronte a chi voleva,
ad ogni costo, spiegare perché la scelta era sbagliata.
Il giorno
della prima uscita fu creata una rete di controllo a prova dei gemelli Weasley
(termine creato dai professori per indicare qualcosa di inaccessibile) e
nessuno riuscì a forzare la barriera protettiva fatta di presenze discrete di
un professore ad ogni angolo conosciuto della scuola che permettesse di
arrivare ad Hogsmeade.
L’E.S.
aveva deciso che non avrebbero tentato di seguire i Serpeverde e si limitò a
provare delle possibili soluzioni di uscita non autorizzata dalla scuola.
In particolare Neville fu incaricato, dato il suo aspetto
insospettabile, di presidiare il passaggio usato da Harry il terzo anno, che
portava direttamente a Hogsmeade. Nessuno doveva conoscerne l’esistenza dato che
nessuno se ne curò durante tutto il giorno.
Quindi
avevano trovato il modo di aggirare l’ostacolo più grande.
Gli Auror
fecero una prova generale per controllare Hogsmeade. Vennero richiamati altri
appartenenti all’Ordine della Fenice non impegnati in attività di coordinamento
o di controllo. Si misero a intervalli regolari lungo la strada principale
dalla stazione alla fine del paese, in particolare vicino ai negozi e ai pub.
Scelsero gli angoli che permettevano una vista migliore verso la campagna circostante.
Per fortuna non era ancora nevicato, ma questa eventualità avrebbe creato
notevoli difficoltà. Lupin e Piton si assicurarono di chiudere il passaggio dal
Platano Picchiatore alla Stamberga Strillante.
Per il
fine settimana successivo erano stati richiamati dalla scuola una ventina di
ex-allievi che avrebbero vestito le divise dei Griffondoro, mentre una
quindicina di membri dell’Ordine della Fenice avrebbero difeso le diverse
postazioni, mescolandosi ai cittadini del paese, elemento che valutarono durante
l’uscita dei Serpeverde rendendosi per la maggior parte irriconoscibili per
evitare fughe di notizie.
I
cittadini di Hogsmeade sarebbero stati avvertiti da Silente, il giorno prima,
del possibile rischio di un attacco.
Molti
cittadini si erano resi disponibili per controllare la presenza di estranei nei
dintorni e agli Auror vennero indicate una decina di “facce strane” da tenere
sotto controllo, nessuna delle quali però risultò conosciuta.
La
settimana successiva fu comunicato che la nuova uscita avrebbe coinvolto i
Griffondoro.
L’E.S.
entrò in piena attività.
Ci furono
due riunioni infuocate: una di allenamento e una di organizzazione.
Per la
seconda fu presa ogni possibile precauzione affinché gli insegnanti non si
accorgessero di nulla.
La domanda
fatta da Ginny era ancora senza risposta. Cosa sarebbe successo?
Le
discussioni non avevano prodotto risultati. Ma era stato deciso che tutti gli
appartenenti all’E.S., autorizzati o meno, avrebbero partecipato all’uscita per
essere presenti in caso di necessità. La presenza di Harry Potter rendeva
l’uscita particolarmente a rischio.
Harry era
consapevole che molti lo stavano osservando. Troppo spesso dove c’era lui
avvenivano combattimenti e il pericolo aumentava. Molti studenti si chiedevano
se uscire o meno. Harry chiese direttamente se fosse necessario che lui
rimanesse a scuola, ma fu rassicurato, in classe, di fronte a tutti, dalla
professoressa Mc Grannit, che non c’erano rischi.
Tutti i
preparativi proseguivano, ci sarebbero stati gli Auror e gli insegnanti a
proteggerli.
Il giorno
dell’uscita gli studenti del Griffondoro aspettavano nell’atrio.
I membri
dell’E.S. delle altre case avevano appuntamento mezz’ora più tardi vicino
all’uscita sorvegliata in precedenza da Neville e in quel momento da Justin,
per raggiungere Hogsmeade e aspettare l’arrivo di Ron per poter uscire.
Quando
mancavano pochi minuti alla partenza i Griffondoro videro il resto della
scuola, tutte le Case al completo, raggiungerli vicino all’uscita, controllati
da tutti gli insegnanti.
In mezzo
al brusio di sorpresa generale Silente prese la parola:
“Mi
spiace di dovevi informare che non sarà possibile la gita a Hogsmeade in quanto
è arrivata notizia di un possibile attacco. Dobbiamo rinviare. Rimarrete qui
sotto la protezione degli insegnanti.”
Harry e
Ron si guardarono sorpresi. Cercarono Hermione che era dietro a loro con Ginny.
E adesso? Saltavano tutti i piani… Cosa fare?
Cercarono
tra la folla tutti gli altri e lentamente si spostarono verso un angolo buio
dell’entrata. Il caos era tale da nascondere i loro movimenti.
“Non ho
visto nessun Auror nella sala.” disse Susan.
“Dove
sono?” chiese Ron.
“A
Hogsamde.” affermò Hermione. “Sentite… era organizzato. Piton sapeva che
l’obiettivo era quello e lo ha detto, ma non potevano mandare gli studenti per
vedere se era vero. Così hanno fatto una prova con i Serpeverde, non
rischiavano praticamente nulla e oggi hanno finto tutto fino all’ultimo per non
fare insospettire nessuno.” Il tono della ragazza era concitato per l’emozione.
“Ma non
attaccheranno mai se non ci siamo noi! Che senso avrebbe attaccare Hogsmeade?
Harry non c’è!” esclamò Susan
“Già…”
Hermione aveva lo sguardo concentrato.
“Ma se
pensano che arriviamo, saranno pronti ad attaccare!” disse Dean
“Ma non
entreranno in azione senza motivo…” puntualizzò Susan.
“Potrebbero
mandare qualcuno al posto nostro… qualcuno che faccia finta di essere noi…”
ipotizzò Harry.
“E chi
hanno mandato al posto nostro? Gli Auror?” chiese Padma
“Sì,
credo di sì” disse incerta Hermione.
“Alcuni
di loro sono conosciuti, non passerebbero mai come studenti. No, c’è altro.”
disse Luna.
“Sarebbero
troppo pochi contro i Mangiamorte e Tu Sai Chi.” aggiunse Ginny. “Pensano che
ci sia Harry oggi, ci sarà un attacco in massa, non possono rischiare di
perderlo di nuovo. Devono essere tanti anche i nostri. I professori sono qui…
tranne Shacklebolt mi pare… altri… chi potrebbe essere? … chi andrebbe in aiuto
di Silente?…” continuò a ragionare ad alta voce.
Rimasero
in silenzio.
“Allievi!”
esclamarono contemporaneamente Ginny, Hermione e Susan.
“Chi è
più fedele a Silente degli allievi? Ci saranno ex allievi…” finì Hermione
Ginny e
Ron si guardarono e pensarono ai fratelli…
Harry
intanto fremeva. Se c’era battaglia per lui, doveva esserci.
“Io vado”
disse.
Tutti lo
guardarono.
“Vado a
vedere a Hogsmeade.” sentenziò.
“Ok.
Andiamo.” disse Ron. Sarebbe rimasto con Harry e voleva vedere i fratelli.
“Chi
viene?” chiese Hermione a tutti.
“Non
sentitevi in obbligo. Qualcuno deve rimanere a controllare che non ci seguano i
professori.” propose Harry. Non voleva sentirsi responsabile della scelta di
nessuno.
Lentamente
alzarono la mano Neville, Luna, Susan, Dean, Terry e Anthony.
Harry
aggiunse:
“Justin,
Ernie, Hanna, Michael fateci da palo e controllate l’entrata. Chi viene ad
avvisarci se ci scoprono?”
Hanna
alzò la mano.
“Tutti
gli altri si muovano nella sala e se chiedono di noi dite che ci avete appena
visto, o ci avete parlato e siamo appena andati in qualche altro punto della
sala …o in bagno … o … inventate qualcosa. Ma lasciate intendere che siamo qui
nella sala.” Ginny aveva dato indicazioni che sarebbero dovute arrivare da
Harry, ma il tono era tale che nessuno fece obiezioni o pensò che avesse
esagerato.
Velocemente
il gruppetto si mosse verso l’ingresso segreto a Hogsmeade.
Intanto
il gruppo degli ex-allievi era entrato nel paese e si stava avvicinando ormai
al negozio di Mielandia senza che ci fosse stato alcun movimento sospetto.
Gli Auror
erano rigidi e attenti in attesa nei posti definiti.
Il gruppo
del finto Griffondoro cercava di dimostrarsi il più possibile affiatato e
allegro. Molti di loro non si vedevano dalla scuola e riuscivano con molta
naturalezza a dimostrare interesse e curiosità reciproca e a muoversi con
sicurezza lungo il paese. Ma tutti avevano una parte del cervello concentrata
sul dialogo e l’altra attenta ad ogni possibile movimento sospetto. In
particolare, uno di loro, tenuto per sicurezza all’interno del gruppo, aveva
capelli neri e la stessa altezza di Potter. Vicino si muoveva Bill Weasley il
più somigliante a Ron e una ragazza della casa di Tassorosso con dei voluminosi
capelli castani.
Mentre
decidevano se entrare o meno nel negozio una
violenta esplosione arrivò dalla loro destra, illuminando tutta la zona.
Mentre
gli sguardi si giravano in quella direzione, dalla parte opposta, dall’interno
di una casa apparentemente chiusa, uscì un numero sempre maggiore di
Mangiamorte.
Il finto
gruppo di Griffondoro sguainò le bacchette e si schierò pronto alla battaglia,
mentre gli Auror, richiamati da un grido di Emmeline Vance, convergeva verso lo
stesso punto.
In pochi
secondi uscirono lampi di luce da ogni bacchetta, mentre i due schieramenti si
ricomponevano e cercavano di fronteggiarsi, valutando le forze dell’avversario.
Dalla
casa continuavano però ad uscire Mangiamorte, senza alcuna interruzione.
"Blocchiamoli!” urlò Lupin. “Sturgis, vieni con me!
Charlie, Willy, Rose… fate scudo!!”.
Mentre
gli ex-allievi chiamati da Lupin si toglievano dal gruppo e proteggevano gli
Auror con una serie di incantesimi distraenti, Remus e Podmore si lanciarono
verso la casa.
Elphias e
altri due Auror concentrarono le forze verso l’ingresso della casa, bloccando
l’uscita dei Mangiamorte, costretti a proteggersi e quindi a rallentare
notevolmente la loro irruenza.
Lupin e
Podmore crearono una barriera di massi vicino alla porta, bloccandola e, agendo
dalle finestre, bloccarono parzialmente o totalmente tutti i Mangiamorte
all’interno della casa, togliendo loro le bacchette e creando corde che li
tenessero fermi.
In realtà
ne erano rimasti molto pochi e riuscirono ad arrestare definitivamente il loro
ingresso nel paese.
Lupin
aveva intravisto Lucius, Bellatrix e Goyle nella mischia e molti altri dei
quali non ricordava il nome.
Sulla
strada intanto c’erano i primi caduti delle due parti.
Mentre
però l’Ordine della Fenice continuava a portare i propri feriti da Madama
Rosmerta dalla parte dei Mangiamorte nessuno di occupava dei feriti,
lasciandoli per strada.
Il gruppo dell’E.S. intanto aveva raggiunto la cantina e
poi il retro di Mielandia e cercava di capire cosa stesse succedendo, prima di
uscire, spiando verso il salone e dalle finestre.
Si
sentivano urla e comandi gridati da diverse voci, schiocchi di incantesimi e si
vedevano lampi di luce dalla strada.
C’era in
corso una battaglia.
“Ho visto
Charlie…” sussurrò Ginny che si trovava su una scala e poteva vedere fuori da
una finestra “Stava correndo verso l’altra parte della strada…”
Ron le si
avvicinò, guardò nella stessa direzione, ma non riuscì più a vederlo.
Sospirò.
Harry
allungò un braccio e gli strinse l’avambraccio. Luna strinse la mano di Ginny.
“Pronti?”
chiese Harry al resto del gruppo.
“Come ci
muoviamo?” chiese, di rimando Ron.
“Non
credo dovremmo uscire per ora. Costringeremmo L’Ordine a stare attenti a noi,
invece che combattere.” Hermione pensava alla battaglia al Ministero della
Magia.
“Cerchiamo
delle postazioni dalle finestre per lanciare incantesimi all’esterno e
rimaniamo come retroguardia, uscendo se si spostano.” propose Ginny.
“Potremmo
fare poco…” disse Harry.
“Ma non
ci faremmo scoprire” concluse Terry.
Harry
accettò di malavoglia, ma riconosceva che era la soluzione migliore.
Non
voleva che si accorgessero di lui e fossero tutti costretti a salvarlo!
Uscirono
in gruppo dal retro ed entrarono nella sala del pub.
C’erano
alcuni feriti, curati velocemente da Madama Rosmerta e da una donna vestita con
la divisa dei guaritori di San Mungo. In tutto c’erano tre feriti in quel
momento, dei quali due si stavano già rialzando.
Madama
Rosmerta li vide. Sul suo
viso comparve la sorpresa, l’ esasperazione e infine un sorriso.
“Rimanete
all’interno e non cacciatevi nei guai!”
“Aiutiamo
dalle finestre intanto” disse Harry.
Presero
posizione.
Ron a
sinistra della porta, Harry a destra, dopo di lui Terry e Anthony ad una
finestra, a quella successiva Neville e Susan e infine Dean e Luna.
Ginny
intanto si stava guardando intorno, ma non riconobbe, nei feriti, nessuno dei
fratelli.
Hermione
si mise a fianco di Ron.
“Teniamolo
d’occhio” disse accennando a Harry “ che non faccia di testa sua.”
“Sarà
difficile… è teso come una corda di violino, guardalo… vuole solo uscire…”
Ron fece
cenno con la testa verso l’amico, rigido e talmente rivolto verso l’esterno da
sembrare pronto a balzare fuori.
Ginny
sentite le loro osservazioni, si avvicinò a Harry e gli sfiorò gentilmente una
spalla. Il ragazzo sussultò e si girò di scatto, guardandola infastidito.
“Fai
lavorare il cervello e fai riposare il cuore adesso. Funziona meglio…”
Harry si
rilassò, respirando a fondo. Le fece un piccolissimo sorriso di rassegnazione e
poi le fece cenno di mettersi alla sua destra, più protetta dalle pareti.
Ginny si
accoccolò al suo fianco, sbirciando dalla fessura tra due assi.
Ron prese
Hermione per una manica del maglione e la portò dietro di sé.
“Non
farmi preoccupare troppo per te” le disse, guardando all’esterno.
“Mi
arrangio, grazie.” rispose l’amica, con tono risentito.
“Lo so,
ma non voglio che ti faccia male. Ok?” parlando si girò a guardarla, serio.
“Non saprei con chi litigare. Stai attenta…”
“Anche tu
…” sussurrò Hermione imbarazzata.
“Allora
stammi vicino: io controllo te e tu controlli me.” Si sorrisero.
Poi
rivolsero gli sguardi all’esterno.
I
Mangiamorte si ritiravano verso l’inizio del paese, combattendo e portando con
sé l’Ordine della Fenice.
Erano
sorpresi: cercavano Harry Potter e non lo vedevano.
Dall’interno
del negozio i ragazzi videro la battaglia spostarsi lontano da loro.
Harry non
resistette oltre.
“Li
seguo” annunciò lanciandosi fuori dalla porta.
“Fermo!”
lo raggiunse Ron. “Lascia almeno che ci sia qualcuno davanti a te. Non puoi
presentarti per primo, sei quello che cercano!”
Harry
sentiva fortissimo il desiderio di togliersi la mano di Ron da braccio e dagli
una spinta per allontanarlo da sé.
Ron tenne
lo sguardo fisso su di lui, fermo e deciso.
“Lo sai
quello che è meglio per tutti, dai…” aggiunse.
Harry
fece un lungo e profondo respiro.
Ron fece
cenno agli altri di partire verso l’Ordine della Fenice e poi trascinò Harry
con sé, dietro al gruppo.
_______________________________________________________________
Grazie
a Caillean, Daffy e Jericho. Mi sento bravissima con i vostri commenti… e sono
contenta di rendervi contente! Spero vi piaccia anche questo, anche se siamo
alla fine. Il prossimo è l’ultimo.
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Capitolo 10 *** Il Principe Mezzosangue ***
Siamo al termine del racconto… ma non è un finale vero e
proprio. La storia ha una sua conclusione, ma rimane aperta la domanda
principale: chi è il Principe Mezzosangue? Cosa accadrà d’ora in avanti? Io ho
preso la descrizione di JKR e ecco quello che ho immaginato del 6 anno di HP.
Arriverà un secondo punto di vista di questa storia, quello di Piton e Tonks.
Quello che potrebbe succedere da Natale in poi ancora non lo so, ma spero di
proporvelo… Ciao
Il Principe Mezzo Sangue
Gli Auror
e i membri dell’Ordine della Fenice lottavano, superiori per numero e favoriti
dalla sorpresa.
Lupin si
muoveva senza sosta gridando ordini e consigli a tutti. Era preso dalla forza
della battaglia.
Era
preoccupato per Tonks colpita poco prima, che Emmeline stava portando dalla
guaritrice nel pub, per le ferite aperte che mostravano Kingsley e Lux, per le
ferite di molti degli ex allievi. Ma tutti stavano combattendo con estrema
forza e coraggio.
Da
lontano vide arrivare Dean e Luna.
Accidenti
a loro! Non potevano starsene tranquilli! A mente fredda sapeva che stavano
facendo esattamente quello che avrebbe fatto lui alla loro età , ma adesso
sentiva tutto il peso di dover pensare a proteggerli.
E se
c’erano loro, c’era anche Harry! Doveva
avvisare Silente.
Si
materializzò nel negozio da Madama Rosmerta e vide Piton entrare dal retro.
“Cosa fai
qui?”
“Ho
trovato i ragazzi dell’E.S. che controllavano una entrata che non conoscevamo
per Hogsmade. Harry e altri cinque sono qui.”
“Ho visto
Dean e Luna. Volevo avvisare Silente.”
“Ho già
mandato due ragazzi ad avvisarlo con la professoressa McGrannit che era con
me.”
“Sta
arrivando Tonks, E’ ferita. Pensaci tu.”
E Lupin
si smaterializzò, ritornando nel pieno della battaglia a fianco dei compagni.
La
battaglia si stava spostando verso la stazione, sempre più lontano.
I
Mangiamorte erano in minoranza, colti di sorpresa da più persone di quanto
pensassero.
Si erano
trovati di fronte un vero esercito, non dei ragazzini urlanti con qualche Auror
e qualche insegnate.
Erano
attesi. Qualcuno aveva scoperto il loro piano.
Lucius
Malfoy era infuriato. Come era stato possibile?
Il
problema era certamente Piton.Cosa aveva sentito da fuori la grotta? Perchè
quell’essere aveva scelto di rimangiarsi la sua fedeltà all’Oscuro Signore?
Rimase
dietro i suoi, guardandosi attorno, per cercare di capire da dove arrivasse
tutta quella gente.
Fermo, a
lato di una casa, vide sfrecciare quattro ragazzini dell’età del figlio.
Riconobbe la testa rossa degli Weasley.
Eccoli i
marmocchi.
Stava per
uscire quando, a distanza, sopraggiunse anche il giovane Potter e un’altra
testa rossa Weasley.
Lo
avrebbe preso. Questa volta avrebbe dato un regalo all’Oscuro Signore.
Bellatrix
stava correndo verso il centro della battaglia. Un semplice, stupido
incantesimo non poteva fermarla. Doveva dimostrare la sua forza e lealtà.
Doveva dimostrare che sapeva essere fedele a Lui.
Per caso
guardò dietro di lei e vide quattro ragazzini correre sulla strada.
Rise.
Eccoli! Sempre in mezzo e pronti a farsi ammazzare. Uno di loro era il figlio
dei Paciock e poi la nipotina della Bones e quella testa rossa era un Weasley.
E un’altra ragazza. Niente Potter.
Beh, si
sarebbe limitata ad ammazzarne quattro.
Alzò la
bacchetta pronta a colpirli.
Mentre lo
faceva i quattro amici si accorsero di lei.
Susan
gridò: “Attenti. Ce l’ha con noi!!”
“Dietro
la casa!” urlò Neville indicando una costruzione alla loro sinistra.
Hermione
e Ron si infilarono nel vicolo. Neville e Susan raggiunsero il lato opposto.
Bellatrix
si fermò e pensò a cosa fare. Non poteva perdere tempo a cercarli tutti e
quattro. C’era bisogno di lei più avanti.
La casa.
Poteva prenderli tutti e quattro con i sassi della casa.
Lanciò un
incantesimo verso la casa e questa cominciò a sbriciolarsi mentre sassi e
detriti volavano tutto attorno verso i ragazzi.
Bellatrix
ridendo riprese la corsa verso il centro della battaglia.
La casa
stava crollando verso di loro. Neville e Susan si spostarono d’istinto, ma una
grossa pietra colpì la ragazza sul braccio. Il rumore del braccio rotto fece
girare Neville verso di lei, mentre la polvere dei calcinacci lo investiva,
graffiandogli il volto e strappando parte dei vestiti.
Susan
cadde a terra urlando.
Harry
arrivò verso di lei, mentre Neville si asciugava il volto dal sangue con la
manica. Ginny rimase a distanza, guardando verso la battaglia.
Harry si
inginocchio di fianco a Susan cercando di tranquillizzarla. Si era sicuramente
rotto un osso dell’avambraccio e c’erano ferite anche più in alto. Neville gli
si avvicinò dicendo:
“La
accompagno io da Madama Rosmerta. Tu torna…”
L’urlo di
Ginny fece girare entrambi. Lucius Malfoy era davanti a lei con la bacchetta
alzata.
Harry
scattò verso di loro urlando: “Protego!” con la bacchetta diretta verso
l’amica.
Neville
prese Susan, la fece alzare e corsero verso il rifugio da Madama Rosmerta.
Piton si
avvicinò alla guaritrice e vide Tonks, distesa a terra con gli occhi chiusi e
il respiro accelerato. La divisa era strappata lungo il fianco sinistro e si
vedeva una lunga e profonda linea rossa sulla pelle.
"Un attacco riuscito a metà grazie all’intervento di
Kingsley” lo informò.
Piton si
inginocchio a terra, a fianco della sua collaboratrice, guardando la ferita con
gli occhi socchiusi.
“Come
sta?”
“Sicuramente
non in pericolo di vita, ma non può tornare a combattere.” La guaritrice affidò
l’Auror a Piton e andò ad occuparsi di Susan che stava entrando in braccio a
Neville.
“Hanno
bisogno di me, mettetemi in piedi!” chiese Tonks con la voce rotta
“Non se
ne parla, ragazza!” esclamò Piton “Rimani qui. Distesa. E non ci sono
obiezioni.”
Tonks lo
guardò irritata. Cosa accidenti voleva? Decidere per lei?
“Non sono
una vostra allieva! Penso io per me.”
“Non sei
nelle condizioni di pensare per te. Sei stata schiantata a terra. Sei
probabilmente svenuta. Hai bisogno di riprenderti, non di costringere gli altri
ad aiutarti a sopravvivere lì fuori!”
Accidenti
a quella specie di uomo! Sapeva essere irritante, indisponente e dittatoriale.
Tonks tentò di alzarsi, appoggiandosi sulle mani, ma non riuscì a sorreggersi e
crollò all’indietro.
Si senti
prendere da Piton che le circondò le spalle con un braccio portandola verso di
sé. La tenne stretta mentre tentava nuovamente ad alzarsi.
“Smettila
Ninfadora. Stai male, fermati.” Il tono era diventato più sommesso, quasi
gentile.
Tonks si
lasciò andare contro il Professore. Si rese conto che si era irrigidito. Anche
lui doveva sentire ancora molto dolore per le sue ferite, eppure non la
lasciava. Lei si sentiva in realtà esausta e la ferita bruciava dannatamente.
Le girava la testa, respirava male e il cuore batteva accelerato. Stava per
svenire. Sapeva che le conseguenze di quello che aveva ricevuto l’avrebbero
costretta a letto per giorni, ma le sembrava di abbandonare gli amici.
“Ti
capisco, è difficile doverne stare fuori. Ma è necessario in alcuni momenti,
per non compromettere tutto.”
Le
accarezzo leggermente la fronte con la mano sinistra, poi la appoggiò
nuovamente a terra. Prese delle garze imbevute di una pozione medica e la
appoggiò sulla ferita, dandole sollievo. Tonks chiuse gli occhi, piangendo per
la frustrazione. Piton la osservò, inerme, sentendosi inutile, anche per lei.
Mentre la
casa crollava Hermione e Ron si trovavano dal lato opposto, incastrati tra la
casa e le pareti dell’edificio vicino.
Ron prese
Hermione per un braccio e la spinse davanti a sé mentre correvano verso il
fondo della strada. Ron la spinse poi dentro una nicchia della casa alla loro
destra e si mise davanti a lei facendole barriera con il proprio corpo.
Dei sassi
lo colpirono alla spalla sinistra e alla schiena, strappandogli un urlo
soffocato dai capelli dell’amica. Hermione urlò il nome di Ron mentre si
aggrappava al suo maglione.
Quando il
rumore del crollo finì Ron si scostò leggermente. Era pieno di polvere grigia
dalle spalle ai piedi e i detriti, fermi sulla ferita, bruciavano. Ma era
pienamente consapevole della ragazza che stava abbracciando. Ogni particolare,
ogni centimetro che aveva incontrato con il suo corpo.
Hermione
lo guardò preoccupata e intimorita. Lo voleva tenere ancora addosso a sé.
L’odore del maglione, del suo sudore, del … dopobarba? … il respiro. Non poteva
lasciarlo.
Ron
allungò le braccia lungo i fianchi abbastanza velocemente, intimidito,
impaurito dalla possibilità che lei capisse quanto desiderasse invece
abbracciarla, mentre Hermione era ancora aggrappata al suo maglione. Facendo
troppo bruscamente il movimento la ferita lo fece sussultare.
“Ron!
Fammi vedere.”
“Non è
nulla.” Ma girò la schiena verso di lei.
Effettivamente
non c’era molto sangue, ma la ferita era lunga e si allargava su gran parte
della schiena, brandelli del maglione erano rimasti attaccati alla pelle e alla
ferita. C’erano graffi lunghi e profondi e i segni di parecchi lividi provocati
dai sassi.
“Devi
farti medicare!” gli sussurrò. Non osava toccarlo per non provocargli dolore.
“Dopo.
Cerchiamo gli altri” tagliò corto Ron. Si girò verso di lei e la guardò.
Con
attenzione, movendosi sui detriti, tornarono verso la strada principale e la
battaglia.
L’incantesimo
di Harry non era in realtà necessario e sfumò nel nulla. Malfoy aveva bloccato
Ginny, durante la sua corsa verso il centro della battaglia, comparendole di
fronte all’improvviso, ma non aveva lanciato nessun incantesimo verso di lei.
Si limitava a sovrastarla e a tenerla sotto tiro della propria bacchetta. Ginny
era immobile, seria. Lo guardava.
“Come
sempre è facile richiamare la tua attenzione Potter. Hai tanti amici e molte
occasioni per fare l’eroe ai loro occhi. Anzi mi pare che con questa piccola
donnola rossa sia già la vostra seconda volta.”
Mentre
parlava guardava alternativamente l’una e l’altro. Harry si era avvicinato
all’amica ed era al suo fianco. Aveva provato a mettersi davanti a lei, ma
Ginny l’aveva trattenuto leggermente da una manica. Il messaggio era chiaro:
non fare tutto da solo.
Rimasero
a fronteggiarsi.
Harry sentì improvvisamente bruciare la cicatrice. No,
non poteva arrivare ora… Il dolore rimase sommerso, ma presente. Il suo respiro
accelerò.
Malfoy
urlò il nome di Goyle, sempre guardando i due ragazzi e, alla sua
risposta, disse:
“Avvisa
tutti che il ragazzino è qui. Poi vai da Lui.”
Ok.
Volevano ancora lui. Era ancora lui la colpa di tutto quello che stava
accadendo.
Harry si
sentiva tremare dalla rabbia e dalla tensione. Doveva far qualcosa, non poteva
mandare tutto all’aria. L’Ordine era in netto vantaggio in quel momento…
“Stai
fermo.” Sembrava che l’uomo gli avesse letto nel pensiero. “Lui sta arrivando e
deciderà cosa fare di te.”
Ron ed
Hermione erano arrivati sull’altro lato della strada e si trovavano di fronte a
loro, ma Malfoy non se n’era accorto.
Dean e
Luna erano troppo avanti ormai, mentre Terry e Anthony avevano sentito la frase
urlata da Malfoy e si trovavano qualche metro avanti, protetti da una casa.
Terry
cercò lo sguardo di Hermione. Quando lo vide le fece cenno con la mano: prima
indicò loro due, poi se stesso e Anthony e infine puntò il dito verso Harry e
Ginny. Indicò la bacchetta. Hermione riferì a Ron quello che pensava potesse
significare.
“Terry e
Anthony sono poco dietro a Harry. Attacchiamo tutti e quattro Malfoy e facciamo
scappare Harry.”
Ron volse
lo sguardo verso gli amici e fece un cenno affermativo, segnalando che lui
avrebbe tolto la bacchetta a Malfoy.
Nessuno
si era ancora accorto di loro. Erano tutti e quattro protetti dai muri delle
case.
Ron alzò
tre dita della mano e cominciò a contare all’indietro per dare il via. Si
concentrarono tutti sugli incantesimi.
Non
appena Ron arrivò allo zero uscirono allo scoperto lanciando ognuno un
incantesimo verso il Mangiamorte.
Malfoy,
colto di sorpresa si ritrovò a terra, senza bacchetta. Era preso da movimenti
inconsulti delle gambe, le braccia sembravano bloccate al terreno, tentava di
parlare ma dalla bocca non usciva alcun suono. La bacchetta era lontana
parecchi metri.
Harry e
Ginny videro arrivare gli amici. Senza parlare Ron prese Harry per il braccio e
lo trascinò verso il negozio, seguito dagli altri.
Una voce,
dal nulla, come un tuono improvviso.
“Rieccoci,
Potter.” Voldemort era arrivato immediatamente, chiamato dai suoi.
Si
disinteressò totalmente del suo fedele seguace a terra, che si contorceva e
rivolse tutta la sua attenzione a Harry.
Rimasero
fermi per la paura. Voldemort li
osservò, uno a uno.
"Credo che possiamo fare a meno dei tuoi amici. Li
allontani tu o ci penso io?” chiese.
“Andatevene.”
disse Harry senza guardarli. “Veloci, via tutti.”
Voldemort
fece un cenno con la testa verso la campagna circostante.
Ron prese
il braccio di Hermione e la trascinò verso il vicolo alla loro sinistra. Terry
e Anthony li seguirono.
“No, la piccola Weasley… no. Non le parlo da
almeno… quattro anni, credo.” Un ghigno simile ad un sorriso gli attraversò per
un attimo il volto.
“Esatto.”
La voce di Ginny era chiara e sicura.
Voldemort
sorrise.
“Ho un
bel ricordo di te, dei tuoi pensieri. Sono cambiate le cose in questi anni?”
Voldemort
non aveva neppure alzato la bacchetta, ma c’era la percezione chiara che
sarebbe stato sufficiente il movimento delle labbra per ucciderli.
“Molto.”
Rispose Ginny. Harry le strinse la mano.
Hermione
non capiva. Voleva abbandonare la sorella e il suo migliore amico?
Arrivati
in fondo al vicolo Ron disse:
“Terry
vai verso l’Ordine e spiega cosa sta accadendo. Hermione, torna a Hogwarts,
avvisa gli altri e Silente. Subito. Io e Anthony stiamo qui.” Terry cominciò a
correre.
“No,
rimango io. Vai Anthony.”
Il tono
autoritario era tale che Anthony eseguì l’ordine senza pensarci e partì.
“Sciocca!”
sbottò Ron “Mettiti in salvo!” la guardava adirato.
“Io
controllo te e tu controlli me. Questi sono gli accordi.” gli ricordò lei.
Ron la
guardò. Hermione lo guardò. Non c’era tempo per dire nulla di più.
Ron le
prese la mano, la strinse con uno sguardo esasperato e tornarono verso la
strada.
Harry e
Ginny erano ancora fermi davanti all’Oscuro Signore.
“Hai
l’atteggiamento molto più sicura, ragazzina. Avresti potuto essere la mia
rinascita… hai perso una occasione per diventare una persona importante.”
“Non
credo di pensarla allo stesso modo.”
Harry era
meravigliato dalla sicurezza di Ginny. Rispondeva senza apparente timore, con
gli occhi diretti verso Voldemort.
“Sciocca.
Adesso credo sia importante concludere qui quanto iniziato sedici anni fa. Sei
pronto a morire Potter?”
La voce,
leggera e calma, diventò per Harry una frustrata. Ginny sussultò e gli strinse
la mano.
Cosa potevano
fare ora? Come guadagnare tempo sperando in Ron e negli altri?
La
profezia… forse poteva prendere un po’ di tempo…
“Cosa
c’era nella profezia? Perché io?” provò a chiedere Harry.
“Silente
non te ne ha parlato?” Voldemort aveva uno sguardo sospettoso.
“No, ha
detto che sarebbe stato troppo doloroso.”
Ginny
stava trattenendo il fiato. Non avrebbero saputo cosa fare per fermarlo. Ron ed
Hermione poco lontano pensavano la stessa cosa.
“Quindi
non ne sai nulla… sciocco Silente, pensa sempre di fare tutto lui. Credo di
doverti uccidere comunque ragazzo… sei pericoloso per la mia vittoria.”
“Perché
io?” insistette Harry.
“Perché
avevi dei genitori troppo irruenti e che facevano scelte enormemente sbagliate…
come il tuo padrino del resto. E quello sciocco lupo mannaro… Incapaci di
vedere dove fosse la verità.”
“Non è
vero! Sapevano cosa stavano facendo!” urlò Harry. Sentire denigrare i genitori,
il suo padrino e gli amici lo faceva soffrire e arrabbiare ancora.
Ginny gli
mise una mano sulla spalla.
“E tu?
Rimani con lui?” Voldemort era indifferente alle sfuriate di Harry e guardò
Ginny.
“Sì”
rispose lei. Voldemort alzò le sopracciglia sorpreso.
“Vattene
Ginny, vattene piccola…” sospirò Harry guardandola.
“E’ una
mia scelta, ricordi?” gli rispose guardandolo. “Non decidere per me.”
“Vattene,
non ottieni nulla stando qui.” provò a dire Harry, togliendosi la sua mano
dalla spalla.
“Hai
sentito Potter? Ha scelto. Uccidere due persone e non una per me è
indifferente.”
“Qualcuna
in più…” Ron uscì dal vicolo e si avvicinò a Ginny, stringendole la mano.
Hermione
lo seguiva e si mise al suo fianco. Ron le mise un braccio intorno alla vita,
stringendola a sé. Harry li guardò. Gli sorrisero. Prese la mano di Ginny nella
sua.
“Che
sciocchi ragazzini… pensate che servirà a qualcosa?”
“L’ultima
volta che qualcuno si è intromesso per amore ci hai rimesso tu, Tom.”
Dalla
strada, dietro Voldemort, stava arrivando Silente.
“Maledetto!!”
Voldemort alzò la bacchetta.
“Non
farlo.” Una voce, un ruggito, giunse dalla parte opposta.
Tutti si girarono. La maggior parte dell’Ordine della
Fenice (compresi Dean, zoppicante, con Terry a fianco e Luna che si stringeva
un braccio) stavano arrivando. Davanti a loro un uomo con i capelli fulvi,
striati di grigio. Aveva degli occhialini tondi e zoppicava leggermente. Teneva
lo sguardo su Voldemort.
Voldemort
guardò il nuovo arrivato con lo sguardo stravolto.
Guardò di
nuovo Silente.
E si
smaterializzò.
Silente
si avvicinò all’uomo con la chioma leonina sorridendo.
“Ben
arrivato. In tempo.” L’altro sorrise. Con evidente stima e affetto si stinsero
la mano e si abbracciarono.
Rivolto
poi a tutto il gruppo Silente disse:
“Ritorniamo
ad Hogwarts. Ho avvisato il Ministero della Magia per far arrestare i seguaci
di Voldemort presenti. Qualcuno rimanga di guardia fino al loro arrivo.
Radunate i feriti e rientriamo dalla strada che gentilmente i nostri amici
dell’E.S. ci hanno mostrato.”
Fece
cenno ad Harry di fare strada.
Mentre il
gruppo dell’Ordine della Fenice si riorganizzava con i vari compiti, spuntarono
le teste rosse di Charlie e Bill. Ginny urlò i loro nomi e saltò addosso a
Charlie piangendo, cercando con un braccio anche Bill che le accarezzava la
testa.
Ron si
avvicinò un po’ più lentamente e dolorante, lasciandosi abbracciare con estrema
dolcezza e attenzione visto lo stato della sua schiena, dal fratello maggiore e
poi dall’altro.
Bill e
Charlie riservarono un abbraccio anche a Harry, rimasto immobile a guardare i
fratelli Weasley. Ginny sembrava avere difficoltà a staccarsi da loro, ma cercò
la mano di Luna e poi la accompagnò verso l’infermeria da Madama Rosmerta. Dean
si appoggiò a Lupin e Harry raggiunse Ron e Hermione.
Mentre
risalivano la strada Harry si rese conto di essere, come aveva detto Ginny,
solo uno dei tanti del gruppo, forse il più in pericolo di tutti, ma non da
solo.
La cercò,
guardando davanti a sé e la vide entrare nel negozio con Luna. Erano impegnate
a parlare. Guardò di fianco di sé: Ron e Hermione, quasi camminavano a fianco
parlando tranquilli, anche se la faccia dell’amico mostrava tutto il dolore che
provava per la ferita alla schiena. Si appoggiava sulla spalla di entrambi gli
amici e Hermione aveva allungato un braccio sul suo fianco.
“Avresti
dovuto rientrare.” le stava dicendo Ron.
“Non sono
Ginny.” Rispose Hermione intendendo dire che non doveva essere sempre
protettivo. Ron la guardò arrossendo un po’ e lei ricambiò lo sguardo.
“Lo so,
non vorrei che tu lo fossi. Ma non voglio rischiare di vederti ferita o...”
“Neppure
io ti vorrei come fratello!” sentenziò. “E non voglio rischiare di perderti.”
Sussurrò. Se possibile stava arrossendo anche lei.
Sentendosi
osservati alzarono lo sguardo verso Harry e gli sorrisero.
Piton
venne loro incontro con il volto stanco per la fatica e il dolore. Li guardò
senza esprimere alcun giudizio (“stava davvero male” avrebbe poi detto Ron “per
starsene zitto di fronte a quello che abbiamo fatto”), prese Dean e lo aiutò a
entrare per le medicazioni. Fece cenno a Lupin che Tonks stava meglio. Ron e
Hermione entrarono nel negozio.
Harry, con
lo sguardo concentrato sulla faccia del professore, andò a sbattere contro
Ginny che tornava verso di loro.
“Grazie”
le disse. Alzò una mano, ma non sapeva cosa farci.
“Piccola?!”
gli disse lei con gli occhi spalancati.
Harry
sorrise. Decisamente prendeva la strada che voleva la mente di quella ragazza!
“Forse
sto troppo insieme a Ron”
“Forse
dovresti ricordarti che non sono tua sorella!”
“Questo
lo so molto bene.” le disse accarezzandole i capelli esattamente come aveva
visto fare molte volte a Bill. Ginny rispose con una smorfia.
Ultimi
entrarono nella casa Silente e quello strano uomo che tanto aveva sconvolto
Voldemort.
Solo
allora Harry lo guardò e si chiese chi fosse.
GRAZIE A TUTTI!!
Per quanto riguarda Ron, è una descrizione molto spontanea… non avevo pensato
al fatto che apparisse troppo serio… ma è così che piace anche a me!
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